■4-:. Iti • li il ^. (iq ^' GIORNALE ARCADICO DI SCIENZE, LETTERE, ED ARTI TOMO 11. APRILE, MAGGIO, E GIUGNO MDCCCXIX. ROMA «ELLA STAMPERIA DE ROMANIS Con Licenza dé'Sup. ( ('(U/vi'/ff /'//cy''f' LETTERATURA jyotizie Biografiche di Ennio Quirino Risconti compilale da Giovanni Labus , Membro dell' Accademia Archeologica di Roma; della Pontaniana di Napoli i e di molle al' tre Società letterarie . Milano i8i8 dai Torchi di Gio- vanni Giuseppe de SUif'anis . Le Medesime compendiate in una Iscrizione Latina dalV Ab. Mor celli . ibidem . Annales Encjclopediques redigées par A. L. Millin : An- née i8iS Tome a. pag. i\-ì.. ad i^^. A. Paris au Bu- reau des Annales Encjclopediques . Discorso di Dionigi Stracchi , e Canzone di Giovanni Mar-- chetti in onore di Ennio Quirino fisponti . Bologna 1819 dalla Tipografia Nobili . Elogio non ancor pubblicato di Ennio Quirino Visconti Socio Onorario della Accadenda Piomana di Archeo" logia letto nell'adunanza del di 18 Febrajo dal Ca- valier Gio. Gherardo De Mossi Socio Ordinario della stessa Accademia , iMon ci dobbiamo pmito maravigliare se tanti , e COSI dotti uomini , quali sono il Labus , il Morcelli , il Millin , lo Strocchi , il Marchetti , il De Rossi si- ansi faticati a gara in tessere gli estremi funebri elogj ad Ennio Quirino Visconti , la cui acerbissi- ma morte fu lagrimata da tutta Europa , e partico- larmente da Roma che §H fu patria . Imperocché En» nio Quirino fu del numero di quegli Uomini che ra^ G. A. To. U. 1 a Letteratura ro appajono sulla terra , quasi imagini della Sapien- za infmita del Creatore: onde avvenir doveva , che molti tra coloro i cpiali , dotti essendo , apprezzano la dottrina , o dal dolore di tanta perdila stimolati o mossi dal disio di accendere negli altrui petti il sa- gro fuoco di gloria , lui che vivo ammirato aveano morto piangessero , e lo additassero per esempio al- le presenti , e alle future generazioni . K certamen- te dir si può che Ennio Quirino cosi nel comincia- re come nel compiere di sua mortale carriera fos- se favoreggiato dalla fortuna: la quale da prima il luogo del nascimento gli elesse in questa Città che tiene lo scettro universale delle belle arti , e poscia gli fu larga di cotanto celebri Encomiatori . E sem- bra eh' ella soltanto di vita concedesse al dotto Mil- lin , quanto bastasse a scriver le lodi del nostro En- nio : Imperocché non appena ebbe il suo lavoro com- piuto , che passò di questa vita nel di 16 del tra- scorso mese di Agosto , Noi poche acque attingeremo da tante fonti : E siccome lo Strocchi chiuse il suo aureo discorso con due brevi Capitoli , dove mostrò quanto di accrescimento abbiano avuto le arti , e le letteie per opera del Visconti ; riferiremo , e V uno , e 1' al- tro appiè del nostro scritto , peichè giudichiamo non potervisi aggiunger parole , ne via toglierne senza mi- nuirne la bellezza . Poi daremo luogo alla Iscrizio- ne latina del celebre Morcelli , in che egli maravi- gliosaniente , siccome suole, compendiò l'opera del Labus già suo discepolo, e che ora l'agguaglia, o gli è prossimo di piccolo intervallo. Né priveremo ^ -E. Quirino Visconti 3 i nostri leggitori della Canzone del Marchetti tutta spirante amor di Patria, e tinta nell'oro del soave Petrarca. All'ultimo pubblicheremo il catalogo tan- to delle Opere che il Visconti scrisse in Roma nel- la sua nativa favella, quanto di quelle che per lui furono composte in Francia nell' idioma Francese : e ciò facendo siamo certi di far cosa grata alle per- sone scienziate : Perchè le opere di Ennio Quiiino sono in guisa sparse nei vari Giornali , e nelle Ope- re di altri Autori , che assai difficile si rende il co- noscerle , e il rintracciarle . Il diligentissimo Tipogra- fo Nicolò Bettoni Jia diliberato di pubblicarle tut- te in due separate edizioni , Italiana , e Francese : le quali sono già aspettate con desiderio , come quel- le , che dovrebbono riuscir perfette da ogni lato ; sia per lo studio dell' editore ; sia per lo conoscimen-' to che hanno delle due lingue i traduttori , ciò so- no il Ticozzi 5 e il Sergent-Marceau ; sia percliè i disegni delle molle tavole da incidersi in rame sa- ranno diretti dal Palagj valentissimo dipintore , e 1' incisione sarà eseguita dal Locatelli discepolo del Mor- ghen , e del Longhi : e molto più perchè il Gli. La- bus sarà regolatore della lodevole impresa , Ma là tornando donde siamo partili , or qui alcune cose spor- remo che intorno la vita di Ennio Quii ino abbiamo raccolte . E siccome sogliono essere a veder piace- voli le immagini di que' grandi che lasciaiono nio- rendo fama di se , abbiamo voluto die in fronte di questo breve ragionamento fosse posta la effigie dì questo nosti'O dottissimo concittadino incisa in r;ime; della quale i fi'atelli di lui ci sono stati cortesi , 4 L ET TUBATURA E cominciando , ci gioverà ragionare alcun po- co della vita dì Giovan Battista Antonio Visconti , che fu Padre del nostro Ennio . Nacque G. B. in Vernazza creila Diocesi di Sarazana 1' anno i 722. da Marco Antonio Visconti Dottore in Medicina : E la famiglia di lui era assai onorevole da undici gene- razioni , e per parentado congiunta coi Redoani , coi Caratini , e coi Rezasco : i quali in quel luogo so- no annoverati tra primi . Questo Giovan Batista da un suo Parente che era Arciprete in Vernazza fu mandato a Roma ad altro Parente, cioè Antonio Ma- ria Visconti Pittore nella Scuola di Giovan Ballista Gauli detto // Baciccio , che assai onorò questo suo Discepolo , e di sua mano in tela il ritrasse . Diede G. B fin dalla sua prima giovinezza grandi speran- ze di se . Tiiiperocchè mentre ancor studiava in Ret- torica ristabilì l'Accademia de'Varj , della quale sois- se la Storia , e ne fu creato Principe l'anno xjl^i- E si piacque della Latina , e della Italiana Poetiia ; e apprese le scienze Fisiche e Mattematiche; e con tanto ardore diede opera alla scienza numismatica , che in poco di tempo fu in quella reputato, dottis- simo . Per lo che giunta in Roma 1' Anno 1 768 la lacrimevole novella dello assassinamento del Winkel- man fu il Visconti sustituito a lui nell' Officio di Commissario delle Antichità . E questo resse con mol- to onore . Gonciossiaché avvenne pe' suoi consigli che il sommo Pontefice Clemente XIV. facesse aprire mol- te cave di Anliciiilà , le quali fruttarono abbondc- T ole messe di antiche cose , e ordinasse che di mol- E. Quirino Visconti 5 tissime altre si facesse acquisto , e raccolta . On» de ebbe origine il Museo Vaticano , grande fin dal primo suo nascimento ; reso poi grandissimo per la muniflcenza di Pio V^I. , ed ora ( per gli accrescimenti fatti dall' immortale nostro Pontefice ) divenuto pi'es- sochè immenso , quale si conveniva alla Città che eb- be quasi communi col soggiogato Mondo del suo va- sto imperio i confini , A Giovan Battista siamo pur debitori del discoprimento della Breccia di Cori , dell' Alabastro di Civitavecchia , e di quello del Monte Cirr eco . E per lui molto di lume si sparse sulle tene- Li^e della scienza Antiquaria , come è a vedersi dal- le sue opere , il cui Catalogo fu dato dal eh. Ab. Cancellieri nell' Opuscolo Sulla Statua del Discoho- lo Roma 1816 in 8 pag. 67. Perle quali cose la- sciò Giovan Battista Visconti ardentissimo desiderio di se quando nel 1784 ci fu da morte rapito . Ma fra le laudevoli opere di lui quella a me sembra laudevolissima di aver, non dirò generati, per- chè questo a tutti gli Uomini è comune , ma con sag- gia e rara educazione formati tai figli , che sono stati di onore a lui , e a questa eterna lor Patria , Madre , e alimentatrice di grandi ingegni. Devierei dal propo- sto cammino se favellar qui volessi di Filippo Aurelio , e di Alessandro Visconti uomini dottissimi , esperti di ogni maniera di belle lettere , e peritissimi nella scienza antiquaria , e specialmente nella Numismati- ca . Il mio ragionare deve aver per segno il solo Ennio Quirino Visconti. Questi nacque in Roma 1' anno 1751 dal ridetto Giovan Battista Antonio Visconti , e da Oi^ 6 Letteratura. sola de' Filonardi gentil donna Romana che fu da Giovan Battista Antonio tolta in moglie l'anno lyòo. E tanto ingegno , e sapere mostrò Ennio Quirino nella fanciullezza quanto pochi nella virilità : per tal modo che a tutti pareva cosa maravigliosa , Im- perocché dopo soli dieciotto Mesi corsi dal giorno del suo nascimento sapea giù tutte conoscere le let- tere dell' aliii\beto : E compiuto 1' anno secondo di- scerneva le imagini degli Imperatori Romani im- presse nelle Medaglie da Giidio Cesare fino a Gal- lieno, comecliè la piccola sua lingua non fosse anco- ra ben atta a proferire speditamente que' nomi . Tra r anno terzo ed il quarlo narrava , e spiegava i fat- ti del Popolo d' Israele sopra trecento carte delinea- ti : e a chi ne lo addimandava rendeva confacevoli risposte intorno il Catechismo di Fleury : e leggeva già francamente i caratteri latini , e i greci . E per« che a taluno silfatte cose sembravano favolose , volle farne prova dinnanzi a molte dotte persone , tra le quali un P. Gioigi, un Bottari , un Leseur : e questa prova tanto a lui riuscì facile , quanto era sembrata agli altri dillicile. Nell'anno decimo della età sua die- de pubblico sperimento di se nel Palazzo del Car- dinale Ferdinando Maria de Rossi , discorrendo la Storia Sagi'a , e Romana , la Numismatica , la Cro- nologia , la GeograGa , e la Geometria . Poi nell'anno duodecimo ad altro più arduo sperimento si espose nella Biblioteca Angelica profondamente ragionando della Trigonometria , dell' analisi , del calcolo diffe- renziale . Neil' anno terzodecirao pubblicò il volgariz- E. Quirino Visconti 7 zamento in versi della Ecuba di Euripide ; ed erasi ancora appai^ecchiato alla traduzione di Pindaro , ed avea tracciato 1' ordine che migliore semhravagli per condurre a termine il suo disegno . Le quali cose tut- te da un fanciullo operate forse vere non ci par- rebbero 5 se non ne facessero fede gli scritti in que- gli anni pubblicati , non che le testimonianze di uo- mini gravissimi , fra' quali il Cancellieri , il Mazzuc- chelli , e 1' Amaduzzi che al nostro Visconti ancor giovinetto intitolò il terzo volume degli aneddoti letterari . Si narra che un vecchio barbassoro uden- do le maraviglie che si facevano del prematuro in- gegno di Pico della Mirandola Fanciullo di sette an- ni, dicesse, lui presente, con profetica saccenteria : /' temo cìie crescendo negli anni non abbia egli a istupidire come addiviene a coloro che troppo d^ in- gegno mostrano nella lor fanciullezza . Le quali parole udendo Pico prontamente rispose . jE" comnen dire che voi messere abbiate nella vostra fanciul- lezza mostrato ingegno grandissimo . Che se la sen- tenza di quel vecchio in Pico non si avverò , molto meno riuscì vera nel nostro Ennio Quirino, di cui dir si può che i pomi dell'Autunno risposero ai fiori del- la Primavera , Collo studio delle scienze e delle lettere accoppiò Ennio Quirino lo studio delle leggi civili , e canoniche . E come che assai volte suolesse dire ciò che il gran Torquato diceva : „ Ingrati studj , del cui pondo oppresso „ Giacqui ignoto ad altrui , grave a me stesso ; non però di meno tanto in quelli per Io suo fera- 8 Letteratura cissimo ingegno sovra tutti i suoi compagni si sol- levò , che ottenne la laurea d' onore nella Università della Sapienza. Che se avesse voluto correre quella via, certo che Roma gli sarebbe stata larga di dovi- zie , e di onoi'i . E già il Sommo Pontefice Pio VI. lo aveva nominato suo cameriere onorario col tito- lo di Monsignore , e secondo custode della Bibliote- ca Vaticana , ed avea con ecclesiastiche jiensioni ri- meritate le laudevoli fatiche , con che egli onorava la patria sua . Ma perchè 1' animo di lui a quella vita non incìiinava , delle ottenute dignità spoglian- dosi , assunse il libero officio di Bibliotecario della Chigiana,e di Prefetto del Museo Capitolino . Allora tutto si diede al profondo studio degli Autori Classici Greci , e Latini : i quali gli furono scorta non ingan- nevole per calcar francamente tutte le più recondite , ed aspre vie della Scienza Antiquaria , che a lui di- vennero facili e piane . E se fino a quel tempo gran- di uomini si erano per così dire diviso tra loro il vasto Regno della Scienza Archeologica ; ed altri dot- to era stato nel diciferare le antiche iscrizioni , altri esperto nella illustrazione delle monete , o de mar- mi , o de bronzi , o delle dipinture , o degli Edi- ficj ; ed altri le sacre cereraonie degli antichi inve- stigate aveva con laude ; il nostro Ennio tutte queste parti solo abbracciò , e siffattamente , che a ninno fu secondo, ed ebbe pochissimi eguali . Ne in lui dottrina generò superbia come in molti addiviene ; ma fu di gentili , e piacevoli costumi ornato , e di tan- ta modestia , e semplicità da incatenare gli animi di chiunque appressavalp . E. Quirino Visconti 9 Intanto il sommo Pontefice Pio VI. aveva com- messa a G. B. A. Visconti Padre di Ennio Quirino la descrizione , e dichiarazione di tutte quante le scul- ture del Museo Vaticano : Ed egli non si fidando di di sue forze , comechè grandi elle fossero , ebbe ri- corso a quelle del suo figliuolo . Il quale a questa iharavigliosa opera diede cominciamento nell' anno vigesimo ottavo di sua età , e a fortunatissimo fine la condusse dopo ventisei anni di fatica chiudendo- la in sette gi^andi volumi . E quantunque il Primo volume portasse in fronte il nome di Gio. B. pure non è da porre in dubbio , che come gli altri, cos'i ancora quello uscisse dalla infaticabile penna di En- nio , Il quale mentre quella famosa opera fabrica- va , altre ne giva publicando gravissime : tra le qua- li degne sono di particolare ricordazione le due operette intorno i Monumenti degli Scipioni , e intor- no i Monumenti Gabini , Se ai Romani tutti fu lagrimevole molto la per- dita delle antiche maravigliose sculture , che dai Mu- sei Capitolino , e Vaticano furono trasportate a Pa- rigi 5 questa fu insopportabile ad Ennio , il quale tanto di sudore aveva sparso nell' illustrai'le . Per la qual cosa non potendo comportare di star da esse divi- so recossi a Parigi nell'anno 1799. ' ®^^ onorevol- mente fu ricevuto , e sperimentò verissimo quel detto , che agli uomini dotti è patria ciascun Paese . Impe- rocché fu nominato Conservatore del Museo del- le statue , e creati. Cavaliere , e pe* liberi suffragi de' suoi colleghi occupò con esempio nuovo doppia lo Letteratura sede iieir Istituto , 1' una nelle belle Arti , 1' altra neir antica letteratura . Di lui scrisse il eh. Millin (*): che Ennio Quirino Visconti era la più grande tra le conquiste che la Francia aveva fatte in Italia . Di lui suoleva dire il celebre Pittore David, che la Fran- cia compresa era da egual maraviglia (**) o gli anti- chi Capo-lavori mirasse , o il dotto illustratoi'e di quelli . A lui concorrevano da tutte parti quanti era- no uomini di gran dottxina bramosi di udire il suo avviso intorno lo scioglimento di astruse questioni , siccome ali antichi suolevano all' oracolo di Delfo ; e alla sentenza di lui la propria sottoponevano . Né solo privati uomini , ma una intei'a Nazione grande , dotta , gloriosa, l'Ingliilterra io dico, se stes- sa sottomise all'oracolo di quel nostro celebratissi- mo Concittadino . Imperocché l'anno 181 5. sendo tornato di Costantinopoli in Londi'a Lord Elgin , e avendo recate seco molte preziose reliquie della Gre- ca grandezza , tra le quali le statue d' Illisso , e di Teseo, e i Bassi rilievi del Partenone ; da coloro che governavano le cose publiche fu stabilito che a decoro , e vantaggio della Città dovesse farsene acqui- sto a spese dell' erario . Ma grave disputa nacque intorno lo stabilimento del prezzo : E quei che la Caìoera de' Pari , e gli altri che quella de' Comuni ri- empievano erano divisi in varj pareri. Allora i Gran- di del Parlamento gli occhi ebbero rivolti al nostro Ennio Quirino , e in nome della Nazione mandarono (*) Wlillin Monnm. Antiques incdits. t. 2 p. 3. l**) Monitcur uiiivcrsel. i8i8 u. 42 p. 186. E. Quirino Visconti ii pregandolo , che gli piacesse a Londra recarsi arbi- tro , e giudice della contesa . Ed ecco il fortunato naviglio che preme il Tamigi seco adducendo il sa- piente figlio di Roma : Il quale onorevolmente e con gran festa ricevuto que' marmi esaminò , e 1' eccel- lenza del lavoro ainmiratane , il prezzo ne stabili in trenta cinque mila Ghinee : E cosi fu eseguito co- me egli volle . Tra le più belle opere che per En- nio Quirino siano state composte in Francia si an- noverano quelle due con che i ridetti marmi illustrò . Aveva Ennio descritto , e illustrato dottamente il Museo Francese , aveva compiuto la grande ope- ra sulla Iconografia Greca , ed era in sul compire dell' altra sulla Iconografìa latina ; quando per gra- ve morbo causato da calcoli cessò di vivere il di i/^, Febrajo j8i8. nell'anno sessantesimo quarto dell'età sua lasciando dopo di se una tenera moglie , e due Figliuoli , che si mostrano degni di tanto Padre . Grande fu il compianto di tutti gli uomini scien- ziati poiché la dura novella si sparse ; ma più grande è il nostro che abbiamo in lui pei^duto il più chia- ro fra i nostri eruditi Concittadini , e siamo privi pur del conforto di possedere le ceneri di lui , le quali benché siano onorate d' assai , credo che pur si sdegnino di giacere in terra straniera . L. Biondi . 12 Letteratura ARl'I . ( Estratto dcW Elogio di E. Q. Risconti del Cut.-. Dionigi Stracchi . ) ' „ i^ on sono qui noverate tutte le opere come non tutte le circo- stanze (della vita dclP Autore , perchè tale officio stimo essere pro- prio di biografo. Né saranno qui notate toltele principali cose , che degnissime di ammirazione occorrono negli scritti di Lui , ma unicamente quante possono bastare a documento di ciò , che fa detto in suo onore . ,, Flora Farnese era nominata la bellissima statua di una gio- vinetta, che reca un fiore nella mano sinistra , e con la destra solleva alcun poco la vesta in atto di movere il passo . Il nostro Autore ha con bel ragionamento dimostrato non essere in quel marmo espressa 1' amica di Zefiro , ma la più facile di tutte le dee la Speranza , che sempre è pronta ad accostare agli uomini , a cui mostrando il fiore promette il frutto . F.ra questa la deità tutela- re dei chiamati alla successione dell' Impero , come la Fortuna lo era degli Augusti . , , Un simulacro che per la sua prefetta bellezza fii riputato de- gno di stare nel giardino di Belvedere in compagnia del Laoco- onte e dell' Apollo ebbe per due e più secoli il titolo di Anti- noo . E quando i caratteri di quella scnltura furono giudicati non bene convenirsi colle note sembianze del famoso Bitino , allora si congetturò essere q-iflla la figura di Teseo , o di Ercole imber- be , o più facilmente di Melcagro . Il nostro Autore , che megli© intendeva il linguaggio dell' arte allora eziandio , che era affatto pri- va dell' ajuto degli usati simboli , ravvisò Mercurio al crine vez- zosamente increspato , all' aria soave del volto , al dolce sguardo , alla vigorosa complessione delle membra , ciie palesa il padre e r inventore della palestra , al manto ravvolto intorno al braccio , indizio di speditezza nell' adempimento delle sue moltiplici faccen- de , e finalmente alla graziosa inclinazione del capo propria dei numi , che si piegano ad ascoltare le preghiere de' mortali . ,, Molte congetture furono i)ropostc a ritrovare il vero subjet- to di quel gruppo , le forme del quale guaste dalla barbarie o dal tempo portano il nome notissimo di Pasquino . Questo gruppo fu già creduto rapprcbcntare un comltattimento di gladiatori , un Ales- sandro svenuto e sorretto da un suo soldato , un Greco eroe avcn- E. Quirino Visconti i3 te fra le braccia il corpo di Ajace , che per furore si era da se medesimo estinto . II Bernini preferiv-a la bellezza di questo grup- po a tutte le antiche scultnre . Winkelman era di contrario pare. re . Il nostro Autore ha diffesa vittoriosamente la opinione dì uu celebre Artista Italiano intorno al merito dell' arte , e in quanto al subjetto comparando quella testa con altra trovata negli scavi del- la villa Adriana in Tivoli , ed osservando la simiglianza di altro gruppo , che esiste in Firenze nel palazzo Pitti , dimostrò eviden- temente essere ivi rappresentato Menelao nell' atto di sostenere il cadavere di Patroclo, che tale si manifesta per la ferita ricevuta in mezzo le spalle , come lo descrive Omero , dai versi del quale è nata questa scultura . Nella villa Panfili si ammira la bella statua di un giovine ve- stito da donna . Era già creduto un Clodio , o un Achille in Sci- ro . Il nostro Autore dimostra essere li ritratto un I-rcole che si adorna mollemente presso a Iole , o ad Onfale nella licenza de' baccanali . Le osservazioni da lui fatte sulle medaglie teneano sospeso il suo giudizio intorno a quel simulacro che volgarmente portava il nome dell' uccisore di Cesare , quando una Leila inscrizione trova-- ta negli scavi di Gabi , ov' era il sacrario della famiglia dei Cor- buloni, giustificando le sue dubbiezze, gli die mezzo a dimostra- re in quanto errore erano quelli , che ravvisavano Bruto là dov' è fi- gurato il più famoso capitano , che regnando i Cesari condusse gli eserciti Romani , cioè Domizio Corbulone , che soggiogava 1' Orien- te e r Occidente, mentre la tirannide di Nerone affligeva la capi- tale , ed infamava il Palazzo . „ Una donna giacente nel sonno, avente al braccio sinistro r-. volto un serpentello era dalla pubblica fama chiamata Cleopatra, e iu que- sto nome con bellissimi versi latini fu cantata dal Castiglione e dal Favorito . Winkelman giudicò nqn essere ivi rappresentata la bella ed infelice regina d' Egitto 5 ma bensì una di quelle ninfe, che dor- mendo al mormorio de' fonti furono subietti frequentissimi delle ar- ti antiche . Il nostro Autore considerato il decoro delle forme , la tristezza propria di un' amante tradita , il disordine delle vesti indi- zio di smanie , dopo le quali è naturai cosa cadere in un sopore affannoso, la coltre in cui è ravvolta dal mezzo in giù, disse es-* i4 Letteratura sere questo il talamo infido di Nasso . Una Arianna simile in tut- to a questa nella composizione della figura e nella disposizione del pannegg;iamento si osserva in un basso rilievo , ove Baerò sorpren- de r abbandonata Cretese, che dorme in Nasso , e ne rimane in- namorato . „ Una grande ara triangolare è nella Villa Pinciana la quale rap- presenta i dodici Dei maggiori , monumento de' più vetusti . Wìn- kelmann ha ravvisata una Giunone marziale là dove il nostro Au- tore scopre Vulcano al noto segno della tanaglia , che all' antiqua- rio Brandeburghese parve una forbice . Il manto che scende a pie- di di questa figura fu cagione , che nella parte superiore fosse ri- staurata in una Giunone , quando il simbolo portato in mano da quella Divinità dovea condurre 1' artefice a^restituire un Vub ano . „ La figura colossale che era nomi^iata il Sardanapalo , perché questo titolo porta scritto sul lembo della veste , non è altrimen- ti a giudizio del nostro Autore un Si^rdanapalo o Trimalcione , ma bensì Bacco vecchio e barbato , e sì dimostra che quella scrittu- ra è stato un errore de' secoli posteriori . „ Nella insigne opera di Agasia dotta volgarmente il gladiatore Borghesiano non ravvisa egli un Gladiatore , ma attesa la nobil- tà della figura eroica, e l'atto di chi a piedi combatte con un nemico a cavallo ( locchè si dimostra dalla elevazione dello scudo , e dalla direzione dello sguardo ) porta opinione che quella egre- gia scultura rappresenti qualche soggetto tratto dagli anticbi Poe- mi detti Amazzonidi , e che 1' avversario dell' eroe combattente pos- sa essere un' Amazzone equestre . G LETTER E ( Estratto come sopra ) Uome il nostro Autore abbia condotte le lettere e le Arti a por- gersi vicendevoli schiarimenti si può vedere nell'interpretazione di quei versi di Properzio del libro secondo elegia 02. Et crebcr platani s pariter surgentibus ordo , Plumina sopito quaeque IVIarone cadunt , Et levitcr 1 ymphis tota crepitantibus urbe , Qui suijito Triton ore reoondit aquam , A spiegare il senso dell' ultimo di questi versi invano si erano stu- diati sommi critici lo Scaligero , il Passerazio , il Brovchusio , il Mark- ' E. Quirino Visconti i5 land , il Bentlejo il Burmanno il Santenio , ed altri , e non ravvi- sando in questa lezione alcun senso chiaro aveano tentato di rin- venirlo ora mutando la voce recondit in recludit , ora dando alla voce recondit significato contrario al suo vero e naturale . Il no- stro Autore nulla cangiando la scrittura dei codici , e lasciando al- la voce recondit il suo significato spiega chiarissimamente il passo in questo modo : Un Fauno , che dermendo allarga la mano , con cui stringeva il collo di un otre pieno di liquore , era la bella ar- chitettura di un pubblico fonte , incontro al quale un Tritone col- locato nel pavimento bevea da' pertugi degli occhi e particolarmen- te dalla bocca le acque, che quel fonte perennemente, e i rivi cor- renti per le vicine contrade mandavano in tempo di pioggia . Un esempio di queste rotelle di marmo , nelle quali era scolpita la fac- cia di un Tritone , si può vedere in quel mascherone conosciuto sotto il nome di bocca della verità , che da Winkclmann fu cre- duto l'immagine di un Oceano. Il verso 294. dell' Argonautica di Catullo Post hunc consequitur solerti corde Prometheqs Extenuata g-ercns veteris vcsfigia pcence , Non avea alcuna buona spiegazione prima che il nostro Autore Io avesse illustrato . Giove avea condannato Prometeo ad essere legato al Caucaso, e per la palude Stigia avea giurato, che non lo avreb- be sciolto giammai . In questo mezzo Giove erasi innammorato di Tetide, e Prometeo sapea dalle Parche , che di Tetide dorea na- scere un figlio maggiore del padre , pej-lochc fé sapere a Giove , che grande pericolo gli sovrastava , nò qual fosse ]o avrebbe ma- nifestato se pria non lo scioglieva da quella rupe . Le minaccio di Giove nulla valsero a movere la costanza di Prometeo nel celare il secreto . Dall' una parte era la religione dell' inviolabile giuramen- to , dall' altra la necessità di violarlo . Fu dunque deliberato , che Prometeo fosse di sciolto dal Caucaso , ma , per conservare Y inte- grità del giuramento , dovesse portar sempre legata al dito una pic- cola parte di quella rocca. (Igino Po©»-. Astron. Cap. \h. ) Quin- di Plinio deduce V origine dell' anello che dovè essere da princi- pio vinculwn non gestainen . Dalla notizia di questa favola deriva chiaramente la spiegazione del verso Extenuata gercns yeferis vestigia ptvnce , i6 Letteratura. queste vestigia erano interpretate per vibices ossia i lividi lascia- ti dalle catene , colla quale spiegazione mal si accordano le paro- le extenuata , e gerens . Volkanos è la più antica ortografia di tnl nome , che privata del F'uu si riduce ad Holkanos quasi OXxa/o?, cosi da TXa/o? si è fatto Silvanus . II dottissimo Lanzi che conviene in questa deri- vazione deduce la voce Vulcano da oy^K» riportandolo con Varrone alla forza del fuoco . Il nostro Autore trova altra più bella etimo- logia , e crede questo un epiteto relativo alla sua arte fabrile , che fece al tempo della pagana superstizione il principale caratte- re di Vulcano. Qualunque sia il significato della voce oXx» que- sta voce altro non è che il verbale di '^^){(a , o 'eT^y.va traho , ma che tal volta è sinonimo di 'sX^eao primitivo di *£^at/^'&) nel signi- ficato di questo verbo opus ductìle Jctcio . Così ha detto Erodo- to ^(>^y.vffot.t Try^ivSvi , cosi ^ìT^nuarci presso Esichio vale levigato . Vulcano dunque sarà lo stesso che mallccifor, colui che lavora i metalli battendoli , arte propria di Vulcano da lui trovata in Len- no paese , che pei sotterranei fochi , e per le eruzioni fc pren- dere agli uomini dimestichezza con quello elemento , e forse of- ferì loro fortuitamente metalli resi trattabili dal foco , che diedero campo assai facilmente alle invenzioni delle arti fabrili . Come da 'l^^& deduce Volkanus , cosi da \7\ctu il nome Sethlans dato a que- sto dio nella famosa patera Cospiana, che privo della aspirazione iniziale cangiata in S , e dell' altra , che soleva aggiungersi iuuan- zi alla lettera L, quale si trova nella parola stlites per litcs , sfia- ta per lata; stlocus per locus , così Helaus Io stesso che Hclas o/;hS 4iictil.iy.et7rvci bulicapnus seno troppo assurde per meritare consiv derazione , E. Quirino Visconti Nei denari romani della gente Aurelia vcdesi un cocchio ii-at. to da due Centauri dendrofori , ossia con rami nelle mani . 11 ti- po di un Centauro nelle monete battute dalli Aurelio'politi di Tra- ci,i ha fatto sospettare qualche rapporto fra 1' immagine de' Cen- tauri e la gente Aurelia . Ecco intorno a tale argomento 1' opinio- ne del nostro Autore . 1 primi domatori de' cavalli per assogget- tarli si approfittarono della delicatezza degli orecchi in questo ani- male , quindi il nome greco di Centauro dalla parola kivtìiv ed ttvfOVf pungere le orecchie , e i nomi Latini di aureax e di au- riga ab agendis vel agifandis auribus . La voce Laconica avg , etVTOg , o piuttosto ttt;p , ctvpoi , secondo V idiotismo Spartano, che mutava il 2 della terminazione in P vale orecchio fra .greci e da questa si è formata tanto la voce latina cniris quanto la greca co- mune et/?; quindi è che etupo/ sono detti pres^ Esichio i lepri , quasi gli auriti . Questa etimologia del nome Centauro é più sto- rica e pili gramatic^e tli quella di Palefato che li vuole detti dal pungere i Tori euTeo tov Kivriiv Tttvfovf, mentre conviene che questo nome fu dato ai primi domatori de' cavalli . Applicando que- sta etimologia al Centauro espresso nei tipi delle monete degli Au- reli osserva che il nome Aurelio è anjilogo ai latini aureax , ed au- riga ambedue significanti secondo Festo primitivamente un cavalie- re , Questa interpretazione viene confermata da un medaglione dì Marco Aurelio , dove si vede un Ercole sopra un carro tratto da quattro Centauri dendrofori , La parte anteriore degli animali iragionevoli si chiama profome con chiaro vocabolo greco . La parte superiore dell' uomo perchè siasi chiamata Busto indarno si era cercato fin qui . Quelli ohe han- no illustrate le or'gin» della nostra favella si sono avvisati di tro- vare r etimologia della parola Busto nella voce teutonica Ernst pet- to . Osserva il nostro Autore che negli scrittori della bassa ed in- fima latinità niun vestigio sì trova del passaggio di tale voce d' u- na in altra favella, Busta erano chiamati i monumenti sepolcrali, quindi col nome di Busto si chiamò quella maniera d' immagine , che nei Bvisti , cioè nel monumenti sepolcrali solca comunemen» te osservarsi nella decadenza dell' Impero Konmno . Uno de' precetti , ch^ Orazio ha lasciati agli scrittori di tpa^g- die è questo : G. A. To. IT, a iS Letteratura Nec quart? loqui persona laboret : Il quale emisticliio ha dato luogo a dispute sulla interpretazione . Jl nostro Autore , ben sai»endo che i precetti altro non sono , che esami degli esempi , questi si diede a considerare e trovò essere legge costante del teatro Greco , osservata poscia da' migliori tra- gici moderni , che il nodo , lo sviluppo , e la somma dell' azione si aggiri in tre soli principali personaggi , JElos^ìo Epigrafico ad E. Q. Visconti del eh. Ab. Marcelli . ENNIUS.QLIRIINUS.JOAN.F.VISCOISTIUS . ROMAE . PROCREATUS . QUAE . PRAECLARIS . FLOREEAT ARTIBUS. A^ PVERITIA . IPSA . ÌNGEMO . ERVDITIONE ELOQVENTIA . OPINIONEM . HOMINVM . SVPERGRESSVS LATINA . ET . GRAhCA . PERBENE , NORAT . ROMANAM HISTORIAM . ET . MAGKORVM . PRIKCIPVM . ACTA DISPEXIT . GEOMETRARVM . ET . MATHESEOS . SCITA PERVIDIT . AdOLESCENS . AD . GRANDI A . QVAEQVE . NATVS . PATRI DOCTISSIMO . PALMAM . BREVI . PRAERIPVIT . ET . VNVS MAXIME . VISVS . EST . QVI . ANTIQVA . MONVMENTA DIGNOSCERE . CERTOQVE . IVDICIO . FRETVS . VVLGARE POSSET . IDEM . NOVIS , IN . DIEM . ARTIVM PRODIGIIS . IN. LVCEM . PRODEVNTIBVS , CLEMENTINVM ET.PIANVM. MVSEVM . AVIDE . COMPLEXVS . NVNQVAM IMPAR . ILLVSTRANDAE . VETVSTATI . ROMA . MIRANTE EXTITIT . DOCTIS . VIRIS . PLAVDENTIBVS • QVOD IN. VNO . HOMINE. PARATA. SVBSIDIA , INTELLIGERENT QVIBVS . AD . MAiORA . QVAEQVE . ADSPIRARE . FAS ESSET . Parta . iam . sibi , lavde . inter , ervditos . viros clarissima . magnos . ad . honores . vocatvs MVTAVIT . PATRIAM . EXPETITVS . A . PARISIENSIBVS DOCTRINAM . ADMIRANTIBVS . MAGISTRI . TOTIVS ANTIQVITATIS . EOQVE . AVCTORE . IMAGINES PRODIERE . MAXIMORVM . PRINCIPVM . ET . SCRIPTA ElVS. VVLGAlA- QVAE .NVLLA. AETAS . OBLIVISCETVR E. Quirino Visconti, ig - PROVEXIT . ENNII . GLORIAM . EA . BRITANNORVM SENTENTIA . QVA . VNVS . ARBITER . OPTATVS . EST QVI . ADQ VISITA . MONVMENTA, IPSORVM . DIIVDICARET PRETIVMQVE . SINGVLORVM . EDICERET . QVVM . DENIQVE . AD . DIGNITATEM . EIVS . ET . FAMAM NIHIL. DEESSET . IN . EOQ VE .ORNANDO . CELEBRANDOQVE ERVDITORVM . OMNIVM . NATIO . CERTARET . NVLLIVS DEMVM . EXPERS . HVMANITATIS . HABERETVR . VXSORE ETIAM . OPTIMA . ET . FILIIS . DVOBVS . SVAVISSIMIS AVCTVS . MAIORA . PORTENDERET . LVSTRO . XIIII INCIIOATO . INTER . BONORVM . LACRIMAS . PIO INVJCTOQVE . ANIMO . NATVRAE . CESSIT . IN . OMNIVM ANIMIS . VICTVRVS . DIV, GLORI ANTIBVS . SOCIIS QVI . TANTI . VIRI . DECORA . ATTIGERVNT , Per Ennio Quirino Visconti , Canzone del Conte Gio: Marcii et ti , \_% on ili te che securo incontro a Morte Sovra le invitte piume Traggi volando a le future genti , Di noi piangiam elie 'I tuo supremo lume Dal ciel concesso in sorte Ciechi ne lascia de V usato aspetto ; O lume d' ogni nobile intelletto , 0 face eterna di saver profondo Inusitata al mondo , O spirito che a' rai del primo Sole Tuo divo raggio ricongiungi , or senti Come nostra Natura a Lui si duole ; Grave d' alta pieUide alza la tosta, Mostrando al Ciel quel che di te le resta, P' egual lamento ogni gentil favella Suona , e traendo afianni Su .Je piagge divise Italia stassj Ch' or , come vedi , alfin sente suoi danni : Questa misera ancella ( Colpa d' antico mal che in lei s' alligna ) IVladce a' pravi intelletti , ai l>uon matrigna, Pur si sentia superba di tua luce : Tu maestro tu duce Sul dritto calle de' bei studi imprima Eiconducesti i suoi smarriti passi ; F. se ingegno potea ripprla in cima 50 Letteratura De la gloria rhc sola oggi le avanza , Parmi s'avesse in te degna speranza. JVIa tu se' gito a riposata parte Di nostre cure in Kando , E tutte. iuantc le passate cose Indi palesemente riinirando , Guardi quai.ta e qual parte Di lor , chiamato dal disio del vero , Vedesti con 1' altissimo pen-irro. Si che forse di tanto or maravigli ; Onde i fermi consigli Porgevi in terra , e degli antichi Sari Quasi fra 1' alme altere e gloriose Degno di tanta compagna , ti stavi ; Ed elle in te dopo miir anni e mille Or tutte raccendean T aite faville . Peregrinando per lo tempo andato ; Dritte leggi e sostumi Sorger vedevi , e diohinar poi tosto ; Fatti gli error miseramente nana , E d' ignoranza nato furor nel sangue suo disio far pieno , E franca tirannia , rotto ogni freno , Di miseria gravar regni ed imperi : Tolta a' vani pensieri ■Filosofia ti disvelava a un tempo Di tutte cose lo perchè riposto , Schiarando le caligini del tempo ; Quindi '1 pa salo a V avvenir fea speglio. Piangendo il male , e meditando il meglio Qual torrente cui nullo argin più domi , tra le i ose mortali 11 tempo ra[)idissi:! o si voUe ; E r opre umane inco/itfa lui men frali Guaita , e famosi nomi Disperde, e luce d'alti esempli ammorta. Ed illustri mcinurie se ne porta, Di confubion sognando suo cammino; E tu , spirto divino , A la foga antichissima rapisti Parte di quel eh' una ruina iiivch'e. Si che ogni arte gentil d' alteri acquisti Lieta manaavi ove beltà s apprezza, Pr mo conoscilor d'ogni bellezza. Marav gliaro le superbe menti, Ciie tratio 1 jircgar loro Udian te nel Kriltatiico Senato Giù icante il divin greto lavoro*; Ove tal d' argomenti 3Mova spaiiflevi e di dotti n^ Immensa Copia che quanto la icasia ne pensa E. Quirino Visconti se Sono immagini al ver scarse e leggiere : O Italico savere Come di somma riverenza degno Ti stavi de Y altrui possanza allato ! Ahi vana nostra nobiltà d' ingegno ; O Italia d' ogni ben sempre digiuna Nò tanto senn vincerà fortuna? Unica in tanta gloria umil virtude Che di tua eccelsa via Tra noi scendevi a far di te delizia In abito gentil di cortesia ; Bontà , che a 1' aspre e crude Pene , cui spesso uman valore è corto ^ Pronta soavitade di conforto Recavi in atto affettuoso e pio , Or premi gli astri , e Dio T' accoglie al sen benignamente , e dice : Vieni a cor' frutto a 1' arlior di letizia Cui le beir opre son prima radice ^ O nobil Alma d' ogni merto ornata Leva a me gli occhi , indi ti volgi , e guata , Poi vedi giù nel secolo dolente Lo tuo cammin giocondo Rider di luce che sarà più bella Quantunque volte si rinnovi il mondo 4 E disdegnosamente Da' vilissimi pochi il guardo piega Cui '1 parteggiar si lo intelletto lega Che al tuo lume immortai ciechi si fanno ; Ahi stolti che non sanno Come Virtude in generoso core Di sue vere sembianze si rabbella , E mal contra Virtù pugna furore ; Per lei s' ottien laggiù fama verace, E non per altro innanzi a No: si piace . S' egli avverrà , Canzon , che Italia senta Tuo giu.to sdegno e il van lamento insieme , Dille : Colui che eterno onor ti fia Queste parole estreme A te converse : O dolce terra mia , O mia benigna madre , a .ui sovente L' innamorato spirito venia , Ancor, spero , sarai possente e lieta: Deh ! qual sentenza di lassù mi vieta Con questa speme almeno Nel tuo pietoso seno Depor la carne onde tu m' hai vestito ! E cosi sospirando iu Cielo è gito . Questa Prosa e questa Canzone furono recitate nell' Accademia del Casino in Bologna la sera del i. giorno d^ igig. ai Letteratura Catalogo delle Opere Italiane di Ennio Quirino Visconti (i) . Il i Ecuba di Euripide tradotta In versi . Roma per Arcangelo Casa- letti 1765. in 8. ..... Componimenti poet-r-i per 1' arrivo in Roma di due Principi il- lustri • Roma I7fì9- in 4- Kitlcssioni del sig. Abate Visconti Romano sulla maniera di tra- dur Pindaro. Nel nuovo Giornale de' Letterati d'Italia. Modena J770. F. II. luim. 1 1. pa;:;. 27. II "Museo Pio-Clementino descritto. Roma T. I. 1782. T. II. 1784. T. 111. 1790. T. IV 1788. T. V. 1796. T. VI 1792. Biglietto al Sig. Giuseppe Antonio Guattani sopi-a un Vaso Mar- moreo appartenente a S. E. il Sig. Principe Chigi . Nel T. I. de' Monumenti antichi inediti , ovvero IMotizie sulle Antichità , e Eelle Arti di Roma per Tanno 1784- pag- 25. Biglietto al Sig. Jenkins sopra un raro Frammento di antico in- tao^lio in Corniola , rappresentante Minerva sul carro di Diomede . ibid pag. 68. Biglietto al Sig. Ab. Gio. Christofano Amaduzzi , sopra un Dia- spro sanguigno con teste d'Arato, eSileno, e caratteri Greci . ibid. T. III. 1786. Monumenti scritti del Museo del Sig. Tommaso Jenhins . Ro- ma 1787. in 4' Monumenti Gabini della Villa Pinciana. Roma 1787. in 8. max. fig. Osservazioni su due Mosaici antichi Storiati. Parma nella stam- peria Reale 1788. in 8. max. Riflessioni sopra un Gruppo di Ercole, e Teiefo con la Cerva, nel T. V. 1788- pag. Zo de' Monumeati del Sig. Guattani . Lettera al sig. Ab. Francesco Cancellieri sopra la statua di Patro- clo , detta volgarmente di Pasquino . Nelle Notizie delle due famose statue di un liume e di Patroclo , dette volgarmente di Marforio , e di Pasquino , publicate dallo stesso Sig. Abate Cancellieri . Roma 1789. in 8. pag 27. Osservazioni sopra un Antico Cammeo rappresentante Giove Egio- co ec. Padova 179? in 4- M«-ix. Lettera su di una Antica Argenteria nuovamente scoperta in Ro- ma a S. E. Reverendissima Monsig. della Somaglia. Roma 1793. in 4- e nel T- XX. dell'Antologia Romana. Iscrizione Greche Triopee, ora Borghesiane, con Versioni ed os- servazioni. Roma Pagliarini 1794- in 4- Max. Pitture di un antico Vaso Fittile trovato ncljla Magna Grecia , ed appartenente a S. A. il Sig. Principe Stanislao Poniatowshi . Ro- ma Pagliarini 1794. in fol. fig. Descrizione ili una Antica Tromba Idraulii-a ultimamente sco- perta, ed illustrata, e communicata dal Sig. D. Girolamo Astorri ec. coli' aiuiessa figura . (l) Questo Catalogo fu publlcato Jal Ch. Ab. Cancellieri nella sua op«- letta sulla Statua del Discobolo , Roma Falgoni 1806 p. 7^ 76 , 77. E. Quirino Visconti . aS l'etera su di un' antico Pioml.o Veliterno scritta al Sig. Card. Stefano Borgia. Roma 179S. in 4- , e nel T. XXJII. dell'Antologia. Lettera su due Monumenti di Antonia Augusta . Roma an.7. in 4 fig Catalogo delle Opera Francesi del sudettó » §■ I. Note sommaire des principuux oinragcs , opuscides , articles dU i'crs eo. ec, ècrits en francais par le Chevalier Visconti (a) . , il otice des stalues, bustes «t bas-réliefs de la galerie des Antiques du Musee Napoleon . La mémc aùgiiientee et intitulée : Description des Antiques da Musce Royal . ^ Description dea vases peints du Musee Napoleort Wotice sur le tapisserie de la Reine Mathilde Wotice sur les statues apportées de Cassel et de Berlin . Notices des monumens publìés dans la Collection intitulée Mu* see francais (1) . ^ Note critique sur les sculpteurs grecs qui onf porte le nom de Cleomene . Notice d' une statue egyptienne qui se voit A S. Cloud. Lettre sur le costume des statues antiques . Explication d' une lettre de Titus Quintius Flaminius . Description d' une mcdaille de Thermuse . Explication d un bas-relief en Thonneur d'Alexandre le Grand. Wotice sommaire de deux Zodiaques de Dendera". Articles sur Cleomene , sculpteur , Eckhel et Fabretti , antiaua- ires . ^ Note sur un camèe representanl la mort da Daphnis . Notice des Tableaux duprince Giustiniani. Un grand nombre de notices manuscrites de differente^ colle- ctions . L' Iconographie grecque L' Iconographie romaine (1) Voyez la liste des monumens dont elle fut !' obiet , a la paee 5 de cetre note . ' ■> r 6 (2) I figliuoli del defunto Ennio Quirino hait donato questo Catalogo agli Zìi Filippo A ureiio ed Alessandro: ed essi a noi . (3~i Cet oavrage n' est pas achevé ; M. Visconti n' en a publié qne le premier volume; mais il a laissè lo pian general de 1' ouvrage et un grand ■ travail contenant le choix de tous les monuments qui doivent le compo- set , la base de cliaque notice , particuLeremcnt de celle -lu grand carnee représentant 1' Apolbéose d' Auguste , connu sous le nom de Carnee de la S. Lhapelle , tous les dessins , ptesque i^utes les planches ec- ec. »4 Letterattdra Deux mèmoJres sur les sculptures de la collcction de Milord Cotnte d' Elgin (i) . Lettre sus quelques monumens des peuples américains • §. II. Miìmoires qu' il a lus à V Acud&nie des Inscriptions et Belles lettres . JL/issertation sul le tròne de Jupi'ter à Olympie et sur I' opinion que M. Qaatremcrc de Quincy à emise sur le méme sujet daos les précedentes scannes . Note sur le pied romaiu. Observations sur P empreinte d' une pierre gravde trouvce danj les fouilles qne M De la Doucette , Ppcfet des hautes Alpes , a fai! faire à Moni scdeucus , aujourd' hui Mont Saloon . Dissertation sur une inscription decouverte prcs la ville de Carouge et dont une copie a ete' envoyée k V Academie par M. Baruel Beauvert , Inipecteur des Poids et Mesures . Remarques critiqnes sur une inscription grecque envoyée d' A- théncs, par M. Sanrcl, correspondant . Note sur un vase antique peint trouré en f^iVile et portant pour inscription ces trois Mots Ae;:^e , TXffì , Tra/So, recevez , con- scrtez , jouissez . Notice sur deux inscriptions prccques trouvée à Athènes, dons M. Fauvel a envoyé copie A M. Barbier du Bocage . Mémoire sur una mcdaille inedite des Aularés du Pont . Note sur une Iscription grecque sépulcrale trouvée prés de Smyrne et communiquée par M. Barbier du Bocage , Mémoire sur une épigrammc grecque qui servait d' cpitaphe au tombeau clevc dans le Ceramique exterieur d' Athcnes pour les guer- riers morts sous Potidce . Mémoire sur les ouvrages de sculpturc qui appartenaicnt au Parthenon, et qu' on voit à présent dans la Collection de Milord Comte d' Elgin . Mémoire sur les sculptures de la Cella du Parthenon . Panie de sa dissertation sur les monumens de T Acropolcd' A- thénes qui soat dans la Collection de Milord Comte d' Elgin . §. III. Mémoires (jiC il a lus à V Academie des BeuuM artes JU'issertation sur 1' empreinte d' une parte de vcrre coulée sur une pierre gravce antique de travail grcc ; pAte trouvce daus les fouilles de Moas Saleon , Mons Selcucus . (i) Voyez le délail de ces mémuires 2. • 3. E. Qummo Visconti . a 5 Mémoire sur les monnmens de sculptnre de Phidi'as, extraits par Milord Elgin, du Parthenen et de T Acropole d' Athènes . Second Mémoire sur les scalptures de Phidias appartenant à Milord Elgin . §. IV. Dictionnaire des beciiix ctrts de VAcademie roytde Jll a redige un grand nombre d' articles pour ce dictìonnaire . Liste des uirticles qu il a Redig'és pour ce Dictìonnaire . ^ccessoire Acrolithe Action A?athe^ Ai?le A'b/ìtre Ambre A]Ie2;orie Ametiste Amphitheatre Anagjlyphe Ancien Antique Antìqnitcs Antiquaires Are de Triomphe Archcographie Archeologie Arcas Athcnee Atlante AttriLut Aventiiireie Aureole Aulomate Abside Anneau Albente Bacchanale Bayre Baptistère Barbate Basalthe Bifsanite Basilique — Chretienne — Moderne Biblioteque Bitume Boucher Bouclier Bucrane Buste Calcedoine Carnee Candelabre Canephore Caryatide Catacombe Cenotaphe Centaure Calcedupre Char Chimere Chrysolithe Cirque Chrysofrase Cineraire Cipolin Cippe Colonne miliaire Colombaire Cornaline Corr»e Come à boire Come d' abondance Come d' abaqnc Cerne d' autel Come de belure Come de boeuf Come de boiic Come de' Cerf rome de chi re Cfidran Sobire T>amasqu?aer Décadence Dévise Diadème Fcole Eousson d' armcs Electre Emljleme Fontaine Groupe Genie Ferme Image Lycce Méandre Monochrome rJimbe Onice Porbe Prototype Sarcophage Symbole Sardoine Stele Type à6 Letteratura §• V. Cominisslon des Jnscrìptions et Medailles . I 1 a compose presqne toutes les inscriptions et medailles do»t cette ComniissioB a étc chargée depuis dix ans. ' §• VI. Liste des articles qu'' il a redigés deus le Journal dea S«f«/iJ * JLjes Antiquitcs d' Athcnes par Stuars et Revett . Dissertation de M. Tochon . Fragmens de Dcn>3 d' Halisarnasse publiés par M- Mai iVledaille de Thermase, reine des Parthes Emendationes Liviaiiae , à Georg . Lud. Walchio . Inscription de Cyreties . Sur le Quatorzième des livres SibyllìnS . Lisfe des nofices qii' il a cumposèes pow' la Collection intitidèe Musèe Jrancais . ì apiter et Trìton , tètes colossale'? Jupitcr et deux déesses , bas-relief Junon ]Vliner\re et Typhèe Trcpicd et Candclabre Minerve avec la Chlamyde Dantre Diplax Minerve pacifujuc ApoIJon du Belvedere Apollon Lyciea Apo lon dit r Adonis Melpomene colossale Muse restaurèe en Ccrès Muse dite la petite Ccrcs et fcmmc Isiaque Esculape et Telesphore Venus da Capitole Mcrcure dit le Lantin Hermaphrodite Bacchus Bacchus dit le Sardanapale Ariane dite Cleopatre Eaiine et une Panthére Hercule enlevent le trepied dcDelphes '•^enas accroupìe da Vaticaa Didius Julianus Alessaline avec Brittanicus enfant Livie en Cérès . Diane de Gabies Jeune fille romaine T/a joueuse d' Osselets Trèpied d' Apollon delphique et Autel de Mars Jeuric heros Menandre Posidippe Personnage grec dit Sextus de Cheronée Antinous en divinile Egyp- tieiine Julie lemme de Septime Se- vere Victoire Choragique Sacrifice aux lares Jenne vainqueur a la course et r enfant A 1' oie Jeune homme rexnerciant Ics dieux E. QviRiNo Visconti . 27 Omphale et Mélicerte , bustes Floi e ChoKur de Nereides Amazone Jason dit Cincinnatus Le Laocoon Heros grec dit Phocion Silene et Bacchus enfant, ou le fau- ne à r enfant Centaure Borghese Venus alt bain La ProFÌdence Personnagc romain en Mer- cure , dit Germani cus Antinons en bon Genie Muse restaurée en fille de Lycomède Domitia en Hygie Femme Isiaque dite la Psyché Lirie en Muse Sabine de Gabies Faune Borghese dit l' Anapa- vomenos Minerve Armée de V Egide Oltre tutte le Opere sovraccennate il eh. E. Q. Viscon- ti scrisse la nuova illustrazione di famosi marmi della Villa Borghese , che sperasi di veder presto in luce . WM^BW^'ff*'**f**^^''^'''^^ Dissertazione di Tommaso Tajlor sopra i Miste- rj J^eusinj , e Bacchici , tratta dal Giornale Letterario Inglese intitolato The Pamphleteer na- mer. i5. (i) SEZIONE I. I 1 Dottor Warburton provò iagegaosamente , che il sesto libro della Eneide di Virgilio descrive alcuni spettacoli, che si usavano ne'Misterj Eleusini ,' ma nello stesso tempo si smar- rì tentando di svilupparne la nascosta significazione ed il fine quanto oscuro , altrettanto importante . Io però coli' assistenza della filosofia Platonica ho potufo correggere i suoi errori , e difendere la sapienza dell'antichllh dalle ma- (0 L' autore di questa Dissertazione di già noto per le traduzioni fatte noli' idioma inglese delle opere di Platone , e di Aristotele traendo motivo appunto dalle opere del Divicio Filoso- fo , e da lui profondamente studiate , si sforza di pro\-are , che altro non fossero questi mistcrj , che altrettante rappresenta- zioni emblematiche dello stato delle anime , secondo la più antica filosofìa ? e siccome l'argomento è molto curioso, ed è con tutta l'arte trattato , e può inoltre servire di un com- mentario perpetuo al sesto libro della Eneide , perciò si è credu- te d' inserire intieramente questa dissertazione, volgarizzandola dall' originale inglese . ii8 Lt T T er A t un A Irvoli, ed ignoranti calunnie, che si fanno, con una noti- zia genuina di questa sublime istituzione , di cui le osser- vazioni , che sottopongo, debbono considerarsi come una suc- cinta dimostrazione. In primo luogo io presenterò al let- tore due notabili autorità , e queste perfettamente dimo- strative , onde sostenere V asserzione , che una parte degli spettacoli consistevano nella rappresentazione delle regioni infernali ; autorità , che non sono stale conosciute dal D. "Warburton stesso , quantunque siano della piti alta con- seguenza . La prima di queste è tratta dall' immortale Pin- daro in un frammento conservatoci da Clemente Alessan - drino nel 3. degli Stroniati : ah-Xa. nai Ylivìtt^oi; rrspi ruv va Kotv^ Ili V 'tt-o^ò-ovìa ^ okPìv fiiv I^iov re}\Svlxv, oiJ^iv ìi Atoi; tfcTov et^yjty ; cioè : Ma Pindaro ancona parlan- do de' Mister] di Eleusi soggiunge: Beato colui , che nel {'edere quelle cose sotterranee communì , conobbe il Jine della vita , e conobbe V impero concesso di Giove ; l'al- tro passo è tratto da Proclo nel suo commentario sopra la Politica di Platone pag, 872 , il quale parlando della mitologia sacerdotale , e simbolica , osserva , che da questa mitologia Platone stesso stabilisce molti de' suoi dommi particolari ; quindi nel Fedone , dice egli , venera con un silenzio convenei'ole V asserzione data «e' colloquj segre^ ti , che gli uomini sono posti nel corpo come in una cer- ta prigione , assistiti da una gnar^dia , ed attesta secon- do le ceremonie mistiche la sorte differente delle anime pure , ed impure neW inferno , i loro abiti, ed il tripli- ce sentiero , che nasce dalle loro essenze , e questo se- condo le patrie , e sagre istituzioni . Tutte queste cose so- nn piene di teorie simboliche , e di descrizioni poetiche su il' ascensione e discesa delle anime , de' segni dionisiaci le pene de' Titani , i trivj , e gli errori dell'inferno, De' Misteri Eleusini . 39 ed ogni aitila cosa di tal natura , A«^o/ ìs. tv ^ctKPavt Tov TÉ iv «!7-opp'«To/c T^iyc/j-ivo» (i\ IV rivi (ppovpa. ìoija), oi« av6pu7roi siyvi rt, TrfiTrovan ti^CùV^ n^i ra? T5?>£Ta; fj.ctfrvfovii.ivoi rav v , ruf ri àtovvffictzuv avvèiìii.a!lecv Myc[j.evetìv f xai ruv iv AiS'ov rf(oS'uv , kxi t«$ ^^ai/»j , x.ett Ttói' roiovreav etTravrcev » Premesso ciò ip mi avanzo a provare, che le rappre- sentazioni de' mister] minori erano dirette dagli antichi Teo- logi loro fondatori per significare occaltamenle la condizio- ne dell' anima impura rivestita di un corpo terrepo , ed immersa in una natura materiale; ovvero in altre parole, per significare , che una tale anima nella vita presente può dirsi morire per tanto per quanto l' anima può morire , e che nella dissoluzione del corpo presente durante lo stato suo impuro , soffrirebbe una morte ancora più lunga , e profonda. Che l'anima infatti finché non fosse purificata dalla filosofia soffi-isse la morte per la sua iinione col cor- po era ovvio anche aj Filologo Macfobio , il quale noa penetrando la segreta profondità degli antichi ne concliiu- se , che non intendevano altro , che ij corpo presente , con quelle descrizioni delle abitazioni infernali . Ma quc; lo è chiaramente assurdo , poiché si è universalmente convenu- to , che tutti gli antichi poeti , e filosofi teologi inculcava- no la dottrina di uno stato futuro di premi , e di peno ne' termini più chiari e decisi ; nello stesso tempo inlinj.tvano occultamente , che la morte dell'anima altro non era che una profonda unione coi legami caduchi del corpo . Infat- ti se questi uomini sapienti credevano ad uno stato futu- ro di retribuzione , e considefavano uel tempo 8iess9 la 3q Letteratura connessioue col corpo come una morte dell "anima, necessa-f riamente ne segue , che la pena dell'anima , e la sua sus- sistenza posteriore null'altro sia , che una continuazione del suo stato presente , eduna trasmigrazione, come se fosse, da sonno a sonno, e da sogno a sogno. Ma seguiamo le as- serzioni di questi uomini divini , circa la congiunzione dell' anima con una natura materiale , E per cominciare coli' oscuro , e profondo Eraclito, il quale parlando delle anime disciolte dal corpo dice ; Noi viviamo alla loro morte , muojamo alla loro vita: Zufiiv rcv izìivav -S-ee- varov, Tsd-vay.ctfiiv /j Toi/ iy.nvcàv ^tov . Ed Empedocle biasimando la generazione in tal guisa ne parla: Li fé di vivi morti , e poi cangiolli . Ek fj.i]/ 5-etp ^uuv iTtd-ei vinfo., s/cTj ce.[j.oi^uv . E di nuovo 1,T incitandosi della sua connessione con questo mondo corporeo, pateticamente esclama: Piansi , e gridai vedendo lo spiacente Luogo Platone siccome è bene conosciuto, considerò il corpo co- me il sepolcro dell' anima ; e nel Cratilo acconsente colla dottrina di Orfeo , che 1' anima è punita per mezzo della sua unione col corpo . Questa era parimente l'opinione del celebre Pitlagorico Filolao , siccome si vede evidente dal seguente passo rimarchevole, in dialetto Dorico, conserva- toci da Clemente Alessandrino (Stromat. 1. 3. p. 4i^- ) Maprvùiovl oj f'. «.oli ot' TraT^aiot dscy^oyct tì xai ij,a.vlnc, co''e, cTia Ttvac, T//i«p/a;, a' A-^X^ tùù cccfiUTi a-vvi^ivu-l cti^ >ia.t Ka6a~ TTtD IV ffwU'Ci]i Tovrtù Ts3"*^7*'. Attcstaìto poì ttnclie i teo- logi , e gli Auguri antichi , che per qualche pena Vanì- ma al corpo si congiunge , ed è come in esso corpo se- polta . E fiiialmenlo Pitlagora slesso conferma i sentimen- ti esposti di sopra, quando osserva secondo Clemente nello slesso libro , che tutto ciò che vediamo allorché vegliando 0 morte , e ciò che vediamo mentre dormiamo e un sogno : De' Misteri Eleusini. ai Ma , che i misteri occultamente significassero questa sublime verità, che l'anima coli' essere immersa nella ma- teria risieda fra i morti qui , e dopo ; sebbene segua per una necessaria conseguenza dalle osservazioni precedenti , tuttavia è indispensabilmente confermato dalla testimonianza del grande, e veramente divino Plotino nella prima Enneade, 1. 8 p. 80. Quando V anima , àice eglij è discesa nella generazione partecipa del male , e profondamente si pre- cipita nella regione della dissomiglianza per essere intie- ramente immersa in ciò , che non è altro , se non cade- re nel tenebroso Jango . Edi nuovo poco dopo; l'anima perciò muore per quanto è possibile alV anima di mori- re , e la morte dell' anima è mentre è immersa nel pre- sente corpo , il discendere nella materia , e V èssere ri- piena della sua impurità , e dopo partendo da questo corpo il restare assorta nella sua sozzura Jìnchè ritorni ad una condizione superiore , ed innalzi il suo occhio dal fango , die V opprime . Perche l'essere immerso nel- la materia e il discendere nelV inferno , e il cadervi ad- dormentato (0 • ^iviMOivu (fi il'' ju,«Ta^))4'? etvTOv . livna.t (1) Questo passo senza dubbio allude all' antica, e belJ;^ sto- ria di Amore e Psiche , nella quale dicesi , che Psiche cadde ad- dormita neir inferno, e questo per avere temerariamente tcjìtato di guardare la bellezza corporea; e 1' osservazione di Plotino por- rà il profondo e contemplativo lettore in istato di sviluppare la maggior parte de' misteri , che in quella elegante favola si con- tengono. Ma prima di Plotino, Platone nel VII. Iil)ro della sua Repuldica, avea asserito che tutti coloro , i quali non possono nella vita presente percepire l'idea del bene, discenderanno ncll' inferno dopo la morte, e cadcranno addormiti nelle sue tene- brose dimore . O'c, av /x« cy^tì J^iopi(Tcta-6ctt tw Xojtó cltto tmv aMwi' Trctvìuv ct(piAù)V thi' tol> ctyctSov 1 /sav, y.a,i (à'cTria sv l^^'-XV ^"'- '^^v'^luv iMyyov J^n^iav, fi» kclto. é'c^ctv o.'KT^cl xaj' ovcct/ toi/to ia'] / to ìv Até'cv ih-3-cv'] ot. iTTiy.a.TO.J'a.ùd-nv. Qui il lettore osservi , che T oscura dot- trina de'misleri menzionata da Platone nel Fedone , che le anime impure nello stato futuro giacciono immerse nel fan- go , è in tjuesto luogo bene s^ legata ; e nello stesso tempo, che la nostra asserzione circa il loro secreto pensiere è nul- la di meno solidamente confermata . In una maniera simi- le lo stesso divino filosofo ntl suo libro sopra il Bello, En- neade I. lib. VI- spiega la favola di JNarcisso come l'em- blema di uiio che s' immerge nella contemplazione delle forme sensibili, come se fossero realità perfette quando nel tempo stesso altro non sono infatti , che come belle imma- gini apparenti nell'acqua, fallaci e vane ; Quindi, egli di- ce , come Narcisso col voler prendere V ombra *' immer- se nel ruscello , e disparye , così colui die è preso dai corpi belli , e non si astiene dall' abbracciarli , è preci- pitato non col suo corpo ma colla sua anima in una oscurità prò/onda ed orrida , e testando cieco nelV in" ferno , non conversa se non colle ombre. E ci» che più conferma la nostra opinione è , che la materici era conside- rata dagli Egiziani come una specie di fango . Gli Egizia- ni , dice Simplicio (^Sch. in Arisi. Phjs. p. 5o. ) chia- mavano la materia y che essi simbolicamente appellavano etSiva.1 TOi/ ot;'?4)? ep^Qi/7«. out' a>^^o a.ya.èov ov07ro7KOvvl et ., ncti v'ttvott'^vto. ., vrfiv iv- d-a.^"" s^'pT-efffia/, e/? Atefov "TrùOTi^ov ei(piito[Mivov tìKìuì stt^-» K-xìa-ìa-ftOiiv. De' Mistehj Eleusini . 33 acqua il sedimento della prima vita , essendo la iì i a te- via , come una specie di fango. Aio nett AtyvTrriot r»v t«? ■77-ptóT»? ^«»C , «'v t;'«r«p avjjL^ohiKui; ìzclKcvv v^ttoo-I a.^fi.)tv ruv t/'>.«v i7\iyov , oi^ov iXvv riva, ov no quasi dormientes illudi , ac si in hoc somno piius- quain expergefncti fuerint moriantur similibus post di- scessum et acrioribus visionibus angi . Et sìcut eum , qui in vita veris incuhuit , post mortem summa veritate poti-' G. A. To. IL 3 -34 Letteratura. ri , sic eum , qui falsa seclalus est , fallacia extrema tor- queri , ut ille rebus veris obtectetur , hi e falsis vexetui simulac-is . Ficin. De iininortalitate anima; lib. i8. /.». 4i i Ma sebbene questa velila importante fosse oscuramen- te mostnta ne' pi coi oli misteri , noi non delibiamo suppor- re che fosse general nuMite conosciuta neppure dagl' iniziati stessi . Iniperoioechè , siccome quasi ogni sorta di gente era ammessa a questi riti sarebbe stata una prostituzione ridi- cola il palesare alla moltitudine un a teoria così astratta e sublime . Era bastaute V istruirli nelia dottrina di uno stato futuro di premj e di pene, e ne'mezzi di ritornare ai prin- cipi daquali erano originalmente caduti; pt)i(liè questa ultima parte delia iuformazione era , secondo Piatone nel Fedone , l'ultimo disegno deraisteri; e la prima s'inferisce necessaria- mente dal presente discorso. Questa è la ragione per la quale era ovvio soltanto ai filosofi platonici , e pittngorioi , che derivavano la loro teologia da Orfeo stessa fondat ire origi- nale delle istituzioni sacre ; e perchè noi non incontri a ino notizia sopra questa particolarità in alcuno scrittore anterio- re a Plotino , il quale fu il primo , che avendo penetrato la scienza profonda dell'antichità, la palesò ai posteri senza l'inviluppo de'simboli misli«i , e delle favolose narrazioni. Quindi è che noi possiamo inferire colla maggiore pro- babilità , che questo spirilo recondito de' misteri non era conosciuto neppure a Virgilio stesso, che ha descritto con tanta eleganza la loro forma esterna , Imperciocch»^ non oslniiie le traccio del Plalonicismo die si trovano nella Enei- de nulla s'incontra di (pialche profondità nel totale fuori- clie quello che potevano dare una lettura superficiale di Piatone, e gli spettacoli de misteri . Ma questo non è co- nosciuto dai moderai , i qinli essendo intieramente ignoran- ti del Platonioismo , ed cssnido incantali dalle attrattive della poesia credono questo poeta profondo conoscitore di De' Misterj Eleusini . 35 un soggetto, del quale con molta probabilità era assai leg- germente istruito . Questa opinione è molto più fortificata dal considerare , che la dottrina , che espone nelle sue Eclo- ghe è perfettamente Epicurea , filosofia alla moda nella età di Augusto; e che non vi è altra traccia in alcuna parte delle sue opere, se non nel suddetto libro; il quale poi- ché conuene una rappresentazione dei misteri , lo forzava a spiegare qualche tratto principale di questa filosofia , per quanto essi illustravano , e facevano parte dì questi misti- ci spettacoli . Tuttavia nella supposizione, che questo libro ci presenti con una fedele esposizione alcune parti di que- sti riti sacri , e questa è accompagnata colla maggiore ele- ganza , armonia e purità di versificazione , dovrà perciò ri- guardarsi come una reliquia senza prezzo dell'antichità, e come un monumento prezioso del misticismo venerabile, della scienza recondita , e della istruzione teologica . Que- sto sarà sufficientemente evidente da ciò che è stato già dimostralo, considerando alcune delle belle descrizioni di questo libro nel loi-o ordine naturale j nello stesso tempo che le descrizioni slesse corroboreranno le presenti elucida- zioni In primo luogo quando dice: facilis descensus Ai>erno . Noctes atque dies patet atri janua Ditis ; Sed revocare gradum , siiperasque evadere ad aiiras Hoc opus , hic labor est . Fauci quos cequus amavit Jupiter , aut ardens evexìt ad cethera virtus , Dls geniti potuere . Tenent media omnia silva; , Cocjtusquj sinu lahens circumvenit atro . non è egli ovvio secondo la spiegazione precedente , che per V^i^erno in questo luogo , e per le porte tenebrose di Plutone , dobbiamo intendere una natura corporea , il di- scendere nella quale è infatti in ogni tempo ovvio e faci- 5 * 56 Letteratura le , ma il ritornare indietro , e 1' ascendere nelle regioni superiori, o in altre parole il separare l'anima dal corpo per mezzo della virtù purgatrice è una operazione forte, ed uà faticoso lavoro ? Imperciocché un piccolo numero sol- tanto, i favoriti de' cieli, cioè coloro, nati col vero genio filosoflco , ed elevati dalle virtìi ardenti alle contemplazio- ni divine , sono stati resi abili d'adempire i disegni ardui . Ma quando dice che tutte le regioni medie sono coperte di boschi , questo intima troppo apertamente una natura materiale ; rmperciocchè siccome è ben conosciuto, la paro- la Sylva sendo usala dagli antichi scrittori per significare la materia , porta seco il passaggio, che conduce al baratro del corpo , cioè nelle tenebre profonde , e nell' obblio , per .mezzo della natura materiale ; questo mezzo è circondato dal négro seno di Gocìto , cioè dal più amaro pianto , e dalle lamentazioni , conseguenza necessaria della unione delTanima con una natura affatto straniera alla sua. Laonde in questa particolarità il Poeta perfettamente corrisponde con Empe- docle nel verso, che abbiamo citato di sopra , dove alluden- do a questa unione esclama : Per questo V piango e cedo al dolor mìo Poiché sempre conoscer debbe V alma Novelli regni . Nel luogo che segue , quando cosi descrive la grotta , per la quale Enea discende alla regioni infernali ; Spelunca alta fuit , vastoque immanis kiatu , Scrupea , tuta lacu nigro , nemorumque tenebris Quarn super haud ullre poterant impune volantes Tendere iter pennis \ tatis sese halitus atris Faucihus effundens supera ad convexa ferebat ; Unde locum Graii dixere nomine Aornum . poteva egli dare una rappresentazione migliore della natura •orporea , della quale una grotta difesa da un luogo negro . jDe' Misteri Eleusini S7, n da folti boschi è un emblema assai chiaro ? Imperciocché occultamente ci rammenta la condizione sempre irrequieta di una tale natura . Né con minor proprietà viene denominato Àorno , cioè privo di augelli , o della natura alata j imperciocché avuto riguardo alla sua lentezza ed inattività natia, ed alla sua con- dizione immersa , essendo situato nella estremità delle cose è perfettamente debole , e languido, incapace di ascendere alle regioni della verità , e di cangiare lo stato suo oscuro , e degradato per qualunque via splendida , e divina. La pro- prietà di sagrilìcare prima dì entrare alla Nolte e alla Ter- ra è chiara , essendo queste gli emblemi proprj della natura corporea. Nei versi, che immediatamente seguono: E-cce autem primi sub limiìia solis et ortus , Sub pedibus mugire solum , et fuga Coepta movere Srl^fifurn visceque canes ululare per umbram > Addentante Dea . possiamo concepire una allusione evidente ai terremoti ec. secondo la discesa dell' anima nel corpo , menzionata da Platone nel decimo libro della sua Republica , poiché la caduta dell' anima , come vedremo pienamente in appres- so , fu una delle verità importanti che questi misteri rive- lavano . E gli urli de' cani sono simboli dei demoni ma- teriali , i quali sono cosi denominati dagli oracoli magici di Zoroastro, relativamente alle loro malevoli, e feroci dispo- sizioni, sempre funeste alla felicità dell'anima umana. Quindi la materia stessa è rappresentata da Sinnesio nel suo primo inno con molta proprietà , e bellezza , come quella che latra contro l' anima con rabbia divoratrics ^ e perciò rivolgendosi alla divinità egli canta i MetJtap o'?T/C /Sopov u'XatC llùo(^vyeov v'-T^a.yi^x , xa/ ya^ Avct/Pvi af>.iJi.crt )iov(pu I%VO{ a ■d'iOV TtTctlVd , ^8 Letter^ttiua Che questi demoni maleriali comparissero agl'iniziati in- tiiinzi alla visione lucida degli Dei stessi è evidente dal pas- so seguente di Proclo nel suo Commentario manoscritto so- pra il Dialogo di Platone intitolalo lAlcibiride primo: Nel- le più sanie delle iniziazioni prima della presenza del- la divinità appariscono i demoni terrestri , che invitano a rivolgersi dalle cose pure alla materia : Ev raic, ayicTctraii TtùV TìhirWV TTÙO T«5 3"«0V TTapouff/a? J'a.lJJ.OVUV '^ò'OVtWV ìk- j^ohctt 7rùo(pa,tvovr.iifjiO>vet, T£ Kcti cy.o]o<; m'hetaKoviriv , e qjiindi giustamente dice di un'anima, che fugge dalla divinità e dalla luce celeste per servire alla pazza discor- dia ne' regni della notte . • . . (pvya.^ 3-ic$iv , KAi a^«T»c N«/)4S/ [j-xivofLiveà Trtffvvoi; . . Dove si può osservare che la dìcordia demens in Virgilio è una esatta traduzione del Ne/kè/ [j,atvoiJ,svu di Empe- docle . Ne' versi che immediatamente succedono, i sospiri, e le triste miserie che seguono l'unione dell'anima colla na- tura materiale sono ben descritte : Hinc via Tartarei quce fert Acherontis ad undas ; Turhidus hic cceno , vastaque voragine gurges yEstuat , atque omnem Cocyto eructat arenam . Ekl allorché Caronte grida ad Enea di desistere dall'andare pili avanti e gli dice : Umbraruni hic locus est Somni, Noctisquce soporce . nulla può meglio esprimere la condizione delle regioni te- nebrose del corpo, nel quale l'anima quando vi discende nuli' altro incontra che tenebre, e profonda notte j e col persistere nella sua rovinosa carriera è alla fine immersa nel sonno profondo, e diviene veramente abitante delle fanta- stiche abitazioni de' morti . A. NlBBY . ( Sarà continuato ) De Vita G. Garatonii . 4* Opuscoli Letterari . Fascicolo Terzo . Bologna . Annesio Nobili 1818. Opuscolo ih. „ ì^trocchi de Vita , et scriptis G. Ga- ratonii Commentari US „ . Chi affermasse che il Ca- \alier Dionigi Strocchi non iscrive latino nello stile aureo del secolo di Augusto potrebbe affermare al- tresì che Alessandro fu Un soldato vigliacco , e che Fabrizio , e Curio due malvagi . Gaspare Garatoni Ravennate membro del R. I. Istituto del Regno Lom- bardo-Veneto è dipinto dall' A. qual fu 1.° uomo eccellente « Erat in homine sìngularis morum sua- « vitas , sermonisque jucunditas , tum etiam con- ce stantia , et fides ; quae res validius quam fortu- « narum , doctrinarumque copiae humanos animos c< possunt devincere " . 2." Letterato scevro d' am- bizione « Fuit tempus in quo ad publica munia de- ce posceretur , non ille tamen quidquam de sua li- ce bertate deieri , nec suis avelli a literis passus est, <» quarum in facili praesidio bene , beateque latere ce persaepe contingit . Ncque enim ( sentenza nel te vero egregia , ed egregiamente collocata ) ncque «e enim publicse non prodesse putandi suat , et nul- cc lam Reipublicae partem attingant qui bene literis i'incei)S :>j , Di soli tredici anni avea il Garatoni conipiulo il corso di Filosofia in Bologna . Recatosi dono a Roma fu indefVsso nello studio delle due lingue maestie . Divenuto in appresso Bibliotecario della Barberina vi dimorò quasi in volontaria ])ri- gione per ben trentasette anni in compagnia di Ci- ceroniani Codici , e dei Lambini , dei Gronovj , dei Grevj , dei Gruteri , degli Ernesti , e di ogni altro più celebre commentatore del Principe della Roma- na eloquenza . Sconvolte poscia le cose dell' Italia ritirossi in Bologna , dove visse tianquillamente in seno agli amici sino a terminarvi nel mese di Feb- braro del 1816 la sna carriera nel!' anno ;:4 di sna età compianto da quanti lo conobbero , e stimarono, singolarmente pe' suoi eruditi , e pazienti , ed in- gegnosi Commyntarj di Cicerone . Jì Commentario è diretto al Conte Alessandro Aghucchi amico esso pnre del Garatoni , e degnis- simo di esserlo di qualunque stimi la virtù , e la scienza . La lettera di dedica è un tal giojello , che i leggitori di queste critiche ci sapi-an grado di tro- varlo qui trascritto ; « Libellum quo Garatonium « nostrum laudandum suscepi ad te mitto non una et de causa , sed ob eam potissimum , quod quid- " quid id est qualenicumque est , liortante , et ju- « beute te conati suruus . Leges ipse et si quid pia- te cuerit , erit cur mihi gratuler sin autem : sed nolo ce mihi quod non debeo male ominari . Vale igitur , « meque hoc certe nomine quod gerere tibi mo- te rem studii amare velis . Iteriim vale . » Dk Patera Cospiana. 43 Opuscolo V, « Philipp! Schiassi de Patera Cospia- « na Epistola ad Franciscum Kc[, Praefectum Musei ce Voltei'rani « . La Patera che qui l' A. prende ad illustrare , e la quale fu scoperta in Arezzo rappre- senta il maraviglioso parto di Giove , di cui scris- sero Esiodo , Pindaro , Apollodoro , Appollonio Pto- dio , Luciano , ed altri . Trovasi la Patera delinea- ta con diligenza dal Sig. Giuseppe Rosaspina in fine dell' Opuscolo . Essa è chiamata Cospiana dalla casa Cospi , che ne fu la posseditrice prima che passasse nel Museo dell' Instituto delle Scienze in Bologna , Ecco di qual modo vi sono disposte le cinque fi- gure incise nella Patera . Giove siede maestoso sulle nubi fra due Dee . Quella che gli è a destra lo abbraccia , e sostiene sì che non si muova con pe- ricolo che il parto vacilli . L' altra che gli è alla sinistra in piedi in atto di accogliere la novella Dei- tà . A tergo della Dea raccoglitrice si Vede Vulca- no sorpreso al vedere che sorta una Dea dalla fe- rita da lui aperta colla bipenne scagliata sul cra- nio di Giove ; come già i colpi di mai^tello su la durissima incudine . E chi non ravviserebbe Giove dal fulmine nella destra , dallo scettro nella sini- stra , dalla maestà del volto ? E chi non ravvise- rebbe nel parto la Dea del Senno dal cimiero , dalla corazza , dallo scudo , dall' asta , dalla minaccia ? Niun dubbio cade adunque intorno alle anzidette tre Deità . La controversia è solamente delle altre due , e potrebbe dirsi di una sola , giacche la Dea che abbraccia si fa conoscere assai per Venere dalla 44 Letteratura colomba > e dai non essere al tutto vestita . L' al- ti a Dea è dall' A. riputata Diana adjutrice delle par- torienti. Io sono d'avviso ch'ella sia Giunone ; per- chè sconcia cosa sarebbe che a tant' opera fosse sta- ta presente la figliuola di Giove , e non la sua mo- glie , e sorella ; e ancor più sconcia > perchè Giu- none assisteva ai parti più nobili , se le Matrone Romane la onoravano sotto il titolo di Opigeria . Aggiungo che avendo Giove nella propria Reggia la divina levatrice dei parti più nobili non è verisi- mile che a lei facesse il torto di cercarne altre nei bosclii . Oltracciò : la veste della Dea è più assai conveniente alla maestosa Giunone che ad umile cac- ciatrice . E a chi potrà parer bello che due Dee di costumi sì opposti si trovino insieme ? Vero è che Diana ( senza dire de' lucrosi suoi amori con Pane ) ebbe dal solo Endimione cinquanta figliuoli , ma le Dee non perdevano per si poco il bel fiore . E potrebbe la opinione mai acquistar forza pen- sando che al parto della Sapienza non conveniva che assistessero , se non i personaggi più illustri della Reale famiglia . Se alcuno mi chiedesse qual fosse a parer mio r inventore del favoloso parto di Giove , risponde- rei essere stato un malvagio politico per insinuare la massima detestata dai buon Principi , che tutta la sapienza di governare consista nel saper adope- rare la forza . La lettera è ornata di molta erudizione , scrit- ta in ottimo stile , e degna per tutti i conti della celebrità del dottissimo Autore . Avv. Vincenzo degli Anton j . 45 Sonetti inediti delV antico Poeta Matteo di Dino Frescohaldi ( di cui parleremo in altro quaderno)^ iX ccorr' uomo , accorr' uomo ! i' son rubato : All' arme , all' arme ! correte alla strada , Prima che questa ladra se ne vada Che m' ha co' suoi begli occhi il cor furato . Ed hammi dato d' un dardo dorato Che in sino al centro del cor par che vada : Or si diparte . e va in altra contrada : Ed io rimango I9SS0 , isv suturato ! Amanti e donne correte a pregare Questa giudea che rendami '1 cor mio (1) , Che non mi faccia , come fa , penare . Ch'i' veggo ben ch'ella si va con Dio, SV eh' i' non veggio di poter campare : Poiché r anima e '1 cor non è dov' io . (0 Giudeo adoperarono gU antichi per ostinato-^ La crnsra cita M. Gino (5o) ove dice : O voi che siete ver me si giudei Che non credete il mio dir senza prova Guardate , se presso a costei mi trova Quel gentile amor che va con lei . Ma in questo luogo a noi sembra che giudeo valga incredido . E a fare che veramente significhi ostinato ci piacerebbe meglio que- sto esempio del Frescohaldi: o V altro dell' Angiolieri presso V Allacci : dove r amante per dire che il core della sua donna è ostinato dice Oiinè il Sito cor coìrC è tanto Giudeo ! In tutte le maniere però ^ noi sembra che questa voce ora non si potrebbe usare in rin;e d' ;uno« re sen?a pericolo di essere deriso , 46 Letteratura lo veggo il tempo della primavera Tutti gli augei cantar per la foresta , E gli arboscelli metter verde cresta , E andar li pesci per le tane a schiera : E le donzelle da mane e da sera Danzar co' loro amanti , e darsi festa : Ciascuna pastorella venir piesta Colle sue pecorelle all' ombra nera . I verdi prati con fiori e viole Son colti dagli amanti con grati riso , Perchè natura e 1 tempo questo vuole . Ed io non posso già veder quel viso , E gli occhi che rilucon più che 1 sole , Da cui gran tempo, oh Dio, ne fui diviso ^al Cod. f^alic. che fu dell'Orsino . 47 Nuova descrizione de' monumenti antichi^ ed ogget- ti r/' arte contenuti nel Faticano , e nel Campi- doglio , colle nuove scoperte fatte alle Fabbriche più interessanti nel Foro Romano , e sue adja- cenze ec, compilata per uso de' colti viaggiatori dair Auv. D. Carlo Fea. Commissario delle anti- chità Piomane ec. Roma Bourlié iSig. pag. 289 in 1 2. iAllorcliè nel Secolo XIV. colle arti risorsero le let- tere uno degli stndj che maggiore influenza ebbe al risorgimento delle une e delle altre fu quello dell' Archeologia , il quale insieme riunisce all' esame de' classici scrittori antichi quello de' monumenti delle ai^ti, che ancora ne sono viva ed apparente testimo- nianza : e può di buon diritto asserirsi che il maggior fìoriinento delle arti , e delle lettere succedesse in ragione diretta di quello studio medesimo , che tan- to le favorisce. Quindi fra i primi archeologi si pos- sono nominare il divino Petrarca , e 1' elegante No- \elliere di Certaldo , i quali trattarono , uno delle co- se di Roma nelle sue lettere, e l'altro della mitolo- gia nella sua opera della Genealogia degli Dei . Più crebbe questo studio nel secolo seguente , che con- tò come antiqua rj più celebrati i letterati ma"f>iori che forse mai ebbe 1' Italia , Leonardo Aretino, f*om- ponio Leto, Platina, ec. Dopo quella epoca questo stu- dio non ha fatto che accrescersi , ed il ciel \v lesse che mai non si fosse di sovercliio accresciuto , onde trapassando i limiti che ogni scienza deve avere non degenerasse in minuzie . Questa taccia può darsi a molti degli eruditi de' tre idlimi Secoli ; poiché in essi l'archeologia era caduta nel più vile disprezzo quan- do sorsero a rialzarla sopra basi più solide i lumi- nari della erudizione del secolo decorso , Te di que- sto nel quale viviamo , WinckeLnan , ed Ennio Qui- rino Visconti, onore e gloria di questa nostra pallia. 