$.nqii> GIORNALE ARCADICO DI SCIENZE, LETTERE, ED ARTI v TOMO XXIV. OTTOBRE , NOVEMBRE, E DECEMBRE MDGGGXXIV. ROMA NELLA STAMPERIA DEL GIORNALE PRESSO ANTONIO BOULULER Con licenza de Superiori. 1824. SCIENZE Sul porto d'Anzio antico, e moderno Inno poeta è ora una baia, ove non potrebbero dar » fondo i nostri vascelli, e dove si ricoverano sol- » tanto alcune barche pescherecce. I due scogli che •> terminano l'arco sarebbero l'uno , quella punta 9ì ove è la torre Imbriachelli , e l'altro il capo stes- 9) so di Leuca , sulla cui sommità era il tempio di n Minerva » (i). Questa baia come la descrive il ce- lebre geologo, è un porto naturale, e quello descritto eia Virgilio è artificiale, e fabbricato con due bracci di muro ì Turriti scopuli demittunt gemino muro hracliia , sebbene alla parola demittunt si dia il significato di nascondere, occultare, terminare. Se vi fossero ruderi di muro, ed indizii di questi due brac- ci, non avrebbe mancato il Brocchi descriverli. 4a. Il Lucatelli riconosce simile costruzione an- che nel porto d'Anzio antico , siili' ispezione dell* ingegnere Mareschal , che dice avervi trovate dieci Do- ' » aperture di varia larghezza , diversamente profon- « de sotto alla superficie del mare, ed in lontanan- ■ »> ze molto disugualmente fra di loro collocate ». Ques- ta descrizione non da un' idea chiara che un brac- cio , o una porzione di esso fosse costruito con pi- loni, ed arcate. Si è veduto (§§ 16, 19) che ques- te bocchette aperte nel molo sinistro non hanno al- cuna relazione a questo metodo , ma sono semplici (1) Osservazioni geologiche della terra di Otranto. Bi- bl',olhec,a Italiana numero LII , Aprile iSteoj Sul porto d'Anzio i3 aperture fatte nel muro ; ed opina lo stesso Mares- chal che molte di esse siano state fatte nel risar- cimento del molo, sulla deposizione del padrone Co- larullo, che asserì essersi fatte due aperture, che fu- rono hen presto turate, perchè si accorsero che il porto ne pativa. La costruzione degli archi non ha apparenza di opera antica, benché il Lucatelli asse- risca il contrario. 43. Sembra che l'ingegnere de Fazio ( nel ci- tato giornale) non abbia visitato il porto d'Anzio, poiché cita la descrizione del Volpi , e del Lucatelli , e niuna osservazione vi fa egli medesimo , altrimen- te avrebbe riconosciuto che questo antico porto non ha la figura » quasi di una gran parabola sporta « in mare , il perimetro della quale è costantemen- » te cinto da un molo a piloni, che hanno diverse » lunghezze, come diversamente larghe sono le aper- n ture fra gli stessi piloni ». ne produrrebbe il sen-. timcnto del Lucatelli il quale asserice risultare dal- la pianta del Mareschal » che seguendo la traccia » di alcuni miseri insieme, ed ammirabili avanzi del 3) grande ricinto del porto , molto simile ad un trian- jj golo , che divenendo insensibilmente sferico verso » il mare, più quadratamente poi alla volta della « spiaggia se ne ritornava ece. » similitudini , come ognun vede , che non si accordano fra di loro , e sono anche un poco in opposizione. Come poi il lo- dato signor de Fazio rilevi che il perimetro dei porto » sia costan emente cinto da un molo a pilo- ni » io non lo so comprendere , uè posso conciliare questa sua assertiva con l'altra che egli stesso ri- porta poco dopo , cioè che » il perimetro di questo » gran triangolo era senza interruzione cinto da un ?» solidissimo molo , per la maggior parte ora co- » perto più o meno dall' acque. In giro a si fatto 1^ S C I E N t E » molo furono ritrovate da m. Mareschal dieci aper- » ture ecc. ». Comunque sia , è certo che né il soli- dissimo molo , né le dieci aperture ( che non si cre- dono antiche ) , ritrovate dall' ingegnere francese , pos- sono essere prove sufficienti per asserire che il pe- rimetro del porto d'Anzio » sia costantemente cinto ?5 da un molo a piloni ecc. ». Sicuramente ne il marchese Lucatelli , nò il de Fazio hanno letta la memoria del Mareschal, il quale dopo aver dichia- rato essere incerto nella decisione , se le aperture fos- sero antiche, o moderne, e dopo avere inclinato a cre- derle fatte in occasione del risarcimento del molo, espone il suo sentimento contrario sul sistema di cos- truzione dei moli a piloni, confutando l'opinione di quelli che lo favoriscono ; e portando per esempio il porto di Pozzuolo con il molo composto di 29 pi- lastri , dice w Ora se questi portici avessero dovuto » servire all' espulsione delle arene , tutto il porlo » di Pozzuolo, il di cui ricinto era stato traforato, » sarebbe stato per conseguenza in un movimento , » continuo, durante le procelle. » E parlando del por- to Ostiense, crede non sia stato costruito con piloni, ma che i portici c]ie alcuni vi scorgono, appartenes- sero ad opere di adornamento. Niun vestigio ne ri- trova in Civitavecchia. Riguardo al porto di Ancona dice non avervi trovato segno di pilastri, sebbene la medaglia , secondo alcuni rassembri ad un porticato. Conclude il Mareschal „ Mi pare dunque che li Ro- „ mani non hanno sempre dato la medesima forma a „ tutti i loro porti, e che tali aperture quali sono „ quelle di Anzio, non hanno fatto base della costru- „ zione di questi medesimi porti. „ Memoria mano- scitta originale del 1748. 44- Non si ferma il Lucatelli al solo porto d'An- zio , ma adduce in prova quello di Pozzuolo risai- Sul porto d'Anzio i5 cito da Antonino Pio , di cui riporta due lapidi , la prima. IMP . CAESAPJ . DIVI . HADRIANI . FIL . DIVI . TRAIANI . PAPiTHIGI . NEPOTI . DIVI . NERYAE . PRONEPOTI . T . AELIO . HADRIANO . ANTONINO . AVG . PIO . PONT - MAX . TRIB . POTEST . COS .P.P. COLONIA . FLAVIA . AVGVSTA . P VTEOLANOR . QVOD . SVPER . CAETERA . BENEFICIA AD . HVIVS . ETIAM . TVTELAM . PORTVS OPVS . PILARVM . VIGINTINOVEM - CVM . SVMPTV . FORNICVM . RELIQVO . EX . AERARIO . SVO . LARGITVS . EST , La seconda. IMP . CAESAR . DIVI . HADRIANI . FIL . DIVI . TRAIANI . PARTIIICI . NEPOS . DIVI . NERVAE . PRON . T . AELIVS . HADRIANVS . ANTONINVS . AVG . PIVS . PONT . MAX . TRIB . POTEST . II . COS . II . DESIGN . ÌU • P • P • OPVS . PILARVM . VI . MARIS . CONLAPSVM . A . DIVO • PATRE . SVO . PROMISSVM . RESTITVIT . Queste due iscrizioni , la seconda delle quali è riportata dal Montfaucon (i) , provano che il mo- lo di Pozzuolo era stato costruito con piloni uni- ti insieme con arcate , sebbene alcuni credano , sen- za fondamento , che i ruderi superstiti siano del pon- te costruito da Caligola. A quale epoca appartenga (i) Monlfaiucon l'antiquìtè expllquèe tom. VI- par. II: pag. »83. i6 Scienze questo molo , non è ancora deciso : Adriano voleva risarcirlo , ed Antonino Pio ne esegui il ristauro. Dalla iscrizione si desume che il molo era compo- sto di ventinove pile , porzione delle quali erano state atterrate dalla forza del mare ; non ci dice il Montfaucon il numero delle pile , e da una ve- duta in cui se ne rappresentano dodici elevate sul mare , con due archi interi , e gli altri diruti ; veduta che serve solamente a dare un'idea del gol- fo di Pozzuolo. In altra opera intitolata antichità di Pozzuolo , del Paoli , si esibisce una tavola con la pianta del molo in misura , che sembra rilevata con molta esattezza , ed in essa si contano tredici pile emerse , e due sommerse : nella descrizione si dice , che in alcune si vedono ancora i segni di due archi t la di cui imposta era alla superficie del ma- re. I venti di traversia del porto di Pozzuolo , so- no quelli compresi fra il mezzogiorno , ed il levan- te , secondo la pianta. Se questo braccio era anti- camente formato da 29. pile, come dice l'iscrizione, e dalla pianta citata se ne rilevano i5 , convien cre- dere che ne siano rovinate 14 in modo che non ne sia restato alcun segno , altrimente sarebbero state indicate : questa distruzione fondamentale di 14 pile non è molto favorevole alla stabilita dei moli costruiti con questo metodo , e dimostra ancora che il mare vi urtava con molta violenza , come secon- do il mio parere è scritto nella seconda iscrizione OPVS . PILARVM . VI . MARIS . CONLAPSVM , e che io leggo vi maris conlapsum , e non opus pilarum VL maris , come legge il Montfaucon espri- mendosi » (J'etoit un mole bati a ce que l'on croit « par les grecs ; qui fut depuis rebati par Antonia « le pieux , comme porte l'inscription , qui dit que » cet empereur a rebati six piles qui etoient tom- Sol porto d'Anzi© iy » bees &c »i (i). Se poi per prova che questo mo- lo fosse costruito con pile , si vuò applicare la de- scrizione di Virgilio (2) , cresce l'argomento in fa- vore della poca stabilita di questo metodo di fabri- cazione. 45. L'ingegnere de Fazio , riporta , per esempio della costruzione a piloni , li moli di Nisita , picco- la isola vicino al capo di Posilipo , a levante del golfo di Pozzuolo ; ci dice (3) » che il molo di po- » nente per una meta circa è stato riparato alla ino- » derna » ( anche gli antichi facevano i moli conti- nuati ) » e se del medesimo non rimanessero quat- n tro altri piloni y sarebbe stato impossibrle di rico- » noscere più questo molo antico, che è alla foggia » stessa di quello di Pozzuoli. » » Gli ultimi lavori di riparazione del detto mo- » lo di ponente , gli diressi io , né mi cadde mai in » pensiero che io faticava , al pari dei restauratori » dei moli d'Anzio, e d- Ancona, e di Civitavecchia, » a guastare una delle più sagge opere degli anti- » chi: una lunga abitudine d'inattenzione , fomenta- » ta dai pregiudizi comuni in somiglianti opere, mi » avevano renduto insensibile alle impressioni di que- » sti oggetti, cioè dei piloni di Nisita, e di Pozzuo- (1) Montfaucon i'antiquitè expliquèe tom. IV. par. II, pag. i83. (a) Quali» in Euhoico bajarum littore quondam Saxea pila cad.il , magni:, auam molibus anta Conttruetam jaciunt ponto : sic Ma ruinam Prona truhit , penitustjue wadis Mita recumhit ; Miscent se maria , et nigrae atlolluntur arenac* Virgil. Aeneid. lib. IX. ver. 710. (3) Giornale enciclopedico . citalo «te. G.A.T.XXI\r. a 18 Scienze » li , e di Miseno. Essi furono muti per me in fino » a tanto che per un concorso di circostanze non h restai scosso , e convinto del loro vero fine. » » Nondimeno le opposizioni di maggior peso , » sono state puramente logiche, e si riducono a que- » ste: il vedere da tanto tempo , e da tanti valenti » uomini unanimemente adottati i moli continuati , n non è forse una prova che niente vi ha di meglio ? st Possibile che tutti si siano ingannati ? Che gl'in- w convenienti imputati a detti moli non abbiano mai » risvegliato l'idea di un diverso sistema , atto ad u evitarli , ed immune da nuovi difetti ? „ Cosi la ragiona l'Ingegnere de Fazio , convinto di proprio fatto \ Si conosce che egli ha estese le sue osservazioni solamente sulii moli di Nisita , di Poz- zuolo , e di Miseno , le quali osservazioni lo hanno persuaso che anco i moli degli altri porti ( sebbene continuati ) dovevano essere costruiti a piloni. Inco- mincia dal porto d'Ostia,, Che i moli del porto d'O- » stia (i) fossero ad archi e piloni, si raccoglie dai » seguenti incontrastabili monumenti. „ e sono que- sti monumenti? » Il porto d' Ostia come ognun sa fu costru- » ito dall' Imperatore Claudio (2) vicino al ramo (1) Giornale enciclopedico di Napoli anno X , 1816 toro. IV: (a) Non tulli sanno cho il porto Ostiense fu fabbrr- ■ato da Claudio » 0 questa ignoranza è prodotta appunto dal non esservi alcun documento , né monumento che lo dimo- stri. L'Havercamp attribuisce la fabbrica a Nerone 1 fondato sulle medaglie che si trovano di questo imperatore : Il Ma- billon lo crede costruito da Trajano ; l'Agostini lo suppo- ne fondato da Augusto , e se non si dovesse prestar fede a Svetoaio , ed a Dione Cassio , sarpbbe tolto l'onore a Claudio. Sul porto d'Ansio 19 a> destro del Tevere. Egli v'impegnò per undici an- fi ni continui trenta mila uomini : ma l'ultima ma- » no non vi fu data se non da Nerone suo suc- » cessore. » fin qui il de Fazio. Svetonio parlando della vita di Claudio , dice » Opera magna , po- li tiusque necessaria , quarti multa perfecit : sed » vel praecipua , aquaeductum a Cajo incohatum : a» item emissarium Fucini lacus , portumque Ostien- „ sem » Svetonio in questo passo non ci dice che Clau- dio abbia incominciato il porto , ma che l'abbia ter- minato? continua Svetonio » quanquam sciret ex „ his alterum ab Augusto precantibus adsidue Mar- „ sis negatum , alterum a Divo Tulio scepius de- „ stinatum ac propter difficultatem omissum ec. „ Ma poi infine cosa dice Svetonio? „ Portum Ostics „ extruxit „ fabbricò: ma qua! porzione del porto? „ circumducto dextra sinistraque brachio , et ad „ introUum prof lindo jam salo mole objectay quam „ quo stabilius fundaret , navem ante demersit, qua „ magnus obeliscus ex JEgjrpto fuerat advectus , „ congestisque pilis superposuit altissimam turrim „ in exemplum Alexandrini Phari , ut ad noctur- „ nos ignes cursum navigia dirigerent ( 1 ) . Sve- tonio parla di due moli curvi, e dell'isola avanti che serviva da Faro, e nulla dice dell'esagono che formava la parte interna, o la darsena. Dione Cas- sio ci da una descrizione cosi dubbia , che poco ci si ricava: egli dice „ Effodit continentem haud ,, exiguo spacio, ambitumque omnem crepìdine la- ,, pidum Jìrmavitt ac in eum locum mare accepit „ deinde ex utraque hujus loci parte aggeres in ipso v, mari magnos iecit% multum iis maris complexus <à) C Svelonii Tranquilli de XII Caesaribus lib. V. d.9 Tib. Claudio Driuo Caesare. cap. XX* Haurùio Tot*. UL. a* ao Scienze „ est, ibique insulam effecit, imposita turni linde nó~ „ ctu ignes emicantes signum nautis darent. Idque f, opus ab eo extructum , portus nomen hodie quo- „ que retinet. „ Xylandro.Non dissimile è l'interpreta- zione di Xifilino. ( i) Se questi storici avessero voluto far sapere che Claudio avea prima costruita la darsena , scavando la terra , non avrebbero mancato di dirlo , come han fatto per i due bracci, per Pisola, e per il faro. Che poi alla scavazione vi siano stati impie- gati trenta mila uomini per undici anni continui , come opina il Lucatelli , il de Fazio , ed altri , non mi sembra ammissibile , poiché questo numero stra- bocchevole credo si riferisca all'emissario di Fucino , e non al porto Ostiense ; e l'equivoco nasce dal mo- do con cui si legge il testo di Svetonio , mentre in alcune edizioni il punto che termina il periodo tro- vasi dopo canalem absolvit , quando che dev' essere dopo sine intermissione operantibus , ed in questo ultimo caso resta chiaro che gli undici anni si riferi- scono all'emissario suddetto. » Per trio, autem pas- ti suum niilia partirti effosso monte , partim exciso, » canalem absohit , aegre post undecim annos , m quamvis continuis triginta hominum milibus sine » intermissione operantibus. Portum Ostiae extru- » xit, circumdueto etc.„ come legge anche l'Eckel (a) e come interpreta Xylandro in Dione. 4G. Ora nella descrizione di Svetonio si trova che affondata la nave vi furono ammucchiatele pile, sopra le quali si pose un'altissima torre. Le parole , congestisque pilis si devono interpretare per massi (1) Dionis Cassii Rom. Hist. lib. LX. de Claudio Xy- landro , et Xiphilino interpr: (*) Doctrina numorum veterum , a Josepho Eckol par. If. voi. VI. de Nerone. Sul porto d'Anzio 21 accumulati , e parallelepipedi in forma appunto di pilastri , giacché anche Vitruvio ( lib. V. Gap. XII. ) nella costruzione dei scogli artificiali fabbricati in terra , chiama questi massi pilae , che poi fa cade- re in mare. „ Deinde insuper eam exaequationem „ pila quam magna constiti ita fuerit , ibi strua- ,, tur , eaque cum erit exstructa , relinquatur ne minus quam duos menses , ut siccescat. „ e perciò le pile di Svetonio non devono essere spiegate per piloni , o pilastri , ma solo per scogli regolari , i qua- li meglio si adattano , e si assestano l'uno sull'altro : comunque sia , questi pilastri , se tali erano , non si trovano mai nominati nelle descrizioni dei moli , ma solamente per sostenere il faro , ed eretti , se cosi si vuò , sulla nave affondata : dunque anche ac- cordando all'Ingegnere de Fazio che il solo faro , o l'Isola , o antemurale fosse costruito con piloni , non per questo ne segue che i moli fossero costruiti col medesimo metodo : ma supposto ancora che i due bracci stassero eretti su tanti piloni , nulla avrebbe giovato questa costruzione a salvare dal generale in- terrimento quel porto , poiché proveniente non già dal deposito di arene fatto dalle correnti, ma bensi da quel- lo lasciato dal Tevere in mare, e respinto dalle on- de contro il lido , per cui n'è seguita , e ne seguirà la protrazione della spiaggia. 47. Trova il de Fazio archi e piloni nel porto di Gentocelle , e li riconosce specialmente nella me- daglia di Traiano : persuaso come egli è , e seguen- do l'opinione del Lucatelli , prende ad esame il ro- vescio, e rileva,, che la scultura della medaglia rap- „ presenta un porto a foggia d'anfiteatro „ ( Le pa- role velut amphiteatrum &c,non si trovano nel co- dice mediceo di Plinio , né negli altri ; ed i glossa- tori devono averle prese da Rutilio Numaziano 7 nel 2% S c i a n z s suo Itinerario ) „ ricoverando nel suo seno tre navi „ ivi pervenute da una gran bocca che è dirimpetto „ al largo. Il perimetro di questo anfiteatro viene „ cinto da dieci piloni, i quali sono molto più lar- „ gin delle aperture lasciate fra essi. Sopra di questi „ si elevano altrettanti edificii che tutti uniti garan- „ tiscono il porto dall' ìmpeto de' venti. Sì fatto nu- „ mero d'edifìcii , e di piloni forse sarà minore del „ vero , ma con la scultura della medaglia non si è „ voluto fare altro che dare un'idea all' assieme , e „ non delle più minute particolarità, che in un gran „ basso rilievo , e non già nel campo angusto di una „ piccola medaglia si possono esprimere felicemente. „ Dove siano questi dieci piloni , non si sa , e nella medaglia non si distinguono ; forse saranno sotto le dieci case , e nascosti nella grossezza del metallo : ne anche le nove aperture si vedono fra questi piloni : si osservano solamente dieci case di differenti costru- zioni, e non simmetricamente disposte fra loro (§40), e senza alcuna regolarità , quale più alta , quale più lassa : e questa è la mirabile corrispondenza che ha la medaglia con la descrizione di Plinio. Per verità, in seguito il de Fazio resta un poco dubbioso , e dice „ presentemente il sistema , e la figura dei mo- „ li di Civitavecchia , si osservano alquanto diversi „ da ciò che si vede scolpito nella medaglia,, ed ec- co la mirabile corrispondenza non più coincide: egli però attribuisce questa diversità alla demolizione fat- ta eseguire dal pontefice Gregorio IV ; e dal rista-» bilimento fatto dal Pontefice Pio V.„ ma con tutto- „ ciò , egli riprende , nella prima riparazione del por- „ to di Civitavecchia , il suo sistema originale restò „ meno alterato di quello che presentemente si osser- ,: va. Difatto da un' antica prospettiva del porto di „ Civitavecchia , che incisa si ritrova nell' Itinerario Sul porto d'Anzio a3 „ d'Italia di Francesco Scotto , si scorge che il mo- „ lo di levante era continuato , e che per l'opposto „ quello di ponente era formato da una serie di set- „ te archi coi corrispondenti piloni,, Le prospettive poco servono alla rappresentazione veridica degli og- getti : ciò non ostante quella dello Scotto non si di- scosta molto dal vero , poiché nel braccio destro , co- si detto di ponente , presentemente si vedono otto aperture , e non sette , ricoperte con archi circolari la di cui imposta è poco superiore alla superficie bas- sa del mare : questi archi sono composti di cnnei ir- regolari di pietra, e si conosce che sono stati rifab- bricati : un ordine più unito , e più solido si vede nelli piloni fra un arco e l'altro , e sembrano di antica costruzione. Queste aperture trapassano il mo- lo , ma non giungono al fondo , e sono a fior d'acqua, e servono alla comunicazione fra il porto ed il ma- re vicino alla spiaggia nelle sole mareggiate : Le trombe di queste bocchette non sono neppure in li- nea retta del loro asse , il che denota una rico- struzione difettosa. Questi sono tutti i piloni del porto di Civitavecchia , né se ne vede vestigio al- cuno nel braccio sinistro, e all'antemurale. La prospet- tiva è riportata nella sola edizione romana del 1699» e nell'altre non solo non vi è prospettiva , ma la descrizione è semplicissima. Nell'edizione di Antuer- pia si trova „ A Corjto ( Corneto ) utterius proce- „ dens in mediterraneis locis Tulphiam ( Tolfa ) in- „ venies , e cujus montibus elicitur alumen ; et „ longius in maris littore Centumcellas , quas nunc „ dicimus Cittavecchia , quae portus cum sit , est n arcis in morem communita ; sed quoniam coelo „ subiacet iniquo , incolas habet non multos. „ Nella citata edizione romana si legge „ Fu il pre- „ sente luogo restaurato , e munito di nuove mu- a4 S e. i k n 2 e .,, radal S. Pontefice Gregorio III Tanno y^o., e circa „ Tanno 847 onninamente destrutto dalla barbarie de' „ Saraceni. Fu da S. Leone IV, di nuovo edificato in „ sito più opportuno , e perciò ne riportò il nome di .„ Leopoli, come narra Anastasio bibliotecario nella di „ lui vita. Il porto fu edificato dall' imperatore Tra- „, iano , ed essendo annichilito dal tempo , fu redi- „ ficato dal pontefice Pio IV, e poscia compito con „ le sue fortificazioni dal beato Pio V &c. Paolo V estauiò parimente la terra , la fortezza , e il por- „ to Tanno 1608 , aggiungendovi la gran lanterna. „ Urbano Vili vi formò dei ripari etc. „ In altra edi- zione di Venezia si trova scritto „ Da Corneto di- „ scosto sette miglia ne'mediterranei si trova la Tol- „ fa , ove ne'tempi di Pio II pontefice romano fn ,, ritrovata la miniera dell'allume. Vicino a questo „ castello appresso il lido del mare vedesi Civita- „ vecchia , ove è un porto , e una fortezza fornita t „ e ben tenuta. „ Pertanto la veduta prospettica è una aggiunta fattavi dagli editori , unitamente a tut- te le altre notizie , delle quali non parlasi mai da Francesco Scotto nel suo itinerario. (1). 48. L'indizio dei sette archi con i corrisponden- ti piloni porta il signor de Fazio ad una conseguen- za sicura , p«r decidere che nell'altro braccio sinistro vi dovevano essere archi, e piloni. „ Ora è ben faci- „ le a comprendere che se il molo di Ponente era (1) Itinerarii Ualiae rerumque romanarum libri tfes , a Tradisco Schotto 1 Edilio quarta ab Andrea Sehotto recen- sita. Anluerpiat i6'25. Itinerarii llaliae lib. I - Nuoto Itine» rario d'Italia di Francesco Scotto , corretto , ed accresciuto etc, e di figure in rame. Koma tSgg- - Itine. d'Italia di Fran- cesco Scotto. Veneti;* 1670, parte prima , pag. 2*5. Sul porto n'Afraio 25 ,, ad archi, parimente ad archi dovea essere il molo di „ Levante, altrimente, rimanendo da questo impedita „ l'uscita alle correnti , che per sotto agli archi del mo- „ lo di Ponente entravano in porto; più facilmente que- „ sto sarebbesi colmato. Infatti se tutti e due i moli fos- „ sero stati pieni, allora le correnti torbide che vi s* „ imbattevano, sarebbero state costrette di costeggiar- „ li, e nel passare davanti alla bocca del porto, so- „ lameute una parte delle medesime vi si sarebbe in- „ trodotta per espansione, ed un' altra molto maggio- „ re avrebbe proseguito il suo camino. Per l'opposto ,, quando dei moli di Civitavecchia, uno fosse stato „ stato riparato senza aperture, e l'altro ad archi, „ quest'ultimo avrebbe permesso alla torbida di en- ,, trare direttamente nel porto , dove in conseguenza „ tutte si sarebbero deposte a cagione del molo pie- „ no, che ne avrebbe chiusa l'uscita. Or queste do- „ vettero essere le cagioni per cui poscia furono chiu- „ si gli archi del molo di Ponente, trovandosi già „ senza aperture il molo di Levante. „ Non possia- mo andar d'accordo, quando i pareri sono in opposi- zione con i fatti. Gli antichi quando hanno usato aper- ture nei moli, per il passaggio delle correnti, le hanno praticate in quei bracci più riparati , e li meno esposti all'urto ed alla violenza delle onde nelle burasche. Nel porto antico d'Anzio, queste aperture, che non sembrano antiche, se si devono credere tali, si rav- visano nel molo sinistro , nei punti più vicini alla spiaggia, ed ove appunto strisciando la corrente , nel radere la costa , può trovare un passaggio s ma que- ste aperture non si veggono nel braccio destro , in quello appunto che si oppone alle scosse del mare; e resta dubbio se una sola ve ne sia stata per dare ingresso ai bastimenti all'opposto della gran bocca , o quella che si suppone vicino al capo, per sola co- a6 Scienze municazione del mare col porto: (§. 17.) e perchè , si domanderà , gli antichi non hanno formato il mo- lo destro con una serie di archi e piloni , giacché al signor de Fazio piace , che essendo adottato questo sistema in un braccio , dehbasi per conseguenza adot- tare anche nell' altro ? Risponderà la scienza degli antichi in quest' arte , che tali arcate avrebbero in- debolito quel molo , e le onde trovando un passag- gio per quei vani , avrebbero tolta la tranquillità ai bastimenti ancorati , che è il primo oggetto della co- struzione dei porti. E perchè dunque , si potrà re- plicare, si sono adottate queste aperture nel molo sinistro , e così vicino a terra ? La risposta è inver- sa ; da quella parte non si doveva temere l'impeto delle onde , essendo quel braccio al coperto dei venti di traversia. Se poi il beneficio che si spe- rava da questa comunicazione , acciò agissero le cor- renti ordinarie nel porto , e producessero una de- bole scavazione delle arene ivi depositate , facen- dole uscire in parte per la gran bocca di levan- te , potesse essere annullato dal danno che avreb- bero cagionato le correnti straordinarie di sirocco- levante che per queste aperture avrebbero intro- dotto quantità di arene nel porto , ove si sareb- bero depositate per la cessazione d'impulso , all'in- contro di un fluido tranquillo ; non saprei definir- lo ; per altro dovendo giudicare dall'azione , e da- gli effetti che si vedono prodotti da queste cor- renti , spinte , ed ingolfate in un seno , non bilan- cerei molto per decidermi più per il danno che per l'utile. 49. Seguace il de Fazio del Lucatelli , ha di- menticato di trascrivere per intero il passo di Plinio in favore del sistema dei piloni, e cita solamente quel- le parole che gli sembrano favorire la spiegazione Sul ponto d'Anzio 37 della medaglia del porto esagono d'Ostia , per farlo rappresentare quello di Civitavecchia. Plinio (1) ^chia- mato in quella citta marittima dall' imperatore Tra- iano , si trovò alla fabricazione del porto , ed ecco la sua descrizione „ Villa pulcherrima tiri' „ gitur viridìssimis agrìs : immìnet littori , cujus „ in sinu fit cum maxime portus. Hujus sinistrimi „ brachium Jìrmissimo opere munitum est : dextrum „ elaboratur. „ Fornissimo opere denota che era un braccio solido , pieno ; e se fosse stato a piloni ed arcate , non avrebbe trascurato questo scrittore di di accennarlo. „ In ore portus insula assurgit , quae „ illatum vento mare, objacens frangat , tutumque „ ab utroque latere decursum navibus praestet. As- „ surgit autem arte visenda. Ingentia saxa latissi- ,, ma navis provehit : contra haec alia super alia „ dejecta ipso pondere manent , ac sensim quodam „ velut aggere construuntur. Eminet jam et ap- „ paret saxeum dorsum, impactosque Jluctus in irrv „ mensum elidit , et tollit: vastus illic fragor ; ca- „ numque circa mare. Saxis deinde pilae adjiciun- „ tur , quae procedente tempore enatam insulam „ imitentur. Habebit hic portus et jam habet wo- „ men auctoris 7 eritque vel maxime salutaris. Nam „ per longissimum spatium litus importuosum hoc „ receptaculo utetur. „ Plinio ci da uno dei me- todi nella fabbricazione dei moli , a gettito di gros- si massi di pietra. Vitruvio non lo insegna , ma lo suggerisce in certo modo colla costruzione dei mas- si artificiali di muro , che si devono fabbricare in terra , e di poi asciugati gettare in mare (§. 7.). » Sa- (1) €. Plinii Caecilii sstundi Lib. VI. Upist. XXXI. cum notis variqr- Groiii. 28 Scienze ,, xa , contro, haec alla , super alla dejecta , Ipso „ pendere manent , ac semini quodam vehit aggere „ construuntur'. „ non si può meglio esprimere l'as- sestamento delle pietre Tana sopra dell'altra , ed il loro innalzamento , e stabilimento a scarpa in for- ma di un argine. Se il de Fazio rifletteva sulle pa- role di Plinio , afferrava quel „ Saxis deinde pilae „ adjlcluntur „ per convalidare la sua opinione che anco l'isola fosse stata costruita con piloni : credo però che il senso di Plinio non si riferisca ai pi- lastri , o piloni , ma che chiami pilae quei massi di pietra squadrati posti dagli antichi regolarmente l'uno sull'altro nel fondamento di una fabbrica; e l'espres- sione ^ saxls delude pllae adjlciuntur „ me lo fa credere , poiché adjicere significa aggiugnere , ed i piloni , o le pile , o i pilastri degli archi non si aggiugnono ai sassi , ma si costruiscono , s'innalza- no. Non è molto diverso il passo di Svetonio „ con- 41 gestlsque pills. ,, ( §§. 45. 46 ) 5o, Vediamo se gli antichi hanno avuto in mi- ra quella massima che si è rilevata nella costruzione del iporto d'Anzio. Le cinque aperture visibili nel porto di Civitavecchia , si osservano nel braccio de- stro, il lato del quale è rivolto verso tramontana- maestro : si sa che questo vento non forma tempesta nella nostra spiaggia , e perciò non v'è da temere che le onde s'insinuino per queste aperture , e vadano a scaricarsi nel porto , ne che vi trasportino arene : di più, la spiaggia così detta di ponente, per un buon tratto è di scoglio naturale , e perciò non v'è peri- colo d'introduzione di arene da questi parte, sebbe- ne sia in moto una corrente che venga da maestro , e si dirigga a greco , o levante : dunque a quale og- getto servono attualmente queste bocche ? Trajano costruì il molo destro con due linee insieme unite Sul porto d'Anzio ag con un' angolo ottuso , e lo prolungò a sufficienza , ed il suo estremo è ben determinato : costruì anche quello sinistro , ed incominciò subito ad incurvarlo , di modo che termina la sua estremità più in den- tro di quella del molo destro ; ad una distanza di circa if)5 metri fabricò l'isola , che in oggi chia- masi Antemurale , col quale si formano due boc- che, l'orientale larga metri i55 , e l'occidentale i<)5 : la prima è direttamente rivolta a mezzogiorno. I venti di libeccio , dopo aver scorso un tratto im- menso di mare , e sollevate le onde , le diriggono appunto contro la curvità del molo sinistro , di mo- do che sbalzano ancora nella bocca di levante : e se i venti sono un poco ai mezzi giorni , entrano direttamente per la bocca , e trovando libero il pas- saggio , si frangono contro il lato interno del mo- lo destro , e riflettute vanno a perdersi nel baci- no del porto : se queste onde trovano aperture nel molo destro , s'introducono per esse , e trapassano all'esterno , ove si sperdono fra i scogli: le arene sollevate , e galleggianti , seguono la sorte medesi- ma : chiuse queste aperture , si avrebbero nel por- to onde riflettute con più violenza , ed arene de- positate. Nelle grandi tempeste i scogli che garan- tiscono il molo sinistro, e quelli della punta dell' antemurale verso mezzogiorno, sono rotolati sul fon- do , ed accumulati avanti la fabrica del Lazzaret- to , cioè alla metà del molo destro , ed alcuni an- cora rotolati in circolazione si depositano in mez- zo del bacino : dunque l'oggetto di queste bocchet- te è di far trapassare le onde all'esterno del molo destro , ed impedire , per quanto è possibile , la for- te agitazione del mare nel porto stesso. Questi so- no gli effetti locali , che non si possono conosce- re coll'esame di una pianta , uè con l'ajuto di una 3o S e i t tv t s prospettica veduta di un itinerario. Vediamo ades- so se può reggere la conseguenza del nominato In- gegnere t il quale si persuade che essendoci i piloni nel molo destro , dovevano per necessita esservi ar- chi e piloni nel sinistro : rendiamo pago il suo de- siderio. Sia il molo sinistro costruito con moltipli- ci arcate f in modo che la corrente vi trovi un li- bero passaggio : se le giornate sono di calma , o che il mare abbia piccolo increspamento , le corren- ti s'introdurranno facilmente per le aperture , tra- passeranno il porto , ed usciranno per le bocchette del molo destro : ma se il mare è in agitazione , se è in tempesta , non vi saranno allora più correnti placide , bensì onde sbalzate addosso al molo sini- stro , le quali trovando adito per le aperture, s'in- trodurranno nel porto : cosa accaderk allora ai ba- stimenti ancorati al di dentro di questo molo, unico luogo di rifugio in quel porto ? Forse al. signor de Fazio non cadrà in pensiero f ma non è difficile a presagirlo , sull' esempio di quello che accade nelle forti libecciate, sebbene questo molo sia continuato, e non abbia alcuna apertura ; cioè che i bastimenti ancorati in tutto il porto , ed anche al coperto di questo molo, sono molto maltrattati dall' agitazione del mare, per le forti ondate che entrano dalla boc- ca di levante, e che ripercosse dal molo destro gira- no nel porto medesimo. 5i. L' Ingegnere de Fazio è in equivoco : crede che le correnti , e le torbide , e le tempeste ven- gano ad investire il molo destro di Civitavecchia ove appunto esistono le aperture, per le quali egli dice , entrando nel porto , né trovando sortita dal molo sinistro opposto , si devono per conseguenza deporre , lo che non accaderebbe se questo molo aves- se le sue aperture come il destro : ma siccome le tor- Sul porto d'Anzio 3i bidè, e le tempeste vengono da libeccio, e non da tramontana - maestro , cosi non v'è da temere quésto effetto : la faccenda va tutto all' opposto ; e se gli antichi hanno chiuso il molo sinistro , e fabbricato senza aperture , hanno avuto motivo di farlo , ed il loro operato è fondato sull' osservazione , e non sull' ipotesi. Se la conclusione che questo Ingegnere fa dalle sue congetture sul porto di Civitavecchia, possa esser giusta, se lo vedranno i leggitori, ecco- la: » Dopo ì fatti che ho divisati dopo l'incon- » strastabile monumento della medaglia di Traiano , » che ci ha conservato il modello primitivo di ques- „ to porto , col sistema dei suoi moli , ( veggasi il § 47 ) e finalmente dopo la prospettiva indi recata „ da Francesco Scotto : mi pare non potersi mettere „ in dubbio , che i moli di Civitavecchia furono in „ origine ad archi , e pilastri. „ 5a. Volendo il de Fazio trovare il sistema , fa- vorito in tutti i porti fabricati dagli antichi ro- mani, cita anche 'quello di Ancona risarcito da Traia- no, e da la descrizione della medaglia riportata dal Patin (i) nel rovescio della quale egli dice „ vi ha „ in prospettiva un porto con un molo curvo , fatto „ ad archi e piloni; agli estremi di questo molo due „ torri; una nave poi ancorata nel porto, cioè nelP „ aia di mare fra la curva del molo, e la sua cor- „ da. Intorno al porto non vi è scritto il suo nome, „ ma solo S . P . Q . R . OPTIMO . PRINCIP . „ S . C . „ In primo luogo è molto dubbio che ques- to rovescio rappresenti un porto , ed il porto di An- cona , o piuttosto un ponte. Due archi l'uno sopra dell'altro, e concentrici, congiungono due torri della (i) Paliti Imperatorum romanorum Nutiiismala, Troiani. 32 S C I H N Z E stessa altezza, l'uria alla sinistra dell' osservatore con base retta, o zoccolo, e l'altra con base che sembra bugnata, o con gradini , e clie si approfonda al di sotto della linea d'acqua. Nella torre a destra si ve- de come un'arco, o porta d'ingresso arcuata: siili' al. to di ciascuna torre vi sono ritte tre figure. Dalla base della torre sinistra alia meta del basamento del- la destra, si vedono alcune lineole curve continuate, che indicano la superficie dell' acqua in moto ondeg- giata, ma che da qualche autore sono credute le ma- glie di una catena tirata per chiudere il porto (i) -. una piccola barca con prora elevata, con qualche og- getto dentro , si vede nello spazio al disotto degli ar- chi, non però sulla linea d'acqua. Circondano questi oggetti le iscrizioni S . P . Q . R . OPTIMO . PRIN- CIPI, e sotto S.C. Questa è la descrizione veri- dica della medaglia; quella che da il Patin, eccola „ Magnijìcentissima Traiani opera exponit hcec Ta- „ bella : primum quiclem quod huc usque antiquarii ,: potitem interpretati sunt, per quem nempe trans „ Danubium Romani tato deduci potuerant, alio re- „ vocandum, esse conserem. Norunt qui portimi An- ., conas viderunt Piceni Civitatis primarite , hanc il- (*) S. P. Q. R. OPTIMO . PRINCIPI Porlus , ut ere- ditar , Anconitani^ ferrea, catena praeclusu$ s in cujus me- dio triremis. Vaillant Num. Ini. rom. Praest. de Cassare Ucrva Traiano- Bomae t^I^ò. toni. I. -Patin ISumism. lmp. r om.de Traiano.- Ah glutini Dialog. III. Ant. XXIX. Tab. 33— Im. Caes. Ner. Traian. Optim. Aug. P. M. Coi. VI. S. P. Q. R. Optino . Principi. S. C. Portus ferrea catena prae- clusus. Hulsius. Mediobarbi. ISum. rom. lmp. de Traiano. - tìanthaler Exercit. eie. Par. IJ. Qial. XX. cap, IX- Tab. IV.- Mus. Theup. Saiei> III. Sul porto d'Awzio 33 „ li fortnam esse utrinque terribili ornatura in mo- „ dwn Àmphiheatri coricavamo in cuius medio na~ „ 'vis cernitur , citra quam catena tutiori reddendo ,, portiti , coniecturam firmai arcus Troiani adhuc „ integer in Ancona* portu.„ Altra medaglia ripor- tata dall' Agostini , la di cui impronta è con la tes- ta di Traiano laureato , e con iscrizione attorno , IMP . CAES . NERVAE . TRAIANO . AVG . GER . DAC . P . M . TR . P . COS • V . P . P . Nel rovescio si vede una fabbrica curva concava, alla sinistra dell' osservatore vi è una base su cui ergesi una linea per- pendicolare: alla destra si vede un'arco piantato so- pra una base a tre ordini , che poggia sopra alcuni massi informi, come fossero scogli: sulla base sorgono due pilastri che sostengono un' arco con attico , e so- pra tre statue atteggiate: le basi sono orizontali, e sono congiunte con una curva inferiore sopra la qua- le se ne scorge altra parallela, ed anche una terza: li spazii fra queste curve sono divisi da otto linee doppie verticali, che però non sostengono alcun arco: al disotto della curva superiore si osservano sette men- sole, come sostener dovessero un cornicione, che non è indicato. Al disotto della curva inferiore , si vede attaccata alla base sinistra una lineola che va' a con- giungersi con la detta curva, e di poi si ravvisano quattro piccole basi sotto le verticali. Neil' alto, dal- la parte sinistra , vi sono tre figure atteggiate , come a destra. In vicinanza dei massi che sostengono l'arco a destra, vi è una barca con prora alta, con qual- che oggetto dentro. Altra curva al disotto in senso opposto a quelle superiori , composta di piccole li- neole tratteggiate, come fossero attorcigliate, congiu- gne il disotto elei due estremi del fabbricato, parten- do inferiormente dalla base sinistra, e terminando al disotto dei massi di quella a destra ; e questa che io G.A.T.XXIV. 3 34 Scienze credo linea d'acqua , è stata creduta la catena che chiudeva il porto : un* iscrizione circonda il tutto S . P . Q . R . OPTMO . PRINCIPI . e sotto S.C. Qnesta descrizione è fatta sulF impronta freschissima che ritengo presso di me, presa dalla raccolta del eh. signor Filippo Visconti. L' Erizzo esibisce la stsisa medaglia citata dall' 'Agostini ( i ) , senza parò stallie agli estremi , e con tmmmmmm» i i i. — jLugitsHni Dal. Anlzq» Tab. »Z. -La medaglia di Traiano grande» e dì bel me. dio , con lettere tili , IMP. CAES . NERVAE , TRAIANO . AVG , GERM . DAC . P . M . TR . ? • COS . V . PP . Ha per ro verro un bclliisim© pome , e una barchetta nel fiume » con liner© S. **, Q. K. OPTIMO . PRINCIPI .S.C. Crei» sia il ponte tatto da Traiano cui Danubio. Dissono di M« Sebastiano Erirxo 40- pra le medaglie degli antichi, Viaegìa quarta edi-ioue. p. j !jo.— XV. Inscriplio cuicn quat in precidenti nummo obs*rva- tur t in hoc quoque legilur, Troiani vero portuj Ancora- tanut eum navisula depingitur • Havcrcamp fiumis. primae magn. d*. Traiano »- Uie pont pulcherrimus exhibetur cani hac insctipiione. S. P. Q. R. OPTIMO . PRINCIPI .S.C. ld est Ssnatus Populusque Romana» Oplimo Principi Tra- iano hunc num:num cadi euravit » in memoriam miràbili» jponlis quem Danubio superslruxerat , cuius vtttigìo prope Zeve- rinum in Bulgaria etìam num cxtant.Rom>hnp. Num. per Levi* num Hulsiurn de Traiano—Haalhaler Exercitaliones etc. Par. II. Dialog. XX. Cap. IX. Tab. Vi. num. IV — IMP . CAES . NERVAE . TRAIANO . AV* . GER . P . M . DAC . TR . P . COS . VJ. P.P. Caput Radialum. Rovescio S . P . Q . R . OPTIMO . PXINC/PI . Portu» qui credilur Anconitana fer- rea catena praeclusug, in cujuj medio trhemis. Museum Theupo- li Serici 111. San. Con. de Traiano. — IMP , CAES . NERVAE . TRAIANO . AVG . GER . DAC . P . M . TR . P . ■ C06 . V . P.P. Rovei ciò S. P . Q . R . OPTIMO . PRINCIPI; S.C. età di «otto. IVu/rc, Ami. a Jacobo. MuselUo colicela ew Perone? num. Imp. Rom. de Trnjalio. «.