¥à ^'^ (2^ /y.j V •fir 1 *''' ' ^M 1 Éà ^^ i é^ì)cm-> GIORNALE ARCADICO DI SCIENZE , LETTERE , ED ARTI TOMO XIX. LUGLIO 5 AGOSTO j E SETTEMBRE MJDCCCXXIJI. ROMA WELLA STADI PER! A DEX. GIOKIfAX.e PRESSO I^AOLO SALVIUCCl E FI©TLJO Con iicenza de Saperiorì» O "^ w S n g ^ SCIENZE Intorno la sua scoperta di due nervi deirocchio urna" no, ragguaglio del DS Giuseppe Trasmondi, prò» fessore di anatomia pratica nel -ven. o'ipedcde del- la Consolazione, air eccellentissima deputazione de' gli ospedali di Roma (*). ECCELLENTISSIMI SIGNORI DEPUTATI I 1 professore di anatomia pratica dell' osper?ale del- la Consolazione Giuseppe Trasmondi avendo letto nel giornale che si pubblica in Napoli, e eh' ha per ti- tolo /' Osservatore Medico , n. G de' i5 giugno iSaS, le seguenti parole : „ Il dottor Hernier di Fila- „ delfia ha scoperto un nuovo muscolo nell'occhio „ dell'uomo. Esso si attacca all' osso unguis, da do- „ ve portandosi in avanti si divide in due porzio- „ ni , che vanno a terminare nelle palpebre vicino ,, i punti lagrimali , Questo muscolo contraendo- (*) L'eccellentissima deputazione degli ospedali di Roma s'è com- piaciuta inviarci la presente relazione onde la si facesse di puljblico diritto nelle stampe di questo giornale . Corrispondiamo di buon jrado e senza dimora al suo desiderio, onde ve iii;a divulgata al più presto r interessante e preziosa scoperta del sii,, professore Giu- seppe Trasmondi, e si conosca a un tempo qiianto vantaggio risul- ti dalle nuove e saggie istituzioni fondate dall' eccellentisiima depu- tazione medesima , fra le quaii vma delle più luminose ed utili è certamente la scuola pratica di aaatomia messa iiell' ospedale de' fe- riti , detto della Consolazione . 1 C01VIPII.A.T0EI' ^ S e I E N 2 S „ si adatta le palpebre sul globo dell* occliio , e gi» „ ra i punti lagiìmali verso del naso; ,. ha cre- dulo di occuparsi con tutto Timpegno nella veri- ficazione dì questo muscolo unitamente all' aggiun- to fisso alla scuola suddetta si^. (ìiuseppe Mori , il quale ha mostrato sempre molta cognizione e som- ma abilità in questa scienza . Pertanto nella scuo- la del giorno o del corrente essendogli avvenuto di riscontrare | ignoto muscolo alla prima ispezio- ne ( Sebbene il cadavere destinato a questo ogget- to fosse di una donna settuagenaria ) e di esami- liarne la vera situazione, figura, attacchi, e di- rezione delle fibre , si fa un pregio di umiliarne la esatta descrizione : aggiungendovi la scoperta in seguito fatta di due nervi che in esso muscolo si port.irio , nonché alcune idee sulle iunzioni di lui, iullu Slato patologico, spi mezzi che la chirurgia può impiegare nella cura delle sue malattie, e sul processo di sezione per rinvenirlo con facilità uni- tamente ai nei vi predetti. Prima però di entrare a discorrere delle os- servazioni latte sul muscolo d'Hermer , e sulla sus- seguente scoporta dei ner\ i che a quello appar- tengono , giox a dire che il celebre Richter parlan- do delia fistola Ingrimale (i) aveva traveduto il bi- sogno die avevano le vie lagrimali di fibre mu- scolari per assorbire e lare avanzare nel naso le „ lagrime:,, I puwti lagiimali hanno, dite egli, „ senza dubbio la piopiietà di restringersi e di „ chiudersi . Assai chiaramente ( prosiegue piti „ sotto ) si vede «he sì i punti che i condotti ,, lagrimali , allorché chiuse vengono le palpebre. (i) Voi. II. Gap. XI. Scoperta di bus nerti bc. 5 ^ si ritirano ed accorciansl . Queslo ancora eseguir „ essi non ponno senza Jibre muscolari . „ L que- sto ripete egli altro voi e, e principalmente ove di- ce : , Senza forze muscolari non può il sacco lagri- „ male Tar passare nel naso le lagrime in esso ac- „ cumulate: per cons'^guenza anche il sacco lagri- „ male è, sen/a dubbio, t'ornilo di fibre muscolari.,. Pareva dunque che, dopo essere andato così vici- no alla verità, egli avesse dovuto cercare e trovar queste fibre : md noi fece , e si contentò di get- tarne innanzi una idea , che era tanto giusta e si consentanea alla causa meccanica delle funzioni di queste parti . L' immortale Bichat , nel trattato delle se* erezioni (i;, non pensò altrimenti alla necessità della presenza di libre muscolari , ma fece deri-» Vare il tragitto delle lagrime , partendo dal glo- bo dell' occhio fino alla cavità nasale , dalla in- Jlueuza dtlle proprietà vitali • e credette che l'as- sotbimerito delle lagrime venisse in gran parte fa-» votilo dc»ir abituale battere delle palpebre. Sia però detto con pace di sì grand' uomo , egli non consi- derò che durante la notte non ha luogo in chi dor- me il battere delle palpebre , e nulladimeno i'assor- bimento delle lagrime non resia naai interrotto. In fine il celebre Richerand , lontano dai so- spettare menomamente la presenza del muscolo d'Her- mer , attribuì per lo contrario le sue iacollà ad un orgasmo o erezione vitale (3). Quindi dobbiamo giaud' obbligo al professore americano per aver egli scoperto il vero unico e (1) Tom. V. pag. 21. (2) Voi. Il, pag. XI. 5 S e 1 t N < i£ reale motore di così interessante meccanismo . Dal- la quale scoperta è poi risultato il ritrovamen- to dei due nervi che appartengono al detto mu- scolo . Sembrami peraltro che THermer siasi disco- stato dal vero allorquando ha voluto assegnare al suo muscolo le funzioni a cui è destinato : e fa stupore che, trovato questo, non abbia pensato ad investigare e scuoprire i nervi che a lui doveva- no appartenere . Basta intanto eh' egli abbia aper- ta la via realizzando l'idea astratta del Richter , e somministrando all' arte una cognizione che diven- ta della massima utilità pel genere umano. È situato il muscolo dell' Hermer nella parte interna della cavità orbitale , fra il bordo posterio- re dell'osso iinguis e ì punti lagrimali. Esso na- sce con una linea aponeurotica , la quale aderisce nel nominato osso in direzione verticale , princi- piando cioè neir angolo superiore dello stesso un- giiis, e terminando inferiormente a quattro linee di distanza . Quindi con fibre muscolari parallele si porta in avanti , passando sopra la porzione corris- pondente del sacco lagrimale . Arrivato al punto in cui si riuniscono i condotti lagrimali , si di- vide in due porzioni eguali , che cuoprono esatta- mente i nominati condotti : ond' è eh' egli presen- ta un corpo e due estremità. Il corpo ha una di- rezione retta dall' indietro all' avanti , e le estre- mità sono leggermente arcuate per adattarsi alla si- tuazione dei condotti lagrimali . Una sottilissima cellulare lo ricuopre in tutta la sua estensione ,e ne contiene le fibre . In questo muscolo si consi- derano due faccie: una esterna, che nel corpo ade- risce all' miguis e ad una porzione del sacco la- grimale , e nella estremità ai condotti lagrimali : l'altra interna , la quale è ricoperta da molt' adipe Scoperta bi pvt llBRyi uSi J Del corpo , e nelle estremità dalla congiuntiva . ^ell* angolo, formato dalla divisione delle due estremità, si rinviene la membrana semilunare e la caruncu* la lagrima le . Verificata per tal modo resistenza del nuovo muscolo , parve necessario d'intraprendere accurato indagini sui nervi già conosciuti , che si portano nella cavità orbitale , onde sulla loro traccia ria- venir quelli che appartenere dovevano a questo agente dapprima ignoto . Instituite infatti pazienti e ripetute osservazioni, si vide che due nervi provenienti dal ramo nasa- le esterno , derivante dal nervo oftalmico del tri* gemino , si portano al muscolo d'Hermer . È noto che il detto nervo oftalmico forma ,* I il ramo per la glandola lacrimale : 2. il ramo fron- tale : 3. il ramo nasale . E altresì noto che questo ultimo si suddivide, i. in ramo nasale interno per introdursi nel forame orbitale interno anteriore , per indi terminare nelle cavità del naso : 2. in ramo nasale esterno , che sino ad ora da molti , e fra gli altri da Bichat, fu creduto essere la sola con- tinuazione del ramo nasale prolungata nella parete interna dell' orbita. Questo scrittore nel dare la de- scrizione del detto ramo (1) dice, eh' esso forma una continuazione del ramo principale e si prolunga nella parete in^rna dell' orbita : ma che giunto poi presso e sotto la troclea, si anastomizza con un pic- colo filo del ramo frontale , e quindi esce dall' or- bila , e si divide in più fili; de' quali gli esterni si distribuiscono, i.alla palpebra superiore ov'essi in- contrano i fili del ramo frontale ; 2. alla palpebra (1) Tom. Ili, p. 172. 8 Scienze mferiore ov*essi unisconsi ai fili sottorbitali, e à qualcuno de* facciali ; 3. sul sacco lagiimale . I fili interni poscia si spandono, i. sul dorso del naso , ove talora si anastomizzano coi fili subcutanei del ramo nasale interno , che sono portati dall' interno all' esterno; 2. nel piramidale; ó. nella pelle. Se questo dottissimo autore avesse avuto la più piccola idea del muscolo di Hermer, avrebbe certamente fatte dili- genti ricerche , né sarebbero sfuggiti ai suo vasto ingegno i nervi che a quel muscolo appartengono* Ora pertanto dalle fatte indagini rilevasi, che non unica è la continuazione del ramo nasale ester- no, ma bensì che sei linee circa distante dalla sua prima divisione nasce una seconda divisione for- mante due ramificazioni. Queste scorrono nella cel- lulare : una sotto , e l'altra prossima al muscolo tro- cleatore, e si prolungano sino sotto alla troclea. Da questo punto la superiore, dopo essersi anastomizzata con un filetto del ramo frontale, e dopo aver prodot- te tutte quelle piccole ramificazioni delle palpebre, 4el dorso del naso ec. , s'incurva . Quindi colla infe- riore , incurvata anch' essa , prosieguono il loro cam- mino , durante il quale di nuovo si allontanano fra loro , e s'impiantano nel muscolo d'Herracr , cui aderiscono per mezzo di una cellulare , percor- rendone le estremità fino ai punti lagrimali in mo- do , che la ramificazione passata s^lto il troclea- tore si porta all'estremità superiore , e l'altra neil* estremità inferiore. In seguito della scoperta dei nervi ha lo scrivente tenuto varj ragionamenti in proposito col prelodato si- gnor Mori , il risultato de' quali porta che non si può convenire sull* ufficio assegnato dail Hermer a que- sto muscolo , cioè di chiudere le palpebre e di girare ì punti lagrimali verso il naso ; mentre la Scoperta di due neevi ec. q sua situazione, la sua figura, i suoi nerri , e la sua divisione ne presentano uno molto più interes- sante : perchè situato esso col corpo sul sacco lagri- xnale , e colle estremità sui condotti lagrimali , e ricevendo i nervi dall' oftalmico del trigemino, sem- bra che sul nominato sacco e sui condotti eserciti U sua azione . Si sa che tutte le spiegazioni presentate fino ad ora sul modo col quale la lagrima viea|« assor- bita dai punti lagrimali , portata nei condotti e scaricata nel sacco, hanno sempre lasciato un forte dubbio per ammetterle . Dalla esistenza però di que- sto muscolo con facilità si rileva come i condot- ti lagrimali ricoperti da fibre motrici possano al- lungarsi e volgere la loro estremità sopra il la- go lagrimale per assorbire le lagrime , dilatarsi per riceverle , raccorciarsi e ristringersi successi- vamente per farle percorrere nelle loro piccole ca- vità , e finalmente elevarsi in modo da scaricar- le comodamente nel sacco lagrimale : ove giun- te, sono spinte nel canal nasale dal corpo di que- sto stesso muscolo , situato , come vedemmo , nel- la parte superiore dell' enunciato sacco . L'orbico- lare delle palpebre, con alcune fibre e cól suo cosi detto tendine ripiegato » ricuopre quella parte dì sac- co lagrimale che non sì trova sotto l'impero di que- sto muscolo : ma non avrebbe potuto procurare il passaggio delle lagrime senza che l'individuo aves- se serrato ad ogni isl.^nte le palpebre, é non avreb- be potuto per la sua direzione circolare fornire del- le fibre ai condotti lagrimali , i quali avevano bi- sogno di un muscolo che traversasse appunto il no- minato orbicolare delle palpebre , affinchè questa liberamente potessero esercitare le loro funzioni . Kon v'ha dubbio, che qu est' orbicolare nella circo- IO S e I E IV I K Stanza dì uà afFollaraento dì lacrime ne faciliti il trasporto nel condotto nasale : ma a tulli è no- to che in questo caso si devono con forza chiu- dere le palpebre. Come ancora ognuno conosce, che elevando la palpebra superiore il condotto lagrima- le superiore è a portata di fare scorrer le lagrima nel sacco lagrimale . Ma oltre che questa elevazio- ne non favorisce punto l'azione del condotto lagri- male inferiore, ove poi si dovesse eseguire ad ogni istante 'si renderebbe molesta. La lagrima, venendo continuamente nella veglia e nel sonno separata dalla sua glandola, doveva con- tinuamente essere assorbita . L'autore della natura volendo a quest'uopo for- mare un meccanismo perfettissimo ha creato que- sto muscolo , il quale nelf agire indipendentemente dai muscoli delle palpebre toglie Tincomodo del continuo aprirle e chiuderle, ed avendo in se la facoltà di un' azione perenne assorbisce e dà il pas- saggio alle lagrime, sia che l'uomo vegli sia che dor- ma. Ond' è che conviene risguardarlo come libero ed indipendente dalla nostra volontà, senza che da noi se ne possa sospendere, diminuire o accelerare la funzione. Ritrovandosi la caruncola lagrimale e la raem- hran.a semilunare nello spazio che risulta fra le es- tremità di questo muscolo , sembra che anche so- pra queste parti egli estenda la sua azione: men- tre nei diversi moti delle medesime estremità , la prima viene compressa onde attivare la secrezione di queir umore mucoso che le sue piccole glan- dole forniscono, e la seconda viene rilasciata o te- sa, ed in tal modo si diminuisce o si accresce il fondo del così detto lago lagrimale . La scoperta de' nervi porge la spiegazione di ScopERi'A tot hvt KERyi te: IK «Icuni fenomeni che accadono nella secrezione ed «ssorbimento delle lagrime . Un medesimo nervo, cioè roftalmico del trigemino , concede un ramo alla glandola lagrimale , un ramo alla cavità della narici, e due rami al nuovo muscolo. Tale dispo- «izione fa conoscere, che queste parti comunicano fra loro per mezzo de' nervi . In prova di che , se uno stimolo accresce U secrezione nella glandola lagrimale , viene ad aumen- tare razione del nuovo muscolo, onde i punti, i con- dotti , e il sacco lagrimale ricevano il fluido separa- to, e lo scarichino nel condotto nasale. Così pure se un'altro stimolo vellica una cavila delle naiici, s' accrescono egualmente la secrezione delle lagri- me, il loro assorbimento e passaggio . Per tal mo- do un certo equilibrio dì forze vitali si mantiene quasi sempre in queste parti : ed all' uopo in cui la lagrima debba bagnare in maggior quantità l'oc- chio , può in maggior copia esser ricevuta nel sacco lagrimale e venir condotta nella cavità delle narici, per cui tanto il globo dell' occhio quanto la cavi- tà stessa delle narici possono in egual tempo esser bagnate. Tal equilibrio però cessa allorché da uno Slimolo eccessivo , o dal pianto, aumentasi la secre- zione di questo fluido in modo, che le vie ordi- narie non siano piiì sufficienti a riceverlo total- mente : per cui straripa in gran parte dall' occhio. Non rimarrebbe a spiegarsi se non la ragione, per la quale la lagrima arrivata nel sacco lagrimale vi si fermi per qualche tempo prima di passare nel canale nasale . I fisiologi hanno supposto in questo l'esistenza di uno sfintere, cui hanno attribuita la facoltà d'impedire il passaggio perenne delle lagri- me pel medesimo canale . Sembra però die questo fenomeno sia originato dalla colonna dell* aria , cho 13 SeiCNEz; s'introduce continuamente nel detto canale per mez- zo dtrlla resp, razione , e che non vi sia bisogna delio sfintere enunciato. Non v'ha dubbio che il canale nasale, essendo una cavità situata nella parie anteriore della narice Corrispondente , non ammetta una porzione di quell' •ha che s introduce nel naso per Id respirazione: e non V ha dubbio che questa porzione di aria ascen- da pel canale nel tempo della in«:pira2Ìone , e di- scenda colla espirazione. Per convincersi maggior- mente dì questa verità basterà il riflettere che nel- la fistola lagrimate , allorch' è deostruitoli canale nasale , se il malato si soffia il naso la fistola get- ta pel forame morboso , esistente nel canto interno dell'occhio, non solo il fluido puriforme ma an- cor l'alia ; e di ciò me ne appello a chi ha ese- guito detta operazione . E noto ancora , che una co- lonna di aria è nel caso di sostenere un fluido piiì denso di lei, purché questo fluido formi una co» Jonna di un peso molto minore al suo . Per cono- scere finalmente la proporzione che esiste fra 1 aria introdotta pel canale nasale e la lagrima scaricata nello stesso tempo dai condotti lagrimali nel sac- co , si osservi la proporzione di capacità the pas- sa fra Io stesso canale nasale ed ì medesimi coa- dotti lagrimali , la quale è circa di otto a uno . Posti adunque questi principj non potrà negarsi che la lagrima , scaricata a piccole gocce da' condotti lagrimali nel sacco , verrà sostenuta dalla colonna d'aria insinuata nel canale nasale : e che non po- trà superare questa resistenza fino a tanto che noa sarà riunita in tale quantità da vincere la forza dell' aria stessa , e da fare agire il corpo del mu- scolo di Ifcrmer , il quale , contraendosi , la spin- gerà verso la parte iaieriore del sacco iagrimals • Scoperta di t>ub nervi ic. iS ^Essendosi voluto servire il Creator* di una colonna d' aria dotata di ascnsjone e discesa per impedire il perenne passaggiodella lagrima, ci fa co» noscere il motivo dell' esistenza degli angoli e del- le diverse capacità dei recipienti lagrimali : men- tre se questi recipienti formassero uniti un sol tfi- bo retto e di figura conica colla base all' orificio inferiore del canale nasale e coli' apice ai punti la- grimali , il detto moto di ascensione dell' accenna* la colonna d'aria farebbe sortire la lagrima dai punti stessi appena introdottavi , e non si potreb- be effettuare il suo vero passaggio pel naso. Dun- que era necessario che il tubo lagrimale , il qua- le va dagli occhi al naso , avesse una dilatazione -, e che nel luogo della dilatazione o sacco formasse un angolo quasi retto. Di modo che per l'accennato artificio l'impulso dell' aria ascendente perdesse in parte il suo impeto, e per l'ampiezza del sacco e per rin<;ontro dell' angolo , onde la corrente della lagri- ma che proviene dai condotti lagrimali non rimanesse impedita o respinta , Quindi essendo la lagrima un fluido destinato ad essere espulso , il canale nasa- le è Stato tanto più ragionevolmente situato presso la narice anteriore , anziché presso la posteriore, quanto più facilmente per questa situazione se ne procura la sortita . In fine da questa lagrima ver- sata nella narice anteriore ne risulta un duplice van- taggio, cioè : di mantenere più lubricata quella par- te di membrana pituitaria , che mollo vicina alla base del naso sarebbe più esposta al disseccamen- to : e di conservare per tal mezzo la squisitezza del senso dell' olfatto in questo punto , che il primo es- sendo a ricevere le impressioni odorose doveva os- tiere dotato di maggior perfezione . Questo muscolo, fornito delle stesse proprieU ^4 S e I K N S f vitali del sistema muscolare, può essere affetto dal- le medesime malattie a cui gli altri muscoli van- no soggetti ; onde la paralisi e la contrazione spa- smodica se ne possono impadronire ; e queste duo affezioni non poco contribuiscono ad impedire il passaggio delle lagrime ed a formare l'epifora e la fistola lagrimale. In fatti o privo del tutto della sua azione, o contratto così nelle sue estremila da rendere impervj i punti lagrimali , questi non po- tranno assorbire le lagrime , le quali sgorgheranno per le guancie, e costituiranno l'epifora. Di più, sem- Jbra che il nominato muscolo sia suscettibile di man- tenere la sua azione nelle estremità, e di essere pa- ralizzato nel corpo ; mentre il caso in cui osser- TÌamo il sacco lagrimale che si riempie di lagri- me non alterate, in ispecie durante il sonno, e che compresso da un semplice dito scarica questa la- grima pel canale nasale ( la qual lagrima sorte per la narice corrispondente) , prova che i punti la- grimali ed i loro condotti l'hanno trasportata nel sacco, e che in esso è restata per la paralisi del corpo di questo muscolo , e non per la ostruzio- ne del canale nasale . Perocché sotto la compres- sione sarebbe sortita pei punti lagrimali : fenome- no che osserviamo anche quando la lagrima è di- Tenuta puriforme , e che per la sua spessezza do- vrebbe con maggior difficoltà percorrere le picco- le cavità di questi canali . Fra gli altri casi che ho veduti , conosco un legale che da diversi anni sof- fre la descritta malattia . Questi nello svegliarsi si trova costantemente ogni mattina nel canto inter- no dell'occhio sinistro un tumore indolente del co- lore della cute e del volume di un piccolo fagiuolo; egli lo comprime leggermente, e rende per la na- rice corrispondente molte goccie di lagrima pura , SCOPKRTA bl bui «BRYI EC. iS^ senza che ne sorta la più piccola quantità pe' pun- ti lagrimali: e così fa svanire l'enunciato tumore. Ripete fra giorno tre o quattro volte la stessa com- pressione, e ne ottiene lo stesso effetto . Ha tenta- to invano per un certo tempo la compressione per- manRnte, onde guarire; ma siccome non gli reca mol- to fastidio, ha abbandonato ogni pensiere di cura . A tale proposito giova riflettere , che in questo ed in altri simili casi la compressione permanente in luogo di risanare deve accrescere la malattia ; poi- ché senza togliere la paralisi dal corpo di questo muscolo impedirà che i condotti lagrimali possano liberamente scaricare la lagrima nel sacco . Essendo al caso lo stato patologico di detto m tt- scolo di trattenere per qualche tempo Tumore la- grimale nel sacco , può dirsi una delle cause del- la fistola lagrimale; poiché siccome ogni fluido ani- male soggiornando più dell' ordinario in un punto qualunque del nostro corpo soffre un' alterazione e diviene stimolante , così anche la lagrima trattenu- ta di soverchio nel nominato sacco degenera : quin- di irritando le pareti di quello le infiamma , produce l'ostruzione del canale nasale, e cagiona la fistola ^ La recidiva di questa fistola, tanto frequente- mente osservata anche dopo i processi operativi i più perfetti , può essere prodotta dall' atonia nella quale cade questo muscolo durante il corso della £stola medesima , e prima e dopo l'operazione. Non può negarsi che una parte affetta resta dopo la gua- rigione per qualche tempo indebolita , I professo- ri la rinforzano col riposo e con esporla gradata- mente alla sua funzione: perciò ingiungono l'uso de- gli occhiali verdi dopo l'oftalmia, e delle gruccie dopo la frattura nell' estremità inferiori ec. Ma in un muscolo di cui non si conosceva T esistenza , tu Scienza né le ramificazioni nervose, non liannor potuto iiii*> piegare il più piccolo rimedio . E sicbome q-ué* sto muscolo agisce perciinemente nel sonno e nel- la veglia, con tanta maggior facilità,esposto che ven» ga subito alle sue funzioni dopo la cura della fi- stola lagrimale senza soccorso chirurgico , torna a cadere in paralisi , particolarmente nel suo corpo, e quindi foima la recidiva della malattia . Considerando adunque l'azione decisa di que* Sto muscolo , il suo stato patologico , e la quali- tà de' nervi che vi si propagano, l'arte salutare po- trà tirarne un grande vantaggio ; i." nell' epifo- ra , cagionata dalla sola ostruzione dei punti lagrì- mali , deostruirà francamente questi per mezzo di un sottile specillo con certezza dell' esito, poiché non es- sendo affetto il muscolo, i punii ed i condotti la- grimali continueranno la loro azione . Fino ad ora si è guardato questo mezzo come inutile, mentre avendo attribuito la forza attraente la lagrima ai soli punti e condotti lagrìmali , si è creduto che colla loro ostruzione si perdesse la nominila forza attraente ; 2." nella epifora cagionata dalla pa- ralisi di questo muscolo o dalla sua contrazione spasmodica , conoscendo che le sue ramificazioni nervose provengono dal nervo oftalmico del trige- mino , potrà apprestare ì rimedj confacenti oltre al canto interno dell' occhio , ove risiede il musco- lo , nella radice del naso, e sui sopracìgli, e nel- la narice corrispondente, e nel muscolo frontale del lato affetto , e infine sopra l'osso malare dello stes- so lato , luoghi ne* quali si trovano le produzioni del nominato nervo oftalmico ; 3.** potrà arresta- re in principio lo sviluppo di una fistola lagrima- le , allorché vede che la lagrima si trattiene nel sacco per la sola paralisi del ridetto muscolo^ Scoperta di dwe nervi kc. in 4.° finalmente sarà al caso di prevenire la recidi- va della lislola amministrando dopo la sua guari- gione dei soccorsi a ([uesto muscolo e a questi ner- vi, onde ridestare quelle forze vitali purtroppo in essi diminuite nel corso della infermità , lauto più che la loro debolezza non può esser curata pftr mez- zo del riposo , poiché essendo l'azione del muscolo indipendente dalla volontà è impossibile di sospen- derla . Potendo adunque , come dimostrammo, essere affvjlto il nuovo n;uMcolo da paralisi e da contra- zione spasmodica , tutti conosceranno che ì'elettricis- rao , le docciature , le frizioni spiritose , le oppiate, le fumij^azioni ec. portate ne' luoghi che accennam- mo , saranno di sommo vantaggio alla cura di ta- li affezioni. Queste sono le ipolesi che la verificazione del nuovo muscolo e la scoperta de'suoi nervi hanno , come io spero , presentate a profitto dell' arte ed a vantaggio della umanità . Che se tali ipotesi in qualche parte senlisero il diletto comune a tutte le scoperte, quello cioè della rettificazione : potran- no in seguito i professori che vorranno occupar-» sene dar loro quel perfezionamento di cui man- cano le scoperte nel loro nascere . Per non ommetlere infine la piiì piccola cosa che possa aver rapporto alla scoperta del musco- lo di Hermer ed a quella dei nervi, si è creduto opportuno di comunicare il metodo col qual facil- mente possa trovaxsi luno e gli altri . Nella persuasione che queste parti così inle- ressanti fossero sfuggite allo sguardo dei più celebri anatomici , pel solo motivo della maniera comu- ne colla quale si anatomizzano le parti accessorie dell occhio , sì propose nella prima. vcrilicazione G.A.T.XIX. a i8 S e I X R X X di agire in un modo affatto diverso ," e si otten- ne ben presto il bramato intento . Furono a questo efìfelto dallo scrivente intro- dotti due sottilissimi specilli pei condotti lagri- niali nel sacco , affinchè questi servissero di guida alla ricerca • Furono spaccate per mezzo ambedue le palpebre , e rovesciate in un cogli specilli sulla radice del naso . Fu divisa la congiuntura poche linee distante dalla membrana semilunare, e rove- sciata parimente questa membrana sulla stessa ra- dice . Portato col dito il bulbo dell' occliio nelf angolo esterno dell'orbita , e levando diligentemen- te la cellulare posta suU' osso unguis , si vide con sorpresa il corpo dell' enunciato muscolo , da dove si continuarono i tagli sulla direzione degli specilli per jscoprire le sue estremità . Sono state ripetute molte volte queste ricerche , e sempre con lo slesso efl'etto. Finalmente impadro- nitosi lo scrivente della cognizione del muscolo, e bramoso di scoprire i suoi nervi , sì accinse di nuovo air opera di concerto col suo collaboratore. In questo fatto , dopo aver rovesciata la metà del- la palpebra e la membrana semilunare sopra il na- so, si astenne dal privare il muscolo della celiu* lare che lo ricuopre , asportò la volta dell' orbila, e praticando secondo il costume le incisioni pe' nervi che si portano ai muscoli dell' occhio, os- servò che il ramo nasale , dopo aver data la rami- ficazione che passa pel forame orbitale interno anteriore nella cavità delle narici, forma , come di sopra è stato detto , due altre ramificazioni , le quali giunte sotto la troclea s' incurvano e si portano su (juesto muscolo fino all' apice delle sue estre- mità. Il professore di anatomia , iiell' umiliate «Ha Scoperta di cuk nerti ec, 19 Eccellentissima deputazione la presente relazione uni- ta alia preparazione anatomica dell' enunciate parli, ha avuto in vista primieramente di farle conoscere di quanta utilità sia airarle chirurgica l'esercizio di questa scienza , che è la sola guida della di lei prati- ca , e dalle cui scoperte soltanto può ella attendere ì suoi progressi; quindi ha voluto ancora dimostrar- le con quale zelo sì egli, che l'aggiunto fisso , si oc- cupino di questa facoltà onde corrispondere per quanto possono alla fiducia ed all' onore, che la ec- cellentissima deputazione ha loro compartito affidan- do ad essi 1 istruzione de' giovani studenti nel prin- cipale stabilimento chirurgico di questa domi- nante . In tale occasione il suddetto professore ha l'ono- re dì presentare all' EE. LL. il suo rispettoso os- sequio e la sua venerazione, rassegnandosi Dell' EE. LL, Roma 12 luglio 1823 Umiliss.^ e Devotiss^ Servitore D.>" Giuseppe Trasmondi . 20 Della sapienza (C Ippocrate , discorsi tre di Prancesco Puccinotti . DISCORSO PRIMO. jtrticolo I. Quaholla la medicina ha deteriorato tra i sistemi è stata sempre con. utiiilà ricondotta ai pr'nci/>ii stabiliti da Ippo- crafs. II. Coma oggi occorra di doverla richiamare ai detti principii. III. Che la nuova dottrina medica ha bisoo no di sosti- tuire a' suoi dogmi a priori un ragionare stretto dai fatti . IV. Il riprendere lo studio della dottrina medica il'' Ippocrale non dee sembrare né vile né superstizioso . V. Della critica de'' libri ge- nuini d'Ippocrate . VI. Di Democrito ed Empedocle. VII. Della sapienza d'Ippocrate in generale . VIII. Della teoria elementare. IX. Della eterna mulabilità delle sostanze neW universo . X. Del priino canine della filosofia sperimentale da Ippocrate stabilito, e di altre sue idee di fisica e di cosmogonia . XI. Idee d' Ippocrate intorno alla fisiologia delle piante. XII. Delle sue cognizioni in zoologia, anatomia umana e comparata, e come il primo mostras- se Vutilità dello studio delV anatomia patologica . Vjonsiderando quale fosse la medicina prima d'Ippocrate, ed a quali giustissimi termini questo sa- piente la riducesse, ogni sano intelletto dee mara- vigliarsi fortemente e fortemente dolersi che i me- dici posteriori ne abbiano spesse volte dimenticalo le avvertenze e 1' esempio . Imperocché seguitando essi sempre quel modo sapientissimo di osservare i fatti e le consuetudini di natura , avrebbero por- tato la scienza loro a grandezza e reputazione sem- pre maggiore . Ma a guastare i buoni ordinamenti in ogni umana cosa tante sono le cagioni che concor- rono e per tante guise, che non è slata ancora una Sa?jknza dTppochate a^i di esse , "Volgiti pure alla virtù greca o romana 4 die abbia saputo reggere alle mutazioni delle vo- lontà degli uomini o dei cieli o della lortuaa . Ol- tre a questo nelle scienze e nelle arti addiviene, che scorrendo i tempi e dandosi a quelle animi diver- samente naturati, ove abbiano sommo e soverchian- te r ingegno vogliono andare piiì presto soli che primi , e sdegnano di caminare le vie battute da altri , ed errano per nuovi sentieri . Quindi i siste- mi in medicina ,onde la sua bontà primitiva si cor- rompe , e tale rimane fintantoché non intervenga cosa che al segno la riduca; perocché la medicina non è altro che esperienza fatta dagli antichi me- dici, sopra la quale fondar deggiono i medici pre- senti i giudizi loro . I. La medicina adunque avanti Ippocrate eri trattata da que' seguilalori di Talete , i quali ave- vano appreso dalla poesia nazionale degli ioni la lo- ro filosofìa . E perchè in essi la mobile immagi- nativa ogni altra facoltà teneva soggetta, schifan- do la pratica faticosa della osservazione , volevano intendere la natura degli dei e delle anime, la gran- dezza e il movimento de' cieli, e la prima origine degli enti mondani . Da questa altezza discendeva- no poi con mirabile disinvoltura a guardare il cor- po umano e le sue funzioni , le quali spiegavano per modi tutti speculativi , e con parole misterio- se e simboliche. Talché la medicina dai recessi de' tempii , dove erano notate le osservazioni che ac- compagnarono i suoi primi passi , cominciò ad es- sere accolta nelle scuole de' filosofi , e ridotta ad alcuni ideali principj di teoria. 1 quali essendo sta- ti concepiti senza moltitudine di osservazioni, basta- rono appena a dare alla medicina uà colore di scien- za, ma non quollo dell'utile e del vero . £ra aduu- 33 S C I E N l( t que mestieri clie una mente grande e bene disci- plinata contemplasse i termini delle relazioni di que- sta scienza colle dottrine metafisiche di que' tem- pi, e che per liberarla da vanità e da errore la ri- pigliasse nella origine sua delle sperienze naturali, e questa colf opera propria augumentasse ; e togliendo dalle scuole de' filosofi que' ragionari, que' veri o que' probabili più ad essa confacevoli , stabilisse il mo- do di filosofia dal quale poteva ella trarre avan- zamento e decoro. Questa gran mente fu Ipporate , il quale prese in mano le sentenze gnidie e le ta- vole votive de' tempi , ritirò la medicina a que' na- turali principii onde era nata , e di là segnò pri- mamente il sentiero infallibile ai coltivatori della scienza medica sperimentale . Ma non molto do- po lui il semplice e maestoso edifizio fu guasto da adornamenti e capricci ; che i dommatìci poste- riori obbedendo alla inclinazione del secolo, peroc- ché i dotti per loro boria suppongono che la filo- sofia de loro tempi sia sempre la migliore , ac- compagnarono alla medicina alcuni astratti pen- sieri di Platone di Aristotele di Zenone e di Epi- curo . Onde che, avendone molto deteriorato la par- te pratica , fu mestieri che dopo il processo di va- rii anni sorgesse a ripurgarla di nuovo e ritornarla a suoi principi la setta degli antichi empirici , statuila da Filino Coo comentatore d'Ippocrate . E così per- correndo la storia della medicina si trova questo vero, che qualvolta essa scienza si è piij dilunga- ta dai dettami d'Ippocrate ha sempre fallito i pro- positi suoi ; e se hanno spiccato in essa le dot- trine de' filosofi antichi e de' moderni, tra' quali di Cartesio di Leibnizio e di Newton , è stata poi sempre necessità di ridurla a que' primi ammaestra- menti per non lasciarla rovinare affatto nel reo . SAPiaNZA D Ippocrate 3^ Tale che Ippocrate ed il suo modo di osservare e di dedurre valse sempre di esempio , mediante il quale si riparò alla corruttela e a/la decadenza del- la buona arte. Né a ciò è da fare opposizione; che è la storia che parla , maestra d'ogni verità . n. Per le quali cose considerando io come al- la medicina italiana , dacché fu guasta da' bruno- nìsti e da' controstimolisti , non sia altro riparo che ridurla sulla via degli antichi , ho giudicato di do- ver ritornare alla memoria de' miei compagni la sa- pienza del primo loro maestro . La quale non è sta- ta mai sì negletta in Italia, e intanto da molti ia ogni patte fuggita , che non ne ò quasi rimaso al- cun segno come al dì d'oggi ; laddove quando l'i- taliana medicina era veramente robusta e magni- fica , trattata dai Morgagni , dai Baglivi , dai Ra- raaz7,ini, dai Torti , il nome e i precetti d'Ippocra- te erano veneralissimi . Onde niun altro argomen- to più certo della corruzione della pratica medi- ca che hanno portato gli ultimi metodici all' Ita- lia io potrei addurre , che il vedere le leggi cu- rative di quel greco a pochi in questi tempi gra- dite, dai più ributtate lungi non pur dalla imita- zione ma dalla memoria , e da altri con istrana mattezza schernite . Come adunque a spandere e fermare novità fu mestieri atterrare V autorità de* vecchi padri , il che hanno praticato i moderni me- todici contro Ippocrate ; così discoverte le dette novità al tutto contrarie al vero , e volendo rista- bilire le antiche discipline , il tornare al culto di quel sapiente sarà il primo passo che faranno gì ita- liani onde ristorare la nazionale medicina , e ri- pigliare anche in questa parte di sapere la prima riputazione e il primo augumento loro . Di questi opportuni ri tiramenti ai primi in- ^4 Scienze stitutori d'ogni arte stupendo è rescmpio che trae dal naturale il Giordani , dicendo : che i corpi i quali girano per l'immenso cielo , acciocché pr^r ine- guali spire non cadano nel caos antico, ritornano sempre vicino a quel punto dell'orbita onde mos- sero , e vi racquistano forza a perpetui movimen- ti. Così alle repubbliche e allesette,quando nelle loro costituzioni buone si vanno a disordinare, è neces- sario provedere ritirando quelle verso i principj loro . E i romani lo fecero utilissimamente dopo la battitura de' Galli e in altre occasioni: e Fi- renze chiamava questo costume ripigliare lo stato. JVon altrimenti ridottasi la lingua nostra corrot- tissima , se si è voluta ristorare d'ogni ragione bruttura , è bisognato richiamar gli animi alla devo- zione e allo studio del gran padre Alighieri . Volgiti alle buone arti , e vedrai 1' acre ingegno del Mili- zia ristabilire sugli ordini antichi l'architettura ; il Canova e il Thorwaldsen sui lavori de' greci restitui- re la scoltura a quella bontà che le aveva tolto il Bernino e la sua scuola t e il Benvenuti e il Camucci- ni educare se medesimi e i discepoli loro sulle te- le di Raffaello e di Tiziano. Questo rimedio adun- que è stato sempre con profitto adoperato non me- ro da'moderatori de' popoli, che da qualsivoglia altro, le arti le scienze ed ogni liberale disciplina abbia voluto rifiorire . 1^ quanto alle scienze mediche , qualvolta esse sostituiscono alle osservazioni i con- cetti arbitrarli della mente, e quelle aggiustano a questi , sono non solamente dal progredire lonta- nissime ma al corrompersi prossime , e ad annul- lare tutta l'utilità del fatto in addietro; talché bi - sogna ricondurle al segno della osservazione del na- turale d'onde mossero ; perchè né le nature degli uomini , nò le potenze che si fanno incorrere ne' mali. Sapjrnza d' Ippocrati a!> he l'aspetto né il movimento de' mali stessi è varia- to da quello che era anticamente . III. Niuno può negare che la odierna medicina ita- liana non fosse all'apparir suo fondata sopra alcu- ni canoni concepiti a priori , donde tutta la serie de' giudizj che le davano forma metodica scaturi- va . Per simili documenti di storica ragione non sarà altresì contraddetto , come mostrarono d'esser- ne persuasi i migliori medici italiani medesimi , ch'essa impoverita e stretta a indegna soggezione si era come isolata dalle scienze fisico- chimiche e ana- tomiche, oggi tanto ricche ed eccellenti , per tener- si a pochi e falsi principj ne' quali qualunque va- rietà di morbo era battezzata, ed aveva le piij gra- vi viste curative messo in oblio, alterato e guasto il metodo d osservazione , e chiusa per ogni parte la via ai progressi dell' arte . Se ciò non fosse sta- lo, non si sarebbe dovuto punlellare il nuovo edifi* zio colla dottrina della irritazione e della condizione patologica , e non avrebbe la società italiana delle scienze proposto in questi ultimi anni che si ri- veggano i conti a questi novatori , ed ogni loro principio sia diligentemente esaminato e discus- so . Sentano adunque i piiì savii la incertezza e la fallacia della moderna dottrina , onde è la necessi- tà di ristorarla . Facile e pronto e in parte quasi ad effetto mandato ne è il mezzo . Combattere cioè vi- gorosamente que' falsi ideati a priori , e sostituir loro un ragionare stretto dai fatti. E dissi che co- testo mezzo gli è in parte mandalo ad effetto ; pe- rocché molte malattie assoggettate follemente all' im- pero delle dialesi , si vanno scuoprendo dipendere da processi occulti e specifici (i). Si vuole far ragio- (i) Buffaliiii , l'Ondarne nti di patol. analitic». a6 S e I s N z « ne delle facoltà specifiche d'alcuni medicamenti (af), si attende a un periodo necessario e alle crisi, si ritornano con sane spiegazioni al loro valore i gior- ni critici , e si raccomanda la lenta festinazione nella cura (3) . Pel dolore , i concentramenti flogi- fìci e le congiunte irritazioni, si porta nella diatesi di stimolo tanta modificazione, che assai raro è il caso in che basti averla una volta scoperta per ben trattarla (4). Si fida novellamente in una forza di natura medicatrice (5), si attendono le azioni (6), si riprendono acremente molti abusi dalla jattan- za de' sistematici nella terapeutica introdotti (7), da- gli stessi fondatori del sistema sì va a' giovani in- culcando lo studio degli antichi classici, tra i qua- li 1 Ippocrate d'Inghilterra non ha mai perduto 1 au- torità sua (8) : si promove la sfigmica (9), e si fan- no nuove ristampe delle opere del Borsieri , onde ritorni in mano de' medici la biblioteca della ve- ra medicina (io): si pubblicano anni clinici tutti (2) Brera, saggio sull'iodio. (3) Rasori , storia della petecchiale di Genova . Nelle annota- xioni . (4) Tommasini, prolusione, e il primo volume dell' opera sulla infiammazione ec. (5) Brera, de' contagi voi. I,e i prolegomeni alla traduzione del Sorsicri voi. I. » (6) Testa, delle azioni organiche, e Sachero de pulsibus organi- cis, e Brera de'coniagj voi. 2. (7) Spallanzani, Lettere medico-critiche. (8} Tommasini nel!' opere cit. e nel prospetto de' resultamcn- ti clinici , e quanto al Sydenham vedi Rasori nella citata storia. (9) Sachero op. cit. (10) Alludo alla edizione del Borsieri «he ne di oggi il Brera. Sapievei D*Ip1»0C!!AT« >f fondali sulla vera arte ippocratica in mezzo al bol- lore del sistema , e le lodi che a questi si danno mostrano gli animi già disposti a bontà (ii). A Ro- ma si contìnua fermamente nelle scuole di medi- cina a chiosare l'aforismo ippocratico ; e non ha molto che i riformatori di queJT archiginnasio pro- posero d' instituire una cattedra destinata alla let- tura del codice d'Tppocrate . In somma queste ed altre utili cose si fanno non solo dai contrarii al sistema o dagli indifferenti , ma dai sistematici me- desimi: le quali cose mostrano come questi e quel- li tutti insieme sentano la necessità di riaprire l'en- trala a tante regole socrosante dell'arte, che il fu- rore della teorica aveva dalla pratica respinto , e di riprendere il vero spirito della osservazione ip- pocratica. Adir vero non esce ora libro di medi- cina in Italia, in che tu non veda o nel consiglia- re , o nel contendere , o nel modificare , moversi sempre qualche passo a ritroso della corrente de sistematici . Ma restano ancora molti falsi ideati a priori da combattere vigorosamente . E combattuti i detti falsi, insino al linguaggio che li sostiene , re- sta poi di sostituir loro un ragionare stretto dai fatti . Il che in medicina vuol dire , riprendere lo studio dell' arte medica d* Ippocrate . Imperocché questi fatti saranno, o le cose già osservate, ole osservazioni che si verranno in processo di tempo facendo . Per le prime , onde non sia erroneo il deletto, si vogliono tentare con un esemplare che le misuri e le giudichi ; per le seconde , è bene ristabilire l'antica maniera e diligenza di osservare il corpo malato . Ad aggiungere ambidue questi ul- -?» — — — — _— ^ — ■ — , ■ (li) Alludo agli anni clinici pubblicati dal Dc-Matteis e da En- rico Acerbi . ~a8 S e I E N t K timi scopi , dopo le annullate speculazioni de' dina-* mici , io ho giudicato doversi riprendere in mano le opere d' Ippocrate padre , le cui osservazioni e regole dell' osservare , come hanno valuto in ogni tempo e a tutti i veri medici più famosi e più benemeriti della umanità di guida a simili tentati- TÌ, e di analogia a sane deduzioni, onde hanno me- ravigliosi e incontrastabili veri trovato, e l'arte fat- ta doviziosa e drgna ; così potranno e dovranno valere a noi, volendo fuggire il pericolo di cui fre- sca abbiamo memoria di ricadere in nuovi sistemi per combatterne altri , e volendo riprendere la me- -dlcina nella prima sua origine leggittima ; il cui carattere, come quello che risponde a natura, non è mutabile per arbitrio di pensiero; ma sempre vie •maggiormente aumentativo per osservazioni nuove ed assiomi. IV. A fare intanto che né vile né superstizio- so apparisca questo ritiramento quantunque neces- sario , io ho stimato doversi ricercare e ricorda- re la sapienza di quel greco , non tanto nelle co- se pertinenti alle umane infermità , ma in ogni al- tra parie eziandio di umano sapere . Perocché mol- ati credono non trovarsi in Ippocrate che aridezza di precetti, e non aver dato che sentenze sull'ar- te di riconoscere i mali e curarli ; ed altri sono che stimano aver operato anche troppo attorno ai libri lasciati da lui, quando si sono mandati a memo- ria alquanti de' più comunali suoi aforismi. E ve- ramente se così fosse, poiché un' arte medica ador- na di lusinghevoli teorie 1' abbiamo anche noi , e veggiamo di più la splendida filosofia naturale che fa bello il secol nostro da non rendere invidiati i tempi di quell' antico , pochi sarebbero che non penassero di doversi riportare di nuovo a razzola- ' Sapienza d' Ippocratk 29 re in certi campi creduti sì aspri e sì selvaggi . Onde il più certo spediente per fare che ritornino in amore e in venerazione le scritture d'Ippocrate, è quello di mostrare com' egli fosse nelle universali dot- trine sapientissimo, e come per tutti e trei mondi im- maginati da Giovanni Battista Vico a partire la scen- za umana si estendessero le cognizioni sue. Che per ta- le fu riconosciuto da tutla Grecia, dimandato e premia- to dai re e dai popoli, fattigli onori divini, e la sua glo- ria passata a noi da più di railfanni . Talché egli deve essere messo a paro, se non più alto, in quella età fiorentissima d'ogni sapienza , con Empedocle e De- mocrito ; le cui dottrine reggono ancora presso na- zioni coltissime, dico Francia e Alemagna , e for-; se non tengono che da que' primi maestri un abi-^ to sì magnifico e commendevole , da farne andare famosi e ammirati quelli che le fecero rinascere, e ambiziosa e contenta la turba eziandio di tutti che le seguono. In simil modo adoperando tornerà alla mente de' medici la dignità di quel grande in tut- ta la sua ampiezza : la quale dignità li renderà vo- lonterosi e pronti a riprenderne in mano le scrit- ture con quella religione che meritano ; ne dubito punto che riprese che l'avranno in mano , se avranno sarti gì' intelletti , non ne sentano amore e maravi- glia, e desiderio vivissimo d'imitarlo. V. Dicendo adunque della sapienza universa- le d'Ippocrate , io non attento di giudicare se ogni sentenza che riporterò sia propria d'Ippocrate se- condo figlio di Eraclide e Panerete , nel cui nome sono battezzati i settantadue libri che formano il corpo dell' opera . Sette Asclepiadi del medesimo nome si diffusero colle cure e colibrì loro nel tor- no pressoché di 3oo anni : e si pensa che questi ponessero mano nelle opere del figlio di Eraclide , e che alquanti trattati che vengono intitolati da lui sieno stati composti da essi, j^ondimeno Ippocra- te secondo è l'autore delle principali opere conte- nute nella indicata collezione che porta il nome suo, ed ebbe il maggior merito ne' progressi della medicina : e gli Ippocrati da lui discendenti nelle massime positive e principali non se ne discosta- rono giammai . Ma a voler entrare nella critica intorno alla certezza delle opere genuine di lui sa- rebbe materia fuori del proposito nostro, e da non venirne a scoprire il vero; perocché assai mal fon* dati a me sembra che sieno i giudizj pe' quali si vuole scernere il suo da quello d' altri . E tra i principali caratteri ( non volendo stare alle autori- tà d'Eroziano , di Galeno, e di Sorano ) onde rav- visare le cose genuine d Ippocrate figlio d'Eracli- de , dicono essere la preposizione statuita come ve- rità generale , sensa schiarimento , e con un dire nitido e spedito e non ad arte . Io non nego che questo modo non abbia usato Ippocrate ne'libri pre- cettivi , come in quelli ad esempio della semejo- tica. Ma gli scrittori di molte cose e svariate han- no essi a tenere eguale stile dovunque , o non piut- tosto il debbono acconciare alla matteria che trat- tano ? Senofonte non tenne già il medesimo siile nella storia di Ciro , che nella economica , e nel- la tirannide . Plutarco negli opuscoli morali non ha i modi che nella biografia degli illustri greci e ro- mani. Tullio nelle pistole,ne' libri filosofici,e nelle ora- zioni ha tre maniere distinte. E così di tanti altri scrit- tori gravissimi . Tale che se alcuni libri d'Ippocratcs secondo appariscano dettati con stile gonfio , enfati- co , e quasi poetico, guardando alla materia che in essi è trattala potendo ad essi quello stile per precetto d'elocuzione convenire , non è prova a niÌ9 SxviusìiX d' IppocnATK 3r credere che basti a giudicarli apocrifi ,. Altre ca- gioni concorrono in un uomo medesimo a fargli cambiare lo stile nelle opere sue ; e sono la imi- tazione e l'età . Gli è noto come i primi tentati- vi dell'ingegno non sieno mai così ardili che noa tengano dell'uso del tempo, e della imitazione agli avuti ammaestramenti; e documenti d'esperienza e di ragione persuadono altresì, come la giovinez- za , l'età matura , e la vecchiaja dieno abito dif- ferente alla maniera del dire . Ma sopra ogni al- tra cagione ippocrate secondo può talora aver tol- to a dettare in stile immaginoso per l'uso de' tem- pi suoi, come veggiamo aver praticato Empedocle, Eraclito, Parmenide, Teognide , e Nicandro : tan-. io pili quando gli era mestieri di toccare cose di alta filosofia: perocché la religione popolare non permetteva raziocinii di tal fatta , e i filosofi era- no costretti per modi astrusi nascondersi all' accu- sa d'empietà; come fece Pittagora che i suoi disce- poli divise in due classi , in matematici e in auc- niastici , i quali ultimi parlavano la lingua della plebe , e adoperavano al culto degli dei , e non erano che a' primi svelati i mister] della setta. Perciò Ippocrate medesimo ha questo loco: ,, Sacra sanis ,, hominibus communicantur, proplianis vero nefas, ,, prius quam scientiae originibus initientur.,. Per queste avvertenze si rende ancora poco provato il giudizio, che la mancanza di filosofiche definizioni sia altro carattere che distingua le ope- re genuine d Ippocrate dalle apocrife. Nel vero egli ne' libri di pratica, a detto di Gelso, separò la me- dicina dalla filosofia ; ma il credere con alcuni cri- tici severi ( nota Sprengel (12) ) che ne' libri ge- (l'O Storia della ijicdkina voi. 2. 3a S e I E N E K nuini d'Ippocrate secondo non si abbiano a liova- re dilucidazioni di punti filosofici è un falso cre- dere. Ippocrate discepolo de più ragguardevoli sa- pienti del suo tempo , confidente del sommo fisico dAbdera , d'ingegno e dottrina non secondo a nes- suno de suoi contemporanei ; ove alla materia gli fossero bisognati pensieri e ragionamenti di filoso- fia , deduzioni e corollarii, non poteva né doveva schivarli. Tantopiù ch'egli li trattava al sicuro; pe- rocché si era formalo una filosofia , che in questo massimo fondamento si distingueva dagli altri me- todi e sistemi , cioè nel canone clf egli il primo stabilì , di doversi raccogliere una suflìcienle quan- tità d esperienze prima di osare di trarne deduzio- ni. JVel che fu seguito da Teofraslo, il quale per- ciò venne chiamato da Galeno il discendente d'Ip- pocrate , e venne imitato da Aristotele , che eoa quel modo trovò tanti meravigliosi veri nelle na- turali scienze, sino ad esser chiamato dal Camper in questa nostra età, che così molto gli toglie e lo ri- merita così poco , il giojello delia umana ragione . Vedesi pertanto la debolezza de'giudizj de' cri- tici onde stabilire a quai segni siconoscere si deb- bano le opere d'Ippocrate secondo, e come proba- bilmente possano esser sue quelle che vengono ad altri della sua famiglia attribuite . Né i detti cri- tici stanno contenti a que' medesimi libri che per antica tradizione sono tenuti per veri ; mentre a' tempi d'Adriano , dicono essi , furono in varie par- ti mutati e guasti da Artemidoro Capitone e Dio- scoride. Ma come il perdersi in simili dispulazio- ni sarebbe Vanità ; mostrare poi di spezzarle al lut- to, noi consente la critica . Epperò a chiunque ce ne volesse ricordare il valore , noi dichiareremo che 1 priacipj di filosofìa li abbiamo cavali quiuci e Sapikwza to' Ippocrate 33 quindi da que' libri, de'quali niuno era reputato apo- crifo ai tempi dì Galeno , e sono citati come d'Ippo- crate secondo da Galeno medesimo, e più tengono del- la filosofia fondata da Democrito ed Empedocle : e gli apotegmi che riguardano l'arte medica sono que' medesimi che tutti i più studiosi de' libri ippocra- tici allegano come suoi, e come tali sono univer- salmente ricevuti . Benché a noi piaccia altresì di riguardare i delti libri tutti in complesso come con- tenenti la sapienza di una scuola o di una famiglia, a quel modo che tutti ia complesso riguardarebbe i libri d'Omero chi ne volesse discorrere la sapien- za : quantunque sia chi li tenga per cose di mol- ti , e cerio abbiano i dotti che fossero già in mol- te parti racconciati da' Diascevasti . Disavventura on- de pochi avanzi dell' antichità si sono potuti di- fendere. Né a tutti toccò come al Laocoonte d'esse- re restaurato da un Michelangelo . VI, Di che ingegno meraviglioso e di che va- sta dottrina si fossero Democrito d'Abdera ed Empe- docle d'Agrigento, che fecero sì perito il secolo d'ip- pocrate , cel dicono gli scrittori greci più antichi , i quali paragonarono a Pittagora il filosofo d'Abde- ra, e scrissero che a lui obbedivano le forze di na- tura, e cel dicono le lodi che gli resero Aristotele Plinio e Cicerone . Ed a mostrare anche a' dì no- stri la sapienza d'Empedocle bastano le memorie dello Scinà, il quale dilingentissimo nel ricercare le sperse dottrine , ha fatto conoscere quante cose seppe ve- dere questo stupendo ingegno , trovandone il più per congetture guidate dall' analogia. La stessa men- te e lo slesso fervore di studj e di sperienze gui-» davano Ippoctrale nella osservazione della natura talvolta a somiglianti dottrine . Talché malagevole è a giudicare in tempi così remoti di cui fossero G.A.T.AIX., 3 34 Scienze certe trovate verità , quando l'uno poteva valersi de' pensamenti e de' trovati dell' altro , e molte volte insieme disputarsi la gloria d'una scoperta . Che se ciò non apparisce , leggendone partitamen- te le memorie e le vite , deriva dalla boria degli scrittori che d'ogni prima invenzione intendono a dar merito a quello intorno al quale favellano . Ma per più ragione si può dubitare che alcuni trovati, massime intorno alla fisica del corpo umano , attri- buiti ad Empedocle si competono a Ippocrate pri- mo : perchè fissata l'epoca d'Empedocle con Stobeo Suida e Scinà trai le olimpiadi 84 6 go , quella d'Ippocrate secondo tra le olimpiadi 8o e loo , e la celebrità di quest' ultimo nella olimpiade 84 ; si scorge come l'agrigentino poteva valersi delle osservazioni del medico di Coo . Secondo: perchè Empedocle trovò certamente fatte non poche osser- vazioni anatomiche al suo tempo , massime in oste- ologia, da Ippocrate primo figlio di Gnosidico , al quale è fissata l'epoca attorno alla olimpiade 70 , e si vuole autore de' libri sulle articolazioni e sul- le fratture . Anche un pensiero del Giordani av- valora il nostro dubbio. Questi nel compendiare le memorie dello Scinà intorno Empedocle , giunto là dove si tocca il perchè l'agrigentino lasciasse di scrivere nel dialetto dalla sua patria e della sua scuola, e sì piacesse dì adoperare lo jonico ; non conviene collo Scinà che ciò si facesse da Empedocle per usare un linguaggio più polito e gentile ; im- perocché non si può vedere che mancasse politez- za e grazia alla favella di Teocrito ; ma piuttosto perchè vedesse più frequentato fuori della Grecia lo jonico , al quale Omero Erodoto e Ippocrate avevano acquistata più universale celebrata. Onde che alcuni libri d'Ippocrate erano già divulgati, quan- do Empedocle poetava della natura . SAPiKwrA. d'Ippochate 35 VII. Entrando dunque a dire della sapienza d'Ippocrate, è in prima da ricordare aver lui preso per acquistarla , secondo il costume de'greci sapienti , a viaggiare ne'babilonj negli egizii negl' indi e ne' sciti ; e per colai mezzo fatto ricco di cognizio- ni e di ammaestramenti , riuscì colT opera d'un in- gegno straordinario a tal sapienza, eh' egli non so- lo s'ebbe nome di principale tra i medici , ma anche tra i filosofi . Platone ne accolse le sentenze eie comentò, e Aristotele lo seguì e lo interpretò per modo che la sua filo.'5o(ia , si è detto , non essere che un cementarlo di quella d'Ippocrate e di Pla- tone. Ma tra i popoli e i luoghi eh' e^;li corse e osservò , cercando della sapienza le voci e le ope- re , io stimo sopra tutti gli altri fosse meravigliato da quelli della Scizia: ove agli uomini concedeva natura ciò che la lunga dottrina e gli ammaestra- menti de'filosoG non valsero dare ai greci . Tanto in quelli , fu detto, più l'ignoranza de' vizii profit- tava che in questi la cognizione della virtù . Epperò volle Ippocrate di questo popolo descrivere le ma- niere i costumi e l'abitata regione per modo così diligente , che in ogni tempo si è detto nessuno averne data più esatta dipintura . Nel che io sti- mo aver egli quel merito che si dà a Tacito per la descrizione de' costumi degli antichi germani . E certamente che le storie di questi popoli an- tichissimi sono come la grammatica della scienza dell'uomo. E si scorgerà essere grandemente utile e degno l'aver Ippocrate osservato , e lasciato a noi la storia delle maniere degli sciti , leggendo quello che oggi ne ha detto il Montrone nel suo gravissimo discorso sul cinismo . ,, Tennersi infatti ,, questi popoli molti secoli dentro i medesimi con- iy fini di costuoii e terra , finché non per cupidi- 3* 3C S e I S K E 2 ,, già dell' altrui ma per sicurtà del proprio fuori „ uscirono , senza però variar punto delle patrie „ costumanze, quelle anzi ne' popoli vinti introdu- „ cendo . Perchè tre volte signori dell' Asia, due „ grandissimi iraperii il partico e il baftriano vi al- „ zarono , e le donne di virtù non minori ai mariti ,, i regni delle amazoni edificarono . Gente gagliar- ,, dissima sobria illibata e veramente cinica dalla na- ,, tura fu scudo alla sua intatta libertà e a im- ,, raensi nemici terrore. Dario re pontentissimo de' „ persi con vergognosa fuga da se cacciarono. Giro „ e il suo poderoso esercito trucidarono? quel Fi- ,, lippo di Macedonia tenner dubbio di assaltarli : ,, e Sofirione duce di Alessandro distrussero : dei ro- ,, mani il nome non le armi sentirono . Terribile ,, monumento di perpetua continenza , senza la qua- „ le non può essere aè durazione né fortuna negli ,, stali e nelle armi , e nella quale riposa come in ,, suo tabernacolo la vera sapienza , la quale anti- ,, chissima e inviolata fra gli sciti fa altresì fede ,, della antichità di loro origine . ,, Né è senza fondamento il credere che Ippocrate , oltre ai pri- niordj della scienza dell'uomo , traesse di là quel- la sapienza operatrice onde stabilì a se medesimo una severa morale e a' medici suoi avvenire , tra i quali può anche essere intitolato il banditore della rettitudine. Ma come ne' precetti dell'arte così an- cora in quelli del costume fu spesso da' suoi segua- ci dimentico . Tanto ella è vera quella sentenza di Dante, che ,, Rade volte discende per li rami „ L'umana probitade : e questo vole ,, Quei che la dà , perchè da lui si chiami » Vili. Ma la sapienza d'Jppocrate, comunque Togliasi originare , è pur certuoiente quella che daU Sahinxa d' Ippocratk 3^ lo studio profondo della natura universale si gene- ra, e per li principìi naturali discorre sino all' uma- na natura . I quali principj Ippocrale chiamò ele- menti ; e della teoria elementare sì ricantata fu egli , al parere di Galeno, il primo inventore . E perchè altri ne danno merito a Empedocle, ecco già in sulle prime una simigiianza notevolissima di pensieri e di dottrine fra questi due grandi ingegni . Se noa che Ippocrate vide forse più innanzi quando giudi- cò nascere i corpi dal miscuglio degli elementi ; il che pili si accosta alla nostra chimica ; lad- dove Empedocle, persuaso delia immutabilità di questi , ripetè la generazione de' corpi dal solo con- corso e dall' immediato soprapponimento degli ele- menti stessi . Oltredìchè Ippocrate introdusse que- sta teoria nella fisica del corpo umano , e fondò su di essa il sistema umorale che poi non fu che ampliato ecomentato da Platone. Giustamente poscia concedette Ippocrate ai detti elementi le loro pro- prietà e qualità come cause de' fenomeni corporei , E quindi ne venne nelle scuole posteriori la distin- zione degli elementi corporei, ne' quali sono real- mente disciolti i corpi, da quelli ne' quali si di- "vidono col pensiero. 