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MEISSONIER

I RICORDI - I COLLOQUI

Opera illustrata con 280 incisioni e li tavole colorale

.Museo <ìl Lume.)

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MEISSONIER

RIGOR] 31 K COI.l.OQUl

PRECEDITI lìA VSO STVIÌlO

SULLA VITA E SULLE OPERE M. O. GRT-ARD

RIDUZIONE ITALIANA CON L'N Ara"ICOI,0 AGGUJNIIVO ARTURO COLAUTTI

Sri.l.A riTTIKA MILITARI. Dono agli Abbonati del ^ Corriere della Sera »

(ri)IZIONK FUOIU COMMKUOIO)

MILANO

riPOGRAIlA DEI. CORRll'Hl: DELLA SERA

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MEISSONIER A CAVALI O.

Ml-ISSOXIHR

M'

F.ISSOMER, un giorn».», diceva : « lo dovrei recarmi all' Isiituto dei Gio- vani Ciechi, per apprendere il segreto della loro scrittura; giacche, non potendo più dormire, trascorro le notti nel!' insonnio. a meditare e a ricordare. Non potrei, senza disagio, scrivere per molte ore alia luce, ma mi dolgo di ni)n più cogliere a volo ciò che si addensa in me nel misieru dell'om- bra : io penso che, in colai modi >. avrei da tempo composto interi volumi. »

E un altro giorno, limitando il campo dei suoi pensieri: « Ah! il cumulo dei miei ri.. "di' .-scia-

.Vffi. .'JiVr.

SCHIZZO A PENNA E AlLACaUERULO.

MEISSONIER

mava, con dolcezza triste. Sono come i grappoli sotto il torchio. Il tino trabocca dclT uva ammucchiata, ma il vino espressone è scarso. La vita I Quanto poca ne resta di real- mente vissuta in fondo al bicchiere ! >

Or è appunto questo « realmente vissuto » eh' io vorrei edurre dalle note famigliari còlte sulla sua bocca da mano fedele, la mano dell'amica che fu la sua seconda moglie.

Non si ricliiegga ne una biografia compiuta, ne un apprez- zamento ragionato della sua opera. E la semplice testimo- nianza che di otfre un uomo, il quale, o nel suo studio, o di fronte al suo quadro, a cavallo per i boschi di Saint-Germain e di Marlv, in viaggio per Antibo, per ^"enezia, per Roma per Firenze, per l'Olanda, per la Svizzera, o uscendo da un'e sposizione, da un museo, dall'Istituto, sfiora, svolge, approfon disce, a seconda delle circostanze e delle impressioni istantanee i temi più disparati, liberamente e senz'ombra di pedanteria

Se non che, questi sparsi colloqui , or nobili e delicati or gravi ed arguti, sinceri sempre, riavvicinati tra loro, poi gono un complesso di ragguagli, e direm quasi, di confidenze d'onde non pure il maestro, ma l'uomo sorge, vivo e parlante nell'ambito cotidiano dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti

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ACaUAFORTE ORIGINALE DI MEISSOXIER.

I

FAC-SIMILIi D UN- OISHCIXO SU LliON'O PREPARATO PUR LA « CAPaXSCA IS'DIAS'A l (PropriciA del sig. Piai.;

LA TEMPhSTA.

LA (iloVIXEZZA

UN «RAITRO".

(Acquerello Appartenente al sig. Spitzer.)

L

A sua infanzia era siala triste, la sua giovinezza laboriosa e dillicile. Fu per lui come per tutti gli artisti, i quali, n(jn avendo trovato al focolare domestico direzione ed aiuto, si educano da sé. .Ma la prova ebbe questo di singolare per .Meissonier : che ne ritemprò il carattere, senza otfuscare le sorgenti in cui dovevano nutrirsi la sua anima e la sua mente. l*'in dai primi anni egli fu dolce e coraggioso insieme.

Se « nelle lontananze della sua esi- stenza, giù nel fondo, dove il suo pensiero s'immergeva

MEISSONIER

come il pescatore alla ricerca delle perle, alcune date si erano smarrite », i sentimenti che vi si riallacciavano eran re- stati sempre gagliardi.

Egli adorava sua madre. Xel ritratto che serbava, ella appariva una donna di volto gradevole e fine. Di spirito eletto,

amante delle arti . allieva della signora Jacottot a Lione, ella dipingeva assai graziosamente sulla porcel- lana. Meissonier non volle mai cedere il tavolino su cui l'aveva vista lavorare, il tavolino ove certamente aveva eseguito, col piombo, un aflettuosissimo ritratto del figlio. Intravvide ella, in un lampo di prescienza materna, la sua gloria fu- tura r

l n attestato scolastico di un direttore del liceo Carlomagno, dove Ernesto faceva l'ot- non rivelava una

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lava nel 1823 egli aveva otto anni condotta, ne un' applicazione esemplari, e meno un valore in ortografia che lo classificasse molto alto ; ma la rubrica delle « osservazioni » recava: « Ernesto ha un gusto spiccato per il disegno; la semplice vista di un'incisione, lo distrae spesso dai doveri principali ». Convien credere che la giovane madre si commovesse più alle prime parole della nota che a tutto il resto, poiché ella chiuse preziosamente il certificato nella sua scatola da colori, dove, vent'anni dopo, alla morte del padre, Meissonier lo ritrovò, ingiallito dal tempo. Della

LA GIOVINEZZA

morte prematura di sua madre, egli aveva serbato un ricordo dolor<3S() e puro che nessun trionfo . nessuna oioia dovevano cancellare.

« Oggi, 21 febbraio, e l'anniversario della mia nascila egli diceva il giorno in cui entrava nel suo settantesimo anno 1884. Quanto tempo! Io ho voluto, stamane, che nel- l'ora, forse, in cui mia madre mi metteva al mondo, il mio primo pensiero fosse per lei. Mamma cara , quante volte i miei occhi si son riempite di lagrime al tuo ricordo! Ahimè! io ti h«j conosciuto c<jsi poco, che è quasi per la tua assenza, per il bisogno che sentivo di te che t'ho amata » egli sog- giungeva con mestizia profonda. « Quante volte ho pensato alla dolcezza di avere una madre ! »

Nulla egli aveva dimenticato della funebre notte in cui suo padre chiamò, lui e suo fratello, al capezzale della mori- bonda, ne della benedizione ch'ella imparti loro « con le sue bianche mani a lui cosi nute. quella specialmente che aveva un segno ».

Orbene, questa non era una fuggevole impressione susci- tata dall'anniversario. Aleissonier era lieto di custodire dentro il suo cuore quei sentimenti.

Nato a Lione, ma condotto a Parigi a tre anni, fu quivi educato nella regione del .\larais. serbatasi per lunghi anni il centro della borghesia parigina ; e tino all' estrema vec- chiezza si compiacque di ritornare alla sua culla. Dopo il secondo matrimonio . egli compie nel quartiere una specie di pellegrinaggio, segnando ciascuna tappa della sua infanzia e dei suoi affetti: strada delle Vieilles-llaudiieltes. dove suo padre, fabbricante di prodotti chimici, aveva le sue botteghe; strada dei Blancs-.Manteaux , dove sua madre era morta, e d'onde era stata portata, il marzo 1820 alla chiesa vicina. Meissonier salutava teneramente l'angusta corte ov'ella aveva sorvegliato i suoi giuochi, le finestre dell'appartamento del terzo piano dove, quand'egli rientrava dal collegio, allacciava

MEISSONIER

il SUO dolce viso, la vecchia scala dalle balaustre di legno giallo, e dalle travi sporgenti. « Vorrò venire un giorno diceva a farne lo schizzo. »

Quand' egli parla del padre, il suo ac- cento è men vivo. L' alletto non ne è escluso, ma il rispetto vi domina. Da questo lato erano sorti gli ostacoli alla sua voca- zione. Papà Meissonier era. a detta del figlio, un uomo energico che sapeva bene quel che voleva. Elegantissimo di portamento in gio- vinezza, ricercato nel vestire, bell'uomo e bel cavaliere, faceva parte di ciò che chia- mavasi, sotto la Re- staurazione, la società « lyonnalsc «. In piena tradizione dei balli di Vestris, era tra i più famosi ballerini; insieme a due o tre amici, fanatici come lui, formava nei saloni una quadriglia dinanzi alla quale tutte le altre danze s' interrompevano: gli intervenuti salivano sulle sedie per ^^uardare. Oltre a ciò egli gustava la musica, suo- nava il flauto e cantava delle romanze. Aia prima di essere uomo mondano e amatore d'arte, papà Meissonier era un indu- striale, e intendeva di associare i due figliuoli alla sua attività commerciale.

La morte cosi prematura della signora Meissonier ebbe per primo effetto di sconvolgere l' educazione del giovine

::oRTai; della casa in via

I

LA GIOVINEZZA

Ernesto. Prima di seguire i corsi del liceo Carlomagno, egli era stato per qualche tempo ■' interno » sua madre era già molto malata in un convitto di Chaillot, e l'unico ricordo che persistesse in lui era un senso di paura infantile allorché, ri- entrando la sera, nei giorni di licenza, pas- sava per « il bosco dei Campi Elisi, tutto nero e sparso di pozzan- ghere ». Fortunata- mente, suo padre era legato d' amicizia , a Grenoble, con un pro- fessore , divenuto poi decano della Facoltà delle scienze, che con- senti a ricevere il ra- gazzo e a fargli per- correre le classi del collegio. Dopo un viag- gio di quattro giorni e di tre notti passati nel fondo di una dili-

SCALA DELLA CASA IN' VIA DEI BLAN'CS-MAN'TEAUX.

genza, in cui una vec- chia signora s' era impadronita del buon cantuccio prescel- togli da suo padre, Meissonier, giunto a Lione cadde nelle braccia dei coniugi Ferriot, che l'aspettavano. Non mai egli provò del suo isolamento un senso più amaro. I primi mesi della sua dimora a Grenoble non gli erano riusciti meno penosi. Si sentiva perduto tra i nuovi compagni, perduto e quasi umiliato di non aver come loro quel refugio della famiglia I che solo quelli, forse, che non l'hanno possono ben valutare ».

MEISSONIER

Il Ferriot, gran gioca- tore di trictrac e suonatore di violino ad ore perdute, ma anzitutto geometra e uomo austero , lo persegui- tava con la sua matematica perfino nelle passeggiate. « meno una volta la si- gnora Ferriot l'aveva acca- rezzato o abbracciato ; meno una volta aveva riscal- dato con una tenera parola il suo povero cuore di fan- ciullo sitibondo di affetto. » Tuttavia, i Ferriot erano delle brave persone, ed egli li amava. Infatti, più tardi, durante la sua giovinezza, egli ritornerà lieto e riconoscente a Saint-Ismier un modesto podere da quelli posseduti alle porte di Grenoble e da essi abitati neir estate per

MEISSONIER PADRE (MINIATURA).

dipingere in una giornata ridente la casetta « con la pura luce che ne imbionda la facciata , il giardino che le sorride, e il magnifico ci- presso che s'innalza vigoroso sul cielo » ; più tardi ancora, egli ritoccherà . quasi con pietà figliale, i due ritratti impalliditi dagli anni , dei suoi vecchi ospiti.

Dopo due anni, suo pa- dre lo richiamò a Parigi ; e, « facendolo entrar di botto negli affari » lo impiegò

RITRATTO DELLA SIGNORA MEISSONIER MADRE,

LA GIO\ INKZZA

<t tanto per cominciare -• a co- piar le lettere sul libro ma- stro. L'intervenir di un cliente, che aveva un tiglio in collegio a Thiais lo salvò un'altra volta. A Thiais , Meissonier prese amore allo studio in compagnia di Alcide Lorenz, di Fauvel. il futuro gran medico delle epidemie, e di Edoardo Thier- rv, il futuro amministratore della Comedie-Francaise. Il romanticismo era nel suo mas- simo vigore. Meissonier divo- rava di nascosto Alfredo de ^'igny, Vittor Hugo, Lamar- tine, che lo inebbriavano. Al ricordo delle prime sensazioni di

RITUATTO DELLA SIGNORA FLRRIOT. (Acquistato mi 1896 in Governo.)

KITRATrO DliL SIC. FERRIOT. Av-.iuistaio nel 1S96 Jal Museo di Rouen.j

quell'entusiasmo era congiunta l'immagine della chiesetta di Thiais , dove la sua anima fluttuava nei sogni, mentre ascoltava i canti sacri dell'or- gano e contemplava le vetrate: «Io ntivigava, egli dice, in pieno ideale. »

Le grandi emozioni del di fuori, però, non lo lasciavano indifferente. Quando scoppiò la rivoluzione del i83o, egli era ancora in collegio. Emilio .Vugier. pur lui » interno » nel liceo Enrico IV ha raccontato che, durante le giornate di Luglio, ei2;li si divertiva in-

MKISSONIER

sieme a Got, suo compagno di camerata, a numerare tranquil- lamente i colpi di cannone. Meno flemmatico del suo futuro amico, e già sensibile, come i'u poi per tutta la vita, alle agitazioni politiche, liberale per istinto. Meissonier volle par- tecipare alla battaglia. « Noi eravamo così racconta in uno strano stato di savraeccitazione ; da lontano, ascoltavamo il crepitio della fucilata. In tre o quattro, risolvemmo di cori- carci vestiti e di rialzarci , non appena la casa si sarebbe addormentata , per giungere ai muri bassi del giardino che dava sulla campagna, e correre a Parigi. Ma un pauroso ci tradì. 11 prefetto di turno si avvicinò al mio letto, sollevò le lenzuola, mi vide in completa tenuta, mi applicò un paio di schiaffi, che mi fecero ardere di vergogna, e, senza profferir parola, mi condusse in camera di disciplina ».

Nell'ottobre seguente, egli ritornò a Grenoble. Rinun- ziando agli studi classici , suo padre aveva deciso di fargli imparare la contabilità, la fisica e la chimica, le lingue mo- derne, tutto ciò, insomma, che poteva prepararlo al com- mercio; e lo affidò di nuovo agli ottimi Ferriot. Ma a Gre- noble, antica capitale di provincia, fierissima del suo passato, città di guerra e di parlamento, il commercio era negletto. Meissonier era circondato di amici che si avviavano al foro, alla medicina, alle lettere; egli vedeva venire dal Ferriot sol- tanto dei giovanetti che si preparavano a entrare nelle Scuole governative per uscirne ingegneri, marinai o militari; e gli coceva di diventar commerciante , specie quando una voce in- terna gli mormorava di giorno in giorno, più limpida e più forte: « Anch'io sono pittore! »

Qual fu, in capo a un anno, il risultato di una simile educazione forzata? Pochissima matematica ne conviene egli stesso; ma una lettura abbastanza ricca, l'amor vivo per la storia, le conoscenza pratica della lingua inglese il che, in quel tempo, era raro delle nozioni elementari di tedesco, l'abitudine di guardare in e dentro di sé, il gusto del-

LA GIOVINEZZA

l'osservazione morale, una estrema finezza di sensibilità, e oltre a tutto questo, la passione della natura ; « o^ni specie di amori con i bei cieli e le belle montagne del Dclfinato, di intimità con le piccole sorgive dei prati , con i ruscelletti limpidi correnti lungo i sentieri sulle pietruzze brillanti e i

LA CASA DbL SIG. FERRIOT A SAIN'T-ISMIER (183;).

cespugli di bèrbero accoglienti i grilli innumeri dalle alucce rosse e azzurre listate di nero, i bei grilli da lui fugati a sciami per vederli riscintillare al sole. »

Oh ! come ben conosceva le vallate e le creste della vasta conca da .Malaval al Lautaret, da Grenoble a Briancon! Con qual giubilo ardente le esplorava, andando alla ven- tura, dormendo sul fieno delle aie, mangiando quando a Dio piaceva ! Lo chiamavano il Montanaro ; ed egli amava quella vita ruvida e selvaggia , piena sorprese gioconde. Al- cune scene s' eran fissate nella sua mente come in un quadro. Fra le altre, questa.

MEISSONIER

In una magnifica sera di giugno, durante le vacanze della Pentecoste, quando il sole, declinando, incorona tutto come di un nimbo d'oro, egli trascorreva sulle Alpi Delfinensi, a testa nuda , i capelli ondeggianti , vestit(j di una grande giacca, tagliata all'antica, si ch'egli vi si avviluppava come in un mantello, nei momenti di riposo. Era giunto sull'alto d'una roccia che sovrastava un torrente disseccato. Alcuni bimbi giocavano su quel letto, ricercando i sassolini lucidi. Alto , sulla punta estrema del dirupo , egli si profilava sul cielo, silenzioso e immobile. D'un tratto, i bimbi, innalzano gli occhi e, scorgendolo, fuggono via con grandi grida di terrore. Che raccontarono essi al villaggio r Avrebbe forse Meissonier, al rezzo di quel bosco ridente, la sua piccola parte di santità e di leggenda >

Frattanto Meissonier padre, rovinato dalla rivoluzione del i83o, lavorava energicamente a ricostruire la sua fortuna. Non era perciò il momento di lasciar germinare una vocazione la quale, secondo le lettere del Ferriot, non sembrava altro che un pretesto per conchiudere a nulla.

Cosi, sul principio del 1882, Meissonier era apprendista droghiere, in via dei Lombardi, nella casa Menier, di fronte a quella che aveva per insegna: Al Mortaio d'oro. Spazzava la bottega", era abilissimo nel preparare la pece di Borgogna, a legare i pacchi, e a dire all'avventore : « E con ciò? » La sua distrazione era di esercitarsi a tutti i giuochi di forza, e di agilità. Alcuni anni dopo, quando abitava nell'isola Saint-Louis, svelto, vigoroso, ardito fino all'imprudenza, pas- sava, a furia di ganci, la Senna, dal ponte delle Tournelles al ponte Marie, sopra burchi che facevan acqua da tutte le parti; dava la scalata alle torri di Notre-Dame, cercando \ Aiiankè di Vittor Hugo, e rischiava venti volte, ogni domenica, di

LA GIOVINEZZA

annegarsi o di rompersi il collo. A Poissy andava in canotto e cavalcava con passione; era anche un assai buon nuotatore. Tutto ciò era il frutto di un'educazione cominciata per tempo e continuata senza riposi. Orgoglioso dei suoi muscoli, non si rammaricava affatto, se, in via dei Lombardi, lo applau- dissero allorché sollevava una botte di seicento libbre.

Ma un altro sentimento lo sorreggeva. Egli sentiva giun- gere imminente la lotta, e vi si agguerriva. Aveva ripreso la matita, di sera, all'insaputa di tutti, tanto risoluto a seguire la sua vocazione, per quanto suo padre sembrava risoluto a distaccamelo.

< Dammi trecento franchi gli disse un giorno e tu per qualche tempo non sentirai parlare di me. Ma che cosa farai? Andrò a Napoli, vi vivrò da lazzarone e troverò certo qualche pittore che mi prenderà al suo servizio. »

Dopo aver fatto orecchie da mercante, il padre, finalmente, consenti ad accordargli la dilazione di una settimana perche si trovasse un maestro che garantisse della sua attitudine e s'incaricasse della sua educazione.

Gli otto gioini eran quasi passati; e Meissonier non aveva trovato nessuno. Una mattina prese il coraggio a due mani, e si recò in casa di Delaroche, da lui conosciuto solo per fama. Delaroche lavorava alla Morte di Jaiw (ìn'v. Il col- loquio non fu lungo: le condizioni d'entrata in quello studio erano impossibili per una borsa vuota. Tristemente se ne ri- tornava, non sapendo a quale porta bussare, allorché, presso il Palais-Royal, allo svolto di una strada, s'imbatte in un in- cisore di sigilli, certo Lévesque, un amico di suo padre. « Dove andate, con questa faccia sconsolata Il poveretto gli rac- contò allora 1' imposizione del dilemma paterno : o trovare un professore in una settimana, o rinunziare alla sua follia. Egli aveva uno schizzo nascosto nella fodera del cappello, ma non aveva osato mostrarlo a Delaroche. Il Lévesque lo indi- rizzò al passaggio Sainte-Marie . da un suo compagno. Giù-

MEISSONIER

liano Potici-, antico secondo grand prix di R^Dma, che inse- gnava in collegi di signorine.

Un interno lugubre. Mura grigie. Nel fondo, a guisa di scenario , Ugolino nella tonr della fame con i suoi figli. « Se avessi un figlio rispose Potier alla prima parola anzi che lasciarlo dipingere, Io farei ciabattino! > Più bene- voli furono i Johannot, che vollero vedere il suo disegno ; ma siccome non potevano prendere allievi, lo rimandarono da Po- tier, suggerendogli di mostrare quel che aveva fatto. La mac- chietta rappresentava alcuni soldati in una cantina, in atto di bere. Dopo aver osservato, il brav" uomo cambio di umore: « Dimenticate ciò che vi ho detto l'altro giorno. Scriverò a vostro padre. » E lo tenne presso di per copiare alcune figure accademiche su certa carta giallastra.

Per un inverno intero, Meissonier si recò tutte le mat- tine dalla strada dei Blancs-Manteaux al passaggio Sainte- .Marie, comprandosi, quando era in fondi, un paio di soldi di castagne che gli riscaldavano la tasca e lo stomaco. Suo padre gli passava un assegno di cinquanta centesimi al giorno, più il pranzo del mercoledì, giorno destinato alle riu- nioni di famiglia. « Come Chateaubriand , nel suo esilio a Londra racconta Alessandro Dumas .Meissonier pran- zava spesso con un pane da un soldo : dtjpo di che. il mer- coledì, quando sentiva bisogno assoluto di riprender forza, entrava all'ora delle frutta. « Hai pranzato? chiedeva il padre. -Sì, vengo solo per prendere il cafje con voi. »

Dopo alcun tempo, Potier lo presentò a Cogniet pagando cinque mesi anticipati di studio. Poco mancò che .Meissonier se ne andasse. Il giorno della sua entrata , un compagno, scorgendolo, si mise a gridare: « Tò. quel piccino; ma è un droghiere! »

<' Lo porto dunque scritto sulla fronte » pensò egli, ri- cordando la strada dei Lombardi ! La sua fierezza di timido si piegò ad un tratto: e se non avesse trovato modo di

LA GIOVINEZZA

lavorare a suo bell'agio in un recinto dipendente dallo studio, forse non vi sarebbe mai più tornato. Del resto, egli non vide Cogniet se non due volte: il giorno della sua presentazione, e un altro giorno quando il maestro gli si avvicino per correggerlo.

Il catalogo del Salone del 1XÓ4 e il primo che rechi il nome di Meissonier, con questa designazione : 6W visila al borgomastro. La Società degli Amici delle Arti aveva ac- quistato il quadro per cento franchi, il che. per il tempo, era molto: non si dava di più a un Decamps. II i835 fu per lui meno fortunato. Il Piccolo Messaggero non trovò per compra- tore altri che suo padre. Cominciava dunque costui a rico- noscere le sue buone disposizioni r

.Meissonier principio allora il ritratto di un farmacista della strada Jacob, grande amico della famiglia, Quesneville, il collaboratore di Pelletier. lo scopritore del chinino. Quando, appena terminato, portò il ritratto da! padre, l'ottimo uomo ne fu colpito, e forse, non provò giammai un più alto sen- timento d' orgoglio , ne anche quando sei anni dopo , rice- vette a Parigi, in una solenne cerimonia pubblica, la prima medaglia d'oro riportata dal figli<j. .\llora gli annunciò risolu- tamente che r avrebbe mandato a Roma con cento franchi al mese.

Cento franchi al mese! L'assegno era cosi forte, che si pensò potesse bastare a due e si decise che Meissonier condu- cesse con un amico. Una sola condizione era posta al viag- gio: che il giovine si fermasse a Grenoble per fare il ritratto dei coniugi Ferriot. Il colera, allora scoppiato in Italia, non gli permise di oltrepassare Lione, dov'era ritornato, dopo aver compiuto i due ritratti. Cosi dovette restar quell' inverno colà, un inverno rigidissimo. Un incidente che gii servi più di

;6

MEISSONIER

una volta a rivelare la sua distretta, si riferisce a quel sosc- giorno forzato.

« Voi non avete idea diceva ciò che e stato per me, nella mia giovinezza, l'ambizione di un mantello! »

Suo padre aveva per massima di la- sciare che i figli si avvezzassero al fred- do. Meissonier ricor- dava, con «un brivido nelle ossa, » certe vigilie di capo d'anno quando recavasi a far delle visite intirizzito, con una giacca legge- rina. all'aria gelida. Or egli ritrovava a Lione quelle sofferenze pun- genti. L'amico che r accompagnava, Gournier, ebbe il pensiero di commet- tergli il ritratto al- l'acquerello, di due sue cugine, le signorine Thibault. lìglie di un gran fabbricante. Prezzo stabilito, novanta l'ranchi. Immediatamente allora Meissonier ordinò il mantello dei suoi sogni ; e l'aneddoto non sarebbe completo se non aggiungessi ch'egli vi fece attaccare sei bottoni d'argento, e che non mai fu più felice di quando vi si drappeggiava.

Ritornato a Parigi, trovo uno studiolo che lo aspettava: il suo primo studio! Era una delicatezza paterna. .Ma lo studio non dava di che vivere. l'apà Meissonier, la cui fortuna cominciava a rifarsi, ma che si era riammogliato, aveva ridotto l'assegno di suo figlio, da milleduecento a settecento fran-

K IT RATTO DEL SI<;. af HSX li V I 1. 1. 1 , (Propriit.i del Ms;. Quo^neville fii;''"-)

LA GIOVINEZZA

chi. Or fu quasi tanto diffìcile trovare lavoro quanto lo era stato prima per trovare un maestro. E l'odissea ricominciò.

Dietro consiglio di Tony Johannot, egli si presentò da Curmer, il quale, dopo averlo ben squadrato « io avevo l'aspetto di un galoppino. » si decise, non senza rincresci- mento, a fargli eseguire, pei la Bibbia di Royaumont, X Eccidio if Eleazan L' editore fu cosi soddisfatto delh tavola . che di botto . rimpegn( per r illustrazione di Paolo e Vii ginia e della Caparwa indiavci. Mj l'importanza di quel bel risul-

AUTORITRATTO DI MEISSONIER A l8 ANNI.

tato doveva ritorcersi contro il disgraziato principiante. Pei allargare le sue relazioni com- merciali, egli erasi recato dal- l' editore Hetzel, calcolando sull'effetto dei suoi primi la- vori. Hetzel gli tenne questo indimenticabile discorso » : « Dopo le tavole meravi- gliose che avete fatte per Curmer, io non posso darvi le mie. E cosi, per aver fatto troppo bene, eccomi condannato a morire di fame! » rispose.

Tuttavia, non era uomo da scoraggiarsi. Da allora ebbe per massima che per piccole o grandi che fossero le cose, tutto doveva essere perfetto. Mentre così illustrava la Capanna indiana, trascorreva gran parte delle sue giornate nelle serre del Museo o alla Biblioteca, per studiare le piante dei tropici e compulsare le opere; e il direttore, vedendolo cosi assiduo, si compiaceva di procurargliele. Tre volte alla settimana si coricava alle sette, e si rialzava a mezzanotte per disegnare fino alla mattina, per dedicare il resto del tempo allo studio. Lavorava sul tavolino di sua madre, sul quale aveva inciso

,8 MEISSONIKH

queste parole del Vangelo: « Vegliate e pregate, poiché voi non sapete in quale ora il Signore verrà. >- Ed egli osservava il precetto " in carne come in ispirilo. >■ .. Ah! esclamava poi lietamente i ladri non mi disturbavano punto! lo potevo benissimo, uscendo la mattina, lasciar l'uscio della stanza spa- lancato. «

Questo lavoro ininterrotto per Curmer e per Hetzel, il quale l'aveva richiamato per associarlo alle sue imprese, sapete quanto gli fruttò? Dal giugno i836 al aprile i83o, novemila quattrocento e quattro franchi , secondo il conto esattissimo ch'egli faceva dei suoi guadagni. Per lui solo, sarebbe stato l'agiatezza. Ma si era ammogliato a ventitré anni i3 otto- bre i838) con la sorella di un suo collega, il pittore su vetri Steinheil. Suo padre, inviandogli per dote, insieme a sei po- sate d'argento, un anno di assegno e un anno di fìtto gli aveva fatto questo avvertimento : « Ora è chiaro che tu non hai più bisogno di me: quando si mette su famiglia, gli é perché si sente la forza di sostenerla. »

Quell'unione fu per lui molto gravosa; ma non si lamen- tava delle sue lotte, avrebbe voluto che lo si compiangesse. Solo si doleva degli ostacoli che potevano nuocere alla fio- ritura completa del suo ingegno. " Infelice?... Ma si é proprio infelici quando si ha vent'anni. e dinanzi la vita, la passione per l'arte, un biglietto d'entrata al Louvre, e il sole per nulla? >-

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ACQU.'VFORTE ORIGINALE DI .MEISSONIER. (ToI:« dall' incisione il 'Pjsligllone di Monjìés.)

I TRE FUMATORI (QiTJdro deliri collezione de) si». Tliicrv.)

SCHIZZO A PEMNA.

LE OPERE I.

SE Li li Fjitrclicns ne della giovinezza e

lon forniscono sulle opere e della prima maturità di Meissonier tante indicazioni quante son quelle sugli inizi della sua vita, pur nondimeno ne segnano il carattere con una precisione piena d" interesse. P3gii aveva per principio fisso che un artista, per quanti progressi abbia fatto, non deve rinnegar mai gli sforzi dei suoi primi anni, ed è giusto dire che. s'egli non avesse lasciato altn; che le sue prime illustrazioni, terrebbe egual- mente un bel posto nella storia dell'arte.

MEISSONIER

Non aveva conservato nessuna collezione; ma le ritrovava sempre con diletto presso gli editori, o in casa degli amici. E diceva: « Non concepirei oggi altrimenti. La mia maniera di vedere è sempre la stessa: io non sono mutato. » 11 vero possesso del suo ingegno data, in sostanza, da Paolo e Virginia e dalla Capanna indiana.

In Paolo (' Virginia, Meissonier non è stato se non un collaboratore di Tonv Johannot, ma, in verità, un collabora- tore insigne. Johannot era stanco, scoraggiato, com'egli stesso confessava. Le sue composizioni difettano di varietà; l'eleganza ne è spesso volgare, la grazia molle: natura e personaggi. tutto fondesi in una stanca dolcezza; e quando il dramma di- vampa per un contrasto irrompente, la violenza del disegno diviene quasi brutale. Le quarantasette vignette che formano il contributo di Meissonier si distinguono per la fermezza e per la sobrietà del tratto.

La Capanna indiana appartiene quasi tutta a Meissonier. e « fu quella che finì per dargli un po' di fama ». L'opulenza dell'interpretazione apparve meravigliosa. Da ogni linea, da ogni parola del testo scaturiva una fioritura di lettere ornate, di scene, di vedute, di quadri lussureggianti e lampeggianti come la natura stessa dei tropici. Cotesta abbondanza di idee era sorretta dalla compiutezza dell'esecuzione: non una pianta, non una foglia di palma, di cocco, di banano o di cedro in fiore, che non fosse stata studiata sui saggi vivi delle serre del Museo; non un monumento, sinagoga di Amsterdam o biblioteca del Vaticano, convento del Libano o pagoda di Djaggernat, la cui architettura non fosse stata rilevata su do- cumenti di autenticità incontestabile.

Meissonier vagheggiava sempre di illustrare .Molière e La Fontaine. Egli s'era fatto di Alceste un'idea personale: lo vedeva, non già in abito di velluto verde a ricami d'oro, come lo rappresenta la tradizione teatrale, ma in grigio cupo su toni di verde: il grigio, gli sembrava il solo colore che convenisse al carattere del Misantropo.

LE OPERE 2 1

Poi che Jouaust gli ebbe chiesto di illustrare La Fontaine, insieme avevano scelto sei favole, fra le quali le Chéne et le Roseau, le Vieillard et les Irois Jeui/es-IJoìiiuies. Verso il 1880, cioè nel fulgore della sua gloria, Meissonier penso di ripren- dere queir idea. Peccato che non l' abbia eseguita ! Con quanta potenza e con quale fascino di verità egli avrebbe tra- dotto, nei suoi capolavori, il più squisito tra gli amanti della natura, il più saggio tra gl'interpreti del cuore umano!

Ma ciò che forse non fu abbastanza notato, nelle ore di gloria nascente, e la diversità dei lavori ai quali IVleis- sonier attendeva. Non c'è quasi edizione illustrata di Curmer, d'Hetzel, di Delloye, di Duboc'het, della quale egli non fosse stato il cooperatore desiderato.

La critica gli rimproverava di illuderci, ritraendo i co- stumi di altre età, e poco manco che non lo si dichiarasse incapace a riprodurre, nel realismo del loro abbigliamento consueto, gli uomini del suo tempo. Non dissimulava le sue preferenze, le quali pero avevano la loro ragion d'essere, come in seguito ci farà sapere. Tuttavia, il realismo contemporaneo, non l'avrebbe preso alla sprovvista s'egli avesse voluto accon- ciarvisi. Nei Francesi di pi /iti da loro stessi, per esempio, si ritroverebbe tutte una serie di tavole dovute alla sua matita (1840-1842). Negli schizzi a penna era valentissimo.

Sanno tutti che Balzac l'aveva chiamato a collaborare alla Coiiièdie huiiia/ne 1842 ? Era stato stabilito che Meissonier farebbe un ritratto del romanziere per esser posto in testa della collezione. Questa, la base del contratto.

Nei suoi prodigiosi calcoli d' immaginazione, Balzac, col semplice diritto di un franco prelevato su ciascuna copia ven- duta, assicurava al pittore due milioni, a dir poco. .Non era quella un'inverosimile apparizione delle ^I/Z/A' e una notte ^ox un uomo che non aveva ancor visto, nelle sue mani, mille franchi in una volta? Non pertanto, si accinse al lavoro.

« Balzac aveva una testa rabelesiana , finissima e comi-

MEISSONIER

cissima. il naso arditamente rincagnato con certe pieghe biz- zarre, gli occhi pieni di fuoco, le labbra carnose e sensuah, grandi anella che gli scendevano sulle spalle e sulla schiena, senza barba... •>

II ritratto, seduto, a metà corpo, si animava, di volta in volta, meravigliosamente. N'olle disgrazia che fosse interrotto per alcune settimane.

Un giorno che un modello posava indossando certi cal- zoni. " le cui pieghe cadevano bene. " .Meis- sonier volle tìssarli sulla tela. I^ cominciò lo schizzo proprio a un angolo del quadro <;)ve il Balzac aspettava. Senonche i calzoni <( disponendosi sempre meglio " invasero la faccia del romanziere e finirono col coprirla. (Juei calzoni divennero poi quelli delV l'o/z/o con la spada. II ritratto fu sacrificato, il contratto rotto e mai più rinnovato, e della famosa collabo- razione non son rimasti che sei disegni.

SCHIZZO A PENNA.

.Ma se lavori di tal genere Io interessavano, non tanto forse per il frutto ch'egli doveva trarne, quanto per le cure delicate che vi prodigava, erano però ben lontani di soddisfare la sua ambizione.

" No rispondeva impaziente a coloro che lo lodavano con indiscreto zelo ammirativo questi messèri non rivelano la mia natura. la quale si è rassegnata a far ciò; ma so- gnando altre cose. -

LE OPERE

Qual'era il suo sogno? E, prima di tutto, era esso ben chiaro?

Le liti che si agitavano allora e dividevano gli spiriti, in letteratura, avevano, come tutti sanno, un'eco profonda nelle arti. Il pittore Ingres reggeva la bandiera dei classici, per usare il linguaggio del tempo , con la duplice autorità di un carattere foggiato dalla natura per il dominio, e di un ingegno consacrato da opere d'incontestabile maestria: il Voto di Luigi

XIII.L-apo. -jry^jl 'f^|g teo SI eli Omero. ^ >' " «'i ^-^ Contro di lui, ^ Delacroix a- veva inalbe- rato lo sten- dardo del ro- manticismo e conquistato i diritto di con- durre la lotta col Dante e Virgilio , la

Strage dt Scio , Sardanapalo , 1' Uccisione del Vescovo dt Liegi.

In verità, i due caposcuola eran separati, non tanto dal fondo della loro dottrina, quanto dalle passioni dei loro di- scepoli. Giacché, sono soltanto gl'ingegni secondari, i seguaci, gli '< agitati >• come li chiamava il Delacroix, che inaspriscono e perpetuano i dissensi; mentre i maestri sol per il grado di elevazione cui li conduce l'ingegno loro, si riavvicinano sem- pre e ristabiliscono il buon accordo. Il Diario di Delacroix non ha forse rivelato quale culto egli nutrisse per Racine e Mozart, per la grazia perfetta, la profonda armonia e la serena bellezza dell'arte classica?

IL VECCHIO CELIBE MORENTE E DERUBATO. (Incisione tolta dai Fr.m:.st .Ufinti .?,i .'oro sUssi. Carracr, 1841.)

24

MEISSONIER

« Mozart, ne Racine egli dice pote- vano avere le nostre sciocche antipatie : il loro buon senso era all'altezza del loro genio, o meglio era il loro genio stesso. »

ir vanto di Meissonier e di aver cercato la sua originalità;, non già in una sterile imitazione, o nei termini di conciliazione tra gli avversari, ma nello sviluppo del suo proprio tempera- mento. Egli non amo giammai Ingres, che lo Z trattava quasi da nemico; ammirava Delacroix. "' Il romanticismo, lo sappiamo già, aveva a0a-

UN « FLOTTEUK » (Fodcralorc).

(inc.ione .oit. d.i i-v.„„„ iipi„:i scinato la sua giovinezza.

''" '°'° """■' « Ah! le belle visioni, i grandi soffi dei

vent'anni ! E i vecchi manoscritti, e le vergini su i fondi d'oro! K i campanili gotici, e le squille sante! Io piango ancora rileggendo certi versi, » diceva, e aveva più di sessant'anni.

Ma se quei grandi soffi avevan sollevato l'anima sua, se egli s'era Uisciato commuovere da quelle belle visioni, nessuna lo aveva tenuto in signoria. Di solito, si va dai maestri alla natura. Meissonier, invece, era giunto dalla natura ai maestri. Egli dichiarava di « non averne compreso taluni, il Correggio, per esempio, se non in seguito, quando era nella maturità della sua forza il che gli aveva permesso di intenderli senza preconcetti, di null'altro amante che della verità. »

Ma a che si sarebbe applicato co- testo amore della verità naturale ? ^■

Meissonier, nelle sue concezioni giovanili, lo collegava intimamente alla ricerca della verità morale. Egli s'era « cacciato nelle arti, con quest'antichis- sima idea , che 1' arte debba servire a moralizzare la società. " Non era una vana teoria.

UN K FLorriìUR » (Foderalore).

lliicisione tolca du J-raìUisi dipinù da loro tletti.)

LE OPERE 25

« Vedete egli diceva i miei primi saggi: VAsst^dw di Calais , espressione del coraggio civico ; Pietro /' Ereiìiiia predicanti' la Crociata, espressione dell'entusiasmo leligioso; San Paolo, espressione dell'amore divino. >■

Egli aveva associati, in questa dottrina, come in una im- presa di utilità pubblica, cinque dei suoi migliori amici: Stei- nheil, suo cognato, Trimolet, Daumier, Daubigny e uno scul- tore, GeoQroy Dechaumes. Allo scadere di una convenzione che tutti avevan firmata con le loro iniziali di artisti, quattro di loro dovevano lavorare durante un anno per fornire al quinto i mezzi necessari per vivere, onde potesse liberamente compiere nello stesso anno un lavoro di ordine superiore. Cotesta associazione affittò, in via degli Amandiers, un pian- terreno con giardino; uno studio spazioso e bene illuminato vi fu presto in ordine. Il primo a profittare del lavoro comune fu Trimolet; mentre gli altri provvedevano ai suoi bisogni, egli fece un quadro rappresentante alcune Suore di carità che dispensano la zuppa ai po\>eri. Toccò quindi a Steinheil di pro- teggere il fuoco di Vesta. Egli compose un l 'omo pregante sulla vetta di una montagna, assediato dai sette peccati capitali. Dopo Steinheil, Daubigny. Quando arrivò il turno del quarto, l'associazione era finita. Meissonier,. se n'era ritratto, subito dopo il matrimonio, che gli creava nuovi e urgenti doveri.

Fu il pittore Chenavard che, illuminando quella vocazione ancor dubitosa. le dette una traccia e ne decise il volo.

Chenavard era « un filosofo che aveva visto molto, molto letto e molto rifiettulo. Aveva però la fama di scoraggiar tutti. « Ora, un giorno, nel i83o racconta Meissonier di cui riassumiamo qui le parole egli occupava il suo posto consueto alla mia piccola tavola. Piima di pranzo, gli mostrai

26 MEISSONIER

il quadro intorno a cui lavoravo: era Gesù Cristo davanti agli Aposto/i, tela non so da chi oggi posseduta.

Chenavard contemplò a lungo, senza muover labbro. Io gli esposi la mia idea : le sue labbra tacevano sempre. Allora, facendo il giro del mio studio, esaminò attentamente, ma sempre taciturno, tutte le tele che vi erano. Il Siionatoi'e di coìitralhìsso lo fermò. Terminata la rivista, ritorno agli Apostoli e principiò a demolirli. « Non avrete la pretesa, penso, di rifare tali cose meglio di Ragaellor' Certamente. Ebbene ' allora, perchè ridire meno bene ciò che e stato detto alla ' perfezione? » E conducendomi al Suonatore di contrabasso: « Alla buon'ora, questo qua è personale ed è eccellente! >■

Poi mi accompagnò da Gleyre, col quale era in intima amicizia. A tutto ciò che Gleyre gli mostrò: Figliuol prodigo, cartoni di questo e di quello, egli esclamava: « Perfetto. » Approvava tutto, lodava tutto. Io ero molto sorpreso. « Ma .' come? avete veramente trovato tutto buono? )> gli dissi, di- scendendo le scale. « .Mi avete udito » rispose egli « lodare « qualche cosa in particolar modo, e una cosa più dell'altra? » « Nulla dunque esce dall'ordinario, nulla è notevole li dentro. » Compresi allora ciò che valesse la sua così vivace approva- zione al Suonatore di cantrainisso, dopo la critica cosi acerba agli Apostoli. »

Da quel giorno, un pittore di genere era nato alla Francia.

« Si è sempre figli di qualcheduno, ha scritto Teofìlo Gautier. .Ma in arte si può avere un padre morto da molti anni. Terburg, Netscher, Metzu, Brouvver, iMièris, Franz Hals, Van Ostade, Peter de Hoogh debbono popolare la casa di Meissonier come ritratti di antenati, senza che cotesta filia- zione gli vieti di esser lui stesso un antenato. » L'arte olan- dese è un genere essenzialmente nazionale. L'originalità di Meissonier stette nell'averne fatta un'arte universale e un'arte francese. Indipendente rispetto ai maestri che s'imponevano in Francia, egli non lo fu meno di fronte a quelli da lui pre-

LE OPERE 27

scelti fuor della Francia. Egli non imitò; trovò e creò. Grazie alla cura squisita e alla penetrante limpidezza dei particolari, alla naturalezza e alla vivezza delle fisionomie, alla perfezione, insomma, raramente eguagliabile, del suo lavoro, egli si di- stinse dai suoi modelli per una cura più ragionata dell'insieme e una scienza più profonda delle composizioni, per il sapore e per la fedeltà del costume, per la ricerca, infine, nell'espres- sione particolare, dell'espressione generale e del tipo.

I buoni Olandesi si sono sempre distinti nella pittura minuta dei loro » interni » tranquilli. Ma quell'amore esage- rato alle minuzie non minaccia talvolta di annebbiare 1' idea capitale > L'esempio della RivnÙ! ììollLirna è in ciò singolar- mente istruttivo. (Questo capolavoro, per tanti aspetti mirabile, non sarebbe ancor oggi più rapidamente e limpidamente com- preso, qualora l'ambiente richiedesse più lieve attenzione? Quanto maggior diletto se la ricerca fosse minore!

.Meissonier ha sempre questo merito . che l' ambiente di ciascuna sua minima tela sorregge, illustra il soggetto e con- corre a farlo gustare. Non si sottrae sempre, è vero, al difetto di prospettiva, che però sembra inerente al genere e che de- riva un poco anche dalla sua ottica particolare.

Ma i suoi « interni » parlano; invitano a entrare in co- munione di vita, come egli diceva, con i loro abitatori. Egli associa il nostro al pensiero dei suoi personaggi mediante l'intima immediata conoscenza che ci procura con quei costumi e con quelle abitudini. Mai con Meissonier occorre chiedersi in qual posto ci si trovi. L'artista ci risparmia ogni fatica perchè lo s' intenda , e ci lascia liberi al piacere di ammi- rarlo.

Se non dipinse i francesi del secolo XIX, come i pit- tori d'Olanda riproducevano gli olandesi del tempo loro, non fu già impotenza; gli è che non li trovava molto inte- ressanti, ne molto belli.

« Sapreste immaginarvi un lettore di oggi , un signore

28 MKISSONIER

moderno in veste da camera e in pantofole, le gambe accaval- late , percorrente con occhio distratto un giornale in una biblioteca ingombra di opuscoli e di edizioni a un franco che non valgono pur la spesa della rilegatura? »

La sua estetica, dunque, aveva altre esigenze, ed egli non le celava. L'atteggiamento e il vestito erano necessari al suo pennello.

t In ogni artista vi è, bisogna che vi sia, il fondo di un attor comico. Si rida pure quanto si vuole; è la verità. Io mi rivedo, giovanetto, solo nella mia stanza, ballando e pi- roettando, allungando il passo, assumendo varie pose, drappeg- giandomi, immaginando un personaggio o una situazione, inventando scene che m'inebriavano mentre io le eseguivo vivacemente. »

L'uomo, per .Meissonier. non doveva essere scompagnato da una certa bellezza, ne la bellezza umana da una certa eleganza esteriore.

Prima che le uniformi militari dell'Impero diventassero lo studio privilegiato e la passione della sua tavolozza, egli aveva pazientemente guidato le sue ricerche dalla Rinascenza al Direttorio, dal Rc'itrc' aW Incroval>/i\ e dincora., per tutta la vita si compiacerà di cercare i suoi modelli nel tesoro di questa sua galleria. Massimamente, fra tutti i costumi, preferiva r uniforme delle Guardie francesi e l'abito del borghese pa- rigino del secolo XVIII. Perciò il corpo di guardie dei soldati del maresciallo di Sassonia, egli >< interni » del tempo di Sedaine e Diderot sono presi per solito da lui come fondo dei suoi quadri. Quel costume grazioso e semplice, assestato e sciolto insieme, aveva, ai suoi occhi, il merito di prestarsi, senza af- fettazioni o ricercatezze a tutte le buone civetterie dell'arte, esprimendo, nel contempo, il sentimento della vita.

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MEISSONIliR

Cosi, dunque, in Meissonier, il carattere delle foggia è come quello dell" ambiente: esso serve all' espressione dei

personaggi, e questa espressione è l'unico ^Lio obbiettivo. " In irte non c'è altro d'in- teressante — diceva se non quello, che non è stato fatto an- cora. » E in verità, pur bene studiando, e possibile trovare nella straordinaria col- lezione dei fumatori e lettori dipinti da lui ilal 1840 al 1860 . è possibile trovarne due che si rassomiglinor « Prendete il Fuìna- iorc ha detto Teo- filo Gautier. Costui, senza dubbio, e un brav' uomo , vestito d'un ampio pastiano antiquato di un grigio scialbo, con in capo un tricorno accuratamente spazzolato, dondolante un piede calzato da una grossa e buona scarpa a fibbia d'argento e lucidata ci^n l'uovo; egli aspira con la llemma di una co- scienza serena una lunga boccata di tabacco lasciandola sfug- gire, a guisa degli avari, a nuvolette, perche il piacere duri di più: presso di lui, sulla tavola dai piedi a spirale, posa, a fianco della brocca il bicchiere di birra dal coperchio di sia-

(Quadro appartenente

:ROVAHLh )i.

barone KJmonJo di Rolliscliild.;

LE OPERE

gno: una intima soddisfazione raggia dal suo volto solcato da grandi rughe piene di cifre, di abitudini ordinate e di rigida probità: volentieri gli affideremmo la nostra cassa e i nostri conti.

Quell'altro , vestito di rosso, regge anche una pipa e fa apparentemente la stessa cosa; se non che, il vestito gualcito . piegato con vio- lenza , abbottonato di tra- verso, il tricorno calcato fin sulle sopracciglia, i ma- nichini e il merletto dello sparato sciupati dalla mano convulsa, l'attitudine del corpo spossato e febbrile, il tic della bocca mordente la canna d' argilla , la mano rabbiosamente cacciata nella tasca vuota, tutto rivela l'avventuriero o il giuoca- tore ridotto al verde. Evidentemente, egli dice: « A chi dia- volo potrei chiedere un luigi, o anche uno scud<:)? »

Diversità, cotesta, tanto più interessante in quanto, mentre quei due fumatori esprimono nello stesso tempo ciascuno uno stato particolare, assumono un carattere generale per V am- piezza dell' espressione e per Io stile.

Per servirci di un altro esempio, ecco due uomini ben diversi: uno, che, ritto dinanzi a una finestra, l'occhio fisso, il volto proteso, termina di leggere con mal contenuta pas- sione il libro che stringe contro il petto; e l'altro che, seduto comodamente in una larga poltrona , mentre con una mano sorregge la fronte, tiene delicatamente con l'altra, quasi carezzandolo, il libriccino elegante del quale Giulio Janin. da

(DM\

IL hUMATORh. forte originale di Me

MEISSONIER

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bibliofilo, aveva notato la rilegatura squisita; ma quei due lettori non rappresentan forse con eguale verità il Lettore'^'t Meissonier idealizza in questo senso che, nell'individuo da lui dipinto riunisce i tratti comuni che dell'atto espresso fanno

un carattere, del per- sonaggio un tipo. I Contadini chi' si az- :/i/f(t/!o di Brouwer sono d' una energia singolarmente e- spressiva; ma stjno conladini fiammin- ghi; fuor di quella cornice non si ve- dono più. Ma per poco che lo sguardo si fissi sulla Rissa, non è possibile fi- gurarsi una lite vio- lenta senza vedersi sorgere davanti la scena tumultuosa della quale Meisso- nier ha espresso senza cader nel tri- viale la verità eterna e universale; i corpi convulsi dei rivali, gli sguardi pregni di rabbia, i muscoli del collo e della faccia tesi fino a spezzarsi, tutto quel supremo impeto di un furore che neppur l'intervento, tra minaccioso e supplichevole dei compagni , accorsi a dividere i due forsennati , ha potuto domare!

Questa profondità dell'espressione generale raggiunge forse

IL FUMATORE. (Disegno a m.tit».

LA UARRICATA (1S48). (Esposta nel iSjO col titolo : Ricordo dttla j»r Collezione del sig. Carlo di Beistegn

Meiisomer.

LE OPERE

35

la sua massima potenza in due tele: // Letto di morte i838) e la Barricata 1848).

Che angoscia e che gratitudine nello sguardo di quell'in- fermo; che fermezza e che dolcezza nella stretta di quel monaco! La carità cristiana al capezzale dell'umanità sofferente!

IL LETTO DI MORTE. (Museo Fodor, Amsterd.im.)

La Barricata e un dramma, e il dramma e un ricordo. Durante le giornate di Giugno, Meissonier era capitano di artiglieria nella guardia nazionale. L'insurrezione circondava il palazzo Municipale , protetto dalla sua batteria. Poi che la barricata della strada della Mortellerie fu presa d' as- salto, egli aveva visto il suolo ricoprirsi di Ciideweri, la terra bagnarsi di sangue. Colà aveva udito anche risuonare « la parola terribile, che, più d'ogni altra, esprime fino a qual punto, in quelle spaventevoli guerre per le vie, gli spiriti si esaltino! »

■< (Questi uomini, erano tutti colpevolir domandò .Mar-

36

MF.FSSONIER

rast all'ugiciale della Guardia repubblicana. « Signor sindaco, siatene ben certo, non c'è che un quarto d'innocenti. >•

Inspirato da questo tragico episodio, il quadro della Bar- ricata è di per più che un episodio: è l'immagine della guerra civile in tutto il suo orrore. La pugna è cessata , la notte cala, ovunque un silenzio di morte; allo sbocco d'una stradicciuola , alte mura annerite dalla polvere e crivellate dalla mitraglia ; al primo piano, un mucchio di ciottoli, ultima trincea della lotta fratricida: dietro, un ammasso di brandelli umani.

« Quando Delacroix vide l'acqueiello nel mio studio, ne restò cosi colpito che una tra le più grandi gioie della mia vita , fu di regalarglielo la sera medesima. »

SCHIZZO A PENNA PER IL « 1805 ».

AaUILA SULLA SPADA DELL' IMPERATORE PER IL « 1807 ». (Acquaforte di Meissonier (1890) per la tavola di J. Jacquet.)

II.

S'

OLFERiNo dischiuse a Meissonier un nuovo orizzonte iSSq . e da esso ebbe origine la sua concezione della grande epoca napoleonica. Per invito di Napoleone III partiva alla scopo di CI illustrare - la campagna, mentre un redattore del Siede , Edmondo Texier, doveva farne il racconto.

Dal Moncenisio a Milano, l' itinerario non sembrava troppo ben regolato ; nessuno , tra i capi, sapeva la propria via; tutte le linee erano ingombre. Sulle grandi strade lombarde, la pol- vere è accecante, il' caldo soffoca ; ognuno al- loggia e si nutre come può ; bisogna disputarsi un bicchier d'acqua per mancanza di foraggio e di avena, .Meissonier è costretto più di una volta a sgranar nel cavo

MEISSONIER (1859). CAMPAGNA d' ITALIA.

38 MEISSONIER

della mano qualche spiga verde per Coningham, il generoso Coningham sul quale cavalca. Ma era mirabile veder la foga, la Fiducia dei soldati; parevano la cavalcata degli uomini d'armi di Carlo Vili moventi alla conquista. La varietà di quelle uni- formi « in movimento » che sfilano sotto i suoi occhi lo en- tusiasma.

Finalmente arriva al quartier generale ed e subito am- messo nello stato maggiore. Due giorni dopo, al levar del sole, il cannone tuona. È la battaglia? Intorno a Napoleone III, si suppone sia una semplice ricognizione, forse un impegno dell' avanguardia. Ma la cannonata si stende, sembra avanzare, balza di poggio in poggio. Dall'alto d'una collina ove non sa come abbia potuto salire a cavallo, e tanto meno come potrà discenderne, Meissonier vede sloggiare un corpo di austriaci. Per ore intere galoppano cosi davanti a lui, salendo, precipi- tando, in mezzo al clamore e tra 'I fumo della mitraglia. D'un tratto, un ostacolo, resiste... La posizione è conquistata... L'Imperatore, col seguito sale sul ridotto sbarrato di morti « lungo il viale delle more e delle viti allacciate, sotto la cui protezione i nostri piccoli soldati avevano scavalcato l'altura e ritrovato nella linea dei cadaveri il segno della loro rapida marcia >>. E la vittoria? La cannonata brontola ancora; ma i soldati si coricano per terra. E ben dunque la vittoria , la vittoria di Solferino.

« Triste spettacolo! esclamava il pittore molto tempo dopo sotto un'impiessione così viva come se ancora l'avesse dinanzi gli occhi triste spettacolo, quello dei feriti, gli uni irrigidentisi nel dolore, gli altri abbandonantisi alle lacrime, vincitori e vinti disarmati dalla sofferenza e spiranti vicini, quasi l'uno nelle braccia dell'altro!... Ovunque armi spezzate, membra sparse, pozze di sangue dove i cavalli scivolavano, e bisognava metter piede a terra. » ("erti ricordi lo facevano trasalire ancora. Passando presso un gruppo di morti, un uffi- ciale aveva raccolto un berretto d'ordinanza per offi^irglielo: il

LE OPERE

T

berretto era caduto dal sacco di un giovine luogotenente austriaco, dal viso pallido e dolce, disteso a terra. Egli re- trocesse inorridito. .M^lti cadaveri erano già spogliati : uno lo colpi per la sua bellezza: era nudo fino alla cintola : un torso antico ! Altrove in un campicello delizioso e verde una vera cornice per idilli una famiglia d'italiani di quelli che s'eran venuti a liberare! vecchi, donne, fan- ciulli . piangevano sulla soglia della loro casupola in- cendiata ». J

La sera, per un singolare contrasto, << il cielo libero dopo un violento uragano era mirabilmente puro, e la calma d'un bel crepuscolo estivo si spandeva con la notte su quei piani ove poc'anzi trecentomila uomini si toglievano accanitamente la vita ».

Quand'egli seppe che la pace di \'illafranca era stata firmata , mentre intorno a lui lo stato maggiore mormorava quasi e si lagnava che la guerra fosse terminata cosi presto: « Sia lodato Iddio esclamò non vedremo più cadaveri tra le zolle! *

Indubbiamente, bisogna ricercare in coteste impressioni profonde la ragione del quadro di Solferino, e unitamente, quella del modo con cui Meissonier intendeva la rappresentazione di una battaglia. Le grandi carneficine ripugnavano ai suoi sentimenti e alla sua arte: giammai avrebbe dipinto la strage di Evlau. L'espres- sion della guerra egli la cerca nel pensiero che dirige, nel coraggio che la serve e la onora. I >a essa estrae l' idea e r umanizza.

Al pie di una collina, una batteria e per metà rotta, mentre un'altra si slancia; sulla scesa alcuni morti coricati tra le erbe: al sommo la torre di Solferino: qua e fiocchi di fumo segnanti la marcia veemente dei cacciatori che (jccupano

SCHIZZO

D! gk.\n:atiere.

40

MEISSONIER

il cimitero e dei volteggiatori che s' impadroniscono della montagna dei Cipressi : in faccia al colle, sur un' eminenza, Napoleone III circondato dal suo stato maggiore, contempla

l'assalto eroico: tale è, nella sua intenzione voluta, il quadro che non conserva del tea- tro sanguinoso della lotta se non ciò che era indispensabile per indicare la lotta. Egual- mente più tardi , nei Corazzieri . egli sce- glierà, non l'ora del- l'azione, ma quella che la precede, l'ora tra tutte grave e solenne, in cui soldati e capi- tani attendono silenzio- samente immobili, que- sti il momento di dare il segnale supremo, quelli il momento di gettarsi nella mischia. Del resto, egli stesso ha definito la sua, di- rem così, estetica della guerra, quando a proposito del i8oj scrisse: « Se io ho svolta la battaglia al secondo piano, nel fondo, gli è perche mi occorreva farlo per accrescere l'entusiasmo dei soldati ed esprimere il loro fanatismo per l'Imperatore giunto all'apogeo della sua grandezza; ma non ho voluto rattristare la scena con particolari lugubri; li ho tutti aboliti; nuli' altro che un cas- sone smontato e del grano che non maturerà più; e basta! »

SENTINELLA. Collezione del sig. Clieramy.)

LE OPERE

Questa maniera di concepire la gloria militare era in lui nello stesso tempo cosi naturale e cosi meditata che non temeva, singoiar cosa, di attribuirla all' Imperatore. Egli s' incolleriva al pensiero che si accusasse Napoleone di aver detto che la vita di duecento mila uomini valeva per lui quanto una presa di tabacco. Avrebbe creduto di umiliailo immaginandolo pie-

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DRAGONE IM VEDETTA. (Appartenente al sig. Kncedler di New-York.)

namente e semplicemente felice del suo trionfo, la sera di una battaglia sanguinosa; poteva lo spettacolo 'di tanti cadaveri lasciarlo indifferente? Egli non ammetteva si dubitasse della sincerità del sogno napoleonico < di un viaggio a traverso l'Eu- ropa pacificata ». il paradosso sembra strano. Ma cosi com'è, mentre conferma le specialissime e fermissime vedute di Meis- sonier sulla composizione dei quadri di battaglia, spiega Io spirito generale dell'opeia da lui consacrata all'Imperatore.

Mi;iSSOMER

« Non si può toccar questa fioura con mano insensibile egli disse in un modo o nelT altro. Napoleone com- muove violentemente: o si detesta o si ama. » Egli l'amava. L'aveva sempre amato.

La traslazione delle ceneri, nel 1^*40, da lui seguita tra la folla entusiasta, dal Pecq agli Invalidi, sempre in prima fila, gli era presente quarant'anni dopo, come al primo giorno. .Molte volte lo sollecitarono di Fare il ritratto in piedi del- l'Imperatore. Vi si è sempre rifiutato. (Quello della J/<?////(/'/ò'6»;;. non l'ha mai soddisfatto. Non già ch'egli non si sentisse di rappresentarlo come fece David , in costume di parata. Ma non sapeva vederlo isolato, entro una cornice, come un papa o un re. Lo concepiva soltanto in azione.

Un giorno s'era divertito a disegnare la Veglia di Ma- rengo. « Tutta la giornata aveva piovuto, come piovve a Wa- terloo, e la sera, nella gran pianura, il giovane e brillante gene- rale in capo dell'armata d'Italia era smontato da cavallo con i suoi ufficiali, grondante acqua: alcuni cacciatori avevano acceso un fuoco di sarmenti e cijnversavano lieti. « Così aveva concepito l'episodio, e l'episodio gii piaceva. Ma non era che un episodio. A tempo, egli ebbe l'ambizione di rias- sumei^e la vita dell'Imperatore in cmque grandi pagine: ijpó, 180J, /8u>, jS/-/, /Sij. Alla fine della sua carriera ritornò ancora a questo divisamento. commentando il iS/^ che aveva già fatto, e il /ypó che era in via di fare, modificando, perfezio- nando l'insieme della concezione. Giova leggere i partici )lari di queste prove successive negli Eìitrelieiis\ noi ne indicheremo solo i pensieri, riferendone i termini più caratteristici.

ijc)6. È il prinKj raggio della fortuna e della gloria. Siamo in Italia, d'estate, a Castiglione. Albeggia. Dietro la collina, mezzo nascosto, un partito di cavalleria. Sull'altura, una bat- teria. Al primo piano, una profonda linea di fanti. Bonaparte passa sulla fronte, al galoppo. Il sole che sorge illumina la sua taccia.

LE OPERE

4?

jSoy. Friedlcind. Anniversario di .Marengo, dopo nove anni, giorno per giorno. Il Destino ha deciso. Il mondo volge intorno a Napoleone come intorno al suo asse. Ai suoi piedi, un torrente d'uomini inebbriati passano gettandogli l'anima. Egli è l'idolo, l'idolo impassibile.

NAPOLEONE I E IL SUO ST.\TO MAGGIORE. (Museo del Luxembourg.l

fSio. Erfurt, l'ora della vertigine. Era di rito, al Con- gresso che, ogni mattina, i sovrani, entrando nella sala, si facessero annunziare con tutti i loro titoli , senza ometterne alcuno. Quando avevan preso posto , la porta si richiudeva. Dopo una pausa, si riapriva e l'usciere gridava, semplicemente: « L'Imperatore! » E niun altro v'era che lui.

iSf^. Cielo triste, suolo devastato. Non e la ritirata di Russia, ma la campagna di Francia. I volti abbattuti, irritati.

44 MEISSONIER

esprimono lo scoramento, lo smarrimento, il tradimento, forse. Napoleone cammina lentamente, il corpo accasciato, ma lo sguardi» diritto: tutto potrà risorgere, se coloro che Io seguono condividono la sua tede.

18 1). Il Bellcrofontc'. Egli è assiso, solitario, sul cannone chiamato il « cannone dell'Imperatore ». Dietro a lui, in di- stanza, le sentinelle inglesi.

Ogni volta che uno di questi schemi gli ritornava alla mente, .Meissonier si entusiasmava. La sua ammirazione era eguale tanto pel grande organizzatore quanto per il grande condottiero. Al ciclo dell'epopea militare egli aveva pensato di aggiungere una pagina di gloria civica: l'Imperatore al Con- siglio di Stato. Perciò Io aveva studiato profondamente; co- nosceva la completezza del suo genio, pur non dissimulando le violenze e le debolezze del suo carattere. Ma le scusava, mal sopportando che altri se ne servisse contro la sua me- moria. Per questo, il libro di Lanfrey l'addolorava. Lo stra- ripare delle piccole rivelazioni accolte con esagerato favore dalla pubblica malignità lo irritava. « Io sono meno severo diceva perchè sono stato alle sorgenti vere. Per valutare uomini sijtàtti, bisogna essere della loro altezza, o mettersi nella loro pelle. .Napoleone orgoglioso! Diamine! è chiaro che chi trovasi sulla vetta del Monte Bianco giudica le cose altrimenti di quelli che stanno al basso. Si confonde l'orgo- glio con la grandezza. Difetti e qualità, vizi e virtù, tutto, nel genio, si misura alla stregua del genio. La Storia, nella sua semplicità, Io vedrà come lo vedo io. »

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DONNA CORICATA. (Schizzo. I

(Quadro dtlh

LE IN'FORMAZION:. lezione del sig. VanJerbilt, a Ne^v-Yo^k.)

IL MAESTRO 1.

S'

E e sempre interessante conoscere ciò che un artista ha aggiunto ali opera sua, commentandola; maggiormente lo è quand'egli parla di medesimo, del suo ingegno , del suo carattere , del suo modo di applicar l'arte e di comprendere la vita. Su questi punti, gli Enireliens sono completi. .Mentre ci iniziano a tutti i segreti del lavoro di Meissonier . con- temporaneamente al genio del maestro, ci rivelano la natura dell'uomo, semplice e magnifico insieme, timido e superbo, irruente e riflessivo, imperioso e dolce, devoto al più modesto

SCHIZZO ALL ACaUERhLLO DhL DRAGONE dell' ARMATA DI SPAGNA.