48 Letteratura Seguendo adunque le traccie a noi indicate da que- sti valenti scrittori J'arolieologia non caniininapiù nel- la oscurità e nel bujo , e non si appaga più di va- ne ciancie e di congettu'-e chimeiiclie , n)a allume della verità perviene attenendosi strettamente agli autori antichi, che soli sono il fondamento e la gui- da di questa scienza , e questi stessi autori comparan- do co' monumenti , che sono 1' oggetto delle disquisi- zioni . E certamente non poca lode merita 1' autore chiarissimo della recente Descrizione de' monumenti antichi ed oggetti d arte contenuti nel Vaticano e sul Campidoglio ; e più ancora sarebbe laudabile , se avesse voluto distendere questa Descrizione stes- sa secondo i lumi , che 1' archeologia ha in questi ultimi tempi acquistato , ed avesse seguito il meto- do tenuto da Ennio Quirino Visconti nel catalogo del Museo Reale di Pai'igi : e piuttosto che vani sistemi , avesse seguito quelli dettati dalla testimonianza de- gli antichi Scrittoli , e dalla ispezione architettonica della fabbrica . Ma il chiarissimo Autore sembra che siasi lasciato un poco trasportare nella ncnien- cìatura de' monumenti dalle guide volgari degli stes- si musei distese da mani jion dei tutto perite , e cii'- ca le altre notizie , che 1 opera slessa contiene soDra alcuni antichi edificj non è slato così fedele ai clas- sici autori come si sare])be dcbidcialo . Ma sicco- me il di lui nome è assai illustre nell' Archeologia , tanto che le cose da lui dette e non contiadette da altri potrebbero tener presso di molli il luogo della verità: noi , che in qualche luogo non conveniamo con lui , abbiamo stimato essere cosa opportuna il dichiarare i nostri pensamenti sulle materie , delle qua- li in essa opera si tratta : affinchè , mossa la questio- ne , possano i lettori di quell' (eruditissimo libro e di qif'sti fogli prol'erire quella sentenza die più Joro aggrada. Si annuncia in una breve prefazione , che ([uesta opera non è che il preludio di un'altra uiol- to maggiore che comprenderà la descrizione di tut- MoNUM. Antichi t>i Boma. /jg la Roma , e de' contoi^ni ; e dopo questa stessa pre- fazione , comincia la sua descrizione dal Ponte Klio oggi S. Angelo . Ivi parlando del ponte Trionfale , pel quale prima della edificazione dell Elio anda\a- si al \ aticano , soggiunge , che essendo il ponte Trion- fale fatto per diagonale nel più largo del fiwne , e perciò il più lungo , e il più debole di tutti , fu rovinato verso la fine del IV. secolo dell' era cristiana ; perchè al dire di Prudenzio nel 4o4 si andava alla Basilica Vaticana unicamente pel ponte Elio. A noi sembra però , che da Prudenzio non si rilevi questo , ma che si citi soltanto il ponte Elio come una delle \ie , e forse la pia commune per andare al Vaticano , a cagione del magnifico por- tico che presso là cominciala: Ibimus ulterias . qua fert via pontis Hailriani Laevam deiiidc flumiiiis pctemus , Questa svista leggiera è compensata da una vasta erudizione, colla quale il chiarissimo autore ha rac- colto molte notizie relative al ponte stesso Trionfa- le , ed al ponte Elio ; e quindi passa al vicino Mauso- leo di Adriano Augusto , oggi Castel S. Angelo : del quale dice , che Adriano lo fece edificare so<.ra l op- posta riva del Tevere ove CapiioUno dice , essere stati gli Orti di Domizia ; ma tiovandosi cjue::ti registrati da Vittore come esistenti nel secolo IV. non possono supporsi distrutti affatto fino da due secoli , e mezzo pji/ìia , quando AdriiOìO vi co- struì questo Mausoleo , ed anche un Circo , Ciò po- trebbe indurre a credere , che Capitolino indicajse la distruzione , o il cangiamento di quegli orli ; ma le [>a' role di questo Scrittole nella vita di Antonino Pio cap. V. sono assai chiare , e provano che gli orti di Domizia continuarono ad esistere anche dopo la fon- dazione del mausoleo : Sed. Adriano apud Bajas mortuo , reliquias ejus Romam pervexit sancte -, ac revercnter ^ atque in hortis Domiiice collocavi t . Pro- gegueudo a parlare del monumento sogijiunge il G. A. To. II. 4 5o Lettehaturì eh. A, che dalla descrizione di Procopio , e dalla ispezione oculare si riconosce , che il corpo rotondo era ornato da un portico di colonne e da statue ; ma uè Procopio parla eli colonne , né 1' ispezione ocula- re le dimostra. Della seconda non v' ha d' uopo pro- varlo , dipendendo dallallo fisico di riguardare il mau- soleo , nel quale non limane la più piccola traccia delle colonne . Quanto a Procopio , reco le sue pa- role dove descrive il monumento nel lib. primo del- la Guerra Gotica e. aS, hJ^^lCtVQV TOU VcùfJUifACùV (tVTQKpCtTOpoi TAC^O^ i^có -art^Arie Avp^Aictg iff-nv (t^s-z-^wy tou -zs-ipilèoAov o'a-ov aSou l-Q^yw . ^ìiUfjLct ^oyov tiroKXQU ct^io^ . 'sreTTolnrcti ya.p oc XlQou Trcipiov , Kctl oC A(6o( «$ aAÀtìAovg usiji.vKct(riv oic^ev ctXAo ivrog ^yoyTic, . 'TrXfvpctì. Ti ctvTou Tia-QTOi'P^ ilcriv i(?-cti aAAwAstJS ■> su- pog fA,iv (ryi<^o\ ri eg Aitìof BoXyw i'-yccta-Tn zyjiv (T (t' . p^YìKog cT? v'TT^o To Ty\g 'zs-oMc^g ri^x^g ctycihi/^ctTo, Ti av(fi €K Al'óou ari tov a,VT9v , etvJ^pcov re kcci t'TTTTCàV , BctVfjt>Cti ttoKìì iTrljH,— ^ia-fAct fivai j T(iyj(riJict(ri cTt/o sg cturov ctwa tov "^rg' p^fóoXov cPiyiico'j. Yiv fjt,€v ouv TO iVTctv^ct oyypcà^ct i^KctvcoTctTov . Il sepolcro di yidriano Iniperadore de Romani è fuori della porta Aurelia , distante dal recinto quanto un tiro di pietra . -E" uno spet- tacolo degno di molto discorso ; imperciocché è edificato di marmo paria e le pietre sono insieme commesse non avendo altro dentro , che le unisca. Quattro sono i lati e gitali fra loro , ed ognutio di essi ha di lunghezza circa un tiro di pietra ; /' al- tezza sorpassa quella delle mura della città . Sopra vi sono statue dello stesso marmo , di uomini e di cavalli , cose ammirabili , Gli antichi ( impercioc- ché sembrava poter servire di antemurale alla città) MoNUM, Antichi di Roma. 5i Jecero , che fosse una parte del recinto con due braccia di muro , che partono dal recinto stesso , Sembra adunque una torre elevata posta ciarlanti a quella porta ; era adunque ivi una fortezza assai alta . Ma questo passo non parla allatto di colon- ne , e non parlandone mostra che queste non esi- stevano . Dire poi clie fn dal tempo di Teodosio era circondato in largo da wi muro per custodir^ lo 5 jorse costruitovi da Aureliano , è una asserzione, che non può appoggiarsi all' autorità degli antichi scrittori ; e di più si oppone alla religione degli an- tichi verso i sepolcri ; religione che a' tempi di Au- reliano osservavasi, e tanto più dovea osser\arsi ver- so il Mausoleo di Adriano , che questo era il sepol- cro degli Augusti, e che , non poteva profanarsi se non per ordine degli Augusti stessi. Né si dica che un portico di colonne era necessario per sostenere le statue ; poiché Procopio non parla di statue esi- stenti sulla parte rotonda dell' ecTificio ; nra sul basa- mento quadrato , negli angoli ; e quando anche ^i vo- gliano supporre statue iutornp sulla cornice della rotonda , potevano queste starvi senza bisogno di sup- porre un portico di colonne intorno . Dopo avere descritto il mausoleo si avanza ver- so iS. Pietro , e dice che circa la metà della via sotto il Forte , lungo la riva del Tevere fu V an- tica porta Cornelia detta ancora porta di S. Pie- tro ; ma Procopio nel capo XIX del libro citato dice chiaramente che la porta Aurelia portava il no- me di porta S. Pietro , e questa , secondo il passo ci- tato , era non di là dal mausoleo , ma di qua da es- so ; e Procopio era scrittore contemporaneo alla jior- ta , scrittore di vista , oflìciale dell' esercito di Beli- sario , e che per conseguenza dovea bene conosce- re la situazione delle porte, tanto più che in altri luo- ghi ancora parla della porla Aurelia sempre come esi- stente di qua e non di là dal mausoleo , e mai non fa motto di questa pretesa porta Cornelia , della qua- 4 * 5a .Letteratura le niun antico scrittore discorre . Passa quindi l' A. alla descriziojìe d^l Vaticano, nella f[uale comincian- do dalla piazza descrive minutamente lutto ciò che quel mai^nifìco edifizio contiene , la Basilica in tut- ta la sua estensione , la sagrestia , la cupola , i sotter- ranei , il Palazzo , la Cappella Sistina, e Paolina , l'Ap- partamento Borgia , e le pitture che contiene , la Biblioteca , il Museo Chiaramonti , il Museo Pio Cle- menlino , la Galleria Geografica , le stanze degli Araz- zi , le Logge , e le Camere di RalTaelle, il Giardino, e tulto ciò cliC in cjueste parti si raccliiude di raro, non trascurando di notare il numero de' gradini , ed altre tali pai'ticolarità , onde 1' opera riesca di utili- tà e vauta""io aijii artisti , a' meri curiosi ed anche agi idjoti . Dal Vaticano passa 1' Autore al Campidoglio , e comincia col fare una descrizione del suo slato an- tico , Ivi pari indo delle amiche salite per le quali vi si andava dal Foro , noiiiina primieraiiiente i cosi detti cento gradini della lupe Tarpeja . /de ({uali se- condo l'Autore , pei' chi sa vedere se ne riconoscono ancora i resti ; ma siccome il libro è latto. anco la per chi non ha veduto Pioma , questa espvessii»ne ci sem- bia un poco digiuna ; e il dire che quesi.a salila eia di fianco alia Chiesa della Consolazione non ba- sta , essendo troppo vaga la proposizione , e taluno crederebbe volersi intendei'e la stJa(ia che presso la Chiesa della Consolazione comincia , laddove per ve- rità i cento gradini secondo il r-ìcconio di Tacito , e secondo gli scrittori del medio evo , quando an- cora esistevano , erano nella direzione della strada , che partendo dalla estremità occidentale dell^ piaz- za della Consolazione costeggia il monte e sale alla estremità più occidentale della cittadella , Che poi la strada scopeiia c|uasi due anni fa sia 1' antico clivo Capitolino , e che pel clivo Capitolino i Trion- fanti salissero al Canq>idoglio , e che la strada sco- perta sia ia sola per la <[uale sj ì»alisse al Campi- MoNUM. Antichi idi Roma. SS do£;1io co' quadrupc'u , è ciò che aviebbe dovuto niegJio provare 1' A. anzi clie contentarsi della sua sola asserzione ; tanto piti che assai difficile è il de- cidere che ciò non fosse per il clivo dell' asilo che rimane a scoprirsi , e del quale Tacito pari.» , e che il ("11. Autore crede che sia una cosa slessa colle Scale Gemonie . Dal Campidoglio antico giunge a descrivere il Cam- pidoglio moderno , i tre palazzi che lo decorano , ed i monjrmenti dell'arte , che questi racchiudono . In questa descrizione come in rpiella del Palazzo Vati- cano potrà da taluno desiderarsi una maggiore ci'itica » analoga ai lumi , che 1 Arclieologia ha acquistato nel secolo in cui viviamo . Sembi'aci , se pure non e' in- ganniamo, di veder riprodotti gli errori delie guide volgari , e vedere date alle statue denominazioni , che oggi sono riconosciute per false , come quella di Auguste velate alle statue sepolcrali incognite di donna ; chiamare vestita all' eroica la statua di Anu- l)i ; pretendere ritratti di Alessandro Severo e Mam- mea quelli sul gran Sarcofago , che oggi sono de- liniti per incogniti ; supporre Licomede Re di Sci- l'o la figura assisa nel lato sinistro dell' urna stessa detta di Alessandro , quando non ne ha alcun attri- buto ; dire che 1' antica pianta di Roma , della quale veggonsi i frammenti, non solo sia di Settimio Seve- ro , e Caracalla de' quali si leggono i nomi ; ma che sia stata continuata dopo , senza che se ne conosca alcuna prova; etl altre simili cose, che lungo sareb- be di volere enumerare . Ma limitandoci alle osservazioni archeologiche su- gli edifizj antichi , e sulla topografia , dcrpo avere parlato de' palazzi del Campidoglio , l'Autore passa a descrivere il Tempio di Giove Capitolino : lo dice fondato da Tarquinio Prisco , ed innalzato da Tar- quinio il Superbo ; ne descrive le vicende ; quindi esamina la Chiesa di Araceli, e dopo si fa a parla- re del Clivo Capitolino , e q^uindi del Tenipio di 54 Letteratura Giove Tonante , che dice eretto da Angusto in rin* grazinmento a Giove di as>erlo saU'cito nella guer^ ra Cantabìica nelle Spagne da itn fulmine, quale in una notte oscura colpi il soldato che gli por- tata il lume , e a lui striscio la lettiga in cui viag- giava . Questo fatto viene così riferito da Svetonio nel 29 Jella vita dì Augusto : Tonanti Jovi jEdem consecravit liberatus pc/'iculo , qiium expediiioìie Cantahrica per nocturnwn iter lecticam ejus ful- gur pcrstrinxisset , servumque prcelucentem eocani- masset . Ma se fu un servo che il fulmine colpì ^ perchè si dice ora che fosse un soldato ? E quan- do mai nella storia Romana Servo e Soldato fuz^ono sinonimi ? Soggiunge che essendo angustiato dal Cli- vo si dovettero fare le due scale ne due lati , e parte degli scalini negV intercolunnj ; pure dagli avanzi apparisce , che non furono scale da alcuna parte meno negl' intercolunnj , e che pel declivio na- turale della salita si entrava nella sostruzione che girava di fronte , e da un lato del tempio , e da questa sostrnzione si passava nel tempio stesso per le scale negl' intercolunnj . Dal Tempio di Giove Tonante passa \ A. al vi- cino Tempio della Concordia , la cui interessante sco])erla si deve agli ultimi scavi , ne' quali appari la cella del Tempio , che perì per un incendio , co- me rilevasi dagli avanzi ivi trovati . Quindi viene a parlare del Tempio , al quale appartengono le otto colonne di granito di ordine jonico , che ha sempre poitalo il nome della Concordia finché gli ultimi sca\i non determinarono la topografica situazione di questo . Il eh. Autore studiasi di provare che es- so sia quello di Giunone Moneta ; ma osserviamo per poco quali siano i passi degli antichi scrittori che del Tempio di Moneta parlano onde se ne pos- sa stabilire la situazione : Livio nel lihro settimo , e. ao. pone il Tempio di Giunone Moneta nel sito della casa di Manlio , nella cittadella : Dictator » . . MondM. Antichi di Romv. 55 Inter ipsam dimiccitionem cedem Junoni Monete^ vo^ vit , cujus damnatus voti . . . dictatura se abdica^ vit . Scnntus Daumviros ad eam cedem prò ampli' indine Popitli Rnmani faciendam creari jilssit . LO- CVS IN ARCE destinatùs , quae area tsdium M. Mania Capitolini filerai . Lo stesso alFenna nel ca- po XTI. del libro VT. parlando dello stesso Manlio , che Damnatum Tribuni de Saxo Tarpcio dejece- runt .... quod quum domwn ejits fuissct uhi mene cedes atque officina Monetcp est-, etc. Ora se la casa di Manlio fu nella cittadella , e se nella situazione dì questa stessa casa fu il Tempio di Giunone Mo- neta , e la Zecca ivi aggiunta , non pare che il eh. Autore ablaia buona ragione di porla nel basso della Salita Capitolina . Ovidio nel sesto de* Fasti V. 285. e seg. è concorde con Livio , e dice il Tempio di Mo- neta sulla sommità della cittadella ' Arce quoque in summa Janoni tempia Monetae Kx voto memorant facta , Cainille , tuo : Ante dotuus Manli fuerat , qui Gallica quondam A Capitolino reppulit arma Jove . Quindi nel verso 638 Moneta 1' appella : Candida te niveo posuit lux proxima Tempio» Qua fert sublimes alta Moneta gradus . Ninno antico scrittoi^e parla dell' incendio del Tempio di Moneta nel quarto secolo , epoca , alla quale con ogni ragione si ascrive il portico delle otto colonne dal Sig. Avvocato Fea , e pure allo stesso tempo ac- cadde secondo Zosimo lib. 2. capo i3 un incendio in Roma , che bruciò il tempio della Fortuna , e che questo fosse vicino a quello di Giove Tonante lo dice una iscrizione Prenestina , la quale benché esistente in Preneste non merita tanto poco conto quanto l' Au- tore ne fa , parlando in questa guisa : 7T QFAE TJRPEIO COLERIS VICUSTA TONANTI VOTORf^M f INDEX SEMPER FORTf^NA MEORFM E che le otto colonne del portico fossero per un in- 56 Letteratura cendio ristabilite la iscrizione antica ivi esistente il dimostra : onde più che ad ogni altia divinità sem- bra elle alla Fortuna quell' edificio dovesse asse- gnaisi . Dopo avere parlato di quell' edificio soggiunge il eh. Fea , che verso il fondo della scala secoìido gli scrittori del IV. e V. secolo vi stava la statua eque- stre di M. y^urelio sudcscritta ivi chiamata allo- ra di Costantino . Ma ( ci sia lecito di osservare ) co- me era possibile che nel quarto secolo , poco pii\ di cento almi dopo 1' epoca , nella quale visse Marco Au- relio , quando molti altri monumenti di lui esisteva- no , fosse di già obblialo questo ? Come potevasi at- tribuire nello stesso secolo a Costantino un ritratto con barba , quale né Costantino , né i suoi succes- sori , meno Giuliano , 1' usarono ? A. N. ( Sarà continuato ) rjranagiitMBiyBMUiiuajmufaBg // Purismo nemico del gusto , o considerazioni sul- la Prosa Italiana : Perugia i8j8 pag. 190. in 8°. T ' Xj a. afFerma che il purismo e „ una affettazione 55 di lingua , ovvero quello zelo scrupoloso di alcu- V ni uomini di lettere , che rigettano con orrore , " ^8^^ P'^* piccola innovazione in fatto di lingua „ Si propone „ di far conoscere i tratti più odiosi 55 del suo carattere , di svolgere con la maggiore chia- „ rezza la falsila de' suoi principi , e di allontanare, 5, per quanto è possibile , le conseguenze funeste , „ che ne verrebbeio alla letteratuia , ed alla elo- „ qnenza italiana „ . Égli chiama purismo moderno i ragionamenti di al- cuni moderni scrittori ; e dice purismo antico quel- lo , che seguitarono coloro , che nel XVI , e XVII. secolo con troppa severità giudicarono le opere di Toiquato . Un jìurismo (^ dice egli) che 1' altro somi- glia , nella sua essenza ; poiché aiaendue credono la Del Purismo * 5^ nostra favella avere avuto il secolo d' oro ; che i buoni scrittori di quel tempo devono essere i mae- stri del ben dire; che non possono i chiar-i Genf sottomettersi al tribunale del grnmmatichisino . L' A. infine cerca di far conoscere , che la nostra lins^iici poetica e classica , è meravi gliosamente ric- ca ' nia che ben altra cosa è la prosa Italiana . Venendo ai ragionamenti . Egli nel primo §. accusa i puristi antichi di stravaganza e di temerità . Delia prima colpa è prova la voglia , che essi hanno avu- to di nominare il nostro idioma Toscano o volga- re , e non già Italico . Della seconda è argomento la si)ietata guerra fatta da costoro alla Gerusalem- me liberata del gran Torquato , perchè il suo dire non fu da essi stimato puro ; ed il soverchio conto in che hanno tenuto il vocabulario della crusca , parti- colarmente quello compilato nei 1612 dallo stesso Inferigno non amico della fama di Torquato . Siegue nel nostro A. la condanna del purismo mo- derno , perchè mostra la superstizione , ed il falso zelo dei difensori di questo : dicendo egli , che essi in- giustamente credono di gran valore i scrittori del XIII secolo , e con gran danno dello ingegno vogliono ricondurre nel regno delle lettere gli antichi cep- pi grammaiicaU ., e proscrivere dalla linguale dal- lo stile tutte le voci, e l'elocuzioni che si sono introdotte da circa un secolo addietro . E per tal modo togliere a chi ragionando scrive quella filoso- fica bbertà , per cui gl'Italiani si faranno sempre una gloria di contare trai tesori del nostro Par- naso le opere di Metastasio , di Goldoni , e di Ce- sarotti , che giunsero alla sommità di quel monte , e la prosa di Beccaria , di Filangieri , e di Verri . Dice r A. , che lo scritto de' moderni puristi rigur- gita ad ogni periodo di parole inutili , e insignifican- ti , di participi , di avverbj , e di freddi pleonas- mi : che il loro dire non e chiaro , né fluido , né ìiaiurale. E per prova di questo considera il pri- 5c5 Letteratura mo periodo del Galateo di M. della Casa , al quale ^ i puristi danno molto vanto . Asserisce , clie questi indarno allegano l'autorità di Alfieri : poiché , se il tra- gico Italiano disse , clie „ questo è il secolo , che vera- „ mente balbetta , ed anche in lingua assai dubbia , „ che il seicento delirava , il cinquecento chiacchie- „ rava , il quattrocento sgrammaticava , il trecento diceva „ egli ha errato : e per lo suo errore è giu- sta scusa r aver appreso la Italiana favella nell' an- no vigesimo settimo della sua età , ad aver avuto per primi maestri le opere di M. della Gasa ; e di Boccaccio , per cui molti suoi versi hanno , secondo eh' ei pensa , wul sforzata struttura . Quindi l'Anonimo arditamente asserisce , che l'Ita- lia è ricca di buoni poeti , ma non ha un modello di prosa, , cho si faccia leggere per la facilità , la grazia , /' espressione , e V armonia dello stile : clie lo stile del Decamerone , secondo che ragiona Tira- Loschi può convenire a piacevoli , e liete novelle dette a trastullo della brigata . Ma quel continuo ritondar di periodi , e quel sì frequente uso di epi- teti rende languida V orazione , ne lascia luogo a quella commozione d'affetti , che debbe essere il pri- viario fine et un Oratore . Né deve ciò recar meravi- glia , prosiegue 1' A. , perchè un' idioma novello è più conveniente ai poeti , che ai prosatori ; perchè gl'Ita- liani hanno quasi sempre scritto in prosa latina ; per- chè il solo Boccaccio non poteva cominciare , e perfe- zionare questa diilìcilissima opera dell' umano inge- gno . Macchiavello , Fra Paolo , e Segneri ne fanno fede ; e lo stesso purista Tiraboschi confessa inge- nuamente l insufficienza di questa prosa , e ne ri- marca le imperfezioni . Nel §. quinto l' A. desidera dimostrare , che la prosa de' puristi manca di naturalezza ; e per far ciò , considera la prima novella del Decamerone ; e si duole , che in cose narrate per diletto , ed in basso stile , si senta : convenevole cosa è . . . manifesta cosa Del Purismo . 69 è ; e somiglianti modi di dire , che turbano l' ar- monia della Italiana favella . Petrarca , dice egli , ben- ché scrivesse in rima , assai meglio si espresse , „ Femina è cosa mobil per natura . Dante „ E quanto a dir qual' era è cosa dura . ED Ariosto „ Fu il vincer sempre mai lodevol cosa . Boccaccio ha voluto imitare i latini (dice 1' anoni- mo di Perugia ) ma ha mostrato di non sapere , che quelli non avevano nella lingua armonia naturale ed erano forzati a procurarsela con dare alle parO" le un giro artificioso . Ed ancorché questo non fosse , noi non potremmo (dice) imitare la disposizione del- le loro parole , poiché il nostro dire sarebbe oscu- ro , non variando le desinenze de nostri nomi , col variar de' casi . Seguitando le accuse contro il De- camerone y all' A. pare, che lo stile non sia conve- niente alla materia , di che si ragiona in una novel- la . Egli dice i che Boccaccio meglio avrebbe fatto , se in vece di novellare avesse scritti i catechismi. Non vorrebbe , che nel periodo vi fossero molti epi- teti , e perciò stima , che sia ingiusto il dire „ gi'a- 5, ziose donne , amorose donne , valorose donne , pia- i, cevoli donne , lieta brigata , le canzoni vaghette , e 5, liete, la verda erba,, . Crede eziandio , che AnnibaI Caro non cada in tali spiacevolezze; e perciò mol- to si loda di questo famoso scrittore . Nel §. sesto 1' A. vuol far sapere , che la prosa de' puristi manca di espressione . U espressione , Egli dice j in eloquenza è il risultato , come tutti san- no , della precisione , del colorito , e del calore , con cui si enuncia un idea , e un sentimento . La precisione deve essere così nelle idee , come nelle parole , che V esprimono . La precisione delle idee , cioè la loro giustezza , e la precìsion delle parole , cioè la loro proprietà , formano ciò , che si chia- ma precisione di stile . Ci fa poscia sapere che la (ì'o L E T TE RA t U R A. bru'ifa laconica .uon è la pi'ecisionc dello stile \ e ci addita Cicerone , perchè ci sia di scorta . // secondo mozzo d' animare V espressione ( sono sue parole, poiché con altre forse non si potrebbo- no queste cose significare ) è il colorito della fra- se , e delle parole , colorito , che esse non hanno naturalmente , ma lo ricevoìto dalla imm a i^i nazio- ne , o piuttosto da quella Jacolià dello spirito me- no definita d' ogni altra , che si chiama gusto o ge^ Ilio dello scrittore . Ed affinchè i suoi precetti abbia- no maggior valore ci reca un esempio scelto tra la folla , che la sola Genesi ne somministra^^ Vox san- „ guinis fratris tui clamat ad me de terra „ Cih , che contribuisce in terzo luogo ( prosiesue A. ) a render più viva l espressione , è il calo- re dell' animo , con cui V oratore , o scrittore emet- te le sue concezioni , e fa risentire negli altri ciò , che egli prova in se stesso . Il fuoco della pas- sione , V impeto del sentimento non può enunciar- si con quella freddezza , con cui parlerebbe la so- la ragione , o una 'verità speculativa . Fra gli an- tichi Cicerone , e Virgilio offrono i pia belli esem- pj dello stile passionato , e tra i moderni io non trovo uno scrittore più pieno di anima quanto Me- tastasio . Si avverta , che il calore dell' espressio- ne è cosa ben diversa dalla energia , e dalla for- za . Dante è il Poeta dell' energia , Metastasio del- la vibrazione , e del sentimento. Dopo aver 1' A. mostrato , che 1' espressione è il risultato della precisione, del colorito , e del calo- re , provoca i difensori della gloria di Boccaccio , afliinchè elicano , se questo novellicro sia o no pre- ciso , colorito , e caldo ; e poiché è certo , che al- cuno non vorrà mai tentar l' impresa , condanna Io Scrittore di Certaldo , come colui , clie non seppe queste leggi , sebbene chiaramente siano espresse nel- le opere di Cicerone , e di Virgilio , da' quali , egli dice , di averle apprese . Del Purismo . 6i Benché sia già da lui data sentenza contro il Deca- merone , pure FA. per apparir giusto , e generoso cer- ca , se alcuno de' buoni scrittori abbia mai fatte le difese di questo Maestro de' puristi . Ma egli fa co- noscere nel §. ottavo , che la ricerca è vana , poiché dice : che / i^iz/' della prosa de puristi sono stati ri^ coìiosciuti in tutti i tempi della letteratura . Giro- lamo Muzio scrittore del cinquecento asserisce , che lo stile , con che sono scritte le cento novelle , è aspro ^ non è grazioso, perchè il verbo è l'ultima parola del periodo , e perchè Boccaccio avendo avu- to natura poetica mostrar non V ha saputo , se non nella ^prosa ; nella quale cosa non è in verun modo da essere imitato . Annibal Caro , scrivendo a Leonardo Salviati , lo riprende per aver cominciala , una sua orazione fu-' nebre , dicendo „ Se 1' acerbezza di questo aspro do- „ lore . . . , „ E perocché questo modo di dire è simile in tutto allo stile de' puristi , e del loro ca- po , ( secondo che il nostro A. stima ) giustamente ne siegue , che anche quel famoso scrittore è fra gli accusatori del Boccaccio . L' autorità de' seicentisti dà nuova forza ai ragio- namenti dello Anonimo scrittore , dicendo egli , che questi si fecero una legge di fuggire in tutte le lo- ro opere per Jìno V ombra del purismo Toscano . La vana lunghezza , e prolissità de periodi : il duro intralciamento di voci e di clausole : lo sten- tato , e nojoso giro della orazione , di che Andres riprende i cinquecentisti , 1' A. vuole , che pure siano colpe di Boccaccio , e de' suoi seguaci . // purismo ( crede egli ) essere stato cagione ancora degli er- rori del Bandiera , che ha recato Cicerone noi no- stro idioma , togliendo al Romano oratore la elo- quenza dello stile . Nel §. Nono 1' A. vuol far conoscere la necessità di una prosa, che non sia quella del purismo, e la predilezione degV Italiani per questo genere di €a Letteratura prosa . Diclamo brevemente quanto egli a lungo ra- giona. Crede r A. di aver mostrato , clie l' Italia non ebbe buoni scrittori , che agli altri possano dar lu- me , nel XIII , XIV , e XV secolo : e benché ci fos- sero stati , stolti sarebbero stimati quei moderni , che volessero imitarli . Poiché essendo il fine di ciascu- no che parla, o scrive, l'essere inteso; ed aven- do la italiana favella in mille parti mutata for- ma , perchè variati sono i costumi , ed arricchite le scienze , ed avanzate le arti ;" vuopo é , che colui , il quale vole insegnare , dilettare , o persuadere , ado- peri le parole , ed i modi novelli , e non già gli an- tichi „ O Italia , o Patria mia ( grida I' A. ) „ o 5, Madre sempre augusta delle lettere , e degl' illu- „ stri ingegni, che l'hanno coltivate! sarà dunque 5, passibile , che nella epoca più famosa della col- „ tura , e del gusto , questo scrittore eloquente , que- „ sto uomo desiderato , che aprisse agli altri uua car- 5, riera intentata , non sia ancora comparso a corona- „ re i tuoi voti e le tue speranze ? „ Ma questo ef- fetto della divina Providenza , che indarno fu lun- go tempo atteso, nacque al fine fra noi ( dice l' A.) egli fu Beccaria . E che la cosa sia cos\ , lo piova considerando alcuni periodi dell'opera da lui scritta , e mostra come questi adempia quelle leggi , die egli ha proposte , e dalla osservanza delle quali tutta di- pende l' arte del ben dire . Nel §. Decimo 1' A. considera il Francesismo di Vit- toria Alfieri da Asti. L' onor grande, che i lettera- ti fanno al nome del Tragico Italiano dà vigore all' ultimo argomento contro il purismo , L'A, ragiona co- sì . Mille parole , e mille modi francesi si trovano nel- le tragedie di Alfieri , eppur queste si tengono in co- s'i alto pregio, che hanno reso il loro autore di fa- ma chiara , ed eterna ; necessario é dunque dire , che matto è colui , che crede , esser delitto ogni pic- cola innovazione in fatto di lingua . Del Purismo . 63 Consìderazioìiì del Compilatore . La nostra Italia ricca di ogni cosa, che può far r uomo felice , che forse le più colte nazioni avanza in ogni maniera di lettere, non so se per malaventu- ra , o perchè alcuna volta ella è poco accorta sti- ma per valorosi coloro , che più l'apparenza ne hanno , che la sostanza ; e li pone in alto luogo , acciocché ad altri diano lume , ed esempio , Ma a ciascuno è manifesto , che la guida non esperla allontana spes- so il viandante dalla sua meta . Coloro , che ingiu- stamente sono fatti gloriosi , e motteggiando , e scri- vendo si fanno capi di una cieca turba , sovente per lo rumore, che in ogni parte suona di loro , vin- cono i seguaci del vero . Io non dico , che lo scrit- tore di Perugia sia fra questi , perchè non so se r Italia avrà in gran pregio l' opera sua ; né so se la fama di questa sarà durabile ; ma perciocché da una favilla può nascere un fuoco distruttore , se al- le cose arsiccie si appicca ; é necessario , che cia- scuno cerchi di estinguerla , affinchè non vada a toc- care gli aridi cervelli di molti , e rechi danno alle buone lettere , Dico dunque prima di considerare addentro i ra^ gionamenti dell' Anonimo , che se i Romani ridevano perchè Domiziano volle trionfare dei Parti , senza che li avesse mai veduti ; maggior diritto aljbiamo noi di maravigliarci , e di ridere , veggendo il no- stro A. fieramente armato contro i nemici, che so- no nella sua fantasia , ma che fuori di essa al pre- sente più non sono . E di vero , chi adesso è mai quel- lo che li g getta con orrore ogni pia piccola innova- zione in fatto di lingua , che proscrive tutte le vo- ci , che si sono introdotte da cij-ca un secolo ad- dietro ? Già di comune concordia è posto ed ese- guito il principio , che gli Artisti possono spesso in- ventare nuovi istrumenti , per condurre a perfezio- ne la loro arte , ed essi medesimi nominarli , Colo» 66 Letteratura ro , che cercano , e considerano le cose , che la na- tili a produce , sempre chiamano con nuovo nome una pianta , una miniera , che essi prima degli altri fecero conoscere . Mille nuovi vocaboli liaiino i chi- mici intj'odotti ; né letterato , né scienziato alcuno Italiano ha mai mossa guerra contro costoro . Aver queste poche cose dette forse basterebbe per mostrar , che vana è ì opera dello scrittore di Perugia : ma perchè altri non creda, ciie se lA. non avesse diretti i suoi strali contro il vuoto, a\ rebbe potuto trionfare , non solo io farò conoscere , come meglio per nie si potrà , che i siioi nemici non esistono , ma che le sue armi non hanno piaita né ta- glio . Ed in vero considerando il prijno argomento , con che 1' A. vuol provare la stira'aganza de' Pu- risti., perciié dicono il noslio icboma volgare , o To- scano e noi) Italico ; pare che egli non sap'pia in qua- le alto pregio è Dante Alighieri presso coloro, ììbe appresero , o vogliono apprendere la grande arte (Tel ben dire ; e pare ancora , che ci non conosca, quan- to conviene, i ragionamenti di questo sommo sciiltore su tal proposito, come che egli faccia seiubiante di aver- ne qualche parte saggiata . Leggasi la sua o[:era de vulgai'i eloquentici . Si conosce cliiarainente che «jue- Sto primo Maestro de' veri letleiati Italiani , esami- nò i varj modi di favellare in ciascuna parie d Ita- lia come egli dice nel suo Convito „ Per le patti qua- ), si tutte, alle quali questa lisìgua si stende , pere- jj grino, quasi mendicando sono mostrando andato con- „ tra mia vogliala piaga della Foiluna „ Poi in quello j, di volgare eloquenza dice,, adunque se le azioni lia- „ liane si hanno a misiirare , e ponderare coi costu- iì mi, con gli abiti , e col parlare , quelle delle azio- j, ni Italiane sono semplicissime , che non sono j)ro- >j prie di ninna città d'Italia, ma sono coniinu' in 9, tutte ; tra le quali ora si può discernere il Vol- 5, gare , che di sopra cercavamo , essere quello , che in fi ciascuna città appare, e che in ninna riposa . ► . , Del Purismo . G5 „ Adunque ritrovato quello che cercavairo , di- „ cerno, che il volgare illustre, cai dinaie auli- „ co , e cortigiano in 11 alia è quello , il quale è di „ tutte le città Italiane , e non pare che sia di niu- „ na ; col quale i Volgari di tutte le città d" Ila- „ lia si hanno a misiu-are , ponderare e coiupaia- „ re „ Dunque l'Alighieri ha nominato il nostro di- re Italico , perchè non una parte soltanto , ma tut- ta Italia lo fé nascere , e perchè il parlare illustre , cardinale , aulico , e cortigiano in tutta Italia risuo- na . Dopo aver ciò detto chiaro , ne sitgue il seguente argomento: se tutti / Piaisti, clie lodano l'Autore delle cento novelle, inchinano volentieri all'autorità di Dante , come possono questi sdegnare che la nostra favella sia nominala Italica ? Che se taluno o pelu- che acceso dall' amor della Patria , o perchè trop- po riconoscente a quei scrittori Toscani , i quali hanno data norma al giusto, e dolce parlar nostro , o per ahi a fallace opinione abbia nominato Tosca- no il parlare Italico ; non può questo recar danno alla gloria di coloro , che mossi da ragione , onoi^a- no , e cercano d' imitare V Alighieri e il Boccaccio , e chi loro somiglia . Il secondo peccato de Puristi anti- chi è secondo \ AAa temerità onde, quai prodi difensori del gramatichismo ,e del Focabulavio , hanno ardito di esaminare , e condannare alcune parole , ed alcu- ni modi di xlire del famoso Torquato; e perocihè trova questi medesima colpa ne' Più isti moder- ni ; io cercherò di provare 1" innccen^-a degli uni , e degli altri . Io non so quale idioma parlassero i primi no- stri padri ; né , se questi vagando dall' una all' altra zona , e mutando le loro costumanze , abbiano fat- te della prima lingua quante favelle furono , e quan- te ora sono . Posso però , senza tema di errare , di- re , che la necessità , la qual (nuove gli uomini a manifestare ad altri i lox^o desiderj , ed i loro ragio- namenti , è la sola cagione , onde l' uom parli : e G. A. To. II. a 66 Letteratura poiché questi desiderj , e questi ragionamenti non son proprj de' dotti ma di ciascun' uomo , che in società è raccolto , certo è che dalla bocca di tutti nasce il linguaggio . Non ci sono allora maestri , uè ci sono discepoli , ma ognuno insegna , ed ognuno impara nel tempo stesso . Siccome però , dove si uniscono mille ruscelli , e formano un largo llume , quivi è necessario radunar le acque fra buone ri- ve , onde i campi non siano inondati ; cosi , poiché una lingua è diventata ricca , quelli tra i suoi in- ventori, che più ingegno hanno, raccolgono quanti bei modi udirono , ne ianno tesoro nella loro men- te , e con i loro scritti ne eternano la memoria . Altri poi avendo considerato , che le parti , da cui il linguaggio è composto , hanno molte cose comuni : e che variando esse secondo i bisogni di chi parla , le loro mutazioni si fanno sempre in un tal modo , sta- bilirono regole di lingua ; acciocché quella tal maniera di dire non pera , e non se ne formi in sua vece una nuova , che recherebbe confusione ; onde in breve tempo sarebber tante , che la mente iimana tutte non le potrebbe ritenere . Ecco come nasce la Gra- matica , ed il Vocabolario di una lingua , ed ecco perchè le sue regole debbono essere attese. Ed ac- ciocché a questi i^agionamenti dia luce l' autorità de^li scrittori di eterno nome , si consideri prima ciò che Dante ragiona . Dopo aver egli fatto conoscere , che la lingua varia , come variano i costumi , e che è necessario , che questo non avvenga, dice, che la Gramatica soltanto può stabilire la favella „ Quinci „ si mossero gì' inventori dell' arte di Gramatica , la 5, quale non é altro , che una conformità non alte- „ rabile di parlare in tempi , e luoghi diversi „ . Poscia ci avverte , che , essendo la Giamatica per consenso di molti slata ordinala , le sue regole de- vono essere da tutti attese, né alcuno può mutar- le „ Questa (cioè la Gramatica) essendo di comur „ consenso di molte genti regolila , non par sugget- Del Purismo . 67 „ ta a] singolare arbitrio di veruno , e per conse- „ guenle non può essere variabile „ , Cicerone poi as- serisce , che ciascun' arie ha le sue leggi? nia queste nacquero quando quella già era adulta : Omnia Je- re cjiice siuit conclusa mine artihus , dispersa et dissipata quondam juerunt : ut in Musicis nume- ri , et voccs , et modi ; in Geometria lineamenta , Jormm , intervalla , magnitudines ; in astrologia eoe- li conversio , ortus , obitus , motuscjue syderum j in Grammaticis poetarum pertractatio , historiarum cogìiido , vcrbornm lutei prctatio ^ proiamciandi qui- dam sonus . Cicerone stesso conchiude , che era ne- cessaria un' arte : ^«rt? rew dissolutam ■> dirulsamque conglutinaret , et ratione qundam consti i/igeret . Venendo ai fatti ci sovvenga, che Tidlio loda Varrone dicendo : tu omnia divinarum , fiumana- rumque rerum nomina , genera , officia , causas ape- misti ; plurimumque poetis nostris , oinninoque lati- nis , et literis luminis attuUsti , et VERBis . Cicerone medesimo scrisse il libx'o Topica , in cui sono notate molte regole gramaticali . Cesare tanto ornalo dicitore non isdeg^iò la conoscenza della Gramalica , e ne die- de precetti : ed era ben quello il tempo o[ porluno , poiché la loro lingua era già alla maggior sua glo- ria ascesa , ed era peixiò necessario di dar più sta- bilità alle sue fondamenta , acciocché lungo tempo in questo allo grado rimanesse. L'autore crede, che la Gramatica sia degna solo delle menti corte ; e non sa , o non si ricarda , che Cicerone dice , che quasi infinita è la materia , e la moltitudine delle arti de' Gramatici . Quis huic studio literarum, quod profitentuì' ii , qui Grammatici vocantur , penitus se dedidit , quia omneìri illarum artium pene in- finìtam vim , et mateì'iam scientia , et cognitione comprehenderit'ì Potrà forse l'Anonimo presumere, che la Gramatica ci sia , che sia da sommi uomini appresa , ma che non siano attese le sue leggi per non trattener 1' ingegno co' ceppi graniaticaU ? Al- 5 * éff Letteratura lora io ri<;ponderei , clie stolta cosa sarebbe il pensare Cesare , ed altri avere scritto , e commen- data ([ueir arte , li cui precetti fossero vani ; e ];oi ricorderei allo Anonimo , che i Mnsici , i Poeti , i Pittori , gli Scultoi 1 , a quali qiiidìihet audendi seni- per jiiit (er/ua fj' tesfas ^ imrt hanno le loro leggi , e queste non inceppano , ma guidano la loro fantasia , se in alto vola . La Jioslra niente è per sua natura tale , che se molte volte è intesa ad un' opera me- desima, vi contrae un abito; cioè fa ciò, che suol fare , senza la nostra coscieni-.a . Mille esempj ne potrei recare ; ma , jjer non iscostarmi dal mio pro- posito , considero ciò che accade a chi vuole ap prendere un idioma straniero. INel cosiiinciare , egli è seniore attento; perchè nel suo dire un nome dall' altro non discordi , e perchè questo convenga al ver- bo , che lo acconqagna ; nja poiché la meiiie sua è abituata all'osservanza di quelle i^egole , egli parla secondocliè la Grama'ica vuole: uè di ciò avveden- dosi egli, il suo ingegno , e la sua fantasia non sono da forza alcuna rattenuti . Se r A. non avesse l'animo infocato contro ogni cosa , che si oppone a' suoi pensamenti , oserei cre- dere, che quanto brevemente ho detto , dovesse ba- stare alla salvezza àe'Puristi falsamente accusati di stravaganza , e di temerità. Ma egli non è genero- so tanto , elle voglia perdonare a coloro, che accre- scono valore ai suoi nemici . Tjoppo dura cosa gli sarebbe il sottomettere la siia penna alla Gramati- ca , ed al Vocabolario ; e forse secca saiebbe la ve- na del suo ingegno , se non accattasse i niodi di dire dagli stranieri a guisa di poverello, che stima buono qualunque panno atto a rappezzare l' abito suo . E' necessai io perciò , che un poco io dica del- la voglia , che alcuni hanno di usar nuove parole, e nuovi modi . I più colti e valorosi popoli hanno fierament combattuLo contro coloro , che cercavaup di alterrart t)EL Purismo. 69 le leggi loro , di muiar le costumanze loro. La Gre- cia., e l'antica Roma ne fanno feetor , come intende l'Anonimo . E quindi si consideri , che quel poeta, volea trovar nuovi vocaboli : ma quando ? „ - si forte necesse est „ Indiciis inonstrare recentibus abdita rerum , „ Fingere cinctutis non exaadita Ctihegis „ Ed io ho già detto , che gli Artisti , i Fisici , i Chimici hanno nominate nuove cose con nuovi no- mi , ed i letterati non hanno ciò contradetto . Non è però lecito per cercar voci , e modi stranieri , ab- bandonare la naturai massa della nostra lingua , le giuste regole , con cui espressero i nostri antichi i loro pensieri . Oi'azio stesso per farci evitar que- sto inganno ci avverte , che la licenza di dir nuo- ve voci deve essere „ sumptn prudenter „ e dobbia- mo essere molto cauti in ciò fare „ „ In ver bis etiain tennis , cantusque serendis „ Cicerone nella sua adolescenza spiegava le orazioni Greche non solo con le parole , che erano in uso pres- so i Latini , ma con voci nuove , che egli medesi- mo formava imitando, se ciò che era nell'originale espresso , non si poteva in altro modo significare „ Postea mihi placnit , eoqne suin usus adolescens ; ut summornin orntornin grcecas orationes explica- rem : quibus lectis , hoc assequebar ; ut cnm ea qnce legeiem grasce Ialine reddercm , non so! uni opti- mis vei'bis uterer et tanien usitatis ; sed ctiain ex- Del Purismo . 71 primerem qucedam ^>erba imitando , quof nova no- stri s cssent , dumniodo essent idonea „ Ed in que- sta maniera hanno operato quei , che nel XIII se- coìo arricchirono il nostro idioma , il quale fu trat- to quasi intieramente dalla lingua Latina volgariz- zata . Farebbe però non solo indarno , ma nocereb- be colui , che usasse parole nuove , o straniere in- vece di quelle , che già furono trovate . Cicerone ci fa sapere, che il primo precetto degli Oratori, era di parlare con voci latine „ in qua prcecipifnuv priinum , ut pwe et latine loquamur „ ed egli me- desimo dice „ Nani ut in simplicibus verbis , quod non est latinwn , sic in conjunctis ; quod. non est consequens , vituperandum est . Né si presuma di di- re con vocaboli , e modi diversi ciò , c!ie hanno ra- gionato Dante , il Petrarca , e il Boccaccio , ed al- tri ; poiché Cicerone istesso lo vieta col suo esem- pio . Egli leggendo le opere di Ennio , e di Grac- co soleva ridire i loro concetti variando alcuna vol- ta o i modi, o le parole; ma presto si avvide, che vana era questa sua impresa , perchè egli non avreb- be mai potuto trovare parole , e modi che alla ma- niera più convenissero di quelli usati da Ennio , e Gi'acco „ „ In quotidianìs autem commentationihus equidem niihi adolescentulus proponere solehain il- lam exercitationem maxime , qua C. Carbonem , no- strum illum inimicuni , solitum esse uti sciebam ; ut aut versibus pvopositis quam maxime gravibus , aut oratione aliqua lecta ad eum Jinem , quem memo- ria possem comprehendere cani rem ipsam , quam. l^gissem , verbis aliis quam maxime possem lectis pronunciarem . Sed post animadverti esse in hoc vita ; quod ea verba , quce maxime cujusque rei propria , quoque essent ornatissima , atque optima occupasset aut Eiudus , si ad ejus versus me exer- cerem , aut Graccus , si ejus orationem mihi forte proposuissem , ita si iisdeni verbis uterer , nihil prO' desse , si aliis , etiani obess^ , cwn minus idoneis 7* liiETTERATTIRA uH consuescerem „ Ma 1' A. non crede , che si possa ragionare eli un' arie , o di una scienza nuova con le parole antiche , e pex'ciò vuole, che 1' idioma varj a nostro talento . Io ripeto ciò , che di sopra ho detto , cioè , che alcuna volta è necessario inventa- re alcuni nomi tecnici ; vorrei però , che e£;Ii si ricordasse , che Celso , Aonio Paleaiio , Fracastoro , Stay , e molti altri hanno scritto di Medicina , di Fi- sica e di altro co i modi , e con le parole della età di Cicerone; né avevano queste scienze apprese dall' oratore Romano , o dagli Scrittori del Secolo di Au- gusto . Queste cose , sebbene siano vere, non bastano al nostro proposito, poiché 1' A. potrebbe dire, che Celso, e gli altri parlarono di scienze nuove con vo- caboli , e con modi antichi , perchè la lingua lati- na è ricca ed ornata molto; ma noi non potremo dire ciascun nostro concetto col misero , e sempli- ce idioma del Boccaccio, del Petraixa, e di Dante. Lasciamo stare ciò , che io potrei provai-e a gloria degli Scrittori del trecento di pari consentimento di tutta Italia non solo , ma di ogni colta nazione . Mi sia lecito soltanto di allegare l'autorità deli' Alighie- ri , che ave\a diiitto di dar sentenza in fatto di lin- gua ; al cui giudizio spero che vorrà stare 1' Anoni- mo , per le somme lodi di cui 1' onora . Si consi- deri dunque il trattato della volgare eloquenza con cui Dante piova , che il parlare italico nel suo tem- po era illustre, cardinale , aulico , e cortigiano ; lo nomina illustre , perchè riceve , e dà luce „ Prima dun- „ que (dice egli) spieghiamo quello , die intendiamo „ quando \i aggiungiamo illustre , e perchè illustre lo j, aj)pelliamo. Per questo tutto ciò che illustre dicia- „ mo , intendiamo una cosa , la quale per lume essa „ dà e riceve , risplende „ Ed acciocché il suo ragionar sia chiaro prosiegue dicendo : che la nostra lingua dopo aver ricevuta molta luce da' suoi inventori , illmnina coloro , che ben l' hanno appresa „ perchè gli eccel- Bel Purismo . T'S „ lenti maesti'i eccellenteinente ammaestrino altrui „ Loda somina;iJente il magistero de' primi padri del- la nostra ftivella , poiché „ il Volgare (dice) di cui par- j, liamo innalzato di m;ìgistero , e di potenza innalza „ i suoi di onore , e di gloria . E che esso di Ma- „ gisterio sia innalzato , si vede per questo , che egli „ di tanti rozzi vocaboli Italiani , di tante perplesse „ costruzioni , di tante difettive pronunzie , e di tan- „ ti contadineschi accenti, cosi perfetto, e così civile „ è ridotto „ . Né cp.iesto egregio , semplice , perfetto , e civile idioma nostro opera indarno , ma molto ac- conciamente compie il fine di chi parla , „ poiché fa „ volere chi non vuole , e chi vuole fa disvolere „ e per questa sua possanza è giustan^ente detto cardinale , perché „ come tutto 1' uscio seguita il cardine , onde „ là dove il cardine si volta , ancor esso ( o entro , „ o fuori , che si pieghi ) si volge , così tutta la mol- „ litudine dei Volgari della città si volge , e rivol- ,^ gè , si muove , e si arresta secondochè fa questo . Qualora 1' A. bramasse di sapere , se al pensar mio , ed all'autorità di Dante corrispondano i fatti, sì rechi a mente le opere di Galileo , di Macchia vel- lo , di Annibal Caro , che di nuova materia scrisse- ro con la perfetta favella . Dopo aver , come meglio io poteva , mostrato » che la lingua Italiana fu, ed é buona, e che colui, il quale seppe bene adoperarla in qualsivoglia pi'o- posito ha fama di ottimo dicitore ; farò appena mot- to dell' onore , che 1' Anonimo fa alla nostra Poesia , e del biasmo , che cerca di dare alla prosa Italiana. Perchè selibene più facil.nente trovino vocaboli , e mo- di nuovi i Poeti , che i Prosatori ; perchè in tutte le nazioni furono sempre primieii i Poeti a parlar be- ne la lingua materna ; pure quando la lingua é di- ventata ricca, i prosatoi'i possono servirsi degli adu* nati tesori in quella guisa , che ad essi convengono . Niuno mai si meraviglia , che dal medesimo umore di un tei'reno diverse piante siano ottimamente nutrite . 74 L E T. T E R A T U II A Ciò che D.mte dice di maggior forza al mio l'agiona-? mento „ Perciocché quelli , che scrivono in prosa pi- „ gliano esso volgare illustre specialmente dagl'inven- 5, tori , e perchè lo inventato rimane uno stabile esem- „ pio alle prose , ma non al contrario „ E nel conNi- lo aveva prima fatto vedere , come di questo Volgare non solamente si potevano comporre ottime poesie ; ma scrivere altresì prose eccellenti . Anzi per mo- strare quanta sia la bontà del nostro Volgare , am- monisce altrui di riguardarlo più nella prosa , che nei versi , per meglio conoscerlo nella sua simpli- cità che ne' suoi ornamenti : siccome si vede meglio la bellezza di una donna quando è meno compo- sta , e meno artificiata nelle sue vestimenla . Ecco le sue parole „ mossimi ancora , per difendere lui „ da molti suoi accusatori i quali dispreggiano esso , ,, e commendano gli altri .... partendosi in ciò dal- „ la verità che è per questo commento la gran bon- „ tà del Volgare ; perocché si vedrà la sua virtù sic- 5, come per esso altissimi , e novissimi concetti con- „ venevolmente , sufficientemente , e acconciamente . 5, quasi come per esso latino , manifestare nelle cose ., rimate , per le accidentali adornezze , che quivi so- 5, no commesse , cioè la rima , e lo rimato , è 1 nu- „ mero xegolato : Siccome si può bene manifestare la 5, bellezza di una donna quando gli adornamenti dell' „ azziniare , e delle vestimenla la fanno più annume- „ rare , che essa medesima ; onde chi vuole bene giu- 5, dicare di una donna , guardi quella quando solo sua 5, naturai bellezza si sta con lei , da tutto accidentale „ adornamento discompagnala . Siccome sarà questo „ commento , nel quale si vedrà l'agevolezza delle sue j, sillabe, la [Proprietà delle sue condizioni, e le soavi ., orazioni , che di lui si fanno : le quali chi bene ag- „ guarderà , vedrà essere piene di dolcissima , e ama- 5» bilissima bellezza . Se 1 Allonimo volesse considerare le cose fin qui dette ; se volesse porre in disparte i suoi giudizj , ed Del Purismo . jS esaminare attentamente le opei'e degli alti ingegni, che nel decimo terzo secolo nacquero ; forse più non direbbe, che gli scrittori di quel tempo non devo- no essere commendati , e molto meno imitati ; che le Leggi della Grammatica non devono essere attese ; che la lingua deve essere sovente variata ; che es- sendo povera la nostra favella dobbiamo cezxar pa- role , e modi sti'anieri ; che non chi scrisse in prosa, ma i nostri poeti soltanto sono lodevoli : ed egli stes- so farebbe le difese del Decamerone , e prenderebbe migliori arme contro la turba de fallaci scrittori , e contro i nemici della gloria de' buoni letterati Ita- liani . Ma Orazio ci fa sapere , che è grave cosa QurB imberbes didicere senes perdenda fnteri . Vuopo è dunque , dopo aver generalmente alcune co- se dette in fatto di lingua , particolarmente toccare un poco lo stile del Boccaccio , e del nostro A. : e ciò fare più brevemente , che per me si possa, cono- scendo i limiti di un giornale, e del mio sapere. Cicei'one ci manifesta , che il valore del parla- re da due cose procede : dalle semplici parole , e dal- la lega di queste „ prima vis est in simplicibus vev- bis , in conJLinctis secunda „ da questa unione na- sce 1 armonia delle voci , la quale sarà lodevole , se conviene con le regole della Grammatica, e se espri- me cfnaramente il concetto , clie è nella mente di co- lui , che parla . . . „ Numeri quidam sunt in conjuntione servandi , consecutioque verborum . Nu- meros aures ipsfe metiuntur ne aut non compleas verbis quid proposueris , aut redundes .... Consecutio autem , ne generibus , numeris , temporibus , personis , casibus pcrtubctur oratio C.ìmuiiia autem simpliciwn , conjuncto- rumque sunt hcec quique quasi lumina DiLVCiDUM breve , probabile , illustre , suave „ Le semplici parole non ritengoao costantemen- te il medesimo senso originale ; ma sovente il loio significato si vaina o per similitudine o per imita- yS Lette RATu HA. zione , o per pìep^amcnto , o per unione Si altra VO' ce . Cicerone ce lo dice „ Simplicia vcrba partiin na- twa siLìit , partim repcrta . Nativa ea qucv si^ìiificata snnt sensu : vr>pcvta qiice ex liis facta snrit , et fio- vata aiit similitudine , aut i;nitcitione , aut in/lexio-' ne , aut adjuntione verborwn „ . Il Boccaccio scrivendo il Decamerone mostrò, che egli aveva ben appresi i precetti dell' datore Romano .1 S'ioi vocaboli o sono detti per significa- re quello , per cui furono trovati ; o mutano senso 1>pr similitudini , per unione di altra voce , o per uogo, dove sono messi . Il quale luogo negli scrit- ti Latini non era in ogni circostanza dalle medesi- me parole occupalo , non solo per evitare un suo- no rincrescevole , come 1' A. crede , ma per dare di- verso valore alle p'irole , le quali nel senso ancora variano perchè trasfcruntur , come dice Cicerone . Ecco la vera cagione di quel continuo riton- dar di periodi e di quel si frequente uso di epite- ti ^ che si vede nel Decamerone, di che l'Anonimo si lagna con l'Autorità di Tiraboschi . Io però oso dire che in tal guisa operando il Boccaccio ha potuto lasciare a noi un tesoro , per cui ciascun , che usa di sua larghezza , ricco diventa . Le parole ed i modi con che i dotti Italiani ora si esprimono , tiranne al- cune poche , che le arti , e le scienze , e le straniere costumanze ci hanno recate , tutte sono nelle ope- re dello Scrittore di Cerlaldo . Rispetto all' armonia delle parole insieme unite che deve recar diletto a chi ascolta , e non indur- re oscurità , non fu mai stabilita alcuna legge . Ci- cerone dice soltanto : Numrros aures ipse metiuntur AH' A. non piace il suono delle voci ordinate da Boccaccio ; ma chi mai potrebbe sapere , se il di- fetto sia in quello , o nefìe sue orecchie . Chi non bene apprese la dolce armonia della vera Poesia Ita- liana , sdegna i versi di Dante , perchè il loro sen- so è ad essi oscuro , ed il suono rincrescevole . I Del PuRis^io . 7^ buoni musici uniscono soavemente le loro note , ma non tutti coloro , che li odono , ne restano egual- mente tocclii . Per mostrar che il dire di Boccaccio è chiaro non voglio io recar noja , coli' esaminare j.artitaujen- te le sue cose . Ma lasciando stare , che se il suo lin- guaggio non fosse stato dolce , e piano, il comune di Firenze non lo avrebbe mandalo in Baviera , e tre volte a Roma per trattar gravi cose ; né sarebbe stato eletto ad esporre a comentare la Divina Com- media , né inviato ambasciadore a Petrarca richiama- to d' esilio ; prego soltanto 1' anonimo , che consi- sideii , le centp novelle , avendo fitte nella mente c[iieste parole , con che Cicerone ci ammaestra „ Di- lucidwn fit usìtatis verhis , proprìis , di.. posi as , nut civconscriptione conclusa , aut intermissione , cuti co/ìcisio/te verboruin . Ohscurwn autein aut longi- tudine , aut contractione orationis , aut amhigui- tate , aut inflexione , atcpie immutatione verborum . Per compiere il mio proposito devo ora esami- nare in qualche parte lo stile del nostio A. Per voler essere breve, e discreto toccherò soltanto il titolo dell' Opera , come quello su cui gli scrittori mettono maggiore studio . Mi pare , che questo sia oscuro contì'actione orationis et amhiguitate : ed in vero egli dice ; // purismo nemico del gusto . 11 voca- bolo nemico non esprime il danno , clie il Puris- mo apporta al gusto ; poiché se ciascun nemico po- tesse nuocere il suo avversario , gli uomini siiieb- bero r un dall' altro distrutti . Ed abbenchè essere nemico potesse significare apportar danno , rimaiie l'ambiguità per la parola gusto y il quale è uno de' cinque sentimenti , per mezzo di cui si comprendo- no i sapori ; ma questo può essere buoiio , o Jiò ; né solo per natura , ma per le consuetudini anco- ra . Dunque et contractione orationis , et amhigui- tate il titolo dell' opera è oscuro . Io non ardisco con questo modo esaminare gli 78 Lettera t u r A scritti del Metastasio , del Goldoni , del Cesarotti . del Filangieri , e del Verri a' quali 1' A. da il pri- mo vanto . Né oserei dire ciò , che a me ne pa- re dello stile del Beccaiia modello di prosa , per- chè utili sono stali i suoi ragionamenti . Desidero però , che 1' A. dopo aver lasciala l' ira clie lo ani- ma contro il Boccaccio e i suoi seguaci , dopo aver bene appreso ciò , che Cicerone e' insegna , leijga nuovamente le opere de' moderni scrittori , e poi dia sentenza , se vuole . Lo Scrittore di Perugia si mosse per cercare la buona prosa Italiana , ma non seppe trovarla perchè Vie più , che indarno da riva si parte , Perchè non tox-na tal qual ei si move Chi pesca per lo vero , e non ha 1' arte . I Latini nel tempo di Augusto molto studiaro- no la lingua materna , sebbene dalla bocca di ciascun Cittadino la sentissero giusta , ed ornala . Cicerone Cesare , ed altri mostrano (juanta fatica ed arte , usarono per dir bene , e per conoscere chi bene di- cesse . Molti Italiani del secolo nostro nuli altro più della nostra lingua sapendo , che quello , che è bi- sogno a' sensali e barattieri , si faiuio sciittori e giudici delle cose altrui ; e biasimano , e lodano , sdegnando autorità e precetti , ed avendo per sola cagione del loro operare il loro talento . A voce più che al ver drizz:an li volti ; E così ferman sua opinione : Prima , che arte , o ragion per lor s' ascolti . Dunque importuna ignoranza è stala la lonta- na degli errori , che perseguitano la verità , e la bel- lezza della nostra lingua . Se 1' Anonimo volesse al- lontanarsi da questa nemica del vero , e ricreder- si ; io gli addito tutti i passi dai quali si deve guar- dare , Dico , che io glie li addito : ma non per mia bocca , né per mio movimento . Solo produco in mezzo ciò che con più dilfuso sennone ne ha quello Immortale , quasi facendo commento alle sentenze Del Purismo . ^^ della sua Comedia ragionato nel suo Convito . Quegli si doleva degl' Italiani del suo tempo , che ingiusta- mente vituperavano il loro volgare , lodando 1" altrui , e particolarmente il provenzale : e pure molti otti- mi dicitori ebbe T Italia in quel secolo . Se ali Anoni- mo non facesse forza come a me fa violenza que- sta autorità dell' Alighieri ; lo prego che almeno ponga cura alla sostanza , ed al valore delle sue ragioni . „ A perpetuale infamia , e depressione delli malvagi ,, uomini d' Italia , che commendano Io volgare ahrui , e „ lo proprio dispregiano : dico , che la loro mossa viene~da ,, cinpie abbominevoli cagioni . La prima , è cechità dì dì- )i screzi one : la seconda , maliziata sensazione^ la terza , cu- ,, pidità di vanagloria ; la quarta , argomento d' invidia ; la „ quinta, e l'ultima, \\\ik di animo, cioè pusillanimità. ,, E ciascuna di queste retadi ha si gran setta : che pochi ,, sono quelli , che sieno da esse liberi , Della prima si può ,, così ragionare . Siccome la parte sensitiva dell' anima ha ,, suoi occhi , con ii quali apprende la differenza delle co- ,, se , in quanto elle sono di fuori colorate ; cosi la parte ,, razionale ha suo occhio, col quale apprende la dilferenza ,, delle cose , in quanto sono ad alcuno fine ordinale ; e ,, quest'è la discrezione. E siccome colui eh' è cieco degli ,, occhi sensibili , va sempre, secondo che gli altri, giudi- „ dicando il male è 1' bene; cosi quelli , che è cieco del lu- ,, me della diserezione , sempre va nel suo giudizio, secon- ,, do il grido , o dritto , o falso . Onde, qualunque ora lo ,, guidatore è cieco , conviene , che esso , e quello anche eie- „ co , eh' a lui sì appoggia , vengano a mal fine . Però è j, scritto, che '1 cieco al cieco farà guida : e cosi cadranno ^, ambedue nella fossa . Questa grida è stata lungamente con- ,, tro a nostro volgare, per le ragioni, che di sotto si ra- „ glonerauao . Appresso di questa, li ciechi sopranuoialJ , 8o Letteratura ,, che sono quasi infiniti con la mano in sulla spalla a que- ,, sti mentitori, sono caduti nella fossa della falsa opinione, ,, della quale uscire non sanno . Dell' abito di questa luce ,, discretiva massicamente le popolari persone sono orbate ; ,, perocché occupate dal principio della loro vita ad alca- „ uo mestiere, dirizzano fi l'animo loro a quella persona «. „ della necessità , che ad altro non intendono . E perocché ,, 1' abito di virtude , si morale come intellettuale , subita- ,, mente avere non sì può , ma conviene , che per usanza si ,, acquisti : ed ellino la loro usanza pongono in alcuna ar- ,, te , e a discernere le altre cose non curano 5 impossibile ,, è a loro discrezione avei'e . Perchò incontra , che molte vòU „ te gridano : viva la loro morte, e muoja la loro vita , ,, purché alcuno cominci. E questu è pericolosissimo difet- ,, to della loro cechi là . Onde Boezio giudica la popolare ,, gloria vana , perchè la vede senza discrizione . Questi so- „ no da chiamare pecore, e non uomini, che se una pe- ,1 Cora si gittasse da una ripa di mille passi tutte le altre ,, 1' anderebbeno dietro : e se una pecora per alcuna cagio- ,, ne , al passare di una strada , salta , tutte le altre salta» ,, no, eziandio nulla veggendo da saltare. E io ne vidi già ,, molte in un pozzo saltare , per una , che dentro vi sal« ,, tò , forse credendo saltare uno muro ; non ostante che il pa« ,, store , piangendo , e gridando colle braccia , e col petto ,, dinanzi si parava. La seconda setta contro a nostro vol- ,, gare , si fa per una maliziata scusa . Molti sono , che a- ,, mano più di essere tenuti Maestri, che d'essere: e per fug- ,, gire lo contrario , cioè di non essf-re tenuti , sempre danno ,, colpa alla materia dell'arte appnecchinta , ovvero allo stru- „ mento ; siccome il mal fabro biasima il fi'rro appresentato „ n lui: ed il mal celarlsta biasima la celerà j credendo dare „ la colpa del mal coltello e del mal sonare al ferro , e alla ^ celerà , e levarla a se , Cosi sono alquanti » e non pochi , Del Purismo . 8i „ che vogliono , che l'uomo gli tenga dicitori : e per Uva- „ sarsi dal non dire, o dal dire male, accusano, e incol- ,, pano la materia . cioè lo volgare proprio , e comendaiio 1' „ altro, il quale non è loro richiesto di fabbricare. E chi „ vuole vedere, come, questo ferro è da biasimare, guardi ,, che opere ne fanno i buoni artefici ; e conoscerà la mali- „ zia di costoro , che biasimando lui , se credono scusare , „ Contro a questi cotali grida Tullio nel principio dì no „ suo libro, che si chiama Libro di fine di beni', peroc- „ che al suo tempo biasimavano lo latino Romano, e com- „ mendavano la gramatica Greca; per somiglianti cagioni, „ che questi fanno vile lo parlare Italico , e prezioso quel- ,, lo di Provenza . La terza setta contro a nostro volgare , „ si fa per cupidità di vana gloria . Sono molti , che per „ ritrarre cose , poste in altrui lingua , e commendare qnel- „ Ja , credono più essere ammirati , che ritraendo quelle del- ,t la sua . E senza dubbio non è senza loda d' ingegno ap- „ prendere bene la lingua strana j ma biasimevole è , com- ,, meiidnrt quella oltre la verità, per farsi glorioso di ta- „ le acquisto. La quarta si fa da un argomento d'invidia. „ Siccome é detto di sopra, la in\ìdla è sempre, dove è „ alcuna paritade intra gli ucniini di una lingua ; e la pa- „ rjtade del volgare ò , perchè 1' uno quella non sa usare , ,, come 1' altro ; e qui nasce invidia . Lo invidioso poi argo- „ menta, non biasimando colui che dice di non saper di-. „ re ; ma biasima quello che è materia della sua ( [era , di- „ spregiando 1' opera dj quella parie , a lui che dice , ono- „ re, e fpma . Siccome colui , che biasimasse il Itrro di una ,, spada , e non per biasimo dare al ferro, ma a tutta l'o- „ pera del maestro . La quinta e 1' ultima setta si muove da ,, viltà di animo. Sempre il magnanimo si magnifica in suo ,, cuore j e così lo pusillanimo per contrario, seaipre si tie- ,, ne meno, che non è. E perchè magnificare, e parvifi- G. h, To. U, 6 8j IjEtter atura ,,-caie, sempre hanno rispetto ad alcuna cosa per compa- ,, razione, alla quale si fa lo magnanimo grande, e '1 pu- „ sillanimo piccolo ; avviene , che il magnanimo sempre fi „ minori gli altri, che non sono, e il pnsill;inimo sempre „ maggiori : perocché con quella misura , che T uomo mi- „ suro se medesimo , misuri le sue cose, che parte sono ,, quasi di se medesimo. Avviene, die al magnanimo le sue ,, cose sempre pnjaHo migliori , che non s(mo : e l'altrui men ,, buone ; lo pusillanimo sempre le sue cose crede valere po- ,, co, e 1' alitui assai . Onde molti i)cr questa vill^ dispre- ,, giano lo propio volgare, e gli altrui pregiano : e tutti que^ „ sii colali sono li abbominevoli cattivi d'Italia, che han- „ no a vile questo prezioso volgare , lo quale se è vile in „ alcuna cosa , non è , se non quanto elli suona nella hoc- ,, ca meritrice di questi adulteri ; al cui condutto vanno ,, li ciechi , delli quali nelU prima cagione feci menzione ,, , JPe Grollis Tragedie cH Cesare della Valle Duca di Venti- guano. T. I. Napoli, pressa angelo Trani iSiS, ^J uè tragedie si leggono in questo volume ; 1' una wutiamo già coloro , cui piace lo scegliere la materia delle loio tragedie dai dome- stici nostri fatti ; specialmente di quella età piena d' opere fortissime che fu per gì' Italiani più ferrea , e meno imbelle della presente, Ma crediamo solo di annoveiare que' pochissimi che per istudio di cose nuove vorrebbero dimenticate l' eteme leggi della bellezza , e del vero , sulle quali si fondarono cosi le tragedie di Sofocle , e d' Eschilo , come i poemi di Torquato e di Dante, Né concederemo che si pos- sano aprire nuove scuole intorno i precetti della sem- plicità , dell'ordine, della proprietà de' vocaboli, e delle forme . Ma ci accosteremo però francamente a coloro , che vorrebbero più spesso lasciate le fole mitologiche per le storie nostre ; i quali non pure hanno seco l'Alighieri, il Tasso, il Petrarca, 1 Ario- sto , e i Principi tutti ^ÌAV Italiano Parnaso : ma si fa loro capo quell' Orazio , che fino dai giorni d Au- gusto gridava Nec minimum meriiere deciis , vestigia Gì osca jiiusi (lese/ere , et celebrare doii'ditica fatta. Perchè veramente le cose a noi più prossime ci toc- cano meglio r animo , e più lo svegliano ali* amore della patiia , che i fingimenti d' un popolo troppo da noi lontano per età , e per costumi , Jnvitaiido noi dunque gli scrittori a trattare talvolta quegli ar- gomenti, onde l'Italiana storia si fece ne" bassi tem- $4 Letteratura pi così pietosa e terribile come la Greca; ringrazle- remo pur quelìi che ripongono sulle scene i fatti or feroci , or magnanimi della casa di Teseo e d'Aga- mennone. Siccome in questa città sogliamo del pari lodare Antonio Canova , o scolpisca egìi la statua di Perseo e di Cren gante , o quella di Wasington e di Pio Sesto. Ma il Duca di Ventignano che ha rifatte due tra- gedie d'Euripide, deve più tosto paragonarsi a chi volesse rifare l' Apollo di Belvedere : non già facen- done una copia : ma ora seguendo il greco model- lo , ed ora nuitandulo a suo piacere , per far cosa nuova. Nel quale consiglio ognun vede quanto sia d' ardire , e perciò di pericolo. Laonde instituendo noi alcun paragone fia Euripide , e il nostro Auto- re, speriamo c!i egli si terrà lodato anche là dove mostriamo limi Laute minore dell'imitato. Perchè glan- de per se medesima è quella gloria , die si racco- glie dai %inli per avere tenuta prova cogl' invinci- bili. Diremo per tanto la maccliina , l'andamento dell' opera, i caratteri degli attori, le divisioni delle sce- ne , il moto, il volgimento degli alfetti essere tutte cose tanto vicine ad Euripide, che non le vede for- se in altro modo chi le vede in Euripide. Ed anche alcuni dialoghi sono cos\ presso al Greco , che pa- jono piuttosto recati in volgare che impiaginati ; co- mecché ora con amplificazioni , ora con restringimenti si vengono accumodantlo al piacere de' moderni , e all'italiana indole, e alla singoiar manie) a del no- stro Autore. La quale non è poi sempre cosi pau- rosa che si possa dire sempre servile. Perchè anzi in cose di grande sostanza egli si diparte dal suo esem- plare : e specialmente nel carattere del Pì-o/agonì- sta , Ippolito. Giovine aspro : di ruvidi coslunii: qua- si selvaggio ; o almeno eveduto tale: perche fosse poi verosimile che nel lungo spazio il quale dalle noz- ?e di Fedra corse tino alla morte di lei , non fosse Tragedie del Ventignano . 8S -accaduta qualche ventura , ond' ella avesse tolto ani- mo ad apinrgli il suo amore. Ma il Ventignano po- ne in Ippolito un certo affetto assai vivo per la ma- trigna : anzi una secreta e cara tenerezza > come di liglio vero. E così aprendo una via alla donna per mostrargli il cuor suo , non fa più verosimile quel sì gran timore che la ritiene. Nel quale , secondo Euripide , consiste la tirannide di Venere , che vuo- le Fedra amante , e al tempo medesimo disperata d' ogni pietà. Nella Fedra del Racine i più severi censori con- dannarono acerbamente quella scena ^ dove la regina esce in isinanie j anzi in delirii d' amore. E il Ven- tigriano temperando quella furia del francese poeta ^ serbò meglio il decoro , e seguì al tutto le orme di Euripide : se non che i versi del Greco sono cosi fieli , e grandi che fanno parere troppo tenue e mol* le r imitazione italiana. La Fedra d' Euripide scrive nelV epistola ; eh' ella s' è data la morte per la violenza sofferta dal figlia- stro. Questo carattere acerbissimo , e veramente tra- gico , mentre è pieno d' infamia ^ mostra pure quanto colei anteponesse il morire alla disonesta voce che la poteva cogliere in vita. Per questo modo non è da riprendere il ritornato Teseo , quando visto il cada- tere della sua donna -, e letta la falsa lettera , mon- ta in ira, ed invoca la morte sovra la testa dell'in- cestuoso figliuolo. Ma nella tragedia del Ventignano forse mancano a Teseo le ragioni di un tanto sde- gno : imperocché condanna egli un figlio per averlo solamente udito nominare dalla spirante matrigna : e disprezza la buona difesa d' Ippolito che dice .... Dunque del mio delitto Un mocmorar di moribonde labfa Fi a 1' indizio e la prova ? E ciò ti basta A condannar tuo figlio ? Perdi» è ancora da considerare , coirte Teseo era «ta- 8(> Letteratura to fino a queir ora in istretlo colloquio con Ippoli- to : e per una lunga scena di io3. versi; e che il grido della ferita moglie si ode , mentre 1' accusato e propriamente col padre , sul teatro , al cospetto di lutto il popolo. Talché non può esservi spettato- re che noi difenda per quell'argomento, che i legali chiamano della neg(it.i\>a coartata : e non è simile al vero che una si aperta ragione non corra alla men- te d'un padre, che si fa giudice. Ma considerando noi queste cose , ci piace di prendere ancora le di- fese del tragico Napolitano : al quale forse rifuggì r animo nel dipingere con sì negri colori quella ma- trigna infelice: e colla confessione della colpa, scrit- ta in quel foglio da lei medesima , volle scemare l'or- rore ch'ella ispira in Euripide , ed accrescere pietà al dolente suo caso. Ma entriamo in gran timore che i più rigidi critici non ci perdonino questo sì gran cangiamento nel carattere dell'antica Fedra : special- mente reggendo che ne viene tanto danno alla \irtù di Teseo : il quale si fa crudo sopra il suo sangue senza ragione proporzionala alla sua crudeltà. E se- guiranno forse dicendo : che le persone della favola non si possono togliere dalla loro natura : e che la sostanza) di ([ue' vecchi fatti non si ha da mutare per non offendere le allegorie nascoste sotto il velo mi- tologico : senza cui le antiche poesie si farebbero ca- nore inezie , anzi novelle vanissime e puerili. Questo abbiaino più volte udito dii'e dagli eruditi. I quali aggiungono che Euripide già cambiò la storia d'Ip- polito , per quanto chiedevalo il bisogno della tra- gedia : ma non la cambiò tanto , che facesse di quel- la esecrata fetiimiua una penitente degnissima di com- pianto. Imperocché sotto il nome di costei si volle- ro significale quelle infami donne, che, rotte al vi- zio della lussuria , calunniarono gì' innocenti e casti giovinetti , che furono per esse uccisi , o almeno fat- ti miserabili : de' quali la sacra storia narra che fosse Giuseppe figliuolo di Giacobbe, che non piegandosi Tragedie del Ventignano . S*r aìle voglie della donna di Putifam-e , si vide caccialo in carcere per qiiel delitto eli' ei non volle commet- tere. Nò sarebbe certamente da lodare quel tragico, che per affetto di carità volesse nascondere la '"cl- jia dell' adultera Egiziana , e le risparnnasse 1' infa- mia di queir accusa ^ da cui vennero tutti i mali di quel giovine eroe. E perchè ijueUarte rea lu sem- pre cara a molti ippoeriti Irisli, giova assai ch'ella ne' teatri sia posta in tutto il suo lume , or;d<; pur si conosca e vituperi. Per tal modo usavano i Gre- ci : e per questo dicevano ^ che lo stesso caso fosse incontrato a Tenno di Cicno : di cui fu presa ia heh la Filonome matrigna di lui t o coni' altri vogliono Peribea , che respinta e cacciata se ne dolse al hia- rito , siccome Fedra. E il marito ^ chiudendo il fi- gliuolo dentro una cassa, gittollo a mare; dove Net- tuno che gli era zio , gli fu in ajuto: e recò la cas- sa all'isola di Leucofri. Quivi gli abitatori 1 apriro- no : e conobbero il maligno fatto: onde quel giovi- ne fu gridato Re : e quella terra fu detta Tenedo dal nouie di quel naufrago fortunato. Per egual njo- do narravano che fosse percosso Belloro fonte da Aft- tea moglie di Preto : e Peleo da Ippolita moglie di Acasto : di cui Orazio Vt Praetum rtmlìer perfida ciedulutn Falsis impulci it. crimiiiibus ^ nimis Casto Èctlorophonti Maturare riecein ^ refert : Narrai pene datum Pelèa Tartaro Magnessam Hippolytcn dum fugit ahslinens ^ D' Ippodamia raccontavano pure j cora' ella essendo in viaggio fosse colta da molta sete : e come Pelope che seco veniva , discendesse dal carro a cercare acqua per lei. E perchè intorno era glande arena di deser- ti , e tutto senza fontane , e perchè il buon marito s' era di molto allontanato li cerca dell* acqua , la malvagia femmina in quel tratto prese a tentare Mirtilo suo cocchiere. Ma il pio giovinetto avendo $8 Letteratura negato rli prostarsi a qiiell' oscena , egli accusò Mìi^ tilo a Peleo ili tentato adullerio. Ed e;Ji preso il mescliinello >, e rotandolo in aito, lo scagliò in cfuel mare » ch'ebbe da lui il titolo di Mirtoo. Filostrato nel sesto della vita d'Ajjpollonio racconta, come un tal Tiiiiasione d'Egitto amato dalla madrigna , e poi al solilo calunniato , fu astretto al lavoro de' cam- pi. E Fausta figliuola di Massimiano , moglie del gran Costantino, ad egiial modo che Fedra, accusò Cri- spo figliastro suo. Per cui lo sconsiderato padre dan- nò a morte 1 innocente Crispo : finche riconosciuto il vero , uccise ancora la moglie scelleratissima. So- no anche due simili esempli nel libro chiamato de' Fiumi ^ attribuito a Plutarco: al nome Ebro; e all' altro Licorina. Per tutte le quali storie si manife- sta , come fosse ampia questa famiglia di femmine sfacciatissime : e come fosse creduto utile il farne materia di tragedia , onde elle poi fossero consecra- le alla pubblica indignazione. E come non crederem- mo bene adoperare colui , che dipingesse con one- sta faccia le meretrici, cosi il consiglio d'Euripide, che aprì tutta l' infamia della svergognala Fedra , meglio ci piace che il gentile pensiero del Ventigna- no ; che con quel pentimento finale tolse una gran parte dell'odio dalla rea donna , e l' aggiunse all'in- nocente marito. Questo vogliamo che basti intorno r Ippolito. Dicasi qualche parola dell'Ifigenia. L' Ifigenia tiene del Greco assai più che l'Ippo- lito . Il primo allo è una sola scena fra il servo Eu- ribate, e r liiiperadore Agamennone tolta , e quasi accozzata da varii luoghi d Euripide . Se non che l'aulico a noi seridira avere seguito meglio il verisi- mile , imitando V uso di corte , e la natuia dei Rè : ne'rjuali si fa colpa l'aprire a' servi i chiusi arcani della loro menle . Laonde nel Greco que' segreti si ma- nifestano fra i due prencipi della casa d'Aireorcioè fra Agameinione , e Menelao . E questi rimprovera quegli d' ambizione , d'incostanza , e di debolezza : e Tragedie Del VentignAno. 9^ quegli stretto dalla prepotenza del vero e della na- tura , apre il suo pensiero , e la sua miseria al fra- tello : e per le sue stesse parole si mostra assai degno di quel rinipiovero . Ma nel Ventignano l'Imperatore chiama il servo a vedere la sua colpa , o almeno la sua viltà : ed il Re de' Regi s' inchina sino ad isve- gliare a mezza notte un servitore per fargli parte de' suoi aifanni . Veramente 1' arte d' Euripide pare a noi più fina , ed accorta , e conoscente il costume delie corti eroiciie. Non di meno in difesa del Ven^ tignano si potlà dire , eh' egli abbia scelto questo Eu- ribate j antichissimo e fido confidente del Re , per fargli poi eseguire quegli oi^dini , che male si sareb- bero communicati ad alte , e regie persone . Né già si vuole per questo lodare meno il Greco poeta : ma dimostrare che 1' Italiano forse è stato guidato non tanto dall'amore della novità, quanto da qual- che onesta ragione di verisimiglianza . In un' altra parte gravissima il Ventignano s' è dipartito dal suo esemplare : cioè nel carattere d' Ifi- genia . Imperocché avendola dipinta leggeretta, gra- ziosa , e tutta affetto pel suo genitore , tutto a un tratto ne fa un'eroina per la venuta di Taltibio,e per la narrazione della difesa di Agamennone : ed ella si gitta a una sicura , e disperata moi'te , men- tre sono tuttavia vive le speranze poste nel valore e nel giuramento ti' Achille . Ma il carattere dell' Ifi* genia d' Euripide s'innalza veramente ad un grande segno (li eccellenza : e ci pare la più bella e delica- ta invenzione che mai cadesse in animo di poeta . Quand eila arriva, quaudo scende dal caiTo, quan- do rivede il padre, e gli fa quelle richieste cos'i ca- re , anzi innocenli : e quando poi ccnosce la sorte che r aspetta , e pi'ega Agamennone , e riprega Achil- le che le si lasci la vita , quelle purole ti juettono in cuore una compassione dolcissima , e quasi mera- vigliosa , E vero eh' ella poi da quell' affettuosa in- nocenza così bella in una vergine , passa in una fer- ma deliberazione di morire , accompagnala da ragioni 30 LetterAtittìa virili , e da spirili d'animo altissimo . Ma fjuesto mit- tamento è in Euripide d'un artiticio che può dirsi divino . E certo un Dio lo spirava , quando il pensò- Perchè seguendo l'indole regale di lei , toUale ogni speranza di salute , dopo le sue vane preghiere al pa- dre , la mostra nell'atto che il difensore Acliille ritor- na . Achille che viene dal campo , sotto una piojrgia di sassi , né però sgomentato , ma disposto alla resi- stenza , ed al sangue per iscampare la fanciulla . Lo vede la generosa, e tolto T animo eroico, in quell' atto che si contiene ad una figlia di tanto re , si leva , è s' inanima alf aspetto di quell' eroe furibondo , e terribile: quasi viergognando che una donna della casa d' Atieo si mostri timida della morte innanzi un cio- vine della casa di Peleo . Quindi la prende il desiderio di comparire magnanima: e determina di morire. E tanto Euripide si è fondato in questo principio , che toglie ad Achille la volontà di contradire a questo pro- posito veramente eroico : ma solo il pone nel dub- bio eh' ella si penta ; e gli fa dire : eh' egli andrà presso r ara ad attenderla : dove se mai mutasse con- siglio , cercando nuovamente la vita , egli le mante- rebbe la promessa di salvarla al prezzo del proprio sangue . Neil' una Tragedia , e nell' altra lodiamo la chiar rezza delle itnagini , e dello stile . Se non che 1' amo- l'e della bella semplicità ha forse condotto il nostro poeta a formare alcuni versi , che godono tioppo ilei sermone pedestre . Come quel d' Agamennone e del suo servo . ( If. Att. 1. se. 1. ) Ag, Euribate ti desia . Eur: Chi mi cliiatna ? e r altro , in che Ifigenia chiede al padre la vita , Perche immolar mi vuoi ? che mal l' ho fallo ? E una tanta semplicità noi non lodiamo : benché molti esempi se n'abhiano ne' classici , e specialmen- te ne' poeti del trecento : salvo Dante , e il Petrar- Tragedie del Ventignano . ^i ca . Perchè l' arte era in quegli altri poeti ancor troppo rozza : e mancavano quegli squisiti accorgi- menti , onde il dire dello scrittore si fa sin^folare da quello del volgo. Né costoro vogliamo che sieno stu- diati , ed imitati in altre pai ti che in quello appar- tenenti alla proprietà de' vocaboli , alla gentilezza de' modi , alla naturale collocazione delle parole , alla parsimonia degli ornamenti , e a tutto ciò che acco- sta alla natura le opere umane, quando per le false arti ne sono slate disgiunte. Ma non per questo con- cederemo giammai che alcuni velasi incolti , e troppo umili degli antichi ( e sieno pure del Boccacci , e del Sacchetti ) si abbiano a prendere ciecamente in esempio : e con quelli difendere quelle poesie che non avessero la nobiltà , e 1' altezza voluta dalle muse , che i Latini e i Greci dicevano aver insegnato agli uomini di parlare ore rolundo . Ma certamente il Ven- tignano si mostra sovente buono alunno della scuo- la migliore . E sappiamo che molto plauso svegliaro- no nel teatro que' versi , con che Ipparco narra la morte d'Ippolito, e descinve i cavalli spaventati , e il giovinetto squarciato fra i sassi e le ruote . Ed anche nell' Ifigenia furono assai celebrate quelle palmole dove Achille a Glitennestra che lo prega , giura salvarle la figlia ; e quelle d' Ulisse , dove tenta di persuadere Agamennone a concedere Ifigenia alla scure del sa- cerd;)te . I quali luoghi essendo pieni ài versi nobili e belli fanno conoscere che il Sig. Duca potrà anche salire a maggior segno in questo difficUe arringo , dov'egli è entrato con tanto animo, e con augJirj così felici . i\è resteremo offesi per alcune maccìiie dove la bellezza di molte cose risplende . Ma vogliamo ^ovra tutto lodare coloro che nati in nobile fortu- na , non trapassano oscuramente la vita nel faticoso ozio in cui molti gentiluomini si consumano . Impe- rocché dopo la bontà, il vero e principale ornamen- to dell'animo noi pensiamo che sieno le lettere: come quelle che sono sempre utili , e spesso necessarie alla vita , ed alla vera dignità umana . g'i Letteratura — B— ——■■—»— l^—^»^M—iw—i^W5i UHI—— ■■iiiimg^wi— »aiww«i^ Koja^p. aiix Buines de B ahylone par M. 1. C. Bi- che Rèsidt-nt a Bas^dad oriiè de gravares etc, tra- dotto e cdinme?it(to da J . Earinond antico Con- sole a Bassora. Parigi i^ii^. per Firmiti Didot . l.je mine di Babilonia , ceì^ìiratH C'itià tra le anti- che <, destar (le])!)ono ia curiosila e 1 ammirazione . L* idea a noi tratnan lata dip;]i scrittoin intorno alla sua vastità è tale da reputajsi ^ pjcssocliè , favolosa . Eppure gli avanzi, ciie di lei sono tuttora, attesta- no e la verità della tradizione , e la vanità della umana superbia . N.d dare un estratto del viai^gio del Sig. Riche non intendiamo entrare a parte dei rimproveri , che spesse volte gli fa il suo com- menlatore Raymond , non si potendo da noi verifica- re le cose di fatto; ma seguiremo im^ìarzialmente ora J' uno ora 1' alti'o , secondo il dettame del sano cri- terio , e della ragione . Perocché nostro scopo è so- lo il far conoscere quanta fosse la mole di quel- la Città , e dei suoi editìcj , di che restano gigante- sche reliquie , appo le quali sono un nulla gli avan- zi di Atene , e di Roma . Si ricava dal %. la* che 1' Autoi'e fece questo viag- gio nel i8i!i, e nei mesi di Maggio e Giugno . Do- po aver egli indicati i motivi della sua descrizio- ne , a cui dà il titolo di Memorie , ne assicura del- la scrupolosa fedeltà de' suoi racconti , e delle sue misure , e dice : che intorno al sito di Babilonia egli siegue l'erudito Maggiore Rennuell , il quale nella sua geografia di Eiodoto la ferma nei dinlorni d'Ilillah . Viene quindi descrivendo tutto il paese posto tra Bagdad , e Hillah, eh' è deserto , e incolto , salvo al- cuni tratti presso a questa ultima Città. Parla dei numerosi canali , e dei ruderi che sono ([uà , e là sparsi ; prova certa di antiche popolazioni; dei Ca- juivaiiserai o stazioni delle Caravane; del canale Nahr- RujNK DI Babilonia . 