1 primi denominaronsi rudimen- ti , e i secondi principj ; e così ab antico si preparò qualche guida alle analisi chimiche de' riformatori del secolo decimottavo , quasiché del principio aria uno de' rudimenti fosse l'ossigeno . Fu già insegnato da Pittagora alla scuola itali- ca, eh» l'intelletto umano avezzo a continue impres- sioni sensuali non sa ideare nulla perfettamente incorporeo . Quindi tutti gli antichi filosofi della vGrecia ripetevano 1 origine de' corpi mondiali da sostanze primigenie cui tribuivauo natura corporea . Cotesto sostanze avevano nelle proprie forze ì risui- 38 Scienze tati della figura della posizione e dell' ordine loro . Ciascuna molecola, direbbe Kant , ha in se stessa la ragione della sua maniera d'esistere . Ma Ippocrate conobbe il primo, non potersi intendere la formazio- ne delle cose col pensiero dell' unità delle detta sostanze primigenie. E confutate le opinioni di Seno- fane di Melisso e di Empedocle , stabilì che i cor- pi non emersero puramente da fuoco aria acqua o terra, ma da uua combinazione o mescolanza di es- si; perocché 1 uomo , ad esempio, se fosse uno non avrebbe cognizione di se né senso di dolore o di altra passione ; e come la generazione negli animali si opera per congiungimento de' due sessi , così la produzione degli altri corpi . Dal quale congiungi- mento , anzi rimescolamento , stimò egli ogni cosa comporsi . Appagato dalla veracità del fenomeno , pare curasse d'investigarne la causa in una certa propensione eh' egli attribuiva a ciascuna cosa di congiungersi colla sua famigliare, e disgiungersi dal- la sua contraria . E questa spezie di a/Hnità suppose eziandio tra le parti del corpo nostro , donde ca- vava le ragioni delle simpatie (i) . JMè in tale inda- gine Empedocle lo avanzò . Il quale intese mede- simamente quali forze movevano gli elementi del- la materia, luna che congrega le particelle omogenee e da queste agregazioni compone le moli via via maggiori , l'altra contraria disgrega e discioglie i composti . E tuttedue queste forze furono da lui poeticamente chiamate, amicizia l'una, nimicizia l'al- tra : che si riducono alle affinità e ripulsioni de' moderni fisici . IX. Ippocrate adunque considerò come quelle chimiche potenze incessantemente operando tengono (i) V. James, dicorso storico della medicina. SAPIKNrA o'IPPOCfiATf Zq la materia in sempiterno movimento , e si genera da esse ogni composizione o disfacimento che acca- da nel mondo . E come in varia proporzione si combinano, così diversi si formano i corpi , e da cose in se contrarie nascono cose che concordano in natura . E questo giro perenne di forze e di produzioni e corruzioni che all' infinito si rinnova- no, anche Ippocrate , come Empedocle, lo espres- se colfimagine del circolo, che avendo egli il pri- mo , come attesta Platone nel Fedro , paragonato il corpo umano coli' universo , nell' idea che nel primo „ omnia in circulum abeunt „ è racchiusa anche quella del roteare ogni cosa nel secondo . 01- tredichè l'aggirare d'ogni cosa nell'universo è da da lui rassomigliato alla rota del vasellajo ; ,, Figulì „ rotam versant , et ncque retrorsum neque antror- „ sum procedit , sed simul in utramque parlem * „ Universi hec imitatrix circularis existit. „ (i) E tutta la dottrina degli elementi era conclusa nelle seguenti parole piene d' energia , dove si può dire che a caratteri eterni sia segnata l'eterna mutabi- lità delle sostanze nell' universo : „ Equidem nul- „ lum omnino corpus perit , neque fit quod prius „ non erat : verum permixta et discreta alterantur. „ Quid vero dicara generari et perire , vulgi gra- „ tia interpretabor : haec autem commisceri et di- „ scerni significare declaro . Generari et perire si- „ ve corrumpi idem est. Idem est commisceri et „ secerni . Perire corrumpique ac minui idem est „ quod secerni . Rursus et non haec. Lux Jovi , te- „ nebrae orco . Lux orco, tenebre Jovi . Accedunt „ et transmutantur illa huc , haec ili uc. Omni tem- „ pore transigunt illa res horum , haec autem il- (i) De Diaeta. 4© S e 1 E N Z K „ lorum. „ (i) Anche Empedocle diceva che tutto si ricambia e nulla perisce : e questo gran fonda- mento, che natura ha posto in tutti i corpi, venne , da lui spiegato con questi versi: ^ Non ha natura „ Né avrà sopra i mortali alcun impero . „ La generazion sterminalrice ,, Della morte è chimera: infine il tutto „ È solo un gran m.iscuglio, è un cangiamento „ Di commisti principj ; ecco natura . Egual sentenza ha tenuto il moderno filosofo Beil intorno alla attività naturale del corpo animale . Ed è vanto per Titaliana poesia che a' nostri gior- ni Ugo Foscolo poeta filosofo abbia con versi gravissimi dichiarato il sublime pensiero nel suo carme sui sepolcri : „ Involve „ Tutte cose l'oblio nella sua notte , „ E una forza operosa le affatica ,, Di moto in moto , e l'uomo e le sue tombe „ E l'estreme sembianze e le reliquie „ Della terra e del elei traveste il tempo . X. Onde ecco come natura dì una cosa è il principio interno delle sue alterazioni ; e come la natura universale , ossia il principio primi- tivo di tutte le alterazioni dell'universo, ope- ra con certi propositi , la cui ricognizione con- stituisce la prammatica della fisica. Nella quale Ip- pocrate fu il primo a proporre l'induzione tratta da bastevoli esperienze , come l'unico e potentis- simo mezzo onde recarla a perfezione . Di che vie- ne lodato a cielo dello Sprengel (2) . E alla fisica (1) De DJaeta . (2) Sprengel , op. cit. voi. 2 , Di Aristotele . Sapiikza »' Ippocrate ^t pure perléngono alcune altre idee concopite da Ippo- crate ,e non molto diverse da quelle, che oggi sono costantemente abbracciate. Per esempio gli bastò la mente a riconoscere dal fuoco la fluidità dell' aria e dell'acqua , senza il quale si condenserebbero . Il che viene stabilito nel libro ,, De flatibus. „ E nel libro ,,De natura pueri,,si deriva il pneuma ne' corpi riscal- dali dall'atmosfera che li circonda:,, Tutlociò che ri- scaldasi attrae pneuma.,. In ogni combustione noi di- remmo il corpo attrae ossigeno dall' atmosfera . E perchè tutto lo spazio tra terra e cielo è pieno di pneuma , e il pneuma vitale si sviluppa dal fuo- co , e il pneuma i latini dissero anima , donde ]a frase,, anima vivimus, animo sentimus ,, si può congetturare che anche Ippocrate intendesse la vi- ta essere una continua combustione . Né ad Ippo- crate doveva essere ignota altra fisica legge intor- no al peso e la elasticità dell' aria. Imperocché noi deduciamo da un frammento d'Empedocle, essere sta- ta cotesta notizia comune al suo tempo; mentre l'agrigentino nello spiegare il nostro respirare toc- ca il fenomeno del premere essa aria e spingere tanto in su quanto in giià l'acqua ne' c&nnelli noa con dichiaraziooe di naturalista , ma per vìa no- toria di similitudine poetica , Così non poco di scienza ( esclama qui il Giordani ) fu posseduta da que' primissimi che non pervenne in rcda alle no-? stre menti , le quali per loro miseria ebbero bre-? vi intervalli di scarso lume , e lunghissime e dense tenebre. E cotesta solenne verità, onde tanto si è giovata la fisica , dopo quasi due mila anni d'obbli- vione , risorse per le sperienze del Galileo e del Torricelli , Ollredichè dopo osservata una lunga serie di Xeaomeni che parevano fondati sulle proprietà degli 4t Scienze elementi, Invece per esempio del vero fuoco cor- poreo si ammise un elemento di ordine più su- hiirae quasi principio imponderabile : e questo ele- mento Tu dello da ippocrate quando calore , quan- do pneuma , quando etere, e quando anche fuoco ; perchè non discordavano gran fatto tra loro le idee di fuoco ed etere presso gli antichi . Quin- di nelle regioni supreme dell'universo, come cau- sa d'un perpetuo movimento , fu collocato da Ip- pocrate l'etere : il quale egli considerò come salito colasi ù per esalazione da quel fuoco che egli con Empedocle immaginava continuo ardente nel cen- tro della terra : pensiero al quale ne' tempi nostri dette poi sì grande splendore la eloquenza del conte di Bufifon . „ Aetherìs (dice Ippocrate) plurima pars, „ cum tuibala cssent omnia , in supernam circum- f, ferentiam secessit , et videnlur mihi ipsum vele- it res ethera nominasse (i)-.», E che gli ntichi chia- massero cotesti luoghi supremi etere dal sempiter- no corso e movimento che supponevano in esso, lo scrìve Platone nel Cratilo: e la voce theus ^ che ai greci significava nume , derivava dal there degli stessi greci , che suol dir correre : onde etere e nume erano nelle orìgini de' greci parlari simi- glianti . Epperò la mente dell' etere fu delta da tutti Giove ; e i poeti poi , tra quali Callimaco, dissero che lutto era pieno di Giove: e il Costa, che è un altro poeta filosofo de' nostri tempi, ha nel suo inno , tenendosi a queste idee degli antichi , parlato piii che ogni altro degnamente di Giove: „ Che niun die vita e forma e mente a Giove; ,, Egli in terra ed in ciel serpe diffuso, ,, E moto e vita d'ogni cosa è Giove. (i) De principiis. Sapienza d'Ippochatx J^Z E In altro luogo Io chiama „ O vita o mente o amor dell' universo (i) , Toccate pertanto queste idee d' Fppocate sul- le leggi generali della natura, scenderò al particolare che riguarda ia cognizione della fisiologia delle piante, nella quale mi pare eh' egli avesse intesi alquan- ti principj intorno alla vegetazione da non dispia- cere nemmeno oggigiorno che questa scienza è in Ita- lia fiorentissima . Innanzi tratto valse anch' egli a paragonare i vegetabili coi viventi , come Empedo- cle ? pel qual paragone ha fatto sì gran passi e in- tesi sì meravigliosi fenomeni la fisiologia delle pian- te , Alle quali Ippocrate attribuì un calore proprio e una umidità fondamentale , ed una forza vitale propria , che ne promuova l'incremento mediante la simmetria del calore e della umidità. J^el che fu seguitato in tutto da Teofrasto . „ Et oportet (di- „ ce Ippocrate ) arbori non duo calida simul acce- „ dere, ncque duo fugida simul si sana esse debet. „ Verum siquidera ex superna caliditas accesserit, „ ex inferna frigitatem ipsi accedere oportet , et vi- „ ce versa (2),,, E la detta simmetria fu da Ippocrate rassomigliata a quella di che ha mestiere il ventricolo nella digestione.,, Quemadmodum homini , ingestis „ cibis in ventrem, qui dum concoquntur calefaciunt „ perfrigeralionem a potu facere oportet, sic et arbori I, contrarium rependi oportet ex inferna parte ad su- „ pernam , et vicissim (3) , „ Onde oggi leggerai ne' libri botanici , che le radici , assorbito che hanno Tumore , il calore lo rarefa e lo spinge , il (1) Vidi inni agli dei consenti. (2) De natura pueri . (3) Lib. cit. 44 S e I E W Z K fresco umido della nolte lo condensa dì nuovo, e facilita rintroduzione di altro successivo : e cosi si produce una niternaliva di rarefazione e conden- sazione nelle fibre e nei fluidi de' vegetabili , che imprime a questi ultimi un principio di moto e di circolazione: epperò nou v'ha nulla di più favorevo- le alla vegetazione che calore moderato e umidità (i). Sembra in oltre eh' egli avvisasse nelle piante una respirazione , ovveramente una facoltà di attrarre alimento dall' atmosfera : oltre a questo egli intese l'assorbimento eh' esse fanno dalla terra per le ra- dici , e il giro perenne degli umori nutritivi ; an- ticipando così dì piij secoli le sperienze dell' Hales, e le osservazioni microscopiche di Bonaventura Corti. „ Radices ubi atlraxerint, arbori transmittunt, et ar- „ bor vicissim radicibus. Augescit arbor et in super- ,, nam et iolcrnam partem , proptera quod alimen- „ tum ex inferna et superna ipsi accedil(2). ,, Ond'è che il moderno filosofo Bonnet ha poi detto , che i vegetabili sono piantati nell' aria presso a poco come nella terra ; le foglie sono ai rami ciò che le barbe capillari alla radice, e le foglie trovano neir atmosfera un nutrimento d'ogni sorte (3) . j\è mi pare che sia da omettere altro passo d' Ippocrate risguandante gl'innesti, il quale darà un bel testimonio contro le sentenze di Rozier e di al- tri, che ai greci fosse non solo nota cotesta pratica d' agricolluia , ma ne conoscessero altresì a modo loro la teoria del fenomeno : „ Quicumque vero in „ arbores ab aliis arhoribus oculos indiderunt , el (0 Targonì Inst. botan. T. I. (a) Ipp. tib. est. (S) Targioni Op. «it. Sapienza d'Ippocratk 4^ „ arborés in arLoribas anatae vivunt et fructificant , ^, non sìmilem fructum arborlbus quibns insitae ,^ sunt . Id ipsum tali modo contingit . Ocuhis pri- „ mum quidem germinai : alimentum enim habet „ primum ab arbore ex qua ablatus est , delude ab ,, ea in qiiam insitus est . Ubi autem germinave- ,, rit sic in arborem radices teuues a se demitlit , „ et primum bumore fruitur in arbore iti quam in- „ situs est existente : deinde tempore accedente de- ,i fnittil radices in terram per eam in quam insitus „ est , et fruitur bumore quem a terra trabit , et „ alimentum inde ipsi contingit : ut non mirura „ sitjnsitas arbores alios fructus producere :e terra „ enim vivunt (i) . „ Vegga pertanto il sig. ab. Ro- zier (2) se ai greci fosse ignota l'arte deli' innestare, e se veramente Virgilio ne parlasse il primo in quel verso delle georgicbe : „ Miraturque novas frondes et non sua poma. Trovasi inoltre nel medesimo libro spiegato per via d'un certo processo cbimico il fruttificare della pian- ta: sopra cbe la massima azione è attribuita alla for- za della luce e del calore del sole, ed all' aziono sua medesima dissipatrice delle parti acquose del frut- to derivasi il sapor dolce di esso: ,, Et quamdiu qui- „ dem vehemenler tenera fuerit arbor fructum non „ producit. Progressu aulem temporis venae in ipsa ^, dilatatae pinguem ac crassam influtionem ex terra „ in ipsam faciunt . Sol autem ipsam difFundens , „ ebullire facit utpote levem existentem in extremi- „ tates et fructum producere , et tenuem quidem „ bumiditatem a fructu sol aufert , crassam au- giil " III (1) Ipp. libr. cit. (2) Rozicr , corso completo d'agricoltura «e Trad. ital. Vcr;c- BÌa 1808 Yol. 8," p- 373. 46 S e I K N Z e ^, tem concoquens eJulcat (2) . ,, la questo passo tu trovi adombrata l'idea del Le-Roy , che la tra- spirazione e la scomposizione dell' acqua che si fa dalla luce nelle foglie delle piante sono la tromba che fa alzare il sugo dalle radici all' estremità del- le piante ; e trovi altresì come Ippocrate intendes- se la necessità che quell' acqua venisse decompo- sta ne' suoi principj dalla luce, e alcuni di detti principi restassero nella pianta combinati a far parte delle sostanze saporose che in essa si trovano (i). E riflettendo a quelle parole „ progressu autem temporis venae in ipsa arbore dilatatae „ si scor- ge come Teofrasto tolse da Ippocrate il pensiero» che nella organizzazione delle piante fossero quel- le fibre , le quali negli animali Aristotele suppose generate dal sangue, e le paragonò alle vene. I na- turalisti moderni Grew e Duhamel confermarono la osservazione di lui , raffigurando de' vasellini capil- lari fibrosi , specialmente nell' alburno delle piante. XII. Né poche al certo dovettero essere le sue cognizioni nella zoologia, siccome apparisce dai li- bri intorno alla diclettica : ne' quali mostra di es- serne slato perito non pur nella parte storica ma nella anato«nica . Ma se ancora ci mancasse il te- stimonio di questi libri , varrebbe la perizia del suo tempo a farne congetturare in lui la dottrina. Imperocché la zoologia e la conoscenza intima de- gli animali fu, al dire di Winchelmann , nella pri- sca Grecia il soggetto delle belle arti come della fi- losofia . Di vantaggio sendo Ippocrate il discepolo o l'intrìnseco di Democrito, non poteva mancare del- la scienza di questo fisico nella anatomia compa- (1) Ipp. lib. est, {■■i) Tarjioni Op. cit. I Sapiénka d' Ippocrate f ^ rata , nella quale , al dire di Plinio e di Eliano , De- mocrito era peritissimo, avendo egli scrìtto del cer- vo e del camaleonte. Forse meno seppe Ippocrate della anatomìa umana. Nel che lo fa scusato una l/Wzzo, milanese: proteggitore de' buoni studii, no- bilissimo di animo e di prosapia . G3 Lettera dell' avv. Luigi Crisostomo Ferriizzi intorno una sua recente interpretazione di due luoghi del canto I dell' inferno di Dante (*) . Al sig. Federico Pescantini ^ a Bologna. on ti perdono né meno il sospetto che io po- tersi adontarmi delle tue riflessioni intorno que' !uo- glti dell' Alighieri da me in nuova maniera inter- pretati . Son romagnuolo , e tuo compatriota ; e crederei aver dischiattato , rinegando la patria , il decoro e tutta la gentilezza del cuore , se la tua lettera mi avesse turbalo una palpebra . Ho esco- gitate quelle nuove spiegazioni perchè le antiche non mi contentavano : e le ho proposte ad ab- (*) Sotto li 10 giugno di questo stesso anno il Melandri , ti- pografo di Lugo , eoa sua lettera diede notizia della spiegazione di ea:ti luoghi . 11 primo e aVcrsi 4^ • ^2 , io i La costruzione riputata ver» p ia seguente => L'ora dal tempo e la dolce stagione /n'era cagio- ne a SPiRAR BBNB la pelle gaietta di (juella fera ( cioè A VBDI- as rtv suo luivib la pelle della lonza distinta di varj colori ) „ V. vocabol. V. sperare, e ivi il Redi os. an. 42.Per esserne uscito M tutto queir umore viscoso di cui sono pieni que' sottilissimi ca> „ tialetti.che chiaramente si vcggon serpeggiar per la pelle se ella „ si speri al sole. „ Il secondo è a' versi 70 , 71, 72 . Il senso naturale è questo. Nuccjui sub Julio (cioè a' giorni di Giulio Cesare) e vissi .... al tempo degli dei falsi e bugiardi, ancorché Jossc tardi ( cioè an- corché l'idolatria fosse per cessare per la vicina venuta del figlia» lo di Dio al mondo). Noi ter/:etlo l'ancor che fosse lardi si tro- vu aiiieposio pur la ligUra che i r,raminati'ji dissero iperbato. r.XTEllPRETAZIONK DI DaWTS 69 bracclarsì per evitare ciò clie a me semhra assur- do , e liberar Dante dalla taccia d'imperito di cro- nologia . Deir uno e dell' altro consiglio ti rendo pronta ragione. Se ti appaga, bene sta: se non, metteremo i miei sogni ad un fascio coi feltri del- le nubi , e getteremoli nel mare delle vane inter- pretazioni, che oggimai ha piìi annega'i nel fondo, che non il cielo stelle sulla faccia. Del primo luogo si hanno tre chiose assai di- vulgate . La prima è del P. Lombardi. La secon- da è quella che ha seguito il Perticari . La ter- za è di coloro che leggono alla giajetta pelle . Della prima non dico , perchè il buon Giulio gridò ba- stantemente alto . Nella seconda il bene sembrami troppo poco a determinare il genere dell' impresa , che Dante disegnava : e poi non i;/i'entrò mai in capo , né probabilmente m'entrerà , che Dante pren- desse buon augurio al proseguire il cammino dal- la pelle di quella fiera , che impediva tanto il suo cammino che fu per ritornar più volte volto . La terza parmi senta alquanto del ricercato : imperoc- ché lo sperar bene, che è un grado eminente di spe- ranza , vi si fa equivalere al non temere , che è una semplice negativa del timore. E così : che la sta- gione di primavera, quando tutti gli animali in furias ignemque ruunt , induca a sperar bene di una fiera che si attraversi alla via, mi' è cosa affatto forte all'intelletto, e non mi lascia vedere nessun determinato senso nella frase . Questi dubbj mi tenevano la mente , quando presi ad indagare la tiiiova spiegazione: la qua- le prima che ti difenda , voglio che consideri che r esempio del Redi è posto nella lettera del Me- landri (che non è tutta nelle misure della tempe- ranza ) solamente per avvisare come non sia nuo- 7<* X^« TTIRATWRA vo questo verbo sperare^ e si «pplichi rettamente a ^e//e : non già per concluderne che quel luogo sia aflatto simile all'altro di Dante : il che non pensai nèmeno che sarebbe sospettalo, quando con- sentii che si desse ai dotti quel nudo cenno della mia spiegazione : conoscendo bene che differenza pas- si da una lonza ad una lanterna. Ancora importa che tu mi conceda tre cose; i che le spalle del colle non fossero ne i lati , né la fronte di esso, ma bensì veramente il tergo, il di dietro , la porta opposta a quella dove Dante era ; 2 che la lonza non fosse corrente ma stante ; dovendo- si quell aggiunto di leggera e presta mólto riferire tfWa snella natura dell' animale ; 3 che Dante cam^ minasse tuttavìa pel molle clivo , così ben dichia-i rato dal tuo e mio professore Costa , mentre la lon-» za stava quasi al cominciar dell'erta in qualche distanza dà! poeta. ; - ■ ' Apriamo ora la Crusca . Sperare , da spera , peir ispecchio . Se specchio è vetro terriìinato con piombo (J?ant.Conv.i2 6)^ e per conseguenzawo^ trasparente^ come potrà dirsi vera la derivazione che si assegna del verbo sperare , quando poi lo sperare si definisce op' porre al lume una cosa per vedere sella traspare ? JN è Ja tua dichiarazione al canone della Crusca mi fa ve- der meglio : imperocché non solo i corpi diafani si sperano,ma ancora gli opachi; come si argomenta dall' esempio del Crescenzi , nel quale così Tuova che Ira- lucono, come quelle che non tralucono tutte egual- mente si sparano . Io sospetto adunque che spera- re ci venga bensì da spera , ma in significalo di 'maggio di luce {Dani. Par. e ì'] v. S) : e sperare al sole nuli' altro propriamente significhi , che osser- vare un oggetto collocato nella spera del sole- sia che si guardi mettendolo artifizialmente incontro il rrfTKRPRETAilONK l>I DaNTK 'J l raggio solare , sia che vi si lasci naturalmente gia- cere; senza che il verbo abbia punto a toccare del fine per cui si speri . Imperocché è chiaro che in teorica lo sperare ne contiene quella distinzione , uè determina quest' unico movente del guardare spe- rando', e altronde la lingua non ci somministra un termine diverso per indicare Tatto del vedere una cosa nella spera del sole . Ma gli esempi non seguono, tu mi dirai : ed io risponderò ancora osservando, che queir esempio del Crescenzi ( il quaT è il più antico de' citati ) non è poi favorevolissimo alla Crusca : mentre tu non puoi ignorare che le nostre femmine , sperando l'uova ,non le oppongono già in- contro il pieno sole (che per Io soverchio lume l'occhio non distinguerebbe), ma bensì le espongono ad una semplice spera di sole, e ne fanno stima guardandole sopra ed intorno . Dopo queste avvertenze circa la difinizione di che la Crusca fornisce il verbo sperare ( le quali vogliono valere, buona o non buona che si creda la nuova interpretazione del luogo di Dante) sponia- mo fioalmeate esso luogo , riportandolo così come giace . ,, Tempo era dal princìpio del mattino , „ E il sol montava in su con quelle stelle „ Ch' era» con lui , quando l'amor divino „ Mosse da prima quelle cose belle : „ Sì che a bene sperar m'era cagiona „ Di quella fera la gajella pelle „ L'ora del tempo e la dolce stagione* Questo è il momento , nel quale il sole s'in- nalza sopra le spalle del colle ; e mostrandosi col sommo del disco , percuote coi primi raggi la pelle della lonza , che sta quasi al cominciar delf er- ta ^ e non si parte dinanzi al volto di Dante , ja. L E T T E R A T tJ R A . che è situalo ncllii p'ui^y^'K iliscrta : così tll pie férmo olierendosi la fiera ad essere bene osservala ; perdio poi il poeta , che guardandola grossamente , l.aveva detta coperta di pel maculato , dopo avere meglio in lesa la vista in lei , chiamasse gaietta , o inietta , e ^arietta , cioè spruzzata di leggiadre e mi- nute macchie la sua pelle. E nota che dice : il sai montava in su sì che fora del tempo e la dolce stagione mi erano cagione a sperar bene : impe- rocché pei solo montare in su del sole il poeta avreb- be sperato ancora la pelle della fiera : ma a sperarla bene l'ajn lavano allora il tempo appresso il princi- pio del mattino, quando il sole pel colle frappo- sto non si manifestava peranco pienamente , e la dolce stagione di primavera , quando soles mclius ni" tent y come dice Orazio, cioè quando il raggiare del sole è meno interrotto da' vapori. Né quelli che leggono alla giajetta pelle avrebbero a disgrada- re questa chiosa : che v'incontrerebbero il verbo sperare costruito alla guisa stessa che il mirarci per cui si dice egualmente bene mirare una cosa , e mirare ad una cosa . Ma questo asserisco dubi- tando assai , perchè il costrutto sarebbe inudito , a finquì senza esempio. Questo senso letterale ho ardito attribuire io a que' versi del divino poeta : e si adagia a mara- viglia coli'- allegorico che mi gira per capo . Che se nella illustrazione di questo tratto il secondo non isletle contento all' opinione del primo , né il terzo a quella del secondo , bene ha potuto un qHjarto non appagarsi dei tre antecendenli , e propor- re anch' esso senza sacrilegio il suo delirio : che tanto vale quanto l'ingegno io fa valere . E dico l'i«- gegno e noo il vero , perchè qui parmi eh' e' si syltragga àJle viste meglio aguzzale . INTERPHKTAx^o^fB Dì Dawtk ^3 La chiosa all' altro passo: „ Nacqui sub Julio , ancorché fosse tardi -, „ E vìssi a Roma sotto il buono Augusto „ Al tempo degli dei falsi e bugiardi : non vede al fermo che cosa abbia per dover esse- re rigettata ; anzi che cosa non abbia per dover essere abbracciata . Primieramente taglia i piedi ad nna nojosa quislione di cronologia, dove il divino poeta patisce la peggio per sentenza del Castelve- tro ; 2." rende chiara la consonanza del tardi, avver- bio di tempo, coli' al tempo del terzo verso; 3.° una bella ragione acquista a qungli epiteti àìj^alsi e bu- giardi dati agli dei in relazione alla vicina venuta del vero Iddio; 4'*' discuopre una gentile allusio- ne ad un voto manifestato da Virgilio nelT egloga quarta , che a'tempi di Dante , piii che ad altri , si teneva come il genetliaco di Gesù Cristo : il qual voto gli tornò vano . j4spice venturo laetentur ut ommia saeclo. Oh mihi tam longe màneat pars ultima vitae, ' Spiritus et quantum sai erit tua dicere facta , Come piegasse a dire : ancorché nascessi e vives- ri ai tardi tempi delt idolatria , non mi duro tan- to la vita che vedessi t allegrezza del futuro seco- lo ; e cantassi la progenie del cielo . Che si esige di più per ammettere un iperbato, che non è de' vio- lentissimi , e si distende per la potenza della rima ? Tuttavia ad ognuno rimane intero di attenersi ad altra spiegazione . 'Imperocché la ragione delle co- se è un poligono descritto in mezzo al genere umano , che mostra ad uno una faccia , ad altri un' altra . Coloro che lo videro da tutti i lati fa- cendo degne stime dell' intero sono mostrati a di- to, come que' pochi che peregrinando abbiamo com- pito il giro del globo . Io non sono né di questi. ^4 LsTTBRATnnA né di quelli . Amo il dolce vero « né vado iti traccia . Se questa volta non abita meco , non vor- rò prenderne troppo dispetto : perchè ho sempre stimato miglior consiglio il correre inciampando , che non lo starsi eternamente seduto in terra; e ti ho scritto così a lungo , piìi assai perchè si ve- 4a per quali scale sono salito alle nuove opinio- ni , che non per farmene ostinatamente propugna- tore. Sta sano . Lugo a' 7 di luglio iSaS. jiniWe ., òu le Manùscrìt de Thérèse de Z., paf ""'ifiadame Martinetti née comtesse Bossi . 8. Ro~ ^'"'iine ^ chez' De Romanis i8a3. ( Ufi voi. di N< J_^ oi n,on «iamo soliti di profonder lodi a niuno di. que' romanzi, ch'escono tutto dì a bruttare le nostre lettere, e più che le lettere i gravi e interi _qc)^t^ni, della nazione: perciocché se stimiamo ve- ramente degna e cortese 1 opera di coloro, i quali .con i?iodi leggiadri e gentili imaginazioni si sludia- ,no d' indurci a piacere, sdegniamo però e fuggia- mo que' tristi che ad altro non usano il bene dell' eloquenza se non a pubblica corruzione . E nel ve- ro il più delle colpe, le quali troppo spesso soglia- mo riprendere ne' giovinetti , noi le riputiamo in-r fallanlemente all' amore eccessivo onde si cercano d'ogni parte simili scritti: in che sovente i più soz- zi. Cjd orribili fatti sono non pure scusati, ma tenu- ti belli e magnanimi , e direi quasi santificati . Al che se aggiungasi , che tutte le cose vi sono sem- pre falsate così , che in quelle splendide pitture dell' Amelie ^5 uomo non è già più che si riconosca l'umana spe- zie , vedrassi come necessariamente olii forma se a tali esempj fantastici non dee poi sapersi trovar mai Lene non solo fra' suoi concittadini , ma in mez- zo ninna civil comunanza . Questo biasimo però non è tale , che non voglia anch' esso la sua eccezione : e sembra in- fatti che vivamente ce la reclami madama Cor- Jtielia Martinetti , fior di dottrina e di cortesìa , in favore di cosa sì bella com è questo suo romanzet- to . Ed ella ne ha pienamente ragione : perciocché i'i^malia è un oparet delle siffatte, da non saper- si ben giudicare qual co^a sia più , se leggiadra ■o istruttiva. Certo la MartioeLti ha preso a trat- tare un tema -, di che forse in questo vivere -umano non può trovarsi il più caro ad un tem- «JJo e ii più grave: quello cioè della felicità che debbono aver cura di procacciarsi scambievolraen*- te il marito e la moglie : essendoché dall' ampre e tlalla pace de'conjugi provengano in gran parte nel- •le famiglie tutte quelle beatitudini , che le rendo- no poi per lungo tempo durabili ed onorate . Ve- rissimo specchio di tutte virtù è quest' Amar lia : una tenera sposa , una fedele amica , d' in- dole amabilissimia , di bontà sincera , caritatevo- le , savia , cortese : non così tuttavia che subito Bon si conosca, esser lei pure una cosa di que- sta terra; rara alquanto a trovarsi, ma nondime- no'trovabile . E perciò se alcuno prenderà ad imi- tarla , non imiterà egli , come succede nelle al- tre fantasie de' romanzi , un oggetto , che non es- sendo mai stato in natura, non può assolutamen- te esser altro eh' oltre al possibile di nostre for- ■26. Prudente avviso della nobile autrice, e de- gno che sia seguitato da quanti scrivono per co- 7^ Letteratura mune ammaestramento : perciocché ognuno ha «orlilo al mondo un suo luogo particolare : oltre al quale non è più stato felice , perchè non è più na- tura . Gli angeli, diceva un buon filosofo a certo accigliato censore, non sono altro che angeli : sic- come i diavoli non sono che diavoli, e uomini gli uomini. Questo giudìzio intorno V Amalia è meno no- stro , che sia di molti pratici in fatto di lettere e di Sfina filosofia : ma sappiamo che molli non han- no tenuto buono aver Taulrice preferito di scriver francese piuttosto che italiano : quasiché abbia mag- giormente cercato di gradire e d' essere utile agli stranieri, che a' suoi concittadini. Il che veramen- te a noi pure, così sul principio , non parve ben fatto ? a noi che tanto amiamo sopra tutte le altre questa dolce e soave nostra favella. Chi tuttavia vorrà farsi con noi a difèndere , come sembra do- vere di cortesia, una donna sì valorosa, dirà : ch'el- la in questa sua operetta ha solamente voluto mo- strar ciò eh' ella vale anche nel!' idioma france- se: che tanto è contrario alla verità, potere in ani- mo si gentile cader mai verun bruito disprezzo del- la sua lingua materna , che noi abbiamo anzi una sua ferma promessa di scrivere in italiano un' al;- tra opera, la quale certo desideriamo di. veder pre- sto alla luce : e che infine il parlar francese è tanto ornai sulle labbra drgf italiani , che non v'ha quasi donzella o giovinetto studioso che non se ne piaccia , per non dire che si è già fallo una par- te grandissima di pubblica educazione . lì voler qui dare un' estesa notizia di tale ope- ra , sarebbe mollo difficile , anzi impossibile : tan- te e sì varie sono le cose, che fautrice ha pre- so a discorrervi . Quindi noi ci asterremo bene d'en- Amklii: 77 trare con nostro pericolo in un arringo sì faticoso ; e solo ci faremo a notare, che vi si finge , essere stata scritta la narrazione da certa Teresa di L. , cugina dell'Amalia, anzi tutto il suo cuore: una giovi- ne cioè , che rimasa orfana fino dalia più tenera in- fanzia era stata raccolta pietosamente in casa il padre di lei . L'Amalia poi nacque unica figliuola d'un gentiluomo assai ricco e da bene: e ne' i8 anni si sposò ad un giovinetto di nobile e grande stalo , e di cari costumi , chiamalo il conte Adol- fo . Unione veramente bellissima: che stretta dall amore più dolce e più virtuoso , fu sempre dall amore meilesimo accompagnata, finché non piacque al cielo di scioglierla . Madama Martinetti conduce quasi a mano i due sposi per tutte le condizioni ci- vili: così fra le grandezze e le pompe del viver no- bile delle città, come in mezzo le indigenze e gli affanni dì chi si fatica per le povere terre : e lo fa ella costantemente in tale maniera , che noi non sappiamo qual delle due cose vi si trovi maggiore, o il diletto de' suoi discorsi , o il provvedimento che porge ad ognuno di necessarissimi esempj. Tutte le primavere l'Amalia ed Adolfo, per go- dersi il piacere della campagna, n'andavano a un loro castello lontano dalla città. Ivi non è a dire come ella si comportava : inlantochè per ogni guisa di carezz.' e di beneGcj s' era fatta una gran delizia di que' poverelli abitanti. La descrizione di queste vil- leggiature è tutta ornata di leggiadrie: ma il partire che facevano tutti gli anni gli sposi all'avvicinarsi del verno è toccato con sì dilìcati colori , e tanto mae- strevolmente , che più bel quadro non saprebbesi immaginare. „ Il primo nevicare ( ella dice a cart. „ 37 ) che ogni anno faceva , perciocché annuu- Vi ciava la partita dell' Amalia e del conte, era gra- 78 LSTTIRÀTUEA ,, voso assai a vedere a que' poveri terrazzani , i „ quali cominciavano a rattristarsene per maniera „ che qui sarebbe fatica a narrare: porgendo loro una „ maravigliosa facondia la gratitudine, eh' è quella „ virtij veramente propria dei semplici e puri petti. „ Il giorno che Amalia partiva , si convenivano „ tutti per accompagnarla, piangerne forte , e pro- „ cacciarsi nel ripetere le sue lodi qualche via „ alla consolazione. L' uno diceva È pur som* „ ma ventura per noi V avere sì fatta donna ; el- „ la è una vera angioletta , non già una creatu- ,y ra orgogliosa; anzi ò tutta dolcezza e benignità. „ Non abbbiamo certamente a dolerci del nostro „ stato : che Dio ci ha fatto dono d ogni ricchez- „ za concedendone donna sì liberale. E l'altro sog- »» giungeva: l'Annetta si è fornita d'una bottega col „ soccorso di buona quantità di moneta statale por- „ ta da lei . Ed io mi trovo ( così un giovinet- „ to ) a beli' agio , poiché ella in città mi fece ap- „ prender l'arte ch'io fo . Allora sorgendo un buoa „ vecchio : Ed io , diceva , dopo la morte della „ mia moglie rimasomi solo , non avea di che „ vivere : ma ella subilo mi provvide col farmi „ custode di questo castello . Idio guardi la vi- „ ta de' miei signori . A cui volgendosi un sacerdote „ Tinlerrompea : Ella la gentilissima mi ha posto ,, in questo contado per insegnar leggere e seri-» ,, vere , visitava ogni anno la scuola mia , e per „ mia buona ventura faceva vista d'andarne sempre ,, contenta . Principalmente però una tal vecchie- ,, rella , che aveva perduto il vedere , faceva i „ lamenti grandi e gridava : Ella senza dubbio ,., mi dà un onesto mantenimento : ma voi pote- „ te , ed io non la posso vedere io . Ditemi , ri- ,, dimandava, com'è fatta ella della persona, ac- Amblik 79 ciò di' io me la possa figurare almeno alla fan- ., tasia . Un' altro luogo in guest' opera ci sa pure de' singolari : quello cioè in cui l'autrice descrive una gelosia che l'innamorato Adolfo soffrì dell'Amalia , la quale cortesissima siccom'era, e dotata d un'anima tutta pura e innocente , soleva usare in qualche momento la compagnia di certo giovine principe , che forse aveva preso con troppa frequenza di visitar- la. Eccolo: „ Il conte, che sapeva fare le giu- ,, ste stime delle doli d'ingegno che in lei co- „ nosceva , convenne esser preso d'ammirazione del „ giovine principe: magli piombò tosto nell' ani- „ ma un turbamento e un affanno così mortale , che „ quasi il ridusse mutolo ; essendoché la gelosia con „ tutte quante le furie gli avesse passato il cuore. „ Fuggiva egli la vista della sua Amalia , e lacrimo- „ Bo ricoverava in luogo secreto per piangere Tim- „ maginato suo danno . E talor fu che levossi su- „ bilamente , e corse alla moglie: e la trovò tran- „ quilla e ridente tener discorso a quando a quan- ,, do col giovine principe , pigliandone quel di- „ letto che si gusta parlando cose che ci sono „ d'alcun momento . Ben avrebbe voluto prorom~ „ pere ne' rimproveri : ma solo d'un guardo aveva ,, l'Amalia il potere di disarmarlo . Ond' egli nuo- „ vamente cascava in uno stupor cupo e torbi- „ do; talché da' suoi occhi stralunati , dalla sua, „ divampante fisonomia , e dal suo petto gonfiato „ temè la tenera moglie non fosse egli gravemen- „ te malato . Per la qual cosa prendendo un „ amorosa cura di lui, gli proponeva con ma- vì niere assai carezzevoli d' andarsene a riposare ; ,, ma questa pietosa e dilicata sollecitudine era una ->■> maggior ferita al petto del conte , nel cui giù- ^Sù LCTTKRÀTURA f, dicio stava ch'ella per solo Une di poterlo meglio ,, ingannare se lo volesse levar d'attorno . Or lun- „ ga cosa sarebbe a ridire i tumulti di cfuelle sce- „ ne, ond'io fui la testimonia: ciò sono i bi- „ glietti dell'Amalia da lai intercelli , i famigli „ che di presente arrestava per dimandarli di ci5 „ eh' ei da se non sapeva , il suo scorno di nien- „ te scoprirne, e l'opposto rincrescimento di ve- „ derla sempre innocente. Tal era lo stato del con- „ te . Chi mai non sentì al cuore la punta della „ gelosia , forse dirà eh' io abbia qui narrato il „ soverchio ; ma chi ne porta in se medesimo „ l'esperienza, non potrà certo non essere racca- „ pricciato dalla verità di simigliante pittura . „ Pure l'Amalia, non altrimenti che una vit- „ tiraa innocente, la quale anche in mezzo gli ap- „ parecchi del suo sacrifìcio sta lieta e sicura , ave- „ va dentro se pace fra le tempeste che l'assali- „ vano , sentendosi nel puro animo così indegna di „ riprensione, che punto non s'accorgeva d' es- „ ser la sola cagione di tanti affanni al suo spo- „ so . Né due anni di matrimonio e d'amore l'are- „ vano ancor fatta esperta di quanto le era bisogno „ a poter conoscere ciò , che tuttavia s'annunzia- „ va al suo cuore . Non andò guari adunque ch'ella „ si avvide , non procedere da infermità di cor- „ pò le perturbazioni del conte: e perchè la de- „ ìicatezza nel sentimento dimora in luogo di „ esperienza, ed anzi parecchie volte l'avanza, „ avvenne per quella, che l'Amalia scoperse d'un „ tratto a che termini fossero i fatti suoi , e in- „ doviuò per qual via dovesse poterne riuscire . „ E perciò disse al conte di voler tosto uscir di ,, città , e non ostante il malvagio tempo , che „ ancor non ristava, andarne in contado. Nò par-» cTié il contesi faticasse a rivolgerla , ruppe ella il suo proponimento : cliè bene lo sapea pren- dere e condurre a- fine , singolarmente allora che trattavasi di' cosa tanto a se cara, q^uanto era la pace dì Adolfo. La seguente mattina si par- tirono: e se non fosse stato che conosciuta ed apprezzata molta era l'Amalia, ne il cahjnniar- la poteva essere cosa lieve , ognuno sarebbe en- trato in sospetto , pel subito partito preso da essa, non suo malgrado avesse dovuto fare la volontà del' martio . Ma sono in terra certe vir- tù , che il basso dente delle persone maligne noti si attenta di morderle . „ Dopo averci l'autrice mostrato questa sua Ama- lia, giovinetta ed amabile, in mezzo tutte le con- iugali felicità : ecco mutare a un tratto la con- dizione di tutte le cose , e darci a vedere la mi- serella anche nel colmo delle sventure . Il che ci pare che abbia fatto con prudentissirao avviso : non essendo dell' umana fortuna il poter correre que- sta vita sempre fra i piaceri ed il riso , senza che sia mai tocca di qualche amaro . Amalia , dive- nuta già madre , dovè perdere indi a poco il te- nero frutto dell' amor suo . Rimasa incinta una se- conda volta , non le fu possibile portare il feto , e si sconciò : di che ebbe a patire sì grave danno alla sanità , che dopo un lungo stare malata dovè pur cedere nel fior dell' età al comun destino de- gli uomini . Ha finto la Martinetti , che l'Amalia trovan- dosi tutta sola in tempo della penosa sua malat- tia , pigliasse così per diletto a scrivere qualche co- sa de' suoi pensieri della giornata, de' piccoli fatti che le succedevano , e delle persone o eh' avea conosciute ne' suoi giorni dell' allegria, o che vg- G.A.T.XIX. G »» Divano a visitarla . Nel che fare stimiamo che ve- ramente abbia superata se stessa: tanto queste co- se son pieno di piacevoli avvisi , di spiriti , di fran- chezza, di cortesia,e talor anche d'una melanconia co- si soave, che ti scende al cuore, e ti chiama il pian» to sugli occhi . Già non diciamo dell' arte: ch'el- la vi è nascosta talmente , che ti sembra esser pro- prio la povera Amalia, che così senza ninna boria di lettere, col solo linguaggio che detta il cuore, pren- da a notar tutto ciò che le suggerisce la fanta- sia . Leviamone un piccol saggio . Così dicesi a cart. 86:,, Sono i fiori un douo del cielo alla ter- „ ra per ornamento e bellezza di lei : ed è sen- „ tenza d' un autor arabo , che quando il sole si „ congiunse alla terra fece germinar fiori nel grem- bo della sua sposa . Vengon da' fiori tutti i piii ,, dolci e gentili affetti nel cuore umano: e la loro fra- „ granza è un invito ad amare, anzi è la favella mede- „ sima dell' innamorata natura , un' eloquenza ch'ine- „ bria e rapisce chi sente . Oh sì, la soavità d'uà „ fiore rammemora ad un povero amante le pas- „ sate ore delle sue gioje , e suscita ne' petti in- „ nocenti come una dubbia inquietudine , vera „ precorritrice di futuro innamoramento. Gli aa- „ tichi , che tanto bene sapeano rendere onore al- „ la divinità , si sarebber tenuti profani se del t, diadema dei terreni re l'avessero coronala : ma ,, stimavano a buon diritto , che più degna molto „ delle fronti celesti era una corona di fiori. On- „ de il sacrificio , di che la innocenza presentava ,, gl'iddii, era una ghirlanda di rose, il cui dolce „ vapore , secondo eh' essi affermavano , è un in- ,, censo che deve assai meglio olire e piacere al ff cielo , che non il denso fumo in alto esalato di fT su le btage d'un ecatombe. „ J Amelib g^ ,^ «, cari. 133 :„ II cielo, pietoso dell'uomo, „ gli ha fatto tralucere in mezzo ia scura sua coni „ dizione un raggio divino : cioè a dire , gli ha „ conceduto il sentimento del sublime e del bel- „ io, il quale accendendogli l'anima gì' illustra la „ mente . Come il sublime viene dal cielo qua- ,, si da nuvoli folgore , cosi Ìl bello è dono del- „ la immaginazione, la quale ritraendo la natura , „ Vestela d' ogni sua adornezza . L' uomo , cui la „ pompa della cose create sublima e rapisce , leva „ il canto u lodare il cielo, che gli è stato magni- „ fico di sì grandi ricchezze : e quel suo estati^ „ co ardore e la gratitudine insegnarono la poe- „ sia , per la quale i gridi della natura, eziandio V selvaggia ed indomita , dieder luogo a'suoni pie- „ ni di melodia , insegnati da queir amore eh' è il „ motor primo della civil gentilezza. II carolare ,, nacque d' un trailo co' bei concenti per entro la „ gioja : e a voler poi onorare alcuni esseri pìii „ degli altri eccellenti, e lasciarne un' immaaiue ♦, alle genti future, si trasse fuori il dipingere e ,, io scolpire : onde gli uomini per la poesia , per „ la musica e per l'amore incitati a virtù afFroa- „ taron la morte , ed alte e nobili e magnanime „ imprese fornirono. Tutte le arti intendono , cia- „ scuna dalla sua parte, alla nostra felicità: e la vi- „ ta senz esse non avrebbe che sola una forma , „ e un solo colore . „ Noi abbiamo cercato di fare italiane que- ste parole secondo la nostra pochissima sufficien- za . Ghi però desideri di sapere quali sieno i modi d eleganza e chiarezza dell' originale francese , abbia- «I 1 due passi che seguono : ,« I Mai . ,» Od a dans la vie de ccs moments si paisi- 6' 94 LBTfBllÀTVIiA „ bles et si doux , qu'oa ne petit s*en rendre òoiìipte. „ Ce sont des mystères du coeur que la raison ne „ saurait approfondir . Ma situation semble ótre ^, la méme aujourd' liui' qu'aatrefois , et cependant „ je supporto rnes maux avèc plus de courage : je „ me sens plus calnie , je crois enfia réver le bón» „ Iieur. Est-ce le retour du printèntips et ses doux „ parfunis qui me rappèlént à la vie? La lumiè- „ re du jour me paroìt plus fayonnante , la na- „ ture a des beautés toutes nduvelles pour moi. „ Je crois entendre une harmdnie celeste, qui berce „ mon coeur des pensees riantes , d'espérancés en- „ cbanteresses . The'rèse vient de faire retentir ma „ liarpe : ces doux accords ont augnlenté les im- „ pressions que faisait sur moi la nature : raoa „ coeur a tressailli ; là melanconie , compagne fi- „ dèle de mes soufFrances, ma quittée tout à coiipt „ un désir de bonlieur ra'a donne la force de ma ,, lever , de m'elancét vers la fenétre . Que disai- „ je de l'enìvreraent dans le quel je me suis trouvée „ à la vue de cette nature si riche et simple , si „ sublimo et si naiVe , qui semblait me sourire, <,, et qui ra'a.f^it oublier le passe, ea m' ouvrant „ tous le trésors de Tesperance ? „ 8 Juillet . „ Toutes nos aclions doivent se rapporler à ^y toì , Divinile supreme , à loi qui nouà donnea „ la force de nous élever jusqu' à l'idèe de ta puis- ^, sance . Tu nous entoures de tes mervéilles , 4, de tes bienfaits , et tu nous pénètres souvent „ de cette lumiere sublime , qui eclaire notre „ conscience , et nous révèle à nous - mémes . ,1 Tu nous donnes à cliaque instant des exemplés ,, frappans de celle economie de la nature, au moyen „ de laquellc tout change et rien ne se perd . L'arae, ÀMKLIK ^^ „ ee soufflé divin qui nous anime, ne sauralt se „ dissiper ; en l'épurant , tu la rendras digne de „ connaitre toujours davantage ta gioire et ta puis- „ sance . Get instinct , ce seutiment inle'rieur qui „ dirige vers toi notre esprit, qui te cherche ette „ découvre partout ; me fait croire que le jour „ de ma mort sera pour moi un jour de délivran- „ ce , et que ma dépouille en tombant permet- „ tra à mon ame de s'èlever jousq' a Toi . Recois-la „ dans ton sein , ó mon Dieu . O toi , qui de rìeo „ as fait tout , devant qui (out n'est rien . ,, Saivatohe B«tti. 86 ARTI BELLE ARTL Intorno la vita di Antonio Canova^ comcntario del cav. Giuseppe Tambroni . (^Tratto dalla raccolta romana delle vite degli uomini illustri) la. Roma presso Giuseppe Salviucci iSaS. N. on altri forse in Italia polea lasciarci miglior comentario intorno la vita di Antonio Canova , che il cavaliere Giuseppe Tambroni, in cui si uniscono e rara intelligenza delle arti belle,e gloriosa familiari- tà avuta coir illustre defonto. Quindi il libro, dì dio noi parliamo , è stato meritamente accolto dal pub- blico con sommo plauso , e sarà fatto esempio a coloro che imprenderanno a tramandare a' posteri !• glorie e i nomi di quegli altissimi ingegni che odo* rarono il loro secolo e la loro nazione. Dall'anno di Cristo 1 767 , in cui nacque il Ca- nora , air innalzamento della grand' urna di Clemen- te XIII corse il primo stadio della sua vita , Se- gue il Tambroni i passi della sua fanciullezza: lo accompagna a Venezia , ove primo rifugio ed ostel- lo gli fu la cortesia del senatore Giovanni Falier ; ivi veggiamo escire dalla mano del giovine artista il gruppo di Euridice ed Orfeo , e poi l'altro d* Ica- ro e Dedalo , del quale volle il Falier che si accom- pagnassje il Canova, allorquando il cay. Zulian Io BsLi.t Arti g^ meni seco neli' antica capitale del mondo. In que- sto intero tempio delle arti operò il Canova Tallro gruppo del Teseo vincitore del Minotauro, princi- pio dell'alta gloria, in che poscia salì: né molto dopo essendogli stalo commesso dall' incisore Vol- pato il monumento del Ganganelli, pose quel mau- soleo, che segnò l'epoca della restaurazione della scoltura in Italia . Per lavoro sì semplice , nuovo e pietoso , si mosse il Rezzonico ad ordinare al Ca- nova il sepolcro di Clemente XIII suo zio: sepolcro che forma il più nobile ornamento della più nobile basilica dell' universo. Fin qui il Tambroni ha seguito da vicino il Canova. „ Ma la brevità di queste vile (dic'egli ) non „ ci consente di passar oltre nella minuta descri- „ zione delle cagioni , che a poco a poco l'elevaro- „ no air alto grado in che pervenne e come artefi- „ ce e come cittadino. **■ E così con molto nostro rincrescimento , e con danno de' giovani artisti , il Tambroni , costretto da' brevi limiti della raccolta, lascia d'illustrare col magistero della sua penna le opere ora gentili e pietose ^ ora fiere e robuste ^ che condusse quel grande ; ed è contento all' accennar- le a' lettori , e a prometter loro che ne conosceran- no il numero e la eccellenza dal chiarissimo scrit- tore e filosofo Pietro Giordani , che in distinte ed eleganti maniere ci narrerà la mirabile vita di que- sto sovrano accoglitore del bello. ^el bel mezzo del suo ragionare, fra le scoltu- re e le virtù del Canova , entra per poco l'autore a toccar cosa alcuna di quanto valesse quell' alto spi- rito nelle profonde teorie dell' architettura , e neU* arte difficile de' pittori ; e ci addita come di tutte la bellissima quella tela maravìgliosa rappresentan- te il Bedentore già morto fra il compianto dei di- ss Belle Arti scepoli e della madre, che si pennelleggiò dall' amo«- roso cìttadiao pel grande altare della chiesa di parlare delle virtù di quel santissimo petto. Cosa in vero ben degna del lodato e del lodatore . Per- chè noi stimeremo sempre d'assai coloro, che ne' sommi artefici sapranno riguardare le doii dell'in- telletto non piti di quelle del cuore , e loderemo a cielo coloro , che coltivando maestrevolmente le arti sanno coltivare deipari le civili virtù. Che l'urna-^ na famìglia non solo deve essere bella ed adorna a guisa di amorosa fanciulla , ma costumata e genti- le a guisa di saggia e veneranda matrona . E a noi pare che ad essere virtuosi non abbian poco conforr to dalla medesima arte loro i nobili artisti . Poi-, che dovendo essi più eh' altri innamora-re del bel- io , del semplice e del vero, hanno così un forte stimolo ad abbellire la propria' anima jìì semplici costumi e di soave e schietto candoi*e . Del quale il Canova ebbe sì piena la lingua e il petto , che lo avresti detto un angelo del paradiso . Né mai lo perdette ; o avesse dovuto parlar cogli amici della oscurità de' suoi natali , e delle umiliazioni 'della sua fanciullezza: o avesse dovuto aprire generosi Teri avanti quell' incoronato guerriero , eh' empiea del suo nome l'Europa . Ond' è , che può dirsi a ragione , che il Canova sentiva più .forted'araor del "Vero che l'amor di se stesso. . : Dal quale argomento passa il Tambroni a quel- lo della generosa carità dell' amico . E qui ninna cosa poteva dire che fosse sopra la verità ; perchè la munificenza di lui superò quella di; tutti i privati, ed eguagliò quella di molti principi . E «iccome le Belle ìVati 0^ fn^n«nime'a?;k>ni non poono rimanersi sconospiut^ «i; oscure, così. ;n,oi non parleremo di. quelle lìbe- -ralità , per J« quali il Canova io salutato da gio- vani e da vecchi artisti col nome di padre . M^ riferiremo infinite grazie al nostro Tambroni , che ne ha. pubblicato uq sì bel!' esempio dell' occulta carità di quel magnanimo spirito ,, che degno è be- ne , che passi ne' più tardi fa^ti cjell umana filan- .tropia . Eccolo colle sue stesse parole; „ Allorai .^, ,quan^do le si^mi francesi Jtepevano Roma, p la ,, guerra arcjeya per tutta Europa v erano l^- belle „ arti v,enut^., in ^ tale angusjtia ^ .che appena i più ^, valenti ira gli artefici aveyano alcuna fj,ata . oc- _,,. casione .dii operar^ , Fu ^, in , quel tempo che il ,„ Canova npo;,p(frclQnp, a .dispendio veruno ,pcr ,^, sostenere, la v.jta.^i molti-, ,ed pltre che pregà- .„ va a'ricchi di allogare la vxi vi. agli .iirtisii ,, ,e^li „ stesso comprava le opere loro, o ne comme^tteya ^, delle nuove .,P^llf» qual cqsa; f^nno i"e<^e ^tte le j,, immaglai degl' illustri italiani ph',àjl.e .sue ,spe^^ ,, collocò nel .Panteon , ivon per .al^ra, cagione cl^e .„.,.per tener viva la ; scultura , .j^.splleyar.e la ny- . ,, seria di tanti arasti; togliendo, a u^ tempo, .o.ccsl- (, sionc di magnificare la patria,, ch'egli perdutajn.eB- „ te amava ,d amore degno d'un petto italiapp^ A\f^ .,,. venne dfJi),que che in qye'teippigli fu riferito Irp- . .,, varsi un certo pittore, di cui taciamo il nonie ,.,ìl , „ quale già v^pchip. e, formato nelb scuola della ^,^ w«?z/era , ma d'aniijio più presto, orgoglioso , era ^ caduto in ta)e povertà da mppvere ogni ,cuoj,e ,v a compassione ; perchè la vecchia sua moglie i^-ed una figliuola non avevano altra via di campare, ^ », dopo aver tutto venduto, che filando le coperte „ di lana del letto e facendone ,ca]?;e , che manda- ci,.., V^no o portavf>5>o a Vfiadeyje , IVon potè il Gano- i^tt Bri.».» Arti ^f VA frenar lé lacrime in udendo confermata dal ì, parroco di quel pittore sì grande miseria : quin- ci'di con nobile e inaudita generosità, che non aves- ^f se ad offendere Panimo di quelP infelice, gli scris- J'," ie la seguente brevissima lettera. Signore mio sti- ^4' matissìmo. È gran tempo che io desidero un'ape" "„ ra delle sue mani . Pregola perciò di scegliere '„ a suo piacere un argomenta per un quadro di Ij. giusta grandezza , da fare a tutta suo comodo . ^^f Non passo peraltro spendere che quattrocento scu" ^i; di ; la metà di questi le saranno dati dal latore '^i' del presente . Gli altri potrà mandarli a prende- ■j, re quando varrà . Le sono serva. Canova . I! '^, qual tratto può» dirsi uno de* piiì fini e ingegno- '',^'^si che mai fossero inventati dalla beneficenza '„ degli uomini per nascondere la santità del suo ^^ officio, e scemarne il peso alla persona bene- -'^4' ficaia . „ •;'"' /' ^ Non si può leggere senza vìva crnozìone dell' animo quanto di poi ne si dice intorno alle virtù del Fidia italiano. Che quando tu credi che il Tambroni altro non possa aggiungerti, avendoti mo- strato queir uomo per ottimo consìgliero , citladi-» no santissimo , sobrio, prudente , affabile , sofferen- te, modesto, umile , generoso ; gli resta ancora a dire eh' ei fu cortese , schietto ; tenace nelf ami- cizia, e magnifico. E della sua magnificenza reste- rà eterno monumento a' posteri in quel grandioso tempio, con che egli volle ornata Possagno , Che «e la morte ce lo rapì , prima che l'opt ra fosse condotta al stio termine , Tllalia vede neirillo&tre fratello del defonto un erede, che incessantemen- te pon mano a far risorgere sulla sua terra nata- le il Panteon di Roma e il Partenone d Atene. 11 comentario del Tambroni si chiude con !• gravi iscrizioni , con che si ornarono le pomposlssi- me esequie , delle quali onorò Roma le ceneri di quel divino ; iscrizioni dettate con aurea semplici- tà dal celebre letterato Girolamo Amati , che ne jiiace nominare per segno di nostra amicizia e stimjt singolarissima . u4l di fuori deir ingresso principale. ANTONIO . CANOVaE SOÙÀtES . ARTIVM , A , DIVO, LVCA PARENTALIA . tVBLlCE Sul camfaìco , netta base delia statua colussàlfi della Religione . «CVLPTVHAM . AD . GllAECA . EXEMPT-A BESTITVIT , PROPAGAVIT RELIGIONI . «ANCTISSIMAE PRIMAS . j^C . POSTRE.nAS PB . ARTE . SVA . IMAGINK» 6ACRAS . DEpiT VmTVtVM , OMNJVM . DOCVMENTA JMPENSB . COLVIT JVMMAM . VITAK , GtgRlAm IT , KOMINIS . PERENNITATEM . ADEPTVS , EST iV« cartelloni degli archi , cominciando a destri di chi guarda f aitar maggiore, |. iiOS . FERAT . ILLE . SACROS . TEMPLI , 'ERAT . ARTIS , HONORES a. Sul gruppo della Pietà / QVEJW . PIETAS . CHRiSTj . SAt^CTO . TAM . CONTI GIT , IGNK QVEJtt, «oma,eximivm;pe'coris,venlrata.magxstrvm Nei cartelloni degli archi a sinistra. HSROA* . INTER , KJTÌftO . SIC . IVMINE . mCEMT Q3 Belle Arti i' SI'»' *^"^ 8^"PP^ della Beneficenza - ftViKWISElUS. VICTVM. UEDERVNT. QVI. PRAEMIA.^IGNIf • «;i., .6-. ■' ■ '^ QVIQVE . SVI . WEMORES . ALIOS . FECERE . MERENDO In questo lavoro, piccolo di mole, ma grande per lo soggetto , avendo assai mostrato il nostro cava- liere quanto egli ti grave nelle sentenze , culto nel- lo stile, e pento nelle arti, noi lo invitaroo ascri- vere altre vite di sommi uomini , sicuri che ne ver- rà non poco onore al suo nome e all' Italia . Francesco Gassi , Lettere antellane sopra le opere e gli scritti di Fran~^ Cesco di Giorgio Martini architetto pittore e scul" tore sanese ce. Del prof. Giuseppe del Rosso. LETTERA V. C • ■ ■'■.'".■ ■'-■-• > •. ^ ■ ijfono ormai giunto al termine del mio impegno ; se bene o almeno mediocremente, non saprei dir- lo. Questo piccolo lavoro ha avuto suU' ultimo non. pochi interrompimenti per varie richieste di amici lontani, piccole consultazioni artifico-letterarie, e di- versi oggetti di studio. D'altro genere no, poiché della professione non mi occupo mai in ottobre, se non iosse per ^osa riguardante 1' I. e R, Gover- no , che ambisco servire per dovere , e per amo- re che gli porto ; ma ciò accade raramente. Adun- que oggi che mi trovo affatto, libero, avendo spe- dito jeri un lungo carteggio , ritorno a voi , caris- simo amico, con questa quinta lettera , colla quala Beli s Art* <^:> éliìu(ier& la presente corrispondenza antellapna ( che altri direbbe forse antellese ) per quest'amio- Estigerèbbe forse l'indisereteiza di taluni ,' che avanti di abbandonare il soggetto , io dessi l'estrat- to dell' opera , sulla quale abbiamo ragionato; ma Voi anzi che farmi tale inchiesta , me ne avete scoh'* sigliato, adducendo „ che il volgo degli artisti di „ ciò andrebbe contentone, ne più si carerebbe di ., veder 1' opera quandoché si stampasse , poten- „ dogli bastare per cinguettarne a diritto o a torto „ lo averne soltanto acquistato un semplice bar- lume ,,.' Buon prò faccia a questi dotti artisti del tempo nostro» se di sì poca cosa si contentano; Xtìa voi cottcedete loro anche troppo supponendo che abbiano tempo da perdere per dare alla sfug,- gita una occhiata ai giornali , ove tante persone di lettere inseriscono singolarissimi estratti di ope- re architettoniche, meritevoli di conoscersi a fon- do ; perchè posso dirvi , che taluni anco de- non "Volgari non sanno cica di ciò che di buono e di uti- le esce alla giornata : e sebbene siano provveduti di buoni libri e di prezzo, si tengono da loro per ttiobilia; né gli aprono mai per non gualcire la bel- la legatura . Uno fra questi , non è guari tempo mancato in tina città fuori della Toscana , mi fu Scritto che teneva nella sua bottega d'ingegnere (poi- ché tale scienza per molti che la professano è ridoN ta a mestiere) due grandi scaffali ripieni di legature bellissime , e intestate coi nomi de' più famosi scrit- tori di architettura , di matematica e d'idraulica di qualsivoglia nazione , a segno che molti lelt(-ralì stranieri si portavano a osservare questa singolme raccolta : ma se chiedevano di esaminare qualche opera era pronta Ja scusa , che si era smarrita U èhiave , non senza qualche strepito verso la my« 94 BtLLK Ann glie o altre persone di casa ; sicché il forestiero doveva per urbanità astenersi da fare altra insisten* za. Venuto a morte costui in reputazione di uomo ricco ^ che per verità a tale era pervenuto « si ritro- vò ciò che si era cominciato a temere « che, me- tto qualche libro de* più comuni , altro non vi fosse nelle coperte *, che delle assicelle di legname dorato in Costola, ed anco de' mattoni; ma il più ridìcolo fu nel trovare scritto in moltissimi : Cosi si Jan danari:, Così si attira uccelli al par ataglio ; ed altri simiglianti motteggi , fra i quali non vi erano tifiparmiate espressioni le più indecenti e 1q più insultanti. j\ Or dunque, per rimettermi al segno, diro , che per non seguitare a rigore il vostro consiglio , né far fatica che molesta vi l'osse, vo' limitarmi a indicar! Soltanto la divisione del libro di Francesco di Gior- gio {a); Ha classata la materia in sette parli , ossianp Capitoli 4 eh' egli chiama tr aitati ^ preceduti ciasche* duno da un proemio alla vitruviana. Ma poiché nel proemio che antecede il primo trattalo da per se stes- so ci esibisce il piano dell' opera, e i titoli dì que* sii sette trattati, mi prevarrò dalla sua slessa di- zione , correttane Tortografia , come ho fatto di mol- ti altri frammenti precedentemente riportali. ^, Nel primo si determinerà di alcune proprieti t, generali a ciascheduno delti altri sei particolari « t, seguendo la Sentenza di Aristotile nella sua fisi- (a) II padre Della Vallo ha dato una specie di estratto t)i ques- to libro ne! toin. IH pia volte citato delle lettere sanesi , riportando per esteso il principio , ed altri passaggi ; lodando l'autore per Tinge- nuità dei pensieri, e la maniera di esprimerli con uiut certa g^O' •k( ed innocente purità d'ogni maniera del buon secolo ripitna. ficLLX Arti oS , ca: dove insegìia,che dalle cose universali alle sin- golari nelle scienze bisogna procedere. Nel secondo delle condecenti parti delle cillà e castella, JNel terzo della edificazione e supplemento deili porti „ maritlirui. i\el quarto di più ingegnose forrtie di- fensive e offensive delle rocche e forLeitze . Nel quinto delle convenienti e ornate parli delii sacri tempi . Nel sesto delle congrue e comode abita- „ «ioni delli palazzi e case. Nel seltinio e ultimo „ di alcune ingegnose macchine e istrumentì, così „ offensive per 1' arie militare , come comode per „ lo vitto deir uomo, si tratterà. „ Mi piace ora aggìugnere altra particolarità di quest'opera, quale è la sua brevità. Siccome lutto ciò che egli annunzia è dimostralo coi disegni , così poche parole gli bisognavano per esprìmere i suoi pensamenti. Ove egli più che in ogni altra parte sì diffonde, riguarda il modo del ibrliticareJ nella qual parte vuole essere egli inventore e creatore del nuo- vo sistema , Sovvenghiamocì che il dottissimo , ma scortese Scaraozzi verso i suoi colleghi d'arte , ne dà un tocco tributando al prìncipe di Urbino le lodi , che avrebbe dovute dare all' architetto di lui. Non voglio dissimulare che contemporanea- mente, o forse prima del nostro Francesco , alcun altro architetto non siasi esercitato in questa branca, e fattovi diversi tentativi . Ciò che però tengo per fermo si è , che niuno avanti di lui la trattasse scientificamente , e con quelli accorgimenti e pre- Cauzioni che si sono vedute in seguilo adoperate da altri . Fede ne fanno il suo trattato , i suoi di- «egnì , e le operazioni da esso messe in pratica avanti lo spirare del secolo decimoquinto . Questa disamina ci porterebbe troppo ava^^ti , e ci fareb- be cscire dai limiti di una semplice lettera ; oè aU ito f^reitirao per avventura che aggiuftgér liistro ni*. la città di Siena per questo ramo di scienza, do- po quel tanto che ad essa ne è derivato per ope- ra del chiarissimo mio caro e particolare amico sig. ab. Luigi De Angelis col suo sensatissimo Elo- gio di Pietro Cataneo sanese architetto del se-- colo XVI , Uno de" primi che riducesse in buon ordir? Ite V architettura militare . Del quale elogio , che ha pubblicato nel corrente anno 1822 pei torchi di Eosebio Pacitii in Colle , ha voluto onorarmi del- la dedica con gentilissima lettera proemiale . In ej>r so se non ha fatto ihenzione di Francesco di Giorr gio altro suo compatriotto , m' immagino che ciò •debba essere accaduto per non avere sotto gli 00 'chr il codice di questo scrittore, messo a pulito, ed esistente in Firenze , nel quale alla sterile descri- zione de varj modi dà esso inventati per fortifica- re , largamente suppliscono i disegni , de'quali man- cando l'autografo che è in Siena , rimane in questa parte difficile e coperto di oscurità .Non avreb- be certamente esitato allora il sig. ab. De Angelis di esporre ai nostri sguardi , qual corifeo di que- sta SGÌeH«a , il suo pregiatissimo concittadino , né: di •assicurargli il primato , che gli è dovuto, sopra il Cataneo, il Tartaglia, lo Zanchi, e tanti altri il- lustri italiani , che rivaleggiarono fra loro , e si di- visero il merito di essere stati i primi a trattarla. Immenso danno è derivato alla reputazione di Francesco di Giorgio dalU essere mancato in un tempo , nel quale non era abbastanza divulgata l'ar- te della stampa , che sorse e crebbe contemporanea al viver di lui : forse i Suoi scritti non sarebbero stati per più di tre secoli sepolti , sebbene non ignorali da uomini dotti e di senno . Né avreb- be esitalo allora il eh. cav. Luigi Marini a mettere. in Bielle Arti 07 capo di lista fra i trattatisti dell' arcliitettura mi- litare Francesco di Giorgio Marlini nei prolegome- ni all' opera maraviglìosa del capitano Fratrcosco De' Marchi, che a perfezione condusse questa dif- ficile scienza, per rimmensa varietà di sitnazioni, elle rìcliieggono precauzioni diverse, diversi meto- di , diversi partili ; dalla cui scelta dipende la per- fezione delle opere . Ma sopraltntto qnale aumento di gloria sarebbe resultato alla città di Siena , se il Marini aves- se potuto additare a tntla J' Europa che uno de suoi figli li primo fosse stato ad aprire la strada , per la quale il De Marchi a tanta celebrità è pervenuto ? Pur che SI voglia, siamo in tempo a riparar que- «10 danno, e l'intrapesa non è lunga nò rovinosa. Il trattato del quale si lungamente vi ho ragionato non giunge appena , nelle copia ch'io posseggo, a quattordici quadernetti scritli a colonnino , vale a di- re a circa jo fogli di stampa, non compreso le ligure , e qualche annota^ione che possa averci luogo .