0, ììq Ij GIORNALE ARCADICO i DI SCIENZE, LETTIERE, ED ARTI TOMO FU. LUGLIO, AGOSTO 5 E SETTEMBRE MDGCGXX. ROMA DALLI STAMPERIA DEL GIORKALK PRESSO PAOLO SALVIUCCI E FIQLl© Con licenza de Superiori. SCIENZE Memorie sopra alcuni pezzi ìnorbosi conservati nel Gabinetto Patologico della I. R. Università di Pa- dova^ di Francesco Luigi Fanzago Direttore dello stesso Gabinetto , Professore Ord. di Medicina Le- gale e Polizia Medica , Membi-o di molte Società Letterarie ecc. Fascicolo i .° Padova nella Tipogr. del Seminario 1820. Di 'i molta importanza per Tarte salutare giudichia- mo queste Memorie Patologiche, delle quali il eh. A. lia dato poc' anzi a luce il 1° Fascicolo : e della compendiosa notizia che n'ofifriamo a' nostri lettori, ci dichiariamo debitori all' illustre Archiatro Monsig. Tommaso Prelà , il quale altamente stimando le cose del Sig. Fanzago , e avendo non meno a cuore i pro- gressi del nostro Giornale, ha voluto gentilmente ri- metterci quello stesso esemplare , che ha ricevuto in dono dall Autore . In esso si legge primieramente un breve Proemio , dal quale apparisce con quanto impegno TA. si adoperi per la pubblica istruzione : mentre il Gabinetto Patologico nato dodici anni sono sotto la sua direzione , già contiene , mercè le sue medesime cure, una serie di pezzi , la quale se non è gran fatto pregevole per il numero, lo è certamente per la singolarità de' casi morbosi che presenta . E ben egli intendendo che questa collezione rimarreb- be infruttuosa, ove non foss^ illustrata, a guisa di /} Sciente quei libri clie intatti giacciono sotto la polvere di una biblioteca, ne vuole imprendere la storia narran- do i segni precedenti alla patologica alterazione, de- scrivendo la parte viziata, coH'ajuto anco delle ta- vole in rame , ed aggiungendo di tratto in tratto so- brie e opportune riflessioni . Non potendo in que- sta esposizione tenere un'ordine fondato sopra i di- versi sistemi dell'organismo animale , atteso il nu-^ mero discreto dei pezzi , parlerà in prima di quelli, che meritano maggiore attenzione , poscia degli al- tri meno interessanti . In questo i ." fascicolo per- tanto esibisce quattro Memorie , nella prima delle quali trattasi di uiì Ulcera nelf Aorta , ed eccone il compendio . Certo iJarlolommeD Groppa Veneziano di anni 4o. andato in Padova per disbrigare alcuni suoi ne- gozj , nel ritirarsi in casa alle ore io, della sera , dopo aver bevuto una limonata , e mangiato alcun poco alla bottega di caffé , disse di sentirsi incomo- dato , e quindi entrato nella sua camera incomin- ciò a vomitare . Accorsero i vicini , e gli presta- rono degli ajuti sinché il vomito fd calmato : po- scia si congedarono lasciandogli una caraffa con ac- qua , e la lucerna accesa a sua inchiesta. La mat- tina seguente non appariva il Groppa , né si avea risposta al ripetuto picchiare alla porta della came- ra ; perciò si determinò di aprir 1' uscio con vio- lenza : lo che fatto , si trovò queir infelice disteso sul letto , ed estinto . Di ciò che egli sofferisse in sua vita nuir altro si sa fuori che sovente querela- vasi di un molesto senso di oppressione allo scro- bicolo del cuore , ove era solito tenere applicata la mano . Trattandosi di morte improvvisa si fece nel giorno seguente T apertura del cadavere . JNiuna co- Memorie Patologiche 5 sa essendosi trovata nella esteriore superfìcie, si pas- sò al taglio del basso ventre che appariva alquanto gonfio . Aperta appena la cavità , fu trovata gran- de elFusionc di sangue; sicché conobbesi tosto es- sere stata l'interna emorragia cagione della morte . Dopo molte indagini per discoprire il vaso , d' on- de era sgorgato tanto sangue , finalmente esaminan- do il tronco deir aorta discendente, si trovò un lar- go foro nel! aorta stessa subito al disopra della me- seraica superiore, nel sito appunto, in cui fra le due punte della parte inferiore del diaframma l'aor- ta discende accompagnata dalla vena aziga , e dal condotto toracico . Sul momento fu naturale il cre- ,dere che l'aorta si fosse rotta di fresco ; ma posta a nudo quest'arteria , e meglio esaminata , si scor- se con sorpresa che il largo foro era di una figura circolare , e corredato di grossi e duri orli di da- ta certamente antica , come si può vedere nel pez- zo conservato • JVon essendosi adunque trovata o fresca rottu- ra , o distensione aneurismatica nell'arteria , è me- stieri supporre che sia accaduta in essa una lenta corrosione , la quale una volta arrestata , gii orli dell' ulcera tendenda alla cicatrizzazione sieno dive- nuti duri , e rilevati . Per ispiegare poi come sot- to quella ulcerazione il sangue non sia uscito dell' arteria, sembra probabilissimo che in parte una lin- fa coagulabile ivi separata per la irritazione locale, in parte ancora la materia fibrosa del sangue ab- biano apposto un riparo , il quale infine rovescia- to , ha sboccato il sangue medesimo nella cavità addominale , Tale si è la conghiettura del nostro A. non solo , ma quella non meno del sommo Ana- tomico Leopoldo Caldani , il quale interrogato sul- la origine del fenomeno , aggiugne in risposta , che -6 ■Scienze se ricercato si fosse Ira i molti grumi sanguigni esistenti nel ventre , facilmente trovato si sarebbe quel concremento , che servi per lungo tempo di ostacolo al versamento del sangue . Ma come, perchè ulcerarsi l'aorta ? Non aven- dosi contezza dei segni che precederono ed accom- pagnarono la malattia del Groppa , T A. propone tre sorgenti d' onde con molta ragionevolezza può derivarsi in genere Tulcerazione di un'arteria. La prima si è 1' infiammazione delle sue pareti , la quale ora in forma di eritema , ora in quella di risipola , o di flemmone sovente accade nelle ma- lattie febbrili , dietro le osservazioni di Morgagni, Meckel , Hunter , Frank , Testa ed altri ; e dessà quando non si risolva , può benissimo terminare <:oir ulcera dell' arteria . La seconda si è il vele- no sifilitico , che ognun sa quali alterazioni pos- sa recare ai tessuti celluioso e membranoso in generale, e còme , testimonj il Lancisi , il Testa, il Mozzoni , quando investe 1' arteria magna cagio- nar possa in lei aneurismatiche dilatazioni , e in conseguenza altre offese ancora . La terza infine , una malattia cutanea retrocessa , il cui fomite in qualsivoglia maniera sia portato nelle parti interne ^el corpo , può certamente apportare gravi danni non ai soli visceri nobili , che per ordinario as- salisce, ma «anco in particolare al sistema irrigatore. Dopo queste annotazioni si fa l'A. a svolgere la grand' opera del Morgagni de Sedibus et Caii- sis eie. ; la Notomia Patologica del Baillie , e quel- la del Conradi per rintracciare un qualche caso y che corrisponda a quello da lui osservato ; ma iu mezzo a tanti altri guastamenti dell'aorta trova sol- tanto in Morgagni citata 1' osservazione di Jane Plauco , il quale dice di aver veduto 1' arteria Memorik Patologiche 7 magna veluti ulcerosam^ et corrosam ; varlisque pu- stulis scatentem ; e nell' opera del Conradi trova rammentato il caso prodotto da Littre , il quale in sostanza consiste nell' adesione di una delle val- vole sigmoidee al parete delF aorta, e nella presen- za di un' ulcera superficiale al disopra di essa val- vola . Mette fine perciò alla Memoria conchiudendo che il caso da lui esposto non avendo nelle Ope- re doviziossime di Patologia esempli che lo aggua- glino , merita di essere riguardato come singola- re, e il pezzo morboso merita di essere conserva- to in un Gabinetto . Siegue un'Appendice, nella quale riporta TA. due lettere dell' egregio Cav. Palletta, che servir possono di ulteriore illustrazione al caso proposto. Il Sig. Palletta è di sentimento che quel vizio dell' aorta debba tenersi per aneurisma , e siccome gli aneurisimi , secondo lui , sono sempre per rottura delle tonache dell' arteria , e non mai per dilata- zione , così pensa che formata 1' ulcera nell' aorta, e insinuatosi per essa il sangue nel tessuto cellu- lare esterno , questo siasi disteso in forma di sac- co , ed abbia resistito per un certo tempo all' im- peto del torrente sanguigno , sinché rotto per uno sforzo , o altra cagione qualunque , ha dato luogo alla mortale emorraggia . Par dunque che il Signor Palletta nel tempo che riconosce ndl'aorta la len- ta formazione di un'ulcera, escluda quel riparo all' esito del sangue indicato di sopra , consistente nella li'ftfa coagulabile, e nella materia fibrosa del sangue stesso . Intanto la di lui opinione può stare benis- simo in accordo colla circostanza degli orli callo- si dell'ulcera, poiché rimane sempre verosimile che questa, giunta ad una certa latitudine, siasi arresta- ta , e che il contorno ne sia divenuto poco a po- co calloso . "è Scienze La 1 1 .« Memoria si aggira sopra una Rottura singolare del tubo iutestmale con perdita di un pez- zo di intestino , e successiva stabile unione delle due estremità . Dopo un breve preambolo viene la sto- ria della malattia di Giuseppe Tanduo , che né il «oggetto , scritta dal Sig. L)ott. Macri Medico cu- rante, il quale indirizzando al Signor Fanzago i pez- zi patologici , ha creduto bene corredarli della nar- razione de fenomeni morbosi osservati . Noi ci di- spensiamo dal riportarla per stare ai limiti di un Estratto, e solo diciamo in poche parole che la ma- lattia di Tanduo fu una vera passione iliaca , per- chè scortata dai consueti segni , dolore alla regio- ne iliaca, vomito continuo e degli alimenti , e di materie fecciose , stitichezza pertinacissima di ven- tre ec. Nel decimo quarto giorno, quando già il Me- dico avea tentato invano di aprire il ventre con i mezzi più efficaci , e quando sintomi terribili , feb- bre, meteorismo, singhiozzo, deliquj, raffreddamen- to delle estremità facevano temere della vita dell' in- fermo, fu amministrata una libbra di mercurio con sei once di olio di mandorle dolci , dietro la quale amministrazione egli evacuò nella notte vegnente una porzione del metallo con molte materie escrementi- zie, e un pezzo d'intestino lungo due spanne circa, di colore oscuro , e coperto di numerosissime bol- le . Da questo momento incominciò a migliorare, e poco a poco si riebbe in modo , che di nuovo potè attendere ai lavori della campagna: sofferiva solamen-r te di tanto in tanto dolore alia regione iliaca, e sti- tichezza di ventre , «he di leggieri superava con pren- dere dell' olio . Due anni e due mesi dopo cadde l'infelice Tan- duo in altra malattìa , e ne rimase vittima . Il dott. Alacri , che in questa seconda volta non lo avea as- Memorie PatOlogich» ^ sìstito , fatto consapevole della di lui morte , ne ri- chiese al Magistrato l'apertura del cadavere per ve- dere come la natura avea riparato alla perdita di un pezzo d' intestino , e somministrare su di ciò ulterio- ri notizie al Sig. Fanzago che possedeva il pezzo me- desimo . Ottenutone il permesso, i"u eseguita la sezio- ne : e si rilevò nella regione iliaca destra , precisa- mente nel luogo dove 1 intestino ileo si eongiunge al cieco, un morboso ristringimeuto , si notò la man- canza dell'appendicula vermiforme, e si osservarono nel tratto indicato le tracce di preceduta cangrena. Si conchiuse che nella prima malattìa delF individuo era accaduto quel disordine nelle intestina , che di- cesi intussusceptio , che per eft'etto di cangrena era- sì distaccato il pezzo dì intestino invaginato, e cJie la natura vi avea rimediato colf unire e conglutinare in- sieme i due margini . Fu determinato inline di comu- ne consentimento di tagliare quella porzione d' inte- riora , e dirìgerla al sullod. Sig. Fauzago perchè si assicurasse ocularmente della verità di un l'atto cotan- to mirabile . Tutto ciò fu dichiarato in un processo verbale, al quale si sottoscrissero i Medici, e le Persone Le- gali che erano presenti, eccettuato il Sig. Dott. Ra- schetti , che avea prestata la sua assistenza al T servazione . In mezzo a questa discordanza di giudizj noi altamente lodiamo il partito preso dal Sig. Fanza- go , il quale facendo 1 ufficio di semplice relatore delle cose sinora narrate sottopone ali esame del G. R. Istituto i due pezzi patologici, e chiude la i. Parte della Memoria protestando eh' egli si asterrà da qualunque ragionamento sopra il fatto in qui- stione , se pria non sia stato verificato dall' occhio perspicacissimo de' suoi Membri . Siegue adunque la ii. Parte della Memoria, nella quale narra 1' A. che il C. R. Istituto volen- do secondare i di lui desiderj , nominò una specia- le Commissione composta dei Signori Malacarne , Renier, e Brera , cui aggiunse il Sig. Caldani, e lo stesso Sig. Fanzago , perchè esaminasse di propo- sito i pezzi presentati , e ne desse un giudizio de- fioitivo . Cotesta commissione si ragunò nel Gabi- netto Patologico , e con lei si trovò anco presente l'espertissimo Signor Manzoni di Verona; e istituite su i preparati le indagini più minute , distese quindi il rapporto , annettendovi le tavole rappresentanti i preparati medesimi . Nel rapporto dà in primo luo- go la Commissione il suo giudizio sopra il pezzo organico evacuato dall' infermo , e atteso il nume- ro e la disposizione delle tonache , non che l'attac- co del mesenterio , decide doversi in esso riconosce- re non già una porzione della villosa intestinale; ma un pezzo di intestino intiero. Imperocché pel trat- to di G pollici si vede coperto dalla esterior mem- brana delle intestina il peritoneo, attraverso la qua- le ben si ravvisano le libre rette o longitudinali ; per lo spazio poi di 3 pollici mancando questa mem- brana , si scorgono anclie bene le fibre piiì inter- M E M O R I E P A T O L O G I e H I> 11 ne circolari, o trasverse. Inoltre guardato il pez- zo in «no de' suoi lati presenta le tracce mani- feste cleir attacco del mesenterio , e nella interna superficie quegli ineguali rilievi , che sono propri deir intestino ileo , cui certamente appartiene . Passa in secondo luogo 1' estensore del rapporw to , il Sig. Caldani, alla preparazione tratta dal cada- vere , e addita in essa una porzione d' intestino ileo , la quale ad un certo punto si ristringe di molto con induramento di sostanza, poscia si di- lata in una specie di sacco, e dove questo si con- giunge all'intestino colon, i\i presenta una cicatri- ce circolare e hen ferma, che appunto è quella, la quale comprova il distacco del pezzo evacuato nella malattia . Aggiunge V Estensore medesimo che la Commissione fu curiosa di aprire il sacco per cono- scere a quale intestino appartenesse, e vide essere la continuazione dell'ileo conformato in quel modo, e avente nell interno due fori , uno più piccolo in co- municazione con il colo'n , più grande l'altro che met- teva nella jDarte ristretta e compatta dell'ileo medesi- mo. Era pertanto evidente la mancanza del cieco coli' appendicuia vermiforme , e dessa lù attribuita alla suppurazione consecutiva al processo infiammatorio atta a distruggere quell'intestino; e vi fu anche chi volle credere che 1 infermo cacciasse dallano insie- me al frammento dellileo il cieco ancora, che me- schiato agli escrementi forse sfuggì alla vista cfcfcglì astanti . Infine si ia menzione di un caso simile consegnato negli atti della Società Italiana dall' il- lustre Leopoldo Caldani , e si conchiude che fra i varj esempli di separazione di un pezzo d' intesti- no , e naturale coalito dei margini, quello proposto all' Istituto si debba senza scrupolo annoverare . Sanzionata così la verità del iatto dall' auto- is , Scienze revolissimo giudizio della Commissione, incomin- cia r A. a ragionare sopra di esso , e pria di tutto ne vuol mostrare la singolarità a fronte di vari al- tri , che sono nelle opere mediche registrate. Il ca- so per esempio narrato dal Sig. Leopoldo Caldani , e mentovato poc'anzi, offre l'evacuazione di un pez- zo ben lungo d intestino tenue , ma non offre egual- mente che quello dell' A. un compiuto lavoro della natura nel consolidare i lembi distaccati , poiché essendo perito 1 infermo dopo 64- giorni per dolo- ri di ventre e vomito violentissimo , si trovò nel cadavere V itestino dilatato in forma di sacco , ed ivi rotto, segno evidente che non avea ancora ac- quistato la necessaria robustezza e vigore. In un'al- tro caso riferito da Bouchet , la donna che evacuò un pezzo d intestino digiuno sopravvisse soli cin- que mesi , ne veramente poteva sopravvivere più a lungo, mentre nel cadavere si rinvenne un residuo d' invaginamento nel!' intestino suddetto , e la par-i- te invaginata erasi per effetto della strozzatura ri-^ stretta moltissimo , e presa avea la forma di cono, per il quale vizio non potevano le materie avere un libero pqssaggio alla parte inferiore del canale ali- mentare . Infausto fu anche l'esito nel caso ripor- tato da Kevin di un' uomo , il quale dopo una co- lica atroce mandò fuori per 1' ano 1' itestino cieco con G pollici d' ileo da una parte , ed altrettanto di <:olon dall' altra ; egli morì dopo nove giorni, e il di lui cadavere mostrò la presenza di un tumo- re presso il luogo di coalizione de due intestini , <)ltre un secondo tumore nel muscolo psoas. Il lod. Kevin fa menzione di un pezzo di colon lungo 2 3 pollici col suo mesenterio , presentato da Sabaux. all'Accademia di Parigi : 1 individuo alfetto da vol- volo che lo avea evacuato , ricuperò pei^fetta sani- Memorie PATOtocicHE i3 tà , e si fece soldato . Fa anche menzione di una porzione d'intestino tenue, lunga 3o pollici, scarica- ta per Tano con evento felice da un giovanetto tor- mentato da passione iliaca , del qual caso Salguer rese parimente consapevole V Accademia Parigina . Ma posta la verità di questi maravigliosi racconti, ognun vede' che peccano di soperchia semplicità , e lasciano in specie a desiderare la notizia importan- tissima , se quegli individui fortunati abbiano in appresso sofferto un qualche incomodò nelle funzio- ni naturali , di qual malattia sìeno periti , e in quale stato siasi trovato dopo la lor morte il tubo intestinale . Ora concorrendo nel caso dell' A. e una piena notizia di tutto questo , e il pregio della cer- tezza , e in ultimo il possedimento di entrambi i pezzi patologici , gli si dee accordare la preeminen- za sugli altri . Dopo ciò si fa r A. a considerare come nella passione iliaca nasca talvolta il distacco di un pez- zo di intestino , e come la natura vi ripari nel mo- do di sopra divisato . Passa egli in rivista le di- verse cagioni della passione iliaca , e mostra che la separazione dell'intestino, e la cicatrizzazione dei lembi può aver luogo allora soltanto , quando la cagione della malattia consiste in quello sconcerto, che dicesi intussusceptio ^ quando cioè una porzio- ne d' intestino entra dentro V altra , ed ivi rima- ne incarcerata , specialmente se la parte superiore entri nella inferiore . Ristretto così il lume del tu- bo intestinale, e impedito il libero passaggio delle materie in esso contenute, insorgono dolori atrocis- simi , vomito delle stesse fecce , e intanto la par- te dell' intestino strangolata per la compressione , ed i sforzi ripetuti dellinfermo s'infiamma con esal- tamento di tutti i sintomi . In questo terribile sta- i4 Scienze to di cose \r' lia chi ha proposto aprire il ventre del malato , e coir ajuto delJa mano sciogliere l'in- vaginamento ; altri ha voluto somministrare il mer- curio , o una palla di piombo, e via discorrendo; ma è facile il persuadersi che questi mezzi sono assai pericolosi , in specie qiiando V invaginamwn- to sia inferiore, ti miglior partito sembra quello , che in tal circostanza prende la natura stessa. L'in- fiammazione suscitata , come si è detto , nel pezzo d'intestine invaginato , lo porta allo stato di can- grena : nata la quale, esso si distacca, discende ia bassT) » e si disj^^ne ad uscire per l'ano. Continuando l'infiammazione nei lembi separati , ove questa pro- ceda con moderazione , e i lembi sieno in contat- to reciproco , geme una linfa coagulabile dalla tes- situra membranosa , che a guisa di glutine riuni- sce i margini , e vi forma una cicatrice , che a po- co a poco va consolidandosi . È questa una opera- zione salutare , che la natura compie nello spazio di pochi giorni, ma delicata quanto mai , e che esi^ p(^' parte del Medico , e dell'infermo le mag- giori cautele . Quando quegli si avvede della pre- senza della infiammazione, dee rifrenarla con i mez- zi deprimenti dell'arte , e impedire che la cangre- na dall'intestino invaginato si estenda anche a quel- lo che lo racchiude : allorché poi conosce dalla cal- ma dei sinton\i che la separazione del pezzo mor- tificato è di già accaduta , dee badare di non distur- bare r opera della natura; e l'infermo ancora colla quiete , e colla opportuna dieta dee dal canto suo secondari^ • In ultimo fa Y A. una applicazione del caso a quella parte della Medicina Legale, che risguarda le oifese degf intestini , e quantunque in esso sì tratti di volvolo , e non di ferita , pure il vede- Memorie Patologiche i5 re r indù stila della natura nel risanare il tubo in- testinale Difeso nella continuità per efìfetto di can- grena , gli dà un nuovo argomento per non dichia- rare assolutamente mortali le ferite del suddetto or- gano. Stabilisce adunque saviamente la seguente re- gola . Quando si debba dare la relazione di una fe- rita nelf intestino , sia tenue, sia grosso, in un sog- getto vivente , si dichiari con pericolo più o me- no grave di vita , e non mai necessariamente mor- tale, sebbene appariscano i sintomi i più imponen- ti , poiché potrebbe succedere contro ogni aspet- tazione la guarigione perfetta o imperfetta, e 'sa- rebbe in conseguenza aggravato il feritore , ed espo- sto il decoro del denunciante . Nella pessima cir- costanza ancora, nella quale all' arte tosse proibì** to ogni soccorso , potrebbe avvenire che I intesti- no offeso contraesse adesione colf omento , ovve- ro con gf intestini vicini , e così non rimanesse in- terrotta la capacità di esso , siccome appunto ha veduto Stripton nelf esperimento fatto sopra un ca-i ne , secondo ciò che ne racconta Travers nella sua pregiatissima Opera (a) . Che se poi la relaziona della ferita far si debba sopra il cadavere , in que- sto caso conoscendosi che farte vi avrebbe potu- to in qualche modo rimediare , si dichiari f offe- sa non assolutamente mortale , comec,chè f esito sia stato infausto ; ma si definisca mortale di sua na- tiira, quando nel ventre si trovi. versamento di ma- terie intestinali , ed apparisca fuori di ogni dubbio. che non avrebbe potuto sanarsi la ferita né median-. - (a) Ricerche intorno al processo , con cui la natura ripara alle ofTese degli intestini, tendenti a rischiariire il metodo cura- tivo delle ferite penetrj^uu. ,j6 Scienze te la cucitura , né con T applicazione di essa al ta- glio esterno , formando un'ano artillziale , né in ve- run' altro modo, contando anche sopra il soccorso spontaneo della natura . Nel prossimo Quaderno daremo notizia ai no- stri cortesi Lettori delle altre due Memorie che com- piono il Fascicolo : con essa però intendiamo d in- j'Ogliarli alla lettura dell' Originale, dove sono prege- volissime doti che in un'Estratto non possono risaltare. G, F. ■aggan«au^'.aiuijaB5aaiii^yss?TKh£LysBagg Lusus naturce Lòndini obseri^atus , descripius , ta^ buia et notis insuper illustratus a B. De Sanctis M. D. etc. Loiulini e tjpis Schulza ef Dean xui. Poiana Street 1817- B en tardi è giunta nelle nostre itiani questa Me- moria del Sig. De Sànctis , della quale non pertan- to Togliamo dare un breve ragguaglio considerando- la come produzione di un nostro concittadino , né. sapendo che altri Giornali d'Italia abbiano fatto di essa menzione . Il caso ivi esposto , quando si spo- gli di molte superflue circostanze, si ridice in com- pendio al seguente . Un' ottima Matrona romana do- miciliata in Londra dopo una regolare gravidanza, e un parto alquanto pericoloso, poiché preceduto da copiosa emorragia di utero , diede a luce un fé-* to giudicato yè^/iwmeo dagli Ostetricanti . La nu-° trice , cui fu consegnato , si avvide dopo breve tempo che dalla supposta vagina di lui colava cer- to umore negro-giallastro , dal quale veniva imbrat- tata r apertura della vulva . Allora fu che l'A. sot- topose a diligente esame le parti . naturali del feto , Lusus Naturje eie. i n e scoperse che non dalla vagina , ma da un fora- me più angusto situato nella commessura inferiore delle grandi labbra grondava Tumore, che avea tut- ti i caratteri del meconio , e lo era infatti . Quin- di astersa ìa vulva con pannolino bagnato, ed aper- tala , osservò una clitoride maggiore dieci volte del- la grandezza ordinaria , e distinta nell'apice da due punti : osservò inoltre le ninfe quasi all'intutto obli- terate , e mancanti gli ori/izj dell' uretia , e della vagina, in luogo de' quali esisteva unicamente il fo- rellino ora mcutovato . Tali osservazioni risveglia- iono nellanimo suo il sospetto che diverso fosse il sesso *ìit\ feto , avendo conosciuto in Italia simi- li casi ; e molto più lo sollecitarono a ricercare la provenienza di quell' umore , il quale essendo me- conio , pareva che venendo dall'intestino relio, in luogo di sboccare per 1 ano chiuso, sboccasse dal foro suddetto per via di una fistola del perinèo. Co- sì era difatto; mentre nel sito , dove suol essere l'a- lio , appariva la cute alquanto pingue e prominen- te, contrassegnata di sopra e di sotto da una fossetta. \.\\ tale stato di cose ognun vede quanto neces- sario l'osse un provvedimento per assicurare la vi- ta del feto , imperoccliè da quel foro fistoloso po- teva forse eliminare il meconio, ma non avrebbe po- tuto in appresso evacuare le fecce più abbondanti e più dure . Pensò adunque l'A. di chiamare il più vecchio di quei Chirurghi , che aveano assistito al . parto : e questi, dopo avere ordinato un cataplasma ammolliente, onde calmare l'irritamento delle par- . ti , si decise nel giorno seguente alf operazione. lu questo intervallo lu battezzato il feto , e gli fu ap- posto il nome di Benedetta Fortunata , il quale po- scia fu cangiato in quello di Alessandro . L' opera- zione consistette nello introdurre uno specillo retto G.A.T.VIL :2 l8 SCIENBB per il foro accennato , spingerlo lungo il perinèo , e sopra di esso incidere i coniuni integumenti ad una certa distanza dalla fossetta inferiore , di cui si è fatta menzione di sopra . Copiosissima fu l'usci- ta del meconio dalla incisione , sopra la quale applicò 1 operatore delle filacce, dopo la reiterata introduzione dello specillo , e del dito . Tentò po- scia d introdurre lo stesso specillo nella verga (pre- sa per clitoride in principio ) colla lusinga di ri- trovare la vescica orinaria ; ma imbattendo in una resistenza insuperabile , e suscitando nel bambino Compassionevoli grida , desistette dopo alcuni sfor'> dair opera, promettendo compierla nella mattina 6 -"' guente . JNon dee tralasciarsi , clie cotesto Cbiru J go , il quale sino allora avea sostenuto essere il 1 /• lo di sesso femmineo, nel toccare in diverse fogge le di lui parti genitali durante loperazione , senti un testicolo ; e avendolo detto al hig. De 8anctis pre- sente, n ebbe meritamente in risposta - Testiculos quidem video , at feminam non video - L' A. non rimase affatto contento della esegui- ta operazione; e partendo dalla casa dell infermo av- vertì i di lui genitori, che se il Chirurgo avesse tentato di nuovo di rintracciare la vescica con lo specillo retto , consigliato lo avessero a piegarlo , ovvero a servirsi di una piccola sciringa, siccome insegna 1 arte . Il consiglio fu accettato, e verso la sera del medesimo giorno si potè introdurre lo spe- cillo curvo nella vescica , d'onde si ebbe un abbon- dante sgorgo di orina, la quale crede FA. che esi- stesse nel bambino sin dal momento del parto, poi- ché d' allora non era stato alimentato che con po- che gocce di latte unitamente a qualche farinaceo . JjC cose procederono alla meglio per lo spazio di due settimane: scorse le quali, 1 infelice barn- Lusus Natura etc. 19 bino ebbe a soffrire lo stesso tormento di prima; imperocché cicatrizzata Tincisione fatta dal Chirur- go , di nuovo le fecce più dure si adunarono nel perinèo , e non usciva dell antico forellino che la parte più sciolta, ma anch'essa con istento, e len- tezza somma . Fu fatto palese al Chirurgo questo disordine , ed egli per rimediarvi die di piglio ad una candela resinosa munita di caustico, che a for- tuna avea iu tasca, e più colla violenza, che colF azione dtl caustico aprì la lerita , recando in ogni modo pronto sollievo al bambino: poscia confessan- do la propria insufficienza ad eseguire una stabile cura , mostrò desiderio di consultare il eh. Home , e in tanto propose di mantenere aperto 1 ano arti- fiziale mediante una candela unta con olio . Il Sig- i-.Home dopo maturo esaine,dubitando forse di un mo- struoso prolungamento dell intestino retto ( ed era questa ipotesi fiancheggiata dalla grande irritabilità del canale inferiore, per la quale gli escrementi li- quidi o erano fortemente respinti indietro , o con tanto impeto espulsi dal fox'ellino, che a guisa del- la orina descrivevano una parabola ) non volle in tale incertezza correre rischio di lacerare soverchia- mente le membrane del suddetto intestino , e però propose saviamente il caustico da adoperarsi solo nella urgenza , e confermò l'uso della candela dila- tante : raccomandò inoltre 1' uso più frequente de' Mandi purganti , e de' clisteri ; e poiché gli escre- menti aveano un esito sufficiente da una doppia aper- tura , decise di attendere consiglio dal lasso di tempo, da un maggiore svolgimento delle partii e da novelli sintomi . Passarono circa due anni, nel qual tempo av- venne che un corpicciuolo estraneo essendosi intro- dotto nella parte anteriore del canale in vicinanza 20 Scienze del forellino più volte mentovato , impediva Tuscìta delle lecce per esso , e le obbligava ad uscire per l'ano artiliziale : la presenza del qiial corpo , sebbe- ne fosse di non lieve molestia all' infermo, pure con- tribuì air ingrandimento dell' ano , e a rendere più ampia la parte posteriore del canale. Contribuì ezian- dio a manifestar meglio il vizio di queste parti il loro sviluppamento effettuato nellintervallo suddet- to di tempo, siccome avea preveduto il eh. Home. Laonde il 55ig. de Sanctis desideroso di compiere la sanazione del bambino , e di acquietare 1 animo de' genitori, tentò una nuova esplorazione; e irttrodotto il dito mignolo unto di olio nell ano artitiziale , su- perata una prima resistenza, e spintolo in alto, sen- tì apertamente la contrazione delio sfintere dell'ano naturale, e così potè convalidare il suo sospetto già per lo innanzi concepito e dalla esplorazione ester- na , e dall avere osservato la figura cilindrica de- gli escrementi. Allora senza indugio chiamati a con- sulto il òig. Home , e il Sig. Tuthill succeduto al Chirurgo defunto nell assistenza di quella famiglia, in concordemente determinato di aprire la fìstola col ferro in tutta 1 estensione sino al luogo dellano na- turale. Fu dal Sig. Home eseguita 1 apertura del sac- co fistoloso colla solita sua maestria, e si scoperse adora che quel corpicciuolo estraneo ivi insinuato era appunto un seme di melarancio, come avea dichia- rato la madre del fanciullo. Condotta a cicatrice la ferita , le fecce han tenuta sempre la strada natu- rale, e sono ai'atto cessati quegl incomodi , che per tanto tempo hanno afflitto quell individuo . Chi si fa però ad osservarlo superficialmente ( dice 1 A. ), lo crede dotato di doppio sesso; imperocché le lab- bra del sacco fistoloso, tuttora prominenti, mentisco- no 1 apparenza della vulva, e nel tempo stesso si -J Lusus Natur-e eie. 21 scorge la verga bastevolmente grande, ma non con- formata in tutto al naturale . Sembra pendere dal mezzo dello scroto ; ha la ghianda segnata di due punti, e inclinata all' indietro, verso la qual parte tende V orina nell' uscire ; il prepuzio , che da principio mancava, ora la ricopre, se non che sem^ bra dividerla in due parti per essere legato ad es- sa con doppio frenulo a destra , e a sinistra . Dal tatto sinora esposto trae Y A. le seguenti conchiusioni. i.® Che mali gravissimi ridondano tal- volta all'infermo dalla negligenza del Medico o del Chirurgo, imperocché nel caso nostro se il primo Operatore fatta la incisione , e introdotto il dito , lo avesse spinto più oltre , ed avesse prestata atten- zione alla contrazione dclfano naturale, aprendo lin- tiera fistola avrebbe sin da principio curato stabil- mente il fanciullo . II. ° Clie il tessuto cellulare gode di elasticità, e contrattilità non solo, ma di una irritabilità ezian- dio maggiore di quella , che comuhemente si cre- ,de : e dessa appahsce dall ampia parabola descritta dagli escrementi liquidi uelfu scile del forellino fisto- loso, e dalla loro retropulsione , i quali movimenti provenivano dalla azione delle pareti della fistola -sopra di essi . III.° Che l'orina, o un fluido analogo , ritro- vasi purtroppo nella vescica del feto, come asseri- scono Buffon , ed Hervey , quantunque all'A. non sia mai occorso di osservarla, ne" feti estinti , e noto- mizzati : poiché tanta copia di orina , poche ore • dopo il parto , e in un fanciullo alimentato con poche gocce di fluido, non poteva alcerto risulta- • re dal novello ordine di funzioni , IV." Che la natura nella Ibrmazione del feto ..procede seguendo quasi le leggi della cristalliz^azio- 3^3 S C 1 E JV E E ne ; imperocché come ne' cristalli dalla forma pri- mitiva più Tacile si è il passaggio a certe forme se- condarie , così la natura, errando nel facimento del sesso mascolino, imita con facilità le forme esterne del sesso femmineo, ed ora con canale fistoloso all'uretra , ora ali ano , come nel caso surriferito , ne rappre- senta la \ agina . Che se la natura medesima erra in questo secondo sesso , ecco che si avvicina al pri- mo , e formando una clitoride di grandezza straor- dinaria, cancellando quasi le grandi labbra e le nin- fe , guernendo il volto di peli , e dando alla voce un tono poco dissimile dal virile , ti offre in appa- renza un maschio . V." Che da queste aberrazioni appunto deggio- no ripetersi le false idee sul mutamento di sesso, e suir ermafroditismo. E qui va discorrendo ÌA. ì di- Tersi modi , onde può essere nato l'abbaglio negli osservatori meno diligenti . Per altro non vuol nega- re assolutamente la probabilità dell' ermafroditismo, rammentando il caso narrato dal Prof. Asdrubali nelle sue lezioni ; sapendo che varj esempli ne ha veduti tra' Cottici nell'Egitto Superiore L. Sebastia- ni Sacci dote Romano e Medico; e avendo egli stes- so veduto in Firenze presso 1 immortale Mascagni la preparazione delle parti naturali di un bruto, nel- le quali miravasi una struttura sì perfetta di entram- bi i sessi, che detto avresti di ravvisare un vero ermafrodito, ove i testicoli si fossero trasportati nel sito della ovaja , e viceversa . 11 caso , del quale sinora abbiamo parlato , ri- chiama alla memoria dell' A., come anche alla no- stra, quello già da parecchi anni pubblicato dall'illu- stre Prof. De Matthaeis (a) , e riportato in varie O- (a) Sopra un' apparenta caiubiamcnio di sesso ncgl' mdiv^idui di una ijiiiera iaiiiifeiia» Roma «ella Stamperia Solompiu i8o5. Lusus NatlRìE etc. aS pere e Giornali Italiani , di una famiglia cioè co- gnominata dall' Olito delle vicinanze di Veroli, nel- la quale tre individui giudicati sin dalla nascila per femmine , battezzati , educati , e vestiti siccome ta- li , giunti ad una certa epoca della loro età si di- scoprirono maschj , e quindi con sorpresa univer- sale cangiarono abito e nome • Il primo individuo denominato Speranza , e che poi assunse il nome di Fedele , circa gli anni 3o manifestò il vero suo sesso a persona amica, e quindi dimise 1 abito fem- minile non solo , ma volle anco menar moglie , dal- la quale perù non ottenne prole , né ottener la po- tea attesa la mostruosità de suoi genitali. Il secon- do individuo di nome Teresa , e poscia Isidoro^ coii~ fesso anch' egli spontaneamente il reale suo sesso , e presumendo di essere abile come uomo alle ma- trimoniali funzioni , si sottopose all' ispezione del Prof. Asdrubali, onde averne 1 attestato, e così con- seguire la facoltà di ammogliarsi; ma questi vi ri- conobbe una impotenza fisica per la mostruosa con- formazione accennata di sopra , ed in conseguenza _gli negò r attestato . Il terzo finalmente di nome Francesca, e in appresso con piccola mutazione Fraii^ Cesco , giunto all' età di i5. anni , e tenendosi in buona fede per donna , siccome dichiarata f avea- no i genitori , si congiunse in matrimonio con un Agricoltore , il quale riconoscendovi la somiglianza del sesso riclamò io scioglimento del matrimonio, che di ("atto ebbe luogo dietro le osservazioni de' Periti. Convien dire che in quest'ultimo individuo gli or- fani genitali si fossero sviluppati con una certa len- tezza, oppure è mestieri supporre in lui quella bea- ta rustica semplicità , per la quale o non si ris- vegliano che ben tardi i stimoli venerei , o non si avvertono gran fatto . Lo stesso non può dirsi di ^4 Scienze Fedele ed Isidoro, i quali per loro propria confes- sione si avvidero ben presto dopo l'epoca della pu- bertà di essere uomini, sentirono i moti proprj dì questo sesso , e solo pei vergogna si tacquero si- no al momento di sopra accennato. Del resto non recherà maraviglia che i genitori, e tutte quelle per- sone che hanno osservato i nominati individui, co- me ancora clli stessi, siensi ingannati per un certo tempo sopra il loro sesso , se si attenda alla mo- struosa costruzione delle parti genitali , che in tut- ti e tre eia presso a poco la medesima . Una pic- cola verga della lunghezza e circonferenza incirca del dito mignolo nel più alto grado della sua ere- zione , e che imperiorata nella ghianda presentava r apertura dclF urelra nella parte inferiore della sua radice ; un prepuzio che invece di coprire la sola gliìanda, copriva e discopriva quasi tutta Festcnsio- ne della piccola verga; lo scroto che ripiegato nel mezzo olFiiva una fessura capace di mentire il seno muliebre , e le di cui borsette laterali assai ristret- tc,e somiglianti alle grandi labbra, contenevano ciascu- na un testicoletto del volume di una palla da schiop- po : erano le sorprendenti variazioni che distingue- vano 1 esterna struttura dei genitali in quegf indi- vidui; ai quali caratteri se si aggiunga ben poca bar- ba nel mento , una voce molto piena , ed una sta- tura più bassa che mediocre, ognun vede quanto fa- cile si (osse r equivocare . Meiita anche ricordanza in tal proposito il ca- so narrato dal 8ig. Prof. Chiarugi in una lettera al 8ig. Prof. Tommasini (a), di una tal Piusa, la qua- le tenuta per donna sin da' primi momenti della vi- ta, prese a suo tempo in matrimonio certo Dionisio, (a) Sopu una supposta specie di ErmalVodiiùiuo. tirenza 1819, Lusus Natura etc. 2^ col quale ■visse ed usò , giusta la sua asserzione, per lo spazio di alcuni mesi . Ma infine avvedutosi ap- pi no il mai ito dell equivoco nel sesso , chiese Io scioglimento del matrimonio pria avanti la Curia Vescovile di Inesole , poscia innanzi il Metropoli- tano i'iorentino . In ambedue i casi fu assoggettata la suj)posta donna alla osservazione del Perito , e nel pi imo lu confermato il di lei sesso femmineo, nel quale per altro si credette di ravvisare delle con- dizioni contrarie alla fecondazione , principalmente la chiusura della vagina : nel secondo sotto il Sig. Chiarugi si discoprì a meraviglia 1 equivoco , e, pro- vato ad evidenza il sesso mascolino di colei , fu di- sciolto il matrimonio. La difficoltà di giudicare ret- tamente nasceva anche qui dalla pessima conforma- zione de' genitali , la quale non differiva gran cosa da quella degl individui di sopra mentovati: se non che i testicoletti erano nascosi nell anguinaja , e con una pressione leggiera potevano discendere ai Iati della falsa vulva ; il piccolo ghiande era rattc- nuto nella erezione dal frenulo impiantato in vici- nanza dell' orifizio dell' uretra ; e introducendo in questa il catetere, si sentiva un' ampiezza nel cana- le , che meiitiv poteva la vagina . I caratteri desun- ti dallabito del corpo, dalla voce, dai peli del vol- to ec. concorrevano a dinotare il sesso maschile in questo individuo ; e se egli asseriva aver goduto per lo passato della mestruazione , ciò dee credersi on- ninamente falso ;; come per lo contrario creder si dee verissimo , che nellatto venereo evacuasse l'u-^ mor prolifico dall orifizio accennato , giusta la me- desima di lui conicssioue . G. F. a6 Dei contagi spontanei e delle potenze e mutazioni morbose credute atte a produrli ne corpi umani. Honia 1820. J je poche volte che per il passato si è accinto qual- che medico scrittore a combattere 1 ipotesi deJlq spontaneità de'contagi, o ha prodotto in campo un' altra ipotesi , come quella per esempio del conta- gio animato , o si è attenuto alla patria di qual- che contagio esotico e alle notizie storiche della sua introduzione in Europa e in Italia , o finalmente si è riportato ad alcuni casi soltanto . I quali oppo- nimenti non essendo stati che vaghi e non mollo saldi, la mentovata ipotesi si è retta tuttavia, eie ha restituito il suo splendore non ha gran tempo il valentissimo Prof. Brera esponendola e comentando- la nelle sue lezioni sopra i contagi. Da ciò desun- se r occasione dello scrivere 1 illustre Sig. Lottor Francesco Puccinotti, e valendosi delle sopradette ma- niere solo per compimento, direni così, alla sua confutazione, egli la basa principalmente sulla Pa- tologia , esaminando le alterazioni organiche e i lo- ro effetti . Discorre nel Proemio rapidamente le principali vicende della ipotesi . Accenna quindi i danni di es- sa , e la necessità di confutarla con piij forti ragio- ni che non si è fatto finora , per determinare alla fine 1 importante dubbio, se i contagi derivino sem- pre ali uomo dall esterno, o nascano spontanei in lui. Divide il suo libro in sei capitoli . JNel primo tratta delle vicissitudini atmosferiche : se da esse si produca epidemia mutabile in contagiosa , e se per respirazione e assorbimento d'arie comunque vizia- Dei Contàgi spontanei ec. a^ te si generi neiruomo contagio spontaneo. Esamina- ti gli eiFetti delle atmosfere calde, delle fredde, e delle combinazioni d'umido e di caldo , e di freddo , di umido e di secco secondo i Patologhi , e provato con le storie di alcune epidemie che tali vicissitu- dini non producono se non che epidemie semplici , viene all' importante articolo delle arie rinchiuse e infette di esalazioni putride animali . E qui facen- dosi contro alla comune opinione, che le malattie da leggitime si mutino in questi luoghi in contagiose, avverte in principio , che si dee distinguere formazio- ne da propagazione di contagio,e negando la prima egli accorda ( quanto alla seconda ) che il contagio pos- sa in un aria viziata ed angusta con più rapidità e nocevolezza propagarsi , sì perchè manca il più po- tente mezzo d impedirne la diffusione, che è 1 aria pura atmosferica , sì perchè i corpi nellarie infet- te acquistano maggior predisposizione alla malattia contagiosa . Per combattere l'inveterata opinione egli prende di mira due punti principali che la sosten- gono, cioè luniformità delle malattie prodotte dal- la detta aria contaminata ne' JVosocomii nelle Carce- ri e nelle JVavi e in altri luoghi circoscritti di po- polare riunione ; e le apparenze esantematiche che talora s' associano a coteste malattie uniformi . E quanto alla uniformità, premesso che si debba di- stinguere quel propagarsi delle malattie per contatto ( carattere essenziale delie malattie contagiose ) dal propagarsi per inspirazione o assorbimento di mias- ma putrido animale , egli dice: **■ I contagi soglio- „ no a contatto de' corpi rimanersi - I miasmi o „ gli aliti d'infezione son quelli che si elevano dal „ corpo dell' uomo malato di febbre putrida o ti- „ foide , quali contaminano 1 aria e formano attor- „ no a lui un atmosfera infetta , nella quale trovan- 98 Scienze „ dosi i sani , sia per respirazione , sia anche per as- „ sorbimenlo di detti miasmi , ammoibano spesso „ delia medesima malattia . Ma come non è conta- „ giosa quella intermittente che nasce da respira- „ zione o da assoiLimento di miasma palustre , co- „ sì né tampoco quella putrida iNosocomiale che „ nasce da respirazione o da assorbimento di mias- „ ma putrido animale. Imperciocché in quel modo ,, che le condizioni fisiche del corpo sono tutte „ mutate egualmente sotto un atmoslera rigida, o „ caldo-umida, e ne vengono simili malattie;neiristes- „ so modo sotto un atmosfera carica di elfluvj pu- „ tridi animali ne vengono malattie simili . Ma ciò „ non prova che sieno contagiose. Nel vero la ven- „ tilazione , e non 1 evitare i contatti ne é 1' uni- „ co rimedio. ,, Poteva opporsi nondimeno che quel- la uniformità di malattie che si osserva talora ne' JVosocomii , e clie dà a sospettare di sviluppo di contagio spontaneo e di dillusione di esso , senza bisogno di contatti , derivi dal saturarsi Y aria di molecole contagiose esalate da corpi infetti da con-^ tagio . Quantunque un tal dubbio poco interessi la \ questione dell' A., poiché sarebbe sempre in tali ca- si la propagazione di malattie uniforme derivata da contagio esterno , sia questo inspirato o assorbito ; egli addotta nondimeno la sentenza del Nacquart : JVous 7ie rcconnaisons en ancien cas , qu un virus conlagieux ait une sorte de volai ilite\ qui lui permette de se melér a l air ^ le quel en deviendrait le véliicule. Però egli è persuaso ,, che un malato di morbo con- ,, tagioso in due maniere possa iniettare chi Io ,, avvicina : vale a dire, per contatto immediato gli ,, comunicherà la malattia contagiosa^ e per quel!' ,, atmosfera putrida non contagiosa, che lo circon- ,, da e in che sta immesso e respira quello che Dei Coi!fTAGJ SPoivTAyici ee. 29 „ lo avvicina, gli produrrà tale organico turbamento „ che possa a malattia putrida non contagiosa con- ^, durlo , o altramente alla contagiosa predisporlo. ,, Questi due modi d iniezione non avvertiti fecero ,, già prima dubitare al Fiacastoio la sua aura con- ,, tagiosa , che facesse cerchio ai malati: opinione „ riprodotta dal Kussel e dall' Hildebrand. Ma co- ^, me le osservazioni d' Hajgarth la fanno limi-- ,, tatissima ; pare che le sperienze del Buniva e del „ Toggia'la escludano atfatto ,, . Quanto poi alle ap- parenze esantematiche , appoggiato T A. ali autorità di De Haen .Schurz Triller Allioni Molinari Splegel ed altri , ammette che detti esantemi, ove però le malattie alle quali si associano non presentino gli altri caratteri delle contagiose e sieno i medici ben sicuri che nessufi contagio sia stato introdotto, sied- ilo sintomatici . E trova modo dalle riflessioni di Beddoes Watt e Darwin sulle arie fattizie di spie»- game la patologica produzione. ,, E chi è cherionab- ,, bia veduto (egli soggiunge) alle peritonitidi puerpe- ,, rali soprav^venire spesso la porpora ? A una ré- „ trocessione della materia traspirabile la dissenteria? ,^ A una gastrica le petecchie ? E per questo si vor- ,, rà dire in tai casi , generati nell' interno spontanea- ,^ mente i contagi scarlattino dissenterico petecchia- „ le /' E quando abbino dato certezza di contagio- „ ne in alcuni luoghi , non è più discreto 1 asse- „ rire che dessi in certo modo appiattati in tale ,, o tale altra moibosa varietà trovano invito per ,, assalirci, di quello che spontaneamente si generino? ,, Forse è per la differenza immensa delle forme „ esantematiche , o per mancanza di osservazioni ,, esatte , che non avendo noi schietta idea dellas- ,, soluta figura di tali esantemi, non sappiamo quei „ contagiosi ed essenziali dai sintometici , e, se può 3o S e I E N e s „ dirsi i clepuratorj discernere . E quindi emergono „ a gran folla i nostri errori ,, . Considerate e ad- dotte varie altre ragioni dall' A., in prova della sua massima , egli passa a convalidarla con varj eseni- pj che occupano tutto l'Art. IX. Considera in se- guito gli effetti delle esalazioni della terra umida , .delle acque stagnanti e de* miasmi paludosi, e ripor- tandosi tra le altre sperienze a quelle del chiarissi- mo Sig. Brocchi fatte sulf aria cattiva de' contorni di Roma , ragionevolmente deduce , che le ini'ermi- tà da dette cause prodotte non hanno né possono avere il carattere di contagiose . Il simile egli pro- va discorrendo gli effetti epidemici delle caligini e delle nebbie frequenti di luoghi piantati in terreni paludosi e vulcanici , delle alluvioni de' fiumi de* sepolcri delle pozzanghere delle sentine ecc. , delle esalazioni deli» miniere, delle variate condizioni elet- triche dell' atmosfera , e de venti . JVel Capitolo secondo intende 1' A. a respìngere r opinione di quelli che considerano come causa as- soluta per effetto della quale nasca talvolta Epide- mia contagiosa gli alimenti nocivi di quantità o qua- lità . E facendosi la prima cosa a esaminare se le più forti alterazioni degli organi e de' processi di- gestivi valgano a generare contagio spontaneo , do- po aver data una idea succinta della digestione , passa agli stati morbosi di essa e del tubo digeren- te : e percorrendo le antemcsie le più ribelli , le ga- strodinie , l'ileo , il volvulo , le cangrene delle in- testina i prodotti gazosi dell'intima nutrizione natu- rale e alterata, le conseguenze d'una irritazione gas- trica negli infermi affetti da ulceri di grande esten- sione ; dimostra con ragioni ed esempj non avvenir mai tra tali pervertimenti organici quella combina- zione iisico - chimica tra le molecole distaccate da* 1)ei Contagi spoivtanei ec. 3l loro tessuti , che si ha in sospetto di contagio Spon- taneo . Kiccrca poscia le conseguenze della fame e della perversa qualità de' cibi , e conviene infine col JNacquart, che le vie digestive decomporrebbero la monada contagiosa appena formata . Passa da ulti- mo a ragionare degli efFelti della segala cornuta . Il grano impuro (dice l'A. ) e lordo di zizzania, e di più maculato di rubigine , fu imputato di molto grave danno dall' HofFmann dal Muller e da altri assai , a quelle genti che se ne cibassero, (^he un tale cibo non debba recare altro che no- ci mento , il convengo; ma come non so ammet- tere che produca costantemente morbo epidemico : assolutamente nego del pari che arrivi a produrlo contagioso . Nel 1717- fu nelf Holstein un morba epidemico convulsivo . Si volle da molti attribui- re il male al frumento impuro rubiginoso e pieno di segala cornuta : ma il dotto Waldschmied vi- gorosaraente si oppose a tal sentenza , dimostrane do come altre volte se ne era fatto uso senza danno . Multos autem^ notò egli , qui taleni in maglia copia asswnpserunt non cegrotasse : que* niadmodum hodie adhuc taìis panis , sine omni noxa , a rusticorum plerìsque usurpatili- ; prceser^ tim cum ceHa mihi constet experientia , collecta ante pìuì^s annos in annonce charitate a paupe^ ribus secalis recrementa^ multis granis degeneribus re/erta , in panes coacta et coniesta , nihil mali post esum reliquisse . Wedel , e Wolf lo stesso pensarono della malattia convulsiva maligna co- mune alla Sassonia e alla Lussazia . Passerommi che in certi luoghi di Terra di Lavoro si man- gia dal volgo un pane apparecchiato con segala impurissima , in che abbondevoli sono veccia e zizzania : che nel territorio della Carinola non so- 33 Scienze „ Io cotesta segala , che ivi è comune , si mangia ; „ ma fasseue commercio . Tacerò eziandio Tav verten- „ za di Michele vSarcone , che in molti luoghi del „ Regno di Napoli , sopratut^o ne' montuosi , il gra- ,, no è d' ordinario impurissìmo di veccia e dì lo- „ gUo , e la rubigine è frequentissimo vizio cui sog- „ giace in JVapoli il frumento ; ma non perciò , „ usandone, nasce da tal principio male alcuno epi- ,, demico , e d'indole contagiosa. Come ancora non „ vo far caso che il Sarcone altro non osservasse „ in coloro che a lungo se ne pascono, fuorché una „ gravezza di capo degenerata talora in cefalalgia , „ stanchezza e iacile diarrea ; volendo io che det- 7, ta segala robiginosa noccia e gravissimamente . y. Ma di grazia si m,editi sulle descrizioni delle iiia- „ lattie epidemiche prodotte dal veleno della sega- ci la cornuta , date dal Lang Zwinger Lemcry Zim- ..^, merman , e si conoscerà di leggeri che verun ca- „ rattere , che alle malattie da contagio compete, fu „ loro proprio J^^ggo ancora in Sarcone che ^7 1 uso di detta segala destò ira il popolo francese, „ corrente Tanno 17 io, una infezione cangrenosa „ che occupava prima le parti disotto, e si span- ,, deva poscia per tutto il corpo : ma so altresì , ^.„ che le cangrenc esistono ne' viventi , ed esistono „„ per lungo tempo , senza contagio ,, , Perchè V A, si è proposto di esaminare le po- tenze morbose credute atte a produrre contagio ne' corpi umani , non ha voluto lasciare ( sendovi stati molti che tenneio questa fede ) di. destinare il terzo capitolo a considerare , se Ira i perverti- menti organici , che le passioni dell animo desta- , no ii.1 noi, .generare si possa malattia d' indole con- tagiosa . Uopo aver un poco guardato iilosolicamen- te questi stali delf anima umana, passa alla sua que- Dei Contagj spointanei ec. 33 slione , e la agita tra forti argomenti , i quali si possono ridurre a questo suo dire ,, varie essendo le proporzioni degli elemenli nell' organica as- similazione de' singoli individui , parimente iden- tica non dovrebb essere la proporzione de' prin- cipii d un dato contagio emanato dai corpi di più individui infetti . Se le proporzioni de prin- cipii sono varie , secondo pensa Mitehill , va- rie eziandio saranno le qualità del contagio . Per- tanto in un popolo caduto in forte calamità co- me da diversi temperamenti composto , ne do- Aicbbero risultare ad un tempo medesimo con- tagi diversi : non solo queste diversità non si veggono , ma per piibbliche costernazioni non si è mai veduta malattia contagiosa . E percorren- do le storie si conosce , die questa o quella gen- te fu attaccata da contagio anche in tempi di sua quiete e prosperità , ed altre all' incontro gemere nelle forti tristezze e oppressioni , e passarsela nette da ogni contagiosa malizia ,, . Pertanto ol- tre al promuovere la opportunità alle malattie con- tagiose altro olH/io non hanno, dice l' A- , nelle pubbliche contagioni i patemi dell animo ; e se il contagio non è stato introdotto e comunicato , dessi possono andare sino al crepacuore, tanto e tanto al- la controversa produzione spontanea son nulli . Trascorse per tal modo le principali potenze e- sterne , si rivolge l'A. alle mutazioni di forme e di essenze morbose non che alle decomposizioni orga- nicJie , onde qui più che altrove ricercare la sup- posta genesi spontanea de' contagi ne' corpi upiani inalati. Quindi egli ha concepito una nuova classi- ficazione e spiegazione di cotesti mutamenti, intorno ai quali non si è veduto sin qui un trattato sod- disfacente . 11 nostro Giannella fu il primo, che sul- G.A.T.VII. ' 3 34 Scienze le tracce d' Ippocrate Dureto e Bagllvi tentasse .dì adoprarcisi , e spirano i suoi libri su questo argo- mento molta verità di osservazione . Ma così giace dimentico , perchè noi ^ lodatori sempre delle cose degli stranieri , innalziamo a cielo il Lorrj e la sua opera , in che ( bisogna leggerla ) gii errori spes- si e madornali , fondati sopra ogni cosa di più stra- no immaginassero gli umoristi , mal compensano delle sagaci riflessioni che in poco numero qua e là sparse 5i trovano . Noi presenteremo colle stesse parole del D. Puccinotti l'interessante quadro che egli ne dà . ,, Suole spesse volte cadere in errore , attri- „ buentlo il fenomeno a novelle materie morbiliche „ resultanti da organiche disassimilazioni e non ])or- „ lettamente eliminate , chiunque poco sperto nelle ,, organiche simpatie Vede trasportarsi i centri mor- „ bosi da un luogo all' altro , e qui più che colà „ far rovina . Si può combinare facilissimamente , ,, che il pritno punto morboso sia costituito da una ,, condizione morbosa assoluta , e le altre Sus^e- ,, guentl' «ìeno d'un genere relativo : e intanto que- „ ste ultime faccino di se mostra ,• perchè la al- „ terazione ne' modi universali della vita prodotta „ dal primo centro , può appena tollerarsi dalle al- ,, tre parti che per consenso ne sono influenzate . „ Nel qual caso s'intende come, mitigato o sciolto ,, il primo cangiamento d' universale azione , se ,, questo troppo a di lungo e con fet^oce violenza „ non ha |>ersistito , insieme con lui cessino gli al- ,, tri morbosi lienomeni relativi . E qui stanno le „ epigenesi benigne» All'opposto se queste subal- ,, terne condizioni passeranno per certe cause so- <, pravvegnenti in primitive , la nuova secondaria ,, malattia subirà gli stessi effetti della prima in „ propJurzione delle sue proprie attività specifiche » Dei Contagi spontamei ec. 35 e qui sta la metaptosi ; e per tal modo o il po- tere primario ritarderà gli esiti suoi , o farà ri- sanare i secondarii per trasporti di azioni o di umori ( e qui sta la metastasi ) ad organi più resistenti o meno nella vita interessati ; o con- tribuirà a una mìcidialissima complicazione . E in queste poche parole v' ha una rappresentanza degli aspetti differenti de' processi morbosi e del- le loro conseguenze . Le quali varietà succedon- si duranti le malattie per più motivi : ,, I**. Per consensi intimi di azioni e ragioni organiche , i quali sono suscitati dalla analogia del- l' officio di certe partì , dalla continuità e conti- guità di esse, dalla corrispondenza de' vasi e de' nervi , e sino dal naturale collocamento diretto od obliquo d'alcuni organi . „ 2°. Per il movimento rapido , ossia eccesso d' attività locale nelle malattie, d' onde il passag- gio di esse in universali : il quale movimento è promosso talora dalla violenza delle cause o dall' indole delle potenze reattive della parte malata , o dal pravo trattamento della malattia , od an- che dalla vitalità , la quale con impeto combatta contro la inconveniente azione morbosa , onde suscitare quelle benefiche sineigie , per le quali tra forte tumulto si va spesso a guarimento . „ ò". Per il difetto d' attività , o torpore del- l' organo invaso e della stessa flogosi , alla qua- le rendasi il potere diffusivo e si riconcentri , o acquisii inerenza a qualche parte delia mac- china , d'onde il mutarsi delle malattie universa- li in locali acute in croniche . „ 4^^. Per la contrannitenza ne' sistemi, d'on- de avviene moltiplicità prodigiosa di forme nel- le malattie . 3G Scienze (,, 5. Per i gradi deve percorrere di necessita ^, 1' indole speciale di qualche morbo , e per le sue ,, indispensabili temiìnazìoni . ,, ().*' Per certe abitudini morbose ora sopite ,, ora manifeste . ,, 7." Per la retropulsione o metastasi di al- „ cuni movimenti secretorii od escretorii abituali, „ e degli stessi umori segregati . „ 8." Per il cambiamento nella natura del prin- „ cipio morbiiico . -Ad una ad una tutte queste otto principali ca- gioni di varietà morbose sono dall' A. considerate in separati articoli . JVel terzo dopo aver discorse le successioni di altre flfMiimasie, egli viene alia tisi poinionale , e negandone 1 indole contagiosa ne deduce : „ che se ad onta di tutto questo dc- „ viamento di organiche particelle , di principii ele- ,, mentari costituenti i tessuti e la crasi de' fluidi , ,, mai non si dà tra essi veruna straordinaria com- ,, binazione che assuma 1' indole di contagio , si „ crederà poi giustamente che questo avvenii* pos- ,, sa in quelle febbri continue gastriche , e diciam „ pure tifoidee, che non cominciano dall'essere „ cont-igiose ; ma che tali si formano per specifi- „ ciie alterazioni e conversioni morbose durante il ,, loro andamento / Cotale supposto è contrario al- ,, la natura deniorbi e alla osservazione; giiic- ,, che se il contiigio non si forma in quelle ma- „ lattie che ristagnano in una .parte , ed ivi la lor- ,, ma organica del solido sia superata e disti utla , ,, come nolla tisi ; tanto meno cel sapremo aspet- ,, tare da nna condizione morbosa costituita dalle ,, sole forme , le quali comunque varievoli , non ,1 mutano mai 1' esseuTia centrale d onde proven- ,, gono ,, . Parla qui insieme delia lenta-nervosa Dei Contagi spontotei ce. 3 7 n del tifo di Cnllon , p sostenendone rJmmiitaLiJi- t« di essenza , ai gcmenla che se T essenza , che è fjuanto dire la Diatesi , non muta , nemmeno vi può nascere contagio : il quale , secondo T A. , dee es- sere di tal indole che sia analoga aJT essenza inti- ma della malattia. iNcir Art." quarto parlando delle croniche aliezioni locali e delle decomposizioni or- ganiche che in esse talora avA^engono , parla ezian- dio del cancro causato dai trasudamenti nella glos- sitide , il quale esempio sta tra le prove che ad- duce il Jirera del suo contagio spontaneo : e ri- porta gli sperimenti d' A liberi e Biett, i quali si so- no inoculati il inrus canceroso senza sorferirne ve- nni nocevole effetto . iNell' Art\ settimo, avendo for- se in mira l'altra prova del Erera desunta dall' aver osservato succedere eccessi perniciosi alla pneu- monite , avverte che non da vernn nuovo compo- sto organico^chimico , che si generi nell interno dei malato per mutazione di Diatesi , cotesti fenomeni dipendono , ma considerato il tempo in che più so- no consueti , crede saviamente 1 A. , che cotesto sian leggi di infljienze epidemiche causate da mu- tazioni atmosferiche : perocché , die' egli , si so- gliono verificare per lo più tia 1 finire d' una sta- gione e il cominciare d un altra . Ld è verissima la riflessione dellAutore, che le malattie d'una sta- gione possano lasciare la permanenza nelle macchi- ne di certuni di una condizione organica morbo- sa loro jiropria : la qual condizione resti sopita in- finattantoché per la potenza maggiore di altre cau- se esterne Y organismo si trovi tirato ad altri piii ibi'ti e varii moti morbosi , cesstìti i qnali può riaf- facciarsi la condizione permanente anteriore : e da- to che la mentovata condizione avesse \ abito di una febbre periodica , dopo il nuovo sopravvenuto 36 Scienze turbamento organico , può assumere Y indole dì una perniciosa . In questo medesimo Articolo quanto al- le perniciose succedenti alle grandi ferite ( osserva- zione del Dumas addotta parimenti tra le piove del Brera ) la riflettere TA. , die il Dumas non so- spettò mai di verun veleno spontaneamente sviluppa- to in detti casi, avendone anzi costituita l'essenza nell attività eminente della facoltà sensitiva . esa- mina innoltre V A. all' Art°. ottavo le due Disser- tazioni dell llolfmann De morhorum transmutatioìie , e r altia De Conversione morbi benigni in mali- gniim , come quelle in che avvisano il Brera ed al- tri, trovarsi prove d' analogia e di IJatto alla loro opinione : e dal suo esame si rileva che 1' Hof- fmann in tali dissertazioni non parla mai di produ- zioni organiche spontanee contagiose . JN'elF ultimo Art"*, infme parlando del cambiamento della natura del principio morbifico, e ammettendo che possa as- sumere anche un indole venefica ; avverte V A. che tra veleno e contagio è assai più leve Y analogia dì quello che comunemente si creda : e questo provan- do con addurre le differenze tra veleno e contagio, stimiam bene di qui riportarle in ordine , quantun- que non divise dall' Autore ; tanto percliè ci sem- bra che molto importi avvertirle , quanto perchè si- Mora nel modo con cui le vede 1' A. non le hanno ve- dute altri . 1 veleni , comincia Y A. , sono tra essi diversi dì principii coslitulivi,e hanno diversa azione sui cor- pi organici , cosicché i rimedii o contravveleni che giove\oli sono jjer gli uni non lo sono gran latto per gli altri . Se adunque è debole 1' analogia tra veleno e veleno , tanto più la sarà tra veleno e con- tagio . I. JNon è bisogno che la macchina umana abbia * Dei Contagj spontanei ce. 3<>, una predisposizione specifica all' azione de' veleni : j contagi , se non trovano in essa colesta predispo- sizione, non vi agiscono - II. I veleni non solo scompaginano l'organico tessuto ; ma sono anch' essi dajl organismo alterati e distrutti : per lo contrario i coiitagi si riproduco-r no , e traggono pabolo alla loro riproduzione dall' organismo medesimo. Ili, Lue contagi in un medesimo corpo non agiscono promiscuamente : al contrario avviene di due veleni , IV. I contagi trapassano dall' infetto al sano per contatto : i veleni , comunque alterino le condi- zioni organiche , tal potenza non acquistano . V. I contngi destano malattia di determinato periodo, locchè non fanno i veleni. VI. De' veleni è legge, che maggiore essendo la loro quantità con che agiscono sulla macchina vi- vente , tanto meno è l'organica alterazione che las- ciano . La materia contagiosa all' opposto quand' è in maggior quantità tanto piii lascia organiche altera- zioni , come si vede nel vajuolo confluente (*) . VII. I contagi agiscono appena adattati alla cu- te e al sistema assorbente , né importa che trapas- sino nel sangue per destare turbamento organico spe- cifico : per r opposto , i più potenti veleni solo in- trodotti nel sangue producono i loro effetti esiziali . VIII. Una chimica neutralizzione che sublsca- Jio alcuni veleni non toglie loro la potenza delete- (*) Questo sesto carattere unitamente al /)rm20 sono sfati agf^iun- ti posteriormente dall' autore medesiiHO in aleunc copie del suo libro sparse qui in Roma i e noi ahbiani creduto opportuno di collocarli qui tra gli altri . 4o Scienze ria , come si osserva nelF acido prussico , e neìV arsenico sebbene combinato alla terra calcare : all' incontro la nìateria del contagio neii Insali zzata che sia dall'ossigeno, non è più nocevole a' corpi . I quali caratteri distintivi tra V una e Y altra potenza , accompagTiati a quelli del contagio es- posti dal Rubini , potranno a parer nostro sempre più rischiarare in parte V ardua dottrina de contagi , e provano realmente , che sebbene il resultato d' una decomposizione organica fosse la Ibmiazione d' un qualche veleno , coriìe p. es. dell' acido prussico ; siamo ben lontani ancora dalia possibiltà della i'or- rnazione spontanea d' un contagio . Del quinto e del sesto capitolo , risgnardanti le malattìe ereditarie , le combustioni umane sponta- nee , e lidofohia , si parlerà nel venturo quaderno- "Prospetto de risuìtamenti ottenuti neìla clinica me- dica dell I. R. uni\>ersità di Padova nel corso delf anno scolastico iSi'y. - i8i8. dal Sig. con- sigliere e prof. V- L. Brera , compilato dal doti. Pietro dalt Oste ec. Padova 1819. ESTRATTO SECONDO o, 'rdine secondo . Infiammazioni . Quantunque la costituzione infiammatoria fosse in quell' anno cli- nico una delle dominanti, non pertanto la si pale- sò maggiore in riguardo alle piressie , che alle in- iiamma/ioni locali . Al numero 4 2 ascesero le in- liammazioni trattate nel Clinico Istituto . Nella cu- ra delle artritidi si compiace moltissimo de' vantag- gi conseguiti dall' uso dell' emetico più volte ripe- luto ; e nei giorni intermedj vcnivan prescritte le Clin. Med. Di Padova 4* «ole tet-ande stibiale . Merita in tale incontro un' avveduta riflessione V esito infausto di un infermo artritico 1 il quale per i suoi sintomi sembrava di- sporsi alla frenitide , ma che nel nono giorno di- venuto ad un Iratto soporoso , privo di forze, con i polsi esilissimi , in breve morì . La sezione ca- daverica mostrò le meningi injcttate di sangue , e specialmente verso il cervelletto , nel quale si ris- scontrarono due fosse corrispondenti a due grandi eso- stosi appuntate , e parallele che si videro formate ai lati dell occipite . Interessante troviamo altresì Tos- servazione di un catarro di antica origine , il qua- le presentò i sintomi di avvenuto trasudamento , cioè oppressione di petto, difficile respirazione, mol- ta tosse, sputi abbondanti e mucosi, e poca febbre con esacerbazione vespertina . La cura , che durò circa tre mesi , e che l'u coronata da felice suc- cesso , si fé' consistere nelf uso della digitale uni- ta air acido prussico , secondo la formola descritta neir antecedente Prospetto al num.° 1 1 8. del Ricet- tario C), aumentandosi gradatamente la dose dell' acido : non si trascurarono i salassi ora universa- li , ora locali , qualche pozione purgativa, qualch' emulsione nitrati , ed anche il Kermes a norma del- le circostanze : ed in fine vennero impiegate con molta utilità per un mese le unzioni eolla pomata Ài Autenrieth in un colla contemporanea ammiuistra- (*) R. Pulr. digitalis purpurcse scupulum viRuoi Lifundc in acjuae foniis fer\^eniÌ3 s. q., et eolaturae ur.ciaram octo adde Mucila^inià gvimml arabici drachinas daas Aq. coobatse lauro cerasi gutt. quinquag. , vel acidi prussici gt. xxiiij Meli, optimi unciam wuam . - IVlisce . 