93 Malca, o jluvius re^/Mi, opera allribuita a Nabucco- donosore ; ma di presente divenuto inutile . Sappia- mo da lui che i ralconi della bella specie detta Ba~ labau, che servono alla caccia daìV. .antilope, si precido- no nelle vicinanze di Ortakan . Hillah è a 4">- njij'liu di distanza da Bagdad , in che concorda anche il liay- mond , al grado di latitudine Sa. a8. giusta JNub- hur, ed è città situata sulla riva occidentale dell' Eufrate , mal costrutta , e popolata da circa sette mi- la persone tx^a Arabi , e Giudei. Giusta Aboulfeda, e il Geografo Turco , suo copiatore , questa città è fabricata sul terreno di BabiJoiiia . Biche parla di un berelLo di creta posto inci- irsa ad un legno sulla punta «Ji un cono vuoto , che ha la base ottagona e si \ede in una Moschea det- ta Mesdijd Escharus ; il quale berretto, si crede ual popolo , girare dietro al sole; ma Raymond lo con- Iradice , e assicura non averlo mai veduto , e lo rimprovera di non avere in vece citato il lylinareto vacillante , di cui ragiona a'nche INiebhur . Era questa una torre rotta ne' fondamenti , e che non istava in piedi che per V esattezza della perpendicolare . Ognuno che vi moutava sopra la fa- ceva tentennare a suo grado ; la qual cosa era te- nuta siccome un miracolo dai Mussulmani seguaci di Ali ! Ma sono tre anni che il prodigio è cessato , perchè un tale la fece vacillare cosi forte eh' essa cadde , e il devoto Mussulmano vi rimase sotto schiacciato . Parla poi il Riche dei due fiumi Eufrate, e Ti- gri , e alle loro inondazioni periodiche ascrive la fertilità di que' terreni . L' Eufrate nieii rapido co- mificia a cresceie piima del Tigri . Ciò accade a la metà del verno; ma poco dopo sujiiiuisce . INel Mar- zo cresce di nuovo , e nella fine dell'Aprile è nel- la sua inaggioie escrescenza, sulla quaL' dui a a tut- to Giugno . E alhna eh' egli innonda i paesi cÌìcq- gtanti , riempie i canali , che sono preparati 5 e i eu-* 64 Letteratura de facile 1' agricoltura . L' inondazione giunge qua- si alle rive del Tigri, ed è tale che le zatte e le bar- che sottili attraversano il paese cariche di merci . Raymond assicura per lo contrario che 1' Eufrate è più rapido del Tigri , e cita in suo favore il testimo- nio di Erodoto ,, di Pietro della \alle , di Otter , d' Ives , e del Sestini , Lo squallore e il silenzio regnano sulle rovine di Babilonia : e fuori di un vecchio tronco , clie ha anche qualche l'amo colle foglie , nessun altro ar- bore vi alligna . Le rovine incominciano a due mi^ glia al disopra d' Hillah. Consistono esse in due gran- di masse , o colline unite insieme dalla parte di Settentrione . Altre piccole eminenze attraversano di tratto in tratto la pianura . Vedesi alla estreniità settentrionale di questa la rovina descritta da Pietro Della Valle . AH angolo Sud-est s innalza una col- lina stretta , che sembra essere stata un muro . Es- sa viene cucolar mente a congiungersi colla punta sud est della più meridionale delle due grandi masse . Sulla riva dell'Eufrate non avvi degna di con- siderazione che una sola rovina chiamata dall' Au- tore V argine ^ quantunque egli ci'eda che non sia stata mai destijiata a questo uso . Si dirigge essa dal Mezzogiorno al Settentrione ; in alcuni luoghi la Sua b^se Ila circa trecento verghe o novecento piedi di larghezza; in altri quaranta , e in altri assai me- no . La sua maggiore allezza perpendicolare è ora di 4o piedi . Raymond aggiunge che 1 avanzo presente è lungo poco più di un miglio Liglcse , ma non con- cede che possa credersi un lato del Teuqiio di Be- lo , e del palazzo dei giardini pensili . )j Prima di cominciale a descrivere minuta- » mente le rovine di Babilonia fa d' uopo , dice il « Riche , Mvvertire il lettore ch'esse sono eminenze >i di terra formate dai ruderi delle fabbriche, e tut- M te scarnate, e ricoperte da pezzi di mattoni , da « bitume , e da vasi rotti „ . RtriNE DI Babilonia (JS Dall' argine eletto di sopra si stacca una di que- ste colline , ma bassa e nella direzione del mezzoeior- no al Settentrione . Dopo si appresenta la prima mas- sa grande di rovine di mille , e cento verijhe di lun- ohezza , di otto cento di larghezza nel suo maggior diametro . La sua altezza è irregolare , ma il pun- to più elevato è di circa sessanta verghe al di so- pra del livello dalla pianura . L' autore dona a que- sta collina il nome di Àmram , Volgenrk) al Nord-est è una valle lunga cinque cento verghe attraversata da una linea poco elevala di rovine . In fondo della valle è la seconda gran massa di figura quadra , la cui dimensione è di set- te cento verghe tanto in lungo quanto in largo , L' angolo S. 11. di questa tiene a 1' angolo N. È. del- la collina Amram , per mezzo di una cortina inolto alta , e che à circa cento verghe di laighezza , Que- sta che pare la più grandiosa delle rovijie di Ba- bilonia da questo lato dimostra vestigia di edilìzi mag- giori di tutti quelli che si \ edono al lato Orienta- le . I mattoni sono di JieUissimo conio , e questo luo- go n' è la cava la più abbondante . Il modo con- fuso di cavarli à reso difficile il poter determinare il disegno primitivo di questo edifizio. Gli operaj vi fora- no caverne immense , e palagi sotterraaei, e sovente vi restano sepolti , Per tutto trovansi niattcmi cotti ce- mentali con calce buona , Alla superficie veggonsi frammenti di vasi di alliastro , di belle stoviglie, di marmi, e una grande quantità di tegoli verniciali di un colore e di ima frescliezza maravigliosa. Il Raymond dice che quella calce altro non è che im gesso , di cui si fa uso ancora al presente , e che gli Arabi dicono Dioss , Se la tenacità , eh' egli ascri- ve a questa materia è quale egli assicura sul testi- monio di prove fatte sotto agli occhi suoi, non v'à certo miglior cemento di quello al mondo , Basii il rammentare eh' egli racconta aver veduto gitlare una piccola volta di solo Dioss , e cauimiiiaryi sop.u si- curamente poche ore dopo . gG Letteratura Verso la punta settentrionale di questa rovina è cavato enti'o di essa un burrone lungo circa cento verghe , largo trenta e cinquanta profondo . Vedesi in quel fondo ancora in piedi un pezzo di muro , il quale j)er la sua nitidezza sembra essere stato la facciata di un edifizio . Dicontro è un ammasso enor- me di macerie talché il burrone pare forato in una massa solida . Sotto alle fondamenta del lato meridio- nale è stata fatta un apertura , da cui si scuopre un palagio sotterraneo il cui palco è ammattonato , e i muri laterali fatti di larghi quadri , e bitume , Sovr'esso sono vasti macigni, ciascuno de' quali à alcune verghe di lunghezza , e una di grossezza . Un uomo a cavallo può passarvi senza chinare la lesta. La sua direzione è al mezzogiorno . Il dissopra di questo passaggio è cementato con bitume , e i mat- toni sono ripieni di caialteii , Alla punta settentrio- nale del burrone è un muro grossissimo fatto di mat- toni gialli . Ivi Biche fece scuoprire un bone colos- sale di granito gi'igio comune : di rozza scultura : posto sopra un piedistallo . Beauchamp , e Renell lo avevano creduto un Idolo. Raymond coli' autorità di Diodoro , e coli' analogia delle misure, si studia di provare essere questa la ro- vina del palazzo dei Giardini pensili, de'quali gli ulti- mi scaglioni avevano cinquanta cubiti di altezza : e asserisce essere ancora stato ivi tro\ato un pezzo di piombo , eh' egli crede dovesse appartenere al terzo strato dei giardini , che al dire di Diodoro era tut- to di quella materia • A r occidente , prosiegue Riche , è un' alti-a rovi- na . A tutta questa dà egli il nome di Kassr , cioè Palazzo, tale sendo la denominazione , ccn che appel- lano le genti del paese una parte di essa , eh' e iso- lata , disgombra da ruderi, e di sorpiendente con- sj[Ji> azione . Consiste essa in molti muri, e pilastri di otto piedi di grossezza, talvolta decoiati di nicchie , e Ijilvolta rinibizati da barbacani , e pontro-pilasln j RuiNE DI Babilonia 97 e fabltricali con bei maltoni cotti. Il loro cemento è COSI tenace che i cavatori di mattoni disperando di poter toglierli senza romperli gli anno abbando- nati. Il culmine delle mura, che doveva essere as- sai più alto sembra aver sofferto il fuoco delle mi- ne . Al di sotto vi sono luoghi così profondi , che molti vi hanno perduta la vita, ne avvi più alcuno in oggi che osi tentare l'impresa. Qui vicino sono avvanzi curiosi a vedersi per la diversità delle ma- terie , di cui si compongono alternalivamente; la ma- gior parte di essi è fabbricata di mattoni indurali al sole , ma non vi si vedono nelle giujiLure le canne . In questo luogo è quel solo tronco di arbore in parte verdeggiante , di grandissima mole , e che i Mu- sulmani seguaci di Ali credono fusse preservato da Dio nella distruzione di Babilonia , onde il profeta polciise attaccarvi il suo cavallo dopo la battaglia di HlUah . L' ultima gi^an massa di rovine descritta da Pietro della Valle e da lui appellata la torre , o il tempio di Belo , trovasi distante dal Kassv un miglio verso Settentrione , a cinque miglia , e più da iiillah , e a nove cento verghe dall' Eufrate . Quei del paese chia mania il Mudjelibè , cioè a dire roversciata sot- to-sopra . ÌLssd à una forma allungata. L'altezza, e i lati jiono irregolari . Al settentrione à dugento ver- ghe di lungezza ; duecento diecinove al mezzogiorno, cento ottandue all' Oriente , e cento trenta sei all' occidente . L' angolo S. E. è il più alto , essendo an- cora di cento quarant' un piedi ; ma la facciata oc- cidentale 5 eh' è la più bassa , è la più bella a ve- dersi . Sulla cima il muro è basso interrotto , e fab- bricato con mattoni indurati al sole , frammischiati di paglia , e canna minutamente tagliala. Il cemento è di aigilla, e sovra ogni sliato di maltoni è uno strato di canna , La parte occidentale è ancora la più fa- cile ad ascendersi : e sulla cima , tutta rotta dall' età Lrovunsi avanci di rovine , mattoni pieni d' inscri- U. A. Tu. IL 7 ^S Letteratura zljrii, rottami di vasi, blLume, ciottoli, mattoni ve- ti'iiicaii , scorie, coiioliiglie , e pezzi di vetro, e di uiadre perla. Riche doziiandò a un Turco chi avesse potuto portare colà tjueste ultime sostanze : costui rispuse seaza indugiare il diluvio . E da notarsi che r dLitoLC vi scoperse tane di bestie feroci, e sentì a non dubicai'ue ,il puzzo che giltano le tane dei Leoni. Raymond niega che (juesta sia la rovina chia- mata tempio di Èe^o dal della Valle , e oppone , tra le allre cose le misure di altezza date da (jitesto viyg- giatore . Ci pare però che egli non abbia tenuto con- to dei caiiibriai^nii naturali, e delia distruzione arti- ficiale , c'ae deve essere accaduta in due secoli ; giac- ché Pietro della Valle visitò quei luoghi nel 1616. Riche fece scavare verso la vetta del lato setten- trionale dei Mudjelibè , e \i impiegò dodici uomini duranti tre giorni , in un passaggio di sessanta pie- di quadri , tutto rivestito di beliissitiii mattoni , ma iugond^ro di terra , e di ruderi . Fu scoj)erto un tra- ve di k gno di dattero , una lancia di bronzo , e qua]- cìie vaso . Infine si trovarono var] passaggi o corri- da] ; in uno iccolo . Questa tor- re à ancorai cento ventisei piedi di altezza ; ne à cento di diametro , e trecento di circonferenza . Ciò elle tuttora avanzi:» di <|uesta rovina forma un mas- so di cento mila piedi cid)ici , Raymond qrede ali" incontro che 1' ^kerkouf sia opera di un Califo ; Ives la pretende un osservatorio ; Niebur un luogo di delizia d'un Re Persiano , e Otlier un sepolcro , Sembra però che la opinione di Riclie sia da preferirsi , perchè il carattere evithn- te della fabbrica è Babilonese , e se fosse stata fat- ta in teinjii posteriori , si sarebbe costrutta con an- tiche macerie , anziché con uiattonì induiali al sole, La niiiggior circonfereiiza assegnata dagli anti- chi scrittori a Baliiionia è di quallroQenlo ottan^ ta stadj , o sessanta luiglia circa ; la minore di tre- cento sossanla stadj ,- o (fuaranlaciuque miglia . Sira bone tiene la strj^da quasi di mezzo dicendola di tre- cento otlaiilacinque stadj ; ciò che cQriisponde a qua- raiUotto miglia, e uxi ottavo . Xenofonle racconta che allor quantlo Ciro la prese di notte tempo , gli abi- tanti nel quaitiere opposto alla porta per la quale egli entrò non ne fuiono informati che tre ore (lu- po r alzala del sole . Tulli gli scrittori concordano intorno allfi ma- ravigliosa altezza delle mura di babilonia, clieranq di trecento ciiKjuanta piedi . Furono esse abbassate per ordine di Dario Islaspe hno a cincjuanta cubiti , on- de togliere ai Cittadini , die sj ciano rivoltali il mo- do di difendersi . Erodoto assegna loro novanta piedi RurNE DI Babilonia. i^i dì grossezza, cosicché potevano passarvi sopra a grancV agio sei cani a paro . Il Riche si lagna di non aver- ne trovato alcun vestigio : ma Raymond soggiunge che egli ei-rò nel cei carie , e che ciò doveva lare al di sotto d'Hillah, a El Hheymar; presso il Birs-Nem- rod ) e vicino al canale di JVIahavil . L' argine artificiale lungo l'Eufrate, e il suo pa- rapetto era un opcia , che non cedeva in magnificen- za , e in solidità alle mura . Secondo Diodoro quest' ai'gine aveva cento sessanta siadj , o venti miglia di lunghezza . Di questa opera pure non rimane me- moria ; perocché 1' altra rovina di che ragiona il Ri- che dapprima, appellandola argine, fu lutt'altro , co- me egli dice . L' edificio piti sorprendente che fusse in Babi- lonia era la torre o il sepolcro di Belo , la cui ba- se secondo Strabone era un quadrato cii cui ogni la- to era lungo uno stadio, e alto uno slatlio, o otta- vo di miglio . Erodoto dice die questa base era la più ampia , ma la più l)assa delle otto torri , sopra- poste r una all' altra , di che componevasi tutto il monumento . Riche corregge gì' interpreti di questo Scrittore facendo osservare che la parola //««e? vuol dire ancora lunghezza . Ciò , che quadra meglio alla probabilità dicendosi , lunga , e larga lino stadio ; mentre in diverso modo non possono immaginarsi ot- to torri r una su l'altra , della quale la più bassa avesse uno stadio di altezza. Ma Raymotid non con- viene con Riche e con Renne! intoino alla misura di questo Stadio Computato dall' ultimo in 5oo. pie- di inglesi , giacché in tal caso la torre non sarebbe stata più alta delle muia della Città che di i4o. pie- di, e secondo Diodoro ottanta piedi , più alta di una delie torri della muraglia di mezzo del j^alazzo di Sessanta sladj . E invero la cosa essendo così, questo edilizio non meritava di essere annovei'ato tra le set- te niaiaviglie del Mondo. Egli si apj)Oggia dunque él' testo xuido di Erodoto , il quale parlando di «^u*- 10» Letteratura sto monumento dice « E' un quadrato regolare liin- » go due stadj per ogni verso . Vi si vede nel mez- » zo una torre massiccia , che à uno stadio in lun- >j gliezza ed uno in larghezza ; su questa torre se 33 ne innalza un'altra , e via discori-endo se ne con- ia tano fino a otto " Per la qual cosa sembra che Riche abbia avuto una idea troppo meschina di que- sta torre tanto celebrata . Era essa rinchiusa dentro un recinto quadrato di mura di due miglia e mezzo di circonferenza . La sua fama è ancora mag- giore potendosi credere con probabilità essere que- sta la torre , che i discendenti di Noè innalzarono sotto la condotta diNemrod nella pianura di Sennaar, la cui fabbrica fu interotta per miracolo di Dio . Il [Maggiore Rennell crasi studiato di provare che Mu(ìjelibet corrispondeva alla pianta della Torre , o Tempio dà Belo , anzi per tale 1' à segnata nella sua geografia , Il Residente Riche dopo aver date le mi- sure di questa rovina , e di quella del Birs Nemrod, viene discorrendo tutte le ragioni, per le quali egli crede più probabile che questa ultima sia l'avanzo della torre; ma il Raymond si oppone a tutti e due e con sodo ragionamento prova che non può esse- re né r una né 1' altra . Per dire il vero questa sen- tenza pare la più convincente . Seguitano poi le contradizioni tra il testo del Ri- cbe 5 e il commento di Raymond intorno alle altre fabbriche di Baiiilonia . Ma siccome non vi sono più. avanzi di queste, la cosa degenera in questione storica, e noi non andcreino più oltre per non imbarazzarci in una disputa , che può esaminarsi dai curiosi in Ero- dolo, in Miabone , in Diodoro , e in Quinto Curzio, Diremo solo che i punti disputati sono le po- sizioni del nuovo , e del vecchio Palazzo . Il primo era rinchiuso da tre recinti, de' quali 1' esterno ave- va cento sessaula stadj , o sette miglia , e mezzo di circonferenza . Quello di mezzo girava cinque miglia ed era decorato di pitture : e l'ultimo, che pure er^ RtiNE DI Babilonia . io5 adorno nello stesso modo ,non ne gira^'a che tre , e tre quarti . Il muro esteriore dell' altro j.>aìazzo non aveva di circuito che tre miglia , e tre (jiiaiti . I giar- dini pensili , che soprasta^nno al nuovo palaz/u , e formavano un quadrato , secondo Strabene ^ di quat- tro plettri per ogni lato , erano aiti cinquanta cu- biti , o settantacin que piedi circa . Nessun vestigio si vede del passaggio sotterraneo aperto sotto il letto dell' Eufrate , né dell' obelisco in pietra alto centovenlicinque piedi , della grossez- za di cinque piedi quadri, che Semiraniide fece ve- nire dai monti dell'Armenia per innalzarlo in Babi- lonia . Dagli ulteriori schiarimenti , che il Riclie dà intorno al modo di cosuuzione presso i Babilonesi si ricava ; che alloiquando i muri erano di una cer- ta grossezza , l' interno era formato di ogni sorta di materiali, rivestiti al di fuori di bei mattoni , la qua- le opera è quella , che noi diciamo a scicco. Che due sono le specie di mattoni iinpiegati in quelle fabbriche, cioè i cotti e gl'inilurati al so?e. La dimensione dei primi è di tredici pollici quadra- ti , sopra tre pollici di grossezza . Ve n' anno dei mi- nori , e di diversa forma pei" certi lavori determina- ti, cioè per gli angoli rotondi ec. Il colore ti' è va- rio - I più fini sono biancastri , e tendenti al gial- lo : i più ordinar]' sono rossi come i nostri commu- ni : e infine se ne veggono dei neri , che sono du- rissimi . I secondi , detti crudi o indurati al sole , sono molto più grandi dei cotti . Veramente possono chia- marsi grossi pezzi di terra , frainmisciiiata di can- na , o paglia triturata minutamente , onde dar loro maggior tenacità, e consistenza . Tre sono le qualità di cein-nto , che ti'ovansi nel- le rovine di Babilonia . Il bitume , la calce , e 1' ar- gilla . Il primo sembra esser stato mj^na in uso , for- se perchè costava assai , ed è meno tenace ; giaccliè ora i mattoni ai ,quali è aderente «i staccano ^coa lè4 t-ETTERATUr. A. graiKlissima facilità . Le sorbenti di questo bitume trovatisi anche oggi presso Kerkouck , e a Hit nel Pa- chalik (li Bagdad . In questo ultimo luogo il poz- zo piincipale del hitume à due sorgenti divise da un muro . Da un lato il bitume s' innalza gorgolian- do unito all' oglio di nafta che gli orientali dicono Mumiè . Il Raymond aggiunge che se ne trovano al tre sorgenti a Anah nel Chamìch sulla riva del li li- me , e nella Mesopotamia distante otto leghe da Slil , a Tcerit ec. Sembra che il cemento della calce non altro sia che il Dioss , o gesso di che è stato superiormen- te detto , e non presenta particolarità veruna degna di considerazione . Il terzo cemento , quello cioè dell'argilla , era in uso soltanto pei mattoni indurati al sole , e giusta la relazione del Raymond , che in questa parte è più verosimile , s' impiegava nel seguente modo . So- pra la linea dei mattoni si poneva uno strato di ce- mento di argilla : sopra questa uno strato di canna , e sopra la canna di nuovo un' altrro strato dell' ar- gilla , e cos\ si proseguiva , onde donare vina mag- giore luiione , e consistenza alla intera costruzione . Termina il Riche la sua memoria con queste pa- role „ Ben lunge dall'esser vinti dalla difficoltà di de- „ terminare alcuni punti del piano di Babilonia, dob- „ biamo più presto, per ciò, che di lei rimane tut- „ torà , essere compresi da stupore alla vista della „ immensa ampiezza d' una Città , che à lasciato di ,, se cos'i prodigiosi avanzi . Quando noi pendiamo „ per ima parte che già due mila anni sono essa „ non era più che un ammasso di rovine , le quali 5, dopo aver somministrato mateiia a costruire im- „ mense città , sembrano tuttora inesauribili : e per „ r altra che la Capitale degli Abassidi , reputata „ comparativamente parlando la più bella , e la più „ vasta dei tempi moderni , non à lasciato che po- ti che vestigia sporgenti appena fuori del suolo , • RuiNE DI Babilonia. 2c5 „ cìie tra non molto sarajmo interamente distrutte , ,. dobbiamo formarci una idna vei^amente smisurata ,^ della grandezza di Babilonia , e de' suoi edifici . Il S. Riche termina questo yiaggio con una diser- tazione intorno al famoso canale del Paliacopas , il quale secondo Erodoto fu fatto scavare dalla Re- gina Nicetri unitamente a un lago che aveva cin- quanladue miglia e mezzo di circuito ed era mol- to al dissopra diBabdonia . Questo lago però secon- do Diodoro girava cento venticinque miglia e stava nella parte più bassa della Città . L'oggetto di cos'i grande opera fu quello di deviare l' acque superflue durante 1 escrescenza dell' Eufrate ; le quali acque ser- vivano dopo ad annaffiare le campagne Arriano dice che ogni anno dieci mila uomini venivano impiegati allo spurgo del Pallecopas . Molte sendo le opinio- ni dei viaggiatori intorno alla sua vera situazione il nostro A. crede di poterla fermare al settentrione di Babilonia , e ne assegna ragioni fortissime e tra que- ste il testo di Arriano , il qiiale à espressamente clie allorquando Alessandro il Grande navigò il Paliaco- pas , Babilonia stava alla sua sinistra . Una delle condizioni più mirabili di questa grande minasi è quella di vedere le sue muraglie tutte segnate di caratteri , e d iscrizioni d' ignota lingua . Le lettere sono di pietra cotta : anzi formate dagli stessi mattoni, di che sono costruite le fabi iclie . Rendono la figura <ìi chiodi , e s'accostano alquanto alla forma delle nostro note musicali : siccome può conoscersi dalla lavo';* che qui offeriamo a' nostri leggitori . Finora se nr crede disperala la lezione ; se non che il eh. G. ]'. Grotefende professore di Francforte ha pubblicai;! una sua nota nelle miniere iV oriente ( p. 33 1 ) per la quale sembra eh' egli voglia aprire qualche via , onde penetrare in tanta oscurità . Egli ha formala una tavola e ha poste tutte le iscrizioni Babiloiii che conosciute , delle quali ha fallo confronto colle grande iscrizione pubblicata in Londra nel i8o3. Que- lo6 t,ETtERATURA sle sono in numero di otto : ognuna scritta in due versi COSI , che al primo vederle sì conosce la loro siniiglianza : ora tra 1' una e 1' altra : ora tra il prin- cipio e il fine d' ognuna : onde pare che sieno in ver- si , e forse rimati . Noi non allungheremo la nostra narrazione in descrivere queste tavole: perchè fino- ra sono di poco uso : e ne parleremo a qtiel tem- {)o , in cui il eh. Professore ci darà 1' alfabeto Babi- onico , eh' egli spera di pubblicare . Ma entriamo pe- rò in gran timore, che questo nuovo alfabeto non si rimanga nella stessa oscurità in cui veggiamo la lingua Geroglifica, e l'Egizia anlica ^ ed altre per- dute scritture africane ed asiatiche , sopra cui eru- diti gravissimi hanno finora sudato , in vano . Impe- rocché la prepotenza del tempo ha distrutte appie- no quelle vecchie memorie : né 1' uomo ha forza eh» basti per far guerra a. secoli cosi lontani. i07 SCIENZE Sul Cianogeno , ' e sulV acido i'drocianico i Memoria del Sig. FàuqUelin (*) . Estratto . iVlentre 1' attenzione Ae medici è diretta a speri- mentare gli effetti dell' acido Prussico sull' economia animale , quella dei chimici è rivolta a conoscere sempre più 1' intima sua natura , e tutt' i fenome- ni , eh' esso presenta sugli altri corpi . Quelli che amajio tali cognizioni ci sapranno laUon grado , se noi ci facciamo ad esporre i risultati di alcune ul- teriori ricerche fatte dal cel. Vauquelin sopra quest' acido , e sopra il suo radicale . L' acido prussico è una di quelle Sostanze , di cui si sono più particolarmente occupati i chimici , e tutti conoscono le sperienze di Macquer, di Gu- ytton Morveaii di Bei'gman , di Schede , di Ber- thollet , di Curandau , di Porret , di Proust , e di molti altri , che sarebbe troppo lungo il nominare . Ma ad onta dei lavori di t;mti illustri chimici non si avevano fino al i8j5. idee bastantemente esatte sulla natura chimica di quest' acido . Fu in quest' epoca , che il cel. Gay Lussac in una bella Memo- i^ia (l'i appoggiala a convincenti sperimenti ci fece conoscere che l' acido Prussico aveva per radicale una sostanza composta di Carbonio, e di Azoto cui piacque di dare il nome di Cianogeno , il quale uni- to poi all' idrogeno costituiva 1' acido Prussico , che da quell' epoca fu chiamato acido idrocianico ; scoperta tanto più interressante in quanto che ci offiì vina combinazione di azoto , e di carbonio , che prima non si conosceva , e ci dette un nuovo esem- (*) Annal. de Cliìm. et Physiq. (i) Aunal. de thim. Aòut i8i5. io8 Scienze pio di un acido cito non conteneva la plii piccol* quantità di ossigeno . Queste sperienze del cel. Gay- Liissac, (juaniujifpe ben numerose , non erano però tali da cosliluiie una storia completa <1i quest'aci- do, oltreché alcune nierilavano di essere ri])etute, co- me ne conveniva 1' autore stesso . Eia dunque ne- cessario , che qualche altio ciiimico non meno es- perto di lui riprendesse il medesimo lavoro , il che ha voluto fare il Sig. Vauquelin aggiungendovi nuo- vi fatti egualmente interessanti , dei quali ci affret- tiamo a far conoscere i principali risultati . Incomincia 1' A. di questa memoria dall' esaìni- nare 1' azione del cianogeno suU' acqua , mentre , egli dice , dalla conoscenza esatta dell' alterazione del cianogeno su (juesto liquido dipende la spiega- zione dì molti fenomeni di esso, e dell'acido idio- cianico sugli altri corpi. Dalle sperienze fatte sull' azione del cianogeno sidl' acqua risidta che il medesimo sciolto in questo liquido si converte in acido carbonico , in acido idrocianico , in aiinnoniaca , ed in un acido partico- lare , che si 2)otrà chiamare acido cianico , ed in fine in una sostanza carboniosa; e ciò in virtù degli elementi dell' acqua , che decompone . L' ammoniaca Satura questi acidi, che si fonnano , d'onde ne ri- sidtano dei sali ammoniacali solubili , e la materia carboniosa essendo insolubile si depone . Dall' acqua passa quindi 1' A. ad esaminare l'a- zione del cianogeno sugli ossidi metallici . Ed in pri- mo luogo egli j)rova per via di sperienze , che gli ossidi alcalini portano nella costituzione di questa so- stanza un'alterazione profonda, ed immediata, i di cui risultati sono probabilmente i medesimi di quel- li, che hnnno luogo coli' acqua sola; si formano cioè l'acido idrocianico, l'acido carbonico, verisimilmente l'acido cianicp , una materia carboniosa , e 1' am- liiònìaca. I sali che si ottengono in questo caso non «ono però a base di quest'alcali , ma di potassa , o Del Cianogeno . joq di soda , mentre 1 ammoniaca , che si forma divie- ne libera . Quanto agli ossidi metallici ordinarii essi pro- ducono sul cianogeno liquido i medesimi elFetti de- gli altri con maggiore , o minor prontezza , secondo r affinità , che ciascuno di essi esercita sugli acidi , che si formano ; ma in questo caso hanno luo«o ti'e sali , o de' sali tripli formati parte a base di ammoniaca , e parte a base dell' ossido , come acca- de sugli ossidi di ferro , e di rame . Ha voluto inoltre sperimentare 1' azione del cia- nogeno sciolto neir acqua sul ferro allo stato metal- lico . Da queste sperienze si rileva , che il cianoge- no può sciogliere questo metallo senza che si formi il blu di Prussia ; ma è più verisiiiiile , che una tal soluzione sia prodotta dall' acido cianico , che si for- ma , Comunque sia tanto 1' acqua , che il cianogeno anche in questo caso sembra che si decompongano , mentre si ottengono 1' acido id^ocianico , 1' acido cia- nico , r acido carbonico , e 1' ammoniaca . Molto si è occupato 1' A. dell' a2;ione dell' acido idrocianico sul ferro per vedere se il blu di Prussia era un cianuro, oppure un idrocianato di ferro. Dalle sue sperienze sembra dimostrato , che l'acido idrocianico forma , sia col ferro , sia col suo ossido il ìììn di Prussia senza il concorso ne degli alcali , né dogli acidi , e che per consequenza il blu di Prussia si deve considerare come un' idrocianato di ferro . Singolare è l'azione del gas Idrogeno solÌL)iato sul cianogeno . Mescolando due volumi eguali di quer sii due gas sul mercurio , non si osserva alcun fe- nomeno , che annunzi una condjinazione , o una de- composizione, il volume reslazido lo stesso. Ma aven- do messo r A. questo miscuglio in conlatto di una quantità d'acqua insudiciente per sciogliere il ciano- geno e])be un pronto assorbimento ; il liquido pres^ un color gialK) di paglia , che passò a pt)co a poco al bruno . Esso non dava più segni della pjesejiza dell' idrogeno solfqiato coi sali di pioinbo , uà del ! IO Scienze cianogeno , per cui sembrava che avesse avuto luo- go una decomposizione reciproca , si fosse cioè for- mato r acido idrocianico , clie tenesse in soluzio- ne dello solfo ; ma esso non manifestava i cai^atteri di quest'acido ; e quello che più fa meraviglia si è , die aggiungendo a questo liquido della potassa caustica in eccesso, alloi'a aveva luogo coli' acetato di piom- bo un precipitato formato di solfuro di piombo, ed il liquido dava il blu di Prussia col solfato di ferro. Per dare una spiegazione un poco vaga a questo fe- nomeno bisognerebbe dire coli A. , che v' ha fra il gas Idrogeno solforato , ed il cianogeno una combi- nazione chimica , e che 1' afiTuiilà della potassa per quest' ultimo , e quella deli' idrogeno per V ossigeno dell'ossido di piombo deteriiiina la foimazione del cia- nuro di potassa , e del solfuro di pioiidio. Anche r azione dell' ossido di Mercurio sul prus- siato triplo di potassa , e quella dello solfo sul cia- mu'o di Mercurio sono state esaminate dall' Autore . Quanto al primo , agendo quest'ossido sul prussiato di potassa non fa che separare una parte di potas- sa , e di sotto idroiianato di feno ])er sostituirsi a questi, e formare un sale quudiuplo. Quanto poi. allo solfo sul cianuro di Mercurio , esso non fa che decomporre quest' ultimo ad una temperatura mol- to iiiferiore a ([ueHa , alla quale il medesimo è de- composto quando è solo , Passa finalmente 1' A. ad osservare ciò che ha luogo nella soluzione del cianuro di potassa nell' ac- qua . Da queste osservazioni si rileva , che tutte le volte che il cianuro di potassa si trova a contallo coir acqua , si forma dell' ammoniaca , la quaJe si combina coli' acido carbonico , che nasce nello stes- ro tempo ; d' onde ne siegue , che una gran quan- \\ù\ di cianuro di potassa non può dare se non una piccola quantità d' idrocianato , poicliè una gran par- ie di questa sostanza è cambiata in ammoniaca , ed in acido carbonico . Termina 1' A. la sua memoria con alcune os^ Del Cianogeno . j , i servazioni sulla decomposizione del cianuro di Mercu- rio per mezzo dell' acido idroclorico . Nel ripetere le stesse sperienze del Sig. Gay-Lussac egli non ha ot. tenuto che una piccola quantità di acido idrociani- co ; ma nello stesso tempo trovò nella storta un sale , il quale avendolo esaminato, era una combi- nazione d' idroclorato di Ammoniaca , e d" idroclora- to di Mercurio, che chiamavasi altre >olte Sale Memhroth . Per rendere ragione di questo fenome- no bisogna supporre ; che il cianogeno sia in parte decomposto, e che il suo Azoto siasi unito ali Idro- geno deli acido idroclorico , o a quello dell' acqua per formare l'aminoniaca , e per una consequenza ne- cessana dell' idroclorato anirnonjaco-mercuriale . Nel- la prima supposizione bisognerebbe , che ^ì fosse de- posto del caibone , e nella seconda , che si fosse for- mato dell'acido carbonico, ma niuno di questi due elletti ha avuto luogo, se si eccettui un color legger- mente bruno , che ha preso il liquido . Ciò ciré più singolare però si è che avendo ripetuto qualche tempo dopo per due volte la stes- sa sperienza nqn ha potuto più ottenere il sai tri- plo di Ammoniaca , e di Mercurio . % possibile , ri- flette r A. che nelle prime operazioni , in cui si dis- poneva l'apparecchio il giorno aNanti la sperienza , H cianuro di Mercurio essendo restato per lun^o tempo in contatto colf acido idroclorico prima \ esser sottoposto all'azione del fuoco 1' acido idrocia- nico abbia subito una decomposizione . ^q\ considerare f A. la proprietà , che ha il Mer- curio di attraire con gran forza lo solfo , e la facol- tà , che ha il cianogeno di unirsi facilmente all' Idro- geno , quando gli si presenta in uno stato conve- niente , ha imaginato , che il cianuro di Mercurio a secco potrebbe esser decomposto dall'Idrogeno sol- lorato meglio che dall'acido idroclorico . Cosi di fatti gb ila confermato la sperienza . Egli ha fatto passa- re del gas Idrogeno solforato , che si sviluppava len- tamente da un miscuglio di solfuro di ferro, e d'aci- 112, Scienze di rendere mobili le parti de solidi , mentre sotto quel grado di calore avrebbe dovuto il ferro assai di più allungarsi . Ptiflet- te inoltre che questa dilatazione del ferro apparisce anche di minor momento quando si consideri co- me una quantità differenziale picciolissima della di- stanza , in che si trovano già le molecole del me- tallo ; che se una temperatura elevata rendessse ve- ramente mobili le parti di un corpo, si dovrebbono scorgere i segni del movimento nella diminuzione di durezza , e di tenacità , i quali segni punto non si ravvisano ; che infme un' alta temperatura essendo un grado intermedio di quella serie indeterminabile di gradi caloiiflci , di cui è capace un corpo senza can- giar costituzione , non può avere tanta efficacia da comunicare alle particelle la libertà al moto , e se ad ogni palio le si voglia concedere , rimarrà a spie- garsi perchè un' efficacia proporzionale non debbano avere le temperataUire inferiori , che sono pur es- se gradi intermedi nella serie suddivisala . Ricorda in una Nota FA. l intervallo di temperatura determina- to da Dalton fra il ghiaccio , e I' acqua bollente , il quale non è che la decima , la quindicesima , e for- se la ventesima parte dell' intervallo , che esiste dal ghiaccio al freddo assoluto . MovrM. Intest. de' Solidi ij^ Il vetro , prosiegue 1' A. , giusta gli esperimen- ti di Sjneaton , e di De Lue, passando dallo zero al- la temperatura dell' acqua bollente dilatasi nella sui lunghezza di i / 1200 , lo che dà per ogni grado del T. G. 1 / 120000. Nella ipotesi degli Avversar] che allo zero , e alle basse temperature le molecole del vetro siano immobili perchè manca loro lo spazio ove muoversi , per la picciolissima dilatazione sud- detta si allontànerebbono tra loro di una misura pres- soché infinitesima, ed in conseguenza niun cambia-' mento indurrebbono nelle proprietà della massa ri- guardo nlla luce. Eppure dalle Osservazioni di Brew- ster risulta che pochi gradi di temperatura , anzi il calore stesso della mano basta a disporre le moleco- le del vetro in modo , onde acquisti la facoltà de- polarizizante , ed agisca sulla luce a guisa di un cor- po regolarmetite cristallizzato ; Debbesi perciò con- cliiudere che le molecole del vetro anche ad una tem- pciatura bassa abbiano tanto di spazio da potersi muovere in varj sensi , e che se non lo avessero , nep- piire ad una temperatura elevata si altererebbe sensi- bilmente lai loro posizione . Opina dunque 1' A. che essendo gli atomi primi de' solidi già naturalmente situati ad una certa: distanza tra loro , e tali essen- do le variazioni di temperatura nella superficie , e ad una qualche profondità del globo terracqueo , che forsi due momienti non si danno , ne' quali il grado di temperatura sia precisamente lo stesso , pe- rò gli atomi anzidetti sieno in una oscillazione con- tinua , ed oscillino assai più cangiando di posizione sotto r impressione di una causa estrinseca qualsivo- glia . Quindi ne risulta quella specie di vita , che mostrano i minerali esistenti nel seno della terra , e che ben conosce colui , il quale è abituato a con- templare i grandi fenomeni geognostici : ella sareb- be forse inesplicabile se la solidità de' minerali si ri- guardasse siccome incompatibile col moto intimo del- le loro parti ; all' opposito viene chiaraimente illu- 120 Scienze strata dalla opinione , di che stiamo parlando . Dal Calorico facendo l' A. passaggio ad altre ca- gioni che influiscono sul moto intestino de' solidi , ricorda quella inerente alle molecole stesse , vogliam dire l'attrazione molecolare, ossia 1' affinità: per que- sta , dice Egli , si recano le molecole da un punto all' altro della massa , ed ora si separano i principi costitutivi , siccome avviene nella concentrazione del rame delle piriti di Agordo , ora si riuniscono in com- posti novelli , ora finalmente si dispongono le mole- cole in una foggia regolare e geometrica , cioè in cristalli . Nella Lettera al eh. Molina per provare 1' A. quanto bene la cristallizzazione appalesi il moto in- terno delle molecole ne' corpi anche più compatti , si era servito dell' esempio de' cubi di breccia tro- vati da Saussure nelle coste di Genova , ne' quali si veggono de' ciottoli alcuni calcarei , altri di pe- troselce , e di giada talmente accomodati alla figu- ra del cubo , che naturale si è il supporre che ab- biano avuta parte nella cristallizzazione del masso » ed insieme con questo siensi distaccati dalla roc- cia . A silfatto esempio hanno contraddetto gli avver- sar] trovando più naturale il credere che dislacca- ti que' cubi dalla montagna per un qualche cataclis- mo del globo , e scorrendo gli uni sugli altri ab- biano data ai ciottoli racchiusi nel loro seno quella levigatezza di superficie , e quella conformità di fac- ce , che ne mentisce la cristallizzazione . Ma come in tal caso , soggiugne l' A. , rendere ragione della somma aderenza de' ciottoli al cubo da rompersi piuttosto che cedere nel distacco di esso , quantun- qu(i dotati sieno di molta coesione , e durissima in particolare sia la giada ? Sì sa pure che un corpo nel prendere la forma cristallina rigetta ogni mate- ria straniera quale ostacolo alla simmetrica sua di- sposi/ione: se i ciottoli non solo non furono esclu- si , ma rimasero anzi tenacemente incorpoiati al mas- so 5 è mestieri conchiudere che una cagione islessa MoviM. Intest. de' Solidi iftì divise quelli , e diede a questo la regolar forma di cubo . Una simile prova aveva all' A. somministrata 1' arca pectiincidus trovata dal Brocchi nello stalo di cristallizzazione ; ma ad essa hanno opposto gli Av- versarj che meglio assai si spiega il fenomeno collo ammettere l'infiltrazione dell'acqua nella soslanz.a del- la conchiglia senza distruggimento di forn)a,di quel- lo che col ricorrere al solilo movimento delle mo- lecole tendente a dare a quel corpo una struttura cristallina . Ciò nulla ostante 1' A. sostiene la sua pro- va facendo rilevare la pochissima solubilità del car- bonato calcareo , e la insufficienza dell' acqua infil- trata , onde produrre la cristallizzazione di esso , e Viiole che dissipata dalla conchiglia la sostanza ani- male , che teneva legate le particelle terrose , ab^ biano queste obbedito all' impulso dell' attrazione per riunirsi a foggia di cristallo . La evaporaiioìie , ossia la forza dissolvente dell' aria è la terza potenza che 1' A. pone in disamina come quella che sembra avere grandissima parte ne' fisici nui lamenti de' corpi : Egli però lungi dal riguar- dare il dissipamento dell'umidità come cagione dell' induramento progressivo di certe pietre esposte all' aria , lo riguarda piuttosto quale effetto del ravvi- cinamento delle molecole pietrose, le quali tendono a riunirsi sempre più , e ad escludere l'acqua inter- posta , quando la massa viene separala dalla sua ma- trice , disepellita , e tolta quindi a quella specie di vita , elle regna ne' minei'ali esistenti nel luogo natio . Tulto al contrario opinano gli avversar] , e colla sola evaporazione dell' umidiià spiegano il caia- biamento delle marne molli in solida roccia ; la du- rezza che acquistano , tratti che sieno dal suolo , gli smeraldi , e le acque marine ; e quella compattez- za che vanno guadagnando il travertino , tante spe- cie di marmi ec. Per mostrare quanto sia insussi- slente questa loro opinione si fa 1' A. a considera- i4^ Scienze re il modo , con cui 1' aria agisce sopra una ìiiasssi j eh" Egli immagina di fresco diSotterata , e nello sta- to ancora di mollezza . L' aria colla sua forza dissol- vente agiià subito sulla di lei superfìzie , la priverà deir umidità , e la indurerà in modo che chiusa ne rimanga la via , ond'ella possa penetrare nell' inter- no . Né vale il dire che gli strati superiori già dall' ai^ia diseccati prenderanno 1' umidità dei sottoposti per versarla in seno dell' atmosfera ; poiché se questo giuoco avviene col calorico , ben sa ognuno com' es- so tenda all' equilibrio , e come i corpi tutti ne sie- no pili o meno conduttori , lo che non può dirsi egualmente dell'acqua . Uniforme al parere dell' A. sembra quello di Lucrezio mentre parla del conso- lidamento della terrà ; né diverso è il modo di pen- sare di BerlhoUet, il quale veggendo alcuni precipi- tati di fresco formati in un liquido acquistare ben presto una durezza notàbile , e taluni corpi indu- rare maggiormente per l' antichità , cessata anche in essi r evaporazione , non dubita attribuire questo fe- nomeno all' azione reciproca delle molecole . Un ca- so , nel quale non si può a meno dal ricorrere a cotesta reciproca azione delle particelle, si é quello de' graniti /•igenerati così detti , che tutto dì si ri- producono nel mare di Messina , e la durezza de' quali cresce col progi^essO del tempo . Dopo quat- tro anni la coesione della roccia è sì debole ^ che si frange sotto le dita , diviene forte al dire di Spal- lanzani dopo dieci o dodici anni ; fortissima quan- do ne sono scorsi trenta , né però cessa dall' indu- rare vieppiù col farsi più antica . Per quanto vo- glia donarsi all' azione dell' ac([ua riguardandola co- me un legame delle particelle terrose , egli é evi- dente che giunta la roccia ad un grado di durezza somma , qual' è quella dopo i trent' anni , 1' acqua non potrà più esercitare soj)ra di essa alcuna azio- ne . E che si dirà mai delle costruzioni sott' acqua die prendono maggior solidità col lasso del tempo ? MoviM. L">JTEST. de' Solidi i aS Converrà di necesssità appigliarsi al moto delle par- ticelle , e al loro avvicinamento per ispiegare il feno- meno , ed ecco che la possibilità di questo moto quasi si converte in fatto dimostrato a soddisfacimen- to degli Avversarj , i quali non negando che possa aver luogo , non sono convinti che realmente lo abbia. Eglino sempre alieni dal concedere un movimen- to interno ne' solidi spiegano 1' alterazione della te- sta trovala a Roule col mezzo di una lunga,impres- sione dell' aria , e dell' acqua ; dicono anzi di non in- tendere il cambiamento della materia selciosa di essa in calcedonio , poiché anche questo è una selce . Ilis- ponde loro 1' A. che sebbene il calcedonio sia stret- tamente affine al selce piromaco pe' rapporti litogno- stici , pure ne differisce pe' suoi componenti , di mo- do che se la testa ha subito il detto cambiamento con- viene dire che le molecole in virtù del moto inte- stino abbiano preso un ordine diverso di composizio- ne . Col mezzo dell' aina, soggiugne l'A. , e colla varia ossidazione delle parti metalliche non sarà difficile lo spiegare la maggior vivacità di colore che presen- ta il diaspro primitivo di Siberia , o 11 petroselce di Patrin stando esposto all' atmosfera ; ma come poi rendere plausibile ragione dell'alimento nel pe- so specifico , e della maggiore di lui condensazione senza invocare il moto, e l'avvicinamento delle mo- lecole? Dopo avere l'A. calcolata la forza dissolvente dell'aria j e l'influenza dell'acqua sul moto delle particelle de' solidi , e dopo avervi fatte le esposte riflessioni , tocca di nuovo l'azione della eletlrieilà, ed a questa veramente ascrive grandissima parte nel- le alterazioni fisiche , e chimiche de' corpi . Per si- gnificare , e convalidare al tempo stesso cotesta fa- coltà alterante dell' elettrico fluido si approfitta del- le parole medesime dell' illustre Davy , il quale nella sua Memoria sull'azione chimica della elettri- cità pensando che 1' equilibrio elettrico è continua- ia4 S d I E N z K mente turbato in natura , e che il fluirlo ne' suoi passaggi scompone , e strascina gli elementi de' cor- pi 5 non esita punto in attribuire a tanta potenza gran parte de' chimici mutamenti, che ci offre il no- stro sistema , e vede nella potenza medesima chiara la spiegazione de' principali fatti contemplati da lunga pezza nello studio della Geologa , ma repu- tati sinora misteriosi . Pare che a queste fdosofiche vedute di Davy voglia dare l'A. anco una maggio- re estensione , mentre crede che dall' azione elettri- ca proceda quella vitalità che anima tutti ^li esse- ri della natura , e che non può non riconoscersi ne' minerali eziandio senza rinunciare alla osservazione , avuto però riguardo al posto infuno che occupano essi nella armonica serie degli esseri creati . Sin qui intende l'A, di aver data risposta alle obbiezzioni altrui , ed avere con nuovi argomenti guarentito viemmeglio il suo assunto : ora per som- ma delicatezza si propone egli stesso una diftlcoltà, ed è la seguente . Se le molecole de' solidi anche più duri sono poste ad una tale distanza tra loro , che tuttavia conservano una certa libertà al movi- mento , ed oscillano per poco che salga o si abbas- si la temperatura , e alla più lieve impressione di altra qualsiasi esterna causa , ne verrà in conse- guenza che esse sieno in un continuo movimento a guisa de' corpi in fermentazione , e ciò male si ac- corda con quella lentezza , che nella Lettera al Mo- lina erasi annunciata propria del moto intestino de' solidi . Resta però a suo giudizio dileguata questa difficoltà quando si contempli ciò che avviene in una massa , nella quale fuori di ogni dubbio appa- sisce il ristringimento delle molecole , come a ca- gion di esempio in que' cementi fatti di pozzolana che s' impiegano nelle costruzioni sott'acqua . Pren- dono essi ben piesto un certo grado di solidità , e «juseto è dovuto alla azione reciproca delle moleco- le, o a quella foggia di affinità che dicesi di eoe- MoviM. Ir^iTEST. de' Solidi i?5 sione', ma siccome la solidità va crescendo col tem- po , conviene dire che l'affinità di coesione non li^ manga subito e pienamente soddisfalla in tutte le molecole , e che alcune di queste non sieno per au^ co disposte nel modo , che si richiede per il facile esercizio di loro attrazione . Il calorico che le tiene in una continua oscillazione; l'elettricità, di cui si è veduta la molta influenza ; e noi aggiungiamo an- che r acqua interposta , concorreranno a disporle nel modo opportuno ad attrarsi ; ma V attrazione di queste molecole cosa sarà mai in confronto di quel- la che ebbe luogo in moltissime al primo consoli- darsi della massa ? non dovrà ella portare un effet- to picciolissimo , e quasi insensibile ? Per verità se la forza di queste molecole non ancor soddisfalla , quando il cemento si rassodò , fosse di un valore considerabile o per la capacità di satui'azione o per la massa, avrebbe dovuto esercitarsi allora, o non avendo essa luogo , il cemento non sarebbesi mai consolidato , mancando una quantità necessaria al grado sufficiente di coesione , Questo raziocinio me- desimo può applicarsi a quegli affrettati consolida- menti , che si effettuano nei precipitati giusta 1' an- zidetta osservazione di Berthollet, ne' quali conso- lidamenti s' ingannerebbe ciii credesse intieramente soddisfatta la forza di aggregazione di tutte le mole- cole; ma ciò che rimane di questa forza è un pie-, colo elemento , che debolmente , e leggermente ras- soda la massa col favore delle potenze esteriori sud- divisate . Le stesse potenze estoiori non pos:5('iio che in un modo insensibile favorire quell' avanzo di affinità , poiché hanno a contrastare colla coesio- ne , che già in gran parte ha presa la massa . Pare adunque abbastanza provato che lento e quasi im- percettibile debba essere l'avvicinamento delle mo-» lecole , ed il conseciitivo induramento del corpo , perchè picciole sono le forze che lo promuovono , è perchè agiscono esse in vai modo tardo , e ìeix-. l 1 56 Scienze iìssimo ; e così salda rimane la proposizione , che iiv questo senso erasi avanzata nella Lettera al Molina. Fa in seguito 1' A una breve digressione sul rincipio di vegetazione che taluni suppongono nel- e pietre , ed accenna a tal proposito l'osservazio- ne delle stalattiti della grotta di Antiparo , i pris- mi di smeraldo osservati dal Patrin a Odon-Tchelon infranti , e naturalmente riuniti come le ossa anima- li , e la i^iproduzione de' filoni nello intei-no delle montagne consolidate voluta dal dottissimo Sig. Can- tieri . Chiude finalmente questa prima parte della sua Memoria col dichiararsi altamente onoralo da coloro , che han voluto ponderare la sua opinione , ed ii valore delle prove che la sostengono ; prote- stando altresì che il solo amore del vero lo ha in- dotto ^ risponder loro in quelle obbiezioni , che gli sono sembrate men sussistenti ; ed in contrassegno dei- sta ingenuità confessa di aver abbi'acciata la spie- gazione dell'aderenza de' due mobili di legno sug- gerita dal Compilatore anonimo della BibL Ital. (1). ()(ianto poi all'aver mutilato un verso di Luciezio , di che si chiede ragione nella stessa Bibl. , egli si discolpa col far noto aver cosi voluto i savj suoi Revisox-i ; fuori del qual caso si sai-ebbe guardato dal porre mano nel testo di un Autore s\ grave , e dal privare di senso un verso che parlava in suo favore . Noi in questo estratto forse soverchiamente mi- nuto abbiamo voluto seguire passo a passo , e fe- delmente r A. per nulla detrarre al valore delle ob- biezioni , e a quello delle risposte , e mettere così i nostri leggitori in istato di dare delle une e delle (1) Eccola. „ Pili 'liflìcile ancora sarebbe il dedurre argomen- to Ah due mobili di legno rimasti per cimiuant' anni l'uno ali al- tro sovrapposti e trovati dopo quel periodo aderenti ; pen-hc senjca ricorrere al moto inie.tino de' solidi , le parti rcsi:;o~e dei legni , sriolte forse dal calore , o anche dall' acqua , o dalla umidità , j)Q' tevatio condurre que' legni a tale stato che si credessero , come ^r- f enne infatti , incollati tra loro . MoviM. Intest. de' Solidi i^y altre un maturo giudizio . Ma poiché sappiamo in esperienza che soddisfatta non rimane la più parte de' Leggitori dopo la lettura di un' Articolo , nel quale manchi il giudizio del Compilatore , ed ama ricevere da lui quasi un incitamento , ond'ella stes- sa giudicare , perciò anticipiamo poche riflessio- ni sul merito delle risposte , riserbandoci in fine della seconda parte profferire la nostra opinione so- pra la massima. Ne in far ciò temiamo spiacere in alcun modo all' egregio A. , il quale a somma dot- trina accoppia docilità somma , come è proprio de" veri sapienti . Ora Egli parlando della influenza del calorico sul moto delle particelle de'solidi si studia pjovare contro gli Avversar] coli' esempio del fer- ro che le alte temperature non mettono in libertà di rnovimento le particelle , siccome elli pretendono . Questa ricerca pare a noi fuori di proposilo , an- zi di vantaggio agli Avversar] , imperocché potranno questi ripigliare „ dunque se le temperature eleva- te non fanno mobili le molecole de' solidi , molto meno le piccole variazioni di temperatura le ter- ranno in una continua oscillazione , e pronte a cangiar luogo „ . Oltre di che quando dicesi tem- peratura, alta 5 sempre s' intende tale i^elativamente al corpo che la soffre ; quel grado di calore che altissiino si é per un corpo dotato di poca coesio- ne , e che basta a dilatarlo assai , non è egualmen- te altissimo per un altro fornito di coesione maggio- re ; e perciò non reca meraviglia se il ferro , che tale fippunto si è , esposto a quelle temperature siasi di poco dilatato . Noi dunque avremmo mena- to buono agli Avversar] che le temperature ele- vate vf^lgono ad allontanare le particelle de' solidi (e questo é un fatto che non può negarsi); ma avremmo al tempo stesso sostenuto che , non es- sendo le particelle in perfetto contatto tra loro , possono anche dalle piccole variazioni termometri-. che essere commosse. !?§ Scienze L' aver avuta parte i ciottoli nella conforma- zione in cubi dei massi di breccia si deduce dalla molta loro adeienza a questi , e dalla necessità di supporli spezzati nel distacco de' cubi, quando non si vogliano credere divisi per effetto di cristalliz- zazione . Ma né r uno , ne l'altro di questi casi riconoscono gli Avversar) ; secondo loro il cubo si è distaccato dalla roccia portando seco intieri i ciottoli, ed anche prominenti sopra le sue fticce ; meglio consolidandosi, gli ha meglio incarcerati, e ha dato poi loro 1' eguaglianza alle sue facce col- lo scorrere sopra gli altri cubi, e coli' attrito cui è andato soggetto per le vicissitudini del globo . Né giova il dire che se i ciottoli non avessero avuta parte nella conformazione del cubo, sarebbono sta- ti da questo rigettati siccome corpi stranieri incapa- ci di cristallizzazione , peichè non è egli questo il caso di cristallizzazione in mezzo di vui liquido , co- me di un sale sciolto nell'acqua, o dell'acqua stes- sa che si congela; egli è bensì il caso di una mas- sa molle che nel farsi concreta prende una forma regolare ritenendo in se tutto ciò che ha di estra- }ìco . L unico modo di attaccale la spiegazione da- ta dall'avversario era a nostro giudizio quello di dimandargli „ se il lungo attrito è stato bastevole a logorare i ciottoli di giada sino a laili conq>ari- re tagliati con un coltello , come non ha logorato gli angoli , e i spigoli del cubo , e non ne ha di- strutta la forma ?„ Il fenomeno deW arca pcctunculus cristallizza- ta non si vuole dipenderne dalla infdtiazione dell' acqua , e si oppone dall' A. la pochissima solubili- tà del carbonato calcario ; ma intende ognuno che qui non si richiede la soluzione tlel sale terroso, che anzi questa concellorebbe la forma della con- chiglia : basta il rammollimento di esso, onde le ino- lecole insieme con quelle deirac([ua vestano le ap- parenze di cristallo. Diciamo con quelle dell'acqua MoviM. Intest. de' Solidi la^ poicliè ci sembra strano lo immaginare le particelle terrose della conchiglia , dissipata la sostanz,ii aiiiuia- ìe , riunirsi in forma cristallina senza l'intervento di un liquido . Parlando 1' A. della evaporazione vuole che il dissipamento della umidità da una massa , che fassi dui\a all' aria , sia piuttosto ei'fetto dellavvicinamen'- to delle molecole di essa, clie la cagione dell'indu- ramento , adducendo per ragione che sopra una mas- sa molle disottenata , e posta all' atmosfera si for- jna nella superfìzie ui'.a crosta , la quale proibisce all' aria di penetrare nello interno . Se ciò vero fos- se in tutta r estensione , polrebbono soggiugnere gli Avversar] „ dunque quella medesima crosta che imj)edisce all'aria, fluido sottilissimo, di entrare, impedirà di uscire allacqua , che viene espulsa dall' imi Ilio della massa dalle molecole che si avvicinano, e così restando il corpo molle nello interno non si cojisoliderà giamnjai ,, . Ma il fatto sta che una cro- sta cotanto innienetrabile a noi seiiibra poco ve- risimile , e concedendo pure che la superfìzie vada indurando più che le parti sottoposte , non veggia- mo improl)a}3Ìle che 1' aria abbia tempo sufliciente di insinuarsi in quel coi'po molle , trarne via ijna porzione della inijidità , lasciando J' altra a legame delle parti . In ultimo giustifìcaTido 1' A. la sua proposizio- ne sulla lentezza del njoto intestino de solidi mo- stra quanto debole sia quella residuale affinità , che dà ulteriore induramento al solido , e quanto de- bolmente la jjromuovano le cagioni esteriori . Es- sendo tittto ciò verissimo, non sarebbe però egual- mente vero che quelle deboli forze otterrpbbono il loro etfetto assai più presto , vale a dire avvicine- rebbono assai più presto le molecole , se queste fos- sero poste a distanza tra loro , prontissime al mo- vimento , anzi in una continua oscillazione V Le ri- ilessioni dunque dell' A. rendono ragione della leu» Q. A. To. IJ, e, j3o Scienze tezza del molo intestino de'solidi , ma non concilìti- no cotesta lentezza colla distanza , in che sono po- ste le particelle , né colla loro somma mobilità . ( Sarà continuato ) Saggio sul principio della Popolazione ec. aggiun- te , Continuazione dell' Estratto , F, T. I. p. 2,63, Oiccome le fatiche di ciascheduno , che esercita 1' A- gricoltiira producono più di nutrimento, che la quan- tità necessaria per sostentarlo ; le nazioni , che special- mente sono occupate nella coltivazione del proprio tenitorio potrebbero a prima vista reputarsi co- stantemente fornite di cibo bastevole, ed atte ad in- determinalainenle accrescersi . La sperienza però lia di- mostrato , che sebbene ninna popolazióne sia già fu- mai pervenuta alla dura estremità in cui la terra le neghi una copia d' alimenti proporzionata all' agu- meiito degli uomini , nulladimeno anche tra i po- poli di Agricoltori il progressivo accrescimento del numero de' raedesijni è contenuto da alcuni limiti . hx terra non genera che pruni e roveti senza il soC' corso dell' industria umana ; il sudor della fronte de' contadini la costrigne a dare le biade , ed ogni altra vettovaglia necessaria al mantenimento delle Provincie . Ma 1' uomo non può affaticarsi senza che già siasi dalle antecedenti ricolte tratta una quantità d' alijuenti sufficienti a nodrirlo almeno per un an- no. Laonde qualsisia quantità di fecondissimo suolo, senza che anticipatamente esista il cibo per coloro che debbono lavorarlo , è inutile : e se il numero de' lavoratori s' accresce deve anche proporzionata- mente auinejilaisi la quantità di nodrimento assegna- ta per la conservazione della classe contadinesca. Se i frutti annuali della Terra abbisognano anche per la compra delle manifatture straniere , onde il pò- pRiNciPJ DI Popolazione. roi polo abbia alloggio , e vestito , o questi frjLUti an- nuali sono totalmente disutili per l' aggrandiinento della dazione, o adoperati per nutricare soltanto la plebe nostrale , questa rimarrà eternamente njisera- bilissima , e priva di tutti gli ornamenti della vita civile, Alle prudentissime considerazioni del Sig. Mal- thus puossi aggiugneie , c!ie ove non regni una de- cente specie di lusso tra i Proprielarj e non sia ono- rata la vita laboriosa tra i Plebei, può l'inipiego di tutti esser particolarniente diretto rdl' Agricoltura , e ciò non ostante la condizione de' contadini esser pessima,, e pochissimo favoreggiata la mulliplicazio- ne di essi . Di fatto prima che si propagassero i van- taggi del traffico , e si accostumaisero i doviziosi a pit giare alcune comodità per lo innanzi sconosciute ed una moltitudine di piaceri artificiosi, i ricchi ama- vano più di stipendiar soldati, e convitar ospiti , che di somministrare le proprie derrate agli agricoltori : essendo più loro a grado la mostra del potere , che r eccesso delle vettovaglie da non potersi commuta- re con altre merci lav(»rate per la mancan/.a delle Arti, e del commercio. Ancorché i Popoli vicini sien- si condotti ad uno stato di civiltà dalla communi- cazione con i più remoti, e dalla saluta atti ibuita ai resullamenti dell' industria, nulladiineno jn altri il calor eccessivo del clima, o la forza dell'abito fa gli uomini cosi pigri , e snervati , che piuttosto li contenta lo scarso , e salvatico cibo , quasi offerto spontaneamente dalla natura , che qualunque conio^ dita procacciata colle fatiche ; ed anzi clie trar pro- fitto dalla fertilità della terra in cui han domicilio , per la varietà delle stagioni rinvengonsi essi più sog- getti a frequenti carestie , che i popoli industriosi collocati sopra terre meno feconde . Soggiugne Malthus la narrativa delle differenti condizioni , nelle quali si trovano le nazioni , che vivono spezif^lmente dei profìtti generati dall' Agri-. 9* i3s Scienze coltura . Se la tema fruttuosa abbonda , ed agevol- mente si distribuisce a più proprietarj , e se pron- ta , e non impedita è la vendita delle derrate , i lucii ritratti dal capitale impiegato nella bonifica- zione , e cultura del suolo sai^anno copiosi , i conta- dini saranno ricercati , e perciò ampiamente pagati , e spinti a moltiplicarsi ; onde crescerà insieme e ca- pitale , e Popolo . Per 1' agumentata moltitudine di questo i prezzi delle vettovaglie non scaderanno giam- mu talmente , che i capitali non fruttino più co- sì largamente come per lo innanzi; egli Agricolto- ri sebbene ricclii possessori di copiose derrate ne- cessitati a spacciar queste per vilissimo prezzo non possano oltre il cibo abbondante prendersi alcun pia- cei'e che sia comune in altri luoghi tra le persone opulente . Nelle descritte circostanze attualmente si tro\ano gli Stati uniti d America , ove però sempre le manifatture , e patrie e forestiere a comparazione del prezz,o de' grani si vendono caramente ; poiché offe- rendosi senza intermissione dagli Americani agli ester- ni grano , e dimandandosi le cose lavorate , di ne- cessità addiviene , che queste in America valgan più di quello . Inoltre essendo ivi abbondanti i salai) de' coJitadini , ed i lucri , che si ottengono dai ca- pitali destinati alla coltivazione della terra; né fon- di, nò lavoranti si rinverranmt , onde vi esistano la- vorerie , se le opeiate materie spacciate ad alto prez- zo non retribuiscano agli intraprendi tori profitti pro- poizionati agli ampj frutti , che cavar potrebbero dai capitali con somma facilità impiegandoli in dilferente maniera, e dalle mercedi che i manifattori pronta- mente conseguirebbeio colf occupazione ne' lavori campestri . Ove Malthus pone tra le condizioni essenziali per la j)iosi»e! ila d' liiia Provincia abitata da coltivato- ri l'abbondanza di terieni d'ottima qualità, paimi con ragione doversi nelle addotte parole ( acciò real- mente avvengano gli efletti indicati ) reputarsi coni- Principi di Popolazione. i3S pi^esa la qualilà dell' Aere circostante ; che se que- sto non è salubre la nostrale esperienza fatalmente n' insegna quanto la sola benigna disposizione del suolo a multiplicar le semenze affidategli scarsamen- te giovi alla Nazione. Inoltre puossi notare, che co- loro , che desiderano stabilirsi negli Stati uniti deb- bono possedere una determinata quantità di capita- le , e perciò il suolo Americano fruttifica feconda- to dal capitale Europeo, senza la presenza del qra- le saria quello insufficiente a mantenere e dilatare la rigogliosa popolazione. Finalmente si avverta che po- clie regioni sono siccome gli Slati uniti cinte da na- zioni barbare facili ad abbandonare alle costun ate T)er debolezza o per trascuranza 1' incollo territo- rio , onde a fronte di ([uaìsivoglia accrescimento d uomini sempre ferma rimanga la dovizia di fecon- dissime terre. Dopo aver particolarizzata la sorte degli Abi- tanti dell' America settentrionale Malthus considera quella dell' Irlanda, ove per la comunissima, e pro- spera coltivazione dei pomi di terrà si vive a buonis- simo mercato ; e la popolazione si è straordinaria- mente aggrandita : ma lo stesso vii prezzo delle pa- tate che formano la pia universale ricchezza di tut- ti , innalza ragguagliatamente il valore d' ogni altra cosa , e rende la plebe meschinissima ; pessimamen- te alloggiata , e vestita senza decenza : e neppur la porzione di pomi di terra pertenente al contadi- no è si grande , quanto potria stimarsi , perchè per r attitudine del suolo a produrli , i la volpanti sopra- vanzano il bisogno che ne hanno l' altre classi , e sono perciò le fatiche parcamente ricompensate . Al- trove poi per la bontà del territorio poco i grani si apprezzano , e le Arti che alimentano il lusso non hanno eccitato i ricchi allo spendio utile alla na- zione , ed i poveri alla fatica ; il soprapiù , soddis- fatti i bisogni domestici de' proprietarj non s' impie- ga interamente alla cultura della terra , perchè man- i54 S e I E N j: E ca lo stimolo al guadagno , non sperandosi ne faci- le né luci-oso spaccio de' frutti del suolo, e non es- sendo i l'icclii costretti dalla necessità di vivere lau- tamente, e ad avere in sommo pregio il danajo acqui- stato coir esito delle derrate . Inoltre il grano so- perchio dee servire alla compra delle manifatture le quali anche rozzamente lavorate dentro la Provin- cia valgono molto : imperciocché la vendila di es- se deve contrabbilanciare gli altri profitti , che il manifattore può per la fertilità del terreno ottene- re dal medesimo capitale , il quale speso nell' Agri- coltui'a ha agevolissima facoltà di elevarlo alla con- dizione de' ricchi paesani . Ove il vitto è a buon prez- zo , ed oltre la più infima specie di nodrimento al- tro non si desidera per mantenere una famiglia , es- sendo escluse le idee di decoro , e civiltà conunii Ira i popoli assuefatti à vivere tra le opere magnifiche delle arti meccaniche , e liberali , non può alcun prvi- denziale rilegno frenare il numero de' Matrimonj : co- sì fattamente per 1' abbondanza di Plebei , parago- nata alla scarsa necessità , che si ha di loro la con- dizione di questi deve essere la peggiore per la te- nuità de salarj , siccome realmente occorre in Polo- nia nella quale è scarso il numero degli uomini ma superiore al capitale che è destinato ad impiegarlo Se sciolti i conladini dal servaggio , e da qualun- que altra consuetudine opposta alla civile libertà s'aprisse alle arti, ed al trallico l'adito chiuso da gran tempo per l' inopportune leggi , e si potesse ogni pro- prietà acquistare francamente , ed alienare da qual- sivoglia individuo , le vettovaglie sollecitamente con- seguiranno un maggior valore perchè dal conmiercio spedite fuori del Uegno , e consumate intcriormen- te dagli opera) in copia maggiore che dagli abi- tanti di Contado , giacché tra quelli per la eoabi- tazione nelle Città , nelle Borgate , e ne' Villaggi si genera con maggior prontezza qualche modeiata spe- cie di lusso , e la consueta gara negli ornati della / Principi di Popolazione. i35 Suppellettile 5 e delle vestimenta, la quale pi^esto creai nuove arti, nuovi consumatori delle derrate , die iri tal guisa addivengono più preziose . Ricercate esse al padrone de' fondi dagli artefici niultiplicati , questi coir ansietà ed efficacia che gli somministra la sicu- ra , e lucrosa vendita de' gnuii richiede l' opera de' contadini , la cui sorte perciò subitanamente mi- gliora ; i ricchi più non si diletteranno nell' insipi- do sciupio , che si addice a barbare costumanze ^ ma comperando manifatture nodricheranno Cittadini proficui allo stato ; la masserizia diverrà comune tra' Plebei perchè col mezzo di questa potranno lusin- garsi d' ottenere quegli avanzamenti da cui prima erano certamente esclusi : da ogni parte perciò i Ca- pitali si accumuleranno , e saranno giovevolmente impiegati . A tali affermazioni di Malthus contradi- cono alquanto quelle di alcuni , che troppo loda- no i benefizj dell' Agricoltura , e pongono in mez- zo lo stabilissimo Impero della Cina siccome esem- pio incontiastabile della somma prosperità a cui con- duce la costante venerazione per tutte le consuetu- dini propizie all' Agricoltura ; ma fa di mestiere av- vertire , che la Gina sustituisce al mancamento de- gli esterni traffici un interno commercio , che a quel- li equivale per la immensa estensione , e pe'ditferenti climi delle Provincie , che la compongono . Di più le usanze vitupei^evoli colle quali nella Cina per- petuamente si minora la Popolazione abbastanza ma- nifestano quanto il naturale accrescimento del Po- polo sarebbe superiore all' aggrandimento de' mezzi di cui si può disporre per conservarlo . Ma non ostan- te che r attendere alla sola coltivazione del suolo non determini assolutamente lo stato prospero , o mi- serabile di un Popolo 5 non pertanto 1' agricoltura è la prima , e più necessaria tra le Arti , e la difl'e- renza tra i frutti ottenuti dalla Terra per essa , e quelli consumati dagli agricoltori crea , e misura la quantità dell' altre classi di persone . Tra i vantaggi i56 Scienze che risultano ne' Stati dalla vita contadinesca Malthus annovera quello di rendere le popolazioni manco soggette alla scarsità de' grani dependenti dalle dis- favorevoli stagioni ; coloro di fatto che hanno le vet- tovaglie in casa seinbia che meglio, e prima d' ogni altro degi^iano esserne forniti , rna l'Autore de' Dia- loglii sopra il commerzio de' grani assevera 1' oppo- sta proposizione ., perchè i popoli trafficanti prattican- do con tutti i Popoli , ed in tutti i climi sempre ri- trovano quella positui^a di regione in cui le biade abbondino mentre mancano in altre. La sperienza però, degli ultimi anni in cui le carestie , e le affluenze de grani sono state contemporanee in tutta l'Europa, e ne' Paesi che hanno un' aperto e diretto commercio con essa panni favoreggiar più che la contraria l'asser- zione di Malthus. Oltre ciò i Popoli di manifatttn i , e Mercatanti che vivono dell'altrui ricolte non possono essere che ristretti dentro angustissimi limiti , perchè è dimostrato da tutti gli scrittori di politica Econo- mia , che le grandi nazioni quasi interamente si ali- mentano colle patrie deriate . Simili considerazioni sulla uniformità delle stagioni in climi e luoghi di^ versi deprime i troppo magnificati guadagni della trasportazione de' grani nostrali ai lidi forestieri , per- dio spesso questi si offrono quando non si ricercan da alcuno , e mancano quando altri ansiosamente li dimanda . Discorre Malthus nel seguente Capitolo le na- zioni inclinate all' industria delle arti , ed al mer-' catantare . Auciie in queste il progi'essivo agumento del numero degli uomini s' intertiene priina che i cajn- pi dei Popoli con cui esse trafficano sieno totalmen- te lavorati , e sia a questi impossibile somministra- re a quelle c[uantità maggiori di vettovaglie . Primie- ramente cain[»iandosi le mode, o i costumi de' com- peratori , improvvisamente d'alcune manifatture arre- na lo spaccio : impensati ritrovamenti avviliscon le arti prima stimate ; per nuovi canali , e nuove stra- t Principi di Popolazione j57 de di mare , e di terra le mercatanzie divei^samen- te si diriggono ; le macchine proprie d' una nazione die le ha inventate sono dal tempo fatte comuni a tutte. Qualunque tra queste cagioni scema i lucri de- gli opilìc) , e del traihco , i^afFrena V accumulazione de' capitali , ed insieme colla richiesta delle fatiche vien manco 1' accrescimento degli uomini , e la feli- cità de' già nati . L' Italia così scaduta dopo la sco- perta del Capo di buona Speranza insegna abbastan- za la verità di queste teoriche. Ma anche senza che gli stranieri avvantaggino , la competenza domestica è surficiente a produrre i medesimi effetti : i capita- li corrono ove sono attratti dal profitto , onde que- sto presto scade perchè i bisogni , e le facoltà dei comperatori non crescono colla quantità delle mer- catanzie ; ma anzi il prezzo di queste è misurato dal- la ricliezza , e dalla volontà delle nazioiii, che com- prano , ed hanno perciò a se soggette le nazioni che vendono . Non addiviene che il venditore de' grani sia sottoposto al compratore , percliè questi cercan- dolo ne ha indispensabile bisogno , ma non esiste un assoluta necessità delle manifatture onde non si com- porli il differirne il godimento . Finalmente nelle pro- vincie di fecondissimo suolo , se dispotici , o tumul- tuar] governi , o pessime instituzioni non turbino l'an- damento naturale delle cose , o presto o tardi si mul- tiplica il Popolo , e la ricchezza ; e lavorato il suo- lo più fruttuoso, si applicano i capitali alle arti ,e più non si compera dagli esterni ciò , che dentro le patrie mura si opera , ed insensibilmente accrescen- dosi la civiltà de' Regni si diminuiscono le rendite di quelli, che i primi pervennero all' opulenza coli' industria degli artieri, e l'avvedutezza de' negoziante . ( Sarà continuato ) i58 Varietà' Varietà Leti erario . Jlliccviamo da Parigi la notizia che in quella Città verrà fra non molto pablicata un' opera italiana del Sig. Saverio Scrofani su la Do- ììiinazione degli Straniiyi in Sicilia patria dell' Autore . Kgli e ali- bastanza conosciuto nella Rcpublica Letteraria per altre produzio- ni del suo ingegno , già tradotte nelle lingue più colte d' Europa , e particolarmente por il suo viaggio in Grecia , per diverse memo- rie su reco:ioniia politica , e per 1' istoria de la guerre ser\'ill in Sicilia sotto i Romani. Questa deve considerarsi come una parte dell' opera che ora annunziamo ; la quale tratta in generale de' cam- biamenti politici introdotti dagli stranieri in quel celebre paese , da primi tempi Storici, fino al principio del Regno di Carlo III Bor- bone . Approssimando e confrontando fra loro i fatti antichi e mo- derai , r Autore si propone nell'introduzione di manifestare „ per „ quali vie gli Stranieri giungessero in Sicilia , con quai mezzi vi si „ tenessero, per quali cagioni e in qual modo 1' al)bandonassero : „ in ultimo , quanto a queir isola in si fatta mischianza d' Ospiti , „ di leggi , dì costumi , beneficio o danno siane avvenuto „ Mentre i Letterati italiani sono tutti rivolti a sostenere il no- bilissimo cadente edificio della pura lingua de' loro antichi maestri toscani, è ben da vedersi che l'egregio scrittore abbia cercato di narrare i fatti dalla sua patria in quel severo stile, del quale 1' Ita- lia vanta eccellenti modelli, ne' Villani , nel Macchiavelli , nel Guì- eiardini , nel Davanzati , e in molti altri insigni Storiografi . Né questa nostra credenza andrà fallita , se risguardiamo al saggio eh' egli ne ha dato nelle allegate Guerre servili , e se tutta l'opera corris- ponde a' seguenti due passi a noi trascritti da un nostro corrispon- dente . D opo aver parlato l'Autore del bel regno di Gelone e della felicità e grandezza della Sicilia sotto questo principe ; soggiunge . „ Non cosi /la Gelone a Cerone li. Vcdransi dall' una banda „ lontane genti affollarsi da più parti a soggiogar la Sicilia, Citta- „ dini farsene Tiranni : numerosi eserciti , fiere battaglie , sanguinose „ vittorie : Campagne guaste dalle armi straniere , e più dalle pro- », prie ; e a vicenda Città sforzate , saccheggiate ; templi predati , t SCIENTIP. LeTTER. lOf) „ inceneriti , nazioni intere andate in pezzi , o in catene , e da pel? „ tutto perfìdie, spopolamenti, strage, e licenza piri atroce^ che schia- „ vitù. Dall' .altra handa principi giusti; Santa libertà, e sommi com- „ positori di Leggi : Città erette , rifornite , accresciute ; a]zati tem- „ pli , e monumenti magnifici , in onore le arti , le scienze . Al di „ fuori i Siciliani combattere sull' Ellesponto. Alcibiade, vincere „ in Efeso TrasiUo , restituire al trono il Fé de' Molossi , prendere «, Anlandro e Corcira , occupare la Magna Grecia spedir Colonie „ all' opposto lido dell' Adriatico , spaventar Cartagine , e sostener „ per lungo tratto , e restringere le fatali armi di Roma. „ Maraviglioso però quanto lagrimevole fu talvolta Io scorgere „ in cosi vario alternare di beni , e mali , nello stesso tempo , o su „ lo stesso terreno unite con mostruoso accordo , ferocità di co- „ stumi , 0 squisita urbanità, tirannia e libertà: accoppiati nella stes- „ sa Città, odj eterni a tiranni , e servile sommissione ; gli inven- „ tori industri di pacifiche arti , e d' istrumenti distruggitori degli „ Uomini : Albergare nelle stesse Corti e Stesicore o Falaride , i „ Bionisi e Platone, il piacere, e i tormenti: allignare in fine nel- „ lo stesso cuore , insigni tradimenti e fede incorrotta, crudeltà, e „ clemenza . Cosi per duro vicendevol corso trascorrendo d' una in „ altra fortuna , ma più afflitta nella avversa , che confortata nella „ buona, cedette in ultimo quell'isola dopo quasi trecent' anni al fa- „ to de' Romani: ma non già senza lor sangue, e sua gloria, quan- „ tunque mal venturata : che assai il dimostra il pertinace assedio di „ Siracusa , e il contrastare dSma sola Città, d' un sol Cittadino, ali* „ ardire di Marcello, e alle forze d'un tanto imperio,. Passando poi l'Autore alla dominazione de' Romani in Sicilia, quasi che volesse far riposare il lettore dalle tante guerre, stragi , e sangue quivi sparso, cosi dice . „ Wc mancarono tra Siciliani in si lunghi anni , pregiati ìnge- „ gni che nelle lettere, nelle scienze, ed arti, la fama, e il lustro „ rinnovassero dj' loro antichi . Filino d' Agrigento fu 1' {storico e ,, il compagno di Annibale, non men forse illustre per lui , che „ per Polibio, Scipione. Diodoro d'Argira, detto il Siculo, sosten- „ ne nell'istoria e nella greca favella la chiarezza della patria; Sosi- „ eie d' Agrigento , tolse con sua eloquenza i pacifici agricoltori dal- „ la ruina, e divenne 1' amico di Pompeo il IMagno , presso «ui di- l4o V A T\ I E T a' „ fendcvali . Cecilio Calatlno , intimo fi' Au^isto , rirtn invili le Ict- „ tere eoa 1' amicizia del principe . Scopa Siracusano , mattemati- ,, co e meccanico insieme, adattò il primo fra Romani , lo Gnomone „ al Quadrante. Celso Apulcjo di Centoripi dopo aver scritto di bot- „ tanica , e d' agricoltura, compose un trattato, per dissavventura „ perduto , su la rabbia de' cani . I due Filonidi , V tino d' F.nna , „ l'altro di Catania, furono sotto Tiberio i medici più riputati di „ queir età . Wacnuero pur essi in Sicilia , Flavio Vopisco uno de' „ sei famosi Scrittori dell' istoria Augusti : e quel Lupo insigne poe- „ ta , compositore, ed attore di sue tragedie , e quel Tito Calfurnio, „ che nell'egloghe, non cedette se non a Virgilio . In fine le arti la „ splendidezza in quell'isola^ seguirono gli ottimi studj , e divenric- „ ro pur esse, nell'epoca di cui ragionasi, oggetto di meraviglia a „ non pochi stranieri che da lontane regioni, visitaronla ; e atal si ,, venne , che Roma stessa chiamò da quella contrada i primi artc- „ fici delle sue morbidezze, de' suoi teatri , e cambiando dopo la „ conquista di Siracusa, gli antichi insanguinati costumi, in altri „ delicati , e gentili, per la prima volta cinguettò d'arti, e d'artisti. tOPaiiTncJtiMUiiMKmtaa^smm^nmKmiBniimmivmimÈiijmmjLMi.'trfTzaBafmm,'» Raccolta di Classici latini con note , ai colti Italiani i Tipos^rafr Librai Vedova Poinha e figli . Ja stampa di Romanzi , di Viaggi, o d' altre Opere, che se non muojono al loro nascere, traggono una vita poco interessante, non poteva certamente acquistare agli Aldi , agli Stefani , agli Elzeviri ; e tra i moderni ai Bodonì , ai Didot quella rinomanza che godono ». buon diritto negli Annali tipografici . A tal grado l>ensì innalzò que- sti Maestri dell' Arte la pubblicazione di Classici di varie scienze, e di varie lingue , arricchiti di comcnti d' uomini altrettanto dotti quanto di buon senso, e stampati colla massima precisione ed acr turatezza . Quest'impresa , che tende a mantenere sempre viva la Lette- ratura , col presentarne la lezione perfezionata e riscbiarita dai più ralenti Filologi , è forse ancora l' unico mezzo per cui un Tipo- grafo può tramandare un colai nome ai Pssteri . Vogliosi noi «li SCIENTIF. LeTTER. i/^l offrire ili Pubblico , co' nostri tipi, un' Opera d'utilità non meno che di convenienza e soddisfazione , avevamo già da qualche anno divisato di por mano ad una raccolta di Classici latini , onde ad un tem pò liberare l'Italia dall'oneroso tributo impostole dalla propria negligenza, di dover raocorrere da più di un secolo di là dall'Alpi per ottenere alla Patria stessa di Cicerone , e Virgilio le mijjliori Edizioni dei Classici Latini. Ma dal meditato progetto ci distolse per allora un rinomato Tipografo d'Italia, che in varj suoi Mani- festi fece sperare di accingersi alla ristampa de' migliori Latini Scrit- tori , al quale di buon grado abbiamo noi ceduto la preferenza , considerati gli estesi e distinti suoi lumi. Kel decorso però di ben due anni non videsi alla luce un sol volume della proposta Raccolta, né il suddetto Tipografo fece più parola di tale impresa . Perciò ravvivandosi in noi il già concepito desiderio sotteutriamo colla maggior premura in si nobile lavoro , e presentiamo in questo no- stro Annunzio le condizioni, ed il modo con cui ci avviamo a pub- blicare quest' Edizione . E dunque nostro intendimento di pubblicare una raccolta , ohe non sarà minore di lOo. volumi , contenente tutti i Classici Latini con ottime note ; tanto pel testo quanto per le note ci saranno di modello le migliori edizioni di Lipsia date in luce dai rinomati Heyne , Gherlino e simili . Un valentissimo Professore che a.