^ Ma restringiamo una volta la nostra tesi . _ E circostanza pressoché universale, e comune ai più renomati artisti dei secoli XIV e XV Io Ignorarsi il periodo esatto della loro vita . Si cono- sce d. alcuni la nascita , di altri la morte soltan- to , e ben d. rado l" una e l'altra di un medesi- njo soggetto: lo che ha contribuito a molti sba- gli, che s incontrano negli autori che di essi han- no trattato assai tempo dopo il viver loro. Noa diversamente è accaduto rapporto al nostro Fran- cesco d.G.org.o uno fra questi , di cui non sape- vasi 1 età che egli ha trascorsa del suo secolo. In grazia della diligenza usata dal P. Della Valle e da aitr, letterati sanesi siamo ora al possesso della G A t'xiT "'''""'"'° ^ "** ^^ ^ ^""««-^ nascos. ^ Belle Arti ta quella della morte , la quale , per le cose dett,e fra via , deve essere accaduta nel primo decimale del secolo XVI ; ed è perciò chiaramente dimostra- to lo sbaglio del Vasari che lo tiene in vita per soli quarantasette anni . ' ■>■) Il consigliere Bianconi ci dice i|i una sua letr tera, che egli fiorì fra il i4^o ed il i5o4. Franr Cesco Milizia anch' esso protrae la morte del no- stro artista al principio del secolo XVI ; né può negarsi che questi scrittori , comunque ne avesse- ro la notizia , abbiano segnata 1' epoca la più ap- prossimativa della morte delf architetto sanese. Per convìncervi , quando alcun dubbio ve ne fosse re- stalo , vo' riepilogarvi le epoche certe che di lui si lianno , le quali giungendo al i5o4, o fSe volete fino anche al i5o8, stabiliscono questa opinione. É battezzato in Siena il dì 28 settembre i439* come dalla fede riportata dal De' Vegni presso il P. Della Valle , coi seguenti nomj : Francesco Ma- urizio di Giorgio di Martino Pollajolo ' Dipinge nella chiesa dello spedale di Siena dal i^ni al 14/4' come da documenti autentici ri- portati dai suddetti. Da un diario sanese di Allegretto Allegretti si rileva che nel 1482 , essendo alla corte di Ur- bino , forse dopo la morte del duca Federigo Fel- tro accaduta nel detto anno , manda a Siena due suoi earzoni per rialzare parte della chiesa dis. Fran. ' Cesco . Notizia riportata fra le appuntature prelimir nari al codice sanese . Viene a Cortona nel i484 , per disegnare la chiesa del Calcinajo . Va a Milano nel i49o, chiamatovi per proget- tare la cupola del duomo di quella città ; come da documenti autentici riportati dal P. Della Val- le e dal De-Vegui . Bklle Arti yy Fatto già nobile nella sua patria , risede nel magistrato degli eccelsi nel i493 • Da documento autentico come sopra . Per deliberazione in balìa del i5o5 de'24 luglio, si ordina che nella cattedrale di Siena non si fac- cia proposizione di niun lavoro fino a tanto che non siano perfezionati gli apostoli di bronzo secondo il disegno di Francesco dì Giorgio . Così nella miscel- lanea del Benvoglienti lem. XIII. Vuoisi dal loda- to De Vegni , 1. e. , che in questa, come in un' altra deliberazione relativa al coro di detta chiesa , si tratti di disegni lasciati da Francesco già morto ; ma poi- ché di questa morte non dassi alcuno indizio , sup- posizione per supposizione arrischio la mia , cioè eh' egli si fosse di nuovo assentato da Siena , co- me vedremo. Vincenzo Scamozzi par. i 1. i cap. G lo fa in vita ne felici tenipi di Francesco Maria Feltro della Rove- re ^ adottato da Guido Ubaldo, che mancò alla vita nel i5o4i benché il citato De Vegni lo creda uno sbaglio , e che debbasi a Francesco sostituire jPe- derigo ; ma sia detto in buona pace, e senza voler contraddire questo ietteratissimo mio amico , io non trovo ragionevole motivo per questa correzione. Osservo anzi che l'espressione ne felici tempi ^ si con- viene a Francesco della Rovere più che a Guido e a Federigo di lui antecessori: che per quanto le loro corti fossero V esempio della gentilezza e di ogni buona maniera , malgrado ciò pei rapporti po- litici dell' Italia non sempre fu tranquillo il pos- sedimento dello stato di Urbino, in ispecie sotto il dominio di Guido Ubaldo, che ne fu perfino di- scacciato, né riacquistollo che per T adottazione di Francesco della Rovere. Questo passaggio dello Scamozzi chiude l'epo- « 7 lAo Bellb Ann ca della esistenza cognita di Francesco dì Giorgio, è ci lascia neir arbitrio di prolungarla fino al i5o8, tempo nel quale doveva sicuramente esser mancalo ; poiché nel i5oy i cortonesì si provvederono di altro architetto fiorentino per ultimare la lor fabbrica del Galcinajo, come dai documenti riportali nella lettera III. JN'è allora , come oggidì, inurbanamente sì Stendeva dagli artisti la mano sopra i prog<3tti di fabbriche immaginate e incomincinte ancora da altri autori viventi , o ne era rarissimo il caso , e bea giustificalo. È ignoto persino il luogo ove Francesco di Gior- gio rendesse l'ultimo tributo alla natura. E una mera supposizione che accadesse in Siena . Ninna notizia di ciò si è per anche potuta scoprire: ed i due disti- ci, che da raonsig. Bottari si riportano nella fine della di lui vita (rt) come scolpiti sulla sua sepoltura nella chiesa di s. Francesco, mai non sono stati ritrovali, e apparentemente non esistono che a stampa. Non sareb- be dunque strana supposizione quella , che aggiustate le cose dì Guido Ubaldo e già risalito sul trono, egli ritornasse a Urbino , e si conducesse a respi- rare i suoi ultimi giorni all' ombra della prosperità che vi si godeva ne felici tempi di Francesco della Rovere , appoggiandosi allo Scamozzi (6) ; e che noi, prendendo il mezzo del citalo intervallo, lo dicessimo (et) Neil' edizione del Vasari del 1771. (A) Troppi motivri poterono avercelo indotto; i. l' appartener* alia cittadinanza di Urbino; 2. fatto de' nobili in Siena, poter mag- |iormentc godere delle onorificenze di quella corte, sempre brillan- tinsima : 3. V osservi stato richiamato per l'ultimazione di alcuna sua Inbbrìca restata lungamente sospesa, mentre in patria si teucra neli' •zio: ed è perciò «h* io credo che lo Scamozzi ci abbia 4Atta )a verità. Bexìlb Ann loi mancato circa il i5oG: nel qual caso sarebbe vissuto anni sessantasette, come accennasi nella prinia di queste lettere. Per esaurire il mio assunto, non voglio man- care a qi]anto vi promisi nella lettera III, cioè che vi avrei dato un saggio della ortografia dell' autore, onde poteste conoscere la necessità che avrebbamo di riformarla. Però, come vi ho altrove accennato, non doveva esser questo un motivo da spaventare il conte Algarotli , né altri che avessero voluto pubbli- care questo codice. Vi dissi pure , che aveva pre- scelto per questo saggio il pezzo nel quale più si la- menta dei plagiar] delle proprie invenzioni . Adun- que, senza larvi altri preamboli né osservazioni, la- scio che consideriate da voi stesso, quanto l'avidità di gloria, senza i mezzi per conseguirla , abbia do- minato gli artisti di tutti i tempi; e come questo ma- ledetto verme serpeggi sempre a danno delle opere, che per lo piij, a sentimento di monsignor Boltari, cadono nelle mani di gente accorta piuttosto che in quelle di persone istruite, (a) Proemio al settimo ed ultimo trattato. ,, Benché più et più volte babbi facto deliberationa non volere manifestare alcuna mia machina: perocha avendo io acquistata la notizia di quelle con grande mia spesa di experientie et grave incomodo lassando . daparle le cose al mio vieto necessarie. Ho visto per expericntia che ; el premio che io ne ho rice- vuto e stato uno effecto di ingratitudine: ne trovo chi consideri che le experientie non sì possino acqui- stare vere senza lungo tempo et dispendio et impedi- (a) Dlaloshi sopra le tre arti del disegii». ioa Belle A"!ÌTt mento del altre cure utili ma solo quando cercandf havere alcuna machina o ingenioso instrumento ve- dendo el disegno et parendoli poi cosa breve la fatiga sprezano dela inventione. Ma questo anchora saria pi- cholo affanno se non segiiisse uno raagiore incomodò allanimo et molestia: però cIir sempre et maximamente ogidì li ignoranti facendosj honoraf j dele fatiglie alie- ne: et si gloriano con parole di sapere et potere mol- te chose : le quali se la verità si cercasse si trovaria essere inventionj daltrj et questo vitio neli tempi no- stri abonda in quelli che architetti si chiamano pre- cipuamente li quali sonno qùasj tuttj hominj ignoràn- tj et inexpertj : che per le opere loro facilmente si può conprendere. Et di questo più volte ho visto la experientia di molti architettj nominatj : li qualj anome nominarla se non fnsse chio non voglio si creda che per la inilnicitia de la patria io mi mava a dire di loro . Ma li effetti loro et opere sonno quelle che sempre saranno mia excusatione legit- tima. ' - ? ; Et similmente e più v'òlte àdvencito che : questi ignari con pichola cosa senza regula et accattata da altri 'senza ragione sonno slati più exislimati et aprezati che quelli che di simili opere harieno reso la vera ragione : ma dela opinione die hanno li ho- mini di loro in vano per li effetti ne paianola pé- nitentia . Chome advenne a quelli di rodj haven- do «no cittadino loro architetto chiamato Diogneto da loro publicamente salariato in quel tempo ven- ne in rodi uno altro architetto chiamato Galias il quale raonstrando alcunj modellj et disegnj di machine deli nimici per forza traheva dentro in la terra appressandosi la qual cosa visto el populo di rodi senza più considerare lo stipendio di Dio- gneto transferiro a Galias . pocho dipo] assedian- Bellb Arti io5 do la terra el re Demetrio fé una machina poten- te et grande : la quale dicendo el populo a[.Ga-. lias dovesse in la terra trasferire rispose quella es- esre del numero di quelle a chuj non si poteva obstare. Del medesimo domandato Diogneto. rispose el contrario onde benché pregato dal populo chome indegnato non volse affadigarsi per resistere, dipoi conoscendo el populo per quella machina esser su- perati se a quella non si obstava mandarono tutt] li sacerdotj che da quello dovessero ottenere gratia siche operasse secondo larte la quale haveva in perfetione : et. orandolo non lo posserono exorare : ultimamente mandarono tutte le vergini : et per li preghi et pianti di quelle mosso a compassione fé rompere le mura alincontra di quella machina et tut- ti li fossi facendo erapire di sporcilie . La nocte quando la machina alle mura si appresso venne da sommergere dela qual cosa el re disperato si parlj dal campo. Edio che per la ignorantia del 2°. archi- tetto furono per essere vieti. Non ragpnando adunque che altrj con le fatighe non sue si faccino extimare. Et questi non meritano altra punizione che riceves- se Gioillo di Macedonia cagnominato Homero Martio el quale havendo composto opere contro la eliade et ulixea di homero Tolomeo signore dalexandiia acuì pervenne indignato non lo uolse odire dicendo esser cosa vile el vituperabile citare chi non può respondere. Ladonde stando senza guadagno alquanto tempo Gioillo in nel suo reame et venuto in pover- tà fé domandare per gratia a tolomeo qualche rau- nere per lo quale potesse vivere : al quale ptolomeo rispose che sostentando homero migliora di homini eliandio doppo la morte sua: che molto più otanto si ricercava potesse fare chi lui volesse repron- dere. Onde fu giudicato dipoi reo di morte et così fu exepito. „ 104 Belle Aut» Eqni permettete ch'io mi arresti, col clesiderM>> di potervi abbracciare fra non molto, e confermarci'^ a voce che sono costantcmento Tulio Vostro, Antella 3 1 ottobre. Della patria dell' architetto Bramante ^ AL SIG. AVV. PIETRO nUGA CARO Amico B COLLEGA. J.1 sommo piacere da me provato nel restituire al- la ciUà di Urbania , mia antica patria, il pontefice Clemenle XIV d' immortal memoria inginsiamenlc toltole, mi è stato immensamente accresciuto e dall* encomio okre il m^o merito l'alto dai dotti esten- sori del giornale arcadico a qii*l mio ben tenue lavoro, e dall' incarico da voi datomi di rischia- rare l'altro punto storico non meno interessante, che riguarda la patria del celebre ristoratore dell' archi- tellyra e delle altre belle arti ; dico del non mai abbastanza lodalo Bramante Larzari . Avendo dunque da quella mia lettera sulla pa- tria di Clemente XIV compreso, non essermi man- cale le notizie ed i materiali a larga mano som- ministratimi , e da me con molla diligenza accre- sciuti e depurati , onde scrivere la storia di Urba- nia ; mi faceste 1' onore di domandarmi gli enun- ciati schijrimenti sulla patria eli Brama>ilo, anche essa mollo controversa per la stessa ragione giù ac- cennata relativamente alla patria del sullodato pon- tefice : perchè cioè ognuno vuole appropriarsi o av- vicinarsi, come può , gli uomini grandi , per par- BEI.LK ArTI f05 tecipare almeno indirettamente del merito e del- la gloria loro . £ sapendosi altronde che Bramante fu durantino , e che il Gasteldurante , riedificato da Guglielmo Durante nel luogo dell' Urbino Me- taurensc distrutto dalle fazioni , cambiò quindi fan- lieo suo nome in quello di Uibania ; vi è na* lo il sospetto, che io potessi andar fornito di qual- che bel documento su questo particolare. Né mal vi apponeste; perchè, oltre le accen- nate ragioni, gli speciali rapporti di casa mia coU* estinta famiglia Lazzari di Urbania mi mettono a portata di aver notizie piiì esalte di ogni altro in- torno a' soggetti che le appartengono ; mentre an- che io, sebben da lungi , po>so gloriarmi di di- scendere da que' Lazzari: giacché Santina Felici, mo- glie di Pier' Aiigiolt) Timolei e mia bisava , fu fi- glia di Emilio Hgliuolo di Orazio seniore Felici , e di Sa itina Lazzari , sorella di Giovanni Antonio Lazziri vescovo di Amelia , di cui fa onorevol menzione l' Ughellio nell' Italia sacra , tom. a fiag. 3o3 num. 47, e nel tom. 3 pag. 890 , ove am- mette anch' esso , che il vescovo Giovanni Anto- BÌo e r architetto Bramante fossero della medesi- ma famiglia. Guardi però il cielo, che per quan-* lo io ambisca che insieme con qualche stilla di sangue sì generoso fosse passato nella mia famiglia anche un raggio di quel genio divino e di quelle yirtù , che hanno reso si celebre fincomparabil Bra- m^inte ed il suo sommo allievo e parente il graa Raffaello ('), osassi, per un vano desiderio di gio- (*) Che Raffaello sia stato iniziato uelic belle arti , e prodotto d» Bramante suo consanguineo, si prova dalla Raccolta di lelterù pitlcrieke tom, 2 pa§^. 325 e sa^. e dalle note al Fasarl edis. Roin. dd f]hg. vita di Raffaello^ in princ- , e da altra rit» del Ìo6 Bkllk Arti ria , come bea vedete , indiretta , appropriare alla mia patria un soggetto che non le appartenesse; e perciò animato da tale spirito, e bramoso soltanto di scoprire , rischiarare e difendere la verità da ogni .equivoco che possa adombrarla, mi accingo di buon grado a darvi tutti quegli schiarimenti che mi è riuscito accozzare sulla patria certissima di Bramante. ;iBq .. .-iìì: ari urtai] isd e - E primieramente trovo che tutti gli scrittori 'ed esso contemporanei dicono. Bramante essere sta- to duranti no : fra' cjuiili il Serlio ed il Vasari , che ■ambedue scrissero nel secolo decimo sesto in cui -visse Bramante : il Serlio cioè ne parla nel lib. 3 -delia sua architettura , ed il Vasari nel voi. 3 delle ì^ite degli scultori , pittori ed architetti . Du- -JlaDtino ancora viene enunciato' in uu antico codi- • ce. dèlia biblioteca urbinate vaticana , segnato col nuni. 709'7 alla pag. 47 i ove descrivendosi i pre- gj di Gasteldurante , si dice esser ivi nato £ra~ mante primo restauratore dell architettura romana. E tal tradizione ci hanno ancor tramandata , l'au- -tore dell' opera intitolata Descrizione delf opere di -pittura^ architettura e scultura delle chiese di lìoma alla pag 8 ; Giovan Battista Gizzi nella sua Descri- zione della basilica vaticana ; il Gimma nell' Idea .della storia dell' Italia letteraria tom. i cap. 3a ' fium,t8 pag. 3 17 ; il marchese Poleni nelle sue Memo- -rie storielle della cùpola vaticana ; il Morerì nel suo 1 Gran dizionario^ alla parola Bramante ; il Alartinel- li nell'opera che ha il titolo di Roma ricercata nel suo sito ^ giornata io pag. l'ÒO ; il Noveau dictionaire medesimo Raffaello scriitcì da autore contemporaneo , e data in Iw ce in. Roma neW anno 1790 dal canonico Angiolo Comolli , tdia pag, hi. Belli Arti 107 hisiorique ^ ou histoire abregée de tous les hommes , tjui se soni fait un nom par des talens , vertus ec. par un societé le gens des kttres tom. 2 art. Bra- mante ^ ove dice; Bramante d'Urbin de la famille Lazzari de Castel Durante '^ ed il Paradisi nella sua opera della Nobiltà toni. 2 pari. ì cap. 10 n. 4- Si aggiunga ad essi Flaminio Terzi , antico ed esattissimo scriltor dorantino , i cui preziosi manoscritti originali tuttora sì conservano nell' ar- chivio di quel comune; ne' quali egli , fra le altre Cose , riferisce una medaglia coniata in onor di Bramante ( medaglia che allora era in casa Felici di Urbania , e da Pompeo Felici era passata in Giulio Felici suo nipote ) in che intorno al ritrat- to di Bramante si leggeva Y'i^cvxzione Bramantes Du- rantimis. Su di che soggiunge il mentovato scritto- re , che tal medaglia fu posta nel fondamento del ponte denominato ponte vecchio. E finalmente che nel sepolcro di Bramante, che era nella parte quin- di demolita dell' antica basilica vaticana , v'era 1 i» scrizione : Bramantes Durantinus . ^ A fronte di queste evidentissime prove sorse- ro due scrittori urbinati , il Buonavenlura cioè ed il Baldi , ad asserire, senza verun certo argomento, che Bramante era di Urbino. Ma l'autorità di questi scrittori poco dee va- lutarsi, essendo manifestamente sedotta dalla parzia- lità per la loro illustre patria. Imperocché il Ter- zi , da noi sopra nominato, per sempre più esclu- dere una tal pretensione reca la testimonianza di varie persone assai provette del villaggio di Monte S. Pietro appartenente al territorio di Urbania , le quali asserivano aver udito da' loro maggiori, che Bramante era' di quel luogo , e ne indicavano per fino l'abitazione. io6 Bellb Ann .'. Di maggior peso sembrano le obbie/.ioni del Crescimbeni nella Storia della volgar poesia voi. 4 iib. I pag. 62 y del conte Mazzuccbelli , e del Ti- raboscbi , i quali opinano essere stafo Bramante di Ferraignano , ossia del villaggio òx Monte J stiro- aldo nel territorio di quello. Fermasi la loro opinio- ne sulla testimonianza di alcuni veccbi di Fermi- gnano fatta nel iGaS, ed in una medaglia, cbe di- ce il lodato conte Mazzuccbelli esistere nel suo museo , della quale ci riferisce l'iscrizione Bramare tes ydsdruvaldinns , In tale contraddizione sembre- rebbe assai diflicile a sciogliersi questo nodo ^ se altro scrittore insigne duranlino del secolo deci- mo sesto , Sebastiano Macci autore dell' opera De bello jds'lrubalis lib.ipag. 54 , non ce ne aprisse la slruda . Questo scrittore adunque, aneli' egli quasi contemporaneo, e molto ben informalo della fa- miglia a cui apparteneva Bramante, e per sin del- ]a casa in cui era nato, di tutto ci dà un'esatta contezza ; ed ecco com^^ì nel luogo citato risolve questa controversia: Hic Collis (di Monte Asdro- aldo ) in medio descensu est summopere celeber , ac loto ferrarmn orbe notissiinus . In éo enirn natus est Brainantes architectus celeberrimus , oc caetero~ rum omnium eminenlissimus , cujus ingenium tantae fuit summis ponti fi cibus reliquis^ue principibus utili' lati , ut praeter alia quamplurima suae virtù tis excel' lentissima monumenta Romani ipsam opfimis muro- rum praesidiis undique cinxerit,ac pulcìierrimis deco- rarit aedijiciis. Ejus pater erat oriundus ex villa Mon- tis s. Petri , aui locus est in duronfinae dioecesis di' tione.estque super' planitiem s. Silvestri versus septem- trionem ....Se vero contulit in agrum firmidianensem ed incolendum ;quia ibi quoque uxorem duxit^ atque in soceri sui bonajure haereditario successit. Quamo" Belle Ann io(> brem non mirum , si apucl mathematicos de Bra^ mantis patria diversae sunt sententiae . Origine enim durantinus est ^ ex orta vero urbinas. Ejus succes~ sores Bramantini dicti fuere , domusque illa , in qua natus est, (juaeque integra adirne est , Bramantis appellatur . liceo dunque, a mio credere, risoluta con chia- rezza la quistione ; ecco conosciuta e comprovala la vera patria di Bramante; ecco conciliali con evi- denza e precisione i dispareri nati dslla Iraslaicione di domicilio di quella famiglia, e dalla lodevole ambizione, nutrita da più paesi, di appropriarsi un sì grand uomo . Sembrami con ciò aver soddisfatto ai vostri desiderj , comunicandovi quelle cose , cha ic ho potuto ne' miei studii accozzare sulla patria di Bramante ; onde con pienezza di stima mi ri- peto vostro affezionatissimo collega ed amico. Filippo Timotei ss Salvktti. no VARIETÀ' Open del corife Giulio Perficari . Voi. Il, quaderno H. %LiigOtdcd tipi di Vincenzo Melandri i8a2. Ne I ostro uso, checché ne gridino alcuni, è di parlare il vero nam didamente, e lodar quelle cose che si vogliono stimar degne di lo- de, e sdegnare le altre che sono meritevoli di disprezzo. Onde a' virtuosi sogliamo dire della loro virtù le parole, che la fantasia ci sa dettare più belle e cortesi: e per gì' ignorami e presuntuosi (j soli che non si debbono tollerare nella repubblica delle lettere) ri- serbiamo 0 quel detto di Tallio a Pisene: Quid nane te, asine', litterus docecan; ovvero i gravi rimproveri che ben si merita l' insi- pienza quand' è congiunta alla insolente superbia e all'audacia. Quindi allorché diciamo, questo secondo quaderno del voi- II delle opere del celebre Perticari esserci piaciuto ugualmente che il pri- mo , noi diciamo sinceramente ciò che per noi si crede : perchè infatti poche altre opere d' autori classici si tornano a stampare a' di nostri con più senno ed amore di queste . Di che sieno veri ob- blighi al sig. Vcroli di Bologna , a cui spese si fa l'adizione. — Qui e la fine della Difésa di Dante con V aggiunta di parecchie dotte note dell' editore , e d'un' Appendice di osservazioni critiche , egre- gio lavoro del sig. aw. Luigi Crisostomo Ferruzzi ; nel quale Appen- dice trovasi tutto ciò che intorno l' opera del Perticari hanno scrit- to il cav. Raynouard e parecchi giornali d' Italia ; non che una sot tile confutazione d' alcuni singolari pensieri del sig. Andrea Majec in sostegno della perduta causa del volgar fiorentino . V A R I B T,a' hi Xlq^io istorìco dbl P. Gu^llelinn della Falle minor conventuale , tratto dalla maggior parie dalle sue opere da W ab. Luigi De An- - ^gelis pubblico professore nelV I. e R. università di Siena, conser- vatore della pubblica biblioteca , segretario perpetuo d-eW accade- mia delle belle arti . 8 Siena , nella stamperia comimitqtiva presso Giovanni Rossi iSaS. Jll P. Della Valle nacque in Modovi l'anno J746- Fin da' primi an. ni avvisarono in esso i parenti un' indole atta a' buoni studi ; il per» che l'indirizzarono ben presto nella carriera delle lettere. Giun- to alla giovinezza, per attendere con più pace alle sue inclinazioni, lasciò i romori del mondo , e dicssi alla vi'a regolare fra f minori jConventuali : in quella religione cioè che fioriva allora di un Altie- ri, di un Ganganelli , di un Martini, e di tanti altri uomini eccel- lenti in ogni maniera di discipline . Diede egli ben per tempo non equivoci segni di un raro ingegno , quando non avendo ancor com- piuti tre anni dopo che erasi racchiuso nel chiostro, sostenne con grait plauso pubblicamente in Torino una conclusione. Questa sor- ta ai sperimenti (riflette saviamente 1' A.) sebbene non sempre pos- sano essere indizio sicuro della capacità dei giovani ; ciononoslan-- te sono certi preliulj dai quali i dotti conoscitori sanno ben discer-\ nere le disposizioni dei difendenti. Di là passò a Roma ond' essere lottoposto al solito esame; e sembra che una particolar provviden- za conducesse a presiedervi il card. Alessandro Albani, ottimo esti- matore e mecenate delle belle arti, quasi in augurio di quanto dovesse questo religioso adoprarsi cogli scritti a vantaggio di esse . In Roma fa che il Della V^alle dopo di essere stato insignito del- la laurea magistrale, amplisùma dignità del suo istituto, si diede a tutt' uomo allo studio delle arti belle ; e forse , oltre il naturai© suo genio, vcl condussero i tanti monumenti, che in questa città come in loro propiia sede si conservano . L' amicizia del Menga del fiatoni e del Milizia gli serviron di scorta ad ammirare queste romane magnificenze, ed a trarne quel fino discernimento, che poi il fece uno de' più valenti scrittori di tali cose . Da possano , dove era andato a legger filosofia , egli trasferissi in Siena ad es ser professore di teologia. Fino dal primo arrivare in quella città' Ita VàRIKTA* mostrò hi suo generale il desiderio che av^eva di farsene degno .' £ bene Io fu per le immense fatiche che per Siena intraprese . Queste ftirono le tanto famose Lellerc snnesi , nelle quali dopo aver parlato con filosofico intendimento sulla vera scienza delle bel- le s^rti, passa a cercare in quale stato esse si fossero ne' tempi an- dati in Siena ; e viene finalmente a vendicarle una scuo'a parti- colare , e ria non disprcg'arsi fra le migliori d'Italia . Piacquero a' dotti queste lettere , e benché altri forse soverchiamente acuto vi ravvisasse qualche trascuratezza dì stile , e forse una soverchia ab- bondanza di docamenti . piccole mende in confronto delle molte cose pregevoli , sono pur nondimeno e saranno sempre di molto onore a Siena, e di gran giovamento agli artisti . Si tolse indi da Siena e fu richiamato in Roma ad assistere il suo generale in ufizio di segretario: e poco dopo fu eletto a guar- diano del convento generalizio de' SS. Xtl Apostoli. Morto nel 1784 il celebre padre Martini , gran maestro di musica , diede subito il Della Valle alle stampe un compendio della vita di lui . Nò dimen- tico della sua cara Toscana, tralasciò mai occasione di sempre piCi illustrarla; poiché fece in Siena coi tipi del Passini rjel 1791 un» ristampa del Vasari , e V arricchì di ottime osservazioni, correggen- do moltissimi errori ne' quali era caduto quel troppo appassionato Scrittore delle cose de' |fiortìntini . Vide il duomo d' Orvieto , o lo stimò degno delle sue illustrazioni ; perciò vi si pose con tutto il calore; e ne diede una storia compiuta , prendendo anche in ciò occasione di far onore alla sua Siena : perchè da Siena fu quel Lo» renzo Maitani , che l'architettò « e sanesi furono molti artisti che l'adornarono . Ne si contentò dì attenersi allo solo belle arti : le scienze e le lettere , per quanto il permettevano le cognizioni e il gusto d'allora, ebbe anche assai care , e no diede non pochi sag- gi in vari opuscoli, che venia dettando come per passatempo. Nel- le scienze fisiche poi e nella storia naturale pose grandissimo stu- dio : ne lasciò addietro le cose di lingua , e pare che anch' egli , •ebbene toscano per amore , conoscesse che la pensavano male I toscani quando volevano negare alle rimanenti provincie d'Itali* «na lingua lor propria (*) • (•) Vedi V elogio a pag. 37. Varietà* i i S Ma eccolo di nuovo in Siena a pubblicare le vite degli antichi pittori V e sebbene la messe per se stessa sterile per tanta oscurità di secoli fosse già anche raccolta da altri ; nondimeno trovò molto da spigolarvi, e ne ritrasse lode ed onore. Scrisse anche a prò della religione cattolica, e dettò un libro di filosofia morale. Un uomo ricco di tante cognizioni, e tanto applicato allo studio, non potca non essere di soavi e gentili costumi , e di gratissima com- pagnia ; perciò a ragione increbbe a tutti i buoni quando fu tolto a questa vita. A dire il vero il P. M. della V'alle meritava una storia più co- piosa; ma convicn rivolgerne le querele contro la scarsezza delle no- . tizie, che ce ne soh pirvanuie ; la quale ha posto il eh. A- in tali angustie, da esser vinto soltanto dal grande amore con cui non po- lca non iscriver le cose appartenenti ad uno degli uomini più bene- meriti alla sua patria . L. Staccoi.1. JSstrettto di lelfera sul vero significato della voce hispidu» in due luoghi di Virgilio e d'' Orazio . Al «ig. ab. Celestino Cavedoni , agg. alla biblioteca di S, A. R. il duca di Modena r Intorno all' emistichio di Virgilio ( Aen. Uh. X v. 210-211) ho fra- gato ancor io tutti icomcnti , ma- nessuno mi ha appagato . Per luogi simili La Cerda cita Claudiano ( in nupf.JIono-. ), Sidonio nell' epitalamio di Ruricio ed Ibcria: e da Pausanla recita un' accurata descrizione de' tritoni . Tu vide : ma a me pare che tutto quanto sia ancora estrinseco alle vostre ricerche . Io però , che non ho mai giurato in verba interprelwn, per amore del mio D. Celestino mi affido di fare un passo oltre : il qual potrà aggiudicare ad un tempo il senso propr o alla parola hispidus, e spiegare, se non tra- vedo, a meraviglia i due passi di Virgilio e di Otazio da voi avver- liki . La voce hispidus posa la sua radice nel verbo hispido , il G A.T.xix. a 1 l4 V A E i B T a' qaale deve avere poca dìssimiglianza di significato dal rerbo hiscoi anzi, secondochè io avviso , debb' essere il suo frequentativo , come dlctilo lo è di dico . E sé l'origine vi par vera , tenete ancora chedicnté del pocula ama- torio , a cui sono prese la femmine della nostra età , ec. LOIGI CaiSOSTOMO FXRRUZZU V A n I E T a' " ì 1 5 AUa memorici dei conte Giulio Ferticari di Pesaro . Endecasili-abi. Veramente slam noi polvere ed ombra ; Vertimenie fallace è la speranza ! Petr, D, 'unque ingannevole larva fugace E quella speme, che al cor de' miseri Soave appressasi , fingendo pace ? £ morte barbara lo strai temuto Fer ciò rattenne, che a farti esanime Non anco avealo ben fermo e acuto , 0 Giulio, esimio d'Italia onore. Delle camene, dell' alma Pallade, D' ogni beli' anima delizia e amore ? E a chi di prospera vita serena Dovean gli eterni l'aura concedere. Se te ncir èrebo ii fato or mena? A chi del nettare , che in ciel li bea , De portentose stille benefiche Prestar doveansi per man d' Igea ? Per te la patria dolce favella. Dai lacci sciolta d'aspra tirannide , Rifulse nitida, feconda , e bella . La cetra eburnea, che a pochi un Dio Largo concede , tal per te rendere Suono dolcissimo sempre s-'udio, Qual su le tessale sponde beate Dal nume stesso ramingo ed esule Scioglier sentirono l' aure incantate . E il sire altissimo del nostro canto. Che il cor non torse da ingrata patria , Benché a Ini jnisera cagioti di pianto: 5^on più de' posteri r amaro oltraggio ii« * Vari «Ti Per te diidegna, che al sacro cenerò , •'• Li guidi a rendere cUlto ed omaggio . M» l'inflessibile parca non tocc» Dell'alme sdore la possa magica* . E irretrattabilc suo dardo scocca.; Cui non respingono maglia nò scudo Ne di Medusa le creste ortibili, Che ogni altro impetrano più forte C «ad». Sol fede candida scevra di froda , E santa fiamma d' amor dimestico , Che a quel di patria ticnsi e si annoda. Dair onte involano di fato estremo, E invidiati nomi descrivono Nel lucidissimo cerchio supremo , D'onde quel fulgido raggio deriva. Che in te riflesso , nel cor dcgV itali Di prisca laude la fiamma avviva. Ma il voi suo fervido V estro raffrena, Mutar l'eterna legge immutabile Invano attentasi mente terrena . Que', cui di Pallade la destra amica L' arcana schiude cortina delfica» E il cor dell'aureo saver nutrica; Frale non curano caduco velo , Che le grand' anime grava ed accerchia. Finche disquarcialo di morte il telo . Ben l'opre d^ integro sublime ingegno Alle funebri nenie sorvivono. De' tardi posteri speglio e sostegno . Di gloria al tempio scorte veraci , Di roseo bende tuo marmo infiorano » E sacre allumano splendide faci. Lt «cote vigile fama coli' ale , B dalla tromba grida: Di Giulio Tive a chiarissimo nome immortai: . Avv. Giambattista Ao«ii.ari / V A R I « T a' IJ^ Jìe Pnisinanis antiquliala , poema historicum alidore Petra Pellc- sieri congregaiionls docìrinac christianae es. 4 Fruslnonc ^ in siuinparia cfuniìrcli aSìS, li titolo di questo poema è donato dall'autor suo ad uno de' pia culti e gentili prelati che onorino la corte romana, cioè a monsig. Giv- (cppc Zacchia, patrizio genovese, già delegato apostolico della pro- vincia di Prosinone, ed ora meritamente di quella più splendida dì Viterbo: uomo in vero a tutti i buoni carissimo, e a noi principal- mente, che in quest' opera del giornale l'abbiamo avuto sempre gran- dissimo mecenate presso le popolazioni che sono state e sono sotto il suo reggimento.- L'illustre P. Pellisieri è qui specialmente degno di lode per aver tutte raccolte le più belle notizie dell' antica città 4il^'Fosi none, cosi de'primi suoi tempi come de' nostri sccoji. £ SI suo verseggiar latino è in questa maniera: K 3Xec, postquam Frusino sub jus sc«ptrumque redact* H S«dis apostolicac, meliori sorte potita est w Ob varios casus, ob tot discrimina rerum.. „ Namquc viae media cum transitus urbe latinae ' „ Jugiter extiterit , Frusinoni noxiùs esse I, Debuit, immissis transversim gemibus illao M Armati» , fuit aggressn direpta frequenti, ti Va rigidis vexata modis, vclut illius aavi „ Acta relieta moncnt . Non longobardica solata „ Agmina, sed crebro normannae damna oohortc* M £t suevi retulerc duces hostilibus armis „ Cum Romam peterent , vel amcnac fertile regnum M Farthenopos. Ideo sacras invcnimus aedes „ Illius Urbanum Verulis tribuisse secundum, „ Ut jus curandi retincrct episcopus aeque ,, Spirituale bonum diaecesis latius auctae. „ Interoa annales referum adversa coaevi „ Congeminasse graves Frusinonis in urbe ruinaa „ Ob sacvos durosque sua feritale dynastes, n QuAS memorare quidem tristissima musa pcrhorret . ^ jjS V a n I e t a* Il prospetto teste pubblicalo delle Memorie {storiche delta basilica di s. Paolo , disposte da Francesco Cancellieri , secondo il piano indicatogli dal p. abate Don Giuseppe Giustino di Costanzo bene- dettino , con iin"" appendice di varj inni in onore del dottor delle genti, e con la biblioteca degli autori che ne hanno trattato , par online alfabetico ^ e delle materie , ci ha fatto comprendete l'iae- viiabile necessità, in cui, suo malgrado, si troverà il cK; autore, di ritardare la sospirata edizione della saa storia dell' accademia de' Lincei, che è la primogenita di tutte le altre , .essendo anteriore a quelle di Parigi, di Londra, di Pietroburgo , di Berlino , del Ci- mento, e dell' instituto di Bologna ; e che pel -numero , e per la qualità de' soggetti ammessi e concorsi alla medesima, potrà forse pre- sentare il più bel quadro , che siasi finora vedmo, della letteratura del secolo XV^II , in cui fiori. Pertanto l'abbiamo pregato di anticipar- ci quesf altro prospetto di un' opera nel suo genere , noti meno interessante della già annunziata . Avendo egli cortesemente aderito alle nostre istanze , abbiamo la compiacenza di qui darlo prei^entiva- mente alla luce. ■ ' Imitazione litografica dell' elenco originale di XXXII Lincei, scritto in pergamena di loro carattere , munito de' proprj suggelli con la lince , ed illustrato da Francesco Cancellieri , con XXX let- tere ugualmente inedite de' medesimi, e con CXV cifra. in esse contenute, e spiegate dal eh. sig. conte Domenico Moroaini, x>Itre varj squarci di IV lettere di Martino Fogelio di Amburgo ad Anto. nio Magliabecchi sopra la loro accademia , durata XXTII anni , dal MDGIII fino al MDCXXX , ed una breve istoria latina della medesima di un anonimo , unita all' indice alfabetico di altri XXXVIII proposti, ma non ammessi. Nel frontespizio medaglia del Fondatore principe Federico Cesi, oltre il rame separato di tre altre del medesimo , riprodotto dal fascicolo VII dell'opera insigne del eh. sig. cavaliere conte Pompeo Litta , stampata in Milano, sopra le, famiglie celebri italiane , in- torno \a famiglia Cesi, Dedica a S. K. il sig. don Pietro Odescalchi de' duchi diC?ri e del Sirmio , principe dell'impero, commen òk atore dell'imperiale or* V A IH I JB T A.* I 19 dine Leopoldo , ciambellano di S. M. I. R. A, , direttore del gior- nale arcadico, e ben degno figliuolo dell' incomparabile sig. D. Bal- dassarre Odeacalcfei duca di Ceri , celebre autore .delle Memorie sto- rlcO'Crltiche deW accademia de" Lincei, Prefazione , a cui si aggiugne ancor la latina, premessa all' elen- co autografo de' XXXII Lincei , ma senz.^ le abbreviature , che ivi s'incontrano. Imitazione litografic.a , fedelmente eseguita dal eh. sig. Giovan- ni dall' Ami! tirolese , del suddetto catalogo , scritto di proprio ca- rattere da ciascun accademico , in quattro fogli membranacei , e munito de' proprii suggelli , con l'incisione della lince* e de' respetf tivi nomi e cognomi. Ca]>o I, Squarci inediti di quattro lettere, scritte in italiano da Martino Fogelio di Amburgo ad Antonio Magliabecchi , sopra la Storia de' Lincei, da lui preparata, con le notizie di entrambi. II. Academiae Lynceorum brevis notitia inedita , ab anonyrao Auctore descripta . III. Catalogus XVJ Lynceorum ab eodem anonymo eoncinnatus, quibus totidem corumdem acadcmicorum notitiae ab clencho auto^ grapho membranaceo adjiciuntur. IV. Federico Cesi romano principe dclV accademia. 1. Copia litografica di XX lettere autografe , disposte co' numeri romani, con la loro spiegazione al rincontro , e con quella di sei di esse , $critte all' ebraica , ossia al rovescio , fatta dal ch« sig. con* te Domenico lyiorosini di Venezia* 2. Produzione di altre lettere , e monumenti originali senza ci- fra, di Federico Cesi in latino a Gio. Eckio , :i aprile i6o4> Z- A Francesco Stelluti 17, Luglio i6o4> 4. Jn latino a Gio. Eckio 12 agosto i6o4. 5. A Frane. Stelluti 10 marzo i6o5 a Parma. 6. In latino a Gio. Eckio 19 marzo i6q5» •j. Al medesimp in aprile i6o5 a Fraga. 8. Consiglio diretto dal P. Federico al consigliere F. StellntL. ed al segretario Anastasio de Filiis a' 10 aprile i6o5. 9. Risposta data dai medesimi in 4? articoli. 10. Decreto dal principe de' Lincei diretto al consigliere Stel- Injti . ìàò V A n I E T a" 11. Lettera Ai Federico Cesi, di A. de Filiis e dello Stell'uti é Gio. Eckio de' i4 maggio i6o5. 12. Decreto deMre suddetti Lincei, spedito a Gio. Sckio*>* Praga ^'17 maggio i6o5. J- '^'^ r/ii'/^bwj:..; ' /y.) aAtjWno-ov.v i3. Lettera di Federico Cesi a'Gio. Eckio a Praga 11 Giui|Ber&6o5« a4* Al medesimo a Praga 25 giugno i6o5. ■ '■ ' ' i5. Allo stesso a Praga 2 Luglio i6o5. • ì>»ìì(iioo..j> 16. Allo stesso a Praga i3 agosto i6o5. ;\r,!i:'iT 17. A Ffailc. Stclluti a Parma 7 dicembre i6o5; " '■ ' '-' '' '" j8. Al medesimo a Parma 17 gcnnnjo 1607. •-'- 19. Al medesimo a Fabriano So aprile 16 n , illuuirata dal '<(M «ig. canonico D. Giuseppe Settclc , professore di Ottica"ci'di Asrro> nomia e degli elementi di Mattcmatica neir archiginnasio :rohiano. 20. Al medesimo a Fabriano 26 ottobre 1611. , ' ■ -/ " 21. Atti origitwli dell' accademia , da' 23 aprile 1612 , fino a* iS «prile i6i3. 22. Lettera di F. Cesi da s. Polo a' 5 Luglio i6»2i« F:;Stelluti % Fabriano.' "' ■ J -Ili 23. Altra da acquasparta al medesimo , senza data. -^^ ^r/dhr,. 34* Lettera di un anonimo, in' cui si descrive 1' viso ' cttrìptii^^ «imo della Gocciata in Acqiiaspartà per le nozze de' vedovi." ' <]apo V. Giovanni Eckio di Valentie . f 25. Lettera al P. Federico da Praga 19 dicembre '1604- ;'."; 01 26. Al medesimo da Praga 3 gennajo i6o5. . ■;-;■• ' 27. Di Benedetto Idosii al medesimo a Praga ig.-ajprile tfioS. ^U. Di i&io: Eckio da Madrid a F. Stelluti 2 giugno 'i6a8. 'VI. Franceseo Stclluti di Fab'iuno. 29. Diploma, della nobiltà romana , concessagli dal fenato re- mano a' 7 settembre i6o5. So. Lettela ia'Gio. Battista suo fratclJo da Roma a'j6 settem- bre i6o5 a Fabrian» . 3i. Rame di tre Api comunicatomi dal eh. sig. at. Luigi Rer- 'zi, tiblioiecario della Barberina; e dedicato ad Urbano ,VUI , nel 1625 , per la dedica dell' apiario , ( trascritto ed illustrato , CQÌ linceografo , da' loro rcspeitivi oriéinaii , dal eh. sig. dottor Luigi Trancihi , da cui ne aspettiamo' la pubblicazione) ; il qvtal r^mc è stato poi ripetuto nella sua edizione del Persio nel »63o. ..„. ■'.•j-,:' Sa. Altra deHo stesso Stellati a G. B. suo fratcHo de', i4 No» -rembrc iSLS. 33. Supplica «tesa dal nacdesjtno , come procuratore dell' acca- demia, per la privativ^a della stampa del Tesoro piessioano, cgr; la notizia di quella ottenuta da Paolo V, da UrLauo VIJI, dall' Impera» dorè Ferdinando ,« dal gran duca Cosimo li. 34' Spiegazione di una lunga lettera scritta al medesimo »n ci» -fra da F. Cesi, con altra di una cartina aggiunta , pur,? in cifra. 36. Sonetto ad una bella venditrice 4' corde. 36. Altro sopra il giuoco di Neve. Z-]. Altro per rimprovero amoroso. 38. Altro per la partenza di un amante. - 3anni Deniisiano di Cefalà, XXI. Marco f^elsero di Au^uda. CfJM 5ó. Notizie della sua vita e delle sue ppej-e, estratte àtil f»ad« detto codice Albano. XX li. Filippo Sahiati ^orenfino. 5i< Notizie delia sua vita e della sua morte in Barcellona , ri- cavate dal suddetto Codice, XXIII. Cosimo Ridoljl fiorentino, XXIV. (Vincenzo Mirabella di Siracusa, j2. Diploma autentico di accademico linceo , speditogli rial V, Federico, e copiato dai suddetto codice albano. 55. Copia di altra modula delle patenti , che soleano spedirsi agli accade nici , estratia dallo stesso codice. XXV. Fili/ìuo Pcrulolfini Jìorentino, XXVI. yirginio Cesarini romcmo, 54. Notizie aneddote della sua vìtn e 4elle sue opere , estratte dal suddetto codice, ' «^■'"»' '-'' >!r"3Ìfl''-« i' 55. Iscrizione stampata in foglio atlantico dall'accademia bolo* gncse de' Philomusori in onor suo. XXVII. Giovanni Ciainpoli fiorentino. XXVIII. Carlo Muti romano. XXIX. Claudio Achillini bolognese. . V A n 1 S T a' V jJTVlS 66. Discorso inclito dj un anonimo sopra .U suo sonetto Sudate o fuochi ad ubbru^iar melciUi.. XXX. Cfifslam del Pazzo di Vercdli. XXXI. Giuseppe Neri di Feritoia. ... ; , ; 67. Notizie anerlflo te sopra il medesimo, ;/avorite dal eh. s;|, cav. Gio. Battista yermiglìoli. ., : , ;; XXXIJ.- Franc(fsco Barberini JìorenfinQ,, ; ■ 58. Si ricerca, se AIess.indro Adimari , che gli dedicò' ; la itra!? xlazione di G/«^/o W'fjiào.dl Gand , ciUadino ramanOn , ; 61. Sue -notizie .estratto dallo stesso codice. XXXVI. Specchio delle patrie, dell' età, de' luoghi, e. de* divèrsi modi , co' quali sì .veggono sottoscritti io undici ca-.- taloghi , cinque membranacei .e Bei .cartacei , copiati dal suddetto codice, e da uno della biblioLeca barberina, co^ routiicato da quell' eruditissimo bibjiotecario, XXXVII. Catalogo Alfabetico de' XXXII Lincei :/ì^J[,ji6p?^, fi. no al j625.,;;.,^ .,,. -j ,„;j,., v XXXyiJJ, jCatalogo alfabetico de' XVI Lincei nominati dall' allonimo. .XXXIX. Notizie di XXXVIII soggetti proposti^, ip^-i^on ai»- ine^si /r^ gli accademici, e specialmente di Sfqrz:^ Pallayir- cino^ di Jfietro. della Valle, e di Luca Olstenio , cavat? dal codice albano. XL. Jndjiie .alfabetico de' nj^dcsiriji^. , . ■. ^ % . Anzi ( di ) Marchese. -j. Bracci .Ignazio. , 2. Bacone Francesco da Verula- 8. Castelli Francesco. >nio« 9. Castro (di) Rodrigo. 3. Bagliani Gio., Battista. xo.Cow.co. Giorgio scoto, con la 4. Barclajo Giovanni. stia iscrizione, posta nella h- Bayer medico di Augusta. chiesa de' SS. Lorenzo e 6. Bisignano ( di ) Principe, Damaso. lai Varietà* il. Dempìtcro Tomimso. I2. Dilli monsignor Pietro. i3. Fa«i-ianlo. i4- Fa*'orii)i fabrianeso. ' ib Fa ire moni our. 16 Folio melico oajiilitano, 17. GhcraHi Mirino raiuseo. ' »8. (ÌIor!o30 Gio Camnillo. ' 19. HvJrrart , primo uanceilicro del duca di Baviera. 20. Imperali FrarK^osco. 21. Kc(»u3 mcdijo dell' imp.IVIat- tia. ' S2. Lasano , 0 Lascino. a3. Marini Gherardo. 25. Minderero Raimondo. 26. Ncmory (di) Duca. 17 Olìtcnio L-v;a. 28. Peivei.-hioC'aidio Fabrizio, 29. Polacco medico d<;l prìncipe Sapifia. «jJurS .6Ì3 .VC3 7-). Riim^nJnl mirfthésé. 3ì. Altro Frarello. 3>. S hipani Marfo. '^ 33. Saverio Marino Aurelio. 44- Sft)r<^a PaUavii;«iio. 35. Stigliano ( ]>iotalleviu3 Franciscus, glin'i. ' 5 Piliis de Angelus. 8. Eckius Jcnnncs. G. Fiiiis de Dìdacus. 9. Maiinns Julius. 7. Guàldus Franciscus,di cni si prò- 10. Mirabella Vinccntius. Varietà* laS lì. fJerìus Jósèphus. !&• Severinus M. Aurelius. ' 12. Pandolfìnus PhlUppus. 16. Stclliola M. Antonius, iZ. Porta Phiicsius. 17. \Ves!ing"as. 14. Salviatus Philippus. 18. Winihcrus Jo Baptista. XLIII. Notizie dell' accademia de' nuovi Lincei , gloriosa- mente riunita nei 1795 dal b^iicmcrito sig abate Djti Felioiano Scarpelliiii , professore di fisica sacra nell'archiginnasio romano. Approvazione del eh. sig. dottor Giuseppe De Matieis pro- fessore dì medicina nclF arcLiginnasio romano. Indice generale. Varj errori sono occorsi nel mio media ed il suo uso civile: de' EBRATA ^■i Pag- 212* Licurgo nella celebrò orazione contro Lc^erate Fag. 2i4> Plunipcdi Pag. 2x5. Centone da Ceniénculo Pag. 36i. Un Lui io Acilio figlio di Lucio della tribù Pomptina, ebbe l'onoie che quella stessrt tribù fos- se chiamala Kutjca dal suo no- me (b) personale , segno mani- festo , ch'egli era ingenuo, 0 li- bero cittadino romano. Pag. id. lin. IO. AMucii scaenia* rum piccJol Trattato intorno alla com« q_UaH eccone i principali. CORRIGE. Licurgo nella celebre or^zions contro Lcocrate Planipedi Ccntoine da Cernendo Un Lucio Acilio ,£«///cfl dì SU9 nome (b) personale, figlio di Lucio della tribù Pomplina , ebbe qucst' onore della tribù, segno manifesto 7 59 0 27 II 9 ao 0 ^0 0 ', 27 li 8 2t 6 48 -j 27 1 l 7 34 8 4« 3 28 0 I 19 c 30 4 4 28 0 7 17 8 29 i 28 0 2 18 0 40 4 27 II 9 16 1 i'.2 •S 28 0 0 16 9 28 4 27 11 8 20 8 .sS (- 28 0 9 16 2 ÓO l 6 28 I 3 17 5|5. 0 28 0 9 22 6 08 0 )0 0 a8 I 0 18 0 66 7 ■44 2 28 I 2 18 3,57 - 27 II 5 22 0 27 11 4 1 7 ' " 8 8 27 I I 2 19 a ,10 9 27 'I 5 al 7 S4 8 a8 0 2 17 8 ,/■• 3 0 28 0 4 19 4 4" J 28 0 9 ao 8 So 0 a8 t 2 "7 5 41 6 io 28 I 4 18 9 4' S 28 I 1 22 2 o3 2 a8 1 3 i3 0 42 4 1 1 28 I 4 18 3 .), ' 28 I 5 2^ 5 50 0 28 I 9 18 3 40 9 I 2 28 2 0 18 5 4i 9 28 a 2 23 3 62 .( 2? 2. 0 18 6 Ò2 0 .3 |!i4 28 3 3 >9 o'4» . 28 i 9 24 5 6(j 3 28 I 9 18 7 33 S 28 1 4 20 3 40 2 28 I 1 34 0 (,2 2 28 1 2 19 4 51 0 .^ 28 0 b ao 2 4' 7 28 0 a 25 i) 64 3 27 II 9 19 8 ,0 2 i6 27 II 9 JO 0 40 . 27 II 6 24 0 )0 2 27 II 3 19 0 jP 0 17 27 10 5 20 3 >9 2 27 lo 3 •9 9 53 2 27 II 5 16 4 51 2 18 IO 28 0 8 '7 0 i6 . 44 2 28 I I 21 3 ò' 3 2S I 7 16 Q 42 « 46 2 28 1 7 «7 " 28 I 7 al 1 28 a 2 17 0 20 aS 2 3 l" , S '37 ^ ,28 a 7 22 s ■^7 4 28 2 5 18 0 ò.-) a 2 1 28 2 6 18 2 42 3 ^28 a I 23 i 50 0 28 I .1 19 8 + ■ 2 22 28 0 9 '9 0 36 2 ."éS 0 8 23 6 00 4 28 0 2 18 8 48 I 2"> 27 II 9 '9 4 4' 3 27 11 9 20 0 4^ 1 28 0 3 18 9 So 0 24 2S 28 0 ò 18 2 4' 3 3^ . 28 0 3 2 I 3 48 0 28 0 0 18 5 40 0 42 3 28 0 0 18 2 27 11 9 2J 0 48 2 23 0 0 18 5 36 28 0 2 18 8 ,6 , 27 n 6 22 2 SI 9 27 II 4 19 tra, 1 m s p.n. • ■t-'^i. 1 !■ "lae. 0 7 ^• J lU. I s p.n.- io, I n sip n. /«e lib. r * s.p.n. 4 li •^r.lev, I s p.n li'). 1 ni s. A//. m n *9 n ? ueb-*y 9 ^./i. 6 20 («e». liti s.p.n. p ,Vbi I m me. lib. I f. me. sir. tn lo ii.p.S. 4 S*^ me. Uh. 1 ni il. s. r. //è. I neh. 12 il j. 2 5, tra. 1 s. n. 'iiez. i 1-. j^. I m iiel).*9 la s. 4 3i iion. 0 s.p.n- li.. . f. ■'ib. : m Deb. /• li 8. 4 3^ /rrt. m s p.n. • pan. n- .. II. /t/'. , m n.'l).* f 1/i ^•. > 0 ^ra. I s p.'l.' ,olib, l f. mez. . 0 n -.() n-j 15 s p.n. 5 Ir. ma. e ■ p n, ■■ •nez. I J. mez, . I ni neh * V IO ^ «. !J l5 iro.r^r. m .p n. IP. lib. 1 m y.yy.rt. '(6. m neb.* 9 17 II. " S' '//fz. a r pn. 'n.fih. 2 i'. pon, 2 neh. t. 6 12 r ;««. 1 s.p.n. pò Uh. I M '•• /;■ /z. I 1 ^' ir /;«a. 1 s.p.n. / 'Il '..Uh. 1 ( p.s. /-^O/J. I 20 s. J 41 tra gr. im s. pon. \ s. ^o/j. 0 Si j. ) is /r/!. 1 s. IO. lib. 1 m s . //o/i. I 3 2 S. 6 2S '/lez. 0 S. 0 lib. I in t. me. SI. 0 deb. *g 2? /I. y».^. 4 6:; me. si. I <:.n. ■ne lib. 1 f. //o/i. 0 neb * g a^ i. 4 /|i 'r.!', . 00. lib. 1 ni >■• pò. lib. 1 neb *g 25 » ;;.,«. D II sir. 0 S./l, lO.Lb. J nn J-. /i. pon. l neb.r 1 aC s.ii. 4 ii /ra. I n. s. AIO. /(6. I ni II. s. mez. 1 i 27 J./i. i 0 me. lib. ì ni n. s. pò. Ubi 1 ni a. s. /iT/. im i ah j p.n. 3 i8 Irma, ini np.s. 0 69^ pò. Ilb. am s. /r ma. i 1 29 ^. 3 25 ^r./ei'. 0 s p.n.\ yo/J. in ^■p.n. mez. I e 30 5. 4 '5 /rn. 0 s.p.n. 1 IO. lib. I r. ne. lib. 0 neb g a gì II. p.s. 4 i Lr.ina. 0 ^ p.«. 1 1 me. lib, i t. sir. I n.g.p.l.tH i f^^^^ 1 • 1 B Tabella dello stato del Tevere , desunto dalt altezz<% del pelo d'acqua sull orizzontale del mare^osservata all' idrometro di Ripetta , al niezzo giorno* 0 \ tf 0 fV 0 i8?3. G.ORN ]. ,\1K l l\l. PALIMI ìioiua:atore pratico nelle febbri ve^ ramenie nervose ; /' occhio si mostra generalmente vivace e lucido più dell' ordinario (24) . Se gli oppositori avesser ben ponderalo , che t fenomeni di ribrezzo , di nausea , di pallore non so- no negli stimoli che accidentali , rarissimi , ed inco- stanti a confronto del senso ricreante , dell' aumento di calore e rossore , dell' energia della circola- zione, che ne sono gli ordinar] prodotti, non avreb- bero portato in campo questa obiezione veramen-< te meschina . Essi non potevano ignorare , che que' primi fenomeni sono piuttosto una eccesione alla regola , e sono sempre per uno spazio più o meno grande di tempo , in una maniera piiì o meno decisa , preceduti dagli ultimi . £ra dunque agevole il concludere , che siccome quelli sono l'ef- fetto di una dose soverchia di stimoli, e questi in vece di una dose mederata , così a questi non a quelli ci attenessimo di preferenza . I\è credasi già, che nello stabilir questa regola noi siamo in contraddizione con noi medesimi , avendo detto (a4) Ved. Storia della febbre epidemica di Genova negli anni 1799 • riSoo , feconda ediz. di Milano 1806. iJ^j S e 1 K s ;( ■ so peri ormen le, clic alla fallacia de' fenomeni pri-' mitivi si dee por riparo colla considerazione de', consecutivi ; perciocché la nostra norma invaria» bile è di allenerei sempre ai fenomeni costanti , e disprezzate gli anomali, sieno essi primitivi, sie* so eisi consecutivi. Che se anche si volesse accordare ciò che viene smentito dai fallì i più ovvj ed i più ripelutif vale a dire che agli stimoli succedessero spesso i fenomeni che noi ciediamo competere ai contro- stimoli , non per questo ne verrebbe la conseguen- za che tentano di trarne gli oppositori . Finché sussiste J'ambaàcia , la neusea , )t vomito (diremmo col tante volte lodato sig. Tommasini), è impossi- bile che quegli agenti manifestino la loro azione , La cosa è alquanto diflìcile a concepirsi : ma quan- do bene addentro vi si penetri col pensiero , e si Voglia por mente a ciò che andremo ricordando , si vedrà che que' sintomi non possono andar dis;^it:nli da uno stalo di controsliroolo , il quale servirà, finché sussiste, ad elidere una porzione dell' azio- ne principale di stimolo . È un fallo messo fuor d'ogni dubbio in questi ultimi tempi , che la na- usea lungamente sosienula riesce utilissima a domare le infiammazioni massimamente di pello anche quan- do non è coadiuvala dal vomito , dal secesso , dull* insensibile traspirazione . Noi siamo soliti di ser- virci del tartaro slibiato, suir azione coulrostimolan- te del quale non cade oggi più dubbio; ma ritengo per certo che se noi potessimo sostenerla quanto fa d'uopo con una sostanza qualunque anche trat- ta dalla classe degli agenti stimolanti, se ne ot- terrebbero dei buoni effetti quante volte fazione di stimolo non soverchiasse la nausea stessa . iìgli accade in alcune malattie che lo stomaco viene Matehia medica i43 spontaneamente invitato a vomitare . Se le malat- tie sono di controstimolo , precipitano il malata ia uno stalo tale di debolezza da far temere della vi- ta dell' individuo . E quando le medesime sono di genio opposto , si osserva , finchi^ il vomito dura, una tale remissione di sintomi , che gii ammalati si crederebbero guariti. Ed alcuni realmente ne gua- rirono, credendosi altamente obbligati a quella cri- si salutare. Ma se attentamente si esamini la cosa, si troverà che V abbattimento delle forze non po- trà intendersi bene spesso colla sola evacuazione del vomito; perciocché la medesima è talora di niun momento , e tuttavia la depressione vitale noa, lascia d essere considerevole. Ed oltre a ciò si dee, riflettere , che non di rado le materie , che si rigettano per vomito, sono a puro carico della mac- china , operando come sostanze inaftini , dall' ava-- cuazione delle quali si dovrebbe anzi provar sol- , lievo. Ma pili altri fatti repllcatamente osservati ven- , gono in appoggio di quanto andiamo dicendo . Le perdite smodate di sangue, le affezioni dolori- fiche , il deliquio stesso , ne fanno un' ampia testi» monianza . Sia pur robusto e pletorico , sia pur costituito nella piià forte diatesi di stimolo quegli nel quale si determinò spontaneo deliquio , o per- dita copiosa di sangue . Finché la macchina sarà sottoposta all' influenza di quelle due circostanze , tacerà la diatesi , e ne sarà fino ad un certo pun- to infrenata e corretta . Riesca pure eccitante quanto immaginar si voglia una operazione chirur- gica ; ove però il dolore , che ne risulta , giunga a tale da mantenersi violento per qualche tempo, o la macchina vi socconohe come addivenne' più di \ i44 Scienze Una volta (aj) , o vien almeno gettata io tale stol- to di abbattimento e di controstimolo , che a ri- trarnela non giovò tante volte tutto il treno delle potenze stimolanti . Così chi sarà tanto ardito da negare un'azione di stimolo, o almeno di irrita- zione, ad una lesione violenta portata al capo e de« terminante commozione del cerebro ? Eppure se la medesima fu tanto forte da cagionare abbatti mento, nausea , vomito , ribrezzo , pallore ec. , finché que- (26) Cotesto tristissimo accidente accade qualche volta in seguita alla operazione della litotomia . Frequentando nel 1819 la clinici chirurgica del defunto prof. Volpi di Pavia, vidi soccombere nello spazio di dodici ore un bambino , che avea subito una tale opcra- xione . La forza del dolore , dal quale quei sapientissimi professo- r^ che formano il decoro di queir illustre atenèo ripeterono la mòrte , fu tale che l'infelice fu gettato in uno stato di profbndo so- pore , del quale non fu possibile il risvegliarlo . Ma un caso quan- to inopinato, altrettanto clamoroso per tutta quanta la Toscana, mi accadde ultimamente di vederlo in Lucca nella persona del sig. Fran- Cesco Talenti. Anche questi, essendosi assoggettato all'operazione della pietra, dovette soffrire dolori cosi vivie cosi permanenti , che nel breve giro di otto ore ne fu morto . In»\'ino gli si prescrisse in- teramente quella droga ( P oppio ) , della iqualc ne' giorni addietro avea ritratto tanto vantaggio ; invano si ricorse ad una mistura ec- citante ; invano si posero in opera quegli esterni presidj , che pare- vano i più opportuni a ritrarlo da quello stato gravissimo di con- trostimolo: ei ne dovette irreparabilmente perire. IVIa se questa ve- rità , ch'io riguardo come dimostrata dai fatti e dalle nozioni piiì esatte che possediamo sul dolore, abbisognasse di pi-ove ultcHori, noi noa avremmo che a percorrere le op.crc chirurgiche di Le-Dran,' di. Petit , di Hes(tidt,di Basc/xanps , e sopra tutto di Camfìcr , il quale dalla lesione de' nervi della vescica ripete quc' tin, che in si breve spazio di tempo qualche voltft conducqno a morte gl'indi- vidui sottoposti all'operazione della pietra» Materia MvoieA i4!( «ti sintomi persistono , non è a temere quella flo- gosi , che nella più parte dei casi riesce (alale agHv ammalali. Che anzi tanto è il timore , che i me- desimi soccombano in quelle prime ore per ecces.