46

MEISSONIER

dovere come alle imprese più solenni, conquistandoci con la profondità dei suoi contrasti e la sincerità delle sue violenze.

Quantunque la sua educazione prima fosse stata spesso interrotta e forse rimasta incompleta, tuttavia ne aveva tratto profitto, e più tardi l'aveva ampliata e ralfinata. Era un lettore delicato e insaziabile. Come Rubens, soleva far colazione da solo, con un libro sotto gli occhi. Quando il suo pensiero non era assorbito dalla traccia del pennello, o quando lavo- rava a cose accessorie, si faceva leggere: il che egli chiamava le sue letture di cavalletto. Dopo una giornata di lavoro, non trovava riposo altro che in un buon libr(j.

Gustava molto Shakespeare e Goldoni, dei quali com- prendeva la lingua. Le letterature classiche non gli erano meno famigliari. Un giorno, a Fontainebleau , mentre prepa- rava il Solferino, \ generali stavano riuniti, aspettando l'Im- peratore, che aveva « posato ». « Napoleone III, tutto preso dai suoi temi archeologici era il momento del Cesar principiò a discorrere del modo con cui presso i Romani, si piegavano gli angoli in carro. » Io gli dimostrai che la forma della spina circolare non permetteva di fare com' egli aveva indicato, e in mio sostegno, addussi un passo di Tacito. Fu un avvenimento. La sera mi guardavano, e udivo mormo- rare: '< Ha citalo Tacito! »

Non conosceva il greco, ed era per lui uno dei suoi più vivi rammarichi. Ma ( )mero ed Eschilo erano, insieme alla Bibbia, tra i suoi libri del capezzale.

Sulla costa d'Antibo, Omero gli faceva sognare i viaggi di Ulisse : il più breve tra i racconti dell' Odissea lo insti- gava a dipingere , tanto gli sembravano precisi e viventi ! L' « umanità » di Sofocle lo turbava profondamente. « Ah ! se foste entrato ieri per caso nello studio al termine della mia giornata scrisse a un amico vi sarebbe, certo, parso strano di vedere, giungendo tranquillamente, due persone tutte esagitate dai dolori di Edipo. »

IL MAESTRO 47

Nella letteratura francese, il gran secolo era rimasto per lui il secolo di Corneille, di .Molière e di La Fontaine.

Alessandro Dumas gli disse : « Com'è che non avete avuto l'idea di fare un quadro rappresentante i tre poeti? Vi ho pensato, ma non ho osato mai. » E intanto, giudicava quei maestri con alto intelletto. Ecco sulla signora de Sevignè alcune linee di una squisita esattezza egli aveva per lungo tempo posseduto un'edizione originale delle Lcttrcs, anno- tata dalla mano d'un suo prozio, e, con suo grande dolore, smarrito.

« Quale fascino e quale assennatezza! Quale profondità di vedute nella naturalezza perfetta! anche la minima ci- vetteria. Si può aprire il libro a qualunque punto, come Montaigne e La Fontaine: vi si troverà sempre un pensiero reso in una lingua solida, viva, saporosa, originale. » Non meno felice e quando parla di La Fontaine. « Io non sono mai stanco delle Favole. Come i versi si adattano al tempe- ramento di ogni personaggio! Che profonda filosofìa e che graziosa freschezza! E come son trattati i paesaggi! Subito, si e in scena e con qual pienezza di gioia! »

Delacroix è un pensatore. La sua mente evocava tutti i subietti e li spingeva fino al limite in cui, cessando l'intelli- genza delle cose, comincia il sogno. Sogno o ragionamento, egli erasi fatta una concezione speciale del mondo. La sua religione era quella di .Marco Aurelio, di Spinoza e di Goethe; consisteva per lui nella rassegnazione alle necessità ineluttabili determinanti le leggi della vita, come quelle della morte, con- dizioni della vita.

.Meissonier non era insensibile alle grandi questioni umane. « Secondo la Bibbia, non e da tnjppo gran tempo che data l'apparizione dell'uomo; milioni d'anni passarono, secondo la scienza. Orbene, qualunque sia l'epoca di quella comparsa sulla terra, chi determinò la sua superiorità su lutti gli altri esserir... Che problema, cotesto! «

48 MEISSONIEK

Ma a lui bastava di averlo enunciato: spettava alle reli- gioni risolverlo. Io non amo esplorare in quegli abissi. « Credo in Dio semplicemente e tranquillamente « diceva. Preferiva accettare, senza comprendere, quel che, in sostanza, nessuno gli avrebbe spiegato mai.

« Il mistero è l'essenza di una religione; bisogna ammet- terlo come il germe divino d'onde nasce tutto il resto, » ed egli l'ammette. Era pigrizia spirituale? No.

« Ciò che a noi pare di qua confuso e inesplicabile, di- verrà chiaro e logico al di là, quando i disegni di Dio sul mondo ci saranno rivelati. >' Era la sua speranza, la sua con- vinzione. «Taluni, studiando, diventano atei. Io diventerei terribilmente religioso se non lo fossi di natura » diceva al suo amico, il dottor Robin, dopo aver osservato col micro- scopio la perfezione degli esseri invisibili ad occhio nudo.

« Quando si considera ciò che le draghe del Taìisinan e del Challenger hanno estratto dal fondo dei mari, tutte quelle me- raviglie che non dovevano giammai veder la luce, tolte alle profondità degli abissi , come sconvenire che , quanto più si scopre della creazione, altrettanto il Creatore 's'irraggia di nuova luce? 11 caso, a traverso i secoli, non fa certo di simili prodigi! » Per ammirarli, rievocava l'argomentazione di Ber- nardino di Saint-Pierre e di Fènelon. Il suo cuore entrava per metà in tutti i suoi ragionamenti.

Gelosissimo di tale candore e diffidando di tutto ciò che potesse appannarlo, non volle mai aprire Renan e la Vita di Gesù. Aveva quasi sangue monastico nelle vene: il prozio che possedeva l'edizione originale delle lettere della Sevignè era priore di una ricca abbazia nei dintorni di Lione. I suoi sentimenti si riallacciavano, nel più profondo della sua anima, a ogni specie di sensazioni forti o delicate. Le « cerimonie dei protestanti tra le i]uattro mura ignude dei loro tempi >* lo agghiacciavano. II suono dello campane ridestava nel suo spirito gioconde armonie.

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I-ac-siiìiilc d'ini discgjw pei Contks Kemoi;

IL MAESTRO 49

Nel i85o, erasi recato ad Anversa. Giungendo in una città nuova, aveva l'abitudine di girare alla ventura. Si era ai primi di gennaio, la neve copriva le strade, il freddo era acuto. D'un tratto, sulla piazza di Meir, irrompe una strana armonia, il carillon, che egli ascoltava per la prima volta.

« Dopo tanti anni, ne conservo ancora la gioia nel cuore », diceva nel 1876. Dieci anni più tardi, a Poissy, in un mattino di maggio, ritrovava ed esprimeva con la stessa intensità di accento, le stesse emozioni. « Stamane, verso le cinque, stavo alla mia finestra , ascoltando i canti degli uccelli che salu- tavano l'alba, quando un contrasto bizzarro mi colpi 1' orec- chio : un poeta vi si sarebbe inspirato. L'ora suonava al mu- nicipio in tòno secco e sottile; il vecchio orologio della chiesa, mia vicina, a sua volta si mise a scandire il tempo, ma con una bella voce sonora, grave e profonda: mi faceva l'effetto d'una conclusione ììwralc. »

Per quanto questa delicatissima sensibilità religiosa lo lasciasse indifferente alle discussioni metafisiche, altrettanto il bisogno dell'esattezza nell'espressione della vita aveva per tempo acuito in lui il senso della storia. Spesso ripeteva: ■. Se non fossi stato pittore, avrei voluto essere storico. » Egli pen- sava che solo il pittore può legare alla posterità documenti certi, giacché lui solo vede le cose nel loro rilievo preciso.

Il passato gli appariva in ^ carne e ossa »: gli uomini si ergevano ai suoi occhi nei loro costumi, nelle loro dimore, sotto le loro armature , con le loro passioni. Una scena di Shakespeare ricostruiva alla sua immaginazione la taverna di FalstafJ'; una pagina delle Meinorie di Sully, il ponte del Cambio di Enrico IV, il suo impiantito e le sue botteghe.

Benché fedele ai propri sentimenti, comprendeva che la fede non era più, ne poteva essere per l'arte una sorgente di vita. E, d'altra parte, l'idea religiosa non era stata sublimata alla sua più nobile espressione dalla scuola italiana?" La grande arte non comporta di simili ritorni.

Meissoiìier. .:

MEISSONIER

La Storia, invece, era entrata in sentieri novelli. Ri- nunziando al sommario dei fatti aridi, delle cronache magre, ella cercava di far rivivere, per mezzo dell'analisi pittorica, la fisionomia dei secoli. Quali tesori d'inspirazione non doveva trovare nella pittura? C'è testimonianza più spontanea, più fedele, più espressiva dell'anima antica di quella omertà dalle tele dei Primitivi?

« Guardate egli diceva la Vergine di Murano, quella grande Vergine sola, senza bambino, le mani vuote, protese nel mezzo del cielo d'oro a mosaico, implorante soccorso. E il momento in cui Venezia doveva sostenere la lotta, una lotta interminata contro la nemica di tutti i giorni, la Laguna. A vittoria compiuta, seguì il periodo della sicurezza, del lusso, del godimento e con esso l'epoca delle Madonne ricche e trionfali. »

Or bene, questo contributo richiesto dalla Storia all'arte Meissonier lo chiedeva alla storia per l'arte: « Sono due sorelle che debbono sorreggersi ed innalzarsi a vicenda. » S'egli avesse potuto, avrebbe dato appunto un impulso in questo senso all'arte sua. Deplorava sempre che il museo di Versailles non fosse stato concepito a guisa di un gran libro d'epopea nazio- nale, in cui ogni avvenimento, descritto secondo i documenti e nello spirito del tempo, avrebbe tenuto un posto simile a quello che aveva occupato nel nostro svolgimento storico. Sulla soglia di quelle gallerie. presentand(5 ciascuna un'epoca diversa, egli immaginava, a mo' d'introduzione filosofica, la rappresenta- zione delle principali date dell'umanità francese, cioè delle trasformazioni per le quali l'uomo d'una volta, agricoltore, soldato, cittadino era diventato 1' uomo dei giorni nostri. « Noi eravamo passati e ripassati per la campagna senza accorgerci del contadino al lavoro. diceva. .Millet viene; ci mostra la povera bestia da soma fissa alla gleba, ci addita il suo lavoro spaventoso, jDerenne : e tutto ciò ci resta nelle viscere. ■•

IL MAESTRO 53

Meissonier era stato un uditore assiduo del Conservatorio. La sinfonia in la di Beethoven lo rapiva; egli volle che ai suoi funerali fosse cantato l'andante. " Inesorabile come la voce del Destino " ; mai si stancava di ascoltare il finale, <i che aveva tante volte figurato ai suoi occhi paesaggi mi- rabili ". " Poco fa diceva, ascoltandolo un'altra volta. (6 aprile 1881 io rivedevo, come un tempo a Grenoble, i ruscelletti saltellanti, i ciuffi dei salici nel sole e lo sciame leggiero delle libellule azzurre dal corsaletto lungo, dalle ali iridate volitanti sull'acque. » Il fascino della musica gli faceva trovare in essa tutto ciò che voleva, e anche trascinare gli altri a veder ciò ch'egli vedeva. .Mutato il ritmo, e il pezzo mutava di carattere: non ha detto Glùck che, per poco che si precipitasse la misura, non era impossibile ballare sull'aria: <' Che faro senza Euridice >>

Ma questa diversità, questa mobilità, questa personalità d'impressione suscitata dalla musica ne significava per lui la limitata potenza. L'errore di Berlioz era di volerle far espri- mere tutto.

« Che una sinfonia ecciti un sentimento generale di estasi, di gioia, di tristezza; che produca uno stat(D d'anima, e sta bene; ma che voglia analizzare un'espressione, giammai. Essa può essere una suggestione; una immagine, no. <( Avreste, per caso, l'idea di disegnarmi per mezzo di suoni la Lettura in casa di Diderot'^ » Giungeva a negar quasi alla letteratura stessa il dono di rendere la vita. La descrizione letteraria va, ritorna, cammina, invita l'immaginazione del lettore a cam- minare con essa, fa sbocciare sotto i suoi passi una quantità di piccole meraviglie; ma tutte codeste piccole meraviglie, pur ammaliando il lettore, rischiano di farlo smarrire. La pittura non ammette la concezione discorsiva e diffusa ; e la sua superiorità, è la sua forza. In una cornice determinata, quest'arte tratta un soggetto determinato II quadro non fa deviare dal suo obbietto ne colui che lo contempla, ne colui

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MEISSONIER

che l'eseguisce: esso racchiude, concentra, padroneggia il suo pensiero.

« La mia pittura diceva Meissonier, parlando di stesso si rifiuta alle congetture e non permette di dubi- tare della realità della mia concezione; essa è inalienabile, immutabile; non c'è da arrovellarsi; è così. >■

SCHIZZO A PEMMA DI MARCO, CANE DEL SAX BERNARDO.

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DRAGONI KELLA FORESTA. (Acquerello.)

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Un'ambizione sua, e forse la più ardente era d'insegnare alla Scuola di Belle Arti. Egli non consegui la cattedra, e ne provò vero dolore. Amava i giovani, benché sover- i chiamente non li praticasse; amava il lavoro;

amava l'arte sua.

II merito d'un artista, secondo il giudizio di Carlo Gounod, e valutabile all'ossequio da lui professato Jai maestri. Meissonier aveva per i grandi ammirazione alta ed aperta. Ap- passionato, entusiasta, ogni aspetto del bello lo inebbriava. lo esaltava, " sommuoveva tutto l'essere suo, gli dava la vertigine ».

Un giorno, gli fu riferita l'analisi di un corso di lezioni, corso libero, in cui il professore considerava gli uomini in- signi quali modelli pericolosi. Lo sdegno lo infiammò. « Quella gente li ha orrore delle sommità! Vogliono condurci a una

IL RITR.^TTO DEL SERGENTE (Disegno di Meissonier.)

56 MEISSONIER

Beauce intellettuale e morale, a non so quale pianura uniforme verso cui gli uomini indubbiamente si sospingeranno, allorché la fine del mondo sarà vicina; e, se non altro, l'infinita mo- notonia di quella pianura avrà l'imponente ampiezza del mare! >

Ricordava sempre la penosa impressione provata in un'a- scensione alpina oltre il lago, del Bourget. Ecco guadagnata una china, ecco raggiunta una vetta; ma no, è una scala faticosa di cime, e mai non è attinto il culmine sovrano. Non altrimenti avviene degl'ingegni mediocri sgomentati dal genio.

« Proscrivere i maestri, i maestri eterni! Oh, la voluttà di pensare che li abbiamo sempre amati, che li amiamo an- cora, e che l'età, la quale tutto raggela, non ha ammorzato la vampa di questo amore! « (1886). Ed egli determinava il carattere loro con semplicità profonda: « .Maestro è quegli le cui opere non fanno pensare alle opere degli altri. » Non apparteneva al numero di quanti temono l' influsso di Roma (Accademia di Francia) sulla indipendenza e l'originalità del- l'ingegno francese. « Roma e necessaria diceva per imparare lo stile, la nobiltà e la bellezza. »

Ma solo a sessant'anni gli avvenne di compiere questo grande pellegrinaggio, per il quale nel i835 s'era incammi- nato, con l'assegno mensile dei cento franchi paterni. II suo primo disegno d'un viaggio in Olanda, sbocciato nel 1840, non aveva sortito miglior fortuna. E sovente ne riandava le circostanze.

In un convito d'amici, era giunta notizia di una vendita importante di quadri bandita all'Aja. Seduta stante, fu deciso di andarvi e di profittar dell'occasione per visitar diligente- mente que' musei. Emilio Augier, Ponsard , John Lemoinne. Chenavard, Delacroix dovevano essere della brigata, e una forte ammenda era imposta a chi la facesse abortire. All'ultimo momento, Delacroix, il quale amava solamente la sua Parigi, mancò all'appello; il patto non fu tenuto, e Meissonier conobbe Amsterdam solo dieci anni appresso.

IL MAESTRO 57

Vide Venezia più tardi ancora, nel 1860. Non importa: ciò che egli ritrasse e riaddusse da queste visite troppo dif- ferite e troppo rare, s'era stampato, per così dire, sulle sue pupille, e non era argomento di lieto conversare che non gliene facesse ribalenare il ricordo.

Aveva nondimeno le sue predilezioni. Poneva, ad esempio, i Fiorentini molto al di sopra dei Veneziani. Massimamente non tollerava che la pittura francese fosse in alcun modo sminuita: Claudio di Lorena anzi tutto. Preferiva sopra oa,ni cosa ritornare ai capolavori, studiarli direttamente, fuori di ogni preconcetto di scuola , manifestando come e perche si tosse accostato agli uni anzi che agli altri, caratterizzandoli dall'emozione provata nel contemplarli e dalla somma d'am- mirazione ritrattane.

Ancor qui, certamente, non convien chiedere agli Entre- //V/w più di quanto possano dare: tòcchi rapidi, fuggevoli, ma vibranti e precisi. Si vede, si palpa. Nessun elemento vi manca per valutare ciò che sarebbe potuto essere il suo insegnamento accademico.

Chi ignora l'omaggio che l' Ingres tributava a Ratfaello? Questi, ai suoi occhi, non pure era il maggior dei maestri ; ma « era bello, era buono, era tutto: ed era stato felice, contro la comun sorte degli artisti, perchè di natura inviolabile >.

Profondo quanto quello d' Ingres, il culto di Meissonier per r Urbinate non è altrettanto esclusivo. Egli avrebbe voluto . incorniciar di diamanti la Psicìu-. il disegno ào^X Ambrosiana gli comunicava l'ebbrezza della venustà pura». Senonchè, pur abbandonandosi voluttuosamente a questa ebrietà, l'analizza e ne ragiona.

« Ragfaello ereditò dal genio di tutti i grandi: egli attinse il meglio suo da ciascuno, al modo istesso con che la pecchia di- stilla il suo mèle divino; è un'armonia sublime composta di note conosciute; dunque non è veramente originale. Nessun quadro di Raffaello ci fa sentire l'emozione intensa impostaci da Giotto. >-

38 MEISSONIER

Meissonier era innamorato del Corrego;io. Non lo aveva subito capito; ma una sera che re Luigi Filippo dava al Louvre una festa, nella « Sala quadrata >■ e nella Galleria di Rubens, ove allora campeggiava X Antiope, cadde in estasi: e fu quella la sua via di Damasco. « Nessuna fattura diceva sug- gerisce la voglia di passar la mano sulla carne come la dolce polpa giovenile del Correggio ».

L'entusiasmo suo per il Tiziano e un po' meno espansivo. Il fasto di questo luminoso pennello non sempre lo seduce. Nella Ciioconda lo stupisce soltanto la perfezione della model- latura. Perchè nel Scppclliiìicnto « eludere la suprema difficoltà, affogando nell'ombra il volto di Cristo? A lato di quell'ar- razzeria magnifica, Cristo non forma più l'interesse principale del quadro. Quel manto rosso, a quel posto, e uno sbaglio! » L'andamento, la nobiltà, l'ampiezza di Rubens, invece, lo esaltavano: ma son più rare le allusioni fatte da lui alle opere del Fiammingo e non a costui vanno naturalmente i suoi pensieri.

" .Michelangelo, Rembrandt, ecco egli esclama i veri originali! Gemito il giovine scultore napoletano suo prediletto che aveva modellato la statuina sua , Gemito , nell'ardente semplicità nativa trovò la migliore, la sola defi- nizione che loro convenga: l'uomo della Sistina vi dice tali cose quali ne mamma babbo possono insegnarvi. »

Anche Meissonier aveva detto sul Pensieroso una geniale parola. •< In qualunque luce lo collochiate, il Pensieroso pensa sempre, e nella sua meditazione profonda, immensurabile, par che ritorni dalla tenebra eterna. « Questo pensiero lo aveva invaso un giorno che s'era attardato nelle tombe dei Me- dici fino alle prime ombre crepuscolari; e ogni qual volta il Pensieroso gli si riaij'acciava allo sguardo, quel pensiero gli risaliva nell'anima fino a ricolmamela tutta.

.Ma Rembrandt è il suo culto, ed e culto senza confine. r)inanzi a quei capolavori , non è più padrone di se. < Che

IL MAESTRO

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colore! dirà egli del maestro olandese che impasto meraviglioso, limpido, tluente! E il sangue stesso sotto la carne: pungendola, scorrerà! » Fosse stato ricco, avrebbe dato un milione, qualunque somma, pur di serbare V Indoratore dWo. Francia.

■' Che magistero di punta! » Che disprezzo della forma considerata dall'alto dell'ideale estetico! E che sentimento della fisoniomia, dell'animai (_)h, la tragedia immensa del Calvario! " La passione di Rembrandl egli confessa rasenta la violenza. E agli amici invano catechizzati dalla sua ammira- zione: K Xo, voi non potete raccapezzarvici ! concludeva. Bisogna essere pittore per penetrar nella carne viva di que- st'uomo, per godere intensamente e inebbriarsi vieppiù di sif- fatta comunione «.

Lo idolatrava, insomma; tanto che avrebbe voluto ba- ciarne i calzari. « Altri han potuto dare baleni di genio: Rem- brandt è il genio stesso. Dovrebbero proporre per modello a tutti gli artisti il Bue seorlìcato del Louvre. Che giustezza di tocco in quell'impeto furioso! Le tinte si muovono e si dispongono secondo quell'impeto. E dipinto col fuoco. Libertà e verità; ecco i meriti sovrani! "

Sarà facile rinvenir nel volume di tali mirabili giudizii gittati nel discutere o nel conversare: e nel libro medesimo converrà ricercar la dottrina sintetica da lui professata sul- l'arte. La grazia, la forza, l'armonia, la serenità dell'arte an- tica Io stupiscono più assai che n(jn lo commuovano. Tra la perfezione del lavoro compiuto e l' intensità dell'emozione raggiunta, la sua scelta e già fatta: l'idea giusta, la passione vera, sian pure incompiutamente espresse, gli sembrano ben superiori ad ogni finitezza di fattura.

i< Anima, anima, sempre anima! scriveva egli ecco ciò che dobbiamo ripetere alla gioventù. Ogni opera d'arte ha per obbietto l'espressione d'un sentimento. .Ma se non provate questo sentimento voi stessi, come mai potreste inspi-

MEISSONIER

rarlo ad altri? La grandezza dei Primitivi sta nell'aver saputo trasmettere nei riguardanti l' emozione onde le loro anime traboccavano; emozione ingenua, brutale, incomposta, se si vuole, ma sitfatlamente comunicativa che nessun'altra mai potè superarla. Abbiate dunque cuore, molto cuore: avrete pure molto ingegno... »

Forse non tornava diffìcile di aver la chiave di questo se- greto; e Meissonier era il primo a convenirne. Più malagevole ne riusciva l'uso, e non si faceva scrupolo di dirlo; poiché, non meno dell'ammirazione, aveva sincero e virile l'ammonimento.

« La pittura è un'amante ruvida e fiera: non basta amarla per esserne riamati. » E in questo argomento ripeteva il franco linguaggio del Boileau. >■ Un calzolaio che fa buone scarpe, un ciabattino che fa buone ciabatte, un bifolco che guida bene i suoi buoi, un falegname che mena bene la sua pialla son gente le mille volte più utili e più stimabili di un cattivo pittore... Questa dichiarazione può riuscir forse cruda; ma un medico è un medico. >'

Meissonier considerava gli artisti mediocri quali pubblici flagelli. Tutto ciò che in pittura era mediocre, tutto ciò che non poteva contribuire ad affinare il gusto, ad innalzare il senso morale, sembra a lui condannabile. Adunque, nessun incoraggiamento inconsulto : gli altri, i chiamati, gli eletti, si cingessero i lombi di triplice fune : pero che per dipingere occorresse intendere; per intendere, conoscere; per conoscere, studiare. E sopra ciascuno di questi tre punti gli Evtretiens riboccano di autorevolissimi consigli.

Ora, non è possibile intender bene un soggetto se non risalendo primieramente alle fonti stesse della storia. « Oggi molti dicono pacatamente: voglio fare un quadro Luigi XIII. E vanno in biblioteca a sfogliare alcune stampe dell'epoca: poi si mettono al cavalletto. A tale stregua, le opere d'arte non costano fatica; però valgono quanto hanno costato. Ben altra è la preparazione che voglia riuscire feconda. »

IL MAESTRO

Nel 1886 la Morte di -Nerone era scelta per tema del premio Latinville. Uno fra i concorrenti, non privo di qualche merito, rappresentava Nerone sottraentesi nell'ombra, sui ,a;ra- dini d' una scaletta illuminata parcamente dalla luna e dalle torcie del festino, tra le cortine socchiuse. « Una notte d'orgia, una scala secreta e un chiaro di luna. osservava Meissonier mentre è noto che Nerone fuggì al riverbero dei lampi, la testa velata, sul cavallo del liberto, nella cui casa egli doveva farsi sgozzare , piangendo prima stesso . a guisa di un attore I » Indi, ripigliando la pagina di Svetonio, sottolineava, col testo alla mano, tutti gli elementi drammatici della scena, mostrando l' imperatore spaventato dalla terra che sussulta e dal tuono che rugge. il suo corsiero che s'impenna per il cada- vere steso lungo la strada, la raffica che smaschera il suo livido volto, l'occhiata del pretoriano che. salutandolo, accre- sce il suo terrore, il sentiero per cui s'avventura a scanso della via battuta, per cespugli e canneti, la pozzanghera dove, affranto, sitibondo, scorato, attinge col cavo della mano un sorso d'acqua corrotta. E tale commento penetrante, serrato, d'una gran forza evocativa, trasferisce la fantasia nostra, come il maestro avrebbe voluto per quel concorrente, a Roma medesima, nella Roma dei Caligola, dei Claudi e dei Neroni: risuscitandone ai nostri occhi le violenze e le ignavie.

« Credere al proprio soggetto è la prima condizione per il comporre » diceva in occasione d' un altro concorso ac- cademico, una Visione di san Fran eesco d'Assisi e non ci si crede che dopo avervi lungamente meditato, e lungamente lasciato battere il proprio cuore all' unisono dei propri per- sonaggi : non basta sognarli, bisogna viverli. «Oh. quante notti confessava parlando di Napoleone attraversò il mio sonno!..

Raccolta così fortemente nel suo spirito l' impressione ge- nerale del tema, un altro lavoro incomincia: il lavoro concer- nente l'indole del tema medesimo, ossia del momento psico-

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logico da esprimere pittoricamente. Quindi non si tratta più di lasciar mollemente blandire il pensiero da un sentimento generico, giacché nulla torna tanto nocivo all'arte quanto la fantasticheria prcjlungata. la quale la discosta dalla precisione. La scelta d'un partito s'impone sempre. ■• lo vedo soleva dire e sento i miei quadri d'un colpo; li vedo subito o non li vedo mai. >■ E per divedere" intendeva cogliere l'ora in che il tema propostosi raggiunge il suo più alto grado d'intensità: l'ora della crisi.

Per precisare il suo pensiero, egli citava volontieri un paio di esempi della sua carriera. Uno si riferisce al suo primo quadro: ì'Assc'i//o di Calai s. L'ora più patetica, a suo credere, non era già quella comunemente rappresentata: i sei cittadini con la corda al collo umiliati ai piedi del re. mentre la regina Filippina intercede per essi ( i ). Il sentimento di questa nota intercessione diminuiva ai suoi occhi il sacrifizio. Ed ecco in c]ual modo concepiva la scena. " I valorosi cittadini con la corda al collo si lecano sulla pubblica piazza per annunciare la loro risoluzione. Le donne, i fanciulli, tutti quanti abbrac- ciano loro i ginocchi, singhiozzando. I sei partono: l'immola- zione e in questo commiato. Più tardi il dolore sarà meno acuto, meno cocente: un barlume di speranza avrà penetrato i cuori. ••

Il secondo esempiij riguarda il periodo della sua piena maturila, il duca d'Aumale gli aveva chiesto, per il castelli^ di ( 'hanlilly. un Turcnna nel momento in cui questi e colpito dalla palla leggendaria, mentre Saint-Hilaire. mutilato d'un braccio, grazie all'epica risposta diventa il vero eroe della scena. » E

(i) Eiloardo HI d'Inghilterr.i aveva cinto d'assedio nel 1347 la città di Calais:gli abitami, dopo circa un anno di resistenza, sfiniti dalla fame, proposero la resa. Il Re domandò che sci cittadini venissero in camicia con la corda al collo a presentargli le chiavi della città. Eustachio di Saint-Pierre ed altri cinque ricchi cittadini si offersero. Ricevutili, il Re ordinò che fossero decollati. .\ gran fatica le supplicazioni di Filippina, sua moglie, lo indussero a perdonar loro la vita. (.V. i. T.)

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no, diceva egli se mai fo un Turenna. meglio cogliere il momento in cui l'anima sua gli si legge tutta nel viso; cioè all'inizio della battaglia » (i ).

A tale concepimento, elaborato e maturato con intelletto sereno, doveva rispondere una composizione semplice e chiara. E. forse in nessun'altra cosa le qualità eminentetemente fran- cesi di -Meissonier si palesano con maggior gagliardia. Egli credeva che si potesse, anzi che si dovesse riuscire intelligi- bili a tutti. Avrebbe perdonato alla musica moderna, alla scuola di Wagner, i suoi contrasti, le sue violenze, i suoi eccessi, i suoi frastuoni, se mai l'avesse capita. Gli dicevano: « Aspettate; la luce si farà. " K rispondeva: - Mentre sto aspettando, perche mi lasciate nelle tenebrer Negli Ugonotti uno ci si ritrova subito ". Questa perspicuità superii^re la cercava nella semplicità; sua massima favorita era quella stessa d'Orazio: Sit cjiiotk'is siìnp/ex. E perciò possedeva in alto gradw il senso dell'ijrdine, l'istinto dell'unità.

In gioventù, Meissonier s'era dilettato, insieme agli amici, a masticare àeW Ini se hi e Ir. e nel sonno, onde l'oppiato dolce- mente lo cullava, egli vedeva, a volte, certe punte di foco, e si^àtte punte danzare in cadenza . oppur comporre riu- nendosi, disegni di mirabile simmetria. Alle udizioni del Con- \ servatorio, i più vaghi rabeschi, le più magiche spire delle sinfonie di Havdn e di Beethoven lo infiammavano tutto d'un desiderio strano: quello di rintracciare la " melodia centrale >'. Egli ne spiava il ritorno: e allorquando l'orchestra la ripi- gliava. '■ tutto l'essere suo si fondeva in un viìluttuoso acque- tamento >'.

Or, come una sinfonia, ogni quadro pareva a lui che avesse

(i) Turennn. maresci-illo ji Luigi XIV, rimase ucciso il 27 luglio 1675, presso il vil- laggio di Salzbach, nel Palatinato, Ja una palla di cannone, la quale t'eri gravemente anche il generale Saint-Hilaire. E questi, al vedere la disperazione di suo figlio, disse, additandogli Turenna morto: «Non dovete piangere :iie: niinijote iiiutto<:io questo grand' uomo, n

fV. d. T.)

Ó4 MEISSONIER

la propria « dominante >; anzi, nel quadro, la ok)minante era sovrana ; poiché il quadro non ammette rabeschi 'e diversioni. Egli chiamava, dunque, la pittura « l'arte delle rinuncie ». Del resto, le antitesi, i contrasti ricercati dall'arte contem- poranea lo irritavano come altrettante stonature.

Tutto per l'insieme. « Solo dall'armonia delle parti, solo dall'unità d'impressione dipende la grazia delle piccole cose e la forza delle grandij; e per atjbrzare e quest'armonia e questa unità convien vedere e sentire il tutto nella parte: altrimenti, nulla si ottiene. » Mai e poi mai, era da ricercare puramente l'eletto. Di primo acchito l'eg'etto abbarbaglia ; ma ogni altra volta l'impressione scema, e l'interesse dilegua.

< Guardate la lù'ssa 1 1). A bella prima avevo messo in piena luce la faccia del paciere che s'Iinframmetie : essa chia- mava troppo gli sguardi, indebolendo l'impressione dell'impeto furioso dei due contendenti : io ci misi poi quel cappello, che la vela d'ombra.

« Guardate le ///y6»/7//c?';:/6';//(2j;: tutti i testimoni della scena, perfino gli usseri laggiù in fondo alla radura, fissano Desaix, il quale scruta il volto dell'ostaggio, e questo grande unico sguardo signoreggia i nostri.... Se volete fare solamente un quadro pittoresco, adornatelo e infioratelo come meglio vi piaccia : così le Donne d' Algeri di Delacroix. Ma si tratti di un dramma, e allora bisogna che solo gli elementi suoi vi partecipino. >■

Siffattamente approfondito 1' ambiente storico e morale del tema . e siffattamente precisato il concetto 'dell' insieme, egli credeva appena allora giunto il momento di afferrare il pennello. E avrebbe forse ripetuto ciò che Racine diceva, quando, concepito il tema, si accingeva a scrivere: « La mia tragedia e fatta >. .Ma chi non sa a qual punto .Meissonier spingeva la ricerca appassionata del documento autentico e

(i) Vedi pagina 63. (2) Vedi pagina .jj.

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sT o

Miissontcr.

MEISSONIER

la compiutezza dello « studio » prima di passare all'esecuzione definitiva >

Meissonier possedeva una memoria di rara plasticità: tutti i ricordi vi s'incidevano. All'età di quasi dieci anni, aveva veduto, all'entrata di Carlo X in Parigi, gli araldi d'arme coi loro cappelli dalle candide piume rilevati davanti, coi loro larghi baveri, con le loro maglie di seta e gli alti stivali di daino giallo: or bene, con pochi tratti di matita egli poteva ri- produrli tanto a piedi che a cavallo. Il vecchio Parigi della Ristorazione, i Campi Elisi, i lungo-Senna, la piazza di Grève, il Parvis, la Tournelle, il Petit-Pont gli eran tutti famigliari; ed anche, dopo le trasformazioni compiute sotto il secondo Impero, bastava che chiudesse gli occhi per rivederne l'im- magine fedele in ogni minimo particolare.

Questa facilità d' evocazione, però, non bastava a sod- disfare i bisogni d'un' arte in sommo grado curante d'ogni maggiore esattezza. .Meissonier non nuotava certamente nel- l'abbondanza, allorché iniziò la sua collezione. Il primo og- getto di cui l'adornò fu forse un dono del babbo: un paio di stivaloni che datavano dal 1810. Disgraziatamente, nel 1884, « gli stivaloni erano in gran voga ». di grand chic, come si diceva allora. .Meissonier aveva una voglia matta di portarne anche lui ; una voglia tanto acuta quanto quella del mantello famoso. Egli tagHò i rovesci dei paterni stivaloni, ma il cuoio troppo secco crepò: a più di sessant'anni li rimpiangeva an- cora. Oh. egli avrebbe dato un occhio per l'uniforme portato da suo padre sotto la Ristorazione quale guardia d'onore della città di Lione: una divisa tutta bianca e orlata d'oro alle maniche e ai risvolti !

Verso il i838 il .Mercato del Tempio era il campo con- sueto delle sue speculazioni. Parecchie volte nella settimana,

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vi si recava di buon mattino all'ora dello sballaggio, prima che giungessero altri avventori (così suo cugino Steinheil) e comprava quante cianfrusaglie del Settecento trovava, costumi o frammenti di costumi . alla finanziera , da borghesi o da Guardie francesi.

Prendendo moglie, aveva portato tutto un corredo di vecchiumi: calzoni di rovescio di. di calze di China, di scarpe a fibbia, lunghi panciotti, marsine a tasche, cappelli di feltro, parrucche. E quanto non poteva trovare di cucito camicie, manichini, collari sua moglie glielo faceva lei, lavorando sui modelli da lui disegnati. Accadeva a volte che, studiando una incisione su Gravelot o un'acqua forte di Chodowiecki, la biancheria non offrisse pieghe uguali a quelle del suo mo- dello: e allora s'indispettiva. Un giorno, alla Biblioteca, sfo- gliando \ Eììcuiopedia , all'articolo Lingère verificò che ai tempi di D'Alembert e di Diderot la batista veniva tagliata non per il dritto del filo, ma di sbieco: donde le pieghe più fini e più molli. E fu un trionfo.

La sua passione si sviluppò con i guadagni. Il suo tem- peramento assecondava benissimo quelle ricerche ; ed egli, di volta in volta, vi portava ora una diplomatica pazienza ed ora un'impetuosità entusiastica. Avvertito che, in un comu- nello d'Indre-et-Loire, a Vernou, erano certe tappezzerie di valore in una chiesa cadente, per le cui riparazioni urgenti occorreva del danaro, egli parte, giunge la sera, esamina in- sieme al curato alla luce di una candela le tappezzerie, e le compra, a contanti.

A Poissv. il suo ferraio, figlio di un postiglione di Triel, Achille Dault, che aveva condotto la corriera, possedeva un finimento completo, ma non voleva venderlo. Aleissonier at- tese l'ora favorevole, e lo comprò.

Quando incominciò X Assedio di Parigi, non ebbe pace se

(i) Ratine, sorta >ii stotTh ^ii lana di gran moda sotto l'Impero.

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non quando s'ebbe procurato il mantello di Enrico Regnault e il vestito di suo fratello Anselmo. Come i cacciatori di razza, egli aveva l'odorato fine, e, con l'odoralo, le buone Fortune. Da gran tempo cercava il modello della berlina nella quale, insieme ai Ferriot, aveva fatto un viaggio in [svizzera. E la trovò, mentre stava alle acque di Evian, in un piccolo villaggio, a Saint-Gingolph. Ma, giunto in possesso dell'oggetto agognato, occorreva ristabilirne l'uso. Egli tenne qual titolo di onore l'aver ricostruito, nel Postiglio/ìc , certi particolari assolutamente perduti: il porta-mantello avvolto in una pelle di capra, la staffa tenuta dallo staffile, il cordone pendente a sinistra. Auguravasi di potersi foggiare, come -Michelangelo, tutti i suoi strumenti di lavoro. Così, a seconda dei casi, era sarto, sellaio, falegname, ebanista. Per il i8r^, commise un finimento assolutamente conforme a quello di cui era coperto, in quel giorno, il cavallo dell'Imperatore, e ne diresse egli stesso l'assestamento. Da un orefice, a simiglianza di un gioiello, aveva fatto costruire sotto i suoi occhi la carrozza delia Visita al casi ci Io: tutto si montava, si allacciava, cammi- nava, rotolava sul tavolo del suo studio ; gli sportelli si apri- vano: una meraviglia!

Ma questo tesoro di felici scoperte e di abili ricostru- zioni era, per cosi dire, nulla rispetto al suo museo militare.

Le armature, le pettinature, i costumi di tutte le età e di tutte le forme vi erano rappresentati. Possedeva una col- lezione di armi bianche alabarde, fioretti, spade corte, spade lunghe, daghe, pugnali tale da eccitare una vampata epica di Vittor Hugo, da equipaggiare una compagnia di condijttieri

L'aveva trasportata, nel 1889, '^'^ Poissy a Parigi, per esporla agli Invalidi, e tutti i membri della Sabrctaclic so- cietà di cui era presidente sapevano che la destinava a un museo del quale non si doveva trovare altroché il locale (i).

(i) Con decreto del novembre 1896, questo museo militare e stato concesso agli Ins'alidi. La collezione d'armi di Meissonicr potri per ciò prendervi posto.

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Ognuna di queste armi aveva la sua storia. Meissonier ne conosceva la data, l'uso, il maneggio, e sarebbe stato difiicile ingannarlo. Un amico gli aveva serbato, come una sorpresa, un frammento d'armatura trovato in una palude, nei dintorni di .Metz. « unico avanzo al mondo, di un'armatura merovingia ». I)i primo acchito. Meissonier dimostrò che quel pezzo ap- parteneva alla corazza di un picchiere Luigi XIII.

I conservatori del Museo d'Artiglieria rendevano omaggio alla sicurezza delle sue cognizioni tecniche e si aQRdavano al suo giudizio.

Xon appena prese a occuparsi dell' Imperatore, ne conobbe tutte le fonti informative. Assai prima del rigoglio della let- teratura napoleonica, che oggi è cosi in fiore, sapeva tutto ciò che poteva sapersi sull'Imperatore, le sue abitudini, le sue maniere, i suoi gusti. Non forse lui ci disse che Napoleone metteva un solo guanto; che indossava tutti i giorni un calzone fresco di bambagino bianco, perchè il tabacco di cui abusava glie lo anneriva presto; che portava degli stivali larghi; che aveva dei frustini senza punta, consunti a forza di picchiare sullo stivale; che. insolferente di togliersi le spalline, aveva dei mantelli fatti apposta per ricoprirle; che si coricava al buio, lanciando per la stanza tutti i suoi vestiti, porlìno l'orologio, e non facendo accendere il lume se non quando era a letto? Sono, certo, dei particolari poco importanti per lo storico. ma non privi di utilità per il pittore.

Come l'hiors. .Meissonier aveva molto interrogato i vec- chi generali sopravviventi del grande Stato-maggiore napoleo- nico, e specialmente il duca di Mortemart; ma, sopra tutte, egli preferiva la testimonianza degli umili e degli oscuri, di quelli, inline, che non avevano nessun interesse a ingannarlo, o che non avevano abbastanza ingegno per farlo. Erano così, tra gli altri, il valletto Hubert, e più ancora un semplice pic- chiere. Pillardeau quel Pillardeau ch'egli nomina tante volte e che fa meravi<>"lia notare com'egli non siasi mai divertito

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a ritrattarlo. È vero però che il modo con cui lo descrive, in diversi profili senza pretesa, vale quanto un ritratto. Eccone i brani essenziali

« Questo Pillardeau era un uomo strano. Benché affatto sciocco e privo di educazione, è stato per me un ausilio prezioso,, quasi direi il più prezioso. Egli sapeva molte cose, ne parlava volontieri. e non era un ciarlone; sinceramente diceva: « Questo non lo so. qui non c'ero, quello non ho visto )^ iM-a stalo cresciuto nella casa di Giuseppe, fratello

MODELLO D UMA CARROZZETTA LUIGI XIII. (Eseguili sui disegni di Meissouier.ì

dell'Imperatore, a .Mortelo ntai ne, ed era addetto alle scuderie. Avrebbe voluto essere soldato, giacche aveva la passione delle armi . ma sua madre glie lo impedi. Non faceva che inter- rogare i soldati sui particolari della loro vita. e. spesso, annotava ciò che aveva udito. Più tardi, prese a collezionare le uniformi, le armi, tutti gli oggetti militari procuratisi a gran fatica. Più di una volta me ne ha prestati; qualche altra me ne ha regalato. Alla sua morte, la sua famiglia ì'ecc una vendita. Sfortunatamente, io non era presente. Pillardeau abi- tava nei dintorni di Poissv, a ^'ernouillet. Io non fui a\'\-ertito e la collezione andò dispersa...

« Pillardeau amava estremamente illudersi di essere stato soldato e di farlo credere agli altri, si che l'istituzione della me- daglia di Sant' Elena fu per lui un colpo terribile. Non avendo il diritto di portarla, non poteva più. come prima, vestire l'uni-

IL MAESTRO

forme, per recarsi a deporre la sua corona, insieme ai veterani il 5 maggio,, a pie' della Colonna. Gli restava però il piacere d'indossare la divisa di un reggimento nel quale aveva vec- chi camerati, e allora, con serietà incredibile, parlava delle campagne alle quali il reggimento aveva partecipato. A Chan- tilly, dove abitava prima di andare a ^'ernouillet, s'era fog- giata, in una solìitla, una stanza militare, come l'osse quella di un trombettiere dei dragoni in alloggio l'orzalo presso una famiglia. 11 muro era coperto d'immagini militari, il letto asse- stato soldatescamente, l'uniforme da trombettiere sull'attacca- panni, le armi ben forbite e sospese; non c'era che da stender la mano per prenderle. Sulla tavola, un pane di munizione di cartapesta; in un angolo della camera, classificati e segnati come in un museo, tutti i ricordi da lui posseduti della Re- pubblica e dell'Impero....

» Si compiaceva di mettersi i galloni, d'immaginarsi 'di es- sere ufficiale di questo o quel reggimento; e allora l'assisa del reggimento era li pronta con l'elmo e con lutti gii acces- sori, come se la sua ordinanza glie li pcjrgesse. Taceva vestir da soldati con vecchie uniformi suo fratello e i nipoti, per riceverli alla sua tavola... Era. nella sua passione, un uomo vera- mente curioso, e, come tutti gli appassionati, di un'estrema suscettibilità... Per ringraziarlo, in un certo capodanno, io ebbi l'idea di mandargli una cassa piena di scelte leccornie: la cassa fu accolla con improperi. Io d(jvetli fargli molte scuse e riassicurarlo: k Ma, mio caro signor l'illardeau. tra amici, si fanno di queste cose! »

Del resto, per tjuanto quei documenti fissero sapiente- mente raccolti, non potevano fornir altro se non gli elementi della \'ita. La vita stessa era creata da Meissonier coi suoi s/ì////, da lui prediletti quasi più dei suoi quadri, in ragione delle dolci ore di lavoro ritornanligli alla memoria. Krano

MKISSONIER

■' la sua carne e il suo sangue >'. Il suo ideale sarebbe state

:.- ! 1 1(V,;. I) IN-SEGXE. (Acquerello «1 Metropolitan Museum di New-York.)

di lar soltanto de^li schizzi, di prender qua e delle note vive e di ^iettarle sulla tela cosi « come Pascal gettava sulla

IL MAESTRO

carta le sue noie sparse <■. senza la falica della ci)mp<jsizione pittorica.

r)opo la sua morie, un cerio numero di questi s///(// sono siali riuniti in due volumi, e dimostrano con qual tenacia e con quale audacia egli perseguisse ciò che voleva rendere. ^ e n'ha taluni che rappresentano lo stesso soggetto ripreso tre o quattro volle. La dilferenza consiste in un gesto più natu- rale, in un raggio di luce meglio diretto, in un'espressione di fisionomia, in uno sguardo, in un nonnulla; altri invece sono stati compiuti di bollo; altri, infine, sono semplici ab- bozzi, indispensabili per fissare un'attitudine, il movimento di una gamba di cavallo, la posa di un cane disteso, l'assesta- mento di un'armatura, il tòno di un volto, il profilo di un elmo, le pieghe di un calzone di pelle o d' una gambiera. Il suo occhio penetrante, avvolgeva e fermava lutto ciò che gli riusciva di cogliere. « Thiers parla del lampo delle sciabole : io lo faccio vedere ». Ma per ■< far vedere > quante ricerche, quale coscienza, quale scrupolosità! A lui non bastava il ri- cordo derivato da un' osservazione continua. (Quando dovè preparare per il fSoy un angolo di campo lavoralo, si recò in piena campagna a schizzare alcune zolle di terra. Dice- vasi, sorridendo, negli studi dei pittori, che. per dipingere un soldato in un campo di grano . occorresse a Meissonier prima di acquistare il campo, poi di ricercare il soldato nelle caserme: il che egli, del resto, non negava.

Di)po la campagna d'Italia, s'era proposto di fare una serie di sludi sull'esercito. Uno di essi esiste ancora: sono alcuni soldati di fanteria accampali, con l'arma al braccio: il sergente, sul davanti, fa la chiama. Quanto agli altri sludi, egli ne conservava i modelli nella mente. Quello dell'artiglieria gli fu fornitojdalla batteria della Guardia comandata dal ge- nerale .Mellinet. ferito in una guancia a .Magenta dallo scoppio di ivì obice.

La cavalleria doveva avere un posto d'onore. Il cavallo

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Ml-:iSSONIER

era cliveiUal<j pei" Meissonier, verso la metà della sua carriera, il su(j studio prediletto; ed egli ne rinnovellò la scienza.

Meissonier non ignorava che gli antichi, specialmente gli Assiri, conoscevano tutti i moti del cavallo; tuttavia, si lusingava di averli ritrovati lui. per la prima volta, dopo gli

.\ssiri. A suo credere, i moderni . anche i più valorosi, non ave- van fatto che dei ca- valli conven7,i(jnali; " e quei tipi arbitrari erano cosi ben pene- trati nel dominiij della pittui'a. e il pubblico vi credeva cosi supi- namente, che gli erano ')Ccorsi molti anni di lotta assidua per far accettare la verità >■. Egli si teneva al Corrente di tutti i la- vori che potessero contribuire alla sua istruzione. .Nessun na- turalista , astronomo o fisico seppe mai più di lui ciò che si pubblicava nei due mondi. Nell'estate del ib>79, un giornale, la -Wr/i/n-, pubblicò alcuni atteggiamenti di cavalli, ottenuti, diceva, da alcune fotogi'afie americane. Molti di quei modelli furono o^erti a Meissonier, il quale, a l'orza di lavoro, aveva finito per ren- dersi completamente ragione del passo naturale del cavallo, che è assai difficile a riprodurre, e del trotto che lo e men(j. « Ma di quel diavolo di galoppo, non arrivava a esser mai contento; aveva un bel prestarvi tutta la sua attenzione! »

LA Vi-DliTTA. •tacine ;i S. A. R. il Duca d'Au.nale (Galleria di Chantilly.)

IL MAESTRO

Or ecco che un americano aveva scoperto il segreto! « Verso l'autunno del 1879, un mercante d'America gli pre- sentò un certo signor Leland Stanford, già governatore della California, che lo pregò di fargli il ritratto. Meissonier rifiuta. Stanford, allora, gli parla di quelle famose fotogralle sui mo- vimenti dei cavalli, soggiungendo che erano state eseguite da lui. Un suo amico, anzi, raccontò che aveva anche speso per ciò centomila dollari. E questo era una picciolezza, giacche Stanford possedeva altre centinaia di fotografie sconosciute in Europa e ben altrimenti interessanti ; ne aveva pure sui movimenti dei buoi, dei cervi, dei cani, degli uomini combattenti, lottanti, in atto di far salti mortali, ecc., ecc. « Io era in estasi ! Non avevo più da fare con un milionario, ma con un<j di casa. E gli promisi il ritratto. »

Però in questo, come nelle altre cose, le ricerche altrui, anche ottenute con la macchina fotografica, non gli servivano altro che di controllo. Lo studio diretto, anzi tutto; così che. d'estate, abitando a Poissy, egli era sempre presente al campo di manovre di Saint-Germain. Talvolta, quando, a un tratto, gli appariva un movimento da gran tempo ricercato, ritornava a spron battuto allo studio per lissarlo sulla tela, oppure chiedeva il polsino a sua moglie per disegnarvelo a volo.

Ma come sorprendere nella lor mobilità fuggitiva tutti i particolari del lavoro muscolare dei cavalli? Con quella inge- gnosità di mezzi che gli era naturale, ma che più veniva acuita dall'intensità del suo spirito analitico, costruì nel suo parco di Poissy una piccola ferrovia lungo una pista; e seduto su di un vagoncino, di cui alfrettava o moderava il cammino a seconda, seguiva la corsa parallela del cavallo montato da un domestico. In tal guisa, era giunto a scomporre e a notare <■ perfino nei loro fremiti le andature più rapide e più difficili «. La riflessione, poi. completava ciò che l'osservazione gli aveva fatto vedere.

Esser pittore soleva dire significa essere assuefatto.

MIÌISSONIER

a una logica rigorosa, a trovare il come e il perchè, a risalire dagli eljelti alle cause. La natura non cede i suoi segreti se non a chi la stringe da presso. Non basta guardarla e am- mirarla; conviene domarla. « Io sarò ingenuo, ma nello stesso tempo son come un trapano che fora le cose da parte a parte ».

(Juale si rivelava nello stud/o, tale Meissonier era nel- '"esecuzione definitiva dell'opera, con ancor più ardente bi-

. ..-; GIORGIO VEN'lZIA. (Dipinto.)

sogno di verità. Kgli lavorava, tenendo accanto gii abbozzi, alla portata dell'occhio; ma più spesso ritornava direttamente al modello. la natura. Per impedirgli questo consulto. « sa- rebbe occorso rinchiuderlo ». lu"a una vera lotta che impe- gnava con la natuia. v la sua schiava favorita e necessaria ». «Sì. la mia schiava », ripeteva, indugiando sulla parola: « ella deve obbedirmi; non e la mia padrona ». In fondo, era il suo modo di tradurre l'adagio classico: homo additns luituni'.

IL MAESTRO

In tal modo sono spiegabili le preferenze per i soggetti che agitavano tutto il suo pensiero.

Meissonier sarebbe stato un delizioso paesista. Le sue vedute di Venezia, di Antibo. di Évian. di l^oissv sono squi- site. Gli è che sentiva profondamente il fascino penetrante delle acque e dei boschi, i misteriosi silenzi dell'aurora, que- gl' istanti divini in cui, come in una segreta armonia, il cielo

OLIVO DEL PONTHEIL IN' ANTIBO. (Acqutrcllo.-,

e la terra sembrano congiungersi e invitare l'uomo a isolarsi dai romori del mondo; i fascini della sera lo rapivano. « Ah! la bellezza dei tramonti di aprile, con i lor tòni vermigli e il liammeggiamento del cielo su cui spiccano le piccole foglie novelle della quercia, verdi a simiglianza di perle verdi!... Ah! gli scintillìi d'oro delle foreste in ottobre!...» Dinanzi a questi solenni spettacoli, i suoi occhi s' inumidivano di la-

V^EISSONIEH

^rime. « (Juando bisoiinerà andarsene diceva dopo co- loro che io amo. quel che di più rimpiangerò, non saranno le città, i musei, le opere, infine, dell'uomo; ma la natura del buon Dio , i campi , i boschi , le cose che dicono inani- mate e che tante volte m' han fatto piangere di ammirazione. È cosi bella la luce, è cosi bella la natura! É cosi dolce, ammirare, o mio I)io!... Felici i paesisti!... » Kgli sentiva la natura da poeta; e ne godeva da pittore: « poiché il pittore ha di vantaggio sul poeta il diletto dei colori, le carezze del pennello, le quali pri)ducono sensazioni incomparabili. »

Tuttavia, tali vivaci impressioni non avrebbero sempre sorretto il suo ardore. Dopo aver lungamente goduto dei pae- saggi della Svizzera, se n'era stancato; e non volle ritornar ]DÌù ai laghi, sulla montagna.

Lo stesso dicasi dei ritratti. (Quelli del dottor Lefevre, di Chenavard, di Vanderbilt, del dottor (juyon. di Stanford, di Vittorio Lefranc. di Alessandro Dumas, sono dei capola- vori. .Meissonier pensava argutamente che non si ritrae bene se non la persona amata o conosciuta a fondi); e confermava la teoria con l'esempio, poiché, dei suoi ritratti, più di qua- ranta su cinquanta sono lavori di amicizia. .\la non meno giudiziosamente pensava che se, dopo l'intimità della posa, come dopo una relazione contratta in viaggio, due amici, co- noscendosi meglio, debbono affezionarsi di più, possono anche, per la stessa ragione , intendersi meno e guastarsi. In un momento di distretta, egli aveva avuto l'idea di dedicarsi al ritratto; ma occorreva un eccessivo sacrifizio della sua per- sona: e il suo ingegno, il suo carattere avrebbero potuto resistere a quella troppo lunga prova.

Era veramente lieto allorché, dopo aver lungamente ma- turato un soggetto soggetto di genere o soggetto storico imprendeva il quadro. Nessun fondo preparato; nessuno schizzo, o quasi; nessun contorno: dapprima il rilievo, in blocco, come fa lo scultore, il contorno dopo il modellato. Nessun

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calcolo, insomma, di nessuna specie, di procedimento, di preconcetto: obbediva all'impulso.

« Di fronte alla natura » quante volte questa nota ritorna sulle sue labbra nelle torme più diverse! « io sono come un bambino; nulla so prima; la guardo, l'asci^lio; ella mi inebbria e mi sugge- risce il modo di avvicinarla e sposarla. Io mi fermo dove capita... Son come il caccia- tore che tira su ciò che fugge; non amo prendere di mira il fogliame... La matita cammina con troppa lentezza ; mi oc- corre il pennello che suscita all'improvviso il punto lumino- so... Io dipingo come il vento... Un musicista inspirato non fa più rapidamente vibrare i suoi tasti. Io non mi curo se non dell'intensità dell'espressione. » Alcuni hann(j chiesto per- chè la donna occupa si poco posto nella sua opera; egli stesso ne la spiegazione: « Le tenerezze del pennello non sono fatte per me. »

Per una rara concordia di qualità contrarie, cotesto im- peto artistico non era eguagliato che dalla sua pazienza. Vio- lento all'inizio, era tardo al compimento della sua opera Non gli doleva riconoscere di esser giunto a quella rapidità di concezione solo dopo quarant'anni di lavoro accanito; anzi se ne faceva un titolo di gloria. Se non voleva che lo sforzo apparisse nell'opera più inoltrata, nulla concepiva senza quello sforzo, nulla che non meritasse ogni cura. Altre volte adottava questo principio « anche per verniciarsi le scarpe», e noi sap- piamo già che era abilissimo nel legare i pacchi. Di ogni cosa

RITRATTO DI PAUL CUENAVARD. (.Musco J. Lione. I

8o MEISSONIER

esili notava si può esser compiaciuti, quando la si faccia

bene. Diceva al dottor Guyon: « Io sento parlare di foto- grafìa; ma dove andrà il piacere dell'artista, adoperandola? Non ci sono che le cose divertenti che facciano un male enorme. Non spiacerebbe a voi. per esempio, se in un'ope- razione delicata il vostro istrumento andasse da solor »

« La pittura vile è la pittura di un vile » scriveva Dela- croix; e Meissonier a sua volta: « Il meglio, nemico del bene, è il dogma dei pigri. »

Ritoccava, ripigliava ogni suo lavoro, lo rifondeva. Il iSoy è restato quattordici anni sul cavalletto. La sera, spossato dalla fatica, credeva di aver trovato ciò che cercava: la dimane , rientrando nello studio , cancellava tutto. Gli e per questo, che, lavorando sveltamente, non sembrava svelto: era sempre daccapo. Quanti uomini e quanti cavalli aveva ucciso nei Dnigoìì/ per riprodurre più esattamente una gamba o un braccio! « \\ sono due o tre quadri l'uno suiraltr<3 », ond'egli chiamava certe tele le sue « tele di Penelope. » L'ap- prossimativo lo sdegnava; e. per il bisogno di essere com- pleto, era pronto a sacrificar tutto, il riposo, i piaceri, la sua più legittima impazienza. Sul punto di spedire i /)n/(!;o/7/ per l'Esposizione (i883), un dubbio lo punge: il numero di matri- cola appostovi era esso giusto? Per tal dubbio sospende l'invio fin che non ha verificato e cambiato. Era stato il primo ad accorgersi che, nel Solferino, il movimento del cavallo del primo piano, il cui cavaliere contempla un cadavere, non era precisamente esatto; ma quando l'aveva dipinto, non « posse- deva » ancora il cavallo! Un'uosa attaccata male gli offendeva lo sguardo; voleva che si potesse passare il dito tra i lacci. Questo tòcco impeccabile era la disperazione degl'incisori.

« .Mio caro confratelhj, gli scriveva l'incisore llenriquel- Dupont quando uno di noi esamina un quadro, si chiede, per prima cosa, ciò che potrebbe sopprimere; con voi. m'ac- corgo subilo che non è possibile toglier nulla. >■

;iri.:\rro in vrrroiao leikaxc. iSSi.

(Appartenente alla sua vedova.)

Meissc

8; MrClSSONIKR

Attentissimo alla critica. Mcissonier accettava solo l'elo- gio che si taceva da se : bisognava che l'osse contento lui. Non mandava liiDii nulla senza la sua firma, e non firmava se non ciò che era perfetto, ossia quella perfezione di cui aveva l'irresistibile sentimento. .Mai stanco, mai sfiduciato, «con delle volontà feroci, accanite, arrabbiate ». faceva gioinate di dieci e dodici ore. in piedi, nel suo studio o all' aria aperta, d'estate con trenta gradi di calore, e gli occhi riarsi dal sole: d'inverno, con dieci gradi di freddo, i piedi nel fango. « Io non credo che mi si possa accusar mai di non aver avuto coscienza ■> poteva giustamente esclamare. ( )i bene: di tutti gli ammaestramenti, non era forse questo il più utile e il più bello?

CAVALLO AL TROTTO. (S.-h;77,. a penna.)

HRIGIONILRI.

Q'

IMMAGINE KliLIGIOb* (Giovinezza Ji Melssor.ier. )

LUOMO

UANTO più mi avvicino al leimine della mia vita di lavoro scriveva Meisso- nier a un amico altrettanto mi allontano dalle cose che non hanno per iscopo la verità o il bene : e se tento di lasciare un buon nome come pitl(ji"e. più ancora lento di lasciarlo come uomo. >■

Cotesta preoccupazione era fissa in lui, e lili liìitretiens ne forniscono la prova, quasi a ogni momento della sua esistenza. Egli non concepiva che alcuno si arrogasse il diritto di vivere la vita da dilettante, di passarla come un \'iaggiatorc. di rifiutare il proprio contributo

84 MEISSONIER

alla cosa pubblica; quanto a lui. poteva menar vanto di non aver mancato mai al dovere di cui fissava cosi rigidamente le regole.

Meissoniei" trascorse quasi tutta la sua carriera a Poissy. Sembrava che il destino ve Io tenesse. Da giovanetto era passato per quei luoghi con un centinaio di soldi in tasca, un pezzo di pane sotto il braccio, e la scatola da colori tra le mani, per recarsi a iMeulan, presso lo scultore Marocchetti; e, quantunque le strade avessero allora l'aspetto di letamai, serbava di tutto un dolce ricordo. Suo padre aveva divisato di acquistar colà, sulla riva, un terreno per costruirvi un deposito di mercanzie. Meissonier vi si stabili nel 1845, e non se ne allontanò più, anche quando ebbe un palazzo di sua proprietà a Parigi. Aveva acquistato una casa che di- pendeva dalla vecchia abbazia; e quando incominciò a rico- struirla, trovò sotto il pavimento della camera principale, in una bottiglia sigillata, una carta datata " dal Monastero di San Luigi di Parigi, 1679. " Il monaco, diceva la carta, era venuto colà « per fare certe riparazioni e rimediare al disor- dine, per ordine del Re »; e pregava nel contempo coloro che scoprirebbero il deposito di far dire delle messe per il riposo della sua anima.

.Vleissonier . che aveva eseguito appuntino le intenzioni del monaco, amava la calma di quel ritiro solitario, e a poco a poco , di ciliegio in ciliegio , di prato in prato . ne aveva allargata l'estensione.

Dopo il suo secondo matrimonio, andò ad abitare sulla spiaggia, in casa della suocera, una casa fabbricala da venti anni , secondo i suoi disegni e rallegrata da una prospettiva bellissima: da un lato, il ponte col molino della Regina-Bianca e con le sue vecchie arcate, a traverso le quali scorgevansi la punta delle isole, i meandri della Senna e i profili di Mèdan ; dall'altro, la libera campagna di Carrières, il vasto cielo e l'orizzonte luminoso. La lieta animazione di quel pae-

L' UOMO

saggio Io giocondava tutto (i). Nel 1882, poiché il castello delie Carrieres. Champtleury. era slato messo in vendita, egli fu a un punto dal diventarne proprietario; giunse fino a cen- tosettantotto mila lire, ma l'incanto sorpassò questa offerta. Si era per altro affezionato a Poissy anche pei" il bene che vi faceva. « Ho desiderato di essere sindaco del mio Comune disse un

D

\^n^/

giorno e lo sono . 0 '

stato, poiché credevo di riuscire utile a qualche cosa. » A trentaire anni , du- rante la rivoluzione del 1 848 , fu per es- sere trascinato nella vita politica. Che po- teva guadagnarvi? Gli sarebbe stato dif- ficile dirlo, appunto come in seguito con- fessò. .Ma egli era. come allora si diceva.

un liberale. Giovanissimo ancora, e mentre doveva guada- gnarsi giorno per giorno la vita, un editore realista gli aveva proposto d' illustrare una S/or/a della Varnica. « Se fossi vis- suto in quei tempi - rispose .Meissonier avrei combattuto tra le file degli azzurri: non saprei perciò concepire, espri- mere le cose secondo il vostro sentire. Forse qualche episodio potrei riprodurre, come ad esempio quello del generale Bon- champ che perdona i prigionieri repubblicani; quanto al resto,

TESTA DI FR.\Ti;. (Stilizzo ., penna.)

(i) « Oggi, 25 nuggio 1890, sentendomi debolissimo... ho pensato di dettare le mie volontà... Desidero di essere sepolto nel cimitero di Poissy, in nn terreno gii acqui- stato da colei che prescelsi a compagna dei miei ultimi giorni sotto la tomba di suo padre .\doIlo Bez.mson. » (Esìratlo ila! Icslamenlo di Meissonier).

86 MEISSON'IER

non è affiir mi(j. Eouale rifiuto aveva dato alla richiesta del disegno pei" una medaglia che rappresentasse Guizot alla tri- buna nel ,y;iorno in cui l'illustre statista pronunzio la frase famosa: <■ l^e vostre ins^iurie non giungeranno mai all'altezza del mio disprezzo. >■ Egli ammirava l'ingegnij dell'oratore, ma non s'entusiasmava per la sua politica, l'iesentiva immi- nente una trasformazione sociale, e avrebbe voluto savia- mente prepararla.