-siste alla correzione aggiungerà quelle altre note che crederà necessarie per vie più rischiarire qualche passo del testo; i frammenti di vari autori in questi ultimi tempi scoperti saranno pure annessi religio- samente a queir autore a cui appartengono . La forma, carta e carattere sarà tutto simile alle 4- pagine che sono unite al presente manifesto: la Junna è di 8. grchilu, il Carattere è quello , che dicesi nelle Stamperie d'Italia lettura , e Cicero da'" Francesi pe' testi: per le note il Carattere è testino) non vi sarà distinzione di carta, tutta sarà velina . L' associazione rimane aperta al nostro negozio in Torino, via di Po , e presso i Librai delle altre città d' Italia ch« dispense- ranno il presente programma , in ragione di 20 centesimi cadun foglio di stampa di 16 pagine , sino a tutto il mese di giugno del corrente anno; e dopo tal termine sarà di 25 centesimi, affinchè i primi Associati abl;iano a godere di qualche vantaggio . Si uarai^- ì^^ Varietà' jno anche degli Autori separati dalla Raccolta, ma questi non arran- no un prezzo limitato; si prevengono li Signori Associati che in verun caso dopo puoblieata tutta o parte d^Ila suddetta collezione, il di lei prezzo non verrà mai diminuito siccome avvenne in simi- li imprese alcune volte ; anzi adempiendo noi esattamente alle no- stre promesse, come promettiamo fermamente d' adem])i,vi, questa Raccolta dovrà aumentare di valore , sia perchè il prezzo fissato per i S'gnori Associati è modico as ai , sia perchè il numero delle copie cui stampiamo non è troppo copioso , onde chi avrà sottoscrit- to prima del mese di giugno non avrà certamente a dolersene . Non si aspetterà d' avere un numero d' Associati per dar prin- cipio alla stampa , come da taluno si è praticato , però se dopo pu- Micati 2 o 3 volumi formanti però Opere complete non si saranno raccolti almeno 5oo associati si Sospenderà la stampa. Nel corrente mese di febbrajo uscirà infallibilmente un volume che sarà il primo dei Commentari di Cesare , dietro 1' edizione di Lipsia i8o5. Appena raccolti 5oo Associati si pubblicherà un volume al me- se : per animare 5oo persone a tosto concorrere al sostegno di si utile impresa daremo loro gratis un volume ogni io , di modo che in fi iC della Raccolta avranno io volumi senza costo veruno, e to- sto raccolte le sudette 5oo firme ne stamperemo 1" elenco per ordi tic di data come avranno presa la loro associazione . Por non aumentare di troppo il valore dei nostri volumi abbia- mo tralasciato di unir agli Stori, i le carie gcograficlic , le quali co- mechè fin d' ora possano a taluno sembrar necessarie, abbiamo cre- duto bene di aspettar espresso il general desiderio degli Associr.ti, per farle accuratamente incidere, e distribuirle colla tavola di con- fronto della nomenclatura antica e nuova . La brama che la nostra Italia non sia più d' ora innanzi nella ftstidiosa necessità di senirsi di merce straniera ci ha dato la S[>in- ta ad intraprendere questa importante fatica; e questo stesso deside- rio dee essere bastante , perche gli Lialianl osservando la rettitudine della nostra intenzione vogliano di buon grado concorrere colle lo- ro sottoscrizioni ad animarci ad una impresa, che tende sempre più a promuovere la coltura delle lettere iti questa terra, fin dall' e^i più yimote madre felice del vero sapere, Torino li 4 Febbrajo i^iq^ SqiENTiF. Letter. j/3 annotazioni pratiche sulle Malattie degli occhi raccolte , e ordi^ nate da Gio'^-ainb citi sta Quadri Dottore in medicina , e chirur- gia, ec. ec. f'olumi quattro in quarto ciascheduno de' quali con- tiene circa trenta fogli dir stampa , e qidndici tavole incise in rame , che si publicano per associazione . Napoli , nella stam- peria francese . li ig. Manifesto deW Editore . 'gnuno comprendo dal prospetto dell'opera qui unito, come es- sa sia opportuna a formare un corpo di scienza utile per l'oculista pratico, e pel medico; e come le annotazioni, ed i trattati abbia- no fondamento sopra chiare osservazioni dimostrate al pubblico dall' autore, il quale essendo direttore di una scuola fondata a solo og- getto di curare tali infermità ha un campo molto vasto per far pro- gredire la buona pratica . Ogni annotazione , ed ogni trattato é corredato di numerosi pro- spetti di persone cubate nell' ospizio clinico , ma T autore prende spesse volte la sua norma da' casi osservati anche fuori della scuo- la ; e risulta dal di lui intero giornale di osservazioni che ormai eb- be a curare oltre quattro mila infermi , onde il publico potrà dar molto credito alle di lui opinioni . Egli ha cercato di mettere al fatto delle osservazioni più im- portanti il lettore, non meno esponendole per via di storie attenta- mente registrate , che dipingendo di sua propria mano gli occhi de^li infermi , quali si trovavano prima, e dopo la cura : e sopra tali di- segni vennero incise le tavole , a cui talvolta ha posto il bulino 1' au- tore medesimo - E poiché tale opera è diretta a far conoscere i pro- gressi dell' arte in questi ultimi tempi , ed a porre in chiaro mol- te dottrine esaminate nella pratica, V editore si lusinga, che molte persone protettrici delle scienze utili si associeranuo per coadjuvare la pubblicazione di un' opera si dispendiosa. Principalmente eli spe- ra , che gli amici dell' autore , ed i signori Medici , e Chirurghi , non che gli Amministratori de' grandi ospizj , ed i capi de' corpi militari, come veggono spesso il danno delle ottalmie neglette nel loro primo nascere , prenderanno, cura di questo lavoro col pruo-*. movere 1' associazione . i44 Varietà' Il primo volume si darà in luce alli i5 marzo 1819 , e gli al- tri seguiteranno in ogni anno , purché si abbiano trecento associati. ConiUzioiii deW associazione . I. 11 prezzo di ogni volume stampato con caratteri simili a que- sti, e carta pure eguale a quella del presente manifesto ( òuoni Cu- rai Ieri , carta sujficicnttt in 8. ) è fissato a carlini 24 ; ma gli asso- ciati pagheranno carlini 20 , ed avranno di più due delle principali tavole stampate a colori naturali . II. Chi desiderasse tutte le figure stampate a colori pagherà du- cali 4, cioè carlini 4f> ^d volume , ed associandosi all' opera carlini 56. in. Chi desidera l'opera in carta reaje del Vibrcno, e con tut- te le figure stampate a colori , e di più ritoccate a pennello paj^herà ducati 8. al volume ; ma ctrando ncll' associazione pagherà ducati 6 , (si noti , che 24 carlini equivalgono a franchi i6 e centesimi 5o. ) 1 SifM>ori associati nel ricevere il primo volume pagheranno 1' importo .. \% Della necessità di confrontare i Testi a penna affine di ren- dere più emendate , e corrette molte opere de' nostri an- tichi scrittori . Lezione di Francesco del Furia . . 2S Primo Capitolo del Dittainondo di Fazio degl'Uberti ridotto a più emendata Lezione .....•• 3/ Sopra il progetto di alcuni scrittori relr.tivo alla compilazionej i4S Varietà* del Vocabolario dì Lingaa Italiana . Lezione di Giuseppe Sarchianì ... ...... Dell' uso , ed abuso della Mitologia fatto dai Poeti . Lezione di Vincenzo Follini ....... Elogio di Kaiinondo Cocchi Scritto da Giovanni Lessi . Saggio del Poema di Luni di Raimondo Cocchi . ; De' Proverbi Toscani . Lezione di Luigi Fiacchi . ; Dichiarazione di molti Proverbi detti e parole della nostra lin- gua , fatta da Giovan Maria Cecchi a un forestiero che ne mandò a chiedere 1' esplicazione .... Che r Accademia deve prendersi cura delle produzioni Teatrali e della loro recitazione . Lezione di Lorenzo Collini . Illustrazioni di alcuni passi della Divina Commedia di Dante Lezione di Pietro Ferroni ..... Sulle traduzioni . Lezione di Giovan Battista Zannoni Sopra la Cronica di Amaretto Mannelli. Lezione di Vincenzo FolIinl ......... Sulla necessità di consultare i Testi a penna nel lavori sul Vocabolario ''Lezione di Luigi Fiacchi . . •. Suir eloquenza forense. Lezione di Lorenzo Collini Sopra un vecchio inedito Testo a p«nna di Scr Ristoro d'Arez- zo . Lezioni di Francesco Fontani .... Sulla nuova Compilazione del Vocabolario della Crusca. Lezio- ne di Giovanni Battista Zannoni. .... Della necessità di correggere molte delle definizioni, che si trova- no nelVocab. della Crusca. Lezione di Francesco del Furia. Sopra la seconda cena del Lasca . Lezione di Luigi Fiacchi Varie Lezioni della seconda cena d' Anton Francesco Grazzl- ni detto il Lasca tratte da Codici manoscritti Sopra tre passi di Catullo, Lezione di Giovanni Battista Zannoni. Saggio di Storia Fiorentina dei Secoli duodecimo , e decimo terzo Lezioni tre di Giovanni Battista Baldelli Lezione prima ........ Lezione seconda ........ Lezione terza ........ Della preniinenza di alcune lingae in genere sopra di altre, ed in specie della Toscana su gli altri dialetti d'Italia. Lezio- ne di Giuseppe Sarchianì ...:,. J4> ScENTiF. Letter. r49 Reale Accademia delle Scienze di Napoli : Premio per V caino i8ao. PROGRAMMA. Oi domanda la descrizione di uno strumento : i. che riunisca in se i maggiori pregi , che proprj sono del più grandi e piii perfetti cerchi meridiani finora eseguiti , e dei piii grandi e più perfetti cannocchiali meridiani : 2. che le sue verificazioni non dipendano da qualsisia livello a spirito. 3. che possa ro- vesciarsi con fi.icilità , onda poter osservare nelle due sue posi- zioni contrarie : 4- cAe potsa eseguirsi da qualunque abile ar- tefice , cui non manchino i sussidj , che offre lo stato attuale del- le aiti . La memoria , accompagnata dal disegno dello strumento , potrà essere scritta in latino 0 in Italiano . Il premio assegnato a quel nazionale o straniero , che soddisfe- rà al proposto Programma , sarà una medaglia di oro del valore di ducati seicento . I concorrenti dovranno consegnare la loro Memoria a tutto Feb- brajo del venturo anno 1820 ; inviandola suggellata al Segretario Perpetuo della Reale Accademia delle Scienze , Signor Cavaliere Teo- doro Monticelli , con sopraccarta a S. E. il Ministro Segretario di Stato degli Affari Esteri , senza nome dell' Autore , e solo distinta con un motto . Lo stesso motto sarà ripetuto sopra una scheda ben suggellata , la quale conterrà il nome dell" Autore . La proclamazione di colui che sarà stato giudicato degno del pre- mio , e degli altri che avranno meritato 1' Accessit si farà nella Sessione pubblica della Società Reale , del dì 3o. Giugno 1820. Le Memorie non approvate , e le corrispondenti schede saranno restituite agli Autori , qualora le dimandino . Il Conte di Camaldoli-Francesco Ricciardi Presidente della Reale Accademia delle Scienze , CAF. TEODORO MONTICELLI Segretario Perpetuo . Osservazioni II Meteorologiche fatte alla Spec ola del C ollegA ^om. Marzo 1819. MATTlNi^ GIORNO SERA - Barometro Term Igro. Barometro Tcrm. Igro. Barometro Term. grò ■ 1 . 27 7 9 8 a ir 8 27 8 0 lo 4 22 2 27 7 8 8 2 i5 ,4 : 27 8 e fa j II 1 27 7 5 10 0 18 0 27 6 7 9 «= 16 5 3 27 6 4 6 4 9 0 27 6 I 7 - 12 0 27 6 2 7 2 16 2 , 27 8 0 ò D 13 7 27 8 5 IO 5 òo e 27 S 5 9 4 21 e 5 ..7 9 8 8 8 19 4 27 9 5 12 4 298 27 8 I lo 4 2b 2 ..763 7 27 6 9 9 7 ya 7 II 7 -7 = ' li 5 21 2 27 6 0 9 0 20 0 14 2 8 9 -7 7 I 12 0 19 0 -7 9 7 9 2 b -7 IO 9 S I II 8 27 II 4 Il 6 22 9 s8 0 7 8 5 14 2 & 28 0 9 7 '8 13 7 28 0 7 12 2 28 0 28 1 I 9 = ali 0 0 28 1 5 7 I l5 8 28 I 3 14 0 40 6" 28 I 0 IO 0 a 4 0 1 28 0 7 7 2 14 9 28 0 4 Il 3 24 1 28 0 3 8 4 i5 0 2 28 0 I e - « 1 28 0 0 13 4 32 8 28 0 2 10 4 35 0 5 2» I I 6 6 13 2 28 I 4 12 7 3o 0 28 a 0 9 2 17 0 4 28 3 2 7 7 11 3 28 3 3 1^ 2 3i 0 28 3 6 9 - 23 0 ò 28 3 8 5 li 0 28 3 8 i3 0 27 4 28 3 7 9 ^ 178 6 28 3 5 5 3 2 6 28 3 6 12 2 54 Q 28 3 0 8 3 27 e 7 28 2 3 & 0 II 7 28 1 4 12 5 34 5 28 0 7 8 2 a7 0 ^ 27 II 2 y 27 II 6 6 4 I5 7 -7 8 27 IO 4 li 2 3o 0 5o 0 27 10 6 8 2 23 0 29 0 • 5 9 27 II 8 li 8 27 II 8 8 2 -i 27 lo 3 8 2 21 3 27 9 3 11 2 2a 0 27 8 0 8 8 19 0 .1 27 8 I 7 7 17 5 27 8 I 12 8 57 5 27 8 7 7 ^ 18 5 -2 27 IO 0 6 4 i5 8 27 IO 3 12 0 35 6 27 IO 4 8 5 -9 i» 15 17 10 8 () 3 14 8 27 IO 8 II 3 27 8 27 II I 8 5 27 0 h 27 II 3 7 0 12 7 21 2 27 II 7 28 a I II 3 33 0 57 4 28 0 5 8 7 32 0 a 5 2 iO '-8 I 7 6 0 i3 0 28 2 1 9 f i6- :3 2 0 7 e ■ 4 I 28 I 8 i3 S 38 5 28 1 7 9 « 19 0 27 28 0 9 8 5 i5 t 28 I 0 II 2 17 0 28 I 7 8 8 18 0 iti 23 2 3 6 4 18 I 28 2 2 i3 I 34 3 28 2 5 8 8 24 2 29 28 2 4 7 3 .q 6 23 2 8 14 e 37 e 28 2 4 9 b 27 a 3o 28 2 7 8 e i5 ^ 28 2 5 14 4 32 -j a8 2 4 9 i 24 3 3 1 28 2 3 8 8 19 3 28 2 2 i5 3 41 -' 28 2 0 10 4 lò 0 Ossemazioni Meteorologiche fatte alla Specola del Collegio Bomano volendosi da' eh. Astronomi abbondare per diligenza „„„„„„., , n ~T Ir, pini in ogni giorno • e volendosi à. nni ? ' P""g°"'^ '« Osservazioni meno facilmente ì disperdano "sia" oM ^"'^U^'^" '" P^^'"' ' '^^'"'^'^ colonna delle Meteo rji " n.'fi a Xp 1 =''^''/^^'^'-^ ' P^^^n'o nella b brina . E nelle colonne' d lo 5 Lo'" f c/.Z^Truol T.T " "'''''' ^ f ^° c^^^.i.^^ Q^^d^t^;:: n:^:SL-^"T ^"^."^r-; --- visi „„\ t croce s' in enT^ice^la'^a .VJ" d'dl ^'"'^'^ '^"^"/'^'^ = "^"^ '- primo gradino del pavinìeuto del [U.con: ' '' ''^ ' S""" '' '^"^'^^'^ ""° ^' IMPRIMATUR, Si Videbitur Rev. P. Mag. Sac. P. A. Candidus Maria Frattini Ai chiep. Philipp. Vicesg. IMPRIMATUR, Fr. Philippus Anfossi Ord. Praed. Sacri Palatii Apost. Mag. i57 LETTERATURA ARCADIA Zj 2 4 . aprile 1 8 1 g. JLja Neomenia di Miinichione Olimpiade 649 anno III. dalla ristaiirazione d' Arcadia Olimpiade 33. anno I. sarà sempre di felicissima rimembranza agli Arca- di Pastori , e alla Italiana Letteratura . Imperocché in sul cadere di questo mese avventuroso 1' umile Serbatojo d' Arcadia accolse fra le sue rusticlie mu- ra la Maestà dell'Imperatore d'Austria, e della Im- peratrice sua Consorte : ove ambedue si piacquero di essere posti nel novero de' Pastori ; e 1' uno fu nominato Admeto mantineo , 1' altra selene cefisia . Il buon Cimante Micenio Custode Generale d' Ar- cadia , per la molta letizia ringiovanito , agli aduna- ti Pastori rivolto , così lor disse . M Compie ora felicemente 1' ultimo anno della ?3 decimaquarta Olimpiade , da che gli Arcadi sedu- » ti al rezzo di questi Allori fecero risuonare le w Arcadiche Selve delle laudi , e del nome del glof » l'ioso Dardano Aluntino , sotto la quale pasto- M rale denominazione la Maestà dell' Augusto Giu- n seppe IL Imperatore , e Re si compiacque di ve- 3j lare lo splendore della Sovranità . Oggi a quel- li la nostra gloria , o Arcadi Compastori , altra se w ne aggiunge , e più grande : oggi che le nostre Sel- >3 ve riempie la Maestà di Francesco I. Imperatore » e Re , e quella della Cesarea Consorte Caroli- « na Augusta Imperatrice , e Regina : cui non sem- J3 brò vile prendere le pastorali sembianze , e qui w sedersi pacificamente tra noi . Resti dunque il Pri- G. A. To. IL li i58 Letteratura 3j mo ascritto tra i Regi acclamati Pastori d' Arca- jj dia sotto la semplice denominazione di Admeto , 33 nome posseduto già nella Grecia da un Re di 33 Tessaglia , la cui fama va congiunta con quella » di Apollo che gli armenti ne pascolò : e chiamisi 3j tra noi Admeto Mantineo dalle Greche Campagne s> di Arca«lia celebri per la famosa battaglia combat- 33 tuta tra i Lacedemoni , ed i Tebani . Resti la Se- 35 conda annovei^ata fra le regie acclamate Pastorelle 33 sotto la denominazione di Selene Cefisia dalle 33 Greche Campagne situate lungo il Cefiso , fiume 33 che scorre a poca distanza da Atene , Madre fecoa- 33 da d'ogni bell'arte. Fate plauso adunque, o Pa- 33 stori, al Figlio del Gran Leopoldo, al discenden- 33 te della iinmorlale Maria Teresa , al Nipote dell' 33 Augusto Giuseppe IT. : Fale plauso alla illustre 33 Selene , rampollo della Augusta Bavarica Prosa- 33 pia , vavj Principi della quale onorano i Fasti lu- 33 minosi di Arcadia : E questo giorno sia sempre sa- 3» grò per voi . Io intanto vecchio Custode di que- 33 sti pacifici abituri mentre esulto sul dechinar del- 33 la vita in un giorno per me s\ memorabile , e 33 per la nostra Adunanza s\ glorioso , incido per 33 ragion del mio ofiicio sul tronco del più verdeg- 33 giante e maestoso Alloro de' nostri boschi i no- 33 mi di Admeto e di Selene : ne più mi grava il 33 morire , veggendo che Arcadia mia sarà mai sem- 33 pre gloriosa e felice 33 Non appena il buon Cimante si tacque che al- te voci di giubilo soUevaronsi al Cielo , né breve fine avuto avrcbbono quelle dimostrazioni della uni- versale letizia se lo stesso Cimante non avesse ac- cennato di voler nuovamente favellare : E poi che a gi^an pena ottenne che fosse fatto silenzio lesse il seguente > Arcadia iSg SONETTO Vieni , o Admeto , fra i boschi , e lieto mira Di Dardano immortal l'Ombra guerriera, Che il crin di lauri ornato erra, e s' a^giia Lungo la selva più frondosa , e nera . Venga teco Selene , in cui s' ammira Senno, e virtù, che dolce a 1' alme impera : Vieni , e dove legger zeffiro spira Guida il gregge su 1' alba , e su la sera . E mentre ei pasce o in monte , o in valle , |) in prato Tu Pastor saggio , e di solerte ingegno De la sampogiia al suon gli veggliia al lato . Che 1 buon gregge , ond'hai cura , è imago , e segno Ben d' altro gregge al tuo poter fidato , Genio nato a la sacra arte del Regno . Di poi Teonte Euroteo (i) uno de più rinoma- ti Pastori , entro i confini di breve Ragionameutcr chiuse la storia della umile origine d' Arcadia , e narrò come in poco di tempo sì rese grande ; e sta- bili Colonie per tutta Italia , ed altrove ; e nel suo seno accolse un gran numero di teste coronate , di Principi illustri , e di uomini dottissimi . E qui a ol- gendosi alla imagine del soavissimo Artino (i) > Tale aprendo a pindarico volo parvegli che quella si animasse , e si atteggiasse di gioja , a quella gui- sa che vivendo suoleva , quantuncjue volte alle di- siose orecchie gli veniano le laudi o della sua ve- ra Patria , o della adottiva : che entrandie furono da lui amate con caldissimo amore . E alla diletto- sa gioja di Artino sembrava che tutta Arcadia giois- ci) Principe D, Agostino Chigi. (2} Mctaslasio . Il * i6o Letteratura se , e s' infiorassero i prati , e le dispari avene spon- taneo suono mettessero , e i fatidici allori piegasse- ro le verdi cime , quasi per rivei^enza di qualche presente Divinità . E con ciò il saggio Teoate volle adom]>rare 1' allegrezza d' Arcadia per la solenne Acclamazione dil nuovo Augusto Pastore , e della nuova Augusta Pastorella , senza che i nomi ne pro- ferisse : giacché per somma modestia vietato avea- no che di loro si favellasse . Per la qual cosa i com- ponimenti poetici , che poi seguirono , furono di va- rio argomento . E v'ebbe di molti Sonetti recitati dai Pastori Clarisso Dettense(i), Clearco Lampeo(a), Filauro Erimanteo (3) , Craliudo Leutrense (4) , Me- gete Inopeo (3) Mirtillo Linceo (6) Larindo Tese- jo (7) , Gesippo Lamptjo (8) Darisco Abideno (9) e Cimante Micenio ()o). Un Capitolo in terze rime fu Ietto da Aristide Timbreo (i t) , eduna Ode Italia- na da Feralbo Leuconio (12) - Altra Ode Latina fu re- citata da Clonisco Sicionio (jo) ed uno Epigramma parimente Latino da Retisco Coroneo (i4) • Furono presenti parecchj di Santa Chiesa Eminentissimi Car- dinali (i5) , e molti de' più illustri Pastori (1*6; . (i) Monsignor Antonio Cioja , (2) Mansignor U. Carlo Mauri (3) Cav. Lui^i Biondi . (4) Avvocato Pietro Ruga (f) Francesco Bajtistini (6) D. Pietro de Principi Odcscalch'i (7) AJ». Loretantonio Santucci (8) Ab. Domenico Molajoni (9) Luigi Picromaldi (10) Al). Luigi Godard (11) Cav. Giuseppe Tambroni (12) Avvocato Giuseppe Vera (i3) Filippo Dc-Romanis 04) Marchese Francesco CoHigol^ (i5) Eminenti*. Cardinali, Della Somaglia : Pacca: Consalvi : Al- bani : De-Gregurio : Cacciapiatti : Rivarola . (16) Risplcn leva tra le illustri pastorelle S. E. la Sig. Duches- sa di Devoushyrc nata Hervey . Filauro Erimanteo . .^1 Sulle pitture d Innocenzo Franciicci da Lriola . Di- scorsi tre di Pietro Giordaìii alV Accademia di Belle arti in Bologna nelV estate del j8i2. Di- scorso primo . Milano Giovanni Silvestri 1819. 8.° X ietro Giordani , elegantissimo scrittore , ha preso ad illustrare Innocenzo da Imola , che fiorì nel secolo di Raffaello : che siede tra' primi della scuola Bolo- gnese : ed è gran lume della Romagna , la ffuale non ebbe mai pittore più nobile di costui . Ma stando i testimonii del suo valore pressoché tutti chiusi in tre contingue città , Bologna , Imola , Faenza , era quasi oscuro all' univer-sale . Se non che molti ven- ditori di quadri si andavano destramente valendo del- le tavole d' Innocenzo , onde ingannare la credula va- nità di qualche mal perito viaggiatore , cui le spac- ciavano per opere di Raffaello . Di un si chiaro artefice noi parleremo , quando r opera del Giordani sarà condotta al suo termine . Intanto ci piace toccare quelle sole cose, che ap- partengono all' eloquenza , all' exnidizione , ed alla filosofia del chiarissimo Autore . Ei rende grazie a chi salvò il Casino della viola in Bologna , dove sono le pitture di questo Inno- cenzo. Il qual casino nell'anno 181 a si voleva dis- fatto : e già il sarebbe stato , se S. E. Aluise Qui- rini da Stampalia non avesse comandato che si per- donasse a quel venerabile e quasi sacro monumen- to . Quindi r oratore esce in parole gravissime , e de- gne che si registrino ; specialmente perchè si veg- ga come dopo le tempeste civili rimanga esecrata la memoria di coloro che oltraggiano le arti , atterrando i templi , e gli edifizj per la rabbia miserabile delle fa- zioni , o per lo dispregio degli gvi ^ e dejla loro me- moria ^ l6l LeTTERATTJìxa „ Oh quale tristizia ha invaso questo male arri- Tato secolo , che fa sì poco , e tanto si briga e si studia a distruggere ? per quale o divina vendetta , o umana perversità questo male va infuriando s\ che in ogni contrada d' Italia ( né in Bologna meno che altrove) ci assorda lo strepito, e sozzamente offu- sca il polverio di cotidiane demolizioni ? Oh dura- no da molle età in mano de' Turchi ( i quali osia- mo chiamar barbari ) durano intatti assai monumen- ti dc-lle arti greche . E noi , noi Italiani , per qual furore, andiamo continuamente guerreggiando , but- tando a terra , riducendo a nulla le gloriose fa- tiche de' nostri maggiori ? forse abbiamo in dispe^t- to , o abbiamo a sdegno , che essi , come furono , co- sì appajano più ricchi, più potenti , più savj , più in- gegnosi di noi ? Speriamo forse , togliendo agli oc- chi degli avvenire il paragone , asconder lor la no- stra nullezza ? E forse che la storia tacerà ? forse che non griderà le nostre accuse ? E' egli possibile arder tutte le scritture ? abolire tutta quanta 1' uma- na memoria ? Le leggi legano le mani come a furio^ ^o, e danno il curatore a chi fonde , e biscazza il pi'ivato pilrimonio degli avi. Tanto più è da pre- gare la provvidenza del governo , che non ci lasci straziare quella eredità di civile culto e di onore , che i maggiori in comune ci lasciarono ; e rifreni e castighi questa generazione , la quale annientan- do le glorie e le fatiche di tanti valorosi secoli che ci precedettero, toglientlo di mezzo i monumenti dell' ingegno e della privata e pubblica fortuna ; taglia i \ incoli clit l'età passata alla nostra, e alle futu- re congiungono , e corre sconsigliata a rendere il mon- do quasi novello e rozzo agli avvenire . Io libe- ramente confesso che io amo la conservazione degli edifìzi, e maggiormente de' più vetusti; i quali contem- plo come il migliore argomento di quello (pianto che sia di foi'ze ond' è capace la natura umana ; che è pur SI fragile e sì breve nel mondo : e però sera- Discorso del Giordani. i63 pre una tristezza mi prende , qualora io vegga un' antico edifizio cadere . Ma come avviene che se un prode uomo non dagli anni e da' languori consuma- to finisca : ma per fiero caso di guerra , o per cru- deltà di privato nemico , o per impensato accidente , innanzi la sua naturale ora perisca , tanto più ci fa dolere della sua fine ; non altrimenti a me duole nel- la morte affrettata agli edifizi ; i quali io guai'do sic- come consapevoli per molte età e ricordevoli com- pagni de' casi umani „ . Queste, come noi dicemmo , ci pajono gl'avi ed elo- quenti parole : e dette con grande animo nel i8j2, mentre per la non pacifica condizione d' Italia mol- ti sconsigliati s' erano dati a distruggere templi , ca- se , e pitture d' ogni maniera . Pel die gran danno venne certamente alle arti : né alcuni si potranno liberare dalla vercocna di essere chiamati distrue- gitori . Laonde ci piace qui rammentare un rigido ed alto pensiero de' Greci , sempre maestri d' ogni nobile consiglio , I quali all' avvicinarsi dell' eserci- to Persiano , tutti mentre slavano per combattere si stiùnsero in questo magnanimo giuramento : Que templi , che saranno dai barbari o diroccati o ar- si , non tojmeremo a edificare giammai ; ma lasce- remo che ne rimangano i segni in sugli occhi de' posteri : d' empietà barbarica monumenti certi ed eterni . Così Senofonte . E certo a noi pare mera- vigliosa la sapienza di quegli antichi : che per tal modo infiammavano gli animi de' cittadini alla di- fesa della loro patria : e con quelle reliquie del fu- rore straniero avvisavano i figli del danno solFerto dai loro padri: e li scaldavano a non più sostenere il pericolo di simiglianli rovine . Ma si ritorni al no- stro autore . Dopo avere egli largamente riferito grazie a chi sal- vò e protesse questo edificio , ne tesse la storia . Per cui si conosce come il Casino della <,nola fu fabbri- cato da Annibale figlio di Giovanni IL Benlivoglio, i64 Letteratura e di Ginevra Sforza. Essendo egli giovane di ven» titrè anni elesse questo ameno luogo a suoi secreti e solitarii piaceri . Ciò fu nel i497- Quando poi I' al- tezza de' Beniivogli fu precipitata , e la famiglia de* Salicini fu spenta , il Cardinale Bonifacio Ferreri d'Ivrea intorno al i54o comperò quella casa: vi ag- giunse altre abitazioni contigue : e con sacerdotale munificenza vi ordinò , e liberalmente dotò un colle- gio , dove i discendenti de' Ferreri , ed altri piemon- tesi fossero alle scienze nello studio famoso di Bo- logna nutriti . Il quale collegio durò fino al 1 797. Questo fortunato luogo , come il giardino Ateniese di Accademo , e 1' orto Fiorentino de' Rucellai , accolse pure le lettere : e non senza fama : quando nel i5ia Giovanni Filoteo Achillini vi fondò 1' Accademia del Viridario : e il Ghisilieri , e il Lignani , ed altri de* primi nobili della Città vi aprirono l' Accademia dei Desti : che fu anche detta della Paiola . La quale ac- cademia veramente bene fu intitolata dai Desti : im- perocché que' letterati cavalieri nelle nozze de' com- pagni loro prendevano occasione di onorare se e la patria con giostre , tornei , e barriere , o con rap- presentazioni di poetiche favole miste di musiche : secondochè diligentemente narra Pompeo Vizzani. Nel qual luogo dice l'autore : che „ quando ei considera i tempi d' ozio sonnolento , de' quali certo non si potrà nulla raccontare , gli viene invidia e rammarico , ri- membrando gli affanni e gli agj , a che amore e corte- sia invogliava quegli animi generosi „. Recita quindi come quel giardino divenne francese, per volontà del suo signore tornato di Francia , al quale ( siccome avviene ) le sole fogge di quella nazione gradivano . E da ultimo racconta , come nel i8o3 vi fu con- dotta la scuola dell' agricoltura sotto la disciplina del Professore Filippo Re. Così narrata la storia del luogo, si viene dolen- do della barbarie die vi distrusse le opere di pit- tura : le quali mostravano quasi in compendio quan- ^ Discorso del Giordani. i65 to la scuola Bolognese quasi nel suo colmo sape^ va . Imperocché i più valenti maestri di quell' età comandati dall' ottimo Cardinale d' Ivrea , lo nobi- litarono . Prospero Fontana dipinse nella sala i fatti di Costantino luiperadore e di Papa Silvestro : e so- pra le storie all' intorno un bellissimo fregio di put- ti , di lioni , di tigri , franchissimamente colorite . Ma le cancellò una breve ora del Marzo del 1812. Tre dipinti del nostro Innocenzo Francucci da Imo- in due logge superiori son miracolosamente campa- ti : de' quali sino al 1797 ascosi da inchiodate la- pezzerie ei^a morta la memoria . La ravvivò scuopren- doli il chiarissimo Giambattista Martinetti : e agli ar- tisti bolognesi quasi tesoro insperato mostrolli . ìVIh di questi parleremo sotto il titolo delle arti , quando r opera del Giordani sarà compiuta . Intanto staremo contenti ad alcune cose , eh' egli viene significando intorno le allegoi'ie delle favole antiche : le quali al suo parere , anzi al parere de' savj universale , non sono altro che un antichissimo raccolto di civile sa- pienza . E perchè queste carte si facciano alcun po- co allegre pel giocondo subjetto , leggeremo quel- lo eh' ei dice sovra il modo onde gli antichi con- sideravano gli amori delle femmine . „ Que' trovatori di favoleggialo senno considerarono r amore , commiserando all' infinita moltitudine , che si stupisce alle pene , alle incostanze , ai pentimenti di lui ; si stupisce all' odio , o al disprezzo , e al ver- gognarsi che lo accompagnano , o gii succedono : si stupisce in vano , e non conosce la natura d' amo- re . Essi con bellissimo avvertimento ce la mostra- rono in quella favola di Psiche , ossia dell' anima in- namorata : dove ci rivelarono amore non esser altro che illusione , colla quale ci figuriamo dell' amata per- sona mille beni . E perchè malagevolmente può que- sta illusione trovarsi eguale ad un medesimo tem- po in due ; quindi è rarissimo l'amore pienamen- te ed ugualmente reciproco . Tanto poi maggiore la ì6G Letteratura difficoltà che alla illusione succeda nello stesso pun- to in entrambi il disinganno ; quindi il dolore e i la- menti dell' infelicissimo , che dopo il ravvedersi dell' altro si continua nell' amato errore . E secondo que- ste intenzioni dicevano di Psiche : bellissima e sem- plicissima giovinetta ; che avendo sortito uno spo- so giocondissimo ( il proprio figliuolo della bellezza ) ebbe da lui precetto che stesse contenta al goder- lo : fuggisse di conoscerlo ; ed appena V incauta cu- riosità vide ed esplorato con attenta lucerna conob- be r autore di tanti diletti , 1' amore crucciato , bat- tendo le ali , fuggi . Invano si alTaticò la dolorosa fan- ciulla di ritenerlo pei piedi . Ella cadde . E le fu- rono intorno tre ancelle della madre d' amore : j^s- suefazione ' Malinconia : Inquietudine : che maligne tormentavano la poverina . Cosi la favola fdosofò d' a- more ; il cui impero quasi non evitabile a ninna gio- ventù , spesso tiranneggia l' età debite alla pruden- za , all' ambizione , all' avarizia „ . „ Né meno sagacemente contemplarono coli' animo tutte le diverse indoli delle donne . E ciascuna per acconcia persona poetica simboleggiarono . Videro in una bellezza maestosa una castità che di superbia in- finita si mantiene; quale noi ravviseremmo per esempio nella virile moglie d'Odenato, Settima Zenobia impei^a- trice de' Palmiieni ... : o in quella figliuola d'un Re di Spagna , la quale al confessore che la esaminava di amori , fece risposta , che in corte di suo padre non aveva mai veduto altro Re . Questa superbissima ca- stità essi la figurarono in Giunone : la quale tra gli dii trovasse degno di sua dimesticliezza solo colui che era a lei fratello , e a tutti imperava ; per questo orgoglio quantunque gelosa e vendichevole , non facesse mai fallo al marito infedelissimo : per questa alttrigia ( contro r usanza comune che s\ facilmente pci'Jo»- na r essere amate e richieste ) divenisse crudele a cui marufestamente piacesse la sua bellezza ; e quindi col peipctuo girare- della ruota fenea , e col moidere Discorso del Giordani. 167 d' immortali serpenti punita la folle temerità d'Issione. „ Iinaginarono anche un altro genere similmenle ra- ro di pudicizia , in bella e nobile donna , ma non pia- cente , d' ingegno malinconico e austero : che non con- tenta a' donneschi esercizj anche le ai'ti e gli studii virili trattasse . E per quelle contemplazioni e fa- tiche , allontanandosi da ogni gajo piacere , disu- sandosi da Ogni dolcezza, ne divenisse più severa e di- samabile . E questa singolare persona . . . quegli anti- chissimi la nominarono Pallade Minerva: che niun ma- rito volle , ninno amatore: non veramente amata mai di bnono amore , ma da alcun' ambizioso vanamen- te desiderata . E Vulcano fu schernito de' suoi sforzi impudenti : e Tiresia acciecato per la imprudenza di vederla ignuda la\arsi: l'ossequio, benché riverente di Prometeo venne in sospetto e dispiacque, e coli' aquila divoratrice delle \iscere fu castigato. Col qua- le Prometeo intesero ad ammonii'e coloro che ad- domesticati per occasione di studi colle signore , vo- lessero trapassare i termini dell' insegnare „ . . . „ Previdero ancora il numero non piccolo delle donzellette innocenti e podere , non bramose de' pia- ceri che ingnorano , incaute a' pericoli non temuti , preparata: preda alle voglie de' ricchi potenti ; in ma- no ai quali cadute , passano a dilettarsi di ciò , on- de prima si spaventarono e piansero . Ma poi nell' uso della ricchezza fatte sicure e baldanzose , non si lasciano vincere a temenza , o a gratitudine ver- so r amatore che le trasse di miseria , sì che non osi- no desiderare più liberi piaceri , e non si diano ta- lora furtivamente , e talora insolenteniente a più gra- dilo amante. E i casi consueti di quelle descrissero in Proserpina , chiamata dai Giteci Korl , cioè la fan- ciulla , p Persefoni , T arricchita : che mentre allonta- nata dalla madre andava cogliendo fiori per le amene campagne di Enna , fu dal nume delle ricchezze im- pi'ovvedulainente rapita; poi colla guardia di Cerbero orrendo e trifauce gelosamente custodita : e male ten- i68 Letteratura tarono ritoglierla Teseo , e Piritoo : e liberarla fecero impossibile anche a Giove i fati , dachè eli' avea gu- stato della mensa del ricco rapitore. Al quale però l'averla fatta moglie, e ricca, e reina , tanto valse percliè ella stesse lungamente contenta di lui , che appena comparve a' regni sotterranei la bellezza di Adone , fu innammorata Proserpina ; e osando innanzi a Giove disputarne il possesso a Venere , vinse la me- tà della lite invereconda „ . „ In Venere bellissima , graziosissima , amabilis- sima e non punto sevei'a, la quale . . . mostrò di aver cari sopra gli altri Adone cacciatore, e Marte solda- to : rammentarono il costume delle belle , che ri- dendosi di ciò che neali uomini suole daulì uomini più stimarsi , antepongono a tutt' altro la spensiera- ta e ardita robustezza : e più particolarmente es- pressero quelle insaziabili di voluttà ( pari a Cleo- patra ultima de'Lagidi, alle due Giulie, alla moglie di Claudio , alle due Faustine , alla seconda Giovan- na di Napoli . . . ) le quali come abbiano ogni voglia sbramata , diventano ghiotte d' infamia „ . „ Diana fu simbolo di quelle false , lascive , superbe ; che non astenersi , non temperarsi del pia- cere sopportano : e con tutto ciò pretendono fama di pudicissime . Di lei narrarono lunga e variata isto- ria . E prima come spaventata a' travagli di La tona sua madre nel parto , si risolvesse di mai non pa- tire simile cosa ... e come per dar colore al su- perbo proposito , fjìcendo vita appartata dagli uo- mini per le montagne e ne' boschi , solo da vergini accompagnata , solo in caccia di fiere si travaglias- se : e quanto ferocemente nelle seguaci esigesse ca- stità , averlo provato la povera Calisto , s\ crudel- mente punita di non avere potuto difendeisi dagl' ijiganni e dalla violenza di Giove . Ma poi la casta , aiiiiaollito il rigore dell'altero proponimento , riscal- dala e intenerita alle bellezze di Orione , tanto di lui fu presa e perduta , che duro contralto ebbe Apol- \ Discorso del Giordani . j 6*9 lo d' impedirla da farselo marito e signore : ed ella poi infuriando per gelosia che dal troppo bello e troppo amato giovane , con manifesto disprezzo , non puie r Aurora ma non so quali damigelle fossero a lei antiposte , colle proprie saette lo ammazzò . Se- guitavano i^accontando come non amoi^e soltanto (che {»iii condonabile pare ) ma vile avarizia , ( che anche e Dee e le regine occupar può) vinse la pudicissi- ma : che alle donate lane di Pan ricco pastore d' Arcadia sì lasciò persuadere : tornata poi in servi- tù di amorose cupidità andò cercando gli affetti , e i baci d" un pastorello di Caria . Né di queste miste- riose favole dovrà far beffe chi pensi quante vol- le nel mondo tali allegorie ebbero corpo di verissi- ma istoria „ . . • „ Ma quegli antichissimi prudenti siccome vol- lero che non andassimo presi alle vane larve di pu- dicizia : e ci scaltrirono a conoscere che i feminill appetiti cader possono in qualunque alta generazio- ne di donne ; cosi ad esser cauti ci ammaestraro- no proponendoci a quanto pericolo si divulghino , o anche solamente si cerchino , o anche non cercati si sappiano gli odiosi secreti di quelle che per super- bia volendo essere tenute impeccabili , ed essendo a sdegnarsi prontissime , hanno per la potenza ap- parecchiati strumenti delle inique vendette . Di die alle cose narrate di Cinzia aggiunsero la sventu- ra di Atteone : uomo di vita innocente, e di gentil le sangue, come nato di Aristeo figlio d'Apollo, e da Autonoe figliuola di Cadmo . Del quale Atteo- ne raccontarono che avendo, non di volontà ma per caso , veduta Diana ignuda in una fonte bagnarsi ( cosi modestamente significavano 1' avere saputa di lei alcuna disonestà , eh' ella voleva occulta ) la fu- riosa dea fecelo sbranare a cani : e cani intendeva- no que' satelliti o cagnotti che dovunque adulando circondano la beltà o la ricchezza delle femmine . E dicevano eh' ella avealo innanzi tr^'^utat^^ ■« cervo: lyo Letteratura a significare come prima di spegnerlo volle avvilir- lo , e di mala riputazione falsa colle calunnie co- prirlo „ Per questa maniera il nostro elegante filosofo ragiona sulle riposte significazioni delle favole anti- che : di cui pochissimi conoscono la dottrina ; impe- rocché male s'apprendono alle scuole de' retori , quan- do si dovrebbero esaminare in quelle scuole che in- segnano r etica , e la sapienza civile . Che al dire del gran filosofo d' Arcadia i Greci poeti l' umana vita quasi in una tela delinearono : con descrivere sotto finti nomi gli eventi, che per lo più nel mondo na- scono . E chi guarderà fiso nella tessitura di quegli ordigni , osserverà che il vero sta dentro le favole e trovei^à che alle volte le storie di veri nomi tes- sono false cose , e finti fatti . Ed all' incontro le fa- vole per lo più sotto finti colori , e falsi nomi deli- neano eventi veri , e naturali affezioni : ed esprimo- no le varie condizioni delle cose, e i caratteri d'ogni persona . Non minore della Filosofia è 1' erudizione del ce- lebre autore : di cui leveremo alcun saggio dal luo- go , in che descrive il carro della Luna dipinto da Innocenzo : dove così ragiona . „ A Marco Manilio dicente , (lib. 5. ) che Febo corra i celesti spazi in quadriga , e sua sorella in biga , consentono per lo più gli autori : non però concordi nel dare cavalli al coccliio del sole : con- ciossiachè Sidonio , e Claudiano lo fanno tirare da grifi; e Filostrato ( e. i4) dice che gl'Indiani di- pingono il sole tirato da una quadriga di grifi: ed una scultura di tale maniera nella vigna de' Gesari- ni , con una iscrizione votiva di certi Claudii in ver- si orientali di antica lettera , fu veduta da Filippo Buonaroti . Assai maggiore varietà d' opinioni circa il carro lunare : che Festo Pompeo vuole tiralo da un solo mulo : di che Pausania ( i. 5. e. 1 1. ) fa cagione una sciocca favola che del mulo si racconta : ma Discorso del Giordani. 171 tace qiial sia . Dal l'esto dei scrittori si concede alla luna la biga : la quale Manilio fa di cavalli : Clau- diano e Ausonio di giovenchi : ma Callimaco di bian- chi cervi : e questa sentenza piacque al divino Co- reggio , nella sua stupendissima Diana in S. Paolo di Parma . Annibal Caro , delle poesie dottissimo , di- scorrendo a Taddeo Zuccheri il dipingere ung^ luna nella camera da dormire del card. Alessandro Far- nese in Gaprarola , si ricordò Isidoro , e propose una biga d' un cavallo bianco , e d' un nero . Vede- te , o giovani , quante considerazioni erudite occor- rano ad un artista , pure intorno alle proprietà del suo suggetto , e quanto vi convenga essere forniti di lettere. Il nostro pittore con ottimo giudizio se- guitò Ovidio , credente candidi come neve i cavalli del carro lunare . Poiché dove non ripugni manife- sta ragione , si conviene massimamente compiacere alla vista : alla quale riusciva certamente men grato r unico mulo , o il diverso colore in due cavalli , o lo scuro in entrambi „ . Fin qui il Giordani . Lo stile poi di tutto questo suo scritto è quale si conviene al gi'ido che corre di sì nobile autore : che a noi pare sempre più vici- no all' ultimo grado della perfezione : imperocché Ugualmente é lontano dal cercare le misere ricchez- ze de' pedanti , e dell' accattare i falsi ornamenti di chi vorrebbe corrompere la favella , e di donna come dice il Poeta , farla meretrice . Possano queste gui- de reggere a bella meta gli studj de' giovani : e per tali esempi questo nuovo secolo si faccia finalmente tutto aureo , e pieno delle opere antiche . 172 Le t-'T e r a t o 11 a Nuova descrizione de' monumenti ec delV Avvocato D. Carlo Jea Presidente alle antichità Roma- ne ec. Continuazione dell' estratto . V . pcig. /\'j. opo aver descritto le rovine del Tempio della Fortuna , clie il eh. A. con ragioni , come vedemmo , poco soddisfacenti chiama di Giunone Moneta , passa a discorrere del Carcere Mamertino e Tulliano, dove, dopo aver parlato della sua primitiva edificazione da Anco Marzio , e del suo ingrandimento da Servio Tullio donde derivano i nomi di Maiaertino , e Tul- liano ; e dopo averne descritto ogni parte assai dili- gentemente produce una lezione di un passo di Vel- lejo Patercolo dove egli legge postkm invece di pon- TEM , come commanemente si trova scritto. Quindi psosiegue la sua desciizione rivolgendosi all' Arco Trionfale di Settimio Severo , e Cara^alla, e con mol- ta esattezza parla de' bassos'iìievi , che lo decorano. Ne assegna con ogni probabilità 1' erezione all' anno loh dell era volgare, e lo mostra innalzato per le vit- torie riportate da Settimio sopra i barbari delf Orien- te , dopo la uccisione di Pescennio Nigro , e Clodio Albino . Dimostra la munificenza d(Vl regnante Pon- tefice PIO VII nel disterrarlo , e circondarlo di mu- ro fanno i8o3, e poco prima di finire la sua des- crizione parlando della scala fatta costruire in quel- la occasione per scendere , e girare intorno all' Arco , soggiunge : Dietro questa scala nel jdi'e il cavo largo per il muro di recinto , si trovo una gran- de porzione del Milliare aureo , centro di tutte le strade dell' Impero , posto nell- ondielico di Roma . Per ora nulf altro possiamo aggiungere a questa no- tizia , se non che riposiamo sulla fede del eh. Au- tore circa la verità della scoperta , non vedendosi più alcuno indizio di un monumento così interessan- X MoNUM. Antichi di Roma. 173 :e , perchè come egli stesso affermai, pei' male inteso degli operai non si lascio scoperto con un arco . Ma frappoco vedrassl quale conseguenza seguirà sup- ponendo il Miniare in questo sito , dove probabil- mente esisteva . Quindi annunzia alcune scoperte di marmi fatte nelle vicinanze dell'arco di Settimio in varie epoche, ed indica vagamente la situazione dell' Arco di Tiberio : sulla strada dritta incontro al Tempio di Saturno ora S. Adriano . Ci sembra pe- rò , che il luogo di Tacito (^y^fnnal. Uh. a. e. /p- )? dove si tratta della edificazione di quest' arco , non lo dimostri incontro ; ma presso il Tempio di Satur- no , a lato di esso : Fine anni Arcus propter cedem Satund oh recepta signa cum Varo amissa ductu Germanici , auspiciis Tiherii , et cedes Fortis For- tunce . . . dicantur . Passando alla descrizione del Tempio di IMai-te Ultore , edificato da Angusto dopo la battaglia di Filippi 5 e trattando del Foro , che lo stesso Im- peradore vi annesse , soggiunge : e volle particolar- mente che nel Foro , secondo Svetonio , non nel Tempio , come dice il Nardini , si radunasse il Senato , per giudicarvi di cose di guerra , di trion- fi ^ e di cause criminali . Ma oltre che il Sena- to era solito adunarsi ne' Tempj ed altri luoghi coperti , e non allo scoperto , Svetonio nella vita di Augusto asserisce precisamente l'opposto , e a chiare note 5 come bene il Nardini osservò , dichiara , che Augusto volle che di siffatti affari si trattasse nel Tempio. Primieramente nel capo 2,1 dice: Tantum- cjue ahfuit a cupiditate quoquo modo impcrium , vel hellicam gloriam augendi , ut quorumdam har- harorum principes in cede Martis Ultoris jurarc coegerit , mansuros se in fide ac pace , quam. pe- terent etc. e più chiaramente nel capo 29. JEdem Marti hello philippensi prò ultione paterna suscepto voverat ; sanxit ergo ut de bellis triumphisque HEic consuleretur Senatus : provincias cum imperio pe-, G. A. To. ir. 12 174 Letteratura tituri hinc deduceventur : qiiique 'victores rediissent huc ins^gnia triwnphorittn inferrent . Ed infatti qual luogo più proprio per alfari guerreschi die il Tem- pio di alarle ? Ed in prova di ciò che Svetonio di- ce , questo stesso Teinpio sulle medaglie si vede de- corato delle insegne de' trionfi , che al dire del ci- tato Svetonio i\i i capitani vincitori doveano ripor- re . Ha però ragione il eh. Autore affermando , che nel Foro di Augusto e non nel Tempio si agitavano le cause crimlnaìì , o per dir meglio i giudizj , poi- ché Svetonio poco più sopra a chiare note l'affer- ma : Fori extritetidi caiissa fuit , homiiiuDi , et jit- diciorwn inultiiudo , quce videbatiir non sufficienti- bus duobus ctiain tertio indigere . Itaque festinan- tius nec dum perfecta Martis cede publicatwn est cautumqup. , ut separatim in eo public a judicia , et soì'titìones judicum fierent . Non sendjra però , che abbia egualmente ragione allorché egli accusa il Nardini , poicliè quel grande antiquario non dice , che i giudizj si tenessero nel Tempio di Marte; ma bensì nella Basilica , luogo proprio per i giudizj , e che sovente gli scrittori confondono col Foro stes- so . Eccone le parole : Ebbe due portici ( / quali probabilmente furono in due lati opposti , mentre in un altro era il Tempio di Marte , nel quarto la Basilica per i giudizj ) ne' quali portici erano sfatue di capitani Romani . Svetonio nel 3i : Et statuas omnium triumphali effigie in utraque Fori sui porticu dedicavit etc. Dal Tempio di Marte Ul- tore quasi per incidenza si passa a parlare del Secre- tarium Senutus , edificio , che gli antiquarj pongono a S . Martina , appoggiati ad una lapide trovata nel secolo XV^I. 11 cliiarissimo Autore pensa però senza appoggiare la sua opinione ad autorità , ma solo fon- dandosi sulla somiglianza di nome fra l'antica divi- nila e la santa vergine e martire Cristiana Martina , che la Chiesa occupi iì silo del Tempio . Ma ques ■ fondamento dedotto solo dalla soiniglianza del noni. ., MoNUM. Antichi di Roma. 175 senza che ne sia alcuna nel resto , ci pare molto leggiero in confronto della lapide ; e sembra altresì , che prima di affermar questo fatto conveniva bene determinare il Foro di Augusto , ed i limiti suoi , onde provare , che la Chiesa di S. Martina si trovi entro di questi . Quindi dopo aver dato qualche altro cenno sul Foro stesso , e sopra tre taberne di esso , che ancora si veggono , già riconosciute dal Pirane- si , indica il luogo dove esisteva la statua dell'Ocea- no conosciuta sotto il nome volgare di Marforio , e la dice posta nella piazzetta fra il Carcere e la Chie- sa . Viene quindi a trattare della Chiesa stessa di S. Martina , e la ripete eretta sul tempio di Marte Ultore ; la divide in Chiesa sotterranea e più antica dedicata a S. Martina , in Chiesa posteriore dedicata a S. Luca , e questa posta sopra la prima . Soggiun- ge innoltre : della prima si ha memoria in Aiiasta- sio nella vita di Adriano 1. e di Leone III. , che V adornarono ; dicendola situata IN tri bus foris , come il contiguo S. Adriano . Ora se Anastasio la dice IN TRIBUS FORis , si trovava nel limite de' tre Fori , era in una situazione equivoca , e poteva ap- partenere all'uno ed all' altro , al Romano , a quel di Cesare , ed a quel di Augusto ; ma il Tempio di Marte , che il chiarissimo Autore vi riconosce non era di certo in un angolo del Foro di Augusto , poiché n'era l'edificio principale , ed Anastasio non avreb- be mancato di dichiarare con maggior precisione, che la Chiesa era stata edificata sul tempio di Mar- te Ultore , come fa in altri Tempj cangiati in Chiese . Ciò però dee dirsi nel caso , che piuttosto della le- zione IN TRIBUS FORIS non debba leaijersi IN TRI- , ri testi SI trova ; e questa lezione non è tanto da dispregiarsi, poiché può so- stenersi con un passo di Procopio , ove trattasi del Tempio di Giano in questi contorni , come or ora vedrassi . Quello antico scrittore , che tanto lume ar- reca alla Topografia di Roma nel libro primo e. 25. J2 * \ J jG • L E T T E R A T I] li A della guerra Gotica, parlando del Tempio di Giano COSI si esprime : O' «Te lavo? ov'toc, , ^rp^ro? fiiv 111/ Twv cttyjttuv Ò-iMV , et/? Si V'eàiJLaici yMo(Ti!ìì tìi ffipsTfpct Uìvxtch; ixÀhow i'x^' ^- '^'^'' ^^^''^ '" '''•' '^T'^P^i ""Po '^'^'^ ^ovhivrtfpioo ohtyov v'TTifPa.vTt tol Tftct ^arx • oi/tu yap Va'[2,a.toi ra? Motpctc vivo[j.iy.a(;t y.Ahiiv . Questo Giaiio era il primo degli antichi Dei , che i Romani nella loro lingua chiamavano Penati . Ha il tempio nel Foro dinanzi alla Curia poco dopo aver oltrepassato i tre Fati ; imperciocché così i Piomanf hanno avuto V uso di chiamare le Parche . Qui è da notarsi che per Cu- lia Procopio intende quella a suo tempo in uso , cioè il Segretario del Senato , siccome più a lungo si è dimostralo nelle note al Nardini , che fra non molto vedranno la luce : e siccome questo Segreta- rio del Senato con più ragione si pone a S. Mar- tina , come di sopra asserimmo , ne viene che la le- zione in Tribus Fatis di Anastasio se non è da pre- ferirsi almeno è di un peso eguale all' altra in Tri- bus Foris; giacché il sito detto Fria Fata da Pi'o- copio era in queste vicinanr.c . Il eh. Autore dopo avere accennalo gli oggetti moderni , che nella Chiesa di S. Martina , e nell' an- nessa Accademia di S. Luca racchiadonsi , viene a trattare del Tempio di Saturno, che egli situa dove o«f^i esiste la Chiesa di S. Adriano . Comincia l'ar- ticolo dicendo : Hit rovaio il^ vero Clivo Capitolino , ^7 vero Tempio della Concordia , e il Milliare au- reo hanno ragione il Idarliano , // P. Donati ed altri molti , / quali volevano qui il Tempio , e V Era- rio di Saturno , che Pomponio Leto , Pirro Ligo- rio 5 // Nardini , /' Olstenio e tanti altri portava- no sotto il Campidoglio , ove era anticamente una chiesetta di S. Salvatore in /Erario sopra V Ospe- dale di S. Maria in Portico . Tutti gli autori an- tichi ben intesi , profani , Farrone , Livio , Sveto- nio , Solino , Servio , Macrobio , J scoino riportati dallo stesso Nardini , qià lo pongono in faccia e MoNOM. Antichi di Roma- 177 presso il C'ivo , la Concordia , // MiUiare Aureo , ed il Carce/'e : gli Ecclesiastici nn surrogano la Chiesa di S. Adriano martii'c . Egli è ben vero , che iitrov;\lo il Clivo Ca|)itolino , il Tempio della Concordia , ed il Milliare Aureo non sia difficile trovare il Tempio di Saturno ; ma che da ciò ne derivi la sua situazione nel sito della odierna Chie- sa di S. Adriano non sembra cosi chiaro ; e per ap- poggiarci agli antichi scrittori , che il eh. Autore cita dietro la scorta di Nardini , vediamo cosa essi ne di- cano . Varrone nel ca})0 7. de! quarto iibi'o de Lin- gua Latina parlando del monte Capitolino prima detto Saturnio afferma : Ejus vestigia etiam nunc manent tria , quod Saturni fanuni in faucihus : quod Saturnia porta quani Junius scribit , quam nunc vocat Pandanam : quod post cedem Satur- ni , in cedificiorum legibus parietes postici muri sunt scripti : Se pertanto un indizio della presenza di Saturno sul monte Capitolino era il suo Tempio posto nelle fauci , in faucibus , del Clivo , e non in faccia come il eh. Autore sostiene , in qual mo- do potrà questo applicarsi a S. Adriano , che n' è s\ distante ? La direzione del Clivo Capitolino , secon- do il eh. Autore è assai chiara , e se ne vede an- cora in parte 1' antico pavimento avanti al Tempio di Giove Tonante. E quella discesa si vede, che va a sboccare a lato dell' Arco di Settimio , dove esi- ste la scala per scendere sul piano dell' arco mede- simo , ed in conseguenza di qua e non di là da esso , dove S. Adriano esiste . Livio nel capo iG. del lib. /fi. indica lo stesso allorché scrive : Censores Clivwn Capitolinuni silice sternendwn curaveriint , et porticwn ab a)de Saturni in Capitoìiuin ad Sc- naculum lapide straveruut . Più chiara- mente Svetonio nel capo VL della vita di Ottone: Ergo destinata die , prcenioiùtis consciis ut se in Foro , sub /EDE saturai ad :\IìLHAB[U h AuiiEUM oppcrii'eniuv , mane Galbani saUUaiit . 178 Letteratura Ora se secondo il eh. autore stesso ( p. 264 ) le ve- stigia del Milliario aureo esistono dietro la scala , per la quale si discende al piano dell'Arco ; e se se- condo Svetonio il Milliario aureo era sub mde satur- ni , di necessità ne siegue , che il tempio di Satur- no stava fra il Tempio della Concordia ed il Foro , cioè dove si è vedalo , che sboccava il clivo Capito- lino , di qua e non di là dall' arco di Settimio . Né Svetonio è il solo scrittore a porre il Tempio di Sa- turno sopra il Milliario ; ma Tacito nel primo delle Storie e. 27. dice lo stesso parlando del medesimo fatto di Ottone che iniiixus liberto , per Tiberiancun domitm in Velabrum , inde ad Milinriwn aurewn sub (Sileni Saturni pergit. Quanto poi a Solino, egli nel capo 1. non parla se non della edificazione del Tempio , senza aggiungere altro , che risguardi la sua situazione : Aedem ctiam quce Saturni csrariwn fer- tur comites ejus condiderunt in honorem Satur- ni, quem cultorem regionis illius cognoverafit ^^' titisse etc. Nulla di più rilevasi da Macrobio se non che il Tempio era sul Foro : imperocché nel pri- mo de' Saturnali cap. 8. cosi si esprime : Quamvis Varrò lib. 6. qui est de sacris cedibus , scrib^^ '• wdem Saturni ad forum faciendam locasse L. T^^r- quinium regem , Titum vero Largium dictatorem S^' turnalibus eam dedicasse . Ma il passo di Servio e assai chiaro e mostra il Tempio di Saturno nel Foro > dinanzi al Clivo Capitolino , presso il Tempio del- la Concordia ; cioè secondo quello , che Varrone as- serisce , e secondo ([uello clie fu veduto di sopra . Cosi egli parla nelle note al secondo della Eneide V. ij6. Orestis vero ossa etc. Condita ante Templum Saturni , quod est ante clivnm Capitolini ^juxta Con- cor'dire Templum : ora la Chiesa di S. Adriano non è né dinanzi , cioè nello sbocco del clivo , né presso al Tempio della Concorrlia . Asronio poi nell' argo- delia Miloniana mostra il Tempio di Satur- Foio : prcesidia in Foro et circa omnes Fo- mento nj n.-l MoNUM. Antichi di ?. oma . 1 7^ ri aditus Pompejiis disposidt : ipse prò cernrìo (cioè il Tempio di Saturno ) ut pridie consedit si-ptus . A questi Scrittori , che il chiarissimo Autore ci- ta ne aggiungeremo due di egual peso . Dionisio nel principio del sesto delle sue Antichità Romane pag. 341- afferma, Ettì tcvtwv cpao-/ ruv v'^raruv rùv N2«y v.ctd-iipwùnvcti TU Kpova Kctra mv ctvoS'ov rnv ite to Ka-r/- raXiov (pepovffxv ìk t»? aj/opa?, y.u.t J'iifjLOTìMt; a.va.S'tix.^ywan T&) $H(ù y.a.y i'KcLaTOv ivia,vTov t'oprai,'; t« kcli Svffiui; . Dicono ^ che sotto questi Consoli fosse dedicato il Tempio a Saturno , nella salita , che dal Foro porta al Cam- pidoglio , e che fossero decretate in onore del Dio ogni anno publiche feste , e sagrificj : l'altro passo è di Festo , che così si esprime : Saturniique diceban- tur , qui Castrum in imo Clivo Capitolino incole- hant , ubi ara dicata ei Deo ante bellum Troja- nuni videtur , quia apud eam supplicant apertis ca- pitibus , 7iam Italici auctore j^nea velant capita . Da ciò 5 che fin qu\ si è esposto , e dai passi alle- gati conviene riconoscere la situazione del Tempio di Saturno nel Foro , presso il Tempio della Concor- dia nello sbocco del clivo Capitolino , sopra il mil- liario aureo ( cioè fra il fianco occidentale dell'Arco di Settimio , il Tempio della Concordia , e quello della Fortuna ) ; delle quali circostanze neppure una ve n' ha , che possa convenire alla Chiesa di S. Adriano , dove siccome vedrassi esisteva la Basi- lica Emilia . Dopo avere situato il Tempio di Saturno , ove oggi si vede la Chiesa di S. Adriano , il chiarissimo Au- tore parla dell' Erario , che nel Tempio era conser- vato , e del registro che vi si conservava delle nasci- te de' bambini, e cita a tal proposito Servio, che nel secondo delle Georgiche a;. 5o2 afferma : Populi ta- bularla , ubi actus publici continentur , significat au- tem Templum Saturni , in quo et cerarium fuerat et ubi reponebantur acta , quce susceptis liberis fa- ciebant parentes . E supponendo a S. Adriano il i8o Lettera TUTx A Tempio (li Saturno , crede , che ivi fosse la porta Saturnia poi delta Pandana , citata da Varrone . Quin- di soggiunpje , che secondo Anastasio fu convertita in Chiesa da Onorio I. nel 63o ; laonde non fia di- scaro di riferire ciò che questo Scrittore dice : Fedi EcclesiauL beato Adriano martjri in Tì'ibus Fatis , quam et dedicax'it et dona multa ohtulit ; parla quindi dei varj ristauri , e cangiamenti , clie la Chie- sa ha sotferto , e sostiene con molla ragione , che nulla più esiste dell' antica fabbrica , e che del mu- ro stesso della facciala può molto dubitarsi . Della porla di bronzo che già esisteva in questa Chiesa , ed 0£;gi si ammira nella Basilica Lateranense , ne altri 1)1 -isce il lavoro ai tempi di Adriano I. nel se- colo MII. allorché questa chiesa fu dallo stesso Pon- tefice adornata . Ma a dire il vero ci sembra stra- no riconoscere per opera de' tempi più lagrimosi del- le arti quella porta , che si distingue ])er la bella disposizione de' compartimenti , e c!ie da tutti gì intench'uti si ammira per la eleganza de' fogliami e delle cisellalure , che la dichiai-ano a prima vista lavo- ro de'teiupi di Augusto . Giustamente TA. rinq^rovera r OiStenio d' aver collocato in questo sito il Tempio di Roma ; ma non sembra così retto il suo giudizio neir allontanarsi da coloro , che vi pongono la Ba- silica Emilia : L angustia del totale del sito , se non ci fosse u/i altì'U ragione , rigetterebbe da qui , la Basilica , che vi pretendono non pochi antiqua- rj , di Paolo Emilio , che Cicerone , Plinio , ed al- tri lodiuto come tanto grande , e magnifica ; di cui or oì'a riparleremo . Quest' angustia di silo non esiste più , tosto, che si pone il Tenqiio di Satur- no in altra parie ; d' altronde il chiar. Autore alla p. 277. dove parla di nuovo della Basilica di Paolo Emilio la j>on'.3 pure da questa parte fra S. Adria- no , ed il Tempio di Antonino , e Faustina ; e da «(uesìo lalo infitti la mostra Stazio , che parlando del Cavallo di Dainiziano ( Sylv. lib. r. \\ '-19 ) di- \ MoNUM. Antichi di Roma. i8i ce 5 che da un lato cioè a destra verso occidente avea la Basilica Giulia , e incontro a questa ad orien- te quella Sublime di Paolo Emilio : jet latcrum passus liitic Julia tempia tuentur , Illinc belligeri sublimis Regia Panili . Sublime , per le belle colonne di marmo frigio , che la decoravano , le quali forse sono le stesse che quelle che si veggono in S. Paolo , come si vedrà os- servato da chi fece le note al Nardini ( Tom. 2. p. 228. ) . Ma che S. Adriano occupi il posto di una Basilica , e per conseguenza della Basilica Emilia , Io dimostra più chiaramente una iscrizione ivi trovata nel j655 nel fare i fondamenti della nuova fabbri- ca , la quale è riportata da Gualdo ( De lap. sep. ) in un manoscritto della biblioteca privata di sua San- tità , che quando esisteva nella Biblioteca Vaticana r anno i8i3 avea il numero 8263 ( p. 71. a tergo ) : GAVINIVS.VETTIVS PROBIANVS . V. C. PRAEF. VRB STATVAM . CONLOCARI PRAECEPIT . QVAE . OR NAMENTO . BASILICAE ESSE . POSSIT . INLVSTRI Questo Gavinio Vettio Probiano , in altri marmi nominato Gabinio , e che ornò la Basilica di una sta- tua , fu Prefetto di Roma 1' anno 378 dell' Era Vol- gare ed è conosciuto sotto il nome di Probiano . Termina il eh. autore il suo articolo di S. Adria- no cercando di mostrare più vera la lezione IN tri- bus FORis di quella IN tribus fAtis , colla quale si trova variamente denominata questa chiesa in varj testi di Anastasio . Ma di questo soggetto fu abba- stanza parlato di sopra , dove trattossi della chiesa di S. Martina . -A . N. ( Sarà continuato ) j82 Rime di Fi'a Jacopone . V^uesto è il titolo di un codtcetto portatile in carta per- gamena , che abbiamo di presente alle mani per la cortesia del N. U. Giangiacomo Marchese Lepri , il quale n' è amo- revole posseditore . Questa epigrafe però è di molto infe- riore all'età del libro: poiché dessa pare senza dubbio del secolo decimosesto sul cominciare : quando che 1' operetta intiera non può avvicinarsi a noi oltre la fine del decimo- quarto , o il principio del decimoquiuto : perchè così ri- chiedono la ortografia , la forma delle lettere majuscole , e quella tale rozzezza che fa distinguere l' una dall' altra età nelle antiche scritture . Contengonsi nel libretto oltre a sessanta laudi , e can- zoni spirituali: molte delle quali sono di già pubblicate nel- le parecchie Edizioni delle Rime di Fra Jacopone da To- di , e principalmente in quella più compita , che citasi dal Vocabolario , stampata in Venezia per Niccolò Misserini nel 161 y con le scolie ed osservazioni di Frate Francesco Tresatti da Lugnano ; il quale per vero dire , non sembra che si facesse molla coscienza nella fedele collazione de' Co- dici, ch'egli racconta di avere esaminato. Poiché in molti luoghi si tolse la cura di raflTazonar que' semplici versi di Jacopone intarsiandovi più sonanti parole , e torcendo verso le formole Petrarchesche la sintassi ; non senza lasciarsi fuggir qualche volta alcuna strofetta , come col nostro Co- dice potremmo mostrare a chicchessia . Ora essendo noi persuasi che nelle antichissime rime di questo divoto per mezzo alle rozzezze , parte del tempo , parte dello special carattere suo , si possano raccogliere non poclic gemme, come di già fecero gli studiosi della Lingua ^»\ Rime di Jacopone . i85 Italiana : ci siamo posti a svolgere il libretto ; e come ragiou ■voleva abbiamo cercato se fosservi di quelle non ancora co- nosciute . Ed a prima vista ne abbiamo trovate parecchie , diverse di metro e di argomento : alcune delle quali non possono essere d' altri che del Frate da Todi ; altre perchè so- no più nette fan sospettare che sieno d'altro scrittore più limato, e meno antico. Tra queste ultime avremmo volu- to collocare quella occorsaci nel rovescio della quarta car- ta , la quale principia Anima benedetta , che limpida e molto elegante ci parve ; ragionando tra noi , che tanto sa- remmo creduti nel dirla di Frate Jacopone , quanto chi si studiasse di aggiudicare ad Ennio le veneri catulliane. Giuntaci però alle mani la vita di questo Beato scritta a Suor Caterina de' Ricci da Gio. Battista Modio , la quale trovasi nell'edizione delle Rime di Jacopone lasciataci dal- le stampe del Salviano in R.oma nell' anno i558 , abbiamo in essa letto , come trovandosi in punto di morte quel vec- chio Francescano ,, a frati che il persuadevano che bisogna- ,, va pigliare i sagramenti della Chiesa , egli rispose che as- ,, pettava il suo carissimo Fra Giovanni di Alvernia per le cuL „ sante mani volea communicarsi . I frati questo udendo tan- „ te più si contristarono . Perciocché parca loro impossibi- „ le, elle Fra Giovanni ci si potesse trovare prima che egli mo- ,, risse 5 per stare molto discosto da CoUazzone ove Fra Ja- ,, copone si trovava infermo : tanto più non potendo averne „ avuto nuova alcuna j e per questo maggiormente lo stimu- ,, lavano . Et egli senza più attendere a' frati comiuciò a ,, cantare un cantico , che comincia 5, Anima benedetta ,, Dall'alto Creatore ,, Risguarda il tuo Signore . ,, Il qual cantico appena finito, ecco che videro venire due j84 Letteratura „ de' frati forastieri , 1' uno de quali era il sopradeito Fra ,, Giovanni d'Alvernia, la qual cosa mosse tutti a meraviglia „ et divozione grande „ Sopra questo racconto adunque noi non dubitiamo di asserire che la canzonetta da noi rinvenu- ta sia quella stessa colà mentovata : tanto più die in essa oltre la somiglianza perfetta del principio rinvengonsi i segni delle medesime circostanze . Cioè eh' ella sia stata detta da un Uomo ardentissimo di Dio , e vicino al compimento de' suoi desiderj 5 assoluto già e benedetto nella confessione ,• e presente ad una immagine di Cristo Crocifisso .* La qual canzone manca nelle stampe, perchè manca pro- babilmente nella maggior parte de' Codici 5 i quali conten- gono quelle , che o Fra Jacopone stesso scriveva , o i suoi frati copiavano quand'egli era in vita . E puossi con ragione dire che essendosi da circostanti udito cantare il buon vec- chio , tal' uno più adatto ne trascrivesse i versi ; e presso altri la sola rimembranza ne rimanesse. Vogliamo anche ag- giungere , che non dee far meraviglia , se questa canzone è più netta d' ogni altra , che certa di lui ci rimase , perchè fe- ccia fra Giacopone in età veramente consumata ed in pun- to in cui gli umani sentimenti intender sogliono alle ultime prove 5 mentre l'anima si scevera delle corporali miserie , e tutta al cuore la virtù si restringe . Né picciolo argomen- to potremmo di qui trarre : che la poesia nasce dalle pas- sioni dell' animo: e più quelle sono intense più questa ne sorge orgogliosa , spontanea , e vera figlia della Natura: (|uan- do che da coloro che non hanno conoscenza d' affetti nuli' altro aspettasi che imitazione fredda e servile delle opere al- trui . Che se risguardare si volesse anche (juesta can/,uiiet- ta come un estemporaneo lavoro , tale essendo essa stata, ve- drcbbesi quanto l'arte di cantar versi all'improvviso caduta sia in basso 5 dacché molli fecero mestiere di questa più che liberale facoltà : e si tentò dire estempuraucaiuente cose che Rime di Jacopone . i85 lasciar debbonsi alla penna degli scritlori , onde s' acquisti- no onore , e fama cogli anni . E per verità noi , anzi che tante canore ciance , terremo per modello di estemporanea poesia questa canzonetta; nella quale veggiamo avveralo il favoloso canto de' cigni , che diconsi allorché muojono piìi soavemente cantare . Volgendoci ora al tempo, ed al luogo in cui fu dettata, una cosa fralJe altre degna di special ricorda mento osserve- remo; che nella infanzia cioè della nostra lingua, in Todi fuo- ri de' conGni della Toscana fioriva circa il 12^0 Frate Gia- copone della famiglia de' Benedetti , e prima assai di questa molte canzoni avea fatte , delle cui voci fu arrichito il Di- zionario della Crusca . Nò ciò crediamo che fosse senza for- tissima nigione : perchè in esse canzoni trovaronsi parole, e modi assai schietti , e soavi , incogniti agli scrittori Fiorentini chiusi per ogni parte dall' appennino, e dal mare : ma poscia que' bei modi fecersi ad essi comuni , e suonarono altri più grandemente in bocca di Dante altri più dolcemente in boc- ca del Petrarca, e del Certaldese, Da questo commercio (sia lecito sempre dirlo ) crebbe la lingua Italiana : ed ognun sa che fin dalle ultime spiaggie di Sicilia ne furono recati sulT Arno parecclij tesori di greca bellezza , e da Roma le ere- dità latine; mentre quei dell'Italia settentrionale mescendo nel volgo latino , e longobardico le provenzali maniere la prima alleanza slringeano tra quella lingua e la nostra . nima benedetta Da l'alto Creatore Ragguarrla il tuo Signore Che confitto t' aspetta (i). (1) Questo e il tema della canzone, anzi il cardine intorno al qua- le si ag;^ira . Usarono cc^i qualclie volta i lirici Grecia mendi rado i latini ^ e gì' italiani più spesso , iS6 Letteratura Ragguarda i pie forati Confitti d' un chiavello , Sì forte tormentati Di così gran flagello ! Pensa eh' Egli era bello Sopr' ogni creatura , E la sua carne pura Era più che perfetta . Ragguarda in quella piaga Ch' Egli ha dal lato dritto : Vedi , che il sangue paga Or tutto il tuo difitto ; (a) Pensa eh' Egli era afflitto 1)' una lancia crudele : Per ciaschedun fedele Passò il cor la saetta ! Ragguarda in quelle mani Che fecerti e plasmar© : (3) (2) Difilio per difetlo antitesi ia grazia della rima . Se altri non molto versato nelle atitiche maniere ci domandasse perchè inve- ce di quello storpio il poeta non adoperò delitto ; risponderem- mo che questa è parola nata dopo , a tempi di Jacopone non co- nosciuta : diffatti per voler dire colpa ed anche vizio Dante , il Pe- trarca , e il Boccaccio scrissero cUJctlo . Delitto anticamente detto citasi soltanto dal V. in un Ms. della Vita di •"?. Antonio eh' era del Redi , ed ora più non si trova : è notahile però , che delit- to colà si adopera in Ietterai versione delle sacre carte : non ti. ricordare 0 Signore de" delitti della mia gioi'entìi . Ne quella an- titesi dee recar meraviglia in .Jacopone , se non recala nell' Ali- ghieri dispitto , e rl^pitto . (3) Plas/naro . Tlastnure fu antico verbo ora oMiato , del qua- le si hanno molti escitipj , specialmente in caso a questo consi- mile , quando si è voluto dire di Dio , che fece un suo simu- lacro di fatfgo . Ne sappiamo con quanta buona ragione gli scul- tori abbiano sostituito il modellare all' imprimere eh' essi fanno Rime di Jacopone . 187 Vedi , come que' cani Giudei le conficcaro . Allor con pianto amaro Grida al Signor verace : Per me corresti in Croce (4) Amore con gran fretta . (5) Ragguarda in quella faccia Ch' era si rilucente : le effiiiie delle cose , e degli uomini sopra tenera creta . Poiché modellare none di legittima fonte; e siccome vien da moJello , il dImiiiut.i\-o del qnale chiaramente dice che significhi un riliei'O in piccolo dell'' opera che si vuol fura in grande ( come lo difinisce il V. ) perciò sembra che piuttosto convengasi il modellare a cia- scuna arte che faccia prima il saggio di un qualunque lavoro ; e plasmare si addica meglio al ritrarne le immagini in creta . Che i latini dissero plustes dal Greco i fabbricatori di statne in cre- ta , quali erano Damojllo e Gorgaso in Plinio : plastica ne chia- maron 1' arte ; e con proplasticu vollero significare , che tale ope- ra faccasi per copiarla quindi in marmo , e in altra materia : ed è quella stessa che ora comprendesi sotto il nome di scoltura, abben- chè questa sia il lavoro dello scarpello . Cosi a qnei che plasma- no o modellano , cioè plasticatori , non si conviene il nome di scul- tori . Vogliamo però dire che il plasmare è parte nobilissima del- la grand' Arte di Fidia: poiché in essa vuoisi più d'ingegno e nel- lo scolpire più forza di mano ; e che gli artefici antichi apprez- zavano più la pre)plastica di Arcesilao , che le opere in marmo d' altrui . Quando però sappiasi mutare la durezza de' marmi in car- ne , che sembri palpabile e viva : allora 1' arte arriva al colmo : e gli statnarj sorpassano i plasticatori , quanto della creta è più duro il ijitidissimo marmo di Paro . (4) Croce non farà mai rima con yerace del verso anteceden- te : è tale però il consentimento dell' orecchio traile due parole , che egli quasi non si avvede della differenza . Abltondano le antiche poesie e specialmente il Canzoniero di Dante di queste rime va- gabonde , che diconsi assonanti , le quali son proprie de' verseg- giatori spagnuoli . (o) Con gran fretta : abbenchc sia molto propria questa manie ra per dinotare il gran desiderio della Redenzione , che spingeva Cristo a farsi crocifiggere , non ostante la giacitura è troppo bas- sa : e quel che deesi perdonare all' infanzia spesso non può con- donarsi alla virilitA . i88 Letteratura Velia piena di sputi E di sangue corrente f (6) Pensa anima dolente Come lo tuo Signore Fu morto dall' Amore Solo per darti vita ! Ragguarda il santo capo , Ch' era sì dilettoso : Vedil tutto forato (7) Di spine , e sanguinoso ! Anima Egli è il tuo sposo . (8) Dunque perchè non piagni Si che piangendo bagni Ogni tua colpa infetta ? Vedil tutto piagato (9) Per te in sul duro legno Pagando il tuo peccato ! Ora il Signor benegno (10) (6) Vèlia piena di spuli-E di sangue corrente . Si compensa li primo verso dal secondo : il primo dà una pittura sconcia , e schifo- sa : né alcun nobile pittore ha dipinto mai gli sputi in faccia del Na- zareno nel Pretorio , né sul Calvario ; che non quanto Icggesi nel- la storia è argomento di pittori , e di poeti . // sanifue corrente parò è il vero dire: e quanto ciò sia legittimo concepimento pos- son dirlo e Virgilio , e Guido Reni . (7) Vedil tutto /orato ec. Sieguc una pittura vera , e severa . Diciamo severa : perchè se considerisi il sanguinoso capo , ed il sangue corrente della faccia detto di sopra, vedrassi come il pen- nello imiti ben la natura . (8) Questi Apostrofe all' anima penitente di chi parla, ed i ver- si che seguono toccano il cuore di chi legge od ascolta ! di che non duhitando, diciamo, che Jacopone consegui il gran vanto de' poeti di render comuni agli altri le oneste e generose passioni . C'j) Qwcsta ultima strofe serve di epilogo al componimento , e mira allo stesso oggetto del suo principio , e gode anch' essa di cscm- pj antichi . (io) Benegno antitesi per benigno , su di che non giova dire Rime di Jacoponb. 189 Per menarti al suo Regno Volse esser crocefisso ! Anima guardai fisso E di lui ti diletta Amen. Ora porremo un altra Canzone , die leggesi nel Codi- ce suddetto : più bella , e pivi spiritosa della prima . Sem- braci di rinvenire in essa una eleganza continua , ed un affet- to straordinario dell' autore . Né con ciò vogliam dire che qual- che neo non \i apparisca, e ch'ella sia poetica al maggior segno : perchè il tempo non richiedeva si fatte perfezioni : ma non può d'altra parte negarsi eh' ella sia tanto netta che valga a muovere il più gran dubbio s'ia si appartenga a Fra Ja- copo ne da Todi . Non ostante esporremo un qualche argomento che po- tria farla credere di lui . Sappiamo dalla vita citata di que- sto Francescano, ch'egli fu per 1' innanzi Uomo di secolo, letterato , e avvocato nel foro : anzi di quegli , che per arti furbesche fan sorda guerra a olienti più che agli av- versar") ; razza perversa , e non estinta giammai , Narrasi ch'egli vesti la seraBca divisa dappoiché perdette la sua bel- la , e casta moglie : la quale feritasi nelle ruine di una sa- la di ballo , fu da luì dopo molta renitenza slacciata, e vi- sta sotto le gentili gonne cinta di crudelissimo cilicio . Né guari andò che per la rimembranza delle colpe antiche diven- ne quasi pazzo. Mortificossi con austerità senza esempio; ed era vago di comparire il più abjetto degli uomini nell' oprare , e nel dire . più (li quel che si è dclto alla nota (i) . Saria soffribilc anohc a nostri s'O"" simile antitesi piattoste che una parola impropria per la rima. Q. A. To. II. i3 j go Letteratura E tra le altre cose ftK.coiUasi clr egli una volta irape- golossi tulio nudo di li^juida rasina , e poi si ravvolse in mol- te piu:ne che addosso aitacaleglisi lo facean comparire un mostruosissimo uccello ; e cosi n'andò in mer.zo ad una pia- cevole brigala , che n'ebbe schifo e dispetto assai grande. Standosi povero e lacero un altra volta a servigi di piazza , e richiesto da un tale, che certi polii a casa sua ne por- tasse 5 presigli e gitosene, cacciolli dentro alla sppollura di lui . E in altro le!nj)o avvenne, che avendosi coinporalo in- testina di capretto , delle quali pativa assai gola , appiccolle nella sua cella 3 ove per multi giorni si dilettava dì fiutare quel fracidntr.e , e di conversare co' vermi : finché sparsosi il fetore ogni di piìi crescente pel monistero , ne uioslrò a tapini frati la sozza origine come un trofeo: di ciie riscosse improperj , e penitenze da mentecatto . Giva per le contra- de in traccia di chi lo vituperasse , e il battesse: e i fan- ciulli gli correan dietro con urli e fischj gridando Jacopo- ne Jacopone ; il quale era miserabilmente divenuto il sollaz- zo della Città . Né son da passarsi sotto silenzio le sventu- re che sofferse pel suo troppo libero dire contro Papa Bo- nifazio , dal quale fu tenuto gran pezza in carcere , e per- cosso di anatema , che pianse poscia moltissimo . In mezzo a queste av versi ladi , stravaganze, e traversie scrisse il suo divoto ma in gran parte rozzo canzoniero , assai dal lato della lingua prezioso : e ciò mostra quel eh' è verissimo, che se un vijlano impazzisce, prosegue villanamente a parlare; (quan- doché un elegante dicitore divenuto pazzo , mescerà sempre a pazzeschi modi scelte e graziose parole. E poiché abbiamo veduto ciò che far seppe Jacopone in pTmto di morte nell' altra canzonetta , potremo con qualche ragione ed analogia dire , che questa fu da lui fatta ne' pri- mi tempi della sua conversione a r)io : prima cioè chft Rime di Jacopone. 