4^ Sciente zione di una decozione di dulcamara, e di felan-* drio acquatico . Sette iurono le plouritidi , ma nel- In maggior parte assai miti, cosiccliè non si ebbe mai bisogno dell acido prussico , e poco dei rispettivi sa- lassi . Semplicissimo si fu il trattamento curativo , ma vario, rispetto alle complicazioni , o al passag- gio in altra forma morbosa , cioè in angina , o in febbre gastrica , o in intermittente . Undici iurono le peripneumonie , ma tre sole griivi , Le tendenze infiammatorie eran tutte al rapido ed eccessivo tra-! sudamento , dal che con chiude TA., che sì le pleu- ritidi , che le peripneumonie furon nella maggior parte delf indole risipelatosa . Nel regime terapeuti- co r indicazione fu quasi sempre per le sanguisu- ghe , attesa la pochissima diatesi universale ; si usa- rono altresì le bevande antiflogistiche , ed altri lar-f machi relativi alle complicanze . JNelle gravi però, e specialmente contro la tendenza al trasudamento, si usò con gran profitto l'acido prussico (") , e dove rapido ed abbondante ebbe a conoscej-si es- so trasudamento , fu d uopo ricorrere subito alle fre- gazioni mercuriali , Così sorprendenti si ravvisarono i vantaggi conseguiti dall uso dell' acido prussico an- che nella successione di quelle intiammazioncelle pol- monari solite a costituire la vera tisi florida , o ad essa disporre, che sotto la di lui pratica , ove non si potè ottenere la guarigione , si ebbero almeno a riscontrare questi processi intifimmatorj rijìrodursi ad epoche piiì distinte , più rimote , e più miti di (*) R. Acidi prussici guttas trijjinta effonde super mica; panis q. e. et cura s. q, meli, desqvim. Miscc, t>t f. pil. n. quindciin pnW. liquiritieie conspergendae . Detur vase lùiiroct clauso . Clin. Mi5d. di Padova 43- ffiirllo cbe sotto l'uso del felandrlo. Ove tratta VA., delle mctritidi , con piacere e con elogio dobbia- mo ricordare il curativo trattamento di esse per la seguente circostanza . Sotto l'aspetto di colica cata- m.enlale , apiretica , ed associata a gastricismo com- parve la metritide in una donna , la quale è quella istessa , in cui l'esimio Consigi Brera impiegò il primo, con mirabile effetto di total guarigione, l'ac- qua coobata di lauro ceraso contro im avanzata con- dizione scirrosa dell' utero prossima a degenerare in cancro . ( Merita su di ciò dì essere consultato il Prospetto Clinico dello stesso Prof, dell' anno 1809- 1810, ed il fascicolo 2 '7 del Giornale di Medici- na Pratica del medesimo alla pag. 296., e seg. ) In questa nuova malat'ia i lomenti al bassoventre, le sangliisLigbe all'ano, ed una pozione purgativa , ba- starono a ricbiamare la mestruazione , dopo di che si ottenne un sensibile miglioramento . Quindi si fé' anche ricorso alle injezioni dell' acido prussico nel decollo di altea , e dopo di essersi istituita di quando in quando qualche sottrazione sanguigna in vista della condizione assai pletorica della donna , in un mese di trattamento si vide questa risanata. E chiuso il secondo ordine da un -Cenno pra- tico sopra 1 uso del salasso-, quale ci studieremo di compendiare nella maggior possibile brevità. Si propone in questo il valente Autore di suggerire la norma , che dall'esposta cura delle infiammazioni di- scende , onde riconoscere con sicurezza le indicazio- ni del salasso. Incomincia dalla ccennare gli effetti, che induce la sottrazione sanguigna , di diminuire cioè la massa del sangue; rendere magglormenfe li- bera la circolazione ; rilassare il sistema vascolare, ed il solido tutto ; diminuire 1' accresciuta irritabi- lità , non che l' energia della vita ; supplire ai flussi 4i Scienze sanguigni naturali , o abituali , e fare una deriva- zione ai morbosi. Dalle accennato proprietà trae par- tito per dichiarare indicato il salasso nelle circostan- ze morbose che abbiano rappoito di opposizione co- gli enunciati efletti , soggiungendo la necessità dì ripetere molte volte la cacciata di sangue perchè ri- chiesta dalla insistenza , o dalla esacerba zione dei fenomeni morbosi. Nelle piressie 8em])lìci per altro, e nelle infiammazioni, ove abbia la malattia incomin- ciato un processo morboso particolare , non (hesi estrarre il sangue , finché distrutti si vogliano rav- visare tutt' i sintomi . Giacche la risoluzione del morbo vuol esser spesso operata dalla stessa reazio- ne vitale , ed il medico dee unicamente limitarsi a moderarla togliendo il soverchio, ma in modo che rimanga bastevole a conseguire il suo scopo. Un al- tro precetto dell' A. versa nel conoscere la urgenza d' istituire il salasso in queir emergenze , che o non sembrino esiggerlo , o sembrino anzi controindicarlo. Fra le prime sono da rim'ircarsi l' oppressione dell' energia del cuore per pletora , i polsi piccioli , e ristretti per impedita circolazione in alcune infiam- mazioni , come nelle, gravi peripneumonie; Tabbat- lìmento dei polsi col pallor della faccia nella coli- ca infiammatoria apiretica, in cui altro sintomo non v' ha che una grave agitazione dell' infeimo; le li- potimie di simulata indole nervosa nelle flogosi, lit- tiasi , aneurismi o del cuore , o delle arterie , ec, ce. cirostanze tutte, nelle quali il salasso riesce di sicurissimo giovamento . JNè certe apparenti contro- indicazioni han vigore per farne astenere dalla sot- trazione sanguigna, giacché in simili incontri non da uno soltanto , ma dal complesso di tutt i sin- tomi dee prendersi norm§ per la indicazione . Tali sarebbero fra le altre o il temperamento non sangui- Cliw. Med. di Padova 4^ ^lio , o l'età infantile e senile, o lo stato di mestrua- zione , o il gaslricismo , o lo stadio avvanzato del- la malattia , o la mancanza della cotenna nel san- gue , o la piccìolèzza dei polsi, o l'oppressione del- le forze . Meritano poi un attenta circospezione quei segni, che sembrando indicare il salasso , pos- sono non pertanto indurre in inganno. Conviene in* latti ben distinguere talvolta lo stato dell' accresciuta attività del sistema sanguigno per causa o nervosa, o irritativa (come nelle irritative gastriche, e nelle con.agiose ) da quello stato di accresciuta attività , a cliì si uniscano i sintomi di aumcntita reazione di qualche organo particolare che presenti i fenome- ni della inliammazioue , od anche della congestione sanguigna. Cosi deludono sovente nella loro ingruen- za alcune tebbri o per 1 indole individuale dei sog- getti o per il genio della malattia. Ma in simili circo- stanze ,, i criterj , cIk; trar si possono dalle cause, „ dall' indole dei soggetti, dal genere di vita , dalle ,, consuetudini, dal mestiere, dalle vicende morbo- ,, se precedute , dal luogo , dal tempo, dalla costi- ,, tuzione dominante, dall'andamento del morbo ec. ,, siqjpliscono ali ingannevole apparenza della forma ,, nella giusta guida per l'indicazione del salasso. '■'• E finalmente importantissimo il conoscere il modo di porre in opera questo attivissimo presidio , il luo- go, il tempo , e la misura . E rispetto al modo fa d'uopo rilevare i casi, nei quali debba eseguirsi la deplezione sanguigna colla lancetta o a larga o a pic- cioia apertura ( non essendo questa distinzione in verun conto indilferente) , ovvero se istituirsi colle sanguisughe , o colle coppette . In riguardo al luo- go convien penetrare la necessità dei salassi univer- sali , e qual sia quella dei locali ; e fra questi se o la regione occupata dalla malaltia , o la parte man- 46 Scienze tenuta in relazione angiologica; sr il luogo istesso, in cui trattasi di sospensione di flusso sanguigne» , o se altro diverso ed antagonista nei flussi morl>o- si . In ordine poi al tempo, egli è quel medesimo , in cui se ne rileva la indicazione. Così può il salas- so praticarsi o universale, o locale ad ogni epoca dei- la malattia , qualora n' emergano le relative indica- zioni; ma qualora abbiasi in mira di richiamare qual- che flusso abituale , p. e. la mestruazione , il tem- po pii!i opportuno è l'epoca di essa. — iXelle infiam- mazioni il salasso universale, già indicato per i suoi 'segni, si premuta (soggiunge lA.) ali applicazione delle sanguisughe , le quali all' incontro sono indi- cate , ove sia la condizione morbosa ridotta alla so- la località. Deve sempre farsi precedere agli emeti- ci , ai purganti , ed ai controstimoli , ove siavi di questi contemporaneo bisogno . Dev' essere in fine la quantità del sangue da estrarsi determinata dal gra- do del morbo , dalla condizione, o disposizione ple- torica o infiammatoria del soggetto, dalla di lui con- suetudine a qualche flusso, dalla costituzione domi- nante , dalla istessa situazione del paese , dalle com- plicazioni morbose ; non già semplicemente dal pol- so , e dalla cotenna , che sono segni molto fallaci. Dimostra in appresso l'A. le principali circostanze, che richiedono i salassi generosi, e quelle a prefe- renza che esiggono le picciole e ripetute sottrazio- ni. Ove non vengano queste norme seguite, o vie- ne a trascurarsi il salasso , ovvero può larsene abu- so, e fatali ne sono ugualmente le conseguenze che n emergono . „ JVel primo caso ( chiuderemo colle „ parole stesse dell' A. ) si lascia libera la via alle „ pletore e alle infiammazioni di proseguire il lor ,, corso diretto alle ben note funesiissìme termina- ,, zioni : nel secondo snervando di soverchio spe- Cliiv. Med. di Padova 47 ^, cialfnente la forza vitale , si disturba il corso dei ,, moi'bi , sì ritardano le crisi , si favoriscono gli „ spanlimenti linfatici , si dà causa ai languori cro- „ nici e alle lunghe convalescenze . V Or/line terzo, che tratta degli Esantemi^ e Tifi contfì^iosi^ non è ricco di osservazioni , giacche es- sendo mancata in qucU' anno ogni costituzione sì ti- fica che esnntom jtica in generale , non si ebbe che un sol tifò sporadico, ed un simile morbillo. Sini- stro iu il successo del primo ad onta di un tratta- mento curativo il più ben regolato . Il soggetto ne fu una giovane assai sanguigna , e soggetta fin daK le prime epoche della m'struazione a gravi sconcer- ti di essa per ostinata difiicoltà , fino a soffrire una vicaria ematemesi . La lébbre si mostrò fin dal prin- cipio d' indole molto sospetta : avean preceduto e indigenza, e disordini in regime dietetico. Trovia- mo in oltre di grave peso ciocché TA. in fine della sto- ria soggiunge , vale a dire , che i tifi Sporadici so- no sempre pii^i terribili che gli epidemici, dipenden- do essi non da condizioni estrinseche all' organismo, come principalmente si avvera di questi ultimi, ma bensì intiera m.nte dalla mala disposizione individuale. Quattro itterizie , due casi di pellagra , tre di psora , e due erpeti spettano a\\ Ordine quarto^ che abbraccia le Malattie del sistema cutaneo , ovvero im- petigini . Le itterizie noverate fi'a le impetigini co- me decolorazioni cutanee , vennero trattate con va- rio metodo , relativo o alle cause precedute , o allo stalo patologico del fegato . Prospero non fu T esi- to in una di esse , giacché nella sezione cadaverica dell individuo che ne fu il soggetto, si ebbero a rav- risare varj sconcerti, come i polmoni distrutti, e ri- dotti in due sacchi flosci , e contenenti un vero pus; uu ulcera del cardias estesa al piloro , attaccata dai 43 \ Scienze vera flogosl , d'onde provenne remorragia sotto cui finì r iniiermo improvvisamente i suoi giorni ; gi in- testini parim.enti invasi da intensa flogosi , ed il fe- gato in vera tabe . — Contro le psore della torma comune, a riserva di una , che fu di torma tobcroso- crostos;;, valsero a produrre perfetta guarigione le un- zioni colla pomata dii3urdin,di cui si consumò un on- cia e mexza in otto unzioni eseguite in due giorni (*) . Uno degli erpeti i'u pustoloso, Taltro iavoso. Il pri- mo di origine sifditica , slmile allo Scherllevo di Bove , accompagnalo da lebbre , si trattò in!erna- mente col sublimato , esternamente poi col linimen- to graiitico dopo aver latto cader le croste mercè gli ammollienti . Trascriviamo qui sotto la iormola dei divisato linimento (*') ; ma per formarsi una idea convenevole delle proprietà medicinali, e dei prin- cipj chimici che contiene il carburo di ferro, uopo è di consultare il sesto Prospetto Clinico del Sig. Brera, ove alla lezione seconda veggonsi riferite le più inte- ressanti notizie in proposito, non che il di lui Gior- nale di Medicina Pratica Voi. IV. pag. 381. Una colica verminosa, e due lienterie formano il soggetto deìV Ordine quùito ^ in cui comprendonsi le ma! a file del sistema gaitro - enterico . — (Quattro emoitisi , una ematemesi , una palpitazione di cuo- re , un aneurisma, e quattro clorosi, furono le forme morbose comprese nell' Ordine sesto sotto il titolo (*) R. Axaii^ia; suillu; unoias qualiior Ploruin sulphuris uncias iluii-; Carboiias potassa- unciam unam miscc et fiat ungucntum . ('*) R. l'Jorum suiphuris Lap. ni^r. an^iic. pulv. ana dfachmas duaì Axun^iu; siiillas q. s, ut f. ungiicntum. Clin. Med. di Padova 49 di malattìe del sistema sangrcigno. Dopo cinque salassi istituiti in quattro giorni, e dopo Fuso della infusione della digitale avvalorato dall' acqua di lauro ceraso, sa- nò in dieci giorni il pletorico infermo dalla palpilazio- ne di cuore, da cui andava frequentemente molesta- to. — Il diaccio applicato alla regione del tumore aneurismatico , eh' era quello delfarteria celiaca , i salassi , e Fuso dell' acqua di lauro ceraso, e della digitale, furono i rimedj che ridussero a minor vo- lume il tumore , e che fecero prontamente diminuire il numero delle pulsazioni , eh' erano per lo innan- zi insoffribili , e congiunte talvolta ad intercorrenti spaventevoli lipotimie . — Pduscì molto proficua nel^ le clorosi la cura così detta ossigenante, ed i marzia- li ; ma fra i primi specialmente V ossido nero di manganese . In tale incontro ricorda l'A. un detono avvertimento, ed è, che trattandosi con buone do- si di marziali le clorosi con amenorrèa, appariscono sovente indizj di congestioni sanguigne ad un visce- re , o nell'altro; e se in tai casi non si ricorre pron- tamente alle sanguisughe o localmente , o alle pu-» dende, secondo l'indicazione, può svilupparsi una in- fiammazione, quale infatti più volte avviene, e qua- le anche sviluppossi nei due casi trattati nella Clinica. Un affezione scrofolosa, due idropi asciti , tre anassarchi , un idropolmone , una leucoflemmassia, e cinque sifilidi confermate, costituiscono le forme morbose dell Ordine settimo^ che racchiude le malat- tie del sistema liitfatico-glaiididare. Il termine dell'an- no scolastico non permise di vedere l'esito finale del trattamento curativ o intrapreso contro la scrofolosa aifezione ; esso per altro mostrò qualche vantaggio : si ie' consistere nell'uso delle pillole di muriato di barita, e di estratto di cicuta, non che nelle frega- gioni fatte con un linimento formato al calore del so- G.A/f.VU. 4 5o Scienze le con bile bovina, oglio di noci , e sai raarino,nel- le ioporz,Ioni di tre once della prima, due del secon- do , ed un cucchiajo del terzo . — La giovane al- ' Jett^ da leucoflemmassia venne trattata col magne- t siiio animale, e di questa storia promette render con- to nel seguente Prospetto. ~ Importante, e commen- devole si è la storia delF idropolmonc spettante ad un pittore, in cui la se/Jone cadaverica presentò ade- renze del polmone destro alle coste; e nella parte in- feriore anteriore di questo un foro canceroso , da cui Usciva un sangue atro delT odore degli sputi ; vi si el)nrcolosi si rinvennero i polmoni, ingrandito som- mami r.le il fegato, picciolissimo il ventricolo, in- durato il piloro , e tabido il mesenterio . — Innanzi di passar olire non deesì trascurare un cenno rapi- do sulle utilissime riflessioni , che lA. aggiunge in proposito del trattamento dello raccolte acquose. Di- sapprova egli con ragione il ricorrere di primo lan- cio ai diuretici indistintamente nella cura di tali form morbose. Dislinque in due modi, diretto cioè ed ndiretto , ICsecuzione che prenda; di mira il pro- muovere le orine ; diretto considera 1 uso dei lar- ni .hi , ai quali si accorda una tal proprietà ; indiret- to quello che appartit ne alla rimo/ione degli ostaco- li , osia a'ia causa della morbosa ritenzione . Per altro lo scopo immediato nello idropisie è jyiello prin- cipalmente di lavorire rassoibimenlo dellumore trat- Glia. Mex). di Padova. 5i tenuto : né per ciò ottenere fa d' uopo di sempre agire su i reni , potendosi ancor conseguire questo intento coli agire immediatamente sui linfatici mer- cè le iiegagioni, ed i mercuriali. In tal caso perla successiva evacuazione della materia assorbita, sce- glie la natura quella strada che più le piace, oppo- sta sovente a quella d(dle orine, ma relativa sempre alle cause, ed all' indole della ritenzione. Egli è per- ciò , che siccome questa , sebbene immediatamente dipendente dallo squilibrio della esalazione coli assor- bimento , pur tanto varie e moltiplici cagioni rico- nosce atte a produrre la divisala sproporzione o dell' assorbimento , o della esalazione . Così vario doven* do essere altresì il curativo trattamento come rela- tivo alle moltiplici e svariate cagioni di siftatta con- dizione moibosa, non reca sorpresa lo scorgere pro- fitto nella cura degli idropi ora dai salassi , ora dai controstimoli, ora dagli stimoli de'Browniani, ora dal- le Iiegagioni oleose , e fomentazioni secche , ora da- gli emetici, ora dalle polveri di Dower, ora dagli antimoniali . Savio pertanto è il consiglio di non va- lersi indiiìerentemente di un rimedio , o di un altro sull'errore di riconoscere per origine una sola con- dizione patologica nelle varie specie degl' idropi ; come anche di attendere seriamente a distìnguere quei casi , nei quali la via delle orine debba posporsi a quella della cute, acciò felice ne sia l'esito col profitta- re dei rim;'dj dalla rispettiva causa morbosa indicati. Due apoplessìe , un' emiplegia , due asmi , e due ischiadi vengono riferite nelf Ottavo , eh' è ultimo Ordine , in cui si annoverano le malattie del sistema nervoso cerebrale . Infausto fu T esi- to di un apoplessia , di cui avea già sofferto altre minacce un uomo di anni Gn. , che trovavasi al- Iqr convalescente di pcripueumonia . Sanguigna si fu 4 ^* 52 Scienze 1' apoplessia nelT ÌTidivitltio in quislione , e si alter- nò colla peripncunionia . Precedettero disordini die- tetici nel giorno precedente allo sviluppo delF apo- jdessia , ed eravi da lungo tempo una sospensione c'i ilusso emorroidale. Nella sezione del cadavere si riuvnne la cavità del petto ripiena di fetidissima materia icorosa ; distrutti i polmoni ; ingrandito il cuore , e pieno di sangue ; l'aorta affetta da littia- sl, ed il cervello in istato quasi naturale - Contro r emiplegia succeduta ad una apoplessia nervosa riu- scì ulilissinìo il Julius radicano'. -Pletorico iu uno degli asmi , e complicato V altro a morlDosa con dizione organica polmonare . Una donna sanguigna , cui eransi sospese l'emorroidi, e scarsa la me-trsia- zione, fu il soggetto del primo asma . Tolto lo sta- to pletorico mercè i replicati 'salassi , le sanguisu- £:he alle pudende, e l'emulsione nltrata, si termìp.à felicemente in pochi giorni la cura coli' uso della c;»- talp.i avvalorala da scarsa dose di laudano. RI m in- diamo però il lettoi'e al secondo Prospclto (jlini- co del Sig. Dall'Oste dell'anno 181G. - 1817. pig- 95. , ed al sesto Prospetto Clinico del Sig. Consigl. Brera dell' anno i8i4- - i8i5. pag. i(i3., onde ave- re pr- cise nozioni del valore della bignonia catal- pa , e trascriviamo a pie. di pagina la Ibrmola usa- tasi in quel Clinico Istituto (*) . Inutile iu la ca- (*) R. Siliii- Li^noniae catalpar- coni, uiicìam scmis, ebuli. in s.cj. a. Tidrofo .i- ce manifestatosi per i suoi proprj sintomi . - Una delle ischiadi , lieve , ma antichissima e d' indole reumatica , si trattò proficuamente colle bevande ni- trate , colle polveri di Dower , e colf estratto di aconito napello . Recente la seconda , ma d' indole sifilitica, olire l'estratto diaconi!© richiese Tnso del mercurio cinereo di Moscati : sopraggiunta pe- rò la salivazione, vennero ad essa sostituite le pol- veri di Dower. La cura termale dissipò quindi l'ar- trodinia manifestatasi . Seguono alcune formole medicinali al num"^. di 86. , che il clùar. A. si è dato cura di racco- gliere , onde con esse, nel presente aimo clinico a- doperate, ampliare maggiormente il Ilicettario dell' anno medico antecedente . Viene finalmente termi- nato il libro da un Quadro Nosografico-clinico , e dal solito Riassunto generale, eh' espone in com- pendio gli esiti, la durata, ed il costo in medici- nali e vitto delle malattie curate nel suUodato Cli- nico Istituto . A norma poi di quanto leggiamo nel fascicolo di Gennajo, covrente amio, dei i\ uovi Co- mentarj , dev' essere prossimo ad uscire in hice il Decimo Prospetto ( allora sotto il torchio ) deiranno .scolastico i8i8-i8if), eh" è l'ulliaio compilato dil Dottor Dall' Oste , avendo egli cessato dall'impiego di Medico Assistente in virtù flella promozione alla caUedra , di die fin dal principio di questo «unto ti fé' mcnzionjc . Ci aifretteremo allora a porgejne un csti'atto, nella certezza che nou verrà disag'graditt) dalla maggior parie dei nostri lettori ; tanto pin elle il pregio intrinseco di simili opere , corce di quella di cui abMam-o fin qui teuulo discorso , con- 54 Scienze sisle in una cìiligonte , ben ordinata , e dotta rac- colta di osservazioni, e viene altresì accrescinto dal- la squisitezza di criterio clinico, e dalla S(ìmma mo- derazione che nei ragionamenti a i risplende. TONELLI ■nmiiuiiiiiMiiMimiiminiiiiiiiiiin III imiihii i inimiiniiii i i n un i ii i iii mi mi |iii ili Descrizione di un nuovo Barometro Poriatile del Sig. Marchese Giuseppe Origo Colonnello Direttore e Comandante del Corpo dei Pompieri Pontijìcj , Consigliere della Presidenza delle nàcque ^ Socio di varie accademie ce ec c ., rediamo di far cosa grata agli amatori delle scien- ze /isiche , pubblicando in questi nostri fogli la des- ciizione di un nuovo Barometro Portatile desti- nato alla misura delle altezze , ideato dal Sig. Mar- chese Origo Patrizio Romano , che avendo prescel- to già da molto tempo per nobile oggetto delle sue occupazioni e dei suoi studj la Meteorologia , si cseicita principalmente con tanta lode , e con tan- to profitto nella costruzione di nuovi istromenli . ìì Barometro che fra gli altri usi è destinato al- la misura delle altezze ,* è divenuto a' giorni no- stri un istrumento famigliare al Geometra , ed al Geologo; e ce ne attestano evidentemente la uti- lità le interessanti osservazioni con esso praticale dai chiarissimi Fisici Saussurre, Pictet , Humboldt , F,amond,Dclcross ec , che con tanto vantaggio lo im- piegarono nel determinale le altezze dei monti , e nelle livellazioni . Quelle principalmente da que- st' ultimo eseguite di alcuni punii , e posizioni più interessanti della Francia (*) , pochissimo si (') EiLl. L)i\icrsalc anni 1817, o iSx.S. Ntovo B.vnoM. Portat. 55 ■ discoslano da quella esattezza , e da quel iI<^o e che si sarebbe potuto conseguire coi metodi p o- metrici . Ma quantunque per mezzo della forin ; a di de Laplace si siano corretti i metodi di a- lutare le altezze , e siasi agevolato di molto il ma- neggio del lìarometro colle Tavole compiiate da Biot , Oltmans , Liudenau , e Carlini astronomo di Brera , che dispensano dalla pena del calcolo • pur nondimeno sarà sempre vero , che inutili si len- deranno tutti questi sussidj , se la perfezione non vi concorra dell' istromento che si destina a que- sto genere di ricerche, il quale debbe essere sensi- bilissimo , ed esatto nelle sue indicazioni . Ora a questo scopo rivolse le sue mire il Sig: Marchese Origo , rilevando che dai Barometri oi- dinarj portatili che sono comunemente in uso, non può esigersi quella scrupolosa esattezza , che è sì necessaria ed essenziale in tali osservazioni . Inlatti i Barometri che si costruiscono per trasporto , di sottil tubo , e forniti di pelle nella estremità in- ferioFQ del pozzetto o conserva del mercurio , che vien compressa da un fondo mobile per mezzo di vite , quando si vuol riempire il tubo , sono sog- getti a perdite continue di questo fluido , che con- facilità trapela dai pori della pelle allorché si com- prime ; r aria facilmente vi s' introduce ; né può nella ordinaria costruzion loro determinarsi il livel-v lo del mercurio stagnante nel pozzetto, condizio- ne essenziale alla esattezza e verità delle indicazio- ni barometriche . I Barometri a sifone ed a sca- la mobile , che pur si costumano dai viaggiatori , e per la fragilità , e per I im})arazzo di ben chiu- dere e custodire la parte aperta del sifone, sem- brano doversi cancellare dal novero di esatti i.-.O- menti. Infine il Barometro portatile a silone oel ' 6G Scienze Sig. Gaj^-Ussac , troppo risentendo gli effetti della capillarità , par che non abbia pienamente corris- posto alle speranze che ne aveva fatte concepire il suo ingegnoso inventore . Ma nel nuovo Barometro del Sig. Marchese Ori- go , di cui se ne presenta in profilo il disegno nell' annessa Tavola , si evitano , per quanto 1 arte il per- mette , gli accennati inconvenienti in modo tale , che sembra doversi esso preferire ad ogn altro finora cognito per la ben ideata sua costruzione - La jF/'g. I. rappresenta tutte le parti del Baro- metro chiuso nel suo astuccio aefb . Quando si vuo- le estrarre , e disporlo alle osservazioni , si svita il copei'chio o viera di ottone ab , e si disimpe- gna dal perno g , che lo trattiene , il pezzo sot- toposto (Z^; e spinto quindi in basso 1 anello di ottone ed , V astuccio di legno si apre in tre par- ti , ossia regoli, forniti di punte alla inferiore estre- mità a foggia di tripode, che serve di piedistallo al Barometro , come si vede alla F/g. 2. Sono i tre regoli di legno formanti il trepiede ricurvi , e conca- vi nel loro interno , onde formare riuniti , come si osserva alla F/g. 3., il cilindro che serve tli cu- stodia alla canna del Barometro , e di cui V anel- lo bac rappresenta una sezione . Estratto il Baro- metro dalia custodia, e tenuto capovolto in mo- do che restì in alto la conserva o pozzetto di cri- stallo 770 , Fig.2.^ rappresentalo sotto dimensioni più grandi nella Fig- ^- ^ O , rimane questo quasi in- teramente ripieno di mercurio . Si svita quindi e si toglie il fondo o turacciolo b. , Fig.^. , il qua- le quando è forzato , e chiuso dalla vite suddetta, va a chiudere T orificio inferiore Q della canna Ba- rometrica indicata dalle linee punteggiate nella Fig. 4- Dcir interno della custodia di cristallo , nel modo Nuovo BaROM. PoRTAf. 5^ clie viene meglio rappresentato nella ivg:5. , in gui- sa che il mercurio che riempie la canna resta chiu- so nella medesima senza poterne sortire. Tolto il turacciolo P vi si sostituisce Y altro pezzo R , Fig: 6., di Jorma ovale, e vuoto nel suo interno , che rimane invitato nella viera di ottone ef Fig. i. , quando il liaiometro è smontato per trasportarsi . In tal modo si accresce la capacità del pozzetto del Barometro , e rovesciata allora la canna in modo che dei io pozzetto vada ad occupare il basso, s' in- troduce detta canna nel foro circolare pq Fig: 2. del trepiede , e rimane ivi sospesa sui perni Im . In tal posizione il mercurio, che riempiva il tubo e la conserva di cristallo, entrando nella concavi- tà della palla R , Fig. 6 , rappresentata da r nella Fig: 2. , dovrà abbassarsi per conseguenza , e fer- marsi ad un livello inferiore . Il piano circolare pq del trepiede Fig; 2. vici- ne rappresentato sotto dimensioni più grandi nella Fig: -7. , ed è formato da due piani circolari con- centrici S 3"', U f^ : il primo è fermato con viti sulla sommità del trepiede stesso , ed il secondo U V si rivolge intorno a due punti ; dimodoché quan- do i due perni Im Fig. 2. , che sporgono in fuori dalla canna del Barometro, si collocano negli inca- vi ze Fig. 7. , il peso sottoposto mantiene detta canna in perfetto billico , ed in posizione verticale : condizione essenziale alla esattezza delle osservazio- ni Barometriche . Per regolare il livello del mercurio stagnante nella conserva inferiore del Barometro è ingegnoso rarti/lcio ideato dal nostro autore e accennato nel- la Fig. 4-, che consiste nello spingere più o meno per mezzo della vite T il cono di acciajo G nel mercurio contenuto nella conserva stessa , onde la '5§ Scienze sua superfìcie vada perfettamente a coincidere col- la linea circolare / E scolpila alF intorno del cilin- dro di cristallo, clie Ibrma il pozzetto indicante il livello stabile, con cui coincide il o della scala 13a- ro metrica . La canna di vetro del Barometro è difesa e foderata da un tubo o cilindro , che può formarsi o di ottone , o di legno , la di cui sezione circo- lare è rappresentata dalla Fig-. 8- incavato in / ed /n. nel senso della sua lunghezza, in modo che, oc- cupando il suo asse la canna barometrica, si renda essa trasparente traguardata al lume, onde ben de- terminare il vero limite dell' altezza della colonna di mercurio . E' fornito detto tubo del suo Termo- metro Il v Fig: 2. , munito di doppia scala , centi- grada, ed ottuagesimale di Reaumur ; e la palla del medesimo incassata nel tubo vien anche ricoperta da una laminetta di ottone per garantirla, e dilen- derla dai raggiamenti dei corpi esterni , onde indi- chi esattamente la temperatura dell apparato. An- che il tubo Barometrico ha una doppia scala , che presenta da un lato la divisione in centrimelri e mil- limetri , e dall altro, in pollici e in linee . Il nonio qs Fig: 2. scorie fra le due divisioni sudette formate sopra due lamine di ottone , segnan- do da un lato i decimi di linea , e dall altro i de- cimi di ogni millimetro . Il suo movimento dipen- de, nei Barometri che si costruiscono con tubo di legno destinato per fodeia della canna , dal mec- canismo che viene rappresentalo nella Fig.ij.^ consi- stente nella seghetta T., cui connesso il pezzo che so- stiene la rotella O. Un cordonetto attaccato alle due estremità del nonio Q S abbraccia la suddetta rotella O , e la inferiore E , che corrisponde ad e ncììa Fig. 2,, la quale rivolgendosi colia mano o da un ' _,/ A~V^ 1 N 1 ' ~^V,VV.W^™^ ^) N; rf ?• Nuovo BVROM. PORTAT. Sq lato , o clair altro , potrà il nonio soÌIpt arsi o ab- bassarsi ad arbitrio . Il rocchetto R , che s'inter. na coi suoi denti in quelli della seghetta superio- re, serve a tener più o meno teso il cordonetto che trasporta il nonio suddetto . Ma è stato questo meccanismo ingegnosamente variato dal nosìro Autore sostituendovi un nonio a vite , pieferibile a qualunque altro per la regolari- tà , e dolcezza del suo moto , come viene rappre- sentato nella Fi^. io. Questo nonio abbraccia il tu- bo o Soderà, formata in questo caso di lamina di ot- tone, che difende la canna del Barometro , e facil- mente si fa scorrere su di esso rallentando la cer- niera a vite lì T. Trasportato presso la sommità della colonna di mercurio, girando o da un lato , o dair altro la cerniera di ottone CD , nel di cui interno è scolpita la coutrovite , che riceve i pam della vite BA , si può così sollevare o abb^issare il pezzo PM , finché il lembo n del doppio nonio vada esattamente a coincidere colla sontimità della colonna di mercurio sospesa nel tubo . Le parti se- gnate coi numeri i. 2. 3. 4- nella Fig. ii- danno meglio a conoscere i pezzi separati che compongo- no detto nonio, e le viti interne . Esso è delinea- to in dimensioni più piccole xy presso il tubo ver- ticale del Barometro a cui deve essere inserito , e lungo il quale trascorre come si è accennato di sopra , Detto Barometro , di cui si dà conto al pub- blico , e di cui si fa già uso da alcuni Geometri del Corpo degV Ingegneri Pontilìcj , e nella scuola di Fisica di cjuesta Università , ha pienamente cor- risposto a quella precisione ed esattezza , che face- va ripromettere la ingegnosa sua costruzione, nelle livellazioni e nelle misure di altezze , a cni è sta?? to finora impiegato -. 60 LETTERATURA B. G. Niebiihru C. F. , M. Tallii Ciceronis Oratio" nwn prò M. Fantejo et prò C. lìabirio Frag- menta ^ T. Livii Uh. XCI- Fragmentniìi plcnins et emendatius , L. Senccce Frammenta ex inem- branis Bihliothecie Vaticance edita . lìomce . De B-omanis 1820. P. ii^. in 8.^* È Articolo I. cosa fra gli eruditi ben nota, che nell'anno 1773. il Signor Brnns di Lubccca consultando per r edizione Ebraica del Signor Kennikot l'insigne co- dice Palatino num.° XXIV. della 13iblioteca Vatica- na , si lusingò di avervi rinvenuto il princijuo dell' orazione Ciceroniana prò Quinto , che manca tutta- via , e comunicò la creduta scoperta al suo dottis- simo amico Abate D. Vito M. Giovenazzi : e se intorno a quella scoperta rimasero delusi, furono pe- rò dalle ulteriori diligenze persuasi , che il codice era di quelli , che Piescripti dagli eruditi antiqua- \] si appellano, e che oltre il frammento del i^ib. XCI. di Tito Livio allora felicemente da essi riu- tracciato , e dal eh. Sig. Ab. Francosco Cancellie- ri publicato per le stampe del Casalelli , altri di- versi frammenti di antiche opere qua e là vi si con- tenessero . Anche li due letterali Monsignor Pier Luigi Galletti, e Giuseppe Luigi Amadesi Archivi- sta della Chiesa Ravennate, nella Relazione che fe- cero per ordine di Clemente XIV. sulla sincerità del NiEBUHiiius Fragm. Cic. ejc. 6i codice, ed esattezza dell' estratto come sopra stam- pato , dichiararono , come- - aniinadvertimus initio kic, atfjtie illic in variis codicis paginis antiqiiiorcm^ subesse scrlpturam , partim ex industria^ partim ip- sa fe/nporis vetustate pene ohliieratam , non ita ta- men. , ut cum inter lineas sacroruin verhormn , tum in marginibus paginarum se peritorum oculis non of^ forai legendam , non omnem quidem , sed majorem certe pattern - . Anche TAb. Gaetano Migliore nel- la seconda edizione del frammento Liviano, che fe- ce ia Napoli nello stesso anno lyyS., annunziò di av0r osservato nel codice qualche tratto della Far- saglia di Lucano . Ma 1 improba , e lunghissima fatica , che do- vettero sostenere li due socj Bruns e Giovenaz- zi nel ricavare col solo ajuto delle lenti quel pre- zioso avanzo del più eloquente scrittore della Romana storia , sgomentò chiuuqu'altro dall' intraprendere all' azzardo un silfatto difficilissimo e nojosissimo lavoro sulle alUe riscritte pergamene del medesimo codice. Avrebbe potuto fimpresa essere di molto agevolata coir applicazione di qualche rimedio chimico, che ri- comparir facesse la scrittura divenuta impercettibile ove per la medesima antichità del tempo, ove per 1 in- discreta artificiale rasura, ed ove per la stessa sopra- scrizione della Geronimiana versione della Bibbia . L' encomiato Editore del frammento Liviano veden- dolo ancora così incompleto , e lacero ad onta dell' incredibili diiigenze dclli due scuopritori Bruns e Giovenazzi , manifestò il desiderio , che - lieliqui fragmenti versus^ qui prodigiosa vetustate deleti quam- lihet ocidorum aciem effugiunt^ medicamenti alicujus ope^ redivivi quodanimudo in lucem emergcrent - , e non lasciò d indicare come abilissimo per questa ope- ■ razione il dotto Domenicano Antonio Minusi , che 62 Letteratura insegnava Botanica nel Romano Archiginnasio . Il timore peraltro che ne potesse risentir danno quel codice, tenuto in sommo pregio come antichissimo monumento della versione Biblica di S. Girolamo, avea sempre frapposto un ostacolo alla scoperta del- le ricchezze, che in quello si contenevano. Ma do- po i progressi della Chimica, e le molte riprove suU' innocua applicazione deli idrosolfureo di potassa al- le vecchie peritamene , 1 Emineutiss. Signor Car- dinal Consaivi vSegretario di Stato di Nostro Signo- re permise un tale esperimento a S. E. il Signor B. G. Niebuhr Ministro della tleal Corte di Prussia pres- so la Santa Sede . Questo intelligentissimo indaga- tore de' Ietterai] e scieutilici monumenti si accin- se air ardua e penosa fatica con tanto maggior ar- dore, e buon presagio di riuscita, in quanto la pro- pizia fortuna lo avea poco prima secondato nell in- teressante scoperta fatta in Verona delle Istituzio- ni di Cajo . Aneliamo il momento di aver sott oc- chi questo t<'soro, e di farne parola nel nostro Gior- nale appena lesimio Giureconsulto Goeschen , ecci- tato da un saggio recatogli dalf inventore di lui ami- co e congiunto , ne avrà compita la pubblicazione già condotta a buon termine sotto gli auspicj della Eegia Accademia di Berlino - L esito pertanto delle diligenze sul codice Palatino della Vaticana ha lar- gamente corrisposto alle speranze e latiche del Si- gnor Niebulir . Oj^gi lietamente egli dona alla lette- raria repubblica le varie sue felici scoperte per mez- zo di queslo volumetto, di cui diamo contezza per quanto il comporta un' opera di tal natura . Premette la dedica al Regnante Sommo Pon- tefice Pio VII. in dignitoso stile lapidario , ed una breve piefa ione, in cui ammettendo ch:ì il lavoro fos- , se già preparalo du circa tre anni, acCviglona del ri- NiEBUHRius Fra.cm. Cic. ec, 03 tardo di pubblicarlo non meno li personali inco- modi, e la necessità di confrontare alcune edizioni rare quali in Italia , e quali in Germania ; quanto la perdita del eh, Garattoni intelligentissimo delle co- se a Cicerone appartenenti , che come amicissimo dell' Editore gli studj di lui altamente del suo con- siglio confortava . Scende poi in un distinto capitolo a darci ac- curata notizia del codice Palatino, d'onde ha saputo ricavare i Irammenti de' Classici Autori . Avrà da qui innanzi ben poco a dolersi chiunque per lonta- nanza non potrà consultarlo . Con tanta precisione il eh. Editore ne descrive tutte le parti , che sem- bra averlo dinanzi , e svolgerne le pergamene, co- noscerne la qualità , lo stato , la dimensione origi- naria ed attuale , e distinguere la porzione più an- tica e riscritta da quella posteriormente supplita . JNulla poi resta a desiderare intorno ai. caratteri de diversi irammenti. A soddisfar la curiosità degli eru- diti una tavola vi è aggiututa col saggio diligente- mente inciso delle varie forme de' caratteri , ed anche delle cifre numeriche . Per singoiar cortesia del eh. Editore potremo nel prossimo quaderno ador- nare di questa tavola il secondo Articolo . Lispe- rando di poterlo seguire in tutti i particolari, ci con-' tenteremo di accennare li più interessanti . Comin- cia pertanto dall' età del codice , ed ingenuamente confessa - qitcìin lubrica sit , J^allaxqiie ficee tota de Ktate antiqui s si ninriim codiciini ratio - .Pur tuttavia esaminando 1' A. la somiglianza , che ha la forma de' libri Biblici soprascritti col goffo carattere uii" ciale , che si rav\isa ne' codici Carolini , e segna- tamente nel quaderno dell" Orazione in Pisonem , che si conserva nell' Archivio della Basilica Vati- caua , porta cpiaione, che da circa mille anni in- 04 Letteratura. dietro vi fossero riportate le sacre storie di Tobia, Giuditta , Giobbe , ed Ester. Dalla qualità poi del-. le vili membrane , e del carattere semi - barbaro in parte unciale, ed in parte minusculo, die si rav- visa oggi in molti quaderni del codice, arguisce, che gran pari» dell' antico perisse , e fosse rozza- mente supplito e ricomposto prima del secolo ua- decimo. Ripete il dejierimento dall umidità, che rnoU to ha nociuto alle poche pergamene riscritte , eli e del codice antico rimangono . Così fu perduto tut- to il primo quaderno, due fogli del secondo, quin» di il terzo , quarto , e quinto , finalmente l'ottavo, e nono, che tanto preziosi avanzi avranno contenu- to di opere incognite , e forse delle Storie di Li- vio . Nel secondo quaderno esistono tuttavia sei de' fogli antichi, che contengono frammenti di due ope- re perdute di L. yiniieo Seneca -. nel primo loglio si ha il principio del libro intitolato de Vita Pa- tris : gli altri cinque fogli appartengono ad un di- scorso de aiuicitia , sebbene il eh. Editore jion osi esternare che tale fosse il titolo dell opera. A que- sti sei fogli , che furono sempre della stessa dimen- sione del Codice Biblico, corrispondono le pag. io. i5. 39. 4o- 43- 44- ^1^6 opere di Seneca due altri fogli doppi S'^1^0 interposti , ne' quali si leggono al- cuni tratti del libro sesto e settimo della Farsa- glia di Lucano . La dimensione delle pergamene era alquanto più ampia del Codice Biblico , e perciò nel ridurle ad uguaglianza venne tagliato tutto il mar- gine col nome dell' autore, e parte ancora de' ver- si . A giudizio deir Editore questo frammento ha il pregio dell' antichità sopra moltissimi codici di Lu- <:ano , ma cede agli altri quanto al merito della cor- rezione . Quindi ha stimato supci/luo di ricavarne il testo, e rilevarne le varietà, conten^tandosi di ri- NiEBUHftius Fragm. Cic. ec- 65 portare il saggio del carattere nella Tavola sum-^ mentovata . Era singolare la forma della pergamena , colla quale piegata al mazzo furono formate le pagine 38., e4>- del codice. Doveva essere nella sua integrità scritta in quadrilungo, siccome a' nostri giorni i li- bri di musica. i3ifotti rimane tuttora nelle due estre- mità superiore ed inferiore un margine bianco, men- tre 1 lati ridotti alla foi'ma del codice sono scemai ti insieme col margine d' un terzo delle linee . La scrittura è unciale , bellissima , e molto rassomi* gliante al codice Veronese delle Istituzioni di Gajo. Il soggetto consiste in un frammento di greca mi- tologia , che l'Editore ha estratto, supplito, e pub- blicato con note lìlologiche , sebbene il titolo del volume non ne faccia menzione. Raro esempio, che un libro contenga maggior tesoro di quel , che il frontespizio promette ! Nelle pagine ^i^ e ^2. , che Sono di minor forma, incontrasi una tavola in Gre- co di varj raadicamenti per le ulceri, e malattie ester- ne ; le singolarità , che il eh. Editore vi osserva , e fece osservare per non igannarsi anche al eh. Pro- fessore di Edimburgo Giovanni Playfair, che si tro- vava in Roma, sono le antiche cifre numeriche Cine- si , ossiano Arabiche, quali oggi generalmente si usa- no per tutta Europa , che lo scrivano adoperò nel notare il peso del farmaco . In minutissimo carattere a due colonne , che l'Editore non giunse a distinguere, sono scritti due altri fogli di simil forma , cioè il ^6^ e 53. AH incontro di tre pagine in forma maggiore, e piegate nel mezzo , se ne fecero sei dalla 47- alla 52. Sebbene siano scritte in carattere notarile, con pallidissimo inchiostro , di cui in parecclii luoghi non v'è più vestigio , tuttavia il eh. Editore da al- G.A.T.VIL 5 66 L E T t E R A T U R A cune parole lette più facilmente nel margine delle due prime pagine, congettura, che un frammento vi si conservi di 'qUcT^lclia orazione, se non di Cicero- ne , almeno di (juaiche altro valente Oratore tiolui età diluì, e degno perciò che venga tolto airol>l"iO. Le pagine y3. '7.). y() ,6^8. del codice sono formate da due pergamene di sesto maggiore, ripie- gate nel mezzo , che sotto la nuova Biblica Scrit- tura le vestigìe contengono del frammento Liviano. Dopo tutto ciò che nella prima edizione Romana del 1773. ne scrisse erudilamcuic il eh. Cancellieii, si limita il Sig. JNiebuhr ad osservare , che anche gli antichi amavano il lusso librario de spaziosi mar- gini, ne'cjuali da' curiosi si ripone al di d oggi l'estrin- seco pregio tipograGco . Si tralliene però alcun po- co a dimostrare con moniimenli V incertezza della Paleograiia nel determinare l'età delle scritture , e perciò quella del frammento Liviano. Egli sostiene, che ali' infuori di leggerissima diiferenza, il caratte- re del frammento è simile a quello delle iscrizioni disotterrate nelle mura del Pompejano, all'altra del- le Terme di Tito , a due altre del tempo di Gor- diano , al codice di Virgilio della Laurenziana scrit- to sotto il regno di Odoacre , e ad altri molti . Glie ai>7Ì all'erma, che non si discosta dal carattere del codice Biblico spettante al Monastero della Ba ilica di ; an Paolo nella via Ostiense, ed oggi conserva- to Meli altro Monastero di S. Calisto in Trastevere, che al eh. Editore fu indicato dal Sig. Barone Fe- derico de Piumhor indagatore e conoscitore lodatis- simo di ogni sorta d' antichità , Questo codice ar- ricchito di miniature , e di lettere in oro sopra il Color di porpora , contiene altresì il ritratto di Car- lo Magno ?edeute in soglio , e un lungo carme iu encomio di lui , e niuna diiferenza seppe il eh. Edi- NiEBUHRius Frangivi. Cig, ee. 67 idre ravvìssare fra il carattere dì questo codice , e quello del iVammento di Livio nel codice Pa'atino della Vaticana. Ne deduce perciò, che essendo sta- ta in uso per circa sette secoli la stessa forma di scrittura , sarebbe arrogante presunzione l'assegna- re r antichità più o meno remota di un codice sul fondamento della sola scrittura senza il soccor- so di altri positivi indizj , che concorrano a deter- minarla con sicurezza . Da alcune osservazioni pe- rò suir orlogratìa del frammento inclina a credere, che scritto fosse nel declinare dell' Impero . Ha rintracciate il eh. Editore tre grandi pagi-* ne dflia parte , che manca dell' orazione Tulliana prò Fontejo; queste compiegate e separatamente ri- cucite fra le altre diverse formano oggi le pagine y4 1 e 77. , 3i , e yG. , 100 , e loi. del Codice Biblico. Li frammenti de' libri de Repuhlica teste ritrovati dal eh. e celebre Monsignor Angelo Mai Prefetto della V^aticana sono scritti collo stesso carat- tere , sebbene di forma più grande. Dall'ortografia di questo frammento ammette il eh. Editore , che si possa trarre probabile congettura per crederlo dei- la più veneranda antichità . Il quaderno decimo sesto del Codice Biblico dalla pag. 122^ alla pag. 12S. è composto di quat- tro antichi grandi fogli riscritti, e ripiegati coma gii altri nel mezzo . Due di questi , e la metà del ter- zo , spettano all' orazione prò C Rabirio . La mag- gior parte dì questo frammento è inedito, ali iniuori ài quel trailo, clìe nelf edizione di Napoli si trova dal V.3. delia pag. 333. al v. 1 1. della pag. 3 36. Il resto di quattro fogli riscritti contiene il pi-incipio dell'orazio- ne prò Sex. Roscio Amarmo . Nel ridurre questi fogli alla forma minore del Codice Biblico sono perite al- cune linee in pie di pagina , e parte delle linee 5 *" 6S LETTfiR ATURA nella seconda colonna poi taglio laterale, che i fo- gli hanno sofferto . Il carattere si risente del Goti- co , sebhene 1" ortografia sappia ancora delFantico • In altre 44- gi''«i^di pagine si vede porzione dell' opera di ^. Gel/io Nocfium uluicnrum scritta a due colonne con carattere incomodo a leggersi, come dal saggio nella Tavola incisa si riconosce . Il eh. Edi- tore non vi ravvisò lezioni , che meritassero di es- sere notate, anzi trovò in bianco le parole Greche; né vide giammai indicato il nome dell' autore , o il numero del libro. Riconobbe tuttavia, che vi era- no tratti del libro primo , e qualctino dell ottavo . Monsignor Mai , che ha discio!lo il codice , aper- te le pergamene piegate , e applicato il chimico ri- medio , assicurò Y Editore di avervi rinvenuti varj fogli del secondo libro, e del terzo. Qui poi alquan- to si allarga il Sig. JNiebuhr sulla contesa lettera- ria insorta fra esso, ed il menzionato odierno Pre- fetto della Vaticana in proposito dell edizione Mila- nese de*' frammenti dell orazione prò Scauro ■ Ave- va il Sig. INiebuhr palesato il suo parere , che alli «ei fogli ritrovati nel codice di Sedulio avesse a dar- si un' ordine e disposizione diversa da quella , che o, ino , e seguì il eh. Editore Monsignor Mai . Di qui la disputa , che non si può dire spenta : men- tre il Sig. JNirbuhr nell' atto di professare in quest' incontro tutta la stima pel degnissimo Prefetto del- la Vaticana , e di palesare ristabilita in Roma per- sonalmente con esso la buona intelligenza , tuttavia nella propria opinione con varj argomenti ed os- servazioni sempre più si conferma. Non si appartiene a noi 1 entrare in questa controversia . Tej mineremo perciò questo primo ar- ticolo coir avvertimento dato agli eruditi leggitori dallo stesso eh. Editore de' varj frammenti , che NiEBUHRIUS FllAGM. ClC. eC- 6<) cioè nel pubblicarli ha seguito lo stile di Fulv io Or- sino, di Giovenazzi, e degli Editori de' monumen- ti Ercolanensi , stampandoli cioè pagina per piigiua, colonna per colonna , linea per linea , come giac- ciono nelle pergamene del codice, e colle stesse la- cune delle linee , e parole tagliate, o scomparse, aOìnchè i periti delF arte Critica, avendo sott' occhi un' esatta copia de frammenti , possano anche senza veder 1 originale impiegare i loro ingegni nell'emen- darli , e supplirli . Pietro Avv, Ruga Dissertazione sopra un antico cimo Campano ,. let» ta nelt Accademia Romana di Archeologia li i 6. Aprile 1820., dal Sig. Giuseppe Antonio Guatta- ni Segretario perpetuo. Roma^ presso De RomaniSj in 4-, di pa^g. 2 2. , con tavola in rame. iscuoter debbono il tributo di letteraria riconos- cenza que' personaggi , che in alta dignità colloca-» ti , le vetuste reliquie provvidamente raccolgono , e presi per esse di ragionevole amore , con beila cor- tesia sottopor le vogliono alla disamina ed al con- siglio de dotti . Vengono questi della nobile condis- cendenza in superior modo eccitati ad intraprender sulle medesime la fatica di accurate indagini , ed a pronunciarne un più solenne giudici© : dal che ed ammaestramento a molti ridonda, ed utilità e van- to maggiore alle scientifiche società . Incontrò certa- mente una tal sorte T elmo di bronzo , che dalle contrade di Atella venuto in potere di Sua Eminenza Revercndis. il Sig. Cardinale De Gregorio , fu per ordine suo recato alla Pontirìcia Accademia Roma- ^o Letteratura iia di Archeologia ; non senza quelle generose pre- mure , che altesteranno mai sempre V umanità sin- golare, e lo zelo pei buoni studj, nudrito dal rìspet- titLilissimo Porporato - Le discussioni , che nacque- ro allora Ira' socj , somministraron poscia al Sig. Gualtani un buon motivo di comporre e leggere guest' erudita ed acconcia dissertazione . Protesta egli dapprincipio di seguire il voto accademico, che gli sembiù uniforme, in .giudica- re queir elmo servilo a sceniche rappresentanze : ma non ti alascia di addurre il parere del chiarissimo Sig. Luca di Lusciano , il quale , su gli escmpj che Ila sotto gli occhi nel dovizioso Museo di JNapo- li, e su molto dotte riflessioni , propenderebbe a crederlo puramente militare . Assicura in seguito il Sig. Guattani V autenticità del monumento; per es- serne il metallo di una mistura ignorata , e non ado- perata dagli artefici moderni ; e per aAere 1 inven- zione , il battuto , la cisellalura di una originalità e squisitezza , da non contraffarsi che a sommo sten- to . Rispigne leggermente 1 opinione di alcuni , che avrebbero voluto dubitare delF antichità , non ve- dendovi quella patina dura , detta smeraldina , la quale sembra iormarsi soltanto da certi terreni , o piuttosto da certe c[ualità di bronzo . Questo in- teressante argomento dovrebbe , più che altro , ri- chiamare a se tutte le cure de' principali Chimici d' oggidì , i quali tanto sanno , e tanto ponno sul- le terrose e metalliche sostanze . È il nostro elmo una sottil celata , ben cal- zante al capo , senza visiera , o frontale , e senza buccule , o guanciali , che potrebbon forse esserne stati distaccati . Presenta sul davanti due protube- ranti e corrugate sopracciglia di fronte ferina , e due acute orecchie di lince , o simil belva , sor- INTORNO UN Elmo CiniPANo -yi montate da hastantemenle lungo ed arricciato ^^e- lame pur ferino , tra il quale intrecciarsi sembrano alcune l'oglie di edera . Sorgeva su queste il cono , or mancante , della stessa tenue piastra ; il quale di- lata vasi a foggia di cresfa , e spargea forse lunga criniera indietro , come da altri monumenti si rile- va : il che^( mi sia permesso dirlo ) non ha la menoma relazione col cadente comignolo de' Fri^j berretti . Potrebbe anche essere stato quel rotondo imbuto, di cui non si vede che la radice , il luo- go in cui si conficcavano le tre grandi piume , del- le quali parla Polibio , e ne assicura del vago in- sieme e ibrmidabile effetto , che producevano alla vi- sta . Nel bel mezzo del postcrior lembo , dove la coperta dell occipite posar dovea sulle vertebre del colio , spicca egregiamente lavorata V insegna della trinacria ; senza perù il volto , o cerchietto nel cen- tro , e senza gli altri accessorj , che veggiamo sul- le medaglie; ma. con istivaletti a ciascuna gamba di tante lunic<>lle decussate , che il Sig. Guattani chiama eroici Coturni . Bastar potrebbe per avventura questo simbo- lo dello triscelo ( tre gambe ), onde assegnare la fabbrica del vago cimiero alla Sicilia ; di cui trop- po son celebri le fucine vetustissime , modellate , come pare , sulle naturali fucine , più durevoli di quelle di Lenno , i Ciclopi , V eccellenza nelle arti di tirare i metalli , e secondo alcuni autori , De- dalo stesso , creduto da' Greci maestro sommo d' o- gni più maraviglioso lavoro in 'sìuiil genere - Veg- go tuttavia obbjcttarsi a proposito del Sig. Guatta- ni , elle anche alcune città della i\IagKa Grecia , d'o- rigin Sicula vantandosi, adoperaroh sulle medaglie il tipo della triquetra ; e considerò d' altronde , quanto mai naturale al pensicio si offra l'aver quel- ■72 Letteratura la , non per marca di officina , ma per emblema di una particolar legione , coorte , o allr' ordin mili- tare, a cui gli elmi convenissero appunto di tal lòr- ma . Essendo però la bella incisione ^ì picciola , e posta in luogo quasi sottratto alla vista , amerei di prenderla qual semplice contrassegno di destinazion d' uso alla data legione , e coorte ; non già qual di- stiiitivo esterno della legione , o coorte stessa , sul campo , e ne' quartieri ; che questo ben veniva as- sicurato da' vessilli, e dall' armatura tutta. Avrebbe voluto il Sig. Guattani attribuire il celebrato nostr' elmo alla specie almeno de gladia- tori : ma la mancanza di grande pennacchio , e di grande fastosità, propria particolai mente degli ac- coltellatori Sanniti , e de' Campani , coni' egli ag- giunge, ne lo ha distolto . Quindi , per quelle ap- parenti foglie di edera , che abbiamo accennato , e per le acute orecchie , a lui satiresche mostratesi : nulla valutando il restante , da noi rilevato , del truculento cipiglio di fiera , cui sappiamo da' clas- sici e da' monumenti fatto a terrore , e specialissi- mo alle Romane milizie , si risolve d' ascriverlo al novero , eh' ei sosterrà , de' baccanaleschi , satirici , € giocosi . Rivoltosi per ciò alla terza ed infima par- te degli spettacoli teatrali Grecanici , truova ben a- gevolmente sceniche rappresentazioni di tal sorte an- che presso i Latini , e ludi episodici , miscelli , Bac- co-guerreschi , rudìarii , ed astici ( che però non gli passeremo essere stati detti ab hasta ) ; e rav- visa i satiri , principali attori di questi, negli uo- mini nudi danzanti , con solo leggier pileo o cas- side in capo , tanto frequenti ne' vasi Italo - Greci o Campani . Alla fatta obbiezione delle forme co- lossali di tutte le antiche pcrsonce , alle quali in- servibile sarebbe stato un sì modico elmetto, ris- Intorno cn Elmo Campano yjl ponde così di passaggio , che le satiriche erano mas-* cherate di carattere , e di tutta la persona ; onde loro bastavano arnesi di giusta grandezza . E qui , da Alella , luogo dello scuoprimento del bronzo , egli è troppo naturalmente portato al- le AtelJane, non sappiam se dire commedie incon- dite di rustici , o l'arse pantomimiche , disponendo con asseveranza , queste non essere state altro , che la scena satirica de" Greci , in cui s' introduceva- no , secondo lui , que' mostri silvestri e lascivi, al- men galeati , a rallegrare il popolo da' gravi eventi delle tragedie . Cita i passi di Livio , di Svetonio , e di Giovenale , ne' quali le Atellane sono quasi sol- tanto nominate , e produce nella tavola in rame due figure di un vaso celebre del Museo Bocchi , una donna cioè nobilmente ammantata e coronata , ed un uomo ( satiro ) nudo , barbato , galeato , ge- sticolante . Koi non possiam che dare molta lode d' inge- gno , d' erudizione , e di sforzo al Sig. Guattani , per questa nuova opinione , come per tutto il resto : ma , persuadendoci eh' egli abbia in ciò seguito la sentenza altrui , più che la propria , prenderemo r ardire di fare alcune riflessioni in contrario . Egli ha osservato piìi sopra , egregiamente a nostro av- viso , che la maniera de' lavori dell' elmo in qui- stione sente molto di quella delle medaglie più bel- le di Sicilia , vale a dire, eh' è nobile e grandio- sa quanto mai. E di fatti quella capigliera , que fogliami , que' corimbi , tutto sfoggia di una deli* catezza , felicità, e ricchezza insigne . Or com'è cre- dibile , che tanto di raffinato lusso si dedicasse in Atella anche autonoma , in Atella sotto i Roma- ni , a rappresentanze di rozzi numi boscherecci , % •scene , che doveano eccitar le risa nel paese per la y4 Letteratura campaguuola nazionalità , come le eccitaron poscia in Roma per le licenziosità , e pel dialetto provin- ciale , Osco , o Campano , clie si fosse? Sappiamo che un dottissimo uomo ha sostenuto , i sauri non essere stati capripedi : al che valenti arclK^ologi pre- stano buon assenso . JNoterem qui solo all' uopo no- stro sul gesticolatore , addotto da queir Etrusco Mu- seo; che la di lui casside non è realmente simi- le alla nostra , mentr' essa ha sul davaniì la pro- minenza , od aggetto petasìlorme , tutto d' un pez- zo, di cui la nostra è priva, e non mostra d' aver- lo mai avuto : che , se in quel vecchio , o guer- riero amoreggiante , prende si vuole pel men dub- bioso segno di satiro , la ricurva coda , che dalla parte deretana è prolungata fino a terra , più che quella di alcun giumento , e senza esempio appros- simante in istatue o bassorilievi ; aflermercmo , eh' ella a noi sembra piuttosto una coreggia, o scuti- ca di pelle , fluitante all' ari-a. : il che sovvenir ci farebbe i Lupercali , antichissimi anche in Roma , poiché derivali da' primitivi popoli suoi fondatori . Conchiuderemo , da quanlo abbiamo succinta- jnente scorso , che rimanghiam perplessi ancora su non poco di ciò , che pei pii^i facili creder si po- trebbe già determinato , o in un modo , o nell al- tro; e che ugualmente perplesso ne rimarrà chiun- que far si voglia modesto estimatore di sì decen- ti dispareri . Trattasi di antichità figurata , della quale molte cose sono disgraziatamente di gran lun- ga più oscure e difficili di quelle della scritta . Se- guendo adunque la ingenua dichiarazione , posta sul bel principio dall' istesso Sig. Gualtani , che cioè , dopo le nostre allegazioni , convenga tuttavia al pre- gevol monumento un secondo giudizio, rimostria- mo , che questo non si avrà sicuro e decisivo , ss Intorno uw Elmo CAittPAifo j§ non se quando venga da valentuomo , il quale ab- bia presente , e sappia con criterio porre a profitto quanto risulta su questa materia da' classici , quan- to da statue , bassorilievi , medaglie , e gemme , ed il quale finalmente pronunci in mezzo all' autore-» vole schiera delle dovizie Ercolanesi e Pompejane . Girolamo Amati L'If all'ade^ Poema del Cav. j4n§elo Maina lìiccì. Livorno , presso Glauco Masi in faccia alla posta del< le lettere i8if). E quando il dente Longobardo morse La Santa Chiesa, sotto ale sue ali Carlo Magno vincendo la soccorse. Dante, Farad-. C.6. XJa caduta di Desiderio Re de' Longobardi , e la totale distruzione di quel regno per opera di Car- lo Magno ha somministrata al Signor Cav. Ricci f già per altre sue lodevoli produzioni notissimo, l'ar- gomento di un poema epico . Ha egli in una ragio- nata prefazione dato conto del suo lavoro, degli epi- sodj neir azione introdotti , e de' costumi, che ha, voluto dipingere . Ciò però non ci tratterrà dal da- re un idea dell'orditura del poema, eh' è divisola dodici canti . Accampati alle Chiuse sono Desiderio col figlio- Aldegiso , e nel!' esercito combattono come alleati Arigiso Duca di Benevento , Beroldo Duca di Sa- voja , Oberto Duca di Liguria , Rinaldo Duca di Chiusi , e Ira loro sì distingue Tassilone Duca d* jfi Letteratura Baviera , che colla sua sposa Luiclburga figlia di De- siderio divide i rischi delle armi . Carlo , che muo- ve da Genova conlro Desiderio, ha seco Angilbcr- lo con i suoi JNormandi , Alboino giù Duca di Spoleto spogliato da Desiderio del suo principato , Armando, Garamano ed altri calorosi capitani : ma singolare ajuto riceve da Elicone Duca d Au- stria uomo di sommo valore , a cui Carlo confida la condotta ancor dell esercito , quando deve egli allontanai sene. Nel principio del poema ì Onnipotente deci- de di por line alla guerra , che arde ira il Re Lon- gobardo , ed il Franco . Le preghiere presentano in- nanzi al trono Etejcno i p"egj di ambedue quei re- gnanti , e la Divina Sapienza vede preponderare la bilaìice in favore di Carlo. 1 due Ang'-li tutelari delF Italia e della Francia scendono dal Cielo, e prenden- do il secondo le sembianze di Leone Arcivescovo di Ravenna eccita Carlo all' impresa, ed ali assalto del remico , rimproverandolo quasi di languidezza nell' adempire le promesse fatte al Pontefice . L'Angelo protettore de' Longobardi sotto le for- me di Paolo Diacono comparisce ad Aldegiso e lo consiglia alla pace, mostrandogli le sciagure, che so* vrastano ad una ingiusta guerra. Aldegiso va al pa- dre Desiderio, ch'è cii condato da' suoi baroni, con- siglieri , e capitani : espone egli i suoi voti per la pace , ma dal padre sono accolti con isdegno, e rim- provera il tìglio come sedotto dalla sua sposa Gisile sorella di Carlo . Aldegiso risponde riverente al pa- dre , dilende dalle accuse la consorte, e promette di eseguire fedele i cenni paterni. Applaude alla deci- sione della guerra il consiglio, e si accingono allim- presa gli Lroi . Desiderio al sorgere dell Aurora ri- volgendosi verso il Cielo, gli sembra di vedere fra le Italiade del Ricci 77 liubl r ombra di Chidelberto , le schiere dei Franchi fugate , e da queste sognate apparenze trae per la sua impresa l'elici augurj. Intanto i capitani passano col- le loro squadre sotto gli occhi di Desiderio; ma men- tre essi anelano alla battaglia, questa è stata già at- taccata dai Franchi , ed Alboino ed Elicone sono già l'oitunali assalitori ; ma contro loro si movono Tassilone e Luidburga. Alboino crede in questa di , riconoscere il suo odiato nimico Gisolfo, che gli è succeduto nel perduto comando di Spoleti , e cer- ca di aver con lui singolare duello . Luidburga non lo schiva, e valorosamente combattendo lo ferisce a morte. Egli riconosce nella sua feritrice quella di cui fu perduto amante, e muore teneramente a lei parlan- do . Tassilone trovasi presente alla sua morte, e ri- cotiduce alla tenda la moglie da Alboino leggermen- te ferita . Tornano però ambedue presto alla mischia, e la vittoiia che parca in prima arridere ai Franchi Tolge loro le spalle , e Gisolfo ascoso dietro le più I alte balze fa pricipitare su di essi rupi e macigni, on- de trovano in mille modi la morte. Cangiato così iu un momento T aspetto della battaglia, anche Eticone sarebbe stato vittima dell'avversa fortuna se 1 Ange- lo protettore dei Franchi non F avesse assistito fra le scoscese montagne, e fatto sì, che giungesse ad una piccola Chiesa ed abitazione, Romitoria di S. Opi- zio . Il Santo pietoso lo accoglie, lo ristora, gli nar- ra le proprie vicende, ed il suo ritiro dal mondo do- po aver servilo il Re Ratchis , e chiude il racconto augurando, e profetizzando quiete , e grandezza all' Italia . Li" assenza di Eticone rende incerti i Franchi, ed arditi i Longobardi . Carlo stesso accorre ad in-^ coraggire i suoi , ma Eticone istruito dal Santo Vec- chio trova la via onde ritornare al campo , ed op- portuno g[iunge mentre la rovina di un ponte riduco ^8 Letteratura va a fatale eccidio i Franchi , eh' egli rincoraggìsre, e libera coli' esempio del suo valore dal quasi dispe- rato pericolo . Dislatti i Franchi si ritirarono, e Cnr- ìo propone la tregua necessaria per dar sepoltura ai cadaveri. Conviene Desiderio, diesi adempia il pio officio . La descrizione delle diverse pompe funebri dà luogo alla narrazione degli amori di Valfrido con Clarice , e del tragico fine di questi due sciagurati amanti . Carlo, veduto l'avverso esito della guerra , con- fluita co' suoi 1 e propone di fare una pace onorevole con Desiderio . Il consiglio lo approva , e si spedi- scono ambasciadori a Desiderio proponendogli van- taggiosa pace . Questi riceve con alterigia gli amba- sciadori , parla con disprezzo del capo della Chiesa, rifiuta le otfertegli proposizioni: però ritornano quelli infruttuosamente a Carlo. Superbo il Longobardo del- la vittoria, ordina che prontamente si eriga per es- sa un arco di trionfo. JNelfavanzarsi la fabbrica dell' drco, escono dal loro nascondiglio due serpenti. Quat- tro vecchi seguaci delle antiche superstizioni Lon* gobarde nel sonno prendono augurii da tale appari- zione,, e dai loro sogni li ricavano ottimi, onde De- siderio ne esulta . Corse di carri, giuochi di lotta, e di armi festeggiano 1 inaugurazione dell' arco. Questi tratti però di vanità e superbia di- spiacciono al sommo Dio , e queste colpe del vec- chio ile piombano nell infernale caverna sopra un ara su cui raccoglie Satanno le colpe dei mortali . Sorgono da quest ara in Ire strisce di vapore d'aver- jQO la discordia , lo spavento , lo sprone alla fuga che penetrando nel campo Long^onlljardo s'impadronisco- no dell'animo di tutti i capitani, e di Aldcgiso ancora. Carlo, ricevuta la ripulsa della pace, si accinge 4 tentare nuovamente la sorte dell'armi , « l'Auge- Italiade del Ricci ^9 lo protettore de'Franchi scende fra le loro scliiere. All' aj)parire di lui si raddoppia il lang^uore ne' Lon- gobardi, come il valore ne Franchi, ne' quali l'at- taccare e il vincere l'inimico è un punto solo. In- vano Luidburga , il consorte, e Desiderio stesso si oppongono alla fuga dei loro, che rotti, e sbaraglia- ti abbandonano fino gli accampamenti : onde in es>* si passano i vincitori la notte . Carlo al sorger del sole, dopo avere all'altare offerti preci, lodi, e rin- graziamenti all'Altissimo, parla energicamente, e pia- mente ai soldati. Finita la sagra funzione, è presen- tii tu a lui una pastorella prigioniera, che col suo pian- to impetra di essere ricondotta allo sposo - 1 gii a queir es;:mpio di amor conjugale si rammenta, che la sua Idclgarde è lontana, risolve che venga al cam- po , ed intanto in lauto reale banchetto esaltano i poeti le sue lodi . Mentre tali cose seguono nel campo di Carlo, la real lamiglia di Desiderio vive nella reggia di Pa- Aia in and:)igua oscurità sulle vicende della guerra, ed agitata dal timore di quelle sciagure , che il si- lenzio predice. Gisile ingombra la mente di tristi idee lascia celatamente il palazzone \a nella vicina selva a consultare la pia solitaria G saltrude . L'in- terroga sulla sorte dell armi , e sulle pene da cui è oppressa . La conforta la santa donna con pie rifles- "sioni però sulla fragilità delle cose mortali, sulla sta- bilità delle eterne . Passa Gisile la notte in quell'ere- mo , ed in sogno vede un misterioso monte liorito nelle cime , carico di frutti nel mezzo, cìnto al pie- d' dì ghiacci . Vede immensa folla che inerpicando pel mjiìte finisce colla caduta nelle acque, su cui il inonle sorge , e da quell' acqua altri emergono con- dotti dagli Angeli al Cielo, altri da briino naviglio so- no trasj^ortati alf inferno. Un Angelo si fa scorta di OO LiETTERATURA Gisile e la conduce prima a contemplare gli eterni tormenti delle anime perdute, indi le pene delle pur- ganti, finalmente il supremo gaudio delle beate. In questa visione riconosce le più celebri persone che. fi- gurarono circa a quei tempi in Italia . Desta finaU mente, narra quanto videa Gisaltrude , che le dice, che si prepari a soffrir molto , ed a sperar molto. Ritornata Gisile alla Reggia, mentre si occupa con le altre reali donne in industri lavori, viene un araldo colla trista nuova della disfatta de' Longobar- di e del prossimo ritiro degli avanzi delf esercito In Pavia . Ascendono sulle torri Anza Gisile Adelberga per vedere se appariscono il marito, lo sposo, laman- te . Giungono essi alfine, e tenero , ma tristo è rin» contro. Desiderio subito provvede alle fortificazioni di Pavia , di Verona, e singolarmente alle riparazioni della torre d'Urba : ne dà l'incarico ad Aldegiso che ubbidisce , e mesto abbandona la sposa. Comparisco-' no dopo dodici giorni le truppe di Carlo. Tassilone esce a turbare i primi lavmù degli assedianti , ma lo richiama Desiderio dentro le mura . Passa Carlo in rivista l'esercito, ed ha al fianco Idelgarde. Ermen- garda che dalle mura la vede, esclama contro l'infe- dele marito,ed oppressa dal dolore perde l'uso de'sensi. Si accende calda mischia fra i due eserciti. Tas- silone dopo prodigj dì valore viene a duello con Eti* cone , ma da Luidburga questo coml^attimento è in* terrotto. I Franchi fanno avanzare le macchine da guerra contro le mura . Desiderio vedendo così po- derosi i primi impeti dell' assalto , crede necessaria la vicinanza di Aldegiso , e sceglie Isnaldo per così pericoloso messaggio . Ermengarda muore vittima del suo dolore. Esco- no d:ule mura i Longobardi, e l'Angelo li avvalora. Però resta sospesa la pugna per la nuova d' essere Itali A DE del Rioei 8i •stato preso Isnaldo, che chiede ingrazia ad Arman- do di rivedere la moglie ed i figli. Armando, fingen- do pietà , glie lo accorda purché dica agli assediati che non v'è speranza di salvezza, che Aldegiso è per- duto . Si affacciano alle mura la consorte ed i figli del prigioniero . Esso dà loro 1' estremo tenero ad- dio, ma dicendo però che Aldegiso è vicino, è su- bito con un colpo di freccia ucciso. Diventa più fe- roce la battaglia : sopraggiungono incogniti Aldegiso, e Anigiso, combattono da fòrti, e giungono a ritirare le loro squadre nella terra di Urba , ove si chiudo- no . Atto, che dalla parte di Carlo fa mirabili prove, involto nella mischia entra combattendo con Rinaldo m città , e rendesi prigioniero a Desiderio . La ve- duta delle pitture delle pareti della reggia ove è rap- presentata la fuga dei figli di Rosmilda, desta in Atto 1 idea di una fuga. È trattato a lauta mensa da De- siderio , e Gisile e Adelberga gli chieggono nuove del znanto e delf amante , de quali ambedue temo- no qualche sciagura. Atto è preso dalle attrattive di Adelberga; e la confusione, che in lui è prodotta dal- le passione nascente, non può restare occulta agli oc- chi del maligno Duca di Rimino Maurizio . Termi- nata la cena. Atto si ritija agitato fra i pensieri dell' amore e dgììa fuga . GiAiX Gherardo de Rossi G. A. T.VII. G 83 vnwmxMwset Della vera dcnominazioTie derivata dalli Etruschi dì Moìisnmmano in Toscana , Induzioni del ProJ'cs- sore Giuseppe del Rosso , lìe^io Consultore so- pra i pubblici edifìzj della Città di Firenze . s In apri cu m prò fere t aetas. oggolto di erudita indagine furono bene spesso quei liomi di villaggi , terre , e castella che una tjualclie analogia couscrvaron a significare , o una persona , o una località , o un cjualche attributo di situa/ione . Generalmente anzi sono queste le ori- gini prime della maggior parte dei nomi di cit- tà , e territori , i quali sono per lo più designati , o dal nome di qualche Divinità , come Citerà da Ciierca ; o da un' attributo , come Rodi dalle ro- se con greco vocabolo ; Floientia dai lìori , o se- condo altri Mucnzie dal iìume ; o dalla situazio- ne , come Mcdiohmnm quasi in medio Aninium fra i due liiiini Po e Tesino ; o da qualche circostan- za locale come Monte di Fuoco ^ Jcqua pendente; <> dal fondatore, come Mantova , Pietroburgo , Co- stantinopoli . Previa questa generale osservazione, mi sem- bra che la ricevuta etimologia del vocabolo Mon- summano , nome di un poggio molto elevalo nclJu Val-di- \iev ole, non possa derivare , com;^ si crede, da Motts-snb-Manu , per quanto lo stemma di quel Comune, il quale rappresenta un monte sotto la ma- no , potesse appoggiare l'opinione di coloro , che tale etimologia vccierono aver dato a Monsummano il nome; ; j;oicIiè og'^nun sa non aver mai lo stem- ma dato il nome ai luoghi, ma bensì issoisi nell' Della denom. di Monsummano 83 . appropriare gli stemmi cercato dì fare ai nomi stes- si allusione . Se dunque una mano con sotto un mon- te è lo stemma di quel Comune , come nel!' an- nessa figura si vede egli è bene applicato alla supposta etimologia , ma non è documento che ella sia la vera , ed anzi il resultato di una idea nata nei bassi tempi dietro la ricevuta denominazione di questo monte senza esami- nare d' onde egli fosse così chiamato . Volendo io per mero {>assatempo esporre i miei pensieri su questa denominazione, gioverà di osser- vare che non di rado solevasi dagli antichi ap- porre i nomi a dei luoghi in sequela del culto che a certe Divinità prestavasi; e un Tempio, un'A- ra , o un 5acro Bosco ove a qualche Nume ren- devasi omaggio , sovente furono le origini di varie locali denominazioni . Premess^o ciò, credo di non andar lungi dal vero se sono di opinione essere il poggio dì Monsum- mano cosi nominato fino da remotissima età , an- zi essere di quei pochi in Toscana che abbiar p ** 84 Letteratura per avventura conservato il suo originario vocabo- lo , ed abbiaci nell' istcss'o tempo trnm;nulato la me- moria di una di quelle ] divinila poco note , ma die ptjre erano veneiate nella Toscana ; al qual senti- ni'uto quando mi riesca di dare un certo grado di pruLabilità, verrà a fissarsi il vero nome di quel molile , e verrà determinalo il cullo da' Toscani pre- slato ad una I)i\ iuità , della quale col tramandarci qiicsto nome ci danno i nostri maggiori sicuro in- dizio di essere stati veneratori . 