«» so di controslimolo , che pratici valenlissimi sic- come il Monfeg^ia (2G) non dubitarono punto di consigliare qualche leggero slimolo per rialzare pre- cariamente le forze . Dal quale sl^to se avviene che si riabbiano , non è raro che sieno colli da una dì quelle febbri, che dicevano putride perniciose, e cliiq vidi più volte in Pavia andar felicemente a guari-t gione sotto l'uso della china, dell'oppio, del vino, deli' etere , di tulli in somma gli stimoli (37) • ■ — ■ — ' "-^-1 (26) Veci, le sue istituz. chirurg. ediz. seconda, tom. Ili, ftlie pag.nei2 — 24» e 25 —e soprattutto 2o3 e 204. ') (27) Lo stato di abbattimento e di contro-stiinolo era tale ia alcuni casi , cho a stento si sviluppava un poco d'ijjfiamn:iaz.ioae nel- 1« parti sottoposte immediatamente all'azione della violenza esteriore. IWa il caso eh' io credo più interessante a questo proposito mi oc- corse di osservarlo nel 1818, frequentando la clinica oculistica, in allora diretta dal sig. prof. Panizzfi. Trattavasi di un giovane di :^» anni, che già da molti mesi aveva una fistola lagrimale. Fatta l'ope- razione, procuravasi di dilatare il canal nasale, che si era trovato ©Itremodo ristrotto, collo stilletto di piombo del sig. cav, Scarpa. Ma il dolore che produceva era cosi vivo , cf;e 1' ammalato non facea che lamentarsi, e pregava che fosse tolto-. Benché si vedesse risvegliata all' occhio ed alle palpebre una forte irritazione , non- dimeno si credettero le lagnanze deli' ammalato esagerate • Ma il ter- so giorno il dolore si fece coii intenso, che in mezzo, all' abbat^ip mento, al mal essere universale, alla depressione di forze soprai- giunse la febbre . Si tolse allora lo spillo , e &i diede di mano «I- le sostanze stimolanti, ma l'affezione dolorifica avea fatto un' imprej- tìonc così profonda , che I' ammalato non si riebbe se non passati parecchi giorni . G.A.T.XIX. IO /40 S G i E N Z S Dalle quali cose tutte a me par© , che assai chiaro risulti esser l'aLbattimento, il freddo , la nau- f ea , l'ambascia, ir pallore, il vomito stesso l'es- pressìone la più sicura dello stato di controslìmolo, - quando precedono a sostanze amministrate a dose- moderata ad una persona costituita nel più florido stato di salute, e quando sono così durevoli e co- stanti , che riguardar si possano come effetto primi-» tivo , e come cff^^tto consecutivo delle medesime . Uè Sì dee credere per avventura, che quei fenome- ni sieno l'espressione di quello Stato cui diedero il nome di debolezza indiretta i, perciocché non solo non furono mai preceduti da fenomeni di eccita- mento esaltato , che possano far sospettare essere Slata in seguito la macchina gettata in quello sla- to por eccesso di stimolo , ma per dissiparli si rir chiede T uso de' più validi stimolanti . Se vi aves- se luogo a sospettare di un tale slato sarebbe dopo l'uso delle potenze stimolanti , nelle quali ai fenome- ni di ricreamento , di calore e rossore accresciuto succedono talvolta quelli di ribrezzo , di pallore , e di nausea . Ma neppure in questo caso si trova la macchina in debolezza indiretta: perciocché se a ricondurla allo stato di equilibrio la sospensione del rimedio non basta, fa d'uopo ricorrere ai contro- stimoli. Oltre a che se que' fenomeni volessero in- dicare quello Stato della macchina , si dovrebbe ca- dervi tanto più facilmente quanto più il grado del- le forze fosse elevato : chiaro essendo che chi si trova naturalmente fotte è più disposto a traboc- care in queir eccesso . La bisogna però non va così: perchè se qualche volta si osservarono i fenomeni de* controslimoli dietro l'amministrazione di una do- se moderala di stimoli, fu appunto in coloro, cha sono di costituzione gracile e dilicata . Majtekia medica. tà^ Un' altra obìfizione alquanto piii ingegnosa ci ■viene dal sig. Maurizio Bu^alini^/palolo^o profo;»» do e metafisico , ma per avventura un poco trop-k pò severo . Non negando i fatti che diedero moss» in Italia alla dottrina del controstimoio , crede po;^ co legillime le conseguenze che, ne trassero i riipivj matori . In primo luogo , egli dice, parmi da es^ si . risulti evidentissima la distinzione che passq tra funzioni ed eccitamento , ossia tra quelle azior ni organiche che in un modo o in un altro col^ piscono i nostri sensi , e quella recondita manierq di moi'imento vitale , che è l immediato prodotto delf^ impressione degli esterni agenti sulla fibra viva, , f che io nominai vita primitiva . Questa distinzione, prosiegue , ha luogo non solo con le più apparenti funzioni ^ ma pur anche col senso, col moto mu- scolare , o contrazione fibrosa^ e CQN> le azioni de^lr la mente ed emozioni \ perchè tutte queste fun^ zioni organiche al pari dell altre possono da n^ medesimo agente esòer condotte a dive^rso ed op' posto stato a tenore della sua dose , o VQgliam dir re, che fatte da esso pia energiclis^ possono pai per maggiore sua azione venire indebolite , e inji' ne distrutte, o viceversa. Quindi, siccftai^ i Jenc\- meni osservati nel corpo sano dopo l azione degli stimoli e de controstimoli appartengono alle Jun-' zioni, non al puro movimento vitale , così la con- trarietà del loro, agire si deve intendere solamen-^ te quanto aW altezza loro di cambiare lo stato ap- parente delle funzioni , non quanto ai cangiamenti indotti nel movimento vitale, o nelf eccitamento (a8)» t;. (28) Fondamenti di patologia analitica di MaarÌAM» Buffia prevalso m azione, ed abbia prodotto due' sia** tomi . ;,;■; ;!;■;- ^ - • Vero è però, che la forza, attiva di un con- trostimolo viene spesso elisa da un altro contro- stimolo . Si sa dalla chimica, che il muriato di sò- da distrugge per intiero la forza caustica del ni-> tralo d'argento : che lo zucchero decompone il ver- derame: che l'albume rende innocente il sublimato corrosivo: che V acqua idro-solforata è contravve- leno dell' acido arsenioso liquido , che la magnesia impedisce al fosforo di spiegare l'azione sua dele- teria ec. Considerando cotesti fatti , e mille altri di cui tutti i giorni è testimonio il chimico nei suo laboratorio , si crederebbe rovesciato fino dal- le fondamenta l'edilizio fabbricato sul vicendevole distruggersi delle sostanze ; ma , per poco che vi si rifletta, si vedrà, che in nulla urtano i principj da noi stabiliti . Egli è da por mente in primo luogo , che il distruggere la forza attiva di un ri- medio non è lo stesso che distruggere gli effet- ti che dal medesimo risultano . Di fatti se le ri- ferite sostanze si distruggono a vicenda , ciò non avviene , che quando si trovano simultaneamen- te nello stomaco , e sono poste in circostanze fa* l60 S e I E IN Z X ' VorevoH ad otbndire alle leggi di aflSnìtà cliimi- csa . Per quanto l'albume sia stato preconizzalo con- travveleno del sublimato corrosivo, la magnesia del fosforo , l'acqua idro-solforata dell' acido arse- nioso liquido , non ti avverrà mai d'impedire l'av- velenamento se tu non giunga in tempo per de- comporre la forza caustica del veleno , e se la quantità del contravveleno non è bastevole a de» Gomporla per intiero . bc: Io non avrei fatto notare la necessità di qtic-. sta distinzione, d'altronde facilissima , se non l'aves- si veduta generalmente negletta dagli scrittori di tossicologia e di materia medica , e se quegli stessi che 1' avvertirono si fossero in ogni caso garantiti dall' errore. Per poter pronunciare qual-* che cosa di decisivo su questo punto , a me pare, che farebbe di mestieri il sapere a quali can- giamenti va soggetta la fibra per l' azione degli agenti esterni ; se le sostanze , che nello slato di salute riescono venefiche, attaccano il principio vi- tale ed i nervi senza essere assorbite , o vera- mente richieggono d'esser portate in circolo ; e più di tutto interesserebbe di sapere quanto tempo ri- cliiedesi ad effettuare l'assorbimento . Finché tutta questo, invero diflicilissimo ad esser determinato, non sarà posto fuori di dubbio , a me pare che iu molti casi sarebbe una conseguenza precipitata ed erronea quella di asserire , che alcune sostanze intanto ebbero forza di conlravveleno , inquantochè distrussero gii effetti delf ammiuislrato veleno . Ed è questa , s' io mal non veggo , la spiegazione che nelf incertezza delle cose anzidette possiamo dare a que' pochi fatti che si riguardano come eccezio- ne alla regola , di che finora si è tenuto ragiona- •mento . Materiì medica i6i Osserveremo in secondfo luogo, che cotesto fe- nomeno del vicendevole distruggersi di due sostan- ze ritenute di azione analoga non ha che Y appog- gio di alcuni fatti , mentre alcuni altri vi fanno contro . Nessuno , se non è ignaro della clùmica , si farà ardito a negare , che il muriato di soda ren- da inerte ( e almeno senza azione conosciuta ) il nitrato di argento , trasformandolo in un muriato insolubile ; che il solfato di magnesia con tutti gli altri solfati solubili decomponga l'acetato di piom- bo , e lo trasformi in un solfato insolubile. Ma tut- ti sanno , che quando la magesia si satura degli acidi solforico , nitrico , muriatico , si formano de' nuovi sali solubili dotati di particolari virtù medi- che ; quando il muriato di barite si unisce ad un solfato solubile ( per esempio, a quello di soda) i due sali si decompongono , e ne risulta un solfato di barite insolubile , ed un muriato di soda solu- bile . I medici generalmente parlando sono avvez- zi a giudicare della forza attiva di una sostanza da uno od altro fenomeno de' più sensibili . Quia- di si ripone l'efficacia del tartaro stibiato nel pro- dur r emesi , del sale amaro nel produr la catar- si , della squilla e del nitro nel promovere il llusso delle orine , del kermes minerale nell' atti- rare l'espettorazione ec. Ma quante volte questi ef- fetti sono appena sensibili o non appajono punto ? Anzi , ove que' farmaci sieno amministrati nella diatesi di stimolo , non è raro il vedere che se ne ottiene de' risultali onninamente contrarj , sen- za che per questo si venga in sopetto , che que rimedj sieno privi di qualunque azione. > Concludiamo adunque , che male assai si ap- porrebbe , chi dal vicendevole distruggersi di due agenti che appartengono alla slessa classe argomea- G.A.T.XIX. 1 1 tda 5 e I K K 2 s tar volessi^ poco sicuro il criterio che noi fohdià* nio sulla opposizione degli effetti dinamici osserva-» ta fra gli stimoli ed i controstimoli . Né teme- temo per avventura col sig. Buffalini ( op. cit< pag. io8 — 199 ) •> esser questa una conseguenza pre- cipitata per ciò die i moderni teorici non hanno immaginato ^non che tentato^ esperimenti così nume- rosi da dimostrare , che un qualsivoglia agente di una classe toi^lie , egualmente che tutti gli altri , gli effetti lasciati nella macchina vivente da qualun-* que agente della classe opposta ; perciocché in pri-^ mo luogo gli esperimenti non sono così scarsi di numero quanto inclina a credere il nostro autore ; e se non tutti sono stati resi di pubblico diritto, non è men vero che furono fatti, e molti medici massimamente giovani ne furono in più luoghi te- stimonj , e ne posseggono una perfetta notizia . In secondo luogo le conseguenze de' riformatori di* scendono dalle osservazioni, che si trovano regi- strate negli annali dell' arte medica ; e dì queste certo non dirà scarso il numero . Gli esperimen-^ ti positivi sarebbero necessarj ove si trattasse di verificare se realmente una droga possegga la fa- coltà di elidere la virtù medica di un' altra , non potendosi valer di troppo dell' argomento di analo- gia . Ma ove si tratti di provare l'opposizione de' loro effetti dinamici , perché non ci potremo valere deli' analogia , se ci consti che i fenomeni dinamici che costantemente spiegano nello stato di salute so- no in aperta contraddizione , e se l'una giovi ne morbi ove l'altra reca nocumento ? Se per istabi- lire qualunque cosa di positivo nelle naturali scien- ze si dovesse tutto sottoporre a rigoroso esperimen- to , stento a credere , che possedessero oggi quel* le leggi e que' principj generali , nel che propria* Materia medica l(ì^ menle consiste la parie più bella e più sublime delle medesime. Coleste leggi furono dedotte da' fatti , ma questi fatti furono sempre limitati , e ia qualche modo parziali . Quando il Newton stabilì come una massima fondamentale e invariabile , che tutti i corpi quanti sono tendono costantemente al centro della terra ; quando il Galileo fece conosce- re che la caduta de' corpi gravi si fa con molo uniformemente accelerato , seguendo la serie de' nu- meri dispari ; quando i meccanici fissarono , che la forza di un corpo messo in moto è uguale al prodotto della massa per la velocità; quando gl'idrau- lici riguardarono siccome un teorema , che la ve- locità di un fluido nelf escir da un vaso qualun^ que per un orifizio piccolissimo eguaglia la radi- ce quadra dell' altezza verticale del fluido al di sopra dell' orifizio ; non avevano già sottoposto a parziale e positivo esperimento tutti i corpi solidi e tutti i fluidi ai quali estendevano siffatte leggi ; e tuttavia non si ristettero dal promulgarle in vi- sta di qualche anomalia od eccezione , che per av- ventura si opponesse a quelle leggi. Anche in que- sto caso pertanto a me pare che il sig. Buffalini esiga troppo . TERZO CRITERIO. Una guida delle più sicure a seguirsi nelle ri- cerche di materia medica si ricava dalt utile o dal danno che i rimedj producono in una o pia. malattie note , dove giovano o nuocono due serie opposte di farmaci ^ sulf azione de' quali non cade alcun dubbio . Questo criterio , che conoscevasi nelle scuole sotto il nome d' indicazione tratta a juvantibus et la6dentib?ts , è forse antico quanto la medicina slessa e quanto il mondo , e si i)uò di- 11* . i64 S e I K :r z E re senza tema dì errare , che rimase unico per mol- ti secoli . Non è però che ne' tempi a noi più vi- cini , che incominciò a divenire veracemente utile air avanzamento deli' arte . Però che il non aver determinato l'indole delle malattie , che da' rimedj erano vinte o aggravate , non permise di trarne in tutti i capi conseguenze certe e coroUarj sicuri . Già l'abbiamo detto piìi sopra: non è che nelle malat- tie ove la diatesi è nota, e non è soggetto di con- troversia , che si può trarre induzioni legittime per giungere allo scopo prefisso . Se noi ci crediamo in diritto di asserire , che l'oppio , a modo d'esempio, è dotato d' azione stimolante perchè nuoce in una decisa malattia di stimolo dove nuocono il vino , l'etere , 1' alcoole 1' ammoniaca , il vitto lauto , e dove giovano la dieta , il salasso , le bevande aci- dulate, il nitro, il cremor di tartaro, e quanti si conoscono oggi per rimedj decisamente contro-sti- molati , egli è chiaro che una tale asserzione po- trebbe esser dei tutto falsa , ove la diatesi ci fos- se ignota . Affinchè però cotesta maniera di argomentare non conduca all' errore , a più cose bisogna fare at- tenzione al tempo stesso. Priniierameote fa di me- stieri , che le malattie , che prender si vogliono come pietra di paragone, non sieno di quelle che facilmente vanno a guarigioue anche senza il soc- corso dell' arte , siccome sono alcune catarrali lie- vi , alcune febbri effimere , alcune nevralgie inte- stinali, alcune eruzioni cutanee anomale ec. , le qua- li sogliono anche guarire sotto un metodo di cura che non convenga intieramente , purché non sia di troppo energico. Egli è chiaro, che ove le malat- tie non sieno di tal gravezza da non poter guarire $enza il soccorso dell' arte , Tefficacia de' rimedj non Materia mkdica i65 è provata , e perciò slesso l'azione rimane dubbia . D'altra parte però se le medesime fossero di un' estre- ma gravezza , eluderebbero la forza di qualunque medicina : e ciò non abbisogna di prova . Ma ev- vi un altro genere di malattie , alle quali non si fece sempre attenzione : e sono quelle , che alla diatesi uniscono un processo morboso od una con- dizione patologica . E siccome raramente ricevono da' rimedj que' vantaggj , che sogliono ritrarne quan- do la diatesi è pura, o quando il processo non ha fatto certi passi , e siccome bene spesso ne risulta invece del danno , così nulla è più facile che l'infe- rire , che i medesimi non posseggono virtù alcu- na , o ne posseggono una , che a malattie di tutt* altro genere si converrebbe. Quindi non mi fa me- raviglia se si sospettò dell' efficacia della digitale purpurea nella tisi incipiente, perchè si vide inca- pace ad arrestare i progressi della già confermata . j\ò mi sorprende il vedere che la cicuta virosa, do- po essere stata innalzata fino alle stelle nella cura I dello scirro e d' altre durezze ghiandolari , cadesse I poscia in tanto discredito pel niuno effetto che pro- ! dusse in malattie di troppo avanzate, dove i gua^ sti organici erano inaccessibili a' rimedj. Egli è pure indispensabile che le malattìe ^ che servir debbono di norma, non sieno di quelle che hanno un dato corso determinato inalterabile da' rimedj , siccome le afifezioni flogìstiche, il con- tagio petecchiale , il vajuoloso , il morbilloso , lo scarlattinoso , probabilmente perchè sono accompa- gnati da una flogosi . In questi casi l'effetto dei far- maci non è che parziale , dubbioso , qualche volta nullo. Seguendo invariabilmente coleste regole non sa- rà malagevole di giungere allo scopo , di che ci oc- l66 SciENZK cupiamo ; ma evvi un altro mezzo valevolissimo , •di cui quasi di sicura riprova si servirono ì ri- ibrniatori d Italia , intendo dire la sospensione dei rimedj • Non può negarsi dì fatti , che ove i buo- ni effetti di una sostanza scompajano , sospendea- •done l'uso , e nuovariiente si manifestino riprea- -dendolo, non si acquisti una nuova ragione per cre- «lere all' azione della medesima . Avevano per veri- sta i medici d'ogni tempo avuto campo di osserva- re come i moderni un tal fenomeno ; perciocché tion potevano non incontrare de' malati , che irri- tati contro il medico e contro le medicine ricusa- no d ingojare que' farmaci stessi , da' quali traeva- no i più decisi vantaggi . Doveva loro esser mille 'volte accaduto di desistere dall' uso di un rimedio perchè lo stomaco de' malati non potea più tollerar- lo ; e non dubito punto , che anche ad essi abbia bisognato persuadere a medici autorevoli e pre- potenti calla sospensione di un medicamento l'effi- cacia del medesimo . Ma, contenti di aver osserva- to cotesti fatti , lasciarono ai moderni la gloria di •trarne princìpj generali a rettificazione delle idee , •«he fino allora si avevano in materia medica ed in patologia , Coleste discipline furono per tal gui- ca vincolate ai giorni nostri , che luna senza l'al- tra esister non potrebbe • Di fatti se la natura della diatesi servì di scorta nelle ricerche di materia medica , e se per quella si determinò una volta per sempre l'azione del nitro , della digitale , del- la squilla , dello stramonio, dell' aconito ec. , la pa- tologia ne riebbe un ampio compenso quando da- ^li effetti salutari o nocivi di questi agenti venne finalaiente a determinare la diatesi di slimolo in certi ■casi di tetano , di epilessia , d' isterismo , di ame- novrea , soggetto di dispute interminabili anche fra i maestri dell' arte. Matkria medica 167 Ma un altro vantaggio rilevantissimo per la pratica si ritrae da questo bene augurato accoppia- mento , ed è quello di determinare il grado della diatesi, ed il vero valore degli agenti esterni. Che ciò sia vero per rapporto alla diatesi , chiunque non abbia l'animo preoccupato di contraria opinio- ne potrà di leggieri persuadersene se rifletta che né il temperamento dell' individuo , né l'età, né lo sta- to precedente di forza o vigore , né le cause pre- gresse, né tutto il treno de' sintomi anche ove sie- no de' meno equivoci e tendano tutti ad uno sco- po , condur non ci possono di per se soli alla co- gniziono della diatesi stessa . Di fatti chi mai potè con esattezza calcolare il giusto valore delle cagio- ni morbose, anche ove le medesime furono sempli - ci, manifeste, delle più facili ad assegnarsi? Le macchine viventi ( già lo dissi superiormente ) as- sai di buon grado si sottraggono all' impero del- le leggi, che presiedono alla materia bruta; e non è quindi meraviglia se i fenomeni che nelle me-^ desime hanno luogo , e che noi sogliamo riguardar come effetti , serbano tante volte così poco rap- porto colle cagioni dalle quali trassero la loro origi- ne. E per rapporto ai sintomi non avvi più medico di fino criterio , che da questi soli si creda in diritto di giudicare dell' indole della diatesi , od abbia il coraggio di prendere un'indicazione per abbattarla ; non solo perchè bene spesso i sintomi appena incu- tono qualche timore mentre si nasconde profonda e cupa diatesi, ma perchè qualche volta non oltre- passò questa i limiti del mediocre, e tuttavia i sinto- mi erano molti di numero ,ed allarmanti per la loro gravezza. Anzi non è raro il vedere, che mentre i sintomi erano tumultuosi ed imponenti , le cause morbose avevano così lievemente agito sulla fibra ^ iGS Se I E N Z X che non erasi neppure risvegliata una diatesi ; e questo fenomeno è assai frequente in alcune forme dì nevrosi ed in quelle turbe irritative , che pro- cedono da una parte consenziente cogli organi più interessanti alla vita . Ho pure avuto luogo di os- servare che mentre la diatesi faceva imperterrita il suo corso , diminuiva la gravezza di uno o più sintomi , o mentre questi aumentavano in numero ed in intensità, vedevasi quella considerevolmente scemata , e qualche volta totalmente svanita . Che poi razione de'rimedj conoscer non si pos- sa quant'ella è grande senza aver ricorso alla dia- tesi, facilmente si comprende quando riflettasi , che né le loro qualità sensibili, né le analisi chimiche, né quante cognizioni si ricavano dal triplice regno della natura , bastar non possono ad indicarla . I fenomeni cui danno origine , amministrati a dose mo- derata ad un individuo costituito nel più perfetto stato di salute , ci manifestano , a vero dire , una tale azione ; ma siccome se vengano amministrati a forte dose, o se sono della classe de' veleni, an- ziché cambiar moderatamente le funzioni , le scon- volgono, e producano anche la morte, cosi gli espe- rimenti tentati nello stato di salute sono innetti a darci un' idea adequata della loro azione . Qualche lume si potrebbe trarre eziandio da,gli effetti venefi- ci che spiegano sulla macchina; ma egli è da ri- flettere, che alcuni veleni per uccidere un uomo, e gli animali domestici , di cui siam soliti servirci ne' nostri esperimenti , non abbisognano di tutta la loro forza . È come la congelazione dell' acqua non è termometro sicuro della bassa temperatura dell' atmosfera , così la morte degli animali non è cri- terio sufficiente a dimostrar l'energia di que' yele- tti , che prendono di mira il principio vitale , Non MATZRU MSDICi {69 v'è pertanto che la diatesi , che condur ci possa a riconoscere il vero valore degli agenti esterni , co- me non v'è che la tolleranza di questi , che ci di- scuopra tutta intiera la diatesi . Chi mai di fatti avrebbe sospettato , stando agli esperimenti dello stato sano , che nello stato morboso acquistasse la fibra la facoltà di sostenere dosi altissime di quei rimedj , che costantemente uccidono a dose mo- derata ? Chi mai si sarebbe persuaso , che certi agenti avessero più forza di quella che richiedesì per uccidere un animale , se non avessero domato que' morbi , che si mostravano refrattarj ai soccor- si più validi e più potenti ? Questo fatto per ve- rità non era sfuggito all' osservazione degli antichi , e fra' moderni alcuni medici d' Inghilterra e dì Lamagna avevano avuto luogo di ripeterlo ; ma fe- condo di pratiche deduzioni , a propriamente par- lare , non fu che per ritalia. Non so però dissimulare , che anche in Italia vi fu chi non conobbe mai le conseguenze più interessanti , che da un tal fatto spontanea- mente discendono , e chi portando in campo la difficoltà di riconoscere a priori la diatesi , noa solo riguardò come poco sicura la nostra manie- ra di ragionare , ma non si ritenne dal dichiararla un puro e pretto circolo vizioso . Quanto cotesti medici vadano lungi dal vero abbastanza rileva- si dalle cose finora discorse , e da quel molto che ne scrissero le più valenti penne del secolo 00» stro . Tuttavia non sarà fuor di proposito, ch'io venga qui ricordando alcuni fatti , che servir pos- sono a dilucidare questa materia . Osserveremo prima di tutto, che ninno de' moderni teorici pre- tese mai di argomentare la natura di una diatesi Ignota dall'azione pure ignota ^di un farmaco (che ino Scienze ciò sarebbe grossolano errore di pratica perdonabile appena ad principiante), ma imitarono costantemen- te gli algebrici , che per giungere ad un' ignota par- tono sempre da un dato certo , avvegnaché fos- se prima un'ignota rapporto ad altro dato certo. Quindi sia pur languido il lume che si trae dall' età y dal temperamento, dal precedente stato di vi- gore o di forze, dalla predisposizione all'una dia- tesi piuttosto che air altra ; sieno pure incerte , oscure , complicate le cause , riesca pur difficile il riconoscerle , e calcolarne eon esattezza la forza ; sia pur vero in fine , che niuno de' conosciuti sin- tomi sia così strettamente legato ad una diatesi , che riguardar si possa come caratteristico, e valga in ogni caso a dimostrarla . Finché resterà saldo il ■valore di tante osservazioni , che hanno determi- nato e sanzionato la natura di tanti morbi e l'azio- ne di tanti medicamenti, resterà sempre al medico filosofo il diritto di determinare coi primi la ma- niera di agire di altri farmaci , e di argomentare da' secondi 1' essenza o diatesi di nuove forme di malattia . Perchè non potrà egli , a modo d'esem- pio ( qualunque sieno state le cause che le occa- sionarono , ed i sintomi che le accompagnano) , ca- ratterizzare di diatesi stenica o di stimolo un'an- gina , un flemmone , una encefalitide , nelle quali arrecano deciso e costante vantaggio la dieta , il salasso , le deplezioui umorali , le bevande acidu- late , il cremor di tartaro, il nitro, i purganti, l'azione de' quali presidj rinfrescante , deprimente , antiflogistica , o , come noi diciamo , controstimo- lante , fu riconosciuta da tutta 1' antichità , e non fu mai smentita dalle osservazioni de' secoli poste- riori ; e dove nuocono apertamente il vitto lau- to , il vino generoso , 1' acoole , gli eteri , 1' air»-' Matkria medica iti moniaca , e T oppio , notissimi anche al volgo per sostanze stimolanti ? Quale ostacolo per lo con- trario potrà impedirgli di giudicare dotate di azio- ne controstimolante tutte quelle sostanze , che ab- battendo le forze , e deprimendo l'eccitamento , con- ducono a lieto fine le forme anzidette di malat- tia , o di azione stimolante quelle altre , che le aggravano, e le rendono anche fatali ? Io non so vedere come cotesta maniera di argomentare sia po- tuta parere un circolo vizioso anche a patologi d'al- tronde dottissimi . Ella sarebbe per avventura ta- le , se ci fosse ignota 1' indole di tutte quante le forme di j^malattia , e la maniera di agire di tutte le sostanze, come sarebbe addivenuto ne' primordj della medicina ; ma fortunatamente noi siamo ben lontani] da così sfavorevoli circostanze . Ma supponiamo pure, che il conoscere la dia- tesi delle malattie sia così malagevole che non vi si riesca neppure adoperando de' rimedj , sull' azio-' ne de' quali non cada più dubbio , siccome opina il sig. B uff almi [o^. cit. pag. 212) ; noi arrivere- mo sempre al nostro scopo se potremo venire in chiaro, che la droga , di cui si cerca l'azione , noc- que o giovò dove recarono utile o danno due se- rie opposte di farmaci di azione nota . Tutt' al più non si avrà diritto di dare un nome all' azione del- la costanza , che spiegò effetti analoghi o contrarj a quelle due serie ; ma c'interessa meno di dare ai farmarci un nome di quello che determinare con precisione la loro natura . Io sento di non poter meglio dichiarar l'importanza di questo fitto , che ricorrendo a un passo dell' illustre iprof Tomma" siili (òi) . Sia incerta (diceva gli parlando della di» o vigore ? QUARTO CRITERIO . Finalmente anche dal parogonare le alterazio- ni y o cangiamenti organici , che si trovano nel ca- davere di un individuo cui si amministrò una so- stanza della quale s ignora la maniera di agire , col- le alterazioni che lasciano due serie opposte di ri' medj di azione non equivoca , si può trar qualche lume per giungere allo scopo di che ci occupia- mo . Intorno a questo fonte importantissimo di deduzioni egli è però da avvertire , che siccome siffatte alterazioni non sono sempre 1' effetto puro ed immediato delie cose che precedettero la mor- te , e siccome in molti riesce difficilissimo di as- sicurarsi se veramente sieno il prodotto delie me- desime , o non piuttosto quello di malattia , e se sieno figlie delf azione dinamica o della fisico-chi- snica , così nella più parte de' casi cotesto lume sa- rà più languido di quello che a prima vista si potrebbe per avventura immaginare . E se le alte- razioni di che parliamo non sono sufficienti da per se sole a darci un' esatta idea dell' indole della diatesi, a buon diritto sosteniamo , che le medesi- me non valgono in tutti i casi a discuoprirci Tazioa dinamica delie potenze esterne applicate al corpo vivo. Ma perchè meglio apparisca la verità di quan- to andiamo dicendo , noi crediamo ben fatto di dis^ tinguere nelle sostanze, a qualunque classe dina- mica esse appartengano , tre gradi differenti di azio- ne . Il primo compete a quella dose moderatissi- ma , che non solo non è capace di suscitare una 1^4 S G ! K N Z K tliatesi , ma si limita a cambiare blandamente le funzioni . E siccome cotesto cambiamento può ac- cadere senza che l'organismo vada soggetto a sen- sibili mutazioni, così non solo sarà impossibile di conoscere l'azione delle potenze esterne , ma nella più parte de casi resterà dubbio se le medesime abbiano spiegato la loro azione : tanto più che per 1 azione moderata degli stimoli e de' controstimoli, 1 eccitamento sarà portato allo stato normale, ove prima si trovasse soverchio o difettoso. Il secondo grado di azione appartiene a quel- le sostanze , che senza suscitare una diatesi , pro- dussero ì più sensibili cambiamenti nelle funzio- ni . Se fosse vero , che ad una data classe di agenti dinamici appartenesse una data serie di alterazioni organiche , noi troveremmo in cotesto grado di cam- biamento di funzioni un criterio validissimo per determinar l'azione delle sostanze . Ma da una par- te uori evvi nello stato di salute lesione organica , che convenir non possa egualmente agli stimoli ed ai controstimoli; ed egli è provato dall' altra, che le medesime possono essere anche l'effetto dell'azio- ne fisico - chimica . Che niuna classe di agenti di- namici non abbia lesioni organiche esclusive , lo provano le sezioni de' cadaveri , che furono fatte di pubblico diritto . Esse d'^pongono che il pal- lor della cute , la rigidezza delle membra , la con- trattilità de' muscoli , la tìacidezza , la coinciden- za delle fibre e delle membrane, il turgore de' va- si , la consistenza , il volume , il colorito de' visce- ri , e quante alterazioni si rinvennero finora nelle qualità sensibili o ne'principj consistenti degli umo- ri , convenir possono indistintamente ai controsti- moli ed agli stimoli . Che poi la maggior parto di coleste mulazio- ni organiche possa esser l'elIellD di tutt'allro , clie deir azione dinamica delle sostanze, lo provano gì in- gorghi e le congestioni , che sono figlie delT im- pedito o del ritardato circolo del sangue . È no- to che i polmoni ed anche il cerebro si trovano rossi e gonfi nelle donne , che perirono sotto il tra- vaglio di lungo e laborioso parlo ; che in chi sog- giacque a forte freddo od a spavento , si trovano il cuore e i grossi vasi ripieni di sangue ; che clii mancò di vita per l' impedito movimento de' pol- moni , presenta i vasi del cerebro preternatural- mente distesi , e la sostanza di questo apparisce piij consistente e più dura - Se tali alterazioni non val- gono a dimostrar l'esistenza di una diatesi , e per- chè non potrebbero condure all' errore , ove dalle medesime argomentar si volesse l'azione delle sostan- ze che occasionarono la morte ? Ma se da siffatti cangiamenti non è lecito in ogni caso di argomentare 1' azione delle potenze esterne , non vi sarà per avventura chi voglia ri- chiamare in dubbio la forza delle illazioni , che trar si possono dalle lesioni organiche risvegliate da una dose così forte da suscitare una diatesi ; per- ciocché gl'induramenti, le ulceri, la cancrena, i versamenti purulenti o sierosi non sono effetti che della diatesi di slimolo o della flogosi . Anche pe- rò cotesto criterio ci può condurre all' errore . Chi non sa di fatti , che le flogosi possono esser acce, se da un controstimolo se sia dotato di azione cau- stica , e se la dose sia tale da soverchiare fazione dinamica ? Anzi non è neppur necessario , che i con- trostimoli sieno dolati di azione chimica: egli ba- sta, che la loro anione non sia tale da troncar sull' atto la vila , e che diasi luogo ad una reazione or. ganica . Quante volte nel cadavere di persona , che 1^6 S e I E jr 2 E fu lungamente esposta ali" aziuna del freddo e dell' umido , delle copiose perdite di sangue , deli' inedia o della tristezza, si rinvennero manitestissime trac- eie d'infiammazione? Ad onta però di tutto questo io sono intima- mente persuaso , die si potrebbe in molti casi dal- le sezioni de' cadaveri ritrarre gran lume per giun- gere alla soluzione del problema di che ci occu- piamo. Perciocché troppo sono decisi e costanti i cangiamenti , che producono gli stimoli ed i con- trostimoli neir animale vivente , ove sieno ammi- nistrati a dose moderata . Chi sì persuaderà di fat- ti i che l'organismo di chi sentì l'influsso benefico di uno stimolo , di chi provò un senso di ben es- sere universale , un aumento di energia nelle fun- zioni vitali ed animali , si trovi nelle circostanze , in cui si trova la fibra di chi sostenne a lungo l'a- izione della nausea , del ribrezzo , del freddo , dell' impotenza ne' muscoli e nelle principali funzioni , dell'abbattimento d'animo, e dei timore? Affinchè però ricavar si potesse qualche vantaggio dalle se- zioni de' cadaveri , ei farebbe mestieri d'istituire a bella posta delle esperienze , e non condurre i bru- ti alla morte in mezzo alle ambascie , ai contor- cimenti, alle convulsioni, siccome generalmente par- lando accostumano gli sperimentatori di veleni . Co- teste specie di morti sono a propriamente parlare Carneficine ; e basta esser dotato anche di mezzano criterio per non accordar gran peso alle lesioni che si riscontrano nel cadavere di un animale , di cui le funzioni furon messe siffattamente a soqquadro. Bisogna serbar modo e dar tempo , direbbe il ce- lebre/Ja^or/ : bisogna che le sostanze, di cui si cer- ca l'azione, sieno amministrate a dose così parca , che r azione dinamica non venga soverchiata dalla Materia medica l'^'j cliinìica ^ altrimenti di questa non di quella si tro- veranno le traccia ne' cadaveri. E per assicurarsene isisogna uccidere gli animali quando si t; certi, che le sostanze abbiano manifestato T azione loro . Ma quello che più di tutto interessa è di por fuori di dubbio , che le alterazioni organiche non sono ef- fetto d'altro fuorché dell'azione dinamica delle so- stanze medesime : impresa veramente ardua , e in molti casi assolutamente impossibile , non solo per- chè vi si oppone la tante volte ridetta azione chi- mica de' controstiraoli , ma perchè questi deprimen- do l'eccitamento , lo pongono bene spesso nelle cir- costanze le piiì favorevoli a risentire l'azione de' più leggieri stimoli « Ma si dirà : come mai tante centinaja di espe- rimenti, a bella posta eseguiti per determinare l'azio- ne degli agenti esterni quando si diportano a guisa di veleni , non ci danno ancora il diritto di pro- nunciar qualche cosa di certo su questo punto ? La ragione è semplicissima . I veleni , generalmen- te parlando , troncano in breve spazio di tempo la vita degli animali , e bene spesso l'azione dinami- ca v'ha meno parte della fisico -chimica . E sicco- me , per le cose dette, nella più parte de' casi non si riscontrano ne' cadaveri che le tracce di una fio- gosi , così se argomentar volessimo da quelle l'azio- ne ignota di una sostanza, cader potremmo nell'erro- re della più parte degli sperimentatori oltramonta- ni , che credettero dotate di azione stimolante quel- le sostanze medesime , che ne posseggono una to- talmente contraria , o riguardarono siccome agenti chimici quelle che la loro prima e principale azio- ne manifestano sul principio vitale. Chiaro adunque apparisce , che dagli esperi- menti finora istituiti non si può argomentare coti G.A.T.XIX. 13 1^3 Scienze sicurezza clie V azione fisico-chimica degli agenti esterni . Della quale se noi non ci siamo occupati nelle attuali ricerche, non è già perchè le riputiamo di nessun interesse , o crediamo essere un ente im- maginario, come ai sforzano di far credere alcuni medici , ma perchè la medesima essendo sempre tale e costante , facilissimamente si riconosce e si determina . Qual' è di fatti la gran ragione per cui riesce cosi diffìcile di stabilire V azione dinamica delle sostanze? JMon altra sicuramente , che Tesser l'eccitamento , cui prende sempre di mira , sogget- to ad essere elevato o depresso . Quindi lo stesso stessissimo agente non solo può produrre efifetti pic- coli o ben marcati, ma può eziandio produrne di totalmente contrarj alla sua maniera di agire . È noto, che il tartaro stibiato, il sale amaro, ed il nitro non solo non producono sempre Temesi , la catarsi e la diuresi , ma qualche volta hanno forza j dì opporsi a tali e<^acuazioni ed arrestarle . Ma de- * gli agenti chimici non è così. Qualunque sia lo sta- to delle forze o il grado dell' eccitamento , il tan- . nino corrugherà sempre la cute, e le membrane , I Ja decozione di altea rilascerà sempre le parti , una fasciatura eserciterà sempre la sua compressione, la magnesia s'impadronirà sempre di un acido , il ni- trato di argento abbrucierà sempre i tessuti. Conchiudiamo adunque da tutte le cose dette, che le sezioni de' cadaveri che vennero pubblicate finora non ci danno gran lume per iscuoprire l'azione dinamica delle potenze esterne applicate al corpo umano. Ella però non potrà restarci equivo- i ca, se venga rintracciata colle cautele ricordate ne' 1 tre primi crilerj . I quali se taluno si facesse ardi- to a dichiarare un debole argomento quando si con- siderino isolatamente , nessuno , credo io , vi sari Materia medica 179 ctie negliì loro il valore della prova la più convin- cente ove considerar si vogliano tutti insieme . Di fatti se taluno dubitar potesse dell' azione contro- stimolante della digitale purpurea vedendo che pro- duce neir animale vivente i fenomeni che compe- tono ai controstimoli , non sa vedere quante ragio- ni gli restassero per dubitare quando vedesse , che la medesima distrugge gli effetti degli stimoli , ed accresce quelli de' controstimoli, e quando giovas se dove giovano questi , e nuocesse dove nocciono quelli. ( Sarà continuata ) , 1 2 l8o LETTERATURA Notizie intorno alla collezione di antichità egiiift- ne del cav. Drovetti , Console generale per S. M. Cristianissima in Alessandria d'Egitto , lette al^ la a. accademia delle scienze di Torino , nel giu- gno 182Ò ^ da Giulio Corderò de conti di S. Quin^ tino . AL CHIARISSIMO SIGNOR ABATE CANCELLIERI IN ATTESTATO DI SINCERA AMICIZIA. XTrima che Tesercito francese occupasse, a giorni nostri , l'Egitto , e rianimasse colà il genio per le ricerche antiquarie , e per le escavazioni , pochi , e per lo più somiglianti fra loro , erano ancora in Europa gli antichi monumenti risguardanti le arti, ]a religione e la storia di quella classica terra ; e questi in gran parte erano opere d'imitazione fatte in Grecia od in Italia ne'secoli posteriori . Dal bas- so Egitto solamente traevansi allora per lo più que* monumenti, perchè poco più oltre s'erano estese, per lo innanzi, le indagini de' viaggiatori capaci di conoscerne il pregio . Ma varcate appena le prime cateratte , e superati i confini della Niibia , dopo quella celebre spedizione , i naturalisti , gli archeo- Jogi , i mercanti , gli artisti , i curiosi si sparsero a schiere per quelle vastissime regioni , squallide ora , arse e deserte : ma animate altre volte da un popolo immenso , civile ed operoso :, coperte d'il- c/c^ ^(^Uueo ^^/ C^x/ir.ji^rtrve^' ì\f.i-j-i vv^jM-j vmsKTN iNKr^'^ -j-jM^-jsssi NNs-s-Ni ^^^J^^ ^^^ì^s^^ ■>JmnSvj'^'\ì \\M\r^ ^^^J^^4^'^ (ivmvm \t^Jvf ^J^.!M^^l NMMWN t\rj\!\!\i\j\i I\J\^^sv^J, imxkistnì mj^n-i (.\.'\N IV\i\ArJ \NN'\N\'M N f\M \I\/V\fV NAK/VVO '"nN'MNJNN'.S MnJMnIMVv! AmMM NNNi iN(MVM\Svi l^i\N \KNM\!\rNSM IM-JnM N\J\i\IM\JMS /VJMWJVM M^i > /f\/^j\] AA/vAA/v AA/ Vj" J'/x rjNTvf A \\r-j r\f^ ;\rJ^ /x^aaAa/- AAAj /\A^Av/v/ ■JfWNA fvfWVA r\]-.s\r\r\/\f^J\J 'J /w.'Aj '■J\ry> AfW.JV\A; Ay a(\a/ AJVJ'J fj-j-fj- /W-'^'^AA^VW A/^wz-j rr^j^j'j-j A/.f^/J^i^ r'j:/\ij\rj\/ atj v/ aA'^jna/"^/ A^/'\r\rSf\y^' j '\'\i\/V\r^ /NJ W\ vyv\^.~J\A/'A''y."JV hJ'J'.MxfA A/VA' «A/ /yi A/-JW/'vV-^. AAT/- Aa a'\Aa/v\aaa/v^ A/vy/y-^j / J^A/'A^/.A/^A/'^^«^^ l\rj\i\/\N\f\/\/\rj ArJ\i rj"-wj;.A AAz-v.'NA/ ^^^; vj i / i\rAj\f^^ kìv-ain f\.^.\\/J't\rjJ's /wnA/ pvAA r\t\rj\jy.\r\'\^j r /j" / V,/^y \A/>A/ Wv/N/vviX/ lAAfV (\AAA 'fJ■^J^J•y\/^J »yV\A; A/WNAf. ^A^f^v\'V /'yv^/J•^/.^t^^i ■\M Al tNS-J-i ^■JrJ'-!'IsM VJSTJ"- ^"-f'I 'f' rj-fJJ t\Msrs(^lM fsMMMvfNTO NMvfJNS r-ATJ"-! hJ^NN~J ^t^^^M IST^NJsrJ rvr>/>NW^''l JXi^ jNT^'rMxsxs vMvAi^M^ NsrTj\r-i. rj-u:rs im-n^nmsì c-m sssvs [^^^,^n taom ^mm-inim> v^jvN mmnN. inn r-N\r.i r.i-^^jM-j inS^ja rsi^j-s wtt-i ivT^NSsrwwj is^N (^-i mM^ì-jn kN-AJJ IMMVN (NTsKS-fvM^l t\Nn vSMnSM r^vfvN MJ NM\1 V-l-vSMsKTJ MsMS fiNJxM-.N \rj~.M\r3xj iM iM rj fM-f.'rjM-jNj mnwjm vai A/\Arj>j\-r rjv \r\rs^i irowAf ^7 Museo Drovetti i8il lustri città , e rinomate per mille prodigi dell' in- dustria dell'uomo, le ruine de'quali riscuotono tut- tora la nostra ammirazione , Per opera di quegli uomini intrepidi e bene- meriti delle scienze, nuovi obelischi , intiere pare- ti , pezzi enormi di soffitti coperti d'intagli prezio- si si videro , come già nell' età de' primi Cesari , passare dalle sponde del nilo a quelle del leverà , del tamigi e della senna ; le nostre biblioteche farsi ricche di nuovi libri pregevolissimi non meno per la novità delle dottrine , che per la copia e la bel- lezza delle figure intagliate; ed i musei, in pochi anni, riempirsi di colossi, statue, pitture, bassi- rilievi, papiri, ed altre somiglianti anticaglie egi- ziane , molto rare per lo innanzi . Fra queste ci ba- sti ricordare l'iscrizione trilingue di Rosetta , ed il planisfero di Benderà ; e fra quelli V insigne de~ scrizione delf Egitto , di cui abbiamo già dodici volumi atlantici , pubblicati per ordine del gover- no francese; ai quali debbono servire come di conti- nuazione le antichità della Nubia , che l'instancabile architetto tedesco il sig. Gau ha già cominciato a fare di pubblica ragione: opera eccellente, cui pos- so rendere la più favorevole testimonianza anch'io « avendo avuto il bene di esaminarne i disegni ntì portafogli stessi del cortesissimo autore , reduce dal suo viaggio . Fra que' viaggiatori vogliono però dagV italia- ni essere ricordati , con senso di particolar compia- cenza , i nomi dei sigg. Bolzoni e Caviglia . E noi piemontesi singolarmente a ninno più che al nostro paesano il cav. Drovetti , console generale per S. M. cristianissima in Egitto, dobbiamo plausi ed enco- mii per le lunghe cure da lui impiegate nel far ri- cerca , e mettere insieme la bella collezione di co- ''fS*2 Letter atura se egizie antiche , che già da più anni ei tiene in Livorno colla fiducia di vederla collocata fra noi, ad istruzione e decoro della patria sua (i). Quella sua raccolta tanto per la varietà, ed il numero de' monumenti , come per la loro rarità , è senza dubbio, nel genere suo , la piiì ricca e pre- gevole che sia ora non solo in Italia, ma ardisco dire in tutta Europa . Io ebbi piti volte occasione di vederla , ed anche nel mese di marzo ora scorso, non dirò tutta intiera , né con ponderazione ; per- chè , oltre l'angustia e l'oscurità del magazzino dov' è riposta alla rinfusa , essa è tuttora in parte chiu- sa in casse suggellate , come venne d'Alessandria . Ne ho però esaminate abbastanza le cose principa- li per poterne dare un qualche ragguaglio , se non sufficiente ad appagare il desiderio di chi si dilet- ta di questi studi , atto almeno a risvegliare negl' italiani, e ne' miei concittadini principalmente , la brama di meglio conoscere un cimelio che avrà ad essere tra poco soggetto delle loro meditazioni , e de' loro studi ^2) . (1) Dal sig. Carlo Vidua conte di Conzano, piemontese anch'esso, gio- vine di rara intrepidezza ed ingegno, di ritorno ora dall'Asia minore, dalla Grecia, dalle ruine di Balbek e di Palmira, dall' Egitto e dalla Nu- bia, noi aspettiamo vina relazione de' suoi viaggi , ed una copiosa seiie di preziose iscrizioni , non conosciute ancora , raccolta da lui mede- simo in quelle regioni barbare ed inospitali . Serviranno queste co- me di supplimento a quelle che già ne abbiamo di Pococke, Norden, ChbhuU, Walpole, Dodwell, Hamilton , Burckhardt, Gau , Caillaud, e di altri moderni viaggiatori di grido . (2) Questa collezione verrà quanto prima trasportata itj Tori- no , dove servirà mirabilmente a dar nuovo lustro a quel museo dì £Osc antiche , già ricco assai di monumenti egiziani . Di fatto il jii, Winckelmann scrivea ad un suo amico , fin da! 176^ , Il est MusEa DftovKTTi i83 Scrivendo queste cose non è mio scopo d' il- lustrare in alcun modo quel deposito di cose ra- re , né di esaltarlo con lodi soverchie e non do- vute . S'io prendessi, non dirò a ragionare , ma ad accennare soltanto ogni cosa partitamente , eccede- rei i limiti di una semplice notizia ; nò il potrei fare per la ragione addotta di sopra . Toccherò co- sì di passaggio le cose principali , ma senza pre- venzione alcuna o parzialità ; poiché , ligio alla so- la verità , ed al progresso delle scienze , posso di- re anch' io ; Mihi Galba , Otha , f^itellius nec be^ neficio , nec iniurìa cogniti. Il museo adunque che il cav. Drovetti man- dò , nel corso di questi ultimi anni , da Alessan- dria in Livorno , presso la casa di commercio Mor- purgo e L. Tedeschi , è il frutto di quindici e pili anni d'assidue ricerche , di lunghi viaggi , e di ope- razioni difficili e dispendiose, cui si è accinto con sommo coraggio quel valente archeologo piemon- tese . Sono in esso riuniti monumenti antichi d'o- gni maniera , tanto dell' alto e basso Egitto come urrlvé à Livourne vingt grandcs caisses d'anlLquités éffjptiennes quo le roi de Sardcdgne cifcdt déterrer en Egjpte. Letl.famil.il. fuc, 27. leti. 4. Nella stessa lettera egli soggiunge : IJn anglois qui voyage croit ai'oir découvert « un buste ci Twin , qui se trouve chcirgé de cara- cteres inconnus, les véritubles caracieres égyptiens, qui ont une grande affinità avec les plus anciens caracteres chinois . Il fati i>n- primer quelque chose ec. , . . . . Questo busto vedcsi veramente nel R. museo di Torino , e nel presente fervore di studi sulle an- tichità dell'Egitto sarebbe cosa sommamente preziosa: ma per ma- la sorte quella scultura in marmo nero non è altrimenti antica , ma opera di qualche moderno falsario che ha voluto ridersi degl' in- esperti antiquari . Tale è almeno il giudizio ch'io ne porlo. 'i 84 Letteratura della NuLia : vale a dire statue , busti, cippi , bas- sirilievi , pitture sulle pietre e sul legno, sarcofa- gi , mummie , bronzi , vasi , papiri , figuline , pe- si , misure , monete , pietre intagliate , codici ed iscrizioni , ed altri minori oggetti moltissimi . Fra questo gran numero di cose rare e curio" se , avanti ogni altra cosa vogliono essere accenna- te le statue , siccome quelle che si presentano le prime agli sguardi di chi entra nello stanzone do- ve qudle anticaglie sono riposte , e sono veramen- te il principale ornamento d'ogni museo . Di quel- le statue alcune sono isolate e solitarie , altre uni- te in gruppi ; molte sono intiere e eonservatissime ; altre non poche, hanno bisogno di restauri, o son ridotte a trammenti , come per tutto suol acca^ dere , Fra le statue solitarie ve ne sono ben dieìa- nove di forme muliebri con testa ferina di tal fi- gura che è riputata generalmente di leone o leo- nessa , ma ch'io direi piuttosto essere quella di un cotale scimione , già venerato dagli egizi , detto cercopiteco, od anche cinocefalo dagli antichi ( Plin. vili. e. 54» ) Sotto queste mostruose sembianze solcasi per lo più rappresentare la dea Iside, sep- pure talvolta non era anche simboleggiata così Athor o Nephtis , la Venere degli egiziani. In generale sì fatte statue di figura umana col capo di varii animali , come di leoni , arieti , vac- che , tori , gatti , cani , ibis , sparvieri , ed altri ancora , sono tenute oggi per le più rare , e pare che fossero anche le meno frequenti nelle supersti- zioni di quel popolo. Di fatto, per non scostarmi dagli esempi patrii , fra tante figure che vedonsi rap- presentate sulla tavola isiaca torinese , sole tre p «e ualtro sono così stranamente figurate , Di questa MisEo Drovetti iS3 sorte di statue se ne trovano di Javorate egualmen- te nelle tre diverse maniere della scultura egizia-* na , cioè tanto nelle due primitive , anteriore e po- steriore al dominio de' Gr£cì,, quanto in quella della decadenza , la cui differenza non isfugge all' occhio di chi ha qualche pratica in questa parte della sto»- ria della scultura presso gli antichi . Non so quindi con quanta ragione da Warburton , e da altri au- tori si vogliano elle tener per opere di un' epoca piii rimata di virsi degli argani , e vi bastarono appena gli sfor- zi riuniti di cinquanta persone. Ella è questa cer- tamente una grande statua per noi • ma che cos'è la sua mole rimpetto a tante opere gigantesche, che rimangono tuttora in tanti luoghi sul'e sponde del JVilo ; in confronto , per modo d'esempio , di quei quattro colossi che stanno avanti Je porte dell' an- tichissimo tempio d'Ybsaraboul nella Nubia, i qua- li , tuttoché sedenti , s'alzano da terra sessantacin- que piedi inglesi ; ovvero in paragone della sfinge delle piramidi , che è di un buon terzo più gran- de ancora di quelli ; o finalmente a fronte della statua del minore Memnone , del quale la sola te- sta con poca parte delle spalle, trasportata ora in Inghilterra , fu trovata pesare yentiquatlro migliaja di libbre . (a) Vengono dopo due enormi sfingi, l'una all'al- tra compagna , le quali in antico servirono probar^ bilmente d' ornato esteriore ai propilei di qualche tempio; in quella guisa appunto che le volpi quai simboli della vigilanza si figuravano sulle bocche di quelle spelunche dove gli egiziani soleano ripor- re i loro defunti imbalsamati . Alcuni di questi mo- stri sedenti o rannicchiati , conosciuti ora da noi col nome generico di sfingi , hanno la testa d'arie- te ; e tali appunto sono que' due grandissimi che Stanno come guardiani , ovvero come consiglieri , avanti le immense mine del tempio di Carnak, po- co lungi dall' antica Tebe , Altri hanno sembianze di leone o di leonessa ; e di somiglianti se ne co- («) Belzoni i'ojage voi. I face. 220 e 34o. i83 Letteuatura noscono parecchi in Italia già da gran tempo ; an- zi in questa stessa raccolta del cav. Drovetti se ne vedono cinque assai grandi anch' essi di granito ne- ro. Le sfingi di cui ragiono hanno faccia umana, e sono effigiate sotto forme maschili ; e così fatte realmente sogliono essere le sfingi più antiche di ve- ro lavoro egizio , e non opere d'imitazione , o de' secoli della decadenza. Questi mostri col busto umano sono sempre rappresentati in florida età , e privi all'alto di bar- La ; molti li hanno quindi creduti di sesso femmi- nino: ma costoro non hanno, per avventura , av- vertito che la forma del pet^o non vi corrisponde, e cha presso gli egizi era legge che i sacerdoti , e tutti coloro che nel servizio de templi si adopera- vano , dovessero aver sempre il corpo intieramen- te raso . Anche il cav. Drovetti in alcune sue note che ho vedute, accennando le altre cinque sfingi teste nominate , le ha descritte come aventi il cor- po di leone e la testa di donna. Grandissimi , come notai , sono que' due co- lossi . Non so di quali dimensioni possano essere le Varie sfingi che , in questi ultimi anni , per cura del sig. Salt console inglese in Alessandria , sono state trasportate in Inghilterra con tante altre cose egiziane : egli è però certo che nessuna fra quelle che sono in Italia ed in altra parte d'Europa , d'an- tico lavoro , può agguagliarsi alle predette . Le due più grandi che si vedono in Roma , come Winckel- mann assicura, non hanno più di dieci palmi ro- mani di lunghezza, cioè poco più di cinquantotto once della misura piemontese, quando le ragiona- te sono lunghe ben settanta once, ed alte ventotto da terra alla sommità del capo . Ma quelle che si vedono in Roma sono fatte di granilo , queste all' Museo Drovetti 189 ììicontro non sono che dì una certa pietra calcare bianca tendente al bigio , di grossa sostanza , ed assai meno dura del marmo, (i) La sua qualità molto rara nei monumenti del basso Egitto mi dk luogo a credere che que' colos- si sieno stati trovali o nella Tebaidn, dove pietre bianche calcari non mancano, ovvero nella Nubi» che dì minerali sì fatti dee abbondare , se abbia- mo a giudicarne dalle opere di scultura che ora ci sono portate da quella contrada. Io non cesserò quindi dal far voti affinchè piac- cia al sig- Drovetti d' informarci de' luoghi donde egli ha tratte le sculture e gli altri pezzi principali della sua raccolta ,, ma i monumenti scritti singo- larmente. Verrebbe egli in tal modo ad operare co- sì saggiamente come chi , collocando in un museo una lapide antica , ha cura di segnarvi sotto il luo- go dove fu trovata, ovvero l'edifizio cui apparte- neva ; senza di che le iscrizioni e le stesse scultu- re , allorché non sono tali da trarsene giovamento per le arti , quali appunto sono generalmente le egi- ziane , riescono per Io più vano ornamento de' por- tici e delle pareti. Fra gli accennati monumenti di maggior mo- le merita ancora particolar menzione un gran sar- cofago di basalle verde , il quale è munito del suo coperchio, e di ottima conservazione. La sua iun- gliezza non dovrebbe esser minore di quattro piedi piemontesi , o di tre braccia e mezzo toscane ; è or» (i) Se non erro questa pietra calcare è quella stessa uovutn da Greg. Wad tra i monumenti egizi del museo Borgiano , e cosi descritta da lui : lopU ccdcareus , suillus , Jlavcscenie -gj-iseus , qd cdbwn vergens, paiiicidis puhcndcnUs , ut vidctur , arena mirtis^ poris frcqucnlibus in ivpcr/icic . Wad.fossUia jEgypt. pag. oj. ìQO Letteratura nato di geroglifici , ed La sul coperchio una lesta di donna figurala in bassorilievo, sul fare giusta- mente di quelle che si vedono talvolta sulle casse delle mummie. La forma di quest'urna è tutta egi- ziana ; non è quadratane ovale, quali sono le an- tiche casse mortuali eiiropee : ma è foggiata su quel- la delle mummie stesse, ossia del corpo umano , e qual si conviene per contenere senza spazio super- fluo uà cadavere imbalsamato, chiuso prima nelle sue diverse casse di legno* Così presso quella nazione tenacissima delle an- tiche sue costumanze tutto era uniforme, nulla mai si alterava , in modo che i monumenti delle arti egi- ziane anteriori alle devastazioni di Cambise appena si possono distinguere da quelli degli ultirni periodi di esse arti sotto Trajano e sotto gli Antonini. Se quel popolo , come i cinesi , si fosse trovato in sì lavorevoli circostanze da poter conservare fino a' dì nostri la sua autonomìa , e sottrarsi quasi all' in- tiero suo esterminio ^ egli è probabile che , sotto I impero di Una religione così misteriosa ed auste- ra , il genio delle sue arti si sarebbe conservato sta- zionario ; e si manterrebbe forse tuttora conforme ai suoi modelli primitivi. Dalla forma adunque e dagli ornati di quel basalte inutilmente si Terrebbe indagarne e cono- scerne r età i Ciò soltanto si può ragionevolmente supporre che esso abbia altre volte servito di tom- ba a qualche consorte di un Faraone o di un To- lomeo, o ad altra donna d'alto affare in epoca mol- lo remota . Certamente questo è il primo monumen- to di questo genere che dall' Egitto sia slato por- talo in Italia . Perciò , quantunque nella maestria del lavoro non si scosti punto da quella solita , monotona , rigida, austera semplicità che è pur trop- MvsKo Drovstti 191 pò comune a tutte le opTe di quel paesp ; né sia certamente da confrontarsi colle opere di Fidia o dì Lìsippo, merita però per la sua rarità di esse- re tenuto in gran pregio . E quant' altre cose mai vi sono fra noi che pel solo parlicolare di essere rare, inutili pel rimanente, vengono pure somma- mente stimate ? Perchè quanto le urne sepolcrali erano comuni e frequenti presso gli etruschi, i gre- ci ed i romani , altrettanto furono poco adoperate sulle sponde del Nilo. L'uso d'imbalsamare e di fasciare i cadaveri, le rendeva colà meno necessa- rie ; oltre a ciò a me pare di vederne la ragione nella diversa maniera che tennero quelle nazioni nel dar sepoltura ai loro defunti. Presso tutti gli anti- chi popoli colti di Europa fu sempre uso di abban- donare alla distruzione i corpi degli estinti, o abbru- ciandoli sui roghi, o consegnandoli alla terra, fa questo modo una generazione poteva all' altra su- bentrare , ed aver luogo nel medesimo sepolcreto . Non così interveniva presso gli egizi , i quali , mossi da principii e da credenze religiose tutte proprie di loro, soleano porre ogni studio onde togliere alla cor- ruzione coi sali , cogli aromi , col bitume e col na- tro (a) i loro cadaveri non solo , raa talvolta an- cora le reliquie degli animali che riputavano sacri, per conservarli a perpetuità (i) . Perciò col volger (o) Erodoto lib. 2 n. 86. (i) Il mio dire è appoggiato all' autorità di Erodoto, il padre della storia . Ecco le sue parole volgarizzate dal cav. Andrea • Mn- Moxidi lib 2 num. 67 e 69.,, Si adducono i gatti morti a Bubastis, „ dove in sacre celle si seppelliscono imbalsamati ; i cani poi cia- „ scuno seppellisce nella città sua entro arche sacre, e del pari che „ i cani, si seppelliscono gT icneumoni .... Coloro che hanno il „ crocodilo per sacro . . . quando e morto imbalsamandolo Io se^)* fpa LkttéiìatijKA de' sècoli , non vi ddveano più essere in Egitto ne Spelunche t, né pozzi, né sepolcri abbastanza per con- tenere gl'infiniti cadaveri imbalsamati delle genera- zioni cliéi rapidamente Tana Taltra s'incalzavano. Ora se colà pure si fossero moltiplicate a pia- Cere le tombe ed i sepolcri de' privati , dove avreb- laero ancora trovato luogo i viventi ? Fu un tem- po che neir Etruria ed in Roma ogni persona auto- revole o doviziosa volea essere deposta in una cassa marmorea o di pietra , bene spesso decorata d'in- tagli squisiti * In Egitto ali* incontro convien dire che il privilegio dell' urna sepolcrale fosse proprio de' soli regnanti , ed ai soli magnati ed ai sacerdoti si concedeva di riporre i loro defunti imbalsamati dentro una o più casse di legno, a seconda del gra- do più o meno eminente che teneano nella socie- tà . Di fatto, ora che iion v' è ormai più catacom- ba in Egitto che non sia stata visitata o frugata dai viaggiatori europei , noi sappiamo da essi che fra le Inigliaja di mummie che giacciono tuttora in que' tetri soggiorni di morte, poche sono quelle che si trovano rinchiuse in casse di legno (t), e pochis- sime in sarcofagi di pietra , i quali per lo più si ritrovano collocati o nel centro delle piramidi o in j, pelliscono in sacre arche. „ (Queste arche erano di legno, come quelle in cui talvolta si chiudevano le mummie delle persone grandi* (i) Nella collezione di cui ragioniamo le mummie si d' uomi- tiJ , che di animali diversi , sono in gran numero ; ve ne hanno però da venticinque più grandi delle altre , chiuse dentro le ami- che loro custodie di legno di sicomoro , ricchissime tutte di pitture e di geroghlifici. Le quali custo'lié erano talvolta difese da due o tre altre casse parimente di legno, poste le une dentro le altre ; é di si fattamente conservate ve ne sono alcune colà tuttora intatte. Museo drovktti 193 qualche sepolcro particolare (i) . Ciò è tanlo vero che le antiche urne egiziane scoperte a nostri gior- ni non oltrepassano forse il numero di venti, e nep- pur tutte si poterono estrarre dai loro sepolcri per la soverchia angustia degli aditi. I soli coperchi , perchè minori di mole , non isfuggirono all' avidità de' spogliatori ; ed è per questa ragione probabile , mente che se ne vedono parecchi isolati nella col- lezione del cav. Drovetti, mentre ,come si disse, vi è un solo sarcofago intiero , che io perciò tengo per cosa molto pregevole . Ma è ormai tempo di passar oltre nelle nostre osservazioni . In quella doviziosa raccolta , oltre le statue solitarie , ve ne sono pure alcune unite in gruppi, e lavorate nel medesimo sasso . Un sacer- dote , fra le altre, il quale siede accanto ad altra figura sedente di minori proporzioni , merita di es- sere osservato , e per la sua altezza, e per la qua- lità della pietra in cui è scolpito , quale è di uà calcare bianco , molto duro e compatto , proprio forse delle cave della Tebaide . Ma pili d'ogni altra cosa io mi fermai a con- siderare un altro gruppo rappresentante le tre di- e sono quelle che, venendo da Alessandria, presero pratica al Va- riguano nel golfo della Spezia . Le altre , essendo state portate di- rettamente al lazaretto di Livorno , furono aperte colà, e tutte più 0 meno tagliate e malconce . Nella medesima raccolta è pur degno di molta considerazione un frammento di un altra simile cassa mor • taale per essere ornato di un vero mosaico. (t) Nelle profondissime camere sepolcrali delle due maggiori piramidi di Ghizé, i sigg. Caviglia e Bolzoni non trovarono che in ciascuna un solo sarcofago di granito . Gli Arabi erano altre volte già penetrati in que' sotterranei: ma ne aveano di bel nuovo chiu- so e nascosto l'accesso. G.A.T.XIX. i3 1()4 L E T T «~R k T V Ti k vinità più celebrate nelle superstizioni egiziane , Iside cioè , Osiride , ed il figlio loro Oros . Seggo- no queste sul medesimo soglio , col dorso appog- giato alla sua sponda ; ed intrecciando insieme le braccia Tuna tien Taltra a sé congiunta, e non fan- no che un tutto , in quella guisa appunto che i greci usarono di aggruppare fra loro le Grazie. Su quel sedile Osiride tiene il posto di mezzo ; Oros è alla sua destra , Iside alla manca . Questa dea mostrasi col capo ornato di un globo posto fra due corna di vacca , col minaccioso serpentello che le sorge sulla fronte, ed è questo il più frequente or- namento simbolico di quella divinità. Un globo sta pure sul capo ad Osiride , ma quivi è sormontalo da due penne di sparviero . Oros finalmente oltre le dette piume ha pure sulla testa un fiore , che è probabilmente quello del loto. In egual modo vedonsi pur figurati questi tre idoli nel fondo della principale grotta fra quelle dell' antica Elethyia (a) ; e sono per avventura quelle di- vinità dette per eccellenza in alcune lapidi pubbli- cate dal Montfaucon ; 6eoì àc/ieKcpot , ovvero gvìiS^o'jqi iv ' Aiyij'nrct) fleoì , cioè partecipanti del medesimo soglio. Chi nella triplice unione di quelle maggiori deità non ha pensato di ravvisare le tracce di uu mistero più sublime ed arcano, ha immaginato che la mitologia religiosa degli egiziani tutta si riferisse alle operazioni scerete , ma stupende della natura , le quali hanno sviluppo ed incremento dal concor- so simultaneo della luce , dell' umido , e del calo- re , simboleggiati sotto il nome di quegliesseri su- periori . (ft) Dascrip. de VE^yplc Ani. \fo\.