- Testa di Traiano laureata. IMP . CAES . EtfgR. TRAIANO . AVG . GER . DAC . P . M . TR , P . COS . Vi . P . P . PonuniAnconitanum excepU Sul porto d'Anzio 35 acqua ondeggiata in linea rotta ; e lo "duo sigle S.C. sono poste agli - estremi della linea d'acqua. Haver-1 camp cita la stessa medaglia dell' Erizzo. Il medesimo rovescio con torre sull' estremo a sinistra, linea d'acqua curva, riporta l'Hulsio, e ciocie rappresenti il ponte fatto da Traiaoo sul Danuhio. Hanthaler presenta la stessa medaglia con due torri , con tre figure sopra ciascuna , barchetta noi mezzo , con due catene curve , una gradinata al pie- de della torre a destra, e le sigle S . C . al disopia Archcophilus eo delineari t communis reccntiorum opinio est , (juam et eel. Vaillctnlius t nisi fallor , rctinuit in praestan- tioribut superiore adhuc unno denuo publicatis. Fair et lo ob- servante rcpondit Dulodorus , porlus Anconitanus inseri- ptione excluditur txtructu» Traiano non V , ut in nummo habetur , sed VI constile. Al pons Traiani iubjecil Archoeo- philus plurium arcuum » et lapideus erat . Accedi: quod et navis , et catena quibu* arcus hic praecluditur , porticum, potius quam pontem innuant eie. Beger Thes. Brandebur* gii Num. de Traiano. — Angeloni Storia Augusta di Traiano — - S. P. Q. K. OPTIMO , PRINCIPI. S. C. Arcus Fontis tur- ri ulrinque munitus , infra in undit navicala. Plerisque vi- tutti porlutn Traiani , de quo supra , non pontem horum, numorum lypo proponi. At imaginem adeuratius eomideranli facile patebit esse opus arcuatimi , et erectum , non hori- zontali sinu in porlus morem curvatimi > turrim quoque es- se perviam et instar portm » per quam pons posr.et adiri. Certi portus quos in numis hàbemut » nimirum Osticnsis sub Nerone, et alter sub Traiano long* alia sunt forma. Exhi- let ergo arcus hic vslut pars totius , famigeratnm panubii pontem , de quo egi supra ad numum Danuviia anni ur- be condita 858. Vide, edam Fabrelti de hujus numi lypo ecc. Echhel. doci. num. vet. ecc. 3* 36 Scienze degli archi fra le due torri, e crede appartenga al porto di Ancona. Nel museo Teupolo si produce altra medaglia sin- golare per la testa di Traiano radiata : nel rovescio si crede vi sia la catena. Altra con testa di Traiano laureata che guarda alla destra dell' osservatore , è citata dal Musellio. Il rovescio è come quello riportato dall' Hanthaler , con differenza che in questo non vi sono statue sulla tor- re sinistra , ed invece delle due catene , vi è come una corda simile a quella dell' impronta originale citata. Altra e presentata da Beger , con rovescio simile a quello dell' Agostini , ed Erizzo , con differen- ze che in questo vi è anche l'arco a sinistra , con tre statue sopra ciascuno : i due archi poggiano su piccole basi; vi è la solita corda , e la barchetta sta in mezzo. Questo autore suppone sia un portico. L'Angeloni anch'esso cita la medaglia il di cui rovescio è simile a quello dell' Havercamp : suppone rappresenti il porto di Ancona. Eckhel crede che il rovescio della medaglia rap- presenti il poute sul Danubio. Il Fabretti ( I ) riporta questa medaglia con la testa di Trajano e l'iscrizione IMP . CAES , NER- VAE . TRAIANO . AVG . GER . DAG . P . M . COS . V . P . P-, e nel rovescio il solito ponte , come egli crede, con l'iscrizione S. P. Q. R, OPTI- MO. PRINCIPI. S. C L'impressione è come quella citata da Levino Hulsio , con differenza che quegli mette COS. VI. , ed il Fabretti COS. V. Cita la me- daglia di Enea Vici, ed altre due della regina Cri- stina di Svezia. Dice che il ponte sul Danubio fu. (>) Rciphaclis Fabretti dt columna Troiani. Cap. IX, Sul porto d'Anzio 37 costruito nel principio della seconda guerra dacica , •accaduta noi consolato V, e che il porto di Ancona, fu principialo nel consolato VI , e nel quarto anno , cioè dodici anni dopo la seconda spedizione dacica: egli pure è d' opinione che le lineole che si vogliono una catena, rappresentino le onde dell' acqua. Il Vici (1) esibisce il rovescio come quello dell' Hulsio, nel consolato V. Altra medaglia quasi simi- le all'originale citato del Visconti, ma senza barca , parimente nel consolato V . Questo autore ne pro- duce una rappresentante un fiume giacente, con una prora di barca e con la parola sotto DANVBIVS , ed all' intorno COS .V.P.P.S.P.Q.R. OPTIMO . PRINCIPI . Chi amasse di fare un con- fronto più esatto per trovare una conformità fra la medaglia , ed il ponto sul Danubio , si prenda la pena di consultare l'incisione della colonna Tra- jana fatta da Sante Bartolo, copiata fedelmente dall' originale (3) , e resterà spero persuaso che la me- daglia rappresenta un arco di legno costruito su i piloni di pietra, al di cui principio si scorge un arco di materiale per l'ingresso , e due archi di mu- ro sul fiume , ai quali si congiungono quelli di le- gno. Questo mirabile ponte costruito da Trajano , e distrutto da Adriano, e descritto da Dione Cas- sio. (3) Nella raccolta delle Tavole rappresentanti (1) Reliqua librovum Aenete F~ici parmensi? (2) Raphaelis Fabrelti de columna Trctianì. Cap. IX. (3) Trajanus pontem lapidami in Danubio faciendum curavit qiiem ego quidem digne admirari no» qtieo , nani citi Trajani sunt alia epera magnifica , tamen is pons lon- ge omnibus anlecellit. Ejui psntis pilae sani XX , ex lapide quadrato ; singulaeque absque fundamentis altitudine pedani 38 Scienze la colonna Trajana, si. riportano ancora le medaglie con iscrizione COS . V . P . P . S . P , Q . K . OPTIMO • PRINCIPI . al disotto DAC . GAP . Altra medaglia con iscrizione attorno GOS . VI . P . P . S . P . Q . R . OPTIMO . PRINCIPI . al di- sotto DAC . GAP . Finalmente le iscrizieni eli Tra] ano con il con- solalo V . TR . POT . XIV - XV . IMP . VI . giungono mio al XIV della potestà Tribunizia , ed all'anno VI dell'imperio: quelle poi col Gons. VI giungono fino all'Imperio IX, e X, ed alla pot. Trib. XX. ( i ). Nell'arco di Ancona si legge che il porto fu risarcito nel consolato VI, pot. Trib, xvnti. Jmp. IX: dunque la medaglia impressa nel consola- ci, , Laiiludine psdum LX. Distant Inter se intervallo CLXX, suntquc fomicibìis conjunctcc. Cujus opetis sumplus licet sia iiwrecliiilis , tamen plus admìralionis habet , quod lice* in Jluvio gurgùibus ptmo, timosoque alveo facla sunt, quodque flu- ìuiì ejue fluminis alio averti non potuit. JSeque vero lati- ludo ipsius idei/co a me dieta est , quod per magna sit non nunquant enint duplo triploqut majus inundat , ned quod tanta sii in eo loco augustissimo quo (amen nullus erat ad faciendos pontes accomodalior. Quo in loco quanto ma- gis'Jlumen ex lato in angustimi fluii rursumque ex an- gusto multo fit latius, tanto rapidità fertur , aiiiusque est » ut id poltrii faciendi difficultatem maxime augeat. Ex quo Wrajani magnitudo animi inteUigi facile potest eie. Hunc porti teni Traianus fec it etc» Sed Adrianus contro meluans ne bar* bari oppressis cuslodibus pontis in Mysiam facile, transirent » superiora partes ejus dislurbari jussit* Dionis. Cassii. Nicei Hist. tlom. lib» t,iix. de Traiano, XipUilino Inter p. fri) Pajmnio Onuphrio Fasti , el Triuipphi &Qtn. ci,cK d% 'J'rajano. Sul porto b'Ahkio 3q to V non può appartenere a questo porto , ma bensì al ponte sul Danubio, costruito nella secon- da guerra Dacica. 53 Dubbia pertanto è stata finora la spiegazio- ne di questa medaglia; alcuni han creduto rappre- sentasse vn porto, altri un ponte; e siccome Tra- jano in Italia ha fabbricato due soli porti, e que- sta impressione non si può in modo alcuno attri- buire a Cento celle, perciò cade la congettura su quello di Ancona. Che poi la rappresentazione de- scritta appartenga a quel porto, non vi rinvenga ragioni convincenti: primieramente, un solo molo, come quello di Ancona, quasi in linea retta, non può mai rappresentare un'anfiteatro : un molo die par- te perpendicolarmente dalla spiaggia, non si può chiudere con catena , e perciò quella che si crede catena nella medaglia , è la superficie dell'acqua on- deggiat?. Non devo occultare che un dotto Archeo- logo di Ancora è d' opinione die 1' antico Porto fosse nello spazio -compreso fra- le riseghe di. mon- te Marano, "Bersò Greca, ed il molo, mentre que- ste riteghe, o punte del monte si estendevano anti- camente molto più in mare, e potevano formare un seno adattalo per un porto:, ciò non ostante sareb- be stato assai difiicile chiudere con catena questo porto, la di cui bocca a'I'incirca formata fra il mo- lo, e la punta più avanzata, è dì larghezza qua- si 3oo. metri. Nell'impressione non si ravvisano archi, ne tampoco i piloni sott'acqua, e tutto ciò che vi si rappresenta è al di fuori , che anzi la li- nea d'acqua incontra il basamento delia torre de- stra. Tatto il piantato dei pilastri, o colonne, e degli archi, poggia ropra due basi nell'uno e l'al- tro estremo , emerse dal fluido. Il complesso rap- presenta piuttosto un sistema di legname, di quel- 40 S « I E N Z K lo che un'unione di archi e piloni: un solo, arco si vede nell'impronta, e sopra qnesto altri due, che poggiano sulle basi, e questi archi sono sorretti da travi doppii , come si vedono negli archi di legno del nominato ponte Trajano. Nelle citate medaglie si trovano differenze nota- bili; in alcune è scolpito COS . V , in altre COS . VI . Varie con la testa laureata , una col capo ra- diato. In cert'une S.C- sta di sopra , ed in altre di sotto , ad in qualch'una di sotto in distanza però l'ima sigla dall' altra. Variazioni si osservano anco- ra nelle statue, nelle torri, nella situazione della bar- ca, nelle linea d'acqua, o catena &c. e tutto ciò da so- petto che questa medaglia sia slata coniata più volte e nel V, e forse nel VI consolato. L'iserizione sull' areo Trajano di Ancona fedel- mente copiata, è la seguente. IMP . CAESARI . DIYI . NERVAE . F . NKRVAE . TRAIANO . OPTIMO . Ar■> do Traiano altri porti edificato in Italia, che quel- » lo di Civitavecchia, e quello di Ancona, a questo ne- 3} cessariamente dee la medaglia attribuirsi ; tanto più v che la figura del molo antico di Ancona , oggi det- « to molo vecchio , somiglia molto a quello impresso » nella medaglia. » La somigliànzà è tale che molti au- tori di riputazione hanno veduto nella medaglia ora unporto.ora un ponte,ora anch« un portico (§ 53). » È » vero bensì che in questa il molo si osserva ad ar- „ chi e piloni , laddove ora il molo vecchio è con- „ tinuato , ossia pieno. „ Niun autore ha veduto ar- chi e piloni in questa medaglia , sebbene l'abbiano creduta rappresentante un porto. Il nominato Inge- gnere per conciliare questa manifesta dissomiglianza con la sua prima proposizione, dice che avendo i Sa- raceni devastato il molo, non si è più riconosciuta la sua costruzione, per cui nel risarcimento non si è seguito il sistema antico , „ e si è alterato in modo „ nel ripararlo , che ora non ha intera somiglianza a „ quello che si vede scolpito nella medaglia: masup- „ ponendo che tal medaglia non appartenga ad An- :, cona; sarebbe mai possibile indovinare con certez- „ za lo stile dell' antico molo di questo porto? Ecco „ un problema che giovarebbe risolvere » : ed ecco un dubbio che rovescia da capo a fondo tutta la si- militudine del molo con la medaglia : con tutto ciò questo Ingegnere risolve il problema, che per non ri- portare tutti i suoi argomenti , riduco a poche righe. Vi sia notizia , egli dice , che in un luogo , ed in un tempo in cui era in gran voga l'architettura greca , sia stato fabricato un tempio , e che nulla si possa scorgere del suo stile dai suoi vestigii; francamente, egli conclude , si potrà asserire che questo tempio era di greca architettura ! e quanto possa assere giusta t{i Scienze questa conseguenza, ognun lo conosce: facciamone l'ap- plicazione ai porli. Il de Fazio ragiona così, „ Or è ,, notissimo che i porti di Miseno , di Pozzuoli;, d'Os- „ tia, ed Anzio erano universalmente in riputazione „ grandissima ti tempi di Traiano , e di molti Impe- ,, ratori fra quei che lo precedettero, e quei che lo „ seguirono &c. É poi un fatto che questi porti me- „ desimi, come attestano i loro avanzi , anche ora „ hi piedi, erano ad archi e piloni. Avendo dunque ,, io già provato che appunto un tal sistema fu imi- ,. tato da Traiano nel porto di Civitavecchia ( le prò- „ ve sono riportate nelli §§ 47 » 4$) » credo poter con- „ eludere che dal medesimo Imperatore, dopo si breve „ spazio di tempo , non se he potè tenere uno difle- „ rente , anzi differentissimo nell' edificazione del por- ,. to di Ancona. La forza di questa illazione consis- „ te nella seguente indubitata massima, cioè che in, „ materia di grandi costruzioni , e sopra tutto nelle „ marittime, gli uomini sono prodigiosamente restii „ a fare le più leggiere mutazioni a' sistemi univer- „ salrnente ricevuti, e ciò nei casi medesimi, che sì „ fatti sistemi avessero pur gravi, e manifesti incon- „ venienti. E nel caso nostro dovremmo presupporre „ una innovazione essenziale, e grandissima al siste- ,, ma, onde si trovavano costrutti i porti allora i „ più famosi , e più perfetti ? » Che i porti di Mi- seno, Pozzuolo, Ostia, ed Anzio, fossero allora in mas- sima riputazione, niuno vi si opporrà: che poi tut- ti questi porti fossero con moli a piloni, ed arca- te, non devesi ammettere, e conviene fare una dis- tinzione: per quelli di Miseno , Pozzuolo , e Nisita, non v'è replica, i ruderi ne danno una prova evi- dente , e la circostanza locale ove sono costruiti , non si oppone a questo metodo? ma che quelli di Ostia, Anzio, Centocelle fossero ad archi e pilo- Sul porto d'Anzio 43 ni, si nega; e le prove sono state addotte a suf- ficienza. Non sussiste poi che gli antichi siano stati ciecamente seguaci di sistemi introdotti, sebbene fos- sero ripieni di gravi , e manifesti inconvenienti. Ve- diamo cosa hanno fatto in materia di porti, e se sono stati si scioccai di seguire la massima di non variare opinioni universalmente ricevute. I porti di Miseno, Pczzuolo, e Nisita trovatisi in un golfo for- mato da 4ue capi Miseri o , e Posilipo , aperto ai venti di mezzogiorno, riparato dai sirocchi dal capo della Minerva alla punta di Massa, e dall' isola di' Capri; al coperto del libeccio dal capo Miseno , e dall' isola d1 Ischia. Il porto di Miseno costruito a piloni, tanto decantato, sta in un seno naturale del golfo , coperto dal capo Miseno , riparato da tut- ti i venti , ed un poco soggetto a quelli di siroc- co - levante per quanto è larga la traversa del gol- fo di Napoli: dunque un molo anche a piloni, ed arcate, che si opponesse a questo vento, era suffì- cientissimo per rendere questo seno sicuro alle na- vi. Il porto di Pozzuolo resta in fondo del golfo, e soggetto ai venti di mezzogiorno ; un molo at- taccato al capo si opponeva a questo vento , e le navi potevano star sicure al ridosso del capo , seb- bene il molo fosse interrotto. Nisita è un' isola poco distante dalla costa , e vicino ad altra Isoleta: in- terclusa questa disunione, la navi potevano ancorare tranquillamente al coperto dell' isola grande, e della piccola, sebbene il molo fosse a piloni: ma qual mara- viglia che vi fossero porti sicuri in un golfo non di grande estensione, ed in quei luoghi ove anche senza mo- li si sta al coperto di qualche vento , e tranquilli dalle tempeste al ridosso di una punta , di un ca- po, di un' isola? In questo golfo hanno costruito i porti con un sol molo ; vediamo se hanno seguito ciecamente 41 S e r k iv z r quésto stile anche nelle altro spi aggio, come suppo- ne il signor de Fazio. Il littoralo Romano è aperto ove sbocca il Tevere, e le punte di Anzio e di Palo sono troppo discoste per dargli l'idea di un golfo. Claudio fabricò il porto alla destra del Tevere: ma ju qua! modo n'eseguì la costruzione? Forse con un solo molo ad archi e piloni, per uniformarsi ai porti elei golfo di Pozzuolo?Nò certamente; La località esig- geva costruzione diversa *. due furono i moli, e sen- za piloni, e siccome la bocca del porto sarebbe sta- ti soggetta ai venti di Libeccio, e Ponente, vi fon- dò altro molo avanti , acciò servisse di opposizio- ne. La spiaggia di Gentocelle , è la medesima di quella di Ostia , ed è egualmente soggetta , e per- ciò Trajano formò il porto quasi simile a quello di Clau- dio, incurvando però di più il molo sinistro, che è il più lungo , per riparare il porto dai venti di Mezzogior- no-Libeccio. I piloni non sussistono , e quei pochi nel braccio destro , più corto e quasi retto , non for- mano sistema di costruzione. Il piccolo porto di Astu- ra fabricato non so da chi , ha quasi la medesima figura di quello di Civitavecchia , con differenza che il braccio destro è il più curvo, perchè esposto alle tempeste, ed è attaccato al capo di Astura, verso levante, e senza piloni; il sinistro braccio più cor- to, è quasi retto, ed è interrotto da tre aperture, che sembra siano state arcate, ove appunto norifVè da temere, perchè verso terra; la bocca del porlo soggetta troppo ai venti di Sirocco - mezzogiorno , fu riparata da altro molo , come quello di Ostia, e Centocelle. Questi tre porti non hanno alcuna cosa di comune con quelli del golfo di Pozzuolo. Anzio fu un' altro porto costruito con differenti principii , perchè variavano le circostanze locali : il molo des- tro attaccato al capo, si prolunga verso Levante y Sul porto d'Axzìo 4» incurvandosi poco a poco; il sinistra parée da terra con una dolce curva , e termina all' indentro dell' es- tremità del destro. Non si costruì isola , o molo avan- ti la bocca; non v'era necessita ; il molo destro si opponeva a tutti i flutti. Il porto di Terracina fu anche costruito in maniera poco dissimile di quello di Anzio : però il molo destro partiva dalla spiag- gia, avanzandosi in mare verso Levante , con una curva quasi circolare , rientrante in se stessa fino ad un certo punto verso tramontana, ove staccan- dosi lasciava un'apertura con l'altro braccio di mu- lo sinistro più corto , per l'entrata dei bastimenti. Il molo destro era sufficiente per garantire il por- to dai venti di mezzogiorno , e libeccio : niun pilone, niun arco , e sistema differentissimo da quello usato nel golfo di Pozzuolo. Passiamo al por- to di Ancona : esso è formato da un solo brac- cio , e sicuramente senza piloni : Ora se Traiano fosse stato così schiavo di seguire il sistema dei migliori porti costruiti fin allora , avrebbe dovuto fabricarlo come puello di Ostia , di Centocelle , dì Astura , di Anzio ; tanto più che Ancona è in una spiaggia aperta : ma egli si è slontanato da que- sta schiavitù , che suppone il de Fazio innata ne- gli uomini , ed ha fabricato un solo molo , perche uno solo rendeva sicure le navi ancorate in quel luogo. Se si potessero esaminare tutte le costru- zioni dei porti fatti dagli antichi , si troverebbero tutte differenti , ed adattate alle circostanze locali : citiamone qualch'uno. Il porto descritto da Virgi- lio (§. 41*) Crebrescunt optatae , attrae eia. era co- struito con due bracci di muro , in forma di un arco. Il porto di Baia fatto da Marco Agrippa non ave- va né bracci , né isolo avanti , ne pilo ai ; egli sca- vò alcuni canali allineile comunicasse il mare col 40 Scienze lago Lucrino , e ne fece un porto. ( r ) II porto di Brindisi era formato da due bracci curvi , ed aveva le bocche molto anguste , e l'isola avanti. (2) (») Cicmat urb» est Campanile » ibique loeus est quidam in lunae forniti* curvatiti-, inter Misemmi et Puleolus. ls enim fere t9tus monti/bus pmrvis , ac nudis cìrcumdatur > habelque tres sinus maris » quorum unum , qui extra prope ipsas urbes est Thyrrtnum vocanl , qund ad mare Thyrrcnum pittimi ; seeundus exigua intercapedine a priore diri/ni tur , cui Lucri- no nomen est : ttrlius in ipso recesso, interiori stagni in mo* rem exlal jiverni nomine. Proiade Agrippa in ea maris par~ te , propter ipiam continentem , id interslitium quod lucri- num lacutn utrinqne a mari dirimtbat angustis. faucibus , per quas naves mlroire possext , apsrlis nerfadit , ejjecitque portus navium statimi mptissimos. Dionis Cassii Hicaei JRom. Hist: Uh. xi.viii. Xylandro interpt (2) Pulsus ut armentis primo cerlamina taurus Silvarum stenla petit , vacuosque per agros (Rxul in a&versis explorat cornuti truncis ttc. Sic yiribus impar f radiali Hesperiant , profugusque per Appula rum Brundusii tulus concedit magnus in ai "es. Urb$ est Dictaeis olim posscssa colonia eie. Eanc latus anguttum jam §e eogenlis in arclum HcspCTiae , tenuerti produca in atquora linguam \ jidriacas Jlexis claudit quae cornibus undas. 2Vee tamen hoc arctii immistum faucibus aequor Portus erat , si non piolenios insula Coros Excipcret saxis » lassasque re/ under et undas. Ulne illinc monta scopulosat rupis aperto Opposuit natura mari , Jlatusque removit , Ut tremulo slarent conttntae fune carinae. Bine late patti emnc frtium , stu vela ferantur Sul porto d' Anzio 4j li celebre porto di Alessandria aveva un'isola avan- ti , cliiamata Pharon , la quale formava due ingres- si , sebbene sembri dalla descrizione di Dione Gas- In portus Corcyra tuos , tue. laeva petatur IHyris Jonias ,erc*n* Epidamnus in undas, M. Armati Lucani de bello civili lib. II. ver- 608. Ergo hostes portis » quas omnes solverai urbis Cam fato conversa fidts 3 murisque recepii, Praécipiti mrsu flexi ptr cornua pcrius Ora peiunt , pelagusque dolent coxtingcre elastes. idem, ver. 70 5. Czesar quo Jccilius ornile Uadriaticum mare extremis ilaliae pcftiòus regionibusque Grc/iat in potettaleni haberet eie. Bwudusini porius impedire inslituit % quorum optrum haec erat ratio. Qua fauces eront angustissimi ce portus , molem atque aggerem ab ulraque parte liltoris jacebat , quod his locis erat Piare vadosum. Lo n gius progressus » quum agger altiore aqua contineri non posset , rales duplice» quoquo versus pedum XXX e regione molli collocabat eie. C. Julii Coesar Comm. de bello civili lib. 1. cap. XXV» Erat eo tempore Anlonius Brundusii qui virtuti militimi confisus t scaphas navium. magnarum circiter sexaginta era- libus pluleisque contexit , toque mililes deleeios imposuit , atque eas in littore pluribus locis teparatim disposuit » naves~ que triremes duas t quas Brundusii faciendas curaverat , per camam exercandorum remigum ad fauces portus prodirt jussiit. C. Julii Ca?s. etc. de bello civ: lib. HI. Libo profectui ah Qrico curii classe , cui pregerai , na~ vium quinquaginta Brundusium venit , Insulari que quee contra Brundusium portum est , occupavit • quod prestare unum locum. arbitrabalur, qua neetssarius nostris erat egressus, quarti omnium liltora t ce porius custodia clausos tueri. Ibidem- Eodom tempore D. Loelius cum Classe Brundusium venit , qademque ratione qua factum a Limone aniea demonstrari- 48 S e i ■ k z e sio che avesse una sola entrata : quest* isola era congmnta alla terra ferma con ponti , o con un solo ponte, (i) Bellissima è poi oltremodo la de- mus , Insalarti objectam portili Brundusino tenuit ete. Sed Icelius tempore anni commodiore unus ad natigandum one- rariis navibus Corcyta t Dyrrachioque aquam suis supporta- hat , ncque a proposito deterrebatur , nequt ante prxlium in Thessalia factum, cognitum % aut ignominia amissarum navium , aut necessarie/rum rerum inopia , ex partii , insù- laque expelli poluit. Ibidem. (i) Continente?* omnem terram hts loeis demptis , cjuae Caesar munìtionibus ctauterat , MckUlas tenebat. Caesar ma- ri omHi potiebatur excepto porlu. Quumque navali cer tornine vi- cissetm JEgypliique metuentes » ne jam porturr» quoque navigare intenderei , introitum ejus , parvo relieto spatio, aggere in- jecto obstruxissent : ipso il Lui quoque spmlium onerariis na- vibus lapidum plonis eo demersis * obturavit omnem que e porlu exeundi fmeultatem naribus hottium interclusit etc, Progres- su tetnporis dissidium iis qui cum Arsinoa erant , incidil ; in- tcrimondique Achilia* » quasi vero rem navalem is prodidis» set » autor ei Ganymodes fuit. Quo facto , ipse dux militum constitutus , naves omnes quolquol in fumine , ac palude erant , in unum locum eonduxit ; aliisque vrteterea adificatis , uni- versas per fossaa ad mare deduxit i romano$que inopinato adorius , onerari as eorum naves partim contbus-.it , partim re» mulco alligalas abduxit t apertoque portus inlroitu , ibi na- vibus suis in station* locatis , multimi Bomanis n':gotii exhi» buit. C*esar t ubi oos animadvertit aliquanto negligentiores , quod mari potiretur , subito in portum advectus , eomplu- ribus navigiis exustis , in Pharum naves suas ejecit » incola- sque ejus loei oecidit. là videntes Mgyptiit qui in contùienti versabanlur, per pojites auxilio Phariis venuerunt; vieissimque multis Bomanorum ciesìs » reliquos in nave» compulerunt etc. Vion. Cas. hisl, Bom, libr XLII. Xylandro interp. Sul porto d'Anzio fa scrizione Omerica del porto di Forcine , il quale era formato da due lati curvi che difendevano i flutti del mare , ed assicuravano la tranquillità nell'in- terno alli bastimenti (i). Fa troppo torto al signor Ingegnere de Fazio di supporre gli antichi sì scioc- chi di seguire un sistema senza ragione , sebbene ripieno d'inconvenienti. Essi sono stati e saranno i nostri maestri , e ci hanno insegnato a variare i me- todi , ed i sistemi di costruzione , secondo le cir- costanze locali. Pharus est in Insula turr'is , magna altitudine , mirifici? operibus exslructa , qua nomen ab Insula aceepil. Hoec in- sula ohjecta Alexandria; portum ejficit : sed a superioribus re- gionibus in longìtudinem passuum DCCCC in mare jaetis mo- libus , angusto itinere , et ponte cum oppido conjungilur. In hoc sunt insula domicilia Mgyptiorum , et vicus , oppidi ma- gnitudine : quaque ubique naves imprudentia , aut tempesta- te paullulum suo cursu decesserint , has more prcedomun di- ripere consueverunl. Iis autem invitis a quibus Pharus lenelur , noti polest esse propler angustias navibus introilus in portum. C. Julii Caes. Comm. de bello Civ. lib. III. cap. CXJ1. Veggasi anche Stratone ce- (i) Jam tunc secure dormiebat ( Ulisses ) oblitus qua ftassus fuerat. Quando stella extulit lucidissima , qua maxime Venit nuucians lumen Aurora vernee. Tum jam insula appropinquabat per mare iens navi* Phorcjrnis autem quidam est portili marini senis In agro Ithaca. duo projecta in ipso Latera abrupta in portum vergentia. Hac autem ventorum de fendimi slricUnlium magnum fluctum Extra ; intus autem sine vinculo manent ISaves bene tabulato; ; cum portus spalium intraverint. Al iti vertice portus patula oliva. Homari Odynsea Tf. XIII. ver- 9*. G.A.T.XXIV. 4 So Alcune ricerche chimiche su la radice di Salsapariglia» Memoria del professore G. Folchi. M..Ài Salsapariglia, come ognun sa» è la radice di una pianta indigena dell'America, che è stata deno- minata da Linneo Smilax Sarsaparilla , e riposta nel- la Classe Dioccia , e nell'ordine Hexandria^ e del cel. Botanico Brown riportata alla famiglia delle Smila- cee nel metodo naturale. Tre sorti se ne distinguo- no in commercio , quella di Honduras , del Brasile , e del Perù , e cotesta distinzione e fondata su la pre- senza o mancanza del ceppo della radice, sul colore, grossezza, e superficie delle radicette, non che su la forma, ^otto la quale sono queste riunite , o in un fascio cilindrico , o in corona , o in altra diversa fog- gia. La salsapariglia da me adoperata sembra essere quella del Brasile , perchè mancante del ceppo , riuni- ta in fasci cilindrici , di un rosso scuro all' esterno , senza nodi, e soltanto con leggieri solchi longitudi- nali, internamente affatto bianca, quasi fosse compo- sta di sola sostanza amilacea. Ho avuto l'avvertenza di procurarmi quella intiera, che non ha provato il contatto dell'acqua oncVessere divisa longitudinalmen- te, e tagliata quindi in minuti pezzi , siccome so- gliono praticare i Farmacisti. Il Sig. De Humboldt pretende che la vera radice della salsapariglia pro- venga da una specie che egli ha denominato Smilax sjphilitica incognita sino al suo viaggio , e che cre- sce su le sponde dell'Orenoco ; come anche si annun- zia oggigiorno in commercio la salsapariglia rossa del- la Giammaica , e si vanta da alcuni Inglesi, segnata- mente dal Sig. Pope farmacista a Londra di qualità Bella, salsapariglia 5i superiore a quella di Honduras; ma sino ad ora sa- rebbe vano il ricercare coteste specie nella nostra Ro- ma, dove non si ha una comunicazione diretta coi navigli americani. L'analisi la più completa die io conosca della salsapariglia e quella dovuta al Sig. Canobbio riferi- ta nel Giornale di Fisica di Brugnatelli Dee. 1 1 . i . t\i i . , e citata dal sig. Gmelin nella sua Opera recentissima che ha per titolo Chimie Organique con note e ad- dizioni del Sig. Virey pag.91. Giusta l'analisi dei Sig. Canobbio la salsapariglia è composta di resina ama- ra acre , di materia estrattiva gommosa , di amido , e parte legnosa. Io ho intrapreso le mie ricerche chi- miche non già coll'intendimento di verificare le risul- tanze di cotesta analisi, che niuna ragione me ne po- teva muover dubbio ; ma sibbene nel proposito di rintracciare nella salsapariglia il principio alcalino , del quale me ne avea dato indizio il pregiatissimo mio collega ed amico il sig. Carlo Donarelli profes- sore aggiunto alla Cattedra di Botanica in cotesta università. Egli mi avea mostrato una scatoletta di estratto di salsapariglia preparato a freddo , e venu- to di Londra, il quale presentava un gran numero di fiocchetti bianchi, formati quasi dalla riunione di tanti cristallini acicolari: il lod. professore aggiunge- va che da qualche saggio da lui fatto su questa so- stanza poteva rilevare essere di natura alcalina , ana- loga a quelle molte, che incominciando da Vauque- lin sono state dai Chimici estratte dai prodotti vege- tali. L'osservazione del mio stimabile Collega mi ha ìncoraggito ad istituire sopra la mentovata droga una serie di esperimenti , in seguito de'quali mi lusingo di aver reso meno incerta la presenza di una so- stanza alcalina , e corso facendo ho potuto eziandio apporre una qualche giunta e modificazione alla ana- 4* 52 Scienze lisi del Sig. Canobbio , come dirò in progresso. Ilo incominciato pertanto del trattare la salsapa- riglia con quel medesimo processo che si tiene per estrarre la sostanza alcalina da altre parti vegetali , vale a dire mi sono servito dell'acido idroclorico al- lungato , e dalla magnesia calcinata in eccesso. Ho data la preferenza all'acido idroclorico sopra il solfo- rico comunemente adoperato , dubitando che questi potesse indurre una qualche alterazione nella mate- ria amilacea contenuta nella radice. Quattro oncie di radice ben contusa sono state poste in contatto dentro un vaso di porcellana con il suddetto acido , e dopo un'infusione a freddo di a 4 ore e stato feltrato il liquido : esso avea un color pagliarino carico , un sapore acido -amaro e fortemente spumeggiava: vi è stata aggiunta la magnesia sino ad avere un pre- cipitato , il quale è stato diligentemente raccolto sul feltro : asciugato alla stufa esso presentava un color di rosa , un sapore sciocco terroso : è stato trattato dapprima con l'alcoole a 3G.° freddo , quin- di col medesimo mestruo a caldo: l'una e l'altra porzione di spirito di vino riunite sono state len- tamente svaporate , e nuli' altro residuo lian lasciato , se non che un poco d'idroclorato di magnesia , im- brattato alquanto dalla materia colorante della radi- ce, il quale avea formato al fondo del vase evapo- ratorio uno strato semicristallino. Il liquido passato per il feltro nella separa- zione del precipitato magnesiaco è stato egualmen- te svaporato sino a consistenza di estratto: progre- dendo lo svaporamento , esso prendeva un colore serìrpre più carico, e tingeva fortemente in verde lo sciroppo di viole mammole : l'estratto è stato posto dentro un piatto di porcellana coperto semplicemen- te con carta : esso avea un sapore salso amaro pittar Dklla salsapariglia 53 gente , od attraeva avidamente l'umidita atmosferi- ca: separato il liquido assorbito per decantazione, è stato nuovamente esposto all'aria, d'onde ha pre- so altr'acqua , la quale è stata nell'istesso modo separata , e cosi ripetuta più è più volte questa operazione , si è giunti a spogliare la massa di tut- ta la materia estrattiva amara e colorante , di tutto l'idroclorato di magnesia, e a ridurla ad una sem- plice polvere granellosa di color bianco rossiccio del peso di pochi grani. Trattata questa polvere coli' aci- do idroclorico allungato ha perduto porzione del suo peso , ed ha lasciato una sostanza a piccolissimi gruppi e laminette bianche opache, la quale avea tutta l'ap- parenza dell' 'albumina vegetale. Ella e questa una sostanza , dell'esistenza della quale nella salsapari- glia non si può più dubitare, avendola riscontra- ta in altre consecutive operazioni , come dirò a suo luogo. L'estratto adunque era composto di materia estrattiva amara e colorante , d'idroclorato di magne- sia , di magnesia pura e di una piccola quantità, di albumina vegetale. La sostanza alcalina da me ri- cercata quantunque trovata si fosse nell'estratto , sa- ria stato impossibile il distrigarla dalle altre mate- rie ed isolarla. Vedendo riuscir vano il metodo ora esposto, ho ripetuto l'infusione fredda della salsapariglia nell' acqua acidulata con l'acido idroelorico , e in luogo di saturare l'acido con la magnesia calcinata, l'ho saturato con la potassa caustica purissima preparata secondo il metodo di Berthollet : il liquido anche do- po molte ore non ha dato ver un precipitato , e sol- tanto una porzione di esso svaporata ha deposto pic- colissima quantità di materia bianco - ciuerizia , la quale presentava tutta l'apparenza dell'albumina di sopra indicata. Adoperando la calce caustica in vece 54 Scienze della potassa per saturare l'acido idroclorico , sicco- me ho fatto in ultimo , s'incontrava presso a poco il medesimo imbarazzo che nel caso della magnesia , vale a dire la calce eccedente rimasa sul feltro la- vata con lo spirito di vino non dava veruna sostan- za; il liquido passato per il feltro e svaporato dava il solito estratto deliquescente , dal quale non era sperabile ricavare, se vi fosse stata, la sostanza al- calina. Abbandonata allora questa via , e riflettendo che il lod prof. Donarelli avea osservato le traccie di un principio alcalino nell' estratto della salsapariglia preparato con l'acqua a freddo , ho voluto provare se desso principio fosse per avventura solubile in questo liquido , e a tal oggetto ho preso una pic- cola quantità di radice polverizzata e separata dalla parte corticale , l'ho agitata per alcun tempo nell* acqua stillata , ed ho feltrato il liquido : poiché que- sto offeriva un color cinerizio tendente al giallo , l'ho voluto chiarificare col carbone animale , e quindi vi ho versato il siroppo di viole mammole: si è mani- festato un bel verde, il quale nel giorno seguente avea acquistato maggior vivezza. Questo saggio in piccolo mi ha fatto conoscere qual potesse essere il processo più spedito per ottenere il principio alcali- no della salsapariglia : io difatto l'ho praticato , per quanto mi sembra , con qualche successo , ed ora lo esporrò in dettaglio unitamente ai risultati , affinchè altri volendo il possa ripetere, e più esperto di me nelle indagini chimiche possa o verificare la cosa , oppure discoprire il mio inganno. Contuse tre once di salsapariglia han dato circa due once di parte midollare in polvere : questa è sta- ta posta in due libbre di acqua distillata dentro un vaso di cristallo in infusione fredda per lo spazio Della salsapariglia 55 di a4 oret l'infuso feltrato avea un colore rossastro vinoso , ed il sapore amaro piccante della radice : si è fatto bollire dentro un matraccio per lo spazio di un* ora con il carbone animale polverizzato, e quindi si e feltrato. È da sapersi che il carbone era stato pre- ventivamente preparato col sangue di bue , lavato coli' acido idroclorico debole , poi coli' acqua stilla- ta , e nuovamente calcinato. Ad onta della bollitu- ra col carbone , l'infuso non avea intieramente de- posto il suo colore; sono state perciò necessarie re- plicate feltrazioni , onde ridurlo quasi a perfetta lim- pidità. In questo aspetto è stato posto in un vaso evaporatorio sopra un bagno di arena ad un gra- duato svaporamento. Quando il liquido era già in parte scemato , e si era alquanto colorato , n'è sta- ta tolta una porzione, e saggiata con i seguenti reagenti. Divisa questa porzione attinta dal vase evapo- ratorio in cinque bicchierini , nel primo è stato ver- sato il siroppo di viole, e questo si è cangiato in verde; nel secondo l'ossalato di ammoniaca, e non si è avuto alcun precipitato; niun deposito egual- mente si è avuto dall' affusione dell' ammoniaca nel terzo bichierino ; niun precipitato nel quarto , dove _ sono state versate alcune gocce d'idroclorato di pla- tino ; niuno nel quinto , ove si è fatto cadere al- cune gocce d'idroclorato di oro : soltanto il liqui- do in quest' ultimo caso ha preso a poco a poco una tinta di porpora scura, la quale è andata viep- più oscurandosi col lasso di qualche ora. L'aziona cimentata dei mentovati reagenti mi ha mostrato ad evidenza che il cangiamento in verde del siroppo di viole non dovea ripetersi dalla presenza nel liquido o della calce, o della magnesia, o del- la soda, sibbene dalla presenza di una sostanza al- 56 S C I E N Z F calma organica , propria della salsapariglia: alla qu'al conclusione mi concìuceva ancora il sapere che le sud- dette basi non si trovano mai pure nei vegetabili , ma sempre combinate con un acido , e però non so- no in istato di avere azione sopra il siroppo di vio- le. Né mi sgomentava il vedere che l'idroclorato di oro tingeva in porpora scuro l'infuso di salsapa- riglia , nel quale per effetto dello svaporamento an- dava a manifestarsi di nuovo la parte estrattiva co- lorante , sapendo che egli spiega la medesima pro- prietà su tutte le sostanze vegetali ed animali. Per fare in questa occasione il confronto tra il color por- pora del mio infuso con quello che prende un estrat- to qualunque vegetale sotto il medesimo reagente , ho stemprato nelP acqua stillata un poco di estratto di assenzio , sino a che il colore dei 'liquido somiglias- se quello dell' infuso , l'ho saggiato coli' idroclorato di oro , e poco stante è apparsa la medesima tinta, di porpora scura : d'altronde ben si sa che quando un liquido qualunque contenente la soda , non però in eccesso , si saggia alla temperatura ordinaria coli* idroclorato di oro, da subito un precipitato giallo» come può vedersi con la soluzione d'idr odorato di soda. Continuato pertanto lo svaporamento dell' infu- so di salsapariglia sino a siccità, si è trovato nel va- so un cerchio di materia rosso scura, e al disotto di questa altra materia bianco giallognola aderentissi- ma a tutto il fondo. E stato lasciato cosi il vase eva- poratolo per il tratto di alcune ore; quindi con una lamina tagliente di acciajo, e in contatto dell' acqua distillata si è tentato di staccare dalle pareti del va- se il deposito : esso si risolveva in tante lamelle sot- tili bianche trasparenti , in una parola cristalline , le quali si sono rese meglio visibili, quando è stata gettata Della salsapariglia 5^ la lavatura sul feltro, e asciugato questo è stato pre- sentato ai raggi diretti del sole : esso ofl'eriva un nu- mero infinito di punti luccicanti , i quali , tostochè sono stati osservati con la lente , si è veduto essere le lamelle cristalline , più molti aghetti prismatici ap- puntati. Questa sostanza cristallizzata ho giudicato esse- re Y alcalina propria della salsapariglia, di cui anda- vo in traccia : difatto avendo con una spatoletta di avorio levata dal feltro una porzione della materia, ed avendola agitata nelP acqua distillata calda , ho veduto deporsi molti fiocchetti della solita materia al- buminosa: ho decantato il liquido soprastante, e so- pra una parte di esso ho versato il siroppo di viole , il quale ben presto si è cangiato in un bel verde : ho riservato il rimanente del liquido mantenuto cal- do per qualche altro esperimento , come dirò fra poco. La piccola quantità di radice di salsapariglia, su la quale ho io operato , non mi ha permesso di ot- tenere una quantità sufficiente di sostanza cristallina , onde farvi sopra le necessarie osservazioni per de- terminarne tutti i caratteri distintivi. Quelli che io posso per ora indicare sono i seguenti : essa cristal- za in prismetti acicolari; è solubile nell' acqua fred- da quando non sia cristallizzata , come si trova in natura nella radice , stenta alcun poco a scioglier- si , quando abbia preso lo stato di solidità cristal- lina ; poco solubile nello spirito di vino ; stride sot- to i denti; sembra da principio non avere un sapore marcato , ma lascia poi nelle fauci una impressione alquanto irritante; tinge in verde il siroppo di vio- le mammole , e forse precipita qualche base metal- lica dalla sua soluzione. La denominazione da impor- si a cotesta sostanza verrebbe spontanea dal nome del genere della pianta cui appartiene ( Smilax ) ; io 58 Sciènze |>crò non ardisco portare la cosa tànt' oltre , dando sii risultati ottenuti non il valore di prova definiti- va , ma quello soltanto di indizio della esistenza di un nuovo alcali organico , e intendendo unicamente che l'indizio da me dato serva ad altri d'incitamanto onde dirigere allo scopo medesimo le sue ricerche. Ho detto poc' anzi di aver lasciato in serbo il rimanente deli' acqua stillata calda, nella quale era stata rimossa la materia del feltro, per farvi qual- che altro esperimento. L'oggetto si era d'indagare se in qtiest' acqua vi fosse sciolta Vamidina , sostanza sco- perta da Teodoro De Saussure, la quale si forma per l'azione prolungata dell' acqua sub" amido , esistente in copia nella radice di salsapariglia. Ho dunque esplo- rata la soluzione col sottoacetato di piombo , e per verità si è formato all' istante un precipitato bian- co quasi in coagulo ; ma essendo stato su la solu- zione medesima versato tanto l'alcoole jodurato, quant' anche la soluzione acquosa di jodo, non è apparso il menomo cangiamento in blu. Per lo che mancan- do il carattere principale e non equivoco dell' ami- dina , può conchiudersi che questa sostanza non si trova affatto nella soluzione, e che la decomposi- zione del sottoacetato di piombo dee piuttosto ripe- tersi dal nuovo principio alcalino , ovvero dalla Gomma , di cui evidenti sono i segni nella salsa- pariglia. Del resto l'alcali della radice non si presenta solamente in forma cristallina su la materia rimasa nel feltro , della quale ho parlato sinora ; ma si scontra eziandio nell'acqua distillata che ha attra- versato il feltro medesimo , e nella quale è stato raschiato e lavato il vase evaporatorio , non meno che nella lavatura del carbone animale. Quanto al- la prima delle acque , essa lentamente svaporata ha Della salsapariglia 5gj deposto un velo biancastro nelle pareti del vase , e nel fondo una materia densa estrattiva colorata in. rosso bruno. Una piccola porzione di cotesta ma- teria posta sopra un cristallo concavo , impastata con un poco di siroppo di viole , e stemprata con acqua distillata ha dato un verde cupo marcatissimo. Il rimanente della materia stessa fatto naturalmente disseccare all'aria , nell'essere distaccato dal fondo del vase evaporatolo presentava una leggiera patina cristallina nella parte inferiore , ove era stato in con- tatto col vetro , e racchiudeva nella sua massa parec- chi aghetti prismatici , alcuni de'quali ho potuto sba- razzare e isolare col manubrio della spatola di avo- rio. Sul velo biancastro delle pareti del vase ho ri- petuto l'esperienze dirette a riconoscere la presenza dell'amidina , e di più ho adoperato la soluzione di potassa caustica ? nella quale dicesi solubile questa sostanza : ho ottenuto in vero la precipitazione col sottoacetato di piombo , e dopo molte ore il deposito di rari fiocchetti dalla soluzione di potassa neutraliz- zata coll'acido idroclorico ; ma la tintura alcoolica di jodo non ha mai indotto la più leggiera variazione nel colore. Quanto poi alla lavatura del carbone ani- male , tenuta in ebollizione sopra di esso per lo spa- zio di un'ora e feltrata , ella ha tinto fortemente in verde il siroppo di viole , e svaporata a siccità ha lasciato un residuo di color bruno , il quale distac- cato con la lamina di acciajo dopo un perfetto dis- seccamento ha manifestato molte squamette lucenti , e varj aghetti prismatici. Le operazioni sinora esposte sono state quasi tut- te tentate su la parte corticale della radice; ma l'in- fuso diviene così colorato, che ad onta del ripetu- to trattamento col carbone animale depone nel va- se evaporatolo una quantità considerevole di mate- fio Scie n i n ria estrattivi , dalla quale non è sì facile il segre- gare i principi clip vi si trovano. Posso per altro as- sicurare che il residuo dell' infuso' svaporato ha so- pra le tinture blu vegetali la medesima azione di 'quello preparato con la parte midollare della radice. L'etere solforico , e lo spirito di vino a 36.