'ira la lista degli Dei conosciuti dall' anticlii- tà lin \cne uno , che per essere di cattivo augu- rio poco trovasi ricordato , né esiste di lui alciiu iiiouiimeiilo che lo rap|nTsenti , né ([uasi lapida clie ne l'accia m.nizione , come delle cose inl'ausle vion l'atto , che il volgo ha ribrezzo iuiino di nominare . Questo Dio che da qualche autore , come Mi.v- ziano Capella (•) ■> lassi T istcssa cosa che Pluto- ne, è però distinto, e conosciuto dalla più remo- ta antichilà col nome di Sommano , quasi Suinnms Maniuin : e dietro al nominato Capella Y istesso ci fan sapere Celio Kodiglno (3) , lo Stuchio (3) , il Casalio (4) , il Tuniebo (5) ec Ma se in effetto gli aiitichi avessero creduto essere T istessa cosa Suni- maiio e Plutone , non sapremmo comprendere co- me al nume di qucsl' ultimo prestassero culto re- ligioso, quando del primo era quasi detestata la m'- (1) L. 2. de iXupt. Phiiol. (2) Lcct. Ajruiij. LiL. I. Laii. o. e LìIj. io. Ciip. jo. (o) De Sficiit. (4) i)e Vetcr. Aegypùor. riiib. cap. 20: \h] Lib. i.'6- aiivCiii. oap- 4- DeLT,.V DE.\0.ni. DI Mo\SUM?aAT\^0 H^ moria . Eravi dunque iicìla loro dottrina qnalrbe altra circostanza , clic rendeva il nome di Sumina- no indipendentemente dall' essere uno degli Dei in- fernali , ai quali tributavano onori per impedire che gli Ibssero nocivi . Qual fosso il motivo della straordinaria avver- sione che avevasi a questo I>uiiie , 11 j)rimc chr-, ce ne somministri qualc'ie Itane Irr* i Romani scvif- tori è Plinio , il quale c'insegna come srcondo !a complicata dottrina degli Etruschi nove erano gli Dei despoti dei tiilminì , i quali ne scagliavano dì undici differenti qualità. Ora siccome da qnesli ini-- mini se ne tirava una lunga serie dì vaticinj secon- do che questi cadevano, avendosi riguardo ad ogni pili minuta circostanza di tempo, e di luogo ;; co- sì era necessario farsi molte distinzioni onde poter dedurre quali erano quelli di fausto o d'in l'elicci augurio , e giudicare a quale degli Dei essi aportr- tenevano . JNe veniva da ciò che dei fulmini pre- si in cattiva parte ne era detestato V autore chf; av evali trasm.essi . I Romani adottando la medesima massima n^. semplicizzarono il sistema, e di tanti difTerenil Ijei , in potere dei quali stava il ^fulmino , a soli dne li ristrinsero , e fecero la 3ola di'i^inzlone dei ful- mini caduti di giorno , e di quelli caduti di not- te , attvibuentlo a Giove, i primi , che ne poteva se;'-, gliare di tre generi diversi , ed i secondi a Sum- mano . Riporterò il tosto di Plinio , che colla sua so- lita eleganza, e hrcviià spiega quanto ho significato : Tuscorum litterce Twucm Deus cmitttrc fulmi- na existimant , eaque esse nndecim genermn. : Jo- vein cìiim trina jaciilari . Ilo/nani dito tmitum ex 86 ^ Letteratura iis servavere , diurna iittrihuentes Joi'i , noctuma Summano (i). Senza entrare nelle varie definizioni rapporto ai fulmini caduti di giorno che al solo Giove appar- tenevano , clie troppo mi dilungherei dal soggetto , noterò soltanto , che per quelli caduti di notte se ne aveva un' orrore , che arrivava alla frenesia , e che per quanto dei primi si avesse cura , dopo va- rie solenni libazioni , di lasciar memoria del luo- go ove erano caduti fino ad erigervi un qualche mo- numento che Bidentale appellavasi (2); per i se- condi appena sappiamo se qualche cercmonia ese- cratoria facevasi , ma certo si è che niuno indizio lasciavasi che ne trasmettesse ricordanza . E che questi fulmini notturni fossero tenuti di male augurio , ed annunziassero future disgrazia. Io significa Eustazio a quel passo di Omero Facine allor tutta la 7iotte Giove tonando orri- hiìmento minacciava (3) dove ha solidalmente trat- tata r apprensione , che si suscitava nei popoli al (1) Lili. 2, Gap. 5-2. (2) Sags' f'<2''' Accademia di Cortona T. V. vedi la dottis- sima incuiona di /\nonimo Autore sopra ud Bulenlale^ dalla qua- le ho traile al<;une citazioni allcj^atc in questo breve discorso , che non ha altro oggetto che di far conoscere, quando non mi sia iii;^annato,la conservata denominazione fino dai tempi Etruschi del Monte Suminano , del pari che Monte Giovi, cosi ancora detto; e Monte Ercole ( oggi Hontcschi ) ; Monte Alcide ( oggi Monial- cìko ) ; e tanti altri nomi di Divinità impo;UÌ a molte cmin«nze della Toicana nei tempi posteriori sotto il dominio dei Romani ; e non per trattare della s ienza dei fulmini , soggetto con tanta erudizione pressoché esaurito nella citata memoria negli atti dell' Accademia Cortonesc , e da altri autori . (o) Lib. 7. Ver. 468. DkLLA DENOM. di MoNSLMaiANO 87 più leggiero indizio di questa meteora^ atlrllinita al- la malignila del Dio, che sappiamo d'altronde con replicate testimonianze nominarsi Snmmano , iva le quali è di molto peso la spiegazione di Festo al- la parola Dium , ove dice : Dium fal^uv appella- haììt (ìhirnum , qiiod putahant Jo\ns , ut noctiir- fìum Slunmani ; volendo insinuarci , che la vera in- terpretazione di fidgiir dium che si trova in mol- li monumenti , sia fulmine cascato di giorno , sic- come i cadmi di notte scagliati da Summano : spie- gazione che per quanto non apj-rovata da Vossio , (i) non toglie nella sostanza gli attribnti riconosciuti da Giove , e da Summano . Se la conoscenza di questo Dio fosse mollo este- sa presso gli Etruschi,nol sappiamo, per la perdita tifi loro libri , e per la scarsità dei monumenti , che so- no a noi pervenuti . E chiaro per altro che i ìloma- ni non si occuparono che del solo nome , mentre sem- bra essere stati molto allo scuro in ciò che lo riguar- dava particolarmenle, toltone la specilicata abborrita prerogativa ; quindi è che Ovidio mostra appena di sapere chi egli fosse quando si espresse . Reddita qiriquis is est Summano tempia fernntur. Tum cum iiomauis Pinhe tinendus eras (aj , ed il sublime Vescovo d'Ippona, dove parlando della i'eiicltà creduta Dea dai f»omani , e dicendo che es- sa sola avrebbero dovuto adorare , giacché in suo ar- bitrio stava il renderli felici , (3) soggiunge : Siciit («) In Etjmol. V. Dius (2) Fiistor. fi. Ver. -jZi. \^) Ub, L (le (iv. Dei 88 f Letteratura eiìim apucl ipsos legitur Romani veteres lìcscio qucm Sìcmmafìum cui noctuma fulmina trihuant coluerunt^ magis quam Jovemad quem diurna fulmina pcrtincnt-. sed postquam Jovi templum insigne ac sublime con- structum est propter aedis dignitatem^ sic ad eum mul~ titudo conjluxit , ut k>ìx inveniatur qui Summani no- men^quod audire jam ?2on potest^se saltcm legisse we- miìierit . In qualunque modo si andasse la cosa presso i popoli Jìtruschi riguai do al cullo prestato a questo iniauslo Aunie , vero si è che il fatto fa conoscere esser presso loro stato in qualche venerazione, da che vediamo che un poggio situato in mezzo ad una del- le più amene parli della Toscana conserva tuttora il di lui nome , e pare evidente essere stato al mede- simo consacrato . Tale è a parer mio Y odierno Monsummano , quale è uno dei poggi , che fa corona , e racchiu- de dalla parte di Settentrione V ubertosa provincia della Val - di - JNievole , o prendendo il nome dal torrente JNievole, che la traversa, o essendo, come altri vogliono , un co^rrottivo di Val - di - JNcbbia derivato dalle nebbie , che effetlivamente si solleva- no, e vi stanziano lunga parte dell'anno, prima a motivo 'della vicinanza delie paludi, ed in secondo per non avere che piccolissime foci dalla parte del Settentrione, impotenti per dissiparle. Sarebbe disperata impresa voler rintracciare l'ori- gine della denominazione data a questo poggio, am- menoché non si ritrovasse qualche monumento che di ciò ci ammaestrasse ; ma le tante rivoluzioni ac- cadute su questa piccola parte del globo ne tolgo- no quasi alFatto ogni speranza , Varie sono le congetture; che se ne potrebbero for- mare; ma ognuno sa quanto fallaci siano le congetture Della denom. di Monsummano Sq desti tute affatto da esperimenti, die non ho avuto luogo di lare , e abbandonate soprattuttto dall' istoria . Fra le più probabili vi è quella che questo mon- te, come tutti gl'altri, die racchiudono la Val-di- JXievole, sia derivata dall' azione del fuoco ; e quin- di abbiano avuto la loro origine le paludi di Fu- cecchio, e di Bientina, che tuttora esistono con pre- giudizio del territorio e clima Toscano . (i) L'aria che si sprigionava con turbini impetuosi , e Iragori grandissimi, i Sacerdoti la personificavano anch'es- sa in Giove Summano , e in Giove exsuperantissi'^ mo , a forma di una iscrizione riportata dal Reine- sio , 1 unica da me conosciuta , che ci rammenti Summano, secondo che egli interpetra una voce sin- copata , e ridotta ad un nesso delle prime tre lette- re SM, facendosi dire (2) lOVI. O. M. SUMMANO . IO. EXSUPERANTISSIMO . (1) Il prosLiugamento di queste paludi ha esercitato per molto tempo e a più riprese dottissimi Architetti, e Matcmalui: ma r>o«n si è venuti mai a capo di questa utilissima impresa, malgrado la pos- sibilità sempre riconosciuta di potersi cfl'ettuarc senza ostacolo , me- diante un canale sotterraneo , che traversi il letto dejr Arno , e vada direttamente a scaturire nel Mediterraneo per vina linea qua- si parallela all' Arno medesimo. L'immortale G. D. Pietro Leo- poldo pcnnise frattanio a tutti i frontisti di potere acquistare quajv to avessero vjluto , e potuto , derogando a qualunque privativa di pesca , e altro . Dopo di ciò in un breve giro di anni si sono di- stinti i Marchesi Ferroni , e Bartolommei, non meno che i Ma- gnani, ed altri, dilatando con dispendiose colmate i loro possessi ^ (2) Clas. I. iscriz. CCXXXXIV. ritrovata nclP Agro Wiltembur- ghese. Di lOVL EXSVP. in;erpetrato per exsuperio , exsupcranti , ocsuperatori, cxsupcrantissimo in medaglie di Comodo, e di altri Qo Letteiiatura Non è lontana la supposizione che il monte rfi cui si ragiona , essendo il più acuminato degli altii, sia il cratere di un estinto vulcano , come lo dimo- stra la sua conformazione; e avendo agio di fare delle diligenti ricerche, e di analizzare soprattutto le diflerenti sostanze, delle quali è ricco, potreLbesi con qualche fondamento Fisico determinare tale in- duzione . Sarà a proposito in questo luogo l'osserva- re, che altro monte Vulcanico attualmente conserva un nome quasi simile, quale è il monte Somma prossi- mo al Vesuvio , che forse riconosce per la sua de- nominazione la stessa etimologia. Un' altra sebbene più debole congettura potreb- be esser dedotta dal colore di un abbondante stra- to di marmo calcario , presso la pendice del pog- gio a Ponente , che è di un nero assoluto reticolato di minutissime vene bianche, e snpporsi, che da que- sto colore , che alle idee volgari presenta per analo- gìa i cupi antri Infernali , fosse denominato il sog- giorno di Sumniano , dagli Etruschi più che dalle posteriori nazioni conosciuto . In qualunque caso la dedicazione fatta dai Tosca- ni di un intiero poggio a questo Dio terribile è bene altra cosa che 1 erezione di un Bidentale , o di altra più caduca memoria , come far solevano i Romani; dal che potrebbe dedursi quanto grande fosse la reli- giosa venerazione degli Etruschi verso i nocivi Del , e che non senza un qualche forte motivo si sono in- dotti a darne una sì evidente riprova , consacrando a Summano la maggiore eminenza fra quante racchiu- dono la gran valle , e intitolandola col di lui slesso nome ; per cui la vera sua denominazione sarebbe Mons - Suminani . Fra le tenebre dì tanta antichità , e nella penu- ria di monumenti di sì reconditi tempi , non si di- Dei LA DENOM.> DI MONSUMMANO €)i: apregieranno forse queste mie congetture , e daran- no forse luogo a più certo cammino . Nel presentar- le coni' io fo cosi disadorne , e sotto Y aspetto di Semplici materiali per quei dotti che con tanta utili- tà si occupano nell'investigazione di sì astrusi sogget- ti, spero di non esser tacciato di aver posta la falce in una messe non mia, renunziando ad ogni preten- sione di avere avanzato un passo, quando lo fosse, nella cognizione di ciò ciie potrebbe aver rapporto agli Etruschi . fitfTirrrfiBTirftmrnnrirfr' — rri-nTianwgBiiiiiiiiliiiiiiiiÉiailijiawMwaBPBrwwjanBriiarniiiTiriBWirTm^ Proposte d alcune correzioni ed aggiunte, al vocabo- lario della Crusca- Voi- \i. par. II. -Milano 1^20. dair I. lì. stamperia^ in 8.° Ivi - Delf amor patrio di Dante e del suo libro in- torno il volgare eloquio , apologia composta dal conte Giulio Perticari . N. el celebre suo trattato degli scrittori del trecento aveva il eh. Perticari preso a difendere quella sen- tenza deir Alighieri ch'è nel libro del volgare eloquio : la lingua certa e perfetta essere di tutte le città italiche., e non parere che sia in niuna: con essa i nostri volga- ri tutti doversi misurare , ponderare , paragOJiare , La qual cosa essendo sembrata dura, e mal soppor- tabile ad alcuni eruditi del bel paese , dove si tie- ne comunemente esser posta la sede della gentil fa- vella, così ne levarono essi le grida altissime^dicendo, avere il divino poeta scritìe quelle parole, non per- chè egli così sentisse , ma per V odio fìerissimo eh' ebbe sempre nel popolo fiorentino dopo la sua cac- ciata ; quasiché tor volesse il pregio della lingua 92 Letteratura a chi tolto gli aveva la cara stanza . Vendetta \-iìe , . grida il Perticari , stolta ed indegna di quel santo petto : per la quale dovremmo alhorrire un tradito- re della patria quivi medesimo^ dove i savi onorano il più grande cittadino d Italia^ e l ottimo e certis- simo maestro della nobile nostra J^avella. rerchè sde- gnando egli da generoso , clic neppur dopo ciiHfuc e più secoli possa quel sommo animo riposare da IT invidia de suoi ; a questo pose subito il senno, che la lama di t;nito italiano viva intera e santissima -appresso i posteri anche per quella virti^i, di' è oua- si corona di tutte le altre umane , l'amore del luo- go natio. E n'ha composto quest'opera, tutta pie- na di caldi spiriti d' eloquenza , e d' alta filosoìia : e tale per nitidezza e gravità di sermone , da fare a prova con quanto di più loda'o scrissero i beatis- simi nostri a\ i . Di che non pure ci vogliamo qui rallegrare col nobile autore , ma colle ilaliane lel- tere, le quali scadute un tempo dalla Greca, e Ro- mana maestà , e fatte l)ì utissime poi 'hngo degli slra- nieri, vanno ora rivestendo lellcemente l'antico abi- to di trionfo . INon egli fonda questa sua apologia in vani ar- gomenli di m.-tafìsìca , ma nella cerla ragione de' tempi , nella vita di Dante , nelle opere de' nostri vecchi . 11 che a me pare savissimo modo d'inve- stigare la verità , e usar l'arte critica : ninna cosa jiiù dell' istoria aprendo i veri motivi, onde autori gra- vissimi si mossero a scrivere le loro sentenze . Lo quali perciò non sono subito da condannare, se al- quanto fiere e sdegnose : che anche la liere/za , chi ben la considera , è talora nobiltà d'animo: e lo sde- gno , secondo il filosofo , non pure è comportabile, ma virtuosissimo , quando riscalda il ])etto dell'uo- mo dabbene a dir contro il malvagio. Onde chi do- Amor Patrio di Dante f)3 pò d" avere appreso per le antiche memorie quali ibssero le triste condizioni de' fiorentini ne'secoli XIII. e XIV. , leggerà qne' canti dell' Aligliieri , troverà che sdegno giustissimo, e non bassa invidia, detta- va i gravi rimproveri all'esule magnanimo : cercan- do egli di sanar coli' amaro chi s' era guasto per le dolcezze : e di mettere in atto gì' insegnamenti di Cacciaguida nel X.VII. del Paradiso . "O . . . Se la voce tua sarà molesta Nel primo gusto , vital nutrimento Lascerà poi ijuaiìdo sarà digesta . Odasi il Perticari . ,, Niuna cosa in questa vl- ^, la trovasi cosi dolce, niuna cosi diparte gli ani- ,, mi da v'ìWa. , e gli sveglia ed ajuta a belle ope- ,, re ed onorate , come 1 amore del loco natio che ,, scalda tutti ,gli animi ; ma più accende coloro ,, che hanno più alto l'ingegno e il cuore: de' qua- ,, li certo fu Dante . Onde chi li consideri , (jue- „ gli altissimi canti or dolci, or aspri, ora pieto- „ si , or terribili l'anno perpetua fede eh' egli amò ,. sempre la sua repubblica: non già a modo di lu- „ singhicro e falso adul'ero , ma di casio e virile „ amatore . Perchè le patrie si guastano o pe' mu- „ labili costumi del volgo , o per le varie perturba- „ zioni de' governa menti : e chi lodi quelle mali- -, zie non debbe dirsene amico , ma più tosto av- ,, versarlo o stupido o scellerato; stupido s'egli non „ vede la miseria che tutti veggiono : scellerato se ,, veggcndola , palpa gf iniqui , e conforta il pub- ,, blico sonno con vuote e femminee cantilene, po- '.-, co dissimili da quella che le nudrici cantano so- - vra le cullo . Ora al vedere la diletta patria in „ grande iufermità , Dante gridò da' suoi poemi al- 94 Letteratura „ cune parole acerbissime: come già Catone il mae- „ giore , quando, dalla ringhiera della piazza fulmi- „ nava i costumi di Roma (i) , dicendo che con „ ferro e con fuoco si doveano sanare le piaghe che ,, la guastavano . E tali pure suonarono le rigide „ orazioni di Socrate, di Publicola, e di Solone „ che furono i cittadini più grandi de' pili grand ,, popoli . Alla guida di costoro adunque andò il „ grave e nobilissimo nostro poeta, degno di vive- „ re al tempo di que' vecchi : perchè tutto pieno ,, di queir antico animo : nulla curante di farsi „ grato a' suoi : non di ricovrare le ricchezze, ì ma- ,, gislrati , e la perduta casa : ma solo di ritornare „ la sua nazione all' onore smarrito . Il che aper „ ta monte si dichiara per que' luoghi stessi , che „ si recitano a provarlo cittadino maligno. Perchè „ ivi scaglia , è vero , tutti i dardi , anzi i fulmi- „ ni della eloquenza: ma sovra i rei , non sovra i ;, buoni : contro il mal guidato governo , non con- „ tro la città ; la quale sì pietosamente sospira nel „ duro esilio : e la vuole pura d' ogni macchia : i „ le ricorda la pristina sua virtù , per lo benedet- „ to desiderio di vederla ricondotta all' antico suo ,, lunìe. Che s' egli mette alcun accento di dolore, „ questo non si muove già per gli stimoli d^ una „ cieca e matta rabbia , ma per quelli d'una indi- „ gnazione tutta alta e gentile , poco dissimile dal- „ la misericordia . „ Lo sdegno de' forti animi è un affetto ap- „ pieno distinto dall' ira che consuma i vigliacchi : ,, quantunque , chi non guardi dentro le ragioni dell' „ etica, sembri Tira essere poco diversa dallo sde- ,: gno . Liiperocchè le passioni umane sono simili (i; Piut. in vit. Cat. magg. Amor Patrio di Dante ^5 ^, ad un gi'uppo d' ami posli 1' uno suir altro, che ,, agitati con impeto or qua or là nelle tempeste dell' ,-, animo, s'intricano maravigliosamente in molti no- ,, di: né in quel meschiamento è vista così viva, ,, la quale di suLito valga a discernere i simiglianti, ,, Ma se i filosofi vi rechino i loro ordini, ecco il ,, viluppo distrigasi : i nobili affetti sono separati dai ,, vili : e le ingiuste opere dalle giuste . Quindi in ,, Aristotele le^geiemo - no7i potersi lo sdegtio tutto- „ che gagliardissimo , appellare col nome dell, ira - „ la quale egli pone e chiama - un appetito di far ,, vendetta che paja vendetta. Mentre la Nemesis^ os- ,, sia lo sdegno , è un affetto magnanimo , anzi un ,, l'ero indizio di virtù : // quale procede da costume ,, ottimo , siccome la pietà . Imperciocché veggiamo ,, essere disdegnosi coloro che meritino d'avere lar- ,, ghi premj : e trovandoli posseduti dai poco de- ,, gai , se ne turbano giustamente : essendo iniquo ,, che il vizio sia in onore , e la virtù in dispetto. ,, Sono ancora sdegnosi gii uomini prodi e valenti; ,. ed hanno a schifo le arti malvagie, e i perduti che ,, le adoprano- E in ciò fanno bene. Perchè gran par- ,, te di virtù è il disdegnare gl'indegni: siccome col- „ mo d' ogni vizio è l'essere avversario de'buoni. Ma ;, gli animi servili e gli abietti, e que' che consuma- ., no la vita senza fama e senza voglia di fama , non ,, sono disdegnosi mai: solamente sono iracondi. Que- ,, sti affetti così contigui hanno adunque una eterna „ lite intorno ai limiti loro: e il prudente debbe tan- ,, to procacciare che gli uni non si confondano co- ,, gli altri, quanto si conviene i vizi essere al tutto ,, lontani dalle virtù , e dividere i pazzi guastatori ,, delle repubbìiciie dai savi mantcnitori di quelle,, . Queste però, come ognuno le può conoscere, so- no dollrinc assai ^\-»ne ali : né potrebbero acquistar q6 Letteratura. piena fede ed autorità presso ì savi, se non si confor- tassero anche ne' fatti particolari . A' quali appunto vediamo inteso con sano consiglio il eh. Perticari : che, aprendo la divina commedia, trova subito quel luogo dove Ciacco grida de' fiorentini ( Inf. e. VI.) ,, Superbia invidia ed avarizia sono ,, Le trefa\>ille ond hanno i cuori accesi. . A dichiarare il quale, perchè sia tolta al divino la brutta nota di calunniatore , si fa egli con grave di- scussione ad investigare quali fossero a' tempi di Dan- te i civili ordini del popolo di Firenze. E giovando- si air uopo dell' autorità di Giovanni Villani e Dino Compagni , due istorici fiorentini di quelf età, pio- va che A eramente era Firenze in que' giorni il nido d'ogni malvagità . Tutti o ghibellini o guelfi, o bian- chi o neri : rotto ogni vincolo di cittadinanza e di parentela : venduti i gradi supremi della repubblica: continui gli esiljrpiij continue le pugne fiV popolani: bagnate di sangue le vie le case i tempj i letti mari- tali : ninna fede, ninna santità. Ecco lo stato di Fi- renze in mezzo quelle poiitiche perturbazioni: ecco le cose che di lei ci raccontano e il Villani e il Compa- gni , e chiunque altro fece riconlo de' fatti della To- scana . E se niuno fu mai che avesse quegli scrittori per inimici al gran nome fiorentino: non vediamo per- chè una pari equità non debba usarsi colf alto Ali- ghieri che quelle cose medesime vide e narrò , che gli altri avevano e vedute e narrate : colf Alighieri che lungi dal compiacersi, come è il solito de' contrari, in que' bi:.siaii della sua patria , chiamò piuttosto lacri- mabili che giuste le amare voci di Ciacco ; Qui pose fine al lagrimabil suono . .•"r'-uita il e. XV. deirinlerno, là dove Dante fa dire aseer Brunito Latini, il suo maestro, que' versi: Amor Patrio di Dante 97 O figliiiol mio - se tu segui tua stella JVon puoi fallire a glorioso porto, Se ben m' acccorsi nella vita bella . E s'io non Tossisi per tempo morto, Veggenclo il cielo a te così benigno , Dato t' avrei ali opera conforto . Ma ! queir ingrato popolo maligno Che* discese di Fiesole ab antico, E tiene ancor del monte e del macigno , Ti si farà , per tuo ben far ,. nemico . Ed è ragion : cbè tra gli lazzi sorbi Si disconvien fruttare il dolce fico . Vecchia fama nel mondo li chiama orbi .; Gente avara, invidiosa, e superba. Da' lor costumi fa che tu ti forti. La tua fortuna tanto onor ti serba , Che Tuna parte e 1 altra avranno fame Di te: ma lungi fia dal becco l'erba. Faccian le bestie fiesolane strame Di lor medesme: e non tocchin la pianta, S' alcuna surge ancor nel lor letame , In cui riviva la sementa santa Di que' roman che vi rimaser, quando Fu fatto il nido di malizia tanta . Queste son parole veramente terribili ( grida qui il Perticari ) e quasi ebbre per lo disdegno. J\è si vogliono difendere co' soli argomenti già toccati di- nanzi : comechè essi potrebbero rompere anche que- sta seconda prova , ch'è di tempra simile alla pri- ma. Faremo dunque primamente osservare chequi non parla egli Dante: ma si Brunetto . Onde, a se-» guire gli ordini della drammatica, qui si fece de- bito del poeta 1' usare di quelle sentenze che me- glio rappresentassero la natura del caso ed il co- G.A.T.VII. 7 q8 Letteratura „ stume dell' attore. Dovette dunque prorompere con ,, grande veemenza per imitare le qualità del par'ai!- ,, te : il quale è quell'aspro Latini , che dopo la rotta „ di Montaperti rìtuggito a Parigi, avea provato qua!,- ,, to sìa dolorosa la saetta deU esilio : onde ( coire ,, narra Filippo Villani) et pia non seppe con ses>e- ,, ro animo e con sapienza le ingiurie della furiosa ^^ patria sopportare (i). Se dunque Danle il dipinse. „ acerbissimo , tale il dipinse qual era. K se Taves- „ se dipinto per altra guisa , avrebbe tradito il ve- „ ro e r arte sua . Onde non potrassi mai dannare „ rAlighieri come ingrato per le parole di I3runet- ,, to, se prima non si vogliano dannare come tiran- „ ni i tragici poeti , clie i loro Creonti e i loro Lgi- „ sti fanno parlare tirannescamente,, . Nel qual esame procedendo il conte Perticar! più sottilmente , trova che que' rimproveri di Bru- netto sono pur temperati di qualche dolce: dividen- do egli le bestie fie solane dalla santa semenza db ro- mani : cioè i virtuosi fìoreniini da' tristi , che sce- si più dalle rupi di Fiesole,aveano co' loro costumi sal- vatici tutta guasta lantica civiltà. 11 che conviene che pur fosse verissimo -• se que' vecchi e venerandi pa- • ' i che allora reggeano lo stato di Firenze, non so- lo non se ne ofFesero , ma elessero il Boccaccio a dichiarare nella chiesa di S. Stefano i poemi dell' Ali; hieri , quasi fossero cosa santa-. E che lece egli il Boccaccio ? Si gittò forse a dire contro il poeta ^ Giunto egli a que' versi di ser Brunetto, e li comen- tò gravemente , e ne sigillò le brusche sentenze , dicendo : volesse Iddio che questi disonesti cognomi ^on si verificassero nei nostri costumi. JNè alcuno dis- (i) Fil. Vili, vita di Brun. Lat. Amor Patrio di Dante '99 se perciò, il Boccaccio aver peccato contro Tamor della patria : ne per quesle , ne per quelle più acri parole ch'ei discorse nella lettera a Pino de' Rossi: che anzi come terzo fra i grandi luminari delle ita- liche lettere e fu onorato in vita dal popolo fioren- tino , ed ora si venera da quanti hanno intelletto di vera gentilezza . E qui il N. A. , rinforzando di molto la sua difesa , si fa disputare del fine eh' ebbe il poeta nello scrivere le sue cantiche: e dice ch'esso fu altis- simo , e degno veracemente di quel senno divino , cioè il cantare la rettitudine . Di che fa bella fede Dante medesimo nel libro del volgare eloquio , scri- vendo : Beltrame del Bornio cantò le armi : Cino da Pistoja r amore : / amico suo ( e intende di se ) la rettitudine . Onde piena la mente del gran subietto, si pose il Poeta la prima cosa a rlstaurare i corrot- ti costumi della cittadinanza: così di Firenze, co- me della Toscana , anzi d' Italia tutta . Impercioc- ché ben sapca che ne' costumi sta il più gran fonda- mento su cui posano le repubbliche : e dal raddriz- zarli è sempre da principiare , chi cerca la vera e durabile gloria della sua patria . E postosi giudice severissimo sul tribunal delle colpe , nient'altro più volle considerare che il retto: e ch'egli era italiano: quasi la stessa Dea della giustizia gli fosse a' fian- chi , e ripetesse ogn' ora que' versi : l^ien dietro a me , e lascia dir le genti : Sta come torre forma ^ che noii crolla Giammai la cima per soffiar diventi . Quindi non meno sgridò il popolo fiorentino , che ogni altro italiano, che lasciate avesse le onorate ve- stigia de' padri , ,, Chiamò que' d' Arezzo hotoU rin- „ ghiosi pia che non chiedeva la loro possa : diss? 7 100 Letteratura „ gli uomini del Casentino essere mutati in h/niti ,, porci più degni di inaile che d altm) cibo : a' ])o- „ loguesi gridò , clie perduta era per loro la sliipe „ de buoni col perdersi del buon Lambertaccio : e ,, così a Faenza , dopo mancalo Bernardino di Fo~ ,, SCO . A' romaguuoii sciama eh' ci sono torneati in ,, batardi^ e che tulio il loro campo e ripieno di ster~ ,, pi venenosi. I genovesi appella uomini dii'ersi d ogni „ costume^ e pieni d'ugni magagna : Lucca la terra ,, ben fornita di barattieri^ ove perii danari si fa ,^ bianco dei bruno; Pisa vituperio <:/t'//c' g;c7i// <://te- ,, lia\ i pisani volpi piene di frode : Pisloja tana de- ., gna de' ladri : onde le impreca il iiioco , perchè ,, ella più non duri , e non a^'anzi nel mid fare i rei „ soldati di Catilina , clie furono il. seme delU sua ,, gente . ,, Queste cose scrisse 1 Alighieri di quel- le tante città , né fu invidia la sua , né malignità, uè ira : perchè se guardinsi le vecchie mrraorié, si tro- verà laciimente che tali erano allora e Genova e Pi- sa e Bologna e Faenza e laltre terre, quali il can- tore della rettitudine le condannò . Ond' egli prese a imitare Cicerone e Sallustio e Lucano e Seneca e Tacito , e chi altro visse dopo il buon tempo della ro- mana repubblica: i quali a richiamare alle antiche ar- ti i nipoti, almeno per la vergogna se non per la brut- tezza delle colpe, diceano a viso aperto, essere pre- cipitata l'altezza di tanto impero; e lutti antichi i costumi de' Curi e de' Cincinnati : e le opere e le vìj- tù degli avi non più trovarsi che riferite nelle scrit- ture . E Orazio gridava , che i palagi toglieano terra agli aratri : e i vani platani agli utili olmi : e le vio- le e i mirti si poneano nel loco degli uliveti ( i ) : e (i) Itor. \ì\). 2. od. 8. Abbiamo usata la traduzione che ne fa aui il Periioari medesimo \ di che niua" altra può esser migliore : Amor Patrio di Dante ioi poi : die volea lasciare a cinghiali ed a lupi le case e i templi della sua Roma^ per non vedere scoverti i sepolcri degli avi suoi , e t ossa di Romolo mostra^ te al sole ed al vento (i) . Le quali cose così trovia- mo essere state verissime a quel!' età, che allora so- lamente principiò la romana grandezza a volgere in basso, e ad affrettarsi quel tempo di servitù, in che gli armenti stranieri poterono dissetarsi alle acqne del Tevere . die se da' romani scrittori passiamo a' gre- ci , certo vedremo i grandi vizj di quelle repubbli- che essere stati e da Piatone e da Demostene, e spe- cialmente dal divino Socrate con filosofica libertà po- sti in chiaro e sgridati. Né già si vuol dire ch'ei lo fa- cessero ppr alcun basso motivo d' odio : ma si per la santa carità della patria, siccome i fatti lo dimostra- rono . Imperocché quella Grecia vincitrice a Marato- na ed a Salamina , mancò indi a poco ne' campi dì Cheronea : né fu più la patria degf iddii e de' valorosi. ( Sarà continuato ) Salvatore Betti DELLA PATRIA Del Conte Guidobaldo Bonarelli della Rovere^ JLi( io scrittore dell' articolo sul Comeniario degli uomini illustri d' Vrbiìio inserto in questo istesso alla stessa guisa eh' ej,li usò in questo libro la versione Hi Lucano, egregio lavcrro del no uro dolcissimo anùco il conte Francesco Cas- si (li PcsaiJo- (j) Epod. od. xvi. 103 Letteratura giornale ( Maggio 1820. ), per benigna inclinazio- ne di carità verso di cpclla illustre ci Ita si av- visò di donarle, oltre a quc' tanti che lia , nn al- tro chiarissimo uomo di lettere , vò diie il conte GiUclobaldo BonarclU della Rovere , togliendolo al- la mia patria Ancona , e quasi facendo rimprovero air autore summcntovato , che avesselo ignorato o trascuralo . Della quale cortesia né queir autore , nò le due ragguardevoli città, all' una delle quali si ten- ta di togliere contr ogni diritto , air altra senza nes- sun diritto si dona un letterato d' altissima lama , non possono avergli granfatto buon grado . Recilia- nione le parole : e poiché vediamo taciuto in que- sto lungo daìt autore del comcntario un illustre URBINATE , non vorrà riputarsi a suo malgrado una nostra breve appendice. S è patria dove si na- sce . , e dove si hanno i primi ammaestramenti in ogni altra cosa , e massime negli studj , ci sem-^ hra che della famiglia Bonarelli della Rovere., lacua- le per la fede e servitù , che prestò ai ducili , fu insignita del cogncme ., e dell arme di questi ., GUI- D OR ALDO BONJRELLI appartenga ad Urbi- nò'. E perchè si tace, che questa nobilissima fa- lìiidia era Anconitana ? 11 tacerlo non vale ad in- durre in errore chi b'gge ? 0 almeno a lasciarlo nel- la ignoranza , d onde fosse questa famiglia? Fatto è però , che da lontanissimi tempi erasi dessa stan- ziala in Ancona , e vi aveva gloriosamente prospe- ralo, e v'era tuttora fiorente, quando il conte Pie- tica padre del nostro Guidobaldo passò in Urbino a srrvigj di quella corte splendidissima ira le prime d' Italia . E per certo che a nessuno parrà sicuro quel canone , doversi qitella dir patria dove si nas- ce e dove si Jianno i pi imi ammaestramcììti .Ver que- sto canone nulla sarebbe più inccrL© e dubbio che 8ìjlla Patria del Bonarelli io3 lo assegnare la patria verace di chiunque per meri- ti d' ingegno e d' opere facciasi degno di essere tra- mandato alla posterità , avvegnaché innumerevoli sie- no i casi fortuiti, per cui si può nascere e avere i primi rudimenti lontan dalla casa paterna . Onde con piiì santa ragione mi sembra , che quella s' abbia a dir patria , dove stabilita sia la famiglia, di cui sì scende, e molto più se per lunga serie di seco- li , e dove si abbiano le maggior possidenze , e do- ve i padri e gli avi ed i maggiori abbiano avuto il godimento di tutti gli onori e diritti d(;lla cit- tadinanza . Or tutto questo ebbe ed ha tuttora ia -Ancona la casa illustrissima dei conti Bonarelli - À'.' il conte Pietro padre di Guidobaldo partendo (1 Ancona per Urbino rinunziò alla sua patiia , nò (juidobaldo stesso si stanziò in Urbino ; vi nacque, è vero , ma pel caso che là trovavansi i suoi ge- nitori : e per questa ragione v ebbe i primi ammae- stramenti , e ve gli ebbe dal padre che coltissimo era edotto cavaliere; e non vi stette che undici a do- dici anni , natovi il XXV. di dicembre del MDLXIII. e partitone col padre nel MDLXXIV. Giovinetto d' altissimo ingegno tanto s' avanzò nello studio , che in quella sì tenera età sostenne con molto va- lore filosofiche tesi. Pci ciò il padre mandollo in Fran- cia per più compita istruzione : e da Pontamusso* ne portatosi il giovine in Parigi , vi destò tanta am- mirazione di se , che la Sorboila eh ia mollo , noa avendo egli che diciannove anni , ad una delle cat- tedre di filosofia . Non potè accettarla , perchè il padre lo richiamò in Italia. Stato alcun tempo in Milano presso il gran cardinale Federico Borromeo, fu poi per cinque anni alla corte di Alfonso du- ca di Ferrara , che lo impiegò in ben sedici gra- vissime ambascerie ; e quindi a quella del duca Ce- I04 X E T T E R AT U R A sare in Modena, clic lo inviò oratore a Clemente Vili. , a Margherita d' Austria , ad Enrico IV. Di Mode- na dovette poscia partire per comando del duca , e si condusse in Ancona ; d'onde poi andò in Ro- ma , ed ebbevi care accoglienze da' più dotti ed al- ti personaggi . Di Roma tornossene in Ferrara ; e vi iu uno t'e' fondatori della cclcbratissima accade- mia degl' intrepidi ^ e nel solenne aprimento vi re- citò r orazione inaugurale ; e quivi compose la sua ammirabile Idilli di Sciro , e i suoi platonicissimi discorsi in difesa del doppio amore di Celia . Di là nuovamente tornossene in patria ; d'onde chiamato dal Cardinale d'Este , mentre ci si recava , morì in Fano il dì Vili, di gennajo del MDCVIII. Or co- me può dirsi, eh' e' fosse urbinate ? Ciò non par- ve per certo né al Ronconi , né all' Eritreo , nò all' autor della cronaca medenese citata dal Tirahoschi , nò al Mazzucchelli ^ clie tutti lo dissero anconita- no, ne agli scrittori della biblioteca picena. JNon so intendere , perchè il paresse all' autore dell' ar- ticolo . Al quale voi rei pur chiedere , con quanta verità asserisca , che quando il padre lo lascio edu- care a quella corte ...allora quella Jiori^^a d'un Bem- bo., d'un Dovizio da Bibiena^ diat Castiglione , d' un ■Bernardo accolti. 11 Eembo morì nel MDXLVII. il Castiglione nel MDXXIX. 1' Accolti nel MDXLIX. al più tardi, il Bibìena nel MDXX. , vale a dire il primo ben sedici anni , il seconda Irentaquattro , il terzo quattordici , il quario quarantrè prima che Gui- dobaldo nascesse (*). Di questo io qui non tento l'eio- (*) Quanto all'anacronismo notato dal Sig. Peruzzi, noi ri- mandiamo il lettore al passato articolo del quaderno di giu- gno , tato di spia.erc per occulti mimei^^i alla cor- te ? Può ben dunque rcsUire questo figliuolo urljinatc, e il pndre e gli aitri essere ed appellarsi anconitani. La nostra oj)inlone ci ;iem- fcra ora più fondata, clic non era prima delle lettere del Sig. l'eruz- zi. Corhunque però sia noi ci proponiamo ili non ritornare su que- sta disputa; imperocché Guidobaldo BonarcLi , quantunque buon letterato , non è poi nò Y Omero ne ii Colombo , da intendere più 4 dilungo intorno a 'a patria sua. F. P. 10^ Zb odi di Pindaro tradotte ed illustrate da Jntonio Mezzanotte Professore di lettere greche nelV Uni-^ versità di Perugia. Tomo secondo. Pisa presso Ni- colò Caparro co^ caratteri di P. Didot 1820. V. Tomo VI. pag. 77. Il faticoso lavoro del eh. Professore Mezzanotte procede in meglio : e noi teniamo che ne avrà lode. Ma non vogliamo usare prodigalità di elogi, comechè air autore dovuti : perchè ci suona nella mente q[ue- sta bella sentenza di Pindaro : Chi tace Accortamente , e al merto Cauto elogio dispensa , ei dehil rende La invidia : che molesta e sazievole Loquacitade , e scende Grave in cor t altrui lode, e in molti Jìgge Sue frecce , e occulta affligge ■ Vogliamo peraltro che il Mezzanotte, tacendo noi <, parli colia voce sua propria , e acquistisi quella lode che gli conviene. Laonde leveremo un saggio del volga- rizzamento poetico delle Odi Pitie contenute in questo secondo volume . E perchè non abbiasi a credere , aver noi ritenuto il meglio , e rifiutato il peggiore; ci fermeremo sovra le odi prima, e seconda: dell una il principio riferendo, dell' altra il fine: con eh* i lettori saggeranno le bellezze dello stile descrittivo e del sentenzioso. E per dir vero sublimissime sono le descrizioni, dell' Aquila che al suono lusinghe- vole della cetra s' addormenta sullo scettro di Gio- ve, rallentando per ogni lato le ali , chiudJe^do gli io8 Letteratura occhi soavemente , e S( conrlando col molle dorso i moti del respirale ; e dell Etna nevoso , cui vedi fu- mare il giorno, e fiammoggiare la notte; e' del tor- mentato TiTèo, la cui pittura è tale, che il pensie- ro se ne sgomcinla . Delle quali descrizioni è foi ma- te il principio doir ode prima intitolata a Cerone Siracusano vincitore col carro. Dove sono anche da considerare que' bei passaggi , con che il Poeta dal- la invocazione fatta alla cetra s'avanza a parlare del gigante Tilèo , e del monte Etna, e quindi di Cero- ne , che fu soprannomato T Etneo . O cetra, o cetra d'oro. Di Febo e delle bio;ide Aonle suore Securo acquisto , e pio pensier concorde. Te in regolato eiTore Siegue agii danza di giojoso coro; E al primo sibilar delle tue corde La schiera de' cantori obbediente Scioglie sonare Tali i\ gl'inni trionfali E tu spegni r ardente Fulmine eterno ; e dejjli auoei reina L aquila del Tonante i vanni celeri D' ogni lato dechina, E sullo scettro cliiude alfia tranquilla La vigile pupilla . Vapor di nuvoletta Sovra r adunco rostro le diffondi , Che poco a poco i suoi grand occhi aggreva; L le vibri i giocondi Strali , e '1 suon sì la punge e sì l'alletta , Che palpitando or deprime , e or solleva , Kel grato placidissimo sopore , Pindaro trad. dal Mezzanotti 109 Il curvo e molle dorso , Per quel soave morso. Gradivo il suo furore Scorda , e le sanguinose aste abbandona ; Che il canto lusingliier delle Pieridi Col Figlio di Latona Molce dei sommi Aumi anche la eterna Mente che il Ciel governa . Ma in sen dì Nereo , e in terra , CoJor che non amò Giove superno Odian dell' alme Aonidi le voce ; E nel orrido Averno Colui r abborre che agli Dei fé' guerra , Per cento capi altier , Tifeo feroce . Già r educò il Cilicio antro famoso ; Ma i lidi ove il mar geme Di Cuma , e tutta insieme Sicilia , or son penoso Pondo che a lui T ispido petto opprime ; E lEtna il frena , che CQlonna altissima Colle novese cime Tocca le nubi , e acuti nudre ognora Suoi ghiacci , ardendo ancora . Dall' ime sue latebre D' inacccssibil foco ampie sorgenti Sboccano ; e il dì quei fiumi rimugghiando Mandan turbini ardenti Di denso fumo ; e sorte le tenebre , La fiamma che rosseggia altro rotando A'ei profondi del mar seni devolve Nembo di pietre , piomba Tonante, e l'aer ne romba. Quel eh' ivi entro si volve it# Letteratura Vulcanio serpe, dall' etnèa vorago Fuor manda igniti i gorglii orribilissinii . Oh portentosa immago ! Ma s' addoppia l' orror di tal procella Se il passaggier favella. Narra come fremendo Sul negro stassi etnèo culmin frondifero Tra cave rupi fino al suol confitto Quel fiero mostro ignifero ; " E come in duro letto ei ravvolgendo Le curve spalle , tutto n' è traliUo . Deh grato suoni a te. Giove, il mio canto. Se tu il tremendo monte , Che della terra è fronte, Reggi ? Per lui die vanto Geron col nome alla cittade etnèa ^ A cui 1 araldo , per la corsa delfica Del carro , onor crescea , Quando annuziava la vittoria lieta Dello scettrato atleta . Allo stesso Gcronc vincitore col carro fu in- titolata la seconda ode sparsa di altissime senten- ze . La quale ( secoudochè nota il eh. Traduttore ) è divisa in dnfì parti , la prima delle quali e en- comiastica per ragione della Pitia vittoria , è spar- sa di varie sentenze sulla gratituduic , ed abbrac- cia V episodio d' Issione punito perchè ingrato ; l al- tra è parenetica , perche persuade Gerone a odiare gli adulatori , ed apologetica giacché il poeta molto si estende nel difendere occultamen'e se stesso , e termina con un insigne luogo cantra i calunniatori. JVoi per ancore di brevità riferiamo la sola secon- da parte , ^ Pindaro trad. dal Mezzais-otts ni Ma d' alme rose Aonie Su coronata nave Or io, Gerone, ascenderò cantando La tua virtù . Non pavé Di Marte in mezzo ai fulmini Giovin guerrier, se in man gli regga il brando Saggio ardimento :; e invitto Eroe tu ibsli in giovenil conflitto. Se di tua spada al lampo E fanti e cavalier cedeano il campo . A valor verde e fervido Allor mescesti oh quanto Senil senno , che a me cagione appresta Or di securo canto ! Salve ! A te , (|ual Fenicia Merce che ognor tenuta in pregio e chiesta Vien da lontano lido , Quest' inno or vien di tue virtudi al grido ; K por le ^ le del polo Ogni terra , ogni mar trapassa a volo , Se il carme a te di Castore Piacque in Eolie corde Quando alla tua s' uni Spartana danza , Piaccia or T inno che morde Aervi di cetra Dorica ! Sia scudo a tua virtù salda costanza ; Saggio ognor sii , benigno ; Te non seduca adulator maligno : Sol bella a semplicetto Fanciullo è simia di fallace aspetto - Felicita , che florida Die a Radamanto il cielo , Fu d' incolpevol Sapienza frullo; fia Letteratura Non ei lo iniquo zelo D' oprar frode malefica Amò , né a' buoni fu cagion di lutto . Oh vìi putido gregge. Figli d' invidia ! a voi sol danno è legge ; Da vostre arti è virtute Oppressa .... oh pesti occulte^ o volpi astute ! Guadagno attendi ? E facili Nudrir credi le avare Tue brame ? ahi folle invidia , e tua fia l'onta . Fra torbid acque amare , JVave son' io che i vortici Della tempesta immobilmente afifronta . Sommerso a chine vele Andrò ? Severo io sono in mar crudele , Che ove Tonda spumeggia Sulle nemiche spume erra a galleggia . Può dalle impure labbia Di cittadin doloso Magnanima parola uscir fra i buoni ? pure a virtù dannoso , Ben molte intreccia il perfido Parole, e adula: e s' ode? A me il ciel doni Chi m' ami amar ; ma, giusto Nimico , inseguirò nimico ingiusto , Ov' ei mia fama adugge : Provocato lion sta in guardia , e rugge . Chi retto ha core , e ingenua v^ Lingua , alle altere cime Di politico onor giugne tranquillo ; O che un tenga le prime Sedi, 0 che i pochi imperino , Pindaro trad. dal Mezzanotte ii3 O dove ha il popol libero vessillo - Ma tal genìa maligna In niun terreno , docil pianta , alligna ; E tanto hi (V empio ardire , Glie stolta in Dio volge ancor 1' armi e V ire . Pngnar con Dio ? Se a fulgida Gloria talor chi geme In umil sorte il Re del ciel solleva , Con Dio pugnar ? Ne freme L' anguicrinita invidia , Ma invan , che più suoi mali inaspra, e aggreva , Chi 1 altrui lance mira Di beni colma, e per livor sospira , Non IV speme ancor paga , E in sen s' aperse immedicabil piaga . Ma tu segno al mortifero D' invidia iniquo strale , Se curvi la cervice al giogo duro , Destro nel porta . E vale Gontra 1' acuto stimolo Ricalcitrar ? Lubrico e mal securo Sentier tu corri \ Ah sia Che su lira d' eroi la Musa mia Possa fra i buoni ognora Scioglier voce più dolce e più canora ! Apre questo volume il sunto della disserta' zìone agonistica del Corsini sui Giuochi Pitii , e lo chiude la illustrazione fatta dal Vermiglioli di dodici msdaglie , che hanno qualche analogia con le dodici Odi Pitie . G.A.T.VTI. ,.4 ARTI BELLE ARTI Pittura di Storia — Giovanni e Francesco /"rateili Ripenhausen di Hannover JLl on è nuovo, ma è assai raro, X esempio di tanta concordia ed amore tra due artefici, i quali alla me- desima opera pongano mano, e la conducano confoj- tandosi scambievolmente del loro ingegno , e quella con paziente animo ed industria operino alteinan- do le fatiche , lo studio , e i consigli , siccome ve- diamo fare al presente questi Valorosi fratelli liipen- liausen, che ogni loro dipintura, con fraternevole unio- ne e bontà, inventano, disegnano, e coloriscono. La qual cosa ha in se grandissimo pregio, dovendosi es- timare sempre più perfetta un'opera , a condurre la fi. ale hanno concorso due valenti artefici, mettendovi naturalmente ognuno di essi quanto ha di buono in se, od operando quella parte del lavoro, in che egl» pre- valr. E sarebbe, a nostro intendimento, cosa da imi- tarsi, perchè oltre alla maggiore bontà delle ope- re si vedrebbe ancora regnare tra gli artefici maggiore carità e benevolenza . Il quadro , chf' ora si vede condotto a termine per i fratelli Ripenhausen sopra tela detta dinipe- rttore , rapprescnla quel passo della vita del Salva- tore , in cui accarezzando egli i fanciulli, disse: si- Ulte parvulos venire ad me ec. È nel mezzo assiso Pittura - RiPENHAusEjr ii5 Cristo sotto un albero di palma , e colla mano sini- stra serra contro le sue giaocchia un putto assai pron- to ed aggraziato , nel mentre che impone la destra sul capo di un altro , che gli è presentato da una donna, ch^ s'è messa avanti di lui ginocchione, e ripii^na di grande fede tiene gli occhi intesi alla fac- cia d-A di/ino Maeslro . Dietro la donna, nella par- te diritta del composto , è un altro putto più gran- dicello, il quale è pure ginocchioni, e a mani giun- te. Più indietro di costui stanno in piedi due donne con fanciulli in collo , quasi aspettando di poter of- frirli alla imposizione delle benedette mani . La qua- le sollecitudine è maravigliosamente espressa nell aria de' loro volti . Al medesimo lato è pure 8. Pietro , in atto di allontanare i fanciulli a viva forza , con che rimane dichiarato il s/n/te del Maestro. Alla mi- nistra parte del quadro è S. Giovanni , il quale si tiene abbracciato all'albero della palmi , e sta con- templando in modo affettuoso , e pieno di emozio- ne , 1 atto di Cristo . Ivi pure è un'altra donna, che tira a se una bambina, la quale con innocente e fan- ciullesca ostinazione si dimostra renitente a sc'j'uir- la , né vorrebbe appresentarsi cogli altri , e con atto molto naturale e considerato fa forza per non anda- re. Lontano veggonsi tre Farisei, i quali radunati a parlamento, manifestano il loro livore per la pater- na e sublime dollrina , che in quella occasione inse- gna il figliuolo di Dio . Tutto il fondo è di gentile e verdeggiante paese , con un gregge di pecore , che vanno tranquillamente pascendo. Si vede da lunge un castello , e 1' orizzonte è chiuso in parte da bel- le linee di montagne. Il com|3osto è semplice e nobile , come agora- ziate e vaghe sono le arie delle teste di femmina, e ben disegnate le figure e i panneggiamenti . JSel co- 8 ** ijO Belle Arti lorito poi è forza confessare i Repenliansen avere as- s li migliorato , e donato maggior calore al dipinto, e tio\ ato più da vicino il tingere delle carni , secon- docile le dimostra la natura . E se ci fosse permes- so di fare una qualche leggiera osservazione, direm- mo che forse avvi ini non so che di troppa vaghe?- fea in alcuna parte di quest'opera , la quale ha peiù nel totale tanto di buono, che sì può dire cosa assai bella , e degna dei pennelli de' suoi autori . Pittura di Paese — lìebcll ^ f-^iennesc ., Socio della insigne Accademia di S. Luca- nesto infaticabile artefice ha di recente condotto a termine tre quadri con grandissimo valoi'e . lilla è cosa al certo maravii;liosa il vedere siccome nella imi- tazione o ritratto deJla natura sieno al presente venu- ti gli artefici in quel!' alto grado di perlèzione , che si vede. E ciò deve ascriversi senza meno alla occasio- ne frequente di fare, che la moderna costumanza e il gusto del giorno o.Tre loro. La qnal cosa è però, lo ripetiamo, con detrimento del gi-andioso e del subli- me , trattato , in genere di paesi , da Claudio , da Tiziano , da Poussino, da Domenichino ec. Voglia il Cielo che i dilettanti di questo modo di dip.;g;oU è così for- te , così decisa e così bella, da far srupore . lì Sig. Catel di Berlino , del quale imprendia- mo a descrivere tre quadri , ne ha condotti due di vedute prese da luoghi JN'apoletani . Il primo è il prospetto della città di Napoli tol- to dalla salita di S. Antonio, la quale si ripi:'ga in ilae appunto sul primo piano della diritta del qua- dro ; a tale che si vedono genti chi salire per una parte, e chi discendere per f altra. Dallo stesso la- to si scorge gran parte della città dì Napoli , col Pizzofalconc , e castello delf Uovo . Nel me/.zo è il Vesuvio , e più indietro chiudono il golfo le mon- tagne di Castellaniare . Alcune rustiche abitazioni circondate da alberi e da cespugli empiono la par- te sinistra con modo assai pronto e ridente . Il secondo rappresenta il golfo di Salerno pvcs-> so la Celebre città di Amalli, la quale occupa la par- te diritta d:d quadro , ed è rappresentata con mol- ta diligenza e verità prospettica . Le sovrasta una immensa mon lagna , dalla quale s'innalzano perpeo- dJcola;-mente massi enormi quadrati di roccia , che Iianno aspetto di torri e di fortitìcazioni ciclopee . Le montagne poi, che chiudono il golfo aif orizzonte , e che vanno iuscnsIblim,;nLe declinando sulla sini- stra lino al paese di Pesto , sono di tinte caldissi- me ., e vaporose così che innamorano gli occhi , e muovono un affello di dolcezz.i • Tulio il golfo iV ripieno di barche dirette in ogni via L' effetto ve- ro della tras^>av.' za delle acq;ie è pur pregio del pennello di Catel . 120 Belle Arti - Il terzo quadro appartiene a Roma , e al ge- nere di architettura prospettica più che al paese . Raffigurasi in esso il campo Vaccino con tutti i monumenti, accomodati peraltro e ravvicinati in par- te , mentre dal punto di veduta , eh' è tolto dalla piazzetta laterale al portico del convento di Ara- celi , non si potrebbero veder tutti . JNel che Tarte- fice ha usato della libertà , eh' è conceduta in simi- li opere . 11 monte Albano forma la linea del ion- do . La disposizione dei .monumenti è assai giudi- ziosa , e di beli effetto pittorico . La luce è distri- buita a maraviglia, e l'episodio di una processio- ne , che ascende per quella cordonata , che mette alla piazzetta ov' è la colonna colla croce , contri- buisce maravigliosamente ad ammirare una scena per se melanconica , perchè ripiena di avanzi diroc- cati , che attestano e la grandezza dell' antica Ro- ma , e il niente dell' orgoglio umano . Tambrom 121 VARIETÀ' Bc^f raffi delia polemica , o sìa dclV esito rf' ovii contrasto contro la cola Religione Cattolica che sempre ne ritorna a conferma , deW u^rdvescovo d'' Andra -8- Roma 1^20. presso il Mordacchini . xxntorc di quest' opera gravissima è monsignor Giovanni Marchetti fiorentino, arcivescovo d'Anrira: personaggio assai chiaro nelF eccle- siastii a letteratura . Noi non dubitiamo , eh' ella non debba somma- mente gradire a quanti sono buoni cattoli'i : perchè vi vedranno con incon-us3Ì argomenti confermate le dotiririe de' padri, ed aperte Ije sublimi iiigioni della nostra religiosa credenza . Me.noric lettere e documenti autentici riguarilcinti la vita e la mor- ìe di S. A. R. IMonsi^nor Carlo Ferdinando J' Artois , figlio di Francia^ duca di Berry. Del sig: Visconte di Chateaubriand -8- Roma i8io presso Fio C /piccina . 1: nome del visconte di Chateaubriand è noto abbastanza nella re- pubblica letteraria. I francesi lo dicono eloquentissimo: e tal sarà; ina la scuola dov' egli costuma usare , sembra piuttosto quella di Te- mlstio e Libanio , che 1' alta e severa di Demostene e Cicerone . La presente opera ne può fare testimonianza: nella quale gli arguti molli e le frivole antitesi sono tali e tante, da stancar facilmente chi non è pratico nella lettura de' sofisti . Aggiungi che non cre- diamo il modesto titolo di memorie poter comportare quel suo sti- le f;onilcso e qae'suoi modi declamatorii. E se scrisse una vita , dov'è la semplicità di Plutarco? E se un panegirico, dove la tempe- ranza di Senofonte nella divina orazione delle lodi d'Agesilao ? - La traduzione italiiina è assai poca tosa , specialmente is^ fatto di linr jgua . a **• i3a Varietà' In fiinere Murice Lusitanm BrasiRce Algarhicc regìnce Jìchlìssima: , orcitio habita coram Sacro EE. ac RR. Cardinalium colle? io ec. a Mario de comitibus Mntlds canonico patriarchalis basilica: S. Ma- rice Majoris -l^- Romce 1820, apud Burlieuin . §.A questa orazione sono molte cose degnissime di commendazione : iha la latinità è veramente nitida e secondo i buoni secoli . D i clic vogliamo rallegrarcene col buon giudizio del nobile autore . In lode del tingere i capelli, capitolo inedito di Luigi Tansillo ec. -i- Napoli 1820. presso i fratelli Fernandes . IIj stato pubblicato dal sig. D. Carlantonio de Rosa, marchese di Vil- Jarosa, coltissimo cavaliere napolitano , nelle nozze di due gentili so- relle Vermiglioli con due fratelli BaglionS Oddi di Perugia . 11 Tan- sillo è celebre nei parnaso italiano, non meno pel poema sulle /«- grime di S. Pietro, che per le stanze del vendeìnmiaiore , e po'soTìetli. Ne questo capitolo è indegno della sua musa . Esso e indirilto ft Simone Porzio illustre filosofo napolitano . Eccone un saggio : La castissima madre Citerea , Quando in Africa corse col navilio Spinto dal tempo il suo figliuolo Enea , Perchè desse riposo al lungo esilio 3Mon gli tinse i capelli ? e non è baja: di' io r ho tolto dai versi di Virgilio (*). . __ — . — . . . k (•) Crediamo che voglia alludere a'quC versi dell' Eneide( lib. I. 588) Rcstitit Aencas , elaraque in luce rcfalsit , Os humcrosquc deo similis: namque ipsa dccoram Caesariem nato genitrix , lumenque juventae Purpureum, ot lactos oculis afflarat honores- ( Nota del Compilatore ) Varietà' ^ a 3 Quando Medea le' Loller la caidaja Dell' ciJjc, e fc' riin;j,ucnto lon clya tolso. Al jiiidre di Giasone Ja vecchia] a , Dir altro qviella tavola non volse , Se noii che te' una tinta a tvittc prove. Con che da vecchio in giovane il rivolse. Le tanie metamorfosi di Giove, Che tìngono i poeti , che pensate Che fosser propiio un prender torme nuove? 10 non credo che voi questo ci-ediate . \ Che in saper d' ogni cosa la ca;;ione Siete un tiomo il mi;;ìior di nostra etatc . Ogni mutanza sua , che Ovidio pone. Noli è che da dovero si trastbrmc , Ma, essendo vecchio , egli si ta garzone. Come di hclla donna seguia I' orme. Si tingea il pelo , e al volto fea ristàftro : Quest'era duriqiie il prender nuove (avmQ. 11 trasformarsi Giove iij pioggia *d'auro. Era se non far hiondo il suo capello , E da liardo oh' era , tornar sauro ; 11 trasformarsi nel suo sacro augello , Era se non per far la barba oscura , E da liardo ch'era, esser morello. Si potrian lamentar de la natura Gli uomini e i dei, che fussc all'animale 'l'enera madre e a lor madtigna dura . Il signor marchese ha resa più prcgiabile questa bella cdizfone con molte erudite note, specialmente sulla vits e gli scritti del Tfn- eillo e <ìq1 Porzio . ia4 "^' A II 1 E T a' principi della stampa in Perugia e suoi prop'essi per iiiflo il se- colo Xf^. luiovanienle illuslrati accresciuti e corretti in (jiiestu se- conda edizione da Già. Battista VennigUoli -8- Perugia 1820. pel Badaci . ±\c parleremo ne' venturi qiiadcfuì. Easli per ora che ce ne con- gratuliamo non meno col celebre autore, che colla noJjilissima patria sua, la quale ila questa opera riceve lui nuovo lustro nella più bella dt'He sue storie, la letteraria . Lezioni elementari d'' archeologia ec. esposte neW uni\.'ersUà di Pe- rugia da Gio. Battista Vcrmigiioli . •L- sciranno per associazione in due tomi nel venturo mese tli no. vernare presso il tipografo Earluel di Perugia . In esse ( dice il eh, «Lilore nel suo manilcsto ) niuna delle celebri antiche nazioni sa- rà dimentica : imperoócJiè altri libri elementari comunemente non si liinitarono che alla Grecia ed a Roma , dimenticando per Jino ratìfica Italia: nò ci sarà per avventura classe di monumenti pro- dotti dair arte egizia in ogni anticha età , deW asicdica ed orienta- le , dalla greca, dalla italica , e dalla romana, che non si faccia cO' n3.\.^re Jìn dove permettono i limiti di una elementare istituzione . 7 monumenti deW areliitelturcfl'saranno i primi ad esser presi ad esa- me. Seguiranno quelli della pilla,- a, della scultura, della g- ttica , TìuiiUsnudica^ e lapidaria. M perche poi agli antichi monumenti scril- ii ht:e maggiore si renda , daremo una idea paleagrajìca di tutti ri;(i' vecchi idiomi che rimangono ancora ne'' monumenti aniicJii , luo- ; a parte de'' quali non si conn.xnno che per mezzo solo di essi- Quin- ci le nostre ricerche si estenderanno non solo ai monumenti scrini della Grecia e di Roma, ma agii egizi , a:>l'' itali antichi, ed hu- hi'onesi , ai fenic.j , ai persiani, ai palmiren'- , ad altri asiatici, e pe fino agli antichi celliberi. Così i monumenti scritti in (questi pres- soché rr/iarritl idiomi, non rimarranno ignoti all'Italia Oiislie di Varietà* i>5 meiVocremenfe isfniUi- Grande e vasto lovoro: ma tale è la valentia deir illustre autore in ogni maniera d^ antichità, che noi ne speria- mo benissimo ■ Dobbiamo alla gentilezza del eh. Labus le seguenti iscrizioni del IVIorcelli, poste sopra due archi temporanei eretti a Chiari pel pai- saggio delle LL. AA. II. RK.il principe Viceré, e la principessa Vi ceregina nci giorno ultimo di giugno 1820. MAGNIS . PRINCIPIBVS. PROSAPIAE. AVGVSTÀE IOAN. MICH. RAINERIO. AVSTRJACO ET . MAR. ELIS. FRANCISCAE . SABAVDICAE CONIVGALI . PRIMVM . FOEDERE- IVNCTIS INSVBRESQVE . AC. VENETOS . VICE - SACRA , REGENTIBVS ORBO . ET . POPVLVS . CLARENSIS IN. OCCVRSV. LAETlSSimO. ADCLAMABA1' SALVETE. BONI. AVSPICES . FELICIS . AEVI DELICIAE. ET . AMOR . POPVLORVM PRINCIPIBVS . FAVSTISSIBIIS IVGALES. TAEDAS. REGIAM.IN. VRBEM ADFERENTIBVS EXILARATA . MAGNIFICO . TRANSITV . CLARENSIS . aVITAS OBSEQVIO. LAETA. PLAVDEBAT aPTABAT. EADEM. VT. ITV . REDITVQVE . SAEPE . ITERÀTIS BEATISSIMI. ADSPECTVS ET. INCLYTARVM . VIRTVTVM . MEMORIA PATRIAE. NOSTRAE .IVCVNDITATEM-^GAVtilVMQVE. AVGERST, tzQ Varietà' Del prClodato signor Dott. Labus sono poi queste altre t poskt in lei ìnniìwnento a Capreno sul coìifine deUa pioi>iiicia di Mituno . HEIC. EXSVVI\E. ADQVIESGVNT GEOKGll. V ITALIANI FRANG. F. GLEKia. COIVIITTS DOMO. MEDIOLANO . PATRICIA . WOiilLlTATE STRATORIS . NAPOLEO^JIS . AVG. QVI. PIETATE. IN. SVOS. FIDE . IN . AMIGOS PRVDENTIA. PARI. PRORATVS . OMNIBVS MORBI. DIVTINI . VIIVI INV^CTA . PATIELVTIA. PERPESSVS CTtTITlTECESS.. XIV. KAL . MAI . AN. M. DCGC XX. AET. SVAE . XXXVIl. pavllvs . clerici corona . ferkea . exornatvs iieres. vsvfrvgtvakivs. ex . pakte. dimidia cvm. filiis. infantibvs. heredib. ex. asse ne. memoria. perpetvi . amoùis . elv's intercider et titvlvm.. fegit :fratri. optimo. dssideratissimo bene . merenti 2. •,, oli,. . . Bollo di mattoni messi in opera in un bellissimo e dispcnilioso acquedotto latei-izio fatto eseguire da S. E. il signor ronlc Giaco- rao Mellcrio, consigliere intimo attuale di stato di S. M. I. R. A., nella deliziosa sua villa di Gcrnctto . Dopo gli esempli antichi ( ci scrive il signor Labas ) c'/e sappiano troi'ursene dal secolo d' Jusru- stojìno alla lo'al caduta del romano imperio, crasi ajf'atto perduta Varietà' 1217 questa bellissima costumanza «nde oflicinaruiB vcterum dominos et priscorum aedificiorum a?tatem cognosccremvis. Cccoro/iorz^sorZ'a in pra- tica Costanzo Sforza si^ ncr di Pesaro, e i due sommi pontefici Martino V. e Alessandro Vl-i ma poi di nuovo si obliterò. Or si è rimesso dì nuovo in uso; e, se troveià seguaci, i nostri posteri ci sapran grado di un servizio che lor rendiamo con fenuissima spesa e con lievis- simo incomodo. Il bollo di che si tratta è il seguente , suggerito dal sig. L»bus. ANNO. M. DCCC. XX^ EX. PRAEdIs . lAC. . MELIErI . T. 1t/ FIGLINA . GERNETTIANA I.UCA . SOMALEA . ARCUITECTO Osserfrizionr Metenrolo^ic/.r fatte alla Specola ilei CrìUes-. Rn^n. Luglio 18:^0. MiTTi^vA Idrometro iTerm 28 28 27 II 28 ( 28 7.3 38 28 2H 23 98 28 28 19 2 41 4 2 4a 5 o ,ji 4 2 3i 3 3 3'' o ■i 2« ly 4 ■' 17 7'2- 3 18 I 3. i 18 3I30 f) 17 3 3i 2 17 r,' 26 C 4 34 - 3!"^'i ' 3I 22 /j 3^34 3 8:41 ;. " 34 - 2:36 8U6 0,42 à\ì9 16 0 i') 2 20 2 17 2 ■9 17 18 2 8 0 41 0 41 3 ■> I i' 37 33 3 GIORNO Barometro Term Icr. II 6 i 23 + 24 2,3 o 3 27 11 9 28 o 5 27 II 8 28 o 9 28 I 4 4 '- 34 8 40 .-. 39 3 4") 3 45 27 I I 3 ! 2.3 28 I 3 j 23 2!? 1 5 i 2S 28 o 4 I 2.5 '?7 I ! 3 '■ 27 27 1 I 3 -7 >s t I 2- 28 I 0 r8 2S 0 9 28 27 II .9 .2y 28 I 10 22 9 21 i 23 9 2i ■^ 24 6 2S K 26 "i :,3Ó3 4'3ó 3 5139 - - Us i' i!^3 i i' -1 ) oj ,v o 4! W' :■ Ali- « 5, .2 . 3Ì15.5 44 4' 36 3 49 ' 49 2 47 (. 3o • '-3 4 SKKA rìarometro Teiin.l Jjri 2S I 28 o ^8 o 28 o 28 o 27 II 23 o 28 o 2 j o 28 o 28 I oa I - 27 II 23 o 27 II 28 I 27 II IO 28 ( 27 «I 23 3 17 ,, 18 0 l7 ti 18 ■i 19 '- 19 '■ 18 V 1 7 18 1 i '•' 4 '9 3 20 4 20 L 17 17 20 2 '9 1 ! 21 •5 23 j2 5 3 ' ' '■,0 I a 2 'ji 1 ■:8 e 4: 2 Os^er<.'os''^Tiì Meieornloo^iche fatf(^ alla flpecola del Cnflrn: Rnm. 28 29 30 . 2C tra. I s. p.n. 4 23 'ra. I s, p.n. -t 46 ira. I s. n.p. '^ 2' irti. 1 s. \ C S,re. 0 s. 5 4.' Ira. I s. tra. ma s. tra- im mcz.li. im^s f^o.lco. 1 fj poii. 2 jj poiv I jj /'O/z. I h iiiez. m|j me. SI. pon. I /ra. Il /;o«. a ;yort. 1 /«irt, I Ir. ino. I neb.^t Volcn iis^ da' eli. Astrouonii abbonlare per diligenza, pong poco. Le iltre abljreviuture nelle colonne àc'' venti sono p"i se stesse ii h^lligibili. Quando segue un asl'ri^co s'iaten.Ie gran quantità :, ove trovasi lina "f- cro'i' s'intende piccola qu.-.ntilà. E^^A^TA. Corrige ì6. ad. ridice . . , , . riduce 56. 1. Ussac Lussac ^-J' e d ed 3l. b p 57. i5. r ^' 97. i5. forti forbi 98. 3 1. più giù 112, ly, a galleggia . . . e galleggia IMPRIMATUR, Si videlpitur Rev. P. Mag. Sac. P. A. Mag. Candidus M. Frattini Arcldep. Phdipp. Vicasg. IMPRIMATUR. jPr, Philippus Jnfossi Qrd. Prced: S. P.J- ^^S' i33 SCIENZE Notizie sopra nuovi Osservatori Astronomici ■ M. ,entre gli spiriti nìeschiui ( dice il Sig. Ba- rone di Zacli nella sua Correspondence A stronomi- que ec. Cahier de Novemb. 