La dimane del 24 febbraio, i suoi migliori amici, Deze, Terrier, lo stess<:) .Marrast. lo spinsero a presentarsi candidato alla deputazione. Lamartine lo raccomandò vivamente con questi termini: ■« uomo di cuore, patriota devoto, e nello stesso tempo artista di genio ». Egli vi si piegò, l'unica volta in vita sua. .Mail suo avversario vinse, ed era un notaio di l'oissv; il signor Hezanson, amico suo, padre di colei ch'egli doveva sposale in seconde nozze.

Pare che due questioni sopra tutte lo preoccupassero allora: il bilancio dei culti e la riforma dell'istruzione pub- blica. .Noi sappiamo il suo riserbo nelle discussioni metafi- siche; ma circa la politica religiosa era, in massima, più audace, e le idee da lui espresse su questo tema durante il 184S. non sembra siansi modificate nel corso della sua vita. Egli dunque alfrontava la questione dei culti « sotto due punti di vista, uno assoluti:) e uno pratico ». 1 )al punto di vista assoluto diceva se si prescinde dal tempo e dal paese in cui viviamo, se si astrae dai costumi, dalle abitudini, dai diritti acquisiti, io penso che ciascun cittadino deve pagare il suo culto, e che l'unico ufficio dello Stato deve essere di conciliare, mediante una sorveglianza protettrice di tutti i diritti, la liberta indi\-iduale con l'interesse collettivo. .Ma se si considera che, a causa di una tradizion secolare, il popolo e abituato ad annoverare la pratica religiosa tra le funzioni pubbliche: se si pensa a quei quarantamila preti che sareb- bero bruscamente piixali delle prebende gaiantite lon) dalla

L'HOMO 87

società, si comprende allora la necessità di una transazione Io accetto, dunque, come risultato l'osservanza di questa mas- sima: che ogni devoto paghi il pi-opri(ì culto: ma credo si debba pervenire a ciò solo a piccole tappe. Senza precisar nulla al riguardo, io indicherei un procediment<j applicato in casi analoghi: quello cioè consistente nel cancellare dal bilancio i pagamenti a misura che gli uffici siano vacanti per la morte o per il ritiro di coloro che l'occupano. Anche questo potrà sembrare troppo torte, e credr) benissimo si debbano ricer- care altri accomodamenti... »

In fatto d'istruzione pubblica, si mostrava più rigido. Il 16 maggio 184S, proponendo un'immediata radicale riforma, conchiudeva: " Si parla dell'Università: veramente io la credevo morta . e se non m<jrta . assai inferma. Kra una persona molto pedante: sopra tutto era un'aristocratica, che abbandonava i tìgli del popolo nelle mani di istitutori gros- solani . ripagati di soli disprezzi. P2ssa concentrava le sue tenerezze su tre o quattro centomila privilegiati, messi al re- gime lussuosi.) del greco e de! lalinij. Straniera alla grande idea del 1 7* )0 . che proclamava i dii'itti di tutti a una edu- cazione nazionale, essa considerava come contrabbando ogni sistema liberale ed economico che tendesse ad allargare r angusta cerchia in cui si chiudev.i. Da ciò quell'esame di laurea e quel certificato di studi universitari posti come una cinta doganale all'entrata delle pubbliche carriere. Ma la rivoluzione di Febbraio ha mutalo tutto ciò. < )ggi, l'intera nazione chiama tutti i suoi figli a gi:)dere dei benefici dell'e- ducazione, la quale distrugge le varie distinzioni scritte nelle nostre leggi, sostituendole con un vasto sistema di eguaglianza. Vorrei poter mostrarvi questo sistema cosi com" e compreso da me; indicarvi lo Stato che pone in ogni comune, a lato del sindaco, un istitutore impartente a tutti i fanciulli un'edu- cazione elementare. All'età di d'jdici anni, cotesti fanciulli, preparati in quella guisa, sarebbero riuniti al capoluogo com-

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partimentalc, in una grande scuola, dove maestri accurata- mente prescelti si occuperebbero, mediante un complemento di educazione generale, del loro sviluppo lìsico. morale e in- tellettuale... )) Se il giudizio suir Università è severo, si dee convenire che non è privo di giustezza. Aggiungiamo che lo schema abbozzato da .Meissonier non difettava punto, dati i tempi, ne di gravità, di ampiezza, e che s'inspirava a un sentimento democratico illuminato.

« Come colui che non può restare al suo posto, mentre nel suo paese si svolgono grandi latti ". Meissonier, non ap- pena scoppiata la guerra del i<Syo. erasi recato a Metz. Lo Stato -maggiore l'accolse quasi come un nunzio di vittoria. Eran passati soli pochi giorni, ed egli stimava la situazione disperata. La mattina dopo Forbach e W'issembourg. scri- veva (I) (8 agosto iSyo :

« Ah! che giorni crudeli, che angoscia! Che sarà di noi, mio Dio! Questa lettera, forse, e l'ultima che potrà giungervi: certo, domani, le nostre comunicazioni con Parigi saranno interrotte, e noi saremo chiusi dentro Metz. Povera Francia, povera patria cara! Aver nelle mani un esercito cosi bello, così liero e cosi coraggioso, cui nulla, se condotto bene, po- teva resistere, e farlo sterminare a brani! Xoi soffochiamo tutti qui, di rabbia e di disperazione inesprimibili. Restare irresoluti, quando i minuti sono tutto, scongiurare un di- sastro per prepararne un altro, far scorrere senza frutto e senza gloria il sangue più puro e migliore del nostro paese diletto! La nota dei morti è cosi lunga che io non oso sve- larla. Reggimenti interi procedono innanzi e non ritornano più. Ah! la guerra e una vera scienza: e quando, per lunghi

(]) L.i lettera è indirizz.ita Mi signoriii.i V.. Bezanson.

L'UOMO 89

anni . si è lasciato al nemico tutto l' agio di acquistarla, e quando noi l'abbiam dimenticata o disprezzata, bisogna restar filosofi e non lanciarsi alla cieca in si terribili cimenti... Ah si ! io ricorderò lungamente quei giorni di Metz e quelli che sciaguratamente seguirann(j; poiché non vedo in che modo si possa uscire di qui.

« Io voleva montare a cavallo, per giungere in tempo a Verdun, a F<eims o a Soissons. Mi dicono che sarebbe impru- dente, poiché già si mostrano sulla strada le punte della ca- valleria nemica. Il nostro disastro e grande: tutto sembra perduto, se non segua un miracolo. Potete bene immaginare il mio stato; nulla ho potuto fare, nulla assolutamente: non mi sento neanche la forza di scrivere, ed e solo per voi che fo questo sforzo supi-emo.

« Addio per sempre ai quadri militari! (Juesti poveri umili eroi son tuttavia sublimi , e meriterebbero pure che qualcheduno consacrasse il suo ingegno, per grande che fosse, a dipingerli degnamente. ( )himè! quel riverbero di gloria onde erano una volta illuminati non sarà più.

« .Mio Dio, quanto sojfro! E qual tripudio devono pro- vare gli altri, quei selvaggi ! Oh. l'eterna storia dei barbari che si piopongono per fine la conquista, e degl' inciviliti che nulTaltro desiderano se non il godimento del possesso!... \^ia. non parliamone più...

« Perdonatemi questa lettera cosi riboccante d'angoscia, e direi quasi di lacrime. .Ma io spero che voi sentiate e pen- siate appunto come me. Implorate un prodigio. Io vado spesso in chiesa, e prego con fervore cristiano...

« Farò forse domani un altro tentativo di partenza, b'orse partiremo tutti; giacche ad ogni momento si muta risoluzione. Stamane si doveva partire per ("halons; decidemmo di rima- nere ancora; ma stasera si Gambiera probabilmente un'altra volta consiglio... Ah, lo sciagurato che con la sua incapacità ci ha a:ettati in tanto disastro !... »

MKISSONIER

Meissonier più non era e più non si sentiva che una bocca superflua, lulli gli ufficiali lo es<jrtavan<) di rientrare in l'arigi, dove, comunque, avrebbe potuto rendersi utile. P'.gli riprese adunque la via del ritorno.

Partito sui primi albori dalla barriera di Sainl-Maitin dove aveva trovato ricovero presso una buona famiglia in- dossava un costume bizzarro: ampi stivaloni militari, una giubba di stof)a bigia, il mantello ad armacollo, la sua croce di commendatore sul petto, e nessun bagaglio. In questa foggia stramba, ad ogni tappa e costretto di farsi riconoscere, mostrando una caria da cui appare incaricato di una missione.

A Gravelotle , a Contlans , in tutti i villaggi lungo la strada, l(j circondano, lo interrogano, lo minacciano: dovunque la terribile parola di « spia » gli ronza all'orecchio. Occorre dunque che i gendarmi, i quali da prima volevano arrestarlo, ora lo proteggano. Negli alberghi dove discende, le fantesche scappano non tosto lo hanno servito. In altri tempi questa diffidenza lo avrebbe sdegnato e avvilito; oramai non sente più che il suo dolore. Metz gli sta sempre davanti agli occhi e nell'anima; e quasi che le amarezze presenti non bastassero, i ricordi luminosi della campagna d'Italia gli rifioriscono nella mente. h>gli rivede le strade pavesate dei villaggi e delle città lombarde; livede le finestre adorne di variopinti tappeti e di glandi bandiere; rivede la piccola pieve di Castiglione, dove aveva pieso alk)ggio, risplendente di luce e di allegrezza, e la gioconda faccia del vecchio curato che gli aveva offerto una lazz;i di calle prima della partenza, e il mazzetto di mar- gheritine e di verbene attaccatogli alla bottoniera dalla vispa nipote del prete, tenui, ma commoventi omaggi tributati al vincitore.

Per gran ventura, a \ erdun. egli litrova un vecchio ca- merata di collegio, col quale aveva stretto amicizia in casa Ferriot. e un colonnello della Guardia già di guarnigione a Sainl-Cìermaiii. Pei' raggiungere più presto Chali^ns. si getta

L'UOMO 1)1

come un sacco in un treno di bestiame, in tondo a un car- rozzone, sopra uno strato di pao;lia. stordito dalla confusione immensa, tra una folla rumorosa di coscritti. Ma quale stupore nel riveder l-'arigi cdsì calma e cosi fidente, mentre a non più di cinquanta lei^he ruiigiva il tumulto dell'invasione! I.a sera stessa del suo ritorno a I *oissv, eoli conobbe la disfatta di Pìorny e, due giorni dopo, la battaglia di Gravelotte.

.Meissonier deplorò sempre di non aver scritto una cro- naca quotidiana dell'assedio di l'arigi. Ma ebbe subito, a Poissv, l'intenzione di compiere il suo dovere di cittadino, e andò a trovare Trochu. « (ìenerale. ecco la situazione ili Poissv: una prigione centrale, e neanche un soldato: datemi la guardia nazionale, ed i(j rispondo di tutt<j. >>

Sfortunatamente, al prim<j controllo si verifico che in tutta la città non c'era un solo fucile adoperabile; nulla di organizzato e nulla di organizzabile per la difesa.

.Mlavvicinarsi del nemico , egli coire nuovamente da Trochu. '< lo non posso più restarmene laggiù; c<jsi gli dice - e tanto meno lo posso quanto e più facile che gli ufficiali prussiani mi usino qualche riguardo. Sono libeio; la mia famiglia sta al sicuri); mandatemi l'ordine di lasciare il comando dove nulla c'è da taie . e obbligatemi a ritornare a Parigi. » Non avendo allora domicilio stabile alla capitale, si installi 1 in via Saint-Georges, in una stanza d'affìtto cedu- tagli da un amico.

.\ddetto in qualità di tenente-colonnello allo Stato-mag- giore della piazza, aveva specialmente 1' incombenza d' ispe- zionare gli avamposti e di condurvi le truppe d' operazione. L'n giorno, sul linir di dicembre, venne nìandato ad .\rcueil- Cachan. « Quel giorno nanano gli Riitrclidis , - vidi veramente piovere la morte, l-'er la lunghezza di un chilo- metro, sopra un terreno reso sdrucciolo dai ghiacciuoli. do- vetti recarmi da solo fino alla casa di Kaspail. avendo lasciato il mio attendente indietro e al sicuro. Pe granate aravano il suolo con un sibilo sinistro, che non finiva mai. »

M E I S S O N 1 E II

Meissonier era tra coloro che volevano la lotta a tutta oltranza. Dimenticando i pericoli minaccianti dentro Parigi, deplorava che non si cavasse miglior partito dalla Guardia nazionale. « Voi togliete un uomo ai campi andava ripe- tendo negli uffici dello Stato-maggiore e non avete fiducia nella parte migliore dei cittadini, che si dichiarano pronti a tutto e fino alla fine! » E quando vede approssimarsi la so- luzione fatale, non può reprimere un grido di terrore (dome- nica 22 gennaio 1871 . Fino a quel giorno, illudendosi di scorgere un barlume tra le tenebre fitte, egli ha sperato. Se a sera, piegando i" ginocchi, pregava Dio di proteggere i suoi diletti, durante la giornata ne evitava perfino il ricordo, temendo di cedere allo scoramento. « Oggi questo fievole barlume è spento: oggi tutto è nero. E vicino l'istante in ,cui noi diver- remo preda di quei selvaggi ! » Infine, la morte del pittore E^nrico Regnault. caduto gloriosamente nella fazione di Bu- zenval, lo prostrò.

Non perdonò mai alla Germania la sua vittoria, e meno ancora il modo con cui ne abusò. L'aveva un tempo molto studiata e molto amata in .Vlberto Dùrer, Holbein, Goethe. Serbava religiosamente il ricordo d'una graziosa apparizione della Margherita, a Carlsbad, dove erasi recato solo in bi- roccino a bere le acque famose : « una giovinetta bionda e scalza, che andava leggiadramente ad attingere acqua alla fontana ».

( )r bene; tutte queste immagini soavi s'erano dileguate dietro i \'osgi, dietro il nuovo confine della Francia. E non vedeva più altra cosa se non « l'orrore di Saint-Cloud anne- rito, sventrato, cadente. "

Dopo il 1871, in nessuna occasione volle ricevere il ce- lebre MenzeI e gli altri pittori d' oltre Reno. Lo stesso Heilbuth non rivarcò la soglia della sua casa se non dopo essersi fatto naturalizzare francese. Nominato, all'Esposizione di \'ienna del 1878, vice-presidente della giuria internazio-

L'UOMO 93

naie, chiese ai suoi colleghi « facoltà a titolo ufficiale e in nome della Francia, di che gii permettessero // sacrifizio di non stringere la mano ai tedeschi, a ditj'erenza degli altri membri della giuria. »

Alcuni anni più tardi, gli venne offerta la croce del Merito di Prussia : la ritìutò. Gli aveva molto doluto di sa- pere esposto a Monaco di Baviera il suo ^-l/z/Z/w: .quadro in cui egli s'è ritratto a cavallo insieme al figliuolo sulla strada della Comiche. E quando, nel 1881, \anderbilt, il miliardario americano, gli porto le I/ìJoniiazioni , riscattate a Berlino, strinse il donatore tra le sue braccia con 1' effusione di un uomo liberato da gravissimo peso.

La storia tuttavolta gli aveva insegnato che il mondo non varia per una battaglia vinta o perduta: egli sapeva che non mancavano esempi di popoli abbattuti dalla fortuna e risorti per proprio valore. " lo prego Dio sovente: diceva lo prego che non voglia considerare questo nostro paese come l'albero del \'angelo, l'albero reciso e gettato nel fuoco, perchè non dava più buoni frutti : lo prego più ardentemente anctjra che susciti in ognuno di noi la forza della salvezza. •■

Per quanto egli credesse all'efficace infiusso dei grandi uomini, non amava punto i cosi detti " salvatori ». Tributava ad Adolfo Thiers un'ammirazione fervente: era orgoglioso di essere stato prescelto a farne il ritratto, due giorni prima che l'ex-presidente morisse. Non pertanto, nel 1872. era in certo modo preoccupato nel vedere i destini della Francia com- messi a quel vecchio di settantacinque anni. Soltanto dallo sforzo concorde di tutti i francesi egli si aspettava la salvezza comune. < Rimettiamoci al lavoro! » esclamava con maschio linguaggio sulla tomba di Regnault Il tempo incalza: non disponiamo già dell'eternità per rifarci. >

Egli opinava che il reggimento repubblicano dm-esse con- solidarsi sulla base di un" aristocrazia intellettuale, indipen- dente e rispettata, uscita da tutti gli ordini della società.

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capace di dedicarsi tutta all' interesse universale " Molto e sempre si parla della cosa pubblica notava, non senza acutezza e . intanto . ciascuno pensa solo a se. Chiunque aspiri alle funzioni di consi.Q;liere municipale, poi che fu eletto, si lagna di doverle esercitare, e considera sciupio di tempo le poche ore dedicate agli altri. » K risaliva alle più alte fonti dell'abnegazione. « l'n tempo si sapeva morire: oggi la vita umana e diventata cosa sacra: da questo sentimento rampol- lano tutte le ignavie. »

Quanto a lui. era sempre pronto a offrire il buon esempio. Nel 1880 gli proposero un seggio nel Senato. « Se voi me lo portate. rispondeva l'accetto. Non ho mai creduto che un artista dovesse disinteressarsi del suo paese. Ogni cosa che concerne la Francia mi appassiona. "

Su molti problemi del giorno le sue riflessioni erano ma- ture. In materia d'arte, avrebbe voluto difendere dall'alto della tribuna il principio della pioprieta artistica, come lo aveva già difeso nella commissione estraparlamentare incaricata di esaminare il quesito. Riserbava tuttavia il maggior suo con- tributo alla politica generale.

" Dura il mal vezzo di negare agli artisti ogni attitudine ai pubblici negozi. Eppure, se si volesse riflettere quanta lo- gica, quanta sapienza occorrono per fare un buon quadro! » Egli s'interessava ai particolari dell'amministrazione militare, e non dissimulava le sue inquietudini circa il sistema della nazione armata, credendolo meno efhcacealla difesa del territorio di quello che non sia un esercito ben addestrato. Nondi- meno, poiché fu istituita la milizia territoriale, chiese, a mal- grado dell'età, di occuparvi il suo posto. Sotto l'impressione dell'intervento inglese in Egitto, esclamava: •> Che peccato che non vi sia più (ìambetta col suo patriottismo e con la sua energia! La l^'rancia avrebbe potuto rappresentare laggiù una parte ammirevole. Se. dopo il bombardamento di Ales- sandria, la nostia flotta vi si fosse avvicinata, noi saremmo

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sbarcati insieme a.ii\' Inglesi e in veste di liberatori. Or dove gli eventi vorranno farci indietreiigiare? >' E. a sentirlo, la perdita dell' Egitto riusciva ali" influenza francese tanto grave quanto la perdita dell'Alsazia-Lorena.

La situazione inteina della Francia nun Id preoccupava meno. .\on tralasciava mai occasione di predicare la con- cordia. Alla vigilia delle elezioni del 1S87 , senza alcuna esigenza personale, s'era imposto, e non si stancava mai di raccomandare, questo programma: In tale decisivo mo- mento, convien guardar le cose dall'alto, facendo ammu- tolire qualunque spirito di setta o di consorteria. L'onore c'impone di affermare dinanzi al paese, che ci ascolta, l'af- fetto nostro per una Repubblica generosa, liberale, illuminata, schiudente le braccia tutrici tantoalla Destra quanto alla Sin'stra, larga di pari ausilio a tutti coloro che la rispettano e leal- mente vogliono servirla. Bisogna che la logica bene intesa dei fatti sospinga la nazione tutta in una sola volontà, a un solo intento: fondare questa Repubblica conservatrice, amica di tutte le libertà, fautrice di tutti i progressi, preponente i doveri ai diritti, straniera ad ogni fanatismo e ad ogni intol- leranza qualunque ne sia il nome e l'origine, ostile a quel sedicente ■■ libero pensiero » che pretende incatenare il pen- siero, garante della libertà di coscienza solo usbergo della umana dignità, indilferente ad ogni particolar forma di culto, non lontana dall'ammettere che lo Stato, per l'assenza di una re- ligione ufficiale, tolga di professarne una a chiunque lo voglia. Non più diffidenze; non più odi. E giunta l'ora di chiamare a raccolta dai quattro punti dell'orizzonte tutti gli uomini sinceri, tutti gii uomini di buona volontà. »

Meissonier non fu ne senatore, deputato. Al di fuori d'ogni idea di dovere, non gli sarebbe spiaciuto di esser l'uno o l'altro. Le distinzioni, gli onori, le cariche non lo lasciavano punto indifferente. .\i tempi di .Michelangelo e di Rubens, non forse a loro e ai loro pari si affidavano la difesa e la

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rappresentanza ufficiale della patria? Gli sarebbe parso cosi naturale di essere cliiamato a qualche alta missione! Nel compieila avrebbe certo adoperata molta finezza, e l'avrebbe compiuta, alla maniera dei Medici, fastosamente.

I^a prova della sincerità di questo suo zelo per il pub- blico bene l'abbiamo nella sua stessa riluttanza a sollecitare i più umili uffici. Sindaco di Poissy. egli non disprezzava alcun più modesto dovere della sua carica. Discuteva con gli ingegneri del genio civile le questioni di viabilità e di ornato, visitava le scuole pubbliche, si univa alla commissione d'e- same per gli studi primari.

Aveva un modo speciale di intendere 1' msegnamento della storia, e questo suo modo non era il meno giudizioso. » Si vuol rimpinzare i ragazzi di fatti senza senso; essi rispondono senza esitare sulla cronologia da me stesso ignorata; le date escono loro di bocca quasi per virtù di una molla; il figliuolo del mio giardiniere ne sa più di me; ma circa poi l'impres- sione delle cose, circa la moralità degli avvenimenti, felice notte! meno di nulla; nulla han veduto, nulla capito. Eppure qual volo si potrebbe dare alle intelligenze giovanette, facen- dole veder bene e sempre! Non c'è Comune francese che non abbia il suo ricordo eroico degno di essere descritto, di es- sere citato ad esempio. »

Voleva egualmente che l'insegnamento della morale, fon- dato sulla nozione di Dio. avesse un carattere essenzialmente pratico e aperto alle coscienze nascenti. E, naturalmente, con- siderava il disegno quale una tra le basi dell' istruzione pri- maria, rintracciandovi gii elementi di una lingua comune agli interessi delle classi lavoratrici e insieme 1' occasione di un godimento a lutti accessibile. Quando furono costrutte le scuole di Poissy, ne sorvegliò l'esecuzione. Credeva necessario « che i fanciulli, cosi nell'ordine fisico come in quello morale, avessero sempre dinanzi l'aspetto dell'equilibrio e della esat- tezza, e che le classi e i cortili otfrissero ai loro occhi un complesso di linee pure e di angoli regolari. »

L'UOMO

E, come ai fanciulli, s'affezionava agli umili. In Antibo gli avvien di sapere che una vecchia comare. Lucrezia, della quale stava facendo il ritratto, versava nel più crudo bisogno, e sul momento le assegna una modesta pensione, pagatale sempre lino alla morte. A Poissy, una domenica. veni\-a messo all'asta pubblica l'officina sequestrata d'un vecchio ma- niscalco : egli passa, s'informa, compra, rimette il pover' uomo in possesso della sua bottega, e per compir l'opera gli garantisce la pigione di un anno. Cotesti atti di beneiicenza celata e di ge- nerosità spontanea non son rari nella vita di Meissonier. Tutti sa- pevano che era sempre disposto a pagare di matita o di pennello per un'opera pia. Più d' una volta, in vecchiaia, espresse il voto di acquistare lontano, nell'aperta cam- pagna, una masseria, e di ritirar- visi per gran parte dell'anno. « .Mi interesserei dei poveretti, m'intratterrei con essi delle loro cose, la sera, dopo il lavoro: li amerei, e ne sarei riamato. »

RITRATTO i)I MtlSSO.MER; l^JA-

Trattava, forse. xMeissonier. i suoi compagni d'arte e i suoi eguali con la stessa cortesia, la stessa generosità, la stessa dedizione? Tutto quanto gli Eniretiens ci dicono intorno a questo punto ha un valore psicologico del più grande inte- resse. La circostanza di mjn aver mai appartenuto ad alcuna scuola, di non aver mai partecipato ad alcun gruppo, non poteva non influire sull'indole sua. Lcco perche sci'b<:i sempre una tinta di sostenutezza selvatica, propria a tutti coloro pei

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MEISSONIER

quali la vita si mostra sui principi inclemente. La menoma difficoltà gli richiamava alla mente gli ostacoli altre volte in- contrati: il menomo disinganno, tutti i suoi disinganni. Aveva il cuore troppo sano e troppo nobile per inacerbirsi; ma si rifu- giava e quasi s'irrigidiva "1 in stesso.

Non aveva mai fre- quentato le mostre an- nuali; non ne ricercava gli allori; anzi, non li com- prendeva. Penetrato tut- tavia dalla coscienza del proprio valore, non gli garbava punto che altri lo disconoscesse. Non si adontava, se volevano ga- reggiare con lui, purché fosse salvo il rispetto dovutogli. Ma, d'innanzi a tutto quel che a lui sem- brava un' ingiustizia o un'olfesa, rispondeva, a modo dei timidi scon- trosi, terribilmente. Ciò che per altri sarebbe

COSTU.ME DISEGMATO DA MEISSONIER

PER l' « AVEXTDRIÉRE B DI EMILIO AUGIER.

(Collezione di Em. Augier.)

Stato dimenticanza o tra- scuratezza, per lui era un oltraggio. Dopo la trionfale esposizione per il suo cinquantenario, si addolorò moltissimo che nessuno avesse pensato a promuovere in suo onore un banchetto. Ma , per quanto la sua collera pronta e vivace si sfogasse in disprezzi profondi e in motti taglienti , altrettanto la sua sincerità buona e cortese riprendeva 1' usato governo. Alessandro Dumas, che godeva della sua dimesti-

L' UOMO

chezza, ce ne ha lasciato alcuni esempi bellissimi. Chenavard, il quale non lo perdette mai di vista , diceva che il gran pittore era più di chiunque docile ai consigli ed anche ai rimproveri. .Meissonier, ben sapendo •> che volevano gabel- larlo per un feroce « do- mandava soltanto < che lo guardassero più dav- vicino sotto quella pelle leonina. »

E gli EìitrctÌL'ììs ce lo mostrano appunto in queste ore di calma. De- votissimo e fedelissimo ai suoi afletti, aveva in- torno all'amicizia idee sit)attamente alte e soavi che Cicerone, ne .Mon- taigne avrebbero potuto sconfessarle. « Voglio ab- bastanza bene ai miei amici per desiderare di non vederli in alcuna cosa fallire: li amo. anzi. a tal punto da desiderare di esserne invidioso. (Quando il mio caro Ter- rien , che si spesso mi ritorna alla mente, m'in- tratteneva di tante cose a me ignote, n'jn invidiavo punto la sua dottrina: ma quando mi parlava di quelle cose che toc- cano l'anima, e sono la scienza della vita, cose che da noi tutti dovrebbero esser parimenti comprese, e da lui lo erano assai meglio di me , gli serbavo quasi rancore di tale supe- riorità, ma lo amavo anche di più.

COSTUME DISEGN'ATO DA MEISSONIER

PER l' « AVEKTURIÉRE » DI EMILIO AUGIER.

(Collezione di Em. Augier.)

MEISSONMER

Aveva fatto un'altra arguta osservazione: che, cioè. « nel mondo, coloro che una volta contrassero un vero legame finiscono sempre col riavvicinarsi: la vita disperde, ma le circostanze riconducono le une alle altre da lungi le anime nate sotto la medesima stella. »

Sempre gii stessi nomi gii ricorrono al labbro o alla penna: Terrien, John Lemoinne, Ponsard, Augier... Per lui Terrien rappresentava la coscienza; la sua. Molte affinità morali aveva invece con Ponsard, « il figlio diletto della disgrazia; « mentre chiamava Augier « il figlio diletto della felicità. » E con Augier visse fraternamente, sotto lo stesso tetto, nella stessa camera, quasi cooperando alla fortuna <\q\\ Avcnturière. per la quale disegnò di sua mano i costumi. La morte del celebre commediografo fu Ira i più profondi lutti della sua vecchiezza. " Se voi sapeste ciò che ho provato oggi risalendo i viottoli della Celle Saint-CIoud dietro il suo feretro! (27 otto- bre 1889). Quante giornate di gi(jvinezza mi rifiorivano nel- l'anima!... Quante volte ho varcato giocondamente quei sen- tieri, all'rettando il passo del mio cavallo perchè arrivassi più presto per ridere con lui ! Che orgoglio son per me questi ricordi! Quando lo s'incontrava: « Come sta Meissonier? » gli domandavano; ed egualmente, incontrando me, mi chie- devano: « Come sta Emilio:'... » Era un uomo così buono, cosi universalmente rispettato. 11 sentimento dell'onore infor- mava tutta la sua vita; io, che l'amavo tanto, godevo assai nel sapere eh' egli mi amasse profondamente. » Anch' io mi trovai presso la sua salma nel piccolo cimitero. Dopo che ebbi pronunziato le parole di addio in nome dell'Accademia francese da me rappresentata , i miei occhi si riempirono di lacrime, e non potetti rattenere i singhiozzi. Il suo affetto era grande per gli amici che amava.

.Meissonier fìggeva 1' occhio nel!' avvenire. Era sempre fiducioso, o non forse rimpiangeva i tempi passati?- l'alvolta si domandava: » Dove andremo, mio Dio! Di anno in anno.

L'UOMO loi

tutto declina. I grandi morti scompaiono sempre più sul- l'orizzonte; la loro gloria si sprofonda, lontano: i successori non sorgono. L'intelligenza, l'anima, nulla hanno a che fare col commercio che si chiama oggi pittura. E i borghesi acqui- stano, e i pittori pullulano! È un semenzaio di opere senza nome, effìmere come i loro autori. » La tristezza gli gonfia il cuore di fronte a questa generazione, « sincera nelle sue demolizioni . ma impotente a crear nulla, intenta ad abbassar tutto, a recidere il fiore divino e a calpestarlo. »

Le esposizioni annuali gli sembravano poco propizie alla dischiusa dell'ingegno: avrebbe voluto che divenissero trien- nali. Se però nei suoi sfoghi familiari gli sfuggono grida d'allarme, la disperazione non lo vince.

Sotto i suoi occhi egli vide spegnersi , in piena giovi- nezza, due di coloro che promettevano nell'avvenire i frutti più rigogliosi. E noto qual commovente omaggio egli ren- desse a Enrico Regnault. Ad Antibo aveva visto Carpeau.x. divorato dal male che doveva ucciderlo. « Che terribile spet- tacolo, scriveva, veder questo poveretto morir solo, lontano da sua moglie e da' suoi figli , curato da un solo vecchio medico anche infermo! Ancora ieri l'ho visto: era disteso sull'arena in riva al mare; parlando un'ora con lui. gli ho procurat<j un gran piacere , mentre egli mi comunicava un grande affanno. »

Tra i suoi amici, forse, Gemito gli era singolarmente diletto. Gli piaceva di veder « quella buona natura innamo- rata dell'arte e di tutto ciò che è grande, d'una gaiezza tanto spontanea, così piena di fiducia in stessa, giacché non comprendeva il male e non se ne lasciava sedurre ». Egli si riconosceva in lui, con tutta la sua inesperienza e i suoi entu- siasmi dei vent'anni. Ma Gemito si assonnava nella pigrizia delle sue fantasticherie. Meissonier lo richiamava in se, lo spronava.

Nulla mea:lio della seguente lettera rivela il cuore e lo

MEISSONIER

spirito del maestro che scriveva a Gemito poco dopo la par- tenza di questi per l'Italia:

0 Mio caro Gemito,

« Poiché vi amo come un figlio . lasciatemi dirvi che sono un poco inquieto... Siete voi certo di aver fatto tutti gli sforzi che si attendevano da voi? Vi siete voi detto: Ho in- contrato della gente che mi ha considerato come un vero artista, devoto alla sua arte, pronto a sacrificarle tutto; che mi ha incoraggiato, aiutato; io non ho il diritto di venir meno a tanta fiducia?... Una grande disgrazia vi è capitata. (Gemito aveva perduto la graziosa moglie che amava >. lo ho ben compreso il dolore nel quale ha dovuto piombarvi. Ma voi siete giovane, siete un artista, e solamente quelli son degni di tale nome. che. pur col cuore spezzato e sanguinante, trovano nell'arte loro una consolazione, nel loro dolore una purificazione, e, debbo dirlo? un argomento di diventar grandi... »

SCHIZZO A PENNA.

IL CAN'E MARCO, ACaUERELLO (189O). (Ullirao acquerello di Meissonier.)

GLI ULTIMI ANNI

GLI ultimi anni minati da a;i

di Meissonier furono illu- ];randi gioie, e olfuscati da grandi tristezze.

Le sue opere non avevano più prezzo. Attese dagli « amatori >' dei due mondi , acqui- state prima d'essere compiute, ogni volta che, per avventura, una di esse usciva dalle mani del possessore primo, era quasi messa all'incanto in condizioni sconosciute fino allora a qualunque artista. « Che storia quella dei miei Corazzieri\ egli raccontava (1880). Comprati prirria per duecentocinquanta mila franchi, poi venduti a Bruxelles per duecentosettantacinque mila, gio- vedì hanno otjerto al proprietario cento mila fi'anchi di be-

SCHIZZO A PENNA.

104 MKISSONIER

neficio per riscaUarli. e il p;iorno dopo li spediscono. Giunti a Parigi, non appena è aperta la cassa in cui hanno viaggiato, un amatore sopraggiunge, guarda e compra su due piedi per c]uattrocento mila franchi , con queste parole gentili : < Dite a .Meissonier che quest'opera riacquistata alla Francia non uscirà mai dalle mie mani se non per entrare nel Louvre. » L'amatore, primo acquirente, che per aver goduto due anni quest'opera, ha guadagnato centomila franchi netti, senza neppure muover dito, non ò proprio da cijmpiangcrsi ( i ). » Scherzando sul nome, gli amici avevano chiamalo .Meissonier il MoissonncLir » (^Mietitore). E in verità, senza spavalderia, egli poteva benissimo dire, in quel momento, che se avesse prodotto due milioni di quadri all'anno, gli avrebbe subito venduti tutti.

Le nozze d'oro del suo cinquantenario furono un trionfo. Solo centotrenta quadri vi furono riuniti. '> Ma ne aveva almeno quattrocento dijj'usi per il mondo. Ah! aveva lavorato gran lena! » Fuori di Francia, egli era riconosciuto, non come il capo della scuola francese, poiché nessuna scuola francese esisteva più, ma come i! rappresentante più autorevole e più splendido della nostra pittura contemporanea.

Nel iSyo, al centenario di Michelangelo, fu lui che, non senza emozione, prese la parola in nome dell'istituto, sulla vasta piazza Horentina, ai piedi del Daiùd. Il mormorio su- scitato dal suo passaggio gli molceva deliziosamente l'orecchio. E, certo, in uno di quei momenti di entusiasmo, egli, dal fondo dell'anima, esclamò: < La gloria! non ci tengo. Provo tanta gioia ad ammirare un Rembrandt come a dire: io ne sono l'autore! Il mio nome dovrebbe restare ignoto, e anche sapendolo, dipingerei egualmente tutto quello che mi sento nel cuore. » .\\a quanto era ancor più sincero, allorché diceva: « Nessun artista prenderebbe il pennello , se pensasse che

(i) I Corallieri (1S05) npp.irtcncvano tino d.il 1SS9 .il duci >i".Vum.Tle, e fanno parte :lla galleria di Chantilly.

RITRATTO DI GKMITO, CHE MODELLA LA STATUETTA DI MEISSOSMER N'EL SUO STUDIO A PARIGI. (Apparleneme alla signora Gemito.)

io6 MEISSONIER

nessun essere vivente vedrebbe il suo quadro I Chiedete a Emilio Augier se avrebbe fatto una commedia , sicuro di aver per lettore lui solo. » Egli ebbe piena coscienza della compiuta fioritura del suo ingegno e della sua autorità. Nei suoi sfoghi intimi, diceva: « Tutto avrò ormai conosciuto; la grande miseria e la grande agiatezza, i principi oscuri e la fine luminosa.

Considerando l'insieme dei lavori eseguiti nei suoi quin- dici ultimi anni, si nota che l'inspirazione vi si fa più ampia e più alta. A tratti, ritorna ai soggetti di genere: la Cantatrice è stata, per esempio, tra i più simpatici passatempi della sua vecchiezza. Ripiglia anche i suoi temi militari: iSoj, i Corazzieri, i Dragoni « che tanti bei giorni di sole gli hanno rubato ». Ma gli uni non sono che il compimento dell'opera cominciata, gli altri una specie d'intermezzo. « perchè l'anima sua sorrida ». Il suo pensiero è più elevato. Egli " ha sete » delle sintesi. Gli argomenti episodici lo stancano ; i piccoli par- ticolari gli fanno orrore. Nel 1860 aveva concepito, ed era stato novellamente preso dal desiderio di personificare la « Poesia che s'inspira alla vita dell'umanità intiera, nutrendola d.el suo miele divino ». « Sarebbe il Verbo che si libra sul mondo, inebriandolo della sua voce e raccogliendo 1' incenso di tutti gli esseri I Avrei molti bei gruppi da svolgere, dal voto degli amanti al lauro del guerriero erto sul suo cavallo, al simbolo dell'artista, il pittore che oflVe la sua tavolozza, lo statuario, la sua creta. >• Però questa nota non vibrò a lungo nel suo cuore.

La passione patriottica lo riempiva. Mai egli comprese per- chè i maestri fiamminghi, Rubens e Rembrandt. che pui" videro il loro paese taglieggiato, saccheggiato, devastato, non aves- sero ritratto l'impressione di quelle spaventevoli miserie. Il generale Faivre, rallegrandosi con lui della sua promozione alla dignità di gran croce della Legion d'onore, si meravi- gliava come i minimi particolari della guerra del 1870 gli

GLI ULTIMI ANNI

fossero rimasti cosi vivi nella memoria. « Io non ho nulla dimenticato, rispondeva, dimenticherò nulla. » E tre delle sue più commoventi composizioni, le Ro-i'uic delle Tnileries, il Progetto di decorazione del Pantheon, lo schizzo dell'. -i.v- sedio di Parigi, por- tano il segno di quel- r unico pensiero.

Nel giugno del 1871 , egli si recava all' Istituto insieme a Lefuel, l'architetto del Louvre. Passavano dinanzi alle Tuileries incendiate. In quella lugubre ruina, a tra- verso la quale appa- riva da lungi , al di- sopra dell'Arco del Carosello . il carro della Vittoria, egli fu subitamente colpito nello scorgere, rag- gianti e intatti , sulle mura calcinate, i no- mi di xMarengo e di Austerlitz. « Non ve- dete voi nulla r chiese a Lefuel. Xo Ebbene, io vedo il mio quadro. Laggiù, è la Vittoria che se ne va sul suo carro e ci abbandona... Se i due nomi rimasti nelle targhe fossero stati Wagram e Lipsia , non sarebbe la gloria indiscussa, la vera gloria. Austerlitz e Marengo

MEISSONIER MEMBRO DELL' ISTITUTO,

GRAN CROCE DELLA LEGIOM d'O.S'ORE (1S9O).

(Dall'acquaforte di Waltner.;

loS

MKISSONIER

restano scinlillanli tanti) nella storia, come tra i ruderi del palazzo...

Gloria ììuy orimi per Jlaiuìuas iisquc stiperstcs. -..

In quel momento non pensava punto che quelle rovine eran opera di mani criminose. Egli altro non vedeva se non il di- sastro nazionale, di cui la guerra civile era, in vero, la conse- guenza crudele, e, col disastro, la speranza della rivincita.

SCHIZZO DELL ALLEGORIA DEL POETA.

Lo Stesso sentimento gli suggerì il motivo di decorazione del Pantheon. Per il posto a lui riserbato nella distribuzione degli alfreschi. che dovevano ornare il monumento, egli va- gheggiava di rievocare Giovanna cf Arco o Aitila.

Gli avevano proposto Santa Geno-vejfa e il vettovaglia- ìuento miracoloso , con la stessa indicazione della leggenda: « ... i battelli carichi di pani risalenti la Senna , il dirupo

GLI ULTIMI ANNI

109

sbarrante il fiume a ^'illeneuve-Saint-Georges e contro il quale l'armatetta stava per rompersi, santa Genovelja protendente le braccia, la roccia mutata in serpente ». « Non è possibile esal- tarsi dinanzi a tali argomenti! » egli disse, e rifiutò quel tema, senza però rinunziare al posto assegnatogli. Dopo la guerra, poiché s'era rimesso al lavoro, il soggetto gii apparve sotto la figura della Francia tirata da due leoni e guidante il mondo nelle vie della civiltà e della pace, mentre tutti i p(_)poli la seguono: la Germania solamente mancava al corteo. Una volta di più era la glorificazio- ne del genio francese. .Ma quantunque r idea gli solleticasse la mente, la mano non correva al pennello. « La Pace non mi en- tusiasma , esclamava. L' Assedio di Parigi , ecco il quadro da farsi. \'i voglio gettar dentro tutte le nostre miserie, tutti i nostri er(.)ismi, tutti i cuori nostri. L'assedio ci ha salvati dal disonore: ha permesso di coordinare la resistenza delle pro\-incie; ha fatto passar per un istante un brivido di paura tra i nemici: Ver- sailles informi. Io non voglio morire senza aver tentato di esprimerlo. »

E al suo ritorno a Poissv, mentre la sua casa era occu- pata dai Prussiani, ed egli era prigioniero nel suo studio, ne fisso la prima concezione.

rULCISELLA. (.acquerello dcll.i collcdone della signe

MEISSONIER

Nel 1884 la riprese quasi con ebbrezza; più che voluttà, la sua era un' ossessione , una febbre. Egli si sentiva e con qual gioia! < veramente agitato dal Dio. L'abbozzo deW Assenzio mi trasporta. » Non meno di due mesi gli erano occorsi per tracciarlo, e le linee principali erano segnate a grandi tratti. -< La Città di Parigi in veste di broccato d'oro, velata d'un crespo, la mano appoggiata sul cippo; al sommo del cippo la corona murale; al disotto della corona, lo stemma municipale, il vascello su cui spira un uflìciale di marina; qua e dei morti illustri, Franchetti, il generale Renault, Dampierre, Néverlè; di qua gli uomini dell'ambulanza e un medico; di una guardia nazionale reduce dagli avamposti, ove ha fatto i suoi otto giorni di servizio, e a cui la moglie disperata tende il cadavere del suo piccino morto di stenti; più lungi , Enrico Regnault , 1' ultima vittima... I morti son distesi sopra serti di palme; molte corone coprono il suolo. Da un angolo del cielo piomba lo spettro della Fame recante l'aquila di Prussia sul pugno, a guisa di un falconiere... Quando , se Dio voglia , avrò compiuto il lavoro , allora mi piegherò al riposo, poi che avrò terminato quel che voleva fare... Chi sa? quel quadro, un giorno, sarà forse al Pan- theon. » Egli stesso avrebbe voluto farne l'incisione:

Cotesto sentimento patriottico l'aveva ricondotto al pen- siero, cosi dolce alla sua giovinezza, d'inspirare a un or- dine morale qualsiasi rappresentazione d'arte. Riteneva che solamente sei de' suoi quadri rispondessero a quel pensiero: il Lc'tfo di morte, La Barricata, il iSoj, apogeo del trionfo, il 18 14, lugubre contrapposto della vittoria,— l'.ir- dente -preghiera, X ■ìssedio di Parigi, e si rimproverava di non essere stato più fedele ai suoi giuramenti. Era proprio quello il momento di « fare dei pupazzetti, di perdersi nelle minuzie », mentre, da ogni lato, al di dentro come al di fuori, il dramma mugghiava? Lo stesso Pulcinella, che una volta lo divertiva tanto, e le cui avventure, cosi briosamente dipinte,

GLI ULTIMI ANNI

ridevano lungo le scale della sua casa di Poissy, gli era ar- gomento di scrupolo. (!^ucir incorreggibile ridanciano, c]uello spirito forte che accoppa sua moglie, picchia il commissario, insulta tutte le leggi divine e umane, era forse riprodotto come avrebbe meritato? Meissonier voleva darci la sua vera fine: « Mentre Pulcinella trionfa, in mezzo alle sue vittime, dal fondo si sarebbe vista la .Morte toccar col dito il a,ran burlone, che

MESSA NELLA CAPPELLA MIRACOLOSA. (San Marco, Venezia.)

la beffeggiava per tutti, facendogli scontare la sua vita piena di monellerie. »

Leggendo un giorno le JL-Juoric di Fleuranges, e ri- cercandovi , come di costume , qualche grande scena della storia nazionale, l' idea di Fnì/iccsco I consacrato cavaliere da Baiardo alia vigilia di Marigiiaiio lo colpi.

L'ingenuo e pittoresco racconto del cronista, i personaggi, cominciando dal trombettiere Cristoforo per finire al nobile capitano, l'ordinanza della cavalleria, scudieri, uomini d'armi.

MIÌISSONIKR

marescialli, tutto offriva al suo pennello un materiale son- tuoso, e la scena gli sembrava, in tempi di snervamento mo- rale, ottima a risollevare i cuori. « Sulla soglia della tenda, Francesco I era genullesso dinanzi a Baiardo; iT capo aveva reclino, come se si comunicasse. » All'emozione della iedeltà cavalleresca si aggiungeva quella della pompa sacra. Gli e che Meissonier si compiaceva ora più che mai di esprimere il sen- timento religioso. Egli avrebbe voluto ritornare, prima di morire, a Venezia, per dipingere una J/c'SScr di San Marco. La Madonna del Bacio occupava sempre, nel suo studio, il posto preferito, quello in cui, negl'intervalli di riposo, il suo sguardo correva istintivamente, quasi ricercando l'opera pre- diletta.

Tali concezioni . che riassume\'ano quanto .Meissonier aveva sognato di più nobile nella sua vita, sarebbero state il confi.)rto e lo svag<-) della sua vecchiezza, se, per eseguirle, non avesse dovuto rinunziare a una troppo brillante esistenza. Semplicissimo nella vita privala, senza bisogni di sorta, la ricchezza per se slessa gli era indi[ìerente. Compassionava quasi quei milionari, quei miliardari, così sterminatamente ricchi che di essi non si scorgeva altro t'uoi-che il loro denaro. « Il denaro non conferisce alcuna forma di dignità, >> e appunto era invidioso di questa dignità nel mondo intellettuale. Se non che, artista nell'anima, gli piacevano gli siai-zi della vita arti- stica, e come in ogni altra cosa, vi trasl'usc tutto il suo ardore.

Aveva acquistato la sua casa di Poissy per ventiseimila l'ranchi ; ma per i molli ingrandimenti gii era venuta a co- stare quasi un milione. Dopo la guerra, mentre il ric'jrdo dell'occupazione prussiana gliene rendeva odioso il soggiorno, aveva comperato a i'arigi. nel quartiere dello spianato .Mon- ceau, Lin terreno angolaie, e vi aveva fatto innalzare una pa- lazzina nell(.) siile dei maestri fKìreniini. 11 possesso era il

Meissoiner.

,i| MEISSONIER

meno per lui; anzi, se oiova credergli, aveva « l'orrore della proprietà. ■> Solo il piacere di costruire e di abbellire lo se- duceva.

Di una pi-obità scrupolosa, probità da negoziante, come dicevano i suoi creditori, non voleva lasciar debiti di sorta. Di nessuno si lagnava tranne che di stesso. « Io che avrei tanto bisogno di essere prosciolto di tutte le preoccupazioni volgari, di vivere se non circondato da cose belle e per le belle cose, lavoro sotto un cumulo di fastidì, col cuore ango- sciato! ■> Certamente, avrebbe potuto « mercanteggiare » i suoi < studi ->. .Ma, oltre al grande rammarico di privarsene, lo ratteneva il desiderio di legare tutto quel tesoro alla Francia. Invano gli avevano proposto di fare dei panorami, assicuran- dogli un copioso introito: la scelta del tema era devoluta a lui: la spedizione d' Flgitto, la battaglia delle Piramidi, Abou- kir, o quello che meglio gli piacesse. .Ma egli non volle ven- dere la sua libertà.

K meno male se la salute avesse sempre sorretto la sua audacia I ■> La grande arte ha bisogno di vigore fisico non meno che d'intima calma: conviene che l'artista sia felice, perchè si riconcentri tutto nell'opera sua, la quale è mancipia del sentimento inspiratore. - Afflitto, nel 1875, da una grave infermità. .Meissonier ne era guarito grazie a un'abile ope- razione e all' energia del suo temperamento. .Ma la scossa aveva lasciato qualche traccia, e l'età faceva sentire il suo peso. " Volere è potere » ; tale la sua massima. Per tutta la vita, egli aveva voluto: ed ecco che i suoi organi tradivano la sua volontà! Fino agli ultimi anni, il suo sguardo, quello sguardo possente, restò integro. La sua mano parve sicura sol quando era pienamente signoreggiata. « .Allorché la sento appesantirsi, diceva nel 1880, rabbrividisco pensando agli strumenti così necessari e cosi gravi al pittore, mentre ap- punto il pensiero e più libero: oh quanto e amaro il declinar dell'artista ! >

GLI ULTIMI ANNI

"S

Spesso, negli Entrctiens, insieme al grido dell' angoscia morale erompe il grido del tormento iìsico: « Oh! l'atroce trafittura del mio pollice destro! É un inferno! Se fossi scrittore, detterei. Ma come fare a dipingere!... Ieri ho ten- tato un nuovo espediente : invece dei bottoni di fuoco, bagna- ture fredde: bisogna pur provare tutto. - (Dicembre 1887). E il ghiaccio non sortì miglior efjetto del fuoco.

Che martirio il mio! soggiunge, che stanchezza! La mia anima e triste fino alla morte. La salute! Oh come sa- rebbe dolce, a opera compiuta, ripo- sarsi finalmente, guardando con animo sicuro giungere il termine prescritto, dinanzi alla grande opera divina, e ripensare alle cose passate, semplice- mente e senza amarezza, componendo un trattato di morale estratto dal- l'esperienza della vita! Come quei giorni estremi sarebbero tranquilli! »

.Ma , se per avventura , cessate le crisi dolorose, avesse potuto vivere quei giorni tranquilli, ne avrebbe veramente goduto? Avrebbe egli forse considerata compiuta la propria opera? E avrebbe mai accolta l'idea del riposo? Il riposo, solo il riposo lo uccideva !

" Quando la gente d'affari s'annoia, lascia il suo mestiere. Ma, per gii artisti, mal suona l'ora del riposo, poiché nel lavoro è il loro godimento... .Molte cose splendono nella mia vita: l'amore e la gloria: ma nulla eguaglia e nulla eguaglierà mai r irresistibile bisogno del lavoro. Talvolta i miei amici m'hanno udito gemere sulle mie assidue fatiche; non perche dovessi lavorare, e ben lo sapevano; ma perchè non potevo serenamente lavorare, come avrei desiderato. » E non mai il suo spirito era stato più fiero, il suo cuore più ardente, più tenace la passione del suo pennello.

^^\^ /"-/an.^;-/ /«t><-.

PULCINELLA, appartenente al doit. Lee.

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MEISSONIER

Un altro zelo lo armava contro ogni debolezza. Fra le opere che a settantadue anni, in piena inlermità, lo incatena- vano, come ai bei giorni, al cavalletto, nessuna gli costò mag- gior somma di sforzi quanto l'acquerello del iò\)-. Il quadro era partito alla volta dell'America per mai più ritornarne.

.Meissonier voleva che l'Europa, insieme all'acquerello, avesse pure la tela originale ; e per Europa intendeva la Francia. Anche alla Francia riserbava, per adibirla a museo, la palazzina da lui così amorosamente e sontuosamente ab- bellita pur negli ultimi giorni, a costo di ogni maggior sacri- ficio. Questo sogno degno di Mecenate non doveva effettuarsi. Ma una mano pietosa ha raccolto quanto ha potuto delle sue opere, e l'ha ofjerto alle grandi collezioni nazionali. A questo legato si aggiunge un altro legato inalienabile: l'esempio di una vita interamente consacrata all'Arte.

MEISSONIER.

MrJailimc Jrl si;. Challiii, dtW hlilulù (tUo).

(Museo del Lussemburgo)

Questo medigliene fu ingrandito per il sepolcro di Poissy.

IL POXTE DI POISSY.

CONA^ERSAZIONI E RICORDI ^'^

UFFICIALE

DELLA PRIMA REPUBBLICA.

(Disegno a penna.)

-Mia car.i moglie, tu sola mi hai ben conosciuto, e tu sola potrai testimoniare veramente di me, quando non sarò più. »

o

RAMAI sono trascorsi molti anni che io. costantemente, penso alla mia arte: vi ho pensato molto anche prima di praticarla; e oggi, rievocando quel pas- sato lontano, voglio pur rievocare i miei pensieri di allora. Sono pensieri per me gravi, ma non indegni, e potendo tV)rse riuscire utili, dovrei raccoglierli. \\o torto di abbandonarli alla ventura dei nostri col- loqui. Non l'ho fatto, ma perchè? In ve-

(i) Le pagine che seguono sono state estratte dagli editori, sotto il controllo della vedova dell'artista, dalle note complete da lei coordinate e destinate alla biblioteca dell' Istituto : noi ne abbiamo tolto alcune frasi gi.\ riprodotte nei precedenti capitoli. (X. il. T.)

ii8

MEISSONIER

rità, nulla è più dilettoso che l'accarezzare i propri pensieri, e il lasciarsi cullare da essi ; ma non è facile rivestirli di un abito adatto, che permetta loro di presentarsi decentemente dinanzi alla gente. No, non è facile, massime per i pittori I

STUDIO - SALOTTO DI MEISSON'ILR A PARIGI.

A essi non vien mai perdonato di parlare del loro me- stiere. Si dovrebbe però considerare che lo conoscono bene una volta, almeno, lo conoscevano e che per eser- citarlo, è necessario di aver pratica e riflessione.

Nei giorni nostri . in cui tutti scrivono , scolpiscono e incidono, è più diffìcile di quanto sembri parlare al pubblico delle cose che meglio si conoscono.

Sì, nello studio, fra amici, e dolce discorrere liberamente; è piacevole dir loro tutto il proprio pensiero, senza nasconderlo per nulla, leggerlo riflesso nei loro occhi, se è stato ben com- preso, e continuare, continuare. Le obbiezioni vi danno forza

CONVERSAZIONI E RICORDI 119

novella; si fanno sforzi generosi per combattere o convincere gli avversari; in cotesti entusiasmi si diventa quasi eloquenti. Ma la bisogna è assai diversa, quando si è soli . davanti al cala- maio, e convien pesare le parole.

Io spero che i miei allievi serberanno, affermandola . quella tradizione di onestà , di coscienza, di verità contenuta nella mia opera e da me sempre insegnata.

Il sogno che ci culla e ci addormenta, che ci allontana dalla precisione , dalla forza e dalla grandezza, noi l'abbiamo tutti dentro di noi; poiché è facile, è affascinante ed è ine- briante. Ma quanto e l al.o:o ...l uaval:^.,^ u^!-.-oj- aspro il risveglio!...

alio Studio).

Colui che lascia un' opera arricchisce il patiimonio glo- rioso dell' umanità.

L'opera e una catena spirituale che allaccia colui che r ha creata con la posterità lontana.

Lavoriamo perche tutto non si perda di noi, e perchè coloro che ci seguiranno ritrovino 1' anima dell' artista nella sua opera...

MEISSOMER

La mia arte prima di ogni cosa, e al disopra di ogni cosa.

Ad onta del bisogno che provo di tenerezze profonde, io era di quelli che possono proceder da soli nella libertà del lavoro e dell'opera; avrei potuto non ammogliarmi...

L'uomo non ha sempre bisogno di un'amica al suo fianco. L'opera anzi tutto... Quante volte si lavora con l'angoscia nell'anima ; eppur si lavora.

L'uomo deve innalzare la donna e tem- prarne il carattere da bel principio. I ca- ratteri si trasformano e si modificano . secondo la cura che ne abbiamo.

.... I torti e gli errori della donna provengono sempre dall'uomo. Spetta al- l'uomo dare occupazione alla propria com- pagna, evitando il vuoto, o impedendo che il desiderio entri nell'anima sua. Amati una volta, si può esserlo sempre.

Ogni uomo può tenersi questo di- scorso: " Poiché sono unito a una donna che ho amato, se io cesso d' amarla, la colpa e sua; se, invece, ella non mi ama più, la colpa è mia certamente, e io debbo adirarmi meco stesso; colei m'ap- parteneva, io dunque poteva far tutto per lei: se ella mi tradisce, io sono il colpevole. »

Vi son taluni per cui e indispensabile il matrimonio; per il vero artista, no: la sua prima innamorata è la pittura; ne- cessariamente, essa deve solfocare le altre.

La donna, la famiglia, la casa debbono essere per l'artista altrettante vie serene per camminare liberamente nel campo delle idee, sgombro da ogni preoccupazione volgare, di cui altri avrà cura.

SCHIZZO

DEL PORTA-STEN'D.VRDO

LUIGI XIII.

COWERS AZIONI E RICORDI

Molti ci compiangono per il nostro soverchio lavoro ; ma se è la vera felicità, se è la vita! Tornerebbe lo stesso rammaricarsi per coloro che mangiano dolciumi.

Molte cose son passate nella mia vita, la gloria, l'amore; nulla ha eguagliato mai ed eguaglia la profon- da, l'ardente gioia del lavoro.

Ah ! sì. si può ben dare questo consiglio: Non maritate mai vo- stra figlia a un artista; è lo stesso che volere la sua infelicità... L'ar- tista non dev' essere preso dalle cure della famiglia: conviene che resti libero per dedi- carsi tutto alle esigen- ze dell'opera sua.

Bisogna che la sposa di un artista sap- pia di votarsi al sacri- ,, , . , ,, ," n i,

1 l(^.iaJro dfpartcucu:^ al ^i^. .\Ussi-.iiliano Beyer, Parigi.)

fizio. Una moglie di

artista non deve interpretare la fedeltà alla stregua ristretta dei borghesi. Se nel cielo coniugale scoppino uragani, o passino lampi, conviene che la serenità e l'aQetto ritornino come per l'innanzi. Se non avete il coraggio d'includere queste cose nel vostro bilancio matrimoniale, non sposate mai un artista! Che se poi due celebrità si associno, siate una Giorgio Sand a fianco del vostro compagno di lavoro e d'intelletto.

Un artista degno di tal nome deve scegliere tra i due generi di vita. S' egli ha veramente vigore , se la sua arte

MEISSONIER

vince tutto e tutto sorpassa, se la pittura è la sua innamo- rata, non si ammogli, si abbandoni intero all'arte; conoscerà tutte le passioni e tutte le gioie, senza smarrirvisi. ]\ia, se la donna domini la sua volontà, e debba render l'arte una fun- zione meccanica per ricavar danaro , artista superficiale , si ammogli subito e diventi il marito e il padre secondo la formola.

Sposatevi da giovani : e assai meglio se il padre possa essere 1' amico di suo figlio. Non è bene trovarsi vecchi e indeboliti, quando i figli diventano uomini.

Un gran dolore mi opprime ogni qualvolta un mio amico cade in fallo; quando, cioè, avendolo creduto fiero, insensibile alle cose che meritano il nostro disprezzo, lo veggo piegarsi.

Tristemente allora riconosco di essermi ingannato; e poiché amo gli uomini sol per quella nobile elevazione d'animo, sento che la mia amicizia e morta.

Peccato che lo spirito moderno sia cosi arido! Credete che sia stato sempre così? Certo, vi furono secoli più incolti, più barbari, più crassi ; ma sorgeva qua e là, come compenso, un qualche genio gagliardo, mentre oggi il livello delle in- telligenze tende sempre più ad abbassarsi.

Io mi credo esente dall' accusa di non essere stato co- scienzioso, di non aver ascoltato un consiglio giusto, di non aver continuamente e infaticabilmente perseguito il meglio.

Conosco alcuni che pretendono di aver sempre il giudizio disinteressato e di criticare senz' astio. Xon è vero. Comun- que, un vero artista sfugge raramente alle punzecchiature; ed è veramente doloroso vedere mal compresa e dispregiata dal primo giornalista venuto un' opera sulla quale tant' anima e tante forze si son prodigate.

Oggi, tale o tal' altro artista si preoccuperà non tanto del giudizio di un altro artista, quanto di quello che dirà il profano.

Spesso, la cosi detta impressione ragionata di un critico

CONVERSAZIONI E RICORDI 123

è dovuta a un incontro fortuito. L'artista avrà bene accolto il visitatore o il giornalista, ed allora egli diventa un feticcio: e stato scoperto, ed è stato compreso!

Il lettore compra i giudizi nel foglio quotidiano, dove la bella mostra l'articolo del critico. Sono rari oggi coloro che sentono e valutano direttamente. Ai tempi dei Michelangelo e dei Raffaello, gli artisti lavoravano pensando a quei sommi e al loro giudizio. Gli artisti contemporanei lavorano per la stampa e per lo svago quotidiano degli abbonati...

Io ricordo l'impressione di una salita alpina . oltre il lago del Bourget: il terreno rotto non permetteva di abbrac- ciare lo spazio. Ecco guadagnata una china, ecco raggiunta una vetta ; ma no, è una scala faticosa di cime, e non e mai attinto il culmine sovrano.

GÌ' ingegni mediocri . le anime egoistiche di oggi somi- gliano a quelle Alpi: nulla di veramente grande, nulla di possente , nessun sguardo d' aquila misurante 1' azzurro per librarvisi ! Xoi non abbiamo che un sol uomo, un uomo di settantacinque anni < ThiersI .. ("è fiducia insieme e timore nel sentirsi fra quelle mani, le quali possono mancarci d' un tratto.

" Ohi se Thiers avesse quarant'anni ! » odo sospirare: r istinto di questo popolo di " borghesi » si rivela in questa frase: « potremmo riadd'jrmentarci e riporre tutto alla cu- stodia di un solo: >' tale il bisogno dominante.

Molto si parla della cosa pubblica, e ciascuno pensa a tirar l'acqua al suo molino, poiché bisogna vivere. Dai piccoli ai grandi e la stessa antifona, e noi siamo illogici, non appena si tratti di conciliare la teoria con la pratica.

Tizio, che struggevasi di diventar consigliere comunale, una volta nominato, si lamenta di esercitare tali l'unzioni, e considera spreco di tempo ciò che occorre spenderne per tutti, in nome di tutti.

Se l'Assemblea n^jn rientra a Parigi, dovrebbe riunirsi

124

MEISSONIER

in un villaggio qualunque. Se i signori deputati vivessero di più in mezzo alla gente . gli affari sarebbero più presto sbrigati.

\'i son cose nocive all'intelletto umano ; ma esso prende gli alimenti che gli servono, e ne è soddisfatto; tutti i giorni, ahimè I accade lo stesso.

Che compito nobile e delicato potrebbe avere un Presi- dente della Repubblica, se comprendesse bene la sua situa-

1

Ml.ISbOXIl.l',

zione! Quale mirabile salotto potrebbe comporsi con le glorie della Francia! Quanto dovrebbe egli interessarsi alle scienze, alle arti, a tutti i nobili tentativi che onorano un paese! Un .Mecenate al potere, quale sogno per tutti!

(Juanta tristezza nel constatare che i grandi sogni si spengono, che non v'e più alcuna originalità vera, ne alcuna fede profonda!

CONVERSAZIONI E RICORDI

Non più diffidenze, non più odi. É venuta l'ora di chia- mare dai quattro punti dell'orizzonte gli uomini sinceri, perche si consacrino al bene.

R!TR.\TTO DELLA SIGN'OR.\ MEISSON'IER. NATA BESAXZON".

Cotesti fiduciari illuminati dovranno vigilare sulle nostre finanze compromesse da mani imprevidenti, proteggere l'agri- coltura nostra nutrice, dare ai nostri magistrati la missione di giudicare liberamente, guardando più in del potere che li elegge, solo comunicando con la giustizia eterna e pronun-

126 MEISSONIER

ziando le loro sentenze al difuori d' ogni tumulto politico , immuni da ogni passione di governo.

Al momento di queste elezioni i6 maggio), dalle quali dipende l' avvenire del paese . occorre considerar le cose dall'alto, con serenità, invocare una Repubblica aperta a tutti, una Repubblica che stabilisca per tutti i doveri verso gli altri, non già i diritti sopra gli altri.

Sì, noi aspiriamo a tutti i progressi possibili; noi recla- miamo la libertà di coscienza ; noi ripudiamo quella intolle- ranza che, col nome di libero pensiero, è la negazione della libertà.

Noi vogliamo il rispetto dell'idea religiosa al di fuori di ogni professione di culto, e la libertà di manifestarla.

Ci occorrono uomini che otj'rano garanzie del loro affetto per il bene pubblico. Bisogna che questi uomini vigilino sulle nostre finanze dilapidate. Bisogna che la magistratura sia mancipia della giustizia, e non del potere.

Il vero reggimento repubblicano è fondato sopra un'aristo- crazia indipendente e intelligente che possa, come in Inghil- terra, consacrasi interamente ai doveri patriottici e alle fun- zioni civiche.

In Francia noi siamo lavoratori e poveri.

La stampa esercitava una volta una vera influenza sulle idee.

Nel 1848, si leggeva appassionatamente il Xational. Credevasi realmente allora da quel partito alla corru- zione della corte di Luigi Filippo!

Come saremmo saggi, se si potesse rivivere con l'acqui- sita esperienza I...

Io non aveva da guadagnar nulla, proprio nulla; avevo piuttosto da perdere, gettandomi nella rivoluzione; mi domando ancora perche mi ci sia mischiato.

CONVERSAZIONI E RICORDI

Gli uomini provvidenziali sorgono al momento in cui sono necessari. Noi forse , speriamolo . ne avremo per la Francia.

