ri 5 (a) Dello stato fisico del suolo di Roma ei;. ptg. 182. Descrizioìve dsll' ippopotamo ec. aS titudini offrivano una temperie di clima diversa dall' odierna e confacente alla esistenza loro ed alla propa- gazione della .specie. Essa confaceva altresì agli ippo- potami dì cui si rinvengono scheletri nelle sabbie di Val-d'-Arno, ed in tempi ancora più antichi era fa- vorevole ai coccodrilli , essendo già noto che denti fossili di questo animale si trovano nel vicentino, e che un teschio presso che intiero ne fu discoperto nella calcarla compatta di quelle montagne „ . G. F. Memoria sulla maturazione delle frutta. Del signor Bèrard ^ corrispondente della lì. accademia delle scienze di Parigi. (^Continuazione e fine dellestrat» to. V. voi. XXXI i. pag. i58.) D 'opo aver fatto conoscere l'A. gli effetti, che producono sull' aria atmosferica le frutta durante la loro maturazione , passa ad esporre i risultati ot- tenuti dall'esame dei cambiamenti chimici , che ac- cadono nella sostanza delle medesime. Sebbene le frutta abbiano in molti casi una costituzione anatomica molto diversa, purnonostan- te tutte hanno un tessuto fibroso o celluioso legge- rissimo, che forma la parte solida delle medesime. Questo tessuto è ricoperto da un'inviluppo che è la pelle del frutto, e le cellule o interstizj sono riempiti d'un liquido, a cui deve il frutto il sa- pore che lo distingue. Il tessuto fibroso o celluioso, come la parte so- lida della pelle sono ordinariamente formati da uUa sostanza , che l'A. considera come legnosa , poiché gode delle proprietà caratteristiche di questo pro^- 26 S e I s N e E dotto immediato ; ha cioè un color bianco sporco , è priva di odore e sapore, non si scioglie nell'ac- qua , neir alcool , e nella maggior patte dei dissol- venti ec ; ma è più leggera , meno, tenace , e più facilmente solubile nelle soluzioni alcaline . Queste differenze però non sono tali, secondo TA., da far- la riguardare come una sostanza particolare. Il liquido che riempie gli spa/.j vuoti formati nel frutto per la disposizione delle parti legnose non è altra cosa, nella maggior parte delle frutta ma- ture, che una soluzione nell'acqua di zucchero, gom- ma, acido malico , malato di calce, materie coloran- ti di diverse specie, d'una sostanza vegeto-animale , ed infine d'un princìpio aromatico particolare, a cui ciascun frutto deve l'aroma che lo distingue, e sul- la natura del quale nello stato attuale della chimi- ca non possiamo formarci alcuna idea. Queste al- meno sono le sostanze che l'A.. ha |)otuto ricono- scere nelle pesche, susine, albicocche, pere, uva, mele, ciliegie, ed uva spina: oltre queste sostan- ze l'uva contiene del tartrato acido di potassa , e del tartrato di calce, e l'uva spina una piccola quan- tità di acido citrico. La composizione delle frutta non è per veri- tà molto complicata , ma la loro analisi presenta delle difficoltà insormontabili . Così p. e. s(4)bene l'alcool sia il dissolvente dello zucchero, e non ab- bia alcun' azione sulla gomma, la presenza dellacì- do malico rende difficilissima la separazione di (|ue- ;slo due sostanze , attesa la erande alìinità di quest' acido per la gomma, a cl;Ì dà una maggior solu- l'ilità. Per la medesima ragione non minori difficol- tà s incontrano nel voler separare lo stesso acido ma- lieo dai principi con cui è unito nelle fruita, for- m-udo esso con la gomma molte combinazioni che Maturazione delle frutta ay si presentano sotto diversi aspetti . Finalmente le sostanze coloranti delle medesime contribuiscono an- cora ad aumentare l'imperfezione dell'analisi . Non v'è che la materia colorante delle fruita verdi, la quale per la sua insolubilità nell' acqua , e per la sua solubilità nell'alcool possa essere separata dalle altre sostanze . Le altre materie coloranti sono di una sì grande solubilità, ed hanno un'affinità così energica per i prodotti immediati, che esistono nel- le frutta , che accompagnano ciascuno di essi a mi- sura che vengono separati. Per quanti tentativi abbia fatto l'A. non è riu- scito a superare tutte queste difficoltà , per cui non. ha potuto ottenere un' analisi esatta delle diverse frutta , ma si è dovuto contentare di dare le prooor- zioni più prossime possibili dei principj che entrano nella composizione delle medesime. Peraltro sicco- me in tutte queste analisi egli ha seguito sempre il medesimo processo, così molto concludenti si deb- bono considerare le sue sperienze, avendo potuto pa- ragonare i risultati che gli somministravano le diver- se frutta prese a varie epoche di loro maturazione. JVoì tralasciando per brevità tutto il dettaglio del processo che ha adottato VA. , ci limiteremo a far- ne conoscere i risultati. Analisi delle albicocche a tré diverse epoche della loro maturazione . Albicocche ben v^aDi Albicocche più' Albicocghb AVANZATE iHATURE Sostan/.a animale ... o, 76. . . . o, 34 o, 17. Sostanza colorante verde o, o4- - . . o, 00 o, 10. Principio legnoso ... 3, 61. • . . 2, 53 1, 86. Gomma 4> ''9- < • • 4» 47 5, 12. aS SciENzi Zucchero - qualche traccia ... 6, 64 16, 48. Acido malico 2 , 70. . . . 2 , So 1 , 80. Calce - una piccolissima quantità in tutte tré Acqua 89, 09. .. 84, 49 74. 87. Per formarsi un idea , dice l'À. , dei cambia-» menti che hanno avuto luogo in queste frutta a di- verse epoche della loro maturazione, non basta di paragonare fra loro queste tre analisi. Nello stabi- lire un tal confronto bisogna ancora non dimenti- care che l'albicocca verde a misura che avanza in maturazione cresce ed aumenta il suo peso . Per poter valutare fino ad un certo punto quest'aumen- to , egli scelse sul medesimo albero due albicocche, le quali avevano le stesse dimensioni, erano ambe- due verdi , e per conseguenza al medesimo grado di maturazione. Una di esse la distaccò dall'albe- ro, e questa pesava aSgrarSji milles. L'altra, la qua- le avendo il medesimo volume , aveva presso a po- co lo stesso peso, la lasciò maturare sulT albero , e coltala matura pesava 4^^ gram : yGo milles. Si può dunque conchiudere senza timore di un grand er- rore , che un' albicocca delle più verdi , allorché giunge alla sua perfetta maturità raddoppia di pe- so. Risulta da quest osservazione, e dall'analisi pre- cedente, che un'albicocca che si supponesse del pe- so di 100. gramme , e la quale essendo presa al- lo stesso momento delle meno mature di quelle ana- lizzate avrebbe la seguente composizione , Sostanza animale ... o , 76. ) Div^errcbbe col ma- ■J\Iateria colorante verde, o. o4. ) turarsi del peso di Principio legnoso ... 3, 61. ) 200. gramme divise Gomma ^, IO. ) sulle sostanze clic ne ( o,34- e 0, 20. ( 3, 72. C io, 24> Maturazione deìle frutta a^ paccherò -qualche traccia ) farebbero parte nel- ( 33,96. Acido malico 2, 70. ) la maniera seguen- ( 3, 60. Acqua 89. 39. ) te. ( i47. 94- Da questo quadro si rileva facilmente che fuo- ri della materia colorante verde, tutte le sostanze, che compongono Talbicocca verde si ritrovano nell' albicocca matura , ed anche in maggior quantità . Lo zucchero soprattutto è aumentato in una gran proporzione , e quest' aumento ha luogo particolar- mente nell'ultima epoca della maturazione. La con- clusione , a cui conducono tali osservazioni, si è, che se il sapore delle albicocche mature è così di- verso da quello delle albicocche verdi , ciò non nasce perchè le sostanze contenute in queste ulti- me scompariscano , e si trasformino in altre , ma perchè l'albero somministra una maggior quantità delle medesio^e , e soprattutto dello zucchero , il di cui sapore piacevole deve mascherare quello del- le altre sostanze. Il principio colorante verde, che contribuisce a dare airalbicocca immatura il sapo- re di erba che presenta , è il solo che scompa- risca durante la maturazione, e questo viene rim- piazzato da una sostanza colorante gialla . È forse il primo che dà origine alla seconda i Quanto è difticile di poter ciò decidere , altrettanto è poco importante per la piccola proporzione di ambedue queste sostanze. Le analisi fatte col medesimo processo dell' uva spina, ciliegie, susine, e pesche tanto prima della loro maturazione , che quando erano giunte a «juesto termine , hanno dato i seguenti risultati ■ 3o SciKNzi: UVA SPINA VSRDE MATDfRA Sostanza animale ... i , 07 o , 86 Sostanza colorante verde o, o3 rossa - incognita . . . . Pi^incipio legnoso e semi 8, ^5 8, 01 Gomma 1 , 36 o , 78 Zucchero o, 52. . j . 6, 24 Acido malico 1 , 80 2, 4^ Acido citrico ..... o, 12 o, 3i Calce o , 24 o, 29 Acqua 86, 4i , • • 81 , IO. .... . La quantità della sostanza colorante rossa non si è potuta valutare nelf uva spina, perchè non è stato possibile di separarla dagli altri prodotti. Esi- ste nel medesimo frutto della gelatina vegetale, la quale è stata confusa con la gomma , con cui ha tanti rapporti, e che è difficilissimo dì poter sepa- rare Fun» dall'altra. Il principio legnoso deve esi- stere in piccolissima quantità in queste frutta ; il suo peso è stato riunito a quello dei semi , i qua- li sono sì abbondanti , che non si sarebbero potu- ti separare - Infine è stato impossibile di valutare 1 aumento di peso , che avrebbero potuto provare gli acini dell' uva spina giungendo alla loro matu- razione. Ciligie ( Reali ) Verdi Mature Sostanza animale ... 0,21. .,..., o, 67. Sostanza colorante verde . o , o5. . . , rossa incognita Principio legnoso . . . 2,, 44 1 , 12. Gomma 6, 01 3, 20. Zucchero », 12 i8, 12. Acido malico 1, 7$ 2, 01. Calce o, i4 . o, 10. Ac'iua 88, 28 74, 85. Maturazione delle frutta 3i Non si è potuta determinare né la quantità di sostanza colorante rossa contenuta nelle ciliegie ma- ture, né l'aumento di peso che le frutta avrebbero provato dallo stato in cui furono prese per la pri- ma analisi fino alla maturità perfetta. Susine ( Regika - Claudia ) Verdi Matur» Sostanza animale ... o, 45 o, 28. Sostanza colorante verde o , o3 o, 08. Principio legnoso ... 1, 26 1, 11. Gomma 5, So 2, 06. Zucchero *7' 7^ ^^» ^** Acido malico o , 45 o, 56^ Calce qualche traccia » • • qualche traccia Acqua 74» ^7 71, xo. Le susine verdi, che sono state qui analizzate, erano poco lontane dallo stato di maturità : si è giudicato che maturandosi avrebbero aumentato di peso nel rapporto di 100 a 129. Pescfie ( DI «STATE ) Vkrdi Matvre Sostanza animale ... o, 4i •>,.••. ^ o, 93. Sostanza colorante verde o, 27 ,. o, 00. Principio legnoso ... 3,ol.... 1,21. Gomma ........ 4> ^^ 4> ^5. Zucchero o, 63 • 11, 61. Acido malico 1, 07. ............. i , io. Calce o, 08. • o, 06. Acqua 99, 3i 80, s4' Le pesche verdi, nello stato in cui VA. le ha prese per la prima analisi, avrebbero aumentato di peso col maturarsi presso a poco nel rapporto di 24 «43. $41 Scienze Sebbene le sperienze precedenti avessero già iparso molti lumi sulla maturazione delie frutta , purnonostante siccome sembra che in questo feno- meno abbiano una gran parte i succhi nutritivi del- la pianta su cui esse maturano , conseguenze più importanti si dovevano attendere, secondo 1 A., dall' istituire le medesime analisi su quelle frutta , le quali hanno la proprietà di maturare da loro stes- te quando sono state s4;accate dall'albero. A quest' effetto egli ha intrapreso le seguenti sperienze. Ha scelto due pere presso a poco del mede- fimo peso , e le più somiglianti possibili della spe- cie chiamata cuisse - madame . Erano ancora verdi e dure , ma suscettibili di giungere da loro stesse alla maturazione. Una di esse del peso di 64, gram: aSo milles. , fu posta in un manometro il dì 12 agosto 1820 , il termometro centigr.era a 28" ; il barometro a ■. ; ' ■ ■■ millim. al momento , in cui è stato chiu- 10000 so . Il 29 agosto seguente , cioè ij giorni dopo questa pera era divenuta di color di cera , e sera- brava perfettamente matura. Fu cercato dunque di esaminare il cambiamento prodotto nell'aria : il ter- 40 MI 7580 .,,. ; 11 barometro a mulim. loooo c l'indicatore del manometro annunziava una con- densazione neir interno di — ^— millim. È facile di loo* riconoscere a quest'indizj , che l'aria interna dell' apparecchio , e nella quale ha maturato la pera , non è stata sensibilmente cambiata di volume. La sua analisi. ha provato che era compasta di Acido carbonico . . _^. j,-„.,v *^' ^^' Ossigeno. . . . /y 'l'-'*/^ 'y -, y, 5i. Azoto • . , "J^ - 97* Maturazione delle frutta 33 Quest'analisi mostra che dei 21 ccnlesinìi di ossìgeno che conteneva 1 aria del manometro, la pera maturando ne aveva cambiati i3 , 62 in acido carbonico ; e siccome la capacità di questo mano- metro era di 7 litri j|i ; ne risulta che la quanti- tà di acido carbonico , che conteneva dopo la spc- rienza era di i litr. ^^^ì quantità la quale annunzia, che la pera col maturarsi aveva perduto o^è^oo gr. 5o di carbonio. Si è aperto allora il manometro per ritirarne la pera , che ha pesato 63 , sr- yzfo . La piccola perdita di peso che essa ha provata deve essere attribuita al carbonio , che ha abbandonato all'os- sigeno dell' aria , e ad un poco di acqua , che si è svaporata alla sua superfìcie; infatti dopo la spe- rienza si è rilevato , che alcune gocce di acqua si erano condensate sulle pareti interne del manome- tro. La pera è stata tagliata per mezzo con un col- tello di argento ; è sembrata sana in tutto le sue parti , ben matura , e di un sapore eccellente. Tanto questa pera maturata nel manometro,, come la simile ancora verde sono state analizzate nello stesso modo , ed ecco i risultati di queste due analisi riportate a ioo parti., PERA verdi; fERA MATURA. Sonanza anirnalq ... o, 08 O, 21. Sostanza colorante verde o, 08 o, Ci. Principio legnoso ... o, 80 '.'... 2, l'g. Gomma o, i~ 2, 07. Zucchero &-, 4^ 11., 52. Acido màlico o. n. . . <>» «8- Calce o, 00 o, o4' Acqua 86, 28 83, 88. G.A.T.Xir. 3 34 Scienze La prima cosa che colpisce nel paragone di queste due analisi, dice l'A , e che si doveva per verità aspettare , si è che la proporzione di zuc- chero è molto maggiore nella pera matura, che nell' altra, ed in questo caso lo zucchero che vi si è aggiunto deve aver trovato i suoi elementi nella pe- ra verde. A spese di qual sostanza si è formato que- sto zucchero ? La gomma , la di cui proporzione ha diminuito a misura che la pera si è maturata , ha potuto contribuire alla di lui formazione, ma quando atiche la, quantità della gomma clie è scom- parsa si losse tutta trasformata in zucchero , non sarebbe sufticìente a rappresentare tutto quello che si è formato. Non v' è ch(> la parte legnosa, la qua- le abbia potuto contribuire ancora alla formazione di questo zuccirro. Ciò che porterebbe ad ammet- tere quest'opinione si è , che in un gran numero di analisi che l'A. trasanda, perchè i processi impie- gati non presentano bastante esattezza per soddisfa- re al fine, nel quale li aveva intrapresi, ha qua- si sempre osservalo , che quando la maturazione del- le frutta si faceva da se stessa , la quantità del prin- cipio legnoso diminuiva. La perdita di carbonio , che ha provato la pe- ra nel maturarsi, non può essere messa in dubbio, poiché si è vedulo che essa aveva cambiato una p;u- te dell' ossigeno dell' aria del manometro in aqido carbonico . Ora se questa perdita del carbonio dev' essere solFerta o dal principio legnoso, o dalla gom- ma, è più naturale (il attribuirla al primo, che ne contiene più. dell' altra. Questa diminuzione di car- bonio nel principio legnoso deve contribuire a rav- vicinarlo allo zucchero , il quale non dilferisce dal principio legnoso che per una minor proporzione di carbonio. Maturazione delle frutta ,35 Del resto, prosìpgue l'A., ci vorrebbero forse ^inalisi piOi delicate per determinare in una maniera più eerta quali sono Je sostanze, che hanno polufo I essere trasformate in zucchero; ma ciò che dall© sperienze precedenti sembra stabilito si è,cheia qua!» j ì tità dello zucchero aumenta nella pera a misura che il matura , mentre la quantità del princìpio legnoso I diminuisce. Il ravvicinamento delle due analisi por- I terebbe ancora a pensare, che gli elementi dell'acqua j vi debbono contribuire fissandosi o sopra il princi- pio legnoso o sulla gomma per aumentare la pro- porzione dello zucchero. Finalmente l'A. non ha tralasciato di esamina- re ancora i fenomeni che. accompagnano l'alterazio- ne che subiscono le frutta al contatto dell'aria. Egli ha scelto due pere ben mature della specie ellisse- madame , e quindi le ha esposte all'aria finché di- vennero interamente mezze. In questo slato pesa- vano io3 gramme , ed analiezate con il medesimo processo delle altre contenevano le seguenti sostanze': Materia aniaiii'e Sostanza rcsiuo^a siriolta dall' alcool . Princijiio lei;,iK)iiO Gomma ZuciJicro Acido malico Calce qualche traccia Acqua 83, 94. 0 , 3i. 0, 06. 2, 61. 3. 5i. 1 » 76. 0, 81. Quando l'A. aveva scelto queste due pere per esporle all'aria pesavano i34 jjramme; esse hanno dunque perduto nel divenir mezze 3i gramme del loro peso. Questa perdita deve essere attribuita per 3* 36, Scienze una piccolissima parte all'acido carbonico che ave-» vano formato, e che si era sviluppato, e perla mas- sima parte alTaqqiia che avevano lasciato svaporare alla superficie. Risulta da tale considerazione , che una pera cuisse madame ben matura, che si sup- ponga del peso di i oo gramme, e che secondo Tana- lisi sarebbe composta di Materia animale .... o, 21.) Nel divenire mez-) o, 20. Sostanza colorante verde o, 01.) za peserebbe 76,gr.)resina 0, 04. Principio legnoso ... 2, 15.) 85. divise sulle so-) 1, 85. ^^'"■«a- , . . . s, 07.) stanze che la com-) 2, 62. Zucchero n, 52.) porrebbcfo allora ) 8, 77. Àcido malico o, 08.) nella maniera se-) o, 6i. ^*''^*^ o» o4) gucnte. ) una traccia -^'^l'^a. 83, 88.) ) 6ì, 73. ^00. 76, 85 Paragonando in questo quadro la quantità del- le medesime sostanze nella pera matura, e nella stes- se pera divenuta mezza, si riconosce in primo luo- go che una porzione di zucchero è scomparsa du- rante l'alterazione di quest'ultima. Ora siccome l'A. non ha trovato nella medesima alcuna nuova so- stanza, e che la proporzione di quelle, che già esi- stevano nella pera matura , non si è accresciuta; si deve conchiudere che lo zucchero scomparso si è distrutto interamente , ed uno dei prodotti di que-' sta sua spontanea decomposizione è senza dubbio il gas acido carbonico, che si sviluppa in sì grande abbondanza dalle frutta che si putrefanno. La de- composizione dello zucchero è la causa del sapore insipido che aveva acquistato la pera mezza , a cui potrebbe ancora contribuire la gomma , la propor- zione della quale sembra in essa accresciuta. Ma lo Maturazione delle frutta. 37 zucchero non è la sola sostanza che dittiinuìsce nel frutto durante la sua alterazione. Una parte del prin- cipio legnoso sembra ancora distruggersi , e quella che resta trovasi cambiata in alcune delle sue pro- prietà. Non è infatti d'un color bianco sporco, co- me quello dello stesso frutto verde o maturo , ma bruno , e comunica questo colore al frutto mezzo. 11 sapore trovasi ancora cambiato , ed è simile al medesimo frutto ridotto in questo stato. Dalle analisi istituite risulterebbe ancora , che la quantità dell' acido malico è un poco maggio- re nella pera mezxa ; ma la proporzione di quest'aci- do è troppo poco considerabile, ed il processo d'ana- lisi,secondo l'A., troppo poco esatto per poter rispon- dere di quest'aumento. La grande quantità di gas acido carbonico, che si sviluppa durante la decomposizione delle frutta, e a cui somministrano gli elementi, deve n«cessaria- mente dare origine nelle medesime a nuove sostanze, nelle quali dovrebbe dominare l'idrogeno. L'analisi dell'A. non gli permette di assegnarne alcuna. Trat- tando coH'alcool un frutto già sottoposto all'azione dell'acqua , si ottiene una soluzione d' una sostan- za resinosa biancastra ; ma l'A. crede , che questa resina vi esista in troppo piccola quantità perchè essa contenga tutto l'idrogeno, che deve divenire dominante nel frutto per la scomparsa dell'ossigeno e del carbonio , che entrano nella composizione del gas acido carbonico, che si sviluppa . Egli sì propo- ne di fare nuove ricerche per schiarire quest'ogget- to , e noi con impazienza ne attendiamo i risul- tali. 38 Solfati di chinina. ,L^\. vvertiamo i medici ed i farmacisti a non ma- ravigliarsi se il sollalo di chinina, che ci > iene dall' estero , presenta per avventura doppia ioinia p qual- che divario nelle proprielà : mentre Pollctier e Ca- • venfou l'hanno avuto sotto forma di aghi o di la- mine stettissime , allungale, leggermente llessihiii , simili alfamianto ; l'han trovato poco solubile a fred- do , più solubile a caldo, e cristallizzabile col raf- freddamento. Robiqnet poi, avendone preparato una buona (piantità , Iha ottenuto in prismi solidi, tra- sparenti, di forma quadrangolare appianata , ben ter- minati , e solubilissimi anche a ireddo . Deggiono sapere che cotesta vari(;tà dipende dal mudo di pre- jiarazione , secondo ch'ala chinina vien trattata o con lo spirito di vino , o con Tacqua quando combina- si all'acido solforico; e che, giusta l'analisi del sul- lodato Kobiquet, il sale in Ibrma di aghi o lamine è un salto - solfato , loo parti del quale di prima cristallizzazione contengono i i , 3 di acido , ^<^ di chinina (.90, 3 ) , di lerza cristallizzazione 10 di acido, 80 , 9 di chinina (90, 9 ); il sale prisma- tico è un solfato acido , quantunque l'acidità non si manilésti al palato , e lOO parti di esso a ter- z!a cristallizzazione danno 19, i di acido, 63, 5 di chinina (82, 6). Questo secondo sembra pre- feribile nell'uso medico. JNon è da tacersi a questo proposito il sospetto di Kobiquet, che la chinina noa sia diversa dalla cinconina di Oomcz , sì perchè gli pare poco probabile che in una medesima parte vegetale coesistano due sostanze alcaliue, come au- co perchè lanalogia insegna che il difetto di cristal- Solfati di chinina. 3^ lizzazione nella prima può provenire da impurità , e non da dissomiglianza nella natura . Ei giudica quindi che la chinina sia la stessa cinconina con- giunta ad un principio amaro , al quale tribuisce propriamente la facoltà febbrifuga. G. F. j4 natisi della senna. 'ersnasi noi che il medico debba conoscere ì componenti dei rimedj che amministra , ci siamo dah seniore la cura d' informare i nostri lettoli delle analisi che delle sostanze medicinali van facen- do i chimici francesi, specialmente di quelle trat- te dal regno vegetabile. Sa ognuno che Bouillon la Grange avea analizzalo la senna a foglie acute (Cassia lanceolata Lamarck) ; ma quest' analisi non poteva essere esatta , attesa la ristrettezza de'mezzi che al- lora possedeva la chimica . Ora i dotti chimici fran- cesi Lassaigne e Feneulle, mettendo a profitto i più sicuri mezzi analitici , l'han ripetuta , e nelle mede- sime foglie, ben purgate da pezioli e da foglie estra- nee,han trovato i seguenti componenti : Clorofilla (a) Olio grasso: Olio volatile poco abbondante: Albumi- na: Un principio purgativo ( catartina): Un princi- pio colorante giallo : Materia muccosa : Acido mali- co: Malato e tartrato di calce : Acetato di potassa: •Sali minerali . Fra questi componenti merita spe- ciale attenzione la calartina^ siccome quella che co- stituisce il principio purgativo della senna , poiché (ii) Male ria colorafite verde delle foglie 4o Scienze i'.i piccola dose pinrmiovo evacuazioni di venire, e cagiona leggieri coliche: gode poi di propric^tà chi- miche particolari. Dia non è cristallizzabile ; pre- senta un colore giallo- rossastro , uà odore partico- lare ; il suo sapore è amaro e nauseante ; è solu- l)iie nello spirito di vino e l'acqua in qualunque pro- porzione , insolubile nell etere; il suo estialto at- trae rumidità dall'aria. La soluzione acquosa pre- cipita l'inlusione di noce di galla in fiocchi gial- lastri; il sotto acetato di piombo in Hocchi della me- desima tinta ; il jodo e 1' acetato di piombo neu- tro non vi fanno precipitato ; il persol/'ato di fer- ro vi fa comparire un color bruno; la potassa , la soda, e l'ammoniaca ne rendono soltanto il colo- re più oscuro; il cloro la scolorisce decomponen- dola; finalmente la soluzione di tartrato di potas- sa antimoniato , e quella di gelatina non intorbi- dano punto la soluzione della mateiia in discorso. Sottoposta alla distillazione, in una piccola storta di vetro, si decompone somministrando acido car- bonico, acido acetico, oiio empireumatico, e idro- geno carbonato; il carbone rimaso nella storta bru- cia senza lasciar residuo . Tali sono i caratteri del- la materia purgativa (h'Ila senn;i , pei quali i lodati chimici pensano riguardarla come un principio par- ticolare, che relativamente alla Senna egli è ciò che l'eraeiina relativamente all' ipecacuana. G, F. 4i Uapport de M. le cìiev. Delambre sur les memo- ires liis et presentès a l accademie par M.dePa- ravej ec. uando , venti anni sono , fu annunziata la sco- perta di alcuni zodiaci scolpiti ne' tempj egi- ziani di Benderà e d' Esne , la filosofaglia , me- nandone gran romore , cominciò subito a spaccia- re che tali zodiaci portavano V ultimo colpo a Mo- sè e alla sua cronologìa . Si pretese che il siste- ma del Dupuìs , che faceva rimontare 1' antichità dello zodiaco a quindici mila anni , veniva mira- bilmente confermato da' mentovati zodiaci, ed acqui- stava perciò una fisica piena ed evidente certezza. Lo stesso Dupuìs però si oppose a questa scioc- ca millanteria , e postosi ad esaminare lo zodiaco di Dendera , ravvisò in esso quel tanto che vi aveva già ravvisato Tastranomo De la Lande, cioè che il solstizio d' estate cadeva in tale zodiaco sul- la costellazione del granchio , e non mica in quel- la del leone , come si voleva dare ad intendere. In questo modo si rovesciò il fondamento dell' edifìcio , e 1' antichità dello zodiaco di Dendera di- leguossi Par levibiLS ventis , volucrique simillima somno . ' Ma r autorità del De la Lande e del Dupuis, t gli scritti che furono in seguito pubblicati dal Gu- sman , dal Zarcher , dal Visconti , dal Testa , e da altri , non sono stati bastevoli a far tacere inte- ramente gli ostinati difensori della prodigiosa an- tichità degli zodiaci , de' quali si tratta . 11 sig. f ourier , che ha mollo nome nelle matematiche ,, 4 3 il <. I !■: \ /, !■: non si arronl(> ancora , e jjromotlf! che iMifriiù nel- la granU'opci.i inlitu'ata Dcscrizimie drlf P^t^iHo una memoria , n-lla quale sosterrà con tuHo il vigor malcmalico la vrrità de' suoi senti moni i . Qui però conviene avvertire che il sig.Fo;irier,il quale dapprin- CÌ])io portò' l'antichità degli zodiaci egiziani a quindi- ci mila anni , ora si contenta di soli due mila e cin- quecento. Egli stesso ha dunque capito l'enorme suo sbaglio. E chi lo assicura che un primo sba- glio non abbia chianuilo il secondo ? Che anche i due mila e cinquecento anni de! sig. Fourier si- eno eccessivi, o che l'epoca degli zodiaci egizia- ni non olfrep.'ìPsi quella de' Tolòìnei , si rileverà "vicmaggiormente dalle memorie che il sig. Para- vey , sotlo - ispettore degli studj nella scuoia poli- tecnica di Parigi , ha recentemente scritte su que- sto argomento . Egli le ha già lette nell' accade- mia didle iscrizioni e in quella delle scienze ;; ed avendole ciuimli presentate a Cj[uest' ultima, sono sititi dalla medesima deputali i signori Ampere , Cuvier , e bclambre ail esaminarle, e a fai ne il rapporto . Qneslo è sfnfo sleso e letto dal se- gretario perpetuo dell accademia , vale a dire dai sig.'Cav. ÌJ'Jambre , che ognun sa quanto sia gran- de nell astronomìa . Il rapporto essendo assai fa- Yoievole , e Droponendosi in esso al! accademia di accogliere le mcmoiie drl si». ì.\ì;a\('\ , e di faine onorata menzione negli alti acciideiiiici , un ceito partito si risentì , e mo'')Se tumniìo ; rna il sig. Cuviei' , alzando la sua eloquente ed auto- revole voce, intimò il silenzio, e roltenne. 'l sig. Paravcy ha l'atto stampare un tal rapporto , al f[uale ha premessi due brevi scritti ; l' uno sul- lo stato della questione relativa all' antichità de- gli zodiaci egiziani ; V altro sopra le ragioni ( espo- Rapporto del Delambre ec. 4^ sic però in succinto ) che lo hanno indotto a com- battere la soverchia antichità che si è voluta, e si vuole ancora , attribuire da alcuni agli zodiaci me. lesimi. Noi, uniiormandoci al rapporto del sig. Delambre, non possiamo che applaudire allo zelo, air ingegno , e alla vasta dottrina del sig. Paravey , e stimolarlo vivamente a pubblicare senza indugio le suH memorie , onde si dissipi per sempre quel- la larva zodiacale, che da piiì anni non cessa d'in- fastidire i buoni , ed' attizzare i miscredenti. Caso di una cistitide con raccolta straordinaria di calcoli . Osservazione di Francesco Buffa , dot- tore in filosofia e medicina di O^'ada , ducato di Gcno^m , pronuncia d Aqui . f^oghera 1821 , coi tipi di Gaudemio Giani , \\ soggetto di questo caso è un negoziante di Ovada, scrofoloso nell'infanzia, e gottoso in età adulta , il quale dopo alcuni accessi di podagra in- cominciò a soffrire degl' incomodi nell' orinare , fe- ce della renella , e quindi minuti calcoli: egli ta- cque per molto tempo il suo male , e inline lo manifestò al chirurgo sig. Odone, ed all' A., i qua- li esplorando la regione ipogastrica trovarono una vasta profonda e resistente durezza tra il pube e r ombelico , prominente nel centro , ed estesa di- sugualmente verso r ilio destro , dolente sotto la pressione e sotto i movimenti con senso di peso e dolore ottuso quasi abituale al perinèo ; le ori- ne erano eliminate con pena e tenesmo, ed appa- rivano bianche lattiginose mucose. Non fu concesso ai citati professori d'introdurre la sciringa nell' ure- 4^ Scienze Ira , né tampoco il dito iigIF intestino retto , on- do meglio conoscere lo siato della vescica. Si ap- });gliarono pertanto al metodo entiflogistico , all'ap- plicazione di rimcdj sedativi e rilassanti, ed otten- nero una qualche iregna e T espulsione di alcuni calcoletti; ma ben tosto il male risalì scortato da fc])brili accessioni , talvolta con freddo , da sussul- ti in tempo del sonno , orine del color di caiFè , tendenza al sopore, incontinenza di orine; e in ul- timo, al respiro gemebondo, al singhiozzo, disfa-« già , diarrèa cangrenosa , e ripetute lipotimie, suc- cesse la morte. II cadavere olFriva ancora nella re- . gione ipogastrica quel globoso e pressoché lapideo infìircimento di sopra notato : messa a nudo la ve- scica , e tagliate le di lei pareti , apparvero que- ste di una sostanza lardacea della grossezza di un j3ollice e mezzo , e assai resistenti al coltello . La cavità della vescica era molto dilatata , con fibre rilevatissiuie e quasi tendinose nelT interno , con- tenente una quantità di fetidissima mocciosa e pu- rulenta orina , e nel basso fondo un aggregato di corpi, che agitati con la mano mettevano il suo- \ no della grossa ghiaja rimossa entro 1' ac(]ua . Gran- de l'u la maraviglia dei professori e degli astanti ncir cstrarre che si lece dalla vescica un cumo- lo di calcoli , che ammonlarono al numero di '.UjQ p<;/.zi di diversa grandezza . lulinc l'imboccatura de- . t;li ureteri fu trovata callosa o molto dilatala. Giu- diziosi oltre modo sono i rilievi che la f A. sopra 1.» accennate alterazioni morbose, e sparsi di scel- ta ed opportuna erudizione. Egli fa rimarcare il numero dei calcoli senza esempio nelle istorie Ja* sciateci dai patologi i più conosciuti ; 1' ingrossa- mento delle paieti vescicali oltre un pollice e mez- zo, e , ciò che più sorprende , unito ad una stra- ClSTIDE CON CALCOLI 4-^ ordinnria ampiezza della cavità; mentre in casi si- mili è solito trovarsi le pareti ingrossate, rna ri- strette e addossate sopra le calcolose concrezioni ; infine la disposizione delle fibre a foggia di quella dei ventricoli del cuore , disposizione cUe trovasi notata presso varj autori , e che noi eziandio au- biamo più volte osservata , spezialmente nei vec- chi paralizzati nella vescica orinaria. Tutto il g'>'^** Sto poi egli lo ripete da una lenta flcigosi cagiona- ta e dalla presenza de' calcoli , e dalf orina so- verchiamente acrimoniosa . I calco'v nel niun -ra anzidetto aveano la grandezza da un olivo di spa- gna a quella di un pisello ; erano amorfi , di un bianco sporco, taluni rossicci, di superficie sca- bra , spongiosa , e quasi corrosa , leggieri in ra- gione della massa. Spaccati mostravano strati d in- crostazione, i quali racchiudevano un nocciolo omo- geneo , pi l'i compatto di forma poliedra : spezza- to anche questo presentava un tessitura radiata, di colore tra il lulvo ed il bianco, e conteneva an- ch' esso un calcoletto , nucleo verameate centrale, senza stratificazione, più duro, ritondato , simile al grano di veccia, con disposizione radiata, S3- milucente nelle particelle, di colore fulvo rossastio- Risultò dai tentativi chimici del farmacista di Ova- da , che i pezzi tenuti nella soluzione alcalina al- lungatissima venivano lentamente disciiolti , dal che fu dedotto che il medesimo mestruo amministralo per injezione in vescica poteva recare giovamento air infermo ; ma \ analisi di altri pezzi istitsiita dal cel. Giuseppe Mojon fece conoscere che erano essi composti di fosfato terroso calcare e ìTja^r.o- siaco, più una porzione di acido urico, e che per- ciò appartenevano alla quinta specie di Fourcioy, eccettuata Tammoniaca , di cui non si rinvenne ìr.ic- 46 Scienze eia. In ultimo , rispetto alle cause deliri mala Mia, r A. è di sentimento che la cagione jjiiinari.i , o determinante T affezione calcolosa debba iti princi- pio riferirsi alla gotta ; e son queste le ragioni , su le quali avventura la sua opinione. J podagrosi van per ordinario soggetti ai calcoli, e pur che questi allora sieno generati , quando 1' acido urico dalle articolazioni si getta su i reni: difalto le indagi- ni di Wollaston , Tennant, e Fourcioy ne amma- estrano che le concrezioni gottose son formate di acido urico misto al mucco . L' individuo della presente storia incominciò a sentire incomodi alla vescica , quando fu risparmiato dalla gotta , e la renella, ch'egli evacuò in principio, era rossiccia con tutte le impronte de' cristalli urici . A questa cagione principale si aggiunga Y infausta discrasia scrofolosa delf individuo stesso ; un qualche disor- dine nel regime dietetico , ossia f abuso del for- maggio , materia ricca di azoto , attissima in con- seguenza a produrre acido urico; e si avrà un cu- molo di materiali , dai quali per necessità doveva esser costrutta la tomba all'infermo. Appresso il testo seguitano 9 primarie annotazioni, tutte importantissi- me, in specie la prima, la quale distesamente si aggira sopra un caso analogo a quello riferito . JNoi pertan- to ci congratuliamo sinceramente colf A. , e se ci è lecito contare sul giudizio nostro , e su quello di tutti coloro che han gustato la sua dissertazio- ne, possiamo assicurarlo eh' egli ha ottenuto il lo- devole scopo che si era prefìsso , vale a dire ha sparso abbondante luce sopra una perigliosa malat- tìa , e si è felicemente incamminato su le tracce de' maestri in patologìa . G. F. / , J*S/»^,**^'-t'' 47 fii»ll"-||i I I I iili'irJt-rTfTllBIIlllll H Hill !■ IH lini LETTERATURA Medaglia inedita di Malaiesta iv Bnglioni^ nel mu'- seo de conti Oddi di Perugia^ dai suoi fasti (i) illustrata , per Gio'.'anni Battista f'^ermiglioìi . MCCCCXCII Da - Giovat)paolo . e . da . Ippolita . Conti romana . trae . Malatesta . i . suoi . natali . (2) MD Il .. dominio . della . patria . scambievolmente dispulando . i . Bagliusii . rovinosa . congiura . si palesa-, fra . lóro . Giovanpaolo . a . gran . risico la . rovina . estrema . scampata . abbandona . la patria . ed . i . figli . Malatesta . ed . Orazio (3) (1) I principali storici .del secolo XVI tutti parlarono di Ma- latesta; il Pclliiiì cioè, Guicciardini, Macchiavelli, Giannotti, Bem- Ijo, Parata, Giovio, Mecari, Morosini , Guazzo, Tarcagnota, Var- chi, Ammirato, Segni, Ncrli , Nardi , ed altri; come tutti p.irla- 710 di Gioanpaolo suo padre . Noi stessi abbiamo compilalo viii» copiosissima vita di jVIalatcsta Baglioni, per la quale abbiamo esa- minato non tanto gli scrittori a stampa, ma assai monvimcnti ine- diti e nella patria, ed in Firenze, e da questa vita medesima sì sono tratti questi brevissimi fasti Malatestiani . (2) Questa è la vera epoca del suo nascimento da noi fi3;ata suir esame dei monumenti della patria . (3) La separazione di Gioanpaolo dalla patria ,. e dalla propria famiglia ; fu recentemente e vagamente espressa in assai bel qua- 48 LlTT2RATlIIlA Prende . cura . di . essi . Atalanta . madre . di Grilbnetto . Baglioni . uno . dei . congiurati Giovanpaolo • impugnate . le . armi . torna . alla patria . ove . depressi . gli •• emoli • nuovamente al . supremo . l'astigio . è . levato I . fiorentini . celebrano . il . vnlore . dì Giovanpaolo . E . per . onorare . la . sua . prosapia eleggono . a' . proprii . militari . stipcndii . Malatesta fanciullo MDIII Perugia . da . civiche . emozioni . messa . in pericolo . il . duca . Valentino . la . sorprende Giovanpaolo . scampato . il . laccio . cui tese . il . tiranno . con . la . famiglia . cerca sicuro . asilo . in . Siena . presso . i . dominatori Petrucci Dai . partigiani . scortato . e . favorito . dalla fortuna . presto . à . reduce . a . signoreggiare la . patria MDVI Giovanpaolo . si . pacifica . con . il . pontefice Giulio . 11 . Gli . cede . liberamente . Perugia . si acconcia . a' . suoi . militari . stipendii . e . per guarentigia . de', patti . rilascia . slatichi . al duca . di . Urbino . i . figli . Malatesta . ed . Orazio MDVn AI . soldo . dei . fiorentini . toltosi . il , primo dimora . nella . patria . che . sebbene . di . giovane dro rial sig. cavalier Laudi , e che orna attualmcutc la sala «Iel- la nobile famiglia Baglioni in Perugia. Medaglia di Malatesta Baglio.yi 49 età . aprendosi . alla . gloria . la . via . lo . occupa nei . politici . affari . ed . al . colmo . diagli . oiioii lo . innalza MDX Malatesta . celebra . solenni . sponsali . con Monaldesca . Monaldeschi . Perciò . diviene . signore di . più . terre . e . castelli . nel . contado . di Orvieto . e . la . sua . potenza . pone . in . tur- bamento . quei . popoli MDXII Chiamato . allo . esercito . dai . veneziani nei . varii . combattimenti . di . Romagna . il suo . valore . è . coronato - da . mortali . e . gloriose ferite . Per . curarse . si . riconduce . alla . patria che .. nuovamente . lo • distingue . con . onorevoli impieghi Popoli - a . lui . soggetti • offrono . sinceri voti . e . solenni . alla . Regina . del . cielo . per la . sua . guarigione . dopa . le . calamità . della guerra (4) (4) Fu forse allora che, per la sua ricuperata salute, le gen- ti di Colazzone , luo^o già addetto al svio dominio , offersero alla Regina^ del cielo un solenne voto di ringraziamento. È questo espres- so nella pittura di nua. tavola di Jjuona mano, e probabilmente della scuola del Vannucci, che allora grandemente fioriva in Pe-< lugia , e che si conserva presso i signori conti Baglioni . Ivi Ma- latesta è in un letto adagiato . Di rimpetto è la Vergine fra le nubi, con Gestii in grembo , circondato dai serafini e dagli angio- li , e prostrato a terra ewi un coro di 24 g'*'^ ■'^^' donne in atti- tudine di pregare. Vi si legge inoltre questa epigrafe: Colazonis . incolae . divae . Mctrlae . Consolatrici , oI> Malatesfrnn . Balionum . prinaf'pem . bcnenicrUum . e . m^dla A.T.XII. 4 5o Letteratura MDXIII Reduce . Malatesta . al . veneto . esercito . e Giovanpaolo . da . politiche . circostanze . invitato di . ricondursi . a . Perugia . dopo . la . morte di . Giulio . II . glie . ne . cede . il . supremo comando Malatesta . ne . dirige . in . Padova . ogni disciplina . fino . al . sollecito . ritorno . del genitore . Quindi . risalutando . la . patria . lo elegge . sapiente . dello . studio In . mezzo . ai . tifernati . spiega . magnifica pompa . scortando . Giulia . Vitelli . sposa . di Gentile . Baglioni . suo . congiunto Leone . X . elevato . al . soglio . pontificio Malatesta . grandemente . protegge . lo . encomia fra. i . tratti . di . molta . familiarità , gli , commette gravi . incombenze . e . lo . ricolma . di . grazie xMDXlV Le . militari . insegne . di . Bartolommeo . di Alviano . (5) . Malatesta . seguendo . al . veneto cseicito . si . riconduce . Combatte . gli . imperiali togliendo . loro . la . terra . di . Pordenone . con la . prigionìa . di . Riciano Alia . devozione . dei . veneziani . assicura più . terre . nel . padovano . nel . vicentino . e nel . trentino . con . la . fuga . degli . spagnuoli jnortii . resUtiilwn . ad . %'Uum . duin . vidnern . laudem perpchiain . pariluru . iuUt . (5) Bartolommeo di Alviano, celebre capitano ilaliano del secolo XVI, avea io m^ìgh'e una sorella di Gianpaolo , ed era perciò zio di Ma- Utesia. Medaglia di Malatssta Bagliori 5i MDXVI Leone .X . le . sue . beneficenze . rinnovando a Malalesta . ed . Orazio . li . innalza . al . grado di . conti . di^ . Bettona . con . amplissime giurisdizioni MDXVII Perugia . è . minacciata . dal . duca . di Urbino . che . in . mezzo . al . furore . ed . il sangue . vuole . ricondurvi . i . fuorusciti . Mentre essa . ad . opportuna . difesa . si . accinge . Ma- latesla , improvisamente . vi . giugne . e . vi . torna accolto . fra . i . segni . di • pubblica . letizia Conciliati . i . pubblici . interessi . della . patria accorre .prestamente . con . le . sue . armi . in sostegno . del . genitore . nelle . terre . del . Ch.ugi ove trovavasi . astretto . di . sostenere . sfide pericolose . con . 1' . emolo . Gentile . Baglioni Appresso . nuovi . torbidi . sopisce . m Perugia • suscitati . dai . fuorusciti MDXVIII Nasce un . figliuolo . a . Malatesta . cui impone . il - nome . di . Ridolfo . Segni . di comune - letizia . si . manifestano . nella . citta e . nel , contado MDXIX Muore . Ippolita . Conti . sua . madre ^ Giovanpaolo . avverso . alla . fortuna . de Medici . Leone . X . lo . invita . a . Roma . con .la offerta . di . generosi . favori . Giovanpaolo - da suspicione . turbato . vi . manda . Malatesta . che dolcemente . dal . pontefice . accolto . lo . rimanda 4 Sa Letteratura fermo . nello . animo . suo . di . volere . Gioanpaoìo Vi . si . reca . di . pontificio . salvacondotto munito . È . messo . prigione . nella . mole . Adriana dove . muore . indi . a . poco A . tanta . sciagura . i , figliuoli . Malatesta ed . Orazio . superstiti . e . temendo . che . V ira . di . Leone . si . diffonda . su . di . essi eziandio . lasciano - la . patria , E . corsa . parte del . reame . di . JNapoli . nelle . terre . dei .veneziani più . sicuro . asilo .a . se . stessi . procurano Le . proprie . robe . sono . esposte . alla fiera . cupidigia . di . Gentile . Baglieni . loro emulo MDXXI Morto . Leone . X . e . manifestatosi . un segnale . di . sommosse . politiche . nello . stato gli . esuli . Malatesta . ed . Orazio . si . dispongono a . ricuperare . la . patria . Riuniscono . i . proprj interessi . a . quelli . di . Francesco - I . duca . di Urbino . anche . esso . da' . praprii . stati . bandito nella . nascente . sua . roborea . grandezza . e . di oltre . ad . un . lustro . esule . nel . mantovano Tornano . con . valoroso . esercito . in . Perugia € . fugandone . i . fiorentini . e . Gentile . che alla . difesa . vegliava . ne . divengono . nuovamente signori (G) (6) Questo solcnnissimo ingresso di Malatesta in Perugia, si è recentemente rappreseqtato con molta perizia , e eoa molto inten- dimento dell' arte pittorica , in assai bel quadro dal eh. sig. cava- liere Camuor:ini , e di già allogato della nuova sala del palazzo B^- flioni in Perugia . Medaglia i>i Malatesti Baglioni 53 MDXXII Perugia . dalla . sua . presenza . letificata . e già . slanca . della . tirannide . di . Gentile . da Malatesta . il . termine . di . gravi . sciagure . conosce Gli . decreta . perciò . come . al . serenatore . di questo . cielo . il • dolce . nome . di . padre . della patria . e . pubblici . monumenti . di . riconoscenza e . di . gloria (y) Provvidenze . militari . e .politiche . tengono Malatesta . occupato, onde. così, prevenire .i. disegni doi . nemici . le . minaccia . dei . fiorentini . e saiiesi . e . della . fazione . medicea Una . banda . di . fiorentini . dallo . irrequieto Gentile . scortata . si . slancia . verso . Perugia onde . trarne . fuori . Malatesta . Egli . con . la lòrza . delle . armi . e . con . le . buone . pratiche dei . magistrati . delle . sue . parti . seguaci . allontana ii . nemico . e . le . ruinose . calamità . della guerra Generosa . e . liberale . offerta . di . CIDGI3 fanti . di . G . cavalli . e . di . IIII . artiglierie fa . Malatesta . a . Renzo . di , Ceri . che . deve i . fiorentini . combattere . Ma . da . essi . Ma- latesta . assicurazioni . riceve . che . le . militari loro . mosse . non . dirigevunsi . né . sopra . di lui . né . sopra . la . patria (7) E' ben ffti;ile supporre , ilie ìh questa circostanza Perugia oiioiasie B/lulatcsta con nueaa medaglia. L'epigrafe INVIDIAM. QUO- QUE . SUPERAVI , e non calcavi , come scrive malamente Ce- sare Grispolti pervTgino nelle sue istorie , e che forse non vide 1» mcilajlia rifereriduiie i^ues^ic sole purole , potrebbe assai persuaderlo. jq 4 L E T T E H A T U li A MDXXVI Reduce . Malate&la . al . veneto . esercito . aaclie esso . contro . la . lega . occupato . ne . ottiene il . siiprciiìo . governo . Aquista . lodi . a . quel dominio . e . cinge, di . stretto . assedio . Cremona MDXXVII Clemente . VII . conferma . a . Malatesta . il pieno . dominio . del . suo . stato . compreso . in varie . terre . e . castelli . deli' . Umbria Onesta . missione . dalla . signoria . dì . Venezia ottenuta . torna . in . Perugia .e . vi . è . occupato nel . consiglio . dei . D. MDXXVIII Unitamente . al . duca . di . Urbino . visita Clemente . VII . in . Orvieto - e . Viterbo . ove erasi . rifugiato . dopo . il . sacco . di . Roma .Dal . pontefice . nuove . grazie . ottenute per . la . famiglia . e . la - patria . questa . in atteKtalo , di . riconoscenza . gratissima . il . secondo vnjfume . dei . munioij)ali . statuii . gli . intitola che . si . pubblica • della . immagine . sua . fregiato cii . cingolo . militale . ornata . e . dal . paludamento ricoperta Alla . obbedienza^ . della . Cbiesa . riconduce le . rocche . di . Assisi . E . perciò . di . altri pontificii . favori . viene . ricolmato Dai . maneggi . di . Pirro . Colonna . di Braccio . e . di . Sfòrza . Buglioni . suoi . congiunti ma . nemici . e . rivali . importunato . non . si arresta . dai . preparativi . di . gu(nra . che . in favore . dei . Uorenliui . dispone . iu . Perugia Medaglia di Malatesta Baglioni 55 MDXXIX Banditi . i . Medici . ed . i . partigiani . depressi i . fiorenlini , risolvono . di . sostenere . la ricuperata . libertà . con . la . potente . ma . non sempre . giusta . e . sicura . ragione . delle . armi di . cui . a . Malatesla . cedono . molto . potere mentre . egli . ancora . signoreggiava . la . patria Provvisto . alla . sicurezza . della . patria e . della . famiglia . parte . con . le . sue . armi tilasciando - Perugia . in . vigore . di . concordato '• . con . la . intelligenza . del . pontefice . agli imperiali . che . comandati . dallo . Oranges • e (l:il . marclicse . del . Vasto . si . incamminano allo . assedio . di . Firenze Malatesta . li . previene . e . giuntovi . eoa le . sue . genti . ogni . occorrente . alla . difesa dispone . con . l'opera . di . Michelangiolo . Buonarroti 11 . nemico . è piesente . e . Malatesta . in . vano lo . sfida . a . tenzone MDXXX Terminata . la . condotta . di . Ercole . da Lste . generale . della . fiorentina . repubblica Malatesta . il . supremo . comando . ne . ottiene . con pompa . solenne . decorata . eziandio . da . orazione latina . di . Alessio . Lapacini . segretario . della repubblica Divenuto . così . V arbitro . delle . armi . dei fiorentini . lotta, con. il. nemico. piiì. volte . contro la . superiorità . delle . forze . né . sempre . per proprio - volere . ma . per . lo . impaziente . impeto dei . fiorentini . che . lo . spirito . di . libertà indomiti . rende . e . feroci Ma . 1' . avversa . iortuna . di . essi . Io 5- J L E T T K r A T i: n A • ..r ni ggi mento . 1:! . in'lisiiplitia . gii . inifrni toibiiii . della . r<^pi!Mir!ca . i . sinlonil .'di lììalconlento . die . si . maniresliiiio . lendono calilo . Maìatesta v a . non . tentare . si . spesso il i valoio . delle . oslili . lialangi (;>) Le . sue . a/ioni . tolte . dai . lepnLbiicani in . sospelto . si . (!(^cide . di . aprile . trallato con . t;ii . imppii.ìli . e . con , papa . Clemente Ne . peisnafle . i . (iorei.iini . alla . difesa . della liherlà . ma!aiTiei;l(^ . o*;l]naii . Ma . poi . da malagevoli . ciicostiDìze . islruiii . dopo . varie e . pericolose . opj)oisimi , del loro autore. „ La mia fatai nemica è bella e cruda , ,, Cola; né so qual piìi: ma creda e bella ,, Quanto il Sol caldo e chiaro : e ben tal ella ,, JNel cor mi siede , che n' agghiaccia e suda . ( Bembo ) „ Seren la pace , e nubiloso tempo ,, Son l'ire, e T pianto pioggia, i sospir venti „ Commove spesso in me 1 amato lume. ( Lu stesso ) „ Viva mia neve, e caro e dolce foco, „ Vedete com'io agghiaccio , e com' io avvampo ,, Mentre qual cera ad or ad or mi stampo ,, Lei vostro segno , . ( Lo sfesso . ) , Or che de l'ocean surge l'aurora , „ £ con r umida treccia il mondo bagna. ( Giusto de' Co fi ti ) , Rubate al Sol ha le dorate chiome , „ L quelle luci ladre, e il chiaro viso; „ A Venere V andar e le parole. Così agli dei fa forza , e non so come „ Chi può consenta, il cielo e il paradiso „ Lnpoverir per arricchir lei sola . ( Lo stesso ) Sicché queste al mio mal pietose mura „ Ai parti vostri , ai miei sospiri ardenti , PoESit d' Elstaciho Maatredi G3 ,, Sic:io in im tempo culla e .scpollura. ( yÌiì-;elo di Curlaiizo ) Occìii , che fia dì voi , poi ch'io non spero ,, Veder per tanto spazio ii viso santo / ,, Farem con nuovo e disusa!© pianto ,, Fiume maggior dei Reno e de 1' Ibero. ( lo stesso ) . Si stenterà a credere, che l'incomparabile Lo- dovico Ariosto ragunasse tante freddure, quante ne abbraccia cpicl suo epigramma in lode dei maich;"- se di Pescara marito e sole delia celrbic Vitlon^A Colonna . ,, Quis gelido jacet hoc sub marmore ? Maximus ( iiie „ Piscator , belli gloria , pacis bonos. „ Numquid et pisces caepit? IV on. Ergo quid? UvLrs, ,, ?(la^nunimos regcs , oppida , regna, duces . ,, Die quiJìus haec coepit Piseator retibus . Aito ,, Consiho , intìcpido corde , alacrique manu . „ Qui tantum r^puere ducem ? Duo numina: Mors, ( Mais. „ Ut rapercnt quisnam impulit? Invidia. „ Nil nocuere tamen ; vivit nam lama superstess, ,, Quod Martem. et Mortem vicit et invidiam- In questo ultimo distico finalmente T Ariosto si ricordò di essere 1' Ariosto . iNon vo' consentire che il leggitore disgusta- to rimanga di slmile epigramma, e più di me che 1 ho rammentato : però, quasi in animcnda, aggiun- go il seguente dello stesso autore , che può anda- re del paro de' più belli della Grecia e del La/.io. ,, 0 rarum Ibrmae decns ! O lepidissimi! verini 1 „ O bene diductum pollice et ore melasi „ An charitum quarta , an Vcnus altera, an addita. ( musis C4 Letteratura „ Est decima, an simul est Gratia , Musa, Vcnus? ,, Julia quin sola eist , qua caiitu Musa , lepore ,, Gratia, qua longe est vieta decore Venus. Del numero di coloro , che al sommo grado giunsero della stravaganza, fu Domenico Veniero , che pianse la morte del Bombo in guisa da ecci- tare o le risa , o più veramenle il dispetto a chi- unque legga quel suo lamento. „ Per la morte del Bembo un sì gran pianto „ Piovve dagli occhi de l'umana gente, ,, Ch' era per aiìogar veracemente „ Come in diluvio il mondo in ogni canto, ,t Se non traeva insieme il dolor tanto, „ Per bocca fuor d'ogn' anima vivente, „ D' alti sospir un Mongibello ardente ,, Che asciugò in ogni parte ove fu pianto , „ Né schivò meno il lagriiuar profondo „ Che il loco de' sospir anche non fosse ,, Arder tutta la macchina del mondo. „ Dio fu che 1 un con l'altro m>! corresse; „ Perchè il primo miracolo o il secondo ,, J\on sorbisse la terra , o non 1 ardesse . JNe' prosatori altresì del cinquecento si dif- fuse quasi epidemia il morbo de' poeti , giusta la teslimoniauza di Gio. Battista Giraldi nel libro - In- torno al comporre de' romanzi , delle comme- die ec. - dove ammaestrando egli il suo Giulio , perchè schivasse i modi mostruosi di dire , gliene addita alcuno de' più famigliari. 11 tratto è alquan- to lungo : ma piaceranno a tutti i precetti del Gi- raldi , e tutti rideranno di que' modi . ,, Apjiresso „ si debbono schivare que' mostriiosi modi di di- „ re , che sono oggidì sì pregiali da molli , elio „ non pure nelle commedie o nelle tragedie , ma ,, ne' dorae-ticì parlari , e nelle stesse famigliari PoEJJi.E d' Elstachio Manfredi G5 ., lettere gli hanno in guisa sparsi, che in ogni io- ,, glio se ne trovano due o tre , i quali son da ^, fuggire da, lodevole, scrittore, coajie si fuggono „ gli scogli nel nxare da' naviganti; e in ciò L;- ^, sogna a\ ere. molta avvertenza, perchè questo vi- „ ZÌ050 modo di dire porta con esso lui semblan- ,, za al vero , che spesso ne ricevono gli scrit- ,, tori ( se non sono bejae accorti , e bene non ,, vi mirino per fuggirlo ), graudissimo danno, , ,, E perchè questo non avvenga a voi, M. Giulio, „ non mi rincresce apporvene alcuni innanzi ( che ,, vi potran bastare per esempio di tutti ) i qna- ,, li mi furono già lasciati da uno giovanetto sioi- „ liano , che per sua mala ventura era stato sot- ,, to un. ^naestro , chiamato la Spina : il quale avea ,, così involto quel giovinetto in queste tenebre, ,, che se non gli fossero stati aperti gli occIjì , ,, e fattogli vedere la vera luce , si sarebbe egli ,, sempre stato nelle tenebre . E miseri nel vero ^, si possono ben dire que' giovani , che per loro ,, mala ventura incappano in così fatti maestri . ,, I modi dpi vizioso parlare, ch'egli mi disse, „ erano questi . ,, Vorrei poter accorre nel seno delle mifl pa,- ,, role il segreto mio , e portarlo alle porte del vo- ,, stro cuore, ed agli orecclii dell' ani rjao vostro, ,, e mettere i miei concetti innanzi agli occhi del „ vostro intelletto , per rompere V ostinato voler ,, vostro , che vi ha fatto contra me , quasi du- ,, rissimo marmo , perchè teniate chiuse Je porte „ del vostro cuore alla pietà . „ Io son venuto a solvere il digiuno del naio „ cuore alla mensa doUa serena fronte, ove Arao- „ re dispensa il cibo , onde mi pasco del Tagp „ degli occhi vostri , come del dolce di ogni dolce. G.A.T.XII. 5' (IG Letteratura ,, Edificato ho il muro delle mie speranze „ sulla ferma pietra della mia fede , e con gli chio- ,, di della serfitù fissi nelle travi del desiderio , ,, ho edificata una stanza al mio cuore nel soave „ piano delle vpstre bellezze ; ed alle finestre del ,; discorso, quando è notte , lo miro e lo con- „ tempio . „ „ (jon qual vaso dì mente torrò dal fonte „ dell eloquenza 1 onde delle parole , che sieno ,, atte a portare al liquido del vostro cuore il tor- „ renle del mio desiderio ? ,, Da quale esercito d'amore potrò io avere „ i capitani , che mettano le squadre de' miei de- „ siderj in battaglia , i quali co' colpi delle pt- ,, role vengano ad espugnare il forte del rostro. ,, cuore, e ad aprire l'entrata alla mia fede sì, „ che vittoriosa si riposi in così dolce stanza . ,, Come l'acque dei fiumi col crespo loro se „ ne vanno ne 1' ampio seno del mare , ed entra- ,, te nel suo salso, perdono la lor prima natura; ,, così le onde de' concetti miei uscendo dal fon- ,, te del mio cuore, ed entrando nel pelago della ,, vos!ra profonda virtù, perdono il loro eorso drit- „ to neir onde delle vostre lodi . „ Si poteva egli scrivere più sciaguratamente sì in versi che in prosa, nel secol d oro dei prosato- ri italiani , e dei poeti epici e lirici ? Presi alla fin fine i poeti del secolo XVII dalla noja intol- lerabile di tanti amorosi deliri de' loro antenati, e dal sentire infiniti suonatori di liuto toccare incessantemente la stessa corda , divisarono di toc- carne altra. Confesso il vero, che se io ho dovuto soventi volle ammirare nel Petrarca il sommo li- /ico, spesso pure ho dovuto compiangere lo svo- gliato amante. Dopo che un argomento si è fnii-, Poesie d' Elstachio Manfredi 6j lato con ottimo, successo , e si ruol pur prose- guire neir ostiaata trattazione , è necessario eli ca- liere nel mediocre, ed anche piià abbasso, come avvenne a messer Francesco , e più assai a Giu- sto de' Conti , di cui la bella mano legger non si potrebbe di seguito , senza grave pericolo d' inti- sichire . Torno ai poeti del seicento . Ben vide il cavalier Marino , e videro que' molti che in ap- presso calcarono le sue orme , che siccome il Pe- trarca era il principe della lirica poesia italiana, così , se tempo era una volta di cangiare argo- mento , non bisognava però lasciar d . imitarlo . Peccato che lo imitassero , e lo superassero poi anche ne' falsi concetti , nelle freddure , nelle esa- gerate comparazioni , nelle iperboli , ed in ogni hizzara maniera di stravolto ingegno ; perchè do- po le cose ragionale ., niuno maraviglierà che T A- rhillini confortasse il ferro a sudare per liquefar aietaJli , onde erigere monumenti a Luigi XIV ; che altri chiamasse il quarto di luna ,, Del melone del ciel fetta lucente ,, ( rammentando forse il verso del Petrarca : „ O finestra dtH ciel, lucente, altera „) altri i denti della sua bella ,, catena di fiorite perle ,, ed altri non avesse ribrezzo a rappresentare il nu- me di Delo qual guerriero, o più presto qual car- neflce in atto di mozzare la testa all' ombra . ,, Ecco del ciel il colorato auriga „ Febo guerrier, che taglia „ Con lai scure de' raggi il collo all' ombra. E che dirassi di colui , che dopo di avere paragonato i capegli della Maddalena all'aureo Ta- go , e gli occhi di lei al sole, soggiunse:. . ,, Se il crine è un Tago , e son due soli i lumi , 5 • f'8 L E T T E R U R A ,, Non vi(Je mai maggior prodigio il cipìo „ Bagnar co' soli, e rasciugar co' fiumi , Eccesso di freddura è quello riferito da An- tonio Abati nelle Frascherie sopra la battaglia di Canne. ,, Se la pugnai di Canve uccise tanti, ,, Immaginale s' era di bastoni . Anclie il Manfredi nella sua giovinezza si la- sciò sedurre in guisa dalla corrente, che compia un sonetto di santo Filippo Neri così : „ Il fumo dei sospir il fece Neri. Di che egli al paro d'altri assai merita più compati- mento che riprensione ,dove si consideri, che luoma aspira alk gloria ; e che nel seicento era in gran- dissimo pregio il Marino , e si disprezzava il Chia- bre?a , 1' emulo del Venoiino ^ Il cardinal Benti- Toglio l'i comrqendò ambidue . Il primo ( come è da credere di quell'insigne letterato ) per riveren- za al secolo ; il secondo , per riverenza al poeta . Ma non tardò guari il Manfredi ad accorger- si , che non. conveniva raercare la gloria a prez- zo sì vile ; il perchè applicossi alla lezione de' poeti classici , italiani più assai , secondo che a me pare , che a quella dei latini; ed in breve ( di tal sublime ingegno egli era fornito ) rag- giunse i migliori, e si lasciò indietro i mediocri. Imitò egregiamente nel bello il Petrarca , a cui tolse anche talvolta in bel modo i pensieri , non che le frasi ; come può vedersi in molti luoghi, 0 forse più che altrove nella celebre cazone - Don- iin , ìie gli occhi vostri . Leggasi la ballata IX di inesser Francesco - „ Or vedi , amor , che giovanetta donna „ Tuo regno sprezza, e del mio mal non cura .,, E tra duo ta' nemici è sì sicura- I^OESiE d' Eustachio Manfredi C^ ^, Tu se' armato , ed ella in treccie e 'n gonna ., Si siede , e scalza , in mezzo i fiori e l'erba : ,, Ver me spietata , e contra te superba . „ I' son prigìon ; ma ce pietà ancor serba „ L' arco tuo saldo e qualclì' una saetta , „ Fa di te e di me, signor, vendetta. e si conoscerà tolto da essa il pensiero del so- netto ,«. „ Amor, mira costei con qual disdegno ?. „ S'inoltra, è come, in sua beltà sccura , „ Tuo gradò «prezza , e tuo poter non cura , ,, Ma guarda e passa, né d' onor fa segno. ,, Né questo sol; ma le tue veci, e '1 regno ,, Ch' hai sopra i cori , a te rapir procura ; „ E ^ual fere , qual strazia , « quale a d'ira ,, Prigion condanna ;, e a servii giogo indegno. ,, Mira, che ancor sul mio veder potrai „ L' orma del crudel ferro , in cui ristretta „ Piansi mia vita , e morte invan chiamai . s. Fanne , offeso signor , fanne vendetta: ,, E se contro una donna ardir non hai , „ A che ti pende al fianco arco e saetta? „ Allorché il Manfredi compose il sonetto - Dopo aver mostre al suol si rare e tante - ebbe in men- te quello del Caro , che comincia - Dopo tante ono- rate è sante imprese , E quando compose V al- tro - Scorge il buon cacciator la sua capanna , rammentò quello di Francesco Beccanti detto il Coppetta . Dicasi altrettanto del sonetto - Re degli altri superbo, altero Ji urne - coni'rontAto con quel- lo del Bembo - Me degli altri superbo e sacro monte - Le imitazioni però del Manfredi sono sempre tali , che non gli tolgono il merito di essere au- tore ; siccome lo e ne' componimenti di sua inven- zione . ro LeTTKRATURA Fu in molta celebrila il sonetto di Torquato Tasso sul testamento di Carlo V. ,, Di soistener , qual nuovo Atlante , il mondo „ li magnanimo Carlo era ornai stanco: „ Vinte ho, dicea , genti non viste unqnanco ; „ Corsa la terra , è corso il mar profondo ; „ Fatto il gran re de' traci a me secondo; „ Preso e domato 1' africano e il franco; „ Sopposto al ciel l'omero destro e '1 manco ^ „ Portando il peso a cui debbo esser pondo . „ Quinci al /ratei rivolto , al figlio quindi ; „ Tuo l'alto imperio, disse, e tua la prisca „ Podestà sia sovra Germania e Roma; „ E tu sostien V ereditaria soma „ Di tanti regni, e sii monarca agi' indi; „ E, quel che fra voi parto, amore unisca . Ecco di qual nobile maniera se ne valse il Manfredi a celebrare la concezione di Maria Ver- gine , guardandosi dai difetti ne' quali trascorse il Tasso , ed un tempo egli stesso . „ Stanco oramai de la fatai vendetta , „ Che a la stirpe giurò del primo uom rio n „ Stava il gran re del ciel, qual giusto e pio ,^ Signor, chea mercè inclina, e prieghi aspetta. „ Ma qual potrà , diceva , anima eletta „ Fra il lor fallo intraporsi e V odio mio ? „ D' un alma i voti , ah non aspetta un Dio , „ Se a r.error, per cui priega , ella e soggetta! „ Quindi a Maria rivòlto , e al figlio quinci : „ Tu pria vanne, a lei disse, é de la prisca ,, Grazia un novo nel mondo ordin coiiiinci. „ Poscia tu scendi , o figlio ; e allor s' unisca „ Il iiodo ^ allor morte combatti e vinci , ,, E , quel che resta all' opra , amor compisca . Il bel sonetto dì Angelo di Costanzo: Poesie d' Eustachio Manfredi 'ji ift, Poiché vo' ed io varcate avremo 1' onde ,, Dell' atra Stige , e sarem fuor di spene „ Dannati ad abitar V ardenti arene „ Delle valli d' inferno ime e profonde ; ,, Io spererei , eh' assai dolci e gioconde ,, Mi farebbe i tormenti e l'aspre pene „ Il veder vostre luci alme e serene , „ Che superbia e disdegno or mi nasconde: „ E voi, mirando il mio mal senza pare, „ Temprereste il dolor de' martir vo.stri ,, Con r intenso piacer del mio penare, „ Ma temo , oimè ! eh' essendo i falli nostri , „ Per poco il vostro , il mio per troppo amore, :,, Le pene uguali sian , diversi i chiostri. fu pure dal Manfredi per eccellenza imitato nel sonetto : ,i, Poiché di morte in preda avrem lasciate ,, Madonna ed io nostre caduche spoglie , ^, E il vel deposto , che veder ci toglie „ L'alme ne Tesser lor nude e svelate; „ Tutta scoprendo io allor sua crudeltate , „ Ella tutto r ardor che in me s' accoglie , ,, Prender dovrianci alfìu contrarie voglie; „ Me tardo sdegno , e lei tarda piotate . „ Se non eh' io forse ne 1' eterno pianto , „ Pena al mio ardir , scender dovendo , ed ella ,, Tornar sul cielo agli altri angioli a canto ; „ Vista laggiù fra i rei questa rubella „ Alma , abborrir vie più dovrammi ; io tanto „ Struggermi più, quanto allor fin più bella. Il Costanzo e il Molza e il Marino collo- carono se stessi , e la loro amante , neU' inferno . Il Manfredi, più dilicatamente adoprando, collocù la sua in paradiso i ma poi suppose di essere egli fdggià fra i rei . Quanto a me , commenderai quel ^3 Letteratura poeta, elle, usando tlcl suo arbitrio , fosisò' 'gevìViiè auclie Verso se stesso , prendetìdo poslo egli pu- re in cielo . Cosi la intése anche Datile , il qliale poten- do far dire alla sua Beatrice ciò che più eraglì a grado , obbligolla ad accertarlo , eh' egli sareb- be Ira poco A tenerle compagnÌA nel beato ini- mortàl regno . ,, Qui sarai tb pòco lertipò silvahó ; ,, E Sarai meco senza line civfe „ Di quello Roma, onde Clisto è rohiailo. ( Ptir^^i 32. nf, 100. ) L' àvei^e io sih qui ragionato della imltazio- lie, m'invita a dire brevissimamente dell' ingan- no in cui spesso cade il vólgo \ che sia furto ciò che è semplice imitazione . Pongo un esem- pio, più acconcio di lunga leggenda ,a spiegare la cosa cbn ogni chiarezza . Mi Tullid Gicerolie [De natura deohtim ì. ^. 28.) lasciò scritto questo epigramma di Q. Catulò : ,, Consisteram, exoriehtem àuroram Torte salutans ; ,;, Cum subito a laeva Roscius exoritur . ,, Pace mihi liceat, caelestes , dicere vestra, „ Mortalis visus pulchh'or esse deb . „ Lo stesso pensiero fd dal Peti-arca espresso nel (jiiadernario del sonetto i8i. ,, Tra quantunque leggiadre dorine e belle „ Giunga costei , che al mondo faon ha pare , ,, Col suo bel viso suol dell' altre fat-e „ Quel che fa il dì delle minori stelle; dàlia Isabella Andreini , poetessa e comica , nel ter- zetto : „ Ma se il giorno costei pur mi contende , ,, Sol-gi tu, JXisa, e vedrerti poi non metib ,, Al sol degli occhi tuoi sparir le stelle ; Poesìe d' EtSTACHio Maiìiredi ^3 'àà Anuibal Caro nel sonetto: ,, Eran V aer tranquillo e l'onde chiare, „ Sospirava Fiavonio , e fuggìa Glori, ,, L' alma Ciprigna innanzi ai primi albori „ Ridendo empjea d'amor la terra e '1 mare; ,; La rugiadosa aurora in ciel più rare ,, Facea le stelle, e di più bei colorì ,, Sparse le nubi e i monti , uscìa già fori ,, Febo qual più lucetite in Delfo appare . „ Quando altra aufora un più vezzoso ostello „ Aperlse, e lampeggiò sereno e puro V, li sol che sol m'abbaglia e mi disface . ,, Volsimi ; e incontro a lui mi parve oscuro ,, (Sariti nuilli del ciel, con vostra pace) „ L' oriente , che dianzi era sì bello - Sonetto che potrebbe , dirsi essere statò ridotto i^ prosa da mohsiéur Malleville : ,, Le silence régnoit sur la terre et sur Tónde, ,, L' air devenòit serein , et l'Olympe vermeil, ,, Et Fàmoreux Zéphir affranchi du sommeil, ,, Ressuscitoit les fleurs d'une hàlèine feconde. ,, L' aurore déployóit l' or de sé tresse blonde ^ „ Et semoit de rubis le chemin du soleil ; „ En fin , ce dieu venoil au plus grand appàrell „ Qu' il soit jamàis venu pour éclairer le monde . ,V Quand la junne Fhilis au visage riant, ,, Sort£»nt de son palais plus clàir que l'orient , ,, Fit Voir Une lumiere et plus vive et plus belle . ,i Sacre flambeaù du pur , n'en soyez pbint jaloux ; ,, Vous parùtes alors aussi peu devant elle , „ Que les féilx de la nuit avoient fait devant vous. è dal Manfredi nel sonetto : i, Il primo albor non appariva ancora , ,, Ed io stava con Fille al pie d'un oi-nO , 1, Ora ascoltando i dolci accenti , ed ora ^4 i ' i Letteratura „ Chiedendo al ciel, per vagheggiarla, il giornòi „ Vedrai, miaFille, io le dicea, l'aurora ,, Come bella a noi fa dal mar ritorno, ,, E come a 1 apparir turba e scolora ,, Le tante stelle, ònd' è l'Olimpo adorno; „ E vedrai poscia il sole, incontro a cui ,, Sparirai!, da lui vinte, e questa e quello: ,, Tant' è la forza de' bei raggi sui . „ Ma non vedrai quel eh' io vedrò : le belle „ Tue pupille scoprirsi, e far di lui „ Quel eh ei fa de l'aurora e de le stelle. Sebbene sia stato detto , che i sopramentovati' poeti , ed altri ancora, rubassero il pensiero a Q.Catulo, io noi dirò giammai ; poiché il furto non si avvera di qwe' pensieri, che naturalmente si creano in chiunque. Dov' è queir amante , a cui non sembri che la sua donna sia la più bella , la più nobile, la più amabi- le delle cpse create ? Questo sentimento si espri- merà diversamente da più poeti; ma sarà sempre lo stesso; nò potrà mai sostenersi che l'uno labbia tol- to air altro, se a tutti ne fu per egual modo liberale la focosa ,^ cieca passione . Parve a Q. Catulo, che Roscio superasse in arvenenza l'aurora . Il Petrarca paragonò Iclfetto, che produceva l'arrivo della sua Laur^a in mezzo alle più leggiadre donne, all' eifetto che produce il nascer del giorno rispetto alle stelle. L' Andreini diede un passo più innanzi, perchè pa- ragonando gli occhi di Nisa al sole , obbligò le stel- le a sparire allorché eglino si presentassero . Più all' Andreini si attenne il Manfredi che a Q. Catulo ; ma falsificò il pensiero . Se non che simili falsità non cadono sotto la censura della legge Cornelia defalsis\ perchè in bocca degli alianti si cangiano in vezzi. Lasciano essi ai (ilosoli la briga d indagare il vero; nò di altro sono ailatinali che tli piacere all' oggetto Poesie d'Eustachio Manfredi '^5 del loro amore ; al che di rado è acconcia la verità . Senza che , se ì pensieri sono falsi , o più veramen- te , se tali sembrano a chi sente poco gli affetti , mostrano non pertanto la verità della passione che è quella verità sola, che dal poeta vuol farsi conosce- re. Per ciò Catullo, nella celebre elegìa per la mor- te del fratello, spiegò i trascorsi suoi amori così: ,, Gum taatum ardérem, quantum Trinacriarupes, „ Lymphaque in Oetaeis Malia Thermopylis . ,, .