1819. ) agitano la qui- stione , e mettano in dubbio se gli ossservatorj astronomici siano necessarj, i grandi vi rispondo- no collo stabilirne de' nuovi . Alessandro I. Im- peradore di tutte le Russie , Giorgio IV. Re del- la gran Brettagiia, sulla proposta ed avviso de' lo- ro illuminati Ministri, hanno ordinata T erezione di due novelle specole astronomiche ne' due emisferj del nostro globo; luna in jlbo ^ capitale della Fin- landia , presa dagli Svedesi , e poscia ceduta alla Russia nel 1808 ; 1' altra al Capo di Buona Spe- ranza , invaso in principio dagli Olandesi , quindi abbandonato agi' Inglesi nel i8i5. Queste due specole nascenti hanno posizioni felicissime , e del n^assimo interresse per la scien- za astronomica . La città di Abo , e quella del Ca- po sono distanti Y una dall' altra al di là del quar- to della circonferenza del nostro globo , e 1' una non dista dal meridiano dell' altra che di un quar- to d' ora circa . Basta questa sola circostanza per far concepire ai seguaci di Urania tutta 1' impor- tanza astronomica di una tal posizione geonomica, eh' è quella appunto, che vuoisi qui rilevare . Des- sa si lu che nel lySi. determinò il Governo Fran- G.A.T.VIL 9 l34 S G I E N Z 8 cese ad inviare T Abate De la Gaille al Capo di Buona Speranza , e De la Lande in età allora di anni 19. a Berlino per farvi delle osservazioni si- niultanoe e corrispondenti su le parallassi del so- le , della luna , e del pianeta Marte . Cosa non dovrà sperarsi per 1' avvenire , quando ne' due an- zidetti osservatorj egregiamente iorniti , in perma- nenza quasi sotto il medesimo meridiano , a più di due mila leghe 1 uno dall' altro , e in due emi- sferj opposti , si faranno osservazioni corrispondenti e continue ? Un osservatorio nell' isola di Alancl dicoutro ad Abo sarebbe stato ancor meglio situa- to per questo oggetto , mentre sarebbe stato pre- cisamente sotto il medesimo meridiano della città ò.q{ Capo . Ma Abo non essendone lontana che di un quarto d' ora più verso 1 i^st , questa lieve dif- ferenza non ne produrrà certamente alcuna nelle osservazioni corrispondenti , che costituiscono lo scopo principale de nuovi stabilimenti . Abo 1 quantunque ìie' primi mille anni dell' Era nostra immersa ancora nella ignoranza e nella bar- barle , quantunque di soli sei gradi lontana dal cir- colo polare artico, nuììadinKinco nel risorgimento delle scienze in Europa si dirozzò anch' essa . Cri- stina, quella celebre regina di Svezia, figliuola ^i un padre più celebre ancora , vi fondò nel i(J4o. r università, ed una biblioteca. Le scienze dunque sono ivi coltivate da due secoli circa, e 1 astro- nomia è nel novero di esse . Una prova , ed uu elogio insieme , ne somministrano i nomi di Lin- dquist , Gadoiin , Schonmarek , Jastander , e so- pra tutti quello di i.ekel T allievo , il favorito , e il collaboratore del gi.ud' Euler, nato in Abo un secolo dopo la (bndaziouc della università nel 17J0. Da quest' epoca si sono latte in Abo osservazioni Nuoti Osserv. A.stronomici i35 astronomiche , in un cielo e in una clima iperbo- reo , mentre non se ne facevano , o almeno ben poche, ne' climi favoriti dalla bella natura, da un' atmosfera la più limpida , da un cielo il più puro e sereno . D' onde mai siffatta differenza ? Consi- derando per un momento il fisico , e il morale degli uomini sparsi nelle diverse regioni della terra, si scorge negli abitanti de' paesi settentrionali una complessione robusta di corpo , rigidezza dì fibra, tranquilla immaginazione , uno spirito concentrato in se stesso : per le quali doti divengono eglino adatti alle protende e lunghe meditazioni , e non atti egualmente alle operazioni brillanti e di fan- tasia . Gli abitanti de' paesi meridionali , inferiori nella robustezza del corpo , possono vantarsi di una sensibilità assai maggiore : di uno spirito più pron- to , e di più vivace immaginazione ; e questa ^ forse la ragione principale , per cui mentre il Nord di Europa ha prodotto in numero superiore mate- matici e metafisici profondissimi, e pazientissimi os- servatori degli astri ; il Sud di essa ha veduto fio- rire nobilissimi oratori , e poeti , pittori eccellen- tissimi , e simili altri ingegni . £ parlando in par- ticolare dell' astronomìa , v' è un' altra ragione deli' anzidetta disparità da valutare , vale a dire che il firmamento è agli occhi de' popoli meridionali di Eui'opa uno spettacolo famigliare, e per conseguen- za non risveglia in loro tanta curiosità e maravi- glia , quanta risvegliar ne dee nei popoli setten- trionali , i quali di rado lo veggono attraverso le nebbie e le tenebre della loro atmosfera . Aggiun- gasi a questo , che lo spirito umano par che trovi il suo pieno soddisfacimento e le sue grandi de- lizie appunto in quelle operazioni , nelle quali si presentano le maggiori difficoltà a vincere . Forse 9'* j30 S e I E N E E perciò tanti luminari nella scienza astronomica so- no sorti dal settentrione di Europa , i Flamstead , i Sharp , gli Halley , i Poud , i Bradley , i Ma- ^kelyne , gli Herschel ec. , e in quei climi tene- brosi sono stati scoperti quattro pianeti , mentre un solo n' è stato scoperto nelje amene contrade deir Europa meridionale. Ove però se di astrono- mi si conta minor numero , questo è composto di pomini sommi nella scienza , e a nuli' altro cer- tamente inferiori ; e ciò sia detto spezialmente a glo- ria della nostra Italia , sempre feconda di ottimi ingegni in ogni maniera di sapere . In proposito de' nuovi osservatorj, daremo al- icune altre notizie relative all' osservatorio reale di Marlia , del quale abbiamo parlato nel XV. Quaderno . Fu detto colà che le fondamenta di esso erano state gittate , e che quanto prima sarebbono state ultimate , Ora dee sapersi che tutto ciò è stato già fatto , e che si è procurato dare ad esse la maggiore solidità possibile , sebbene dovessero sostenere un solo appartamento terreno , mentre la torre col tettQ mobile ha le sue fondamenta sepa- rate dal corpo dell' edilìzio . Perciò ne' luoghi , ove jl terreno poteva cedere , si è data al muro una profondità maggiore ; negli altri si è portato lo scavo sino alla roccia viva . Siccome poi Y edifizio riposa sopra il vertice di una collina, per renderne vieppiù sicura e stabile la base , si è costrutto un muro in recinto , il quale sostiene la spinta del terreno , ossia il declivio del monte , in partico- lare dal lato del Sud , Est , Ovest , poiché dalla banda dpi Nord v ha la continuazione delle mon- tagne che ne fa le veci . Né ciò solo ; ma il sud- detto muro , che in taluni luoghi s' innalza sino all'altezza di i5. piedi ,sL ò rinforzato qua e là Nuovi OssERV. Astronomici iZy con scarpe e contraforti , alla foggia di un' ope- ra di fortificazione - I\e' quali lavori è da lodarsi grandemente la perizia e 1' attività del sig. archi- tetto Nottolini , che vi ha presieduto , lo cui ze- lo parte certamente da quello vivissimo della sua Sovrana nell' attuale impresa . Vi sono state alcune persone dell' arte , come architetti ed astronomi , i quali hanno sparso qual- che censura intorno la solidità delle fondamenld a loro giudìzio soverchia : e han detto che doven- do sostenere un solo appartamento terreno , il qua- le guaranlisce poi e non regge gli stromenti astro- nomici, potevano essere meno grandiose, e in con- seguenza di minor dispendio . Ben però si risponde a costoro che un edilizio qualunque , il quale si vuol che duri non a vita soltanto di chi he fu r autore , o a quella de' primi nepoti , ma pei po- steri ancora , debbe avere lina sufficiente stabi- lità , e molto più aver la debbe un osservatorio astronomico . Imperocché i muri di esso ^ chd so- pra il suolo s' innalzano , è mestieri elle abbiano parecchie fenditure , onde aperto rimanga il cam- po ai telescopi ; e il tetto medesimo ha la sua apertura per gli stromenti collocati nella dilezione del meridiano da scoprirsi da un punto all' altro dell' orizzonte . Ciò che la fabbrica perde in soli- dità per 1 interrompimentò dei muì-i ^ e la poca cosinessione nel tetto , guadagnar lo dee nell ap- poggio sopra una base Saldissima . Sono anco da valutarsi le frequenti scosse , che all' edifìzio im- prime quella spezie di catei'atta , la quale chiude r apertura suddetta del tetto : se in forza di esse ceda una qualche parte , già la cateratta non chiu- de più ermeticamente 1' apertura , 1' acqua vi pe- netra con facilità , e danneggia gravemente gli stro- i38 Scienze menti clie sono nello interno . Si è veduto in mol- ti osservatori quali sieno state le conseguenze del- la poca solidità della fabbrica : in quello reale di Parigi il muro della parte orientale uscilo del suo appiombo mosse ancora la facciata meridionale , cagionò de' crepacci in varj luoghi , e poco a po- co danni irieparabili in tutto V edifizio . Il quale esempio, unito a tanti altri , dee ammaestrare chì*- anquc imprenda la costruzione di un osservatorio a non risparmiare spesa da principio , per non es- sere poi costretto a restaurare , e forse costruire r opera di nuovo . Era appunto compiuto il lavoro delle fonda- menta , di cui abbiamo pai lato , quando giunse a Lucca r astronomo osservatore Sig. Pons colla sua famiglia, e alcuni stromenti da destinarsi alla nuo*- va specola di Marlia . È inutile il dire con qua- le eil'usione di cuore S. M. la Regina accogliesse questo celebre scopritore degli astri , mentre è no- to ad ognuno 1 animo dì lei gentile , e il favo- re per le scienze e gli scienziati : diremo piutto- sto come il Sig. Pons ebbe la fortunata occasio- ne di mostrare a lei la sua gratitudine , col pre- sentarle subito la scoperta di un nuovo astro, va- le a dire la cometa nella costellazione della Ver- gine , Non era gran tempo che egli stesso a Mar- siglia avea scoperto il ritorno di un' altra cometa, di quella cioè clie- il Sig. Baron di Zach qualificò col titolo di periodica , perchè tre volte apparsa per lo innanzi ; neppure era gran tempo che un' altra ne avea osservata nella costellazione del Lio- ne , quando dopo 4- giorni dal suo arrivo in Mar- lia si avvide di quella ora accennata , di cui vo- gliamo dare brevissimo ragguaglio . Fu dunque nel- la notte del 4- al 5. dicembre del p.p. anno, alle Nuovi Osseìvv. Astbonomici 189 ©re quattro del mail ino , di ogli la vide nclT ala sinistra della costellazione della Vergine . Era que- sto nuovo astro debolissimo , invisibile alT occbio nu-lo , senza coda , senza barba , e senza noccino- lo . Al telescopio si presentava come una nebulo- sa rotonda, mal terminata, di cinque a sei minu- ti di diametro : era al nord delle due stelle j- ed fi. della Vergine , e formava con esse nn trian- golo isoscele . Siccome quest' astro non avea alcuno di quei segni distintivi , i quali d' ordinario ca- ratterizzano le comete , perciò al solo movimen- to suo proprio si riconobbe eh' era un astro am- bulante . Dopo questa prima osservazione non man- cò il Sig. Pons di seguirlo per quanto il p<^rmi- sero la cattiva stagione , e il cielo quasi sempre coperto : e vide eli esso attraversò d. agonalmente tutto il petto della Vergine dalla stella p, sino alla stella e , e diresse il suo corso verso la chioma di Berenice . L' ultima volta in cui 1 osservò , fu il 20. dicembre alle ore cinque del mattino, e mentre ne attendeva il passaggio pel meridiano , varie nubi ingombrarono il cielo, e ne impedirono la veduta . È stata osservata contemporancamfnte questa medesima cometa a Milano , a Bologna , a Vien- na , ed Augsbourg , ma sempre di volo , attese le vicende straordinarie della stagione ; e per que- sta ragione , come anco per la facilita grande di confonderla con una delle nebulose abbondantis- sime nel cielo settentrionale , è stata invano da al- tre specole cercata , in ispezie da quella di ìlam- bourg per il Sig. Rumker . Nondimeno 1 astrono- mo di Brera Sig. Carlini da quattro sue osser- vazioni, e da una fatta in Bologna il 32. dicem- bre dal Sig. Caturegli , ha tratto gli elementi dell' orbita parabolica seguente . , l4o S e I K N Z E Passaggio al perielio 1819. Novemb. 16, 902 t. m. a Milano. Longitudine del perielio 69° Sa' 55" del nodo 83 54 o3 Inclinazione dell' orbita ii 44 ^7 Logar. della distanza perielia .... 9 , 90*824 Affinchè intanto non rimanessero infruttuosi sino al termine dell' edifizio gli stromenti astronomici recati a Marlia , si pensò di proporre a S. M. la fabbricazione in legno di una specola provvisoria, ove appunto si dovessero collocare gli stromenti, e fare di essi un qualche uso . Avendo S. M. ac- consentito alla proposta , e fissato il luogo in vi- cinanza della abitazione degli astronomi , nello spa- zio di 20. giorni fu non solo Costrutta la specola provvisoria con legno di castagno e cedro , ma vi furono situati ancora gli stromenti ^ montati , e posti in piena attività . Questo picciolo osserva- torio è composto di un salone di 61. piedi di lun- ghezza , sopra iQ). di larghezza , e 12. di altez- za : ha una porta d' ingresso all' Est , una fenc- stra all' Ovest , e tre al Sud . 11 salone ed il tet- to hanno una fenditura , che si apre e chiude per mezzo di cateratte , la quale scucpre la veduta del cielo in tutta la direzione del meridiano per lo stromento de' passaggi , e il circolo ripetitore . Lo stromento de passaggi di tre piedi e mezzo di Reichenbach è collocato fra due pilastri di marmo di Carrara : di lato e allo sguardo dell' osserva- tore è fissato sopra un altro pilastro isolato il pen- dolo astronomico : un terzo pilastro più piccolo sostiene il circolo ripetitore di dodici pollici : gli altri stromenti portatili , sestante , teodolite , tele- scopi , cronometri, baroiiietri , termometri , distri- Nuovi Ossert. Astromomi i^i buiti nel salone, sono all' opportunità trasportati in qne' luoghi , ove li chiama 1' uso che se ne vuol lare . ColTajuto di questa specola a posticcio, quan- tunque la stagione consecutiva sia stata di mol- to avversa , ha potuto il Sig. Pons esercitarsi in varie ricerche . Egli ha tentato più volte di rive- dere la cometa , di cui abbiamo parlato pocan- zi , ed ha tenuto dietro anche ad un' altra , della quale non abbiamo sinora notizie positive . Ha inol- tre osservato molte occultazioni di stelle per la luna , onde fissare la longitudine della specola prov- visoria , mentre la latitudine è stata determinata mediante il circolo ripetitore di Reichenbach dal Sig. Bertini a 43** 54' 28 ", C . Questa specola di legno però non andrà molto a lungo , poiché nel mese di marzo del corrente anno 1820. sono sla- ti ripresi i lavori al grande osservatorio , e dopo- ché le fondamenta lian riposato per lo spazio dì dieci settimane , si è incominciato ad innalzare i muri delle facciate , i quali è sperabile che nella state presente sieno portati sin sotto tetto • E co- sì gli artefici lavorassero gli stromenti pel novo osservatorio colla stessa rapidità come questo si fabbrica ! Che ben presto potrebbe essere in piens attività . Ma su questo articolo si lagna alcun po« co il Sig. Baron di Zacli -, e rammentandosi degli anni molti che passarono pria che uscisse dall' of- ficina di Ramsden il talescopio meridiano ordina- to da Cassini IV. per l'osservatorio di Parigi, e conoscendo che questa insoffribile lentezza è co- mune a quasi tutti gli artisti , teme eh' egli anco- ra debba lungamente sospirare per gli stromenti comandati in uso di Marlia . Si duole ancora il Sig. Barone della poca fortuna del nascente osser- $42 Scienze vatorio rispetto all' astronomo calcflldtorc , giac- ché il Sig. tnke si è ricusato all' invito prr alcune ragioni, chela Sovrana stessa, a nome della, qua- le era stato invitato , ha dovuto approvare ed csp- plaudire ; e il Sig. Littrou, non alieno dall' accet- tare , è stato impensatamente chiamato dall' osser- vatorio di Buda , ov' era aggiunto , alla direzione "di quello imperiale di Vienna . JFhtfì per servire air\isloria chimica delle Pietre Meteoriche , del Si.^. Law^ier . ( Estratto ) JL ra le sostanze , le quali etìtrano nella compo- sizione delle aeroliti , tre possono essere conside- rate come elementi caratteristici, vale a dire il ni- ckel , il cromo, e poi lo zolfo, attesa la sua unio- ne costante con il nickel . Gli altri principj non sarehhono tali da togliere le aeroliti dalla classe Ak^ì miscugli pietrosi, e da indicare la loro particolare origine . Cosi la pietra caduta a Chossigny , nella quale non è stata trovata alcuna traccia di zollo, di nickel , e di cromo , non è affatto tenuta per un' aerolite . II nickel è quello dei tre caratteri, cui si an- nette la maggior importanza , poiché si trova nel- le aeroliti in quantità molto considerabile , e si ri- scontra eziandio nei lerri meteorici . Il cromo , la di cui presenza in tut'e le aeroliti è ugualmente no- tabile , non è stato tuttavia considerato sino al pre- sente che come un carattere di minor valore , ve- rosimilmente in ragione della sua minor quantità , e forse ancora perchè taluni chimici , 1' autorità PiEtftE Meteoriche i43 de' quali è rispettabile nella scienza ., Jian posta in dubbio la sua esistenza in alcune aeroliti , e spe- zialmente nelk pietra di Stannern in Moravia . Se però venisse fatto di provare die un' ae- rolite non racchiude la più piccola quantità di ni- ckel , e che la pietra di Moravia contiene una do- se notabile di cromo , non saremmo autorizzati a credere, sino a che fosse dimostrato il contrario, che il cromo è dei tre principj delle aeroliti il più costante , e j)er conseguente il più caratteristico ? Il nostro Autore è stato condotto a questa con- «hiusione dalf esame comparativo di^una pietra di recente caduta a Jonzac li j3 giugno 1819 , e del- la pietra, la cui caduta avvenne li 22 maggio 1808 a Stannern in Moravia . L' analisi di queste due aeroliti , o piuttosto i fatti comprovanti dietro i suoi esperimenti , che la prima non contiene affat- lo di nickel , e la seconda racchiude del cromo , sono r obbietto della sua Memoria . Cento parti della pietra di Jonzac son formate dalle sostanze qui appresso notate Ossido di ferro . ^ . « * . .36 Silice 4^ Allumina. ........ 6 Calce . . . 7 , 5o Ossido di manganese v2 , 80 Magnesia . . 1 , 60 Zolfo , » . I , 5o Cromo • .. . t 102 , 4o Tenendo conto dell' ossigene aggiunto ai metalli du- rante r analisi , la sua quantità compensa presso a i44 Scienze poco la perdita, che si avrebbe dovuto avere. Del resto questa pietra differisce dalle meteoriche non so- lamente per la mancanza del nickel, ma per la pro- porzione ancora delle altre sostanze che la com- pongono ; di maniera che lo zolfo e la magnesia, le quali sono eminenti nelle pietre del medesimo genere per la loro quantità, qui stanno nella pro- porzione delle sostanze sempre accidentali , come la calce e V allumina , le quali questa volta sem- bra che abbiano preso il posto di quelle . Avendo poi esaminata la pietra di Moravia , quella di tutte le aeroliti ove si è particolarmente sostenuta l'assenza del cromo, l'autore non ha sten- tato granfatto a riconoscere ch'essa non è sprovvista dì questo metallo, e che ne contie e un mezzo cen- tesimo, siccome la pietra di Verona caduta nel i663, nella quale ha per la prima volta trovato il cromo , scoperto dal Sig Vauquelin nel piombo rosso della Siberia . Insiste l'Autore sulla facilità, eolla quale il cro- mo, meschiato soprattutto all' ossido di manganese , può sfuggire alle ricerche , se non si mettano in pratica quelle precauzioni, eli egli ha accennate nel- la sua prima memoria intorno le aeroliti . E con- chiude da' suoi esperimenti , non escludendo la pro- babilità che possano esistere pietre meteoriche prive di cromo, come anco di nickel , che sino a nuovi ci- menti si dee riguardare il cromo come il carattere più costante- delle aeroliti . i45 Sulla natura e rimedio de carcinomi - Memoria di Giambattista Ferminelli chiru ni 1820. dalla Tip. Saluzj . Giambattista Ferminelli chirurgo di Terni - Ter- O introduce nelle sue riflessioni il Ferminelli, po- nendo innanzi la storia d' un carcinoma alla destra mammella della Signora Chiara Pagarotti . La quale mostratasi lungo tempo riottosa alla operazione sa- viamente propostale dall' A. , il cancro divenne ulce- rato e ridusse Y inferma a estremo pericolo . Segui- tando lo zelantissimo Sig. Ferminelli a insistere per il taglio , dovette alla fine rintronare airorecchio del- la Signora Pagarotti quel detto di Celso : melius est anceps., quam nullum experi ri remedium. Dopodiché la paurosa malata , che forse s'intendeva di latino , non dubitò più di sottomettersi alla felice mano del Sig. Giambattista, e nello spazio di 40. giorni la par- te le restò perfettamente sanata. Da questa storia l'Au- tore deduce quattro corollarj ; de' quali il piìi nuo- vo è, che ne' casi in cui necessiti l'operazione chirur- gica , la medicina è inferiore alla chirurgia . Divide 1 A, la sua memoria in due parti , Nella prima vuol dimostrare l'inutilità de'medicamenti nel- lo scirro vero ; ammettendo però che nello spurio se ne possano ottenere le guarigioni ; perocché in que- ste, dicerA.,la natura parla., in quello si iace(pag.32). Combatte l'A. la divisione adottata quanto al cancro, in occulto cioè e in manifesto , e gli piace meglio , per non vedere moltiplicati gli enti senza necessità^ ài dividerlo in tre stati, cioè in torpido attivo e corrotto. Chi osservasse però che il primo stato di torpore è talvolta così oscuro ( come asserisce lo stesso A. pa* i46 Scienze gina 38.) che appena ptiò avvertirsi, potrebbe ridu?- re di nuovo a due la triplice divisione del Ferminelli, per più economizzare negli enti, siccome è suo deside- rio, e chiamare di nuovo occulto quel primo stato; gli altri due, ne' quali il cancro mostra le sue lordure, ri- tornarli senza difficoltà al nome solito di manifesto . Viene poscia lA. alle cause del carcinoma, in che noa sì discosta dagli altri , che nel darci fuori di propo- sito una descrizione più distinta dell'uomo allegro e dell' uomo melanconico (pag- 4o), dimenticando pro- babilmente la sua intenzione di non moltiplicare gli enti senza necessità . Si conclude alla fine questa pri- ma parte con quel poco noto af'orismo : Quod medi' camenta non sanante ignis sanat; quod ignis non sa" nat , yerrum sanat quod ferrum non sanat , 'incura- bile . Ipp. Nella parte seconda prende a disputare TA. la ne- cessità della medicina operatoria nel carcinoma . Egli comincia dal voler combattere il prestigio della dia- tesi cancerosa . Intraprende la confutazione di det- ta diatesi, assicurando che una località morbosa pos- sa sussistere senza alcuna alterazione delle parti inter- medie che interessano la vita ( pag- yC)- Ma poco do- po egli paragona il carcinoma a una potenza nemica, che prende le posizioni le pia favorevoli al suo do^ minio ^ e in queste spiega le sue forze. Non altrimen- ti opera il miasma canceroso , quando si muove con impeto dalla sua sede per estendere i suoi confini (pa- gina fó ) . Queste curiose scorrerle della potenza ne- mica immaginate dall' A., non invadono già , secon- do che egli pensa, tallo il campo di battaglia per for- mare una diatesi, come dire, guerresca; ma sono qua- li passaggi d'un corpo d'armata che va dritto a pi- gliar posto in qicelle parti che gli sono pia analoghe , e sopra modo obbediente non lascia in passando ve- De' Carciìvojii éc. 147 runa traccia dì niilitare licenza. Ma in proposito del- ia mentovata diatesi, ci dica la grazia sua il Sig. Giam- LaUista, che altra cosa fu se non una 'diatesi promos- sa flairaiFezione locale carcinomatosa nella inferma Si- gnora Chiara ^ quand egli vide le perdite locali^ la J'ebì)re continua , la diarrea caparhia^ l incipiente ma' rasmo ì ( pag. 1 i- ) La sua potenza nemica si conten- tava aìloi-a di rimanersi ne' quartieri , o non piutto- sto dava a tutta furia neli' oste, e^ dimenLicata la su- Lordiaazioìie, poneva a soqquadro ogni cosa.'' Oltre- dicliè quando alla pag. 54- ci dà l'A. quella gon- fia e strepitosa descrizione de' progressi del cancro , alla quale non manca infine che la più criulele dispe- razione , per adallurla al gorgozzule di qualclae coni- mv?diante , chi vorrà u egare che egli stesso non am- iBetta la controversa diatesi ? liceo le sue parole . Se il carcfUijnia si trascura di vanta^^^io^ se si trat- ta con riniedj ripercussivi , emollienti , suppuranti , se soffre qualche leggera compressione^ il veleno ac- cresce le sue forze , si sviluppa in maggior copia d una qualità più corrosiva , va ricercando dentro e fuori tutta le parti solide-, etc- Cotesto veleno fatto più copioso va adunque ad invedere di primo lancio il sistema nerveo, e lo fa montare in lorle orgoglio , come s' esprime l'A. alla pag. 5 1 . i\è basta ; il vele- no alfetta eziandio il sistema sanguifero secondo r autore medesimo . Oltre ai solidi ha dubitato il Sig. Ferminelli che anche i fluidi se ne possano con- taminare , avendo prudentemente aperto alla Paga- rotti , tuttoché risanata, un fonticolo nel braccio de- stro (pag. 112 ). Ora cotesto stato non potrà me- ritare il nome di diatesi / Ìl non è desso r/uelfecceS' so di una virulenza non interrotta , e continuata in tutti i sistemi che abbraccia tanto i solidi quanto i flui- di nella loro totalità , chiamalo diatesi dallo stcs- l4^ S e I E Jf Z E 60 A. alla pag. loG. ? Bello è poi che mentre il Sig. Ferminelli nega la diatesi nel cancro , il quale ha certo un vc-lono più diiFusivo , non ha scrupolo di ammeLterla nel carboncello , come si rileva du que- ste sue parole. È certo che il deutocloruro di mercu- rio adisce sul carboncello in maniera^ che lojis'u nel luogo in cui nacque , ed impedisce così che si prO" duca la diatesi morbosa , la quale uccide con ra- pidità ec. (pag. 129 ). Intorno alia innegabile dispo- •sizione ereditaria cancerosa, la quale al Sig. i^^eriai- iielli sembra un sogno , è qui inutile di favellare , e lasceremo V autore nella sua sonnolenza . In con- clusione questa memoria si riduce ad ammaestrar- ci novellamente „ Che il taglio ai cancri è la miglior ricetta , cosa nota, non che ai medici, anche a' poeti : co- me testifica questo verso tolto dalla i. Satira di Angelo Delci . Dopo la memoria seguono certe addizioni^ nel- le quali si parla a dilungo intorno il carbonchio sporadico. Asserisce l'A. che egli nasce soltanto nel- la faccia, nel colio, e qualche volta nella parte an- torior -superiore del petto . Noi possiamo assicurare di averne veduti nella gente della provincia di Ma- rittima e Campagna, dove un tal morbo può dirsi en- demico, in molte altre parli del corpo, e massime sulle braccia e sulle stesse mani . Egli infine dopo aver tanto declamato nella prima parte della sua memoria contro gli specifici, ciiiamandoli secreti che si cangiarono in ciurmeria^ la quale moltiplica i suoi Homi per accrescere i suoi prestigi ed il suo lucro (pag. 25.); propone un secreto ed uno specifico in- iallibile per guarire il carbonchio . Ogfiuno ( dice francamente l'A. pag. 127 ) può con certezza vince- re un morbo per se medesimo spesso micidiale, e sem- De* Carcinomi ec. i4j) pre pericoloso^ colluso del rimedio seguente: R. Dcu^ tocloruro di mercurio ^ mezz" oncia:, bolo armeno., mezza ottava ■ estratto d oppio ^ uno scrupolo; gomma diagraute ^ mezza ottava. Si impastino queste sostan- ze , e si facciano tiocisci grandi , quanto una gros- sa lenticchia ! Diremo anche alcuna cosa del modo dì scri- vere del 8ig. Fcrminelli . Egli chiama T acrimonia particolare dello scirro : un rapido rifiuto della na- tura (pag- 4^ ) * ^^ scirrescenza la \uoìe figlia dell' abuso del meccanismo naturale ( pag. 47 ^ 4^)- Al- la pag. 5o sì legge , che nello scirro incipiente la forza vitale si nasconde per aspettare che esso cre- sca e si renda perfetto; finalmente, accortasi dell'ac- caduto , sbuca air improvviso, e come pentita sem- bra propensa ad abbattere la stessa perfezione. Al- trove (pag.57) , considerata Finutilità de'presidj me- dici nel cancro , egli rileva che l'arte bambina soc- combe ali ira duna belva feroce . Alla pag. 5 9. la vagare per le fibre cerebrali degli uomini tutti i sem- plici e tutti i composti della^farmacia . Ma più feli- ce è il Sig. Ferminelli ne' paragoni . Dopo aver det- to , come abbiam notato poco fa, che per aspetta- re il compimento dello scirro la forza vitale giù oca a nascondiglio , egli la paragona a un bruco industrio- so che da se stesso s' imprigiona , e che ultimata una fabbrica dura consistente impenetrabile., vive per gualche tempo sopito nel ceìiiro , e che alla fine spie- ga /' ali per non restare ali altrui vista vilmente ce- lato (pag. 5o ) . Alla pag. 54 nella quale descrive il passaggio dello scirro dallo stato di attività a quel- lo di corruttela , che secondo lui ( pag. ..8 ) è ra- pidissimo , rassomiglia la rapidità di questo passag- gio al vegetare d una pietra , la quale si forma per sovrapposizione di strati. G.A.T.VII. ,0 l5o S e I E N Z IB Noi confortiamo pei'tanto il Sìg. Ferminelli a riprendere in esame questa sua memoi ia , e ad emen- darla ; affinchè possa almeno gareggiare col merito dell'altro suo opuscolo intitolato il Cauto Fleboto- mista, F. P. Acque minerali del Tempio di Serapide in Poz- zuoli , rapporti del Prof, Miglietta • iVa- poli 1818. vJon tre Rapporti letti nel Real Istituto d' in- coraggi mento alle scienze naturali di Napoli l'A. ragiona delle acque minerali del Tempio di Sera- pide , del modo con cui si adoperano , e del van- taggio che lianno recate . ISiel primo Rapporto rammenta la gloria di Pozzuoli . Descrive 1' antico monumento circondato dalle acque minerali . Cerca di mostrar brevemen- te esser questo consecrato a Serapide ; e non già a Nettuno , o a Bacco , come altri crede . Ci fa sapere che queste acque sorgono da diverse parti àei Tempio; e che non hanno tutte la medesima iratura , né la stessa virtù medicinale , Ignorando r A. gli elementi , che compongono questi fluidi, li nomina con nomi volgari . Chiama X uno ac- tjua deU antro , a cagione del luogo ; X altro ac- qua della macchina perchè una macchina lo con- duce . Dice il terzo acqua media puteolana , poi- ché scorro Ira il primo , ed il secondo , Conside- ra in un quarto fluido il suo uso utile ai lip- posi , e lo nomina acqua de' lipposi . Finalmente nota la quinta fontana , da cui viene un' acqua , la quale essendo simile alla comunale , la dice Acque Minerali di Pozzuoli i5i acqua della fontana . Dopo ciò egli sommamente si loda del Vescovo di Pozzuoli , per lo cui zelo noi possiamo e da queste acque , e dal luogo ave- re tal vantaggio, quale, secondochè egli ragiona, ìx ebbero i nostri antichi . JVel secondo rapporto si parla dell' uso delle nominate acque ; e particolarmente dell' acqua dell' antro, e di quella della macchina, alle quali T A. dà un nome generico , poiché le chiama acque mi- nerali termali • Ed affinchè sia a ciascuno palese r utilità di queste dal loro effetto , egli divide in classi Je malattie osservate , e curate nel Tempio di Serapide or con il bagno , or con la doccia . Vuole che in ciascuna classe siano comprese di- Verse varietà ; ed in ognuna di queste molti ma- li particolari . La qual cosa noi , non senza ra- gione , con le sue parole notiamo . ,, Glasse i . Doglie di varia sorta , che inve- „ stano le membra. „ Varietà j. Doglie di semplice iùdole reuma* ,, to-cronica ( reumatalgia , reumatismo freddo ^ „ reuma cronico , etc. ) „ Varietà II. Doglie reumatiche , complicate „ ad affezioni di altri organi ..... sono state „ dì questo conio: le doglie reumato-gastriche ; le „ doglie reumato-isteriche ; le doglie reumato-lin- „ fatiche ; le reumatalgie erpetiche . „ Varietà III. Doglie reumatiche miste a se- „ menzajo di morbi particolari , Se „ ne indicano le diverse specie . Doglie reumato- „ pspriche ; doglie reumato-sifilitiche . ^„ Varietà IV. Doglie reumatiche distinte per „ indole , o per modo di affezione particolare . . „ . . Èsse sono : la lombagine ; la sciatica ; la podagra . IO •• l5:2 S C 1 E N Z f; „ Classe IL Affezioni nervose , mascherate ,, sotto vario aspetto . „ Varietà I. Affezioni nerveo-spasmodiche co- „ muni . „ Varietà IL Affezioni nerveo - spasmodiche „ particolari . „ Varietà III. Affezioni nerveo-atoniche- mu- „ scolari . „ Glasse III. Affezioni cutanee esulceranti . ,, Glasse IV. Affezioni organiche , cagionate „ da vizio meccanico , da metastasi umorale , etc. Nel terzo , ed ultimo rapporto T A. ci vuol mostrare il bene che può recare l'acqua me- dia-pu teolana , e r acque de' lipposi ; T una e 1 altra dette acque minerali fredde . Perciò che riguarda la medio-puteolana , egli prima ci fa sa- pere aver questa la facoltà purgativa e diuretica ; purché se ne beva una quantità conveniente ; e poi, ammaestrato per alcune sperienze , più vantag- giosamente ragiona , dicendo „ che quest' acqua ha „ un utile rapporto col sistema de' piccoli vasi , „ a quali essa arreca un opportuno eccitamento , ♦, atto a destarli dal torpore , iii cui non è raro >, che si veggano caduti ; sia che questi vasi ap- „ parlengano ali apparato capillare , ali esalante , „ od al iiniafico ,, . Asserisce che questa bevanda accresce la forza dello stomaco, e delle intestinài che dà un opportuno rimedio ai multiplici maina- ne renali ; e che ,^ T apparato uterino nella sua fre- „ quente atonia debbe rinvenire un sovrano rime- „ dio neir uso di quest' acqua,,. Per paiiare in line dcir acqua de' lipposi 1' A. racconta brevemente la storia di quattro iiilermi per or uniche ed annose ottalmie^ \ quali tornarono sani degli occhi per mezzo de collirj di questa fluido . Acque minerali tu Pozzuoli !53 Un elenco in cui son notati i nomi dlegl* infermi venuti a Pozzuoli per cercar salvezza ; le malattie dalle quali questi erano presi ; il rime- dio adoperato, ed il suo effetto, è termine dell* opuscolo del Professor Miglietta . Noi stimiamo degni di molta lode gli ^c cademici del Real Istituto d' incora ggimenfo alle scien- jpe naturali di Napoli per molte cose da essi Le- ne operate , e per ciò eh' ebbero in animo quan- do impegnarono il nostro A. alla conoscenza mc" dica delle acque che sono nel Tempio di Serapi- de . Gli anatomici sanno che la membrana gastro* pulmonìca , e la genito-urinaria , son formate dal- la pelle la qua] copre ogni parte del corpo , e che continua entra per diversi fori , ed è parte di mol- ti visceri . Per lo che è manifesto poter essere la nostra pelle e cagione di molti mali, e mez- zo per tornar sani. Ecco V utilità, e sovente la necessità de' bagni ; ed ecco perchè gli antichi Ro- mani avevano tante terme ; e non poche n ebbe- ro i Greci , secondochè scrissero Omero e Vilru- vio . I medici Italiani della nostra età chiaramente mostrano di tener questa dottrina; polche molto frequente ora è l' uso de' bagni o di acqua comu- nale , o di acqua minerale . Perciò siamo certi , fche gli Accademici Napoletani per voler trarre van- taggio dalle acque dell' antico monumento di Poz-" zuolì elessero il Professor Miglietta a fare le ne- cessane osservazioni ed esperienze ; per poi am* maestrarne i suoi colleghi . Ma a noi pare, che que- sti o non abbia ben intesa la volontà degli Ac- cademici , o non abbia potuto compiere il suo pro- posito . Lasciamo stare il suo stile . Non consideria- mo le parole , che sono tali , e ìn tal modo fra l54 S e I E N- Z K loro congiunte , che la benigna interpretazione del lettore spesso non basta a conoscere i suoi con- cetti . Ma parliamo alquanto di ciò che alla mate- ria si appartiene . K vero che la scienza de' medici, essendo da ogni parte monca , può piti facilmente giudicar- si a posteriori ^ cioè da^h escili ^ che dalla conos- cenza delle cause che operano. I medici però de- vono fare ogni sforzo , onde ragionando stabiliie ciò che poi la esperienza rafferma . Questa lucile sen- tenza par che non sia nella mente del nostro A. Poiché egli forse non solamente crede vano il co- noscere ,jl perchè , ed il modo , onde un tal rime- dio può giovare ; ma vorrebbe che tutti se ne lo- dassero , senza che alcuno sapesse da quali ele- menti è composto . E venendo a' fatti : Il Migiietta , giunto a Pozzuoli , senza prima esaminare le proprietà fisiche , e chimiche delle ac- que del Tempio di Giove Serapide , come spirato fosse da questo Nume , assicura molti infermi del- le virtà medicinali di queste acque ; e li consi- glia a farne uso in vario modo , secondo la ma- lattia da che erano presi. Per ciò che egli ci rac- conta , è certo che 1' effetto è slato conforme al- la sua spirazione ; poiché mille malati hanno tro- vata salute , o almeno breve conforto in Pozzuo- li. Questa sua esperienza però, ancorché bene av- venturata, è inutile non solo ai mèdici , che han- no il ragionamento per loro guida , ma altresì agli empirici , che seguono 1 esempio altrui . Ld in vero il nome , con che egli nota alcune malattie, non mostiaudo al lettore una chiara idea di quel- lo che si vuol significare ( perchè la sua noso- logia non consuona con vei una di quelle scritte da' famosi medici ) nessuno può sapere in qual Acque minerali di Pozzuoli j55 caso sìa giusto il fare ciò che egli ha fatto . Il nostro A. forse crede di aver antivedute le nostre considerazioni ; e di averle rendute vane dicendo t ,, Io protesto altamente che questo raccon- „ to sarà Sgombro di qualunque ornamento , che ,, possa alterarne il valore. Dirò di più, che è mio „ voto di farlo servire meno ai cultori deli* ar- ^, te medica , che ai profani di essa : ed è in ciò „ che non dubito di non essere di accordo col vo- ft to generale della nostra società . Ciascuno co- 9) noSca col gergo meno oscuro la nuova ricchez- 9, za medicinale ^ che si offre in Pozzuoli dalla ,, mano benefica della natura : ciascuno apprenda ,, a valutarla dai fatti , e i nostri desiderj saran- „ no appagati . A nuovo ozio , a messe più uber- <,i tosa , riprenderemo forse quest' argomento con ), Vedute più generali , e con un linguaggio mc- „ glio attinto dalla scienza . ,,, Ma esaminiamo breve- mente quesf altra sua protesta . Per ciò che appartiene all' ornamento del dire , il suo protestare non era certo necessario a chi legge il suo scritto . Il farci sapete che egli non scrisse per i cultori della medicina , ma per i prò- J'ani di essa , non ci giova ; poiché essendo egli solo sacerdote di quel tempio , dove apprese la sua nosologia , gli altri e malati e medici , che son tutti profani , non intendono i nomi delle ma- lattie , che egli seppe dal sagro suo ministero . La promessa cheTA. la di \olerriprenderequesto«/g^o/?ze«- to a messe pia ubertosa con vedute pia generali ^ e con Un linguaggio meglio attinto dalla scienza , non ci ciba certamente di speranza buona . Chi va per la via fallace , se posando si riconforta , il suo anr dare sarà più veloce , e con maggior suo danno - Se ì Rapporti del Miglietta non soddisfano , i56 Scienze a parer nostro , la lodcToIe intenzione degli i\cca* deniici, noi speriamo che qualcuno di questi valoro- si scienziati, giovandosi di ciòclie ha mostrato il pro- fessor Lanccilotti analizzando le acque di Pozzuoli, e rettamente ragionando , e facendo esperienze, ci faccia sapere da quali malattie sono tormentati gì' infermi , che trovairo scampo nel tempio sacro al- ia umana salvezza . Prospetto de risultamenti ottenuti nella Clinica Me- dica della Pontifìcia Università di Bologna nel corso scolastico di un triennio - Discorso premes- so alle Lezioni Medicopratiche dell' anno scola- stico 1819- 1820 dal professore Giacomo Tom- ìnasini - Bologna 1820 - Pe? le Mampe di An- nesio Nobili, Epilogo l^e è cosa degna sempre di somma Jan die il ren- der conto di se innanzi di esserne richiesto , lo» devolissima esser debbe , allorché si renda della vi- ta degli uomini affidata alla cura, alla diligènza, al sapere di un clinico . 11 chiarissimo Signor Vro- fessore Giacomo Tommasini , uno de primi orna- menti della Pontificia Università di iiologna , e della scuola medica Italiana,' si crede rn dovere dì dar questo conto ; e da ciò trae principio il bel- lissimo suo LiscorSo. ,, Dacché onorato (cosi egli) ,, dai voti , e sostenuto dal! amicizia eie miei illu- „ stiicoLeghi, io assunsi la direzione fiella GJinica „ Melica in questa Pontiiicia Università, contras- ,, si pur de' ciovéti verso il Principe , verso i Uni- Discorso del Prof. ToMirtASiNf i5^ ^, Versìtà , e vetsro me stesso ; e Y epoca è „ giunta in eh' io li adempia . Che ben dovere io „ stimo de professori di Clinica , e per molti ri* ,, guardi strettissimo , il render conto dopo dati ,, intervalli alla società, ed al governo di quelle „ vite , che per oggetto di pubblica istruzione fu— „ Tono alle loro mani affidate . L' Autore s' introduce nelV argomento ragio- nando della prudenza medica , la quale égli chia- merebbe 'voloTitieri , e quindi noi pure volontierj chiameremo , ri morale della medicina . Conoscito- re profondo , Come egli è , della difficile arte che professa , ne conosce pure la incertezza , e ne ve- de i limiti a segno di affermare ingenuamente « essere sì poco esatta V azione de' mezzi , a' quah r arte è costretta di ricorrere , che il medico tion può mai con sicurezza garantire il buon esito del- la malattia. „ Il perchè (è egli stesso che parla ) „ non v' ha chiarezza di parole ; non seve^rità d in- „ duzìoni ; lìon apparato di esempj , che si omet- „ ta da noi per ispirare questa maniera di sen-^ „ tire ai nostri alunni , e per moderare la pron- „ tezza di quella età , a cui die natura pari al „ sentimento delle fisiche forze il coraggio e la „ confidenza nelle morali . A me sembra che nno degli argornenti di mag- gior forza a dimostrare la incertezza dell' arte rne-» dica sia la tanta varietà di sistemi fra se , né di rado , discordanti , i quali ideati da notnini dì grande ingegno , spiegano sempre eccellentemente qualche fenomeno ; il perchè si presentano anch e «empre con aspetto lusinghiere) , che piaCe vie più se lavorilo sia da alcun felice successo . Mettendo V A. in pratica // morale della me- dicina , non circoscrive già la diagnosi della me- i58 S e l « N 2 E dicina a quel più o meno di azione, d cui si stringe la troppo sterile patologia de' Browniani ; ma si stende a quelle morbose condizioni, le qua- li , benché derivino per la massima parte da ec- cesso di stimolo , costituiscono non pertanto el- leno stesse uno stato indipendente dalla prima cau- sa die le suscitò . La dottrina quindi dell' A. ab- braccia anche le forme morbose , e le condizioni patologiche ; misura il grado diverso di affezione dinamica; esamina la differenza de' sintomi, la va- riabile fisonomia de' mali ; in una parola tutte cal- cola le mutazioni , che ne' liquidi , e ne' solidi so- no da temersi per influenza delle morbose condi- zioni dell'eccitamento. // morale della medicina è indivisibile segua- ce dell' A. anche nell' applicazione de rimedj coe- renti , non pure alle massime patologiche, ma al- tresì all' esperienza dì quattro lustri dacché egli esercita con tanta fama ^ e sì universale , e sì me- ritata la professione di medico . Perciocché le rtjio- ve. osservazioni congiunte alle antiche accrescono di assai la ricchezza dell' arte ; di tal che ogni pa- gina di quanto scrissero Ippocrate ^ Areico, Celso, Sjdenham , Baglivi eC. e divenuta sotto le indagi- ni odierne pili preziosa che mai non fosse , Avverte 1 A. che di lungo studio , e di lun- ga e pazientissima pratica , è frutto il tatto inedico^ che i progressi predice delle malattie , e le speran- ze , ed i timori del loro esito : e per dare agli scolari un argomento del suo affetto , il che fa 4i sovente , manifesta loro il desiderio che egli avrebbe di comunicar loro , solo che il potesse , il suo tatto medico , onde durar non dovessero le sì grandi ed incessanti fatiche per acquistarlo . Ingeritasi dall' A. nell' animo degli scolari la Discorso pel Prof. Tommasini j5g massima di procedere con tutta la prudenza nell* esercizio dell' arte , §Y ihstruisce , che se lento esser si debbe a formare giudizio della malattia , finche si tratta di conoscerla ; dopo però essersi per qualsiasi modo conosciuta , è duopo divenir co- raggiosi , e ricorrere sollecitamente ai mezzi più efficaci per salvare 1 infermo . Quanto all' uso delle medicine, Y A. lasciando in pace que medici che molte ne adoperano , egli si professa amante di poche ; e dopo di avere as- sicurato che nella sua Clinica non si usa delle me* dicine violenti , se non con somma circospezione, si fa incontro a coloro, che affettando zelo per la umanità , cercano di combattere la nuova dottrina, e d'insinuare al volgo che sìa micidiale» Il profitto ritratto dalle premesse dottrine ap- plicate alle cure intraprese ne' tre anni clinici ri- sulta dalla Tabella collocata in fine del discorso , e che si troverà pure dopo questo epilogo w Limo- stra la medesima che de' 4^^- infermi entrati nel triennio nello Spedale Clinico ^ uscirono sani 4 1 8. e morirono soli ^5. Si distinguono nella 1 abella stessa le diverse malattie , ed il numero degl' in- dividui che ne furono colpiti . GÌ' inièrmi di feb-. bri sinoche , e catarrali , come pure gì' infermi di affezioni acute , e gravi da difetti di stimolo , ed altresì gì' infermi di febbri intermittenti semplici e complicate con fisconia , ritornarono tutti sani e salvi alle loro famiglie . Le aifezioni o dolorose, o convulsive, o superficialmente febbri di prove- nienza manifestamente irritativa^ furono guarite per mezzo della espulsione , o della distrazione di ciò che affliggeva qualche sensibile parte del corpo. - Nelle febbri periodico-intermittenti si tenne più vol- te sospeso 1 uso della Qliina , |)er essersi dovuto i6o Se l BW « K combattere sempre con metodo deprimente una con- dizione lento-flogistica del sistema epatico , o sple- nico . Le febbri nervose, i gravi sinochi, o tifi, si sono superati con metodo anti-flogistico riuscito niàravìglioso . Di cìnquantasette inlermi nel trien- nio di tali febbri, quattro soli sono morti; laddo- ve quando si curavano co' rimedj eccitanti , il hu* mero de' morti a quello de' risanati era come il i8. , e talvolta come 20 a 100. - Le inlìammazìoni acu- te sono state curate coir uso prudente de' salassi, e de' rimedj contro-stimolanti ; e singolarmente del tartaro stibiato a dosi attive , del kermes , del ni- tro della Scilla , dell' acetito di potassa , dell' aC- ^ua coobata di lauro ceraso , anzi dell' elemento at- tivo di essa, e dell' acido prussico . A tenere il qual metodo dì cura è 1' A. animato dagli esem- pj degl' illustri Professori Bondioli , Gelmetti , Boi-^ da , Fanzago , che misero in pratica 1' azione drli' acido prussico , della digitale , e di altri affini ri- medj , scoperta , sono giù vent' anni, dal chiarissi- mo Rasori. Non omette in fine 1' A. di addurre alquanti €sempj di metodi adoperati nelle più gravi nlalat- tie in ciaschediin anno del triennio ; dopo di che ha la consolazione di conchiudere , che tale mortalità è sicuramente la minima di quante vengono rife- rite, o sono notate ne' migliori spedali. E perchè non si creda mai che egli di ciò pre.'^ujma, soggiun- ge: „ ISè io vorrò quindi trarre argomento di pre- „ sunzione, o di fidanza maggiore dì quella che avef „ sì possa nella dottrina , e nell'arte . JVon diniett- „ tico mai r influenza che ha tiell' esito della ma- ,, lattia quella riunione di combinazioni non sogget- „ te a calcolo, quell'effetto di non evitabili circo- „ stanze , che il nome lia di fortuna . Pur non è Discorso del Prof. ToMMAsmi i6i „ da negarsi , che per lo scopo dell' arte , e per la ,, pubblica economia, il più sicuro argomento della ,, convenienza di una dottrina e d' un metodo cu-» „ rativo sia appunto la felicità degli esiti . Ben „ lecito a noi fia di ciò consolarci , che ai tanti ar- ,, gomenti dall' osservazione derivati, e dall'esperien- „ za , onde la verità delle nuove massime si con- „ ferma ogni dì maggiormente , corrispondano ed ,. aggiungan valore i l'elici successi in questa Cli- nica ottenuti ,, . Ed io pure mi rallegro dell' esi- to l'elice che hanno avuto le cure dell' A., perchè è verissima la sentenza di Edipo re Nessun opra maggior che sovvenire Per virtù propria alla miseria altrui. Trad. del Sig, Marchese Angelelli . Chiude da ultimo r A. il suo discorso così: „ Ben giusto è s' io mi compiaccio , che una gio- ,, ventù così numerosa, ed animata da tanto amo- „ re per la benetica arte nostra, trar possa dalle sto- „ rie mediche d' un intero triennio a comune van- „ taggio raccolte , ed ordinate nel clinico archivio „ per chi ami di consultarle , utili esempj , ragio- „ nevole incoraggiamento , e ben fondate speranze . „ E ben dolce è per me il poter offerire il mi- „ glior frutto che per me si possa delle mie fa- „ tiche al supremo Governo , all' Università, ed „ a questa Città illustre che mi fu così presto cor- „ tese d'accoglimento, e di confidenza, e che io „ presto appresi a riguardare guai seconda mia „ patria . „ Io mi sono determinato a formare T epilogo del presente discorso, perchè da esso appare quanto r illustre mio collega nella Pontificia Università di i63 Scienze Bologna sia dotto , quanto grato al Sovrano , quan* to rispettoso verso i Professori della sua arte , e di quale affetto sia compreso verso i suoi scolari , a' quali cerca d' insinuare in bel modo Y ottima mo- rale di che egli è fornito . E mi piace ancora che il Proliessor tolga oramai la volgare opinione , che il presentarsi allo spedale Clinico sia lo stesso che essere tratto alla tomba . Vincenzo bprni degli antonj i63 Malattie curate nella Clinica Medica di Bologna durante il trien- nio scolastico »8i6-i7- X8-1819. Infiammazioni acute , compresi i5. Entrati Morti Per Cento 4 reumatismi, ed 8, esantemi. . , . 209 21 '»é u Folgosi croniche , compresi i3. casi d'idropc, che furono dipendenti da lento-flogistica condizione , . . . 38 5 '% Z Febbri sinochc , e catarrali . . , . , 35 0 0 4 Sinochi, febbri nervose, 0 tifi . . 57 4 'j/ 5 Afifezioni acute , e gravi da difetto di stimolo 4 0 0 6 Febbri ixttermittenti semplici e com* plicate con fisconia .,..,.. 46 0 0 7 Emorragie , 17 1 ^4 8 Convulsioni , comprese due alienazio- ni di tale natura 18 4 10 1 0 1 4 0 10 9 Affezioni asmatiche . 10 Torpori, emiplegie, ed apoplesie . 11 Aflfe/àoni irritative manifeste .... lo 0 0 12 Idrofobie 2 2 100 »3 Pellagre 1 0 14 Vizj strumentali s 0 0 Totale 453 35 7| iC4 Nuova maniera di rendere la carta simile all' avorio . ( Estratto ) Xja società d' incoraggimonto delle arti commer- cio e manifatture di Londra assegnò nell'anno 1819^ il premio di sessanta zecchini ad una memoria del Sig. Eiasle , nella quale descrive un pix)cesso per rendere la carta simile alV avorio. Si apprezza dai dipintori nella lamina d' avorio la leggerezza , la fina ed omogenea grana del suo tessuto , la proprietà di non spandere o dilatare la linea colorata clie vi si soprappone , la facilità di togliere il dipinto o con acqua o con un grattalojo, e la sua tinta , sulla quale armonizzano benissimo i colori trasparen-ti e le velature . Ma questi caratte- ri particolari contrapposti al caro prezzo, alle limi» tate dimensioni , ed al costante colore (i) del den- te elefantino , han fatto desiderare un succedaneo , cli.e riunendo le qualità positive , escludesse le ne- gative . . , Il Sig. Eìnsle ha trovato questo succedaneo nel- la sua carta preparata , che venne riconosciuta mi- gliore del vero avorio per dipingervi , resistendo a tre o quattro lavate , né punto alterandosi per le raschiature fattevi col ferro per levar via rinsec- chito colore . Ecco in qual maniera componesi la carta di Eiusle . (1) Contiene Tavorio vma ■detcrminata quantità di soslaaza 0- leosa, che con l'azione dell' aria e della liice cambia il bianco gial- lognolo suo colore in giallo fosco - nerastro , che altera le sopra- stanti tinte . Carta simile all' Avorio iG5 Si preparino quattr' oncìe di ritagli di buona e nitida carta pecora . Pongansi in una peiiLola ver- niciata, che contenga circa un boccale di limpìd'ac- qua ; si faccia bollire lentamente , rifondendovi altr' acqua calda a misura che si concentra il liquore . Dopo quattro o cinque ore che i ritagli suddetti saranno quasi fusi , si passi la colla per tela, e si conservi all'uso che appresso si dirà . I residui del- la filtrazione sì ritornino a fondere in altr' acqua, con le medesime cautele , per ricavarne una secon- da colla . Deve aversi in pronto una lamina di lavagna { ardesia) di una data superficie (i), e tre fogli dì carta da scrivere più grandi della lavagna. Inumi- disconsi i detti fogli con acqua limpida , mediante una spugna, e s incollarfó 1 un laltro servendosi del- la seconda fusione sovradescritta, avvertendo che non si frapponga alcuna bollicina d'aria tra foglio e foglio . Così incollati si stendono sopra la lami- na di lavagna , o vi si attaccano nella parte che so- pravanza, ripiegandoli attorno con molta delicatezza. Asciugato questo cartoncino , s' inumidiscono simil- mente tre altri fogli di carta, grandi quanto la la- vagna : e con la medesima colla , e con le stesse cautele si sovi^ppongono e si uniscono a' primi, poi sì lasciano lentamente asciugare . Si deve avere in pronto una laminetta di pie- tra , sia anche della stessa lavagna , che abbia i bordi arrotondati a guisa de' brunito] degli orefici. Si avvolge questa pietra con una carta bianca piuttosto grossetta , e quando il cartoncino è benis- (i) Sia nel presente caso due palmi per due palmi, onde coi-- risponda alle dosi della colla, e sopratutto della scajuola da impie- garsi . G.A.T.VII. n iG6 Scienze simo secco , si spiana con la detta pietra per ogni verso, finche la sua superficie sia ridotta egualmente levigata . Dof^io vi s' incolla sopra un altro foglio di finissima carta, eguale in grandezza alla lavagna, badando sempre che non resti niuna bollicina d'aria ila carta e carta ; e quando questo loglio comincerà ad asciugarsi , verrà ripetuta la medesima brunitura, servendosi di carta più fina per avvolgere la pie- truzza . La mano sarà condotta cautamente, per non lacerare il foglio sottoposto, e non si lascerà di stro- picciare finché non sarà reso aderentissimo e levi- ga tis simo , Farete la seguente composizione : due oncie di finissimo gesso , che presso noi volgarmente chia- masi scajuola : un' oncia e mezza di ossido di zin- go : ed un oncia di carbonato di barite purificato: e mescolate il tutto a perfezione . Prendete la me- tà circa della prima colla , fondetela al fuoco , e versateci la composizione descritta , in modo che sia esattamente sciolta e rimescolata : spandetene , con una spugna prima inumidita, una strato sul- la vostra carta come si è detto preparata, e procurate di farlo con esattezza acciò divenga eguale in ogni parte : lasciatelo asciugare , e poi brunitelo nella stessa guisa che bruniste le cai te . Finalmente al- lungate una cucchiajata della prima colla con tre di acqua, ed a lento fuoco unite a perfezione: e quan- do questa colla sarà alquanto raifreddata, spandete-? la in tre volte egualmente sulla carta, lasciando di volta in volta il tempo necessario per asciugarsi . Dopo la terza volta tornerete a brunire con la stes- sa pietruzza ravvolta in finissima carta , e quando vedrete la superficie unita quasi cristallina, taglie- rete attorno la lavagna , servendovi di un fino col- tello appoggiato ad una guida di legno , e sollcve- Carta simile all' Avorio 167 rete il foglio di cartoncino avoriato da servirvene al momento . Noi commendiamo sinceramente questo ritrova* to, e desideriamo che qualcuno , dopo averne fatto gli opportuni esperimenti , stabilisca una manifattu- ra di tali carte , che potrà diminuire e forse anul- lare le ricerche delle lamine d'avorio , nella nostra città necessarie a tanti dipintori in miniatura, e po- trà dare un campo più vasto al loro genio che non sì troverà circoscritto nei limiti delle varie sezioni trans versali del piramldato dente dell'elefan- te . £ quegl' altri che per rappresentare esattamente molti piccoli oggetti in poco campo si valgono dei rame laminato , o di tavolette di legno , potranno ordinarsi dei logli di carta avoviata di quella mi- sura che crederanno convenire all' ideato progetto . E, senza punto diminuire l' onore che per tal ritrovato si deve all'Einsle, ci piace in questa oc- casione di ricordare , che quasi nella stessa manie- ra si lavorano in Roma le così dette scajuole, che o per m.oda , o per valenzia di chi le componeva, hanno per tutta l' Europa circolato . Tavole di tutte dimensioni , pilastri , ornamenti esteriori dei focolari da camera , vedevansi in copia , ripeten- do i pili belli ornati , i più famosi mosaici , i più rari vasi Etruschi , le più caratteristiche masche- re sceniche , e tutto in somma quello che si de- siderava copiato dagli antichi restatici monumenti. Ed in altra guisa non si facevano , che scioglien- do la scajuola in un' acqua saturata di una sostan- za animale agglutinante , ed attaccandola ad una pietra ordinaria : poi s' incidevano mano mano gli ornati scavandone ogni sagama che variava colore, e riempiendo la fossa con altra scajuola tinta del ricercato colore . La maniera di aliustrare 1' opera iG8 Scienze compita era la stessa . Sarebbe possibile che que- sto procedere avesse dato motivo a farne V appli- cazione sulla carta ? Noi non vogliamo impegnarci in tale quistiane , HiimwnwnwiwidagmiEruff: LETTERATURA Sulla iscrizione di un amuleto Greco , posseduto da S. E. il Sìgx Conte Blacas d' Aulps , Pari di Francia , Ambasciatore di S.M. Cristianissima presso la Santa Sede , Lettera di Girolamo Amati al Sig. lìeinaud della Società Biograjica di Parigi . Signore J-fJLi tengo per sommamente onorato, che S. E. il Sig. Ambasciatore siasi compiaciuto di credermi capace a spiegare il beir amuleto Greco di suo no- vello acquisto; E quantunque , per de' lavori che interessano grandemente T cuor letterario delle due nazioni, Francese ed Italiana (i) , io partecipi da non poco tempo a' vantaggi della generosa e spe- (i) Vcggansi le dissertazioni sulla Lingua Romana, e le poesie di essa, pubblicate in Parigi dal dottissimo Sig. Raynouard , ed il trattato , uscito rcjentenacnte alla luce in Milano , del Sig. Per- ticari, nella celebrata Proposta del Sig. Monti . Queste due clas- siche opere hamio determinato per sempre , ed a pien convinci- mento degli uomini , che sragionar non vogliano , le vere origi-r ni , le attinenze, e la fatura sorte della nobilissima lingua Italiana. oz (jue.ftcc g-ranoezza ISCRIZ. d'un AMT3LET0 GRECO l6<) cìale di lui bontà , sono tuttavia sicuro , che la gen- tilezza vostra ne V avrà confermato in tale per me troppo favorevole opinione . Vorrei quindi poter corrispondere adeguatamente ad un sì alto invito : Ma temo , che la insufficienza mia appena mi per- metterà dì produr cosa , che degna si mostri , o plausibile almeno . Ben mi ricordo d' aver veduto queir amuleto presso r incomparabile nostro amico Sig. Akerblad , del quale piango ancora , e piangerò sempre Y ama- rissima perdita » Attesto eh' egli , come solea far- mi parte delle sue dotte occupazioni , dicilérar me lo seppe , fin da' primi giorni che il possedea ; ec- cettuata r ultima linea , in cui trovammo un non so che d' inciampo , Alla comparsa di una sì lun- ga leggenda, che insolitamente ci presentava un sen-^ so tutto seguito , e chiaro abbastanza per chi pe- netri nella Greca lingua fino alle sue ultime mu- tazioni , egli giudicò , ed io ne convenni, esser quel- la , fra tutte le pietre abraxee da noi conosciute , la più pregevole ed interessante . Sono certo , che il valentuomo ne avea scritto poscia la spiegazio- ne in varie cartoline ; ritoccando e correggendo più volte , secondo la somma sua perizia ed esattezza t Ma io , in quella camera , ricca ognora di tante erudite curiosità , passando da un oggetto all' al- tro , non posi all' abbozzato lavoro attenzion tale , che ora sovvenir me ne possa perfettamente . Ilo dovuto per ciò applicar di nuovo il mio studio a que' veramente strani ed intralciati caratteri ; E ten- terò pure di restituirne la lezione ; alla quale , sen- za corredo di preamboli e conienti , aggiungerò una semplice versione , che fondata mi sembra e ra- gionevole . Voglio sperare , che camminando io sidle stesse tracce della Grecità barbara e declinante. i^o Letteratura in poche e pìcciolissime cose m' avverrà forse di deviar dalle orme , già segnate pel celeberrimo pò- liglollo . Eccovi , signore , tutta Y epigrafe , ridotta in lettere majnscole comuni ; a comodo di coloro , i quali non hanno molta cognizione delle infinite fog- ge , e della incostanza , con cui dagli antichi va- riar soleansi gli elementi delle loro idiotiche ed af- frettate scritture . EnEKAAOME . SE. MErAAOAOHE . OS. TAMATA. EGHKAS . ESAKOXIZ . MO . KAI . RTHEO . ME. EOI- TTXEN . OllTONTON . NOSIS, A. T. MFA, ONOMA, ZO. EO). OY. KEM . Y'ho lasciato intatti gli errori di grammatica e di pronuncia ; de' quali la maggior parte, da' tem- pi del monumento , ch'esser dovrebbono tra il II., ìli. , e IV. secolo di Cristo , è derivata fino a' Gre- ci moderni ; acciò si vegga su quale orrido e spia- cevol campo s' eserciti talvolta il sapere e 1' in- gegno del vero antiquario . Volendosi poi 1' iscri- zione in buona ortografia , toltine gì' idiotismi piij grossolani, e gli sbagli di pronuncia, ella n' an- drebbe ibrmata in questa guisa , ^^EnrtxctKàvfxxi gì' , (nyuKÓìo^c , oi \dfjtctra. 'iStììicit (ovvero ov \u.(iciTa. 'è$»xct\ 't^daouao f fiou ^ xetl Trotto f^g *tirtanfjt,u, hta, tò [H'^a. oifofia. aìv, C od anche aou") , 'e^' óy (cioè 'u

a queir an- tico famigliare di Desiderio, Farulfo, che serve nel suo solitario campestre ritiro a dar nuove dei com- battenti di Urba . Gli amori e le nozze della sua figlia Ermehnda con Rino sono gentilmente e vi- vamente dipinti. L' improvisa passione verso Idel- berga , mal nascosta dal prigioniero Atto, rende più importante T uscita d' Idclberga da Pavia , e il suo 1 Italiade del Ricci i8i incontro con Alto medésimo , e dà luogo a far comparire più chiaramente il rigido animo di De- sideria, il vaiare d' Arigiso , e la perfidia di Mau-> rizio , di cui paga fio colla morte . Forse della presa di Urba potea Fautore parlar- ne un poco più a lungo, essendo cosa che tanto in- fluisce sulla sorte di Pavia . Forse non è abljastan- za tratto degno dell' animo di Carlo il cercare di avvilire gli assediati , ergendo in trofeo Y armi di Aldegiso, e di Arigiso trovate a caso sopra altri ca- daveri . Di tutte le belle macchine che compose Tor- quato adoperando le potens^e iniernali, non si è potu- to prevalere il M. A , perchè la verità storica glie lo vietava . Ha appena potuto prevalersene i'acendo che alla verno, per mezzo di un Jjugiardo mago , Deside- rio ricorra ; e con qnest episodio rende Desiderio più abbomiuevole, e toglie al leggitore quel poco di compassione, che per lui poteva ancora rimanergli . Moltissimo pregio troviamo nello stile del N. A- Il suo verseggiare è libero , franco , copioso, facile senza bassezza . Descrive le cose con vivi colori , e le nobilita con giuste comparazioni . Le sue apostrofi , le sue parlate, sono piene di sodezza, ricche di riflessioni , adoi'ne di varietà . Quanto mai sono pitene di verità le parole che Paolo Diacono dirige ad Aldegiso ! Non Sai quanti perigli in uno involve Sulìlinie impresa , che dal Ciel non scende: JV'on sai che il trono è vii mucchio di polve. Che dal sotiio di i'io mal si difende . Chi lo sdegn.fr^lei regi urta e travolve Spesso a lar tra le palme il rogo accende. Deh più cauto coUopra , e col consiglio Compagno al genitor ti mostra e figlio . G.A.T.YII. 12 l8^ I/CTTERATURA S. Opizio , dopo aver dignitpsamente narrato il suo ritiro dalla corte , si volge prima con nobi' le apostrofe ai sovrani , indi parla all' Italia . 0 voi che sempre di grandezza ingordi Foste al mondo , ed a voi templi e teatri. Cinti di schiavi , che in mentir concordi L avarizia , e il timor fece idolatri : Altro è ben questo , che ai lamenti sordi Spopolar campi , liquefare aratri: Dai roghi accender del poter la face, E delle tombe propagar la pace. Da queste balze alfin l'estremo addio Diedi alla patria . . ed oh qual era allora ! Ella di me non si rammenta, ed io Qual fu qual fosse mi rammento ancora. Qui spesso ancor uè ragionai con Dio: E poiché qui su lei nasce X aurora , Da queste vette al Ciel le palme alzando Coi primi raggi suoi pace a lei mando . E dico ai fiumi , che di qu^ declivi Sgorgan sotto il mio pie per via diversa: Deh scendete a lavar con cento rivi Italia mia del proprio sangue aspersa . E dico ai venti del mio duol non schivi. Alle rugiade , che prepara e versa Da questi colli il sol : deh voi traete In sen d' Italia mia dolce quiete , Il racconto che fa Erme\Y^arda del suo ripU"! dio è assai commovente , ed esprime assai bene un combattimento di affetti , di amore , di sdegno , di mansuetudine , di fierezza . Muore in un altro ÌL Italiade del Ricci i83 canto questa eroina circondata dalle sorelle, e dal- la genitrice, ed è vivacemente la sua morte espressa. Apre quella le ciglia ancor leggiadre , ( Che bella era la morte in sì bel velo ) Per me non lagrimar , dice alla madre , Che a ragionar di te men vado in Cielo . Vivi alle suore mìe . , , raccheta il padre ; Se il raccende per me paterno zelo , Digli . . . Più dir volea , ma non fìnio , È tra il mondo ed il Ciel compì Y addio ,• Sì oltre passerebbero i ristretti limiti di un estratto se si volessero andar numerando le vivis- sime comparazioni , di cui tanto è Ferace Y inge- gno deir A. Il suo pennello quando descrive è li- bero , franco , robusto , e in mille luoghi , ma sin- golarmente nella dipintura della fame, degli stenti, delle sciagure degli assediati Pavesi, ne dà riprova. Prima di chiudere le riflessioni nostre dobbiamo aS' sai commendare la precisione e 1 eleganza poetica, colle quali egli ha messo in bocca delle supplichevo- li donne la traduzione del salmo Mìserere , e di buona parte dalle invocazioni della Chiesa nelle gran- di litanie . 11 Sig. Cav. Ricci è un poeta , che pochi pareggieranno - 11 suo nome resterà sempre onora- to fra gli epici Italiani , e sarebbe anche a più al- to grado salito , se largomeuto storico del suo poe- ma non l'avesse talvolta stretto fra qualche lega- me ; e pur troppo confessare bisogna , che la poe- sia è di ogni ceppo e di ogni laccio nimica . GiAiy Gherardo de Rossi i34 Dell amor patrio di Dante , apologia del conte Giù* Ho Perticari . Estratto secondo V. T. VII. par. I. Oeguitando il celebre nostro autore le sue sotti- li ricerclie intoruo la rettitudine , la quale , co- me si disse , fu r alto subietto a che Dante mi- rò nel divino poema : tocca di quei luoghi dove il poeta si gitta sdegnosamente contro X intera Ita- lia . ìL pure è certissimo , eh' egli sempre \ amò più eh' altra cosa caramente diletta : e le memorie della sua vita , e X altre opere sue ne fanno aper- tissimo testimonio . Anzi il confermano quei me- desimi , che vogliono in lui trovar sempre le mil- le colpe . Ma egli nelle sue cantiche seguiva la ret" titudine : era severo giurlice , non molle amatore . Perchè mal sapendogli delle private e pubbliche con- dizioni d' una terra già produttrice di petti san- tissimi , e allor tutta lorda di vilissimi uomini : così alzò la voce , eh' ella dovesse arrossire una volta di sue vergogne. Quindi nel XIX.. del Para- diso la chiamò terra prava : e nel VI. del Purga- torio disse: Che le teiTe d' Italia tutte piene Son di tiranni , ed un Mai cel diventa Ogni villan che parteggiando viene . E poi : eh' ella era ostello di dolore e nave senza nocchiero ; e fiera fella non corretta da nessu^ no sprone ; e che nulla valse che Giustiniano le rac^ conciasse il freno y se la sella era vuota . Dell' Amor Patrio di Dante i85 Ma queste cure di Dante in seguire severamente la sola rettitudine molto più vengono chiare per le cose gravissime che sono qui aggiunte dal J\. A.,, Ei „ loda ( così il Perticari ) nel decimoterzo dell' In- „ ferno il magnanimo Federico secondo: ed ivi V ap- „ pella quel signore che J^u d amor sì degno. Ma „ nel decimo canto questo Federico medesimo è „ chiuso dentro un sepolcro ardente nel cimiterìo „ di Epicuro .' Il poeta non frodò X imperadore „ della lode dovuta agli eroi : ma il punì ancora „ della pena debita a chi fu dispettoso alla reli- „ gione , e stimò T anima morire col corpo . JNel „ sesto canto vede il gran Farinata : coniessa che „ fu un magnanimo: eh ei solo , a viso aperto, „ aveva diiesa Firenze, dove gli altri sofferivano „ eh' ella fosse disfatta . Ma perchè si sapeva ck ,, egli ebbe in dispregio la cristiana pietà , lo di- „ pinge dritto dalla cintola in su dentr una di quel- „ le arche , le quali non si chiuderanno , finché „ i corpi non tornino da Giosafatte . Che gran- „ de lode è all' uomo il salvare la patria : ma „ le la maggior danno chi ne toglie dal popolo „ la religione . Né per questo perdonò alla carità „ del suo Guido : il dolcissimo degli amici . Ma „ sotto il caldo di que' coperchi pose Gavalcan- „ te , che era in voce d' ateo : né guardò se ibs- „ se padre all'amico. Nella terza bolgia segna il mar- „ mo e la fessura, in cui doveva essere fitto pa- „ pa Bonifazio , per le accuse che a lui s dava- ,, no di simonia . Ma quando vede Sciarra Colon- „ na porre le profane sue mani sovra il vecchio y, e venerando pontefice, non tanlo guarda allo sde- ,, gno già concetto contro alcuni suoi latti , che ^, più noi muova la riverenza delle chiavi del cie- ,, lo : e grida : Cristo imprigionarsi nel suo vica- l86 Letteratura „ rio : riììnovellarsi t aceto e il fiele essere di iiuo-^ „ \>o ucciso fra i ladri vivi ( Purg. e. 20. ) . Tut- ,, ti i traditori si stanno nell' ultimo fondo dell' „ inferno . Ma da lato a quel Soldanieri già ghi- ,, bellino che muta parte e s' accosta a' guelfi ni- „ mici , ei ne addita quello da Beccaria , che ave- ,, va tradito i guelfi in favore de' ghibellini . E co- „ sì pone quel Bocca degli Abati , che fece a tra- „ dimento scannare quattromila guelfi . 11 genero- „ so ghibellino non guarda se per questo fatto sia- ,, si scemata la semenza de' suoi nemici : ma con-?- „ fina quel traditore nel guazzo gelato dell' Ante- „ nora : e gli percuote il viso co' piedi , gli strac- ,, eia dal capo i capelli , e cresce la vendetta di „ Montaperti. Perchè al cantore della rettitudihe ogni ,, tradimento era malvagità , anche quando giovas- „ se a quelle fazioni , per cui egli aveva stretta ,, la spada . Visse alla corte di Ravenna : trovò ,, pace sotto Tale dell' aquila da Polenta . Ma per^ ,, ciò non tacque dell' adultera Francesca uscita „ da quella casa : anzi ne cantò 1' amore e la pe- ,, na . E solo in prezzo dell' asilo pose tanta pie- „ tà nel narrare quel caso , che se la donna non „ fu assolta innocente , fu almeno compianta: e il „ sarà finché basti la memoria di nostra lingua . „ Ma al fiero Giovanni Malatesta , consorte ed uc- ,, cisore di lei , non perdotia : non bada alf au- ,, torità di sovrano , ne al dritto di marito : e beu- „ che ancor vivo e potente , e signore della vi- ,, cina Rimino , gli grida da Ravenna, che la Cai- ,, na r aspetta : là dove si flagella chi è macchia- ,, to di sangue domestico. L'Alighieri, amico del ,, governo dei re , loda Cesare sovversore della ro- ,, man a repubblica : e canta che // mondo si fe- „ ce per lui sereno siccome il cielo (Par. e. Ci. v. 55)» Dell' Amor Patrto m- Dante 187 Non loda però Tolomeo , che pjEsr servire a Ce- sare tradì Pompeo : anzi del nome dì costui in- titola la cisterna dell' infei'no ^ la Tolomea . E quel Gurione, che spinse Giulio ad occupare la patria , ei segna nella nona bolgia colla lin- gua tagliata dentro la gola . Imperocché \ im- presa di Cesate fu coraggiosa ^ alta e forse ne- cessaria alla corrotta repubblica . Ma Y opera di Tolomeo fu vile come di sicario , e quella di Curione fu lusinghiera e bugiarda . E se alla por- ta del Purgatorio il poeta s' inginocchia avan-^ ti Catone , che forte sopra se ste^-so rifiutò vi- ta per libertà: non degna pur d'una lagrima il feroce Cassio che uccise il più gran cittadino di Roma . Quel primo Bruto che vendicò Lu- crezia e cacciò Fadulteio Tarquinio si sta fra gli spiriti grandi, sovra un prato di fresca verdura, a concilio col re Latino ed Aristotele e Cice- rone i Ma il secondo Bruto assassino del pa- dre suo è cacciato nell' infima laguna dell" in- ferno , anzi fra i denti medesimi di Lucifero . Che l'uomo in repubblica cresciuto può per quel- la morire ; ma chi uccide il padre è snaturato : chi il monarca è sacrilego. Bnonconte da Monte- feltro era con quegli aretini che caddero in Cam- paldino . Dante ivi fu cavallei'e di Firenze : guer- reggiò contra Buonconte , e forse Y uccise - Ma il suo gagliardo nimico fu da lui posto fra qne' santi che sono degni di salire alle slelle . E in- tanto Geri del Bello , consanguineo del poeta , fu per lui dipìnto colle membra tronche , quale si Convaniva a un seminatore di risse; non già per- chè Dante odiasse ì suoi consorti ; ma perchè in quel poema , onde faceasi mi'^eria la rettìHuline , il giudizio della sua mente dovea cader giusto i8S LetteratuHa ,, anclie sovra il suo sangue . Così accrebbe fede ,, alle parole colla ingenuità: rese la sua invenzio- „ ne tutta simile al vero : e si pose come nel tri- ^, bunale cV un Dio, segnando pene agli amici , e „ premi agi' inimici , sciolto da tutte le qualità di ,, cittadino, di consanguineo, e di mortale,,. L'opo il quale alto ragionamento torna novel- lamente r autore alle belle contrade di Firenze : ed ivi tutta gli gode T anima per le memorie di quel- le antiche virtù e cortesi*' . Perciocché ninna cit- tà delle moderne tenne più dell attica gentilez- za , che la beatissima posta sul fiume d' Arno . Ma a' tempi deir Alighieri ogni cosa era mutata: per- duto il seme de' buoni : dimenticati i costumi de- gli avi : e piena la terra d' uomini di contado , che insieme coli ignoranza vi avevano recato il fan- go di tutte le villanie . Talché Firenze era quasi divenuta una cosa salvatica a riguardare : né il nobil nipote di Cacciaguida poteavi sostenere il puzzo del villano (T Jguglione e di quello du Si-r £11 a : e che si dicesse ricco in Firenze chi sarebbe .vissuto andando alla cerca , se fosse rimaso alle patrie ville di Simi/'onti . E il Perticar! glie ne dà mei ito : avendo così mostrato d' avvicinarsi all' opi- nione de' più gran savi di Grecia , i quali ten- gono la mancanza della cortesia esser danno gra- vissimo degli stati . Imperocché , die' egli , per es^ sa gli uomini di solilarii si fanno domestici : e di domestici uniti : e di uniti forti . Ben è vero che spesse volte ha ella dovuto mutare il sincero suo signilicato : specialmente a' dì nostri : in che pare doversi chiamar cortese colui , che è sempre at- torno per salutaiti , tutto giuochi e leggerezze né ti reca mai se non le tue lodi : lalso nel viso, siccome nel favellare . Ma tanto è lontano che Dell' Amor Patrio bi Dante i8<) sì dIeLba a costui il bel titolo della cortesia , eh' io gli torrei più volentieri il nome d' uo- mo ; perchè T arti sue sono qirelle devili e men- zogneri ed oziosi , peste grandissima dell' umau genere , per cui gì' imperii si slasciano e cadono . La cortesia , siccome scrive sapientemente il gran Torquato (*) , non dee aversi per una particolare virtù , ma per la virtù intera: end' ella è giusti- zia , e bontà , e liberalità , « mansuetudine, e tem- peranza , e fortezza, e modestia . Insonima tutto ciì che di più caro e più santo si venera ne' morta-» li . E tale di certo la stimò 1' Alighieri : né t«n» ne discortesi que' nostri vecchi che nelle comuni usanze tanto da' moderni si dilungarono , quanto d dalla severità alla mollezza , dalla libertà al ser- vaggio . E però siccome a' pimi tempi della ro- mana repubblica lurono specchio di cortesia an- che Fabrizio , Curio , e Cincinnato , in quanto gio- varono mirabilmente a rendere i loro concittadini e domestici ed uniti e forti : così il furono pa- rimente que' fiorentini , che vivendo nel mille e cen- to la beata età delf oro , si stavano contenti air umile sajo, al picciol desco , e, come dice il Pet- ti cari , a tutti que miracoli che Janno ancora vivo il ìiome di Lacedemone . Quante volte il poeta no- stro tocca di que' felici , altrettante ce ne innamo- ra : come in quel luogo divino del XY. del Pa- radiso : Fiorenza dentro dalla cerchia antica , Ond' ella toglie ancora e terza e nona « Si stava in pace sobria e pudica . (*) Torci- Tasso, dialogo della Cortesia. 