Se si consideri la vanità umana, e quel che otfre tutti i giorni, quanta piccolezza in coloro che s'immaginano di es- sere grandi!

Ecco un uomo come Flaubert che si abbandona profon- damente allo studio della bestia umana, e ne aduna i segni caratteristici quale un tesoro: e mi dicono che anche lui è dolente di non essere abbastanza decorato I

E deplorevole che si voglia dare un colore politico alle esequie nazionali di Hugo.

È così nobile tributare un tale omaggio alle lettere; tutti quelli che pensano e che producono dovrebbero esserne su- perbi.

Il sentimento che signoreggia tutta la vita di Napoleone è l'odio contro l'Inghilterra, lì'ficiale di marina, e tagliato per la guerra navale, egli avrebbe voluto combattere l'Inglese sul suo elemento. Non potendolo, fece la guerra con la Russia, con la Prussia; dichiarò il blocco continentale ; tutto appunto per colpir 1' Inghilterra.

Sapreste immaginare un chirurgo, per abile che sia, che non volesse eliminati dal uKjndo ne le malattie, il dolore, le operazioni , e che, trovandosi di fronte a un bel caso, operasse l'infermo per amore dell'arte, quando potrebbe gua- rirlo senza bisturi?

Io credo Napoleone sincero quando parlava del suo sogno di un viaggio attraverso l'Europa pacificata.

Credo anche non avrebbe mai pensato al divorzio, se avesse avuto figli da Giuseppina: era troppo giovane ancora per adottare un erede presuntivo.

128

MEISSONIER

Il curato, nel suo sermone di do- menica, ha avuto torto di dire che Na- poleone fu il distruttore della Chiesa. Non è slato invece lui che ne ria- perse le porte? E non forse ne riconobbe la forza, chiedendone l'acquiescenza all'ordine novello >

Che intuito aveva l' Imperatore e della situazione e dell'avvenire, quand'egli prepo- neva a ogni altra cosa, il suo titolo di Protet- tore della Lega renana! Egli sentiva le mi- nacce del Nord , e voleva a ogni costo cin- gere la Francia di una Confederazione da lui guidata.

Gli rimproverano di aver lanciato le sue aquile ai quattro canti dell'orizzonte, di aver dato tutti i tr(jni ai suoi fratelli! (^ual cosa più naturale e più razionale del confidare nei congiunti ! >.^

Certi storici, seguendo l'andazzo f

dei nostri giorni, negano il genio pò- (

litico all'Imperatore: e tuttavia che senso aveva egli del presente e del futuro !

UFFICIALE DELLA

PRIMA REPUBBLICA.

(Scl.izzo a penna. 1

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Ricorre la moda , e già da pa- recchi anni , di demolire il grande Imperatore. Che salvatore benedetto sarebbe per noi nelle circostanze pre- ^^^ senti ! L'istinto di questo paese e di ricercare un padrone e di conse- gnargli le briglie...

11 cijlpo di Stato del 2 Decem- bre, non e. ahimè! il risultato di una sola volontà, di una sola audacia: e l'opera di tutti i nostri consensi, di tutte le nostre debolezze.

NAPOLEONE. (Schizzo.)

CONVERSAZIONI li RICORDI

Avete letto i! romanzo di l''rckmann-Chatrian: Ilisloirc d'ini Pavsaiì? Mio L)io! quanto mi e parso noioso; come stanca! C'era tuttavia da far qualche cosa di bello con quel titolo. Pare la storia , la grande storia della Repubblica. Ma con quei mezzAicci , sempre gli stessi, è cosa scorag- giante; oh, come un'anima entusiasta associando la sua grande passione a quelle cose grandi le di- rebbe meglio di un vec- chio agricoltore !

Ahi Che meraviglia. La I^'ontaine ! 11 verso e sempre adattato alla for- ma del racconio, e si atteggia sempre secondo lo spirito di esso. Allor- ché io illustravo i Coiites Rcììiois, cercavo invano un soggetto che non fosse quello del racconto; e so lo trovavo non riescivo ad esprimere il sentimento del poeta.

Quanto mi piacerebbe illustrare La l'"ontaine!

N.\POLEO\l . iColicjioiie del sig. Chcra

\\ son milionaii o miliardari che hanno una potenza grandissima, e sia; ma avessero tutte le qualità possibili, sarebbero assorbiti dal loro danaro, come la luce di una can-

MEISSONIER

dela dal sole. Essi pesano di un oeso enorme in lutti i ne.a:ozi umani, ma non ne hanno alcuno nelle cose di pura in- tellettualità.

Quando i Caldei , accampati sotto le stelle, vedevano il sole sor^jere e tramon- tare tutti i .2;iorni in due punti opposti, si saran forse chiesti dove andasse...

Io m'inchino, in materia di religione, dinanzi alla 1^-ovvidenza dalle vie impene- trabili. Sia fatta la sua volontà !

Le epoche dei creatori non sono quelle dei notomisti; gli è quando non vi son più forme nuove che si scava nel passato e se ne raccol- gono gli avanzi.

ACQUAFORTE OIÌIGIM.VLE PER LE «DUE PER MICI

Io non voglio penetrare nei misteii della religione. Credo in Dio fermamente e semplicemente. Non ho voluto leggere Renan e la [7/(/ e// Orsa. Amo più accettare senza com- prendere quel che in sostanza non mi sarà mai spiegato. In tutte le religioni , in tutte le mitologie stesse, gli dei sono concepiti in un mistero che non si riallaccia alla legge natu- rale,... Minerva, i semidei, usciti dal connubio di Giove con una mortale. Il mistero è l'essenza vitale di una religione ; bisogna ammetterlo come il germe divino dal quale esce tutto il resto.

Ovunque, le creature incoscienti applicano l'assioma: l.a forza opprime i! diritto. \'edete, quella grande quercia sojlbca le altre. Cosi, di tutto. Nell'uomo, solamente, noi troviamo l'idea divina di giustizia.

Io non credo che si acquisti la fede con la critica e col

CONVERSAZIONI E RICORDI

131

ragionamento, giacche sulla soglia di ogni reli- gione, il ragionamento e sottoposto al mistero, cioè all' inesplicabile.

Gli sterili e gli inetti non inspirano al- cuna pietà ; essi preten- dono di non aver tro- vato i loro momenti buoni ; nulla avrebbero fatto egualmente.

IL PtRGOL.\TO. (Illustrazione dei Coiiifs Xémois.)

Xon mancano persone che hanno la mania di Ibggiarsi la religione a modo loro.

.Ma i preti debbono sottomettersi alla regola inflessibile, come soldati; per poco che cedano un istante, sono perduti. Spesso travalicano, nonijstante la stretta diga che li ricopre; se tolgono una pietra, l'acqua passerà.

Il celibato dei preti e Ira le bellezze, tra le forze del cattolicismo, e per me. sempre più ammirabile.

La libertà perfetta della devozione! sem- pre, dovunque !

L'hnperatore, che se ne intendeva , vo- leva il celibato delle sue guardie, perchè fos- sero sempre pronte a partire e a sacrificarsi.

.wièsLi

L INGENUA CONFESSIONE. (Ulnstraiione dei CoKles Simcis.)

132

MEISSONIER

Allorché si parla dell' insegnamento morale e laico da impartire nell'Università in nome della coscienza, io penso

GLI APPASSIONATI DI PITTURA. (Collezione del bjrons llotlinguer.)

che la morale, che è di natura divina, dovrebbe insegnarsi agli uomini nel nome di iJio. sotto una qualunque forma confessionale, ma col sacerdozio...

CONVERSAZIONI li RICORDI

133

Ho in ciò la fiducia, la certezza di un fanciullo, e spero essere in tempo, prima di menare, a chiamare un prete...

I popoli hanno bisogno di una ragione sociale religiosa; e per ottenere pronti sacri- fizi e veri sentimenti fraterni , giova ricon- dursi ai richiami del- l'ideale divino.il quale, dischiudendo il ciclo, può solo riconciliare quaggiù il povero col ricco, e consolare co- loro che piangono con r unico farmaco : la speranza.

DICHL-iRAZION'E D A.MORE. (Scl.izzo dip.nio.l

Non è esatto che la concezione imper- fetta della Divinità, la quale riempie tutto il mio essere, debba significare la pigrizia di uno spirito che si rifiuta di cercare filosoficamente la verità. Io mi sento impotente, come tutti , a penetrare il mistero, e m' inchino nella fede di Dio.

Una forza iniziale ha creato il moto dell'universo. L'uomo cercherà sempre ciuesta forza, senza trovarla mai. Io ammiro gli uomini che si danno tranquillamente a questa ricerca.

lo spero, ed è probabile, che. nei minuti precedenti la morte, vi sia la perdita della coscienza. Allrjrche si ama. la morte e terribile.

.Maestro è colui le cui opere non fanno pensare a quelle cleoii altri.

'34

MEISSONIER

(Al Luuz're.J Che diversità di grandezza tra la fantasia e la concezione dei due popoli. Sentesi nella Siinge egiziana la forza immutabile, la solennità del tempo, mentre invece i mostri giganteschi di Assiria sfiorano il ridicolo.

IL VIN'O DEL CUR.\TO. (Quidro della collezione del sig. Vasnier, a Èpe;

I possenti bassorilievi portati da Dieulafoy sono un mo- dello unico. Rappresentano, in una serie di mattoni smaltali. alcuni ritratti del tempo di Dario; grandi arcieri d'una purezza rara di profilo, con particolari meravigliosi e ricami squisiti fin sulla correggia dei turcassi. Che fortuna vederli ricostituiti al Louvre nel loro insieme armonioso!...

Io pongo al disopra dell'esecuzione perfetta, l'intensità del pensiero espresso.

Sopra tutte, prediligo la scuola fiorentina. Che opera

CONVERSAZIONI E RICORDI

■33

quella di Signorelli I Da lung;hi anni vagheggio il desiderio di andare a Orvieto.

\'orrei fare qualche cosa sui .Medici, nel mezzo di quella civiltà creata da loro, e nella li)ro corte di artisti e di dotti.

Giotto e Rembrandt si danno , a traverso i secoli . la mano. E la stessa commozione , sincera . profonda . in con- spetto della natura, senza le gravi leggi dell'antichità.

Sarebbe interessante studiare p.er quali cause l'influenza del gusto e dell' armonia perfetta di Raffaello sia giunta a sostituire forzatamente la bellezza disciplinata delle cose al sen- timento drammatico dei'ivatu dalla natura. Di tal che. puu dirsi, che quanto più il gusto si e perfezionato, altrettanto il sentimento drammatico è venuto meno.

Giotto in un certo senso, e grandemente moderno; egli ha spinto l'impressione del patetico, del sentimentale fino ai limiti estremi; nessun moderno lo ciiuaglia sotto tale aspetto.

136

MEISSONIER

Un quadro deve avere un carattere speciale, quale nes-

sun'altra opera d'arte può avere.

l^sso torma per se solo un tutto, il cui contrassegno e

l'unicità, la cui po- tenza e immediata, percepita senza ausili di sorta.

Fra tutte le opere d'arte, solo il quadro può far dire al suo proprietario di posse- dere una cosa vera- mente unica, impos- sibile a riprodursi, anche se il riprodut- tore fosse r autore medesimo.

\'orrei sapere qual pittore osi sostenere che dell'. -l////(^y^t' del Correggio, della Gio- conda di Leonardo o dei Sindaci di Rem- brand t possa t'arsi una copia^perfetta. Credete l'orse che la copia del Martirio di San Pie- tro del Tiziano, bru- ciata a Venezia, pochi

anni fa, quantunque bellissima, possa sostituire il quadro di

San Giovanni e J\roI()ì

IL BURLON'E. Olle del sig. CluucharJ.)

Nessun RaD'aello ci fa provare la commozione intensa di Giotto; ma. viceversa, nulla può eguagliare l'ebrietà della bellezza pura emanante da Ralfaello.

CONVKHSAZIONI F. RICORDI

'37

Tra la Comunione di San Giroìanio . del iJomenichino . e la Trasfigurazione , di [vallacll') a Roma, occorre molta pratica per vedere con quanta fatica e dipinta l'una e con quanto amore l'altra.

Può dirsi che 1' impressione C(jmunicata da certi piccoli stupendi disegni (come quella meraviglia della Psiche al Louvre)

SCHI/.7.0 .X FEMN'.\.

si riproduca più fortemente in noi dinanzi al disegno acca- rezzato con la stessa cura da Kalfaello.

Quale insegnamento, per un pittore, cotesto disegno di Milano, quando scorgesi il maestro della grazia così vera- mente maestro che nessuno ha mai potuto non che sorpas- sare, raggiungere correggere e ricorreggere tutti i contorni della sua opera con si ardente e scrupoloso amore! L'im- pressione che vi si riceve, non e a;ià l'impressione prodotta

<8

MEISSONIER

dalla bellezza dell'opera, l'ammirazione per l'armonia magni- fica e per la meravigliosa scelta degli abiti; ma è la sensa- zione di trovarsi di iVonte a Ralfaello stesso intento a lavorare. a ritoccare i profili, di vedere, quasi vivendo nella sua intimità, ogni segno della sua matita.

Nell'aflresco. ad onta dell'abilità, il calore manca, mentre là. nW AìiihrosidUd, si resta commossi fin nel fondo dell'anima!...

SCHIZZO PtR LA « VES'UTA Db ,Lt ABITAMT! AL CASTLLLO

Negli antichi predomina il sentimento della forma, con Michelangelo, per la prima volta, l'anima trionfa.

Rembrandt pur nell'audacia e la sincerità stessa.

Vj Indoratori' di Rembrandt e il più straordinario ritratto fra quanti egli ha dipinto. L' ha fatto non dirò col maggior amore del modello, giacche esiste quello di Saskia, ma cer- tamente col desiderio acuto di riprodurre la vita stessa. Ah! come felicemente vi è riuscito! Non sembra che la pittura di questo mirabile ritratto debba cedere, come la carne, sotto

CONVERSAZIONI E RICORDI 139

la pressione del dilo, e che. per caso ferendola, si debba vedere il sangue sgorgare? Quanta bellezza, mio Dio: che peccato di non poterlo acquistare per il [^ouvre I

10 pongo Rembrandl alla testa dei moderni e al disopra di tutti. Il Correggio, solo, a volte, ha dipinto come lui (guar- date X Antiope, la testa di Santa Caterina nell' altro quadro). Rembrandt non ha ricercato la bellezza plastica come gli Ita- liani, ma ha scoperto le anime, le ha comprese e le ha tra- sfigurate nella sua luce meravigliosa. VJ - Iniaìì/c del Tiziano e più bella della Sasl'Uì di Rembrandt: non pertanto, io pre- ferisco quest' ultima.

11 cielo olandese ha bellezze mirabili, quali assai rara- mente ha il cielo di Parigi. Noi non abbiamo quelle grandi nuvole bianche, ininterrotte, immobili; le nostre sono sfran- giate dal vento.

Si può copiar bene gli Italiani, ma Rembrandt, mai!

Taluno mi chiedeva se era possibile ingannarsi di fronte a una copia della sua opera; mai. Io ricordo tutti i disegni da me fatti, ma sono forse il pittore più inadatto a copiare, perchè non ho metodo, non ho il procedimento eguale a tale o tal'altro. i quali disegnano regolarmente, sapendo bene dove vanno e come dipingeranno sempre. Di faccia alla natura, io non so nulla prima, la guardo, 1' ascolto, essa m' entusiasma e mi suggerisce quel che occorre fare, come debbo tentarla e sposarla.

Tutta l'opera mia dimostra il mio desiderio di riprodurre l'uomo anzi tutto; vorrei cento volte più aver fatto i Discepoli (il Emmaus che non X.\ìiliopi\

L'uomo e più bello della donna. Le tenerezze del pen-

140

MEISSONIEK

nello non sono per me, ne per il mio desiderio. Guardate .Michelanoelo nella sua virilità...

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Al Louvre, nella Santa Caterina del Correggio all' in- fuori della manica piegata sulla spalla, e del collo della Vergine

ogni cosa e mira- bile. Che squisita nota quel delicatissimo er- rore del bambino, al quale dicono, sorri- dendo : " Su . mettilo tu!... » e che non sa come infilare 1' anello al mignolo di Caterina genuflessa...

I Risulta evidente che c'è troppa distanza dal naso all'occhio nel volto della vergine.)

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SCHIZZO SOPRA un' INTESTAZIONE DI LETTERA.

Che magnifica ar- monia nelle ^Nozze di Cana di Veronese! Un volto laggiù , a sini- stra , somiglia straor- dinariamente a mio padre...)

Tutto tramonta oggi intorno a noi. Ah! come vorrei presentire nell'arte una gloria novella!... L'aneddoto del Tiziano mi ritorna ancora al pensiero. Narrasi che, vedendo passare il Veronese, salutasse per primo il giovanetto, dicendogli, di fronte alla sua confusione:

' Io saluto in voi la pittura dell'avvenire... »

IL SL-(1>;.i-I,iKL M I I.AUrO. (Qaadro JeU.1 ccllezionc del sig. Tliiéry, Pi

142 MEISSONIER

Veronese! Che opera spontanea, ampia, serena! E come un largo fiume che scorra senza incontrare ostacoli.

Il Tiziano e più ricercato, più raffinato, ma in che modo sa presentare le cose!

Indubbiamente, i pittori italiani, \"eronese e gli altri, non si preoccupavano per le loro scene bibliche, delle ricerche arcaiche e del famoso colore locale, come si fa adesso: ma avevano (o almeno lo si può supporre dalle loro opere) la credenza che, poiché la Santa Scrittura si applica a tutti i tempi, potevasi, adottando un medesimo costume per le figure consacrate dalla tradizione, circondarle della folla contempo- ranea al pittore stesso. Hanno sempre fatto cosi. Nelle -Xozze di Cana, sono i gentiluomini amici del Veronese, ma il ("risto e sempre vestito egualmente, e la Vergine anche, e gli Apo- stoli... Si esclama subito: Fxcolil... e impossibile ingannarsi. Nessuna deroga da questa tradizione...

Nel ScppeUlmcnto del Tiziano al Louvre, le due donne sono sublimi ! ma perchè aver sfuggito la difficoltà suprema, annegando il volto di Cristo, nell'ombra? Esso cessa d'essere interessante a lato di quel magnifico panneggiamento rosso.

Solo la nota morale dominante deve essere colpita; bisogna saper sacrificare le bellezze parziali alla bellezza dell'insieme.

Non son forse ridicole , come idea . queste donne del mirabile Giorgione, nude, in aperta campagna davanti ai suo- natori di fiauto ! Se oggi si concepisse e si facesse un quadro così, vi riderebbero in faccia.

Quei maestri avevan forse tanto genio perche appunto mancavano di buon senso!

Ah! il quadro della Trinità di Rubens ad .Anversa! mancò poco, sapete, eh" io non Io trovassi ridicolo. (Quell'uomo

CONVIiRSAZIONI E RICORDI

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fu assai fortunato! Tra le corporazioni e le chiese, era una gara a cini avesse il più bel Rubens!

Oggi Io spirito critico, quello spirito di cui parla l'Vo- mentin, è il peggiore nostro nemico. Noi ne siamo tutti chi più chi meno penetrati. Ed è la morte dell' opera. Esso raf- fredda lo slancio spontaneo, e per esso la fantasia non serve più a nulla. Come fu for- tunato Rubens! A che cosa serviamo noi adesso >

La Gioco/? (fa è la per- fezione del disegno!

Il nostro Salone Qua- drato del Louvre sarebbe completo se vi fossero la Madonna di San Sisto, una delle Veneri del Tiziano un crociato.

(Schizzo a n,a,iu.)

che sono a rirenze, la

Guerra e la Pace di Rubens, di Firenze i oppure il San Gia- como di Anversa 1 e un Alberto E)ùrer. Allora non avremmo nulla, proprio nulla da desiderare.

Se io copiassi il Claudio di Lorena del Louvre, mi sembre- rebbe d'impazzire! Tutto sparisce, nel godimento intenso della maniera di quest'artista. Ci troviamo veramente in un paese d'incanto, sopraffatti dall'ebbrezza degli occhi!

Che meraviglioso colore opalino. Sembra, tanto è fluido quel mare, che le onde mutino sotto gli sguardi.

Le figure (che, del resto, non sono sue) non si staccano con eguale evidenza sull'atmosfera; solo i due uomini che lottano ne sono circonfusi.

Claudio dipingeva a memoria, forse dagli schizzi. Egli serbava la luce nell'anima sua; e riproduceva liberamente la

'44

M E I S S O N I K f^

sua impressione ideale. Di qui 1' incomparabile lascino della

IL Moi.(i\-i;ia.LisTA.

(Quadro della collezione del sig. Kraffl.)

sua opera; e la natura lillrata dal suo genio. L'acqua tremi

laute su cui si spande l'ombra trasparente, che meraviglia!

Kembrandt! Claudio di Lorena! il Correaieio! il Tiziam

11^^

Napoleone.

(Schizzo della maschera di Napoleone.)

CONVERSAZIONI E RICORDI

'45

FAC-SIMILE D UN DISEGNO ILLUSTRANTE LE « DONNE E LA SPADA » DI E. DEAUMONT. (Collezione del sig. Davide King (junior) Stati Uniti.)

germogli luminosi di una stessa zolla. Non mai in essi si sente la linea secca, precisa e ferma del disegno. E difficile,

Meisiomer. i j

146 MEISSONIER

per esempio, spiegare a un profano in che consista precisa- mente quel che si chiama X esecuzione. Solo paragonando le opere stesse, si può comprendere, e rendersi ragione delle diversità di fattura.

Perciò questa donna di ("louet e ben eseguita; ma non attrae; l'anello suo è di una verità assoluta, ma è un anello che adorna un dito incerto, mal disegnalo; v'hanno inoltre particolari benissimo fatti, ma perfettamente stucchevoli.

Si vede che Gian Bellini è uno studioso dei drappeggia- menti antichi. Egli ha dovuto fare le sue figure con la creta, fuor della natura, giacché il disegno è assolutamente illogico. Se si spogliassero, ad esempio, i due santi, di San Zaccaria, a Venezia, si troverebbe tra le loro gambe tanto spazio da farvi passare un vascello. Il mantello del santo, in rosso, non si modella affatto su d'un corpo reale. Guardate, non c'è che una gran piega nel mezzo; lo spazio liscio tino all'orlatura del mantello avrebbe potuto giovarsi di pieghe bellissime. Se la Vergine si alzasse , avrebbe un busto da bambola e delle gambe da gigante.

Malgrado ciò, si resta sbalorditi dall'ineguagliabile eifetto che questa \'ergine produce; ed è da chiedersi se i suoi me- desimi errori non provochino appunto tale eifetto. Eppur no, con un miglior disegno, ogni cosa avrebbe guadagnato di più.

Tuttavia , forse . questo è il più bel quadro di Gian Bellini. Da quando si dipinge, non si è mai così mirabil- mente trattata 1' architettura. Guardate il valore dei toni, la prospettiva del fondo, la finezza degli elfetti,... quel lembo marmoreo; e che spazio, che aria tra l'altare e il muro ! Oh, la deliziosa figura della Maddalena, con la sua veste di broc- cato azzurro e oro!...

Hanno ben detto che Michelangelo faceva della scultura nella pittura e viceversa... \'' ha nelle sue statue certi effetti d'ombra necessari, voluti, la cui eliminazione muterebbe il carattere dell'opera.

CONVERSAZIONI E RICORDI 147

I Greci non conoscevano le luci preparate: in essi, tutto avviene in piena luce, tutto è fatto per la luce libera...

In qualunque luce si ponga, il Pensieroso medita sempre gravemente seduto sopra una tomba; nella sua meditazione profonda , immisurabile , egli sembra ritornare dall' ombra eterna...

Ecco il mio rapporto sull'invio da Roma di X..., al- lievo, ecc.

< Una ■visione di San Francesco d' Assisi. » In questo quadro la faccia scarna, ardente, geniale di San Francesco è notevolissima. Mentre il suo giovine compagno, disteso sulla paglia, continua a dormire, egli si solleva e guarda fisa- mente, amorosamente il volto sereno e dolce, trasfigurato dal sole, di un pastore adolescente in atto di rientrar nella stalla,, suonando la zampogna.

II volto del giovane frate, la cui volgarità fa contrasto col volto del santo, è assai bello: e impossibile dormir più saporitamente e più semplicemente.

I montoni che vanno a ber nella conca sono ben resi, e il luogo in cui si svolge la scena è ottimamente scelto. Tutto e a posto, in un senso moderno, realista, esente d'ogni tri- vialità!

Ma e proprio in tal modo che si doveva trattare il volto di San Francesco d'Assisi? E conveniva forse rappresentare questo santo così profondamente, cosi pienamente credente, come la vittima di un' allucinazione > L'espressione datagli da X... è assai forte, e colpisce, senza dubbio; ma è quella che bisognava dargli? Sembra che nell'espressione di questo santo, la cui vita, come narra la leggenda, era solo una lunga estasi, lo smarrimento debba essere escluso, per dar luogo al rapimento e all'adorazione!

Occorre si senta, negli invi degli allievi di Roma, il ri-

MEISSONIER

sultato dei forti studi da essi cercati in Italia. Alcuni tra questi giovani non sembrano affatto penetrati dalla bellezza, dalla purezza e dalla forza della natura in mezzo a cui vivono. Sembra che non la contemplino punto; che i loro occhi siano volti da un'altra parte; che siano piuttosto preoccupati di cogliere la maniera con cui tale o tal'altro pittore ha inter- pretato la natura, anzi che interpretare essi medesimi la na- tura con sincerità e con la maniera che loro sia propria.

Quanti pittori preferiscono il procedimento cosi detto abile, invece di studiare scrupolosamente la natura!

Ai giovani si dovrebbe dire : « Penetratevi bene di una tal cosa, e abbiatela sempre nel pensiero. Ogni opera d'arte, plastica o musicale, e l'espressione di un sentinieuto comu- nicabile a colui che guarda o ascolta: se voi stessi non pro- vate tal sentimento, come sperate che altri lo provi?

Se componete più con 1' intelletto che con l' anima . sarete guardati, uditi con curiosità, anzi che con emozione; poiché non sarete nella verità. Ma se volete saturarvi del vostro soggetto , se lo amate , se lo comprendete , voi vi metterete al posto dei vostri personaggi . penserete , agirete come essi ; e da cotesto sentimento vero sgorgherà la verità del gesto, dell'espressione plastica o musicale. Ecco il segreto. Non è molto difficile a trovarsi; forse lo è più a mettersi in pratica. Per comporre con anima, bisogna averne, e io credo che si abbia per solito più ingegno. Abbiate, dunque, molta anima ; vi assicuro che avrete sempre molto ingegno... " E patatì... e patata... bisognerebbe parlar sempre in questo senso, senza troppa speranza di convincere i giovani trionfatori da noi premiati all'Istituto; benché nulla siavi di più grato che dire delle cose giuste, anche quando si sa che non saranno ascoltate. Or nelle nostre solennità, sotto la Cupola, è proprio questo il caso.

Scegliendo per suo tema San Francesco. X... ha imma- ginato una specie di apparizione, della i]uale non v' e traccia

CONVERSAZIONI E RICORDI

'49

nella vita del santo, e, volendo conciliare il sopraiinatitrale e la realtà, non ha comunicato allo spettatore lo stesso sen- timento che quella apparizione inspira al personagi2;io del quadro. Per questi e un'apparizione divina; per t]uello non è che un pastore... e l'aureola, che per il santo e il segno del soprannaturale, resta per lo spettatore un raggio di sole che, scherzando tra i capelli biondi, li illumina tutti...

Il pittore ha incontrato cosi nella sua interpretazione uno scoglio da lui non saputo evitare; e, non avendo osato affrontare audace- mente il soggetto o in un senso o nell'al- tro, è rimasto incerto, senza soddisfar com- pletamente né il sen- timento religioso, ne quello profano, quasi tentennando tra un quadro di genere e un quadro di stile.

Bisogna sfuggire le interpretazioni doppie. L'artista deve addurre con sé, nel suo sentimento, l'osservatore, e non gli é permesso ambiguità di sorta sul signilìcato della sua concezione. Come già abbiamo detto , con quell' aureola che i pittori mettono solo alle figure divine o sacre, si afferma il miracolo: se non che tutto il resto del quadro sjmbra smentirlo.

Senza dubbio, il soggetto era bello. l'oche figure sono cosi compiutamente interessanti come quella di San P'rancesco d'Assisi : essa è veramente degna di adorazione nella sua purezza, nella sua semplicità, nella sua fede ardente!

Il pittore non poteva dubitare di questa fede; doveva sapere l'intenso amore della Divinità, che dal santo si diffon-

(Riprodu

SCABINI. icquaforte di Pe

150 MEISSONIER

•deva su tutte le creature e gli suggeriva di chiamar gli uc- celletti : « fratelli miei! » e il lupo, terrore di Gubbio: » fra- tello lupo! »

Se il pittore avesse rappresentato il santo in estasi, di- nanzi ad un'apparizione dit'ina e non incerta, avrebbe fatto una composizione magistrale.

Credere al suo soggetto ed amarlo e la prima condizione per comporre bene; altrimenti si e condannati a creare opere secondarie, che non possono appassionare alcuno.

Non devesi dimenticare che la copia degli allievi di Roma è chiesta principalmente come studio profondo di un tema: colui che sceglie un maestro perchè l'ama, deve, mentre lo studia, penetrarlo e tentare di sorprenderne i segreti.

Sonvi pittori che attraversano l'Oriente, e vi s'immergono a lungo, senza però che il sole e la luce ardente pervadano mai l'opera loro.

Talvolta le tendenze di un artista sono pregiudicate dalla scelta del maestro. Così un allievo di Delaroche vede sempre un po', come lui, il lato episodico delle cose; il suo spirito non si allarga mai ; egli non comprende e non sorprende mai il punto culminante, dominante del tema; sono sempre le piccole cose vicine che lo attraggono... Dovrebbe rendere VanijJUì di colui che rappresenta; ma non la vede.

Il protestantismo non è punto favorevole alle arti, ^'edi quel che la Germania ha prodotto. Che impotenza, che affa- stellamento di cose per dire un bel nulla! Kaulbach e gli altri! Ricordati dei cartoni dell'Esposizione di Monaco: è una vera inondazione di idee! A Berlino i muri delle scalinate sono coperti di figure gigantesche, che non hanno senso co- mune. Noi siamo più sinceri qui e non inganniamo nessuno. Non sempi'e il vino e ottimo: spesso e dell'aspretto, ma questo lo si serve com'è.

CONVERSAZIONI E RICORDI 151

Qinndo rividi l' altro giorno IJ uccisione del Vescovo di Liegi del Delacroix, non ebbi l'impressione delle altre volte. Non c'è folla, non teste, l'una dietro l'altra, che guar- dino ardentemente; nessuno si solleva per osservare con la naturale avidità umana, nessuno che si urti; ognuno ha come il suo piccolo vano per contemplar comodamente quello che accade.

Le antitesi, oggi di moda, mi sembrano dannose in pit- tura. Tutto deve concorrere nel quadro all'impressione gene- rale. Il cielo deve armonizzarsi con le idee, la natura accor- darsi con l'uomo. In molti casi, quest'unione avviene da sé.

Per quanto gli altri bassorilievi dell'Arco di Trionfo siano sciocchi e pesanti, altrettanto quello di Rude e ammirevole per il suo vigore e la sua bella armonia... Ah ! quel Genio della giierraX che collera vi caccia nel cuore! e come vi entu- siasma !

Ero giovanissimo quando ho visto Marocchetti lavorare intorno alla Pace dall'altro fianco.

Mi ricordo di esser passato colà con un amico, andando a piedi tino a \'aux presso Meulan, in casa del Marocchetti di sua proprietà: avevo 5 franchi in tasca, del pane e la scatola da colori in mano. Cosi traversai la prima volta Poissv, senza pensare, certo, di andarmici un giorno a sta- bilire.

Il quadro di .Mackart è rigido. Come mai? Perche un quadro palpiti, abbia vita, bisogna che nel momento scelto ed espresso dal pittore vi si senta tutta 1' anima anteriore dei personaggi.

Rembrandt. questo genio di cui vorrei baciare piamente i calzari tanto 1' addirò lo ha sempre meravigliosamente compreso. Nulla d'inutile nelle sue opere: tutto concorre

MEISSONIER

all'azione. Nei Discepoli d'Einiiiaus, ai quali noi ritorniamo sempre, il fanciullo che porta il piatto, e che sembrerebbe accessorio, a,egiunge una nota di più. Si sente che la verità

fu sorpresa, e che il pittore ebbe la visio- ne immediata.

Le tendenze della pittura moderna sono deplorevoli sotto tutti i rapporti. L'assenza di idee e grande; ma in tale nullità inven- tiva , i procedimenti e gli effetti talvolta stupiscono. Molti pit- tori oggi sono virtuosi del pennello, non già compositori.

Il secolo che s'a- vanza è tutto pieno di restaura tori l'e- rudizione in architet- e di critici letterari, di coloro, cioè, che

Doro LA COLAZIONE. (Quadro della collezione del barone Sprin

tura è profonda vivono a spese degli altri, e non esisterebbero senza i crea- tori dei quali discorrono.

Si ripiglia, si restaura, si commenta, si analizza: non si producono più grandi opere, come ai tempi della fede. Oggi le cattedrali non sorgerebbero più per devozione di anime. -Molta scienza, molto ingegno, molla tecnica; ma idee, poche o punte.

L'artista deve restare nel suo studio, nel cjuale è re. Che

CONVERSAZIONI E RICORDI

può fare nei salotti, dove, senza amarlo, si fanno belli della sua presenza quando è celebre, ammanendolo agli invitali? La conversazione mondana è effimera come un volo errante di mosche: interrotto sempre senza un possibile svolgimento,

il pensiero di coloro che si cacciano a

■' - -f» parlar d'arte è spesso assai lontano dal- l'argomento, prima della risposta.

Bisogna lasciar dire, senza turbarsi di nulla, quando si ha la propria co- scienza per se. Un uomo in procinto di salire non deve curarsi dei botoletti arrabbiati, in fondo alla scala.

BUSTO DI MEISSON-IER. Bronzo di Siint-Marceaux mentre Meissonicr era in v Ordinato in marrao dallo Stato per l'Istituto.)

Bisogna sempre e a qualunque ora presentarsi al pubblico con eleganza.

Devesi cercar sempre la verità nell'arte; ma, ohimè! non si può sempre tro- varla...

Essa non esiste nel re- gno infinito delle speculazioni intellettuali: ma è nei cuori, e deve uscire da essi. (Queste semplici parole in arte riassu- mono tutto. Parlando dei maestri, bisogna dire semplicemente ai giovani: amateli, ed essi vi ameranno, e ve lo mostreranno col rendervi forti.

La più alta espressione religiosa è stata raggiunta; la miniera venne frugata, sfruttata in tutti i sensi. Bisogna ora cercare altri filoni, nel dominio della storia: bisogna aprire la strada e camminare; l'avvenire è là.

Ognuno corre all'impazzata: i quadri sono pieni di ana-

,54 MEISSONIER

cronismi, perchè gli artisti lavorano alla cieca, consultando libri, e leggendovi episodi a casaccio.

Se tutti studiassero cr)n ardore e con coscienza 1' epoca prescelta, che tesoro di verità si potrebbe comunicare alla folla! a quale opera magnifica, solida, possente si consacre- rebbero tutti, secondo le forze loro I

Invece di aver lo spettacolo di un concerto, di un' ar- monia, di una, direi quasi, confraternita di pittori, si ha il caos, in cui ognuno s'imbraga.

Una volta, l'uomo aveva il rispetto di medesimo; re- golava la sua andatura e ci teneva: bastava che s'indugiasse in movimento naturale per essere compreso e preso dall'ar- tista. Nei quadri di allora il gesto felice, l'attitudine armo- niosa, passando nello studio del pittore, non erano una posa ricercata; erano propri del tempo, una parte del buon vecchio tempo! Secondo me, quanto e meritato questo titolo! Le mie abitudini e il mio carattere sono di un altro secolo...

Noi facciamo grandi sforzi per credere; e, ahimè, nella maggior parte dei casi, la fede è morta. Oggi, la sola cosa che la pittura può fare è di oflVire al popolo, con preci- sione, i fatti storici, ^'ersailles avrebbe dovuto essere un vi- vaio di polloni piantati per la Storia di Francia: ogni fatto importante messo bene in luce, ogni altro di poca entità, nel- l'ombra. Se una commissione avesse fatto una scelta giudiziosa di episodi, si sarebbe entrati a ^'ersailles come nella storia nazionale, e la si sarebbe vissuta. Supponete che sia stata fondata una scuola di pittura a simiglianza della Scuola delle Carte: che incomparabile museo! Nessuna ricerca arcaica; una semplice rappresentazione delle cose segnanti le tappe del- l'umanità francese. (Questo, ad esempio, il misero contadino del tempo di \'auban; e questi, i nostri contadini d'oggi nella loro relativa agiatezza e nei campicelli di loro proprietà !

CONVERSAZIONI E RICORDI

(3r bene, cotesta visione delle epoche manca completa- mente.

L'ufficio della pittura è di porgere ausilio alla storia. Thiers parla del lampo delle sciabole! E quel lampo il pit- tore deve inciderselo nel pensiero.

\'isto che noi non possiamo esprimere più nulla, in fatto di sentimento religioso, giacché non crediamo più a nulla, se io fossi ministro delle Belle Arti, vorrei dare un forte impulso alla pittura storica.

Chenavard aveva proposto di decorare il chiostro degli Invalidi appunto di tali pitture; ma sarebbe stata una sin- tesi troppo forte, riserbata solo agl'ingegni superiori.

\^orrei che nei collegi la base dell' istruzione fosse il disegno: è la lingua universale e quella che può esprimere tutto. Un qualunque tratto informe ci un' idea più precisa delle cose che non la frase più armoniosa. Il disegno è la verità assoluta, e da per tutto dovrebbero insegnare 1a più meravigliosa di tutte le lingue.

Oggi la storia ha abbandonato i fatti aridi, le date secche, per far rivivere col mezzo dei particolari la fisionomia dei secoli. La pittura segue una via parallela. Qual raddoppiato diletto per un pittore che legga una pagina di storia! Io. che ho studiato nelle loro epoche l'architettura, la suppel'ettile, il co- stume, quando rievoco un fatto storico, lo vedo in carne ed ossa; la scena si ricostruisce in un baleno sotto i miei occhi, come appunto si svolse. Tutto segue realmente, immediata- mente dinanzi a me; io entro di botto in scena, veggo gli uo- mini o in arme o nella loro foggia, con le faccie che avevano allora; è un'incarnazione ardente involontaria che mi sen- sazioni diverse dalle vostre. Le loro case, i loro mobili, le loro abitudini, tutto mi e famigliare e noto: io penetro nei loro sentimenti e li comprendo; l'assimilazione e rapida, pro- fonda, incancellabile. Quel che appena s'inscrive in altre menti,

156 MEISSONIER

durante la lettura, in noi s'incide per sempre, se però siamo veramente preparati, e l'opera germini da un buon terreno.

C'è da fare una domanda suscettibile di discussione pro- fonda.

Può dirsi che l'arte, all'inizio, altro non sia se non una manifestazione delle cose posseduta dall'artista nell'anima; l'arte ingenua e inesperta rende allora assai bene la passione, e l'espressione domina tutto. Or quanto più l'emozione scema, tanto più l'arte raggiunge la perfezione e il suo bello equilibrio.

Quale problema! [>' arte deve avere per intento di som- muovere le passioni? o non piuttosto deve metterci innanzi al bello assoluto?

Mentre vive , 1' uomo deve lasciare veder solo le cose compiute. Il pittore riempie i suoi quadri di quanto più può; e non deve mostrare al pubblico i mezzi, gli studi, a lui necessari per l' opera sua.

Dopo morto, ahimè! è altra cosa; si fa allora quel che si vuole, senza troppo rispettare la sua volontà.

Ha un bel celebrare il poeta il suo soggetto: la vita è sempre incompleta, mentre col genio del pittore l'anima intera continua a vibrare negli occhi amati.

Il misterioso sorriso... non dileguerà mai... vi resterà sempre...

Una fisionomia in cui l' anima traspiri vai più di ogni cosa...

11 nudo e quel che v'ha di più bello al mondo...

Durante l'esecuzione, bisogna che il sogno sentilo sia più forte di qualunque meglio ottenuta espressione.

CONVERSAZIONI E RICORDI

È doloroso dirsi che si ò troppo vissuto, poi che non si scorgono anime elette salire all' orizzonte : oggi, gli dei ve- ramente se ne vanno, non sono più compresi, ma derisi.

(Leg»

L ATTESA . cnto dall'autore al museo dei Lussemburgo.)

Questo secolo nulla avrà di originale: esso copia tutto da quei secoli che ebbero un' impronta speciale.

Nel secolo XM non sarebbe mai sorta 1' idea di co- struire un palazzo che non fosse nello stile dell'epoca; lo stesso dicasi dei tempi di Luigi XIII e di Luigi Xl^^ Una

,58 MEISSONIER

volta si cacciavano nelle soffitte tutti i mobili di un' altra epoca, e s'inventava un'arte personale. Oggi si pesca a destra, a sinistra, indietro, secondo la fantasia del proprietario e del- l'architetto. Noi non abbiamo architettura; è l'epoca delle sta- zioni ferroviarie e dei grandi mercati ; e 1' età del ferro ado- perato dovunque.

Perchè il fatto, oggi cosi semplice, di copiar fedelmente gli oggetti posti dinanzi ai propri occhi , non è stato dagli artisti, e per lunghi anni, compreso?

Non sembra, tuttavia, che in causa di una volontà deter- minata non si copi la natura; poiché s'incontra sempre, anche nelle opere di coloro che se ne sono allontanati di più, gesti, espressioni, particolari d'ogni specie i quali mostrano com'essa sia stata consultata; oltre a che, si posson sempre più chiara- mente riconoscere e seguire, quasi grado a grado, gli sforzi fatti per maggiormente accostarvisi.

Nei più antichi monumenti dell'arte, di scultura, mosaico, pittura sul vetro o affresco . per quanto barbarici appari- scano , troviamo sempre 1' impronta della natura : 1' osser- vazione è ingenua , umile anzi. Si può dire eh' essa sia eguale alla nostra? No, certo; poiché quel che ci preoccupa, quel che noi tentiamo di rendere, é anzi tutto il punto sa- liente delle cose, la loro verità, la loro vita... Noi quasi vogliamo che il marmo possa cedere sotto il dito quasi fosse carne! noi vogliamo far credere che l'ammirabile intonazione di certe pitture derivi non dal colore, ma dal sangue.

.Ma può supporsi che Leonardo, il Tiziano, il Correggio e Rembrandt, questi maghi divini, non abbiano avuto an- ch'essi, prima d' ogni altro desiderio, quello di lottare con la natura, per strapparle il segreto della vita, e dalla lotta non siano usciti quasi vittoriosi?

Chi é tra noi colui , che, commosso dall' incomparabile ritratto rembrandtiano chiamato non si sa perché \ Indoratore,.

CONVERSAZIONI E RICORDI

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e da noi non saputo conservare alla Francia, non abbia pensato come, pungendo la tela, ne uscirebbe una goccia di sangue? La verità e che i primi artisti ingenui pensavano sopratutto al dramma. Più contemplai le opere loro, e più ne ritrassi il convincimento profondo che essi erano stati penetrati e soggiogati dal loro soggetto, e che cercarono di far entrare nell' anima degli spettatori 1' emozione ond' erano pieni; un'emozione vibrante, vergine, brutale, smodata se vuoisi, ma cosi imperiosa che nessuno mai ha potuto egua- gliarli.

Qual'effetto, dunque, dovevano produrre quelle pitture in coloro che credevano sinceramente alle cose rappresentate, quando noi privi di quella fede ne restiamo così profon- damente turbati e commossi ?

Gli storici han troppo trascurato, nei loro scritti, l'in- fluenza delle opere d' arte sull' anima dei contemporanei. In certe epoche, esse erano 1' espressione cosi fedele dei senti- menti umani , che vi si sarebbero potuto attingere indica- zioni assai precise su ciò che noi oggi chiamiamo gli 1 stati d'anima >■ .

Spesso da un paesaggio, a prima vista insignificante, rampolla in certe ore una poesia squisita, un sentimento di calma profondo, delizioso. Si pensa che. stando colà, l'anima si aprirebbe, si avrebbe il senso di un'ejjusione nella natura. Felici i paesisti!...

L'artista soffre morte e passione, quando non può ren- dere quel che sente , quando riconosce la sua impotenza e trova inespresso il suo sentimento intimo nella forma rag- giunta.

Trovarsi di fronte al Bello, è come ricevere una grande scossa inebbriante. Solo l' artista, questo creatore, conosce le profonde gioie del concepimento e della produzione !

Lavalieve del tempo di Luigi XIII.

(Schizzo per il quadro " 1,'arrivo degli ospiti al castello „.| Matita e biacca.

CONVERSAZIONI E RICORDI

IL LETTORI- IIIANCO. (Quadro della collezione del sig. Chaudurd.)

Che inesprimibile diletto riaccarezzare la linea e la natura, in uno slancio d'ammirazione, in un impeto di verità!

Meissoiiier.

MEISSONIER

Risogna saper portare il che è raro un abito con la naturalezza e la disinvoltura dell'epoca. Bisogna saper av- volgersi, occorrendo, in un mantello di velluto, portare cappa e spada, mettersi il tòcco in modo ch'esso abbia un carattere da X\'I secolo.

(Quante volte ho detto ai giovani che dipingono con grande ingegno cose inutili : « Noi non abbiamo altra ragion d'essere se non che d' insegnare agli altri il modo di guardare e di ammirare, di scernere quel che è bello ed elegante. Così, il tale... è un pittore asino, ma è un ricercatore; ha dipinto pezzi inimitabili, ma soltanto dei pezzi. » Roma è necessaria per apprendervi lo stile, la nobiltà e la bellezza.

E un vero piacere lavorare all'aria libera: i paesisti tran- quilli sono gente felice; non hanno le nostre nervosità...

I viaggi servono a chiunque voglia ammazzare il tempo, o anche agii scrittori e ai poeti che utilizzano ciò che vedono nel lor passaggio. Dicesi che Lamartine componesse versi cavalcando; ma un pittore non può viaggiare senza fermarsi. Come fare un' opera, se la mente non si riposa in qualche luogo?

Un giorno M . . . mi mostrava la sua composizione : un Sansone, un gigante seduto tristemente presso la gran mola, stuzzicato da lontano con una pertica da due filistei timorosi di avvicinarglisi... « Capirete, gli dissi, che voi fate al rovescio della vera lezione. La virtù, la forza di Sansone risiedevano nella sua capellatura: or se questa venga recisa, e Sansone ridotto in schiavitù, egli non è più un gigante, ma un uomo comune, col quale tutti i codardi potrebbero schei'zare, beffeg- giandolo, come si farebbe con un leone privato degli artigli. Bisognava che i vostri filistei fossero dei fanciulli. Da lungi allora, essi ben possono molestar Sansone, con la punta della

CONVERSAZIONI E RICORDI » i6-.

pertica , quasi un enorme molosso. Lo so , caro mio , voi pretendete di fare la pittura realista: ma vojaltri giovani non sapete comporre. Per ben comporre, giova meditar lun- gamente il proprio tema, esaminarlo in tutti i sensi, e affer- rarne , come dicevasi durante l'assedio, il momento psico- logico, cioè il punto culminante, quello che sarà la dominante del quadro e nel quale i sentimenti e 1' azione raggiungano il loro culmine drammatico.

« Poniamo, a mo' d'esempio, la morte di Virginia. Voi mi mostrerete le vostre osterie; le vostre botteghe da beccaio, e saranno certamente veri, ma io vedrò troppe cose. Pensate che Appio e entrato colà in un baleno, solo per afferrare il coltello ; mi rappresenterete quindi questo personaggio prin- cipale, l'eroe, nascosto dalla folla, la quale però me ne lascerà scorgere il braccio armato, non già il volto, mentre Virginia, morta, giace sola in un canto.

H (guanto alle donne che son colà, non capite che, vedendo la fanciulla ferita, debbano occuparsi solo di lei. cercare disperatamente in tutti i modi di rianimarla, di soccor- rerla, di salvarla, mentre invece gli uomini ascoltano le parole vendicatrici di Appio? In tal momento che cosa serve a quelle donne il patriottismo e il resto?-"... \'irginia è colpita a morte. (Juelle donne debbono assolutamente stare intorno a lei, e voi me ne fareste vedere il cadavere abbandonato? E impossibile. Quanto poi al difensore di \'irginia. al suo fidanzato, voi, forse, gli fareste torcere le mani dalla disperazione: anche questo è falso. Egli deve accorrere a lei, cercare ardentemente di salvarla, fuggir anche, dopo, sentendola morta,... correre presso il padre. Costui, infine, deve sostenere con un braccio il corpo insanguinato della figlia, e levar, con l'altro, il coltello rosso di sangue, mentre invoca dai Romani l'odio contro il tiranno!

n Ecco la vera scena... Virginia e completamente passiva: non lo dimenticate. Non e lei che agisce; ella subisce. Ah! se suo padre le avesse detto: « Bisogna morire ». ed ella si

164

MEISSONIER

LA SENNA A POISSY : MEISSOXIER A CAVALLO IN' LONTAXANZA. (•Quadro della collezioue del sig. X....)

fosse colpita da se, o avesse volontariamente offerto il petto al coltello allora ella agiva, faceva atto di volontà; ma lì, ripeto, ella non consente, su- bisce... »

Bisogna sempre che la parte principale di un tema emerga ; è regola immutabile. Per farmi meglio comprendere, sono costretto a parlar di me...

Nel j8oy , l'Imperatore e immobile nel secondo piano; il torrente umano passa;... ma è lui, l'immobile;... che si scorge per il primo è lui che domina tutta la scena.

Nel 181^ , per ottenere un beli' egetto , mi son posto a tre passi dall'Imperatore. La distanza, allora, scemava bruscamente, e il volto dell'Imperatore s'ingrandiva. Se mi fossi messo più lontano, tutto sarebbe andato per-

GEXTILUOMO LUIGI XIII.

CONVERSAZIONI E RICORDI

duto; ma il terreno studiato, visto con immediatezza, rende l'effetto più impressionante.

LA BETTOLA DEL VILLAGGIO. (Quadro della collezione del sig. Chaochard, Parigi.)

Gli Edelinck, i vecchi incisori d'un tempo, conoscevano a fondo il loro mestiere; avevano una solida base d'istruzione. Oggi i giovani intraprendono, non arrossendo affatto, le cose più diffìcili senza saper disegnare; osano tutto.

In certi giorni nulla soddisfa ; in altri tutto e' inebbria. In fatto d'arte, ogni cosa dipende dalle disposizioni intime del- l'artista.

Se noi siamo veramente innamorati della nostra arte, raggiungendo maggiore abilità, produrremo meno, poiché diven- teremo più diffìcili.

Xon temo mai di perdere giornate intere di lavoro e di ricominciare, per sentirmi soddisfatto, per tentare il meglio!

i66

MEISSONIER

Ah! questo ìueglio. che noi sentiamo nell'anima e senza il quale un vero artista non è mai contento di se...

Gli altri possono approvare, ammirare: e nulla, di fronte al sentimento di ciò che deve essere fatto.

In pittura, «-bisogna schivare i sog- getti letterari. La cosa rappresentata, l'azione, il dramma prescelto deve com- muovere e colpire immediatamente, senza l'ausilio di leggende illustrative.

Non mi si parli di quelle opere d'arte che si sottraggono al pubblico, e sono serbate soltanto ai concorsi acca- demici!... lo hu sempre combattuto questo principio, pretendendo di avere un'opi- nione mia sulla musica, pur non cono- scendone la tecnica, come, a sua volta, un musicista può avere la sua sulla pit- tura, ecc. Le cinque classi dell' Istituto sono giustamente con- vocate per un voto comune. E che! un pittore, un musicista dovrebbe comporre solo per i suoi simili? Evvia! Io voglio ritornar cento e cento volte all'opera che avrà parlato alla mia anima; ma non mi curo di studiare faticosamente le cose oscure, se il loro senso non mi si e a bella prima rivelato.

Ricorderò sempre l'impressione straordinaria, gagliarda, che mi produsse x\q\X Af ricami il canto dei violini all'unisono...

» Che stupidaggine! mi han detto poi alcuni musicisti. Che cosa più semplice di questa?- » Ottimamente; senonche bisognava saper raggiungere quel prodigioso effetto cosi sem- plice.

SCHIZZO A PKN'N'A.

Quando io seguo un motivo musicale, esso mi si disegna

CONVERSAZIONI K RICORDI

nell'anima, svegliando forme e paesaggi. Cosi, ascollando la Sinfonia in la di lioethoven, la mia preferita, la mia passione, io vedevo un paesaggio ellenico sorridere al sole, bacini di acqua trasparenti sui quali volavano libellule, o anche schiere di ninfe natanti, o sorreggentisi per mano.

Spesso bevevamo il a Si idi all'albergo Pimodan, da Boissard, all' isola San Luigi. Lo prendevamo a di- giuno, poiché era dan- noso mangiare prima. Or io ricordo precisa- mente le sensazioni prodottemi, in quello stato, dalla musica Ogni suono assumeva la forma tangibile di punti incandescenti, che poi si congiunge- vano in disegni armo- niosi e simmetrici. Io mi chiedeva con ango- scia : « In questa c- brietà, la mia fantasia è duncjue spenta?... Sempre quella sim- metria, sempre quel

ritmo! » Chiudevo le fmestre per non slanciarmi fuori, giacche avevo sempre avuto la sensazione deliziosa d'uno svapora- mento della materia e del peso...

Il fondo della natura si svela però in questo stato di eccitazione artificiale, lo ho bisogno , infatti . di trovar 1' ar- monia, l'accordo perfetto, in ogni cosa, e mai mi stanco di

IL IU.MaTORE. (Quadro della collezione del sig. Cbauchard.)

i68

MEISSONIER

ricercarli... E mi compiaccio di far bene, di fare nel miglior modo possibile le piccole cose come le grandi, tutto.

GLI APPASSIONATI DI PITTURA. Di rroprieU del duca d'Autiijis (;G»lleri.i di Cli.intilly).

Restiamo ognuno nel nostro campo ; è sempre abba- stanza vasto perchè se ne debba uscire. Se il letterato vuol fare un paesaggio come noialtri . vi si perde dentro. Oggi,

CONVERSAZIONI E RICORDI

i6r)

nella Re-vac , trovo un articolo dove c'è molta confusione di parole; vi si parla, ad esempio, della «plasticità dei suoni ». Sfido la musica a disegnare la Lettura in casa di Diderotl... Il letterato, evidentemente, me ne farà la de- scrizione; ma, fosse pur la più minuziosa del mondo, farà immaginare sempre una cosa diversa dal quadro reale. Vice.

IL DECAMERONE.

colleziont di liJy Vilhu-e, Londra.)

versa, io, pittore non posso rappresentare il Oiùii moitrùt: di Corneille. Xe potrò rendere le conseguenze, ossia Orazio che fugge , q.cq.. , ma giammai la frase cosi laconica , cosi eroica...

Come si sta bene, nell'ombra di un palchetto, ad assa- porare, senza essere turbati, la musica di Beethoven!... Ah! quella Sinfonia in la! E rimasta sempre la mia pas- sione, benché molti anni siano scorsi da che l'udii la prima

MEISSONIER

volta... fi). Che accenti l'alali , penetranti . in queir andanle inesora- bile, che vi all'erra l'a- nima e la strazia, quasi l'osse la marcia del de- stino! Indi, nelle gaiezze fosforescenti e capric- ciose àoX Jiiialc, tutte le impressioni della giovi- nezza mi si ridestano. Stasera, come sempre, quei suoni rievocano agli occhi miei i deliziosi paesaggi della mia infanzia, della mia giovinezza, nel Delfinato.... a Grenoble...

PAESAGGIO. (Sdiizzo all'aquerello.)

Oh! gli ammirabili frammenti di Pergolese ascoltati po- c'anzi!... E il vecchio Bach! Nulla ci innalza più della Bellezza serena e profonda!...

l'ALSACGIO. (Scliijzo 3ll'a,:^iu<:rdIo.)

(i) ilssa fu oscguit.i ai hiiicrali di .Mcissojiier alla .M.iJdalcna (3 febbraio 1S91).

CONVERSAZIONI E RICORDI

Per ascoltare la musica, occorre che io mi abitui a non seguire le parole di un libretto: altrimenti la musica, che già mi vinceva, mi annoia, perche non corrisponde più al mio senti- mento, a ciò che stava per farmi sognare.

In tutti i paradisi immaginati voi vedete sempre gli angeli can- tare o suonare , mai dipingere ; locche ri- chiederebbe riflessio- ne e logica. Da tempo immemorabile si e varcato il segno, pre- tendendo che la musica esprima tutto. Berlioz era tra questi. Conten- tatevi di un sentimento generale di estasi, di tristezza, ecc., ma non specificate troppo. Xel parossismo supremo, è sempre impossibile esprimere compiuta- mente un sentimento;

non posso dunque (Q.adro .pparle„.iura'. ^.«^ Arili J ll^.p,-, Par,.,.)

mettermi a cantarlo.

E concepibile un uomo che, sotto l'urto di una grande emo- zione, si fermi a fare un'analisi o a pronunziare un discorso r La musica può esprimere solo gli « stati d'anima »: allorché analizza, esorbita dal suo scopo. Se volete contarmi che, per mezzo dei suoni , io posso vedere tale o tal' altra persona . addio, non vi seguirò più. Un'arte non può invadere il campo dell'altra.

MEISSONIER

< Quando compongo un'opera, diceva Glùck, io dimentico tutto, mi metto al posto dei miei personaggi . e il cuore mi suggerisce ciò che debbono cantare... »

\

Chiedete alla Biblioteca l'opera di Cho- dowiecki. Non c'è libro di quell'epoca che dica tanto; l'autore vi si è dipinto con la sua famiglia. La dedica è caratteristica: « Dedi- cata a suo padre dall'umilissimo servitore e figlio ».

Io l'ho molto amato

e studiato. Egli era di

una semplicità sorpren-

^ dente e af}ascinante. E lo

fjff amo ancora egualmente;

non e già un maestro

necessario a conoscersi,

ed è perciò che non ne

ho parlato fin qui; ma

mi è piaciuto e mi ha

dilettato. Sfogliandolo, vi

s'impara più che non in venti volumi. E il ritratto fedele di

tutta un'epoca; le piccole figure vi occupano poco posto.

Molte volte l'ho detto: per quanto abili si possa essere nella tecnica, pensate che nell'arte vi è ben altra cosa, una cosa di che molti giovani neppure sospettano.

Certamente, il disegno e il colore mi commovono: però io credo di commovermi ancor più forse alla forma.

SCHIZZO A PENNA.

Lavorando in piccole proporzioni, occorre maggiormente esprimere il rilievo; lavorando in più grandi, e necessario attenuarlo, distruggerlo quasi. Il procedimento è necessario; giacché sarebbe insopportabile trattare una figura grande al naturale, come una marionetta.

CONVERSAZIONI E RICORDI

'73

Se dipingo una mano , ne resto soddisfatto sol quando vedo che e carne veramente; e mi ci accanisco Imo a che la sento tale sotto il pennello, lo lavoro la mano a intervalli; poiché essa, non appena resti immota, perde il suo bel co- lorito, e il sangue non circola più.

I ritratti, invece, bisogna farli rapidamente, poiché, indu- giandovisi, non si ritro- vano più : la persona cambia faccia e si mo- difica...

Per r operazi<jne cosi detta di svernicia- tura, non usar mai ac- quavite o una qualun- que essenza; ricorrere solo al lieve e paziente sfregamento del dito. .

Non mi piace che altri mi sottolinei le cose; esse debbono colpirmi da loro. Io amo la chiarezza , la brevità del pensiero, sotto l'armonia della

rOl ma. (Oi.i.lro n^na ,-nll..7lnr,, ,ì,ì 5

^Affrontate un tema sol quando l'avrete vissuto, quando conoscerete i pensieri dei vostri personaggi, quando vi sarete impregnato della loro vita.

Xo, no. e un errore pensare che la miseria sia necessaria alle vocazioni; i lunghi ostacoli materiali provocati dall' op-

'74

MEISSONIER

posizione di mio padre alla mia. mi gettarono, checche si dica, fuor della mia strada, e mi fecero perdere un tempo prezioso che ritardò tutta la mia vita.

Io credo di poter sentire e di saper esprimere la nota « dominante » che sorge da molteplici gruppi, e di darle tutta l'importanza necessaria, in correlazione con tutto 1' insieme. In un tema comune, ciò che forma il fascino delle cose piccole, è appunto la loro intima e profonda armonia; tutto deve avvolgersi in un'atmosfera omogenea di cui lo spettatore sarà penetrato. Non bisogna mai ricercare il solo efj'etto; perche, per la pi ima volta, si rimane colpiti; alle altre, l'interesse scema, l'emozione cade. Perche gonfiare, fuor del suo ambiente, un tema usuale della vita comune ? Una contadina dei nostri giorni non è una figurina greca. Se voi volete concederle l'incesso di questa, sbagliate : spogliatela allora del suo abito, e copritela di un peplo. La maniera di vedere il soggetto costituisce l'artista.

SA\'SOME. (Schizzo > penna.)

Un modello, è un manichino intelligente; occorrendo, noi ne alteriamo il tipo, lo trasformiamo per mezzo dell'abito.

Che piacere dipingere quando si è in vena, con un buon modello di fronte !

Io non liempio un contorno, ma procedo come lo scul- tore, cercando il rilievo.

E difficile cosa segnare nettamente un contorno senza rigidezza.

CONVERSAZIONI E RICORDI

'75

La fattura dei ri- tratti differisce comple- tamente l'unadall'altra. secondo la natura del modello: ogni fattura conviene al tempeia- mento della persona.

( )h ! come e diffì- cile dipingere questo angolo dell'occhio!

Sarebbe m o 1 1 o utile servirsi delle due mani ; i fanciulli do- vrebbero essere abi- tuati a ciò. Spesso cerchiamo un movi- mento su noi stessi.

In tal guisa io ho potuto, all'occorrenza, disegnare con la sinistra, facendo il mio ritratto.

IL PITTORI;. (Schizzo.)

I pittori sono j sempre più o meno

commedianti. Essi

I

! hanno l'istinto della posa e del gesto : sen- za di che, non potreb- bero ne sentire . cercare . indicare quel che loro occorre. .Mi hanno chiesto dei disegni e degli schizzi per l' Esposi- zione delle l)ellc Arti.

SIikHo per gli- " Evaiigclisli „.

(Saxguig.na.I Museo del Lussemburgo.

CONVERSAZIONI E RICORDI

Ho scritto cosi a Gcròmc: « Non è già un capriccio che mi ha fatto richiudere ieri il mio povero quader- no, mentre ier l'ahro ve lo avevo mostrato cosi liberamente. Ho sempre avuto questa massima se- vera , che si debba mo- strare , quando si è in vita , solamente 1' opera compiuta, e non i mezzi con cui è stata fatta... Solo

dopo aver molto esitato, mi son linahnente deciso... Ma le

vostre richieste urgevano, e poi- ché mi dorrebbe darvi un rifiuto, vi rimetto, perchè ne fac- ciate quell'uso che cre- dete, tutti questi schizzi tatti per non importa chi. con mjn importa che cosa...

ACQUAFORTE ORIGl.VALE.

RITRATTO DI BA.MIilSO. (Diseguo appartenente al sig. Batta.)

Ardua cosa e il di- pingere la mano, poiché accade di raro eh' essa riprenda la prima posi- zione ; talvolta mentre è già quasi disegnata e la si ripiglia, la posa e diversa; tal'altra si trova una posa mi- gliore, e si è daccapo.

\^oi non immaginate quanto sia divertente il modellar con

Mtissonier.

178

MEISSUNIER

la creta. Ricordo che. stando a Poissy un dopo -pranzo intento a modellare, mi chiesi a un punto che cosa signifi-

IL GABINETTO DI LAVORO. iQindro dcllA collezione del barone Springcr, Vienna.)

casse quel biancore che invadeva lo studio. Erano le tre del mattino. L'alba mi sorprendeva al lavoro, senza che me ne accorgessi...

CONVERSAZIONI E RICORDI

'79'

Che disperazione in questi mesi veder la luce morire proprio nel momento migliore, quando tutto e preparato, ben impastato, e gli ultimi tòcchi stanno per produrre 1' effetto sicuro !

Io comprendo periettamente la scorrettezza dei disegni di Delacroix ; li ammiro e li amo: sono lampi di genio! Ma Remhrandt, ecco l'uomo in- tero !

Nel i836, io non esistevo ancora all'arte, ero un povero ignoto: non guadagnavo nulla, e avevo bisogno di guadagnare. Curmer faceva allora una nuo- va edizione della Capanna in- diana : pubblicava con certi orrendi disegni la Bibbia di Rovaumont, seguita dai Van- geli, e una specie di storia antica , tolta da una cattiva edizione del XVIII secolo. In- stigato da un amico, andai a trovarlo per proporgli alcuni disegni. Naturalmente, mi li- cenziò; io avevo l'aspetto di un fattorino. Era'pero un problema

vitale per me; e poiché Tony Johannot era potentissimo nel ramo illustrazioni, parlai con lui. Qualche giorno prima, avevo nìodellato la maschera dei johannot ; poiché io e i miei compagni avevamo la mania di mijdellarci a vicenda. L' imprudente Curmer s'interessò ai particolari di quelle modellature. Io lo acchiappai a volo. « Signor Curmer. volete che vi modelli ? »

DUROC.

i8o

MEISSONIER

Egli accettò e m' indicò contemporaneamente una compo- sizione da trattare: Eleazaro trucidato. Pochi giorni dopo glie

IL PITTORE D IXSEGXE. CCoIleiione di lajy Wallace, Londra.)

la portai, e mi dette quaranta franchi per lare un « legno >' : i mici primi quaranta franchi I Dopo quello, ne ebbe un se-

CONVERSAZIONI E RICORDI

condo, poi altri quattro. Feci anche un Marat per la Rivo- luzione di Thiers. e due o tre altri disegni, fra i quali una Presa della Basticìio.