-.wouTVMvv^ -.^ oiV;, V (Car. G8. v. 53. ) Ed Orazio in modo somigliante ^, O mare, et terra, ardeo ,, Quantum ncque atro delibutus Hercules ,, IN essi cruore , nec sicana fervida ,, iJreus in Aetna fiamma . - ^ . . . . (Epod. f]. 3o.) il furto si verificherebbe del verso dì Q. Gatulo ,, Pace mihi liceat , coel«stes , dicere vestra ,^ tradotto dal Caro ,, Santi ntimi del ciel , con vostra pace ,i e dal Mallevillè „ Sacre flambeau du jour, en soyez point jaloux.,, se già ad ogni poeta educato non si presentasse in simile occasione il pietoso pensiere di confortart; gli dei alla pazienza per vedersi posposti nella bel- lezza a Roscio ed a Fille . Cercò il francese di raggiungere l'italiano nel^ la descrizione dell' aurora e del sole , ma non è a dire di quanto si rimanesse indietro. E qual giudizio darò io dei due sonetti del Ca ro è del Manfredi? Ninno : sì perchè gli reputo ambidue bellissimi ; come perchè non oserei di ar- rogarmi tanto diritto . Se poi fossi interrogato di qbale mi piacesse più di essere autore ; risponderei , di quello del Caro . Con eguale ingenuità affermo "^6 tiETTERATtJlli che sceglierei di essere autore del sonetto del Màh- -5 fredi ,, Stanco oramai della fatai vendetta ; anzi che di quello del Tasso „ Di sostener qual nuovo Atlante il mondo . V. DEGLI Antonj msm ! . ; , . . . jÌSISI città serafica, e santunrii che la decorano^ ad istruzione e guida de forestieri cfie vi concorro- no . Opera del padre Domenico BrusclieìU mi- nor conventuale . Roma 1821 presso Francesco Bonrl/è . ^. I. jL/ opQ ii ritrovamento delle ossa del serafi- co padre san Francesco nello speleo della basilica patriarcale d'Assidi, varii libri sonò usciti alla lu- ce ,( e io due ne ho vedali) in cui di tal successo le circostanze descrivonsi . Per ben conoscerle, avrebbe a dir vero bastato quanto il dotto dif'enso* re della identità d.i quelle satUe réliqiUe produsse avanti a una siterà congregazione, sé si fosse egli espresso .in ,icuodo da conciliarsi i leggitori con faci- liììi e chiarezza nel dire: il che potersi fare, senza discapilo di eleganza e dignità, mostra limmorta- le esempio di Tullio - Ma avendo latineggiato sem- pre , bencliè si trattasse di semplice giudiziale lavo- ro, con le dodici tavole sotto gli ocelli; e spesso immaginatosi di parlare con la m&dre di Evandro; provido è stato il consiglio di quelli i quali ^ per scrivere in toscano di questo latto , hatino poste- riormente preso la penna . o. 2. Il primo de' due libri da me visti è quel- lo che contiene la Descrizione dell nssisiana hasiUr- Asisi citta' seuafica. jj cn dei valoroso gabbino letterato signor Bastiano Kangliiasci , pubblicata (a) dal signor avvocato Car- lo Fea comnaissario delle antichità di questa domi- nante. Egli vi ha posto in cima una propria lunghissi- ma prelazione, ch'io non so e nessun sa come siasi arri- schiato denominare Opuscolo diretto prineipalmente a comprovare la verità del ritrovamento del corpo del glorioso serafico patriarca san Francesco . Impero- chè se tal verità dovea principalmente risultare da -juesto libro; e l'autore se ne dà il vanto: il breve con cui la santità del regnante pontefice PIO VII aveva già solennemente e irrevocabilmente dichiarato, constare de identitate corporis .... illitdque reverd esse sancii Franciscl ^ a. che cosa ha giovato? Che tal linguaggio Io tenesse il difensore suddetto, finché si agitava la controversia , ed egli ne procurava con energico zelo la favorevole decisione: la cosa era in re- gola. Ma dopo l'apostolico breve, il quale non sarebbe .slato emanato, se le prudeulissime e severissime iu- daggini della chiesa non avessero couwrovato la ve- rità del ritrovamento : non v' ò peigona iisseiina- ta cui nausea non facciano le boriose frasi di detto titolo , come ([uelle che contengono un fttlsa \ivilt> dello ^rittore; e , mi sia permesso dirlo, anche po- co rispetto del valicano? il quale essendo stato 1 u- nico verificatore autorevole cautissirao e valido deU' oggetto : ha reso inutile e imprudente ulteriore ve- rificazione qualunque. §. 3. 11 secondo de' due da. me visti libri è l'opuscolo del rispettabile M . . . C . . . iN . . . inti- tolato Memoria sii l identità del corpo del patriarca salì. Francesco rinvenuto in j4 ss isi l anno i8i8. (b) (a) Roma 1820 stamperia camerale . (l)) Roma 1821 pel Coìitcdlni. ^8, L E T T E R. A T U R*A Non Iia guest' autore avuto V orgoglio di erigersi ìi\ comprovfitore della n)erit/i del ritrovamento ; ma so- lo ila risposto ad alcuni, molti de' quali quantunque convinti , essere quello scheletro di san Francesco : pure in qualche circostanza sono discordi ; e spe- cialmente spiegano in modo diverso dal suo la bolla speravinius hactenus di papa Gregorio IX. . In che potrebbe anche darsi eh eglino errassero . Ma se immaginandq idee fantastiche , immagìnan cose ( co- me M . . ha la gentilezza di decidere ) (a) degne di loro medesimi; il che vuol dire che non avendo in- telletto sano pensar diversamente non possono : di che dunque egli si duole ? ^. 4- Il padre Domenico Bruschelli minor con- ventuale nel suo libro intitolato Assisi città serafi- ca e santuaril che la decorano , di tale scoprimento non tratta ; ma presago doversi da esso viemaggior- mcnte eccitare la divozione de' forestieri a recarsi a «luella sua celebre patria per visitarvi le sante rinve- nute ceneri: presenta a' medesimi un ben dettaglia- lo quadro sì di tutti gli assisiani oggetti concernenti la leligione, che di quanti altri interessar possono curiosila di pellegrino ò viaggiatore erudito: descri- vendo una dopo l'altra le cose di osservazioue me- ritevoli, incise tutte maestrevolmente in trenta ra- mi da questo esattissimo e valente professore signor Giambattista Mariani ; e non solo entrando nelle discussioni relative a ciascuna delle medesime ; ma premettendo anche un erudito rapido trascorso per tutta la storia assisiana dell' epoca piiì remota alla nostra presente : (a) per lo che questa opera , non meno utile dell' altra più voluminosa del celebre padre abate di Costanzo su le memorie di san Rufi" (a) §. 16. p. ai. f Assisi citta' serafica ^g ^0. 1 pnò servire di nova norma per ciii si accìnges- se a raccogliere tutti gli avvenimenti di Assisi . 8. 5. Se io non convengo con questo scrittore su tutti i punti da luì trattati : non dee ciò contri- buire a discredito della ragione di luì; ma sarà ar- gomento della libertà de' giudizii su tutto ciò che ammette disamina . Per esempio a me non sembra provato abbastanza , che quel bel tempio di piazza detto comunemente Minerva fosse veramente a que- sta dea dedicato , come egli crede . (a) Il yederse- glì dato ab immemorabili tal nome: è indizio equi- voco assai , simile a quello per cui la più bella sta- tua del museo capitolino è riputata un gladiatore moribondo dal popolo; ed è creduta Lucrezia quel busto colossale accanto a questa chiesa di san Mar- co . Se nel fregio del suo permanente portico , ri- portato senza né epìgrafe né emblemi caratteristici in tre tavole di Palladio , (b) si distinguono i fora- mi dove impiombati erano caratteri di metallo ; e se il celebre francese viaggiatore Nicolò di Peiresc , come scrive Pier Gassendì nella vita di lui , (e) quum ìiemo dicere posset ecquid illa ( foramina ) signijicarent , rilevò il i6oi che formato avevano anticamente la leggenda lOVI OPT MAX ( né di tale anedoto di storia letteraria è il padre Bruchel- li allo scuro) (d) non saprei quanto alle dotte osser- vazioni di quel celebre letterato prevaler possa una opinione volgare. E siccome l'epigrafe da lui erudi- tamente e ragionevolmente congetturata , avrà com- preso i pertugii tutti del fregio di quel portico: non mi sembra molto felice la presunzione che la incri- (a) C. 2. art. 4< n. 55. p. »5 . (e) L. 2. p^ iiy. (b) L. e. 26. (d) P. 19. nota 1. ^ t) E T, T E R A T U n A zlone terminasse con le altre parole ET MI,NE|\« VAE . (a), §. 6. Il signor avvocato Fea, facendo l'astro- logo sul motivo per c^i nell' urnj? ,, dove giacpionp le ossa di san Francesco , siasi rinvenuto un anello d argento co» antico dittico sardio rappresentante una Pallade oipefpra : crede che tale anello l'osse ivi posto non /)er semplice divozione^ (gon sue paro- le.) ma probabilmente per Jir ma del magistrato d Asr sisi^ il quale manteneva la memoria nel sigillo di es- sere statq. la. città ne" tempi gentileschi sotto, la pro- tezione di Minerva , di cui v era, stato mngnijico tempio . (b.) Io gli c>hiedei:ò con rispetto , come si provi, che Pallade fosse protettrice speciale di As- sisi, ftel Qiodo stesso che Diana d' Efeso , Escular ]jio di Epid«|uro , Apollo di Delfo, etcaetera . So cl^^ qualche adulatore, posto in ridicolo anche dal padre Bruschelli, (e) ha dato a credere agli assiisia^i, che, son eglino colonia milcsia precisamente spiccatasi da un loco detto Asseso da Erodoto, dove esisteva, al dir di lui, qnel tempio di Minerva assesia , il qua- le distrutto da Aliatte , ne fu a esso inlerrao dall% pizia lo riedificamento inculcato, onde guarisse, (dj. Sono, baje. vera^iente milesie , di cui credo che ri- so avrebbero perfino que' popoli dell' Illirico detti assesiati da Plinio , (e) benché dovessero essere ia queste cose meno esperti di noi . D' un tempio di Minerva non avrà forse Assisi mancato : pure , co- me si ha dalla prelpdata opera del padre abate di Costanao , e come il gignor Ranghiascì e il padre EruscHelli (f) riconoscono, anche quelli avendovi (a) Ivi. (d) L. I. e. 8. p. 19. (b) Prefaz. n. iS. (e) H. n.. I, J. e. i4, p. $5. (e) C. 1. art.2. n. J. (f) C. 2. art. 8- Asisi citta' serafica 8t esistito della Bona dea die i mitologi credono la Tellqre, (a) d'Ercole , di Giove paganico, di Gio- ve capitolino, di Marte, di Giano, diEsctdapio, (li Apollo : perchè supporre noq poteij la città di es- ,ser presa da qup'che altro di cjuesti numi in specia- le tutela ? E il presente stemma assisiano essendo un leone rampante coronato ; (a) né solendo i co- zìiuni aver sigilli diversi dallo stemn^a ordinario : pare che il signor Fea , qel favorirci la sua divina- zione , dovesse l'arci sapere altresì, come sìa se- guita la metamorfosi della più saggia divinità deli,' Olimpo ip nna Lcdva feroce di Mauritania . ^>. y. Lo spregiudicato padre Bruschelli non SO7 lo dimostra di non ammettere lo speciale patroci- nio di ftlinerva ; ma avendo letto in certo libro d.i un padre Antonio d Orvieto , che quello volgarmen- te creduto di questa dea fosse edificato più di secor ii dicisette prima della salutifera incarnazione : chia- ma erronea tale asseirliva . Son sepo d accordo . Ne darei tuttavia o^ni altra ragione fuori di quella ch'egli ne adduce . In fatti è vero, cpm' egli osserva , chp il prospetto di quel tempio è corintio; è vero chp Callimaco fu institutore di quest' ordine; ed è ver9 altresì, che detto greco artista fiori sol cinque se- coli prima deU' epoca volgare ; pure nqn deriva aecessariamente da questo, che un tenipio d'ordi- ne corintio sia stato foiidato dopo Callimaco. JNon ?i sarebbe forse potuto ristaurare; e in tale occasio- ne abbellire con gli ornamenti proprii di epoca mo- ^lerna , benché fondato e dedicato assai prima ? Ciò sia detto §enza dare alcun peso alla opinione dell,' orvietano, che reputo milesia novelletta del pari. (a) Macrob. Satuu. 1. e.A.T.XII. 82 Letteratura 8 8. Sia con pace di Spello Bevagna e altri lo- chi , ognun de' quali a esclusione degli altri pretende esser patria di Properzio : io lo credo assisiano; e in ciò aderisco di bon grado sì al padre Bruschelli , (a) che ad altri dotti i quali molto prima di lui hanno deciso a favore di Assisi la controversia . Impe- rochè y4si essendo il nome del monte su cui Assisi ò fondata : Huic mons imminet Asis (dice Rafaele vol- terrano ) qui oppido nomen dedita, (b) e quantunque molli leggano erroneamente Axis e Arcem in alcuni versi dello stesso egregio Callimaco de' latini Proper- zio ; Assis e Assein leggendovi Angelo Poliziano , Giglio Gregorio Giraldi e altri parecchi : Scandentem si quis cernei de vallibus Assem e (e) Scandentemque Assis consurgit vertice tnurus , Murus ab ingenio noiior ille tuo : (d) altro quest' Asse b Assi non può esser che Assisi. ]\è il poeta farebbe dirsi dall' indovino , rendersi pel proprio ingegno più famoso quel muro, descrit- to anche dal padre Bruschelli , (e) se il loco dove esiste lui non vantasse per cittadino . È ben vera che Esisio è quella città chiamata da Tolomeo; ( f) ma tutti sanno quanto poco autorevoli sieno cir- ca le nomenclature di qualche nazione , quelli che parlano e scrivono in un linguaggio diverso. ^. f). Ho differito fin qui a osservare , che il padre Bruschelli scrive Asisi come qualche moder-^ no ; e non Assisi come i più fecero e fanno qua- si comunemente. Chi in tale diversità meriti vera lode, non può decidersi con Tolomeo e con Pro- copio autori greci e poco diligenti in nominare pae- (a) C. 2. art. 9. per tot. (ri) Ibi v. iih. 126. (b) Commcnt. urb. p. 64- (e) C. 2. art. 7. (e) Eleg. 1. I. 4. v. 65. (f) L. 3. e. 2. p. 65, Asisi citta' serafica 83 si italiani; non con Plinio conoscitore d'nn As-^ sislnio ma non d' uri Àssìsia ; né con Strabone il qnale , quantunque addotto dal padre Bruschel- li come autore ii qnal parli d'Ascisi , né anciie por sogno ne fa menzione; (come può vedersi dalle edi- zioni di Parigi jGao e di Amsterdam ijoy da me consultate;) e molto meno con Kaiaele volterrano e J31aeu scrittori troppo moderni, (a) Può decider- i5Ì peraltro col prelodato Properzio : imperucliè in que' due versi avendo scritto Asscm e Assisi ( di die abbiamo autorevoli tcstimonii ) e dovendo noi credere, che in detti vocaboli ei ci desse la radi- cai parola da cui derivò la denominazione della sua pallia: pare ch'essa in consegueo:^^a debba esseve chiamata Assisi con tie consonanti e non con due. Da ciò Ile segue che quel monte sul dorso di cui giace Assisi , benché detto A si da moderni : Assi iosse dagli antichi chiamato . Il padre Bruschelli ben degno concittadino del dotto Propersio a ciò non vorrà opporsi nella risposta che sta preparando. Ciò non avrebbe altro risultato se non quello di vendicar per sempre il nome di Asini a favore de^- gli abitatori dei monte Asi, eh io pieno di stima per essi vorrei denominati Assìni come abitatoli dell' Assi. ^. IO. Se allorché gli assisiani si dàn vanto, che la loro città produsse il lamoso Properzio, altri lochi de' rispettivi dritti non spogliansi onde loro contenderlo : allorché si mostrano altèri d'avere As- sisi veduto nascere san Francesco , trattandosi di pregio di grandissima lunga maggiore , credo che i lucchesi non ingiustamente pretendano esserne a par- ^e. : ammesso ( conie, espone 1' egregio signor Giulio^ (a) C 1. A. 1. p. jo. S4 L E T T E R A T U Vi A Corderò san Quintino n-?lla sua bella dissertazione numismatica , annessa quale articolo di sommario alla prefazione del signor Fea) (a) che avesse origi- ne da Lucca la lamigiia del santo detta de Morico- ni ; e di lì emigtasse per motivi di commercio ad Assisi . Non incolpo il padre Brusclielli per aver ta- ciuto tale circostanza dove parla de' santi e illustri uomini assisi lui ; (a) e se nota essendogli la dis- scrl azione del signor Corderò : il tenero amor suo verso la rispettabile patria lo dissuase da osservare , eh' essa vide bensì nascere questo preziosissimo, frut- to nel suo suolo, ma da estera pianta . 8. II. Un altro punto sopra cui non sono d'ac- cordo col padre Brusclielli si è , chi sia stato 1' ar- chitetto della patriarcale basilica , grandioso edili- zio innalzato da papa Gregorio IX a onore di san Francesco . Sì detto scrittore (a) che il signor Pian- ghiasci, attribuiscono l'opera a un Giacopo tedesco che dicono essere stato architetto di Federico li. E cerio che Vasari ha detto lo stesso . (b) Il padre della Valle all' incontro rivendica tal vanto ali Ita- lia, sostenendo che Nicolò pisano fu Tarcbitctto; (e) né Alessandro daMorrona nella Pisa illustrala, da lui dissente ; (d) e se non v' è altra obiezione che quel- la del chiarissimo signor conte Cicognara il quale lo nega , per lo motivo che il pisano professore la- vorava a que' tempi in Bologna l'urna di san Domcr nico: (a) potrebb» Vasari avere intruso nell opera sua , meritevole cionullameno di encomio perenn? (a.) P. VII. (e) Lett. san. t. i. p. i85. (b) C. o. per tot. (f) L. i. p. 4io. (e) C. 6. p. 6o. nota (i) (g) Stor.^d. colt. t.i. 1.5, p.o^o. (d) Vite t.2. in Arn. di Lap. i Asisi citta' serafica 8j e somma gratitudine degli artisti, aiicìie questo er- rore emendabile piij di leggieri di qualche altro . In quanto a me, non essendo situata Assisi in qualcu- na delle isole della Sonda ò nelle Molucclie : uon tro- vo la ragione del signor Cicognara convìncente ali- bastanza . Osservo in oltre in favore d' Italia , che se il tedesco era realmente architetto di Federico II : non sembra probabile , che questo principe scomu- nicato da papa Gregorio il settembre la^y, e non assoluto che l'agosto 1200, gli permettesse occupar- si il 1228 e il 1229 ( ne' quali anni fu innalzata quel- la gran fabbrica) in cosa di servizio del suo ne- mico . ^. 12 Fosse tuttavia raitefìce ò italiano, come contro il sentimento dei padre Bruschelli e di al- tri inclino a credere, ò pur tedesco: dovè egli es- sere uno de'piiì prestanti di quella età : poiché non Iraitavasi di edificare basilica sontuosissima con al- tre necessarie appendici in sito qualunque ; ma di fare eh' essa sorgesse e verso il cielo innalzasse i pinnacoli suoi dove l'umile patriarca, per essere su l'esempio di Gesù Cristo cuni iniqids reputatus , mostrato avea desiderio di esser sepolto : cioè ad carnarium ^ come narra Benvenuto Rambaldi, (a) ò sia dove dopo lo estremo supplizio i cadaveri de' malfattori si gettavano a' corvi. K quel sordido si- to, che chiamar potriasi campo scellei'ato d'Assisi, pendendo dalla declive balza di asprissirao scoglio : era mestieri livellare dà un canto le rupi , per ri- durle a sepolcro simmetricamente circondato dalle ampie mura d'un tempio ; e con robustissimi fian- chi innalzati quasi dal profondo delle voraggini piantare e ragguagliare dall' altro canto la pensil (fi) ili Datit. Oli. V. Mnrat. .iiif. rhcd. .L, . T. 1. Si) L E T T E R / 1 1 J > parte vaslisslma del porLcnlo delle faLLtiche di qiu>l secolo. 8. 12. Le due gran chiese magnifiche sì ma disadorne e senza ordine architettonico , e perciò più divote che vaghe , sovrapposte per novo e fi- nora non imitato pensiero una su l'altra, con tut- te le consimili parti a perpendicolo tra esse cor- rispondenti, e con le due are massime piantate una su l'altra del pari : sono dal padre Bruschelli nella opera sua esattamente e graziosamente descritte, (a) Siccoipe a ornamento di que' templi hanno eserci- tato la loro arie mirabile i più famosi pittori di quella età ò da essa non molto lontani, cioè Giot- to, Giunta pisano, Gimabue , Guido da Siena, Mi- no da Torrita , Simone Menimi , Duccio Gappanna ^ Taddeo Gaddi, Tommaso Giottìno, Gesare Sermci, Andrea Benedetto Forgnani , Buffalmacco , Andrea Aiuigi, Adone Doni e altri valentuomini; e i rarissi- mi loro lavori sonovi anch'essi enumerati e descrit- ti: ciò solo, ancorché il libro, disteso con elegan- za non eccedente l'opportunità degli oggetti , e coti purità sol poche volte al quanto violata di linguag- gio, lo renderebbe giustissimamente raccomandabile agl'intendenti, per farne acquisto e prevalersene con molto vantaggio a illustraizione sempre più compiu- ta della pittorica storia. 8. i3. Avrei bensì desiderato,che l'autore sì fos- se più diffuso in descrivere il cubico incavo sotto l'ara massima della basilica inferiore, fatto a scal- pello nelle durissime viscere della calcare scogliera, in cui si è lelicemente rinvenuto il cadavere del pa- triarca serafico, giacente dentro un lapideo quadri- lungo sarcofago , che la vastissima erudizione del (a) V. cap. &. pai-i tot. Asisi citta' serafica 87 signor Fea fece a lui congetturare, senza né pure averlo veduto, essere stato una madia. Oh se tal madia fosse stata nota a fra Bartolomeo Pisano! Chi avrebbe trattenuto quel suo ingegno più sottile del nostro da osservare una nova conformità trai Salva- tore e il serafico eroe ; e dire che come il primo fu panis vitae : così somigliò a pane anche il secondo, e nella madia guai pane fu collocato / La quale ri- flessione suggerendo a Erasmo Albero una nova cen- sura : sarebbe stata maggiore la fatica di Arrigo Se- dulio nel confutarlo . Ciò nullameno io non ascri- vo a mancanza all'ottimo religioso lo scorrere a vo- lo sopra di quel sepolcro ; e nel suo libro risplen- dendo assai cose: appena prendo questa per lieve macchia. Teofilo Betti Alcune altre poesie del persiano Sancii tradotte in latino ( F. il t.XI par.I di cjuesto giornale) Al ch. sig- abate Cancellieri. E ssendo io stato da voi , chiarissimo sig. abate Cancellieri, dì molte lodi sovente onorato, quasi- ché la mia fatica intorno alle buone lettere a qual- che merito mi sia tornata , ho preso a cercare co- me mai possa essere intervenuto che voi, persoaag- gio in qualunque siasi disciplina troppo più accor- to e veggente ch'esprimere per me si possa , tanto male vi siate apposto nel dare di me giudizio , ed affatto non abbiate colto nel segno . Credete per av- ventura che io , desideroso di scoprire l'origine del vostro fallo, sia andato ad immergermi fino alla go- 88 LETTERATURA la in Cartesio , iti Match ranci le ^ in Locke ^ in Gè- novesi , e più che in altre opere in quella di de la Cliamhre^ inlìtolata Les charnctercs des pussions ^ ove dei più ordinari fonti de' nostri errori distinta- mente e per sottil modo ragionasi? Tolgalo Iddio. ^Raggia su noi la canicola; vivo in Roma, ove ora il sole, non che gli uomini penetri e liquefaccia, sco- scende le statue, Ivjantes Jìndit statuas ; ied io leggerò liibri di metafisica ? Siccotiie i greci fa- cean rimbrotto a coloro, che nella state usasser man- tello,dicendo éi/ ^a^s/ toi' xxhiccv Konrc(.Tlsi^eis^{Mànut.ià u4da'^.) il che poi passò in proverbio per garrire a chi- unque operi fuor di tempo; COSÌ io non so perdonarla a chi in questi giorni malamente spenda le forze sue, a libri di penosa intelligenza appressando la maiìo. E come i canonici d'alcune più vaste chiese saggia- mente, a che io mi creda, e di buona ragione si so- ' 110 fabbricati due cori, uno da state, e laltro da in- verno; così io la mia biblioteca , qualunque ella è , ho divisa in due parti , e secondo la diversità della fredda o calda stagione , una od altra parte me ne permetto. A questi dì canicolari mia delizia son quegli autori, che uìfax^j"©' k«/ 7eAgo , cinque anticljie iscrizioni trova- te a questi ultimi giorni : tutte consolari e ra- rissime , ed a me fatte avere per cortesia di que- sto dottissimo comune amico ab. Girolamo Amati . E vedete anche curiosità: tutte sono d'un secolo,, cioè del quarto dell' era nostra volgare . Eccole . Appartiene la prima air anno 3'7'7 , quando f impe- 1 adoro Graziano sedè console la quarta volta con Fla- y'io Merobaude. FORTVMVS SE VIVOM FECIT n. N. GRATIANOANO AVO IIU Ef MEROBAVDE COi\S . . OEPOSITA. £.ST CA.ELIARARI EXEMia FEMINA QVOD VIDES l QVlESCiT PORFVRJVS Il Gintianoano è dell' iscrizione :.il cJie mi pia.- ce avvertire, onde non lo stimiate un eirm: di tipo- grafo. Ne segue un'altra del ò^ò ^ essendo conso- li Flavio Vallio Saturnino, e Flavio Merobaude la seconda volta . R SEMPER . . . . . VIXIT ANN. XXX . . . ... . . . . SEST QVI NON ... ; . . . . RIO PERIMVS . . MODO EST CVM JVJARITO . . . . . I OBIT VI WON OCTOg FL V SATVRNINQ SS j)4 Letteratura La terza è dell' anno 3f)i , quand'ebbero i fasci Tib. Fabio Taziano e Q. Aurelio Siftittiaco l'oratore. L giova a difendere ieniendazione che il Pagi ave- va già fatta ne' fasti , dove leggevasi Titianus invece di Tatianus , e L. Summacus invece di Q. Suni'- macus . TI. TATIANO ET QVINTO AVR. SVMMACO VIRIS CLRISSlItllS EGO ZITA LOCVM QVADIC SOMVM IN BSILICA . . . ALVA EMI La quarta , più rara forse di tutte le altre , è del 393 , quando ia oriente fu console la terza volta, l'imperadore Teodosio il grande con Abbondanzio, e in occidente si usurpò il titolo e la podestà queir Eugenio medesimo, che per opera del francese Ar- bogasLo,ucciso Valentìniano II, fu tratto per pochi me- si all' imperio » Del qual consolato non so che altra iscrizione si trovi , oltre quella eh' è nel Reinesio . .... MORS EIVS IVVEMTVTI .... DELABSVS PARKNTIBVS .... TAM DVLCIS .... VI YIXIT ANIS XXXV .... HEODOSIO AVO III IT FL. EVGEN L'ultima finalmente si riferisce al quarto con- solato d' Onorio con Flavio Eutichiano , che fu l'an-. PO ^y8 . XIT . . . . S. III. DIES XVI ... : DAS . SEPT . . MBRIS . . . . L. EVTHYCIANO CONSS Volete altro ? Ed eccovi altro . Una latina ele- gia di questo celebre monsignor Angelo Mai , la qua- le stimo dover molto gradire a tutti coloro che si Iscrizioni inedite ec. j)5 conoscono di semplicità e d'eleganza . E vedete poi che le muse non sono sempre le giovani così ritro- se, che sfuggano in tutto la compagnia di persone, com' è il nostro Mai, attese l'intero dì in istudi alti e severi . Di che oltre sì beli' esempio , potrei ad- durre anche il vostro : correndo ornai per le mani di tutti quel vostro inno a Venere sì pieno de' gran- di spiriti di Callimaco - Ed ora le poverelle sono da voi cacciate : né trovano un picciol luogo da ri- posare in quella casa medesima , dov'ebbero il dolce ospizio . E il cuore ve lo patisce? Né vi si richia- ma giammai di tanta discorlesia? Oh si, csssate una volta i rimproveri , cl>e ve ne movano lutto giorno i più intimi nell'amor vostro: e, se v'è mestieri un più grave stimolo , abbiatelo in questi vCTsi leggiadri co' quali il chiarissimo trovatore ed illustratore di tanti classici greci e latici ha preso a cantare il dì natalizio di quel conte Metlerio , il cui nome dure- rà tanto nella memoria degl' italiani , qaanto la lode d'ogni pubblica e privala virtìi . y^d lacohum Mellerium comiteni virum excellenti&snnwn in die eius natali elegia. Illa dìes rediit , iam tempore vecta volo cri , Quae tibi nascenti prima, lacobe, lr.it. Sed cur tristìs hiems pluvialibus in^-ait austrls , Et gelido invisas proicit axe nives.? Debuerant italis absistere frigara caratpis , Dcbuerant rabidi conticuisse noti . Nunc decet innuraeris ridere coloribu* «gros, Wunc decet et duplici iole nitere tìirm . Aspice ut unanimis circumstant turba sodales , Et mea musa pium provocat ore melos. p L E T T E n A T U R A' Salve, cura Dei: placidani tibi dogete vitan^ JN'uIIo animura morsu SQllicitante licet . Candiduji tacitis volvuntur lapsibus anni , Ordine felici tempora ducta fluunt. Tu. dum nimbiferis tunduntur flatibus alpes , Membraque liyperboreo frigore stringit hìems ; Mentis opes lautas peregrina volumiua versans Exigis ad tepido^ otia docta focos . Seu "vacat arcanas rerum cognoscere causas , Seu veterìs fastos discutis historiae . Sive legis madidos musarum rare iibellos , Sive placet studiis pagina graeca tuis . ^ec niinus interea patrian; complexus anjore^ Omne bonae tractas utilitatis opus. Et deJubra iubes largo con s urgere sumptu. Palladio et pueros excipis hospitio : Artes ut variae docili Iradantnr alumno. Et pudor et sanctae relligionis amor . Publica saepe tuis augentur commoda numml^ , Saepe tuam querulus setitit egenus opem . Scilicet amplificos animos in pe-ctore gestas , Atque tener populi diceris esse pater . Mox ubi purpureis incensa caloribus aestas lam prohibet celebri ducere in urbe moras, Illa tuis crescens villarum gloria curis Te vocat in viridem Gernus amoena sinuni . Et tecum in curru vehitur pulcherrima proles. Et cum conspicuo coniuge cara soror . Unica cara soror , fraterni moris imago , Et malronalis lucida gemma chori . En tibi dum transis vitreo de gurgite plaudit Saxifrago volvens murmure Lambrus aquas . Splendida praesentem dominum domus ipsa salutai, Exiliunt miris omnia laetitiis - Concita nam subitum dilFundit frondis honororr; tsCRIZIONI INEDITE EC. M Silva, novis hortus floribus ipduilur . Aurea mulcenli blanditur citrus odore ; Invitantque tuara pendula poma nianum. Hic tu ventosi ludens per gramina Collis Dcspicis aeslivi torrida sigua canis . ' Et modo porticibus miraris laetus ab altis Splendeat ut varia veste superbus ager. Et modo vitiferos tumulos camposque pererras, Retibus ìncautas et modo fallts aves . Ecce volant celeres torto sub verbere manni Si vicina vagu^ rura viator obis . ■ !i'):;:'.srr[. -, Dulcia iapi nitido celebras convivìa luxu\^; •. ' Iamrise io4 Lbtteratuka ma r Asopo suo padre le dice , che i dei voglio- no che lunga sia la sua vite. Tasio e Anfione vanno là dove dimorano i se- dotti guerrieri fenicii . Il suono dì Anfione fa dile- guare l'incanto, ma Scudo tende nove insidie, fa- cendo sorgere una spessa caligine; Urania però per co- mando di Giove disperde quel nido di agguati dell'Er- rore. Ogige, Folo,Arcesio incoraggiscono i tebani ed i loro alleati. Cadmo fa lo stesso co'suoi . Torna ad accendersi sanguinosa più la battaglia , e invano ten- ta Folo riunire i centauri sbaragliati , che si riti- rano nella selva rampicandosi sopra un immenso albero , che Colofonia colle sue compagne abbatte al suolo facendo strage dei rafugiati. Cadmo disttugge gli alleati di Ogige, fra' quali Filaco ed. Orcomene fanno grandissime prove ; ma feriti con un solo colpo da Salmoneo cadono , e Climene , che fra l'armi li seguiva, li crede estin- ti. Si desiste la notte dalla pugna per cenno di Cadmo, ch'eseguisce il comando d'Urania. Climene viene a cercare i cadaveri dello sposo e del fratello per tra- sportarli in Tebe ; promette le loro armi ad Agrio ed Oreso figli di un orso e di una ninfa , pur- ché portino in Tebe que' due che ha conosciuto non essere del tutto morti. Acconsentiscono i fratelli, e mentre uno eseguisce il trasporto, l'altro invola le armi. ISefelio pensa a procurare ai tebani l'aju- to d'Orione , e prendendo le forme di Ogige lo indu- ce ad essere suo alleato , e varie altre ibrme va ve- stendo per animare altri alla lega. Invoca Orione i suoi g^riìtori onde gli diano i doni promessigli , ed ottiche da Mercurio la verga , da Giove i fulmini, da Nettuno il tridente, e move la tempesta sopra i legni di Caanto che dalla Fenicia veniva in soc- corso di Cadmo, couducendo seco Afianio fabbrica- Il Cadmo dkl Bagnoli io> tore di macljine militari. Il naufragio è a tutti co- mune, ma Erato salva Afrauio sopra uno scoglio. Il legno di Gaanto è colpito dal fulmine ed incen- diato; ma Caanto ancora è salvato da Erato e con- dotto alla caverna di un pescatore. L'orrida bufe- ra distruggerebbe il campo di Cadmo , ma Calliope lo copre, e Clio va presso Ogige onde salvargli la vita. Agrio ed Oreso s'incontrano e sì uccidono a vicenda . Giungono nel calore della battaglia uni- versale quei guerrieri , che Anfione liberò dall' in- canto,ed il vecchio riprende la cetra per cenno d Ura- nia. Allora Orione parte dal mondo, ed i numi lo trasformano in una stella . I nembi e le tempeste si calmano, Cadmo è vincitore, e scénde Apollo dal Cielo. Efialte ed Oto vorrebbero resistere ancora, niK sono fulminati ed inghiottiti dal suolo . La morte di costoro fa che Anfione canti suU' èrebo e sui re- gni dell'avcrno e dell' eliso. Parla dei cadaveri in- sepolti , e fa che Cadmo ordini, che si dia sepol- tura agli estinti e faccia eseguire funebri giuochi pe»- essi. Il pescatore Froneso ritrova sullo scoglio Afra- nio , onde Cadmo lo vede . Era intanto restata iu Parnasso Ermione, ed ivi Urania gli espone i dove- ri di una regina, ed Ermione le dimostra le illu- stri donne . Deve poi partire Ermione dal Pai- naso , scende il monte, e le ninfe Coricie l'assisto-' no al bagno , dopo il quale veste abiti rossi ed umili . Si fabbricano le macchine da assedio , e Cadmo si accinge alla presa di Tebe. Sisifo combatte con- tro Ogige e lo ferisce: ferisce Calliope, che implo- rando r ajuto del padre ha da lui i fulmini , coi. quali lo incenerisce . Ogige ferita vuol proseguire a combattere , ma Cadmo sopraggiunge, lo difende. io6 Letteratura e lascia che in Tebe sia rìcondollo. Urania fa che Cadmo veda ciò che Inori e dentro Tebe succe- de . Segue il. disordine , lo spavento, lo scoraggi- niento universale , e V abbandono della ciltà , fug- gendo tutti gli armati sul monte vicino . Anfione sulle mura di Tebe bandisce pace e sospensione di armi . Cadmo entrato in Tebe con Anfione innal- za due tempii , e con esso si applica alla forma- zione delle leggi dettate da Urania . Intanto Ogi- ge, Filaco ed Òrcomene, fuggiti da Tebe al Cite- rone cogli avanzi dell'armata, oltre le ferite da cui sono afflitti , soffrono il flagello del contagio . Cal- liope segna col dito nell'aria il confine, che non do- vrìi essere trapassato dal contagio. Flegiasso e 2a- greo cercano fuggire il morbo persecutore, ma so- no assaliti da uno stuolo ^ì lupi affiìmati , da'qua- li Hcgiasso col fuoco si difende e si libera , ma Zagreo muore fatlo a brani . Erato intanto condu- ce al Citerone Ermione, che trova il padre Ogige che però insieme col popolo l'orma Cadmo oggetto della sua esecrazione. La figlia si pone a curare le ferite del padre , e presta soccorsi a tutti gli altri piagati. Fa che il popolo cambi il sito di sua di- mora , e si trasporti ad un altra valle , e narra al padre la sua dimora in Parnasso, senza dirgli co- sa veruna su Cadmo. Si unisce a Climene per ren- dere la salute ai feriti e agli infermi. Cadmo in Tebe pensa di andare in Jraccia d'Er- mione. Approva Urania il pensiero ; ma Nefelio men- tre esso va al Cileione lo inganna con fargli appa- } rire una finta Ermione lasciva. Urania fuga il mo- i stro, e promette a Cadmo di fargli vedere la vera j Ermione , suggerendogli die in forma di pastore si i presenti ad Ogige. Egli obbedisce, prendo il nome ii J^'ìJiso, ed offre i suoi armenli ad Ogige, che Il Cadmo del Bagnoli lO-j accoglie il generoso pastore , e passando il giorno sul Giterone tutte le notti ritorna a Tebe. La quie- te regna sui Giterone ; colli suoi beneficii Daliso sì attira 1' aniore dei popoli; ma gli antichi proci d'Ermiohe lo abborriscono, e tramano di rapire la donzella. Urania svela a Gadmo la trama; passa que- sti la notte sul Giterone ; e mentre si accingono ad eseguire il suo disegno, li pone in fuga, e ricove- randosi quelli in una spelonca eoo un sasso ne chiu- de Tadito. Di là li trae poi Cadmo in presenza diOgi- gc;srida i proci a battersi a coppia contro di lui, e so- na disfatti. Il solo Crìsanto ricusa di eseguire l'alto vile di aver compagno,viene a battersi solo , e Cad- mo gli dona la vita. Ermione pone un serto, che nel tempo del combattimento lessava, sulla fronte di Cad- mo . Ogige smania di avere Cadmo in sue mani, ò (iadmo ne lt\ promessa. Mentre tornava a Tebe,si ad- dorme in un bosco. Crisanto lo scopre : tentja di ucci- do! lo, ma pieno d'eroismo lo desta , e poi uccide se sle.^so. Cadmo ordina che si faccia onore funebre a tanta virtù. Torna a Tebe, consulta Anfione, poi re- trocede al monte coll'asta delle muse . Ogige in ve-» derio così armato crede che abbia ucciso Cadmo : ma egli si manifesta. Urania eh' è in suo favore invisibi- le,fa cheOgige si plachi ed accolga in genero Cadmo:e tutti fra i lieti giubili e la pace tornano a Tebe. An- cone va loro incontro. Ricevono gli sposi le insegno reali. Cadmo dirige preghiere ai numi, ed a mensa Anfione prende la cetra. Annunzia compita l'opera di Cadmo ; e la civilizzazione introdotta nel mondo. I numi invocati scendono personalmente a Tebe, e ia circondano dalla loro gloria. Gli amori prendono la cetra d'Anfione, e la collocano in cielo. ( Sarà continuato ) G. Gherardo dk Rossi io3 ARTI BELLE ARTI Alcune leti ere sugli scultori Tiziano Aspetti e Giro- laììio Campagna , pubblicate ora la prima volta . N< on so qui ti ivo di qual piacere mi sia stato Tin- iLMidcTo , come il chiarissimo editor di Ceunino va- da ora ponendo ogni studio in adunar lettore di bel- le arti , onde accrescere d alfcnn volume la preziosa l'accolta delle p///^o/7c//t?. Certo mi p- do il Milizia : ma niuno ricordò quest'opera pro- posta loro a condurre, benché senza eft'etto , dal du- ca d' Urtino. K sì che aJJa gloria dell'Aspetti la sta- tua del gran Federico di Monte feltro non avrebbe fruttato meno dell' altra del celebre Gatta melata , ch'egli fece per la repubblica veneziana : ed al Cam- pagna sarebbe stata ella un conforto del non aver, potuto operare il sepolcro di Paolo Sarpi , che gli l'u pure allogato negli ultimi dì sua vita da quel- la serenissima signoria. Srittore di queste lettere è Giulio Brunetti da Corinaldo, buon letterato e uomo di chiesa: il qua- le risiedè lunghi anni ministro di Francesco Ma- ria II duca d Urbino presso la repubblica di Vene- 7>ia. Ufìzio riputatissirao : che solea s empre conce- dersi a'piij savi e provveduti uomini della corte , e che già tenne quel chiarissimo cavaliere, matema- tico, e giureconsulto, Giangiacomo Leonardi conte di Montelabate, del quale cantò Bernardo Tasso nell' Amadigi ( e. lxxx. ) ,, Ch'andar farà Pisauro, ,, Coir eloquenza sua, col suo consìglio, „ Altier vie piià che del già pesat'auro. Il Giordani poi, a cui queste lettere sono scritte , nacque in Pesaro d'una famiglia per ogni tìtolo di gentilezza e d'onore commendatissima . Fu primo se- gretario di stato, consigliere, e gentiluomo del du- ca. : andò ambasciadore più volte al pontefice, a' ve- neziani, e ad altri grandi signori: e menando sempre la vita con isplendide operazioni , non ebbe mai al-» quali io pubblicai nel t. vi cart . Sgo di questo giornale in una Icucra indirizzata al prelodato mio carissimo amico cav. Giuseppe- TamLiroiii. ' Belle Arti ih fro rispetto die di piacere al suo principe ed a^suoi concittadini; e d'essere il conforto de'poveri e de'sa- pienti ; fra' quali principalmente ricordasi T infelice Torquato, che gl'intitolò a' 20 settembre 1687 quel- la famosa lettera sulla qiiistione , se sia migliore la repubblica o il principato. Salvatore BettF' • Lettere, di- QiuUo iMrUnetti a Giulio Giordani. J iib 'jìo'jv whfii oJnca a!'.vll3m qzìùÌ a , . •• ' .■ -*' -^'.hua !ró!- H- 1; -at^v. o veduto quanto V. S: mi comanda intorno al- la statua- del duca Federigo, che S. A.; vuol far fa- jc; ed avendone io trattato con persone pratichissi- me, mi vien detto , che S. A- ha pensato bene a va- lersi di Tiziano , poiché egli è il miglior che sia a Venezia , anzi solo atto a simili cose, standochè il Vittoria, il qualsuoleva lavorar bène anch'esso , è tanto vecchio, che non. attende più a niente. Questo Tiziano non è al presente a Venezia, ma a Verona, dove ha fatto certe statue ad alcuni cavalieri di quel- la città, ed ora fa non so che per la signora duches- sa di Mantova, che Tha a buon termine. È tutta co- sa di monsignor vescovo di Torcello (1), in casa del quale suol abitare quando sta qua , avendolo servito lungamente in certe statue pers. Francesco, in esecuzione del testamento del patriarca Grimano. Onde ho fatto capo da d«tto monsignore, il quale gli scrive questa sera per sapere se attenderebbe a q^uest'opera, con che condizione, e dove gli torne- rebbe pili comodo , o quavO.a Pesaro, e se ha mar- mi ; perchè qua non ce ne sono se non certi pezzi (1) Antoiuo Grlmani. 1 13 Belle Arti che fece venire il procurator Delfino, i quali abbia- mo veduti ad uno ad uno , e non ve uè alcuno a proposito. Ma avendone egli fatto venire certa quan- tità per un'opera per la scuola di s. Rocco, che si è differita, si crede che possa averne qualche pezzo. Avuta la risposta, n' avviserò V. S. Il Vittoria mi dice , che appresso a poco quest'opera potrà costare intorno a ducento scudi di manifattura, e cento di marmo : perchè qua li vendono in certo modo a pe- so d'oro , e forse metterà conto farlo venir da Carra- ia, dove andò il suddetto Tiziano per quei di s. Roc- co: che sebbene il viaggio è tanto lungo, e di tanto giro per mate, nondimeno, se vi sarà niente di tem- po , non mancheranno buone occasioni . — - Di Ve'- nezia <»'fl6 di luglio iCiod. Avendo io qua parlato col Campagna ancora , scultore molto lodato, per la statua del duca Fede- rig^o, egli mi ha mandato oggi l'inclusa nota, la qua» le invio a V. S. , &e le pare di mostrarla a S. A. MI par molto alto il prezzo e del marmo e della mani* Iattura ; ma forse è conforme all'uso di Venezia, e potrebbe venirealle cose del dovere. — Di Venezia 2 1 ottobre i6q3. 3. Di questo scultore Campagna ho relazione, ch'egli è anco più sufficiente del Tiziano : e vera- mente la signoria glie l'ha anteposto in alcune statue fatte far dal pubbiico nella procuratia , ed alla chie- sa del Redentore (a). Il Zuccaro me ne scrive l'in- (2) Anche la statua del gigante, nell'atrio della zecca, è ope- ra del Campagna, ordinatafli dalla repubblica' Belle Arti i i3 clqsa poHza (3), promettendomi d'usar diligenza di vedere e considerare qualche cqsa del suo - Altro particolare non posso dar per ora a V. S. , per esser detto Campagna a Verona, d'onde s'aspetta d'ora in ora : se non che suo fratello , della medesima pro- fessione, mi dice che il marmo sarà buonissimo - ed ha segnato il pezzo : ma del prezzo bisogna trat- tare co i signori Delfini, c'hanoo detto di non vo- lerne meno di quel che fu scritto, e che tantq e più si son venduti altri pezzi. Quanto alla mani- Iattura , dice che non crede che calarebhe più, che a 3oo ducati di questi. Intorno al venire a Pesa- ro, crede che non potrebbe, per aver casa qui ed a,ltre opere : soggiungendo che non mette contp la- vorare intorno a una statua sola, né è espediente, perchè bisogna che lo scultore lavori secondo il ca- priccio , ed alle volte intermetta un'opera , perchè ripigliandosi dì lì a qualciie giorno , meglio si scer- nono i difetti: mala darebbe finita tra un anno. - Di Venezia a' n di novembre iGo3. 4. Il signor Zuccaro avendo veduto m^olte cose dello scultore Campagna , m'ha poi fatto di lui un larghissimo testimonio, e dettomi che l'ha per mi- (3) Eccola. -Illustre inolio reverendo sig, ubate. Ho fatto la diii- gentia de informarmi di quel Compagnia scultore il quale intendo fra doi giorni che sia qiui in Venetia io volevo andare a sua casa a cognioserlo o vedere qualche cosa di suo dapreso , rrut intendo che lui ora è a Verona non saprei intorno a ciò a dirli altro , che bu- siarli le mane. Si casa questo di i5 novembre i6o3 Per servirla sempn'. Federico Zuccar* G.A.T.XIL % I ui Belle Arti gliore assai di Tiziano, e che senza dubbio ne re- sioià S. A. soddislattissima. Intorno alla manifat- tura ec. — Di Venezia a' 3'F»Miim ii iii» 'iwit,v-':ijm^rrw-T:xaaa V A R 1 E T A' Notizie intorno Giacomo Pederzoìi di Girgnano , scritte da Francesco Gamhara. 8, Brescia 1821, dalla tipografia Valotti. "^acomo Pederxoli nacque in Gargnano, una ter- ra delle più principali sulla riviera di Salò, a dì i3 gitigno 1752, d'onesta e bene stante lamig'ia. I\'el primo fior dell' età lu dato a studiare giurispru- denza, essendo questa la professioQe di Giambali- sta il suo genitore : ma poi col crescer degli an- ni si consecrò interamente all'amenità delle lette- re. Viaggiò 1 Italia e la Francia : e tu di coloro , ciic dopo la rivoluzione iiancese parteggiarono per |;i libertà della patria. Ond' ebbe fin da principio Ja presidenza del governo repubblicano di Brescia. IVapoleone, essendo ancor generale, venuto a Mi- lano dopo l'accordo di Campo Formio , Io elesse per uno de' legislatori della repubblica cisalpina; ma il Pederzoìi per giuste ragioni rinunziò di pren- der r ufizio : ed è bella su tal proposito una sua scrittura di giustificazione, che T eruditissimo La- bus lece a que'dì pubblicare. Inviato a Lione per trovarsi a' generali comizj , venne ivi nominato nei collegio elettorale de' dotti , e nel corpo legisla- tivo. JN'el i8o8 fu de' candidati per essere senatore del regno italico, e sedere in quel luogo medesimo, dove limperadore Napoleone aveva per grand'ono-" re chiamati il Volta , l'Oriani , il Dandolo , il P*- 0'» ì ìfì Varietà' ludisl , il Moscati , il MengoUi , lo Slratico , lumi- nari chiarissimi deiritaliana sapienza. Indi il conto Vaccari , ministro dell' interno , lo fece consigliere di prei'ettura nel dipartimento del Mella . I quali carichi egli sostenne con tanta lode d'integrità e temperanza, che sceso Napoleone d;d primo trono d iùiropa ond' acciescer di se ììmagna exempla ca^ siiiini humnìtonmi , come parlando di Ciro e del gran Pompeo ebbe a scrivere Tito L,ivio; fn eletto per la provincia bresciana a giurare omaggio di sudditan- za, nella capitale di Lombardia, all' altezza impe<- riaie dei! arciduca Giovanni d'Austria, a ciò desti- nato dalla maeslà dell imperador suo iratello. Do^ pò di che il Pederzoli menò sempre un bel vivere riposato , lontano da ogni romore di governo , nò d'altro occupalo che dell'amor degli amici, delle lettere , e de' poveri del suo Gargnano : dove in li- ne , a'^ s ttembre i8iO, in mezzo le lagrime di tut- ti che il conoscevano. Se naiido in pace i anima contenta . — Quest'elogio mi pare steso con molto affetto ; e scritto poi con certa tale nobile libertà , che ben dimostra quanto l'egregio autore abborra saviamente da quelli , che in tutte le cose tengoji sempre di mezzo. Potrei qui trascriverne parecchi passi ; ma lamicizia dolcissima , che da tanti ann,i mi lega a que' dup grandi ornamenti delle italiclie scene , Anna Fiorilli Pellandi e Paolo Belli Bla- nes , fa sì eh io debba a tutt altri prei(;rire il seguen- te , eh' ò a car. i o. Egregia Fior/Ìli Pellandi , mio caro Blanes , ayoi che di leale calda costante ami- cizia Giacomo amaste , voi che sulle scene di que- sta nostra penisola onorevolmente declamaste i pat- ii del genio francese nelt italiano idioma dai Pedci- zoli tradotti , e non pochi di questi migliorati ; dite voi per me quanta nobile dicitura^ quanto Jino di- Varietà' 117 scernimento vi si scorge. Ma voi a questa mia ri- chiesta piangete: e ben m avveggo non che di trop- po , che l acerbo dolore , che nel profondo dell ani"- ma provate alla perdita di così raro amico , vieta a voi di profferire un solo accento. JNè qui il signo- re cav. Ganibara andò lontano dal vero : che cci Lo non saprei ora specificare a parole 1 immenso aii'-'n- no da cui la Pellandi ed il JBlanes ibrono coi- ti allorché udirono il tristissimo caso . E quest' ul- timo specialmente, che soleva con titolo di amo- rosa gratitudine chiamarlo sempre il secondo suo padre , Io ha già fatto ritrarre in tela , per eternare anche ne' figli la memoria di tanto affetto, da que- sta giovane valorosa signora Giuditta Nalli, allieva del celebre Landi ^ e pregato il mio caro cav. Bion- di ad onorar quel dipinto cogli elegantissimi versi suoi . In fine dell'elogio è recata dal signor Gambara la bella iscrizione , che in onore del Pederzoli scris- se già 1 immortale Morcelli , e che primamente tu pubblicata dal Labus nel t. viu p. 2.>:2 del giorna- le arcadico. Ma poteva ben egli aggiungervi l'altra , che poco appresso compose il signor ab. Zannoni , mio dottissimo amico, e ch'io medesimo feci di ra- gion pubblica nel t. ix p. i43 di questo stesso gior- iiaie . Salvators Betti I 1 8 Varietà' Dcl/c Jlnqnze di Alene e dc\'arj mezzi di accrescerle , discor-'^ di Senofonte, itudolto ed illu.itralo da Antonio Tadovani proj^Sjorc ordinario di statistica Mìeirimp. reoia unii'ersiià di Titola . Cui testo a fronte. %. Tavia 1821 presso Valerio Fusi e comp. - Un voi. di pag. 206. I^J na delle opere, di che più si giovarono lutti coloro che in que- st'ultimo secolo scriisero sulla scienza delle pubbliche rendite, e che meno anche si compiacquero di nominare , è senza dubbio questa gravissima di Scijofonie: per la quale ben si comprende , che poco o nulla si ,c da' moderni aggiunto a quello che già ne sapev^ano gli antichi nostri. Ed intatti se il fiorire delle nazioni dipende nella mas- sima parfe dal^ saper bene usare; i doni che la natura saviamente con- cede ad ogni suolo, convien pur dire che i vecchi egizj ed i greki e i romani, i quali ebbero un cosi lungo e fiorcntissimo imperio , fos- sero di quest'arte i. sovrani maestri.. A cinque principalmente si ri- feriscono da Senofonte le cagioni delle ricchezze, e perciò anche del- la potenza d'un popolo: alla natura del suolo, al sito, alla popo- lazione, all'industria de'' cittadini, al go<.'erno. E che più altro si av- visarono dire ì moderni? Noi lodiamo di cuor sincero il signor prof. Padovani per questa bella sua traduzione, e vivamente dei^dcriamo che la leggano con pi'ofonda meditazione tutti coloro a' quali il prin- cipe ha dat« d'amministrar la repubblica nella cosa economica- Pur- gata n'c generalmente la lingua; dotta la prelazione : e tutte son pie- ne altresì d'eccellenti notizie, tanto in fatto d'ervidizlonc che di stati» stica,^lc illuslraxloni che vengono dopo il lesto. Michaelis Ferruzzi in obitu Slcfììi^Antoiùi Morcellì, pracpositiec- clesiae clarensis, imcriptiones. -i - Luci in Acmilia, ex officina Melandriana, i^-ii. 'Quest'opuscolo illucc da capo a pie di molta eleganza latina . Ha in principio una lettera del celebre prof Schiassi al sig. ab. Bedoschi, canonico della collegiata di Chiari: in che, ragionando egli del giovine autore di queste iscrizioni, dice cosi: Twn inserì pllonas ipsas per Varietà' i i () se piacere i io i debere arbiiror , quas Morcellianas facile agnosces . Equidcin in adolescente id aetatis ( f/.f eniin Ferruzzius inrus an- nulli modo atli^it uigesiinuni) mirari non desino , cjuod cjiddcjuid edat , perfejium jan esse , ci niatiuiiatem hubere videalur: ut fere sjiem ille nicani superet , quam de co jarnxliu praeceplani hìs me versi- culis e.vpressisse me mini, cjuoshic Ubi placet sub/icere : Flanht tot auricomos p odit si parvula joetus , Ouot jam, /irò superi, ifuos et aduila férct \ lì che se ci sia piaciuto di leggere , uon è qui luogo a narrare : go- deiuloci ttitta r a/lima clie trovisi Ira l'italica giovcmù chi ^ romet- ta si largamente tli seguire le orme de' grandi uomini che precedet- tero. Dopo la lettera del professore sono le iscrizioni del Ferruzzi : intorno le quali noi pure ripeteremo, cha Morcellianas facile a^iio- S. E. Jllois- Chrjs<^spMUL Ferruiizi in obiiwn Slepli. Antonii MorcelU , prac- pa.ili e xl'^.ùae clarensis, cannen.- iè.-Luci in Acmilia ex offici- net .Melai tdr tana , 1821. \_ji'o che alj.Mamo liis.orso ìicirariii o'o precedente, lo ripcliamo qui in bella lode del sig. Luigi Griso.iomo Ferruzzi, i cui versi son ta- li da non tcincre il paragone de' più gentili • Questo suo carme ò indiritto a monsignore Slelano Bonsignori, vescovo di Faenza, uo- jiio di <{udle lettere cui sa tutta Italia. A chi ne desiderasse il sag- gio , noi daremo il seguente : S(d\'e , suiictc senex , superis decus addile, salve. Nos jHiiria e v hiimili dedu:!uin Carmen avaros Miltiinus od cineres , fletumifue ciemtts inanem. Ai cacto si forte tuas referentur ad aures Exi^ui suniius , et maestae inurinura vocis, JIus lucrimas, atijue liane, oro, ne despice luctum. Quippe , ubi te duri rapuit vis improba Idi, Erramus caecas ]>roprio sine sidc/e noctes Solllcili, ne inuiidillas yesti^ia rw is 120 Varietà' JìH'MÌaiil Ucrum ; la'.iac serva aliera lìngtiae Ine re /naif a , palcr; Ictus fune libi magna parahda est. Floreal Ausori/'ae ve^ocaìis aHlhus ingens Glorici \ iicttn vérsis pcmiillit edera feda. Un un'articolo cheli celebre signor Laiiglcs, membro dell' iii- stiuito di Francia, ha posto nella Rèi'ue encjclopcdlrjuc (juillat i8ai, p- 129) sappiamo, essere stato pubbliclto in Oxford, sui primi dell' anno corrente , dal signor Riccardo LaureiicC regio professore di lingua ebraica, il libro d'Enoch profeta, che per tanti secoli s'era stimalo perduto. EsjO è il medesimo, cui citarono san Giuda apo- stolo ( e/)/5/' V. i4, i5). Clemente Alessandrino, Tertulliano, ed altri antichi padri; e cui s. Girolamo (commentar, in pscdni' ccxxxii,3) aiino\'ferò tra gli apocrifi. Se ne conoscevano solo pochi frammenti che io Scaligero inserì nelle note alla cronologia di Eusebio; ma ne-' gli ultimi anni del passato secolo il famoso viaggiator Bruce lo tro- vò inieramdnté in Etiopia trodotto nell'idiomìi del paese, dal qua- le ora il Laurerice ha potuto voltarlo felicemente in inglese . Cet o^'ra^c , dice il prelùdalo sig. Langlés , est une cles accjuisitions ics plus iniportanìes -, tju cdent Jcdtes depuis long-temps les amaieurs de la lillcndufe biblicjue. Là rosa e ,',xis . X.XV yp. PRID ,. JSr . FEB . ^ y\ . l,-'lr- , Sfcwe e succinia rcjdjiioutì storica sulla fundazionc e pregi di Pe- saro, ^10^ ■^^q.mi/ii (libisi ri ìicUe scienze, in santità, ed altro , che si dà d,a-,M£ic^hiO'i. pesarese . B. Fulit^/io x\Ì2i presso Giovanni Tomassini . Un voi. di pag. i:'.4- i\ ella patria di GiulioPci-tìcarì;là dove fiorisce un'accademia delle più chiare cKc siciu) a tjuesto tempo iu Italia; dove il P.aoli, il Petrucci, iL Cas- si, rAmaIili:,il Maclurclli, la CosiaiizalNIouii Tcrtiiari,!! Coli, ilBaldassi- Ili e tali .altri nobili iii^e;^ni ilifi'oii.loiio da tanti aijiii un bel costume di lettcrai-ia< irruzione: .nella, città, di cui Tcyiilo Eetti con tanti stvulj, e con senno cosi, sev^jro , ba preso a, illustrare le piii onorate memo- rie: in Pesaro lìnalmCHie, non doveva esser permesso di render pub- bliiJie tutte, o.ue.^le, scempiezzc . Noi non sappiamo chi sia il Hacro- bio autor dcH' opuscolo; nò ce ne curiamo . Ci gova solo avvertire; cl;e ii suo miserabile repertorio non polca ridondare d'errori più ma- dornali, nò essere peggio scritN»-. LHTi»»-da tal libriccialtolo chi bra- masse altuiia Intona, notizia iiuprno f|uc' somaii uomini, che hanno sempre onorato de' lor natali tj[ueir antica e bella città : come a di- re, i Ire Acci, Petronio AiUigeniifè, la diviiia Battista Sforza, il ii- lomuso, il Barignatio, i due tcouaidi, ii CoIIenuccio , Simon Canta- ) rini , Guid' Ubaldo del AloiiLe, Guido, Postumo, il Passeri, f Olivie- t ri, il IVIazzolari, igiiij^aiukcar La^^ariiii jOc. JRppure il i'ar ciò non do- veva molto costare a, i^uc.ito A\l^;roi}itì, sapendo noi con certezza come nella pubblica JiibUoieca d ci c!>iede la spiegazione di quel genfUme/ile scrilìo, che a face. '.'-4'J de< fascicolo d'agosto passato abbiamo creduto A" attribuire al voJu- jiic 111 paiate 1 (Iella Qelebrere gentil/nenie. qua.nto lo scrihere l'C- lìusfe di Plinio ( lib. vi ep.21 ) : e tanto sono le gentilezza delle parole quanto, le verboriun venusiaiex di Gellio (lib, xvii e. 20). L'^n fiorentino de' buoni tempi sarebbesi vergognato di muover tale illu- si ione: ma ora le cose vanno cosi . Che poi queir opera ilei nostro Monti sia quale noi la lodammo,, npl vorremo ora dimandare a un toscano; ina si a, tutti coloro, che, senza ninna bassa prevenzione od invidia, con vero .senno italiano valgono a giudicare gli scritti de' grandi lor confratelli . Solo ad essi dunque starà il p^oiiunciare se quelle nostre parole farono , siccome vuole il Lampredi , siiioda- tissiine Jcdlanze di viitoria, ovvero un giusto tributo d«n' universa- le riconoscenza verso un famoso campione della letteratura , che aven- do abbattuto per sempre in Italia il regno della pcdanieria e deli' ignoranza , innalzò soora quelle rovine il trono augnUo della ra- gione . Ne per questo i fiorentini ci vorranno aver per nemici deli' al- tissimo nome loro . Noi li veneriamo anzi di cuor sincero : ma sdo.- gniamo anche coloro che non amano il reputarsi itali ini. Osservazioni Mcfcoroìo;i che fatte alla «■/j.?-. i/rt JeZ Coli •,?■ ^ oni. Ottobre 1 8 21. ■= M ATTIN ^ 1 GIOKJNU Barome Sh RA "°\ Daroinetro Terni. Igv. Barometro Terra h^- ì Terra.! Igr. I 28 0 0 II 3S,S . 28 0 3 16 , 4S 6 28 0 8 12 r 4i 7 - 23 1 0 9 8ri5 2 28 1 4 17 0 HO 0 28 1 0 13 2 ., 1 .. <, 28 1 4 1 1 3' 2-, . 28 I 4 '7 5 3 21! 0 2 M 21 35 I 28 0 2 '7 Ci 3i (. 28 0 2 '4 c ■5 I C 28 0 7 12 2' I I », li 2 28 I 0 17 0 -;o i' iH ' 6 '5 ! i(i 2 ^ ' e 23 a 0 i3 0| 28 2 4 ''; 0 j j ^ 23 2 6 ii< 2 o 2) 2 2 iC 0 34 2 ■jZ 3 a >9 C J5 I 28 I 8 "5 0 ;i 2 9 28 0 0 la •? 8 6 23 I 2 i5 0 14 1 28 I 0 14 35 ■■- !0 1 " 38 I I i^ 3 II 2 28 1 0 i3 4 10 ., 2« 0 8 '4 (j '5 3 a? 1 r .s II 7 8 0 23 0 0 i3 0 9 i 27 I I 8 «4 •~ 12 2 1 28 0 5 13 S 5 7 28 0 8 '7 2 }.■& il 28 I 3 '4 ' •t 3 28 I 9 1 1 s 146 28 a 2 16 -> y(j i 23 2 3 '4 -. !2 2 f '4 28 a 2 II 5 16 2$ I 0 10 I 1.5 t^ 28 0 4 18 2 ♦>.•! 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WfnriiTitfTT _ MATTINA Gì "Stato""^ ORNO SERA ] 6 tato li va- bt/.nT""^ """ j 2 del por. Vento riel Pio rS- Vento •lol Vento 1 CIMo Cielo ! Cielo J s. 2 :■ Ira. I m s.p. n. tra. 1 m j. tra. j 2 s.p. n. 2 1; ;;•«. 0 II. lìlCZ. 0 .f. pori. 0 J 2 (. Ira. ì s. tra.. ,0, . s^n. 9. p.n. Ilo. 1 4 S. II. 3 i Ira. I S-. n. aièz. 'il ■; poli. I 5 s. 2 2l) Ira. i S.fK II. tra. I < s. I/o. lib. I '' ■<./>., 2. 2 "■ U\l. I Il p. S. metili, i s tu melili. I j 7 s. a . a li, /;vy. I Il, incz. 0 '^n.p.s.\int:::Si. i' o II. p.s. 2 e tra. 0 ll.S. poii, un;. 7. Ì.J7«'^3- - i ■ f^r.Ici'. 1 ìn.'p.'s.'gi'e.lri'.i 1 S i^ r/VT. I II. 2 ì^ Ui n. 0 So tri'. I n.s. 2 3'' tra. 1 ìli. \i(r. kv. 2 II 11. ^ '3 Ira.^r. 0 n. . .'6 loo lra.gr. t- \ii. \tni. i 1 2 l ; ti. t 0 /<-y..5i. 1 li. a ■«8 tr. ma. 0 is.ii. isir. i s.n. I ,.;5 inv. I n. p.s. s. II. \lrv. 0 '•+ s. n. 2 10 /ra. I ll.S. pò. HI/, l h-r^. ii.'inc.iiù.i 1 I :. S.p.7l. I /(O Ini ma. i II. p.s. /;iC3. I f;z. |/;_v. I 16 ■•^•p.n. 3 b ^'"- » II. p. s. 9 6', inces. 0 '^. yt).,'i.i//-'7. I 1 -. •f- l 32 /ra. I s.p.ii. tr.nia.o 'ti^a. iiie.Ub. i tii s- p. n. I 16 nicy. I II. 0 ■84 pò. HI/'! I ' In. i^re. i '9 2 1 \n. I 0 /n;. i a- 6 0 tra. I \n,fi.,^Jrii.iiia.i j«. p.s. •s. 0 32 0 Ói /fi', si. I //•a. I ri: s.p. Il, a 45 Ira. . ■■!■ Uh- I •s ■ ,.: Ira. 1 incz. I _. 22 ìn.s. 2 8 /(.'t'.,?i. )m n. s. me. si. 2 ]ii. A.V. ! -3 n. s. S 4'i ir. f;r. 0 II. p.s. 5 92 lib. 0 s. trii.ma 1 24 s. I 16 tra. 1 S, p II. 0 I2ijlnie./i[). I n. [iiip-sir. 0 jS «. I 02 poìi. 1 II. IO 12 tra.ma.o S. II. tra.ma.o 2O II. 2 4 tra. 2. II. I 21 tra. 2 11. tra. 2 27 s.n. 2 32 tra. I Il- /nj 2 Il.p s- tra. I 111 ao ^. 3 '9 Ira. I II. tra, I ll.S . //•a. X 2y ^. a 3.3 tra. 1 s. //-^.gr. I s. //tì. I 30 s. 3 J<. tra. 1 s. p.n. //VJ. 1 7;!(:z. 0 31 m s. I 36 lra.gr. 1 s. .r.. 1 s.p.n. tra. 0 •g-2 IMPRIMÀTUR, Sì videLitur Reverendissimo Patri Mag. Sacri Palatìì Apostolici . Joseph Della Porta f^icesgerens. IMPRIMATUR. 'jPr, PhUippus Anfom Sac, Pai. Jpost. Mag, 139 SCIENZE Sulla classe dei corpi ai quali si é creduto apparte- nere il dorino e f Iodio ; sugli Acidi che ne ri' sultano ; e se questi costituiscano un Anomalìa rapporto alle teorie della chimica pneumatica. I.ETTERA PRIMA, Al signor dottor Domenico Morichini professore di chimica nelT Archiginnasio della Sapienza romana. JLia scoperta di un apparato, il quale ci condu- ca a far conoscere dei fatti che prima non si co- noscevano; e l'esame più esatto di ciò che molte volte è il risultato di certi processi ; come anche un inaspettato fenomeno eh' improvisamente colpisca l'occhio di un fisico , convengo io pure esser suf- ficiente molte volte per gittare a terra , come diceva il conte Jacopo Riccati , una fabbrica , \ innalza- mento della quale può aver costato molti anni di pensieri , e di fatica , e che faceva anch' epoca nel- la storia , la quale segna i progressi dello spirito umano , Siamo spesso costretti di vedere , che la natura non si accomoda ai nostri male augu- rati concepimenti ; che si ride dei nostri siste- mi ; e che manda in fumo così quella lusinga , con la quale soventi volte ci vantiamo di averla quasi in certo modo sorpresa . Ecco , signor professore , Io stato in cui molti G.A.T.XII. 9 i3o Scienze credono che quanto prima sia per vedersi cadere la chimica , se pur uon ci è caduta ; e questa scienza ]a quale dopo di esser tornata all'idee dì Majow , e del nostro imolese Barherio trovato aveva in Lavoi- sier un'uomo d'ingegno , di fatica , e di petto, il quale era stato tolto agli StahUiani da un' esperienza di Black , che ha la data del 1757, e più direttamen- te da una lettera del nostro torinese prof. Beccaria a lui diretta sotto il dì 12 del novembre del 1774^ si crede già al momento , al dir di alcuni , di do- versi quasi in tutto interamente ricredere , e di do- versi di nuovo rivoluzionare . In vano si è cerca- to , secondo costoro , di far argine ad una scuola che anche dal 1G80 quasi con gli stessi principj , se non con lo stesso linguaggio, si cercò di abbatte- re in Bologna dove era allora professore il nomi- nato Barberio ; talmentechè concludono non avve- rarsi, ne potersi avverare , che se dietro tali trac- eie la nuova chìniica , come lo attesta Fourcroj' , ha destata T ammirazione dei suoi contemporanei , sia per destarla egualmente dei posteri che a questi soft succeduti'. In fatti se leggiamo la ristampa che dei suoi elementi fece fino dal 1810 il celebre professoi^e Brugnatelli , troppo immaturamente rapito ai nos- tri piacevoli studj , vedremo talmente esso espri- mersi nella piefazione al suo corso , eh' esaminando le nuove opinioni , che già si avevano , eie mol- te scoperte, alle quali le medesime si appoggiavano^ parve a lui di vedere, che una guerra latale si pre- parasse a rovina delle dottrine accreditate dei pneu- matici , e non ebbe difficoltà di stampare , che i molti fenomeni , che si andavano tutti i giorni dai varj laboratori enunciando presentavano il loro ro- vesciamento e forse anche più grande di quello che Glorino , loDio, Acidi Ec. i3i avvenne^ sono le sue parole, alf epoca dell' illu- stre , e sventili aio Lavoisier . Questa proposizione ostata ripetuta non è mol- to anche da qualche giornale cT Italia come fra gli al- tri ne fa fede il giornale di Napoli ; ed il protesso- re Gaspare Brugnattelli figlio del chimico , a cui tanto siamo debitori , sembra che anche esso qua- si ne dubiti per qualche proposizione che si legge nella bellissima opera da lui recentemente pubbli- cata , come per guida ai giovani ansiosi di progre- dire in questa scienza . Io non disconvengo che il metodo analitico fon- dato neir esperienza , senza del quale nulla ai gi- orni nostri sì asserisce,* non abbia fatti fare in que- sti ultimi anni, in specie alla fisica^ alla chimica ed alla storia naturale , dei passi molto più avanzati di quelli che si eran già fatti , quando fu proclama- ta la chimica pneumatica . A ciò hanuo molto contri- buito quelle analisi , che iatroducendo nuove for- ze fra i principi componenti i corpi , si son dette elettriche ; analisi sconosciute quando si lavorava dai quattro insieme uniti sulle nuove teorie ; e del- le quali prima che in altri luoghi si è parlato par- ticolarmente in Italia , dove si è anche trovato il mazzo di renderle con le pile , o sia con gli elettro- motori ^ e piij efficaci , e piiì pronte . E vero che i tedeschi quasi fino dalla metà del secolo XVI adoperavano T elettricità come fos- se un agente chimico, e che Watson fra gli altri , Nollet , Beccaria , e particolarmente Priestley mol- to anche vi jsi occuparono . Le loro osservazioni sì estesero in tempi a noi più vicini da Cavendish ^ da Pearson , da Morgan , e da altri ; ma non promì- sero un gran vantaggio alla chimica , se non quan- do il nostro instancabile prof. Folta , a cui tanto 9* l32 S e I K PT Z E dee la scienza elettrica , con un apparato di sua propria invenzionn , rese talmente dipendenti i ieno- meni dell' una da quelli dell' altra , che aprì un nuovo campo di ricerche non ancor tentato da alcu- no, e potè mostrare la strnda per conoscere tante cose che ancora non si conoscevano, facendo spa- rire certe anomalie, che mischiandosi con T espe- rienze ne rendono spesse volte dubbiose le conse- guenze . Fino dal 1800 avevano veduto e lecita e Bru- gnatelU non solo la pronta ossidazione dei metalli , ma la decomposizione anche dei sali , che l'acqua avesse contenuti nell' apparato detto a corona di tazze . Seppero lo stesso 'anno da una lettera del consig. Landriani , che Nicholson a Londra , e Jacqiiin in Vienna avevano con questi mezzi potuta decompor l'acqua, ed averne isolati amen- due i principj , forse meglio del modo come si ave- vano con i metodi già conosciuti, i quali in multi casi davano il solo idrogeno spogliato da qualunque altra combinazione . Una certa quistione intanto fatta nascere del j8o5 da alcune esperienze esegui- te in Firenze dal iisico prof. Pacchiani ^ sulle quali piima che altri si occuparono ed il prof. Moscai^ni ^ e i due dott. Cioni ePetrini ^ richiamarono 1 alten/io- ne di molti, e siamo djbligati ed una conseguenza j)on del tutto esatta , che si credette poter dedurre dalle medesime, se estese queste analisi elettriche dai replicati tentativi di Ilisinger e di Bcrzelius , le abbiam vedute così feconde di scoperte dopo il 1807 in Inghilterra sotto le mani del celebre chimico Davy , che non va esitato nel riguardar questi co- me il capo di un epoca nuova per la nostra scienza , in quella stessa guisa che della pneumatica lo fu già Lavoisier . Ma qual sarà poi il carattere c^i quest' epoca ? Glorino, Iodio, AciDi Ec. i33 Se ben si esaminano ora tutte le cose , delle ^uali l'arie sperimentale, ed un maturo raziocinio lian saputo arricchir la chimica, non è la medesi- ma per me die un' epoca di perfezionamento^ non un' epoca che roversci , e che distrugga le basi, sul- le quali la chimica si è innalzata al grado di scien- za , e che combatta di fronte la serie di tutte quel- le esperienze, da cui sono state convalidate le sue teorie ed ì princìpii che le dimoslrano. Non mi pa- re , che vada riguardato Davy per la chimica pneu- matica come si riguarda La^oi^iitr per rapporto a Becher ^ ed a Staldio ; che pur troppa differenza ci sia fra quel tempo, ed il nostro; e che non sicaio paragonabili, se si prendono in considerazione gli ef- fetti che ne seguirono , le scoperte attuali con le scoperte di allora. In conseguenza avanti di azzardare una propo- sizione, la quale va ad offendere alcuni anni teli- ci per tanti lumi, che sparsero sulle produzioni e sull'alterazioni delle sostanze minerali^ e su i mi- rabili fenomeni della vita vegetabile ed animale , va prima esaminato se certi nuovi esseri fortunatamen- te non ha guari scoperti siano stati tanto ben classifi- cati, quanto da molti si e fino ad ora creduto, e la lo^ ro natura si sia così ben d finita da non esigere qual- che necessaria modificazione . Va veduto in secon- do luogo, i-e alcune circostanze, ed alcuni effetti non avvertiti in certi processi ed in certe opera- zioni pia per mancanza di meSzi capaci d indicarli ^ che per altro, siano tali da rovesciare un sistema che ha a suo favore una sene di esperienze^ le qua- li si son succedute sempre con i medesimi risultati :ì e vanno finalmente analizzate certe anomalie le qua- li framiscliiando si fra tali esperienze hanno fatto di'-> re , che in tutto si sia sbaglialo , se rtìai le medesime 134 Scienze fossero mezzi atti solo a far conoscere , che ad atcU" ne leggi non si è dato quel giusto valore, che ad es- se dà la natu/a, e che vanno non annullate^ ma so-* iamente in qualche pìccola cosa corrette. £cco, sig. prol'., l'oggetto che ha lo scritto che fo le dirigo, rapporto al quale non per altro moti- vo son desideroso di manifestarle alcune mie idee , che per «oltoraetterle al suo giudizio , e per appro- fittar di quei lumi, che meritamente la distinguono e di qua e di là dell' alpi, non solo come autore di molte utili e belle scoperte; ma anche come un bene- merito fondatore della buona chimica in Roma. Pri- ma però di entrare in minuto e particolare detta- glio su i tre punti che le ho qui sopra accennati , debbo premetterle di non contrastare ai chimici anti- Lavoisieriani^ che da pochi anni in qua si siano ve- dute molte cose , che per l'innanzi non si sono ve- dute; che l'analisi di alcuni composti, dei quali non si parlava che per analogia , non sia stata ora di- finita in modo da far conoscere quanto possa facil* mente l'analogia stessa condurre in errore; e che cer- te leggi stabilite dentro certi limiti debbono pur troppo da alcuni fatti , che prima non eran noti, ri- cevere qualche modificazione, ed esser rese più giu- ste col renderle più generali. Le aggiungerò che gli stessi pneumatici hanno qualche volta di ciò dubi- tato, e cercando di accomodare casi particolari ai canoni generali della loro teoria, han veduto che la natura non di tutto era stata ad essi liberale, e che anche ad essi qualche cosa ascondeva . Or Davj è .