1^0 Letteratura Non avea catenella , non corona , Non donne contigiate, non cintura Che fosse a veder più che la persona . Non faceva nascendo ancor paura La figlia al padre, che il tempo e la dot(* Non fuggian quinci e quindi la misura. Non avea case di famiglia vuote : Non v' era giunto ancor Sardanapalo A mostrar ciò che n camera si puote . Non era vinto ancora Montemalo Dal vostro Uccellatojo , che com' è vinto Nel montar su così sarà nel calo . Bellincion Berti vid' io andar cinto Di cuojo e d'osso , e venir dallo specchio La donna sua senza 1 viso dipinto : E vidi quel di Nerli e quel del Vecchio Esser contenti alla pelle scoverta , E le sue donne al liiso ed al pennecchio . O fortunate ! E ciascuna era certa Della sua sepoltura , ed- ancor nulla Era per Francia nel letto deserta . L' una vegg!)ia\ a a studio della culla , È consolando usava f idioma Che pria li padri e le madri trastulla . L'altra , traendo alla rocca la chioma , Favoleggiava con la sua famiglia De trojani , e di Fiesole , e di Roma . Questo riposato e bel vivere di cittadini non avea certo alcuna simigìianza colle tante abbomi- nazioni de' giorni dell' Alighieri . Quindi lo sdegno in quel magnanimo spinto, e gli amari rimproveri, e il caldo e pio desiderio di veder tornata qu-lla ple- be malvagia in una cortese e fida cittadinanza . Dell'Amor Patrio di Da\te 191 Nò ciò solo voleva che accadesse ne' fioren- tini, ma la sua carità s' allargava collo spazio d' Ita- lia : nella quale il tarlo della discordia rodea fra loro non pure i popoli più vicini , ma gli abitato- ri delia stessa città : talché dentro un muro me- desimo j^TCo^a indegnissima a ricordare ! ) v' era chi colle mani piene di sangue gridava stranieri i propril fratelli , quasi fossero cimbri o britanni. E così per quel parteggiare Italia n' andò guasta e di- visa , e indi si fece debole , e finalmente fu pre- da di quanti la vennero a guerreggiare . Gentile e vivissima è la pittura , che dal divino poeta si pone a considerare a quegli empi nel VI. del Purgato** rio: nel quale il disdegnoso Sordello , che, tutto romito e chiuso ne' àuoi pensieri , ninna cosa di- ce, né appressa persona ^ tosto sorge del luogo suo eh' ode il nome di Mantova , la dolce patria , e abbraccia lietamente Virgilio . Ma non meno terri- bile e grave è il rimprovero , che Dante ne fa se- guire . » Il dolce duca incominciava f Mantova .... E l'ombra, tutta in se romita, Surse ver lui del luogo ove pria stava , Dicendo : o mantovano ^ io son Sordello Della tua terra . E Tun l'altro abbracciava. Ahi serva Italia , di dolore ostello. Nave senza nocchiero in gran tempesta , Non donna di province , ma borbello . Queir anima gentil fu così presta Sol per lo dolce suon della sua terra Di lare al cittadin suo quivi festa ; . Ed ora in te non stanno senza guerra Li vivi tuoi: e r un F altro si rode Di quei che un muro ed una fossa serra , ' j<)2 Letteratura Ma ritornando là dove fu preso comlnciamen- to , non pure è chiarissimo che Dante non ehbe ira contro la patria sua , ma è certo altresì che po- chi altri l'amarono più ch'egli facesse . Il quale co- Stretto a girne in bando per la vittoria ottenuta da' guelfi sn ghibellini, così dice d'esser partito di quel caro nido Come partì Ippolito d' Atene Per la spietata e perfida noverca t Cioè doloroso e innocente . E sì andando mendico .per tutta Italia , non d' altro si confortava che del pensier della patria: e lei affettuosamente chiedeva in quella lettera che principia, popolo mio^ che foci a te ; e lei sospirava qual dolce porto in mezzo quelle fiere tempeste . Onde alludir Cucciaguida , che nel XV e XVI del Paradiso gli ricorda Firenze e le sante opere degli antichi , ne vien quasi meno per 1 alle- grezza : Voi mi levate sì eh' io son più eh' io. Per tanti rivi s'empie d'allegrezza La mente mia , che di se fa letizia ' Perchè può sostener che nou si spezza . Egli ebbe continuata speranza , che vinta la cfiifleU tà che lo serrava foLori del beli" ovile ^ in che aveva dormito agnello , dovesse pure una volta esseie ri- donato a' suoi concittadini . £ già nel XXV del Pa- radiso andava il buon vecchio consolandosi di quel giorno , nel quale avrebbe presa a grande onore la laurea della poesia nella chiesa del battisterio . Però quando Arrigo di Luzimbugo calò in Italia e tutta lu commosse a grandissime novità : il ten". Dell' Amor Patrio di Dante 193 ne tanto la rioerenzi ddlla pnfrla ^ dice Lioiiarclo Bruni ( I ) , che venendo l imperatore contro Firen- ze , e ponendosi a campo presso alla porta , Dan» te non vi volle essere , secondo esso scrive . Eppu- re aveva egli richiesto Cesare del suo braccio: e scrit- tagli quella lettera , che ancor ci rimane, tutta pie- na di caldo ghibelliuesco . Ma Dante , aggiunge il Perticar!, voloa ricoverare la patria , non trionfarla coW arme degli stranieri . E poteva quel pietoso animo non isgomentarsi al pensiero di veder poste in ruina le bellezze di quell' alta Firenze , per la quale era stato guerriero e in Campaldino e sotto Pisa : e messo aveva il senno nelle ambasciate e nelle magistrature : e seguite le parti di que pru- denti, che sconsigliavano la venuta di Carlo Va- lois (2)? Funesta venuta, per cui 1 ire civili s'accreb- bero , e i sospetti , e le colpe : e per tutta Tosca- na non furono che grida e lamenti , e strepito d ar- mì , e faccia di guerra . Essendo ali Alighieri toccato quello che a Ci- cerone , il quale per la patria salvata ebbe in pre- mio 1 esilio : credeva egli che come nelle sventu- re così nelle prosperità dovesse andar pari con quel magnanimo . Ma il pppol romano non s' era an- cora gittato in tal modo, da non avere più niuna gratitudine ed onestà .- mentre i fiorentini, guerreg- giandosi allora 1 un r altro, ogni più santa cosa ave- vano quasi per nulla , come suole in mezzo 1 ire civili. Il che ben si conobbe quando il più gran- de loro concittadino , pregando d essere rimesso in patria , quest' una via ebbe aperta al ritorno : ^h egli stesse per alcuno spazio in prigione: e do* (1) vita Dant- p. XV. (2) Stor. fior. lib. II. 194 Leti>eratura pò quella in alcuna solennità pubblica fosse miseri-, cordiosamente alla principale ecclesia offerto , e per conseguente libero (i) . Le quali cose, chi le con- sideri con libero animo , sono il colmo di tutte le indegnità : perchè il vestire le divise del reo non è lecito a niuno : neppure per ricovrare la patria: troppo essendo piiì caro il titolo d innocente che quello di cittadino . Né il divino cantore della ret- titudine poteva chinarsi a tanto: né si chinò. Che anzi air amico da cui ebbe a sapere que' patti, co- sì riscrisse con nobile alterezza . Questo è dunque il glorioso modo per cui Dante Alighieri si richiama alla patria , dopo V affanno di un esilio quasi tri- lustre? Questo è il merito dell innocenza mia che tutti sanno ? E il largo sudore e le fatiche durate ne- gli studj fruttano questo ? Lungi da un uomo alla filosofia consecrato questa temeraria bassezza pro- pria d'un cuor di fango: e che io a guisa di pri- gione sostenga di vedermi offerto , corno, lo soster- rebbe qualche misero saputello o qualunque sa vi- vere senza fama». Lungi da me b afidi to re della ret- titudine , che io mi faccia tributario a quelli che m offendono , come se elli avessero meritato bene di me . Non è questa la via per ritornare alla pa- tria , 0 padre mio . Ma se altra per voi o per al- tri si troverà che non tolga onore a Gante , ne fa- ■ma , ecco l accetto '• ne i miei passi saranno lenti. Se poi (i Firenze non s' entra per una via d ono- re , io non entreravvi giammai , E che ? Forse il sole e le stelle non si veggono da ogni terra / E non potrò meditare sotto ogni plaga del cielo la dolce verità , s' io prema non mi faccio uomo senza glo- ria , anzi d ignominia al mio popolo , ed alla pa- >■' ■ ■ ■ ■ ■ ■ ' ■ ■ -■ ■■ — ■ ■ ■■ ■■■^— * (x) Boccaccio, vita di Dante p. 262. Dell' Amor Patrio ùi DantK iqS fria ? (i) Così[, dice il Perticari , rispose quel gran*» de , e lasciò tutte le cose : ma non lasciò Taltez* za deir animo : e i savi lo plaudirono : e il Boc- caccio sclamò : Oh isdegno laudevole di magnanimo^ quanto virilmenie operasti\ Reprimendo V ardente de- sio di ritornare per via meno che degna ad un UO" mo nel grembo della filosofia nutricato. Né perciò T Alighieri dimenticò d' essere fio- rentino, comechè Firenze il giltasse da se : ma c- sule , condannato al fuoco , tenero padre , senza la donna sua, mendicando ; sì le inviò quella celebre canzone O paUia degna di trionfai fama, Le' magnanimi madre , in che tutti pose i ricordi di fdosofo e cittadino, e la e Ili a ino suora di Roma , ostello della salute^ rema serena e gloriosa m sulla ruota d ogni essen- za beala : cose Lutte piene d amore . L poi vicino alla morte , tali pietose parole dettò nel Convito, quali loise uiun tiorentino può leggere senza clie gli cadano dagli occhi lagrime di tenerezza. Jhi^ pia» ciuto fosse al dispensatore dello universo^ che la ca- gione della mia scusa mai non fosse stata ! Che ne altri contro me avria fallato ; ne io sofferto avrei pena ingiustamente . Pena , dico , d esilio e di po- vertà ! Poiché fu piacere de' cittadini della bellissi- ma e fumosissima figlia di Roma^ Fiorenza^ di git- tarmi fuori del suo dolce seno , nel quale nato e no-^ drito fui fino al colmo della mia vita , e nel qua- le^ con buona pace di quella , desidero con tutto il cuore di riposare l animo stanco § terminare il teni-* C) Cod. Laur. Plut. XXIX. Cod. Vili. p. j2o. 19^ Letteratura. pò che tn è dato : per le parti quasi tutte , alle qua» li questa lingua si stende , mendicando sono anda^ to : e mostrando contro mia voglia la piaga della for-^ luna , che suole ingiustamente molte volte essere im-^ patata al piagato . Le quali cose attentamente esaminate sono da. impor silenzio a tutti coloro , che stimano aver Dan- te per brutta ira , e non per dritta considerazione, negato a Firenze il principato della comune favella. Il che se torna in lode grandissima del diviuo poe*^ ta ^ rende anche un chiaro testimonio delfalta lilo- solia ed eloquenza adoperate in questa apologia dal conte Giulio Perticari . Salvatore Betti Saggio del Re^». T. R. Malthus sopra la rendita, de proprietarj delle terre . Estratto. e k-/ ebbene 1 opuscolo del eh, Malthus intorno, ai profitti che le terre datino a coloro che le pos- seggono sia già divolgata dal 18 15. , nulladimeno ho riputato cosa non disdice\ole il pubblicarne uà compendio : perchè in Inghilterra ed in arancia e stata grandemente commendata , ed in Italia è jpoco conosciuta la dottrina di questo scrittore so- pra 1 essenza , ed i progressi della rendita, che si ,trae dal suolo . Incomincia 1' autore con ragione dal definire la rendita dei padroni de' terreni^ e giustamente allerrna essert; questa la parte de irutti del suolo , che non ,e nec(r.ssaria per pagaie qualsivoglia genere di spesa fatta a line di oltcnciii , e non dee servire a com- pensare i lucri del capitale impiegato a tal line Rendita dei proprietarj delle terre 197 misurati colle norme degV interessi correnti del da- naro . Circostanze accidentali , e di breve durata possono far sì ch^ i proprietarj conseguiscano dai littaiuoli una porzione di frutti della terra , mag- giore o minore dell' antidetta : ma le annue rate sborsate per i fitti de' fondi sempre tendono ad ap- prossimarsi alla medesima . Se i fittajuoli pagas- sero una maggior somaia, presto abbandonerebbero r agricoltura p.>r la mancanza della dovuta retri- buzione : e se pagassero una minor somma , la con- corriMiza di quelli , che cercherebbero gli affitti , in- durrebbe i signori delle terre a dimandarne prezzi più alti . Dalla definizione della rendita 1' autore passa ad investigarne la cagione ; e la ritrova neU' ec- cesso del prezzo frequentemente ottenuto nel mer- cato dalla vendita delle derrate raccolte sopra il dispendio sofferto nella produzione delle stesse . Non concorrono però gli scrittori di cose eco- nomiche nella medesima sentenza intorno V origi- ne che crea , e le norme che regolano questa dif- ferenza . A-damo Smith quasi riporta ad una stes- sa causa la rendita delle terre , ed i guadagni che si fanno colf incetta delle mercanzie . Altri autori lian dedotto da ciò , che le gravezze debbano in- teramente essere imposte sopra la porzione do- menicale , siccom^» quella di cui si può assoluta- mente dispone , perchè senza di essa moltiplicar si possono le biade . M' . Say considera la ren- dita come se questa quasi soltanto derivasse dal- la necessità , che tutte le sostanze devono esse- re divise fra gli uomini . M.J Sismonde sostiene che la soia parte de resulta menti delle fatiche , colla quale non ha alcuna relazione il vero costo del- la mercanzia , è quella che concedesi ai proprieta- G.A.T.VH. i3 if)8 Letteratura ri . M/' Buchanan, nelle note all' ultima edizione del- la ricchezza delle nazioni , equipara la rendita ad un monopolio pregiudiciale , che spoglia il consu- matore di tutto ciò che guadagnasi dai possessori delle terre. 11 Malthus eziandio confessa, che sot- to ad alcune relazioni le entrate de signori dimo- jStfano alcune aitinità coi monopolj . Difatto V am- piezza dei tenitoì j , e principalmente de' fecondi, è alquanto circoscritta ; e siccome all' incetta non .possono esser soggette che le materie atte ad es- ser comprese dal potere dell' uomo , perciò non può non asseverarsi , che una tra le a arie cagio- ni deir alto valore delle derrate , e della rendita xle' padroni delle terre, operi a guisa de' comuni mo- nopolj . Ma, oltre gli elfetti della prima limitazio- ne de' terreni , la di mestieri considerar altre cose, che pur di necessità regolano il prezzo delle vet- tovaglie , e danno origine alle entrate dei proprie- tarj . Queste non sussisterebbero affatto se la terra non restituisse al coltivatore, che la semina, una quantità di biade maggiore di quella che abbiso- gna per nodrirlo . Onde la liberalità del suolo è la prima cagione , che genera la classe dei proprie- ;tarj de' terreni , e non ha alcuna similitudine col- le incette . Per la benignità della natura nascono le vettovaglie, che eccedono il bisogno degli ope- ra] , e si possono perciò vendere dagli uni, com- perare dagli altri , ed esser annoverate tra le cose niercatabili . Ma inoltre le derrate necessarie al so- stentamento posseggono la facoltà di moltiplicare nel mercato la quantità di coloro che le ricchieg- gono, se la copia delle medesime si accresca ; per- chè r abbondanza de' grani agumentata prontamen- te produce i compratori . Se ciò non addivenis- se , il valor di questi scaderebbe immautiaenti : o Rendita dei proprietarj delle terre 199 la somma delle biade superflua scemerebbe il va- lore della necessaria, come accade nei lavorii trop- po accresciuti . La terra però genera e il cibo per nodrlre l'uomo, ed i materiali per albergarlo e vestirlo, e colla dovizia di tutte le comodità ec- cita 1 agiimento degli uomini ; e per questa ca- gione è assolutamente differente da qualsivoglia al- tra- maccbina adoperata nel mondo . La dimanda delle tele , o de' bambagini ne' mercati non dipen- de aifalto dalla pjoduzione delle medesime merci, e la quantità di queste non accresce , clie poco o nulla, il num 3ro di coloro che ne abbisognano ; ma le inchieste de grani sono provocate dalla copia di essi ; la dimanda delle cose non necessarie può ec- cederne la quantità esistente; e nel caso di mono- polio, 1 eccesso del prezzo è proporzionato all' esten- sione d;'lle richieste. Mala dimanda delle cose ne- cessarie al vivere de' popoli non può durevolmente verificarsi senza T esistenza delle medesime , e l'ec- cesso del prezzo è proporzionato all' agunk'^nto del- la quantità de' granì , senza il quale agnmento non può esservi stabile inchiesta di essi . Perciò la cau- sa dell' alto prezzo delle derrate è collocata piut- tosto neir abbondan«.a , che nella scarsezza delle medesime; giacché se mancassero le terre fertili, il prezzo de giani equivarrebbe alla spesa della pro- duzione . Se si scemasse la quantità de' vini dì Sciam- pagna , o di l'okai , il lucro di coloro che gì' in- cettass'^ro poiria sorpassare ogni limite , e non aver più alcuna relazione col dispendio necessario per otteneilo dalla terra; laddove se le terre che pro- ducono le biade isterilissero , il valor di queste , perchè col difetto de viveri mancano i compra- tori, si agguaglia al costo della produzione . Posto tutto CIÒ, è possibile considerare i prezzi de grani sic- i3** 200 LÉTTERATUnA come regolati dalle medesime cause die innalzano i valori de' generi suggetli all'incetta? Sì possono stimare i lucri dei signori delle terre come parti- colari privilegi d'una classe fortunata? Si può aver la rendita dei proprietarj siccome cosa che nulla aggiugne ai capitali della nazione? O non è piut- tosto un effetto d' una inestimabile qualità del suo- lo , che retribuisce ai coltivatori un sopravanzo ol- tre il nodrimento necessario a sostentarli f Per que- sta preziosa lacoltà della terra si reggono le città , nacquero le arti , si conobbero le scienze . Nei pri- mi periodi delle società , o quando i capitali e le conoscenze delle nazioni , costituite già nello sta- to di civiltà , si esercitano sopra terre fertili non an- cor coltivate, il soverchio che si ottiene dagli agri- coltori ridonda ^ in A'antaggio degl' intraprenditori , e dei mercenari , e non già dei padroni del suo- lo : imperciocché ninno vorrà pagare un prezzo rag- guardevole per aver ciò che con tanta agevolezza «i ritrova ; ma la perseveranza delle condizioni che accompagnano lo stato delle società, in cui la ren- dita de' proprietarj sia quasi nulla, non è conforme alla naturai costituzione del mondo . I tenltorj uber- tosi son limitati, e non è ciascuno di questi ugual- mente prossimo al mare , ai fiumi navigabili , ed ai mercati . Impiegandosi i capitali soj^a i terre- ni men fecondi , o meno opportunamente collocati, si diminuiscono ì profitti di coloro che posseggo- no il diinaro , e gì' istromenti atti a lavorare la ter- ra : cr.'scendo la quantità degli uomini , scemano i salari de lavoratori . In siffatta guisa cala il dis- pendio necessario per la produzione delle biade , e p/e- ta : di stanziare leggi nuove ed utili riformagioni: di porre nuòve fortezze ed eserciti perpetui per con- tenere i moti della plebe e difendere \ autorità del monarca . Il fine ( dice il eh. Grassi ) pel quale il Montecuccoli si mosse a scrivere queste cose, fu lodevolissimo : avendo egli veduto co' propri òcchi questo bel paese , lacero dalle fazioni inte- stine , dare la mano al Turco che di là minaccia- va tutta l'Europa , anziché congiungere la sua ca* usa a quella degli imperadori d'Austria suoi natu- rali signori . Era a' suoi tempi l'Ungheria ridotta a tale , che ristrette in lamiglie le più solenni iran-« chigie ( com' era già Roma prima del meraviglioso pontificato di Sisto V. ), tutto il rimanente popolo languiva nella servitù e nella miseria , costretto a ladroneggiare , o a desiderarvi il nemico a libera- tore . Queste stesse famiglie poi erano da così in- veteralo spirito di discordia agitate , che , per isfo* gare i loio rancori , le cose private e le pubbli- che sossopra mandavano , poco a quegli animi ef-? ferati calendo della vita e delle sostanze della ple- be , la anale ora dal Turco , ora da' suoi proprii baroni era battuta e disertata. JNè la nobile iiazio- 3o8 Letteratura ne unghera potrebbe ora di questo scrìtto adontar- si: poiché que generosi petti che settant' anni dopo fecero suonar tant' alto il tanioso inoriamicr prò re- ge nostro , erano allora da cento luneste passioni così fallamente travolti, che, dimentichi d ogni di- gnità nazionale, con fatale mobilità d aifetti , alle parti del Turco , a quelle di Francia , e peisino a quelle de' transilvani accostavansi , senza accordar mai con più sano consiglio le parti loro . 1 tem- pi giustificarono lo scopo del Montecuccoli . Sen- tirono gli ungheri stessi la necessità di procede- re ad una riJoima dello stato : ed i consigli det- tati dal senno e dalla esperienza di lui vennero con piena sodisfazione del sovrano e de' popoli succes- sivamente e fruttuosamente adoperati . Con queste ed altre gravi parole viene il Gras- si scolpando il Montecuccoli dalle accuse di vio- lenza che potrebbe dargli alcun' osservatore impor- tuno che bene non guardasse a' luoghi , ai tempi, alle condizioni , q alle circostanze tutte nelle quali quel guerriero fdosofo pensò quest' opera. Si determina quindi con lino giudicio il vero, tempo in che il Monti cu ccoli la scriveva : e si ra- giona che fosse f anno 167J. secondo raccogliesi da quel luogo , ove dice di scrivere, mentre la po- derosa armata cesarea era in sul confini della Fran- cia , senza potervi entrar mai a cagione delle for- tezze, che la ricuopri'jano . E ciò veramente tro- viamo per le storie essere accaduto nel principio del 1673. quando la gente elettorale ed imperiale er- rando lungo le rive del Reno , non ebbe mai forza bastante a respingere V esercito francese capitanato dal Turenna . Dal che pur si conchiude , che il libro suir Ungheria è forse F ultimo che il Monte- cuccoli scrisse. Perciocché gli a/orisnù ., ed i co- Opera dedita del MoNTEctccoLi Ì209 mentarii furono già da lui pubblicati cinque anni prima : cioè nel iG(J8. Chiarite queste cose, il Grassi apre le ragioni che lo indussero a tribuire tal libro a questo Se- nolonte l'aliano ; e bene adoperò in sì bella incliie- sta le più sane regole dell arte critica . Tra le qua- li ei pone principalissima quella del paragonare le cose ignote alle note, e 1 opere incerte d' un autó- re alle opere certe ; siccome sogliono i periti della pittura , che conoscendo le divine tavole di Kaifaello e di Lionardo dal modo del comporre e del colo- rire, questa tavola a Lionardo, e queir altra assegna- no a Kaifaello . Quindi il buon lìlosofo si fa ad os- servare 1 ordinanza tutta del libro , e delle sue par- ti, e delle se itenze, e degli artificj dello stile, e dell' uso della lingua ; per le quali tutte cose egli con- chiude d'aver trovato questo lavoro in ogni sua par- te essere coniorme così di pensieri come di parole agii allri lavori del Montecuccoli . E primamente dimostra die questo trattato è simile agli altri in ordine alla disposizione della ma- teria . JNella quale lo scrittore ha seguita la legge posta da lui medesimo nella prefazione al libro de- gli aforismi: ove insegna : doversi appoggiare la dot- trina ali autorità della storia ed alla testimonianza degli scrittori - Quindi egli ha veramente ordinato il suo libro da una bellissima narrazione de' casi dell' Ungheria dall anno i^{)0. al iC^S., per mostrare colla viva ragione de' fatti la certezza delle conseguen- ze , da lui chiamate evidenze . Dalle quali deduce la necessità di spegnere ogni favilla di discordia , di togliere a' turchi un ajuto, e di dare a' Cesari la quieta possessione di quel paese , senza il quale si sarebbero fatte vane tutte le loro difese control im- pero ottomano . . aio Letteratura Un' altra legge il Montecuccoli già pose in que' suoi aforismi , ed è : che coni>iene apportare le au^ torità ne proprj termini e nelle precise palmole : ac- ciocché il senso nel volgarizzare non resti punto al' terafo . Or questa dura legge medesima è nel suo nuovo libro osservata con assai religione . Perchè ad ogni tratto il conforta di parole ed autorità pre- se da quegli autori stessi, eh egli è usato citate ne- gli altri suoi libri . E cosi in questo, come in quel- li , si leggono molti passi di Aiistotcle, di Cicero- ue, di Tacito, di Livio, di Curzio, di l'iovo, di Vegezio , e della Bibbia : e ira' nìoderni usa di Busbecchio, di Grozio , di Lipsio, e dell istuansio storico dell' Ungheria , di eh egli si valse ne co- nientarj . iiiostrata 1 uniformità dell interno artificio dell' opera, segue il letterato torinese ad esaminare la filosofia deir autore , e i principi ne quali pianta le sue dotirìne . Parliamo le parole medesime del (aras- si: che non ponilo essere né più splendide , ne più giuste . „ Era il Montecuccoli profondo conoscitore ,, degli uomini , e però acre censore degli unghe- ,-» ri, i quali al suo t;>mpo erano praticali dal Tur- », co , divisi dalle parti , nimici segreti e talvol- ,, ta scoperti dei Cesari , incapaci di libertà , im- „ pazienti di treno , più ribulli che sudditi ,p(rico- „ losi sempre sì iu guerra che in pace . Ebbe più „ volte il Montecuccoli a rimanerne vittima egli „ stesso a' tempi eh' egli amministrava le cose del- „ la guerra nel loro paese : aveagli veduti egli ncl- ,, la dieta di Casso via T anno 1GG2. , recaicitran- „ ti ad ogni richiesta dell iraperadore , unii si di ,, soppiatto a suoi nimici, ricusare insolentemente all' „ oste cesarea ogni soccorso d arme , d' uomini , Opera inedita, del Montecuccoli 21 1 ,, di vettovaglie , dì quartieri : avea egli soppor- ,-, tato che gli ungheri gli chiudessero in faccia le „ porte delle fortezze , gli trucidassero i soldati „ poco lontano dalle insegne , gli guastassero le „ strade e dislacessero i ponti per cui dovea pas- „ sare, molestandolo sempre alle spalle, mentr egli „ aveva a fronte le scimitarre ottomane, e le in- „ nuraerevoli mirìadi di que' barbari minaccianti „ sterminio e schiavitù a tutto Torbe cristiano. Ir- „ ritato da questi ostacoli , egli scriveva ne' suoi „ comentarii ; essere i fomentatori di questo insa- •,1 no spirito di rivolta degnissimi tutti dogni più, ,, atroce castigo^ per ist mugolare nella culla la ser- ti pe . Analogo interamente a questa massima , ma „ più temperato nel riproporla , e più ponderato ,, nel dimostrarla , è il nuovo libro sulf Unghe- ,, ria : ove colorisce ed incarna , per dir così , il „ disegno già ne' comentarii abbozzato : e tratta „ propriamente del modo dì porre un termine ad „ un così funesto stato di cose . „ ^ì piace poi oltremodo 1' osservare che il Mon- tecuccoli tocca della unità della religione nello sta- to : e sì dìlfonde a dimostrarne 1' importanza e i vantaggi . La qual massima egli predicò per vera e santa anche ne comentarii, dove parlando del- la Traaisilvania , dice : che la dissensione nelle re- ligioni la rendeva cupida di novità. Viene finalmente 1 acuto nostro osservatore con- siderando, come questo capitano si mostrò sempre estimatore grandissimo della fòrza e del valore de* turchi. E questo concetto che già rilevasi in tutti gli scritti di lui , ora pienamente mostrasi da questo scritto : che è propi iamente latto per veder modo di tenere un gagliardo esercito neirUngheria,onde li-on- teggiare il nemico eterno della cristianità. JNè quei ti- JI3 Letteratura mori del Montecuccoli moveano da vile animo: per- chè quel ibi tissimo ben s?ppe inchinare Y arrogan- za de' barbari sulle riv^e dr-lia Kaab . Egli tremava solo per 1 Europa , che vedeva oziosa e lenta nel pericolo che le stava sul c^ipo . E già due anni do- po la moi'te di costai , venne Soli>nano a campo tla sotto il muro di Vienna : che senza il grande So- bieski sarebbe forse caduta nella schiavitù di Mao- metto . Voleva perciò il Montecuccoli che si strugges- se un gran tratto di paese sui termini de' mussul- mani, e fra l'uno stato e l'altro s'interponesse qua- si un vasto deserto : opera veramente spaventosa , n\a salutare ad uno stato posto in disperazione di miglior soccorso, e necessaria quanto il taglio d'un membro a salvare il rimanente corpo . Né questo era nuovo consiglio; ma il seguirono i più forti capitani presso gli antichi : e principalmente i sa- pientissimi padri nostri in quelle eterne e dispera- te guerre contro i daci ed i parti. Ed a giorni più a noi vicini il gran Turenna operò il simigliante, quando per una crudele necessità incendiò il Pa- latiuato ; per cui ebbe riprensioni dure da' migliori storici della sua stessa nazione . Ed il medesimo Voltaire, suo perpetuo lodatore, ebbe a dire: che co- loro , i quali pia sentono in cuore l umanità che la marm'iglia per le imprese di guei ra , pian^ei'ano so" pra una gesta ^famosa non tanto pe fatti del Tu-» renna , quanto per la miseria d interi popoli ( Volt. Siecl. de Lou. XIV ). Così il francese storico del suo grande cittadino . Ma il nostro italiano ( che il ge- nerale Turpìno de' Crissè accusò come invidiatore del nome del francese suo rivale) il nostro italia- no con generoso cuore lo discolpa ivi medesimo , dove si perde la lode de' suoi panegiristi. Impercioc- Opera inedita del Montecuccoli 2i3 che dice egli , che coloro i quali facessero un de- serto fra se e i nimici , farebbero quello che noi dovremmo fare : e che il Turenna consigliò al re di Francia: e che i francesi non hanno poi tralascia^ to di fare in qualche parte : cioè fare un deserto di tutto quel tratto di paese che è tra la Mosella e il Reno lungo la Sarra ^ acciocché uno esercito ostile non ai'esse mai potuto sussistervi . Massima che con^ verrebbe non meno ali Ungheria olire il Tibisco : qualunque volta ^ incorra necessariamente in uno di questi due mali inevitabdi : cioè o lasciare il paese ali accrescimento delle forze inimiche , o disertarlo . Così il Montecuccoli . Dal che si traggono «lai nostro torinese due assai belle e gravi considerazioni. Luna: che stupiranno i francesi nel vedere questo italiano magnanimo giustificare il suo competitore di quelle arsioni dal Palatinato , di cui essi con poco giudi- ciò io ag -lavano . L'altra : che ne' casi esticmi gii uomini d> ìtalo , ed i maestri di guerra sentono di- versaraenie da que' filosolì , che predicando quelle massime d umanità che si deggiono osservare in tut- ti i casi ordinar] della vita e nel corso delle cose imiane, non si tanno carico di quegli accidenti straor- dinarj , ne quali la pubblica salute posta in grave e piesente pericolo diventa legge suprema . La sa- pienza antica ha già deciso contro i tilosoft a favore degli uomini di stato , e de maestri tli guerra . Ragionate queste cose con sì buoni accorgimen- ti , disct^nde il Grassi a paragonare lo stile di que- sto libro cogli altri scritti del Montecuccoli- Ed egli consente col chiarissimo, conte Paradisi , giudican- dolo stile Iranco, sentenzioso , esatto, di andtiuien- to soave , e di maniere traenti alla latina : con pe- riodi corti: incisi frequenti: vocaboli proprj, e be- ne accomodati : e un certo far grave e largo proprio G.A.r.VU. i4 2r4 Letteratura solamente di qiie' pochi , che a forti e magnanime azioni congiungono parole brevi ed austere . Ecco- ne esempio , ,, // soldano Bnjazette invase e corse , qual ,, folgore , /' Ungheria senza ritegno : onde i regni- „ coli sensibili ni male^ stupidi a penetrarne le cagio- „ ni , tutto il loro astio e /' odio loro contro Iliadi^ ,, sino versando , d' ozia e d ignavia pahblicamen- ,, te l infamarono . Ed egli a rincontro sopita la ma- „ lignità^ le frodi , V avarizia e l infingardaggine ,, de principali del regno^ che messo a ruba lavea^ „ no , rigettò tutta la colpa . ,, E già non racchiuse ^ ne segrete^ ma chiare „ e sfavillanti givano le fiamme della ribellione al „ cielo . Gli avvisi di province lontane co' quali cor- „ rispondevano le lettere intercette da ribel'i^ le de- ,, nunziazioni e le deposizioni de complici^ e i rag- „ guagli del residente cesareo al la Porta 0'*omanama- ,, nifestarono essere già i popoli , coì^f^ specie del ,, ben pubblico e della libertà , persuasa e disposti „ a pigliar l armi , e le città essere in pronto : gli ,, ungheri convenutisi di far se tributar j del Tur- ^^ co ^ di combattere la gente cesarea , di con ginn- ,, gersi aj transilvani , di obbligarsi a sussidj fo- ,, restieri : aspirare il Ragazzi a farsi re d Unghc" ,, ria e serin di Croazia coli assistenza del Turco ,, e della Francia . Alla bontà dello stile, così rara in quelV infa- me secento , risponde la gravità delle sentenze: sic- ché pare m leggendole di udire alcuno di que' nobi- lissimi scrittori antichi , de quali or s è quasi per- duta la memoria per troppo amore di leggerezze straniere. Vedi, lettore , quante cose in poche vo- ci egli stringa ! - Due sono i cardini sovra i quali si raggira tutta la macchina del governo • le le^gi , Opera inedita del Montecuccoli 2i5 e tarme . Con quelle si regola la volontà de' popoli', con questa ella si costringe ad ubbidire ade leggio to- gliendo a loro la facoltà di tumultuare . Quelle va- gliono ne' tempi quieti e fra suoi: queste s'adopera- no contro gli esteri né tempi tranquilli^ e fra suoi né torbidi per conservare o per ricondurre la tran' quillità. Le leggi senza l'armi non hanno vigore-, tar- mi senza le leggi non hanno equità . Per non lasciare da ultimo innosservata alcu- na di quelle parli in che l'arte critica fonda le sue ragioni , il chiarissimo Grassi cerca s' egli trovi in questo scritto qualche luogo in clie il Montecucco- li ridica le cose già dette negli altri suoi libri a noi noti . E osserva che discorrendo sxxWe fortezze ^ co- sì le definiva nel libro degli aforismi ( cap. v.) ,, Sono le fortezze custodia degli scettri , fre- ,, no e ceppo de' popoli sediziosi , caratteri di „ giurisdizione ai domati , e mezzi efficaci alla tran-' ,, quillità pubblica, coli assicurare le forze de' reg- „ genti , i obbedienza né sudditi , // buon ordine ,, dentro , e la resistenza alle violenze di fuori. Or ecco le parole medesime nel libro suUUn- gheria . ,, Le fortezze sono caratteri di giurisdizione , „ mezzi efficaci alla pubblica tranquillità., percli'elle „ assicurano la forza de reggenti., l obbedienza ne „ sudditi., il buon ordine dentro., e la resistenza al- ,, /e violenze di fuori . Noi confessiamo di non conoscere al mondo cosa alcuna che sia simile all' altra, se non le que- sta : perchè, come disse quel greco, il latte non e così simile al latte . Accostandoci dunque per ogni lato alla senten-»- za del Sig. Grassi , lérmiamo. questo essere un libro del principe Montecuccoli , e libro degnissimo di i4 ^*- 3i6 Letteratura queir eroe ./ Pregliimna quindi il dottissimi editore a pubblicarlo con tutte le altre opere di questo clas- sico '. poicliè l'edizione di Colonia n' è scorrettissi- ma : e quella di Milano goveniala dal sig. Foscolo manca di sincerità e d' integrità così nel testo co- me nelle note . Al solo Grassi , all' autore del di- zionario militare italiano^ si conviene lillustrare i libri di questo nostro immortale guerriero; e noi gli promettiamo ch'egli non gitterà né le cure ne il tem- po : e farà opera utile alla patria, ed a se stesso pie- na di gloria . Imperocché gli studiosi del bello stile godranno di que volumi scritti nella comune lingua d' Italia : peccante torse talvolta d'alcuno idiotismo municipale; ma nobilitate sempre dalla scelta de' vo- caboli proprj , e dai modi derivati dalla buona lati- nità . Gli uomini di stato e di guerra poi vi trove- ranno lezioni alte e severe sul governo de' popoli , sui diritti dei re , sul modo del frenare le nazioni ribelli , e del far paghe le pacifiche : dal che verrà onore al nostro nome , e a quello di questo gran- de capitano , che nel mezzo del secento incitando Cesare così colla spada come colla penna , insegnò all' Europa che il vecchio valore italiano non muo- re mai . G. Perticar! ai< NOVELLA C) Messer f^aleriano da l'orli da due nobili giovinetti nel suo passeggio turbato al pedagogo di essi ri- corre j e goffamente colui rispondendogli , egli con arguto motto lo morde , e così dalla perse- cuzione di que garzoncelli si libera . F . . . JL II ne passati tempi nella città nostra un uo- mo di legna ggio nobile , e ricco senza compara- zione , che da' suoi maggiori un delizioso giardino ed un magnifico palagio ereditato avendo ., tanta nell' abbellimento dell' uno e dell' altro cura e stu- dio pose , che veramente divennero una delle pili meravigliose cose , che umanamente concepire po- tesse . Liberale , e d' animo grande era costui ; on- de chiunque in quel suo bel ricetto capitasse ri- ceveva e onorava , e libero passeggio nel suo giar- dino ad ogni onesta persona voleva che fosse con- cesso . Aveva egli due figliuoli , che uno il deci- moterzo , r altro il decimoquarto anno ancor non compievano ; ma siccome ( ciò che fu dal nostro Alighieri sì ben ponderato ) ereditarii sempre non sono il valore e la virtù ; così, in quella acerba lo- ro età , di non voler essere un giorno imitatori del- la paterna cortesia dubitare faceano . Avvenne un giorno che messer Valeriano da Forlì , colui che per la singolare intelligenza della greca e della latina lingua , e per essere e nella «— — — ^— — — ■— ^^«— ■>— — — ■ I II I iiif C) Qvicsta novella, ritrovata dal Cav. Gio: Gherarflo de Rossi fra alcune carte T«cchie,non deve essere stata mai iiuLblicatai 2i8 Letteratura loica e in ogni altra parte di filosofia sopra ogni altro (lotto e scienziato , di uomo gravissimo a\ea rinon anza , era andato a ricrearsi per quegli ame- ni viali , ed a lento passo nelle sue meditazioni immerso iva per essi aggirandosi . Negligente al- quanto era 1 acconciamento di sua persona , ed un cappello rosseggiante e un mantelletto alquanto cor- roso noi laccano ali appai enza conoscere per quell' nomo sì fatto , eh' egli era . I due giovinetti figli del padrone del giardino, che solozzevoli erano e lascivetti oltre modo , veniano cavalcando sopra asinelli - Poiché videro quella gretta e meschina fi- gura , incominciarono a le si lare intorno, e colle loro cavalcature or di fianco or di fronte or di dietro perseguitavano il filosofo , che fra le spaglie- re e fra' tronchi degli alheri cercava indarno scam- po e rilugio . Ma poiché coloro dalla persecuzio- ne non si ristavano, egli facendosi d'un albero scher- mo , così prese a parlare : JNobili garzoncelli , se voi avete quell'animo, che la generosilà del san- gue vostro e 1 esempio del genitore vostro ispi- rare vi debbono, e come abbassar vi pò e te alla viltà di offendere chi all' ombra dell' ospitalità ne' vostri giardini a ricrear 1' animo , e non a rice- ver ncja e dispiacere , sen viene ? Come può es- servi subietto di solazzo 1' altrui disagio l E co- me .... Volea più dire , ma que' due menan- do delle calcagna ne' fianchi de' mal capitati giu- menti con risa si allontanarono ; e, fatto un bre- ve giro, ai consueti urti ed insulti si ritornarono . Avvicinavasi intanto a lento passo un grosso e paffuto prete , che con trista elezion il padre scel- to avea a pedagogo de' figli . Credè Valeriano vol- gere a lui le sue moderate rampogne : e , mcsser calonaco , gli disse, e voi tollerar potete , che i Novella 219 hoLili vostri criati cose tanto poco dicevoli fac- ciano , e prenJano giuoco di venire co' giinnenti u pigiare ed offendere chi per la generosa condiscen- denza del padre loro nell amenità di luogo sì Lello ricrearsi vorrebbe ? Messer lo prete , che del rim- provero la forza sentia , ma grossolano, com' egli era, non sapea trovare difesa per cosa, che anche sagacissime persone non avrian potuto come iscu-* sabile difendere, gli rispose i Né per me , ne per lo- ro hanno luogo i rimproveri vostri * Vanno que' giovinetti là , dove gli asinelli li conducono, e por- tano . Pronto Valeriane riprese -• Perdonate, messe-» re, r error mio vi confesso , e perdonatel ripete- vi : io mi credea che voi solo foste il loro mae- stro . Benché rozzo il pedagogo intese il motto , e mutolo crollando il capo affrettò verso i giovinet- ti il passo ; ed egli da quel momento , trottando sulle loro cavalcature, dal filosofo lunge si ferono ; ond'egli , mercè del suo motto , potè tranquillo le Sue meditazioni ed il passeggio riprendere . B5nwi'^*Hr*B"r'>t«i;ygf»min;ipg^F?^ Continuazione del viaggio nella Grecia fatto da Si- mone Pomardi ec. Art. ^ . ( vedi quaderno XVII, pag. 224. ) L. (asciammo il Sig. Pomardi a Panopeà, piccola cit- tà della Focide che ha cambiato il suo nome in quello di lulac. Conserva ancora alcuni avanzi im- ponenti nelle sue mura , e nella cittadella , che at- testano la sua passata grandezza , e la barbarie dei sold&ti di Serse che la distrussero . Partissi alla volta di Livadia , e passando il nostro viaggiatore 220 Letteratura per la pianura di Cheronea vide il punto dove il Termodonte si unisce al Cef(Sso,e riconobbe quel terreno famoso per due grandi giornate ; quella in cui Filippo il Macedone nella no\anlpsima Olim- piade [a) vinse i Greci e li soggettò ai suoi as- soluti voleri ; la seconda quando, duecentocinquan- t' anni dopo , i Romani condotti da Siila vi scon- fissero un possente esercito di Mitridate . Livadia presenta parte della grotta di Trofonio , oracolo dei tempi andati , descritto da Pausania come testi- monio di vista . A quali ridicole e penose pre- parazioni si esponessero quei miserabili credenti , ed a quale stravagante condizione fossero nella grot- ta introdotti , sentiamolo dallo stesso Viaggiatore . „ Primieramente si menava per alcuni giorni la ,-, vita nel tempio del Buon Genio , e della Buo- ,, na Fortuna ; durante questo tempo quegli , che „ consultava 1 oracolo, non poteva bagnarsi che ,, nel fiume Ercina; era purificato in varie gui- ,, se , e si nudriva delle carni provenienti dai sa- ,, grificj , che di necessità doveva offerire a Trofo- „ nio , ai suoi figli , ad Apollo , Saturno , Giove ,, soprannominato liè , Giunone Lnioca , e Cerere, ,, alla quale dando il nome di Europa pretende- ,, Vasi che fosse nudrice di Trofonio . Ne' sagrifi- „ cj una specie di aruspice osservava le vittime, e „ dalle viscere loro prediceva, a chi consultava 1 ora- „ colo , se Trofonio 1' avrebbe accolto benigno , e „ propizio: ma di questi sogni non si teneva con- ^, to alcuno , se concordi con essi non fossero sta- „ ti i segni dati dalle viscere di un becco, che si „ sagiificava nella fossa invocando Agamedc, la not- „ te nella quale si scendeva nella grotta a con- (i) Questa olimpiade fu celebrata son' ora 2i58. anni. Viaggio in Grecia del Pomardi 221 siiTtare V oracolo . Glie se anche le viscere del becco davano augurj propizj come le allre , al- lora colui che consultava 1' oracolo , nella not- te era condotto al fiume Ercina, dove garzoni di circa tredici anni di età, scelti dal numero de' cittadini, e chiamati Mercurj , dopo averlo un- to d' olio, lavavanlo. Quindi i sacerdoti lo me- navano a due sorgenti, luna vicinissima ali altra, dove gli facevano bere dell' acqua di ambedue ; e chiamavano Lete una di queste, affinchè si di- menticasse di tutto ciò che fino allora aveva pen- sato; ed appellavano Mnemosine T altra, onde si sovvenisse di ciò, che scendendo nella grotta aves- se veduto. Quindi gli facevano vedere una statua, che essi dicevano opera di Dedalo , e che non si mostrava da loro , se non a chi andava a con- sultare r oracolo ; e dopo che questa era stata da lui venerata e pregata, lo vestivano di una tu- nica di lino cinta con fascie, e gli legavano cal- zari del paese, e lo conducevano ali oracolo . Si è di già detto che era questo sul monte di là dal bosco sagro : una sponda di marmo bianco lo cingeva, la quale in estensione era una picco- lissima area ; in altezza era minore di due cu- biti . Sopra la sponda erano cancelli di bronzo, ed in mezzo ad essi le porte - Dentro vi si scoi'- ge\SL una apertura artefatta e regolare , che nel- la figura assomigliava ad un forno , e che ave- va circa quattio cubiti di altezza , e circa otto piedi di profondità . JVello entrare in questa aper- tura si portava a chi consultava T oracolo una scala stretta e leggiera , e questa giungeva fino al pavimento , fra il quale e la volta trovavasi un secondo foro posto non verticalmente ma ori- «ontalmente , della larghezza di due palmi , e 322 L E T T E R AT U R A ,, della profondità di uno . Ivi colui che scende" „ va, coricatosi sul suolo , e tenendo focacce im- „ pastate con miele , metteva i piedi nel Luco „ e procurava di farvi entrare le sue ginocchia : „ nel resto era tirato dentro, come un vortice ne' „ fiumi ricopre quegli che nuota . Penetrato nella „ caverna, ivi o vedeva, o ascoltava tutto ciò , „ che lo ammaestrava del futuro, poiché varia era ,, la maniera , colla quale l'oracolo rendevasi . Quin- „ di usciva fuori per la stessa bocca per la quale „ era entra o , ma co' piedi in fuori. Di tutti co- „ loro che ivi discesero per consultare V oracolo , j^ niuno , che si sapesse , era mai morto , ad ecce- „ zione di una delle guardie di Demetrio , che scen- „ dendovi senza le cerimonie usate , e solo per por- „ tar fuori oro ed argento , venne probabìlmen- „ te ucciso, ed il suo cadavere si vide caccia- „ to fuori per altra parte , che per la bocca sa- „ gra - Ma tornando a colui, che consultava Y ora- „ colo 1 ne usciva questi tutto fuori di se , e su- ,, bito era posto da' sacerdoti sulla sedia di Mne- „ mosine , o della memoria , la quale non era lun- „ gi dal recesso dove lo interrogavano di ciò , „ che aveva visto ed udito . Dopo ciò lo conse- „ gnavano a coloro che ne avevano la cura , che „ lo portavano di nuovo nel tempio della Buona „ Fortuna , e del Buon Genio , dove riacquistava ,, i sensi e le facoltà intellettuali . Tutto ciò , che ,, si era veduto ed udito , doveva dedicarsi scritto „ in una tavoletta che si conservava ,, . Lo stes- so Pausania racconta che questo supposto oracolo fu indicato da quello di Delfo, quando i Beoxi gli spedirono ambasciatori per cercargli qualcosa dove- vano fare per avere la pioggia dopo due anni di sic- cità , e dice inoltre che il liume JErciua sorge nel- Viaggio in Grecia del Pomardi 233 la spelonca Trofonea. Lord Elgin, quando nel i8o3. scorse la Grecia raccogliendo ovunque monumen- ti dì arti , cercò inutilmente di verificare le sca- turigini di tal fiume, essendoglisi opposto lAgà, che in nome del famoso Ali Pascià di Janìna co-* manda in Livadia . È interessante la veduta pitto- rica della pianura di Cheronea , con il fiume Ter- modonte da un lato , ed in fondo i monti del Parnasso , di Panopea, e di Daulide : la veduta del- la grotta di Trofonio sottoposta ad una dirupata fortezza con innanzi il fiume Ercina ed un ponte, alla cui testa sonovi alcune case alla usanza de' Turchi. In altra veduta è rappresentata una came- ra scavata nel vivo sasso , che, da alcune tracce restate , fu una volta dipinta . L' A. vuol descrì- vere gli usi domestici ed i costumi dei Turchi , ma confessa che non gli fu permesso d' introdur- si nelle loro società , e che riporta soltanto quello che altri viaggiatori scrissero : onde ci dispensiamo di ripeterlo come cosa legibile in qualunque sto- ria di viaggi in Turchia . Traversando la Beozia per recarsi a Tebe, di- morò in villaggi abitati da Albanesi , che offrono appena un ricovero ai viaggianti : sì fermò alquan- to ad Orcomeno, illustre ed antica città Greca sul- le falde del monte Acronzio . Gli avanzi di gran- di monumenti attestano a qual grado fosse por- tata r architettura sotto il He Mina fondatore di detta città , e quante ricchezze sapesse accumula- re per aver bisogno di un locale da custodirle . Re- sta ancora in piedi la porta di questo edificio im- ponente per r architrave di un solo blocco di mar- mo lungo ventidue palmi. Se ne vede quasi egua- gliata al suolo 1 area in forma rotonda avente un diametro di ottantadue piedi , come pure miransi 234 Letteratura sparse le pietre , che gli servirono di recinto . Le ruine di Tespia e quelle di Tisbe , che 1 A. deli- neo in due carte , non prestano alcun j^articolare sussidio allearti o alla storia, ma possono far meditare sulla fragilità delle umane opere , e sulle conseguenze dei politici sconvolgimenti delle nazioni. Ecco il nostro artista viaggiatore presso alla famosa Tebe. Della porta di Elettra (i), di quella di Preticle, di quella di Neite, della Crenea , della Altissima, e di quella di Ogige , neppure un vesti- gio : tuito col tempo scomparve , e solo alcuni avanzi della settima porta T Omoloide , attestano che questa città fu abitata una volta da un popolo possente , che disputò il primato di (jrecia . Ades- so appena quattromila fra Turclii e Greci la popo- lano , e altro non oflie degno d' osservazione , che le sue Moschee contornate da platani grandissimi e da smisurati cipressi , le cui cupole servono di asilo a numeroso stuolo di corvi e di cicogne - Incamminatosi alla volta di Atene per la pianura di Platea , memoranda per la rotta di Mardonio , e per la fama di Pausania Re di Sparta , passò la notte a Kolka , villaggio miserabile alle falde del (i) I nomi delle porte di Tebe sono in Eschilo ; e Pausania ne conservò P etimologia . Elettra- nome della sorella di Cadmo . Pretide - così chiamossi un Tebano che dicdcgli il nome . 3Ni cite - perchè in quel luogo Anfionc trovò una delle corde dell» SH» Lii-a chiamata Nete . Crcnca - dal fonte di tal nome . Altissima- dal prossimo tempio di Giove - Ogigia - dal Rè Ogige . Omoloide - dal monte Omole di Tessaslia • Viaggio in Grecia del Pomardi 223 monte Citerone , ed il dì aS. Marzo prese la via dì Eleusi e di Kundara , e traversando i campi di Trittolemo vide il giogo dei monti Lario e Cori- dallo, passò il Gefisso , e si presentò a' suoi sguar- di il tempio di Minerva, i monti Anchesmo e Umet- to , r Acropoli, il monumento di Filoppapo , in fi- ne tutta la città di Atene . Seguendo il N. A. il suo naturai genio, delineo in quattro carte la pianu- ra ed alcuni avanzi de' rovinati edificj di Platea , il monte Citerone con un cumulo di urne sepolcra- li : la pianura di Trittolemo , ed i pochi avanzi della fortezza Oenoe , ora chiamata (ihiftocastro , che serviva a guardare V entrata nelV Attica, quan- do quella parte di Grecia si governava con magi- strati dipendenti da leggi indigene , Prima di dare la descrizióne degli oggetti arti- stici osservati in questa famosa città, presenta 1 A. in una tavola il colpo d' occhio generale di tutto il fabbricato antico e moderno : poi in altra tavola ne dà una bella pianta , nella quale sono esattamente delineati i monti che la contornano, gli avanzi del- le antiche mura , ed il ristretto circuito delle mo- derne , e tutte le vie , e tutte le case frammiste a ca- pi d'opera di Greca architettura e scultura. In sedici tavole ha diligentemente ritratto i restali mo- numenti , e così ci fa vedere i Propilei , fabbrica situata suir Acropoli, monte fortificato , che domi- na tutta la città . L architetto Menesicle ornò con sei colonne d'ordine dorico senza base un prospet- to che aveva sei ingressi , adesso murati perchè questo monumento fa argine ad un terrapieno, sul qua- le sono piantate alcune artiglierie . In altra carta pre- senta in prospettiva il Partenone . Il suo maestoso ed elegante aspetto sorprese 1' A-, e vi riconobbe il genio di l^idia , la perizia di Gallici ate ed Ictino, e la ma- 2 26 Letteratura gnificenza di Pericle. Ha questo tempio trecento set- te palmi di lunghezza , cento trentanove di larghez- za , e ottantaseLte di altezza dal piano dei gradini al fronlone . La cella è attorniata da quarantasei colon- ne scanalate di ordine dorico senza base , e sono di- sposte quindici per lato ed otto per facciata . So- stengono architrave, fregio e cornice tutt' attorno , e nelle lacciaie un frontone. Avanti la porta del- la cella evvi un pronao con sei colonne più piccole. Grande perdita è stala quella delle sculture de' fron- toni ; (i) quello occidentale si faceva ammirare per la rappresentanza della nascita di Minerva , e 1 op- posto per la contesa che Minerva e Nettuno ebbe- ro suir Attica . Danneggiatissimi sono i bassorilie- vi delle metope, ciò non ostante la pugna dei cen- tauri e dei Lapiti è un capo d' opera di arte . Noi abbiamo veduto alcuni disegni di queste figure mu- tilate , e non possiamo abbastanza lodarle : tanta è la convenienza delle forme , la varietà nobiltà ed espressione nei diversi caratteri , che sembra sia la natura stessa superata . In altra tavola ei fa ve- dere la porta che introduceva alla cella , non mol- to da quella del Tiburtino tempio dissimile . La faccia esterna del muro che questa cella racchiude- va, conserva alcune figure in piedi, altre a cav^al- lo di bassissimo rilievo , che facevano parte della processione Panateuaica . (l) i; aoitro ita.''ano Corneiio Ma^iii, che nel 1647 visìiò la Grecia , v'nie i^ucito tempio quasi iiuatto, eJ aininlrandoiie le iinpa- rcg^i-ibiii bellezze noa sapeva comprendere, come dopo la ne vicen- de politiche , alic volte pii del tempo distruggitrici , si fosse cosi conservato . Ma pò o darò tale :venti anni dopo , nella guerra fra i Veneziani ed i Tarda questi , lo coavertiiono in magazzeno di omet- ti di guerre . Prese fuoco la polvere da Ganuone, e roinò tutto quel- lo che manca . I Viaggio in Grecia del Pomardi 227 Tre altri tempj minori sono osservabili poco lontano dal Partenone , disegnati in una sola carta dal :.ig. Pomardi ; uno detto di Pandroso o delle Cariatidi di ordine dorico : li altri due di ordine jonico uno era intitolato a Minerva Poliade, il ter- zo ad Lretteo . .Sono queste opere modelli di per- fetti* architettura, che cedono e minano ogni gior- no per mancanza di conservazione , per disistima di chi le possiede , per avidità di alcuni ladroncelli che per cercare una sbarra di l'erro , lanno man bassa dove possono , e per l'avarizia di alcuni po- tenti , sedicenti amatori di belle arti , che vanno in traccia dei capi d' opera per appropriarseli e poi seppellirli in qualche privato castello, che è quan- to dire spacciarli alla comune dei coltivatori del- le arti belle. I Veneziani levaron A'ia una cariatide del tempietto di Pandroso ; un altra lord Elgin nel principio di questo secolo . Altro non disegnò il N. A. nella cittadella. Ne sortì fuori per continuare a ritrarre le antiche ope- re, una delle quali furono gli avanzi del teatro di Erode Attico . ( Sarà continuato ) . Ricciarda - Tragedia di Ugo Foscolo . Londra per John Murraj-Alhemarle- Street. 1820. N. oi non possiamo conoscere da quale istoria, da quale cronaca , da quale novella il chiarissi- mo autore abbia tolta questa tragedia , cui piac- que dare il titolo di Ricciarda . Mentre avendo noi svolta attentamente la storia civile del re- gno di JNapoli di Pietro Giannone : e consultati ac- curatamente e Summonte , e CoUeunuccio , e Ca- 225 Letteratura paccio, e Costa, e Romualdo Salernitano , edErcIien- perdi , e V elenco dei Principi Salernitani scritto dal cliiari^^simo P. Antonio Caracciolo , abbiamo veduto che ninno di questi gravi autori offre un lume da rischiarare quel latto che il Foscolo ha preso a trattare nella tragedia della quale parlia- mo . Pietro Giannone nella suo storia (rt) parla della spedizione di Trancredi in Italia avvenuta circa il io35. : nomina figliuoli di lui e Guglielmo, e Drogone , ed Umberto , ma non Guelfo , ed Averardo , che come tali hanno la principale azio- ne nella nostra tragedia . Il P. Antonio Carac- ciolo nel suo elenco dei Principi Salernitani (6) dopo GisuUo II. , ultimo de' Longobardi, nomina Roberto Guiscardo Normanno duca di Puglia : Rog- gero conte di Sicilia re di Napoli : Guglielmo I. , detto il buono , re delle due Sicilie : e Gugliel- mo II. , detto il malo , anch' esso re delle due Sicilie ; dopo il quale i re di Napoli riunirono in loro la signoria di Salerno , e solo ai loro fi- gli ne concessero il titolo per onore . Dunque il Tancredi che il Foscolo nella sua tragedia fa prin- cipe di Salerno , sembra che non lo sia stato mai . E perciò a noi pare che debba concludersi , ave- re il nostro autore non solamente ordita la tela di questa tragica azione su di un fatto meramente idea- le , o favoloso ; ma sfigurata ancora così V istoria salernitana di quella età . Ond' ecco che nella scelta del sogetto si è egli allontanato , nò sappiamo quan- to saggiamente , da quei precetti , da quegli esem- pj , che luminosi ci lasciarono nelle loro trage- die e i Greci , e i Latini , i quali trassero i fat- (a) Lib. 9. Cap. L (b) Kcr. Ital. Scrip. Tom. 5. pag. ji- RlCCIARDA DEL FoSCOLO 22^ ti o dalla mitologia , o dalla storia . Ma forse avrh creduto , così facendo , di dare qua]che nuovo ca- none romantico per terminare di pittare a iena tut- te c|uelJe leggi spintissime, die sole ponno destare interessamento n?giì ascoltatori , e sole consegnare alla fama i nomi di coloro , che severamente le osservano . A non tornar però di bel nnovo su di una quistione che abbiamo già trattata in que- sto nostro giornale (e) , ci faremo piuttosto a nar- rare a' nostri lettori, con quella brevità che ci sa- rà possibile , il i'aUo intorno al quale raggirasi que- sta tiaaedia del chiarissimo Foscolo . o Tancredi principe dì Salerno ebbe due figiiuo- li : F uno legittimo chiamato Guelfo , V altro ba- stardo chiamato Averardo , nato a Tancredi men- tre Guelfo guerreggiava nella Palestina . Il padre morendo lascio ambedue i (ìaliuoli ugualmente cre- di del suo regno . Ma Guelfo , non rispettandola vo- lontà paterna , niegò ad Averardo la parte del re- gno che gli spettai a , gridando alla illegittimità delia nascita . Guebb ed Averardo per treni' anni non si erano mai veduti , perchè quegli al ritor- nar di Palestina aveva trovato che Averardo era fuggito in Alemagna . Guelfo ebbe due figliuoli , ed una figlia per nome Ricciarda : due figliuoli eb- be ancora Averardo , uno de' quali Guido fu no- minato. 1 due figliuoli di Guello nella guerra che Averardo aveva mossa contro il fratello , rimasero uccisi sul campo . Guido e Ricciarda , sentendo di- versamente da' loro genitori, non solo si erario veduti, ma ancora l'uno erasi perdutamente innamorato dell altra. Guelfo che dalla natura aveva sortito un caratte- re atroce e crudele, avvedutosi degli amoii della figlia (e) Gi'iv. Al-.-. Tom. 4- pa^. 