KITRATTO DEL PROFESSORE GL'-i

Se avessi tempo, mi piacerebbe moltissimo fare un San- sone. Il tema è bello. Io suppongo che Sansone abbia comu- nicato ai nemici un terrore profondo, tutto abbattendo e la-

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MEISSONIER

-. /r^y

SCHIZZO A PENNA.

sciando dietro di se un solco di morioondi, I F'ilistei non

sanno come sfuggire alla collera sua: e si nascondono, e si

difendono la testa istintivamente. Sansone

e come un mietitore che falci le spighe:

il tema mi pare originale.

.... Oggi, con un modello, ho I icercato le nuove figure del gruppo di Sansone... Mi piacerebbe ripren- dere un quadro della mia giovi- nezza... Ahimè I avrò il tempo di farlo?...

Già da quarant' anni l'abbozzo del Sansone è stato eseguito. L' e- roe ha abbattuto tutti : ne resta solo un piccolo gruppo...

Vorrei fare un quadro di cui lo schizzo fu già dato a.... e che sarebbe interessantissimo a trattare: un infermo e nel suo letto; il medico lo visita ascoltandone le pulsazioni; i parenti, gli amici le cui fisionomie dilferenti rivelano lo stato degli animi, sono intorno, intenti a leggere la verità negh ■occhi del medico, che guarda denln^, capite, nelle profondità della sua diagnosi...

Quanto sarebbero gioconde sulla vecchia scala di Losanna, queste due ^^fe figurine ! La giovinetta, cosi come l'ho sognata da prima , discendeva '— semplice e diritta . nel vago fascino del suo cuore , al braccio del giovane. Oggi . è in- vece una donna inna- morata che si curva sull'amante. Chi ci t(jglie di credere che sia Gian Giacomo?

2;^J^-.Ì,.

?>^

.MEISSONIER A CAVALLO. (Schizzo .1 pcnn.i.)

CONVERSAZIONI E RICORDI

'«3

La quartina di Gautier sul mio quadretto della Car?'oz-~a mi ritorna alla mente , men- tre cavalco sulla strada che poi riprodussi. Mosselmann. il fratello della signora Lehon. volendo Fare un regalo a una sua nipote che si maritava, mi aveva chiesto quel qua- dretto; lo pagò ciò che volle: duemila franchi...

Si pensò che i versi, innocentissimi del resto, non pote-

SCHI7.ZO A r-ES'.s'A.

/3(./^^'2a~/J Mai^tj <j« an nt >n,J ,, ero maa^pi^ fUj p'"> •■^àl v,J<M,>J ^„;/l'r«ya ù,i,:jan^J

vano mettersi in una cesta nuziale e alla sposa oljVirono il quadro senza la quartina.

Due cose mi S()n promesso di non fare più: promettere anticipatamente un quadro , e non interromperlo una volta incominciato.

Nella Rissa, ogni cosa e compiuta; vi si scorge la qua- lità della seta, del velluto; ma il quadro attrae! Quei parti- colari sono così accarezzati e finiti solo per me; si notano appena dopo l'impressione generale.

Il fondo (il muro mi costò qualche fatica: m'era riuscito in tal modo che, quasi direi, pareva non esistesse...

L'incisione della Rissa e fatta con calore e con dolcezza insieme: siamo lontani con essa dai traiti sinceri, ma, tanto

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MEISSONIER

RITRATTO DI ALESSANDRO DUMAS FIGLIO. LEGATO AL MUSEO DEL LOUVRE.

monotoni, di certe incisioni. La mia preoccupazione costante, nella pittura, e eli far si che cose accessorie siano apprezzate dopo le principali.

CONVERSAZIONI E RICORDI

Oggi, non si legge più. Se dovessi rispondere all'accusa di aver moltiplicato i miei LcttùrL di epoca diversa dalla nostra, direi: « Gli è che. allora, i lettori erano assai più nu- merosi, leggevano veramente, reggendo delicatamente il vo- lume da dilettanti innamorati dei buoni libri e delle belle rileoature. »

1 diritti doganali sulle opere d'arte francese en- tranti in America mi sem- brano iniqui; noi diamo agli Americani gratuitamente, e senza limite di età, l'in- segnamento della Scuola delle belle arti, la quale, per noi, francesi, si chiude a trent'anni; e l'America ricambia la nostra ospitalità nei nostri studi . generosa- mente aperti, con quel da- zio iniquo e unico sull' en- trata delle opere d'arte! Ho visto, a Parigi, certi Ame- ricani, i quali, vergognan- dosene un po', volevano protestare. Per consolarmi, mi han detto che quella legge sarebbe abolita; invece, niente aljatto; essa funziona perfettamente e vigerà ancora. Ah ! come avremmo ragione di dire: « Benissimo! seguitate; ma poi- ché noi siamo egualmente liberi , uscite dalle nostre Scuole, dalle nostre Esposizioni, dalla nostra ospitalità artistica, che vi arricchisce a nostre spese. »

MEISSONIER AL LAVORO. (Schizzo.)

^'edete, cara amica, io conosco intimamente l'Imperatore! e non sono così severo per lui come il signor lung.

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MEISSONIER

Ho sognato di far 1' epopea intiera di Napoleone il ciclo completo tino alle tappe ultime.

Si potrebbe anche fare un -Xcipo- leone del Consiglio di Stato.

\oxk€\ dipingere Er-

^>

SCHIZZO A PEXXA PER « SANSONE ».

turi nel momento m cui l'uomo è inebriato, e la testa gli vacilla.

Un vecchio usciere, che ho ancor visto a Bruxelles, quello stesso che annunziava i Sovrani, non omettendo nessuna litanietta dei titoli, mi suggerì casualmente l'etjetto impressionante di un quadro, narrandomi che. dopo una pausa, egli annun- ziava: X Imperatore !

Mentre dipingevo il .Napoleone, mi fu detto che, in via Miromesnil, avrei potuto trovare Hubert, il vecchio cameriere dell'Imperatore, pronto a darmi ragguagli preziosi. Infatti, quand'io gli chiesi se riproducevo realmente le mosse e le

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abitudini di Napoleone, mi disse che Sua Maestà non voleva perdere un \\^\,^?}^f^\, minuto per alzarsi le spalline, e rovesciarle, come allora si faceva, sul petto, prima di in- filare il cappotto, ma che indossava una redin- gote fatta in modo da passar sopra le spalline.

Hubert mi racconto anche che Sua Maestà, rientrando nella sua stanza, la sera, per spogliarsi, cantava sempre

SCHIZZO A PENNA PER « SANSONE ».

Veillons au salut de 1' Empire!

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MEISSONIER

sbottonandosi e lanciando i suoi indumenti per la stanza, giubba, orologio, cappello e il resto, così a caso, nell'oscurità. L'Im- peratore — egli soggiungeva prendeva tabacco, ma avvici- nava la presa solo all'orlo delle narici; si che, quando era rimasto un quarto d'ora in qualche posto, poteva raccogliersene colà

una tabacchiera piena. P 'Mf' Avendo di molta cura,

ì'' 'Ti' raffinatissimo per la sua

persona, anche molto civettuolo, Napoleone indossava tutti i giorni calzoni bianchi. Il vec- chio duca di iMortemart mi ha pur dato una quantità di particolari preziosi.

Il gesto del mio Bonaparte è ancora in- certo...

Salutare la ban- diera, una magnifica idea ! Quel gesto impe- rioso mostrava l'intera testa; ma, così facendo, la faccia di Napoleone resta immota ; il suo (Quadro ddia collezione del sig. * * *.) sguardo profoodo. aunc-

gato nelle regioni del genio e del futuro, si perde, se guardi un punto fisso, sia pur quello designato dal glorioso emblema della patria.

Nel mio schizzo del fypó , 1' uomo eccelso e fatale passa, in mezzo al delirio umano, impassibile, tutto chiuso nel suo sogno interiore, guardando il presente, ma scrutando nell'avvenire. Giova quindi che egli passi col cappello sul

FUMATORE.

CONVERSAZIONI E RICORDI

i8q

capo, eretto, null'altro scorgendo se non la sua inlima idea, dato tutto alla sua visione...

Con questo sentimento l'ho appunto sbozzato da prima.

Il quadro solo accennato di Bonaparte in Italia, con i suoi generali. Berthier. .Murat, Duroc e altri ufficiali, si svolge nel 179Ó o nel 1798, prima del Consolato, al principio della cam- pagna d' Italia (esso era destinato a tare riscontro al iSoy). Ci sarebbero colà una bat- teria di artiglieria, una seconda linea di t^anti, una riserva di caval- leria, una batteria in posizione : vorrei an- che riprodurre i movi- menti dell'artiglieria: il momento, l'alba !

Questo quadro e il primo della serie napoleonica da me con- cepita. La giovinezza vi trionfa ! è il mat- tino, è l'aurora, e il principio della sua glo- ria. Il secondo è 18 oy, il terzo jS/^.

Nel iy(jó o lypS le figure sono terzine nello schizzo (volevo farlo di 2"',5<:i, come il JÒ'oy .

10 non credo che i pensieri di un Napoleone siano quelli di un brav' uomo qualunque o d' un commesso di negozio. Spesso tuttavia si confonde l'orgoglio con la grandezza.

11 mio sogno, che non ho più avuto tempo di compiere, era di fare il Ciclo napoleonico in cinque quadri :

GIAN GIACOMO KOUiStAU IN'NA.MORATO.

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ACaUEFORTI ORIGIKALI.

CONVERSAZIONI E RICORDI

191

l'jgó, l'ultimo abbozzato, è viceversa il primo. Ancora non e stato interamente concepito. Siamo in Italia , d'estate, la mattina di Castiglione, verso l'epoca di Montenotte... Vi sarà una batteria di artiglieria salita di dosso sull'altura,... una seconda linea più innanzi. IJonaparte passa, galoppando. Io vorrei che il sole sorgesse . .

davanti a lui perchè illumini la sua faccia. Naturalmente, la polvere 1 pensate alle strade percorse da noi in Italia) na- sconderà certo molte cose . ma possianìo ben immaginare che l'imperatore galoppi sulle praterie.

Io lo concepisco là, in azioì/c. .Ma non è ancora il per- no, direi quasi, scultoreo del 18 oj. Nel 180-, ogni cosa volge intorno a lui ; un Hutto d' uo- mini inebriati passa ai piedi dell' Imperatore immobile, men- tre che nel 1796, egli stesso è in moto.

Xel Frlcdland , ad onta della sua gloria, Napoleone fa ancora parte della nazione; tutto e gaio, tutto sorride: è l'apogeo fortunato.

Erfurt 1810Ì sarebbe stato il quadro della vertigine: è il momento in cui l'Imperatore si perde pel suo orgoglio in quel corteo di re. Il quadro e attraente, e spesso ho pen- sato di farlo.

181-J., è la Campagna di Francia, non già la « Ritirata di Russia 1). come qualche volta vien detto. .Nessuno crede più in Lui. Il dubbio e soppraggiunto. Egli solo pensa che tutto, forse, non e perduto.

SUOVATORE DI VIOLA. (Disegno a matiu.)

Meis.'omer.

'94

MEISSONIER

iSij. » da Farsi «, sarebbe il BcUerofoiite; Egli è solo... sulla nave che lo trasporta , vigilato da una sentinella in- glese...

Ogni qualvolta ho dovuto eseguire un soggetto determi- nato, precisato e già battezzato, il quadro mi e riescito fastidioso, indifferente, come lo e per me. ad esem- pio, quel ■Xapoleone che mi hanno com- prato a Londra, ma al quale occorre un titolo esatto per la vendita. Eckmùhl e la sola battaglia, forse, che potrebbe adattarsi al quadro e alla carica dei corazzieri ; ma il titolo non e ancor definitivo, fo continue ricerche al ministero della Guerra, consulto tutti i documenti.

Chcnavard mi ha sconsigliato di fare un Ariosto intento a leggere i suoi versi ; ne avevo già fatto lo schizzo. « Gli Ita- liani han fatto queste cose meglio di quanto si possa oggi fare ». egli mi dice\'a. Dopo esser vissuto a \"enezia , son di- ventato italiano come mai lo ero stato fin' allora; son tutto penetrato dall'aria del paese. Nondimeno non penso più ai temi episodici: il mio spirito di artista ha bisogno di sintesi. Sogno perciò di riprendere il Poeta, colui che s' inspira alla vita dell'umanità tutta quanta, e la nutre del suo miele divinj.

(J^-x^

USSARO.

{Riproduzione d' un' acquaforie

originale.)

" Caro signore (I, se ho tardato a scrivervi, gli è perchè la mia lettera doveva essere come un ultimo addio al mio lavoro, l'atto della separazione definitiva. Comprenderete come

1) Lettera iiiJirizzat.i .il signor Stew.irJ, di N'cw-Vorl;. con-.pr.itore de! 1^07

CONVERSAZIONI E RICORDI

io non abbia voluto far ciò se non all' ukimo istante . e per quanto mi compiaccia di sapere il mio quadro nelle vostre mani . pur provo dolore nel distaccarmene , dopo eh' esso è stato per tanto tempo la vita del mio studio. Tra poco v giungerà; accoglietelo come un amico, ma non di quegl amici che a bella prima piacciono e poi si dimenticano, s bene come quelli che tanto più si amano quanto più si cono- scono. Lasciatemi cre- dere che, osservando questo lavoro, dove ho messo tutta la mia scienza e tutta la mia esperienza, il diletto vostro possa sempre più crescere.

« Io son convinto, e lo dico con un certo orgoglio, che questo quadro è di quelH cui il tempo aggiungerà valore.

(Qualunque cosa avran detto sul suo merito passerà; ma esso resterà per l'o- nore di entrambi.

" Benché il mio quadro si difenda da sé, benché migliaia di persone che si sono at)bllate per vederlo abbian fatto giu- stizia di certi malevoli apprezzamenti, serbo il diritto, poiché l'ho compiuto con tanta coscienza e tanta sincerità, di difen- derlo e d' illustrarlo.

" Ciò sembrerà strano, eppur bisogna farlo; giacché, per

UM LETTORE.

196

MEISSONIEH

quanto chiara sia l'idea inspiratrice, taluni si son dilettati a non vederla bene e a cercarne un'altra.

« lo non ho voluto dipingere una battaglia: ho sol voluto

CONVERSAZIONI E RICORDI

dipingere Napoleone nel culmine della sua gloria: ho voluto dipingere l'amore, l'adorazione dei soldati pel grande capi- tano, nel quale hanno tanta fede, e per il quale sono pronti a morire...

« Nel 1814, ho riprodotto la line impressionante del regno imperiale: l'atteggiamento di quegli uomini ebbri un tempo d'entusiasmo, e allora stanchi, scorati, non più fiduciosi nel

lor capo invincibile. La mia tavolozza non aveva allora colori abbastanza tristi! Ma oggi, nel 180 j, ho voluto che tutto fosse luce. In quel momento trionfale nessuna luce mi pareva de- gnamente sfolgorante. meno un'ombra doveva traversare il volto imperiale e togliergli il carattere epico da me voluto conferirgli.

« La battaglia, già impegnata, era necessaria per accrescere l'entusiasmo nei soldati, e far sentire la scena; ma non ho voluto riprodurre particolari lugubri, e li ho tutti scartati; nient'altro

MEISSONIER

che un cassone smontato e del grano che non maturerà più! e basta.

.; I soldati e il capo sono gli uni di fronte all'altro; quelli

SCHIZZO DEL « CANTO >>. (Mi.sco del Lussemburgo.— (Leg.Mo a! Louvre da Me

proclamano la loro devozione; questi, immobile, arbitro della volontà delle masse, li saluta. Egli e ìoiv si sono compresi. Tale e l'idea naia dal mio cervello senza tentennamenti, di

CONVERSAZIONI K RICORDI

primo getto ; idea che, benché laboriosamente eseguita, è sem- pre rimasta per me cosi tattamcnte chiara che non 1' ho mai minimamente modificata.

(Legato per lestamento alla vedeva Meissonicr.)

« (guanto all'esecuzione, solo un pittore, e un pittore di molta esperienza, potrebbe dire quanto tempo e quanto lavoro sia occorso per coordinare in un tutto armonico tanti eie-

sTUUlO DI DRAPPEGGIO PER IL « CAMTO ».

PERCHÈ TARDARE .•' (Quadro della collezione del sig. X. X.)

MEISSONIER

menti disparati; eoili solo potrebbe dire quanto l'osse difficile tarlo con tanta severità, abbandonando gli artifici che spesso mascherano tanta debolezza. Quelle spighe verdi ne sono una prova. (Quante difficoltà avrei evitalo, se le avessi sostituite con la polvere, la quale nasconde tante cose!

» \c l'ho detto cominciando: lasciate che ve lo ripeta: ho fede nel mio lavoro, il tempo lo consoliderà sempre più, e, ne

son certo, il vostro aQFetto illuminato lo protegge- rà, occorrendo.

« Ed ora, caro signo- re, fate che io termini, offrendovi il mio ritratto. \'oi ne avete desiderato uno , io son lieto di averlo fatto da me per voi: esso vi parlerà di me con più intimità e vi ricorderà quanto io vi sia devoto.

SCHIZZO A l'EXS'A.

0 E. .Meissoxif.r.

Se il /Soj produce 1' eflelto di un orizzonte sconfinati! e di masse umane innumerevoli, gli è perche ho messo sul terreno solamente uomini, e non piccoli particolari , un pae- saggio arborato, ecc.... L'azione può risultar molto nel quadro, mentre nei panorami ciò che più vuol vibrare s' immobilizza e s'irrigidisce in modo irritante, coi particolari troppo precisi della campagna o delle cose ambienti.

Un cavallo al galoppo, come quello del iSoy, vi riusci- rebbe insojlribile visto sempre allo stesso punto ; invece, tutto ciò che ò in istato di liposo vien facilmente accolto dallo spettatore, ed e gustati) con tutt'agio.

(niardatc . nel boi panorama di Kezonville . i soldati in

CONVERSAZIONI F. RICORDI

riposo del Detaille, d'un elj'etto così leg.^iadro. e l'impressione quasi tormentosa del cavallo al galoppo, presso la ('roce: Guardate poi , dalla parte di Neuville, la linea dei corazzieri, e sentite 1' impiessione profonda emanante dai fei'iti e dai morti.

Non si tanno concessioni ai panorami: ogni cosa deve essere assolutamente improntata alla realtà, d' una possibilità as- soluta e sempre allo stesso posto.

Il /8oy, prima di partire per l'America, è stato esposto per pochissimi giorni al circolo di piazza \'en- dòme. 11 /Soy e il rovescio del /e^V./: io vi voleva esprimere il momento della pie- na liducia nell'lmpe- rator vittorioso!

Ne! lyoó, appe- na sbozzato, e ancora il generale Bonaparte all' inizio della sua fortuna, quando paga di persona: nel iSoy, egli ha finito di agire.

/S()y e una battaglia qualunque , sia pure Fiiedland. Il diffìcile era di fare l'Imperatore impassibile, in mezzo all' in- furiar della lotta.

SCHIZZO .X l'EKV.'

Per il iSoj , ogni cavallo, come ogni uomo, ha la sua

MEISSONIER

MUSA D A X Z A N' T E . (Modellino di curi.)

brava cartella di studi : per amore di verità , ricomincio spesso ciò che ho già com- piuto. Io abbozzo sovra un pezzo di carta rigida, per veder bene ciò che convenga fare definitivamente ; poi rapida- mente dipingo.

Per incidere il iSi)", non avendo più documenti baste- voli (il quadro è in America) ho voluto farne una riprodu- zione all'acquerello; ma quanti mutamenti ho introdotto nelle mosse dei cavalli e nelle fi- gure! Allora rifo nuovi studi, e li paragono ai vecchi.

Il brusco decrescere degli uomini allineati è tra gii effetti prefissi del mio fSi.^. Un altro, forse, avrebbe cercato di mostrare quante più figure era possibile; ma io ho pre- ferito che esse scompa- rissero in lontananza, a perdita di vista. L'Impe- ratore, allora, s'ingran- disce, e diventa la figura più impressionante nel corteo dei suoi mare- scialli , anch'essi cos singolari, cosi personal nelle loro abitudini

SCHIZZO PER « UN'A LEZIOXE DI DISEGMO

(1856).

CONVERSAZIONI E RICORDI

Ney, ad esempio, che non s'infilava mai le maniche del suo cappotto. A poca distanza, la fanteria, marcia in linea paral- lela, coi tamburi innanzi; per piccoli che siano ,uli occhi di quei tamburini, si veggon brillare.

Osservate quello, in prima lila. che batte senza osar di volgere il capo, ma che però guarda di lato l'Imperatore sul suo bianco cavallo. Xey, e dietro di lui: egli non infila, come dicevo, le maniche della sua giacca. Mi han dato questa particolare e l'ho raccolto in- sieme ad altri, che conferiscono tanto carattere e tanta vita, dalla bocca di testimoni ocu- lari. Il bel Flahaut, sempre É^j _ elegante, e sulltj stesso piano.

Nel /ò'/./,il personaggio che porta la giacca sulle spalle è il maresciallo Ney, principe della Moskowa: il secondo e il maresciallo Berthier. principe di Wagram; il terzo è il ge- nerale conte di Flahaut, uffi- ciale d'ordinanza di Sua Mae- stà. Dietro il maresciallo Ney.

è il generale Drouot (quello che dorme stanco da sul suo cavallo, non e un ritratto).

GENTILUO.MO LUIGI XIII. QujJro della collezione di sir James

la iatica

Quante volte avvien d'incontrare per caso un documento prezioso! Un giorno, io viaggio in ferrovia con un ufficiale sa- nitario, che mi parla della battaglia di Lipsia, alla quale aveva assistito, della paglia e perfino dei trucioli di cui bisognava servirsi come tappeto. Egli api^ar teneva al corpo del mare- sciallo Nev. « Io lo vedo ancora » mi diceva « con le maniche

206

MEISSONIER

non infilate , e con le piume del cappello sempre sudicie. » Rincasando, io feci il mio maresciallo Xey (1814) appunto col particolare caratteristico delle maniche.

lo solo conosco una quantità di cose interessanti sull'Im- peratore : torna più utile, su certi punti, interrogare il lustra- scarpe di tal e'enerale, che non il generale stesso.

Dipinsi lo schiz- zo di Parigi, mentre la mia casa era invasa dal nemico, ed io mi era richiuso nel mio studio. Kra la mia ven- detta! In tale schizzo. ia mano dell'ufficiale di marina stringe pa- ternamente la testa del fido marinaio mor- to presso di lui...

Nel Solferino , tutti i personaggi sono altrettanti ritratti: Ma- gnan, Leboeuf, .Mas- sue, Fleury, Saint-Jean d'Angelv. Rose e tutti

IL PITTORE.

quanti. .\nch'io vi sono, indietro, a sinistra.

Misi men di due mesi a far questo schizzo (\q\X Assediù di Parigi, cioè ali" ultimo momento, nella lebbre ininterrotta, sospinto dalla mia esposizione... Converrebbe rimetterci un po' di armonia, un po' di legame: tranne per il v<jlto di Regnault morente (eccone lo schizzo su carta velina 1 non ho fatto un solo studio di figura...

CONVERSAZIONI E RICORDI

207

Questa notte ho abbozzato mentalmente il progetto del- l'Assedio di Parigi, in guisa diversa dalla prima concezione.

VEXEZIAN'I (palazzo MEISSONIER A PARIGI, SGALA DELLO STUD:o). (■Quadro dcllj collezione del sig. M.irinoni.)

La Francia ferita, con le armi spezzate, vede disperatamente in lontananza trapassate da soldati sassoni e bavaresi le sue

20S

MEISSOMER

Provincie, invano disperatamente lottanti. Le Provincie si aggrappano alla Francia, la quale non può salvare Parigi. La Città ò ritta, la testa coperta da una pelle di leone,

LA GUIDA, della baronessa Dunicsiiil.)

le membra ravvolte in luni^a veste magnifica. Intorno a lei, la Miseria, la Carestia, la .Morte l figliuoletti spirano sui seni esausti delle madri loro. Fra i moiti. Regnault, ecc.

Studio di ìiuìiio.

ISanguigna.i Collezione della signora Meissonier.

CONVERSAZIONI E RICORDI

Spero di esser libero quest' anno e di dedicarmi tutto all' A ssl'cÙ'o di Parigi\ è desso l'espressione dell'onore civico; In resistenza.

GIOVIXE CHE SCRIVE UNA LETTERA. (Quadro della collezione del sig. di Beistegui.)

Io era stato designato per chiedere il corpo di Regnault ai Prussiani. Proprio il giorno innanzi, avevo parlato con lui.

Meissonier. 1 4

MEISSONIER

I Prussiani si sono mostrati ostilissimi. Impedivano che si entrasse nelle loro linee; prendevano le nostre barelle, e ci portavano i nostri morti; noi avevamo fatto scavare una fossa; dei soldati ada,G,iativi notavamo i numeri di matricola. F^er tutto il giorno non abbiamo fatto altro che seppellire. Quando si presentava il cadavere di una guardia nazionale, lo si met- teva in una stuoia per renderlo alla famiglia.

E

- -^ -^■^'-1

LA VIGILIA DI MARENGO.

Io vorrei incidere il quadro dell' Asseaio. La mia inten- zione , quando feci questo schizzo , era di eseguire un gran quadro. Non voglio abbandonare quest'.-J.s-.s"(v//(; di Parigi, che ci salvò dal disonore, senza aver tentato di esprimere questa verità: tale è la mia ambizione.

L'assedio permise la resistenza: a volte, fece conoscere il panico anche al nemico: lo si vide a \"ersailles.

I Tedeschi non si contentano di vane parole: invasero la Francia, allorquando non e' era esercito . non e' era governo, non c'era più nulla. Oggi, però, dopo che i l-'rancesi han

CONVERSAZIONI E RICORDI

ripreso possesso di sé, non oserebbero ricominciare. Ed è appunto l'assedio di Parigi che ci questa liducia.

STUDIO PER U\- DRAGOKE DELLA « GUIDA (Museo del Lussembargo.)

Huel quadro della Madonna dcL Bacio, è il mio amore! Non lo venderei a nessun prezzo ! Se si bruciasse . sarebbe lo stesso che strapparmi un lembo di pelle!...

A volle, per lavorare dentro San Marco, ero in tenebre

MEISSONIER

folte che , spesso , andavo alla luce per vedere il mio quadro della JMadonna del Bacio, e osservare ciò che avevo dipinto nell'ombra: volevo indicare nel gesto della donna pregante con tanto ardore il tormento della sua passione;

quel placido prete, capi- tato un giorno per caso, mi offerse . senza che menomamente lo sospet- tasse, il contrasto da me prestamente alferrato.

In queste crisi epa- tiche, di cui , dopo sei mesi di requie, soji^ro tanto ancora . i medici mi ordinano il riposo, la pace dell'anima.... la gioia, la tranquillità della vita morale. Io sono stan- co, stordito dal dolore; e credo che non ne avrò per lungi) tempo ancora.

Ah I i bei sogni d' arte della nostra gio- vinezza! Giacché l'arte deve avere uno scopo, deve essere un insegna- mento morale, (^come nel quadro dei Borglìcsi di Caìais) deve esprimere

gii alti pensieri, le devozioni grandi, i nobili esempi. Ilo sei

quadri che rispondono a questo mio ideale: Il Malato e il Prete \

STUDIO DI DRAGONE PER LA « GUIDA ».

(Acquerello delU collezione del sig. Gastone Lebreto

Jireltore del museo di Rouen.)

CONVERSAZIONI E RICORDI

Il iSoj, apogeo del trionfo ;

Il i8i^, rovescio lugubre della vittoria ;

La Barricata nel fS-/.S, l'onore e la guerra civile;

L'Assedio di Parigi, la difesa della Patria ;

E finalmente l'Ardente preghiera, da me prediletta forse sopra ogni altra mia cosa , quella Vergine di San Marco, per cui tu mi fosti modella a Venezia, come per la Città di Parigi vìqW ^Assedio .

Talvolta, il cuore ha certi arcani presentimenti ; si sente che la felicità non può durare ;... non vorremmo mai abban- donare,... mai perdere quanto si ama.

11 sentimento della gloria e della posterità non basta, quando non siamo più, a consolarci delle miserie del tragitto.

II tempo rimette al posto loro e nel loro giusto valore tutte le anime. II valore reale di un uomo non può essere valutato se non alla sua morte, quando le voci dell'amicizia si spen- gono sul pizzico delle ceneri ultime, dopo i discorsi sulla tomba, affettuosi od officiali : allora il monumento o crolla, o resiste glorioso, inondato di ammirazioni e di luce.

La mia vita e trascorsa nella ricerca della verità. Quan- d' io debbo giudicare, non osservo soltanto dal mio punto di vista; ma cerco d'indovinare quello degli altri; voglio com- prendere la ragione e il movente dei loro atti.

\^olere è potere! É questo l'assioma di tutta la mia vita: io ho sempre -z'oluto.

In quei tempi, ignoti ai fotografi, i documenti eran poco numerosi. Io mi recava durante il giorno nelle serre del Giar- dino delle Piante, e mi mettevo di fronte alle piante dei tro- pici; per disegnare, mi restava solo la notte.

214

MEISSONIER

Come ben ricordo la nostra giovanezza e le nostre aspi- razioni d'arte!

Ah! come rimpiango il tempo perduto, quel tempo che non si può riguadagnare mai più I La mia opera sarebbe stata compiuta molti anni prima, se mio padre, fin dal principio,

STUDIO e: corazzieri per « 1807 ».

avesse approvato e compreso la mia vocazione... Quante mi- serie mi e occorso traversare! Dovevo guadagnare il pane quotidiano; mi coricavo, anche ammogliato, alle sei della sera, per rialzarmi a mezzanotte e lavorare fino alle otto del mattino. Alle otto la giornata era guadagnata; ero pa- drone di me, e lavoravo fino alla sera intorno al quadro per r {esposizione.

^'^.É^J

2l6

MEISSONIER

Mio padre, per dono di nozze, mi pagò un anno di fitto, settecento franchi circa, e sei posate d'argento, con queste parole: •' E cliiaro adesso che tu non hai più bisogno di me; perchè credo che. quando uno mette su famigHa, deve sen- tirsi in grado di sostenerla ». Più tardi, a mia volta, io rifiutai tutto. Mio padre era orgoglioso, ed io pure...

Nel 1845, mio pa- dre mori ricco, data la condizione dei tem- pi, lasciando una for- tuna di circa un mi- lione duecento mila franchi... Mio fratello Gabriele, impiegato nella casa, ma non so- cio, s' era separato da lui e aveva fondato uno stabilimento in Russia.

Più ci avvicinia- mo alla line, e più ri- cordiamo il punto di partenza. Alcuni tra noi avevano la costan- te preoccupazione dei vecchi manoscritti e delle N'ergini su fondi d'oro: l'idea religiosa dominava la loro vita. Si era in pieno Faust e Margherita (noi allora era- vamo... molto gotici I. Credevamo realmente alla margheritina sfogliata ? Si dipingeva, pensando a Lamartine (spesso sulla montagna). Dio! quante lagrime ho versato in giovanezza per questo... Adesso, molte cose sono invecchiate, specie le agu- glie gotiche e i concerti sacri I Iluml .Ma non imporla; io piango ancora leggendo, quei versi.

UN CORAZZIERE. (Schizzo per iS.ìj.)

CONVERSAZIONI E RICORDI

217

Mentre en^ in pensione a Thiais , con mio fratello Ga- briele e con 1^'auvel, (diventato poi medico il i83o scoppiò. Avevo quindici anni si era in uno stato di sovreccita- zione incredibile!...

In quelle terribili giornate rivoluzionarie, i caratteri si rivelavano per mezzo di frasi o ingenue o irritanti. 11 mio sarto, ad esempio, certo Chevreuil, che io lasciai appunto a ca- gione delle sue parole nel 1848, mi disse: « Mi piace molto la cac- cia all' uomo ! »

Terrien fu testimo- ne di un altro fatto ab- bominevole : una sen- tinella montava la guardia in un luogo e- sposto ; una guardia na- zionale sopraggiunge , afflitta . col fucile in mano: « Io non isbaglio mai un colpo, e non ancora mi è capitato di farne uno. » « Non sbagliate mai il colpo' - Allora, mettetevi li, sull'angolo di quella casa: ogni volta che io mi scopro, un uomo e una canna di fucile compaiono e mirano: or io mi mostrerò, state attento I » La sentinella fece qualche passo. L'insorto apparve, e 1'" amatore » non fallì il suo colpo.

UN'A aVlDA. (•Schizzo a matita

disse la sentinella ne siete certo?

2l8

MEISSONIER

"ALLO MORLSTh.

o per VAisid.o J! l'ari;i.)

Chenavard mi di- ceva di non aver nnai capito cosa fosse la folla se non ai funerali della signora Blanc. Luigi Blanc e un so- gnatore ; ma un one- sto : gli operai lo ama- no, e benché non abbia mai ottenuto nulla per loro, e l'uomo nato per essi; fanno assegnamento su di lui per l'avvenire, e a un suo cenno accorrerebbero in folla innumerevole. \'ittor Hugo, che camminava in prima fila con Luigi Blanc. gli batteva, di tratto in tratto, sulla spalla: « ^'ia, coraggio, amico mio! », gli diceva con voce forte; « la morte e nulla: pochi giorni ancora, e ci si ritrova tutti ». ecc., indi, volgendosi verso Chenavard: « Come siete diventato bianco ! », gli diceva sottovoce. Ed è cosi che se ne vanno tutti i cortei funebri : i pri- mi, o piangono o sono veramente accasciati , e tale angoscia di fila in fila svanisce più presto dei cerchietti neli' acqua momenta- neamente turbata. Si comincia con parlare del morto, e si finisce con ridere di un'altra cosa. Ne ho visto un esempio i mpressio- (Sn.d,o per ....a t,g,jra dcir.<.i,,(.o j. t^r.

SCHIZZI A MATITA PER l' « ASSEDIO DI PARIGI ».

MEISSONIER

nante, quasi raro, ed io vi era. X . . . mio vecchio amico e medico, amava, credo, da molto tempo la moglie dell'am- miraglio Z... Alla morte di questi, egli la sposò. Del primo matrimonio restava un figliuolo adorato e veramente simpa- tico; morì a diciannove anni, di morte quasi subitanea; e fu cosi terribile e violento cordoglio che noi tutti, amici, ne fummo penetrati; il poveretto fu seppellito a Choisy.

Tre giorni dopo, munito di un permesso della polizia, il padrigno venne a trovar me a Y... . e ci chiese di andar con lui a Choisy per assistere allo scoprimento della bara e cercar di prendere, sui tratti del morto, la maschera che con suo gran dol'jre. gli mancava.

Partimmo in una carrozza, portando alcuni sacchetti di gesso e tutto l'occorrente per l'operazione. Eravamo atterriti nel vedere il dottore con una spada in mano, quella dell'am- miraglio Z..., in tale stato di abbattimento che non osavamo pensare a ciò che sarebbe potuto accadere... La natura, talvolta, sembra associarsi agli atti della vita con misteriosa simpatia: entrando nel cimitero, il giorno declinava con toni strani. Il becchino estrasse il feretro , lo aprimmo; il corpo era già cosi disfatto che dovemmo rinunziare al nostro proposito; si rinchiodò la bara, dopo che il dottore vi ebbe deposto la spada dell'ammiraglio; sapemmo allora perchè 1' aveva por- tata ! Uscimmo dal cimitero, col cuore un po' sollevato da quell'atto, ma ancor tutto chiuso dalla tristezza di quella gior- nata mortuaria. Era tardi ; tutti e tre, naturalmente, eravamo a digiuno; ma chi avrebbe pensato allora a mangiare? Tuttavia, lungo il cammino, vedemmo un ristorante allora molto in voga. Ci facemmo servire un pranzo , che sulle prime ci parve dovesse restare inlatto; ma l'appetito vien mangiando. La vita, poco a poco, riprese il sopravvento; e uscendo, avevamo tutti l'aspetto di gente che abbia giocondamente pranzato, cui non turbi nessun ricordo di cimitero.

CON^'ERSAZIONI E lUCORDI

L'Imperatore era severissimo, ma dopo diventava dolce. Allorché dava un ordine di ^atl^!^lia . non ammetteva esi-

LA PREGHIERA ARDENTE.

tazioni di sorta: l'ufficiale chiamato si avanzava, col cappello in mano, e doveva ripetere parola per parola l'ordine dato:

MEISSONIER

I.E ROVl;>t JiLLE TJiLLtRIE. MAGGIO 1S7I.

se esitava: « Senza intelligenza » diceva 1' Imperatore; « a un. altro ! »

CONVERSAZIONI E RICORDI 223

Mortemart raccontava che a 1 la2;uenau si doveva traver- sare una foresta.

« Il luogo è paludoso, difficile ». volle egli giustificarsi. « Non è vero », disse l'Imperatore impetuosamente. Kgli sen- tiva che, per gli uomini ascoltanti dietro di lui. non dovevano esserci ostacoli.

10 non so perchè oggi, a cavallo, questi orizzonti di Marly mi ricordino Solferino.

Impossibile formarsi un'idea di quella giornata con quelle inondazioni di uomini. M'ero rifugiato in una piccola fattoria; mentre mettevo il piede fuori , I' uragano scoppiò. Sotto la tettoia dell' ingresso, alcuni soldati di linea , seduti su certe travi, vigilavano parecchi prigionieri austriaci. Scambiai con quei poveri diavoli poche parole in tedesco. Poi qualcuno andò a cercare nel granaio un po' di fieno per la mia cavalla, che non ne poteva più. Più lontano, un sergente voleva ripa- rarla, insieme a me, in una stanza piena di feriti: non occorre dire che rifiutai. Uscii, solo, per raggiungere l'Imperatore. Ai cavalli non piace calpestare i corpi , e ovunque erano cada- veri ; talvolta udivo gridare: «Badate alle baionette; i cavalli possono restarne feriti ! >■

11 primo uomo' colpito produce una violenta emozione. Poi vi ci si abitua. Uno zuavo in calzoni di tela grigia si trascinava su una strada: non era mortalmente ferito, poiché camminava ancora, ma i calzoni diventavan rossi di sangue... In un'ambulanza provvisoria, i chirurgi giravano in mezzo ai feriti, portati colà da ogni parte. Passando, io salutava ri- spettosamente quei miseri...

II caldo accasciava. Verso mezzogiorno . m' ero addor- mentato a pie' di un albero, con le briglie della mia Coningham passate nel braccio. Svegliandomi, in una scodella, foggiata con le suola di un povero morto, le apprestai un po' di grano: la bestia, nauseata, lo rifiutò...

224

MEISSONIER

Un ufficiale mi disse, passando : « Prendete questo ber- retto: vi farà comodo .'>. Quel berretto era caduto dal sacco di un giovane utlìciale austriaco, un bel giovanotto disteso, pallido, tra i morti... L' idea mi fece orrore...

A Brescia, avevo potuto trovare una bellissima stanza, al- l'albergo della Posta; dovevo attraversare quelle degli altri per giungervi ; ma, in com- penso, vi si stava libe- ramente. Però, tutto era aperto a tutti. Mi ricordo di un giovane bellissimo, un Croato che dormiva profon- damente sul suo letto intieramente nudo...

Quanto al pran- zo, era preso d'assalto nella cucina. Uno dei nostii vi laceva buona guardia; ma non ap- pena voltava la schie- na, uno zuavo, sveltis- simo, s' impadroniva della marmitta con le

SCHIZZO DI PAESAGGIO.

patate.

Nella stanza di un intendente avevamo bevuto dello champagne gelato; ogni furto era legittimo in quel disordine...

Che singolare aspetto quello dei villaggi all'ingresso delle tiuppe francesi I Le case erano imbandierate: le vesti degli abitanti, le gonne da festa, i fazzoletti fiammanti, le cortine, tutto assumeva un tono di solennità per onorarci! L'entu- siasmo diventava delirio.

Stìtdio per ima figura del " Sansone „. (Disegno a lapis e a cinabro - Colicz. del big. Jean Gigol'.n.)

Meissonter.

MEISSONIER

Si, tulVà la campagna d'Italia è vibrante: peccato non ne abbia preso molti schizzi, o scritto tutti i ricordi 1...

Spesso una vittoria e conosciuta solo dopo la battaglia, senza che nel momento stesso se ne sia avuta la minima impressione trionfale. Ho potuto vederlo a Solferino, dove ero nel gruppo dell' Imperatore. Al calai' del giorno , verso le otto di sera, quando gli Austriaci in rotta fuggivano lon- tano. l'Imperatore, seguito da noi. sali sulla collina per rag- giungere un varco denso di morti. Giungendovi, odo an- cora Castelnau gridare : << Badate ai cavalli ! » (a cagione del fucile».

Si conosceva allora cosi poco il risultato finale, che l'Im- peratore, avendo interrogato il suo Stato-maggiore sul bron- tolio delle cannonate persistenti ancora, nulla da lui potè sapere.

Se ci fossimo serviti allora della cavalleria fresca . che non aveva partecipato alla lotta, gli Austriaci accavallantisi per terrore nel celere passaggio del .Mincio, i cui ponti erano distrutti, sarebbero rimasti fulminati.

Io non so se il fatto sia vero: certo ci fu narrato laggiù, nelle strade di non ricordo più qual villaggio, che l'impera- tore d'Austria, per l'ira di quella terribile fuga del suo esercito in rotta, in quell' affollarsi tumultuoso dei fuggitivi, avesse sciabolato un uomo che gl'impediva il passo.

La vittoria . come ho detto . era cosi poco nota che , avendo chiesto a Castelnau dove si prenderebbe alloggio la sera, egli mi rispose: « Siamo obbligati di coricarci (////; al- trimenti, si direbbe a Parigi che siamo stati battuti. »

Fleury. Castelnau ed io discendemmo su Cavriana. Ri- vedo la città, una di quelle cittadine d'Italia costrutte sovra un'altura fiancheggiata da muraglie, con al sommo il castello proteggente le case raggruppate all'intorno. Il cortile nel quale entrammo era ad arcate, lo reggeva i tre cavalli, mentre gli altri cercavano di prender piede nella confusione dell'accam-

CONVERSAZIONI E RICORDI

227

pamento. Si trov(i) alla perfine un po' di fieno e un po' d'acqua per i nostri cavalli; e io corsi, a mia volta, a bere una cosa rara: un bicchiere d'acqua fresca fattomi serbare da Castelnau.

Con quel caldo, dopo la pugna, è impossibile descrivere la rabbia del bere: si faceva a chi primo portasse via un bicchier d'acqua. Mi ricordo di un posto, ove gli uomini avevan bevuto per tutta la notte: al mattino si scoperse ch'era colmo di cadaveri.

.Molti morti erano spogliati. L'no di essi mi colpi per la sua bellezza. Era nudo fino alla cintola: mirabile il torso. Che tristezza annientar forme si belle!

A Grenoble, nella mia gioventù, ho assistito, ma volgendo il capo all'ultimo momento, a una duplice esecuzione capitale. Avevo per maestro d' inglese un giovanotto , che si prepa- rava a diventar c/c'rgvi/idì? . e che credeva utile assuefarsi a tutto: egli condusse due o tre allievi, tra cui me, a quell'ese- cuzione. 11 patibolo era una grande macchina... \"edo ancora uno dei due condannati schermirsi , correndo intorno alla ghigliottina: sono ricordi incancellabili di orrore...

-Ma giammai l' impressione della morte violenta mi ha tanto colpito come nel 1848. Una mattina, nella luce fredda dell'alba grigia, vidi sboccare da una strada oggi demolita, presso l'Hotel de Ville, un gruppo d' uomini sospingenti un prigioniero che si dibatteva: era un bel giovane, grande, pieno di vita, un vero modello. Giungevano presso a me; quando, bruscamente, colui, trattato come un ribelle, ricevette una palla, che lo fece stramazzare rigido. Vedo ancora quel trapasso rapido . sinistro , dalla vita alla morte. Le sue mani percos- sero un po' i fianchi ; poi più nulla. Lo portaron via come una cosa tloscia, un cencio umano che pendeva in tutti i sensi.

Quanto romore qui per questo suicidio e questo dramma amoroso! Ecco dove siam pervenuti! Quei due colpi di pistola

228 MEISSONIER

sono un avvenimento! Una volta si moriva facilmente: ora la vita umana diventa cosa sacra, ed è questo sentimento che genera la vigliaccheria e soffoca il dovere.

É singolare come la morte dell'uomo produca poco effetto nella natura, come anzi si sembri bruita ! I cadaveri poi sono tanti cenci sporchi, inutili.

La morte dell' uomo ripiglia la sua importanza , la sua grandezza e la sua emotività profonda . allorché esso spira nel suo àmbito famigliare, nella sua casa, in mezzo ai suoi. Allora ogni cosa è colpita da quell' agonia , ogni cosa ne è penetrata, ogni cosa si vuota e s'infosca: e un' anima che se ne va

Sul campo di battaglia com'io vidi nel 1870 la personalità scompare : il cadavere non e se non una cosa sconosciuta, perduta in un campo sterminato.

Ho assistito, a Metz, a un duello a morte, in qualità di padrino, insieme ad Augier. ("he cosa terribile vedere un uomo trapassar subitamente dalla vita rigogliosa alla morte! Egli aveva il polmone attraversato dalla spada ; un gorgoglio s'udi, poi uno zampillo di sangue, grosso come un cannello di penna, gli sfuggi dalle labbra: cadde, sorretto dai suoi padrini : due volte le sue mani batterono il suolo, reggendo sempre la spada; poi, la fine: era morto!

Si, ho conosciuto Balzac, che sbalordiva per la sua fan- tasia e per il suo orgoglio, un orgoglio immenso e sincero. Ne avevo già felicemente tracciato il ritratto, come pur quello del dottor Lefèvre ; ma, per gran disgrazia, dipinsi sulla stessa tela un'altra cosa. Ora il mio Balzac sta sotto uno de' miei migliori quadri, attualmente nel Belgio: 1' I'oììio che sceglie una spada.

Facevo quel ritratto per l'editore di Balzac, e questi.

CONVERSAZIONI E RICORDI

ROBERTO FLEURY. (Schizzo fatto all'Istitutt

con la maggior buona fede del mondo , scontava già i due

milioni che avrebbero do- vuto toccarmi con la tira- tura colossale delle sue opere, a due franchi di beneficio per ogni copia, come mi diceva.

Era però affetto da una certa bizzarra avari- zia : rHetzel ne sa molti esempi, l'Hetzel che trat- tava sempre con lui per la Comédie Jmmaine, della quale era imminente la pubblicazione. Balzac an- dava a prenderlo in un carrozzino da nolo, nuovo lusso del momento, faceva le corse che voleva, e lasciava che HetzeI, invariabilmente, pagasse il coc- chiere !

.Molti anni fa, molti ! anni già finiti quando ero ancor gio- vine — esisteva un' arte uffi- ciale. Lo Stato non 1' ha quasi più riconosciuta dal giorno in cui acquistava la Barca di Dante, \ Eccidio di Chio, la Medea, ecc., ordinava la Battaglia di Tail- lebourg. e incaricava Delacroix delle più belle decorazioni che siano mai state fatte : la biblio- teca della Camera, quella del Senato, il soffitto della galleria d'Apollo! (Quest'opera, fra

(Schii

l'Istituto.)

230

MEISSONIER

tutte mirabile, non data da ieri: rivolgendosi a quell'uomo di genio, lo Stato rompeva la tradizione consacrata.

Quando, ventinove anni Fa. ebbi l'onore di entrare all'I- stituto (nel i86[) la maggioranza dell'Accademia, accogliendo

nel suo seno un pittore di ge- nere . che non aveva nel suo bagaglio artistico se non qualche figurina, rompeva anche quella tradizione ; e come poi ha mo- strato un sentimento cosi parti- giano, chiamando Geròme, Hon- nat, Breton, Delaunay, Gustavo Moreau. llenner?...

Allorché Fau servi d'inter- mediario tra Delahante e me per il /eV/y. io dichiarai che nun mai avrei rinunciato alla popo- larità, alla pubblicità del mio lavoro. Sarebbe stato come rinunziare alla cosa cui tengo maggiormente, e per la quale sempre lavoro. Tal movente e per noi assai più torte che non sia il fascino del danaro.

E come se voi vi lusingaste di far accettare da una bella donna qualunque siano le comodità e gli agi che le assi- curereste — il patto di non mostrarsi mai in pubblico.

Se Augier, per le sue commedie, accettasse quest' obbligo, nonostante l'equo desiderio di un onesto guadagno, pur fa- cendo del suo meglio, nulla produrrebbe di buono, se non sentisse lo stimolo irresistibile del pubblico suffragio.

IL BARONE TAYLOR. (Schizzo fatto all' Istituto.)

l*er quanto sien grandi i progressi latti, non bisogna sde- gnare nella maturità le opere anteriori e gli sforzi della gio- vanezza.

Per questo io reclamerò sempre con energia il diritto

CONVERSAZIONI E RICORDI

d'impedire ogni copia o riproduzione dei nostri lavori; terrò per illegittima la pretesa d'impedire al nastro acquirente di far dell'opera acquistata l'uso che gli talenti, l'agli potrà Farne una mostra da bottega, nasconderla o distruggerla liberamente, senza che alcuno possa protestare. Ma il diritl<j di riprodu- zione è altra cosa. Io permetto che mi uccidane, non già che mi sfregino!

Da gran tempo invochiamo una protezione legale. X'errà giorno, a Dio piacendo, che ci sarà data.

Oggi il regime cui sottostiamo non e più lo sfrutta- mento: e il ladrocinio. Chiedendo un rimedio al male, bisogna chiamarlo col suo nome. (Jggi s' incidono le cose nostre, e spesso Dio sa come! senza neanche chiedercene il permesso. K che giovar* L'incisore, senza vergogna alcuna, espone e vende quell'incisione.

L'editore fa lo stesso, ovvero, se crede necessaria una licenza, la domanda al proprietario, non all' artista. Io posso citare un fatto. Un editore ordina l'incisione di uno de' miei quadri e la mette in vendita; io protesto. " Signore, egli mi dice, ho il permesso del proprietario: ecco la lettera. » " .Ma il proprietario non poteva darvene licenza. « « Questo non mi riguarda ; io sono in regola ; se volete , fate un processo al proprietario del quadro. » E tutto questo bel discorso nelle forme più gentili. Penserete che io non poteva querelarmi col proprietario del mio quadro , e la tiratura seguito.

Nel libro del Capitano Coignct, si trovan(j cose magni- fiche di realtà, scene d'una verità assoluta. ()gni particolare è di grande naturalezza: la vigilia di .Marengo, ad esempio, quando i cacciatori portano i sarmenti per far fuoco al Primo Console. E sul primo assedio di .Magonza, pur nel quale noi francesi ci coprimmo di gloria, vi son tre o quattro pagine superbe.

Gouvion Saint-Cvr ne racconta mirabilia! I nostri sol-

Ì32

MEISSONIER

dati eran costretti a dissotterar le sementi ; rubacchiavano anche per vivere; eran uomini fierissimi e bellissimi.

Il maresciallo Rec^-naud de Saint-Jean d'Angely mi disse, un Gfiorno che andai a visitarlo, che il suo frustino con-

SAVOLkOK'L.. (QuiJro Jella collezione del duca Ji Morny.)

sunto alla cima e sempre agganciato dietro a lui, era invece dell'Imperatore: l'aveva questi così consunto sul suo stivale nei moti d'impazienza.

CONNERSAZIONI E RICORDI

233

Il vecchio Carafa, il musicista, mi narrò che, in un certo giorno di battagHa, egH aveva afferrato il famoso pennacchio di Murat , cacciandoselo prudentemente in tasca per non far da richiamo alle palle...

Egli morì durante l'assedio del 1870, e, cosa spaventosa , sua moglie era morta sot- to i suoi occhi, al suo fianco, nella stessa ca- mera , senza eh' egli potesse chiamar soc- corso: era paralitico I...

Poiché Popò t te, il suo vecchio cavallo prediletto, non poteva più camminare, gli aveva fatto fabbricare ferri appositi . vere scarpe d'invalido.

Niente più stupido e niente più bello del cavallo. Se volesse ri- flettere e adoperar la sua forza, non si po- trebbe domarlo; e tuttavia si fa montare, e sopporta l'uomo sul dorso.

Pero e di una memoria veramente meravigliosa. Io andava spesso a pranzo al castello Duval , da Fould , nella foresta di Saint-Germain. Allora non avevo carrozza; ritornavo a cavallo, e lasciavo che l'animale riconoscesse da solo il suo cammino nell'ombra degli alberi: eppure ritrovava sempre la strada buona.

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234 MEISSONIER

Il mio cavallo Ri-i'oli aveva una gran memoria. Una quercia era stata abbattuta, fuor della strada, nella foresta, in mezzo ad alti cespugli che la nascondevano. Eravamo stati una volta a vederla e ad ammirarla. Poco tempo dopo, passando pel viale, Rii'oli s'inoltrò tra le fratte, e senza esi- tare, giunse dinanzi all'albero caduto.

L'anno seguente, la quercia era tagliata, portata via, e lo stesso luogo , poiché i cespugli erano stati abbattuti . aveva mutato aspetto. Noi facemmo allora 1' esperimenti! di lasciare al cavallo le briglie: e. con mio grande stupore, andò diritto al posto senza sbagliarsi.

l"n' Esposizione e sempre un'opera patri(jltica.

Noi dobbiamo recarvi quanto è di più puro in noi..., e poiché l'opera nostra, uscita dalla nostra anima e dalle nostre mani, e unica, ci auguriamo di non esporla fra i prodotti di semplice industria, che una volta ottenuti possono rifarsi identici all'infinito: la differenza è evidente e comprensibile.

(Quando 1' industriale è fortunato, può aumentare il nu- mero delle sue macchine, ingrandir l'officina, raddoppiare la mano d' opera ; la sua produzione cresce sempre in rag- guaglio della richiesta. Per noi. è tutto l'opposto: il vero artista, che concepisce ed eseguisce da solo, non aumenta la sua produzione con la fama; forse accade, anzi, il contrario.

Per molto tempo io esercitai le funzioni di giurato al Salon. ( )ltre lo spreco d'un tempo prezioso, esse altro non procurano di solito se non rammarichi, rimproveri e stanchezza estrema. Il rifiuto d'un quadro può impedirne la vendita. E, più che una ferita all'amor proprio, potrebbe cagionare la ro- vina d'un povero artista, che per condurre a termine l'opera sua ha speso al di de' suoi mezzi.

Henche tali ostacoli sieno oi'mai molto lontani per me, tuttavia non li ho mai dimenticati.

Kifiutando un quadro, ho detto sempre con dolore: no.

CONVERSAZIONI E RICORDI

235

Non potrei ora restarmene più a lungo in Isvizzera; ho bisogno di contemplare nel tempo istesso anche l'opera umana; ed è perciò che ritorno con tanta gioia in Italia.

() \"enezia! Rivederti e un diletto sempre più vivo per me. Tutto laggiù instiga lo spirito. Non si ha che il rimpianto di non poter rendere tutto quel che vi blan- disce e v' incanta...

Ricordatevi che. per quanto ingegno uno possegga, in qualunque urgenza di denaro si trovi . non deve mai lasciar sospettare agli acquirenti che abbia bi- sogno di loro e voglia di vendere.

10 ho sempre agito cosi, fin dall'inizio della mia carriera.

Lavoravo allora a uno dei miei quadretti :

Un lettore bruciato poi in Inghilterra); mia moglie era pros- sima al parto..., e mancavamo di denaro.

11 dottor (/erise venne per acquistare questo Lettore per conto d' un dilettante inglese, il cui nome, adesso, mi sfugge , e che era socio di Labouchere-Mallet. Gli chiesi duemila lire. Egli protestò: il prezzo gli sembrava eccessivo. « Ma se è piccolissimo, questo quadro! » diceva.

« É possibile; ma io ci ho lavorato con cura. D'altra parte, solo le incisioni in legno e le illustrazioni mi danno da vivere. Se dipingo qualche volta, è per gusto; vuol dire che terrò nello studio questo quadretto ; non ci occuperà molto posto.

ìtudio di cavallo.

(Disegno a matita.)

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MEISSONIER

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Allora egli fece lo sforzo, enor- me per quei tempi, d' offrirmi mille e cinquecento franchi.

lo acconsentii, ma ad un patto, che venne accettato : « Sono in procinto di fargli \ix\ pendant , gli dissi : lo prendereste alle stesse con- dizioni? « (Questo pendant, natural- mente, non venne mai eseguito.

(il) che quei mille e cinque- cento franchi contanti rappresenta- vano per i miei bisogni domestici, lo'lascio immaoinare.. .

j " 'i L'altra sera, al circolo, Halevy

I e altri applaudivano agli articoli

I contro Napoleone, e tra molte cose

stupefacenti, sostenevano che Thiers GUIDA. avesse voluto rendere un cattivo

(Schizzo a matita.) . / . . .,. ,

servigio a re Luigi rihppo. lacendo restituire a Parigi le ceneri dell'Imperatore.

Io protestai: era come voler dimenticare o disconoscere la verità.

Nel 1840, avevo venticinque anni; non leggevo giornali, e non m'occupavo punto di politica. Andai con un amico in ferrovia al Pecq, al disotto di San Germano 'il binario non giungeva ancora fin là) per veder passare gii avanzi dell' Im- peratore, trasportati in battello a vapore dall'Havre a Parigi.

V'era una folla enor- me : i vagoni erano tal- |^) mente gremiti, e s'andava con tanta lentezza in quel tempo, che certi burloni gridavano : " \'olete che spingiamo il trenor "

«-Aà

238 MEISSONIER

Oh , lo spettacolo offerto da quei figli di re e da quei generali in grande uniforme sul ponte del battello , intorno alla bara !...

Eravamo in preda a tale entusiasmo che io proposi, per rivedere ancora una volta il corteo, di correre a traverso i campi e raggiungerlo a Bezons.

Ed eccoci in cammino per Bezons. senza aver mangiato dal mattino. Dopo la nuova sfilata , non essendone ancor sazi, io grido: « Andiamo a vederlo ancora! » E ripartiamo, sempre a stomaco vuoto, per Asnières!...

Là, come dovunque, la folla era considerevole; ma nulla c'era da mangiare, tutte le trattorie erano state saccheggiate, e invaso ogni locale che potesse proteggere contro il gran freddo. Petrus Borei, che ci aveva la sua casetta, se l'era vista pren- dere d'assalto.

Non cercavamo ricovero; ma, finalmente, potemmo pro- curarci un tozzo di pane.

La signora di .Mortemart . nella sua qualità di dama di palazzo, era una sera alla Malmaison con .Monge, Laplace ed altri intimi. L'Imperatore, felice in quell'ambiente familiare, vi si mostrava gentile e amabilissimo. E poiché gli parlavano della sua gloria: « Si, disse egli, ma verrà giorno in cui vedrò il precipizio, e non potrò più fermarmi; salirò cosi alto da averne le vertigini ». La signora di .Mortemart rimase tanto colpita da quelle parole e dall'accento col quale l' Imperatore le aveva proferite, che. uscendo dalla sala, le narro a suo figlio, il quale le annotò immediatamente. Egli stesso me le ha poi ripetute.

Nel i8o5 e nel 1807, cioè all'epoca di b'riedland. l'Impe- ratore non aveva ancora commesso uno sbaglio. Dal 1S08 data il primo, cioè la quistione di Spagna.

X... e una figura d'altri tempi, divertente e sincera, d'una fisionomia speciale: mi fa l'effetto d'un gentiluomo della Eronda...

CONVERSAZIONI E RICORDI 239

E una tempra di ferro, coraggioso fino alla follia, tran- quillo in mezzo al fuoco e alla mitraglia, come nei sentieri d'un bosco. Niente lo arresta...

L'aspetto, la testa, il linguaggio, tutto in lui concorre a suscitare la stessa impressione.

A Sedan (cosi mi narrava un suo amico) egli era stato sublime. La sua allocuzione fu un impeto, un grido ! A' suoi uomini: « \"oi siete cacciatori disse tutti cacciatori! Avanti ! Tutto per 1' onore I " E furono eroi , e ritornarono decimati.

Quanto mi piace la vostra fantasiosa dimora in riva al fiume! Entrandovi, ogni cosa, mi accarezza lo sguardo. I fiori , la tonalità degli oggetti , il modo onde sono disposti, tutto mi piace e mi suade a dipingere. Che cornice al pae- saggio quello specchio senza pàtina del camino e il gran vano della finestra che sul loggiato! Ovunque, il vasto cielo e l'orizzonte luminosij... In conspetto di questo paesaga;io mirabile, non si vorrebbe morir mai. .\ndarsene. ohimè! dire addio!...

Possedendo ora una palazzetta a Parigi , non abito più molto la casa di Poissy. Ci vado due volte la settimana. Se dovessi lasciarla, sognerei di aver lontano, assai lontano, in piena campagna, un podere per passarvi i mesi caldi, discosto da tutti, interessandomi dei poveretti, e rendendoli felici intorno a me.

Leggiamo un po' di Liil Bìas. Mi piace tanto , che se fossi più giovane, vorrei andare per sei mesi in Ispagna. vivere alla ventura, in mezzo al suo popolo, per inspirarmi e illu- 'strare il libro...

Poiché mi inviano questa nuova edizione dei Miserabili. rileggiamone un poco. (Queste descrizioni della povertà di

240

MEISSONIER

xMario mi ricordano la mia,... i miei pranzi a venti centesimi, una cattiva scodella di brodo e le patate fritte comprate in istrada, uscendo,... ma il tutto era condito di conversazioni idealistiche con gli amici... Ci occupavamo soltanto d'artt' e di senlimcnto.

Ascoltandovi cantare l'altra ^ra i lieder di Schumann, rivedevo nel passato quella Germania da noi tutti lungamente

.1 riMA ABITAZION'L 1)1 MUISSONIER A ITISSV SULLA SPOS'DA DELLA SLXN^

amata. Quand<j mi recavo alla i^ihlioteca. chiedevo sempre stampe di Alberto Dùrer o d'Holbein...

Quanta gioia e nel discorrere con la donna Amata di tutti gli argomenti più delicati dello spirito e dell'animai

.\desso che non le ho più. ahimè! posso ben parlare della forza e dell'agilità di quando ero giovane: tutti gli eser- cizi del corpo mi piacevano e mi appassionavano, il cammi-

CONVERSAZIONI E RICORDI

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nare, il nuoto, l' equitazione . la scherma, il giuoco delle bocce, ecc.

STRADA DEL QUERCETO IK ANTIBO (SIGNORINA BEZANSON. SIGN'o: .\ .\'.l:s

Tre giorni prima della sua morte, andai a visitare Orazio

Meissonier. 1 6

242 MEISSONIER

Vernet: era a letto; mi fece il disegno della bocca dell'Im- peratore.

Senza dipingere , il riposo mi riuscirebbe in ogni dove insopportabile; ma l'ideale sarebbe di fare schizzi, di prender note dal vero qua e là. senza la fatica della costruzione con- tinua del quadro.

Pascal non lasciò altra cosa che alcune note sparse,... le più care di tutte.

Ogni studio rida il sentimento felice dell'ora nella quale fu compiuto.

Dicevo al Consiglio -Municipale che le nostre scuole do- vrebbero avere un aspetto serio e degno di loro, mentre nel disegno hanno la fisionomia di stabilimenti temporanei. La disposizione dei cortili angusti e irregolari sarà sempre cattiva.

Le più crudeli burle nei nostri studi erano di moda ai tempi della mia gioventù: taluni perfino ne morivano. Dalla casa di Pujol, adocchiammo un giorno in istrada un venditore di ferravecchie, e lo invitammo a salire, come per vendergli qualche cosa. Egli e fermato sulla scala da uno dei nostri, e mentre chiacchierano tra di loro, in un batter d'occhio Io studio è immerso nell' oscurità. Il modello si atteggia da carnefice con la scure alzata: un corpo giace ai suoi piedi, e una testa, che sembra staccata dal busto nella penombra incerta d'un filo di luce e nuotante in una pozza di color ver- miglio sparso per terra; simultaneamente si smonta in fretta uno scheletro e se ne riuniscono le ossa in un mucchio. Il brav'uo- mo è fatto allora salire. Spaventato, vorrebbe fuggire: supplica e gii si comanda di portar via il cadavere; ed eccolo dibattersi in preda a un terrore indicibile. .Mentre sta per cedere, ine-

CONVERSAZIONI E RICORDI

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hetito, ma forse in procinto di scoprire la burla, 2:li diciamo: '< Ritornerai a prenderlo questa sera. Per adesso metti queste ossa nel tuo sacco, e vattene. » Egli sviene; e siccome Io svenimento si prolungava in modo inquietante, si demolisce in fretta l'apparato, si rifa la luce, e quando la vittima ritorna in sé: « Dove diamine avete visto questo cadavere? Ma guar- date dunque dove siete! » Niente valse a convincerlo, e il po- veretto rimase tre mesi all'ospedale con una febbre cerebrale.

Un mio amico corse il rischio di ferirsi gravemente, forse anche d'uccidersi. Egli fu costretto una notte a spiccare un enorme salto da un granaio, dal quale avevano tolto via la scala, dopo aver ammucchiato a terra certi grandi sgabelli da studio con le gambe in aria.