«■tato quegli ch'ha da lei ottenuto ciò che non ave- vano potuto ottenere i chimici, da cui è stato prece- duto; e la scoperta di ciò che realmente costituisce Tacido mf&iatico; del vero cai attere di quella so- stanza, la (piale è stata detta cloruto^ credula rtcà/o Glorino, loGio , Acidi Ec. i35 muriatico ossigeìiato-^ e della riduzione degli alcali a corpi metallici , sono stali fatti da potersi para- gonare per Tinfluenza che hanno nella spiegazione dì filtri l'enomeni, all'analisi avuta àe\X acqua^ deWaria che si respira, e àeW acido carbonico ., ed al proces- so per cui passano certe specie di corpi dallo sta- lo di combustibili a quello di acidi e di ossidi. La scoperta dell' jodio è venuta in seguito , ed ha fatto molto comodo il trovare una sostanza , la quale avesse molta relazion col clarino . Conve- niva perciò unirle insieme ; trovar fra i corpi cono- sciuti quelli con i quali avevano più relazione; e cominciare dal ben distinguere in loro le qualità ge- neriche dalle specijiche . Ma in far ciò si sono poi, esaminati tulli quei rapporti , che conveniva cal- colare, e si è ragionalo in modo come esigevano i fatti, che si avevano? Crede ella ben classificalo il dorino , e Vjodio fra i corpi di natura assolutamen- te combiisfibili ^ e che senza fare eccezione alfcuna si debbano i medesimi porre in serie con Vidrogeno , con V azoto , col solfo^ col fosforo, col carbonio., e con altri corpi riguardati come radicali e di acidi , e di ossidi ? A me non pare. Forse le farà specie, che io di- sconvenga da un'opinione sanzionata da Z?airy , da Thenard,àsL Gay-Lusac^ da Thompson da TVaiiquelin^ e quasi da tutti i chimici italiani che ne han parlato e che han segnile le loro tracce. Ciò, se io non prendo equìvoco , è derivato dall' abitudine assai generalmente addottala di chiamar combustibili tutti i corpi, che hanno forza di precipitare Yossigeno, e di subire da lui una certa data alterazione. La su- biscono questa anche il dorino e Y jodio , ed ab- biamo da loro pure degli acidi prodotti da questa combinazione, come li abbiamo dal solfo ^ dall'azo- to ^ xÌslÌ fosforo , e da altri simili , i quali costituisco- 1 3<> Scienze no il loro radicale. Se per altro esaminiamo , come nascono questi acidi:, cosa si richieda perchè \ os- sìgeno acquisti forze per andarsi ad unire a questi due nuovi esseri , ed il processo che convien met- tere in opera , dovrem confessare che il carattere , da cui sono awióinati ai corpi combustibili ., è assai debole ; che non àrdono ; e che non basta un' al- zamento di temperatura perchè ciò succeda neir«er ossigeno- Si esige , onde poter avere questi acidi*, che l'acqua si decomponga , che sia obbligata a far que- sto da un' alcali , il quale incontrando i principj costituenti alcuni acidi , «i quali tende, faccia sì che questi principj si uniscano, onde possa talculi soddisfare le sue affinità , e neutralizzarsi; ed ot- terremo in questa guisa un acido^ ma in istato^// sa- le , che converrà poi decomporre per averlo iso- lato. Questo processo, il quale dà particolarmente y ossi-cloroso , così detto da alcuni per distinguerlo àd\V OS si- dorico , o sia ààW acido-dorico ossigenato , forse è più complicato dell' altro, da cui si ottie- ne l'acido ossi-jodico. In ogni modo però è sempre vero , che convien mettere in attività più forze, perchè tanto l'uno, quanto l'altro passino ad essere corpi di natura brugiati : convien che Vossigeno s'in- castri con loro al momento che tende a diventare aeri/orme , cioè che s'incontri nello stato , che di- cono i chimici nascente , e che da un corpo è in certa guisa lasciato quasi addensato in balia di se- st<'sso. In altro stato , ed in altre combinazioni nes- suna affinità mostra l'ossigeno né pel dorino né pel yor//o ; e pare in conseguenza che una tal com- jjinazione risulti da un affinità, la quale si può di- re con Berthollet affinità di massa , affinità Ja qua- le si fa nascere tutte le volte che le mellecole di due corpi o non mostrano tendenza alf unione , O se la mostrano la medesima è assai piccola . Glorino, Iodio , Acidi KG. iSy In questo stato di cose avranno le nuove sostan- te, delle quali parliamo, un rapporto così deciso da stnre afrontedìquelle,alle quali sono state riunite?Sa- rk la loro combustibilità, presa nel senso che comune- mente si prende , così ben identica da porsi amen- due in serie con corpi , i quali o nulla , o poco esi- gono per obbligar Yossigejio a precipitarsi e ad ab- bandonare i suoi mestrui? Si obbietta da alcuni esser anche Vazoto cor- po di natura combustibile ^ il quale forma con Vos- sigeno una serie di acidi e di ossidi interessan- tissimi , come è il jodio e il dorino ; che neppu- re le sue combinazioni con la parte respirabile delV aria si possono avere col semplice contatto dei due corpi componenti ; che non sono mai le medesime accompagnate da una combustione palese-, e che non riescono che con l'arte , come succede nelle nitrie- re, e solo col far in modo ch'esso in stato nascente si trovi prossimo a ciò che lo può far diventare ra- dicale di un acido . Si aggiunge , ch'anche l'azoto forma dei composti con l'idrogeno , col fosforo , e con altri corpi combustibili , come ce li forma ìjo- . dio ed il dorino, e che nessuno, dopo che del 1772 lo scoprì Rutherford, e che Priesley , Cavendisk , e Gilpin dimostrarono che con l'ossigeno veniva a costituire V acido, da cui risultano i nitrati, ha mos- so quistione , perchè non mostra i caratteri , i qua- li ne rendon sensibile la combustione , che non sia un combustibile , e che non si possa dir tale - Prima però di rispondere a questa obbiezione, e di vedere se il confronto che si pretende di fare del dorino , e deìV jodio con Vazoto sia giusto , io le dirò di aver più volte fatto osservare a chi me ne ha parlato , che le stesse ragioni addotte da noi per escluder dalia classe dei corpi combustibili le due i38 Scienze nuove sostanze , indussero un tempo Thompson a dubitare, se \ azoto fosse un vero combustibile , e se la sua affinità per ì ossigeno , e se il carattere di essere un radicale atto a costituire un acido ^ bastas- se per annoverarcelo . Oltre i combustibili semplici esso disse darsene altri egualmente semplici^ i quali avevano le proprietà, come quelli di precipitare e combinar Y ossigeno^ ma che non succedendo in que- ste combinazioni mediante loro né irradiazione di luce^ né svolgimento di calore erano incombustibili^ e ne fece una classe a parte . In questa pose \ azoto e Y acido muriatico , il quale credendosi allora che si ossigenasse , e che ciò che si otteneva , oh'è il no- stro dorino , fosse il risultato non di un analisi^ ma di una sintesi^ parve a lui ch'essere dovesse un'es- sere da associarsi in questo rapporto oWazoto . È vero che l'opiaione di Tompson non ha tro- vato seguaci, e che la sua autorità non ha bastan- temente persuaso per formare dei corpi ossigenabi- li un nuovo genere diverso da quello dei combusti- bili. Convengo anch' io che \ azoto non va tolto dai corpi, ai quali fu fin da principio associato { ma non per questo però va confuso col dorino , e con ilyW/o , né questi debbono subir la sua sorte, ed andar con lui a formare col solfo ^ col carbonio, coi fosforo una sola famiglia. È osservabile per rapporto all' aer azoto , che una serie di scintille eletriche l'atte scoccare in un tubo pieno di aria atmosferica , induce senza altro la combinazioìie chimica dell'azoto con \ ossigeno,, come prima di altri viddero Priestley e Cavendish-^ fenomeno che non succede se all' azoto si sostitui- sca o Ijod/o , o il dorino , e che dimostra non es- sere così difficile la reciproca sua neutralizzazione eoi principio vitale dell aria, come Io è quella di que- gli due . Glorino, Iodio, Acidi ec» i3<) V azoto oltre a ciò si lega coi fosforo , e con Vidrogeno , ed in ciò conviene pur troppo con le due nuove sostanze in quistione ; quello peraltro che ne risulta non ha il carattere ne di un acido , né di un ossido • Non si è veduta mai la precìpi- tazion dell'azoto accompagnata da fiamma o da de- tonazione ^ come sono accompagnate le precipitazioni tlel dorino , e delf/W/o, e particolarmente quelle del primo, dove si vedono ardere, quasi come ardono neir aer ossigeno , Yidrogeno^ il fosforo , il potassio , il sodio , ed altri metalli eziandìo . Dai primi due ne risultano due acidi ; ed è da fìraarcarsì che la precipitazione , da cui son que-sti prodotti è anche rapida , e più rapida anche di quella che succede nell' aer ossigeno . lì fosforo ira- meiso nel dorino , di^e Brugnattelli , lo assorbe im- mediatamente con sviluppo di calorico , e di luce blu-pallida scintillante . Se in un vaso si mescoli insif^mo aer idrogeno ed aer dorino , basta che la mistione sia in luogo illuminato , perchè non lardi ai comparire il così detto trer acido muriatico, che n'è il risultato ; e se questa luce sarà accompagnata da un vivo raggio solare , il fenomeno sarà seguito da una violenta e forte detonazione, e da una fiam- ma abbagliante vivissima . È così forte e così decisa l'affinità del dorino per Vidrogeno , che in qualunque combinazione sì trovi ne nasce in grazia sua un'analisi. Inacqua in- iatti se è unita al dorino , abbandona Vossigefio ; y azoto è lasciato dall' ammoniaca ; il solfo , il car- bone ^ \\ fosforo^ y arsenico, il tellurio si' vede preci- pitar dall' idrogenò , che forma con loro alcuni gas particolari , se s'incontra in lui ; ed è il dorino qaclia sostanza, che a qualunque altra il contrasta. L/'odio ci mostra fenomeni simili; nò altra dif- i4o Scienze fereiiza si scorge fra gli uni a gli altri, che più so- no i casi , ne' quali il dorino si diporta come fosse un sostegno della combustione, di quelli, ne' quali ciò è dimostrato daWjodio : non ostante questo ar- dono diversi corpi combustihilii ncWjodio ridotto in vapore, come ardono nell ossigeno, e nel dorino ; un acido è il risultato della precipitazione sua cau- sata daW idrogeno , e toglie questo dovunque l'in- contri, purché la sua azione non sia .d'i H ^1 tra più forte del dorino annullata . Or se questi corpi , come riflette anche Che^ vreuil, hanno la proprietà, promovendo la combustio- ne , di far dei composti suscettibili di unirsi alle basi salificabili ; se non si posson confondere con ì azoto i e scianto con questo, quanto con Vossi- geno non hanno che una assai debole affinila ; se preferiscono oltre a tutto questo i corpi combusti- bili a qualunque altro , di maniera che non sono at- ti ad attaccare le sostanze organiche che per l'ap- porto a\ì idrogeno che coutengouo , perchè volendo- li classificare non si dovrà far caso di quei caratte- ri, pe' quali tanto airo,y^/ge«o si ravvicinano , e che sembrano anche essere i più forti. , ed i più decisi ? Nota lo stesso Chevreuil , e l'osservazione mi pare molto da valutarsi , che i cloruri metallici han- no la proprietà di unirsi agli ossidi degli stessi me- talli ; e portando lesempio del cloruro di piombo, e dell' ossido dello stesso piombo , paragona questi composti con i sali, e ne rileva le relazioni. Cre- de quindi che il dorino, in quella guisa slessa, che Vossigcno dà a moki metalli la proprietà acida, dia loro le proprietà stesse, ed anche a molti di quel- li che Vossigefio non sa mutare che in ossidi: non fa consistere il distintivo di mi acido nìi nel sopo- Glorino, Iodio , Acidi ec. i^i re piccante , né nell'alterazione delle tinture ; ma bensì nel salificare le basi , cbe ne son suscettibi- li ; e cjuesta proprietà , la quale è più generica e men soggetta ad eccezioni, riavvicinando i cloruri agli acidi finisce secondo me, di dar la risposta al (jnesito che fin da principio si è proposto , cioè se il dorino e Vjodio sian sostanze ben classificate con i corpi combustibili , e se stian bene col solfo , col fosforo , col carbonio^ con l'azoto^ con l'idrogeno (a). (a) L'esperienze di Pellefier fatte su i cloruri d'oro sciolti in un?i soluzione di potassa confermano l'opinione di Gitevi eidl- Si era creduto , e l'autorità di jyauqueUii sembrava poter favorire il sup- posto, ohe dall' azione di certi cloruri metallici ne' principj com- ponenti Vacqua nascer potesse la mutazione di certi cloruri in iJrO' clorati ; che cosi questi passassero ad esser solubili ; e che se il nuovo sale incontrasse qualche altra base se ne saturasse, e pas- sasse in questa guisa ad esser un sale triplo . Pelletier cimentò i supposti sali tripli risultati dal cloruro d' oro e della potassa cambiato nella soluzione come si voleva , in idro-clo- ralo d'aio e di potassa con diversi j(«Zt spettanti al genere c^ei .?oZ- Jìdi e dei fosfati, e notò che se fossero stati ciò che si suppone- va, doveva Vacido solforico impadronirsi delia potassa del sale tri- plo ; che la base lasciata daìVacido solforico doveva prender Vacido- idro-dorico, che si diceva associato all' o/'o ossidato^ e che l'oro in seguito di tutto questo doveva in ìstato à'ossido trovarsi precipitato. Ma nicate pfirò si vide di tatto ciò. Fu ragionevole quindi l'infe- rire che fosse tuti' altro il prodotto che era il risultato di un tal (irocesso ; e se mai era un sale , eh' era questo sale di un genere totalmente diverso dai sali conosciuti. Prendendo per tanto ad esa- me la combinazione avuta, si trovò in primo luogo che l'oro aveva abbandonato il durino , e si era cangiato in ossido. Ricercando in secondo luogo in che si fosse occupato il dorino si rinvenne, che aveva nuuata la potassa da osddo di potassio, in cloruro di potas- sio ■„ che rapporto ai due tnetalli era succeduto un barallii dei priu-' j42 Scienze A tutto quello che fino ad ora abbiam rilevata anche altri rapporti possiamo scorgere fra le sostan- ze delle quali parliamo . Una è , che ì osservazione fatta dal prof. Brugnatelli , il quale vide , che non sempre l ossigeno si fìssa nei corpi con aver ab- bandonati interamente i suoi mestrui, e che con- viea distinguere il termossigeno dalf ossigeno , ha ■^ ' ■ ' III!..— cjpj da cui erano saturati ; e che i due nuovi composti si erano poscia reciprocamente combinati, e neutralizzati. Peteltier credet- te che Vossido d'oro avesse in questo caso preso il carattere di un {tcido ; che si fosse occupato in mutare in sale il potassio , reso dal dorino in questa guisa capace di salifìcazions ; e fissando cosi un nuovo genere di sali , dette al composto il nome di orato di cloruro di potassio, e ad altri simili quello di sta/nnati, di antimaniati , di plwnhali. Chevreuil all' opposto abbraccia l'opinione, che da acido in que- sti composti faccia il cloruro di potassio , e l'opinion sua è pid coe- rente ad altri fenomeni che abbiamo, e li quali ci fan conoscere che aicuni conbustihìli non resi acidi dall' o,«^eno com'è Vidrogeno , lo sono benissimo dal do ino . Le basi di questi nuovi sali non csci- rebbero dal carattere dell' altre basi salificabili , ed il nome clic si dovrebbe dar loro sarebbe quello di cloro potassiato d'oro , di sUi- gno , di antimonio, di piombo. Nel caso nostro però qualunque delle due ipotesi si abbracci è Io stesso, ed è sempre vero che il dorino , o renda il potassio una base salijicahile , od un principio salificante ha anche per questa parte un vicinissimo rapporto con Yossigeno. Si noti che il prof. Giovanni Pozzi nel suo Dizionario di fisica e chimica applicala «/Zc arti , alla pag. 209 del tom.I, parlan- do delle combinazioni del dorino con i metalli, e particolarmente col potassio e con lo stagno, lì chiama acidi di propria specie, nei quali il radicate è il metallo, ed il dorino tiene il luogo ddV os- sigeno t sembra, cosi accordarsi con l'opinione più di Chevreuil, che di Felletier. Non ostante tutto questo l'esperienze meriterebbero di essere eoafermate. Glorino, Iodio, Acidi Ec. i43 Jiiogo egualmente rapporto alle combinaz/oni del dorino , e dell" jodio ; ed il fenomeno dì certe ful- minazioni, che nascono col solo passaggio, che fa questo da una combinazione ad un' altra ne è una prova . Un'altra , la quale è anche più da rimarcarsi , si desume dall' elettricità , non solo vedendosi che il dorino e \ jodio in slato aeiformi costituisco- no due Jluidi coibenti ^ come tale lo è anche taer ossigeno ; ma che amendue uniti ad un corpo com- bustibile , ed investiti da una corrente elettrica van- no sA polo positivo della pila voltiana^ come ci va rossigeno , e prendono costantemente rapporto all' idrogeno lo stato elettrico negativo ; anzi parago- nando rossigeno, Ijodio , il dorino si vede Vjodio andarci con maggior forza di quella che ci vada / ossigeno; ed V dorino vincere rapporto a questa tendenza amendue , se si può prestar fede ali' os- servazioni del prof, chimico Mojon. Or riunendo tutti questi caratteri , ì quali identificano questi due nuovi esseri , diremo ap- partenere i medesimi al genere dei corpi combusti-' beli, come hanno asserito dopo Davy la maggior par- te dei chimici , od esser sostegni assoluti della com- bustione , come fra gli altri ha fatto il detto chimico genovese Mojon , associandoli così all' ossigeno senza fare rapporto a loro distinzione alcuna ? Credo, sig. professore che se non vanno trascura- te le proprietà,che ce li fanno riguardare come corpi comburenti , non vada neppur dimenticata l'altra di neutralizzarsi con l'ossigeno , e di formar con lui U7i acido : mi pare che si debban riguardare il do- rino , e f jodio come due corpi intermedi fra i soste- gni della combastione , ed i corpi combustibili , co- me corpi intermedi sono la magnesia , la calce , la i44 Scienze strontiana , e la barite fra gli alcali puri , e le ter- re pure ; com' è il manganese Ira i metalli che in natura e alt aria possiamo avere in stato metalli- co , e quelli i quali non può die la chimica farceli conoscere non ossidati , coni' è il selenio il quale avendo le proprietà del solfo e del tellurio sta in mezzo fra i corpi combustibili mettallici e non metallici;e co- me finalmente è la silice riconosciuta ora da Smithson e da Berzelius per un' essere medio che connette le terre con gli acidi ^ e che ha dei caratteri comuni e air une e agli altri . Leibnizio , com' ella m'insegna , fu il primo a dire , che la natura non passava mai da un genere air altro per salto ; Bonnet fu quegli , il quale ri- purgò questo principio dalle sottigliezze metafisi- che , da cui era rivestito , e cercò di applicarlo , e di estenderlo ai tre regni della natura . Questa sca- la dì gradazione ha trovato , è vero , forse per qual- che cosa non bene intesa , delle difficoltà , quando si è voluto passare dal minerale al vegetabile ^ e da questo alt animale . Non la trova però , né X ha trovata mai se si esaminano gli esseri componenti un regno medesimo , e principalmente il minerale , dove realmente se ne danno alcuni, i quali se per alcune proprietà appartengono alla serie da cui si dividono, per altre si avvicinano talmente a quel- le alle quali conducono , che dir si possono vere sostanze medie , come le riconosce anche il giove- ne prof. Brugnatelli nella sua guida allo studio det-- la chimica; cioè anelli , i quali formano una cate- na non mai interrotta per mezzo della quale a gra- di a gradi si va dall' ente il più semplice al più composto , e da quelli di un genere a quelli di un'altro . Non ci possiamo vantare, diceva il conte Gia^ Glorino, Iodio., Acidi ec. ì^j cònio Riccatì^ dì conoscere di questa ammlrabil cf>- tena tutti quanti sono, mai gli anelli. Di giorno iu giorno per altro ne andiamo ravvisando dei nuovi , e le scoperte fatte rijGjuardanti le proprietà del sile- nio , della silice , del dorino , del jodio , e tutto ci^ che ora fa conoscere cosa sieno gli alcali e qual relazione abbiano con i metalli ^ ce ne danno, una chiara conferma . Si osserva poi fra queste stesse sostanze inter- medie una certa regolare graduazione, quando parti- colarmente son più ; cioè che alcune partecipano più della serie da cui partono , che di quella a cui ten- dono , a differenza di altre , le quali a queste suc- cedono . Vediamo in fatti che /' alcalinità , per esempio , cresce dalla magnesia passando alla cal- ce , alla strontiona , alla barite , al litio , e vicever- sa ; di manierachè la magnesia e la calce più .si approssimano al carattere delle terre pare ^ di quello che si avvicinino, all' altro degli alcali puri , a dif- ferenza del litio. , della strontiona , della barite , sostanze le quali più rassomigliano agli alcali , che alle terre . Non avviene forse il medesimo ancbe rap- porto al clarino ed all' jodio ? Il primo si avvicina più alle proprietà dell' ossigeno ; ed estenda a più corpi il carattere che ha di sostegno della com^?^- stìone , e di corpo comburente. L jodio le ha più ristrette ; né con tutti quelli corpi , con i quali il dorino si dimostra tale , tale si dimostra an- che ìj'odio ; onde Thompson parlando dell' Jodio in un saggio che dà nella biblioteca britannica per r anno i8i5 alla pag. 3iG , dicendolo pros- simo all' ossigeno , ed appartenente alla classe dei sostegni della combustione , lo ravvisa come il peggiore . In fatti più sono i coi'pi , i quali G.A.T.XII, IO i46 Scienze ardono e che si mutano in acido nel dorino, di quello che sian nel!' jodio. Quando la corrente elettrica divide il dorino dai radicali, con i quali si combina, passa il medesimo costantemente allo stato negativo-, non costantemente ci passa V jodio \ vedendosi in alcune particolari combinazioni , anzi che prendere lo stato negati^'o , prender l'opposto, cìotì\ elettrico positivo . Si osserva di più, che ap- punto come fa \ ossigeno , il dorino colora i mc~ talli, che si riscaldano in mezzo a lui; che co- munica a guisa dell ossigeno questa proprietà an- che air azoto , e né 1 uno né Taltro noi vediam farsi àii\{ jodio , sostanza la quale, come le diceva, partecipa dei caratteri dell' ossigeno , ma molto meno di quello che partecipi il dorino (b) . (b) Il sig. Ambrogio Fusinarl, di cui sono le belle esperienze riguardanti gli effetti analoghi dell' ossigeno e del clonno nel co- loramento dei metalli riscaldati in queste sostanze ridotte allo stato aeriforme, suppone in seguito di questo fatto, che il dorino sia una sostanza ossis^encda , ed aggiunge queste prove a molte altre che si riportano dai sostenitori dell' altra opinione , per far conoscere che non è la teoria di BerthoUet cosi indimostrabile come fanno conoscere le numerose esperienze di Dcny e di quelli che tuttora lo seguoiM). Il sig. Fusinari argomenta sul dorino da un'osser- vazione fatta suir azoto, il quale se contiene una qualche porzio- ne di ossigeno, dà, come la dà Vossigeno ed il dorino , una cer- ta colorazione alle lamine metalliche . La conseguenza però che si deduce da queste esperienze non è cosi ben fondata, come si vorrebbe far credere, suJjito che il dorino, avendo tanti altri ca- ratteri, pei quali si rassomiglia all' ossigeno, può benissimo avere anche questo i l'effetto del coloramento esser del dorino non dell' ossigeno che in lui resta nascosto, e ciò ch'è verissimo per rap- porto air azoto t non esser vero per rapporto al dorino. E da ri- . aurcarsi , che il dorino ha un energia mioore 4i quella che ab- Glorino, Iodio, Acidi ec, k^t Dato pertanto quest' aspetto a ciò die noi dobbiam riconoscere dall' attività di Davj , dalT esattezza delle suo esperienze, e dal rigore del suo raziocinio, cioè fissato che il dorino e Vjodio non si possano, assolutamente metterà in serie con le so- stanze da, noi conosciute; ma che debba farsi di loro una. serie particolare, media ira i corpi com- burenti ed i corpi combustibili , come fece già Fourcroy fra il genere delle terre e degli alcali^ la teoria degli acidi data dsH pneumatici , e da tan- ti fatti confermata, quale alterazione anderà mai a soffrire ? Dopo che la chimica esci dai misteriosi laboratorj di Stahllio rettificandosi sempre piiì eoa esatte esperienze i prìncipj già slabilitì,si è riguardata X acidità per una proprietà non. dei componenti^mai del composto;per una proprietà. solo risultante, alla quale dà occasione fassociamento , o sia la precipitazione di un comburente prodotta da un combustibile; e que- sta affezione,la quale si è lungamente creduta che so- lamente fosse indotta dall' ossigeno nei corpi com- bustibili , non ha fatto altro ai giorni nostri , che estendersi ad altri corpi, e le nuove scoperte non al- tro hanno dimostrato, se non che la natura non l'ha poi ristretta ad un solo. I corpi però, ai quali si esten- de, non escono dalla serie dì quelli, i quali hanno con Yossigeiio stesso un rapporto ; da corpi , i quali mostrano, come mostra Vossigeno^ di essere in molti casi comburenti ; e che passando dallo stato aeri/orme allo stato solido abbandonano i mestrui , bla Vossigeno per rapporto al fenomeno ; ma quello che fa più al caso nostre^ è il vedere, che anch' esso comunica questa proprietà air «30/0, come air azoto la. comunica Vossigeno. Si vegga il gior. diPavinpqr Vanno 180 1 alla pag. 43. IO* j 45 . Scienze da cui sono aerificati, identici a quelli die si svol- COHO dall' oss/i;eìio , e che riniiili datino iuce e calorico , e che generano la fiamma . È noto purtroppo, che alcuni vogliono rapporto a questi composti riguardar Vidrogeiio come il prin- cipio acicli/icanle, od il dorino e T yor/Zo, come l'os- sero i radicali degli acidi , che risullano da tali combinazioni. Fanno questi dei corpi semplici capa- ci di acidificarsi due classi; di corpi cioè, i. quali Jion ha che [ossigeno la forza di farli mutare in aci- di : e di corpi rapporto ai quali ci è anche ìidro- geno che ha una proprietà consìmile. Io non dirò che si cada in un errore di fatto in vedere così le cose ; dico solamente che si pecca inducendo una tal qual sconnessione d'idee; che si rovesciano cer- ti principi per non aver ben considerato ciò da cui derivano certi composti ; e che s'inducono ano- malie , le quali alterano il sistema dove queste realmente non sono. Perchè dare aW idrogeno ^ il quale tutti accoppia i caratteri di un combasiihile e perciò di un radicale^ un distintivo eh è proprio dell' ossigeno , quando in questi composti medesi-; mi nei quali si vuol Vidrogeno riguardar come ta- le, ci è il dorino e Vjodio ^ esseri non per la so- la proprietà di render acidi alcuni comhìistibiìi ^ ma che per molte altre eziandio si accostano a quello, il quale è stato il primo ad aver sciolta la gran quistione sulla causa da cui nasce il passaggio di tanti corpi dallo stato non acido allo stato acido ? Un fatto il quale mi par che decida essere il dorino che determina un tal carattere quando va a prendere un combustibile , è quello in specie che presenta il fosforo , il cpiale ardendoci appena che ci è immerso con nna. luce più pallida ^ mu scintil- lante , ne nascono due composti, solido luno, e //- Cr.oRiNo, Iodio, Acidi ec, i.|9 «yrt/V/o l'alt ro; Il primo dei quali ridotto in vapore mu- ta in fosso la carta tinta da un color vegetabile, ben- ché sia spcca affatto , e si appalesa così per un'aci- do (e). Quindi se in questo caso sembra ragione- vole che si debba dire essere il dorino quello che fa da princìpio acidificante, altrimenti dovrem mol- tiplicare senza necessità le cause, da cui è prodot- ta una tale alterazione, ed estenderla non all/^Z/o- ^en:o solamente, ma ad altri corpi combustibili ezian- dio; perchè lo stesso non diremo anche quando il dorino facendo ardere e detonare Vidrogeno , rob - bliga a palesare nel così detto acido muriatico tul- li i caratteri , che i corpi combustibili acidijicabill acquistano dall' ossigeno ? JN'on è forse l'idrogeno iMìo dei prlmarj combustibili , come dei primarj è il fosforo , e non sono amendue sostanze separatissi- nie dall' osigeno , e dagli esseri che ci possono aver qualche rapporto ? Se in ciò si convenga, come pare che si deb- ba convenire , le nuove scoperte ci condurranno a diredi Lavoisier, non eh' è falsa la teoria fissata da lui sulla causa, da cui provengono gli acidi, e sul processo che rapporto ai medesimi ha luogo ; che sussiston tuttora le ragioni con le quali Ber- gman e Schede lecer conoscere erronee le supposi- zioni di Paracelso e di Bcdier, e i appoggio che alle medesime aveva creduto di poter dare il chimi- co prussiano ; che gli acidi e gli ossidi combina- no e per i principj che ci hanno parte , e per le (e) li dubbio che la oombi nazione di dorino e di Jìt foro si po9~ sa decomporre al contatto di vina tintura , che possa prender da lei Vidro^wiOi e che la mutazione nasce dììV acido muriatico che si forma, si toglie dal vedersi che il colore non ^ distrutto, s« si wsa- fto i mezzi, con i ijuiili si può tornar Vacillo a scp.'ti-arsi. i5o Scienze cause che ci concorrono; e che solamente non è, co* me da hii si crede, Yossigeno il corpo unico capace di acidificare ^ e di ossidare i corpi combustibili; che la combustione noti si dee ripetere dalla sola sua precipitazione ; e che si danno altri corpi capaci d' indurre alterazioni simili a quelle che erano state riconosciute come eifetto ristretto alla sola azione della parte più pura, e respirabile dell'aria; Questi corpi per altro non escono dalla classe di sostegni; sono affini ai medesimi; e ne formano qua- si una graduata continuazione; onde passare da Ciò che acidifica ai radicali che sono acidificati. Una com- bustione occulta o palese accompagna seitìpre il fe- nomeno; ci è sempre svolgimento di calorico., e spes- so anche di calorico e luce:, ed in quella guisa che Vos- sigeno in composti, i quali contengano esseri faci- li ad aeri/icarsi, poco esige per indurre una dctona- zioìie ; cosi lo stesso si può dire di quelli , che Co- me ro55/gCT,'o hanno la proprietà di far da sostegno della combustione ., e particolarmente poi del do- rino. Or se si addotti questo sistema , non si avrà da mettere in quistione un teorema, il quale an- che nel caso di questi acidi formati dal dorino , e dall' idrogeno , e daììjodio con lo stesso idrogeno può esser verissimo ; un teorema che costituisce quasi il fondamento e la base della teoria pneuma- tica-., ed al quale se si tolga il termine di ossigejio , o se in suo luogo si sostituisca^ l'altro, di sostegno., subito che de' corpi partecipanti delle proprietà di sostegni ne abbiamo più , nulla mancherà per esser applicabile a tutte le combinazioni dalle quali pos- sono risultar degli acidi:, così finiranno tutte le ano- malie, e col solo rendere il teorema stesso più gene- rale tutto sarà accomodato. Condotto a questo termine il timore che pos- Glorino, Iodio, Acidi Ec. i5i Sa insorgere una nuova chimica rivoluziofiè ; e che la filosofia di questa scienza debba dopo pochi ainii anche un'altra volta mutar faccia , tutta la rifor- ma al pili che si potrà fare , non ad altro si ristrin- gerà che a qualche piccolo cangiamento di nome , perchè siano questi, come voleva Morveaii ^ \>\\\ che sia possibile l'espressione dei fatti. Si dovrà pertan- to premettere in primo luogo nei composti che na- scono del dorino e deiryo^//o con Yidrogeno e col fosforo il loro nome a quello dei radicali , e dir- si acidi cloro-idrico -^ elori-fosforico ^ e j odio-idrico , e non acidi idro-dorico , idro-jodico , e cloruro di ybi'/o/'o, uniformandosi così alla nomenclatura di os- si-solforico , ossi-fosforico , ossi-carbonico. Le combinazioni non acide di queste sostanze indecomponibili, alle quali si è data la desinenza in uro ; molte delle quali pare che si avvicinino al carattere degli ossidi, dovranno avere la desinenza in ido ; sembrandomi che meglio sia il dire dorido di solfo , dorido di mercurio, dorido di antimonio ; come anche jodido di fosforo e di azoto , che usar quella di cloruro di solfo , di mercurio , di antimo^ nio , e dì joduro à\ fosforo e di azoto , tutte le vol- te che i componenti soffrono dalla composizione un certo cangiamento di stato , e si possono paragonare a quelli che in sostanze simili va a produrre los" sigeno (d) . (d) Se alcuni di questi composti particolarmente metallici avran- no il carattere più. di un' acido che di ixa.' ossido ^ come pare ch'ab- bia creduto Chcvreuil, la nomenclatura loro si dov'rà uniformare » quella degli acidi , e diremo cloro-orico , cloro^staiwiico , cloro-cm- tiinonico^ come diciamo ossi-arsenico, ossi-malibdico , ossi-croinìco . La solubilità che acquistano la massima parte dei radicali che si coinpongono col clorinn, pare essere au- he questa un» ragion* por i5a S e I È N « lE La desinenza in uro è deslinata per i composti ^ elle nascono o da princ/pj assuiiifnme?ite combiistibìii amenclue, o pure da combustibili con ossidi, o ter' 7^osi ^ o alcalini , o metallici; e non sembra perciò adattala per quelle combinazioni nelle qirali il do- rino e Vj'odio operano non come combustibiÙ , ma CDìiie comburenti. Si noti ih oltre che addottando questo piano di nomenclatura, i nomi con i prefissi di proto-clorido , di detito-clorido , ài proto-jodido , e di deuto-jodido spiegheranno come per X ossigeno il vario grado di saturazione indotta dal dorino -, e à?\\jodio; e rimarrà così non solo più facile l'in- telligenza della cosa, ma anche più giusta, e più adallabile alle nuove scoperte che si posson Tare , di quollo che sia adoperando le desinenze in ane , ed in «/;«, dicendo , come propone Davy , J errane e ferrana, argentane ed argentana, ed altre simili. La fissata terminazione delle voci in i&o si la- sci per le combinazioni àeW idrogeno con i corpi combustibili , e per quelle del carbone , del fosforo , e dell' azoto con i medesimi. Mi piacerebbe di de- stinarle anche per certe combinazioni, cha va ad in- contrar Vaccpca^ alle quali si è dato il nome d idrati; (Vii si ilcbliaiio riguardare più come ucidi, ch'e come ossidi.: non ostante è molto quisiionaljilc, e ci sono delle ragioni tanto per cre- dere, clic rjucsii composti si sciolgan nell'acqua senza alterarsi, quanto per l'opposta, la quale suppone che a dispendio dell'acqua il mckdlo resti cangiato \n ossido , ed il dorino in acido muriaiico, e che la solubilità provenga dal sale che ne risulta, cioè da un ìnuriato incfallico. I risultati di molte esperienze di Vogcl merita- no maj^^iore esame , e Tcspcricnze di Chcvreuil anderebbero ripetu- te, ma non in una ^oliiziomi alccdina. Si vegga ciò che si è dctt» nella nota a. Clqriìvo, Iodio, Acidi ec. i53 ed uniformandomi alla riforma proposta dal prof. Jj rug7ì citelli pev le combinazioni deìV ammoniaca det- te da lui ammoniuri ^ direi queste idratiiri . JVon si darebiie così ai composti Ae\Y acqua con le terre ^ con gii alcali , e con gli ossidi metallici una desinenza caratlcrizzante un sale ^ ne la medesima si confonde- rebbe con quelle, alle quali va soggetto VidrogenOj denotate con la voce generica d'idruri. Restringendo pertanto dopo tutto ciò le co- se , cbe in questa forse troppo lunga mia lettera le ho esposto non per altro fine che per assogget- tare le mie idee, comunque esse siano, al suo sa- no giudizio ed alla sua correzione , mi permetta che le dimandi in primo luogo se crede, che questi piccoli cangiamenti siano per togliere una certa tionfusione negli oggetti che abbraccia la nostra scienza , la quale spesso deriva anche da una lin- gua che non precisi bene le nozioni , e che potendo far credere quello che una cosa non è, può farci concepir male la natura dei composti che si nomi- nano e non ben basate le teorie che sì spiegano . So che Musson God citando ai medici un passo dello spagnuolo f^augelas dice , che se non si dee essere troppo rigidi sottilizzatori di frasi, non per questo va condannato chi usa nelle medesime un certo ri- gore ; anzi vuole che se ne faccia, se occorre , in certo modo la notomia , e che si osservi , se mai rarchiudessero qualche assurdo , o fosser segno er mezzo di lavande : godevano al con- trario della facoltà colorante ad un aito grado. Dopo due giorni di esposizione alf aria incomin- ciavauo a divenire efflorescenti , e prendevano a Combinazioni dell' oro i63 poco a poco un color giallo chiaro. Esposti al- l' azione del calore hanno prima di tutto abban- donato dell' acqua , quindi si sono l'usi in un li- quido rosso-bruno molto cupo , ed alla tempera-? tura della fusione del vetto hanno sviluppato una certa quantità di cloro -Il residuo trattato coli' acqua ha dato una soluzi&ne gialla , ed un de- posito d' oro metallico. Il cloruro triplo non era stato se non in parte decomposto . Da tutte que- ste proprietà accennate non ve n è alcuna che possa conciliarsi con l' ipotesi d' un semplice mi- scuglio fra i due cloruri. Continuando Y evaporazione del liquido , ha ottenuto un miscuglio formato parte dai cristal- li descritti e parte da cristalli bianchi cubici , che presentavano tutt' i caratteri del cloruro di potassium. Finalmente il sig. Javal ha voluto anco^ ra conoscere se il cloruro di potassium e quello d' oro si uniscono fra loro in un rapporto sem- plice . Ha perciò fatto 1' analisi dei cristalli gial- li con il processo seguente : ne ha sciolto una certa quantità nell'acqua, e yì ha fatto passare una corrente di gas idro-solforico ; si è precipi- tato del solfuro d' oro , il quale è stato lavato diligentemente , asciugato , e riscaldato quasi a rosso. Il residuo era dell'oro, di cui si è de- terminato il peso. Il liquido, nel quale aveva agito il gas idro-solforico , è stato riunito alle acque servite per lavare il solfuro, ed esposto air aria per alcuni giorni , affine di sbarazzarlo dall' acido idro-solforico . Ha pesato tutto il li- quido , e r ha diviso in due porzioni . Una è stata svaporata a siccità, e T altra decomposta per mezzo del nitrato d' argento : ciò che gli ha da- II*. iG4 Scienze to le qtinntilà di cloniro di potassiurn , e di clo- ro contenuto in ciascuna delle due porzioni , e per conseguenza quelle che si trovavano nel liqui- do totale. Conoscendo la quautilìt di cloro, di cloruro di potassiurn, e d' oro, ne ha dedotto il cloruro d' oro , ed il cloruro di potassiurn conte- nuti nei cristalli sottoposti alla sperienza . La quan- tità d acqua è stata determitata dalla dilTerenza dei pesi . ilsso ha trovato con tal processo che 100 parti di cloruro triplo cristallizzato sono composte di Cloruro di potassiurn ^4 , aG. Cloruro d' oro G8 , 64. Acqua . . , 71 IO. 100. 00 Se si suppongano i cristalli formati di 1 atomo di cloruro di potassiurn , 2 atomi di cloruro d' oro , e 2 atomi d'acqua, e si esprima il pe- so deir atomo d' oro col numero che si deduce dalle sperienze del sig. Berzelius , si trova che 100 parti di questi cristalli devono contenere : Cloruro di potassiurn 25, 21. Cloruro d oro GS, 71. Acqua (i , 08. 100, 00 Ristretto di fatti acustici di Giovanni doli- Anni ^ letto ìielC accademia de Lincèi. D 'acche mi venne curiosità di sapere come nasca- no le alFczioni che la musica desta nel nostro ani- mo ^ investigando , mi è parso ravvisar cieco empi- Fatti acustici i65 lismo j)er fondo alle regole che ne Ibiniano il cor- po di dottrina . Di ciò mal soduisfatlo , pensai che delìcipiiza di nozioni esatte sulla lisica natura del suono j)OSsa essere la causa di tale oscurità in cui la [eoria musicale ancor si giace : e nel ripiHere quelle altrui acustiche osservazioni ed esperienze che mi erano note ed eseguihili, afme di trarla a maggior lume, riconobbi di dovervene aggiunger alile che credo nu"o\'^e . In mettervonc .ristretti as- sieme solt' occhio i principali risultati , devo chie- diMvi pazienza per l'aridità del soggetto così forza- to in angustie, ed indulgenza per le aberrazioni del nuovo sentiero che mi apro . I singolari fenomeni dell' aipa d'Eolo , troppo a lungo riguardata comi; oggetto di semplice trastullo , m'introdussero alle ricerche sul suono , nelle quali ben presto sentii la rx^cessità di procedere con metodo per potere ve- der chiaro nelle trasformazioni di questo Proteo , che sembra spesso contradir se medissimo - Ricercando dunque nella materia le qualità che la rendono sonora , os5»ervai la ponderabilità essere air effetto indispensabile in quanto costituisce tan- gibilità e capacità dì meccanico impulso : indi con- siderando che tutt' i corpi di questa essenziale pro- prietà dotati sono individualmente o rigidi o mol- li, e più o meno espansibili , sen'ia clie però alena di loro possegga esclusivamente di tali tre qualità quella, che in lui visibilmente predomina , giacché in varie circostanze depressa svincolansi le altre ; conobbi che nel contrasto della rigidità coU' espan- sibilità variamente temperato dalla mollezza secon- do la chimica-fisica costituzione d' ogni corpo in particolare , consiste e manifestasi meccanicamente col suono l'individuai sua intima elasticità , la qua- le sostenuta dall' inerzia , cioè da quella facgl'à iGO Scienze d'indifferenza alla quiete o al moto attuale die hart* no i corpi , rende persistente il suono medesiinó ejeneralo in origine da esterno impulso: identica- mente ripetendosi ne' suoi intestini elastici andiri- vièni ossia elementi di moto vibratorio , esso si frà^fonrte in altri corpi a contatto, pi-opagandosi co- sì fin neir orecchio, ove per Ttiltima volta ancor si ripete e genera la sensazione . In tal modo l'ele- mento di moto elastico ossia la vibrazione, consi- stente nel cedere e successivo reagir della materia al conculcainento , deve , secondo il vai io nelle di- verse sostanze esistente triplice rapporto fra l'espan- sibilità, la rigidità, e la moderante mollezza; e se- condo la minore o maggior istantaneità ed intensi- tà dell' eccitamento, onde assieme dipende la sua celerità di nascimento ed espandimento , deve , diòo , compiersi in maggior o minor sempre però brevissimo tempo, con più o meno uniformità , ed occupando nella materia stessa benché continua maggior o minor estensione, di cui forma un se- paratamente per se sonoro corpo ; giacché il chiu- so limite di un qualunque modo desistere ^ nella materia comunque percettibile costituisce corpo in ambiente . Derivano da tutto ciò nei suoni le quan- titative, qualitative, e toniche diversità; come pu- re il sorpiendente raccolto propagarsi di essi (ben- ché esilissimi) attraverso la sostanza di lunghi fili metallici , o per vanì tubi , o finalmente per le li- nee di massima concavità ànchie retrograde delle cupole , non che per quelle di antri irregolari come il famoso orecchio di Dionigi a Siracusa : e ne pro- vengono altresì i rigurgiti ossia risonanze ed echi di diversa specie ed intensità, allorché il suono a re- plicali elementi di moto elastico ncU' aria propa- gandosi , incontra ampio intoppo che in gran parte Fatti ActSTici iGj io rispìnge indietro, perdio la relroesistente matf-ria rigida non può per sua diversa coslituzional elasti- cità ricever e ripcterue in se la vibrazione in egual estensione , tempo , massa, e forma , come gli giun- ge addosso . La sonorità de' teatri dipende in gran parte dall' efficacia di tali circostanze. Peilanto una data estensione di data materia suonoconduttrice è percorsa in egual tempo dai to- jhì gravi e dagli acuti ; cioè da elementi di moto elastico di diversa estensione propria maggiore e mi- nore , ed inversamente proporzionai numero la cui diversità è quindi esattamente compensata da quel- la nella celerilà di loro formazione e successione : perloccliè in conduttori ( per diversa sostanza ) tV inegual rapporto fra le proprietà elasticità costi- tuenti , il corso del suono varia di velocità in ragio- ne delle varie estensioni che vi occupa, e quindi del diverso numero di volte che vi si ripete un mede- simo tonico elemento di moto elastico nella sua in- dividuai durata in tutti i corpi invariabile, come vedremo in appresso. Nelf aria il suono corre pros- simamente looo metri ogni tre secondi, nell' acqua circa 45oo, e nel ferro circa )o5oo t ma è ben stra- no che esistente presso Milano il famigeratissimo ca- sino della Simonetta col suo meraviglioso eco acce- leratamente moltiplicato , non si consideri comu- nemente nella propagazione del suono questa specie d'accelerazione che come nella grossolana visibile locomozione de' corpi , così ndl'intcstmo fremito della materia risulta dall' aggiunzione di nuovo mo- to a moto già preesistente , e di cui il suddetto eco, stante la moltiplicità de' colpi contabili pria che divengano gradatamente, sì celeri da non poter loro più tener dietro , rende osservabile anche la legge . Indipendentemente dagli effetti propriamente iG8 Scienze mnsicaìl, l'arte medica ha già trailo e può ancor \)Ui estesamente trar protìtto dalla propagazione del suo- no atl elementi di moto elastico eguali al primitivo,, per metter meccanicamente in moto vibratorio de- terminate parti anche interne del corpo d'un amma- lalo , iacendole per mezzo d'appropriali conduttori 'comunicar col corpo risonante reso unisono alla parte affetta che allora soltanto il paziente sente contremare ; circostanza cui finora non si è bastan- temente badato, mentre pur da tanto tempo si sa che una corda armonica risponde spontaneamente in disianza al suo unisono, ed è muta per altri to- ni . Come Rieffelsen e Seìdelin, si può operare con grandi aste di ferro vibranti a compression molleg- giante su d'un cilindro che gira, e comunicanti per un cordone mediocremente teso ; oppure coti t;ros- se corde da conlrabasso suonate ad arco appoggian- dosi allo stromenlo o tavola su cui son tese ; o li- nai mente nel bagno con lastre metalliche sospese e prrcosse soft' acqua di faccia alla parie alFetta . Lo stromento recentemente iuvenlalo in forma di •Uibò j>er esplorare coli' udito lo stato interno del petto è subordinato a questa stessa classe di fe- nomeni • Un injpulso dato in piena libertà ad uà cor- po perfetlrimeiite rigido, altro non protlurrebbe che fargli tutto assieme cambiar luogo. Un corpo per- fettamente espansibile al contrario in pari circostan- ze non farebbe che cambiar volume . l£d un ^orpo perfetta meute molle così trattato non cam- bierebbe che di l'orma. Ma ciò non essendo esclu- sivamente in alcuna sostanza ponderabile ; la tri- plice diversità d'iiidi\idual qualità soltanto più o meno predominante la però sì che i corpi sonori si dividano naturalmente in tre distiate analoghe clas- Fatti acustici 169 sì cioè; I .'^ vergile, lastre, campane, ec. essenzial- iiìenlc rigide; 2.° arie caratteristicamente espansi- bili ; e 3."^ corde la cui sostanza , benché per natura più o meno rigida, manifesta in forma assai lun- go-sottile predominantemente nella flessibilità la propria latente mollezza, che dalla tensione deve es- ser vincolata perchè possano con longitudinal mo- do elastico sonoramente vibrare. Nell'ordine qui enunciato passiamo ora a con- siderar pila diffusamente in ciascuna classe le par- ticolari sue proprietà sonore . I. Una riga o asta sonora (fig- i )i sospesa ad un filo che non altera la sonorità , mentre percos- sa nel mezzo M, si piega liberamente in arco (fig. ^ «li costa, ingrandita), necessariamente s'allunga sul lato convesso ANB , e non sul concavo AMB . Ne •soglie in tutta la riga una distrazione a triangoli niJ/n; tSt O.C. onde circa la sua resistenza si può riguar- dare in questo stalo come formata di tante paja combinate di leve a squadra AM,MM ; BM,MM ; AS,SS ; BS,SS ec. ; le di cui braccia trasversa- li JViM,SS per Tinarcamento siano state aperte « ventagli nMn^St . Ma se per proprietà di leva St soffre da AS più violenza che Mn da AM ; tanto di meno ne soffre St da BS che non Mn da BM ; dunque nelf assioma vi è perfetto compenso di for- ze in ogni sezione trasversale della riga , e quindi in ciò eguaglianza di moto elastico in tutta la di lei 'estensione , ripetendosi esso in virtù delf iner- zia da una parte e l'altra della retta posizion del- la riga alternativamente con suono sostenuto, finché negl'intestini attriti, e per la resistenza dell'aria alle arcuate oscillazioni s'estingue. Quindi i.° h pari lunghezze ed ineguali grossez- !5e ( le larghezze nulla iofluiscono sulla celerità del- I^O S e I E N i E le vibrazioni, ossia sul tono risultante dalle due al- tre dimensioni ) di due righe o aste risonanti d iden- tica sostanza , i tempi che nell'una e l'altra impie- ga a compiersi una vibrazione stanno Ita se in sem- plice ragione inversa delle grossezze medesimo; poi- ché in tal rapporto cresce patentemente coli ingros- samento, e cala nel caso contrario la forza delle au- mentate o impiccolite leve trasversali relativamen- te a quella delle non alterate loro antagoniste lon- gitudinali . Così i tempi in cui due tali rige o aste equilunghe, ma Tuna doppiamente grossa dell' altra, eseguiscono ciascuna la propria sonora vibrazione, consistente nel già considerato elastico annoiar di- stendimento e rislringimento , stanno Ira se co- inè li 2; ed il tono della piìi grossa, come si suol dire, cresce il doppio di quello dell' altra ; o, musi- calmente parlando, è la sua semplice oliava acuta. 2^ A pari grossezze ed ineguali lunghezze, iu tempi e con forze proporzionali a quesle, il mo- to del colpo percorre le aste ; e le braccia di le- va longitudinali combattono le trasversali: diinque i rispettivi tempi di vibrazione tonica da ambe que- ste cause compostamente risultante sono in ragion duplicata di esse lunghezze ; le quali essendo per esempio i : 2 ; quelli sono come i : 4i ^ ^ *^o"^ 1 uno il quadruplo più acuto ossia doppia ottava dell' altro . 3.° Se la riga sonora s'allarga sì, che il suo traverso possa render tono ben valutabile e com- parabile con qcjcllo di lunghezza ; essa risponde al- la moderata percossa essenzialnienle con tre toni simultanei , cioè ( fìg. ó ) dì sua lunghezza AB , larghezza BG , e diagonale AC : onde è per latto evidente, che i moti sonori lune all' altro ortogo- nali in im corpo rigido non solo non si sturbalo Fatti acustici lyt vicendevolmente ; ma producono ancora il loro geo- metrico risultante; prestandosi la materia nel tem- po stesso e nelle medesime particelle a varj moti. Il tono diagonale corrisponde ad una riga un po- co più corta della linea matematica incorporea, e perciò impossibilmente risonante. Se con un leggiero sofficissimo magliuolo di bambagia, rivestito di morbida pelle di guanto (fig-4)» o col dito inginocchiato si percuote ben dolcemen- te una cilindrica (dunque per ogni verso unisona) verga di ferro o d'altra ben sonora sostanza; lun- ga e grossa circa mezzo metro ed un t:entimetro, o proporzionalmente piìì corta e sottile ; sospesa, come fig. I, ad un filo che divien mìcracuste (*), con appoggiarlo fortemente al trogo, ossia a quella cartilagine che sta sull'ingresso del canale uditivo, si che questo si chiuda : distintamente si sentirà il tono d intiera estensione della verga, il quale in aste considerabilmente più lunghe o più sottili non è per troppa gravezza già più valutabile. Ma con magliuo- lo meno soffice, e colpi alquanto più decisi, pur- ché noa tanto forti da sopprimere per violenza di moto il detto tono più grave della verga , sentonsi unitamente a questo almeno due altri toni conside- rabilmente più acuti, che particolarmente anche in verghe meno lunghe sono qnelli che renderebbero isolatamente -7; 7 dell'estensione d'una corda o o o d'una colonna d'aria unisone al suddetto tono gra- ve di total lunghezza della verga medesima . Pre- (*) Vocabolo gentilmente suggeritomi dal eh. sig. ab. Amati ; l,iacchè tal semplicissimo apparato fa distintamente sentire e raluta- le debolissimi svieni altrim«nte impercettibili . ìj-ì Scienza messo intanto , ciò clic dimostrerò in appresso , che nelle colonne d'aria e nelle corde sonore, ove la liamma non esercita sul snono una necessaria meccanica influenza , i tempi di una vibrazione to- nica sono semplicemente proporzionali alle lun- ghezze di esse colonne o corde: e che il molo nel comunicarsi alla mateiia di un corpo od eccitarvi il sonoro intestino fremito, secondo il proprio me- no o più istantaneo sviluppo e la dispc^izione ela- stica specifica della materia, la compenetra , so li- bero , in un elemento ossia momento elastico o in tutta l'estensione , o a parti a parti aliquote vie più e più piccole e quindi numerose; mentre pe- lò, siccome qui sopra ( iig- 2) abbiamo osservato, nen è Jibeio in corpi rigidi risonanti, a cagion del- la ioriua angolare delle oscillanti vibrazioni che influisce ancor per so sulle lunghezze delle parti to- iiomaniieslanti : ed in line osservando che se Ì!i un corpo o sistema di corpi i limiti di due analoghi moti trovansi funo all' altro vicinissimo , es.si si compenetrano confondendosi in un sol limile in- termedio; si trova la ragione dei sudetti toni con- comitanti, se (fig. 5 ) si considera che (ogni percos- sa , per quanto istantanea , dal primo contatto al j)iono etletto sviluppando la sua Ibrza progressiva- mente , e quindi così comunicando il suo moto, il quale perciò può intanto nella materia elastica lormaisi in più clementi di varia estensione ) Tele- mento proprio di - della veiga deve in preferenza d'altri generarsi, perchè esso per la l'orma angolare (fig, 2) si manifesta in estensioni eguali A;w, br/i r ^ — o, Jjj... valore prossimo a j^ ove trovasi vn limite naturale della stessa ripnilizione per ot- Fatti acustici ^n;] tive parti, ori il di cui moto cl.istico inlcsUuo nu- golarmentc si manifesta nelle estensioni A/;, B/i *— 3 . . 6 r g^ ;i: o, 612... che quasi equivalendo a g- cadono .1 ...... 5 reciprocamente 001 loro limiti vicinissimo ai ^ pre- si dair altro capo della verga. Tante cause cos[)i- ranti fanno sì, che in verghe di non grandi lunghez- ze lo risonanze concomitanti il tono grave di to- tal estensione si determinino nelle anzidette parti rendenti i toni delle porzioni di colonna d'.iria o di corda suddette. Ma crescendo considerabilmen- te la lunghezza della sonora verga, crescono pnr le vicendevoli distanze reali de' suddetti limiti ; a seno che, divenutane ormai impossibile la compenetrazio- ne in un limite comune di risonanza, altre parli ali- quote, prima troppo piccole per potersi sonoramente manifestare , subentrano ad adempiere le condizio- ni di prossimità de'limiti come sopra, e determina- no nuove divisioni risonanti in confronto de'dc pre- cedenti apparentemente irregola rissi me . Rendendo vie più e piir violenti le percosse, ed esili e rigidi gli stromenti percuotenti ; vanno nelle verghe o righe cessando i toni gravi , e se ne manifestano di sempre più acuti, a segno che per- cuotendo velocemente in testa qualunque grande asta con unjf punta dago, sene ricavano toni d'estre- ma inassegnabile acutezza . Un' asta piegata nel mezzo ad angolo retto (fig. 6) rende essenzialmente nel tempo stesso i to- ni proprj di sua total lunghezza ACB, e delle sue hraccia AG, BC; quest' ultimo però più grave quan- to suol cagionare un mediocre impedimento ral- lentante le vibrazioni annessevi . In fatti si recida la maggior parte del braccio CB^ si che alla con- 174 Scienze giunzione con AC non ne rimanga che nn pezzetta CD ormai incapace di propria risonanza; e si ot- terrà il tono di AC alquanto abbassato - L'effetto, tonico delle piegature ad angolo acuto (fìg. y) s'av- vicina sempre più al simultaneo delie due braccia separatamente risonanti . Ed il dono d'un'asta pie- gata ad angolo ottuso (fig. 8) va vie più e più de- cisamente acquistando i toni concomitanti di asta dritta, mentre vanno perdendosi grindividuali del-. le braccia. Piegando l'asta curvamente, essa va calando di tono tinche formato cerchio in cui le estremità quasi tocchinsi (fjg. 9), il calo, di tono corrisponde a quello che in un' asta retta d'egual lunghezza cagiona un massimo per se non sonoro pezzetto come CD f. b. annesso di lato alla di lei estremità . Saldando poi assieme i due capi in cerchio chiuso, il tono sale all' unisono di un pez- zo dritto della stess' asta lungo quanto il diametro del cerchio medesimo . (*) JNoti sono gl'inutili tentativi fatti per ridurre a teoria la scoperta di Chladni delle variatissime figure geometriche, in cui radunasi Y arena sparsa sopra lastre rigido-sonore strette fra le dita, o in una specie di morsa fra punte ottuse di legno (Hg. 10) mentre con un arco di violino si fauno in- gratamente sì , ma distintamente e vai-tatamente ri- suonare^ Avendo semplificato, per quanto mi è sta- to possibile, le condizioni del fenomeno con ridur (*) Il formarsi questo chiuso cerchio dopo la percossa iieccs- sariameote ad ogni oscillante vibrazione in dissi alternanti i loro assi su due suoi diametri ottogonali, e perciò con non identico to- no; è causa che quello delle grandi campane, ove ciò succede ia notabile cstensiene , non e mai puro , Fatti acustici ìt5 ].; Tastrc a semplici riglio, ossia strisce ; lio voluto vedere se nii riusciva di scoprirvi qualche relazio- ìte colla legge delle righe o verghe in aria libera- mente risonanti . Fatti gli esperimenti con righe di cristiillo da specchio , eccone i risultati. Righe strette in morsa suonate ad arco rendo- no il tono di loro total estensione alquanto pììi grave, che in aria liberamente sospese e percosse; e quanto meno vengono strette , tanto più calano di tono; per quanto però slringansi, non salgono mai air unissono del suddetto loro tono di libera so- spensione ; calano anche piìi quanto sono più gros- se . È visibile che qui la morsa agisce sulla lastra risonante nelle diverse circostanze sempre come impedimento rallentante le vibrazioni . I diversi toni acuti che le righe in- diversi punti e con varia forza ad arco suonate rendono , vanno colla legge di quelli di percossa a libera so- spensione; purché esse siano sottili e per Tun capo ben strette in morsa , onde ne'due casi toni fonda- mentali poco fra se differiscano . Nelle righe più grosse, ove tal differenza è maggiore , la esalta cor- rispondenza non ha più luogo , riferendosi i toni su- bordinati in morsa ad un fondamentale ideale in- termedio fra i suddetti due fondamentali reali . E nelle righe molto lunghe , perciò non rendenti il tono di loro total estensione, e per fragilità mala- gevolmente cirnentabili ad arco; sotto cjucsto i to- ni subordinati rendonsi anche moltiplici e compli- cati, come liella percossa a libera sospensione in egual circostanza . I limili poi, neVpiali si raduna pel suono l'are- na sparsa sulla riga, non corrispondono il più del-» le volte né a quelli degnai ripartizione del moto nella materia , né a quelli del rispettivo moto vi- 1 ^6 Scienze bratorìo angolare (fig. 2); ma bizzariissimi risulta- no certamente dal contrasto fra gli uni e gli altri a norma delle rispettive forze. JNello corde, ove, siccome vedremo, non domina che il moto in egual ripartizione, i suoi limiti formano i rispettivi ana- loghi punti di quiete, ossia i cosi detti nodi armo- nici : ma nei corpi rigidi risonanti, in cui la mate- ria devesi risentir d'ambe le specie di moto ; nel sorpassarsi che fanno per la non coincidenza Tun l'altro i rispettivi limiti , l'arena non può in essi trovar luogo di riposo , e lo deve cercare in altri limiti risultanti dal conflitto slesso ^ i quali secon- do le condizioni e circostanze possono esistere o non esistere . In fatti negli acutissimi toni che as- sai piccole parti della riga con violentissimo moto comprendono, una sola sottil traccia d arena si pro- trae spesso dal punto di presa della morsa (in ali estremità; in linea retta, se detto punto è nel mezzo della larghezza della riga; ma serpeggiante, sedi la- to - Talvolta toni meno acuti producono questo unico limite longitudinale, ed altri più acuti divi- dono la riga in limiti alternanti lungotrasversnii (fig. Il) . i\el punto di presa in morsa cade però sempre limite trasversale, o almeno vi è una svolta della curva serpeggiante dalT uno all' altro capo della riga . Toni ancor meno acuti generano soli limiti trasversali più o meno radi ed obbliqni . Se tanto complicato è per se stesso questo fenomeno nella massima semplicità delle condizioni che lo determinano , allarghiamo ora la riga in lastra (fig. 3), introducendovi così le simultanee vibra- zioni trasversali e diagonali; e riconosceremo esser temerità il pretendere di dedur leggi acustiche dal- le ligure di Chladni , non meno che se in chimica dalf analisi del granito , o d'un miscuglio di arene Fatti acustici l'jj (i^ajliivione si avesse voluto desumere la teoria Clel- ia' proporzioni determinate . Le aste, di qualunque materia e tono, fatte ri- suonare in SQSpens^one sott' acqua che i'a iuipctii- mento rallentante alle loro vibrazioni, rendono il tono fondamcntal^ eli loro total estensione circa ^; ossia prossimamente mezzo tono della scala musi- cale più grave che nell'aria . Ciò prova, i. la gran violenza del moto elastico sonoro che da un mez- zo circa Q'ft'-j volte più denso dell' aria non è ral- lentato che di sì piccola quantità ; 2. la propor- zionalità della resistenza dei liquidi alle forze im- pellenti che su di loro agiscono; giacché altrimen- ti il calo di tono non sarebbe costante in aste d'ogni materia e dimensione ; 3 la non assoluta inelasti- cità dell' acqua; poiché se ad ogni istantanea vio- lenza resistesse, come all' insufùciente compressione che lecergli gii accademici del cimento , il suono non si potrebbe a lei comunicare in prop^igazione , e non sarebbe nel presente caso udibile . Se ad qn'asta sonora per un capo con tenace laccio sospesa, per 1 altro capo in egual modo si sospendono forti pesi , essa va coli' aumentar loro crescendo dì tono a piccoli gradi colla legge delle corde in pari circostanza ; cioè ad intervalli sempli- ci per pesi aumentati in ragione duplicata degl' in- tervalli medesimi . Per gl'innalzameati di temperatura i corpi ri- gidi sonori calano leggermente di tono più e meno secondo la loro fusibilità, ove giunti perdono del tutto la sonorità come la perdono al calor d'incan- descenza quelli che non sono fusibili ., Quindi il ferro in grado eminente refrattario non cala sensi- bilmente di tono dalla temperatura del gelo a q^ue],-^- G.A.T.XII. 12 1-8 Scienze la dell' acqua bollente, ed è perciò atto a conservar re in ogni clima e stagione un tono dato nei così detti coristi che usano gli accordalori di pianforti : a temperature molto più elevate però principia anch' esso a calar di to:io, e divenuto rosso perde la sonorità . Al contrario una lega di 2 parli di stagno con piombo, la quale è molto l'nsibite, cala dal gelo air acqua bollente circa. ^ ossia un tono, della scala musicale . Il legno di pioppo, riscaldato lungo, tempo in un tubo chiuso posto nelF acqua bollente, è calato di un buon mezzo tono musicale da quello che prima aveva alla temperatura di cir- ca 20 K. dell' ambiente; rallVeddandosi vi è risali- to . Stante l'infusibilità del legno ad altro non sa- prei attribuire un tal c.l^ LETTEBATURA Osservazioni numi sinat lei le. Al sig. yiltQvio Al- dini professore di numismatica nelC Università di Pavia , Bartolomeo Borghesi. N. el favorirmi qiicst' atino di una gratissinn vi- sita a S. Marino, mi feste rimprovero percliù noti avessi proseguito 1 intrapresa d'illustrare le lapi- di vaticane ; su di ciie addussi in mia discolpa , che quel lavoro non poteva farsi se non a lìo- ma , e che non volendo ad ogni momento inciam- pare in errori , bisognava allor che si sci iveva aver il marmo sott' occhio , altrimenti si era pri- vo dell' infinito sussidio, che somministrano certe minute osservazioni, dalle quali dipende in gran parte la retta intelligenza delle lapidi. Foste pago di questa difesa ; ed avendo poi voluto esamina- re il mio museo, e segnatamente la mia serie consolare, accadde che nel ragionare di molle me- daglie mi capitò di esporre non poche mie opi- nioni , che si allontanavano da ciò che hanno scritto coloro, i quali trattarono ex professo di questo ramo così importante , e poco studiato della numismatica. Ad alcune di esse non esitaste a pre- stare il vostro assenso : e qui tornaste a rìmproc- ciarmi , perchè lasciassi neglette quelle mie ri- flessioni , dalle quali poteva venire alcun profitto alla scienza ^ e mi forzaste a darvi fede che quel- le cose, le quali allora seco voi veniva Itivellando, " -XS^l L E -f T E n A T L Jl A a'vn;i con iiu poco d' ayio conscpnyJo allo scriitOv Comincio adunque a disimpegiiaio Ja mia parola, ma col patto ciie voi vi .':bljia!e io mio osservazio- ni (li iì.:iiio in mano ci>e mi lonicraìuio alia memo- ria, o che mi avverrà tli lari-e, alJordiè per ri- oicarini dagli ailii miei studj ini vo talora tiastnl- Juir'o are dixisset a quo ca- stra erant oppressa , nec inveniretur qui id paemium pelerete co^Jiituni pariter atque creditum est Mar-- tem patrem tunc populo suo adjuisse . Inter ccete- ra ìiujus rei manifesta indicia , galea quoque duobus distincta pinnis,qua coeleste caput tectum fuit^ argu- mentum prcebuit . Chi di qui adunque non vede che l'elmo colle due penne era presso i romani uà OSSERVAZIO?)! NUMISMATICHE I^J particolare distintivo di Marte? Onde non si avrà più a dubitare del nume , che viene effigiato su queste medaglie . Avrà quindi avuto tutta la ragio- ne TAvercampio di credere 1' immagine di Marte altore quella che dal Vaillant stimavasi d'Augusto galeato, e che vedesi presso il Morelli al n. i del- la tav. 8. della gente Giulia ; né l' Eckliel, dopo aver escluso che la dea J^irtus sia rappresentata nel denaro di Tiberio Veturio stante i pizzi che gli ombrano le guancie , dovrà restare più incerto di chi riconoscervi , essendo che gli elmi di cui van- no coperte ambedue quelle teste , sono anch' essi pennuti . Virgilio nel 1. vi dell' Eneide fa che il jSglio Romolo ereditasse questo fregio da Marte -. Qiùn et avo comitem se se Mavortius addet Momulus ; Assaraci quem sanguinis Ilia mater Educet . Viden ut gemince stani vertice cristce , Et pater ipse suo superum iam signat honore. onde acconciamente se ne vedono più volte ador- nate le immagini della città da lui fondata . Per questa ragione sarà adunque sicuramente la testa di Roma quella che si vede nel nuovo aureo della Gente Cornelia colla statua di Siila ( Eckhdl. t. v p. 190 : Visconti, Iconogr. rora. tav. iv n. 10) ; e tali saranno pure quelle che si hanno nei denari della gente Poblicia coll'Ercole soffocante il leone (Tesoro morelliano tav. i. n. 4), della Silia coi comizj , tut- toché abbialo negato l'Eckhel (idem, nella Licinia tav. I. p. vili ), della Carisia colle insegne dell' impero (tav. 1. n. 6), e delia Lutazia , che lo stesso Eckhel contro l' opinione degli altri volle attribuire a Pallade : e quindi, che che taluno ab- bia detto in contrario, sarà vero che in tutti questi tipi fu scritto ROMA nel diritto per indicare la dea i3' loG L i. T T K R A T L n A che v'era rappresentata . E assai probabilmente a lloiDa pura dovranno attribuiisi le altre teste galea- te delia Giulia colla biga degli amori (tav. i. n. 4)» della Minucia col cittadino salvalo (tav.^ i. n. ^), e della Publicia col guerriero in riposo (tav. i. 1 1, Jì. Ili, lett. b), tuttoché la rozzezza dell' incisio- ne possa in queste lasciare indeciso se gli elmetti sieno ornali di piume o di rami . Imperocché nel caso dubbio più volentieri le interpreterò per piume , sapendosi che di esse furono ornate vera- nieule le celate di Marte e di Roma , mentre all' opposto non si ha notizia che si costumasse di fare alti elianto coi rami . Osservazione V. Dal Patino fu accresciuto alla tavola della gente Saufeja un trìente con epigrafe legata in nes- so , ch'egli pretese leggere e . savf , ma nel ripro- durlo il Morelli restituì la vera lezione e . sax , e la corroborò mettendo fuori un asse e un seraisse con lettex'e eguali . Ad essi devono unirsi il qua- drante e il sestante conservati nel mio museo , il primo de' quali è già stato pubblicato dal Lucidi nella storia dell' Ariccia p. ii-j, e dal Ramas nel catalogo del museo di Danimarca t. i. p. 2. pag. III. Tutto che la nova lezione sax togliesse ogni diritto alla gente Saufeja su queste medaglie, ciò non ostante il Morelli non si arrischiò di le- varle dall' antica loro sede , e fu piimo TAvercam- pio a ricavarne il cognome saxa usato dalle genti Decidia e Uocouia . Saviamente però escluse la prima , perchè L. Decidio Saxa nato nelf ultima Celtiberia lì ori sotto Cesare il dittatore, e. fu lega- to di Siria nel 71 J, e al contrario le no8,Ue me- Osservazioni numismatiche 1917 cingile sono certamente di una data più vecchia . Preferi adunque di attribuirle ad un ignoto C. Vo- conio, ch'ci iiece padre di Q. Voconio- Saxa tribu- no della plebe nel 585 , e autore della Iggge de coercendis mulierum hereditatìhus ^ alla qual' età ben si conforma il nostro asse , il quale come che abbia tutte le apparenze di essere anticbissiino , deve però essere posteriore alla discesa di Anniba- le in Italia, non arrivando a pesare tre grossi, e quindi essendo della classe degli onciali . Quest' opinione è stata seguila dal Ramus e da altri : ma strano è che TEckhel t. i. p. 3oi parlando di que- sii nummi abbia dissimulato la lettera X , scri- vendo : e . SA in aencis varil poìuìeris^ sed poste- rior luce ratio an Saufeiain indicete duhiuin : quan- 'ìo air opposto ogni altra cosa potrà essere dub- bia , e Solo sarà cerio che tali nummi alla Sau- l'eja non appartengono . A me però neir esaminare più accuratamente la sentenza delf Avercampio si è affacciata una ragione , per cui non posso persua- dermi della verità del suo detto, ed è che non tro- vo che il prenome Gajo sia mai stato adoperato nel- la gente Voconia. Per lo che invece di Saxa sup- plirei Saxula ^ e attribuirei quest' asse a C. Clavio Saxula pretore per la seconda volta nel 58 [ (Li- vio 1. 