° te- nuto in infusione su la parte corticale e midollare della salsapariglia alla temperatura ordinaria prendo- no un color rosso carico , e non producono vermi cangiamento sopra le tinture cerulee de' vegetahili : svaporati a meta lasciano su le pareti del vase una materia di color giallo-verdastro , ontuosa fra le di- ta, e che sopra una lamina di ferro riscaldata si ri- gonfia, sparge un fumo denso e bianco , di odore non ingrato , e finisce col carbonizzarsi. Celesta ma- teria, che in principio offre soltanto un sapore ama- ro nauseante, con lo stare per qualche giorno in con- tatto dell' aria , oltreché acquista un colore più in- tenso , si rende acre e mordace, e imprime nelle fau- ci un senso di vellicamelo , che persiste per alcu- ni minuti. Sospettando per tali proprietà eh' ella fos- se una materia grassa, anziché una resina, siccome io mi attendeva, ho voluto triturarne una porzione in un mortaio di vetro unitamente alla potassa cau- stica , e infondervi poscia dell' acqua distillata : il liquido avea un odore e sapore saponaceo, agitato con la spatola spumeggiava fortemente , e saggiato con po- che gocce di acido solforico si è intorbidato al mo- mento , ed ha formato un ingombro nebuloso. E da notarsi che con l'acido idroclorico esalava un odore ingratissimo , quasi di orina corrotta. Svaporata l'al- tra meta dell' infuso spiritoso ha deposto una mate- ria della medesima indole; se non che mie sembra- ta meno atta ,a contrarre l'acre qualità , e alquan- to meno saponificabile della precedente, la quale al- Della salsapariglia (Si certo per questo lato molto si accosta alla natu- ra delle materie adipose. Finalmente l'acqua distillata tenuta in infusione a freddo per 24 ore sopra la salsapariglia contusa è stata posta in una storta alla distillazione, e nel re- cipiente annesso sono stati raccolti oltre i due ter- zi del liquido : avea questi un aspetto biancheggi an- te opalino, quasr che tenesse in sospensione un oliq essenziale , tramandava un odor forte e ben marcato della radice, che ha conservato per molti giorni, tin- geva debolmente in rosso la carta turchina , e ha deposto dei fiocchi in apparenza mucilaginosi. Sicco-' me si sa che i materiali de' vegetabili in genere pos- sono somministrare del gas acido carbonico, quando sono alterati dall' azione del fuoco, a me non re- cherebbe maraviglia che un poco di quest' acido fos- se passato in fine della distillazione; come ancora che una piccola porzione della materia grassa si fosse in- nalzata coi vapori acquosi , e insiem con questi con- densata nel recipiente , mentre quando si distillano le materie grasse , sempre ne passa una quantità più molle e più fluida con gli altri prodotti della distil- lazione: d'altronde se la sostanza che dava al liqui- do l'aspetto opalino, e un intenso odore fosse sta- ta un olio volatile , ne sarebbe apparsa ben presto qualche gocciolina alla superficie , lo che non è av- venuto. Raccogliendo pertanto i risultati delle mie ri- cerche posso conchiudere che la radice di Salsapari- glia contiene le seguenti sostanze . . Fecola amilacea Materia estrattiva amara e colorante Albumina Gomma 6% Scienze Materia grassa Sostanza alcalina? Fibra legnosa Il solo alcali Organico a me pare che meriti di essere bene avverato , e riconosciuto nelle sue proprietà caratteristiche. Se gl'indizj da me dati avran- no conferma presso i Chimici , e sarà provata la so- lubilità della sostenza alcalina nelP acqua alla temperatura ordinaria , potrà assegnarsi una ra- gione della osservazione del Dottor Bortley , il quale fondato sopra la sua esperienza ha dichiarato preferibile a tutte le preparazioni della salsapariglia l'infusione fredda di essa. Cadrebbe forse ancora l'ar- gomento già da molto tempo addotto da alcuni Me- dici contro l'efficacia della Salsapariglia , ed ora ri- prodotto da Barbier (a) vale a dire che le qualità sensibili, e l'analisi chimica di questa radice mostra- no abbastanza la debolezza della sua azione. Quan- tunque a me pare che nel giudicare dell'attività della salsapariglia» anziché fermarsi all'analisi chi- mica, si dovesse tener conto delle osservazioni de- gli illustri Pratici Fordvce, Storck, Quarin, Gio- vanni Huriter ed altri ben molti ; osservazioni fatte in diversi climi , con diverse dosi e preparazioni del farmaco, e in circostanze diverse di malattia; ne si dovessero dimenticare i fenomeni veduti da Carminati negli individui sottoposti all'uso generoso della sal- sapariglia , da noi pure osservati in quelli che abu- sano del così detto Siroppo Magistrale , mentre il lod (a) Traile Eleni, de Mat. Med. toni. 3 pag. 411. „ Far tet examen de l'interieur de la Salsepareille 011 peut deja juger de la debilUè de sa puissance agissante. (, Dblla salsapariglia 63 Autore così si esprime „ saepe animadverti ejusderu. efficacitatis indicia : quoe nimirum ejus decoctura juxta radicis quantitatem paratura , licet vix tepidum aegris exhiberetur , evidenter proferebat accelerato pulsuura motu, aucto calore, elicitis cito et abunde sudori- bus f imo interdum clarius edebat ( quod crebro in. sensilioribus , irritabiiioribusque evenit) iis concita- tis perturbationibus ex nimio sestu , anxietate ventri- culi, intestinorumque irritamento, convulsione aut fe- bri, quae remedii continuationem prohiberent „ (b) (b) Hyg. Therap. et Mat. Med. voi. i\. pag, a6JJ. Opuscoli astronomici di Giuseppe Calandrelli , An- drea Conti , e Giacomo Ricchebach , professori deW università Gregoriana del collegio romano » e direttori dell'osservatorio. , con appendice, Ro- ma de Romanis 1 824. 4*° *ft pagine 3G6. G fia altra fiata tenni ragione in questi fogli me- desimi del settimo volume degli astronomici opu- scoli , che dai professori dell'osservatorio Gregoria- no periodicamente vennero publicati fino dall'an- no i3o3 ; ora del volume ottavo mi conviene da- re breve epilogo. E questo indiritto al regnante glorioso som- mo pontefice Leone XII . Parlasi in tale episto- lare dedicatoria dei vantaggi delPastronomia in ri- guardo di nostra Santa religione , e come a tal obiet- to venne da tre predecessori pontefici destinata la suindicata specola. Acconciatamene vien terminata 64 S C I E W Z u ripetendo que'versi medesimi che già da Keplero a Rudolfo II vennero diretti all'epoca in che si mo- ri Ticone. Sei sono gli opuscoli, con più un'appen- dice , de'quali a parte a parte. Primo opuscolo del prof. Giuseppe Calandrella Schema di una antica eclisse solare veduta in Roma Panno 35o dalla sica fondazione. Sul bel principio si fa l'autore a combinare l'anno in che avvenne tale ecclissi ( che fu ben gran- de come fra poco vedrassi ) , ed appunto lo trovò corrispondere al 4o4- innanzi l'era di nostra salu- te. Di poi altra difficolta si propone rapporto al giorno ; e a mostrare come di questo pure venga a capo l'autore ripeterò per intero il paragrafo che ne tratta. = La difficoltà che si presenta è nel giorno. Ci- cerone la riferisce al di 5 . giugno , ed il com- puto astronomico la riporta al di 3. settembre. Si trova dunque una differenza di giorni 90. Se i ro- mani nel 35o di Roma usavano come è verisimile l'anno introdotto da Numa, questo non potea dare una differenza tanto notabile, poiché s'intercalava, al dire di Macrobio per ritenere fisso il solestizio d'inverno al principiare dell'alino. Può dunque dir- si che la negligenza , o anche la malizia de' pon- tefici anticipasse , e posticipasse l'anno civile per prolungare , o accorciare il comando delle magi- strature. Nel presente caso Tanno vero anticipava l'anno civile romano di 90. giorni , e bisognava aggiungere all'anno civile 90. giorni per ricondur- lo al vero. Al contrario nell' anno del periodo giu- liano 4^24 anni 190 innanzi l'era , e di Roma 564 Livio riporta una ecclisse sotto il dì 11 Luglio, la quale secondò Petavio cadde nel dì i{. Marzo. Opuscoli astronomici 65 L'anno dunque vero posticipava l'anno civile romano di 119 giorni. In seguito questa posticipa- zione diminuì ; onde volle Giulio Cesare , che l'anno della riforma detto di confusione portasse i5. mesi, e cosi soppressi fossero 90. i quali a quell'epoca formavano la posticipazione dell'anno vero rispetto al civile. Ma qual più inarcata negligenza, non aven- do a questa né anche la riforma posto riparo ? Il primo bisesto della riforma giuliana fu nell'anno di Roma 709 anni 45 innanzi l'era , o anno della circoncisione e del periodo giuliano ^66g. Si giun- se all'anno di Roma •jlfi , ed avendo i pontefici intercalato i3. giorni in luogo di io , a compor- re quest'errore ordinò Augusto che gli anni di Ro- ma 74<> 753. 767 ossia quinto e primo innanzi l'era , e quarto dell'era , fossero comuni quando doveva- no essere bisestili. Dalle tavole solari dell' astro nomo Delambre trae gli argomenti onde computare tale eclissi; e la dif- ferenza di contare gli anni fra i cronologi , e gli astronomi fa sì che debba nell'anno 4°3 innanzi l'era ricercare quanto gli fa d'uopo a tale calco- lo. In queste tavole , e nelle lunari rinvenuta la longitudine ed i moti orarj , si fa a conchiuderne essere stato il cominciamento dell'eclissi alle ore 8. 43'. i'3f. 5. del mattino de'tre di settembre: ma tale istante collo schema determinato in acconcio modo fassi a render più esatto e ad ore 8. /p*- a'o*. l'e- poca del vero principio si riduce. Quindi trova l'istante della congiunzione , e di quanto rimase oscu- rato il disco solare nel più della eclissi , e tal quan- tità appunto 3. 73. digiti del diametro istesso. Pel fine poi della eclissi trova che avvenne a ore io. i3. i5. 4- CUe opportunamente corretto ri- duce a io. ij. 55. o. .G.À.T.XJUV. 5 66 Scienze Terminati tali computi , che tutti si riportano al centro di nostra terra, da questi viene con oppor- tuni maneggi di calcolo a trovare la circostanza me- desima rapporto alla superficie del nostro globo , e a tal fine istituisce lunga ragione di operazioni, colle quali mostra pur quanto bene si accordino i risul- lamenti trigonometrici, e quelli , che si ottengono dalle Tavole. Disamina per ultimo la quantità dell'oscuramen- to , e rinviene esser questa alla total luce solare nel- la ragione di i. o44« ka luce poi onde è rischiarata la terra , è a quella onde viene rischiarato Giove nel- la ragione di i. o3r/. ed a quella onde Saturno co- me i . oii. Da ciò ben conchiude come assai maggio- re essendosi in tale ecclissi la luce che rischiarava la terra di quella onde è illuminato Giove , e più assai di quella onde Saturno risplende, se l'apparenza lucida di que' due pianeti appalesa che chiaro cola. il di risplende, molto più chiaro esser doveasi il giorno nel tempo che durò tale ecclissi. Volgare opi- nione segui adunque Cicerone allorché parlò di not- te e di tenebre in tal frangente, come vulgare opinio- ne è quella , che si aspetta e notte e tenebre , ad ogni eclissi , che viene annunciata anco ai dì nostri al punto che persino si è dal vulgo dubitato di loro avveramento allorché in quegli istanti non sono. Opuscolo socondo del Professore Andrea Conti. Tavola per calcolare la parallasse annua di Gio- ve , e di Saturno. Un astronomo occupato continuamente nelle os- servazioni , e ne' computi quale è l'autore del pre- sente opuscolo , troppo dee conoscere il vantaggio, che arrecano opportune, e ben costrutte tavole. Ani- Opuscoli AstnorfOMici 67 malo eia tal sentimento già tli molte ed utili n'ha regalato a comodo de' calcolatori , ed ora nuovo dono arreca in queste , che forma n subietto del presente opuscolo. Poche pagine precedono nelle quali vien mostra dall'autore la forinola sulla quale co- struite sono le tavole , ed un esempio arreca di lo- ro spedito , e comodo uso. E a dir della forinola, mentre dall'esempio adotto direni soltanto che a pen- nello combina col risultamento , che si ottiene dal- la tavola del Bouvard , questa dall'autore coi se- guenti modi viene espressa. 0 rappresenta la longitudina-'del sole, M. quel- la eliocentrica di Giove ; o vero di Saturno , r il raggio vettore. A la latitudine eliocentrica , K la co- mutazione 0 - M , ed R la distanza del sole dal- li la terra. Suppone poi — -— » « p , la parallasse an- . p sen K nua = g quale si ottiene tang. g. = —■ — che si riduce all'altra tang. (— ~s) =~r~ tan§ •> onc^e Per fine posto Ì-^-£ tang. - = tang x ne viene e = ■ x. |fp b 3 ° ° a Nella costrutta tavola l'autore coll'argomento p dà tutti i valori del log — — - lo che come chiaro ap- 0 1 f p *■ parisce assai spedito rende il calcolo della espressa forinola. Terzo opuscolo. Passaggio di Mercurio sul disco solare , osservato dal sig. Rumher a Pa~ r amatta nel novembre del 181 2. calcolato dal prof. Conti. Sì raro avvengono i passaggi di Mercurio sul disco del sole , e di tanto interessanti se ne ren- 5* 68 Scienze dono le osservazione al perfezionamento delle tavo- le di tal pianeta , che il passaggio in questione non essendo stato osservabile nella nostra Europa, ha vo- luto il eh. A. giovarsi dell'osservazione eseguita nel- la nuova Galles Meridionale , e precisamente a Pa- ramatta dal sig. Rumher , quale ci riporta nella sua corrispondenza astronomica il baron di Zach. Il metodo adoprato in tal calcolo quello ap- punto si è che imaginato già dal sommo Eulero pel passaggio di Venere sul disco solare avvenuto nel 1769. venne a^naggior accuratezza ridotto dal sig. Lexell. Riportate le formole quali si convengo- no a tal calcolo , ed a questo applicate ne ottiene l'istante della congiunzione del pianeta col sole per Parigi avvenuto il quattro di Novembre a 14 or 22*. iw 9. tempo vero , che per Paramatta corrisponde a 5. No- vembre o. or 16'. 49'' 3. del tempo medesimo. Àvea già dimostrato l'autore che la formola dal Carlini ima- ginata a calcolare le occultazioni delle fisse potea applicarsi all'ecclissi solari , e ciò nel volume degli opuscoli del 18 18. Ora poi ci da a conoscere come Mediante picciole modificazioni anche ai passaggi di Mercurio può esser applicato tal genere di calcolo . All'epoca della publicazione di quel vulume essendosi resa già ragione di tal metodo , soverchio sarebbe il ripetere ora lunga diceria. Mostrato per fin dall'autore come l'errore nella longitudine eliocentrica di M. diminuisca di molto qualora venghino date le correzioni trovate dal sig. Oriani nel 1798 alla tavola del sig. La Lande, volen- do usare di tali correzioni presenta l'autore una ta- vola nella quale si rinvengono le variazioni dell'equa- zione dell' orbita e del raggio vettore del pianeta, di- pendenti da un dato incremento nell' eccentricità , usando per argomento l'anomalia media. Opuscoli astronomici 6g Opuscolo quarto. Formala della lettera Domenicale nel calendario Giuliano , e Gregoriano , del prof-. Conti. Presa ad esame il nostro autore quella parte delle matematiche discipline che più da vieino si appartiene ai computi ecclesiastici , ha saputo in, questa rinvenire alcune eleganti , e spedite formole che formano il soggetto del presente opuscolo. Non potendo estenderci di troppo a ripetere l'andamento del calcolo eseguito dall' A. ci limite- remo a riportarne i principali risultamenti. Assai semplice si è l'espressione del numero corrispondente alla lettera Domenicale di un dato anno nel cai : Giuliano , essendo questo espresso dalla somma di numeri indicanti le lettere Domenicali degli anni bisestili compresi nell'anno dato più il numero de- gli altri oltre i detti bisestili, tolto però da tal som- ma un multiplo di sette qualora lo contenga. Ad applicare facilmente questa forinola si unisce dall' autore una tavola contenente i numeri che cor- rispondono alle lettere Domenicali di tutti gli an- ni bisestili. Con molt'ingegno applica questa tavola al ca- lendario Gregoriano , e ne ottiene in questo l'espres- sione della lettera Domenicale formata dalla diffe- renza fra un numero costante per tutto un secolo e la lettera Domenicale che corrisponderebbe nel ca- lendario Giuliano agli anni trascorsi oltre V intero secolo. Fa poi conoscere alcune avvertenze da tener- si nel calcolare tali formole. Fa per fine vedere co- me dalla cognizione della lettera Domenicale si pas- si a quella del giorno della Pasqua , qualora sia co- gnito il giorno del plenilunio pasquale . Di que- 70 Scienze sto da la espressione trovata dal Gauss ; e mostra pure come sia opportuna a ciò la tavola proposta dal cavalier Ciccolini nel suo libro delle forinole analitiche pel calcolo della Pasqua. Unisce in fine dell'opuscolo due tavole l'ima de' multupli di 3o. l'altra di quelli di 19. onde render spedito il cal- colo delle forinole di Gauss, e temina con un esem- pio di determinazione di Pasqua. Opuscolo quinto. Posizione geografica de principali luoghi di Ro- ma e suoi contorni, dei Professori Conti e Rie chebach. S'introducono gli autori col mostrare di quan- to vantaggio siasi per le scienze esatte il perfezio- namento degli strumenti , come l'acquisto di uno di questi sì fatti quale si è il bel Teodolite di Rei- chenbach , ha dato loro motivo del presente lavoro. Ci narrano come già dal 1802. il prof. Calan- drelli aveva determinate le posizioni di alcuni pun- ti principali della citta, ma la mancanza di neces- sari! mezzi non permisero al rispettabile loro col- lega di estendere quanto avrebbe voluto il suo lavoro. Espongono quindi come la venuta del Teodo- lite che accadde nel i8i5. li spinse a consecrare a ta- li imprese tutti quei momenti che loro rimaneano dopo adempiuti i quotidiani doveri. Ci mostrano il sistema che terranno nell'esposizione del lavoro» e come questo sia impreziosito da notizie antiquarie degli oggetti osservati per opera del dotto profes- sore di archeologia sig. Nibbi , a cui esprimono le debite grazie. Opuscoli astronomici 71 Soggiungono come per supplemento al loro la- voro hanno aggiunto alcune posizioni tanto di paesi, e citta più vicine a Roma , come pure di varie torri che fronteggiano le nostre spiagge. Ciò premesso ci danno conto gli Autori dell* operato loro intorno alla misura della base, e di quanta cautela abbiamo dovuto usare onde questa riuscisse della necessaria precisione. Tal misura ven- ne affidata alla scrupolosa esattezza del bravo Inge- gnere cav. Linotte , che diligentissimo , ed esperto quanto era mestieri, non trascurò alcuna cautela on- de far si che il lavoro riuscisse superiore anche a quello richiedeva il bisogno, molto più che la det- ta base non essendo di molto estesa , niuna cautela si potea ommettere senza tema d'errore. Prima . a cui il primo eresse in Lorio un' ara o donano , altro non fu a nostro giudizio che la Fortuna Domestica , 0 domus* Chi sa non alluda alla parentela imperiale, venuta in essa? Intenden- dosi ciò per l'Antonino Pio , il nostro marmo potrà tenersi dell'anno circa i38., e se si voglia per l' An- niade stesso, del 161. Né osta, trovarsi ora in Peru- gia la picciola pietra con dibus , o dis penatibus di Tito Annio : che picciole e grandi pietre sono sem- pre ite da Roma per tutto il mondo , non che per le vicine citta. Laboriose ricerche e lungo studio sugli antichi originali, ugualmente che sugli scritti lasciatici dal grande interprete delle tavole Arvali , saprebbero porgerci altre non dispregevoli spiegazioni di quel- le sigle F. D., più speciose per avventura, e tutte sostenibili con l'autorità degli esempj ; senza della quale nulla mai vale nulla in questa positivissima scienza. Tali sono FORT unaj DVCIS, FAMVLIS 88 Letteratura DIVIS , Familice Divis, Fonti Divino, FATIS. DE- RVONIBVS , e simili ancora : sulle quali tesser potremmo una cicalata; ma questa , prescelto che ab- biamo con la ponderazione del criterio e dell'espe- rienza , il partito più fondato e verisimile , riusci- rebbe affatto vana ed inutile. Ciò sia posto ad am- maestramento e grave ritegno degli ardeliunes let- terari ' cne tutto dì sposano arditamente interpreta- zioni desunte o da libri elementari e da scrittori poco autorevoli, o da loro proprio sogno. In un terreno di principal possidenza degli An- tonini, a tempo de'quali abbiam detto le tante vol- te Roma essere stata ridondante di greca lingua e sapienza assai più che Atene, veniva ben ragio- nevole che comparissero epigrammi nella favella ornai divenuta la predominante delle scuole, de' palatini, e dell' impero. Un' arca di forme graziosa e parti- colare rappresenta sul tetto embricato , in luogo dell'antefissa di mezzo, il fanciullino a cui apparte- neva, reclinato sullo stibadio , o letto discubitorio , come dissero i maestri, e non già lettisternio , co- me dicono i volgari, confondendo due cose molto diverse. Ei tiene il serto convivale disciolto nella mano destra, ed un àugelletto nella sinistra. Sotto v'ha scolpito un picciolo, ma elegante, affettuoso ed es- pressivo epitaflo di due esametri, e più basso co- me l'epodo di un pentametro, diviso giustamente alla cesura. 3 02J1A2A2 XAPITA2 KAI TA2*PENA2 • EN0AA . EKAEI2E • KEITAIKAPOYENTIzntìAYfclATATOS • OI2I TOKEY2I • TPI2MAKAPO2AEAI0 02 . TO22ONEXftNArA0ON Maiimì loriesi 89 dV TtXiTXS %XflTX$ K.0CÌ TXS QfBVXS eV&Xcfi EKAS/ffE , KelTXl KXfOvàvTIS TTOhVCpihTXTOS buri TOJtet/07 . TfHTy.KU.XfOS J\è A/'fl05 , 7QCGÙV 8%fl* KyxdÓV . Quegli che qui chiuse tutte le grazie e le nienti^ o virtù) Giace Carvenziuccio molto carissimo a suoi genitori. La pietra poi è di uno tre volte beato-, men- tre contiene tanto di bene. In quel KAP0YENTI2 abbiamo un. nome vera- mente latino antico ed assai raro , a cui si accresce bellezza pel vezzeggiatiyo di greca forma. Nel ro- mano foro , e sotto i nostri occhi , vennero alla lu- ce anni sono gl'inestimabili nuovi fasti consolari, or-/. nati poi con magistrale illustrazione dal eh. sig. Bor- ghesi. Essi ci manifestarono , che un personaggio , di cui CARVEN . . . . , era il cognome, o terzo nome , resse il sommo governo l'anno della citta 296. Non v'ha dubbio che simile appellazione gli pro- venisse da Carventum, civitas o popolo del pri- sco Lazio , di cui Yarx carventana di Tito Livio es- ser dovea l'acropoli su' monti algidensi. Per ora la- sciamo indeciso, se nel nostro fanciullo fosse il gen- tilizio Carventius, o il derivativo Carventanus. Pia- cesse al cielo , che un giorno vedessimo attivata di nuovo la miniera delle più preziose cognizioni, posta in vacuo campo a facilita nel mezzo di Ro- ma , e che ora giace sì negletta e deforme ! Av- vertiremo però, che gentilizj diversi furono usurpa- ti nello stesso tempo da persone del secolo antoni- niano,a cui spetta l'arca di Lorio. Abbiam certo dovuto ridere non poco, mentre ultimamente certuni, dopo ave- re assai disputato fra loro, sentenziarono gravemente, go Lettrratiìra che un marito chiamasse la sua moglie asina, giù» menta o. somara, in questa bella iscrizione, venuta fuori dalle fondamenta del grand' edifizio a porta del popolo. D .M POMPILIAE ANTHVSAE P . NONIVS PYRAMvS CONIVGI BEN . M . FECIT Q . VOCITATA . ES ANCHARIA . Desistano di grazia dalPaffannarsi: che loro mo- strar possiamo nomi nobilissimi quanto YAncario da- ti di uso anche a servette o liberte, perchfe nudrite, o state vernai in quelle case. Bolognese presso il Maf- fei (Mus. veron. CCCLXFIII .9.) TRVTEDIA HIG GVBAT P . TRVTEDI AMPHIONIS LIB . NO- MINE SERVILE APPIA . Se amano forme genti- lizie più consentanee a plebea detorsione , direm loro che STERCEIA potea nomarsi la sottoposta, inge- nuissima di nomi , quantunque libertina, Tadia Eve- mcria, trascrittaci non ha molto dall'egregio collega sig. Staccoli ; mentre in una piacevol gita col va- lente nostro sig. Poletti, stavamo sfiorando una nuo- va bellissima raccolta dilapidi, creata dall' eminentis- simo sig. cardinale Camerlengo nella sua casa episco- pale di Porto; della quale speriamo dover incontra- re discorso altre volte. D . M TADIAE . EVHEME RIAE . LIBERTAE Marmi lojuesi 91 ET . CONIVGI CARISSIMAE P . TADIVS SATVRN1NVS QVIET . STERGEIVS FEGIT Fra le scelte loriesi vogliono tener posto le due seguenti. Esse ci confermano ciò che vedevamo da' piombi, essere stati cola quasi tutti gli uomini Aure- Ij : ond' è che la regione diceasi Aurelia absolute , co- me una provincia, 0 grande civitas di tal nome suo proprio. 9 D . M § TYCHENI VXORI AVRELI FELICIS § QVAE VIXIT AN NIS . L . TERTIVS ET VICTORINVS MA TRI DVLCISSIMAE FEGERVNT § io AELIAE FELICIS SIME GOIVGI CVM QVA VIXI ANNIS IIII . MENS III . AVRELIVS PA PA S B M F § Tr>2 Letteratura Alcuni che at nostri tempi, senza stuclj né capa- cita , vollero scrivere d'antiche lapidi , avrebbero fat- to meelio a cercar esempj dell'appellativo papas , in senso d'ufficio o ministero , e di esso divenuto nome proprio personale o cognome, nel qual uso non è nemmen raro ; piuttostochè , dopo la disputa strepito- sa sul Santimunione^ di tanto trionfo e danno all'an- tecessor nostro, propinarci una papessa Galena Li- sistrata f con altri aggiunti anche più graziosi , ma da non riferirsi ora; la quale per due ragioni appar- tiene a queste antoniniane signorie , e della quale sa- 'rem obbligati a parlare un'altra volta, se in ciò non ci previene l'incomparabile sig. Borghesi. La religione santissima di Cristo sparger si do- vette sollecitamente su questi luoghi ancora pieni di popolo, e consagrarvi principi di virtù più celesti che quelli dell'alterigia profana. Di ciò fanno fede moltissi- mi avanzi; e sovra tutto la seguente metrica sepolcrale, che a noi venne oltremodo cara, e che ci fu copia- ta egregiamente, con tutte le vaghezze calligrafiche di lettere intrecciate, dal sig. Castellani benemerito erettore degli scavi. 1 1 EN0AAEENEIPHNHKEITE POY*EINOSAMYM^N ©EOEEBHSAriQN TENOMQN ZO*IHZTE2YNIZTQP ETQN'KA HM H SJP Nri . . evSkc/T bv iifin KÌnoti 'povQeivos òc^ivyiùiVj Qsoasfih , xyicoì/Te vópuv aocplus Te cvviarfcf . Marmi lomesi 93 Qui nella pace del signore giace Rufino incol- pabile e puro , =» Divoto adorator di Dio , delle san-_ te leggi e della sapienza consapevole e dotto. = Di anni ventuno, giorni otto, ore della notte dieci. Si merita tutta l'attenzione il nome di Rufinus in un fedele abitante delle più intime pertinenze di Selva Candida; dove per antica leggenda sappiamo aver sofferto glorioso martirio le sante Rufina e Se- conda : il che vien confermato dal titolo di quella chiesa , e da una nobile cappella in aedibus Latera.- nis. Quella sede fu poscia unita all'altra di Porto; e con essa costituisce il secondo trono episcopale della romana gerarchia, ora tenuto dall'eminentissimo prin- cipe camarlingo di santa Chiesa il sig. cardinale Pac- ca. Dai registri di Papa Gregorio IX.. pubblicò già l'Ughelli le concessioni di Sergio III. e di altri som- mi Pontefici, riprodotte dal Marini nella terza sua grand'opera de' papiri diplomatici; nelle quali si as- segna a Selva Candida una immensa Massa , che co- minciava da Capracorum , Caprarola , e stendevasi lino a' limiti proprj di Porto , ed era detta Ccesarea , e Cesana. Vi si notano e la colonia de Lauro, ch'è il nostro Lorio , e la terra Aureliana , e le plebes et ecclesia? in Castello Guidi , et in Testa lepore, plebes S. Martine in Buda, et casale quod voca- tur Bucce. Questi ultimi due vocaboli sono corrotti, e debbono leggersi Buttacia e Buttacce , nome che sussiste ancora nel casale de' nostri scavi, e significa il recipiente maggiore , da cui si derivano in condot- ti minori le acque per le citta, o per le ville. Chi lesse o trascrisse i registri pontificj non badò al trat- to appena visibile su quelle parole, e che alcuna vol- ta sola può mancare : il che diciamo con tutta sicu- rezza, avendo fatto per tanti anni, come ognun sa, j)4 Letteratura moltissimi e grandi lavori su quelle venerande per- gamene , che racchiudono inestimabili notizie d'ogni genere nell'archivio vaticano. Coloro che molto errando soglion giudicare del- la età de'monumenti dalla maggiore o minor bellez- za delle lettere, se si facessero & paragonar queste di Rufino con quelle di Carvenzio , sarebbero costret- ti a dire il cristiano più antico del pagano. Noi pe- rò concederemo , ehe il cristiano , se non è coevo air etnico , non gli sia posteriore di lungo tratto. Gran- de si vede la somiglianza nella conformità di avere un distico per epitumbio , e questo ugualmente dis- posto sul marmo , e di lodevol gusto ed eleganza. Le memorie de'santi uomini , che primi accolsero e pro- pagarono la religione, non barbarizzano già tutte. Quan- te mai produr ne potremmo esemplari di ottima cul- tura, e manifeste pruove degli studj che teneano a cuore ! Ci sdegniamo piuttosto sovente con alcuni mal affaccendati, che tessendo comenti su queste cose, in ogni deviazione dalla ortografia e dalle maniere d'og- gidì, trovano crassissima ignoranza, insoffribil barba- rie in tutto , ed errori di più che bestiale scalpellino. I censori censurandi non riflettono , che trattandosi di persone idiote, le quali anche fra gli etnici forma- vano il maggior numero , queste hanno mai sempre parlato e scritto differentemente dai dotti ; e che i lori idiotismi sono la migliore scuola per l'osservator filosofo , che sull' antico ragiona delle discendenze presenti. A compor quindi un bel pajo di cristiani gre- ci epitaffj , per noi , e per ciascun uomo di vera scien- za , sempre graditi e meditali ; eccone uno concepi- to in que' modi più semplici e popolari. Esso viene di lontano , e da luogo non aspettato ; da Tripoli di Barberia. Ne andiamo obbligati all' erudito e rispetta- OHA.ty.Ai L.OR.TESI <)5 jile missionario padre Pacifico da Monte Gassiano , il qual volle sentire la nostra spiegazione. Benemeriti sono i Minori di san Francesco riformati, per tenere una chiesa non lungi dalla superba Cirene, in cui fio- rirono eia tanto le cattoliche dottrine unite alle otti- me lettere ; a pruova di che basti nominare un Sine- sio , scrittore di ben alta classe. Il nostro zelante e colto missionario trascrisse cola ed egregiamente un grande numero d'epigrafi latine, greche, e di altre lin- gue antichissime, nate o Tenute d'altronde in que' pae- si. Di queste speriamo poter favellare un'altra volta, s'egli con l'usata sua gentilezza ci permetterà di le- varne una copia. EYMOYPITO EA . AAAI02EZH2EETI N. IIAEONEAATON MHNE2 . T . HMEPA2 AEKAI1ENTE QXPI2T02 METATYnNEY MATOS2YETEAEYTI2EN MINI IJAYKI EBAOMIKATOY2 A*PYS Bonam partem , vel sortem Domini habeat ! Hslla- dius vixit annos quinquaginta plus minus , meri- ses tres, dies quindecim. Christus (sit) cura spiri- tu tuo. Decessit , vel obiit mense pauni , die sep- tima , juxta Afros , vel ut Afri numerare solent. A noi giunge nuova quell' acclamazione , o salu- to al defunto , EYMOIPEITO. Finora non conoscevamo da lapidi che EYMIPI, EYMYPI, ed EYMYPITE in plu- rale da una or collocata nella nuova e bella , ma non ben separata raccolta del chiostro di S. Lorenzo fuo- ri le mura. Se interpreti piissimi e celebri, non pe- rò forti di saper greco , hanno inciampato su queste parole, molto non richiedesi a conoscere, che dovea- no essere scritte eymoipei ed EYMOIPEITE, e tradot- te con quella frase delle sagre carte, che abbiam tro- §6 Letteraeura * vato giustamente. I contemplatori poi dell'Egitto che ora sono tanti, vedranno con piacere il mese patini, tutto proprio delle foci del Nilo , adoperato sulle spiag- ge di Tripoli , ed asserito comune agli affricani , ed in tempi di cristianesimo ben innoltrato. Un esempio di IIAYNI conservasi a noi nella grande raccolta del chiostro di San Paolo AD QVATVOR ANGVLOS ; tesoro rimasto salvo per miracolo dall' incendio lagri- mevole di quella basilica veramente unica al mondo : e forte ci maravigliamo, essersi sostenuto per alcun prosontuoso , che andar dovea scritto ttkvvds in caso genitivo; quando notoriamente i nomi de' mesi egi- ziani , come quelli degli ebraici e di altri esotici , so- no di lor natura indeclinabili. Così va rettissimamen- te MHNIA0YPZ. , mense athjr ', die septima, in bel frammento presso l'egregio nostro poliglotto ed ar- cheologo sig. Emiliano Sarti. Per saggio delie cristiane latine di Lorio , porre- mo queste due , nelle quali gì' idiotismi sono pur po- chi e ragionevoli. I i*. ATTI .ENTVSAVGVSTINVSVIXIT der. ANOSTRIGINTAETQVINQVE xv.k.mai § dor EGOKANDIDAMARTAFEGIVIR impack GINIOMEOGVMQVO.VIXAN.XIIII Il nuovo Atenio Agostino con quel DER . ci comu- nicava per abbreviazione allor nota il suo mestie- re od impiego : ed i marmi cristiani vanno assai pre- gevoli con queste indicazioni. Noi però , non aven- do finora sul conto suo che congetture senza esem- pi , aspetteremo che continuate ricerche , o l'incon- tro di altri monumenti, ci scuoprano il positivo. Più Marmi loriEsi 97 singolare si è Candida Marta, allusiva insieme al no- me del paese 0 regione di Silva candida , così det- ta, credesi , da' cristiani ad oggetto di lor venera- zione , mentre per lo avanti diceasi Silva nigra , ed insieme alla santa titolare della primitiva chie- suola , posta come abbiam veduto , in quel villag- gio. Di Marta , e di altri tali nomi consagrati nell' evangelo , e adoperati anche dagli etnici , le nostre giornaliere collettanee posson somministrare be' do- cumenti : ed il chiamar Virginio il primo e solo ma- rito è modo solennissimo alle antiche cristiane , le quali appellavansi quindi univirae da santa chie- sa , e viceversa da' loro sposi VIRGINIAE . Si ren- de per ciò molto curioso e stravagante l'equivoco preso da un giovane de' nostri dì , che in veneran- do epitaffio, dove un buon marito dice d'essersi com- prato il sepolcral nascondiglio SVB VIRGIA SVA , ha spiegato sub virga sua , e di più sotto quella del fossore, che il ciel glielo perdoni ! i3. TVRTVRE COIVCI QVI RIACVS FECIT BENEMÈ RENTIQVE VICX.IT ME CVM ANNIS UH MENS ES . X RECESSIT . ANNOR VM XVII DORMIT IN PA Nel catalogo^de' nomi desunti dagli animali, che ad esempio del volgo pagano , i nostri primi padri molto frequentavano ; catalogo da non darsi nem- meno approssimativo per chi si mostra ugualmente lontano e da' marmi e dagli stessi libri più ovvj in Roma ; un luogo ben distinto era occupato dalla G.A.T.XXIV. 7 9$ Cetykratura tortorella , di cui l'innocenza ed il gemito modesto e tenero vien toccato gentilmente fra le più vaghe im- magini delle sagre carte. Già l'Aringhi ci avea pub- blicato un LOGVS TVRTVRES, ripetuto dal Boi- detti , e dato prima con un'altra dal Reinesio ; edi il sig. Clemente Cardinali suscitò di nuovo non ha gua- ri, fra le sue iscrizioni veli terne, una TVRTVRA VICTORINA del romano cemeterio di Pretestato. Vedremo alla sfuggita di quali e quante scientifiche conseguenze possa essere sorgente la Tortora nostra del buon Ciriaco. Più che gli usuali Leopardi, e le non terribili Lupole, o Lionesse, ella in ridicolezza non giunge alle Lacerte, o ad altre cose anche più brutte, né certo alla Mustela del Muratori, ne ai Cicercula del vaticano , ma si accosterebbe piutto- sto al genere scherzevole o subturpiculo, da cui non erano aliene talvolta le menti di quegli uomini sem- plici e virtuosi ; come ben provano ed il PALVM* BVS APHRODISIVS , e l'ASELLICA INNOCENS PALVMBA SINE FELLE, ed i Berpuli ed i Pisini. Da un arduo e degno studio sull'artificio e sulle proprietà della nomenclatura presso gli antichi gre- ci e romani , al quale , come ciascun comprende , ben si richiedono le risorse tutte delle due lingue , e della cognizion de'costumi , noi già passammo al- la nomenclatura de'cristiani , a cui non è dato cer- tamente accedere senza le proposte facoltà. Ci è qnin- di venuto fatto di rilevare , trovarsi sovente fra questi l'uso di due nomi , niuno de'quali e gen- tilizio , e che ambedue suonano manifestamente un appellativo personale , come il così detto cognomen, o terzo nome , ch'era propriamente un solo ne'gen- tili. Molto non v'ha voluto a persuaderci , che sir mile non consueta duplicazione proveniva dal santo e vero culto , a cui que* vocali ex gentibus pri- Marmi ldriesi 99 mi e zelanti avean fatto passaggio: cosicché l'ante- rior nome fosse l'assunto od imposto nella sagra ini- ziazione , ed il secondo quello con cui erano stati , ed andavano ancora conosciuti nelle comunicazioni col gentilesimo; quello in somma che, secondo gli at- ti più sinceri de'martiri, eglino stessi diceano avan- ti i tribunali «o/vóv , comune od usuale. Il nome ante- riore ci si offre sempre di una idea più blanda e mite che il secondo , sempre foggiato a'prin.cipj ed al- la durezza pagana. Era cosi divenuta molle TVR- TVRA la marziale VIGTORINA; era divenuta EV- SEBIA, o pietosa in Cristo, la profana IANVARIA; EVTYCHIA, fortunata, ma della buona parte, o y.o?gx che abbiam veduto del signore, la poco decen- te MVSGANIANETE, Moscaroletta o peggio; VI- TALIS della vera vita promessaci per la fede il mal significante DYSCOLIVS. Tra'buoni ed amorevoli fra- telli veniva piuttosto detta MACRINA una IOVINA; FELIX un VRSVS (da prezioso sigillo in bronzo delle veramente degne pubblicazioni dovute al eh. sig. De Lama) , SIMPLIGIA evangelicamente una fie- ra VRSA. E di questa venerata pure qual martire , madre fosse o figlia di martire , che ci si assicura del cemeterio di sant'Agnese, cioè la CASTA, ponderar conviene, se omonima sia, o forse le stessa, una SIMPLICIA VRSA , a cui pose memoria Sergio Bes- so, secondo ogni ragione suo marito; già veduta e copiata fra le reliquie cemeteriali appunto di sant' Agnese da un'autore meritevolissimo di fede, il Maf- fei (Mas. veron. CCLXXIX. 