\ pL 67.68. Musso BROVETTl IQS Questo bel gruppo scolpito in un solo pez^o di granito rosso , non è slato quasi punto danneg- giato dai secoli , ed offre nel suo lavoro una sin- golarità che io eredo tutta propria degli scultori egi- ziani . Alcune sue parti accessorie sono amovibili, e, mediante una tacca praticata a coda di, rondi- ne nel campo, e sugli orli di quel granito, si pos- sono staccare e rimettere a volontà : forse ad ef- fetto di poterle cambiare all' occorrenza . In si fat- to modo ò lavorata la testa d'Oros , e così pure il braccio colla' mano sinistra dell'Iside, quella con cui essa suole stringere il Tau , od altro suo di- stintivo . Il medesimo espediente vedesi pur pra- ticato nelle statue colossali che stanno avanti il gran tempio di Carnak (a) . Ma fra tante sculture di puro stile egizio che fanno ricca la nostra collezione, ve ne ha pur ta- luna di maniera forestiera : ma queste sono poche in confronto, delle altre . Nò ciò-dee recar mera- viglia , poiché sappiamo che i greci , e dopo di loro i romani , conquistando l'Egitto, anzi che vo- lerne bandire gli antichi costumi , e le religiose tra- dizioni , le mantennero con ottimo accorgimentp , e ne furono validi promotori . Così che è ormai di- mostrato ad evidenza dalle piià recenti osservazio- ni (^b) che ad essi , ed ai tempi loro si dee attri- buire una gran parte e delle sculture, e degl' im- mensi edifizi , le cui mine maestose ad ogni trat- to s'incontrano per tutta la lunghissima valle; dèi Nilo . In tutte quelle opere , siccome nelle altre de' tempi anteriori , gli egiziani non si dipartirono mai dai prischi metodi , e da quello stile tutto nazio- (a) Bekoni voy. i. 24o. (i) Lef roane . Rccherches pour servir à tliisL da rE->ypic. iS^à. ir " 106 Letteratura naie, semplice, rigido , robusto e sì poco variato, che fin dair infanzia dell'arte era invalso presso di loro . Raramente perciò in quelle contrade sì tro- vano ora sculture di stile straniero, e poche, co- me accennai , ne ha il cav. Drovelti in Livorno . Consistono quelle in sei o sette pezzi principali , tutti di greca maniera , e di greco marmo , ma as- assai malconci o mutilati , oltre le statue minori del naturale , ed i frammenti , che sono in numero anche maggiore . Evvi una Pallade di statura più grande del vero , col capo staccato dal busto , di suftìciente bontà di scarpello , ma sgraziata nelle sue propor- zioni , forse perchè dovendo ella essere collocala in luogo eminente , la sua soverchia lunghezza si dovea perdere nello scorto della veduta di chi la guardava di sotto in su . Vi si vedono due statue virili sedenti , assai ben condotte anch' esse, ma l'u- na e l'altra mancante della testa . Così pure non è senza merito il frammento di un piedistallo , ema- nato già di piccole figure e di colonnette, il qua- le dee aver servito altre volte di sostegno ad un' ara domestica , o ad una piccola mensa . Sulla sua base, come pure su quella di una delle due statue sedenti or mentovate , leggonsi due greche iscrizio- ni , di cui darò l'interpretazione in fine del presen- te articolo . Ma sopra tutte quelle sculture è bellis- sima una testa di donna velata e coronata di spi- ghe , di lavoro così niorbido e squisito che nul- la più . Quella testa per tutto altrove si direbbe es- sere quella di una Cerere: in riva al Nilo è però as- sai più probabile che rappresentasse Iside , motri- ce colà dell' agricoltura , o meglio ancora la cele- bre Cleopatra , l'ultima de' lagidi , la quale , dopo essersi fatta bassamente schiava di tutte le passio- Museo diiovstti ig) Winckelrn. Leti, fam, \oì. ii. in fine IC)S LKTTBRATtRA giofjo, io non ho veduta alcuna scultura di vero sti- le egizio , che fosse latta di marmo statuario . Po- chissime e piccole cose vi si trovano scolpite nel porfido . Tutto il rimanente si compone di grani- ti nazionali d'ogni macchia e colore; di pietre cal- caree di ogni sorta, dalle più dure e compatte fino a quelle tenere come il tufo; di alabastri, di ba- salti verdi e neri di sostanza diversa da quelli che abbiamo in Europa d'origine vulcanica ; di steati- ti, di pietre di paragone, di serpentini, ed anche di rozze pietre arenarie adoperate principalmente ne' bassirilievi destinati ad essere dipinti. Così il legno del sicomoro, e quello dell'isola di Meroe (i) so- no i pii^i comuni nelle antiche statuette , e negli altri intagli di simile sostanza , de' quali è pure ben fornita quella raccolta . Ma per un semplice ragguaglio, già si è det- to assai sulle opere della scultura , troppe più co- se rimangono ad osservarsi sulle altre parti di quel ricco museo , non meno preziose sicuramente del- le accennate. Le monete per modo d'esempio non sono colà meno di tre mila; né tra esse v'ha luo- go a temere quella perpetua monotona ripetizione che ne danno i tipi greci de'Tolomei , perchè so che il cav. Drovetti le ha scelte in un numero mol- to maggiore che già ne possedeva . Le iscrizioni greche e copte vi sono pure in qualche numero : ne ho numerate più di venti; ma ne ho potuto co- (i) Di questo legno è formato un campione metrico, ossia un cubito degli antichi egiziani , munito di varie divisioni e geroglifi- ci . Fu trovato dal cav. Drovetti , se non erro , a Mcinfi , ed illu- strato da M. Jomard. Jmtrnctl des mvans . novembre 1822. Que- ,sta misura è pure nel suo musco di Livorno » Museo drovetti igr) piare tre solamente , che aggiungerò a quest' arti- colo col loro volgarizzamento, riservandomi a dar- ne in appresso la spiegazione, o, come si suol dire; l'illuslrazione . Ma ciò che offre agi' italiani una ve- ra novità sono le pitture egiziane sul legno , ed i bassirilievi sulla pietra, tagliati a foggia di quadri, e dipinti a varii colori , talvolta con dorature , e con vernici tuttora lucidissime . In alcuni di questi quadri le figure s' alzano di rilievo sul fondo ; in altri sono lavorate nell'incavo, corae si vedono ne- gli obelischi . La loro forma è per lo più quella di un paralellogramma tondeggiante in uno de' suoi la- ti minori . I più grandi superano di poco in altez- za le due braccia toscane , cioè un metro e veuti centesimi circa . Fra un numero grandissimo di es- si io ne ho contati più di quindici, che hanno tut- tora assai ben conservati i loro colori ; uno fra gli altri è di una conservazione e freschezza mirabile . Ma tutto ciò formerà l'argomento di una se- conda lezione : intanto prima di dar fine alla pre- sente, rimane ch'io dica alcune cose ancora sopra un raro monumento scritto, ch'io giudico essere il più prezioso di tutta la nostra raccolta. E questo uno di que' cippi , o tavole per lo più di pietra , anzi di granito , coperti d'iscrizioni, alfabetiche, che innalzavansi dagli egizi per tramandare alla poste- rità la memoria delle cose più importanti ; i quali monumenti con greco vocabolo diconsi (ttIiAoih, ch'io per difetto di una voce corrispondente nel nostro idioma , mi farò lecito di nominare stele , tanto nel bumero del più , come nel singolare (i) . (i) Le stele erano veri cippi , o grosse iapirli per lo più di pie- tra , ma talvolta ancora di brónzo . Il dotto Zoega le ha confuse co- gli obelischi di minor mole ( De Orig- . et usu obclisc. pct^, 128. i5i. aoo Letteratura Quello che sono per descrivere è appunto di granito rosso della tebaide ; la sua forma è quel- la dì un paralellepipedo tondeggiante nella sua som- mità , alto once trenta di piemonte , largo dicias- 175. 676 ) ; ed il suo parere ebbe chiarissimi fautori in questi giorni. ( Lelronne. Journ. des suv. Avril. 1^7.2. pag. 211. ) Io sono di con- traria opinione , e penso che gli obelischi e le stele , per l'effetto cui erano destinati in Egitto , fossero cose del tutto diverse . Di fatto era bensì ufficio tutto proprio di quelle ricevere e conservare le memo- rie scritte in veri caratteri alfabetici; ma non era già quello de' mae- stosi obelischi , perchè lo stesso Zoega parecchi ne accenna che so- no intieramente lisci e privi, non dirò d'iscrizioni letterali, ma an- cora di que' segni ideologici detti geroglifici , che erano comuni a quasi tutti i monumenti di quella contrada . La pietra scritta tro- vata da Edoardo Riippel nell'isola di Bacco sul Nilo è nominata (rr'uAvf nel'a sua medesima iscrizione , ed ha la forma di un vero cip- po ( Le tranne Rechercheà eie. page 345. ) Cippi sono egualmente la stcle di Rosetta, ed il bel decreto degli abitanti di Busiride in onore di Nerone, scoperto dal cap. Caviglia, dove si legge : oTtiKny ^t1i\lHV. ( J'^wn» ths Savans i>ol. -x-is.. ^i3. ) . Quelle stcle che Dario piantò sulla sponda del Bosforo , coperte di scritture greche ad as- sire , erano ^eri cippi anch'esse, poiché i Bisantini , avendole di poi trasportate nella loro città, se ne valsero come di ara in ono- re deli' ortosia Diana ( Erodoto iv. n. 87. ) Nelle iscrizioni corei- resi, illustrate dal chiariss. cav. Mustoxidi (i^ol.!. i65, e II. 71. ), si trova la frase dorica cimy^x-^XI èlS (TraKxV MtìiOtV , cioè: si scriva in side di pietra; ed una di queste stele, la quale sta nel musco di Verona , non è altro che una lastra di marmo . In Ome- ro la voce ffj'nM ^ adoperata alcune volte per cippo sepolcrale , altre voIt« per certi massi su cui poggiavano le torri ; per obelischi o colonne non mai . I termini con iscrizioni , che Sesostri pose su i confini del suo impero , sono detti stele da Manetone . Vengono pure opportuni a confermare il mio avviso Smàn alla voee (^TifAv * Plutarco in Antifonte nelle vite degli oratori ^ Plinio st. naiur. ne' Museo orovetti aol selle, e grosso dieci. La sua superficie ^ con gran danno delle sue iscrizioni , è corrosa in più d'un luogo , ed è alquanto rotto e mancante dalla par- te sinistra di chi lo guarda . ( Vedi la tavola qui annessa ) . La sua facciata anteriore , la sola che ho po- tuto esaminare , essendo l'altra giacente sul pavi- mento e forse liscia afifatto , è divìsa in quattro compartimenti paralelli fra loro , e contiene una , o pili cose memorabili intagliate in tre diverse ma- niere di scrittura con segni ideologici , e con ca- ratteri alfabetici . Esaminiamo una dopo l'altra queste divisio- ni . La superiore , quella che , girando in semicer- chio , serve come di cornice a quel sasso , è oc- cupata da quel solito globo alato , simbolo forse del sole , il quale corona presso che tutti i monu- menti egiziani. Nella sola tavola bembina , or to- rinese , vi è ripetuto ben dieci volte . libri 6, e 36: e lo scoliaste antico di Sofocle ( ad Electr. v, 720. edit. Branck vcl. 3. 4o8 ), il quale definisce le stele: pietre di for- ma cubica suUe quali si scrivevano le cose memorabili . Oltre 4 ciò è ancora da notarsi che le stele per lo più si collocavano ne* templi , dove gli obelischi certamente non avrebbero trovato luogo . Questo particolare è segnato sulla stele di Rosetta ; cosi pure nel trattato del re Seleuco I. cogli smirnesi ( marm. Oxon. voL xxv. pari. 2. ari, 107 ) < In un tempio fu pure trovato da Riippel il mentovato cippo dell'isola di Bacco; per tralasciaf altri esempi in cosa fatta abbastanza chiara dalle recate autorità, che sarà facile a ciascuno di consultare . Con tutto ciò io sono lontano dal credere che dair uso de' pia antichi monumenti scritti degli egiziani , cioè dalle stelc , abbiano , col volger de' tempi , avuto origine gli obeli- schi . Anche i palagi si sono fabbricati dopo le pastorali capanne : Torrcmo noi dire per ciò che sieao una medesima cot» ? aoi Letteratura Nel secondo corapartimento , venendo in bas- so , sono scolpite due colonne di segni geroglifici, collocale fra loro nella foggia di un T. Alcuni di que' segni mostransi separati dagli altri in tanti gruppi inscritti in figure lineari ora quadrate , ora ovali , i quali sono detti cartelli dal eh. Champol- lion il minore , ed erano probabilmente destinati a rappresentare nomi propri , o voci straniere alla lingua egiziana , quando per esprimerle non avea segni ideologici convenuti . Fra gì' intervalli delle due colonne de' geroglifici sono figurati in bassori- lievo neir incavo alcuni sacerdoti in alto di pre- sentare offerte a due divinità , che pei soliti loro ornamenti , ed accessori sembrano essere Iside ed Osiride . Io terrò dunque il nostro cippo, o ffT«Air per un vr^ocrKWft* , cioè come un monumento d'o- maggio religioso , di cui abbiamo infiniti esempì nelle lapidi egizie del tempo de' lagidi ; finché per le cose in esso descritte non si farà manifesto il suo argomento , ovvero il motivo per cui fu innal- zato . Vengono dopo e sotto la precedente , le altre due iscrizioni che comprendono quasi i due terzi di tutta la facciata . Quella posta superiormente è ap- punto una di quelle scritture che Apulejo, parlan- do delle cose egizie , definiva opportunamente : li" bros litteris ignoì'abilibus praenotatos . Sì estende es- sa per undici linee, ed è composta di certi carat- teri per se stessi e per la corrosione del sasso , oscu- rissimi , che greci non sono, non ebraici, né ara- bi, né fenicii , né palmìrenì : ma che si accostano però assai più alla maniera degli ultimi due che non a quella de' precedenti . Io ho ravvisato in essi una grandissima analogia coi caratteri dei papJri delle Wuramie di Tebe , pubblicati nella grande Descrip" MCSBO DROVETTI ao3 tìon de fEgfpte dai commisstri francesi , e colle scritture che si vedono talvolta sulle casse delle mummie stesse , e sulle parti di alcuni antichi templi in Egitto , molto divene dai geroglifici : né temo di errare tenendoli per veri caratteri della scrit- tura alfabetica volgare degli ^iziani. Potrebbe taluno , piuttosto che lettere foneti- che , crederli semplici segni deologici della scrit- tura ieratica , che , siccome a ne pare , dalla gero- glifica non differisce se non pe la forma corsiva ed abbreviata de' medesimi segni omuni all' una ed all' altra . Ma io non posso essere à questo avviso, per- chè questa oscura maniera d: pingere le idee co* geroglifici , già abbiamo vedub essere stata messa in opera nella prima iscrizioni del nostro cippo ; né vedo il motivo per cui s'a'esse quella scrittura simbolica a continuare, con oratteri differenti dai primi , in questa terza divisicie della stele mede- sima . Dopo nn piccolo intervalo viene la terza ed inferiore iscrizione, tutta in letere greche ben con- formate , majuscolee continuai, senza alcuna se- parazione tra i vocaboli e le frsi , come nelle loro lapidi usarono i greci di pralcare. Essa è compo- sta di trentaquattro linee, ed essendone i caratteri assai minuti , come dal saggo qui unito si potrà giudicare , vi possono essere di centoventi lettere , o circa , in ogni linea ; di m>do che tutta l'iscri- zione ne conterrà piiì di qiatk-o mila , ed è perciò una delle piti lunghe che , in lingua greca , siensi finora scoperte in Egitto . L» linee poi ne sono co- sì vicine fra loro che quatto stanno nello spazio di un'oncia. Dopo questa breve c'escrizione vede ciascuna quanta somiglianza pasj' fra il nostro monumento 30^ LBrTBlATVRA scritto , ed il famoìo decreto trilingue trovalo dai francesi in Rosetta , sopra un cippo o stele , come si disse , simile al nostro ; e quanta nuova luce, e qual copia dì novele cognizioni sulle antichità dell* Egitto noi possiamo sperare di ritrarne , poiché tan» te già ne derivaronj da quel decreto per gli studi degli uomini dottissrai Akerblad , Ameilhon , Sacy, Young , Champollioi e Saint-Martin . In niun altro modo in fatti noi possiamo sperare di arrivare un giorno ad intenderei' antica lingua di quella con- trada , e togliere fitalmente il velo misterioso che tutti ne ricopre anora i monumenti , se non coi sussidii della lingua reca , e dei confronti che col suo mezzo noi potrmo instituire. È mirabile la relazione che passa fra le due anzidette iscrizioni .11 decreto di Rosetta fu scol- pito per deliberazioie di que' sacerdoti adulatori so- pra un cippo di dira pietra in tre caratteri diver- si, cioè sacri, del taese ossia volgari o demotici, e greci . Ciò fu re^strato nella lapide medesima , dove si legge *..,*. are^sou A/flou ro7s rs le^ols , K«i eyx^s''°'^ » •**' éAmnoìs y^xyLyLXfiv . Tutte queste condizioni si vedonc riunite nel nostro granito , e vi è serbato perfino lo stesso ordine nel colloca- mento delle tre manere d'iscrizioni . La larghezza delle due lapidi è prsso a poco la medesima : ma il decreto di Rosetta è assai più esteso che il no- stro TT^offumiix , perciè quello si diffonde per cin- quantaquattro linee, f/«TO(pvA«j(« , ìiki K^x^wn'yò^ Toy ( sic ) nro\ey.Xio\j rSv it^ìÓtùov (piAcov , v.x) K§Xiv.\jn'iio\ì viò'J , tò Koivòv rSv Avìilav à^ar'ìis evensv , v.où èvyo'iKX , ii'g ò vrxr'ti^ xvro^ c/ìixraAii 'Kocgs'yJìyiEVos é/s re fèxaiXex nTùheyiCCiov , nai rtfv àó/leAcpJv fixa-iAiva-xv Kheoirar^xv , 08OUS èiTKpxyetg , k«7 ev')(X§''<^Tovs , kx) tx Tew/a , k«i èis TÒ Ko/;'ó;' tòi' ( sic ) AvK/^Óh ìrm , ó T(3f it^ZroL rciy Terre layiMCov sv cflUxis (ps^óy^eìioSi Cornelio Froncone , quegli che fra romani di què tempi , nelle cause , 0 nella eloquenza forense por" fava la prima palma . E narra beilo incidente , a far conoscere il carattere dell'onesto cittadino , sem* (1) Noct. alt. Llb. XlTi. cap. :t%.Lib. XIX. cap. 8., etalibU (2) Hist. ronu Lib. LXIX. cap. 18. FnOMTONB DEI Mai MIJ pre ilare e disinvolto . Aveavi allora Quinto Mar- cio Turbone prefetto del pretorio , ossia ministro intimo e supremo al fianco dell' imperadore. Costui rigidissimo nell' uftìcìo , e d' altronde di quella vi- ta buona e semplice de' nostri avi» solea aprire in pa- lazzo sue giudicature talvolta prima di mezza not- te , allorché , dice lo scrittore , alcuni cominciano a darsi al sonno. Una sera, ed a notte profonda, tornando 1' orator nostro da cena , fu avvertito per un amico , a cui promesso avea 1' opera e patro- cinio suo , che Turbone già rendea ragione . Così come stava con la veste da convito , egli entra nel tribunale avanti quel ferrato Masurio ; e gli dà , non già il saluto che dovea della mattina xpcì^e , ma quello della sera vyixivs : il che appena dovet- te bastare a muovere un sorriso sul volto dell' uo- mo severissimo . JViuna maraviglia ci prenda di una tal confi- denza fra questi due personaggi .Eglino erano agnati o affini , e stretti a tutti i seguenti de' quali par- leremo , con que' vincoli di sangue , o di fattizia cognazione legale, che produceano effetti ereditar] , nuove nomenclature , e tante patrie agli antichi nobili , quanto i moderni non hanno titoli di feu- di . Conosconsi le loro arrogazìoni , adozioni, man- cipazioni e manumissioni : ma tutte insieme le con- seguenze non ne sono state finora bene schiarite dagl'interpreti più dotti delle romane leggi , o del- le antichità. Scuopriamo questo arcano dalle col- lettanee inestimabili delle iscrizioni , le quali ,a chi consultar le sappia fornito de' lumi e della espe^ rienza dovuta, porgono infallibilmente ogni più re- condita ed inattesa cognizione . Muova per prima la bella dacica muratoriana MCX.XII. i., vera ono- raria al nostro grande governatore di armi s di 2i8 Letteratura giustizia, Q. MARCIO. TVRBONI. FRONTONI. PVBLTGIO. SEVERO. Questa corregge la gruteiia- na GGGXXXVn. i; ed è confermata dalla vindo- bonense del Maflei , Mus. veron. CCXLII. 4-, do- ve solo può notarsi che un uomo sì erudito igno- rasse allora quanto ha Dione al proposito . La se- conda pesarese(i), eh' è anche muratorianaMGXlV. "7, e più sicura dal Doni , ci. V. 18. , con un Auji~ dio Turbane , pretore designato , e patrono della colonia , viene a formare un anello anche più uti- le air uopo nostro . Ella ci dà un Arrio Arriano di lui figlio : un G. ARRIVS. VICTORINVS emerge Salsulae (S?x\%o\a) in agro «irèi>2flf^e,Murat. MGGGII. i; e questi Arrj ci portano all' istesso stipite del no- me Antonino, al paese tanto insigne, posto da La- nuvio a Lorio e ad Alsio . Di fatti un altro Arrio Arriano , sepolto sotto la medesim' ara col suo at- tinente o collattaneo Quinto Aufidio Galatico , sbu- ca ora da que' terreni . Fin da Sorrento , e dalla chiesa di sant' Antonino, comparisce quest'altra , che finora crediamo inedita : M. SITTIO. G. F. FAL. FRONTONI. SAVFEIO. PROGVLO. Andia- ino debitori di essa , e di molte altre, al eh. si- gnor professore Gerhard ,la di cui amicizia ugual- mente ci onora e favorisce. Quanto avremmo a de- siderare , che fossero continuamente scorse da per^ sone della dottrina e gentilezza sua le regioni pro- prie de' vetusti ricordi ! San Girolamo , altro giudice assai competen- te , pone fra le precipue sorgenti di romana facon- dia gravitatem Frontonis . E certo molti personag- gi nelle loro avversità e giudiziali bisogne , molte città e Provincie sperimentarono l'assistenza e la (i) Oliver, Marmont pisaurensia , pag. j4- XXXIIl. FnOM'ONE DEL MaI ^IQ possa viltoriosa <]i un dotto guidato e acceso , co- me vedremo , della più santa e disinteressata mo- rale . Contro i prepolenti solo , contro quegli èvnx- rpiMi fattisi ei(rro^yÓTe^oì nróogjri alcun modo men presi di amore -verso i loro simili , egli si alzava con vio- lenza , e con queir orrore che il delitto inspira al- le anime giuste. È danno che tali di lui scrittu- re sieno perite : ma ne veggiamo le generose mas- sime consagrate in più luoghi di queste lettere , e dal discepolo suo di mente e di cuore Marco Au- relio , sul bel principio dell' aureo commentario in- torno se stes?o .Per meriti cotanto insigni , dall'il- luminato Adriano , e dal non meno perspicace , ma più schietto, e per ciò suo più benevolo Antoni- no Pio , egli fu posto assiduo e primo istitutore a queir Anniade speranza dell' impero , ed all' altro cesare Lucio . Trasfuse in ambedue la sua dottri- na, le virtù non consuete al secolo od al coman- do , ed i loro sublimi principj . Fu poi travaglia- to da continui morbi ed invalidità delle membra : per Io che da Artemidoro diceasi d o'^^^itìkoS (i) • Sostener dovette anche la strana sventura di per- dere consecutivamente cinque figli maschi , ogni volta che ciascuno di essi era 1' unico in casa . L' antichità tutta però gli rende bella testimonian- za di elevato intelletto , di anima eroica e bene-, fattrice; attesta che dopo il grande arpinate noa altri avea regnato ugualmente nell' arte oratoria, non altri avea saputo ravvivare e lasciare in Ko-' ma una schiera di valorosi suoi simili , una scuo- la che ne mantenne il nome e il decoro a se- coli seguenti . Assai più fortunato , e di graa (i) OnirocrU. L. If^. cap. 24., Geli. I}i'oci. ait. Lib. IL cap. 26, et XIX. cap. 10. aao Lk TTE n A T w n A lunga più rispettabile di quel clamoroso Seneca , ei potè vedere collocate sul seggio reggitore dell' universo le glorie del diletto Marco , glorie ch'e- rano sue , e che se furono offuscate , se furono calunniate in parte, il furono soltanto per gli ec- cessi di que' non domabili ivirxT^'iMi , contro i qua- li egli avea mai sempre inveito . L' onorata di lui Vecchiezza sarà stata composta in placido sonno fra le braccia del suo figlio di affetto ; poiché sap- piamo che questi con apposita orazione chiese per lui nel senato , ed ottener dovette , che gli si er- gesse una statua. Se l' abborrita barbarie ha po- tuto distruggere i documenti del prisco valore più ampj ed istruttivi ; consoliamoci almeno su' pre- ziosi avatizì qui raccolti , sullo spettacolo che ne risulta raro e commovente d' uomini siffatti , sulla purezza ed eterna utilità de' loro precetti ! Ebbe Frontone un amato e concorde fratello ; a cui rinvenire crediamo essersi tenuta finora una strada non atta, ed anzi totalmente opposta all'in- tento. Il terzo nome, detto abusivamente cogno- me, non era in quella età un cognatizio comune alle famiglie o diramazioni delle vetuste genti ; ma proprio e distinto in ciascun individuo , serviva solo a scernere fra loro i fratelli o cugini : ed i prenomi per ciò , tanto indispensabili una volta , erano allora pochissimo adoperati . Apransi ora i lìhtì della positiva nostra scienza ; e troveremo su- bito il cognome o terzo nome di Frontone usitato nelle genti Emilia, Clodia, Domizìa, Giulia ,Pactu- ineja , Valeria , ed altre . Né certamente meritava di essere insinuata per alcuno alla pagina XXII. r iscrizione di un Marco Claudio Frontone, figlio, se al ciel piace, di un Quinto Sura.Ellaè un più volte centesimo vitupero de' grandi e massicci di Pir* Frontone DEL Mai aai ro Ligorio ; su' quali ornai non conviene muover di- scorso a persone dì esercitato e critico sapere . Il per noi cercato fratello di Frontone esser non può altri che quel Cornelio Vittorino , di cui scrive r istorico degli augusti (i) aver tenuto la prefet- tura del pretorio, sotto Antonino Pio, dopo l'altro austerissimo durato venti anni , Gavio Massimo . Da più luoghi di queste lettere bene si scorge , che il fratello di Frontone stavasi al fianco deli' imperadore e dei cesari assai piià spesso che 1' in- fermiccio ed occupato maestro . Che più ? L'istes- so Frontone (2) palesa lutto espressamente , là do- ve dice , che il suo fratello avea conseguito sum^ mos honores , per bontà del padre de' cesari . Non altro erano gli onori sommi a que' tempi, che la presidenza del militar nerbo pretoriano , e dell' al- tissima palatina giudicatura . Sapeano i dotti , esi- stere nella basilica di san Decenzio fuori le mura di Pesaro 1' arca sepolcrale di un Marco Aufidio Fron- tone pronipote , come vi si scrive, del grande ora- tore , con tutta la genealogia sua ben registrata ; e quindi avean dedotto rettamente, la famiglia Aufi- dia ereditiera del nostro Marco Cornelio essere sta- ta pesarese (3) . Ciò si conferma da queste carte , che dicono dell' Umbria il Cajo Aufidio Vittorino, sposo della Cornelia unica figlia superstite di que- Ti) Julius Ccipilolinus , in Antonino J'io . (2) Pronto, de nepote amisso , addionis roinanae pug> 221. (5) Oliver. Marinara pisaurcnsia , pag.Zo. LXIX. , et i56. Os- servisi che in qviesta lapida , dove credevasi esser NEPOTIS per errore in vece di NEPOTI , sarà NEPOTI. C AVFIDI. VICTORI- m. Le pergamene frontoniane assicurano un tal prenome ai pro- pagatore della doppiamente nobile stirpe. a3> Lktteratuaa sto Marco . Noi rileveremo dì più , che Aufidio Vittorino dovrebb' essere stato congiunto a Fron- tone il maestro di un legame di sangue anteriore al matrimonio (2) , e forse figlio di una Cornelia di lui sorella o cugina . Fa molta forza il nome di Vittorino , che ora apparisce postogli dalla ma- dre a rinnuovare uno de' due zìi ; come le donne far sogliono, e come a'Iora potean fare anche me- glio per quella libertà del terzo nome , divenuto il vero personale. L'Olivieri non seppe trarrebuon partito nemmeno da più marmi , alcuni de' quali per lui posseduti , che dimostrano un ramo della gente Cornelia stabilito in Pesaro . Noi però con- fidati nella maggior copia de' monumenti che trat- tiamo , vorremmo provare la sorte di un passo ul- teriore , A nostro parere Publio Sittio fondatore della colonia cirtense nell' Affrica può stimarsi nativo della Nuceria umbra , delta Cainellaria o Camelia- na ; piuttosto che della Nuceria Alfaterna , situa- ta lungi da codesti paesi nella Campania propria . Rendesi per ciò molto probabile , che fra que' co- raggiosi volonlarj , or diremmo avventurieri di terra e di mare, collegatisi come avvenir suole dalla istessa provincia , ed operatori di g^sta delle quali rìsuona ancora l'istoria (i) , fessevi un Cornelio di Pesaro, provenuto dalla gente romana in al- cuna deduzione coloniale , anteriore se si vuole alla Giulia. O sarà dunque discesa da costui una nuova linea di Gornelj in Girta , i quali avranno (») Pronto , ad M. Caesctrem , lif>. IL pag: 33. et Z-]. (2) Auctor de bella africano , Appiamis cdexandrinus , Dio . €t €(iii. FnOKTONE DEL MaI 3 23 riconosciuto mai sempre i collaterali dì Pesaro , compiendo seco loro il cambio de' maritaggi , tan- to solenne presso gli antichi ; o il solo ceppo Cor- nelio della Julia Plsaurum , numeroso al consue- to de' tempi , avrà successivamente somministrato alla Julia Cirta^ nelle indispensabili continue spe- dizioni , ed i più decorati guerrieri , e quelli che da essi traevansì allora, i soggetti per la scienza e l'agiatezza piiì capaci delle civili magistrature. Né la gente Aufidia si mostra meno estesa e flori- da pei militari acquisti , o per le politiche ono- rificenze. Potremmo di più ravvisarla indigena ed umbra di prima origine. I marmi latini ce 1 at- testano sparsa per tutta la regione, cui gli um- bri conquistarono ed incivilirono persino con le arti , prodotte , come considerammo altrove , dal- la fusione de' metalli ; ciò è a dire per la miglior parte dell'Italia . Ella da Todi e da Sarsina , due capitali che ascondono la loro nascita fra la più remota caligine de' secoli , splende fino in codeste nostre natie contrade, fino in questa Roma; e da' paesi del sommo vate che scrisse , lon^e sonan- tem natus ad Àufidum^ fino in Taranto , in Dal- mazia , in Campania ed Insubria . Notisi che il nome della famiglia è formato evidentemente dal vocabolo di quel fiume ; sulT esempio delle più ve- tuste famiglie romane . Ella dopo l'epoca degli Antonini, co' quali era congiunta da più lati, ostenta per tutto preture urbane, patronati della colonia , supremi comandi militari , e consolati ; cosicché con ogni eredità de' Turboai , degli Arrj , de' Sittj , e de' Frontoni , era divenuta una fra le prime dell' impero . Leggasi presso Dione (i) , co- (i) Rom. hisl. Lio. LXXII. cap. n. 334 L E T T B U A T D n A me Cajo Aufidio , il nipote , genero , e successo- re universale in eloquenza e virtù del nostro eroe oratore, 6 (piKo'jytsyos di Marco Aurelio, sapesse dar pruove tremende di sua integrità e giustizia , tutte corrispondenti all' eroismo primitivo de' Gurj e de' Fabrizj ; come sotto quel mostro di Gommodo egli sapesse affrontarne i satelliti , fino al rifiuto di una vita benefica generosa e severa , eh' esser però do- vette in esempio sagrosanto ed eterna memoria fra i posteri suoi , là sul Sapi e sulT Isauro . Nella edizione di Milano, per le distanze grandi frapposte alle varie puntate di quelle mem- brane , e per le troppo lunghe lacune che ne ve- nivano d' intervallo , monsig. iVIaj avea dovuto se- guire una classificazione di suo ritrovato : ma in questa , essendogli stata somministrata dalle per- gamene vaticane una serie più connessa di quin- terni , ha potuto tenere quell' ordine eli' era pia- ciuto al primo raccoglitore delle materie , o com- positore del codice . Tuttavia egli confessa , che quest' ordine non è certamente cronologico , né molto ragionevole . Così , dopo cinque libri di epi- stole a Marco Cesare e giovinetto assai , dopo al- tri due air istesso Marco già imperadore , ne suc- cedono uno ad Antonino Pio, e due agli amici, che occupar dovrebbero un posto anteriore . Ciò però poco monta; purché la messe presentataci sia più abbondevole e significante ; come orora proveremo , scorrendo parte a parte tutto quanto il volume. Altra volta eraci avvenuto dì avvertire (i) , che r epoca di questi imperadori avea prodotto nella nazione quel massimo cangiamento di carat- — — — _^ — it (i) Giornale Jircadico, voi. XXXVII, gcuiiajo 1822, pag, xo&. FlVONTOJfE DEL MaI ai5 tere , quella conversione di costumi nella pluralità , di cui gli effetti furono poi decisivi e costanti per secoli e secoli ; e che per ciò una tal epoca meri- tava di essere più profondamente meditata da co- loro, a' quali piace filosofare sulle vicende e sul- le ìntime disposizioni de' popoli . Da Giulio Ce- sare fino a Trajano , con tutta la mutata] fornica di governo , ed i progressi della universal coltura , che tendevano , ma non recavano ancora , a pacifico stato ed a riposo, avea pur continuato a predominare l'Jstessa indole de' fieri tempi repubblicani, l'attitudi- ne se non l'impeto delle conquiste, una robusta sag- gezza nel morale o legislativo , non che nel militar mantenimento sul conquistato e sul mondo . Dalla le- gazione o comando della Siria comparisce improvviso Adriano ; e con esso lui veggonsi assise in trono le scienze più dolci, e persino le arti stesse della Grecia. Costui , quantunque intelligentissimo e zelante di guerresca romana disciplina , passa 1' età sua fra gli urbani uflicj , nelle cure di letterata comitiva , in peregrinazioni ed in pompe; cosicché, al dire di Sparziano , expeditiones sub eo graves nullas fiievutit , bella etiam silentio pene transacta . Suc- cedongli Antonino Pio , Lucio Vero , e Marco Au- relio , non già per sorte o diritto di famiglia , mg chiamati da varie case per iscelta o adozione deli' istesso tranquillo precessore : de' quali se le testi- monianze di personal mansuetudine e singolare vir- tù andavano pur conte a' veri dotti , elleno in que- sto libro, e quelle parimenti dell'alto e numero- so loro parentado, giungono ad una copia ed evi- denza che veramente sorprende . Di questi adun- que l'ardito ma giusto scrittore Tertulliano (i) (i) Terlid/ìaii /s , ad Scapidam. G.A.T.XIX. , i5 ìsd LlTTHRÀTV&À avrebbe potuto asserire con ragione , piucchè del mostruoso figlio di Settimio Severo , ch'erano lacte christiano educati . Egli nomò di fatti Marco Au- relio christianorum protectorem ; se ricercate si fossero le costui lettere , nelle quali germanicam illam sitim , christianorum forte militum precationi- bus , impetrato imhri , discussam contestabatur ( i ) . Dall' operato di questi grandi , che con esempio raro , ma ingenito al vero sapere , facean risplen- dere nella reggia , sul campo, in ciascun atto di civile comunanza , il celeste raggio di liberale amo- re verso tutti , e d'incredibile dolcezza e sorames- sion di costumi ; non mai dal fatto di alcun prin- cipe posteriore ; doveano i filosofanti condurre lo- ro argomenti e note intorno la vecchiaja che di- sciolse il romano impero : vecchiaja veneranda e ricca di virtù ; della quale , contrassegnata in tan- te carte d'alta sapienza , può ancora la nostra Europa raccogliere un beato frutto . E certo vale assai piti che gì' imperanti propongano nelle pro- prie persone e loro dipendenze le tracce da seguir- si per la moltitudine; di quello che mille ban- ditori di una moral perfezione da loro stessi non posseduta tentino vincere con ragionamenti e vane dispute gli uomini assorti sotto le gravi corrutte- le della social vita , e sotto le più perigliose del- le politiche ingerenze; o sperino con alcun modo dì metafisica sottigliezza renderli ciò che non so- no, ed universalmente non saranno mai. Dì un genere affatto nuovo e sconosciuto fino- ra è da stimarsi la corrispondenza epistolare, che prendiamo ad esaminare . Ella consiste in massima parte nel confidente ìntimo carteggio di uno vera- (i) Idain, f'pologelico , jxtj. 6. FaoptonK dei. Mai a2i mente studioso e buon discepolo col vecchio e ve- nerando ed infermiccio suo precettore . Non che di giorno in giorno , e più volte al giorno , s'egli- no èrà"hò distàuti di paese , ma d'ora in ora vo- lano 1 biglietti dall' uno all' altro , se nell' istesso palazzo occupazióni o malattia li divideano . Faci- le réndéasi a que' tempi la missiva , ed il tener- ne i^gistro , pel numero de' servi e liberti lette- rati , che assistevano i grandi alla dettatura ed al- la formazione degli acta diurna . Più strano può comparire ad alcuni , e forse contrario alla purità dello stile , che una orientai cortesia avesse fin d'allora modificato l'imperioso e nudo tu, figu- randolo giusta le circostanze con frater, pater, domìnus ; cosicché domina e domnula fossero appun- to la signora e signorina nostra. Non mancavano però documenti di un tale uso , per parte della epigrafia in ispecie , sempre sincera e sicura gui- da in siffatte cose . Da' saggi che leveremo del no- stro testo , ciascun buono intelligente potrà giù* dicare , se la essenziale proprietà di latino ne pa- tisse danno . Veggiamo intanto , per la più libera confes- sione de' due personaggi , di quale origine e tem- pra fosse l'amore , ond' erano stretti . Lagnavasi l'ingenuo Cesare Marco fin dalla prima epistola del primo libro , che quella sua imperiale fortuna , o piuttosto durissima necessità, non gli permettesse di accorrer subito a prestare gli ufficj tutti di figlio e di servo in verso l'infermo suo maestro . Risponde- glì questi ( pag. 4 ): Igitur,ut argumentum aliquod prolixioris epistulae reperiam ; quod , oro te , oh meritum sic me anias ? Quid iste Pronto tantum boni fecit , ut eum tantopere tu diligas ? Caput su» um prò te aut parentibus Luis devoi'it? Succedane- 33S LKTTEKA.TDIIA um se prò vestris periculis suhdidit ? Provinciam aliquatn Jideliter administravit ? Exercitum duxit ? Nihil eorum . Ne cotidianis quidem istls nfficiis ^irca te praeler ceteros Jìingitur : et imino unus vel istis infrequens , Nam ncque domum vestram dilu- culo ventitat , neque cotidie salutai , ncque uhique comitatur , nec semper una spectat. Degna di gran- de osservazione all' uopo nostro si è la epistola gre- ca , XI di questa edizione alla pagina 23 , la qua- le intitolar si dovrebbe ài'T^^T/KÓ? , e la simile se- guente ; nelle quali , per quanto escano di nuovo disgraziatamente mutile e scorrette , scorgesi trop- po chiaro , che quel severo insieme ed ameno isti- tutore cerca distogliere piacevolmente il giovanetto dalle amicizie allor di moda fra' coetanei : di che a proposito l'istorico augusteo (i) • Amavit Antoni^ nus ex condiscipuUs praecipuos senatorii ordinis Se^ ujm Fuscianuin ^ et Aujidium Victorinum-^ ex eque^ siri Baehium Longum et Calenum ; in quos maxi- me liheralis fuit. Sicuro il vecchierello dell' ascen- dente che il sapere e l'eloquenza gli davano sull'a- nimo dell' alunno , avido al sommo di queste arti veramente imperatorie, anche ad esercizio dello sti- le , a cui tutto qui tende , si dichiara contrario ed opposto a simili amatori , che troppo distraggono ; e dimostra solo se stesso meritevole di tenere quel posto : e nella seconda, per la morte, come pare, di uno de' sovra nominati ornatissimì giovani, ac- consente a sollievo di alflizione sostituirne un altro 7ei'i'a7ov a^eTW k«Ì itocicAèix.^ K(x} tu%_h , Kaì aco(p^O(TV[H Jìix- (pcpoìiTX, per \>irtà e per fortune noìi meno che per saggezza più di altri commendevole ; ma protosta insiememente , ch'egli è e sarà manifesto e grave cc^n- (0 Jul. CnpilvUnLis , in M, Aulmiìiio p.'u/o^oji.'io. Faontoìve del Mai ^»9 fXFTiis ì elle così emendar si vuole Io sbaglio dell* antico amanuense {pag. 32). A questi due pezzi, eh' ecciterebbero anche maggiore impegno , se il mal fato avesse permesso che venissero a noi con me- no d'immedicabili piaghe , monsig. Maj reca in pie* dì pagina varie congetture de' grecisti di Germania ; fra le quali una del sig. Beker { pctg. 28), da non ammettersi onninamente. Di esse però, e delle al- tre, a noi fia meglio non tenere alcun conto; non essendoci mai stato concesso vedere un esemplare di quelle edizioni o ristampe . Apparisce quindi che il solo e puro ardore della scienza e di ogni bontà infiammava quegli an- tichi uomini , posti al di là delle nostre opinioni, e de' quali ciascun monumento ci attesta il conver- sare, ed anche le più liete ricreazioni , (T\j\ì K0U(jw crocpihTe J\ikccio(t\)]I\ìTs, mi «icAoì: D'almo decoro e sapienza ornate , Di giusta cura del dover , di santo Pudor su tutto . Come già scrisse , nella triopea da noi pubblica- ta, un autore sincrono probabilmente Marcello Si- deta (1) . Passando frattanto al secondo libro, msg- giormente c'innoltriamo nelle interne stanze di quel palagio , per dignità non meno che per la possan- za degli abitatori venerando: ed ivi a nostra gran- de sorpresa la madre istessa dell' imperiale allievo tanti pregi di senno e di dottrina in se raccoglie, quanti non forse altra donna sovrana dell'antichi- tà ; e pregi sconosciuti e non encomiati finora . E questa Domizia Calvilla , figlia di Publio Calvisio» Tulio (2) , detta altresì Domizia Lucilla , e pare (1) Giornale arcadico, voi. XXXVII gcnnajo 1822. pag. 197. (.2) Da un passo di questa tdizione impuriamo , essere siitio U a3o Letteratura anche Lucilla Feri , dal nome del consorte , omo- nimo al figlio di cui trattiamo , che poi fu più no- to sotto quello di Marco Aurelio Antonino. Di es- sa rilevarono alcuna cosa ed il Visconti nelle sue triopee , e piìi. recentemente l'onorando nostro sig. Borghesi, che sostenne col grande Marini, ella es- sere appellata Calvilla una sola volta per errore del copista di Giulio Capitolino , ed il vezzeggiativo Calvilla non poter provenire dal gentilizio Calvi- sius (^i) . Ma si affretti l'omaggio pubblico all' au- gusta matrona . Quanto mai ne stimava o teme- nostro Calvisio uomo dottissimo , cerne quegli che nella su.a società avea formato l'altro luminare di que' tempi Erode Attico : e non è quindi maraviglia che la figliuola riuscisse di tanto sapere. Scri- ve Marco a Frontone, Lib. III. episf. i. pag: 64- Viniinquc eniin vesirwn prò suis cjuamcfue ineritis diligo: et scio ìllwn quidam ( Ilcrodem ) in avi rrmi P. Ccdvisii domo eritdifum , ine autem apiid fé iìTudiium . (i) Giornale Arcadico, Voi. III. marzo 1819. pag. SSg. Non forse un esempio di analogia sostener potrebbe , che questi nomi d' uso popolare andavano soggetti a troncamento ed inflessione , es- sendo per loro stessi appunto diminutiri? Grul. MCXF. 8. CLAV- DIA. QVARTILLA /dia TI. CLAVDII . QVARTINI. Sembra certo che la famosa Annia Rcgilla fosse cosi detta dal cognome Regidus di uno de' suoi antenati . QiiartìniUa e Regidilla sarebbero state affettazioni . Se chiedansi pruove di tal cosa da' gentilizi, basterà indicarne alcune su' due grandi tesori, Acilia Maniliola, Claudia Junilla , Fabia Baswnilla , VÌAvidi Cominilla, Atilia Vcdarilla, Car- aiinia Sempridla ; e le Liville , Fabulle , Scantillc , e simili , spet- tabili da due genti, sono troppo conosciute . Vorremmo per ciò aredere, che la nostra Domizia fosse detta con vero udgnoman Cal- villa da chi ne sapea la nascita , ed ella stessa legalmente , o per obbligo del suo nuovo stato , si segnasse Lucilla . Frontcne pbl Mai ii5& va il giudizio quel Frontone, che batteasi da su- periore con Erode Attico e cento altri sommi di allora ! Così egli all' ottimo suo cesare ( pag. 38 ) Epistulam matri tiiae scripsi , q uae mea impuden- tia est , ^raece ; eamque epistulae ad te scriptae implicui . Tu prior lege : et si quis insit barba- rismus , tu qui a graecis Utteris recentior es ^ corri- ge , atque ita matri redde . Nolo enim me mater tua ut opicum contemnat. Vale^ domine ^ et matri sa- vium da , cum epistulam dabis , quo libentius le- gat . Questa greca lettera qui segue immediatamen- te , fortunata del pari e per la revisione di un sì bello ingegno , e pel supplemento avuto dalle per- gamene vaticane ; due cose che la rendono più sana ed intelligibile delle altre . Molto maggiore vaghezza offre la terza che si continua , e greca anch' essa , cui Frontone già console dirigge alla eccelsa donna , che allora vil- leggiava in Napoli , insieme col buon Pio padre adottivo , e con l' esimio Cesare suo figlio . Pare che ì regnanti stassero assenti da Roma per tutto il tempo di questo consolato , che sebben breve dì due mesi , dovette per ciò essere accresciuto di tutta r autorità e la pompa imperiale . Scrive il console {pag. 44-) fli aver permesso ben volentieri alla sua moglie Gratia (i) recarsi presso la cesarea madre, (i) La gente Gra/;«, eh' è frequente anzi chp no su gli an- tichi marmi, vi comparisce per lo più scritta con due t. Grattici , come qui nel greco sotto lo scambio della T in K. Aveanvi però in antico , non meno che oggidì , coloro a' quali non piaceva raddop- piare le consonanti. Da ciò in più luoghi di queste lettere si scher- za su Gratia ma]or , e Gratia minor , o miniiscula, cioè la madre e la figlia . Questa nulla di meno era di tutta ragione una Corneliuo- tia , ch« moltiplicar dovette in Pesaro ed altrov» le dame dttte A«- a3« LzftKRXTìlKK a celebrar seco lei 11 suo giorno natalizio ; e ch'egli correrà verso qtiella volta, subito che avrà sciolto il piede dalle gravi funzioni . Avviva quindi una egregiamente imniaginata triplice schiera di dame , commendate per singolari virtù del loro sesso , le quali presentar si dovessero a festivo corteggio della principessa che le superava tutte in ciascuna vir- tù . La bellezza de' termini da lui adoperati non può gustarsi che negl' istessi felicissimi composti della lingua originale . Colloca nella terza e più ele- vala classe le «Tutpof?, quelle che accolgono gTin- feriori senza superbia o sopracciglio . Ne qui è a dirsi , che Domizia per la sua stirpe non potes- se molto andare altiera ; poiché, o ella traesse quel nome dai padre Galvisio, detto anche Domizio Tulio per nuovo patrimonio acquistato , secondo che già sospettò il Marini , o come a noi più piacerebbe , ottenuto avesse ella stessa il retaggio imperiale dì due Domi/Je Paoline, una madre e 1' altra sorel- di Adriano (i) , certo si vede che gì' istorici au- gustei , neir affermare la discendenza di Marco e da Numa , e dai re Sallenlitii , antichissimi e fa- mosi di questa Italia vera grande Grecia , le danno un vanto più che straordinario di dovizie e d' al- to lignaggio . Havvi da notarsi un raro vocabolo tiffxj'Có'yBVS , allora in uso , ed ora non ben conosciu- to nel suo primitivo significato , per colui che in- troduce gli altri al cospetto de' grandi .Non saprem- mo renderlo meglio in latino che magister admissio- num , o per alcuni marmi proximus ah admissione ; fidie da quel bravo domator de' Gatti, ed alle quali toccali saranno i derivativi di Gralil/.e , se non altri dal vero gentilizio materno • (i) Grill, ceni. 4m Fabrclf. inscripU. pu^. 666-, Spunheirt, de usic ci prao.it. nwnisin. X[. pa^: 7.-]i. FfioirTONa del Mai a35 qualora questi proximi nominati ancLe nel corpo delle leggi , non fossero i subalterni di quel pri- mo maestro di camera . — Scende poscia lo scrit- tore a voler esclusa da quelle soglie la moltitu- dine delle femmine ; intorno la finzione delle qua- li , col suo vivo e scherzevole umore , adduce Ome- ro , e lo soverchia. Quindi nel maggiore interesse 1' epistola resta mancante , come pare , di non po- co . Tanto sull'istessa fine, quanto sul principio , a queir «c/Io in senso di adhuc , risalta più eviden- te il difetto essenziale ed inevitabile ne' testi pro- venuti da pergamene riscritte o raschiate : di che toccheremo altrove le cagioni . Dalla pagina 4^. incomincia la messe ignota alle altre edizioni, e che ora comparisce in luce la prima volta dal riscritto vaticano. Questa con- tinua per tutti i seguenti libri, terzo, quarto , e quinto del carteggio frontoniano con Marco cesa- re, non che pel primo con T istesso Marco già di- venuto imperadore. Ciascun vede quanto T ampiez- za di un simile affatto nuovo tesoro interessar deb- ba i dotti dell' universo , e molto pii^i quelli di Roma , la privilegiata producitrice. Noi certamen- te non possiamo astenerci dal recare intiera la pri- ma epistola, che meglio ci contrassegna il carattere dell' autore , ed è innoltre assai raccomandata di belle notizie . Marco Caesari suo , Fiorito . Posterloribus Ut' teris tuis , citr orationem in senatu non recitai^erim requisisti . y/^ ego et edicto gratias agere domino meo patri tuo debeo . Sed edictum quidem circeu" sibus nostris proponam , cujus principium id ipsum. erit: qua die primuni beneficio maximi priiicipis ede-* rem. spectaculum gratissimum pupulo maxime que pò- palare , tempestivom duxisse gratias agere , ut idem 234 LSVVSllATURA dies . — Hic aliqua sequetur tulliana conclusio . Ora» tionem aiitem in senatu recitàbo augustis idibus . Quaeras fortasse cur tarde ? Quoniam ego nunquam primum officio sollemni quo quo modo fungi pro- pero . Sed ut tecum agere debeo sine fuco et sine ambagibus , dicam quid cum animo meo reputem . Divom Hadrianum avom tuum laudavi in senatu saepenumero , studio impenso et propenso quoque : et sunt oratio7ies istae frequentes in omnium, mani' bus . Hadrianum autem ego , quod bona venia pie- tatis tuae dictum sit , ut Martem Gradi\>om , ut Ditem patrem , propitium et placatum magis volui , quam amavi . Quarel Quia ad amandum fiducia aliqua opus est et famdiaritate . Quia fiducia mihi defuit , eo, quem tantopere venerabar , non sum ausus diligere . Antoninum vero ut solem , ut diem , ut vitam , ut spiritwn , amo , diligo ; amari me ab eo sentio . Hunc nisi ita laudo , ut laudatio mea non in actis senatus abstrusa lateat , sed in manibus ho- minum oculisque versetur^ ingratus sum etiam adver- sus te. Tum , quod cursorem fugitivum ferunt di» xisse : domino sexagena currebam ; mihi centena ut fugiam curram . Ego quoque , quom Hadrianum laudabam^ domino currebam : hodie autem mihi cur- ro ; mihi , inquam , meoque ingenio hanc oratiainem conscribo • Ad meum igitur commodum faciam , lente , otiose , clementer . Tu si et valde properas , aliter te interim oblecta : basia patrem tuum , am- I plectere , postremo ipse eum lauda , Ceterum qui" dem in idus augustas tihi exspectandum est , ut quidvis quale vis aiidias . F'ale , Caesar , et patrem promerere ; et si quid scribere vis , lente scribe . Non è questo certamente altro che il dettar velocissimo di un valentuomo , Tistesso suo par- lare , che i servi e liberti d' intorno excìpiebant f FaoNTOMB DSL Mai s35 con tutte le cose non maturate , con tutte le ri- petizioni proprie di chi non torna sulle minute . Mentr'egli inculca al discepolo di scrivere lenta- mente le produzioni d' impegno ; mentre insieme protesta di non voler tenere che alle idi d' agosto l'orazione importante di ringraziamento all' impera- dore per un consolato assunto in giugno, ed a cui dovea essere stato designato non poco prima, ei qui trascorre più di un fulmine - Il sentir tuttavia come coloro appunto parlassero , gioverà molto a' letterati ; ed agi' italiani specialmente che tro- veranno in copia modi e giaciture di loro favella . Veggasi ora , se il giovinetto nato sul Celio sapea rispondere con ugual grazia , spirito e rapidità {pag. 49- ) Qucis tu litteras te ad me existimas scripsisse ! Ausim dicere , quae me genuit atcìue aluit ^ nihil uncjuam tam jucundum tamque mellitum eam ad me scripsisse . Neque hvcfit facundia aut eloqiientia tua . Alio qui non modo mater mea , sed omnes qui spirante quod faciunt ^ confestim tibi cesserint . Sed istae litterae ad me tuae , neque di- sertae neque doctae , tanta henignitate scatentes , tanta adfectione ahundantes , tanto amore lucen- tes , non satis proloqui possum , ut animum meum gaudio in altum sustulerint ; desiderio flagrantissi- mo incitaverint ; postremo , quod ait Naevius , animum amore capitali compleverint . - Illa alia epi- slula tua , qua indicabas cur tardius orationem , qua laudaturus es dominum meum , in senatu prò» laturus esses , tanta voluptate me adfecit , ut tem- perare non potuerim ( et videris tu an temere fé- cerim ) , quin eam ipsi patri meo recitarem . Quan- to opere autem euni juverit , nihil me oportet per-' sequi ; quom tu et illius summam benivolentiam , ♦< tuarum litterarum egregiam elegantiam noris . 2 36 Letteratura Sed eop ea re longus sernio nnhis super te exor- tus est , multo multoque longior , quam tibi et quaestori tuo de me . Jtaque nec tibi dubito ibi- dem in foro diu tinnisse auriculas . Comprobat igitur dorninus me.us , et aniat caussas , propter quas recitationem tuam in longiorem diem protulisti. L' accorto ed amabile Cesare avea già ben definito queste confidenziali del suo maestro per litterac neque disertae ncque doctae ; e con tutto ciò egli , nella ardentìssima brama di acquistar dottrina , nell' affetto corrispondente che gli si ec- citava in verso il conosciuto capace d' istruirlo , ponea ad esse tanto di pregio, tanto le desiderava che nulla più . Questo affetto giunge per quelle in parte almeno fino a noi ; e dobbiam quindi gra- dirle e festeggiarle di tutto cuore . Ciò molto più, eh' elleno procedendo crescono in ricchezza e co- gnizione delle cose morali e fisiche dì questo mon- do ; ricchezza che sola forma il vero eloquente , il vero filosofo, il vero uom degno d' imperare su gli altri . Dal nostro candidato dell' augustea di- gnità si dà principio con uno squarcio , che ri- portiamo lietissimi , perchè ricorda bella proprie- tà di questo cielo romano ancora non mutato , la freschezza delle notti di estate, nella quale ap- punto scriviamo queste carte ; e ne la ricorda in guisa che coloro, i quali o non la conoscono , o la conobber breve tempo , invogliar si potreb- bero di venire a meglio esperimentarla { pag. 54 )• Caélum neapolitanum piane commoduni , sed vehe~ menter varium . In singulis scripulis hornrum fri- gidius aut tepidius aut horridius fit . Jam primum media nox tepida , laurentina : tum autein gallici-^ niumfrigidulum , lanuvinum : jam conticinnum atque matutinum atque diluculum usque ad solis ortum ^ Frontowk ukl Mai aSj gelìdum , ad Algldum maxime : exln ante merf~ diem apricum , tusculanum : tum meridies fervi- da , puteolana . jdt enim uhi sol latum ad oceanum prqfectiis , Jit demum caelum modestius , quod ge-^ nus tiburtinum . Td vespera et concubia noeta „ diim se intempesta nox , ut ait M. Porcius , praecipi» tat ,, eodem modo perseverai . Sed quid ego , qui me pauoula scripturum promisi , deliramenta masu" riana (i) congero ? Né ramicizia di questi due consisteva , co- me si potrebbe credere , in sole assidue dolcezze e sommissioni del precettore od ajo, privato cit- tadino, verso l'eccelso principe suo discepolo. L'anì- ino- di Frontone virtuoso e non venduto ad alcu- no , sapea concepire alto sdegno alla vista delle ingiustizie e delle scelleragginì di chiunque ; e sa- pea manifestarne liberamente i sensi a chiunque, non che all' istesso Cesare. In que' giorni Erode Attico , patrizio insigne per erudizione , e più per le immense sue ricchezze, o piuttosto il di lui lìgHo , Erode ugualmente di nome, che si sa essere stato vizioso e mal uomo , avea commesso un delitto di prepotenza contro poveri ed onesti sudditi . La causa ed il patrocinio degli oppres- si era pervenuto al benefico regnatore del loro . (i) Intende le collcttanee inemoriallurn di Masurio Sabino sommo giurisperito del secol d'oro. In esse delcrumcnia erano de- viazioni dalla reità, come portala natura di tali scritti. Queir e fa sentire il mezzo dittongo dell' intero e/', che ancora si ode al di là degli apennini. Se queste colleiianee ora comparissero , più che ad altri sarebbero ben care a' filologi, e ad essi solo intelligibili. Ma torse un vero filologo non è egli capace a pronunciare tria vcrba nel gius romano ; ed avendo egli mente e cuore , patrocinar non saprebbe oggidì quanto alcun migliore avvocato collegiale? a38 Lkttia k r % k k Sentasi con quale ostinazione , con qual TÌgor* degno d' eroici tempi , sostenesse il preparato fie- ro slancio dell'orazione contro i rei; mentre l'ere- ditario dell' impero pregava nella reggia , e teme- va per essi ; mentre il suo caro vergognava e rac- comandavasi per uomini a se congiunti negli stu- dj, e forse nuche in parentela, essendo egli un An- nio di nascita , ed Annia nobilissima la moglie del magno Erode (pag.Gò.) Domino meo Caesari^ Pron- to . Merito ego me devovi tibi ; merito fructus vi- tae mene omnes in te ac iuo parente constitui . Quid Jìeri amìcius , quid jucundius , quid a>erius potest ? Aufer ista , obsecro , - puerulum audacem , aut temerarium consultorem . - Periculum est piane , ne tu quicquam pueriliter inconsulte suadeas ! Mi- lli crede , si tu vis ; sin minus , egomet mihi ere" dam , seniorum a te prudentiam exsuperari . Deni' qua in isto negotio fuum consilium canum et grave , meum vero puerile deprendo . Quid enim opus est aequis et iniquis spectaculum praebere ? Sive sit iste Herodes vir frugi et pudicus ^ protelar i con- viciis talem a me virum , non est verum ; sive ne~ quam et improbus est, non aequa mihi cum eo cer- tatio , neque idem detrimentum capitar . Omnis enim cum pollato complexus , tametsi superes , com^ tnaculat . — Sed illud verius est , probum virum es- se , quem tu dignum tutela tua judicas . Quod si unquam scissem , tum me di omnes male adjlixint ; si ego verbo laedere ausus fuissem quemquam ami' cum tibi . Nunc me velim , prò iuo erga me amo- T'e , quo sum beatissimus , in hac etiam parte Con- silio juves . - Quin nihil extra caussam dicere de- heam , quod Herodem laedat , non dubito . Sed ea quae in caussa sunt ( haec autem sunt atrocissima ) quemadmodum tractem , id ipsuin est quod addu,^ Frontone dsl Mai sS^ bito , et consilium posco . - Dicendum est de homi" nibus liheris crudeliter verberatis et spoliatis , uno vero etiam occiso : dicendum est de filio impio , et precum paternarum immemore : saevitia et avaritia exprohranda : carnìfex quidam Herodes in hao caussa est constituendus . Quod si in istis crimini- bus , quibus caussa nititur , putas debere me ex summis opibus adversarium, urgere et premere ^fac me , domine optime et mihi dulcissime , consilii tui certiorem . Si vero in his quoque remittendum ali- quid putas i quod tu suaseris , id optimum factu ducam . Illud quidem , ut dixi , firmum et ratum habeto , nihil extra caussam de moribus et cetera ejus vita me dicturum . Quod si tibi vidcbitur , servire me caussae debere , jam nunc admoneo , me ne immoderate quidem usurum caussae occasione . Atrocia enim sunt crimina et atrociter dicenda , Illa ipsa de laesis et spoliatis hominibus ita a me dicentur , ut fel et bilem sapiant . Sicubi graecu- lum et iiidoctum dixero , id non erit internecivum. — P^ale Caesar ^ et me , ut facis , ama plurimum . Ego vero etiam litterulas tuas rudes amo : quare cupiam , ubi quid ad me scribes , tua manu scribas . Il sottoposto dettato volanta del giovinetto au- gusteo è a nostro giudicio un modello d'invenzione, di espressiva tenerezza, e di quel sapore antico tut- to ingenuo e franco , senza le ricercate costruzioni, proprie di altro genere . Onore al maestro , se il di- scepolo già gli si colloca sullo stesso seggio ! Dal saluto che ha prefisso , mostra bene di essere un biglietto della mattina; e mandato dalla vicina vil- la di Lorio sulla via Aurelia; poiché l'afFabile mae- stà del Cesare promette di venire in città dentro la giornata , per celebrare con visita il natalizio dell' amato vecchio , da cui riconoscea un bene assai più pr«zioso che l'impero ( pag. 73 ) . n4^ L>TTinATtA4 ìlave , mi magister optime . Scio natali die quoju^que , prò eo quoius is dies natalis est , amicos vota suscipere . Ego tamen, quia te juxta ac memet ipsum amo , volo hac die , tuo natali , mihi bene precari . Deos igitur omneis, qui usquam gentium vim suam praesentem promptam^ que hominibus praebent ; qai vel somniis , vel mj" steriis, vel medicina, vel oraculis usquam juvant at" que poUent ; eorum deorum unumquemque mihi oio- tis advoco , meque prò genere cujusque voti in co loco constituo , de quo deus ei rei praeditus facilius exaudiat , Igitur jnmprìninm Pergamei orcem ascen- do , et Aesculapio supplico , uti valeludinem ma- gistri mei bene temperet vehementerque tueatur . In- de Athenas degredior , Minervam genibus nixus obsecro atque oro , si quid ego unquam litterarum sciam , ut id potissimum ex I^rontonis ore in pectus meum commigret . Nunc redeo Romum , deosque via- les et promarinos ^i) votis imploro , ut mihi omn$ (i) Gli dei viali maggiori erano Giove, Mercurio, ed Ercole. Il primo in mezzo vedeasi dare un amplesso da superiore agli altri due . Venivan collocati lungo le strade in edicole a basso rilievo , come quelle de' Silvani ad ogni luco, o albero sacro, eh' cra'no in- finiti . In uno di questi non tanto ovvj gruppi , trovato sovra un alto e celebre macigno d' Italia , contro il ripetuto nostro avviso , il povero Mercurio cnodlo, di cui sono i simboli noti persin dalle me- daglie, si volle anni sono trasformare in Bacco. Eppure quel fon- do non avca il vanto di vitifero, tiè di dator di letizia. — I prin- cipali numi tutelari de' viaggi marittimi sembra che fossero presso ì romani Pjrtano , la Fortuna tranquilla, e Melicerta , che Virgilio con poetica libertà ha potuto cangiare in Glauco e Panopea , ed i njìtologi ed i gramolatici con maggiore libertà in aUri ed altre . Scrivonsi comunemente /)e/vnrt/'//ii; ed il /'/•o/«<'(/-ini sarà uno di quc- gl' iliotismi arcuici , do' quali abbondano le scbodc di quciti veri ai:ti"jiiarj . Frontone dil Mai a4' iter tua praesentia comitatum sit ; neque ego tam saepe tani saevo desiderio fatiger .Postremo omneis omnium populorum praesides deos , atque ipsum lu- cum , qui capitolinum montem strepit , quaeso tri- huat hoc nohis , ut istum diem , quo mihi natus es , tecum , firmo te laetoque coiicelebrem . Vale , mi dulcissim.e et carissime magister . Rogo , corpus cura , ut quom venero videam te . Domina mea &e salutai . La risposta di Frontone non può stimarsi superiore che in velocità del tratto , e concisione del momento , in cui si rispigne una schedoletta . Omnia nohis prospera sunt , quom tu prò nohis op- tas : neque enim quisquam dignior alius te, qui a dis quae petiit impetret ; nisi quod ego cum pra teprecor^ nemo alius te dignior est prò quo impetretur . Va- le , domine dulcissime . Dominam saluta . In tutta r assenza però , dopo gli atti di gentil cortesia non cessava fra di loro una vera scuola . Propo- neansi e comunicavansi le così dette gnome cioè un esercizio di stile ad amplificazione o variazione perfettamente imitata surclassici; e P'iova qui ve- dere le pruove fondate sovra Sallustio specialmen- te, eh' erasi tutto foggiato a que' severi creatori del- la lingua pili antichi e ruvidetti. Gratia ad me Ite- ri nocte venit . Scd prò grada mihi fuit , quod tit gnomas egregie convertisti : hanc quidem , quam ho- die accepi.prope per/ecte, ut poni in libro S alius tii possit , nec discrepet , aut quicquam decedat . E"o- heatus , hilaris , sanus , juvenis denique fio ^ quom tu ita proficis . Est grave quod postulalo ; sed quod ipse mihimet profuisse memini , non pot'est quin et te quoque postulem . Bis et ter eandem convertito ita ut f ecisti in illa gnonie brevicula , I^itur loìi-^ giores quoque bis ac ter comerte naviter, aiulactcr. ■ Quodcumqi.ee ausus fueris , cum iste im^cùo perii-. G.A.T.XIX. i(j ^ ■ 2^:2 Letteratura. cies . Jlt enim eum labore lahoriosum quidem ne- gotium concupisti , sed pulcriim , et rectiim^ et pau- cis impetratum. . — Cottidie ergo ex Jugurtha , aut ex Catilina . Diis propitiis ^ qiiom Romain reverte- ris , exigam a te denuo versus diurnos . Dominam matrem tuam saluta. Tutto pieno dì ugualmente bella istituzione , fatta in lontananza e per carteggio , si è lo squar- cio seguente , in cui di più troviamo le atellane prese per vere commedie latine antiche; cosa che ci vien confermata anche da altri passi del nostro originale. Alcuni autori aveanci assicurato, le atel- lane essere state scritte in lingua osca ; e tenghia- mo pure che diceansi favellare in osco appunto co- loro , i quali favellar non sapeano in latino . La difficoltà può parer grande agi' inesperti : ma riflet- tasi che una latinità alquanto più vecchia di quella de' monumenti duilliano e scipionici, comparir dee difficile quanto l'osco, l'umbro, o l'etrusco, a chi solo conosca il ripulito latino , veduto in luce dal sesto secolo di Roma . Vaglia ad argomento di ciò, che noi stessi per ischerzo di erudizione compo- nemmo già alcune latine tavolette legislatorie di ac- cademia , nelle quali ciascuna parola o era sostenu- ta da positivi esempi arcaicissimi , o foriliata se- condo le regole più strette di analogia , e de' pri- mitivi dialetti di questa Grecia d'Italia: e tuttavia persone anche molto intelligenti di buon latino , chieder soleano allora , in che lingua mai quelle fossero dettate ( pag. 82. ) . Meminlsti aiitem tu plurimas lectiones , in quihus usque adìiuc versntas es , comoedias atellanas , oratores vt-teres ; quorum aut pauci , aut , praeter Catonem et Gracchwn , ne- mo tuhani injlat • omiics autem mugiunt , vel stri' dunt potius . Quid igUur Ennius cgii , qucm legi' Frontone dex Maì 243 sti ? Quid tragoediae ad versum sublìmiter faciun- dum te juverunt ? Plerumque enitn ad orationem faciendam versus , ad versijìcandum oratìo magis adjuvat . Nunc nuper coepisti legere ornatas etpom- paticas orationes : nali postulare statim eas imitari posse . Verum , ut dixi , incumbamus , connitamur . Me vade , me praede , me sponsore , ceteriter te in cacumine eloquentiae sistam . I}ii facient , dei J^ave- bunt . Vale , domine , mi e\in(s, mi kvSvyiei , kx) Xf ófa Kxì è^Tsi^'ioc irsiBov. Matrem dominam saluta. — Quom persarum, disciplinam mcinorares^ bene baltunt ais. — — JVoterà ciascuno T antichità del verbo italiano bat- tere ^ nel senso translato ed esteso della guerra. Leggendo corae qui è posto affermalivanaente, sem- bra che il precettore lo approvi in grave e no- bile scrittura . Ma crediamo , debba prendersi con interrogativo ; e sia somme» delicatezza di riprensio- ne . L' ingenuo Cesare di fatti , nella rìsponsiva se- guente , sta bilanciando fra T esultanza e vergogno^ sa modestia . Intellego isiàm tuam argutissimam stro^ pham, quam tu quidem, benignissìme r€pperisti\ ut, quia laudando me fidem , propter egregium erga me amorem tuum , non habebas , vituperando laudi Ji~ dem quaereres . Sed a me beatum , qui a Marco Cor- nelio meo , oratore maxiìno , homine optimi , et lau- dari et reprehendi dignus esse videor ! Quid ego de tuis litteris dicam benignissimis , verissimis, amicis- simis ? Verissimis tamen usque ad primam partem libelli tui (i): nam celerà, ubi me comprobas , ut (i) Quantunque generalmente non si creda,le pistoie degli amichi erano scritte in tante brevi plagulaco paginèttc di carta, le c^aalì poi trapassate con cucitura, ed assicurate fra due tavolette , si consegna» vano a' servi . Non è quindi maraviglia, si dicessero faèellae , ed i portatori di esse fabdlurii . AppcUavanài per ciò an< he libdli . Oi a44 L^ TTBKATUKl ait nescio quis graecus , puto Thucjdides^ rv(p\ovrxt 7«r^ T« (p/Ao(7» TTE^ì tÓ (p;Aoufi6VOi' . /^ew ìm partim meo- rum , prope caeco amore interpretatus es. Secl tanti est , me non recte scribere , et te nullo meo merito , sed solo tuo erga me amore , laudare ; de quo tu plurima et elegantissima ad me proxime scrip sisti , Ego , si tu volueris , ero aliquid . Ceterum littera& tuae id effecerunt , ut^quam vehementer me amaresy sentirem . Sed quod ad «flufi/o:!