4'- e. "7 ) , che fu legato di L. Emilio Paulo nella Macedonia l'anno 586 ( Liv. 1. ^^\. e. 35). La gente Clavia non fu diversa dalla Clo- via , e sembrami pìovarlo una medaglia del mio museo simile all' unica morelliana dì questa fami- glia , se non che invece di e . clovi vi si scrive e . cLvi , soppresso cioè il secondo v di Cluvi , come fu più volte costumato ; onde abbiamo flavs per FLAvvs , ivENT per ivvENT, e simili. Certo è poi che Dione 1. Sa e. ^2 chiaiìia KAcvov'iov quel medesimo. "'^^ 'f mc!cl?<^b'e dicouQ Clo-'i'''"'' ■ 1 98 Letteratura OssEnvAzioNE yi. Convicn credere che poco conservata fosse ia roeda<;lia di Sesto Giulio Cesare (Morelli tav. 1. n. 1 ) , ch'ebbe per le mani TOrsino , mentre al- le spalle della donna che regge la biga delineò una i)iccola Vittoria Colla veste fino al tallone, che col- ia destra è in atto d incoronarla , mentre colla si* niftlra tiene un ramo di palme. Questo disegno è stalo ricopiato da tutti gli altri numismatici , ma il l'atto sta che nell' originale che io ho, è eviden- tissimo che quella figurina non è già una Vittoria vestita, ma bensì un fanciullo nudo ed alato senza alcun indizio dì palma . Avrà dunque sbngliato l'Avcrcampio, il quale credè che quella donna in- coronata l'osse Roma , e poco diligente sarà stato r Eckhel che poteva coli' ispezione della medaglia emendare l'errore, e noi fece. All'opposto avrà tut- ta la ragione il Vaillant, il quale malgrado che nel suo disegno fosse caduto nell' abbaglio comu- ne , disse però nell'illustrazione che quella femmina era Venere coronata da Amore ; e questa dea mol- to acconciamente comparirà sul tipo di una fami- glia che discendeva da Gìulo figlio di suo ^figlio . Osservazione VII. Un consimile equìvoco ti caduto in un sé- mìsse della gente Memmia (Morelli n. iii) por- tante il tipo solito, ma con una Vittoria a destra del riguardante, che volando s'innalza a coronare la pro- ra di nave . V Arrigonì tav 5 fig. 3 ne pubblicò l'asse, e il d'Ennery p. 1^6 vi aggiunse il qua- drante , sbagliando però il prenome , che invece di Lucio disse Publio: ma fu corretto V errore Osservazioni numismaticiiq i()C> Hai Ramus t. i. p. n3. ii. 2G, die tornò a divul- garlo, e rimise la lezione a dovere. Io che pos- seggo tanto il scmisse quanto il qiiadcaute posso asserire , che non sono fedeli i tipi , che ci sono stati dati : imperocché si è tralasciato di notare , che nel riccio della prora è scolpita una testa dt donna ; onde lei , e non la prora che s'intende co- lonare dalla figura volante, la quale non è poi una "Viltcria, ma bensì un fanciullo nudo ed alato - Quest'[osservazione serve a bene spiegare il corri- spondente tipo d'argento, a riconoscere il quale gioverà l'avvertire, ch'io serbo pure un altro qua- drante, di cui un secondo esemplare di perfettissi- ma conservazione trovasi nel museo vaticano, in tutto simile a quello che ho citato di sopra, col- la semplice difi'erenza che invece di L . memmi mo- stra e . MEvi.iii . JNoa vi è dunque il più piccolo dubbio, che il denaro rispondente a questi quadran- ti sia quello conialo da Lucio e Gajo Memmi , ch'è il VI della tavola morelliana, rappresentante una bi- ga governata da una dea , che ha nella sinistra Io scettro, incóntro a cui vola una Vittoria per co- ronarla , coir epigrafe l . e . memies .l.f . gal . Ma qui pure ci tradisce il disegno morelliano y perchè le medaglie non mostrano già una Vittoria, ma bensì un fanciullo consimile a quello che si vede nei tipi di rame . E lo stesso si ha da dire dell' altro denaro notato al n.v, rappresentante lo stesso rovescio, ma colla leggenda l . memmi . gal, spetti poi egli al medesimo Lucio o piuttosto al padre , su di che son varie le opinioni . Il Vail- lant credè che la figura da cui si regge la biga fos- se un trionfante, ma ella è certo una donna aven- do in capo la mitclla^onde meno sbag'iiù FAvercam- pio , che la tenne per Giunone Moneta . L'Eckhel 200 Ij.E T T E R A T U R A se la scappò al suo solito , couLentandosi di dirci ch'era una remmina; ma ch'ella sia veramente Ve- liero si dimostra dal fanciullo alato, il quale non può essere altri che Amoie ; e che in alto appunto d ^incoronare la madre aljhian>o veduto snperior- itiente nel denaro di Sesto Giulio Cesare . isè osta che qui la dea tenga in mano io scettro ; perchè egli conviene egualmente a tutte le divinità. E qui senza fare un'inutile sfoggio di erudizione basterà citare a questo proposito la medaglia di L. Giulio Cesare , nella quale Venere impugna lo sct^tlro e regge la biga degli amori . E veramente Venere fu una deità tutelare dei Memmii , e segnatamente di Cajo , uno di quelli che fece coniare il denaro , e ch'io coli Orsino reputo quel medesimo , cui Lu'- eresio indirizzò il suo poema ; onde cantò sul bel principio : Aeneadiim gcnus , hominiim divumque voluptas , Jlma P'enus Te sociam studeo scribundis vcrsibus esse, Quos ego de rerum natura pangere conor Mammiadae nostro^ cjuem tu^ Dea^ tempore in omni Omnibus ornatavi voltasti excellere rebus . E qui non sarà inutile l'avvertire che i due qua* drauti con tipo somigliantissimo , e coli' unica dif- ferenza ch'uno è slato coniato da Lucio, l'altro da Cajo Memmi , assicurano la spiegazione data dall' Avercampio alla leggenda del citato denaro Lucius. Cajiis. Mt.MiiE,s. Memmii , qualunque siano i dubbi, che ha preteso d'indurre 1' Eckhel . E a togliere poi ogni contesa che il memies era no- minativo plurale all' etrusca , bastava citare la sen- tenza dei conlini fra i genuati e i veturi ( Grute- 10 p. :iof[ ) pili antica iu età di queste medaglie. OsSERVAZlOJfl NUMISMATICHE 201 nella quale si ha q. m. minvceis. q. f. evfeis . . aoGNOVEKVNT, iuvece di Quintus Marcus Mhiucii Quinti Fila jRuJì ; sapendo ognuno che in progres- so Teis Sì convertì in es, onde invece di omneis si disse poi oinnes . Osservazione Vili. Restami ancora di ragionare sulla sillaba gal. che osservasi in ambedue le leggende citate qui sopra, L. MEMMI. GAL, e L. e. MEMIES. L. F. GAL. Tutti l'hanno creduto l'iniziale di un cognome , e rOrsino pel primo propose di leggervi ga.i.Ius : ma si trovò poi imbarazzato dopo eh ebbe creduto che il Cajo in una di esse mentovato fosse il pretore di Bitinia , perchè si accorse che Tullio in un' epi- stola a Ser. Sulpicio lo chiama Gemello, C. Mem- inius Gemellus cliens meus ; onde non seppe tro- vale altro espediente se non di supporre corrotto il testo ciceroniano. Più tardi TAvercampio voHe supplirvi GA.hbius , perchè l. memmivs. l. f. pa- LAT. galbìvs leggesi in un' iscrizione presso il Gru- tero p. jG. n. io, e a questa opinione mostrò di condiscendere TEckhel , benché poi nell' indice de' cognomi non registrasse che il mozzo Gal. Ma sa- rà manifesto che quello stranissimo Galhius deve gettarsi nella mondiglia , quando avrò latto avver- tire che quella lapide è un'impostura ligoriana, co- me ci fa sapere il Muratori p. 29. 5, la quale avrà avuto fortuna finché si è mascherata sotto l'onora- to nome del Panvinio più volte tradito da quel raariuolo, ma che mostrerà palese la iraude a chi sì proponga di studiarla diligentemente : tante sono le stranazze sparsevi per entro. Dovendosi adunque pensare a supplire nuovamente quella sillaba , io 202 Letteratura proporrò una mia opinione , per la quale quel oAti non sarebbe già il principio del cognome , ma del- la tribù. E primieramente noterò che questo fu lusi- tatissimo modo d'indicare la tribù Galeria ; e nel- la spiegazione delle abbreviature non si deve già correre precipitosamente a cercarne una nuova, quando si ha 1 antica che può quadrare eguahnen- te bene. E ciò che mi conferma in questa opinio- ne si è il vedere ripetuta quella sillaba due volte senza una lettera di più o di meno , e sempre sen- za che 1 angustia dell' area forzasse a quel compen- dio , specialmente nel denaro coniato da Cajo e Lu- cio , nel quale vi sarebbe spazio bastevole per met- tervi V'wAero Gali US . Per lo che mi persuado che Vincamente non vi si volesse incider! cosa tilcuna di più , giacché il scuso deirabbieviatura gal era si noto , che non si sarebbe^ stati più chiari , se si fosse scritto galeria . Una l'oi tissiiiìa ragione che convaliderebbe il mio avviso trovarebbesi nelTopi- nione dell' Orsino, seguita dall' Avercamj}lo , nò da me ripudiata , dal quale, come ho detto, iìngonsi che il Cajo di questo nummo l'osse il C. Memmio pretore di Bilinia ricordato da Cicerone , perchè se egli già aveva il cognome di Gemello, sarebbe esclu- so che un altro ne avesse avuto incominciante per GAL, onde converrebbe dare necessariamente a quel- le lettere un' altra interpretazione . Ma io non so- no così amico delle mie opinioni per non confes- sare, che mi sembra che o quel Memmio non fos- se molto satisfatto di quell appellativo per farne uso , o che per errore dei menanti un qualche ad- diettivo di cliens siasi nel testo ciceroniano con- vertito nel cognome Gemellus ^ essendovi ogni ap- parenza che la gente Mera mia , e particolarmente il pretore, mancasse di cognome. E veramente niu- Osservazioni numismatiche aoJ ilo dei Memmi , tante volte al tempo della repubbli- ca e di Augusto ricordati dagli scrittori e dai mo- numenti, trovasi mai chiamato se non pel solo no- me ; ne il cognome Gemellus , fuori di quelT uni- co caso di Cicerone, si trova mai più attribuito al pretore in trenta o quaranta volte almeno eh egli vien nominato dal medesimo , o da altri autori. Né se gli dà nemmeno nell' intestatura delle lettere che io stesso Tullio gli scrisse, e se gli tace eziandio ilei rovescio della Morelliana n.** s. , in cui, per oc- cupare con lettere tutto lo spazio, fuori dell'ordi- nario si scrisse per intero e. mkmmivs impirator; ove se si fosse piaciuto del cognome, può giurarsi che non sarebbe stato preterito , abbreviando il ti- tolo nel solito iMP . E ciò che fa più al nostro proposito si è , eh' essendo toccato a Lucrezio di nominarlo in dativo e in accusativo , nei quali ca- si il nome Memmius non si presta alla misura del verso, fu costretto ad usare Memmiadae e Memmia^ da^ quando più volentieri sarebbesi giovato, all'uso d'altri poeti, del congnome, s'egli l'avesse -avuto. Ma r achille della mia causa è riposto nella seguen* te lapide del museo vaticano , la quale dimostra le due cose eh' io m'era assunto a provare, cioè che Veramente i Memmi furono ascritti alla tribù Ca- loria , e che mencarono di cognome . Essa certa- tnente , per le cose che dice e per la forma dei caratteri, è dei tempi di Augusto, e spetta al figlio del console del -720 , nipote per conseguenza del pretore di Bitinia 2ìj4 Lette n atura L. MEMMIVS. e. r. GAL. Q. TK, PL. Pv. FRVMENTI. CVRATOR. EX. S. C PRAEFECTVS. LEG. XXVI. ET. VII LVCAK. AD. AGROS. DIVIDVKDOS PONTIFEX. ALBANVS MEMMIA . FILIA - TesTamEnTo . SVO . FIERI . IVSSlT Il supplemento pr. non è capriccioso , più tll due lettore non .unmcttendo la rottura del marmo , ed esigendo la carica di curatore del frumento , ch'egli cinque anni innanzi avesse esercitata la pretura ; imperocché scrive Dione all' anno 732, 1. 54 §• i ' Ju'^ushis iiissit Hi qiwiannis duumviri , qui ante qulncjucfuiium pvcviwdin ^cssisscnt , framciito di- stribuendo constituei entur . Ma quantunque questa mia opinione sia così yagliardeniente appoggiata dal marino riferito, e che fuso di notare la tribù cui si era ascritto fosse generalissimo presso i ro- in:ini , come ci mostrano le lapidi , prevedo tutta- volta che iucontrerà Y obbiezione , che nello me- .daglie di famiglia non se ne ha altro esempio . I*erò di qnant' altre cose non si ha nella medesi- ma serie che un esempio solo ? A buon conto t . MAKLivs . t , F . SERGIA vedesi in una medaglia di Spagna edita dal Florez t. 3. p. i44; ^ ^^' ^^" do r Lckhel per non aver ceduto alla tentazione di spiegare egualmente il ser del denaro di Aulo Manlio , è perchè qHclla sillaba trovasi staccata dal nome , essendo essa nel diritto , e Taltro nel ro- vescio, e perchè il sapere che un Manlio spagnno- lo eia censito nella tribià Sergia, non è buona ra- gione per conchiudere che lo fossero egualmente i Manlii romani. Del resto non poktebbe egli es- sere che si asserisse, che ninna tribù è mciìtovata Osservazioni kiìmìSììatìciie ^ój siil'.e merJaglie consolari , solo porche non ("osse mai caduto in mente ai numismatici di ricercar- vele? P»"r me certo credo di averne trovata un'al- tra: il che darà argomento alla seguente osservazio- ne . Intanto le cose che si sono dette sul cognome di cui mancarono i Memmii , gioveranno a togliere ogni dubbio, che il qvirinvs impresso sulla Mo~ reJJiana n. i. non sia già un appellativo del e . mem- Mi . e . F . console del 720, ma serva unicamen- te a denotare di chi è la testa ivi rappresentata . Il che ancora si prova dal vederlo omesso nelT altra medaglia n. 2 appartenente al medesimo sog- getto, e dai non essersi in quella stessa conserva- to I ordine circolare della scrittura , ma siasi con quella parola ricominciato da capo, quasi per mo- strare che una linea non ha che fare coIT altra ; senza poi dire che il e . memmi apparisce un geni- tivo, che non potrebbe accordarsi col nominativo QviRiavs Osservazione IX. Emendato T errore dei più antichi , che in molte medaglie della gente Maria, impresse sotto r impero di Augusto , avevano spiegala Y epigrafe e . MARivs . e . p . TRO . HI . viR , quasi che vi si facesse menzione di un prò - triunviro sostituito ad un triunviro o morto o lontano , il Vaillaat fu il primo a ravvisare un cognome in quel tro, che interpretò TKogus non per altra ragione , se non perchè quest' appellativo trovasi usato anche dalle genti Pompeìa , Quinzia , e Saufeja . Tutti i susse- guenti numismatici si appagarono di questa opinio- ne , perchè non vi fu alcuno, il quale osservasse, ehe queil' abbreviatura così fatta non poteva si- ao6 ju je t x e r a i t. ^i A gnificare un cognome . Scorrasi pure tutta la se- rie consolare di conio romano , e fra tanti com- pendii di cognomi che vi s'incontreranno , niun' al- tro se ne troverà , nel dimezzare il quale siasi la- sciata per ultima una vocale, terminandosi sempre la spezzatura con una consonante . L unico esem- pio in contrario si somministrerebbe dall' asse del- la Sempronia in cui vedesi atrMììius ; ma nelT os- servazione seguente mostrerò die fu mal letto . TROG adunque sarebbesi scritto , se quella do- vesse essere labbreviatura di Trogus ^ né può get- tarsene la colpa suir angustia del sito , perchè quella sillaba trovasi ripetuta in dieci diverse me- daglie, in alcune delle quali rimane spazio per cinque o sei lettere ; onde manifesto che appo- statameote non vi si volle scrivere di più . Per la qual cosa io riceverò quest' abbreviatura nel senso cognitissimo che aveva presso i romani , e siccome nelle lapidi tro molto spesso significa la tribià Tromentina , dirò che qui pure ha il mede- simo significato . E accoticiaraente poi Mario sarà privo di cognome , perchè io lo credo nato da quel Ca jo Mario figlio di Gajo , nipote di L. Gras- so 1 oratore, del quale parla Cicerone nello lette- re ed Attico 1. 12. ep. 47- I^ dirsi ch'era parente di Cesare dittatore mostra che discendeva da G. Mario sette volte console , ch'ebbe per moglie Giu- lia zia paterna di Cesare . Ora Plutarco nel prin- cipio della vita di Mario dice espressamente che la sua famiglia non ebbe cognome ; e difatti nei fasti capitolini non si vede nemmeno attribuito a suo figlio console nel 672 . OssEJivAziONi ìM:iI1S',iatìci:e 2o-i Il Patino diede luogo ueìla gente Senipronia ail un denaro coi Dioscuri , e coli' epigrafe in nes- so A-Tii , ed insieme ad un'asse colla leggenda atra, ch'era facile giudicare appartenenti ad un medesi- mo Atratino : nel che ebbe per imitatore il Morel- li . Trovò questo denaro il Vaillant nel museo del re di Francia, ed avendo meglio esaminato quel monogramma , vide che da esso sortivano la sillaba avtr , onde giustamente gli die sede partico- lare nella gente Autronia . Ma non essendosi accorto ch'era quel medesimo veduto dal Patino, ne fece un duplicato , avendolo lasciato eziandio nella Sempro- nia, dalla quale ultimamente l'ha levato via l'Eckhel. Ma in quella famiglia è rimasto poi Tasse, che coli* asserita leggenda non trovasi in alcun museo , e ch'è indubitato essere il corrispondente del denaro jdcir Autronia, forse non veduto cogli occhi pro- prj dal Patino , il quale , standosene alla relazione di qualche amico , trascurò di notare , che quelle lettere erano congiunte in nesso . Io posseggo quest' asse , eh' è sestantario come dice l'Avercampio , il quale mi mostra chiarissimo il monogramma avtr; per Io che questo pure dovrà torsi via dalla Sem- pronia per restituirlo all' Autronia . ( Saranno continuate ) Memorie istori co -critiche sulla origine , progressi , e decadenza del /"oro Trajano in Roma - articolo preliminare . JJ ra i monumenti pili rimarchevoli e grandiosi, di cui fu l'antica Roma abbellita, il jforo di Trajano 208 Letteratura detto ancora XJlpio occupava un posto distinto ; an- zi, secQndo la unitorme testimonianza degli scritto- ri che ne hanno parlato, si può con franchezza as- serire che presentava allo attonito sguardo una del- le più rare e inimitabili magnificenze che nel recin- to di quella vasta capitale in tanta copia si rac- chiu deano . Lo storico Animiano Marcellino ci dà a cono- scere che la torma di quel monumento, anche, per così dire , a giudizio de' numi, era meravigliosa; che i portici, le colonne, e tutti gli altri ornamenti di esso una straordinaria ammirazione recando, rav- visar lo i'aceano per un lavoro gigantesco incapace a potersi descrivere, impossibile a potersi ugualia- re (i) . „ 11 foro di Trajano ( scrive Cassiodoro ) „ benché soventi volte si vegga, sempre un porten- „ to rassembra (2) ,,. Collo stesso tenore ed entu- siasmo ne parlano il Bergier (Ò) , il Pitisco (4) il. JNardini (>) ed altri moderni antiquarii. „ Taccia- „ no ornai i fori finora descritti (esclama il Vlinuto- „ Io), e luogo diano e preferenza a quello di Trajano, ,, lo stupendo e magnifico di tutti gli altri. „ (G) Quantunque autori moltissimi , e valentissimi scrutatori delle romane antichità, chi più chi me- no abbian di questo foro trattato , nuUadimeno non. inutile cosa estimai in un sol punto di vista ed in un solo quadro raccogliere tutte quelle archeologi- (1) Amimcu}. Marcel. hisU. roin. Uà. 16 in Trajano . (2) Casscod. var. cp'ist. Uh 6 spisi. 7. (3) Ni:ol. Bargier di^ pub. mitit. ro/n. iinp viis Ub. h soci. 8 §7. (4) Samuel. PUisc lexicon anf. rum. art. Forum . (5) Fainiun. Nardini Rom, vdus Ub. 5. (6) ùlinut. dis, Rom, antiini. dis. 7 kct. 1. Foro T^ajano 200 che memorie, le quali sparsameiìte ne voluminosi scritti di quelli si leggono. Quindi a procedere con qualche metodo, e colla possibil chiarezza, dividerà la materia in separati capitoli . CAPITOLO I. Trajano salì sul trono de' cesari romani noli' anno p8 dell'era volgare (,). Nei primi sei o s.tto anni del suo governo, dalle grandi cure occupato di una dominazione sì vasta, attese a cancellare le tracce disonoranti dal dispotismo di Domiziano la- sciatale quali non avea potuto interamente distrug- gere nel troppo corto periodo del suo impero il vir- tuoso JVerva. Le arti liberali rianimò e le scienze prodigando le sue beneficenze verso i loro coltiva- tori • promulgò leggi dalla saviezza e dalla pruden- za^ dettate , e distrusse il formidabile Deccbalo ro de daci . Ultimata la guerra nelle irrequiete contrade dell' Alemagna , e la Dacia in provincia romana ridot- ta tornò in Roma il frutto a godere delle sue fa- tiche, del suo valore, e delle sue vittorie. Allora concepì la nobile idea della costruzione del suo/o- ro ed allora fu eziandio che il senato riconoscente voiJe in di ha onore quella colonna coclide inalza- re,che formò il centro dei foro medesimo,e la gi^an- tesca struttura della quale fu lo stupore de' contem- poranei e l'ammirazione de' posteri. Malgrado la iscrizione che nella base di quella colonna si legge (,), e dal contesto della quale chia- (0 SENATVS . POPVLVSQVE , R0IVIANV3 IMP . CAESARI . DIVI . NERVAE . F . NERTAE G.A.T.X//. ,4 2 IO L E T 1 E R A T W a. A. ramente risulla che il senato e il popolo romano fu autore della medesima, suppose Dione Cassio che lo stesso Trajano costruir la facesse per proprio se- polcro,ed anche per altro oggetto ambizioso. ,, Traja- ,, no ( narra Dione ) innalzò nel suo foro una im~ ,, mensa colonna , perchè di monumento servisse „ alle sue ceneri , ed alla posterità la magnificenza ,, indicasse di que' lavori , di cui il foro medesimo „ avca abbellito. ,, (;) Il PanciroUi (a), l'Opmee- ,, ro (3) , ed il Pitisco (4) da questo passo di Dio- ,, ne ingannati seguirono la stessa opinione. Sembra che il Marliani Terrore scoprisse del- lo storico di JNicea. Dopo aver egli riferita la in- dicata iscrizione , conclude , che Dione non fece bastante attenzione al contesto di essa (5) . 11 Ciac- conio fa simile osservazione : „ Dione Cassio greco ,, scrittore opinò che questa colonna fosse ordinata ,. dal medesimo Trajano , e che ne facesse eseguire „ il compimento prima di portarsi alla panica guer- „ ra ; ma questa assertiva non è coerente ali anti- ,, ca iscrizione che nella base di essa colonna si „ legge . La iscrizione apertamente dimostra esse- ,, re stata innalzata per decreto del senato e del TRAIAJSrO . AVG . GERM . DACICO . PONTIF MAXIMO . TRIB . FOT . XVII . IMP . VI . C03 . V.P . P AD . DECLARANDVM . QVA2JTAE . ALTITVDINIS MOXS . ET . liOCVS - TANTIS . 0F2R1BVS . SIT . EGBSTTS (i) Die. in Trajano (2) Pancirol.ule re^'. urb. i-eg. 8. (3) Tel. Opmeerus opus c/iron. (4) Pilisc loc. clt. art. colwnna (5) Marliani. Roin. iopog. lib. S. cap. \. Foro Tiìajano 2 1 i „ popolo romano (i) ,, Aticlie il Baronio (a) , l'Aringhi (3) , il JNardini (4) , il Borrichio (5) , il Minatolo (§) , ed altri escludono il parere di Dione e de' suoi seguaci. Le antiche rarità che quella colonna contiene sono tante e sì pregevoli , che la materia ed il tema somministrar potrebbono a molti volumi. ,, Nel mez- zo del foro( scrive il Fabricio ) vedesi una va- ghissima coclide colonna di solida pietra , senza calce e senza cementi fabbricata; sicché non dall' arte , ma dalla natura fatta rasserabra . La sua altezza , secondo il Marliani , è di cento ventot- to piedi , e secondo Eutropio, seguito dal Plati- na , di cento quaranta . Il primo peraltro misurò la sola colonna senza base , e la misura del se- condo abbracciò Tuna e l'altra . Tutta di marmo parlo incrostata, porta scolpita le geste di Traja- no e la guerra dacìca specialmente . Vi si osser- vano la qualità delle fortificazioni , i baloardi , e le varie occupazioni de' soldati che preparano la legna , che piantano gli accampamenti , che scavano le fosse , che portano i trofei , che mar- ciano in trionfo . Si veggono ancora le forme de- gli usberghi, degli elmi , degli scudi, delle cin- ture, delle trombe, delle spade, delle faretre, e di altre armi antiche (y) ,, . (i) Cictccon. histor. utriusq. belli ducici^ n. 6 e io. (2) Annoi, eccl. ad un, 106. (3) Rom. suhier. Uh. 2. cap. 1. (4) Loc. cif. (5) Anticj. urb. Rom. facies reg. 8- (6) Loc. cit. (7) Fdiric, descript, t{rò, Rom, cap. 7. ir 212 Letteratura Il Mlnutolo ebbe la pazienza di numerare le sìngole ligure che vi sono rilevato . ,, Si voggono „ nella colonna ( egli elice) undici mila cinqneconLo ,, figure d'uomini, parte intere, parie dimezzale ^ ,, oltre i cavalli , le armi , ed altre insegne milita- ,, ri . A giudizio de' periti nelT arte la scultura è ,, opera di un solo artefice, e di un solo scalpello. ,, Presenta allo sguardo le immagini degli an- ,, ticlii sagrificii , delle battaglie , de' trofei , e (|i ,, mille altre simili cose • (i) Il Pancirolli opinò che quelle undici mila e cinquecento figure , le quali sembrano apparente- monte della istessa grandezza , vadano da cima a ibndo così decrescendo, die le superiori sono più grandi delle inferiori , e più basse (2) . Furono del medesimo avviso il Ciacconio (Ó) , il Piti- sco (4) y ed altri ; ma T autore delle annotazioni all' accennata opera di esso Ciacconio, vi contra- dice . „ Non si verifica ( dice quello ) ciò che „ scrive il Ciacconio al numero due ^ che le figu- ,, re della colonna quanto più innalzano , tanto ,, più divengono grandi , in modo che quelle che „ si avvicinano al capitello rispondino alf altre ,, di sotto in .^doppia proporzione . Sono le figure ,, alte tre palmi, alcune più, alcune meno, n«ì ,, serbano le regole del quadrante , anzi hanno la „ stessa misura nel mezzo, nelle parti superiori, ,, e nelle inferiori . Quelle che sono in cima sotto ,, il capitello avanzano le altre di tre o quattro „ oncie di altezza ,, (5) . (1) Minulol. toc. eli. (2) Loc. et. (3) Loc. cif. (4) Loe. cit. (5) Loc. cil. nelle note Fono Traiano 2i3 Il Baronio, seguito dall' Aringhi (i), ci av- *\'erte che la colonna cominciò a lavorarsi nelT tinno settimo dell' impero di Trajano , che cor- risponde all'anno loG della era volgare, e pone il di lei compimento dopo un settennio , ossia ali anno 1 12, in cui Trajano per la sesta volta fu console-, Che ,, la colonna coclide (scrive il Baronio) in mezzo „ al foro di Trajano collocata , si cominciasse a ,, lavorare in questo anno (106), e si ultimasse ,, dopo un settennio , colla scoria di unliciic ,, medaglie è dimostrato, le quali fan menzione ,, del consolato vi di Trajano, e portano impres- „ sa la detta colonna, avente nella cima la di lui ^, statua , che prima di quel tempo non si vede i,, altrove effigiata. Lavoro stupendo, e non mai ,, veduto , che la divina previdenza volle lino a ,, giorni nostri serhare illesa , benché gli egregii ^, ornamenti dell' antica Roma o da tremoti o I,, da barbai iche mani siano stati distiutti , aìsbat- -,, tuti, conquassati,, (2). 11 Pagi afferma che il compimento , e la ele- Tazione di quella colonna all' aimo i lO debba col- locarsi (3) . Bipete la stessa tesi più volte senza addurne la ragione (4) ; anzi infine confessa con ischiettezza esserne all'atto ignorante (5). Il preci- tato Giacconio , sulla scolta de l'asti panviniani. (1) hoc. Cil. (2) Baroli, loc. cil, (o) Cri tic. ad JBaron. ad an. 106. n. 2. (4) Loc. cit. ad an. 114. ii- 1. (5) Ibid. 72. 2. „ Sed columna, cfuae haec solcmnia quoda/Hr modo et forum exornavil, anno tantum ìì^cj uQnt i iiZ , propilcr caii- sas nobis i^notas, pusita „, :ì I 4 L E T l' E JV A T fcj R A lissa sì fatto avvenimento islorico all'anno ii5 (i)^ e il Tilleniont all' anno ii4i o negli ultimi due mesi dcir anno i i3 (':!) . Malgrado una tal diver- sità di opinioni, dovendosi presumere die il com- pimento della predelta colonna esser dovette al compimento del foro contemporaneo , e dal Mu- ratori (ò) , dair egregio presidente delle romane aniichiln (4), e da altri valenti archeologi, po- nendosi questo air anno 112 o nel seguente , os- sia nella tribunicia podestà xvi e xvii di Traja- 1)0, alla epoca istessa sembra il medesimo potersi collocare . Trajano volle scegliere la località del suo foro non molto lungi da quello di.Nerva, e perchè si potesse ancora pili facilmente dall' uno a quelli pas- sare di Giulio Cesare e di Ottavio Augusto , l?i ijssò (ra lo radici dei colli Quirinale e Gapitulino . E sebbene le loro falde uno spazio sufdcenle non presentassero al lavoro, nondimeno li genio e l'abi- lità dell' architetto Apollodoro non restarono sgo-f mentati . Furono distratte le prominenze delia par- ie inferiore di que' due colli , donde un piano così esteso se ne ritrasse, che l'altezza della colonna coclide raguagiiava (5). ,, Il locale di questo fo-' ,, ro (narra il Minulolo) ò determinato da quel-' ,, la enorme colonna coclide, detta volgarmente ,, di Tiajatìo , che vedesi anche oggi fra le radici ,, dei colli Capitolino e Quirinale , e che ne ren- ,, de una testimonianza maggiore disegni eccezio- (1) Loc. cit. (2) Hist. des iinp. tom. 2. pag. 198. (?) Muratori , vnncdi, aW ctn. 112. {!*) Fku ,comnon. crit-antiq. hit. 4- p^S- 4o- - <^^) Dion. loc. cil. Foro Trajatco 2i5 ne; conciossiachè insegnando le regole architet- toniche che detta colonna dovca essere in me?^ zo al foro , è necessario che il locale di questo intorno alla medesima sia collocato . Sul princi- pio del lavoro le scoscese prominenze dell' uno e l'altro colle lasciavano al foro uno vSpazio ri- stretto , ma qui rifulse la magnificenza di Traja- no . Appianata una parte dalle falde del Quiri- nale , ne risultò un largo piano , per opera deli' insigne architetto Apollodoro , malgrado le dif- ficoltà della natura opposte „ (i). Negli ornamenti di questo foro nulla fu omes- so di magnifico e di bello , e il valoroso artista vi esaurì, per così dire, tutte le risorse dell' arte. Vedeasi circondato da maestoso portico di colon- ne d'ordine corintio , e di sorprendente grandezza, ricoperto da un tetto di metallo , giusta le osser- vazioni dei Giacconio (2) , e del Marliani (3) ; anzi il Fabricio , parlando di questo monumento, asserisce che per l'altezza delle colonne, non eravi in Roma altro edificio che potesse pareggiarlo. (4) Vedeansi poi sul portico medesimo quinci e quindi simulacri dorati di cavalli e di militari figure , secondo la testimonianza di Gelilo (5) . Oltre il portico , una basilica formava del foro altro rispettabile ornamento, conforme siamo istruiti da Vittore (6). Ne' primi secoli di Roma (1) MinuloL loc. eli. (2) Loc. cit. art. ia. (3) Loc. cit. lib. 1. cap. 5. (4) Loc. cit. cap. \Z. (6) Noct. alt. lib. i3. cap, xZ (6) Fictor,il<; /-eo-, JJrh.Ra^. 8. 2 I 6 L E T T E U A 1' U R A Je basiliche erano cleslinale a comodo de' negozian- ti, che he' portici delle medesime si riunivano (i). Col progresso del tempo ad usi piiì nobili llirono prescelte . Prima di quella del foro Trajano , la basilica Giulia^ e ì'allra di Paulo Emilio fissava- no Tatleuzione de' romani. Ottavio Augusto fu au- tore della prima , che conseciò alla memoria di Giulio Cesare suo podre adottivo. Quella di Pao- lo Emilio , adorna di frigie colonne , presentava Tina straordinaria bellezza. „ Paolo Emilio ( scrive ,, Cicerone ) in mezzo al foro lia già quasi fab- ,, bricata una basilica colle islesse antiche colon- ,, ne. Quella poi che esiste, e di cui anch egli è ,, autore , si va riducendo ad una straordinaria ,, magnificenza. Che cOéa mai cerchi , o Attico ? ,, JVon vi ha monumento pii^j seducente e glorioso ,, di quello editicio ,, (2). Con questi supeibi esemplari Apollodofo non solo potè ad essi eguale la basilica di Trajano co- struire, ma superarli eziandio . Fu tale infatti il gusto e la magnificenza da esso in quel lavoro im- piegato , che i cesari successori del figlio di Ner- va , abbandonate, per Così dire, le altre basili- che, in questa ultima esercitavano le funzioni più solenni della imperiai maestà , come vedremo ia appresso. Abbellivano ancora il foro di Trajano un tem- pio , ed una scelta biblioteca di autori greci e latini , che il Pancirolli colloca nel tempio me- desimo (3), per cui il Eorrichio sospetta che que- (1) PUisco toc. eli. art. Basìlica. (2) Cicer. ad Alile. Uh. i.ùi..<;pist. 16. (3) hoc. cll.Rcg. j4. F'oRo Trajano ^in sto fosse ad Apollo dedicato (i) - Si tornerà a parlare del tenij)io quanto prima. Fanno menzione della biblioteca i testé lodati Pancirolli (2) , e Bor- ricbio (ò) , il Marliani (4), Lucio Fauno (5) , Vo- pisco (f>) , ed Aulo Gelilo (j) . lì Donato, sull'autorità di Dione ù dì Sido* uro Apollinare , non una , ma due suppone che lossero le biblioteche esistenti nel foro di Trajano, Egli ragiona così:,, Dione scrìve-, f'ce Trajano del" „ la biblioteche : dunque furono pii^i : e che Ibsse- ,, ro due nel suo foro , lo attesta Sidonio ApoUi- ,, nare ^ che meritò nel mezzo di esse una statua dì ,, metallo dorato ,, . Quindi per conciliare il suo col sentimento de'succennatì autori, soggiunge nel modo seguente: „ ma poiché questo autore (Vopi- n, sco ) fia sempre menzione di una sola biblìote- ,, ca , e noi asserimmo pocanzi essere due , dir ,, si potrebbe che una fosse riguardo al locale , „ e due per la doppia classe degli autori greci e ,, latini ., (8) . Questa distinzione , che sieguono il Borrichio (9) , e il Sirmondo (io) , sembra giusta e plausibile , poiché il preindicato Sidonio fa es- pressamente conoscere che la sua statua fu coUo- (1) Boi-ric. loc. eli. cap. 10. (2) Toc. e il- io') Loc. cit. (4) Loc. cil. (5) Anticj. tirò. Rom.ii.iQ, . (6) Vopisc. in Aureliano. (7) Loc. cit. Uh. 1 1 . cap. 1 7. (8) Donai, de Vrb<^ Roma. (9) Loc. cit. (io) Sirinond. annot. ad episi. i6.lib-'S- Sidon. ApoUin. éì8 LEl:iERAatRA cata fra gli autori dell'una e Tallra biblioteca, (i) Prima della costruzione di questa biblioteca, quelle di LucuUo , di Asinio PoUione, e la ca- pitolina erano ia Roma celebratissime . Quella di LucuUo fissò l'attenzione di Plutarco che ne par- la coslr „ Fece ( LucuUo ) una collezione di moltis- „ simi e bellissimi libri , e ad ogni studioso era „ sempre aperta la sua biblioteca , non che le „ scuole e le passeggiate da cui era circondata . „ Ivi i greci letterati a loro beli* agio , come in „ amenissimo albergo delle muse, solcano adunarsi, „ e ragionando, leggendo, e disputando, le ore del „ giorno trascorreano giocondamente „ (2). La bi- blioteca capitolina , di cui Augusto fu l'autore, era annessa ad un tempio di Apollo (ó). Quella di Asinio Poliione con ambedue garreggiava per la scella delle opere, e per gli abbellimenli , fra'qua- ìl vcdeansi le statue de' più famosi letterati (4) ; ma la biblioteca di Trajano queste, noumeno che le altre precedenti biblioteche romane avendo su- perato, divenne quindi la più frequentata. In essa, fra gli altri monumenti , gli editti, degli antichi pre- tori, i senatus-consulti, i fatti de' principi regnan- ti serbavansi , secondo la testimonianza di Gelilo, e Vopisco , disopra riferiti. (5) (1) Sidon. j3polUn. loco ii. Cura meis poni statuam perennem Nci-va Trajanus titulis viilcret lutei aactores utriusq^ue fixa Bibliothecae. (2) Fiutare, in Lu:ullo. (3) Siicton. in Augusto. (4) FUniusUb. 7. cap, Zo-, e, lib, 35. cup. 2, (6) Loco, eia. Foro Trajano ' tir) Oitre il portico ^ la basilica, il tempio , e la (biblioteca , altre infinite bellezze collocò nel suo foro Traiano. Ci avverte Pausania che fissavano spe- cialmente l'attenzione degli spettatori due statue sin- golari, una ad Augusto, l'altra a Nicomede re di Bitinia dedicate.,, Trajano altresì ( dice Pausania ) „ abbellì Roma di moltissimi edificii . Nella serie „ delle insigni rarità del suo foro , ammiransì due „ statue , una di ambra rappresentante Cesare Au- „ gUsto, l'altra di avorio dedicata a JN'icomedej re „ de' bitinj. „ (i) Le sue legioni più valorose, le qua- li si erano nella guerra dacica maggiormente di- stinte , i suoi piìj prodi generali , i suoi più fi- di amici e ministri , negli abbellimenti del foro medesimo non furono obbliati. Si sa infatti che in- nalzò trofei alla legione ^ventesima Valeria vinci- trice , alla decima quinta Apollinare , ad altre an- cora probabilmente (2) , e decorò di statue Lucio Sceva , Cornelio Palma , Cajo Sosio , e Publio Celso. Lucio Sceva fu uno de'pìù ricchi e potenti ro- mani, che fiorirono sotto l'impero- di Trajano. Co- me grande uomo di stato e bravo militare l'impe- ratore si facea sempre da esso seguire , e nella pri- ma guerra dacica lo incaricò dì trattare la pace , che richiese Decebalo . Trajano ne facea stima sì grande che, mentre era tuttora fra' viventi , fabbri- cò in di lui onore delie terme (3) , quindi a spese pubbliche gli fece innalzare un monumento sepol- crale , e lo decorò di una statua (4). Il Grutero (i) Fausan, Eliaci, seuLib. 5. (2) Feci notiz. degli scavi mWanfit, Fkmo . e nel for.Traj. art. 16. (3) Eutropio toc. cit, (4) Dio in Trajano. 220- Letteratura KÌporta. una monca iscrizione , e crede che possa al detto Scava àpparteiuere (i)* Il Fabretli è del me- desimo avviso (a) . > .-..:.'! • ■ ,. : Cajo Sosio Senecione fu consiole tiell anno 99,' e per la seconda volta nelF anno 107 dell'era volr gare. Plutarco, che lo avea in somma considerazio- ne , gli diresse alcune delle sue opere , e Traiano, se ne serviva in atfari importanti. Aulo Cornelio J^alma lu console con Sosio Se- necione nel di lui primo consolato. , ed anche altre volte esercitò questa carica luminosa . Secondo la cronologia del lodato Tillemont, nelTanno io5 , es- sendo governatore della Siria , sottoinise alla do- minazione romana TArabia Petréa (3) . Lucio Publio Celso finalmente iu più volte egualmente de fasci consolari decorato. Lo attacca- ci) Gruler. pclg- 4/'^ "• ^■ ■.....'...■ ,r,. .% - . .'i'. -a.'' «iMP - CAB5AR if.i,fr: - 'i{j<;.I)AClCVS . GENTEM . DACORVM . ET . REGtlVI . BECEBALVUÌ '•''fT i U, .SELLO . SVi'ERAVlT . SVB. EODFIM . DVCE . LEO . PROPR . AB 1 .EODEM . DOJCATO . HASTJS . rVUla .XIll . VEXILLIS. Vili >£ • COROA'IS. IMVRALIEVS . 11 - A"ALLARIBVS\ 11 . CLASsICIS . II "> .AVRATIS . U'.LEG.PRO . PR . PHOVINCXAE . BELGICAE.LBG.LEGìÌ .MINERVIAE . CjANBIDATO . CAESARÌS . IK * PRAETVRA .ET . IN . TRIBVNATV . PLEB . QTAESTORl . PROVIKCIAE •ACHAIAE . lìti. VIRO . VJARVJVI .'CTRANDARTM HVIC . SENATVS . ATCTORE . IfllP. TRAIANO . AVG GERMAXICO . DACICO . TRIVMI'HAUA. ORNAMENT DECREVIT . STATVAIVIQ . PECVSIA . PVBLIG . POJS'E^f . CE>'SVIT {2) De colwnna Trcij, cap. 8. (3) Tilkmonl loc. cit. Dio loc, cit. FoHo Tkajano aai mento, la fedeltà, e lo zelo di questi tre ultimi ver- t:o il trono od il monarca era così interessante e spocchlato, che anche ad essi la riconoscenza di Traja- no lece innalzare delle statue (i): e benché non sia noto espressamente ove queste e quella di Sceva fossero collocate , è tuttavia molto probabile che tu Iti gli abbellimenti del di lui foro accrescessero-. ()iial luogo infatti più vivamente solleticar potea lamor proprio di quel monarca ? E qual compia- cenza non dovea egli provare, contemplando le sta- taci de' suoi umici più caii , de' suoi generali più va- lorosi presso que' trofei, che ricordavano le sue ge- ste gloriose , all' esito favorevole delle quali avea- no ancor quelli contribuito ? Dopo la guerra dacica l'entusiasmo del senato e del popolo romano verso quel principe grande ed adorato non si limitò alla sola coclide colonna . Altri monumenti ancora, e delle statue segnatamente, vol- le dedicargli nel di lui foro . Da varie iscrizioni trovate negli scavi in quello eseguiti nell'anno i8i3, si può congetturare , a giudizio del lodato sig. avv. Fea , che delle statue di meirmo di grandezza mag- giore del naturale avea ivi il senato a Trajano in- nalzate (2) . . (i) Beo. loc. clt. „ Sosio quoc^ue et Palm^e ed Celso statuas j, posuit ( Trajauus ) „ , (2) Fej^ notizie degli scavi v. art. 3; ove asseris-" '^«^ere state trovale quattro iscrizioTÙ simili alla seguente : S . POPVLVSQ . ROM IMP . CAE3ARI - DIVI NERVAE . F . WERVAE TRAIANO . AVGYSTO 2,2 LETTKRATUnA Un superbo cavallo , avente sul dorso la statua di questo Cesare, vedeasi ancora in mezzo al suo foro. Oltre l'autoritk di Ammiano Marcellino , che riferiremo in appresso , Publio Vittore (i) , il Mi- nutolo (2) , il Giacconio (3) , il Donato (4) , Lucio- Fauno (5) , ed altri parlano di questo rispettabile monumento . Nasce peraltro qualche dubbiezza cir- ca il tempo, in cui venne in esso foro collocato Il Muselli (6) riporta una medaglia di Trajano col- la epigrafe seguente:- imp . caes . nervae . Traiano AVO GER . DAc. P . M . PK . P . cos . V . P P. e nel ro-. vescio vedesi quello a cavallo in atto di ferire uno schiavo coir altra epigrafe-s . p.Q . R • optimo . principi • In altra medaglia consimile , e colla istessa iscrizio- ne, variante nel consolato solamente, dicendosi ces. VI, mirasi Trajano sedente su di un cavallo in abito di pacificatore , e colla iscrizione s. p. Q. R. OPTIMO PRINCIPI. Se gli Storici avessero descritto 1 atteggia- mento di quel monarca sul cavallo predetto , runa o r altra di queste medaglie avrebbe potu- to per avventura farci conoscere la età del di lui innalzamento; sembra nondimeno potersi eoa- GERMANICO . DACICO PONT . OTAX . TRIBVNICIA POTEST . XVI . IMP . VI . COS . VI , P • ^' OPTIME . DE . REPVBLICA MERITO . DOMI • FORISQVE (t) Apud Donat. toc cit. (2) Loc cit. (3) Loc. cit. (4) hoc. cit. (fc) hoc. cit. (6) Loc. cit. Foro Tkaj/ìko aaS getturare che Trajano nel mezzo del suo foro se- desse su di esso cavallo in abito tranquillo e pacifico , e che la seconda medaglia sia a siffat- to avvenimento relativa ; e siccome vi si enun- cia il VI consolato, che air anno ii2 corrispon- de , epoca , come si è detto di sopra , del com- pimento del loro , così la dedica del cavallo in questione sarebbe nella ipotesi a quella della co- lonna coclide contemporanea. " JNon solo Roma e il senato, ma tutti i po- poli dal genio magnanimo del tìglio di Nerva be- nedicati laceano a gara d' innalzare nel di lui fo- ro, e in di lui onore monumenti e trofei. Gli abisonti , popolazione alpina , essendo stata ad es- si concessa la immunità, dedicarongli in esso fo- ro una statua, conforme rilevasi da un marmo trovato nelle ruine del medesimo , e conservato dal curiosissimo Marquardio Gudio ( i ) • Altro marmo da questo istesso antiquario riferito, co- me trovato nelle istesse ruine, ci fa conoscere che alcune popolazioni della Gallia togata aveano pure innalzato a Trajano nel di lui foro de' mo- numenti (i). (i) Anticj. inscript a Marguardo Gudio colkctae , a Io ; ho- olio Uigestae , a Francisco Hejselio editcìe Leovardiae l'jZi. pug.%% IMP. CAES. KERVAE. TRAIANO. AVG GERMANICO. DACICO. PARTICO PONTIF . MAXIMO. TRIB. POT. COS. V. P. P. OPTIMO. PRINCIPI. INVIC ABISONTAENEIS. IMM PERP. D. D. (l) Gud. lùC. cif- pag-, 88. tmP. CAES. -VERVAE aa^ Letteratura Ma se questo foro brillava dì tante memorie onoi'evoli e gloriose a Trajano , non ne mancavano di quelle ivi pur collocate ad immortalare le doti cospicue della virtuosa Platina ; e se a prova di que- sto punto non si presentasse reliquia alcuna della veneranda antichità , il solo riflesso eh ella era l'im- peradrice regnante, basterebbe ad indurne una con- vincente presunzione . Ne siamo peraltro assicurati da altro marmo, raccolto dal suUodato Gudio e tro- Tato nelle mine del foro medesimo (:ì). Suppongono il Ciacconio (3), l'autore òìRonia antica e moc/erna^e qualche altro scrittore, cheTrajano non eb- be la sorte e la soddisfazione di vedere la elevazione della colonna coclide , nò il compimento del foro; perchè, secondo il giudizio di quelli, morì egli men- tre dopo la impresa de' persi facea nella capitale TRAt.VNO. DACICO. GER MANICO. PARTICO PONT IVIAX. TRIB. POT. XVIII IMP. VII. COS. VI P. P. OPTIMO. PRINCIPE RAVENNATI. CAERE VIANI. CAESENATI CVR. VIAR. TRAIAN. E FliAMM D. D. (2) Giul. loc. cil. 88. PLOTINAE . AVG IMP . CAES . NAERVAE TRAIANI . CER . DAG PARTHICI . OPTIMI PRINCIP . VXORI MVNIC . AEQVlCOLAN» F . F . D . D . Co) Loc. cit. Foro TRAJA^'o aaS ritorno . Ma ciò si oppone al contesto de' fatti, ed all'autorità di Dione Cassio, il quale assicura che quel principe marciò contro i parti e gli armeni , dopo ultimate la colonna , e seguita la dedica del foro (i). E qui sembra doversi osservare clie , giu- sta i conti del Tillemont (2) , Trajano due vol- te andò neir Asia a combattere i parti e gli arme- ni. La prima spedizione seguì nell'anno 106 sus- seguente al ritorno della Germania, ma era già tor- nato, e trovavasi nella capitale nell anno iio, facen- do osservare il card. Noris che mentre Plinio in qualità di proconsole si trattenne in Bitinia , quegli fu sempre in Koma (3). Risulta poi dal contesto delle istesse lettere di Plinio, che il di lui ingresso in quella provincia al predetto auno i io debba col- locarsi, giusta il divisamento del Pagi (4). luverisimile è inoltre, al dire delT Echard (5), che , ammessa la gita di Trajano in oriente nelT anno loG , si rimanesse fino alla morte in quelle remote contrade , senza curarsi di vedere il com- pimento del suo foro, e di quella colonna coclide; il complesso de quali monumenti dovea presentare alla sua capitale ed alla posterità uno de' più gran- di sforzi dell' arte e del genio romano . Egli adun- que non tornò in oriente che sul finire dellanno 1 12, (i) Dio. loc. ctV. „ Bibliothecas extruxit ( Trajanus) ae in foro suo columnatn ma"ximain coUocavit . . . Post hacc Ijellitm hita- lit armenìs partisque „ • (2) Tillemont loc, cit. (3) Noris apud Baron.in noi. ad an io3 11. 10- (4) Loc. cit. ad an. \ol^. n. 6. (5) Echard star. ro?n. Uh. 5 cap'. 1 art. 42. G.A.T.X.II. i5 3TiG L E T T K n .. . . o sul principio delT anno seguente , dopo eseguita la dedica del loro. Trascorse vittorioso ttilta l'Asia , e soggiogò tante nazioni differenti , il nome delle quali era qua- si ai romani sconosciuto. 11 senato, slupeCatto dal- ia (grandezza de' nuovi militari avvenimenti , ordinò nuovi sacrilicii e nuovi onori al glorioso monarca, Ira quali si v,onta un arco trionlale nel loro di lui collocato; e ai tanti titoli, di cui era slato di già decorato, aggiunse quello di Ottimo e di Parfico (i). J^ questione Ira gli eruditi intorno al tempo preciso in cui tu dato a Trajano l'indicato titolo di „,,„„. . chiare no. ^^^f^ ^^ li^^^^- .,,0 tUolo onorato ''"P". '-, '"^'J"'^ffevma Io stc- ■■■'%lf ' frrF;Ì,^crosrc.r;sse,.ne a„eh>,U '° ^^ ' n N„ ladiraeno vi sono de monumenl. ""^ rW.rM:,:Ui^'lU 'pregevole s„a racco.- -^*-''tdr:^:^ti'f:orat^aiT:a:: nnrta il numero eli nove coi P 1 fUnln di OPTIMO PRINCIPI, 6 nella tcf- :rd:,i:"Ua:!ii' si fa «.en^ione ael Danub,o , . „ o e p o. R. oPTiiWO . PRl^clPl leggendosi COS. V. P. p- s. p- <^- *^- OO DANVVIVS Nella tav. 62 ne riporta altre ^.m consiaidi , tii t« ù \\cos V- e lo stesso consolato vedesi in al- aventi il cos. f , «- ^ Altre tre ventotto descritte nelle tav. Go, 04, 0^. (1) Tiion. loc. cit. (2) Loc. eli. (3) Zonctra anmd. in Trajano. (4) FabrcjU loc. C't. cap. 9. Foro Trajano 227 dieci ne trovo nella tav. 61 , e nella quinta e se- sta di queste si accenna ancora la Dacia conqui- stata : IMP. TRAIANO AVG GER DAC P. P. TR. P. COS V P. P. SPQR OPTIMO PRINCIPI DAC CAP Questa , e l'altra medaglia colla epìgrafe danvvivs, è anche dall'Agostini allegata, (i) Giusta ravviso del citato Fabretti , V ultimo anno della guerra dacica si fissa al v consola- to di Trajano (2) : dunque la predelta medaglia col DAC . GAP , e col DANVVIVS pare che a questa epo- ca debba riferirsi, e alla epoca medesima il titolo di ottimo principe. Il Vaillant riporla una meda- glia di grande modulo, che accenna avere osser- vata in museo Albano nunc Praticano. Finalmente nel marmo del Gudio concer- nente i popoli Abisonti, riferito di sopra nelle no- te , si dà il prefato titolo a Trajano, e vi si enun- cia il V consolato. Lo stesso si osserva in altra iscrizione del medesimo antiquario, che qui si al- lega (3). (1) postini, incdaoL dUd. 2. e 3, (2) Fabretti toc. cit. (3) Gud. toc. cit. pag. 7 1 . 4- 5- „ IMP . CAESAR DITI . NERVAE . F NERTA . TRAIAN OPTIMVS . AVG GERM . DACICVS PONTIFEX. . MAXIM TRIB . POT . XVIII IMP . VIII . COS . Y P . P FACIBNDAIVI . CVHAVIT i5' li 2 8 L E T T fi R A T U H A Ora o questi m;iriìii , ìv riiitjnantasci mof]a- glie del Miiselli, e quella d'jl Vaiilanl sono in(5nLi- menli tutti apocrifi , o bisogna confcssaro elio il titolo di ottimo principe (u auginnto agli altri tito- li di Trajano nel V consolato, e debliellata la Da- cia ; e non già dopo il consolato \I, e la con- quista dell' Armenia , come suppongono Dione, Zo- ];ara, e Fabretti. Dopo le grandi conquiste l'atto neli' Asia, fa- cendo in Roma ritorno, nella seconda spedizione Trajano cadde infermo , e dovette soccombere al- la violenza del male in Seleucia città della Gili- cia , secondo Eutropio (i); o come narra Dione, in Salinonta, cluamata quindi Trajanopoli (2). Il suo corpo essendo stato bruciato, ne liirono le ce- neri in urna di oro raccliiuse , per essere traspor- tate nella capitale dell' impero . Quando precorse lannunzio die si svvicinavano le spoglie dell' otti- mo principe e del padre della patria , il senato e l'esercito, usciti fuori della città, le accolsero con uno apparato tenero ed imponente , e come se fosse giunto in persona lo stesso Trajano. Giun- to il lugubre e dignitoso trionfo nel di lui l'oro, le ceui^^ri iurono collocate sotto la coclide colon- na , e malgrado la legge proibitiva di seppellire nel recinto della città, il pubblico entusiasmo preval- se in tal circostanza alla legge , e Trajano fu il primo imperadore cbe avesse in Roma la tomba. Suppone il Minutolo cbe le ceneri di Trajano non sotto la colonna, ma sulla sommità della me- desima, fossero situate:,, iVella sommità delia colon- (1) Eulrop. in Trajano Uh. 10. (2) Dio. , loc. cit. Foro Trajano 229 ,, na era la statua colossale di Trajano , avente ,, un'asta , ed un aureo globo, uel quale Adriano ^, collocò le di lui ceneri,, (i) . Pietro Sante iìar- toli (li) , il lodato autore di Roma antica e 1110- derua (3), il Pitisco (4), il Ciacconio (5) ed al- tri sono dello stesso sentimento. Al contrario Jiu- tropio racconta che l'urono sotto la colonna sepol- te.,, Trajano addunqne (scrive i^ntropio ) dopo e.?- ,, sorsi procacciata una gloria imaiensa in pace e ,, in guerra, ritornando dalla P(!rsia , morì presso „ Seleucia ... Fu ascritto Ira 1 numi. Le ceneri del „ suo corpo , che fu brugiato, in aurea urna rac- ., ciiiuse, furono trasportate in Roma, e sepoìt;; ,, sotto la colonna , sulla cui dina fu la statua ,, di quel Cesare collocata ,, (ti) . Sesto Aurelio Vittore (y) , Cassiodoro (8) , Giordano (9) , Pro- spero d Aquitania (io), Tauture della storia miscel- la(j i), Ermanno (12), Nauclero(i3), l'Opmeero (i4) ed altri si uniformano al sentimento di Eutropio: (1) Minuloì. hoc cif. disc. 7. {■>) Vct. st'puL. ci mausol. Roin. ]>(t^- 60. (3) Loc. eli. (4) Loc. cif. ari. coìumna. j(5) Ciaccnn. loc. cit. (G) Eutrop. loc. cit. (7) Sex. Aural. f^ict. epit. in Trajano. (i5) In c/irnn. (9) De rejnor.succcs- lib, 1. (io) In chron- (li) Lib. 10. (12) In chronog. (to) In chron. (i4) Loo. eit. 23o Letteratura e sebbene l'autorità del Minatolo, del Ciacconio , e degli altri seguaci della prima opinione sia ri- spettabile, tuttavia, giusta le regole della critica, sembra che quella di li^utropio , di Gassidoro e de- gli alili debba senza meno prevalere, sì pel nume- ro , che per Fanterioiità del tempo, in cui la mag- gior parte di essi trasmise ai posteri un tale av- venimento. ( Sarà coiitiìiuato ) Sante Viola // Cadmo ^ poema di Pietro Bagnoli ec. Articolo se- condo ( Z-^. voi. XXXI f^. p-9']-) V^uesta è una succinta iiloa della mjcchina colla quale 1 autore ha architettato il suo |)0( ma. 1 limiti ristretti di un estratto non permettono di rilevare lutti gli episodii , di cui lo ha arricchito, e che vi sono introdotti con ottimo giudizio, ser- vendo assai bene allo sviluppo delle varie indoli de' varii soggetti che compongono il poema. Gea- tilissimo , per citarne fra tanti uno solo , è quello dì Clìmene, che va in traccia di Filaco, e che in tutto il poema ritorna ad essere intrecciato nell' argomen- to, ma particolarmente trionla nel sesto canto in cui l'autore ha adunato moltissime bellezze , ed in cui secondo Tesposizione dei diversi l'atti ha spiegato felicissiuia eleganza , dolcezza , e talora robustez- za di stile . L'autore; parla da se stesso dell'anacronismo di aver latto precedere Aniione a Cadmo di tre generazioni: ma chi non vorrebbe donarglielo, quan- do l'argomento e gli attori del poema sono total- Il Cadmo del Bag?«oli 23 i itiente o favolosi o inventati dal poeta ? Dove trion- fa la storia nel poema, gli anacronismi possono ur- tare , ed hanno bisogno di tolleranza per essere concessi; ma dove tutto è favola, tutto è allego- ria , debbesi usare somma l'indulgenza. Lo scopo dell'opera è mostrare l'introduzione della civilizzazione fra gli uomini, delle leggi so- ciali, e di ogni specie di cultura prodotti dall' ar- monia , per opera di Cadmo e d'Anlione . 11 v:i Io- re dell'armi del primo, unito al suono della celerà di Anfione , ispirano nei popoli ancora rozzi nobili sentimenti di amore pel beo pubblico, di rispetto «'- le leggi, di desiderio di sapere, e di tutto ciò che può rendere felice la società . L'anaci'ouisrno di avere immaginato che An- fione abbia già da tre generazioni indietro , dopo un diluvio che sommerse quasi l'intera terra , dato ai pochi avanzi del genere umano una certa civiliz-^ zazione , che presto però andossi a diminuire e di- sperdere , è stato necessario all' autore per fare che Cadmo trovi dei rivali , coi quali combattete , e non sia ridotto a soggiogare un' orda d' uomini simili alle fiere . Il volere degli dei è quello che ha destinato Cadnjo padrone della Beozia , acciò che occupa- ta quella , facesse di là partire la civilizzazione di Europa : questo volere noto a Cadmo rende lode- vole la sua impresa , che altrimenti non sarebbe che quella di un venturieri, che senza verun dirit- to va a conquistare un popolo , e soggiogarlo. Urania , le altre muse , ed Apollo sono i pro- tettori di Cadmo , che, come abbiam veduto , sotto la scorta di Anfione sale in Parnaso . L' allegoria è continuata sempre, ed ha una continua parte nel poema , avendone l'A. fatto uso piìi di Ogni altro 202 L E T T E R A T li R. A poeta. Onesto viaggio in Parnaso dà luogo al poe- ta di dai- persona a molti ossero intellettuali, e ad esporre quanto dovrà seguire lino all' età nostra nel mondo reso culto e sociale . E perciò rapidamente posta in visiu la storia di quasi tulle le nazioni col- te, e il nascere, il decadere, il risorgere dei più grandi imperi , e le vicende iu essi delle scienze e delle arti. -Nel r indicare clie l'errore sia nemico deir in- troduzione della civilizzazione nel mondo ha tro- vata la via di personilìcare tutti i vizii e le di- sordinate passioni , ed a farle potentemente opera- re e colla forza e colla seduzione, ritornando sem- pre all'assalto dopo gl'infruttuosi tentativi. La con- tinuata allegoria del trionlo delle virti^i contro i vi- zii è sempre felicemente cotuiotta. L assegnare variate inclinazioni, indoli, inge- gni, e jjrincipìi di valore ai varii soggetti delle due armate nemiche, è stala difficile impresa , giac- ché non erano ancora introdotte nel mondo le no- . bili passioni , i grandi sentimenti ; onde non ha potuto adoperare copiosamente né le virtù, né i vi-' zii della società . Le prime non esistevano , ed i Siicondi erano totalmente Lrulali,c non aveano cer- te modiiicazioni che ha da lo loro la società . Agii alleati dei lebani ha aggiunto schiere di esseri semibruti , totalmente favolosi; ma questi difensori sono procurati ad Ogige dalle insinuazio- ni dell' iLirore, che nella dislalia di Cadmo ripo- neva tutte le sue speranze . Lrmione istruita dalle muse è la più savia ed amabile donzella; ra« quando nega di unirsi al suo amato Cadmo senza il consenso del padre dimostra la più severa virtù . Fa contrasto coi carattere di Ermione quello di Climeoe, di ò una donzella buo- Il Cadmo del Bagnoli a33 «a e dolce, ma la sua hontà la sua dolcezza sono dettate dall'i semplice nali?ra, senza che Tinstruzio- ne vi abbia parte veruna, come l'ha in Ermione. Facendo cìie Cadmo cambiato in pastore soccorra lutilo generosamente Ogige , si è aperto la via a pla- care l'odio ostinato di questo contro Cadmo, la cui geuerosiià pa.e quasi dipinta con qualche improba- bilità , sembrando quasi impossibile, ch'egli rechi tanti armenti e soccorsi da rinvigorire un intera na- zione. Ma il favore degli dei rende tutto probabile. Le descrizioni dei combattimenti sono vivacissi- me e molto variate, ed i militari stratagemmi be- ne imaginati . Il valore si sviluppa nei guerrieri, ed in altri comparisce l'astuzia , in altri la forza . 1 (rateili di Cadmo, Fenice e Cilice, non hanno ne il coraggio né la forza di lui , ch'è prescelto dai numi all' impresa . Creteo e Salmoneo mescolano al loro valore una certa barbarie ; ed i guerrieri nati dai denti del drago sono bellicosi ed arditi . Sisifo, forte al pari che empio, merita i fulmini di Giove : e Colotbnia regina delie amazoni ha par- ie nelle maggiori imprese sempre vittoriosamente , ma sempre assistita da una dea. La morale che sparsa nel poema è la piij sa- na e degna dei numi , in bocca de' quali la pone r autore . Anfìone e le muse danno i più sublimi prec: Iti di virtù, e nel mostrare le vicende future dei mondo v'incastrano serie riflessioni morali . Siccome 1' autore nella macchina del poema ha avuto sovente innanzi agli occhi l'Ariosto, co- sì poi egli si è fatto assolutamente modello di messer Lodovico, cercando d imitarlo nella sua elegante facilità. Benché sia impossibile l'arrivare allo stile di quelf inimitalnle poeta nelle sue sponta- nee bellezze j non potrà negarsi che il nostro au- a34 Letteratura tore abbia scritto con facilità, eleganza , robuste?:- za, adattata alle diverse circostanze. Quella varie- tà , elle neir Ariosto tanto diletta , quelle pitture di costume, clie rapiscono neir Orlando , non pos- sono egualmente brillare nell' argomento del Cad- mo . La lingua è nitida, e se qualcbe nco alcun ^ sofistico in pochi luoghi saprà trovarvi , rammen- tiamoci eh è un poema di venti canti . Il signor Bagnoli può dirsi che non ha risparmirto la lima. Per dare un saggio dei suoi versi chiuderemo Tarti- colo con riportare poche ottave del canto decimo- sesto; nelle prime tre delle quali è descritto l'ap- parire del carro del sole , nelle altre tre sono di- pinte le stagioni. 83 Non era il ciel d'alcuna nube misto Come talor dopo la pioggia suole , Che in una parte è chiaro, in altra è tristo. Ma tutto acceso d'un ridente sole . È fama pur, che fosse ei stesso vi^lo Febo neir alta fiammeggiante mole Guidar suoi quattro corridor spiranti Dalle narici aneliti fiammanti . 84 Ritto sul cocchio di gran gemme adorno Formosissimo auriga intonso e biomlo. Dalle cui tempie aureo scintilla il giorno , Coi fiammiggeri freni avvolge il mondo . Spazio immenso dall' ire al far ritorno Scorre per lo cammino obliquo e tondo Per quante braccia apre Anfitrite, e pare Che dal mar parta e si riposi in mare . 85 Ninfa di sempre giovinetta etade Coronata di rosa e di viola Il Cadmo del Bagnoli a35 D'alcun spazio il precede, e per le strade Celesti innanzi a lui rapida vola , Seminando dal crin molli rugiade E iior vermigli dalla bianca stola, E colla man di rose al dì nascente Apre l'uscir dorato in oriente. Cosi poi air ottava 90 Fra le ridenti erbette i passi move Un' amorosa giovine gentile, JVinfa e reina del bel loco , dove Spiran le tiepidette aure d'aprile . Tre bei garzon, di fresche fronde e nuove Circondati la fronte giovanile, Son suoi servi e custodi , e in lieti cori Van colle grazie e i pargoletti amori . Neil altra parte una donzella adusta Dal solar raggio il crin di spica cinge, E falce adunca colla man robusta Ruota , e l'arida messe in fasci stringe. I suoi tre servi colla spalla onusta Vengono e van ove il lavor gli spinge. Di sudor molli, polverosi , ignudi, E tutti intenti ai villerecci studi . 82 Giovine rubicondo altrove intreccia D'edere e bacche e pampini la chioma , E co'suoi salta in danza boschereccia Già saturati alla nettarea soma. •A Borea spande la canuta treccia Vecchio robusto , cui l'età non doma , Co'suoi garzon dov'è più crudo il cielo Tra i venti freme , e tra le pioggie e il gelo . G. Gherardo dk Rossi. 33G aapjtgyxffiwai ART i. BELLE ARTI. Sul vero ritratto dì lìiadoìuia Laura. Al chiarissimo e nobilissimo signore il sig. cavaliere Giovanni de Lazz ara. P< ensando tra me al debito d'ogni animo ben na- lo e riconosc(3nte di retribuirvi , o Signore, per Testre- ma cortesia con cui fate parte ad ognuno delle rare e doviziose cognizioni , che in ogni maniera darti e lettere amene avete raccolte , non seppi in qual miglior modo corrispondervi possibilmente, quan- to intrattenendovi intorno uno dei soggetti \v.u gen- tili che offrono il tema a diverse studiose ricerche, e che da noi diiebbesi argomculo di moda , se al- tri è permesso ve n abbia , che non sia discussio- ne di lingua italiana . Ma in quello lavoiano con lena all'annata tanti valorosi ingegni, che io mi ter- rei per profano se osassi di ent\are con loro in ]izza , egualmente se mi unissi a sorreggere un edi- ficio che a troppo salde colonne raccomandato non abbisogna dì debole puntello, qual saiebbe il mio dire; e in vece di questionar sulle voci è mio sal- do proponimento in comunque modo trattar delle cose. Che sebbene l'oggetto in cui piacemi tratte- nervi { mentre Ira gli ozii romani la mia salute va cercando più mite il rii,'or dell' inverno ) sia sta- to altra volta da me discusso nel primo dei volu- mi della storia della scultura , piacciavi di accoglie- Ritratto di M. Laura ^Sj re nuovamente tutto ciò ch'io penso sul raen dub- bio e più genuino ritratto che sia a noi perve- nuto di madonna Laura: e giacché di ìeì ^ e del suo cantore ognun scrive, e parla, e scolpisce , e colora, così sembrami esser questo a' dì nostri uno degli oggetti a cui tutte le arti consacrano volentieri i loro mezzi , e tributano il culto piiì devoto. A giustificare il qual culto piacemi conside- rare , che siccome nulla ha il mondo più caro che la bellezza e la \ irtù amabile, de' quali tesoti suole talora la natura l'are miracolo in qualche donna pri- vilegiala , di che 111 tipo Laura, il coi nome è sem- pre accompagnato da più nobili e deliziosi pensie- ri che nascer possano in niente italiana ; così non posso negare che io stesso provo un dolcissimo com- movimento in tutto ciò che alla ricordanza mi con- duce di simili oggetti : poiché dall amore della bel- lezza e delle virtù soavi surgono le faville che ac- cendono gli splendori di quanto ha di più glorio- so il mondo, cioè gì ingegni altissimi, e caldissi- mamente pensanti . Che se per avventura io mi dilungassi in trop- pe ricerche , le quali a primo aspetto sembrano es- ser frivole , ed a certuni potrebbero parere secca- giuose , io però intendo di rendere, colla ricer- ca del vero , un omaggio non solo a coloro che col cnnlo iaiinortale tennero vive simili donne si- no a questo secolo , ma di onorare , per quanto da me si possa , que' modelli di bellezze virtuose, che furono prima cagione ad alzar sopra il mondo uma- ijp le menti de' più chiari uomini di quell'età. Per le quali cose la nazione italiana da tali ingegni di- TÌni acquistò tanta gloria , da formar premio eter- no ed inestimabile a' pregi del sesso gentile e virtua- a38 Belle Arti so, donde que' sommi intelletti tolsero e ragione, e materia ad operare. Non a tutti è dato, come al Fidia de' nostri gior- ni, di rendere un tributo di gloria immortale a Dan- te e a Petrarca colla sublimità del suo scarpello . Questi sommi poeti tennero vive Laura e Bea- trice sino a questo secolo, ed essi le rappresenta- rono a Canova : essi ad un arte e ad un ingegno diversi, ma non diseguali dall arte e dall' ingegno loro, consegnarono come argomento di gloria nuova quelle rarissime e celestiali donne. Dante e Petrar- ca ce le fanno imaginare : Canova ce le fa vedere. Ma non pertanto sebben freddo esser possa il mio operare a fronte dei colpi dello scarpello vibrati da un arte inspirata e maestra , non ristarò dalle pro- poste ricerche , alle quali oltre allo esposto mi de- terminarono ancora altri molivi. E tre specialmen- te: l'uno l'accuratissima edizione del canzoniere di Petrarca , che per opera del solertissimo e dottis- simo vostro professore dell' università di Padova sìg. Marsand vide la luce , della quale con sponta- nea munificenza volle arricchire la mia biblioteca; r altro una tavola con leonardesco stile amorosa- mente dipinta in Roma dal giovane pittore sig. Agri- cola , che sembra voler fissare il suo posto fra i più distinti artisti dell'età nostra, ove il divino poeta stassi effigiato in un colla modesta e bella inspiratrice del soavissimo suo canzoniere : final- mente un breve opuscoletto pubblicato in Parigi dai torchi di Dondey Duprè nelf anno corrente , portante per titolo Notizie sopra due piccoli ritratti in basso rilievo rappresentanti il Petrarca e madon." na Laura ec Allorché io distesi quella lunga nota, che tro- vasi nel citato volume delia mia storia , intesi pres- Ritratto di M. Ladra. a3g so che onninamente ad escludere Simone Memmi dal- la classe degli scultori, a cui tentò alcuno di ascri- verlo con troppo debole fondamento ; ma stetti per- plesso qual dei ritratti presunti di Laura dovesse meritare la nostra preferenza , e la nostra fede . Mio scopo non fu allora il decidere questa contro- versia , nata accessoriamente ove di scultura soltan- to trattavasi : e non tutte aveva io forse in quel tempo attinte quelle nozioni, che poi dopo mi son procurate , volendo con maggior precisione che sia pronunciato un giudizio , non già da me , ma dall' osservatore che intendo aver tolto da ogni ambi- guità e guidato alla ricerca del vero. Non starò qui a ripetervi come tenessi poco conto delle tradizioni volgari , colle quali si volle cercare o riconoscere un ritratto di Laura fra le pit- ture che Simon Memmi ai^eva fatte, e veggonsi ancora sui muri del cappellone nei claustri di s. Mi- chele a s, M. Novella a Firenze , e come ogni ar- gomento e ogni sana conghiettura mi portasse a erodere esservi piuttosto un ritratto di Fiammetta che di Laura. Ne tornerò qui a dire di quel gran- chio ciie prese non ha guari il sig. Palmarini , allie- vo nelf arte dell' intaglio del celebre Morghen, il quale pubblicò colle stampe un bellissimo ritrat- to di Giovanna degli Albizi moglie di Lorenzo Tor- nabuoni, che il Ghirlandajo nel i488 dipinse per quella famiglia de'Tornabuoni , estinta la quale, l'e- redità passò ai Pandolfini . Questo intagliatore , in- teso a celebrare madonna Laura, non curò le nozio- ni e i fatti evidenti che lo avrebbero chiarito dell' errore , e non badò a consegnare ai posteri per Lau« ra una Giovanna : nella quale dilucidazione furo* no da me prodotte medaglie e argomenti trionfan- ti e bastevoli a dileguare ogni dubbio, e metter la co- sa in tutto il suo lume. a4o Belze Artì Diminuito in tal modo il numero dei pretesi li- pi dai quali derivare 1 imagine genuina di colei che dettò al cuore e alla penna d'un tanto poeta i dol- cissimi versi , pei quali ebber grido e splendore nou solo il Parnaso, ma la tavella italiana , restavano due fra i varii antichi ritratti che meritar potevano il mio esame , Tuno dei quali in Siena presso il ca- valiere Antonio Piccolomini liellanti, e Taltro nel codice della Laurenziana. Venne da me esaminato il primo col sussidio di tutta la critica che rni fu permesso di attingere alle fonti migliori , e per quanto risultò dal mio esame, sebbene le prove alle- gate non mi parvero in alcuna parte spregievoli , ag- giunsi non essere però irrefragabili. E per pure secondare una certa qual propen- sione che io aveva di voler trovare in Siena il ritratto di Laura , presi ad esaminare lo scritto di Giulio Mancini senese, medico di Urbano Vili , che riferisce una quantità di critiche osservazioni in materia d'arte, ed in ispecie intorno le vite pubblicate dal Vasari. Questa operetta, che forme- rebbe un discreto volume di stampa , e merite- rebbe di essere inserita ( se mai noi fosse ) tra ie infinite inedite preziosità di cui vi fate deli- zia , e largite a comodo di ogni studioso , por- ta il seguente titolo : Alcune considerazioni intor- no a quello che hanno scritto alcuni autori in ma" teria di pittura , se abbiano scritto bene o male , ed appresso alcuni aggiungimenti di alcune pittu- re e pittori^ che non hanno potuto osservar quel' li che hanno scritto per avanti, JVon mi verrebbe certamente ora la voglia di affievolire gli argomenti , pei quali il ritratto citato presso il sig. Bellanti possa credersi vera- mente il men dubbio che ci rimanga della bel- Belle Arti 241 la provenzale , se non sembrasse quasi evidente il dover darsi ad altro la preferenza. Ora dunque prego vi a voler leggere nelle considerazioni di Giu- lio Mancini Jo squarcio seguente, clie qui vi ri- porto per esteso, sembrandomi gittare molta lu- ce intorno le epoche in cui operò Simone Mom- mi , che vuoisi essere V autore della tavola ' citata. „ Simone e Lippo Memmi fratelli . Non vi 'è „ chi dubiti che fossero senesi : si può con curio- „ sita virtuosa e affezionata alla patria cercare „ se questa famiglia oggi , si trovi in Siena, e „ perchè mi ricordo d' alcuni che si dicevano „ di Nanno di Prospero, e per. proprio cognome ,, farsi chiamare de' Memmi , quali abitarono in „ Eanchi nella cantonata nel vicolo delia Regina, „ che va in calzoleria ; casa molto onorata, e che „ sotto vi era la lor bottega di merceria bastarda, „ che teneva ancor delle maschere stravaganti , che „ han qualche cognionzìon della pittura, gente da „ bene , ed as&ai comoda , e dì quella sorte di „ cittadini , che con il comodo di lor vivere „ d'entrata, o poco meno, si contentano dì yi- „ ta quieta senza tentare in nobilita e grandez- „ za ; che così vivendo con la loro propri^ fa-* „ colta in casa loro ahtica.: con poca industria „ mostravano essem antichi e, raguardevoli popu- - „ lani; e così, per queste condizioni convenen- ,- „ do nel cognome di Memmi, crederei che que-^ „ sti di Nanni di Prospero fossero discendenti „ da questi yirti^osi Simone e Lippo cugini lo- „ ro ; quali da : chi e come imparassero que- „ st' arte ( dica ciò che vuole il Vasari) non., „ si deve dubitare che imparassero in casa lo- „ ro , e non dà Giotto , per le ragioni dette di so-,. e.A.T.x,ii. ,c 2ifì3: Ball. LE Arti ,, pra, Né il tempo e niodo , come propone il V'up^ ,, sari , di questa disciplina di Gioilb vuiso Sioioii ,, ne, cioè nell' occasiono della, naviceilla di s, Pie- •)ì tro , è possibile , ppreliè se è v^ro, quel cliVgii. ,, dice , che Simone n>oiisse di sessantj anni ,, intorno al i35o, bisognerebbe ciir? Simone no!l'> ,, tempo delia navicella fatta- inlbnno al i3ob ,, d età di co anni fosse venuto a tanta uerlbr; ,, zione dell'arte, cho avesse potuto faie le pit- ,, ture delie lunette solto la navicella , ed, altre, •>-, nil; primo portico di' s. Pietro, salite Ib scalei di ^ •,-, que poveri , che tanto loda il Vasari., cos»^ ira-, ,, possibilissime ad immaginarsi, e slra vagantissime,,, •>, e senza giudizio a proporle. Onde bisogna dire ,,.che nel tempo delia navicella fosso dii'maggiorv ,, età, od abito già acquistato nella profesisione,; e ,, che qucst' abito non Io acquistasse- allora , co-.. ì-) me discepolo, perchè le pitture ecan bellissi-. ,1 me, che mi ricordo dì una Madonna, dio f òr-. »> se se ne serbf^ la testa di singolarissima bel-, „ lezza , e quelf altre pitture del portico eriin bel- , „ Jissime d' invenzione, composizione, ed espres- „ Sione. d afletto, come lo stesso yaisari afferma;,. ,, che queste sono condizioni ' e circostanze che,, „ in pochi maestri j fatti si ritfròVai»o ; e pertan-., ììS la-^sì deve 4b'e;V' che lalloraoifoln •■ imparassci da,; ,, Giotto, e che non s>i Vergognasse tlii lavorare, ^ „ m un opera così grande cpm'^ qra; quella, dir s.,. v-i?ietro, dove si fitoevttiio tànt^^'oò^V ^ n\éjfa,. ,,. capo Giotto , sotto d' esso ,'i'colflwe* s' è visto, ,, qui. ih Roma nelle log^'ie fraijiV Gio-. Lateraibo,. „ edj>altri luoghii Ma- essendo'- di nrftaggior età;) il,. ,,j nostro Simone, quandt) Operò in '^s*. Pietro , non,. „-^8fò vedere come poi potessi fflire il' ritratto ir\,^ ,,-Aévignone della- signora 'La ttrà- e* dM Petrarca-; Ritratto di M. Lalra ^45 „ perchè questo, poeta poco prima che fosse co- „ renato, che fu nel i:538 era tornato di Fran- • „ eia, e così il ritratto seguissi intorno al lì'^^ „ che essendo nato nel laSo non so vedere co- „ me di 85 anni avesse tanto vigore di poter an- „ dare in Francia , e condurre tanto bene una pà- „ tura come fu quella del Petrarca e signora Lau- „ ra , che ne fece anco una copia, che in mia „ fanciullezza mi ricordo averla vista appresso al „ sìg. Niccolò, Mandoli avo di monsignor di Gros- „ seto , e di più che questo vigore neil' operare „ se li conservasse dopo li 85 anni , come biso- „ gnu che fosse secondo il computo del Vasari , „ poiché tornato di Frai^cia operò in Fiorenza e „ Siena. Onde, io per salvar le difficoltà crederei „ che nascesse intorno al 1270 , e morisse nel „ 45 di maggior età di 70 anni : ma comunque „ si sia è gran diflicoltà per questa supputazion „ di tempo, e non già in quello che dice il Va- ,, sari che fosse chiamalo in Avignone da Bene- „ detto IX detto? XI da Treyisi , pecche questo „ morì nel x3o3 , nò fu mai m Avignone, ma „ credo bene che vi fosse chiamato da Benedet- „ to X detto XII, e ciò per opera del Petrar- „ ca , a servire il pontefice nella pittura del palaz- „ zo che faceva , e questa chiamata conoscendolo „ per fama , e forse dì vista in Roma, Sieiia , e „ Fiorenza, ovvero che avendolo ritratto avesse „ conosciuto la sua eccellenia nell'arte, e veden- „ do Finclinazion del pontefice d\idornar questo „ palazzo, per darle gusto, come vediam farsi quo- „ tidianamente dai cortigiani quando scuoprano Fin- „ clinazioue del principe , li proponesse questo „ eminente artefice , quale operò poi in questo pa- „ lazzo: onde non mi piace f opinione di alcu- 2.