024- G.A.T.VII. i5 23o Letteratura con Guido, facendo le viste di condiscendere a' caldi prieghi de' teneri amanti, meditò con tal mezzo il più orribile de' misfatti , cui credè di mandare ad effetto in quel dì, che con lauto banchetto dovea festeggiar- si la solenne promessa di questa sospirata unione. Chiamò egli a tal mensa Guido e il fratello di lui, pe' quali preparate avendo due tazze colme di veleno, n'a- vrebbe Kicciaida perduto certamente l'amante, se es- sa, venuta in sospetto del paterno attentato, sollecita non rimovea dalle labbra di Guido l'orrido nappo . E qui è ben da compiangere la trista sorte dell' infelice fratello di Guido, il quale non avendo una pietosa amante che gli aprisse quella trama , Ju vittima della crudeltà dello zio. Averardo già irritato contro il fra- tello perchè niegavagli la paterna eredità, maggior- mente sentissi il petto acceso da santissimo sdegno , quando vide per modo si barbaro ucciso il proprio fi- gliuolo . Onde volendone da Guelfo giusta vendetta , mosse le armi contro di lui , e l'ebbe in poco tempo l'idotto a tale, che Guelfo rimase chiuso per assedio nelle mura stesse di Salerno. Guido tratto in parta dall'amor di Ricciarda , la quale con tranquillo auimo non avrebbe patito di vedere una pugna Ira 1 genito- re e 1 amante, e in parte temendo che un'uomo bar- baro, com'era Guelfo , prendesse una qualche spietata vendetta contro la figliuola,che aveva sottratto 1 aman- te dalla morte ch'egli aveagli destinata ; si tolse dal campo paterno, e fuggissi nei sotterranei e nelle tom- be del castello dello zio , onde, colà nascosto, poter essere in tempo a salvar Ricciarda dalla paterna cru- deltà, e rendere così alla cara donna quel dono me- desimo , che ella gli aveva fatto nel convito . Abbiamo creduto di far cosa grata ai gen- tili nostri lettori narrando ancora questo tratto della favola; il quale sebbene debba intendersi ao RicciARDA BEL Foscolo 23 i cadnto innanzi Fazione dall'autore scolla per là sua tragedia , pure sì fa necessario al facile intendimen- to deir azione seguente . liccoei a narrarla . Dà principio alT atto primo Corrado , noni d' armi d' Averardo , che unito a Guido co' nodi del- la più santa amicizia , celatamente giunge fra quei sepolcri per eseguire V ordine avuto dal suo si- gnore di ricondurre al campo il figliuolo . Il fi- do messo ogni arte , e ogni ragione adopera per man- dare ad effetto felice V avuto comandamento ; ma Guido sta fermo nel suo pensiero , e consiglia V ami- co a tornare al campo , e a non privare il pa- dre d' un così prode guerriero . Tornasene in fatti Corrado colla negativa del figlio . Rieciarda , che air incerto lume della notte aveva veduto un guer- riero che nascostamente scendeva dai merli del castello , corre al sotterraneo , ove Guido sta- rasi nascosto , credendo foss' egli partito . Lo tro- va ella , e cerca di stimolarlo alla fuga , perchè te- me i furori del padre; ma Guido è sempre im- mobile nel suo proposito. Lcco che un rumor d'armi interrompe gli amanti. E' Guelfo che vieae. Onde Gui- do nascondesi nuovamente sotto le immense vol- te di quel sotterraneo . Guelfo dimanda severamen- te Piicciarda , che faccia in quel luogo . Ella gli dice che vi è venuta a piangere sulla tomba della madre . Guelfo le chiede chi n è indi fu»"ito : Rieciarda risponde di non avere veduto alcuno . Guel- fo per intimorir la figlia ordina a Ruggiero suo Homo d armi , che s uccidano coloro che si sono lasciati fuggir dalle mani quel guerriero . E dato quest'ordine, riconduce nella reggia la figlia . Giunge avviso a Guelfo nel II. atto che Ave- rardo manda un ambasciatore . Egli ì accetta ; e siccome gli cade in pensiero che T ambasciatore es-- i5 ^32 Letteratura Sor possa Guido medesimo , che sempre sospetta essere (juel guerriero nella notte fuggito dal ca- stello , e veduto da Ricciarda , perciò chiama la iiglia , e lo ordina eh' ella dia per lui risposta air aml^ascialore d' Averardo , obbligandola a giu-r rar sulla tomba della madre che rinunzierà a Gui- do, che Todierà per sempre, e che la stessa sera n' an- drà sposa al conte di Brettagna. L amljasciatore è Averardo medesimo , che non conosciuto di per- sona da Guelib, prende il nome di Corrado . Of- fre e^di pace al fratello . Questi ne dimanda i pat- ti . Averardo ne dice tre ; che Guelfo cioè s'ab- bi^ Salerno , le castella , e il mare ; Averardo , Avellino e Benevento , e di più che Guido ab- bia in moglie Ricciarda. Guclib risponde alT am- basciatore , che tai patti debbono essere accolti da Ricciarda medesima . Averardo , che sulla fede di Guelfo attende la risposta di Ricciarda , s' incon- tra nel III. alto con Guido: e lui anima a torna- re in campo . Ma vi si ricusa colui per V ymor di Kicciarcla , e pel timore dell' odio dei padre ver- so la figlia . Averardo propone al figlio di far fug- gile con esso Ricciarda ; ma Guido dice che Ric- ciarda si opporrebbe a questo per non lasciare il padre , già infelice per V assedio che soffre . Giun- ge intanto Guelfo con Ricciarda , e Guido nuova- mente s' asconde . Ricciarda dà, per risposta all' am- basciatore che non sarà mai più sposa di Guido . Quello le ordina di aggiungere che f odia ^ mala figlia noi può pronunziare , e ripete soltanto che non sarà né di ijuido , né d^ altri mai . Il padre la scac- cia , e dice ali ambasciatore che rechi «l suo si- gnore la risposta avuta . Averardo sdegnalo gf in- tima la guerra : e Guelfo Y accetta . Perche T ari^- basciatorc qo^li occhi bendati è ricondotto al can^- RicciARDA DEL Foscolo i33 pò . Svela Ricciarda nel!' alto IV. a Guido V arca- no da lei per lungo tempo occultato , che il pa- dre cioè r aveva ad altri promessa, e che da lui era stata costretta a dire all' ambasciator d' Ave- rardo che noli sarebbe mai stata la sposa di Gui- do . Guido sente ciò con fermezza : e consiglia Ric- ciarda a condiscendere al volere del padre , perchè Così almeno vivrebbe ; ma ella fa travedere a Gui- do che ha risoluto di ritirarsi in un chiostro , coii- sccrata a Dio . Guido si contenta ancora di questo partito - Ricciarda dirtianda all'amante il ferro che cinge al fianco: esso vi si oppone: insiste la dòn- na , dicendo che non vorrebbe eh' egli per difen- derla dall' odio paterno le uccidesse con quello il padre medesimo. Giudo s'arrende, ma Ricciardct iildi a poco si pent(! vedendo l'amante inerme con- tro gli sdegni di Guelfo; e presa dà questo senti- metito , gli rende 1' acciaro . Atutolò nuovarnente Guido, s' allegra perchè dice d' aver così il mezzoi di vendicare Averardo , se a lui per sorte fossero contrarie ed inlausté le armi . Ricciarda , che as- colta questo , torna a temere pel padre , e fa nuo- va inchiesta a Guido per ottenere il ferro , il qua- le dopo tanti suoi prieghi finalmente le è reso • Al- lor giunge Guelfo , e Guido s' asconde . Cade di ma- no a Ricciarda il ferro : Guelfo il rìcoglie , e ri- conosce per quello stesso che da lui fu donato a Guido il dì che solènnemente avevagli data parola che .darebbe slato sposo a Ricciarda ; an- zi per quello eh' egli aveva trovato immerso nel petto di uno de' suoi figliuoli . Dimanda il padre alla figlia coinè quel pugnale sia nelle sue mani . Essa con pretesi si scusa ; ma Guelfo sospetta che Guido sia nascosto fra quelle tombe , e che lo ab- •334 Letteratura. bia dalo egli stesso a Ricciarda per ucciderlo. Cliìa- ma dunque Ruggiero , gli consegna la figlia , ed esso vola incontro a' nemici , che già per ogni dove investono Salerno . Si sa nell'atto V. che Guelfo è perditore , Rug- giero vorrebbe salvare Ricciarda ; ma Ricciarda glie lo vieta , imponendogli di rispettare V ordi- ne del suo signore . Giunge Guelfo furibondo, e vuol saper dalla figlia ove sia Guido : ella pe- rò tace. Guelfo la minaccia di morte, e Ricciarda si offre vittima volontaria allo sdegno paterno . Ve- dendo costui la pietà della figlia , si calma alquan- to ; ma indi a poco riprende ira maggiore ; e cor- re per quei sotterranei chiamando ad alta voce Gui- do - Ma poidiè Guido non esce , vuole che Ricciar- da stessa glieF additi ; la quale immobile si sta pres- so la tomba della madre . Esce finalmente Guido , e Ricciarda vola a trattenere il padre . Guido con fierezza gli parla , e Guellb mostra che la sua ven- detta sarebbe soddisfatta pienamente, se potesse ver- sare il suo sangue . Guido , che spera salvare co- sì Ricciarda , aiironta lo sdegno di Guelib , che gli vibra un colpo, ma non lo ferisce che leggiermen- te . Il soltenaneo s' empie ad un tratto di iaci , e d' armati , e giunge Averardo . Guellb chiede di co- noscere il fratello in colui clie per il primo gli pian- terà un ferro nel petto. Ricciarda però raccomanda ad Averaido il padre . Averardo otlie al liatello e pa- ce e regno, ma Guelib invece gli giura odio eter- no - 1'^ volgendosi a Guido , dice che vuol render- lo eternamente infelice : e in ciò tiafiggc di propria mano la figlia . Averardo trattiene Guido che avreb- be voluto scagliarsi contro del disumano feritore : RlCCIARDA. DEL FoSCOLO 235 ma Rìcciarda raccomanda a Guido dì perdonare suo padre, e spira . Guelfo , morta la figlia , grida ti sie~ gito , e si uccide sul suo cadavere; e così ha fine la tragedia . Per quanto sia grandissimo il pregio in che noi teniamo il celebre Foscolo , cui ben rammen- tiamo essere quel medesimo che nel divino car- me dei Sepolcri ha dato a' dì nostri alla italia- na poesia un modello della lirica la più alta ; pure non temiamo d'incontrare il suo sdegno (sdegno che non mai ha sede in quei petti che sentono cor- tesia ) , se ci permettiamo di scrivere qualche os- servazione critica su questo suo lavoro . E in tale speranza maggiormente ci confortiamo , perchè non invidia , non raaF animo ci muove a ciò , ma de- siderio di giovare a coloro , clie si danno a così difficile carriera . A non istancare però i lettori con lunghi discorsi , brevemente diremo del biogo dall'Autore scelto all' azione, dell'azione medesima, dei caratteri de' personaggi, e in fine dello stile . La unità del luogo è certo uno dei pre- cetti inculcatici da' nostri maestri : ma ella de- vo essere in modo che non ferisca il costume , e non ripugni alla ragione . E non ferirà il costu- me il vedere in questa tragedia un principe che dà ordine a' publilici e privati negozi nel bujo di un sotterraiieo , e sceglie a sua stanza il luogo de' sepolcri ? Non ripugnerà alla ragione il veder Guelfo usare questo sotterraneo medesimo a regale stanza d' udienza per ricevere 1' ambasciator d'Ave- rardo ? Noi teniamo per fermo di sì ; perchè sia- mo nativi di questa bella Italia, dove a' grandi prin- cipi sono slati in ogni tempo e nobili castelli e magnifiche reggie . E dicano checché vogliano ne' loro romanzi que' freddi e aielaiicouici settentrio- 236 Letteratura nali . Se non che ci pare che questa stessa osser- vazione sìa sta'a falta ancor dall' Autore , il quale ha forse creduto di rimediarvi ^ ponendo in bocca di Guelfo que' versi: Coni' io intenda d' udirti abbi argomento Dal loco ov' io t'accolgo (i) facendo mostra con ciò di dispregiare 1' ambascia- tore . Ma queste parole ben diverso senso dovevan fare nell' animo d'Averardo , il quale sapendo la crudeltà di Guelfo poteva giustamente temere , che qualcuna di quelle tombe fosse a lui destinata . Intorno al modo con cui è esposta 1' azione , dobbiamo far' osservare , che contro i precetti dell' arie due sono le passioni che dominano in que- sta tiagedia , l'amore, e la vendetta; l'amore di Ricciarda con Guido : la vendetta di Guelfo, e d'Ave- rardo . Inoltre nella tragedia tutto dev' esser gran- de , ed eroico , ogni azione , ogni detto , e quasi ogni gesto. Ciò posto, l'amore di Ricciarda e di Gui- do non ci pare di quell' altezza degna del coturno * Kicciarda mostra in vero maggior sentimento di Gui- do , ma non avendo un compagno in eroismo degno di se, si raffredda, e cade; per cui si può conchiu- dore, ti'ovarvisi mia grande passione, ma in due petti piccoli e languidi . Kd aflinchè non si dica che noi critichiamo senza ragione, leggasi la 2. scena dell' atto IV- , e vedasi se il contrasto per 1 acciaro di Guido possa dirsi eroico, e tragico. La passione della vendetta tra Guelfo ed Aveiardo potrebbe dirsi ve- ramente tragica e grande , se in tanti oggetti non fosse divisa ; mentre Guelio vuol vendetta da Ave- (I) Afto li. Se. 3. tllCCIARDA DEL FoSCÙLO 23'J rarclt) per la paterna eredità che dimanda , per r amore di Guido con Ricciarda , per la morte di due suoi figli . Averardo alF opposto vuol vendet- ta da Guelfo per la negata eredità paterna , per la promessa dai a da Guelfo e non attesa per le noz- ze di Guido con Kicciarda , per l'atroce morte del figlio , e per la tentata morte di Guido . JNè que- sta è a dirsi privata nostra opinione , ma piutto- sto canone voluto dai greci , dai latini, e da tut- ti coloro che della tragedia lasciarono precetti . E siccome noi italiani in nulla, ma più specialmente nei ranti del sapere, non abbisogniamo cVaccattare esem- pj dalle straniere nazioni , le quali il piìi delle volte sogliono Tarsi delle cose nostre e belle e pompose ; abbiamo nel Tragico d'Asti quel degnissimo d'esser preso adesolnpio. L^ggansi le sue tragedie, e vedasi se pili passioni o una sola ha presentato allo spet- tatore. La sola vendetta fraterna nelF Eleocle e Po- linice non distratta da amore : la sola vendetta per la morte d' Agamennone nell' Oreste : la sola invi- dia per Davidde nel Saul : il solo amore in Mir- ra, senza discorrer delle altre. E quale effetto non ha ottenuto egli mai , e non ottiene con questa meravigliosa unità ? Ma a chiudere iftfine ciò che ci siamo proposti intornò all' azione della tragedia del Foscolo, diremo, che forse non con ragione l'ha intitolata Ricciarda , mentre piìi sanamente avrebbe l'atto se Guelfo la nominava ; essendo Guelfo quel solo da cui si partono tutte le azioni , e per cui tutte restano compiute . Intorno ai caratteri dei personaggi di questa tragedia diremo , che tranne quello di Guelfo , che a nostro avviso ci par degno d' esser chiamato ca- rattere tragico , gli altri sembrano immeritevoli di questo nome . Ed infatti come ehiaojare eroico il 238 . Letteratura carattere di Guido , che paspa tutta la tragedia stando celato e nascosto , e fuggendo a qualun- que piccolo rumore ? Un uomo die ugualmente si contenta o die Ricclarda vada nelle braccia d'uà altro , o che preferisca chiudersi in un chiostro ; un uomo infine che avendo dato nel 5." atto qual- che lampo di coraggio per le parole dette a Guel- fo , lascia poi che la sua Ricciarda muoja per le mani del padre , non essendo esso da tanto di di- strigarsi dalle braccia d' Averardo per andare a di- fenderla , come si era proposto , ovvero a spirare sul corpo della diletta sua amante ? Abbiamo dotto di sopra esservi nel carattere di Ricciarda della for- za , e del sentimento , ma non potrà dirsi giam- mai carattere eroico, carattere da protagonista . E perchè non ha cercato il Foscolo d' imitare quel ve- ramente grande e tragico die il nostro Alfieri ha po- sto e nel carattere di Mirra , e nei caratteri di Massi- nissa e di Siface per 1 amore di Sofonisba, e nei carat- teri di Virginia ed Icilio, che toccano l'animo di chi ascolta e lo trasportano? D'Averardo diremo,clie que- sto personaggio ci sembra quasi inutile; mentre, tolti que' versi al 5." atto quando si mostra al fra- tello , nuli' altro v' ha nella tragedia che non pos- sa stare egualmeute senza di esso * Se si oppone la scena d'Averardo quando va nel castello come am- basciatore , risponderemo che sarebbe lo stesso se la eseguisse Corrado . Se ci si dirà necessario per la scena d' Averardo con Guido , risponderemo che Averardo nulla ottiene di piTi sull' animo di Guido, che già nella prima scena abbia ottenuto Corrado . Dello stile finalmente saranno giudici i lettori medesimi , ai quali ne offriremo qualclie saggio , scegliendo quei pe/.zi . che a noi specialmente hanno piaciuto. Quantunque il Foscolo avrebbe dovuto stu- RlCCIARDA DEL FoSCOLO aSQ <3iar maggioimeiile di dare miglior dialogo a'snoi per- «ODaggi , e imitare l'Alfieri ne' suoi modi sia per ia forza , sia per le sentenze , e non già nelle contor- sioni , le quali formano la parte umana , e iton la o cnt'^d „ Sol perchè tu non possa o^gi iiuolpiuìi „ D' amar coiai che ti guerreggia i! p;u[re : „ Sol per la faina tua taccio , uè speio „ Quel eh' io più bramo , e iniiie volte il labbro' „ Apro , e in si]cri/.io doloroso il chiudo , Rice IARDA .;, BcA io lo intendo: e oserò dirlo io prima,- ,y Di e notte tiemmi e lusinghiero e forte „ 11 pansier di fuggir teco dal padre: „ E , più che il padre e il suo misero stattf „ E il suo periglio , meri ratiicae amore „ Di te ; di to , che a snaturata figli?» .. Sposo infame saresti: e ad Averardo „ i'aresii dono d' abborriia nuora ; ^ Ed io madre sarci di maJedetii „ HgJi e spregiaci •- Ahi misera! tu slesso „ Forse un di temer puoi, che ben sapria 5, Tradir lo sposo chi tradito ha il padre . Così nella scena V. dell' alto III. ci sanno Irioì- to del buono q_uesti altri veisi : G C E L F ó ,^ Cosici, „ Di se donna oggimai , darà alle offerte „ D' Averardo risposta alta , assoluta ; M Né forse a grado mio . ' HlCClARDA DEL FoSCQLO U^l RlCCIARDA „ Ma qual l'attende „ Guelfo dalla sua figlia: e il tuo signore „ Da lei che nuora elesse ; e Italia tutta „ Dalla nipote di Tan;rcdi . Trema „ Forse T esangue labbro mio; ma parlo , „ Mentr'io del cor la speranza mi svelgo, „ Con cui sostenni la mia vita .... ed ora f. Più au or m'assale .... ed io vinco morendcì. ,, Il mio signor m'impone oga,i ch'io giurf ., D' obbiiar Guido ..... Guelfo „ Odiarlo, RlCCIARDA Io ne ciò posso» 5, Che non è in mia balia ; ma se il potessi , „ Di abbietta alma sarci : nò torre io deggio „ Anche il mio core a chi se udisse quanto „ Udrete or voi, di daol morrebbe . Io lui „ Unitamente amai; lui senza speme „ Amo pur anche, e morir sua pur voglio. „ Ma, pria che data, gli fui tolta ^ e quindi ,, Veggio mio padre in guerra, e tanta apersi „ Piaga ^lla mesta anima sua, ch'io sola „ Forse potrei sanarla ; - io che compagna , „ Quando fanciulla, orfana, incauta, un giorno „ Mi abbaailonò la madre, unica a Guelfo „ Rimasi: e a lui la moribonda donna „ Fidò la figlia: e a me il consorte, afflitto, „ D' occulta orride angosci*? . Ah '. se la c;tlma 2^» XfETTERATURA „ De' snoi di pende da me sola : e sola ^ Cagione io son di tante stragi, e il ciclo. „ Offenderei s'io di mia man perissi, „ Deh ornai 1' armi posate ! Al padre io resto : „ Nò sarò d' altra mai . - Odi tu , o ina,die ! „ Forse .... col mio sospiro ultimo .... il dico . . . « „ Giuro: ch'io non sarò moglie di Guido. - „ E un altro, o madre, giuramento ascolta: „ Finche da te raccolta essere io possa „ Nella tua pace , mi vedrai qui errando , „ Tacitamente invocar T ombra tua. „ A me talamo e reggia e asilo e speme „ ria questa tomba, ch'io tocco tremante; „ E , dove teco m'accorrai, tei giuro, ,; Infelice e innocente . Molti altri se ne polrebbero qrà recare , e tut- ti bellissimi , e degni del signor Foscolo . Ma i ter- mini d' un giornale non lo consentono . Pietro OnsscALcm . !4Ó ARTI BELLE ARTI Intaglio in rame - C to di ordinare la costruzione del poijte , menr tre tiene la mano sinistra appoggiata, «.uii'anta-i 354 Belle Arti solito suo portamento allorché dava udienza . La testa , al dire di chi vivo il conobbe , non può essere più somigliante ;; io però , che non mai lo vidi, dico che spira grande verità . La gamba si- nistra, che sporge in avanti , non potrebbe esse- re meglio disegnata; ed il piede della gamba stes- sa , che calzato di scarpa si vede di ironte , quan- to più si allontana sembra escire dal quadro. Le due mani sono felicissime. Gli accessorj del- la biancheria, de' merletti , de' ricami, della sciar- pa , de' bottoni , de' piedi dorati del tavolino e del- la sedia , illudono a seguo , che si direbbe ave- re il pittore impiegato 1 oro in natura , e bruni- to . Ma ciò non fa il pregio principale di quest' opera . L' eifetto suo magico consiste nella pros- pettiva aerea , poiché lo spazio del quadro por- ge l'idea di un ampia sala, e sembra di poter girare intorno alla figura , al tavolino^ ed alla se- dia a considerabile distanza . L impasto de' colo- ri e la fusione delle tinte ne lanuo chiari avere il chiarissimo Professore molto studiato le ope- re dell' inimitabile Correggio , e si direbbe che lo imiti nella lucidezza e nello splendore del colori- to senza essere sfacciato, e senza cadere nell'ab- bagliante del Cignarolli . I tocchi arditi e sicuri , e l'insensibile graduazione delle tinte , fanno a ga- ra con' la pastosità e morbidezza del pennello ; in somma tutto è vita, tutto anima. L'economia del lume che si conosce derivar da finestre, e non dall' aria aperta , finisce di dar compimento al quadro; poiché in mezzo a quella luce dimessa risaltano vie maggiormente gli oggetti , condncendo 1' occhio per gradi , sicché non incontri il menomo urto spia- cevole. Le ombre e gli sbattimenti sono sempre 4Ìelntuoao medesimo della tinta scelta per rappre- Scultura - Pisani a 55 sentare i respettivi oggetti , e domina in tutto un certo calore , che non altera in modo veruno V ar- monia . Questo artista , il quale ha fatto i suoi stu- di in Roma , ed ora è gii vecchio , per le poche opere pittoriche da lui latte è poco conosciuto , e merita a mio giudizio , che il suo nome sia posto nel rango de' migliori pittori viventi . Di lui si ve- de in questa R. Accademia delle belle arti un Ar- chimede di ottimo stile , ed in Bergamo il ritrat- to del cel. Tiraboschi. Poche altre pitture , co- me già dissi , credo abbia egli latto , o almeno io le ignoro , essendosi occupato mai sempre nelF ar- chitettura , nella qual parte è già noto abbastanza aver egli acquistalo Celebrità. Gradirò poi ec. Di Modena 4- Luglio 1820. Ecco la bella iscrizione incisa nel detto monu- mento del Duca Lrcole . PAGI . ET ' MBMORIAE HERCVLI3 . RAYNALDI . III. ATESTINI DVCIS . XIII. MVTINENSIVM . PATRIS . PaTRIAE QVI . ÉVROPA . BELLO. CONFLAGRANTE. SEDE. SVA . EXTORRIS DIGNITATB . INFERII. CONSTANTIAQ. ANIMI . SERVATA OBIIT . TAIIVISII . PR. ID. OCT. À.. MDCCClll. AET . SVAE . A. LSXV. M. X. D. XXII. OTARIA.- BEATR;X . RICCIARDA ATESTINA ARCHID . AVSTR . DVX . MASSENSIVM. FILIA . VNiCA . ET. HERES CINERIBVS . AD. ARAM. S- GEMINIANI . EX. TEST. INLATI3 CELLAM . ET . MONVMENTVM . IMPENSA . SVA HONORIS . VIRTVTISQ . CAVSSA . F. C. A. MDCCCXVm. 256 VARIETÀ' La seguente iscrizione ci è stata tnandata dcdV Eminenti ssinw Sig. Cardinal Zondadari Arcivescovo di Siena , il quale è uno di que* cortesi , che hanno sempre degnato di lor favore il giorncdc Ar' cadico . Autore de/la medesima è l celebre abate Morcelli, che^ per gV incomodi delia podagra^ non avendo di libero che la Tnente, la dettò ad un suo famigliare -. Ella dee esser posta sot- to V imnmgine di Pio f^l di sunta memoria , la quale il pio Por- porato sta preparando per collocare in Siena nel soppresso con- vento de'padri Agostiniani , ora collegio Tolomei . BIG . ILLE . ÈST . fAREXS . PVBLICVS . CATHOtlCI . NOMIlflS PIVS . VI. PONTIl'EX . MAXIM VS SENIO. lAM. INGRAVESCENTE. JMARTIRVM . iPORTISSIMORVM . CONSTANTIÀIVI. ÀEMVLATVS . QVEM . ANNO . M. DCC. LXXXXVIII. COHORS. GALLICANA. ATSV. IMPIO . EXSVLEM . ArEXIT.SENAS ET.QVARTO. POST.MENSE.FLORENTIA M.ADCARTVSIANOS-TRANSVBCTVM: EXINDE. AERTMNOSO. ITINERE, VALENTIAM. VSQVE IN. GALLIAS. PERTRAXIT AT . NVMINE . OMNIA . MORERAKTE . IPSE . PRÓPSRATVS . INTERITVS TOLERATA. IN. EXEMPLVM . ACERBITATE . TEMPORVIYI SERTA . TRIVIVIPHALIA MERENTEIVI CHORIS . CAELESTIVM . PLAVDENTIBVS . IN. ASTRA. PERDVXIT ANT. FELIX. «ONDADARIVS. CARI). ARCHIEP. SENENSIVM SANCTISSIMI . HOSPITIS. HONORE . GAVDENS .3?ARAT0 . -BOMICILIO. IN. AGVSTINIANAS . SEDBS. SVSCEPIT BT . REVERENTI. ANIMO. QVOTIDIE . VENERATVS TANTARVra . QVOQVE . RERVM . MONVMENTA JP06TERITATI . P2RPETT0 . TB8TATA . RELIQVIT Var 1 e t a' q5j A CivUavecchict sono state dìsoiterrate le due lapidi, che qui re» chiamo per copia avutane cor1ese?nente dal eh. Sig. cav^ Gìusep* pe Tamb.'oni. Nella prima . che non è intera,, si nomina lalegio» ne XITL g&nina , la quale non è delle più. comuni nelle iiniicht iscrizioni. XIII. G. VIX ANN. LV À. LARGIVS. AMPLI ATVS . ET . M. VLPIVS BARADATV^ . HER . F 2. D M ANTISTIAE . lECU SAE.CONIVGI.PI ENTISSIMAE FECERVNT SYMPHORVS. AVG' JLIB . CVM . SYMPHO RO. FILIO. VIXIT .■ ANNIS XXXX ÌMP. E R. ACCADEMIA DELLA CRUSCA Concorso straordinario pax l'alino iSaS» L Imp. e R. Accademia detta Crusca avendo , per facoltà éoU' cedutale dalle sue costituzioni, diviso nel giudizio del prossimo passato concotso quinquenncde in due pai ti tigutdi il premio di SCU' di mille i né potendo conferir la seeondu parie f p^ckè nessuna aSS Va R i k t a' deUe opere proposte consegui la ridi le ila pluralità di voti supe- riore alla Vieta dei votanti , doinaìulò ed ottenne dalla Munificenza di S. A. I. e R. il Granduca , che essa seconda parte di premio, la ifuede ascende alla somma di sciali 5oo, si assegnasse a quello, che in un'opera italiana sodisfacesse coìnpiutamente ad un dato arguinenlo . Il perchè V Accademia apre ora uno straordinario con- corso , proponendo a sciogliere i seguenti quesiti approvati dalla niedesi/na Altezza Sua ^ 1. Come ed in qual tempo avvenisse , che la lingua romana alteraadosi desse vita alle fave.ie italiana , provenzale e francese. 2. Quali fossero le vicende , che in parti. o!àr modo contribui- rono a dare alla favella ìtaiiaua indole propria e distinta . 3. Quali fossero le cagioni, per cui s' inconiinciò , e in qual tempo s'incominciasse, a scrivere in italiano. 4- In qual tempo la lingua degli scrittori prendesse una nota- bile differenza dalla favella del popolo . 5- Quanto influisse la favella del popolo sulla lingua degli scrit- tori, e Ucuito la lingua degli scrittori sulk ^'a\e.'.a. del popolo. 6. In qual parte d' Italia la favella del popolo si accostasse piti alla lingua degli scrittori . 7. Se i poeti sijuli influissero sulla lingua degli altri scrittori italiani . 8. Se fra' dialetti italiani ve ne fosse alcuno che avesse prc* minenza su gli altri, prima di Dante, del Petrarca , e del Boccac- cio ; e se la ottenesse mercè di loro il to-rano . 9. Perchè mai la lingua italiana giunta alla perfezione prima d' ogni altra lingua d' Europa , nata dalla romana , e figliuola la più somigliante alla madre , tuttavolta non fosse usata iti preferenza «Ielle altre lingue nelle relazioni vicendevoli delle genti europee - Varietà' 359 CONDIZIONI BEL CONCORSO. U Opera, oltre al sndhfar pienamente alV argumento, dee es^ sere scritta con purità ed eleganza di stile, come ìiei concorsi qitin- (juennali . n. I manoscritti dehhono esser netti, e in carattere di iella for^ ma e bene intelligibile . m. Di^enoono essi proprietà delV Accademia . Si permette p^rò agli Autori di estrarne copia a loro spese . IV. Debbono rimettersi firmchi di porto al Segretario delt Accade- mia a tutto il Zi Luglio 1823. .S'è ne pervenissero spirato detto termine , saranno custoditi dalV Accademia per restituirsi ai loro Autori ; perocché non si ammettono giust/jflcazioni sul ritardo . Fossono i concorrenti celare il loro nome . In questo caso deb- bono porre in fronte ai loro manoscritti un motto, e questo ripe- tere sopra ima polizza sigillata, dentro alla quale avranno scritto il loro nome . Essendo premiato un manoscritto col nome, si ab' bruciano tutte le polizze degli anonimi ; ed accadendo che sia pre- Tniato un manoscritto anonimo , la polizza di questo solo si apre^ le altre mQ4^siinamente si abbruciano. FI. Non può riscuotersi il premio , se innanzi non si stampi il manoscritto premiato -^ e nella stampa non passooo farsi variazioni ^60. V J^ R I E T A di nessuna sorta , ss non si sottopongano priina al giudizio e alV approvazione deW Aocadsmia , Firenze So Giugno 1820. r. G. B. BALUELLI BOJd ^rciconsolo, Gio. Batista Zannoni Sciii'clurio Siccome le rime di cjuel vedente romagnuolo , da noi recale tra le varietà de' /ctscicoli X,V e XFI del nostro Giornale , sono state a molti di gradimento : cosi ora diamo questi due sonetti del me- desimo autore , che , se male non ci apponicuno , hanno lo stesso pregio degli antecedenti ^ Non canto i ferì ludi , e le pugnate Gvierre de' regi , e i sanguinosi allori , Né il gregge , i paschi , e gii ozi de' pastori ; Canto d'Amore, e d'un^^ alt^ bcltatQ. E già il gentil Catullo a l'aurea date Dolce Lesbia cantò, Gallo Licori, Lalage Fiacco, e i mal riposti ardori Pianse quel di Svdmon^ egregio vate . Foi quando , q piacque al ciclo , Italia mia Redo le greche grazie e le latine , Cantar di Laura e Bice i duo gran Toschi . SqI duolmi, 0 musa, che quell'ardua via Oiscorser tutta, e a Tono rato fine Non ba chi pia ]i aggiuxiga , e tei conoschi « V A. R 1 E T k' a6i 2. Da che vi spiacelo , «j a me pregar non vale Tregua a l'affanno rio cheil cor mipi-ernej Altra miglior non m' è rimasta speme. Che morte tronchi il mio stame vitale . ISè già è per tempo : che son giunto a tale D' avere invidia a le miserie estreme , E sento i messi , e le sorti supreme Gridai! eh' i esca pur da questo frale . Cosi il mio spirto da gli affanni oppresso >, Se con l'ingrato su on de' suoi lamenti 1 be' vòstr' occhi conturbò si spésso ; ì)eposto il carco de' membri dolenti , Trarrà conforto , se gli sia concèsso Col suo passare almcn farli ridenti . Dì questa elegante iscrizione è autore il nostro eh. sig: ah. Fran- cesco Cancellieri. Ella esiste in Roma nella chiesa di S. Salva- iore della Cupella ; e qui la rech iamo per gì adire a quanti ii conoscono de'' buoni sludi epigrafici . QVIETI. ET . MEMORIAÈ ANGELI . ANT. F, GRATlOLl . DOMO . ROMl SCRIBAE . IN . CVRIA . INNOCENTlÀNA iiORVM . SVAVITATÉ . AI ANSVET V DINE . BENEFACTIÌ i'OCIORVM . PARENTVM . AMICORVM . OMNIVM BENEVOLENTIAM . PROMERlfl QVl . VIXIT . ANN. XXXH. MENSES . VÌI. DÈCESSIT . Vii. KALEND4S . IVNII . ANN. cId . 13 . CfcC. XX. lOACHIMVS . GRATIOLIVS FRATRI . OPTIMÒ . CARISSIMO . CONCORDISSIMO TITVLVM . CtM . LACRIMIS . POSVIT Avr. . AMOR . MEYS • ET . VAtE . IN . PACB 262 Varietà' Orazione pcmeoirica ad Epatninorida del Dottor- Pietro Carpanclli Istitutore di beile lettere nelt L R. Ginnasio di Pavia -Pavia pel Galeazzi 1820. Jtifficacissimo a destare noli' animo della gioventù i più foni sensi d' eroi-imo è il costume adottato dal Si;;. Carpanclli di .iiiuderc le sue lezioni di eloquenza con le lodi di qùaKhe per^ona insigne della Grecia o di Roma antiche. Cosiei^ii fece negli anhi passati còlle ora- zioni panegiriche a Scipione Affricano e a M. Tullio. E sarebbe ottimo che ciasL'un retore destinato ad educare ncll elocuzione i giovani italiani seguitasse questa norma. Imperocché alla magnifi- cenza del parlare non si arriva giammai, se prima non èiJtsinua- ta ne' petti quella del sentire . Ha già dimostrato il Sig. Carpanclli la nobiltà dello scrivere si nelle scienze che nelle storie . Del che ci dovrà far testimonio chi abbia Ietto la sua degna traduzione delle opere del Sjdenham, e il suo compendio della storia di Pavia, nel quale il vedi felicissimo imitatore de' modi energici del Segretario Fiorentino . Ma in cotostc orazioni il suo stile è più ornato e magnifico e tutto acconcio alla grandezza de' soggetti ch'ei tratta: o meglio, tutto derivato da quelle a'ic idee che mettono ne' pelli d'ogni ottimo le gesie di que' fortissimi. Daremo qui il principio dell'orazione a Epii- minonda, affinchè , quantunque brevissimo, ne abbia pure un sag-» gio il lettore . „ Non fa mai soverchio favellare de' Greci, nò mai soverchie », lodi si profusero alla memoria di quegli uomini che parve la „ natura formasse ad attestare il proprio potere . Oh dove mai spie- „ gò ella più riica pompa d'ogni suo pregio, sicché straordinarj „ doni d'ingegno non minori fossoro di que' della forza, e le virtù dei „ cuore non la cedessero alle altissime della mente? Ricordar Greci „ è ricordare l'ottimo dell'umana generazione: legislatori, guerric- „ ri , poeti , artisti furono tali e tanti, che indarno spererebbe ogni „ posterità superare,,. Dopo di che passando a dire i\i Epaminonda, eoIU medesima dignità è portata l'oirazi-^no sino al sno termine . F. P. Varietà' 265 X_> Sfato detto da alcuni, che l' articolo posto nel t. VI. par. ìli. dì questo giornale snlV appendice alla IV. disseriazione anconitana del Canonico .Agoslino Teruzzi , fa scritto dal Peruzzi medesimo . II che tanto è falso , quanto il dimostra la lettera del sig. ab. Bat- tista Bcnoli, la quale siamo invitati a rendere qui di ragion pubbli- ca . Eccola . Chiarissimo signor direttore . La sola amicizia che pro- fesso al eh. sig: canonico Periizzì, e V amore del vero mi dettaro- .no l'articolo sulle sue Dissertazioni Anconitane, chejìi inserito nel- lo scorso anno in codesto giornale arcadico meritamente applaudi' iissimo . Gli stessi motivi /n' hanno indotto pure ad iscj-ivere V al- tro sulV Appendice da lui uUimainehte pubblicata . Siccome però la sola inizia!e del mio cognome potrebbe indurre chi legge in erro- re o in dubbio , relativamente al vero autore delV a?iicolo ; cosi la supplico di sottoporvi intiero il mio cognome , che le appaleso , hell^ tiiio ce. - Imola ib. Lug-lio Ì820 - D. Battista Benoli : Cs "creazioni Mclcoroholchc fatte alia Specola ihl CoUeg.Roìh. Agosto 1820. MATTIiNA GIORJNO BaromPtio fi-rrn sr-SBarometru 27 1 1 I 19 27 1 1 2 16 2H 0 8 30 28 0 8 n i8 0 6 30 4 I2 I 29 3' 33 3 22 3 llj al33 4I3C ao 6 20 0 3tì 3 21 H 2I 4 24 0 22 0 4' 4' 3^' 28 3 33 3H 28 27 1 1 27 II 28 u 28 o iS i 28 2 Terni Icr 25 aS ^4 23 24 24 24 25 24 23 35 25 2G 29 3o 5,S 6 .3 3 i6 , .•,0 1 4J 8 4" : -»' ': 44 7 25 27 a7- 23 25 26 26 39 08 l'j 9 tt S4 SERA Bai oiiieli o Term.i Isi"- 28 2 4 19 0 28 I .S 20 0 2« 0 0 20 0 ;8 0 Q 21 2 28 0 8 19 0 28 I 4 16 ^ 28 28 I 27 II 27 1 I 28 O 28 O 28 o 28 3 1^ 8 47 a ■ir, 3 /|6 2 22 4 ;3 .6 3 ^7 3 4' 3 20 I ^7 32 4 22 .^ 25 •3o 2 28 S 24 3 4' 3 fO ■-, Si to Osservftvftnì Mefeoro?no-;c.he fciffe alla Specoìa del Colle^. Rom. Agosto 1820. M* TTINA GIORNO i SERA 'S Stat.. ^ Meteore St:Uo 1 Stato S del por.l Vento del Piojie. Vento J dal Vento 0 I Cielo 1 Cielo 1 Cielo .. 5 0 /m. I s. ine. lib' I s. mez. I 2 y 4 52 Ira. 1 s. pò .lib. I s. mez' I 3 s. 0 9 ira. I s. niez. I s. n. mez. 0 neb./t 4 s. 6 2a tra. 0 s. nir./i'i. I s- pò. lib. 1 5 s. 6 !.. /?ii?. «. 1 s.p- n. me. lib. 1 s. p' n nvz. 0 ncb. 7 s. 5 M tra 1 p s. n. l b, im .s. mez. I s.p. n. S 20 lev. i s.p. II. we.lib.i s. pon . I 8 s. 3 +2 pon. X s. p.n. pon, i s. mez, in, 'j .(•• 4 ■'9 pan. 2 s p-n. pon, I s. mez. I 0 s. 5 4' tra. 0 .e- sir. I s. mrz, I neb.* u •T. 5 2 tra. 1 s. me lib. I s. Ira. 0 r.^h. 2 S. 6 21 tra. I is. me- lib. 1 s. mcz. I neh. S. . 3a :ra. i s. p.n. pò. lib. 1 s. mez, 1 H S. 3 ,s gre. 0 ".p II. lib. I s. n. mcz. I •eb. 'S S. 4 »^ ).v. l S II. pò Hb- t n.p s. Ira. i u*l.np .6 s. S ■> ir gr. I s. p.n. sir. 0 s. tra. 0 P' s. n. 8 0 '/lez. I s. p.n. pò hb I fs. me. lib. i neb. 27 s. n. 6 18 ra. 0 s. n. po./ib. I m np.s. lev. ì urb ^ 28 s. p.n- -, 22 mez, I m s. p.n. lib. 1 [s. pon. I 2>) S. -, 2o fra. 1 s. p.n. pò lib. I s. pon. I 30 s. i 'C ;;iez. im n. p.s. me lib. 2 s- n. me si I r la.n.pi.-f- 31 «. J, 4 26 yjitf. jt. i !■ p.n. mez. I m s. mez l n neb. pi -^ Volendosi da' eh. Astronomi abbondare per diligenza, pongon.si le v sservazioni T'riplici in of^ni giorno ; e volendosi di noi ristringere in patin:» , aflRnrh<' meno facilmente si disperdano . usiamo alcune abbreviature . Pertanto nella colonna delle Meteore pi significa pioggia 1 lampi t tuoni n nebbia g gelo b brina. E nelle colonne d^Ho Salo la lana vellicando la ente ne mantiene costante la ti aspirazione , e la presfrva dalle tanto perico- lose costipazioni ; e però con ragione si adixa con- Oss, suxl' Aria Cattiva 29? tra i barbari conquistatori dell' Italia , i quali sot- to l'aspetto di maggior comodo e pulitezza vi bari portato r uso delle camice di lino e di canepa , adottato il quale , ecco a poco a poco rimasa de- serta la fertilissima maremma del Mediterraneo , e vicino ad essa tante città un giorno fiorentissime. Pensa in oltre 1' A. ( né tampoco noi dissentiamo ) clie le fregagioni del corpo con olio o altra ma- teria grassa fosse un secondo preservativo eccellen- te degli avi nostri , sì percliè 1' olio conserva in istato di morbidezza la cute , e così ne facilita la traspirazione , come anco percbè la protegge dallo assorbimento del germe febbrile . Tratti questi due preservativi dalle anticbe co- stumanze, passa VA. a quegli altri mezzi, die de- sumere si possono dalla recente cbimica ; ma quan- to a questi , che pur discendono dagli esposti dati, egli ha coluto convalidarli coli' esperienza , affin- chè accettati fossero con maggior fiducia . Ha per- tanto sperimentato , e sopra se stesso e sopra altri molli, 1 acido muriatico ossigenato ( cloro di Davy ) e nella consueta forma di vapore sparso nelle ca- mere , che servono di domicilio alle persone sot- toposte air aria malsana, e sciolto nell acqua in forma di be\ anda , e ispirato insieme con 1' aria per quanto può tollerarsi dal polmone . In quest' ultimo modo non ha prodotto verun effetto salu- tare , mentre efficace si è mostrato nel primo , ed efficacissimo neJ Sf condo. Le ptrsone sane, non toc- che peranco dal miasma, si j-ono conservate in tale stato dimoiando in un ambiente disinfc-tlato dal va- pore muriaiico i e qu( He che ne hanno già senti- ta r impressione , e che sono pn se da febbre ., mi- gliorano sensibilmente in esso jinìbicnte, e pare che il vapor muriaLÌco,insiuuandosi per le medesime vie agG S e I B N f E tracciate dal miasma, operi insiome con la cortec- cia peruviana alla loro pronta gtiarìgione . Ammi- nistrato poi il cloro sciolto nell" acqua , non solo previene i perniziosi effetti di un' aria guasta , ma dissipa eziandio mirabilmente i primi sintomi , che annunziano la lebbre imminente . E su questa am- ministrazione del cloro a guisa di bevanda , nella quale sta propriamente la novità del metodo , ha fatto FA. i più numerosi e decisivi esperimenti. Egli stesso si è recato in tempo della state ne' si- ti più infami della spiaggia napolitana , e vi ha sog- giornato in modo da assorbire senza fallo il mia- sma colà dominante : e tornato in JNapoli con ta- Jie aspetto e con mal essere tale nella macchina da non dubitare di un prossimo parossismo febbrile, ha bevuto la soluzione di cloro , e si è felicemen- te liberato dal morbo . Questo esperimento, esegui- to sotto gli occhi di accreditati medici napolitani, ha egli ripetuto in quel regno e altrove sopra molti costretti per mestiere a vivere sotto un cielo nimi- co ; ed è a notizia nostra che avendo suggerito ai Soldati di finanza , i quali abitano le torri della .spiaggia pontificia , e che in certo tempo dell' an- no sono immancabilmente afflitti dalle iebbri di pe- riodo , ne ha ottenuto ottimo successo : e sembra che questo debba derivarsi dall' essere il miasma, introdotto nello stomaco, scomposto dal cloro pria che penetri nel sistema irrìgatore , e spieghi la sua. azione irritante suU' animale organismo . ì da av- vertirsi però che questo preservati.© non dee an- dare disgiunto dagli altri di sopia accennati , e a tal fine tutli insieme riccolti li presenta 1 A. a modo dì Rcg' k nella sr-conda pagina del foglio , che noi tal quali qui npoitinmo . I. Pria di coricarsi in ietto si farà ogni voi-- Oss. suLt' Aria Cattiva :2<)7 *a nella camera, a porte e finestre chiuse, una mo- derata fumigazione, come qui sotto si dice alla let- tera A. II. Si prenderà giornalmente , avanti cena sul far della notte , e la mattina a stomaco digiuno al levarsi del sole, in specie se non si è dormito nella camera fumigata, un bicchierino da acquavite , os- sia da un oncia ad un' oncia e mezza, della bevan- da acidula preparata come sotto alla lettera B. La medesima si potrà prendere anche in altre ore del giorno , se si sente il capo pesante , e lo stoma- co indisposto . ' III. Si porterà sempre, ia luogo della camicia, un corpetto di mezzalana o fauella leggiera colle mauiclie; al di sopra una semplice mostra ossia ca- micetta, e nel. basso del corpetto sarà attaccato un pezzo di tela che scenda nei calzoni . IV. Converrà guardarsi per quanto è possibile dai cibi cattivi , e dalle indigestioni . V. Prese queste cautele principali, se nelle arie pessime si ungerà di quando in quando leggiei'- mente tutto il corpo con olio o grassi fini , sicco- me facevano gli antichi , con la cux'a di strofinar- si e pulirsi alternaiivamente , non sarà malfatto; come pure di usar modera tanìente la pipa . E per salvarsi dalie zampane , e dormir quieto , lo che. molto importa per istar bene , si coprirà il capo con quel sottil velo , che dicesi zampaniera . Seguitano le operazioni per eseguire le rego- le I. e LI. , ed alla lettera A corrisponde quella per fare la fumigazione , alla lettera J3 1 altra per fare la bibita , le quali opf^razioni noi trasandiamo : come trasandiamo ancora la descrizione dell' appa- recchio, consistente in una cassetta portatile , ove sono contenute due piccole caraffe, alcuni tubetti, 298 Scienze ed un piattino , e in un matraecio ovunque repe- ribile , nella lusinga che il saggio nostro Governo voglia adottarne 1 uso , e r.^ndcrlo con sua spe- ciale istruzione lamigliare . Intanto iarciamo plau- so ai tentativi del sig. Dall' Armi, i quali comun- que riuscissero, sarieno sempre dirotli al (ine no- bilissimo di tutelare le vite de' nostri agricoltori^ e di accrescere le territoriali nostre ricchezze . De contagi spontanei e delle potenze e mutazioni morbose , credute atte a produrli né _ corpi uma- ni. Roma 1820. (Ultimo estratto, V-T. vii. par.i.) l^econdo che promettemmo nel passato quader- no , ci rimane ora a dar raguaglio de' due ultimi capitoli di questo libro : cioè del quinto , e del se- sto . L' indole delle malaUie ereditarie e delle com- bustioni ungane spontanee, i'cnomeni anch' essi chia- mati in prova d analogia per la supposta sponta- neità de' contagi umani , formano il s abbietto inve- stigato dair A. nel capitolo quinto . Da molti in real- tà si crede , che le malattie ereditabili , le quali è follia non ammettere, consistano in un particolare veleno spontaneamente nato , chea determinato tem- po manifesti la sua forza morbosa , e sia atto a trapassare per la generazione nel generato . Al con- trario cosj pensa l'autore : „ Nasce il germe della ma- ,, lattia ereditabile dopo una lunga serie di or- „ ganiche alterazioni , promosse da quelle comuni „ cause che producono ogni altra malattia . Ma so- „ no le sole dette altera/ioni che influir possono nel „ fluido fecondatore: tanto piiì se saranno state uni- de' CoJJTAfìi Spontanei 599 „ versali e protratte di modo , clie abbino mnta- ,, ta r idiosincrasia dell individuo , rlie si fa a'to ,, a riprodurre la sua malaltia nella prole . L ({nel ,, mutamento influisce sulla natura del detto fluido, ,, talmentècbè abbia il potete di modificare lo sta-* „ to primordiale del germe cb egli vivifica , in mo- ,, do da imprimergli «['ielle organifbe di.^posizioni ,5 e quello stato particolare di- tuttaf T economia o ,., di qnalclie organo , durah'te il quale le l'unzioni „ si esercitino in tal guisa , cbe se il generato tro- ,, visi in mezzo a determiiiate circostanze , si pro- „ duca in luì malattia simigHaiite a quella del gè- ,, nitore . Donde il morbo ereditario non è altro / ,, cbe uno stimolò peculiare , per cui Y embrione ,, è eccitato ad una an/àchè ad altra disposi- ,, zione . Follia è pertanto il tener lede a cotesti „ sognati A'eleni , che per inoculazione nelF atto del 1, concepilneato da ijnO in altro trapassino . Il lo- ,, ro passaggio nello stdtò identico per la genera- ,, zione , 'e assolutamente impossibile. E quando be- ,, ne la malaltia, che deve poi ereditarsi, si voltasse ,, supporre costituita da un prodotto micidiale di ,, particelle organiche staccate da' tessliti , e tra lo-» ,, ro a ghisa d' uncini ariairaudosi, raorbosamcnle ,, combinate , non è già questo nuovo piodotto che ,, si comunica al germe ; imperocché se il fluido ,, fecondatore ne avesse* partecipato, avrebbe per- „ duto la facoltà di vivificarlo, i:. dato ancoraché „ avesse potuto trapassarne un qualche minimo nel Il germe , lasciamo stare che prr novelle allinità , •>, non avendo desso ancora tale compattezza ne' so- li lidi da resistergli , lo converlin^jbe tutto nella 51 sua sostanza ; ma in altro modo , in qual parte 11 del germe si appiatterà la venefica potenza , e Co- 7» -me potrà rimanere latente ed innocua tra le vi- 3oo Scienze „ cissitudini deir incremento della nutrizione , e le ,, evacuazioni, e gli assorbimenti incessanti tra' so- „ lidi e fluidi ? „ E tanto è vero che la malat- tia ereditaria è un resultato non dello sviluppo d' un germe o della resurezione d'un sepolto veleno, ma invece d' un particolare aggregato automatico del- la economia , che per qualunque causa straniera od interna non si iijaniièsta , se non arriva quella determinata età o quello svolgimento proprio a quel dato organo o sistema . E questa legge, che è la prin- cipalissima nelle malattie ereditarie , prova non de- rivar mai elle da veruno sviluppo spontaneo primiti- vo o ereditato di materie venefiche . Dopo di che, seguitando Y A. il procedimento della vita umana, fa considerare con retta patologia, come i morbi proprii alle varie età, e a' varii temperamenti, collimi- iio molto con quelli che sogliono dirsi ereditarli ,, ,, Neir infanzia il sistema dermoideo molle , il lin- ,, fatico e il nervoso pieni di attività, danno adi- ,, to alle strume , a certe impetigini, alle epilessie : ,, se non che queste e le altre specie di convulsio- ,, ni puerili sono anche dipendenti dalla debolez- ,, za e dal poco sviluppo del sistema muscolare , ,, non che dai conati cerebrali , facendosi il capo ,, centro de' movimenti di tutto l organismo . Nel- ,, la pubertà la tendenza de' movimenti tonici vi- „ tali si fa verso gli organi della respirazione, del- ■), la voce, e della generazione ; il sistema sanguigno ,, arterioso e capillare predomina , e le emorragie, „ le emottisi, i vizii del cuore, la tisi ereditaria si ,, manifestano . Nella virilità il sistema muscolare ,, e le membrane fibrose acquistano nuova forza , e ., in questa epoca la gotta e i reumatismi ereditarli ,, sogliono comparire : e perchè l'abdome, e parti- „ colarmente la regione epigastrica , diventa il cen- Contagi Spontanei 3oi Irò de' movimenti tonici vitali , per i rapporti simpatici tra questi visceri e Y organo del pen- siero , le passioni ereditarie , gli umori melanco- nici , e la stessa mania ereditaria promuovonsi , così nella vecchiezza le apoplessie , le paralisi , i ftialismi,le enuresi ereditarie , per V infìevolimcn- to de' sistemi nervoso e linfatico ,, . Per le qua- li cose deesi convenire colFA. , che nessun princi- pio specifico di morbosa attività può prevalere nel fluido fecondante , e non esso , ma la opportuni- tà, la disposizione organica soltanto si comunica, ed ha bisogno, onde voltarsi in malattia , di una tale specifica somma di azioni nei vitali poteri , propria di quel tale determinato intervallo di età. Le esperienze adunque e la retta patologia proibis- cono r ammettere cotesti germi morbosi preesisten- ti , cotesti veleni spontaneamente sviluppati, ed at- ti a trapassare in altrui. Tanto meno è solfribile ( ag- giunge r A. ) che da un tale errore si voglia trar- re partito a sostenerne altro non meno grave , cioè il possibile sviluppo spontaneo d' un contagio . In- terea eliicet ( è sentenza di Sprengel adottata dall' A. ) haudquaquam ita cum contagiosls morbis es- se comparandos hcereditarios , ciucisi elemento quo- ti a m aut particuUs humorum depravati s propagentur. Namque quod Scdmadius de pJitisi pulmonali docnit^ id potest etiam de cdiis omnibus morbis Jiceredita- riis prcedicciri ; eos dumtaxat morbos p^j^eiitum her- ciscere iìijantes , qui nulla peculiari Jiumorum de- pravatione insignes , sed conj'ormatione potius par- tium et diatliesi solidarum nituntur . Il fenomeno della combustione umana sponta- nea, come quello che non è stato dimenticato dal Brera, onde dedurne che priiìcipj micidialissimi si creano nella nostra macchina, e che per conscguen- G.A.T.VII. 19 3o2 Scienze za ci si può creare anche il principio contagioso , non clovea essere dimenticato nella sua confutazio- ne nemmeno dal nostro autore. Per la qual cosa egli comincia dal dimostrare che le condizioni or- ganiche, che si richiedono perchè avvenga il men- tovato fenomeno, sono in tutto contrarie a quelle che sogliono favorire l'opportunità ai contagi. Man- ca adunque 1 analogia nelle cause predisponenti , e manca eziandio , come prova in seguito V A. , nella natura di quel principio che spontaneamen- te si sviluppa e si accuniula: da ultimo, perchè si riconosca qual parte d'analogia aver possa la det- ta combustione collo sviluppo spontaneo d una ma- lattia contagiosa , indaga FA. V intima natura dello straordinario fenomeno . E qui troviamo com'egli, riunendo assieme tutte le ipotesi immaginate por ispiegarlo, che sono quelle dell'impregnamento al- koolico del Lair e Beddoes , della esplosione elettri- ca del Kopp e del Marc , della accensione del gaz idrogeno fosforato del Brugnatelli e del Volta ; af- ferma elle niuna di queste sia assolutamente nega- bile. Imperocché le circostanze diverse che accom- pagnarono i fatti i più famosi , tutte e tre al pensie- ro quando quando le richiamano. Si vorrà pertanto riconoscere l'autore come il primo, che tra gli scrit- tori di tale fenomeno ( e sono ben pochi), ab- bia tra i diversi partiti proposta simile concilia- zione . Egli termina questo capitolo dicendo : „ E „ da tutte queste cose discorse intorno alla natu- ,, ra intima del fenomeno della combustione spon- „ tanca , rileviamo ora qual menoma parte d'ana- ,, logia aver possano coll'idcala foi'mazione sponta- „ nea dun contagio . Vogliasi pertanto supporre „ ne' corpi un imprcgnamento alkoolico , voglia- „ si supporre una raccolta di gaz infiammabile av- Contagi Spontanei 3o3 , venuta per debolezza nel sistema linfatico e cel- , lulare , o perchè disciolgasi il nesso delle parti , organiche: o vogliasi infine credere alla sponta- , nea secrezione d'un gaz idrogeno fosforato; tut- , ti questi stati preternaturali delF organismo sa- „ rebber nulli eternamente a generare V accensione ,, spontanea , se , quanto al primo, non vi fosse la „ presenza e la prossimità d un corpo igneo: quau- „ to al secondo , non accadesse Telettrica esplosio- ,, ne : quanto al terzo, non si combinasse colfossi- ,^ geno delFatmosfera. In prova di che è corolla- „ rio indubitato statuito dal Marc : mais le corps „ humain rendit ainsi eminemment comhustible ne ,, peut s" infiammerà sans lintervention d une etin- „ celle infiammante . Quando adunque il corpo è ,, alkoolizzato, quando è pregno di gaz ifiammabi- ,, le , è necessario un corpo igneo , una scintilla ,, elettrica , l'ossigeno dell'atmosfera a produrre in ,, esso la rapida combustione . Nella stessa guisa, ,, che quando è ne' corpi umani cotale staLo dina- ,, mico da renderli pìucchè disposti alle infezioni ,, contagiose, è pur necessaria l'applicazione della „ esterna materia del contagio per destare in essi „ la malattia contagiosa. L'analogia adunque, con- ,, chiudiamo , reggerebbe appena quanto alla pre- ,, disposizione ^ e non mai quanto allo sviluppo „ spontaneo delf istesso contagio . Clii abbia lette le egregie lezioni del eh. Bre- ra sopra i contagi , avrà insieme notato come il sagace professore onde sostenere la sua ipotesi sul- la spontaneità di essi molto si fondi sulla idrofo- bia; tenendo quasi per indubitato ch'ella nasca spon- tanea nell'uomo, lì dottor Puccinotti rivolge nelT ultimo capitolo, cioè nel sesto, le sue indagini an- che sopra questo argomento, esaminando la prete- i9 * 3o4 Scienze sa spontaneità della idrofobia, le stoile le più rican- tate clie sembrano ralFermarla, e quindi Je analo- gie da esse desunte in prova de'coatagl umani spon- tanei . Egli congettura , che mmcassero ai primi scrittori esempj di idrofobia umana : e quelle che ci descrissero non furono idrofobie vere spontanee, ma sintomi di qualche altra infermità. E da Demo- crito , dai seguaci d' Asclepiade , da Plutarco, da Ippocrate egli scende a Celio Aureliano : e guar- dando questo concetto , est prcsterea possibile sine manifesta causa passionem corporibus innasci ^ cani talis fuent strictio s ponte generata qualis a veneno ; fa conoscere che qui non si vuole indicare sponta- nea idrofobia assoluta dipendente da contagio svi- luppato spontaneamente; ma nel vero senso di Ce- lio Aureliano sta , che può nascere nel corpo tale morbosa condizione, che assuma le forme idrofobi- che, quali sono quelle prodotte dal contagio, e non che vi possa uascere il contagio medesimo: e qui parla Celio Aureliano di quelle idrofobie fenome- nali, che accompagnano talora febbri acute emitri tee, gastrìlidi , frenilidi, e via noverando, le quali, come dimostra in seguito T A-, non sono le contagiose . Venendo ai sintomi, ne considera il principale, don- de trae il nome la malattia; e dettane la fallacia, riflette come si possano essere ingannati assai ii'e- quenti volte i medici, stando ad esso nello stabi- lire le loro diagnosi . Ulteriormente egli osserva , che le simiglianze sintomatiche,che alcune altre ma- lattie hanno colla idrofobia, debbono essere slate al- trettante cause d errori in quelli dominati dal pre- stigio delia spontaneità di questa. Adduce un pas- so del mentovato Aureliano : sed ajunt principali- ter ex his quic seqiumiur vel designant hjdropho- bicam passionem nihil esse ejusdem proprium-^ ut siny Contagi Spont.uei 3o5 grdtui qui , quamquam eos sequatui\ sit tamen com- munis eorum qui hjdrophobi non sunt^ sitis etiam se- quitur atque vomitus fellis^ sed fehricitantibus ha;c soepe contingunt . Item turbatio mentis atque timor\ sed etiam phreniticos soepe comitantur. Con che pro- segue a riflettere , che le cardialgie , le gasIrocHnie, il tetano, repilessia,risterisnio possono mentire alcune forme idrolobiche . Calza bene a questa avvertenza Y osservazione che riporta ì A. fatta dal celebre Mead . ^'ii morbi sunt utique omnes nervosi ge- neris , quibus formidabile hoc symptoma inferdum visum est adesse . Sunt qui in malignis fobribas observarent , et vulgaris melancholia visa est in hoc sjmptoma desinere . Ipse novi in hjsferici impe-^ ius acumina per comphires horas adfuisse , donec apta medicatione convulsivi gulturis motus sopiti quie~ scerent ; vidi etiam comitari paìpitationis cordis pa- roxismum ea vehementia , ut nihilo a vera hjdro- phobia differre videretur . Aggiunge a questo FA. alcune somiglianze che dì frequente s'osservano nel- le cinarche faringee, laringee etc' nella glosGÌtide, nella dentizione de bi.mbini , e in quella specie d' asma denominata da Sw edìaur pnigophobia , nel- la quale glintérmi , ttraiendo sempre di sofibcarsi, danno in forti angoscie , e rifiutano ogni bevanda. Dai sintomi passa Y A. a considerare le cause , che ponno contribuire alla ignoranza della comunicazio- ne del contagio canino, e ali errore deniedici nel giudicare spontanea una idrofobia comunicata: e guar- dando alla lunga delitescenza del mentovato contagio, fa inoltre riflettere che , giusta il pensiero di spe- rimentatissimi autori , non è slata necessaria sem- pre la morsura o la ferita per insinuare questo contagio; e se per bacio o per lambiraento, del che abbiamo esempi i in Palmario In Morando in Gru- 3oG Scienze ncr in Paletta in Callisen, si è co testa miseria clalF infetto nel sano insinuata , quanto nascosa possa essere talvolta la maniera della infezione , ognuno che abbia un pò di senno il conosce. Aggiunge TA. una avvertenza che nluno sin qui aveva fatta , ris- petto a quel bujo che suol coprire le origini del contagio idrofobico comunicato ; e la fonda sulle osservazioni del Le-Roy sopra la rabbia tranquil- la de' cani ^ divisa in rabbia muta , e in rabbia d' amore . In questa rabbia denominata d' amore , il cane sì nutre, abbaja come da sano, non è abor- rente deir acqua , né s' indraga o va in convulsio- ni : porta la sua bocca affatto netta di spuma , co- nosce il padrone, e fa altre consuetudini con sua naturalezza ; bensì assale e morde quelli ne' quali s' imbatte , e segnatamente i suoi simili . Anche quest» specie di rabbia è contagiosa e mortale per 1 uomo . Ecco pertanto nuova congiuntura, per la quale saranno state tenute in conto di rabbie spon- tanee neir uomo e negli altri animali ancora cer- te idrofobie , comunicate dal cane , nella sua rab- bia d' amore . E ciò tanto più felicemente , quan- tocchè cotesta rabbia ne' cani suole tosto svanire, se loro riesca di brancicare più femmine . Avvie- nti soventi volte nelle mediche disputazioni , che quando manchino giudizi! o loro non si voglia daf fede , si ricorre ai latti e alle storie . Così quelli che non sanno crollarsi di capo 1 ipotesi della idro- fobia spontanea nelF uomo, comecché da forti ra- gioni invitati alla contraria parte, non le si arren- dono per certe rinomate storie che Sembrano com- provarla . Quindi entrando il nostro A. nell' esa- me di sì fatte storie, avverte in principio che „ dc- ,, esi dal saggio por mente , leggendo le cose de^ ,, medici , anche alla boria loro , e a quella delle Contagi Spontanei Soj „ sfcuole di che furono capi o zelatori preclari. Nel ,, vero gran parte delle storie di spontanee idrofobie „ è apparsa in medicina al tempo degli umoristi, fa- ,, voleggiatori d'ogni spontaneità; avvegnacchè faces- ,, sero senza ritegno alcuno giuocare ad arbitrio que ,, liquidi circolantì,come loro veniva piìx in concio,,. Per la qual cosai se a molti quadri storici si circondu- ca questa: cornice , si vedrà come il falso bagliore di verità va in essi mancando di molto , se non in tutto . Annovera prima V A. quelle storie che parlano d' uomini idrofobi , per ciò solo che timo- rosi . E il caso di Onorato Fabbri narrato dal Mor- gagni , l'idrofobia di quelF ipocondriaco narrata da Mercklino , V idrofobia isterica di che parla Lister , il cacciatore idrofobo di cui riportano le storie Ca- vallini, Brugnatelli , e Avanzi, la fantastica idro- fobia di Temìsone e di Pietro Franck , e infine i molti esempi che cita Jàger, sono tutte idrofobie di- mostrate dall' A. immaginarie e false . Procede col- le sue indagini ad altre storie , e massime a quel- le che parlano d' idrofobie ed altre malattie accom- pagnate . Nota in principio , che il prodigio rac- contato da Armstrong, e riferito dal Brera, di que- gli indiani, i quali, Ée mordano i compagni in ista- to di collera , trasfondono in questi il veleno idro- fobico, sia, se non falso, almeno assai sospetto; im- perocché si deve osservare che è facilissima cosa che quegl' indiani nascondano spesso in se il con- tagio canino ; mentre la rabbia ne' cani è enzooti- ca di certi climi , e dell' Indie occidentali princi- palmente . Seguono , e il caso di Sennerto d' una idrofobia sviluppata per mali uterini , e quello di Schenkio e Scaramucci quanto a colui che morsi- candosi da se divenne idrofobo , e ì altro della ma- dre del Malpighi , e le idrofobrc sviluppate ne' ti- 3o8 Scienze fi contagiosi veclut^ da KoclUcr , Vandelio , Massa, Breia oc i quali nlalanni , prova l A. , essere sta- ti puri sintomi idrofobici , e nulla più . Procede il critico esame a quelle forme idrofobiche , che s' associano rare volte alle intermittenti notate dal Dumas , ad altre simili forme che nascono talora nelle forti infiammazioni e tra grandi spasimi , di che dieci casi di dieci autori cita il Cirillo , altri se ne leggono nelf aromatario in Marcel Donato, nel Salmuth,in Zacuto, nel Borelli , e in tutti colo- ro che descrissero casi d'uomini al sommo adirati, non però da rabbia compresi , e che non produs- sero mordendo o graffiando la rabbia . E dopo ac- curate riflessioni, conclude l'A., che sì fatte idro- lobie non sogliono essere le contagiose , e in sen- so rigoroso non dovrebbero neppure da questo no- me appellarsi . Confuta in seguilo V opinione dì Waldinger , oggi accolta da molti , la quale prese origine dall aver veduto prodursi i fenomeni della rabbia negli avvelenati dall' acido prussico, e quin- di coir appoggio delle sperienze del Fourcroy, del Bertiiollet, e di Schreger sulla formazione spontanea di quest' acido nella macchina umana , pensò il A'Valdingpr che V idrofobia fosse spontanea, e de- rivante neir uomo da quest' acido che si forma nel sistema della vena porta . Ma qui osserva molto ac- conciamente r A. , che le bas^ di cotesta ipotesi so- no mal ferme ; perocché , cóme non è sempre co- stante r apparenza idrofobica negli avvelenati dall' acido prussico , è poi fuori di dubbio , che anche altri veleni che non possono al certo formarsi spon- tanei dentro di noi , producono talvolta i sintomi deir idrofobia . Si legge in Giannini ( nota VA. ) che il sig. Vacca vide insorgere i fenomeni della rab- bia dopo forti dosi di calomelano : e il medesimo Contagi Spontanei 3.09 sig. Brera riferisce d' aver osservato gli stessi sin- tomi in un giovinetto, che aveva inghiottita la Da- tura Stramonio . Dà compimento 1' A. al suo libro colla rispo- sta ad una ovvia opposizione , solita a farsi da' con- trarli , la quale non soffre di essere compendiata , perchè condotta fil filo per via di ragioni V una legata alF altra, e ne rimandiamo i lettori al libro medesimo. E dopo tale risposta, riepilogando i pun- ti principali del suo libro , determina questa mas- sima , la quale egli chiama il primo vero nella scienza delle storie de'contagi umani: TUTTI I CON- TAGI DERIVANO ALL' UOMO DALL'ESTERNO. yjiMiwjwajMjnwiigjawwr^MiaKjjwi WAiaiwB Sperienze ed osservazioni intorno alluso della mac- china proposta dal sig. Christian per preparare la canapa senza macerazione , di Giovanni Con- tri professore di agrieollura nella P. Università di Bologna - Bologna , per le stampe di Annesio Nobili , 1820. Al .llorchè il sig. Christian, direttore del conserva- torio reale delle arti e dei mestieri in Parigi, pro- pose ai coltivatori la macchina da lui immaginala per separare dalla lisca il tiglio del lino e del ca- nape senza T ordinaria macerazione , questo ritro- vamento ( sono parole del sig. Contri ) fu tenuto dagli agronomi di molta importanza - Infatti T uso pratico , che se ne fece dal bel principio in Fran- cia , presentò dei vantaggi superiori all' espetta- zione : gli sperimenti fatti sul lino dalla reale ac- 3io Scienze cademia de' Georgofili in Firenze (i) ebbero for- tunato successo : dalle replicate prove , che d' or- dine del re delle due Sicilie ebbero luogo in Na- poli sulla canapa per opera del sìg. cavalier Co- lajanni (a), si ottennero i più felici risultati : cor- rispondenti finalmente alle anzidette autentiche re- lazioni si trovarono fra noi in Cesarea , in Tivo- li , ed in Roma i prodotti del canape e del lino preparati col nuovo metodo . Mentre però la fon- data speranza^ e direi pur francamente la certezza, di tanti e sì decisi profitti facea chiamare di Fran- cia in Italia un buon numero di tali strumenti; men- tre io zelo pei vantaggi del pubblico , e la vedu- ta del proprio interesse, eccitava de' facoltosi pro- prietarj a stabilire molte insieme di dette macchi- ne sotto fazione di un sol principio motore; men- tre la sollecitudine de' providi governi , intenta alla più pronta ed alla più estesa propagazione di un metodo così salutare e proficuo , incoraggiva la costruzione di esse tanto in ferro fuso che in le- gno in Germania,^ e segnatamente a Berlino, a Er- fort, ad Augusta, e nel gran ducato di Eaden, in Torino , nel regno Lombardo - Veneto , in Napo- li, e qui fra noi nel vasto stabilimento eretto a (i) Alti dell'accademia, N.° 6. i II Siimcstrc 1819. pag. 172, e seg. (2) Tom. II degli atmali di agricoltura - Altro rapporto 8 ago- sto 1819. Ivi pag. 21. Si rileva adunque dttgli esposti dettagli , clic pei genere macerato la macchina guadagna sulla maciulla il liSper^, e che pel genere non macerato guadagna il io5. per% sfSTtza però esservi càmpresa la dijjfbrenza di spesa, e di tempo, e sehsa considerazione delle diverse qualità di ccmapé, e degfincorv- venienti, che spesso risultano dalV eccessiva o mancante macerazio. no ; I quali dati ulierur possono il adcolo suddivisato . Macchina di Ghristia?! 3 ri questo fine in Tivoli dal benemerito sig. Giusep- pe Antonio Multedo ; mentre in somma tutti ap^ plaudivano, per il Lene della umanità e dell'agri- coltura, di vedere resa sana, sicura, più semplice , più breve la preparazione di quelle piante, ch'era per lo innanzi pestifera, di sommo risico, di mol- to costo^ dì grave fatica: il sig. Gio. Gontri, giu- dicando non soddisfacenti le prove di tutti gli al- tri , e indotto forse in errore da alcune sue spe- rienze ed osservazioni, pronunzia francamiente la ne- cessità della macerazione , e l' inutilità , se non il danno , dell' uso di dette macchine per il canape di Bologna , e per qualunque altro l'uguagli in na- tura , ed in dimensioni . Siccome trattasi di cose , sulle quali una semplice asserzione , quand' anche non fosse creduta che da un individuo sopra mil- le , può avere un qualche genere d'influenza a di- scapito della pubblica salute, e della campestre eco- nomia ; così importa sommamente di rimuovere fi- no il menomo dubbio . Eccoci dunque al caso . Quando trattasi di nuove macchine e di me- todi non conosciuti, è indispensabile, per far be- ne , r uso di tutte le avvertenze che V inventore ne prescrive ^ Dunque tutte le sperienze praticate senza la scrupolosa osservanza delle medesime non possano aver forza , né stabilire alcuna norma con- tro i pregi, che V autore ne addita . Golia Scorta di tal principio esarriiniamó qual peso debba darsi alle sperienze ed osservazioni del sig. Gontri . Prese egli, libre 1262 di fusti di ogni dimen- sione. Ne destinò 63 1 alla macerazione, ed alla maciulla , ed altrettante al lavoro della macchina senza macerazione. Neil', una, e nell'altra porzio- ne 386 libre erano d' una maggiore altezza , e le 3ia Scienze rimanenli libre 2 45 per metà in lunghezza dì pie- di 5 "^ , e per 1 altra metà di quattro piedi . I fusti macerati^ e lavorati col metodo finora usato , resero libre 77 di tiglio . I fusti no7i macerati^ sottoposti all'azione del- la macchina, diedero nette dalla lisca libre i4o , ed anche 5. di fdamenta . Le quali filamenta, dopo essere state addolci- te non solo colf azione della macchina, ma anche coir immersione nelf acqua e nella lisciva per 24 ore, e portate allo stato da raffinarsi al pettine, si ridussero a libre 102. Fin qui ha egli riferito ì risultati del suo la- voro; e trovasi anche in ciò al disotto di quel che oltcnnero tutti gli altri , che han fatto delle pro- ve comparative sul canape macerato , e non ma- cerato . Passando in seguito a dettagliare la serie del lavoro , riferisce fautore , che sì otteneva infran- ta la lisca e libera da essa la parte tigliosa in due o ire soli giri del cilindro maggiore , allorché il canape era sottile ; ma quando il canape era della maggior lunghezza ed in proporzione più grosso , non bastavano spesse volte cinque o sei rivolgimen- ti : e questa moltiplicazione di giri, con perdita di tempo non piccola , era necessaria per isbarazzare, die egli , dalla parte legnosa le sole filamenta verso il piede de fusti ; giacché la parte superiore usci- va ripulita ai primi giri . Aggiunge, che trovò nulla, in quanto alfef- fetto su i grossi fusti, la maggiore o minor pres- sione de' cilindri, e pregiudizievole anzi che van- taggioso il maggior numero dei medesimi. Idea a nostro senso non giusta , che lo indusse a non va- lutare il tendere, 0 il rallentare delle funi, a to- Macchina di Christian- 3i3 gliere tutti affatto dalla macchina i piccoli cilin- dri di legao, ed a continuare il primo lavoro col cilindro di mezzo, e col solo piccolo infrangitore, eh' era di ferro ancor esso . Quando poi nella seconda operazione, cioè nell', addolcimento , ripassò sotto i cilindri le fìlamenta già purgate della lisca, più che lo stato di una certa umidità , dice essergli stato uHle , ed avev reso pia spedito il lavoro., un grado tale di secchezza , per cui la sostanza del tessuto cellulare^ resa quasi una materia squamosa , potesse staccarsi , e cadere per semplice effetto di strofinamenti . Quelle stesse lilamenta, raddolcite già con una seconda operazione della macchina , furono da lui trattate col bagno prima nell' acqua , indi nella li- sciva ; e dopo averle ben bene sciacquate , e poi asciugate al sole , le ripassò alla macchina per al- quanti giri, accioccchè perdessero la ruvidezza, che nell'asciugamento aveano contratta; e così pose ter- mine alle sue sperien/.e, in ciò che riguarda il me- todo dei sig. Christian . Se il sig. Contri abbia o no ponderato nella sostanza e ne suoi dettagli il predetto metodo, e se nel lar uso della macchina abbia o no segui- to gl'insegnamenti del sig. Christian, sarà questo il soggetto delle nostre indagini. Apprendiamo in- tanto da lui quali sieno stati i prodotti e gli etfet- ti delle sue sperienze ed osservazioni . Le fdamenta da lui ottenute nel primo lavoro dal canape sottile non ebbero eccezione; poiché ne uscì infranta la lisca , e libera da essa la parte ti- gliosa in due o tre soli giri del cilindro maggiore. K questo è per appunto tutto l'effetto, che dee pro- durre nella prima operazione la macchina del sig. Christian- Ma nel preparare i fusti di maggior gros- 3i4 Scienze sezzg uscivano delle filamenta troncke sotto l'azione de' cilindri , ed accadendo sempre nel suo lavoro di avere più presto ripulita la parte del tiglio verso la cima , e più tardi quella did piede dei fusti , ravvi- sò , che nel tempo necessario, onde le filamenta del piede potessero spogliarsi della lisca , quelle della parte più sottile, già purgate ai primi giri, si logora- vano, e si troncavano sotto l'attrito della macchina. Il grado poi di rallinamento, che acquistò il ti- glio nella seconda operazione della macchina, fu mi- nore, clic egli ., di quello espresso dal sig. Christian : poiché, quantunque le filamenta all'uscire dai cilin- dri fossero alquanto più divise di prima, non si tro- varono ( sono sue parole , ) di quella finezza che si ricerca , perchè potessero indi venir passate al pettine, e ridotte in filo . Per aver dunque , egli soggiunge , atto appena a qualche lavoro il tiglio imperfettamente proparato dalla macchina,è esenziale l'immersione delle lìlamen- ta nell'acqua per 2 i ore, e per altrettanto tempo nella lisciva.E trovò poi che uscirono dall'acqua quasi nel- lo stato di prima, specialmente quanto alla morbidez- za ed al colore , e che dopo la lisciva erano ru- vide , insieme attaccate , o quasi pur nere in con- fronto dell' altra porzione di tiglio ottenuto coli' or- dinaria macerazione . A fronte però di tutti gli anzidetti disordini, egli , prima di decidersi in favore del vecchio o del nuovo metodo , crede di dover prendere ad esa- me la tenacità del tiglio , la morbidezza , e la qua- lità di lavoro , che si può. ricavarne col pettine . Cose tutte , al dir di lui , essenzialissinie a cono- scersi , e dalle quali dipende il maggiore, o minor pregio del canape , allorché passa in commercio . J^on avendo poi curat© di occuparsene nel re- Macchina di Christian 3i5 sto della sua opera , accenneremo noi sulle altrui sperienze , e sul fatto proprio , quali sono ordina- riamente i resultati che si ottengono al pettine col tiglio non macerato . Giova però intanto di cono- scere le prove da lui fatte sulla comparativa tena- cità del tiglio macerato , e non macerato . Fece egli formare due funi d' una data gros- sezza , compose 1' una col tiglio juacerato , e col tiglio non macerato F altra . Divise in più pezzi di ugual lunghezza , a ciascuno di questi, vertical- mente posti , appendeva un determinato peso , che veniva progressivamente accresciuto sino al tron- carsi delle l'unì . Non contento poi delle funi , per- chè potea nella fabvicazione delle medesime sospet- tarsi disparità di circostanze ; col tiglio più sottile ricavato dalla macerazione per una parte , e col nuovo metodo dall' altra : per mezzo di un' abilg fdatrice fece trarre due fdi di qualche finezza , e di grossezza perfettamente eguale . Ripetè su que- sti fili la medesima prova , che avea tentato sulle funi . Egli trovò costantemente ne* pezzi del filo quello che avea scoperto su i pezzi delle funi , cioè che il tiglio macerato sosteneva maggior peso che quello non macerato , e che per conseguenza la tenacità di esso più soffre per /' attrito della macchina , di quello che sia per la macerazione. Discorre finalmente suU impiego del tempo , e della mano d' opera eh' esige il nuovo metodo : e argomentando con sicurezzei sul fatto suo , e per ciò che riguarda il lavoro della macchina , e da sole congetture e supposizioni approssimative per quel che concerne le operazioni dell'antica prattica, conchiude che la preparazione del canape non ma- cerato esige un tempo sette volte maggiore, che quel- la in uso per il canape macerato . E riassumendo 3iG Scienze la somma delle sue sperienze ed osservazioni, so- stiene , che il tìglio tratto coli' uso della macchi- na non può reggere al confronto di quello , che si ha perla macerazione ; che tutta l'utilità del nuo- vo metodo si ristringe ali aumento di un quarto circa nel peso del prodotto; e che se a questo au- mento verrà contropposta la perdita del tempo , eh' ha egli sperimentato aver luogo nel nuovo metodo, si conoscerà chiaramente Tinutilità della macchina, anzi il danno che sarebbe per derivare alla cam- pestre economia dall' uso della medesima . Avea il JVostro Autore sin dal principio del suo discorso stabilita la proposizione , che la maC' china del sig. Christian è stata adoperata con buon successo oi>e si raccoglie un canape assai diverso da quello di Bologna, e per natura e per dimensione . E quantunque le sue sperienze ( fatte però sopra una macchina non adattata , come a suo luogo di- mostreremo ) sembrassero escludere T opportunità deir uso di essa per il canepe di Bologna , e per qualunque altro l uguagli in tenacità^ in lunghez- za , in grossezza , e nelle altre qualità di cui è for- nito ; pure o dubitando dell' esattezza del l'atto pro- prio , o non ardito di negare affatto ogni credenza alle relazioni altrui , continua il suo discorso ne' seguenti termini „ Non vorrò peraltro conchiude- „ re ancora , che per chi raccolga un prodotto di ,, simil natura , T invenzione della macchina sia to- ,, talmente da disprezzare . Le gravi fatiche ( sono „ sue parole ) cui vanno sottoposti i coltivatori , ,, allorché in pochi giorni sono costretti a lavo- ,, rare molte migliaja di canape ; i pericoli della ,, lor salute quando per più ore debbonsi riraane- „ re ne' maceri in acqua fredda corrotta , ed espo- „ sti all'intemperie delle stagioni, per eseguire la Macchina di Christian 3i'j „ lavatura nel preciso tempo che si rlcliiede, ac- „ ciocché non vada a male il prodotto ; e dic;isi ,, pur anche la perdita di tenacità , che dee sof- ,, frire il canape , se non si colga il preciso mo- „ mento di estrarlo dal macero, e più poi se qne- „ sto momento si oltrepassi di molto : sono tutti „ motivi che persuadono /' utilità che si avreb- „ be , se potesse trovarsi un modo , con cui evi- ,, tare nella preparazione del tiglio gV incoiwenien- ,, ti acceìinati , Ora siccome lo scopo di questo scritto si è di dimostrare, che il metodo del sig. Christian non va di sua natura soggetto a siffatti inconvenienti , qualunque siensi la natura e le dimensioni del canape ; e che i difetti riferiti e trovati dal sig. Contri non dipendono dall' artifìcio della macchi- na , ma dalla inopportuna applicazione della me- desima ai grossi fusti , e dalla inosservanza dei pre- cetti del sig. Christian ; resterà convinto , io spe- ro , di ciò , e converrà con noi, e con tutti gii al- tri , i quali rettamente ne giudicarono , che in que- sto nuovo metodo si conserva ogni buona qualità del prodotto, con semplicità ed economia di lavoro. La preparazione della canapa e del lino esì- ge tre operazioni distinte : i. purgare il tiglio dal- la lisca: 2. addolcire e separare le fdamenta : 3. im- biancarle . Vuole il sig. Christian chje, per fare spedita- mente e bene il primo lavoro, si abbiano : i. i fu- sti ben maturi, secchi , assortiti in grossezza e lun- ghezza, e ben preparati (3): 2. la grandezza della mac- (5) Istrxizione ai villici - Milano, nelF imperiale regia stampe- ria, 1819. Edizione citata dal sig. Contri, pag. iS. v. i4- tLa caruipa ed il Uno debìioìw essere raccolti ben mcdiiri, e debbono essere dissecca^ G.A.T.YII; ^0 3i8 Scienze china e la scanalatura de' suol cilindri proporziona^» te alle dimensioni dei medesimi l'usti (4) = ó. dili- genti e destri i lavoranti (o) . Ma senza occuparci di troppo dell'esame mi- nuto di tante altre circostanze, non può negarsi , che quantunque la maggior parte de' gambi, su i quali fece le sue prove , fossero della massima al- tezza e grossezza , pure non curò affatto di schiac- ciarne preventivamente la parte verso il piede : co- sa che , al dire del sig. Christian , age\ola e mi- oliora il lavoro della macchina , e che non dovea omettersi da chi s ei a proposto , com' egli alfer- U fosto si'e'ti. dal teneno - Po>.'o dopo v. Zo. AW oggetto di me- gUorare il prod'tto conv'en semj)/v fare una scelta per assortire i fusti secondo la grossezza , e lunghezza loro . - Pag. i4- *^- 7- Se i fusti della canapa eccedesse o d'una tal grossezza , quella cioè delle penne da scrivere, sarebbe ben fatto per riguardo alla maC' china il tagliarne le radici , e schiacciarne pie^'entÌA'umente i pie- di con un mazzuolo pesante^ e scanalato su dhina faccia, ciò che age^'ola di molto il lavoro (4) Pag. 24- V'. 4- La pressione e Vattorcimento delle fila- menta su d'un cilindro d'un piccolo diametro romperebbero la fi ■ hre^ ed al pettine non si ricaverebbe che della stoppa • Ivi v. 17. Non consiglio quindi ad alcuno di costruire tali macchine con un numero minore di dodici piccoli cilimlri - Ivi v. 27. Gioverebbe seniore , che il cilindro di mezzo fosse del maggior diametro pos~ sibile - Pag. 26. v. 17. La f.g. y.a della tav. 6. a rappresenta nella lo- grandezza di esecuzione le scanalature o soldi i praticati su d'ogni cilindro. TALI SCANALATURE convengono perfetta- mente pel lino , E PER LA CACAVA ordinaria ; /?J« per LA CANATA GROSSA è d' uopo dar loro UNA LINEA DI PW , com' è d'uopo d'una linea me o per il lino fino . (5) Pa^. 