(Quando si sa resistere alle prime burle, non si ha più pace. Nello studio di non so chi. uno dei perseguitati, che non voleva arrendersi facilmente, trovava ogni giorno la sua tela a lembi e i suoi utensili spezzati. Infine, egli fu preso datai furore che una mattina, recatosi nello studio prima degli altri, sfondò tutti i quadri, spezzai) tutti gli sgabelli; e, trin- ceratosi fieramente col coltello in pugno dietro l'ammasso dei rottami, fece indietreggiare i suoi tormentatori.

Un altro, meno energico e meno fortunato, ebbe le reni spezzate da una pietrata.

Per conto mio , conoscendo 1' uso , subii tutto paziente- mente.

Al mio ingresso nello studio di Coignet , dove dovevo restar solo quattro o cinque mesi, le facezie abituali imper- versavano: " Oh! come è brutto!... Ma parla dunque!... lasciate sentire... No, sta zitto... Canta almeno, se non puoi parlare. » " Signori! « dissi io, profittando d'un istante di calma, < se io mi ci metto, sarà una cosa tanto spaventevole, ve lo prevengo, che ne avrete fin sopra i capelli ». E cosi fu fatto. Contem- poraneamente versai la somma (non avendo denaro, avevo chiesto un prestito) per il punch rituale, e tutto fini.

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MEISSONIER

Il general Cialdini mi raccontava , a Évian , il terribile cerimoniale della casa di Savoja , la più antica casa reale d'Europa. Quando re Vittorio Emanuele fu condannato dai medici, tutta la corte sfilò d'innanzi a lui, salutandolo per r ultima volta. Il Re, che offriva tanti tratti comuni col nostro

Enrico lY per il coraggio e la galanteria, aveva già avuta un' ostinata febbre scarlattina, che lo sot)b- cava. Egli allora aveva per suo aiutante Cialdini, da lui molto amato. Già in questa occasione si era sfilato cosi dinanzi a lui; poi il suo medico, dispe- rato, vedendo sulla tavola una bottiglia di xeres bianco, glie l' aveva fatta trangugiare , e cosi lo aveva salvato. La matti- na seguente . sveglian- dosi, il Re stesso lo rico- nobbe, e baciò Cialdini, il quale avrebbe in verità fatto a meno di quella testimonianza d' a0etto , temendo di buscarsi le pustole dell' eruzione cu- tanea. Il Re fece col pollice sulla sua bocca l'alto del bevitore, per spiegare bruscamente la sua salvezza. Cialdini , infatti , ebbe col bacio reale le pustole della febbre: e il ricordo gliene resto nella memoria.

\'ittorio Emanuele non voleva che il principe ereditario

COSTUME DISEGN'ATO DA MEISSONIER PER l' « AVENTURIÉRE " DI EMILIO AUGIER.

CONVERSAZIONI E RICORDI

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entrasse nel suo consiglio, e fosse messo al corrente degli affari di Stato. Cavour non poteva neanche ottenere per lui, ben- ché fosse di etichetta a quella età, il gran cordone che si all'erede della Corona. « cedo tutto il resto » diceva il Re, « ma non voglio che alcuno si immischi delle mie faccende di famiglia. »

Cosi è che, fino alla morte di suo padre, Um- berto non assistette mai a un consiglio.

Durante l'ultima ma- lattia, quando il Re fu irri- mediabilmente spacciato, dopo la comunione la fa- tale cerimonia della sfi- lata d'addio ricominciò.

Il Re venne adagiato in una poltrona ; tutti passarono dinanzi a lui, salutandolo con le lagri- me agli occhi . e Cial- dini mi narrava che a tutti egli rendeva il sa- luto... ^-.

. . . Quanto è meglio tuffarsi in questa limpi- da luce del Mezzogiorno, invece di passeggiare co- me tanti gnomi nella nebbia. L' aspetto d'Antibo e tra i più giocondi spettacoli offerti dalla natura! Si sognano i va- scelli di Ulisse , in cospetto di questo splendido mare d'una tinta immutabile come quella del cielo! La linea dei monti è pura, certamente, come quella della Grecia...

COSTUME DISEGNATO DA .MEISSOXIER PER l' « AVEN'TURIÈRE » DI EMILIO AUGIER.

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MEISSONIER

Che singoiar cosa è quella specie di sprezzo nel quale ci si drappeggia oggi per tutto ciò che non sia la nostra spe- cialità! Al tempo di Michelangelo e di Rubens, viceversa, erano essi chiamati alla difesa strategica di Firenze o alla rappresentanza uiììciale della patria

L' altro giorno , a proposito del Senato , di cui mi par- lavano , X ... ambasciatore andato a male, diceva col

GONDOLIERI A VENEZIA.

(Acquerello.)

suo sorriso scimmiesco: « E vero che Rubens fu ambascia- tore > " Quante riflessioni io faceva su di lui durante la sua riflessione !

Ho scritto oggi al Prefetto, il quale mi preveniva d'avere scelto un altro candidato, visto che il signor Turcan scul- tore, raccomandatogli da me per un posto d' ispettore di disegno nelle scuole comunali di Parigi . non possedeva il certificato d'abilitazione richiesto dal regolamento.

CONVERSAZIONI E RICORDI

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Rispondo al Prefetto che « nella mia ignoranza in materia d'amministrazione, domando il permesso di stupirmi che un artista di merito considerevole, il quale ottenne con un la- voro perfetto il premio d' onore al Salon, si trovi nella ne- cessità di possedere un certificato d'idoneità all'insegnamento del disegno. Avrei creduto che il valore dell'opera sua potesse supplire alla mancanza di questo certificalo: del resto, io stesso non ho l'onore di possederlo... »

VES'EZIA, IL CAXAL GRANDE. (Veduta presa dalla casa Fumagalli, abitata da Me

Il duca d' .\umale a pranzo, l'altra sera, esprimeva il rimpianto di non aver scritto molte cose narrate dal Re suo padre: egli ricordava, tra molti altri, un aneddoto d'America.

11 duca d'Orleans, giovane allora, fu ricevuto a \\'ashington, alla Casa Bianca; e vedendo il Presidente passeggiare assai di buon'ora nel giardino: » W alzate molto per tempo? > gli domandò il Principe.

« Si, ma dormo benissimo. E sapete percher l'erche ho la coscienza, giovanotto, di non aver mai scritto in vita mia una linea che potesse compromettermi... >

MEISSONIER

Il duca di .Morny non era più tornato, aveva parlato più del quadro: Gli Amatori à?[. lui desiderati. Un 2:ii'>rnn. (lualche

I BRAVI. (Qi;adro doll.i collezione di bdy Wallace.)

mese prima dell" l'esposizione, vidi entrare nel mio studii.) una persona mandata da lui, la quale mi domando con tono arro- gante se io pensassi al quadro del Duca, e se vi lavorassi.

O D

MEISSONIER

L'impertinenza di quell'individuo nfi'irritò talmente che gli mostrai il quadro incompiuto, dicendogli: « E ancora allo stesso punto, come vedete, e resterà sempre per il duca di Morny, che non lo avrà mai; diteglielo da parte mia. " Ebbi cosi diversi dissapori con lui: debbo però dire che egli ritornò pel primo da me.

Più tardi egli mi fece una riflessione assai curiosa, mas- sime da parte sua, a proposito d'uno dei miei quadri. Io vo- leva fare i Due Bravi dietro una porta, pronti ad assassinare colui che fosse per uscire, e dall' altro lato gii addii del Si- gnore e della Dama: 1' uomo stringe con mano ferma la sua spada , ciò che rassicura lo spettatore . e con 1' altro braccio la donna, baciandola appassionatamente sulla bocca. 11 Duca mi disse : >■ Caro mio , non fateli baciare così ; non si usa nella buona società I » Non è vero che e graziosa in bocca sua questa riflessione >

Quante volte avrò detto o inteso dire che mi riposerei del 7'iposo, rimettendomi ardentemente al lavoro I... In viaggio, difatti, lo avete visto spesso, non e vero?

Come ho lavorato con passione nel canaletto di San Gervasio e Protasio, dove ci fermavamo a N'enezia coi nostri gondolieri! Dirimpetto a noi rabberciavano alcune gondole tirate a secco, e mi dicevo sempre che quel cantuccio ameno e tranquillo rassomigliava all'Olanda; ne avevo fatto anzi uno studio di gran lena, che come tanti altri e per noi un ricordo dei giorni felici e brevi.

Il monumento a Federico il. di Rauch, a Berlino, e un'o- pera bellissima: su di un allo piedistallo il vecchio re in tricorno: a' suoi piedi, ai quattro angoli, i suoi generali, i suoi filosofi. L'esecuzione e cattiva; ma l'idea e la disposi- zione sono magnifiche.

CONVERSAZIONI E RICORDI

Che Tavoletta quella della palla del principino! Si era tornati di buon ora; il caldo era grande quel a;iorno: s'andava in cerca di notizie.

Dal cortile della l-*retettui-a si vedeva il salone del pian- terreno, che precedeva le sale dell'Imperatore: tutti gli uffi- ciali e aiutanti di campo sedevano, al fresco, senza uniforme, coi loro chiassosi pantaloni cremisi a fascia d'oro.

« Dio mio! « si ripeteva. « come è stato valoroso il prin- cipino ! " Una palla morta era caduta presso di lui. Quella sera stessa, venivano portati alla stazione i feriti di Forbach; li ho ancora dinanzi agii occhi!...

Io era destinato, certo, a dipingere soltanto la vittoria. polche Neuville ha trattato i temi della disfatta. W ero tut- tavia recato a .Metz per dipingere ben altre cose.

L'indomani mattina, andai al palazzo dell'Imperatore, dove alloggiava il maresciallo Lebiicuf col suo Stato-maggiore. Vi regnava una confusione indescrivibile; non so più qual ufficiale era con sua moglie, la nutrice e il bambino! Io voleva anche vedere un mio congiunto a \'anson o Fay, per sapere se il terribile Jarras avesse alfine acconsentito ad am- mettere Luciano Gros nell'ufficio di Stato-maggiore; e questo tre o quattro giorni dopo Forbach.

-Mentre salivo, il maresciallo Lebceuf, Io vedo ancora, scendeva: una specie di « vittoria >• lo aspettava giù. « Ebbene! siete qui », mi disse, <• io non vi \'edrò. sapete: ma venite a colazione da me sempre che vi piaccia. Intanto, volete salire con me? ^"ado alla Prefettura. dall'Imperatore.

Montai nella « vittoria. » e ricordo la grande sua agitazione e lo stupore profondo in me suscitato. Mentre egli parlava, pensavo tra me: « Ecco il capo dell'esercito che traversa con me tutta la città, e. lungi dal rassicurare con la sua calma la gente già turbata, vuol turbarla vieppiù, lasciandole scor- gere quanto sia avvilito egli stesso. ■■ i^gli mi parlava del disordine nel comando, ed io gli diceva: " Ma. mio car(;

MEISSONIER

Maresciallo, credevo che aveste preparato tutto ciò da un pezzo?... che voi foste veramente il capo eQTettivo, col vostro titolo di capo dello Stato-maggiore generale, e che l'Impe- ratore si fosse riserhato solo il comando nominale, per non eccitare la gelosia di tutti gli aspiranti al comando su- premo ?... »

' -Ma no, ma no, " mi rispose, « v'ingannate! E lui che comanda e che vuol comandare. Vuol fare la guerra, e ha paura di vedere i morti ! »

Lo lasciai alla porta della Prefettura: egli discese ed io me ne andai col cuore gonfio e sgomento. Vi erano tut- tavia molte brave persone, ben devote ancora. N'idi, ad esempio, passare per via. recantesi alla corvée dell'acqua, Filippo di Bourgoin, scudiero dell' Imperatore: aveva deposto il suo bel- l'uniforme delle Cento guardie per tornare , come gli altri , semplice soldato.

Quando tornai a .Metz, nel 1870. durante la guerra (avevo già fatto il viaggio una volta a cagion d'un duello, nel quale funsi da padrino insieme ad Augier), avevo per ospite l'ingegnere Prootch . un amico dei miei amici. Ma, al mio giungere, egli non sapeva più dove alloggiarmi. Trovai certi camerati all' albergo. Uno di loro portava degli ordini a Frossard. Fra ammirato dell'ordine scorto nel corpo di Fros- sard; l'opposto, diceva, della baraonda di .Metz.

Fu allora che incontrai Lambert, un amico di jadin, luogo- tenente delle caccie imperiali, che apparteneva a un reggimento di tiragliatori. Fra pervenuto al grado di capo-squadrone senza esser mai stato al reggimento, e allora ripigliava, a Metz, il suo servizio. Questo Lambert mi disse: « Io lascio il mio alloggio per tre giorni ; se lo volete, pigliatelo. » Fra in casa di povera gente ; una cameretta che affacciava sul fiume... Quando partii solo da -Metz, qualche giorno più tardi, quei poveretti mi dis- sero affettuosamente addio insieme a certi pescatori delle vici- nanze, che già mi volevano bene... .Mi misi in cammino all'alba.

CONVERSAZIONI E RICORDI

GLI AMATORI D INCISIONI. (Quadro delU collezione di lady WalUce.)

alle tre del mattino. (Questa partenza fu lugubre: nessuno con me; tempo triste. \'edo ancora la nebbia, la città deserta, il Ponte dei Morti, che doveva, ahimè! vederne passar tanti,

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MEISSONIER

Maresciallo, credevo che aveste preparato tutto ciò da un pezzo?... che voi toste veramente il capo effettivo, col vostro titolo di capo dello Stato-maggiore generale, e che l'Impe- ratore si fosse riserbato solo il comando nominale, per non eccitare la gelosia di tutti gli aspiranti al comando su- premo ?... »

< .Ma no, ma no, " mi rispose, < v'ingannate! E lui che comanda e che vuol comandare. Wiol fare la guerra, e ha paura di vedere i morti! »

Lo lasciai alla porta della Prel'ettura: egli discese ed io me ne andai col cuore gonfio e sgomento. \'\ erano tut- tavia molte brave persone, ben devote ancora. Vidi, ad esempio, passare per via, recantesi alla cor-vée dell'acqua, Filippo di Bourgoin, scudiero dell'Imperatore: aveva deposto il suo bel- l'uniforme delle Cento guardie per tornare . come gli altri , semplice soldato.

Quando tornai a .Metz, nel 1870. durante la guerra (avevo già fatto il viaggio una volta a cagion d'un duello, nel quale funsi da padrino insieme ad Augien, avevo per ospite l'ingegnere Prootch . un amico dei mici amici. .Ma, al mio giungere, egli non sapeva più dove alloggiarmi. Trovai certi camerati all' albergo. Uno di loro portava degli ordini a Frossard. Era ammirato dell'ordine scorto nel corpo di Fros- sard ; l'opposto, diceva, della baraonda di .Metz.

Fu allora che incr)ntrai Lambert, un amico di jadin. luogo- tenente delle caccie imperiali, che apparteneva a un reggimento di tiragliatori. Era pervenuto al grado di capo-squadrone senza esser mai stato al reggimento, e allora ripigliava, a Metz, il suo servizio. Questo Lambert nni disse: « Io lascio il mio alloggio per tre giorni ; se lo volete, pigliatelo. » F^ra in casa di povera gente ; una cameretta che allacciava sul fiume... Quando partii solo da .Metz, qualche giorno più lardi, quei poveretti mi dis- sero affettuosamente addio insieme a certi pescatori delle vici- nanze, che già mi volevano bene... .Mi misi in cammino all'alba,

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CONVERSAZIONI E RICORDI

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alle tre del mattino. Questa partenza fu lugubre: nessuno con me; tempo triste. \'edo ancora la nebbia, la città deserta, il Ponte dei Morti, che doveva, ahimè! vederne passai- tanti,

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MEISSONIER

e la prima colonna ripiegantesi su .Metz! C'incrociamo; poscia io continuo a cavalcar solo.

Il tempo, snebbiato, s'era messo al bello; si vedeva il corso della .Mosella, la cattedrale, poi la città che s'ingran- diva e s' ergeva a misura che mi allontanavo io , col cuore stretto.

Indossavo un costume bizzarro: stivaloni, una specie di camiciotto di stotfa grigia, il mantello ad armacollo, la mia croce di commendatore sul petto, e niente bagagli : li avevo lasciati a Prootch.

Avevo solamente le mie bisaccie. e dentro I' occorrente per lavarmi. In tale strana acconciatura, con le inquietiludini di quei giorni, c'era da farsi pigliare per uno spione.

Arrivando a Gravelotte, andai diritto dai gendarmi, che stavano seduti alla porta d'un albergo: chiesi loro di rifornirmi di provvigioni, e offrii qualche bicchierino: tutto questo in silenzio. Essi mi guardavano senza parlare. Uno di loro tuttavia chiese notizie di .Metz. « Tristissime! », risposi. .Mi feci indi- care la via di Conflans, e mi rimisi in sella. .\lla fattoria di .Mosca, a cento metri dalla strada, c'era un cavallo scappato: una donna uscì e mi scorse: « Signore, quali nuove >... '< Oh! mia povera donna, nascondete presto tutto quel che potrete. » Pochi momenti dopo io era smontato per andare a piedi e lasciar riposar un poco il mio cavallo odo dietro di me un galoppo. Era un gendarme , che mi si accosta. i Dove andate? Le vostre carte? » < .Ma poco fa mi avete veduto. » ■< Si, ma il brigadiere dice che abbiamo avuto torto di lasciarvi partire, senza prima interrogarvi... Scusatemi, signore, in tempi simili, sapete pure che non si sa mai con chi si ha da fare. - " Avete ragione; io stesso mi sono pre- sentato a voi a Gravelotte. meravigliandomi di non esseie interrogato. >•

Capitiamo a un alberguccio. Io vado ad attaccare il mio cavallo in scuderia. In questo mentre la gente s' era ag-

CONVERSAZIONI E RICORDI

^SS

gruppata. e m'osservava con piglio ostile, pronunciando a bassa voce le parole Metz e spione. Il maresciallo d'alloggio, prevenuto, giunge finalmente. Io gli tendo le mie carte. Egli legge: « // sig. Me isso n ter tncartcato di tLna missione spe- ciale " : sotto c'è il timbro dello Stato-maggiore. Il brav'uomo vuole incominciare l'interrogatorio. « Scusate, gli dico, voi esorbitate dalle vostre attribuzioni: non pretenderete già che. incaricato di una missione segreta, ve la racconti qui. »

Pagato l'albergatore, partii al galoppo, seguito da lunghi sguardi di diffidenza. Ero accasciato. Ah! quelle lunghe strade, fiancheggiate di pioppi a perdita di vista, io le rivedrò sempre. E rivedo anche, nei campi di grano, la giovanetta della casa e le sue sorelline recanti la zuppa ai falciatori lontani: un cantuccio ridente in quell'immenso lutto. Finalmente, giungo a Conflans, all' albergo del Cigno, per cui avevo raccomanda- zioni.

Erano le quattro e mezzo di sera. Mi fo indicare la scuderia, vi porto la mia Coningliaiii, la mia bellissima e ge- nerosa giumenta. Riesco per sgranchirmi le gambe, e rientro per il pranzo delle sei. Erano soltanto le cinque: ond'io dico alla fantesca, spaurita: « Sono molto stanco, verrete a sve- gliarmi . cercherò di dormire. » Cominciavo ad appisolarmi, allorché, d'un tratto, la porta s'apre, e la donna mi grida, ma molto discosto , con un' espression di terrore : « Il pranzo è pronto! » e scappa. (Evidentemente, ero ancora, ad onta di tutto, un argomento di suspicione e di odio.) La mattina dopo, alle quattro, riparto. Ancora due gendarmi... .\li fermano, e dalli con le mie carte. Chieggo se sono sulla strada di ^'erdun: « In due ore giungerete colà. •> La strada sull' altipiano è magnifica.

Entro in \'erdun. > Chi sarà mai costui che viaggia solo!-.. » Sento dietro di me, intorno a me, sguardi ostili. E)iscendo al- l'albergo dei Tre Mori, umiliato per quella diffidenza, benché un sentimento vincesse in me tutti gli altri: quello del dolore.

2s6

MEISSONIER

Ho sempre negli occhi e nell'anima Metz. Bisogna tuttavia farla finita con tutti questi ostacoli , e trovar modo di rientrare presto a Parigi. Mi ricordo confusamente di un compagno da me conosciuto a Gienoble in casa Ferriot, ed ora ispettore forestale a ^"erdun. E di W ailly. Ma mi riconoscerà egli dopo vent'anni r... M'infrjrmo: « Dove dimorar » " E passato poco fa: ma ritornerà presto. " N'adendoci, cadiamo nelle braccia

r uno dell'altro. Egli mi conduce in casa sua , e di alla cittadella, dal generale che mi ha fatto chiamare.

Il generale e un vecchio colonnello della Guardia , già di guarnigione a Saint-Germain; e. poiché io aveva assistito assiduamente alle manovre, tutti gli ufficiali mi conoscevano. Il colonnello, di cui non ricordo il nome, faceva assai spesso entrar la musica del reggimento nel giardino di Poissy, presso Io cìialcl \ e fumava la pipa in mia compagnia. Appena lo vedo. ea;li mi si "etta al collo. Il venerale m'interroga.

Petto di cavallo.

(Disegno a matita nera e bianca. Museo del Lussemburgo.

CONVERSAZIONI E RICORDI

Ahimè! quante tristezze da narrar- gli ! Mi conduce a passeggio, sempre interrogandomi , per tutta la città, e. infine, egli stesso pone termine al mio esodo d'accordo col capo-stazione.

Un ussero fu distaccato per ricondurre Coning/hini a piccole tappe a Poissy : vi pervenne otto giorni dopo. Per giungere a Chà- lons. dovetti salire in un treno di bestiame, ("he disordine! Che mi-

SCHIZZO A PEN'S'A.

M EISSONIER. (-Disegno a penna.)

scela confusa e vociferante di coscritti! E che stupore nel ritrovar Parigi cosi tran- quilla, mentre a meno di cin- quanta leghe ogni cosa era già penetrata dal tumulto dell'invasione !

La sera , rientrato a F^arigi, si avea la notizia di Borny e. due giorni dopo, di Gravclolte...

Spettacolo impressio- nante quello delle maree po- polari ! Kicordo che. il q set- tembre 1870, recatomi da (/ezanne, deputato ivia di Romai noi eravamo avviliti, accasciati i^er una spavente-

Meisionicr.

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vole notizia: la seconda edizione della cattività dell'intero esercito a Sedan!...

Usciamo, discendiamo sui Boulcx'ards. La folla compatta ingombrava i marciapiedi, ma senza disordine, procedendo al grido di: viva la Repubblica! Nessun senso di tristezza: nul- l'altro che la gioia di veder quelF uomo abbattuto, e la fiducia, r istinto cieco che la Repubblica era la salute...

Noi rimanemmo da prima stupefatti di quel contrasto con le condizioni del nostro spirito. Poi riconoscemmo che, infine, essi avevano ragione e noi torto: altri, con la nostra dispe- razione nell'anima, avrebbe forse spalancato le porte della città. I loro sentimenti di letizia e di esaltazione significavano la resistenza, esprimevano l'onore!...

Durante la Comune, il 18 marzo, di faccia all'Opera, sul BoLilevdì'd, poiché m'accingevo a ragionare con un gruppo di operai irragionevoli, che mi bersagliavano di stupidità, un d'essi gridò, indicandomi: « Lasciate quest'uomo; non sapete dunque che egli guadagna cento mila franchi con la sua mano?... Ah! ah! li ruba dunque? \o! no! li gua- dagna », e mi rivelò e mi nominò. Io non mi aspettava proprio di essere indicato e commentato in quel posto. Lo stesso giorno, salii fino a Montmartre, passando per quella strada dei Rosai, ove poco stante furono fucilati i generali Lecomte e Clemente Thomas.

Nel 1870, il 3i ottobre, andai a visitare al Palazzo di Città il generale Schmitz. « C'è del torbido ». mi disse. .Mi vestii da borghese, e, due ore dopo, il Palazzo di Città era in ebollizione. Che spettacolo strano! 11 popolo aveva riem- pito tutte le sale.

In quel momento non vidi i membri del Governo Prov- visorio, ma nel corridoio incontrai Floquet, che si dava il piglio di un trionfatore, seguito dalla canaglia... Egli era ag-

CONVERSAZIONI E RICORDI 259

giunto del sindaco. Giunge nel suo gabinetto, siede al tavolino e dice : '< Quando un governo non sa dare ordini, ha quel che si merita. »

Finalmente, entro nella sala delle Feste. Carte volavano, gente si arrampicava sui tavolini, si compilavano liste, e se ne stava approvando una. Era giuocoforza scavalcare i mobili per giungere alla sala; grappoli umani parevano appesi alla scala famosa in tutte le nostre rivoluzioni , e tuttavia si ele- gante : salivano anche arrampicandosi esteriormente. Alle quattro di sera, cadendo la notte, io prendo un vaporino sulla Senna e vado a informar di tutto Schmitz.

Dopo pranzo, mi reco allo Stato-maggiore. Come era biz- zarro l'aspetto di Parigi !... Fino a quel momento, il popolo aveva fraternizzato; ma, quel giorno, una diffidenza sorda flut- tuava nell'aria...

Avevano ordinato alle truppe di recarsi in piazza Ven- dòme. La piazza si copriva di gente, nell'ombra. Non si era ancor risoluto di maixiare sul F*alazzu di Città. Ferry, sui gradini della scala, tiene un discorso: « Che ciascuno di voi conduca un battaglione! » .Vllora quel gigantone di Adam mi porge il braccio: e noi marciammo insieme, alla testa del battaglione, lungo la riva.

Dal Chàtelet in poi si temeva di esser presi a fucilate. Giunti sulla piazza, ci fecero accampare. Il Palazzo di Città illuminato sembrava una fornace! Fino a quel punto, la nostra marcia nelle tenebre era stata sorprendente. Noi. di fuori, igno- ravamo assolutamente quel che avveniva dentro il Palazzo, ma si sapeva che il governo era in pericolo di morte.

Al principio dell'assedio avevano regalato un cavallo a Trochu: egli rispose con cinque pagine di ringraziamenti. Accade veramente a certi spiriti come ai miopi , i quali ve- dono perfettamente tutti i piccoli particolari, ma di dalla

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debole portata della loro vista, per bello che sia lo spettacolo, nulla possono scernere. Nondimeno la miopia si corregge con gli occhiali; ma quegli spiriti chi li corregge >

Che m'importa che l'uomo di cui parliamo sia onesto e virtuoso? È egli utile per la guerra? Non già ch'io disprezzi la virtù, Dio buono! Ma oggi è il superfluo. Quel che a noi occorre, prima d'ogni altra cosa, e la volontà.

Non oljriteci il doloroso spettacolo delle vostre esitanze, delle vostre liti colpevoli, tanto colpevoli che sembrano tradi- menti.

Non fate che, ogni qualvolta ci avviciniamo a voi pieni di fiducia e desiderosi di averne anche di più, siamo poi co- stretti ad abbandonarvi pieni d' inquietudine e di scoraggia- mento.

Voi dite di aver cattive truppe, e di non poter fare asse- gnamento su di esse: nessuno ve lo contesta. .Ma non sapete, però, che i buoni soldati son fatti dai buoni generali ? Ricor- date la nostra storia, o voi che pretendete di averla scritta.

10 sono un militare d' occasione ; han voluto conferirmi un grado. Considerate sul serio questi galloni . e lasciateci apprendere il mestiere. Questo mestiere e il vostro, sia. Ma se voi non lo fate, perchè non lasciarcelo fare come potremmo? A sostituir l'esperienza basta, se non altro, il coraggio.

... In certi casi, bisogna saper morire, bisogna farsi saltar le cervella. Che mai può essere un generale che rispetta tanto la sua vita da firmare un contratto con cotesti miserabili della Comune ?

(Da Parigi, alla tine dell'assedio, gennaio 1871).

11 mio cuore è pieno di angoscia e di terrore! Io sono annichilito. Fino ad oggi, credendo di scorgere una fiamma in fondo al nero sotterraneo, ho camminato senza quasi ba- dare alle altre cose oscure. La sera, inginocchiandomi, pre-

CONVERSAZIONI E RICORDI

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i'^.

gavo ardentemente Iddio di proteggere i miei cari; nel giorno osavo appena ricercare i loro pensieri, nella tema di diventar vile... Ma oggi, ecco, quella fiamma s'è spenta; tutto intorno a noi e buio. Da qual parte rivolgerci ? Si avvicina il mo- mento in cui saremo alla mercè di questi selvaggi.

I nostri ultimi viveri sono alla fine; la miseria è atroce.

II ig gennaio, abbiamo fatto una sortita; e. come sem- pre, con esito deplorevole.

Non mai capi sono stati più incapaci e più deboli; non hanno avuto fiducia in stessi, e per questo non ne hanno punto in noi. Ciò non ostante abbiam tatto i maggiori sforzi, e sarem- mo pronti a farne ancora, se i nostri capi non ci si mostras- sero tanto scoraggiati.

Abbiam tutto tentato per rianimarli. Abbiam detto loi'o: « Osate ! Comandateci vigoro- samente, e sarete obbediti con devozione. » Ma no, è sempre la stessa cosa; nulla essi ascol- tano e nulla vogliono ascoltare.

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THIERS.

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« Io non so , o signore , dicevo a X.... quali veiamente siano i sentimenti di Dumas. Un Tedesco chiese di rinviargli un manoscritto del padre. Non so se il patriottismo di Du- mas sia feroce come il mio: io risponderei no, e non accet- terei ne il regalo , ne la visita del Tedesco. .Mai , dopo la guerra, un Tedesco ha rimesso o rimetterà piede in casa mia.

L'altra sera, al pranzo della Pace sociale, ho molto sof- ferto, ascoltando il racconto entusiastico di un recente viaggio

202 MKISSONIER

in Germania. Si diffusero sulle virtù private dei Tedeschi, e sul linire fecero entrare uno scienziato tedesco. Se avessi potuto farlo senza otjendere alcuno . mi sarei alzato e sarei andato via.

Si parlo, fra altro, dell'accoglienza calorosa trovata dai Francesi laggiù. Slido io! Nulla riesce più grave ai Tedeschi dell'orrore in cui li abbiamo e li avremo sempre.

Se riottenessimo l'Alsazia e la Lorena, oh ! allora stringerei loi"o la mano; ma senza questo, no! Quando scoppiò la guerra, Ed..., di Francoforte, mio cugino da parte degli Stei- nheil , venne , come di consueto , una sera a pranzo da noi : " Capirete, gli dissi, che mi riesce impossibile rivedervi in questo momento: in ciò che sta per accadere non avremo le stesse gioie , gli stessi dolori ; addio ! » e gii mo- strai la porta.

A Poissy , quando i Prussiani erano in casa mia. sul finir dell'assedio, volli un giorno scendere dallo studio, dove m' ero chiuso , nel mio giardino per prendere una boccata d'aria. I Prussiani erano a tavola; se non che un ufficiale, avvertito , usci subito dalla sala da pranzo, e voleva cortese- mente entrare in discorso... « Voi siete i padi'oni. Signore, io non ho nulla da dirvi ». e risalii immantinente.

Quando, pochi giorni dopo, uscii da Parigi con un salva- condotto, per recarmi a riveder la mia famiglia dimorante a Nizza, a Villeneuve-Saint-Georges un giovane ufficiale, che rivedeva i passaporti, accorse allo sportello della mia car- rozza. Era un direttore delle belle arti di Berlino . e si mostrò felice di aver còlto quell' occasione per conoscermi. « 11 momento e scelto male, signore », e mi rincantucciai. Costoro non hanno alcun tatto, ne alcun senso delle cose: la nostra attitudine di fronte ad essi li ferisce e li stupisce.

Il pittore Heilbuth, mio amico, volle rivedermi dopo la guerra.

« E finita, gii dissi, non è più possibile.! » Più tardi.

CONVERSAZIONI E RICORDI 26^

quand'egli si fece naturalizzare, io gli tesi ambe le mani! Menzel. e tutti gli altri coi quali m'ero legato, ascrivevano a onore essere ricevuti da me : dopo il 1871 non li ho riveduti li rivedrò mai più.

Quanto poi alle virtù domestiche, di cui tanto si parla da loro, esse son forse più rare a Parigi; ma nella Francia, in provincia, grazie a Dio, esistono ancora; e noi ne conosciamo moltissimi esempi...

Bisognerebbe, forse, rinunciare al principio della nazione armata e ritornare all' idea di un esercito vero. I rimpiazzi erano un'istituzione eccellente. Ponete accanto un marinaio e un muratore: sono forse temperamenti uguali? Al primo la gagliardia per disfidar 1' uragano , all' altro la sua piccola bisogna regolare e calma; or bene, paragonateli un poco, nel giorno della battaglia.

Un sabato, Thiers era venuto da Saint-Germain a Poissy, ma non mi trovò; egli aveva massimamente notato la linea dei corazzieri nel quadro cui lavoravo iiSoj e il ritratto del dottor Lefevre mio vecchio amico. Thiers abitava nel padi- glione Enrico W. Gli feci passare un biglietto. Dopo pochi istanti egli venne. « Passeggiamo sulla terrazza », mi disse, e discendemmo. Camminando , egli si fermava a tratti per discorrere. F^arlò prima di me, per quanto io cercassi di sviare il discorso: disse della sua visita al mio studio, della sua ammirazione per il mio ingegno , della sua fiducia assoluta nella posterità a mio riguardo. « Non mutate per nulla la vostra maniera, soggiunse, andate sempre diritto pel vostro cammino, senza curarvi dei critici. »

In fondo. Thiers non se ne intendeva: non ha mai capito nulla in DelacroixI... Più volte, parlandomi di Delacroi.x e d' Ingres, diceva di quest' ultimo: « È un domestico sciocco! « .Mi premeva nondimeno di vederlo scendere sul terreno pò-

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MKISSOXIER

litico. Appena v'ebbe posto piede , vi si distese ; sicché voi lo sapete, non e' è che da ascoltarlo.

Parlandomi dell'assedio, mi disse che. se la difesa eroica di l\irig"i nel li^yo, aveva salvato l'onore della capitale di Francia, era stata tuttavia un'aggravante per le condizioni della pace, e che, se la resistenza fosse stata meno lunga, avrebbe

potuto, a un dato mo- mento, serbare Metz alla Francia...

Da tempo, pare, dopo che Bonnat ave- va fatto il suo ritratto ufficiale, Thiers ne vo- lesse da me uno più intimo: era questo un suo vivo desiderio. I)o- veva ritornare da me il martedì per parlarne : il lunedi era morto ! Coni' è bizzarro questo concatenamen- to di circostanze, che lo conducono a Saint- Gcrniain . nelle mie vicinanze . gli fanno pensare al suo ritratto, e poi. mentre appunto il suo desiderio sta per essere sod- disfatto, conducono me al suo letto di morie per farglielo!... Io gli ho dato, per così dire, il saluto ultimo in quella conversazione domenicale, sulla terrazza di Saint-Gcrmain, e l'ho ancor per ultimo salutato nella contemplazione suprema delle ore funebri,... quando, in piedi, rimpetto a lui. per tre ore, lo ritraevo sotto la maschera della morte! Ilo abbracciato la sua fronte gelida, e quando, al mattino, i raggi del sole l'han

STATUA DI ML

CONVERSAZIONI E RICORDI

carezzato un' ultima volta, ho fatto si che lo circondassero tutto, per dipingerlo meglio.

Quanti pensieri mi hanno allraversato la mente durante quel lavorol L'idea di un quadro glorioso, allegorico sorgeva nella mia anima... L'enigma dell'eternità era là. su quel volto, dinanzi a me; io era penetrato da quella comunione misteriosa e spaventosa della morte...

ESTERN'O DEL PALAZZO .MEISSONIER A PARIGI.

Il quadro allegorico poteva essere concepito in due modi, ma sempre serbando intatta la faccia del morto. 'I\itte le per- sonitìcazioni dell'intelligenza e del genio sarebbero sfilate, come un corteo antico, dinanzi a Thiers : 1' esercito raffigurato da un milite; il popolo, da un operaio... Oppure, nella camera ardente, una sola figura, la grande figura della Francia, della Patria, immobile, contemplante l'estinto, oppressa dal do- lore, senza corona.

Al suo funerale, al passaggio del carro, voi udiste il

266 MEISSONIKR

grido: « ^'iva la Repubblica! » Era un grido erompente da tulli i petti, che saliva come un sospiro, un immenso sospiro, di cui l'onda sonora moriva per riecheggiare più alto.

Al modo di Lamartine, i versi del quale alfascinarono la mia giovinezza , io amo la natura. Al par di lui ho amato solingamente il cielo, le montagne e i boschi... (Jhl gli scin- tillìi d'oro della foresta. Com' è bella la terra, e com'io vorrei popolar di opere il tempo, che non e più tanto lungo innanzi a me. Ah. poter vivere ancora !

Mio fratello e morto repentinamente. Ho tentato, giacché non avevo sotto mano altra cosa se non una matita, di ritrarre la sua ultima immagine.

Lo seppellisc(jno martedì alla Maddalena. Quando verrà il mio turno, vorrei anch' io essere portato colà (i). I sacri uffici vi son regolati con bellissimo ordine, e le voci stupen- damente vi recitano le magnifiche preghiere cattoliche..

Sessant'anni ! che punto! E l'incertezza del tempo che resta lungo o breve, a seconda di color(j che lo giudicano, o trascurandolo, o servendosene.

Però, contemplando dietro di me gii anni trascorsi, ho pur qualche gioia nel vedervi 1' opera mia crescere sempre nell'estimazione di tutti.

Io non ho saputo assicurarmi il riposo, che pur mi sarebbe tanto necessario, per dispensare in opere ideali ciò che mi resta dell'antica energia. Ho mollo camminato, e comincio a essere molto stanco! Ho scritto stamane che i miei amici, a volte, ascoltavano i miei lamenti: or bene, io 'non mi la-

(i) .\ll.i Maddalena, infatti, martedì 3 febbraio 1S91 , seguirono i funerali di Meissonier.

CONVERSAZIONI E RICORDI

mentavo punto perchè dovessi lavorare ; ma perchè non po- tevo farlo, come avrei voluto, con ampiezza e con serenità.

Oh! come vorrei rinvenire un mezzo per allontanare da me le cure degli affari! Che penoso fardello! ^ eggo tutto nero. E nessuna speranza accompagna le mie visioni !

L'idea del riposo . per un artista , è un grosso errore borghese: soltanto gli uomini d' aljari, lasciando un mestiere

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PALAZZINA MEISSON'IER : IL CHIOSTRO.

noioso, han bisogno di godere e di respirare; ma i privi- legiati, i felici, gli artisti, conoscono solo nella vita un tempo perfetto, il lavoro; l'ora forzata del riposo suona sempre in- grata per essi ; per essi il lavoro è la sola gioia, la suprema gioia ! Le stesse visite de' più cari amici tornano fastidiose, in certi momenti di entusiasmo...

Invecchiando , io lavoro assai più che ne' miei tempi migliori...

Oh! come si dev'essere felici, respirando la primavera in campagna! Non mi restano più troppi giorni . e non ne

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MEISSONIER

ho goduto uno solo. Morirò col desiderio incessante del riposo...

Bisogna aver lavorato con alacrità tutta la vita , per sapere a che segno sia dolce il riposo!

Io morrò con la matita in mano, senza aver mai potuto veramente riposare un poco. Sono stato sempre richiamato

UM AN'GOLO DELLO STUDIO DI MEISSO>JIER A PARIGI.

alla catena, di giorno in giorno, d' ora in ora , senza tregua e senza riposo, libero mai...

Chiedo a Dio altri cinque anni di lavoro; poi due o tre anni di riposo, per finire.

Adoro il suono delle campane, specialmente della cam- pana di qui, dal timbro dolce, sonoro e gagliardo. Stando presso la chiesa, l'ascolto a tutte le ore nella mia stanza, e ne son come cullato.

CONVERSAZIONI E RICORDI

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CORTILE DELLA PALAZilN'A MEISSONiER A PARIGI : FACCIATA DELLO STUDIO.

Gli uomini della mia età si riposano! Essi lo possono; io no. Son pieno di turbamenti d'ogni sorta; soifro nel mio pensiero.

MEISSONIER

Tu conosci quelle cose inesprimibili che ci passano in certi giorni nell'anima. Lavorando poco fa con la piccina, mi son sentito cosi triste che le ho detto di scendere un po' nel giardino, per restar solo a piangere. Ho dentro di me un'an- goscia indicibile...

Che amara tristezza ! .Mentre appunto dovrei essere libero alfine, indipendente per il danaro almeno, le inquie- tudini , gli ostacoli si addensano da ogni lato. Non vedo la liberazione. Son giunto al termine della mia esistenza, come Rembrandt. Se non che egli si rovinava nell'acquistar cose belle, e io a mettere pietra su pietra. Ah! come vorrei o0rire la mia casa di Parigi per un'opera pia. per un museo, per una scuola d'arte: tutto corrisponde a cotesta idea, per- fino i particolari dell'architettura.

Quest'acquerello del iSoj sarà la mia morte; esso mi ucciderà; mi domando se potrò condurlo a termine. Oh! come sono stanco, povera amica mia! Questo i8oy mi avrà tolto tre o quattro anni di vita; non ne posso più; questo accanito lavoro mi ucciderà. Vedete: alla mia età. settantadue anni, non posso riposare un'ora sola, l miei pensieri non mi suggeriscono, come a Chenavard. la rassegnazione platonica, l'indifferenza terrena. Son disperato; ma le mie idee volano in alto, sempre più verso Dio. Son giunto al termine di ogni cosa e della vita; ma che amaro rimpianto di non aver po- tuto esprimere, nel tempo giovanile e nel tempo della virilità, quel che io voleva...

Stamane, rincasando, mi son cotte col gas due uova al piatto per la colazione: riassesto un po' il mio studio, mi curvo sui cartoni per cercare i disegni. Subitamente mi viene un capogiro, e chiamo! Corrono a cercare un medico del quartiere, poi altri... Blondeau e Guyon; mi applicano se-

CONVERSAZIONI E RICORDI

Ì71

napismi. Temevo una congestione...: era invece un' immensa stanchezza, dalla quale son condannato, ahimè! al riposo forzato di quindici giorni.

Sto bene, si; ma non so... questo dolore avrà qualche strascico,... mi fa temere per l'avvenire. .M' han detto che il nervo pereumogastrico è stanco,... non so. ma quando cam- mino un po' troppo svelto, il dolore mi riatjerra al petto...

Ahi io soffriva sifjattamente agli occhi, stamane, per l'eccessivo lavoro, che temevo di finir cieco. E cosi bella la luce! E cosi affascinante la natura! Guardare, am.mirare è cosi delizioso, mio Dio!

Alla mia età . converrebbe lavorare tranquillamente , senza punture nelle reni; converrebbe che il riposo , dopo una giornata di lavoro, fosse lieto e completo, e si potesse vivere felicemente, in tutta pace, solo curando l'arte e il la- voro che bastano a tenermi in forze.

Il mio stato d'animo si fa sempre più triste: me ne avvedo e ne ho paura. Vorrei sottrarmene e non lo posso, e la collera vieppiù mi morde.

Se potessi lavorare come vorrei . sento che ne avrei ancor tutta la forza !

Quanto è crudele, all'età mia, di dover lavorare a cose ingrate, per raggiungere poi la libertà dopo aver guada- gnato quanto mi occorre per vivere) di lavorare a piacer mio! Tutto ciò che non e la mia arte mi torna indifferente; non ho mai vissuto che per essa ; in essa il mio ideale e la mia fe- licità. Tu mi comprendi, tu. mia diletta...

Come le tristezze , le difficoltà , gli ostacoli della via sorgono tristamente nell'anima!... Giunge un momento in cui si conoscono soltanto le profonde stanchezze dei risvegli al mattino e l'assidua monotonia delle giornate...

MEISSONIER

SALI 11 IO A PIANTERRENO. PALAZZIN'A MEISSOXIER A PARIGI.

Quando sento talvolta la mia mano appesantirsi, rabbrivi- disco pensando al peso degli strumenti neccssaii per dipingere.

Quanto è amara e oscura la decadenza delle forze in un artista I

Sono stanco moralmente, ma il lavoro felicemente av- viato non istanca mai.

Non si sentono allora ne le ore, i giorni : il tempo pare troppo breve.

Nulla potrà espri- mere esattamente il mio ribrezzo , se mi ^ rimettessi a fare dei

FOCOl ARE 1)1 CAMINETTO PER LO STCDIO DI MEISSONIER, PARIGI. pUpaZZl pCr VlVCrS.

». ;9

Cavaliere del tcìnpo di Luigi XIII arricciantcsi i baffi.

(Disegno a penna.) Collezione della signora JIeissonier.

CONVIiRSAZlONl K KICURDI

^73

. tR IL CAMIMETTil IJLL (Non sscgu.to.)

Ah! poter essere indipendente per fare solo cose nobili e degne.

'l'utte coteste figurine del Ciìs/l'I/o ora mi stancano.

(Quando sarò liberato da tutti questi quadri . nulla più avrò da fare intorno a me. Abbozzerò solo quel che mi piacerà.

Fontarabia e Irun, città piene di carattere, e tanto vicine a noi. Non ci si mette più d'un giorno per raggiungere il con- fine. I cornicioni di legno delle case sono ammirevoli. Ma gli abitanti! Tutti mendicano, anche i ragazzi di famiglia. Qui lo stendere la mano e una costumanza.

Meissonicr. 18

274

MEISSONIER

Le donne, come in Italia, si pettinano le loro bellissime capigliature in piena strada, tra il sudiciume. La chiesa d'Irun e vuota; non una sedia, non un ornamento; la navata si avviluppa d'ombre misteriose. Solo nel coro, al disopra del- l'altare, raggia e fiammeggia un immenso drappo d' oro, con ejfetto straordinario.

Era una domenica: sulla piazza si ballava, un sonatore di piifero e un tamburino si avanzano gravemente nel sagrato, e fanno due o tre mosse solenni . per annunciare l'apertura del ballo.

Alla mia età . non desidero viaggiar più. Se avessi un tappeto incantato per trasportarmi a volo, forse andrei qua e per mio studio. Ma, come il Doria di Genova, che aveva inscritto il motto sul suo palazzo, preferisco il riposo di una casa intelligente e ordinata. Non cerco più le avventure dei ricoveri ambigui...

Oh! fanciulla mia. la vita, il cumulo dei ricordi son come i grappoli sotto il torchio. 11 tino trabocca dell'uva am- mucchiata , ma il vino espresso è scarso. La vita! Quanto poca ne resta di realmente vissuta in fondo al bicchiere I...

CON'VERSAZIONE A CAVALLO.

CAVALIERE LUIGI XIII. ; A^quere^o appartenente al sig. Bernheim

LA PITTURA EPICA

I. i

L' INSIGNE maestro , del quale altri ha fin qui tessuto la- vita feconda e illustrato l'arte pò-? derosa . fu certamente un grande poligrafo. Pochi ingegni più del suo faccettati : poche opere più varie della sua. l'gual mente ammi- revole nel paesaggio, nel ritratto, nella pittura intima e nel quadro storico , egli trattava con pari pe- rizia i temi più disparati, e raggiun- ME.SSOMER (iS6i). geva con sicurezza pari gii et]etti

più dissomiglianti. Gianluigi Ernesto Meissonier meriterebbe di essere chia-

276

MEISSONIER

malo il CoLisin della pittura; tanto l'eclettismo suo lo eman- cipava da ogni servaggio di consuetudine, da ogni pregiudizio di scuola. E cosi l'ingente opera sua, progenie d'un lavoro indefesso, « il lavoro per il lavoro », com'egli soleva dire offre tutti gli aspetti della natura e i momenti tutti della vita. Solamente Tiziano e Rubens, lavoratori grandissimi, benché grandissimi artisti . possono contendergli il merito e il

vanto della fecondità vitale: quella per cui le opere non pur na- scono, ma durano e s' insemprano.

Un genere tutta- via, fra tanti saltuaria- mente accarezzati, era il suo prediletto ; e da questo egli edusse la maggior sua rinonian- za, e per questo rivi- vrà nei tempi lontani. L' indole sua grave e r ingegno pensoso e l'estro inebriato lo traevano alla Storia, come a nutrice di aiti pensieri, come a originai fonte d'inspiiazione. E dalle antiche carte e dalle recenti egli attinse le sue più ampie visioni, e le tradusse nelle sue più nobili tele.

La teoria dell' arte professata da Meissonier non deve essere ignota a chi con qualche amore percorse le precedenti pagine, massime quelle degli Enlrcticns. Per lui, come per il Poeta nostro, l'Arte non può esser fine a stessa. D'ori- gine forse divina, o per lo meno altissimamente umana, ella ha un contenuto ideale; ma come esplicarlo, ove nr)n si pro- ponga un civile divisamento?

LAVANDAIE d' ANTIBO. (Dipinto. Museo del Lussemburgo.)

■:.1T;:..1T0 j; :iLi jìo;: ; l.. ^iù-'-J-

(Acquerello Del Museo di Valenciennes.)

2^8 MiiISSONIER

Non solo agli occhi delle genti la bellissima deve parlare il linguaggio della verità: l'anima immensa delle moltitudini pur domanda la parte sua d'emozione. L'ampia tavolozza del bosco, del monte, del mare non forse basta ; forse basta il vario aspetto del campo o l'intima poesia della casa. Ben altri spettacoli invoca la religion delle memorie; ben altre contemplazioni attende la santa curiosità del passato. ' Or solo la pittura storica, rievocando i secoli consunti e ricostruendo le civiltà sepolte, può dissetar la brama incon- cussa della immortalità apparente, madre primissima delle tre arti figurative. Che se il bello altro non sia se non il resul- tato della rappresentazione felice, e la pittorica musa non conosca argomento futile o indegno, e basti la intelleitual copia del vero a gloriare un artista, che la Varca ori- nante di Paolo Potter esteticamente valga la Gioconda o la Fornarina, perche mai la nobiltà del tema non dovrebbe con- ferire nobiltà maggiore al maestro, che concordar sapesse le ragioni dell'arte e quelle superiori del sentimento > ; Non v'ha più acconcio terreno per codesto accordo fuor della Storia, la quale è anch'essa vita vissuta e rivivente, azione dunque e memoria, moto e idea, specchio del tempo e monito all'avvenire, sintesi e analisi della umanità. E qual rtiai momento della storia orrendamente più bello e pittorica- ihente più vario se non la battaglia . teatro e dramma dei ]iopoli, con le passioni sue enormi e con le sue mutevoli facce; la battaglia tumultuosa e fiammante, che al vigile pen- nello ojl're il paesaggio, il costume, la figura, il ritratto, il cavallo, tutti i generi insieme e tutti gli eO'ctti r

In ogni tempo, presso ogni popolo l'indomita speranza della « seconda vita nella posterità, » come lucidamente dal Carlvle vien chiamata la gloria inspirava le tre arti co- gnate. Ancora nelle cune originali delle civiltà primigenie le magnifiche ruine dei templi votivi, degli archi gloriosi, delle mura lutrici. delle colonne istoriale testificano d'innanzi al vec-

LA PITTURA EPICA

chio sole e contro il famelico oblio imprese e gesta degnis- sime di perenne menzione.

Non sorella, ma figlia delle grafiche muse e la storia: tal che la bassa scultura e la pittura murale, favellanti alla fantasia non men che alla memoria, precedendo la invenzion dei caratteri, si come

pur vogliono la etimo- logia della parola greci e r uso comune dell i italica, [istorein, isto- riare) generavano I ; orale leggenda e li storica prosa.

E, come dalle ii- fantili figure dei ger<>^ glifici, disciolto il sim- bolo ieratico, nacquero le prime scritture de- motiche; cosi dai timid i bassorilievi e dai di- pinti iniziali derivai dovevano le croniche prime. Senza le « fonti mute » degli anticlii musaici ed affreschi, senza le alluminature e le arazzerle medie- vali, non sarebbe surta

rinata la storia: dipintura ancor essa d'uomini e di cose e di tempi, sol che al debile pennello vien sostituito il calamo possente, e al vago stil delle figure si aggiunge quello ben altrimenti efficace delle parole. E. tuttavia, nelle camere sepol- crali di Beni-Hassan, di Karnak. di Phile, come tra i ruderi dei palagi ninivei e babilonici, l'Oriente dissepolto rivive ai nostri attoniti sguardi la sua primissima vita.

K >4APOLEO>JE CIVILI, VENEZIA, IL I4 OTTOBRE iS (Collezione della vedova Meissonier.)

LE ORDINANZE (ENTRATA DELL"a1ìHa:IA DI POISSY) (1S69). (Quadro dtUa collezione del sig. Tliicry, Parigi.)

282 MEISSON'IER

L'arte pittorica, adunque, poi eh' ebbe varcata l'infanzia della ornamentazione, fu primamente suggeritrice per divenir po- scia sussidiaria della poesia e della storia, passando a gradi dalla reminiscenza al commento, dal simbolo al fatto, dal partico- lare alla sintesi, dal racconto alla critica, dalla visione alla verità. L'orgoglio indisseiabile dei principi e la vanità scon- finata dei popoli dovevano suscitare un'arte tutta adulatoria, la quale, parlando del passato al presente e di questo all' avve- nire, lustro aggiungesse ai reggimenti e arricchisse l'ideai pa- trimonio delle nazioni.

Vivere ancora, vivere sempre, nella memoria se non nella natura, fissando col pennello e col martello i nomi, i fatti, i momenti memorabili: tale l'anelito immenso e costante delle umane generazioni. Considerate nella origine loro, la pittura storica sta alla storia scritta come la vanità all'orgoglio di un popolo. Nel libro si esalta esso e si giustifica: nel qua- dro si ammira e quasi si pavoneggia. Si che, da quella Pugna dei Magnesiaci di Bularco, che fu acquistata a peso d'oro da re Candaule di Lidia, ed era il più vetusto dei quadri sto- rici propriamente detti, fino alle recenti tele del Meissonier, la dipintura epica altro non fu se non una diuturna piag- geria politica, un tributo di ammirazione spontanea offerto da ogni gente a se stessa.

Non appena l'ingegno greco, passando dalla pittura ce- ramica a quella murale , conobbe il magistero e il fascino della grande figurazione, volle celebrar coi colori le più belle imprese della guerra iliaca e delle mediche: e. se Po- lignoto decorava con le famose sue Riiine cf I/io la Le- schide di Delfo, Micone e Panemo, fratello di Fidia, di- pingevano la Battaglia di Maratona , gli eroi della quale eran vivi nei portici giocondi del Pecile: civico monumento, museo insieme e ambulatorio, dove l'arte pittorica trionfava, mentre il Partenone parea sacro alla sua più austera sorella. Così Agiaofone l'alììgurava le non sempre nobii gesta di

LA PllTURA El'iCA 28 <

Alcibiade, quando appunto Panfilo, maestro di Apelle, ritraeva i fatti principali della guerra peloponnesiaca, a' quali aveva assistito; e così Protogene, l'emulo maggiore di Apelle. il « su- blime patetico » qual veniva chiamato dallo Stagirita. dipinse il Sacco d'una città e una Battaglia tfArbcla, che forse e la stessa riprodotta nel meraviglioso musaico tolto alla casa del Fauno in Pompei. E il divino Apelle medesimo, il Raffaello dell' antichità, se non colori scene di battaglie del grand'evo macedonico, affìgiò mirabilmente Alessandro e i suoi generali. Un di costoro, Eumene, faceva illustrar da Piromaco le sue vittorie nella reggia di Pergamo: e, più tardi, lo stesso seve- rissimo Arato avea da Timante di Sicione copiosa adulazion di pennello. Ma che potevano artisti ignari d'ogni norma prospettica r

I Romani, per quanto alieni dalle arti figurative, ma vaghis- simi di pubbliche pompe, non seppero a lungo disdegnare i lenocini della pittura marziale; e il popolo più forte e men modesto della terra si rivolse agli artisti greci per rinsaldar la memoria della sua grandissima impresa: la conquista del mondo conosciuto. Fabio Pittore raffigurava bensì nel tempio della Salute le prime lotte e le prime fortune di Roma, e già \'alerio xMassimo Messala esposto avea nella Curia Ostilia una dipintura della battaglia da lui vinta in Sicilia contro i Cartaginesi di Erone. Nondimeno di Grecia si dovette chia- mar Metrodoro, affinchè dipingesse su amplissime targhe le vittorie romane contro i greci medesimi, per il trionfo del console Paolo Emilio: e son noti i litigi tra i due Scipioni per il quadro trionfale immodestamente esposto nel Foro dal- l'Asiatico. Senonche i Romani, sempre pensosi della posterità, alle tavole preferirono il marmo e il bronzo ; talché alle lor colonne istoriate e ai loro memori archi ricchissimi di bassori- lievi affidarono il ricordo della virtù propria e delTaltrui sog- gezione.

Nell'evo barbarico con la pittura cade insieme la scrittura storica; sicché, nella universale ionoranza. la storia deve ta-

284

MEISSONIER

ticosamente rifare il cammino fornito, dal rozzo bassorilievo e dal musaico ingenuo risalendo alla statua e al quadro. E appena van menzionate le figurazioni fatte eseguire nel suo palagio da Basilio il .Macedone per celebrar le vittorie contro bulgari e saraceni . e quelle onde Carlomagno volle in Acqui- sgrana illustrate le gesta Del per Franeos, e le altre dal- l'imperatore Enrico I ordinate per il suo ca- stello di Merseburgo. Nei primi secoli dell'età di ferro la pit- tura ritenta gli antichi passi nei tre modi del musaico, del trapunto, della miniatura, senza parlar della porcellana e del vetro : e già nei mutoli chiostri più mu- toli frati preparano le imminenti riscosse del- l'arte marziale, con infinita pazienza allu- minando poemi caval- lereschi e racconti e- roici , come in quel mirabile Ilortus dell- cianuìi del dodicesimo secolo, prezioso cimelio della biblioteca di Strasburgo, e nella Istoria di Alessandro il Grande vanto e decoro della città di i-Jruxelles. Ma l'artifizio della prospettiva rimane un mistero. La Rinascenza, dedita tutta ai temi religiosi con inclina- zione profana e ai profani con sentimento mistico, poco ama la pittura storica e anche meno la epica. Ben di rado i mae- stri italiani del Quattrocento dipingono belliche scene o ludi

IL BIGLIETTO AMOROSO. ("Di proprie^ della baronessa Dnmesnil, Pan

LA PITTURA EPICA

marziali. Jacopo d'Avanzi, imitatordi Giotto, istoria de' trionfi di Roma imperiale la cappella di S Giacomo nella basilica patavina del Santo: argomenti trattati poi, ma con ben altro magistero, dal Mantegna. Degli altri quattrocentisti sarà me- glio tacere, tranne del Carpaccio e di Gian Bellini a \'enezia e degli umbri primi- tivi raccolti nella gal- leria di Perugia.

Nel Cinquecento nostro la pittura clas- sico-militare si atferm e s' impone. Il somm- Leonardo non disde- gna di raffigurare u: urto di cavalleria Ral- faello dipinge al Vati- cano una Bdttir^ì/u d' Ostia e disegna la Vittoria di Costantino su Massenzio , magi- stralmente colorita poi dall'alunno suo Giuliij Romano. Questi pure compone, nel suo stile fantasioso a un tempi > e drammatico , vari quadri di guerra: chi

ignoragli splendidi cartoni del Louvre^ l)ue veri specialisti del genere otjVe il secolo aureo: Polidoro Caldara, buon dipintor di battaglie con un far nobile ed ampio: e Paolo Uccello, grande amator di cavalli, arditamente riprodotti sulla tela con una punta di ni'jderno realismo. E taciamo i X'eneziani, de' quali discorreremo più innanzi.

Similmente, in Alemagna il secolo W'I vede i migliori

IL lJlbti,\ArOKH. (Collezione del si». ChiuclurJ.)

MEISSONIKR

pennelli consacrarsi alla illustrazione di oeste amiche e mo- derne. Dell'AUdorier la pinacoteca di Monaco accoglie una Bat- taglia d' ^Ar bela, soggetto ricorrente in questo genere di pittura, e una Battaglia tra Carlo il Temerario e Massimiliano I. Per questo imperatore il Durerò disegna i cart()ni che servir devono al dedicatogli arco trionfale, e Hans Schautfelein

dipinge una Vittoria degli Etrei sugli A- ìiialeciti con anacro- nismi strani di armi e di fogge. Holbein il giovane decora delle vittorie elveti- che la casa di Marten- stein. bali di Lucerna. E mentre Hans Se- bald Beham incide \' Assedio di Rodi e quello di Wolfenbùt- tel , Hondius juniore immagina la sua Al- legoria della guerra: satira precoce del militarismo, che sem- bra inspirata da un odierno congresso per la pace.

Contemporaneamente, Fiamminghi e Olandesi, i quali paiono da natura meglio chiamati a trattar questi temi riboc- canti di particolari episodici, sospingono i progressi della tec- nica, raggiungendo novella perizia nella prospettiva e nello sceneggio. I due Breughel, magnifici ignoranti, attingono nella Bibbia i loro guerreschi motivi, con gran disprezzo tuttavia d'ogni senso storico, camulfando da tessitori olandesi gli eroi d'I-

MEISSON'UiU i:Hl-; lavora al aL'AORO DLL

LA PITTURA EPICA

287

sraele. I grandi cartoni colorati del ^'ermeven. pittore cesareo di Carlo X, intorno alla impresa di Tunisi serveranno a tra- pungere i celebri arazzi decoranti tuttora le sale di Schoen- brunn. E con Sebastiano Vranck la pittuia militare, peranco impacciata e confusa, si snoda in fiera e lucida ampiezza.

Ma ecco Venezia opulenta e fastosa; ed ecco quindi l'O- landa libera e ricca. [>e due grandi repubbliche marinare, che tante somiglianze offrono nell'anima mercantile ed eroica.

(Acquerello appartenente alla

di pari amore amano il traffico e l'arte, il guadagno e la fama. L' una imperatrice d'Oriente, l'altra signora delle Indie; quella nemica di Genova, del papa, dell'imperatore, del sultano, l'altra volta a volta emula di Spagna, di Francia, d'Inghil- terra; entrambe avide di lucri e di glorie, memori del ieri, pensose del domani, curanti dell'avvenire. K, come i merca- tanti rifatti dell' Adriatico . cosi più tardi quelli del nordico mare vorranno e vedranno, nelle guerresche pitture adornanti i

TROMBETTA LUIGI XIII CHE SUON'A IL BUTTASELLA. (Appartenente al sig. Bernlieira juniore, perito.)

MEISSONIER

civici loro palagi , documenti tenaci di troppo fuggevole grandezza, securo promesse di secolar vita ideale.

La \'enezia del 5oo ò tutta una fioritura di quadri sto- rici, dovuti ai suoi più preclari pennelli. Come già il Pecile di Atene, cosi il F^alazzo ducale divien pubblica scuola di storia patria, instituto di civile ammonimento. E, mentre i maestri fiorentini e romani del gran secolo recano pur nella pittura epica la glaciale compostezza e la rigida maestà del loro stile quasi togato, i veneziani all'incontro nei temi eroici veg- gono occasioni bellissime d'impeto, di ar- denza , di sincerità. Così Paolo, e il vecchio Palma, e il Pesarese, e Giulio dal Moro, e Pietro Liberi . e Andrea .Michieli , ed 5.fc' altri molti illustrano le maggiori imprese di San Marco contro bizantini , genovesi, osmani; precipuamente quelle della quarta Crociata, per cui si dischiuse a Venezia il Levante, e quella conquista di Costantino- poli , che parve ed era prodigio di medi- tato ardimento.

A tutti superiore il Tint^retto nelle sue sei grandi tele marziali, onde il moto e il colore, la perizia e l'audacia disgradano ancora ogni confronto; abilmente, ma tiepidamente imitato dal figlio Do- menico, massime nella Presa di Costantinopoli, vera pietra di paragone ai pittori ufficiali della Serenissima. Sol da Fran- cesco Bassano è vinto il vecchio Robusti nell'amor della esat- tezza e nello studio dei particolari ; si che con questo men caldo, ma più diligente maestro la pittura militare acquista un'indole episodica fino a lui sconosciuta, e però si riallaccia all'arte nuova con la formola della « parte per il tutto ». pro- fessata dai successivi pittori d' Olanda e rifiorente ai giorni nostri nelle opere appunto di Ernesto .Meissonier.

SCHIZZO A PEN'XA.

LA PITTURA EPICA 29?

Agli Olandesi, mercatanti e marinari di nascita, non bastò vincere le grandi tenzoni nell'impari duello per l'egemonia oceanica con le tre potenze marittime d'Occidente: vollero pure ricontemplarle e vagheggiarvisi sulla tela. E, poiché la lunga dimestichezza del mare e il paziente amor della nave e l'abito diuturno dell'osservazione, tanto valorosi architetti preparavano quanto diligenti pittori navali, nessuna meravi- glia se nel quadro nautico attingessero somma perizia e ri- putazione.

Già Cornelio Vroom avea dipinto una Disfatta dell' Ar- mada; ma Guglielmo van der Velde, conoscendo profonda- mente la struttura e la manovra navale, lo superò di gran lunga nello sceneggiar le battaglie del 1Ó66 tra le flotte d'In- ghilterra e d'Olanda; tal che re Carlo II lo volle seco a Londra, dove fu raggiunto dal figliuolo ed emulo suo Gu- glielmo il Giovane, men robusto, ma più perfetto e più efficace, perchè penetrato di quella che il Taine chiamava « romanità del mare ». ossia la visione del mare calmo e quasi augusto durante l'infuriar della pugna, si come singolarmente appare dai due suoi capolavori 1// « Priiicc Rovai » e Quattro va- scelli catturati) nel museo di Amsterdam. Suoi imitatori abi- lissimi furono Zeeman Battaglia navale di Livorno) e Abramo Stork Conibattiniento navale) con navi incese e sante-barbare esplodenti. Così la piccola, ma libera patria dei Ruyter e dei Tromp, nella gloria e nella pittura navale, onorava l'arte e stessa.