^4 Belli: Ann ,. ni, che vi fosse comlotto da iliccrìirlo ria Sima „ cardinal Petroni , porche questo andò bsiie in ,, Avignone , ma al tempo di ClemL'nte V , ed al ,, concilio di Lione per difendere in esso la fanw ,, e riputazione di Bonifazio VHl contro le ca- „ lunnie dateli dal re di Francia , come raccfe>nl.a „ Matteo Villani. Il che fu molt' anni prima. Co- ,, munque si sia fu in Avignone , acquistò gio.^ ,, ria, onore, e rohba nella sua professione; ma „ per la sua tranquillila di animo non si curò di „ tasto e vana gloria. Della medesima natura e „ genio fu Lippo suo fratello carnale , ed il cu- „ gino , e pertanto nei lor discendenti non s' è ,, visto mutazione di grado e condizione di uomi- ,, ni. Né di questi si vede in Siena sepoltura , ed ,, altra memoria , ed aggi ugnerei che in quest' ul- ,, timo di sua età facesse quello che han fatto gli ,, altri uomini in addietro, e non d'avere delli ,, scolari fra i disegni da far condurre da loro , „ ed, a questo le fosse servito il fratello ed il ,i cu'gìno che operavano molto bene. Le storie di ,, Jobbe a chiaro-scuro nella facciata sotto V oro- ,, logio dì s. Gio. Laterano forse sono di questo ,; Simone, perchè vi sono queste lettere: Simon ,, di . . . . pinxit ; che quello scavo ci dà que- „ sta difficoltà ; che del resto quanto a' tempi. „ ne' quali furon fatte , e la maniera , convengono „ assai col nostro Simone. Prescindendo dalf età che potesse avere Simo- ne, allorché supponsi aver dipinto il detto ritrat- to , è chiaro che lo scrittore , sebbene parli di due ritratti , riferisce ad una sola pittura, ove non tanto M. Laura , ma ancora Petrarca venne rappresenta- to , e che anche la copia veduta dal Mancini in fanciullezza presso il Mandoli avo di monsignor di Ritratto di M. Lalra. 245 Grosseto doveva essere relaliva alle due immagi- ni, verosimilmente in una sola tavola espresse. Che se volesse ora riferirsi alla sola di Laura , p che sarà dunque addivenuto del preziosissimo ritratto di Petrarca dipinto da tant' uomo ? Non sembra presumibile ne venisse disgiunto , e molto meno divisa in due la tavola primitiva: che quand'an- che ciò volesse supporsi , non è da credere che sia rimasto coperto d'oscura dimenlicanza , restando al culto del felice possessore soltanto il ritrailo di Laura. Non so 'vedere come di 83 anni ( Simone ) avesse tanto vigore di poter andare in Francia , e condurre tanto bene una pittura^ come fu quel! a del Petrarca e signora Laura , che ne fece a.nch<^ una copia ec Che se li ritraili in origine Ibsscio stali disgiunti , è indubitato che Giulio Manchii avrebbe scritto due pitture, e la copia che stava presso il Mandoli in un modo o nell' altro avreb- be (hjvulo rappresentare non tanto il poeta, co- me l'oggetto de'siioi amori, e del suo canto. Parve esser questo il più forte argomento per constatare in casa Bellanti l'esistenza d'un ritrat- to di Laura dipinto dal Memmi , ed escludere che si possa attribuire a Pietr» Laureati , o altro di quel tempo , e togliere che si riferisca ad altra persona in qudlo rafligurata ; e lo pjrve a tal se- gno, che le difficoltà ora qui esposte uoa si affac- ciarono , o non imposero al dolio e benemerito il- lustratore del canzoniere sig. Marsaud , se tratto forse da quelle mie prime indicazioni conghieltu- rali , delle quali con troppa e favorevole preven- zione si fece scudo , e sedotto dalla meno divul- gata preziosità di questo ritratto , Io prescelse ad unico modello dell'accurata opera d'intaglio di cui volle fregiata la nitida edizione. Trattandosi però 2^0 Belle Arti d'una circostanza in cui importava di precisare là vera effigie di Laura , semljrar potrebbe a tabmo , ciie si potesse scrupoleggiare un pò più sulla scel- ta dell'originale, ovvero come gli editori d'Omero dal niavmo dèli' apoteosi trassero due diverse ima- gini del poeta , ove neppur una sola poteva ac- creditarsi di rassomiglianza , coàì nel caso di que- sta splendida edizione sarebbe forse stato prezzo dell'opera il recare piiì d'una imagine di Laura, se già buoni e ragionevoli argomenti avevano av- valorato più d' un tipo onde trarla . E in ciò dir- vi, non intendo far colpa all' egregio professore , ma anzi osservarvi eli' egli ebbe fidanza ne' miei scritti più che notì meritavano, avendo trattato io queir argomento per inciduiizà. La tavola poi preziosamente dipinta dal sig. Agricola coi ritratti dì Francesco Petrarca e ma- donna Laura , quantunque pregiatissimo lavoro in materia d arte , ci presenta una giovine donna tratta piuttosto da varie indicazioni che da una certa é determinata sorgente, fra le quali non trascurò le esposte anche nell' opera mia. Vedesi che il pit- tore si propose principalmente di esprimere il ca- rattere morale della donna tal come dagli scritti dei divino poeta ci viene rappresentato , e quale precisamente con dotte e finissime interpretazioni veniva iliiistrando il chiarissimo sig. Missirini al giovine atfista, m^-ntre appunto per lui stava di- pingendo la tavola indicata ; mettendo cosi itì mo- vimento tutta quella dolcezza e sublimità di con- cetti, che dall' unione delle due figure emerger de- ve , per parlare alla mente ed al cuore del colto osservatore. Non era qui luogo infatti di esporre r imagine di Laura quale col corredo dì critiche osservazioni ha debito di prosenlarUi lo storico scru- Ritratto di M. Laura 247 goloso e diligente. Che se queste indagini dove- vano liei lavoro dell" artista pur farsi , era duopo in qualche maniera subordinarle al senso morale, che per la via degli occhi alF ianima discende , e a cui servono d' ajnto possente tutte le ideali astra- zioni. Quindi è che deve riguardarsi questo pre- giato lavoro Ilei vero senso con cui V artista in- tese di esprimerlo , non mai come una decisione inappellabile delle controversie critiche intorno la isomigliauza piutfosto a questo , che à quel tipo determinato ; e dicesi ancora della stampa dì que- sto quadro che vedesi in fronte all' edizione tiel de Romanis , la quale noti intende di pareggiare il inerito del dijìinto , o darne un idea adegnata , ma rome la più parte di simili lavori, unicamente con- duce a una vaga rimembranza della cosa djpijìta. Venendo ora all'opuscolo recentemente stam- pato a Parigi , vi ricorrerà al pensiero come io mi dilungai nella storia a vendicare Simone Memnii dall' imputazione di essere autore d' un piccol mar- ino che in Siena e Firenze spacciar volevasi per opera delle di lui mani , e che se non onorava r autore per la mediocrità dell' esecuzione , certa- liiente poi meno serviva a ricordarci la fìsonomia di Laura secondo l'idea che a noi ne dà il Pe- trarca colle sue rime. Si pretese di trarre argo- hicnto per sostenere questa assurdità , appunto da tutto ciò che dimostra il contrario, \ ale a dire si iaddussero li sonetti di Petrarca che a quest'ima- gine si riferiscono , per provare che il Meamii. l'avesse scolpita , e non dipinta. È comune però il riconoscere nei possessori d' una tela , d' un marmo , o dì qualnnqu' altra supposta preziosità, la viva brama di stabilirne una derivazione antichissima, o celebrata, e collegar :s48 Belle Arti questa lalvolta coi fasti della propria famiglia» L'opiiscoletto stampalo a Parigi, che vi ho indi- calo al cominciare di questa lettera , vi farà chia- ro, che malgrado ogni prova evidente da me pro- dotta a stabilire il vero su questo argomento, mal- grado la forma che per me fece estrarre genuina dal marmo il presidente dell' accademia fiorentina senator Alessandri, e T incisione accuratissima che della medesima produssi nella stessa grandezza ^si è voluto prescindere dal farsi carico di tante inge- nue e veridiche esposizioni , e si è cercato d im- poire anche ai conoscitori col voto di chi non opi- nò mai su questo argomento. Buon per noi che nuove non sono le speculazioni che veggiam farsi sovente o per fumo di gloria , o per speranza di iar denaro a spese dei creduli, e il mondo è ora- mai pieno di fabbricatori di monumenti , di tavo- le, di gemme j) di monete , e di disegni antichi: si lavorano ogni giorno iscrizioni , e si fauno no- mi apocrifi, si interpreta a rovescio il senso delle cose , si mentisce la veneranda palina dell' anti- chità per allucinare gli entusiasti , che in quella calìgine trovano il bello esclusivo che non inten- dono, e che chiudono gli occhi al bello reale più spesso , perchè troppo vieto , e fanno grazia a slen- to a Rafaello in confronto di Gimabue o di Mar*- garitoue , a una Venere di Prassitele a fronte di un Canopo egiziano , alle medaglie agrigentine o larissee a fronte del primo rozzo asse di Roma . Voi conoscete tanti di questi falsarli i quali in- nondarono di piombi , di medaglie , di monumenti le ultime venete collezioni col sorprender la lede di molti uomini da bene , e voi sapete gli abusi che si fecero del nome dell' accademia Coraria. Al- meno auticaniente con miglior gailju aicuLir sapeva Ritratto di M. Laura. 2^9 il famoso Annìo da Viletbo, e a voi padovano , e alla vosUa famiglia una volta celebrata possedi- Irice de più bei conii di falsi medaglioni che escis- sero da mano industre di sommo artefice , a voi posso rammentare senza far torto ali' ingannatore e air ingannalo il nome del Gavino, che passò ad aggiugnere celebrità al medagliere di Francia, do- po aver fatto tremare al suo tempo i più esperti conoscitoii. In quest'opuscolo il cavalier Peruzzi dirige una sua lettera agli amatori del Petrarca , nella" quale intende a provare che questo sasso è il ve- ro originai ritratto di Laura , che il poeta ha bagnato delle sue lagrime amorose ; e per avva- lorar maggionne/ite , e render pia prezioso un pegno così caro al Petrarca , che è stato f incen- tivo maggiore di tre fra suoi celebri sonetti, e f unico sollievo de' suoi viaggi e delle sue pene^ raccolse in questa lettera quanto può dirsi sopra r originalità d' un monumento così raro. Varie iscrizioni in vario tempo scolpite si leggono in questo marmo diviso in due , come ora si vede. L' uno rappresenta un' effigie di don- na nominata Laura , X altro V effigie di Petrarca , di modo che se il chiaro poeta, che non andava in carrozza, avesse ne' suoi viaggi sempre recato se- co il piccolo monumento intero , avrebbe proba- bilmente bagnato di lagrime amorose anche la pro- pria effigie , congiunta con poca verosimiglianza e petrarchesca dilicatezza a qaella di Laura, la qua- le, quantunque scolpita dalla stessa mano, mai non fu mentovata da luì , e obliterata afiàtto nei tre sonet- ti che alludono unicamente al ritratto della don- na amata. Per prima prova dell' autenticità del marmo ,-, me ne' seguenti versi: „ O beltà senza esempio altera è rara. „ . . . .In quale idea ^, Era /' esempio onde natura tolse. ,, Vergine sola al mondo senza esempio. „ Di che son fatto a molta gente esempio* „ r presi esempio de' lor stati rei. ,i Ma temenza m'accora per gli altrui esempi, ,^ Per dar forse di me non bassi esempi. ,, E così non ha mai detto soprano , ma sovrano, „ come appresso: „ Guardato dal balcotì sovrano. „ D'ogni ornamento e del sovran suo onore. „ Ma questa sarebbe scarsa prova : poiché una se ,, ne può trarre ben più efficace assai, non dali« „ parole, ma (!al costrutto. Petrarca dice: „ h jf^qui de' celesti spirti fede. „' ^ . . . Che solca J^ai' del cielo ,, E del ben di lassù fede fra noi. „ V tv far fede quaggiù del suo bel viso. Sai Beile Ann ••,S E così l'I divillo Dante, e gli altri classici tu*- ,, ti dicono far fede di una cosa . Oia qui si pre- ,, sume che il Peli arca abbia (.lello che Laura e/vi „ la fede d ogni meraviglia : e questo coticetlo ,, non ha allora alcun senso : perchè il dire di ,, uno che è la fede delle meraviglie ^ è lo stes- ,, so che dargli dello stolido e del bevono , cioè ,, che crede lutto : cosa impossibile a supporsì. „ nella mente del poeta . E se voleva dire che ,, \,^\\x^ faceva fede delle celesti meraviglie, il Pe- ,, trarca, che ^ •> quel che piià sembra strano, provarsi che Petrarca nello stesso anno i344 così scrivesse a Guido da Genova : Atque ut a veterihus ad nova , ah exteniis ad nostra iras~ grediar , duos ego novi pictores egregios , nec formosos , Jottwn Jlorentinwn civcni , cujus Inter mude/'fios fama ingens est , et Sinionem senensem : novi sculptores aliquota, sed minoris Jamoi-- eo enini in §en<^re impar prorsus est jivstra aefas-^ cctcrnin Ritratto d) M. Lalra a 53 et hoc vidi et de (juihìis fortasse alind plura di- cendi locus dabit . Èpisf./arn. llb.f^. epist, XVII. Vedete dunque oltre ali" accozzare nelT istes- so anno tante combinazioni , quanto ripugnerebbe al buon senso clic \ animo gentile di Petrarca si esprimesse con sì poca coerenza a se stesso, scri- vendo al suo amico Guido in modo da non lare wn eccezione in favor di Simone, se in marmo, e non altrimenti , gli avesse mandato in quell'an- no stesso il ritratto della sua donna , e cuoprisse così alla rinfusa di biasmo e di dimenticanza gli scultori del suo tempo , allor quando gli veniva scolpito il sasso adorato, e mentre le ceneri di Simone , morto allora in Avignone alla corte del papa , erano ancora calde ! E Tetrarca avrebbe mai potuto coi tre sonetti divinizzar la scultura, così maltrattando gli scultori, che poi, sia detto per parentesi, noi meritavano certamenle ? Ma veggansì finalmente questi sonetti ove si fa menzione del ritratto di Laura. I. Per mirar Policleto a prova fiso Cogli altri eh' ebber fama di quell'arte Milf anni non vedrian la minor parte Della beltà che m ave il cuor conquiso. Ma certo il mio Simon fu iti paradiso Onde quella gentil donna si parte; Ivi la \>ule , e la ritrasse in carte Per far fede qnaggiij del suo bel viso. L' opra fu ben di quelle cine nel cielo Si ponno imaginar , non qui fra noi Ove le membra fanno all'alma velo. Cortesia fé'; né la potea far poi Che fu disceso a provar caldo e gelo, E del mortai sentiron gli occhi suoi. 2^4 Belle Arti a. Quando giunse a Simon l'alto concetto.., di' a mio nome gli pose in man lo siile , S' avesse dato all' opera gentile Con Ja figura a oce ed intelletto , Di sospir molti mi sgombrava il petto. Che ciò ch'altri han più caro , a me fan vile: Però che 'n vista ella si mostra umile Promettend'omi pace nell aspetto. Ma poi chi' vengo a ragionar con lei, JBenignamente assai par che m' ascolte ; Se risponder savesse a' detti miei. Pigìnalion , quanto lodar ti dei Dell' immagine tua , se mille volte iV' avessi quel eh' ì sol una vorrei! 3, Poiché 1 cammin m' e chiuso di mercede. Per disperata via son dilungato Dagli occhi ov' era, i' non so per qual fato, Piiposto il guiderdon d' ogni mia fede. Pasco '1 cor di sospir, ch'altro non chiede, E di lagrime vivo a pianger nato : IVè di ciò duolmi , perchè in tale stato E dolce il pianto più di' altri non crede. E solo ad un imagine m attegno Che fé non Zeusi , o Prassitele , o Fidia , Ma miglior mastro, e di più alto ingegno. Qual scita ra' assicura, o qual numidia. Se ancor non sazia del mio esilio indegno Così nascosto mi ritrova invidia ? ' 'Abbastanza mi dilungai suU' interpretazione delle frasi poetiche dei due primi di questi sonetti , allorquando altra volta trattai questa materia , se pur possa dirsi interpretazione ove il senso parmi chiarissimo. La lettera che nel i^SS scrisse il Ritratto di M. Lvu^a jaia. sìj^. cav. BJndo Peruzzi , padi^ dell' autore idelL cilato opuscolo, ai compilalori del magazzino ' dL Livorno , dii'etla a travolgere il Sf^nso d ogni chia- ra espressione, fu anche (ja noi, aUegatai;,nia. uai-»-! camente por Tar conoscere a qnal punto sedur: possa la smania di possedere ciò di cui uno avreb^i» be pur vaghezza. Infalti noU' soicapirsi come pos- sa venir in capò a chi conosce la lingua ita<-. liana,, e siede nella cruscai- tra i legislatori) delj b«l parlare , dì. interpretare stile' per scarpello , meot.» tre fino i bambini sanno che lo stile lu- sempre' adoprato per sorivoitì e disegnarci , o su tavolèlfe-i le cerate ne' prischi tempi , o in carta, o in;, per*»»: gamena., o. se vogliasi anche sulle tavole intonaM^ cale di bianco ; e nessuno ignoia che nplJ'etàii di( Petrarca ,. ove le matite arlitìciali di piombo! non erano in uso, tutti li disegni iiirono traccia- ti con, uno s-tile 0 di piombo o di ai-gento, , oome Vedesi dai molti 'che ci pervennero. Coi Ihnni dunq'ue e la critica di cui sì van- ta r otì nostrit, vi sarà chi , per sostenere un jiat»; radosso sìv. strano , sì male interpreti: le frasi tantai acconciamente adop rata dM poeta», là dove pafla^^ di Policlcto in proposito dei sublimi canora .deli ^ beilo, quasiché fosse ivi nominato corno scultore? .j^'» e non piutosto. còme l'autone decanta toi deb BòriHji foro? Ld egualmente vorrà dirsi- che il parlar© dJ2>i Pigmaiione pjassa in questo caso' fan allusione 'ad>U epura, di, scultura , come se il poei»' non: espriraes*. se oon-^bastevol .chiarezK» , che vorrobbe ^yw/? Una valULsaliL ottenere. da_ quelli imagineciò.^ che mille . volti^ r antico artefice è fama- ottenesse dall' opera SQa, ? Qui trattasi dell' effetto fav;ojQsai q sopraaar tqrale della cosa,, ; che è ben altrQ.r che ii roecca- . nismo dell'arte, E vtìrrà poi-flnalmento sUracohiarsi/ 256 ' Bell^: Arti la interpretazione siuo al punto eli torcere il senso di quel verso > Ivi la vide , e 1r compire le desinenze de' suoi versi, siano proprie o no del soggetto clw intende di esprimere. Ma woi abbiamo appnnt® un graziosissimo di- segno, rilevato con un' ombra di colore , in fronte al codice del canzoniere che esiste nella bibliote- ca Luurenziana, e già k) Uno dal iSi'ò cosi ave- va scritto e pubblicato intorno a questo disegno-. ,, Ben si accorderebbero colle giustissime preveiv ,, zioni, che di Laura aver debbe chi legge il can- ,, zoniere di Petrarca , le miniature sulle pergah- ,, mene di un aatico manuscritto che sr conserva „ a Firenze nella Laurenziana, ove unita all' imar ;,} gine di Petrarca trovasi anche Teffigìe di que- „ sta donna delineata colla maggior luiezza ed ele- ,, ganza , e della quale ofFresi un calco il più di- ,, ligente in questa nostra tavola sopracitata. Quarv- ,, tunque non possa con precisione determinarsi ,, Tanno in cui fu scritto il codice, e non appaiv ,^ tenga a tempi molto vicini all' esistenza de- „ gli originali viventi , avvi però molta probabl- „ iità essere quelle miniai u( e , se non tratte dal ,, vero , fuor d' ogni dubbio poi tolte dalli primi ,, ritratti originali in quel tempo esistenti, quan- ,, do non fossero anche di mano dello stesso Si- ,, mone Memmì. Non può invero vedersi più gva^ „ zia , più dolcezza , più modestia di quella che „ spirano i semplicissimi tratti di quest' efligie . „ E difatti chi potrebbe asserire che non sia quel „ disegno eseguito collo stile in carte^, e forse la Ritratto dì M. Lalra aCi ^, stesso che toccò il cuore, ed animò T estro del „ divino poeta ? Niente è anche più i'acile e ra- „ gionevole a credersi, che Simone abbia disegna- „ to e dijjinto le più volte il ritratto di Laura ; „ quanto che strano sarebbe il voler accingerci à ,, sostenere clic l'avesse pur una sola scolpito. P«r le quali cose con minor esitanza, e iii tina forma assai più positiva, credo poler ora so- stenere ohe la pergamena nel codice della Lauren- ziana se non è di mano di Simone, è verameni« in antichissimo tempo tratta da quclT originale, dd cui possedimento fu lelice il sommo poeta . Qui- eto intanto è il solo ritratto, del quale io abbia fino- ra veduto parecchie antiche copie eseguite per ma- no d'anelici insigni : e nessuna miglior prova in- vero può darsi delia genuina derivazione di que- ste, quanto la perfelta rassomiglianza U-a lor-o, per- sino nella grandezza delle teste , die direbbersi luna sull'altra calcate. Riscosse la mia ammirazione il bellissimo quadretto in tavola , che trovasi nella galleria del marchese Manfrin in Venezia , attribui- tale di preferenza a Gentile piuttosto che a Gio. I3eliino ; nel quale riconobbi a colpo d' occhio , e raffrontai la pergamena del codici' didla Lanrenzia- na : e -col legame delle idee e delle rsmeiiìbran/e trovai molla ragione neli' esistenza a Padova o a Venezia di questo ritratto , se in questi paesi sog- giornò gli ultimi anni di vita lo stesso poeta, ed ivi rimasero i suoi libri e le sue memorie, di modo che più facilmente che in ogni ali.ro luogo debbono essersi moltiplicate le copie di oggetti cosHnteressanti , derivate dal tipo più autentico (*) . (*) ''Prova maggióre ne fa anche la stampa in legno die vederi »c]r edizione di Peli^-jY^^a del ilj53 itampriU ia VciK'zia du Duiauui- 262 Bell» Arti Ne qbesla sola celebratissima tavoletta si of- ferse poi alla mia osservazione, che parecchie al- tre ne andai notando , e di recente questo mede- simo soggetto nella stessa dimensione e cogli stessi esattissimi delineamenti io riconobbi nelle mani del sig. Luigi Arrighi negoziante di oggetti di belle arti in Bologna , il quale portando un'impronta di an- tichità, mi riconfermò che fino dai tempi più pros- simi all'esistenza del vivo originale, un sol tipo aveva autenticamente sér\ato alle diverse copie, e per conseguenza esser quésto un possente motivo per fissare il più vero e genuino ritratto della bella avignonese (*) . ]Non ctedo in conseguenza doversi esitare nel convincimento, che Simone abbia trasmesso a Pe- trarca un gentil ritrattino in pergamena della sua Laura , e che questo siasi da prima ricopiato in qualche codice ^ é in seguito poi da altt'i pittori tratto in tavola, abbia impreziosite le prime col- lezioni di oggetti curiosi e memorabili ^ dalle quali sortendo gli ota da me indicati , rèndano auten- tica r originalità della prima pergamena. Con que- sta traccia è possibile che parecchie altre simili antiche ripetizioni dello stesso soggetto vengano a rimarcarsi , sebbene esser potessero operate da me- diocri pennelli , che però saranno sempre valevoli co Giglio, ove si trova l'esattissima copia del ritratto esistente tiel codice della Lauretiziana- (*) Questo quadretto vedcsi in Roma attualmente presso S. A. il sig. principe Poniatowski clic ticnloin gran pj*egio, benché dipinto ali* olio, e verìsimilmcntcTiel principio del ciaiiuecento, qualunque cos» si esprima nelle isi^riziuui posteriormente aggiunte al piede della tavo* la, avendolo io piiuia veduto senza alcuno scrino. RiTRAtTo DI M. Laura. 2G3 à vìe meglio confermare il fin qui esposto , non. Veggendo essersi miiltiplicata in antico tempo al- cun altra fra quelle imagìni, alle quali si era ora studialo di attribuire il merito della rassomiglianza al celebre originale- Se questa lettera manca del pregio della bre- vità, dàià a voi un nuovo motivo per mettere a prova la vostra indulgenza , che nessuno meglio dì ine sa per prova quanto sia instaucabile. Roma II novembre i8ii. Vostro aflézionatissimo amico e servitore Leopoldo Cicogxara. SCLLTURA. Aiuelj ^Filippo. uesto giovanetto artefice , alunno delle nuove Scuole della insigne accademia di s. Luca , ha vo- luto dar saggio di sé e de' suoi talenti conducen- do un'opera assai difficile per chi comincia l'ar- dua carriera della statuaria. Ha dunque rappresen- tato il Diomede , che si vede nella tavola qui an- nessa , che da lui stesso venne cortesemente man- data alla direzione del nostro giornale. Dalia na- tuiale e semplice positura dell'eroe; dalla sobria ed elegante disposizione de' panneggiamenti e dalla no- bile e forte lisonomia dell' eroe , che sembra com- piacersi del rapito palladio , possono trar l'arti au- gurio felice e fondate speranze doli' ingegno dell' Au- relj. Perchè a chi bene risguarderà questa statua di Diomede i, vi scorgerà per entro una non volgare intelli|[enza di anatomia, di quella parte cioè che 3'64 13ellé Aftf r (leve essere prìncipai fondamento di quest' arte\ è che pur 'troppo si vede sovente negletta da molti. Aon possiamo dunque far a meno che incoraggiare il giovane Aurclj a proseguire ne'suoi studi colla medesima alacrità, e col tenace proposilo di giun- gere all'onorata meta che si è proposta , onde n'ab- 1/ia onore V Italia , e l' illustre mecenate che lo con- ferta di sua munìlicen/a , e il conforter;i sempre più ove lo vegga pervenire a maggior grado di per- lezione . E perchè è Lello il lodare e pubblicare il nome di coloro che ajutano colle ricchezze alle bel- le arti , vogliamo si sappia che il principe D. Fran- cesco Borghese Aldobrandini è il magnanimo pfo* leggitore dell'Aurei]. 36S VARIETÀ' articolo mi di alcuni oggetti ininercdogici rinvenuti ed Catria neW mduniia del l'i i^ da don Albertino Beltenghi ec. 8 Fechriano ijjai, presso Giovanni Croceifi. Un voi. di pctg, 45* Avendo i] padre abate Bellenghi, degno capo fe ornamento della con- gregazione benedettina camaldolese , fatto avere al giornale arcadico, come uno de' suoi illustri collaboratori, certe osservazioni scritte da lui intorno a vàrii minereli trovati sul monte Catria; i censori se- greti de] giornale non istimarono bene di doverne permetter ki stampa; e ne inanifestarono anche i loro motivi in iscritto. Tocco da que- sta cosa il Bellenghi ,( ha fatto subito di ragion pubblica un lungo articolo ^)er difendere le sue dottrine * Noi non vorremo entrar giudici di tal controversia : je. solo diciamo di cuor sincero , che fjuaìunque ne possa essere il voto degli scientifici , non si rimar- rà da noi di tributare il dovuto onore alle virtù di quel dotto e venerando prelato, che mantien viva con bellissimo esempio pres- so i suoi monaci la memoria dei Grandi, dei Fromond , dei Sold*- liì , nomi carissimi alle scienze italiane. Jl siirnor federico IVfunter, vescovo di Scelanda, ha presentatola real società delle scienze di Copenaghen d'una dissertazione suU' epoca della naiività di N. S. Gesù Cristo . Giovandosi egli di mol- «e gravi ricerche, e specialmente astronomiche, non dubita di ri- ferirla a s«i anni avanti l'era dionisiaca , cioè al 747 di Roma . 266 Varietà VACCINAZIOISE. JZi^co una lettera del s\%: John Livingstone , uno de' chirurghi della compagnia della Cina, scritta da Macao il di 26 marzo 1820^ Io san fj/eso da forilssiina inaiciviglla in veder dalle lettere e da\irÌQrnaU che mi. giungono dalV Inghilterra, che la quisiione sulla ulilUh della vaccinazione vi è annuirà v,\'amente agitata. Noi qua non ne cibbianio dubbiò veruno. Io cjtialche volta vaccino quasi cin- rjuccónto fanciulli per settimana ; e dnpo dieci anni di continuo esercizio , non posso contare un solo esempio di cattivo successo. Il sig. Pcétrson , primo chirurgo dellcì fattoria di Cantnn , e//' è anche ììulggiormenle occupato di me, ha ottenuto pìire uguali vantaggi. Voi mpefn che il vajaolo fa dà' g uasti terribili nella Cina in tutte Icprim-dvere. 0- bemJ , ho io soventi volte veduto parechiè per- sone alla. caie da questa crudél malattifi non pur vivere nella casa, ma (jilaìohe volta dormii e nel medùsimo letto con quelli, che ave va io vaccinati , senza eh'' essi n'abbiano sentito mai il piti piccolo nocuinento,e senza die niun disgustoso sintomo siasi in loro manì-- festalo. V. Revue exicyLJopedique, avril 1821 p. 2o4- lappiamo che il eh. dottor Forni sostiene , contro il professore Oersted danese , d'essere stato il primo a scoprire l'identità che pas- sa tra '\ fluido magnetico ed il galvanico , siccoine quegli che ne aveva già scritta un'opera presentata da lui alla bibliotera dell'uni- versità di Torino. D'altio reclamo su tale particolare fu da noi già parlato nel t. vi 11» par m. pag. 423 di questo giornale , onde favorire , per quanto era da noi , i due illustri italiani signori Mo» jon e Romagnesi. N. Iella gentile Firenze si sia ordinando la compiuta raccolta di tutte le opere d'uno de' supremi triunviri della moderna pittura italiana, il signor cav. Benve'iuti, intavoliate da varii valenti artisti: cosa che dovrà ceriamcntc essere accolta con hcll' applauso si \ù Varie t a' 26^ Italia che fuori da tutti gii apprezzatori dell' arte div^ina di Raffael- le. Credìcuno però dover awcrUra ( dicono gli autori del manifesto d' associazione ) che , /jer non rendere soverchiainente nwnei'osa que- sta colle z inno, sararuio omessi i ritratti^ tranne quelli che o per la composizione , 0 per qualche particolare circostanza , giudicheremo conveniente che vi sieno inseriti. U opera i'errci impressa in gran caria papale di Fabriano , il doppio maggiore di quella della ornai ben conosciuta pomona italiana, e cogli stèssi tipi. Saì-à divisa in fascicoli componi di tre stampe di varia misura, tutte corredate di una breve d^sC' izione. Calcolando i quadri già esistenti, non potrà oltrepassare dieci fascicoli , senza contare però le stampe rap- presentanti il trionfo di Giuditta, e la morte di Pria/no, le quali formeranno due fascicoli a parte , avuto ri^uaido alla quantità del- le figure, ed alla difficoltà del lavoro. Rispetto ai freschi, che l'egrègio pittóre sta eseguendo in uno de'' saloni delVimp. palazzo de'' Titti, noi m divideremo le stampe nell" nostre dispense in gui- sa, che V 'utile sta maggiormente dalla parte degli acquirenti , che da quella de.?:H editori , rivolti più ad innalzare un monumento d' onor patrio , che ad una mera specuh zione mercantile. N'esci- rà un fascicolo ogni trimestre, e ognuno costerà tirenta lire italiane, ossia cinquàutaquattro paoli toscani . Il primo fascicolo è stato gi» pubblicato. Lucca 29 agosto 1821. J erscra , dopoché in una gentile conversazione la sig. Adelaide Maestri, figlia del celebre sig. professore Tommasini, e la sig. Ma- ria Giannini diedero entrambi saggio della loro dottrina filarmoni- ca, il prelodato professore mostrò al sig. Gagliuffi il desiderio di sentire qualche suo distico improvviso. Ecco ciò che l' impareggijfc* bile latinista disse all' istante. Quid quaeris , Toraasine , meos ex tempore cantus ? Jam senio mea vox adveniente cadit. Jam fuimus vates ! Juvenili in pectore tantunii 36S V A il I E t A Fcrvct, qui dicfat fervida verba. Deus. Hunc mihi redde Deiim, si tanta polcntia, rcdcfe, O medici splendor praesidiumque chori. Ast heu I tu polis es quemvis depellere morbtun. Non tamwi elapsos fas revocare dies. Portentis hoc adde fuis, Med^aquc fias: Tane facili riirsus Carmine, ut ante, canain. Splendidiusquc canam, tua si modulamine dùlci Excitet ingcnium filia rata meum , Aemulaque ahcrnam qtiaercns Gianiiiuia palmam Eliciat digito praepete dulce miclos. Hacc tibi pauca satis : paucos bonus excipe \'«rsus, Ceu parvum ingentis pignus amicitiae. Trtuluzione Ubera delsig. cav. Vincenzo Bernl dcjli Anlonj^ Perchè m'inviti , o Tomm-asini , al canto Or che m'imbianca il crin Petà senile ? Arsi pur io degli anni in su l'aprile Del foco ond'arse il gran eantor di Manto. Tu mi rendi quel foco, o tu che tanto Sci ne l'arte ad Ippocrate simile ; Ma, oimè ! che '1 tempo non cangia di sti'€ , Come a la fonte non ritorna il Xanlo. Pur se tu mei rendessi, oh qual trarr ia Vigor dal canto de la figlia amala, E de l'emula Glori al dolce suono ! Non più: de l'amor mio pegno ti sia. Scarso pegno al tuo merlo, alma bennata. Delia mia musa questo picciol dono. Va r i e t a* 30<> Isemioiic composta «la un nostro amico e collega, la qual dee pori in Orciano, una terra delle primarie nella provincia d'Urbino e Pe- saro, al sepolcro di Cosmo Betti, illustre giure'c&multo ed autor del poema La consu/nazione del secolo, già cognito '^N . L-S.XXVII DIEM . SWM . FVNGTVS . KAL|, IVN. ANN . IVI , DCCC , XIV FILI . NEPOTESQVE EKNE . MKRBNTI . CVM . LACRIMIS FKCEBVNT Osservazioni Mcteorolos[lclie faff e alla Specola dd Collep^.Rnm. Novembre 1821. MATTINA 1 GIORNO SERA - Barometro Teim. Igv. Barometro Term. k-r. Barome ro rcrm. fgr. I 28 3 7 1 1 1 01 10 2 28 3 0 •3 8 3i 2 23 3 I II 3 26 5 2 23 ,, 7 9 6 10 2 28 3 6 13 '-i 22 ^ 28 3 7 9 8 21 a 3 28 s 9 ò 692 2» 3 6 la 6 3* 5 38 0 0 IO 2 1/1 2 4 28 2 6 6 082 28 2 I li 0 18 7 27 ir 8 12 4 20 1 i 27 ir 3 II 3112 27 9 5 1 I 0 13 0 27 0 2 7 1 ■55 2 6 27 IO 4 6 oi i3 1 27 U l 9 3 3> ' 28 0 0 7 0 51 2 28 I 2 6 o| 30 0 28 » 3 10 3 j6 0 28 I 8 6 9 13 ' 8 2,i 1 8 n 2 26 S 28 J 5 10 5 37 0 28 I 6 7 0 JI 2 9 28 2 0 8 0 24 2 23 2 5 13 1 84 b 28 2 s 8 0 38 ì IO 28 a 4 7 0 •5 3 28 3 8 II 4 33 2 28 4 0 8 0 21 2 II s8 4 0 4 0 13 ^ 28 4 J IO 5 43 2 28 4 0 8 2 37 2 13 i3 2« 3 7 3 8 7 2 28 ■i 7 9 7 l6 8 28 3 7 9 2 20 0 28 4 2 3 0 IO 0 28 4 4 9 4 ài 1 28 4 7 '9 ' 20 0 '4 28 4 6 3 8 12 28 4 7 IO 4 31 2 28 4 7. 8 0 21 2 15 28 4 4 7 0 17 1 28 4 i 9 8 .5 2 28 3 0 IO 0 50 I 16 28 ^ 3 8 0 IO 2 28 3 7 12 2 22 <, 28 3 7 IO S IO 0 17 28 3 9 8 <» , 6 3 28 4 I IO p 20 4 28 4 4 11 2 21 0 19 '? 5 0 8 0 0 4 28 5 a 'I 3 18 1 28 5 3 II 7 00 a 28 .s 2 10 3 21 2 28 r) 1 13 3 3/7 28 6 0 11 4 jo 0 20 28 4 (, <) 0 6 2 28 4 6 12 2 20 0 28 4 0 Il 8 22 6 21 a8 3 9 9 6 " .s a8 3 3 12 9 •»4 7 28 2 7 13 0 22 J 22 28 2 3 II 2 Io I 28 2 9 13 8 '« .^ 38 2 0 13 ' ?i 0 23 28 I 8 12 0 la I 28 J 9 12 9 14 6 38- 6 >3 5 18 7 24 25 28 1 3 12 Q i3 3 28 ' 4 i3 ? H 2 -28 7 12 5 17 2 28 I 6 I I 0 ,S 2 28 0 8 13 5 18 ? 2S 4 "1 I 7 '- 6 26 28 0 8 9 2 IO 0 38 I 1 '3 6 28 ,, 28 2 I J 2 iO 0 27 28 I 7 «3 2 •7 3 23 I 8 12 8 22 0 38 2 12 0 18 2 2» 28 3 0 9 0 '4 3 28 2 I 12 3 ..s 6 20 3 1 1 2 ID 1 29 38 2 5 6 3 12 2 28 3 5 II 5 21 2 28 7 IO l\ 1 1 1 ■io 3i - 23 I 7 6 6 18 7 a8 1 7 II 2 21 7 28 9 7 5 20 0.-^ erva l'tonl Mcfcn rnl'.'-uhò foMc afì.i f^pcc ùìa a e l Coìhr- R >.;- Novembre 1821. MATTINA GIORNO SERA .„ .. — — »^ ^/^ 1 — ^ , - — -M.^ - «ra— , . Meteore - Jt;.tu l'^va- Stato it.vto .'ì. del por. Vento del PioiTg. Vento del Vento 1 Cicio 1 Cirio 1 Cielo ll'M), J.^. a. I 2 Ira. s. iiw. Uh. 1 s. ira . 0 2 J'! ' 4- ira Ira. s. s. ira. 0 Ira. i s. ira. 0 tra- i i)l 1 1 . 4 n. I 1.: mi. II. ■Irtu 0 a. mez. 0 u.^ ,.I,r.* 11. I i.S A il. IL. - Co mei. 1 m s.n. tra. 1 n- ■ 4 - l.t. l.j/2. p.S. j ira. y. II. 3 r n Ira. \ s. ira. ^ ,n s. i h Ira. 2 s. ira, -2. m 's.- • ira. 2 ni ù s. 1 ' ira. I m s. Ira. 2 s. '*•«•• .3 ,• jiin. i. p. II. > 50 Ira. i ni S' Ira. I s. tra. 2 IO s. 1 22 ira. s. ira. I l-f- tra. 1 H s. p.n- 1 / 0 Ira. s. ff,n. gre. I- s. \tra. 1 leb. + ' 2 s. 0 .^0 ira. s. ira . 1 s. ^Lra. j ne.*l(r.| s. 1 0 Ira. s. ■ " ira. ina o s. ,lra. 1 lir.* ne-t "1 1 , s. s. a. 0 Si J 2 • ra. Ira. S. p II. IL. p.S. me. il. 1 s. Ira. 0 II. p.S. lìlCZ. I i)v 1 ne.* liei» * ine.lib. 0 i6 II. 0 2- ira.qr II. ìiiaes. 0 s. p.n. maes. o nel). 1 7 s.n. 0 22 Ira. I j n.\ ■ ' pò. inai |ò s^. n. niez. i ne* brf '9 li: u 2Ó Ira. 0 II. incz. 1 II. sir. 1 lìrb.* II. I u Ira. «> ..np.s., ir ^r. i ^.. un i. 1 'ifb. br. aoi«. 0 ìb ira. ■I • n. tra. . © n. mcz. 1 neb. ai|;j. 0 27 me. HI/. II. ine.sir. i II. me. SI. I iieb. 22 n.p.S. 1 0 iiiez. s. n. me. Hi. I s. p. ri- mez. i iieb.fp.f 23 /i. I 2,S iiiez. n. mcz. i ti. p. s. mez SI. I 2+ .5 >i- I 0 lev. II. 0 84 nif.ur. 1 II. mez. SI. [ i'I'J? Sr. ir 0 ,1 inez. lI.S. °i a 1 im.lib. I s. p.n. sir. I 26 J. ,j. 0 ,so Ira. II. mesi. I s. Ira. i neb. - 27 ^.//. «. . 6 Ira s.p. n. ira. I n. me. SI. I !)r;n * a3 ,i. e So Ira. S.p. II. f^r-lei', I s. tra. 0 P'og Tg' 2^, ^. 0 59 tra. S. II. Ini. ma. I s. p.n. tra. I iieb. 30 s.a, 3« I 18 ira. 0 s.p. n. ira. ma. i s.p. II. Ira, 0 IMPRIMATUR, Si videbitur Reverendissimo Patri Mag. Sacri Palato Apostolici . Joseph Della Porta F'icesgerens. IMPRIMATUR. i^. Phiìippus Anfossi Sac. Pai- Apost. Ma^r anS SCIENZE Sugli acidi risultanti del dorino , e delTJodio con l ossigeno ; sa quelli che si hanno dalV idrogeno col SolfoyCol Fluorifio, col Tellurio, e col Selenio su i loro rapporti con le teorie de pneumatici ; e sull ipotesi della combustione data da Berzelius. LETTERA SECONDA j41 signor dottor Domenico Monchini professore di Chimica nelf Archiginnasio della ^i Sapienza di Roma » JLja quistìone che abbiam trattata nell' altra let- tera , che mi sembra non presentare vina risposta assai difficile per ricondurre la legge , da cui si fa nascere Yacidità ad un solo principio , io non le negherò qui in sulle prime , che non trovi mag- giori ostacoli , se si discenda ad esaminare certi acidi , i quali sono un composto o di due cor- pi combustibili , o di due comburenti soltanto, cioè acidi, ai quali manca, o ciò da cui è occasiona- ta , secondo il sistema Pneumatico , ì acidità , o quella che contribuisce a farla nascerej, e eh' è de- gli acidi il radicale. , ' Gli acidi composti da due combustibili sono , com* ella m' insegna , tutti quelli, i qu.ali si hanno dsLÌY idrogmo ^ tutte 1? volte che, questo si unisce al solfo , al selenio ^ al tellurio i e fo^se anche al Jluoiino. Acidi risultanti de cor|)i che,son sostegni G.A.T.XIL ' dS 2^4 Scienze della combustione , o clie ne hanno almeno qual- che carattere, ed ai quali, secondo i principj che abbiamo adottati , sembra che manchi il corpo combustibile , che ne dee essere il radicale , sono quelli fermati diAWossigeno col dorino^ o con Yjodio , e del clorino , e Xjodio stesso combinati insieme. Dopo che con la pila volfiana , come dice il prof. Pozzi nel suo dizionario di chimica applicata alle arti , si sospettò che [idrogeno l'osse quello , che neir acido muriatico desse ad un radicale di na- tura indecomponibile le proprietà flaV/e , furono ap- punto gli acidi idro-solforico , idro-selenico , idro- tellurico ec. quelli , i quali dettero peso all' opinio- ne che fra ì principj acidificanti dovesse aver luogo ^idrogeno ; come gli acidi che forma Yossigeno con i corpi che abbiam riguardati quasi intermedj fra i corpi comburenti , e combustibili , hanno fatto li- guardare l'iodio , ed il clorino , non in quell'aspet- to , che mi sembrano doversi riguardare, ma come corpi che ^facessero parte dei corpi combustibili , e che n'estendesser la serie. Se ci facciamo però ad esaminare questi ulti- m\ , cioè gli acidi ossi-cloriùo , ossi jodico^ e cloro" jodico si è già dimostrato . non essere il clorino , e Vjodio sostegni della combustione assoluti ; sono cor- pi intermedj fra quelli eh hanno il carattere di veri e pretti sostegni^ e fra i corpi del tutto combusti- hili ; e ne viene da ciò , che i medesimi debbono avere qualche proprietà dei corpi combustibili ezian- dio, come appunto sono la magnesia^ e la calce ^ sostanze, le quali mentre hanno tutte le proprietà delle terre pure^ ne hanno alcune per le quali si ras- somigliano agli «/c^// . Or le proprietà di dare uti 'acido , quando al dorino , è ali jodio si unisce Toi- sigeiìo , e di diportarsi in Questo caso come fosse- COMBINAKIONI DEI COMBUSTIBILI FRA LORO 2^5 ro ^reali combustìbili , è quella che renJe^questi due esseri sostanze medie; e questi acidi si ridurranno benissimo alla legge generale già stabilita ; cioè sa- ranno acidi formati da un sostegno della combustio- ne , con un corpo , il quale , se in alcuni casi fa ]e veci deìV ossigeno , in questo , come corpo inter- medio , prende il carattere di un corpo combusti- bile . Questa proprietà poi di dare orìgine ad un aci- do , senza che ci concorra un corpo combustibile assoluto, non solo l'ha il dorinole Vjodio rappor- to aìVossigejio ; ma l'hanno anche gli stessi due cor- pi intermedj fra loro ; e se nello svolgersi il ciò- rino dai suoi composti , si fa che il medesimo in- cóntri Yjodio y Xjodio le assorbisce ; si neutralizza- no amendue a vicenda ^ ed assoggettata una tintu- ra vegetabile a ciò che ne risulta, che l'acido clo- ro-iodico , si vede che questa , quantunque in se- guito prontamente si decomponga, all' istante diven- ta rossa , e mostra il carattere del composto , che a dispendio della stessa tintura si va quindi a de- comporre» Se questi acidi si sottopongano all' azione del- la pila di Volta^ usando la cautela di fQrmare con loro antecedentemente un sale , il quale venendo decomposto dalla corrente elettrica , che richiama la sua base al polo negativo , noi osserviamo che Yacido , il quale isolato s'incammina verso il polo positivo y si decompone anch'esso all'avvicinarsi che fa a lui. Il dorino , e Yjodio ,' i quali messila competenza dell' idrogeno , vanno al polo positivo^ come a questo polo vanno i corpi che partecipano dei caratteri dell' ow/^ewo , si volgono immantinen- te all' altro . Mostrano di aver mutata in grazia dell' ossigeno la loro elettricità da negativa in po- i8* 2n6 Scienze sìtiva , mentre Vossigeno che li ha lasciati siegue quella strada che costantemente è solito di seguire. "Ùjodio , ed il ciurmo essendo corpi che negli aci- di ossi-jodico^ ed ossi-dorico soslengon le parti di corpo combustibile , ed in conseguenza di radicale, debbono appalesare quelT elettricilà , che è propria di questi , ne dee perciò l'ar specie , se mutano po- larità , e se corrono alla parte della pila animata dal disco di rame , dove vanno i radicali degli aci- di , le basi dei sali , ed i corpi che anno analogia con {idrogeno (i) . (i) Quantunque Thenard nella sua chimica, e Berzelius in una memoria inserita nella biblioteca universale di Gine^'ra pel maggio del x8s!0 , diano &W ossigeno, in qualunque combinazione si trovi la preferenza di andare al polo positivo ad esclusione di qualunque altro , e lo riguardino come fornito di una elettricità negativa as- soluta ; pare nondimeno che dall' esperienze di alcuni chimici ad-» dottate anche nel suo corso dal genovese prof. Ma/on risulti che il do -ino, e Vjodlo anche uniti a\\'' ossigeno continuino ad andare al polo positivo della pila , e che Vossigeno associato ad essi sia quel- lo che muta la naturale sua elettricità negativa in eletlricità posi^ Uva. V jodio solamente in competenza del dorino secondo questa chimico cambia carattere: ed in questa ipotesi fra i corpi elettrici assolutamente negativi il primo posto competerebbe al dorino , il se- condo aW jodio , il terzo all' ossigeno , e male si sarebbe a questo as- segnata la preminenza di conservare costantememe lo stato primi- tivo di sua elettricità . Questa quistione adderebbe esaminata con qualche diligenza maggiore, ed anderebbero coi mezzo di apparati at- tivi ripetute con tutto rigore certe sperienze che la posson decide- re, tanto più che la proprietà di perdere in certi casi il carattere di principio aciditicante non tanto oonveniciite nW jodio ^ quanto la è all' ossigeno stesso , non è accennata dall' opere di chimica più re- centi , come si può vedere nel Bizio .a o cL scienze naturali che «i 6taaipa a i'arigì sotto 1» direzione dei ptof. Cimer ; neir «Itr^ Combinazioni dei combustibili fra loro 277 Cimentato nello stesso modo 1 acido cloro-jo" dico , noi vediamo che ìjodio va al polo negativo ; questi perciò ia in lui da radicale t ed il dorino non perde rispetto ali' elettricità , che con ìos-^ sigeuo il carattere di sostegno , a differenza dell' Jodio il quale oltre perderla con {ossigeno la per- de col dorino eziandìo . , Questi acidi , i quali a parer mio dopo i pri- mi che son quelli, di cui le ho, parlato neir altra mid lettera, e che ho divisi in tre specie, deb- bon lormare un loro secondo genere, cioè son «CiV? di risultanti da due sostegni della combustione'^ dei quali uno , eli è quello che fa da radicale è. una sostanza intermedia fra i corpi comburenti , ed i corpi combustibili-^ né questi mi pare che va- che à! pubblica in TVlilarto compilato dal pi'of. Pozzi che ha per isco-* pò la Chimica applicata alle arti; e nella Guida allo studio del' la chimica dato alla luce pochi anni fa dal giovane prof.Brugnafttllt. In ogni modo però anche che sussista ciò, che si dice dal prof. Mojori, nulla soffrirebbe la nostra teoria: si riavvicinerebbe sem- pre più Vossigano all' iodio ; anche il primo dei sostegni della com- bastione prenderebbe in qualche incontro il carattere di corpo com- hustihilei e solo si dovrebbero invertere i nomi di acido ossi^clori- co, e di acido ossi-jodico in quello di acido cloiv-ossico , e di Aci- do jodo-ossico per indicar la sostanza, che iti loro fa da radicule . Rimarrebbe poi non ostante questo sempre Vossigaio ii primo frai sosté- gni della combustione : desumendosi la ragione di ciò dal maggior nu- mero dei corpi che ci ardono; dalla caratteristica che ha di con- servar la vita degli aninicdii, dall' aversi da lui molti più acidi di quelli che si abbiano dal dorino^ e dall' yW/o ; e dalla proprietà che ha di dare le basi salificabili , le quali noti si hanno dagli altri due, o almeno è dubbio assai, e quistionabile se si abbiano, e aven- dosi, se si mantengono quali sono a contatto di \\n acido ^ che difiìcilmentc si spoglia di tutta Tacij^ua che può contenere. S'jS ' SciBNZE (lano in alcun modo ad offendere, come ella ve- de , la teoria Lavoiseriaìia , quasi che dicendo il dorino , e Xjodo sostegni della combustione {'osse- ro ì^ugìIì sostegni assoluti ^ e nascessero da loro de- gli acidi ^ mancanti di quel corpo che dee essere un combustibile . e che si fissa costantemente pel radicale di quella classe di corpi destinati alla ge- nesi dei sali. Subito che il dorino , e Vjodio parte- cipano anche del carattere dei corpi combustibili, che sono esseri^, i quali a loggia di un'anello for- mano il passaggio da un genere all'alUo , come so- no le terre alcaline; e subito che il loro avvici- namento ai corpi combustibili è dimostrato anche 4al posto che prendono animati dalla elettricità , tutte le volte che si trovano combinati all' os~ sigma, la quistione mi par finita, ed entrano an- che questi acidi benissimo nella serie di quei com- posti , che sono il risultato della disposizione che acquistano le molecole dj quei corpi che hanno il carattere di mantenere , e di risentire Teffetto di una combustione . Mi pare che V elettromotore voltiano dopo le belle esperienze diesi son tentate con lui, e Tinte- lessanti scoperte , alle quali ci ha condotto que- sta nuova maniera di rendere da latente sensibile un fluido nascosto in quanti son mai gli esseri ma- teriali che ci circondano , debba con i suoi feno- meni prendersi per norma onde distinguere i cor- pi , i quali partecipano del carattere ài sostegni ; quelli che spettano alla classe dei radicali ; che fanno da base, o àsi principio salificante ne' sali; e questo mezzo nella scoperta di tanti nuovi com' posti salini nelle sostanze spettanti al regno vege- tabile, risultanti da acidi, e da materie alcaline, che non si conoscevano , può servire di grande ajuto , Combinazioni dei combustibili fra loro 2^9 Ma lasciamo gli acidi, nei quali nella sup- posizione di riguartlare il dorino^ e Yjodio come sostegni , si è creduto che mancasse il radicale comhiistibile ^ e veniamo a quelli, i quali risulta- no dal solfo , dal Jluorino , dal selenio , e dal tei- lui io uniti air idrogeno , e che sembrando esser prodotti dalla combinazione di due corpi combu- stibili , pare che in loro manchi ciò , che secondo la teoria di Lavoisier , essere dee il principio aci- dificante , e che dà la forza alle molecole del composto di appalesare X acidità . Or si dimanderà in primo luogo se il pro- cesso, da cui nasco» questi acidi si possa dire una vera combustione^ e se ciò avviene, qual sia dei due corpi quello che la sostiene? L'idrogeno pa- re che non possa esserlo, perchè in qualunque mo- do si riguardi questo gas ha sempre la nota di uà corpo combustibile^ e un corpo combustibile an- che per eccellenza come dice Brugnatelli . Potreb- be mai dubitarsi, che il solfo , \\ Jluorino^ il sele^ nio , e il tellurio fossero nella serie dei corpi coni' hustihlli ^ ciò che il dorino^ e Xjodio nella serie dei sostegni della combustione , ed esser corpi , i quali mentre anno tutti i caratteri dei corpi com- bustibili ne avessero qualcheduno di quelli che distinguono i corpi che favoriscono la combustionéì Io non ardisco di dirlo assolutamente ; varj fatti mi fan propendere a crederlo ; ed osservo gene- ralmente, come dice il dotto, prof. Gazzeri, con- siderando ì corpi coibenti , e deferenti , che sicco- me non si trova fra queste due classi di corpi un confine deciso; così questo neppur si rinviene qua- lunque altra serie di corpi si prenda da fisici a considerare. / Osservo olire a ciò, die se ricorriamo alla a8o Scienze pila voltiana prendendo per norma quel mezzo che abbiam lissato per riconoscere in un acitìo quale dei due corpi, che lo compongono sia il radicale^ quale il principio acidificante^ troveremo che Vidrogeno non muta mai direzione, se pure none unito al potassio , o all' acqua in un idraturo di calce (b) . Il solfo unito a lui , vide Berzelius , che prendeva il polo positivo , il luogo cioè dell' ossigeno , e che rapporto all' idrogeno passava al- (b) Alcuni anno creduto che Y idrogeno d iiotcsse riguardare come un corpo assolatamente elettrica positivo in quella guisa che {icr un corpo assolutamente elettrico neg-aiii'o si prendeva da lo- ro Vossigcno . Si è veduto nella nòta antecedente che alcuni anzi che di^c rossigeiio vin corpo fornito di assoliti a elettricilà negativa hanno detto , che questa nota potesse più tosta coincnirc al c/orZ/JO, e che ci fosser dei casi , ne' quali > Vossìgeno potesse esser condot- to dalla corrente eletiriòa al polo ncgati^'o . Ciò di cui io non co- nosco un fatto che per rapporto all' ossigeno lo dimostri diretta- mente, costa perciò che riguarda rj'i/i'o^eno,, dicendo Berzelius che per quanto sia vero che, V idrogeno vada costantemente al polo ne- gcdivo , se si dà il caso però , che si trovi unito al potassio , e che formi con lui un idruro diventa investilo dall' elettricità l'eZe- inento negativo del composto , e va al polo a cui tende comune- mente Vossìgeno . Cosi comparisce anclic unito all' ossigeno. rxéìT acqua, se l'acqua satura la caZce , o la barite, e forma con queste terre alcaline quei composti ai quali noi ahbiam creduto di mu- tare il nornc d'idrati in idruturi . Le basi terrose sovrossidate .a dispendio dei principi dell' acijua , andando al polo negativo , fan sentire un difetto più forte all' idrogeno, e succede in questo ca- so quello, che succede diradicali degli acidi, quando si trovano in stato di acido , é che l'eletlricità opera in un sale . Non so , se si diano altri esempi in cui Y idrogeno muti tendenza, e prenda il carattere di un corpo negativamente elelrizzato . Si vegga ^la Bib. nn. p. V an. i8ao. nel toin. di maggio pug. 46- Combinazioni dei combustibili fra loro 2S1 lo stato negativo . Vide che questo stato era quello che davano a lui gli altri combustibili eziandio , come sono i metalli-^ ed osservò lo stesso auche cimentando Wirseìuco , e quelle sostanze , le quali quando sono ossigenale ^ e sono radicali di acidi vanno a quel polo, a cui lo stato elettrico negati- vo dell' ossigeno le rispinge; ed ali,' opposto quan- do non hanno questo sostegno della combustione ^ il quale le forzi a passare ad uno slato di elettri- cità positiva. Perciò che riguarda il fluori no , il selenio^ é il tellurio poche sono le osservazioni, che abbiamo, se le vogliamo riguardare sotto 1 aspetto elettrico, a cui passar possono nelle diverse loro combinazio- ni. Non ostante questo lo stesso Berzelius , il qua- le ha classificato i corpi secondo lo stato elettrico , a cui vanno in grazia di contatti , o di essere in- vestiti da una corrente di questo fluido , dice , che il JliLorino rispetto all' idrogeno è come X ossigeno , il dorino, e ÌJoc^lio ; che prende rispetto a lui un'elet- tricità , la quale è negativa:, e quindi tutte le vol- te che X acido /lucrino appartenga agli idroacidi do- vrà mt^sso alla prova della corrente elettrica anda- re come va il *o^^ a quei polo eh è reso energi- co daljSi/zgo, e che richiama i corpi che uniti ad un corp% combustibile anno il carattere di ^o- stegno . In questo rapporto minori sono le cognizioni che conosco riguardanti il tellurio , ed il selenio ; e qualche esperienza , che direttamente dimostrasse i fenomeni che nascono ààìY elettricità sulle loro combinazioni sì renderebbe interessante, trovando- si in un catalogo di sostanze ordinate secondo il loro stalo elettrico ad imitazione dì quello che ci 2ia dato Berzelius , come si vede nella guida alici ::iS2 Scienze chimica del prof. Gaspare Brugjiatielli , situato il tellurio^ ed il selenio^ non in quel posto, che do- vrebbero avere se Vidrogeno messo dall' eletlrìcità in azione con loro , li obbligasse a prendere Io stato negativo , come obbliga a prenderlo e lo sol" fo , e forse anche il Jluorino . Qualche cosa però che si conosce sulle pro- prietà di queste due nuove sostanze acidificabili a tue rende in qualche modo sospetta questa loro clns- sificazione , e ciò appunto è quello che mi fa desiderare poter aver dei fatti e sulfuno, e suU' altro più decisivi che la poca abbondanza di ta- li minerali nei nostri gabinetti d Italia »non ci ha ancora esibiti. Non le dissimulerò peraltro che il tellurio sia stato cimentato da molti, e principal- mente da Davj nella pila di Volta , e che si sia ve- duto favorire talmente la f/ecomyOo^is/o?ie dell acqua., che posto al polo negativo della medesima bevo in certo modo ì idrogeno ^ che "àaW: aèqua sì svol- ge^ in quella guisa stessa che il Rame in circo- stanze simili fissa ^ossigeno , che lascia \ acqua , ossidandosi a sue spese. So che si è anche di più veduto che se ìacqua dove si fa quest'esperimento contiene un acido , Vidroge?io tcllurato , ò' sia Taci do telluridrico n'esce in stato di gas , e che «Que- sto nuovo acido aeriforme , il quale hn dei rap- porti con l'acido solfoidrico , o sia col così detto aer idrogeno solforato a dilTerenza di tutti ^\ altri acidi, che mostrano uno stato elettrico negativo \ è condotto , come se l'idrogeno fosse solo , alla parte del Rame dove néW elcflromótore esiste il di- fetto rispetto all'elettricità. Ma da questi esperimenti per quanto siano rir- teressanti si potrà inferire , che nella serie Ber- zeliana debba il tellurio occupare un posto infcrìo'- COMBINAKIONI DEI COMBUSTIBILI FRA LORO ^83 Te air idrogeno , ed essere rispetto a lui quel che Yidrogeno stesso è rapporto all' ossigeno ? Io ne lascerò ad altri il giudizio . Mi sarebbe sembrato , che per decidere questo punto l'acido telluridrico 0 si fosse dovuto esaminar solo , o si fosse dovu- to con lui formare un sale per vedere se anche in questo caso nel dividersi il metallo àaW idrogeno ^ esso fosse quello che andasse al polo negativo della pila ^ o pure si vedesse avvenire quello che av- viene in tutti gli acidi ^ i quali riconoscono fra lo- ro principi Yidrogeno^ che separali che li lia la cor- rente elettrica della base^ la stessa corrente li de- compone, e va Yidrogeno dove anderebbe se si fos- se agito ne\Y acqua pura. Forse queste esperienze , od altre analoghe si saranno fatte , ma da me non si conoscono ; né l'andare che fa indecomposto l'acido telluridrico al polo negativo , quando è messo in competenza di . imziìir acido mi par che concluda, tutte le volte che siamo instruiti dall' esempio di molti sali ^ che sostanze fornite di elettricità opposte sono spesso strascinate indivise a quel polo , a cui divise non anderebbero , e che sono a ciò obbligate da altre animate da una elettricità e pia decisa , e pia energica. Lo stesso le dirò del selenio , covilo di cui anche meno sono le cose che conosciamo. Solo lo pregherò di far meco un osservazione , alla quale lascerò a lei dì dare tutto quel peso che crede po- ter meritare. A me pare di poter dire che tutti quei corpi , i quali in qualche circostanza chiama- ti da un corpo combustibile a precipitarsi , ed a combinarsi con lui, mettono ìa libertà una certa quantità , di luce, ritenuta da loro latente , la qua- le unitamente al calorico che abbandonano dà vitai J284 Scienze sMa Jìamma siano tulli corpi, a cui può in qual- che modo convenire il nome di sostegno della com- bicstiuiie , ed il carettere di deleruunare degli acidi. Il prof. Pozzi parlando di questi dice // solfo si unisce ali ossigeno nel tempo che si svolge calori- co , e luce sostanze che non sono necessarie al mio* OJo composto , e che si fanno sentile ai nostri sensi. JNon credo poi , che un corpo si debba dir ta- le , che tutti i radicali alti a diventar acidi debbo- no similmente con lui inacidirsi: basta che ciò suc- ceda rappoito ad alcuni, ne esaminerò qui quale influenza ci possa avere la luce la quale non sem- pre vediamo svolgersi col calorico in questa com- binazione . Il selenio , dice Berzelius , che sviluppa mol-^ ta luce tutte le volte che si combina col ferro . Non ho letto se questa comparisca in alcuna delle combinazioni, alle quali può andare incontro il tei" lurio . (i) Chiara e vivacissima però si ha dal sol- (i) Che nelle combinazioni eziandio del {eUw'io con qualche corpo combustibile si svolga molta luce , comò si svolge da quelle che va ad incontrare il solfo , ed il seteiUo , e gli altri corpi da noi riguardati come partecipanti dei caratteri, i quali distinguano i so* sic ni della combustione, ne abbiamo ora una prova in quel gas incoercibile che ha veduto produr i i?