5). Dopo scritto ciò , abbiam potuto ammirare noi stessi questo bel mar- mo, nella indicata raccolta di S. Lorenzo fuori le mura. Esso mostra da un lato il santo monogramma XP, chi rho, e dall'altro un ramo di palma, puri segni di cristianesimo. 7* ioo Letteratura Non sarà discaro a'fllologi , che sentir vogliano alquanto più alto dell'ordinario , se contempleremo un poco il genitivo TVRTVRES , vezzeggiato va- gamente di greco , ed anzi greco puro assai più de' genitivi in ÀES, de'quali son pieni i libri di no- stra dottrina, e quelli specialmente del Marini. Ve- desi chiaro , quanto mai fosse giusto l'avviso di Ora- zio intorno a chi spetti l'arbitrio della favella. I grammatici latini sosteneauo turtur, turtùris, torturi; ed il volgo grecanico ed etnico e cristiano gradiva e spargeva tortura, turtures, torture. La E del dati- vo TVRTVRE nella nostra loriese par quindi nata anch'essa dall' ht? In som-* G.AT.XXIV. 8 ■i 1 4 Letteratura ma si stimava che intorno alla città sei miglia (tanto è discosto da Firenze il Monte Uccellatolo dal- la parte di Bologna ) avea più d'abituri ricchi e nobili, che recandoli insieme, due Firenze avreb- bono fatte „ . Anzi io non comprendo come Dante per nominare Roma e Firenze avesse di mestieri di tale circonlocuzione , che non sarebbe molto felice né aggiugnerebbe eleganza : e come in questi versi debbasi divertire dal sentimento ovvio , e che dan- no le parole istcsse. Qualunque però sia la vera in- terpretazione : o Dante parla degli abituri campe- stri , e allora non può intendere con queste paro- le che Firenze avesse dentro dall'antica cerchia ca- se magnifiche vaste e superflue ; e le case in Fi- renze, di sopra indicate, doveano esser 'vote di fa- miglia per tntt' altra cagione. O Dante parlando di Mon temalo e dell' Uccellatojo descrive la pompa e la superfluità dei palazzi di Firenze, e il verso non avea case di famiglia vote, secondo la sposizione de' commentatori tornerebbe vano e fuori di luo- go : onde altro concetto dee in se racchiudere ne- cessariamente. Sembrami pertanto che, esclusa la magnificenza e l'ampiezza delle case come argumento a dirle vote di famiglia, Dante, questo severo poeta della retti- tudine , questo rigido censore de'suoi tempi , col ver- so non avea case di famiglia vote , voglia significar- ci il deplorabile effetto a che menava il nefando vi- zio della lussuria, a cui erano si rotti allora i fio- rentini. E sembrami che ce lo dica apertamente , sog- giungendo subito , come ragione e spiegazione del vote di famiglia. Nnn v'era giunto ancor Sardanapalo ■d mostrar ciò che in camera si puote. COMKMTO A DlASflE j ,5 Poiché, essendo qui posto Sardanapalo a espri- mere l'eccesso della lussuria e per tipo della studia- ta libidine , è chiaro che nelle camere fiorentine si mostrava tutto, che si pub di sozzo contra le leggi e il piacere della casta natura. Fate, dunque io di- co, di famiglia erano le case, perchè i fiorentini, operando nelle lor camere ciò che si potea di li- bidinoso , e doveano aborrire dall'onesto piacere del matrimonio; e così tardi a legittima moglie dovean- si congiungere, che, o infetta o inaridita la radice, si rimaneva sterile la pianta e povera di ogni frut- to. Vote^ dunque io dico, di famiglia erano le ca- se, perchè, concedendo ancora che giovinetti si ac- coppiassero gli sposi, essi, nulla ostante mostrando ciò che in camera si poteva, dal turpe vizio del- la lussuria fatti ciechi del lume della mente, dovea- no necessariamente torcere l'amor coniugale a illecito dilettamente; e il matrimonio, non più ordinato al- la procreazione della prole, non dovea essere che il misero sfogo di brutali piaceri. Vedete, mio carissimo Amati, come tal senti- mento spicca più bello e più vero, e più degno del nostro austero Catone, e come bene è collegato co- dile versi : Non v'era giunto ancor Sardanapalo A mostrar ciò che'n camera si puote, Tal che risponde perfettamente al contesto, e all'in- tendimento del poeta, die con tanta naturalezza di- pinge 1 innocenza e il casto e retto modo I di vita e di educazione delle famiglie Fiorentine allorché Cac- ciaguida era fra i vivi. Questa pertanto è la mia opinione; e che defe- ca essere così inteso il verso non av*a case de fa- 8* 1 1 6 Letteratura miglia vote , e quel dubbio , che mi Si è fitto nel- la mente, e che vi prego di sciogliermi. Vi piac- cia dunque di far pieno il mio desiderio , e con la solita vostra maestria rischiarate il mio povero in- telletto . Ascoltate però di grazia un altro argo- mento , che a conferma della mia sentenza traggo dalla costruzione istessa delle parole : Non àvèh case di famiglia vote ; Non vera giunto ancor Sardan apalo A mostrar ciò clie'n camera si puote. Esaminiamo quei vi del secondo verso. Tutte le sa- ne règole insegnano che egli dee aver relazione col più vicino sostantivo , e pero certamente esprime: che Sardanapalo ancora non era giunto in quel- le case. E dunque verissimo che i due versi non vera giunto , ec. ec. son collegati col primo , e vengono a ragione e spiegazione di questo , come se fosse scritto : Fiorenza non avea case vote di famigliti*} pfefchè Sardanapalo ancora non era giun- to in quelle, ec. ec. Se tale non fosse stata l'in- tenzione del poeta , e il sentimento del primo ver- so non fosse legato con gli altri due , Dante non avrebbe posto quel vi còme particella dimostrativa e di congiunzione ; e fatto punto dopo la parola vote, avrebbe detto semplicemente: Non era giunto ancor Sardanapalo. E intendendo e spiegando an- cora che quel vi sia relativo di Fiorenza ( ehe di tre terzine è lontana ) , è che non leghi ( strano pensiero ) il sentimento del verso precedente con i due che seguono , era pure di mestieri che dopo vote non si ponesse solamente punto e virgola co- me hanno tutte l'edizioni , ma punto fermo. Altri- menti con tale interpunzione la terzina non forma Comento a Danti? 117 che un sol periodo; e sarà sempre vero che le ca- se erano vote di famiglia, perchè non vi ( si riferi- sca pure a Fiorenza ) era giunto ancora Sardana- palo , ec. ec. Oltre dunque la ragione e la sana critica, sem- bra che la dizione ancora e la giacitura istessa del-' le parole, per qualunque parte si volgano e si con- siderino, esiga che questa terzina non esprima che un solo concetto: e che la mancanza di famiglia nel- le case fiorentine fosse cagionata non dal numero e dall'ampiezza di esse, ma dal turpissimo vizio della libidine. Per le quali cose dubito fortemente ,}{ non andare errato nel mio commento: Ma l'opinione e il dubbio a voi raccomando; e tutto pongo sotto i pur- gatìssimi occhi vostri : Voi giudicherete se bene o male abbia io ragionato. Né qui vi tacerò come a tal spiegazione mi ab- bia confortato di assai il vedere, che in questi miseri tempi i costumi sono corrotti e depravati, non altri- menti che a'giorni dell'Alighieri. La nostra Italia non è più sobria e pudica. Le nostre donne invereconde e procaci son più a vedersi per gli ornamenti, che per l'istessa persona. E cosi piangere e dire non si dovesse de' nostri giovani ancora! Sardanapalo pur troppo è giunto a mostrare ciò che si può in camera: Finto celibato fa vote di famiglia le case-. Disonesto piacere tien lungi la gioventù dall'ammo- gharsi: Licenzioso e laido modo di vivere invilisce e guasta l'animo, il core, e le membra: Deboli leg- gieri stolti e perversi i nostri giovani pongono tut- ti 1 loro pensamenti , le loro cure , e le loro ado- zioni nel crine profumato e ricciuto, nella veste attillata , nell' aureo spillone , nella gemma , nello sguardo lascivo, nel portamento lezioso, nel passo da ballo .... Ah! perchè il loro ridicolo e turpe ido- I 1 8 LETTERATURA lo, la Moda, per anche non prescrisse a loro la gonna? E che altro lor manca per esser femmina , e femmi- ne da postribolo ? Terra malos homines mine parturit atque pusillo s\ Misera Italia! E per tali ingegni e per tali studi nu- tri speranza di tornare all'antica gloria? .... Ami- co, perdonatemi: amore di patria, zelo della virtù, de- siderio di sapienza, sdegno del vizio, mi han fatto trascorrere ove non era mio intendimento. Fuori di luogo e di tempo questa lettera prendeva aiuto e vo- ce di severa orazione contro la nostra gioventù. Ma chi può frenarsi alla considerazione di tanta iniqui- tà , di tanta stoltezza ? Abbiatemi dunque per iscusato , né v'incresca che piegando di nuovo le parole al subietto , ag- giunga un altra riflessione che mi era fuggita di men- te , e che anch' essa conforta anzi avvalora tanto il comento da tornare in certezza il mio dubbio. Per voi che superiormente ad ogni altro sentite a den- tro nelle cose d'antichità, non perderò parole a mo- strare clie di uguali virtù è bello il nascere de'po- poli, di uguali vizi è deforme il loro decadimento. Quando Ottaviano venne in potestà imperiale e fu salutato Cesare Augusto , fatti schiavi i suoi concit- tadini e fratelli , pose fine all' istoria del popolo , e cominciamento all' istoria della monarchia. Allora fra i tanti vizi per cni Roma fu scellerata , non man- cò il peccato di far vote di famiglia le case per ismodata libidine e della gioventù finto celibato. Tal- ché Augusto fu costretto a parere vie più tiranno forzando con severa legge (a) i giovani ad ammogliar- (a) Legge Qlulia , d> marilandis ordinibus. Comento a Dante i \q si. Imperò non dico cosa nuova , ne creo nuova ini- quità chiosando : die le case de* fiorentini erano vo- te di famiglia , perche Sardanapalo , mostrando ciò che in camera si poteva , i giovani distogliea dal ma- trimonio. Se i tempi di Augusto , non altramente che i nostri giorni , nella loro depravazione furono in- fami per tal vizio ; sembra che ancora vivente l'Ali- ghieri in tanto rompere di lussuria tristamente si do- vesse aborrire dal matrimonio ; sì che vote di fa- miglia fossero le case. A Dio, mio dolcissimo maestro : Scioglietela mia mente dal dubbio, che tutta la cigne: Fate di star sano ; e amatemi , che io mi raccomando alla vostra amorevolezza caldissimamente. Di casa il dì 23. di Agosto 1824. Giuseppe Saivagnoli Marchetti. 1^0 NECROLOGIA jllla memoria del parroco Tommaso Torri ggiani , h'Uore di filosofia in Faenza , alle sperajize de* suoi al decoro della patria, al desiderio de' buo- ni da immatura morte rapito il giorno XVI. Jgosto dell 'anno M. DCCC. XXIV. di sua vi- ta XXXVIIL Versi.- Di G.M.E.-Lugo pres- so Melandri -in 4° -sono pag. 8. T, ommaso Torriggiani ebbe suoi natali in una vil- la dell'agro Faentino. Dimostrando fino da'primi an- ni buona attitudine all'imparare , fu mandato a Fa- enza , ove allora più che mai fiorivano dottissimi uomini. In breve tempo l'ingegno e il sapere del giovanetto vennero in chiaro , e il clero fu lietis- simo dell'averlo fra suoi. Mancato agli alunni del Seminario il professor di Filosofia, fu il Torrig- giani prescelto a quel magistero in età, in cui gli altri appena hanno compiuta la carriera ordinaria degli studj. Non è a dire con quanto di premura e di lode sostenesse un tale ufficio, Dalle gravis- sime scienze filosofiche ricreava talora l'animo suo rivolgendolo all' amenità delle lettere, nelle quali non era meno esperto. Si conosceva profondamente dell'eleganze della nostra lingua, com'è a vedere nell'Elogio per lui composto al generale Filippo Se- veroli , in cui si discorrono molte cose di arte po- litica e militare con tutta aggiustatezza di termi- ni. Né minore della dottrina delle cose profane , era ii/ lui quella delle sacre. Perchè fu degno di es- sere eletto a rettore della parrocchia di S. Marghe- lui rita ivi stesso in Faenza. E lo sceglierlo a quest* onore era slato savio accorgimento di una nobile famiglia amicissima al Torriggiani , onde raddop- piandosi in tale modo i vincoli , che a quella cit- tà l'obbliga vano t minore anche fosse la temenza , che altra noi togliesse a' faentini. Ma dopo qua- ranta giorni , o pochi più di quel novello inca- rico , fu egli , per usare delle parole stesse dell' autóre de'versi, alle speranze de" suoi , al decoro del- la patria , al desiderio de" buoni da immatura mor- te rapito. Che se qualcuno volesse pur sapere di quale morbo ne fu il Torriggiani rapito , il potrà senza molto conoscere da'seguenti versi , che qui arrechiamo /anche siccome a saggio del retto scrive- re del Sig. G. M. E. E chi non sa quanto tu fosti offeso , Qual da Te si sostenne acerba guerra Infin , che t'ebbe in sul feretro steso ? Che la calunnia anche il più forte atterra , E la forza del core gli comprime, Quando incontro i suoi veltri gli disserra. Né orror cotanto a gentil core imprime Truce ladron , siccome chi la fama Toglie furtivo, e il suo fratello opprime. O turpe, o scellerata, o iniqua brama! Che tanto offende la Bontà divina, „ Che vede, e vuol dirittamente, ed ama. Tanto egli è vero , che alla sana filosofia la sua integrità non giova per renderla amabile , men- tre l'altrui giudicio senza giudicio la fa rea , e le altrui colpe , a chi non ha buon occhio , colpevole la persuadono. M. F. 123 VARIETÀ' arriso TIPOGRAFICO IVlenlre le opere di Archeologia spargono da ogni parte nuo- va luce su i monumenti sepolti nella oscurità dalla vecchiez- za del tempo , e dalle crisi o naturali , o politiche , non sa- rà discaro l'annunzio di una compiuta Dissertazione, in cui si stabilisce l'ipotesi, che Civitaeastellana è V antico Vejo: si cer. ca (jual fu la sede de' Falisci , e dove parte di questi si sta- bilì dopo la presa di Velo. Devesi questa grave fatica all' instancabil perseveranza del Sig. Canonico Francesco Morelli. Egli esamina gli antichi Sto- rili per conoscere la topografia di Vejo , non omette tratte- nersi nelle belliche operazioni, che la rivalila Romana fece con- tro quella Città famosa quanto Troja nel valore , e nella fer- mezza ; finalmente le lapidi, ed altre memorie si riunisco- no in sosteguo della sua ipolesi. Lo slesso metodo si è da lui seguito rapporto ai Falisci. L'Opera verrà olla pubblica luce co' nosrti torchi in carat- teri simili a questi , ed in carta pure eguale a quella dsd pre- sente manifesto , ed il volume sarà di circa pagine abò" iu 8-° Per chi vorrà associarsi è stabilito il prezzo di bajocchi 5o per copia, senza obbligo di anticipar somma alcuna. Chi pren- derà dieci esemplari avrà l'undecimo gratis. Le associazioni si riceveranno in Temi dagli Editori , iu Civìtacastellana presso l'Autore, in Roma dal Sig. Ab. Amali Varietà* 123 celebre Antiquario , in Bologna pre*so il Sig. Annesio Nobili in Viterbo dal Sig. Poliziano Cingolani. Dato in Terni li 12 Agosto 1824» Fratelli Salvzj La uccellagione , di plutonio Tìrabosco veronese. Roma pel SaU'iitcci, ±824. i6°. di pagine g». vJttimamente si è latto a riprodurre quest'aureo poemetto che usci postumo , ma limalissimo quanto altri mai. Forza è dire che il suo autore avesse un'anima tranquilla e com- posta , e veracemente buona , quale traspira da'suoi versi ; perchè trailo tratto dalle collineile sopra cui il poeta uc- cella , dai cespi d'erba su cui s'asside , dalle onde del lago entro cui si specchia , essa è rapita , e seco rapisce l'anima de' leggitori a immaginare piaceri sovrani dì paradiso , ed a benedir dio, autore di tanto giulivi e tanto vaghi spet- tacoli. A me in leggendolo sembrò di leggere un libro asce- tico ; ed entrai a parie coU'inlirno sentimento al guslo in- genuo dei doni del signore autore della natura, ed alla can- dida compiacenza de'suoi benefizj , la quale è diffusa ed in- sinuata dalla peuna religiosa del poeta in tutto il compo- nimento. Lo stile, oltre all'essere corredo e nello, è lie- to , fresco , ameno , e dirò cos2 fragrante. La fabbrica del verso spontanea e naturale insieme ed artificiosa , con una corta ora pienezza, ed ora tenuità, con certi andamenti e ripo>i di sillibe, con cene amicizie e discordie di suoni» oud-i risulla un'armonia di numeri ben avveduta. Questa , quanto è necessaria, altrettanto può dirsi ben rara ne'ao- ra4 Varietà' stri sciolti. Già una certa sonorità, ed un certo rumore di versegg-iamento , non conveniva alla q'ii-lt indole della sua georgica. Le digressioni sono acconcie. La primiera è sopra il canape, il lino e la setó,; digressione non innestata a stento , ma che spunta da se nativa e volenterosa fuori dell' argomento. Essa è piena di opportunità; perchè, oltre il favellare, come era il debito suo della rete, e però dell' armatura, del panno, della maglia variabile per intricare «paglie, tordi, allodole, pernici, beccafichi , esce a ringra- ziare gli ulfizj pietosi della canapa e del lino, che vesto- no l'uomo ignudo , ed asciugano i sudori dell'uomo aliati— «alo; né dimentica allatto le gentilezze del soitil filo ne* \cìl , ne' ricami , ne' merletti. E se lo sue digressioni son sempre vaghe, e dilettano, alcune sono tenere e passiona- no. 11 finire del huro secondo non può essere più paleti- 10. Traila in quel luogo dell'uccellaie a slarue, ed a si- lUili augei silvestri e montanari; confessa di non sentire più vigore nelle gambe per inseguirle su per le bricche alle ed aspre , e distendere colà le lungagnole ; volgesi pero con un piegamento tenero al caro figlio, ottenuto in assai ma- tura età, e gli raccomanda di amare nella vegeta giovinez- x-> lai piaceri innocenti ; e descrive l'alma Caterina sua mo- glie soavissima , la quale al ritorno della caccia andrà in- contro al figliuolo, e gli verrà tergendo il sudore dal vi- so. E riconoscendo in lui la fisonomia del marito già es- timo , onorerà di qualche lagrimetta la sua memoria. Que- sto tratto ne ha un alno vicino anch'esso atfeltuosissimo , in cui dipingendo la presa fanciullesca delle cingallegre, ram- menta suo nonno, il quale lui piccolo nascondeva sotto 1' ombra di folli avellani , ed iutanto che Tavolo le invita- va col zuioletlo , e scuoteva a tempo lo zimbello, e che le balordette scendevano a frotte sui panioni. A lui fan- ciullo guizzava nel peno il cuore ; anzi non poteva egli temperarsi dal metter qualche mal represso grido di gioja « quasi scappar lucri dei cespuglio. Allora il buon vecch' > V A IV I E T A* 125 sorridendo lo tornava a rappiatlar ira le frasche, e lo Ta- ceva star cheto: e finalmente infilzatene assai con un re- fe nel becco, ne formava nome una ciarpa e collana, ed < armavagli il collo e il petto insino olire le ginocchia, ed a casa riconducealo superbo. Veggio presenti Quei così cari dì : pur lunge assai Sonsen'andati. Oh labri vita! OH veglio Che mi amasti cotanto , abbi in ciel pace. Un au'ore di tanta moralità ed eleganza ottenne lo me- ritato lodi dal celebre conte Roberti , uellu lettera d'un ex- Gesuita vecchio ad un cx-Gosuita giovine , delle di lui ope- re tomo Xlf, della edizione di tfassauo , alle pagine tu. e seguenti. I padri della Compagnia di Gesù , nel primo mese dell'in- gresso loro al Collegio romano, ed all'annessa celebre specola J non hanno potuto fare le consuete osservazioni ; e per ciò siamo privi dello tavole meteorologiche , le quali venivancì favorite dui eh. sig. abate Calandre-Ili , e dai professori astro- nomi degni di lui allievi. Tabella dello stato del Tevere , desunto dall'altezza del pelo d'acqua sull 'orizzontale del mare, osserva- to aW Idrometro di Ripelta , al mezzo giorno. Ottobre iSaff GIORNI. METRI. PALMI ROMANI 0Ss£RVAZ10KI. 1 5, 80 25 1» 3 a 3 5, 76 5, 74 a£ 9 1 25 8 1 Altezza massima 7, io 4 6, 08 27 2 3 5 5, 85 'j.6 2 1 6 6, 0© 2§ 10 1 7 6, 34 2» 4 * Altezza minima 5, y.';. 8 7» 10 3i 9 * 9 f>\ 60 29 0 2 JLO 6, 45 28 10 a 11 6, 25 271* 3 Aliezza media 6, i« 12 5, i8 27 7 4 IO 6, 2b 27)1 5 i4 6, 19 27 8 3 i5 6, t>2 29 a 1 iS 6, 34 28 4 * *7 6, 22 27 10 0 18 6, 25 27 1 1 3 T9 6, 39 28 7 1 20 6, 04 28 4 1 21 6, 00 2610 1 22 5, 92 26 6 0 23 5, 85 26 » i 24 5, 90 26 4 4 25 5, 95 &6 7 2 26 5, 85 26 2 1 27 5, 89 26' 4 a 28 5, 93 26 6 2 29 5, 87 26 3 1 s. 5, 85 26 2 1 «■ 3i ' 3, 80 25 IT 3 IMPRIMATUR. Si fidebitur Reverendissimo Patri Sacri Palatii Apostolici Magistro. Jos. della Porta Fair. Constantùiop, T'icesQerens. NIHIL OBSTAT D. Paulus Pancaldi Abbas Cisterciensis. IMPRIMATUR. Fr. Th. Dominicus Piazza Ord. Praed. Sac* T. Mag. et Sac. Palatii Apost. Magist. Soc. 129 SCIENZE Risposta al tema proposto con programma XXII. Luglio 1821 dalla società italiana delle scienze residente in Modena , esposto in questi termini. — Determinare se le idee che dalle moderne scuole mediche si danno della eccitabilità, e dell'eccita- mento, e quelle quindi che si stabiliscono della dia- tesi sìt iperstenica che ipostenica, degli stimoli e con- trostimoli t non meno che le idee della irritazione e delle potenze irritative, sono abbastanza esatte e precise , e in caso che non siano , determina- re quali variazioni se ne debbano eseguire. Cerca- si inoltre se nell' esercizio delle varie funzioni e nelle alterazioni loro si debbano considerare altri elementi che l'eccitamento, e in caso che sì, stabi- lire quali essi siano , procurando di applicare tut- to utilmente alla pratica medica. - Memoria del sig. dottor Luigi Emiliani coronata dalla società me- desima. Modena i8a3 in 4>° di pag. 1-21. Estratto I Continuazione e fine. (V, il volumetto di settembre , alla pag. 32 1.) mprende in sulle prime a dimostrare , quanto sia stato biasimevole l'applicare allo stato delia irrilar zione il nome di diatesi irritativa, facendo conosc©- G.A.T.XXIV. 9 i3o Scienze re la contraddizione in cui cadde il Prof. Rubini, al- lorché nella notissima istoria di una dispnea con- sensuale con alcune riflessioni sulla teoria della ir- ritazione, dopo essersi protestato di non indurre can- giamenti aiìin di non confondere le idee attaccate al punto di 'dottrina , tentò nullameno introdurre nella scienza medica la nuova terza diatesi , o a dir meglio tentò di dare alla diatesi un altro signifi- cato fino ad attribuire lutto il valor della diatesi istessa alli puri fenomeni della irritazione. Nacque principalmente, al dir del sig. Emiliani Terrore del pr. Rubini dall'aver considerato e definito le diale- si con quelle medesime espressioni , che direttamen- te competono a ciò che semplicemente chiamasi ma- lattia, e dall' essere cosi rimasti con tal confusio- ne cangiati , o presi per sinonimi li due dilFerenti no- mi di diatesi e di malattia. Al che aggiunge, che it sig. Guani avendo chiamato diatesi irritativa quel- la specifica alterazione da non potersi comprendere nelle due forme morbose stabilite dal Brown, l'in- titolò dipoi nella sua memoria del controstimolo, e delle malattie irritative, condizione patologica irrita- tiva, finche nell'altra sua memoria che ottenne Yac- cessit confermandosi in tal parere fissò una linea di demarcazione fra questa forma morbosa e le ve- re diatesiche nel pretto senso de' Browniani. Or di siffatta condizione morbosa , non confondibile colle già considerate universali alterazioni rriferisconsi dal n. A. li cinque principali distintivi caratteri, quali fin dal 1816. furono alle malattie d'irritazione as- segnati dal Clinico di Bologna, e quai leggonsi nel primo Volume del Giornale della nuova dottri- na medica italiana ; diffusamente quindi ne spiega l'aggiustatezza con esempi e ragionamenti. Questo stato morboso d'irritazione ed i simpatici risenti- Dell' eccitabilità.' i3i menti clie ne formano il maggior apparato , costi- tuiscono un importante, anzi un nuovo ramo di patologia clie merita tutta la considerazione del pra- tico , e clie con incredibile danno della umanità una troppo rigida e sterile dottrina fece spesso confon- dere coll'una e coll'altra delle due diatesi cono- sciute per difetto o per eccesso di stimolo. Non è però sempre semplice e solo (piai si è fin qui con- templato lo stato d'irritazione: produce egli stesso un processo diatesico , e cosi vi sì associa die me- rita molte e particolari considerazioni nella prati- ca dell'arte. Inerendo a questi principi distingue il sig. Emiliani con l'esempio del granello di sabbia tra la palpebra e l'occhio , le affezioni morbose se- condo le circostanze annesse allo stato d'irritazio- ne; chiamandone alcune semplicemente irritative, ove rimossa la irritante cagione si dilegua ogni sinto- nia senza essersi formato verun particolare proces- so ; altre puramente infiammatorie insorte laddove non potendosi tosto estrarre la irritante cagione s' infiamma la parte , la quale sebben tolto quindi il corpo estraneo pur non risana in virtù della rimanenza della flogosi che compie il naturale suo corso; al- tre infine irritativo -infiammatori e nelle quali, oltre il processo d'infiammazione già formatosi, persiste pur la presenza della cagione irritante che il promosse. A questa ultima varietà dirigge il n. A. le sue considerazioni, rampognando l'incoerenza del curati- vo trattamento che in egual forza e con ugual fortuna s'intendesse applicare per combattere le va-- rietà enunciate , e rilevando altresì la facilita di questo medesimo inganno laddove men nofa sia sla- ta la oatura irritante delle cagioni che in alcuni casi l' infiammazione fomentano f come addiviene nei conlagj . Togliendo così l'A. l'opportunità di esa* i3a S € I E N Z K minare il confronto dei principali caratteri delle ma- lattie d'irritazione in quelle prodotte dall'azione di contagio , ne conchiude che queste ultime infermità considerate quanto alla loro prima origine e cagio- ne , mettono base e consistono in quello stato della macchina che dicesi d'irritazione e più precisamen- te in quella ultima varietà del menzionato stato che si disse appartenere alle malattie irritativo infiam- matorie; si perche havvi la presenza della materia irritante (il contagio) che l'infiammazione produsse e fomenta , sì anco perche t1 qualunque sieno le ap- parenze in contrario, l'infiammazione istessa vi esi- ste che ne fu il prodotto e che in certo modo n'è il costante effetto. In conferma dell'asserto riferisce le autorità di molti celebri sì antichi che recenti scrittori che di siffatta condizione flogistica fan pa- rola con maggiore o minor evidenza , non che dell' accennata morbosa complicazione, dalla quale ultima traggono origine i tanti e svariati fenomeni che nell' andamento naturale e nella cura dei mali contagiosi riscontransi ; fra i quali non è men degno di rimar- carsi quello della infiammazione più semplice e mite in alcuni casi ove perciò non havvi bisogno di ve- run soccorso dell'arte, mentre in altre si esige un me- todo di cura più coraggioso e corrispondente al mag- gior grado della infiammazione medesima. Riduce nella Quinta Tesi l'esteriori potenze che agiscono sui corpi viventi a quelle eccitanti o stimo- li, alle controeccitanti ovvero controstimoli, alle irri- tanti. Comprende nelle prime tutte quelle cose dalla cui applicazione ai corpi dotati di vita ne risulta un moto maggiore , un aumento di funzioni , in somma una maggiore incitazione, e che si correggono o pos- sono correggersi per mezzi di opposta natura. Defini- sce per controeccitanti tutte quelle dalla cui applica- Dell' EccitATuLiTA,' 1D3 zione si ha un effetto totalmente opposto , e che sono correggibili per via di stimolo. Distingue poi per ir- ritanti tutte quelle esteriori potenze, i di cui effetti non potendosi ridurre ad un vero aumento di fun- zioni ossia ad un vero accrescimento di eccitamento, ne potendo mai essere salutari e piacevoli, non pos- sono essere corretti per compensazione siccome quel- li delle potenze anzidette, né possono togliersi che colla rimozione della loro prima ed immediata cagio- ne. In sostegno dell'addotta partizione rileva l'assur- dità di quel canone, ove stabilivasi che la primaria azione di tutte l'esterne potenze si riducesse in ulti- ma analisi a stimolo colla sola discrepanza del più al meno , anche per quelle sostanze che si ritenevano per debilitanti. Contradetta la veridicità di questa tesi dal Rasori fin dall'epoca della sua riforma alla occa- sione della rinomatissima epidemia di Genova, vi ra- giona accuratamente il sig. Emiliani sulle circostan- ze e risultamenti della medesima, riconoscendo nelli cangiamenti portati dal Rasori alla cura di quel tifo la maniera di operare di alcune sostanze tutt'affatto diversa dallo stimolo. Dalla cognizione di questa nuo- va verità dal Rasori dimostrata fece progressi la scien- za, mercè le relative importanti osservazioni dei Ch. Tommasini, Borda, Bondioli, Rubini, Brera, Fanza- go, Ambii, ed altri: si riunirono quindi numerose prove di fatto in conferma dell'adottata distinzione tra l'una e l'altra" classe di agenti. Ne ostacolo al ri- cevimento di questa dottrina puole opporre (soggiun- ge il sig. Emiliani) il non conoscersi finquì il vero ed intimo modo di agire di quelle sostanze, dietro l'applicazione delle quali ne risulta diminuzione, de- pressione di eccitamento, o mancanza di esso senza sottrazione di stimolo ? come di tanti fenomeni e fi- siologici e patologici non sappiamo render conto sen- 1 34 SciKNXE za poterli impugnare, e come pur dalla pratica non si ristanno i medici di quelle cose, di cui non co- nobbero il vero ed intrinseco modo di agire. Lungi poi si dichiara l'A. dallo- squittinare se il modo di agire delle potenze controstimolanti possa effettiva- mente ridursi ad un giuoco di affinità ch'esercitano su di alcuni stimoli naturali, o ad un'azione ch'eser- citano sul principio di attrazione chimica che tiene imiti e coerenti li principj e le molecole costituenti la fibra ed i varj tessuti animali. A lui sembra inve- ce non inverisimile la ipotesi di riconoscere nella macchina viva secondo l'opinione di quei tanti fisio- logi moderni un complesso di pile voltiane ih istret- ta comunicazione tra loro , in una delle quali o im- pedito o indebolito il circolo elettrico , debba di ne- cessità impedirsi ed indebolirsi in tutto il comples- so.— Nella menzionata epidemia ligure altresì fu me- glio contemplato il genio dei morbosi fenomeni a cui in dato il nome d'irritativi , e la di loro cagione fi- no ad un certo segno distinta da ciò ch'è stimolo o controstimolo, e che vien detta irritazione. Dallo scru- tinio , che tiene il sig. Emiliani delle proprietà ehe competono alle sostanze irritanti , fa discendere i prin- cipali e definitivi caratteri per i quali questa ter- za classe di agenti si separa da ciò eh' è stimolo o controstimolo. Nella sesta ed ultima Tesi, a compimento di ri- sposta per il noto programma , imprende a provare clie oltre la teoria deW eccitabilità e dell "" eccitamene /o, della riproducibilità e suoi effètti , vi sono mol- te altre cose sommamente osservabili per il retto in- tendimento dei fenomeni sì appartenenti allo stato di sanità che a quello di malattia , e per la buona pratica deWarte. Queste sono specialmente i li flui- di siccome spesso diretta ed immediata cagione di Dkll' eccitabilità* i 35 ?um poche ìtiféfwiità, e quìhdi Vassoiata necessità di rifriggere non rare volte a questi immediatamente i 7iiezzi curativi. 2. la secondaria azione dei rÌ77iedà spesso pia valutabile della primaria , di quella cioè che ha un immediata influenza sulV universale ec- citamento , 7W71 che la particolare costrtczio7ie dei vi- sceri e la 7ìecessità di particolari stimoli a pro7no- verne le diverse finizioni , dalle quali cose special- mefite risulta la 7iecessità dei rimedj così detti elet- tivi. 3 resistenza di alarne adiatesiche malattie le quali 7io7i S0710 correggibili che con alami partico- lari mezzi giustame7ite detti speci f ci ; l\ fnmlme7\te le naturali tendenze di iiiiìi co7pi vivènti a conser- tare e a r«dime7,e la prop/ia sanità . Ed in propo- sito della prima parte ne avverte che molto debba considerarsi il sangue e gli umori tutti siccome par- te integrale della nostra macchina , non già semplice- mente come un fluido che circola dentro di noi mec- canicamente o tutt'al più come una potenza stimolan- te esterna , ma sibbene come il primo radicale della vita organica, e che contiene la base principale del di lei carattere e della di lei manifestazione, e che oltre di ciò racchiude la cagione fondamentale di mol- te malattie, e di quelle principalmente che hanno un esatta connessione colla forza plastica (riproduttrice) di cui il sangue è il couduttor principale. Egli è per- ciò che dalla reciproca azione e reazione fra i tessu- ti solidi e le sostanze fluide del corpo umano desu- mer si devono le principali indicazioni a ben di- riggere la cura dei mali.— Nel contemplare la secon- daria azione dei rimedj sovente più valutabile della primaria , condanna l'abuso di principj , che da al- cuni si fa in trascurare affatto li secondarj effetti della primaria azione stimolante controstiniolanle ed irritante, ovvero in soverchiamente attendere di par- a3G Scienze ticolarissimo , senza la minima avvertenza a quella primaria azione che indispensabilmente ^\i compete. Riconosce necessario il valutare quell'azione deter- minata di alcune sostanze sopra certi organi ^-Re- ferenza, che su di altri; ed il calcolare nell'azione dei rimedj oltre le leggi del dinamismo anche le fa- colla loro proprie ed elettive, che utili ci additò l'esperienza nella cura delle diverse affezioni morbo- se. Giacche le osservazioni dimostrano una partico- lare relazione tra le proprietà dell'agente e quelle di alcuni organi , egualmente che le relazioni delle proprietà di quelle stesse con le condizioni del processo morboso. Non è però da obliarsi soggiunge il n. A., es- sere cosa totalmente superiore al nostro intendimen- to , e totalmente dettata dal più puro e semplice empi- rismo l'applicazione di alcuni rimedj ad alcune partico- lari infermità, qual è l'uso dei specifici in alcune malat- tie adiatesiche. Chiude finalmente il sig. Emiliani la sua premiata risposta con varie ben intese consi- derazioni rispetto alle forze medicataci della natu- ra , da non riguardarsi però come un essere intelli- gente, ma nemmeno come un potere accidentale e vago; intorno alla prudente maniera di rispettarle e valutarle senza opposizione a felici risultanze ; circa il sagace discernimento de'casi , nei quali un sobrio uso debba farsi a preferenza o della medi- cina attiva o dell'avveduta e saggia aspettazione ; e pur anche risguardo ai modo di escludere o di ascoltare gli appetiti degl' infermi , e di conoscere le naturali tendenze inerenti alli poteri vitali , per op- porre resistenza alle azioni morbose e per preserva- re le parti organiche da ulteriori nocumenti. Tonrlli ■37 Su la condizione patologica delle febbri biliose. Nuo- vi fatti esposti dal Cav. Domenico Meli profes- sore ili Medicina ec^ec Milano, 1824» Sunto. ben comprendere il sommo valore di quanto l'Egregio sig. Cav. Meli ci espone nel presente opusco- lo , deve il lettore rammentarsi la celebratissima Opera del n. A. su le febbri biliose ec : pubblicata nel 1822, e della quale un ben ragionato estratto venne inserito nel fascicolo di Giugno i8a3 di que- sto Giornale per opera di un nostro celebre Com- pilatore. Potrà così richiamarsi ciascuno le novel- le dimostrazioni teoretiche del sig. Meli in proposi- to della condizione patologica di queste febbri , sta- bilita dal medesimo in un processo flogistico nel sistema della vena -porta. Alli ragionamenti di esso comprovanti la evidenza delle sue dottrine e per l'analisi dell' azione delle canse , e per la dilucida- zione dei morbosi fenomeni , e per la convenien- za dell' uniforme regime terapeutico deprimente, e per li caratteri fisico-chimici del sangue di simili infermi , e per le risultanze delle rispettive necro- scopie , aggiunge ora la esposizione di tre istorie di tal malattia , corroborate da una quarta comunica- tagli dal preclarissimo sig. Cons. Cav. Brera. Ed ha ben ragione il n. a. di esternare nel suo proemio la sua compiacenza in conoscere che dal sommo cli- nico di Padova sia «tata per proprio fatto compro- vata la di lui dottrina patologica sulle febbri bi- i38' Scienze liose ; ha egualmente però buon diritto di doler- si in veggendo la trascuranza di alcuni nell' adot- tarne i canoni di terapia, o la sollecitudine dei brous- séisti nello scambiare la condizion patologica secon- daria di cotali febbri con la primaria ed essenziale. La istoria del prelodato sig. Brera, che vi leg- giamo trascritta in idioma latino , spetta ad un in- fermo, che fu condotto al clinico istituto di Pa- dova nel 18 Dicembre 1823. Il paziente si era un birro di anni 34» il quale undeci anni innanzi avea sofferto per lo spazio di tre mesi un affezione tu- bercolare dei polmoni insorta poco tempo dopo un colpo ricevuto nel mezzo dello sterno da una palla di fucile che si dovette estrarre per mano chirurgi- ca. Superata la pronunciata morbosità non soffri più egli l'attacco di verun altra malattia sino al i4 del sepolto Dicembre. Venne allora sorpreso da febbre e da un dolore che dalla regione dell' intestino cie- co per irradiazione estendevasi per mezzo della re- gion destra del colon fino alle ultime tre coste spu- rie, con tosse secca. Accolto nel clinico istituto pre- sentava,, pulsus frequentes, irritato^, tensos, linguam „ sordidam, aridam, amaram, tussim raolestam cum „ levi exereatu mucoso pituitoso, dolorem gravantem „ ad universam regionem stomachi, hepatis tensionem, „ atque incrementum, doloris sensum cum aliqua ir- ,, ritatione in faucibus , Urinasi abundantes cum nube- fl, cula, alvum a tribus diebus stipatam; difficultatcm „ in inspiratione protrahenda , et febrem quae exacer- ,, babatur vespere et remittebat mane. „ Inutili si resero gli oppotuni rimedj , per la gravezza della ma- lattia indicata, e dal meteorismo con costipazione dell' alvo, e dalla lingua arida, e da intonico appanna- ta, dal color nigricante della lingua, delle labbra e delle narici , dalla costrizione dolorosa del torace co» Delle febbri biliose i3g tosse frequente e molesta e con respiro assai diffì- cile e laborioso ; e còsi mancò l'infermo di vita nell' ottavo giorno di sua invasione e quinto di cura. La sezione del cadavere palesò importantissime co- gnizioni , quali per altro ci vieta riferire per in- tero l'indole di un estratto. Si rinvenne primiera- mente lo sterno distrutto e traforato nel luogo cor- rispondente al colpo ricevuto ; ma il mediastino sot- toposto si trovò nel suo stato naturale. Presenta- vano li polmoni tracce di flogosi , ed era il lobo superiore del polmon destro esinanito e concidente. Ricuopriva le interne pareti del laringe e della tra- chea un velo puriformc, il quale rimosso die luogo a riscontrarvi infiammata ed esulcerata la intiera super- ficie della laringe, trachea, e bronchj fino alle ultime di- visioni di questi : erari vi nei polmoni varj tuber- coli , e non scarsa copia di materia puriforme . Il cuore poi presentò una maravigliosa condizione pa- tologica consistente in una concrezione poliposa oc- cupante la destra orecchietta seno e ventricolo cor- rispondente , e si intimamente immedesimata con le pareti di queste cavita che veniva impedito il tran- sito alla minima quantità di sangue , mentre si va- lide eran le radicole membranacee nelle quali la con- crezione aderiva alle pareti del destro ventricolo che impediva il libero e necessario movimento del cuo- re . A foggia di albero si estendeva essa per la vena cava ascendente , distribuendo pur anche le sue ramificazioni alle j ligulari d'ambi i lati e fi- no ai seni laterali della meninge. Li rudimenti di altro polipo si riscontrarono nell' altro ventricolo estesi per fino nell' aorta , la di cui esterna pa- rete si vide cartilaginea , e la interna superfìcie infiammata e ricoperta di un muco giallognolo . Il fegato era durissimo, e l'aumento di volume sor- i/jo S e. i t k 2 r montò il peso di 8 libi e. Altro polipo si rinvenne nel sistema della vena