Le grandi nazioni militari e marinare dell' Occidente non ebbero, nel secolo d'oro, una pittura epica. La povertà dell'Inghilterra in questo vergine campo non può destare sor- presa, ove si pensi che la grande isola non peranco era con- quistata all'arte. La Francia istessa, tutta intenta alle sue effì- mere spedizioni e alle sue lotte intestine, non aveva tempo agio di mutar la spada in pennello; e solo più tardi doveva rivalersene a usura.

292 MEISSONIER

La reluttanza della Spagna per quest'arte marziale, della Spagna signoreggiante oltre cent'anni i due mondi, è tuttavia argomento di lontano stupore. Non forse la sua storia era un canto solo di battaglia > non forse aveva essa raggiunto, nelle arti belle come nelle lettere, la maggior sua fioritura? ne s'imponeva al mondo coi quadri e coi libri non men che con le armi vittrici?

Eppure la scuola iberica novera pochissime tele militari; s'intende perchè il Ribera e lo Zurbaran, coloristi magnifici e amatori di scorci arditi e di mosse sapienti, non abbian dato alcun saggio del loro grande valore in cotal genere di pittura. Venturosamente, la Spagna ha un capolavoro, uno solo, ma sufficiente; \di Resa di Brcda àe\ sommo Velasquez, rex regiim. Lo stesso tema fu poi trattato da altri, tra cui José Leonardo; ma il quadro di \^elasquez. superando quelli del Tintoretto e del \'eronese. mirabilmente colma ogni la- cuna.

II.

Il Seicento! Ècco l'età maggiore della pittura epica, mas- simamente in Italia e nei F^aesi Bassi. Son codeste appunto le contrade più disputate dalla gelosia delle grandi potenze euro- pee: nell'ampia valle del Po, come lungo le rive della Schelda. del Reno e della Mosa, si contendono esse il primato politico. Nelle lunghissime guerre di successione, tra le improvvise alleanze e i non men rapidi abbandoni, i campi batavi e lombardi brulicano d'eserciti, ingrassano di cadaveri. Intrighi di gabinetto, cupidigie di ministri, bizze di cortigiane ne fanno altrettanti cimiteri internazionali; che l'estro dei pittori contemporanei dall'assiduo formidato spettacolo é fortemente colpito, e a ogni bellica fazione corrisponde un quadro no- vello, e le civiche e regie pinacoteche, per vanità di principe. per desiderio di popolo, si att'ollano di tele marziali.

LA PITTURA EPICA 293

Senonchè due sono i modi d'intendere e d'interpretar la battaglia: l'insieme o l'episodio, l'ordine o il tumulto, la calma o l'impeto: in altri termini, il quadro di ragionamento o il quadro d'impulso. Insomma, due maniere e due scuole: la scuola strategica e la scuola impressionista: questa pecu- liare ai pittori italiani e francesi, quella a olandesi e liam- minghi.

I progressi della dottrina e della pratica militare non dovevano tardar troppo a rispecchiarsi in questa branca tra estetica e scientifica dell' arte. Al pittor zelante non basta più riprodur la figura sovrana o l'episodio precipuo del fatto d' arme : gli conviene oramai delinear le schiere e le mosse dei combattenti, secondo i giusti criteri e i fedeli aspetti della guerra reale. In altre parole, l'artista deve mostrarsi padrone della materia: essere, cioè, buon colorista e tattico discieto : conoscere le ordinanze, le evoluzioni, 1' effetto delle armi e il resultato degli urti: tutto questo non già con geometrica fred- dezza, ma con la foga della passione, nella febbre della fan- tasia. Dipintura malagevole e ingrata, come quella che do- vrebbe rendere la verità istantanea e insieme la fisionomia storica della battaglia attraverso il temperamento dell'artista ritraente di maniera o a memoria.

Già sul cader del 5oo incisori toscani , chiamati da Caterina, avevano introdotto in Francia le cosi dette ■zuies ca- Z'alières: panorami in rilievo e d'insieme o, come suol dirsi, a volo d' uccello delle non infrequenti battaglie nelle guerre religiose sotto i tre ultimi Enrichi ; si che da Stefano della Bella il cardinal Richelieu aveva fatti incidere in siffatto modo gli assedi memorabili del suo tempo. Ma solo più tardi, du- rante il regno del Re-Sole, da queste embrionali stratografie fiorir dovevano le grandi tele militari dei Wouverman. dei van der Meulen, degli Huchtenburg.

La Francia, benché bellicosissima, ha gloria, non pittura militare anc(jra ; tal che all'Italia chiede incisori e dipintori

2Q4 MEISSONIER

all'Olanda: e se un grande specialista le nasce, deve costui con altri minori valicare le Alpi, dove frequenza di pu- gne e larghezza di corti alimentano e incoraggiano le raf- figurazioni marziali. E, come la diversità degl'istinti e dei climi domanda, francesi e fiamminghi in Italia divengono pittori d'impressione, mentre gli olandesi in Francia si fan quasi accademici.

L'Italia secentista ha tre sotto-scuole: la fiamminga, la napoletana e quella del Borgognone. Pietro van Laar, più conosciuto col nome di « Bamboccio » e Antonio Molvn detto « il Tempesta », pittori episodici per i quali la battaglia è sol pretesto al paesaggio, vi suscitano imitatori ed emuli, tra cui il bolognese Cerquozzi, sopiannomato « .Michelangelo delle battaglie ».

Napoli vantava in Aniello Falcone, studiosissimo delle armature e delle fogge, il suo Giulio Romano : e veramente la sua Vittoi'ia di Costanlino su Massenzio richiama il quadro omonimo del miglior scolaro di Raffaello. Ma il genio bol- lente di Salvator Rosa balza, irrompe, illumina, esplode; e non mai la pittura epica ebbe, ne avrà maggior impelo e audacia e scompiglio e calore; sicché nei pochi suoi quadri anonimi, dipinti tutti di maniera o, a meglio dire, d'intuito, la fantasia assume parvenze di verità, e nell'ardimento dei gruppi e nel- l'opposizion dei colori freme e divampa la torrida febbre della battaglia, e la vita istessa della storia meravigliosamente tra- luce. Salvatore non lasciò discepoli, ne lo poteva: come negli eccessi è caratteristico, così nei pregi suoi è personale ; inimi- tabile, sempre.

Non ugualmente Giacomo Courtois, detto « il Borgo- gnone», artista-soldato che. sceso tra noi guerreggiando e di- pingendo, creò numerosissima scuola. Come Salvator Rosa, pur egli è uno specialista della mischia ; ma il suo stile è più calmo, la sua tavolozza più mite, il fare più arguto e leggiero; ma lo slancio del suo pennello non va disgiunto da una certa

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consuetudine viziosa, per cui sempre ripete gli stessi motivi e gli episodi stessi ; ma I' esattezza dei particolai'i còlti sul fatto non basta a darci l' illusione della realtà, tal che i suoi quadri son veri e falsi ad un tempo. Piccoli quadri questi suoi, ma eloquenti ; ed egli col facile pennello ne popolava tutte le corti, iniziando quasi un genere tra l'eroico e il decorativo : accusa non affatto gratuita, cui non tolgono gravità le lodi esagerate del \iardot. il quale lo dichiara « primo tra i primi . »

Dei moltissimi suoi discepoli e imitatori si salvano per una certa personal freschezza d'impressione Francesco Monti di Brescia, detto per l'appunto " il Brescianino delle battaglie » e lo Spolverini di Parma, il quale esagerava i difetti del maestri >: degli altri, ossia dei romani Giannizzero, Bruni. Gra- ziano, del veronese Calza e del Canti mantovano, basti ricor- dar solo il nome.

Così, mentre i due ultimi classici, il Cortone e Luca Giordano, l'uno con \a. Batùigl/ir ifArbcìa, vxproóoiidi poi dal Lebrun . l'altro con quella degli Ebrei coìitro Aiìidlcciti . si ostinavano a trattare i più annosi argomenti biblici e profani, (il Giordano, veramente, dipinse a Madrid una Presa di S. Quintino e alcuni episodi della guerra di Granata) questi giovani nostri s' infiammavano tutti per la verità d' un amor novo e foriero del moderno realismo.

Il grand' evo belligero di Luigi Xl\', l'evo dei Conde, dei \'auhan. dei lurenna. dei Montecuccoli. dei Marlborough, degli Eugeni, pittoricamente parlando, è pressoché tutto sfruttato da maestri olandesi e fiamminghi. I Paesi Bassi, contesi tra Francia. Austria. Inghilterra, corsi da tutte le soldatesche d' Europa, vilipesi in ogni loio dritto, della indi- pendenza e della gloria recenti serban solo la satira e la pittura. Ma. perduta la civile dignità, il pennello batavo e belga può solo illustrar le vittorie straniere, massime quelle del re di Francia, il quale molto ama, e molto remunera tal sorta di adulazione.

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MEISSONIER

Le brillanti e solide qualità dimostrate dagli artisti fiam- minghi e olandesi nella pittura intima e campestre si rinfjTer- mano e si rassodano in quella militare. Sovrano è in loro il senso della verità e lo studio dell'esattezza: si che la scena guerresca bellamente armonizza con lo sfondo, e la luce pe- netra il quadro, e l'aria vi circola liberamente.

Il più chiaro di questi sinceri maestri è indubbiamente

Philipp© W'ouwerman, autore di quadri amplis- simi e minuti , il quale dipinse in islile largo e securo battaglie vere e fantastiche, sovra ogni cosa amoroso del cavallo da lui mirabilmente ri- tratto, tanto che i suoi scontri di cavalleria son modelli del genere, dif- ficilissimo fra tutti. Altri buoni dipintori di cavalli e cavalieri erano di quel tempo Pietro Molyn il Vecchio, padre del no- stro Tempesta, i fratelli Palamedes, Eglon van der Xeer, Gian Cornelio Verbeck, Dirk Storp, che lunga- mente dimorava in Ispagna, e massimamente Giovanni van Huchtenburg, il quale recossi alla corte di Francia, ove conobbe l'altro celebre suo concittadino van der Meulen, e donde pas- sava disgustato ai nemici del gran Re, facendosi illustratore delle vittorie di Eugenio, giusta i prospetti di battaglia in- viatigli dal principe stesso, [.'immenso suo quadro /Jcrssedw di Akiinur (1695), occupante tutta una parete nel Belvedere di X'ienna, è certamente un capolavoro di evidenza e di accu- ratezza, benché nel complesso d'e||etto soverchiamente teatrale.

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MEISSONIER (1.S78).

LA PITTURA EPICA

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van dimenticati, tra i fiamminghi, Jacopo Jordaens magnifico nel Trionfo dello statholdcr Fed. Enrico di Nassau, Bonaventura F^eters egregio nelle fazioni notturne, Gaspare van Eyck dipintor navale pur esso, Roberto van Hoecke d'Anversa studioso delle marcie e dei bivacchi in quadret- tini argutissimi; e men degli altri Pietro Snavers, ottimo nell'ag- gruppar le figure e negli etfetti prospettici, la cui grande repu- tazione doveva offuscarsi dinanzi a quella del discepolo suo Gian-Anton Francesco van der .Meulen , pittore di Sua So- lare .Maestà.

SCHIZZO A PEWA.

Neramente, Luigi XI\' aveva il suo pittor favorito in Carlo Lebrun, mediocre ingegno estolto dai cortigiani alle stelle, e gridato perfino rivale di .Michelangelo. Senonchè costui, materiato di classicità, disdegnava le assise e le armi moderne, dedito tutto a istoriare in tele scialbe e macchinose le vittorie d'Alessandro .Magno {Passaggio del Granico, Battaglia d'-Ar- hcla , Alessandro e Poro, Entrata in Babilonia): monumenti di enfasi e di falsità, vecchi melodrammi colorati. Ora, benché in tali quadri accademici sotto le figure del .Macedone trasparisse quella di Luigi, e le vittorie della guerra asiatica accennas- sero a quelle della campagna di Fiandra, l'ambizioso monarca

2q8 MEISSONIER

non poteva compiacersi troppo di pitture tanto oscuramente allusive.

Quando van der .Meuien giunse a ^'ersaglia sotto gli auspici dell'astuto Louvois, meravigliando quella corte tra militare e galante con gli ampi suoi quadri dipinti a toni ver- migli, in cui la valentia dell'artista si disposava alla fedeltà del competente, il bellicosissimo Re stimò di aver trovato il migliore suo panegirista. E, veramente, quelle composizioni vaste e sapienti, accurate e perspicue, magnifici panorami di battaglia riprodotti dal vero, come, ad esempio. V Assedio d' Ou- denarde, la Presa di Va/eneieìii/es, \ Aeeanipamento dinanzi a Toiirnay e la Baltagìia di Casse/, meritavano fosse per lui instituita la carica di « pittore delle conquiste del Re. »

Fu van der Meuien capo della scuola strategica fran- cese, mentre appunto in Italia il Borgognone fondava quella pittoi"esca: e tra queste due maniere si divide la pittura epica del Settecento. Dal primo discendono Giambattista Martin seniore, detto « Martin delle battaglie ». suo allievo ed erede, peritissimo nel dipingere investimenti ed espugnazioni di piazze forti (il miglior suo quadro è queW , Issedio di Fri- Inirgo, che al Louvre richiama l'attenzione pur dei profani ; Pietro Dionigi Martin juniore . altro buon dipintor polior- cetico , Giambattista Lecomte, Giovanni Bonnart

Al Borgognone, da lui conosciuto in Italia, si riallaccia invece Giuseppe Parrocel, autore di tiuadri caldi ma non lu- cidi, come V Assedio di Maeslriclil e il Combattimento di Lenze, ne' quali l'impeto aljbga nel disordine; mentre suo figlio Carlo e il nipote Ignazio, valorosi specialmente nel cavallo , si accostano al fare ampio e sereno dei van der .Meuien.

E a questo più tardi, mentre nel nuovo regno cortigia- nesco la marzial fortuna della I-'rancia impallidisce, ritornano il ^^erdussen con \ -ìssedio di Saint-Guilhain e il Casanova con la Battaglia di l^ens: il primo singolarmente abile nelle

LA PITTURA EPICA

brevi scene episodiche; l'altro neile mosse della cavalleria, rese con notevole slancio non disgiunto tuttavia da qualche confusione.

Uno scolare appunto del Casanova, il Loutherbourg. chia- mato a Londra, inaugura la pittura militare d' Inghilterra, dipingendo con minor foga, ma con più giusto colorito, tra le molte pugne navali, quella Ballaglia del Nilo, che fu ripro- dotta e dil1"usa dal bulino di Giacomo Fittler. Ed ecco Be- niamino West, Giuseppe ^^'right. bVancis Hayman. ed altri pochi, Hno a William Allan. autore del Waterloo famoso ac- quistato da lord Wellington, illustratori tutti delle guei're marittime e coloniali sotto gli ultimi Giorgi.

Se l'età di Luigi XI\' è il meriggio della gloria francese, onde il monarcato s'illumina tutto, e Io spirito militare trionfa, quella dei reggenti e dei re successivi, dissoluti o ignavi, deboli sempre, è il crepuscolo suo. Non infrequenti le guerre di gabinetto: ma scai'si gii eserciti e dubbi gli allori. E, poiché la pittura militare segue come ancella la gloria, anch'essa dunque si arresta sulla via trionfale . invano risospinta dalle tarde e infeconde fortune dei Lu.xembourg e dei .Maurizi. Fontenay e una bella frase più assai che una grande vittoria: l'onta di Kossbach sempre rimane invendicata.

Ma ecco la Rivoluzione; ecco l'uman terremoto. La mo- narchia precipita, e sorge il popolo: l'esercito stanziale si dissolve, e si forma le nazione armata: l'ossequio dinastico dilegua, e nasce l'idea patriottica: c'è un uomo di meno e un concetto di più: non si dice più ■■ il re di b" rancia ». ma « la Francia » soltanto.

L'Scì è la sommossa: il ()2 e la guerra. La Repubblica regicida, assalita in nome del diritto divino da tutte le corti coalizzate, e costretta a difendersi. La leva in massa fa d'ogni cittadino un milite, e il milite diverrà presto soldato, ^'almv è un battesimo di fuoco: Rivoli sarà la confermazione. La Rivtjluzione politica diventa così militare: così la democrazia

300 MEISSONIER

prepara l'avvento del cesarismo. Un generale trionfi, e l'im- pero si farà da sé.

Il fenomeno del Còrso esplode. All'eco delle prodigiose vittorie d'Italia, la fiamma antica della gloria riaccende d'un subito il popolo più marzia! della terra: il popolo dei poemi cavallereschi e delle crociate; il popolo della Pulzella, del Bearnese, del Re-Sole. E l'astro crinito di Honaparte irradia per diciott'anni la Francia di luce non mai veduta.

Questo abnorme macellatore di popoli, questo ambizioso sublime, questo immane egoista, che riassume il genio tutto della Rivoluzione e ne chiude il ciclo fatale, innamora la Francia come un maschio possente, come un iddio armato. Non più la riscossa legittima, non più la giusta difesa: è la guerra per la guerra, la conquista per la conquista : e gli eroici sanscLilottcs, dimenticata l'origine propria sotto l'assisa fiammante della Guardia, seguono il divo Imperatore attra- verso l'Europa in fantastica marcia macabra: e la grande nazione, briaca di epico orgoglio, fascinata dal sogno del- l'imperio universale, immola alla superbia del trionfatore ple- beo tutta stessa.

(Quindici anni durano, da Marengo a Waterloo, il Conso- lato e l'Impero; ma son quindici canti d'una sanguinosa epopea quale in cosi breve spazio non ebbe Roma invincibile, b^ppure, in tanto tumulto d'armi e in tanta messe di lauri, l'arte quasi stupefatta o sbigottita si tace o si accinge; e le vittorie cam- pali non infiammano soverchiamente gli estri pittorici, e ai ca- polavori della strategia non rispondono quei del pennello, e sembra che a .Napoleone, men fortunato in questo di Luigi .\1\\ manchi ancora un grafico apologista veramente degno di lui.

La Rivoluzione possiede bensì il suo dipintore ufficiale: Jacopo Luigi David. .Ma questi é un classico, un romano della Convenzione con e senza doppio senso, l'illustrator di Plu- tarco e di Livio, un Lebrun repubblicano. 1 suoi quadri enormi e vacui dalle tinte grigie o vinose, più che l'elogio dell'antica

LA PITTURA EPICA 301

virtù, esprimono quello del manierismo storico. Che se nella sua mente Bruto secondo e Tiberio Gracco simboleggiano .Marat e Desmoulins, nella barocca significazione non la democrazia trionfa, ma la volgarità, quando non sia la cortigianeria, come neli' Incoronazione.

Le prime vittorie della Repubblica meritano appena l'o- maggio di alcune mediocri « stratografie » a modo delle z'iws cavalièrcs del 5oo. Due generali. Lejeune a Beuler d'Albe, schizzano panorami della salutar giornata di \'almy. Più fortu- nata è .Marengo, che trova un degno commentatore in Carlo \'ernet. al quale in un'ampia, ma fredda composizione riesce di coonestare l'esigenza strategica con la ragion pura del bello. Austerlitz, la battaglia-modello, e celebrata da Gerard, pittore più analitico che non sintetico, in quadro fin troppo vasto, che offre buona collezion di ritratti. Le vittorie della campagna d'Egitto e di Siria appartengono al pennello di Gros, artista più baldo e focoso, innamorato dell'episodio meglio che del- l' insieme, poeta tragico del colore, massime in quella Batta- glia d'Alnikir, che è pagina di storia vissuta. Cosi la magni- fica epopea napoleonica, cresce, sale, precipita, senza che alcun artista sappia fissarla sulla tela: e le somme imprese dell'Im- peratore vengono abbandonate dal pennello alla matita, da Gerard a Charlet.

La Ristorazione non ha pittura militare, perche non ha quasi politica estera. Le tre spedizioni di Spagna, di .Morea e d'Algeri son sacre alla geniale litografia di Raget. Gericault, autore della Zattera famosa, ritrae bensì soldati a piedi e massimamente a cavallo: ma e pittura da Campo di .Marte, senz'altro pensiero che la rassomiglianza. Ed ecco, nella rie- vocazione del gran Còrso dopo il "3o, apparire Grazio \'ernet, figliuolo di Carlo.

In questo artista, che dicor in questo specialista si rias- sume il genio di due scuole e di due epoche. Continuatore e perfezionatore di Gerard e di Gres, egli e per eccellenza

302

MEISSONIER

un eclettico. II suo stile è insieme drammatico e strategico. Il personaggio nell'avvenimento, e l'episodio nell'azione: tale la sua disciplina. Per esso il campo e una scena, la battaglia una rappresentazione, protagonista l'Imperatore, personaggi secondari i marescialli, coro l'esercito. E non si dice, infatti, « teatro della guerra? » Insomma, Orazio è il van der .Meulen dell' 800; ma un van der .Meulen visto attraverso l'impeto del Borgognone e la fantasia di Salvatore.

Chi non ricorda la fortuna iniziale dei quattro primi suoi quadri { Jenia-ppes, Valiny, ^ ìrcole e Montììiirail) proibiti dal timido governo di Luglio, non per anche convertito al culto napoleonico? E chi ignora che. pochi anni appresso, poteva egli tappezzar di quelle e d'altre tele i muri delle « Gallerie storiche ». appositamente instituite a \'ersailles: sorta di Pan- theon patriottico, in cui le generazioni francesi veggono ripro- dotta in ogni sua più caratteristica cifra la gran leggenda im- periale?

Più abile che forte, più largo che profondo, egli è il Thiers della pittura civica : pittura ineguale e imperfetta, ma ricca di sorprese e d'emozioni, varia d'episodi e di par- ticolari: scenografia sovente, ma grande, opulenta, efficace scenografia . che seduce l'estro e parla al cuore e inebbria la mente: immagine viva delle battaglie fiammanti, vision gloriosa della patria, richiamo insieme e promessa, storia a un tempo e poema, monumento sempre.

Lecito era credere che l'età napoleonica avesse esaurito ogni contenuto suo figurativo, e che. d'innanzi alla grandiosa illustrazion pittorica dei due Vernet , ogni altro più audace pennello si sarebbe ritratto sgomento. L' Imperatore, abban- donato dall'Arte, apparteneva alla Storia, ossia alla giustizia.

Dopo trent'anni. sorgeva .Meissonier....

LA PITTURA EPICA

III.

L' età nostra volge poco propizia alla pittura istorica in genere e alla militare in ispecie. Tranne in Francia, dove anche l'arte è politicante, per non dire chau-i'iiw, e alcun poco in Germania e in Russia, nazioni ancor soldatesche, i vi- venti pittori di battaglie possono noverarsi sulle dita.

Non già che manchino agli artisti occasioni e argomenti di coltivare questo peculiar campo dell'arte. Nonostante la crescente diffusione dei principi umanitari e la propaganda assidua per l'arbitrato internazionale, non infrequenti sono le guerre: imprese coloniali e lotte intestine, duelli di popolo e giudizi di l)io....

\'ivaci durano le memorie della terza campagna d'(J- riente, e mugge peranco nell'aere il rombo delle battaglie di Francia, non ultime forse alla millenaria inimicizia tra le genti tentone e celte. E quai temi più nobili, più forti e più vari di quelli offerti nel secolo nostri) dalle grandi levate di popolo per la conquista della indipendenza o la ditesa della nazionalità: la Spagna, la Grecia, il Belgio, la [Janimarca, la Serbia e l'agonia polacca, e la immolazione magiara, e il risorgimento italico, in che il poema si disposa alla storia, e la leggenda è sorella della realtà ?

Non giova. Nelle scuole e più ancor negli studioli è invalso il vezzo di considerare la pittura storica quale inutile ciarpame accademico, qual vieto trastullo ufficiale. I migliori ingegni rifuggono da cosifatto genere che, tutti gli altri abbracciando, a nessuno appartiene. Nel nostro paese massimamente, benché vi traesse i natali e vi attingesse le cime più alte, tranne qualche rara o mediocre eccezione, i giovani pennelli ignorano perfino che sia e a che serva. E così la pittura nostra, come del resto la politica istessa, si

304

MEISSONIER

palesa e si dichiara antimilitare per eccellenza, o come, con parola tolta alla sartoria . direbbesi " civile » ; seppur tale parola non suonasse sarcasmo per arte spoglia appunto di ogni civile finalità: l'idea vivificante di cui sempre parlava e dalla quale tutto era compenetrato Meissonier.

Questo abbandono o, meglio ancora, questa lepugnanza

(poiché non mai la pittura epica raccolse nel bel Paese soverchio numero di cultori i non e effetto di voga o di capriccio. Re- mote ne sono le origini e complesse le ragioni: si che il fatto appare de- gno di esame.

Anzi tutto, gli artisti contemporanei si sentono sgomenti d' innanzi alle tecniche difficoltà del gran quadro rappresentativo. È passato il tempo felice in che i signori del pen- nello abbracciavano, come in sintesi estetica . non pur tutte le arti figurative, ma tutti i rami di ogni singola disciplina. Cosi, nelle grandi magnifiche tele d' indole storica e religiosa, i maestri più insigni del Cinquecento esplicavano tutte le doti più varie della esuberante loro natura; tal che dalla concorde molteplicità degli attributi e degli sforzi re.^ultava l'ejìetto meraviglioso, il valor complesso del quadro. Tutti, anche gli scolari, anche i minori . erano insieme ritrattisti e i:iaesisti, e insieme trattavan<j la figura e l'architettura, il costume e

SCHIZZO LUIGI XIII. (.V.,aerello.)

LA PITTURA EPICA

303

l'ambiente, il principale e l'accessorio, l'eroe e la moltitudine, l'uomo e il quadrupede, l'avvenimento e l'episodio.

Oggi, nella mediocrazia imperante, per la pochezza delle facoltà native e per la povertà degi' insegnamenti ul'Hciali. ogni arte s'è dovuta non soltanto singolarizzare, ma suddivi- dere puranco. I grandi intelletti poliedrici di Leonardo, di Raflàello, di Michelangelo, del "Fiziano. del 'i'intoretto, del Veronese, a tacer di altri, seppur fos- ^

sero ancora possibili, in tanto deca- dimento parrebbero mostruosi. I pit- tori del nostro tempo si slbrzan tutti di raggiungere alcun grado di eccel- lenza in una sola branca dell'arie, che paia meglio appropriala al loro ingegno unilatere : e l'uno si dedica tutto al paesaggio, l'altro al ritrailo. il terzo alla natura morta: e abbiam pure una pittura botanica e un'altra zootecnica, esclusivamente. K. poiché l'analisi Irionta, artista e oramai si- nonimo di « specialista » : un uomo, cioè, che sa dipingere mediocremente solo una cosa.

Ora. in tale limitatezza di attitu- dini e in tanta angustia di concepi- menti, la pittura storica, come quella che nella immensa va- rietà sua contiene tutte le sotlospccie dell'arte, non invila, ma discosta gì' ingegni incolli e i timidi pennelli. Troppa cono- scenza del passato, troppo studio del costume, troppa osser- vazion dei particolari, troppa perizia nella prospettiva, troppa familiarità con l'architettura e col paesaggio questo genere esige imperiosamente.

E che dir del quadro militare, nell'ardente trambusto della ■battaglia, tra l'infierir delle belliche furie, con tutte le con-

Meissoiiicr, 20

SCHIZZO LUIGI XIII.

3o6 MEISSONIER

vulsioni del disea:no e le crudezze tutte del colore, in cui dallo scompiglio convien trarre 1' ordine, e dall' impeto la chiarezza, e dalla violenza la sincerità? Non è di tutti il senso visivo della battaglia nell'ordine suo prospettico e nel suo svi- luppo stratografico; non di tutti è l'affermazion trionfale dell'e- pisodio caratteristico nell'ampiezza e nella pienezza della scena strategica. E perchè stupire, se i pittori d'oggigiorno, chiusi in una formola . ligi a una categoria, fieri d'una specialità, ri- fuggano da questa che non invano fu chiamata grande arte, poiché aduna e comprende tutti i generi e tutti gli ostacoli? Basterebbe Io studio del cavallo aggiungentesi a quello della figura umana e la dimestichezza con le manovre tattiche com- plicante le movenze delle persone, per disamorarli di tale universalismo pittorico concesso a pochissimi eletti.

Secondariamente, si tratta di un fenomeno politico, perchè politico è il carattere e l'intento di cotal genere d'arte. La pittura militare, illustrando e perpetuando le gesta dei prin- cipi e degli eroi , contrae non so quale indole cortigiana, sia pur libera espressione d'intelletto amoroso della gloria e non venal frutto di regio favore. Ora, nel trionfo dei principi democratici onde il secolo cadente è tutto governato, questa pittura di ufliciale parvenza urta e ferisce l' istintivo orgoglio di artisti schivi d'ogni più lieve sudditanza e incapaci d'ogni men grave adulazione. Anche la pittura, al modo istesso della poesia, ebbe i suoi maestri cesarei ; ma oggi i van der W elde. i van der Meulen , i Lebrun non sarebbero possibili , dopo che nelle corti fu abolita la carica di « pittore delle conquiste di Sua Maestà ".

Certamente, oggi ai re subentrano i popoli; e dei popoli è la nuova gloria marziale, se vera gloria debba chiamarsi ; e i popoli, nella lor sovranità apparente e burlesca, hanno pur essi adulatori di rima e di pennello, più numerosi forse e meglio retribuiti. Anche l'artista può essere soldato; anche il pennello sa dimostrarsi cittadino. Tale veramente era quel

LA PITTURA EPICA

307

di .Meissonier. repubblicano in politica e bonapartista in arte, perchè ovunque e mai sempre francese. Pittura, adunque civile, non cortigiana la sua, più che alla fortuna di un uomo inneg- giante alla gloria immarcescibile della Patria.

Ma ecco appunto un'altra onda di sentimenti nuovi tra- volgere il concetto meissoniano. L'invasione delle idee uma- nitarie, dietro la formola stolidamente felice di « Guerra alla guerra » ha inferto un gravissimo colpo alla pittura epica. Il parlamentarismo ha ucciso o per lo men disarmato il mi- litarismo. Il tramutarsi degli eserciti stanziali in nazioni armate rende antipatica, se non pur risibile, la milizia. Il perfezio- namento, infine, delle armi da fuoco, accresciuta la terribilità della guerra, ne cancella quasi ogni poesia.

Il concetto medesimo di nazione e di patria, nell'età del telegrafo e della vaporiera, s'è ampliato, e con l'ampliarsi per cosi dir si dissolve; e l'astio secolare tra popoli vicini, ove da novi oltraggi e da recenti lutti non venga rinfocolato, scema nell'assiduità dei traffici e nel fervor delle arti ogni giorno: onde il civile ufficio della pittura, bellamente sorriso trent'anni addietro a Ernesto Meissonier. più non accende la generazion nuova conquistata al sogno Kantiano della pace perpetua. E non estranea a codesta reluttanza appare ugualmente la fre- quenza delle mostre universali: pacifici ludi ove le arti, me- glio ancor che le industrie, aQ^ermano nella parentela delle nazioni la propria.

Qual meraviglia, adunque, che i giovani, già respiranti gli effluvi della promessa primavera , rifuggano dal celebrar col pennello ogni crudele immolazione di popoli, ogni vana ecatombe d'innocenti, avvengan queste oramai per impulsi par- lamentari prima che per dinastici interessi, per orgoglio o pre- giudizio di genti anzi che per intrigo o vanità di ministri > A meno che. come vuoisi faccia apostolicamente il russo \ e- reschaghin, non imprendano a trattar bellici soggetti col pro- posito deliberato di combattere la guerra, ritraendone coi men

MEISSONIER

falsi colori gli aspetti più lividi e più crudi, da indurne orrore o disgusto: equivoco apostolato mirante forse all'an- nua! premio del lascito Nobel, onde I' inventor della dina- mite s' illuse, morendo, di pagare il prezzo de' suoi chimici rimorsi.

Ma v'ha di meglio e di più. La decadenza delle idee romantiche nelle lettere non poteva, non doveva rimanere un fatto solitario. Reciproca più assai che non sembri e l'azione

delle multiple arti : concomitante ne e lo sviluppo; simultaneo, il cammino. Queste ancelle dell'Ideale non disobbediscono alla legge del tempo, che le sospinge e le involve e le trasforma, sia pur deforman- dole.

Il crepuscolo della pittura mi- litare, almeno nelle minori nazioni latine, coincide, adunque, con l'av- vento del naturalismo letterario. % Per intendere pienamente l'oscuro l'jnomeno, converrebbe rievocar le cause cui dobbiamo la fine incom- pianta, ma non immatura del ro- MEisso.iER (Ballo delle Tuiieries, IS66). ^^^^^^^ ^ j^j ^..^^ìma storico , va- namente oggi rievocato. Il pennello abbandonava la storia, dopo che la penna aveva abbandonato la tragedia . e non per dissimile spinta. -Anche la tragedia avrebbe voluto essere una storica dipintura, ricopiando i costumi, i caratteii. le passioni, le idee di un àmbito e di un secolo determinati. E per gran tempo tale s'era creduta e spacciata; ma, finalmente, l'incanto non potè resistere all'esame della ragion positiva: e fu riconosciuto che, se la cornice era buona, il quadro era falso.

11 medesimo disinganno doveva incogliere la pittura sto-

DRAGONE IN" Vedetta.

(Acquerello della coltezione del sig. Missimiliino Beyer.)

MEISSONIER

rica , ossij la tragedia colorata. Il sentimento della verità venne a cozzar contro quello della verosimiglianza: il concetto assoluto della esattezza prese la mano a quello tutto relativo della intuizione. La formola o scolastica o volontaria mostro, a modo di un vecchio abito, la trama. E il quadro storico, come il romanzo e il dramma dello stesso nome, parve un abuso della fantasia, un arbitrio del sentimento, un anacro- nismo estetico; parve, ed era forse, menzogna convenzionale, delitto di lesa sincerità, arte contro natura.

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h. \'eramente, a volerla giudicare con gli angusti criteri realistici del tempo nostro, questa grandiosa e pretenziosa forma dell'arte figurativa non regge la prova dell'analisi. Il metodo sperimentale, passando dal severo dominio delle scienze al giocondo reame delle arti, non perde alcuno de' suoi diritti. Il Bello, non men del \"ero . riconosce la giurisprudenza del- l'esame, ammette il controllo della vita.

Per la critica nuova, la sincerità e patto si7w qua non del- l'opera d'arte. Il diletto estetico e figlio naturale della verità, non di una « maniera >' più o meno eletta ed accetta: l'emo- zione discende bensì dalla sorpresa, ma codesta sorpresa deve restar nell'ordine dei fatti naturali, e naturalmente va prepa- rata ed espressa. basta che l'opera magistrale sia verosi- mile: convien che sia vera, e tanto nei particolari quanto nell'insieme, si nel concetto come nell'esecuzione.

Ora, la pittura istorica esce per indole e legge sua dalla categoria delle realtà riproducibili. Trattisi pur di tema con- temporaneo, di fatto recente, o, come oggi dicono, di « attua- lità » ; siano le figure di persone famose e ancor viventi; abbia l'artista assistito alla scena, e conosca i luoghi pienamente, che giova? Ey;li ci darà buona scelta di ritratti , e gran

LA PITTURA EPICA

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IL FIGLIUOL PRODIGO. (Schi7.™ a penna.)

copia di armi e di fogge , e magari uno sfondo preciso di paesaggio. xMa, se la memoria lo soccorra nell'ordine dei per- sonaggi, potrà egualmente sus- sidiarlo nell'attitudine loro. nella loro espressione? Non e profano che non intenda le dif- ficoltà di ritrarre dal vero. Ep- pure il personaggio oggi ritratto non e più quello di ieri; l'eroe riprodotto nella calma e un altro uomo; si otterrà la comune rassomiglianza della persona, non la fisionomia dell'avvenimento. In altri termini, il quadro resulterà psicologicamente errato, ossia storicamente falso.

Se tanto si può obbiettare alla rappresentazion grafica dei fatti e degli uomini dei nostri giorni, che dir mai di gesta remote e di persone da lungo scomparse? Molto può r intuito del genio, che. travalicando il suo tempo, rie- difica miracolosamente il passato, massime se il lungo studio lo aiuti e il grande amor lo sospinga. E molto può ancora il comun senso storico , per il quale uomini di una classe o di una generazione, allo stesso modo educati, nello stesso modo vedono e sentono la storia: fenomeno di approssima- zione, cui dobbiamo il pregiudizio del » color locale » e del « clima storico »; si che il meschino spediente delle lunghe tube

ne\VA/(ia basta a rievocare il fantasma canoro del vetustissimo Egitto , e basta qualche nota suppellettile o qualche arma spe- ciale a richiamar nei pittori olandesi e fiamminghi la visione pittorica di Terrasanta o di Roma, benché i patfuti lor personaggi

IL BUON' S.AMARITANO. ^ ,-,- I 1 c:

f<: ^w . , ., n, ^ vestano i gotfi panni del bei-

(bchizzo 1 penna.) r^ 1

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MEISSONIER

cento. Che dicor Noììicii sujficit, come atTermavano i santi F^adri: basta il titolo solo del quadro, massimamente se reli- gioso, poiché non ha occhi la fede, e più percepisce quanto è più cieca.

Ogni pittura storica è però di nascita sua convenzio- nale, se non addirittura bugiarda. Tutt'al più può essa ammannirci una ve- rità approssimativa, ch'e quanto dire una mezza menzogna. O il pittore dipinge a memoria , e in tal caso non può tutto ricordare e riprodur fe- delmente; o inventa, e allora inganna prima se stesso per ingannar po- scia gli altri. Per quanto geniale la sua composi- zione riesca nell'ordine e nell'atteggiamento delle figure, non sarà mai troppo vera. Xon basta acconciare un vile mo- dello da Cesare o da ^*ompeo, per far si che Cesare e Pompeo risor- gano d'innanzi a noi viventi e parlanti. Come e perchè illu- dere, adunque?"

Ogni secolo intende e rende diversamente la storia, so- stituendo l'anima propria all'altrui: talché ogni interpretazione o raffigurazione storica torna arbitraria e gratuita. Anzi, pro- cedendo per assurdo, potrebbesi condensare il nostro ragio- namento in questa proposizion negativa: non esistere pittura

L UOMO DALLA SPADA. (Acquaforte originale.)

LA PITTURA EPICA

isterica veramente tale, ma solo una scenografia della storia. (Qualunque la disposizione dei personaggi e delle moltitudini nel quadro, non potrà essa non parere accademica o teatrale, come quella che non l'immagine della morta e inaOerrabilc realtà, ma il resultato sia del ragionamento o del capriccio di un artista, operante fuor del momento e del luogo, obbe- diente a un' ottica diversa e fallace , arbitro assoluto della esecuzione . auto-impresario della « messa in iscena », vittima prima della propria illusione.

Insomma, il quadro sto- rico sta alla storia come il teatro alla vita: ed è tanto vero quanto lo può essere un ballo in costume. \'eg- gonsi e ammiransi le ma- gniliche armi e le bellissime vesti e le attitudini solenni ; ma dove le passioni e le anime >

(Jucste insite debolezze e queste deficienze irrepa- rabili della pittura storica

vieppiù si allargano e si aggravano sul campo dell' epica. L'n argomento calmo e solenne, quale ad esempio una inco- ronazione, un ritorno trionfale, l'arrivo d' un' ambasceria, la stipulazion di un trattato . una qualsiasi cerimonia officiale, insomma , può concedere all'artista alcuna serenità di conce- pimento e alcuna fedeltà di riproduzione.

Scenografia sempre e dovunque; ma la scena, amorosa- mente rievocata e ricostrutta che sia, potrà porgere qualche verisimiglianza, se non nei peculiari caratteri, almeno nelle ampie linee e nelle tonalità dilfuse. .\ulla vieta al pittore

MEISSOKIER (iSyS)-

314 MEISSONIER

di riunire e raggruppare saggiamente tutti gli elementi necessari del quadro. traend(") il miglior vantaggio dai suoi modelli nel più acconcio modo aggiustati e disposti ; come accade, ad esempio, nelle grandi tele rappresentative del Ge- ròme , del Kaulbach , del Mackart , dove il verosimile non lascia forse rimpiangere il vero. La suggestione spontanea del costume, dell' architettura, del paesaggio di tutto ciò che conferisce al cosi detto « color locale > ben più che il magistero istesso della fattura, potrà determinare o accrescere l'effetto prefisso.

Ma la battaglia e azione, e moto, e disordine, e caos; la battaglia è mutevole come il mare, e poliforme come la tem- pesta; la battaglia, cozzo di due eserciti o meglio di due genti, è l'infuriar di due collere immense; la battaglia e l'umano cataclisma, il dramma collettivo. Neil' immane tumulto, nella convulsione orrenda, nella formidabile molteplicità, quale dei cento suoi aspetti scegliere, e qual cogliere de' suoi cento momenti ? Come riprodurre nel sanguinoso turbine gì' inso- spettabili effetti di luce al corruscar delle armi e delle arma- ture, sotto il sole allo o nel fuoco mortifero, tra nembi di polve, tra nugoli di lumor E m qual modo mai, nell'oscillar confuso delle felangi . qual di spighe agitate dalla bufera, tra l'onda incalzante o fuggente dei fanti e dei cavalli, rendere la verità istantanea degli atti, dei moti, dei volti, degli animi,

e il concitato imperio, e il celere obbedir !-

Inutilmente valorosi principi del pennello, per zelo d'arte o per anelilo di verità, vollero assistere, e non da lunge. alla scena gi'andiosa e terribile, per poi con fedeltà di testimoni oculari perpetuarne i tratti salienti, le caratteristiche note sulla tela. E non meno inutilmente altri più scrupolosi maestri, non che assistere, parlecipai-ono alia battaglia, impugnando il mo- schetto per indi poter viemmeglio impugnare il pennello,

LA PITTURA EPICA

3'5

men tementi del pericolo che non della falsità, pronti a disfi- dare la morte prima che cedere alla convenzione.

Così il fiammingo Gian Cornelio Vermeven. chiamato in Ispagna da Carlo \\ partecipava quale alfiere all'impresa disgraziata di Tunisi, per indi raffigurare, giusta i cartoni di- segnati sui luoghi, le più che dubbie vittorie dell'Imperatore. Così Giacomo Courtois, seguiti in Italia gli eserciti francesi, assisteva a molte battaglie in quelle interminabili guerre di successione, studiando e ritraendo dal vero tipi e costumi, paesi e castella, manovre e combattimenti. Così i due van der Velde, illustratori delle guerre marittime d'Olanda e d'In- ghilterra, salivano a bordo dei vascelli per aver l'esatta visione della battaglia navale: e, mentre il padre otteneva dal governo olandese un brick armato che lo portasse ovunque tuonava il cannone, il figlio non temeva di affidarsi a fragile schifo per meglio considerare la pugna, che suggerirgli potesse il suo capolavoro.

Medesimamente van der Meulen, che meritò d'essere chia- mato il più fedele istoriografo di Luigi Xn\ seguiva in alcune campagne gli eserciti del gran Re; e il suo miglior scolaro Giambattista Martin, soprannominato « delle Battaglie » -stu- diava l'arte della fortificazione alla scuola pratica di \'auban. nei lunghi numerosi assedi di quel tempo bellicosissimo. Lo stesso dicasi dei Parrucel. egregi dipintori di cavalli e di cava- lieri, secondo lo stile di van der Meulen: Carlo accompagnando re Luigi XV alla guerra di Fiandra, Ignazio seguendo il principe Eugenio di Savoia contro tui'chi e contro francesi.

Xe va dimenticato Gros, ammesso per protezione di Giu- seppina nello stato-maggiore di Buonaparte in Italia e in Egitto, come il venerando MenzeI al quartier generale di re Gu- glielmo nel 1870, e come l' ancor vivente \'ereschaghin a quello del secondo Alessandro durante l'ultima impresa d'U- riente. E Meissonier medesimo non assisteva forse tra il seguito di Xapoleone HI a tutta la campagna d' Italia, e non

■3i6 MEISSONIKR

forse prendeva parte qual comandante di battaglione alla difesa di Parigi, traendo dall'una e dall'altra bellica scena utili ele- menti per due tra' suoi quadri migliori >

Indubbiamente, codesti nobili artisti otfersero un insigne esempio di personale abnegazione e di amor disinteressato dell'arte. Eppure la critica non saprebbe ancor dire quanto la visione diretta della battaglia abbia giovato all' evidenza della pittura. 1 loro quadri ci mostrano che cosa videro; ma come videro essi? La battaglia, magari una fase della battaglia, si svolse veramente quale ci fu rappresentata?- L' impeto della pugna, il morso del pericolo, la nausea del sangue, il rac- capriccio della strage, lo stordimento del tumulto, non fecero lor velo agii occhi, non turbarono la loro percezion solitaria, massime allorquando da testimoni mutavansi in attori?

Certo, in si [latta riproduzione di battaglie vedute e vis- sute, i particolari, curati con singolo amore da codesti veri specialisti dell'arte, sono ammirevoli e irreprensibili: l'esat- tezza scrupolosa delle armi, delle uniformi, dei quadrupedi, dei finimenti, delle salmerie, delle evoluzioni non potrebbe esser maggiore.

Cosi i vascelli dei due van der N'elde sembrano dise- gnati da un architetto navale, come lo piazze torti e le trincee d'assedio nei due .Marlin paiono squadrate da ufficiali del genio, mentre si giurerebbe che i cavalli dei tre Parrocel escono appena di stalla, tanto son veri e vivi. Senonchè la verità tecnica non e la verità storica e men che mai quella psichica.

Solitamente, questi quadri di tanto paziente lavoro, nei quali non sappiamo se più ammirar lo studio dei particolari o la disposizione dell'insieme, son privi della qualità essenziale in tal genere d'arte: l'energia suggestiva. O per zelo di sover- chia sincerità appaiono troppo confusi, e allora la difficoltà d'intendere l'azione non tarda a faticar gli occhi e la mente: o son troppo sapientemente ordinali, e allora ci lasciano freddi.

LA PITTURA EPICA 317

e la freddezza e anche pe,2;s;iore della stanchezza. Insomma, nell'un caso e nell'altro, difetto di persuasione o difetto di commozione, senza la quale non è interessamento che valga; si che r unico eQfetto scenografico di tali prelese riproduzioni dal vero è il richiamar l' antico dettato : Multa ex studio, ex animo

pauca Ed ecco in queste epiche sceneggiature mancar per

l'appunto la desiderata psicologia della guerra: il furor tra- gico, l'anima ardente, il sublime aljlato della pugna. A che, dunque, la dote tanto vantata della immediatezza, e a che la famosa « ottica della battaglia » ?

Anzi, a ben guardare, se una qualche emozione ne scatu- risca, ben più efficaci riescono i quadri di fantasia che non quelli di studio. Le battaglie sempre anonime e sovente immagi- narie di Salvatore, di Wouwerman, del Borgognone ottengono con r impeto e col disordine stesso eljetti non raggiungibili mai da' più sinceri e scrupolosi dipintori de -visu : tanto che a questi si potrebbe estendere il rimprovero già mosso al Brescianino 'c delle Battaglie »: che, cioè, i suoi soldati minac- ciassero soltanto, mentre quelli del parmense Spolverini, altro imitator del Borgognone, uccidevano veramente: e Io Spol- verini dipingeva appunto di maniera. Riprova codesta di quanto, in siffatto ed altri generi di pittura troppo asserviti alla ricerca af|annosa del vero, l'intuito superi l'osserva- zione, e la fantasia vinca la fedeltà, quando sia governata dalla chiaroveggenza del genio. Cosi messer Ludovico, il quale non aveva mai veduto una tempesta di mare, ne de- scrisse oltre venti in magnifica guisa, e ciascuna diversamente bella dall'altra, nel suo poema immortale.

Qual meraviglia, dopo cosi fatta disamina, che i più insigni quadri di battaglia appartengano a maestri curanti della fattura più assai che della esattezza, e meglio obbedienti alle ragioni dell'arte che non a quelle della storiar La Vittoria di Co- stantino sopra Massenzio disegnata da Kaljaello e dipinta da Giulio Romano, e la Battaglia di Lepanto del Tintoretto

3.8

MEISSONIER

miseramente arsa nel Palazzo duca! di Venezia, e le Gesta di Decto Mas del Rubens nel iimseo di Vienna, massime quella Resa di Breda del \"elasquez che è storia insieme e poema, confortano 1' asserto nostro di fulgide prove.

E. nondimeno, tanto acuto è il fascino della difficoltà, e tanto acre la bramosia del trionfo, che i maggiori artisti della Rinascenza tentavano con la voluttà dei forti questo genere ingrato e periglioso. Occorre, oltre i già mentovati, nominare il Durerò, e Holbein il Giovane, e [Palma il \'ecchio , e il ("aliari. e il Mantegna. e il Poussin, e Luca Giordano? Che se nessuno, pur tra i maggiori, attinse la cima della sto- rica verità o raggiunse il sommo grado della naturale efficacia, parecchi tuttavia vi si ac- costarono; e non fu lieve impresa, tenue conseguimento.

E poiché, in questa ostinata caccia al- l'irreproducibile, dal sublime al grottesco e brevissimo passo, non s'inalberi il lettore, se noi diremo che le battaglie quasi umo- ristiche di Breguel il \'ecchio contengano maggior somma di umana verità che non le seriissime tele dei van der .Meulen od an- che dei \'ernet; in ispecie quella Piigjnr di Sanile contro i Filistei, che può far degno riscontro alla Battaglia dei Grassi contro i Magri del medesimo autore.

Più venturosi furono i timidi o i modesti o gli accorti : coloro, cioè, che, pur volendo giovarsi delle armi e delle as- sise per varietà dilettosa di colore, e con fatica infinitamente più lieve, evitarono il campo di battaglia per soffermarsi al bivacco, o indugiar nella caserma, dandoci non già grandi scene epiche, ma quadretti militari d'un sapore arguto e leg- giero : pittura caratteristica o episodica che va ascritta al « genere » propriamente detto. FVimo in codesta specialità il

SCHIZZO PER I 1-RANCESI DIPINTI DA LORO STESSI.

LA PITTURA EPICA

319

tedesco Hans Sebald l:!eham, ultimi il francese Detaille e il nostro compianto L)e Albertis : sommi tuttavia gli umoristi de' Paesi Bassi, come Johann van Breda. Jan Meel, Terburg, van Maas e sovra tutti \\'ou\verman. osservatori acuti e pazienti della vita marziale nelle marcie e nelle tappe, nelle fatiche e nelle gioie: pittura elegante insieme e gagliarda, seria e taceta, superficiale e suggestiva, la quale manda ad efletto il duplice postulato del buon A\ontaigne : naturaliser Fart et arliallser la nature. .Ma non timido, ne modesto, benché accortissimo sempre, si fu Rembrandt . l'immensurabile Rembrandt , al quale dobbiamo il maggior capolavoro di questo genere ibrido, non abbastanza guerresco, ne pacifico abbastanza: dico quella maravigliosa Ronda di notte, che rimarrà espres- sione ultima della pittura militare d'ogni tempo e d'ogni paese.

.Meissonier, chiamato dalla gran voce della patria a illu- strar l'epopea napoleonica, questo sapeva, questo sentiva. E, grazie al buon giudizio, che in lui non si scompagnava mai dal grande ingegno, evito di consumar le sue forze nel- l'impari duello con l'impossibile. E, anzi che ritrar la guerra nella sua indipingibile furia, nella disfidante sua varietà, co- glier ne volle piuttosto l' intimo significato. Come Bonaparte aveva girato le Alpi, cosi egli girava le difficoltà, per non dire le impossibilità, dell'arte. Bene egli Ìq.cq., e ben gli tornò.

Non si potrà forse dire di lui quel che il nostro Lanzi diceva di Giacomo Courtois: « egli portò l'arte sua ad altezza non peranco raggiunta ne prima ne poi ». Certamente, però, egli vide e senti e ritrasse in personal modo la battaglia.

Nel Borgognone appunto, come in Salvatore e nel Ca- sanova, tutto il quadro è una mischia senza nome parte: un confuso nembo di cavalieri, cozzantisi e afferrantisi e mor- dentisi tra spessi lampi di sciabole e di pistole: il cannone e appena sottinteso nel vermiglio velo dell'orizzonte, quasi rossor di tramonto in un paesaggio : pugne tumultuarie di mera fantasia che. ripetendosi sempre, diventa maniera.

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322 MEISSONIER

In van der Meuien e in Huchtenburg regina è la stra- tegia; la battaglia regolare, cioè, nel suo chiaro disegno e nel razionai suo svolgimento : troppa dottrina e poca fantasia. In Gerard e Gros, e sovente pure in Vernet, protago- nista è l'episodio caratteristico coi tipici suoi personaggi, ai quali ogni altra cosa è sacrificata: piitura di grande unità e di securo effetto, ma a lungo andare monotona e artificiosa.

Meissonier, nel geniale eclettismo suo, volle studiare e attingere tutti gli effetti, ora trattando l'eroe ed or l'epi- sodio, quando il ritratto e quando il paese ; per modo che nel suo ciclo SCHIZZO A PEN-N'A. napoleouico è condensata la pittura

militare dei tre ultimi secoli, e l'opera sua si riallaccia ai Fiamminghi, per risalire al nostro Francesco Bassano, primo dipintor episodico.

Così, mentre in Jena (1806) Napoleone è lumeggiato nel- l'apogeo del suo genio e nel solstizio della sua gloria, im- moto sul cavallo immobile, contemplante la pugna lontana, rigido e muto come il Fatalismo; m Aiisterlitz ( i8oj) q^\ e assente dagli occhi, ma più che mai presente alle anime, si che una linea sola di corazzieri aspettanti il cenno della ca- rica risolutiva basta a dar la visione della battaglia tutta nel momento supremo. Frlcdland ( iSoj) è la « cavalcata della morte », e l'eroica follia d'innanzi a Cesare trionfante: jSi^ è la marcia verso l'ignoto, il giorno del disinganno ultimo, il crepuscolo dell' Invincibile, il principio della fine.

Più che strategica dimostrazione, sintesi morale; più che tattica, psicologia colorata: si che dalla visione esce il sim- bolo, e da questo balena la storica verità. l\ pathos uQWvpos: tale l'essenza e la significazion morale di quest'arte amorosa e feconda. Non, adunque, lo svolgimento o l'episodio principale della battaglia; ma l'amplissima linea e l'ansia sublime della

LA PITTURA EPICA 323

fase critica, ma l'aspettazione dell'esito nell'ora segnata dal destino: pittura quasi fatalistica, densa di sottintesi e di vati- cini , che nelle sue calme solenni e paurose suade al tempo istesso la meditazione e la rassegnazione.

V.

Gianluigi Ernesto Meissonier si atjacciò all'arte, allorché la leggenda napoleonica rifioriva, grazie alla stolta illusione del governo di Luglio, il quale credeva di servirsene come di arme contro gli avanzi del legittimismo , e preparava invece r avvento del secondo Impero, la bara a stesso. Nell'aria « era un acuto sentor di violette e un ronzio sommesso di api, » per adoprare il linguaggio allegorico del tempo; poiché api e violette erano emblemi bonapartisti.

Le mirabili litografie dello ("harlet e del Raffet insieme alle tele impressionanti di Gerard, di Gros e di Vernet illustra- vano ia vita dell' Imperatore, mentre Adolfo Thiers gli ergeva con la sua storia ponderosa monumento men caduco, forse, della bronzea Colonna cantata da \'ittor Hugo.

La mania napoleonica, in pieno orleanismo, toccava l'ul- timo grado della imprudenza con la traslazione delle ceneri del Còrso: ed è assai caratteristico, negli Entrctiens, il rac- conto di tale avvenimento, che nell'animo di Meissonier la- sciava un senso indelebile di commozione, quasi religiosa. Imperocché nessuno più intensamente di lui senti la mistica poesia della Latria, religione delle anime virili.

Alla pittura eroica egli era già da tempo apparecchiato e temprato. La passione sua per le armi e per i costumi lo predisponeva a cotal genere di arte. Aveva studiato amoro- samente il cavallo, si che ne conosceva ogni mossa ed ogni andatura: difficilissimo studio perfezionato sui campi di manovra ben più che nelle scuole di equitazione. E poiché il cavallo è « l'anima delle battaglie, » e del cavallo egli pos-

324 MEISSONIER

sedeva meravigliosamente la tecnica, così, prima ancor di decidersi, era pittor militare.

Aveva già fatto un lungo tirocinio, disegnando belliche scene o figure marziali per libri e periodici illustrati; e già alcune sue tele di epico argomento avean richiamato l' at- tenzione dei critici, ed eran giudicate meritevoli di appartenere a quelle « Gallerie storiche » aperte in \"ersaglia dal mini- stero Guizot per eccitare appunto i giovani alla pittura ci- vica. E i giovani rispondevano con entusiasmo, ed eran nomi sacri alla gloria: Delacroix , Roqueplan, Ary ScheOTer, Fra- gonard , Delaroche , Decamps . Boulanger, Protais, ed altri minori.

Scoppiata la guerra d'Italia, Meissonier, non più ignoto e non celebre ancora , volle seguire lo stato-maggiore di Napoleone III: e dalla breve campagna ritraeva impressioni e ammaestramenti profondi, frutto dei quali è il suo Sol- ferino. .Ma un' altra guerra più lunga e men felice doveva spronarlo alla grande impresa del » ciclo napoleonico », al- lunga fatica delle « (Quattro battaglie ». L'acre umiliazione della sconfitta gli suggerisce, nell'immane catastrofe del "70, la nobilissima idea. Egli ascolta nel proprio cuore i gemiti della patria mutila e vinta, e abbruna il suo pensiero delle gra- maglie istesse onde si veste la Francia.

Come Orazio Vernet sotto il governo di Luglio, egli così sotto quel di Settembre commenterà novellamente e ful- gidamente r immensa epopea napoleonica. Libero cittadino, farà l'apoteosi del militarismo imperiale: democratico di sen- tire se non d'istinto e di costume, parrà nelle opere sue cesa- riano. Che monta, se sarà sempre e più che mai francese?

Piccoli quadri pur questi, m.a grandi di proposito e di valore, in cui la fattura pienamente risponde al concetto, e questo al sentimento universale. l'ittura di conforto e di spe- ranza codesta: conforto nella disfatta, e speranza della riabili- tazione. Però che, non osando vendicarsi ancora con le armi,

",26 MEISSONIER

la Francia si vendichi già con le rime e con le tavolozze: ed oggi ancora ai giambi infocati di Deroulède e di Richepin s'aggiungono i quadretti suggestivi di Xeuville e di Detaille; questi e quelli son araldi della memoria, nemici all'oblio, fomiti d'odio e auguri di riscossa.

Meissonier, poi che troppo dolorosa gli riusciva la ri- produzione dei recenti disastri, guarda indietro per risalire più alto. iSoj, iSoó, iSoy i8og ossia Austerlitz , Jena, Friedland, Wagram non sono semplicemente quadri di battaglia: sono, anzi tutto, quadri di vendetta. Con essi egli volle rievocare agli occhi della Francia le visioni dell'antica fortuna; volle egli con essi richiamar sulla triplice bandiera repubblicana il sorriso astrale della vittoria.

Considerato si fattamente, il gran pittore francese assume più nobile aspetto e veste più solenne. Egli è veramente l'in- terprete della gloria, il confortator della sventura nazionale. La Francia a lui deve questo nuovo altare votivo, questo nuovo monumento espiatorio. Fgli le dice, come Thiers e come Hugo: Sou-z'icìis-toi!

Nei momenti di maggiore abbattimento morale , quasi dispregiando i suoi più graziosi quadretti di genere , dipinti solo « per vivere », Meissonier esagerava forse l'austerità del proprio concetto. La « grande arte » è vana parola, se la consideriamo nel proposito suo anzi che nell' esecuzione. La vera grandezza sta nella bellezza : questa soltanto ha ragione: questa sol regna per diritto divino. Un buon ritratto può dunque valere più che cento vastissime tele storiche o religiose.

La meravigliosa sua piccola Guida, nella intensità pro- fonda del momento e del significato, non vince forse in sug- gestione le enormi battaglie del \\'ou\verman, del van der Meulen e dello Iluchtenburg, alcune delle quali misurano per- fino 2 metri e 5o di larghezza per oltre uno di altezza?

Ma non mentiva, no, l'istinto securo del maestro, allorché deplorava di avere sprecato il suo tempo migliore a schizzar

LA PITTURA EPICA

Q^iy quQx petits bon/!Oiiniics,\ quali tuttavia gli avean dischiuso le porte dell' Accademia. Fatidica voce gli suggeriva nella coscienza che per altre opere, se non di mole, maggiori d' in- tento, sarebbe egli ammesso nell'Instituto superior della Gloria. E, veramente, Meissonier resterà nella grata ammirazione dei posteri quale un malioso evocator del passato, quale un gagliardo commentatore di storie: tal che nessuno meglio di lui meritò la propria fortuna, come C. A. Dufresnoy, il Fiacco della pittura, cantava nella sua J)c irte gra[)liica:

Condignae pulchrorum operum mercedis in aevum.

I suoi quadri di genere, soverchiamente numerosi, benché sempre squisiti, e degni d'essere chiamati, come taluni del Borgognone, «piccole grandi tele», sarebbero bastati appena a farne un falso «immortale ». Egli, invece, lungamente trion- ferà nelle sue tele militari, onde la meravigliosa epifania na- poleonica ebbe nuovo risalto e nuovo fervore. E, per quanto nelle copiose opere sue possa egli parere variamente felice, l'avvenire vedrà in lui soltanto lo specialista della gran leg- genda imperiale.

Che se l'antecessore Orazio \'ernet. per la immaginosa e farragginosa interpretazione dell'eroico quindicennio, meritava di esser chiamato l'Alessandro Dumas della pittura francese, egli per la sincerità sua grande e l'accuratezza maggiore potrà sembrarne il Gautier.

Profetica tavolozza la sua! Poiché, nella imminenza della fotografia a colori, tutti i generi oggi più favoriti dell'arte pittorica paion sacri alla morte. Già il paesaggio, sussidiato e invilito insieme dal daguerrotipo , perde ogni giorno più merito e valore: già il ritratto, ristretto nei limiti del colo- rito, non offre più alcuna sincerità nel disegno: e che sarà mai del quadretto di « genere », allorché ogni fotografo dilet- tante potrà comporne a suo grado con 1' ausilio della mac- china coloritrice ?

328

MEISSONIER

Rimarrà, dunque, semplicemente la grande arte oggi ancor rinnegata o vilipesa: e sole pitture sorviventi saranno la sto- rica, l'allegorica, la mistica e l'ornamentale; ossiano le pitture di reminiscenza o di immaginazione, sole positive d'innanzi alle « negative ». E, poiché la natura e la vita saran certamente dominate dalla macchina, al pennello resterà unico refugio e unico reame l'Ideale. In altre parole, l'arte dei colori verrà ricondotta alle origini prime , quando aveva importanza di civile e morale insegnamento, e, come avvertiva il \\'inkel- mann, nobile suo ufficio era quello di commuovere dilettando, non di dilettar solamente, affinchè

Indocti discant, ainent iiicminissc periti.

Allora, non ostanti le deficienze e le ineloquenze loro nella psicologica falsità, con ben altri occhi saran contem- plati i quadri di battaglia, documenti preziosi del tempo che non e più , testimonianze irrefragabili dell'umana tragedia, mute fonti della storia avvenire, in cui si rispecchieranno le civiltà trapassale. Disparissero pure i volumi di Jomini . di Clausewitz, di Thiers, basterebbero i dipinti superstiti di .Meis- sonier per ricomporre in nova luminosa leggenda il gran Ce- sare còrso agli attoniti sguardi della posterità. E a questa lavorando pensava, e da questa otterrà piena giustizia l'insi- gne maestro nel presente volume lumeggiato, poeta del colore, pensator della linea, storico del sentimento, artista insieme e cittadino.

Arturo Colautti.

SCHIZZO PER I FRANCESI DIPINTI DA LORO STESSI.

GEN'ERALE E

AIUTANTE DI CAMPO. (Metropolitan Mu

STRADA DELLA SALICE (aXTIBO). n, Ksvv-Yorli.)

APPENDICE

MEISSONIER ("1870-1871). Luogotenente-colonnello dello Stato-r: della guardia nazionale.

DISCORSO DI MEISSONIER

TENUTO A FIRENZE IL I3 SETTEMBRE 1875 PER LA

COMMEMORAZIONE DEL IV CENTENARIO DI MICHELANGELO

Signori,

Io vengo, in nome dell'Accademia di Belle Arti dell'Istituto di Francia, a ringra- ziare I-"irenze di averla invitata a questa festa ilata in onore di Michelangelo.

L'Accademia, orgogliosa di rendere un pubblico omaggio a questo genio divino, ci ha inviati a rappresentarla; ed è a me , cosi poco esperto nell'arte oratoria, che è aftìdato l'alto e difticile incarico di parlare in suo nome, e di esprimere la sua ammirazione pro- fonda per quest'uomo così grande, e nel quale non c'è quasi più nulla di umano.

330

MEISSONIER

L'Accademia mi compatirà, in grazia della mia sincerità, se non trovo parole degne di essa per parlare di questo illustre fra gli illustri, toccato, possiamo dirlo con orgoglio, dal dito di Dio, perchè egli fosse non solamente la nostra gioia, ma anche il nostro maestro.