«t^ quando in un tubo vuoi to di aria va il tellurio ad unirsi al potassio ed a formare una /e- gci nella quale il potassio sembra perdere queir affinità , che ha fortissima per Yossi^eno . Questa esperienza della quale non si parla in alcun giornale è stata eseguita in Roma alla pr. senza dei signori professori Morichini ^ Sccirpcllini e Carpii ma la terribile e repen- tina detonazione nata appena che questo nuovo gas si appalesa, ha tolti tino ad ora tutti i mezzi per determinarne la natura; cosas la quale se non si esige pel rapporto che questa esperienza può avere con ciò che riguarda la p roprietà de' corpi concorrenti alla Combinazioni dei combustibili fra loro 285 yò , corpo che ha molti rapporti co\' selenio ^ come il selenio li ha col tellurio . In fatti se il potassio^ ed il jodio si chiudano in un vaso piano di aer idro- geno solf Idrato o sia di acido solfo -idrico ^ all'azio- ne del calore il metallo divien luminoso quasi come quando in un vase pieno di aer ossigeno torna ra- pidamente ad ossidarsi , ed allo stato alcalino . In questo processo 1 acido solfo-idrico è decomposto ; Vidrogeno torna ad esser aer idrogeno pnro , né da lui sembra che si possa ripetere la luce , che in questa operazione rende luminoso il metallo . La sostanza, che passa con lui in combinazione è il solfo; e siccome il passaggio chela [ossigeno dal- lo stato aeriforme al solido èia causa, la quale ha parte nella combustione, da cui è accompagnata Vossidazione dei metalli alcalini : così a pari Tassor- bi mento e la precipita/ ione che succede del solfo è ciò che produce lo stesso fenomeno in questa nuova specie di combustione , e nel passare che fanno le sostanze che ci ardono dallo slato metal- lico a quello di sul/uro- Che il solfo concorra a dar questa luce , ol- tre l'esperienze dei fisici Olandesi da lei rese an- che più decisive eseguendole con un apparato suo proprio , un esperienza di Da^'j ce lo rende an- che meglio palese. Se il solfo ridotto in polvere si spanda su di una lastra di Rame , ed amendue si , riscaldino insieme : quando il solfo è fuso , e sta al punto di combinarsi coi rame ^ avviene un for- te sviluppo di calorico , e di luce e si vede ac- cendersi una liamma , la quale appai isce rapida e formazione degli acidi: si esigerebbe per decidere alcuni dubb) , i quali si hanno su ciò che realmente forma la base delle sosUiniC €(iii ijìcdlili t 286 S e 1 E N ZE vivace quasi fosse un Baleno , Ella mi disse di aver veduto lo stesso riscaldando insieme in un tubo limature di stagno^ e solfo polverizzato ; e che in questi fenomeni non abbia parte /' Ossi- geno è fuor di dubbio , subito che si ha lo stes- so, se si tentino o nel vuoto o nel pieno. Si potrà dunque paragonare il selenio , ed il solfo col dorino , e colf Iodio -^ tutti per questa parte avran più , o meno dei rapporti con /' Ossigeno ; né in altro consisterà la difi'erenza fra loro, che in una maggiore, o minore estensione di questi rapporti medesimi.. Quindi se si dimanderà la ragione co- me si possono aver degli acidi nei quali non si trovi né Ossigeno , né dorino , né Jodio , diremo che siccome nelle serie dei sostegni della combu- stione si danno degli esseri i quali partecipando del carattere di sostegno ne anno alcuni di quel- li , che distinguono i corpi combustibili ; così nel- la serie di questi ci son di quelli, che quantun- que sieno veri corpi passivi nel Processo della Combustione ^ d^nuo non di meno qualche nota per cui in qualche circostanza divengono comburenti e principi acidificanti. Analizzati in questa guisa i principj compo- nenti questo terzo genere di acidi i quali dir si possono acidi risultanti da due corpi combustibili pare che non ci possa esser dubbio sulla conse- guenza che se ne deduce; cioè che uno dei due ià in loro le veci dell' Ossigeno , del dorino , del Jodio , e come fosse il sostegno della combustione od ì\ principio che diciamo acidificante. Questo non pare che possa dirsi /' idrogeno ; come si è prete- so da alcuni per le ragioni già addotte; ma ben- sì quelli i quali avendo delle proprietà, che li approssimano all' Ossigeno-, ed ai corpi analoghi a Co.lIBlNAZIONI DEI COMBUSTIBILI FRA LORO 387 lui , non dee sorprendere che abbiano anche il po- tere dì permutare qualche combustibile in acido , e di fare da principio acidificante. Questa propric'- là distintissima nell' Ossigeno al dire anche di The-- nard non esiste in lui esclusivamente come all'e- poca delle riforma chimica si supponeva , ma divi- dendosi la medesima m altri corpi si vede come degradare passando del dorino stWJodio .,àdA /Ino- rino al solfo , dal selenio al tellurio ; e torniamo così al principio generale già fissato nella scuola pneumatica che un' acido non è in genere che il ri- sultalo di una combustione che esige la precipi- tazione di uno di quei corpi che la sostengono e generalmente , e parzialmente ; di quei corpi cha andando in combinazione sprigionali luce , e calo" rico , e che appalesano a fronte di un corpo com- bustibile una elettricità negativa, (i) (1} E da x-imarcarsi che Bsrt/tollet , come si può vedere nella sua Chimica sf edica, è stato uno dei primi che ha dubitato, se r acidijìccizione nascer potesse senza che V Ossigeno ci concorres- se. Esso lo ha creduto , come lo crediamo anche noi ; ma non ha veduto però che il principio che acidificava era sempre una sostan- za , ohe aveva delle relazioni con ciò che forma il sostegno del/ce combustione-^ e però dubitò ancora, che la teoria lavoiseriami fos- se per soffrir qualche danno dalle nuove scoperte , Questa teoria per altro , non solo si accomoda , coinè mi pare che si sia dimostra- to, agii acidi, che sembrano avere il radicate combustibile senza avere 1' Ossigeno, o ch'hanno V Ossig&io senza che il radicale sia un combustibile assoluto , o che nascono dall' unione di due corpi creduti puri combustibili; ma riceve ora una conferma molto forte dalle bellissime esperienze di Thenard riguardanti /' ossigenazione ■delV actjua , e gli acidi Ossigenati , e sopra Ossigenali , le quali dimostrauo che se I' Ossigeno non ò il solo , è il primo fra i cor- pi acidi/ìcanli :, dic d4ll» sua maggior dose dipende la forza deli' cct- 288 Scienze Ma mi si è qui da alcuni dimandato se si pos» sa poi dire una vera combustione quella che nasce dalla precipitazione in specie del solfo , e del sC" lenlo ; se ci possa mai in simili fenomeni , e nel- la fiamma che ferisce ia tali combinazioni impro- visamente la vista, aver parte una massa di Jluido elettrico^ che si vada a bilanciare; e se sia oggi ammissìbile tal quale si sostituì alla teoria Stahliana la recente teoria dei pneumatici sulla combustione! Che si abbia dalla precipitazion dell' Ossige^ no principalmente la combustione sembra un fatto innegabile, subito che si vede in questo processo la consumazione di una base, la quale fa parte del- l' aria che respiriamo ; dopo che questa si riottie- ne nello stato suo aerei/orme per mezzo della rivi- vificazione dei corpi eh' anno bruciato , e dopo che si scorge un reale aumento di peso proporzionale e ciò che il mezzo ha perduto nel corpo a cui Stahl non attribuiva alcuna perdita . Un fatto si- milmente innegabile è , che più rapide e più vio- lenti sono le combustioni medesime quanto mag- giore è la base precipitabile nel mezzo da cui soa mantenute e che del pari con queste stesse preci- pitazioni va la temperatura che si alza , e la luce che si irradia , come lo dimostra la combustione del ferro nell' aer ossigeno j gli effetti che &i an- no della lucerna Ai Neivman ^ nella quale alla niulazion di stato che subisce 1' Ossigena si uni- sce quella, a cui anche soggiace V idrogeno , e molti altri esperimenti , che da nessuno si nega- no e che furon quelli, su cui il chimico fran- cese stabilì i suoi dati. I — II» i< do e che beiussimo conviene il nome, che alla parte più respira- l^ila (ìcW aria anno thio i pnewnaUcL Combinazioni dei combustibili fra loro ^89 Esso fu di opinione, che dal ristringìmento, che va ^ soffrire il corpo , il quale passa in questi casi dallo stato aeriforme al solido^ dipendesse tanto il calorico^ quanto il calorico e la luce che accompagna un simile passaggio , e paragonò il fenomeno a\\ acqua , la qua- le esce da una sponga tutte le volte che da una forza venga compressa e spremuta . L' esperienza di Demotiez sulf accensione dell' esca nella sirin- ga pi'^rica (il) , e l'altra di Leslie riguardante la congelazione delC acqua nel vuoto hanno confermato ai fisici il raziocinio di Lavoisier; nei fatti, che dimostrano come un corpo , il quale è condotto da uno stato piii raro ad un più denso , perda quei mestrui da cui è fuso , e che viceversa li toglie ai circonvicini se succede il contrario , si posso- no aver per sospetti . Mi pare oltre a ciò essersi bastantemente dimo- strato , che nulla hanno da temere i pneumatici , se sì danno alcune sostanze , le quali siano come ìos" sigeno , corpi di natura coibenti , e principi (i-cidi- (d) L'accensione dell' esca col mezzo della compressione dcW uria, come l'accensione dell* idrogeno opétata da Bìot con lo stes- so mezzo, sono due esperienze della più grande importanza per la chimica moderna . Berthollet no rende ragione nella sua chimi- ca statica, e riporta anche l'opinione di altri . In una memoria presentata da me all' accademia italiana si esaminano le ragioni dell' opinione addottala da questo dotto, fisico e chimico , e si domanda se mai si potesse supporre, che il fenomeno non tanto dipendesse dall' avvicinamento delle inoUecole dei due corpi com- pressi, quanto dal caiorico , che vomita l'aria veementemente ri- stretta, il quale portando al grazio dcLV ignizione Ixl temperatura dell' esca anima l'esercizio di Vki\'uffinitù , la quale esige nql corpo combustibile un certo grado di calore , perchè la combustibilità pos- sa passare dalla potenza all'alio, e rimanere precipitato l'owrg'erao . G.A.T.XII. 19 2r)a S e X e N z e Jicanti , e che \ estendere anche ad aluì un ca- rattere ch'essi non avevano ravvisato che in lui, non porti seco la falsità della loro dottrina , qua- si che le si togliesse uno dei primi suoi appoggi, come mancò agli Staìdllani , quando si* dimostrò che il flogisto non era che un ente fittizio ed im- maginario . Quello ch'è da riflettersi in questi fe- nomeni , e che accenna anche Davj nella sua fi- losofia chimica senza darne una positiva ragione, è il vedere che il calorico^ il quale nelle combu- stioni da latente che è, si fa libero^ non è proporzio- nale alla causa assegnata dai chimici riformatori ; e che si hanno molti chiari fenomeni di una vera combustione dalle correnti elettriche^ senza il con- corso di quelle cause , da cui le fa nascere la scuo" la francese . L'analisi di alcuni fatti , che forman la base di queste due proposizioni è importantissima, né io le negherò , che dai pneumatici in genere varie co- se, le quali riguardano e che accompagnano la combustione , non siano state esaminate , come do- vevano esaminarsi , calcolando gli effetti e ripor- tandoli poi alle cause da cui dicevano , che na- scessero . Una di queste è una certa capacità mag" giare o minore che il corpo bruciato, il quale si compone col principio comburente , o acquista, o perde per quei mestrui , che si svolgano , e che di- veiigon sensibili in mezzo a questo processo , e qu'sta capacità non dipende a mio credere del so- lo grado di condensazione , a cui passano od uno sol- tanto dei corpi che si uniscono , od amendue ad un tcmj o , come lo fan vedere particolarmente l'esperienze dei sigg. Dulong e Petite delle quali tanto oggi si parla; ma da una certa particolare af- finità, la ^uale in certo modo vit a nascere nel ri- Combinazioni dei combustibili fra, loro 291 sulta to che si ha per i mestrui , che fatti liberi vanno in traccia di nuove combinazioni ; e questa nuova affinità non è mai sui composti^ com'è nei componenti , e non è neppure una media risultante fra ralfinità di amendue . L'altro fenomeno , al quale non pare che ab- biano posto mente i chimici della scuola pneuma- tica , è un certo stato elettrico , a cui sembra che passino i corpi al momento della combustione^ e l'analisi di questo fatto noi la dobbiamo a Davj ^ il quale ridusse a potersi ciò con tutta chiarezza dimostrare, poche cose variate nell^ fangosa espe- rienza della combustione del solfo e del rame fat- ta conoscere prima che da altri àsi Kunckel ^ e dai dotti chimici olandesi . Isolò Davj il disco di ra- me , e sopra questo dispose un sottile strato di solfo , ed osservò , che dolceraante riscaldando i due Corpi posti a contatto si appalesava in loro un'opposto stato di elettricità, il quale all' avvici» «arsi il solfo alla fusione si andava aumentando , finché fuso , e condotto al punto di combinarsi col rame si appalesava una fiamma, e le due opposte elettricità sparivano . Tf^ollaston dimostrò nelle os- sidazioni uno svolgimento di elettricità , talmente- chè disse essere Xossidazioni la causa degli effetti chimici che la stessa elettricità produce, ed io ho pii^i volte sperimentato , che gli elettrometri dava- no indizio di un forte sbilancio, di questo fluido nel disimpegnarsi Y idrogeno dall' acqua , tanto me- diante il ferro , e Xacido solforico , quanto, nello spruzzar che si fa V acqua semplicemente sopra di Un ferro fortemente arropentito . Questi sl)ilanci non sono accompagnati né da svolgimenti di /«- ce, né da fragorose esplosioni; ma sono in seguito di quella specie di combustioni^ clie si dicono 2C)2 Scienze oscure^ e pare che dalle medesime si possa gene- raìmente inferire, darsi in qualunque chimica com- binazione elle succeda una alterazione nello stato elettrico nat-iralc dei corpi . Or su questi fatti , e particolarmente su quello esaminato da Davy -, pare che appoggi Bei zclius la nuova definizione che dà della combustione^ la quale dicendola non altro essere che \aneutralizzaziO' ne di due elettricità opposte, riduce poi l'atto di questa neutralizzazione ad uno svolgimento di ca- lorico e luce , e ad un giuoco puramente elettri- co ; vuole che rapporto ad un corpo che hrucia av- venga quello che avviene nella scarica della boc- cia di Leiden , della pila voltiana , e delle nostre ìiiacchine elettriche comuni , e che la teoria La- 'voisieriana , la quale ripone tutto il processo della combustione nella condensazione del corpo detto comburente , confonde quello che è effetto con quello da cui dei iva , e che perciò non giunga a spiegare tutti gli accidenti , e tutte Ir; circostanze . Pei' ciò che riguarda la prima delle due ob- biezioni , cioè che il calore sensibile non è pro- porzionale alla causa ad esso assegnata dai pneu- matici, e su cui tanto romore ha fatto anche il no- stro celebre chimico Brugnatelli distinguendo le combinazioni dell ossigeno , da quelle del termos- si geno , 'è vero che Lawisier non ha dimostrata questa sproporzione, come Ihanno dimostrata i due chimici ceJebri di sopra nominati ^. e che non ha posto ih fatto in quel lume\i che lo ha posto il prqf. pavese ; non ostante però pare che non ab- bia ignorato un tal fenomeno , e parlando nelle sue istituzioni della combustione , e della luce , e del calore, da cui la medesima è' accompagnata , ilice chiaramente che il calorico si iissu talmente Combinazioni dei combustibili fra louo 293 in alcuni corpi da costituire anche in porzione le loro parti solide. Aggiunge in seguilo clic Vaer os- sigeiio fissandosi nelT azoto ritiene gran parte di quel calorico , che con lui è combinato, e che non in tutte le combustioni si sprigiona la stessa quan- tità di calorico^ in modo che corrisponda alla quan- tità del corpo che muta stato, la quantità di ca- lorico che si spande neir aria , e che ne innalza la temperatura. JNon dice esso, cpme di sopra si è detto , che il fenomeno delle capacità aumentate o diminuite è subordinato a quelle Ifggi di attrazio- ni, le quali si estendono dai grandi corpi che son nello spazio , alle più piccole mollecole elementari della materia ; ma non è per questo , che se non lo ha calcolato, e non ne ha resa ragione, non abbia veduto un ftUto , con cui si è ora preteso di fare un arme, onde rivolgerla contro di lui, e a danno di quella scuola che ne ha seguitate le traccie . La cosa che Lavoisier non ha veduta , e del- la quale non mi pare che parli in alcuno dei suoi scritti, è l'altro fenomeno esposto Ja Davy ■, al qua- le, come abbiam detto , sembra voler ridurre Ber^ zelius tutta la teoria della combustione, esaminia- mo se Tignoranza di ciò eh hanno osservato i chi- mici olaìulesi^ e più esattamente Davj stesso, poS* sa dare a Berzelius tutto quello che da lui si pre- sume, e dare alla sua definizione ^ o per dir meglio alla teoria che pretende di stabilire , tutto quello che manca alla teoria , che si vuol rifondere e rin- novare . Debbo premettere che quando scriveva Lavoisier non si conosceva Telettricità per uno di quei chi- mici agenti capaci di vincere le sintesi le più re- frattarie , e che non si sapeva come certe analisi. 2^4 Scienze le quali non si erano mai avute per mancanza dì corpi l'orniti rapporto ad altri di bastanti a/fmiià divellenti^ si potessero effettuare , facendo nascere con Yelettrìcith delle forze non naturali alle molleco- le componenti i corpi, e ciò quando tutto manca- va per decomporli , e per averne i prlncipj . JNon si sapeva neppur che i contatti^ che Y evaporazioni , che ^ossidazioni e che in genere un corpo, il qua- le passava da uno stato ad un altro fosse per indur- re uno sbilancio in questo fluido sparso in tutta la natura , e che poteva ciò molto influire in quelf operazioni , le quali formano l'occupazione de' chi- mici . I germi àeW azione chimica deU elettricità so- no stati gitlati sul cadere del passato secolo prin- cipalmente in Italia ; ed ì primi , i quali stabilirò* no l'epoca della chimica pneumatica^ non si occupa- rono in questo ramo di elettricità allara cpiasi sco- nosciuto. Troviamo solamente Berthollet ^ il quale iieir albore di tante nuove scoperte , avuto notizia della pila voltiana e degli effetti ch'una corrente elet- trica mai interrotta poteva indurre , sospettò con tutta ragione nella sua chimica statica che la scien-- za andava ad acquistare un* agente, il quale avreb- be manifestato nella formazione di certe combina- zioni cose inaspettate , e superiori a tutto quello che si conosceva . In fatti così è stato . Entrata Yelettricità nei nostri laboratori sono sparite certe anomalie^ le qua- li imbarazzavano; ed un esempio ne danno fra tan- ti le metalliche precipitazioni , rapporto alle quali in mezzo agli scritti stessi di molti dotti chimici che se ne sono occupati, si rimaneva sempre incerti sul- le cause da cui erano determinate . Un esempio ce ne dà il creduto acido muriatico ossigenato , che si è veduto lutt'altro esser che un acido:, gli alcali e Combinazioni dei combustibili fra loro 29$ le terre in genere , sulla natura delle quali dubitando Lavoisier, ri suo dubbio dalF eleltrìcità è stato ridot- to a certezza :; ed altri che se ne potrebbero anche addurre . Rimane però a vedersi , se mai nei feno- meni stessi deir elettricità possono aver qualche parte le azioni chimiche , come le forze le quali nascon da lei l'hanno in tanti effetti che la chimica ha creduto lungamente che fossero di suo solo di- ritto , e che ha dovuto poi ora vedere clie real- mente non lo erano . Io per me credo , quando ella ne convenga , che vada distinto quando in mezzo ai nostri pro- cessi r elettricità opera meccanicamente , o j^er dir rae^ìo Jisicamente , da quando agisce con forze as- solutamente chimiche; e che non si possa discor- rere nello stesso modo quando la vediamo decom- por Xacqua, e quando obbligando a brugiar Vidro- geno la riproduce. Mi pare ch'anche Y elettricità debba sentire, come sentono tutti gli altri corpi, benché siano di natura imponderabili , quella for- za a cui Bergman dopo Newton fu il primo a dar- cene leggi, forza ch'è perla materia universale; e che se si riguardi sotto quest' aspetto un tal flui- do, forse alcuni fenomeni che Velettricità ci appalesa, non siano dell' elettricità che li mostra , ma dei corpi su quali esercita il suo potere . Or sarebbe mai la grande esperienza , con la quale Berzeliiis ha creduto di dare una nuova idea AgWsl combustione, uno di quei fenomeni , che si credono proprii deli' elettricità , e che poi in realtà non lo sono ? JVon potrebbe Ibrse succedere fra il rame ed il solfo quello che succede per esempio fra 1 ossigeno ed il carbone, e tutte le differenze talmente ridursi ai corpi che sono in azione, chela neutralizzazione delle due elettricità opposte sia un effetto dei pria- 2C)0 Scienze cip], dai quali nasce la combustione ^tìon mai quel- lo che la costituisce ? Mi pare che ciò si debba esaminare con qualche diligenza avanti di deci- dere un punto, che tanto interessa ìa chimica^ e la fisica : ma prima però è da vedersi se quest' azione, di cui si soppongon dotate le moUecole che compongono il Jluido elettrico , si dia , ed in quali incontri, ed in quali corpi essa agisca. JVollaston fra i moderni ha confermato, ch« \ elettricità conduceva Vossigeno a fissarsi nei corpi, e che una serie di scintille indicava un consumo neir aria che si respira . Lo vediamo se in un va- so si mescoli dell' aer ossigeno o con Vaer azoto o con Vaer idrogeno, e se per mezzo di due condutto- ri si faccia questo fuoco traversare tali arie, tali arie spariscono, si combinano le ioro basi, e si raccoglie in ulfimo dell' acido nitrico , e dell' acqua . Simi- li ienomeni si appalesano anche che si tolga Vos- sigeno , se l'elettricità trascorra mistioni di aer idrogeno e di aer dorino , ed anche di aer idro- geno e di aer azoto . Si vede eziandio che se Yelet^ iricità stessa investe un Jilo di rame, il rame è (•ondotto prontamente a consolidar quell' ossigeno che l'elettricità stessa scioglie dall acqua ^ come il tellurio posto nelle medesime circostanze beve \ idrogeno c\\(ì in grazia della corrente volliana ò dall' ossigeno abbandonato . Pare che quando si tratti di sostanze aeri- formi 1 elettricità operi nei mestrui che fondono le basi dei gas- che in certo modo impadronendo- scne vada quindi a disperdersi ed a bilanciarsi mediante loro con i corpi circonvicini; e che le basi così lasciate in balìa di loro stesse seguitino Je affinità che loro son proprie . É rapido ed istan- taneo il fenomeno, accompagnato da fiamma e da Combinazioni dei combustibiIi fra loro 297 violenta detonazione, se si fa strada in mezzo al- l' aer - ossigeno , e all' aer-idrogeno , o in mezzo air aer 'idrogeno , e all' aer-clorino •. è lento, sen- za segni apparenti, e senza deflagrazione , se 1' a- rie saranno ossigeno ed azoto , o pure azoto ed idrogeno ; e la differenza può ben nascere dagli ostacoli , che 1' elettricità trova verso dei mestrui che investe, nelle basiche ci sono disciolle. Qual- che cosa pare , che aggiunga quest' elettricità stes- se anche al rame , ed al tellurio , e gli effetti , i quali se non altro , non sono così pronti se si tol- ga di mezzo questo fluido , sembra che in qualche modo lo persuadano. So che quelli i quali oggi tutto riducono ad attrazioni , e repulsioni elettriche , e non voglio- no che pili si parli di attrazioni assolute , e di affinità-i mal volentieri sentono che questo fluido di- rettamente agisce nel calorico e nella luce , e che possa avere delle tendenze proprie, diverse da quel- le che ci mostrano i corpi animati da elettricitìt simili^ e da elettricità diverse. Può una corrente elettrica , dicono questi indurre uno sbilancio nel- le mollecole per esempio dell' ossigeno e dell' idro- geno i rendere affette tali mollecole di elettricità opposte ; e mostrarsi così le medesime di attrarsi spontaneamente per una forza propria , quando nsa è che r elettricità quella che la spinge ; ed in que-, sto caso le mollecole stesse lasceranno i mestrui che nascondevano , senza che nella libertà che que- sti vanno ad acquistare abbia alcuna parte 1' azio- ne immediata del nostro fluido. Io non mi oppongo , che questo discorso non abbia molta forza , e che in molte analisi in spe- cie , ed in molte precipitazioni ciò non succeda j il v«der« perà ckc la xueUesima ekfiricità nelle 2(jS S C 1 K N 2 E stesse mollecole non opera sempre nello stesso mo- do , come avviene quando f idrogeno e /' ossigeno formon /' acqua , e quando sono in stato di arie ; che le stesse scintille, fatta l'esperienza con f ap^ parafo di Pearson , dividono quei principj medesi- mi , i quali ridotti allo stato aeriforme sono dall' elettricità riuniti ; e che quella elettricità la qua- le favorisce la formazione degli ossidi , favorisce anche la loro disossidazione ^ sono cose le quali mi hanno fatto sempre qualche difficoltà , e convien dire che V abbian fatta anche a Morgan a Biot a Singer , ed ad altri eziandio. Questi esaminando la quistione se 1' elettrici" tà abbia per carattere proprio la luce , e se que- sta venga con lei , o pure se sìa un edotto , che cavi dai mezzi dove opera , come da tali mezzi la cavano i corpi che diciam combustibili , osservan- do , che questa luce apparisce nel vuoto, dove non pare che si possa supporre ciò che vogliono quei fisici i quali sostengono che nasca dall' opposta elettricità delle mollecole, le quali unendosi ia la- sciano , dicono che la medesima assolutamente proviene da una pressione causata dalla velocità , con cui r elettricismo si muove nel mezzo per do- ve passa ; che quasi faccia quello stesso questo flui- do che fa r aria ristretta in quegli ostacoli che a lei impediscon 1' escita ; e che i corpi coibenti , i quali particolarmente più si oppongono al suo passaggio , sono anche quelli che più ne risenton gli effetti . Convengono questi fisici che le sin- tesi dall' elettricità promosse fra le basi aerificate sieoo un effetto dei mestrui che perdono in gra- zia dell' elettricità che loro li toglie ; i fenomeni che questa luce presenta nel vuoto suppongono , che possano derivare dal non darsi assolutamente Combinazioni dei combustibili fra loro agg un vuoto clie si possa d'ir perfettissimo ^neppur ba' rometrico; e lo confermano col vedere che que- sta luce tanto più diminuisce in quantità ed in vivezza, quanto più il mezzo, da cui ì elettri- cità Testrae si va dividendo e rarefacendo. Non interessa lo scopo delle nostre ricerclre r esaminare , se questa elettricità possa forse più operar nella luce ed in conseguenza anche nel calorico che nascondono i corpi , per una certa sua affiintà verso questi mestrui (i),che per una mera pressione , come crede Biot\ e se il suo si- stema rende una giusta ragione tanto d^i fenome- ni che X elettricismo presenta nel vuoto , quanto del come una piccola scintilletta che si slancia da una punta ad un altra, e che agisce in una pic- colissima porzione di aria , possa cagionare una pression così grande in una gran massa di aer idrogeno e di «- i^j , quella che col solo stroppiciarli insieme si veggono come circondati da un' aura fosforica, la quale non è né elettricità nò fuoco. Or che questa sia presa ààXV elettricità quando, mediante le mac- chine e /' isolamento , e stato questo fluido acco- mulato in un corpo di natura deferente , mi par che lo provino le scintille , che se ne cavano , le quali non solo son vivissime , ma son varie di co- lore secondo chi» varia il corpo che si cimenta ; di modo che anche per autorità dì Singer sono dinni 7'osso acceso se escono daìì avorio; verdi se si ca- van dal cuojo inargentato ; e gialle se attraversa- no il carbojie. Se ques.ta luce fosse dell' elettricità , o se nascesse da un azione, che l'elettricità, co- me vuole Biot , solo esercita sul mezzo , non do- vrebbe essere sempre identica, e dello stesso colo- re? Pare dunque che alla luce del mezzo si unisca anche quella ch'esce del corpo, e che se ne alteri così la tinta ; non essendo mai la luce che bevono i corpi tutta quella che compongono i raggi , e quella che si va a immedesimarsi con alcuni, la stesssa di quella che va ad immedesimarsi con altri (3) . labile la suppo^izioae di un cifffrilla, che le aitre due di Biot , e di Berzelius. (i) Ciò si vedo anche nelle conihusUnni., le quali prendendo dii'ersi w'olyri , se il corpo die arde contiene o della buriia , o del- 3o2 S e r K N z r. Ma ci è anche di più , Hathct , e Thenard avendo cimentati col mezzo di una pila voltiana due fili di ottone , uno immerso nell' aer azoto , e r altro neir aer ossigeno , videro che il Jilo , il quale in questo ardeva rapidamente, e con scin- tillazione, nell'altro non si alterava, e non di- ventava che rosso. Se 1' eleltricità è assai forte dice Singer , che nel primo anche sì fonde , e che nel secondo l' ottone si decompone \ il rame si trova separato dal zingo ed amendue si scopro- no ossidati. Lo stesso si vide nel carbone , il quale assoggettato alle stesse prove nel vuoto di- venta incandescente; ma non arde, non si con- suma e non softVe alterazione alcuna. Non dipende , dice Singer nel suo trattato ri- guardante fazione chimica delf elettricità ^ la luce dall' ahbruciamenlo del carbone. In un' aria priva di ossigeno , e 1' esperienze si son tentale anche neir aer idrogeno puro , lo splendore è lo stesso. Sì è osservato ancora che nel! «c^tóa , neW alcool , neir etere , e negli olj , o sieno i fluidi dotati di poca o di nessuna lacoltà conduttrice , la luce conserva la stessa intensità e vivezza , e questo fenomeno si è veduto anche , se si confricano due pezzi di quarzo insieme , come abbiam dotto di so- la sironiiona , ed anche se si mescola nella polvere da cannone del solfo, del nitro, e ileU\lun(dur(i di diversi meicdli. Convien quin- di (lire, che ai mestrui i quali lascia l'Ossigeno che dai comhiislibili e precipitato , si vada ad unire anche molla luce comenuta nei corpi, che si fan bruciare , e che non essendo in tutti la stessa , neincno. in tutti ^a lo stesso il colore della fiamma che ne ri- su!u. Combinazioni dei combustibili fra loro 3o3 pra , in fluidi che non sian V aria in cui vivia- mo (i). Se pertanto V elettricità ^ anche per sentimento dei fisici , non è né calida , né lucida ; e se T es- perienza assicura che dai mezzi nei quali certi corpi si trovano non si può ripetere né la loro fusione, né il loro infuocamento (i), pare chela conseguenza che da ciò si deduce non debba tro- vare difficoltà , cioè che la materia elettrica con- densata e ridondante nei corpi prenda e 1 uno è r altro da loro ; che faccia , ma per ragion di- (i) Dcwy ha notato che il carbone, e il corpo, il quale è più presto di qualunque altro condotto deìV cleltricHà allo stato d'(^m- iione. A ciò sembra dover contribuire il carbone stesso, il quale adsorbendo tuttala luce che viene dai rctg^l solari dee molto accre- scere quella che 1' elettricità porta seco dai corpi che investe. Sic- come poi sembra , che i corpi , i quali anno molta luce , e molto calorico , e che facilmente in certe circostanze l' abbandonano facil- mente anche son quelli, che piii sono atti n dare origine a certi (iddi ; cosi si potrebbe credere , che nell' acido prussico , o sia cianico, il quale non è reso tale dall' Ossigeno, potesse il carbone far le sue veci, e render acido una radicale doppio composto d'I- drogeno , e di Azoto. Qucst' acido detto prussico quando la sua na- tura era sconosciuta , e cianico da uno degli effetti , che costante- mente produce sembrerebbe che più conveniente si potesse dire car- bo-azotidrico, ed i suoi sali azoidrati e denotare cosi ì principj che lo compongono. Non ho trovato che alcun chimico abbia esposto quest' ac/rfo air azione della corrente elettrica, e dica come si di- vidono le sostanze dalle quali risulta. (2) Singer ha con molta accuratezza, come si vede nell'opera di sopra citata, ripetute l'esperienze di ir«fc/ie^ , e di Thenord an- che con molti fili di diversi metalli ed in tutte 1' arie le quali non son capaci a mantenere la combustione ^ e sempre ne ha avuti gli stessi risaltati. 3o4 S e 1 E If Z E versa , quello che fa Io stroppicciamcnto , e la compressione nei corpi duri, alcuni dei quali vo- mitano luce e calorico , altri calorico solamente , e questo in quantità tale da fare anche bollir f acqua, come neir introduzione alla geologia riporta anche JBreislak ; e che escendone poi con 1' irradiamento della luce e del calorico si vada a disperdere , ed a riporsi in equilibrio. L' impossessarsi che fa V elettricità di tali me- strui, se si dà, dovrà anche avvenire nel passa- re che fa da una coppia ad un' altra della pila voliiana , e ciò nella proporzione medesima , eoa la quale le coppie stesse si caricano : non appa- rirà per altro se non quando aumentata nelf ulti- ma , si troverà come addensata e ristretta in un Jilo di piccol diametro^ ed obbligata a passar pel Carbojie ^ il quale presenta qualche ostacolo al suo corso. In questo caso, giudicando da ciò che si vede, il calorico investirà il Jilo ed // carbone ; la luce s'irradierà; si faciliterà con questi mezzi il passaggio al fluido , che cerca di andare a riparar la perdita fatta della prima coppia ; e si rianimerà così quella corrente, alla quale dà oc- casione un tale apparato, finché V effetto dei con- tatti dei corpi metallici è reso attivo dai cartoni umidi che dividon le coppie. Questa slessa, a parer mio, è la cagione di quel- la luce placida e smorta che si appalesa nel vuo- to (i), quando il vaso che lo mantiene riceve (i) Biot per ispicgarc la luce che si vede nell' interno di un va. so vuotato d' aria con la macchina pneumatica se esteriormente sì stropicci con una pezza di lana, e quella che si vede lungo il tubo del barometro, se il mercurio sì scaccia, scorrere per la canna del wedcsimo uega l'esistenza di un ^'Mo/o perfetto^ il quale se non si Combinazioni dei combustibili fra loro 3o5 l'impressione eli una caripa. La litce che si appa- lesa è più probabilmente del vetro formante il va' so di quello che sia del mezzo assai rarefatto, del quale r esistenza non si può supporre in ^«(^/ ■vuoto , che col mercurio si la nei barometri par- ticolctrmente bolliti ; e subilochù V elettricità la conduce luori dagli altri coi pi , perchè non la con- durrà fuori unitamente al calorico dal vetro eziant dio, e non si dovrà dire chi; con firiadiamen- to loro , mancando f aria clie gli si oppone , ab- bia una facile dispersione / Se dunque da tanti fatti, che abbiamo, consta , che alcuni ess* ri , i qrjali con \ elettricità si appale- sano, deli elettricità propriamente non sono; che la medesixua non è al più , che una causa deterxninan- <ìà ne] vocuo Boiìlano si da sicuramente in qviello*, che dicono ì fi- sici berometrico. Vuole che anche qui dalla fo-.za con cui tclett li- cita investe mezzi così rarefatti sia costretta la luce ad cscirc , e dalla sua debolezza crede di avere una ptova, la ijuale favoi-isee la sua teoria. Biot però non accenna T esperienza dei ^(i metallici e del carbone fatto nel l'uoto , e in arie non comburenti con la pila di Volta nelle qua^i rcZe//r/c//«, che tende di andare dalla sommità della pila alla sua base , non cerca di scaricarsi sul mezzo ; e non può in conseguenza obbligare il mezzo stesso dove si trovano , tan- to più che alcuni di questi mezzi non sembra che la contengano , A dar quella luce, della quale si vegg;ono questi y2/« investiti . Ciò succede solamente nel caso , in cui i Jili siano immersi ncZF aer ossìgeno dove Ja luce , che con V elettricità passa nel filo si unisce a quella che abbandona il mezzo , ma in questo caso succede una combustione , e può liciiissimo la luce che in maggior copia si sprii giona dal /?/o provenire , non da.IV elettricità , ma dalla precipitazion dclV ossi:;eno a cui Talzamento di temperatura dalV elettricità indoi' tsi nel Jìlo stesso può dare occasione. G.A.T.Xil. ao 3o6 S e I K N Z B • te il fenomeno dì certe apparenli ignizioni ; e clic agisce , ma però in un modo simile, quasi come il solfino^ che si esige dalla legna , perché cominci a brugiare, cosa avverrà poi nella famosa esperienza di Davy ^ e cosa ci dovrà credere delle supposizio- ni , che vi appoggia Berzeliiis ^ Il fenomeno é , se- condo me, una combustione riducibile alle comuni. Il solfo, a cui non si può negare qualche rapporto con i sostegni della combustione^ agirà sul tame^ co- me agisce l'ossigeno nel potassio , nel jodio^ e nel mercurio , e in tutti i corpi metallici che snatura. "V elettricità che si svolge, e che si aumenta con l'ac- crescersi il riscaldamento , e con l'avvicinarsi la fusione e la combinazione de'due corpi , giunta ad un dato punto di l'orza ajuterà dal solfo la sortita del calorico e della luce , ed al momento che il solfo passa a combinarsi col rame, s'irradìeran questi me- strui , e suir ali loro \ elettricità anderà a ripren- dere il perduto equilibrio . L'esperienza sarà poco diversa da quella che si La dai Jili metallici accesi dalla corrente elettrica mediante la precipitazione deli' ossigeno , e la sola differenza consisterà, se io non m'inganno, che la carica non si eccita nel caso àeì filo dal contatto dei corpi stessi che si cimentarono , cioè dal con- tatto del filo stesso metallico con Xossigeno , quan- do nel caso del rame e del solfo lo sbilancio è promosso in loro medesimi e dal contatto mutuo , e dall'alzamento della loro temperatura; e siccome neir esperienza in quìstione quando ìelettricità é giunta al massimo, e i due corpi si son combinati, la caricii cessa , e ìelettricità torna al suo stalo na- turale: cosa che non succede nell' espeiienza de Ji- li e del carbone ; così la fiamma che comparisce nella combinazione dei due corpi è istanlaoeu , e COMBINIIIONI DEI COMBUSTIBILI FRA. LÓRO ^OJ quasi simile ad un vivo baleno ; non come l'altra la quale ha V elettricità che sempre torna in giro, e che mantiene il fenomeno finché il filo non è consumato. La fiamma in conseguenza, che in questa com- binazione apparisce, non sarà un prodotto di due op- poste elettricità , che si neutralizzano , come ha pre- teso di spiegarla Berzelius , sarà un edotto prove- niente dai corpi stessi , che si combinano , come vogliono i chimici pneumatici ; e Y elettricità potrà esser benissimo un fenomeno , il quale accompagni tutte le combustioni , potendo anche facilitare lo svolgimento di ciò che costituisce , e sollecita la precipitazion de\X ossigeno ^ quantunque questo sbi- lancio di elettricità non si possa in tutte ì&con^U" stioni render sensibile con una prova di fatto. Lo' voisier non ne parla ; e forse non poteva neppur dubitarne in un epoca , nella quale X elettricismo non si sapeva che aver potesse , come le ho det- to , in tante operazioni quella grande influenza che si è veduto aver ora; ma ciò non altera la sua teoria^ e le cose da lui vedute , subito che non è questo ciò che forma il carattere della combustione, e l'agente primario ilei fenomeni che l'accompagnano. Quindi il soìfo^c\\Q abiam veduto far le veci dì sostegno della combustione , e di principio acidiji'^ eante rapporto all' idrogeno^ ha lo stesso carattere rapporto al rame eziandio. Gi si combina ; ne altera ]a natura ; e Tatto di questa combinazione é accom- pagnato da un composto di luce e di calorico^ ccm? lo è quando ^ossigeno è chiamato a simili conbj- nazionj , e forma quel processo, a cui si e dato il nome di combustione . ÌS elettricità concorre , secon- do me, non solo nel primo, ma nel secondo ezian- dio , come sì vede concorrere in tutti quei casi , nei quali si dà una mutazione di stato ; ne ciò dee 10* 3o8 Scienze fare specie siiLlto che il calorico , la luce , e la ma- teria elettrica esislono sparsi in tutti i corpi; subi- to che trovano in loro il luogo per star in certo modo insicmo^ e subito clie ci doe essere una cer- ta determinata capacità in tutti rapporto a ciasche- duno, la quale in seguito di alcune mutazioni può essere o aumentata , o diminuita ; onde non dubi- tò di asserire ìfollaston esser V ossidazione la pri- ma causa degli effetti chimici dell' elettricità , e non già l'elettricità àelV ossidazione (i). Dopo perciò che ci son veduti gli effetti di queste alterazioni di capacità si è potuto render ra- gione della causa da cui nasce T elettricità atmo- sferica, ed il suo sbilancio; si son potuti spie- gare gli effetti diversi che induce la confricazione nel vetro , e nel solfo , riscaldamento nella tur- malina ; ed il contatto di diversi corpi fra lo- ro (2) si è veduto che, anche che questi can- giamenti siano piccoli , si ha sempre uno sbilan- cio particolare del calorico e dell' elettricità , che (1) Alcuni fisici credono di poter sostenere che il ccdorico , V dell ridici, e la luce non siano che modilk.izioni di una stessa medesima sostanza , ma se questi tre lluidi i qviali si possoa dir tali per origine, non per comunicazione come è Varia, Y acqua, il mercurio anno delle proprietà per le quali si rassomigliano , ne anno molte altre essenziali a ciascheduno per cui non si posson confondere, e che fanno credere non poter esser uno raodificazio- ue dell' altro. (•2) In quattro maniere sembra che si sbilanci l'elettricità nei corpi cioè per confricazione:, per alzamento di temperai ura ; per evTijtorazione promossa, e per semplice contatto . L' agente però che opera facilmente si può dimostrare non essere che uno , e che se variano le maniere da alterarne in capacità ne corpi, non varia il mezzo che si mette in opera pcn-lic ciò succeda. Combinazioni dei combustibili fra loro 809 si può calcolare, come quando si spruzza T acqua in uu Ji'rro ro^'eiiie ^ o in un carbone iiifocato a rossezza (i) Ognuna delle tre sostanze peraltro esì- ge un cangiamento speciale ; né in tutù i corpi il medesimo cangiamento produce lo slesso elFetto. Due pezzi di quarzo stropicciati insieme sprigiona- no molta luce senza dar segno di eìcitriciià ^ e di calore-^ due spranghe di metallo trattale nello stes- so modo, ed un vetro confricato con la lana ^ il primo nìostra solo un escita di calorico assai sen- sibile , e 1;' altro uno sbilancio di elettricità in ec- cesso assai notabile. Sono piccole le alterazioni che in corpi duri in specie possono indurre poche con- fricazioni ; e dovrà sorprender poi , che quelle mol- to pili forti , che nascono da sintesi e da analisi producono effetti simili, e tante volte, fenomeni , dei quali a prima vista non sappiam conoscere ed additare l'origine? Or a questo genere di fenomeni si riduce Ja carica elettrica osservata da Davf nel riscalda- mento à ^,4 me ; del potassio e del fosforo nell' aer dorino ; 'del potassio slesso nell joclio e di altre eziandio , quantunque Vossigeno non ci concorra . Abbiam veduto non aver ignorato lavoìsier ^ elle non tutto il calorico passa ad esser sensibile che molte delle sue sostanze semplici potevano di- ventar composte, e sbandì a questo fine nella sua chimica il termine di semplice, sostituendo in sua vece l'altro di decomposto . Petit e Dulong ha a calcolato ciò che il chimico francese non calcolò , e Bai^j ha confermato nelle terre in specie e ne- gli alcali^ sostanze che la stessa scuola pneumatica \\& dubitato che fosser ossidi , che la ragione per cui non si volle addottare il termine di semplice fu giusta . Così la scoperta del dorino ha tolte certe grandi irregolarità, che presentava il supposto ac/- do muriatico ossigenato, ben avvertite dai chimici lavoiseriani , ed il processo , con cui credette di addittarne la genesi l'autore delia chimica statica. La scoperta dell' jodio ha formato un'appoggio al- la ^ teoria del dorino ; e se si dà errore nell' epoca dei riformatori, questo è quello di aver supposti certi acidi o basi ignote , quando si doveva dire eh erano ignoti alcuni anche pel principio che li acidificava, senza fondarsi in analogie, le quali non son sempre il mezzQ il più sicuro per trovare la verità . Non ostante questo però la recente scjo- perta fatta da Thenard dell' ossigenazione e j^- pra ossigenazione dell' acqua, degli ossidi, degli acidi, ha giustificato ciò che la chimica francese ha attribuito alla parte respirabile dell' aria, ed il nome, che le ha dato, quantunque non sia la sostanza la quale induca simili modificazioni esclu- sivamente da qualunque altra . 3i2 Scienze Ecco il carattere di quella nuova epoca , la quale fin dall' altra mia lettera le ho accennato doversi aggiungere alle sette fissate già da Four^ croj , e che comincia col secolo che corriamo , la quale dopo l'esposizione delle cose latte finora, pare che non si possa dubitare esser la medesima lin epoca di perfezwnameiìto rapporto alla pneu- ìnaiica ^ a cui ha succeduto. Il dubitare che que- sta potesse essere accompagnata da una totale ìiuòva rivoluzione, mi pare che sia derivato dall' non essersi esaminate certe relazioni , che aver potevano i fatti che già si avevano , con altri che si sono in seguito presentati ; dal creder contradit- lorio ed opposto ciò che in ultima analisi al- tro non le' che modificar certe leggi, non false, ma solamente troppo shì polarizzate ; e dall' aver dato più peso a ciò che accompagna un fenomeno, che a quello che propriamente lo costituisce, arre- standosi in certe apparenti anomalie, senza riflet- tere chela natura, la quale non conosce disordi- ni e sconnessioni, conserva spesse volte col mezzo di certe irregolarità, le quali non sono che per noi , una mirabile armonia e continuità in tutto il complesso del sistema creato , onde ne risalti poi queir ordine e quella perfezione, che in tut- to il creato mirabilmente risplende. Ma quest' ordine , e questa continuità , la quale si scorge quando i fenomeni, da' quali di- pende, si vedano nei lori giusti rapporti , e quando se ne calcolino tutte le circostanze, risulterà dal- la maniera come io ho creduto di considerare certi esseri ; e saranno ben ridotti ad un solo identico principio fatti che sembravano allonta- narsene, e che hanno eccitato tanti dubbi , e tanti clamori? Questa sarebbe T ultima questione, che Combinazioni dei combustibili fra loro 3i3 6Ì dovrebbe ora esaminare; ma io la lascio intera- mente a lei , ed a quelle molUulici cognizioni , che meritamente la distinguono fra i chimici di maggior tiome . Riguardo a me , nell' alto che le protesto la più sincera stima, posso dirle, che non sono Un'o'stinato difensore delle inie opinioni , e che sòn pur' troppo persuaso , che facilmente si possoii prendere degli equivoci" . Mi ha sembrato degnissima di un filosofo , quàT era il più grande oratore che abbia avuto Roma, ciò ch'esso sole- va dire rapporto alle sentenze che credeva di se- guitare nelle sue tusculane qr.istioni : cupio ecfui- (lem refdll ; quid eniin labaro , nisi ut veritas in oniììi quaestione expliceturl Sono ec. L. Canali. Analisi chimica. delT acqua ferrata e sol/urea di Napoli . esiìguita da Giuseppe Pucci , con un ap' pendice _ sopra un nuovo liquido vesuviano. Na- poji dalla, tipogrqfia di Già. Battista^ Seguin^stra- da $■. Filippo e Giacomo .N.'^ 2.6. Estratto. i^orge r acqua acidula marziale di Napoli lungo la ri' a del mare, e presso l'ingresso del castello deir'Uovo. Appena attinta alla sorgente è limpida e trasparente ; presenta un odore h ggcrmente pia- cente, ed un sapore acido astrlng; nte molto deciso. Ha una temperatura di 21 del termometro centigra- do, ed un peso specifico - ioo3 , 84- I risultali del- l' analisi sono stati i seguenti : ^l^ S^C I E N Z 1 L' acqua acidula marziale nel peso di sei lib- bre contiene: Gas acido carbonico , poli, cub 4*' 74* Muriato di soda, grani . . . . , 47 Sotto carbonato di soda, grani ....... 4^' di calce . 33. di magnesia 07. di ferro 27. Silice , , , . . . • o3 Perdila ... : oi. L'acqua solfurea , la quale sgorga a piccola di» stanza dalla prima, è limpida, spumeggiante , ha un o^ dorè epatico , un sapore corrispondente , una tem- peratura di 18 centigradi , ed un peso specifico che è coir acqua stillata nel rapporto di 998 , 160 a 1000. Contiene quest'acqua nel peso di sei libbre le seguenti sostanze : Gas acido carbonico, poli, cub 5:3 , 81. idro-solforico 5 , 95. Solfato di soda, grani 08. Muriato di soda v . . . 3i. Sottocarbonato di soda .'■-. * •. . . 27. di calce s . . . . . 38. Silice V . . 02. Allorché 1' A. era sul punto di pubblicare 1' a- nalisi delle due nominate acque minerali di Napo- li, ebbe notizia che fin dall'epoca dell'ultima eru- zione del Vesuvio alcuni piedi sotto 1' orificio del cratere avevano incominciato a sgorgare tre picco- li gettiti di acque vulcaniche, una delle quali soprat- tutto fu sperimentata giovevolissima nelle affezio- ni scabbiose , e nelle doglie reumatiche inveterate. Desideroso di conoscerne la natura, se ne procurò lina piccola dose; e per mezzo dei reagenti chimici ebbe i seguenti risultati. Acqua ferrata e solfurea 3i5 Aveva quest' acqua un odore leggermente bi- tuminoso , un colore giallo verdastro , ed un gu- sto acido astringente. Cambiava in rosso la tintu- ra di tornasole ; dava un abbondantissimo precipi- tato col nitrato d' argento : col sotto-carbonato di potassa faceva una viva effervescenza , la quale ter- minava col raccogliersi al fondo del vase una ma- teria abbondante di un colore giallo - rossastro al- lorché era disseccata. Il triplo prussiato di potas- sa vi formava un copioso precipitato di colore az- zurro carico. Un deposito bianco vi produceva r ossalato di ammoniaca , ed il muriato di barite un leggerissimo intorbidamento . Per mézzo del- la distillazione dava prima del vapore acquo- so, e quindi del gas acido muriatico. Evapora- ta una piccola porzione della medesima in una capsula lasciò per residuo una materia gialla ros- sastra , di un gusto forte e stitico, deliquescente all'aria, e solubile nell'alcool, meno però una pic- colissima porzione di color bianco che reagiva sensibilmente sopra la soluzione del muriato di barile. Quantunque per la piccola dose di quest' acqua, elle era a disposizione déll'A. , egli non abbia po« luto determinare il peso delle sostanze che si tro- vavano disciolte nella medesima; ha però potuto conchiudere dagli affetti ottenuti per m^zzo dei reagenti, altro non essere quest' acqua se non che una forte soluzione di soprarauriati di ferro e di calce, unitamente ad una piccolissima porzione di un sale solfato ver^ssimilmente a base di soda. 3iG Saggio delt istituto clinico romano di medicina esterna , esposto da Giuseppe Sisco p. professore e direttore di clinica chirurgica nelt unÌK>ersità romana ec. ec. Terzo e quarto anno scolasti' co i8i8 — iQ . Roma nella stamperia De Ro- inanis . l/uesta preziosa raccolta di osservazioni chirurgi- che, pubblicala nello scorso anno , viene ora ad essere compendiata per dare maggior notorietà ad utilissimi sanitarii precetti ed operazioni , da filosofiche teorie, e da • esperimenti conchiudentis- simi , despnti. E primamente ci dà conto TA. di un aneu- risma del poplite felicemente sanato coir applica- zione del suo compressore , che in altre consimili dilatazioni arteriose esperimentò giovevolissimo - Un arco di acciajo capace di abbracciare la coscia al terzo superiure della sua lunghezza, costituisce la parte essenziale del compressore suddetto . Le estremità di quest' arco sono guarnite di due , cuscinetti: uno fiso, che serve per il lato esterno della coscia : l'altro mobile e compressibile a quel grado che si vuole , mediante una spirale che ravvolgesi sulla estremità dell' arco stesso . Quan- do il chirurgo deve servirsene, esplora, a traverso il muscolo terzo adduttore del iemore , il punto sul quale passa il lamo arterioso crurale , per so- vrapporvi quella estremità dell' arco che ha il cuscinetto mobile, fissando l'altra estremità nel la- to esterno della coscia; ciò eseguito, ravvolge la vite finché sia tanto spento il cuscinetto che il Istituto clinico romano 3 17 passaggio del sangue venga quasi o assolutamente iutorrotto al disotto della compressione . I sinto- mi d'insopportabile dolore nel luogo compresso , di gontioie nella gamba , o di raftVeddamento nel piede , si moderano col regolare il grado di azione del cuscinetto a vite , che il paziente stesso ese- guisce sulle istruzioni dell' operatore chirurgo. Da tale regolata compressione impedito il corso del sangue al sacco aneurismatico, comincia a rias- sorbirsi quell' inflltramento morboso che lo con- tornava . Poi il sacco stesso e larteria vanno obli- terandosi, senza che al sottoposto articolo accada disordine, perchè i vasi laterali, che sono al di- sopra del punto arterioso compresso, vanno a gra- di dilatandosi , e suppliscono al nutrimento della coscia gamba e piede . Chi ha veduto quali spasmo- dici dolori solfrono quegl' infelici cui si fa l'al- lacciutura sopra il sacco aneurismatico popliteo , quanto dilllcile sia T eseguirla esattamente in tut- ti i casi , quanti pericoli presenti poi nel corso della cura, e quanto incerto ne sia 1 esito , non può non convenire, che questo semplicissimo ed incruento metodo debba essi^re all' altro preferito . E difatto sappiamo , cho dopo che il professore Sisco annunciò , ne! suo primo saggio clinico , que- sto suo metodo avvalorato da istorie di cure feli- ci , molti altri professori di gran nome se ne so- no con pari risultamenti giovati . Il fuoco esperimentato utile in quelle esterne malattie che sono ribelli ai rimedj ed al ferro , secondo asserì nel notissimo aforismo Ippocrate , fu trascurato del tutto a nostri tempi ; e molti in- felici attaccati da quei morbi, che possono essere di- strutti da sì possente mezzo , miseramente periva- no , Il nostro clinico non volle trascurare 1 uso di 3i8 Scienze questo per salvare un giovane oppresso da un tu- more carcinomatoso , che gli occupava tutta la scapola sinistra e ripiega vasi sulla corrispondente clavicola . Avea il tumore la base durissima , il centro esulcerato , e contornato da turgidi serpeg- gianti vasi sanguigni . Tutti i rimedj farmaceutici, tanto interni che esterni , non aveano punto tratte- nuto, l'aumento del tumore; il ferro era inadope- rabile, ed altro non v'era d'attendere che la mor- te . Ricorse al fuoco , e quattro adattati ferri ro- venti , introdotti per tre volte in nove giorni nella sostanza del tumore , procurarono una graduala se- parazione delle corrotte parti eterogenee , ed il ma- Iato nel corso di un mese e mezzo fu in istato di sortire dalla clinica perfettamente sanato. Se i pro- fessori di chirurgia potessero ragolare limpressione che risentono i malati dal sentir nominare ferro jfuoco , quanti che per isfuggire il momentaneo urto di tali mezzi , lasciano trapassare il favorevole momento , pentendosi dipoi quando non è più tempo dì amministrarli , vi si sottoporrebbero pa- zientemente ! Una interessantissima istoria riporta alla pag. 19 il eh. A. Verte sulle estrazione di un cal- colo dalla vessica , che ne occupava quasi tutta l'ampiezza . Un fabbro di sopra cinquant' anni era da molto tempo molestato da tremori convulsivi , e da bruciore nell' uretra dopo espulsa l'orina . Incerto sulla natura della sua malattia , né potendo- la più sopportare , si portò alla scuola clinica in s. Giacomo degl' incurabili . Il nostro professore conobbe che l'esistenza di un corpo estraneo nel- la vessica occasionava tali sintomi : volle accer- tarsene colla introduzione della sciringa , e parteci- patane la notizia all'infermo, lo determinò alla Istituto clinico romano 3 19 >perazIone . Aveva V A. sentito esser grandissimo l calcolo racchiuso , e per non esporre il pazien- e ai pericoli dì un gran taglio nel lungo della vessica, preferì all' alto apparecchio il taglio la- terale . Con le consuete regole dell' arte fece l'incisione dei tegumenti della prostrata e della vessica ; ma quando con il dito indice della ma- ro sinistra seguendo il litotomo penetrò in vessi- ca , sentì che più voluminoso , che imaginato non avea , era il detto calcolo . Diresse subito il ta- gliente del litotomo verso il lato opposto al tagliò già fatto per ampliarlo quanto poteva . Introdusse la tanaglia , ed estrasse un grosso calcolo di figura approssimante al cono, con l'una faccia convessa, e l'altra concava. Conobbe l'operatore che altri calcoli restavano in vessica : onde ripetè l'intro- . dazione della tanaglia , e ne estrasse un' altro meno grosso del primo , Senti che vuoto ancora non era il sacco i onde tornò a rintromettere la tanaglia, ed abbrancato un altro calcolo volle estrarlo , ma gli fu impossibile : tanto era grande. Allora con- segnò la tanaglia ad un ministro con ordine di non tirarla , che ad un suo cenno : ed introdotto nell* ano il dito indice destro, spinse dal fondo della vessica il calcolo verso il taglio, nel tempo che il ministro per l'ordine avutone traeva a se la ta- naglia . Vinta così ogni resistenza fu liberato il paziente dall' ultimo micidiale corpo estraneo . I tre calcoli estratti , avvicinati nelle loro faccie con- cave e convesse , si combaciavano ed armonizzava- no esattamente come sezioni di un solo corpo « simile e grande come un ordinario limone . Dal fin qui narrato noi osserviamo, che non è una particolare circostanza che deve fare abbandonare uà metodo di operare l'estrazione dei calcoli della 3ao Scienze vessica , die vanta cento e venti anni e più di esperienze nella grandissima maggiorità favorevoli , come neir esposto caso è accaduto; e che quando si presenta ad un abile operatore una ciicostan/a alquanto singolare, non cambia un comprovatissimo metodo per qualche altro nuovo , ma prende quei compensi che le cognizioni anatomiche ed il faci- le maneggio del salutare coltello al momento gli suggeriscono . Altre non meno apprezzabili osservazioni si contengono in questo saggio , ed in queste sempre trionfano semplicità di mezzi, e precisione nclT operare. La cura di un prolasso della palpebra su- periore ottenuta in una donna coi solo uso inter- no della china, e con le fregagioni di laudano li- quido alla parte: due estirpazioni di occhi esegui- te non con i complicati metodi di Bartischio , di Hildano , e di Muyojo , ma con un semplice coltel- lo ed un pajo di lòibici convesse: l'estrazione di una grossa corda di budello soggiornala per dieci giorni nella vessica di un uomo , eseguita <;oì ta- glio laterale, che sanò in quindici giorni .- la cura di varie cataratte col metodo della estrazione : varj scirri : una frattura del collo di un femore riposta^ con semplici meccanismi; operazioni di fistole: e tutte le altre compendiate istorie di ma- lattie curate in settantaquattro uomini e quaranta- quattro donne , non comprovano quanto sopra ab- itiamo asserito , cioè che somma è la semplicità dei mezzi e precisione di operare, di che il eh. A. si serve a vantaggio della afflitta umanità, e ad. insegnamento di quelli allievi che frequentano le ^y^ lezioni teoriche, e la sua clinica? 32 Ristretto di fatti acustici di Giovanni dalV Armi . ( Art. XI, V. il voi. XXXr, p. iGi. n.M. entre nella macchina pneumatica sol con ac- crescerla riprese lo spazio 1' aria dilatasi a tal se- gno da lasciarlo quasi assolutamente vuoto ; do- vrebbe lo stesso accadere nello spazio inìmenso de' cieli , e la terra rimanersi senz' atmosfera , se ogni tendenza , e così quella dell' aria, ad espander- si non venisse meno a misura che si effettua ; e se r emetter che fa V aria raggiante calore , ossia se il suo freddo che colle altezze va crescendo, restringendola in sé medesima non agisse in sen- so contrario. Li dove queste due azioni antagoni- ste si compensano dovrebbe star il limite dell' am- mosterà^ e da lì in giù incominciar essa a ma- nifestarsi soggetta alla gravità, per cui può per- manentemente inviluppar la superfìcie del globo , ed esser sonora faria onde formata. La forza con cui \ aria mossa spinge i cor- pi solidi , e tranquilla resìste al loro impulso , dimostra èssere in lei , benché tanto molle e flui- da , una latente rigidità la quale col fargli istanta- neamente gran violenza diviene manifesta e la rende sonora ; non perù come i corpi rigidi nei quali il moto elastico alternante rigenerasi da se medesimo : fa pertanto anche nelf aria fin a un certo segno quest' eftVtto 1' indicibilmente vio- lenta e nel tempo stesso ampia scossa del ful- , mine ; giacché i colpi del tuono che ne risul- i tano , rapidi ed acutitoni in principio , e nel suc- cessivo rallentarsi scendenti al grave ( per quan- G.A.T.XU. 2 1 323 Scienze to mi è sovente sembrato secondo la legge dei toni armonici che appiesso considerpirmo ) , ge- neransi evidentemente 1' un l' altro per violen- tissima espansione dell'aria a concentriche di piiì in pila grosse croste di sfera . Fuori di tai casi il suono dell' aria a cagione delia di lei mollez- za non è sostenuto che per quanto persiste 1' azio- ne della forza esterna generatrice. JNiun corpo rigido rende tono sì grave che ]' aria negli ultimi colpi del tuono , o in quel- li di vaste e relativamente lente esplosioni : per ]a di lei grand' espansibilità e mollezza l' elemen^ to del moto elastico occupa allora anche un gran spazio , entro cui si può stare senza sentirlo an- cor formato mentre al di fuori tale si sente. Ciò mi è accadiito sul cratere del Vesuvio , ove le intermittenti frequenti ejezioni di sassi sentivan- si aecompagnate come da. gravissimo sofiio , men- tre già a piò del cono, e tutt' intorno , a Porti- ci, Torre del greco ec. si manifestavano a colpi rapidi e distinti simili al romorcggiar del tuono ; diversità che osservai bene tanto nel salire sul vul- cano che nello scenderne. In anguste aeree sfe^ re formansi acutitoni scoppj. Lo s^^oppio poi che r aria fa nell' aprirgli a largo repentinamente uno spazio cavo prima vuotatone, si deve necessaria- mente attribuire alla violenza della sua qui on- ninamente libera espansibilità ; giacché la velocità che può acquistar dalla gravità in piccol viaggio dì pochi centimetri è ancor ben lontana dai poter produrre un tal affetto. Essendo così manifesto che a norma della vio- lenza ed ampiezza dell'eccitamento ricevuto l'aria si ibi ma in minori o maggiori, di tono acuti o gravi corpi sonori con decisi benché invisibili li- Fatti acustici 3a3 miti ; basta render questi artificialmente stabili e visibili per indagar le leggi dì sonorità dell' aria fra essi contenuta. Lasciando T incomoda e non da ogni obbjezione esente tromba marina , mi sono a que- st' oggetto servito di tubi di latta, i quali se si soffia radendo trasversalmente sulle loro aperte ba- si ossia boccile , o anche battendovi sopra con la spianata palma -della mano , rendono suoni poco rimarchevoli sì, ma tonicamente decisissimi, pro- porzionali alle loro grandezze, e ben comparabili. Ecco i risultati principali de' miei così fatti es- perimenti. I." I tubi rispondono distintamente all' eccita- mento di debol soffio , o di debolissima percossa, per cui r aria non racchiusa di gran lunga non diverrebbe ancor sonora. Non posso ciò ad altro attribuire che alla somma vibrabiJità sonora della materia rigida che forma la corteccia del tubo, la quale per comunicazione a contatto di tutta 1' in- terna supeifìcie colia colonna d' aria che racchiu- de, scuote questa con bastante violenza per deter- minarla a sonoramente vibrare. 2.^ Due così racchiuse colonne d'aria eguali in lunghezza ma non in grossezza non sono perfetta- mente unisone: la più grossa è di tono un poco più grave della più sottile, e dai qui sotto seguen- ti fatti risulterà che tal differenza viene dal mag- gior spazio trasversale, e perciò maggior tempo di formazione dell' elemento di moto elastico nel più di materia e di volume. Perciò il tono d'un tubo cilindrico o prismatico avente ambe 1' estremità aperte è un poco meno acuto di quanto dovrebbe essere in confronto di quello grave che rende, aven- do chiusa una di loro ; giacché in quest' ultimo caso agendo il tubo come se fosse aperto ma di 21* 324 S e I E ir S B doppia lunghezza , il suo inalterato diametro è relativamente a questa doppiamente pìccolo. In tu- bi molto stretti tale sconcordanza è, come di ra- gione , già quasi insensibile. Così cappelletti pia- ni con lòio molto piiì angusto della luce dei tubi su cni ben commettendo si pongono , ne fanno ca- lare il tono da quella stessa o dall' altra parte ec- citato , di più o men piccola quantità come in conJronto Ira tubi angusti e larghi . 3.** I toni delle colonne d aria racchiuse in tu- bi cilindrici o prismatici scendono al grave o sal- gono air acuto, cioè sono sonoramente manifesta- ti elementi di moto elastico più o men lenti ed este- si proporzionalmente agli accrescimenti o diminu- zioni di lunghezza di esse colonne; appunto come vedremo accad'T in corde di diversa lunghezza a pari altf e condizioni . 4."* Un tubo cilindrico ad una bocca chiu- sa ha lo stesso tono come se avendole ambedue aperte fosse lungo il doppio, salve le modificazio- ne n.** 2." E quindi evidente che dal chiuso t'on- do I elemento di sonoro moto elastico prima di com- piersi ligiifgita (in alla bocca onde ha preso origine; ed è così ben concepibile, come il tono corrispon- dente ad una data lunghezza di tubo non varia per qualunque curvatura e piegatura anche retrograda che a qnesto si dia . 5." Oltie che a percossa ed a soffio radente suir aperta base , si può mettere un tubo in for- tissima sonora vibrazione dandogli fiato come si suo- le alle trombette, con facilità quando ha da i5 a 20 millimetri di diametro alla bocca, cavandogli se- condo la fòrza e il modo di dar fiato diversi toni da uno stesso tubo . Lasciando da parte il debole eiietto delia percossa j dal solilo baserà dente non si Fatti AcusTrcr 3a!> ottiene comunemente a bocche ambe(3ne aperte che il tono di total estensione del tubo cilindrico ; ma ad una bocca chiusa col gradato conveniente rin- forzar del soffio esso rende su eccessivamente ì to- ni dei t * t "> t ec, di sua lunghezza a bocche o ò 7 aperte, secondo la legge della ripartizione del moto in parli aliquote del corpo sonoro combinata col rigurgi- to (n.° 4'') dal chiuso fondo, gl'imi i ■> i * i^^- °^^ tubo stante V andata ed il ritorno del moto per formar elemento elastico , equivalgono ai supe- riori liberi t t i ■> L ec. : e la totalità del du- S 6 7 plicato tubo è realmente ripartita in 2 , 3 , 4 i ^^- parti eguali risonanti , di cui una sempre ripiegata sopra sé mescriiionc di Amiterno, recata da Lanzi come sabina, to. 1.11. pag. £iS. n. aS, 'S5j Letteraturì Giova considerare altresì , che i lavori di metallo richieggono una copia di mezzi , ed un avanzamento insigne neIJe arti meccaniche, le qua- ^j li naturalmente non passano che a poco a poco, da'rozxi necessari strumenti , alle decorazioni raae- \ stose ed eleganti della religione e della civile agia- tezza : che quanto è facile ed ovvio imprimere i segni de'pensieri sul molle prodotto di alberi o piante (come attestano le foglie de'barbarì anche recentemente scoperti); o sulle native pietre, che attissima supertìcie presentano , o con poco stento ad essa riduconsi ; altrettanto esser dovette un pro- cedere scabroso e lento quello di tirare il bronzo in ampie tavole, in armature, in arnesi d'ogni sorta, in imitazione finalmente della umana figu- ra , cominciando dalla foggia più dura e secca , e ' giungendo alla più perfetta e delicata , qual si mo- stra quella del nostro Apolline . Notisi poscia , che i bronzi senza lettere; sparsi per tanti mus»i , e per tante case dell Italia e dell Europa, mol- tissimi sono, e i distinti con lettere anche non pochi ; cosicché superano a pro[)orzioile di nume- ro , e di pregio , e di lunghezza del contenuto , i marmi tutti, di brevi leggende per lo più fomiti. Eppure la naturale agevolezza di fondare nuova- mente que' metalli, e la barbara avidità che di es- si venne in tempi posteriori (dalla quale io dedu- co, più che (ia allro , la procurata lunga rovina de'più salii mouumenti di Roma e dell Italia ) , sembrerebbe aver dovuto condurli a perire quasi tutti, assai più facilmente che le pietre . Da ciò risulta indubitato, a chi ben voglia ponderar l'ar- gomento, inlinita esserne stata un giorno la quan- tità , e continuata per molti secoli la labbricazio- ne . £d in vero, se la Grecia, di arti adulte orna- Idoletto di bronzo ec. 333 ta nella rimota età de' sommi suoi tragici, nomò costantemente tirrenici gli arnesi più nobili di me- tallo , com« le trombe; sarà pur giuoco forza con- cedere , che questi ed eccellenti fossero sovra gl'indigeni suoi, e da lungo tempo sparsi colà, per quel favore e quella celebiità, che fra le cultc nazioni altrara^^nte non si accorda . Solo da simili arti adunque, industriose figlie della nobiliss'raa del disegno , e depositarie per- petue di ogni gusto e sapere , a noi serbato ven- ne, sulle medaglie, sulle così dette patere, già riconosciute per antichi specchj , sulle tavole , sulle statue maggiori e minori , il prìncipal tesoro di tante epigi ali : e ciascuno quindi comprende, di quanti lumi ad esse vadano, e possano ancora andai debitrici per l'avvenire le solide discipline; quanto mai fosse giusto e conveniente l'appassio- nato tributo di laudi e di cure, che a quelle, ed alle produzioni loro, grati coi risposero i veneran- di nostri , Buonarroti , Gori , Malfoi , Mazzocchi , Passeri, Olivieri; e quanto finalmente sperare io deggia perdono , se a tale sing-olar corona d' itali- co decoro ardisco pure aggiugnere una tenuissima fronda. Fu certamente per queste ragioni , che il dot- to Lanzi nella sua maravigliosa opera delle etru- sco-italiche origini, e su brouzi massimi , quelli cioè de' sagrifìcj eugubini, lungamente trattò , dan- done un saggio di spiegazione, non rifiutato an- cora da alcuno ; e gli altri letterati metalli con di- ligenza raccolse, illustrandoli a sommo suo pensie- ro ; ne tralasciò il nostro : intorno al quale è ornai tempo , eh io vi rechi fedeìmeute quanto egli la- sciò scritto , nel tomo il alla pagina 5 i8 nu- mero XXXIV, dove in margine il chiama lare , e riraaada al disegno della tavola XV n. 4. 334 Lbtteratura CAISPAI=VARIENS IVPLTALSESVRE „ In una statuetta piccola , posseduta dal sig, abate Santini , lettore di filosofia in Macerata ; trovata allo StafFolo. Rappresenta un giovane co- ronato di alloro , e cinto di panno ; le cui ma- ni son tronche. E di quel genere frequentissimo ne" musei , che illustrò il Passeri ( mus. etrusc. to. Ili, p. II.), Gli chiama lari domestici i e sogliono avere per simbolo la patera e le placente; qualche volta incenso. La iscrizione è sul pallio . Il disegno della statuetta mi è stato comunicato dal sig. abate Amaduzzi . „ Questa iscrizione etrusca è i unica , a mia , notizia , che si sia trovata nel Piceno . Lo , scritto è alquanto diverso da quello della Etru- , ria media (I) ; opera verisimilmente di un , umbro , o di un etrusco , come dicono , cis- , padano; non già d'indigena (II). Vi trovo il , nome della offerente , che traduco Caepia (III) , Varii (IV) ; ed in ivpetal veggo conlusamente , il nome di Giove . Ciò che siegue è incerto (V).„ Annotazioni, ,, (I) Vedi tomo i. pag. 220, <, ove tratto del digamma volto al contrario, per , termine di parola , e del sigma , che posto co- ) sì S air uso latino , segna talora divisione , o , eufonia. Se ciò si ammette, leggerei CAISPAla . , VARIENS . IVPETAL . EORE ; che col me- , todo, onde un'antica ortografia latina si ridurreb- , be a moderna, diviene Caepiaea Varies Jupital , eore . Ma in questa ortografia poco v'è da as- , sicurarsi . (Il) Questa parte del Piceno non si » legge che mai fosse dominata da etruschi , ne* , tempi, storici . Pelasghi vi dominarono in tempi Idoletto di bronzo ec. 335 „ favolosi, secondo Silio {de hello punico^ Uh. vui, » ^- 444-) ,, Ante , ut fama docet , telliis regnata pelassi s , ,, Queis Aisis regnator erat , Jliivìoque reliquit ,. Nomen ., et a se se populos twn dipcit A silos . „ Ortograiia eolica in vece eli 4isilos . Veggansi ,, anche le Origini picene del sìg. canonico Catala- „ ni , e le Antichità picene del sig abate Colucci , „ due letterati benemeritissimi di quella provin- ,, eia . (1!I) Uel nome vedi classe li. n\ i. Del- „ la desinen^a v. n°. 5y. „ (IV) Vaiiens per amries è ortografìa , i cui esempj „ son ovvj in ogn' indice di latine iscrizioni. „ (V) Forse per IVPLTLRl , che i latini antichi „ dissero per Jovi ; EQpS? da 'eoj'^n , subhmilas , „ Ji,XCLLì>0 . Così i grvCJ aiEI . itiST^^, Jovi al' „ tissimo . Murai. 1. pag. iS Altii. su l'esempio ,, di minerval ^ che molto non è dissimile, tra- „ duna donum Joi'i ; e leggendo LS . VKli. , hn-^ „ geià quasi i^ ó^u , ex viso ^ da ò^xa ; onde anco ,, i greci per visuni dicean o^vi[ix . Potrei molto ag- „ giungere: ma ove mancano paragoni, più mi ,, piace il silenzio, o almeno la brevità. . Fin qui l'egregio autore; sul quale abbiamo a dolerci mollo, che non vedesse co proprj occhi la statuetta nostra . Questa fu pur dissolt Trata , e conservata sempre ^ in paesi vicinissimi alla di lui patria : egli viaggiò non poto per I [talia , ailoichè si accinse a comporre la sua isloria pittorica , Ma tuttavia pare, che rimanesse ingannato da un malvagio disegnatore , il quale prese per foglie di alloio i raggi troppo marcati e riconoscibili di una coroiia solare. Per ciò solo adunque il \alentiio- nie errò; giudicando la statuetta un lare de comu- ni ( che così sogUonsi chiamare gl'idoietti , ^uaiv? 33G Letteratura do non mostrano alcun simbolo determinato ) ; e non conobbe il nume assai chiaramente in essa figurato . Anche l'erudito mio concittadino Ama- duzzi fece molte peregrinazioni per lo stato, in traccia di antichità , che registrava ne'suoi odepo- rici . Vorrei crederlo però esente dal brutto ingan- no ; e solo fo rilevare y quanto importi nell' anti- co un disegnatore non digiuno d'erudizione, o se ciò è difìicile a trovarsi, almeno diretto da perso- na intelligente. S' aggiunge, che nelle tavole in rame di quell' opera i disegni sono ridotti a tale picciolezza e meschinità di esecuzione , che nulla v'apparisce toccato con quella chiarezza e verità, che pur converrebbe. Grande sciagura dell Ita- lia, che mentre vediamo spargersi tuttodì, sotto la maggior magnificenza di tipografia e d incisione ^ de'libri di niuno o scarso merito per la dottrina, non sorga uno di quegli antichi mecenati, uno di que' sapienti della insigne scuola nostra , il qual pensi a rifondere, aumentare, abbellire il tesoro di tante primitive cognizioni sulla parte più interes- sante del mondo , gloriosa maestra di tutte le altre ! Sarà per ciò menoma impresa , ma pure impresa patria e conveniente , che' io vi sotto- ponga l'immagine originale di questa rarità ; e mi faccia a descrivervela con tutta esattezza . Kappresenta ella un vago giovane , che sulla intiera nudità porta solo un manto , o pallio non. molto ampio; il qual gittato dalla spalla sinistra , e passando ad armacollo dietro la schiena , ritorna dal fianco sotto il braccio destro; vi si abbassa lento a formare un picciol seno ; e cingendo la fi- gura poco al di sotto dell' ombelico, finisce coli' estremo lembo in una ben intesa cascata dal brac- cio, sinistro . L'obbliquo scendere deli' orlo di Idoletto di bronzo ec. oSy questo Tra^/jSÓAac/oi/ , amiculum , sul davanti delle gambe verso diritta , e la picciola massa di pieghe perpendicolari contraposta dall' altra parte, di- mostrano bene l'ottimo pittoresco partito, che gli antichi sapean tiarre dal semplice giuoco di un panno quadrato , non volutosi conoscere da Win- ckelmann . Sul volto lievemente inclinato a destra, è pur molta l'espressione de'grandi occhi , e di quel 70^70'/ Kxì (T3y.VQiì , aspetto maestosamente seve- ro , tanto notabile ne' simulacri del nume saettato- re di dardi, o di luce; come, a cagion d'esempio, in quello della patera di recente illustrata dal sig. Liiigi Vescovali (3) . Sorgono i capegli divisi iu ciocche; fra le quali due simili più eminenti sul- la fronte , che possonsi dire il preludio del K^&ySi/- Aog , o ciulfo raddoppiato , con cui gli artisti po- steiiori contraddisùnsero Febo, e cui Winckelmann pronunciò gra/iosamente,, parere intrecciato dalle mani stesse delle grazie. Era cinto il capo di sei abbastanza lunghi ed acuti raggi: ma, tre di questi ora si veggon rotti dalla radice; tre altri sono al- quanto retusi ed incurvati dagli urli ricevuti : e per ciò solo un ignorante e sbadato diseguatore li scambiò in foglie di alloro, delle quali realmente non havvi ombra . Esaminando Foccipite , vi si scorge indicata una benda , o striscia circolare, come ad, impian- to e congiungimento del diadema de'sei raggi ., La chioma indi scende spartita in tre fioor^.v^oi ,' pSp siano innanellati cincinni , de quali due più copio- si : e con tante curve , che partono dal cocuzzolo quasi da centro, e semJjrMn. calpate con punta di (3) Giornale arcadico, voi. xxv. gciìTiajo 1821 pag. 92- G.A.T.:S.II. " ^ 32 ' 338 Letteratura stecco su molle creta, vien espresso il restante delia capigliatura . Questa si è runica parte tratta- ta neir arida vetusta maniera , conosciuta in etru- sco per molli esompj , e particolarmente pel famo- so (anciullo della biblioteca vaticana . Riflettendo perù considerarsi essa parte fuori di vista , noa crederei doversene trarre indizio dell' età con Pli- nio , che assicura esser durata simil foggia fino a Mirone ; e solo da Pitagora Leontino, o da quel dì Reggio , e da Lisippo , essere stata introdotta J altra più vaga ed esatta . Il braccio destro , ch'era prosteso alquanto , vedesi rotto a mezzo il radio superiore ; e mostra ancora il vestigio di colpo d'arma fendente; il sinistro, piij stretto al busto, e ripiegato orizzontalmente al gomito , per soste- nere alcuna cosa , non è mutilato che verso la giuntura della mano . Tutto il corpo si esprime posante sulla gamba e sul piede diritto , ch'è in- tiero , mancando però dell' antico plinto ; e la gamba sinistra , tagliata dopo la mela , coli' avan^ zamento della coscia , collo scorcio di ritiro , pre- senta l'atto più grazioso e naturale di muoversi . IVon può quindi avervi alcun dubbio , clie il nume offertoci dalla statuetta non sia Apolline da- tor della luce, Apoltine sole; e questo presso a po- co nella configurazione più solenne cui ci dice Mas- simo Tirio, che solea vedersi dipinlo o scolpito (4), liei^ócmov yvy.i'òv ex. J^Aaffit/of/oy , TO^órui' , cfìiocfiz^vmórx toì> iTùa-h ùimre^ Qeomx , puerum nudum a chlamydula , arcitenentem , pedìbusque paullulum currentis in modum diductis . Filostrato (5), quantunque per la pittura che descrive, adombrar cel dovesse in fog-« (4) Uisieitazione XIV pag. lòy. (5) Icou. lib. II. ly. pag. ^l^^. Idoletto di bronzo ec. 339 già di lottatore , non dimenticò tuttavia l'emblema iuminoso : ccKTÌng cfìs'xirxnaTx.'Txi mx^òf toi/ ix&ranrov , rada ab ejus fronte exiiir^iint . Se Plinio , e Pau- sania particolarmente , autoie di st'le sì espressi- vo ed elegante, avessero mai preveduto, dovere i loro scritti vivere assai più lunga età , che i mo- numenti di bronzo e di marmo ; nel noverare, co- me faimo , le molle insigni statue di Apolline, po- lean ben essi , con due parole a ciascuna , distin- guerne meglio le rappiosentazioni e gli artefici : e noi sapremmo della nostra ed il celebrato modello da cui proviene, ed i simboli , che tenea nelle ma- ni, ora tronche disgraziatamente. Sembra però che questi simboli debbano essere siali, o il plettro nel- la destra , e la cetra ueìla sinistra , o un ramo di alloro nella prima, e l'arco nella seconda . In tal gui- sa certamente veggramo por lo più eiligiato quel nu- me ne' bassorilievi e nelle medaglie, guide assai più sicure che le statue, sempre doppìaaieute pericolo- se nelle estremità. Basti accennare pcir le medaglie le autonome de' popoli orientali, e le imperiali latine é greche; nel- le (|uali pur frequente comparisce Febo, e radiato, e con gli jattribnti e l'atteggiamento del nostro , o almeno sotto picciola differenza . Tal si vede in quelle d'Aureliopoli , di Blaunda, di Briula, di Ma- staura , di Filadellia , di Sardi, di Tiatira , e spe- cialmente di Tmolo e di Traili , tutte città della Lidia; presso il Vaillaiit e l'Eckhel (tì) . Ho preferi- to nella scelta degli esempj questa Lidia; poiché es- sendosi voluto dà alcuni negare la venula da quel- le GOtrtfade de' iHt-vigftèe-ri -pelas^H-ùrpen-t , i qu^li — ' ■ • ' (6) Vaillaiit , nuiiiiiin. iaip. gì*. 