porta , tutte le di cui più tenui ramificazioni eran da esso sorprendentemente investite. Rosse eran le pareti venose , e presenta- vano tracce non equivoche di preceduta flogosi, sic- come erasi di già prognosticato dall'avveduto Clini- ro: rudimenti pur si rinvennero di massa poliposa nel- la cava inferiore , ed uno strozzamento nel colon dis- cendente. — Eruditi ed utilissimi ragionamenti sus- sieguono quindi sul conto della genesi di siffatte concrezioni , al lavoro delle quali esiggonsi ed ; una certa condizione infiammatoria, e la perfetta quiete dell' umor sanguigno. „ Hae duae conditiones in aegro- „ tante nostro minime diesiderantur, nam de pillo— „ gistica conditione tum interna systematis venae-por- ,, tarum tunica rubello colore suffusa , tum intima » aortae supsrficies valde rubicunda satis superque de- » ponunt; quoe autem observata a nobis fuit in jeci- » nore obstructio in causa fuisse videtur, cur sanguis » baili debita circuii libertate gaudens, in corde', aor- » ta, venae - portarum systemate, aliisque venis eo ,, remorari potuerit , ut ejusdem fibrinosa portio , „ coeteris fluidioribus dilabentibus particulis, subsi- „ dens prima concretionis stamina jecerit , quibus ,, novis ejusdem materiei jugiter aflluentibus mole- „ culis in insignes ac solidas moles polypi exere- „ verunt. „ La morte di un villico avvenuta in un villag- gio dietro una malattia giudicatasi dal medico cu- rante qual gastrico-verminosa (i di cui sintomi pe- rò riferiti dal medico istesso consistevano in febbre ardente , vomito incessante , itterizia , dolor grava- tivo allo scrobicolo del cuore corrispondente al col- lo ed alla scapula destra , inestinguibil sete , me- teorismo , diarrea biliosa ) eccitò il sig. Meli ad ot- Delle febbri biliose fyì tenerne la sezione del cadavere. Viene ivi distesa- mente riferita la necroscopia ; pochi cenni per al- tro qui n'esporremo relativi unicamente allo stato dell' addome. Turgore di tutt' i capillari venosi ; tur- gore ed ingrossamento dei rami delle vene addomi- nali ; aumentato del doppio il volume della porta ventrale per ingrossamento delle membrane , la in- terna delle quali era corrosa in più luoghi e di- strutta , ma la fibrosa ulcerata in varj punti ; ripie- no questo tronco venoso di tenaci concrezioni di crassamento sanguigno a foggia di polipi e di mol- to siero giallo. Più rilevanti disorganizzazioni si eb- bero a riscontrare su la porta epatica, e massime spandimento di liquame nerastro e sanioso; distrut- ta la interna membrana delle sue diramazioni ad- dentro il parenchima epatico ; altrove erosioni ; da pertutto gemer si vedeva dalle boccucce dei rami della vena-porta putrescente sanie. Ulteriori indagi- ni presentarono costantemente in vario grado orme di flogosi, e si dovette cosi riconoscere l'universa- le flebite del sistema addominale dei vasi a sangue nero. — Le altre due istorie appartengono a due in- fermi accolti nello spedai civico di Ravenna, con i consueti sintomi di febbre biliosa. La sezione dei di loro cadaveri palesò dei morbosi lavori operati dal- la infiammazione del sistema venoso addominale ; e così le rispettive necroscopie che qui ci dispensiamo di compendiare, confermano in modo non equivoco la invariabilità della enunciata condizione patologica nella vera forma delle febbri biliose. Termina il sig. Meli questo utilissimo lavoro con alcuni cenni su l'organizzazioue , su l'uso , e sopra la disposizione del sistema vascolare venoso addomi- nale , o sia del sistema della vena-porta , e con alcune deduzioni tratte dalle precedenti storie. Rammenta ivi i4a Scienze ed egregiamente descrive in qua! modo quel sistema per la sua origine, per i suoi termini, e per le sue funzio- ni debba ritenersi come indipendente affatto dal Ri- manente dei vasi sanguiferi venosi della grande cir- colazione; espone le differenze di organizzazione, e delinea l'ordine di disposizione delle diramazioni spet- tanti alla vena porta ventrale e di quelle della por- ta epatica. Spiega quindi con molta sagacita il' per- chè la flogosi del sistema venoso addominale si ri- scontrasse propagata con maggior intensità per la tes- situra dei canali biliferi di quello che si fosse del- le vene epatiche. Aggiunge finalmente altra impor- tante deduzione , alla quale lo lian condotto le os- servazioni e dottrine superiormente riferite, in ri- spetto alla condizione patologica delle febbri bilio- se. Opina egli , cioè , che le alterazioni ed i guasti operati su la gastro-enterica mucosa dalla flogosi del sistema venoso addominale non soltanto deri- vano dal contatto della virulenta bile che entro alle intestina abbondevolmente è versata nell'attua- lità delle febbri biliose ( siccome asserì nell'opera già menzionata), ma eziandio dallo incendimento ùo- gistico prestabilito nei capillari di quelP apparato mucoso , lo che confessa ingenuamente non essersi da lui avvertito in quell' opera medesima. Appro- fittino i medici di queste luminose dottrine del n. A., onde ben condursi nella terapia di si terribili mor- bosità. Tonelli. i43 Storia delle febbri intermittenti perniciose di fio- ma nc^li anni 1819 , 1820, 1821 , .scritta da F. PuccinQtti. Tomo primo. Ijrbino-, iS-ì \. Sunto. il t_y na buona e sana pratica non potendo essere che il frutto dell'esperienza , ne sicgue che ciascheduna osservazione che se ne pubblica e ch'ò stata rac- colta con cura , diviene preziosa per la medicina. Di gran pregio cosi dobhiam tenere il presente la- voro del valente sig. Dottor Puccinotti , il quale ci offre una doviziosa raccolta di mediche istorie , e tanto maggiormente perchè vengon desse corredate di varie interessantissime novità relative alla par- tizione da lui stabilita , ed alle annotazioni di ana- tomia patologica spettanti alle perniciose intermit- tenti , come anderemo con la massima brevità a ri- levare. In due libri è divisa quest'opera ; aggirasi il primo di essi nella parte storica e patologica del- le perniciose : tratterà il secondo della etiolo Di volo accenna- to, che tutte le principali funzioni della macchi- na animale fisiologiche vengono dalle forze vitali ese- guite per mezzo di leggiera in fi 'animazione . . .== Anzi tanto sembra ella compiacersi delle sue teoriche , che non dubita ripeterle ancora alla pag. 123. lin. fi. «■* Se la forza nervosa , quella del calorico amal- gamato nel polmone col sistema arterioso, e quel- le delle chimiche affinità animali sono state desti- nate dalla natura alle teste dette vitali funzioni , e col solo mezzo di una lenta animai combustio- ne, che io chiamerei fisiologica, come quella del- la respirazione, nutrizione, traspirazione cutanea, e ristessa generazione . . .= ed alla pag. ia-4- ^n* 5. = Che essendo la infiammazione il solo mezzo con cui la natura in virtù delle tre dette forze ineren- ti alla materia organizzata , come nel primo corol- i56 Scienze lario, per espellere dalla macchina animale le cali' se nocive , e risarcirne gli effetti ; porta V analo- gia , che per lo stesso mezzo le tre potenze vita- li formino il composto organizzato ed animale, e lo consen> ino , onde la causa fisica primaria di tutte le funzioni vitali , naturali, ed animali , insensibile ta- le flogoù al grado naturale, o sia fisiologico, è pa- tente in quello patologico . . . Or dopo le fìnquì raffrontate espressioni, è giuo- coforza che io implori da lei il permesso di esser co- erente e fedele allo spirito delle di lei dottrine es- poste nel saggio , e di poter qui novellamente ripete- tela la mia compendiosa conchiusione dalle medesi- me di lei dottrine desunta ed emergente , cioè che per la Jlogosi Vuomo e l'in» dole astenica di ahimè intermittenti. I CG S C I B N Z-- E il suddetto Clinico sostiene la flogosi non trovarsi mai unita con tali febbri. Qui pure dovreste ricor- darvi clie il vostro cliente siegue questa mia opi- nione da cinque, anni addietro , ed anzi che la se- guite in parte'*' voi stessi , come apparisce dalla no- ta 8 , sopra l'influenza di S. Gregorio , e da molti altri luoghi. Quali armi sono dunque coteste , on- de venite a combattermi ? Dall' 'averci ( sono pure vostre parole , pag. 3o8) il prof- Tommasini fatto conoscere che quasi tutte le malattie , ove sieno soprattutto febbrili sempre dipendono da qualche infiammazione t ne fluisce per conseguenza spontanea che V Ottaviani col dirci che le periodiche ancora dipendono dafogosi, altro non ha fatto che istruirci dalla peregrina notizia che le periodiche sono febbri. No , signori miei , la con- seguenza è diversa ; né il vostro modo ironico di censurare i miei pensamenti , modo sempre discon- venevole ai gravi studj della medicina , sarà capace di farli cangiare di aspetto. Che voi abbiate assunta l'impresa di attribuire al Clinico di Bologna opinio- ni non sue , non è maraviglia ; ma che lo facciate autore di opinioni , che ha confutate , questo è ciò che oltrepassa qualunque termine. Forse non basta- no le molte note da lui apposte alla prolusione sed- ia nuova dottrina medica italiana , per conoscere il suo modo di pensare intorno alle nervose non che a tutte le febbri continue ? Forse nel suo trattato sull'infiammazione mancano parole a dimostrare quan- to egli sia lontano dall' ammettere la flogosi nelle vere febbri periodiche (pag. 190) ? Certo è che non solo il Clinico di Bologna, ma niun altro de'fautori del controstimolo ha mai detto che le malattie feb- brili sempre dipendono da qualche processo flogi- stico ; e se io fin dal cominciare del 1820 asserii che Febbri periodiche 1G7 tutte sono di eccedente stimolo e costantemente de- rivano da un locale attacco , non ebbi altro innan- zi agli occhi che i quattro famosi principj del New- ton , ed il noto argomento di analogia. Per me con- fesso di essere persuaso che la causa prossima di ogni febbre non stia riposta che ncll' infiammazione ; la qual massima che fu di Erasistrato e poi di Anto- nio Screta , è ora sotto altro nome grandemente dif- fusa in Francia , e bramerei che venisse ricevuta in Italia , come quella che sembra fondata sui fatti e sulla ragione. Spero che il tempo farà conoscere se colsi nel vero f quando scrissi esser d'uopo di cor- reggere le nosologie, collo sbandire non solo le feb- bri universali degli, antichi , ma le asteniche e le irritative de'moderni , ed anche quelle che si cre- dono prodotte da uno stimolo morboso senza un lo- cale attacco* Alla pag. 3i3 mi rimproverate con parole al- quanto pungenti , perchè , secondo il vostro dire , mi approfitto delle notizie date nella storia della pe- tecchiale di Genova, e pubblico quelle cause che a pia individui produssero la petecchiale , essere cau- se producenti le intermittenti. Ma ciò è poi vero ? La causa producente la petecchiale fu, secondo il Ra- sori , un contagio sui generis , e quella producente le febbri periodiche non è , a mio avviso , che il co- si detto miasma palustre. Dove stanno dunque le no- tizie , di cui zni approfitto ? Ma prevedo che mi ri- sponderete di aver preso equivoco , e di aver volu- to intendere le cause predisponenti . Ebbene , se alcune cause predisponenti alla petecchiale sono an- che predisponenti alle periodiche , qual meraviglia ? Il temperamento robusto , ed il nudrirsi più del bi- sogno , non possono forse predisporre a tutte le m\* lattie di stimolo ? Che se intendete anche rimprove- iG8 Scienze ranni ili aver usate le stesse parole del Rasori ( co- sa che non sarebbe per certo di gran rilievo quand' anche fosse vera ) , vi prego di osservare un poco meglio il mio libercolo sulle intermittenti. E riguar- do alla repugnanza che mostrate di non ammette- re siffatte cagioni come predisponenti alle periodi- che ( o secondo il vostro linguaggio come produt- rici di esse ) , posso assicurarvi di non provarne alcun dispiacere : vorrei solo che vi accorgeste , il vostro cliente seguitare la mia piuttosto che la vo- stra opinione. Chiunque imprende a scrivere sopra un punto qualunque di scienza è in obbligo di conoscere non tanto le opere di quegli autori , di cui difende le massime , o che cita in suo appoggio , quanto le opere di quegli altri , contro i quali scende in are- na per combattere. Cosa debba intorno a ciò dirsi di voi , credo che lo abbiate conosciuto nell' ante- cedente memoria , ed ora è superfluo il farne repli- ca. Io d' altronde prima di pubblicare le mie osser- vazioni sulle intermittenti , non solo cercai di ave- re contezza di tutte le migliori opere date in lu- ce sopra tali malattie ; ma volli di più essere in- formato delle particolari e private opinioni dei pri- mi professori della nostra Italia. In Bologna seppi come il prof. Rasori ed il prof. Tommasini ave- vano già qualche dubbio sulla tanto decantata for- za stimolante della china ; e come il primo riguar- dava cotali febbri quali affezioni prodotte da in- setti effemeri annidati entro di noi. Seppi che il secondo le collocava in una classe intitolata = ma- lattie di contro stimolo ; malattie che appartengono all'una e ali altra diatesi =» , e le aveva riposte pre- cisamente fra la lento- nervosa e l'isterismo , facen- done un ordine a parte chiamato di morbosa asso- Febbri periodiche 1G9 dazione od abitudine , perchè il succedersi de' vari accessi dipendeva secondo lui da novinienti asso- ciati. Siccome l'opinione del Rasori era ben facile ad intendersi , cosi ne volli dare un cenno nelle mie osservazioni , ma tacqui sull'ipotesi del Tom- masini , per motivo che venni da lui medesimo assi- curato non potersi tutto l'incatenamento ed il com- plesso delle sue idee conoscere prima della pub- blicazione delle sue lezioni. Ciò non ostante per ec- cesso di lealtà e di delicatezza stimai convenevole
  • 4 Lettkràturà „ sopraggiunge Clitennestra ; ma Cassandra non par- ,, la finche Agamennone non è partito. Nelle Eu- „ menidi Minerva Apollo e Oreste parlano col co- ,, ro ; ma è da credersi che quelle due divinità par- „ lino dalla macchina, e certamente non debbono „ annoverarsi fra gli attori, come ho detto. Ed ove „ questa spiegazione non piaccia , quella stessa da- „ rò che ci offrono le Coefore. Tre interlocutori si „ vedono in una scena di questa tragedia, cioè Ore- „ ste Clitennestra ed Elettra. Abbiamo dallo scolia- „ ste nell'Agamennone, che la tragedia di questo no- „ me colle Coefore le Eumenidi e il Proteo dram- „ ma satirico furono poste sulla scena nelT olimpi- „ ade ventottesima , arconte Filocle. Che sia erro- „ re nel numero dell'olimpiade ognuno il vede , per- u che Eschilo nacque trentasette anni dopo. Che poi „ si debba leggere collo Stanleio olimpiade ottante- „ sima, ognun lo vede ugualmente, perchè nel secon- „ do anno di questa olimpiade era Filocle arconte. „ Or Sofocle alquanto innanzi aveva introdotto il „ terzo attore, e vinto aveva Eschilo fino dal quarto „ anno dell'olimpiade settantesima settima. Qual ma- il raviglia dunque che il nostro poeta prendesse an- „ ch'egli l'orme dal giovane emulo suo segnate feli- „ cernente ? E vuoisi avvertire , che pochissimi sono » i versi detti da Elena in quella scena : talché diresti „ quasi che a malincuore adoperasse quella non sua „ novità, o piuttosto che la sua mente focosa e gran- „ de più atta fosse a creare che non ad imitare. „ G. Dottissimo e ingegnosissimo . Ma non per questo terrò men buona , qualunque sia ella , la mia sen- tenza. B. E dunque tiella a tuo senno, e la difendi, né ti acchetare ciecamente al giudizio di tanto uomo : che nulla monta : Della TRAGSDtA giveca ao5 » Velie suum cuique est, nec voto vivitur uno. Seguitando però le poste del nostro autore , dirov- vi con essoiui che » Semplici sono Le tragedie di Es- » chilo , ne ci presentano varietà d'accidenti ed in- » viluppo : nelle quali cose , siccome nelle altre par- » ti del teatral magistero, Sofocle fu grandissimo. Tra » gli affetti il terrore Tira il dolore sono da lui egre- » giamente espressi : il che deesi attriLuire all' in- » dole sua fiera, come suol essere in uomo alle ar- » mi avvezzo ed alla guerra, e fra quelle paurose vi- » cende, nelle quali i greci, assaliti prima da Dario » e poi da Serse, parve che fossero più che uomi- ?> ni. Per ciò forse era egli meno adatto a trattar » le passioni più dilicate : onde non è traccia d'amo- •» re nelle sue tragedie , e poco della commiserazio- » ni. Ma benché nel terror fosse grande , pure con » savio avvedimento non volle mai contaminare la •>•> scena collo spargimento del sangue : il che è vi- » sta crudele ed acconcia più a render feroci gli » animi gentili, che a temperare a gentilezza i fé— ?» roci colla compassione. Solo nei Sette a Tebe fece « veder da lontano i cadaveri d'Etéocle e Polini- » ce , su quali le due sorelle Antigone ed Ismene y> fanno lungo lamento. » E proseguendo scrive , eh* Eschilo non istimò pure gran fatto il tenersi alle stret- te unita del tempo e del luogo così fra i nostri tragici quistionate: violando manifestamente la pri- ma nelle Eiimenidi , e nell' Agamennone la secon- da. U. E sulla sua Niobe , la quale aveva ben tre giorni d'azione, non vorrai dirci nulla? B. Su que- sta tragedia, eh' è delle ottantatrè perdute di Eschi- lo, lasciamo che fra loro contendano il Robortello e il Vettori: e noi piuttosto col nostro autore osser- viamo , eh' Eschilo non curò già molto neppure l'uni- ta dell* azione, come si fa chiaro dal suo Prometeo. aoG Letteratura Onde potè bene il gran Metastasio levar le grida contra la metafìsica sottigliezza di queste tre leggi , a rifiutare le quali ebbe prontissimi cento esempi de' primi tragici e comici del tempo antico. Si fa indi il Luccliesini a parlare dello stile di Eschilo, il qua- le mosse ad Aristofane il riso per la sua grande turgidità. E certo , ponendo anche in quel comico una soverchia mordacità ( benchò poi nella comme- dia delle liane desse ad Eschilo il principato so- pra lo stesso Sofocle ) , lo stil suo non hi mai pia- ciuto neppure a' più fini critici antichi : e Quinti- liano lo disse grave e sublime saepe iisque ad vi- tium, e Longino il tassò di grossolano e di cru- do. Onde potesse ciò provenire , non e gii facile a dirsi. Stimasi però dal nostro autore che preud3> se le qualità dall' indole d' Eschilo la quale fu sol- datesca, impetuosa e gagliarda. Ma forse non erri •tanto dal vero chi piuttosto ne pose la principale ca- gione sa queìl' essersi lui dipartito il primo dai di- tirambi, i quali erano , come ognun sa, la poesia dell'antica tragedia. T. Mi va pure per la memoria di aver- letto in Plutarco (i) , ch'Esehilo, fu sì gran be- vitore, che mai non si desse a scrivere senza es- sere ben caldo di vino. E veramente stimo che non gli stósse già molto a seguo la" mente, quando in ■mezzo tanta gravita di tragedia , quanta è a ve- dersi nelle Coefore , introdusse la nutrice d'Oreste a contare al pubblico tutte le piccole cure da se poste attorno al fanciullo : fino a dire queste pa- role, che alcuno terrà forse per semplici e schiet- te, ma ch'io reputo affatto sozze e plebee : Seu fa- mes , seu sitis , seu lubido urinandi urgerci. E guar- (i) Cuuviio lib. 1. e VII. Della tragedia greca 207 da che uso il parlar latino , vergognando quasi di far volgari queste lordure. B. Tu ami ridere, e il veggo . Ed io pure , o Torquato , riderei teco , se il sole non fosse già alto, e voi non aveste il de- siderio si vivo d'udir ciò che rimane di questa bella operetta. T. Seguita dunque : eh' io non dirò più ver- bo io. B. Trova il Lucchesini una gran somiglian- za fra il verseggiare di Eschilo e quel di Pinda- ro : e ne reca esempio la traduzione nel volgar no- stro d' un brano del Prometeo e della prima ode pitia. E nel- vero i concetti dell' uno e dell' altro son tali , che facilmente li credi nati nella medesi- ma fantasia : con questo però , che a Pindaro lirico que' suoi ardimenti tornavan belli e gloriosi , e forse ad Eschilo erano non ingiusta cagione di biasimo. Chi degli due prendesse ad imitar l'altro , è cosa d'as- sai diffidi sentenza. Crede lo Schutz che piuttosto Pindaro seguisse Eschilo : ma ciò non si vuol vero dal Lucchesini : il quale prosegue dottamente parlando degli altri be' pregi , onde la tragedia andò ad Es- chilo debitrice. Cioè a dire, l'aver mutato in impal- co di tavole i pochi rami d'alberi sopra d'un car- ro , che già servirono a' primi tragici per le loro rappresentazioni: e ornata e dipinta la scena per opera d'Agatarco , di quell' Agatarco medesimo che tanto gloriavasi della grande prestezza sua di di- pingere. A cui Zeusi disse : Ed io fo invece mia gloria il porre nell' arte mia un gran tempo. Ve- stì Eschilo inoltre i suoi personaggi di splendidis- sime vesti, e tolto loro quel sozzo imbratto di fecce con che in antico lorda vansi il viso , trovò il pri- mo la maschera. Anzi trovò pure gli alti coturni , affinchè, dice qui il Lucchesini, meglio potessero simu- lare gli antichi eroi, i quali e, edevasi che avessero mag- gior forza degli uomini che allor ci vivevano , e 3o8 Letteratura più alta statura; benché Snida, tacendo d^ Eschilo, ne faccia piuttosto ritrovatore quell'Aristarco tege- ate , che scrisse ben settanta tragedie e fiorì con Euripide. „ Fu Eschilo altresì ( seguita il nostro au- „ tore) che inventò le macchine teatrali con che nel „ Prometeo fece venire per l'aria sopra un carro le ,, oceanine, e poi sopra un cavallo alato il padre „ Oceano : e dalla macchina forse parlavano ancora „ Minerva ed Apollo nella Eumenidi. Né parmi „ lontano dalla verità, che le macchine applicasse „ eziandio alla mutazion delle scene* Che gli an- „ tichi usassero il mutare improviso della scena , „ credo che non sia da porsi in dubbio : impercioc- ,, che ce lo attestano Virgilio e Servio. Il primo „ dice: Scena ut versis dì scedat fvont.ibus : le qua- „ li parole il secondo comenta cosi : Scena autcm „ qua? fiebat , aut versilis aut duclilis. f^ersilis „ fune erat , cum subito tota machinis quibusdam „ convertebaiur et aliarti picturae faciem osten- „ debat. Ductilis tane , cum tractis tabulatis hac „ atque Mac specie^ picturae nudabatur interior. . . „ Quod Farro et Svetonius cornili emorant. Ora che „ ciò si facesse fino da'tempi di Eschilo , io giudi- „ co che bastevolmente si raccolga dalle cose dette „ intorno alla trasgredita unita del luogo ed alla ,, dipintura delle scene. Imperciocché se in più e ,, diverse tragedie sue si varia il luogo delfazio- ,, ne, è da credersi ohe se ne dovesse variar l'aspet- „ to , cioè la scena , agli occhi degli spettato- „ ri „ T . Sicché ben poco dovettero i posteri operare dopo questo antico savio perchè la tra- gedia greca toccasse in tutto la sua perfezione. B. Cosi è: e vuoisi riputare gran pregio d'Eschilo , anzi di tutto quel fiorito paese di Grecia: il qua- le nelle sue tante e sì varie celebrità di spettaco- Della tragedia greca 309 li niuna cosa trascurò d'utile o di piacevole a giovar- ne quella popolare festività e cortesia. Quindi fu il hallo per istretti vincoli congiuntissimo alla tra- gedia : ed Eschilo perfezionollo. E perfezionò pure la musica : di che già non poteva mancare il tea- tro presso quel popolo gentilissimo , che n'era cotan- to preso , fino a dire Filosseno non esser Panima nostra altro che una musica : talché fu ella il dilet- to non più de' giovani e delle donzelle , che de' filosofi e de' guerrieri t non più del molle ateniese, che del duro spartano : e a tanto venne , che in- di si fece gran parte della comune educazione de' greci. E certo anche la musica suole purificarci da quelle tante molestie, le quali privandoci della quie- te ci privano a un tempo della cosa soavissima de* mortali. Imperocché , secondo Platone nel Timeo , an- che la musica ha in se facoltà di comporre le dis- sonanze dell'animo, e di ridurle al proporzionato loro concento : quel Platone che ne fu cosi vago , da credere che natura non avesse negli uomini fatto l'organo dell' udito altro che per la musica (1). Ond'è nominato quel pitagorico Clinia , che sentendosi pre- so d'ira poneva subito mano alla lira per mitigarsi. U. Or credi tu che l'antica tragedia si cantasse intera? E che ne stima egli il tuo Lucchesini? B. Di ciò noti tocca egli parola. Ma io lo stimo bene pel testimonio chiarissimo d'Aristotele e di Cicerone, e per ciò che am- piamente ne disse il grave senno del Metastasio nel- la poetica d'Aristotele. G. Nulla però somigliava l'an- tica musica a questa ch'è in uso oggidì: che lad- dove la nostra non è quasi più altro che un vuoto suo- no il qual diletta vanamente l'orecchio , l'antica tutta (1) Nel Timfio; ed Apuleio De do%m. Platon. G.A.T.XXIV. 14 aio Letteratura grave e sublime in ciò era principalmente , che ne fos- sero commossi gli animi a'più alti e nobili sentimenti. B. Che l'antichissima musica fosse tale, io ben lo credo: ma certo è che all'età di Platone ella era già per molti vizi da riprovarsi così com'è la moderna: per- ciocché il divino filosofo nel terzo della Repubblica levossi così sdegnoso contro a quella del tempo suo , che le die bando dalla citta come peste grandissima del- le virtù cittadine. E Platone, come tu sai, fiorì co'miglio- ri tragici della Grecia. Ma queste sono quistioni cheniu- no sapra mai finamente sciogliere: perchè quella musica non è più: anzi neppur sappiamo qual fosse: e de'so- gni di molti filologi d'oggi giorno io costantemente mi riderò. Seguita ora che diciamo il fine di que- sto ragionamento , il qual si chiude colla partizione delle tragedie in atti ; e dice così : „ Della partizio- „ ne della tragedia in cinqne atti non ho fatto pa- „ rola , perchè giudico che non l'avessero i greci : „ ne avevano voce che la denotasse. Alcuni si assot- „ tigliano di segnarli in Euripide : il che quanto „ facciano felicemente altri sei veda, che non è del „ mio instituto il disputarne. Dirò solamente , che „ niun testo a penna delle greche tragedie ha veru- ,, na traccia di questa divisione. V'ha però un cer- „ to partimento , il quale , benché irregolare e ad „ arbitrio fatto , può , se non m' inganno , essere la „ prima origine degli atti usati poi da'latini. Imper- t, ciocche i canti lirici del coro nelle tragedie gre- „ che interrompono il dialogo e l'azione, e la divi- „ dono in certe parti che poi si ridussero a cinque „ e formarono gli atti. Ma in quelle d'Eschilo sì fat- „ ti canti talvolta sono fra loro prossimi tanto, che „ l'interposto dialogo è allora brevissimo : ed uno „ ve n'ha nelle Supplici di soli ventisette versi. So- „ foele ed Euripide furono più assai parchi. „ G. Co- Della, tragedia greca. sii sa eruditissima , e tale da onorar grandemente non pure" il nobilissimo autore, ma sì la celebre acca- demia reale di Lucca , alla quale fu recitata. Ma il sole è già , come vedete , sul passare il cerchio del mezzodì. Si è , parmi , fra noi favellato di molte e leggiadre cose e utilmente. Or basti qui tanto aver detto : perciocché infine è a pensare che le nostre dolci donne ci attenderanno. E tu, Bet- ti , non ci sarai tu compagno quest' oggi al nostro piccolo desco ? B. Anzi mi verrà graziosissimo : ac- ciocché tutto ilare trapassi per me questo giorno , il quale sì bello s'è incoininciato in mezzo la san- ta vostra amicizia. Oh gli era pure il gran tempo , eh' io non aveva veduto sorgermi il sole così puro e sereno , come parmi d'avere veduto oggi ! Io po- verello, sfolgorato sempre dalla fortuna, lasciato so- lo in sì pochi mesi di due tali soavissimi amici, qua- li a me furono costantemente il Perticari e il Tam- broni , e del continuo per fierissime infermità con un pie' dentro la fossa ! U. Deh dio , non si parlino oggi fra noi queste tristezze ! Qui si vuol gioia, e perfettissima gioia: nulla giovando il pianto alla pa- ce de' nostri cari defunti, i quali certo si godono in. luogo di tutta beatitudine. Orsù , Betti , sta con ani- mo forte : confidati , e spera della fortuna : « E quando viene il mal ( che viene ognora ) v Mandalo giù come una medicina, » Che pazzo è chi lo gusta e l'assapora (i). Così col fine di queste parole ci levammo del bo- sco : e lieti in mezzo a cento altri ragionamenti sa- limmo insieme a Marino. (i) Macinar. Asino d'oro , cap. 4. *P aia Memorie isteriche di Cori. Di Sante Viola. Continuazione. CAPITOLO VI. Anicio Paolino ristaura in Cori un monumento. Rocca Massima fabbricata da un Corano. Sta- to di Cori i ielle invasioni settentrionali. Sede -vescovile in Cori . Saccheggiata nello scisma dell* Antipapa Vittore. I Corani si Jormano lo statuto. Virginio Laurienti Poeta Corano. Sue opere. Distruzione di Colle mezzo per opera dei Corani. Guerra contro gli Albani. I Corani com- battono contro le truppe dell'Antipapa Clemen- te VII. F. Sante Laurienti Agostiniano. \-J n marmo riportato dal Muratori ( 1 ) , e trovato in Cori , somministra la notizia che Anicio Paolino cha visse nel tempo del sullodatò Pontefice, e fu Prefet- to di Roma nell' anno 38o. delia era volgare (2) , fece dei ristami a qualche pubblico edificio in quel- la Citta. È ignoto se questo sagro fosse o profano T se qualche tempio Cristiano , o Idolatra. Sembra (1) Muratori the*, inscr. pag. 470. ANICiVS . ANNIVS PAVL1MYS .V.C PJUEFECTVS . VRBI REPARAVIT (a) Corsini , de pr*efoct. urbis. Memorie di Cori 2i3 peraltro che essendo quel prefetto di Roma pagano, le riparazioni da esso fatte si debbano riferire al Tempio di Ercole , o di Castore e Polluce , o ad altro Tempio idolatra, che per avventura tuttora trovavasi ivi in piedi in quella età. Infatti , se dee- si prestar fede a qualche Scrittore corano , le tracce della idolatria non sarebbero affatto sparite da Co- ri che dopo l'anno 608 , nel Pontificato di Bonifa- cio IV. (1). 2. Circa questo medesimo tempo , come e tradi- zione presso i corani, un certo Quepio Massimo cittadino di Cori sarebbe stato il fondatore di quel- la corninone chiamata Rocca Massima, poche miglia distante da detta città, (3). 3. Prima di passare più oltre , parlar si dovreb- be delle avventure di Cori nel periodo non breve delle settentrionali invasioni ; ma qual frutto ritrai- si potrebbe internandoci nella caligine di que'tempi tenebrosi , ne'quali la barbarie , col tristo corredo del- la desolazione , e delle stragi , impugnava il suo scettro di ferro ? É però a presumersi che Cori eziandio a quelle sciagure soggiacesse , le quali a tutta la Italia furon comuni. Infatti il testé alle- (1) Ve Benediclis in mss. apud Laurient. cap. 35 - An- no 60$ , super Cathedra Pelri sedente Bonifacio IV , ornili- no idolatriam Corani desliluerunl, communiterque verum ado- raverunt deum , lesa Christì fidem recipientes - (2) De Benedicli$ loc. cil. - Fertur quemdam coranum nomine Quepio Maximum , in monte diclo Silvatico , « Cora quattuor milliariis distante , anno domini circiler 622, oppidum fundasse , quod a suo nomine Rocca Massima fuit vulgaritcr appellatum. t 2I/{ Letteratura gato corano scrittore assicura che detta Citta, sot- to lo impero di Totila soffri danni gravissimi, (i) 4- E qui sembra doversi porre ad esame, se Co- ri una volta sia stata sede vescovile. Sebbene su tale articolo importante non possa farsi pompa di autentiche prove, né progredire con tutta la isto- rica sicurezza , tuttavia il fatto non è del tutto spoglio di monumenti onde congetturar fondatamen- te che Cori ebbe una volta i suoi Vescovi, e che in essa dignità vescovile vi sedette. 5. Si ha da certi monumenti che Cori nell'an- no .1 183. non era sede vescovile ; giacché in questo anno un Vescovo di Segni consagra la chiesa di S. Maria nel monte Mirteto. (3) Quindi nel iai6.vedesi soggetta alla giurisdizione episcopale di Ostia e Vel- letri ; e la stessa notizia risulta nell' anno 1298. da un diploma, nel quale dodici Vescovi concedo- no delle indulgenze alla Chiesa de' romitani di S, Agostino di detta citta. (3). 6. Ora se non vi sono memorie precedenti al detto anno 11 83, onde potersi dedurre che la chie- sa corana all'altrui giurisdizione Episcopale fosse sog- getta, improbabil non è che fino al secolo XI, ed an- (i) Idem loc. eit. - Anno 556 , Pelagio I. Summo Pon- tifice , Totila Gothorum Rex Italiani excruciavit , Romae excidium allulil , et Coram magno affecit detrimento, - (2) Marzio Stalloni , Sdem : mss. di Cori , presso il Laurient. cap. ig. — Ea porro Ecclesia dedicata fu.it per quemdam Episcopum Signinum ex mandato Papae Ludi III. Anno Domini itS5 , ut leslantur quaedam HUus monasie- tii scripturae. - (3) hoc- eit. Memorie di Com 2i5 che più tardi avesse il suo Vescovo, come lo ebbero altre citta delle Volsche contrade , meno popolose , e ragguardevoli di Cori. 7. Ne'secoli oscuri, e di guai pieni per la misera Italia, la soppressione delle sedi Vescovili seguiva, perchè le citta restavano distrutte, vuote di abitato- ri e mancanti di Sacerdoti. Il Pontefice S. Gregorio il grande , allorquando nell' anno 692 riunisce alla chiesa velitrense , quella di Cisterna , cos'i scrive a Giovanni Vescovo della medesima chiesa. =*=Postquam hostis impietas diversarum civitatum desolavit eccle- sias , ut reparandi eas spes nulla populo deficiente remanserit , majori valde cura constringimur ne] de- functis eorum sacerdolibus , teliquice plebis , nullo Pastoris moderamene gubernatai per invia fidei ho- stis callidi rapiantur . . . Hujus ergo rei sollicitu- dine commoti, hoc nostra? sedis cordi consilium ut vicinis eas mandar emus Pontificibus gubernandas ; ideoque fraternitati tuce curam , gubernationemque trium Tabernarum Ecclesia: providimus committen- dam, quam Ecclesia; tute ag gregari unirique ne- cesse est. = (i) 8. Se pertanto Cisterna fu allora alla chiesa ve- litrense riunita per la devastazione , per la man- canza degli abitanti , e de' sacerdoti , non è diffìcile a persuadersi che Cori eziandio posteriormente per gl'istessi motivi , restasse della Sede Vescovile spo- gliata. È noto infatti che ne'secoli posteriori a quel- lo in cui il predetto s. Gregorio Magno vivea , le Citta volsche e latine non furono esenti da guer- re , malanni , e devastazioni ; e si sa che Cori , nel tempo dello scisma di Vittore , circa F an- (1) S. Greg. Mag. Epist. 5o. edi*. dei Hdaurinù 2i6 Letteratura. no 1162 , essendo unita agl'interessi del pontefice legittimo Alessandro III , dovette soggiacere a ter- ribile infortunio per parte delle milizie dello im- perador Federico Barbarossa acerrimo difensore e protettore di quello Antipapa. (1) 9. Inoltre sembra ben forte congettura della ve- rità del fatto in questione il trono episcopale , che da tempo vetustissimo conservasi in pietra nella chiesa principale di Cori ; e i due rispettabili ca- pitoli che vi officiano , e sono tuttora ; l'uno com- posto di dieci Canonici, e di una dignità arcipreta- le , coli' uso della cappa nella stagione iemale , e di cotta e rocchetto in tempo di estate. io. Il Corradini poi , il quale avea con matu- rità esaminato questo punto nella sua operetta sul- la Chiesa di Sezze , afferma essere comune opinione degli scrittori , che una volta fu Cori sede vesco- vile. Egli scrive : - Norbam , Antiurti , Corani , Bo- villas , omnes fere scriptores communiter episcopa- les fuisse testanti ir - (2) ; ed altrove nel luogo me- desimo - In Latio antiquo omnes Civitates latinae quae coloniae romanae titulo , et honore condeco- ratae , fuerunt episcopales primis saeculis nascen- ti* Ecclesiae. - L'Autore delle note all' Ughelli , lo dice espressamente- Cora, atque Cisterna urbes olim fuerunt episcopales - (3). Lo ammette ancora il Lau- rienti ; aggiungendo essere tradizione ( peraltro in- susistente ) , che Cori fu spogliata una volta della (0 De Benediclis /oc. cil.-Fuit Cora tempore ponli- ficalus Alexandri IH. a Federico Barbarossa depracdala. — Ricchi Reg. de' Wolsci , lib. 9. cap. io,, (2) De Ecc. Se tiri, lib. 1. f. %. (5) Ughett. in Episc. felitrcn. Memoiue di Cori 317 prerogativa di Citta , perchè da'suoi abitanti fu un loro vescovo ucciso.- Fama est a Corani s proprium episcopum olim firisse interemptum ; et ideo Co- rani civitatis titillimi perdidisse. - (1) 11. Allorquando cominciarono a dissiparsi le te- nebre delia ignoranza , ed a scintillare sulF italico cielo i lumi dell'umano sapere , anche Cori fu ma- dre di un genio , il di cui nome deve meritamente tramandarsi alla posterità. Virginio Laurienti , nato in detta citta l'anno 1274 ■> trascorse la giovenile carriera tutto intento a fornirsi di onesti costumi , ed a coltivare que'talenti, di cui era stato dalla na- tura dotato : E sebbene essercitasse la professione di notajo , si occupò tuttavia con ardore nell'arte poe- tica , e si dedicò totalmente alle muse. (2) ia. Contemporaneo di Guidone Aretino , del di- vino Alighieri, di Cino di Pistoja , e di altri ingegni sublimi , che come padri , e maestri della italiana favella sono dalla rinomanza celebrati , scrisse delle opere col metro , idioma , e gusto da quelli prati- cato. Fra le altre poesie , compose Virginio in ter- za rima un poema di quindici canti , intitolato il Ferramondo ; e dai preziosi frammenti che ne ha con- servati , e che riporta lo storico Lauriente , è fa- cile a potersi ravvisare eh* egli possedea quella ec- cellenza di stile che tanto è ammirata ne' succen- nati suoi contemporanei poeti. Infatti il detto poe- (1) Loc. cit. eap. 82. Vedi il Ricchi Reg. de'Volsci * lib. 2. cap. 17. (2) Laurienl. loc. cit. — yirginius Laurientes Coranut Poeta , naCus est anno Domini 1274 1 sicut ex suo poema*- te vulgariter il Ferramondo inscripto poluimiu exlrahere a Vir full honestis moribus dtcoralus. - 218 Letteratura ma nell'anno i4?3 fu dato alla luce in Roma dai torchi del Frank stampatore tedesco; quando cioè la tipografia era tuttora bambina , e quando si fa- cea uso di essa soltanto per opere con avidità, dal pubblico ricercate. Il cronista Lauriente al ca- po 55. scrive , che a'suoi tempi , cioè nel iG35 , gli riuscì di leggere il principio del j.