Sì, o grande Michelangelo! il dito divino ti ha toccato! Negli affreschi della Cappella Sistina, pari, nella loro sublime grandezza, alla

Bibbia, eri tu che dipingevi te stesso in Adamo animato dal soffio del Creatore ! Il suo dito non si è forse posato sulla tua fronte? Il tuo sguar- do non è rivolto a Lui ? È adunque proprio la tua mano che Egli deve toccare , per renderla degna di esprimere il tuo pensiero.

E nella statua del Pen- siero, lasciami dimenticare il duca d'Urbino, e permettimi di veder te, genio possente, ascoltante, nell'ombra della meditazione , il tuo pensiero che si eleva al disopra del nostro mondo !

Sì, ancora una volta, tu fosti toccato dal dito divino : e nessuno al mondo lo sarà mai al pari di te !

Tu sei e resterai l'esem- plare eterno del grandioso e del sublime. Perciò tu appar- tieni a tutti, e gli uomini sono orgogliosi di te !

Ma gloriosa è pure Fi- renze, tua patria! Fortunata Firenze ! Di questa bella Italia, di questa terra delle Arti, tu sei il giardino! Tu non sei soltanto la città dei più bei fiori della natura, tu sei la città dei più bei fiori dello spirito umano. Tu sei la città del rinascimento delle lettere, delle arti, delle scienze 1

Non posso ricordare tutti i tuoi figli.

Tu hai Dante, il Petrarca, e prima di Galileo hai colui che onoriamo oggi così devotamente.

CAVALIERE DISEGNATO SOPRA UN MURO DELLA VILLA GARNIEIÌ, A BORDIGHERA.

APPENDICE

33'

Sotto a questo cielo incantevole, in mezzo a questa natura la cui serena bellezza è in- comparabile, non eri tu proprio degna di es- serne la culla ?

Che tu sia sempre felice, o città, di cui non si pronuncia giammai il nome senza pensare a tutto ciò che è bello e buono, come si faceva già una volta di Atenei

Tu meriti di esserlo, non soltanto perchè hai dato la vita a tutti questi grandi geni, ma perchè ne hai conservato il culto ; ed oggi tu onori il più grande di tutti con una festa che è tutta gioia, senza lagrime nascoste, senza singhiozzi repressi !

È la festa del genio e della virtù, perché non è solamente quella di un grande artista, ma è anche quella di un gran cittadino.

Italia, che noi Francesi amiamo tutti, sii prospera e felice I

STATUETTA DI MEISSONIER, 187S. (Uà Gemito.)

Firenze , che noi ar- tisti adoriamo, sii prospera e felice !

Accogli questo voto di Francesi venuti per intrec- ciare, assieme coi tuoi figli, in questo nuovo centenario, una corona a Michelangelo immortale.

DISEGNO A PENMA. (AppartCDcnte al dottor Dachastelet.)

332 MEISSONIER

/^x^Y^ /- </^ Yo

FAC-SIMILE DELLA LETTERA DI RINGRAZIAMENTO DI MEISSONIER AL DUCA DAU.NULE, IN OCCASIONE DELLA SUA NOMINA A GRANDE UFFICIALE DELLA LFGION d'oNORE.

APPENDICE

333

DISCORSO DI MEISSONIER

PRESIDENTE DELL ACCADEML\ DI BELLE ARTI.

Lillo mila seduta pubblica annuale del l'accademia di Belle ^4111 il 2S ollobre iSyó. Signori,

È un dovere per noi l'aprire questa seduta, la nostra festa di famiglia, come la chiamava uno dei miei predecessori-, segnalando il nome della contessa di Caen.

Prima di poterle rendere questa testimonianza di gra- titudine, l'Accademia, sua erede universale, ha dovuto appianare molte difficoltà, su- perare molti ostacoli; la vo- stra commissione, il vostio segretario perpetuo, vi hanno prodigato tutte le cure, e voi ne li avete elogiati in una delle vostre sedute; ma non mi perdonereste certamente se mi lasciassi sfuggire questa occasione per farlo pubblica- mente.

Un decreto emanato dal signor Maresciallo Presidente della Repubblica, ha sanzio- nato le deliberazioni prese ; e, se devono trascorrere an- cora degli anni prima che quelli che verranno dopo di noi possano godere intera- mente delle generose dispo- sizioni testamentarie della

donatrice, ho la soddisfazione di annunciare che l'Accademia vede come possibile fin d'ora la realizzazione della parte più interessante della fondazione, quella cioè che riguarda i giovani pittori, scultori e architetti, che avranno compiuti i loro studi all'Accademia di Francia a Roma.

SCHIZZO DI PAESAGGIO.

334

MEISSONIER

« Ecco, dice la signora di Caen nel suo testamento, la istituzione che voglio fondare :

« Tutti gli artisti, pittori, scultori, architetti mandati a Roma dal governo, avranno durante tre anni, dopo compiuti i loro studi colà, una rendita. Questa sarà da 4000 franchi per i pittori e scultori. Gli architetti, che hanno meno di- spendio per i loro lavori, non avranno che 3000 franchi.

« Gli artisti pittori, ai quali verrà dato questa rendita, saranno obbligati, nello spazio di tre anni, di fare un lavoro per il museo che voglio formare. Gli scultori pure faranno un lavoro, e così gli architetti.

'< La maggior parte dei giovani, alla fine dei loro tre anni a Roma , hanno una commissione dal governo ; ma si a loro il soggetto; è quello che voglio evitare, perchè è un ostacolo al genio; ciascuno farà ciò che amerà meglio; in nessun caso verrà dato il soggetto.

« Se un giovane, scultore o pittore, fa un lavoro grandioso, il comitato eletto dall'Istituto gli potrà accordare una som- ma di 5000 lire, ma non di più.

« Non che una somma di 4000 e di 3000 franchi, perchè è sufriciente per far fronte a tutti i bisogni.

'< Se Dio mi lascia su questa terra, iicomincerò quest'opera; ma desidero vivamente, e prego il governo di volermi facilitare l'esecuzione. «

Signori, il carattere delle istituzioni buone si è quello di formare da stesse l'elogio perpetuo del fondatore. Queste righe che vi leggo, che sono la base ben semplice d'una istituzione di grande im- portanza, non formano da sole il più grande elogio della signora di Caen ? Che cosa si potrebbe aggiungere di più per mettere in luce il suo amore per le arti, questa sorgente delle più nobili com- piacenze, che facesse meglio apprezzare la sua affettuosa quanto illuminata sol- lecitudine per quelli che si sono rivelati, al primo successo, pieni di ardimento? Atfcttuosa e illuminata sollecitudine 1 Conscia che il vigore deve espandersi pienamente in una giovane pianta, essa ho provveduto perchè niente ne arre- stasse lo slancio, mettendo al coperto dal bisogno, durante questi anni decisivi, perchè godano del lavoro, non del riposo, coloro ch'ella crede i più degni, essendo eletti da voi. Come ha ben compreso questo cuore di donna, ciò che la ristret-

(Di.

GENTILUOMO LUIGI XIII. ■no appartenerne al si». Cb. Edn

APPENDICE- 335

tezza dei mezzi, in questo momento della vita, ha di crudele per coloro che. do- tati di vera vocazione, pieni di forza e di coraggio, si son visti, non dirò arrestati percViè le vocazioni non si arrestano, ma ritardati dalle difficoltà materiali della vita, e deploranti non gli sforzi fatti per superarle, ma il tempo che fugge, del quale avrebbero potuto fare ben altro uso migliore 1

Dio non volle ch'ella incominciasse la sua opera! Siamo noi che dobbiamo incominciarla oggi, ed è con amore geloso che la cureremo. E il nostro preciso mandato; e lo adempiremo fedelmente.

Voi, signori laureati, ne avete un altro, che si può dire bellissimo, e che adempirete altrettanto fedelmente.

Di questa liberalità di cui voi siete l'oggetto, la donatrice, onorandosi, vi modo di onorare voi stessi accettandola. La signora di Caen non \i fa già un dono gratuito ; a studio terminato ella vi chiede un'opera che riveli che la buona se- mente ha germogliato; facendo ogni sforzo per provarlo, non volendo nessuno venir meno al proprio compito, voi consacrerete il suo nome illustrando il vostro.

In questa Scuola di Belle Arti, cui l'abile ed amato suo direttore va miglio- rando ogni giorno di più, in modo che essa non teme rivali, voi avete fra i pari vostri un posto, ove l'opera vostra d'oggi starà per sempre; quella che farete, quando ne sarà venuto il momento, avrà il suo, stabilmente, nel Museo Caen. Voi sarete fra i vostri eguali, e l'opera che esporrete, ideata nella piena libertà del vostro spirito, eseguita a vostro bell'agio, nella pienezza della vostra forza, sarà una parte gloriosa del monumento che accrescerà continuamente l'onore dell'arte francese.

Se Roma vi spinge ai più grandi tentativi, altrettanto fa con voi la contessa di Caen. Voi non potrete sottrarvene; e, quale che sia l'opera fatta, suonata l'ora, porrete nel museo che porterà il suo nome, il vostro capolavoro, l'opera d'am- missione, come si diceva nell'antica Accademia che avrete fatto nei primordi della vostra carriera, ed al quale vi richiamereie quando, alla vostra volta, verrete a chiedere questo posto che occupiamo noi... e che conserveremo più a lungo che ci sarà possibile.

Per quanto orgogliosi possiate essere, per avere riportato una vittoria difficile, perchè tutti i combattenti hanno fatto il loro dovere, l'Accademia si compiace di riconoscerlo, l'opera d'oggi è il primo passo, limite che segna il punto di par- tenza, e non già ancora, e voi lo sapete, il miglio d'oro di Roma che segnava l'arrivo. Rammentatevi, che fra sette anni, sarete obbligali di piantarne un altro immutabile, che segnerà il cammino percorso.

Sette anni! Quando li abbiamo dinanzi a noi, nella nostra vita così breve, sono lunghi. Metteteli a profitto, affinchè più tardi, volgendovi indietro trovandoli brevi, non abbiate l'amaro rimpianto di averne perduto un istante, d'aver sciupato pazzamente il tesoro della giovinezza di cui siete ancora nel pieno vigore da sembrarvi inesauribile. Il tempo è prezioso, specialmente per noi artisti, che non

336

MEISSONIER

possiamo spiegare il nostro pensiero senza i docili servi, l'occhio e la mano, che possono essere stanchi quando il pensiero si sarà latto pili forte ed esigente.

Allo sforzo di ogni giorno succeda un altro sforzo. Non arrestatevi mai, credendo di sapere, perchè, ahimè! noi non sappiamo nulla! Ciò che noi impariamo, ci apprende quello che ci rimane da imparare ancora.

Nel paese ove andate, nel paese, sogno incessante di quelli che non l' hanno veduto, ricordo perenne di quelli che hanno avuto la fortuna di vederlo, voi penserete a questi consigli, quando, al cospetto di quei divini mae- stri, apprenderete quali cure grandissime con- MEissoN'iER IN UNIFORME, CAMPAGNA sacravauo alle opere loro, saprete come geni d' ITALIA (1859). orgogliosi e grandi erano umili davanti alla

loro arte, e come inseguissero senza posa l'ideale che avevano innanzi a loro.... persuasi di non averlo mai raggiunto.

Vivendo nei luoghi dove essi han vissuto, dove tutto ancora parla di loro, se sentirete l'amore ed il rispetto che gli son dovuti, crederete di vederli in per- sona. Essi vi parleranno, e, degnandosi di aiutarvi, vi guideranno nel buon cam- mino, scostandovi dalle facili vie ove il posto fatto non lascia traccia alcuna: la impronta e fatta sulla polvere che il primo soffio di vento disperde.

Si dice che nello scorso secolo, quando il pittore Vieii accompagnava al haroccio i suoi scolari che partivano per Roma, mentre si allontanavano non cessava di far loro que- st' ultima raccomandazione : « Non dimenti- cate sopratutto la mia maniera. »

Per quanto i vostri illustri professori avi ebbero il diritto di farvi una simile racco- mandazione, non saranno certamente queste le ultime parole che vi dirigeranno.

Ciò che vi diranno, con la intera Acca- demia, sarà: « Non dimenticate, innanzi tutto, che avendo l'onore di essere artisti francesi, dovrete dare buon esempio a tutti e da per tutto )>.

MEISSON'IER (1S60).

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Meissonier.

338 MEISSONIER

DISCORSO DI MEISSONIER

Vronuncidio ai funerali ili PERRAUD, membro del!' hliltito, il } novembre iSj6.

SiGNOIU,

La morte viene alla sua ora, non già a quella che crediamo noi.

Nessuno di noi avrebbe pensato che l'eminente artista, di cui accompagniamo oggi con rispetto la spoglia mortale, ci avrebbe abbandonati così presto, mentre, pochi giorni addietro, ancora pieno di vigore, faceva scorrere sul marmo il suo scalpello sicuro e delicato.

Si seppe appena del male che lo colpiva, che egli non era più, e che nessuno avrebbe stretta più la mano di quest'amico franco e leale, questa mano d'artista abile e forte, che lascia incompiuta l'opera incominciata. È un amico fedele che la compirà pietosamente, perchè essa sarà apprezzata fra le migliori di colui che scende a dormire l'eterno sonno presso la diletta compagna dei suoi ultimi anni.

Chi ha vissuto bene porta al di una speranza; chi lascia un'opera quaggiù, aumentando il patrimonio glorioso dell'umanità, si prepara un nome imperituro.

Colui che scende oggi nella tomba ha bene vissuto, ed ha compiuto il suo compito d'artista.

Giovanni Giuseppe'Perraud, membro dell' Istituto, officiale della Legion d'o- nore, è nato nel Jura a Monav, il 2(3 aprile iSio-

Egli non conobbe la gloria che dopo i tempi diftìcili: nessuna prova gli fu risparmiata: il suo coraggio era all'altezza di tutte le prove; e tutte seppe egli superarle.

Figlio di un povero vignaiolo, fa presso un falegname il noviziato per im- parare un mestiere utile: ma la sua vocazione si fa sentire, il suo padrone la intuisce e lo incita a seguirla, consigliandolo di andare a Lione per entrare nella scuola delle Belle Arti.

Perraud non ha mezzi, ma egli sa lavorare ; si reca senza indugio a Lione, e là, presso un fabbricante di mobili, scolpendo in legno degli ornati, divide in due parti la sua giornata di lavoro, una per vivere, l'altra per imparare.

All'Accademia di Lione egli riporta ben presto il premio di scoltura; ma questa Scuola non gli basta più; egli sogna quella delle Belle Arti di Parigi.

Dio sa quali privazioni s'impose allora per accumulare la piccola somma ne- cessaria al suo viaggio; bisogna ch'egli arrivi a Parigi, e ch'egli vi arrivi scono- sciuto, senza raccomandazioni. Che importa? Egli ha un mestiere; potrà vivere e realizzare il suo sogno.

In fatti egli trova del lavoro presso i fabbricanti del sobborgo; poi, riuscendo a farsi accettare nello studio diretto allora dai signori Ramey e DumonT, lavora

APPENDICE

con tanto ardore, che un anno appena è trascorso, ed egli ottiene alla Scuola di Belle Arti una prima medaglia.

(ìualche tempo dopo, il suo dipartimento gli assegna una piccola pensione.

I suoi sforzi raddoppiano. Nel 1S4-, al concorso per il gran premio di Roma, riporta splendidamente quello di scultura, ed alla gioia del trionfo si unisce quella ancor maggiore di potersi dare tutto intiero all'arte sua.

Vi si consacra con tutto l'ardore, e ne prova mandando in Francia prima i bassorilievi degli Adiiii, poi la statua di Adamo, che gli frutta all' Esposizione del 1855 una medaglia di prima classe.

Nel 1863 egli espone un'opera completa, la Fauna, che si chiama pure la Infanzia, di Bacco; ne è ricompensato colla medaglia d'onore, che gli viene ridata una seconda volta , con mag- gior gloria, alla Esposizione universale del 1867.

Nel 1860 manda al Salone la statua della Dispera:;ione , e per la terza volta ne riporta la medaglia d'onore.

Voi vedete che questo valent'uomo, che s'è aperta la sua via con perseverante coraggio, era pieno di meriti; ma l'Isti- tuto non aveva atteso anche quest'ultimo successo per aprirgli le porte; da tre anni egli vi era giù entrato con onore.

Allora, avendo senza tregua consa- crata la sua vita al lavoro, avendo molto e coraggiosamente lottato, dovendo con- tinuare la lotta, (ferchè s'egli aveva la fama non aveva già il riposo), trovò la compagna che doveva condividere con lui sue gioie ed i suoi dolori.

L'asprezza della vita lascia sovente la sua traccia sul viso di coloro che, soli e senza aiuti, hanno attraversato dei periodi dolorosi: chi tratta con tali uomini. li trova rudi, mentre non sono che timidi, perchè celano un'anima tenera e de- licata che il timore solo impedisce di svelare: queste anime han tesori di tene- rezza per chi sa loro infondere della confidenza e sa trovare il modo di avvicinarsi ad esse.

Tale era l'anima di Perraud. Sua moglie lo ha compreso, e, addolcendo colla sua grazia e colla sua amabilità ciò che poteva esservi di ruvido in quest'uomo (che, pur non avendo mai cessato di lavorare con onore, non aveva ancora il riposo al quale aveva diritto], ella lo seppe rendere felice, così felice, che da un anno appena, che questa felicità conosciuta si tardi gli è mancata, si è trovato più solo e più sconsolato che mai. La ferita era stata troppo profonda per poterne guarire e quella ferita non cessò mai di sanguinare. Egli ha dovuto soccombere.

340

MEISSONIER

Oggi gli diamo l'estremo addio; ma in questo addio, che mandiamo all'uomo scomparso, pensiamo che l'artista sopravvive nella sua opera; ed è questa l'inde- struttibile catena spirituale che lega per sempre alla lontana posterità colui che l'ha creata.

Presso la spoglia terrena del nostro amico, questa nobile convinzione è un desiderio, è un conforto.

Lavoriamo per non morire tutti, e perchè quelli che si chineranno alla loro volta sulla nostra tomba, come facciamo oggi, possano inviarci un glorioso addio e ritrovare domani nell'opera sua l'anima di colui che hanno pianto.

In nome dell'Istituto addio, Perraud, addio! addio!

LETTERA. DI MEISSONIER AL GOVERNATORE DI PARIGI

PER SOLLECITARE LA SUA A5L\IISS[0NE nell'esercito TERRITOUULE.

Signor Governatore,

Io ebbi l'onore di chiedervi di entrare nell'armata territoriale, con un grado che mi permetta di adem- piere utilmente il mio dovere, dedi- candomi alla difesa della patria, se Dio voglia che ciò non avvenga!) questa difesa fosse di nuovo neces- saria. Voi mi avete chiesto di inviarvi una relazione riguardo alla posizione che ho occupata durante la guerra. Sebbene sia mio desiderio di farla brevissima, temo di riuscire un po' più lungo di quello che vorrei e ve ne domando fin d'ora perdono. Nel luglio 1870 partii per Metz, affine di partecipare a! la campagna, come avevo fatto in Italia nel 1859. Gli uftìciali di Stato-maggiore, miei amici, mi pre- sero in loro compagnia, col consenso del generale Leboeuf; ma, giunto appena il mio cavallo, le disposizioni prese per marciare in avanti cangiarono; l'armata si ripiegava su Metz. Gli avvenimenti si facevano minacciosi. Malgrado il dispiacere che provavo nel lasciare i miei amici in simile momento, essi mi decisero a ripartire, lo arrischiavo di riuscire inutile, anzi di imbarazzo, a Metz, mentre la

MEISSONIER CHE LAVORA AL aUADRO DI « SOLFERINO )) (lS6o).

APPENDICE

34'

mia presenza poteva giovare a Poissy, nel paese in cui abitavo, ove potevo eserci- tare una qualche influenza.

Essi mi decisero dunque a partire.

La linea di Parigi essendo tagliata, presi, fin che c'era tempo, la strada di Verdun, traversando solo, a cavallo, i campi di Gravelotte, ove, quattro giorni dopo, tanti valorosi soldati dovevano restar morti.

Arrivai a casa mia, a Poissy; col Sindaco, organizzai sollecitamente la guardia nazionale, di cui mi venne dato il comando. Con essa potei fare del bene, tanto per la sicurezza generale dei dintorni come per la guardia della casa centrale, nella quale erano rinchiusi da 1200 a 1300 prigionieri, fra i quali alcuni malfattori della peggior specie.

Non un soldato era rimasto a Poissy, essendo stato richiamato il battaglione addetto ordinariamente al servizio centrale. Dopo il disastro di Sedan, visto che l' avvicinarsi del nemico era imminente, dovetti constatare con do- lore, quantunque non potesse essere altrimenti, che la fiducia abbandonava i miei uomini. Forse avrei potuto trattenerli ancora, se avessero potato sa- pere che ci fossero truppe non lontane; ma non avendo che un numero insufficiente di fucili a pistone, in una città aperta proprio sulla linea d'avanzamento dell'esercito nemico, compresi che non si poteva pretendere da essi resistenza.

Ma c'era almeno un'altra cosa che potevano fare, e di cui comprendevano la necessità, e da cui non si doveva distrarli. Corsi a Parigi dal generale Trochu per ispiegargli la situazione.

Egli mi diede l'ordine di consacrare esclusi- '-■ ■' ',■

vamente alla sicurezza della casa centrale di Poissy

la guardia nazionale, al patriottismo ed alla abnegazione della quale egli faceva appello.

Il servizio fu fatto diligentemente durante tutta la guerra, e malgrado alcuni tentativi di rivolta, l'ordine vi fu sempre mantenuto.

Dopo aver provveduto ai miei uomini pensai a me; feci osservare che non era ammissibile che potessi restare al comando di Poissv, ove un capitano poteva bastare; e in ogni caso, siccome ero certo che la mia casa sarebbe stata occupata dagli officiali nemici, non mi conveniva di star a sentire in mezzo a loro il can- none che tirava su Parigi. Era là, a Parigi, che volevo andarmi a rinchiudere con quelli che combattevano. Se molli uscivano di quelli che dovevano rimanere, altri entravano; ed io volevo essere fra quelli che andavano a fare il loro dovere.

Le mie ragioni furono trovate buone; e mi si diede un grado di luogote- nente-colonnello nella guardia nazionale di Parigi Stato-maggiore}.

M2

MEISSONIER

Alla prima notizia dell' avA'icinarsi del nemico, per essere libero delle mie azioni, e allontanare il più possibile da me le preoccupazioni estranee al mio do- vere, avevo fatto partire per la Normandia mia moglie, i miei figliuoli, e tutte le donne della mia casa. Avevo mandato a Caen tre dei miei cavalli; precauzione inutile perchè furono requisiti per l'armata della Loira.

Avevo fatto nella mia tenuta dei nascondigli impenetrabili a questi stessi signori, tanto ci avevo messo della mia cura d' artista. Vi avevo deposto parte

della mia argenteria, dei gioielli, e la mia collezione d'armi.

In Inghilterra avevo spedito tutti i miei quadri ed i miei studi.

Infine, lasciando a guardia della casa (nella quale non credevo di rientrare mai più, alcuni fedeli servitori, cocchieri e came- rieri, ne baciai la soglia e presi, a cavallo, la via di Parigi, ove durante tutto V assedio feci il mio servizio con amore, zelo, ed ab- negazione.

Non fu sempre inutile, e non dipese da. me se più utile non potè essere.

Mettetemi , signor Governatore , nella possibilità di farlo ancora ; e ve ne sarò pro- I jndamente grato. Chiedo scusa di nuovo Iella lunghezza di questa lettera.

E. Meissonier.

MEISSOMir.R MEMBRO DELL'ISTITUTO (lS6l).

DISCORSO DI MEISSONIER

Membro dell' Istillilo, vke-prcsiiìcnle dell' Auadeinia di 'Belle ^4iii,

ALLA INAUGURAZIONE DEL MONUMENTO DI PAOLO BAUDRV, MEMBRO DELL'ISTITUTO AL CIMITERO DEL PL:RE-LACHAISE.

SiONom.

In una delle sue lettere, il grande artista al quale, in nome dell'Istituto, io rendo il supremo omaggio, scriveva: « Io ricorderò sempre la notte della mia partenza, quella notte fredda, piovosa, che mi trasportava con se nella sua tri- stezza ed oscurità, quella notte nella quale passando innanzi alla statua di Travot, giurai a me stesso, colla mano sul petto, con entusiasmo, di ritornare uomo, e uomo di talento. »

APPENDICI-:

34?

Il giuramento d'esser uomo egli lo ha pienamente mantenuto. I consigli eh' egli dava al suo caro Ambrogio, ancora fanciullo, perchè diventasse libero e veramente nobile, li ha seguiti egli stesso. Quei consigli erano, convien dirlo, il manuale dell'uomo onesto.

Egli aveva giurato a stesso di aver del talento, ed ebbe del genio.

Conscio delle speranze che, giovinetto ancora, aveva fatto sorgere, certo di non deluderle, perchè sicuro della sua volontà, l'occhio sempre fisso al suo ideale, non ebbe mai un momento di stanchczz;\. Che c;li impn- - ,; 'rllc dilhcoltù n-a- teriali della vita? Egli aveva la giovi- nezza, la fede in se stesso, e quelli che lo amavano contavano su lui.

Giunto in Italia, il paese dei som- mi maestri, imparò da loro perche li amava, delle cose che nessuno ha mai potuto dire in modo uguale, li amò con passione, con adorazione; chie- dendo ardentemente ad essi il loro segreto. Ah ! lasciate o signori . che vi ci:i ancora una lettera, che meglio di tutto, vi esprimerà questo ardore, questo culto.

Egli arriva a Perugia e parla di Raffaello: « Ed io, dice egli, oscuro e sconosciuto, vengo ad aumentare il numero dei pellegrini che vanno cer cando e baciando le orme di questo genio divino; egli, dal cielo deve ve- dere la commozione, la traccia pro- fonda di ammirazione e di entusiasmo che lasciò la sua vita in questo mondo; avrà ancora, presso Dio, la facoltà di poter disporre delle sue doti ammirabili per le quali fu tanto amato quaggiù r Ch'egli mi faccia per l'avvenire la ele- mosina d'un solo, ultimo dei suoi tesori! »

E questo egli lo ebbe largamente; quei geni immortali gli hanno parlato, e dalla comunione con essi ne uscì agguerrito, non servile, pieno di torze nuove, ma restando francese, sempre e tutto francese.

Si, Baudry è nostro. Per quanto amante dell' Italia, le sue opere ci appar- tengono; sono nostre per la grazia della composizione, grazia piena di eleganza e di spirito, per l'ordine chiaro e ritmico, per il colore dolce, limpido, aereo, che rivela cosi bene il suo ideale, per la verità delle pose e dei gesti, cosi vivi, spon- tanei, naturali, d'una disinvoltura un po' libera che a noi piace, a noi nemici della posa.

Voi le conoscete tutte le sue belle opere; permettete che ne ometta l'elogio:

.MEISSON'IER (l86j).

344

iMEISSONIER

sarebbe troppo lungo, e poi non lo fate già voi stessi venendo oggi qui a ren- dergli omaggio? Non ho che una parola sola da dire con voi: ahimé! L'ora fatale è suonata troppo presto: questa mente, che poteva concepire ancora tante belle cose, s'è spenta, questa mano così abile per eseguirle s'è irrigidita.

Egli è passato all'immortalità e non avrà ora che dei gloriosi anniversari; l'anima sua è rimasta nelle sue opere; è che lo ritroveranno quelli che lo amarono.

Gli artisti veri lasciano alla posterità una sorgente viva; quello che fecero

resta come insegnamento e come esempio.

La più elevata ricompensa dell'uomo quaggiù, è il pensiero delle simpatie infinite che fiori- scono dopo la sua morte, intrec- ciandogli una catena di amici e di discepoli attraverso il tempo. Verrà un giorno in cui i figli di Baudry si glorieranno di un tal padre, e saranno felici di esclamare: Quest'uomo, di cui portiamo il nome, era un grande artista , una gloria del nostro paese, un ottimo cittadino. Negli infausti giorni della invasione della patria, egli ha condiviso il pericolo comune; i suoi amici volevano sottramelo, ma egli vi si è vigorosamente rifiutato.

Ahimè! quando vent'anni addietro, durante il suo sog- giorno in Italia, lo proponevo, a sua insaputa, ai voti dell' Ltituto, potevo mai pensare che io, di lui più vecchio di tanti anni, sarei venuto oggi, a nome dei suoi colleghi, a rendergli il supremo omaggio ai piedi di questo monumento consacrato dall'amicizia e dall'ammirazione?

Sia lode a coloro che l'hanno innalzato. L'affetto filiale d' un fratello poteva solo tracciarne le linee, l'amicizia più tenera poteva solo eseguirlo!

Mercic, in questa immagine della gloria inspirata da Baudry voi pensavate alla gloria di lui; ma in questa immagine del dolore, è il vostro dolore che voi avete espresso ; e voi Dubois, in questo bronzo imperituro, ritratto dell'amico caro, lo fate vivere eternamente.

Grazie in nome della vedova, in nome dei figli, in nome dell'Istituto, in nome dell' arte francese.

MEISSONIER (1S69).

STUDIO PER I GIUOCATORI DI BOCCIE. (Disegno a matita. Museo del Lussemburgo.)

346 MEISSONIER

COiMMEMORAZIONE DI MEISSONIER LETTA DAL CONTE ENRICO DELABORDE

NELLA SLDUTA PUliRLICA ANNUALE DELL' ACCADEMIA DI BELLE ARTI 2f> Ollohrc lSt)3.

Sir.NOIU,

Meissonier, nei suoi primi anni, aveva incontrate delle difricoltà e passati difficili momenti; ma trascorso questo periodo di prova, la sua vita s'è svolta, durante un mezzo secolo, nello splendore d'una gloria senza eclisse, nel possesso sempre più assicurato del Successo, di tutti i generi dell'ammirazione sotto tutte le forme. In nessuna epoca, nessun pittore francese vide la sua persona distinta con tante alte onorificenze, le sue opere ricercate con maggior fervore, i suoi interessi materiali tanto ben favoriti dall'acquisto a prezzi così elevati di ogni opera del suo pennello. Tutto fu eccezionale in questa brillante esistenza, tanto l'omaggio continuo da cui fu circondata, quanto l'emozione unanime che, all'estero, come in Francia ne ha accompagnata la morte.

E frattanto, chi non penserebbe di attribuire questi privilegi straordinari alla influenza d'una benigna stella? No; se l'artista ha goduto d'una felicità così co- stante, si fu perchè ha saputo costantemente meritarla. In ogni tempo egli ebbe la rara forza morale di commisurare scrupolosamente le sue imprese colle sue facoltà; di non sognare, di non concepire, di non produrre che ciò che era in rapporto esatto con la natura delle sue doti, e coraggio più lodevole ancora non ha cessato mai di opporre una resistenza invincibile alle suggestioni della fiducia in se stesso, che spinge molte volte 1' artista diventato maestro a mettere in pericolo, colla temerità, la sua fama ed il suo talento. Meissonier, in tutto il periodo della sua carriera, non ha mai esposto al pubblico un'opera sola che non fosse condotta a quella perfezione oltre la quale egli giudicava non ci fosse più alcuno sforzo da fare, alcun miglioramento di dettaglio da tentare.

La passione rispettosa per la sua arte, e per tutti i doveri ch'essa impone, la ricerca della perfezione ad ogni costo, in una parola, il bisogno di soddisfare la sua coscienza, ecco ciò che animava l' illustre collega che abbiamo perduto, e ciò che giustifica l'autorità del suo nome ; ecco ciò che spiegherebbe anche agli spiriti più fatalisti, l'apparente predilezione che la fortuna ebbe per lui.

Da qui appunto proviene, nei riguardi del loro valore intrinseco, la meravi- gliosa uguaglianza in tutti i lavori da lui compiuti. Sovente, nell'insieme delle opere d'un maestro se ne trova qualcuna che, meglio delle altre, sembra riassu- mere le qualità essenziali del suo genio, il carattere della sua maniera, e questo

APPENDICE

347

i'A^]

SEPOLCRO DI MEISSONIER, CIMITERO DI POISSY.

perciò costituisce, a parlare esattamente, il suo capolavoro. Una volta dichiarato tale, questo diventa per il pubblico l'oggetto d'una preferenza esclusiva, quasi officiale; tanto che, malgrado i titoli che ha potuto acquistarli altrove, il pittore che lo ha fatto non è più, seguendo la formula comune, che il pittore di questa opera unica. Con Meissonier le cose stanno in altri termini. L'invariabile eleva-

348

MEISSONIER

MEISSONIER CHE FA UN MODELLO IM CERA(iS7i).

Il vero si è, che, la condizione a cui dovette assoggettarsi in quel tempo non era affatto causata da angustie famigliari. Tale condi- zione gli fu imposta unicamente dalla volontà di suo padre, fabbri- catore di prodotti chimici, con l'intendimento di apparecchiarsi nel figliuolo un successore, collo- candolo intanto, come apprendista, presso una persona del suo me- stiere, o d'un mestiere simile.

Fino allora, malgrado i segni non dubbi d' una vocazione spe- ciale, la vita del fanciullo proce- deva un po' all'avventura. Trasfe- rito da Lione, ove era nato il 21 gennaio 1815, a Parigi, ove i suoi parenti venivano a stabilirsi, aveva continuato , ne bene

tezza del suo ingegno mantiene ad uguale livello tutti i suoi lavori, ed errerebbe colui che cercasse di stabilire quello che lo onora di più. come colui che ten- tasfe constatare in qualche altro o negli- genze o segni di decadenza.

Dissi già, che prima di entrare nella carriera che doveva percorrere, durante cinquanta anni, di trionfo in trionfo, il Meis?onier ebbe a sostenere delle prove un po' difticili. Non è già che tutto il male derivasse a lui, come a molti altri, dai mezzi di fortuna un po' scarsi, per quante ipotesi siar.si potute fare e spar- gere a tale riguardo. Infatti, una specie di leggenda, si è a poco a poco diffusa, leggenda che rappresenta il futuro pit- tore, appena adolescente, forzato a chiu- dersi nella bottega d'un droghiere nella via dei Lombardi, a Parigi, per gua- dagnarsi giorno per giorno il pane che i suoi parenti non gli potevano dare.

M^issoN'iER (1S72).

APPENDICE

349

male, i suoi studi classici, ora negli istituti pubblici della ca- pitale, ora dopo la morte di sua madre, a Grenoble nella casa di un professore che si era incari- cato di insegnargli le matema- tiche. Poco dopo suo padre lo richiamò qui per t'arigli conti- nuare di nuovo gli studi letterari. ^ salvo a rimandarlo a Grenoble bentosto perchè riprendesse e continuasse durante due anni gli studi scientifici da cui lo si aveva alternativamente tolto e rimesso.

Tali tentativi, per quanto allora arrischiati, per quanto fos- sero in contraddizione fra loro. non ispegnevano in colui che li subiva una speranza indomabile nell'avvenire. Egli voleva essere pittore, sentiva che un giorno lo

.MEISSOXIER NEL GIARDINO DI POISSY (iS;*^].

J1EISS0M2ER NEL GIARDI.-JO DI POISSY (1S78).

sarebbe diventato, mentre attendeva, con una pazienza relativa, agli incarichi estranei all'arte che Io chiamava a sé. Fu allora che, ritornato in famiglia dopo un ultimo soggiorno a Grenoble, iMeis- sDuier. in età di diciassette anni, si vide condannato a scrivere dalla mat- tina alla sera lettere commerciali, e. ii:)po qualche mese passare dalla teoria alla pratica, in qualità di apprendista presso quel mercante di droghe di cui si è parlato.

Frattanto, presso costui, come lima in casa di suo padre, venuta 1 sera, si sbarazzava delle ingrate occupazioni che avevano occupato la sua giornata. Chiuso nella sua piccola stanza, colla porta sbarrata, disegnava parecchie ore, prolungando la sua ve- glia magari fino all'alba, disegnando, sebbene privo di esperienza tecnica.

350

MEISSONIER

UGOLINO. SCHIZZO A PEN'NA.

tatto quello che gli sug- geriva la sua fantasia fer- vidissima ed un particolare spirito di osservazione. Egli riuscì così bene, che suo padre finì coU'accon- discendere alla inclinazio- ne di lui con questo patto : t( Sia pure gli disse, dopo UE colloquio in cui il giovane s'è mostrato più risoluto che mai; pro- vati nella pittura; ma bada che io ti concedo una settimana per trovarti un maestro, ed un anno per spe- rimentare il tuo ingegno; dopo il quale periodo, se non sei riuscito, io, ritiro il mio consenso, e tu ritorni al tuo banco. »

11 tempo era breve ed il patto rigoroso. Non importa: Meissonier aveva ottenuto ciò che desiderava per il momento, il diritto di darsi tutto intiero ai suoi studi, di fare professione di artista pubblicamente, non nel segreto delle sue vedile, ma alla luce del sole, in uno studio, sotto la direzione d'un maestro. Ora, chi sarà costui? Un pittore del tutto dimenticato al giorno d'oggi, Giuliano Pothier, di cui Meissonier si rammentava di averlo sentito nominare da un amico di famiglia. Tanto ba- stò per presentarsi a lui, senza altra raccomandazione che un piccolo disegno nascosto en- tro la fodera del suo cappello, aspettando il momento op- portuno per presentarlo come saggio della sua abilità. L'ac- coglienza, disgraziatamente, fu tale da deludere le sue speranze. L'uomo al quale si presentava per avere degli incoraggiamenti non fece che scoraggiarlo, citando stc- come esempio della delusion. riservata agli artisti che si avventurano nella carriera delle arti : « Voi aspirate a diventar pittore? gli disse.

^4

Credete a me, è un misero

SONIliR SUL RIVOLI, SUO ULTIMO CAVALLO DA SF.I.LA (1S78).

APPENDICE

mestiere. Ebbi ancli'io alla vostra età le stesse illusioni; ma da allora in poi, quanti disinganni, quanti sforzi infruttuosi per uscire dalla mediocrità e dalla miseria! Una' sorte pari alla mia forse vi attenderebbe; ed io non voglio con- tribuire a prepararvela. »

Queste obbiezioni, naturalmente, non iscossero per nulla le risoluzioni di Meissonier. Esse non valsero che a fargli comprendere la necessità di cercare altrove un maestro più accondiscendente. L'amico, dietro le cui indicazioni aveva fatto quel primo tentativo, lo incontrò l'indomani: < E così gli disse che cosa ha detto il signor Po- thier del tuo disegno ? Del mio disegno ? Ma lo non osai di mostrarglielo, respinto come fui dalle pri- me parole che accennavano allo scopo della mia visita.

Avesti torto; prima di darti per vinto ritorna dal tuo giudice, e questa volta esponi la tua causa colla carta alla mano. »

Meissonier obbedì. Si recò nuovamente dal Pl- thier e gli presentò, con la maggior calma possibile, il disegno da cui dipendeva il suo destino.

Dopo averlo esaminata un poco : « Di dove lo avete preso ? » chiese il suo inter- locutore ; e, dietro risposta che il lavoro era del tutto originale : « Francamente,

ripigliò devo ritrat- tarmi. Dimenticate il mio

rifiuto dell'altro ieri e venite a prendere qui, quando volete, il vostro posto. » Meissonier profittò subito del permesso, e non cessò, da quel momento, di lavorare, con ansiosa attenzione, per apprendere dal maestro tutto quello che poteva insegnargli. Egli vi riuscì così presto e così pienamente, che il maestro stesso sentendo, davanti ad un simile allievo, le sue forze quasi esaurite, fu il primo a consigliargli di acconciarsi presso un artista di maggior valore ; e ge- nerosamente gli procurò il modo di entrare nello studio di Leone Cogniet. In breve, il periodo di tempo fissato dal padre del Meissnnier, era quasi trascorso.

.MEISSONIER NEL SUO STUDIO DI PARIGI (I>y ').

352

MEISSONIER

e le prove erano pronte; il giovane pittore s'era acquistata anche una certa notorietà come disegnatore di vignette per ornamento di libri e di pubblicazioni musicali, di moda allora nei salotti.

IL RITRATTO DEL SERGENTE (iSy;]). (Collezione del barone Sclua-r.)

Erano trascorsi appena quattro o cinque anni, ed i quadri successivamente esposti da lui Borghesi fiamminghi , Giocatori di scacchi, il Messaggero e sopratutto nel 1838 quel piccolo capolavoro di espressione e di sentimento, Un religioso che conforta un moribondo (") finirono coli' attirare sul nome di lui

fi) Acquistato dapprima d.il duca d'Oi:

Uh gentiluomo del tempo di Luigi XV .

(Pek les femmes el l'épée di Ed. de Beaumont. t Collezione del si?. Beyek.

APPENDICE

353

^"^■IS

IL BIBLIOFILO.

l'attenzione del pubblico. Ma questo nome non era più soltanto il suo, e le difficoltà materiali della sua posizione erano naturalmente aumentate. Ammogliato a ventitré anni, colla sorella di un suo compaf^no. la signora Steinheil, che doveva più tardi farsi co- noscere quale valente pittrice sul vetro, egli aveva dovuto lottare prima per raggiungere quella meta, vincendo presso suo padre delle resistenze simili a quelle incontrate per la sua vocazione, colla diffe- renza che questa volta le obbiezioni non provenivano che dalla sua età troppo giovanile. L'accordo però fu presto raggiunto, ma colla condizione che Meisso- nier non riceverebbe da suo padre che il modesto stipendio che aveva ricevuto fino allora, e provvede- rebbe da se per sopperire ai bisogni della sua fa- miglia : bisoe;ni che aumentarono ben tosto colla nascita di una liglia e di un tiglio, destinato questo a diventar pittore egli pure.

Tali circostanze costrinsero Meissonier ad accettare lavori di scarso profitto come, per esempio, quattro copie di ritratti antichi fatti per il museo di Ver- sailles, tratti da mediocrissimi originali. Da ciò trasse però insegnamenti preziosi dal punto di vista dell'esperienza tecnica e della diversità dei mezzi di cui può disporre il talento. Chi sa, se senza essere costretto dalle circostanze, Meissonier non si fosse una volta deciso di lasciare il pennello per la matita di disegnatore, o per la punta d'incisore all'acquaforte? Noi avremmo guadagnato qualche qua- dro di più; ma non avremmo quella serie di piccoli disegni finissimi che iniziavano nel 1838 le illustrazioni di "Paolo e Virginia, della Capanna indiana e che dovevano completare più tardi vignette, avidamente ricercate del volume intitolato: Contes réinois ?

Comunque sia, ed a qualsiasi causa si debba attri- buire ciò. le opere eseguite da Meissonier prima dei trent'anni spiegano e giustificano chiaramente la sua fama quanto quelle venute in seguito. Non è forse nella natura degli artisti profondamente vigorosi il manifestare fin dal principio la loro forza poderosa e di mostrarsi, per cosi dire tutti di un pezzo? Ingres si era rivelato intieramente nei suoi primi ritratti e nel suo Edipo, come Gros nel suo Combattimento di Xa- :;aret e Ge'ricault nel suo Cacciatore a cavallo. Dela- croix non contava ancora ventiquattro anni allorché riassumeva nel suo "Dante Meissonier. 23

SCHIZZO A MATITA.

354

MEISSONIER

le qualità caratteristiche del pittore di Medea e della Barca di Don Giovanni: Meissonier fu un altro esempio di precoce maturità. Uno spirito sano racchiuso fino all'ultimo i^iorno in un organismo delicatissimo, un sentimento deciso, coa- diuvato da una meravigliosa chiaroveggenza dello sguardo, e da un' abilità altret- tanto prodigiosa nella pratica ecco ciò che risulta con pari evidenza da tutti i lavori fregiati del suo nome, a qualunque epoca essi appartengano.

È naturale che, passati gli anni della prima giovinezza, l'artista abbia mutati i temi delle sue composizioni. Ai Fiimntori.^'i Suonatori di violoncello, ai Lettori,

nel loro gabinetto di studio, od ai Giocatori di boccie all'osteria, verranno sosti- tuite immagini più compli- cate, scene energiche tino al- l'estrema violenza, come la Rissa, epiche per la gran- dezza degli avvenimenti che richiamano, come il quadro meritamente celebre intito- lato 1S14, oppure, all'occa- fione, finamente allegre co- me : il Pittore d'inses^ne od il liitratto del Ser^rente; ma, la maniera per usare questa parola nel senso di modo personale del pittore neir interpretare i fenomeni della linea e del colore la maniera non muterà mai. Da per tutto e sempre, cam- minerà sopra un fondo di sincerila e con uno scrupolo inalterabile di esattezza.

Meissonier, infatti e chi si sognerebbe di negare ciò? non fu il primo il solo a dimostrare meriti di questo genere. Prima di lui, e, qualche volta con più facilità e larghezza nell'esecuzione i « piccoli maestri » olandesi del XVll secolo avevano avuto questo verismo inge- gnoso, questa immaginazione dell'occhio, di modo che colla scelta di certi effetti dichiarassero, colla evidenza data a certe forme e a certi toni, viene mutato il significato pittoresco delle cose, e ne sono vivificate le apparenze in modo, da rendere interessante persino una veste sciupata dall' uso, un giuoco di luce sui mobili dei quali è fornita la stanza; ma non era forse a codesti modesti risultati che, anche i più eminenti fra loro, si accontentavano di giungere?

SCHIZZO A MATITA.

APPENDICE

3S5

Eccettuato Rembrandt, che fu alla sua volta pratico ammirabile, pittore per ec- cellenza dell' animo e dei suoi misteri, i pittori olan- desi si preoccupavano poco del significato morale che potevano avere le scene riprodotte. Metsu, Terburg stesso, non erano persuasi di aver adempito al loro compito quando avevano rappresentato alla per- fezione, è vero questi. Una donna clic sbuccia una mela;, od Un militare che offre delle monete d'oro ad lina donna , l' altro , Una sii:: nora al cembalo, od Una siisnora che accetta dei rin-

SCHIZZO A .MATITA.

STIVALE DI CORAZZIERE {iSoy). (Schizzo a penna.)

freschi'^ Le ambizioni di Meis- sonier non sono, a dir vero, così limitate. Essendosi egli applicato, ed essendo riuscito, a ritrarre con perfetta rassomiglianza gli oggetti e le persone prese a modello, non si è limitato a questa imi- tazione esteriore, nemmeno dove i soggetti dei suoi quadri hanno un carattere semplice- mente domestico. Colla eloquenza persuasiva della posa e del gesto, coir espressione direi quasi tra- sparente del viso, le figure uscite dal suo pennello riferiscono al nostro spirito i sentimenti che le animano, nella stessa maniera colla quale persuadono i nostri occhi.

Vuole, per citare un esempio. Meissonier farci testimoni d' Una cnnfìdcnja. cioè a dire di un

356

MEISSONIER

colloquio fra due uomini, di cui il più giovane informa l'altro, colla lettura d'una lettera, di qualche avventura intima, di qualche tenero segreto del cuore? La foga del primo nel rivelare la sua gioia o le sue speranze, la vivacità insi- nuante con la quale fa spiccare dal movimento della persona e delle labbra le informazioni che al suo compagno , mentre questi ascolta freddamente

le appassionate confidenze e ne calcola a parte le conse- guenze — tutto questo fine contrasto fra ciò che pensano e sentono i due attori della scena è analizzato e reso con la perspicacia d'un moralista ed il brio di un poeta. Altra volta è uno scrittore che , a corto di idee e di vocabili per formularle, seduto davanti al suo tavolo da lavoro, curvo sulla carta, eccita l' inspira- zione restia mordendo lebarbe della penna, interrogando con lo sguardo ansioso quel foglio muto che vorrebbe far par- lare ad ogni costo.

Al contrario, e come per l'are il contrapposto di questa figura penosa, nota ai lette- rati di tutti i gradi forse, chi lo sa? anche agli accade- mici, — Meissonier ci fa ve- dere in un'altra tela uno scrit- tore in atto di rileggere con ima beata soddisfazione la pagina che ha scritto. Il corpo mollemente steso su d' una poltrona, la testa chinata al- l'indietro, l'occhio carezzevole, sorride a stesso, davanti al suo lavoro, pago delle bellezze che giudica di avervi profuse. Quanti esempt, non fornirebbero i quadri ed i disegni del pittore, per rivelare la di lui abilità nello scrutare e tradurre le più delicate emozioni dello spirito e del cuore! E presso a questi tratti di finezza, quanti altri ce ne sarebbero, pronti a testi- moniare vivamente il vigore del pensiero all'altezza dei soggetti più drammatici,

SULLA TERRAZZA, ■igi, palazzo Mcissoni.

APPENDICE

33;

più terribili, anzi e in ragione del significato sinistro, atti a scoraggiare ogni pennello!

Ne volete una prova ? Rammentate quel quadro così profondamente impres- sionante, potente, a prima vista, malgrado le sue piccole dimensioni, che fu inspirato a Meissonier dalle giornate del giugno 1848, che ha il titolo di 1{icorJi della guerra civile, e che figurava alla Esposizione del 1850; immagine fedele senza concessioni, tragica fino all'orrore; la fine d'una lotta sostenuta da ambo le parti con cupa intrepidezza, qui con l'energia disperata dell'odio, con la rassegnazione dolorosa di compiere un dovere. Nel momento colto del pittore la pugna fratricida è alla fine. Un tetro silenzio regna in questa via, dove fino a poco fa risuonavano i colpi di fucile; sulla barricata in rovina i difensori sono caduti fulminati, e questa è sparsa dei loro cada- veri. Quale spettacolo e quale lezione!

Ahimè! vent'anni più tardi, altri avve- nimenti di storia contemporanea forniranno a Meissonier il soggetto d'una scena assai lugubre; ma almeno non consacrerà in quei ricordi la guerra civile. La meravigliosa composizione, metà pittoresca relazione, metà evocazione poetica, nella quale ha riassunto, tanto le miserie quanto la grandezza di Pa- rigi assediata nel 1870, non ci mostra, grazie a Dio, che degli uomini caduti valorosamente per la difesa della stessa causa; quante vit- time del patriottismo comune, le une igno- rate, le altre ornai celebri, come il giovane Enrico Regnault ! In questa confusione di cadaveri, di tutte le età, di tutte le condi- zioni, vestita di tutti i costumi. dall'uni- forme dell' ufficiale fino alla giacca del marinaio, dal capotto del volontario alla sottana del seminarista o del prete, ferito mentre soccorreva un moribondo, in questa folla di eroi, vinti, aggruppati intorno alla figura allegorica di Parigi, chi vorrebbe o non saprebbe vedere che il solo ricordo delle nostre sciagure e delle nostre perdite, invece d'una esortazione che ci inciti a trarre da tale spet- tacolo alti insegnamenti?

Non sarebbe certo uno di questi morti che tornerebbe alla vita per iscrivere col suo dito di cadavere, come nella scena dipinta dal pennello di Goya i Disastri della guerra quella parola spaventosa ed empia : Nada (nulla), per testificare il nulla delle sante aspirazioni delle spirito di sacrificio, della devo- zione al proprio paese.

SCHIZZO PER UM PERSOX'AGGIO DELLA « VISITA DEGLI ABITANTI AL CASTELLO ».

MEISSONIER

Se uno di loro rivivesse un istante, per un miracolo, ciò sarebbe, al con- trario, per parlarci della gloria in cui è entrato, e per incitare 1' animo nostro, non con parole di sfiducia desolante, ma con generoso incoraggiamento a ture ed a sperare.

La grandiosa composizione ideata da Meissonier restò sempre un abbozzo, quantunque il pittore avesse avuto la idea di farne un quadro, ed un quadro di

vaste dimensioni. Un giorno

/

ebbe pure il pensiero di ese- guire il suo lavoro sopra un muro del Panteon; ma que- sto progetto, accolto dappri- ma favorevolmente dall'Am- ministrazione delle Belle .A.rii, fu poscia abbandonato, e convenne quindi attendere un'altra occasione che non doveva più presentarsi, per estrinsecarlo in altro modo. Ciò avvenne a Meissonier anche con altri progetti di carattere diverso, e a lui sin- golarmente cari; per esempio, quello il che forse recherà meraviglia di rappresen- tare in una gran tela un certo Combattimento di Sansone contro i Filistei, per il quale egli eveva da lungo tempo raccolto molto materiale e disegnato e dipinto parecchi studi. Non gli fu dato nep- pure e ciò è ancora più de- plorevole, di completare ciò ch'egli chiamava il suo: «Ciclo napoleonico », cioè a dire una serie di cinque scene, corrispondenti ciascuna ad una fase caratteristica della vita del generale Bonaparte, o della vita dell'Imperatore. Di cinque scene, due soltanto quelle intitolate iSo- e iS'i_/. furono svolte, e si sa con quale successo; ed in man- canza dei quadri per la cui esecuzione mancò il tempo, da alcune note di Meisso- nier stesso si potrà capire ciò che sarebbe stato l'insieme del lavoro, oppure quali erano le idee che egli voleva estrinsecare.

Infatti, in alcune note, scritte ogni giorno dopo la conversazione quotidiana, da colei che, dopo il secondo matrimonio del pittore, fu la compagna dei suoi

i

SCHIZZO A MATITA.

APPENDICE

359

ultimi anni ed ora è votata al culto dèlia sua memoria, figura un curioso pro- gramma che la fantasia di Meissonier avrebbe voluto condurre a (ine.

«Il mio sogno, diceva esjli, sarebbe di riassumere in cinque quadri la storia di Napoleone. Ho- già sbozzato quello che, per ordine cronologico, dovrebbe essere il primo: Castig!ioiTe-{r-r)6): ÈmI mattino di una giornata d'estate, come il giovane generale è sull'aurora della sua gloria. Voglio che il sole si levi in faccia a lui per illuminarlo... Se volessi togliere un poco le difficoltà, mi servirei della polvere che potrebbe essere in aria in quel giorno (ti agosto); ma ci tengo, riguardo al soggetto, di mettere tutto in piena luce. Scelsi perciò una prateria per porvi Bonaparte e le truppe, davanti alle quali egli passa al galoppo sul suo cavallo.

« In questo primo quadro del ciclo rappresento il mio eroe in azione. Egli non è raffigu- rato, come nel quadro del rSoj. sulla cui base scolpita domina il trionfatore immobile , ai piedi del quale si precipita una fiu- mana di gente ebbra della sua gloria, che a pieni polmoni grida gli evviva; all'epoca stessa di Friedland, cioè a dire all'apogeo della sua potenza e della sua fortuna. Napoleone non si era ancora isolato dalla sua nazione, ma continuava ad essere tutt'uno con essa, ed a vivere in mezzo dei suoi soldati.

< Il quadro di Erfiirt {iSin) che non ho potuto fare, avrebbe

segnato il momento in cui l'orgoglio, in mezzo alla sua pompa di re, lo tradisce e lo perde. Avevo ricevuto la impressione penosa della scena ascoltando il rac- conto di un testimonio, un vecchio servitore, che mi narrava l'effetto prodotto, quando tutti i Sovrani annunciati successivamente a lui senza ommettere nessun titolo si radunavano in un salone del palazzo ; la porta si apriva un' ultima volta; e non si udiva che questa sola parola: « L'Imperatore ! »

' Nel mio 1S14 ho indicato, sotto forma di un episodio, la fisionomia gene- rale e le conseguenze prossime della campagna di Francia. Coloro che, sotto un cielo triste e su un terreno scabroso seguono Napoleone, ridotto a difendersi, si sen-

iJtLLISO DELLA STATUA J)I MEISSOSII^R A PARIGI.

36o MEISSONIER

tono più o meno invasi dal dubbio; ben presto essi non gli prestarono più fede...

« Il quinto ed ultimo quadro 1' ho nell'anima. Napoleone sarà solo, sul da- vanti, sul ponte del Bellerofonte. Dietro a lui. un po' lontano, qualche sentinella inglese : in faccia un mare senza sponde ed il cielo.

STATUA DI MEISSOXIER A rOISSY. Di Fremici, dell'hlituto. (Inaugurala il 2$ novembre iSj^.)

Come si vede ed altri frammenti delle stesse « Note » finirebbero di dimostrarlo Meissonier non si decideva a incominciare un'opera se non dopo di averne profondamente studiato il significato intimo che questa doveva avere. La sua mente aveva già approfondito il soggetto prima che la mano ne avesse tracciato il disegno sulla tela; ma in tutto ciò che riguardava l'esecuzione pro- priamente detta, la verità delle forme o degli effetti parziali, fino alla più rigo- rosa purezza di stile, mai. fino agli ultimi tempi, egli non si teneva abbastanza

APPENDICE

sicuro di se stesso, della sua esperienza, per quanto provata essa fosse. Da ciò proviene il numero quasi incancolabile degli «studi» lasciati che corrispondono a ciascuno dei suoi quadri; gli uni in pittura o disegno accuratamente finiti, gli

ARALDO DI MURCIE. (Disegno latto per la catastrofe di Mu

altri sotto forma di macchiette modellate, con scrupolosa precisione, in cera; da ciò provengono infine, le modificazioni incessanti che faceva nei suoi quadri, mentre erano ormai in lavoro, non già per mutare l'ordine generale, d'una com-

Meissonier.

PULCINELLA ALLA ROSA. (Ac^ucttllo JelU collezione del s.g. Bevcr.)

A l'PKNDICE

posizione seriamente pen- sata e alla quale ci teneva, ma per migliorare fino alla perfezione della quale sen- tiva insaziabile bisogno , certi dettagli del tutto se- condari, che nessun altro avrebbe forse curato. Quan- te volte, sotto il peso di questa sete del meglio . è accaduto a Meissonier di sacrificare delle parti già dipinte, e magistralmente dipinte, per riparare a qual- che impercettibile imperfe- zione che gli turbava la coscienza , si fosse anche trattato di accorciare Io sti- vale d'un cavaliere, o di mutare all'ultimo piano la zampa d'un cavallo !

Il cavallo: come si può pronunciure questo nome senza ricordare, almeno di passaggio, i progressi intro- dotti da Meissonier nella imitazione di un modello che i

STATUA DI MEISSON'IER A PARIGI.

MEISSONIER.

randi maestri del X\'l secolo avevano compreso così imperfetta- mente, e che. dopo di loro, degli eminenti pittori francesi si erano accontentati di esaminare, quale da un punto di vista puramente epico, come Gres, quale, come Vernet e Ge'ricault, con una perce- zione più esatta della eleganza e della bellezza delle forme, piuttosto che delle condizioni neces- sarie dei suoi movimenti ? Non fu Meissonier, che. per primo, riuscì a conciliare su questo punto l'intelligenza scientifica ed il sentimento pitto- rico ? Egli stesso ci teneva a farlo risaltare; e forse, di tutti i meriti che possedeva, questo era quello di cui si compiaceva di più « È strano! diveva un giorno gli antichi soltanto , e specialmente gli Assiri, avevano trovato il mo- vimento giusto del cavallo. Io credo di essere

364

MEISSONIER

stato il primo, dopo di loro, a ritrovarlo nuovamente. Tutti i moderni, anche i più abili pittori, non lianno fatto che dei cavalli convenzionali, e questi tipi arbitrari erano divenuti così comuni nella pittura, che il pubblico ci credeva così pienamente, sulla asserzione del quadro, che mi ci volle molto tempo e molta perseveranza per toglierlo dall'errore. » E fu con singolare costanza che Meissonier tendeva alla soluzione di tale problema; scomporre e analizzare i

movimenti del cavallo, in modo, da poterne poi rico- struire con sicurezza il movi- mento più rapido, l'imma- gine più fugace. Ciò gli co- stava poca fatica, dopo fatti gli studi anatomici più pro- fondi e gli studi sulla natura viva tino ad usare dei mezzi veramente straordinari come per esempio la costru- zione, nel suo parco di Poissy d'una ferrovia, in pendio, sulla quale scivolava una slitta su cui egli stava se- duto, osservando intanto col suo occhio di lince, la corsa d'un cavallo che, montato da un domestico, correva su una linea parallela a quella liella slitta.

A che giova, del resto, l'enumerare i mezzi dei quali il maestro si è servito per arrivare a possedere certi secreti della tecnica ? C è forse bisogno di rilevare ad ima ad una le prove del suo talento, per ispiegarsene l'es- senza ed apprezzarne il va- lore? È meglio considerare l'insieme dei risultati ottenuti. Che ci può essere di più significativo in se stesso, e, nel tempo stesso, che cosa di più atto a tar giustizia di certe pretese che tentano di erigersi, accanto a noi. a sistema estetico '^

Noi vediamo al giorno d'oggi certi strani innovatori i quali, in buona tede o meno, si arrogano il diritto di esaltare come progresso l'assenza d'immogina-

IL LETTORE. (Collezione del sig. Thiéry.)

APPENDICE

365

IL LETTORE ROSA. (QoaJro delli collezione del sig. de Besteigui.)

zione, di gusto, e di sapere : che, col pretesto di ringiovanire l'arte, affettano di rinnegarne i principi più elementari, di sdegnarne le tradizioni più necessarie; e tali dottrine, se avessero per disgrazia a prender piede, non riuscirebbero che

366

MEISSONIER

UM POETA. (Quadro della collezione del

alla rovina della nostra scuola. Che il pericolo sia più apparente che reale, ne sono convinto; ma è già di troppo dover constatare simili tentativi, e difendere da questi, coll'autorità stessa^ di Meissonier. i maestri che lo hanno preceduto, nel nostro paefe! ;

APPENDICE

367

L' uno è indivisibile dall' altro. Per quanto decisamente personali sieno le opere del nostro illustre collega, esse risentaino in fondo le inspirazioni nazionali ed il genio francese. È certo che se non si volesse considerare che la natura dei

^Quadro appartene

soggetti scelti, e le forme preterite per riprodurle, si riuscirebbe a stento ad as- similare quadri, di carattere la maggior parte famigliare, che ha lasciato Meis- sonier con le grandi tele dei pittori di storia che si son succeduti nella nostra scuola. Tuttavia, questi suoi predecessori, non hanno forse, parecchie volte ricorso

368 MEISSONIER

a quei sottointesi ingegnosi che preannunciano l'epilogo della scena rappresentata, oppure la continuano portandone il significato al di del punto al quale arri- vano gli ocelli? Quando Poussin raggruppa quei giovani e felici Pastori d'Arcadia intorno ad una tomba alla quale penseranno poi melanconicamente o, per prendere un esempio meno lontano quando Paolo Delaroche ci fa vedere i Figli di Edoardo, che intuiscono attraverso il muro la morte che si avvicina, non doveva egli servirsi degli stessi mezzi che dnveva usare alla sua volta, Meissonier, quando ci mostra col fatto presente, quello che deve accadere poi, col suo meraviglioso quadro i Coraj^ieri, custodito nel castello di Chantilly ? immagine eloquentissima della guerra, ma della guerra nella maestà dell'ora che precede la pugna, quando colla stessa coscienza virile del loro dovere, tutti, capi e soldati attendono silenziosi ed immobili, quelli il momento di dare il se- gnale supremo, questi il momento di slanciarsi ?

In ogni modo, per istabilire la derivazione del talento di Meissonier, non basterebbero i tratti di rassomiglianza che egli ha col tipo di quei talenti limpidi e chiari come la nostra lingua, ai quali serve d' etichetta comune il nome dei Clouet, e. in un altro genere di lavori, con la grazia e la finezza dei pittori e disegnatori del XVIII secolo, da Chardin fino a Moreau ? Sarebbe certamente su- perilo il ripetere che Meissonier fu più abile e sapiente di qualsiasi di essi; ma tuttavia si può sempre confrontarlo con essi, senza che la sua gloria ne sia di- minuita, o sia compromessa la verità.

In quanto agli esempì ch'egli ci lascia nella sua vita di artista, egli impone a tutti il rispetto. Pur tacendo della sua importanza eccezionale e della sua fama, questa esistenza assiduamente studiosa, in mezzo al successo più clamoroso, an- cora nei suoi ultimi anni sotto le strette più acute delle sofferenze fisiche, questa vita, dico, clie la passione dell'arte e del lavoro occupò intieramente, fornirebbe ampia materia alla lode, quanto le opere che ci ha lasciate. Il meno che si possa dire di lui si è, che in nessun momento della sua vita egli ebbe scoraggiamenti, che mostrò sempre una scrupolosa docilità alle esigenze della sua coscienza, e che, già celebre fin dalla giovinezza, ebbe sempre, fino al suo ultimo giorno, la stessa forza di volontà e lo stesso zelo come avesse avuto ancora bisogno di farsi un nome.

INDICE DELLE MATERIE

Meissonier . . . La giovinezza . Le Opere . . 11 Maestro . . L' Uomo . . . Gli ultimi anni

Conversazioni e Ricordi La Pittura epica . .

PROGETTO DI FRA\'COI)OLLO.

Appendice

Discorso di Meissonier tenuto a Firenze il 13 set- tembre 1875 per la commemorazione del IV Centenario di Michelangelo

Fac-simile della lettera di ringraziamento di Meissonier al Duca d'Aumale in occasione della sua nomina a Grande Ufficiale della Legion d'Onore

Discorso di Meissonier presidente dell'Accademia di Belle Arti. Letto nella seduta pubblica annuale dell'Accademia di Belle Arti il 28 ottobre 1876

Discorso di Meissonier pronunciato ai funerali di Perraud. membro dell'Isti- tuto, il 3 novembre 1876

Lettera di Meissonier al Governatore di Parigi per sollecitare la sua ammis- sione nell'esercito territoriale

Discorso di Meissonier membro dell'Istituto, vice-presidente dell'Accademia di Belle Arti alla inaugurazione del monumento di Paolo Baudry. membro dell' Istituto, al Cimitero del Père-Lachaise

Commemorazione di Meissonier letta dal conte Enrico Delaborde. nella seduta pubblica annuale dell'Accademia di Belle Ani, il 29 ottobre 1892

Indice delle materie

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ND Meissonier, Jean Louis Ernest 553 Gian-Luigi-Ernesto Meissoraa:

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