1. eo. , Eckliel, D. IN". V. to- mo III. pag. 90- 22* 3/fo Letteratwra so non sigì)oreggiarono su tutta quanta l'Italia , v in- trodussero al certo, e vi niantenuoro i religiosi rac- conti , le arti , e la lingua loro grecanica, o simi- le : a me sembra miglior partito st ire per V af- fermativa, con Lrocloto , Timeo, ed Anticlide rife- rito da Strabone ; sul che veggasi quanto scrive il dottissimo sig. prof Greuzer , ne' suoi frammenti degli nnticbissirai storici greci perduti (^). Stimerei da ciò potersi prendere per contrassegno di origine lida , non avvertito finora, la testa di questo nume sulle monete dell'Adria prima e celeberrima, non la veneta, ma quella di nostra regione. Da essa sola convien meglio che introdotto fosse in Pk ma l'uso ed il -nome degli atrj ; e Varrone (8) ben appella tu- sci , o etruschi , gli abitatori della medesima umbro piceni atriati; quantunque non poco distantti dalla vera Ltrurìa , posta al di qua de monti ciminj so- pra Roma e più dall' altra Etruria suU' Arno . Facendoci ora ad esaminar più minutamente l'ApolIine piceno, credo non vi sarà persona esper- ta e di gusto, la quale, prescindendo dalla iscrizio-* ne e dalla provenienza', non riconosca in esso i'ani- matez^a, il bello, ed il felice di un greco lavoro . Oltre queir inspirato concepimento delia ligura, cui chiamano invenzione , quanto v'ha di nudo nel to- race , neU" addome, nella spalla che mostra, tutto è disegnato ed eseguito con una conoscenza e veri- tà perietta . Stabilito si avea l'artefice una movenza verso la dritta: ed il tronco si rivolge con la naa$- sima grazia e naturalezza; ed i muscoli e le membrit tutte, ripiegate, variate con bella ragione, seconda- (I^lbergae, itio6 pag. i45. , , ! (8) De L. L. lijj. XV, Idoletto di bronzo ec. 341 r.o egregiamente la ben presa movenza . Che diremo della iusione , o mano d'opera istessa ; s'ella risalta fortunatissima in ogni parte; se avverte Tocchio, per poco attento sia, die con altri strumenti, e in dif- ferente maniera sono state ripnlite e trattate le carni, in altra e con diiTeienti ferri si è espresso il pan- no? Merita lo stesso encomio anche il paitito del- le pieghe , le quali traspariscono , e sì ben comba- ciano il nudo ; altro carattere di primigenia scuola greca , già rilevato da diligenti osservatori , se non da Winckcimann. Tutti questi pregi, che bastereb- bero a nobilitare una grande statua, recano molto maggior maraviglia in una della breve altezza di ap- pena dieci once del palmo architettonico romano . Tanta scioltezza e leggiadria sgomenterebbe certa- mente qualsivoglia artista moderno , che ridotto nel- la imila/iione allo stentato , non potrebbe mai ren- dere i tocchi franchi e magistrali dell antico . È rivestita la statuetta di una non terrosa e non grossa patina, che mostrandosi sulìiciente- mente verde , nelle partì remote dal toccamento tlelle mani , nereggia poi nelle parti esposte al toc- camento delle medesime . Questa patina sottile e nerastra puossi assicurare la più consueta , tanto ne'bronzi della Grecia magna , che in quelli della Grecia di oltre mare. Altra volta (y) ho invitato i valenti nostri fisico-chimici a volersi occupare sulla difiFerenza di queste varie patine; in fenome- ni cioè metallici, nulla meno curiosi o interessan- ti, di quelli ne'quali spendono le loro esperienze . M'avvenne giorni sono di vedere presso il gentile raccoglitore sig. Maldura parecchi bronzi di prima bellezza , provenienti dalla Toscana . Trovai tante (9) Giorin-ik arcadico 0 voi. xix. hisìio 1820,3 alla psg. 78. ^ 342 L E T T E R A r L n A pahi)e dissimili, quanti quasi er;nio f pezzi; co- luinciando da quella che ha il corpo ed il colore di pietra malachite, fino a quella fatta a strisce di concrezione verdognola , con efflorescenze bianche, sovra un fondo bruno. A tutte queste daranno i chi- mici, come spero in avvenire , il nome di ossida- zione, con quell'aggiunto che loro piacerà. Notai però sopra tutto, che in uno di que' pezzi ripulito dalla patina (mi si permetta dire ) terrosa , cioè me- no consistente, ne restava un'altra interiore, fina, nerissima , e di molta lucentezza . Apprendo da Plinio, che gli antichi solcano ungere, o impia- stricciare i lavori d arte fusoria con olio , bitume , e pece liquida, ossia vernice (io). Mi par quindi non inverisimile, che solo dall' effetto di tali provvedimenti risulti la detta lucentezza , e quel fior d'opera, intatto dopo tanti secoli; a cui non potranno mai aspirare i moderni metalli , non cu- stoditi per simile intonaco . Anche il Coluccì, autore di troppi tomi sulle antichità picene , conobbe malamente il beli' Apol- line del suo vicinato ; e ne parla così sdegnoso ed ingiusto , nel tomo I. alla p.iyina 5o , in una no- ta alla dissertazione del Cua'ani . ,, Producendo „ taluno i monumenti clrusclii dissotterati nel Pi- ,. ceno, potrebbe essere qualche idoletto di bronzo- ,, In fatti uno ne fu trovato non ha molti anni ., nella terra di StafFolo , non mollo lungi da Osi- ,, mo; e fu acquistato dal. sig. abate Giuseppe ., Santini di detto luogo, jìcrsona eruditissima, e ,, professore di filosofia nella università di Mace- ,, rata , autore degli elogj picenorum mathemati' -, corum , stampato in Macerata pel Capitani (10) Plin. N- H. lib. XXX ir. faj4). 4- et 9- InOLÉtTO DI BIIOK350 EG. 343 ,, nel 1778. ,, Indi passa bruscamente a sostene- re, che simili picciole immagini saranno state portate in quella provincia dal di fuori; e, corno avvenir snoie agli uomini presi da violento pate- ma , o da stabile vizio dell' animo, non reca di ta- le asserzione la menoma pruova . Quanto è mai ve- ro , che nella dilficile scienza dell' antico non gio- va l'essere trasj)ortato da grande zelo , il compor- re volumi e volumi, lavventarsì formidabile bat- taglielo; se non assistano gravi e profondi studj fin dalla tenera gioventij ; se non la mente e il cuore sien relll rial più purgalo ed imparziale cri- terio ! Irritato il Colucci da contraddittori , che gli si eccitarono per gì islessi primi suoi passi da inesperto, abbracciò sempre più streltamcnte l'ido- lo, che si era formato, de' siculi soli fondatori di tutte le città picene ; e così , all' idolo il pii^i pernicioso in questa scienza, il sistema, egli sa- grilìcò sempre tutto l'onor suo - Frattanto concedasi, che questi sìculi, appro- dati per mare , di patria e di età molto contro- versa, fondassero nella provincia picena, Secondo alcuni autori , alcune città , come ragion vuole , marittime. Ciò non toglie, che secondo molti al- tri assai gravi autori , e probabilmente in al- tr' epoca , i sabini , gii umbri , gli etruschi non istendessei'o naturaluieute dalle confinanti montagne il loro impero , e la loro influenza , su quella pro- vincia. A compruovare l' indole guerriera e conqui- statrice di tali nazioni , e le positive istorie di grandi vicende, che rimaneano una volta intorno ad esse, basta il solo Dionigi d'Alicarnasso . Questi, uomo d' alti spiriti , non avrà certamente voluto mentire , o acquistare ignominia presso i romani , giusta i sommi de' quali scriveva, e co' quali ono- 344 L E T T E n A T u n A ratamenlc conversava , uè presso i suoi greci , eh erano ancora a' tempi di Augusto i celcbriiti maestri d' ogni sapere . Forse clie il Colucci potè ii;norare il grande numero di arnesi , di figure in bronzo, uscite dal terreno suo patrio (ii), collo- cate a pubblica luce ne' musei , ed in altri luoglii mirila provincia, trasportate anche altrove ; lo qua- li furono mai sempre tenute dagl' intelligenti per otrusche , od umbre ? Gli facea pur fede della na- zionale abbondanza il p. Paciaudi , a cagion d'esem- pio , che dalla famosa Cupra montana parecchie statuette assicura aver mandato a Parigi al conte di Caylus , il quale recollf^ nella sua c^elfbre raccolta sotto r indicazione appunto di etrusche e cupren- si (12) . Un uomo accinlosi ad illustrare le pi- cene antichità dovea ben sapere , che V acs gra- (li) L ibt iso oi-te>.iss '11 ■ sig. Gior ,i posiicdc due busti di l)roii- zo assai vag:i, e di grandezza «he si acosta al iiatiiraJc. L' arie fusoria pare farsi vedere in essi provetta . qual esser dovea sotto gli ìiLiiui consoli, o i primi cesari. Ma trattandosi di un' arte da tem- po si vetusto sorta e cresciuta in codesti paesi, temo ohe il giudi- zio del Tiostr' occhio pec hi nel dare meno antiihiià del dovere. Auiendue vengono da' campi della picena scitempeda , ora s. Seve- rino. 11 primo è un Apollo fmitissimo, con un ciuffo il piii acca- rezzato che veder si possa; l'altro un INlcrcurio palestrico, a mio credere, per le sue faliezze , e pel solo lembo di una sindone, che mostra sul nudo. L' intei-no della piastra sotto i petti, jscom- messo e logoro, accusa, che stavano piantali ciascuno sovra un tronco di erma d' altra materia. Gonic le statue , così gli ermi aero- liti Cf' acrocalchi erano molto in voga jìrcsso gli antichi ; e Cicero- ne , saputo d'ogni bella cosa, 11' andava appassiouaiissimo. (12) Gayius de Tubieres ( a questo secondo nome dee cercarsi negl'indie» dcjia biblioteca casanatense ), recueil d'antiquitès, etc riauohcs V. et XVII. Idoletto di bronzo ec. 345 -ve , quella maravigliosa serie , da cui si attesta r origine ed il perfezionamento dell' arte fusoiia presso gV itali vetustissirpi ,' giudicasi proprio sol- tanto cleir Italia media , nella quale comprendesi il Piceno, particolarmente dove si accosta ed en- tra ne' limiti dell'Umbria, fra le rocche cioè di un popolo torte . letterato , intraprendente. Ma vengasi alla iscrizione , per cui va singo- larmente adorno il bronzo staft'olese od esimano, e da cui sapranno i dotti decider meglio a quale italica nazione , a quali contrade attribuir si deb- ba. Sul paliiò adunque, o manto sovra descritto , discendono alquanto obblique due linee di carat- teri , che legger si vogliono sulla figura posta a traverso, e cominciando dalla destra di chi guar- da , nella nota maniera degli etruschi , stata an- che de' greci , e poi da questi abbandonata assai più presto. Le lettere sono piutosto grandi , ed incise non già con punta di tagliente bulino , co- me sulle patere, ma battute con largo ferro a gui- sa di punzone. Neil opeia il Lanzi le recò ridot- te alle forme tipografiche , già modellate da altri monumenti , e per ciò molto varianti dalle ori- ginali del nostro. Il pessimo disegnatore delle sue tavole in rame le trattò anche peggio , travisan- done affatto alcune , capovoltando e rendendone a rovescio parecchie altre (i-i)'- onde , se da que- sto esempio arguir possiamo de" restanti disegni, nulla o pochissimo avremo in essi a fidarci. Ho dovuto quindi attentamente delinear di mia ma- no tutta r epigrafe : ed è fortuna che nella tipo- (10) INeila tavola IV del tomo 1., desliiiata ai saggi de' carat- teri degli antichissimi italiani, la nostra epigiale fn incisa una se- conda volta, e tutia\ia con biasimevole iiilcùcUà. 34^ Letteratura grafia Salviucci abbiavi 1' egregio coraposÌLore slg. Gidcomo Grassini , il quale sa rendere in legno , eoa eleganza e fedeltà, qualsivoglia sorta d'an- tichi caraLteri. La mia lezione sarebbe : Caispais , o Caispai Fa' riens Juvecals ecure ; cioè , con un pò più di lati- nismo , Cajipor Jariensis jwvencialis , o jnveiitia- ìis ( Juventia natus ) , duminus est. Da più ra- gioni, le quali porterebbero il discorso troppo in liingo , mi sembra che il Lanzi, caduto anch egli in sistema , abbia per tutto il suo libio accre- sciuto fuor di dovere il numero delle femmine , iu vece di quello àe mascbi. D altra parte veg- go , che Plinio , dove parla dell' arte gr-'ca in- sieme ed italiana di fondere il rame, e dille in- finite statue tuscaniche , da lui vedute, con quel suo stile concettoso ed enfatico, ne ha bene av- visati , dovervisi trovar sopra i nomi de' poten- ti signori: Ideo etia'ii di'orum adscripla operi \ Cam proceres gentium claritalem et lina via quae- tereìit (i4)- A sostenere la pnma parola Caispais ponendo la lettera C per S linnle , ammessa da Lanzi stesso leggendo Caispai , coli' elisione della S avanti consonante, vecchia ortogralia anche lati- na , vaglia 1 accennar per ora i {hwitiporcs , Mar^ cipores , nomi consueti de ligli 'di famiglia nel- la primitiva Roma, giusta Varrone , INonio, Fe- sto, ed altri; non che il ceit4>re vaM) italo gre- co di KAAOS onOAS , iu cui già inciampò un (i4) N. H, Jib. XXXIV. rap. Idoletto di bronzo ec. 347 i;i aiicV uomo , non riflettendo esser nOA£ il riAis de greci, divenuto, per dialetto anche più spar- lano , nOAP , e poi confratlaniente por presso i romani ^ donde il pucr. Sulla seconda /«/vm^'/j- , che pare nome derivativo da paese e fiume dì vetustissima formazione in Siibina , Fara , o Z^- ria^ Farfa^ Faifar , dirò solo, non trovar vera l'asserzione di Lanzi, nella nota IV, che gli esempi di variens per 'vnries sien' ovvj in ogn in- dice di latine iscrizioni, o almeno non giungere a comprenderne T effetJo. Nel primo vocabolo dell' altra riga , la ter- za lettera J non è certamente il 1 pi , veduto- si di sopra assai differente; ma dall' autorità di altri monumenti sì riconosce per l'V consonan- te. Pili nuova e singolare mostrasi la quinta let- tera "C dell' istesso vocabolo, che da Lanzi, tra- dito dagli sgorbiatori , è stata pessimamente tra- sformata in T. Esser però ella una G vien con- cluso dall'appellativo giusto e necessario, che ne risulta, e da altre induzioni. Favellando sulla for- mazione dell' alfabeto latino con quel dottissimo nostro Akerblad , sì acerbamente rapitoci dalla mor- te , pili volte rilevammo , che la C discende chia- ramente dalle due obblique della K, ritondate al- quanto , ed omessane 1' asta perpendicolare. Lanzi avea già stabilito rettamente, che la maggiore o minore angolosità della lettera , e la sua voltatura a destra o a sinistra, nulla implicavano; in tem- pi segnatamente , ne' quali erasi già introdotta pres- so alcuni la nuova direzione dell €dil. ^'ylburgii. 35o Letteratura pò passato, dominns fuit ^ o erat ^ intendere po- trebbesi , che il nostro Gaipore Fariense Giuven- ziale avesse dedicato in un tempio la statuetta già sua ; ma mi sembra non far d uopo tanta esattez- za giammaticale in un linguaggio anterioie a qual- sivoglia grammatica. Il verbo più frequente ne'do- narj etruschi è TVRGE , o TVRVCE, che renda- si con molta probabilità clono dedit ; come se fosse c/ì(i'^DKe , o J\èJ\ói>^evv.i ^ da JlCós^m . JNon v'ha però , a mio avviso , vera certe/iza , che il tempo ne sia perfetto ; potendo quelf E essere un El del pre- sente, c/I^fsi'Ks/ ! ed il presente avea forse ruaggior grazia di enlasi nei!' antico, dono dai. Ho cita- to ben voloutieri quel TVRVCE ; poiché provie- ne dalla tanto ripetuta statuetta del guerriero già Corazziano corlonese, la quale fu scavata in Ra- venna: il che Lanzi non avveitì. Merita onnina- mente piena fede il racconto degli antichi stori- ei (i8) , sullo sbarco e stabilimonlo de' peJasghi aU la foce Spinetica del Po ; e sulla grande traversa , che indi feceto per l'Italia, fino alle più interne montagne degli umbro sabini ; essendoci questa indicata e confermata come da una larga traccia di mouumenti grecanici primevi, sparsi per tutto quel tratto w Quanto di nuova spiegazione ho eoa man volante abbozzato finora , prendasi per pura- mente diretto a tentare , se riesce ciò che il dot- tissimo e insieme modestissimo antecessor nostro più volte protestò uell' opera sua ; che i posteri cioè avrebbero potuto far passi più sicuri sulle orme giù da lui gloriosamente segnate . JNon havvi poi dubbio , che il simbolo più notabile e signilìcante del nostro cimelio non sia Idoletto di RRONZO EC. 35 I quella radiata corona , a cui posi la denominazio- ne di solare. i-SSa tuUa\ia è quella, che tu neglet- ta finoia , o piuttosto ignota affatto a tutti coloro, i quali scrissero, o scrivono intorno moniinieriii de'noslri musei, Duolmi, e doler dehbe agli ncìuiini di senno , che non si studino , e non si seguano per alcuno i liberamente gettati , ma per ciò non men veri dottrinali del grande Visconti . Qualsivo- glia statua, che mostri o i raggi, o più l'ori ad impiantarveli , od anche un solo buco nel vrriite, per conliggervi un disco radiato (ben differente dal semplice nimbo, menisco, od areola ) , giustamen- te dir SI potrà del dio Sole Febo ; ancorché i! suo volto ci presenti la fisonomia di un n'ratto . Llla è cosa ben ragionevole, che una immagine composta riceva il nome piuttosto dalle snperioii ed integranti divine sembianze, clif* dalle scron- darie ed umane ; e questa parmi essere stata la intenzione di que' monarchi ed iniperadoii , e!ie sotto gli emblemi di un nume hanno voluto compa- rire , o furon fatti comparire da posteri . Cosi net museo capitolino, tra i capi doperà dell arte gre- ca , e vera , ed imitata , che ora circondano il gladialor moribondo , la sublime testa detta di Alessandro magno, con que' loiami sul diadema, reclapia solenni mente, ond' essere tenuta, se aienn altra mai, tutta marcatissima di Apolline lebo. Il diadema , ossia largo e grosso stioiio , dati artista è stato in essa porLalo molto indentio , a fi- ne di sfoggiar iiberamenle nell alta capigliatura , caratteristica di quel nume . Che di più , se la chioma delT idolo picamo pure per Varrone ,* ri- feritoci da Gellio (22), che gli Umbri, contando la giornata, da un meriggio all' altro , sembravano stravaganti a' romani , saliti computarla in, vece da una mezza notte alV altra. IVJa questi raggi ap- pajono sette in alcune figure forse di ipinore anti- chità , e più numerosi anche in altre col cerchio pieno,, ad indicare l'intera rivoluzione' del grande asti;o , sopra e sotto V orizzonte. Basterà per ora d' aver toccato la remotissima origlile di una si- mile ingegnosa rappresentaz.ìone ; la quale d! altron- de a noi era stata posta avanti gli occhi da Vir- gilio., esimio non meno in poesia, che nella co- gnizione delle vetuste .memorie ^ là dove , in so- lenne pojupa guerresca , descrive 11 re Latino (23), Cui, tempora circum durali bis sex radii Jjulgentia cingunt , Solìs avi specimen. ]^gli trasse questa genealogia dall' autore prossimo ad Omero e di età e di. merito, Esiodo ; poiché di qu-esti ci rimane ancora scritto,, che Circe ge- Qierasse ad Ulisse Adrio e Latino (^4)? Adì^tov. , o piuttosto AT^/ov , e non mai Ay^iov , come avea già osservato il dottissimo Clerico. Circe diesasi ^. (2;i) N. A. lib, 111. cap. 2. (23) Aeneid. lib. XII. r. x6z. (24) Theogon. v, 101?. 354 JjETTERATpRA figliì^ del Sole , qua! donna venuta di levante > ed è un meraviglioso confronto , che Omero stes- so nell odissea , dove ha schierato tutte le sue Tiotizie intorno la nqstra Italia , n' avvisi . due vol- te appunto r accorto viaggiatore it!«cese snri0von ivHS , conscendisse lectwn della maga , ossia da- ma sapiente (aS) ; riconoscendo m tal guisa taci- tamente i detti due figli , che il cantore ascreo pone aver regnato 7r«, (^(tkóÌ y exerqeo -. Ostra , xitÒtcùv ò i4> So. ÌdOLETTÒ di BRbNZÒ EC. 35^ Sn pratica , l'avviso già dato dal giudizioso padre Pa- ciaudi , sul conto appunto de' nostri Piceni (3o)i che siccome tra' popoli rinchiusi , ed occupati dà lunghe guerre, il modo delle arti conservasi nel^ la primitiva rozzezza, co??l tra' pòpoli per commer- cio e per pace sciolti e diffusi, Je arti , ovunque il clima secondi, giungono a quella perfezione , a cui sieno mai giunte altrove. Lasciando adunque,, che le iscrizioni de'mo* numenti d'Ausonia , cotanto discrepanti per le lin- gue, 0 riieglio pe' vàrj dialetti . s'appellino pure di lingua Etrusca , di Umbra , di Picena , o di Um- bro Picena , e simili , riconosciute figlie della Gre- ca ; parrebbemi ben fattoj, che per non moltipli- car troppo il numero delle Etrurié , le sculture , ed i bronzi pailicolarmente , i quali anche senza lettere ia ogni provincia comirrciano da un secco barbarico poco variante , e terminano in lodevo- le bellezza , si dicessero tutte e tutti , come già è stalo introdotto pe'vasi dipinti, ciò che sono real- mente , italo greche ed italo greci - Inviterò chiun- que ancor dubitasse di tanta eccellenza italica nelle arti, a consultare attentamente un grand'uomo (21), che avendo preso motivo dalla istoria naturale, ha lasciato a' posteri che approfittar ne sappiano , la pili vasta e preziosa raccolta d'ogni dottrina ed arti- fizio antico , segnatamente ne' libri xxxiv e xxxvi. Egli troppo autorevolmente, per non essere abbat- tuto dalla semplice negativa di moderhi , ragiona é pruova l'arte di maneggiare il bronxo , e di farne disegnate rappresentanze , anteriore alla fondazione (3o) Monum. Peloporines. to. II. pag. 49* (oi) Plin; W. H. per tolum. 355 Letteratura tli Roma, e introdotlavi tosto, e tutta propria 'è Ròridissima in più province dell' Italia . Avverte \(^ prime misture essere "state il Ciprio, o Guprio, ed il Campano ; eccellenti sovra tutti altri gli specchj metallici di Brundusio >, de quali, o d'altre fabbriche imitatrici , saranno le tante nostre patere ; del paro co' greci annovera egli parecchi artefici della più maestrevole fusione, i nomi de quali sotì piti ita- lici che l'omani , trasandandone tanti sotto la espres- sione; tninoribUx siinulachris signisque , innumerà prope arìificum midtltudo nobilitata est . JSè in al- tra guisa , nella Roma crescente , più di guerre che di arti maestra, mai "ragunalr poteasi ì'ìmniensà tur- ba di statue in bronzo anche colossali , onde popo- lata scorgeala da antico T osservatore filosofo"; se non ponendo a lungo tributo molte e doviziose cir- convicine nazioni; della quale incredibilità di nu- mero bastino ad esempio le tre mila , che vidersi fi*a le cofonue dell'affrettato teatro di Scauro (32). Ma quel grand uomo aggiugne ancora cose mag- giori , le quali a molti parranno pure stranissime, se non interamente false . Per arte statuaria propria- lìiente delta , egli altra non riconosce che quella di formar le immagini di bronzo ; ed allorché favella di statue o di statuarj , intender si debbe costante- mente di quelle fuse, e de' loro artefici. Ei chiama toreuticen Tù^svrimv\ l'arte di produrre le figure in marmo ; la quale or credesi principalissima , ed in antico era soltanto secondaria, meno sparsa di quel- la del bronzo ^ e venuta in uso assai più tardi nella nostra itaiia. Veggo di fatti nominarsi precisamén* te To^ei/Taì , o tornitori ^ gli scultori di marmo, per tutti que' classici greci che meglio scrissero , de* Il «Il» * I I ■" I ■■ ■ I (02) Plin. Ijb. XXX IV. 17. loOLETTO bl BRONZO EC. 3d9 c|bali saprei recare all' tiopO i passi non ben cono-* sciuti . Malcqiiindi si apposero alcuni, che fino a' nostri giorni tenrierO la toreutica qual propria de' Soli hassoriliévi ^ 'O di operazioni anche meno con- siderevoli . Prjiiiia che §li uohiini g,iungessero a Scolpire tolta intera e netta la (ìgUta in .Un Sol pez- zo di marmo ( il che or si, reputa l'originaria con- di/iioné di greco lavoro:), essendosi per lunghe sta» gioni esercitata la pittoresca industria sovra sostan-^ ze piij molli , come l'avorio , il cedro , ed altri le- gni nobili , si passò indi a comporre, di simili parti pii!i facili ad eseguirsi, l'arduo tutto insieme delle Statue^ nelle quali pCr lo piiì non aveavi di mariiio- jreo che il torso . A tale maneggio di corpi nòti tanto aspri e refraltarj , il Verbo conveniente e verpj era qUeiio appunto di ro^ivià , tornisco ; che poi ^ cresciute le artistiche facoltà, fu ridotto solenne traslato, a significare qualsivoglia opera, m mate- rie anche piti solide , e non assoggettabili al tornio. , Dalla cottipruovata Stabile preminenza , che £ bronzi ebbero su' marmi , spiegasi ora facilmente. Come non poche delle più insigni statue di gieco Scarpello , le tenute a' prototipi di perfetta bellezza, esaminate Con attenzione e perizia di occhio, scuo- pransi copie di getti tatti alla fornace , derivazioni cioè in marmo dagli originali di scultura metallica, la sola vera e prima scultura, conosciuta ed enco- miata da Plinio . Ciò non toglie punto alT impareg- giabil pregio delle niedesime , al diritto che giu- stamente posseggono di regnare a norma e de^li ar- tisti e degli uomini di gusto; poiché ed alla fusio- ne delle lor madri già proposer le più scelte forme i valentissimi ^ quali Fidia je tutti i suoi simili ^ e la ripetizione a noi viene_da ijue' discepoli de' sommi , che sona e saranno mai sempre i maestri 36ó L È T T È A A T U A X' (li tutta la Y>osierità. Grecie quindi nótì fate àìcuft torto a quel monarca dell' olimpo vaticano v airApól- lo detto di belvedere, se adombro in parte i suoi tièlesti natali. M'era noto , che Timmortale Cano- va su di essio avéa già manifestato il suo parere, av- volto in rara modestia , retaggio é trionfo de' véri |;ràndi : Ed il parere di un uomo siffatto aver non poteasi dal pubblico assennato che per certezza . Pili recentemente S. E. il signore Italinski , con quella dottrina e pehetrazione , che gli sono prò- prie, feceriii osservar da Properzio (33), essere in tale atteggiamento appunto , ed aniraatissima espressione , il nume saettator fiammante nel con- flitto Azziaco; darglisi dal poeta giustatnente i no- mi à\ Navale^ e di Leucadio: onde mosti asi la ragione, per cui sì grandiosa copia di un sublime modello in bronzo del tempio Palatino, Collocala fosse sovra un porto, dedicato tutto a quella vit-^ toria, che sola mantenne ad Augusto Timpei'O del mondo . Godano meco gli amatori della solida eru- dizione , in veder confermate le pliniane teorie dal giudizio del principe degli aitlsti, e da quello di un personaggio egualmente venerando, e pel vanto che tiene fra' primi dotti di Europa, e per l'eccelsa rappresentanza , di cui è rivestito . * Se finalmente manifcstjiv dovessi l'opitiìon mia ' sulla precisa età del pacifico e musegetico Apolli-' ne Piceno, direi che, per la notata squisitezza di arte, per quelle tre S. di forma assolutamente la- tina, e per le due G. rivolte alla occidentale, o romana ( maraviglioso fenomeno, che ne mostra, come l'alfabeto del popolo futuro signore del mon-» do andavasi preparando ne' limitrofi paesi ) , cre- » ■ ■ i I I I I I ' I I . » 'i •» fc (35) Lib. ir. eleg. 6« , che devono ceder Itìogo alle paruCche . I romani andavano ordinaria- mente colla testa nuda, benché avessero diverso sorti di cappelli , che non usavano se iion che in campagna e alla guerra , e trovandosi spesso nel foro in una improvvisa pioggia si coprivano il ca - pò col lembo della toga. Ai soli schiavi non era mai permésso l'uso del cappello, o berretto, e que- sto si dava loro dai padroni quando loro si accor- dava la libertà . Quindi il berretto divenne l'em- blema della libertà , come si vede nelle medaglie di Brufco. Ne' saturnali però ^ che si celebravano in decembre ^ ne quali era agli schiavi permesso con invidiabile antico uso di dire ai loro padroni tutte le verità ^ e anche le impertinenze, che loro piacevano , tutti gli schiavi portavano il berrete 3Ó4 ti E T T E R A T U R A to , fìngendosi che in que' giorni tutti fossero libéi'ii Orazio introduce in quel^ bella satira il sud servo Davo desideroso di dirgli delle impertinen- ze : Jamdudum ausculto , et cupiem tibi dicere ser- ile ai posteri , né credo utilie alla, salute. Potrebbe- ro piuUQsto imitarsi le donne, che non avendo più saccoccia portano infilata al braccio sinistro una borsa, Qhe molto si rassomiglia alla sportula , che *ofiUQno porwe i povei;i frati rnendicanti. Aiiche / / Del vestirk antico s moderno 367 je signore mi permetteranno intanto che io non lo- di molto i loro sm sijrdti cappelli , non conosciu- ti certamente dalle romane antiche , c|ie faceano pompa di raostrare i loro volti allo scoperto. Ho veduto in qualche gran città , e vedesi anche qui nel ghetto , che colóro , che chiarqansi recattieri e vendono delle vecchie robe , le tengono ordinaria- mente alla vendita in botteghe assai oscure, onde i compratori non si accorgano tanto facilmente de* difetti delle loro merci? Noq ardirei applicare questa speculazione ai vqUì delle signore, che sono però cer- tamente assai- nascosa alla Ivice dai loro enormi cap- pelli. Dico, che chi ha una buona stoffa, non dee cer- car di nasconderla, seppure non è effetto, di morle- stia, come crederò volentieri. Vidi un giorno una donna con un ombrellino così angusto, eh era assolu- tamrnte più piccolo del suo gran cappello, e lavici quasi consigliata ad adattarsi piuttosto 1 ombrellino per cuffia, e il cappello per ombrellino- Lodo che \ giovani portino il cappello , piuttosto che la pizzetta , ma che vi portino den- tro il moccichino , non potrà mai con ragione lo- darsi . Esso dee spesso servire ad un improvviso Starnuto . Sì ricerca qualche tempo per potersi le- vare il cappello, e pili ancora per potere dalla sua «strema cavità estr^rre il moccichino ; e intanto lo schifoso moccio pendente dal naso non piace a chi lo deve raccorre, e molto meno ai circo- stanti. Questo fazzoletto poi, carico di q lelf umor disgustoso , torna ben presto sopra la testa , e si accoppia cogli olj e coi profumi , coi quali so- gliono ungersi i capelli , ed è veramente un mo- struoso accoppiamento . Questi prolumi , benché assai diversi dai pre- |ien4;i, non conoscendo gli antichi la distilUzigae, 368 Letteratura £Ì usarono molto negli ultimi secoli della repub-». blioa . JNe ho lungamente parlato nella dissertazio- ne degli adori. Ticinio Mena condusse nel quinto «ecolo dalla Sicilia i barbieri in Roma , e allora incominciarono i romani a frisarsi , a profumarsi , e a radersi la barba . I giovinetti sino all' età del-. la toga virile portavano i capelli annodati come le donne. Quando prendeano questa toga, se li taglia- vano, e li ofifrivano ad Apollo e a Nettuno. La barba si radeva o allorché si vestiva la toga virile, o all' età di yent' uno o ventidue anni , ed er^ -i^uesto sempre un giorno di cerimonia e di alle-r grezza , in cui si mandavano e si ricevevano re-r gali . Augusto aspettò per radersi gli anni venti-r cinque , e diede un convito al popolo , che non, lu però, molto gradito , perchè in quei giorni ap- punto Sesto Pompeo impediva per mare V arrivo del frumento in Roma . Nerone istituì le feste chia- mate jwvenalia. quando si rase la prima volta lai baaba , e riponendola in un vaso di oro la consa- grò a Giove Capitolino , come si ha da Dione . Da Ticinio Mena , che condusse a Roma i barbieri e Ja moda di radersi , sino ad Adriano , che ?i fece crescer la barba per nascondere alcuni porri ch^ aveva nel mento, i soli nemici de' barbieri furono quelli, che da noi si chiamerebbero norcini: e Giovenale, che morì sottO' Adriano o poco prima , parla del celebre norcino. Eliodoro , che faceva graw dmino, ai barbieri : Tonsons damtio tantum rapii MelioUorus . Ora la moda più assai , che i norcini muove guerra ai barbieri, mentre de' nostri giovani molti fan crescere i loro mostacchj , e tutti o han- no, o desiderano ciò, che si chiama scopettoni'^ e i* quelli , ai quali la natura li nega , può applicarsi ^'iuslamente la frase dello stesso Giovenale : Vespe- i alio harhae . Del vestire antico e moderivo S6g Riguardo ai profumi , coi quali i nostri giova- m ungono i loro capelli , è assai necessaria una osservazione -> Grazio in due luoghi ripete quel verso : Piistilhs PaifUhis olet , Gorgojiius hirCuni ; col quale ci accenna, che a suo tempo 'qualche romano faceva uso di pastiglie odorose , e qualcun altro puzzava di becco . Che direbbe ora il mio Fiacca, se conoscesse, clié la stessa individua per- sona odora e puzza nel medesimo istante, e, quel- lo che assai più singolare , puzza per davanti , e odora per di dietro? Egli noi crederebbe : eppure 1 uso ugualiTvente o^mai universale né' giovani del- la pippa del tabacco , e delle odorose chiome pro- duce nello stesso individuo questa simultanea stranezza . Anche questo, è capriccio di moda : ma è certo, che per gli amici coi quali si conversa , per quelli de- quali si dice che si sta at fiato , per esprimere apparilo la dimestichezza e la fami- gliarità , sarebbe assai meglio ungersi j capelli di spi-r rito di tabacco , e respirai (i essenza di rOse o di gelso- mino . Una voha si abbonivano e' si fuggivano quelli , che naturalmente rendeanò eob fiato uà ^attivo odore . Ora è moda, cbe ai giovani galanti puzzi il fiato . Di tali mode ributtanti e disgusto- se non si trovano sicuramente esempj presso gli antichi, benché di tutte le altre dirette a correg- gere i naturali difetti, e non mai ad imitarli, ne secoli del lusso e della xBollezza possano ritro- ì^arsene . - .- Delle parucche il eav. de -Folald nelle not« sopra Polibio pretende , che T uso si conoscesse pj'ima del secolo di Annibale: e lo Spanhemio cre- -de , che fossero usate dai medi sift dai tempi di «Giro, vale a dire tre o quattro secoli prima. Ma &e Annibale portasse o non portasse paFncca non G.A.T.XII. 24 37© Letteratura liQ adesso voglia di ricercarlo , sebbene il Folard assicuri, che Polibio dice che la portava, e di pili sorte. Quello eh' è certo s'\ è, che i roma- ni , che non nia^ imitarono le mode de' forestie- ri, molto meno adottarono le parucche di Car- tagine. Cesare nqn avrebbe avuto bisogno della pa- rucca di alloro, se in Koma vi fossero state ve- re parucche. E forse gli stessi cartaginesi „ mal- grado il testimonio di Folard che cita Polibio, non le usarono generalmente, e non le inventa- rono ; pia Annibale prima di passar le alpi ne trovò facilmente il costume in Francia , ovvero dopo la battaglia di Canne lo trovò in Capua , dove sì lungamente a danno suo si trattenne ; e chi sa, che essendq egli guercio, non l' adottas-. se volentieri per coprire coi capelli 1 occhio che gli mancava , conae qufilcheduno fa anche ades- soi Egli biasimò 4uel pittoi^e , che lo aveva di- pinto con ambedue gli occhi , perchè non voleva una manifesta adulazione; ma premiò quell'altro, che lo dipinse in profilo , e per conseguenza con un occhio solo . Approvava dunque 1 arte di dis- sin^ulare il suo difetto, ed qgli l'avrà coperto^ colla parucca . Pare sicuro , che Asdrubale suo^ fratello venuto in Italia a soccorrerlo , non por- tasse parucca . Gli storici ch^ ci raccontano , che sorpreso Asdrubale dal console Claudio Nero- ne , ed uccìso , ne fu gittata la testa nel cam- po di Annibale, il quale , riconoscendola per la te- sta del germano , esclamò , che non potea più dubitarsi della mina di Cartagine, ci avrebbero det- to, se la testa fu gittata nel campo colla paruc- ca o senza ; e della parucca di Asdrubale si sa- rebbe fatta una costellazione come della chioma di Berenice. I Del VESTIRE ANTICO B MODERNO 3^1 Mi sorprende però assai che Domiziano , tan- to, malcontento della sua cai vedine , si creda che aon portasse parucca , e che gli antitjuari nelle me- daglie , che Io rappresentano colla chioma , abbia- no voluto riconoscere V adulaziane dell' incisore piuttosto che la parucca imperiale : mentre è cer- ^o, che Ottone, che precedette Domiziano di cir- ca anni trenta , portava al dir di Svetonia un bel parucchino , che Domiziano avrebbe potuto imita- re. Ottone aveva uà berretto di una delicatissima pelle guarnita di capelli , e così accomodata alla te- sta che rassomigliava ai capelli naturali : insom- ma, aveva quella, che ora si chiamarebbe un pa- rucchino a giorno , e questa fu facilmente un in- venEÌone della sua bellissima moglie Poppea^ , pri- ma che Nerone gliela togliesse . Certo è ,, clie cir- ca un secolo più taixli , crescendo il lusso e la mollezza. ^ crebbe ancora la smania di frisarsi e di profumarsi . Vero ungeva di odarose acque i 5Uoi capelli, e li copriva poi di polvere d'oro; e la capelUìturat. di Gommodo. coli oro era dive- nuta così luminosa, secondo i^Irodiaao , che quan- do stava al sole, pareva che la sua testa fosse in fiamme . Il Folard , che ha fatto, metter pa- rucca. ad Annibale , stupisce che i dotti abbia- no creduta la. parujcca, una moderna invenzione de' francesi. Doveva egli distinguere pariicchs da parucche . Quelle che poc'anzi si conservavano in una lunga ed ampia scatola , che coprivano an- chfs le spalle di chi le usava , che chiamavansi , almeno in provincia , parucche^rz magistrato^ so- no certamente di moderna e francese invenzione, come lo. è quella polvere di Cipro, così detta dall' isola di Venere . Brantome dice , cKe Marghe- rita di Valois odiando i suoi capelli nerissimi , .4* 3^2 ' Lettehaturì. Dsava ogni artifìcio per moderarne il colore, e si trova poi appunto in un giornale del i593 ri- cordata per la prima volta quella polvere bian- ca , il di cui uso passò poi dalla Francia in tut- ti i paesi di Europa. Ora sembra essere quella polvere nella stia decadenza , come lo sono le gigantesche paruoche, e non si veggono piò quelle , che magnificamen- te inanellate coprivano la schiena : anzi pare scor- data anche la coda , nella quale si annodavano da chi li aveva i lunghi capelli , e per verità que- sta è una moda piuttosto plausibile . Del grano è meglio farne del pane, che della polvere di Cipro. La coda poi fu dalla natura data agli anirviali, e fu loro posta nel T estremità più lontana dal capo, tacque quindi il trito proverbio , con cui volen- do esprimersi qualunque cosa senza regola e sen-. sia buon senso, si dicea volgarmente noti ha né capo né coda; per dinotare, che non avea ne prin- cipio , né fine, né ordine alcuno. E gli uomini adottando la coda , invece di porla ove l' han- no i bruti , notando così come in quelli le due estremità , r aveano al contrario posta all' immedia- to contatto colla testa. Temo , che il proverbio non si applichi a questo discorso , e perciò lo ter- mino, rimettendolo ad un altro mese, L. Maiitokellù 373 Osservazioni numismatiche di Bartolomeo Borghesi . DECADE SECONDA. Osservazione I. Orsino stampò due medaglie di M. Minazio Sabino pro-questore , cui una terza ne aggiunse il Patino, tutte colla testa di Pompeo Magno il pa- dre, e coir epigrafe cn . magn . imp , credendole coniate nella Spagna mentre v'era proconsolo per Ja guerra sertoriana . Ma giustamente fu redarguito dai numismatici posteriori , i quali opposero che prima di Cesare ad alcun romano vivente non fu lecito imprimere la propria immagine sulla mone- ta : onde quei nummi erano certamente posteriori alla morte del Magno . Perciò li giudicarono co- niati in Sicilia d'ordine dì Sesto Pompeo suo figlio, raa però con tipi allusivi ale geste del padre . Pri- mo lu lEckhel t. v. p. 282 a proporre il sospetto , che non da Sesto, ma da Cneo suo fratello primo- genito fossero fatti battere nella Spagna in tempo che preparavasi alla guena contro Cesare, e quindi che i tipi del rovescio a lui stesso appartenessero. Ed osservò che non ostava l'epigrafe cn . maonvs . IMP , la quale egualmente conveniva al figlio, che al pari di Sesto aveva ereditato il cognome Magno; e sfbbene ninno fra gli antichi ci abbia fatto sape- re ch'egli avesse assunto il titolo d' imperadore , v'era però tutta la probabilità , che i suoi soldati non glie lo rispiarmassero ai primi vantaggi che ottenne, e forse allorché conquistò le Baleari : onde scrive Dione 1. 4^ e 29 : Pompeius iìisulas Ba- ieares nggressus , reliquas s.'nc procl/o, Eh'isum non 3^4 Letteratura sine labore cepit . Il sospetto dell' Eckhel si ri»- volse in certezza quando . il eh. Visconti dal mu- seo Gosselin stampò nelT iconografia romana tav.v. n. 17. una medaglia consimile alla prima morellia- na, ma coli' epigrafe cn . hagn . iMi> . f , la qua- le gli die motivo di persuadersi che boh fosse mol- to ben conservata quella di cui lo stesso Morelli ripetè il disegno nella gente Pompeja taV. i. h.4- colla leggenda cn . magnvs . imp . p , e in cui sti- mò che la lettera f fosse scambiata col p . E così dev' essere stato senza dubbio , perdi' io posseg- go quello slesso nummo in tutto simile all' inci- sione moreliiana , il quale' chiaramente ini pre- senta la F . Lo stesso- Visconti supplì cì>ieus . ma- Gmts . inverntoris . vilius ^ e credè che queste me- daglie fossero stampate innanzi le altre in cui tro- vasi CTsaeus . magnvs . imPerafor . Mia io amerei piuttosto di leggere iMPerator in ambedue i luoghi, non essendo nuovo nella numismatica latina, che alcuno dicasi vilius senza aggiungere di chi; onde abbiamo regvlvs . f nella Livineja , messal . t nella Valeria , e . cvr . f nella Curiazia ^ l . ì^ro- ciLi . F nella Procilia , mentre al contrario sareb- be singolarissimo , che il padre si denotasse per la carica , e non pel prenome . Le teste adunque di questi diritti rappresenteranno Pompeo tre volte console, vedendosi chiara YxmaTQhM tk? KOf^K? oct^sux comam non nif^il sursum proiectam attribuitagli da Plutarco ; ma ora non potrà più dubitarsi che l'iscrizione ei rovesci spettino al figlio Cneo , il cui esempio fu poi imitato da Sesto , il quale nelle sue monete stampò anch' egli il ritratto del padre con leggenda e tipo che se stesso risguardavano . Ciò pi emesso, tutte le spiegazioni date dai prece- denti antiquarj ai rovesci di questi tre nummi esr Osservazioni numismatiche 3^5 ^ndo state ricavate dalla storia di Pompeo il pa- dre, saranho fallaci. Offrono tutti tre la medesima iscrizióne m . minat . sabin . pr . q ; riia il primo presenta nn& donna coronata di fiori , Ja cui veste arriva al tallone , che intorno i piedi ha vari mùo*- chi di armi , la quale tenendo un'asla colla sinistra congiunge la destra con vn guerriero armato di pa- ràzonio, dipinto in alto di scendere di iiave^ talché Ila ancora uno dei piedi posato sul ponte, il Vail- lant e I Avercampio crederono che qui si alludesse air arrivo in Ispagna di Cn. Pompeo proconsole, quando vi andò per la guerra contro Sertorio; ma ora coli Eckhel e col V'isconti riconosceremo in quella femmina la Spagna ulteriore ^ o sia la Belici personificata in atto di ricévere il giovane Gneo Pomjjeo che sbarca al suo arrivo dalf Africa i E opportunamente sarà dipinta in mezzo a mucchi di armi, per denotare quelle che gli aveva apparecchia- te onde rinnovare la guqrra contro Cesare. Con- formemente a ciò scrisse; Dione 1. 43- e. sg. Afi~ lites qui in Hispania crani . . . i>eriti ne si Pam- peiuni expectareni ante eiUs tìdventurn opprime-^ rentur, ducibus electis T. Quinctio Scapala ac Q. Aponio equesiris ordinis viris^ Trehonio eiecto^ omnein BcBticam ad defectionis societateni perduxc' riint . Interini Pompeiiis morbo levalus in opposi" iam Hispaniani traiicit . JNel secondo rovescio il Vaillant vide Pompeo in piedi .^ .che innalzava la destra in atto di rampognare la provincia innanzi lui inginocchiata , che gli offeriva con ambo le mani uno scudo, e che gli era presentata da un soldato romano stante nel m«fzzo . Al contrario TAvercampio vi trovò la Spagna, che in ginocchio- ni esibiva una corona al proconsole Pompeo , il quale dall' altra parte da una figura ràp|;resentante "3^6 'Letteratura rOriente veniva chiamato alla guerra mllrìdutictì dopo finita la serloriana . Fatto però sta che esa- minata diligentemente la medaglia nel suo origina- le sì può asserire, che la figura di mezzo è certa- mente Pompeo paludato; che Io altre due laterali sono due femmine, amhedue coronate di torri , non già in abito guerriero ma cittadinesco ; che quella ch'è in piedi solleva la destra in atto di chiamare il guerriero, il quale rivolge per ascoltarla la faccia,, mentre nello stesso tempo stende la mano a rice- vere la corona , che piegato un ginocchio gli vie- ne offerta dall' altra donna . L'Eckhel non parlò di questo tipo , e il Visconti credè in quella figura rappresentata la Spagna e l'Italia , Ma quest' ulti- ma quando comparisce sulle medaglie non suole avere le torri sul capo : e difatti n'è priva in quel? le della gente Fufia , e di Adriano; ed inoltre el- la usa sempre la veste delle donne romane , e quindi è cinta sotto il petto ^ mentre l'abito di quest altre femmine apparisce baibarico, consisten- do in una specie ài palla tutta sciolto e fluttuante. Oltre di che non si vede >qual rapporto possa ave- re l'Italia col giovane Crieo , il quale dopo la fuga del yo5 non ebbe più speranza di riporvi il piede. Per lo cjie osservando che il vestito di quelle due donne è unifoime, ne deduco che quelle sieno le due Spagne , delle quali ringinocchiata sarà la Be- tica, come quella eh era già tutta ridotta alla de- vozione di Pompeo , e .perciò gli presenta una ghirlanda : e l'altra in piedi sarà la Tarragonese, la quale Io, chiama onde venga a liberarla . Del terzo tipo né r Eckhel ^nò il Visconti hanno dato la spiegazione . Egli esibisce lo stesso Pompeo vesti- to del paludamento, appoggiato colla destra ad un asta, tenendo la sinistra sul parazonio , in faccia OsasRVAznoNi NUMisM/mcnE 3^-y ?i.!Cui una donna succinta, colle solite torri sul capo , avente due giavellotti nella sinistra , gli pre- senta la destra, mentre di dietro un'altra donna vestita della stola , e portante colla manca un tro- feo gl'impone colla dritta una corona sul capo . Il Vaillant che non ebbe occhio alle torri , di cui si cinge una di quelle figure, credè vi si dipingessero Pompeo il padre e Metello Pio in atto di stringere società contro Sertorio ; e TAvercampio vi vide la Spagna che ringraziava Pompeo d'essere stata del tutto liberata dalla guerra, in grazia della vittoria riportata sopra Perpenna , in segno di chela terza figura da lui creduta Roma incoronavalo . Io os- serverò che la diversità fra la donna incoronata di torri, che si vede in questo rovescio , e quella che apparve nel pri«io tipo, sembra escludere che si sia voluto rappresentare il medesimo soggetto ; imperocché f una è in abito succinto, l'altra ha lunga la veste; quella ha in mano fasta, questa due giavel lotti . Osserverò pure che la Spagna ef- figiata nelle medaglie di Galba (Morelli nella gente Sulpicia tav. 2. lett. 3. e. ) , la quale è certamente la citerione, o Tarragonese da lui governata, e che vedesi ripetuta in un' aureo cU Vespasiano (Eckhel t. VI. p. 34o.), molto si rassomiglia a que- sta figura , perchè anch' essa ha due giavellotti , ed è in abito succinto . Per lo che penserei , che se nel primo rovescio vedemmo la Betica accoglier Pompeo , in questo apparisca la Tarragonese , la quale viene a stendergli la mano dopo la conqui- sta di Gartagena città dì quella provincia •■ motivo per cui viene incoronato dalla terza figura , che crederò la Vittoria, non ostante che non apparisca- no distintamente le ali , le quali restano nascoste dietro il trofeo che porta • Ed infatti Dione 1. 43' 3^8 Letteratura e. 3o dopo la presa di Gartagena aggiunge cné Pompeo: multitudine studioque nulitum elatus^ regio-" neni sine metu pen^agafus , urbes partim deditione , partltn vi suam in potestafcm redegit , ut iaui plus ipso patre prcestìturus videretur * • Osservazione II. Niuno ha notato che Tasse coli' epigrafe p. sv- ia . ROMA, delineato dal Morelli nella gente Corne- lia tav. V. n. 4 1 offre scolpito nella voluta della prora il capo di una donna ornato della raitella sulla fronte, coi capelli raccolti dietro in un no- do . Debbo questa osservazióne alla bellezza della mia medaglia ^ ed aggiungerò che mi è parso di ve- dere la medesima testa anche nel semisse , che serbo insieme col tricnte^ inediti tutti due, nid non di felicissima conservazione . JNon cade dub- bio che il corrispondente di quest' asse in argento non sia il denaro pubblicato dal Morelli nella stessa tavola al n. i i i , il quale presenta ristcSsissiilia leggenda col solilo tipo di una Vittoria che legge la biga , Pefò non può credersi qui ripetuto ciò che superiormente ho notato essere avvenuto so- pra altre medaglie della gente Memmia , cioè che la testa della figura che nel denaro guidava il cocchio venisse sulT asse ad otnàre il riccio del- la pror^ ; imperocché rtell' argènto la Vittoria manca al solito della mitella , che si vede nei bronzo , e sicuramente poi non sarebbesi preterito di aggiun- gere qualche indizio delie ali del dorso, come si è latto ogni volta che Si è Volata rappresentaie il capo di questa dea . Perla qual cosa, avendo do- vuto cercare un'altra spi(^gazione, ho osservalo , chef simili simboli anche nelle medaglie di rame molt^ OsSSRVAiZlÓNl NUniISMATICME S^^ Vbke alludono al significato del cognome, come sa- rebbe la cornacchia nelle medaglie di Antestio Gracculo , ruccello huteone neli' assedi Fabio Bu- teonè , il lituo augurale in un quadrante di Mi- hucio Augurino , e simili ; e quindi ho creduto che qui siasi preteso di effigiare la testa della si- billa per alludere così al cognome di Siila . Infatti scrive Macrobio 1. i. Saturn. xvii : Bello punico secundo ìudi apollìnares ex libris sibyllìnis pri- miwn sunt instituti^ suadente Cornelio Rufo de^ cemviro, qui propterea Sibilla cognomitiaìus est , et postea corrupto nomine primus Sylla cepit \>o^ ettari . Anche omettendo di parlare del sogno del Gronovio (nelle note a Quinlilliano I. i.c. 4)') i^ quale pretese di ricavare Siila da Sura^ altro co- gnome dei Cornei], facendone il diminutivo Suru- /«, e quindi contraendolo in Sulla ^ so bene che vi è un' altra sentenza , la quale fa procedere questa voce ex hahitu corporis ^ come dice Quintiliano 1. 1, e. 4; ossia dal color fosco, come pensò Fe- sio I. iG. Ma r una e l'altra opinione vengono conciliate da Carisio grammatico 1. 1 : Sibjllam Epicadus ait appellatum^ qiii ex sibjllinis libris primo sacrum fecit , deinde Sjllam ' qui quod //«- vo et Compio capillo fuerit ^ consimiles Sjllai sunt appellati . Inde effeminati hodieque in ludo Sjlli dicuiìtur . Dal che si vede quanto abbia sbaglia- to Plutarco, il quale nella vita del dittatore pre- tese ch'egli stesso fosse l'autore di questo cogno- me : Oculos . . . et ipse faciei color terribiliores efficiebat , in qua ex albedine rubor sparsim emi- cabat . Atque inde ei cognomentum Sullae factum Jerunt . La nostra medaglia adunque presenterà un novo argomento in favore della testimonianza di Macrobio : onde sarà certo , che il cognome Siila 58o Letteratura ebbe la sua origine nell' anno '^^^ , nel quaìtì P. Cornelio Rufino decenviro essendo pretore, do- po consultati i libri sibillini, persuase al senato di decretare T istituzione dei giuochi apollinaii , rome si ricava da Livio 1. 35. e. 12. Per lo che questa sicura notizia potendo spargere molto lume sul tempo, in cui iurono battu-^ ti questi due nummi , mi piace c^ investigarlo diligentemente , non essendovi quasi alcuna delle medaglie , che ragionevolmente si devono credere contemporanee di qiie.te , di cui si possa con fon- damento determinare Vcta. L'Orsino le credè fatte imprimere da P. Siila iiglio di quel Servio clie fu fratello del dittatore , cioè da colui che fn difeso da Cicerone,e ch'essendo stato designato console nel 689 insieme con L. Autronio Peto, fu accusato e con- dannato, onde non potè occupare la carica. iMa che queste monete debbano essere molto più antiche, lo dimostra il loro tipo , e molto più l'ortografia del cognome svla . Scrisse Quintiliano 1, i e 8 : Stinivoca/es non geminare dia Juit usitissiml moris^ atque e contrario iisque ad Aa^ium et ultra porre" ctas sjllahas geminis:, ut dixi, vocahhus scripserunt. Ora ai tempi non solo di quel Siila, ma del ditta- tore medesimo, già le semivocali si geminavano; im- perocché svLLA e non svla leggesi in tutte le sue medaglie , e in tulli i suoi marmi , e così pure iLvcvLLVs si ha nel! insigne base spettante al con- sole del 681 , edita dall'Olivieri nei marmi pasare- se n." -Jtò. Perlochè di tempi più antichi parlò cer- tamente Quintiliano , come a quelli in cui vicever- sa si raddoppiavano le vocali , e questi a suo det- to terminarono presso a poco nelf età di Accio , il quale noriva nel 61 j per attestato di Eusebio; ond' è chiaro che innanzi a queil' epoca convie» Osservazioni numismatiche 38? far risalire le nostre medaglie . Ma se la sentenza ideir Orsino non soddisfa , perchè discende a tempi troppo moderni,per l'opposta ragione non può appro- varsi quella del Vaillant , che rimonta ad un età troppo remota . Essendosi egli messo in capo, non so come , che quest'asse fosse di due onde, o sta sfestantario, lo credè anteriore alla seconda guerra punica in forza d^lla notissima proposizione di P.'j^ nio . Quindi lo attribuì a P Cornelio decenviro, che ho detto essere stato pretore nel 542 , e con- fondendo poi il figlio col padre asserì coniato que- sto bronzo nel 4^4 "^^l qual anno il Pighio stabi- lì questore un figlio di P. Cornelio Rufino due vol^ te console . E poiché vide che a questa sua opi-i uione opponevasi l'età posteriore del vocàlxjló Sii- la , aggiunse che appunto da quest'asse si dimostra- va, che quel cognome non proveniva da sibilla ; Ma questo suo stranissimo edifìcio cade tutto ad un tratto perla stessa ragione appunto, ond'ei lo aveva costruito : cioè perchè l'asse non è punto se- stantario, ma onciale certamente, come si dimo- stra dal mìo che non pesa se non due grossi e due denari ; onde per la stessa autorità di Plinio citata in contrario deve essere stato battuto dopo la venuta di Annibale in Italia. Hiunendo adunque le cose fin qui dette se ne conchiude , che queste medaglie non ponno essere anteriori al 14 j , ptr-i che a quell anno deve il suo inconlinclamerito il cognome Siila , né posteriori di molto al principio del 600, perchè a quei tempo s introdusse 1 uso di geminare le semivocali . Posto ciò, Velleio Pa- tercolo 1. 2. e. ij racconta, che L. Siila il ditta-!, tore, nato secondo eh' ei dice nel 0 17, provenne iti sesta generazione da P. Cornelio Rufino chiarissi- mo capitano nella guerra di Pirro: e tutti €onv«n* 382 Letteratura gono che il bisavolo fu il pretore del 542 , quel- lo stesso che pel primo fu detto Siila. Ora quesV ultimo non può essere stato colui, che fece conia- re queste medaglie , perchè s'egli ottenne questo cognome nella sua pretura, non avevalo di certo nel triunvirato monetario, che assumevasi tanto prima ; onde resta che si attribuiscano o al padre D air avo del dittatore. Ma il primo, per fede del- le tavole capitoline, si disse Lucio; onde resta che necessariamente si abbiano a riferire al secondo , che opportunamente dicesi Pul:)lio , cioè a quel P. Cornelio Siila, che fu pretore; nel 5G8, sicco- me abbiamo da Livio 1. Sq c. 4- Egregiamente dunque il Vaillant quando parlò del denaro , e do- po lui l'Avercampio, a questo Siila l'attribuirono, senza però addurne ragione alcuna. Ond' io ho vo-- Juto supplire alla loro omissione, perchè appari- sca il sommo fondamento di questo giudizio. 0«SERVAZIQNE IIL È cognito da lungo tempo un denaro colla sq«> lita, testa, femminile nel diritto , coperta da un elmo a,lato col segno del valore dietro foccipite, nel cui rovescio apparisce Diana seminuda avente una mez- za, luna sul capo , la quaie con una mano regge un pajo di cavalli , coli! altra tiene la frusta . Nel cam- po leggesi FLAvs , e nell' esergo roma. Giustamen- te l'Orbino confessò d'i propendere piuttosto a cre- dere quel yiiAvs uà cognome di famiglia ; ma pre- valse l'aUra sentenza di reputarlo il nome di una gente, e perciò quella medaglia, fu lasciata nella gen- te Flavia dai susseguenti; Vaillant , Avercampio ed Kckhel . Quest' u>Uimo, però saviamente avvertì, che f^Av* stava in luogo di vla!vvs. egualmente che nel OSSERTAZIONI NUMISMATICHE 333 Qrutero p. ySò 8, presso cui una lapide ci mo- stre p . j^vFrivs . FLAvs . Così io ho latto vedere disopra e . clvi per e . clvvi, così nelle meda- glie di Vespasiano, leggiamo prid( , ivbn. per ivveiv, così DAvs, iNGEiNVS, ivENTvs, coNSERv» ed infini- ti altri trovansi ogni giorno nei marmi per davvs , |NGENVvs, ivve;!vtvs , cQNSERvvs . Ma dopo aver pgli in tal modo messo fuori di coptesa che quel FLAVS era un cognome, si arrestò nella sua scoperta, f non pensò ad indagare a qual gente potesse ap- partenere , Per rimediare a|la sua negligenza io os- serverò , che la fabbrica dì questo denaro è affatto consimile all'altra di , P. $illa , di cui ho parlato di sopra, e che perciò deve essere presso a poco del- lo stesso tempo .Per lo che, senza pensare ai trop- po antichi Laizi Flavi , non esito ad attribuirlo a G. Decimio Flavo pretore nel j-^o , cioè due anni dopo Siila , il quale avendo ottenuta la giurisdizio- ne urbana morì fanno medesimo nel magistrato ( Li- vio 1. S() e. 30 e :ìd). Questo denaro adunque do- vila di qui avanti togliersi nella serie consolare dal- la gente Flavia, sotto cui ora stato classificato cori tanta ingiustizia, ed ottenere nuova sede nella gen- te Pecimia . Osservazione IV. Che i triunviri monetali costumassero d'im- prontare tutti i loro nomi sulla medesima moneta , lo vediamo frequèntemente. Che viceversa dopo es- sersi insieme accordati sul tipo, ognuno di essi' lo ripetesse col solo suo nome, onde così avvenga che si abbiano medaglie in tutto isimili fra loro fuor- ché nella leggenda, si prova coli esempio di quel- le che memorano L. Licinio e Cn. Domizio prò- 384 ^^ TTERATUllA^ babil mente censori, le quali , se si esclude la va- rietà dei mon'etarj , sono compagne l'une all« altre come tante goccie di acqua . Quest' identità adun- que di tipo e di fabbrica può dare qualche volta il diritto di riunire in uno stesso collegio triun- virale tre diversi soggetti , e di questo diritto vo- glio ora valermi per tentare di trovare i colleglli nella magistratura monetaria di G. Decimio Flavo poco sopra ricordato . Si confrontino di grazia col- la sua medaglia Tanica della; gente Spurilia colla leggenda a. spvri , e quella che nel tesoro morel- liano si affaccia per la prima nella gènte Furia colf epigrafe pvr, e troverassi che il diritto è in tutti tre affatto uniforme . Vedrassi poi nel rovescio la stessa epigrafe roma, nell esergo la stessa Diana seminuda nella biga, la stessa forma di lettere, lo stesso stile d'incisione , Tistessa grandezza , lo stes- so peso , e solo si avranno diversi i nomi^ dei triunviri posti però nello stes-so luogo . Imperoc- ché non merita d'essere presa a calcolo l'altra pic- cola diversità , che osservasi nel deiiaro della Fli- ria, nel quale essendo troppo lungo il cogtwme Pur- pureo per iscriverlo intero .; ad oggetto di schiarire l'abbreviatura pvr si aggiunse un murice nell' a- lea superiore. Queste medaglie adunque hanno tut- ta la probabilità di essere contemporanee; e sapen-» do noi l'età di G. Decimio morto nel 570, ne ver- rà che da essa potremo arguire anche quella degli altri . Per lo che invece di credere , che il denaro della Furia sia stato battuto dal console del 558, come pensò r A vercampio , lo crederò anzi coniato da suo figlio , che sarà forse quel L. Furio Pur- pureoue il quale nel 554i mentre il padre era pre- tore nella Gallia, fu legato del console P. Sulpicio jGaibi^ agli eUali, come si bada Livio 1- 3i e- 2^. Osservazioni numismatiche 385 Niuna nolizia si ha poi del terzo A. Spurilio: an- zi non è ben certo , se così debbasi compiere l'ab- brevialura a . spvri , e solo per questa osservazio- oe verremo in conoscenza del tempo in cui visse. OaSERVAZIONE V È da un gran pezzo che i numismatici sono travagliati dal cognome della gente Flavia, apparen- te nel diritto di un denaro che mostiia la lesta di Apollo colla eetra, intorno cui gira l'epigrafe e . FLAV . HEMIC , LEO . PR . PR . L'OlsiuO IcSSC HEMI&, motivo per cui sospettò il Perizonio , che non fos- se stata osservata una lineetta sulla prima asta deifit, la quale indicherebbe il nesso di un t , e farebbe che quella voce divenisse themis , nel qual caso la credè ivi collocata per denotare che la testa appar- teneva a Carmenta madre di Evandro , che fu an- che chiamata Temide . Ma incerto altra volta se la vera lezione fosse iiemis , o hemic , aveva fantasti- cato che vi si nascondesse un qualche epiteto di Apollo , dedotto o dagli emisseni della Celesiria, o da Emicara città della Sicilia . Molto più najlural- raente il Vaillant lo prese per un cognotne , che suppì HEnuj-clus , come l'unica parola latiha che incominci per quelle iniziali . Ma non piacque all' Avercampio quel supplemento, perchè ricavato da un vocabolo di un senso non adattalo ad un co- gnome, e propose invece UEMichordus ^ pensando che per alludere ad esso si ibsse aggiunta ad Apol- lo la cetra colle corde. Ma oltre che questa voce ò del tutto nuova , e che il di lui significalo non sa- rebbe niente meglio conveniente ad un appellativo, il senso che ne verrebbe non sarebbe già quello che si pretese dal suo inventore, perchè chordus G.A.T.XII. 25 38G L E X T E n A T i' u a jii osso Vainone vuol dire tardivo, natp tardi. L'Eckhe^ trattò da assurde queste opinioni ; è porche ninno potesse alcuna volta dire altrettanto della sua , la tacque , e si limitò a confermave la lezione memic , nel che ha senza dubbio ragione; così mostrando- mi apertamente la conseryatìssima medaglia del mio museo , e a stabilire che stante la posizione delle parole quello era senza menp un cognoir^e. Aven- ti© egli adunque lasciato Tadito. a proporre qualche cosa pili verisimile di ciò che hanno detto il Pe- rizonio , il Vaillant , e ^'Avercampio, parmi che ciò si otterrebbe da chi supplisse hemic///m*, pa-? rola , con cui i critici hanno emendato un guasto passo di Cicerone ad Attico 1. i3 ep. 5. Quantua- que provenga di Grecia , in cui k/AAoj fra i do- lici significa asino, tuttavolta può benaver avuto la cittadinanza del Lazio , imperocché cillus in questo senso viene usato da Petronio: ludceus licet et porcinum numeri adoret^ Et cilli summas advocet auriculas. E se tra i romani frequenti furono i cognomi tratti da bestie, come Aper ^Porcina ^ SGrqfa^ Equi- ciilu?, Burdo , Taurus , Vitulus ^ Canis^ Caiulus ^Cci- per^ Capella , Dama , Lupus^ Mus , Oricula e simili, e se anzi fuvvi Lucretius Ascila^ Scipio Asina , Sem- pronius Asellio, Annius e Claudius Aselli ^ qual diffi- coltà che possa esservi stato anchei^/ay/w^ Fleniicillus^ o sia Fla.vius Dimidius Asinus ? Si è 4 accordo, che il tipo del rovescio rappresentante la Vittoria, che co- stiuisce un trofeo, cp 11' epigrafe q.caep.brvt, allude AXa sconfitta data da M. Bruto ai bessi , popolo del- la Tracia, la quale gli procurò il titolo d impera- dore . E si è d'accordo pure nel credere , che il le- gato, il quale fece imprimere questa moneta, sia un^ OS&ERVAZIONI NLMISMATICIIE 3S'J d!ei due Flavj ricordato da Plutarco e da Appiano ; il primo de' quali fu prefetto dei fabri nell' eserci- to di. Bruto , e morì innanzi di lui alla battaglia di Filippi; l'altro, prenominato Cajo, come nemicissimo di Ottaviano fu dai tumultuanti soldati ammazzato dopo, la presa, di Perugia . Però io preferirei l'ul- timo, parendomi ch'essi sjeno. i due fratelli Gajo e Lucio Flavj cavalieri romani, famigliari di Cicerone di cui egli parla, nell' anno 707 ( ad funi. l. i3 ep. 3i ), e nell'ucciso, a Perugia concordanda il pre- nome, mentre nel mprto a Filippi discorda la, carica di prefetto de' fabri, inferiore non poco a quella di legato - Nel qua! caso si avrà, a dire , che costui dopo la morte di Bj'uto aveva ott«nuto il perdono, ma che il suo odio contra. Ottaviano gli fece ri- prendere le armi tosto che trovò in L, AntoAio, chi gli facesse la guerra . Aggiungerò poi ch'egli è certamente il G. Flavio, che Cornelio Nipote nel- la vita dì Pomponio Attico disse, essere stato fa- j^iigliare di Bruto , il quale invitò Pomponio a concorrere cogli altri cavalieri romani a formare un erario privato agli uccisori di Cesare . OatSERYAZIONE VI. A chi non è nota la celebre medaglia di Ci- cerone, rappresentante da un lato una, testa virile nuda coU' epìgrafe mapkos. tyAAIOS, kikepJìn , e dair altra una mano destra che tiene una corona, un ramo di lauro, una spiga , ed un tralcio di vi- te colle lettere MArNHTftM,. tJ^n. Ano. sinvAor. 