191 tanto gli ribollisse l'animo per lo fervore della penitenza, per lo squisito dolore , e per la incessabile contemplazione dello spirito , che lotta co' vincoli del corpo finché gli spezza . La prima idea di fatti raccolta dal Poeta , fu quella d' im- petrar dalla Vergine che gli togliesse d' innanzi il velo che accecava la tapinella anima sua . Or m' ajuta , e consiglia contro i mondani acosi e molli lacci . . . Porgi soccor- so .. . Porgi il tuo santo raggio all' errante e debil navi- cella della vita ; sono le preghiere di chi nuovo sentiero im- prende nel quale spera salvezza. E son figli delle stesse in- tenzioni 1' argomento per dimandar la Grazia benedetta : e quella più che umana familiarità di parlare colla Madre di Dio , pregandola a ricevere le sue lagrime amare , per- chè §11 e prossimo e fratello : perchè Carità non suol pa- tir dimora ; chiudendo la vaghissima stanza col dire ; Non aspettar quelV ora che il lupo mangi la tua pecorella . E cosi senza più dilungarci, sembraci che da capo a piedi que- sta canzone sia il primo frutto della conversione di quell' uomo : del quale grandi cose avrebbe mostrate 1' Italia se quel che di lui avvenne non fosse accaduto . Che diremo poi della somiglianza , che v' ha tra questa e quella notissima del Petrarca : Vergine Bella ? . . . Anche il Petrarca ricorrea per non tanto diverse cagioni alla Madre di Dio . Ma il Petrarca era uomo pili dotto : il Petrarca avea poetico ingegno : il Petrarca possedea l'arte dei versi , e mol- ti , pria di quelli , ne avea nobilissimamente cantati : il Pe- trarca infine quasi ottanta anni scrivea dopo Frate Jacopone : e questo lasso di tempo , che due secoli collega , ne' quali la italiana lingua giunse alla più perfetta maturità , voglio- no essere a quest' uopo considerati . E pure ? Tralasciando quel che viene direttamente dalle metafore delle sacre carte , chi è che non sappia essere stato il Petrarca accusato di li- cenza per la spietata stampa della 2." strofe ; per la Fine^- i3 * i^n Letteratura stra del del lurmte e altera della 3.* ? Le quali cose lian costato guerre di penna 5 non meno che quell'altra rergine pura e d'o£;ni parte intera (*) . Ma l'arte all' elk del Pe- trarca era di gi^ molto cresciuta ; e può quasi di esso dirsi quello che forse piìi arditamente si scrisse di Raffaello , star- si cioè la Natura timorosa d' esser vinta da lui : quando che ]a canzone nostra vedesl ricca di naturalezze e povera d' ar- tifizi , La ragione p-i per la quale manchino questi versi nelle raccolte di Rimo di Fra Jacopone sarà prossimamente la stessa, che quella da noi proposta per 1' altro componi- mento ; anzi che dire ch'ambedue siano stati tenuti nascosti da cohìro , che i primi posero in luce le rime suddette , o da quegli altri che apprestarono 1' opera , i consigli, e le ma- terie al Tresatti per la compiuta Edizione : perchè potreb- besì con questo arrecare onta ai benemeriti della lingua Ita- liana , agli antichi ed operosi ingegni Fioreatini . aria Vergine bella Scala, che ascendi e guidi all'alto cielo» Leva da me qviel velo (1) Che così acceca 1' alma tapinella . r*1 \ questo proposito riferiremo una strofetta, che leggiamo in al- tri' ó'i l'''I-^ 'ì^'^'le nP" ^'' '■'^^'^*^ '" «■"t"'"'"^ '' ■""^'■''' 1*^^'*^"^ = "'*^'" i.'.s.nflo gli errori , 0 poco intelligihile lo scritto. Parla il Poe. tu aiiii Verginei e si fa esemplare della divina Scrittura. Tu l'cdi. sempre (ju'i Gesù diletto C/v in te discese come pioggia in lana , O i,ome «tve in terra piana piana : Xou oprando rancore né di/etto . v\ altrove 0 gloriosa candida e lucente , 0 delicata più che Java , o mele , 0 pura ctìlouibina senza /eie Concedi a me la puriìà di mente = c r: Tcnà fnrto -li lrc;ger bene questa ed altre canzoni ne ar- riorhirèmo il ..ostro giornale per mantenerlo sempre in grazia degli "'^ K^n dS^-r^^me cantava S. Bernard. p.r l^cca di Da..te ed v> di ! •; •■ '•' '^'A^'"' ""^'' *" '^''''•^^' ^' sua mortai it u . Rime di Jago pone. ig3 Vei'gìne santa , e del tuo Padre Sposa Di Dio sei Madre e Figlia : 0 vaso picciolino , in cui si posa Colui , che il ciel non piglia ^ Or m' ajuta , e consiglia Contro i mondani ascosi e molti lacci : Priegoti elle ti spacci (2) (3) 'Nanzi di* io muoja , o Verginella bella . Porgi soccorso , o Vergine gentile , A quest' alma tapina , E non guardar eh' io sia terreno e vile , E tu del ciel Regina . (4) O stella mattutina , (5) O tramontana del mondan viaggio , Poi'gi il tuo santo raggio A questa errante e debil navicella. (2) Ti spacci : spacciarsi in signiiì.';ato neutro passivo per io ^^e- lìirsi, sbrigarsi non senza laudevolissimi esempj de''Fioretti di S.Fran- cesco e del Dccamcrom: citasi «lai Vocabolario : un modciato uso di questo verbo piacerebbe adi nostri , che lo senton porhissimo . (3) ''Nunzi che . Potrassi leggere senza pecJcato d' inf-ddeltà Jtnzi che da qualcuno , cui poco piacesse una sincope in principio di verso : quanto sia bel modo l' anzi che , e /' innanzi che lo mo- strano gli antichi e i moderni politi scrittori . (4) Se non e' inganniamo pajono molto più s'jmplici questi quat- tro versi di que' due del Petrarca che rinchiudono i sentimenti stessi. Soccorri alla mia gugrra Benché io sia terra , e tu del Ciel Regina . Né vi manca la sobria e vera poesia - (5) 0 stella niatultina , ec. sino al compimento della strofe . Qui s' innalza assai la musa del valoroso Autore sopra i gradi de versi celebrati di sopra : né crediamo che maggior nobiltà possa dasiJera^ si di questa. Udiamo il soavissimo Petrarca: (^ergine chiara , e stabile in eterno ; Di fuesto tempestoso mare stella D' ogni ftidel nocchier fidata guida , Fon mente in che terribile procella lo mi ritrovo sol senza governo . 194 Letteratura "Bfeciel si aperse , e in te sola discese La Grazia benedetta : E tu dal ciel discendi , e vien cortese (6) A chi tanto t'aspetta. Per grazia fusti eletta A sì sublime 5 ed eininejjte seggio : Dunque a me non far peggio (7) Di cjuel che a Te fu fatto , o Verginella . Ricevi , Donna , nel tuo grembo bello Le mie lacrime amare : Tu sai che ti son prossimo e fratello , E tu noi puoi negare . Vergine non tai-dare , Che carila non suol patir dimora : Non aspettar quell' ora , Che il lupo mangi la tua pecorella . Porgimi mano , eh' io per me non posso Star più , che altrui mi prieme : La carne , il mondo , ogniui mi grava addosso. Il lion rugge e freme : (6) Vien cortese . Il Chiarissimo Ab. Marco Mastrofini nostro Amico e Maestro nella sua dotta opera de' verbi italiani discorre del vieni troncato in vien ; il quale certamente non è tropjìo acconcio nelLi 2. [lersona del singolare , e reca ambiguità . Egli a fronte dell' esempi di Dante Tur^. 6. 109. e' insegna che làen ove non è accompagtiato dal pronome tu sia da schivarsi : qui però il tu non manca . (7) Dunijue u me non far peggio , ec. Chi volesse provare la ragionevolezza di questo peggio , crefliamo , che farebbe peggio dell' innocente autore che Io scrisse jicr meno . GÌ' idiotismi così nudi sono il sugello della venerabile antichità in fatto di lingua : e rappresentano ancor qualche volta la fisonomia degli scrittori, to- me in questo caso . F,p|>ure con qualche non tristo esempio del Vocabolario Veronese potrebbe edificarsi argomento in prò di quest'- errore da liLUJ sfijuirsi giammai . Rime di Jacopone . i ^5 L' anima di nie teme . S\ gran nemici ..le Dio mi terrà nudo? Vergine fammi scudo , di' io vinca quel , die sempi^e a te ribella . Donami Fede , Speme , Cantate , (8) Notizia di me stesso . Fammi eh' io pianga , ed abbia in Dio pietate Del peccato commesso . Stanimi ognora da presso , Ch' io più non caschi nel profondo a basso : Poi neir estremo passo Tirami su nella superna cella . Amen. (8) Notizia di me stesso . Nosco te ipsuni fa assioma rti ogni Kcliglone e di ogni civiltà . Qui vale cosci'.-nza di quel che imo ab- bia fatto ili bene od in male : ed è appunto nei o. significato datoci dal Buti , di che vedi il Vocabolario . La sola prosa però a nostri giorni può rinchiudere questo modo assai prezioso , che non sa ri- splender nel verso . Come il tirami su dell" ultimo endecasillabo pec- cherà sempre di queir ardire che tira spesso i poeti fuori de' naturali confìni . C. S. Opuscoli Letterari . Fascicolo Quarto . Bologna ylnnesio Nobili i8i8. Opuscolo Terzo: SulV origine de'' Numeri Etruschi e Jìoniani , e sulV infissione del Chiodo annale in Roma , ed in Etruria ; lettera del Professore F. Orio- li al charissiino Sig. Professore Giuseppe de Matthaeis . J-1 Sig: Professore de' Matte! seguendo le opinioni del Goii , dell' Heilbroner , e del Corsini , pensa che i chiodi annali che ogni anno s' infigevano nel Tempio di Giove Massimo in Ro- ma , e nel Tempio della Dea Norlia in Boisono si ponesse- 1^6 Letteratura ro verticalmeute sopra una qualche cornice , o altra cosa di rilievo per meglio vederli , e che l'aspetto di tali chiodi le- gasse ben presto nel popolo 1' idea dell' uiiil^ con quella d' una linea normale al piano dell' orizzonte . Da ciò deduce il Sig. Professore che il chiodo fosse l'archetipo dell' unità Romana , ed Etnisca, e che l'innesto vario di tanti I l'ar- chetipo fosse delle altre note compendiose che presto nac- quero . Il Sig. Professor Orioli tiene tuli' altra opinione di- stinguendo l'origine delle Cifre Toscane, dall'origine delle Cifre Romane . Quanto all' origine di quelle egli dopo di avere premesso non essere più problema ( come non lo è do- jio la publìcazione del saggio del Lanzi ) l' indole grecizzan- te d' ogni Alfabeto d' Italia che ci resta , trae 1' origine de* numeri Etruschi I V X dalle lettere iniziali delle parole Gre- che adoperate a significare i numeri . Il Cinquanta, il Cen- to , il Mille non si conobbero dagli antichi Etruschi . Quan- to alle forme Romane , ecco il parere del eh' A. che ci pia- ce qui di riferire colle stesse sue parole ,, Immagino che ì ,, Latini addottarono 1' antica notazione Etrusco-Italiana , ma ,, la sottoposero a questi due generali Canoni . i° di capo- ,, volgerla , e rivolgerla per dare agli elementi andamento da ,, sinistra a destra più conforme all'indole della propria scrit- , tura . a" di ridurre prossimamente a poco a poco le note a ,, somiglianza delle lettere latine corrispondenti ,, . Conobbe 1' egregio A. che questi due canoni non sareb- bero stali facilmente intesi a prima giunta dai leggitori , e perciò soggiunge ,, Proviamoci con tali due principi di por- ,, re in chiaro il sistema . Capovolti , e rivolti I ed X ri- ,, mangono inalterati . Sottomesso all' istessa operazione p^ ,, divenne V lettera Romana j il T, o cinquanta divenne j^ : ,, si conservò tale molto a lungo , e fu poi ridotto a Ro- ,, mana lettera mozzandogli la gamba sinistra , con che ven- ,, ne L : il ^ (ù fatto C : il circolo tagliato per mezzo ri- De' Numeri Romam 197 ,, mase un tempo, ìndi si laiinìz,z,ò cangiandosi in M ; e pei- „ che figura la più prossima , e perchè iniziale del latino „ Mille . Io non parlo (jui del Cinquecento che non trovan- „ dosi in una nota particolare presso i Toscani , si creò dai „ Romani per un nuovo metodo di bissecaniento della no- „ ta millenaria ,, Pago io di avere fedelmente riferito le discordanti opi- nioni di due letterati di vaglia intorno all'origine dei nu- meri Etruschi, e Romani , non potrei erigermi in loro Giu- dice , che per somma arroganza . Piuttosto esporrò io pure il mio sistema , se non per istruzione , almeno per onesto passatempo . A me piace di trarre la richiesta origine dalla Geometria in questo modo . E certo che qualunque linea retta somministra 1' idea dell' unità , senza bisogno che sia eccitata dal chiodo perpendi- colare confitto sopra la cornice dei due Tempj ; 1' angolo acu- to formato da due linee rette eguali somministra l'idea del V Romano j acquistata la quale si presenta come sponta- neamente 1' X , protraendo le due linee al vertice, con che si hanno appunto due V ; il rettangolo somministra l' idea dell' L i il semicircolo aperto la somministra del C ; V altro se- micircolo, gli estremi del quale sieno uniti per mezzo del dia- metro , la somministra dell' M ; la qual idea è somministrata con maggior perfezione abbassando due perpendicolari dai due estreiui del V. Non mancherebbe un terzo mezzo di ac- quistare la stessa idea che io esporrei , se noH bastassero i due già detti . Il mille s' indicava anche dagli antichi Ro- mani cosi CID, e quindi con cifre pure geometriche. 11 mio sistema oltre ad assegnare una sola , e nobilissima origine ai numeri si Etruschi , che Romani , non abbandona tutto al vario innesto accidentale de' chiodi , né consente che alcuna lettera Greca soffra l' incomoda situazione di star capovolta , e che di più le sia mozzata una gamba , 198 Letteratura Si opporrà , nvei- io bensì trovato i numeri Etruschi , è Romani nella Geometria , ma non già derivato da essa la loro origine . Al che lasciando io di dire essere sugge- rimento natìirale di cercar le cose dove si trovano, rispon- do , che se altri ha potuto trarre il suo sistema dalla fortui- ta combinazione de' chiodi , ed altri dal capovolgere, e rivol- gere l'antica notazione Etrusco-Italiana , e dal ridurre prossi- mamente a poco a poco le note a somiglianza delle lettere latine corrispondenti , strano sembrar non debbe che io mi fondi sulla Geometria , se non per avere un origine sicura ; nel che sin qui ninno è riuscito , uè forse alcuno riuscirà mai , almeno per avella probabile . Che se non pertanto il mio sistema non piacesse , io poi non vo' disperarmi , Per quanto possa esser vero che le questioni simili a quella di che si tratta nel presente Opuscolo sìeno di tal indole da non lasciare che facilmente se ne scopra la verità ; ciò non pertanto è sempre cosa laudevole il tentare 1' im- presa , anche perchè tanto solo basta per mettere gli iutra- prensori nella necessità di procurarsi il corredo di molta erudizione, e di esercitare l' ingegno j di che ridonda gran- dissimo vantaggio alle scienze , ed alle lettere . Spesso acca- de che cercandosi ciò che non si troverà mai , si trovi ciò che cercato mai non si sarebbe , ed era utilissimo il cono- scere . Il Big. Professore Orioli accoppiando alla scienza pro- fonda una singolare modestia , si scosta bensì dall'opinione del Big. Professore de' Mattei ^ anzi pure la impugna , ma senza orgoglio , e senza mancare alle leggi del rispetto , e dell'amicizia. In tal guisa la buona armonia fra lelter.iti In- vece di scomporsi sì conserva, e riesce più gradita. Impari- no a tale scuola coloro , che non sanno criticare senza deri- sione , e talvolta senza villanìa, ed insulto. Lo stile della lettera ini è paruto in qualche tratto al- De' Numeri Romani 1 99 quanto trascurato : il che se pur fosse vero , potrebbe beri perdonarsi il difetto a clii sa scrivere con tanta erudizione , con tanto criterio , e con tanto ingegno . ^ La Città di Bologna che sempre si è distinta in qual- che Scienza sino a meritare in ogni tempo l'onorevole epi- teto di Dotta, ora si distingue singolarmente per non pochi soggetti versatissimi in ogni genere di erudizione . Tali so- no ( il nominarli torna lo stesso che fjire il loro Elogio ) il professore Mozzofanli , Schiassi , Valeriani , Orioli , Bar- toloni , e li SSri. Molina , Bianconi , Bruni , Angelelli . Sen- to che mi si chiede. Fiorisce Bologna anche nella Medicina e nella Chirurgia ? Senza dubbio . Anche nelle Matemati- che ? Certamente. Anche nelle belle lettere? E' fuor di con- trasto . Anche nella scuola di Giurisprudenza ? E che ? So- no io forse obbligato di rispondere ad ogni interrogazione ? Vincenzo Avv. uegliAntonj. Di una nuova Scena di Tei'enzio. Art. 1. 'al chiarissimo Signor Abate Francesco Cancellieri abbiamo ricevuto in grazioso dono una scena non per anco tra noi conosciuta , che vuoisi del nostro antico comedo Terenzio, ultima dell' Andriana . Fu dessa per la prima volta trovata in un codice diAlt- dorf, e senza alcuno studio venne pubblicata dal eh. Signor de Mùrr ne' memorabili della Biblioteca di Norimberga. Non appena però giunse alle mani del Cav. Albino Millin dotto Francese, di cui ci resta- no molte opere , e il nome caro alla sua non me- no che ad ogni letterata nazione , fu dal medesimo mandala al valoroso Napolitano Gio. Antonio Cassit- ti: il quale per aver data gi^an pruova d'ingegno nel pubblicare molte favole di Fedro disseppellite da' co- aoo Letteratura dici , potea nobilmente trattare di simil cosa: tanto più cHe fin allora , quale fu poi dal de Mùrr stam- pata, comparia la scena suddetta mal trascritta , e pie- na di errori. Avendola ora dun.fue il Signor Cassitti corretta , distinta nelle sue parli , e punteggiata se- condo le regole, oltre di averne rilevato i sensi, e data genuina scrittura in alciuie voci : noi sua mer- cè , e per la fruttuosa amicizia del Cancellieri sia- mo i primi a farla conoscere nel suo più beli' aspet- to alla letteraria repubblica. E prima bisogna che diciamo , terminarsi V^n- dricina di Terenzio senza che si veggano concluse le nozze di Carino con Filicnena : qiiàwìo che dall'ar- gomento tribuito a Sulpizio AppoUinare , e dagli an- tecedenti della catastrofe pare che oltre Panfilo an- che il povero Carino dovesse aver la sua sposa: ma di esso più non si parla nello scioglimento. La sce- na , della quale si tratta , rivede G remete , che a Carino concede l'altra sua figlia e la dote , di die tutti restano contenti e sod^lisfatti. Poniamoci dun- que ad ascoltarla. Panfilo dice a Davo , come ognun sa, Tu Bave ahi (lonium. Ma poi ( e questo è nuovo ) scorge che ne viene lo stesso Cremete : ed aggiunge a Davo in Emistichio , il quale è congetturale del Slg. Cassitti. Sed eccicni ipsum , mane . Fermando cosi Davo , e lasciandol da parte con Ca- vino , va Panfilo incontro a Cremete ; e seco lui par^ ìando , così prosieguo la Scena novella : ANDRIA - AGTUS V. SCENA VIL Pamphilus - Chremes - Chaui^us - Da.vus. Pamph. 1 Te expoctobniTi. Est de tua re qnod agore ego te volo, <.)|)er,in» dedi ne me esse oblilum dicas ui:e gnalae allerae , Tihi ine o[)iuur iuveuisae digiiuui le al.jiie illà .... Nuova Scena di Terenzio. 201 Chau. .... Perì Dave ! de meo amore ac vita sors toUilur ! Chr. 5 Non nova (i) islhaec mihi conditio est, si voluissem, Pamnhile. ChA-r. Occidl ! Dav. Mane . Ghar. Perii ! Chk. Id quaniobrem nolui (2) eloquar. Non idcirco quod euni ad fìneoi mihi nollem. Char. Hem ! Dav. Tace . ^ Chrem. Sed amiciliam nostram (3) quse a patribus nostris tradita, Non aliqua parte studili abreplam (4) tradi liberis Wnnc quum copia ac fortuna, utrique ut obsequerer, dedit, Detur , Pamph. Bene factum Day. Adi , atque age (5) homini gratias Char. Salve , Chreme ! (6) O amìcorum meorum omnium mihi amicissime ! (7) Pamph. Td mihi non minus (8) est gaudio, quam id quod abs te expeto. Me reperisse ut habitus aiiJe hac fui tibi . i5 Animum quoad cumque adplicaris Studium ex inde in te ( meuni ) (g) tute existimaverìs. Chrem. Id ita esse facere conjecturam ex me licet : Alieuus abs te, quis Lamen esses noveram . (10) Char. Ita res est . Chrem. Gnatam tibi meam Philumenam 2u Uxorem , et dotis sex talenta spondeo. 202 Letteratura E qui siegne 1' ultimo verso già noto : Intus transigetur si quid est quod restet. Plaudite. NOTAR : in Mss. Allordurpli. habentur hcsc. (i) non nove (2) non rolui (Z) amicitia nostra (4) non ali- ena parte stndii arfdnctam (5) Abi , ntque age. (6) Salve Cre- mes (7) Amicorum mcorum oranium mihi agissime (8) Quid mihi commiims (9) ( meiim) (/ee^/ (io) tamcn quis tu esses noveram. Lodando intanto ii bel lavoro del Sig. Cassit- li ; siccome questa è cosa , intorno alla quale molto si pai'lerà ; ci riserbiamo ad esporre in altro quader- no ciò che in generale , ed in particolare vi abbia- mo osservato , e che vi osserveremo eziandio. C. S. Iscrizioni Nomentane . A D. Loretantonio Santucci amico dolcissimo , Luigi Biondi . ilLvendo brevemente illustrate le Iscrizioni dell' an- tica Nomento , lio creduto di dover elegger voi , a cui sopra tutti gli altri la mia Operetta indiinzzi : SI perchè voi siete Nomentano : sì perchè coll'aju- to vostro il mio qualunque lavoro mi si è reso più facile , che stato non sarebbemi senza quello : SI perchè la nostra antichissima amicizia mi sprona- va da lunqo tempo a darvi qualche pubblica testi- monianza dell'amore, che io vi porto, e dell'ono- re , in che io vi tengo . E se il presente è piccolo , né tale , che a' vostri meriti si confaccia , e che ag- guagli il desiderio che avrei di donarvi molto ; vi pre"o a voler considerare più la mia intenzione , che ia picciolezza del dono : il quale , se non per altra rosa , vi sia almeno grato per (piesta , che parla del- la patria vostra . Sappiate adunque , che il mio ra- gionamento è diviso in quattro brevi Capitoli . Nel primo Ilo voluto premettere alcune poche notizie in- ISCRIZ. NOMENTANE . - 2o3 torno Nomento : Nel secondo ho fatto parola delle Iscrizioni recentemente cavate dal sepolcreto disco- perto lungo la via Noinentana all' iind ecimo miglio da Roma , e circa a un miglio presso la vostra Ter- ra : Nel terzo ho illustrate quelle , che già trovate ab antico , si conservano o dentro Mentana , o ne' Poderi convicini , Finalmente nel quarto ho parlato di altre Iscrizioni, che dalla vostra Patria sono sta- le trasportate a Pioma , e collocate nel Museo Vati- cano . Amatemi come suolete , e quanto io vi amo . Di Roma li 27. Marzo 1815. CAPO I. Notizie intorno V antico Nomento . Nomento ebbe più antica origine che non ebbe Roma , come testimonia Virgilio al VI della Eneide : Dove parlando dei Re d'Alba così dice: Qnei che son [à di quercia inghirlandati Ili Gabii di Komento, e di Fidene Parte propagheranti il picciol regno ; Parte su' monti il tempio ti porranno U' Inno , e la terra che da lui dirassi , r. Gollazia , e Pomezia , e Boia, e Cora, Che questi nomi allor quei luoghi avranno Ch' or ne son senza. Per la qual cosa i Nomentani sono chiamati da Ti* te Livio (1) priscl latini : e furono uomini bellico- si : e assai volte vennero alle prese coi Romani : e se da questi furono vinti la sconfitta non generò ad essi iufaiuia, e l'aver combattuto fortemente coi for- ti generò gloria . Taix|uinio Prisco fu il primo che a Roma li sottomise . Poscia insieme con tutti gli altri popoli del vecchio Lazio si ribellarono dai Ro- mani : e tre volte in tre anni , e in tre guerre cad- (1) LIL. 1. cap. i5 num. 38 Ì04 L E TTERATURA (lero , e finalmente alla terza più non risursero . Le quali guerre sono niemorabili negli annali di Roma . Imperciocché nella prima i Consoli T. Manlio Tor- quato , e P. Decio amarono più la Patria che se sles- si : e l'uno • 'I Figliuol percus»e F, viver orbo per amor sofferse De la militia , perch' orba non fasse : V altro offri la propria vita in sagrifizio agli Dei per la salale di Boma . Per lo contiario nella seconda guerra i Consoli Tiberio Emilio Mamercino , e Q. Pu- blilio Filone più se stessi amarono che la Patria: ed ebbero soverchia cupidigia dell' onore del Trionfo : ed eccitarono dissensione tra Plebe , e Senato . Nella terza i Consoli L. Furio Camillo , e C, Menio ruppero siffattamente gli eserciti degli antichi Latini , che il germe di ribellione in quelle paiti si estinse . E le Città , e le Castella de' vinti furono dai vincitori , quali più dolcemente , quali più aspramente tratta- te . E Nomeato fu tra le prime : perciocché gli abi- tatori di Nomento furono ricevuti nel numero dei Cittadini Romani (a) . Allora la gloria militare del Popolo Nomentano si confuse colla gloria di Roma : a quella guisa che un fiume , entrando in altro maggiore , perde il nome , benché la forza non perda . Ma la uberlà del Ter- ritorio , e la squisitezza de' vini resero Nomento il- lustie, e per particolar fama assai celebre (5) . Su che è a leggersi C. Plinio al Libro XIV cap. I^ . Dove parla del prodigioso valore di LX jw^tii di terra coltivata a vigna da Acilio Stenelo . il narra inoltre come Remio Palemone il Grammatico avendo comperati alcuni vigneti per trascuraggine negletti, j)Otè por le cure del nominato Stenelo , e per la (2") Livio lib. 8. rap. a. ad 12. (3) Co' im:I. (I- l'vc rustie. T.i!>. 3. cap. 3. IscRiz. Nomentane. 2o5 fertile natura del suolo renderli di tanto migliori nel breve spazio di otto anni , che dove i ridetti vi- gneti erano slati comperati DC Nummi , la sola ven- demmia dell' anno ottavo fu venduta CCCG . Ed era tanta la dovizia delle uve , che a vederla le genti vi concorrevano . Per la qual cosa Anneo Seneca , che non suole va poi essere ammiratore di cose fri- vole , siffiittamente di quella possessione s' innamo- rò , che non si vergognava di vantarla per la più bella, e la più cara cosa ch'egli avesse \ista giam- mai , E la comperò quattro volte pili che non era costata dieci anni prima : e sovente le coltivate vili gli resero sette Cidei , cioè \l\o Anfore di vino per ogni jugevo (4) . Né la copia del vino , come assai volte addiviene , ne minuiva la bontà . Anzi il vino Nomentanio era reputato prezioso quanto il Faler- no . Laonde molti illustri personaggi Romani ebbero presso Nomento Poderi , e Ville . Coinelio Nipote nella Vita di Pomponio Attico fa menzione dei due soli poderi posseduti da quel grand' uomo : il No- mentano , e 1' Ardeatiuo . Marziale parla più volte della sua Villa Nomentana (5) : E Cajo Plinio , e Columella ragionano dei Poderi di Anneo Seneca , e del Grammatico Remio Palemone , secondochè ab- biamo già riferito , La fama 5 la ricchezza, la molta popolazione dijNo- mento operarono , che la Via, la quale da Roma con- duceva colà , e poi si stendeva alle altre Città su- periori , cangiasse nome , e di Figid/iense , o Ficul- nciise si chiamasse Via Nomentana; e si appellasse No- mentano il Ponte suU'Aniene, che attraversa la stes- sa Via a due Miglia e mezzo di distanza dalla no- stra Giltà , Che la Via Nomentana avesse Jiorae di Fi- (4) 11 Culeo , o Culleo era la maggiore tra le misure romane , né potea trasportarsi che sopra un carro tirato da due buoi . Cito dft Ee rustica e. i2. (5) Lib. 6. Epig. 43 Lib. i3. Ep, 119. G. A. To. IL \\ 2o6 Letteratuwa culnense ci vien detto da Tito Livio (6). Il quale narrando la partenza dei concitati Plebei da Roma verso il Monte Sagro , dice , che presero la Via No- mentana cui funi Ficulnensi nomen fuit . Alcuni hanno tenuto , che quella Via si chiamasse Figulnen- sis a Fis^'dis, perchè su quel sentiei-o fossero molte fornaci di Vasellaj . Altri hanno stimato essersi così chiamata da qualche antico , e forse sacro albero , o tronco di Fico ( Lat. Truncus Ficulnus ) . Io leg- gendo in Livio (7) , che ai tempi di Tarquinio Prisco tra le Città dell'antico Lazio una ve n'ebbe chiamata Ficulnea vetus , non dubito che quella antica Via avesse preso nome da quella antichissima Città . Ora per la corruzione de' Vocaboli la Via Nomentana chiamasi J^ia Lamerì.tana , il Ponte Nomentano Ponte ^Lamentano ; e Mentana appellasi la Terra edificata sopra , o presso le mine dell' antica Nomento . CAPO IL Iscrizioni Nomentane recentemente scoperte I. Ara con Encarpo , e due Colombe che volando si baciano . DIS M. LI . . . . EROTI VESTIARIO . DE . HORREIS AGRIPPINIANIS CLAUDIA . TI. F. MOSCHIS VIRO . CARISSIMO Il Nome gentilizio può essere Livio , o Licinio , o altro che incominci dalla sillaba LI. Il cognome , (6) Lib. o. cap. 2^. num. Sa (^) Lib. 1 cap. i5. ISCRIZ. NOMENTANE . 207 V o terzo nome personale può essere Ilermeroti , o Eroti , frequentissimo ne' buoni tempi , e di origine greca . Dis Manibus Sacritm Marco Livio ( aut Licinio ) Hermeroti ( aut Eroti ) Vestiario de Horreis Agrip- pinianis Claudia Tiherii Filia Moschis Viro Ca- rissimo . La Claudia Moschide , che cfuesla Iscrizione pose al suo defunto Marito era Donna ingenua figliuola di un Tiberio Claudio . Quel nome Moschis è gre- chesco , e significa Vitellina . Le due Colombe di- notano la fedeltà conjugale. Era stato il Marito di Moschide Vestiarius de Horreis Agrippinianis . E per ciò vuoisi intende- re che il suo mestiero era di far traffico di Vesti , o formandole , come oggidì sogliono i Sarti ; o ven- dendo le cose , che alle vestimenta appartengono , come fanno tra noi i Mercatanti di panni , e drap- pi ; o presiedendo al luogo dove la vendita si ese- guiva . E doveva esser costui Mercatante di buona ragione : perchè i piccioli Sarti , o Merciaj chiama- vansi Vestiarii tenuiariì per indicare che facevano o vendevano vestes tenuiores . Di che fanno fede due Iscrizioni riferite dal Grutero : la prima alla pa- gina 65o num. 8. , M. CINCIVS . M. L. THEOPHILVS VESTIARIVS . TENVIARIVS la seconda alla pag. 1067 MERCVRIO . SACRVM MATTIVS . PATROBIVS . VESTIARIVS TENVIARIVS L' esercizio dell' arte di Vestiario fu reputato ono- revole in guisa; che se taluno di Vestiario fosse di- venuto l^^egoziatore , ciò è grande e ricco Merca- tante , pur non si vergognava di rammemorare quel suo primo mestiero : come è a vedersi da una an- tica Iscrizione riferita dallo stesso Grutero pag. 65 1 num. 3. i/j * 2o8 Letteratura IVL . VICTOR NEGOTIATORI QVONDAM . VESTIARIO TESTAMENTO . EIYS IVLIVS . CLEMENS AQVILIFER . LEG. Ili . ITAL FRATER . EIVS E in quella guisa che tra noi si usa , era vi pres- so i Romani antichi il costume di scegliere tale o tal' altro tra i Vestiarii , perchè fornisse di vestimen- ta o r Imperatore , o i Pontefici , o altri simili uo- mini di grande affare . Di che son teslimonj epe' rozzi versi , che il Grutero ha trascritti nella sua grande Opera pag. 1173 num 6. Hoc tumulo Bajoli condunlur membra sepuìli Sed pollens minima darò remeavit Olimpo Meruit Ponlijlcum qui primus P'estiarius esse Qaem servalor Poli redimwit stola perenni Hcec dccornsus amici depinxit in vertice Tymhae ylcolotììus ne latent quis hic humatus qiiiescat Dove io avviso che la parola Tjinbae fosse una vo- ce popolare di antica greca origine , dalla quale poi sia derivata la voce Italiana Tomba : giacché i La- tini pronunciavano V in vece di Y , onde ne' Pie- destalli tlegli Obelischi veggiamo scritto AEGVPTO in vece di AEGYPTO : E gì' Italiani in desinenze si- mili pronunciano 0 in vece di V , come Colomba in luogo di Colamba . Ed in realtà la parola Tuniba nel nostro senso fu spesso usata dagli Scrittori de' bassi tempi : lo che vien provato con molti esempj dal Menagio . Ma ritornando al Marito di Moschidc , questi ave- va esercitato il suo mestiero ai Granaj di yigrippi- na . E qui è da notare che la parola Horreum non sempre presso gli antichi indicava il luogo , ove il I.SCRIZ. NOMENTANE . 209 solo Grano si riponesse . Imperocché vi sì riponevano e ori , e argenti , e cose altre preziose , e ogni sorta di mercalanzie . Oltrachè avevano la medesima destina- zione che hanno i nostri Monti di Pietà , conservan- dovisi i pegni , e i depositi . Perciò oltre ai Granaj privati ve n' era di molti pubblici ; e P. Vittore ne annovera fino a 3og : I quali per la più parte prendevano nome dai loro Autori , come Horrea Jiii- ceti Vargiinteii Sei ani : Horrea Augusti , Domitia- Tìi , Germanici , A grippince . E questi Grana] di Agrip- pina erano nella ottava Regione , cioè a dire nel Fo- ro : ed alcuni asseriscono essere stali gli stessi che i Granaj di Germanico , come quelli che fossero slati lubricati da Germanico , e da Agrippina dopo se- guito il lor Matrimonio : Altri per lo contrario opi- nano che fossero diversi , e come diversi li accenna P. Vittore : la cui opinione sembra confermata dal nostro marmo . Suolevano coloro , i quali qualche arte o mestie- ro esercitavano , indicare il luogo del loro traffico , come nelle nostra Iscrizione si vede , ed in altre as- sai . Fra le quali piacemi qui trascriverne una , per- chè appartiene ad un' altro Vestiario , che traflicava in una Contrada chiamata Vico Toscano . (8) P. FANNIVS. P. L APOLLOPHANES . DE VICO . TVSCO . VESTIARIVS CLODIA . ALISCA Ma egli è tempo di passare alla seconda Iscrizione . I I Quadro di Travertino SCIFONIA . T. F PAVLLA Scifonia Titi Filia Paulla Donna ingenua . (8) Giutero pag. 617. num/fl. aio Le TT ERAT UR A Altro Quadro di Travertino simile IN. FR. P. XI IN. AGR. P. XIIX Probabilmente questo Travertino ^ra sottoposto al primo , ed indicava che l' area sagpra , dalla quale era aggirato il Sepolcro di Scifonia , éi stendeva XI Pie- di lungo la strada , e XMII Piedi per entro il Cam- po. Foi'se Scifonia è nome derivato dal Greco erso un linguaggio ; Versi di Nembrotte e di Pluto . a 1 5 e per ultimo le qualità del linguaggio dichiareremo • E come promette , così procede . Fattosi perlanlo a fermare la vera lezione del testo, sen- za la quale non si potrebbe mai iuterpetrarlo , egli stima suo debito il notare distintamente tutti que' modi , co' quali tro^ vasi scritto il i^erso di Nembrotte ne' codici più, preziosi e per antichità e per postille, che formano V ornamento del- le Romane Biblioteche . Bibl: Vaticana Ms. del Boccaccio n. 8199 Raphel mai amec zabi almi Ms. del Bembo n. 8197 Raphel mai amech zabi almi Ms. fig. degli Urbinati . n. 365 Raphel maj Amech zabi Almi Bib. Barb. Ms. del Secolo i^. n. i534 Raphel maj amec zabi almi Bib. Casanattense . Ms. del sec. i4. A. III. 4> Raphel mq,i mec zabi almi Bib. Angelica. Ms. con postille S. i. q. Raphel inai amech zabi almi Bib. Corsiniana Ms. con postille, n. i368. Raphel mai amech zabi almi A quest' autorità è da aggiungere quella della Crusca : la cui edizione dicono fondata sovra la fede di cento e più, codici manoscritti che tuttavia si conservano in molti luo- ghi e presso varj gentiluomini della nobilissima città di Fi- renze (V. Pref del Volpi Ed. Comin. ) Per le quali autori- tà il Lanci condanna apertamente la lezione del Nidobeato seguita dal P. Lombardi : Raphegi mai amech izabi almi ove si vede cangiato in Raphegi ed in Izabi il Rapltel e Io Zabi delle altre edizioni , « de' pili celebrati codici di Firenze ai4 L E T TER at un a e di Roma . E questi ultimi singolarmente danno molto con- forto alla sua sentenza. Perchè siccome abbiamo quel verso col- la mancanza di quelle sillabe scritto dalla mano medesima del Boccaccio e del Bembo , cosi non crederemo giammai che due poeti d' orecchio tanto fino e gentile ne abbiano po- tuta scemare la quantità , o per ignoranza , o per vaghezza d'errare. Ma si dee credere che il Boccaccio eì Bembo l'abbiano scritto a quel modo per seguire l'autorità de' Co- dici più solenni ed autentici , da' quali essi traevano le co- pie loro. Lodata quindi l'opinione del Lanci, non taceremo pure chea moki è sembrato ch'egli esca in parole troppo amare coutio il Lombardi è 1' edizioni Romane . Perchè dobbiamo confessare liberamente che quel chiosatore durò una fa- tica molto utile e celebrata : che le sue note sono an- cora le pili belle di quante girino per le mani degli stu- diosi : che seguitando il Nidobeato , purgò il poema di mol- tissime, è brutte macchie ; che buone varianti si trovarono nel Codice Gaetanì per la prima volta studiato dai chiaris- simi che curarono la seconda edizione : e che queste fatiche hanno giovato assai a svegliare e diffondere lo studio , e l'ia- tendimenlo di questo altissimo poema in Italia , e fuori : on- de al Lombardi , ed ai Romani editori deggiono molto le no- stre lettere per questo stesso che il Lanci osserva sapiente- menle m: che quando fa trascurata la lettura di Dante, il biion gusto cadde in Italia ; ne alla prima vita e al suo splendore risorse , se non quando si tornò di bel nuovo al- la meditazione di quelle carte die gli fecero tanf onore . Crediamo che con tali dichiarazioni possa comporsi in pace qualche questione , che forse può nascere dalle querele del Lanci contra il Lombardi . Per cui dopo aver noi tributate a questo eccellente scoliaste le lodi che gli si deggiono , non niegheremo che nella sua chiosa non sicno alcune men- de j le quali sono penetrate o p*;r 1' oscurità e fortezza de' Versi di Nembrotte e di Pluto . ai5 coftcetti Danteschi, o per la iaferma condizione di tutte le uma- ne opere, o per lo stancarsi della diligenza in così lungo e faticoso lavoro . Il che forse avvenne , perchè a' posteri rima- nesse da spigolare un poco dentro quel ricchissimo campo, dove il Lombardi già seppe mietere largamente . Il quale se può difendersi in alcun suo peccato , certo , è da difendere in questo j perchè seguitando egli la comune ed antichissima opinione , per la quale tenevasi non essere nel verso di Nem- brotte alcuna significanza , lo lesse a quel modo che gli par- ve più intero , e meglio accomodato al giudìcio dell' orecchio ed alle prepotenti leggi dell' armonia . Ora però che per le cure e la dottrina del professore Romano vuoisi cercare , se in quella parola sia alcuna qualità più nobile che non è quel- la del nudo suono , noi saremo contenti di leggerlo , come pare che richiedano non solo tutti i migliori codici , ma an- che il senso che sotto il velame di quello strano verso si possa chiudere . L' A. viene considerando che sarebbe assai dura cosa il credere che Dante avesse voluto invilire uno de' bellissimi tratti della divina Comedia con bizzarre e sciocche parole . E quelle di questo Nembrotte s'accostano veramente ai ghi- ribizzi del barbiere Burchiello, quando per far paura a' fat- torini della sua bottega , cantava . Coche de busìor , stinche tralecche Lee salem scaca sac , salem molecche . Vere baje ; che pure non si rimasero senza le erudJtìs- sime note degli sposi tori : i quali da fontane Ebraiche , Cal- daiche , Arabiche , Siaiche e Siriache gravemente le deriva- rono . Ma quel buon barbiere era uno spirito bizzarro ; e nulla più . I suoi scoliasti erano genti che si pi-endevano gioco de' leggitori ; e forse anche si facevano beffe dell' ar- te dell' interpretare , Non può dunque istituirsi alcun para- gone fra il barbiere di CalinjaU , e il Cantore dell' infer- 2i6 Letteratura no : nella cui mente rigida e quasi fiera non sembra che do- vessero entrare imagini , le quali non fossero austerissime ed alte , e tutte nudrite di virile sapienza . Specialmente in que- sto passo, ove ( siccome osserva il N. A.) il poema è tut- to atteggiato ad ispirare il terrore : che è un affetto che mai non iscompagnasi da gravità . E qui vogliamo osservare , co- me il Mazzoni , quel gran difendi tore di Dante , poiché giun- se a dichiarare questo luogo , per salvarlo dalle accuse degl' inimici , cercò alcune difese, che non bastarono al suo bi- sogno . Imperocché pensò di recare 1' esempio d' altri gran- di poeti che fecero il medesimo : e citò alcuni luoghi di Mar- ziale, dove a condannare la Fabulla , e l'oscena Lelia e il mal grazioso Rufo , ed altri , mescolò alcune voci greche fra le voci latine: siccome fecero Ausonio Gallo, e Giovenale nella satira sesta : e Augusto in quella lettera eh' egli scris- se per deridere Mecenate . In tutti i quali luoghi da que' poeti non furono usate voci ignote , e fantastiche , e ridevoli , ma veri e vivi vocaboli tolti al Greco linguaggio, ch'era notissimo a tutti gli uomini che fra' Romani conoscevano gen- tilezza . E questa è cosa veramente tutta diversa dal fatto dell' Alighieri : che con que' latini esempli potrebbe difender- si , dove ne' suoi versi adoprò voci Latine , o Greche : ma non dove egli pose vocaboli , che non sono d' alcuna vera favella . E grande è qui 1' errore del buon Mazzone : men- tre per iscusare il Baphel e V amec recita quel luogo di Ci- cerone nel settimo delle Epistole , in cui quasi scherzando inventò quelle due parole Appletas , et Lenlulilns , a deno- tare le qualità d'Appio, e di Lentulo . Dove ognuno subi- to vede per se medesimo il valore e 1' uso di que' due vo- caboli di Tullio : ma di quelli di Dante nulla sanno né i lettori , né il chiosatore : che ha fatto scusa alle cose igno- te coir esempio delle note . Il qual modo a noi sembra as- sai strano, e lontanissimo dai buoni ordini dell' arte logica. Versi di Nemerotte e di Pluto. 217 Un altro argoraeato trae il Lanci dall' apparente man- canza della misura . Perciocché qualunque elisione si am- metta , e si distenda il più che si possa quel verso , ne verrà sempre la somma di dieci piedi , Ra-phel-ma-i-a-mech-za-bi-al-mi . diremo forse che il poeta di migliaje di terze rime tutte di ben misurati versi composte (e sieno pur materie le più fa- ticose a trattarsi ^fallisse allorquando voleva cercare in- significanti vocaboli ? E qui dottamente dimostrasi come in molti luoghi del poema si leggono versi che al grossolano leggitore pajano errati : e noi sono : perchè in essi furono seguite le leggi del pronunciare , e non il material numero delle lettere . Cita egli perciò quel trittongo. Dal vostro uccellatojo che coni' è vinto e il verso : Nello stato primajo non si rinselva € l'altro che si fa intero per la voce che il proferisce: Or D , or I , or L in sue figure E afferma non trovarsi misura certa nel verso di' ieu no" m puous , ne' m' vueil a vos cobrire se non venga letto al modo de' Provenzali . Pel qual ragiona mento conchiude : che il verso di Nembrotte mostra d'ap- partenere a tal favella , nella cui pronuncia da mozzo eh' ei sembra si faccia intero . E cosi ragiona . Havvi dunque uu linguaggio nel verso di Nembrotte che profferito al modo che Dante ha inteso , ed il linguaggio porta , deve inte- ro suona? e . E son d' opinione che a sommo studio abbia Dante così segnato i vocaboli , perchè si conosca bene la verità d' un linguaggio . Facendo pure considerazione che la divina Commedia non e di soli versi Italiani compila- ta , ma sparsa di lingue varie : leggendovisi ora versi La- tini , ora frammischiati d' Italiano e Latino , ed ora Pro- venzali del lutto : é forza il credere che siccome ove lin- gua cambiò ( ma lingua ben nota ) ci diede giuste misure , ai8 Letteratura e ci dichiarò sentimenti compiuti , così debba essere il ver- io di Nembrotte articolato nel suo dialetto , non tanto di esatto metro , quanto contenente un significato che alla per- sona , in bocca di cui fu messa ben si confaccia . E veg- gìamo che volendo egli rimare V ebraica voce SABAOTH di già introdotta fra le latine nelle laudi della Chie- sa: mancandogli la voce sorella la rinvenne fra V Ebrai- che radici : e disse cantando . Osanna sanctus Deus Sabaoth Superillustrans ciarliate tua Felices ignes horum malahoth . Nel che sono due cose a notarsi : prima : che il SABA- OTH, e il MAL/4 HOT H vanno accentati all' ebraico mo- do nelV ultima sillaba , percJiè venga il giusto metro de' versi colP accento acuto alla fine . In secondo luogo : ( al che non hanno atteso i glossatori ) che essendosi nel lati- no alterata la pronunzia del SABAOTH Dante ha volu- to seguire la stessa alterazione nel MALAHOTH; laqual voce in pili codici Malacoth , e Malacot è segnata . Per- ciocché nelP arabica favella il Sabaoth , che nel numero del meno è SABA ( esercito ) nel numero del piii fem- minile puntato di SCEFA sotto il primo elemento si proferisce SEB.40TH ( gli eserciti ') . E in quella guisa che Dante scrisse il MALAHOTH, volendosi da lui si- gnificare I REGIVI , non si deve tal voce dedurre da ME- LAHOT , che significherebbe LE REGIIVE : ma si bene da MALHUJOTH, ovvero MAMLAI10TH(^ I REGNI), così nel più. suonando il singolare MALCHUTH , e MA- MLACHA . Quel cambiamento adunque al quale, il SE- BAOTH fra i latini soggiacque ( tacendo della B. che pu- re dovrebbesi dolcemente produrre ) fu seguito con poeti- co ardire da Dante nel Malchujot , o Mamlacìioth , facen- dolo per tre sillabe , a venustà di rima in pari modo a' Versi di Nembrotte e di Pluto. 219 SABAOTH , latinamente suonare Malahoth. Non pertan- to qualunque sia la licenza , eh' egli si prese come poeta , non inventò il vocabolo , ma seppe in una dotta lingua rinvenirlo . E ornato il poeta di tanti lumi letterari e scientifici dovea forse smarrirsi nel ritrovare un linguag- gio , che si convenisse a Nembrotte ? E se tutti i versi d' al- tre favelle ; de' quali ha sparso le cantiche, sono \>eri lin- gu-aggi , qual a>' ha ragione che noi debba esser quello che suona sulle labra di chi fu il primo re della terra ? A questo secondo argomento seguita il terzo ; che si trae da quella parola salmi usata dal poeta; ov' el dice: che a quella fiera bocca non si convenieno più dolci salmi . On- de il Lanci conchiude che la metafora Salmo non può con- venire ad un urlo che non abbia alcuna signifìcanza : e che il poeta solamente n' awisa , che que' salmi non erano dolci. Questo argomento è veramente sottile : e ad alcuni parrà forse troppo sottile ; ma è pur forza concedere , che gitta un lume bellissimo ; sulla interpretazione pensata dal nostro sposi tore . La quale egli trova chiara , e certa nell' arabo idioma : in cui questo verso . ♦ O-'^'O^ Cr^^ ^ùj Raphe Imai amec hza bialmi letteralmente suona Esalta lo splendor mio nell' abisso , siccome rifolgorò per lo mondo Concello appieno orgoglioso e reo ; e degno di quella enGata anima di Nembrotte j che nel mondo avendo cercala sempre la luce della gloria , ora si finge che la cerchi ancor ne l'oscu- ro pozzo d'abisso. E a dritto. Perchè tanto si addice a que- 220 Letteratura sto superbo il cantare quel salmo di se medesimo , com' è dicevole , eh' ivi la bella Francesca parli ancora d' amore col suo cognato , e il fiero Ugolino ancor si pasca del cranio del suo nimico . Alla quale considerazione un' altra pure si aggiugne , ed è : che il dire di Nembrotte si accosta a quello di quegli altri dannati , che priegano il poeta , perchè di loro parli nel mondo : né coloro gli chiedono altro segno di carila. Ma di questo lo scongiurano sotto la pioggia del foco Guidoguerra , il Tegghjajo , e Iacopo Rusticucci : dicendogli : quando tu camperai da questi luoghi , quando tu ritornerai a rivedere le stelle, quando ti gioverà il dire ; io fui all' inferno -.fa che di noi alla gente favelle . ( Inf. e. 16. ) Ed il medesimo prego gli fa quel misero Ciacco, che pure non seguitò mai gloria , ma solo la dannosa colpa della gola . E non di manico in inferno , che altro chiede al suo cittadino , se non questo? Ma quando tu sarai nel dolco mondo , Priegoti che alla mente altrui mi rechi. C^'^if-7^ E di tal sete arde la miglior parte di que' dannati . Dalle quali cose appare manifesto, che nulla sentenza si conven- ga meglio a quel prodigio dell' umana superbia : e che be- ne si confà non solo colla condizione del Re di Babelle : ma coli' indole ancora dell'intero poema. Né in più brevi pa- role potrebbe mostrarsi la superbia unita alla confusione , che sono le due qualità di Nembrotte. Perchè la superbia pare in quel chiedere d' essere celebrato: e la confusione nel volere che di lui si dica non già per lo mondo , «ìome gli altri dannati vogliono, ma per l'inferno: dove la gloria si fa onta , e dove il più celebrato è sempre il più reo. Ma due forti argomenti si oppongono a questa chiosa . K il I^nci saggiamente li prevede : ed anco li combatte con grande artificio . Laonde se tutti i nostri leggitori non en- treranno nella sua sentenza, tutti certamente n»; ioderaano la dottrina, ed il prcspicace intelletto . Versi di Nembrotte e di Pluto. 221 Primamente può opporsegli , eh' ei non abbia seguita quella stessa lezione de' codici Romani e della Crusca , che a lui piace di scegliere siccome vera . Conciosiachè in que- sta è scritto : Rapìu-i mai amecìi zah'i almi ; Ed egli per trarne la sua interpìelazione ha mutato senza fede di co- dici , e letto Riwhe linai ainec ìiza bialmi . A questo ei risponde . Che le antiche scritture al secolo di Dante iiun erano così chiaramente stergate , che parola vi fosse bene distinta da parola . Ma in tale guisa vi era- no collegati i caratteri che il senso , e la pratica sola del leggitore li disgiungeva . Da ciò è avvenuto , che in progresso di tempo , cangiata V ortografia , e la foggia dello scrivere , perchè meno incomoda ne venisse la lei- tura , SI cominciò a disunire le parole , come i sentimen- ti chiedevano . 3Ia ove alcun senso non appariva , la di- sanione delle voci si restò al talento degli scrittori . Se Dante non aveva fatto palese il significato delle parole Nem- brottiane , qual regola doveano seguire gli amanuensi nel- le staccare quelle voci , delle quali il significato del tut- to ignoravano ? E' dunque avvenuto , che quelle voci con inesattezza staccate fin ne' prind esemplari , dessero occa- sione a posteriori copisti di seguirne l' errore . Cosi argu- tamente il Lanci : il quale seguita mostrando come la sua nuova lezione s'attiene tutta alle lettere scritte in que' codici e in quelle edizioni da lui commendate : e le lascia nel lo- ro ordine: e solamente le divide come vogliono le parole. Siccome pur si deggiono dividere in alcun luogo que' versi provenzali , che il poeta fa cantare ad Arnaldo nel 27 del pur- gatorio . Onde si fa noto che quantunque tutte le edizioni pongono giau sen diviso in due parole , pure debbo legger- si giausen : che vale gioioso. E dove scritto è /^em chella. sì ha da correggere per achella ; perciocché ackella è interci il poeta signi- ficato la durezza del suo salmeggiare, soggiugne che pel suo malvaggio potere, PUR UN LINGUAGGIO NEL MONDO NON SUSA . Vennero dunque tra gli uomini diversi linguaggi , e V uno V altro non intendeva . Forse Nembrotte senza lingua rimase? e muti i suoi discendenti ì Mettiamo che perdesse in pena del suo ardimento la na- tia favella ; ma non avrà forse in alcuna di quelle fa- vellato ; nelle quali si divise e moltiplicò il primiero lin- guaggioì E non poteva Dante farlo parlare in alcuno de' ge- nerati idiomi? Si disconveniva egli forse? Pertanto a qua- lunque idioma egli facesse passaggio , certamente che gli altri favellatori non intendevano lui : ed è ciò che indi- l5 * 2^4 Letteratura car volle il poeta . Ma io so?i fermo , che quelle voci A NULLO £' NOTO debbono intendersi A NULLO DI NOI DUE : a Virgilio e a Dante : benché a questo come visitatore delV inferno , non come sublime scrittore della Cantica. Perocché Virgilio per non parlare a vuoto, dice a Dante di lasciarlo , non essendo inteso da loro , e que- gli non intende la loro favella . E qui ragionando col poeta diciamo : che il linguaggio di Virgilio e di Dante è al linguaggio di Neinbrotte , come il Nembrottiano a a quel- lo di Dante e di Virgilio . 3Ia siccome il parlare di Dan- te e Virgilio , benché non compreso da lui , è pur una favella così tale debb' essere quello di Nembrotte , benché da Dante e da Virgilio non compreso . Queste sono argute investigazioni j e il Lanci ha tatto l'estremo dì sua forza per trarre il senso di que' versi al bisogno suo . Ma se questa è una verità si dee pur confessare col medesimo Dante che a pie dal xiero sempre il dubbio rampolla . Onde questa si fa- rà forse una bella materia per disputare fra coloro che segui- ranno le parli del nostro interprete , e quegli spiriti pili dif- ficili , che non volessero stare contenti alle sue considerazio- ni . Intorno le ragioni Arabiche lasceremo il deciderne a' co- noscitori delle lingue orientali : di cui in questi fogli noi li- beranaente riferiremo i giuJicj . Imperocché a questi principal- mente s'è rivolto il nostro professore : mostrindo cosi quanto ei confidi nella bontà della sua causa . Onde ha ìnlitul.ito il libro al doltissimo Mezzofanti , che è il più celebrato fra i Poliglotti Italiani viventi . E cosi il Lanci si divide dalla scliiera di quegl' indovini , che saprebbero con radici d'igno- te lingue dare significanza al gracidare de' corvi , ed al mug- gire delle vitelle : e che veggono eserciti , e palagi nelle fi- gure delle nuvole, quando sono girate dal vento . Se duniiue il voto degli Arabisti sarà pieno ed uni forme , seconduchè ci fa credere la dottrina dell' Ah. Lanci allora si farà dcbi- i Versi di Nembrotte e di Pluto. aaS to de' chiosatori il cercare quegli argomeati onde meglio sciol- gasi la questione che nasce dal ragionare di Virgilio . Diremo intanto , che sarebbe cosa al tutto strana , e quasi incre- dibile che Dante avesse scritte quelle lettere coli' intendi- mento di nulla significare : e che poi nell' Arabo si trovas* sero esprimere uu alto , nuovo , e cosi degno concetto . E questa sarebbe sempre una assai bella curiosità letteraria ; e non meno meravigliosa , che il veder formato il primo verso dell' Eneide con lettere che un fanciullo tirasse a caso fuori di uà urna . ( Sarà continuato ) 2a6 SCIENZE Sul moto della Canfora nelV acqua . Lettera al chia- rissimo Signor Professore Barlacci . JAiandando ne' momenti di ozio su i primi nume- ri del pregiatissimo Giornale la Biblioteca Italiana mi sono nuovamente imbattuto nella Memoria del Si- gnor Conte Paoli suU' Attrazione di superfizie , nel- la quale 1' egregio Autore prende motivo dal movi- mento siiir acqua della canfora , e di altri corpi di combattere 1' opinione del Professore Carradoiù sulla differenza della forza di adesione dalla chimica affi- nità . Veggendo che il Signor Conttì non è alieno dall' attribuire in parte il fenomeno della canfora al- le volatili emanazioni di questa sostanza , e che egli dà molto peso agli esperimenti de' chiarissimi Fisici Venturi , Brugnatelli , e Prevost tendenti tutti a pro- vare la stessa cagione , mi sono indotto a comunicar- le un mio tentativo , il quale sebbene semplicissimo non è stalo , per quanto io sappia , fatto da altri , e che già da parecchi anni ho partecipato a qualche mio amico curioso delle fisiche novità . Nel farmi per- tanto ad esaminare il movimento della canfora suU' acqua io allora non avea presenti che due cagioni soltanto del fenomeno , quella proposta da Romieu , vale a dire 1 elettricità , e 1 altra da Venturi , gli ef- fluvj cioè emanati da quel materiale urtanti nell' acqua , e ripercossi sopra di esso . Per determinar- mi con vma sufliciente probabilità alla investigazione dell'una, o dell'altra volli conoscere adeguatamen- te il fenomeno , e in tale circostanza feci le seguenti osservazioni, i.'* Gettati più pezzetti di canfora sulla superlizie di un' acqua limpida e tranquilla , il fé- Moto della Canfora . 227 nomeno die apparisce consiste meno nello girar de' pezzetti siiir area del liquido , dappoiché bene spesso non si allontanano da quel punto , ove sono caduti , quanto nello scostarsi dall'acqua circostante ora in un lato , ora nell' altro , e con tal sorla di moto che non esiterei chiamare piccioli salti . 2.° Meglio assai riesce la cosa quando i minuzzoli sono scabri , irregolari , ed in conseguenza presentano degl' inter- stizi fra le particelle prossime alla superficie : ho pro- vato di porre suU' acqua de' cubetti di canfora levi- gati nelle facce con lamina di coltello , e gli ho ve- duti restare immobili. 3.' Se i minuzzoli oltrepassano una certa grandezza conservano lo stalo d' inerzia ad onta che sieno scabri , ne abbiano alcuna forma geo- metrica . Siffatte osservazioni , dalle quali mi par- ve rilevare non solamente l'urto reciproco tra l' ac- qua e la canfora cagionato dagli effluvj di questa , ma le circostaze ancora naturalmente opportune ed al producimento degli effluvj , ed al sollevamento de' pezzi , siffatte osservazioni , dissi , mi resero inchine- vole al parere di Venturi , e mi decisero a sperimen- tare se impedita 1' evaporazione della canfora conti- nuavano o nò a muoversi i pezzi , Non vidi altro modo di arrestare V evaporazione , e non ari-estare al tempo stesso 1' elettricità , se per avventura 1' esi- to di questa avesse avuto luogo , che quello di av- volgere i minuzzoli con sottilissimo strato metalli- co , ed a tal uopo mi valsi di quelle tenuissime fo- glie di oro , delle quali si servono i doratori . Pre- si adunque vari pezzetti di canfora , e mi studiai da prima che fossero egualmente scabri intaccandoli leg- germente colla punta di un ago ; diedi in oltre po- chissima superiorità in grandezza a quelli , che do- veano rimaner nudi , per compensare il peso , qua- lunque esso sia , della copertura metallica ; ricoper- si infine questi colla foglia di oro , lo che facilmen- te ottenni coli' inumidirli pria alquanto colf alito . metterli poscia a contatto dell^ foglia , e in di ver- 22$ Scienze sì sensi ruotolarli sopra di essa mediante 1 estremo ottuso dell' ago sincliè niun pimlo fosse rimaso sco- perto . E' facile il concepire che questi fiammenti di canfora rivestiti della foglia di oio aveano qua e là delle punte dove più , dove meno ottuse , delle qua- li poteva liberamente uscire l'elettrico fluido , quan- do vera stata fosse l'opinione di Roinieu (r/) . Pos- so però accertarla , Signor Professore , che gettati tut- ti i pezzi sopra l'acqua contenuta enti'o un largo recipiente , ed osservati con occhio armato di lente, mentre quelli nudi offrii'ono il consueto fenomeno , quegli altri rivestiti di metallo non manifestarono spe- zie alcuna di movimento . Ho proliuigato la prova per più ore , e 1 ho ripetuta quante volte mi è oc- corso mostrarla) a chi avea vaghezza di veder egli stesso r esperimento , e sempre con egiial risultanza. Io ne dedussi allora la conseguenza che non V elet- tricità , ma )e volatili emanazioni della canfora fos- sero la cagione del di lei movimento suU' acqua , niun riguai'do aven(!o all' attrazione di su})erf)cie : Ella uje- glio di me potrà mettere a calcolo 1' influenza di quest' ultima pretesa cagione , e conciliare gli esperi- menti c!ie la sostengono con quello che le ho io rife- rito , e con tutti quelli che convengono col mio . Oserò soltanto dirle che senza impacciarsi in esperi- menti , chi si fa ad esservare unicamente il fenomeno non vi scorge 1' azione equabile e tranquilla di una chimica forza , ma 1' urto interrotto e violento di una meccanica potenza . Gradisca questo lieve atte- stato della mia stima e mi creda ec. G. F. (a) Lasciando i pozzetti per più ore sull' acqua mi confermai «he r involucro metallico realmente impediva il dissipamento del- la sostanza , poiché a capo di detto tempo non ritrov.ii i pezzet- ti nudi , e vi ritrovai quelli coperti . Finalmente a poco a poco si di^fii la copertura, ed anche questi si volatilizzano . (0 Siccome mi sono avveduto da poco tempo clic in questo esperimento hawi una porzione dell' ossigene dell' ossi- del Voi. i. del Giorn. di Med. prat. del Sig. Consigliere Brera. Anche il Dottore Albers di VVutistorf in una Memoria, di cui si fa cenno nei nuovi Commen- tari 'li Padova (Voi. i. pag. 3i6. ), espone dei fatti, dai quali risul- Vajijot.0 Umano e Vaccino . 233 be potuto convincersi , c'ic iu questi 1' inoculazìoue vacciua garantisce per la prima volta dall'arabo, e die avrebbe (les- sa dovuta ripetersi onde assicnrnrne 1' ulteriore preservamen- to . Che se all'esposte idee aggiungasi , che lo stadio di de- litesceuza dell'arabo, per quanto voglia supporsi più lungo di quello del vaccino , non potrà al certo uguagliare tutta la durata del corso costitu/oionale di questo ; non si avrà un nuovo motivo per non sottoscriversi alla preesistenza dell' arabo nei vaccinati del Sig. Palazzini ? Dunque, siccome in tutto 1' intiero corso del vaccino non si vide sviluppo dell' arabo , né di segni prodromi della sua eruzione ; così dovr;i dirsi , che 1' arabo siasi contratto posteriormente al periodo costituzionale della vaccina . Qualora poi ammetter si voles- se, che Io stadio di delitescenza dell' arabo possa essere di una ben lunga durata , cosicché conceder si volesse altresì , che la ragazza, di cui paria alla pag. ^2., tro\andosl di mal limole, e di mal essere quattro o cinque giorni prima dell'innesto vaccino avesse attualmente delitescente il vajuolo arabo ; non ne siegue già con quella certezza che egli s' im- magina ( nel fine della cit. pag. 42.)» ^^'^ la /orza respetti- va contaggiosa dovette reciprocamente elidersi percorrendo un corso fiacco il vaccino, ed un coi so brevissimo P (ik/- bo vajuolo die sopraggiunse . Giacché se il vajuolo arabo era delitescente, ne siegue, che non avea e§so agito sulla fibra dell' organismo medesimo . E se non aveva agito , non poteva aver prodotto quel cambiamento , suscitato quel mor. boso processo chimico-animale , in virti'i di cui si diminui- sce , o si toglie secondo le circostanze la suscettività a nuo- ta , che molti indh'uhd possono casen' attaccati dal vajolo ( natu- rale) anche due volte. Merita \>oì di essere ri( ordito non seii/a grande elogio quanto fie ;ivvi:^a Brora in riguiì-do a questa cotanto diversa opportunità ocoasioiiaU' della fibra viveuie alla su'^cettività dei contagi nella sua Opera,, Dei contajjj , e cma dei loro uftetti ec.,, pag. i56, e iBy fascio. Ili. a34 Scienze ve identiche affezioni (4) . Dunque l' arabo non poteva^cc- care il vaccino . Ma se fiacco, se lento fu il corso del vac- cino dunque dpvrò conchiudere, che il Sig. Palazzini sotto la voce di un corso lento ( che nei suoi enunciati individui fece il vaccino ) voglia intendere ciò , che tutti gli esperù Pratici esprimono col vocabolo dì corso locale . Ma se vo- gliam dirlo locale ; ne siegue che non fosse costituzionale : e se non fu costituzionale non ha in tal circostanza alcun luogo veruna dilucidazione neU' impugnare la preesistenza , o coesi- stenza dell' arabo col vaccino ', essendo purtroppo noto che la vaccina locale, quantunque innestata quindi in altri individui produca la vaccina costituzionale, nuUadimeno non preser- va r individuo , su cui non ha costituzionalmente agito . Innanzi nero di passare all' esame delle altre teorie del Palazzini , mi si offre a considerare una esperienza dal me- desimo fatta , la quile è una imperfetta replica di altra con- sìmile già prima da me eseguita nell'anno i8i5, ed espo- sta nel testé citato rapporto . Un esperimento dì questa natura , e ( quasi direi) di novità, qu^il da niuno 6a qui erasi tentato ( per quanto io rre il nitrato, e l' idro- clorato ossigenati dì potassa : citerò in ispecie il perossido di manganese , e quello di piombo - Basta anzi pocbissima quantità di questi ossidi in polvere per cacciare tutto 1' os- sigene della soluzione "salina ,• 1' effervescenza è forte . Soa di opinione che il perossido di manganese non subisca al- cuna alterazione ; e possibile saria che quello di piombo fosse ricondotto ad un grado minore di ossidazione. l3. Sì sa che l'arido nitrico è privo di azione sopra il perossido di manganese , e sopra il perossido di piombo, ma non è lo stesso dell acido nitrico ossigenato : esso scio- glie l'uno e l'altro colla più grande ficiiità. La soluzio- ne è acconij)agnala da un abbondante sviluppamento di os- sigene . La potassa produce in cjuella di manganese un pre- cipitato negro a fiocchi , ed in quella di piombo un pre- cipitato del colore di mattone . Questo è meno ossigena- to del perossido di piombo ; poiché trattandolo coU' acido nitrico , si ottiene del nitrato di piombo , ed un residuo color di pulce . IVel momento dell' addizione della potassa accade una viva effonvesc^uza . i4- Finalmente i solfali , fosfati , e fluati ossigenati si diportano coli' ossido di argento, e probabilmente cogli al- tri corpi nello stesso modo che il nitrato , e 1' idroclorato ossigenati'di potassa. La maggior parte de' sali alcalini ossi- genati sono dotati ancora delle stesse proprietà , che i sali ossigenati di potassa . Quale si è mai la cagione de' fenomeni che abbiamo sinora esposti ? Ecco ciò che ora ci si presenta ad investi- gare . Dell'Ossigeno cogli Acidi. 2S9 A tale oggetto ci sia permesso di ricordare quelli che offrono 1' ossido di argento , e 1' argento col nitrato ossige- nato neutro di potassa. L'argento sottilissimo sprigiona ra- pidamente l'ossigene di questo sale; non si altera punto, ed il nitrato ossigenato diviene nitrato neutro . L' ossido di argento sprigiona ancor più rapidamente dell'argento l'ossigene dal nitrato ossigenato; esso stesso è decomposto, si ripristina, l'argento si precipita tutto inte- ro , e non si trova più nel liquido che il nitrato di po- tassa neutro ordinario . Ora in siffatte decomposizioni 1' azio- ne chimica è evidentemente nulla ; non resta dunque che attribuirle ad una cagione fìsica ; ma esse non dipendono né dal calorico , né dalla luce ; d' onde siegue che esse sia- no probabilmente dovute all' elettricità . Procurerò di as- sicurarmene in un modo positivo; cercherò ancora di co- noscere se la cagione , qualunque essa sia , potesse essere prodotta dal contatto de' due liquidi, ed anco de' due gas. Indi n' emergerà forse la spiegazione di un gran numero di fenomeni . Di un mezzo per accrescer la forza della polvere da. Cannone . I 1 Colonnello Giorgio Gìbbs annunzia nel nuovo Giorna- le scientifico di Novajorck , il quale colà stampasi colla dire- zione del professor Silliman , aver egli eoa appositi speri- menti conosciuto, che sensibilmente accrescesi la forza della polvere da cannone , mescolandola con una data porzione di calce viva . La persona impiegata dal Colonnello pef demolire a forza di mine alcune rocche nella sua campagna usava di caricare per di lui ordine due mine eguali ; l'uua 26o Scienze colla polvere ordinaria , 1' altra con un pes© eguale di altra polvere , nel quale però comprende vansi due parti della so- lita , ed una di calce viva polverizzata . Questa seconda carica non produceva mai effetti minori della prima , ben- ché la quantità di polvere reale , che conteneva fosse mino- re di un terzo . Giova ancor di notare , che poche ore prima dell' esperimento faceasi la mescolanza della polvere colla calce , ed in bottìglie ben turate si conservava . Se questa mescolanza faceasi la sera innanzi erano minori gli effetti ^he se ne ottenevano . La calce viva meschiata alla polvere , secondo che pensa il Sig. Gibbs in seguito delle sue esperienze assorbiva l'ac- qua igrometrica , della quale poteva essere imbevuta , favo- reggiando cosi la sua infiammazione coli' asciugarla . Ma egli crede , che ove la mescolanza fosse troppo antica , la ealce combatterebbe gli elementi medesimi della polvere ; e che perciò il desiderato vantaggio n' andrebbe perduto. Con questi principi , cioè pel maggior asciugamento della polvere , il suddetto spiega la maggior portata , di cui go- de un pezzo d' artiglieria, quando siasi per le replicate sca- riche riscaldato . Il Compilatore degli Annali dì Fisica , e Chimica (*) da' quali abbiamo tolto questa notizia , annota , che parecchj anni indietro fecersi a Vincennes appositi sperimenti , ana- loghi a questi del Sig. Gibbs ; i risultati dei quali , secon- do che egli rammenta, furono : che la calce viva non aumen- ta in alcuna guisa la forza della polvere, alla quale si mes- chia . Ma il medesimo ignora , che si concepisse l' importan- za di mescolare polvere , e calce viva nel giorno istesso dell'esperienza. Che un cannone riscaldato ( prosiegue a di- (*) Mars 1819. Polvere da Cannone . a6r re il Com|)ilatore ) abbia maggior portata di altro, che sìa freddo, è palese da gran tempo , e ciò è stato noa ha gua- ri verificato col pendolo ballistico : ma egli dubita assai che possa abbracciarsi la spiegazione che ne dk il Sig. Gibbs. Crede in generale il medesimo Compilatore , in quanto ali» memoria, di cui si parla, che l'A. sia stato ingannato da falsi indizj , sopratutto per ciò , che concerne la gran ten- denza che possa aver la polvere ad impregnarsi dell' atmo- sferica umidità . Noi , che abbiamo la sorte di vedere da lungo tempo affi- data la fabbricazione della polvere ad un uomo vaghissimo di nuovi ritrovali , molto generoso , ed intelligente intra- prenditore , speriamo , che egli , se ancor non ha fatta pro- va su questo particolare , vi si accingerà : che ci reca fasti- dio il silenzio dei nostri sopra tante cose , le quali possono essere nobilmente trattate ove molti ingegni si rinchiudono; ai quali il pubblico stintolo, qualora mancasse, intendiamo noi dare , in quanto possiamo , per la gloria delle Scienze , • dell' Arti nostre . C. S. Del princìpio della popolazione , aggiunte . Continuazio- ne dell'Estratto, f^. p. i3o. Oi considera finalmente da Malthus la sorte de' popoli , che attendono con prospero successo all' agricoltura , alle arti , ed al traffico ; e li ritrova immuni da quei nocumenti , che soaosi ponderati nella considerazione de' popoli, i quali ritraggano quasi 1' intero sostentamento , o dalle sole fatiche campestri , o dalle sole industrie cittadinesche , e mercanti- li . Se la Polonia non foss« abitata da miserabili contadini , a62 Scienze ma vi si riempissero le cllth di artefici , e di mercatanti , là nazione al certo non sarebbe più , né schiava , né inerte | i capitali agevolmente si accumulerebbero , e potrebbero sempre essere impiegati con lucro ; il grano superfluo alli bisogni delle famiglie de' coltivatori sarebbe venduto vantag- giosamente ai manifattori » e la fatica ti\i'»^ifi"m ,\''r ' imi'W i»iiiiiiwi"im itii— n"iiiii— wiiim J'arietà J\h\Àdi.nio soito gli occlij un Operetta col titolo che siegue ; Wle-r moire ■'nir la i".'rsijlcation adressd et dedid à V Accademie Fran- coise par le Conile de S.Leii , imprimé a Rome par dt' Rotnaìiis eii i}^»9- 4- Tosto che udremo il parere de' dotti Francesi sopra di Cisa, ci f^ireino a parlarne sopra questi fogli. i^on ri pi.ice d'interloquire i-i alcune questioncelle mosse dall' A. B. supia un fbiilio Milanese circa V epi-rate fatta dal Morcelli per la sepoltura del Marchese G)o\-anni P;itrÌ7:j antipenuUInio Senatore di Koma , prima recata sui nostri fogli politici , e quindi da noi trai- le varietà del To. 1. pag. 465. Il dubbio che si fé sdrucciolare, eh' Ella non fosse opera del celebratissimo Preposto di Chiari , perchè voUersi trovare in essa alcune inavvertenze, le quali non si credea- no degne di lui, è ora svanito per doppia cagione. La prima cioè che il chiarissimo Sig. Giovanni Labns rispose a qucU' articolo giustificando le pretese inavvertenze ; la seconda percliè il suddetto big. Laóus ci ita contestato esser ella veramente opera del Morcelli ; ed un'esemplare scritto ce ne ha mandato, in cui non è quel debili- tuverunt , che fa rima coli' cxtulerunt , non ad exempUnn parìa ma in extmpUan : con alcune pochissime correzioni Oriograjiche. Chi f )sse vago ili leg'^ere bine ind : le erudizieni messe in campo per quest' affare , leirga i fogli pubblici Milanesi del io. e del i4. Apri- le , anno corrente . Jl orremo piuttosto un'altra Epigrafe dello stesso chiarissimo Mor- celli , e volesse il Cielo che assai tardi si leggesse quella che sarà posta ^opra la tomba di lui! possano le stesse lettere , che giovine Io Nutrirono, confortarlo nella più lontana vecchiezza! REQVIETI . ET . . MEMORIAE lOSEPHI . ALOIS . E. TERZi PATRICIA . BERGOMATIVM . NOBILITATE POST . INFAVSTAM . GALLORVM . EXPEDITIONEM RVSSIACI . IMPERII . DECORA . ADEPTI ET . COMfVGIO . SPLENDIDISSIMO . AVCTI 284 Varietà' QVI . PIETATIS . STVDIO . INGENT . LAVDE LITTETiARVM . AMORE . CLARVS PICTORIAM . QVOQVE . ARTE.M . H0^0".4VIT PICTOR . IPSE . EGREOiVS . ET . PICrOUVM . FAVTOK . Ai^NIFICVS HEV . DIVRNO . MORBO . TOTA . IiXGEMìSCENTE . PATRIA AD . CAELESTIA . BAPTVS . MEDIOLANI NONO . ET . VICESIMO . AETATIS . ANNO AD . GRANDIA . QVAEQYE . PROGNATVS DECESS. Y. 1D\ S . aPRIL. AN. M OOCC XVIIH ELISABETHA . GALLITZINIA . C. F. DOMO . PETROBVRGO LVCTV . ET . LACRIMIS . CONFECTA MARITO . INCOMPARABILI . CONTRA . VOTVM . FEGIT NVMQVAM . IMMEMOR . FVTVRA . DESIDERI! . SVI siccome il eh. Sig. Giovanni Labus degnandoci di sua dotta corrispondenza , altre ce ne ha mandate , frutti del bello stile che gli fa tant' onore : invitiamo i letterati ad ammirar le seguenti . 1. lOSEPHVS . IOAN . F. LARBERIVS MEDICVS . CLINICVS . OCVLARIVS QVEM . OMNES . CONSENTIVNT . FVISSE VIRVM . EXPERIENTISSIMVM HOC . MANSVM . VENIT XIII. RAL. MAI. AN. M. DCCC. XVII ANNA . ET . CATARINA . LARBERIAE FRATRIS . FILIAE . QVAE . ET . HEREDES BENEMERENTI . POSVERE Varietà' 285 2. HEIC . SITVS * EST ANTONIVS . MARiA . FP.ANCISCI . F. REINA QVI . ET . CASTELLIVS . MARCHIO MEDIOLANENSIS PATRICIA . NOBILITATE YIXIT . AN?JOS . P. M. LXX.VII ©.XI . KAL. IVLIAS . AN. M. DCJ.C. XV IH PETRVS . FRANCISCI . FIL. CARCANVS GENER . CVM . FILlls . MAERENS . FECIT SENI . SVAVISSIMO ALTORI . PLEBIS . MAGISTRO . PIETATIS AVE . AMOR . NOSTER . ET . VALE . IN . PACE 3. S a THERESIAE VIRGINI . DVLCISSIMAE SOLERTI . OBSEQVENTI nA2H2 . MOT2IKH2 . METEXOT2H 0 . ANN. XIII IOAN. BAPTISTA . BARBOLIVS ADVOGATVS . ET . MARIA . BESGHIA PARENTES DESIDERIO . SVO . P. P. AN. M. DCCC. XVI. G. A. To. II. 19 a86 Varietà' QVIETI . ET . VIRTVTI IVLIAE . FELICIS . FIL. ROVlDAE NOVARIENSIS FEMINAE . FRVGI . MODESTAE INTEGRAE . FIDEI . MANSVETISSIMI . INGENI <5VAE . MORBVM . QVADRIMESTREM . SAEVISSIMVM INFRACTO . ANIMO . TOLERATA DIEBVS . NOVISSIMIS . MAGISTRA . ITEM . PIETATIS OBIIT . PLACIDO . EXITV . IV. ID. MARX. MDCCCXIV AETATIS . SVAE . XXIV FRANCISCVS . KAROLI . FIL. FIORETTI . MARITVS ET . THERESIA . MATER LVGENTES . FECERVNT . CONIVGI . INCOMPARABILI FILIAE . DESIDERATISSIMAE 5. H. S. E. ROSA PVELLA . TRIMA . SCITVLA . BLANDA QVAE . RELICTIS . IN . LVCTV lOSEPHO . MOSCATELLI© ET . CATHARINA . LABVSIA PARENTIB VS DECESSIT . IDIB. SEPT. AN. MDCCCX IOAN. STEPH. F. LAB^'SIVS . I, C. AVONCVLVS MAERENS . FECIT . ALVMNAE . SVAE Varietà' 287 6. DOMINICO . COLVMBO DOMO . GABBIANO SACERDOTI PIO . COMI . SOLERTI RHETORI . ET . POETAE SODALI , ATHENAEI . BRIXIANI QVI . NATVS . ANN. LXIIII VTILIS . MVLTIS . NEMINI . GRAVIS DEGESSIT . IV. NONAS . APRILES AN. M. DCCG. VIII AVDITORES . AMICI . ET . COLLEGAE PIETATIS . CAVSSA P. C. Leggesi da pochi giorni in. Napoli la seguente . CONSTANTINO . MELILLO E Q V I T I VIRO . SVMMA . INGENII . ALACRITATE . ET . ELOQVENTIA PRAEDITO . PROBITATE . ATQVE . AMICITIA . NEMINI >_ SECVNDO . QVI . PER . OMNES . HONORVM . GRADVS . AD MAGISTRATVM . SVPREMVM . EVECTVS . ITA . SEMPER SE . GESSIT . VT . FACILITATIS . SIMVL . ET . IVSTITIAE SEVERIORIS . EXEMPLAR . APVD . OMNES . HABERETVR QVVMQVE . A . FERDINANDO . BORBONIO REGE . PROVIDENTISSIMO . CVM . ALIIS . VIRIS . CLARISSIMIS ANNONAE. VRBIS. PRAEFEGTVS. ESSET. DEXTERITATE, CONSILiI NEAPOLIM. SEMEL. ATQVE. ITER VM. A. CARITATE.UBEIUVIT j »88 Varietà' caietanvs xii . vir . litibvs , ivdicandis vitvs . maria vnvs . ex . praefectis . cvrsvi . pvblico p h il ip p v s qvaestor . in . hirpinis FILII . MOERENTISSIMI POSVERVNT VIXIT . ANNOS . LXXVI. MENSES . V. DIES . Ili DECESSIT . IX. KALENDAS . MAIAS . A . CiDioCCCXII SODALES. COLLEGAE. BENEMERENTISSIMO. LOCVM . DEDERVNT Virus Maria Mclillus . Estraffo Ji una Intiera del Sig. Vincenzo Colosimi stampata negli annali dcW Agricoltura Italiana^ Gennajo 1819 , sopra il ìnodo di fah ricare il Pane co' Pomi di terra . Jlli scogitai infornare i tuberi ridotti a fette , che dopo csiccati dall'acqua di vegetazione si riduisero tanto consistenti da potersi convertire in polvere pestandoli nel morlajo . Presi da ciò argomen- to 4 ed av^cnio incoraggilo il Sig. Raffaele Fablnani di Carlopoli a ri- durne buona parte in pezii , infornarli, e farli macinare nel muli- no a mo lo di grano , ottenemmo una farina non dissimile da quel- la che »i ottiene dal grano cavallo . Persuasi che avremmo ottcìiu- nato dalla medesima dell' eccellente pane, si fece stacciare , ed ap- parecchiato il lievito con la farina del graio , si compose la pasta , hi quale fermentò a dovere , e risultò così ben condizionato , che facilmente si ridusse in pani che furono cotti col metodo ordinario . 11 pane che ottenemmo potrebbe esser atto ad imbandire qualun- que mensa . 11 mentovato mio collaboratore Sig. Fabbiani , da allo- ra lo ha apparecchiato sempre con l' istesso metodo per la sua fa- miglia , e vengo dal medesimo assicurato , che per nulla grava io sto- maco , che si digerisce con facilità , ed è molto Hutritivo . Varietà' «89 Assieme a qaesta mia riceverete , signor Presidente , una mostra di farina, e de' biscottini apparecchiati con la medesima , dal che rileverete, che non senza ragione vi dettaglio come coifaceute al pubblico bene il seguente processo . Si prendono i tuberi non ger- mogliati , si puliscono bene e si fanno seccare al sole , indi si met^ tono a bollire in una caldaja , o si espongono al vapore dell' acqua bollente, ma appena si conosce, che i medesimi possono essere de* corticati dalla epidermide che li ricuopre , si tolgono , e raffredda- ti si decorticano e si tagliano a fette sottili , le quali si espongono al sole , e vi si fanno restare fino a che privati dell' acqua di vegeta- zione divengono duri a segno da potersi ridurre in farina . Per ta- gliare in breve tempo i tuberi in fette sottili mi sono servito di uà istromento approssimativamente simile ad una streggia di cavallo . Esso consiste in un quadrato di ferro di qualunque grandezza , tutta r aja del quale contiene tanti coltelli di ferro paraleìli , e distanti tre in quattro linee tra loro, perpendicolari, ed inchiodati nel quadra- to da una parte , e taglienti dall'altra. Si addatta ad uno de' lati del quadrato un manubrio per tenerlo in mano ; onde impiegarlo com- modamente al bisogno . Si usa 1' istromento facendolo scorrere sulle patate poste su di una gran tavola, riducendole cosi a lamine sot- tili , ed uguali. Non è sempre favorevole la circostanza di poterli seccare a do- rere, esponendoli al sole. In questo caso dopo che i tuberi sono stati ridotti a fette, ed asciugati al sole per fargli acquistare quel grado d'inasprimento che si conviene per ridurli in farina, bisogna metterli nel forno , che abbia la temperatura del calore dei raggi del sole di està . Si debbe mettere somma attenzione in operazione siffatta, acciocché i tuberi vengano ben diseccati . Apparecchiata quin- di la farina si staccia con setaccio fino , e quella poca ci'usca , che rimane si riserba ad altro uso . Si prende il lieviio formato colla farina del grano in quella quantità, che si conviene; e quindi si mescola gradatamente colla farina de' pomi di terra 5 e si formano i pani , che si fanno cuocere al modo ordinario . ago V A R I E T A' "Modo di purificare gli olj uegef abili , separarli dalla morchia , e toglier loro il mal odore . Estrutio dagli annali suddetti. Jllimescola successivamente vin quarto d' oncia dì acido solforico ( olio di vetriuolo ) sei once d' acqua , ed una libbra di olio , anche recente, in una bottiglia . Scuoti fino che la misura dlveii£;a latti- ginosa; e quindi muovi da tanto in tanto per 24. ore. Chiudi la bottiglia, e lasciala per otto giorni. Poi decanta: ed avrai un olio perfettissimo . Mezzi per ottcnerf. le cicaje (legumi ) di facih: eottura . Memoria del Sig. Cosimo Moschetlini : estratta dagli ninnali dell' Agri*- coltura Italiana: Fehrajo 1819. Se 'e le lenti appo gli Ateniesi davansi in dono ai Filosofi, se al- cvxne famiglie specchiate di Roma , come di Fabio , di Cicerone , di risone , di Lentulo si recarono ad onore 1' unire al loro no- me il derivato dalle fave , dai ceci , dai piscili , e dalle lenti , che i loro maggiori avevano con somma cura , ed in preferenza at- teso a coltivare ; convien dire , che le civaje erano appo loro sti- mate molto , ed in sommo pregio tenute . Non lo sono meno a giorni nostri ; giacché verdi passano quotidianamente per la men- sa di tutti , e secche incerti tempi, e giorni dell'anno, non ven- gono escluse da quella de' facoltosi , e di gusto dilicato . Sono di fatti gustose , nutritive, ed innocenti. Presentano però questa qua- lità , quando per essere di facile cottura , preparate si trovano pa- stose . Essendo dure , e renitenti alla cottura , perchè mancano di pastosità , né gustose si sperimentano , né nutritive , ne di facile digestione . Quindi come si cercano le prime , cosi vengono rifiu- tate le seconde . Gli antichi ebbero di questa disposizione delle civaje varia , ed opoosta cognizione ; giacché Tcqfiristo le distinse , chiamandole le- gumìnia cocfilin et incoctilia . Ma sebbene si avessero preso il pensiero di ragionare della loro coltivazione , pure npn mi costa che si fossero applicati ad indagare d' onde provenisse tal disposi- Varietà* 291 itione . Se le civaje eottoje sono le sole pregiate , crèdo , che la ricerca onde provenga tal disposizione , potrebb' essere utile , per- che aprirebbe la strada a ritrovare il mezzo come averle sempre eottoje . La sperienza costantemente ha dimostrato , che dove un terreno ha naturalmente dato civaje eottoje , Comechc la semente sia di crudeli , eottoje sempre le darà ; che se un altro le avrà date crudeli, sebbene la semente sia di eottoje , proseguirà a dar- le cradeli . Di fatti chi va al mercato a comprar civaje per semen* te , non cerca se sono di facile , o di difficile cottura , conten- to che siano sane , e ben garantite . La divisata condizion dun- que delle civaje dipende dal terreno . Si vuol non pertanto no- tare , che tal fiata si sperimentano dure , non perché tali sieno in se stesse , ma per difetto dell' acqua , che s' impiega alla cot- tara . Si sa , che un de' mezzi , di cui usavano gli antichi per giù-* dicare della purità , o impurità dell' acqua , era quello di mettere a cuocere con essa le civaje , ncU' idea che dove queste subiva- no una perfetta cottura , 1' acqua era pura : impura poi a prò* porzione de' gradi di durezza , che presentavano . Di fatti le ac* qiie dure , e crude , quali sono quelle che portano seco unito il solfato di calce , o la terra calcare , non sono atte alla cot- tura delle civaje . Intanto se la qualità di dure , o di eottoje , che presentano le civaje , si deve principalmente al terreno , che le ha date , com- prende ognuno , che ad escogitare iin mezzo , come obbligar quel terreno , che le dà dure, a produrle eottoje, convien conoscere 1' in- dole , e la natura tanto di quello che le dà di facile , che dell' al- tro che le produce di difficile eottura . Cosi non fia gran fatto ma- lagevole la maniera di correggere il difetto di questo , ed obbligar- lo a produrle eottoje . Il terreno che meglio si addice alla coltivazione delle piante le-" guminose , è lo sciolto , e sostanzioso insieme . Tal' é 1' humus degli antichi , ossia pulla humus dei nostri Campani , che noi di- ciamo terriccio , o terra vegetabile . Da questa sorta di terreno si colgono le più pregiate civaje; giacché si trovano essere di faci- le preparazione , pastose , di molto buon gusto , nutritive , e tran- ne 1' abuso innocenti . Come i terreni si allontanano dall' indole , e qualità dall' humus , e sji vanno avvicinando o «Ila densità dell* aga Varietà* argilla o alla rarità della salibia e della calce , a proporzione le ci- ;vajc , che da questi si raccolgano , allo itanaiido^ì dalla condizio- ne di cottoje si avvioiiaiio a lineila di dure . V è di fatti una cer- ta graduazione; giacche non sono tutte del pori facili a cuocersi e «uscettibili di una pari pcrf«'tta cottnra , come non lo sono in ugual grado difficili , e renitenti . Da ciò chiarametite si deduce , che a disporre un campo , che naturalmente dà dure le civajc a darle cottoje, fia d' uopo alter;ire la naturai costituzione del terre- no; ed avvicinarli all'indole, e qualità della terra vegetabile. Ella è cQsa risaputa, che le terre argillose, calcari, e sa!