/ meam attinet , nihilo minui adhuc animus meus pavet et tristiculus est, ne quid hodie in senatu dixerim , propter quod te magistrum hàbere non merear . Vale mihi , Fron-^ to ; quid dicam , nisi amice optime ? Per molti eserapj è manifesto che in que' se- coli aveavi fra il popolo una favella di uso , non già simile in tutto all' italiana d' oggidì , come al- cuni hanno opinato , ma che sentiva molto d' ita-!- liane inversioni ed idiotismi , e copiosa di voca- boli , da' quali la lingua nobile astener si dovea , un cucimento più rigoroso agli orli , Frontone ci dà questa belJ^ pruova (pa^.3j.) Versus, cjuos inihi miseras, remisi Ubi per Fi- ctorinuin nostrum ; cdcjue ita remisi ; charkcm diligenier lino tran\ sui ; et ita Unum obsignavi , ne musculus iste aliquid alitjua rima- ri posset . Nam mihi ipse de tuis hexwnetris numquam quicjucim impertivit: ila est malus ac malitiosus : sed ait te de industria ci- to et cursim hexamelros tuos recitare : eo se mcmnriac mandare non posse. Remunaratus est igitur a me mutuo . Paria haòet, ne ullwn hcnc i'ersum audlret . Meiiiini etiam tefrequentcr, ne cuujuam versus tuog osteiulerem, admonuisse . Non potcaii ilipiiigcr meglio r amenità di un accorto veci:hio , e la vivace curiosità di quel sor- celta , Aufidio tanto istruito, che divenne poi di lui genero di ere- de di tutto . Come abbiam veduto , questi era uno de' principali prediletti del Cesare ^ ed il severo filosofo mostrt-^ tli non te:nci-lo atVatto . Frontone del Mai a43 tJho di questi era battio , o batto , che riconiparir si Vede sulle memorie principali della cotanto ce- lebrata madre-lingua romana ; e da essa discende pro- prio e nobile nelle due lingue figlie , le più belle e sparse di Europa. Animati noi dalla conoscenza, che abbiamo acquistato con molto studio , di una origine patria troppo negletta finora , secondati dall' approvazione ed applauso di quanti tengono il pri- mo seggio in dottrina ed in autorità , possiamo omai promettere di pubblicare in breve novelli monumen- ti di quella madre-lingua^ che riusciranno di gran- de utilità ed onore per l'Italia nostra . E ad alcu- no , il quale attendesse ancora da noi risentimen- ti , o altro che pubblicazioni , diremo sdegnosa- mente col nostro Tullio afFricano : omnis , omnis cum polluto conflictus ^ etiamsl superes , comma ^ culai . Ascende al grado di veramente filosofico e su- blime trattato sull'arte di bene scrivere, la carta che ci si presenta ( pag. o4- ) Omnium artium , ut ego arhitror , imperitum et indoctum omnino esse prae* stai , quam semiperitum ac semidoctum,. Nam qui sibi conscius est artis expertem esse , minus ad^ temptdt {\) -^ eoque minus praecipitat . Diffidentia prof etto audaciam prohibet . At uhi quis leviter quid cognitum prò comperto ostentai , falsa Jidu" eia multifariarn lahitur . Pkilosophiae quoque disci' (j) Adiéinptat, in vece dì cidtenfcd, o atlentat , è la precisa ottografìa di tutte le carte latine de' bassi tempi , e di quelle in lingua romana , che sieno più antiche , delle quali ?,\\ scrittori na- turalmente pia latinizzavano . Pare però che ad un postillatore marginale del nostro codice quel verbo non piacesse gran fatto ; avendo egli levato la sentenza in questo modo : Minus uudet qui sa icil artis expertem . a46 Letteratura plinas ajunt satius esse numquam attigisse , quam leviter , et primoribus , ut cUcitur , labiis delibasse ; eosque provenire malitiosissimos , qui in vestibido artis obversati , prius inde averterint quam penetra» verini . Tamen est in aliis artibus ubi interdum de-' litescas ^ et peritus paullisper habeare quod nescias , Jn verbis vero eligendis conlocandisque illieo diluQet: nec verba dare nemo diutius potest , quin se ipse indi^ cet verborum ignarum esse , eaque male probare , et temere existimare ^et inscie contrectare^ ncque modum neque pondus verbi internasse . — Quam ob rem rari adwodum veterwu scriptorum in eum lahorem stu- diumque et periculum verba industriosius quaerendi sese commisere . Oratorum post homines natos unus omnium M. Porcius ^ejusque frequens sectator C. Sai- luslius '.poetarum maxime Plautus^ multo maximeque Jinnius; eumque studiose aemulatus L. Coelius ^ nec non Naevius , Lucretius^ Accius etiam , Caecilius , Laberius quoque . Nam praeter hos , partim scripto- rum aìiimadvertas particulatim eleganteis , Novium , et Pomponium , et id genus , in verbis rusiicanis, et jocularibus ac ridiculariis ; Attam in muliebri- bus , Sisefinam in lascivis , Lucilium in cujusque artis ac negotii propriis . ~ Hi e tu fortasse jamdu- dum requiras , quo in numero locem M. Tullium , ffiLt caput atque fons romana e facundiae cluet. Eum ego arbitrar , usquequaque verbis pulcherrimis elo- cutum , et ante omneis alios oratores ^ ad ea quae ostentare vellet , ornanda^ magnificum fuisse. Ve- runi is mihi videtur a quaerendis scrupulosius ver- bis procul abfuisse , vel magnitudine animi ^ velfu- ga laboris, vel fiducia (^ quam habebat) (i)^non (i) Abbiam supplito quelle due parole a maggior chiarezza • L^ antico postillaiore tronca bone, come couveni>aal suo oggetto: Frojttone del Mai sJ^j qiiaerenti etlam sibi , quae vix aliìs quaerentibus subvenirent , praesto adfutura . Itaque comperisse Sfideor ( ut qui ejus scripta omnia studiosissime le- ctitarim ) , cetera eum genera verborum copiosissi" me uberrimeque tractasse , -verba propria , transla-^ ta , simplicia , composita , et quae in ejus scriptis ubique dilucent , verba honesta , saepenumero etiam amoena ; quom tamen in omnibus ejus orationibus paucissima admodum reperias insperata aique inO" pinata verba , quae nonnisi cum studio , atque cu- ra , atque vigilia , atque multa veterum carminum memoria , indagantur . Insperatum autem atque ino- pinatum verbum appello , quod practer spem atque opinionem audientium aut legentium promitur , ita ut , si subtrahas , atque eum qui legit quaerere ipsuni jubeas , aut nullum , aut non ita ad signi- Jfìcandum adcommodatum verbum aliud reperiat . Quam ob rem te magno opere conlaudo , quod ei rei curani industriamque adhibes , ut verbum ex alto eruas , et ad significandum cidcommodes • V^C' rum , ut initio dixi , magnum in ea re periculum est , ne minus apte ^ aut parum di lucide^ aut non satis decore, ut a semidocto conlocetur . Namque multo satius est volgaribus et usitatis , quam re- motis et requisitis uti , si haec parum significent . Raccomandiamo l'attenta lettura di questo scrit- to intiero , di cui non abbiamo recato che una porzione , a lutti coloro i quali bramino appro- priarsi con sicurezza l'arte di ben comporre ; arte di cui la difficoltà si dimostra per \ istesso pic- ciol numero di quelli che felicemente riescono . ■ ■■ Tidlius caput atque fons romuncte elocjuentiae ciuci . Prociil ia- mcA (i cfuaeremlis scrupulosius vcrhis fuit ^val animi magnUudir», yvl fu^ a laLoris , \'rimO febbrajo 182?, ih pace» Varietà' 2G7 e s'ebbe il maggiore de' trionfi a cui pretender possano gli uomini quaggiù, quello cioè delle sincei-e lagrime d'una intera popolazione: le benedizioni de' poveri : le lodi de' saggi: il sospiro degli amici, e iJ nome di pietoso cristiano C d'ottimo fra' cittadini . Tali sono i colori con che l'eloquente penna del D. Teofilo Betti ha ritratta l'immagine morale del suo amico , onde farlo modello aVi- venti e a'posteri . A dimostrare poscia che il suo affetto non lo ave- va strascinato a dir più che non ne fosse intorno i talenti letterarj del Montino, ha il Betti recato in mezzo un saggio di poesie latine, nelle quali scorgesi lo scrittore tutto pieno de' numeri d'Orazio e del casto verseggiare di Virgilio. T* Osaervazif^nt Meteorologiche fatf e a'Ia Spee&la del Colle». Rom. Jgosto 1833 0 6 MATTINA GIORNO SERA Barometro ferm. Igr. Barometro Term. Igr. Barometro rerm. fgr- I 28 0 0 18 0 ^8 2 28 0 a 33 4 i5 4 28 0 0 20 0 48 2 a 28 I 6 19 3 H 2 28 t 6 24 3 30 4 28 I 4 19 5 48 2 s 28 J 6 20 0 46 3 28 1 4 3Ò 0 50 3 28 I 3 19 e 7 2 ^s 28 1 I 19 6 57 4 28 f> 9 23 ^ 06 3 38 1 0 19 5 67 / 24 38 I 4 19 9 61 2 28 I 6 24 i^ ''4 3 28 2 0 19 7 60 7 a.S 28 a 0 20 0 52 ^ 28 2 a 25 ì 61 6 28 I 0 19 5 54 3 26I 28 1 <3 20 0 5. 2 28 1 9 25 i 60 5 28 I 5 20 0 46 : 27 28 ! I 30 C 40 e 28 I I 25 3 55 ;: 33 I I 19 a 41 ■ 28 28 0 8 19 / ^7 5 28 0 8 25 1 54 - i 28 0 5 19 2 43 ' ■ 2() 23 1 I 18 ì 38 J 28 1 0 24 5 58 28 1 5 19 4 il i 3o 28 1 O 18 ' 36 : . 38 1 8 24 3 57 ( 5 28 1 9 19 e 41 i 3' 38 2 0 19 C .36 ; ì a8 2 0 25 0 52 5 28 a 1 19 i ii ì Osservazioni Metereologìche fatte alla Specola del Colle^. Fom. Jgosto 1823. ^MATTINA GIORNO SERA ì ^ ^^^_^ ^ ^^^^ „■ Meteore| Stato Eva- Stato Stato del por. Vento del Piogg. Vento del Vento i Cielo Cielo Cielo i s. i 52 /ra. I s.p.n. 0 21 l'on. I s. n. pon. 1 s. .S 0 /rfl. 0 s.p.n. lib. 1 s. pon. neb.49 1 s.p.n. 4 y pon, 0 s.p.n. pon. I m s. pon. neb./.y a n. 4 51 tra, 0 s.p.n. me. lib. 1 s. pon. neh.y ì s. 5 21 tra. I s. lib. 1 s. pò .lib. 0 neb.9 a s. 5 25 /r. Hia. I s. me. lib. 1 lib. i s.n. 5 2 mae. 0 s.p.n. pò. lib. im s.p.n. Uh. n.*9 n. 4 2 tra. 0 s. me. lib. Ini V. pon. 0 neb.*9 | s.p.n. S 21 lev. s ir. 1 m s,p.n. me. lib. I ni s.p.n. s. n. pò. lab neb.9 1 S.p. il. 6 1; WC, SI. I s. n. !ib. I lib. 0 neb.fg S s. ti 0 grec. i s. pon- I s. pon. 0 neb.fy 1 s. 4 4u gr.Icv, I s.p.n. !ib. i s. pon. 0 neb.* 9 i| s. 3 25 -/v. 0 s. me. lib. I s. pon. 0 aeb.* 1 s. ,i Xi) Ira. 0 s. pò. lib. i m f. pon. 1 n.*9. i 1 s.p.n. 4 0 («ez. 0 n. s. nie.lib. I s. mez. 0 neb.* a § s. 3 iS tra. 0 S.p.n, Ira. gr.ì s. mez. 0 neb.f 9 s. 4 10 36 ^rfl. j^r. 0 s.p.n. me, lib. im r.p.n. mei. 0 neb. * i s.p.n. .i pò. ma. 0 s.n. me. lib. I (.p.n. tra. 0 j 3 IO /r«. 0 s. lev. si. 0 s. pon. 0 1 s 3 50 tra.ffr. I s. tra.gr.. 1 s. Ira. 0 j 3 53 lra.a;r. 0 y.n. pon. 1 f. mez. I neb.* 9 2 1 s- 4 10 inez. I s.p.n. pò. lib. I s. tra. 2 1 s. 4 ^5 ^ra. I m s. Ir.ma. l s. tra. 2m 1 5 0 /ra. I s. pò. in, I s. pon. 0 neb. 4 s. 4 50 5 tra, 0 s.p.n. me. lib. I s. pon. neb.* 9 s. 4 /;-o. 0 s. tó. 1 s.p.n. mez. neb.* 9 s. 4 51 /e y. 0 s.p.n. pò. lib. 1 s.p.n. mez. neb.* 9 s. 3 0 tra. 0 s.p.n. pò. lib. I s.p.n. mez. n.*9t.9 s.p.n. 4 62 gre, 0 s.p.n. tra. 1 S' pon. s. p.n. 4 ■20 ir. ma. 0 s. pon. 0 S' mez. 0 s. 4 IO Ira. 0 s. pò. lib. 0 S' mez. 0 neb.9 Tabella dello stato del Tevere , desunto dall' altezza del pelo d acqua sul f orizzontale del mare^os servata aie idrometro di Ripetta , al mezzo giorno. A G 0 s T 0 1823. GIORNI. METRI. PALMI ROMANI. OSSERVAZIONI. 1 2 3 6,76 5,80 6,78 25. 25. 25. 9- 11. 10. 1 3 2 Altezza massima 5,8o, 4 5 6 5,76 6,76 5,75 25. 25. 25. 9- 9- 8. 1 1 4 Altezza minima 5,68. 7 8 9 5, 70 5,73 5,73 25. 25. 25. 7- 7- 7- 4 4 4 Altezza media 5,71. lo 5, 71 25. 6. 3 11 5,7'-' 25. 7- I 12 5, 70 25. 6. 0 \ò 5,69 25. 5 2 i4 i6 5,69 5,69 25. 25. 5. 5. 2 2 i6 5,68 25. 6. 0 *7 5,68 25. 5. 0 i« 5,68 25. 5. 0 »9 20 5,69 5,68 25. 25. 5. 5. 2 0 21 22 5,67 5,68 25. 25. 4. 6. 3 0 23 5, 70 25. 6. 0 24 5,68 2 5. 5. 0 25 5,69 25. 6. 2 26 27 5, 70 5, 70 25. 26. 6. 6. 0 0 28 5, 70 25. 6. 0 29 So 5,7^ 5, 70 25. 25. 7- 6. 1 0 3i 5,69 25. 5. 2 IMPRIMATUR, Si videLitur Reverendissimo Patri Mag. Sacri Palat, Apostolici. J. Della Porta Patriarcha Constantinop. P^icesg, IMPRIMATUR. Fr. Thomas Dominicus Piazza Mag. et Sue Re- vere? ni issi mi S. P. A, M, 2 73' SCIENZE Happorto del doti. Luigi Canali prof, di fisica - chi- mica nelt università pontificia di Perugia sopra i Paragrandini di Tholard , sic i vantaggi che pò s- son fare , e sulle teorie del sig. L'ApostoUe . N on si può negare, se si riguardano le molte edi- zioni , che si son fatte dell' opuscolo del sig. pro- posto Beltrami , ed il rapido esito che le mede- cine hanno avuto, non aver l'oggetto dei paragran- dini risvegliato nn certo entusiasmo nei popoli , e destata in loro la lusinga , che la fisica , la quale ha saputo non rendere più oggetto agli uomini di spavento i fulmini , potesse anche liberare le no- stre campagne da un flagello ,il quale in pochi mi- nuti toglier fa ai possidenti il risultato dei più fer- tili ed ubertosi raccolti. Un simil riparo era stato già proposto anche in Mantova fino dall'anno 1788 dal sig. aih. Antonio Pinazzo direttore di quei regi sludj , ed il risulta- to della sua dotla memoria colà recitata fu appro- vato particolarmente dalle accademie di Bigione e di Arras , cosa ignorata dal sig. Beltrami ; ma l'ap- parato da lui descritto, ed il sistema da tenersi nell' usarlo e nel disporlo , rimase del tutto trascurato e negletto . L'anno scorso peraltro , come fosse cosa nuo- va , e quasi fosse una sua scoperta , Io tornò a sug- gerire il sig. LJpostolle , e lo eseguì, tenendo un Tom. XIX 18 374 S e I S IT 2 K metodo quasi «imile a quello prescritto dal nostro fisico italiano , il sig. Tholard nella comune di Tarbes sotto gli alti pirenei . Quindi un certo di- sordine nel corso delle stagioni, indotto , per senti- mento comune degli osservatori , dalla generale per- niciosa manìa del diboscamento dei monti , con- tro del quale declamano da più anni gli agronomi , lo ha fatto accogliere con trasporto ; ed a ciò ha anche molto contribuito il piano dei paragrandini messo in varj luoghi in esecuzione, ed il sentir- ne citati dei risultati l'avorevoli che non ebbe e non potè citare a suo favore il Pinazzi , quantun- que il suo piano fosse approvato e promosso dai celebri fisici Gueneau di Montheillard , da Mor~ veaii , da Buissart , da Bertholon , e piìi recente- mente da le-Normand e da Bosc. Or volendo esaminare , se il progetto di que- sti paragrandini sia effettuabile; se dai medesimi possano sperarsi quei risultati , che si promettono dai loro sostenitori ; e se valgono realmente a sca- ricare le nubi temporalesche di quella elettricità , la quale dà origine a grandini devastatrici , non si possono qui in sulle prime dissimulare le diffi- coltà contro i medesimi afl'acciale dal sig. Pietro Matassi^ e con più fondamento estese, e dimo- strate dal sig. Bascvi in una sua memoria presen- tata ai georgofili di Firenze nello scorso maggio la quale sostiene X inefficacia di tali apparati e cer- ca di far credere che non può una pertica di poche tese , una punta metallica di pochi pollici , ed una corda di paglia distruggere una causa , la quale dominando nelle regioni dove si formano i turbini e le tempeste , sembra troppo forte per essere attac- cata con mezzi così deboli e di sì piccola energia . Premetterò peraltro , avanti di venire al puu- P A R-'A G R A I» B I If I ajS to della questione , che trattandosi di una cosa di fatto , sulla quale sono fra loro discordi i fisici per motivo particolarmente di alcune teorie addottate dal sig. V Apostolle , appoggiate ad esperienze non ben calcolate , è necessario di bene esaminare co- sa realmente si deduca dalle osservazioni ,• e che in cose riguardanti la meteorologia , più che gli studi e le riflessioni, è la pratica, il tempo, ed il confronto di esperienze con esperienze ciò che può persuadere i fisici delf efficacia di ciò che si vuol usare per rompere il corso di alcune meteo- re , e convincere i popoli delT utilità dei mezzi, con i quali si crede di dover operare . Per venir dunque alle esperienze, è certo che nessuno nega al dì d' oggi , esser 1' elettricità la causa primaria , la quale ha parte nella formazio- ne dei temporali, ed in tutti i fenomeni meteoro- logici ; che i vapori siano quelli , i quali dalla terra portano il iluido elettrico in allo dove tuo- na, e dove si accendono i fulmini; e che da un certo addensamento, che ricevono le grandi masse vaporose, derivino quei folti ed oscuri nuvoloni , che vediamo stringersi , e qualche volta anche ab- bassarsi nei tempi burrascosi. Nessuno può in secondo luogo neppur dubi- tare , per servirmi dell' espressione del rinomatissi- mo Saussurre , esser le punte come trombe , le quali cavan di sotto , e vuotano a poco a poco la materia elettrica, la quale forzatamente rimane come coacervata in riunioni di vapori , che per- duto avendo la capacità di nasconderla , la cedono perchè si spanda poi sulla terra con cui le punte comunicano, e vada a riparare lo sbilancio di un fluido , il quale a guisa degli altri non fece che ten- dere naturalmente all'equilibrio . i8* 3^(5 SCISW2C È da notarsi oltre a ciò, non esserci neppnr bisogno di molto sollevarsi dalla terra per aver segni di una elettricità , la quale cerca dove po- tersi gittare . Che co' condensatori il professor Volta potè raccoglierla anche a pochi piedi di di- stanza dalla superficie del suolo che abitiamo ; e che in alcuni casi , come addivenne nel temporale osservato da Lnnipadio a Freiberg il giorno so di gennaro dell'anno scorso 1822, ed in altri ezian- dio dei quali si anno i rapporti negli ninnali di fisica del sig. Gilbert , basta anche di mettere 1' elet- trometro comune fuori della fenestra per averne le indicazioni le più decise , e per sentirne anche il puzzo . Fissati che siano questi punti , i quali son da- ti che le esperienze pongono sotto degli occhi di ognuno, e dei quali parlano tutti gli elettricisti, conviea vedere se le punte , le quali richiaman- do a se i fulmini li disperdono con limitare ad essi una traccia , possano anche o in tutto o iu parte dissipar le tempeste , e togliercene o render- cene meno dannose le conseguenze . La miglior risposta che si possa dare a que- sta questione convicn desumerla dalla storia fisica , la quale ci farà strada a conoscer anche qual pe- so possano avere le obbiezioni fatte ai suggerimenti dei paragrandini sostenuti con tanto zelo dal Sig, proposto Beltrami ; e qual verità ci possa essere nei teoremi riguardanti la teoria del sig. V Apostolle. Il dotto fisico ed osservator Le~Normand , appartenente alla società di emulazione di lìouen , dopo di aver parlato nell' Annuario statistico del dipartimento del Tran per 1' annb XI in una sua memi ria scritta sulT utilità dei parafulmini e dei paragrandini per T agricoltura , riporta raccogliersi Paragaandiiti 377 dalle osservazioni fatte per quarani anni contìnui dal sig. Roche^ude in Alhf città della Lcnguadoca nel dipartimento di T'ran , che le tempeste , le quali erano in quei luoghi frequentissime, divenne- ro dopo r inalzamento di alcune spranghe assai rare. Lo stesso si osservò da lui anche a Sarez piccola città situata sotto il monte Nero non lon- tana da ^Ibj ; di modo che paragonando le os- servazioni fatte negli anni anteriori allo stabilimen- to dei parafulmini , con quelle le quali si fece- ro dopo la loro introduzione, trovò i turbini di- minuiti a segno, che quei temporali, che in uà egual numero di anni erano 3y , dopo che le spran- ghe cominciarono a garantire il paese , non erari che cinque . Nel Corso di agricoltura pratica di Bosc si legge air articolo grèle , che la Baviera giunse a liberar Monaco dalle continue tempeste e dai gran- di temporali, ai quali soggiaceva , con cento qua- ranta parafulmini ; e si conchiude quindi da que- sto fisico, consigliandone per quanto è possibile la moltiplicazione , e dicendo non esser impossibile, come da alcuni si crede , se non di togliere affat- to , di diminuire almeno le cause che producono tanti danni ; e quelli in ispecie che fanno trema- re gli agricoltori quando di estate ii tempo cambia , ed il cielo si annuvola . Ma eccoci alle obbiezioni , che sì fanno a que- ste difese , e che conviene esaminare , Si osserva in primo luogo, dicono alcuni , che \e pertiche del sig. Tholard hanno una piccola altezza, se si pa- ragonano alle spranghe metalliche frankliniane ; e molto più se si ha riguardo ali* altezza , nella quale nascono i temporali ; mentre se molte gran- dini riconoscono il loro principio anche nelle bas- a^3 S e I K N z K «e regioni dell' aria, molte ce ne sono ancora le quali vengono da nubi molto elevate ; a disar- mar le quali , non solo non posson giungere pun- te, di cui r altezza non va più che ad una tren- tina di piedi , ma neppur ci arrivano quelle che nelle torri e nei nostri campanili sono erette a riparo dei fulmini , ed a salvezza degli uomini . L' altra difficoltà riguarda la materia che si prescrive per iscaricar queste nubi , riflettendosi , che tanto Le Normand quanto Bosc dicono , che questa forza di allontanar le tempeste è di quei conduttori già prescrìtti fin da quelf epoca , in cui si potè con r elettricità atmosferica ripeter quello stesso che si faceva con le macchine comuni da Boze da Nullet ^ da Beccaria e da altri. La sup- posta perfetta conducibilità della paglia , asserita da Z' Jpostolle^ è contraddetta dalle stesse sue esperien- ze, come costa dalla citata memoria del sig. Ba- sevi riportata nel num. 3o dell' antologia di Firen- ze alla pag. 187 ; dall' esperienze dello stesso /^o/- tó ; e da quelle che nella Rivista enciclopedica dell anno 1832 , la quale si stampa a Parigi , cita il £ig. Cozzi . Riguardo alla prima delle due obbiezioni , pa- re che vada avvertito non esser necessario che queste macchine, le quali in Inghilterra non si alzano più di due metri , siano come quella con cui Saussurre credette di salvare la sua abitazione, e che sorgeva su di un' altissimo pino fermato nel punto più elevato della sua casa . Si è notato di sopra , che un' elettricità sbilanciata si trova an- che in quell'aria che noi respiriamo; che è mol- to forte nei tempi burascosi ; e ciò è anche con- fermato dalle numerose esperienze fatte dal pa- dre Beccaria con i suoi così detti aquiloni volanti; Paragrandini 279 e dall' elegante apparato, col quale Saussurre sles- so potè avere un elettroscopio nella sua camera, il quale indicava a lui di ora in ora le giornaliere alterazioni che avvenivano nell' atmosfera , e che dava ad esso Tavviso tutte le volte, che una nu- be carica o passava o si avvicinava al suo ap- parato . Lo stesso è dimostrato anche dal grandio- so apparato dell'inglese Grosse, il quale giungeva air estensione di un miglio , e con cui esplorava i gradi , ed i successivi anche momentanei cangia- menti ai quali soggioceva quelT elettricità , che ora manca , ora ridonda nell' aria . Or quantunque dimostri l'osservazione in ispe- cie fatta da Saussurre rapporto alle nubi, le quali passavano sopra alla sua abitazione , che la sfera di attività delle punte non è poi così limitata e ristretta , come suppongono alcuni ; e potersi anche inferire che certe strisce di vapori , le quali resta- no sparse, e come natanti nell' aria, indicate dal vario serpeggiamento che mostran le folgori nel cadere , possono eziandio connettere questa punta con le nu- bi più lontane , e cundurle ad attaccar quei nem- bi , dei quali senza questo ajuto bever non potreb- bero la minacciosa elettricità sfolgorante, da cui so- no investite ; sarà non ostante da esaminarsi se pos- sono queste punte giovare allo scopo anche nel ca- so che non altra elettricità distraggano che quella che domina, e che si trova poche braccia al di so- pra di noi . Per andar però con ordine in queste indagini* convien concedere ai sig. Charles , Gay-Lussac^ e Biot, membri dottissimi dell'accademia francese, che la potenza in genere di scaricare l'elettricità atmo- sferica , e d'involarla ai vapori è un carattere di- stintivo dei metalli ; che con questi il torinese prof. a8o S e I X N X E Gardini potè dai vapori che dominavano un cerfo suo orto sottrarre il Audio elettrico , che raccoglie- vano ; e togliendolo così tre anni di seguito a quel- le piante, che in grazia sua fiorivano e fruttificava- no , vederle languire e non altro dare che foglie. Aggiungerò di più che gli slessì para grand ini ^ dei quali parla la memoria del mentovato sig. Pinazzi aver dovevano non un corda dì paglia ^ ma un cor- done di rame formato da più fili attortigliati insie- me, il quale scendendo lungo il palo , o lungo f al- bero cui il palo stesso era racconiamlato , doveva internarsi noi terreno umido, e fare da conduttore. Da nessuno si è parlato di paglia o di altro , quan* do si è trattato di dare una legge , o di divergere dalla sua strada un elettricità condotta fuori dal suo stato naturale ; ed è senza dubbio un' errore del sig. V Jpostolle , come si nota nella seconda obbie- zione fiitta ai suoi p ara grandini ^ il dir che la yoa- glia eguaglia, e che forse anche supera la conduci' bilità del metallo . L'esperienze fatte nel granduca^ le gabinetto fisico di Firenze son decisive ; e la mancanza di non aver fatte prove di confronto ha illuso il fisico francese ed il sig. proposto Beltra- mi , che ha creduto di dover prestar fede alle sue assertive e di seguir le sue traccio . Si conceda pertanto pure esser la paglia un corpo pel quale l' elettricità scorre difficilmente , e si cerchi se anche ad onta dell' osservazioni , le quali dimostrano il difetto di questi condutto- ri , debbono o nò del tutto trascurarsi i pa- ragrandini , che ora si propongono : se la piccola conducibilità dei culmi delle piante graminacee e cereali sia stata mai applicata all' uso dell' espe- rienze elettriche ; e di esperienze, le quali potreb- bero avere qualche relazione con quelle , a cui PARAGIlAirBlKl 2Bi scmLra ora destinata la corda del sig. V /4postolle. Il celebre professor yolta , tanto benemerito della scienza elettrica e di tutta la meteorologia, il quale molto prima che ciò si conoscesse in Fran-» eia vide una certa conducibilità nella paglia^ e ne determinò il grado , è stato quegli che lo ha fatto . I suoi micro-elettrometri , destinati a misu- rare le pili piccole elettricità , erano formati da una ghiera di metallo , sopra della quale potè annet- tere un disco similmente di metallo per ridurlo ad uso di condensatore ; ed avendo questa ghiera dalla parte opposta un piccolo cilindretto^ il qua- le s' internava in una campana di vetro, teneva questo dentro la medesima sospese , mediante due anelletti , due lamine di paglia ben secche, lunghe tre o quattro pollici. In queste vedeva esso qua- si istantaneamente passare la carica , alla quale si assoggettava il disco soprapposto alla campana ; e per quanto fosse piccola T elettricità comunicata al disco , osservò diverger le paglie di molti gra- di , tanto se un' eccedo nel disco conduceva una nuova dose di elettricità nelle paglie , quanto se un difetto in lui quella richiamasse, che le paglie stesse avevano naturalmente . Tolto dal professor Volta al suo elettrometro il disco , sostituì al medesimo un aUa acuminata Metallica , come aveva fatto Saussurre , accese un lume , ed anche un solfino alla sommità di que- sta verga, e col solo alzare semplicemente con la mano questo piccolo apparatino da terra fino che la sua base giungesse al livello degli occhi , le paglie alla piccola elettricità , che potevan racco- gliere con mezzi in apparenza così poco efficaci, da- vano una divergenza quando di 5 , quando di 8 , e fin di 12 gradi. L'esperienza T aveva fatta, an- a8a S e I K if z E che prima di F'oìta , Saussurre : né altro indus- se il solfino , die ci unì Volta ^ che estendere Tat- tività della punta , crescer le cariche , ed aumen- tare la divergenza in seguito delle due paglie me- desime . Or se la paglia si opponesse a qualunque elettricità ; se il metallo trovasse in lei , come si è detto , un' ostacolo per prenderla ; e se trovasse così un' obice invincibile per trasfonderla, come potevan divergere le pagliette di guest' elttrometro per effetto di una elttricità simile acquisita , e non propria di loro ? Non so , se dopo tutto questo si possa rav- visare gran differenza fra il metro-elettrometro del professore Volta , ed i paragrandini del sig. \J Apo~ stolle : particolarmente se saran ridotti a quel si- stema , a cui li ha ridotti Tholard , e secondo il quale li ha messi in pratica . Sono e l'uno e l'al- tro armati da una punta metallica ; l'elettricità , che questa in amendue assorbisce dal mezzo, si trasfon- de egualmente d\\e paglie-^ e le paglie^ che nell' elettro" metro di Volta sono sospese in aria , e sono isolate, devergono ; a differenza poi della corda , che nei paragrandini di Tholard la riconduce sul suolo , da cui è partita , nella guisa stessa che fanno le due pagliette di Volta , quando vanno a toccare le pa- reti della campana dentro alla quale son chiuse. Ecco pertanto il fatto , il quale m'induce a cre- dere, con tutte le non favorevoli esperienze instilui- te , che siffatti nuovi scaricatori dell' elettricità tem- pestosa siano per produrre il loro effetto , e che non debba essere un' inutile tentativo il cimentarli, ed una spesa affatto inconcludente l'occuparci qual- che paolo. Né già son io di opinione , se mi si di- manda di quale elettricità si possano impadronire , Paraorandini a85 che questa sia quella , come già ho accennato , U quale direttamente forma una nube tempestosa , co- me sembrano fare in alcuni casi le spranghe me- talliche, frankliiùane . Secondo quello che a me. sembra di vedere , credo, che i nostri paragrandini operino in un'altra elettricità, o per dir meglio, che abbiano già agito, quando i vapori sì adden- sano in nubi , e preparano un temporale . In fatti abbiam già osservato , esser molta r elettricità , la quale si vede dominare anche ne- gli strali bassi dell' aria , e dopo che Franklin as- soggettò la meteorologia alle leggi, che l' elettrici- smo appalesa nei nostri gabinetti ; che Monier , conosciuta la costante elettricità a del sereno^ pre- vide un certo tal qual periodo giornaliero rapporto alla medesima, messo poi l'uno e l'altra fuori di ogni quistione dal più volte citato professor Bec- caria ; la scoperta dell' elettricità indotta dall eva^ porazione , negativa rapporto al corpo da cui i vapori si sollevano , e positiva poi nell' aria dove i vapori per la perdita del calore si addensano , e vanno a ricevere un certo tal quale ristringimento, è stato il passo più grande che ha potuto aver fatto la meteorologia. Si potè quindi ridurre ad esperienza nei nostri gabinetti il come tanta elet- tricità fulminante si potesse accumular nelle nubi; s' intese la ragione per cui nei mari , e nei paesi i quali sono ad essi vicini, i temporali siano den- tro r anno in maggior numero ; non fu più un mistero X elettricità trovala sempre positiva , quan- do il cielo non è nuvoloso ; esserci nei fenomeni atmosferici quel periodo elettrico di sopra accen- nato , ed prendere l'elettricità un certo vigore do- po il tramontare del sole, e indebolirsi , e passar anche ad esser negativa al levarsi del medesimo 9 a84 S e I t N 2 e iti tempo di pioggia ; e nei luoghi dove succedono grandi cadute di acqua . Questa elettricità , la quale è sensibile agli elettrometri per poco che questi s' inalzino, come abbìam detto aver veduto F'olta , Saussurre , ai quali Eandi ^ p^assaìli ed altri si potrebbero aggiun- gere, questa elettricità è quella , che prendono iyoct- ragravdini tholarcliani , come la prendono gli elet- trometri a pagliette chiusi in campane, e lasciali air aria : e subito che i vapori carichi di fluido elettrico a spese dei corpi evaporanti capaci son di lasciarlo alle punte metalliche o in parte , o ia tutto nel tempo che l' aria gli spinge in alto at- teso la specifica loro leggerezza ; che questo fuo- co , il quale tende all' equilibrio , dalle punte, co- me succede nelT elettrometro a pagliette , può tran- sitare alla corda di paglia^ e per mezzo di que- sta tornare a quei corpi dai quali i vapori T haa preso ; e subito finalmente che queste punte ne possono in certo modo aiterare i cambiamenti ed il periodo stesso, in grazia del quale si mostra nel- la giornata o accresciuta ©diminuita, minore do- vrà essere 1' elettricità , che negli spazi dove si slancia con fulmini e tuoni porteranno i vapori ; più debole eziandio saranno le cause, le quaii oc- cassionano le tempeste ed ì temporali ; e meno ancora se ne avranno da temere le conseguenze . JYon prenderò qui ora T impegno di dimostra- re , se questi paragrandini così armati si potessero mai paragonare ai condeìisatori awltiam., nei qua- li da un corpo semi-coibente , come sarebbe un pa- 710 di marmo , una vernice a spirito , od un taf- fetà incerato , nel qual luogo noi avressimo la cor^ da di paglia^ si vedono facilitate ed ingranditele «cariche delle elettricità più deboli , e quelle le IParacrandini aSj quali sono insensibili a qualunque altro apparato . Potrebbe , se ciò fosse , la paglia indurre un cer- to bilanciamento fra le atmosfere elettriche-^ quin- di le cariche di pressione ^ che dovrebbero aver luogo fra la punta e la terra , potrebbero anche aumentare la capacità delle punte , e render così in queste maggiore lo scarico dell' elettricità va" porosa . JVon so se si possa dare a questa mia rifles- sione alcun peso : in ogni modo meriti o no la medesima qualche riflessione , poco interessa le no- stre ricerche , e la quistione che andiamo esami- nando, il deciderlo . Quello che molto interessa , perchè da questa specie di spranghe elettriche dei genere dei micro-elettrometri a pagliette di Volta si ottenga lo scopo , a cui son dirette , è di far sì che le medesime siano spesse-^ che sian /?zo/- tó, e che occupino una grande estension di paese . Poche non son capaci di render talmente povere dijiuido elettrico le cariche temporalesche dei nem- bi procellosi ^ onde impedire fra nube e nube quel- le cariche dette di pressione , le quali inducendo fra le pia alte e le più basse elettricità oppo- ste , contribuiscono allo spossamento dei fiocchi m'i»ei , air ingrossamento dei globi grandinosi con una specie di danza elettrica , ed a renderne più dannosa anche la caduta . Con tutto questo però uno s'illuderebbe, né ciò va negato, se opmasse di così eliminare il pericolo di qualunque tempesta grandinosa . Non si creda , scriveva il professor Toaldo parlando nel suo Avviso al popolo dei conduttori frankliniani- di ottenere con tali mezzi un' intera sicurezza , e di divertire assolutamente ogni danno . Quando nei fiumi r escrescenze sono esorbitanti , son vinte an- a85 S e I K N X B clie le meglio costruite arginazioni , e non ci è argine o sfogo che basti . Lo stesso si dica dell' elettricità atmosferica, e particolarmente di spran- ghe che debbon far fronte a tempeste ed a tor- renti di un fluido attivissimo . Si noli a conferma dì tutto questo , che al- cuni nembi procellosi e fulminanti sono traspor- tati da lontano sopra qualche provincia da venti impetuosi , da uragani , i quali scorrendo con mo- to vorticoso lungo tratto di paese sbarbican pian- te , atterran case e dovunque passan lascian rovi- ne . Altri turbini nascono nei luoghi stessi dove infieriscono , e dove rovesciano diluvi d' acqua e di grandini , come è provato da un certo perio- do nei temporali e nel loro ritorno, del quale in una dell' ultime sue memorie rende ragione il prO' fessor frolla . Per questi possono essere utili i no- stri paragrandini con togliere quelT elettricità che preventivamente dalla terra dee andare co' vapo- ri a rigurgitare in alto nelT aria ; e questa è la ra- gione per cui quanto più si estenderanno in nume- ro ed in ampiezza di paese, tanto più si potrà "viver quieti su loro . Ma per i primi , cioè per quelle nubi le quali portan seco un turbine già for- mato, non potran fare lo stesso . È un voler trop- po loro attribuire il credere che possano scompor- re una grandine già formata , ed annientare un tur- bine il quale non altro ha da far che cadere . Forse di questa specie fu quello , il quale per- cosse nelle vicinanze di Milano i monti di Brianza e di Lecco , con tutto che fossero armati e muni- ti di paragrandini come nota nella dotta sua memo- ria il sig. Basevi ; e ciò pare che l'osservasse an- che il Le Normand , come abbiam veduto di sopra , il quale dopo r introduzione delle spranghe notò 1>ARA0RA»DÌN1 ^Bj esser di mollo diminuite le tempeste nel territorio di Soreze , ma non cessate del tutto . Ma la sola diminuzione però , o Tesser divenute men rovinose chi non dirà essere un Lene ? Nello stesso giornale toscano, cioè nell' y^w^o- logia alla pag. i5i del N. 5o, dopo la memoria let- ta alla società dei georgq^li contro i teoremi azzar- datamente avanzati dal sig. V Apostolle ^ è riporta- ta una lettera scritta al sig. Vieusseux da Milano , in cui si raconta , che sulla fine del maggio dell' anno in cui siamo , i paragrandini fatti sul piano del sig. Tìiolard salvarono dalle rovine di un fiero turbine un' ampia tenuta appartenente al sig. Giu- lio Ottolini situata fra Brescia , e Milano . Mentre lagrandine, la quale convien dire che fosse anche grossa, cadeva alfintorno, e nelle vicinanze della det- ta tenuta , questa approfittato avendo degli avvisi e dell' insinuazioni di un' ottimo parroco , il quale ad imitazione del toscano Lastri fa sua cura e suo dovere tutto quello che può contribuire al bene, delia sua greggia, non vide andar su lei che una grandine mal formata , la quale si avvicinava più alla specie di una neve un pò compatta , che ad una grandine assoluta . Farà sorpresa il sentire effetti così disuguali in tratti di paese , che non si posson considerare Ira loro così lontani , e che elettricità così diverse po- tessero aver luogo sotto lo stesso orizzonte , quasi che la scarica , indotta in alcune nubi per 1' azione che nei vapori hanno esercitsAa ì paragrandini del sig. Otto- lini , dovesse indurre la scarica delle altre eziandio, e si dovesse trovare tutto l'ammasso nuvoloso, che incombrava il cielo per quanto fosse esteso , allo stato di una stessa carica , e di una elettricità uni- forme . Ciò senza dubbio succederebbe se si desse 2 88 Scienze sempre fra nubo e nube una certa continuazione, la quale non fosse interrotta da strati secchi , e coibenti di aria pura non vaporosa . Ma i vapori non sono con egualtà sparsi nelle regioni alte atmosfe- riche : si danno nubi più alte , e più basse; nubi di- vise, e spezzate anche allo stesso livello; e non so- lo i fulmini, i quali scoppiano fra nube, e nube ci dimostrano il diverso stato in cui rapporto alla elettricità si possono le medesime trovare ; ma la vedono anche i fisici, i quali esplorando il vario sta- to elettrico della giornata lo vedono passare anche momentaneamente , nei giorni particolarmente i quali minacciono temporali, dalle stalo poi^/^^Vo alnegntivo, e viceversa ; e che i segni dati da una nube all' av- vicinarsi ad uno dei loro apparati , spesso sono ro- vesciati dal passaggio e dall' approssimarsi di un* altra . Ma comunque possan succedere queste altera- zioni e questi cangiamenti, egli è certo che il fe- nomeno osservato nel fondo del sig. Ottolini , nel rendersi rimarcabile per rapporto al buon esito che inducono i paragrandini , si rende anche de- gno di moUa osservazione per ciò che riguarda r ingegnosa teoria del professor Volta , sembrando che la neve caduta in uno stato un poco più con- creto di quello che si ha nelT inverno , sia un fatto molto comprovante aver egli scoperto quello che altri prima di lui non avevan veduto su di una meteora sulla quale tanto si è scritto. Io mi do a credere che lo vedremo sicuramente illustrato dai fisici della Lombardia sembrando che il tempora- le , del quale si parla in questa lettera, possa es- sere uno di quelli che insorgono nel luogo me- desimo, sul quale si rovesciano; che le nubi po- tessero essere anche basse , e che le spranghe tho- Paragrandini 289 lardlane abbian potuto far qualche cosa non nella sola elettricità vaporosa prima che i vapori andas- sero a formare le nubi procellose ; ma che abbia- no anche esercitata qualche azione nelle nubi stes- se , nelle quali la grandine si era cominciata a for- mare , per quanto ciò poche volte possa succedere. Per decider per altro con piena cognizione di causa di un tal fenomeno converrebbe ben cono- scere la località del paese ; sapere i monti che ha vicini ; aver la varia situazione dei paragrandini ; non ignorare se il fondo sia in colle od in piano ; qual vento dominasse nel tempo del turbine , e da qual plaga venisse . Dire, non esser che un caso quello eh' è avvenutole una proposizione az- zardosa che non ha prove , se non si fa con i dati avuti da un corso di varj anni il calcolo stret- to fatto già dal sig. Le-Nonnaìid sulle osservazio- ni della scuola di Soreze ; se non sì combinano i risultati avuti da diverse provincie ; e di quelle in ispecie soggette a molti temporali, come appun- to sono le milanesi . Io convengo, come si rileva da tutto l'espo- sto , che in punto di teoria V Apo stollo ha com- messi molti sbagli ; convengo col sig. Basavi^ che una gran differenza ci è fra la conducibilità della pmlia e quella dei metalli ; e che questi ap- parati non si potrebbero usare come si usano le spranghe e i conduttori di /erro per ricevere una elettricità fulminante, dalla quale le corde sarebbero sicuramente incendiate, come tante volte dai fulmi- ni vediamo incendiate le paglie , le quali ammuc- chiate con arte intorno ad un gran palo di legno si conservano per V inverno nelle nostre campagne . E verissimo , che le paglie in genere scarica- no in silenzio un conduttore ed una boccia di G.A.T.XIX. 19 nQo S e I z V z t Leiden , e clie mostrano solamente in far qneslo nelle loro estremità una certa luce placida non scin- tillante , come quella che si vede nei barometri quando il Mercurio si fa scorrere avanti e in die- tro per qualche tempo lungo le canne; ma son fal- se le conseguenze , che da questo fatto vuol far na- scere il fisico francese . A fronte però di tutto que- sto, non va trascurato un mezzo, il quale se non può distruggere un temporale già formato ; se non può scomporre una grandine già configurata in glo- bi ; ed annientar con effetto una tempesta, quan- do neir alto dell' atmosfera tutto è disposto perche il turbine rovini ; può non ostante preventivamente agire sulle cause , le quali concorrono a far la ro- vina delle nostre campagne, e che ha nel micro~elet~ trometro a pagliette del professor fiotta una prova , la quale convalida la sua azione, e quelf elettricità che ricondotta ad essere uniformemente diffusa si può rendere anrhe così non nociva . Siccome poi esperienze di questo genere non si possono tentare né da un solo né da pochi , e danno maggior la speranza di averne un buon successo , quanto più si moltiplicano i punti di di- fesa , e r estensione che occupano ; così Bosc nel suo corso di agricoltura , descrivendo i mali che le grandini cagionano , avendosi in molti luoghi in cinque raccolte appena due buone , conchiude che spetta al governo f ordinare che se ne faccia una prova ; che Io esige un' apparato , che non poten- do ai particolari apportare grande spesa, può diven- tar molto utile ; e che è necessario prima di con- dannarlo di veder se sussistano i vantaggiosi effet- ti che ne ha sperimentato la comune di Tar- hns ^ e nel milanese il sig. Giulio Ottolini . Non sì può dire un qualche effetto impossibile ad ottener- Paragrandiivi 291 si , se dalla natura , la quale parla a noi col inez. zo deir esperienze , non ci vien contraddetto ; ed i parafulmini di Franklin , i quali andaron soggetti qualche anno al dispregio degli uomini ed alla derisione , sono una di quelle cose , le quali ci fanno vedere che non sempre i nostri giudizi son giu- sti , e che conviene in fisica andar molto cauti , quando si vuol decidere sulla possibilità ed im- possibilità di alcuni effetti , che ottenuti si dico- no con certi mezzi, i quali dalle teorie non sem- brano essere pienamente approvati . Della sapienza dlppocrate . Discorsi tre di Francesco Puccinotti. Discorso secondo. Articolo I- Idee d' Tppocrate intorno al principio vitale ; //■ Psicologia ippocratica ; ///. Concor- danza d alcune massime psicologiche d' Ippocra- te con quelle de più rinomati moderni ; If^. Leg- ge del principio vitale stabilita da Ippocrate ; f^. Delle leggi della facoltà sensitiva da lui pri' marnante determinate ; f^I. Delt adunarsi della facoltà sensitiva in una parte a scapito del sen- so delle altre ; P^II. Delle differenze della facol- tà sensitiva secondo i climi da Ippocrate disco" perte\ Vili- Con che Ippocrate rendette la me- dicina una scenza adjutrice della politica e della legislazione ; /X. Si segue a dire della forza del clima sui costumi sulle religioni e sulle lin- gue ; X' Come anche /' elevazione 0 t abbassa- mento del suolo la sua fecondità 0 sterilità in- 19' 393 S G I K N Z K Jlulscano sulla facoltà sensitiva ', XI. Della dot * trina delle simpatie fondata da Ippocrate ; XII. Deir abitudine e della influenza di essa sul morale dell'uomo; e in proposito della dieteti- ca fondata da Ippocrate sulle leggi dell abitu- dine ; XIII. Pensieri d' Ippocrate sulle funzio" ni organiche assimilative : primi caratteri delt animalità da lui stabiliti ; XIJ^. Concetti ippo- cratici intorno alla digestione respirazione e ge- nesi del calore animale ; Xy. Le due forze centripeta e centrifuga applicate da Ippocrate ai movimenti organici ; XÌ^I. Sue opinioni sulla gè- ìierazione e sopra altri punti di fisiologia. E gli pare che ad alcuni ingegni straordinarii sia data dai cieli la facoltà di conoscere da se stes- si per sola forza d' induzioni proprie , tratte spes- so da fenomeni che ad altri sembrerebbero appe- na degni di attenzione, quelle cose medesime, che poi a provare colf esperienza per vere buata appena il volger d' un secolo . Andrea Cesalpìno innanzi all' Harveo parlò della circolazione del sangue , e co- me essa si compiva in dato termine ; e ciò intese colla sola forza della mente senza soccorso di no- tomia né di naturali sperienze - Il filosofo Kant dal- la sola induzioxie ricavò la profezia di quel piane- la , che poi lastronomo Herschel verificò .Egual- mente si vede aver Ippocrate sì molte cose inteso nella fisiologia ( che formeranno la materia di que- sto secondo ragionamento) solo osservando alcuni esterni leoomeni del corpo umano, senzadio ne po- tesse concepire le cagioni intestine o i luoghi don- de gli effetti movevano ; mancandogli la cognizione principalmente necessaria del sistema de' nervi . I3i che tanto maggior meraviglia egli ci farà quando SAPIENZA d'Ippociiatk ag3 il vedremo aver il primo fondate le leggi della facoltà sensitiva , e tali che si partano da quelle della natura universale , trapassino neJl uomo, e da lui si estendano sopra ed attorno a tutte lo umane cose. Perocché fallirono sempre il concef;- to loro que' fisiologi, che o troppo concedendo o troppo negando alla umana natura , la segregaro- no dai rapporti universali eh' essa tiene con ogni creata cosa . E questi rapporti pendono dirittamen- te dalla facoltà sensitiva, e la cognizione di essi, onde r uomo è collocato nel suo posto , fondasi principalmente nella cognizione di dette leggi . I. Ma prima di parlare di esse leggi tocche- remo alcune idee ippocratiche intorno al principio vitale . Nel quale Ippocrate non collocò il fuoco , y come Pittagora ed Ei'aclito , ma il calore innato di ordine più suLlime : ,, Qui crcscunt plurimum „ habent innatum calorem ; plurimo igitur opus ha- „ bent alimento (i) . „ I moderni chimici non si „ allontanano da cotesta idea. Il calorico (dice ,i Baumes (2) ) che si combina chimicamente ne* „ nostri corpi dee essere considerato come un agen- „ te della vitalità, e di tutti gli atti successivi „ dell' esistenza . L' uovo fecondato nel corpo del- ,, la gallina è condannato all'inerzia , né sarà giam- ,, mai animato se il calorico comunicato a quest' uo- „ Vo non gli doni impulso alla vita . „ E il vei- colo di cotesto calore era quella sostanza o quel- lo spirito detto da Ippocrate pneuma , che era con- siderato come emanato dalf etere ond' era pieno r universo , la cui mente, come vedemmo , era •e... , t;- (1) De natura pueri. oH^'7'l "■•?>- (a) Saggio, di, m sUtema della scensa dell: uomot a()4 Scienze Giove. Nel detto calore innato slavala forza fon- damentale ed attiva della vita, cioè V enormon dlp- pocrate , il quale considerato in atto era T impe- tum faciens . E qui è applicabile altro concetto del soprannominato Baumes : La fissazione del fuoco nel germe fecondato è listromento col quale si vivìfica l'agente in cui risiede la potenza di animare. Co- iai siccome le dette sostanze ( pneuma ed etere ) costituivano l'anima universale del mondo , e il principio di vita veniva da quelle; il detto prin- cipio intendevasi per T anima fisica , che secondo Ippocrate era lo stesso che il calore innato , tan- to neir uomo che ne' bruti e \\e vegetabili , ed era una emanazione dell'anima eterna dell'universo. II. Ma cotesta interna attività o anima fisica passava per gradi infiniti di perfezione nella scala degli esseri y: da quelli ne' quali la vita è quasi dormiente, sino a que' sommi che hanno il bene dell' intelletto . Di che gli conseguitava, che la dif- ferenza dall' anima intellettuale dalla fisica e la causa della razionalità di quella dipendesse unica- mente dall' organizzazione . Quindi il pensiero la sensazione e il moto resultare da un medesimo principio, e le fonti delle nostre cognizioni doversi ricercare ne' sensi medesimi ; ed ecco il pensa- re e il sentire erano anche per Ippocrate la stessa co«a . E perchè tutti i sensi si riducono a un tat- to , egli credette con Anassagora , che la mano dell* uomo racchiudesse il fondamento della umana ra- gione , e in essa vedeva Ippocrate assembrate tut- te le umane arti . JVon tenevano la medesima se- de nel corpo umano coteste due anime d' Ippocra- te ; che la intellettuale fu da lui collocata nel cervello {y) -, e l'altra, come ministra delle passio- (i) De morbo sacio. SAPIEAZA. d'IpPOCRATK aQ> ni, nel cuore (2) : e in questa come Plttagora ripo- se la facoltà appetitiva e V avversativa , ed insie- me la forza di natura o l'inslìnto di conservazio- ne * Natura omnibus subvenit : haec malum sentiens mederi magnopere gestit . Mens hominis in sinistro ventriculo insita eu ^ et reliquae animae imperai (^). Forsechè coleste due anime ammesse dai primi filosofi greci nel corpo umano valsero di lume al- le considerazioni de' moderni fisiologhi sulla neces- sità dell' azione del cuore sul cervello per la con- servazione della vita . Imperocché sono il cuore e il cervello T uno coli' altro uniti co' vincoli di una stretta dipendenza : epperò forse sostenne Ippocra- te : Si quis dixerit animam animae non admisceri demens est (4) . Onde che i naturalisti hanno poi osservato che la lunghezza difi'erente del collo , e per conseguenza la prossimità più o meno nota- tile tra il cuore e il cervello , dà Lene la misura dell' intelligenza degli uomini e dell' instinto degli animali . III. Né pare che debbano i moderni mostrarsi così schivi ai pensiesi psicologici qui sopra enun- ciati , se hanno familiari quelli onde il Cabanis ha fondato la sua scienza dei rapporti tra '1 fisico e '1 morale dell' uomo . Già il Tracy sostenne che il pensare ò lo stesso che il sentire . Già al Richerand e allo Sprengel non dispiace di riporre nel cuore la sede degli affetti amore ed odio , che sono le facoltà appetitive e avversative degli antichi gre- ci , donde prendono qualità tutte le altre umane (2) De corde, (3) De diaeta, (4) Lio. cit. ape S e I B w « K passioni. E il Cabanis vuol riconoscere V origine di dette passioni nel disordine delle tre maniere di facoltà sensitiva , onde gli organi de' sensi ester- ni , i visceri delle cavità del petto e del ventre , e r organo del cervello sono dotati . Oltredichè vie- ne oggi al fisiologo francese approvata l'opinione, che le nostre idee ci derivino da due distinti centri sensuali : da quelli cioè che comunicano con gli esterni oggetti , e da' nostri visceri interni . Questi danno una peculiare impressione che risulta dal loro moto intestino automatico onde si compiono le funzioni loro : la quale impressione è causa di quelle determinazioni istintive, mediante le quali, ad esempio , il fanciullo appena nato imbocca il capezzolo della mammella e ne succhia il latte. Ed ecco r anima fisica donde 1' enormon o la provvedenza conservativa, o la forza di natura medicatrice d' Ippocrate : laddove l'anima raziona- le è il prodotto delle esterne sensazioni , come quella onde 1' uomo comunica colle cose esteriori. Ora non è qui a chiare note distinta la vita uma- na in organica e in animale, ovvero in vegetativa e in sensitiva , come non ha guari con quasi univer- sale consentimento la partirono il Bichat e lo Spren- gel ? E al proposito delle sopra indicate due anime si rapporta eziandio quella frase del conte di Buf- fon homo duplex : e dacché gli uomini sì sono fat- ti una legge hanno sempre sentito entro alle loro membra una forza ripugnante alla forza della men- te loro . Bene adunque Ippocrate avvisò questa mente medesima, che è la parte dell' anima [ch'egli chiamò razionale onde sceverarla dalla instintiva , sottopose alla legge delle membra , e stimò che tanto più perfetta ella dovesse riuscire quanto piii perfetti erano e in giusta misura temperati quelli SAPIENZA d'IpPOCRATK aQj elementi clie compongono i sensi esterni, donde essa ha origine o movimento. Nel che egli seguì Eraclito , di cui è celebre la sentenza ocvjn ^u^ì) 4'^X.'» ffo^corxrti ; e così appianò la vìa e formò 1' argo- mento a que' filosofi naturali che poscia meditaro- no intorno alla influenza dei temperamenti sui co- stumi degli uomini . Ed a stringere in epilogo le idee qui esposte d' Ippocrate si dirà , che una forza tiene in moto tutta la materia e dà vita ali* universo - Parte di questa forza passa ne' corpi organizzati e si divide in forza attrattiva o assor- bente onde i detti corpi si mantengono nel pro« prio essere , e in forza relativa onde combinano con gli altri esseri che sono nella sfera della poten- za de' loro sensi esterni. Quindi nell'uomo que- ste due forze prendono il nome di anima fisica e di anima razionale : alla prima è dato il pote- re conservativo , alla seconda il potere relativo . La prevalenza di questi poteri caratterizza la scala degli esseri sino alla specie umana , che ha il maggior potere relativo per opera dell' intelletto : e nella stessa umana specie questo intelletto è più o meno perfezionato a norma della organizzazione del corpo che lo ritiene . IV. Ma non è da lasciare dimenticato altro felice concetto d' Ippocrate intorno al principio vi- tale, eh' egli probabilmente dedusse dall' aver os- servato come nelle femmine scite , le quali costu- mavano di bruciarsi la destra mammella, il brac- cio da quel lato acquistasse maggior volume dell' altro e più vigoria. Onde i fisiologhi moderni con- cedono che la forza vitale agisca tanto più ener- gicamente , quanto meno estesa è la sfera di sua attività. Quindi si osserva , che lo sviluppo straor- dinario d' un organo non si fa mai che a spese »f)$ Sciènze delle parti vicine di die esso si appropria i nu- trimenti . Anche i greci artisti che intendevano la sapienza riposta della loro mitologia , o a que- sta appropriavano i concelti de filosofi loro con- temporanei , ci formavano gli Ercoli con grossa muscolatura e picciolo capo, volendo significare come una straordinaria robustezza del corpQ noa potevasi combinare con altrettanta delle facoltà del- la mente: le quali due cose non effigiavano con- giuntamente che nel loro Giove. V. Intorno alla facoltà sensitiva intese Ippo- crale» come avanti si è detto, le prime leggi, e quelle che manifestano la maggior estensione dei rapporti dell' uomo con le cose morali e civili . E primamente pensò che nel corpo umano non fos- se parte che non avesse il suo senso particolare; € che questi sensi tutti insieme si rispondessero tra loro e formassero poi tutto un consentimento: consensus iirius ^ conscntientia omnia. La quale ve- rità statuita in antico torna oggi a risplendere nel- le lezioni di fisiologia , comecché paresse per le sperienze contrarie dell' Haller che avesse dovuto dimenticarsi . Per le quali sperienze l' Haller voleva provare che alcuni nostri organi fossero in realtà al tutto destituiti di senso . Laddove sostengono og- - gì i fisiologhi , che ciascuna parte comunque priva della manifestazione di vita nondimanco sente si muove e vive alla sua maniera , e in ciascuna la forza vitale è modificata di tal modo , che mo- strandosi come disgiunta , opera tuttavia di conser- va con tutte le altre al mantenimento delle funzio- ni , che in complesso considerate sono il vivere deli' uomo . VL Ma un altro principale carattere di detta facoltà è quello di adunarsi sopra un organo di tal SAPIENZA d'IpPOCHA-TE 399 maniera , che sembra ogni ogni altra parte relinque- re come disensata . Di questo sublime e verissimo concetto è stato da alcuni dato merito al Darwin , il quale tra i corollarj della sua Zoonoraia aveva stabilito , non potere aver luogo due sforzi grandi e universali di grande e universale sensazione: seb- bene queste due cose possano aver luogo recipro- camente . Ma Ippocrate innanzi a tutti aveva detto: Ambo partes non possunt dolere sìmul , duobus dolo- rihiLS simul oriéntibus^ vehemeniior ohscurat alterum . Dalla qual legge ne vengano avvertenze patologi- che e dommi gravissimi di terapeutica . Negli scro- folosi , dice il Richerand , tu vedrai le parti ma- late infiammarsi, diventare dolorose, e suppurare Tuna dopo X altra rade volte insieme , dove pure il mor- bo sia grave e il dolore bene intenso . Così quando un esorbitante impeto di volontà determina la po- tenza sensitiva tutta sopra al pensiero, gli altri sen- si quasi addormentano. Boezio Severino tra i tor- menti del carcere scrive della consolazione della filosofia : Galileo, di mezzo ai morsi e gli abba^ jamenti di tanti cani che gli erano addosso, va ri- petendo : eppur la si muove ; Francesco Mario Pa- gano sì distrae colla mente dall' orrore della sua prigione, per modo che in mezzo a oggetti terribi- li e funesti nulla vede né sente , ma compone il suo libro Del hello , VII. Ora è da fare passaggio a rammentare quella proprietà della facoltà sentiva sì mirabilmen- te concepita da Ippocrate , e con istraordinaria pe- netrazione da lui applicata al mondo civile , ossia al mondo delle nazioni, nel gravissimo libro De aere , locis et aquis ; donde trasse il Montsquieu que* pensieri che hanno fatto sì celebre il suo spirito delle leggi. Ippocrate