0EOAftpO2 ? Fofse potrò ad alcuno, apparire teme- rario tentando, di muovere dubbio sulla spiegazio- ne generalmente ricevuta, dì questo, nummo^ special- mente dopo che r immortale Visconti ha combat- 388 L E T T E R A T U n A luto por lei. Pure, se T amor proprio non mi ha messo le traveggole, parmi che quella che sarò per proporre sia pii^i spontanea e piià verisimile, e non è novo in antiquaria che alcuno meno dotto sìa giunto a preferenza d' uomini eruditissimi a spie- gare meglio un monumento. Quantunque questa me- daglia fosse nota fino dal XVI secolo , avendola pubblicata il Tristano ( comm. hist. t. 1 1. p. 4^4 )t ed il Fabbri ( imagines ex biblioth. Fulvii Ursini , appendix , tab.R), pure T Eckhel è stato il primo ad introdurla nella serie consolare, sebbene cami- nando sulle orme del Paciandi spargesse dei sospet- ti sulla sua legittimila. Ma ninno v' è ora che più ne dubiti, essendo stata vittoriosamente difesa dal Sanclemente , che nel i8o5 pubblicò una lunga dis- sertazione per illustrarla, il cui sunto si è, ch'el- la rappresenta Y immagine dell' oratore di Arpino , e che fu coniata dai magnesii della Lidia alcun tem-- pò dopo la sua morte , quando il figlio di lui era proconsole d'Asia , per fargli cosa grata , ed insie- me onorare il loro antico benefattore. Non rimase appagato di quest' opinione il valente numismatico sig. Cousinery ( magasin encyclopedique an. iSoS t. I. p. I. a 4^ ) , il quale malgrado che la leg-^ genda ci dia il nome di Cicerone credè che la te- sta fosse di Giulio Cesare ; che i magnesii del Si- pilo coniassero la medaglia in onor suo , e che il nome di Cicerone vi si trovò perchè 1' oratore era il loro patronus ^ e volle fare con essi la sua cor- te al dittatore. Ma questa congettura fu impugna- ta dal ch.Visconti neirinconografia romana con quat- tro considerazioni ; la prima delle quali è desun- ta dalla regola ordinaria , che la leggenda incisa intorno un ritratto indica il personaggio che vi è rappresentato . Osservò nella seconda , che se quaj- Osservazioni NUMisMATiana 389 che volta si decliiiA da questa le^ge , ciò fecesì Solo allorché V usanza di pori e sulla moneta l' ef- ifìgie del principe aveva generalmente prevaluto , hientre per lo contrario softo Giulio Cesare era la prima volta clis vi s' incideva la faccia del capo vivente del Ih potenza romana , onde vi era biso- gno del nome per riconoscerlo. JN'egò nella terza, che Cicerone tosse il protettore de' magrtesii , per- chè parlando di questa citta ai suoi amici non Io dice ; e mostrò non essere probabile , eh' egli volesse raccomandarsi a Cesare con un mezzo co- sì oscuro e ricercato , associandosi in qut^st' atto ad un ignoto magistratello di una città della Li- dia Finalmente nella quarta escluse assolutamen- te il supposto, perchè sebbene sulle monete del- le città greche battute sotto la signoria dei ro- mani , le immagini dei principi sieno più volte poco riconoscibili, pure chiunque osserverà que- sta testa senza prevenzione non |Jotrà a meno di non giudicarla un ritratto diverso da quello di Giulio Cesare. E quest' ultima ragione è veramen- te fortissima, perchè io pure avendo esaminato questa medaglia nel museo di Classe di Raven- na, non potei rintracciarvi alcuna somiglianza col volto di Cesare , ed anzi trovai che V età appa- rente di quella testa è troppo giovanile perchè pos- sa mji convenire al dittati^re . Per le quali cose tornò il Visconti a rii,uscitare V opinione del San- clemente, tenendo che in quel ritratto fosse ef- figiato Marco Tullio . Ma ad onta della venera- zione dovuta a quel principe degli antiquarj , io debbo confessare che ho avuto sempre ripugnan- za a sottoscrivermi a quest'opinione : perchè mal- grado che il Sanclemente abbia tentato a tutta possa d'ingigantire i meriti di Cicerone coi ma- 3qo L e t t b r a t u n i gnesii, essi di fatto non furono tali da essere àc^ gni che si pensasse a rimunerarli anche molti an- ni dopo la sua morte , ed a farlo poi con un ono- re così segnalato , che in numismatica non ha al- tro fesempio , se non quello di Pompeo Magno ritrattato ai tempi di Marco Aurelio sulle mo- nete di Pompeiopoli ; ma colla grande differen- za peraltro , eh egli era stato il restitutore di quel- la città , e perciò secondo V uso egli vi è rappre- sentato , come lo sono i fondatori delle altre città greche . Ed infatti questi gran benefìcj che i ma- gnesii conseguirono da Tullio, che altro furono in fi-» ne se non che richiedendosi dalle primarie famiglie oltre gli altji tributi una specie di contribui;ion volontaria a favore degli edili di Roma , obbliga- ti come è noto a dare a proprie spese màgnitici spettacoli , i due fratelli Ciceroni in tempo che il governo dell' Asia fu per un triennio affidato a Quinto uno dì essi , si adoperarono per modo , che gli fu permesso di sopprimere quest'abuso? I mà- gnesii adunque non erano obbligati a Tullio nien- te più che lo fosse ogni altra città di quella va- sta provincia. Ora perchè essi soli pensarono a ren- derne il guiderdone , e noi fece anzi il comune dell' Asia , e le metropoli Efeso e Smirne , che na- turalmente dovevano averne risentito maggior van- taggio ? E se il beneficio fu compartito dai due fratelli, e più particolarmente da Quinto che da Marco , al primo de quali véramente gli asiatici dedicarono un busto colossale sopra uno scudo vo- tivo ( Macrobio salurn. 1. 2, e. 3. ) , per qual ra- gione qui ci si pone innanzi la sola testa di Mar- co , e non di ambedue ? E chi potrà poi efedere che quei provinciali conservassero così memore gratitudine a un romano per la vecchia abolizione Osservazioni numismatiche S9! ai un* imposta , tante delle nove essendosene in- trodotte ; quando oppressi e desolati furono dai Susseguenti proconsoli , e dà Bruto segnatamente , il quale gli depredò a segnò che gli abitanti di San- to, più sostener non potendo tante violenze, prefe- rirono di bruciaifsì colla loro città ^ piuttosto che aprirgli le porte ? Per lo che studiando più accu- ratamente questa medaglia , mi e parso che vi fos- se un altra sliàda per ispiegarid cori niaggiore pro- babilità ^ strada che il sig. Gousinery non ha ve- duta che da lontano. Sostengo adutiqiie , che iti quésto nummo non Vi è cosà alcuna di straof- dinario ; che la tèsta è di Augusto; che la leg- geiida noli appartiene già ali oratore , ma si bene a suo figlio ch'ebbe gli stessi nomi del padre; e eli egli non vi è memorato per altra ragione , se non perchè la medaglia fu coniata in una città della sua provincia durante il suo proconsolato. E per gettare le fondamenta di questa mia opinione tomincierò dal provare , che il figlio di Cicerone fu Veramente proconsole d' Asia , & che i rettori di és^a costumarono non di rado di farsi homina- te sulle nionele che si coniavano nella loro giuri- sdizioiu?. E riguardo al primo punto è pronta la te- stinìoiiianza di Seneca nella suasoria VII , che per altri è r Vii! : Cum M. Tullhts filia^ Ciceronis Aslam obiineret , homo qui nih'd ex paterno in" geìiio hahiiit praeter urhaniiatem , ccenàhat apiid cum Ccestius. iì ciò viene poi confermato dalla bel- la lapide scoperta nelle vicinanze di Arpino circa il 1809, è pubblicata dalla sig. Marianna Dionigi He' suoi viàggi in alcune città del Lazio pag. 45- 3<)2 Letteratura M. TVLLIO M. F. M. N. M. P. N. COR CICERONI. COS PRO. COS. PROV. ASIAE. LEO: IMP GAES. AVO. IN. SYRIA PATRONO Circa poi il secondo , è noto che fino dai tempi della repubblica i proconsoli della Cilicia e del- l' Asia impressero i loro nomi sui cistolori , anzi una di queste monete col nome dello stesso Mar- co Tullio coniata a Laodicea, mentr' egli ammini- strava la Cilicia, fu edita dal Morelli nella gente Tullia n.a. Conservarono questo costume i gover- natori dell'Asia anche dopo che, cambiate le for- me del governo repubblicano, subentrarono i Cesa- ri ; e forse ciò facevasi , perchè sembra che oc- corresse il permesso del proconsole onde esercitare il diritto di battere moneta . E quindi è che nel* le medaglie dell'Africa , provincia che reggevasi al- la stessa foggia dell'Asia, trovasi PERMlSSV .P. DOLABELLAE. PRO. COS , e PERMlSSV . L. APRONII. PRO. COS. L' Eckhel t. 4. p. 28 1 re- gistrò il nome di ventiquattro diversi proconsoli , che gli riesci di trovare sulle medaglie della pro- vincia asiatica , cominciando dalf impero di Augu- sto fino a quello di Antonino Pio , dopo il qua- le sì cessò di far motto di loro sulla moneta . Io Ilo potuto accrescere questo numero fino a trenta- tré , frequentemente venendone alla luce alcuno dei uovi ; onde pare che coli' andare del tempo se non potrà sperarsi di avere V integra serie , si sarà al- meno ampliata di molto ; il che non è da dirsi quanto vantaggio recherebbe alla storia , ed alla correzione dei fasti consolari. Se dunque è cosa ordinaria , che le medaghe asiatiche portino il no- me del loro proconsole , e se Cicerone il figlio eb- ÓSSERVAKIOM M'MlSMAtlCHE: 3()5 he certamente questa carica , non sarà egli spie- gata assai chiaramente la ragione , per cui il suo nome trovasi sopra un nummo di Magnesia del Si- pilo città della Lidia , e perciò soggetta alla sua autorità? E veramente alla mia opinione non pon- ilo opporsi le dilficollà che mise in campo il Vi- sconti contro quella del Gousinery : imperocché al tempo del proconsolato di Cicerone ^ che ande- rà a cadere circa il j'òo di Roma , non solo era solita a vedersi sulle monete la faccia di Augusto, ma sapevasi eziandio , che non si poteva impron- tarvene altra , se non fosse quella del suo genero Agrippa : onde non v' era più bisogno del nome , come al tempo di Giulio Gesare , tuttoché anche allora veggasi preterito in alquante medaglie , e Specialmente in quella che gli coniò C. Libie Pausa pretore di Bitinia , edita dal Morelli nella gente Libia tav. 1 1 1 lett. e. E la regola che la leg- genda intorno un ritratto indica il personaggio che ci è rappresentato , non è poi così generale , che non ammetta una gran quantità di eccezioni . E per valermi di medaglie tutte coeve ; non vedesi forse intorno la testa di Augusto M. BARBATIO. MAN. AGILIO. IL VIR. C. G. L P. in una medaglia di Parlo di Misia ( Mionnet t. 2. p. SyS. n. 4^6 ), a cui corrispondono moltissime altre di Gorinto , che intorno la testa del medesimo principe offrono il nome dei duunviri ? E con esempj più al no- stro uniformi leggesi pure ahmo*ì1n in un num- mo di Pergnmo ( Mionnet t. 2. p. 393 , n. 536 ), OYHIAIOS. KAirAPEQN, e nOAAlfìN . KAISAPEfìN , e OVHIA102. noAAifìlN . KAiSAPES^N in tre altri dì Gesart.a di Bitinia ( Sanclemente t. 2. pag. l'j. Eckhel t. 2 p. 409) ■) ACHVL . L . VOLVSIVS . SATVR, e AcnviiLA . P . QviNCTii. . VARI in questi due di 3g4 Lkttkxaturà Acliulla col nome di due proconsoli d'Africa (Eclikel t. 4 P- *^^ ) •• ^^^ • ^^ ' ^^'^ - ^^^ • PROCÒS , VII . viR . EPVLO in un settimo di Adrumeto ( Pelleriri Ree. t. iii.p.17); finalmente A. AiÓY/oy . ANQyiiaton in un ottavo di Calcide ( Sanclemente t. 2 p. ^4) sebbene in tutti questi 1 immagine appartenga ad Au- gusto o ad Agrippa suo genero. Troppo dotto era il Visconti per nori confessare, come fece nella prima di quelle sue cosiderazioni : Trovasi esempio di mone" te , sulle quali la leggenda posta presso ta testa in- dica non il soggetto del ritratto , ma il personaggio che fece coniare la moneta , 0 che esercitava qual- che aiitorità nella città in cui fu còhiata . Quindi se escludeva giustamente l'opinione del Cousinery, perchè Cicerone padre non ebbe rriai alcuna autori- tà sopra i hiaghesii,, non potrebbe secondo questa sua teoria rigettare la mia , la quale attribuisce questa epìgrafe a quel tale , senza il cui permesso non sarebbesi stampata questa medaglia . Né i linea- menti del volto , quali in esse si rilirarto , rifuggo- no punto da Augusto , cui anzi egregiamente con- vengono la macilenza, Tossatura minuta , e 1 età nie- no avanzata , che il Visconti ingenuamente avver- te osservarsi minore sul ritratto del nummo , che sul busto matlejano di Cicerone . Prevedo però che si troverà difficile , che se il nome di Tullio fos- se stato qui scritto per ragione della carica da lui occùpatai , si fosse preterito d indicarla, e si fosse soppresso il titolo AN(=) v Hatoz . Alche risponderò, che non vi e anzi cosa piij frequente, qùatìto il ve- dere omesso il nome di quella dignità sulle me- daglie dei proconsoli asiatici Eni . riEtpÒiJlOY scri- vesi unicamente irt due medaglie : ima di Srnirne , Taitra di Pergamo sotto Tiberio ( tesoro morellìano nella gente Petronia tav. i lett. 6 , Mionnct t. 3 ÒsSIiRVAKIONI NlJ;>IISiVIATlCHE SqS p. 594 n. 541 ); Eni . boaanoy in sei di Smirne del tempo di Vespasiano ( Mionnet t. 3 p. 223 , il. 1248, i349i i:i53, 1255, 1258, Vaillant gr. p. 22 ) ; Eni , AKYAÀIOY . npoKAOY in una di Na- colea di Frigia colla testa di Trajaho ( Vaillant gr. p. 39) ; ed è solo dal confronto che si è fat- to con Filone nel libro della legazione a Càjo , col- la selva II del libro V di Stàzio e con una lapi- de divulgata dall' Ignarra (de Phratr. p. i54) che si è saputo che Tito Petronio Vezzio Bolano, ed Acjuil- lio Proculo hanno veramente goduto del pi-ocottso- lato dell'Asia. Egualmente Eni . aóyioAA senz'al- tro loggesi sotto Caligola in quattro nummi di Smir- ne (Morelli nella gente Acilia tav. it. n. i 2,3, MioiVnet t. 3 p. 220 lì. 1228) ^ é irt utt altro di Pergamo (Morelli imp. tav. ^ li. 19) : Eni . mApioy, KOPaOy . Éni . M . Oyettioy . Nirpoi in due meda- glie di Nerone ( tesoro morelliano misceli, tav. vi. n. 12 , Mionnet t. 4 p- ^32 ) ; ed Eni . nAANKiov ÓYAPOY in un altra di Vespasiano (Mionnet t. iv. p. 232), tutte coniate in Apamea di Frigia; e chi sa quanti altri proconsoli per questa preterizione rimangono ancora nascosti sotto l'apparente larva di un magistrato di città ! All' opposto il titolo di proconsole ora si aggiunge ora si tace negli esemp] seguenti . Sotto Vespasiano Eni . it4.AikOy scrivesi in una medaglia di Blaundo di Lidia ( Sestini lett. t. G della seconda serie p. 'jS ), e in un altra di Smirne ( Mionnet t. 3 n. 224 ), ed al contrario ITAAIKJ^ . AN0Y ossefvasi in altre due di quest'ul- tima città (Mionnet t. 3 p. 224 )• Così nell'impe- ro di Domiziano Eni . kaicènnioy , nAirOv mostra il tesofo morelliano nella gente Cesennia n. 3 , e viceversa AN0Y . KAitÉN . nAlTOY , o vero Eni . XAicENNiOY . nAiTOv . ANQvnAT scorgesi in altri 3r)6 Letteratura tipi ivi pure pubblicati . Così pure Eni. poycSInòc vedesi sopra un nummo di Cibistra ( Sestini t. 4 p. 1 19), mentre EOI . anQvjiatoy . pOvciìNOc com- parisce in tre altri di inteso ( Sestioi descr. JN.V^. pag. 348, Mionnet t. 6 pag. 9') ). Ugualmiìnte BUt riAiTOY, AN0Y . KAI.EN . IIAITOY scrivesi di nuovo sotto Antonino Pio in due monete delio stesso Efe- so ( Sestini descr. N. V. pag. 429 ) • Finalmen- te la pienissima libertà in cui si era di notare o di omettere sui con] la dignità proconsolare, non mai si mostra così evidente , quanto in due consi- mili medaglie di Sardi della Lidia battute in ono- re di Druso e di Germanico cesari collo stesso ti- po , una delle quali porta Tepìgrafe TAlQ . ASiNNiJ? nOAAlONI . AN0YnATQ , l'altra TAIQ . ASINNlfì noAAiflNl . KAEJ2N02 . 2APA ( Mionnet t. 4- p- i2I n. 688 e G89 ) . La quantità adunque degli esem- pi , in cui il titolo AN9YnAT02 vedesi preterito sui tipi asiatici dilegua 1 obbiezione, e fa chiaro che là mancanza di quella parola non porta alcun pregiudi- zio alla mia sentenza . Ma si tornerà ad insistere sulla differenza del caso; imperocché gli esempi ad- dotti sono in dativo, o pure in genitivo colla preposi- zione Eni , mentre il nome di Cicerone trovasi in nominativo. E qui replicherò che ciò avviene, per- chè tutte quelle medaglie sono posteriori ad Augu- sto , dopo la morte del quale sembra che si cam- biasse stile : quando ali opposto tutti i proconsoli d'Asia, che ci sono offerti dalle sue medaglie, trovati- si per l'appunto mentovati in caso retto, come ta- cevasi precedentemente sui cisto fori . Ser a di pro- va al mio detto l OyaAEPios - ANevrlATOS di una moneta di Sinnada di f rigia cognita ad Eckliel t. 0 p. i'j4'» 6 battuta sotto quell'impero, e il n . cKinii^ dì un altro nummo dello stesso tempo riferito dal Osservazioni numismatiche Sg-y Mionnet p, 670 n. 4^ i , il quale è incerto a qual città appartenga , essendo logorata l'epigrafe dall'al- tra parte. Ma per mettere fuori una volta i due ar- gomenti , i quali spero mi daranno vinta la causa, si esaminino di grazia quest' altre due medaglie. *ABiOS . o . MAHIMOS . Testa nuda di Augusto. lEPAnoAElxQN . TPY*QN, in tre righe nel cam- po ( tesoro morelliano, nella g(>nte Fabia tav. ó n.i ). r . NE . A' INIOG . rAAAOc . Testa nuda giove- nile , che TEckhel dice forse di Augusto. AnoAAA . *AiNiOY . TAMWITAN . Testa di Bac- co coronala di edere ( Lckhel D. JN. V t. 2 pag. ay8. Mionnet t. 3 p. 28 n. iCG. ) Sono ambedue coniate in Asia , ed ognuno ve- de che offrono circostanze affatto simili a quelle del nummo di Cicerone. Se per motivo della leg- genda si avesse a conchiudere che la testa in esso esibita sia di M. Tullio, per egual ragione dovieb- be dirsi, che queste due ci offrono i ritratti di Fabio Massimo e di Asinio Gallo^ Ma i geropolitani di Frigia cosa ebbero mai che fare col primo , e i tamnitani dell' Eolide quando mai poterono im- primere sulle loro monete l' eflìgie del secondo ? iVon certo finche fu vivo, perdi egli fiorì nelf im- pero di Augusto, anzi fu console nel j^G^ ed a quel tempo già da gran pezzo 1' onore di essere ritrattato sulla moneta era riserbato ài soli princì- pi della casa regnante . Non dopo la sua morte , perchè morì in carcere sottoposto a processo , e in piena disgrazia dell' imperadore Tiberio. Vuoisi adunque lodare 1' ingenuità del Segnino , che in<- nanzi ogni altro pubblicò la prima di quelle due medaglie , il quale confessò che quantunque aves- se un immenso desiderio di ritrovare in essa l'im- magine di Fabio Massimo , pure 1' amore del vero 3,98 Letteratura l'obbligava a non dissimulare che la testa ivi rap- presentata gli pareva di Augusto. Ed io aggiunge- rò che il capo troppo giovanile della seconda mo- neta , il quale non sembra doversi attribuire allo stesso principe, perchè egli aveva aln^eno 60 anni quando Asinio Gallo potè andare proconsole , e le lettere r. NE. mi fanno credere che ivi siasi voluto, effigiare Cajo Cesare figlio di Agrippa , interpre- tando quelle sigle Txtog ììEcùts^os all' uso del OYEcnAciANOc. neQtepoc delle medaglie di Smir- ne , nelle quali non dubito esser rappresentalo Ti- to ancor cesare , ayer^done riconosciuto, chiarissi- mi i lineamenti in una assai conservata , che ce- dei in un cambio al R. museo di Milano. Ora se in parità di caso da quella sua medaglia nuli' al- tro credè giustamente di ricavarne il Segnino se non che 1' Asia era stata governata da uno dei due Fabi Massimi consoli sotto Augusto V anno ^^3 e ^44 1 e se coli' apoggio del secondo nummo po- tè X Eckhel con eguale franchezza asserire lo stes- so di Asinio Gallo , perchè non si avrà a dire che la controversa medaglia deve avere il medesimo, si-, gnificato , specialmente aggiungendosi d' altra parte la certezza , che il. figlio di Cicerone fu veramen- te in quella provincia con autorità di proconsole ? E se è così, perchè una spiegazione così facile e piana non si avrà da preferire all' altra , che per quanto sommi ingegni abbiamo sudato a ridurre plausibile , presenta ad ogni moda un' eccezione così straordinaria alle regole numismatiche , da do.-< versi sempre diffidare di essa, ? Osservazione VIE. Come la podagra è il vitupero dei medici , ao^ì le medaglie della gente Pletoria Io sono dei Osservazioni i^umismatichk Sqq l^umismatici che hanno preso ad illustrare la serie consolare : avvegnaché comunque molte siano ed erudite ed ornate di bei tipi , pure di assai pò-» che di loro sono arrivati a dare un' adeguata spie- gazione. Quella perù che ha sempre cagionato mag- gior fastidio delle altre è la terza della tqvola se- conda presso il Morelli , la quale presenta nei di- ritto ì^ testa di GÌMnoqe Moneta ornata della mi' tclla colisa leggenda MOJN'ETA. S. C, e porta nel Rovescio Vepigrafe Ludi. PLAETOR|. Ludi. Filii. Q'iaestoris. Senatus. Consulto. Ma nulla si è mai sa- puto dire di tollerabile sull' uomo ignudo, che vi comparisce nel campo ; il quale 1' Orsino credè die a\ esse nella sinistra una borsa , e quindi lo battezzò per un soldato che fosse di ritorno dopo» aver ricevuto lo stipendio dal questqre. Il Vailiant phe non vide la medaglia , e se ne stette al dise- gno del Patino , nel quale questa figura è rappre- sentata colla sinistra vota , e con un non so che bislungo nella destra, si dipartì dalla sentenza del- l' Orsino, opponendo che i soldati non si solevano dipingere ignudi. Ed avendo poi osservato che a piedi d.i quell'uomo giaceva una tace accesa, e supponendo che queil' arnese ignoto fosse una spa- sola , giudicò che vi fosse effigiato un ministro della zecca , il quale avesse la fiaccola per accen- dere la fornace , e la spatola per agitare i metal- li liquefatti . Il Morelli , avendo pubblicato più d' uno d| questi denari , fece conoscere che quella teda non aveva che fare col soggetto , ma era una delle solile note monetarie : imperocché in altra yedevasi in suo luogo uno scudo, uno staffile, uu paduceo : ai quali io dal mio museo aggiungerò una corona. Con tutto ciò T Avercampio si sot- toscrisse air opinione del Yaillant , riconoscendo- 4oo Letteratura vi anch' egli un impiegato dell' officina monetaria; ed aggiunse che oltre la spatola , che aveva nel- la diritta , teneva un pajo di tenaglie nella man- cina. L'Eckhel, sempre prudentissimo ove s' in- contrino difficoltà , rem satius in incerto relìn^ quendam piitavit. Ora se a me è dato di poter bandire una volta tante incertezze, lo doLbo al- l' egregia conservazione di una di queste meda- glie , che si è avuto molto torto di giudicare co- muni , quando io per esperienza le trovo non po- co rare, mancando a molti musei , né a me stes-. so essendone giammai capitata alcuna oltre quel- la che lasciommi mio padre. Dico adunque che questa figura rappresenta un atleta ignudo , che tutto lieto dopo la vittoria ritorna saltando dal circo: in segno di che porta nella destra un ra- mo dì palma appoggiato sulla spalla , ed ha sciol- ti nella sinistra i cesti , che si è slacciati . Non vi è bisogno di studio per ispiegare la ragione di que- sto tipo che non è dissimile da quella , per cui Lucrezio Trione stampò sui suoi nummi la luna coi sette trioni, Voconio Vitulo un vitello, Pom- ponio Musa le muse, Aquilio Floro un fiore, Sen- zio Saturnino Saturno , e così via discorrendo. È noto che il cognome dei Pletorj fu Gestiano , eh' essi tramandarono per discendenza , sebbene in prigine fosse un nome di adozione , il quale pro- va che il loro stipite fu della gente Cesila adot- tato nella Pletoria. Manifesta adunque è 1' allusio- ne dei cesti a questo cognome, il quale appostata- mente è stato preterito su questa medaglia, perchè rendevalo inutile il tipo parlante, da cui imparia- mo r etimologia del nome Cestio. Dissento poi dal Vaiilant, il quale giudicò che questo L. Pletorio Ibsse quel medesimo che coniò alcune altre meda- Gs&ERVAZIONI NUMISMATIGHE /^q i §Im hi onore di Bruto 1' uccisore di Cesare . Pre- scind.^ndo dai sìmboli monetar) , che a quel tem- po pajono fuori d'uso; dalla certezza che costui lu questore , mentre V altro potè anch' essere le- gato ; dal vedere che questa medaglia fu coniata per espresso ordine dei senato, il che non peteva dirsi da chi coniava nella provincia di Bruto ; una lortissima ragione me ne somministra la notizia pubblicata dal eh. Schiassi, che alcune di que- ste monete furono trovate nel celebre ripostiglio d. Ladriano, nascosto certamente avanti 1' anno 706 ler Io che lo reputo padre del seguace di Bruì to, e. quel medesimo, di cui scrive Cicerone nel- orazione per Cluenzio cap. 60 : Opportune adest homo summafide, et omni virtute prceditus L Plce, lonus sevator^ qui UUus Capacis hospes fuit et fa^ mharis. Apud hunc Uh liomce habUavit , apud himc ae^rotcwit, huius domi est moriuus,^ Osservazione Vili. Vie. ^7 \J"^ ^'"f ^P'^g^^i«»i. di cui il eh. Visconti abbia arricchito la numismatica latina Tuolsi annoverare quella, che ueir iconografia ro^ iXiana par. 1. § 9 diede aj denaro di Cu. Come- Jio Blasione, delineato nel Morelli alla tav 1 d , La testa goleata del diritto , la quale non è'ce^tal mente una faccia ideale, ma „n ritratta, fu da lui creduta rappresentare il più antico fra i due Scipioni Alricanx, stante la somiglianza che vi tro- vo colla hsonomia del busto serbato in Campido- glio ed ornato nel peduccio del sua nome . E le tve ligure del rovescio, che avevano rifiutato fi! nora di ncere^e una soddisfacente interpretazione divennero chiaramente per lui Giove , Giunone è 26 403 L li a T lì K A r u n A jiorlatc sopra una medaglia destinata a celebrare la memoria di un eroe , la cui vita offre non po- chi rapporti coi numi capitolini . Però quel!' esi- mio anliqtiorio, pago dello splendore della sua sco- perta, non curò d'inchinarsi ad osservare scrupolo- samente tutte le minute particolarità di questa medaglia : onde fidandosi di ciò eh era stato det- to innanzi di lui, cadde in alcune inesattezze che si vogliono rettificare . E primieramente fu d'av- viso, chela stella, la quale vedesi sopra la testa di Scipione sia un simbolo della sua apoteosi , colla quale si assimila a Castore, a Polluce, e ad altri figli di Giove . Quelli! però non è punto una stella, ma soltanto la nota numerica del valore del denaro , cioè la solita x tagliata secondo il consueto da un' altra linea per mezzo; con che volentieri vedremo svanire questo segnale di una consacra- zione, che non sappiamo esser mai stata conces- sa al primo Africano . Dice poi che nel rovescio la figura principale tiene in mano tre dardi , dal che ne arguisce che sia Veiove: perchè quando il Saturnio veniva adorato sotto questo nome, porta- va freccie in cambio di fulmini . Ma quelle pure Kon sono freccie : imperocché fatto un accurato esame sopra sedici di questi nummi che mi trovo possedere, tutti diversi fra loro per le note mo- netali , ho veduto che più d'uno di essi fra mez- zo Je tre linee rette interpretate per dardi, ne mo- stra due altre serpentine : indizio certissimo di aver voluto rappresentare la folgore . Che se sol- tanto se né vede la parte trisulca superiore, e non l'inferiore , ciò proviene perchè il Tonante è di- pinto in atto di appoggiare sull' anca la mano si- nistra , con cui la tiene; ond' essendo egli rap- presentato di Ironie, ne succede, chela metà del Osservazioni numismatiche 4o3 fulmine vien tolta dal suo fianco alla vista del li- gua. dante . E non è poi da preterirsi , che alcune volle sotto i suoi piedi vedesi nell' esergo un'aqui- la in atto di aprire il volo, colla quale si distrug- ge ogni dubbiezza sulla divinità, che si è yoluta improntare . Per lo che potrebbe, nascere dubbio, che invece di essere qui effigiata, secondo il pensa- mento del Visconti, una parte delle sette statue latte collocare da Scipione sul!' arco d'ingresso da lui edii.c.to sul veitice del Campidoglio , una tlHle quaa rappresentava Veiove , non si abbiano queste piuUosto a credere le tre divinità ve^ierate nella cella del tempio capitolino , le quali non i^eno bene convengono al diritto di questa raeda- gha: imperoccHiè scrive Valerio x\Iassimo I. i e 3 Scipio AJricanus non ante ad nc^utla puhlica vèl privata ihat , quatn in cella lo^ns Capitolini mora- mijuisset: et ideo love ^enitus credebatur . Osservazione IX. ' ^ I denari dentati di Ti. Claudio , riferiti dui Morelli tav. n. G , sono diaiuti nell area dei rove- scio colla nota mo.netale aritnveticai ma in alcuni apparisce il solo numero, in altri gli si premet- te un A. 11 Pigino, essendosi a3)baltuto in uno di loro che aveva il Lxxuii , interpretò ^/-.W «o?z- do Lxxiui, e gli venne in fantasia che si' fosse voluto indicare essere slate queste monete battute co.l argento pagato in tributo da Cerone re di Siracusa . 11 Vaillaut ripetè b,onaviaa^«nte cjuesta congeltnra, che fu! rifiutata dalf Ave.carapio il quale SI, accorse dalla troppa varietà di questi nu- meri , eh essi furono messi a solo: line di distingue- re 1 conj . Vi è stato alcun alt; o che con torto non minore spiegò quella sigla dnno . ma siccome oG* 4o4 Letteratura. io ho nella mia serie VA, i, e così si prosegue li-, rio air A. cxxv riportato dal Morelli , cWè il mag- gior numero ch'io conosca , converrebbe che Ti. Claudio avesse vissuto l'età di Nestore per presie- dere cento venticinque anni alla l'ahbricazione di queste monete. L'Eckhel nei suoi prolegomeni t. v. p. jc) notò la presenza di questo A. ma passò in- nanzi contentf«ndosi di dire ch'era incerto cosa si- gnificasse . Premesso che qui si tratta certamente di note monetali, io osservo che si ha in queste medaglie vin eguale progressione di numeri tanto coir A, quanto senza; e solo quella che né pri- va procede più oltre , arrivando nel mio museo fi- no al cLXV, mentre dell' altra, come ho detto, non ne conosco piiJ in là del cxxv. Ne conchiudo in conseguenza, che dopo fabbricata una prima da- ta quantità di conj sopravenne altro argento da monetare: onde occorrendo altre matrici, invece di progredire col nmnero, si volle per qual si fosse ragione cominciare una nuova serie: e perchè ì d nari della seconda non si confondessero con quelli della prima , vi si prepose un'A, il quale in questo caso nuli' altro può verisimilmente signi- ficare che y^ker . Ed y^lfer veramente così costu- mossi abbreviare nella notissima formola a. a. s. e. v. jdlter , amho've si. eis videbitur^ solita ad ado- perarsi nelle leggi , e usata fra gli altri nel celebre «enatusconsulto dell' anno 67 G edito dal Grute- ro p. 5o3. E passando poi a ragionare di chi fé. battere qusti nummi, il prenome Tiberio non la- scia dubbio eh egli spettasse alla famiglia dei Ne- roni . L'Orsino lo credè l'avo dell' imperatore Ti- berio , e quello stesso che fu legato di Cneo Pom- peo nella guerra piratica l'anno 68 -. k\Y opposto 4I Pighio, per quella sua opinipne, che queste rae- ©SSERVAIIONI NUMISMATÌCHE 4^3 uaglle fossero state coniate coi fribu'i di Geroné, lo reputò il nijjote di Appio Claudio Cieco , pa- dre del vincitore di Asdrubale console nel 547 , e a lui attribuì la questura di Sicilia Tanno 5o5. Bpa\ si accosse ii^rkbel , chf questi denari per essere dentati non potevano risalire a tanta antichità, e che perciò era da cercarsi un altro Claudio poste- riore è vero , ma non tanto , quanto quello pro- posto dair Orsino . Ma il disprezzo con cui quel numismatico ha trattato la serie delle famiglie fece confessarlo , eh' éi non curavasi nemmeno di farne ricerca ; del qual disprezzo questa se- tìe si è però molto bene vendicata , operando che quel tomo in cui parla di lei sìa riuscito di un inerito di gran lunga inferiore a quello degli altri sette dell' egregia sua opera . Per supplire adunque alla sua negligenza dirò , che le note genealogiche TI . p . AP . N , con cui quel Claudio si distin- giie nelle medaglie i rendono assai agevole il de- terrninarne 1 età . Egli adunque fu senza dubbio nipote di Ap. Claudio Nerone prctoi'e nel 559 ■> ^* bui si reputa nato Ti. Nerorie , ch'ebbe il mede- simo ufiicio nel 58'^, il quale sarà per conse- guanza padre del nostro : di aihbedue i quali tro- vasi memoria in Livio . La perdita che abbiamo poi fatto della sua stòria porta che di questo Tiberio non si abbia alcuna notizia , e solo si po- trà dire ch'egli coniò qiieste monete circa il prin- cipio del settimo secolo di Roma. Le lettere S. C. , che si vedono nel diritto , provano eh esse furond battute straordinariamente per ordine del senato , è quindi il nostro Ti. Claudio JNerone non sarà Slato allora triunviro monetale , ma investito di Sualche altra maggiore dignità , che ci è impossi- ile l'indovinare. 4oC Lk TTEnATTJRA Osservazione X. P. Cornelio Lentnlo Spintele fu figlio di Pu- blio Spinlere console nel (iyy , nel qual anno prese la toga virile ^ ed ottenne dal popolo la dignità di augure procuratagli dal padre, il quale porche po- tesse conseguirla , malgrado che la godesse anche Fausto Cornelio Siila, lo fece adottare da Manlio Torqiiato , onde così eludere la legge , la quale proibiva che due della medesima gente avessero il medesimo sacerdozio ( Cicerone prò Sext. ^. 64 , Di( ne i. 39 e. 17) • Assunse la veste sordida nell' anno seguente, perchè C. Catone tribuno della ple- be promulgò una legge, con cui toglieva a suo pa- dre il governo della Gilicia toccatogli dopo il con- solato^ ( Cìc. ad Q, fratrem 1. 2 ep. 3 , prò Se\tio loc. cit. ) i ma svanita quella tempesta, egli si recò a raggiungerlo nella provincia ( Cic ad fam. 1. i ep. 8). Di là passò con esso nel yoi , e verisimil- mente seguì il suo trionfo nel 'joi ( ad Att. 1. 5 ep. 2i). Nella guerra civile, in cui perde il pa- dre, sposò le parti di Pompeo, e dopo la pugna di Farsaglia salvossi ad Alessandria nelT Egitto ( ad Att. 1. II ep. i3 ) . Impetrato il perdono dal vin- citore, e fatto ritorno a Roma, diede circa il 707 una cena augurale , a cui intervenne Cicerone ( ad fam. J. j2 ep. 52 , 1. i3 ep. 7 ) . Nel 710 essen- do stato ucciso Cesare il dittatore , quantunque egli non fosse uno dei congiurati, allettò tutta vol- ta di comparirlo, e brandita una spada si unì a co- loro , che correndo per le contrade tentavano di movere a tumulto la citià ( Appiano 1. 2 e. 1 1<)). Fu dunque dato per pro-questore a Trebonio^uno dei congiurati mandato pioconsole d Asia ; ma uc- ciso questi daDoiabella che invase la provincia, si 0«5ERVAZ10NI NUMISMATICHE 4^7 ritirò presso Bruto nella Macedonia . Partito però rinimico ,J5Ì mosse per ritornare al suo posto ,• ma avendo saputo per istrada, ch'egli aveva prepara- ta una flotta nella Licia, deviò a Rodi , onde ot- tenere soccorso per combatterla . Ma non essendo riuscito nel suo disegno , colle sole proprie forze ricuperò le na\i da Iraspoito che aveva raccolte Dolabella ; e ciò fatto , prese le redini della pro- vincia, aspettando la venula di uno dei due con- soli Irzjo e Pausa. Tutto ciò abbiamo risaputo da due lettere , una a M. Tullio , l'altra al senato , ch'egli scrisse da Parga ai 39 di maggio , e che sì sono salvate fra le famigliari di Cicerone 1. 13 ep. 14 i5. Morti quei c^onsoli. Bruto e Cassio oc- cuparono 1 Asia ; dall'ultimo de quali nell anno se- guente gli fu data insieme con Fannio la cura dell' assedio di Rodi. Dopo la resa di quella piazza na- vigò ad Andriaca , che così chiamavasi il porto della città di Mira nella Licia t e dopo la conquista di ambedue, arido ad unirsi con Bruto (Appiano I.4 ep.y 2). Nell'anno 7 1 ^accadde la battaglia diFihppi, do- po la quale Lentulo fu ucciso per ordine di M. Antonio e di Ottaviano, come fa travedere Appiano La. e. 1J9, e come apertamente attesta Plutarco nel- la vita di Cesare ^. i2<>. Abbiamo varie medaglie tutte con rovescio unilòrme , portante un lituo e un orciuolo da sagrifizio, colf epigrafe LLiNTVLVS. SPIAT ; ma nelle prime leggesi BRVTVS nel diritto con una scure, un simpnlo , e il coltel- lo chiamato secespita ; nelle seconde X epigrafe mostra G. CASSL IMP , e vi è per tipo un tri- pode ; nelle ultime linalmente si aggiunge la pa- rola LIBLRTAS , e si mette innanzi la testa dei- la Libertà ora velata , ora nò ( tesoro morel- liano nella gente Cornelia tay. 2. n. iii, iv. v. 4à'8 Letteraturì « nella geiUe Cassia tav. a. n. vi ) . Général'menlc ì numismatici le avevano attribuile a P. Spinlrre console nel 6^-7 , padre di quello dì cui si è par- lato ; ma ottimamente 1" Eckhei avvertì , che fu- rono senza meno coniate dopo V uccisione di Ce- sare nel yro, e perciò non potevano darsi a quel console , che con un passo di Cicerone nel Bru- to e. jy dimostrò esser passato fra i piij fino dal ^06. Con piena ragione adunque le assegnò al figlio , che abbiamo veduto aver appimto servito da pro-questore a Bruto ed a Cassio , da cUi saranno state coniate ndla sua provincia dell' Asia, alludendo col tipo del rovescio alla dignità au- gurale, di cui lo sappiamo rivestito. Tutto ciò va egregiamente bene: ina che si avrà a diredi un' altra medaglia aggiunta per la prima volta dal Patino , e portata dal Morelli nella gente Cor- nelia tav. 6. n. V, rappresentante nel diritto la testa nuda di Augusto coli' epigrafe AVGVSTVS. DIVI. F. , e col simile rovescio dell' orcio e del lituo colle lettere LENTVLVS. SPINT ? Il Vail^ lant e TAvercampio , che avevano concesso i num- mi superiori al padre , ascrissero questo al figlio che crederono triunviro monetale Sotto il giovi- ne Cesare; ma si trovo ben imbarazzato T Eckhei, il quale vide che questo non poteva essere stam- pato se non dopo il ^727 , in cui Ottaviano as- sunse il nome di Augusto : e sentì bene l' impos- sibilità che chi nel yio era stato prò- questore pro-pretore, nel yay esercitasse il triunvirato mo- netale , uffi/.io solilo darsi ai giovani di venti anni ; nel qiial caso costui avrebbe progredito nel- la carriera degli onori all' usanza dei gamberi . Per lo che sospettò, che a quel tempo fosse ri- yestito di una carica di molto maggiore impor- OsSERVAKIUSfi NÌJiVnSMAtlCItl 4^9 bnza , che non si attentò ci' indovinare. Ma ci''- ne meno può essere, perchè io appostatamente ha raccolto di sopra tutte le memorie , che di costili ci hanno lasciato gli storici, onde apparisse ch'egli fn ucciso nel ^12, e quihdi non poteva far co- diare medaglie nel '^^'j . Dovrebbe adunque sup- porsi , che questo denaro fosse stato battuto da hn suo discehdente ; ma X indentila di questo ro- vescio, e degli altri che furono fatti certamente stam- pare da lui , esclude questo sospetto . Come dun- que si avrà a sciogliere questo nodo gordiano ? Per non dubitare della buona fede e della perì- zia del Patino , non vi è altro mezzo sé non te- Jier;^ , che questa sia una medaglia foderata , e perciò di niuna autorità per la storia, in cui un'an- tico falsario accoppiasse al rovescio di Splnlero tin diritto di Angusto , quale varie tolte appari- sce sulla sua moneta, e segnatamente in quella che hanno dall altra parte 1' epigrafe iwp. x , 0 IMP. Xi. E questo giudizio viene rinforzato dal norì essere quésto nummo citato in alcun catalogò di museo, per quanto io sappia. Ogni dilettante di nu- mismatica sa per esperienza quanto facilnkente s' in- contrino simili medàglie , sulle quali mi accaderà tornare altra volta ; ma gli Scrittori numismatici the le hanno pubblicate sono ben rimproverabili di non aver avveitito di questa circostanza il let- tore, avendo così fatto nascere degli inviluppi sto- >ici , che non vi era modo di poter distrigare. 4io In morte di [Virginia Or succi nata Bo cerila , can- to funebre del prof. Gio\HUini Rasini — Impres- so in Pisci nelle case delf autore i3:2i. ^e accompagnati da qualche lagrima tutti discen- dono nel sepolcro , con maggior ragione sogliono queste cader più copiose e dirotte sr.lle ceneri di quelli , che morte sul fior degli anni rapisce , e le cui rare doti d'ingegno e di cuore ne fanno più acerbamente sentire la perdita immatura. Fummo noi stessi testimonj del pubblico dolore sulle ri- ve del Serchio e dell'Arno, quando 1 incompara- bile giovinetta, che diede argomento a questi ver- si , fu lolla da crudel morbo alle speranze dell' amantissimo, sposo e degli atflitti genitori , an/J air universal desiderio. Nacque essa in Lucca il dì 4 febbrajo del 1798 dal eh. marchese Crisi oloro Boccella e da Elisa- betta Bàrtolommei ; e tornita dalla natura delle più felici disposizioni, fu nella età di anni dieci col- locata in quel novello istituto Elisa , ove non tar- dò a distinguersi tra le compagne così per la sua docilità applicazione e saggezza , come pe' suoi mol- tiplici talenti e pe suoi rapidi progressi in ogni 'maniera di arti e di studi, in cui pose cura. Do- tata di non volgare avvenenza, e divenuta un mo- dello di grazia di gentilezza e di senno, compiu- to appena il terzo lustro della età sua, fu nelfan- no 181 3 unita in matrimonio col cav. Pietro Aul- la dì Pisa, giovine colto ricco ed onesto, a cui non fu chi tal sorte non invidiasse. Ma ben poco durevole fu la sua felicità: poiché non molto tem- Canto funebre del Rotini 4** pò trascorso, i primi segni si man ifosta nono in lui d' lina irreparabile lise tracheale , the 'lectaiuentti struggendolo , dopo lunghi palinicnti ed angi^scie Io condusse al sepolcro noli ollobre del 1818, ed anche la tenera sua compagna leggetmenle assalì . Tornata essa quindi verso il cominciare di pri- mavera alla casa paterna, e ripreso Un lenor di vi- ta più tianquilJo ira le sue grate occupazioni e gli amorevoli conforti de' congiunti e degli amici, an- dò a poco a poco dileguandosi la sua diuturna tri- stezza , e la piTi prospera sanità sembrò rifiorirle sul volto. Richiesta poscia in consorte dal suo cu- gino Michelangelo Orsucci lucchese , cedette final- mente alle fervide istanze di lui , del quale ahi troppo brevemente formò la delizia e 1 amore ! Ap- pena incinta , ricomparve in lei con maggior vio- lenza il morbo che credevasi estinto , è la nasci- ta del figlio tanto bramato accelerò il termine de' tristi suoi giorni , che fra il compianto de suoi più cari terminò ella nel novembre del 1820 col- la più eroica fermezza d'animo e colla maggiore rassegnazione ai voléri del cielo. I suoi miserabili casi e le sue rare virtù , che in Pisa potè d' appresso conoscere il eh. prof. Rosini , vivamente gli penetrarono il cuore , e ne accesero 1 immaginazione : ond ei le grazie e le muse condusse a spargere suU' urna di lei questi poetici fiori. Egli dimostrò come si possa scrivere con affetto e con calore senza le stravaganze de' ro- mantici , e con eleganza e venustà senza 1 affetta- zione de' puristi . Questo canto è già alla 4 edi- zione , nella quale 1 autore , ben sapendo quanto sia rhalagevole non solo il giungere alla perfezione , róa anche lo avvicinarsele, è andato cangiando va- rj luoghi del suo lavoro. Noi ne leveremo alcun 4i« Letteratura saggio i onde possano i nostri lettori conosceraé in parte le principali bellezze. Ecco in quel modo ei co' piò vivi e delicati colori ci presenta il ritratto della giovane Virgi- nia nella 3 jdelle sue funebri stanze. Come rosa da brine ancor non ^occa JN' era il volto ai sembianti ed al colore: Se apriasi al riso la purpurea bocca , JV apparia l'innocenza ed il candore: Di neve al par, che senza vento tiocca ^ Scendean le dolci parolette al core: E ardean le luci , in un modeste é belle , Come di Leda in cielo ardon le stelle. E dopo averne in seguito narrato il primo imeneo, e descritto le piij care applicazioni, così ne accenna maestrevolmente il principio della fa- tal malattia. E ver che spento anco non era il foco Del casto raggio , che splendeale in viso • JVè a' repressi sospir cedulo il loco Aveano i lampi del divin sorriso : Ma la rosa e il ligustro a poco a poco Cangiavasi in viola ed in narciso ; E alle gote, alle labbra, al mento, al ciglio , L' ombia apparia di non lontau periglio. Rimasta vedova ^ e tornata dopo alcun tempo, Come si disse; alla casa paterna, ci viene poscis in tal guisa dipinta nel piiì lusifighiero aspetto di sanità. Giurato avresti che dall' onda algosa Sì fr' sca non nppar la dea vermiglia , JSè così sfavillante e rugiadosa La vaga stella , che ad rimar consiglia. Spiravano i suoi labbri aura odorosa ; Pili vivo era il fulgor delle sue ciglia; Canto funebre del Rosrm 4i5 FattP avorio lo braccia , e colmo e pieno Il molle fianco, e il ritondetto seno. Il nuovo quindi funesto laccio si strinse, che fu cagione delle sue ultime disgrazie , come nel- ÌH seguente bellissima stanza si manifesta. Ma forse non avea per anco Imene Il ve! riposto dal trapunto lembo, JVè strette le dolcissime catene , Che sordo già romoreggiava il nembo. E poi che arrise alla materna spene L'infausta dea , che fecondolle il grembo. Spense Imeneo la face; e in veste bruna Scese la Parca a preparar la cuna. Ma le piti patetiche tinte ed i tratti più aC- fettuosi serbò 1 autore alla descrizione del mise- ro stato , in che la vide V estrema volta , e del suo dipartirsi da lei , e del suo ritorno in Pisa , dopo averla così lasciata. JVumi ! qual m' apparì stesa sul letto. Posando il dehil mento al sen languente ! E benché V ombra del cangiato aspetto Già figurassi alla presaga mente , Tremando mi sentii squarciato il petto. Quando la scarna man soavemente. Ultimo pegno d' amistà , mi porse ; Pur ne del duol né del tremor s accorse : Che mentre un riso apria nel suo pallore ^ Qiial se un arido giglio apre le Ibglie, -, ' Anch'io le sorridea per gli occhi fuore. In sen premendo le angosciose doglie. Ne con qual sentimento e con qual core Là stetti, e alfin lasciai le infauste soglie. Saprei ridir; eh' erami sempre innante Quello sguardo , quel riso , e quel sembiante, E freddo , e muto , e sconsolato , e lento 4i4 Letteratura Volgeva all' Arno sospirando il passo, E ni" era nel cammin nuovo toraiento Ogni arbore, ogni lònte , ed ogni sasso: Che ciascun parca dirmi in tristo accento : ^oi tutti rivedrai se torni, ahi ! lasso; Ma più non rivedrai la cara e bella . . . Oh crudel lato ! oh sua perversa stella ! Poi, talor come sogna egro o delira, Dicea tra me : fissa dunque è saa sorte ? E lo consente il ciel , nò pensa e mira <• ^' Come la speme ne' suoi cari è forte ? JNè piegar si potria del lato l'ira, JNè Amor saprebbe impietosir la morte? Né v' ha pe' numi inferni ostia votiva , Sì che viva languendo , ma pur viva ? Sorgea ntanto la notte orrida e scura Senxa il pianeta che nel duol conforta , E più tetra la fean V edace cura , Gli ardenti voti, e la speranza morta. Ma quando alfin le cittadine mura Varcando , a tergo risuonò la porta , Parve Un chiuder di tomba ; e quel fragore M'invase i sensi, e rimbombommi ai core. A rallegrar finalmente in qualche parie que- sto tristissimo quadro, i ed a conforto di tanto do- lore , ci mostra il poeta sul terminar del suo canto , com' ella passò da questa ad una vita più felice. JYpn anco avea dal balzo d' oriente ' Lenta to il sole ai corridori il freno. Che avvolta in una nuvola lucente Fender la vidi il liquido sereno. Stringea la destra la facella ardente Della tè, che le accese il casto seno : Candido senza rose era il bel viso, E i r.fi tutti fh'sin del paradiso. Canto funebre del Rosim 4^5 Se già noti per tante altre egregie produzioni pon fossero i poetici talenti del eh. prof. Hosini , a farne fed-^ bast'^rebbe questa sola , che non po- trà mai Jegf^ersi dfilie anime ben nate senza ver- sar qualche lagrima sulla memoria dell infelice Virginia per lui latta immortale. GiiJSEPPE Antinori. Raphaelis Mecenate jurisconsiilti de vita rehusqiie gestis M. f^ipsanii A^nppae coinmeutarius testi- moniis scnptorum veterum cuncinnatus . Romae tjpis Contedini ì^h m 4-° D 'opo il hrcKHarium Sexti Ritfi emendato col con- fronto di molti codici, il libro Messalae Corvini ad Octainanwn Caesarcm de progenie sua ricondotto air originale integrità per mezzo di al(ro codice dair A. posseduto , e la vita dello stesso Messala scritta a nostro eccitamento ; il quarto volume è questo, di cui alla repubblica letteraria egli fa do- no, imprendendo a darne saggio, come facemmo de' precedenti , direm primamente come ci è sem- bralo ottimo 1 avvedimento nello scegliere il sog- getto del nuovo comentario intitolato al signor maichese Canova, che 1 A., meritamente chiama per antonomasia il Fidia novello. Imperciocché iVJ. Va- lerio Messala Corvino, e M. Vipsanio Agiippa fu- ron que' due grandi uomini di Roma, che spiegan- do rari talenti nella carriera militare e politica al- la decadenza della republica travagliata dalle guer- re civili, ebbero gran parte nel memorando muta- mento , per cui Augusto salì all' apice del princi- 4 iG, L B T T E R A T U R A palo . Questi due generali e consiglieri del prima imperatore non do\ ean restar divisi . La storia dell' uno invitava lo stesso scrittore a tesser quella dell' altro, poiché diritto mirando nella destrezza d'Au- gusto, si avvisa il lettore come d'ambedue si vales- se quali stromenti a stabilire la sua potenza insie- me e la sua gloria . Il pregio pertanto del commentario non consi- ste già neir aver raccolto da' classici e da' monu- menti , disposti secondo la cronologia , quanto ci resta ^alle azioni di Agrippa , siccome si trova aver fatto in poche pagine un giovinetto di Lamagna a guisa di prolusione in fronte di alcune tesi di fdoso- fia ali occasione di conseguire le insegne di dotto- re. Ben' altro più grave ed interessante si è l'assun- to del eh. A. Con profonda avvedutezza ha preso egli a dipingere e porre nel vero aspetto il carat- tere politico di M. Agrippa , e del principe , di cui fu amico, ministro, e congiunto. Racchiude perciò il comentario documenti importanti di arte mili- tare , e di civile prudenza . La narrativa delle azio^ ni non si riduce a nuda esposizione di quelle geste, che destano colla grandezza esteriore la meraviglia nella comune degl' uomini , ma s' interna con sot- tile disamina a rintracciarne le ^ause motrici , lo scopo finale , e gli effetti reali iritorno alle pubbli- che cose , che furono al suo tempo e col suo ap- poggio a nuova forma condotte . L'anno di Roma 690. sotto il consolato di Ci- cerone e di Antonio , da oscura stirpe nacque Vip- sanio Agrippa , così forse cognominato quasi cegre partum in pedes . Plinio ripete da questo modo di venire alla luce contro l'ordine di natura gl'inco- niodi abituali che soffrì nell' estremità inferiori, le disavventure che nella vita privata lo afflissero , Vita d'Agrippa 4*7 e la brevità della vita, die perdette in capo all'an- no cinquantesimo primo . Contrasse da giovanetto amicizia con Ottaviano Cesare nella scuola di Teo- ge?ie matematico in Apollonia • Sebbene l'osse homo ìiovus , ebbe tuttavia tre mogli d'illustre lignaggio . Tolse in prime nozze una figlia di T. Pompo- nio Attico, in seconde Marcella figliuola di Cajo Marcello, che viveva ancor quando Agrippa se ne separò per unirsi a Giulia figlia di Augusto , e vedova di M.Marcello. Gli sregolati costumi di Giu- lia moglie , e dell'altra Giulia figliuola, relegate en- trambe dallo stessa Augusto , e l'acerba morie de' iigliuoli Cajo e Lucio nepoti del principe, e d» esso adottati per figli , resero infelice la condizio- ne dello sposo Agrippa. Dalla sola virtuosa Agrip- pina , che fu moglie a Germanico , ebbe il geni- tore qualche consolazione nella vita privata. Altrettanto lélice fu Agrippa nella vita pub- blica . Educato colle massime di Roma libera, anti- vedeva nonpertanto , che in m/3zzo alle sedizioni e al corrompimento della repubblica, il triunvira- to sariasi sciolto in fine colla riunione del potere nelle mani d un solo ; perciò , sebben liberale di sentimento, amò meglio di piegarsi volontariamente al pai tito di Ottaviano , che riputava il migliore , di quello che soffrir più lungamente lacerata la pa- tria fra le proscrizioni ed il sangue senza fonda- ta fiducia di conservargli l'antico stato di libertà. Le allocuzioni di Agrippa e di Mecenate suU' argomento ,, Utrum prcestet itnìus imperktm statui liberali „ son ricordate dallo storico Dione Cassio : uè si può decidere così agevolmente, se fosse mag- gior la nobile franchezza di Agrippa, che perorò i al cospetto di Ottaviano per la forma di governo libero, o la profonda politica del principe, che G.A.T.XU. -7 4i8 Letteraiura seppe volgere a suo profitto l'opera d'un uomo, che nudrìva in cuore , e non dissimulava repubbli- cani pensieri . Ottaviano fece il primo sperimento della fe- deltà di Agrippa , incaricandolo a sostenere coli' arte oratoria 1 accusa contro Cassio uccisole di Ce- sare . mentre Lucio Gornificio arringava contro il complice Bruto. Quindi ne pose a prova i milita- ri talenti nella guerra di Perugia . Agrippa con somma destrezza e celerità prese alle spalle Lu- cio Antonio legato e fratello del triunviro Marco , che marciava ad impedire l'unione delle schiere di Salvidieno con quelle di Ottaviano . Appena Lu- cio Antonio si rifugiò a Perugia , volò Agrippa a Foligno per teper a bada le truppe di Ventidio, altro partigiano di Antonio . Alla rapidità di questi mo- vimenti Ottaviano fu debitore della presa di Peru- gia , che costò la vita al fiore dell? latina nobiltà impegnata nel partito del competitore. Nelle cam- pagne degli anni seguenti fece Agrippa prodigj di valore: liberò i cesariani circondati delle truppe di Antonio, ricuperò Siponto, trasse alla parte di Ottaviano due legioni a Cameria lasciate da Planco- Spenta ogni speranza di conciliazione con Pompeo, ad Agrippa , eh' era semplice pretore , fu addos- sato il comando della guerra . Kd eccolo costrin- gere il nemico ad abbandonar 1 Italia inferiore , che devastava , ed a rìfuggiarsi in Sicilia: volar poscia nelle Gallie, sottometter 1' Aquitania , e condurre il primo dopo Cesare le aquile romane al di là dei Reno contro que' popoli sediziosi, ritornar in Italia al primo cenno di Ottaviano, che gli decre- tò l'onor del triotifo ed il consolato nel momento che l'ardua impresa gli commise di ristabilir l'arma- ta navale intieramente malmenata dalle tcm|)este Vita d'Aorippa 4^9 insieme , e dalT emulo Pompeo . Omise Agrìppa di menar quel trionfo , che nella circostanza pote- va dar ombra allo stesso principe , che glie lo accordava . Tagliar Y istmo , che il lago Averno separava dal Lucrino ; aprir fino a i3aja e Poz- zuolo un amplissimo porto : richiamar quante na- vi rimanevano ancora sul littarale d' Italia : ac- crescerne il numero cogli alberi della vicina selva : raccogliere, ed esercitare li marinari: presentarsi a Pompeo coli imponente apparato di un' armata più torte di quella distrutta ; fu l'opera singolare di Agrippa, che con raro esempio si mostrò in poco tempo gran capitano , e grande ammiraglio . Battè in vaij incontri Mina , Democare , e lo stesso Pompeo : spedì soccorsi di armati e di vet- tovaglie all' esercito di Cornificio , approdò in Sicilia , e si impadronì di Milazzo e Tindaro , re- cando da per tutto gravi danni all' armata di Pompeo . Preparò così , e riservò al suo principe l'onor della vittoria : poiché Ottaviano sopravvenne al comando dell esercito in Sicilia , ed ohligò il vinto. Pompeo a ricovrarsi in Asia essendo le co- se ridotte a tal segno , ut jam ncque navigantibus securitas esset , quippe quos Agrippa ccedebat ; nc- que ad terram appellentibus , quos Caesar interfi- ciebat . Solo allora accettò Agrippa lonor del trionlo , perchè decretato con senatus-consulta 9nche ad Ottaviano, che gli fece inoltie dono della corona rostrata . Ultimò Agrippa felicemente l'anno 721 la spedizione contro 1 irrequieta Dal- mazia, e quindi tu adoperato da Ottaviano a de- cider la gran tenzone con Antonio sulf impero del mondo . A grippa nel gran cófillitto si condus- se da esperto comandante, e da politico accorto. Aprì , è vero , al suo principe la strada alla vitto- =7" 430 LlSTTERATURA ria , ma non volle, che apertamente glie ne com- parisse debilore : indebolì il competitore Antonio togliendogli tutti i soccoisi , che per mare attende- va dair i:gitto, dalla Siria, e dall' Asia, ucci- dendo il regolo Bogude , espugnando successiva- ijiente Matoua , Leucadia , Patrasso , e Corinto , ^attendo Quinto JNasidio e Sossio , e prendendo , e sommergendo una gran quantità di navi nemiche. L'instancabile attività di Agrippa assicurò ad Otta- viano nella battaglia di Azio i|uel trionfo , che de-> cise de'puovi d*^slini di Roma . Antonio debellato non risparmiò al vincitore l'amaro rimprovero, che non prius surrexerit , ac militihus in cojispectum J^'uerit , quam a, M. A^rippa /ugatce sint host^um naves . Fece Ottaviano mostra di gratitudine verso un personaggio , che tanto operò col senno e col- la mano per renderlo arbitro del Campidoglio. Ltk volle collega nella censura , e due volte nel coa- solato, gli conferì la prefetluia di Roma abbando- ijata da Messala, lo associò a M^'cenate nelf eser- cizio secreto del sommo potere , lo decorò in fi- ne col vessillo ceruleo iu segno delle navali vit- torie, e lo, fece depositario dell'anello imperiale all' occasione della grave infermità, cRe pose in peri- colo i giorni del principe, senza che apiftamente avesse designato alcun successore. I^e prese Marcel-? lo tal gelosia , che l'avveduto Agrippa si ritirò spon- taneamente a Mitilene , e poi 9 Lesbo sotto prete- sto di particolari commissioni. Ad onta di tante pro- ve di fedeltà, di valore, e di prudenza, neppur do- po la morte di Marcello era spenta ogni dubbiez- za nell'animo sospettoso di Ottaviano verso un uo- mo , che nel servirlo era pur cresciuto in credito ed in autorità . L' invido iV|ecca9;te diti ^riijci^e Vita d'Agmp^a 4^1 tonsnìfns kac de re inquit : A^rippam jam /e- cisti , ut vel gener fuiis Juit , vei occidafur , rteces- se est . Sì apprese Augusto al partito più mi- te, e stimò meglio di assicurarsi di un taut uomo facendolo suo genero , che incorrere con sì gran vittima la pubblica indignazione. GolT onore di ivincente e ordi- nato. Ora essendo queste parti divine gli spiriti e gli alfetti , e Ratfaello non essendo stato mai da ; =>lciinQ adeguato nella espressione di quelli , pep j J^3q Belle Arti averli decorati di forma prestantissima, aggiunse aìle prerogative di dolcezza, di unzione, di san- tità , che tanto distinsero gli artefici che il pre- cedettero , quella leggiadria delle bornie e delle movenze , co" vivi spiriti , e colla squisita esecu- zione , tanto che t arte nulla pia ebbe a deside- rare. La qual cosa non si accoppiò dagli altri , allorquando adorne le arti di molto lusso prefe- rirono alle dolci , soavi , ed ingenue espressioni de- gli antichi , che miravano a soverchiare , quelf ener- gia del fare , la quale mise piuttosto in evidenza la scientifica esecuzione di quello che 1' affetto, lo spirito, la pace delle sublimi espressioni, le qua- li sentendo veramente del divino, non possono am- mettere lì tumulto e l esagerato. E poiché Raffa- ello mai si dipartì dal far primo scopo dell' arte la sublimità , e la convenevolezza di esprimere tran- quilraente passioni miti e divine , lungi dal vo- ler abbagliare cogli impeti veementi degli animi umani agitati da forti perturbazioni, si elevò all'ec- cellenza di quegli affetti divini che sono misurati con giusta lance , ed in celeste pace riposano. Da ciò diraosti asi, che giunta V arte ad un gra- do elevato , per poi condurla al sommo non era duopo tener altra via ; e l' altissimo accorgimento , e la filosofia del Sanzio lo condussero a conosce- re che restava bensì ad aggiugnere perfezione neir eseguire , ma non diversa direzione nelf ima- ginare ; e animato dal fuoco celeste, non si lan- ciò tra i baleni ed i turbini , ma nuovo Prome- teo rapì la pura scintilla animatrice e divina di cui informò ogni opera sua. Quindi la verità , la giustezza , la progressione delle passioni, e la som- ma diversità dalle opere altrui , che le sue figure pajono commosse per sentimento dell' animo , le al- trui per imitazione. Belle Arti 43 i Chi meglio d' ogni altro ritrasse l'animo , è Iq stesso che dicasi ^ vere espresso il fiato dell' On- nipotente, e per ciò principalmente nessuno può disputargli questa eccellenza nelT arte : siccome è duopo ammirare in lui quella s<'greta forza in- spiratrice che lo condusse a si alto operare ; giac- ché dai precetti delle arti non fòrmansì i genii di- Tini che le signoreggiano, ma dopo ques'i anzi si dettano le regole: poiché le leggi dell'epopea non precedettero Omero, e il canone di Folicleto non fu scolpito prima de' prodigi sublimi di Fidia. Il benemerito autore però averte , le profon- de dottrine da lui con sottile metafisica discor-> se non aver mai animato e condotti gli aiza, e descrizione delle antiche citici di Cartagine ed Ulica, con ta- vole di monumenti, isciizioni puniche, greche, romane, pian- te conografiche , vie militari, usi e costumi antichi e moderni ec. Opera postuma del conte Camillo Borgia da Velletri . È noto a tutta Italia come il conte Camillo Borgia, trasportato per le vicende politiche del i8i5 da Napoli a Tunisi, ivi si fer- ni,asse , e ottenuta la grazia e famigliarità del principe di quella reggenza , volgesse l' animo non solo a descrivere l' iìUerno delle Provincie tunisine , e i loro presenti costumi e modi? ma delle anti- chità di si celebrata regione tanta dovizia raccogliesse , che ne formò un tesoro, non mai per Io innanzi conosciuto da tanti riaggiatoii europei che visitarono quelle contrade . A un italiano dunque era riservata la gloria di ricercare attentamente pel primo le reliquie della distrutta Cartagine : di rinvenire la posizione certa della cit- tà d' litica , e dare dì ambidue notizie peregrine e igiene della maggior importanza . Ma non solo di queste occupossi il Bor- gia , che d'altre ducente cinquanta città e villaggi rovinali o tracciò la pianta, o descrisse levestìgie. Attese pure alle nozioni geogiraftche e militari, e preparò quattro preziose carte itinerarie e geografiche coUe strade militari ; uè perdette di veduta le cose della storia naturale, della fisica, dell' architettura, e della geo- logia . Al qual uopo disegnò egli stesso le cose più rimarchevoli , e un tal apparato ne fece da rendere l'opera sua una delle pia maravigliose che sieno state finora messe alla' pubblica luce . E ciò che la rende anche più pregevole si è , che dal bey di Tunisi fu- rono air intrepido viaggiatore somministrati mezzi opportuni per jlar opera agli scavi, indispensabili in ricerche di tal natura. Il qual favore ne primji, né dopo lui ha mai ottenuto verun altro . y A R I « T X' 435 Questo viaggio compì iJ Borgia in sedici mesi (kgli anni i8i5 e 1816; e aJlorciiè tornato in Napoli apparecchiavasi ad ordinarlo, e gran parte ne avea già disposto, fu da immatura morte rapito al- la V'ita, alla famiglia che teneramente amava, e a quella gloria che lo attendeva per cosi illustre fatica . Ma ne fu ben sollecita la contessa Adelaide sua consorte, la quale affidò i materiali deViaggi del defunto marito a persona zelante deli' onore d'Italia , onde ne venisse compita 1' ordinazione , e andassero per le stampe . Non isiaià guari a veder la luce quest' opera del Borgia , la qua- le apparirà in tre diverse lingue . Abbiamo voluto prcvcm'rae i letterati, a fine che se mai qualche recente viaggiatore osasse appro- priiu-si le fatiche eie scoperte del Borgia, rimanga per tempo sma- scherato , e non si menomi cosi Tonore che gli è dovuto . IVI. D. '^i piace il vedere, che siccome noi bene spesso sogliamo andar cercando materia di là da' monti e da' mari, onde com^or novel- le e poemi; cosi gli stranieri vengano talora in traccia di cose ita- l'ane a far che le loro muse abbiano un bel cantare. Lord Byron ha pubblicato quest' anno nella capitale dell' Ingliilterra la sua trage- dia Marino Fcdiero doga di Fenuzia: il professor Kruse di Cope- naghen ha fatto il medesimo d'un' altra sua,riputatissima presso i let- terati danesi, intitolata Ezzelino: i sigg. Cuvelier e de IVleurn han- no composta un dramma sulla morie del Tasso, che il Garcia ha poi messo in musica: il Moffatt ci ha dato un poema inglese sulla/jw/e del Monaldeschi accaduta per opera della regina Cristina di Sve- zia : e il celebre Baillie ha scritto sulle avventure di Cristoforo Colombo la torza delle sue leggende poetiche, ch'in inglese s'inti- tolano: Metrical legends of exalted caracferes . London 1821. Ad onore del gentil sesso godiamo ili far sapere , come una del- le opei;e di che si vantino prescnteinente le gravi scienze francesi G.A.T.XII. 28 434 è quella intitolata: Rechcrches sur la thonrio des surfaces elasiU cjucs jmr madenioisella Sophie Gerinain- Essa nel i8i5 ottenne U premio della reale accademia delle scienze- ma vedendo Tiliustre au- trice che la parte dimostrativa poteva essere stesa con più rigor ma- tematico , l'ha ora tornata a scrivere : È noiis crojons pniwoir ctssurtir, dice il signor Francoeur (Revuc encyclop. , novembre 18-21, p. 4o4) 1 7«e tes geo/net ras ics plus exercès sercdenf heureuv d'avolr full cei oui'ra^e ■ La signora Germain fu la scolara e Taniica del nostro im.nortale Lagrangia : ella a, soggiunge il Francoeur , dans ses entreiiens uvee ce grand geomèlre , recu les inspiratìons de son geme . E cosi l'Italia che in quel grandissimo diede il suo Euclide alla Francia , ricorda ora con bel piacere d'aver data ope- ra , perchè quella dotta nazione nella sig Germain avesse anche In, sua celebre Agnesi, yUa di Antonio Brognoli patrizio bresciano , scrìtta da Francese» Garnbara %. Brescia dalla tipografia Valotti 1820. IN acque il Brognoli di nobili genitori in Brescia li 21 dicembre 1723, e vi mori li i3 febbrajo 1807. Fu buon padre di famiglia, ottimo cittadino, magistrato integerrimo , e colto scrittore . iutantochc il celebre conte Corniani disse, ch'ei primeggiava nella poesia seria italicma , e eh' era prode nella latina e nella bernesca. Fra le ope- re sue si ricordano principalmente, i cauti sul y^/'e^'^fW/sJO, che so- no !;tati anche tradotti in inglese: i dvie poemetti la Lot/e e la Gio.'. stra : quattro orazioni : e gli Elogi de'' bresciani per dottrina e pen esimie virtii nel secolo xviii eccellenti. Questa vita è scritta dal sig. cav. GamLara con molto amore , e con vero spirito patrio : di che se gli vogliono qui tributare le meritate Iodi. J,N ella stamperia litogratìca di Firenze , fondata sotto gli auspicj del eli. sig. marchese Cosimo Ridolfi, si sta pubblicando una bella serie di lucidi di teste, tratti la maggior parte dai dipinti de' più famosi maestri della scuola toscana. Eccone il catalogo : 2 di Giotto , 1 di Taddeo Gaddi, 2 di Pier dell» Francesca, 1 di Paolo Uccello, a t?i Varietà' 435' Masolino di Panicalc, 4 del Masaccio, 3 di Gio. Angelico, 2 di Be- tiozzo (àozzoli , 2 d'' Alessio Baldovinctti , 4 di Filippo Lippi , 3 di Sandro BotticClli, 3 di Filippino Lippi, a di Kaffaeliuo del Garbo , 4 di Domenico GrillandajO, 3 dì Cosimo Rosselli, i. di Pier di Co- simo, 2 del Poliajuùlo, 2 del Verrocrhio , a di Luca Signorelli , 3 di Pietro Perugino, 4 di Leonardo da Vinci» 2 di Lorenzo di Credi, 3 di fra Baftolommco , 3 d'Andrea del Sarto , 3 di Ridolfo Grillan- dajo , 4 di Michelangelo , 4 di Raffaele» L'opera sarà div^isa in fa- scicoli di 4 tavole, e u'escirà uno al mese al prezzo di paoli quat- tro toscani i Le associazioni si ricevono principalmente al negozio ÌVIoIini, e al gabinetto letterario del sig. G. P. Vieusseux» XJicco riscrizioné che il dotto giovane sig. Michele Ferruzzi ha com-» posta per collocarsi in Chiari iil seuolcro di quel grand' onore dell' jtftiiaiia letteratura, il Morcelli» IttOMVlVIENTVM STIPH . ANTONII . MORCBLLI E . SOC . 1K3V . ITliRVM tRAEPOSITI . ECCLBSIAE . If . PER . AN . XXX . SODALIS . BEKEFICIARII * IKSTITVTI . ITALICI OB . LATINAS . LITTERAS ÌT i STVDIA . RERVOT * ANTIQVARVM TOLVMINIBVS . OPEROSIS . INLVSTRATA tER . OHBEM é CLARIS31MI ^VI . PATRIA . CARITATE . INCENSV» OPES . IN . COMMVNE * BONVMC ÈFFVDIT CVUTOR . PIETATlS . XDSÈRTOR t RÈtlGIONlS BlVTVRNVM . MORBVM . FORTITER . PERPESSVS SANGTE . ÉBIIGRAVIT . KAL - lAN . A . MDCCCKXI SERA m. rgr. tn. I^t. Barometro Term.i Igr. 2g a 2 6 5 19 5 28 a a lo 6 19 9 28 a 2 9 8 '7 '■ 2 2Ì 2 4 IO 0 0 0 28 a 5 12 2 '7 . 28 2 8 9 ò là 2, 2« 3 0 7 0 0 i 28 3 2 12 a i I r 28 3 2 .11 2 .9 -1 4 jiS 2 0 9 0 7 4 :^8 1 8 12 2 8 4 28 0 0 li 4 ■•') 2 ■j 28 I 1 9 3 1, i 28 I a 1 1 .^ 1' 3 28 I 5 «» (. 3 ■. (■ 28 1 ò 5 >) 13 2 .8 1 6 .9 7 '« 3 28 28 I a S 4 9 6 ',4 0 2S 1 3 .• 2 20 2 28 r 8 II 3 37 -o 9 0 ;5 2 H 2,-1 3 s 7 8 31 2 28 4 3 9 9 47 0 28 4 0 6 e 9 28 2 3 6 5 23 3 28 j 9 IO c> 25 ' 28 I 8 7 3 M 8 Io 38 3 7 5 0 di 2 28 j 3 9 8 49 P 23 3 5 6 s l'< 7 II 28 4 ,S 3 0 ^6 ■ 28 4 9 8 4 32 - 28 .s 0 6 6 4 9 l i 'à 28 S I I 8 JI 2 28 5 0 7 0 .96 28 4 9 4 2 26 3 28 5 0 0 2 3.i 1 28 4 7 7 5 ^S 3 28 4 - 4 ■1 •4 28 a 0 0 3 28 f 28 4 y 7 4 28 4 28 4 6 i 0 ;4 0 '■. 28 4 4 0 2 17 V 28 4 5 6 0 .,8 7 28 4 0 S 2 ai 2 ifj i8 .; ò 0 a 19 ti 23 3 3 5 8 34 2 28 3 2 3 5 30 3 a'-, 2 l 7 2a 2 1' 27 9 S IO 6 30 0 37 9 5 9 0 35 I . 1-^^ BC« .y. tra. 0 n. mez. i irin.p. 2 s.n. 0 aS tra. 1 n.s. sir. 0 s.p. n. tra. 0 ne.tbr. ■ j n.. < 1 ] era. t s. tra. t s. p.n. tra. ne.*ln-.- 4 II. » i' ine.sir. i a. me. SI. I II. miz. ]i!. tue* S. II. 0 So tra. I s.p. n. 0 ìi tra. i s. tra. iieli. '' n. p.s. i ' 0 ^ra. 0 S.n. tra. t s, p.n- tra. 7 n. s. 0 40 Ira. 1 ns. lr.gr. t s. n. tra. lieo * 8 S. 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SI. 2 II. 3 0 mez. a in II. mez. 1 01 plOg 2g 27 «. 2 Si me.hb. i m n. mez . 1 n. mez. 3 ueb. * 28 n.p.s. 4 So me. SI. 1 m Il p. s. 0 Boiinez. im n. mez. SI pic(g.2. 29 /z. 3 '3 me. SI. imi II. s. 6 104 '/iZ(. a n. S. pon. piog.g.n. 30 J.«. 2 20 si.lev. I S. II. ipon. I m s. me. lib 1 m 31 s.n. 2 2 ma. 0 S. II. Ime Jt. I S. II. lib. neb.br. 439 INDICE aCGLI ÀRTICQLI CONTENUTI NEL TOM. XI DEL GIORNALE ARCADICO «TTOBRE , NOVEMBRE, DICEMBRE l821. SCIENZE yacch , sui metodo d estrarre la pie'< Uti della vessica orinarla ec. . p. 3 -— — « Memorie della società italiana delle scienze (^Jine) p. 12 — — Berard , maturazione delle frutta [Jì- ne) />. a5— • — Delamhre^ rapporto alt accademia del' le scienze di Parigi ec. . . /?• 4' "" — Buffa , caso duna cistide con rac- colta straordinaria di calcoli , p. 43 -— — Canali , sulla classe dei corpi ai qua- li si è creduto appartenere il do- rino , Ijodio ec- . . . . . p. -^^ i2g •— f^aleriani , metodo di accelerare di dodici giorni almeno la mietitura del grano • ,-,... y^. — iS^ — JavaU alcune combinazioni deW oro. p. — 160 — - Dall Armi , ristretto di fatti acustici ( arf i. e 2. ) . . . , . /?. •— 164 Sai Canali , sugli acidi risultanti dal do- rino e dall j odio con l'ossigeno . p. — — — 2^3 Ricci , analisi chimica dell acqua fer- rata e sulfurea di Napoli . . p. —^ — » 3i3 ^isco , saggio dell' instituto clinico ro- mano p. — «— .SiG 44q LETTERATURA f^ermigtioli ^ medaglia inedita di Ma^ late sta iv Baglioni . . , . ^. 47 — ' *— Degli jéntonj , sulle poesie d" Eusta- chio Manfredi yo. 58 — — . Bnischelli , y4sisi città serafica . p^ iG -^ — ' Guadagni, altre poesie di Saadi tra- dotte in latino P- ^7 — — Betti , cinque iscrizioni consolari ine- dite ». 92 — ♦ — Bagnoli , il Cadmo poema . . /j. 97 23o — Borghesi , osser'vazioni numismatiche ( decadi i. e a. ) . . : . ^9. ,.— i83 SyS Viola , memorie sul foro Traiano (art° I.) p, —^ 2o'j — . Amati , osservazioni sopra una sta- tuetta di bronzo , rappresentante Apolline. ....... y9. •—. — 32(> Martorelli , del vestire antico e moder- no (art° 2. )...,.. p. —^ — 862 Jìosini , caìito in morte di Virginia Orsucci p. — — ^LO Me^imffe^ vita e fatti d Agrippa p. ^ — —^4*^ ^M-A ^, vy ARTI ^ BELLE ARTI fere inedite sugli scultori Tì-l ziano Aspetti e Girolamo Campa- gna yo. 108— ' — Cicognara , sul vero ritratto di ma- donna Laura p. — 2 36 — Bellori , nuova ristampa delle sue de- scrizione delle pitture di Raffaello p. — — 472 Scultura ■ Aurdj Filippo . , /?. «— r 263 ■<— 'tÈM i-^-JÌ.:; h^. |l;;>ìi' ^^.m^,