° canto del Fer- ramondo , di cui riporta le seguenti terzine. Vinne Gorace Argivo in questo monte , Poiché fuggi dalla tebana guerra, Con Tiburto t Gatillo , e con Termonte. E veduto el contorno che lo serra , E come è vago e verdeggiante ognora , Fermossi quivi , e vi piantò la terra ; E la cinse di mura e dentro , e fuora , E perchè esso si chiamò Corace , Scortò lo nome , e nominolla Cora. Ebbe dalli vicini or guerra, or pace; Ebbe fortuna or turbolenta , or queta , Or si mostrò benigno , ed or predace. Non c'era Ninfa allora , e Sermoneta , Non c'era Signa, ne Beleutri , e cento Altre che or forman la Campagna lieta. Anzio cresceva a lo marino vento , Ne la verde pianura Ardea fìoria; E posta era sul colle Laurento. Laurento ch'ebbe scettro , e signoria , Unde , perchè ne venne da quel luogo , Pigliò lo nome la progenie mia. i3. LTimmortal conte Giulio Perticari , nome si caro alla repubblica letteraria , che ancora ne pian- ge la immatura perdita , vide il predetto frammento del singolarissimo poema , e ne fece l'encomio seguen- Memorie di Cdri a 19 te. ,, Ma non si dee qui tacere di un poeta che „ nel ducento visse nella terra latina , e che già sa- „ rebbe fuori della memoria degli uomini , se da ,, una vecchia cronaca non ne fosse a noi giunta „ novella ; la quale dobbiamo all'amico nostro Lui- „ gi Biondi , cavaliere di dottrina , e d'eleganza no- „ minato , e chiarissimo. Quell'antico poeta fu da Co- „ ri citta del Lazio , nacque nel 1274 1 ° in quel „ torno : ebbe nome Virginio Lauriente : scrisse ita- „ liano. Cantò il re Ferramondo di Francia , in un „ poema che fu poi pubblicato per le stampe di ,, Eucario Silber alemanno nel i483. Ma contro que- „ sto poema la fortuna ha mostrato la sua poten- ,, za, o più veramente la sua follia. Perchè avendo- „ ci conservato il Burchiello , il Pataffio , ed altre „ infelici baje de'vecchi, ci ha tolti via i versi di co- ,, stui , che erano come apparisce degnissimi di vi- ., ta. „ (1) i^. Il medesimo storico Laurienti accenna ancora i titoli di altre opere da quel Poeta composte, ed avverte che di queste non potè leggerne ne vede- ne un frammento ; e se erano scritte , come è ve- risimile, sul gusto, e colla purità di lingua con cui il poema del Ferramondo fu scritto, lo smarrimen- to dell' uno e delle altre , è stato di una perdita lagrimevole per la italiana letteratura (2). Visse il (i) Perticare , difesa di Dante , pari. 2. cap. 26, (2) Laurienti loc. cit. - Nonnulla etrusco Carmine coni- posuit opera , inier quae sunt Tuberà , Boleti » Circia , et Ferramundus. Pios vero nullum ejus vidimus , aut legimus opus , nisi Fcrramundum , qui Romae fuit anno domini t^S per Eucharium Silber , alias Franck , natione Alemanum for- mi* excusus. Poema ittud in quindecir/i est divìsum libros » aao Letteratura prefato poeta fino alla età di anni 74, e mori uc- ciso dalla pestilenza che nell' anno i348. afflisse , e spopolò le contrade nostre. (1) i5. Mentre fioria il suddetto poeta, Cori posse- dea uomini savii , prudenti , forniti di cognizioni le- gali , e capaci a compilare una patria legislazione , ai tempi , al luogo, al clima , ed alle circostanze adattata. In quella età, e precisamente sul principio del secolo xiv. , una quantità di Citta, Terre, e Castelli, per le turbolenae di parti , essendo di- venute quasi indipendenti, si formarono i loro mu- nicipali statuti. Deve fra le altre anche Cori ascri- versi nella classe di quelle. Uomini valenti , e che godeano tutta la fiducia della patria, furono cer- tamente a tale operazione importante deputati e pre- scelti , fra' quali sono dalla storia nominati Pietro Tornasi, Pietro Ver olii, Giovanni Mattei , e San- te Buzi. La redazione pertanto dello statuto cora- no è fissata all' anno 1827. , conforme, secondo il Laurienti , risulta dallo archivio stesso della Cit- ta. (3) et in ipso modus quo Ferramundus Galliae regnimi adeptus est poetice scribitur. Hoc tamen veruni est ; quod liber qui ad nostras manus pervenit , totus fueril eonscissus , et ipsius magna defuerit pars ; quare totum Romae legere non va- luimus ; sed cuni Montani advenimus , illud una cum P. F. Roberto Gallo de Yntimilio per librariorum Bibliothecas tm- dulo perquisivimus , et reperire minime potuimut. - (1) Loc. eil. (a) Laurienti eap. 80. - Sapicntes et discreti f^lri Pe- trus Pelri Tornasi . Petrus Verallius , lo : Jacobi de' Mat- -teis , Sanles Euzius , et quidam olii Corani Cives fuerunt Slatutarii electi specialiter et ordinali ad Statuto Corona condtnda sub anno Domini ^Sz1] % «etti patti ex Archi- vio Corano. • Memorie di Cori aai 16. Qualche tempo dopo continuando i torbi- di interni nello stato romano , segnatamente per la residenza de' Pontefici di la dei monti , insorsero an- che delle forti dissensioni fra il popolo di Cori , e gli abitanti di Colle mezzo , castello poco distante da quella Città, situato fra Segni e Carpineto , e di cui al presente si ha appena memoria. Offesi i corani dalla viziosa condotta de' predetti abitanti , non invocarono il soccorso della suprema autorità , per essere vendicati delle offese, ma, usciti in gros- si drappelli armati dalle mura dello loro patria , mar- ciarono militarmente a danno di quel castello, che presero e distrussero. (1) 17. Sebbene il motivo che indusse i corani a quel fatto, sembrasse plausibile, nulladimeno la lo- ro intrapresa fu caratterizzata per un' azione delittuo- sa ed arbitraria; e la loro Citta fu sottoposta allo anatema. Colpiti da questa sciagura volarono i de- putati corani in Avignone , ove allora risedeano i Papi, per giustificarsi. Gregorio VI. pontefice regnan- te, accolse benignamente le loro rimostranze, ed aven- do conosciuto non essere stata tanto ingiusta la ca- gione che a simile eccesso indotti li avea, die loro il pei'dono , e sciolse la Citta dalle fulminate cen- sure circa l'anno 13^3. (3) 18. Peraltro poco dopo, cioè circa l'anno 1377., i corani trovaronsi involti in altri impegni guerrieri col popolo Albano. Ben noto non è il motivo dei dissapori fra l'ima e l'altra Citta , ma sembra, se- condo alcune memorie dal Laurienti riferite , che gli (») Laurienti loc. cil. cap. 53, Ricchi Rcg. de' Voi- sci , lib, 2. cap. ig. (a) Loc. cil. 2Ì2 LBTTE'RATURA albanesi avessero dato morte a molti abitanti di Co- ri. Comunque sia, è certo che questi conoscendosi inferiori di forza ai loro nemici,, implorarono il soc- corso dei velletrani antichi amici, e confederati (i.), colla unione delle milizie de' quali essendo marcia- ti in Albano , presero la Citta , la saccheggiaro- no, vi appiccarono il fuoco, e recarono gravi dan- ni al monastero di s. Paolo. Gli effetti di questa mi- litare spedizione furon simili a quelli della distru- zione di Colle mezzo. Il Papa scomunicò le Citta di Velletri, e di Cori; ne queste si liberarono da ta- le imbarazzo che dopo avere implorato il perdo- no, e pagata una ragguardevole somma ai monaci di s. Paolo pei danni sofferti. (2.) ir). In mezzo a tali , e tanti sconvolgimenti, la divina providenza comparir ficca in que' tempi de- gli uomini illuminati , e santi , i quali impugnan- do la face rischiaratrice della religione del cristia- (1) Il Lauricnti cap. 34- scrivo cosi - Romae in Ar- chivio Castri 3. Angeli , tra Annali 1 7. in Caps. I, fasci- culo 5. legilur quod cum esscnl Corani ab Albani* com- plurium eaede male vexali , in Coranorum subudio sg V^e- lilerni conlulerunt , simulane Albani vaUaveru/it , et concre- maverunt an. i'òjj. , Ibic/ue per ulrumquc populum Abso- lutio lectilabatur . Inter P'eliternos et Coranos furala foc- deratio reperilur - Dopo ciò , citando l'antico Statuto Cora- no , e Velilrense , riporta questi articoli - Si aliquis civis Co- Tanus attigerit Civetti Veliternwn , incurrat in poenam So- lid . , - Si alifjuis Civis Veliternus attigerit Civem Cora- num , incurrat in poenam tr. Solid. - Fin ai mente aggiunge - Réfert Centius Camerariui , quod là p optiti fraterno sitimi filarini amore conjuncli. - ffedi Ricchi loc. cit. (2) Ricchi , loc. cit. Memorie di Cori 2 33 nesimo , ed animati dallo zelo che sa , e può quel- la ispirare, impiegarono tutte le loro forze ad al- lontanare tanti mali , a distruggerli ancora , ed a ri- condurre i traviati sul retto sentiero. 20. Anche nella Citta di Cori la istessa providenza divina sorger fece un religioso Agostiniano , nativo di essa Citta , chiamato il beato fra Sante , e pro- veniente dalla medesima famiglia del poeta Laurien- ti soprallegato. Conoscendo i bisogni morali de' suoi concittadini, dedicò tutto se stesso a riformare i co- stumi. Predicava nella Citta, istruiva nelle campa- gne, e con ispirito virtuoso, e cristiano ai dotti, agi' ignoranti , a' poveri , ed ai ricchi spiegava le sagre massime del vangelo , che sole hanno la po- tenza di civilizzare gli uomini , riavvicinarli , e far- li amare con affetto scambievole e sincero. 2 1 . Fu tale la pietà , e lo amore - del prossi- mo , di cui il beato F. Sante diede i più lumino- si argomenti, che secondo le memorie che ne resta- no ancora, lo Altissimo Iddio degnossi di autentica- re con prodigii, e sovrannaturali avvenimenti le apo- stoliche di lui fatiche. Giuseppe Panfili vescovo di S gni fa lo elogio seguente di questo corano. » Sa?i- ctus de Cora, nomine, et re sanctus, miram utriu- sque sexus populi multitudinem diebus pluribus solo dei verbo substen tabat; et quousque vox ejus in agris praedicando audiebatur, imminentibus ubi- que in alus locis tempestatibus sumìnis , et imbri- bus abundantissimis , eousque serenitas summa su- pra omnem multitudinem perseverabat » (i.) (i) Chrenic. Frat, Erem : 5. Auguslini. Laurifnù loc. cit. cap. 55, 234 LKTTKRATURA sa. Nel modo istesso narra di quello il Cro- senio. » Beatus Sanctus de Cora qui populum frequen- ter solo dei verbo corporaliter saturavit , et tem- pestates innumeras arcuit. » (i.) Ed altrove » San- » to da Cora, veramente santo, conforme al nome jj cìi'ei avea, fu nella carità uomo serafico, e nel- » la predicazione della divina parola tanto arden- » te e giocondo che , predicando alla campagna n per la gran moltitudine di popolo che lo se- » guitava , lo tratteneva , e sostentava più giorni » senza cibo corporale , colla parola di dio ; e ben- » che cadesse in quello stesso tempo ne' luoglù con- » vicini , e contigui grande abbondanza di pioggia , » nulladimeno sempre si mostrava sereno il cielo so- » pra tutto il popolo, o spazio di terreno, ove sta- » va il popolo ad udire la sua parola. » (2.) Mori quest'uomo di dio nell'anno iSqu, nel convento di s. Agostino , che esisteva fuori di Cori; e fu se- polto nel convento medesimo. (3.) (1) Nicol. Crosen. Mon.aslir.on jiugusl. (2) Crosen. Tesar. Celest. presso il Laurienti , cap. 8». (3) Laurienti loc. cil. - Beatiti Santhus Coranus jacet Corat in Ecclesia S. Auguslini extra Civitalem. Obiit an- no Domini i5y2. - 33;> Versi della sig. Franceschi. JLii sig. Franceschi è una giovinetta leggiadra e piena d'onestissima cortesia , la quale liberalmente educata fa suo principale diletto lo studio de' no- stri del miglior secolo. Né solo intende a quegli scrittori che toccarono cose tenui e gentili , ma sì piacesi molto più di meditare ne' gravi e solenni che si fecero in terra maestri dell' umana ragione. Il che può ella ben fare , essendo egregiamente istrut- ta delle più gentili finezze della lingua latina ed italiana. Oh veramente eh' ella è un prodigio di sa- pere non meno che di bontà ! E seguendo a corre- re sì bel cammino , così appunto coni' ella corre , non fallirà certo di pervenire a gloriosissimo segno : perciocché la sig. Franceschi non ha peranco d'età die venti anni . Noi abbiamo altre volte in que- ste carte recato i suoi versi , e singolarmente nel voi. LXIV un alto suo canto sulla morte del nostro amico e collega cavaliere Tambroui. Or ecco un' ode, che noi a gran pena le abbiamo tolto di mano : es- sendosi dovuta vincere la sua mirabil modestia. Nel- la quale ode ci sembrano bellissime le sentenze , e tutta piena di spiriti e di soavità la favella. ALLA TOMBA DI SAFFO ODE Dall' alto Idalio , ove placida spira Aura , che dolce al core G.A.T.XXIV. i5 226 Letteratura Penetra , e in sen soavi fiamme avviva , Tratto ai concenti dell' eolia lira Lieve discendi , Amore. Questo è di Lesbo il suol ; qui già s'udiva Di Saffo il mesto canto , e in questa riva Giaccion gli avanzi della gloria nostra. Ma dove è il muto avello ? Incerta il passo Per la piaggia romita 10 volgo : ah ! tu pietoso , Amor , m' addita 11 fortunato sasso : Tu' 1 sai, che spesso in questa ombrosa chiostra, D'un vago impallidir coperto il viso , Ti stai gemendo presso l'urna assiso. Ecco lo veggio : quella bianca pietra , Cui d'un' ombra funesta Curvo ricopre salice piangente , Chiude colei che su l'eburnei cetra , Soavemente mesta , Scioglieva, a disfogar l'anima ardente, Del core immago , melodia dolente. Uno spirto d'amor par che s'aggiri Fra il muto orror di queste ombre secrete ; Il mormorar dell' onde D'amor favella , e l'aura tra le fronde Sussurrando ripete Ancor di Saffo i teneri sospiri , E una voce che al pianto mi richiami Sembra flebile uscir tra l'acque e i rami. Spirto gentil , caro all' aonie dive , Di cui fredda sen giace L'esangue spoglia entro quest' urna accolta ; Del santo Eliso da l'amene rive , Ove in eterna pace Posi beata , le mie grida ascolta , Che a te rivolgo in muto duol sepolta ! Ode a Saffo 227 Di larghe strile il tuo sepolcro bagno , Che un languir dolce mi distempra il core ; Ed un' alma nel seno Di pietà vinta i' chiudo , ond' è , che il freno Allargato al dolore, In concento mestissimo mi lagno. Deh ! almen potessi , qual per te s'udia , Destar melode su la cetra mia ! In dolce suon , che a se l'anima tira , Faon chiamavi, e il pianto Da' vaghi rai sul bianco sen cadea. All' armonia de la temprata lira Venere a te d'accanto Venia da Pafo , con la man tergea I tuoi begli occhi , e al pianger tuo piangea. Che alle note lugubri , ai fiochi accenti Quel duol , che fero in se chiudea , rimembra , Quando , qual fior che langue , Smorto Adon vide , e rosseggiar di sangue Le dilicate membra. Amor , tu solo ai flebili lamenti L'alma non spetri , che ti pasci e vivi „ Di trar dagli occhi dolorosi rivi. „ Pur t'è noto il martir , che immenso preme Un disperato amante. Di Psiche acceso sdegnosetta e schiva Piangevi ognor, qual tortore che geme. Del color nel sembiante Di bianco giglio , o di rosa che priva De la fresca rugiada all' aura estiva Sul verde stel chinata si scolora , I boschi d'Ida t le campagne apriche De l'amena Citerà Udiano il suon de le tue strida, ed era Alla vezzosa Psiche i5* Ì223 Letteratura Fiso il tuo spirto innamorato ognora , Ne più , deposta la faretra e l'arco , Stavi de'cori semplicetti al varco. Àllor tutti obbliando i lunghi affanni Le menti de'mortali In liberta , che fa beato il core , Prendean ristoro de'passati danni. Perchè i fulminei strali , Fatto poi lieto , riprendesti , Amore ? Per te nel petto ogni allegrezza muore ; Quei cui preme tuo imperio in pianto vive , Ma è dolce il lagrimar , soave il duolo ; Che tien le voglie accese Alla cagion non all' effetto intese. Mesto si lagna , e solo Il passo aggira in fra deserte rive , Porta nel volto ogni pensier dipinto , E un pallor di viola e d'amor tinto. Saffo , ben sai eh' è più amaro di morte Il duolo , onde si sface Fuor di speranza un'anima gentile. Con lusinghiere parolette accorte Amor chiedevi e pace In flebil suono , allo spirar simile Di lieve auretta ne' bei dì d'aprile. Poi forsennata , pien di morte il viso, Disciolto il crin, scinta la veste, ardente Girando il guardo intorno , Leucade ascendi , e chiudi i lumi al giorno In grembo al mar fremente. Àllor tuo spirto dell'eterno Eliso Volò ne' campi, dove a Lino accanto Sciogli sul plettro dolcemente il canto. Te rimembrando ogni anima amorosa A sospirar s'arresta ; Ode a Saffo 229 Me pur nel seno di pietà penetra Tenero spirto : godo star ponsosa Presso il tuo avello , e mesta Tempro in dolente melodia la cetra. Di fresche rose su la fredda pietra Molli ghirlande lagrimando porto: Poscia a te grido con ardente affetto ; Deh ! soave m'inspira Il canto sì , che al suon de la mia lira Chi bello ha il cor nel petto ' Palpiti , e porga al mio dolor conforto , Gli occhi pietosi rivolgendo in giro , Di poche lagrimette e d'un sospiro. a3o ARTI BELLE — ARTI. Intorno le belle arti che si coltivano in Modena. ^■^uel genio tutelare del buon gusto , che in ogni tempo regnò in alcuna parte d'Italia , aveva da qual- che anno abbandonato le rive del Panaro , e , tenen- do sua sede sempre mai fìssa in Roma , compiaceva- si diffondere i suoi doni ora sopra Venezia , ora so- pra Milano , su Verona , su Firenze , su Vicen- za , su Bologna , ed in parte su men celebrate città ; quando , non so se ascrivere si debba alla sorte , o a qualsiasi altra cagione , ei si è finalmen- te degnato di rivolgere il benigno suo sguardo an- che a queste piagge da sì lunga stagione derelitte. Se veramente ho da dire quel ch'io sento , parmi che il reggitore di questo stato, erede ad un tempo della gloria e delle virtù degli Estensi suoi antenati , non poca influenza ne abbia egli pure , che da dieci anni circa sembra con le grandiose sue fabbriche , e co'saggi provvedimenti d'istruzione , avere in ani- mo di preparare al genio dell'arti trono magnifico Belle-Aati a3i ne'suoi dominj , affinchè allettato dalla piacevolezza del soggiorno , non gl'incresca recarvisi tratto trat- to a diporto. La trascuratezza in che vivevano per lo pas- sato i modanesi nel rendere omaggio agli uomini il- lustri che videro la luce fra loro , non che di bia- simo , ma di eterna vergogna ricoprivali. Difatto , un Muratori, un Tassoni, un Castelvetro, un Vignola, un Fattori, a mala pena si sa dove abbiano tomba: ed appena una lapide avvi , che l'anno di loro mor- te ne accenni. Era lo stesso di Carlo Sigonio , se non che per cura del nobilissimo signor marchese Luigi Coccapani - Imperiali , governatore degnissi- mo di questa provincia ed amatore delle lettere e de'buoni studi , si vide non ha guari innalzato il busto con lapide nella chiesa stessa dove fu sepol- to. L'esempio di questo egregio cavaliere sembra aver finalmente suscitato l'emulazione in altri ancora d'ono- rare gl'illustri trapassati : e già una unione di amici del fu sommo matematico Paolo Ruffini ha deciso d'innalzargli un monumento in marmo , e già se ne sta preparando il modello da questo egregio pro- fessore di scultura , e direttore della R . accade- mia di belle arti , signor Giuseppe Pisani. Ne'giorni scorsi lo stesso professore espose alla pubblica ve- duta un picciolo sì , ma elegante monumeuto mar- moreo già compiuto , che alcuni bravi mirandolesi gli allogarono , ad onore del celeberrimo Giovanni Pico soprannominato la fenice degl' ingegni. Sicco- me la cappella per cui è destinato non è molto gran- de , il monumento pur esso non potè dar adito a vasto componimento : e quindi l'artista intelligente, attenendosi alla massima semplicità, ne consegui plau- sibile intento con porgerci un semplice piedistallo in marmo di Verona j nel di cui dado leggesi la se- a3a Belle-Arti guente iscrizione , uscita dalla dottissima penna di Filippo Schiassi. ioanni . PICO IOANN . FRANCISCI . DYNAST . F . CVIV3 . INGENIVM . ET . DOCTRlNA MlRACVLO . ORBI . FVERE MIRANDVLAIU ÀVSP1CIIS . FAVSTISSIM1S D . N • FRANCISCI . IIII . ATEST. ARCHI D . AVSTR . P . F . PER . IOSEPHVM . PISANIVM . SCVLPT . PRAEP . SODAL . MVTIN . BONIS . ARTIB . EXCOLEND . AERB . COLL^TITIO . F . C . A . JHDCCCXXIIU NE . TANTO . PRINCIPI MONVMENTVM . II* . PATRIA . DEESSET Sopra a questo piedistallo evvi un picciolo zocco- lo , su cui veggonsi scolpite a basso rilievo la fe- nice simbolo dei soggetto , e due corone d'alloro . Sopra del zoccolo stesso v'è un piedistallino che so- stiene l'erma dell'illustre principe filosofo , tratto dai più accreditati ritratti : ed è questo l'unico oggetto in che lo scalpello del chiarissimo professore potè far conoscere il suo valore , e confermarsi in quella fa- ma che meritamente acquistossi per altre opere più grandiose eseguite in Italia ed in Germania. Altra opera considerabile dello stesso professor Pisani si è il mausoleo , che la fraterna pietà gli allogò , ad eternare il nome e le virtù dell' arci- duca Carlo Ambrogio d'Austria d'Este , primate d'Un- gheria , il quale sagrificò la propria vita negli an- ni più verdi per assistere agli infermi nello speda- le , da'quali contrasse il miasma petecchiale che il trasse a morte. Di questo monumento or già com- Belle -Arti a33 piuto , clie tleve essere collocalo in un'apposita cap- pella nella nuova cattedrale eli Strigonia , non è ancor lecito il dare la descrizione , perchè non an- cora offerto agli sguardi dell'augusto nostro sovra- no , fratello del pio defunto. Anche i nonantolani di questi ultimi giorni vol- lero dar saggio , per mezzo del sullodato profes- sore, della loro divozione all'ottimo sovrano, eri- gendo sopra la porta maggiore di quella chiesa abaziale la iscrizione seguente , anch' essa scritta dal chiar. Schiassi , onde perpetuare la memoria del ri- torno ne'suoi dominj della dinastia Estense. BaAIfClsCO . un • ATESTIO • ARCHID . AV3TRIACO PIO • FELICI . AVGVSTO QVI VINDOBONA . PROFECTVS AD k CAPESSESTDVM . AVORVM . IMPERIVM IDIBVS . 1VLIIS < AH . Mi)GCe.VIV CriVC i MARIA . BEATRICE • VICTORIA . SABAVDA . CONlVGK ET . MAXIM1LIAKO . IOSEPHO . ERATRE AD . ARCVM , TEMPORARIvM . CIS . RIVV1VI . MVTIAM V . VIRIS . VICE . SACRA . ATEsTlNAB • DITIOjXTS . REGVWDAE CIVIBVS . QVE . FREQVENTIBVS. INTER . FAVSTAS . ADCLAMATIOBTES OBVIAM . PRINCIPI . INDVLGENTISSIMO . PROGRESSIS SVBSTITIT IDEM • EXIMIAE . RBLIGIONIS . ERGO TlMPLVM . PRIMO . ADVENTV . INGRESSVS RELIQVIAS . SAOROSANCTAE . CRVClS . D. TX, IESV ADORAVIT a34 Belle- Arti ORDO . POPVLVS • QVB . NON ANTVLANVS POSTERITATI . CONSIGKAKDVIVr MARMOR • IJVSCRIBI , CVRAVERVNT Questa lapide , sostenuta da due eleganti peducci , è decovata al di sopra di un medaglione in mar- mo a basso-rilievo con l'effigie di Francesco IV, da cui scendono due leggiadri festoni di rose , do- rati , ed ai lati havvi due stemmi ducali , parimen- te dorati. Ma l'oggetto di questo articolo non è quello soltanto di parlare delle opere di scultura che qui si fanno ; ma bensì di dare una idea di questa R. accademia di belle arti , la quale non sembra sia molto per Italia conosciuta ; eppure ha pregi tali di reale vantaggio per la società , che merita se ne faccia onorata menzione. L'attuale sovrano , amatore com'è e profon- do conoscitore delle belle arti , pone primieramen- te ogni studio onde riacquistare una considerabi- le galleria di quadri e di tavole de' grandi mae- stri , in compenso di quella cn< tra forma le pri- marie delizie della R. corte di Dresda , e co'nuo- vi preziosi acquisti va di giorno in giorno abbel- lendo le pareti degli appirtamenti del suo reale pa- lagio ; talché i giovani studiosi trovano , anche senza viaggiare , il modo di conoscere i varj stili , di ap- prendere i migliori partiti di chiaroscuro , il gu- sto più squisito d'invenzione , di composizione, di di- segno , e di colorito. Egli non risparmia spesa di sorta per procurare alla sua accademia i gessi del- le più celebri statue che si conoscano , e de' più va- ghi bassi rilievi si di figura come di ornato . Invi- gila inoltre , e qui vi concorre la sapienza del R. Belli - Arti a35 arciduca fratello Massimiliano , perchè la buona ar- chitettura si mantenga , e faccia progressi ne' suoi dominj , seguendo le orme stampate con tanto ono- re dall' insigne Giuseppe Maria Soli, di cui pian- giamo tuttora la morte accaduta a' io di ottobre del i8aa. Egli ha fornito l'accademia stessa di una scuola d'incisione in rame , diretta dal valente allie- vo e genero del chiar. Rosaspina , signor professore Giuseppe Asioli. Egli, a sue spese, mantiene parec- chi giovani artisti allo studio delle belle arti nelle principali accademie di Roma, di Firenze e di Par- ma, onde ne attendiamo, e con ragione, i più lu- singhieri successi-. Presidente dell' accademia è S. E. il si ;nor mar- chese Luigi Rangoni , consigliere di stato e ciam- bellano di S. A. R. e suo ministro di pubblica eco- nomia ed istruzione. La dottrina di questo insigne matematico e filologo è nota abbastanza , dacché fu giudicato meritevole di essere dal consenso de' pri- mi dotti d'Italia , nominato presidente della socie- tà italiana de' quaranta. Alle quali doti questo esi- mio cavaliere aggiunge una profonda conoscenza del- le belle arti , cui ama trattare anch' egli nelle po- che ore che dalle più gravi occupazioni gli avan- zano. Direttore poi dell' accademia stessa si è il ri- detto sig. prof. Pisani , il quale per lo zelo con che si presta in far fiorire le scuole merita i più distinti elogi . Egli impetrò ed ottenne la provi- vista di molti interessantissimi gessi, fra' quali quel- li della Niobe e di tutti i suoi figli , che poscia in una sala appositamente edifieata distribuì secondo la intenzione del Coqueret. Egli col suo scalpello ha adornato il prospetto dell' ultima sala di un bu- sto marmoreo dell' augusto sovrano e mecenate. Egli a36 Belle -Arti mantiene in attività la scuola di scultura e di pla- stica , allevando ottimi modellatori in creta ed in cera. Egli seppe destare in soli tre anni , dacché n'è direttore , un generale entusiasmo per le belle arti , in guisa che le scuole di questa R. accade- mia contano più di cento allievi , i quali , quando riescono , trovano l'appoggio nel sovrano , mercè di cui possono progredire più oltre nel loro perfezio- namento , ed ottengono lavori dalla sua reale mu- nificenza. Ma ciò che più di tutto costituisce il pre- gio di questo stabilimento , si e l'influenza nel per- fezionamento delle arti meccaniche. Più di sessanta fra' menzionati allievi appartengono alla classe de'fab- bri , de' falegnami , de' muratori , de' doratori , de* tornitori e stipettaj , degli orefici , degli archibu- gieri. Bello è il vedere questi giovani al chiudere delle officine in sul far della notte volarsene con la matita in mano all' accademia , succidi ancor le mani, polverosi ed affumicati, chi a disegnare l'ar- chitettura, e chi l'ornato. Quindi ne viene , che, ri- tornando al mestiere , scorgonsi le mobilie ed i va- sellami da loro eseguiti , partecipare della eleganza nelle forme , e del buon gusto negli ornamenti che hanno appreso in iscuola- È ben facile il concepi- re che taluni di questi giovani , poveri come sono , non potrebbero estendere le loro cognizioni nella par- te pratica dell' arte loro , e che correrebbono rischio di fare mobilie e vasellami ben disegnati ed orna- li con gusto , ma eseguiti male dal canto del lavo- ro di legno , di terra , di metallo ecc., ma la bene- ficenza sovrana vi accorre. Tosto che il direttore fa conoscere il merito di uno di tali giovani , il so- vrano si affretta in ajutarlo , passandogli una pen- sione , o mandandolo a sue spese sotto un insigne maestro neil' arte. Tredici oggi se ne contano che Bellk-Arti 237 godono della sovrana pensione , dai quali e da spe- rare che le arti riceveranno lustro e decoro. Da questo breve cenno , die se fosse più lun- go non sarebbe addattato ad un giornale, credo che lilevare si possa di quanta utilità sia l'accademia R. di belle arti modanese , e quanto meriti che altro- ve si conosca uno stabilimento di tanta importanza. Modena 20 settembre 1824» Giovanni de'Bricnoli. ERRATA - CORRIGE. Nella pag. 107 del passato volume d'ottobre è trascorso un puoi invece di può. Ben si conosce- rà che dalla penna di si puro ed elegante scrittore , com'è il cav. Biondi, non poteva escir mai si brut- to errore. 338 VARIETÀ' De Antonio Onuphrio Roma ad urbem Marini reduce, Cae- saris Philodii carmen» 8." Pisauri e praelo nobiliano 1824 ( sono cart. 16.) Autore di questo bel canne è un dottissimo religioso dell* ordine de' predicatori , il padre maestro Tommaso Angeli- co Martinelli : il quale ha voluto così celebrare il l'elice ri- torno che il sig. Antonio Onoiri , inviato straordinario del- la repubblica di S. Marino alla santità di N. S. , ha lat- to nella sua patria. Vi si loda perciò il valente ministro, che abbia saputo coll'eloquenza sua nobilmente chiarire il sommo pontefice della debita riverenza che la repubblica ha sempre portalo alla sedia apostolica : né vi si celebrano me- no la benignità e la sapienza del S. Padre. Dedicata è l'ope- retta, con lettera tutta latine eleganze, dal eh. marchese Anlaldi di Pesaro al celebre amico suo e nostro collega Bar- tolomeo Borghesi; e chi volesse un saggio del gentile ver- seggiare del P. Martinelli , eccolo in alcuni versi del grave discorso che fingesi proferito dall' Onoiri innanzi a sua santità. %, Scis , quae tempestas italas ìaelaverat oras ,, Horridai scis, quae, quanta seges, prope flumen inundans ,, Passibus irrupit rapidis invecta malorum, „ Et quibus aerumnis terras incessiit orrnes. V a ma t i' 239 »» litlus in exiernura romano (*) prestile pulso» ,, Exilio passim limen piaedulce iubeniur «, Linquere , qui summo caput obslrinxere tonanti ,, Votisj immaduit laerimis , tinxilque sacerdos ,, Largis ora , genasque exsanguis pallor aravitj ,, Quaique sibi pudibunda timet , decederà clausa ,t CogUur exlorri» virgo de sede, noyasque ,, Heu ! ignara, gradum quo tendat , quserere lerras, ,, Flebìlibus grayibusque diu Tersala periclis. ,, Sed tanto rerum yarioque immota paratu ), Perstitlt , alque ingeni speclaclum facta Marini f, Proles ( nec male blanditiis laxayit habenas, ,, Nec se pollicilis rinci tulit: omnia spreYit. ,, Sorte sibi contenti sua, vestigia patrum ,, Pressit, qua raluitque , nec hilum pertulit ultra, ,, Quidquid iuris erat , forma mularier ulla. ,, Hic sccura quics erat, hic dabat olia caclum ,, Dulda largifluens, hic hospes ab hospitc tutus , ,, Atque suis quisquis gaudebat iuribus uli. ,, 0 age , si quis adhuc precibus locus , exue mentem. ,, Hanc , paler alme, precor; mecum et iam tota Marini ,, Gens effasa tuis pedibus solioque precalur» ,, Atque aversa tu* nostris iniuria terris ,, Vocis prodigio , nostrisque calumnia Yecors i, Finibus acta procul cedent , magnique potentis ,, Imperio parere patri» disiecta parabunt* (*) Pius VH. M° Varietà7 Sulle imprese di Anna Perotto, , leggenda. 8." Torino , ti* pografia Chirio e Mina 1824. (col ritratto della Perotla in litografia ) li celebre nostro cav. Biondi , nel suo soggiorno in Torino, incontratosi presso lo scultore Serangeli in una povera vec- chicrella che andava limosinando , si n' ebba pietà : e ri- chiestala di sua condizione e de' casi della sua vita , questo ne ricavò t eh' ella era nativa di Chieri in Piemonte , e ave- va avuto a marito il buon militare Perotto : eh' era stata in tutte le grandi battaglie combattute da' suoi piemontesi contra i repubblicani di Francia : e che aveva veduto Egitto e Ungheria e Alemagna e Francia e Spagna ed Irlanda, par- te militando sotto spoglie virili , parte in misero stato di pri- gioniera. Le quali cose avendo il cavaliere udite , non è a dire come subito prese a compassionare la ineschinella , ed a soccorrerla di denaro, e a larla con certa riverenza cono- scere a' suoi amici qual donna non meritevole della scal- za fortuna in che si languiva. E a tanto venne , che sti- mando le imprese di lei un.i bella materia a scrivere, tol- se a comporre questa leggenda , la quale ornò , secondo il coitume suo , di Icggiadrissioie fantasie e di varia e calda eloquenza : e volle intitolala al douissimo conte Balbo. Di «ho leveremo noi qiesio saggio , che fra tutte le belle co- se che sono nell' operetta ci è sembrato veramente bellis- simo.,, Molti prodi giovani subalpini , egli dice , ascesero le navi che portarono guerra all'Egitto '■ fra questi il Perotto e la consorte di lui. La quale vide il Nilo che colla ne- gra arena feconda le verdi campagne ; e udì da lunge il gran suono con che quel fumé cadendo d'alto , assorda ì vicini. E vide i favolosi simulacri di Oro , d'Iside , e di Osiride ; e l'aprica Siene , e Tche dalle cento porte , e Menfi , e le famose piramidi; dove questo le avvenne: che postasi di notte tempo a giacere nella parte orientili eli |V a r i e t a' 24 r que'li pir.t-nidi bellisdn 1 che fu finn fabbricare ria Bo- dope la meretrice , cadde per la stanchezza in sonno pro- fondo ; e dormendo le si appresentarono in sogno alcuni nu- mi e monarchi egiziani , di grande statura , di strano as- pello 1 e in atto somiglianti alle loro statue: trainali uno ehe aveva corna e testa di bove , con mugghiante voce cosi le disse: Ti salvi il cielo, o valorosa: noi a te veniamo , perchè ne stringe carità di le e del tuo dolco paese. E tu per la nostra tutela uscirai salva di Egitto 1 ma dappoi ti aspelleranno grandi avventure. Arma, o meschinella, l ani- ma di costanza , e serbali agli avvenimenti propizi : che verrà lampo di pace : e rivedrai la cara patria e i congiun- ti : e noi pur rivedrai ' quando un tuo re , felice e ma- gnanimo » aprirà i suoi tesori a prò delle arti leggiadre , e darà sede nella reale T'orino a noi che dobbiamo or qui giacere inonorali e negletti- Così detto, ed egli e gli al- tri insieme colla notte si partirono : e il sonno della don- na si ruppe per un grave tuono : sì che si riscosse treman- do e tutta timorosa fece ritorno ai compagni. - L'esercito francese noverò le vittorie dal numero delle battaglie 1 a fece grande uccisione di turchi e di arabi : onde guada- gnalo terreno aggiunse in parti ove tutto è deserto e soi'ludine. Oh qui sì che le parole della nostra narratrice divennero enfal che ed espressive ! La rimembranza dei muli in quel cammino sofferti sforzavala a pianger* sì fortemen- te , che ne avrei pianto pur io , s'ella non avesse accom- pagnalo quel pianto con certe battute d'occhi e scontor- cimenti di bocca , che costringevano al rìso. Le arene bol- livano sotto i piedi de' camminanti : e talora quelle arene al turbinio del vento si aggiravano con tanta forza , che ne erano rovesciati a terra non che i fanti , ma i cavalie- ri e i cavalli : non di altro cibo avevano conforto , che di frutta di palme selvagge : e non pure di una gocciola d'acqua potevano tempera** l'arsura che i loro corpi incendeva. Tut- tavia giunsero a mala pena press» i confini della ldumea: G.A.T.XMV. iG 3^2 Varietà' 0 pareva ( tanto erano infievoliti) che più non potessero met- tere passo innanzi passo : quando eoloro che precede vano , udirono da lungi il suonare d'una riviera t e come se nuo- vo spirito fosse stato in quel punto infuso nelle loro mem- bra : acqua , ad alta voce gridarono , e verso il suono mos- sero a tulio corso : ed acqua acqua ripetendo quei che se- guivano , e questa voce acqua per ogni schiera propagan- dosi , tutti velocissimamente corsero inverso il fiume. E que- sta fu nova causa di mali : perchè » neW 'affrettarsi , gli uni gli altri urlavano , atterravano , calpestavano : e giunti al fiume combattevano per ottenere la riva : e coloro che la tenevano , erano sospinti dentro le acque dagli altri molli che venivano sopraggiungendo : e chi volontario si tuffava nel fiume per rinfrescarsi : chi delle genti immerse nelle acque si faceva ponte per guadagnar l'altra sponda : e i tuffali, divincolandosi , e vicendevolmente aggrappandosi , e gli uni agli altri facendosi impedimento , rimaneano som- mersi e miseramente perivano. Oltracehè a moltissimi quel su- bito trapanamento dall'arsione alla frescura fu cagione di morte. E a queste calamità altre maggiori ne seguitarono- Imperciocché diminuito in tal guisa ed infralito l'esercito, fu agevolmente rotto dai fenici e dai lirii. E fu presso Ti- ro che la nostra guerriera , dopo l'aver date prove di for- tezza pia che virile , cadde in poter dei nemici che nel campo di battaglia la trovarono semiviva , e tutta per le ferite immersa nel proprio sangue. Né quelle ferite erano ancera rammarginate , quando fu posta sopra una nave , e fece penosa navigazione : ehe i barbari , a' quali era tocca- la in sorte , la menarono prigioniera alle coste della Da*, eia. E addimandando ella un vecchio che custodiva i pri- gioni t qual nome avesse il luogo entro terra dove fu trat- ta , le fu per quello risposto , che i moderni avevano can- giato in Belgrado l'antico nome che era stato Acque Tau- rine* JSè udi appena questa risposta , che sovvenendole , per la simiglianza del nome , della bella città di Torino e del- Varietà' 3 p la cara sua patria , si ritrasse in un canto a piangere ama- ramente. E molte erano le punte che le trafiggevano l'ani- ma , considerando il suo misero stato : e come fosse sola in lontane e barbare terre : e quanta aria la dividesse dal caro luogo ove nacque : ne fosse seco il consorte , del cui destino era oscura e timorosa : ne alcuno avesse seco o dei congiunti o degli amici ; e fosse tra tante miserie priva di libertà. Ella stando sopra questi pensieri , sentiva un grop- po nel cuore , che poi sciogiievasi in nuove lagrime. E ave- va ben di cIuì piangere ; che il desiderio delle patrie ter- re e delle persone a noi care tanto più ne affligge , quan- to più ne siamo lontani , e quanto meno speriamo di ri- vederle : ni ninno può così bene apprezzare libertà come fa quegli che Vha perduta. - Dimorò la mescldnella due in- teri anni in dura cattività 1 e non potendo soJft-rirJ più oltre di trascinare quella misera sua vita , che era più amara che morie , fatta per disperazione ardita e secura , calotsi una notte da una finestra altissima in un piccolo cortile, donde era una uscita all'aperto ; e disarmala e uccisa la guardia che vigilava quell'uscio , fuggì senza mai volger- si indietro : e furono alla sua fuga propizie le tenebre del- la notte che era priva di luna : e la quiete profonda che dijjondevasi per ogni dove. Ora io non dirò le contrade ch'el- la disse di aver corse , limosinando , dal luogo della pri- gionìa fino ai confini della Lamagna ; perchè lo storpia - re ch'ella faceva de' nomi era tale , che niuno geografo avria potuto trarne costruito. Adunque lasciando slare di ciò , ver- rò a narrare una bella avventura che le occorse in una cil- à , il cui nome fu dtt, me udito ma non inleso. Era sta- la in Iena zuffa eampale , e l'esercito francese tornavane vittorioso ; di che informata la nostra donna , movevasi ad incontrarlo , guidala dalla speranza di rivedere il marito. Le vesti di che Anna coprivasi , non erano quali era slata solita averle presso il Varo e nell'Egitto ; perchè i vinci- tori di Tiro , allorché furono in sul medicarne le ferite , i5* ^44 Varietà' s'avvidero com'essa era femmina : e di veste femminile , lun- ga fino al ginocchio , l'adornarono alla turcliesca , con una specie di manto dietro le spalle , e con un turbante sópra la testa. In questo abbigliamento andò la donna a veder le schiere che in ordinanza ritornavano dalla vittoria ; ed aprendosi la via fra la moltitudine era al tempo slesso spet- tacolo e spettatrice. E mentre attentamente notava ciascun soldato , eccoti comparire colla spada nuda il Perotto , non più confuso tra il volgo dell'esercito , ma guidatore di un drappello , e fregiato dell' insegna de' vaiatosi. Oh avveni- mento degno di migliore stile che non è il mio ì Lancias- si la donna inverno il marito : gli fece delle sue Ir acce catena al collo , e baciandolo in viso , e anello inaffando di calde lagrime : O mio Pe . . . . disse , e non poli dire più oltre , che i singulti del piangere furono cagione elio non venisse al labbro il rato della paro'a. Intanto quel drap- pello e le seguenti schiere subitamente ristettero. E il buon Perotto , allontanando da se la mogliera quanto le sue trac- cia eran lunghe , a'cun breve spazio affisolla : e infine la conobbe. Ma slavasi immobile , e La guardava come per isme- morato ; incerto , com' era , e della vita di lei > e quasi della sua propria. Pure alla fine uscì di quello sbalordi - menlo , e ahbracciella , dandosi tulio in lagrime. Questa avventura fu molla magnificata dallo esercito , anzi v'ebbe un colale poeta e soldato , il quale , fingendo che l'uomo fosse morto per l'improvviso contento , scrisse una tragedia romantica , che aveva cominciamenlo alle sponde del f^a- T0 , proseguimento nell'Egitto , in Tiro , in Belgrado , e compimento nella Germania : la quaì tragedia fu intitola- ta Perotto» Né è da dire se piacque agli amatori di no- vità • perchè l'autore aveva saggiamente calpestate tutte le rancide regole dettate da Aristotele , ed osservale da Euri- pide , e da quel barbogio che compose l'Edipo Coloneo. Va innanzi alla leggenda do! biondi un elogio d'Anna scritto in Ialino , e veramente con penna d'oro, , dal chia- rissimo prof, ifoucheron di Torino. Varietà' *4^ Da un antico H/lss., ch'è presso il valentissimo sig. Cecilia , abbiamo tratto il seguente SONETTO Quando peii6o a colei , che ha di me regno , Più di me non mi cai né mi sovviene , Che la immagine sua , che amo oltre il srgno * Tutta la mente a se m1 abbraccia e tiene. Ma se a me penso e quanto si sconviene 11 tolere allo stato ed all' ingegno , Tanto dolor sopra dolor mi viene Ch' io dico ; Vita è morte iu tanto sdegno. Così di me fastidio e compassione , Com'uom di stanza che gli noccia schivo , Me di me slesso in bando e in odio pone. U non mi avanza , oh lasso e fuggitivo .' Che di necessità lare elezione ; Col pensar sempre a quella ond'ardo e vivo, Alle illustri nozze della principessa Elisa Napoleona Ba- ciocchi col caule Filippo Camerata Pdssienei. 8." Bolo- gna 1824 » coi tipi del Nobili e cornp. J_ 77 5, 7ò 5, 70 5, 74 5, 72 5, 72 5. 73 5, 72 5, 72 5, 74 5, 76 5, 79 5, 73 5, 71 5, 69 5, 69 S, 68 5, 66 5, 67 5, 67 5, 65 5, 64 5, 67 5, 68 6, 00 6, 4» 6, 55 6, 75 9' 9° 7> 90 25 25 25 25 25 25 25 23 25 25 25 g 25 li 25 25 25 25 25 25 25 25 25 25 25 25 28 28 So 44 dò 26 10 1 OSSERVAZIONI. Altezza massima g, go Altezza minima 5, 64 Altezza media 5, 5o IMPRIMATUR. Si videbitur Reverendissimo Patri Sacri Palatii Apostolici Magistro. Jos. della Porta Patr. Constantinop. Vicesgerens. NIHIL OBSTAT D. PauJus Pancaldi Abbas Cisterciensis. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Col!., IMPRIMATUR. Fr. Th. Dominicus Piazza Ord. Prred. Sac. T« Mag. et Sac. Palatii Apost. Magist. Soc SCIENZE Joannis Baptistce Burserii De-Kanìfeld institutiones medici/ice practicce emendata; atque adauctos cura Valeriani Alojsii Brera. Tractatus primi febriunt simplicium doctrinam exhibentis volumen i. Pa- tavii ec. ( Continuazione, ved. pag. 37. voi. LXL gennajo i8a4«) Estratto (i). R avvicinate in breve giro di parole le inesattez- ze del sistema browniano e le incongruenti teoriche di Erasmo Darwin, offre il celebratissimo sig. eon- sigl. Brera un cenno della dottrina dei controstimo- listi. Merita intorno a questa una distinta avverten- za il rammentare , che se il eh. Rasori ridusse ad un certo sistema le generiche idee di Gio. Hunter cir- ca l'azione dei medicamenti , era stato di già in grau parte preceduto dall' ingegnosissimo sig. prof. Tom- masini , allorché questi iin dal 179^ mentre trova- vasi ad occupare la cattedra di tisiologia nella uni- versità di Parma , nell' esibire la storia ragionata di un diabete , e parlando ivi delle sostanze astrin- genti nauseanti ed acide le risguardò fornite di una (O IN el quale si aggiunge un cenno di due eccellenti inaugurali dissertazioni delli *ig' Fua j e Liccaic. G.A.T.XXIY. 17 a58 Scienze certa forza di abbrividire di stupefarà la fibra viva, e merce una oscura sensazione di ribrezzo in essa indotto di deprimere i movimenti e diminuire diret- tamente il vitale eccitamento ad essi strettamente le- gato. Riposta cosi in alcuni farmachi la facoltà di deprimere direttamente il vitale eccitamento senza ve- runa sensibile evacuazione, e di sviluppare sulla fibra vivente un azione in senso opposto a quella che pro- pria degli stimolanti si riconobbe da Brown , di- vulgaronsi tali sostanze con la denominazione di con- trostimoli , donde poi ebbe origine la dottrina istes- sa del controstimolo. Serbata venne dai seguaci di questa la bina partizione di stato diatesico nella coordinazione delle famiglie dei morbi , ma in pro- porzione inversa ; e nella prevalenza da essi soste- nuta delle morbose affezioni di stimolo compresa fu sotto di , questa classe la essenza delle febbri. Cosi il Rasori nella storia della epidemia ligure ( a cui pur fecero lizza vari clinici Genovesi ) promulgò i suoi dogmi già fino dal 1797 insegnati in Pavia, don- de emerge il genio flogistico delle semplici febbri nervose dei tifi contagiosi , e perciò la convenienza per essi di un regime controstimolante o secondo al- tri deprimente. La contemplazione dei sensibili fenomeni del fred- do e del caldo indusse il Giannini ad opinare la possibilità di successione delle due diatesi ipo - , ed iperstenica , non che a stabilire la sua teorìa intor- no alla unione di ambedue , cui die il nome di neu- rostenia. Ma quanto vacillante fosse siffatta teorica, lo si scorge specialmente dalla stravaganza di con- siderar presente una vera ed universale diatesi ipo- stenia nello stadio del freddo febbrile , e la so- pravvenienza repentina e pronta della opposta iper- stenica nel susseguente stadio del calor febbrile. — IrfSTITUTIONES MEDICINA 25f) Vieri quindi leggiermente abbozzata la dottrina del- la irritazione , la quale già venne luminosamente ri- schiarata negli aurei prolegomeni clinici del n. A. , ed il sommo interesse della medesima si è quindi sentito dai dotti , siccome fra gli altri testimonian- za irrefragabile specialmente ne rendono gli anna- li universali di medicina del chiar. Omodei. In che consista l'irritazione ; come e quando avvenga il di lei conuubio con la diatesi ipo — , ed iperstenica ; di quanto pregio sia una tal dottrina per ispiega- re la essenza e la natura delle febbri ; e come deb- ba meglio ritenersi per irritativa la condizione di queste mercè l'estesa provincia del simpatico siste- ma dei nervi , son tutte cose che vengon qui dal n. A. brevemente ripetute. Con sommo fondamento dimostra quindi la leggerezza delle ipotesi neuroso- lidistiche di Whytt , Macbride, Gregory, e di altri, essendo facile a comprendersi la inverisimiglianza di una dottrina delle febbri in pretto senso dinamica. Rammentata dipoi la partizione di Frank il se- niore sull'argomento , esibisce un cenno del sistema di Hufeland , in cui rinviene una soverchia metafi- sica sottigliezza nell'immaginare tante modificazioni della forza vitale ed il modo dei moltiplici di lei pervertimenti. Offre in seguito un saggio del siste- ma dei filosofi della natura risultante dall' innesto dei commenti di Roeschlaub con le idee di Kant sulla forma e principi del mondo sensibile ed intel- ligente , sistema che venne quindi in parte illustra- to ed in parte modificato dallo Schelling risguardo all'idealismo critico , cui si aggiunsero in seguito le sottigliezze di Bodog, e di Cerosa. Promosso cosi in Germania un tal sistema , ivi menò gran rumo- re , e l'erudito Ackermann ne promulgò la sua dot- trina sulle febbri. Ci vietano i limiti di un gioì- '7* aGo S e i % ti e e naie il porger qui una sufficiente contezza della di- visione dell'umano organismo dalli fautori di que- sto sistema stabilita, il considerare con essi nel cor- po umano gli emisferi , la linea equatoriale , la teo- rìa della duplice vita organica cioè ed animale dal- li due emisferi proveniente f non che li tre siste- mi senziente t motorio ed intelligente nella vita ani- male. Ommettiamo a tal effetto il rilevare come alli tre primi sistemi si attribuisca la facoltà espansi- va mercè l'azione della luce , ed alli tre seguenti la gravita consistente nelle facoltà contrattive ; co- me l'ossigeno entrando con una specie di processo di combustione ad unirsi con la materia animale produca le funzioni della vita organica , e percor- rendo ancora il sistema nervoso o generi negli or- gani muscolari il movimento , o ( al dire dell'istes- so Ackermann ) et in ipso encephalo prodeuntihus luminis densissimis radiis intelligenti^ et rationis vires procreai ; come dal polo positivo della vita organica si abbia lo sviluppo dell'aura ossigenale , e dal polo negativo della vita animale l'etere ner- veo s'investa e dirami la materia terrea ed albu- minosa ; e come finalmente in sequela di questi dogmi venga dai filosofi della natura costruita la generale condizion patologica, con riporsi l'essenza della feb- bre non solo nella pervertita proporzione delle for- ze , ma sibbene ancora in transgressu auree oxyge- naì ex organo primitive affecto in alia organa et sy sternuta , per mezzo delle propagini e diramazio- ni del nervo intercostale che quasi tutte le mem- bra invade. La futilità per altro di una tale ipo- tetica piretologìa viene saggiamente dimostrata dal n. A. con accurate ragioni , donde conchiuder puo- tesi n©n esservi solidità di base negli argomenti del trascendentalismo dei filosofi della natura , e della filosofia speculativa di qualsiasi genere. INSTITUTIONES MEDtCINAE 2G1 Nella dottrina di Reil , che indi ne siegue , ri- levasi dal sig. cav. Brera un tesoro utilissimo di cognizioni. Nel cambiamento della irritabilità e del- la energìa dell'organismo vivente , cambiamento che in se contiene le patologiche condizioni dei mali , si fa consistere da Reil la febbre. Aggirarsi sem- bra questo stato morboso nel pervertimento dalla sana e naturai mistione della materia dell'organo o organi affetti , nella disposizione cangiata delle mo- lecole della materia nelle parti affette , lo che svi- luppa effetti morbosi, e costituisce quello stato det- to da Brera di azioni irritative. In risguardo cosi e quest' insorti effetti stabilisce il Reil tre diversi stati febbrili o patologici , il primo dei quali de- rivante da accresciuta ed esaltata irritabilità ( ben diversa per altro dalla irritabilità irritazione ed irri- tamento ricevuti nelle odierne scuole mediche ) sen- za cangiamento di energia , e componente la sino- ca : il secondo nell'aumento ed esaltamento della ir, ritabilità con debilitamento della energìa e costi- tuente il tifo ; il terzo nel debilitamento di ambe- due le facoltà menzionate e spettante alla paralisi non che alla febbre putrida degli scrittori. Concor- di sono in gran parte queste idee con i principj ritenuti dal n. A. , specialmente per ciò che spet- ta all'alterata assimilazione della condizione dei flui- di dipendente dalla pervertita maniera di agire del- le forze vitali. L' enunciate deviazioni della mate- ria organico -animale dalla naturai forma e mistio- ne fecero sorgere presso i chimici l'idea di appli- carvi le di loro teorìe t ad onta degli sforzi di Pa- racelso e di Silvio de la Boe tornati già infruttuo- si. Estendere così si vollero sotto il dominio della medica patologìa li processi chimico -vitali di Gir- tanner , di Brandis , di Hufelaud.^ di Beddoes , di iQ>i Scienze Latham-Mitehill , e di altri; e su di essi fondò Reicli la sua novella piretologìa , da Baumes quindi este- sa nei suoi principi a tutte le famiglie dei mali , e da Hofrichter applicata poi con impegno alla ge- nesi e trattamento delle infiammazioni. Sehben però convenga il sig. Brera in riconoscere nelle malat- tie e nelle febbri specialmente l'influenza dei pro- cessi chimico -vitali sulla vitalità istessa ; pur non assente egli in derivare li pervertimenti delle mi- stioni organiche dalla semplice azione reazione e con- flitto degli elementi della materia, dovendosi a que- st'uopo annoverare il concorso delle azioni dinami- co-vitali , onde insorger possa la forma patologi- ca delle febbri come di tutte le altre malattie. Neil' aspettativa pertanto che venga la dottrina di Reich, é dei suoi seguaci fiancheggiata dal sostegno fin- qui deficiente della osservazione e della esperienza, làsciaremo ai medesimi il derivare il turbato equi- librio dalli soli elementi della materia organica ; il risguardare l'organismo umano come un chimico prodotto , e le sue azioni e funzioni sotto l'aspetto di altrettanti chimici processi ; il ritenere nel tur- bamento del prelodato equilibrio la prevalenza or della ossigenazione or della azotizzazione , or delia idrogenazione , or della carbonizzazione , or della fosforizzazione per ispiegarne le specie e varietà del- le febbri ; ed il considerare finalmente nei farmachi la restituzione il più delle volte unica e necessa- ria dell'ossigeno deficiente per rimuovere quella pre- ternaturale fermentazione che dipende dagl' interni processi di pervertite secrezioni ed escrezioni. Discostasi poi da tutte le conosciute dottrine la teoria omopatica di Samuele Hachemann. Contro il vetusto finquì predicato assioma da Ippocrate a noi pervenuto di debellare le malattie con rimedj oppo- Institutiones meMcinàe aG3 sii a quelle cause ed azioni patologiche che l'indus- sero , sostiene il sig. Hachemann che inerente ad ogni farmaco v'ha una facoltà specifica di svilup- pare uno stato morboso artifiziale nel corpo sano contrasegnato perciò dalli suoi proprj fenomeni ; e che , dovendosi il trattamento curativo diriggere alla rimozione di tutti o dei principali fenomeni che co- me a se proprj offre una malattia , venga il regi- me terapeutico ad istituirsi con la propinazione di un farmaco che atto sia nello stato sano a risve- gliare una malattia analoga per li suoi sintomi a quella che or si presenta al Clinico a trattarsi. Ne combatte assai bene il sig Brera la invesimiglian- za ; e se qualcosa havvi in questa teorìa o di uti- le o di vero, non puotesi a regola universale esten- dere.— L'entusiasmo , che risvegliò nella scuola me- dica di Parigi il metodo più nosograflco che filo- sofico di Pinel , fu dopo un dominio di più di quat- tro lustri umiliato per la comparsa della teorìa di Broussais. Aveva Pinel nel suo ordine piretologico preso di mira gli organi pirticolari che essendo emi- nentemente affetti imprimevano la forma alle feb- bri , quali perciò aveva egli distinte in angioteni- che, in meningogastriche , in ailenomeningee , in adi- namiche , in atassiche , ed in adenonervose ; ma tra- scurò quella patologica associazione sì necessaria a considerarsi nell'essenza delle febbri semplici e com- plicate. Lungi poi il Broussais dall'i nvestigare la se- de speciale della febbre in uno od m un altro dei sistemi organici secondo il metodo del suo prede- cessore , insegnò in vero a rintracciarla in una flo- gosi ordita nella membrana mucosa del ventricolo e degli intestini diffusa per consensuale irradiazio- ne fino al cuore ed alli capillari vasi sanguigni. Pro- fessano questa istessa dottrina ( ad eccezione della i6/j S r. i k n z e sf-cle del processo flogistico ) l'esimio Tommasini , li controstimolisti , ed altri dei più recenti scrittori sul- le febbri, fra li quali Boisseau, ed Emiliani. Ma già lo Screta ( come ci riferisce il Baglivi ) dalle infiam- mazioni ed accessi riscontrati nei visceri di alcuni ch'eran periti di febbre maligna trasse argomento di derivare le febbri da latenti iniìammazioni. Direm fi- nalmente , che ne ripone la causa prossima il Neu- mann nel turbato antagonismo del sistema sanguigno; e che il Gendrin per opera di una irritazione o in- fiammazione locale opina pervertirsi nelle febbri le forze o facoltà dell'organismo. Rilevate cosi dal n. A. le ipotesi degli enun- ciati sistemi , nei quali pur v'hanno non pochi pre- cetti dalla clinica esperienza dedotti, forma divisa- merito che a progresso di una più ferma piretologia uopo è attenersi ad autori , la dottrina dei quali sostenuta sia dalla esperienza razionale e da ecletti- ci gùidizj , al qual oggetto rammenta il celebratis- simo Sidenam emulante l'Ippocrate eoo , l'esimio Bor- sieri, e fra i recenti un Vogel, Richter, Petit- Ra- dei, Hildenbrand, Raimann , Thomas, Barzellotti , Frank Giuseppe, ed altri, ma con singolare elogio Wilson - Philip. Or dal complesso di tante divulga- te dottrine desunto avendo il perspicacissimo n. A. con la più maestrevole saviezza le migliori idee e li più acconci principi , ha saputo trarne le seguen- ti conchinsioni e corollarj per lo stabilimento di una piretologia razionale. Stabilisce nel primo corollario doversi conside- rare la febbre con metodo empirico - razionale de- dotto dalla esperienza e dalle osservazioni : che le singole qualità e rapporti del vivente organismo si fisici che meccanici chimici anatomici fisiologici pa- tologici e terapeutici ridurre non si possono ad un Institutionks midicinas aG5 pretto e determinato medico sistema. Fissa in se- condo luogo , che la febbre semplice è un affezione nervosa , cioè che la febbre semplice , scevra da ogni complicazione , e perciò suscettibile di esser denominata solitaria , aver deve per condizio- ne patologica quella preternaturale condizione ner- vosa che risveglia le così dette convulsioni , meno la riazione vascolare sanguigna che si fa pur mor- bosa in quella e rimane di poco alterata in queste. Con tal ordine osserviamo la mutua apparizione od anche il mutuo rappresentarsi della febbre e delle convulsioni: così presentansi in ogni febbre dei spa- smi congiunti ad un pervertimento di azione dei mu- scoli specialmente volontarj. — Determina nel terzo trovarsi direttamente perturbato ed affetto il simpa- tico sistema dei nervi che presiede alla vita orga- nica, e compie e modera le funzioni ed azioni dei vasi sanguigni. Ed ecco il perchè nelle febbri sem- plici e nelle convulsioni benché lievissime riscontra- si tosto cangiata la mistione organica dell' escrezio- ni con risoluzione il più delle volte o per sudo- re o per orina o per dejezioni alvine ; ed ecco pur la ragione per cui dopo le crisi febbrili abbia luo- go non di rado languore nei polsi , deliquio , ed an- che compiuta asfissia. — Stabilisce nel quarto esser la febbre una sémplice affezione locale. Perchè non già l'universale azione normale del sistema simpatico dei nervi scorgesi in tutte le febbri alterata; ma sib- bene ora in una , ora in un altra , ed ora in mol- te provincie insieme del prelodato sistema rimarca- si non di rado un punto irritativo di affezione, don- de per effetto patologico d'irradiazione viene insul- tato il centro ganglioso di un tal sistema dei ner- vi. Comprendesi con ciò , come la febbre nella sua solitaria origine sia un morbo locale e non univer- 266 Scienze sale, mentre riferir si debbono intieramente li mor- bosi fenomeni nell'organismo risvegliati ad una con-' sensuale irradiazione diffusa al sistema nervoso del- la vita sensitiva. — Per altro (lo che forma l'oggetto del quinto corollario ) risvegliar si puote ancor la feb- bre in grazia delle perturbazioni dinamiche ed as- similative che topicameute affettano i tessuti e gli organi, e che per consensuale irradiazione reagisco- no sulli centri gangliosi del sistema nervoso simpa- tico. Dal quale indiretto e secondario perturbamen- to di azioni dell' istesso sistema abbiam quindi la genesi della febbre secondaria. — Determina nel se- sto , ch'essenziale non è in conto alcuno alle feb- bri semplici e solitarie lo stato diatesico iper-, o ipostenia); giacché vediamo li parosismi febbrili pre- sentare una sensazione di languore nello stadio del freddo , un esaltamento di forze organiche e vitali nello stadio del calore , ed una nuova debolezza nel susseguente stadio del sudore. Ma bensì (lo che sta- bilisce nel settimo ) lo stato irritativo è costantemen- te alle febbri associato. Che di vero siccome li per- turbamenti del sistema nervoso simpatico alterano il misto organico , della qual cosa fan fede gli eviden- ti cangiamenti che riscontriamo nel sangue soggetto all' azione dei vasi ; così ne siegue che , venendo spe- ci alinen te insultata da turbamenti irritativi la vita dei vasi sanguigni in un cogli organi escretorii, debba- no le lesioni dinamico - vitali d'indole irritativa ri- sguardarsi come altrettanti stati diatesici associati ad una tal famiglia di malattie- Agevole per altro essen- do (come stabilisce nell' ottavo ) che dallo stato d'irri- tazione si ordisca la flogosi per il concorso di altre accessorie cagioni capaci di suscitarla, ne avviene per- ciò che prontamente vengano ad assoeiarvisi le infiam- mazioni dei tessuti e degli organi. Égli è quindi , che InSTITTITIOWES MEDIC1NAE 2G7 se non direttamente nei primordii del male, almeno nell' incremento e negli altri stadj si appalesano fa- cilmente le febbri con qualche sintomo infiammatorio universale o locale. — Che se poi(siegue il nono co- rollario ) in grazia del consenso del turbato sistema nervoso simpatico, o mercè la presenza d'idiopatiche affezioni, portato venga il cervello e le sue propa- gini a quella preternaturale condizione, qua immi- nuitur vel susvenditur injluxus intensivus in motus musculares atque in actiones viscerum motrices , vie- ne in tal caso ad associarsi alla febbre un languo- re paralitico , e così ne sorge la febbre iposteni- ca. — Finalmente stabilisce nell' ultimo corollario , che lo stato diatesico iperstenico - infiammatorio , o ipo- stenico universale o locale congiunto alle febbri co- stituisce un accidentale complieazione febbrile : tan- to egli è vero , che sì l'uno che l'altro di questi sta- ti diatesici possono trasmigrare nel corso istesso del- la febbre o anche dissiparsi senza che perciò si osser- vi cedere la forma febbrile a cui era per lo innan- zi associato. Che anzi nel decorso medesimo di una febbre istessa unir si puote la diatesi con le opposte azioni diatesiche. Esposta così dal valente sig. consigl. Brera la base delle proprie dottrine sulle febbri , eh' egli offre ai pensamenti dei clinici , intraprende a ragionare del- la febbre in genere; ma torneremo su questo punto sì tosto che avremo il compimento del presente pri- mo volume. Intanto a maggiore intelligenza dei rife- riti dettagli ci avvisiamo far cosa non discara ai no- stri leggitori in aggiungere un compendio di nozioni che sul proposito abbiamo rinvenuto in due celebri dissertazioni inaugurali (*) : Espone primamente il (*) De actione et dialhesi irritativa in morbis cOnsi- derandis , JDlssert. acaderaica , bre terzana doppia , la seconda ad una quotidiana legittima associata ad artritide , la terza ad una te- tartofia cardialgico — emetica , e perciò perniciosa , la quarta ad una terzana doppia , la quinta ad una petecchiale che presentava il tipo di una terzana dop- 3^8 Scienze pia , h. sesta ad una quartana. Nell'oggetto che pre- fìssi ci siamo di qui unicamente consegnare una no- tizia dei caratteri ed effetti di questa nuova spe- cie di china , ommettiamo con rammarico interte- nerci partitamente in riferire un cenno delle indi- cate istorie. Desse si rendono veracemente interes- santi ad esser conosciute, sì per la nitida latinità con cui sono scritte , come anche per la esatta e diligente descrizione delle relative morbosità , e per il pregio delle pratiche utilissime considerazioni che adornano le menzionate istorie e che vengono a di- lucidare in singoiar modo con la giusta applicazio- ne dei teoretici principi la dottrina delle febbri del sig. Brera , di cui già abbiam tenuto ragionamento. Una succinta analisi esporremo della seconda isto- ria , il di cui soggetto è un macellajo di anni 38 , ammogliato , di temperamento astenico — eccitabile, di debole costituzione, emaciato, che presentava una prava ed angusta conformazione del torace , ma che giammai non era stato bersagliato da labe sifilitica, né dall'artritide. Dopo aver questo infermo sofferto due mesi innanzi una grave dissenterìa ed anche dei do- lori addominali per lo spazio di un mese , fu sor- preso da %aghi ricorrenti e talora intensi dolori in tutte le articolazioni con febbre quotidiana prece, duta nella notte da orripilazioni , susseguita quindi da calore e poscia da sudore. Un color subitterico presentava la cute , celeri ed irritati erano i polsi ; preternaturali palpitazioni risentivansi nel cuore , tos- se secca vi era e dispnea e sintomi di gastriche rac- colte. Dai complesso di tai sintomi e dalle cause di Vario genere occasionali e predisponenti , che sono pur ivi acconciamente rilevate , si formò dal dot- tissimo Professore il giudizio di una febbre quo- tidiana congiunta ad affezione artritica ed a gastri- China bicolorata 379 cismo , essendosi con maturo esame osservato che i dolori artritici presentavano remissione nel declinar della febbre , e sotto -l'ingresso di questa inaspri- vansi , cosicché i'%rlritide ritener si potè come una complicazione estranea alla febbre , e non già co- me un sintomo di questa da costituirne una inter- mittente larvata o comitata. Gli esatti ragionamenti quindi aggiunti rendono evidentissima ragione dei rimarcati fenomeni e del di loro stretto vincolo con le precedute cagioni : il disquilibrio di funzioni del sistema dermoide e del chilopojetico , le flogosi mu- scolari insorte per la pervertita traspirazione cuta- nea , il trasporto dell'umor reumatico alle capsoie li- gamcntose , il perturbamento di funzioni del nervo della vita organica il gran simpatico, sono ivi egre- giamente contemplate. Provveduto con il mezzo di una pozione emetica alla rimozione dei gastrici irri- tamenti , eravi l'indicazione di restituire al gran sim- patico la primitiva vitalità ed azion normale , come anche di combattere con i deprimenti locali l'artri- tide ove fosse essenziale ed unicamente complicata , affinchè gli organi toracici non venissero ad assu-r mere la istessa condizion patologica. Fu a tal ogget- to posta in uso la china bicolorata , sotto il di cui uso fu colpita la febbre quotidiana , ma non vinti li dolori artritici , li quali bensì si viddero debellati con una locale emissione di sangue operata con le sanguisughe. Ma tornando al primario oggetto di questo ar- ticolo , riferir ne giova li caratteri osservati in que- sta nuova specie di china , e le conchiusioni tratte dalle luminose osservazioni raccolte dai medici Tri- vigiani, non che dedotte dall'esperienze praticate nel clinico istituto di Padova. Risguardo alli caratteri riferiremo le istesse parole del a. A. a8o , S e i k n z e » Questa china ci fu trasmessa in pezzi di cor- » Seccia della lunghezza fin anco di mezzo metro, per » lo più rivolti una volta e mezza sopra loro stes- » si , aventi il diametro di 001 , ed al più di ooi5 di •}■> metro. La spessezza di questa corteccia è di cir- ìì caoooi di metro. La sua superfìcie esterna si mo- w stra liscia e coperta di un epidermide di colore » fulvo — bigio più o meno bruno. Essa offre a » tratti delle macchie di un colore pallidissimo , qua- ?? si bianco , che sembrano accidentali e devolute ad » un alterazione organica sofferta dalla corteccia » quando era ancora in istato di vita. Mancano a n questa corteccia l'aspetto sagrinato , le fenditure » trasversali , e le parmelie solite a rinvenirsi nelle s» altre sorti di china. La sua superficie interna è v> liscia , e di un colore tendente al violaceo più o » meno carico ; il qual colore è talvolta così inten- » so da apparire nero. La rottura longitudinale dei >j pezzi è regolare , di colore giallo-carico , con pun- » ti resinosi, e, dal lato che corrisponde alla parte ■» interna, presenta una linea di colore rosso-bruno. » La rottura trasversale di questa corteccia si fa net- » ta , senza fibre , d'aspetto resinoso , e contrasegna- » ta nell'interno da un areola di colore rosso -bru- » no. L'odore suo è nullo. Masticata , se ne svilup- D pa il sapore con lentezza ; ma alla fine si spie- s> ga amaro, e leggermente aroma tico-chinico : appe- so na sensibile ne è il sapore stitico. Dura e pesante »> è una tal corteccia ; polverizzata apparisce di co- » lore giallo-ranciato , e la polvere che somministra » non è per nulla fibrosa. Per siffatti caratteri man- » ca questa corteccia dei requisiti opportuni onde m farla appartenere alla china nitida della Flora Pe- ti ruviana . . . Incerta essendo però la specie, cni » potrebbe appartenere questa china, in onta delle China bicolorata 281 » praticate indagini , si è stimato opportuno di de- si nominarla dietro la caratteristica dei due oppo- « sti colori che offre nell'interno e nell'esterno - del- » la sua corteccia , epperciò la si disse una china » bicolorata. Ulteriori ricerche arriveranno a deter- » minarne la verace sua denominazione e prove- ■n nienza ! » Devo qui mostrare una pubblica testi- monianza di gratissima riconoscanza all' esimio sig.con- sigl. prof. Brera , il quale si compiacque onorarmi della trasmissione di un campioncino di questa china (di cui feci incontanente partecipi due distinti pro- fessori di Roma, ove pur la medesima s'ignorava) fin dal di 16. scaduto novembre con sua veneratissima, aggiungendomi la notizia delle già ottenute felici ri- sultanze innanzi alla pubblicazione della stampa di cui qui si favella. „ Che una tal corteccia poi appartenga alle chi- „ ne, anziché ad altra stirpe, pare che non se ne deb- ., ba dubitare, ponendo mente ai seguenti esperimen- „ ti , ai quali venne la medesima assoggettata. Fat- „ ta bollire nell' acqua in vasi aperti , somministra ,. un decotto di un colore giallo-bruno leggermente „ torbido , che spumeggia coli' agitazione , e tenuto „ all' aria si rischiara , deponendo un sedimento di „ colore giallastro. Questo decotto , appena fatto , „ manca di odore chinico , ma un altro in vece „ ne possiede di particolare. Il decotto ottenuto da „ questa china bicolorata si portò , come segue , al „ contatto de' varj reattivi : a) Non mutò il tornaso- „ le ; b) Diede un precipitato abbondante di colo- „ re giallo coli' infuso di galla; e) Somministrò pre- „ cipitato abbondante giallastro col protonitrato di "„ mercurio ; d) S'intorbidò leggermente col tartrato „ di potassa antimoniale ; e) S'intorbidò pure coli' „ ossalato di ammoniaca e diede leggier precipitato a83 Sciènze „ bianco giallognolo ; f) Diede precipitato abbondan- „ te e di color verde col solfato di ferro , e neli' „ atto medesimo si presentò dello stesso colore il „ liquido soprannptante; g) Non si è mutato colla „ soluzione di gelatina animale. Questi saggi , con „ sommo accorgimento eseguiti dall' egregio sig. dott. „ Pietro de' Col, la di cui perizia nelle indagini „ chimiche h di grande rilievo , lasciano un sufficien- „ te fondamento per credere , che in questa china „ bicolorata contengasi del cinconino iu combina- „ zione , e che non vi sia escluso affatto il chi- „ nino. Ma un analisi chimica più estesa , e che „ vassi ad intraprendere , porrà in più chiara lu- „ ce la serie delle materie d'onde risulta. Giova frat- „ tanto àncora appalesare, che due libbre di que- „ sta china hanno dato sei once di estratto , e che „ altrettanta quantità della stessa produsse un on- „ eia, tre dramme e due scropoli di magistero.,, Ecco poi qual è la serie delle cliniche risultan- ze „ . i) Che questa china bicolorata , somministrata „ alla dose media di mezz' oncia arresta le febbri „ accessionali , per vincere le quali si richiedereb- „ be la dose media per lo meno di due oncie di „ china calisaja. 2) Che rarissimo è il easo di reci- „ diva delle febbri vinte con la china bicolorata , „ quando che molto comune è la recidiva delle feb- „ bri accessionali trattate colle altre chine, ed an- „ co col solfato di chinino. (*) 3) Che eziandio in (*) Onde inattesa non sfugga all' altrui considerazione una tal assertiva delle recidire di febbri accessionali molto comuni pur con il solfato di chinino, prego i lettori aver- ne memoria» ed io intanto mi ccmpiaccio troyar qui Gian* cheggiau in un cerio modo la serie dello mie osservazioni China BicoLORAfA 283 „ una febbre perniciosa ( cardialgico-emetica ) questa „ china spiegò prontissima Ja sua efficacia nella do- „ se sopraccennata. 4) Che tal china , attesa la pic- „ ciola dose, iu cui si somministra , non solo non „ arreca il benché minimo disturbo di peso , d'ir- „ ritazione e di nausea allo stomaco , sebbene debi- „ litato ed avverso ad altre chine ; ma gode anco „ della proprietà di calmare il vomito , com' è av- „ venuto nella suddetta febbre perniciosa cardialgi- „ co-emetica arrestata nell' istituto clinico. 5) Che n adoprata nelle febbri .accessionali con complicazio- „ ni infiammatorie , arresta la febbre , e per nulla „ inasprisce la flogosi. 6) Che impiegata nelle feb- „ bri di mentito carattere accessionale , non altera „ menomamente le accessioni febbrili , né esacerba „ la vera condizione febbrile , come si è osservato „ nell' istituto clinico iu un caso di febbre petec- „ duale avente l'apparenza di febbre terzana doppia. „ Essendo questi corollarj in favore della china bi- colorata altrettanti fatti dedotti dalle sperienze e dal- le osservazioni sin qui istituite e raccolte ; importa moltissimo , che efficacemente s'interessino gli esper- ti chimici in esatte indagini su i principj costituen- ti della medesima , e che con sommo zelo si occu- pino i pratici dell' uso di essa , si per secondare le filantropiche intenzioni del n. A. , il quale nella riferite nel quadro comparativo dei rùultamenti conseguen* ti daW uso del solfato di chinino , del peperino , e del chinino puro, ec: ec. In esse apparisce, che ia 35* indi- vidui trattati da me c«n il solfato di chinino , ventiquat- tro infermi incontrarono la recidiva» siccome potrà rilevarsi dall' istesso quadro negli annali di medicina del chiarissi!»» sig. Omodei. ( IJ compii. ) aS4 Scienze lettera preliminare al cav. Angeli d'Imola raccoman- da l'altrui, cooperazione, come anche per assicurar- si vieppiù della efficacia medicamentosa di questa cor- teccia , che sommamente benefica riuscir potrebbe , ove costantemente sanzionati venissero i suoi van- taggi, e per il riflesso della tenue dose , e per la maggiore immunità da recidive. TONELLI Sopra alcuni pezzi di granito , e di lave antiche tro- vati presso alla cima dell'Etna. Osservazioni fisi- che del dottor Carlo Gemellaro. Catania per Sai- datore Longo i8a3. Estratto ntento sempre il sig. D. Gemellaro ad istituire le sue osservazioni intorno i fenomeni dell'Etna , e de- siderose di accrescere di nuovi fatti la storia dei vulcani , ci presenta in quest'opuscolo la descrizio- ne di alcuni frammenti di lava e di graniti rinve- nuti presso l'Etna j e precisamente nel piano del lar- go vicino al ciglione del balzo del trifoglietto. Il primo è un granito di colore rossastro tendente al rosso di rosa , di grana piuttosto minuta, il quale ha pollici cinque di lunghezza. Contiene questo gra- nito misti al quarzo ed al feldspato molti frammenti granolari di stagno ossidato (zinnstein) sostanza rin- venuta la prima volta fra le rocce dell'Etna. Il secondo e parimenti un granito , ma di co- lor grigiastro-, di tessuto granulare, della grossezza di- due pollici circa, ed il quale racchiude ancora cristalli alterati di color nero di stagno ossidato. Granito k lave antìche 25S Il terzo è un altro frammento di granito bi-r gio granulare della medesima grandezza , che contice- ne lamine di feldspato di orneblenda nericcia , .e sta- gno ossidato bruno-nerastro. Altro granito bigio e il N.° 4-° c'ie ua polli- ci cinque di lunghezza e due pollici di spessezza , .una struttura porflritica, e racchiude grani minuti .di stagno ossidati e frammenti di orneblenda. La su- perficie esterna ha una lucentezza vitrea in molti punti, di maniera, che sembra, aver subito una' leg- gera fusione. ■ ■■ Il 5.° è ancora un granito bigio granulare del- la grossezza presso che di un pollice e mezzo qua- drato, il quale contiene gli stèssi grani di stagno ossidato , ed ha in un lato aderente un pezzo di sco- ria nerastra. Il numero C° è un'impasto di i granito , e di la- va lungo pollici sette e di pollici cinque di gros- sezza. La lava ò di color nero , porosa , racchiude cristalli di feldspato , ed agisce sull'ago magnetico. Il granito è bianco- grigiastro, contiene come i pre- cedenti de' frammenti di stagno ossidato , i quali insie- me con il feldspato- in un punto sembrano imme- desimati con la lava. Il numero 7.0 è una lava di color grigio-bian- castro, di struttura porflritica, molto compatta, che racchiude lamine di feldspato vetroso , e frantumi di piro ssene nero. Altra lava è il mira. 8.° di struttura egualmen- te porflritica , di color grigio , molto compatta , che contiene cristalli di feldspato bianco , e pirossene. Sembra a prima vista un granito che abbia subito la fusione. Molto somigliante alla precedente è la lava se- gnata col niim. g.°, ma di un colore bruno-rossastro , 286 Scienze I2 quale racchiude egualmente lamine di feldspato ross® , e biancastro. Le conclusioni , che dall'esame di questi pro- dotti vulcanici possono dedursi secondo l' A. , so- no le seguenti. Racchiudendo questi graniti eruttati dall' Etna lo stagno ossidato , si ha una prova , che sieno stati staccati dagli strati di prima formazio- ne , e che perciò il centro del focolare vulcanico esi- sta in mezzo a queste rocce. In secondo luogo, sicco- me la maggior parte di essi non presentano indizj di fusione , e due pezzi sono stati trovati aderenti alla lava , non è inverisimile il credere che sieno ve- nuti fuori dal cratere intieramente vestiti di lava , la quale poi per l'azione degli agenti esterni sia- si a poco a poco separata. In tale supposizione la lava che li racchiudeva dentro la sua pasta non po- teva avere un calore sufficiente per fonderli , ma una temperatura inferiore a quella dei nostri fornelli a mantice : poiché l'A. esponendo appunto un pezzo, del granito segnato num. 5. all' azione di uno di questi fornelli è giunto a fonderlo completamente. Il prodotto ottenuto da tale fusione presentava la più grande somiglianza con la lava segnata num. 8. Non potrebbe essere questa una prova die le lave sieno il risultato della fusione dei graniti ? a&7 Elogio del Cavaliere Giuseppe Giocai de' Duchi di Ari gioì recitato nella gran sala della lì. Univer- sità di Catania dal Canonico Giuseppe Alessi. Palermo dalla tipografìa degli eredi Abate-r- 182 4- JLi cosa pur dolce in mezzo alla tristezza che ca- giona la perdita di una persona distinta, il vederr ne onorata la memoria con un'elogio che tutte fac- cia conoscere insieme riunite le virtù che l'ornava- no , e la carriera percorsa in questa vita mortale. Ottimo divisamento è stato quello del sig. canoni- co Giuseppe Alessi l'aver offerto quésto tributo al- la memoria del cav. Giuseppe Gioeni, uomo che tan- to si distinse nello studio della storia naturale. Na- cque egli il di 12. maggio 1747* in Catania da Fran- cesco , ed Agata Buglio dell'illustre prosapia degli Angioini, e deffli Aragonesi. Ricevette un'ottima edu- cazione civile , e letteraria , ebbe a maestro l'erudito ed eloquente canonico Vito Goco , il quale gli vìf svegliò particolarmente l' amore per lo studio della storia naturale, nella quale poi tanto si distinse, che fu meritamente considerato per uno de'più grandi naturalisti de'suoi tempi. Abbandonando egli le ipo- tetiche investigazioni de' fdosofi tutta , rivolse la sua attenzione al gran libro della natura- L'Etna, le va- rie eruzioni , i suoi fenomeni , le sue lave, gli ele- menti delle medesime, le sostanze che ascondono, il suolo della Sicilia, gli antri , le miniere , e gli estin- ti vultani ; i fiumi , i fonti , le paludi, ed i laghi, le produzioni marine , le isole sparse intorno al ma- re vicino, ecco quali erano gli oggetti del suo studio 388 Scienze e delle sue meditazioni. E tali si furono le cognizio- ni acquistate con il suo instancabile zelo , che il cel. Dolomieu, allorquando si portò a contemplar l'Etna e gli estinti vulcani accennati da Platone, e da Dio- doro , confessa ingenuamente „ che da Gioeni aveva „ ricevute le più interessanti indicazioni che diri- „ gerlo poteano ; ch'egli il primo aveva raccolto le „ lave compatte dell'Etna; ch'egli solo fra i Sicilia— „ ni pensato aveva che l'istoria dell'Etna precedes- „ se le sue eruzioni; che mercè i di lui soccorsi fat- „ to aveva una considerabile collezione di lave; ma „ che apparteneva al Gioeni cosi buon naturalista „ che fisico il compilarla , dappoiché ne aveva des~ „ so tutto l'ardore, e tutte le conoscenze necessarie „ per farvi delle eccellenti osservazioni. Dalla Sicilia passò a Napoli , dove fu ricolma- to di onori dal Monarca, e fu nominato Professo- re di storia naturale in Catania. Contemplò allora il Vesuvio ed i campi Flegrei in compagnia di Ha- milton, e di altri uomini ragguardevoli : ne rac- colse o ebbe in dono i più rari pezzi , ed a mi- sura ch'egli osservava, o raccoglieva, nascevagli il nobile pensiere di scrivere sul Vesuvio per compa- rarlo all'Etna; ma ei ne serbava l'arcana volontà in petto ; e pria d'eseguirne l'impresa replicò i suoi viaggi all'Etna, all'isole Eolie, e per tutta Sicilia, or solo ed ora in compagnia dell'incemparabile amico Dolomieu. La potò osservare una terribile eruzione dell'Etna avvenuta nel luglio del 1787. , di cui ne dette una così dotta e si esatta relazione che fu ri- putata degna dal cel. Dolomieu d'inserirla fra le sue opere. Pieno però dell'alta idea di scrivere sul Ve- suvio ritorna egli a Napoli. Ivi progetta al cav. Hamilton di voler egli aggiungere alla dotta opera dei campi Flegrei un catalogo ragionato delle prò- Elogio del gioeni 38o duzioni vulcaniche del Vesuvio. Quasti ne approva il progetto, e nel giro di tre anni l'opera s'intra- prende,, si compie , e , si pubblica. La Litologia ve- suviana del cav. Gioeni non è un semplice catalo- go, ma una descrizione ragionata di tutt'i prodotti che si erano finallora potuti osservare , piena del- le più sublimi idee intorno i fenomeni vulcanici, e particolarmente del Vesuvio. Quest'opera peraltro, che fu tanto celebrata dai mineralogi sì italiani che esteri, che fu tradotta ancora in lingue straniere , non era che la foriera della grand'opera sull'Etna , di cui aveva concepito l'idea , preparato gli scritti , ed i disegni, ma che non potè pubblicare per le vicen- de politiche che sconvolsero in rruei tempi tutta Europa ; e Dio faccia che quel prezioso manoscrit- to non sia stato involato o smarrito. Frutto di tan- te osservazioni, e di tante peregrinazioni, che fece il cav. Gioeni , fu una copiosa raccolta di ogni sorta di oggetti di storia naturale, ch'egli dispose , e clas- sificò con un' ordine sì perfetto che destò l'ammi- razione dei più celebri naturalisti ch'ebbero la sor- te di osservarla , come Fortis , Dolomieu , Spallanza- ni , e tanti altri. Fu egli senza orgoglio fra i cit- tadini, modesto fra i dotti, dolce fra gl'impeiritì , ingenuo, e cordiale con gli amici, coraggioso fra le sciagure , in una parola non si saprebbe dire se più risplendessero in lui le virtù morali , o le sue fisiche cognizioni. Gessò di vivere li 6. decenne dell'anno 1822. G.A-T.XXIV. ìP ago a ' ' . , : ii.a LETTERATURA Seconda centuria di osservazioni numismatiche di Bartolomeo Borghesi. AL CHIARISSIMO SIGNORE IL REVERENDO DOTT. GIORGIO FEDERIGO NOTT CANONICO DI YNWCHiSTER BAKIOLOMKO BORGHESI v^uesta nuova centuria di osservazioni è cosa vo- stra , o signore , perchè senza i validi eccitamenti che vi degnaste di dirmene, allorché mi onoraste di una Vostra visita , ella probabilmente non sarebbe nata. Pago di aver soddisfatto all' impegno assunto col con- durre a termine la prima, io non aveva che una lon- tana idea di proseguire, sembrandomi che l'amplia- re questo lavoro fosse uh metterne in maggior mo- stra la deformità. E veramente la mancanza d'ogni ordine poteva scusarsi, finGhè non si trattava che di spigolare nell' ampia messe della serie delle famiglie ; ma più che la fatica continua , e quando le spighe Osservazioni Numismatiche 391 raccolte divengono già tante che potevano comoda- mente disporsi in manipoli, più deve farsi sentire il difetto di un'opera fatta senza piano e senza pre- meditazione. Ma egli non ha rimedio , perchè risa- le all'origine; ed era questo allora un male neces- sario , non avendo io avuto nell'animo se non che di venir notando alla giornata ciò che la riflessio- ne , il. confronto , la lettura dei classici, e la scq^ perta di nuovi monumenti poteva somministra: mi d'acconcio per la maggior illustrazione della più hhi- dita parte della numismatica. È dunque per salvarmi dalle censure , che questo confessato difetto deve procurarmi, ch'io colloco questo scritto sotto l'egi- da del vostro nome, onde il merito di avervi obbe- dito serva a conciliarmi indulgenza presso i lettori. Piacciavi pertanto di ricevere benignamente questa tenue testimonianza della profonda stima che ho con- cepita per le vostre virtù e par le vostre estese co- noscenze nella scienza nummaria , e piacciavi d'in- coraggiarmi ad una terza centuria collo sparge- re fra i possessori dei gabinetti , che niuna cosa più grata possono farmi che di somministrarmene materia col comunicarmi la descrizione o i disegni delle medaglie sia direttamente spettanti alla serie consolare, sia urbiche ma portanti nome di magistra- to romano, che restassero ancora occulta nei loro musei. S. Marino il di primo decembre 1824» '9* »Qa- Lbttbratuiva. DECADE XI. Osservazione I. As .ggiunse il Morelli alla gente Tizia un denaro col- la solita testa senile alata , barbata e diademata, sen- za leggenda nel diritto , il quale mostra nel rove- scio un uomo sopra generoso destriero che corre a sinistra , coli1 epigrafe Q. TITI nell' esergo. L'Aver- campio dichiarò molto raro questo nummo che con- fessò di non aver mai veduto , e fra le varie in- terpretazioni che propose la meno assurda fu quel- la , che poiché su gli altri rovesci di questa famiglia rappresentavasi il Pegaso, qui ci si offerisse una qual- che statua posta in onore di C. Tizio cavaliere ro- mano, oratore e poeta, le cui tragedie si studiava d'imitare L. Afranio, a eh' è lodato da Cicerone nel Bruto C. 45- e da Frontone /. 