>biose quantoppiii si depurano , tantoppiù si stori!is('ono ; polche semprep- più cresce la densità, e comiiattczzi dell'argilla, e si scema la po- ca adesione delle particelle della calce , e rlella sabbia . \ render- lo fertili , egli e d' uopo vincere la troppa adesione delle parli in- tegranti della prima , e la gran porosità delle seconde . Lo che suo- na quel dire ; che convien ridurre le loro particelle ititegranti a quel grado di coesione , che media sia tra la densità argillosa , e la porosità silicea, e calcare . Si ottieie ciò colla miìcela in giusta proporzione delle medesime tre terre elementari . Di fatti 1' ana- lisi de' terreni fertili ha dimostrato , che costano di terra silicea , calcare, ed aluminosa. La proporzione poi, giusta gli esperimen- ti del Sign. Gioòert , stati in seguito confermati dal Sig. Filip- po R: , dev' es ere la seguente. In conio parti di terreno ferti- le debbono contenerci 7^ in 79 di tem silicea , 5 in ìZ <\ì cal- care , e 9 in i4 di aluminosa. Un terreno con condizionato dall' arte se non e sulle prime un vero terriccio, o terra vegetabile , come quello che riconosca la sua origine dalla natura , coli' clas- so degli anni lo diverrà . Ccnciosiacchè dove il terriccio è il pro- dotto dell' ultima analisi , che col discioglimento vanno a subirti gli esseri organizzati, massime le piante, il terreno artefatto non conterrà per le prime ne carbonio , nò fosfato di calce , nò altra sostanza salina, come il terriccio; ma verrà però nd acquistarle gradatamente dietro alla completa putrefazione cui tutti gli anni an- dranno a soffrire le piante , e gli animali o nel suo seno , o sul- la sua superficie . Ecco pertanto divisata la maniera di un terreno conforme al suo destino , ed in consegnenza di far fertile quello , che fosse naturai- Varietà* agS mente sterile, e di obbligare queir altro a dare non pia civaje da- re , e di nìan' uso per V uomo, ma di facile cottura , e pregevo- li. Fatto è però, che non r' é stato finora, chi si avesse tolto il nobil pensiere di render co' concimi fertili i suoi campi silicei , o siliceo-calcari , o argillosi . I contadini , fittaiuoli, ed i piccoli pro- prietarii meritano scusa, tanto per T ig'io anza , in cui forse sono della utilità della pratica divisata , quanto per essere la imnresa di- spendiosa , e superiore' alle tenui loro finanze . Ma per più titoli non sono degni di scusa ì proprietarii ricchi . i. Perché in tanta luce di agricoltura non dovrebbero i?;iorare la virtù meccanica de' conci- mi , ossia delle terre medicatrici . 2. Qualunque spesa occorresse per ]a esecuzione non dovrebbe avvilirli dietro la rillessione , che sta- bilirebbero un capitale di molta , e sicura rendita , quali sono i campi fertili atti a dare ubertose racolte di grani , civaje , coto- ne : derate di prima necessità , e di valore . 3. Perchè vivendo la moltitudine di esempio, e pochi di ragione , lo e^em[)io volen- tieri s' imita , e la ragione non da tutti s' intende . Preceden- do quindi essi coli' esempio , averebbero sicuramente segnaci , ed imitatori ; ed a capo di qualche tempo non avremmo più terreni sterili . ^uali quindi , e quante nuove sorsive di ricchezza ! Finche non averà luo;;© questa nobil impreca economica, nell' uso de' concimi , trovo un altro mezzo di migliorare la condizion de' ter- reni , e renderli fertili , ed idonei a dar civaje cottojo. I letami co- minciano ad essere vantag2;iosi, do[)ochè han subito la prima fer- mentazione , lo sono ancora dopo 1' ultima analisi , per cui vanno analmente a ridursi in terriccio . In questi due differenti stati pe- rò non concorrono di una pari maniera alla fertilizzazione de' cam- pi, giacché sulle prime la loro azione e chimica; chimica poi e mec- canica, ridotti che sono in terriccio. Generalmente parlando, non si può negare , che coli' uso de' letami si miijliora sempre la con- dizione de' campi . 3fla si v;:olc avvertire , che siccome la sterilità può derivare o dalla poca, e ninna coesione dalle parti costituti- re del terreno , qual' è il sabbioso , ed il calcare , o dalla som- ma sua densità, e compattezza qual' è 1' alumino^o , co=i i letami dovendosi adattare alla natura del terreno, si comprende , che al rabbioso , e calcare comlucono mejlio che siano grassi , ed all' ar- gilloso ridotti a terriccio . 294 Varietà* Mi riacrW^ce solamente, che in circostanze di poter facilmetite ammassare copia sufficiente dì letami , somma sia la negligenza de' contadini , e de' proprietarii . Perchè contentarsi del solo fimo , e piscio degli animali, che si allevano in villa, e nelle stalle, e del poco strame secco, che questi rifintano, ed ai loro piedi si gitta? Tatti gli esseri organizzati , conseguentemente tutte le parti , di cui costano gli animali , e le piante , possono dare ottimo letame . Per- chè non attendervi , e trarne profitto ? Che il letame sparso in competente quantità sui campi , che si son destinati alla coltivazione delle civaje , conduca a renderle cottoje , non è a notizia di tutti . Imperocché se li più attenti de' nostri con- tadini non mai s' inducono a coltivar le fave , se pria non avranno letamato il campo, la ragione, che ve li determina , non è la cot- tura, ma la prosperità delle piante , e 1' abbondanza della raccolta. Di fatti o che il terreno le dia cottoje o dare, è sempre da es- si letamato . Intanto non s' ignora , che si stimano molto le fave che vengono ne' giardini , pe '1 solo motivo , che sono di facile cottura . Riescono però non tali per la natara del terreno , ma per la copia de' letami, che i giardinieri vi spandono opportunamente alla pro- sperità degli ortaggi , che per tutto V anno vi coltivano . Se la pra- tica si estendesse per tutte le civaje , si raccoglierebbero tutte dal più al meno cottoje , a proporzione della qualità, e quantità de' letami . OPERE DI ENNIO QUIRINO VISCONTI . Divìse in tre classi e in due separate edizioni , Z' una italiana « V altra francese , ed amendue nelle due forme di 4- e di 8. ; per associazione . iwiLANO , 1819: Classe Prima — Mv sto Pio Cmmentino , fascicolo 1, 2, o, 4. e 5, con 65, tavole in rame . Anche 11 1. fascicolo del secondo con 12. tav. è già pubblicato ed uscirà quanto prima il seguente . Classe seconda — Iconografia Romana T. 1. fascicolo 1, 2, 3, 4, e 5, con 16. tavole T. 1, fase. 1. con 9. tav. in rame. Si è di- visa in due tomi questa IcONOGteAFiA per non ingrossar di tropp» Varietà' 295 il volume, e per il maggior comodo de' sig. Associati . Dopo imme- diatamente uscirà la Iconografia Greca . Alla Classe Terza, che comprende tutte le OPERB Varie , si da- rà cominciamento tosto che si saranno terminate le due Ico5fOGRA- jiE . Per tal modo questa edizione avrà il pregio di tutte compren- dere le Opere di questo celebre scrittore . É al tatto superfluo discorrere i rari meriti di ENNiO QuiRiHO Visconti , generalmente riconosciuto per il prinicipe degli Archeo- loghi del nostro secolo . Si sa che il MosEO Vw Clementxno è il più ricco deposito che ne conservi i nobili avanzi delle greche arti e della vetusta erudizione ; si sa che nella due Iconografie ha egli colorito il disegno, tentato da varj , né mai da niuno eseguito, che offre in quattro volumi le genuine immagini degli uomini più fa- mosi di tutta 1' antichità IVon. vi è poi persona mezzanamente colta che non saooia e non vegsra qaal ricca messe di copiosissime co- gnizioni somministri la compiuta raccolta degli Opuscoli di Vis- conti comnresi in questa edizione nella C/o.we delle OPERE varie . Di una co;a ci piace 1' avvertire i lettori , cioè che questa edizione italiana e francese , prima ed unica che si abbia di tutte le Opere di un tanto ingegno non fu già intrapresa per eseguire una libraria speculazione , ma -i da una società di colti e studiosi uomini , che mosse pili d;tir amore della itali ..ia storia e del vero avanzamento de' buoni studj e dell' arti , ha voluto fare di essa un caro dono all' Ita- lia e all'Europa . Perciò si sono eseguiti gì' intagli in rame a con- torno, perciò si è ammessa anche la forma d'ottavo, acciocché mi- nima riuscendo la spesa , ciascuno possa provvedersene e profittar- ne . II Mosso , la cui edizione originale non si può a meno ave- re del prezzo di 700. franchi , in questa edizione si avrà con cen- to , 0 poco più; la Iconografia Greca che si paga 36o. fanchi, non ne costerà che circa cinq-ianta, e la Iconogfafia Romana che vale 70. franchi a Parigi , si avrà in Milano con venti . Ond' é pa- lese il motivo perchè dalla colta Europa questa edizione sia stata accolta con plauso e col favore il più lusinghiero , e perché assai bene incominciata vada migliorando ognor più . Essa si raccoman- da da sé medesima non solamente colla nitidezza della carta, beltà di caratteri , moltiplicità di tavole disegnate ed incise dal valente allievo del Cav. Longhl , Sìg. Locatelli , ma segnatamente per essere 296 Varietà' diligentemente assistita e diretta per la parte scientifica ed archeolo- gica dall' egregio e celebrato antiquario Sig. Dott. Già. Labus, e per qucdla dei disegni dal rinomato pittore Pelagio Palagi - In fine del- le Opere il prelodato Sig. Dott. Labus , siccome ha premesso alla intera edizione la Fila clclV Autore , che fu coronata dal Bresciano Ateneo, cosi darà oltre un critico esame delle opinioni di Ennio Quirino che non ottennero il pieno consentimento dei dotti ; an- che tre indici utiliisimi , l'uno epigrafico di tutte le antiche iscri- zioni riportate por entro i volumi classificato coli' ordine Scalige- riauo ; il i^cox^àù hiblio grafico degli scrittori lodati, spiegati, cri- ticati e difesi; il terzo archeologico delle Materie compilato anali- ticamente, e che potrà servire di un copioso dizionario di antichità e belle arti . L' associazione è aperta presso la Società Tipografi a dei Classi- ci Italiani ( Fasi Stella e C.) in contrada di Saita TVlargherita , e presso Antonio Tenenti , al prezzo di centesimi 20. ogni fo.;!io dì stampa in 8. , e di centesimi So. per ogni tavola. L'edizione in 4- ha doppio prezzo. (F. M.) IMPRIMATUR, vSi Videbitiir Rev. R Mag, Sac. P. A. Candidus Maria Frattini Archiep. Philipp. Vicesg. IMPRIMATUR, Fr. Philippiis Anfossi Ord. Praed, Sacri Palatii Apost. Mag. Osservazioni Meteorologiche fatte alla Specola del Colleg.Rom. Aprile 1819. 25 MATTINA barometro Term. !gro. 28 2 4 10 I 21 7 28 2 0 9 9 19 7 28 I I IO I 17 :, 27 II I lO 7 18 5 28 0 7 9 7 3b b iS e 4 8 5 21 ò 27 n 2 IO 4 19 b -7 'i 7 IQ 3 Ib 4 27 II 4 II 4 ^7 3 27 II 6 II « ^9 7 -7 i^ 2 9 2 2i 4 27 IO 4 9 3 03 7 2710 2 II 2 29 8 28 0 I II I 12 2 28 0 2 lo 5 18 I 27 II 3 IO 9 17 6 28 0 a 10 3 14 2 28 I 6 II 0 17 J i8 2 0 II ^ '4 I ^8 I 6 II 8 H 6 28 a I 1 1 0 14 5 -.8 0 b 12 •2 -0 ] 28 0 D 12 5 17 ', 27 II 9 lì 2 22 4 27 jO 2 l3 4 26 9 ■7 « 5 .3 p ■ 87 .7 8 I JO 5 14 2 27 7 4 7 7 " 9 27 II 4 8 2 '9 7 28 0 I 9 a •7 « GIORNO iarometro 28 2 28 o 27 II 28 o i8 o Term. 14 Ib' 16 16" '4 i5 16 16 itì 16 16 16 16 13 16 14 igro. 4 39 ol3i 528 4'2f> b'4i .1 38 4j4o 7 5 37 2 o^S 2 SERA 28 o 27 II 28 o -7 II 27 II 27 1 1 27 II 27 II 8 09 o 27 lo 6|43 o 27 IO f 0 1 36 5 3o 3 58 2 5o I 20 0 3i 7 3o 0 3h 6 32 3i 7 0 3o 0 ^4 9 3o 2 ^3 e 24 6 iO I 33 l 32 6 27 II 28 o 27 II 27 IO 28 I 28 , 28 I 28 O 28 o 28 o 27 IO 27 9 .7 » 27 9 27 II 28 o 28 o Term II 0 II 2 II 0 11 2 IO 8 II 0 II e II 5 II 3 II 0 9 8 12 0 II 8 12 0 11 3 12 2 1 i 0 12 8 12 2 12 4 12 4 i3 0 1 3 e 13 4 II 5 10 5 i3 't 9 <- 9 0 IO 0 grò 16 o 17 o '7 4 5b o 20 o 19 o 38 2 37 o 27 2 34 2 36 o 16 5 25 2 22 e i5 6 18 2 24 8 26 .. 21 5 22 o 24 2 17 2 25 - Osservazioni Meteorologiche fatte alla Specola del Collegio Romano Aprile 1819. MATTINA GIORNO SERA Meteore B Stato Eva- Stalo Stato 0 del Vento del Pioggia Vento del Vento I Cielo por. Cielo Cielo s.p.n. I 44 tra. 0 s. tra. 0 s. PO. 1 2 s. 2 I tra.ma. 0 sp.n. m.ez.lib.1 s. po. I n. 3 li.p.S. 1 5g tra.ma. 0 s.n. sir. I n.s. sir. I 4 n. I 43 po.mac.o n.s. Lev.sir. i n. lev. I 5 U.S. 1 5o tr.gre. 1 s.n. mez.Lib.i s.n. lev. I 6 7 s. 3 i5 tra. 0 s.n. mez. I m sir. I s.p.n, mez. I m ■>.+ n. 2 18 tra. 0 n. s.n. mez. I 8 s. 1 2q tra. 0 s.p.n. pò. 0 s. po. I q s. 2 20 tra.gr. 0 s. Ub. I s. po. 0 10 s. 2 23 tra. I s. tra. I n. mez. I 11 s. 3 3 tra. I s.p.n. mez.lib.i s. tru.gr. 0 12 s.p.n. 2 29 mez.sir. i n. mez. I s.p.n. mez. X i3 s.n. 2 12 lib. 1 n.p.s. sir. I s.p.n. mez, sir. 1 pi, gr. 14 n. 2 3 gre. lei/. 0 s.n. 0 ^Q mez.lib.o s. po. I i5 s. I 5q grec. 0 s.p.n. pò. I s. po. I 16 n. 2 l3 ma, 0 n.s. mez. 2 n. mez.str.i 17 1. 2 58 tra. I m s.p.n. 5 44 lev. ira n. mez. I pi.g'.n. ib 19 II. I 33 tra. 1 s.p.n. s.n. mez. 1 n.s. mez.sir.l s. 2 12 tra. 0 po.lib. I s.n. po. 0 20 s.p.n. I 4q lev. I n.s. po.lib. I s. mez. I 21 s.n. 2 22 tra.gre.o n.s. pò, I s.p.n. mez. I 22 n.p.s. 2 I mez. 0 s n. mez. I s. po. I 23 n.s. r 54 tra.gr, 0 n. mez. I in np.s. mez. i pi. t 24 n.p.s. 2 19 mez. 1 n. mez. I s.n. mez. I P'. t 25 n. 3 57 mez.sir.^ n. mez. 2 «, mez. 1 m pi.^.n.l.t. 26 s.p.n. I 56 mez. 0 n. i4 24 wes. I m n.p.s. mez.lib.o S- ^7 n. I iq tra. I n. 5 24 tra-gre. i n. tra, I m f\g.n. 28 n. 0 5q tra. 1 n. I 4c tra. I s. tra. I pi.g.n. 29 s.p.n. 1 27 tra. 1 s.n. //è. I s.p.n. Ira. 1 n.f 3o n. I 34 tra.gre.o n.p.s. raez. I n. raez. i m Volendosi da' eh. Astronomi abbondare per diligenza , pongonsi le Osservazioni Triplici in ogni giorno ; e volendosi da noi ristringere in pagina , affinchè meno facilmente si disperdano , usiamo alcune abbreviature . Pertanto nella colonna delle Meteore pi significa pioggia i lampi t tuoni n nebbia g gelo b brina . E nelle colonne dello Stato del Cielo s vuol dire sereno n nuvolo , p poco . Le altre abbreviature nelle colonne de' venti sono per se stesse intelligibili . Quando segue un ' asterisco s' intenda gfrare quantità ; cve tro- visi una f croce s' intenda piccola quantità: 3oi mmaaa/KisaBBBa LETTERATURA Continuazione della dissertazione del Sig. Taylor sopra i mister j Eleusìnj , e Bacchici. V. To. 2. pag. %'j. E iiea avendo traversalo la palude Stige incontra il mostro tricipite , Cerbero , guardiano di queste abitazioni infernali; Tandem trans fluvium incolumis vatemque , virumqu* Informi limo , glaucaque exponit in ulva . Cerberus hcec ingens latratu regna trifauci Personat , adverso recubans iinnianis in antro . Nel qual luogo per Cerbero noi dobbiamo intendere la par- te distintiva dell'anima, della quale un cane per la sua sagacilà è 1' emblema ; e le tre teste significano la triplice distinzione di questa parte lìella potenza intellettiva , dia- noetica , e doxastica . Circa la tre specie dì persone descrit- te , come situate sui confinì de' regni infernali , il poeta certamente intese per questa enumerazione di rappresentarci ì tre caratteri più rimarcbevoli , che sebbene non meritino apparentemente una pena , tuttavia sono ciascun di loro si- milmente immersi nella materia , e conseguentemente richie- dono un grado simile di purificazione . Le persone descrit- te sono , come è ben conosciuto , primìerameate le anime de' bambini rapite da un fine immaturo; in seteondo luogo quelli, che ad una morte ingiusta sono condannati j e final- mente coloro, che stanchi della loro vita divengono rei dì suicidio. Rispetto ai primi, o ai bambini, la loro connes- sione colla natura materiale ò ovvia. La seconda specie, quelli condannati ad una morte ingiusta dee supporsi rap- G. A. To. IL 20 3o2 Letteratura presentare le anime degli uomini , i quali quantunque sia- no innocenti del delitto , pel quale vengono ingiustamente puniti , sono stati nondimeno rei di molte colpe , per le quali ricevono il proprio gastigo nell'inferno , cioè una unio- ne profonda con una natura materiale . La terza specie , o i suicidi , come che apparentemente sìansi separati dal corpo : di fatto hanno soltanto cangiato un sito per un altro di simile natura ; quindi una condotta di questo genere secon- do gli arcani della divina filosoGa , in luogo di separare 1' anima dal corpo , soltanto la rende alla condizione perfet- tamente corrispondente alle primiere sue inclinazioni , ed abiti , lamenti , e mali . Ma se noi esaminiamo questo sog- getto pili profondamente , troveremo , che questi tre carat- teri sono posti giustamente nella stessa situazione , perchè la ragione della pena è in ciascuno egualmente oscura . Im- perciocché non è ella giusta materia di dubbio , il perchè le anime de' bambini siano punite? E non è egli egualmente dubbioso , e sorprendente , perqhè coloro , i quali sono sta- ti ingiustamente condannati a morte in un perio do di esi- stenza , siano puniti in un altro ? E quanto ai suicidi , Pla- tone nel suo Fedone dice , che la proibizione di questo de- litto negli arcani è una dottrina profonda, e non facile ad essere intesa . Infatti la vera causa , per la quale i due primi di questi caratteri sono nell' Inferno, può soltanto ot- tenersi col riguardare uno stato primiero di esistenza , sor- vegliando il quale la latente giustizia dalla pena sarà mani- festamente rivelata; le inconsistenze apparenti nell'ammini- Slrazione della provvidenza saranno pienamente riconciliate; ed i dubbj concernenti la sapienza del suo procedere saran- no intieramente sciolti . E quanto agli ultimi , o ai suicidi la ragione della loro pena , ed il motivo , per cui un' azio- ne di questo genere ò in generale altamente atroce , è estre- mamente mistico, ed oscuro; perciò la soluzione seguente De' Misteri Eleusini 3o3 di questa difficoltà sarà senza dubbio ricevuta aggradevol- mente dal lettore Platonico ; poiché 1' intiero di essa noa può finora trovarsi , che in un manoscritto . Olimpiodoro , il più erudito, ed eccellente commentatore di Platone par- la della proibizione del suicidio negli aTrcpp'uTo. , ed osser- va ciò, che segue: D argomento , dice egli, che Platone impiega in questo luogo contro il suicidio , deriva dalla mitologia Orfica , nella quale quattro regni sono celebrati: il primo del Cielo , al quale successe Saturno , tagliando le parti genitali di suo padre y dopo Saturno Giove suc- cesse nel governo del mondo , avendo precipitato suo pa- dre nel Tartaro. Dopo Giove , Bacco venne alla luce , che, secondo il racconto, fu per gli stratagemmi di Giu- none messo in pezzi dai Titani , dai quali era circonda- to , e che dopo gustarono della sua carne : ma Giove sa- lito in collera per questo, fatto scagliò il suo fulmine con- tro i rei offensori , e li ridusse in cenere . Quindi dal vapore del fumo , che dai loro corpi ardenti usciva, essen- dosi formata una certa materia , ne fu prodotto V uomo . £"' perciò contro la legge distruggere se stesso , non per- chè (^ come le parole di Platone sembrano alludere) noi siamo nel corpo come in una prigione assistiti da una guardia , poiché questo è evidente, e Platone non avreb- be chiamato misteriosa questa asserzione ; ma perche il no- stro corpo è Dionisiaco , o proprietà di Bacco ; imper- ciocché noi siamo una parte di questo Dio , essendo com- posti dei vapori de^ Titani , che gustarono la sua carne . Socrate perciò timido nello svelare Inarcano di questa nar- razione nulla di piìi aggiunge alla favola , so non che noi siamo posti come in una prigione assistiti da una guardia ; ma gV interpetri riferiscono la favola aperta- mente : Ka/ zoTt to fj-vd-iKOv £7riyjip>i[j.oc, to/oktoi' . Uctpx t» Op{p£/ TEfi-ff«ps5 ^a.ci'hua.i wctp'xìiJ'ovrcci . TìpeoT» /xiv «' rew 3o4 Letteratura Ovpavov , »'v o' Koovo; J'hJ'ì^ato iKTifLcov Tcc a.iS<^i% tow Tru-Tpoc . MsT.« /« rov Kpovov o' Zivi i/èx<7iMv ffa- fictri^ rovro yxp S'uT^ov ieri, y.cti ovk av rovro at^ropp'HTOV i'hiyi, a>,X'oT/ ou tfìi i^ctyxytiv }''fici(; i'avrovi coU too ffufLaro^ ti'fzav if'icvviyiat.y.ou ovroi /ispo? y^f ctvrov isfitv , ityi ì'a txs a/3-aAw; raiv ìfrAvcav avyKiiiJ.ìò-ct yivsa.fj,ivc>)v rav ffotpKuv too- rov . O' U.ÌV ovv SwHpaiT»? spj-o) To ciTropD'iirov eféiKvv^ roti fj-vd-cv ovJ'iV ttMov Trpcartd-ita-/ rcv w*? iv rivi (ppovpa io-fiSV » Of' i'i i^>iyiira,t rcv fiuò-ov Trpoa'] i^-icceiv i^aò-iv . Dopo questo egli osserva assai bene , che questi quattro govervì o- scuramente si.^nificano le differenti gradazioni della i>irtii , secondo le quili la nostra anima contiene i simboli di tutte le virtù teoretiche , e catartiche, politiche , ed etiche. Imper- ciocché., o rende energico, secondo le virtù, teoretiche , l'esem- pio delle quali è il governo del cielo , onde noi possiamo in- cominciare dall'alto ^ e perciò il cielo riceve la sua denomi- nazione Tritp i rov ctvco opctv dal guardare in alto; o xnve ca- tartica! nicnt^f , r esempio del quale è il regno Saturnio ; e sotto questo rapporto Saturno è denoniinato dall' essere un } puro intelletto , che vede da se stesso : e quindi si dice , che divora i suoi proprj figli per significare la conversio- ne dz se stesso a ss stesso , ovvero rendtf energico secon- do le virtù politiche : e di queste è simbolo il governo di Giove; e quia li. Giove è il Demiurgo, c^sì chiamato, perche opera in se»o;i:lo grado , o V anima rende energi- ca secondo U virtù etiche , e fisiche , simbolo delle quali é il regno di Bacco ; e sotto questo rapporto si narra che De' Misteri Eleusini 3;;5 fosse messo in pezzi dai Titani perchè le virtii non sì seguono ; ma sono separate V una dalV altra : Aivnrovra.t /'e TOt/? cT/a^spoti? pctò-iLovc, -rtav ctp'.Tùtv not^ afe, Y\'w'ij.V7iaei, ->J.t/;^» (TVjjil^o'ha. i'^ovaa. Trctauv tiov apirav ,Teov ts d-iapuriy.CtìVf nai xa.d'apriKav , «a/ TrohiTmav, Kxt nd'iKcov . H yap kclto. rac, S'SupuTif.ctg ivipyit tù'v Tra.pa.ìiiyjMx »' tmv ovpa.v(dv Px(7i7^tiot,, t'va. avud'iv ap^ot^fO^ci , ^to Kctt ovpct.voi n^tnat vrapct rcv etveo cp^v . H zad-xpriKcc; ^)i ìì'c Trapxfsfyfxct, tt' Kpovnx f:ot- ci'hitct, ^ S'io iioe.1 'Kpovoc iiptna.i oiov o' Kopovsvc, ne, uv (Pietro s ecvTov opav . Aio kcci ìtctrcnriviiv rat. oÌKiict yivvnixctTct. ?:iyt- ToLi , (àc, (X.VTOÌ Trpo^é'ctvrov i7n(/\pi(pi,)V . H Kctra. rete, ttO'.i- rviv.eLc, eti crvji^ohov ìi' rov slato di servi tìi , col corpo es- sa vive confinata , come se fosse in legami pel dominio di questa vita Titanica . Possiamo osservare inoltre circa que- sti spettacoli de' piccoli misteri , che siccome erano fat- ti per rappresentare la condizione dell' anima , mentre ser- ve al corpo , troveremo , che una liberazione da questa schiavitìi per le virtù catartiche era quella , alla quale la scienza degli antichi alluse colla discesa di Ercole ^ Ulisse otc nell' Orco , e col loro pronto ritorno dalle sue tenebro- se abitazioni , Quindi dice Proclo nel suo trattato sulla Politica di Platone p. 38 1 , Ercole essendo parificato dal- le sagre iniziazioni , p godendo frutti puri , ottenne al- 5o6 Letteratura yfne uno stabilimento perfetto fra gli Dei . Cioè conoscen- do bene la condizione terribile della sua anima durante la sua cattività nella natura corporea , e purificandosi secondo le virtù catartiche , delle quali certe purificazioni nelle ce- remonie mistiche erano simboliche, fuggi alfine dal legame della materia , ed ascese di là da quello > dove le sue ma- ni potevano giungere . Perciò si disse di lui : Trasse il trifauce cane all' alto giorno : intimando , che colla temperanza , colla continenza , ed al- tre virtù portò in alto la parte intellettiva , dianoetica , e doxastica dell' anima . E quanto a Teseo , che è rappre- sentato come eternamente condannato alle pene nell' Orco , lo possiamo considerare come un carattere allegorico , del quale Proclo nella opera ammirabile citata di sopra p, 384. dà la seguente bellissima spiegazione : Teseo , e Piritoo , dice egli , sono favoleggiati di avere rapito Elena , e di essere discesi nelle regioni infernali , cioè erano ambo amanti della bellezza intelligibile , e insibile ; ' dopo uno di costoro ( Teseo ) per la sua magnanimità fu liberato da Ercole dall'Orco; V altro però vi restò, perche non potè sostenere V altezza ardua della contemplazione divi- na . Questo racconto di Teseo non può infatti conciliarsi in modo alcuno con quel detto di Virgilio: . . sedet , ceternumque sedebit Infelix Theseus . Né io vedo , come Virgilio può conciliarsi con se stesso , imperciocché poco prima lo rappresenta come liberato dall' Orco . La conghiettura d' Igino è assai probabile , cioè , che Virgilio in questo abbia commesso una svista , che se fos- se vivuto avrebbe senza dubbio scoperto , ed emendato . Ciò è più probabile almeno della opinione di Warburton , il quale crede , che Teseo era un carattere vivo , che en- trò ne'misterj Eleusinj per forza, e perciò fu imprigionato De'MistepxJ Eleusini 3o7 sotto terra , e dopo condannato ne' regni infernali . Imper- ciocché se questo fosse il caso , perchè Ercole non fu rap- presentato anche egli come in pena ? E questo sarebbe sta-» lo con più ragione , poiché egli di fatto trasse fuori Cer- bero dall' Orco , mentre la favolosa discesa di Teseo fu seguita da una colpa non reale; ma d'intenzione: senza di- re , che Virgilio sembra essere il solo scrittore dell'antichi- tà , che condanni questo eroe all' eternità della pena . Né 1' indicazione segreta delle favole circa la pena delle anime impure è meno bella , e profonda, siccome l' estratto seguente del manoscritto di Olimpiodoro sopra il Gorgia di Platone mostrerà pienamente : Ulisse , dice egli , discenden- do all' Inforno vide fra gli altri Sisifo , Tizio , e Tan- talo : vide egli Tizio , che giaceva sulla terra , ed un nwoltojo divorava il suo fegato , poiché il fegato signifca, che egli vir^eva solo secondo la parte desiderativa della sua natura , e per questo era infatti internamente pruden- te j ma la terra significa la condizione terrestre della sua prudenza . Sisifo però vivendo sotto il dominio dell' ambizione , e della collera , era impiegato nel rotolare continuamente una pietra sopra un' eminenza , perchè per- petuamente ne discendesse di nuovo ; cosi la sua discesa indicava un vizioso governo di se stesso , ed il suo roto- lare della pietra la condizione difficile , refrattaria , e quasi saltante , della sua vita . Finalmente egli vide Tan- talo in un lago , e che vi era un albero dinanzi a lui con abbondanza di Jrutta sopra i rami , che egli deside- rava di gustare , ma che svanivano al suo sguardo ; <7«e- sto indica infatti , che egli vivea sotto il dominio della fantasia , ma il suo stare sospeso sopra il lago , tentan~ do invano di bere indica la condizione elusiva, umida, e rapidamente corrente di una tal vita. O Oé'vaciv^ t'.xriX- ■^MV ili CtS'OU OlS'i TOV 1ttov /i^po; e^ncrì , kxi i'tct tovto icu (fpo. ,H' cTéi/t/^éto yn (TtiiJ-aivit xo ;:^;,3- o i^/ e 1/ auTOt; (p^ovniJ^a. - O «Tg 2/o-''?o?5 xara, io ^l'hcTifiov , Kctt ^v^j^onìic, ^nacti ezvhti rov hid-ov «-cti Truy^iV Kot,Ti(pépev ^ STriiJi TTipt avTcf, x.ctra.pp'11 0 y.cty.cùc, TroP^iTiucfjLivoi , At-3-ov J'e ly.vhn , J^tct to (rnhvpov , y.cti avTiTVTTùv T)»c ctvrov caconi . Tcv J^i Tavrcthov nJ'iv ìv h/fj-v»., x-di o't/ iv «Tsvtfpo/? lìcctv cTTupctt^ Koit nd-iM Tpvyctv , KCtt eL^aviii lyivovro ai' cTrupat . Toijto «Té (rtìiJ,afVèi thv Kotrcc thv (fxtvTcto'tav ^aiìv . Avt» Ji a^iJicLivn to cA/(r-3-«pov , Kxi ^iv- •ypov f zai ^-ciTTOvoc TroTrxvofjnvcv , Così, che secondo la sa- pienza degli anticlii , e la più sublime filosofia , la mise- ria , elle uu' anima soffre nella vita piesente , quando si dà in preda alla parte irragionevole , è come il principio di quel tormento , che soffrirà dopo 5 tormento , che sebbe- ne sia dello stesso genere, sarà molto più terribile, vee- mente , e durevole . E pel saggio testé dato , il lettore può conoscere quanto la spiegazione, che dà la filosofia Pla- tonica a queste favole , è superiore alle fredde , e languide interpetrazJoni di Bacone , e degli altri moderni mitologi , i quali possono in verità indicare la loro corrispondenza in qualche parte col mondo naturale , e morale : polcìiè la mi- rabile connessione delle cose le simpatizza col tutto ; ma nello stesso tempo essi ignorano , che queste favole sono composte da uomini divinamente saggi , i quali le forma- rono secondo il modello del più sublime originale, cioè dalla contemplazione dell' essere reale , e permanente , non riguardando gli oggetti delusivi , e fluttuanti del senso . Questo infatti sarà evidente per ogni mente ingenua , ri- flettendo , che^ questi uomini saggi considerarono , che l'Or- co principiava nella vita presente ( siccome è slato da noi abbondantcmcptc provalo ) e che per conseguenza il senso De' Misteri Eleusini 309 non è altro , clie l'energia di un'anima, che dorme , ed ha percezione delle delusioni de' sogni . Quindi è assurdo nel più allo grado V immaginare , che uomini di questa tempra volessero comporre favole solo dall' ombre , senza guardare agli originali chiari , dai quali questi oscuri fan- tasmi erano prodotti : per non far menzione , che l' essere in tale armonia colle spiegazioni intellettuali , è una prova incontrastabile , che erano derivate da una sorgente in- tellettuale . Ciò basti circa la mostra dei pìccoli misterj , o la pri- ma parte di queste istituzioni sacre , che erano propriamen- te chiamati nT^ìr» , e /jiuticm; , come quelle , che conteneva- no certi riti da osservarsi, e certe apparenze, e la tradizio- ne delle dottrine sacre necessarie d' esser premesse alla ispe- zione delle visioni più chiare , o della i7ro?rTiiet . Impercioc- ché la gradazione de' misterj è in questa guisa disposta da Proclo nella Teologia Platonica libro 4- P- 220. La parte da osservarsi precede , dice egli , la iniziazione , e V ini- ziazione precede V ispezione . Tlpoiiyiirctt yxp »' /ììtìAst» T«; fj,vncicài; , ati']« ìi t«? iTroTTTiioLc, . Nello stesso tempo si deve osservare, che tutta la iniziazione era in cinque parli distribuita , siccome no siamo avvertiti da Teone Smirnèo nella sua opera de Maiìiematliica p. 18. , il qua- le cosi elegantemente paragona la filosofia a questi riti mi- stici ; Di nuovo , dice egli , la filosofia può esser chiama- ta la iniziazione nelle vere sacre ceremonie , e la tradi- zione dei genuini misterj ; imperciocché vi sono cin mie par- ti nella iniziazione ; la prima di esse h una puntazione preliminare ; conciossìachh non siano ancora comniuriicati i misterj a tatti coloro, che li vogliono ricevere \ ma vi siano certi caratteri , che sono prevenuti dalla voce del banditore , come quelli , che hanno mani impure , ed una voce inarticolata; qHÌndi e necessario, che coloro, chg 3io Letteratura non sono discacciati dai mister} siano primieramente pur- gati da certe purgazioni : ma dopo le purgazioni viene la tradizione de^ riti sacri . Là terza parte e V ispezio- ne ; e la quarta, che e il fine ,e disegno della ispezio- ne e il legamento del capo , e V imposizione della coro- na , cosicché per questi mezzi -gV iniziati possono essere abilitati a communicare agli altri i riti sacri ne' quali so- no stati istruiti ; sia che dopo egli divenga Daduco , sia che divenga interprete de' mister] o sostenga qualche altra parte delV officio sacerdotale . Ma la quinta , che e pro- dotta da tutte queste è V amicizia colla divinità , ed il godimento di quella felicità , che nasce dal conversare intimamente cogli Dei . Simile a questo è la tradizio- ne delle ragioni politiche ; imperciocché in primo luogo precede una certa purgazione , o un esercizio delle conve- nevoli discipline mattematiche dalla prima gioventù , Per- ciò Empedocle asserisce , che è necessario di essere puri- ficato dai pensieri sordidi coW attingere a cinque fon- tane entro un vaso di bronzo indissolubile : ma Platone vuole , che la purificazione debba trarsi dalle cinque discipline mattematiche- V aritmetica, la geometria , la stere- ometria, la musica , e Vastronomia : ma la tradizione filoso- fica dei teoremi , logico , politico , e fisico è simile alla ini- ziazione . Egli (^ cioè Platone) però appella eTroTrTna. , o ispezione una occupazione sopra gli esseri intelligibili , e veri , e sopra le idee . Considera poi il legar del capo , e la coronazione , come analoga al potere , che ognuno riceve dai suoi istruttori di guidare gli altri alla stessa contemplazione . La quinta gradazione poi è la pia per- fetta felicità , che ne nasce , e secondo Platone un assi- milazione alla divinità , per quanto più, è possibile all' uomo . Ma sebbene 1' ittottthx, o ispezione caratterizzasse principalmente i grandi mislsrj , ciò non ostante era simil- Del Cognome Cicero 3ii mente accompagnata dalla /mvìkto; , o iniziazione, siecom* sarà evidente nel corso di queste ricerche . (^ Sarà continuato ) Una congettura sulV origine del cognome Cicero, del Prof. F. Orioli. N< on mi è avvenuto di leggere in alcun luogo che il prin- cipe degli oratori latini traesse il cognome da una parola Osca, la quale per cagion d' infamia e di dileggiamento sì diede a coloro, cui la famosa malattia Campana faceva verrucosi e come cornuti nel volto . Non pertanto ciò a me par chiaro; e siccome immensamente probabile del pari mi sembra quel sentimento di Glareano e di alcuni altri , che il morbo verrucoso dì Capua dee considerarsi qual' uno de' meno equivoci progenitori o attinenti della moderna sifilide, verrebbe da ciò che il nome di Cicei-one suonerebbe di leg- gieri quanto Sono tre i testi d' antichi autori che intorno a questo argomento si danno luce scambievole. Il primo ( trascuran- do nel riferirli ogni ordine cronologico) è di Prisclano,ìl secondo di Plutarco , il terzo d' Orazio , al quale possono ag- giungersi alcune vecchie glosse di suoi cementatori . Pri- sciano scrisse ( /. a°. png. 5^8. ed Putsch. ). Cicero .... primus ab habitu faciei nominatus est . . .e venne con ciò ad indicarci lontanamente questo cognome esser venuto da difetto nel viso . Ma Plutarco ci spiegò 1' enìmraa più alia distesa, narrando (m "vita Cic. interpr. Xil") . Qui primus 3i2 Letteratura cjus familiae Ciceronis cognomentum lulit , videtur vir non contemneìidus fuisse : itaque ne posteri quidem eain ap- pcitationeni rcpudiarunt , scd amplexi sunt , quamquam vulgo riderelur . A cicere eniin traliilar : et priinus Cice- ro ita cognomi n atus Juit , quod in extrenio naso Jissuram obscuram, qualis est in cicere haberet . Ipse aulem Cice- ro , de quo hic scribimus , cum prinium ad rempublicani se contulisset et magistratum ambirei , suad^entibus anii- cis , ut cognomentum illud fugeret atque mutarci fertur ja- ctantius dixisse : contenturum se, ut nomen Ciceronis quam esset Scauroruni et Catulorum gloriosius efjiceret . L' agnome fu dunque ridicolo , e si venne in questa circostanza da specie di ragadi , come sono nel cece , all' apice del naso . Ed era tanto ridicolo , dirò àri'die ignomi- nioso , che Cicerone l'Oratore fu consigliato a spogliarsene . Ora siccome non si giudicavano atti a generar dispregio gli antichi agnomi di Lentulo , di Fiibio , ed altrettali che si dedussero da altre civaje , i quali certamente vulgo non ridebantur , ben fa d' uopo affermarfl due cose : i°. che s' in- ganna Plinio (^His. nat. 18, 8.), quando afferma, oppostamen- te a quanto leggemmo scritto da Plutarco e da Prisciano , essersi detto Cicerone un antico attinente dell' Oratore per la perizia nel coltivare i ceci ; la qual perizia, o un nome che la rammenti non possono generare infamia o muovere a riso; come una perizia analoga, e l'agnome che si pretende averla indicata né portavano disdoro , né congiungevano idea di ridicolezza ai nomi dei Fabj e dei Lcntuli . 2." che il di- fetto indicato dal soprannone Cicero era qualche cosa più disdicevole, e dnva pii!i anche luogo alle beffe altrui , che non comporta l'idea d'un semplice pedicello sul naso , o d'una semplice fissura . Veggiamo s' egli ò possibile di giun- gere a più secreti molivi di ciò. Del Cognome Cicero 5i3 La famiglia dei Ciceroni si veniva d'Arpino , paese delia Campania , e anticamente di lingua Osca: e in quella vec- chia, favella Cicero dovette di necessità scriversi Ciceiu ; per- ciocché gli Osci mancavano della vocale O, siccome è noto , almeno sugli scritti. Or bene: un altro Ciceru Osco s'in- contra presso gli antichi , il quale mentre colT ascendente del nostro Tullio ebbe commune l'agnome , per una combina- zione , eh' io non posso credere accidentale, pur con esso eb- be comune lo sconcio del volto . E questi Messìa Cicero , dal commentatore Porfirione chiamato Ciceiìo , di cui ci racconta il Poeta di Venosa un i-idevole contrasto con un tale Sarmento nella celebre salirà del viaggio ( / i. Sat. 5.). Evidentemente per mio avviso la stessa voce Cicerii, chq fu Fenduta latina dai TuUii volgendola in Cicero , fu latiniz- zata dai contemporanei di Messio traducendola Cicerius o Ci- cerrus. Ma questo Messio amaramente viene beffato dall' av- versario suo per due cagioni: i.° per l'eccedente sua lun- ghezza , dalla quale forse , uomo nuovo e affatto infimo co- me sembra essere stato, trasse il nome di Messius , altra Osca parola che vale , siccome lutti sanno , quanto gran- done ( major ) . Cosi per contrario il suo competitore sembra che fosse detto Sai mento perchè gracile e sottiliuo quale Fiacco ce lo descrive , come sajebbe a dire , tral- cio secco dì vite. 2.° ciò che più fa al caso nostro , egli è beffato , io diceva , per una specie di corno o ceca , cre- sciutogli , alla sinistra della fronte , a motivo del morbo campano , tantoché dovette sottoporsi ad amputazione e con- servarne orrida cicatrice . Invero a ben considerare le pre- cedenti cose non é dunque la congettura , ma il fatto che ci suggerisce certi ravvicinamenti , i quali non han bisogno m raziocinio per essere insieme collegati . Ma prima di riunirli di nuovoin un epilogo, poiché mol- 2i6 Letteratura che san valere . Ma un morbo endemico d' un paese famo- so , anzi infamalo per le sue lascivie; un morbo clie spar- gea la fronte od il naso d' un bruito esantema verrucoso , intercalato da lividi screpoli , ed a cui sopravvenivano , do- po anche cicatrizzata la piaga o il taglio fattone , sconcie deformità di faccia ; un morbo infine, il quale per queste sue particolarità veggiamo aver prodotto effetti idenleci a quelli cui produceva in principio , e Cui produce talvolta anche oggidì la sifilide , vogliamo dir che non fosse un' au- lica varietà di quest' ultimo vecchissimo malore, eh' è omai certo ad ognuno uon essere a noi venuto dall'America , sic- come un tempo falsamente si credeva ? Queste cose furono già discusse da molli . Si scorgerà consultandoli , che male io non m' apposi nel mio pensiero . Giurisprudenza Romana , ossia Corpo del Dritto Civile Romano volgarizzato col Testo a fronte Tom. I. in 4» Milano 181 5. presso Ferdinando Bar et , coi Tipi di Gio. Giuseppe de Stefani s . K on rechi meraviglia se prendiamo oggi a parlare di un volume, che in Milano fu pubblicato fin dall'anno i8i5. Forma questo colle Istituzioni di Giustiniano la prima par- te della versione annunziata dell'intiero corpo del Dritto Ci- vile , che gli editori hanno in qualche modo proseguita ne- gli anni successivi , e che si propongono di condurre al ter- mine. Conveniva necessariamente risalire al primo volume, onde riuscisse in fine completa la relazione di un'opera, che molto interessa la Giurisprudenza Romana, e lutti que' che la studiano e la professano. Precede nn^ prrjazione dell'Edi- Versione del Dritto 3 17 lore Italiano, nella quale egli commenda l' utilità di questa parte elementare del Dritto Romano^ rigetta 1' opinione di Accursio, elle essa in quattro libri fosse divisa per allusio- ne ai quattro Elementi , onde credevasi composta la natu- ra ; e deduce simile divisione dallo stile degli antichi Giu- reconsulti , che in quattro libri ripartirono le Istituzioni del Dritto civile. Propone il volgarizzamento come un mezzo sus- sidiario opporlunissimo per apprendere con facilità la Roma- na Giurisprudenza . Si riporta al giudizio del, colto pubbli- co intorno alla fedeltà nella versione, chiarezza nello stil», proprietà nei termini, esattezza nell' ortografia . Circa i pre- gj dell'edizione, eseguila sul modello di quella di Colonia, pone il divisamento di aggiungervi il testo latino a fron- te, e di corredarla coli' intiere note di Dionisio Gotofredo , e colle* scelte di Cujacio , e dì altri Giureconsulti . Pio- mette in fine la versione delle Pandette affidata al Signor Avvocato Antonio Padovani professore di Legge Ci vile nel Li- ceo di Como, e quella del Codice , di cui si è incaricato il; Signor Avvocato Giuseppe Carozzi . Si trovano egualmente volgarizzate le due prefazioni de- gli editori di Colonia , e di Ginevra , e la Storia crono- logica del Dritto Romano Giustinianeo, che sebbene si dice continuata fino alle età a noi vicina , tuttavia non giun- ge, che all'epoca dì Cujacio . Dopo l'indice latino de' §§. del testo vengono nelle due lingue le tavole sinottiche dell'opera , ossia l'esposizione dell'ordine tenuto ne' libri delle Istituzioni , delle quali poi siegue il testo latino col novel- lo volgarizzamento . Vi sono aggiunti due indici , 1' uno italiano latino assai copioso delle materie , e l'altro lati' no italiano dei titoli , secondo l'ordine alfabetico j e poi, a maggior conjmodo , secondo l' ordine de' libri del testo . la fine è arricchito il volume della tavola latina , ed italiana, che dimostra i gradi di cognazione, jG. a. To. II. ai 2i6 Letteratura che san valere . Ma un morbo endemico d' un paese famo- so, anzi infamato per le sue lascivie? un morbo clie spar- gea la fronte od il naso d' un bruito esantema verrucoso , intercalato da lividi screpoli , ed a cui sopravvenivano , do- po anche cicatrizzata la piaga o il taglio fattone , sconcie deformità di faccia ; un morbo infine, il quale per queste sue particolarità veggiamo aver prodotto effetti identeci a quelli cui produceva in principio , e Cui produce talvolta anche oggidì la sifilide , vogliamo dir che non fosse un" an- tica varietà di quest' ultimo vecchissimo malore , eh' è ornai certo ad ognuno non essere a noi venuto dall'America , sic- come un tempo falsamente si credeva ? Queste cose furono già discusse da molti . Si scorgerà consultandoli , che male io non m' apposi nel mio pensiero . Giurisprudenza Romn.iia , ossia Corpo del Dritto Civile Romano volgarizzato col Testo a fronte Tom. I. in 4- Milano 181 5. presso Ferdinando Bar et , coi Tipi di Gio. Giuseppe de Stefanis . N< on rechi meraviglia se prendiamo oggi a parlare di un volume , che in Milano fu pubblicato fin dall'anno 18 15. Forma questo colle Istituzioni di Giustiniano la prima- par- te della versione annunziata dell'intiero corpo del Dritto Ci- vile , che gli editori hanno in qualche modo proseguita ne- gli anni successivi , e che si propongono di condurre al ter- mine . Conveniva necessariamente risalire al primo volume , onde riuscisse in fine completa la rolazione di un'opera, che molto interessa la Giurisprudenza Romana, e tutti que' che la studiano e la professano. Precede wwtì prof azione dell'Edi- Versione del Dritto 017 lore Italiano, nella quale egli commenda l' utilità di questa parte elementare del Dritto Romano; rigetta 1' opinione di Accursio , elle essa in quattro libri fosse divisa per allusio- ne ai quattro Elementi , onde credevasi composta la natu- ra ; e deduce simile divisione dallo stile degli antichi Giu- reconsulti , che in quattro libri ripartirono le Istituzioni del Dritto civile. Propone il volgarizzamento come un mezzo sus- sidiario opportunissimo per apprendere con facilità la Roma- na Giurisprudenza . Si riporta al giudizio del colto pubbli- co intorno alla fedeltà nella versione , chiarezza nello stilft , proprietà nei termini, esattezza nell' or tognifia . Circa ,t pre- gj dell'edizione, eseguila sul modello di quella di Colonia, pone il divisamento di aggiungervi il testo latino a fron- te, e di corredarla coli' intiere note di Dionisio Gotofredo , e colle* scelte di Cujacio , e di altri Giureconsulti . Pio- mette in fine la versione delle Pandette affidata al Signor Avvocato Antonio Padovani professore di LeggeCivile nel Li- ceo di Como, e quella del Codice , di cui si è incaricato i\ Signor Avvocato Giuseppe Carezzi . Si trovano egualmente volgarizzate le due prefazioni de- gli editori di Colonia , e di Ginevra , e la Storia crono- logica del Dritto Romano Giustinianeo, che sebbene si dice continuata fino alle età a noi vicina, tuttavia non giun- ge, che all'epoca di Cujacio . Dopo l'indice latino de' §§. del testo vengono nelle due lingue le tavole sinottiche dell'opera , ossia l'esposizione dell'ordine tenuto ne' libri delle Istituzioni , delle quali poi siegue il testo latino col novel- lo volgarizzamento . Vi sono aggiunti due indici , V uno italiano latino assai copioso delle materie , e l'altro lati- no italiano dei titoli , secondo l' ordine alfabetico ; e poi , a maggior commodo, secondo l'ordine de' libri del testo . la fine è arricchito il volume della tavola latina , ed italiana» che dimostra i gradi di cognazione. J}. A. To. IL 31 oi8 Letteratura Gli equivoci grossolani, che s'incontrano nel volgariz- Zflmenlo della prefazione ci fecero nascere un forte sospet- to , elle (jiiesta p irte di lavoro sia stata abbandonata senza molla sorveglianza a qualche immaturo allievo ; ed in ve- ro si stenterebbe a credet-e , che un uomo erudito nel men- zionarsi l'edizione apud Junctas, traducesse: appresso le giun- te (;?, XI), e dove si citano le correzioni dì Gronovio , e V Edizioqe di Yan-Leeven , per Lagdani Batavorum rendesse in Lione , ed in Olanda ( p. XI. e XV) ; e per TanreUianos lahores : V Edizione de' Taurelliani ( ibid.") neppuT sappiamo persuaderci, che un Giureconsulto potesse in tal modo abbagliarsi , che nominandosi le restituzioni fatte ex P. Pithoeo , volgarizzasse col soccorso del P. Piteo : , tra- sformando in un Claustrale quel P/efro Piteo, che fu allievo di Cu)ncio , e Procurator General? regio in Guienna (/?. XV. ) , e pili sotto vedendosi : ad Fetrum Fabiuni Sa- niQrianuni : materialmente rendesse : a Pietro Fabro Sa- niorano , come se ignorasse , che fu Signore di St. Jorry (/7.ZX.Y.Y/.)0lt.re di elle potremo ben 'attribuire a scorrezione tipografica la Cìlià di Baruti T^ev Barilo (^LXFFIJ) ed altrove V Esarcato di Ravennate per : Ravenna : Dono per Dino j Causabuorio per C asaubono : così pure 1' omissione della patria di Giuviinni Sambuco , che fu Pannonius : (^LXYXI^ della Chiesa Arcivescovile d' Incmaro , che fu Rehmensis , e Vescovile di Suan:/-, che fu Fasionensis : (^. LXXXI. e LXXXV.) nozioni , che non ponevano certo in imbaraz- zo qualunque iniziato negli clementi geografici : ma il nostro sospetto , che tale versione sia di penna diversa da qnella , a cui dobbiamo il volgarizzamento dell'Istituzioni, si rinforza per altri passi , che non farebbero onore ad un Giurisperito. Que- gli che all' ope Basilicorum : tradusse, col soccorso delle Basiliche , (XIII. ), e parlando degli edilli di Giustiniano trasmessi Ad Armeniani . Phcenicem Libuni , Ponticam , Versione del Dritto 5ia IJellespontum , yEgiptum , Alessandviam , per regolamento di quelle regioni , affermò , che pubUcati 'vennero in Arme- nia, in Fenicia, n eli Elle sponto, in Egitto , nelV Alessan- dria : sopprimendo , alterando , e confondendo le denomi- nazioni delle Provincie Romane ( LXXIII. ) : quegli inol- tre , che delle Greche costituzioni excerptce cioè estratte dalla compilazione Giustinianea , disse che sono da essa escluse ( LXXVil. ) , ed in fine parlando dell'Etimologia delle Ecloghe ci regalò un Illarone di Teocrito , e ci fece co- noscere i poemi di Orazio Appollinare nel volgarizzare il passo : Eclogai dicuntur, ut Bucolica Maronis e Theocrito: Apollinaris Horatii poemata eclogas nominai , (LXXYL): quegli per certo o non avea sufficiente cognizione delle co- se , che iraduceva , o fu sorpreso da un sonno più grave di quello, che lo stesso , Orazio rimprovera ad Omero . Ma scendiamo al volgarizzamento del testo . E primieramente perchè le nostre osservazioni noa ven- gano attribuite a quello spirito di malignità , da cui siamo per natura , ed istituzione alienissimi , giovi il dichiarare , che un gran numero d' inesattezze si debbono forse ripete- da quelle scorrezioni tipografiche , che l' umana diligenza non giunge ordinariamente a sradicare affatto . Quindi avre- mo volentieri per iscusato l'Autore della versione, se leg- giamo: Amasurio Sabino: per Masurio Sabino (pa^. iSg.): si fosse nominato erede: per si fosse nominato un'erede, e cosi nella definizione del legato , donazione per donatio qucedam dpag. lyS. ): in oltre ; molta di^^ersità tra il com- modato , ^W^pag. 265. ove leggersi doveva : /,a .7 m«/»o, ed il commodato:, e similmente : tenditore per creditore alla pag. a68. ; come pentauro: per: ippocentauro: ( pag, 277. )•• ornamenti , per armenti: (pag. 277. ). Così scor- rendo più avanti s^ incontra h pag. 33 1. : nel solo terzo in luogo del solo triplo: alla pag. 337. §. n. si legge e 320 Letteratura V intentargli l'azione di omicìdio , invece di e- P inten- targli l' azione di omicidio , come porla la lettera , ed il senso del testo , che non iil terna ti va mente , ma cumulativa- mente accorda 1' esercizio delle due azioni . Nello stesso mo- do alla pag. 365. si ha per un dato luogo : il testo ri- chiede per dolo malo . Né altrinienti aWn pag. SgS. §. 4- • la frase ; cum eo ereditar experiatur : si traduce: aggradi' to da un creditore: forse per aggredito , sehbeii un tal la- tiuismQ noti sia ricevuto in Italiana favella ; inoltre alla pagi- na 4o3. §• % quel: come se fosse:, in luogo di ^e Jos- se: alla pag. 49 ^« pi-t-gnare: per pugnrf.le : , e finalmente legge Flavia per Fabia alla pag. 4»i. §• io. Dalla stessa causa vogliam ripetere la confusione , che prodiice nel contesto delle disposizioni la particella non fuor di proposito inserita pag. ì^y. §. 4- i '79» §-io. 283. §. 20., ed omessa per equivoco alla pag. i53. §. 6. , ov'era essen- zialmente necessaria . Né altra origine fuori che quella de- jgli errori di stampa , crediamo , che abbiano avute le o- xnissioni , e lagune, che tratto tratto s' incontrano sd oscu- rare il più bel pregio di una versione, vogliam dire esat- tezza, e fedeltà , segnatamente nelle materie giuridiche, nelle quali una sola parola è capace di alterare la mente del le- gislatore : cosi alla pag. g3. §. 3o. quel può essere non ascoltato: per exceptione doli mali repelli , sopprime la qualità dell' eccezzione doli mali, in cui tutta consiste la forza della disposizione. Del pari alla pag. io(). pr in e. del §. 6. la versione mancante delle parole ; si immohdis : , può indurre 1' errore , che 1' usucapione delle cose mobili richie- desse lo spazio di un biennio : in Italico solo : . Per essersi trascurata la frase destituto testamento , nel volgarizzamento alla pag. 197. §• 2. non si comprende il perchè da Lega- tari sì perderebbe il profitto della liberalità del Testatore. Alla pag, so3. 5* 12. tutti intieri mancano li due ultimi perio- Versione del Dritto Sai *■• 8. : de Noxalibus actionibus interpreta- ta come titolo : delle azioni nossali : p. 3jy. contengano per lo meno altrettanta oscurità nella versione che nell'originale. La nozione sui hceredis nello stretto significato del dritto Romano richiede un' attenzione straordinaria per fissarla con- venientemente , e conservarla uniformemente in tutti i passi. Non ostante quel sùus si spiega ora per suo Erede , ora per Erede suo, talvolta per ^'ero Erede, altrove per Erede pro- prio, lasciando così un' incertezza sulla precisa inlelligenza . In un lavoro di questo genere, ed in materia si delicata la prima cura del traduttore quella deve essere di conservare scevra da ogni errore la verità , ed integrità dei principi . Ora qua- lunque zelante sostenitore di questo volgarizzamento si tro- verebbe senza meno smarrito nella difesa di parecchi tratti, nei quali l'Autore semrba essere andato ben lungi da questo scopo principale . Senza pretendere d,i pronunciarne giudizio ci limiteremo al confronto del testo colla versione , sottopo- nendo alla decisione dei Giurisperiti le brevi riflessioni , on- de 1' abbiamo accompagnato . L. 1 t. a 3, §. 6. Quem velit Acloreni periculo ipsius Tutoris Prcetor , vel qui Proi>inci ce prwerit decreto consti- tuet : volg. • Il Pretore , o chi presiede alla provincia stabilirà con suo decreto un Curatore a suo piacimento , ed a tutto rischio del Tutore .-Intanto il Curatore vien de- putato a j*«ricolo del Tutore in quanto la scelta della per- sona è lasciata a di lui arbitrio , e non a quello del Pretore . Ibidem t. 25. §. 12. : Iteni is qui status controversiam a pupillorum Patre passus est cxcusatur a Tutela : volg. : Versione del Dritto 323 ne Prt esente colui che , che fu dal Padre del pupillo po- sto in procinto di perdere la condizione di Cittadino : Vo- gliono tutti gl'Interpreti che la prola status s'intenda pro- priamente ddlo slato di libertà , e solo per deduzione \iene applicata agi' altri due slati civitatis et Familiae . Ibid. t. -2.6. §. 8. : Sed si suspecti cognilio susceptofue- rit : Posteaque Tutor vel Curator decesserit , extinguitur susvecti cognitio : volg. : Ma se la causa di sospetto si apra dopo la morte del Tutr>re , o Curatore non deva progre- dirsi : E assurda cosa il portar la introduzione della lite dopo la morte , clie eslingue la lite già introdotta vivente il Tutore . L. 2. t. 1 §. 20. Pro modo scilicet latitudinis cujus- (fue agri , quae prope ripam sit : volg. : in proporzione della vastità di ogni fondo ivi situato : Non dall' estenzione del predio in genere , ma da quella della ripa , si toglie la proporzione per distribuire fra li adiaoeuti 1' alveo abbando- nato dal fiume . Ibid. §. 28. : Arbitrio atitem ludicis continetur ut ipse cestimet quale cujnsque frumentum fuerit : volg. : sta poi in arbitrio del Giudice il decidere quanto tocchi a V uno , e quanto alV altro . L' officio del magistrato si aggira non- tanto sulla quantità , che sulla qualità del frumento; cosic- ché : secunduni qualitalcni , et mensuram possessoreiii ado- ri condemnet : , come spiegò Teofilo . Ibid. t. 4- §■ 2> •■ "^ tamen eo nomine hceredi ulilitef caveatur : volg. : purché a tcd titolo si procuri un vantag- gio aW Erede: non si traila qui di vantaggio, ma di Cau- zione . Ibid. t. 8. §. 2. : Ad c.rhibendum de his agi potesti volg.: Si potrà intentare V azione reale sulla cosa: L'azione ad exhibendum è propriameule personale , e solo perchè si ac- corda contro il terzo possessore si annovera fra quelle , che i)4^ Letteratura sono in rem scriptce . L'azione intanto non riman definita. Ibid. : In costitutione guani ad Ccesarienses Advocatos ex sugestione T rihoniani proviulgavimus : volg. : In quella costituzione da noi emanata agli Avvocati regj per censi' glio di Trihoniano : Tutti convennero gì' Interpreti , che fosse diretta la costituzione agli Avvocati di Cesarea : di- sputarono soltanto se fosse la Cesarea di Cappadocia , o di Palestina . Ibid. t. g. §, ultìm. : Siquem adrogaverilis vel si cujus Bona libertalum conservandarum causa vobis addicta fue- rint : volg. : o se lo arroghi qual figlio , o se ne faccia aggiudicare i beni a fine di lasciargli la libertà ; Rimane confusa la libertà dell' arrogato , di cui non si cerca , con quella degli Schiavi del Testatore oberato , della quale par- la il Legislatore . Ibid. t. i3. §. 1. Et in eo par omnium conditio est, quod et filio posthumo , et quolibet ex cceteris liberis sive fceminini sexus sive masculini prceterito , valet quidem testamentum, sed postea agnatione posthumi , sive posthumas rumpitur : volg. È in ciò pari la condizione del figlio po- stumo di un sesso , a dell' altro a quella degV altri figli , che se venga preterito valga il testamento , e solo per- de il suo vigore per la nascita del postumo , o della po- stuma : . Quel Cceteris liberis non sta per 1' effetto di pa- rificare i figli nati ai figli postumi , ma per indicare l'egua- glianza di condizione fra i postumi di primo e quelli di ul- terior grado. L'autore non ebbe presente l' insegnamento di Calllstrato nella legge 220. de verb. signif. che : liberorum appellatione nepotes, et pronepotes, cceterique , qui ex liis descendunt , continentur : INò 1' interpretazione di Teofilo ; Ncque est hic ulla differentia inter filium , autfiliam , aut nepotem , vel neptem : Tit, 20, §i 2. : Olim quidem erant legatorum genera. Versione del Dritto 3a5 (juatuor : per vindicatìonem , per damnationem , sinendi modo, per prceceptionem ; volg. : Quattro specie dì Legati vi erano una volta , per vindicazione , per donazione , per permissione , per precetto : Quel precetto , che sì pone ia quarto luogo ia vece di prelevazione , meglio starebbe nella seconda sede invece della donazione , che nulla ha che farci . Anche nel lib. 3. tit. 28. §. ult. non fu intesa la natura del legato per damnationem, che si dice: lasciato in via di pena : Ibid. §. 7. Veluti fructus , qui in ilio fundo nati erunt aut quod ex illa ancilla natum erit : volg. : Come i frut- ti , che nasceranno da un terreno , o da una schiava : . Eppure si trova già spiegato nel /. 1. §. 'ò'j ., che : pare as- surda cosa , che V uomo dovesse considerarsi nel numero dei frutti ! Lib. 3, tit, 28. rubr, ; Per quas personas nobis obli- gatio aquiritur : volg. : Per mezzo di quali persone con- traggansi obligazioni : Ibid. ]^vìncip. : ^idmonendi sumus , adquiri nobis non solum per nosmetipsos , sed: etc. volg. : Dobbiamo avvertire , che non solo s'incontra un obligo da per noi stessi , ma: . ec. Il Teorema è vero nel senso opposto, che cioè si acquisti un azione derivante dall' obligo, che altri assume versoi no- stri Figliuoli , o schiavi . Lib./^.t. i.§. 6. Si quis argentum utendum acceperit , quasi amicos ad ccenam invitaturus . Volg.: ^e taluno avrà ricevuto del danaro da impiegarsi in una cena cogli amici , e V avrà invece speso in un viaggio : Se trattasi dell' abuso del oommodato , quell' argentum non è sicuramente danaro, ma vasellame d'argento. Tit. 3. 5- 10.; Placuit , non solum perempti corporis rationem habendum sed eo amplius quidquid perempto eo corpore damni vobis illatum fuerit , velati si seryum tuum '3a6 Letteratura eie. itein si ex pari mularum imam , vel ex fjiladrigis unarn etc. j Volg : /u ritenuto , che non solo debhasi cal- colare la perdita della persona , ma anche il danno etc. Parimenti , se sarà stata uccisa una di due nude ap- pajate , o uno di quattro cavalli accompagnali : a meno, che non si stimino come persone i muli , e i cavalli , ed an- che gli schiavi, che presso gli antichi stavano in luogo di co- se , corpus non potrà mai significar persona . Tit. 6. §, 2. : Si quis agat , Jus sibi esse altius ctdes suas tollendi , prospiciendiquc , vel projiciendi aliquid , vel iminittendi tignuni in vicini oìdes : Volg. Se taluno prò- ponga di poter alzare la propria casa , procurarsi una certa luce , o gettare una qualunque cosa , o appoggiare del legname da fabrica alla casa del vicino . La servitù prospectus si confonde coli' altra luminum . Quella pn&jì- ciendi non dà la facoltà di gettare , ma tignum nostrum su- per alterius fundum provehendi , quamvis in nulla parte fundi requiescat, cioè di far de' poggetti , o mignani . Che poi tignum s' intenda del solo legname noi consente Cajo , che scrisse : Tigni appellatione in lege XII. tahb. omne genus materire , ex qua asdijicia Constant , signijìcatur : . Ibid. 5- '3.: Prcejudiciales actiones in rem esse vi- dentar , quales sunt , per quas quceritur , an aliquis liber , vel libertus sit : Volg. Le azioni pregiudiziali sono pur es- se reali : tali sono quelle in Jorza di cui si ricerca , se taluno sia Jìglio, o liberto : Nuovo inciampo sullo stesso vo- cabolo liber . Qui sta in opposizione dello schiavo , come è ingenuo in opposizione del liberto : Dunque non dinota il figlio , ma r Uomo libero . Tit. i5. §. S. : Si non relìnquendcB possessionis animo , sed postea reversurus inde discesserit : Volg. : se avrà ce- duta la cosa senza volontà deliberata di cederla , ma bensì di ritornare al possesso , si considera non averlo mai per- Versione del Dritto 5^7 dillo. Qui non si purla , che di semplice discostamento: L' idea della cessione , che travisa il testo , è affatto estranea, e senza appoggio . Tanto basti sull' indole della versione de' diversi passi . Quanto poi all' andamento dell' intiero contesto , dal quale dipende la connessione de' precelti , e la chiarezza delle par- ticolari disposizioni , ci restringeremo a qualche oservazione sopra il solo brevissimo titolo XIX. del lib. i. De Jìducia- ria tutela, perchè si comnrenda , che in un'impresa , qua- le richiede diligenza, criterio, e maturità non ordinaria, pos- sono scorrere anche in pochissime linee molti equivoci intor- no r integrità del testo , la fedeltà della versione , e la ma- niera di argomentare del Legislatore . Ecco il testo , e la versione per farne il confronto . Tit. XIX. De fiduciaria Tutela: TIt.XlX.'DelluTiitcìa fiduciaria: Est et alia tutela, quce fiduciaria Havvi nn altra tutela , che chiamasi appcllatur\naìn si pater filiwn, fiduciaria. Se il Padre emancipa il vd.Jilium,nepotem,t>clneptem,vel figlio , o la figlia, o i nepoti impn- deinceps , iinpuberesmaniuniic- beri , diventa tutore legale; ma se rit, legilimam nanciscitur eorwn egli muore , i figli maschi diren- tutclam . Quo dcjìincto, si libo- tano tutori fiduciari del fratello , o ri cjus i'irilis sexus cxistanf,f- sorella . Quindi è che morto il Pa- duciarii tutores f-'elfratris vel so' drone tutore legale i di lui figli di- roris efficiuntur . Atcjui patrono vengono tutori leggittiml ; perchè legittimo tutore mortuo , liberi il figlio del dcfoiito se non fosse quoque cjus legilitnisunt Tutores: stato emancipato dal Padre vivo , quoniam filius quidein defunctl , dopo la morte di questo, diverreb- si non esset a vivo patre einanci- be padrone di se, né ricadereb- patus , post obituin ejus sui juris bc in potestà paterna, e quindi ne ejficeretur,necinfralruin potestà- mono sotto tutela .11 liberto poi se 5a8 Letteratura tem reciderei, ideoquc ncc in tu- fosse rimasto schiaro, sarebbe stata ielam : Libtrtus aiitcm si servus verso i figli del suo Padrone ciò mansissct,utiqueeodemjureapud ch'era pel Padrone stesso prima liberos domini post inoriem ejus che morisse . Juturus esset . Si pone nel testo la specie , che il Padre manometta Jìlium , veL filium , nepotem vel neptem , et deinceps , im- puheres . La traduzione nomina soltanto ; il figlio , o la fi- glia , o i nepoti impuberi , manca il volgarizamento della frase , et deinceps , che comprende sotto la disposizione gli ulteriori discendenti impuberi dell' emancipante, ed in par- ticolare pronepotem vel proneptem , come si ha dalla para- frasi del diligentissimo Teofilo . Con quell' atqui patrono legitimo tutore mortuo etc. si forma Giustiniano una dif- ficoltà dedotta da ciò , che morto il Patrono tutore legitti- mo del suo liberto , li figli del patrono rimangono tutori le- gitimi del medesimo , e non già fìduciarj , siccome chia- ma i figliuoli rispetto ai fratelli , e sorelle, impuberi. Nella Yersione si prende la difFicoltà contro la regola per una coa- seguenza della regola stessa ; rendendosi ; Quindi è che mor- to il patrono tutore legale etc. Eppure si aveva sott' oc- chj la bella nota di Gotofredo , che tutto pone in chiaro il contesto sotto il numero, io. Objectio: patronorum liberi li. bertinorum impuberuni patroni legitimi sunt tutores . Igi~ tur fratres a parte emancipatorum impuberum fratrum le- gitimi tutores dicendi non fidaciarii . Prende V Imperatore a sciogliere la difficoltà , che si era proposta, colle parole : quoniam filius quidem defunctis etc; ma il traduttore , come se non 1' avesse compresa , toglie que* sto tratto come un corollario dell'erronea conseguenza, che aveva premessaa ; e senza rilevare la distinzione de'casi , che se- Versione del Dritto 329 co porta la differenza del dritto intorno la qualità delle due di- verse tutele, legittima , cioè, e fiduciaria, forma di questo tito- lo un laberinto , in cui si perde senza guida la meùte d' un te- nero alunno . Avverte a questo proposito Giustiniano , che il figlio impubere non emaucipato dal Padre diverrebbe sui juris dopo la morte dì esso : nec in fratrum potestatem re- ciderei: prese abbaglio il traduttore , dicendo che : non rica- derehhe in potestà paterna: della quale è assurda l'idea do- po la morte del Genitore . Oltre di che il traduttore segui- to avendo il testo di Gotofredo non ha avuto ragione delle parole ; filiorum suorum , e delle altre et cceterorum : , che si leggono nel secondo periodo delle volgale edizioni . Si tro- vano è vero indicate queste varianti lezioni nelle note la- tine , ma come si può pretendere , che ne percepisca il signi- ficato, e la forza quel giovine allievo, che ha bisogno di una traduzione Italiana per iniziarsi ne' misteri di Temide ? Quindi non saremo punto sorpresi, se qualche troppo se- vero Censore riducesse a Problema , se una traduzione rechi ad essi più di ajuto, che d'imbarazzo. Ad onta di tutto ciò v'è da sperare , che questa ver- sione delle Istituzioni non andrà in quell'assoluta dimenti- canza , a cui sembra condannata 1' altra pubblicata da Fran- cesco Sansovino: perchè verrà se non altro sostenuta dal pre- gio di aver il testo latino a fronte colle note de' più insi- gni Interpreti . Non entriamo a parlare del volgarizamento delle Pan- dette e del Codice , poiché non è giunto alle nostre mani , che un solo fascicolo . Chiunque conosce mediocremente gli scogli, che s'incontrano nell' interpretazione de'Rescritti Im- periali , e delle opere di Papìniano, di Africano , di Scevo- la, e degli altri profondi antichi Giureconsuti , intorno alle quali si affaticarono da più secoli i più sublimi ingegni , difficilmente sì persuaderà , ^e l'arduo lavoro possa essere 33o Letteratura condotto a tal grado di perfezione , che la A-^era scienza del Romano Diritto si acquisti senza la cognizione della lingua latina . Anzi non osiamo discostarci dall'opinione savissima dell' Eccardo , e del Duchero , che slimarono indispensabile a formare un perfetto Giureconsulto lo studio della latinità par- ticolare di ciascuna età non meno, che de' singoli Autori. Chi ne abbandona gli originali per affidarsi alle versioni ras- somiglia a quello sconsigliato , che avendo innanzi agli occhi un'oggetto, gli volge le spalle per contemplarlo in uno spec- chio fallace , che ne deforma la bella imagine . Guai a quel- lo studioso di Giurisprudenza , che appressa per inflngarda- gine le labra alle basse lagune onde evitar la fatica di rìsa- lire alle limpide sorgenti . Una volta, che abbia attinti i pri- mi elementi da fonti impuri , ed abbia cosi caricata la mente di fallaci nozioni, e di erronei principi, è quasi impossibile che si risolva a tornare indietro , e riporsi sulla buona strada, per- chè : quum semel est imbuta recens servabìt odorem testa diu : horat . 33 1 Iscrizioni Nomentane ec. V. to. 2. p. 202. CAPO III. Iscrizioni di non recente ritrovamento , che si conservano in Mentana, e ne^ poderi circonvicini. J-Jo Sperandio Autore della SahitM Sagra e Profa- na nel riferire le Iscrizioni dell' antica Nomento sif- fattamente le affastella , che mostra di non averle mai né vedute , ne intese . Ecco in qual modo so- no state da lui pubblicate L . APVLEIVS . L . L . ASCLEPIADES TRIB . MIL L . APVLEIVS , L. F. APVLEIA . L , F SOPHANVBA D^ SVO FEGIT L . HERENNIVS . L. F. HOR . GALLVS P . RVTILIO . L . F . HERENNIA . L. F MERVLA . MINOR . HERENNIA . L . F MERVLA . MAIOR Il primo affastellamento deve essere ordinato , e diviso in tre diverse Lapidi : le quali si veggono in- serite nel muro a destra lungo la Via maggiore del- la Terra di Mentana. L In ordine la V. Immagine d^ uomo scolpita in rilievo Jino alla cintura con Sago , Anello , e Parazonio . L. APPVLEIVS . L . F TR . MIL 53a Letteratura IL In Ordine la VI. Simile d' uomo togato L . APPVLEIVS . L . L ASCLEPIADES IIL In Ordine la VII. Simile di Donna APPVLEIA . L . L SOPHANVBA DE . SVO FEGIT Lucius Appulejus Ludi Filius Trihanus Militum . Lucius Appulejus Ludi Lihertus Asclepiades . Appuleja Ludi Liberta Sophanuba . Sarebbe opera vana , non che lunga e sottile, il vo- ler rintracciare qual fosse il Lucio Apulejo Tribu- no Militare , del quale fa menzione la prima lapi- de : SI perchè il nostro Apulejo non ha nel marmo alcun cognome : si perchè la Gente Apuleja fu chiara f)er molti grandi uomini , ed ebbe parecchi Conso- i ne' migliori tempi di Roma . Quest' una cosa dirò : che Cicerone ci ha lasciati scritti i nomi di tre Lu- cii Apulej : e sono : L L. Apulejo Saturnino sedizio- so Tribuno della Plebe; del quale 1' Arpinate parla in più luoghi : II . L. Apulejo Accusatore di Verre insieme con Q. Cecilio Negro : E questi segui non la milizia , ma il Foro : perciocché Tullio lo chiama ho- minem non cetatc , sed usu forensi atqae exerci- tallone tironem (i) III. L. Apulejo Pretore nella Ma- (i) Divinai, in Q. Caecil. i5. ISCRIZ. NOJVIENTANB. 333 cedonla : dove ebbe per Questore Gneo Plancio (i) . Forse che da alcuno di questi discese il nostro L. Apulejo , che fu tribuno Militare . E perciò ne ha le insegne : ciò è a dire il sago , il parazonio , e I' anel- lo . Imperocché il sago fu veste militare : ed era in- dizio di gueri'a , come la Toga di pace : Laonde le parole saga sumere , ad saga ire, in sagis esse significano lo stesso che prender le armi, andare al campo , essere negli alloggiamenti. Questo sago era una vesfe aperta , la quale si univa , e stringeva coli' ajuto di una fibula , o altra cosa simiglievole : ecce- deva di lunghezza la tunica , e si sopiapponeva a tut- te le altre vestimenta. Il sago dei tribuni Militari, dei Centurioni , e degli altri primi dell' Esercito era migliore che quello de' Soldati , come , parlando del tribuno Decio , accenna T. Livio Lib. 7. e. 34 • 11 Parazonio era una spada senza punta la quale pendeva da una zona o fascia . Che fosse insegna dei Tribuni Militari dedncesi da quell' Epigramma di Marziale > che ha per titolo Parazonium (a) MilititB decus hoc , et grati nomen honoris , Arma tribunitiiini cingere digna latus . Allorché gì' Imperatori innalzavano qualcuno alla di- gnità di Tribuno militare gli davano colle proprie mani il Parazonio . Non m' intratterrò a provare , che i Tribuni Militari portavano 1' anello d' oro , essendo cosa a tutti notis- sima . Né dirò comQ essi Tribuni furono creati da Ro- molo ; come anticamente erano eletti per autorità de soli Consoli , o Dittatori ; come in processo di tempo la elezione fu comune tra i Consoli , e il Popolo ; co- me di frequente ottenevano la dignità senatoria ; ed altre cose siffatte ; le quali mi porterebbero troppo fuori di via . Solo mi piace trascrivere q^uelle parole (1) Pro Gli. Piane. 1 1- (2) Lib. XIV. Ep. ò-t. G. A. To. IL aa 334 Letteratura del Giureconsulto Marziano (i) con che egli ci ammaC' stra dell'Officio dei Tribuni Militari,, OjfLciiim Tri- bunorum est , milites in castris cotitinere , ad exerci- tationein producere , clavcs portarwn sitscipere , vi- gilias interdum circumire , jruinentationibus com- Tìiilitonuin interesse ,fj'ument/cin probare , viensorum fraudem coercerc- , delieta secundmn suce auctori- tatis inodum casligai'e , princ/piis frequentar inte- resse , querelas CoTnmilitOìULin audire , valetudina- j'ios inspiccre „ Ma Scendo ritorno al nostro Tribuno Militare , furono da lui resi liberi due Servi , che forse era- no Marito , e Moglie , e uno si chiamò Asclepiade , nome assai usato tra i greci : 1' altra Sofanuba . La quale volle nella lapide notato , che quel sepolcro era stato fatto co' suoi proprj denari . DE SVO FEGIT. Né ci dobbiamo maravigliare vedendo Asclepiade in larga toga ravvolto : perchè ai Liberti era lecito ve- stirla , e ne andavano pomposi : Onde Orazio sdegno- samente esclamava contro Mena Liberto di Gn. Pom- peo (a) T^idesne , sacrain metiente te viam Cuni bis ter ulnarwn toga , Ut ora vertat ìiuc et huc euntium Liberrima indignatio ? Passiamo ora a riordinare , e diciferare le rima- nenti Iscrizioni confusamente riferite dallo Speran- dio . Queste devono dividersi in quattro parli , cQ' me siegue . I. In Ordine la FUI. L . HERENNIVS . L . F , HOR . GALLVS (i) Leg. 12. Digest. ado- lescens omnibus rebus oriiatus 55 (i) Le Iscrizioni delle ridette cinque Arche sono tut- te scolpite in uno dei lati minori . Ora mi convien far parola di quattro Lapidi , le quali dallo Sperandio sono state passate sotto silenzio L In Ordine la XIF. Nel luogo detto la Mezzaluna . Belìissirnci -dra , ottimo,- mente consentala . D. M. Q. IVLTO . LOLLIANO FRATRI DVLCISSIMO Il Cognome Lolliaiio è stato forse accattato dalla Geijte Lollia . Tacilo parlando della rotta dello eser- cito comandato da M. Lollio Legato in Germania sot- to Augusto , la chiama Lolliana Clades (a) (1) Fara. XIII. 38. (2) Ann. Lib. I. e. io 338 Lett eratura IL In Ordine la Xf^. Nel Casino de^ Bar onci . Bel Cippo nel muro . DIS . MANIBVS MARTIALI . VIXIT ANN. Villi MENS . VI . DIES . V FECIT IVLIA. NICE ALVMNO . SVO B. M Marziale era un fanciullo povero , e forse nato d*illegitimo congiungimento : Giulia Nice per la pietà che n' ebbe , lo alimentava , e lo educava : Il mise- rello si mori tra il nono anno ed il decimo : E sic- come aveva ben meritato della sua benefattrice , ella questo monumento gli pose . III. In Ordine la XVI. Frammento di buon marmo che serve di gradino alla Porta del Castello verso la Fonte . . . . FELICISSIM . . . AELIVS . AVG . LIB ... Accenna qualche opera pubblica dei tempi di Tra- jano , come è chiaro dal nome del Liberto Elio . ISCRIZ. NOMENTANE. 339 IV. In Ordine la XVII. Nella Vigna de" Santucci. Base quadrata scorniciata da tut- te quattro le parti , con sopravi V incavo per V urna Cineraria . Nel lato destro e scolpito un sistro di bel- lissima maniera : Nel mezzo belle Lettere , ma guaste dal tempo . . . . ERVLANO PHAEDRO . SACERDOTI NOMENTANORVM . MATRIS . D. M . . . NIS . XXXV . ET . SANEIAE HILARI . . . ANNIS . XX CVRIOSE . QVIT . AI T Nel lato sinistro P urceolo . ET MELIZVSAE . VERNAE . SVAE VIXIT . ANNIS . XVIII . POSITA HIG . A . XXX Nella prima linea il tempo ha corroso il Prenome : e forse anche il principio del Nome gentilizio , che probabilmente era Meriilano . Ciò che manca nella quarta linea facilmente si sup- plisce così riXlT , JIVNIS XXXV Nella qufnta linea prima della parola HILARI si veggono le tracce di alcune lettere così malconcie dal tempo che disperiamo di leggerle , finche la La- pide non venga j)OSta a miglior lume . Dopo la sLessa parola HILARI sembra che debba seguitare la Lettera V. Vixlt . Finalmente nella sesta linea QVIT sta in vece di QVID , e sieguono i due Monosillabi : AD . TE . 34o Letteratura . . . Merulano Phedro Sacerdoti Nomentanorum Matris Deorum Magnce : vixit annis trigintaqui?i- que . Et Sanejc^ ( vel Sanetae ) Hilaii : vi- xit annis viginti . Curiose quid ad te ? Et Melizusce F'ern^v suce . Vixit annis Decemocto . Posita hic a Triginta viris Questa Iscrizione è ben preziosa pe' Nomentani . Imperocché di queste due cose ci ammaestra , am- bedue per Nomento onorevoli. L'una, che v'ebbe in quel Municipio un Tempio consagrato alla Dea Iside , con un Sacerdote di quella Dea : il quale chiamavasi Sacerdote de' Nomentani . L' altra , che v' ebbe in Nomento un Sodalizio , o Collegio o Ma- gistrato di trenta persone. Ho detto che il Tempio Nomentano era consagra- to ad Iside , e mi accingo ora a provarlo . La La- pide dice : Sacerdoti Matris Deorum Magnce . In origine la gran Madre degli Dei non era che la Ter- ra di tutte le cose generatrice . E perciò di lei can- tava Lucrezio (i) Quare magna Deum Mater , materque ferarum , Et nostri genitrix luec dieta est corporis una . Né diversamente Stazio , non mi sovviene in qual luogo della Tebaide , appellò la Terra Hominum , Divumque eterna creatrix . Ma questa Divinità cominciò in progi'esso di tempo ad avere più nomi , e diversi culti . Imperocché era chiamata Cibele , Berecinzia , Rea , Opi , Giuno- ne , Ce!rere , Proserpina , Vesta , Maja , Fauna , Ma- dre Idea , Dea Bona : E tutti questi nomi suoleva- no avere I' addjettivo di Gran Madre degli Dei . In- (i) Lib. 2. V. 598. ISCPJZ, NOMENTANE . 5^1 tanto Iside era adorata nel!' Egitto , ed era anch' es- sa considerata come la Terra , e chiamata Oinnipa- rens Dea , Frugifera Dea . Poco prima del SecO' lo di Angusto il culto della Dea Iside fu traspor- tato a Roma , ed anche a questa Divinità fu dato nome di Grati Madre degli Dei ; come è a vedersi in molte Lapidi . Ma inf[aanto ai riti , e misteri Isiaci fu conservato 1' uso Egiziano . E siccome questi riti , e misteri notturni si celebravano a suon di Sistro ; che era un' istromento Egiziaco ; cos\ il Sistro fu sempre un distintivo di questa Dea . Per la qual cosa Ovidio facendo voti ad Iside per la salute di Corin- na sua , la quale giaceva in dubbio di vita , doloro- samente esclamava . O Dea \ per li tuoi sistri ti pre- go. (i) Ora dunque vedendo noi scolpito nel de- stro lato del sasso un bellissimo Sistro ; non possia- mo andare errati affermando , che il Tempio Nomen- tano fosse sagro ad Iside gran Madre degli Dei , Il Sacerdote Fedro aveva morendo lasciata una sua Verna , cioè una Ancella nata in sua Casa . Que- sta poco dopo venne a morte pur essa , nella età di anni dieciotto : E il Collegio dei trenta le die- de a sue spese sepoltura presso il suo Signore . Don- de possiamo dedurre due cose ; ciò è a dire , che questa Ancella era stata cara a Fedro , e che Fe- dro era stato caro al Collegio dei trenta : Il quale prese cura , che le reliquie loro insieme giacessero. Molte piacevoli , ed erudite curiosità intorno ai Sacerdoti , ed ai Misteri Isiaci possono leggersi in Apulejo (2) , in Plutarco (3) , ed in altri molti . Solo mi piace queste poche cose annoverare : che i Sacer- doti d'Iside vestivano una veste di lino sottilissima , e bianca, come quella che doveva essere sempre di re- cente lavata ; ed eran perciò chiamati linigeri : che il capo , il mento , e tutto il immanente corpo ra- (1) Amor. Lib. 2. Eleg. 10. r. 11. (2) Met. Lib. XI. (5) De Iside , et Osiride . 