per primo osservò, come la 3oo Scienze facoltà sensitiva manifestava notevolissime differen-» ze secondochè essa era sottoposta a' climi diversi . La quale solenne verità è stata confermata in ogni tempo da coloro che sanno . Riporta a questo pro- posito il Richerard le testimonianze di Dixon e Vancouver, i quali osservarono che gli abitanti del- le coste settentrionali d' America si conficcano nella pianta de' piedi pezzi di vetro e chiovi acu- tissimi senza che mostrino sentirne nessuna doglia : dove una spina fitta nel piede d' un africano ba- sta per metterlo in forti convulsioni sino al teta- no . Gioverà qui trascrivere le parole medesime d' Ippocrate sopra cotesto fondamento , che sino alla ragione degli usi e delle leggi degli uomini si rapporta . Nel qual fondamento ha messo il greco filosofo tanta e così pelegrina sapienza , che se non ne fossero che questi suoi sensi rimasi sarebbero essi soli sufficienti per mitriarlo tra i primi inge- gni della antichità . ,, Quod autem timidiores ef- , feminatiores ac imbelles prae europaeis asiani exi- , slant moribusque mansuetiores , tempora ipsa , anni in causa sunt , quae non magnas permu- , tationes faciunt ncque caloris ncque frigoris , sed , semper aequalia permanent Unde ncque mentes , stupore percelluntur, neque corpora forlem tran- , smutationem incurrunt j a quibus veri simile , est iram sxasperari , cognitionem et calorem ma- , gis excitari quam si semper in eodem statu quis , persistat : mutationes enim sunt quae hominis , mentem semper excitant neque sinunt quiescere. , Propter quas sane causas imbelle universum , asianorura genus existit , atque adhuc amplius , piopter leges ; multo maxima enim Asiae pars , sub regibus est . - In Europa magnae et frequente» , temporum mutationes . Feri tas integrilas et auda- SAPIENZA d'IpPOCRATE 3oÌ „ eia a natura europeis innascitur: frequentem nempe „ mentis percussiones feritatem inducunt , mansue- ,. tudinem centra et benignitatera crtìrpant . Quare „ etiam magnanimos magis eos qui Éuropani in- ,. colunt asianis judico . Siquidem similitudo et „ aequalitas segnitiem parit. Mutatio autem et ani- „ mum et corpus ad exercitationes excitat . Auge- „ tur itaque a disidia et ocio timiditas , ab cxer- „ citio vero et laboribus crescit virilitas . Un- „ de bellicosiores quoque europaei extant , non „ ob hanc solum causam sed et propter leges : „ non enim legibus obediunt quemadmodum asia- „ ni . Ubi enim sub regibus vivitur , ibi necesse „ est homines timìdissimos esse; servitute namque „ animi eorum pressi non libenter neque volen- „ tes timere prò aliis se periculis exponunt . Eu- „ ropaei autem suo jure viventes quum prò se ipsis „ pericula belli subeant , magna cupiditate ferun- -,-, tur , volentesque ac alacres diflìcultates oranes „ adgrediuntur, ipsique sibi ex re bene gesta prae- „ mia reportant , ut certura sit leges plurinium ad „ magnanimitalem conferre . ,, Vili. Per Je quali sentenze Ippocrate ridusse la medicina , unendovi poi la dietetica , una scien- za adjutrice e necessaria alla politica e alla legisla- zione. Imperocché se è vero che il carattere dello spirito e le passioni del cuore ne' diversi climi sieno in estremo differenti le leggi esser devono relative calla differenza di coleste passioni ed alla differenza di cotesti caratteri . Quindi al giapponese di caratte- re atroce hanno i leggifattori imposto giudizii severis- simi minacce inquisizioni e castighi: sulT indiano di carattere mansueto e lento, poche pene e poco severe ne a rigore eseguite . Ma converrà qui riportare eziandio i pensieri del Montsquieu desunti dalle 302 Se I E N Z E soprallegate sentenze del greco filosofo : pe' qua- li pensieri cotesto giureconsulto dimostrò i rapporti che hanno le leggi colla natura del clima. Di van- taggio avendo Ippocrate ne' suoi aforismi stabilito la maniera onde agisce il caldo e il freddo sulla macchina umana , da ciò potette il Montesquieu ri- cavare pe' suoi principii le fisiche ragioni . Ond' ecco le sue parole : ,, L'aria fredda serra leestremi- „ tà delle fibre del nostro corpo ; da ciò è accre- ,, sciuto il loro tono ed ò favorito il regresso del „ sangue dalle estremità verso il cuore : accorcia „ la lunghezza di queste fibre medesime, e perciò „ accresce ancora la loro forza . L' aria calda per lo „ contrario allenta le estremità delle fibre , e le ,, allunga : dunque scema perciò la loro forza e il „ loro tono . Per tanto ne' climi freddi sì ha piiì „ vigore . L' azione del cuore e la reazione delle ,. estremità delle Gbre vi si fanno meglio ; i liqui- „ di si trovano in migliore equilìbrio , il sangue „ è più determinato verso il cuore , e vicendevol- „ mente ha il cuore più possanza . Questa mag- „ gior forza dee produrre molti elFetti . A cagion „ d' esempio maggior fidanza di se medesimo , cioè „ coraggio maggiore : maggior cognizione di sua su- „ periorità , vale a dire minor desio di vendetta : „ più opinione della propria sicurezza, cioè più frau- „ chczza, meno sospetti, più politica, meno astu- „ zie . Insomma dee ciò formare caratteri assai „ differenti . Ponete un uomo in un luogo caldo „ e chiuso : patirà per le divisate ragioni grandis- „ simo sfinimento di cuore . Se in tal circostanza „ gli si proponga una azione ardita, a mio crede- „ re vi si troverà malissimo disposto : l'attuale sua „ debolezza scoraggerà la sua anima: tutto ei te- „ mera perchè conosce che nulla può . I popoli dei SAPISNZA d'IpPOCRATE 3o3 ,, paesi caldi sono timidi come lo sono i vecchi ; „ quei de' climi freddi sono coraggiosi come lo so- no i giovani . ,, Nelle guerre i settentrionali a ca- sa loro hanno fatto prodezze ; trasportati nelle re- gioni del mezzo giorno si sono illanguiditi e da tremendi fatti timorosi . E questa legge dei climi poco rispettata dal grande conquistatore del nostro tempo costò a lui una rovina da rimbombare ne' secoli; e tale che ha fatto dire all'autore della tra- gedia intitolata // Nabucco'. „ Più sollevarlo „ O non poteva , e^ lo lasciò la sorte ; „ O dopo un corso di felici eventi . ,, Al nome suo provvide, e ad esso aggiunse „ La maestà delle sventure . IX. Dirò seguitando come per gli ammaestra- menti d'Ippocrate concludesse il Montesquieu che a quella guisa che i climi si distinguono dai gradi di latitudine si potrebbero egualmente distingue- re dai gradi della facoltà sensitiva . La quale in certi climi è tale e sì prepolente, che giunse a dire il no- minato giureconsulto che nulla quasi vi possa la morale . Al tempo dei romani i popoli boreali eu- ropei vivevano senz' arte senza educazione e qua- si senza leggi ; e tuttavia col solo nerbo delle for- ze del corpo e del cuore si mantennero con saviez- za meravigliosa contro la romana potenza fino al momento che sbucarono dalle loro foreste per di- struggerla . Quindi Montesquieu chiamò il nord la fabbrica di quelli stromenti che rompono i ferri la- vorati della schiaviti^ dei popoli meridionali . E di vero sono questi popoli per la natura del loro aere siffattamente disanimati, che i figliuoli stessi de- gli europei nati all' indie perdono il coraggio del clima loro . Gli stessi persiani che si stabiliscono 3o4 Scienze air Indie acquistano nella terza generazione la dap- pocaggine e la codardia indiana . Mirabile è dìpiij, come anche nelle opinioni religiose, massime nell' idea d'una divinità, hanno seguilo gli uomini la na- tura de' loro luoghi . I greci di natura vivacissimi chiamarono i loro dei con voce che deriva , coms vedemmo, da altra che vuol dir correre , essere in perpetuo movimento . GÌ' indiani , che ponevono il fondamento d«l tutto nella quiete e nel niente, det- tero air Ente supremo il soprannome d'immobile ; e le dottrine di Foe sono tutte figliuole della pigri- zia del suo clima. Né io vorrò essere accusato di trapassare il segno se dico, che anche il Gbelin fon- dò su coteste leggi dell' azione dei climi sulla fa- coltà sensitiva fermate da Ippocrate i principali ca- pi della sua storia naturale della parola. Frattan- to egli pensa che i differenti modi onde fu alterata la lingua primitiva, che nacque dalla natura imita- tiva dell uomo , e d' onde ne vennero come altret- tanti dialetti d'una sola lingua le lingue madri , que' differenti modi derivarono ancora dalla diversità che i diversi climi recarono nelle pronunzie. Ne' paesi,di- ce il Gbelin , ove l'aria è ardente , le fibre dello stromento vocale si dilatano dì più e mettonsi più in opera ; epperò la bocca si apre più facilmente ed essa fa più forza sulla cavità interna e quindi si aspira . Ne' paesi ove il freddo è intenso e tutte le fibre sono ristrette la bocca s'apre assai meno si pronunzia sul davanti di essa, epperò ne viene il sibilo della parola . Nella montagne ove i pol- moni sono più essercitati che nelle pianure la pro- nunzia è più accorciata e più rapida né si trova- no voci squarciate e smaniose come nelle calde valli a pianure: e così dicendo. X. E le summentovale verità trovò ippocrate SAPIENZA d'Ippocratb 3o5 esemplificate non solo da nazione a nazione , ma dall' una all' altra parte della nazione modesima . Come oggi sappiam noi che i popoli della China settentrionale sono più coraggiosi di quelli della patte meridionale, e i popoli meridionali della Corea lo sono meno di quelli del nord della me- desima . E secondo la positura de' luoghi montani o avvallali segue a dire Ippocrate : ,, Temporum ,, varietales potissimac sunt quae naturam ipsam ,, permutante deinde etiam regio. Quicumque re- ,, gìonem montanam asporara nudam incoiunt ad ^, laborem et ad viriliter agendum aptiores sunt , ,, qurtinqui loca concava pratensia et aestuosa habi- ,, laiit,,, E veiamcnle a ralfermare questo ancora con esempio molto quadra un fatto narratoci da Plu- tarco nella vita di Solone . ,Egli dice che attutata in Alene la sedizione Cilonia, la città cadde nelle vecchie discordie e si divise in lan',i partili quan- te specie di lerriiorj vi erano nelT attica 1 Montanari volevano a viva l'orza il governo popolare: quei della pianura il governo chiedevano de'principali ; quelli che stanziavano lungo il mare amavano un governo risultante da un miscuglio di cotesti due . Ma è pure infine forza il confessare, che oltre ai limiti del vero spinse la opinione ippocratica il giureconsulto france- se . Ed egli avrebbe ben potuto schivare gli opponi- menli che nella sua opera sull' Egitto e la Siiia gli fece il Volney ; se Lene inteso avesse la sentenza del greco filosotò . Il quale aveva detto degli asiatici , che essi erano meno audaci e guerrieri degli euro- pei, in parte per la rag one del clima, ma in par- te ancora per la forma dei loro governi tutti dispo- tici e sottoposti alla volontà arbitraria dei re. Ubi enim sub re gibus 'IpPOOiiATf 3o9 eziandìo le facoltà della mente . Si sa die Galeno invitava i filosofi de' tempi suoi a mandare da lui que' giovanetti, ai quali i loro precelti non fossero bastati ad infondere nelT animo saviezza e mode- razioue . F-^gli promeltea loro nella maniera del. vi- vere anche l'ingegno. L' Hofmanno fra i moderni offerivasi a pari impresa , e lasciò scritto di aver fatti col solo adoperarsi attorno al vitto di più gon- zi tanti uomini di senno e di più potervi e lasci- vi altrettanti costumati e gentili . Ma, come qui in- nanzi è detto, le abitudini jjrendono talora si gran potenza sulla umana natura che variare non si pon- no ed è anxi necessità rispettarle. E questo ft)rmò il secondo canone della dietetica d' Ippocrale , il quale egli il primo estimò e raccomandò come di gran valore nella terapeutica, facendo sì che quin- di ancora scendessero dogmi appartenenti al mora- le dell'uomo. Imperocché se si devono rispettare nel reggimento del corpo le consuetudini, in egual maniera si dee praticare quanto all'animo sul qua- le Jianno facoltà talora immutabili . Di che vedrai le ragioni nel libro di Main-Biran : Della injluen- za dell" abitudine sulla, facoltà di pensare . E ve« ramente come talora riesce nociva un aria a colo- ro che vissuti sono fra le paludi ; così è riuscita intollerabile la slessa libeilà ai popoli che non era- no usi a goderne. Onde il Machiavelli mise a con- fronto simili popoli ,, Con uno animale bruto, il ,, quale ancora che di natura feroce e silvestre sia „ stato nutrito sempre in carcere e in servitù , che „ dipoi lasciato a sorte in una campagna libero , „ non essendo uso a pascersi, ne sapendo le lale- „ bre ove si abbia a rifuggire , diventa preda del „ primo che cerca rincatenarlo . „ Dione storico ci dice , che il popolo romano era sdegnato contro 3lO S e I Q N Z 8 Augusto merliante certe leggi troppo dure clie ave- va fatto ; ma subito eh' ei fece ritornare il comme- diante Pilade, che le fazioni avevano scacciato dal- la città» que' rancori si tacquero . E già è noto per la satira decima di Giovenale come quel popolo, di giuochi e di feste per natura spasimato, sentiva me- no la tirannia quando poteva avere panem et cir- censes . E però conviene aMeggifattori di non mu- tare lo spirito generale di una nazione : imperoc- ché non solo capita male quella tirannide che è riposta nella violenza del reggimento pubblico, ma anche V altra che contrasta alle opinioni e alle abitudini d' un popolo . E quando i romani non volevano re , significava che volevano conservare le loro maniere . E le Ipggi deono essere relative ai costumi e alle abitudini diverse de' popoli , co- me si vede aver praticato Solone . Il quale diman- dato se le leggi che aveva egli imposto agli ate- niesi erano le migliori : Le migliori , rispose , fra quelle che potevano comportare . XIII. Ma siamo venuti in loco di tenere ragio- namento intorno alle idee d'Ippocrate che riguardano più in particolare le funzioni onde vive la mac- china umana . I moderni fisiologhi sembrano occu- pati a tutta mente nel dar loro la classificazione la più giusta . Ma quelli che hanno bene addentro con- siderata la cosa stimano , che la più giusta ne sia venuta dagli antichi e massime da Aristotele , il quale la tolse da Ippocrate e da lui trapassò negli ippocratici posteriori , i quali divisero la mentovate funzioni in vegetative e in animali . Nel che gli seguì il conte/di Buffon, poscia il Grimaud, oggi il Riche- rand ed altri molti . Anche alle dette funzioni vegeta- tivo fa da Ippocrate applicato il pensiero d'un giro perenne eh' elle tenessero nella organica economia t SAPIENZA. D*IpPOC}\ATK 3ii P^idetur mihi in corpose principium nullum esse ; sed omnia simul principium et omnia Jinis , circu- ii etenim principium nullum est. E le principali che questo giro mantengono intese essere l'assorbimento, le secrezioni e le escrezioni, ad operare le quali arrivò sino col pensiero a supporre negli organi quella forza che oggi chiamano appetenza organica, e nelle materie sottoposte a questa forza un' altra facoltà conosciuta oggi sotto il nome di facoltà elet- tiva . ,, In quera modum stirpes et semina postea- „ quam in terra jacta fuerint attrahit unum quodque „ quidquid in terra repererit , quod ei naturali af- „ finitale congruit , primum itaque illius pluriraum „ attrhait quod natura sibi proximum est subinde au- „ tem alia, sic et medicamenta in corporefaciunt,,.(!) E in quanto all' assorbimento egli avvisò come gli animali portano in se stessi questo fondamento della loro esistenza: il qual fondamento dà adessi un carattere il più segnalato . Ed a torto è stata quindi attribuita al Boerhaave 1' idea di paragona- re il sistema digestivo dell'animale al suolo onde tirano i vegetabili i succhi necessarii alla vita pro- pria , e i vasi chiliferi di detto animale alle radi- ci interne del vegetabile; che Ippocrate aveva det- to : Quemadmodum terra arboribus , ita et anima- libus ventriculus . Quanto poi alle secrezioni ed alle escrezioni, e come l'anima vegetativa d' Ippo- crate determini gli appetiti e i gusti speciali degli organi , e come le parti assimilate si ritengano e concordino fra loro, dove le altre come peregrine sieno da una forza espulsiva cacciate dal corpo, tutto bellamente si ricava da questo passo:,. Ho- „ minis natura aliud protrudit , aliud dat, aliud ac- (») DcNcitur. human. 3i7 Soicwzif „ cipit, et alii dat ab alio accipit , et olii qui- ,, dem tanto plus dat , ab alio vero nihii minus „ accipit. Locum autem unumqiiodqne suum ìier- „ vat , et quae quidem ad minus eunt ad mino- „ rem locum secornuntur : quae vero ad raaius va- ,, duot permixta in majoreni ordineni mutantur . „ Peregrina vero non eosdem mores habeniia ex „ aliena regione protruduntur . Semper aulem ani- „ ma et majora et minora habens suas ipsius partes „ circumabulant , non apposilione ncque detraclione .,, partiiim indigens , verum auomento et decre- ., mento earfim quae jam sunt opus habens . Lo- „ cum vero unicuique perllcit ad quem perveniant „ et allabeatia suscipiant : non enim polest id ,, quod non simiies moies liabet in discordibus lo- ft cis permanere; oberrant enim velut ignota , pT- ,, mixta vero inter se cognoscuntur : concors enim „ concordi adhaeret ac assidet ; discordia autem re- ,, bellant et pugnant atque inter se dissident . ,, E coleste virtù appetitive degli organi e le facul- tà elettive delle sostanze che a nutrimento o me- dicina sono destinate, di che si danno vanio i mo- derni, da Ippocrate passarono a tutta T antica me- dica famiglia. In prova di che io riporterò qui un passo tratto dal volgarizzamento di Mesue.,, Ma ,, non pensar già che il intjdicamento purgati vo, poi ,, che ricevuto nello stomicu penetri a vacuar l'umo- „ re; ma per la virtù attrattiva a se naturale per „ causa di una certa elezione tira a se nello stoma- ,, co e nelle intestina dalle vene e dai meati del ,, corpo senza sentimento , un umore insieme nato „ e famigliare, a quel modo che la magnete lira (i) De D/acla. •ÀFiKiTZA d'Ifpogkatc 3(3 „ a se il ferro , e l'ambra la festuca. ,, Qui poi è anche più chiarita quella virtù elettiva, che ne* farmachi dislinguesi oggi dalla dinamica . La qual distinzione è parufa grand' opera ne' moderni ; e forse v' ha chi ne li crede inventori , Ond' ecco il danno che recano i sistemi col rendere dimenti- cali i più felici concetti degli antichi : e caduti questi in oblio , i sistematici medesimi levano su e richiamano astutamente alla luce con mutate parole le stesse idee , e si fanno scopritori di ciò che se- pellirono eglino stessi , e ne hanno poi da!la tur- ba degli sciocchi rallegramenti e commendazioni. XIV. La vera e gravissima sentenza: Unum hominis alimentum ; cium plures existunt alimento- rum species ; ciascuno sa appartenere al padre del- la medicina : e ciascun fisiologo de' nostri tempi ripete , che qualunque sia la diversità degli ali- menti l'azione de' nostri organi ne separa sempre gli stessi principi nutritivi. E nel vero sia la die- ta assolutamente vegetabile o tutta animale, l'in- tima composizione de' nostri organi punto non can- gia ; prova evidente che la materia che noi cavia- mo dagli alimenti per appropriarceli è sempre la stessa. L'azione che esercita lo stomaco suila det- ta materia nutritiva , ossia la digestione di essa , è stata , come è noto , per varie guise spiegala da fisiologi ; e chi alla lermentazione , altri alla pu- trefazione , questi alla macerazione , quegli alla tri- turazione è ricorso . Ma il più retto e sano giudi- zio è riposto nella cozione d' Ippocrate : sotto la qual cozione vuoisi intendere l'alterarsi il maturarsi l'animalizzarsi degli alimenti ravvicinati alla slessa natura per lo specifico mutamento che subiscono nella cavila dello stomaco . Vedasi ancora come Ippocrate intendesse l'operazione del nostro respi- 3l4 5 e I E N I K rare , e come anche oggigiorno in buona parte si ritenga alcuna sua idea . Aft'ermano i più sensati fisiologlii non potersi considerare i polmoni come un recipiente chimico . Essi operano sulT aria se- condo il grado della loro energia vitale , e la com- binano col sangue con una forza loro speciale, me- diante un processo di digestione . Se fosse altri- menti, dice il Richerand , soffiando dell' ossigeno nel tessuto polmonale d' un cadavere potrebbe ri- chiamarlo a vita . Ippocrate esprime cotesta azione del polmone sull'aria che si respira, dando a que- sta il nome di alimento della vita la di cui diee- stione SI opera ne polmoni come nello stomaco quel- la degli alimenti: Corpora enim omnia ^tum ho- mlnum tiim relìquorum quoque animantium^ a triplici nutrimento sustentantur . Horum autem nutrimento- rum nomina haec sunt : cibus , potus , spiritus (i). Il greco filosofo per le sue idee intorno all' aria ministra del calore innato fondamento della vita intese di più , che 1' alimento aereo ove per un po- chissimo manchi manca eziandio 1' esistenza , nel mentre che degli altri alimenti può il corpo uma- no comportare per alquanto tempo la privazione . iVel che egli si mostra seguace di Democrito , il quale avendo parimenti chiamato l'aria pabulum vi- tae considerò in essa respirazione l' opera indisoen- sabile alla continuazione della vita , supponendo nell'aria circostante molte sostanze di natura spiri- tuale, le quali facciano difesa onde la nostr'anima dal corpo suo non si separi . E in questo pensie- ro del fisico d' Abdera trova lo Sprengel le tracce della teoria di Kirwan e Grawford. Possiamo al- tresì congetturare, che Ippocrate stimasse il re- (») Bc Jlcit. «APiEMZÀ l'Ippocratk 3i5 spirare come il fomite principale del calore , pe- rocché il veicolo di questo, come vedemmo, era il pneuraa . E perchè i luoghi dove cotesto calore innato teneva il maggiore impero erano il cuore ed il cervello , forse Ippocrate giudicava aver parte anche questo nella genesi del calore animale. Nel qual ultimo pensiero , quantunque i moderni tutti non consentano, nulladimeno Anemann e Metzger a provare l'influenza che ha il cervello nella pro- duzione del calore tra gli altri argomenti riporta- no , che nei bruti assiderati o dormienti per tut- to r inverno decresce unitamente alle funzioni del sensorio anche il calore; il che non potrebbe es- sere, secondo la teoria della genesi del calore, per solo effetto del polmone ; talché per la stessa ra- gione decresce anche in noi il calore nel sonno, durante il quale diminuiscono pure le funzioni del sensorio . XV. Il modo con che Ippocrate considerò il sonno porta anche noi a considerare com' egli fos- se il primo che applicasse la immagine delle due forze centrifuga e centripeta ai movimenti organici. Egli avvisò che cotesti movimenti nel sonno si portano dalla periferia verso il centro , mofiis in, sonino intro vergunt ; donde Platone contemplò il sonno come 1' attività remittente dello spirito sen.- ziente; ed è in quello stato di concentrazione de moti organici, durante il riposo delle facoltà de sensi esterni, che le parti interne maggiormente travagliano: somnus lahor viscerihiis . Laonde, guar- dando a cotesta felicissima idea degli antichi delle forze centripeta e centrifuga applicate alle funzio- ni della macchina umana , è da dolersi che i mo- derni fisiologi non ne facciano sì gran conto . Il solo Riclierand mostra averne consideralo V im- 3i6 SciairiK portanza . Egli lia detto che : „ Il corpo umano „ presenta assai bene 1 imagine delle forze centripete ,, e centrifughe dell' antica fisica . Il movinifmto „ di parecchi de' sistemi che fanno parte della „ sua struttura è diretto dal centro alla circonfe- „ renza : è una vera esalazione clic spinge di fuo- „ ri i prodotti della perpetua distruzione degli „ organi ; taT è T azione del cuore delle arterie di „ tutte le glandolo secretorie . Altre azioni diri- „ gonsi al contrario dalla circonferenza verso il „ centro ; e col mezzo di esse noi attiriamo conti- ,, nuamente , negli alimenti clie sono introcIoUi „ nelle nostre vie digerenti , nell' aria che penetra „ l'interno de' polmoni e involge la superficie del ;, nostro corpo, gli elementi del suo accrescimenlo „ e riparazione . Questi due movimenti a diiezio- „ ne opposta si equilibrano di continuo , e do- „ minano a vicenda, secondo l'età, il sesso , e ,, lo stato di sonno o di veglia . „ A me pare che tanto sieno esse forze da considerare ne' corpi organizzati, e farne applicazione alla dottrina del- la vita , quanto hanno creduto considerevoli i fisi- ci quelle principali due forze attrattiva e ripr.lsi- va , e ne hanno fatta applicazione ai fenomeni del- la materia universale . Tra i quali celebratissimo è Kant, che ha il primo contemplato nella mate- ria cotesto due potenze di attrazione e di repul- sione r una e 1" altra suscettibili di gradazioni in- finite . Donde ha concluso Curzio Sprengel , che le stesse due forze insensibilmente variando dalla coe- sistenza della materia sino all' ultimo gradino del- la classificazione degli esseri naturali , ove 1' uomo primeggia, sieno esse che diano a ciascun viven- te queir attività colla quale ora in una forma ora neir altra manifesta la propria vita . Vivere è agi- re ; ma cotesta azione o movimento di vita non si può concepire che 1' effetto di due forze, at- trattiva r una, che sì essercita tra molecola e mo- lecola organica; repulsiva 1' altra , mercè del prin- cipio imponderabile che è forse il calore animale O il calore innato d' Ippocrate . Da queste due for- ze vien fuori quella speciale motilità ^ che produ- ce il complesso di que' fenomeni che si chiama- no vita. Il qual movimento ne si rappresenta centripeto e centrifugo, seguendo la natura delle forze che lo determinano, in tutti i principali at- ti dell' organismo . Né passando quel movimento allo stato morboso fugge dalla medesima rappre- sentanza ; come già ne ammaestrò il Santorio nel- la sua statica. XVI . Dicasi da ultimo della generazione , la quale era da Ippocrate spiegata per opera dell' im- mischìamento del seme de' due sessi : il qual. seme era riguardato in ambedue come un estratto di tutte ie parti del corpo . Dal che scendeva facile spiegazione alle simigìianze, alle malattie eredita- rie, e ad altri fenomeni di cotesto sublime e im- perscrutabile mistero della natura . Una facoltà ge- neratrice disponeva cotesti semi convenevolmente. La quale facoltà venne ammessa anche dal Blumem- Lach , e da lui chiamata nisus Jormatii'us : e il si- stema d'Ippocrate saia sempre celebralo per aver avuta venerazione nelle scuole un tempo lunghis- simo e per essere stato sostenuto ed illustrato dal conte di Buffon. Delle età , altro grave argomen- to fisiologico, intese Ippocrate le principali ragio- ni ed influenze sulla vita vegetativa e relativa . JN'è lasciò inconsiderate le grandi variazioni periodiche della vita , e alle influenze celesti sul calore in- nato gli piacque attribuirle ; Plerumque enim ho- 3i3 ScisifKi minis natura universi potestatem non superai . Nel che fu seguito dal Testa nel suo gravissimo li- bro de' periodi vitali , e dal Darv»nn e da tutti co- loro che non lasciarono di meditare sui fatti , quantunque astrusa e poco meno che impenetra- bile ne^sia la spiegazione. Dei sensi esterni, po- co sporto nella notomia, non potè parlare con ve- rità ; e si corjtentò seguire le opinioni di Democrito d' Alcmeone e d' Empedocle . Ripose la morte nel- la decomposizione de'princìpj constituenti il corpo, e nella esalazione del calore animale; e cotesti principj o elementi non credette annientarsi , ma so - lo disciogliersi , e doversi contemplare , come ve- ramente sono , quali ,, I miserandi avanzi che natura ,, Con veci eterne a sensi altri destina . Osservazioni storico-anatomiche intorno la pretesa scoperta di un muscolo , e di due nervi nell occhio umano . Roma^ nella stamperia De Romanis ida3* Estratto x\. vendo noi inserito nei nostri fogli (f) la memo- ria del sig. professor Giuseppe Trasmondi intorno la scoperta di due nervi dell' occhio umano, crediamo di non poterci dispensare dal parlare ancora di quest' opuscolo del sig. professor Gaetano Flajani per far conoscere sempreppiù al pubblico che non siamo ani- mati da alcuno spirito di parzialità, e per melte- (t) Tom. XIX. i>. I. «COPERTA d'uPT MUSCOLO EC. 3 1 () re sotto gli occhi delle persone dell' arte le pro- ve che da una parte e dall' altra vengono addotte intorno tale scoperta . I nostri sforzi non sono ad altro diretti che alla ricerca del vero, che ci è som- mamente a cuore pel perfezionamento delle scien- ze , e pel decoro della nostra patria . Premessa una breve lettera dedicatoria al chia- rissimo sìg. prof. Giuseppe Sisco , incomincia 1' A. col dolersi che l' immortale Morgagni non abbia po- tuto mettere in esecuzione il progetto che avea concepito di scrivere una storia completa delle sco- perte anatomiche . Una tale opera oltreché avrebbe sparso una luce splendidissima su tutto il vasto campo delle anatomiche cognizioni , avrebbe anco- ra fatto evitare molli equivoci intorno l'origine di alcune scoperìe. Nel leggere diftatti V A. il foglio n. G del giornale dì Napoli intitolato V Osservatore medico fu sommamente meravigliato dall'annunzio della sco- perta di un nuovo muscolo nelT occhio umano fat- ta dal dottor Hermer di Filadelfia , e quindi dal veder comparire poco dopo la memoria del sig. dot- tor Giuseppe Trasmondi che confermava tale sco- perta , e vi aggiungeva quella di due nuovi nervi che al muscolo medesimo interamente si consagra- no . Ixì ossequio perciò della verità, e per decoro della professione egli si è creduto in dovere di presentare ai cultori della facoltà medico- chirur- gica queste sue riflessioni , le quali hanno per isco- po di dimostrare con prove irrefragabili desunte dagli annali delle scoperte anatomiche, e per mez- di accurate dissezioni, i. che il muscolo così detto di Hermer era cognito fino dal secolo scorso , e che il medesimo in un co' nervi che gli apparten- gono è stato esattamente descritto e con ogni diligen- »a delineato in un'opera celebre impressa nel i8o3;3. 3j}o S c I b r s ■ che la tavola annessa , o per meglio dire il pre- parato anatomico che le lu servilo di modello, è imperfetto riguardo al metodo che si è tenuto nella sezione, e non conibrme alla disposizione natura- le delle parti che vi sì trovano rappresentate ; 3. che la descrizione data dal sig. dottor Giuseppe Trasmondi tanto del muscolo che de' nervi è man- cante e in gran parte erronea . 11 primo che ha dato un' idea chiara del mu- scolo del sacco lagrimale, per quanto è a cognizio- ne dell' A., è un certo Schobin^er in una disser- tazione sulla fistola lagrimale stampata in Basilea nel 1730, ed inserita nel primo volume delle di- sputazioni chirurgiche di Mailer. Ecco le sue pa- role: Saccus idem ( il sacco lagrimale ) circa exte- riorem ac anteriorem partem proprio e. vi gito mu~ scalo circa os planurn orlo fibris suis supra dictam sacci partem se se extendente gaudet , f^uem stre^ nuiis anatomicus ac chirurgus D. Duverney dilectis' simiis praeceptor meus primiera invenit ^et mìhi plu-^ rìes in variis siibiectis denionstravit . K più sotto, parlando delle cause che contribuiscono al moto progressivo delle lagrime, soggiunge : Hnnc lacrjr^ marum protrusionern^ impulsionem , ulteriorem pro~ gressnm juvant ^ i. musculi orbicularis contraciio ^ a. palpebrarum J'requentes motiis ^ 6. alterna oscu- lorwn patentium constriclio et dilatatio ^/\. ductuuni propria elasticilas ^ situs ^ et directio ^ 5. tendo mu- sculi orbicularis sacci ampliorem superioremq uè par- tem premeiulo lacrymas sua tensione atteri us pro- trudens , 6. similis actio museali proprii sacco la- crjmali inserti nondum ab aullwribus descripli . Dal suirii'erito passo si rileva, che il primo ad osservare il muscolo del sacco lagrimale è sta- to il cel, anatomico francese Duverney . Egli niea- Scoperta d'un muscolo ec. Sai te pubblicò , finché visse , intorno questa scoper- ta ; ma nel primo tomo delle sue opere postu- me pag. i3o se ne legge il seguente cenno: Oictre ces fibres ( parla del sacco lacrimale ) il y a un petit mascle aie dedans du grand angle ^ qui prend son origine de la partie anterieure de f os planum et s' insère à la partie interne du tendon mitojen ou commun à t oppose de t orhiculaire . C est un petit muscle que f ai observé il y a long temps . In seguito Duverney juniore nel suo opuscolo in- titolato Z' art de dissequer les muscles du corps htimain pag. 3y su tal proposito così si esprime : JS orhiculaire rejcttè et renversé dessus le nez ^ on peut , en otant la graisse trouver un pe- tit muscle , qui prend son origine de la partie an^ terieure de l os planum et vient s' inserer à la par^ tie interne du tendon mitoyen à t oppose de t orhi- culaire . Je crois qu il n est pas décrit , il peut servir a diriger t entrée des larmes dans le sac la- chrymal . Dalle allegate autorità , e da molte altre che per brevità si omettono , dice T A. , resta evidente- mente dimostrato che fino da un secolo indietro co- nosceasi il muscolo in questione non solo , ma ben anche i suoi usi ; i menzionati autori però si li- mitarono a darcene soltanto un'idea, né pensaron mai a rappresentarlo in figura , come sarebbe sta- to necessario (i). Un tal merito era riserbato al (i) Esiste però nella biblioteca LaTicIsiana dell' arcispedale di s. Spirito l'opera del sig. Daverney che porta il seguente titolo : Essai iTcìnato/nie en lahles imprimé cjui repmsenient cut naiural tous les muscl*uit muscolo ec. Sa^ memoria, essendo estranei allo scopo principale che si è prefisso in questa disamina. JVota soltanto dì passaggio che i moltiplici usi attribuiti dal sig. Trasmondi al muscolo del sacco lagrimale ed a'suoi nervi sono del tutto ipotetici , perchè non dedotti dai fatti , come ipotetiche ed arbitrarie dice che debbono riguardarsi le induzioni patologiche e te- rapeutiche , finché non veranno confermate da una lunga serie di accurate osservazioni e decisive spe- rienze . 338 LETTERATURA 5*^ due luoghi della divina Commedia illustrati dal sig. avvocato Luigi Crisostomo Ferruzzi di Lugo. OSSERVAZIONI. Io parlo per ver dire. Non per odio d'altrui , o per disprezzo. Petr. Canz. XXIX. Al chiarissimo signor Salvatore Betti. \^uelle due interpretazioni su Dante pubblicale in Lìigo nel giugno di quest' anno pel valentissi- mo sig. avv. Luigi Crisostomo Ferruzzi destarono in coloro , che qui si piacciono di cotali bellezze, un amore di tornarvi sopra per vedere se come ad al- cuni sembrava essersi per quelle dato nel segno , fosse da preferirsi il talento che venuto era ad al-' tri più assai di farvisi oppositori . E poiché in que- sti ultimi nacque il puntiglio di sostenersi in sif- fatta sentenza , nella quale me pure avean tratto ; mi richiesero di sottoporre al giudicio di lei alcu- ne osservazioni loro, per inserirle, quando lo sti- masse conveniente , nel giornale arcadico, che mercè delle sue cure e di quelle de' valorosi colleghi suoi, cresce a tanta gloria dell' italica letteratura . Pre- venendo essi così il pensiero , che pur mi era sor- to in capo di scriverle alcun che sulle interpreta- DuK Luoeni di Dapttk iittSTaiTi 339 zioni stesse, mi tolsero ad una briga, che altre più nojose non mi avrebbero forse consentito di effet- tuare sul momento ; e poi non so quanto a quel be- nedetto spirito deir Alighieri saria potuto andare a genio il trovarsi tra due forensi pronti a conten- dersi il sajo per cagion sua. Or queste ciance, co- me mi furon date , le mando ; sì perchè avendole io comunicate al sig. avvocato , al quale, come al fra- tello di lui sig. Michele , professo alta stima e lea- le amicizia, si riportò quegli per tutta risposta all' apologia che si legge nelT indicato giornale arcadico, volume di luglio passato ; sì perchè questi scritti escludendo ogni idea di amarezza e di saccente- ria , faranno anzi fede del pregio , in che qui si tiene quella coppia rarissima , che nei fratelli Fer- ruzzì ci presenta l' Emilia . Del mio non aggiun- gnerò , fuorché il pregar lei, chiarissimo sig. Salva- tore , a conservarmi intera la sua bontà ed ami- cizia , profferendomele con tutto l'animo . Di Fermo il i5 di settembre 1823. Gio. Battista Avv.** Adriani . Nobile natura de buoni ingegni é , nelle pa- role amare il vero intendimento : non le pa- role tanto . S. Agost. della Dott. crist. 4- I. Il tipografo Vincenzo Melandri di Lugo con una stampa, che ha la data del 23 giugno iSaS, ci annunziò , come ,, il sig. avv. Luigi Crisostomo ,, Ferruzzi avea spiegato recentissimamente in nuo- „ va e bella foggia due famosi luoghi del canto I „ deir inferno di Dante , intorno a' quali avevano „ fin qui sudato indarno tutti i chiosatori. ,, £ 330 LBTTBIlATVnA soggiugneva, elle,, queste illustrazioni uscite sareL- „ bero con altre in una nuova dichiarazione dell' al- „ Jegoria del canto suddetto, nella quale il sig. avvo- „ cato va travagliandosi. Ma siccome non sapeabene „ quando il lavoro potesse venire intero alla luce, „ area conceduto che andassero innanzi queste „ due felici tnterpretazioni a vantaggio di che aves- „ se già intrapesa , o pensasse intraprendere, una „ edizione della divina commedia . ,, II. In leggendo questo scritto noi , che non sapremmo mai lodare abbastanza chiunque i pro- prj sudori consacri a quel poema, „ Nel quale ha posto mano e cielo e terra ,, ci facemmo ansiosamente a considerare , se le inter- pretazioni suddette fossero in realtà felici per modo da poter servire di norma e legge ai futuri editori dell' Alighieri . Ma con buona pace del sig. avvocato, che noi teniamo in conto di fdologo valentissimo , ci sembrò andar esso lungi dal vero e dal veri- simile in quelle sue chiose; fino a farci amar me- glio di vedere ristarsi gì' ingegni dallo investigare nel- le opere di quel divino per desiderio di nuovi lu- mi , anziché renderle pìij scure e difficili per la smania di cementarle . Né valse a distoglierci da siflfatta sentenza l'apologia , che delle interpretazioni stesse vedemmo inserita pel sig. avvocato nel gior- nale arcadico , volume di luglio 1823 pag. 68; che anzi ci parve doverci in quella ognorpiù con- fermare . Del qual nostro opinare se sporremo bre- vemente le ragioni , non vorremo arrogarci il van- to di aver dato nel segno; e se parrà invece essersi da noi fallata la retta interpretazione , non ci dor- remo per questo delle cure adoperale a rinvenirla, e ci sarà scudo contro le riprensioni di chicchessia l'aurea sentenza di Seneca:,, Verità» omnibus patat: DVX LUOGHI DI DArrTK ILLUSTRITI 33 1 „ nondum est occupata; qui ante nos fuerunt, non „ domini , sed duces sunt : inultum ex. illa etiara „ fuluris rslictura est . „ III. Il primo luogo del canto, che il sig. avvo- cato prende ad illustrare , è a' versi 4i 4^ 4^ , co' quali Dante , che in prima descritto avea 1 orrore del suo trovarsi iu una selva oscura, e dello smarrimento della diritta via ; e quindi il suo arrivo appiè di un colle , e l'apparizione di una lonza leggera , e di maculalo pelo coperta, che gli avvenne sul prin- cipio del mattino , e nella stagione di primavera ; viene a quelle parole : „ Sì eh' a bene sperar m'era cagione „ Di quella fera la gajetta pelle , „ L'ora del tempo , e la dolce stagione ; Il sig. avvocato sostiene, chela retta costruzione di quei versi è la seguente: ,, L'ora del tempo (cioè „ del principio del mattino ) e la dolce stagione ,, (cioè di primavera, ossia del sole montante in „ su colla costellazione d' ariete ) m' era cagione a ,, sperar bene la gajetta pelle di quella fera ( cioè „ a vedere pel suo lume la pelle della lonza di- ,, stinta di varj colori ).,, E chiamando in suo aju- to il vocabolario , e l'esempio che vi si legga del Kedi Oss. anat. 42, così pronuncia : „ GÌ' interpreti , ,, se non erro , si tennero dal penetrare innanzi ,, abbagliati dalla consonanza di questo luogo di ,, Dante con un esempio noto delle grammatiche la- „ tine sotto il y^xho juheo nell'appendice degli at- ,, ti\ i , che dice : Comando che tu speri bene -. „ Jubeo te bene sperare . Cic. Ma per questa in- ,, terpretazione l'inganno cesserà , e il vocabolario „ avrà un beli' esempio del verbo sperare in signi- ,, ficazione attiva: e nelle edizioni della divina com- „ media non si segnerà piìi la virgola dopo pelle . 339 LSTTIRITURA. IV. Sin qui il sig- avvocato : e noi gli sapremmo buon g:rado di questa felice scoperta , se potessi- mo acconsentire al suo ragionamento . Ma poiché egli rapportasi alla grammatica per contraddire all' interpretazione unanime dei chiosatori di quel ver- bo sperare-^ noi pensiamo appunto, chela sua le- zione non possa accordasi né col grammaticale si- gnificato della parola medesima , né col senso let- terale e poetico del canto , il quale si mostra aper- tamente a chi facciasi a leggerlo per disteso ; e che pugni poi apertamente coli' allegoria rinchiusa in quella cantica , il velame della quale fu squar- ciato da tanti sommi d'Italia e fuori col soccor- so del buon senso, della storia, e della filosofia. V. A rettificare la lezione del testo sul verbo che ha dato luogo alla prima illustrazione del sig. avvocato, noi potremmo fin dalle prime invocare 1 au- torità di molto auliche ed accurate edizioni del- la divina commedia, come quella di Venezia del i49* per Bernardino Benj»li e Malthio da Parma, nel- le quali il verso 4" ^ dato così : ,, Sì di al bene sperar m'era cagione ec. ,, Questo modo di esprimersi del nostro poeta equi- valendo chiaramente ed assolutamente alla speran- za , toglierebbe l'adito ad ogni altra interpretazio- ne , e mostrerebbe per se solo quello che per for- za d'argomenti intendiamo far manifesto . Ma per- ché altre edizioni , e tutte quasi le più recenti , o sulla fede di codici diversi riposando , o ingentilir volendo l'armonia di quel verso , hanno : Sì eh' a bene sperar m'era cagione, non daremo maggiore importanza a questa preli- minare osservazione di quella che meritar si sa- prà da coloro , i quali conoscano quanto facilmen- te siasi ne' manuscritti tralignato dal testo ori^i- Du« LUOGHI DI DaptTB ILLUSTRATI 335 naie : per modo che non le sole lettere , ma le in- tere parole siansi omesse o trasformate , e la- sceremo ai leggitori di questo scritto la facoltà di allegare alla ragione piuttosto che all' autorità il loro giudizio , VI. E facendoci da principio ad esaminare la grammaticale intelligenza del verbo sperare , egli è certo , che oltre i significati di avere speranza ; di attendere , o aspettare ; di credere , o stimare ; e di temere , quando al male trovisi unito : altri non glie ne attribuiscono tutti gli antichi e mo- derni vocabolarj , fuor quello di opporre al lume una cosa per vedere s'ella traspare ; il che rispon- de al latino in lucem tollere . In questo senso si sperano le nova per discernere le vane dalle pie- ne ; le carte e le tele por conoscerne la sotti- gliezza e r uguaglianza ; i cristalli ed i liquori per ravvisarne la chiarezza; ed in questo vorreb- besi dal sig. avvocato applicarlo alla lonza , che a Dante comparve in sul cominciare dell' erta, co- me se avesse potuto col soccorso di un bel mat- tino di primavera ., e del sole che dietro le spal- le della fiera sull'orizzonte appariva, iyoertzrwe la pelle , e praticarvi sopra le più minute osser- vazioni . Ma ciò non può dirsi ; e ne troveremo la ragione nello stesso esempio del Kedi citato dal- la crusca e dal sig. avvocato , e che riscontrato abbiam per disteso nelT originale trattato di quel valente naturalista Sugli animali viventi che si tro- vano negli animali viventi , da cui furono tratte le poche parole inserite nel vocabolario, VII. Parlando ivi il Redi dei lumaconi ignu- di , dopo averne coli' ordinaria sua dottrina ed accuratezza descritto T esterna configurazione , sof- lermasi principalmente su la pelle ; e a dime- 334 Lettbratvrà strare che in essa sono diramati molti canaletti , dai quali portasi alla cute per mezzo di visibili forami quell' umore untuoso e viscido, di cui sono d' ordinario spalmati gli animali suddetti , suggerisce l'esperimento seguente: „ Se s'impol- veri ( egli dice ) ben bene un lumacone con del sai comune, o con del salnitro raffinato , o eoa dello zuccaro pur raffinato , il lumacone getta da tutta la pelle una grandissima quantità di materia viscosa , tenacissima, per lo pii!i di due colori , cioè bianca e gialla , che diventa soda come una colla , ed il lumacone, in tanto tem- po che si dìrebbon sei credi , se ne muore in- tirizzato , gonfiando la pancia come se fosse idro- pico; e se si separa la pelle dalle viscere , el- la , che peraltro è grossa e dura , trovasi flo- scia e assottìgliatissima e totalmente smunta per esserne uscito tutto quell' umore viscoso, di cui son pieni quei sottilissimi canaletti, che chiaramente si veggono serpeggiar per la pelle, s'ella si speri al sole . ,, Vili. iJa questo esempio , e da altri moltis- mi che potrebbonsi riferire , vedesi chiaramen- te , che a potersi una cosa sperare al sole ed al lume ella debb' essere sottilissima e trasparen- te , come per la chimica preparazione indicata dal Redi diviene la pelle di un lumacone, in prima grossa ed opaca . Ma chi potrebbe applicare questa espressione e questo significato ad una lonza gran- de e grossa , la pelle della quale era attaccata alla carne, alle ossa, ai visceri, e ad ogni altra cras- sa materia indispensabile per costituire un animale vivente, e farlo stare in piedi? Chi si persuade- lebbe mai , che frapponendosi questa lonza tra il «ole nascente e Dante , potesse questi vederne DU8 LUOGHI DI DaITTB ILLUSTRATI 335 trasparire la pelle, e rilevarvi non i colori, die fin dal primo apparirle di quella fiera aveva di- stinto, ma sì le piiì minute notomiche parti che la componevano? IX. Né se ancora volessimo in fatto di lin- gua essere così poco scrupolosi per accordare al signor avvocato la facoltà, non concessa dal voca- bolario ad alcuno de' nostri classici , di esten- dere il significato del verbo sperare al fissare at- tentamente una cosa, e vederla pel suo lume ^ co- me dice il manifesto del tipografo lughese ; e co- me il signor Ferruzzi dichiara nel suo scritto in- serito nel giornale arcadico citato di sopra , qua- siché Dante per queir ora e per quella stagione , in cui soles melius nitent , potesse fermar bene gli occhi sulla pelle della lonza, e quella, che già veduto avea di maculato pelo coperta, per lungo per largo e per qualunque altro modo agiatamen- te speculare : non potrebbe ciò adattarsi assoluta- mente al senso letterale di ciò che Dante de- scrive nel luogo controverso ; siccome a noi par manifesto in leggere tutto il contesto del canto. X. Il principio del poema ne mostra , come Dante trovatosi di notte in una selva oscura^ aspra ^ e forte ^ fuori del diritto sentiero , si vide in sul mattino ,, a pie d' un colle giunto „ Là ove terminava quella valle , „ Che gli avea di paura il cor compunto. Levò allora gli occhi in alto , e la vista del sole, che già vestiva le spalle di quel monte , gli quie- tò alcun poco l'agitazione che gli era durata tut- ta la notte , e persegli anirao a salire ; quando gli apparve 336 Lettsratwaa „.(.•&. quasi al cominciar dell' erta , „ Una lonza leggera e presta molto , „ Che di pel maculato era coperta. Eccoci al punto della controversia. La notte era scorsa , ed il giorno dovea essere ben chiaro , poi- ché il sole era già sorto sull' orizzonte, e illumi- nava il colle ; e Dante , prima di riprender via per la piaggia diserta , aveva per alcun poco ripo- sato il corpo lasso . Egli dunque al primo appa- rirgli vide quella lonza sì bene da poter fran- camente asserire , non solo essere leggera e pre- sta molto , ma pur anco di maculato pelo co- perta . Se pertanto l'avea già veduta coro' era, e quanto bastava per concepirne la più chiara nozio- ne ; perchè fargli ripetere otto versi più sotto , che torà del tempo e la dolce stagione gli erati cagio- ne di veder pel suo lume la gajetta pelle di quella fiera? Qual vantaggio da queste minute osserva- zioni? E poi avrebbe egli Dante potuto farle nel- lo stalo , in cui al momento di quel!' apparizione si ritrovava ? Torniamo al testo . XI. Egli è certo , che il primo sentimento concepito dal poeta al trovarsi nell' orrida selva fu quello di una fortissima paura ; e che sendo- glì durata in cuore per tutta quanta la notte, se gli riaffacciava ad ogni istante al pensiero, e lo at»- terriva tuttora, quando a pie di un colle pervenne. Siffatto interno smarrimento diminuì un poco in esso per la vista di quel benelico pianeta , „ Che mena dritto altrui per ogni calle : e perciò sì mosse dopo qualche riposo a salire il colle suddetto . In questa gli apparve la lonza , che potè scorgere leggera e maculala; ma perchè quel- la fiera se gli parava innanzi , quasi per attraver- sargli il cammino , non lasciò di essere colpito per DuB luocni DI Dawtk illustrati 33^ modo che non pensasse più volte a tornarsene ìa- dietro, e ristarsi dall' incominciata salita : „ E non mi si pania dinanzi al volto, „ Anz'impediva tanto il mio cammino , „ Ch' io lui per ritornar più volte volto . Or se a questo nuovo sentimento , sorto nell' ani- mo del poeta per quello scontro impensato , non Torremo attribuire gli etFetti d' un reale spavento » non potremo negargli quelli di certo ribrezzo, che in colui risorto appena dall' orrore di un luogo selvaggio , presso il quale aggiravasi tuttora, dovea produrre l'improvvisa comparsa di una pantera . E sì che fu Dante per modo sorpreso a quella vista , fino ad esitare non solamente sul pariito che prendere gli convenisse, ma a volgersi indie- tro più volte , e quasi decidersi ad abbandonare quel camnìino . XII. E in questo stato di agitazione e di af- fannosa incertezza, fra tanto contrasto di passioni l'una all'altra succedentisi , può supporsi egli mai che colui , il quale avea fino allora veduto ogget- ti di terrore e di tristezza , i soli che presenta- re si possano a chi per orridi luoghi si aggira ; che per lievi conforti si era appena appena alcun poco riassicurato ; e che ricaduto era quasi tosto nel dubbio e nell'abbattimento; d'altro occupar si potesse , se non di quello che fare gli convenis- se , e arrestar si dovesse tranquillo a sperar bene pel suo lame , e minutamente esaminare la gajetta pelle di quella fiera medesima , da cui il nuovo smarrimento gli proveniva? Un' idea così meschi- na scemerebbe di troppo il magico efletto di un quadro animatissimo , quale ia principio di quel Ciinto ci si nppresenta, e pugnerebbe direttamente cella viva immaginazione dell' Alighieri , che rapi» G.A T.XIX. ^x 338 LKTTKRATOnA damente si affretta alla sua meta , et nihil molitur inepte . XIII. Ma Dante in quel momento altro far non potea , che sperare un alleviamento alla situa- zione infelicissima in cui si trovava ; e questo e non altro esser può il significato preciso di quel verbo; la qual sentenza conferma viemeglio la let- terale dichiarazione del testo , che proseguiamo . Ecco in qual modo il poeta , dopo lo scontro delia fiera, nel suo racconto procede: „ Temp'era dal principio del mattino , tt E r sol montava n su con quelle slelle ,, Ch' eran con lui quando l'Amor divino 11 Mosse dapprima quelle cose belle ; „ Sì eh' a bene sperar m' era cagione ,, Di quella fera la gajetta pelle , •ti L ora del tempo , e la dolce stagione : „ Ma non sì , che paura non mi desse „ La vista che m' apparve d' un leone . Dante pertanto dubbiò , e si ristette alla prima comparsa della lonza , temendo di affrontarla ; ma poi r ora propizia del mattino , che ad una buja e travagliata notte succedeva, la dolce stagione, e la gajetta pelle di quella fiera , cui questa voce appropria una certa dolcezza e un apparente beltà, togliendone ogni idea di ferocia e di fame , co- me indicato avrebbe un pelo scuro , ispido , ed arruffato , anziché maculato , morbido , e liscio ; doveano fargli sperar bene in quel disastroso viag- gio , ed erano pel poeta altrettanti segni ed augurj di consolazione , che lo allettavano a salire, e a non disperare dell'altezza del monte lo confor- tavano. Ma questa speranza venne ben presto re- pressa dalla vista che gli apparve d' un leone ; ed in vece sottentrò in esso nuovaments la paura , poiché dic« : DuB LUOGHI DI DawTK ILLI'STRATI Z5q „ Questi parea che contra me veniesse „ Colla test' alta e con rabbiosa fame, „ Sì che parea che l'aere ne temesse. Né però disperava afiFatto di poter proseguire nel- la salita ; se non che una lupa magra ed ingor- da , che alla superba fiera tenne dietro , di tanto spavento il comprese, che riducendolo all'ultimo abbattimento , gli fece perdere ogni speranza di queir altezza . Ecco le sue parole : ,, Questa mi porse tanto di gravezza „ Colla paura che uscia di sua vista, ,, Ch' i' perdei la speranza dell' altezza . XIV. A questo verso noi quella in vece ac- quistiamo , che il signor avvocato debba darsi per vinto, giacché toglie di mezzo ogni dubbio sul- la vera intelligenza di quel benedetto sperare ; e qualunque altra interpretazione dar se gli volesse sarebbe dalla lettera del testo , e dalla voce Lbttkrav«ii4 fermo sta in luogo Jei due punti , del punto e vir- gola , ed anco della virgola sola . Perchè dunque quel luogo di Dante dovrà leggersi facendo pausa finale sulle parole la dolce stagione , come pia- cerebbe al sig. avvocato, e non piuttosto su quelle „ La vista che m'apparve d'un leone , come il senso letterale , e la materiale scrittura consigliano imperiosamente ? Chi reggerebbe quel Ma non sì del v. 44 » se non dipendesse questo dal sì che deir antecedente 4i ? Queste particelle han- no fra di loro siffatta relazione , che al sì ohe se- gue a buon dritto il ma non sì^ che chiude e fer- ma il sentimento del discorso contenuto dal verso 4i al 44»® c^i® tutti dovranno in tal guisa interpreta- re, se non vorranno al buon senso ed alla regola- rità della lìngua stranamente ribellarsi • XVIII. Che se a queste ragioni, tratte dal sen- so letterale e dal cotesto del canto , una pure ag- giungnere se ne dovesse derivata dal suono poeti- co e dall'uso delle parole, secondo i varj concet- ti adoperate dal terribile e pietoso pittore del con- te Ugolino e di Francesca da Rimino , che in quel suo poema „ Mostrò ciò che potea la lingua nostra , e che ad ogni forte o gentile descrizione forti o gentili voci applicò , quasi volesse colla poetica armonia accompagnare i sentimenti dell' animo suo, e quelli per tal modo insinuare nell' altrui ; si ve- drebbe apertamente, che ai vocaboli aspri e duri coi quali Dante avea nel principio di quel canto de- scritto l'orrore di „ Una selva selvaggia , ed aspra , e forte „ Che nel pensier rinnova la paura . ,, Tanto è amara , che poco è più morte; e la paura fortissima , DuB LUOGHI DI Bantu illustrati 343 „ Che nel Iago del cor gli era durata „ La notte , che passò con tanta pietà ; e il raccapriccio di colui, ->y che con lena aflfannata, \ ,, Uscito fuor del pelago alla riva, „ Si volge air onda perigliosa , e guata ; fa soltentrare , per descrivere il principio ed il be- ne della sua calma , quelle dolcissime parole » „ Temp' era dal principio del mattino, „ E i sol montava'n su con quelle stelle „ Ch'eran con lui, quando l'Amor divino „ Mosse dapprima quelle cose belle ; „ SI eh' a bene sperar m'era cagione „ Di quella fera la gajetta pelle , ,, L'ora del tempo , e la dolce stagione , Chi non vede in questi versi l'anima di un mise- ro, che dopo lungo e travagliato affanno respira, e s'apre a liete e care sensazioni? Certamente se a taluno sembrò sentire il brividìo della quartana in que' versi del canto XVIII dell'inferno: „ Quaf è colui, e' ha sì presso il ribrezzo „ Della quartana , e' ha già l'unghie smorte, „ E triema tutto pur guardando il rezzo ; e la frescura in quegli altri del canto XXX. ,f Li ruscelletti , che da' verdi colli „ Del casentin discendon giuso in Arno, „ Facendo i lor canali e freddi e molli, „ Sempre mi stanno innanzi, e non indarno ec* a noi sembra , e molto piij , di sentire in quelli sopraccitati la calma e la speranza . XIX. Dopo tutto ciò resterebbe a vedere co- me anco al senso allegorico del poema , quale la fi- losofia del nostro secolo cel rischiarò , si opponga il significato di 'veder pel suo lume la gajetta pelle della lonza, che il sig. avvocato Ferruzzi dar vorrebb« 344 Letteratura al verbo sperare^ togliendone l'espressione di quel sentimento consolatore, che più di ogni altro allo stato del poeta si conveniva ; non polendo ornai più dubitarsi , che Dante colla selva oscura e deser- ta il suo esilio dalla patria significasse ; e nel mon- te,illuminato dai raggi del sole nascente, il suo ri- torno e la sua tranquillità figurasse ; e nella lon- za , nel leone , e nella lupa le tre potestà indicas- se , che a questo suo scopo si frapponevano : cioè Firenze, o a meglio dire la parte guelfa in quella dominante , il re di Francia e la podestà secola- re di Roma , che quella fazione scopertamente fa- vorivano . Ma in questa disamina saremo di poche parole contenti ; sì perchè l'eruditissimo sig. conte Giovanni Marchetti in quel suo discorso premesso air edizione De-Romanis del 1820 ha posto in si chiaro lume l'allegoria della divina commedia da non potersene altro desiderare ; sì perchè prometten- dosi di questa allegoria dal sig. avvocato una nuo- va dichiarazione , non sappiamo se le cose che gli girali per capo si opporranno alla sentenza del Marchetti , o mireranno ad ampliarla viemeglio ed illuslrarìa . XX. Soggiugneremo pertanto unicamente ( ciò che non sembra essersi fin qui da altri avvertito), che a ravvisare nella lonza la città di Firenze, di- visa, com'era, da più fazioni, le quali sotto nome specialmente di bianche e di nere aspramente la di- laceravano , un beli' argomento ci appresta il poeta coir aver prescelto fra le altre bestie una lonza , che i naturalisti ci denotano molto arrendevole al- la dimestichezza , e la cui pelle ognun sa essere appunto di bianche e nere macchie cospersa ; co- me negli aggiunti , che le dà di presta e di leg- gera , a noi pare di scorgere la proclività di quel DUK LUOGHI DI DantS IL1U8TRATI 345 popolo a seguire il partito , che sovra gli altri di tratto in tratto signoreggiasse ; e quella debolezza di leggi , e mutabilità di uflìcj e di costumi co- sì bene espresse dal poeta medesimo nel canto VI del purgatorio v. 127 142 con quelle parole: Fiorenza mia ti „ che fai tanto sottili ,, Provvedimenti , che a mezzo novembre „ Non giugne quel che tu d' ottobre fili. „ Il qual luogo ( dice il nostro Perticari nel trat- talo dell' Amor patrio di Dante par. i §. viii ) „ fu stimato così pieno di verità , così lontano da „ ogni sospetto di malizia , che Giovanni Villani „ Io citò a testimonio de' suoi racconti , e ne ,, volle confortata fino l'autorità della storia ,, Il quale esempio del Villani fu imitato poi dal „ Boccaccio in quella epistola nobilissima a M. ,, Pino de' Rossi : ove lo consiglia a reggere con ,, civile forza r animo sospinto dalla contraria for- „ tuna . E gli mostra come la città di Firenze ,, più eh' altra è piena di mutamenti: intanto che ,, per esperienza tutto il dì vede verificarsi il ver- ,, so del nostro poeta : che a mezzo novem- „ bre ec. ec. XXI. Dante adunque cacciato in esilio non dalla patria , ma dalla fazione in quella domi- nante , ,, Qual si partì Ippolito d'Atene „ Per la spietata e perfida noverca „ Farad, e- 17 i 28 quando dice s ,, E se miseria d'esso loco soUo „ Rende in dispetto noi e i nostri preghi , „ Cominciò l'ano, e i tinto aspetto e brollo^ „ La fama nostra il tuo animo pieghi ec. G.A.T.XtX. ai 354 LlTTEllATIIllA il cominciò tuno dovea per la regolarità della lo- cuzione anteporsi al resto del terzetto ; ma Tinver- sioDe , che può dirsi consigliata dalla necessità del- la rima, oltreché non avvolge di alcuna oscurità^ il sentimento , tanta grazia gli presta da farsi cre- dere , che non a caso , ma a bello studio siasi ado- perata. £ nel e. XXVIII in quel terzetto: „ Già veggia per roezzul perdere o lulla , „ Gom'io vidi un , così non si pertugia , ,, Rotto dal mento insin dove si trulla ; il corn io vidi un è anteposto soltanto al così non si pertugia ; l'inversione cade entro un sol verso . £ finalmente nel canto successivo, ,, Parte sen già , ed io retro gli andava , „ Lo duca , già facendo la risposta ; il nominativo lo duca è collocato nel verso di sot- to , e pochissimo discosto dal verbo sen già . E così dir potrebbesi di altri esempli moltissimi , es- sendoci quelli che abbiam riferito venuti a mano pe' primi, svolgendola cantica di cui ci occupia- mo ; dai quali tutti risulterebbe grandissima la dif- ferenza tra le sinchisi adoperate dall' Alighieri, e quella che nel v. 70 e seg del canto I vorreb- besi rinvenire. XXXI. Ecco le ragioni , per le quali ci è sem- brato non poterci accordare coli' illustre signor avvocato Ferruzzi nelle due interpretazioni pubbli- cate nel manifesto del tipografo Melandri . Noi pe- rò , che di minori lettere assai ci confessiamo in confronto di lui , abbandoniamo volentieri al discer- nimento di coloro che sanno il pronunciare, se que- ste osservazioni siansi più o meno avvicinate alla retta intelligenza di quello scrìtto , che sarà sem- pre il trofeo più illustre della nostra poesia . E se incontrar dovessimo uno sfavorevols giudizio , ci ro- Due 1.V0G»! di Dante illustrati 355 sterà sempre la soddisfa ziooe di avere con le op- posizioni nostre agevolato il discoprimento della ve- rità : giacché d'ordinario anche nelle opere dell' in- telletto „ Poca favilla gran fiamma seconda . Degli aneddoti di Gaetano Marini . Commentario di suo nepote Clarino Marini. Roma 1822 dai tor- chi di Lino Contedini. Pag. 20ÌÌ in 4r Xl saggio critico di un commentario sulla vita di un uomo celebre per opere già pubblicate con le slampe, in cui si dà restratlo di molte altre inedi- te ^ egli è assunto malagevole in un giornale, che a questo oggetto assegna il confine di poche pagi-v ne. Il