18. V. 8. Uwxtnza di servirsi della macchina con- il iluisce di molto alla speditezza del lavoro . Macchina di Christian 3 19 ma, di eseguire fedelmente tutto ciò che il sig. Chri- stian prescriveva . E qualunque poi siasi l incomo- do ed il dispendio di questa cura ne' luoghi , ov' è grande la quantità del raccolto , sarà sempre mino- re di quello che porta la miacerazione . Che se in tutti i casi tale avvertenza è op- portuna, nel lavoro fatto dal sig. Contri era del tut- to indispensabile . Egli, come aLbiarn veduto , ser- vivasi di fusti della maggior liinghezza e grossez- za , e non avea per lavorarli che una macchina venuta di Francia di ordinaria scanalatura , adat- tata per fusti soltanto clic iiohr siano pia grossi dei cannelli delle penne da scrivere. Dunque anche per un riguardo alla macchina, la quale avea pu- re de' cilindri in legno , non dovea dispensarsi dal- lo scliiacciarne preventivamente i piedi con un maz- zuolo . Sebbene , anche con la cura dello schiaccia- mento , non potea uè dovea ottenere su que' fusti un lavoro buono e spi^dito , senza una macchina di più grande e proporzionata scanalatura . Il sig. Christian avea espresso la necessità di una maggio- re scanalatura per i fusti di maggior grossezza , ma pare che questo avviso sia sìuggito alla vista ed alia riflessione del sig. Contri , e quindi dopo avere occupato quasi un terzo del suo scritto a ri- cercare fra mille ipotesi , e fralle occulte qualità delle canape di Bologna una qualche ragione dei non buoni risultati del suo lavoro , volse a difetto della macchina i mali prodotti dalla inopportuna applicazione ch'egli ne fece ai grossi lusti . I fat- ti da lui osservati e riferiti portavano , che il ca- nape corto e sottile , in due o tre soli giri del cilindro maggiore, usciva in tiglio libero e purgato ■ dalla lisca , e che ne' grossi fusti la porzione su- periore verso 1*1 cima , eh' è la più sottile , veniva 20 * 320 S e I E N ?5 E ripulita con eguale speditezza e facilità . Gli ven- ne pur fatto di osservare , che Y effetto della com- pressione, efticà^cissimo per la separazione della lisca sulla estremità più sottile dei grossi fusti , dive- niva quasi nullo nella parte più grossa dei mede- simi, non giovando in veruna maniera, ad ottene- re su questa un miglior effetto , il tendere o il ral- lentare delle funi : cosa da cui dipende la maggio- re o minor pressione . Che più ^ Nella prepara- zione del canape di qualche grossezza sperimentò piiì nocivo che utile il numero de' piccoli cilindri , dal quale il sìg. Christian fa giustamente dipende- re r efficacia e la spedilezza del la\ oro . Vedendo adunque che il lavoro della mac- china, trovato spedito e buono ne lusti sottili , e nella parte più sottile dei grossi iusii, non era poi tale nella parte più grossa dei medesimi , pare che dovesse , se non altro , cadérgli in sospetto , che per preparare questi fusti di maggior grossezza , maggio- re dovea essere la scanalatura de cilindri , e tale che, potendosi quelli nella parte più grossa piega- re entro l'incavo dei solchi , venisse lo stelo le- gnoso a rompersi in minuti pezzi , senza di che non ^ccaderà mai che si stacchi dal tiglio . Il sig. Con- tri essendosi proposto di seguire nei suo lavoro la istruzione del sig. Cliii;>tian , dovea avervi letto que- sto insegnamento ; e non potea non avervi osserva- to 1 oggetto iondamentaie del meccanismo , e del- l'azione della macchina , qual' è quello di frangere Jo stelo in minutissimi pezzetti senza recar danno pile libre (ti) . A produrre infatti questo inlrangir (6) Pag. g. V. 24. Ognuno di Le^g cri comprende, clic polena do l'Olire a capo di franj^ac lo scio d'' una ijuaitlilà d fusti in KXiu volta in minutissimi pezze Ji ed in picciole particelle ,s tigliosa in due o tre soli giri del cilindro mag- giore . Quando queste filamenta , già purgate dalla li- sca , dopo avere risudato , furono per 1' addolci- mento ripassate sotto Y azione de' cilindri , il tes- suto cellulare , e tuffa la materia glutinosa ci/ este- riormente riveste gli strati corticali , cadeva poco a poco sotto la forma di polvere verdastra . Quando questa seconda operazione della mac- clilna si prolungava per un tempo notabile , come il sig. Gliristian avfea prescriito ^ le filamenta si suddividevano maggiormente , e sì accostavano, in apparenza almeno, a quello slato in cui ottengonsi coir ordinario metodo della macerazione . Né dissimile riuscì la morbidezza del tiglio non macerato , dopo i bagni per a/^. ore nelT acqua , e per altrettanto tempo nella lisciva ; poiché coli' uso de' pettini fu divisa dalla parte ipìù grossola- na la più fina , e con questa un abile filatrice tras- se del filo eguale in finezza a quello che si otten- ne col tiglio macerato . Tutte le anzidette particolarità sono quelle ap- punto che vanno unite ai più felici risultati del nuovo metodo . I disordini adunque che occorse- ro al sig. Contri nelle sue sperienze ed osservazio- ni , si ridussero alla perdita del tempo , ed alla de- gradazione di tenacità nel tiglio: inconvenienti, che non apparvero nel lavoro del canapé sottile ; che nella preparazione anche de' fusti più grossi sareb- bero stati minori, se il sig. Contri ne avesse schiac- ciato il piede prima di sottoporli all' azione della 328 Scienze macchina , e se avesse asseslato le teste e i piedi delle filamenla prima di addolcirle , e se le aves- se ripassate alla macchina non già secche, come fe- ce, ma umide; e che anzi non avrehbero avuto luo- go in verun conto, se avesse fatto uso di una mac- china di più larga e più profonda scanalatura , qua- le appunto richiedesi per i fusti che siano più gros- si delle penne da scrivere . Avvertenza non avu- ta dal sig. Contri , ma che di sommo momento per la speilitezza del lavoro , e per la bontà dei risul- tati . Del resto non è scevro di merito lo zelo on- de si è mosso air inchiesta del vero in un affare di uso così comune , e di tanta importanza per l'in- teresse de' particole ri e pnr il pubblico bene . JNon dcbljono andar privi di giusto encomio i lumi , che ha sparso qua e là nel suo opuscolo, ove l'oc* caslone favoriva il nuovo metodo . Trovo della sua destrezza i ripieghi da lui adottati per riuscire, in un modo meno nocivo e meno incomodo , a lavorare i più glossi fusti del canape con una macchina di ordinaria scanalatura e per conseguen- za non adattata ; e, sebbene insussistenti , pure sono figlie d' ingegno le induzioni , colle quali si studia di ripetere dalla natura e dalle qualità particolari del canape di Bologna la grave differenza dei ri- sultati delle sue sp .rienze da quelli trovati in ogn* altro luogo coli uso pratico di questo metodo - Poteva solo astenersi dallo stabilire delle regole generali da osservazioni e latti singolari , dal con- chiudere con posi! iva ed indubitata fermezza la inutilità della macchina , e da volgere a difetto del- la costruzione e dell' efficacia della medesima que* disordini, eh erano assoiutiinunte l'effetto dell' inos- servanza dei precetti del sig. Christian . Se poi a provare viemaggiormente il nostro assunto Macchina di Christian 829 opportuna riuscir potesse la opposizione di fatti a fat- ti, noi ne troveremmo in copia ne'ragguagli , che il sig. Paolo Neri di Cesena diede a monsig. Teso- riere Generale ai iS. settembre 1819 sul lavoro da lui fatto, col nuovo metodo , di sette a ottomila li- bre di tiglio . Ve ne sarebbero dei pii^i precisi e dicisivi ne' rapporti del sig. cavaliere D. Tomma- so Colajanni a S. M. il re delle due Sicilie dei 27. luglio e' 8. agosto »8f9. Presenterebbero de' pro- dotti anche maggiori le prove , che se ne fecero ia Tivoli dalla publica autorità , e quelle fattene in Roma per ordine della Sag. Congregazione del Buon Governo . I risultati furono costantemente tali: che una macchina rende in un gicrno pulite dalla lisca da 60. a 90. libre di lilamenta : che la qualità di queste filamenta è suscettibile del maggiore raffina- mento , onde servirsene per ogni sorta di lavoro : che paragonate col tiglio della canapa macerata so- no superiori nella ibi lezza : e che la quantità che se ne ottiene col nuovo m 'todo supera ordinaria- mente, di un cento per cento , il prodotto che può ricavarsi da un egual peso di fusti coli ordinario mezzo della macera/ione e della maciulla . Ora poi nelle numerose , varie , e ripetute sper lenze , che si sono fatte nel palazzo delf eminentissimo signoy cardinal D. Fabrizio Ruffo sul canape da lui fat- to seminare e raccogliere qui in Koma per que- sto effetto , e per Io zelo che nutre del ben pubbli- co , potrà lo speculatore trovare le basi sicure de' suoi calcoli , r agricoltore la via certa per riuscire nella piatica del nuovo metodo con la possibile minor cura , e col maggior lucro possibile, e gli uo- mini indiiferenti di che appagare pienamente la lo- ro curiosità . Lasciando peraltro che a suo tem- po e luogo siauo pubblicati in tutta la loro esten- 33o Scienze sione , e con i più minuti dettagli , trovo del mag- gior interesse e della più grande opportunità , che si profitti in questo incontro di presentarne quelle sole che siano analoghe alle prove del sig. Contri; aggiungendo, come abbiam promesso di fare , quello che si ottenne anche dopo il lavoro dei pettini. Risulta adunque da tutte generalmente le pro- ve che se ne fecero , che cento libre di fusti non macerati resero in filamenta purgate della lisca da 3o a 35. libre, ragione m?diu libre 32 ^ per ~i . Queste lilamcnta nelF assesto delle teste e de' piedi con un grosso pettine, lasciando libre due e mezza di ottimo capecchio filabile, si ridussero a libre 3o, le quali portate in istato di umidità all' addolcimento sotto 1 azione della macchina si tro- varono scemate di altre libre cinque , e si ebbero così libre aS. di tiglio dolce e ben diviso , che raf- finato coir uso de pettini diede libre ì/\ ^di cori- vola, e libre nove di ottima stoppa . Altro tiglio di egual peso, cioè in tutto libre 32~i tal quale uscì dal- la macchina, posto al bagno nell'acqua chiara per 24. ore , indi ben sciacquato e asciugato , fu assestato in un vaso , e vi si versò una quantità di lisciva bollente, che lo coprisse : tolto di là dopo 24- ore, sciacquato di nuovo nelT acqua chiara , asciugato, è riammorbidito con pochi giri sotto la macchina , si trovò ridotto a libre 26. e once 8., e dopo il la- voro de' pettini diede libre 1 3 di corivola, e libre 1 3 di stoppa . Altro tiglio finalmente pure in peso di libre 32.-^ dopo l'immersione nell' acqua , e nella lisciva co- me sopra , ebbe un' acqiui saponata bollente in ra- gione di un' oncia di sapone , per ogni libra di ti- glio . Vi restò immerso per 24 ore . Indi sciac- quato bene , asciugato , e ripassato alla macchina Macchina di Christian 33 i si trovò ridotto a libre 25. e qiiattr' once ; e dopo r aflìnamento su i pettini diede libre i4- e once 4- di cori vola , e libre io. e un oncia di stoppa . Altre libre loo. di fusti della stessa qualità furono macerate con ogni diligt^nza . Tratte fuori del maceratoio , ed asciugate, si trovarono ridotte a libre ottanta . Lavorate, non colla maciulla ma col- la maccbina , diedero in tiglio, netto dalia lisca, li- bre quindici e once dieci , dalle quali dopo 1 uso dei pettiììi si ebbero libre sei e once dieci di co- nvola , e libre sei e once dieci di stoppa . Apparisce da ciò , cbe delle tre operazioni pre- scritte dal sig. Christian per V addolcimento del ti- glio non macerato , la terza che porta V immersio- ne delle filamcnta nelf acqua , nella lisciva, e nel sapone, è preferibile se non per la quantità, almeno per la qualità dei prodotti : restando solo a determina- re con esattezza se questo vantaggio vada a com- pensare r opera e la spesa eh' esige al di sopra del- ie altre . Ala quando poi sì venga a paragonare i risulta- ti del nuovo mHo'lo con quelli della macerazio- ne, si troverà che il guadagno è tale da sostenere qualunque impiego necessario di tempo , di fati- . ca , e di spes:i ; e che in (ine di conto l uso del- la macerazione importa quasi sempre altrettanto di spesa , con grandissimo sciupo di prodotto . 332 Sull'uso del Rhus Radicans in alcune forme mar" bose^ riflessioni dirette al eh. sig. De Mattliceis dal sig- doti. Monelli (i) Xja somma difficoltà di trattare con profitto Temi- plegie , le paralisi , ed altre congeneri affezioni del sistema nervoso , guidò ì ingegno dei più scienzia- ti a sempre nuove ricerche: ì'e cliiamare a contri- buzione i farmaci i più ricercati nei tre regni del- la natura : e perfino indusse a cimentare Y appli- cazione di varj fisici agenti, che, mentre hanno giu- stamente fissato un' epoca di onorevole immortalità al nome dei loro insigni inventori, non hanno recato ali arte di guarire un decisivo e sicuro giovamento. Vanta pur , egli è vero , la storia medica guarigioni portentose conseguite in somigiievoli circostanze coli' elettricismo, mercèdel fluido galvanico, colfazionc della pila voltiana ec; ma sono stati questi mez- zi costantemente fecondi di reale avvantaggio in ogni qualunque emergenza ? IVon già. La stessa ventu- ra ebbero pur tante medicamentose sostanze più ce- lebri che efficaci , colle quali si volle combattere questa classe di nervosi infievolimenti riservati ad im piano di cura eccitante . Venne fra' vegetabili preconizzato il rhus tossicodcndro ; e molti infatti ne abbiamo favorevoli rìsultamenti , che ci si nar- rano da persone inaccessibili ai pregiudìzj dello stu- pido volgo . Lo commendò Alderson (2), Dufre- (1) Questa memoria è stata iccitata ncir accademia de' Lincei nella sessione dei 7 settembre dell'anno corrente. (2) Essay on the Rhus Toxicodcndron , Johnson, London, 1793. Uso DEL RHUS RA.DICANS 333 snoy , eVan-Mons; lo impiegò utilmente il Dottor Auguslin nella paraplegia ; lo usò con profitto il Dott. Sjbel di J3runswich nella paralisi. (Ze ne at- testano in Italia una efficacia singolare le ripetirte osservazioni del consigliere Brera nelle paralisi sus- seguite a lunga e trascurata rachialgite (3) , non che nelle paraplegie , ed emiplegie essenzialmente nervose (4) ; ed il nostro eh. sig. prof". De Mat- thaeis riferisce averlo usato con vantaggio nella sto- ria XVII. del Ratio Medendi . Per verilà non so- no stato io così avventurato, non avendo sempre corrisposto con soddisfazione alia mia aspettativa l'uso del prelodato vegetabile . E qui mi si per- metta , che brevemente rappresenti le circostanze , nelle quali fu desso da me cimentato; giacché ho in animo di soggiungere alcune mie deboli conget- ture sulla cagionte della inefficacia di questo farma- co in alcune emergenze . Scevro così di ogni pre- stigio di amor proprio, non attento io già d'illude- re la mente altrui con supposti trionfi, o di sten- dere un velo sul non felice esito dei miei cimen- ti : ma nel parlarvi con la più rigorosa ingenuità miro ad eccitare di verificare con nuove ricerche il positivo valore del rimedio in quistione per au- mentare con infallibile sanzione nei moderni anna- li dell arte di guarire il deposito terapeutivo di tanti sagacissimi osservatori . Nei primi giorni del maggio dell'anno i8i8, appena che dall'egregio Sig. Prof. De Matthaeis ven- ni per sua compiacenza favorito di una non scar- (3) Memorie Medico - Cliniche - Cenni sulla RachialgUe. (4) Ved. il primo, ed il secondo, ed il nono Prospetto del Gli iiico Istituto di Padova . G.A.T.VIL 21 334 Scienze sa dose di foglie di rhus tossicodendro^ mi accin- si a prescriverlo in frizioni ad una inferma parali- tica nel r estremità inferiori. Questa donna di buo- na costituzione , sulfottavo lustro in circa di sua età , ancora regolarmente mestruata, madre già di piij figli , dedita all' uso non molto moderato di Bacco, trovavasi da tre anni innanzi bersagliata da un affezione reumatico- artritica , a cui si associò neir agosto del 1 8 1 '7 una diarrea , che degenera- ta in dissenteria si tenne occulta fino al febbrajo del 181 8. Venni in quest'ultima epoca interpella- to ; ed oltre ad un serio languore , che rimarcai nella paziente , fui ancor notiziato, che la medesi- ma o nelfalzarsi in piedi, o nel tentare di esegui- re qualche passo , veniva sorpresa da un infievoli- niento tale nelle sue estremità inferiori, che gli era ciò impossibile di fare senza un sostegno, o sen- za minaccia di cadere sul àuoIo . La sensibilità ne- gli arti inferiori era alquanto ottusa ; nel suo stato normale trovavasi quella del tronco , e degli arti superiori , i quali mantenevansi ancora nell'ordina- rio stato di mobilità. Dopo varie vicende di con- dizione or più lodevole, ed ora più infelice, si de- cise finalmente una vera paraplegia degli arti in- feriori. Fu allora che prescrissi le Irizioni col rhus tossicodendro lungo V estensione della teca verte- brale , e dei nervi crurati , non che simultaneamen- te r uso interno della polvere delle foglie dissec- cate di questo vegetabile sotto forma pillolare a tenor del metodo riferito dal prelodato professore sig. De Matthaeis . Non passarono quindici giorni ( nel qual tempo si giunse alla dose di venti gra- ni al dì ) che si osservò migliorata la condizione della paziente in guisa che trovaronsi gli arti infe- riori in istato da eseguir la progressione da una Uso DEL RHL'S RA.DICANS 335 camera all'altra senza veruno ajuto, e di sostene- re il peso della intiera macchina senza minaccia di cadere , conservando essi ben ferma la istazio- ne verticale mercè T azione resa più energica dei vari muscoli , e specialmente del gemello , del so- lco , dei tibiali, dei peronei , dei varj flessori, dei lombricali , degl' interossei , non che del quadrici- pite estensore , e del tensore della vagina apone- vrotica dei femori. Egli è questo un latto, che si presta ad una deposizione assai favorevole per Tef- ficacia del nostro rimedio, nulla ostando ( se mal non mi appongo ) che una serie di nuovi morbo- si sconcerti in pi'ogresso svilupputasi togliesse nel novembre seguente la vita alla in ferma : sconcerti tali , che non avendo io animo di ora descrivere affin di non abusarmi della sofferenza del lettore con estranee digressioni, unicamente dirò che qua- si totalmente rassomigliano alla pittura sì ben deli- neata dal sig. Mauro Kicotti della sua storia di una rara malattia nervosa . Nei primi giorni di agosto dello scaduto anno fui chiamato in Piglio per consultare sulla malattia di un tal sig. Domenico Squilla. Avea egli soffer- to varj insulti di apoplessia sanguigna nello spazio di pochi giorni , quando un più grave parosismo ' di questa lo lasciò emiplegico nel destro lato in un con una imperfetta paralisi della lingua. Con- sigliai fuso deir estratto del rhus tossicodendro in forma pillolare alla dose di sei grani, soggiungen- do che se ne fosse aumentata ogni otto giorni la dose di altri quattro grani, come infatti venne ese- guito . Dopo un mese di trattamento mi fu rimes- sa la soddisfacente notizia sì per parte di un suo fratello , che dell' attento medico curante , che la condizione paralitica della lingua si era neifinfer' 21 * 336 Scienze mo affatto dissipata ; die avea egli ricuperato pie- namente il moto ed il senso nel lato affetto , in cui era unicamente superstite una certa debolezza, la (juale non gli permetteva di lungamente al'fida- re agli arti inlieriori il peso intiero della macchi- na eretta in sta/ione verticale , e gli faceva altre- sì sperimentare la destra mano non totalmente pron- tissima ad ogni azione . Ecco in questo caso un altro fatto , che drpone abbastanza in favore dell' efficacia del vegetabile in quistione: nulla doven- dosi valutare in opposizione, che un nuovo insulto fortissimo d,i apoplessia insorto dopo l'epoca di al- tri tre mesi decidesse irreparabilmente dell'in (elice paziente . Ad esito elìce però non fu tratto Tespe- rimento in due bambini, nei quali mi sono accin- to a cimentare l'uso del nominato farmaco. Una vigorosa bambina incontrò un sinoco nel luglio del iSi^ in età di circa tre mesi . Varj accessi di cloiiiche convulsioni , che corteggiarono la enunciata malattia , palesarono in progresso una pàrèsi degli arti sup *rIoii ed inferioii . L uso dei superiori si riacquistò dalla picciola inferma innan- zi al compimento di corso della lòrma morbosa acu- ta ; non così però fu delle estremità inferiori, che si mantennero incapaci di qualunque movimento . J\el maggio del 1818. dopo essersi inutilmente chiamati a contribuzione vari terapeutici compen- si, vennero eseguite le fiizioni colle foglie l'resche del rhus tossicodendro lungo le vertebre dei lom- bi sino al coccige, e lungo il tratto di corso di ambìdue i nervi crurali; e si fece uso per tre set- timane della polvere delle foglie disseccate dello stesso rhus sotto forma pillolai-e. Mancò il farma- co per essere continuato , onde fu di brevissima durata il vantaggio , clie sembrava csseVsi conse- S»9 LETTERATURA È annunzi letterari della biblioteca Vaticana . noto che nel secolo decimo T imperatore Co- stantino Poffirogenito fece alla storia un non lie- ve benefizio, comandando che si redigesse in un graa corpo di 53. titoli , ci.iscuno diviso in due libri , la immensa mole degli storici antichi; parte de* quali erano presso a perire per la rarità degli esem- plari, e parte opprimevano i lettori con la sover- chia prolissità . Il Porfirogenito fatti stabilire i pre- detti titoli, che denotavano materie idonee alla pub- blica istruzione, alla politica ed alla morale; fece gran- diosi estratti de' migliori e più celebri storici gre- ci , riportandone i parziali pezzi sotto i titoli ana- loghi alle diverse materie . Ma questo medesimo cor- po di estratti del benemerito Cesare , consistente in un gran numero di tomi atti a comprendere loG li- bri , non sostenne T ingiuria del tempo , e perì . Se non che nel secolo sesto decimo Fulvio Orsini da un codice di Antonio Agostino pubblicò di quella collezione parte del titolo delle ambascerie ; del qua! titolo pochi anni appresso fu messa in luce la ri- manente porzione , tratta da un codice bavarese , per cura di Davide Hoeschelio . Seguitò le orme de* predetti editori Arrigo Valesio , che nel secolo de- cimo settimo pubblicò della medesima collezione , da un codice del sig. Peiresc , un altro titolo ben- 34© Letteratura elle non intiero , delle virtù e de' vizi . Dopo que- ste felici produzioni, niente altro è comparso ap- partenente a queir opera , la quale si è considera- ta come perduta ; malgrado che la stessa sua mole invitasse a cercarne, rimanendone ancora tra' smar- riti 5i. titoli, ossia I02. libri. Or sono pochi mesi che occupandomi io nel- la biblioteca Vaticana intorno all' esame di alcuni ma- noscritti , fermai l'attenzione sopra un ampio co- dice greco contenente le orazioni del retore Aristi- de : sotto le quali ravvisai i vestigi di un' altra scrit- tura bella ed antica, benché corsiva , di quella for- ma che i maestri in paleografia sogliono stimare del secolo undecimo . Conobbi che la scrittura se- polta era storica , lessi ne' margini parecchi argo- menti delle materie , e finalmente scopersi che in questo prezioso palimsesto si conteneyano estratti inediti del Porfirogenito , i quali appunto non po- tevan essere scritti se non con lettera corsiva , poi- ché la quadrala già era ita in disuso innanzi il se- colo decimo nel quale regnò quel dottissimo Ce- sare . Ma come potei io prontamente convincermi di aver trovata una nuova parte della collezione del Porfirogenito ? Tacendo per brevità molti indizi , ne dirò la prova evidente . In quella porzione che fu resa pubblica dal Valesio sono ricordati anche alcuni di que' titoli che prima d' ora non si erano trovati. Così a p. 258. della principe edizione pa- rigina dice l'Estrattista , che la continuazione di un colloquio di Lisimaco macedone con Dromichete re di Tracia si deve cercare nella sua collezione sot- to il titolo delle sentenze • ora questa continuazio- ne del predetto colloquio si legge nel codice vati- cano in una pagina , nel cui margine si nota con let- tere miniate che v' è sentenza . Inoltre presso lo stes- Annunzi Vaticani 3^, so Valesio a p. 22 3. è detto che la Pizia parlò in versi a Licurgo ; ma si ammonisce il lettore di con- sultare per ciò il titolo delle sentenze . Ora i ver- si dalla Pizia diretti a Licurgo si leggono in altra pagina del codice vaticano , nel cui margine pari- menti si avverte con miniata scrittura che v' è seri- tenza . Lo stesso titolo delle sentenze è scritto in lettere maggiori , benché assai evanescenti , in al- tra pagina del codice , ed è più cliiaramente ripe- tuto con lettere comuni ne' margini di molte altre pagine^. Finalmente presso il Valesio a p. 87. si ci- ta il titolo delle concioni , il quale talvolta com- parisce nel codice vaticano . Anzi , oltre i citati, leg- gonsi nel nostro codice altri titoli , cioè della suc- cessione dei re , degli inventori delle cose, e dei detti sentenziosi , il qual titolo è chiaramente distinto da quello delle sentenze ; e trovo anche indizi di alcuni altri titoli . Conviene però ricordarsi che es- sendo stato il codice ridotto ad uso di palimseslo , le materie hanno sofferto parecchie mutilazioni. Questo palimsesto , che è di gran forma, ha righe 32. in ogni pagina , e le pagine so- no 354. , e quasi tutte leggibili * I pezzi recativi dair Estrattista sono per lo più inediti ; ma ve n' ha parte eziandio che si trova in libri stampati , ben- ché non senza notabili varietà . Tali furono appun- to anche i codici de' prelodati Orsini , Hoeschelio e Valesio , i quali accingendosi alla edizione , sepa- rarono i passi già cogniti dagli inediti . Le parti ine- dite del codice vaticano sono , per quanto finora ho letto, molti pezzi de' libri mutilali o perduti di Polibio , di Diodoro siciliano, e di Dione Cassio, oltre a' frammenti di Aristotele , di Eforo , di Ti- meo , d' Iperide , di Demetrio Falereo , e d'altri 342 Letteratura il cui nome è da trovarsi . GÌ' incogniti pezzi , al- quanto più recenti , sono di Eunapio , dì Menandro bizantino , di Prisco , e di Pietro prolettore . Di Eunapio , oltre varli altri pezzi , sono riferiti nel no- stro codice gli esordi di due libri , nel primo de' quali ( che dà principio al titolo delle sentenze ) esa- mina l'autore la storia cronologica di Deuzippo ( che è parimenti perduta ) e ne pronunzia giudizio , e ci avvisa che quando sarà giunto al suo adorato eroe l'imperatore Giuliano , egli ne scriverà le gesta ( ed il codice ne fa ihAq ) traendole dagli accurati co- mentarii di Oribasio testimonio oculare , ad istiga- zione del quale ci dice Eunapio che prende a scri- vere . Sappiamo da Fozio che due furono le edizio- ni delle storie di Eunapio ; e che 1' autore mede- simo dalla seconda , ossia nuova , recise il più de' violenti suoi trasporti contro il cristianesimo , de' quali abbondava la prima . Gli avanzi che abbia- mo nel codice appartengono alla nuova edizione , co- me si conosce dal titolo . Contro di Eunapio , che fu etnico peitinace , s' incontra nel codice anche un frammento d invettiva . Non è scopo di questa relazione il dettaglia- re minutamente le materie del palimsesto , ma ne posso dare alcun cenno : per esempio , che tra i pezzi inediti di Polibio si trovano alcuni prologi de perduti di lui libri , è tutta la conclusione del pa- rimenti perduto trentanovesimo libro , in cui 1' au- tore epiloga la sua storia , e dice che qui ha fine , e che il quadragesimo libro ( che tanti n' ebbe quell' opera ) tutto è occupato nella cronologia , Questa perduta cronologia di Polibio è citata con esimia lode dal giuniore Africano ( di lui socio e discepo- lo ) nel trattato de re publica di Cicerone . Pre- ziosi e non pochi sono i nuovi pezzi di Diodoro e Annunzi Vaticani 345 soggetto ; taluno però ha opinato , che delle tre ora- zioni accennate dal retore, la prima sia la stessa aringa di Demostene ; la seconda debba credersi la risposta ( che non abbiamo ) in favore di Lettine ; la terza finalmente una parodia allaDemostenica scrit- ta dal nostro retore , come egli stesso assai chia- ramente ci la sapere . In fatti questa terza orazio- ne fu messa alla luce in Venezia Tanno i'j86. dal celebre bibliotecario di s. Marco Jacopo Morelli . Ora in un codice Vaticano leggo quella terza ora- zione contro Lettine stampata dal Morelli; ma in- nanzi a qu. sìa trovo la seconda in favore di Let- tine , conti adicente a Demostene , che finora era in- cognita . Di questa elegante e prolissa orazione riu- scirà, spero, dilettevole la lettura, e Y indagine del- la età sua e dell" autore sarà nobil soggetto di cri- tica dissertazione . IV. I comentarii di Oribasìo sopra la vita dell' im- peratore Giuliano , de' quali paria fiunapio , riman- gono ancora tra gli scritti da cercarsi ; ma di nna altra opera dello stesso (.'ribasio scritta ad istanza del sopradetto Cesare, ed in gran parte perduta , esistono nella Vaticana alcuni libri non per anco pubblicati . Sappiamo che Oribasio compilò la dot- trina de medici antichi in 70. , o come altri di- ce, 'J2. libri. Questa massima collezione si smar- rì; finche a' dì nostri il Mattei da un codice di Mo- sca pubblicò il testo greco de' primi quindici libri , de' quali previamente era nota la tradu^ione latina . Anzi prima del Mattei , alcuni frammenti dell istes- sa opera furono stampati , e l'illustre medico Coc- chi ne promulgò in Firenze i libri 4^- e 47- 1 ed 346 Letteratura avvertì che nel codice fiorentino v'hanno i libri 43. e 44- ^^^ ^^ codice vaticano ci offre di Oribasio sette libri dal 44- ^^ 5o. , il primo d'essi e V nl- timo mutili , gli altri intieri . Così ricuperiamo dal- la oblivione novelle parti della massima opera di Oribasio , degnissime di stampa , e cui si potreb- bono dar compagne nella edizione altre opere me- diche della stessa Vaticana . Anclie il greco codice palatino-vaticano 'ò'j5. conserva due libri di Oribasio , il 2^. ed il 25. , de' quali la versione latina è conosciuta. Ma essen- do stato quel codice dalle politiche vicende tras- ferito a Parigi , e di là ad Heidelberga , è soverchio eh' io ne ragioni . Il dotto Cardinale du Ferro» dice nella sua jPer- roniana a p. 21, che fra i codici Vaticani egli os- servò la cronaca di Eusebio Cesariese in lingua ar- mena . Or siccome anche dopo la recente e più intiera edizione, che se n'è tratta da un codice ar- meno venuto d' Oriente a' dì nostri , quella Cro- naca è alquanto imperfetta per causa di certe la- cune del predetto esemplare; io ho cercato diligen- temente nella Vaticana il codice eusebiano suppo- sto dal Cardinale du Perron ; ma finalmente mi pare d'esser convinto che v'è errore in quella as- serzione. Fra i codici armeni che possediamo, uno assai splendido e b^llo contiene il canone cronico di Samuele d'Ani , la cui disposizione e materia è somigliantissima all'Eusebiana, come può conoscer- si nella milanese edizione . Sembra dunque che il du Perron appena iniziato , come confessa, all' ar- meno idioma , dopo lieve ispezione abbia giudica- ANNUNZI Vaticani 347 to die vi fosse l'Eusebio dove non è che il suo imilafore Samuele di Ani . Deluso in questa speranza di perfezionare la cronaca di Eusebio, ho per altro avuto il compen- so di trovare nelV originale suo testo greco un'al- tra opera del medesimo Eusebio, benché ridotta ili compendio , e sono le di hn questioni evangeliche scritte ad un certo Stefano , delle quali è chiaro che fecero uso gli antichi spositori evangelici ; ma già da assai tempo i dotti ne compiangevan la per- dita . Questa eccellente operetta è di pagine pres- so a sessanta in un bellissimo codice in 4-'' del secolo decimo, il quale può somministrare altri squar- ci dello stesso Eusebio , ed anche scolii antichi preziosi a' quattro Vangeli . Le questioni evangeli- che di Eusebio esistono anche tradotte in siriaco in un altro codice della Vaticana. Non volendo che eccedano in lunghezza que-^ ste mie letterarie notizie , non dirò presentemente né di un latino grammatico inedito, che cita un mi- labil numero di autori perduti ; né di un latino re- tore, che pare incognito, il quale ci dà un tratta- to raccolto da celebri autori , metà de quali più non esistono; né di una greca collezione, nella quale tra altri inediti pezzi s' incontrano parecchi {ram- menti di opere perdute di Filone ebreo , che so- no incognite a' pii^i recenti editori; né di opere ine- dite di ecclesiastici Padri greci e latini, anche an- teriori al massimo S. (iiroiamo; né di un paiimse- sto cui sottostanno in majuscole lettere avanzi an- tichi di romana giurisprudenza; né di un altro pa- lirasesto sotto cui sono le Verrine di Cicerone in 348 Letteratura ; bellissima lettera del terzo secolo, onde avremo ec- cellenti varianti di queste aringhe che sono, come ognuno sa, il più bel fiore della eloquenza tulliana; né parlerò finalmente di altri nobili scritti da me osservati , riservandomi di esporre in altro tempo altre dovizie della inestimabile pontificia bibliote- ca Vaticana . AGGIUNTA In confronto delle anzidette scoperte parrà fu- tile cosa ciò che sono per aggiugnere . L' oratore Frontone scrivendo del testamento ed eredità di Matidia zia di Antonino Pio ( vedi ed. Milan. p. 285.) nomina un certo Egatheus^ cui dice che toccò alcuna parte di quella eredità. Que- sto nome Egatheus parendo intollerabile a' tre dot- ti Berlinesi , secondi editori di frontone , ne fe- cero a me rimprovero, quasi l'avessi a torto sup- postole scrissero ( ed. Berlin, p.102.) : „ ille autern, „ quem nobis produxit Majus , Egaiheus quoquo „ modo transformari debct ,, . Ed ecco le trasfor- mazioni ; uno degli editori ne fa legitimus^ l'altro heres , ed il sig. cav. Nicbuhr , primario autore della edizione , ne fa un Augitslus , e sono per- suasi che il codice originale abbia una di queste tre lezioni invece à.^Egatlieus. Ho risposto in al- tra occasione che \ Egathcus è chiarissimo nel co- dice milanese , e che ognuno può leggerlo nella pubblica libreria Ambrosiana . Ma ecco un codice della Vaticana, che è tra gli ottoboniani il 8129, contenente un trattato de scrihis ^ a p.Gf). ci dà in una iscrizione latino-greca, trovata in Roma a Pie di Marmo , luminosa conferma della verità. Annunzi Vaticani 349 T. AVRELIVS EGATHEVS IMP. ANTONINI AVG. LIB. A CODICILLIS D. POS. T. AYPHAIS HrAGEOS ANTONINOY ZEBASTOY AnEAEYOEPOi; Eni TllN.KOAlKIAAnN AllPON ANE0 . Abbiamo dunque YEgntheus liberto di Antonino e suo scrittore di codicilli . In fatti lo stesso Fron- tone più oltre nella edizione milanese a p. 292. parla de' codicilli di Matidia , i quali senza dub^ bio furono scritti da Egateo. Anche in una iscri- zione: efesina della raccolta vaticana &i legge un Egatóo . Un codice torinese , esaminato dal professore Peyron , ha offerto tra '1 fine di marzo ed il prin- cipio di aprile di questo arino 1820. ( vedi la gaz- zetta piemontese) alcuni frammenti di Cicerone com- cidenti con gli stampati da me in Milano . Essendo diversa la copiatura dei due codici, il torinese ha dimostrato che si deve ordinare diversamente un passo di Cicerone, il quale è diviso nelle membra- ne milanesi ma unito nelle torinesi . Questa sco- perta fu subito annunziala con pubblica disserta- zione alla R. Accademia di Torino, e ne corse lar- ga la fama. Il sig. cav. Niebuhr in una come ap- pendice di un libro da lui pubblicato in Roma nel seguente giugno , benché abbia la data del marzo , ha voluto proporre semplicemente come congettu- ra questa stessa emenda, senza far caso de romo- ri piemontesi . Niente altro dico presentemente del- le controversie letterarie, e del modo di trattarle, tra me ed il eh. sig. cav. Niebuhr . La scoperta di Torino, benché non spregevole, è nondimeno, quan- to a questa sua parte , di un genere per così di- re meccanico nell^ letteratura : e ciò mi dispiace i G.A.T.YII. 22 35o LsTTERATUnA perchè dovendo anch' io col codice di Frontone riordinare alcune decine di passi , che gli edito- ri berlinesi hanno capovolto in qucll' autore e tratto fuori del naturale loro ordine , ne coglierò gloria ben lieve, e quasi puerile. — Roma 28 set- tembre 1820, Angelo Mai B. G. Niehuhrius C F. Ciceronis, aliorumque Fra- gmenta ex Membranis Bibliothecce J'^atìcance ec. ( f^edi quaderno XIX- pag.60.) Articolo II. , ed ultimo ^compariscono in primo luogo le tre Carte finora sconosciute dell' Orazione Ciceroniana prò M. Fon- tejo . Dopoché gì' Italiani si posero con molto ardo- re a rintracciare le Opere de' classici Latini furo- no successivamente scoperte le Orazioni di Tullio, ed otto ne rinvenne Poggio Fiorentino in Lingonum Sjlvis ^ siccome il celebre Lagomarsini tro\ ò no- tato nel Codice Fiorentino a piò dell' Orazione jìro A CcBcina . L' ultima a riveder la luce si lìi V Ora- zione prò Fontejo, e così tardi, che ne manca affatto la prima Veneta Edizione. JNell' Archivio della Basi- lica Vaticana, tra parecchj altri preziosi avanzi di una nobilissima Biblioteca , si conserva tuttora il Codi- ce , d' onde fu tratta la prima volta quest' Orazio- ne ; Era però mancante dell' esordio , e di un gran tratto della prima parte per ignoranza dello Scrit- tore , che in mezzo alf Orazione prò Fontejo inserì alcune pagine dell' altra prò Fiacco . Ma questo me- desimo errore giovò da un' altro canto a supplire una delle signilicanti Lacune , che esistevano in dct^ NiEBUHRIUS FRAGxìI. ClCER. EC. 35 1 ta Orazione prò Fiacco prima , che si scoprisse il Codice deir Archivio Vaticano, e che oggi sono qua- si intieramente reintegrate colli ulteriori supplemen- ti del Codice Milanese , e del Germanico nell' Edi- zione Cratandrina . Il eh. Editore peraltro è d' avviso , che nell' Orazione prò Fontejo non abbia a tenersi a prova di lacuna , e difetto , T annotazione , che in det- to Codice Vaticano si legge -o/wz/a de Crimine Vi- Ilario , de hello Vocontiorum , de dispositione hi' hernorum deesse- , e crede esser piuttosto argomen- to , che r Oratore a bella posta si limitasse ad in- dicare soltanto que' titoli , che sebbene trattati nell' arringa non is limava a proposito di svolgere in ma- niera oratoria per iscritto , siccome di Cicerone as- sicura Plinio , e Cicerone stesso di Lucio Crasso. Ora le tre Carte del Codice Palatino, che ven- gono oggi la prima volta publicate , sebbene non ab- biano nella sommità delle pagine il nome né del Difensore, ne deli' accusato, tuttavia da tutto il con- testo non v' è luogo a dubitare , che appartengano alla difesa Tulliana prò Fontejo^ e giovino a riem- pire in parte la lacuna di quella imperfetta Orazio- ne . Molto più preziosi sarebbero questi frammenti, se ti-a loro , o col resto della cognita orazione fos- sero collegati. Saranno ciò non pertanto da gli erudi- ti tenuti assai cari per le molte , ed inten-essanti cose , delle quali avremmo avuta senza di essi o nessuna , o incerta notizia . Da questi in fatti ab- biamo r osservanza, e la durata della Legge Vale- ria de cere alieno , sulla quale un brevissimo cen- no ci dava il solo Patercolo •• da questi T Istitu- zione Questoria De Tahulis Quadrantariis^ et Dro- drantariis corrispondenti alla Scrittura doppia , che usano da più Secoli gli Italiani Ragionatori, e Ban- 352 Letteratu r a cliieri f Da questi si addita un Tito Crispino Que- store : da questi si conferma più volte il nome del Legato Irtulejo così contrastato fra gF illustratori del Frammento Liviano ; da questi ( per tacer di ogn' altra cosa ) si dimostrano i gradi , per li qua- li dal Foro S' ascendeva ali Erario . Sono state dal eh. Editore disposte queste tre Carte nel modo, che stimò più conforme all'ordi- ne della Dilesa , in cui Cicerone va percorrendo le diverse Magistrature dall' accusato Fontejo sostenu- te ; Ed in \ ero siamo istruiti da tali Frammen- ti , che sostenne un Triumvirato , e la Questura , poiché Cicerone dilese la condotta di Fontejo nelf una , e nell altra carica: ma nulla si è scoperto, che riguardi h prima del Triumvirato, di cui ap- pena rimane in queste pagine la menzione , e solo il eh. editore va congetturando , che Fontejo fosse stalo un Triumviro monetale , poiché a tale magistraiura può applicarsi maglio che a qualunque altra Triumvirale 1 atFerma/.ione di Tullio , che uterque (magistratus) in pecunia maxuma tractanda piocurandaque i>ersatus est -. tanto più, che il Tri- umvirato coloniis deducendis , ovvero agris divi- dundis^ mal si combinerebbe collassertiva dell'ora- tore , che r una , e 1' altra magistratura fu eserci- tata da Fontejo ante oculos civium . Scende altresì il eh. editore a fissare con plau- sibili congetture l'anno di ciascuna Magistyiatura , e pone la questura di Fontejo nel G*)'7. , dipoi le legazioni di Spagna , e di Macedonia rammentate da Cicerone , quindi la Pretura nel 6^0., e final- mente il commando della Gadia nel triennio dal (377- al Oyy. , poiché in questo per 1 appunto si veri- ficano li due noti avvenimenti del suo governo , cioè le spedizioni di Irumento nella Spagna , e U /. IX£C/15VAVMAMARM\ <^\1 E OM Nf i A AD £ M 1 TT/UaJ yqASLlbl HO Sl/f V05 cTh? 2. b( Sf AN ICN SISLC CAT IO CON 5 CCU TA5ITUA6U LCN 4^ p e ;iq UAm p noci u M VUR. ^ M I m I I N e e Kt u in e^ T quAm jimpLicitende bfchx 8Cb7fX NlEBUHRlUS FRAGM. ClCÈR. EC. 353 quartieri d' Inverno presi nella Gallia dall'esercito di Pompeo . E qui il eh. editore rigetta Topinio* ne di Freinsemio, che stabilì la partenza di Fon- tejo per la Gallia nel 665. , e lo riprende di trascuratezza neìY ordinare gli avvenimenti di què' tempi. Su di che non vogliamo entrar mallevado*- ri ne pel censuralo, ne pel censo^^^e. In ultimo luo- go cerca l'anno, in cui Cicerone con questa orazio- ne difese Fontejo dalle accuse di M. Pletorio , e neir impossibilita di determinarlo con sicurezza si ferma all' osservazione del dotto Hotomanno , che cioè la causa di Fontejo fu certamente agitata do* pò la promulgazione della legge Jurelia , che re- stituì il dritlo di giudicare all'ordine de'cavalieri^ de quali come di giudici insiem col senato parla Cicerone nel Gap. XII. dell' orazione . Sieguono le sei pagine del testo a due colon- ne, siccome giacciono nel Codice Palatino. Per cor- tesia del eh. editore diamo qui annesso il saggio inciso del carattere di questo , e degl' altri fram- menti, che vi ha scoperti. Torna egli poscia a ri- petere lo stesso testo in carattere usitato , e tutto lo arricchisce di copiosissima note, delle quali al- tre riguardano i supplementi , altre le ammende , altre 1 intelligenza de franmienli . Si ravvisa in tutte un'accuratezza somma lino allo scrupolo , ed una rara fecondità , che largo pascolo somministra agli amatori delle filologiche, e palcogiaiiche di- squisizioni . Pur non dimeno variando le opinioni degli eruditi nell applica/ione de' canoni dell' arte critica , potrebbe taluno cercare , pei che nella se- conda linea della prima colonna siasi stampalo dis'- solvit in luogo del dissolvi^ che chiaramente, e sen- za lacuna si legge nella pergamen; ? Forse che quel dissolvi non poteva essere retto dal medesimo opor- 354 Letteratitra tuìsse^ che regge a giudizio del e. editore quel /e- 7/m, che egli stesso supplisce nella nota a schia- rimento del passo ? Chi non istimerà sottile la congettura, che si leggesse a Marco Fontejo in quella linea, che per la piegatura della carta altre lettere circa il line non conserva che tei Ma hen considerando quel passo sembra , che Cicerone volesse indicare il primo, e 1 ultimo questore, che osservò la legge Valeria de cere alieno per trarne l'argomento a difesa di Fontejo, che aveva sostenuta la questura in un tempo inter- •ìTiedio, seguendo l'esempio di quei, che 1 avevano preceduto, come fu imitato da coloro, che gli succe- derono. Ne ad altro senso pare, che trarre si possano Je parole hunc omnium superiorum , hujiis mitem omnes^ qui posteafuerint auctoritatem dico secutos. Pos'a quest'ovvia interpretazione senza violentare il testo, non si potrebbe più sostenere il supplemento dal eh . editore imaginato; il questore, di cui si è ■quasi per l'intiero cancellato il nome, esser non do- 5ea in tale ipotesi M. Fontejo, ma sibbene quello , che si trovava in carica alla pubblicazione della legge Valeria , che accadde V anno di Roma (ÌGG. Con- verremo , che la sillaba te ancora visibile non si adatti che alle due famiglie Ortensia, e Mctella, e che mentre lo spazio non ammette il nome di un Or- tensio^ 1 età dall' altro canto escluda evidentemente Metello il Pio : ma vi i'urono bene altri Mctelli, che potessero esercitare la questura nel consolato di L. Valerio Fiacco . Soli sedici anni d'intervallo vi so- no fra la legge Valeria, ed il consolato di Q. Me- tello il Cretico , che nell'anno posteriore cedette i fasci a L. Metello. Perchè dunque non potrà dirsi, che rimo, o l'altro di essi fosse probabilmente quel primo questore, che al dire di Tullio cominciò ad ■ì\ NiEBUHRIUS FRAGM. CiCKR. EC. 355 eseguire la legge Valeria col pagare il solo quadran- te del pubblico debito , siccome Tito Crispino fu l'ultimo ad osservarla ? E vero , che ponendo la questura di Fontejo nel GG']. non sarebbe stato in ciò preceduto , che dal solo Metello : ma lo stesso eh. editore non crede assurdo, che Fontejo ottenesse la questura , e fosse spedito nelle Gallie nell' an- no (iG8. , e cosi sarebbe verificato , che piij que- stori gli dettero V esempio , ciò che Cicerone wots re oratorio amplifica colla Irase omnium superiorum. JVe forse mancherà chi richiegga , qual neces- sità abbia dettato nelle ultime linee dell'ultima pa- gina l'inserzione della proposizione de fra le parole dissiderent ludiciis , et Legibus , se a confessione del eh. editore si trova il dissidere col sesto caso senza proposizione presso Cicerone medesimo prò Marcello, ed altri latini scrittori? Ma nell' accenna- re tali modesti dubbiezze altro non intendiamo , che dare al pubblico una chiara testimonianza di aver gustate , per quanto ci lu permesso, le carte veramente dotte , e laboriose del benemerito com- mentatore de' frammenti Tulliaini . Pro C. Babirio ad Quirites Sesquipagina l/uesto è il nuovo titolo, che il eh. editore ha sostituito air altro Pro C Rabirio perduel^ lionis Reo; sebbene acconsenta di riconoscerlo an- tichissimo. Ha creduto di scuoprire una buona ra- gione di tal cambiamento nel Cap. 3., in cui Tul- lio accenna fra gli altri delitti quello dell' impudici- zia , quod est in eadem midlae iirogatione piae- 356 Letteratura scriptum. Quindi ne deduce, che dopo abolita dall' auloiitìi consolare la condanna de Dumviri nel Giu- dizio perdueUlonis , Taccusatore Labieno nella rin- novazione del processo si limitasse a domandare la semplice condanna di Rabirio ^1 una multa non già pel àeViiio perduellioni s ., che stima alienissimo andi homi' 7ÌÌS-. Ripete nell' articolo li., che -in f carta dimica- tione CAPITIS , famae , fortunarumque omnium . . . uno tempore VITA C Piobirii .... salus reipuhlicae vestris manibus^siiffragiisque permittitur- Questo era ben' altro , che difendere un cittadino da una multa pecuniaria, quale non minacciava ne vita, né fama, né totalità di sostanze. Tutto il ner- \o della difesa principale dal Gap. VI. a tutto IXI. finora conosciuto, si aggira sul reato perduellionis^ cioè suir occisione del tribuno Sàlummo -A rguis occisum esse a C. Rabirio- L. Saiurninum. (Gap. VI.) Poteva Tullio spiegar piij chiaramente il soggetto dell' accusa ! J\el difender poi Rabirio coli' esem- pio de' più probi , e distinti cittadini , che con- tro Saturnino avevan com esso prese le armi, escla- _L. NiEBtJHRIUS FRAGM. ClCER. EC. SSy ma - non intelligis primum quos homines et quales viros mortuos SUMMI SCELERIS arguas, dein- de quot ex iis^ qui vivant eodem crimine IN SUM- MUM CAPITIS PERICULUM arcessas , . . . si C. Rabirius fraudem CAPITALEM admisit - . ( Gap. IX. ) Involve altresì nella stessa accusa li due consoli L. Fiacco, e C. Mario, e dell'uno, e dell' altro cerca , se - sceleris , ac PARR.ICIDII NEFARII mortuum condemnahimiis ? ( Gap. X. ) Glie più ? Ecco nel Gapo XI. nuovamente dichia- rato il delitto , e l'accusa in quella proposizione - Neminem esse dico ex iis omnibus qui ILLO DIE Romae fuerunt , QXJEM TU DIEM IN JU DI- CIUM VOCAS , puhesque fum fuerit , quin ar- ma coeperit , quin Consules sequutus sit : ne lascia Tullio d' inferirne costantemente , che - omnes ii , quorum tu ex aetate conjecturam facere potes^ quid tum fecerint , ahs te REI CAPITIS , C. Rabi- rii nomine^ CITANTUR- . In quel frammento me- desimo , che il eh. editore ha testé ritolto alle te- nebre , ci par di vedere la serie collegata dell' ac- cusa, della condanna, dell'appellazione, e della di- fesa Tulliana sul delitto perduellionis , nel pe- riodo, che chiude la contenzione al Gap 53. Nunc quoniam armorum suspicio nulla est^ sed ACCU- SATI O perniciosa^ JUDICIUM acerbum^ res to- ta a Tribuno plebis suscepta cantra rempublicam^ non s>os ad arma vocandos miài esse , sed AD SUF- FRAGI A cohortandos contra oppugìiationem vtstrce majestatis putavi . A fronte di queste positive dimostrazioni non ci pare di molta forza l'argomento negativo, che il eh. editore desti mei dalla perorazione , in cui Tul- lio parla dell'esilio soltanto, e non già della pena capitale . Avrebbe pur qualche peso , se intera si 358 Letteratura fosse scoperta la perorazione : ma appena la terza parte , cioè due sole colonne in una mezza pagi- na ce ne ha conservato il codice Palatino : Nella pagina precedente ( che non Ioga coU'altra, che sie- gue) abbiamo quattro sole linee del principio. Dun- que sì è smarrita la pagina intermedia, cioè il dop- pio di ciò che rimase . Chi pertanto potrìa assi- sìcurarci , che in quella pagina T oratore tacesse de crimine perdiiellionis ? Anzi chi yì sarà , che non tenga per certo , aver Cicerone incominciato a commuovere gli affetti del popolo descrivendo l'or- rore della minacciata condanna capitale, ed esser di- sceso di poi anche a dipingere in quel , che ci resta, l'amarezza dell esilio .'* L'epilogo non avreb- be altrimenti corrisposto alle due parti dell'orazio- ne precisamente distinte luna de midtce irrogatio- 7ie, l'altra de ccede Saturnini-^ e se Tullio volle ec- citare la commiserazione a favore di Uabìrio, per- chè assoluto fosse dalla condanna più mite , cosa mai non avrà detto per liberarlo dalla pena capi- tale nella pagina , che si è perduta ! Né ci sembra diìiicile lo spiegare quel- id quod est in eadem mulice irrogativrie pi le scriptum - . La- bieno, o alcun' altro nimico di liabirio, avealo forse accusato separatamente - de locis rcli^iosis , et lucis violatis , de pecidatn Jacto , de tahidario incenso , de servis alienis retentis , de civibus rumanis verbe- ratis , aut netatis , nec silae , nec alunne pudici- ziae pepercisse . ec. JJi quest' ultimo delitto dice Cicerone, quod est in eadem multae irroi^atione prce- scriptnm : dunque multae irrogatio si riiériva ad haec crimina , e da questi smibra volesse Cicero- ne sdebitare prima di tu «tu 1 accusato ; una con- traria impressione nell animo del popolo avrebbe potuto nuocere a Kabirio neif accusa principale de NlEBUHRlUS FRAGat. ClCER. EC. QSq crimine perduellionis , che X oratore indicò , e di- stinse evidentemente chiamandola illam ALTERAM partem de nec€ Saturnini ( Gap. UT. ), Che se il eh. editore conviene , che Rabirio appellasse dalla sentenza de'Duumviri, si concilia egualmente l'espres- sione dello stesso capo de perduellionis judicio su- hlato , dicendo con varj dotti commentatori , che Cicerone sustulit judicium perduellionis non lege lata , sed data facultate Rabirio dicendae Causae comitiis centuriatis^ suscepta etiani illius defensione contra Duumviros : decideranno ciò non pertanto gli scienziati, se convenga lasciare l'orazione in pos- sesso dell'antico titolo piuttosto , che mettersi fuori di proposito in contradizione colla testimonianza de- gli storici, e con tutto il contesto della stessa ora- zione . Ingegnosa , e degna di esser letta si è V altra parte della prefazione, in cui il eh. editore propo- ne le ST^e congetture intorno all' ordine , col qua- le in molti codici si trovano collocate parecchie orazioni di Cicerone , e segnatamente quelle , che non formano fra loro un corpo, e serie particola- re come le Verrine , e le Filippiche . Opina egli , che senza riguardo ne al genere delle cause, ne al- la cronologia, fossero dai scrittori disposte secon- do r ordine alfabetico , come appunto si vedono le commedie di Plauto , e come era formato l'in- dice delle tragedie di Euripide in un monumento già esistente nella villa i^lbani . In questo frammento della Rahiriana, che con- tiene il ti atto finale della difesa, e qualche parte della perorazione , ha dovuto il eh. editore adoperare una lunga , e costante meditazione , e spiegare tutto il raro suo ingegno, e criterio . In quattro pagine di pergamena sono sei le colonne ( cioè due per pa- 36o Letteratuka gina ) che contengono il frammento, poiché nella quarta pagina si trova scritto soltanto in grandi lettere M. Tulli Oratio explicita - Incipit Roscio . JVeir adattare le carte al sesto dei codice riscrit- to non solo furono piegate per mezzo le pergame- ne , ma vennero altresì tagliate dalF alto al basso dell' antica estremità laterale , che corrisponde all' estremità superiore del codice attuale , e così nel- le due colonne seconda , e sesta luronó perdute dove una , dove due , e sovente anche tre sillabe in fine dì ciascuna linea, ed altrettante ne manca- no per la stessa cagione nel principio di ogni li- nea della terza colonna . Dal eia. editore è stato supplito il tutto con invidiabile lelicità; e lo stes- so intendiamo delle linee svanite nella piegatura della pergamena. Rende poi nelle note erudifamen- te ragione tanto de' supplementi , che delle emen- dazioni del testo. Fra i saggi Paleografici nell' annessa incisio- ne sotto il num." j. vi è quello del Irammento del- la Piabiriana col principio del Gap. ÒJ. come ap- presso . IDEMEGOVOBiSQ. AUC TORHUIUSIULIGIICLA MOPKiEDlGODLJNUN Non così peraltro si legge tanto nella prima colon- na del testo impresso secondo la Ibtma del codi- ce , quanto sulla ripetizione stampata di seguito coir indicazione de' supplementi in corsivo . iVelP uno , e ncir altro luogo si ha Idem ego quod is , f]ui Juctor hiijus judicii ec. Se la vera lezione è quella del saggio de' caratteri, si potrà iar di me- no di giuntarvi quel!' est , che nelle note si rimr prò vera allo scrivano di aver omesso . NiEBUHRIUS FRAGM. ClCER. EC. 36l Un' ingrata sensazione han prodotto neirorec- diie del eh. editore li due troppo vicini perhor- rescit sul fine del Cap. 36., ed ha cangiato il pri- mo in pertimescit. La desinenza non è forse deli' identihco suono ? Nel Cap. X. di questa medesi- ma orazione Tullio in brevissimo spazio ripetè a proposito de' due consoli L. Fiacco , e C. Mario tutte le parole sceleris ac parricida nefarii mor- tuum conclemnabimus . ^ello slesso frammento al Cap. ò'j. anche a minor distanza si trovano, patrio sepulcro prÌK>eiur^ e poco dopo domestica morte pri- vetis. Questa specie di ripetizione fu verosimilmen- te un' ai (liicio , piuttostochè un vizio dell' orazio- ne . Perchè dunque alterarla senza bisogno ? Ma daU oratore passiamo allo storico . Titi Livii Historiarum libri XCI. fragmentum pie- nius , et emendatiiis ex memhranis editum . J_Ja Tipografìa romana si trova da più di tre se- coli in possesso di pubblicare per la prima le pre- ziose storie di Tito Livio. In Roma fu eseguita, ed intitolata a Paolo IL ledizione principe di XXIX. Libri l'anno 1470 per le cure di Gio. Andrea Ve- scovo Aleriense. Nell'anno iSiQ. Giacomo Mazzoc- chi tipografo della romana Accademia stampò due frammenti, uno cioè del lib. HI. Decade 4., e l'al- tro del lib. X. della Decade stessa , o sia del li- bro XL. ove lo storico parla delle guerre Macedo- nica, ed Asiatica . In Roma similmente Tanno iGiS^ il giureconsulto urbinate Francesco Bailolini fece la prima edizione di XVIL capitoli del lib.XXXIlI. h- 362 Letteratura trovati in Bamberga. Da quell'epoca pel corso di cir- ca iSy. anni niun altro frammento se n'era potuto rin- tracciare ad onta delle assidue perouisizioni dedotti. Inutili altresì erano riuscite le ricerche fatte per com- missione di Luigi XIV. , e con promessa di larghis- sime ricompense, nelle scerete biblioteche di Co- stantinopoli , ove per relazione di Pietro della Val- le credevasi nascosta l'opera intiera. Finalmente nel- r anno 1773. dal già descritto codice palatino nel- la vaticana venne fuori un frammento del Uh. XCI. JNeir Edizione romana il eh. sig. ab. Cancellieri at- tribuisce air ab. Vito Giovenazzi T onore della fe- lice scoperta . Narra difatti , che questi s' incontrò nelle carte Liviane continuando con somma pazien- za r esame del codice già abbandonato dal signor Bruns pel disgusto di aver letto il principio dell' ora- zione già nota prò Sexto Roscio , laddove sperava avere ritrovato il mancante esordio dell' altra prò Quinto^ ed aggiunge , che richiamato 1' amico Bruns gli mostrò il riconosciuto tesoro, che poi con impro- ba commune fatica ricavarono in gran parte dalle •riscrìtte pergamene . Perciò nel!' edizione romana , sebbene eseguita dopo la partenza del signor Bruns , e colli commentar] aggiunti dal solo Giovenazzi , fu posto in fronte con buonissima fede il nome di en- trambi grillustri collaboratori . Il signor Bruns all'in- contro passando , e trattenendosi varj giorni in Li- psia col eh. Ernesto sul proposito de suoi viaggi , e scoperte letterarie , tacque affatto del frammento Liviano ( di che lo stesso Ernesto si dolse nella prelazione dell' edizione di Lipsia ) : e giunto in Amburgo si affrettò di pubblicare il frammento co- me cosa propria, e si diede nella prefazione la gloria - noi iliss imam totius orhis civitatemfragmentum scri- ptoris ìùsioriarum suarum prceatandssimi ignorata- NiEBUHRIUS FRAGM. ClCÉR. EG. 3G3 ram fuisse , nisi ab homine Luhecensi .... di" dicisset -, come abbiamo riscontrato nell'esemplare gentilmeute commnnicatocl dall' emerito sig. con- te Battaglini . Quanto poi all' ab. Giovenazzi non ne fece, che incidente menzione come semplice testi- monio deir antichi' à del codice, che asserisce aver- gli mostrato pel primo ricevendone molle congra- tulazioni del pre/àoso scuoprimento . Due altre edi- zioni del frammento comparvero nel medesimo an- no 1773- ■» cioè quella di Lipsia^ che ripetè la ro- mana con una dotta prefazione del chiar. editore Ernesto , e 1 altra di iMapoli eseguita da D. Gae- tano M/^liore con qualche varietà . Il signor Ga- brielle Brotier lo publlcò nuovamente , ed arricchì di pregievoli note nel tom. IV. del Tacito stampa- to in Parigi fanno 1770. La rilevante differenza fra V edizione di Am- burgo , e quella di floma spinse il siguor cavalie- re i\iebuhr a rintracciarne sullo stesso codice la ve- ra causa : e sembrava , che \ edizione del Bruns dovesse essere più scarsa , come di quel collabo- ratore , che all' improviso fu richiamato da Roma ; e che più completa esser dovesse la romana come procurata dal Giovenazzi , che dimorando in Roma aveva avuto tutto il commodo di far maggiori pro- gressi nella lezione de' luoghi più difiicili . Eppu- re dal confronto apparisce il contrario . Per dilendere il Bruns dal sospetto di aver data al Giovenazzi neir occasione di partire una co- pia infedele , ed imperfetta del frutto de' commu- ni sudori, il eh. editore vien narrando, che fede- lissimo fu r esemplare consegnato al Giovenazzi , ma che nato essendo fra essi qualche dissapore , e trattenutosi forse il Bruns qualche altro tempo in Roma , continuasse da se solo la scoperta di al- 364 Letteratura tre linee senza communicarle al Giovenazzi per mo- strare al mondo , che senza bisogno di altrui soc- corso era capace di condurre quell' opera. Ci la- scia peraltro nell' oscurità del fonte , onde abbia de- rivati dopo circa cinquanta anni si peregrini par- ticolari . Ne possiamo dissimulare il nostro imba- razzo nel conciliare questa recente storia non solo con ciò , che in mezzo a Roma , ed a tanti , e si gravi testimonj del fatto, publicò il eh. Cancellieri, ma ben' anche con quello, che lo stesso Bruns lasciò scritto nella sua prefazione, di aver cessato dall'opera per l'improviso richiamo dopo soli quattordici gior- ni di applicazione . Stimiamo poi cosa affatto dis- perata il metter d' accordo la Prefazione del Bruns, che nascose affatto i meriti del Giovenazzi attribuen- do tutto a se stesso , con quel che il eh. editore ne dice - Nihil minus cogitabat , quani ut illius laii- des celaret^ sibique . . . pliisqiiam sibi deberet trc- biieret. Ci sia perciò lecito di ripetere, che - questa gloria è tutta italiana , e possiamo dire Romana , e quella del Bruns si restringerà alla sola circo- stanza^ che in quella mattina egli avesse due buone lenti cristalline in saccoccia^ che fornirono l occa- sione al Giovejiazzi di meglio leggere ciò, che già aveva letto - , siccome scrisse già la eh. mem. di M. Onorato Gaetani nella lettera sul frammento Liviano stampata in Roma dal Barbiellini 1' an- no 178 1. Le nuove diligenze del signor e. Niebuhr ajutate dalla chimica preparazione sono state utilissi- me, e per esse nel frammento torna oggi la prima vol- ta a comparire Livio ricondotto quasi alla primie- ra integrità . Le due colonne terza , e sesta , che nelle precedenti edizioni mostravano molte , e gra- vissime lacune, sono quasi del tutto complete, ed NlEBUHRlUS FRAGM. ClCER. EC. 3G5 in piccioli luoghi felicemente supplite , come nel resto del frammento . Risplende nelle note la stes- sa precisione , e dovizia , che abbiamo lodala in quelle de' frammenti Tulliani. Ci siamo tuttavia per- messi di aggiungerne qui alcune altre, che ci han- no suggerite in parte le dotte fatiche di Ernesto , e di Brotier , ed in parte l'amore della verità: e vogliamo lusingarci , che non riescano ingrate agli eruditi, ed imparziali nostri leggitori. Col. II, Lin. Il, e 12. Osservò il Sig. Brotier, che sul fine dello stesso frammento nomina Livio egualmente un' Istelo , ossia Inslejo, Praefe- ctuin equitwn . L'unica apparente differenza fra l'uno e l'altro sog- getto consiste nel prenome, che del primo è Lucio, e del secondo Cajo: se ( come congetturò il detto Signor Brotier ) fosse stato per errore ben facile del copista scamlàato il prenome del pcrsonaggiu da L. in C, 0 viceversa , potrebbe ^^erosimilmente supplirsi la lacuna della lin. 12. colle parole praefecfo equitinn corrispondenti allo spai:.io, ed allo stile di Livio di nominare Instclo coli' aggiunto della carica , che occupava nell'esercito Sertoriano. Lin. 16, e 17 . /ra Oscae , nunc Huesca, niimmis memorcdur C Mlius Vuumvir . Nota del Signor Brotier. C 0 L. II L Lln.i. Lo stesso Signor Brotier notò l'errore occorso nell'edizio- ne di AmburgOjOvc si legge senza interpunzione -facta erant nowa etc. Lin. i4- e seg. Non è cosa nuova il supplemento delle parole eni- xo civitatwn studio , perchè ad onta della diversa apparenza del testo esaminato col solo ajuto della lente , lo aveva già suggerito il Sig.Ab. Gioi'enazzi, mentre il Sig. B/ìkw^ confessava candidamente nelle pò* chissime note dell' edizione di Amburgo s his verbis . ... niedckan ego affare nullcun potui - . Neppure è nuova l' interpunzione dell' intiero periodo, tornito con eleganza Liviana, poiché il sig. Ernesto tale quale avevala presentata nella sua edizione di Lipsia . G.A.T.VII, ;j3 306 Letteratura. C 0 L. V I. Lin. penult. - Un momento di attcnziona farà conoscere , che non è allrimcnti estraneo dal teito, come dal eh. Ed. ci asserisce , il frammento AEMU. che si Ic^ge nell' edizione romana : corrisponde anzi precisamente al fine, e pria ipio rispetti»© delle dae parole ho- sfem ulrwn, che cadono pei- raj^ìone di spazio in questa linea : il so- lo equi/O'O ( scusabile in < hi adoperava la sola lente 1 sta nella pri- ma lettera T. , die attesa la somiglianza fu presa per A. Col. vii. L-n. 2^. e 25. - Il sig. Ernesto sospettò , che vi fosse un'erro- re del copiala nel nome di tal questore , e che si dovesse leggere non M- Mtasro, ma bensì W. Ma io, per re plausibili motivi: primiera- mente perchè de! none di Masln iiì>h si trova altro esempio ne' mo- numenti latini: in se ondo luogo pcrohè assai fre.juente fu lo scam- bio della lettera R. in S , facendosi Fusin di Furio , e cosi in al- tri nomi . In fine perchè Plutarco fa menzione espressa di un M. Mario fra gli offiziaJ seguaci di Sartorio . Col. Vili. tmtio.e i6. -Errò il eh. Editore nell'asserirc, f-he rab,Giovcnazzi si ostinasse asostcnere la lezione apparente del rotli e nelle parole l'O- creorwn, e wnconum. Ne si contentò guidato dalle sole congetture so- stituire vaccnorum, e ^'asconwn .come si è dipoi letto coi chimici ajuti, ma nelle note altresì prese a difendere dottamente l'una, e l'altra emen- dazione cconcluse quasi pre-ago delle tvtura scopane -/ìe'i ni/ìHounnus potast , ut qidbus visiis ociUoruin acrior sit , vasconutn in meinbranis Itzat (ite. JVlEBUHRIUS FRA.GM. GlCER. EC. 30^ L. Ànncei Senecce Frammenta . D 'uè sono i frammenti di questo filosofo , che con improba fatica il eh. editore ha estratti, e sup- pliti. Il primo appartiene ad un opera filosofica, di cui nelle pergamene non esiste alcun titolo. A riem- pire questo vuoto piacque al sig. Niebuhr intilo- larlo de amicitia dal soggetto del frammento . Am- mette però , che il medesimo potè far parte delle opere morali scritte da Seneca ad imitazione di Ari- stotele secondochè Lattanzio ne assicura . Vi sono sparse qua, e là gravissime sentenze, e ci piacque- ro in leggendo le sequenti -familiare jurgium non judicem^ sed arhitriini qucerit : magnos ìatmanum pe- ctus recessus hahet , - nec facile nisi peritiis intel- lìgas quid intersit inter animuni amici^ et colorcin - amicitiam decet , ut sine cicatrice sanetur : e faltra Optimum est iiaque^ etiam si quid negligentuis prce- termissum, eàt , id omnibus partibus perfectum cre- dere- , che così ci è sembrato potersi leggere in par- te i laceri avanzi della pagina j8. Il eh. editore ha lasciato ad altii la cura di supplire le non lievi la- cune, e desidera, ut alius Seneca; prcestare possiti quod ego Livio . Più breve è il secondo frammento de vita pa- tris ; ma non perciò è da stimarsi meno , perchè siamo da questo accertati che M. Seneca padre di L. Anneo aveva scritto una storia romana ab initio hellorum civilium . . . pene usque ad mortis suce diem. Di quest'opera rimaneva appena un lieve in- dizio in Svetonio ( ifi Tib. cap. ^3. ) . Se questo frammento non fosse stato così tardi conosciuto , avrebbero potuto i critici risparmiarsi le dispute fat- aci * 3G8 Letterat ura te in altra stagione sulla distinzione fra Seneca il re- tore, e Seneca il filosoio di lui figliuolo. Siegue il Pragmentum de rebus Thebanis Mjthologicis J[ gino , che fu uno de' precettori di Seneca il fi- losofo, fa qui pure in qualche modo la sua com- pajsa . Il iVaramento di mitologia , che oggi viene alla luce dal codice Palatino, appartiene verosimil- mrnle alle favole, che corrono sotto il nome di lui, sebbene sia co^a oggim;ii pacifica fra gii eruditi , che l'opera d'Igino fosse goffamente impinguata da posteiiori aggiunte . Le pergamene , dalle quali è stato estratto , soffusero la stessa , anzi piiì grave decurtazione , che quelle della Rabiriana . Oggi il lettore si avvede appena di questa perdita dalla di- versità del carattere corsivo adoperato ne' suppli- menti . Tanta è stata la intelligenza, e felicità del versa tissimo editore nel reintegrare il frammento. Le ultime pagine del libro sono dall' istan- cabile editore impiegate a pubblicare una serie di varie lezioni delle due orazioni prò Fontejo , e prò Placco^ che ha ricavate dall antichissimo codice dell'Archivio della Basilica Vaticana. Così donando olia repubblica letteraria in questo volume tante , e Si diverse ricchezze, può il sig. cav. iNiebuhr a buon dritto ripetere delle sue lodatissime fatiche quel che Plinio disse già de suoi endecasillabi - Ipsa varie" tate tentomus ejficere , ut alia alii , qucedam por- tasse omnibus placeant^ - { Lib. ^. Epist. i4' ) Pietro Avvocato Ruga ZGo Intorno la nuova edizion bolognese della Divina Com» media . Articolo 2. È uscito alla luce in Bologna il secondo qua-* derno della nuova edizione della divina commedia di Dante Alighieri . Ciò che io ragionai del pri- mo quaderno è nel Giornale Arcadico dello scorso dicembre . Dirò ora qualcosa del secondo ; perchè sembrami che ad alcuni luoghi del canto nono pos* sano darsi altre interpretazioni da quelle che eb* fcero dagV illustri comentatori . La prima terzina del canto è questa : „ Quel color che viltà di fuor mi pìnse , „ Veggendo U duca mio tornare in volta , „ Piuttosto dentro il suo nuovo ristinse . della quale ecco il comento . „ Quél color ec. in- „ tendi: quel colore, che la viltà mi dipinse nel vol- „ to quando io vidi tornare a me Virgilio . . . .