34^ Letterata ra devano : e che il sacro sistro recavano nella de- stra . Laonde Marziale parlando del ladro Ermogene , il quale non si rimaneva di rubare la sagra suppel- lettile de' Sacerdoti e de' Tempj , cosi scherza in que- sti due versi (i) Linigerì fugiunt calvi , sistrataqite turba Inter adorantes cwn stetti Hermogenes . Per quello poi che pertiene ai riti noVturni , que- sti si assomigliavano d' assai ai nostri giuochi Carna- scialeschi . Imperocché alcuni , armati in fogge diver- se , prendevan sembianza o di guerriero , o di gladia- tore : Altri in abito di uccellatori , o di pescatori venian mostrando lor canne , quali invescate , e qua- li lunghe , e piegevoli con filo ed amo pendente . Questi di porpora vestiti , e preceduti dai Littori coi fasci , gi'avemente incedevano cangiati in Conso- li . Quelli ricoperti da lacero pallio , cól bastone nella mano , cogli zoccoli ai piedi , e con tale una bai'ba sul mento , che lunga ed ispida imitava quel- la dei becchi , facevano satira ai Filosofi . E v' ave- va taluno che stretti i piedi in auree scarpette , ve- stito in drappo di seta , con lunga chioma posticcia , e con donneschi abbigliamenti ; alternando i brevi studiati passi facea di se mostra , quale novello Ti- resia , in femina trasformato . Ed avveniva , che qual- cuno di cotesti fui'fantelli al separato stuolo delle vei^e femine si mischiava : Cosi quelle ceremonie per istituto castissime , alle quali , senza sacrilegio , non potea ninna femina esser pi^esente , se per dieci gior- ni innanzi non si fosse astenuta dai maiitali , e mol- lo più dagli altri non leciti congiungimenti , diven- nero fonti di libidine , e di prostituzione . Né gua- ri di tempo trascorse , che per pubblica autorità furono ai Romani , e ai soggetti Popoli interdette , e i Sacerdoti cacciati , e perlino i Tempj distrutti (2) . (0 Lib. XII Ep. 29. (2) FJav. Gioscf. Ant. Glud. XVIII. 4- ISCRIZ. NOMENTANE . 34^ Mi rimane di far parola del singolare motto , che leggesi in questa Iscrizione Curiose quid ad tei Y^ prima di tutto osserverò , che esso mollo non può es- sere interpetrato in guisa da significare che il Sacer- dote Fedro non volesse , che i Viandanti, si fermas- sero a mirare il suo sepolcro , e a leggerne l' Epi- tafio . Imperocché i sepolcri non per altra ragione sulle vie pubbliche si collocavano, se non perchè i viandanti vi si fermassero a contemplarli , e aves- sero compassione di que' trapassati , e fossero ammo- niti che li aspettava egual fine . Perciò nelle lapidi sepolcrali sono frequenti le parole Aspice Viator , Siste Viator , Le^e Viator , Cave viator , e simili . E qui in acconcio di quel che ho detto mi tornano a mente tre belli Epigrammi , che trascriverò , trala- sciandone altri infiniti . I. Ex. Aul. Geli. Noci. Attic. Lib. I. cap. ^^. Sul Sepolcro del Poeta Marco Pacuvio Adolesceììs, tametsi properas , te hoc saxum rogat IJti se adspicias : deinde quod scriptum est legas . Heic sunt poetce Marcei Pucuviei sita Ossa : hoc volebain nescius ne ,esses : Vale . n. Ex Martial : Lib. FI. Ep. 28: Hoc Sub marniore Glaucias humatus lunato Flaminice jofiet sepulcro . Quijles talia , nil jleas viator 344 LKTtERATDRJL iir. Ex Antìiol Latin. Edit. Pisnurens : Class, f^. Ep.Zn. Vivitc. jelices , mojieo , mors oìiinibus in stati Exemplwn a nobis swnite qui legitis . Posto dunque per verissimo che i sepolcri si col- locassero sulle Vie publiche perchè fosser veduti ; e si scolpissero le Iscrizioni sui Marmi perchè fossero lette ; ci conviene indagare per qual cagione il no- stro P'edro avesse a sdegno , che i curiosi si fermas- sero innanzi al suo Monumento . Io accennerò tre di- verse interpetrazioni , e chi legge farà scelta di quel- la che migliore gli sembi^erà . I. Credevano i superstiziosi Gentili che vi fossero taluni , i quali alFascinassero cogli occhi : Il perchè disse Virgilio Ecloga 3. JoS. Nescio qui teneros oculus mihi fascinai agnos . Si può dunque credere , che quelle parole Curiose quid ad te non siano dirette a que' viandanti , che con occhio compassionevole guardassero quel sepol- cro; ma a qualche viandante , che con occhio trop- po curioso e maligno si arrestasse soverchiamente a squadrare il sasso ; quasi volendo operare il fascino , e turbare 1' eterna sicurezza ^ e tranquillità del de- funto . II. L'addiettivo curiosus ha due significati nella lingua latina . Il primo è buono e significa diligente . Onde Tullio disse : „ Perinulta alia colligit Crysip- pus , prout est in omni historia curiosus „ : E Pe- tronio parlando di un pittore diligente , lo chiamò „ Pictor curiosus „ , ed altrove disse „ homo non quidem doctus sed curiosus „ . Il secondo significa- to è cattivo , e si confV a coloro , che troppo s' im- pacciano de' fatti altrui : e questi erano reputati uo- mini maligni e pieni di mal talento : perchè dice Più- ISCRIZ. NOMENTANB. 345 tarco ,, che i curiosi vanno in traccia de' \\zì per palesarli, e si tacciono intorno alle virtù ; e le lo- ro orecchie quanto avidamente bevono le narrazio- ni degli adulteri , e degli omicidj , altrettanto si ren- dono sorde al racconto delle cose laudevolmente ope- rate „ Laonde Plauto gridava questa sentenza , che Curiosus ttemo est qui non sit malevolus . Dalle quali cose si può dedurre che le parole Curiose quid ad te siano dirette ad uno di costoro , il quale , per natura malevolo , non inchinerebbe il perverso animo a pregar pace alle ossa sepolte , ne farebbe voli , perchè fosse la terra ad esse leggera . III. La voce Curiosus si usa anche sustantivanien- te. Imperocché vi erano certi pubblici Ministri , de- nominati Curiosi, \ quali dagl' Imperatori erano man- dati attorno per le Provincie ad esplorare se ninna cosa si commettesse contro le Leggi , o contro il Prin- cipe. Ed erano uomini pessimi, come isono tutti i delatori ; né si vergognavano di farla da satelliti , imprigionando quei che stimavano rei : e sforzando violentemente e senza misericordia i poveri al pa- gamento de' pubblici Dazj . Avvi nel Codice Giusti- nianeo il Titolo de Curiosis , che è il vigesimo terzo del Libro duodecimo . E ad evidenza della pravità di costoro gioverà trascrivere la L. i. del suddetto Titolo , la quale fu data da Costantino Imperatore ,, Curiosi , et Stationarii , vel quicumque funguntur • hoc inunere , criinina Judicibus naiiiiaiida memine- rint , et sibi necessitatein probationis incumbere non citra per(culufn sui , si insontibus eos caluinnias ne- xuisse constiterit . Cesset ergo pirwa consuttudo , per quain carceri aliquos iinmittebant „ E dunque assai probabile, che il Sacerdote Fedro avesse in vi- ta odiati questi malvagj , e ne avesse ricevuto dan- no : e perciò volesse che fosse scritto sul suo sepol- cro . Curiose quid ad te : cioè a dire : „ Vattene o Spia : Qui non ci è nulla a fare per te ,, . La qual congettura potrebbe ottener forza da una 346 Letteratura di queste due considei^azioiii , deiùvate dal doppio vi- lissimo ufficio , che i Curiosi esercitavano di Pubbli- cano , e di Delatore . E inquanto alla prima conget- tura 5 dico : che essendo di pubblico diritto il terre- no , su che era posto il monumento di Fedro , non poteva quel Gabelliere accensarlo, siccome suoleva mettere a censo gli altri terreni di dominio partico- lare . Onde a lui , solito a spiare con ingordo occhio le possessioni altrui , acconciamente dir potè vasi „ Quid ad te? E che quel terrena fosse del Comune de' Nomentani vien dimostrato dall'antica tradizio- ne, che narra: essersi in quel luogo, ov'è la Vigna de Santucci , ritrovate in più tempi molte Lapidi sepolcrali appartenenti a persone di origine e con- dizione diversa : e si dimostra eziandio dal fatto del Magistrato , o Sodalizio dei Trenta : i quali assegna- rono parte di quello stesso terreno per sepolcro al- la giovine Melizusa . In quanto alla seconda congettu- ra é da osservare , che il Sacerdote Fedro dovè , mentre che visse , esser' esposto al vigile sguardo dei Delatori , siccome colni che presiedeva a que' riti notturni , i quali , secondochè dianzi si è detto , era- no assai Volte generatori di disordini , e di delitti . E per conseguente ninno forse pii'u che Fedro , nel picciolo Municìpio , di che parliamo , que' Delatori abborz'iva . (^ Sarà continuato ) \ 347 Poesie Inedite di Pacijìco Massimi Ascolano in lode di Braccio II. Buglioni Capitano de'' Fiorentini e Genera- le di S. Chiesa : con una narrazione delle sue Gesta , distesa da Gio: Battista f^eriniglioli. Perugia i8i8. Pres- so Francesco Baduel , pag. i36. in 4°- N< oi siam d' avviso , che gli Amatori tutti delle amene Let- tere , e particolarmente coloro che sulla bella lingua del La- zio fanno profondo studio , debbano saper buon grado al chiarissimo Sig. Gio: Battista Vermiglioli del regalo da esso fatto alla letteraria Republica , rendendo di comune di- ritto i versi dell' Ascolano Poeta Pacifico Massimi . E se i versi di uno dei buoni Poeti del XV. secolo hanno in se medesimi tanto pregio da farsi leggere con diletto da per loro stessi, pure al facile loro intendimento non poco ha contribuito a nostro credere il Vermiglioli , premettendo ad essi una assai erudita Narrazione delle gesta di Braccio II Baglioni , le di cui militari imprese principalmente canta il Massimo . A tenerci sempre a quella brevità , e varietà , che legge deve esser di ogni giornale, e che tanto piace ai Leg- gitori che amano con molti , e brevi cenni avere la idea di molte , e svariate cose ; crediamo dover discorrere in que- sto nostro primo Articolo della vita del Baglioni distesa dal chiaro Editore, dandone di quella un ristretto: dal quale crediamo , che non piccolo diletto ritrarranno coloro , che le Istorie dei Bassi tempi studiano , ed amano di conosce- re . Sarà nel secondo Articolo , che parleremo del Codice da dove le Poesie del Massimi furon tolte , e seguendo le dotte illustrazioni del Vermiglioli ne daremo qualche Sag- gio ; perchè possano i gentili postri lettori §iadicarne . 54^ Letteratura Della vita di Braccio II. Bagliori i : Istoria . .iJLgitata Perugia allo iacomÌQCÌamento del XV. secolo dai due partili dei Nobili , e dei Popolani ; ed avendo procu- YAto il Pontefice Urbano VI , ed i Fiore*itini di restituirla alla quiete, e ad una slabile calma ; per tema che il primo dell' antica sua libertà non la privasse , si collegò al Duca di Milano, che nel i/joo nedivenne assoluto Signore . Scorsi due anni morto il Duca ; la Duchessa per attendere allei cose di Lombardia restituì Perugia al Pontefice . Continua- rono le fazioni , e le Cittadinesche turbolenze sotto ai Pon-« lificati d'Innocenzo VII, e Gregorio XII, quando nel i4o3. comparve il celebre condottiero di armi Braccio Fortibracci da Montone . I perugini conoscendo il valore di Braccio , e temendone 1' ambizione j piuttosto ch'esser soggetti di un pro- prio loro concittadino amarono di ricever leggi da un Mo- narca straniero , e perciò a Ladislao Re di Napoli che trion- fante era entrato in Roma nel i4o8. con solenne capitola- zione si sottomisero . Perseguitato il Fortebracci ( per isti- gazione de' suoi concittadini ) dallo stesso Ladislao > sotto i di cui vessilli militava , si allontanò dallo Esercito, e fat- tosi capo de' fuorusciti Perugini, che tuttora infestavano il Contado, e minacciavano la Città, dichiararossi apertamen- te loro Nimico . Braccio fu valorosamente respinto la pri- inavolta , che tentò farsi Padrone di Perugia ; ma non de- pose le armi né si scoraggiò per questo , che anzi attenden- do più favorevole occasione ritentò la inipresa , e facilmen- te gli riuscì d' impadronirsene . Ritenne 1' assoluto dominio di Perugia fino al 14^3. anno in cui Braccio mori . Dato cosi dal eh: A. un quadro della politica sitozione di Perugia passa a dire cerne la Famiglia Baglioni con quella di Brac- cio i ' imparentasse . P. Massimo di B. Baglioni 349 Chiara , ed illustre la Famiglia Baglioni fino dal XII. vSecolo, deve però alle prosperila di Braccio Fortebracci quella dignità, quello splendore, e quella Fama cui perven- ne particolarmente nel XV, e nel XVI. secolo . Pandolfo di Oddo Baglioni sostenitore fierissimo del par- tito dei nobili, e vittima di quello, militò sotto le Insegne di Braccio da Montone , e lasciò morendo un Figlio noma- to Malatesta, che seguendo e nelle massime , e nel corag- gio le orme paterne fu carissimo al Fortebracci , al quale non solo fu unito coi vincoli della più stretta amicizia ; ma con quelli ancora della più prossima parentela , avendo tolta in Moglie Jacoma Fortebracci , sorella , secondo Francesco Maturanzio , o secondo altri , Nipote di Braccio da Mon- tone . Da Malatesta , e da Jacoma nacque Braccio II. del quale parliamo, il primo di altri cinque Fratelli nomati , Carlo Sforza , Guido , Rodolfo , e Giovanni . Il nascimento di Brac- cio baglioni può fissarsi all'intorno dell'Anno 1 4 ip- Braccio cliiamossi per Braccio da Montone , al quale la Madre stimò dovesse rassomigliare per le qualità politiche , e mi- litari , avendo cosi a lui presagito gì' Indovini , che ( se- condo le costumanze di quei tempi ) consultati avea seudo gravida di lui . Braccio contava appena il sesto anno dell' età sua , quando mori Fortebracci da Montone . Malatesta , e Nello Fratelli , morto l'Autore della Braccesca Fazione si adoperarono, e con buon fine di ridurre Perugia sotto la Dominazione di Martino V. Grato il Pontefice al felice riu- scimenlo della cosa concesse loro in proprietà , ed in loro a tutti i discendenti della Famiglia Baglioni , Spello illustre terra dell' Umbria 5 concessione che venne solenn(?menta con- fermata dal Pontefice Sisto IV. Questo fu il primo, e sta- bile fondamento della dignità e maggioranza , cui pervenne la Famiglia Baglioni e che conservò per molti lustri del decimo sesto secolo . Mercè l' onorato mestiere delle Armi G. A. To. 2 23 35Ò Letteratura non solo questa Famiglia si guadagnò la stima , e la con- fidenza dei suoi concittadini ; n)a immenso nome , e fama illustre si procacciò per tutta Italia . Malatesta padre di Brac- cio II Buglioni mori in Ispello l'Anno 1437. quarantasette- simo dell' età sua con sospetto di \eleno . Morì Malatesta essendo assoluto Signore di Spello, Col di Masicio , la Ba- stia, e Cannaja . Queste Terre , e Castella elessero subilo a lorp Signore Braccio , giovine di tre lustri, e pochi più j ina che di già dava grande espettazlone di coraggio , e di prudenza . Gli Scrittori tolto la inclinazione sua per il Me- stier delle Armi nulla dicono della Fanciullezza . Il nostro Braccio prima che terminasse 1' Anno diciassettesimo dell' età sua contrasse onorevoli , ed illustri sponsali con To- derina Fieschi nobilissima Dama Genovese nepote del Prin- cipe di quella potentlssma Republica . Seguendo Braccio la sua inclinazione al mesliero delle armi si pose ad eserci- tarlo sotto le insegne di Niccolò Piccinino Confjploniere della Chiesa, ed Erede in gran parte della fortuna, e del nome 4el Fortebracci da Montone. Il eh. A. narra particolarmente molte militari imprese di Braccio , che furono tutte illustri e gloriose , ed all' Anno i^^3. dice come Braccio nella rotta fatalo data da Sforza Signor di Pesaro alle armi di Pic- cinino fu fitt^o Prigioniero, e che Nicolò poscia cambiò con altro prigìouiefo dello Sforza medesimo. Tornato in Peru- gia per riayersi da alcune ferite fu dalla Patria , risguardan- do il merito più che la età , collocato nel consiglio V kVl 73-ipi^oXU) , KCtl ^icrr.Q CtfA- (poiv Qucrrìg Tvig ctyopag ev n KciTS(ncevct(rTeti to Upov : nel campo fra il Campidoglio ed il palazzo , essen- do stati riuniti nella città i due colli , con un re- cinto , ed in mezzo a tutti e due giacendo il Foro , nel quale è edificato il Tempio . Inoltre dicendo- si da Dionisio stesso nel luogo citato di sopra il Tempio di Vesta presso la fonte di Giuturna ; ed essendo questa secondo il consenso unanime degli an- tichi scrittori nel Foro ; e nel Foro riconoscendola pure il eh. A., per conseguenza siegue che anche il Tempio di Vesta stesse nel Foro. Ora secondo i li- miti dal eh. A. assegnati , S. Maria Liberatrice ove egli pone il Tempio di Vesta si trova fuori del Fo- ro, di là dall' edilizio delle tre colonne, dall'Autore chiamato Tempio di Castore , e quasi direi alle falda del Palatino : e perciò non è nella situazione descrit- ta dal più accurato ed esatto scrittore delle cose Romane, Dionisio Alicarnassòo. Viene quindi al Tempio di Antonino , e Faustina , ed accuratamente ne descrive le parti ; le scoperte ivi fatte ; e le vicende sofferte dall' edificio ; dà qual- che cenno sulla Basilica di Paolo Emilio , della qua- le fu discorso di sopra dove Irattossi del Tempio di Saturno ; e dopo passa al vicino edificio conosciuto sotto il nome di Tempio di Remo , e dal eh. A. at- MoNUM. Antichi di Roma . 37 1 tribuito ad ambedue i fratelli ; suppone che 1' edifi- cio fosse doppio ; rotondo sulla via Sacra , e qua- drilungo inteinamente , dove è ogj^i la Chiesa dei Santi Cosmo e Damiano . Ma ci sia lecito fare osser- vare al eh. A. che quegli avanzi che dietro il Tem- pietto rotondo esistono sembrano affatto appartenere ad un edifizio separato , addossalo forse di dietro al Tempio rotondo , ma colf ingresso in altra parte , e chi sa se quell' edifizio quadrilungo fu mai un tem- pio . Del rotondo però non può negarsi , e giusta- mente l'Autoi'e crede esserne avanzi le due colonne poste avanti l'Oratorio della Via Crucis ; ma fuori di sito , come si vede sul luogo stesso , e come da- gli scavi fatti verso la metà del secolo passato tro- vossi . Descrive poscia la Chiesa de Santi Cosmj e Damiano , ne espone con molta dottrina la Storia , ed accenna la scoperta fatta nel sotterraneo di que- sta Chiesa de' frammenti della iconogi^afia di Roma. Dopo il Tempio di Remo, il eh. Autore passa agli avanzi , die ivi dappresso si veggono , e che da quat- tro secoli almeno portano il nome di Tempio della Pace . Per tale anche egli lo riconosce , e dopo avere dichiarato erronea la opinione , che ne faceva un Tabliiio riferisce la scoperta ivi fatta di mattoni cori marchi indicanti la foinace di Vespasiano , Tito , e Domiziano . Ma ci sembra in primo luogo , che sa- rebbe stato necessario in un argomento di tanta dis- puta il riportare il marchio per intiero , tanto più che v' Ila taluno, il quale suppone che l'epigrafe sia la solita , e communissima ex figlinis domitianis , cioè della fi- miglia Doniizia , ed in tal caso la prova non sarebbe di alcun peso . Inoltre giova ripete- re qui ciò che in altro luogo si disse , che i mattoni con bolli sono una prova assai debole onde de- terminare 1' epoca di una fabbi^'ca . Quindi soggiun- ge : Peggio ha opinato chi ignorando la Jornia del- la fabbrica^ le sue variazioni, e il detto bollo ha voluto j urne una Basilica di Costantino . Circa però Sja Letteratura alla prima parte di questo rimprovero , pare , che potrebbe applicarsi egiiabiiente al eh. Autore , che più sotto (pag. 283. ) vi riconosce la forma di una Basilica : la sostanza s' itnifai'a una Basilica . E alla pag. 284. Celata cosa è che le basiliche cristia- ne di Costantino , e le altre posteriori a cinque na- vate hanno cinque porte e il portico avanti a mez- za altezza della facciata come questo tempio , imi- tato poscia nelle minori quanto alla forma del por- tico . Dunque sembra farsi a torto dal eh. Autore il rimprovero d' ignorare la forma di questo edificio a chi Io ha creduto un'avanzo della Basilica di Co- stantino , posta dai Regionarj in questo quartiere , e da Aurelio Vittore descritta come magnifica . Anzi poiché sarà di molto giovamento a ciò che si disse sulla sua somiglianza colla forma di una basilica ne aggiungeremo qui una pianta in dimosti^azione (i)-Ag- (0 DICHIARAZIONE della Tavola annessa . »• Via Sacra secondo la sua direzione primltiv-a anteriore alla edificazione della Basilica . 2. Direzione data posteriormente alla stessa via, tagliando le fabbriche che vi s' incontravano - S. Essedra, o Tribuna principale. 4- Essedra aggiunta contemporaneamente , tagliando le fenestre che ivi esistevano come negli altri arconi , decorata di un portichet- to di due colonne , e due pilastri ; con due ordini di nicchie qua- drate decorate di mensole con Vittorie , opere del tempo della de- cadenza . 5. Ingresso più nobile aggiunto alla fabbrica di fianco corrispon- dente air Essedra stessa, e decorato di quattro Colonne di i)ortido rosso . La scala si vede addossata ad un masso , e questo è appog- giato ad una specie di contrafforte (a) il quale sembra ricorrere per tutto questo fianco . 6. Scaletta, che comincia al piano del portico , e va nelle sof- fitte dell' edificio . 7. Scaletta , che comincia al piano del portico e va a raggiun- gere la scaletta precedente (6) , per fare la quale si è chiusa una delle aperture del portico. 8. Portico destinato a servire di prospetto principale della fab- brica , al quale in origine si entrava per una sola porta (io), e for- se per due porte laterali , Soaji/i'ea ai [''{Tùài/dù. no 1 L/f^ Z^ J^ fC Sff MoNUM. Antichi di Roma. Z^Z giunge inoltre il eh. A. che è contro l' autorità di Sesto Aurelio Vittore , // gitale parla di Massenzio non di Costantino vagamente per una Basilica ri- staurata . Ecco le parole dello scrittore citato nei suo libro de Ccesaribus onde poter giudicare della giustezza di questa osservazione ; jddhuc cuncta ope- ra quce ( Maxentius ) magnifice construxerat , Ur- bis Fanum , atqùe Basilicam Flavii meritis Patres sàcravcre . Ora l'avverbio magnijlce può beile adat- tarsi agli avanzi in questione , che se non di buono stile , possono dirsi certamente magnifici ; il verbo construxerat non pare poter significare un ristauro ma una costruzione nuova ; l'espi-essione Flavii me- ritis patres sacravere dimostra , che disfatto e mor- to Massenzio il Senato la consacrò a Costantino , e perciò Basilica di Costantino si disse . Suppone quin- di il nostro Autore che l' essedra nella navata late- rale fosse aggiunta da Domiziano ; ivi pone la libre- ria del Tempio della Pace ; e crede , che Settimio Severo lo ristaurasse dopo l' incendio avvenuto sotto Commodo l'anno J91 ; ma quanto all' essedra , essa sembra di costruzione tanto cattiva quanto il resto della fabbrica , e perciò di molto posteriore a Do- miziano ; del ristauro poi fatto da Settimio Severo del Tempio della Pace , siccome non v' ha autorità per sostenerlo , perciò se ne può dubitare ; tanto più , che Procopio nel capo XXI. del libro IV, delia 9. Nicchia formata posteriormente con altare , forse dopo ch« la fabbrica fu riilotta afl uso cristiano . In origine dovea servire di porta laterale al portico, comeT altra incontro la quale si è supplita ^ 10. Porta principale del portico ; le altre , che ha di fianco cr;>- no in origine granili fenestre , e poi furono ridotte in porte taglian- do i parapetti . 11. iVIuro di fabbrica anteriore alla Basilica , distratta nella sur* eostruzione . 12. Muro di una fabbrica di ottima costruzione laterizia, juan- ct do gli pareva, faceva dare una bevanda a dieci o dodici ce de' detti giovani , che li addormentava, e cosi mezzi mor- ce ti li faceva portare in diverse camere di detti palagi : e » pò rientra, gli bagna d'aceto il volto, il ripone su quel ec cuscino, dove inchinossi la prima volta: ed ordina, che te un Mamelucco lo scuota , e risvegli . Scosso e sveglialo ec esso apre gli occhi, e li spalanca , e li gira, e si vede ce fra gli antichi compagni, e grida: Non v^ e Dio fuorché (3) Qui ci piace di notare come il Boccaccio seppe non solo di questa bevanda, ma anelie di questa istoria. Perchè nella novella di Ferondo narra come gli fosse data: una polimero di tna ravigiiosa virtù, la quale sole^'usi usarti dal Vecchio d'iUa Mjnfa°^na rptando alcuno volisi^a dormendo mandare wd suo paradiso , o trarlone . Ed ella più 0 inen data, senza alcuna lesiona , faceva, per si fatta ma- nieruy pili o men dormire colui clic la prendeva, che mentre la sua virtù durava , alcuno non avrebhe mai detto colui in se «Ker vita . 25 * 584 Letteratura tt Dio , e Maometto è il gran profeta di Dio . 11 vecchio «e Ismaillo allora accostasi all' iniziato : e Io accarezza : e a ce lui eh' è già tutto fuori del sonno per le cose vedute , ce ed è già sacro ai servigj del suo tiranno : O Figlio : di- ce ce ,i quello che tu vedesti non fu già sogno: fu prodigio ce delV Imamo Ali : che ha già scritto il tuo nome nel ce libro de' suoi . Se tu serbi il secreto , tu se' certo della te tua gloria : se parli , V ira rlell' Imamo t' aspetta : se et muori , verrai dal martirio alla pace . Ma guai se nar- cc ri ciò che vedesti ! Per una grande porta tu entrasti ce nel favor dell' Imamo : e ti facesti della sua casa . Ma ce se il tradisci , già gli sei fatto inimico : già se' caccia- te to dal dolce albergo . Cosi quel misero facevasi schiavo et ad Ismaillo : che a fondare la sua potenza si cinse di co- te tali uomini , fatti ciechi , e gagliardi con que>ti sotlilis- ec simi ingegni . Per questo modo regnava il Vecclùo , e 1' 3j obbedivano gli assassini . Tirati adunque gli stolti Maomettani all' esca di quelle speranze , e credendo avere pregustate le dolcezze del cielo giuravano pel loro principe ogni delitto : sfidavano ogni pe- ricolo : desideravano con cuor sicuro la morte : la quale non solo non era temuta , ma era desiderata da loro , che la guar- darono come principio e cagione di tutte le gioje . Cosi ì Mangiatori dell' oppio , quando il loro signore avea conse- crato alcuno all'inferno, s'accostavano alla vittima dissegna- ta : spiavano per lunghi mesi uà momento propizio per {scan- narla : e trovatala non la lasciavano più fuggire . Che se incon- trava ch'ei fossero colti in mezzo il delitto, non si smarri- vano per tormenti: ma li sostenevano eoa un animo che vìncea la natura : e spiravano dentro il fuoco , e sotto la spada , e senza spargere lacrima , nò confessare peccato . Del che veniva che quando i tiranni d'Oriente avessero sete di veadetla , o volessero sbrigarsi di qualche forte nimico , si Difesa di Marco Polo 385 volgevano al capo de' mangiatori deW oppio , e per prezzo d'argento n'otteneano questi uomini intrepidi, che si met- tevano per viaggi lunghissimi , e uccidevano altri e se stessi per cagioni che sovente loro erano del tutto ignote . (4) Noi discorrendo i libri , che ne parlano , racconteremo queste loro opere di sangue: e ne diremo alquante delle moltissime. Raccontasi che intorno al quinto secolo dell' Egira ( cioè verso gli anni del Signore iioo. ) questa razza si ponesse anche in Aleppo ; e che il loro maestro eh' era astrologo e medico traesse alla sua fazione il principe Ridovano , che accrebbe que' tristi d'ogni maniera di possanza, e d'onore. Onde sotto il suo regno ebbero in quella Città tanto incre- mento , e si fecero cosi terribili , che rubavano femmine , e fighuoli in mezzo le vie : né alcuno osava di star contro a quella sicura insolenza . Anzi accadeva sovente che trovan» do essi alcuno di altra religione , si gittavano sull'infelice, e gli stracciavano le vesti dal corpo, lasciandolo nudo e muto : perchè temeva d'incontrare vie peggio che l'esser nu- do . Ma se alcuno o ladro , o barattiere , o sicario chiede- va da loro difesa, essi l'accordavano incontanente, né la- sciavano il degno fratello senza il soccorso dell' iniqua lo- ro pietà . Spaventosi poi sono i fatti che registra il eh. Quatre- mère , avendoli raccolti dalle storie slesse degli Arabi : pe' quali dimostrasi a quanto ardimento incltavagli quella smi- surata e infernale superstizione . ^ (4) Abbiamo due storie A\ questa setta scrìtta in Persiano 1' una e di Aladino Atamesta, l'altra è di Nirkhoud, che ha trarto molte materie dalle note del Visire IN'Jzam Almoulk . Tra gli Europei oltre il Sacy ed il Quatremcre , e 1' Hammer , ne scrissero il Falco- net nel Tomo XVJI degli atti dell' accademia di lettere : e M. lour- dain nel nono volume delle notizie de' manoscritti 386 Letteratura L'anno iii5 fu una grande festa in Bagdad, dove il Sultano Moamed accolse in atto qunsl trionfale Atabecco si- gnore di Damasco . Grande era lo splendore della corte ; e la pili gran sala del palagio piena de' capi dell'esercito, e de' maggiori del popolo . Fra quali teneva luogo illustris- simo 1' Emiro" Amedballo , che governava molte provincìe : ed era tanto onorato e potente quanto alcun altro gentiluo- mo il più poless' essere . Un tale vestito alla Siriaca si di- mise dalla folla: s'appressò all'Ernifo; piangeva, inchinava- lo , e porgevagli un foglio . Il buon Emiro gli si rivolge con lieto viso: prende la carta, e gittatovi l'occhio, ecco il ribaldo snuda il pugnale : lo vibra : ma noi ferisce . Amed- ballo si scaglia sul traditore, e lo stramazza; e gli sta sopra quasi godendo della vittoria . Ma intanto un secondo assas- sino viene alla spalla dell' Emiro , e la passa con un coltel- lo . Grande tumulto per quelle stanze : mille ferri si trag- gono : i due assassini 1' uno suU' altro scannati nuotano nel proprio sangue. Non di manco un terzo salta furioso sui cadaveri de' compagni , si gitta sul ferito Emiro, gli figge ancora una volta un terzo coltello nel core , e lo finisce e poi cade ancor egli morto sovra tutti que' morti . Stettero i riguardanti : né si rimasero dal meravigliare quel si gran- de furore , finché non seppero che quei Ire erano de' Man- giatori delV oppio: e che Amedballo avea giurato di spian- tare dall' Asia la maladetta loro semenza . Al disperato valore di costoro aggi ungevasi anche l'im- peto delle femmine , che sovente con esempli atrocissimi aguzzavano T ire de' mariti , de' figli . Di che narrano questo esempio le storie d'Aleppo , e la Cronica della Siria . (5) Mss. Arab. 728. fol. i54- cron. Siriach. T. 1 p. 006. Difesa di Marco Polo 387 Correvano gli anni del Signore 1126: ed era giorno di venerdì, festivo pe' Mussulmani . Il Principe Berseky si tras- se di buon mattino alla mesrliita maggiore per farvi le sue preci secondo l'uso. E già egli era giunto al più eminen- te loco del tempio, qunnd' otto Mangiatori drappi/) trave- stiti alla sacerdotale, gli vennero sopra , co' pugnali in allo , presti a svenarlo . Ma perchè in qne'tempi ferrei , e 'U mezzo tante fazioni , il principe ad ogni ora tremava per la pro- pria vita, s'era fasciato sotto la cappa d'una forte maglia di saldo rame : e si f;iceva seguire da uum squadra dì renio armati satelliti . Gli assassini però venendogli sopra dal fi)n- do della Mcscliita lo giunsero prima che i suoi guardiani va- lessero ad ajutarlo : gli addoppiarono adosso i colpi con tan- ta rabbia che infransero il rame della corazza , e quivi mor- to il lasciarono . Una pronta vendetta colse que' tradito- ri dentro quel tempio medesimo : e tra per lo valore delle guardie , e per la furia del popolo , tutti furono trucidati salvo un giovinetto ch'era d' una villa del contado di Azaz j e solo in quel tumulto Irovò la via di fuggire la morte. La madre di costui ch'era grave d' anni , e assai gelosa delle Leggi degli Assassini , saputa la fine del Principe , e la strage degli uccisori , fra quali era il suo figliuolo , ne rise di gran- dissima gioja , vestissi d' allegri panni , e tutta empiè la città della sua felice ventura . Ma non iscorsero troppi gior- ni , che il figliuolo a lei tornò sano , e salvo . Or d(ive ogni altra madre si sarebbe tenuta felice , qui Ila stolida ne prese sì grande affanno , che si troncò le trecce, si mise a bruno, e cominciò un sì fatto lamentare che ne volle morire. Ope- rando costei per matta anzi inumana superstizione quel me- desimo che si racconta delle Spartane, che per alto e iuesti- mabile amore di patria volevano più tosto vedere i figli mor- ti che vivi . Seguitano gli scrittori narrando i feroci fatti di que' ma- 388 Letteratura snadieri : e vengono mostrando per quali ingegni giunsero al fine del loro intendimento : imperocché non temevano di violare l'ospizio e rompere ogni vincolo il più sacrosanto, solo che potessero gratificare a quel loro profeta . Ibn-Fer- rat (6) narra come uno di costoro venuto da quel giardino fa- tale col proposito di uccidere il Visire Moiueddlno si acconciò per servitore con esso Visire : e fu scelto per camminare alla stafTì del suo palafreno . Un giorno che Moineddino era sce- so a visitare le sue stalle , Io staffiere se gli presentò ignu- do: forse per togliere ogni sospetto dall'animo del suo si- gnore . Ma il tristo avea celato uno stocco dentro la cri- niera d'un bel cavallo che teneva per mano 5 onde il la- sciarlo, il correlali presso, 1' afferrarlo pe' crini , il trarne il ferro, il ferire fu u« punto solo, e il tradito Visire pri- ma sì mnorì eh' ei sapesse quale inimico si nascondeva sot- to la divisa del suo palafreniere . Né i nostri eroi che andavano al passaggi(» di terra san- ta poterono tutti fuggire queste insidie . Perchè Guglielmo di Tiro nel libro XVII delle sue storie ci lasciò scrìtto, co- me regnando Baldovino terzo , cadde il valoroso Raimondo Conte di Tripoli sotto i colpi d' un Ismailita sulle porte di Gerusalenune . Tutto il popolo sì commosse ardendo alla vendetta di quel pio capitano : corse alle armi e menò stra- ge grandissima dì tutti gl'infedeli ch'erravano per la terra. Intanto i coraggiosi Templari entrarono nelle provincie del Vecchio , e le guastarono : e lo strinsero a fermare un pat- to , per cui fosse tributario di dare ogni anno duemila scudi d'oro in oro al servigio delle crociale . Non per questo si rimase quella baldanza. Ma verso l'anno 1272 il principe Eduardo figlio d'Enrico III Re d'Inghilterra fu ferito da uno Ibn. T. 1. p. 55i. 452. e T. 2. p. 93. Difesa di Marco Polo 589 degli Assassini in mezzo la Città di S. Gio-vanni d' Acri . (jj E se devesi prestar fede allo storico Rigordo (8) il re Fi- lippo Augusto , stando a Pontoìse , ebbe lettere di Palesti- na , le quali significavano che il grande Assassino, per gli stimoli del re d' Inghilterra , avea mandato in Francia due suoi Fedeli , che l' uccidessero . Veramente di questo noti sì mostrano persuasi gli storici Guglielmo di Gujardo , e 11 Sìg. della Ravagliera j non sì potendo credere che un re Cristiano ponesse tal vendetta in mano de' Turchi : e che un valoroso s' inchinasse ad arti cosi basse per liberarsi dal va- lore del rivale . È non dì meno cosa certissima, che al buon re Filippo Augusto ne venne una smisurata paura : e da indi in qua sempre si guardava come fosse una rocca assediata : stan- dosi in mezzo le sue genti d'arme, tutte vestite d' acciajo , <",he giravano con grandi mazze di ferro sovra le spalle , co- me sempre vedessero sul capo del re pendere la scimitarra d' alcun Mussulmano . Noi perdonando al terrore di quel mo- narca , non daremo mai fede a quella lettera venuta di Pa- lestina : ma più tosto la crederemo una novella insìdia de' ni- mici del nome Cristiano : i quali per questo modo cercava- no di seminare lo scandalo fra i vittoriosi difensori della nostra santissima religione . Il che sì chiarisce per quello che accadde nell'anno 1192 secondo il racconto d' Ibn-Ferrato, d' Albufera , di Bar-ebreo, di Sanuto, dì Niceta , d'Alberico, e d'altri molli (9) , Nella città di Tiro vennero due servì della corte del- la Montagna : e per nascondere il malvagio loro talento, non mica siccome Maomettani ; ma siccome Cristianissi- (7) Pale. Mcm. Acc. di lett. T. 17. p. 144. (8) Duch. Scrip. Frane. Hist. T. v. p. 36. (9) Ib. T. 4. p. 267 Mb. ann. T. 4. p. 122. Cron. Uv. T. t San. Secr. p. 200. Nic. p. 262. Alh. ann. 1192. 5go Letteratura mi si viveano : che anzi si erano con sagrilego animo ve- stiti con abito monacale. Onde ogn' uomo tenevali in con- to di pietosi e di santi , e rendeva loro quella riverenza, che alla creduta loro virtù conv"eniv?si . Fra tutti il nobi- lissimo guerriero Corrado di Monferrato era tanto preso da que' due ippocriti , che disgiunto da essi parea non sapesse vivere. Ora avvenne che un giorno, che usciva tutto solet- to dal suo palagio per entrare in quello dell' Arcivesco- vo , i due fìnti monaci , sguainate le spade che tenevano sotto le tonache , lo stesero ferito in terra . Poi si levaro- no a corsa, e in un tempio ivi presso si rifuggirono. Ed essendosi in quello strascinato semivivo 1' infelice Corrado, quivi di nuovo gli furono sopra , e Gnirono di svenarlo . Ma presi ì sicarii dal popolo, riconosciuti per Ismailiti, in- terrogati per sapere chi li avesse spinti a quel si atroce , e si lungamante meditato delitto , risposero : eh' egli erano agli stipendii del re d' Inghilterra : che loro debito era 1' assassi- nare Corrado : che per questo solo aveano ricevuto il bat- tesimo , e vestilo l'abito de' monachi Cristiani: a nuli' altro attendendo che a torre dal mondo quel nimico del loro no- me . Ora a questo racconto Gregorio Bar-ebreo soggiunge, che per le sottili ricerche che quindi si praticavano , fu conosciu- to coloro non essere mandati dal pio re degl' Inglesi , ma dall' infame Sinauo , che allor regnava quella setta : la qua- le non contenta dì combattere la Cristianità colla spada e nel campo, adoperava anche le armi della calunnia, e nascon- devasi perfino sotto gli abiti sacri per uccidere i campioni della nostra fede . E certamente si dovrebbe uscir fuori del senno per credere che l'invitto re Riccardo cuor di Jione , quello spavento de' Mussulmani , quel degno rivale del for- tissimo Saladino, s'inchinasse fino a comperare i tradimenti ed il ferro degli eterni nostri uimici . Rivale egli di Corra- do, forse poteva godei e nel saperlo morto: ma nudritoer.1 Difesa di Marco Polo Sg» di spiriti troppo magnanimi ed alti perchè si facesse sicario: e fidasse a' Turchi la sua vendetta: e commettesse un peccato cosi vigliacco da farlo segno d' obbrobrio a tutti i presenti, e a tutti gli avvenire . Per le quali cose ci piacerà di con- chiudere , che i re d' Inghilterra furono più volte calunniati da costoro : siccome i re di Francia furono più volte da co- storo insidiati . Imperocché come si trova per le scritture di Guglielm» di Nangis , l'anno iz'ÒG. , il vecchio della Montagna inviò in Francia due de' suoi fedeli per uccidere il re San Luigi. Ma nel tempo stesso che que' sciaurati erano in via quell' iniquo senti mutarsi il cuore , e cangiarsi la rabbia in u» affetto nuovissimo di pietà ; per modo che suU' orme de' primi spedì due secondi ministri , che facessero accorto il re del pericolo che lo minacciava . Questi giunsero avanti a quelli : il che fu tenuto come prodigio del cielo : e il re ne fu salvo . Ond' egli , secondo la santità dell' animo suo , non solo perdonò quella rea intenzione , ma gli uni e gli altri donò di grandissimi doni : e mandò al Vecchio ri- chiedendolo d'amicizia e di pace. Perchè l'aver pace con. quella furia era pur ricercato da' più potenti .■ non valen- do la forza d' interi eserciti a difendere la vita di colui , ch'egli avesse fermato di tor via dai vivi . Il che si con>fer- rnava per mille fatti : ma sovra tutto per la conosciuta ce- cità di que' suoi pro.seliti , La quale acciocché meglio sì vegga, per lo infrascritto memorabile esempio sarà manifesta . Enrico Secondo Conte di Sciampagna avendo viaggia- lo insino a' regni dell'Armenia minore , passava accanto le terre degli Assassini . Laonde il loro principe , fatto cor- tese, gli mandò dicendo j che come più tosto potesse Io vi- sitasse . Il Conte tenne l'invito. E il vecchio gli mosse in- contro una gran turba di cortigiani : e l'accolse magnifica- mente con quella pompa che per lui potevasi la maggio- 59* Letteratura re . Gonducendolo poscia pe' luoghi del suo dominio , ven- nero a' pie' d' un nobile castello , su cui levavasi una tor- re altissima , in cima alla quale era una grande schiera d' uomini vestiti a bianco : e stavano due per ogni merlo . Qui rivoltosi il re assassino all' ospite Enrico : Tu , gli dis- se , nel tuo legno non hai sudditi , che nelV obbedire si agguaglino a^ miei . Vedi . E cosi dicendo fa un cenno ; e a un colpo due di coloro dall' alto si gittano , stramaz- zano , sono morii . L'Ismaelita si gira tutto rìdente al Con- te , che era fatto muto per lo terrore : e segue dicendo : Se tu 7 vuoi con un altro cenno vedrai precipitare da quella cima tutta quella grande schiera che V incorona . Enrico non volle e pregò la vita di que' ciechi : Ma con- fessò ancora che nel suo regno non sapeva d'avere un sud- dito solo che fosse atto a mostrargli la sua obbedienza per quella via . Avendo poi goduta quella strana corte per alcuni airi giorni , si apparecchiò a ritornare in Sciampa- gna ', onde il Vecchio dopo averlo presentato in modo ve- ramente signorile , Vanne , gli disse , e se tu avrai alcuno inimico , fa tu ch'io il sappia , e tei farò da questi miei figliuoli svenare . Tutti i fogli di questo giornale sarebbero scarsi a scri- vere solo una decima parte delle fiere opere di questi po- poli . Solo diremo , che in esse fino all'anno iSgi. si cre- de che dimorassero . Quando venuto in Asia quel folgor di guerra, l'invittissimo Tamerlano , decretò che i Man- giatori d' oppio si mettessero a ferro e fuoco senza pietàj e così fu fatto ; ed ebbe fine quella infausta loro potenza . G. P. 393 SCIENZE Rapporto di osservazioni dirette a confermare i vantaggi della vaccinazione contro il vajuolo arabo : con alcune analoghe riflessioni sulV azione simultanea dei due vajuo- li arabo , e vaccino . Questo è il medesimo Rapporto che alcuni anni sono inserì il Sig. D. Tonelli negli Atti della Società Medico - Ghirugica di Parma , e del quale ora cor- retto 5 ed accresciuto ha voluto il eh. A. far dono al nostro Giornale . Noi volentieri lo accettiamo giudi- candolo opportunissimo a vincere la ripugnanza , che regna tuttora in alcuni capi di famiglia alla vacci- nazione de' loro figliuoli , ripugnanza fondata sulla falsa opinione che questo mezzo preservativo spesso riesca inutile . e talvolta anco pernizioso . S uole la pubbh'ca vanità riporre lo splendore, e il pregio delle cose nel]' anlicbilà delle loro origini. Ninna scienza parve nobile , e magnifica a molti , se i suoi principi non si credevano coevi al Fato, od al Caos: almeno eguali agi' is- tessi principi dell' esistenza di Adamo . Nel che questi Uo- mini somigliano pur molto a quei buoni Genealogisti , clit- non han per legittima alcuna nobiltà , la quale non sia an- te scecula , o non abbia avuta la sua nascenza col mondo , o non sia stata almen purgata nel fuoco di Troja , o nelle acque di qualche diluvio . Non dissimile si è stato il pare- re di alcuni Anti-vaccinisti , i quali , per infirmare la prnli 394 Scienze ca salutare della vaccinazione , opponendo la sopravenienza del vajuolo arabo nei già vaccinati , declamano con dire , che i vantaggi di quella se fossero reali , e decisivi , sarebbero stati noti assni prima dì Jenner . Oh errore ? Ma non è forse noto di presente, che trascurandosi questa eccellente pratica, si vede con a niliante sorpresa pnsseggiar non di rado la pe- ste desolatrice del vajuolo arabo , e mietere a suo proprio bell'agio un maggior, o minor numero di vittime nelle più popolate contrade? Con umiliante sorpresa, dissi, giacché a di nostri , in cui corre il solo quarto lustro dopo la pubbli- cazione della scoperta Jenneriana , pur costa il quadro della mortalità assai diminuita, come, fra gli altri lo dimostrò Bateman (i); ed è noto altresì, che presso qualche Nazio- ne (2) già da tempo immemorabile si conoscono i benefici eiFeltt del vajuolo vaccino. Con umiliante sorpresa , ripeterò finalmente, gÌ!>cchè , quantunque a quest'epoca abbia la vac- cinazione resistito a tutte le possibili discussioni ed esami di Comitati, d' Istituii, di Accademie le più illustri j pur si odono addurre alcuni eventi o non bene osservati , e peggio interpetrati , o fallaci in apparenza e capaci di far cadere in errore i poco esperti , ma che poi analizzati collo scrutinio di uo imparziale raziocìnio , e purgati da qualunque dubbiez- za aggi ungono sem;j re nuove prove a vantaggio della pratica della vaccinazione modesimn . Di tal tempra sono senza dubbio gli esempi in alcuni Paesi di questa Provincia testé con entusia- mo prodotti della sopravvenienza del vajuolo arabo nei già vac- (i) Nella sua Mcrmria „ sui pro^r^s.ù, e io ^iato anucde della vacci nazione „ inserita nel na;n. LXXXIII. degli \ii!iali di Gand . (2) Pre5;o gP In liani del Perà. Ve. l l" Eìsai /JoUli-jua sur la nou- vcUc-Esiìu'^ni , di Humboldt . AacSie neU' Indostan alcuni dei Bra- mini sostengono non e;^cr nii>vo fra qucU' antichii5ina Nazione un tal ritrov^ato . Ved. nel Voi. VI. dil Giorn. Pisan > x^oj. l' Istoria di alcune interessanti vie inde delia vaccinazioni del Prof. Car- radori . Della Vaccinazione . SgS cinalì . A verificar questa mìa assertiva potrei ia difesa della vaccinazione dubitare delT eiH-acia del metodo nell' istituir- la (.■}) , o della mancanza di corso costituzionale nel vajuolo vaccino (4) • Detratti questi dubbj potrei far costare la ra- rità di somiglicvoll escnpi (5) essere in ragione diretta delia rarità di quei soggt'tti , che non godendo di uno stato d'in- sensibilità permnnente ai contagj abbiano uno stato d'insen- sibilità lemporaria alla contaglone delle malatie eruttive con- tagiose , od uno stato di un'attitudine straordinaria a con- trarre le infezioni di esse, come riflette l'Istituto Nazionale della vaccina di Londra (6). Potrei mostrare altresì , che questi (.^) MI' Autore della osservazione del vaiuo'o naturale sopraggiua- to al vaccino riferita alla pag. 222. del Voi. V. del Giorii. di Med. Prat. del Si , Consigliere Brera , cadde in pensiero di ripetere il fatto dal metodo di attenuare coir aoipia la materia vaccinica essiccata. (4) .' osservazione Sanzio lata oramai dalla sperienza di tatt' i graa Pratici della vaccinazione , che dessa senza operare mi certo uni- versale perturljamento proprio della sua azione specifica sul corpo non goda della facultà preservatrice del vajujlo arabo, come un esempio ce ne offre il Dottor IVlattliy in una sua lettera diretta al Sig Prof. BarzeilottI , ed inserita nel Voi. VII. del sullodato Gior- nale di Brera , dì una fanciulla Sanese, la quale contrasse il vajuolo arabo, percbè avea sofferto un corso legittimo si, ma locale so- lamente , e njQ costituzionale del vacciao . (5) Eseinpj di tal natura al dire del mio Amico, e cel. Prof. ]\Iat- they ( ved. la nota (1) pag. 12. della di lui traduzione della Etio- Icgia della rogna di Wichmann da esso arricchita di molte prati- che , fcd erti. lite annota/.ioni ) perdonsi nell' Oceano immenso di fat- ti contrari . Ouesti rari esempj jq virtù delle jjjà act;urate o-ssor- vazioiii di oculatissimi Pratici riduconsi ad uno fra mille vaccinati detratti gli p rr iri in proposito commessi, le negii^cnze, eil i falsi rap|)orti , come risulta dalle sperienze del Dot. vViliaiìjod ad uno fra tre mila , come vuolii dimostrato in ui Rapporto dell'Istituto Na- zionale (Iella vaccina di Londra ivi pul)blicato nel liiii. Chj anzi asserisce Brera nel IV. Volume del suo Giorn. pag. 5oi esser pro- vato dietro r osservazione di più miilioni di vaccinati , che la so- pravvenienza del vajuolo dopo un e-satta vaccinazione é cotanto ra- ra, che appena la può paragonarsi alla proporzione, i[i cui sta un individuo , che per due volte si trova soggetto al vajuolo arabo . (6) Nel suo Rapporto non ha guari enunciato ( not. anteoe l. ) Quasi analoga a quest' ultimo stato supposto dell' Istituto di Lon- dra si é r opinione emessa da Gardien ( V. Traile dcs Accoiidic- muns . Tome Quatrième pag. 4'^y ) <1* Demangeon ( V. Hiòliot/m ino SgG Scienze rari esempj non depongono contro la virtù preservativa della vaccina, e che la vaccinazione in tali casi riguardo alla im- muni là , che provoca nella macchina alla infezione va juol osa, va d'accordo colla immunità, che vi lasciano il vajuolo spon- taneo , e r inoculato (7). Potrei far rilevare , che il vajuolo naturale sopraggiunto nei già vaccinati compie rapidamente il suo corso sotto un mitissimo aspetto , e non riesce letale, quantunque abbia talvolta l'apparenza di essere gravissimo (8). Potrei .... Ma siccome tutti questi punti hanno di già sotto il travaglio di tanti Maestri dell'Aite esaurito tutte le prove possibili in vantaggio della vaccinazione ; perciò non è mio lo scopo di tesserne ora in favor di questo uno scritto apologetico , quale raggirar si dovrebbe necessariamente nella Medicale ec : Voi. XXIX. pag. 119. Paris i8io ) e dal testò men- zionato Prof. Mattliey ( nella cit. Annotazione alla Traduzione su- detta ) i quali son di parere, che presso alc'uii iadividui specifi- camente costituiti dalla natura un primo attacco del v-a|uolo uma- no non basta a distrn-gere tutta la suscettibilità a questa malattia eruttiva , e che perciò in tali soggetti si richiedereboe la ripetizio- ne dell' inoculazione vaccina altrettante volfe , quante sarebbero quel- le della reiterata comparsa del vajuolo naturale . In questi fktti adun- que , che posson riguardarsi come tante eccezioni alla regola , è giuoco-forza il convenire, che la vaccina preservi per la prima voi ta dell'arabo, lo che equivale al dire, che la vaccina preservi per sempre e senza eccezione; e che perciò non e il vaccino, che manca di effetto nel garantire, ma è la vaccinazione che manca di essere ripetuta per preservare . (■^) Quante volte Io si esso vajuolo comune non ha assalito due o tre volte lo stesso individuo ? Non è forse talvolta comparso il mc- desinìo anche dopo T inoculazione vajuolo-a ? Sono molte le osser- vazioni su tal proposito riferite dal Borsieri , e da altri degni Scrit- tori ; ed anche 1' istituto nazi«nale della vaccina di I-ondra nel suo Rapporto gi<à altra volta citato ( not. 5. y ne ricorda quattro esempj . (8) Ved. nel Giorn. Pisano Voi. Vili. pag. 90. il ragguaglio del Prof. Carradori del viaggio fatto intorno alla Terra per jìropagnre la vaccina : - il Rapporto del Comitato della Società Jenneriana di Londra nel i8o5 : - ro|)era di Rooerto VVillan puhiicata nel 180G il Rapporto altre volte nominato dell' Istituto Nazionale della vac- euia di Londra ; - e finalmente T aureo parallelo della utilità di- mostrata dalla pratica biella inoculazione vaccina su quella del va' juolo naturale dell' esimio Prof. Barzellotti . Della Vaccinazione . 397 vipetizioue di già conosciuti argomenti. E bensi mio scopo di aumentare le storie dei vantaggi incalcolabili di questa pre- ziosa scoperta , facendo costare , che il vajuolo arabo non tor- nò a comparire dopo una vaccinazione compita j che la vacci- nazione , nel suo corso non terminato , con evidenza sempre costante mitigò il vajuolo arabo sì nella intensità, che nella durazione del suo corso ; che 1' umor vaccinico neutralizzò , e decompose la marcia del vajuolo arabo simultaneamente de- posta in una istessa incisione nel momento dell' innestoj che finalmente la vaccinazione istituita ancora nell' individuo me- desimo già assalito da febre prodroma dell'arabo esantema , e perfin sotto la di già incominciata eruzione di questo, miti- gò , ed infievoli la pertubatrìce virulenza del vajuolo arabo . Epidemico insorse nell' anno i8i5 il vajuolo arabo nel luogo di mia attuai residenza . Venti individui furono dal vajuolo comune assaliti, mentre contemporaneo era in essi il corso de 1 vaccino , ed in lutti si vide costantememe aver la di lui forma declinato di molto dal naturale suo stato, non essendosi mostrato cosi violento , né di così lunga durata nel percorrere le fasi dei suoi stadj . Un fatto di tal natura non è altresi totalmente nuovo . Se ne leggono alcune osservazio- ni prodotte da molti , e specialmente da Woodwille, da Ber- retta di Milano , da Luigi Colla di Parma , dal Prof. Carradori di Prato, dal Dottor Bruni di Firetize , e dal Medico Saluz- zese Tommaso Pensana . Ma , se mal non mi appongo , gli effetti sorprendenti da me osservati nella complicazione della eruzione vajuolo^a colla vaccinale mi hanno presentato qual- che vantaggio superiore alle osservazioni a me note dai sul- lodati Scrittori . Siami dunque permesso di esporre le partii colarltà di alcune fra queste mie osservazioni ; giacché , le al- tre essendo in sostanza simili , parmi inutile il descrfverle , e tedioso riuscirebbe il leggerle , o sentirle contare . Le divider rò in due classi , noverando nella prin^a quei soggetti , che G. A. To. IL a6 398 Scienze subirono il vajuolo naturale allorché il vncclno era giunto a maturità ; e nella seconda quelli , nei quali comparve l'arabo pria che il vaccino giungesse alla sua maturazione. Tre sono gl'individui compresi nella prima Classe . Nel primo di questi ( num. 1. dell'annesso Prospetto) dopo es- sersi inoculalo il vajuolo vaccino nel dì 28. Giugno , per- correva esso regolarmente i suoi stadj , quando nel i. di Lu- glio ( nono giorno dopo 1' innesto vaccino ) si vide compari- re una mite felìbre , quale per i sintomi , da cui era corteg- giata , non escluso l'aspetto flemmonoso dell' areola , ed il co- lore argenteo dei bordi delle pustole , si credette appartenere a quell'apparato di fenomeni morbosi tutto proprio dell'azio- ne specifica, costituzionale dell'inoculato vajuolo . Si protrasse la febre ( alquanto pii!i orgogliosa ) fino al terzo giorno , sul declinar del quale fu dessa seguita da una discreta eruzione di pustole di vajuolo arabo , Quelle intanto del vaccino dopo aver presentato colla loro depressione centrale i bordi alquan- to rilevati e P areola di circa due pollici , incominciarono a manifestare un color giallastro nella superficie , e proseguiro- no regolarmenle le loro fasi dell'ultimo periodo di disseccazio- ne . Le pustole per altro del vajuolo arabo dopo aver per- corse le loro consuete fasi di eruzione , infiammazione , e sup- purazione , si disseccarono tutte ad un tratto nel di 9. Luglio , giorno 17. dopo l'innesto vaccino, e nono dopo la comparsa della febbre . Non mi sorprese la sollecita dissecazione delle pu- stole del vajuolo arabo, giacché abbiamo in Borsieri : In be- nigni ssimis vincuUs variolis singula stadia breviora esse consnevenint 5 nec plerumquc. unumquodque eoruni tres dies excedit , sic ut nono jam morbi die exarcscere pustU' Ice incipiant , et decidant , in facie potissimutn : ( Cap. IX. De variolis ec. §. CLXXIII. ) Mi sorprese bensi la pronta universa! disseccazione di tutte le pustole senza quella grada- zione lor propria di disseccarsi successivamente in ragione Della VACcmAziONE. 399 dell' epoca della loro comparsa , : Hoc ipsutn ( exsiccationis stadi uin ^ .... ai faci em primiiin , aut qua parte prius variolce floruerant , sese manifestare incipit : ( Frank . Epi- tome ec. Lih. III. de exarttkeni . Variolce §. 33 1.) e sen- za lacerazione dell' epidermide in veruna delle pustole -vajuo- lose , come suole accadere specialmeiite negli arti . Che anzi turgide di marcia , divenute aspre nella superflcle , compar- vero ia un baleno giallognole , ed acquistarono immantiueute una consistenza gommosa . Accadde ugualmente lo slesso nell'altro individuo (num. 2. ), in cui i due vajuoli seguirono lo stessissimo corso del finqul descritto ( nel num. i. ) a riserva dì una varietà nei giorni essendosi l' innesto vaccino istituito nel di 24. Giugno . L'eru- zione , che fu discreta , dell' arabo seguì nel di 2. Luglio (no- no giorno dopo l' innesto vaccino ) circa le ore vespertine , mentre erasi nella mattina del giorno istesso tratta la materia dalle pustole vacciniche per inoculare altri bambini , quali furono tutti preservati dal vajuolo epidemico . La disseccazione poi delle pustole del vajuolo arabo mostross» nel 4-° giorno dopo la loro comparsa ( nel di 5. Luglio ) Dietro così solle- cita disseeazione delle pustole vajuolose potrebbe inferire talu» no , che desse non fossero che il ravaglione, o vajuolo spurio , conosciuto dai Francesi sotto il nome di variolette . Resta però pienamente esclusa siffatta idea dal riflettere , che que- ste pustole vajuolose fecero la eruzione successiva , e non .si- maltauea nelle diverse parti del corpo; che sì mostrarono rosse, renitenti , ed infiammale, e no(i già come altrettante ("vescichette ripiene di linfa; e che finalmente si videro sup- purare: caratteri tutti che fan distinguere il vajuolo vero dallo spurio, come fra gli altri lo hi dimostrato Gardìen nel suo prospetto comparativo delle differenze , che passano fra gli ambidue menzionati vajuoli . Nel dì 23. Giugno si praticò l'innesto nel terzo individua . 26 * 4oo Scienze Percorreva esso regolamente i suoi stadj e nel di primo Lu- glio fu tratto da tali pustole il fluido per uso di altri sog- getti , quali furono tutti in seguito preservali dal vajuolo . Nei di 2. Luglio (^io.° giorno dal praticato innesto ) compar- ve una risentita febbre, e dopo poche ore si copri tutto il capo di esilissime pustole , quali nel di seguente gradamente si diffusero per tutto il corpo . Il carattere di queste pustole vajuolose era quello di coerente, ma ad onta di tali preludj di gravezza non offriva altri sintomi allarmanti . Nel di g. Luglio ( ottavo dalla eruzione [delle pustole ) erano queste giunte al loro grado di maturazione , quando tutto ad un trat- to si disseccarono , senza che la disseccazione seguisse regolar- mente a tenor dei luoghi della eruzione, cioè prima nella faccia , poi al petto , e quindi agli arti inferiori . Bensì si vi- dero tutte disseccarsi in un punto , ed, in maniera che nella loro base mostravano come un peduncolo, rassomigliando cia- cheduna pustola a quel porri , nei quali suol praticarsi la le- gatura ad oggetto di procurarne la caduta . A riserva di que- sto esile peduncolo conserva vansi le pustole del vajuolo arabo turgide , ed aventi quasi il volume istesso , giacché non es- sendosi l'epidermide lacerata , non era da esse uscita la marcia . D'altronde le testé dette pustole così turgide, e disseccate assunsero il colore, e la consistenza di una gomma simile in lutto, e per tutto ai caratteri che assume la pustola del va- juolo vaccino allorché si dissecca , e dopo -tre giorni si sepa- rarono senza lasciare nella cute il minimo segn» di cavità , ov- vero ombra di cicatrice . Il rìsultamento di queste osservazioni va pienamente d' ac- cordo con i principj della quarta legge generale dei miasmi stabilita ed illustrata dal cel. Prof. Rubini nella sua aurea Opera intitolata : Riflessioni sulle febbri chiamate gialle , e sui contagi in generale. Giacché non hanno simultaneamen- te coesistito nel periodo terzo della malattia le due modifica- Della Vaccinazione. 4oi iloni specifiche indotte dai due vajuoli vaccino , ed arabo j nou hanno cioè queste due forme morbose esistito contemporaneamen- te nei nominati individui nel terzo stadio di azione costituzio- nale. Ma bensì il vajuolo vaccino ha percorso il suo terzo pe- riodo allorquando 1' arabo trovavasi in quello di delitescenza , e di azione locale ; passò quindi 1' arabo al periodo costitu- zionale , da cui era già uscito il vaccino , e con ciò malgrado la coinci'lenxa di corso dei due vajuoli nei medesimi individui non ebbe luogo a riscontrarsi nel medesimo istante quella mo- dillcazione propria a prodursi da ciascheduno di essi nel cor- po vivente , per essere tal modificazione incompatibile nello stesso tempo in due maniere diverse sulla fibra del medesi- mo soggetto . Ma passiamo alla seconda classe . Diciassette sono gl'individui in essa compresi, come rile- vasi dall' annesso Prospetto, nei quali cioè comparve il vajuolo naturale pria che 11 vaccino giungesse al suo grado di matu- razione . In 14. di questi fu l'arabo più, o meno discreto: in tre fu coerente . In tutti la febbre precedette di tre giorni l'eruzione . Per evitare una pesante , ed inutile ripetizione, tralascio di presentare la storia di tutti i soggetti compresi in questa classa potendo dopo la descrizione precisa di qual- cheduno supplire agli altri il sunnominato Prospetto , dal qua- le appariranno agevolmente le minime differenze, ch'esister possono fra una storia, e l'altra. Il num. 1. è uno dei i4, che subirono l'eruzione discreta del vajuolo spontaneo . S'istituì in esso r innesto nel dì 24. Giugno . Era già nel di 27. sen- sibile il travaglio dell'affezione locale nei punti delle prati- cate incisioni mercè un principio di leggiera elevazione, quan- do mostrossi una mite iebbre . Essendo questa pirettica alte- razione universale una conseguenza della /lagosi cutanea ordì' ta nelV intimo tessuto delle fibre , e dei vasi della cute istes- sa per V impresione specifica de W applicato miasma ( giusta. il saggio parere del Ch. e celeberrimo Prof. Tommassini , 4o2 Scienze nella noia 22. alle sue: Ricerche Patologiche sulla febre gial- la ^ , e ripetuta più o meno per associazione di movimenti in altri punti . . . i egli è perciò , che poca essendo 1' e- stensione , e poca per qualunque motivo la ripetizione delle parziali flogosi ordite nella cute, conae scorgesi nel vajuolo di- screto , mite esser dovea la febbre. Fu questa nel terzo di susseguita dalla comparsa successiva , e regolare di piccole macchie rosse alla fronte , quindi al petto , ed agli arti . Ele- vàronsi desse in forma di pustole nel di seguente , dopo di che aurnentaudosi in volume si videro renitenti , rosse , e corteggiate ancor da flogosi nella cute della base. Giunte col- le solite gradazioni di accrescimento al di 3. Luglio ( y." dall' invasione del male ) presentaronsi le pustole ripiene di marcia, dopo aver il volto acquistato un volunio maggiore dell' ordinario . (Questo sintomo della intumescenza della fac- cia relativo in ragione del numero delle pustole non mostrossì in tutti gli annoverati soggetti , giacché in molti di essi fu discre-tissima 1' eruzione vajuolosa , ) Seguita nelle consuete forme la suppurazione, quantunque assai piti sollecita , lun- gi dalla gradazione successiva di disseccamento in ragione dell' epoca della comparsa , ad un tratto ricuoprironsi tutte Je pustole vajuolose di croste nel di 7. Luglio ( i3.° giorno dalla invasione della febre ) , la caduta delle quali ebbe luo- go intieramente nel giorno seguente a riserva dì quelle, che si erano dalla bambina graffiate . Simultaneo si fu il corso del vajuolo vaccino , il quale proseguì a percorrere colla massi- ma regolarità i suoi stadj , ma con qualche lentezza , talmen- te che nel di 4- Luglio (giorno 12.° dal praticato innesto) (9) dopo aver le pustole vacciniche presentato un' areola rossa di circa due pollici , i' induramento del tessuto celluioso , la (9) Cioè tre giorni flopo la matur.ìzionc delle pustole vacciniche in altri individui già vaccinati contemporaueamcntc al soggetto in questione . Della Vaccinazione. 4<^3 depressione nel centro j ed il colore argentino nei bordi, ne trassi la materia limpida di un bel color di perla, con cui inoculai una bambina di tre mesi (io). Né punto dissimile dall' esposto si fu il corso degli altri i3: individui di questa Classe seconda, come potrà rilevarsi dill'an- tìesso Prospetto, dei quiili nel passar sotto silenzio le istorie non posso trascurare la precìsa descrizione di quanto offrì di singolare il num. lij- Queito bambino di tre mesi , che avea già dormito nello stesso letto, ove giaceva una di lui sorella maggiore di un lustro, la quale fin dal 25. dell'ante- cedente mese di Luglio era stata assalita da un vajuolo con- fluente fu da me inoculalo colla materia vaccinica tratta dal num. 2. della seconda parte di questa Classe . Tre incisioni feci in esso coli' umore vaccinico, ed in un altra incisione deposi la marcia del vajuolo arabo presa dallo stesso indivi- duo testé citato ( num. 2, ) , e quindi subito appresso deposi nella medesima incisione la materia di una pustola vaccinica . Dopo quattro giorni da simil praticato innesto comparve alla prima vertebra dei lombi una congerie di pustole , clie ben presto riunironsi in una avente la figura di un triangolo iso- scele di circa un pollice di lunghezza nei due lati più lun- gbi , e di quattro linee nel lato più breve . Nel di seguente venne in iscena la febbre; nella sera alla distanza di due linee all'intorno si manifestarono altre undici pustole sferiche di vajuolo arabo fra loro neppur coerenti , e contemporaneamente . anche nella intiera periferia del corpo pochissime pustole al numero in circa di una trentina , le quali tutte prontamente (io) Nella quale feci tre incisioni colla materia vaccinica, e nel tempo istcsso una incisione colla marcia del vajuolo arabo tratta pa- rimente da una pustola dello stesso individuo ( num. 1 ) . Felicis- simo si fu r esito di questa nuova vaccinazione , giacche nella bam- bina inoculata fece il vaccino il suo consueto regolar corso , ma non comparve affatto il vajuolo arabo costituzionale , nò fuvri pustula- zione locale al luogo della puntura. 4o4 Scienze sì disseccarono nel y,° giorno senza lacerarsi, ed efFondere marcia a riserva della maggiore alla prima vertebra dei lom- bi , dove formossi nna crosta , che cadde piìi tardi . Ai luoghi delle praticate incisioni comparvero regolarmente le pustole di vajuolo vaccino con i loro consueti caratteri , che per brevità non ripeto . Progi'edivano esse colle pustole del vajuolo arabo con questa particolarità, che mentre le pustole vajuolose sup- purarono in fretta , e seccarono rapidamente, le pustole della vaccina si mantennero alquanto stazionarie senza riempirsi per- fettamente di umore ; ma dopo quattro giorni divennero tur- gide riassumendo cosi il quasi sospeso loro stadio costituzio- nale . Marcalissima si fu nelle tre pùstole del legittimo in- nesto vaccino la depressione centrale , ed alquanto minore nella pustola formatasi al luogo , in cui fu simultaneamente deposto il pus del vajuolo arabo . NuUadimeno tentai con que- sta altre osservazioni , ed inoculai colla materia di essa pu- stola due bambini , nei quali mostrò la inoculazione otto pu- stole del più regolare vajuolo vaccino , con cui furono essi im- muni dalla infezione dell' arabo . ( Sajà continuato ) Del Calendario Gregoriano , e dell' astronomia Bomana : Notizie Storiche del Sig. Ab. Giuseppe Calandrelli pro- fessore nelV Università Gregoriana , e direttore dell' Os' servatorio . A llorchè nel prossimo passato anno in diversi fogli roma- ni furono riportate molle notizie risguardanli la storia del Calendario Gregoriano , e della Astronomia romana , furono da me fatte alcune riflessioni , che giovevoli poteano essere agli eruditi . Queste a voi diriggo Signori Giornalisti , poiché es- sendo nell' impegno di rendere nel dotto vostro Giornale Del Calindar. Gregor. ec. 4o5 Arcadico inteso il pubblico di quanto può interessare le scien- ze , le lettere , e le arti , ne facciate quel!' uso , che più op- portuno potrà sembrarvi : Si crede comunemente che Luigi Lilio sia stato il pri- mo , che ai numeri d' oro , i quali regolavano i noviluni , so- stituisse l'età della Luna , ossia 1' Epatta con particolare or- dine distribuita in tutt' i giorni dell'anno. Si vuole adun- que che Luigi Lilio Medico , ed Astronomo calabrese pre- sentasse a Gregorio XIII. il suo piano , il quale fa man- dato a tutti i Sovrani , ed ai Matematici i più celebri d^ Europa per esaminarlo . Questo fu universalmente ap- provato , ma fra quelle comuni lodi V autore finì di vi- vere . Il Ximenes nell' introduzione al Gnomone fiorentino (p.VL) rileva ; che fra Giovanni Tolosani dell' ordine de' Predica- tori in una sua opera cronologica , dedicata al Cardinale Ala- manni , distribuisce 1' Epatte nel modo stesso , che furono poi proposte dal Lilio a Gregorio XIIL L' opera del Tolo- sani era già cognita fin dal i535 , e fu poi stampata a Ve- nezia nel iS'jS , cioè sette anni prima della riforma . Nel medesimo anno iSyS furono pubblicate a Venezia le Opere di Maurolìco Abate messinese , tra le quali , nell' Opuscolo nominato Computus Ecclesiasticus , e precisamente alla p. 87, si parla dell' Epalta , e questa si prende nel senso medesi- mo del Calendario Gregoriano . Dopo tutto ciò sembra cosa molto stravagante , che il Lilio s' abbia a fare ancora au- tore delle Epalte del Calendario Gregoriano , e che Fra Egna- zio Danti , che pur era Domenicano , ed impiegato nella ri- forma dei Calendario , non manifestasse il libro del Tolosani . Gregorio poi XIII nel suo Breve , inserito nell' Ope- ra di Glavio , (i) cosi s'esprìme. Allatus est nobis liber (1) Calend. Greg. pag. if. 4o6 Scienze a dilecto fiiio Antonio Lilio artium et medicince doctO' re , qiiem quondam Aloysius ejiis geimanus frater con- scripserat . Dunque non l'Autore Luigi Lilio Medico , ma bensì il suo fratello Medico , presentò il libro al Papa , quan- do già era morto Luigi Lilio , il quale per conseguenza non pot(^ godere le comuni lodi . Si dice ancora , che a motivo delta Congregazione , e correzione del Calendario , Gregorio XIII convocasse mol- ti letterati , fra i quali ebbe luogo Antonio Lilio fratel- lo del defunto Luigi . Molte adunanze essi fecero , e sem- pre appoggiate a delle osservazioni astronomiche . Conve- nendo perciò fissare un sito ove adunarsi , ed a proposi- to per le osservazioni , fece il gran Ponlcfce costruire espressamente nelV alto della Biblioteca questo sito , che si vuol chiamare Specola astronomica vaticana . Si aggiu- gne' ancora , che la sala ove Egnazio Danti tracciò una Meridiana fosse la sala del Calendario , la quale in quei tempi avesse Videa di una loggia aperta , dipinta dalli fra- telli Zuccari , e quindi ridotta a sala chiusa da fene- Sire in tempo di Urbano FUI. Sì deplora finalmente la perdita degli strumenti , che servirono per questa opera- zione Nel 1577 fu da Gregorio XIII nominato Monsig. Vin- cenzo Laureo alla presidenza della Congregazione per la ri- forma del Calendario (1) . La maggior parte poi , che Anto- nio Lilio ebbe nella Congregazione , altra non fu , che nel presentare al Papa il libro del fratello espose , che allorché il S. Padre lo avesse giudicato a proposito, domandava in compenso la privativa delle stampe, ed il monopolio delle medesime . Fu accordato al Lilio quanto desiderava , e da ciò ne derivarono tante inquietudini per parte della Polonia, (1) Anna, di Gresorlo XIII. To. I. pag. 3i2. Del Calendar. Gregor, ec. 4^7 e della Francia , onde lo stesso Monsignor Laureo vivamen- te rappresentò al Papa di dare altro compenso al Lilio , e togliergli la privativa delle stampe, ed in ciò finalmente con- venne il Papa (i) . Fu questo sito sempre denominato per Torre de' Ven- ti , La denominazione dì Specola astronomica vaticana è molto recente , ed ebbe luogo quando il Cardinale Zelada fu nel 17S0 nominato Bibliotecario di S. Chiesa , e fu al medesimo dalla Santa Memoria di Pio VI. concesso un ap- partamento al Vaticano, che già era stato abitato da Bene- to XIiI , ed ove questo S. Pontefice venne a morte . Fu al- lora , che sopra la porta , la quale dalla Biblioteca condu- ce alla Torre de' Venti si scrisse Specula T^aticana . Era veramente il Cardinale nella determinazione dì for- mare in questo sito un Osservatorio astronomico , e nel tempo stesso impegnare il Papa a far condurre una grande meridiana nel tempio di S. Pietro . Un giorno infatti vol- le il Cardinale medesimo, che anche io unitamente salissi dalla Biblioteca alla cosi detta Torre de' Venti . Si osservò allora che alla porta di una di quelle camere esisteva anco- ra una grande bussola di legno , colle armi intagliate di Gregorio XIH , e simile a quelle , che ai nostri tempi sì osservavano nelle anticamere Papali del Vaticano , e del Quirinale. Da ciò si rilevò essere stato questo luogo fre- quentato da Gregorio XML Dissuasi quindi il Cardinale a formare in questo sito un Osservatorio , il quale dovendo servire alla pubblica instruzione , era troppo lontano dalla Cilth . Osservai inoltre che non sarebbe stato ben colloca- to questo Osservatorio ; poiché avendo di poco declinante dal mezzodì la grande cupola di S. Pietro , questa impediva una parte del cielo più interressante , In proposito poi del- (1) Tom. II, pag. 270. 4o8 Scienze la grande cupola aggiunsi , che acciò la uieridiana in S. Pie- tro corrispondesse alla magni licenza del tempio sarebbe sta- to necessario di collocare il forame gnomonico nella lan- terna , onde neir altezza superasse il gnomone fiorentino . Ma a questo grandioso piano si opponeva la grande tribu- na sottoposta , e la non corrispondente estenzione della na- vata , la eguale si estende da mezzodì verso tramontana . Si fece finalmente riflettere al Cardinale , che essendo slata condotta la meridiana da Egnazio Danti , questa non dove- va avere avuto altro fine, che di far conoscere al Papa coi proprj occhi , che 1' Equinozio di primavera cadeva circa gli 1 1 di Marzo ; cosa che a quei tempi veniva anche dimostra- ta dall' ombra degli orologi solari , la quale circa il di 1 1 . Marzo descriveva la linea equinoziale , segnata sopra i me- desimi . Allora dunque s' incominciò a dire , che questo luogo, servito fosse alla riforma del Calendario. Fu ciò Ilei 1784 indicato in una piccola iscrizione, che il Cardinale fece apporre al fine di una meridiana esistente ancora nella camera di cantone del suo appartamento , contigua alla sca- la del Museo . Preventivamente però nel 1^83 sulla mede* sima falsa voce 11 Ch. Morcelli , al quale il Cardinale si riportava nelle iscrizioni lapidarie ideò la seguente , inserita alla pagina 2^5. dell'eruditissimo suo libro (i). PIVS ."vi . FONT. MAX. EXORNATA . ATQVE . AVCTA . SPECVLATORIA - TVRRI IN . QVA . CLARISSIMORVM • MATEMATIGORViVI CONVEWTVS AD . KALEND VRI . GREGORIANI . ORDINATIONEM CELEBRATI. SVNT ADITVM . A . BIBLIOTHF.CA . IN . ADSCENSVIVl A P E R V 1 T VTI . E\. SEDES. ET. LOCVS IN . CARDINALIS . BIBLIOTREGARU . TVTELA . ESSET (1) Inscrìptiones. An. ij'60. Del Galeno ar. Gregor. ec. 4^9 In questa lapide 1' exornala alque mieta si riferiscono a quanto il Cardinale avea intenzione di fare con il con- senso del Papa , benché poi non eseguito . Tanto ciò è ve- ro , che nel 1787 giunto in Roma il Toaklo Astronomo di Padova , e desiderando vedere la meridiana di Danti, io me- desimo lo condussi al Valicano . Unitamente al custode del Museo per molto tempo si cercò la camera della meridiana , e finalmente si trovò , che il custode medesimo 1' avea ri- dotta a sito opportuno per la caccia delle palombe . Bisogna però dire, che fin dal 1785 avea il Cardina- le dimesso il pensiero dell'Osservatorio Vaticano . Pùtrovan- dosi per tanto ncll' estate di quell' anno il Boscovich in Ro- ma , dimostrò al Cardinale medesimo il desiderio , che ave- va sempre avuto di vedere stabilito un Osservatorio in Col- legio Romano . Rammentava che Benedetto XIV. nel prin- cipio del suo Pontificato venendo in Collegio , espressamen- te ordÌHÒ al P. Borgondio Rettore allora, e gih suo mae- stro , che si formasse questo Osservatorio in Collegio . La morte peraltro improvisa del Borgondio ^ e la poca diligen- za del P. Procuratore , che dovea rimettere il denaro dalla Sicilia, fece lutto svanire. Aggiungeva ancora di aver po- steriormente ripresa questa idea , facendo formare i disegni di una grandiosa Specola astronomica da erigersi sopra la gran cappella della Madonna . Vistosissima era la spesa , e fondate speranze ne aveva nella munificenza della Corte di Portogal- lo , se le note turbolenze insorte non fossero . In questa circostanza però desiderando il Boscovich di terminare i suoi giorni in Collegio , esibiva di fare a suo conto acquisto de- gli strumenti necessari] , e si ristringeva a domandare la sola fabbrica . Unitamente ci occupammo in far fare i disegni che conservo ancora, del novello Osservatorio , il quale do- vea erigersi sopra la gran volta semisferica della tribuna del- la Chiesa di S. Ignayjo . No« fu possibile realizzare il prò- 4io Scienze getto del Boscovicli . Fu dunque allora , die il Cardinale cogli avanzi della cassa delle scuole del Collegio , si deter- minò a far costruire nel 1787 il presente Osservatorio, ab- bandonando così del tutto r idea della specola vaticana (l) . (1) Può dirsi che il Collegio Fomano sia stato un Osservatorio astronomico cotitiiuiato da Clavio in poi . Le osservazioni di Cla- vio sopra la nuova stella di Cassiopea fatte nel 1672 è ben verisimi- le che fossero fatte nel Collegio vecchio, il quale era la casa , che la Marchesa della Toifa IVipote di Pnolo IV. donò alli P. Gesuiti, zd istanza di Pio IV. Era questa casa nella parte verso ponente , che occupa ora la Chiesa di S. Ignazio , e fu già propria , ed abi- tata da Paolo IV. essendo Cardinale . La ristrettezza di questa ca- sa, ed il caso fortuito, che una pioggia notturna hagnf^sse diversi scritti riguardanti il Calendario , che il Clavio dovea nella mattina presentare a Gregorio XIII , furono i motivi impellenti , onde questo gran Pontefice si determinasse a fare a sue proprie spese, e de' suoi Pvipoti il Cardinale di S. Sisto , ed il Cardinale V^astaviJlani la magni- fica presente fabbrica del ( .ollegio Romano . Pu in seguito il Collegio Eomano Osservatorio per lo Scheincro , il quale più volte sopra le macchie solari vi fece delle osservazioni, riportate nella sua Bosa Ursinu . Servì similmente , al Gottignies , specialmente all'occasione della Cometa del i664. all' Escjiinanli , al Borgondio, al Boscovich , ed air Asclepi . Ma questo Osservatorio del Collegio Romano altro poi non era , che un qualche luogo elevato dove V Astronorno jirov- veduto che fosse d' Istni menti esatti e necessari potea fare qual- che buona Qiservazione . Questo stesso può dirsi degli altri antichi Osservatorij, che si possono ricordare in Roma, come quello del Ponteo a S. Maria in Vallicella , quelli del Bianchini nella casa de' Lucchesi sotto Monte cavallo, ed al Palazzo della Canccllaria ; dei PP. Leseur e Jacquier alla Trinità de' Monti , del P. Audifredi •\lla Minerva , del Cardinal Zelada nel Palazzo di sua abitazione al Gesù , e li due del Duca di Sermoneta ne' suoi Palazzi a S. Ma- ria Maggiore , ed alle botteghe oscure . Tutti questi Osservatorij so- no stati , e pili non si rammentano . Lo stesso sarebbe accaduto all'Osservatorio erotto in Collegio Romano, che già abbandonato rimaneva al solo zelo de' viventi Astronomi , se le provide , e be- nefiche care del Regnante Sommo Pontefice non avessero a ciò provveduto . Perche poi la memoria di tutto fosse rimessa alla fu- tura età gli Astronomi presenti , prima deir ingresso all' Osservato- rio hanno fatto collocare in una nicchia un' Urania sedente coli' iscrizione nella base PIVS. VII. P. M. HANC MIHI. SEDEM. DEDIT Del Calendar. Gregor. ec, 4*» E beasi vero, che all'occasione della riforma del Calenda- rio furono fatte molte adunanze ; ma queste non mai alla Torre de' Venti , e molto meno appoggiate a delle osserva- zioni astronomiche . Il Clavio per preciso comando di Clemen- te Vili, ha minutamente descritto in un tomo in foglio di pagine 680 , quanto si operò in quella occasione . Neil' in- drizzo che fa alle lettore , cosi s' esprime , Atque Ulinam aut Liliiis adhuc viveret aut , certe ex rerum mathematicarum peritis , qui summi Pontificis auctoritote scppius in Tir- be conveninius , ut institatam Calendaiij emendationem oomniunicatis viribus , et consiliis perducerenius ad exitum , Nella prossima nicchia sotto il busto del S. Padre si legge PIO. VII. PONT. MAX. cvivs. mvnifj<:entia SEDI. HVIC. VRANIAE DECVS. AYCTVM STABILITAS. PARTA. EST ASTRONOMI. DECVRIALES GYMNASII. GREGORIANI A. M. DCCGXVIII Finalmente all' ingresso della nuora camera dello strumento de' pas- saggi si è collocata la seguente . PIO. VII. PONT, MAX. QVOD SPECVLAM. SIDERIBVS. OBSERVANDIS MVLTIPLICI. AVCTAM. INSTRVMENTO ET. ANNVO. CENSV. DITATAM CONCLAVI. HOCCE. ADIECTO AMPLIAVERIT ASTRONOMIS. AERA. CONSTITVERIT IIDEM. ASTRONOMI PRINCIPI. MVNIFICENTISSIMO AVCTORI. STVDIORVM. OPTIMORVM DEVOTI, GRATIQ. ANIMI. ERGO ANNO. MDGCCXVI 4»2 Scienze auisquis alius hoc tempore superesset . Similmente nella let- tera diretta a Clemente Vili, posta in fronte dell' opera , Clavio espressamente dice , che tutti quelli i quali impie- gati furono nella riforma , per decennium in Urbe conventus habuerunt . Se da Gregorio XIII. fosse stato fabbricato il sito della Torre de' Venti per questi congressi , il Clavio non avrebbe colla generica espressione In Urbe indicato il Va- ticano e la sala del Calendario , nella quale unitamente al- li congressi si suppongono essere state fatte osservazioni astro- nomiche . Riporta il Clavio le sue osservazioni fatte in Roma in- sieme ad altri sopra la nuova stella di Cassiopea apparsa nel iSya , e del Cigno osservata nel 1600 , e delle fasi stesse di Venere (1) . Possibile dunque , che nel citato li- bro tra le osservazioni rammentate non se ne trovi né pur una , che coli' espressione communìcatis virìbus appartenga alli congressi tenuti in Roma per la riforma ? Le osservazioni che necessarie erano alla riforma , si ri- ducevano alla lunghezza dell' anno tropico ; al giorno in cui il Sole entrava in Ariete , o ne' Solstizi] j all' anticipazione , che i noviluni veri , o astronomici aveano sopra i numeri d'oro dell'antica tavola Dionisiana j e se si vuole all'obbli- quità dell' Eclittica . La lunghezza dell'anno non portò osservazione alcuna a fare . Clavio nel ( cap. V. pag, 8 1 ) dice esser stato nella ri- forma adottato 1' anno , secondo le tavole Alfonsine , co- struite nel 1260, e questo non perché uniforme fosse stalo ritrovato alle loro osservazioni j ma unicamente , perchè era il medio tra il massimo di Tolomeo , ed il minimo di Al- bategnio . (1) Clavii In Sphaer. lojin. de S^c. Bos, Edit. Mogun. Tom. 3. pag. 75. io4. »o5- IDEt Calendar. tp 1' ossigeno si sviluppava con effer- vescenza , volle sperimentare l'acido solforico ossigenato, e l'acqua di borite. Aeisòa quest'effetto a poro a poco l'acqua di barite nell' acido solforico ossigenalo avendo cura di agi- lare continuamente il liquido , ed allorché giunse al punto di satiirazione rilevò, die l'effervescenza, la quale fin' al- lora non era stala sensibile , diveniva molto viva , e che il solfato di barile si precipitava in Cocchi. Separò al momen- to questo precipitato per mezzo del filtro , ed ottenne un liquido, che non conteneva né acido solforico, né barite, almeno non fondava precipitato né col nitrato di barite, né poll'acido solforico, ma che però racchiudeva moli' ossigeno. Con questo mezzo dunque giunse 1' A. ad ottenere 1' acqua ossigenala , nella quale riconobbe le seguenti proprietà. „ L' acqua ossigenata posta nel vuoto non abbandona l'ossigeno, che contiene j essa si concentra, e 6nisce coli' evaporarsi. Immersa in un miscuglio frigoriflco si agghiac- cia senza subire alcun' alterazione , mentre perde tutto il sqo ossigeno esposta ad uaa temperatura di 100". Messa in Dell'Acqua cogli Acidi ì 4*7 contatto coir ossido di argento lo riduce al momento disos- sidandosi essa stessa , in modo da produrre una consideri bi- le effervescenza . L' argento allo stato metallìro la priva di ossigeno quasi egualmente bene dell'ossido: lo slesso acra- de coli' ossido di piombo color di pulce. L'acqua di barite, di strontiana , e di calce formano con essa un'infinità di pagliette simili a quelle , che si ottengono dal miscuglio di un acido ossigenato , e di queste soluzioni alcaline. Ma se l'acqua è suscettibile di ossigenarsi, riflette 1' A, , esistono realmente acidi ossigenati? L'acqua ossigenala ab- bandona pili facilmente il suo ossigeno qttando é pura che quando contiene un poco d' acido , come 1' acido fosforico , fluorico , solforico , idroclorico , arsenico , ossalico ec. Si prenda infatti l'acqua ossigenata, si riscaldi fino al punto di perdere molto del suo ossigeno, e vi si aggiunga a poco a poco uno di questi acidi , i quali potranno ancora essere prima riscaldati , e cesserà nel momento stesso lo sviluppo del gas. Gli acidi solforico, fosforico, ossalico, fluorico possono ancora riscaldarsi per più d' un ora senza perdere tutto l'ossigeno, che contengono (i) . Così la loro presenza nell'acqua ossigenata accresce l'affinità di questo liquido per 1' ossigeno. Lo stesso ha luogo collo zuccaro , con molte altre so- stanze vegetali, e con diverse sostanze animali ; onde sem- bra verisimile all' A. che la maggior parte de' corpi abbia, un'azione tale sull'acqua ossigenata, che tenda o a riunire più intimamente l'ossigeno alla medesima, o a separarlo: tutti gli acidi sono nel primo casoj i metalli, i solfuri me- tallici , gli ossidi metallici , il carbone ec. sono nel secoa- (i) L'acido fluorico V abbandona un poco- più presto degli al- tri , quando la sperienz» si fa nel retro , perchè (^ue^to ne tsu» attaceatg. 