libro, che porta in fronte il titolo premessi so, sebbene presenti questa difficoltà, nientedimeno, il rango, che prende nella storia letteraria , esige che se ne dia, almeno con un' analisi , Tadeguata: contezza . Monsig. Marino Marini, cognito già per altri suoi opuscoli, volle co» questo commentario esset^ grato alla memoria dal suo zio monsig. Gaetano> Marini .Alquante notizie di questo celebre lettera- to avea raccolte il sig. Antonio Coppi , chele pub^ blicò rapidamente appresso la di lui morte. Il chia-^ rissimo autore del commentario, possessore de' suol scritti e de carteggi , coli' esame di essi potè ag- giungere le più recondite. Dedicò il suo lavoro al pocanzi perduto pontefice sommo Pio VII , e la lettera è un monumento di gratitudine pe' bene- fici dall'ottimo principe versati sopra lo zio, cguai» 356 Letteratura mente che sul nipote . Conoscendo egli bene, la vi- ta pubblica di un letterato star sempre in ragione inversa della privata ; per cui quanto più grande sia in letteratura concentrato negli studj, può esserlo me- no negli affari pubblici , tratta Tuna e l'altra del- lo zio promìscuamente in semplice e polito stile , qual si conviene a sì fatte produzioni . L'emulazione e lo spirito di gloria, molla ne- cessaria air espansione delle cognizioni e sviluppo dei talenti , rende alle volta malignuzzi fra loro i letterati ad abbassare a vicenda i meriti rispettivi : perloppiù non lodarsi che parcamente fra essi , concordi raramente nelle lodi . Il chiarissimo au- tore comincia pertanto il suo lavoro dall' osservare, che lo zio ebbe univoci lodatori tutti i sommi let- terati del suo tempo : Affò , Andres, Bianconi, Bo- ni , Cancellieri , Costanzo , Eckhel , Ennio Vi- sconti , Giovenazzi , Lanzi , Mario Lupo , Morcel- li , Oderico , Vernazza , Serassi , Tiraboschi , To- aldo , Zirardini , Zoega, tutti i giornali infine so- no altrettanti lodatori di Marini . E, chi più valse con lo scalpello che con la penna , Canova mo- strogli la sua stima dedicandogli un sasso reso par- lante coir ammirabile arte sua. Il carteggio di Ma- rini con parecchi di quegli uomini lodati, oltreché presenta una serie di dissertazioni epistolari in va- rie scienze coi più dotti del suo tempo , formano un elogio continuo di lui unitamente alle opere in cui di esso si parla . Ladatus a laudatis essendo Marini pel suo me- rito', poco dice l'autore del commentario de' suoi natali , tacendo con modestia più cose che potea dire . Nacque in Sant' Arcangelo in riva al Rubi- j cone , patria di altri uomini illustri. La madre Fran- j cesca de' conti Baldini supplì alla cducaziuue del Anbddoti fii G. Marini ZSj fanciullo , che il genitore Filippo lasciò noli* infan- zia : tantoché mostrando il figlio fassi l'elogio del- la medesima . Ebbe congiunti ed affini di merito , fra' quali si distinse il fratello Giacinto eguale nel- le virtù religiose e morali, ne forse inferiore nell' in- gegno e nella coltura , poiché risplende così nella scienza legale, che pel gusto nell'amena letteratu- ra. Seppe di greco, di ebraico, di latino: appli- cò in S. Marino e nel seminario di Rimino alla filosofia e alle matematiche; e nella prima gioven- tù coltivò con trasporto la storia naturale : profit- tando in provincia dell' amicizia di molti uomini scienziati , che allora l'adornavano , potè formarsi di per se stesso . Passò a Bologna maturo a studiar leggi sotto Vernizzi , ma più guadagnò colà con l'ami- cizia di que' dotti , Azzoguidi , Bassi , Lelli , Monti, Verati , Zannoti . Ebbe poi in leggi la laurea a Ra- venna , coronata di applausi poetici di più celebri verseggiatori a quel tempo, e di una orazione inau- gurale di Zirardini riportata in appendice dell' ope- ra . Il valore spiegato nella giurisprudenza fu il suo avviamento a Roma a proseguire la carriera, sicco- me imprese sotto la disciplina del celebre avvocato Sala . Ma il genio lo strasportava a studj più ame- ni , e la dovizia dei monumenti romani lo determi- nò all'antiquaria, lapidaria, diplomatica, nelle quali salì rapidamente ad alta stima . La patria lo distinse deputandolo insieme con l'avvocato Garatoni a felicitare il concittadino Lo- renzo Ganganelli esaltato al pontificato col nome di Clemente XIV . E questa fu V occasione , per cui gli officj di monsig. Garampi , poi cardinale, gio- varonlo già cognito al pontefice ad ottenere la di- stinzione di deputarlo coadiutore di Marino Zam- piai promosso a rimpiazzare lo stesso Garampi , al- 358 L K T T K tt A T « R A lorchè passò alla legazione di Polonia , nella pre- fettura degli archi vj pontificj, cui presto salì il coa- diutore. Profittò col maneggio di questo grande de- posito di preziosi documenti nella facoltà diploma- tica ed antiquaria , per cui ebbe il credito di giu- dice in quella sfera , interpellato a scrivere intor- no a varie questioni del tempo , singolarmente a quella della tenuta di Valle Arcesi , se donata o no ai monaci di S. Angelo di Tivoli ; e parec- chi giornali conservano questa ed altre sue diser- tazioni e produzioni consimili . Nel ritiro del suo gabinetto e nella solitudi- ne degli archivj spiegò Marini i suoi talenti anche politici nel disimpegno degli affari affidatigli dal du- ca Carlo di Wirtemberg e dai sammarinesi , co- me a residente pel primo, ed agente dei secon- di presso la s. Sede. Nel resto passando la vita negli studj cadde ne' tempi, in cui ebbe e dar pro- va del suo attaccamento alla causa di Roma. An- che gli oppositori stimarono il merito di Marini ; ma questa stima non fu sospetta alla s. m. di Pio VI , il quale di altrettanta fiducia onorollo per la miglior possibile custodia degli archivj affidati- gli . Allorché cominciossi a riordinare per poco lo sconvolgimento dei publici affari, riscosse V appro- vazione di sua condotta in quei pericoli per la sal- vezza del deposito che avea nelle mani . Il chiarissi- mo autore ha arricchito il commentario con l'appen- dice delle testimoniali accordategli dalla giunta in- terna di governo napoletano, dalla chiar. mem. del card. Valenti, e dal vivente eminentissimo Gou- salvi segretario allora del sagro collegio residente nel conclave a Venezia ; ed infine di un breve di elezione a primo custode della biblioteca vaticana DcUutn sub annulo piscatorio kal. aug. 1800 dal pò- Ansdboti di G. Mariki 359 eanzi perduto pontefice Pio VII , il quale di «o* prappiu l'annoverò frti suoi camerieri onorarj . La parte più interessante della vita dì un lettera- to consistendo nelle sue opere, in cui consumò la vita medesima, ragiona il chiarissimo autore di quel- le del Marini con ordine quasi cronologico. Qui gio- va raccoglierle in un sol punto . Scorre di volo qua e là le edite , perchè già colsero Y applauso pubblico , e si restringe a darne un catalogo in fi- ne deW opera. I papiri , i /"rati arvali ^ le iscrizioni albane ^ gVi archiatri pontijìcj^i lari (V Augusto , e i maestri de vici sono libri perpetui ; ma pure il cliia'- rissimo autore fa nascere il desiderio di vederli ri- prodotti, ed arricchiti delle aggiunte e postille au- tografe del Marini , che a lui passarono in eredità con gli altri suoi scritti aneddoti . In ordine ai papiri per altro il chiarissimo autore del commentario pub- blica il carteggio passato fra Marini e Zirardini su questo argomento, da cui risulta, che ambi avea- no concepita quest' opera ; che Zirardini il primo ne consultò Marini , questi gli prestò l'opera sua , e comunicò le proprie notizie: ma Zirardini dopo avere così cumulato alquanto materiale , trattenuto dalle difficoltà ulteriori, cede l'impresa a Marini, ed esso rifuse l'opera quale l'abbiamo nel libro in- titolato Papiri diplomatici. Altre opere minori dell* illustre letterato accenna passim l'autore, perchè già pubblicate in varj giornali; e con modestia e ri- serba fa l'apologia di qualcuna piij acre di quello che cen venga alle contese scientifiche . Frattanto questa apologia ha fatto guadagnare ai dotti curio- si la pubblicazione di alcune lettere e notizie , che altramente sarebbero perdute . Fra le opere pubblicate se non si annovera Tedi- xione della letteca di Antonio Agostini^ di cui ft- 3Go L F T T E P- A T -li R A ce pompa Andres ^' essa però è sua , perchè redense il codice dalle mani di un venditor di salumi , e diede la gloria di pubblicarlo allo stesso Andres , quando donò il codice alla chiara memoria del cardi- nale De Zelada; onde a ragione fu encomiata dai sud- detto Andres la generosità di lui nella prefazione j Egregii. viri tot sunt tamque insignia in pleraque disciplinarum genera inerita, ut hoc^ qualecumque sit , vìjc in aìiquo numero haheri queat . Fu consul- tato dai più celebri letterati del suo tempo nelle questioni antiquarie , di storia sacra e profana , e numismatica ; e ne rimangono le consultazioni per lettera di Zampiroli, Tiraboschi , Lancellotti, Zar- lati , Toaldo , Garampi , Aifò , Tomitano , Floro , Oderico ; e le risposte di Marmi sono attrettante dis- sertazioni tratto tratto, ora pubblicate per la prima volta dal chiarissimo autore del commentario . Degli scritti aneddoti però fornisce il eh. aut. im' estratto , che non lascia luogo ad altra restri- zione . Miglior partito sembra quindi il formarne un catalogo . E tralasciando le schede e le dis- seriazioni epistolari , molte accennate, alquante ri- portate neir appendice ; le opere inedite di Mari- ni , di cui r autore dà X estratto , sono le se- guenti. La primaria è la Collezione diplomatica : de- scrizione cioè esattissima , come l'autore ci assi- cura , di tutti i codici , anche perduti , della biblioteca vaticana e degli archivj ponlificj , col jfac simile dei principali caratteri , con l'estrat- to dalle varianti lezioni , corredata di prefazione , ricca di notizie sui codici cogniti più celebrati. Che se una vecchia opinione, oggi vinta, che i codici palimpsesti deteriorassero nelT esperimento di ravvivare colle abluzioni caustiche i caratteri abrasi , non avesse trattenuto le sue indagini sui Aneddoti di G. Marini 3(5i. codici vaticani , tanto pi ima sarebbesi arricchito il mondo letterario delle opere celebri nascoste in queir emporio di rarità . L' impresa era riserbala al merito del eh. monsig. Maj. Proseguendo il catalogo delle cose inedite , esistono presso l'autore del commentario : La dissertazione sulla cessione e rinuncia ai vescovadi . Altra epistolare al camaldolese Biagi sul di- ritto dei patroni alla eredità e sepolchi dei liberti . Altra sul bassorilievo chigiano rappresentan- te in un clipeo le geste di Alessandro Magno , nella quale riunì tutte le notizie suU' uso dei cli- pei onorar] e votivi dei romani derivato dai greci. Altra su' calendarj . Altra , non intiera, sulla lapide votiva decen- nale riconosciuta appartenere a Massimino . Altra sulla località dell'antica Fidene, ove og- gi chiamasi Castel Giubileo^ all' occasione di una lapide ivi scavata; e sull'incidente disputa , se aves- se Fidene i propri vescovi in aumento dei suburbi- carii , confutando l'opinione di Bingamo e di al- tri scrittori . Memorie istoriche degli archivj della santa Sede : Argomento affatto nuovo. Memorie istoriche della terra di Soriano . Collezione d' inscrizioni cristiane classifica- te , e con la prefazione preparata in ischede. Opus quadraginta annorum . Altra collezione di lapidi del secolo X ed XI, di vetri scritti , iscrizioni imperiali ommesse nelle grandi collezioni di Grutero e Muratori ; di Giu- liano l'apostata; delle equivoche, se cristiane o gentili, del IV e V secolo; delle lapidi anonime . De vigilibus eorumque stationibus cum in-» scriptionibus in hanc rem . S6a Lkttkaatura Riflessioni sulle opere- dì Fabretti , e princi- palmente sulla illustrazione dell'iscrizione Barberi- na relativa alT arco di Claudio supplita da Gau- ges de Gozze pesarese e Ghifflezio . Dissertazione sul circo di. Garacalla. Odeporico I diario di osservazioni. Se non può annoverarsi fra le opere di Ma- rini , ha egli certamente il merito di aver prepa- rato ad arricchire V epistolografia di mille e sei- cento lettere inedite di celebri letterati , e molte originali . Collezione di figuline scritte , delle quali fece dono alla vaticana , insieme coli' illustrazione ade- guata . Più scritti rimarrebbero del Marini , se meno liberale fosse egli stato in comunicare le sue sco- perte fatte negli archivj vaticani agli amici lettera- ti , affinchè se ne profittassero illustrandole : come fece r abate Zaccaria di quelle sul diurno dei ro- mani pontefici , nel tomo 3 della sua Biblioteca ri- tuale pag. la, ripetendo l'argomento della sua dis- sertazione dalle cognizioni di Marini . Di questa di lui facilità testimonio sincero ne è pure Andrea nella prefazione alle citate lettere di Antonio Ago- stini da esso pubblicate , ove le ripete da Marini , come appunto Marini stesso nella prefazione ai pa- piri retribuì a Zirardini il materiale che avea neir opera contribuito . La modestia però di Marini tolse al mondo letterario l' opera interessante dell' Orbis christianus. Stimolato dal card. Garampi col dono de' mate- riali da lui preparati , e nelle sue occupazioni di stato abandonati; sconsigliato da Oderico ; anima- to da Tirabosclii , lasciò in mezzo al disparere de- gli am^ici il desiderio di \xa opera classica . Altra Aneddoti di G. Marii!ti 363 schede poi presso il eh. autore del commentario comprovano, che meditava altre opere; su' nomi tisatì dai romani imporre ai cavalli, e di premiare i vincitori , e gli aurighi dei medesimi: appendice a Galletti su' primicerj : postille alle osservazio- ni aneddote di Girolamo giuniore Aleandro da lui trovate, e trascritte da un codice Barberino. Fra tante opere inedile di Marini sorgesse almeno un mecenate, il quale fornisse i mezzi di pubblicare colle stampe le più interessanti ; e toccasse la sor- te alle vaste /?tìrcco/^e delle iscrizioni cristiane, ed a quelle Addizionali al tesoro di Grutero e Mu- ratori , al Codice diplomatico , alia raccolta delle figuline ! La vita di un letterato è ristretta . Quando si è detto, che studiò sempre, e si numerano le di lui produzioni, essa è conclusa: perchè le vir- tù morali accompagnano facilmente l'uomo occupa- to nell'acquisto delle utili cognizioni . Marini ter- jninò qual visse . La custodia degli archivj ponti"- ficj l'obbligò a trasferirsi a Parigi con essi il di ij aprile 1810. Anche le piante adulte traspor- tate in un clima più rigido languiscono . Nel cli- ma austero di Parigi contrasse Marini una cronica malattia. Volea ripatriare; ma non consentendo il pontefice perchè non si dipartisse dagli archivj , egli obbedì , e 1' obbedienza costogli, la vita nel 17 maggio idi5. Fu Gaetano Marini placido di carattere, di costumi ingenui, religiosissimo, trasportato per natura agli studj , instancabile nel coltivarli, li« berale delle sue cognizioni , fedele ne' suoi imp&- gni , disinteressato, e perciò ricco più di scritti che di beni di fortuna. Benemerito ad ogni modo è sempre il suo 364 Letterata u A. degno nipote della storia letteraria per avere riuni- te tante notizie , e pubblicate le più recondite dell* illustre suo zio. Egli seguì esattamente l'ordine cronologico, atto a spiegare il progresso delle co- gnizioni per cui quello giunse all' opera de Pa- piri, ed a lasciare in eredità le collezioni diplo- matica , delle lapidi , e delle figuline Non sarà peraltro discaro ai nostri amici il conoscere tutto i Catullo 569 deterius est , qriod opposica sìt pr^n&re prò tanta pecunia ut nihil jam sii cur eam Furius suam dice- rè deberet . locatur autem in amhiguitate ^ocabuli apposita . E quindi alle parole quindecim et duce/i" fa , aggiunge : suhaudiendum H- ^ (1) . Scaligero il figlio è d'avviso, che ivi si fac- cia menzione della villa catulliana: Z?a Catulli au-^ tem villa in felli gendum , non de Furii quod som" Tliat vir discretus (2) ; e relativamente al senso del suddetto endecasillabo non immagina la prete- sa distanza da Roma , ma si uniforma al parere del Mureto : Vetus scriptura : et ducentos recte , AUocjui immanis fuisset surama Illa , ncque puto tam copiosum Catulluni (3) . Achille Stizio , altro interprete di Catullo , la pensa del pari così : Hujus loci facetia in verbo . Ducitur enim ab ambigno . Opponere est etiam oppignorare (4) • In che è segtiito da Ermolao Bar- baro citato dallo s\ esso Palladio : Non enim pre- tium aut sumptwn id videri , sed aeris alieni sum^ mam , quam futurum esset ut nominibus dissolven- dis villa divender etur , et quasi licitaturis oppone^ retur . Oltre i nominati inlrepiti delle poesie catullia- ne, altri scrittori eziandio dal senso del prenunciato endecasillabo escludono la pretesa distanza di quin- dici miglia da Roma . 11 Volpi , dopo aver ripor-f tato r epigramma di cui si parla , ne spiega il senso nel modo seguente : Ludit lepide Catullus in (1) In noi. ad d. epig. (2) In noi. ad d. epig. (^^léOC^ cit. (4"> In nalis ad d. epig^. G.A.T.XIX. a4 3"70 L » T T B « à T ÌJ R. A voce opposita , (juae et caeli plagas , ad quam ver» gerat vUlula , significahat , et pretium ad quod vena- Us proponehatur , velut sub hasta , linde pariter et villae ipsius salubritatem et pretium colligimus . Est autem Cntulli sententia , vdlulam quidein suam salubribus esse ventis expositam , quod emptores pretium omnium quaeritare solent ita ut a nullo et quatuor oppositis cnrdinalibus ventis , quos nomi- nat^nimium vexaretnr ^ verum vennlem eam esse caro , ufpote expositam venum , et ad auctionem sestertium nummum quindici m milita et ducenta ^ quod gronde pretium emptores et cupidos deterri- turum prae\fidebat ab ejus emptione , quam si insa- lubri alicui ex nominatis n^entis fuisset villula expo- sita . Quare precium ipsum argutissime vocat \>en- tum horribilem et pestdentem ( ! ) . I) Doeringio , che cita il Volpi , prorjone di- verse opinioni , ma il senso e la inttuprelazione dell' endecasillabo quarto è (jntrorme a quella degli altri . Egli dice : Ar^umcntum hujus carminis pen- „ det a dubia loculione versus primi , ubi prò ,, nostra in novinnllis ex»at 'ì)estra . Si vesf.ra vera ,, sit locutio , ut nobis vid^ tur , omnis lusus ad „ Furii inopinm deridendam pertinebit, cum vil- „ lula horribili vento opposita , hoc est creditori- ,, bus oppignorata di( ilnr . ixesponden quidem po- ,, test, ut a Vu!j)io jam responsum est, Furium ,, ne cimicem ci areneum ( ut noster de ilio canit ,, carmire xxi m ) n.i Uijm villam possedisse. Sed ,, primum , qnis nescit vprba poelao non ad vi- ,, vum resecauda esse? Deincle verissime eliam hoc „ dici poterat de homine, cujus rem iamiliarem aes (i) r>jl/if Lai. vcf. li>>. 18 cftp. >^. ViLtA DI ClTttlp Zfi „ alieuum superaret. Sed si verior cui altera le- „ Clio nostra videatur , is animo sibi fingat Furium „ a Catullo pecuniam , et fortasse centum illa se- „ stertia ( de quibus vide carm. 23 ver. 28 ) pe- „ tiisse , Catullum autem , jocose indicato, quo „ ipse praematur aeris alieni pendere , has preces ,, a se reraovisse . Sed mihi persuadere jion pos- „ sum tara ingenue Catullum angustae rei suae sfa- „ tura palefecisse Furio , in cujus egestate inge- „ nium suum exercere solebat (i) . Ora se vogliamo attenerci alla interpretazione del Partenio , del Miireto , del Doeringlo , e di al- cun altro che opinano parlarsi in detto epigramma della villa di Furio ^ la questione è terminata . Allora non fa duopo osservarne la esposizione dei nienti , o la distanza da Roma . Non possiamo più aggirarci fra le acque albule e il ponte lucano-, sparisce il declivio del monte di s. Angelo in Piovola , la strada delle cascatene , ed il territorio di Tivoli : giacché non vi ha memoria che quel Furio , nominato dal poeta , possedesse in esso territorio una villa . Se poi, come è più probabile , il senso dell' epigramma medesimo riferir si debba alla villa ca- tulliana, la interpretazione del suddivisalo endeca- sillabo quarto per la distanza di quindici miglia da liomn essendo esclusa dalla valevole autorità di tanti autori , resta esclusa del parila esistenza del- la villa medesima nel luogo da me impugnato. Infatti la slessa località della pianura fra leacque albule e il ponte lucano ecclude una villa dal- le sue vicinanze, e qualunque altro predio atto a (1) Dneriiiir, in twl.ad CatuLepi^. cU. ^ ISella nuom edUìo, ne ilei classici :li Jorino . »4' 37' L«»T«RATDRA costituire una dimora di diiizie e di diporto - An* ticamente quelle acque occupavano una estesa pia- nura , e ricoprivano le adjacenti campagne fin qua- si alle vicinanze del ponte suddetto . Evvi opi- nione , che i vetusti popoli latini consecrata avea- no in quei sito una selva ed un fonte al dio Fauno , ove accorrea per gli oracoli tutta V Ita- lia (i) . A ciò oppongonsi altri , per la qualità del Suolo tutto duro ed incapace a prestare nutrimen- to vegetale ad alberi e piante (2). È certo che la pietra tiburtina , chiamata da- gli antichi lapis tiburtinus e sa.xum tiburtinuni , è anco un prodotto delle acque albule(3). La solidi- tà di questa pietra è tale , che la forza de' secoli e la violenza delle tempeste è impotente a distrug- gerla ; ed il solo fuoco può scomporne la compat- ta organizzazione , secondo la testimonianza di Vi- truvio (4) e di Plinio (5), Roma fin dalla sua infanzia alle inesauribili sorgenti della medesima ricorse per innalzare i suoi primi templi , le sue prime fortificazioni , e per (1) Morii stor, di Tivoli lib.Z^ Kircher Lai. vet. cap. 4. (2) Volpi loQ. cit cap. 5. (3) Il dotto P. Piauciani della compagnia di Gesù, essendo lettore dì filosofia nel collegio di Tivoli , fece le più accurate osservazioni sul travertino ,Mà in uno scritto, di cui volle onorarmi, si spiega co- si: La pietra tiburtina è stata evidente/nentc formata dalle ac(]u& tdhid'ì i cho anche ai presente depongono, carbonaio di c(dce , ^d esalano idrogeno solforato . (4) Fitrm>. lib. -j. cap. 7. Tiburtina vero ( saxa ) sofferunt et tib lioiiiinibus et a teinpestatibug injurias . Qi>)*JPU'\. lib. 36, cap 2.1. Tiburtini (lapidei) ad rtiliijna far-* fes , vapore dissillunl . Villa di Catcllo S73 Costruire i sepolcri , ed i suoi pubblici tnonumen- ti . Si sa infatti che Sevio Tullio, sesto re di Ro- ma, volendo dedicare un tempio aWa J^ortuna /^Z- rile mandò nel territorio di Tivoli ad estràrne la pietra necessaria (i) . Dello stesso materiale pro- fittò Tarquinio Prisco per fabbricare il portico dell' antico foro romano (3) ; e 1' ultimo Tarquinio Successivamente cogl' immensi macigni del trailer'* tino di Tivoli costrusse il tempio di Giove capi- tolino ,e fece il lavoro stupendo della cloaca mas- sima, monumento che eccitò la meraviglia di tutte le generazioni e di tutti i secoli (3) . Dair antichità della pietra tiburtina , diffusa per un' ampia superficie , 1* antichità si desume dell' espansione sovra di essa superficie delle al- bule acque . Per districare da questa luguna il suolo occupato , sembra che 1' avvedutezza degli antichi tiburtini e de' romani riunisse quelle acque in canali ed acquedotti, scaricandole per quella par- te di territorio che verso Koma è situata . Quin- di sendosi quelli o distrutti o ripieni , toruaro- no le acque a diffondersi per la campagna , ed è verosimile che in tale stalo si mantenessero fia circa la metà del secolo XVI , quando lo zelo dei tiburtini, e la munificenza del cardinal della Cueva e de' cardinali Estensi le raccolsero e riunirono in quella grande e stabile forma , nella quale scor- rendo anco al presente « vanno a scaricarsi nel sottoposto fiume Aniene. Non si conosce il tempo della prima e pia (1) Ficoroni Vesiig. di Roin. tini. lib. i. ccip.b. (2) Donai, de Uib. Roni. Lib. 2. eap.-^o. Borrich» JÌiìt. Urbi Rom. Ccip. 20- ^3) Ficoroni loc. et. antica riunione ed allacciamento di esse ; ma o fosse dopo o prima della esistenza di Catullo , che visse sotto Giulio Cesare , sempre vero sarà che alla suddetta pianura, sebbene sgombra e de- purata dalle esalazioni di quelle acque sulfuree , dovea sovrastare un'atmosfera insalubre, malsana, ed incapace a solleticare ad un poeta la voglia di collocarvi una villa . Siamo istruiti da' marmi antichi presso le acque medesime rinvenuti , che sulle loro spon- de tempietti , edicole , ed altri sagri monumen- ti si eigeano , aventi rapporto alle qualità intrin- seche di esse , le quali , o col berne o col ba- gnarvisi , espellevano i morbi e ridonavano la sa- nità . Il sacerdote Proculo ivi consagra un tempio , lina edicola , o altra offerta presenta alla dea Igea figlia di EscLilapio (i) . Secondo il tenore di altro marmo lo slesso vedesi praticare da un Cajo Giu- lio (2). La buona Ulpia j4tenaide ^ mogli ^ di Mar- co liberlo e segretario dell' imperadore, anch essa in- nalza un monumento a quelle acque : e creder fa duopo che mirabili effetti dall' uso di esse que- (i) Aal. del Re cap. 6. PROCVLVS . SACERDOS M. D.M. IGUE . SAC AD . AQVAS . ALBVLAS D. D. (a) Marsi Lib. 6. ATTINI G. JVLIVS S. P. F. M. D. M. AD . AOVAS ALBVLAS . D. O. Villa vi Catvllc» SyS sta donna sperimentasse, vedendo che le chiama col termine superlativo di smitissimè (i) . Altri marmi più recentemente ne' luoghi stes- si dissotterrati ,e pubblicati dal Muratori, sempre più fan conoscere la somma venerazione , che presso gli antichi le dette acque esigevano . Ce*' lodo liberto di Angusto dedica ad esse un monu- mento (2) . Fa la medesima o consimile offerta Cajo Claudio Severo della tribù Quirina (3) . E Cc/jo Umbreno Lavicano esprime manifestamente che la di lui riconoscenza consacra a quelle o uq (1) Cabrai, loc. cit. AQVIS .. ALBVLIS SANCTISSIMIS VLPIA . ATHENAIS M. VLPII . AVG. LIB . AB . KPISTV tlS . VXOR LIBENS D. D. (2) Muratori Thes. pag. 88. 2. .... ALBVLIS . D. D. CELADVS ♦ AVG. LIB (3) Loc. cit. C. CLAVDIVS T. F. QVIR. SEVERVS ALBVL. 3^<} 1j « t t é 11 a t u n a tempietlo^ o utìa edicola, o altro monumento per esserne stato risanato (i). Oltre i predetti , o tempietti o edicole o si- mulacri o statue che lungo le sponde delle albu* le acque quinci e quindi védeansi , è provato che neir aureo secolo di Augusto, Marco Agrippa au- tore del famoso Panteon vi fabbricò delle magni- fiche terme , di cui facea pure uso quel primo im- peratore de' romani t le reliquie delle quali , benché da salvatiche piante e dalla distruzione ri - .coperte , allo sguardo ed alle ricerche si presen- tan tuttora degli amatori della veneranda antichi- tà. Alcun segno però non v' ha, ne mai compar- ye alla curiosità degli esteri o patrii antiquari! , onde possa congetturarsi che in quelle vicinanze vi fosse una villa . Sicché concorrendo tante cir- costanze ad escludere da quel luogo il predio di delizie del poeta veronese, sembra doversi lascia- re sovra il preindicato declivio dei monte di s.Jii' gelo in Piavola , ove una tradizione diuturna e non mai contrastata , e tutti gli scrittori delle co- se tiburtine, per tanti secoli lo collocarono. Infatti quante volte il sullodato epigramma ri- ferir si debba alla villa catulliana , non può desi- derarsi descrizione più precisa e più chiara per situarla su quel declivio. Nel breve giro di tre so- li endecasillabi il poeta dà a conoscere che la sua villetta era inacessibile al soffio dell' austro , del (0 Murat. loc. cit., Relncss pa^. jgS. AQVIS . ALBVLTS » SA «:. vMiTRirNvs SAL. S. V. ?. t. M. Villa di Catullo 377 favonio, del borea , e del levante. Ora quale col- lina , qiial poggio, e quale altra parte del tiburtino territorio è garantita dall'urlo dei detti quattro ven- ti cardinali, fuori del declivio del monte s. Ange- lo in Piamola ? E quale esposizione più bella per la villetta di un poeta ? In vaga e seducente prospettiva dall' alto di es- sa vedeasi l'Aniene, che quindi non molto lungi precipitara dall' antica sua caduta le acque spuman- ti , e che , disteso poi in placido Aetto , spingea tranquillamente il ceruleo passo per unirsi alle on- de del vecchio Tevere . Vedeasi il tempio della dea Vesta , quello dell' albunea Sibilla, gli orti e i po- meti da scherzevoli e cristallini ruscelli irrigati(i); la città torreggiante sulla vetta del colle /a) ; uq ampio orizzonte, sotto l'azzurra volta de 1 quale ogni giorno il sole nascondea il suo carro di fuo- co ; una estesa pianura quinci e quindi di ver- dure e di bionde messi ricoperta : finalmente ai fianchi ed all' oriente , in forma semicircolare , era circondata da' monti , i quali non già coli' al- tezza loro penetravano nella regione delle nubi , o spaventavano colle loro minaccianti roccia , ma in guisa dalla mano maestra della natura cran disposti , che l'olivo silvestre, la giovine quercia , eJ altre piante di cui eran vestiti , facean co- noscere che la villa di Catullo sul declivio col- locata una posizione ed un asilo presentava tut- to proprio di un cultore delle vergini dee , del Parnaso abitatrici, e capace d'accendere quel sa- cro entusiasmo , che elle sanno ispirare . (1) Horat. lib. i od. 7. (2) Propcrt. eleg: 7 Hi. 4. ^•j^ L * T T K A A T U R A Ed infatti gli scrittori tutti , da questa co-' sì poetica ed al tempo stesso pittorica posizione colpiti , ed istrutti dalla tradizione costante che nella ricerca delle cose antiche è valutabile , in quel luogo liconobbero e fissarono la villa di cui si parla . L' erudi lissìnìo Samuele Pilisco , fon- dato sul detto epigramma O furide noster ec. , la colloca fuori della porta Valeria ^ ove ha prin- cipio la strada delle cascattlle , d' onde cir- ca passi cinquecento è distante il prenarrato decli- vio del monte s. ^n^elo ; ed analizzando dell' epi- gramma medesimo le parole seu sabine sive ti- burs , parla così : prilla Catulli Juit extra portaiit valeriatn , ad ripam Anicnis . Colligitur ex verbis Catulli t O /linde noster seu sabine seu tiburs . Ex his versibus patet funduni catullianum^sab inusne seu tiburtinus sit , fuisse controversum ex eo , (jfuod Anio Jlumen Latium a sabinis divideret » ita ut quidquid ex dextra Anienis ripa ad sabìnos , £t quid(juid a sinistra ad Latiuni pertineret . Cum itaque villa Catulli a dextra Anienis sita fuerit , non iain in ttburtino , quam sabino J'undo sitam Juisse colligitur (i). Lo slesso prima del Pili- sco scritto aveano il Kiicher (3) ed il Turne- bo (6) . Successivamente il Volpi , in forza del senso di queir epigramma , ritrova la villa catulliana vi- cinissima alla città , e perciò sul preindicato de- clivio : Ex his habes Catulli villani et fundum in sabinis , ita tamen Tiburi proximam , ut et tiburs (i) Tiiis. Lcx. Ant. Roni. ari. fitta, (t) Lat. rei. el /joi'. pari. 3. (.■>■) TuinnJ}. Loc Cicvion. ViLLA Di Catullo 3nQ et suhurhana villa merito et verius dici posset , quod maluisset Catullus ut f orlasse immunior a ve- ctigalìhus foret . Ipsam autem villani lepidissime commefìdat ab aeris salubrilate ^ quaadjutum^ mar» ho se liberatum dicit , villaeque saluberimae Tiburti gratias agit ( i ) . Quindi, coli' autorità del vecchio Del Re, la pone nel sito medesimo , descrivendo alcune circostan- ze, le quali vieppiù autenticar sembrano la veri- tà della cosa : Hanc tiburtinam Catulli villani ve- lus et constans fama est apud tiburtes in eo col- le fuisse ad dcxtrum jinienis latus , qui dicitur di s. angelo in Piavola : yintoniusque del Ile histO" ricus tiburtinus ait ^subjectam huic colli vallem Tru- glia , sive TuUa , hodicque dici , 'vocabulo quasi a Catullo aliquatenus derivato . Illud certum , hoc loco ornatissimani antiquilus villam Juisse ; nam- que ititer Jodiendum ad plantandas vineas , pavi* menta re/ossa sunt segmentis nobiliorum variorum marmorum compacta , intraque hujus villae ambitum Jons/utt adhuc super stes aquae saluberrima (2). Finalmente, per ometterne molti altri che so- nò dello stesso uniforme sentimento , gli egre- gi autori de Monumenti antichi di Tivoli^ che vi- dero , indagarono , ed esaminarono ocularmente non una ma più volte quel luogo e tutto il territo- rio, dopo avere interpretato l'epigramma: Furi ^ villula nostra ec. nel più probabile senso di so* pia dimostrato , concludono nel modo seguente? La immunità dei quattro venti cardinali , unita alla circostanza notata nelf epigramma antecedente , è tutta al caso per fissare nelt accennato luogo la ^j) Folpi loc. cif. (2) Loc. cii. 38o Lettsratvaà villa di questo poeta , dove rimanevasi vetamenté non travagliata da altro vento , che da quello del caro prezzo , con cui V esponeva alla vendita . Ne è facile da questa di ritrovare altro sito , a cui i divisati caratteri si convengano così berte . Re- sta ad avvertire , che scavandosi in questo luogo furono scoperti nobilissimi pavimenti di vario mar" mo^ e fra questi una colonna in cui erano scoi" pite a basso rilievo alcune fgure femminili , rappre- sentanti o le muse o le grazie (i) . Tutti questi rilievi se per giustificare il mio qualunque siasi parere non costituiscono una pro- va completa^ sembra peraltro che presentar pos- sano materia bastevole a lasciare la villa del ve- ronese poeta sul declivio del monte di s. angelo in Piavola , e ad escluderla dalla pianura fra le acque albule ed il ponte lucano . JVè perciò te* mer deggio che il chiarissimo autore , di cui ho impugnato la tesi , debba avere a mal grado il mio tenue letterario lavoro ; conciossiachè nel raccorre i monumenti atti ad avvalorare suU' ar- ticolo controverso la generale opinione , ho pro- vato comportarmi colla mia consueta moderazio- ne , e con quel contegno e rispetto dovuto ad un valente archeologo e dotto istorico . È poi mio carattere il rispettare sempre i letterati , e quando parlano con esattezza e verità , e quando cadono in qualche abbaglio , cui per la fievolezza deir umano intelletto siamo tutti soggetti . S.VNTE Viola. socio corrispondente delt accademia romana di archeologia, (i) Lov. cii. piig. 89. S8i ■253 Della educazione dei /ìgli , trattato di Plutarco . Nuova traduzione italiana con alcuni discorsi . 8 Bologna , presso Uàsse Ramponi i>3a2'.'(Un voi, di cart. i35, ) V' 1 lem O' uolsì dare gran locìe al sig. marchesie Massimiliano AogeleJli , celebre traduttore di Sofocle (i) , d'avere non pur tradotto con lingua d'oro, ma dichiar.ito con be' discorsi morali quest' egregio trattato del filosofo di Cheronea (2) . E ciò sembraci così vero, che noa possiamo abbastanza raccomandarlo a tutti coloro, che stimano la prosperità degli stati provenire prin- cipalmente dalla buona educazione che diamo a'figliuo* li . Perciocché maestra degli uomini è spesso lei consuetudine , la quale sa far natura del bene e del male : sì che a gli animi consueti nel vizio in- vano sempre parleranno le leggi : ma chi fin da princìpio fu tutto in opere dì virtij , questi lascerà condursi agli statuti ed alle ragioni assai meglio che alla forza , la quale , secondo il dire di Li- sia , deve solo signoreggiare sulla vita de' bruti . Anzi i padri ed i precettori vorranno caramen- te spiegarlo a' loro giovinetti insieme co' li- bri del Pandolfini e del Casa , traendone cosi due grandissimi utili : l'uno , che i costumi de' loro fi- gliuoli od alunni si faranno tutti puri e diritti e Ci) Della traduzione di Sofocle dell' Angelelli parleremo ne' volnmi av^yenire. (2) Diciamo questo , ancorché il Wyttembach sia tutto in pro- Tiire che il trattato non è di Plutarco ( Tt i opusc. p. 462 so^, ) 38 i L H T T K r A T W R A conformi alla temperanza de' vecchi : 1' altro , che apprenderanno a scrivere con gentilezza e corre- zione la propria favella : il che fra le civili na- zioni non è obbligo minore che sia qualunque altro. Oltre air essere questa traduzione tutta fior d'eleganza, è anche fedelissima al testo: per quanto ci hanno pur detto diversi gran pratici di cose greche, i quali, diftidando noi del poco nostro sapere, abbiamo voluto richiedere. In prova di che ne le- veremo un bel saggio proso dal cap. iv , in ve- ce di trattenerci nojosamente in lunghe e fredde quistioni grammaticali . Egli dice così a cart. 30: „ Ora torno alla materia; ed avendo già detto che „ r uomo si debbe guardare di favellare pomposa- ,, mente, dico adesso che si disdice a costumata per- ,, sona di parlare anche sì bassamente come il „ popolo minuto . Imperocché il dire troppo com- „ posto è segno di poca gentilezza , e il basso e „ vile non muove . E siccome il corpo debbe ave- „ re sanità ed anche fortezza , così il parlare „ debbe essere non solo senza vizj , ma anche vi- „ goroso . Sono lodate le belle opere , che sì ina- „ no agevolmente: ma le malagevoli sono ancora am- „ mìrate.E questa è pure la mìa sentenza intorno alle „ disposizioni degli animi secondo la quale io dico ,, che non si conviene ali' uomo essere ardilo so- „ verchia^nentvì né vile , poiché l'uno di tali di- „ fetti mostra disposizione a sfacciatezza, e T al- „ tro a servitù . Si vuole adunque tenere appun- „ io la via di mezzo : il che è effetto di molto „ artificio e studio. E mi pare ancora che lavel- „ landò si debba variare , perchè in prima i di- „ scor>i sempre ugualmente composti danno in- „ dizio di poca dottrina ; e poi io stimo che f, questo esercizio rechi fastidio , e nou possa lun- „ gamente sostenorsi né d=)l dicitore né dall iidi- ,, tore . E siccome in ogni cosa la simigUanza in- „ fastidisce e sazia , e la varietà diletta ; óosì an- „ che in ciò chf entra nell animo per gli occhi „ e per le orecchie . Onde si conviene a gentile „ fanciullo prender notizia di tutte quelle discipline, „ che i greci con una sola parola chiamano en- „ ciclopedia : e queste avendo gustate anche leg- ,, germente , perchè l'uomo non può essere per* „ ietto in ogni cosa , studiare di forvia in lilosofia . „ Di che volendo porre un esempio , dirò esser „ bella cosa navigare per diletto di vedere molte „ città , ma essere utile abitare nella migliore . „ E Bione filosofo con molta urbanità diceva : „ Che siccome gli amanti di Penelope non poten- „ do fare di essa la voglia , si domesticavano con ., le donzelle , così coloro i quali non danno ope~ „ ra alla filosofia si consumano studiando in altre „ discipline di niun pregio . In somma filosofia ,, è la prima di ogni dottrina. Due scienze tro - „ varono gli uomini per vantaggio del corpo , „ medicina ed esercitazione ; V una mantiene sa- „ nìtà , r altra dispone a fortezza . Filosofia so- „ la è rimedio delle infermità dell' animo . Essa „ è duce e maestra dell' uomo , e gì insegna „ conoscere onestà , giustizia, e i suoi contrari!: „ e quali cose dtbba spezialmente eleggete , e (jna- „ lì fuggire . Oltre a ciò quali rispetti si con- „ venga serbare agli dei , ai genitori , ai vecchi, „ alle leggi , agli stranieri , ai magistrati , agli ,, amici , alle donne , ai figli , ai famigliari : e ,, che si vogliono venerare g\i dei , onoiare i gf- ^, nitori , riverire i vecchi , e si conviene obo;*- ,, dire alle leggi, star soggetto ai magistroti , ama- „ re gli amici , esser sobrio con le donne , ac-r 384 LXTTERATWnA. ^i, carezsfaré i figli , non maltrattare i lamigliati , „ Ma la maggiore ulililà di filosofìa consiste in „ questo , che 1' animo è sempre composto cosi „ nella prospera come nelT avversa fortuna , né „ mai troppo s' involve nei diletti , né si scomr „ muove per ira . „ Di tal nobilissima veste il sìg, marchese Angelel- ]i ha saputo vestir Plutarco : e ognuno vede con che Vdlor di maestro siasi studiato di compensare siffattamente le grazie greche colle italiane , che già non credi esser questa una cosa tradotta , ma sì un' opera originale . E in ciò , secondo ch« noi stimiamo , veramente consiste la bontà del tradurre : non in rendere servilmente vocabolo per vocabolo ; se pure non erra 1' esempio di tan- ti grsndissimi uomini , e specialmente di Cicero- ne così ne' libri rettorici come in quelli della re- pubblica , ne' quali ( lib. i cap. i3 ) fece latini parecchi luoghi del suo Platone . I discorsi che il eh. traduttore ha posti per bel comento al trattato, sono : i.° Di alcuni prov- -vedimenli degli antichi intorno ai matriraonj ; 3,' Delle balie e nutrici , e dei pedagoghi ; 3-° DegU sludj edfgli esercizj del corpo; 4-°^^6l silenzio; 5." Di alcuni effetti che procedono da mancamento dì sapere . Tutte materie tali da non potersi sen- za pericolo trascuraro chi vegli sulT umana pro- sperità : e trattate poi dal sig. Angelelli con quella nobile severità, la quale per gran dovere si richie- de in colui , che , siccome diceva Tullio , sostiene fra gli uomini la persona gravissima di filosofo . Noi qui ne recheremo due passi ben singolari , perchè i lettori ne abbiano un saggio : non essendo cosa da poterne dare una più estesa notizia . Così ntl discorso i a cart. G4 »» • ^i ^^gg® "^" EDUCAZIOrTE DB* FIGII 395 „ gli Eresiaci di Senofonte , che - Atrocom. di „ giorno in giorno cresceva in bellezza , e <4i „ fiorirono insieme eolie belle qualità del corpo „ anche le buone dell' animo % conciossiaX „ 1 universale erudizione studiava , e la vana mu „ sica esercitava: e la celerà , l'arte di cavalca „ re e d. armeggiare erano i consueti suoi e.serl „ cizj . ^ Per lo qual passo si comprende che „ a vana musica era altro che suonare di ce „ tera , o cantare : la guai cosa è dimostrata chia- „ ramente da Aristofane nella commedia de Ca „ .aUen quando il venditore di salsiccia ricusa" „ 1 ufizm dj governare il popolo , e se ne scu- „ sa sopra la propr.a ignoranza , dicendo che la ,, musica non gli è nota, e che sa W.ere a ne „ na e male . E anche Ateneo ed Eiiano ì „ quali scrissero che Jerone , Tolommeo Filadel- „ 10 e Adriano furono musici valentissimi vo „ ghono con ciò significare che furono prinrinì „ eruditissimi . Certa cosa è , che i greci eh f „ niarono del nome di musica tutte le cose de' „ dispongono gli animi a gentilezza . E considè! „ rando quanto sieno poderose le forze di Amo „ re li nominarono maestro di musica; imneroc „ che entrando egli nelle materiali e gr;ss?menU „ dove non entrò mai alcuna dottrinaVe n cu „ le ragionando , insegna talora costumatezza, \or. „ iilemo , ciclope dirozzi costumi , divenne noet^ ,» per 1 amore di Galatea ; e JVicia IT ^ } cr, A\ M\\ ^ j. . -Lìficia , dotto medi- „ co di Mdeto e discepolo di Erasistrato seri, „ vendo a Teocrito cosi gli dice r " „ Teocrito, è pur vero , Amor sovente « Poeta fa chi delle muse è schivo 336 L » T T H H A T B n A „ vante da musa, e per questo il predetto signifi-. „ cato è molto accettevole : conciossiachè le muse „ sieno eccitatrici degli ingegni addormentati, e pos- ,, sano rompere e spezzare i legami , per li quali „ talora fortuna invidiosa o altra contrarietà lega e „ racchiude in piccola parte del cuore umano le „ alte virtù dal cielo infuse negli animi , si che ste- „ nebrate queste dalla forza delle muse, sono poi „ sospinte in chiarissima luce. Gli antichi Galli, „ secondo che raccolta Diodoro di Sicilia , inter- „ rogavano gli auguri e i filosofi in tutte le cose „ che si pertengono alla guerra e alla pace , e segui- „ vano i loro consigli , e tanto li veneravano, che ,, la battaglia cessava tosto che essi mettevansi iti ,, mezzo i guerrieri. Così, dice lo storico, anche „ appresso quei ferocissimi barbari ira cede a sa-^ „ pienza , e Marte reverisce le muse . „ E nel discorso IV a cart. 78 : ,, I filosofi an- „ Cora ( egli dice ) insegnarono e ordinarono il si- „ leuzio : e Pittagora volle che i suoi discepoli ta- „ cessero per due anni , e dopo parlassero poco , ,, avendo sempre a mente che l'udire è cagione dì „ sapienza . E forse l'abuso di questi insegnamenti „ originò quella setta , che prendendo t\Qme dal si- „ lenzio fu detta de' silenziari\ e l'altra , riprova- „ ta da s. Agostino e da s. Epifanio, de' ^a^c« tì?rM- ,, giti^ i quali per frenare veramente la bocca e pri- „ varsi della facoltà di trarre la voce , portavano ,, conficcati nelle narici e nelle labbra alcuni pez- „ zi di legno acconciati a guisa di chiovi . Nella ca- „ sa degl' imperatori furono anche nomati silenziari „ alcuni servi , de' quali era ufizio porre silenzio „ agli altri sì che non s'udisse remore : e questo „ uficio era molto onorevole , perchè Giustj^niano li chiama uomini chiarissimi y e concede loro ntolt^ EnucArioMi de' ricT.i 3^- „ privilegi . Per Je' quali cose gli antichi filosofi . „ egislaton intesero ad ammonire gli uomini, che „ enessero il segreto e che fossero dì rade paro- „ le e pazienti dei parlatori. E volendo io tocca- „ re alquanto della dottrina di quei saggi intorno „ a questa materia dirò, che le parole di colui che „ favella soverchiamente vengono dalla bocca e non „ dal cuore; e perciò il garrulo si può pareggiare „ ad una nga bianca , che sul bianco non segna „ cosa alcuna . E questo fra i mali che procedo. „ no dalla loquacità è il minore . Addiviene non „ di rado che dove è il molto parlare ivi sia i'as- „ sai mentire, e più sovente la maldicenza che è „ VIZIO peggiore di ogni altro ; perchè il maldi- „ cente, essendo reputato d'ordinario uomo festevo- „ e e spiritoso, è dovunque udito con diletto e „ le sue parole entrano molfo agevolmente nelle „ orecchie di coloro che ascoltano, e suonano ooi „ per le bocche di tutti coloro che si studiano nev „ questa via di muovere altrui a riso. E pognamo „ che SI motteggi su cose vere , pure anche questo „ e da schivare : imperocché le facezie tolte dai vero „ hanno sempre lasciato di se aspra memoria e „ molto più se ciò si faccia sopra, i difetti dèlia „ persona, per li quali chi è meno privilegiato dai- „ la natura pu, vivamente si accende d'ira e di sde „ gno se ne è rnotteggiato , o se ode rimproverar- „ seh , meno tollera il difetto di questo che di „ molli altri beai che pure gli mancano . Oltre a „ ciò_si vuole considerare, che usanza si conver- ,, te m natura: e però il maldicente, confermalo „ nel suo cattivo costume, niuno rispetto serba uè „ a gravita di cose né a persone : e siccome oeni ,, Pdi-Jare si accorda coi cosi uini , perciò per la s,a „ iingua manslosta quale sia li suo cu^ne . Dai quaii: ai" 388 LlTTaRA-DRA „ vizi agevolmente si guarderà l'uomo che studiò per „ tempo e di forza in filosofia , che gli sarà mae- ,, stra e duce nel viaggio della vita, onde non s'ab- „ hia a pentire giammai di quello che avrà fatto o „ detto. Ma per conseguire questo bene si vuole in „ giovinezza pigliare dottrina ; perchè centra loqua- „ cita abituale né fa pure riparo filosofia , la quale „ non ragiona nelle menti di coloro , che quasi per „ forza di natura non ad altro intendono che a „ muovere parole . Le cose bene pensate acquista- „ no ornamento per lo discorso : il quale se non „ manda fuori buoni concetti della raente,èsimi- ,» gliante a nojoso e disarmonico fiato di vento . ,1 Per questo è duopo che i giovani tacciano lun- „ gamente, e studino, e odano per apprendere a ,, pensare e a parlare , Di che seguirà ad essi gran- ,, dissima utilità : perchè non saranno di malte pa- „ role , e guarderanno studiosamente quello che „ hanno a dire , e come : nò parleranno di cosa „ alcuna che non abbiano prima bene intesa. Im- „ possibile cosa è che altri favelli improvviso e „ acconciamente di bella e grave materia . Mi pa- ,1 re che a costui si possa pareggiare il J^unambolo^ „ al quale manca ogni virtù se manca equilibrio. E „ qui porrò fine al mio discorso, ripetendo ciò che „ dice molto saggiamente il dottissimo Giordani ; ,, Che una successione ordinata di buoni pensieri ^ „ che è la proprietà d'ingegno ìion volgare , ed ac~ ,, quisto di molte fatiche , non potrà mai (^checche „ ne dicano i ciurmatori ) ottenersi per un subita-^ „ neo furore , per una repentina ispirazione . Non ,, "vè altro furore , che l'ingegno : non altra ispi^ ,, razione, che dallo studio.,, Così questo valente scrittore e filosofo bologne» $e , ornando il suo dire di squisita grazia e c\ù^' rezza , e usando al modo de* nostri antichi ora le gravi sentenze ed ora gli esempj , ammaestra del be- ne operare la gioventù non meno che ogni altra età di persone . Possa egli aver ozio a farci spesso di simili doni , acciocché quegU italiani , che sono an- cora in seguitare da stolti le baje degli stranieri^ tor- nino saviamente agi' interi usi ed ai beati studi della nazione: e intendan pure una volta qual errore sia quello di voler piacere piuttosto al proprio secolo , che non a tutti ì secoli e a tutte le genti . Salvatore Bbtti • ago VARIETÀ' ttuci in Aemilia ad aedem Frcmciscì Assisìnatìs III nonas octolris anni MDCCCXXIII. DEO . VNI . AETERNO CVSTODI . PERPETVO . ECCLESIAE . SVAE QVOD AFFLATV . SANCTI . SPIRITVS LEONEM . XIl ORBI . CHRISTIANO . PERCVPIENTI RECTOREM . MAXIMVM EXORATVS . DEDERIT VOTA . ORDmiS . ET . POPVLI . LVCENSIS TTl . AD . PERENNEM . TEMPORVM . FAVSTITATEM DOMINVM - BENIGNISSIMVM . OPT. INCOLVIVIEM . SERVET . IN . ANNOS . MVLTOS VTI . QVE CATHOIICAE . RELIGIONIS . INTEGRITAS TANTO . VINDICE AD . POPVLOS . VNIVERSOS . PATENS VNO . DEMVM . FOEDERE . VNA . FIDE . CONSISTAT N' è autore l'egregio sig. avvocato Luigi Crisostomo Ferrurzi , il quale in queste cose è di quella pratica ed eleganza , che ornai si conosce da tutti i veri maestri degli studi epigrafici . Certo se qui non è oro , noi non vediamo altro luogo ove sia . Cosi ha pur pubblicate a questi viltimi giorni altre belle iscrizioni per la mor- te del sommo pontefice Pio VII, di santa memoria: ed ccconc un wgtio . V A II I « T a' ' 391 roiBVS . SEPT. A. MDCCCXXIII PARKÌNTALTA PII i VII. PONT. MAX. PATRONI . ET . SODALIS . NÒSTRI (•) CVIVS . VIKTVTIBVS Ì1?TVÌCT0QVE . AERVMNABVM . ANIMÒ SACRI . PRINCIPATVS . DÌGNITAS PER . Ad VERSA . TEMPORA TEL . APVD . HOSTES . INCLARVIT QVI . ADESTIS . CIVES ÙEO . IMMORTALI . PRECES . FVNDITH VTI . SENEM . SANCTISSIMVM LABÒMbVS , DEFVNCTVM IN . PACEM . CAELESTEM . SVAM . RECIPIAT in morte dì Giulio Perticari , cantica di Luigi Biondi.^. Genoca, nella stamperia Pagano 182?. (Un voi. di cart. 39.) xl bbìamo già datò intero nel voi. LV questo nobii poema del prin- cipe de' viventi poeti romani . La presente è una seconda edizione fattq coni ogni bontà tipografica, e riveduta dallo stesso celebre autore. S. B. Prose e poesia per la solenne distribuzione de' premi fatta in Ba^ gnacavallo il giorno :t4 agosto 1823 agli alunni del ginnasio , 8 Lugo nella stamperia Melandri . ( Un voi. di cart. 3i) x\ ci vogliamo di cuor sincero congratularci col comune di Ba- gnacavallo .perchè stimando le ottime dottrine essere grande orna- mento ed utile de' cittadini, abbia preso efiicaoemente a promo- (*) L' iscrizione era posta in Lugo sulla porta della thie»» del* la Compagnia delle stimiruite . 393 y A R t E t A* verle non solo con un ginnasio ed una pubblica libreria , ma si con be' premi distribuiti a' giovinetti più valorosi . Oh sia qucst' esempio di stimolo anche agli altri comuni: e intendano pure una volta i magistrati e i consigli, che laddove non è istruzione ivi tutte le cose vanno sempre in perdizione o caminano a caso. Chi tra- scura, diceva Isocrate (*), i beni dell' intelletto , quegli trascura in- sìemc senza avvedersene l'unico modo che può renderlo non solamen- te più saggio , ma più felice . — Nò già senza lodi dovrà passarsi da noi il sig. ingegnere Domenico Vaccolini , ispettore degli studi : il quale con elegante ed erudito discorso ha ricordato a que' teneri alunni le. virtù che si convengono a chi veramente desidera d'am- maestrarsi, accendendoli per tal modo in una nobile fiamma d'onore e d' emulazione . Di che ci piace recar questo saggio : „ Ma se si „ dee argomentar dal passato per fare augurii sull'avvenire; se „ l'indole vostra gentile non è per cangiarsi ; se tralignar non vor- „ rete dai genitori, dagli avi: io mi rendo oggi alla patria mallc- „ vadore per voi, che ella non avrà mai a pentirsi di avervi in „ questo giorno, con si larghi premi rimunerati; non di avervi è „ gran tempo a pubbliche spese apprestato un ginnasio, una biblio ■. „ teca, e sussidj d'ogni maniera per istruirvi; dacché voi, che „ figli le siete e docili e grati, slcto fermi in questo , di non voi e- „ re per cosa del mondo abbandonare la via della virtù. Questo io „ prometto solennemente per voi. Ma deh! che tanta promessa „ non abbia a mancare d' effetto : deh ! che io non abbia a ve- „ dervi col volger degli anni , e già fatto vecchio , traviare dal ret- „ to sentiero, ed anzi che utile e lustro portare danno e vergogna „ ft voi ed ai vostri . Se mai serbar mi voleste a tanto rossore ; rl- „ nunziatc ora piuttosto a questi segni d'onore, che debito nuovo w v'impongono d'esser buoni e sapienti. Voi traviati, sarete allora „ forse men rei : io alcerto meno dolente . Ma funestar non si „ vuo'e con importuni presagi la letizia di questo giorno : che do- ,, pò si alti prcmj pensar non si può si bassamente di voi. Voi fo- n ste docili, e lo sarete alle voci dei savi ammonitori; voi di dot- H trina e di virtù adornar vi vorrete; voi più che. pesta fuggirete (*) Neil' aringa detta ì:\ socìa.'e . I Varietà' BqS „ mai sempre l'ozio e i piaceri: poiché vi sta fn mente ed in cuore „ Che seggendo in piuma „ In fama non si vìeri, né sotto coltre; „ Senza )a qual chi sua vita consuma „ Tal vestigio nel mondo di se lascia , „ Qual fumo in aere, ed in acqua la schiuma. „ E qui sul finire a voi mi rivolgo , ottimo magistrato , e di que- „ Bfo vi prego quanto so e posso, che proteggiate pur sempre, sic» „ come fate , i buoni studi ; affinchè quel sacro deposilo di virtCì ., e di sapienza, che i nostri avi lasciaronci non vada mai a perire, „ ma stia e cresca e intero passi ai nepoti: e nuovi nomi s'aggiun- „ gano a quei chiarissimi dei Ramenghi , dei Garzoni , dei Bagno- „ li , dei Longanesi : che Iddio ottimo massimo lo ci conceda . S. B. Risposta del dottor Giuseppe Trasmondi professore d'anatomìa pra- tica nel yen. ospedale della consolazione al sig. professore Gae- tano Flajani inforno la scoparia del muscolo d^ Hermer e de'' nuo- vi due nervi deW occhio umano, 8 Roma i%'iZ presso Alessandro Ceracchi . ( Un voi. di pag. 54 ) V olendo essere imparziali con tutti in questa grave quistione de* più valenti anatomici che onorino presen'emente le nostre scuole, parleremo di tal opuscolo nel volume avvenire . JDiciionaire roinantique. X or dare a tutti un' idea di questo dizionario di nuovo genere , pubblicato ultimamente in Parigi, riporteremo qui alcuni esempi delle belle frasi , di che , deridendo i poveri classici , si servono fta- vcmente nelle loro scritture i corifei del romanticismo. f • a5 3^4 y A li I K T A* Candela . Tanguardia purpurea deli' esercito de' raggi d'oriente. Inchiostro . La nera rivelaiione de' pensieri . Smoccolalojo . Rigeneratore obbligato della luce spirante . Temperino . Medico operatore che ridona la forza alle penne estenuate . Bastone, Sostegno delle colonne vacillanti della vecchiezza. Spille . Chiovi argentei de' veli che chiudono il seno alle bel- le , e pugnali innocenti del pudore . Libro. Deposito delle idee dell'uomo, muta tromba dell'orga- no dell' età . Intingolo di polli . Amalgama palpitante d' innocenti vittime •emi-volatili . Giustacuore . Strettoio di poma seducenti, e imbuto elegante del tronco della beltà. Caraffa . Depositario delle lacrime della ninfa Egeria. LeUq . Agente provocatore delU pigrizia . Calzoni . Baluardo quotidiano della pudicizia maschile . B. M. Elogio di Andalò di Negro , scritto dal dottor B. Mojon. v^uesto breve elogio d'un celebre genovese , il quale fiori nel XIV tecolo , e fu eccellente nelle matematiche e nell'astronomia in que' tempi cosi lontani' dagli studj del calcolo , onora sommamente l'amor patrio del dottor Benedetto Mojon , uomo già chiarissimo per tutta europa nella dottrina medica e nelle scienze naturali . Andalò di Negro ( dal cui ceppo discende quel nobilissimo in- gegno del marchese Gian Carlo di Negro ) fa maestro del gran Boccaccio , il quale nella Genealogia degli dei il loda ad Ugone re di Cipro e di Gerusalemme colle seguenti parole recate in volgare.,, „ Io ho spesse volte nominato il nobile e venerabile vecchio Andalo- „ ne di-Negro genovese, che fu già mio maestro nelle cose di astro- « nomia . e di cui ben ti è nota . o ottimo re , la prudenza, la gr»- Varietà' 39$ „ vita de' costumi e In cognizione ch'egli avca delle stelle. Tu „ stesso hai potuto vedi.Ti; ch'egli tiou s'j'o af>;re;c a doq cono- „ soernc i movlmctiti .o!!;! regole tramaiid.ilf.i 'ia' niaggiori . cene „ noi usiamo comunein'i.ite ; ma che aven^lo v.aggiato por quasi „ tutto il monito, egli giunse a conoscere con la propria espcricn- „ za quel che noi sappi;* no sol per udito o per re!a/.ione . nuir:- „ di benché nelle altre cose io il creda atmn- degno di fede, iion- „ dimeno in ciò che appartiene alle stelf;- parmi ch'egli dcbha avere „ queir autorità medesima che presta Cicerone ncll' clo.iuen-za . e „ Virgilio nella poesia. Aiibiamo in oltre alcune opere da lui bcrit- „ te intorno al movimenfo delle Ete'Ie o del cielo , ic quali L^.'a „ mostrano quanto ci tosse in ijueste scienze eccellente.,, II qual passo ci fa vc!!c,\; quanta ii di-Z^iogro fosse tenuto in pregio per ia scienza astronoiiiii:^ dal certaldese. Ma il Mojon , il qua- le accuratamente ha rai i ulto quanto ne scrissero gli altri vecchj , prova ancora rom'eì tenesse luogo eminente fra i poeti di 7 5,73 25. 7- 4 i8 5, 93 26. 6. 2 19 5,96 26. 8. 0 20 6, 16 27. 6. 4 21 S'97 26. 8. 3 22 5, 91 26. 5. a 23 6,93 26. 6. 2 =^4 6,76 25. 9- 1 25 5,98 26. 9- I 26 6.99 26. 9- 4 27 5,83 26. 0. 1 28 5,86 26. 2. 4 29 5,80 25. 11. 3 So 5,77 25. 9- 4 . Osseti^azioni Mcho'rolo^ieke fatte alla Spvccihi del CoUeg. Rom. Settembre 1 823 : MATTINA' GIORNO SE EIA o ^ Barometro Term. Igr. Barometro Term. Igr. Barometro Term. Igr. I 23 2 0 17 5 3' 2 28 2 3 33 9 So 7 23 2 I 19 s 4' 2 2 28 2 0 19 a 3^ 3 28 2 2 2 3 3 50 1 28 2 4 •9 2 40 0 3 28 2 2 i3 3{36 > 28 2 4 33 .S il j 28 2 2 19 c 26 2 4 28 I 9 20 0 26 2 28 I 8 22 4 48 2 28 I 8 '9 2 36 3 6 28 2 8 20 0 42 0 23 a 8 -»4 8 .■■,6 2 28 a 7 20 0 42 3 6 28 -a 2 '9 2'3h 3 38 2 0 24 23 7 52 2 28 I 8 '9 2 32 3 32 2 7 28 2 3 17 o!28 I 28 I 3 28 0 4 ^9 3 8 27 11 6 9 28 j 0 19 0| 36 2 27 II 6 23 2 ^> 3 27 II 8 '5 2 ib 3 «7 oUo 3 28 0 0 22 2 61 0 a8 0 4 ib 0 » 3 IO 28 0 6 *4 0 5o I 28 0 6 ao 4 62 3 28 0 6 18 3 J7 2 II 28 I 2 »5 6 6' 3 28 1 4 22 7 bS 3 28 1 7 17 5 5' 2 J2 28 2 5 •4 8 43 2 28 3 0 22 0 49 '' 28 3 1 iH 0 55 3 32 2 l'ó 20 ó 0 '7 0 35 I 28 3 2 21 3 48 1 28 a 8 18 0 14 28 a 5 '4 2 26 4 28 a 5 al 0 4' 3 28 a I j8 e 32 0 15 21 I 6 •7 2 3' 3 28 1 5 22 3 44 (^ 28 I 5 18 2 41 2 16 28 0 5 16 0 19 2 28 0 6 23 3 40 4 28 0 8 '9 6 27 4 17 28 0 3 ") 2 33 7 28 0 0 23 44 a 23 0 6 17 0 21 2 18 28 0 4 16 2 '« 3 3* 3 28 0 7 20 40 2 29 I 28 I 4 16 5 33 2 -7 3 19 28 I 6 >7 5 28 a 1 22 3 28 1 7 ir, S 20 28 I 0 J,s 5 18 a 28 0 7 18 •4 3o 4 28 0 0 ib 4 3i 2 2J 27 11 6 i5 2 '7 3 27 11 4 ao 3 46 2 27 IO 9 16 9 29 0 22 27 IO 5 16 1 27 8 27 10 2 20 0 40 4 27 9 5 16 5 33 a 23 27 7 9 16 5 35 7 27 8 3 '7 3 45 4 27 8 4 H 0 38 a 24 27 9 4 '3 0 27 4 24 2 27 9 9 "5 0 40 2 27 II 2 12 0 29 3 il a 25 27 II 3 II 0 27 u 4 «7 9 So 9 27 IO 2 16 3 26 27 10 5 ì'à 0 23 3 27 IO 2 17 0 40 5 27 IO 1 »4 4 23 6 27 27 IO 4 '3 4 28 4 27 10 4 18 6 43 « 27 IO U 15 « 28 8 28 27 li 3 12 6 13 0 37 11 0 ") 0 37 5 28 0 0 iS S ?3 5 29 23 0 0 16 0 2a 6 28 0 e 18 8 37 9 2J lì 7 16 8 27 7 39 27 II 6 3« 15 5 28 6 37 11 7 '7 a 3l 4 27 XI I 16 0 25 a Oiservciiloni Melcrcolugichc futfc alla S!pccola del Collcr. Rr Settembre 182 3. r ,24 {39 Sa MATTINA Stato del (] i p I o Kva- por. Vento s.p.ii. s./i. s.p.n. s.p.ìi. S.fJ. II. s. s.p.ii. .p.n. S p II- ii.p s. s.p. a. ■p.n. s p.n. s.n. n.s. s.n. s n. tra. mesi. 5o s;rtì. Ira. Ira. tra. tra. ira. Ira. tra. tra. tra. mr.sì. "r.lcu. Ira. tra. Ira.gr. ira.' lib. me si. Ira.gr. I tra'ffr. i m tra. 2 Ir. ma. i let'.sir. ■}. fet'.sir. 3 Stato del Cielo s. s. s.p.n, s.p.n. s.p.n. s.p.n. .p.n. s.p.n. .p.n. ■ p.n. s.n- n.p.s. p.n. p.n. s.n. s.p.n. s p.n. n.s. GlOflJNO Piogg Vento 2 00^ 9b 01 e pon. pò. lib. ijo.lib. pOn. pon, lib. me. lib. Ic^. Ira-e^r. Ir ma. pon, me lib. pon. U-a. lib. mcz. inez. mez. ■nez, tra, pon. pò. lib. lib. lev. tra.gr. l in Ira, I tra. o l'V. 1 mez. 2 m lev, a in f.p.n. mez. o mcz. o me. lib. o pon. 1 pon- 1 mez. o s. s.p.n, s. n.p.s. II. s.n. s.n. i. s.p.n. n.s. mez. tra, tra. tra, pon, pon. Meteore n.il.n. ueb. * ncb.f nelj.f pon . 0 pò. lib, o pon. t lev.sir. I me.sir. \ pon. o neh.* p.:t. neh. pon, I lev, I po-nia, o nip.sir. I lib. 2 lib. 1 tra. II ]lra. I hnez. o I Une. Uh. o inCi, 3 tra, o neh.* Deb. ueb. n.*l.n. p.l.t.g. .p.g.n n. p n.g.l.t, p.g.n. p f,'.n.l.n p.gn. IKDICE DEGLI articoli] CONTENUTI NEL TOM. XIX DEL GIORNALE ARCADICO. LUGLIO AGOSTO SETTGMBRE 182?, SCIENZE Trasmondi^scoperta di due nervi delV occhio umano » . . o. 3 •^— — Puccinotti , della sapienza d Ippocrate (discorso 1 e 2 ) p. 20 — 291 Jìiberi , ragguaglio di tredici cistoto- fnie . p. 49 -— — Barelli , analisi de Jondamenti della materia medica ec. (continuazione) p. — 129 — Canali , rapporto sopra i paragrandini di Tholard . -. . . p. — 2^3 J^lajani^ osservazioni intorno la sco~ perta dun muscolo e di due ners}i neir occhio umano ?• ~^ — ^ * ^ LETTERATURA Biondi , cantica in morte di Giulio Perticari ^. 5 — — Ferruzzi^ lettera intorno una sua inter- pretazione di due luoghi di Dante p. 6S — — Madama Martinetti , omelie ou le ma- nuscrit de Thèrése de L. . . . p. n^ — — Corderò di S. Quintino , notizie intor- no alla collezione d antichità egizia- ne del cav. Drovetti p. ^ — rSo — - -^o3 Petrucci , selecta carmina ec. ( art. 3 ed ultimo ) „ „^n M. Cornelii Frontonis et M. Aurelii imp. epiitulae ec. edente A, Majo p. 3,3 _^ Tambroni , altra lettera intorno Bo~ ville ... '. • . . . >t>. - a5i -^ Osservazioni su due luoghi della divina commedia illustrati d(il Ferruzzi p. - 3a8 Marini, aneddoti di Gaetano Marini p. 355 Fiola , ricerche sulla villa del poeta Catullo nel territorio di Tivoli . p. . — « 35/ Plutarco , trattato della educazione de figli , Nuova traduzione italiana delt . Angelelli ^con alcuni discorsi , . p,,