• „ fece sì che esso Virgilio ricompose più presto „ il volto suo già impallidito , e turbato per la ^, compassione verso i dannati ,, Virgilio al terminare del canto ottavo confor- tò lo sbigottito Dante a farsi coraggio assicurando- lo della vittoria i ,< Non sbigottir: ch'io vincerò la prova. Il conforto fu cagione che il pallore, ond'èra pin-^ to il volto di Dante, cominciasse a diminuire ; il che vedendo Virgilio riprese il suo primiero colo- 3no Letteratura Tc. . Io dunque interpreto i trascritti versi a que- sto modo: il duca mio , reggendo tornar indietro il mio pallore, più presto richiamò dentro il suo. Segue il poeta: ,, Attento si fermò , com'uom clie ascolta: „ Che r occhio noi potea menare a lunga „ Per r aer nero , e per la nebbia folta . Manca in questo luogo il comento al secon- do verso. Supplisco io: che l occhio non gli potea rap- presentare gli oggetti lontani. Chiunque viaggia con sospetto , se non può mirar di lontano , si soiTer- ma ad ascoltare sperando di sentire qualche romo- re che gli palesi , per via dell'udito , ciò che gli na- sconde linterposta nebbia. Succedono le terzine : „ Pure a noi converrà vincer la punga , „ Cominciò ei : se non , tal ne s'offerse . „ Oh quanto tarda a me ch'altri qui giunga? „ Io vidi ben , si com' ei ricoperse „ Lo cominciar con l' altro, che poi venne, ,, Che fur parole alle prime diverse . „ Ma nondimen paura il suo dir dienne ; „ Perch' io traeva la parola tronca „ Forse a peggior sentenza che' non tenne. Chi potrà negare che il divino poeta non mostri qui tutta r umana fralezza ? Che non siasi lascia- to sorprendere da sonno profondo ? Che il suo par- lare più oscuro non apparisca della nebbia che esala dalla stigia palude .'' Ma non cessa già egli di essere quel sommo poeta che è. Le macchie di Dante sono come quel- EdIZ. BOLOGNESE DI DaNTE ^7* le del sole che nulla detraggono al suo splendo- re . Quanti bei versi , e belle sentenze , e descri- zioni in questo stesso canto ! Chi potrà mai ab- bastanza commendare la terzina : „ £ già venia su per le torbid' onde j. „ Un fracasso, ed un sn( n pien di spavento; ,, Per cui trema van ambedue le sponde . Il primo verso esprime la natura del suono che da certo determinato luogo a poco a poco si dif- fonde , e ti viene alf orecchio . Il secondo verso ha un tal rilono che ti sembra di udire il fracas- so delle torbid' onde . Qui si civderebbe che Lau- te abbia latto ogni suo potfre. he non che soprag- gìunge il terzo verso che accresce lorza ai due pri- mi ; perocché ti pare che sotto i tuoi piedi tre- mi la terra . Vengono appresso le due terzine : „ J\on altrimenti (atto, che d'un vento ,. Impetuoso per gli avversi ardoii , „ Che fièr la selva , e senza alcun rattento „ Li rami schianta, abbatte, e porta fuori : „ D' innanzi polveroso va superbo ; „ E fa fuggir le fiere , e gli pastori . IVulla v'ha qui che non sia grande: ma sopra tut- to meraviglioso mi sembra il verso - Dinanzi pol- veroso va superbo - superbo per la sicurezza di vincere qualunque ostacolo - JLiliicilissimo è 1 in- durre un tal paragone che invece di aggiunger vigo- re al compaiato non lo snervi ; ma non v' è im- presa che sia malagevole a Dante , come non vi fu pel suo duca , il quale dopo di avere descritto al terminare del libro pi imo delle Georgiche le guerre , le s celerà gi ni , i disordini d' ogni maniera 3^2 Letteratura de' suoi tempi , pose fine paragonandoli a sfrenata . quadriga clie fuor dello steccato si lancia per l'aper- to campo , e qua e là senza legge trascorre ijn- petuosamente . „ Ut cum carceribus se se offendere quadrìgae, „ Addunt se in spatia: et frustra retinacula lendenfi „ Fertur equis auriga,neque audit currus habenas. E che dirò della pittura delle tre furie ? „ in un punto vidi dritte ratto „ Tre furie infernal di sangue tinte , ,, Glie membra femminili avean , ed atto , ,, E con idre verdissime eran cinte : „ Serpentelli e ceraste avean per crine , „ Onde le fiere tempie eran avvinte . ,, E quei , che ben conobbe le meschine „ Della regina dell' eterno pianto , „ Guarda , mi disse , le feroci Erine. „ Quest' è Megera dal sinistro canto : ,, Quella che piange del destro è Aletto : „ Tesifone è nel mezzo , e tacque a tanto . ,, Gon r unghie si fendea ciascuna il petto: „ Batteansi a palme , e gridavan sì alto , „ Che mi strinsi al poeta per sospetto . Bellissimo subietto da proporre ad un accademia di giovani pittori ! Ma quella pittura , che noi non vegliamo in tela , è già stata impressa dal gran poeta nella nostra immaginazione ; la quale ci rap- presenta r aspetto delle tre l'urie , il loro atteg- giamento , il sangue di che son lorde, il loro cin- to, i loro capegli, la loro collocazione, il loro stra- zio , ed il raccapriccio del timido speLlutore Ali- Ediz. bolognese di Dante 3y3 gliieri che si tiene stretto al suo duca . Torno ai cementi delle terzine ,, Pure a noi converrà ec. „ che dianzi lasciai , né (lo spero ) al tutto inu- tilmente pe' giovani amanti della poesia . „ Se non ec. intendi : se non la vinceremo . ,, questa è sentenza mozza del timore, che ,< non vincendo la pugna accada qualche cosa di „ sinistro . Ma lo stesso Virgilio ripiglia: tal ne sof- ,, ferse intendi tal ne s' offerse , il quale „ la vincerà . Lo cominciar , cioè se non^ parole ,, mozze che davano sospetto a Dante : ricoperse „ Colt altro , cioè colle parole tal ne s' offerse , ,, che sono parole diverse, cioè parole di conforto- „ A peggior sentenza io traeva la parola tronca , „ cioè mi pensava che col se /zo/z Virgilio volesse dir „ cosa di disperazione . Io punteggio il secondo verso della prima ter- zina così : „ Cominciò ei : se non : tal ne s'offerse ? E sottintendo tra le due particelle se non e le al- tre due tal ne V avverbio perchè : come se Dante avesse scritto : se ciò non fosse; che è quanto di- re , se non dovessimo vincere, perchè mai quel tale non si sarebbe a noi offerto in ajuto . L' improviso passaggio di Virgilio dalla fidanza al lamentarsi del ritardo di quel tale a sopraggiungere fece conosce- re a Dante, che il suo duca, a fine di coprire il ti- more ond' era preso egli stesso , cominciò dal far ■ mostra di coraggio col verso : ,, Pure a noi converrà vincer la punga. Con siffatta interpretazione combina a maraviglia il 3-4 Letteratura cominciare del quinto verso col comincio del secondo; il quale non può applicarsi al se non^ essendo che quando il poeta prof'TÌ la parola cominciò , il di- scorso era già cominciato. Le parole yy/z/e a noi converrà ec. che furono le prime, inspirai ono a Tan- te coraggio : le altre che vennero dopo oh quanto tarda a me ec. gF ingerivano timore ; però le une erano dalle altre diverse. L'arte adoperata da Vir- gilio non bastò a ratlenere la paura di laute, nell' animo di cui aveva fatto maggior impressione , che non doveva, l'aver Virgilio repentinamente troncato il discorso della vittoria col dolersi della tardanza di chi si aspettava a dar soccorso . Passo ora ad interpretare i versi: ,, Ver' è ch'altra fiata quaggii*i fui „ Congiurato da quella Lriton cruda , „ Che richiamava l'ombre ai corpi sui . ,, Di poco era di me la esime nuda , ,, Ch' ella mi fece entrar dentro a quel muro , „ Per trarne un spirto del cerchio di Giuda. Io reputo non dover mettersi in forse , come pur fanno i cementatori , eh' Lritone losse quella stes- sa di cui parla Lucano, se Viigilio dice da quel- la die ec. la quale per conscguente non può esse- re se non colei , che trar voleva un traditore da quel luogo d'inferno che è „ il più basso , e 1 più oscuro „ E il pii^i lontan dal ciel che tutto gira . Erra pertanto, se pure non erro io , chi pensa che Virgilio togliesse Lritone a significare qiKilcJjc al- tra maga , come a cagiou d'esempio Giovenale die-» Ediz. bolognese di Dante B^S de il nome di Automedonte , cocchiere di Achille , a Fosco cocchiere di Claudio Nerone . A coloro che sono titubanti perchè Virgilio fu poco dopo la sua morte scongiurato dalla maga, quando è manifesto che la maga vivca trent' anni innanzi, cioè al tempo delle guerre civili, ricorde- rò che il sommo epico morì di anni 5 1 soltanto , fi che, secondo il dir delle favole, le maghe soglio- no morire decrepite . Ma perchè , sì chiederà fovse , fu da Eritone prescelto Virgilio ? Perchè Y avremo prescelto noi pure . Se il solo canto può trarre l'alme dall'inferno, come ne trasse Euridice, a qual altro cantore avreb- be potuto la maga rivolgersi? Alla richiesta qual fosse lo spìrito tratto dal cerchio di Giuda , non potrebbe rispondere che la maga , o Virgilio . Alla parola congiurato bene sta il cemento scon- giurato. Ma a questo non sarebbe stato men bene il coment© costretto. ,, Il principe de' sacerdoti pre- „ sumette di scongiurare il nostro Signore Gesù Cri- ,, sto „ . Maestruzzo., Volgarizzamento della Somma Pisanella , /. 2. e. 20. Le miaghe non pregano ma comandano , perchè i loro fedeli ministri sono tutti i demonj dell' Inferno - JNuovo al tutto , e giusto , ed ingegnosissimo è il comento ai versi , „ O voi ch'avete gl'intelletti sani, „ Mirate la dottrina che s'asconde „ Sotto il velame delli versi strani . „ Bellissimo era il volto di Medusa , onde pare che „ Dante voglia qui avvertirci, che sotto il velo de' ,, versi di maniera inusitata egli nasconde questo do- 376 LEtTERATURA „ cumentot guardatevi dalle false lusinghe della volut- ,, tà, la quale fa gli uomini materiali, traendo a se „ tutto l'animo loro, e allontanandolo dal desiderio „ de' beni purissimi dell' intelletto . Vengono appresso le due terzine dì sopra tra* scrìtte che cominciano - E già venia ec. - dove mi parrebbe buon comento alle parole non altrimenti fatto - non diverso -; ed alla parola ratttnto - im* pedimento - Per simil modo all'ultima parola del- la terzina „ Gli occhi mi sciolse, e disse: or drizza il nerbo „ Del viso su per quella schiuma antica, „ Per indi ove quel fumo è piìi acerbo . converrebbe il comento - Denso - che è piij acer* bo agli occhi . Non pochi altri vocaboli aspettano il comento , ma io voglio averne cementati abba» stanza . Vincenzo Berni degli Antoni jéra antica scoperta in Hainburgo dal sig. consi- gliere Stefano nobile de Mainoni direttore del- le fabbriche de' tabacchi , pubblicata con alcune spiegazioni dal dott. Giovanni Labus. Milano 1820, tip. di G. G. Destefanis a s, Zeno . \\ sig. consigliere de' Mainoni , caldo amatore di ogni genere di antichità e di belle arti , lia le mi- ne di Garnunto antica città drlla Pannonia trovò non ha guari una bellissima base con questa is- crizione . Ara jltstica. d' Hainburgo 577 T. FL.T. Fi/ fERG. PPiOBUS DEC, IWIJNIC. .. CAR. EX. V. DEC. OB HONOREM AVGVRATVS T. FL. PROBI. FIL. SVI DECVR. MVNIC. EIVSD EQVO PVBL. D. D. L, D. D. D. ORFITO. ET. RVFO. COS. K. SEPT. I due fianchi sono ornati di un simulacro per parte scolpito a rilievo da buon maestro . Quello a sinistra del riguardante rappresenta una donna di faccia, vestita della tunica, del peplo , e del man- to , la quale colla mano destra ti» ne un timone so- vrapposto ad un globo , e colla manca un cornu- copio . Sul di lei capo si scorgono gli avanzi del polo , o vertice , o apice che dir si voglia , e da questi attributi ognuno a prima ^ista vi ricono- scerà la Dea Fortuna . Dall' altro lato apparisce un giovane seminudo, incoronato di torri, avente nelle mani una patera ed un corno d' abbondanza . Egli è assai chiaramente il genio di una qualche città , e con molta vérisimiglianza quello della stessa Car- nunto , Ma il sig. de' Mainoni non contento di aver tratto di sotteria questo bel monumento, ha de- siderato eziandio che alcuno lo facesse conoscere al pubblico , accompagnandolo con un comentario d' illustrazione : né per vedere compita questa sua brama poteva indirizzarsi ad un soggetto più accon- cio di quello che ha scelto. Egli è il eh. dott. La- •378 Letteratura bus uno de' più illustri professori della scienza la- pidaria che ora conti Tltalia , il quale ha nobil- mente soddisfatto all' inchiesta con una lunga let- tera edita con molta eleganza tipografica , ed inti- tolata al medesimo sig. consigliere . Comincia il dotto autore dall' interpetrare V is- crizione , che felicemente legge così . l^itus Fla- vius^ Titl filius^ Sergia^ ProhUs , decurto municipii Caniunti , ex quinqiie decuriis , oh honorem au- guratus T'iti Flavii Probi filii sui , decurionis mii- nicipii ejusdem , equo publico , dono dedil . Locus datus decreto decurionum , Orjìto et Rufo consu- lihus , kalendis septemhrihus . Quindi in poche righe c'insegna ,che Carnunto fu illustre e forte città , in cui stanziarono gì' imperadori M. Aurelio , Galerio , e Valentiniauo , e dove avevano il quartiere d in- verno due legioni 4 cioè la decima pia fedele , e la decimaquarta gemina . Della sua prisca grandezza fanno fede molti scrittori , e la loro testimonianza viene confermata dagli avanzi di un arco , che sus- siste- tuttora , e di cui in fine dell operetta ci si dona il disegno. Molte lapidi si sono tratto tratto dissepellite fra i suoi ruderi , e tra queste noi ne sceglieremo una sola , perchè inedita finora , e per- chè degna di andare per le mani degli eruditi stan- te il modo singolare con cui vi s' indicano i due augusti Diocleziano e Massimiano coi rispettivi lo- ro cesari Costanzo e Galerio , Deo. Soli. Invicto. Mithrae FAVTORI . IMPERII , SVI lOVH . ET . HERCVLH RELIGIOSISSIMI AVGVSTI . ET . CAESARES SACRAR IVM . RESTIXVERYWT Ara antica d'Hainburgo S^q Fu pensiere del Lazio, fondato sopra un' altra iscrizione non però did tutto sicura , che Garnunto fosse colonia romana , dal che il N. A. non dissen- te per riguardo a tempi pii^i antichi . Ma nell età cui si riferisce il marmo che illustra, è certo clie go- deva gli onori (li municipio, così in esso doe Tol- te appellandosi . E forse ebbe debito di questo be- neficio ad alcuno df^gf imperadori della casa Fla- via , potendo farla supporre i nomi di T. Flavio usati dai due Probi della nostra pietra, e sapendo- si altronde che tali diritti furono conceduti da al- cuno di quei prencipi a Scarabanzia altra città del- la Pannonia . E qui si a^jre largo campo al doti. Labus di svelare la politica dei romani , i quali al- lorché riducevano in provincia un paese soggioga- to , non ispogliavano già quelle genti di ogni appa- renza di libertà , uè le escludevano dalla repubbli- ca e dalla partecipa/ione degli onori . In quella età ninno fu chiamalo suddito , e mollo meno gf itali- ci : ma tutti da quegli accortissimi furono detti so- cj o compagni . (Quindi colla frequente concessione della loro cittadinanza qiuusero a conseguire Y al- tre scopo di mettere i vinti a parte dei loro inte- ressi : e così spiegasi facilmente come una sola cit- tà potesse pervenire a farsi signora della maggior par- te del mondo . E per queste riflessioni si chiarisce ancora il motivo , per cui gli abitanti delle colonie e dei municipi , anche in tempi in cui i comizj piiì non si radunavano , seguitavano tuttavolta a far tan- ta pompa della tribiì cui appartenevano , e di uf- ficj, e di sacerdozi , che paragonati a quelli di Ro- ma potevano sembrare di v dissima importanza. Im- perocché l'aggregazione alle tribù conferii a loro il diritto di concorrere a qualunque più eccelsa cari- ca dell' impelo, e gii onori municipali erano ad es- 38o Lktterat u r a si come una scala per salirci . Per lo die non ave- va torto il nostro T. Flavio , se si vantava di es- sere ascritto alla tribù Sergia , e di aver posto ira i decurioni di Carnunto . E noto che Y ordine decurionale era nelle cit- tà dì provincia 1' immagine del senato di Roma , e che non vi si ammettevano se non le persone più doviziose e più ragguardevoli . Il N. A ci ri- mette a ciò che scrisse didusamente su questa ma- teria nella sua dissertazione edita fino dal i8i3. Della tribù , e dei decurioni dell mitico municipio Bresciano . Qui si restringe solo a provare, che non altro che decurioni furono i quindici primi di Mar- siglia nominati da Cesare , i dieci parmi di Amelia e di Genloripe ricordati da Tullio , i prencipi delle colonie di Tacito , e i prencipi dei pubblici nego- zi di Firmico . E si prevale poi di questa occasio- ne per combattere la sentenza di un chiarissimo scienziato , il quale tenne che un PRINCEPS . SA- BINORUM, manifestatoci da un marmo di Brescia, nuli' altro fosse che un semplice soldato gregario . Ma quella lapide è dei tempi imperiali ; e savia- mente avverte il dott. Labus, che lino dai giorni di Mario andò in disuso la celebre divisione degli eserciti romani in astati , principi , e triari . Per lo che il princeps Sahinorum sarà lo stesso che il princeps civitatis Nicopolitanorum , il princeps co~ loniae Aeclanensis ^ il princeps gentium Baquatium , e il princeps Trumplinorum di altre lapidi , non che il princeps Altinatium , e il princeps Galliae provinciae che aggiungeremo noi, ricordando Matu- ri© Arriano che viene onorato del primo titolo da Plinio giuniore (i), e G. Valerio Procillo che ot- (0 Lih. 3. cap. 1. % Ara antica d'Haiwburgo 38 i tenne il secondo da Cesare (i) ■ Ora in tutti que- sti casi nuir altro volle dirsi certamente se non che quel tale era il più ragguardevole sia per no- biltà , sia per ricchezza , sia per eccellenza fra gli abitanti di quella data città, popolo , o provincia. Seguendo Y ordine delT epigrafe , si passa a trattare delle cinque, decurie dei giudici , nelle qua- li fu ammesso T. Flavio : e intorno a loro , pre- terendo scientemente le cose già note , ci si danno invece ottime avvertenze . E primieramente con- fermando r opinione del Vermiglioli si dimostra che r abbreviatura EX V DEC va spiegata ex quinqiie decuriis , e non già ex quinta decuria , come piacque una volta al dottissimo Visconti . In seguito si rileva 1' errore del Reinesio e del Gori i quali abbattutisi in una riga , in cui si leggeva EQVO . PVBLICO . EX . V . DEGVRIIS, confu- sero le decurìe dei giudici coli' ordine de' cavalie- ri , e crederono che vi si parlasse di un solo ol- ficio e di un solo titolo. Fatto però sta che furono due , bensì di grado eguale, ma fra loro diversi . Imperocché fra le cinque decurie due ve ne furo- no ducenarie , per le quali bastava la metà del censo che occorreva pe' cavalieri . E riguardo le altre , quantunque sia vero che per esservi anno- verato richiedevasi il censo equestre , e quindi sussista che ogni giudice di esse poteva, anzi do- veva essere cavaliere , non però ogni cavaliere fu giudice : del che senza altri esempi sono prova i nostri due Flavj , il primo de'quali fu EX. Y. DEG il secondo semplicevente EQVO PVBLICO . Il Ki- vautella ed il Ricolvi confessarono d ignorare qua- li cause spettassero alla decisione delle decurie , (i) De bel. Gal. 1. il e. 19. G.A.T.YIl. 24 383 Letteratura ma il N. A. opina molto probabilmente, che le più gravi e quelle che risguardavano la republica si agi- tassero innanzi il tribunale del pretore coli' assi- stenza dei decemviri , o dei centumviri , e* che le altre concernenti questioni di fatto e controver- sie private si abbandonassero al voto di giudici a ciò deputati dallo stesso pretore , e scelti Ira le decurie di cui si tratta . 11 che posto, ben sì spie- gano le altre formole niente meno comuni , jiidices selecti ^ judices de seleciis ^ judices selecti ex de- ciiriis , judices ex V decuriis inter seìecios^ le qua- li tutte cogliono dire il medesimo . Molti esempi laduna in seguito il dott. Labus dì altri , che in benemerenza di uffizi o sacerdozj ottenuti da essi, o dai loro figli, o dai loro con- giunti retribuirono alle città , da cui gli avevano conseguili , pubblici spettacoli ed opere pubbliche . E conta fra questi G. Giulio Severo , il quale oh honorem magisteri Coli. Fahrum ilanum pecunia sua fecit . Gli editori del museo nazionale Unga- rico , nel quale questo marmo si conserva, lesse- ro collegiuni Fahrum Silanum , e crederono che Silano iosse un appellativo di questo collegio . Ma guai è quell'uomo un poco pratico, Jion diremo degli studj epigralici , ma della lingua latina , il quale possa discordare dal dottor Labus , quando nei!" abbreviatura Coli, supplisce Colleglla e statui- sce che C. Giulio Severo, in benemerenza dell' ono- re conferitogli colf eleggerlo maestio dei fabri , fe- ce a proprie spese un silano , ossia un doccione o una maschera da cui si spargesse l'acqua di una fonte ? Seguendo un tale costume , anche T. Fla- vio Probo p'^r mostrarsi grato alla città di Carnun- to , che aveva elotto augure suo figlio , le donò una statua sorretta dalla nostra base , eh' egli de- Ara antica d'Hainburgo "383 dico , o vogliamo dire espose al pubblico , il dì primo di settembre dell' anno di Cristo i'jS. Questa data somministra al N. A. il fonda- mento di una plausibile congettura , onde spiega- re i bassirilievi che adornano i fianchi dell' ara , ed indovinare la fausta occasione in cui essa fu de- dicata. Neir anno 177 i Marcomanni ed i Quadi, che abitavano la Boemia e la Moravia , avendo ri- prese le armi , tentarono una nuova incursione nelle province dell' impero . I due fratelli Quintiij , che reggavano le Pannonie , fecero tutti gli sforzi per contenerli , ma così stentatamente vi riuscivano , che r imperatore M. Aurelio credè necessario di ac- corrervi in persona . Egli partì da Roma col figlio Commodo nel 178. ai cinque del mese Commodo corrispondente ad agosto : onde \ ultimo giorno del mese , o in quel torno, dovette arrivare a Car- nunto , ove per tre anni aveva fatta la sua resi- denza in tempo della prima spedizione contro i medesimi Marcomanni . Nulla adunque di più ve- rosimile , che T. Flavio Probo festeggiante per l'ar- rivo del desiderato augusto , profittasse cii questa bella congiuntura per accrescere la pubblica letizia colla dedicazione del suo dono . E per verità que- st'opinione , già resa probabilissima dalla coerenza dei tempi , acquista poi maggior peso dal simula- cri , che sono effigiati intorno la base . Essi indi- cano chiaramente il Genio di Garnunto che sacri- fica alla Fortuna . Ora ognuno sa che la Fortuna era appunto la protettrice dei viaggiatori . Oltre di che qual' altra dea meglio che f arbitra degli umani eventi poteva invocarsi a prò di un prin- cipe , che veniva ad intraprendere una guerra ? Dall' altre parte il Genio è certamente in alto di sacrificare, né il Genio di una città sacrifica per 24 * .384 liETTERATURA. private ragioni . I grcgiamente adunque il dott. La- bus ha immaginalo che qui si alluda ai voti sciol- ti dalla città di Carnunto alla Fortuna Reduce pel felice avvento di M. Aurelio . In una medaglia di Alessandro Severo citata dal Rasclie (i) noi vi ab- biamo egualmente un genio che sacriiica alla For- tuna in presenza dell' imperado^e . Chi sa che la statua sovrapposta alla nostra base, e di cui T is- ciizione non fa motto per» he da se si essa palesa- vasi , non (osse appimto quella dell' imperadore fi- losolo ? Anche L.Giulio, per aver conseguito lo stes- so onore deli' augurato , donò a (frumento la sta- tua di Adriano (i), e Ti. Claudio Severo regalò quelle di Cai acalla e di Giulia Pia al corpo dei piscatori ed(i pdlombari di Roma, o di Ostia che siasi , da cui era S;ato eletto patrono (3) . Ld è poi indubitato che questa base fu eret- ta per 1 appimto nell' anno ij8, facendone fede il consolato di Orfito e di Rufo , di cui si vede in- signita . E questo il secondo ma^mo che si cono- sce , il quale ci presenti i loro nomi . Ma quanto è certo, pel consenso di tutti i fastografi antichi e moderni , che costoro ottennero i fasci ordinar] di quest' anno , altrettanto è controverso chi essi si fossero , e qual sia la famiglia cui appartennero . E per riguaido al primo, cinque sono per lo me- no le genti senatorie , che in questi tempi costu- marono il cognome di < rfito , cioè la Calpurnia, la Salvidiena , la G.ivia , la Vezzia , e la Cornelia , alle qufdi due ultime gli scrittori dei fasti hanno con multa discrepanza attribuito il nostro console . (0 Titilli, par. I. pa^. i3«6. (2j Grut. 24i^. g. (3) Grut. S^x. 1, Ara antica d'Haijvburgo 385 E cominciando dalla Calpnrnia , non si conosca di essa che un 8er. Calpnrnio Scipione Orfito appa- rente da una lapide del Fabrctti (i), il quale ci sembra quel medesimo che morì nell'anno 191. per attestato di vn celebre registro sacerdotale pub- blicato dal Marini (2) . JVta sebbene costui si ap- pelli Calpui'nio , noi crediamo iermamente che non debba torsi ai Cornell , ai quali lo la chiaramen- te appartenere il cognome Scipione , il prenome Servio ; e teniamo che per differenziarsi da altri Jra- telli , egli ( secondo molti altri esempi di questa età , nella quale erano sovverlite le antiche leggi dei nomi romani ) desumesse il nome gentilizio dalla madre : e veramente una Calpurnia Lepida figlia di Lucio fu maritata ad un Orfito, siccome ci attesta il nobilissimo ceppo sepolcrale datoci nelle iscrizioni albane p. 100. Ai tempi di costui visse un Vezzio Scipione Orfito senatore , memora- to nella gruteriana p. óo3. 2, che altrove (j) abbia- mo provato essere anteriore di poco all' ahno i84- Ma aneli" egli pel cognome Scipione si palesa di- scendente dai Gorneli , e si sarà detto Vezzio per una ragione consimile a quella , per cui 1 altro ehiamossi Calpurnio: anzi nulla osterebbe che co-' storo fossero gei mani , uno de' quali avesse preso in prestito il nome dalla madre, 1 altro dall' avo- la . Spettano poi alla casa dei Salvidieni quel Sal- vidieno Orfito che fu accusato da Aquilio Rego- lo , come insegna Tacito (4j, e che fu latto uc- (1) Inscr. p.' 744- »• 5i8. (2) Fr. Arv. p. 167. n. 3. (3) Giorn. Arcad. t. j. pa^. xQa- (4) Hisi. 1. 1\' . e. U- 38G Letteratura cidere da Nerone pel frivolo pretesto quoti tebcr- vas ircs de domo sua circa forum civitatibus ad siafionein locasset secondo che ci dice Svetonio (i). Malamente , a nostro senno, egli è stato con- fuso dal Marini (2) colT Orfito collega dell' ijn- pcradcre Claudio nel consolato dell' anno 5 i. , il qua- le presso Tacito (3) e Plinio (4) , non che in tre marmi (5) che ci mostrano tulli i suoi nomi , di- cesi semplicemente Ser. Cornelio Orfìto . Ma la ra- gione per cui non possiamo concorrere nel senti- mento di queir esimio antiquario dipende precipua- mente da questo , che Salvidieno Orfìto per attesta- to di Dione (G) fu ucciso nel 818. , e all'opposto sappiamo da Tacito (7) che nel medesimo anno Cor- nelio Orfìto era uno degli adulatori più sfacciati di Iverone a segno tale di ottenere in senato , che in suo onore si cambiasse il nome ai mesi di aprile , di maggio , e di giugno . Onde chi conosce alcun poco r indole di questo severissimo storico non può persuadersi, che, data ridentilà delle due persone, avesse egli taciuto ogni cenno del pronto ed inas- pettato guiderdone, che costui avrebbe ottenuto dalla ««uà viltà . Dovrebbe essere suo figlio l'altro Salvi- dieno Orllto , che s'immischiò in una congiura con?- tro Domiziano, onde ne fu esigliato , come si rile- y^ da Filostrato nella vila di Apollonio (8) , ed an- (x) la Nerone e. 37. (2) Fi'. Arvr. p. J16. (3) An. 12. 4'- (4) Hist. nat. 1. 2. e. 3i. (5) Calendario Anziate, Grutcro p. Soo. 1., e p. io65. 11. (0 L. 62. e. 27. (7) An. 1. 16. e. 2. (8) L. 7. e. 8. e 53. 1 Ara antica d' Hainburgo 38r> 2i ucciso poco dopo , secondo ciò che ci narra Sve- tonio (t) . E l'orse da lui provenne M. Salvidieno Orfìto collega di M. Peduceio Priscino , col conso- lato dei quali viene notata un' insigne lapide capi- tolina (2) , sulla cui applicazione si sono avute tan- te contese . Rettamente il Muratori , il Giorgi , ed il Guasco avevano creduto che costoro fossero i con- soli del I IO. , ma loro si oppose acremente il Ma- rini (3), il quale, volle riportarli all' anno 5i. Se ne ritrattò per altro nell' opera inedita delle Figuli- ne (4) , acquietandosi alla sentenza degli avversa- rj : e veramente oltre le altre ragioni , che si de- ducono dal contesto di queir iscrizione , una gravis- sima si emerge dai fc^sli di Cassiodoro e di altri che seco lui convengono , i quali in vece di Orfito scri- vono Soleno , che ognuno vedrà facilmente essere una corruzione di Salvidieno. Della gente Gavia non ci è cognito se non M. Gavio Orlito console nel iG5., uomo che ci rimane ignotissimo , quando pure no» voglia tenersi un parente o un figlio di M. Gavio Massimo , che fu per venti anni prelétto del preto- rio di Antonino Pio . Non parliamo di Aquilio Or- fito che il Panvinio ha creduto sufFetto all' imp. L. Vero nel i54-» non essendo ben sicuro se in quel- la lapide, che a Claudia Bacchide chiarissima fem- mina dedicarono Sextio Laterano ed Aquilio OrJìtQ r ultima parola debba leggersi COS , e non piutto- sto FOSuerunt , come fece il Grutero (5) . Ma di (1) In Donait. e. lo. (2) Guasco Inscr. Capit. T. 2. p. j^ (3) Fr. Àrv. p- 116. (4) Num. 297. (6) P. 86 i. i. 388 Lette nATiìRA tutte le famiglie romane che usarono il cognome di Oifito la più celebre è la Cornelia , e quella ezian- dio che lo mantenne più costantemente dì ogni al- tra . Abbiamo già parlato di Ser . Cornelio Orfito console nel 5i. Indi ci è noto Ser. Scipione Orfito console nel i49« •» che poi lu proconsole d'Africa, e innanzi cui Apulejo recitò un' orazione, nella qua- le lo loda per la sua moderazione , e per la sua mo- destia . Egli è indubitatamente quel medesimo pro- console Ser. Cornelio Orfito , di cui si ha memo- ria neir iscrizione dell' arco di Tripoli pubblicata da molti , ma più corretta certamente dal Maffei (i), e nei viaggi di Ali Bey (2). Essa è dedicata ai due im- peradori M. Aurelio e L. Vero , e spetta senza me- no o alla fine del i63. , o al principio dell' anno seguente, veggendosi dato il titolo di Armeniaco a L. Vero , e taciuto in M. Aurelio, e sapendosi d'al- tronde che il secondo ricusò per qualche tempo la comunanza di quest' onore , che infine accettò egli pure nel i(i4- , onde nel breve periodo di questo rifiuto deve onninamente stabilirsi 1' età di quel mar- mo . E intanto noi crediamo che il console del i4{)- sia il proconsole del 160., perchè conosciamo la costituzione di Tiberio , sulla quale veggasi il Ri- chio (3), nella quale era statuito che niuno godes- se del beneficio della sortizione delle due province consolari dell' Asia e dell' Africa se non dopo un decennio dal conseguimento dei fasci . Quindi noi dubitiamo assai , se 1' Orfito che ottenne dall' imp. Antonino Pio la dimissione dall' ufficio di prelet- to di iioma lungamente da lui occupato, abbia da (1) Mus. Ver. p. 467. 2. (2) Tav. XV. (,o) Ad Tiiciluiii p. 211. Ara antica d'Hainburgo 38g confondersi col nostro console : il che non sarebbe certamente vero , e piuttosto dovrebbe credersi suo padre , quando sussistesse la ragione addotta dal Ca- saubono , che questa rinunzia fosse stata originata da soverchia vecchiezza . Figlio del console fu pro- babilmente Cornelio Scipione Ortito , eh' ebbe un sa- cerdozio nel 189. (i), e un suo lontano discenden- te sarà stato L. Cornelio Scipione Orfito senatore ed augure nel 295. , di cui alquante iscrizioni si ri- portano dal Fea (3) . Quindi per quasi tre secoli avendosi memoria del cognome Orfito presso i Cor- nell , e per moltiplici onori essendo questi illustri e famosi , giustamente conchiude il dott. Labus , che la maggiore probabilità vuole che ad essi appunto si attribuisca l' ignoto Orfito memorato nella nostra base , finché altri più chiari monumenti non so- pravvengano a provare il contrario . E qui faremo una riflessione , per cui nuovo fondamento si accre- sce air opinione del N .A. Scrive Frontino de colo~ niis a proposito dei consoli del i49-" Hcec deternii- natio facta est Orfito seniore et Quinto Sitio et Pri- sco consulibus . Ognuno vede che il testo è scorret- to , onde il Rigalzio volle leggervi Ser. Scipione Orfito , et Q. Nonio Prisco , e il Goesio Orfito con- ditore et Quintilio et Prisco consulibus . Ma questo è un creare di nuovo , non un' emendare . La le- zione da preferirsi è indubitatamente quella che pro- pese il Marini (3) : Orfito seniore et Q. Sosio Pri- sca consulibus. Ora la cura di distinguere il console de. 149. coli epiteto di seniore suppone manifesta- mente che ai tempi di chi scriveva poteva temers-i (1) Marini Fr. Arv. p. 1G7. (2) Misceli, p. i63. o) Arv. ^. i.-jS. 3gtì Letteratura di confonderlo con uno o più Orfìti giiiniorì , e cìh importa che il primo abbia avuto qualche figlio, che al pari di lui giungesse ali onore dei fasci . È ve- ro , che questa ragione tanto milita in favore del console del l'jS. , di cui cerchiamo notizie , quanto per quello del 172. , che parimenti chiamossi Or- fito senza che altro sappiamo di lui . Ma sarà certo almeno che uno di questi due consoli appartenne alla gente Cornelia , e che di alcuno di essi avrà parlato Capitolino (1)7 quando disse, che a M. Aurelio cri- mini datuin est^ quod adulteros uxoris protnoverit Tertidluni , et Utdium , et Orphitum , et Moderatum ad varios honores. Passa in seguito il dott. Labus a trattare dell' al- tro console Rufo , chiamato Vezzio del Panvinio , Giuliano da quasi tutti i moderni fastografi, e ch'egli fidatamente appella Tineio . Esiste in t irenze il fram- mento di un' iscrizione greca edita due volte ia quelle novelle letterarie (2) e dedicata agli Dei Sin- nei e Simbomi per la salute dell' imperadore Com- niodo Antonino sotto il consolato di Q. Tineio Ru- fo , mancando il nome del collega per la rottura del marmo . Il eh. Amaduzzi , che fu il primo a di- vulgarlo , l'assegnò all' anno 182., in cui i fasti (i mostrano un' ignoto Rul'o compagno di C. Petron'o Mamertino , ed all' opposto 1 ab. Fontani, che igna- ro r anteriore pubblicazione, lo riieri al collega ili Orfito nel 178. 11 Maiini (li) si dichiarò piM- la sei- tenza dell' Amaduzzi , opponendo che il Fontani n)a aveva riflettuto che il monumento parlava di Con- (1) In Marco e. 29. (2) Anno 1764- p- 48o., an. i-]%%. p. (5) Fr. Arv. p. 664- Ara antica d'Hainburgo Sqi modo già imperadore, e che nel 178. viveva an- cora M. Aurelio . Ma accuratamente osserva il La- bus , che il giovane Comraodo fu assunto dal pa- dre in collega dell' impero , e eh' ebbe il titolo di augusto fino dal 177., onde IMP. CAES. L. AV- RELIO . COMMODO . M. PLAVTIO . QVINTI- LIO . COS. si legge nella celebre lapide del collegio gladiatorio Aureliano , per tacere delle medaglie che gii congiungono il titolo imperiale colla tribunizia potestà prima , e col suo primo consolato . Frivola è dunque l' obbiezione del Marini , la quale perde tutta la forza tosto che si è dimostrato che nel 178. Commodo chiamavasi imperadore . AH' opposto il jy. A. ha sottilmente studiato un'argomento per cui dimostrare che Tineio non può essere il console del 182. Egli osserva che questo Q. Tineio Rufo fu ascritto air ignoto sacerdozio del più volte citato re- gistro Mariniano (i) Tanno 170. , e che ne cedet- te il posto e M. Annio Libone innanzi il 179. , i di cui consoli si memorano subito dopo . Conside- ra appresso che da questo collegio si sortiva o per morte , o per promozione ad altro sacerdozio , che in questo caso si suole sempre indicare qual fosse, o per designazione al consolato , come avvenne a Petronio Septimiano che ne usci nel 189. e fu con- sole nel 190. , a Oenio Severo che per egual moti- vo ne andò fuori nel 170. , e forse a C. Mattio Sulli- no nel 18G. , del cui consolato suffetto siamo pu- re sicuri . Ciò posto , Q. Tineio Rufo che non fu traslatato ad altro uficio sacerdotale avendo ces- sato di appartenervi innanzi il 179. , non può cre- dersi il console del 182. Imperocché s' egli ne usci per morte , la conseguenza è evidente , e se ne sor- (1) Fr. Avf. p. 167. 392 Letteratura ti per conseguire i fasci doveva esserne estratto non nel 179. , ma nel jòi. , in cui solo potè essere de- signato. Dall' altra parte il In^mmen'o lionntino av» visandoci che Tineio fu realmc nte console koKo Gom- modo, ci fa certi della vera ragione per cui rgli cessò da quel collegio; onde rimane evidente, malgrado la rottura del marmo Mariniano, che la sua abdica- zione seguì nel i^y. per salire al consolalo del 178., e si avrà quindi a conchiudere che in quesl" ulti- mo anno non seguì alcun mutamento in quel sacer- dozio , il che pure troviamo essere avvenuto sotto altri consoli , che perciò si veggono preteriti . Sco- perto così il casato del compagno di Orlilo s' inol- tra il dott. Labus a cercarne i maggiori, e ne tro- va r avo o il padre in quel Rulo legato augusta- le di Adriano nella Giudea, che nel i^G. unita- mente a Giulio Severo represse la sedizione susci- tata da Barcoeba . Il nome di costui leggesi sci itto con molta varietà presso gli storici , dicendosi Tin- nio da Giorgio Sincello , Ticinio nel trsto ai meno di Eusebio , Tynio nel volgarizzamento di s, Giro- lamo , e Tinio dallo stesso santo in 1 aniel. e. 9. Ma che in tutti questi luoghi debba restituii sì Ti- neio fu giudiziosissima osservazione di monsìg. IVìarì- ni , il quale vide eziandio eh' egli era stato legato dello stesso Adriano nella Tracia, siccome ci attesta una medaglia dei Bi>.ieni . Questa lamiglia divenne poscia chiarissima per gli onori conseguiti, e sono cogniti G. Tineio Sacerdote Clemente console nel 1 58, Q. Tineio Sacerdote ascritto al più volle citato col- legio nel 170., Tineio Clemente console nel 195., e Q. Tineio Sacerdote con soie per la seconda vol- ta nel 219. Fermato adunque che coloro i quali diedero il nome a quest'anno furono Cornelio bcipionc Or- Ara. ANTICA d'Hainburgo SqÒ fito, e Q. Tincio Rufo, il !N. A. si propone la dif- ficolfà che nel latercolo militare ripubblicato dal eh. Schiassi (() sì dicono invece OKFITO. ET. IV- Ll'ViNO. GJ5 I a^tograii si erano facilmente trat- ti d' impaccio supponendo che Giuliano fosse un secondo cognome di Ruio, e fu questa la ragione per cui dai moderni viene comunemente chiamato Giuliano Rufo . Ma dopo che si è riuscito a sco- prire i suoi veri nomi , quest' ipotesi non può più so tenersi, onde pensa piuttosto il Labus, che Ti- neio Rufo o per morte prematura, o per altra qual- siasi ragione , Cvssass" dall ulizio innanzi che fosse compilo il sio nwidino , e con ciò si desse adito a sostituirsi un sulfttto Giuliano . ì^esta opinione non incontra diiiicoltà, perchè la cosa è così con- sueta , ch.^ ne abbiamo esempi in quasi tutti gli anni , nei q(jali ci è dato di conoscere l'esatta suc- cessione dai consoli surrogali agli ordinar] . Ed è poi da riflettere che mo te novità in fallo di con- solati s incontrano tanto nel marmo bolognese , quanto nelfallro che dalla biblioteca di S. Grego- rio ad Cliviim Scaltri pubblicò i Odorici (1), i qua- li sono cerlamente due pezzi di una s lessa iscri- zione , della quale alcuni altri ne mancano, e che contengono un elenco di soldati disposti verisimil- mente secondo V ordine del loro arrolamento . Ot- to consolati ivi s' incontrano, ma tre \olle sole vi il osserva una penetta corrispondenza co' lasti, men- tre oltre la v^riet^ che presentemente esaminiamo, altri quattro anni sono notati col nome di un solo. Si ha egli da dire che essendo quel registro stato (1) Guida al Museo di Bolognil p. 42' (1) Silloge p. S2Q. 394 Letteratura inciso sotto r impero di Commodo, vi si preteris- sero tutti quei consolati che incorsero nella sua di- sgrazia ? Ma qualunque ne sia la ragione, difficilis- sima sicuramente da indovinarsi, certo è che que- ste deviazioni dai fasti comuni concorrono a ren- dere sempre più probabile Vopinione del dott. La- bus , che nel nostro caso si tratti di un console suffetto non dì un ordinario • E viene poi sospet- tando che questo suffetto sia l'imperatore Didio Giu- liano , che in compagnia di Pertinace fu certamen- te surrogato circa questi tempi . Una tale congettu- ' ra ha senza dubbio molto maggior fondamento che non ebbe quella del Panvinio, il quale senza alcu- na buona ragione fissò il loro consolato nell'anno seguente . Tuttavolta , perchè conseguisse certezza , converrebbe sciogliere gii argomenti che addusse il Reimaro (i) , quando volle che il seggio consolare di Didio e di Pertinace si avesse a stabilire avanti il I yS, appoggiandosi su questo, che Dione e Capi- tolino fanno travedere aver Pertinace conseguito i fasci innanzi la ribellione di Avidio Cassio . Ma egli è vero altresì che Capitolino non si accorda con Sparziano riguardo il consolato di Didio , on- de il Tillemont e Y Eckel che ben se ne accorse- ro dovettero contentarsi di rampognare la negligen- za degli scrittori , su' quali si posa la storia au- gusta . ( Sarà continuato) Borghesi (i) Ad Dioncm p. 1189. § 75. 395 rriimnrfiriiiiniirii Principi della stampa in Perugia e suoi progressi per tutto il secolo XP^ nuovamente illustrati accres" cinti e corretti in questa seconda edizione da Gio. Battista Vermi glioli - Perugia 1820» presso la tipografia Baducl - 8. G lonosco lungi di qui una generazione di dotti uo- mini i quali consumano i loro giorni nella sola ri- cerca di cos(^ recondite : talché prolonde notizie pos- seggono delle origini di ognipopolo ; e ti san dire le catastroti servite di base ad antichissime favo- le . Quindi si mostiin pur loro sassi incavati dalle acque , più che incisi dallo scalpello ; medaglie su cui più non dìstinguansi ne immagini né caratteri ; ruderi di fabbriche diroccate, con le quali tanto può apprendersi, quanto con la capanna di Titiro : essi ne parleranno do tamente , e vi scriveranno sopra lunghi romcntarj , men pieni di congetture , che di assoluta dottrina . Oiiesla dottissima gente bisogna peraltro guardarsi di consultarla sopra oggetti del mie- dio e anche dell' iniimo evo , e sopra vicende di cui , se non essa medesima , i più moderni antenati es- ser poterono parte : poiché non arrossisce ignorare talora le meno obliate cose ; e sembra perfino of- fendersi contro chi sopra esse la inlerroga , quali ci- vette dalle amiche tenebre tratte nel giorno . Mi ri- cordo, che chiedendo io a uomo riputato prestante certa notizia intorno alla storia de' Malatesti : (e for- se egli stesso lo richiamerà a memoria in leggere questo articolo : ) dopo aver zompato da anacro- nismo ad anacronismo , io sono antiquario , ebbe a dirmi montato in ira , e non modeniario . Gli chie* 396 L ETTERATURA si scusa: come non arrendersi a sì gagliarda ra- gione ? A questi tali appropriarsi non può il rimpro- ]j vero che quel longevo egiziano fece a Solone , di essere i greci nelle cose antiche fanciulli ; né tra es- si vecchio nessuno, (i) Essi passano all'incontro per provetti assai nelle cose de' primi secoli ; e bam- boleggiano circa quelle degli ultimi : degni che di- casi di loro quanto di se stesso e de' suoi contem- poranei diceva Tacito : velerà extolUmus , recentum incuriosi . (2) Felice Perugia la quale nel valoroso letterato signor Giambattista Vermiglioli , direttore di quell' insigne museo , e professore egregio di archeologia in quella celebre università , possiede un sublime universal genio , il quale ha procurato familiariz- zarsi con le epoche tutte. Egli segue le tracce del- la gloria di sua patria, dalla più oscura caligine de' tempi insino a' suoi : onde presentare a' concittadi- ni in tutte le età una catena di esempj non inter- rotta . Di ciò è convincente riprova il catalogo de' suoi sciatti a stampa , (3) in cui non so che cosa possa desiderarsi ò dirsi non discusso , a illustra- zione de' perugini fasti , incominciando dalle den- sissime etrusche tenebre ; e scendendo petroniani se- coli , a quelli i quali , in minor distanza da lui , constituiscono la vera e distinta storia municipale. Immensa prospettiva è la storia pel suo magistrale pennello , circoscritto da orizonte senza conline , da cui si diparte e si estende, fino coli' occhio chela (1) Plat. inTim. (2) Annal. 1.2. in fin. (3) Pi-incipj ce. p. 20 ». Tipografia Perugina 3qj considera, spazio, benché vastissimo, pur non mai sgombro d'oggetti . I soli stolidi ricuseranno riconoscere la intro- duzione dell' arte della stampa per quel mirabi- le e straordinario avvenimento moderno , il quale fa , quanto altri mai , testimonianza luminosissima della estensione e ardimento dello spirito umano . Essa è per cui non estinguerassi più la letteraria e la scientifica face: e il sommo arbitro delle sor- ti degnisi bensì allontanare dalle odierne bibliote- che incendj e saccheggio di barbari . Pur taii in- 'fortunj i risultati terribili seco non recherebbero , per cui la combustione infausta di quelle di Per- gamo Alessandria Susa Apamea , e il devastamento delle romane di Varrone Lu cullo Cesare Augusto e Trajano con inconsolabile rammarico si rammen- tano . Siccome i perugini non furono tardi a intro- durre nella loro città arte così benemerita : a il- lustrare questo punto di patria moderna storia , è diretta 1' ultima tra le tante opere del prelodato Ver- miglioli , impressa quest' anno dal tipogiafo peru- gino Baduel col titolo - Prmcipj della stampa in Perugia , e suoi progressi per tutto il secolo XK. - Essa è la riforma di altra sulf oggetto medesimo, intitolata - Della tipografia perugina del secolo Xf^. da lui pubblicata il 180G: al qual nuovo lavoro non «olo le acri censure del letterato e tipografo pado- vano Pietro Brandolese lo indussero ; ma anche il proprio convincimento delle sviste , in cui nella edi- zione di queir opuscolo confessa avere sdrucciola- to , per non essergli riuscito vedere ed esaminare quanto occorreva . Questa riforma è quale attendere i letterati po- tevano dalla ragione di tanto uomo ; dagi' indefessi G.A.T.VII. a5 398 Letteratura. SUOI stud-j suir argomento , continuati per anni quat- tordici ; e dall' esame rigorosissimo e critico di quan- to Iianno scritto prima di lui i più applauditi bi- bliografi . Egli è così modes'o , die se la storia del- la perugina tipografìa è oramai , per mezzo di sue fatiche , bastantemente illustrata : non ricusa chia- marsene in parte debitore , non solo a una dottis- sima lettera tipografica a lui diretta dal chiaris- simo padre maestro Airenti domenicano , già bi- bliotecario casanatense, e ora , pe' suoi distintissi- mi mariti , nominato vescovo di Savona ; ma an- che a risposta eh' (^gli chiama eruditissima^ dello stes^- so avversario !Brandolese , del quale i suoi mode-- stissimi modi , dopo la prima censura , gli catti- varono r amicizia . Chi legge quest' opera non può non rimaner pienanirnite pago dell accuratezza somma usata dal diligentissimo scrittore, per rendere indubitato quan- to asserisce; e per confutar qualche errore di au- tori accreditatissimi , riguardati come oracoli in ta- li materie . Non credo esagerare , chiamando clas- sico il libro del Vermiglioli , in fatto di tipogra- iiche discussioni ; e quantunque le massime e teo- rie da esso fissate contribuiscano tutte in ultima 9nalisi alla dilucidazione del suo argomento dome- stico : pare a me , eh' egli meriti essere accetta- to per arbitro , anclie in questioni promosse d'al- tronde . La piir antica edizione perugina , marcata di epoca certa, appartiene al 147^; e consiste nella let-' tura di Bartolomeo da Saliceto sul nono libro del codice . Non crede peraltro 1 illustre autore <, esser questo il primo saggio della patria tipografia : ma vedendo impressi senza cronico indizio il comenta- rio di Baldo sul libro sesto : e il trattato delle ap-> ♦ Tipografia Perugina 899 pelldtioni di Filippo ^e'/T"rt!ncA/:giudiziosamente con- gettura , che una dì queste ( e probabilmente la prima ) meriti tra le edizioni perugine il primato, e debba collocarsi tra gli anni 1472 e i475. Esteii- dendo quindi le sue dotte divinazioni sul primo ti- pografo, crede essere stato un Giovanni Widenast alemanno, il quale esercitò realmente in Perugia l'ar- te della stampa il 477i ^ "o^^ ^ inverisimile , es- ser lui l'artefice stesso , chiamato a imprimere in Perugia dal magnanimo Braccio II Bagiioni , alle generose premure del quale dee quella città la pri- ma introduzione d' arte così mirabile , e la prima protezione accordata a' professori della medesima . Altro libro mancante del pari d' indìzio cro- iiologico,e riputato di edizione anteriore al 1473, è un itinerario di Palestina di Gabriele Capodilista . Lo stesso vanto è anche attribuito alla gramatica lati- na di Sulpizio da Veroli ; e anzi questa fa nascere questione trai Vermiglioli e il reverendissimo Aì- renti , se sia la prima edizione perugina . La qual questione positivamente decisa dal secondo, in. for- za di molte indagini minutissime, formanti il più sano criterio presso i bibliografi , per pronunziare su l'età e la località delle stampe , da essi chiama- te ancipiti'-, è dal primo lasciata indecisa, per dub- bj sensatamente formati, e da' dotti riflessi dell'al- tro non vittoriosamente disciolti. In argomento di tal natura non essendo neces- sario seguire il dilìgentissimo autore nell'analisi di tutte le edizioni perugine del quindicesimo secolo; e bastando alla erudita curiosità degli amatori di queste cpse essere assicurati, che la stampa fu in- trodotta in Perugia verso il 147^ : cesserò di parla- re di tal libro, congratulandomi con quella città e università famosissima , pel vanto che a esse , ol- 25 * 4o» Letteratura tre moltissimi altri , compete , di aver meiitato posto così distinto anche nella tipografica storia ; e animando lindefesso sig. Vermiglioli a continua- re il suo pregiato lavoro almeno a tutto il secolo sedicesimo ; e affrettare la riunione di questa se- conda parte alla prima . È bensì per me necessario, che si reputi in- genuo il tributo d encomio da me offerto con que- sta nota al suo libro : ed ecco perchè non voglio dissimulare, che a mio sentimento potrebbe egli es- sere un pò più rigoroso sul punto della elocuzio- ne toscana, la quale alle volte sì in questa che in al- tre sue produzioni comparisce non solo alquanto tra- scurata ; ma anche inietta di vocaboli dalla con- venzione gramaticale non approvati . Infatti Quin- tiliano inculcava bensì, che il primo studio degli scrittori avesse per oggetto le cose : ma volea che non ne fosse disgiunto anche il secondo su le pa- role ; ciiram ergo \>erborum- rerum volo esse solici- tudinem. (i) t^ tale avvertenza pare che debba aver- si vie maggiormente ne' libri a immortalità consa- crati , come quelli del Vermiglioli . Quelli i qua- li , non visto il libro de' principi della tipografia perugina , sospettassero , essermene dettato 1 elogio soltanto dall' amicizia che mi lega al chiarissimo autore ; e dalla riconoscenza che gli professo , per aver coadiuvata con nìonumenti a me ignoti quel- la mia inauspicata ardua e lunga fatica delle me- morie interessantissime di Pesaro^ prima di me da nessuno intieramenente raccolte : alla quale non ha la gratitudine arriso né privata ne pubblica : da quijsta ardita osservazione mia saranno convinti del- la sincerità e candore de' miei sentimenti . Teofilo Betti (l) Ist. proem. 1. 8. 4oi ARTI BELLE ARTI Scultura . Teseo che abbatte un centauro : grup" pò colossale scolpito in marmo dal celebre signor* marchese Canova . P, oichè è la sorte quasi comune alle opere del sig. Canova il nascere in Roma , e poi peregrine esse- re trasportate in altre regioni ; ora che si avvici- na a subirla il gruppo del Teseo col centauro re- cèntemente da lui terminato ; ne facciano almeno menzione i nostri fogli , e ne rilevino i pregi . Teseo che atterra un centauro è X argomento di que- sto sublime lavoro . L'eroe è rappresentato nel mo- mento che si accinge a scaricare \ ultimo fatale col- po sopra il nemico . Solleva perciò la destra armata di clava , mentre colla sinistra gli ha già afferrato il collo, e spingendogli il ginocchio nei ventre Io ha costretto a cadere . Tenta il centauro , stringendo colla destra il braccio di Teseo , di svilupparsi e liberarsi da quella terribile presa ; e posando la sinistra sul terreno , fa ogni sforzo per sollevare, coli ajuto delle zampe di dietro, la groppa. Quelle davanti, per la grave spinta che riceve nel ventre , restano quasi abbandonate . La di lui testa , soffocata dalla mano che stringe il collo , esprime nella bocca e negli occhi la rabbia e lo sfòrzo che tenterebbe per liberarsi . 11 corpo pende ibrzatamente all' indietro . 4o-2 Belle Arti Teseo non» ha altra armatura che Telmo , altra arma non ha che la clava . Ha il piede destro in terra , stendendo la gamba per dar moto al corpo nello scagliare il colpo . Alquanto sollevato sopra im sasso è il piede sinistro , e la coscia spinge il gi- jiocchìo contro il ventre del mostro . Ancorché Te- seo sia nel momento della pugna, conserva una mae- stria eroica neìV attitudine , e fa vedere che la vit- toria non gli costa uno sforzo . II centauro all' opposto mostra , nel cedere al colpo che lo spìnge all' indietro, e nel tentare di rialzarsi , tutti i muscoli del corpo in un' azione ener- gica ed agitata, che fa contrapposto alla direi quasi tranquillila della figura del Teseo . Il mostro bifor- me è bello nelle sue proporzioni , che non hanno la nobiltà di quelle del Teseo , ma che mostrano una rozza robustezza riell' unione delle due nature umana e brutale . Il finire del ventre , dove que- sto si unisce alle zampe del cavallo , è così ben immaginato e disegnalo, che tali dovriano essere que- gli immaginarii mostri biformi se avessero mai esi- stito . Tutte le parti del cavallo sono esposte con una intelligenza somma della difficile anatomia di questo animale , cui con tanto faticosi studi è ar- rivato a conoscere perfettamente il nostro scultore . Lo stile eroico e la seria bellezza di parti , eli' egli ha seguito nel Teseo , sono quali appunto furono adoperali dai greci in simiglianti argomen- ti . Le forme ed i contorni della figura sono no- bilissimi , e r attitudine di sollevare il braccio met- te in azione le belle parti del petto, e lascia ve-- dere in tutta la sua eleganza il corpo , che ( es- sendo la figura di tutto rilievo ) è ugualmente mi- rabile negli omeri , nei fianchi, nelle coscia , e nelle gambe . Scultura-Teseo del Canova 4^3 Non si può parlare della maniera di trattare il marmo del nostro eccelso scultore senza ripetere quelle somme , ma non mai esagerate lodi, che me- rita il suo scalpello . In queste due figure, tanto superiori al naturale , sorprende il ritrovare la fles- sibilità e la mollezza della carne . Pare che V idea deir estremamente grande sìa in opposizione con tali pregi , ma pure ha saputo conseguirli quest' uo- mo unico , la di cui sublimità si spiega egualmente in ogni cosa , che all' arte sua diletta appartiene . Gian-Gherardo de Rossi 4o4 \ A R I E T A' 'i^ologia del comirwndatore Annibcd Caro contro Lodovico Castelve- iro , nuova edizione con illustrazioni ed aggiunte - 8 - Milano , dalla iocietà tipograjica de^ classici ilaliani , 1820. E' questa una delle opere più gravi del Caro , ]a quale , siccome la traduzione dell' Eneide e della retorica d' Aristotele , non fu da- gli accademici della crusca fatta degna d'esser citata nel loro voca- bolario. Con quanta ingiustizia però, l'hanno sempre gridato gl'ita- liani più pratici nelle cose della lingua: ed ora bene il conoscono gli stessi nobili successori dell' Infarinato e dell' Inferigno . E stata ella dunque ristampata di nuovo a spese del benemerito sig. Gio- vanni Resnati, perchè possa aggiungersi alla celebre collezione ita- liana pubblicata in Milano . Sidizione veramente nitida ed accura- ta: alla quale s'è voluto unire di più il comento sulla canzone de" gigli d' oro , lavoro da' più sani critici attribuito al Caro medesi- mo ; e ì ritratti del Caro e del Castelvetro disegnati ed incisi da molto valenti artisti. - Prezzo , in carta comune, lir. 6. - in car- ta velina, leg. bod. , lir. 10. Sopra un codice cartaceo del secolo XV scritto la prima volta in cera , accjuislato recentemente dalla civica inagistratura di Siena ec. osservazioni critiche deW ab. Luigi de jlngclis P. P, neW L e R. università di Siam ec. ~ 12 - Colle 1820 , presso Eusebio Pacini e figlio . 11 codice contiene le prediche di S. Bernardino da Siena dette da lui l'anno i4'2 7 » le quali furono raccolte ascritte iu cera da Be- Varietà' 4o5 nedetto di maestro Bartolomeo cittadino sanesc, mentre il santo le declamava dal pulpito . Ne fa primo possessore Antonio Campana , indi passò in diritto delle povere del monistero di Campansi. Par- la dunque il chiarissimo autore in qaest' opuscolo e della prezio- sità del codice, e de' pregi della famiglia Bartolomei onde fu Be- nedetto , e di quella de' Campana , e del monistero suddetto . Ag- giunge poi molte utili e belle notizie sull'arte antichissima di scri- rere in cera con pari prestezza del parlare: di che vogliamo loda- re la vasta erudizione del signor prof. D^-Angclis . Elogio del dottore Leone Ludovisi, scritto dcd dottore Lodovico Man- cini - 4 - Perugia, presso Gurhinesi e Santucci, 1820. JLieone Ludovisi , coltissitno giovane perugino, mancò a' vi\'i l'an- no 18 15. Attese con indefessa cura alla medicina, alla fìsica, alla chimica, alla botanica; nò trascurò gli studj ameni e le muse. Sep- pe anche di greco, e tradusse alcune orazioni di Demostene, e qual- che ode d' Anacreontc. Ebbe a maestri i più chiari uomini di quel- la università: e specialmente l'Orsini nel disegno; e il p. Bini , monaco cassinense , nella morale e metafisica. Questi rari suoi pre- gi sono con accuratezza toccati dal signor Mancini nell' elogio che gli ha composto . Dialoghi di Luciano Sainosatense , libera traduzione in versi per Ubaldo Orlandi - 8 - Pergola 1820 , per Felice Lupi ( Volume primo ) i^uciano ne' suoi dialoghi usò il sermone degli uomini , cioè la prosa : ed ora il signor Orlandi ha voluto farlo parlare in versi la lingua altissima dcgl' iddii - Ma con quale giudizio, lo dice bene Aristotele , che toccando nella poetica alcune savie considerazioni sull'essenza della poesia, insegna: ch'ella è cosa tale, che ^e si pò- 4o6 V A R I E T a' nesse in versi V istoria cf Erodalo , rinuirrebbe , coirC era in prosa, sempre una specie rf' istoria ancora in i^ersi. Il che seppe benis- simo al divino Metastasio, ii quale dove cementò questo luogo ste- se anohe più ampiamente la legge del greco maestro , nominando appunto Luciano tra quegli scrittori di prose, e he non si sarebbe- ro potuti mai tradurre in versi . Doveva ciò bastare all' Orlandi perchè si fosse tenuto prudentemente dal cambiare a questi dialo- ghi la bella veste, ónde dal giudizioso autore furono adorni. Ma niente curando egli né Aristotele, né il Metastasio, né la ragione poetica , ha voluto seguire piuttosto Alessandro Guidi che voltò in versi le omelie di Clemente XI , e lo Scarselli e il Boccella che fecero il simigliante del Telemaco di Fenelon, e del Nitma di Flo- rian . Tal sia di lui. Noi non siamo del suo parere; né mai con- «iglieremo alcuno a queste irragionevoli trasformazioni . La presente versione è stata fatta su quella , che ce ne die- de in latino l'Erasmo: e Io confessa candidamente l'Orlandi mede- ifmo . Intorno a'suoi versi non è dubbio che non ce ne sieno talo- ra de' buòni: ma ci pare che si sarebbe fatto più onore, se aves- se usata maggior diligenza in isfuggire certe trasposizioni di paro- le, che non sono del tutto secondo il modo degli ottimi : come , fra r altre , è quella del dialogo di Giove emicranico : „ Ferisci ih mezzo , il mal tutto sta dove , cioè : doi/e sta tutto il male . E cosi lo avremmo anche lodato , se in fatto di lingua fosse uscito dalla consuetudine de' corruttori : e avesse rcnduto in altrettante grazie italiane le grazie greche del suo originale; in che sta l'arte principalissima de' traduttori. E per- ché di questi nostri avvisi possano portar giudizio gli eruditi letto» ri, ecco loro un passo d'uno de' più gentili dialoghi di Luciano, eh" è quello, intitolato V Innocejiza , tra Giove e Ganimede. Giove „ Garzon semplice a lui mai vidi eguale ! „ In qual beli' innocenza ! Ed ancor quanto . Varietà' 407 5, Monta vi è più fan'JuIio in età tale . „ M' or , Ganimede , eterno addio pertanto „ Dà a cose di te indegne , e appien scordato „ In un rida e Tovil metti in un cauto ^ 5, Si or tu per buon destino annoverato „ Tra gli abitanti dell' eterno regno , s. Già fatto d' immortai dono beato » 5, Sul gcnitor di tanto figlio degno, „ E in un piorrai sulle patrie sponde „ Larga tutela di potente impegao . „ Di latte invece e di scorrevol' onde „ Ti ciberai d' ambrosia , e avrai bevanda „ Del nettare divin le spume bionde: „ E questo poscia in guisa la più blanda „ Al desinar ministrerai coppiere „ Front' a ogni mia e d' altri dei domanda . ,, E del nettare santo al primo bere „ Non più mortale, ma immortai sarai, 5, Ed igneo lancerotti astro in le sfere , Ganiivibdb „ E chi fia , eh' almen per poco „ Bagattelli meco al giuoco ? 5, Fanciulletti in l' Ida assai „ D' età pari e modi gai . - .. G I 0 y B „ Ne' trastulli compagno arrai Cupido „ E altri pargoli , a trar dadi valenti . „ Ponti in quiete , fanciullo : in me sta fido f „ £ ogni terreno iiXi»x scordar consenti: 4o8 Varietà Gastiivied» « E a che buono io poi sarò, „ Ed acconcio a vostro prò ? „ Ancor qui dovrò pastore „ Star col gregge a tutte Tore? Per ciò poi ch'appartiene al pregio tipografico, noi chiaramen- te diciamo che questo volume è zeppo d'errori d'ogni generazione. Onde desideriamo che i volumi seguenti sieno migliori anclie da questa parte . Il consigliere di stato Frane esco Adelung ha pubblicato in quest'anno a Lipsia un' opera che s'intitola : TJebersicht cdler behaimlen Spruchen und i/irer dicdecle, ossia notizia di hdie le lingue conosciute e de"" loro dialetti . E' ella 1' introduzione ad una biblioteca glottica : e vi sono indicate e poste in classi 3ii4- lingue , cioè : 987. asiati- che ; 587. europee ; 276. africane; 1264. americane. Cosa non pur curiosa, ma utilissima a chiunque pone il suo studio nella filosofia delle lingue . - Sappiamo inoltre che il professor Rask di Copena- ghen , celebre autore d' una memoria suW origine delle lingue del Nord, è presentemente in viaggio per la Russia asiatica, e si pro- pone di visitare il monte Caucaso , la Persia, e l'India di là dal Gan- ge, onde studiare gl'idiomi di quegli abitanti, e farli conoscere agli europei . È curioso un articolo dell'illustre signor barone di Zach, in- serito nel t. II. p. 5i3. della sua coi respondence astrononiitjue-geo- graplììiiue , intorno il mutuo insegnamento. Egli pone che quest' ar- te sia antichissima : e nota a' Bramini, rome già a Cicerone e Quin- tiliano. Secondo il suo dire, fu ella usala in Europa ne' secoli XV , XVI, e XVII ; e migliorata a questi ultimi anni prima in Ingliilterra, pos- cia in Francia per le cure del cavaliere Plaulet , e di monsignore WaudcJaincourt vescovo di Langrcs . An( Jie fra' padri (Iella compa- V A R I E T a' 4^9 gnia dì Gcsà ebbe un insigne coltivatore , cioè Ignazio Weìtenauer d'Inspruck, che nel 1762. pubblicò in Augusta un'opera intitolata: Hexagiotton Geminwn docens linguas ec. Il rei'erendissimo P. Ai^enti de' pjeJiccdori , che già volle onorare col suo nome la società de'' Giornalisti Arcadici , e che ora sen- iiaino essere siato meritamente designato vescovo di Savona , ha fatto avere il seguente biglietto, e (e cose annessevi , al eh. nostro collega sig. Girolamo Amati. 1^ el quaderno XV. del nostro giornale arcadico sono state pubbli- „ cate alcune iscrizioni del chiarissimo Proposto di Ciliari 1' ab. Mor- „ celli, pe' funerali di monsig. Carlo Rovelli domenicano , vescovo „ di Como ; ed ho il piacere di trasmettervene alcune altre di An- „ drea Borda , scritte , a mio credere , con non minor eleganza e sem- „ plicità . Vogìio sperare , che non vi spiacerà il mio pensiero di far- „ vi conoscere altro valente scrittore lombardo nelle cose epigrafi- „ che , il quale fa presagire da queste prime sue produzioni , quan- „ to sia per riuscire valentuomo in questo genere di composizioni, „ Farmi di ravvisare in esse qviello ingenuo candore e tenerezza di „ un fratello , che profondamente sente la perdita di uno dei più il- „ lustri soggetti del suo ordine , e che si rese si commendevole a „ tutta la Chiesa, per le sue rare virtù e dottrina . Se voi cre- „ dete , che non sieno indegne del secolo nostro , potrete farle in- „ serire nel nostro giornale ; e così animare la gioventù allo stu- „ dio della lingua latina, della quale, non men che della greca, „ conoscete pienamente le più recondite bellezze . Vi sono con isti- „ ma ed attaccamento afle^ionatissimo amico. „ Comi ad S. Vomnini , inscrtptio fiinelris tcmporaria singutaris „ dictionis . 4iO Varietà* I. OVAE SACRO. DE . FONTE . SVSCEPTVM: ^ KAR. RO VELLI VM. EX. ORD. PHAED. PROGENIE. MAGISTERIO. VIRTVTJBVS IN.5IGNEM TÀNTVM. FVET. VSQVE . FILIOW. GAVISA PONTIFIGEM. RARISSIMI. EXEMPLI DOjVIINANTIBVS. POPVLISQ. MAGNI. FACTOIVl AMISSVM. LVGENS PARENTEM. OMNL PRAECONIO. MAIOREM PRO. VOTIS. ET. MERITIS (i.) ^AVDATIONE. PIOQ. LITAMINE REGOLIT CVRI0NALI3. ECCLESIA TOT . DEVINGTA . BENEFICIIS . EIVS (i) Pro votist cjuatenus deniortuus ponfifex curioncdì siuie prì- mheiuis eccleslcte denos nuinmos aureos ludovicianos, quels sibi U- tcn-ctur , iestamiinto rcUquil. Ast curio bsiieficiorum meinor justa sollemnUi UH persolvenda curcn>it; voluitque u! ipso inscriptionem concinnarein t quae RovaUiu/nJlliuin , ponti/icem , et parantiim eccle- siete ejusdem prederei . Porro eiutem hujusìnodi inspriptio , eum luti- datione » typis Ostinellianis puhtici juris factast . IL Dtniio rogatus hanc dcderum inscriptionem , sedperpercon ; ck- raior enim domuis inopiosis desidia procul aleiutis hujusmodi /«*• criptionem cdteri coininiserut. Varietà.* 4^^ TIBI KAROLE . ROVELLI PONTIFEXS . OMNIA . SANCTE QVANDO . HAEC . DOMVS INOPIOSIS . DESIDIA . PROCVL . ALVNDIS CONSTITVTA TE . AVSPIGE . ADOLESCENS VEL . CALAMITOSISSIMA. TEMPESTATE IMMANIBVS . TVIS . LARGII lONIBVS STETIT LEGATOQ . PERPETVOM . VIGEBIT (i) IN . LACRVMAS . EFFVSA PIAMEN. SOLLEMNE . SACRVM DELATA . STIPE . SOLVEBAT (i.) Monenduses, lector, denatum -pontijìcein Inde domui sena fere mlllia nwn. scutat. testwnenio retiquissc , eidein obventiira post decessuin Hiacjntliì Rovelli frcdrls sui , eorwn reditwn qimmdiu vi' vcd percipientis . Veruin hujus loco haec altera vulgata et exposita fidt inscriptio , quae un stilwn lapidarium redoleat dodi viderint . KAROLO . ROVELLI NOVOCOMENSIVM - PASTORI - AMANTISSIMO PAVPERES . GREGIS IN . HOSPITALEM. INDVSTRIAE . DOMVM. RECEPTI CO QVOD. EOSDEM. INOPIA. LABORANTES SVIS . PARSIMONIIS . ABVNDE . REFECERIT GRATI . ANIMI . ERGO AETERNAM . A . DEO . OPTIMO . MAXIMO MERCEDEM . ADPRECANTVR (i.) Heic in honorariam illepide transìtinferitdis inscriptio^ ni- hilque eorwn tradii quae erant inculcanda . Ncque , pace MorcelU Tnagistri, mihi in,ai.ns adridet vocabulwn parsiinoniae . Ilhid prae^ tulissem frugalilalis , quae propriain tantum oinnis voluptalis absti' 4 li "Varietà nentiam promit . Asl parsimonia et in alios adhiben potcst , cjuod nequacjuam ponti fex noster libcralissimiis praestare consuevcrut . Alio- quin formula parsiinoniis reJLcere nihil sapit.Paupere^ (juippe^non alte- rius par simonia, sed redifu friigalitatis alienae ahmturMuuni isquifrii- giditate excelLìtfructwn omnem in egenos confort , ceu nunquain non egit RoveUius nosicr . Relìqua miito , qiuie nec censuram pro- mereri videntur. Bona potius avi excipc epitaphium Ludovici Ro- velli , fratrem pontificcn subsequuti . B. M. (i) LVDOVICI . CAMILLI . F. ROVELLI E. SVBOLE . DOMmiCIANA THEOLOniAE . LAVREA . CORONATI TERTIVM. aiAGISTRI ,(2) IVUXVMIS. TEMPORIBUS. CENSORIS (3) LIBRORVM fflACYNTHVS . EX. EADEM FRATRI . KARISS. BENEMERENTI 1 (i) ©.V. NON. MAI.AN. MDCCCXX. AET. LXXIL CVM. LACRVMIS. POSVIT TE . IN . PACE . (1) Bornie incìnoriae . (2.) Qui nempe ter prioratum gesserai. Sic in Fratrum Ar va- lium monwnentis legitur: C Mattidio Pafruino nmgistro , L. Vera- io Quadrato promagìstro , priore scilicet ac suppriore . (3 ) Gallia novis rebus studente, inque Italiam per Helvetiae Jtnes pemiciosissimis scitis invadente , Rovellius hic noster librorum experientissimus censor a triwnviris Langobardiae Austriacae ge- rundae dictus fuit . (3) Eum quippe heredem ex asse reliquit . Qui legis , vale . Andreas Borda sacerdos ex ordine pracdicafo- Twn exarubat , feliccm sodalium suonan recordationem honcstatum . In un altro quaderno, e 28 I 0 14 2 25 6 28 I I 21 2 4' 3 28 2 a '7 0 3'^ 3 17 28 2 I 14 6|25 3 28 3 9 20 7 28 8 28 3 0 •4 3 ,5 4 t8 3,8 2 8 15 0 17 2 23 2 6 2 1 '; 32 9 2« 2 0 •7 2 ir I •ii 3 19 28 I 4 14 7 20 .: 28 0 6 20 3 34 <> 28 0 0 I -■ i 20 27 IO 6 iS i 21 3 27 IO 9 .8 7 2Ò ( 27 IO V 16 2 >7 0 21 27 II S i5 1 3i> 2 27 li 8 17 6 44 3 28 0 I 15 33 4 22 27 I.S 0 i5 0 2 1 (■ 27 8 4 J6 5 22 0 27 9 3 ,14 3 26 2 23 27 lo 4 12 a 24 3 27 IO 9 16 2 48 1 28 0 2 II 4 •8 0 24 28 0 8 IO 2 36 •. 28 0 6 17 2 3-) i 28 0 9 '4 = 4 2,S 28 I I IO 3 32 I 28 0 9 17 8 41 2 28 0 9 13 V 26 28 0 8 14 3 24 f 38 0 8 18 4 à' 3 2« 0 7 '.S 22 6 27 28 0 ^ J5 2 17 2 28 0 4 16 7 15 3 27 10 8 '4 t ■4 ;■ 28 27 IO 6 II 0 17 1 27 II 0 16 7' 21 4 28 0 9 «4 2 il 2 J9 28 I 4 i5 I •3 ' 28 I 3 17 8 25 2 28 I 0 15 7 24 5 3o 28 0 9 17 a 35 1 28 1 0 21 3 4« 7 28 I 9 »5 7 3i 7 "! — 1 — — OjoC/ nazioni Metcornloviche faiie alla Specola del Colleo-. Rom. Settembre 1820. MATTINA >3tdtu del ■ p. n. ■ p. n. 01^ p.n. p. n. p, n. '-ii^- p. n.p. tC) Il s. lì là ìO ^7 28 3« p. n. tva- j pur. Vento GIORNO kERA Stato del Cielo Pioirg. Vento Stato Cielo ,\, Vento 032 inez. me. si inez, tra. Ira. "re. ■ p.s. 24 4 a.; 3 Si 2 5- 'ib. l.-v. mei., me. si. ra . !ra.sr. sir. 2 me.lib. I sir. 1 m tra.nia.i Lra.mn.i niez. 1 m .p.n p.n. tra gr i m.j. Sì. i nip. si. i m >ne. si. I m tra.gr. o Ira. I Inir-lib.2 s. p n. inez. I m s. p. n po.nia.i il. 8 i^^ine.lib 2 n. 6 ii-j'Ur.ma. 1 m s. n. \pon i s '3 intz. r s. \inez, 1 m s.r, 72 "i''z- 1 n. j2.\ini'.li, I |.f fra. o n. Une. si. 2 m n. niez. po.ìib. I m I m me.lib. i poìi . 1 //•a. o mes. 3 /ra. /ra. /ra. /ra. tra. Ira. tra. tra. Ira. tra. me si. pnn lev. niez. lib. pori. ni:. in Si me. si. mrz. niez. ira. niez- Meteore neb. neh.* li t pi. 2 piog.9 lamp. 2. p.2 5 1 t pi.9. 1 .t p;og 2 piug.9 piog.9 p 9 2.1.2 Volendosi da' eh. Astronomi abbondare per dil'genza, poogun-i le . >sserv;izioni Triplici in ogni giorno ; e volendosi d; mii ristringer" in paj;ina , affiurliè meno facilmente si disperdano . usiamo alcune alìbr^'vintnn» . Pertanto nella colonna delle Mete, ire pi significa pioggÌH 1 lampi t tuoni n nebbia g gelo b brina. E nelle ccilonne AeWo Sia'o d/l Ciel-i s vuol dire sereno n nuvolo, p poco. Le '«Itre abbreviature nelle colonne de' vi ali sono per se stesse in- telligibili. Quando segue un astTisco s'inten le gran quantità •, ove trovasi una "f croce s'intende piccola qu.intità. ERRATA CORRIGE. Pag. 3 1 o. V. 7. Cesarea leggi Cesena. 3 12. V. y. anche leggi once. 3i4- V. 20. 21 ^eggi 24 348. V. 14. toccò leggi non toccò. 1 N D I C E DE PRirrClPALI AllTICOLI CONTENUTI NEL TOMO V Ìl. dei» giornale arcadico luglio], agosto, e settembre 1820. rÒ . — * Fanzago , memòrie sopra alcuni pezzi morbosi ec . . p. 2 — 378 De - Sancii s\lusus ndturce ohservatus. 16 — " — Piiccinotti , de contagi spontanei . .26 -*- agdV Dalf Oste , prospetto de' risultamenti e clinici nelt università di Padova . 4o — •^\\ii^'^^. Origo ^ nuovo barometro portatile . . 54 — ^ "^ — Notizie sopra nuovi osservatori astrò- .nomici . . . — i33 — ^' Laugier ^ sulle pietre meteoriche . . — 142 -—il .Ferminelli , natura e rimedio de' cor- " .,>'i. cinomi j . . . — 145 ,im\''^ Mi ghetta ^ acque minerali di Pozzuoli. — • i5o — Toinmasini , discorso alt univesità di . Bologna — - i56 ■■"— Einsle , maniera di render la carta si- - ìnile air avorio — i64 — ~ Paoli , memoria 2. sul moto intestino de solidi — — 369 Dair Armi , osservazioni sult aria cat- tiva — ' — 292 Contri^ osservazioni sulla macchina di Christian — — 809 Tonelli , uso del rhus radicans ( ar- ticolo J.^ ) — „ — , 332 LETTERATU RA Niebuhrius , fragmenta Ciceronis alio- rumque 5o — 35o Giiottani , dissertazione sopra un elmo campano 69 — — Riccia t Italiade ....... t5 176 — Del - Rosso , della vera denominazione di Monsitmmano 82 — — Perticar i , amor patrio di Dante . - 9 1 1 84 — - Peruzzi , della patria di Guidubaldo Bonarelli . .-.,,.,, i o i — -^ Mezzanotte , traduzione di Pindaro ' - '■^.'^''^ . (art. 2.). ' ^^'^.^,' ^;^^y'. • vioy — ■— Amati ^ lettera sult iscrizione d^iin amu- leto greco . . ,.•,.> — 168 — Malthus , saggio sulla rendita de" pro- prietarj delle terre .... . . . — - 1 96 ■ — M ontecucc oli ^ t Ungheria t dnnq iG^S. — 206 «t— Nos*ella intorno a Valeriano da Forlì . — 217 — Pomardi , viaggio in Grecia (art° 2.). . — 219 — . Foscolo , Ricciardq tragedia. . .' . . — 22'^ — Mai , annunzi vaticani — — SSq Nuova ediz. bolognese di Dante (art. 2.). — . — 36o Labus^ ara antica d'Hai]d)urgo (art. i.). — — 3^6 f^éfHniglioli , tipografia perugina del se- colo XF. . . . ". T- — 395 ARTI t=; BELLE ARTI Pittura ti fratelli Ripenhausen . . 1 1 4 — — K Rebel • i 1 6 — — t=! Catel 118 — — S Soli ' — ' 253 — Scultura ;=: Pisani —-248 — S Canova — — 4oi Incisione in rame ;=: Longhi . • . — 243 — IMPRIMATUR, Si videbitur Rev. P. Sac. P. A. Mag. Candidus M. Fruttini Archiep. Philipp, f^icesg, IMPRIMATUR. jy. Philippus Jnfossi Ord. Ptadi S. P.J. Mag. ira ■^.txV^sXo'vV- ■Mv,',\n\ .\f. r .^vAfvA I ^^i;^ :;^>^^ ■■^::':a