4i8 Scienze do. Qtiesti risultati fanno credere all' A. , che tali fenomeni dipendano dall'elettricità. Ma proseguendo Egli le sue ricerche è giunto a com- binare coir acqua una dose molto considerabile di ossigeno. Prese 1200. p. d'acqua, che contenevano solamente tre vol- te , e mezza il loro volume di ossigeno; le pose in un va- se di vetro sotto il recipiente della macchina pneumatica al di sopra d' una capsola quasi piena d' acido solforico ; esse prontamente si congelarono , e sì ridussero in pochi giorni a 3o. parti. L' acqua da quel momento invece di 3. volu- mi , e mezzo di ossigeno ne racchiudeva ^i. , ed è persua- so 1' A. , che se la quantità , su cui operava , gli avesse per- messo di spingere V evaporazione molto più oltre , avrebbe ottenuto un'acqua carica d'una dose molto pii'i grande dì ossìgeno. Quest' acqua Ossigenata , e concentrata fino al pun- to dì contenere quarantuna volta il suo volume dì ossìge- no gli ha presentato le seguenti proprietà. ,, Essa è insipida , inodorosa , priva di colore , e senza alcun' azione sul tornesolej sì congela , e si svapora nel vuo- to senza decomporsi. Il calore dell' acqua bollente ne svilup- pa prontamente tutto l'ossigeno: lo stesso effetto viene pro- dotto dal carbone , dal perossido di manganese , dal perossi- do di cobalto , dal perossido dì piombo , dall' ossido di ar- gento , da quello di platino, e dal platino medesimo, dall' osmio, dall'argento, dall'oro, dal palladio, dal rodio, dall' iridio , quando questi metalli sono molto attenuati. Le effer- vescenze sono quasi sempre vivacissime, ed in alcune circo- stanze di già indicate l'ossido metallico sviluppando l'ossì- geno dall'acqua abbandona nello stesso tempo il suo: i me- talli d' altronde non sì ossidano mai . Ma quello the merita un' attenzione particolare è un fatto del tutto nuovo , che sorprese l'A. medesimo. Si è desso , che mettendo 1' acqua ossigenata in contallo coll'os- Dell'Acqua cogli AcroL 419 sido eli argento , 1' ossigeno di ambedue si sviluppava pro- ducendo una viva effervescenza. „ Sembro , dice 1' A. , che ., in cjuesto caso vi dovesse essere produzione di freddo se- ,, condo ciò che insegna la teoria : Eppure ha luogo il con- 5, trario. Il liquido si riscalda in una maniera sensibilissima : ,, e se debbo giudicare dalla piccola quantità di liquido , „ sul onde ho operato, crederei, che il calore debba es- „ sere multo considerabile , e probabilmente eguale almeno ,, a quello dell' acqua bollente con i liquidi molto ossige- ,, nati II perossido di manganese , l'argento, il platino agen- ,, do sull'acqua oesigenata , e sviluppandone l'ossigeno , che ,, essa contiene , riscaldano egualmente il liquido. Sarà mol- ,, to interessante il ricercare se in queste decomposizioni ab- ,, bia luogo qualche fenomeno elettrico. ,, La causa di questi singolari risultali è ancora per „ noi nascosta ( prosiegue 1' A. ) (i), solamente noi vedia- ,, nio , ch'essa non risiede nell'affinità, almeno nel modo, „ in cui ordinariamente si concepisce ; ch'essa è probabil- ,, mente fìsica, e che forse si riferisce all'elettricità. Mi sa- ,, rebbe permesso di aggiungere , che qualunque sia questa „ causa , essa agisce in un gran numero di circostanze , e ,, che non è irragionevole il pensare, che da essa dipenda- „ no i principali fenomeni, che ci offrono l' argento fulnii- ,, nante , il cloruro di Azoto , o il liquore detonante di Du- ,, long, il ioduro di Azoto, e molte altre sostanze delo- ,, nauti ? L' A. ha voluto spingere le sue sperienze anche più ol- tre. Egli ha potuto ottenere un'acqua che conteneva 120, volte il suo volume di ossigeno , e questo è il maximum , (1) Per verità sarebbe possibile di spiegare fino ad un certo punto lo sviluppo (lei gas per mezzo del calore suscitato : ma don- de viene questo calore? La difficoltà anche in questo caso non sa- rebbe , che allontanata . 4so Scienze a cui sia giùnto cohtinuando a sciogliervi il deulossido di bariuin per mezzo dell'acido idroclorico ec. Ma concentran- do quest'acqua sotto il recipiente della macchina pneumatica coir acido solforico è arrivato perfino a combinare con essa un-n quantità di ossigeno eguale a 4^0. e più volte il suo \olume. Quest' acqua così concentrata possiede molte proprietà rimarclievoli , di cui eccone le principali. ,, Posta sulla pelle ne attacca ben presto 1' epidermi- de , la imbianchisce , e produce per qualche tempo delle forti punture. „ Ha un sapore , che sembra essere nello stesso tempo astringente, ed amaro, e che si avvicina a quello dell'eme- tico. ,, Quando se ne tnette qualche goccia in un tubo , e vi si aggiunga in seguilo 1' ossido di argento , il tubo si ri- scalda al punto, che non si può più tenere in mano, e V effervescenza è una delle più violenti. „ Finalmente quando se ne metle un poco più in uu bicchiere, e vi si fa cadere in un istante l'ossido di argen- to recentemente precipitato, ed ancora umido, ne nasce una specie di esplosione. A compimento di questo articolo noi abbiamo creduto di qui aggiungere i nuovi risultali sopra la combinazione dell'ossìgeno coli' acqua comunicali dal Sig. Thenard all' Accademia Reale delle Scienze il di 29. Marzo decorso. Io sono ( è l' A. stesso che parla ) in fine giunto a sa- turare l'acqua di ossigeno. La quantità che si trova conte- nerne in questo stalo è 85o. volle il suo volume, o il dop- pio di quello che gli è proprio nello stalo naturale. Quest' acqua satura di ossigeno possiede proprietà affatto singolari ^ ed eccone le più rimarchevoli. La sua densità è = 1,455 , e perciò se si versi ia ub' Dell'Acqua cogli Acidi; 4^1 acqua rion ossigenata , la sì vede discendere a traverso que- sto liquido come uno sciroppo , sebbene vi sia solubilissi- ma. Attacca l'epidermide all'istante, l'imbianca e vi pro- duce un senso di punture di una durata proporzionale allò strato del liquore applicato sulla pelle : Se questo strato fosse troppo alto , ovvéro si rinnovasse , la cute slessa ne sarebbe infine attaccata e distrutta. Applicata sulla lingua , la iihbianchisce egualmente , addensa la saliva , e produce sull'organo del gusto uila sensazione diRicile ad esprimersi, ma che ricorda quella del tartaro emetico . La sua azione sull'ossido di argento è violentissima. Diffatti ogni goccia di liquido che si faccia cadere sopra l'ossido di argento secco , producfe una vera esplosione coii sviluppo di calore , che nella oscurità si scopre accompagnalo da vivissima luce. Ol- tre l'ossido di argento , molli altri ossidi agiscono con vio- lenza sopra r acqua oissigenata , come il perossido di manga- nese , quello di cobalto, gli ossidi di piombo , di platino , di palladio , di oro , d' iridio ec. Molli metalli in istato di estrema divisione danno egualmente luogo allo stesso feno- meno, e ne citerò per esempio l'argento, il platino , l'oro, l'osonio, l'iridio , il rodio, ed il palladio. In tutti i casi precedenti è sempre 1' ossigeno combinato coll'acqua , che si sviluppa , e qualche volta ancora quello dell' ossido j ma in altri una parte dell' ossigeno si combina con lo stesso me- tallo , ciò che accade con l' arsenico , il moliddeno , il tuh- steno ed il selenio. Questi metalli si acidificano pek-fino corti isviluppo di luce. Ho avuto di nuovo l'occasione di riconoscere chiaramen- te che gli acidi rendono l'acqua ossigenata più stabile. L'oro estremamente diviso agisce con gran forza sopra 1' acqua os- sigenata pura , e pertanto è affatto senz'azione sopra quella che contiene un poco di acido solforico. Noi abbiamo creduto di dovere arricchire il aostro Gior- 42a Scienze naie con la esposizione delle sperienze del eh. Tbenard so- pra gli acidi e 1' acqua ossigenata , e perchè ci sembrano il lavoro il più nuovo ed il più interessante fatto nella scien- za da un" anno a questa parte , e perchè tendono diretta- mente a rischiarare la gran questione , se 1' affinità chimica dipenda in tutto o in parte dallo stato elettrico de' corpi , come le memorabili sperienze del cel. Davy hanno già fatto sospettare. Esame comparativo di alcune ipotesi relative alla elettri- cità atmosferica : di Saverio Barlocci Professore di Fi- sica Sperimentale nella Università della Sapienza. A fenomeni che ci presenta la nostra atmosfera , e le con- tinue vicende a cui soggiace in forza degli agenti che su di essa esercitano la lor poderosa influenza , han risvegliato in tutt' i tempi l'ammirazione dei fisici , e richiamato la loro attenzione ad esplorarne le cause. Ma rimasero queste per lungo tempo celate al filosofo , ed i principi delle antiche scuole ritardarono singolarmente i progressi di questo ramo importantissimo delle fisiche scienze, finché non giunse quell' epoca fortunata , in cui col soccorso dei nuovi lumi , e del- le recenti scoperte , si diradarono in parte le folte tenebre in cui tutt' i fenomeni meteorologici giacevano involli. Ma , ad onta di tultociò, del dubbio e della oscurità vi rimane tuttora , e variano le ipotesi , e i pensamenti dei fisici sui principali fatti che la meteorologia ci presenta. Le nuove teorie sulla evaporazione, che sono il risul- tato dei lunghi lavori , e delle più profonde indagini su que- sto oggetto, intraprese dagli illustri Fisici De Lue , Saussu- re, Gay-Lussac , e Dalton , bau certamente spianata la via alla spiegazione di tutte le meteore dipendenti dai diversi Elettricità' Atmosferica. 4^3 stati, e dalle diverse forme, che l'acqua prende nell'atmo- sfera ; e cosi ancora le nuove scoperte , ed i progressi fatti nella teoria dell' Elettricismo , han resa facile la cognizione di molti fatti , che al potere si riferiscono di quest' agente così abbondantemente diffuso nei tre regni della natura. Ma quantunque però convinti siamo della sua esistenza nell'at- mosfera , quantunque sia in nostro potere di sottrarlo alle nuvole burascose per riconoscerlo sotto gli stessi caratteri , e sotto le stesse apparenze di quella elettricità , che artifi- cialmente ci procuriamo coi noti mezzi ; e benché infine si possa col soccorso di sensibilissimi istromenti anche a ciel sereno rilevarne la esistenza , e valutare i diversi gradi del- la sua intensità ', pur nondimeno incerti ancora restiamo sul- la sua origine , e sulle cause che concorrono al suo svi- luppo , ed alla sua produzione nell'atmosfera : Varie , e di- scordi ci si presentano su quest' oggetto le opinioni dei Fi- sici . Si riguardò un tempo l'elettricità atmosferica generata dall'attrito reciproco dei vapori, e dell'aria, o dal riscalda- mento delle nubi , o dalla riunione subitanea degli elementi di questo agente diffusi , e sparsi per le regioni dell'atmos- fera , cbe si combinano insieme al momento in cui il ba- leno ed il tuono ne annunziano la formazione. Ma bandite queste ipotesi vaghe , si convenne donila maggior parte dei fisici di riguardare il nostro globo come il gran serbatojo , e la fonte dell' elettricismo considerato qual fluido sottilissi- mo, imponderabile, ed incoercibile, i-apidissimo nella velo- cità del suo corso , e nella sua propagazione , cui servendo i vapori di veicolo , si diffonde per loro mezzo nelle diver- se regioni dell' aria. Dopo le ingegnose ricerche del P. Bec- caria su questo oggetto , fu riserbata all'illustre Volta ita- liano la gloria di segnalarsi in questo ramo importante della Fisica Sperimentale, Pose egli fuor dì dubbio con luminose 4^4 s 6 1 E ft ? É esperienze , clie i vapori sollevandosi dai corpi terrestri , n« tolgono la elettricità , la quale diviene in essi latente come il calorìro , e per ciii egualmente che per il calorico si ac- cresce nella massa vaporosa la Capaci ik di contenerla rac» cliiiisa. Cosi nascosta l'elettricità risiede nel Vapor traspn^en- te , ed elastico, finché per l'addensamento di esso o iit va- pori Acssicolari , o in gocciole nella formazione delle neb- bie , delle nuvole , e della pioggia , o in piccoli ammassi so- lidi nella produzione della neve, e della grandine, non sia obbligata a «pn*i,ionarsì , e a manifestar la sua azione , di- minuendosi per ijUi'sti cambiamenti di stato nel vapore acquo- so la capacità di contenerla. Con questi principi riuscì feli- cemente il lod. Autore a render ragione dei diversi feno- meni che r aerea elettricità ci presenta. Con eguale successo il chiarissimo Professor Venttiroii applicò in:^egnosameute questa stessa dottrina alla spiegazio- tie di quei cambiamenti diurni , e di quelle vicende a ctil Va soggetta tanto nei di Sereni che nei burascosi la elettri- cità atmosferica (i) . Essa infatti per mezzo degli Elettro- inetri apparisce positiva a ciel sereno , e qiiasi sempre ne- gativa si mostra quando il Cielo è coperto da nuvole oscu- re , e burascose : Nei di sereni cresce nella sua intensità dal bascer del Sole fino al meriggio , e diviene quindi sempre piià languida verso il declinare del giorno. E' un Quadro Elettrico Franklìniano quello , che secondo i divisamenti del dotto Autore dà origine all'alternativa di queste vicen- de : 1' alto strato di nuvole costituisce la superiore armatu- ra , il suolo 1' inferiore , e 1' aria secca interposta lo strato coibente. E' facile comprendare , che se negativa sarà l'elet- tricità del superiore strato , come accader deve quando i va- pori sono attenuati , e disciolti pel Cielo sereno , dovrà con- (i) Opuscoli Scientifici di Bologna i8i8. Fascicolo XI. Elettricità* Atmosferica. 4^5 traria, cioè positiva, mostrarsi l'elettricità del basso stratq atmosferico al suolo adjacente: Che se i vapori verranno ad addensarsi in nubi nella superiore regione, diverrà manife- sta, e sensibile l'elettricità loro latente, e questa positiva elettricità produrrà per le leggi stabilite l'elettricismo ne- gativo nella più bassa regione. Agi' indizj pertanto che i no- stri Elettrometri comunicanti col basso suolo ci sommini- strano , noi dovrem sempre riferire dei stati elettrici contra- ri nella regione delle alte nuvole sovrastanti. Cosi se la elet- tricità positiva di ciel sereno aumenta nella sua forza verso il meriggio, ciò accade perchè nella regione superiore i va- pori attenuati , e disciolti , sono elettrici negativamente , e questa negativa elettricità dev'essere tanto più forte nelle ore più calde in cui essi sono tanto più attenuati , e di- fliciolti ; come deve al contrario divenire più debole verso il tramontare del Sole, e corrispondentemente decrescere la po- «itiva elettricità del basso strato. E similmente facile da que- sti principi discende la ragione per cui così irrequieta , e variabile ci si mostra la elettricità delle nubi temporalesche, che qui al basso negativa apparisce r cresce gradatamente nelP addensamento del vapor sovrastante , massima diviene al ca- der della pioggia , e al diradarsi della nube , scema , si £a nulla , e quindi ricomparisce positiva. Questo ingegnoso con- cetto , non è dissimile da quello , benché diretto ad altro scopo, con cui il prelodato Professor Volta volle render ra- gione della formazione delU grandine , e del suo ingrossa- mento , supponendo appunto fra due strati di nuvole riv«^ «titi da elettricità contrarie i primi embrioni di neve saltel- lanti, e respinti a vicenda da uno strato all'altro, imitanti la danza elettrica , che si scorge nei corpiocioli interposti fr^ due lamine metalliche diversamente elettrizzate. Ma chi con- tradisse la teoria del Volta (i), e trovò difficoltà nell' am- Angelo Bellan,. Giornale di fisica. Paria iBiy. Quinto Bimestre. 4a6 Scienze mettere , che due strati di nuvole dotati di elettricità con- trarie possano mantenersi divisi e sta/.ionarj nell'aria senza venire al contatto, porrebbe forse in dubbio, che lo strato di nuvole costituente la superiore armatura di questo gran Quadro Frankliniano possa rimanere immobile al suo por- to , senza congiungersi al basso strato per vicendevole attra- zione. Io però non veggo ripugnante ai principi di sana Fi- sica , che un equilibrio di forze trattenga questi strati di nuvole divisi da intervalli più o meno graiull nelle rispetti- ve loro posizioni richieste alla produzione degli enunciali fenomeni , e per un tempo proporzionalo alla loro durata, finché uno squilibrio , o una variazione di forze , o il con- corso di altre cause non obblighi questi strati vaporosi a variare nei rapporti di posizione , e di luogo. Noi rilevia- mo infatti attentamente osservando gli elettrometri atmosfe- rici rivolti verso la stessa nube temporalesca , che non sem- pre della stessa intensità sono gì' indizj Elettroscopici , ora mostrandosi piìi o meno forti , ora arrestandosi per qualche intervallo di tempo, per quindi ricomparir nuovamente , il che probabilmente deriva dal variar frequente nei rapporti di distanza fra questi strati di nuvole ondeggiami , ed il suolo. Qual' è poi 1' altra ipotesi , che possa a questa sosti- tuirsi più acconcia a rendere una ragione plausibile , e più soddisfacente degli esposti fenomeni ? Non si potrebbero certamente abbracciare in preferen- za delle enunciate teorie i principi , che un' illustre chimi- co Francese (i) per tanti altri titoli benemerito della scien- za volle adottare per spiegare 1' orìgine , ed i fenomeni del- la elettricità atmosferica. Crede esso contro il sentimento del Volta non solo , ma anche dei chiarissimi suoi antecessori Lavoisier « Laplace , che il cangiamento di stato nei corpi (i) Annales de Chiinie Juia 18 iS. Pag. i58. - Sur la forma- tion des nuages orageux - par M.. Gay-Lussac. Elettricità' Atmosferica. 427 niente influisca allo sviluppo della eleltricith . Cosi quan- tunque si sperimenti secondo Vilke , che lo zolfo liquefat- to, e versato dentro un bicchiere di cristallo , manifesta nel raffreddamento la elettricità resinosa ; pur nondimeno lo stesso fenomeno non si osserva nel raffreddamento dei me- talli , e che perciò non può dedursi da questo fatto , e da qualche altro analogo un principio generale. Come non pro- duce elettricità la congelazione dei corpi , cosi, Egli pro- siegue , non può essere originata dalla loro liquefiizione , né dalla vaporizzazione , né il ritorno dei vapori in stato liquido puoi' essere considerato come sorgente di elettricità , dovendosi attribuire quella elettricità , che in questi casi si manifesta a quella che può nascere o dal semplice attrito , o dal contatto. Con questi principi par che convenga a ri- guardare l' elettricità abituale dell' aria come originata da un processo Galvanico, o di contatto. L'elettricismo inoltre secondo i suoi divisamenti é semplicemente disseminato per 1' atmosfera , e non aderente alle mollecole aquose dell'aria : In una nuvola burascosa esiste la stessa quantità di fluido elettrico , che poteva esistere nello stesso spazio di aria se- rena ; ma al momento che il vapore aquoso si trasforma in vapor vescicolare , e genera le nuvole , 1" elettricità si distribuisce tutt' all' intorno di queste sferette vuote , che costituiscono detti vapori vescicolari , e si sperimenta in que- sto caso una tensione elettrica. Se questi però si ravvici- nano di pili , e si aumenta considerevolmente la densità del> la nuvola , l' elettricità allora di queste sferette , o vapori vescicolari , corre a distribuirsi alla superficie della nuvola addensata , e la pressione dell" aria esterna ne impedisce il dissipamento. La elettricità del vapore costituente le nebbie, e le nu- vole distinto da Saussure sotto la denominazione di vapor vescicolare, fu prima di ogni altro dallo stesso fisico con- 4a8 Scienze teinplata , altribueiido appunto la forma/Jone di queste sfe- rette vuote all'elettrico fluido, die ne riempie P interno, p le inviluppa a guisa di piccola atmosfera. Ne dedusse egli nna verisimil prova dalla loro somma mobilità , dalla dilTi- collà di addursi al contatto, dal rotolare di esse sull'acqua $enza mescolaivisi j ed in fine dai rovesci dì pioggia , che sieguono ordinariamente le esplosioni eleltriche delle nuvo- le , nelle quali il vapore per l' abbandono della elettricità perde questa forma passando allo slato di vapor concreto , e si discioglie la nube (i) • Ma è appunto questa quella elet- tricità , che latente nel vapor sottile, è divenuta sensibile nella condensazione del medesimo , per cui positiva ce la mostrano gli Elettroscopi : E se la elettricità si supponesse diffusa e libera nei spazj aerei , non aderente alle molecole aquose , e mai ritenuta da alcun vincolo che la nasconda j se inoltre , secondo i pensamenti dell' Autore , 1' atmosfera fosse in uno stato permanente di elettricità vitrea , mentre la terra è in uno stato abituale di elettricità resinosa , sem* pre della stessa indole ci si mostrerebbe la elettricità atmos- ferica , né si saprebbe a qual causa attribuire il variar fre- quente nella specie di elettricità , la cessazione dei segni elet- trici , e la loro riapparizione connessa intimamente , come la costante esperienza ci dimostra coi diversi slati che l'acqua prende nell'atmosfera. Che il cangiamento di stato nei corpi sia la causa del- lo sviluppo della elettricità ( ciò che nega l'Autor della nuova teoria ) sembra ora chiaramente provato dall'esito co- stante di tanti esperimenti dal nostro Volta non solo ma da tanti allri illustri fisici istituiti, che prescelsero la meteoro- logia per oggetto delle loro meditazioni , e delle loro ricer- che. Indìzj infatti di elettricità ci si mostrano Dell'evapora^ (i) Saussure - Essais sur 1' Kygromctrie ijSS. cap. II. |. 2i». Elettricità' Atmosferica. 4^9 zloae dei liquidi , nelle chimiche effervesceuze , e negativa sempre si scorge la elettricità di quei corpi d'onde le so- stanze volatilizzate si staccano , se debitamente isolati , si facciano essi comunicare cogli Elettrometri. Positiva al contra- rio la elettricità si appalesa nella ossidazione dei metalli , e specialmente del rame, e del ferro, come può sperimen- tarsi versando dell' acqua sopra lastre roventi , ed isolate ; e da un cambiamento di stato dee ripetersi lo sviluppo di tale elettricità, dalla fissazione cioè di uno dei principi co- stitutivi dell' acqua solidificato nel metallo , che passa allo stato di ossido. Se poi nel raffreddamento dei metalli fusi in vasi di cristallo il detto Autore non vide indizj di elet- tricità sensibile, come sì osserva nello zolfo, ed in molte altre sostanze, conviene anche riflettere, che» la elettricità eccitata nei corpi coibenti , come è lo zolfo , il vetro ec. , rimane ad essi in cerio modo aderente, per cui con diffi- coltà la cedono , né la perdono che nei luoghi ove si toc- cano ; al contrario i corpi deferenti poco atti a conservare la elettricità che acquistano per la facilità con cui la tras- mettono , tutta la cedono al piìi piccolo contatto al corpi ambienti , o all' aria umida che li circonda. La non riusci- ta dunque delle riferite sperienze derivante forse da queste cause non può distruggere un principio generalmente rice- vuto,» e confermato, che il cambiamento di stato renda sen- sibile la elettricità , senza ricorrere o all' attrito , o al con- tatto, misere, ed insufficienti risorse per spiegare d'onde provengano quei torrenti di elettricità , che in forza dell' evaporazione , e della volatilizzazione dei corpi si versano dal basso suolo nel seno dell'atmosfera. Quanto è dunqije più semplice, e più conforme a ciò, che l'esperienza c'in- segna di rassomigliare la elettricità al calorico , che ora si asconde , ora si manifesta con gradi di maggiore , o di mi- nore energia , mostrandosi tutte le fasi , e cambiam.eatj doli' G. A. To. 2 28 43o Scienze elettricismo atmosferico del tutto analoghi a quelli del ca- lorico nel \apore aquoso. Ed in maggior coniLinia di ciò gioverà l'Aggiungere, che se nella compressione subitanea di un volume di ana rislietto , si oltien sviluppo di c;doiico, e di lucej si ha ancora svolgiujeuto di eleliricità. Ho io ve- riticato coir esperienza questo fatto fissando verticalmente, stabiiiiieaie un cilindro di cristallo dt-niro cui scorreva esat- laujnite uno slaniuli'o : Facendo comunicare coli' aria inter- na un lilo uieiaiiico lermiuaule ia vane punte, che traver- sava li iondu del ciiindi'o , meuue i altra estremità del det- to tilo cuiiiuuic ava con un' LletLrumetro a paglie, gì' indizj di cicltrlcua j^oaiuva lurou sensibili per la divergenza di alcuni gradi ned atto che con un Iurte colpo di mazza si depiiiueva lo stùuiullo , e si icaeru anche più lurti col soc- corso dei Lonutusaiori. Quella causa aduui^ue che nella com- pressioae dell'aria, e del vapore separa e sprigiona il ca- lorico e ia luce j è la slessa che svolge , e rende sensibile in tal circostanza la elettricità che vi giaceva vincolata, e nascosta. L'illustre Fisico de Lue (i) riconobbe anch'esso la grande iuliutnza del vapore aquoso sui fenomeni elettrici dell atmosfera , e speciaiuiente sili progressi diurni della elet- triciià , asserendo esser quiSti uniformi a quelli della eva- porazione : Ma volle portar più oltre ancora le sue indagi- ni ad esplorare V indole , e la natura di questo agente ^ e considerando quell'aumento che nella elettricità si scorge dal nascer del Sole fino alla metà del suo corso sull'orizzonte, dedusse da ciò che la luce concorra alla sua formazione , e che incontrando i raggi solari nell'atmosfera delle sostanze con cui si combinano , diano così origine a quella elettri- cità , che allora si manifesta, e si accresce in proporzione iJO BiLliot. Brltan. Octobre 1811. Elettricità' Atmosferica. 4^1 che aumenta 1' intensità della luce del giorno . Ora in pro- posito della influenza solare sulla elettricità al mosfeiioa , non deve qui tacersi l' ingegnosa idea , che il mio Collega , Sig. Professor Morichini concepì circa alla sua origine . Neil' esa- minare esso le ammirabili proprietà della luce sulle traccie segnate dal celebre Herschel , Bitter, Eckman , e WoUastcn, volle riguardare quest' astro ancora come la fonte peren- ne del magnetismo , e della elettricità ; e dopo aver speri- mentata la forza magnetizante nel lembo estremo del rag- gio violetto, diresse i tentativi ad esplorare, se ì diversi raggi dello Spettro colorato manifestassero qualche indizio di elettricità . Io mi associai unitamente al Professor Carpi ai suoi lavori ; e dagli esperimenti da noi istituiti neJl' an- no scorso, si ottennero degl" indizj di elettricità positiva nei raggi violetti , mentre elettricità positiva ci mostrarono i raggi rossi , e niun' indizio di elettrialersi della più maestosa log- gia del mondo pel più maraviglioso de' ìiostri cit- tadini . Ecco il come . La loggia deiV Orcagna , prodigio d' architettura relativamente alV età nella quale fu innalzata , non serve più a verun uso pub- blico . Si Jormi una gran tribuna corrispondente alV arco di mezzo ., che si profondi in semicerchio . Z' arte garantisce la fabbrica da ogni sinistro even- to , la Regia zecca che rimane a tergo di questa loggia non perderebbe che una cattiva scala , e poche stanzette semi-oscure , da potersi facilmente recuperare stendendo l'uffizio dall' alt/ri parte . An- zi si avrebbe il vantaggio di chiudere alcune fine- stre 5 che dejormano la loggia . Posta adunque per cosa indifferente la perdita di questo locale , pa- ragonata all' oggetto che si ha in veduta , e for- mata la gran tribuna , porterà questa il nome di Tribuna di Dante ; e crederei che si potesse ornare colla maggiore semplicità nella seguente maniera. Dal piano sino all' impostatura della volta potrà esser dritta senza ingombri : meno una cornice colo- rente a quest' altezza : colla quale si accompagnerà una parte delle membrature delle imposte de' gran- di archi . Al di sotto dell' impostatura s' incasserà circo- larmente un basso rilievo diviso in tre porzioni : ciascheduna delle quali esprimerà un fatto de' più celebri , tolto dalla divina Commedia colla respet- tiva epigrafe . L' Emiciclo della Tribuna non avrà altro orna- mento che di Lacunari , o casse quadre di genere semplicissimo , per seguire V architettura della log- gia . Di queste casse undici anderebbero nel giro : 45o Belle Arti e cinque nelV altezza . Nel colmo si lascerà una lanterna semicircolare , che si farà la quarta parte deir intero diametro della Tribuna : la qual lan- terna gittcrà un gran lume dall' alto sulle sculture. Nel fondo della Tribuna sarà collocata con co- lossali figure V apoteosi , com è detto di sopra . . . in modo che si possano collocare altre quattro sta- tue , che rappresentino p. e. la Poesia , /' Eloquen- za, e la Teologia : o altre virtù speculative o mo- rali : che si credessero più adatte a significare la sublimità , e la religio le del divino Cantore . Qui seguono alcuna altre considerazioni dell'Au- tore , che lasciamo per amore di brevilà . Ma non possiamo lasciare la protesta colla quale ei chiude il suo ragionamento . Non si creda che ('io derivi da volontà di cen- surare le disposizioni state prese : che io so ris- pettare quanto si debbono , per quanto mi senta di diversa opinione . Ma trattando di Dante dico , che non ci abbiamo da contentare di fai' quello che si puh , ma Ciò che si deve alla dignità dell' intera nazione : i cui individui sono stati invitati a con- tribuiì'vi con pubblico manifesto , e che sicuramente non possono mancare di corrispondere alV invito da veri Toscani ; non essendosi mai in essi estinto il genio per le nobili intraprese . A questa proposta il gentiluomo Gortonese ha scrit- ta una lettera piena d' amor di patria : la quale ci piace di riportare per l' intero . Carissimo arnica S. )ommirnente grnlita mi e giunta la vostra lettera , nella quiile con fino (lisccrnimonlo e con hella novità esponete le vostre idee sopra uà monuincnio perii nostro maggior Poeta, Dante Alighie- ri . Voi sapete quanta venerazione io professo per quel Sovrano ingegno , di cui la gloria (crescendo col progresso del tempo, e de' lumi , si é sollevata a tal' a|>i(;e , che fra la schiera de' grandi Italiani egli a r^tgionc e ijiudicato univ^ersalnientc grandissimo . Lo Monumento a Dante. ^di stadio continuo, e le moltiplicate e^lizioiii della Divina Commedia sono manifesti argomenti ilei generale entusiasmo dell' Europa por Io snbljlime Cantore di Beatrice , cioè di quella donna dciP intel- letto , com' ei la chiama , di quella celeste Filosofia che dal centro della terra per la scala delle cose sensibili ardita si solleva alle sfe- re , e spinge 1' acuto sguardo per entro a (jaella eterna luce che da se è vera. Vanto unico dell' Alighieri si è di aver trattato sen- za smarrirsi si vasto e si magnifico soggetto , e di aver cosi richia- mato la Poesia, risorta fra noi In gran parte per opera sua, al suo più. antico e nobile istituto. Per questa ragione divenuto e- gli il poeta dei moderni per «(^cellenza , é stato decorato merita- mente del titolo di divino: e per questa ragione appunto si pnò applicare a Lui meglio che ad altri il noto distico d' Ennio „ Weino rae lacrumeis dccoret, noe funera fletu „ Faxit : cur ? volito viva per ora virum . ,, Afferrando questa ide:» primordiale voi avete dimostrato , a me pare ad evidenza, che al divino Alighieri ( trattandosi di volerne onorar la memoria ) si conviene qualche cosa di meglio, che uno de' consueti Deposili , congenere a quelli , che esistono nelle no- stre Chiese, e originariamente destinati a raccogliere le spoglie mor- tali de' nostri benemeriti concittadini. Voi avete saviamente os' er- rato, che deve stare lungi dagli uomini, oramai resi divini dalla riconoscenza e dal consenso de' popoli e de' secoli , qualunque con- trasegno che indichila fragilità dell'esser nostro, e faccia contrasto coir idea di morte all' idea d' immortalità . Dante aduiKjue , dopo il corso ordinario della sua vita mortale , risorto mediante la Divina Commedia a vita nviova e immortale, non dev'esser più riguardato come un semjdice uomo , ma dev' essere dalla venerazione , e dall' amor dei Toscani con più nol'Ili auspicj divinizzato . L' Omero Ita- liano deve andar del pari col Greco ; e coir apoteosi di quello deve far beli' accordo l Apoteosi di questo - Né faccia inganno il dire , die altri f;randi Fiorentini, i Macchia- velli, i Michelangioli ,i Galilei, avendo illustre e onorato monumen- to nella Chiesa di Santa Croce , non deve quello di Dante andar disgiunto dai loro . Imperocché quei monumenti, oltre che furono quasi tutti eretti dalla pietà d(;i grati Gducittailini alle ceneri ancor fumanti di quelli illustri , furono destinati ( Kiova il ripeterlo ) a serbar quelle ceneri ; e cosi non si dipartirono dal loro officio di urne cinerarie , o Tumuli , che a forma de' nostri riti religiosi deb- bono custodire i corpi dei defonti . IMa riguardo a Dante la cosa va altramente . Non essendo noi possessori delle di lui spoglie mor- tali , un' Urna , o Deposito mortuario , ancorché grande e magni- fico si scosterebbe di tropj>o dal suo vero uso , e mancherebbe di convenienza . Abbia dunque l'onore delle invidiate sue ceneri 1' illu- stre Ravenna, clie avendolo con si pietosa ospitalità raccolto esule, vecchio, infermo, e mendicante la vita di porta in porta, trova in esse a ragione una degna ricompensa di virtù si gentile . Abbia Dante, 452 Belle Arti cotn'ha di fatto, in quella Città magnifico Deposito , che attesti all' Europa il rispetto e V amore degl' Italiani tutti per si subblime in- telletto : ma abbia la Toscana , e Firenze madre illustre di si illustre figlio il vanto di richiamare la memoria a più alti onori, vale a dire di eseguirne 1' Apoteosi . Né altrimenti far si dovrebbe a mio cre- dere , qualora oggi si trattasse di volere erigere un monumento o al Petrarca o al Boccaccio ; poiché di veruno di questi tre primi. e sommi Toscani , resi venerandi dalla stima Imiversalc, e dal lun- go volger degli anni, malaugviratamente noi non possediamo le ce- neri : onde mancando il titolo per eriger loro i consueti Depositi, trovar converrebbe altro modo a fine di onorarne la memoria , co- me conveniente e desideraliile sarebbe che oggimai si facesse, per tener da noi lontana anco l' ombra del sospetto di poca gratitudine verso coloro , che tanto incremento dettero alla gloria Toscana , e tanto beneficarono V umanità , promovendo efficacemente con V e- sempio e con ogni mezzo il risorgimento delle Lettere , e della cul- tura Europea . Del rimanente , io non sono raffinato conoscitore d' Architettu- ra : pare vi dirò francamente , che i due progetti da voi proposti a me pajono ambedue bellissimi , e onorevolissimi per la Toscana e per Dante ; cosicché molto sarei dubbioso sulla scelta . Solo incli- nerei al secondo, perche assai più grandioso, più sbrigativo, e di spesa minore . Cosi come voi ben osservate , la più bella loggia del mondo servirebbe al più nobile uso che possa idearsi a favore del più elevato ingegno , che mai producesse il nostro paese . E se si rifletta che dopo una colpa inespiata di cinque secoli , dopo i tanti progetti indarno proposti e abbandonati , la Toscana è in dovere di far molto , e 1' Italia in diritto di attender molto , non sembra al certo gigantesco questo progetto , per condurre a termine il quale il più è già fatto , e di non grave spesa si è quello che rimane da farsi . Bisogna, come voi dite giustamente, far di più di quello che è stato fatto a Ravenna, ove pure un bello e splendido monu- mento conservasi per V Alighieri . Ora se dopo un IVlanifesto assai energico , che fa prova del vivo desiderio de' Toscani di condurre questa impresa onorevolmente , se dopo che la generosa gara dei cittadini avrà fatto accumulare il capitale necessario per erigere un bel Monumento , se dopo che si avranno le migliori intenzioni di far bene, non ostante 1' esecuzione sarà comune, o mediocre, o mal conveniente ( e ciò deve secondo me accadere ad onta della co- nosciuta abilità degli Artisti , se il j)ensiero si ristringe a un sem- plice Deposito , per le ragioni sopra allegate ) noi avremo il dispia- cere di sentirci rampognare di piccolo animo dagli Italiani e dagli Esteri , cioè di non aver saputo agguagliare 1' opera al soggetto , e di esser rimasti addietro ai Ravvennati , che pure han fatto di più che erigere a DANTE una semplice Urna , inalzandogli e intitolan- dogli un Sacello o E(h"cola sepolcrale . JVla o 1' uno o 1' altro dei vostri i)roggetti voglia adottarsi , o qualsivoglia altro die più sembri opportuno, il mio desiderio sarà sempre che non si perda giammai di vista quello che fu detto in un' antica e magnanima deliberazio- ne della Kepubblica Fiorentina per la rinnovazione di Santa Kepa- Monumento a Dante. 4^3 rata : non do^'crsi intraprendere le cose del Comune , .9e il con- celte non è di farle corri spandenti ad un cuore che i'ìen Jatto grandissimo , perché composto deW animo di più cittadini uniti insieme in un solo volere . Sono con vera stima Cortona 22. Ottobre 1818. Vostro Affezi10HA.tissimo Amico Noi non entreremo giudici in queste dispule , che sempre sogliono moversi , quando s' invitano tutti gli artefici a parlare delle cose appartenenti alle ar- ti , e ad esporre in libero modo i lor pensamenti . Solo diremo che quel nome cU Jpoteosi quanto con- veniva al tempo degli Dei falsi e bugiardi , altret- tanto ci sembra mal convenire al nostro • Nel quale siamo in una vera , e santissima religione , che non lascia che gli uomini vadano ad accrescere il nu- mero degli Dei : siccome veramente suona la Greca voce ttVot3-?« : Deum facto : il che propriamente non può dirsi neppure di quelli che sono canoniz- zati dalla S. Chiesa . Aggiungeremo ancora che que- sto genere di onori non è così nuovo , come si viene dicendo . Imperocché anche i Latini , e i Greci n'usa- rono : e quindi fecero differenza da' Sarcofagi a' Ce- notafii . E Sarcofagi , cioè divoranti carne chiama- rono quelle tombe , ov' erano I' ossa de' morti . E Cenotafi , cioè sepolcri voti appellarono que' monu- menti posti alla memoria , e al nome de' cittadini chia- ri pel sangue , o per la virtù . Onde Ulpiano ne' di- gesti ( lib" j 1 . tit. 7. ) insegnò che il Cenotafio po- tevasi vendere ; perchè gì' Imperadori aveano dichia- rato eh' al contrario de' sepolcri , essi Cenotafii non erano cosa sacra . Si est Cenotaphium , posse hoc vcenire dicendwii est : nec eniin hoc esse religio- sum , dÌK>i Fratres rescripserunt . Quindi sappiamo per Lampridio che ad Alessandro Severo fu innal- zato un Cenotafio in Francia , mentr' egli avea Sar- /^54 Belle Arti cnfago in Roma . ( e. 63. ) Ed i celebiM Cenotafii Pi- sani (de' quali scrisse quel lume della Romana por- pora , il giunJe Cardinal Noris . non erano final- menle che due grandi sassi posti dalla città di Pisa in onore di Cajo , e di Lucio Cesare figli d' Augu- sto . Né gli antichi Fioi-entiai furono lenti ad ono- rare di tal genei'e d' onori il loro Poeta . Poiché ne pijisero lìn nel trecento V imagi ne nel pubblico Pa- lagio detto dell' aite de' giudici , e notaj , con una iscrizione metrica scritta da Domenico di Silvestro . E Giotto contemporaneo del gran poeta lo dipinse neir altare della cappella del Potestà di Firenze . I quali fatti onorano assai quel generoso popolo : che ora seguendo V esempio degli avi suoi ha decretata a questo nobilissimo cittadino una memoria più so- lenne , e più degna della civiltà de' tempi floridissi- mi in che viviamo . Pittura zn Biscnrra . _i stato esposto finora alla pubblica vista nella Ro- tonda un gran Quadro dipinto dal Sig. Biscarra pen- sionato della Real Corte di Torino . E c[uesto il pri- mo Quadro di composizione , che siasi veduto di que- sto giovine Artefice , il quale per certo dà fondate speranze di voler montare in pregio di egregio di- pintore . Ha egli rappresentato la Sibilla Tiburtina , che appare ad Augusto , e gli annunzia la piossima venuta di Cristo sulla Terra . E sulla sinistra del Quadro il globo della terra ^ e sovra esso il figliuolo di Dio sotto figura di un b. m])ino , che tiene la cro- ce colla sinistra mano . A«:caato vedesi la Sibilla montata sopra alcuni gradi , e profetizzante . Sul da- vanti , e dallo stesso lato vedesi un Sacerdote , pron- to a sacrificare , e clie soprafatto dalla visione , si mostra spaventato . Vicino a lui sta un vittimano Pittura — Biscakra . 555 occupato a ritenere la vittima , mezzo ignudo , e ac- covacciato per terra . Nel mezzo è Augusto , il quale ripieno dì spavento riguarda l'apparizione. Alla de- stra in fine Agrippa , e Mecenate , e più indietro al- cuni soldati formano un gruppo , in cui sono espres- si diversi affetti . È da lodarsi l'ignudo della schiena del vittima- rio ; ma sarebbe stato desiderabile che il Sig. Biscar- ra avesse messa più dignità , e meno paura nelP Im- peratore dandogli una positura più nobile ; che la Sibilla egualmente fosse stata più elegante , e svelta; che i due Cortigiani , secondo la Storia , avessero di- mostrata una età più matura ; e che in fine le ve- stimenta , specialmente del Sacerdote , avessero avu- to un carattere Romano , e storico , e non capric- cioso . Ove air avvenire il giovine Artefice si venga afforzando nella correzzione del disegno , e temperi in parte il tuono del suo colorire , lo ripetiamo con piacere , si acquisterà meritamente fama di valoroso. Pittura di Paesi rz Monti . Al Sig. Giovanni Monti da Ferrara è uno di quei valenti , e studiosi giovani , che tuttoché agiati si danno a coltivare con passione lodevolissima le Bel- le Arti . Ed egli ha fatto tanti progressi nel dipin- gere Paesi che ben può dirsi assai vicino alla perfe- zione . Molte sono le opere , che veggonsi nella sua Officina da Lui condotte con molto vigore . E tra queste parleremo con piacere di un Quadro rappre- sentante un pezzo di Campagna Romana , eh' è mol- to bene immaginato , e per 1' effetto delle linee semplici , che formano l' indietro, e per il bel grup- po di fabbriche , che occupano il mezzo del quadro , e per la massa in somma della composizione , che ha molto del sublime ideale dell' arte . Meritano mol- 456 Belle Arti tissima lode altri due quadri , che 1' artefice ha de- stinato in dono al Poeta dell'Italia, Cav. Vincenzo Monti suo Zio . Uno di essi rappresenta un gruppo di montagne , e una grande caduta di acque neil in- dietro . Le tinte sono vaporose , e lucide cosicché l'oc- chio si l'iposa con molto diletto in una soave alimo- nia . Sul davanti è un romitorio ritratto dal vero , e alcune figure di frati , e di contadini , che danno movimento alla scena . L' altro è tolto dallo stesso punto di vista delle ruine del Palazzo dei Cesari , di che fu ragionato nello scorso mese in descrivendo le pitture del Sig. Bassi ; ed è a nostro intendijnen- to condotto con molto valore , e diligenza . Anzi di- remo avervi egli aggiunto felicemente , nel fondo al di là di quegli antichi archi , un bellissimo , e riden- te cielo col prospetto del Campidoglio . La qual co- sa riunisce all' effetto mirabile della trasparenza , la sublimità filosofica del concepimento , in ravvicinan- do le idee della grandezza , della severità , e dei trionfi del Popolo Romano alla magnificenza , e mol- lezza degl' Imperatori . Il davanti del quadro è ani- mato da una danza di contadini espressa con molta pi'ontezza di atti . Qui le frasche sono trattate con miglior magistero che negli altri quadri . Invitiamo il Monti a proseguire animosamente la intrapresa car- riera, e ad attenersi quanto più potrà alla composi- zione sublime , e ideale , alla quale sembra così bene incaminato , Perocché , lo ripeteremo , il solo ritrat- to della natura presa tal quale si presenta ai nostri occhj è cosa più da diligente , che da profondo Ar- tefice . 457 anatomia ad uso dei Pittori e Scultori di Giuseppe Del Medico Professore di detta Scienza nella Insigne Roma' na Accademia di S. Luca . Ristampa del 1819. c .chiunque disegna o rappresenta la figura umana viva , e nei suoi \arj atteggiamenti , e nei suoi proprj caratteri , e nelle eventuali passioni, deve esattamente ripetere la natura ed i suoi fugaci movimeuli , se vuol produrre impressioni analoghe al vero . Impresa quanto mai dir si possa difficile è questa , e cel dimostra lo scarso numero delle opere veramente stima- bili , paragonalo al numero delle opere mediocri e delle pes- sime . Un genio che ha sortito i doni di ben vedere, di giu- stamente concepire, di maestrevolmente eseguire, si forma un sistema , parto dei suoi talenti , che tutto è in lui , e ter- mina tutto con lui , o al più lascia modelli o precetti tra- dizionali , che degenerano col passare da mano in mano , o da bocca in bocca ; ed in fine sì alterano tanto che diven- gono eirori inammisibili , e tornar si deve a desiderare favo- revoli circostante per una nuova caniera . Le vicende delle belle arti nelle tre epoche, Greca , Romana Imperiale , e Ro- mana Pontefìcia, dimostrano , che gli artisti coevi di Per'cle, di Angusto e di Leone , furono ingegni felici , che llasciaro- no opere ammirabili , ma non lasciarono precetti didascali- ci che costituissero una scuola , nella quale gli artisti tutti , egualmente apprendessero a veder la natura tal quale è , né altra differenza fosse fra di loro che nella esecuzione . Noi intendiamo che allora la natura si vede, quando di tutte le ossa la situazione , le forme eie articolazioni sono note : quando gli attacchi , la figura e le azioni dei musco- li , esternamente sensibili sieno cogniti : e quando si sappia la strettura della pelle , che tutto vela , e lutto più o me- 458 Belle Arti no discopre . Quindi educati i giovani artisti a vedere i com- ponenti della figura nella loro semplicità , e nel loro com- plesso , acquisteranno massime costanti e senza alterazioni progressive . L' Anatomia del Professor Del Medico pubblicata nel i8ii, è un'opera che tutti riunisce i pregj necessarj . Era- no mancati gli esemplari di quella edizione , e 1' autore an- nunziò una nuova ristampa, che già è per le mani di molti. Di questa intendiamo dar conto nel presente articolo , Divide 1' A. il suo trattato in tre sezioni: la prima per le ossa ; la seconda per i muscoli , e la terza per ì comu- ni tegumenti e per i visceri . Quanto necessaria sia 1' osteologìa agli Artisti sentiamo- lo da Benvenuto Cellini nel suo discorso sopra il modo d' imparare 1' arte del disegno pag. 122. Ediz, di Mil. Ora per- che tutta r importanza di queste tali virtù ( belle arti ) consiste nel fare bene uno uomo e una donna ignudi, a (juesto bisogna pensare che volendogli poter far bene e ri- dursegli sicuramente a memoria e necessario di venire al fondame-ìilo di tali ignudi , il qual fondamento si e le lo- ro ossa ; in modo che quando tu avrai recatoti a memo- ria una ossatura tu non potrai mai fare figura o vuoi ignuda , o vuoi vestita con errori e questo si e un gran dire . Io non dico già che tu sii sicuro per questo di fa- re le lue figure con meglio o peggio grazia , ma solo ti basti di farle senza errori che di questo io te ne assicuro . Per sviluppare questi princìpi l'A. presenta alla pag, 6. un quadro, dove le ossa sono tutte denominate nell' ultima colonna ; e nella terza , seconda e prima colonna sono le di- visioni corrispondenti dello scheletro : utile ritrovamento col quale si risolve o ricompone lo scheletro a piacere dell' Ar- tista , che a colpo d' occhio vede qualunque osso a qurde artìcolo appartenga, e viceversa ogni articolo da' quali ossa sia composto . Anatomia pel Disegno 4^9 Dcpo ciò spiega cosa intender si debba per ApoGsi , per cavità , per cartilagine , per ligamento , per sutura e per ar- monia . Convenienti ci sembrano questi preliminari , come conveniente è la denominazione delle parli coi termini Ana- tomici , che tolgono 1' abuso d' improprie nomenclature fe- raci di cento equivoci . Cìie Lionardo chìam'i Jlicili del brac- cio le ossa ulna e raggio ; che Benvenuto denomini stinco della gamba , o fucile maggiore la tibia ; fucile minore la Cbola , e tant' altri consimili, stia pur bene a scrittori di quei tempi , che si esprimevano , come potevano ; ma che ora si usassero tali termini , sarebbe indecente , anzi vergo- gnosa cosa . In tanti separati articoli fa poi osservare artisticamente 1' A tutte le cose descrivendone solo le apofisi che risaltano nel nudo, o che danno attacco o denominazione ai muscoli: ri- leva esattamente la meccanica di ogni articolazione deter- minando quali sieno i movimenti che queste possono esegui- re . Dodici tavole incise diaustrano quello che il testo spie- ga sullo scheletro . In queste commendiamo la precisione , la nitidezza del diseguo , ed il metodo introdottovi dall' A. di dare la spiegazione di ogni sigla sulla tavola stessa e di aggiungere alla spiegazione della sigla il numero del para- grafo nel quale si parla della parte delineala . In egual ma- niera il testo con opportune citazioni invia alle tavole , ac- ciò vedasi quello che si è descritto . Così armonizzato il te- sto e le tavole sono di facile uso, e vi trova 1' artista i pre- cetti teorici , e le forme delle parti . Non possiamo non far menzione del Quadro della pag. 3i. I sistemi di Lawater e di Camper sulle forme costanti delle teste , e sulla linea faciale sono compilati in quella tavola anzi ridotti a certe formole , se,uendo le quali il disegnato- re compone a sua scelta di profilo o di faccia, ola testa di un Negro , o quella di un Calmucco , o quella di un Eu- 46o Belle Arti ropeo , o quella di un Eroe, o quella di un Nume Greco- Romano . Il bello nou è stato ancora bea definito : i filosofi cercavano di descriverlo , gli Artisti di rappresentarlo , e gli uni e gl'altri vogliono generalizzare nn sentimento che è par- ticolare di ogni uomo: ma fissando per principio , che quan- to più le forme delle teste umane si allontanano da quelle degli Animali tanto piìi acquistano di bello , ne viene in con- seguenza che le teste africane ed asiatiche saranno meno bel- le delle teste europee : e quelle Eroiche e quello già idolatra- te saranno anche più belle di quelle degli europei . Termina la prima sezione con alcune osservazioni sull' induramento progressivo delle ossa, e sulle differenze che pas- sano fra lo scheletro virile ed il muliebre . Cosi spiega come i bambini abbiano articolazioni assti pieghevoli; come gli adul- ti mostrino prominenti le apofisi ; e come i vecchj facciano vedere più massa di ossi che gli adulti, e cosi sono indicate le varie dimensioni delle ossa dello scheletro Muliebre, che ve- desi rappresentato nella tavola decimaterza , e quindi met- tendo a parallelo questa tavola , con la tavola prima non vi sarà occhio per imperito che sia , che subito non distingua a qual sesso , ciascuno scheletro appartenga . Tant' è vero che le ossa stabiliscono la fondamentale forma della figura . I muscoli esterni sono nella seconda Sezione tutti rac- colti . Cosa sia muscolo j la sua divisione in parte carnosa ed in lendinosa ; come la sola parte carnosa si contrae e rilascia all' istante o graduatamente ; come la contrazione si mantenga o si aumenti a seconda della volontà ; e come si cambino i contorni del nudo cambiando lo stato attivo del muscolo, viene dall' A. prima dichiarato. Poi con uniforme sistema in tanti separati articoli descrive ad uno ad uno tutti i muscoli esterni della faccia , del collo , del tronco , delle estremità superiori e delle estremità inferiori , assegnando la Anatomia pel Disegno 4^i denomlaazione anatomica (i) di ciascuno, la situazione, gli attacchi e gli usi . Le tavole , dalla deciniaquarta alla tren- tesìmaterza che rappresentano i descritti muscoli oltre il van- taggio della spiegazione degli asterischi a pie d'ogni ta- vola , e la indicazione del paragrafo che segna il luogo del testo dove di quella parte si tratta , fanno vedere i musco- li ciascuno separamenle . Grande chiarezza arreca questo me- todo . Nella superficie muscolare dell' uomo molli muscoli si mostrano da un capo all' altro e fauno vedere i punti do- ■ve si attaccano ; molti nascondono un attacco, e molti sono quasi internaaieute da altri muscoli coperti ; ma essendo ia queste tavole rappresentate le ossa con tutti i strati musco- lari ciascuno da se , può lo studente vedere quello che 1' anatomico miteiialmente sui cadaveri dimostra. Sia per esem- pio la tivoli vealltre : la prima figura dimostra le ossa del cubito congiunte all'omero, le ossa della mano ed i primi muscoli che le vestono iu parte interna: la seconda figura ha soprapposta a quelli muscoli il secondo strato muscolare: la terza figura ha il primo il secoiido ed il terzo strato di muscoli j così in una sola tavola si vestono i detti ossi di carne , andando dalla prima figura alla terza ; e si spogliano passando da questa a quella . Descritti e rappresentati i mu- scoli, considera 1' A. nell'articolo decimo che: Tutti i mo- Timenti eseguiti dai muscoli esterni che deve un Artista co- (i) Leggfndo nei trattatisti di arti , e sentendo ripetere da taluni anche al presente; il Pesce dai braccio e il inuscolo infra il pomo granato e il pettignonc,c tante consitnili strane denomina- zioni fa veramente pietà . Non si comprende come ristampando e parlando non si adoperino invece di quelli i nomi di BicipUe^ d'iTra- pczio,^di Retto daW addome . Nò dicasi che i derivati Greci e Latini difiìcilmentc si ritengono a memoria; tutte le scienze ed arti antiche conservano le prime nomenclature . L' architettura non si serve for- se dei medesimi nomi propri registrati da Vitruvio . Non intendono anche ora gli Architetti cosa sia 1' abbaco , il gocciolatore , 1' imo- scapo ? ec. ec. Le sole arti sorelle la Pittura, e la Sooltura sdegne- ranno o ignoreranno la nomenclatura giusta degl'ossi, dei muscoli, della pelle e del nudo ? G. A. To. IL 3o 4^2 Belle Arti nosoere nella figurasi riducono a due classi: a quelli di alcu- ne parti molli , cioè dei tegumenti ddla faccia e del collo , ed a quelli delle parti solide , o sieno delle ossa componen- ti lo scheletro: Per rendere questa parte di scienza dimostra- tiva , e per comprendere in un punto di vista i quesiti tutti e convenienti soluzioni, ha l'A. immaginato di registrare in tre colonne tutte le parti mobili , le loro azioni o movi- menti ed i muscoli moventi . Nasce per esempio all' arti- sta il bisogno di sapere qual muscolo operi in un dato mo- vimento di un articolo in una figura? cerca alla prima co- lonna la parte sulla quale è nato il suo dubbio: trova nella seconda colonna il movimento dato : la terza colonna gli dà il muscolo operante ricercato, coli' indicazione del paragrafo dove di quel muscolo si tratta . Dato conto dei muscoli nel modo sopracennato passa a considerare l'azione dei medesimi per tenere 1' uomo o so- stenuto sui piedi , o seduto ; e determina quali sono i musco- li che muovono quegli articoli che possono farlo cammina- re , correre, saltare e lottare. Qui 1' A. premessa 1' excen- tricità degli ossi componenti lo scheletro fa osservare la mobi- lità somma delle tibie dei femori , del baccino delle verte- bre, e della testa; ed in conseguenza se i muscoli delle estremitei inrcrìorì e del tronco , non stanno in azione tonica r uomo non si può sostenere sui piedi j così allorché è se- duto cessano di agu*e i muscoli delle inferiori estremità, e continuano quelli del tronco . Quando cammina, il centro di gravità di lutto il corpo che cado traile estremità inferiori passa nel centro di una sola gamba: sia la g;imba destra la prima a volersi portate avanti, il tronco inclina a sinistra, e la corrìs|)ondente gunba lo sostiene piegandosi sul piede per secondare 1' ayanzameuto del tronco che va inclinando a destra per sostet^ersi sulla corrispondente gamba : Alternan- dosi queste azioni 1' uomo cammina . Considera il correre co- me un camminare acGeleratlsslrao sulle punte dei piedi con Anatomia pel Disegno 4^3 inclinare la testa , il tronco e le braccia in avanti ; il salto è preparalo con la flessione anteriore della testa , piegamen- to dei cubiti e delle articolazioni delle inferiori estreinìtà , che poi con fortissimo slancio si estendono ed alzano il cor- po da terra . Sulla ginnastica non entri in particolarità ri- portandosi air articolo decimo, nel qunle gli artisti trove- ranno quali muscoli agiscano per muovere i loro atleti a se- conda delle altituJini che a loro avranno d ite . L' ultima sezione comprende alcune osservazioni sui te- gumenti ; le denominizioni esterne della figura , ed una com- pendiosissima idea de' principali visceri contenuti nella testi e nel tronco. La pelle è quella che materialmente imitano i statuarj , e rappresentano i dipintori . Quando sappiano che i muscoli sono coperti della membrana adiposa , ricettacolo del pingue umore la cu' abbondanza o scarzezaa costituisce la differenza dei contorni della figura ; quando nella cute conoscono inerenti il colore dell'uomo, l'organo del tatto, la sede dei peli , e le poche arterie, e le molte vene che ia certi luoghi pìiì abbondanti ramificano j e quando vedono nella cuticola un sottilissimo diafano squammoso pertugiato velamento , sanno quanto non è loro disutile a sapersi . Bre- vissimo è 1' articolo secondo di questa sezione , mentre le de- nominazioni esterne sono tutte indicate nelle tavole 34. e 35. i 7 n 7 12 b 27 II 6 17 2 j2 0 27 II 7 13 2 '. i 2 27 li I 12 3 18 b 27 IO 9 14 4 34 l 27 li 0 i3 0 21 ^ i,J -7 >i 5 r. 3 Il 7 27 II tì 18 I 3, fa 28 0 6 i3 0 23 8 K/i ■» I 8 i5 0 34 •■'- i6 I 8 i3 0 65 0 28 2 a i5 2 26 e i:, 2S 2 1 i3 4 JO y 28 2 0 18 3 47 4 28 l 8 i3 0 53 0 -, .;8 i 6 12 5 zG 2 28 I a 18 8 45 0 28 I 0 14 2 37 3 -; -8 I 5 IJ 2 -7 t 28 I 2 18 0 5o 4 28 I 3 12 5 32 0 t , 28 I a I2 4 .4 8 28 I 0 18 0 Ò7 4 28 0 6- 14 0 27 0 ..809 14 I -6 7 28 0 9 ,8 2 32 8 28 , I J4 0 25 0 .., 2« I 8 14 -. 2 3 -^ 28 0 4 19 0 3b 2 28 0 ò 14 9 20 I -^ a.! 0 0 14 4 ,8 , -7 II 8 18 0 j.'j 4 27 II 8 14 0 12 0 -.' 7 Ji 4 14 8 2Ì 3 27 IO 8 18 0 29 0 27 IO 8 12 = 8 0 20 7 IO 4 i3 8 .(. S 27 IO 3 19 I 28 7 27 10 4 '4 0 i>o 0 27 27 IO I j3 5 iS a 27 .0 2 18 2 25 3 27 0 4 II 0 17 -A 28 - IO 7 12 7 t8 6 27 10 6 18 0 34 4 27 li 4 i3 2 24 0 iv -7 II 5 i3 5 24 7 27 1 1 5 18 0 5i 2 27 II ó 14 0 19 0 .7 IO 6 14 8 ^9 1 27 TO 5 19 4 35 0 27 10 2 16 0 41 0 À. 17 II 5 14 9 r 27 io 0 18 4 2fa 2 28 0 Q i5 0 18 0 Osseri>azioni Meteorologiche fa Uè alla Specola de l Collegio Roma no Maggio 1819. MATTINA GIORNO '— ^ SERA Meteore ' Stato Eva- por. stalo Stato 0 I del Cielo Vento dei Cielo Pioggia Vento j del Cielo Vento pi.-.«. n. ^ 7 tr.gre. I ti. 7 Ilo gr.Lev. I s.n. tra. I m 2 n. I 12 ^ra.^r. 0 II. 2 96 tra. gre. l s.p.n, mi-'s. j 9ig-n. -1 s.p.n. 0 5i tra.gr. 0 n.p.s. 2 0 po. 1 s. po. l A s.p.n. I 54 ^rec. 0 su. po. I s.p.n. po. I 6 n. 2 58 incT^ a u.p s. I 0 inezilib.i m" sn. po. 1 P'S-- b s.p.n. 2 25 /ev. 0 s.n. po.Ub. I ! s. PO. I 7 s. 2 5l /f-a, I s. po. I \ s. po. l 8 s. 2 48 tra. 0 <.n. mez.Ub.i ! s.n. mez.sir.i .9 s.p.n 2 5 pò lib. I n.p.s. fra. i 5 s.n. me z. 1 pift.l.^. lo s. I 48 tra. gre. 1 ^p.n. I 6 tra. I f s.n. po. I pi. t 1 1 s.p.n. 3 7 tra. 1 s.p.n. tra.ma. i i s.n. lev. 1 12 s.p.n. 2 3l /ei'. I n.p s. tra.ma. 1 ì n. mez. I pi, t i3 n.p.s. 2 35 lev. 0 n.p.s. po.lib. I s.n, po. 1 14 s. I 52 tra. 0 s.p.n. 0 56 po. I i s. po. I pi.+ )5 s.p.n. 2 26 niez.lib.i s.n. /T). lib. I j s. po. I ìG s.p.n. 3 6 lev. I n.s. mez. lib. 1 ì s.p.n. luez. I 17 s. 2 37 tra. I s. po 1 1 s. po. I la s. 2 57 po. I s. ///-. I s. po. 1 iq s. 3 26" fra. 1 s.p.n. po.lib. I L, po. 1 20 s.p.n. 3 56 niez.lib.i s.n. mez.lib.x J5. mez. b 21 s. 5 55 tra.s;re.o s.n. mea. I Jj.H. mez. 1 pi.t 22 n. 3 56 mez. I n.p.s. mez.lib.x m'.n.s. mcz sir.l in. po. 1 m.]n.p.s. mez. 1 23 n.s. 3 21 lev.sir. I n.p.s. mez. 0 pi.«. 24 s.n. 2 3q fra. 1 n.s. 2 56 mez. I fi.g.n. 25 n. mez. 1 m pi.l.t.^. pi. t n. 2 9 po.lib. I n.p.s. mez. I • 26 s.p.n. I à maes. i n.s. 9 !> po- I p- oo. I 27 n. I 37 //Z.. I n. mez. 1 L. po. I pi;§.l.t. 28 s. I Iq tra.ma. i s n. I 96 mrz.lib.i mìs. po. I 2<, s. 2 47 maes. i n.p.s. 0 g6 mez. 1 n. mez. I pi.t pi.t 3o 3i s. n. 3 37 3 i3 iir. I s.n. n. pi' lib. I n.p.i. fw. 0 s.n. s/r. I po. I Volendosi da' eh. Astronomi abbondare per diligenja , pon 5onsi le Osse rvazionl Triplici in ogni giorno ; e volendosi da noi ristringere in pagina . affinchè meno facilmente si disperdano , usiamo alcune abbreviai nre . Pertan 0 nella colonna delle Meteore pi significa pioggia i lampi t tu b brina . E nelle colonne dello Stato dei Cielo s vuol di oni n nchbi a g gelo re sereno n t involo , p poco . Le altre abbreviature nelle colonne de" venti sono per s e stesse intelligibili . Quando segue un * asieriscu s' intenda gran quantità ; < 3ve tro- visi una -f croce s' intenda piccola quantità: 466 ì^arieta A .?. E. Slg. D. Vletro de" Principi Odescalchì direttore del Gior- nale Arcadico . \\ Sig. duca di Ventigaano è piaciuto scrivere una sua difesa in- torno alcune cose da m ao^atj uolla tri,edia dell' Ifigenia e dell' I^jpoliio . E pero lé da i-ssa titesa si s hiai-isoe a an tempo e 1' acu- to ing 'giio e il cuor gentile dì questo chiarissimo cavaliere, io prego r E. ^ ■ a voler ordinare eh' essa si pubi)liohi nel gijr lale d' Arca- dia . Ne potrà certa nente spiaoere che nella r.'.pu dilica delle lette- re entri tanta forza di cortesia , che stringa i censurati a farsi edi- tori delle censure . 11 qu;d costume se dee parere leggiadro ad ogni maniera di gente , dee poi esser earisìimo a coloro che danno ope- ra alle lettere, le quali umane si dicono perchè ajutano Ja vita civile a farsi più riposata e più bella. Che se quelle noto furono ingiuste io stesso per questo modo trarrò i leggitori d' incanno : e se furo- no giuste , non sarà picciolo segno della loro bontà , 1' avere vinta la prova di una sì forte difesa. E nell' un moilo e ncll' altro stimo che questo conj'iglio non torni vano a chi si piace di tali studj : per- ciacchc io credo altissima e vera quella sentenza di Tullio nelle Tusculane , dove dichiara : che sempre a lui piacque V uso de" fi- losofi del Peripafo , e di tjuclli deli.' Accademia : i ijuaii usava- no disputare d'' ogni cosa in contraria parte . H non solamente per- chè non si può d' altro modo Iro'-'ure in ciascuna cosa il verisimi- le ^ e'/ vero , ma eziandio porcile quel modo è un assottigliamen- to grandissimo delle arti. Onde noi i quali solamente cerchiamo auule possa essere la verità delle cose , siamo apparecchiati di contrastare senza pertinacia , e d' essere contrastati senz'' ira al- cuna. Alla grazia , e all' amor vostro caldamente mi raccomando , L' Anonhno autore della nota alle Tragedie del Duca di Ventignano . Napoli 23. Maggio 1819. .„^ inficile impegno è il proferire giudizio delle opere altrui con sif- fatto accorgimento che il vero non prenda sembianza di adulazione pella lode, e nel biasimo di mordacità . Ma voi , egregio Sig. Con- te, vi siete mirabilmente riuscito nel ragionamento , onde vi piac- que adornare il quarto Quaderno del Giornale Arcadico , intorno alle due mie prime Tragedie : Il quale, a mio credeie dovrebbe servi- re di modello a tutti coloro , che assumono il penoso ufficio di Ari- Varietà' I^'q'j starchi . E se io anderò qui appresso facendo parola su taluna del- le rostre proposizioni , ciò farò soltanto perchè i leggitori , dietro il paragone delle due direise sentenze , sieno in grado di giudicar sa- namente di quelle mie Tragedie . Per amor di chiarezza e di brevità anderò ripetendo o riassu- mendo ciascuna delle vostre critiche, soggiungendovi le mie osser- vazioni . 1. li Duca di Veìitip;nuno , che ha rifcdte due Trag-cdic di. Euripide , deve paragonarsi a chi volesse rifare V Apollo di Bel- vedere. ; non già facendone una copia ; ma ora seguendo il gre- co modello ora muiandolo a suo piacere per far cosa nuova. Quando una tale similitudine fosse opportuna, avreste detto as- sai poco , mio Sig. Conte, nel seguente periodo. „ Nel ijuale con- siglio ognun vede ijuanio .■ila di ardire , e perciò di pericolo . ,, Ma dovevate piuttosto so.:giugnere ,, Nel i/uale consiglio ognun i^ede quanto sia di Icìuerilà, e di stoltezza „ Imperocché in quel- la statua il Nume viene miiprescntato nell' atto di scoccare o di ave- re scoccato uno strale . Quindi le sue braccia , e le sue gamlic , ed il suo volto, ed in ogni parte in somma della sua persona si veggono in tal guisa disposte che sembrano cospirare o aver cospirato a quella azione . Laonde chi volesse farvi alcun cangiamento a suo piacere per far cosa nuova , noii potrebbe che (ar cosa deforme . Ma una Tragedia, ove non •^ih una soia , ma pia persone di vario volto , carattere , e condizione intervengono , parmi più acconciamente pa- ragonabile ad una scultura ovvero ad un dipìnto , in cui molti per- sonaggi si veggono rappresentati . E cosi chi volesse rifare la ce- lebratissima Gena del Vinci , potrebbe mutar del tutto la figura d' uno de^li Apostoli per far cosa nuova: e ciò farebbe con ardire , e pericolo , non già con l emerita e stoltezza perchè non gli sareb- be impossibile di non far cosa diforme . 2. Ragionando intorno all' Ippolito , sembra Sig. Conte che vo- gliate ripremlermi di non aver seguito il greco modello nei carattere del Protagonista, che in Euripide vien dipinto «.«yyro , di ruvidi co- stumi e quasi .selvaggio , onde poi fosse vcro-si^nile che Fedra non avesse avuto mai t animo di aprirgli il suo amore . Indi pro- seguite ,, IVla il f^enlignano poiil)ia voluto qui dipartirmi dal greco esemplare, pu- re entrate ?Vi ovo/i t'unire che i più rigidi critici non mi perdonino questo sì gran cangiamento nel carattere di Fedra , onde ne vien sì gran danno alla virili di Teseo . Essendovi (dcuni eruditi i qua- li affermano che la sostanza di quei vecchi fatti non si ha da mutare per non offendere le allegorie nascoste sotto il velo mito- logico ; e sostengono inoltre che sotto il nome di Fedra si vollero significare quelle infami donne , che calunniarono gV innocenti e casti giovinetti , 1 quali vennero per esse uccisi o fatti miserabili . Incomincierò dunque dal notare come , se io mi fossi indotto ad una troppo servile imitazione di Euripide , avrei dovuto riporre sul- la scena ad un sol fiato ed una vecchia nudrice , che si fa mezzana di un amore infame , ed una principessa incestuosa in vita e calun- niatrice in morte : Spettacolo il quale , se fu tollerato ed applaudito dai coltissimi Ateniesi, muoverebbe i nostri Italiani a giustissimo e profondo ribrezzo . Laonde ben diceste, Sig. Conte , che io, facen- do altrimenti , volli scemar f orrore che Fedra ispira in Euripide . Conciossiachè è da rammentare che non mai l'orrore, ma soltanto il terrore , e la pietà debbono dalle Tragedie vcjir'i eccitati nell' animo degli ascoltatori : e se i nostri antichi maestri da questo sa- no consiglio si discostarono talvolta , essi in ciò non debbono da noi lodarsi , e molto meno imitarsi . Indi prosej'juirò di.-cinlo che se ad alcuni eruditi piace ravvisar nelle vecchie favole delle sapienti allegorie,, vi sono altresì degli altri eroditi incima de' quali sta 1' immortale Giovan Battista Vico ; i qnali nelle vecchie favole altro non veggono che vere e severe isto- rie di fatti avvenuti ia tjae' tempi remotissimi, e pervenute Imi ancora che il mio stile si giu- dichi da voi più vicino alla mollezza del Metastasio che alla robusteza di Alfieri : di che fai sempre io stesso in gran timore , e posi ogni studio ncr fare altrimenti . Potrei soltanto replicare in mio confor- to e difesa che i tragici greci , che i francesi pervennero a tanta altezza di fama scrivendo ciascuno a modo suo , ed in vario stile : imperocché ninna simiglianza si ravvisa fra quello di Sofocle , e T altro di Euripide: e Kacine , e Corneille scrissero fra loro sì diver- samente che questi a Seneca, ed a Lucano, quegli a Metastasio pn^ trebberò venir comparati - Tutto ciò )»raltro non basta a spegnere neir animo mio nne' sospetti , che ora vengono dal vostro gravissimo giudizio confermati . Ed ecco tutto quello che ho potato andar raccozzando ami© pri. E qui voglio , Si^. Conte, farvi sicuro che quanto dissi non fu già per confutare le vostre sensate opinioni , ma a solo oggetto di difen- dere me stesso alla presenza di un tanto giudice , quale voi siete . E sono purtuttalvolta in gran timore, che ciò non torni a mio danno e che per questa mia diceria io non abia a vedermi paragonato ad Anteo , che si dibatte inutilmente per divincolarsi dalle braccia di Alcide . Gioverà ad ogni m^do ques"to dialogo nostro per rendere viep- più manifesto quanto difficile sia il por mano nelle opere degli an- tichi Maestri senza correre in gravissimi pericoli : e come altron- de si possa riprendere con urbanità, ed accogliere di buon animo la censura , onde non abbia poi a risultarne che reciproca estima- zione, e benevolenza. E della b'enevolenza vostra piacciavi credere, Sig. Conte, avido, più che ogni altro il vostro altissimo estimatore. Duca di Veittignano . AMMENDA SPECIALE NEL V." QUADERNO . To: 2." Pag. igy- lin. 21., e 22. dopo le parole et V ai' tro semicircolo , gli estremi del (juale sieno uniti per mezzo del diametro <:<: leggasi così :>i la somministra del D, e flnalmeiì- te la perpendicolare abbassata dal vertice di un angolo acuto la somministra dell' M. 473 INDICE be' PRINCIPALI CAPITOLi CONTENUTI NEL II. VOLUME DEL GIORNAI.E ARCADICO . APRILE . MAGGIO . GIUGNO . 1819. LETTERATURA . Notìzie ed Elogi parecchi di Ennio Quiri- no P^isconLi con ritratto in rame , . p. i — — Di.ssertazio'is di Tommaso Taylor sopra i Mister j Eleusini , e Bacchici 2j -— 3oi Opuscoli Letterari , Fascicolo Terzo . Bolo- gna , Aiinesio Nobili 18 18, Str occhi de f^ita et scriptis G. Garantonii-Schiassi de Patera Cospiana 4" ~" """ Sonetti inediti deW antico Poeta Matteo di Dino Fiescohaldi , . . 4^ ~-" — Nuova descrizione de monumenti antichi , ed oggetti d' arte contenuti nel T^aticano e nel Campidoglio , colle nuove scoperte fatte alle jahhriche più interrcsanti del Fo- ro Romano , e sue adjacenze ec. compila- ta per uso de' colti viaggiatoli dall' ylvv. D. Carlo Fea . Commissario delle anti- chità Romane ec. Roma Bourlie 1819. pcig. 289 in 12. con tav. in Rame . . . ^'j i^i 564 // Purismo nemico del gusto , o considera^ zioni sulla Prosa Italiana : Perugia i8i8. pag. 190. in 8." 56 — — Tragedie di Cesare della l'halle Duca di Ventìgnano. T. I. Napoli , presso Angelo Trarli 1S18 6a — — T^ojage aux Ruines De Bahjlone par M. I. C. Riche Rèsidfmt à Bagdad ornh de gra- vures etc. tradotto e commentato da I. Ray- mond antico Console a Bassora . Pari- gi 1818. per Firmin Didot con la\'. in rame. 92 — — Arcadia li 24 Aprile 1819 — iSj •— 474 Sulle pitture d' l'inoccmn Francueci da [mo- la . Discorsi tre dì Pietro Giordani aW Accademia di Belle arti in Bologna neW estate del 1S12. Discorso primo . M.lano Gioi'anni Silvestri liSn) 8." .... 161 .1. Bime rivendicate a Fr Jiconone da Todi . —1^2 — Ojyuscoli Letteri'-i Fiscicofo Qavto: Bolo- gna Annesio Nohdi 18(8. Opw^'^oln Ter- zo : Sull' origine d^' ytun'^'i Etruschi e Romani , e sali in fissione del C'iiodo an- nale in Borni , ed in Etruria ; lettera del Professore F". O-ioli al diarissimo Sig. Pro- fessore Giuseppe Dò Mittaeis . . . . — »q5 — , Di Ulta nuova scena di Terenzio. Art. I. . -^ ì\m -^ Iscrizioni fomentane __ 20» Ò61 Dissertazione delV Ab. M A. Lanci sui v^ersi di Nemb rotte e di Plato nella divina Co- media di D inte art. I. ....,.__ 211 — Una congettura saìV origine del cognome Ci- cero , del Prof. F. OìjU _ _^ 211 Giurisprudenza Bomana ossia Corpo del drit- to Civile Romano volgarizzato , col Te- j sto a fronte. Tomo I. in 4- Milano i8i5, presso Fer'iinan-^o Bnret , coi Tipi di Gio. Giutep'ip de Stefanìs _ ... 216 poesie ined'te di Pi^'fi<-'y .Misim! .d'eroi a- no in l-id-^ di Br.i^ci.y U Bi-^-'itni C'im- tano de Fiorentini e Generale di S. Chie- sa ; con uni nnmzione delle sue Gesta , distesa da Gio. B ittista Inermi glioli . Pe- rugia 1818. pres.<;o Francesco Badaci , pag. 1.36. in 4- nrt.T — . — 54? Rime del Conte .Antonio di Montefeltro imbu- cate in Rimino per le stampe del Mar so- ner , e Grandi 1819 — — 558 Difesa di Marco Polo intorno a' suoi rac- conti del f^ecchio della Montagna Principe degli assassini — ^ — 3^5 475 SCIENZE Sul Cianogeno , e sulV acido idrocianico : Memoria del Sig, F^auquelin (*) . Estratto .107 — — Memoria sul moto intestino dellle parti da' solidi per servire di seguito ad una diretta al Chiarissimo Sig. Abbate Gio. Ignazio Molina , di D. Paoli Socio ccorrispon- dente ec. Pesaro 1819: Per Niccolo Garwdli Stam. Cam. in 8. di p. i44' • • > • ii3 — 433 Saggio sul principio della popolazione ec. aggiunte . Continuazione dell' Estratto . . i3o a6i — Sul moto della Canfora nelV acqua , Lettera al chiarissimo Sig. Professore Barlocci . . — 22Q — Rijlessioni sul Ragionamento del Sig. Dottor Palazzini intorno al vajuolo umano che ha regnato nel 1816 nel distretto di Via- dana in confronto del vaccino : dirette al Sig. Prof. Giacomo Falchi dal Dottor Giu- seppe Tonelli . , -—220—^ Costituzione Epidemica di Giugno , Luglio ec. dell'anno 1818 Memoria del Dottor Pier Luigi Valenlini Prof. P. di Terapeutica neW Archiginnasio Romano , Medico Pri- mario di S. Spirito , e de' Pazzi . Roma 1 8 1 8 nella Stamp. de Romanis . 8. di pag. 52. — 2^4 — • Continuazione delle nuove Osservazioni sopra gli Acidi e gli Ossidi ossigenati del Sig. Ij. G. Thenard — 25o — - — Segue la quinta serie di Osservazioni so- pra gli Acidi , e gli ossidi ossigenati del medesimo Sig. Thenard _- 255 — Di un mezzo per accrescere la forza della polvere da Cannone — sSq — Nuova cura della Idrofobìa . . . ' . — 2.nx r— Rapporto di osservazioni dirette a confer- mare i vantaggi della vaccinazione con- tro il vajuolo arabo con alcune analosjie riflessioni s14.ll' azione simultanea dei due vajuoli arabo, e vaccino . art. \. , . ,—- —m 389 Dsl Calendario Gregoriano , e dell' astrono- mia Romana ; Notizie del Sig. Ab. Giù- 475 seppe Calandrolli professore nelV Università Gregoriana , e direttore delV Osservatorio . art. 1 — — 4o4 Osservazioni sulV influenza delV acqua nella formazione degli acidi ossigenati , e sulle combinazioni deW ossigeno con questo liqui- do del Sig. Tkenard . (i) Estratto . . . — — 4^^ Esame comparativo di alcune ipotesi rela- tive alla elettricità atmosferica : di Save- rio Barlocci Professore di fisica Speri- mentale nella Università della Sapienza . — — 4^^ ART IMBELLE Arti Scultura = Teresa Benincampi con t. in rame . — 274 ~~ Pittura di Paesi— G. B. Bassi . . - . — 277 — Idea per un monumento a Dante Alighieri . — — 44^ Pittura =. Bi scorra — — 4^4 Pittura di Paesi = 3'hnti — — 555 Anatomia ad uso dei Pittori e Scultori di Giuseppe Del Jlcth'co Professore di detta Scienza nella Insigne Romana Accademia di S. Luca. Ristampa del iSig. . . . — — 4^7 Varietà Scientifiche Letterarie . . . . . i38 2b3 4^4 IMPRIMATUR, Si Videbitiir Rev. P. Mag. Sac. P. A. Candidus Maria Frattini Archiep. Philipp. Vicesg. IMPRIMATUR, Fr. Philippus Anfossi Ord. Piced. Sacri Palatii Apost. Mag. Errori occorsi nel Tomo II del Giornale Arcadcia Aprile^ Maggio y Giugno i8ig. ERRATA CORRIGE pag. 11. liii. i5. Eh. Quirino Visconti cessò di vivere nell'anno sessan- tesimoquarto dell' età sua Sessantesimo settima pag. 344- ^i"- 4- burnite Discite pag. l[Òo. ìin. 6. Verticalmente stabilmente Verticalmente e staLil- mento pag. 45^' lìn- i4* Elettricità positiva Elettricità negali v.t \- L m^m-^