1. ad Marcum Cces. ep. 6. Però è opportuno di far avvertire che un so- migliantissimo tipo scorgesi in una medaglia di ra- me , che si attribuisce ad un capo dei Gauli , e ch'io descriverò dal ben conservato esemplare che ne pos- seggo. Il diritto è identico col Morelliano , e nel rovescio presenta anch'essa un uomo a cavallo rivol- to parimenti a destra avente in mano una corona , colle lettere TAT1NOS nell'esergo. Fu ella pubbli- cata dall' Haym Thes. Brit. P. 11. pag. i63, e dal Pellerin Ree. 1. pag. 69, i quali malamente solo les- sero ATINOS , e peggio questi fece coli' attribuirla alla citta di Atina , finche la lezione fu rimessa a dovere e il nummo restituito al loco conveniente dall' Ennery Cat. p. 120. N. 4°3, e dal Mionnet nel supplemento p. 160 n. G7. Si è però generalmente Osskrvjizioni Numismatiche a<>3 fagliato nell' attribuire alla testa del diritto invece delle ali due corna di becco, provenendo l'errore par- te dalla rozzezza del conio, parte dal tratto più mar- cato indicante l'ossatura dell' ala , che in una me- daglia per poco che sia logora, onde siansi consu- mati i tratti minori denotanti le penne , può agevol- mente prendersi per un corno. Però basta fare il con- fronto fra questa medaglia ed una della Tizia colla testa accennata per non poter più errare nel giu- dizio : tanta è l'uniformità nella faccia magra e seni- le, nella forma aguzza della barba , nella qualità e legatura dello strofio o diadema, da non potersi ad alcun patto dubitare , che sia il medesimo ritratto. E qui non lascierò di avvertire , che il eh. Sestini nel suo immenso catalogo ha saviamente giudicato , che parimenti TÀTINOS debbasi restituire in due altre monete del medesimo genere portanti ambedue nel ro- vescio un soldato in piedi a sinistra colla patera nel- la destra ed un asta nella mancina , in una delle qua- li che ha dall' altra parte una testa virile barbata l'edi- tore del museo Peinbroch p. a. tav. a. fig. li. ave- va letto TA.INOS , mentre dalla seconda con capo virile imberbe il Mionnet T. I. p. g5. n. 194 non are" va potuto ricavarne che TA . . NOS . Ma ritornan- do a noi, tanta somiglianza tra la medaglia del Gaulot e quella di Q. Tizio non potrebbe a meno di porta- re che per la loro spiegazione si dovesse cercare qual- che cosa, che ad ambedue potesse essere comune; nel qual caso sarebbe forza di rigettare la statua di C. Tizio poeta, che l'Àvercampio aveva voluto trovare in quel rovescio , e che in niun modo potrebbe com- parire sulle monete del Gaulo.'Ma io penso piutto- sto che debba rigettarsi del tutto la stessa medaglia aggiunta dal Morelli , che non è mai stata veduta da alcun altro , e che non esiste in alcun museo, 2()4 Letteratura Ed in vfio fa molta meraviglia come tutte l'altre -monete di argento di Q. Tizio essendo così co- muni , questa sola abbia da èssere di così por- tentosa rarità. ' Credo adunque piuttosto che nel- le mani del Morelli capitasse una medaglia del ■Gaulo non molto ben conservata, e ch'egli sedotto dal diritto tutto particolare della gente Tizia non esitasse a crederla spettante alla stessa famiglia. E in questa opinione potè confermarlo la sillaba TI , che forse sola potè leggere distintamente nell'epigrafe del rovescio , e che potè sembrargli bastante ad auto- rizzare il supplemento Q . TITI , che si osserva nel- le altre. Né mi rimove da questa opinione il vede- re ch'egli dice la sua d'argento , mentre l'altra è di rame, giacche ella nel peso , nel modulo e nello sti- le è cosi simile ad un denaro , che potè agevolmen- te essere da lui reputata l'anima di una medaglia foderata , che avesse perduta la spoglia d'argento; sapendo poi ognuno che l'unica taccia che può dar- si alla sua fedeltà è appunto quella di non aver indicato quando egli si è preraluto di medaglie su- berate , dalle quali più altre si sono insinuate nel suo tesoro. E veramente di tal natura era stata cre- duta quella di Tatinos da mio padre in tempo che non era stata ancora pubblicata correttamente da alcuno , onde l'aveva classificata fra i denari barba- ri foggiati a somiglianza dei romani , ma viziosi per l'ordinario nell'iscrizione. La qual sentenza non po- trà più ora tenersi in alcuna guisa , troppe ripeti- zioni conoscendosi di queste medaglie tutte di ra- me , delle quali tre ne ha avuto sott'occhio il solo Mionnet Suppl. t. i. p. 160. n. 87 , e troppi altri im- pronti dei Gauli essendosi ora scoperti per farne il paragone. Intanto spero che tutti i collettori della serie consolare , i quali sono smaniosi di compie- Osservazioni Numismatiche arp tare le loro raccolte , accoglieranno di buon grado un osservazione che diminuisce il numero delle de- sideratej e che li dispensa dalla cura di cercare una medaglia che vi è ogni apparenza per credere che non esista. Osservazione IL Nuova utilità può ricavarsi dalla piena somiglian- za che ho detto scorgersi fra la testa improntata sul- la medaglia di Tatinos, e l'altra che si ■ trova sul frerju entissimo denaro di Q. Tizio col rovescio del Pegaso , e sarà quella di conoscere finalmente di chi sia quell' immagine. Del dio Termine giudicolla l' Eriz- zo , di C. Tizio poeta l'Orsino ed il Vaillant , di Bacco iiBegero e l'Avercampio , del Sonno finalmen- te il Visconti nel t. i. del museo Pio dementino p. i83. Ma la di lui congettura non fu approvata dall' Eckhel : ed egli stesso se ne ritrattò nelle os- servazioni inserite nel t. vii, aggiungendo che non p'è nulla che sforzi ad abbandonare la spiegazione pia naturale che si rappresenti in quella testa un* immagine di Mercurio barbato e sfenopogon a bar' ba cuneiforme. E veramente Mercurio si presenta bar- bato in Pausania due volte 1. vii e. 32. e 37, in una medaglia attribuita all' isola di Gozzo dall' Eckhel t. 1 p. 268, e in altri monumenti ancora. Tuttavolta io nell' osserv. iv della decade vi mi dimostrai non abbastanza persuaso di questa opinione, perchè non vedeva alcun argomento , né trovava altro esempio, con cui sostenere si potesse il diadema sul capo del figlio di Maja. Ma ora che il nummo di Tatinos ci fa certi che quello è un nume non romano , né gre- co , ma gallico , volentieri darò vinte le mani, pri- mieramente perchè è vero che le ali al capo furo- 3q6 LSTtUAtUA no sempre il precipuo distintivo di Mercurio , di cui non v'è altro dio che abbia maggior diritto di com- parire sulle monete dei Galli ; dipoi perchè cessa di aver forza ogni ragione ia contrario , subito che non si ha alcun altro simulacro , che ci mostri co- me da loro si figurasse ; finalmente perchè il dia- dema potrà ora assai ben convenire alla divinità che era la prima presso quella nazione. Di fat- ti ci attesta Cesare bel. Gal. I. vi. e. 17. Deum maxime Mercurium colunt. Hujus sunt plurima simulacra : hunc omnium inventorem artium Jerunt, hunc viarum atque itinerum ducem, hunc ad quxe- stus pecunia; mercaturasque habere vim max imam arbitrantur. Post hunc Apollinem et Martem et Iovem et Minervam. E seco lui concorda Tacito de mor. Ger. e 9 , parlando dei Germani , che profes- savano in sostanza la stessa religione dei Galli. Deo~ rum maxime Mercurium colunt , cui certis diebus humanis quoque hostiis litare fas habent. Hercu- lem ac Martem concessis animalibus placaat. Avre- mo noi qui dunque per la prima volta l'immagine di Mercurio Teutate ; non dubitando io di metter- mi dalla parte di coloro che hanno giudicato esser questo il dio che i Celti veneravano sotto una tale denominazione, ed a cui per l'appunto offrirono uma- ni sagrifìzj come ci fece sapere Lattanzio /. 1. di- vin. instit. e. a 1 t e innanzi di lui Lucano 1. 1 . v. 444* Et quibus immitis placatur sanguine diro Teutates , horrensque satvis aitar ibus Hesus r Et Taranis Scythica; non mitior ara V lance. Non ignoro che i sig. Achaintre e Lemaire nel- le note al superiore passo di Cesare hanno recen- temente abbandonato questa sentenza , perchè Teu* Osservazioni Numismatiche 297 tates deus est immitis et ferus, qui non satis recte comparatur cum Mercurio. Ma ognuno vede che la ragione per cui da Lucano viene chiamato immite è quella stessa per cui dice crudeli anche gli altri due , cioè a motivo dei barbari sacrifizj che loro si offrivano . Ne puossi poi dubitare che a Mercurio s'immolassero vittime umane , perchè oltre la prova che ne proviene dall'allegato passo di Tacito, ciò si conferma ancora da Tertulliano adversus Gnostico* cap. 7: Gallorum Mercuri um hominum vidima pia- cari apud saìculum licuit , con cui si accorda Mi- nucio Felice p. 295 : Ritus fuit Mercurio Gallos humanas vel inhumanas victimas caldere . E per verità non vedo come i sopra citati eruditi abbia* no potuto dubitare che Teutate fosse lo stesso che Mercurio. Imperocché se tre furono i numi, ai qua- li per l'addotta autorità del cantore di Farsaglia si svenavano uomini nelle Gallie, cioè Teutate, Eso^ e Tarano t e se Eso e il dio della medicina ossia Apollo , come essi stessi convengono appoggiati al- la seconda delle are parigine, di cui si ha il di- segno nel Muratori ( Inscr. pag. 1066.), e se Tarano è Giove per fede delle due lapidi riferite dallo Spon {Mise. Er. Ant. Sect. 3 n. 4« 50' cm ma* Potra- essere il terzo se non quell' altro , che con si au- torevoli testimonianze si prova aver partecipato di quel culto inumano ? Ed è anzi da avvertirsi con quan- ta religiosità abbia Lucano conservato l'ordine, con cui questi numi erano adorati dai Celti, e che ci è stato manifestato dal ripetuto passo di Cesare, po- nendo da prima Mercurio, quindi Apollo, in ulti- mo Giove , giacche Marte numerato per terzo nei commentarj cesariani non poteva entrare nel suo con- to, avendoci insegnato Tacito, che eum concessis ani- malibus placant. Ma se con tanta fiducia può as-. 398 LiBT TIRATURA serirsi* die il dio rappresentato da Q . Tizio è il Teutate dei Galli, sarà poi da cercarsi come que- sto nume straniero sia riuscito ad insinuarsi in una medaglia romana. Nell'osservazione IV e V delia de- cade VI ho già provato che i denari della gente Tizia essendosi trovati nel tesoro di Cadmiano fu- rono perciò anteriori all' anno 706 , e che vicever- sa per ragione dell'asse semionciale dovevano cre- dersi posteriori alla legge Papiria promulgata do- po i tempi di Siila. Dissi in conseguenza che ap- partenevano senza fallo a Q. Tizio , che apparisce un legato di Cesare nel 70G , e che si memora nel 3 li- bro cap. 4a dei commentar) della guerra civile. Mo- strai similmente quanta somiglianza si scorga fra i suoi tipi e quelli di G. Vibio Pausa, dal che tras- si argomento di giudicare che le loro monete fos- sero contemporanee, e quindi sospettai che Cossero stati insieme triumviri circa il 690. Ora questa te- sta riconosciuta di una divinità Gallica mi fa ri- trattare una tale opinione , e credere piuttosto che ambedue siano stati questori di Cesare nelle Gallie, sia successivamente , sia nel medesimo tempo , po- tendo uno aver esercitato il suo uflicio nella pro- vincia citeriore, l'altro nell'ulteriore. In tal modo sarà spiegato con tutta felicita come questo stra- niero Mercurio potesse venir qui rappresentato ; non essendo insolito che sui nummi romani coniati fuo- ri della capitale appariscano le divinità dei paesi in cui si fabbricavano. Cosi ho mostrato che nel denaro di L. Lentulo stampato in Efeso furono effi- giati Giove Ombrio e Diana Efesina: così nelle mo- nete di Pinario Scarpo legato di M. Antonio nella .Cirenaica , e in quelle di Q. Cornuficio propretore dell'Africa comparisce Giove Aminone; cosi il Sole .in quelle di M. Antonio coniate in Oriente; così il Osseuvazigni Numismatiche 3199 genio tutelare dell'Africa in una di Metello Scipione battuta in tempo della guerra africana ; cosi l'Er- cole Gaditano nelle altre di Dominio Calvino e di Lentulo Spintere proconsoli della Spagna ; e cosi in qualch' altro esempio , che ne verrò altra vol- ta adducendo. Egli è adunque tutto affatto regola- re clie Q. Tizio abbia introdotto il nume princi- pale dei Galli sul denaro , s'egli fu stampato nelle loro regioni. E veramente pare che vi sieno molti motivi per credere che le sue monete , e una parte di quelle di Pansa sieno state impresse fuori di Ro- ma. I loro assi si per la forma talvolta ovale, si pel più rozzo lavoro si allontanano sensibilmente dal- lo stile usato negli ultimi tempi della repubblica dal- la zecca romana. La barba di Giano ha sempre in quelli di Tizio , e qualche volta negli altri di Pan- sa, una forma puntuta, che quanto si assomiglia a quella del nostro Mercurio Teutate , altrettanto non ha esempio in alcun' altra immagine di quel dio , cui sempre si attribuisce una riccia e corta barba; se solo si eccettuino alcuni degli assi di L. Titurio Sabino , che sono del medesimo tempo , e nei quali non sarebbe difficile sospettare un egual prove- nienza. La novità dei tipi diversi dai soliti , la qua- le si osserva nelle altre medaglie di rame di Ti- zio , molto meglio si spiega , se hanno avuto per patria un suolo straniero. In sopra cento venti de- nari di Pansa colla quadriga di Minerva ch'io pos- seggo , non pochi ne osservo provenienti da conio dì così infelice artificio , che non può essere cer- tamente opera di un bulino della capitale. Final- mente i ripostigli di Cadriano e di Roncofreddo han- no mostrato quanto questa moneta abbondasse nel- la nostra Emilia , che faceva parte dei paesi go- vernati da Cesare, il che stara bene s'ebbero ori- 3oo Lkttkratura gine in una delle sue due provincie. Ne per par- te della storia si ha alcuna ragione per cui s'im- pedisca la supposizione che Pansa e Tizio sieno sta- ti suoi questori; anzi all'opposto ve n'e qualcuna che può favorirla. Nei quattro anni del suo pro- consolato Gallico anteriori al 700 , sul finire del qua- le nomina come suo questore M. Crasso , non sap- piamo chi lo sia stato. Per altro conosciamo da un' epistola di Tullio a Q. fratello Legato di Cesare (L. 3. e p. 4) che nel 699 Pansa trovavasi nelle Gallie, il che pure sul principio dell' anno seguente si ri- cava dall' altra epistola (ad fam. L. 7 ep. 13) indi- rizzata a Trebazio, il quale soggiornava ad Amiens. Niente adunque di più verisimile che sia «tato il predecessore di Crasso , e ciò ben corrisponderebbe per parte dell' età al tribunato della plebe da lui conseguito quattro anni dopo nel 703. Egualmente se Tizio fu Legato di Cesare, è altresì non impro- babile, che fosse stato prima suo Questore, cosi ve- ramente trovandosi accaduto spessissime volte; on- de per esempio fra i Legati nella pugna Farsalica incontriamo M. Antonio , eh' era stato Questore del medesimo Cesare nella Gallia Transalpina l'anno 702. Per lo che se vi è tanta apparenza che le medaglie di Q. Tizio siano state coniate nelle Gallie, io ho gran timore che il Pegaso non alluda alla gloria poe- tica del suo antenato C. Tizio , come pretendevasi , e reputo molto più giusta l'osservazione dell' Eckhel, il quale avverti sirnillima aversa , qaalis est in his denariis et quinariis , P e gasimi intelligo, est etiam in copiosis aurei s IV fornice , Jabricce barbara» , i quali dal Mionnet nel supplemento sono stati clas- sificati fra le monete incerte dei Gauli. Oltre di che ognuno sa, che il tipo prediletto e quasi perpetuo di quella nazione fu il cavallo , ora montato dal Osskbtàxiojti Numismatiche 3oi cavaliere, ora no, ora colle ali, ora senza, ora in fine colla testa eli grifo ; per la qual cosà penso che Tizio nel riceverlo sul suo rovescio non altro si proponesse, se non che d'uniformarsi al costume del paese nel quale imprimeva le sue monete , e cosi denotarne l'origine. Osservazione III. Nel nono tomo delle sue lettere di contimi i- zione pag. 28. il ch.° Sestini pubblicò la seguente medaglia di terzo bronzo dell'imperatore Trajano, ri- cavata dal real museo di Baviera, e battuta in At- tea città della Frigia , appartenente alla provincia dell'Asia. '•' NEPB AC . TP AIANOC . Testa laureata di Trajano. Eli • -AN0 • koapa •• ATTAElTfìN. Giove semi- nudo in piedi a sinistra , che colla destra (bassa tie- ne il fulmine , e colla manca si appoggia all'asta : vicino ai piedi ha l'aquila. .. ' Egli rettamente supplì koapatov, e notò" che di qui si aveva il nome di un nuovo proconsole. Io aggiungerò che KOAPAtou e la stesso che KOYAàPAtoi/, cosi frequentemente solendo i greci trasportare nel loro linguaggio il Quadrato dei latini. La cosa è no- tissima ; ma pure chi ne Volesse qualche prova è in pronto Suidà , che nell'articolo che lo riguarda no- mina Kotyxros lo storico Asinio , che scrisse in dia- letto jonico la storia dalla fondazione di Roma fino ad Alessandro Severo, e clic 'Quadratiti ■ dicesi da Capitolino nella vita di L. Vero. Similmente Filo- strato ( vita: sopliistarum l. 2. art. 7. ) e Aristide nell'orazione IV cosi chiamano un sofista proconso- le d'Asia, che si tiene essere Stazio Quadrato, no- tissimo nella storia ecclesiastica pel martirio che fece 3Ò2 Letteratura soffrire a Smirne a S. Policarpo. Così pure si appella dai fasti greci minori Ummidio Quadrato, che fu col- lega di L. Vero nel consolato del 910. Lo che essen- do non si avrà da dubitare che il Quadrato della medaglia sia il medesimo che A. Giulio Quadrato console per la seconda volta l'anno di Roma 858, che sebbene ignoto agli scrittori , è però ben cono- sciuto per molti marmi , e che sappiamo essere sta- to effetti ramen te proconsole d'Asia in grazia di una magnifica iscrizione di Pergamo , che dai viaggi del- lo Spon e del Wheler ricavò il Marini , ed ampia- mente illustrò nei suoi Arvali pag. ^35. TAION ANTION AYAON IOYAION AYAOY YION KOYAAPATON AIZ YIIATON AN0Y IIATON AZIAZ ZE11TEMOYIPON ■ EnOYAONQN GPATPEM APOYAAEN IIPEZBEYTHN KAI ANTIZTPATHrON BEI0YNIAZ IIPEZBEYTHN AZIAZ IIPEZBEYTHN ZEBAZTON EnAPXIAS KAnnAAOKIAS AN6YnAT0N KPHTHZ KAI KYnPOY IIPEZBEYTHN ZEBAZTON t KAI ZTPATHrON AYKIAZ KAI nAM*IAIAZ IIPEZBEYTHN KAI ANTIZTPATHrON AYTOKPATOPOZ NEPOYA TPAIANOY KAIZAPOZ ZEBAZTOY TEPMANIKOY AAKIKOY EnAPXIAS ZYPIAZ H BOYAH KAI O AHMOZ TfìN IlPftTfìN NEftKOPQN IlEPrAMHNQN TON EYEPrETHN EniMEAH0ENTftNTHZ ANAZTAZEftZ T&N ZTPATlQTfìN Rettamente notò lo stesso Marini, che invece di KYI1POY nella nona riga dovevasi restituire KYPHNHZ, e che nella susseguente in luogo di KAI ZTPATHroN OsSKRVÀZlONI NUMISMATICHE 3o$ avevasi da riscrivere KAI ANTlETPATHroN ; essen- do i suoi detti poi stati ampiamente confermati da quest'altra lapide , che recentemente lesse in Asia il sig. Dallavay , e clie inserì nella sua opera Reisc in die Levante &c. p. 534» H BOYAH KAI O AHMOS ETEIMHSAN «I/AON IOYAION KOYAAPATON l/IIATON AN0YI1ATON KPH THS KAI KYPHNHE IIPEZBEYTHN TOY EEBAETOY EEIAPXEIAE KAnnAAOKIKHE HPESBEYTHN TOY 2EBA2TOY KAI ANTIZTPA THrON AYKIAE KAI nAM*IAIA2 IIPEZBEYTHN AZIAZ B I3PE2 BEY nONTOY KAI BI0YNIAZ: i Fù questa incisa alquanti anni prima dell'altra , e sempre più ci conferma che il vero suo nome fù A. Giulio , il che avevamo innanzi saputo dalle ta- vole arvali : onde l'altro di G. Anzio che se gli da nel primo marmo dovrà secondo l'uso di quei tem- pi ripetersi dalla famiglia della madre. Per lo che ne avremo una prova sicura che fino dall' impero di Trajano alcuni avevano introdotto il costume dj. mettere il nome materno innanzi al paterno , men- tre sotto i primi Cesari sembra che si facesse tutto l'opposto. E quindi conosceremo che Uon è che im- propriamente , che nell'onesta missione trovata a Sa- loni, e riferita dal Grutero p.574«5. C, in cui si ricor- da il suo primo consolato suffctto , chiamasi G. AN- TIVS . IVLIVS . QVADRATVS, dandoseli cioè il prenome avventizio Caio in cambio di Aulo che era il $uo proprio , se pure dir non si voglia , il che mi 3o4 Letteratura sembra probabile , che per una disattenzione dell'an- tico incisore , o del moderno descrittore sia stato que- sto preterito. Raccogliendo intanto tutte le notizie che di lui ci serbarono i marmi , la tavola Arvale XXII ci fa sapere che fino dall' anno 83 1 era egli ascrit- to a quel collegio , nel quale pure comparisce un' al- tra volta per testimonianza della tavola XXV che non si sa bene di qual anno si sia. Dopo quel tem- po converrà collocare i due suoi ouìcj di legato pres- so il proconsole di Bitinia , e cosi pure presso quel- lo dell'Asia, il qual ultimo esercitò -duplicatamente, cioè per due anni, e inoltre il governo della Licia, e il proconsolato di Greta , essendo tutte queste ca- riche pretorie, che si avranno da far precedere il suo consolato. Per le quali ragioni essendo dovuto resta- re assente tanti anni da Roma , sta bene che non in- tervenga tra gli Àrvali nell' 833. eaiell' 844» gli att-i dei quali anni ci sono rimasti. Fu console sulletto sotto Domiziano l'anno 840 in compagnia di M. Lol- lio Paulino Valerio Asiatico Saturnino , e tantosto gli fu data da governare la provincia di Cappado- cia fatta consolare da Vespasiano , nella quale non dovè molto trattenersi , essendo che troviamo essergli nell' 848 già succeduto T. Pomponio Basso, il quale vi restò per lo meno fino all' 853, come ci fanno fe- de le sue medaglie. Neil' estrazione a sorte delle pro- vincie del senato toccogli l'Asia, e fu poi mandato legato della Siria, nella quale doveva almeno tro- varsi nell' 856 , stante il titolo di Dacico che nella prima lapide si attribuisce a Trajano. Neil' 858 era già stato rimpiazzato da Cornelio Palma, ed egli eh' era tornato a Roma , consegui in queir anno il se- condo consolato ma ordinario , in compagnia di C. Giulio Candido , probabilmente in premio del ben* amministrato governo , premio che ottenne egual- Osservazioni Numismatiche 3o5 mente dopo quattro anni Palma suo successore. Do- po quell' epoca viene nominato in una lapide roma- na di un suo liberto, che fu edita dal Muratori p. 3 1 G. 4. Le due provincie militari della Cappadocia e della Siria, ambedue sulle frontiere dei Parti a lui affida- te mi movono a credere che egli fosse un distinto generale che pel suo valor militare fosse salito tan- to avanti negli onori . E vi è anche apparenza eh' ei fosse oriundo dell' Asia , stante le lapidi che gli furono dedicate in quel paese , dando a questa credenza non poco fondamento C. Giulio Quadrato ca- valiere romano e figlio della citta, ragionevolmente giu- dicato dal Marini suo discendente , il quale sotto l'im- pero di Garacalla e di Filippo trovasi Arconte della citta di Gotieo nella Frigia, come ci mostrano le sue medaglie edite dal Sestini lett. t. 3. p. 60, e dal Mion- net t. 4- P« 274 e 378. Osservazione IV. Il Vaillant fu il primo a divulgare nelle gen- te Plauzia n. 8 una piccola medaglia di rame, che fu in seguito riferita anche dal Morelli Imp. pag. 422 tav. 4^5, dall'Eckhel T. 3 : pag. 84, dal San- clemente T. 2. pag. 18, dal Mionnet T. 3 p. 6 71 , dal Museo Hedervariano n. 5358 , e dal Ramus Mus. Dan. T. I. pag. 274, e che io descriverò da quella che ho sott'occhio della mia raccolta. IMP. CAESAR. DIVI. F. Testa" nuda d'Augusto a destra. A. PLAVTIVS. PRO. COS. Tempio di Venere Pafia. E posseggo pure quest'altra molto più rara, del me- desimo modulo , appartenente allo stesso proconsole. LIVIA. IMP. CAESAR. DIVI- F. Testa di Livia a destra. G.A.T.XXIV. 39 3o6 Letteratura A . PLAVTIVS . PRO . GOS . Tempio di Venere Pafìa. Il Panel de riunì. Tarrac p. 196. die fuori questo secondo nummo dal museo Pfau, nel di cui catalogo fu pure riferito p. ^29, ma ambedue sbagliarono nel leggere il nome del rovescio, che per loro fu AEL. MVTIVS, il qual errore coli' aiuto della sola cri- tica fu emendato dall' Eckhel T. 3 p. 84 ? che sa- viamente restituì A. PLAVTIVS. E questa corre- zione fu poi confermata dal Sestini lett. T. 8 p. 90 , il quale ebbe occasione di rivedere questa medaglia passata ora nel Real Museo di Berlino; ma convien credere ch'ella sia o non molto conservata, o man- cante , perchè nell' epigrafe del diritto niuno ha ri- levato il DIVI. F. che ora aggiungo coli' autorità della mia. La provincia del nostro proconsole fu cer- tamente Cipro troppo chiaramente indicata dal tem- pio di Venere Pafia, che si scorgo in questi rove- sci , e la sua età che fu senza dubbio posteriore al 716, in cui Augusto sposò Livia, anzi al dall' Olstenio p. 75 , dall'Eckheì D. N. U. t. 1. p. i03. e dal Mion- ned t. 2. p. 52 , n. 52 , i quali per la più parte hanno seguita la lezione MorelUana ch'è però ben lontanatali' essere esatta , e ch'io mi propongo di restituire col paralello di cinque di questi nummi die sono a mia notizia , giacché non se ne conosce ancora alcuno che sia dotato di perfetta conserva- zione. Nel primo del museo Tiepolo p. 645 l'edito- re lesse P . POMPON . CR . . . . II . VIR , e dal seeondo del museo granducale di Firenze ch'è quel- lo stesso che fu veduto dal Vaillant, il sig. Sestini da me consultato non ha potuto ricavare se non P . POMPON . . . , benché fosse più felice nel terzo esistente nel real museo di Milano che gli sommi- nistrò P. POMP. CI ... . VLLIEN. II. VIR. Nel Osservazioni Numismatiche 3i3 quarto della mia raccolta non si scopre che P. POMP. GR . . . LL . . e finalmente . . . GR. M. PVLLIEN. II. VIR. Q trovai io molt'anni sono nel quinto , che conserravasi in Ravenna dal Castellano Lovatelli. Da questo confronto ne risulta adunque che la vera le- zione da istaurarsi è P . POMPON o P . POMP . GR . M . PVLLIEN . IL VIR. Q. ed infatti ognun vede quanto sia facile per poco che il nummo sia corroso lo scambiare PVLL con IVLI. Intanto que- sta leggenda vien mossa fuori di dubbio da un altra medaglia di bronzo edita anch'essa dal museo Tiepolo p. 109 , e che il Sestini tornò a produrre nel t. 8 delle prime sue lettere , onde restituirla rettamente a Butroto. SALVTIS. Testa di questa dea. GRAECINVS . . . VLLIEN II . VIR . Q. Ser- pente ripiegato in rota. Conosceremo adunque che i duumviri Quinquen- nali , sotto cui s'impressero a Butroto le superiori medaglie furono P. Pomponio Grecino , e M. Pullie- no , la famiglia del qual ultimo è ben nota per mol- te lapidi riferite dal Grutero e dal Muratori. L'al- tro poi è ricordato anche nei seguenti nummi del- la stessa citta tutti di piccol bronzo. BVTHR colle ultime due lettere in monogramma , scritto in mezzo a due cornucopj ornati di nastri. P. POMPONIVS . G attorno, II . VIR . ITER. EX . D. D. nel campo. Mus. Tiepolo p. 83, Sestini mu- seo Fontana p. 34- CAESAR . AVGVST in una corona di quercia. GRAECINVS . QVINQ . TERT - BVTHR . Lituo e globo. Maffei Ant. Gali. p. 117, Eckhel D- N. V. t. 2. p. iGj, Mionnet t. 2. p. 52. 3 14 Letteratura BVTHR colle ultime due lettere in monogramma : Tridente. P. GRAECINVS . QVIN . TERT Coscia e piede umano sopra una rupe. Pellerin Ree. i. tav. ia. n. i5t Eckhel D. N. V. t. 3. p. i63, Mionnet t. 2. p. 5a, Le chevalier viaggio della Troade tav. a4» n. 3, A questi ne aggiungo un altro , che parmi mal letto nei museo Tiepolo p. 92. GRACHVS . (leggo GRAeCVNVS) QVINQ . TER. Testa di bue. V . TUR (cioè 6VTHR). Tripode. Or tutte queste medaglie essendo coloniali meritereb- bero di essere escluse dalla serie delle famiglie roma- ne ; ma io penso che vi si potranno ritenere , pur- ché la prima si tolga alla gente Giulia , e tutte si assegnino alla Pomponia , per la ragione che il ma- gistrato di cui favellano non è altri certamente se non P. Pomponio Grecino console sufì'etlo sul prin- cipio dell' impero di Tiberio , e precisamente nel 7G9 di Roma. Ne può supporsi che il duumviro di Bu- llo to fosse suo padre , perchè sappiamo che il con- sole fu fratello di L. Pomponio Fiacco console anch' egli ma ordinario nell' anno susseguente 770, e que- sti dall' indice consolare di Dione dicesi figlio di Lu- cio. Al contrario al console Grecino viene invitta- mente assicurato il prenome di Publio dalla seguen- te iscrizione romana una volta del museo Ciampini, fatta pubblica dal Fabretti p. 701 n. 234» eh' è l'uni- ca finora che ci abbia serbata memoria di questa sua dignità. GELOS . DIVI . AVG VSTI . L . EX . DEC . decreto POST . MORTEM . FILII . SVI . NO FECIT . ET . DEDICAI IIII . NONAS . MAIAS . T.STATILIO.TAVRO.P. POMPOSO Grcecino Cos» Osservazioni Numismaticgb 3i5 E non è poi nuovo il vedere uno de' principali ma- gistrati romani esercitare gli onori municipali in una citta di provincia , non avendo sdegnato di farlo gli stessi imperatori , ed avendone io stesso recato al- cuni esempi nelle osservazioni in. e v. della deca- de X. Anzi da ciò potrà trarsi qualche argomento per giudicare ch'egli fosse oriundo o nativo di quei paesi , il che ci spiegherebbe a meraviglia la ra- gione del suo cognome GRAECINVS . Non so che altro scrittore abbia di lui parlato all' infuori di Ovidio nei libri ex Ponto , che gli dirige l'episto- la vi. dei libro i. per raccomandarsegli , e la ix. del libro iv. per congratularsi seco lui del suo conso- lato , e die torna pure a mentovarlo nella x del li- bro i. indirizzata a Fiacco suo fratello. Consta da essa eh' erasi dato alla milizia , ma che però colti- vava le liberali discipline , e che quando il poe- ta fu esigliato trovavasi fuori di Roma , verisi- milmente per governare una qualche provincia toc- catagli dopo la pretura. Dai frammento della seconda tavola degli Arvali presso il Marini si ha ragione di credere eh' egli fosse ascritto al loro collegio. Mala- mente dal Pighio e da altri dopo di lui è stato con- fuso con Giulio Grecino padre di Agricola , che da Tacito nella vita del figlio dicesi semplicemente se- natorii ordinis , e eh' egli avrebbe certamente chia- mato consularis , se tale fosse stato. Più celebre ne- glio annali ecclesiastici è sua figlia Pomponia Gre- cina maritata ad A. Plauzio uomo trionfale e vin- citore dei Britanni, della quale parla'Tacito an. 1. i3. e. 3a, e eh' è una delle prime matrone che si pro- vi aver abbracciato il cristianesimo. Un' altro Pom- ponio Grecino prefetto, come pare, delle ferie lati- ne apparisce dal frammento di un iscrizione di Gub- bio edito meglio degli altri dal Sarti nei suoi ve- 3i6 Letteratura scovi gubini , che dal Reinesio ci. vi. n. 78 a tor- lo è stato creduto figlio di questo console ; essendo che costui vi si dice figlio di Cajo , quando abbia- mo veduto che il nostro Grecino denominavasi Pu- blio : per lo che quel marmo dovrà ritirarsi ad un epoca posteriore. Osservazione VII. Non per altra ragione t se non perchè la gente Tituria portò il cognome di Sabino , fino dai primi tempi della numismatica le fu aggiudicato un quinario frequentissimo , che nel Morelli si trova al n. 6. aven- te da una parte la solita testa di Giove barbata e laureata, e dall' altro una vittoria che corona un trofeo coli' epigrafe P. SABINI . Niuno però sep- pe mai nulla di questo P. Titurio Sabino. L' Orsi- no lo stimò un figlio di quel Q Titurio che fu le- gato di Cesare nelle Gallie^ del che fu giustamente ripreso dal Vaillant, che sostenne con ragione che questo quinario pel suo tipo non poteva discendere ad un' epoca così bassa, e che dal suo canto l'aggiu- dicò ad un altro Titurio senza prenome che viene men- tovato da Cicerone nell' orazione prò Fonteio. L'Aver- campio pensò anche al legato di Cesare , senza ba- dare che quei prenominossi Quinto , e questi Pu- blio. Non mi fa però meraviglia se non si è potuto trovare alcuna traccia di questo P. Sabino finché si è cercato fra i Titurj , perchè io sono di fermo avviso, che questo quinario sia mal classificato. E la ragione che mi move è gravissima , perchè pro- cede dall'aver'osservato che in tutte le memorie di questa casa , comprese anche tutte le sue lapidi , non si trova mai che abbia adoperato il prenome di Publio , essendosi contentata di quelli di Cajo, di Osservazioni Numismatiche 317 Lucio, di Quinto, e di Tito; ed ognuno poi sa che ogni famiglia aveva una predilezione per certi preno- mi dei quali unicamente prevalevasi. Per lo che il cognome di Sabino essendo stato in Roma comune a varie genti , sarà da cercarsene un altra cui me- glio questo nummo possa convenire. E lasciate da parte le due troppo antiche prosapie dei Glaudj e dei Sicinj che presto l'abbandonarono, trovo che nell* ultimo secolo della repubblica fu parimenti adopera- to dalle genti Calvisia e Vezzia , alla qual ultima viene assicurato dalle sue medaglie , e dalle buone osservazioni che fecero a questo proposito il Noris Cenot. Pis. diss. 1. e. v , e l'Eckhel T. v. p. 357. Ma per riguardo alla Calvisia , il primo a mettere in fama questa casa fu C. Galvisio Sabino , che ascese al consolato Tanno 715, onde apparisce troppo mo- derna per potersele attribuire il presente quinario ; oltre che urteremmo nel medesimo scoglio , che vo- gliamo evitare , perchè quel console tu figlio di un, Cajo , né si sa che quella gente abbia adoperato altro prenome sotto i primi Cesari. Più opportuna parmi la Vezzia , in cui veramente fu comune il prenome di Publio , e che quantunque durante la repubbli- ca poco fiorisse per onori ricevuti , fu però anti- chissima in Roma , sapendosi da Plutarco nella vita di Numa Pompilio che Sp. Vezzio era interré in quel giorno , in cui egli venne a prender possesso del re- gno. Con più ragione adunque potrassi assegnare que- sta medaglia a P . Vezzio fratello della moglie di Verre mentovato da Cicerone nelle Verrine ( Act. 11. /. 3. cap. 71 ) , di cui egli tace il cognome. Molti interpretarono per Qucestor il Q che trovasi sul no- stro nummo dopo il nome di P. Sabino , e vera-, mente P. Vezzio fu questore dei cognato in Sicilia. Ma io osservando che quella lettera non segue la 3i8 Letteratura disposizione delle altre , e che se ne sta da se sola nell'esergo % penso che più probabilmente voglia si- gnificare Quinarius, come l'Eckhel ha saviamente in- terpretato la medesima lettera nel quinario dell'Ego a- tuleja; lo che essendo, non avremo più alcun do- vere di credere battuta questa moneta fuori di Ro- ma , e potrà eziandìo anticiparsene il conio traspor- tandolo al suo triumvirato monetale , ed anche torla , se si vuole , al P. Vezzio or ora nominato per darla a suo padre. Osservazione Vili. Il Vaillant accrebbe pel primo alla gente Sul- picia un quadrante colla solita testa di Ercole ac- compagnata dai tre glabetti nel diritto , e con una prora di nave nel rovescio coli' epigrafe P. SVLP nella parte superiore , e ROMA nell' inferiore. Capi- tò similmente questa medaglia sotto gli occhi del Morelli, il quale la delineò nella tav. II lett. K, ma sebbene vincesse in diligenza il Vaillant leggendo SVLPI colla terza e quarta lettera in monogram- ma, pure per colpa del. nummo mal conservato non potè scoprire, il prenome che nel suo disegno ha rap- presentato eome consunto. Ignoravasi adunque se questi due quadranti fossero i medesimi, o piutto- sto chi fosse questo Sulpicio , atteso che poteva es- servi presunzione , che il Vaillant non vi avesse ag- giunto il prenome se non per la credenza, in cui fu che questo nummo spellasse ad un P. Sulpicio Galba, cui aveva aggiudicato altre monete. Ora pos- so io dileguare una tale dubbiezza pubblicando dal- la mia raccolta un asse onciale inedito, di cui un. altro trovasi in Pesaro nel museo Olivieri, il qua- le mostra da un lato la consueta testa di Giano bar- OssERVÀZIOM NUMISMITICHB 3ig Lata e laureata coli' I sul vertice , e dall' altro la prora di nave con ROMA, nell' esergo , e C. SVLPi al disopra, legate in nesso le due lettere soprain- dicate , e colla particolarità che alla destra invece del solito I apparisce un ramo di palma. Non ca- de dubbio per la conformità dell' epigrafe e del mo- nogramma, che il quadrante Morelliano sia uno spez- zato di quest' asse , e che tanto l'uno quanto l'altro sia stato poi coniato d'ordine di qu^l C Sulpicio che fece improntare il denaro della stessa tavola n. 3 , nella cui leggenda C- SVLPICI. G. F. scorgevi pu- re il medesimo nesso. Neil' osservazione VII della decade VI dissi qualche cosa di questa medaglia per illustrare le sigle D. P. P. che vi si mirano nel di- ritto sotto le teste degli dei penati , ed ora aggiun- gerò che nel rovescio , in cui si espongono due gio- vani militari appoggiati all' asta colla sinistra , in atto di additare colla destra una serofa giacente in mezzo di loro, rappresentasi ancora un branco di porcelli afFollati intorno il ventre della madre per poppare, la qual cosa non fu avvertita né dal Mo- relli , ne da alcun* altro , perchè in tutti i disegni i figli sono stati presi per le mammelle della por- ca. Ma trovandomi io avere dieciotto di queste me- daglie distinte colle lettere monetali ho potuto sin- cerarmi del vero , e qui noterò che le due di es- se in cui ho trovato impresso più chiaramente que- sto tipo sono le contra segnate colle lettere N. ed R. Sara dunque questa la bianca madre dei trenta por- celli veduta da Enea e cosi famosa in Virgilio , e però cadrà del tutto l'opinione non disfavorita dall' Avercampio che qui vorrebbe riconoscere la confede- razione di Tulio Ostilio con Mezio SuiTezio. Ed essen- do due gli astanti , e non uno , come parrebbe che dovesse essere f non si potrà nemmeno ammettere 3ao Letteratura l'interpretazione del Pighio , che ci volle trovare il compagno di Enea , che primo vide la candida scro- fa partorire , onde s'immaginò che da sue speda il fondatore di questa casa si denominasse poi Suispi- .picius, e quindi Sulpicius. L'unica spiegazione ve- ra di questo rovescio sarà dunque quella che die- de anticamente l'Erizzo , e che è stata poi difesa dall' Eckhel, la quale qui ci addita gli dei penati apparsi ad Enea per ordinargli di fabbricare la cit- ta di Lavinio nel luogo in cui si era sgravata la porca , secondo che racconta l'autore dell' origine gen- tis romana; , che ciò ha ricopiato da Catone. At Cato in origine generis romani ita docet : suem triginta porculus peperisse in eo loco, ubi nunc est Lavinium : cwnque Aeneas ibi urbem concie re con- stituisset , propterque agri sterilitaiem metueret , per quietem ei visa deorum penatum simulaci a adhortantium ut perse^eraret in condendo, urbe quam ceperat : nam post annos totidem quot /ic- tus illius suis esseri t, Trojanos in loca fertilia , at- que uberiorem agrum transmigr attiro s , et urbem clarissimi Jiominis in Italia condituros : ond' Enea poi in benemerenza sacrificò loro la porca coi fi- gli , siccome attesta Dionigi d'Alicarnasso 1. i e. t>6 e 57. E convenientissimo è poi l'abbigliamento che qui vedesi dato ai penati , perchè lo stesso Dioni- gi scrive più a basso cap.08. Multas etiam alias Iwrum Deorum imagines in anliquis tempi is consueximus , et in omnibus apparent duo juvenes habitu cultuque militari^ Varie sono le opinioni dei Numismatici sul- l'autore di questa medaglia. L'Orsino stette per G. Sulpicio Platorino : il Vaillant pensò a C Sulpicio Galba pretore nel 583. l'Aveicampio dopo aver pas- sato in rivista molti C Sulpicj non arrischiò di de- cidersi per alcuno, e l'Eckhel parve inchinare ad at- OsSKRVAaiONI NuMISlf ETICHE 3^1 tribuirla a qualcuno della famiglia dei Ruft, perchè il tipo dei Penati apparisce in altre loro monete. Ma io farò avyertire che non si ha alcun'esempio in quella casa del prenome Cajo, nella quale non si trovano che quelli di Lucio, di Publio e di Mar- co, oltre l'altro di Servio comune a tutta la gen- te. Un tal prenome nei tempi numismatici della re- pubblica non fu adoperato che nelle due famiglie dei Sulpicj Galba, e dei Sulpicj Galli , ad" una delle qua- li dovrà per conseguenza appartenere questo rnone- tiere. Intanto l'asse onciale ricaccia tutte queste me- daglie ai tempi anteriori alla legge Papiria, nel che pure si accorda il denaro ch'è dentato , ed ognuno sa che quest'uso era certamente cassato ai tempi di Siila. All'opposto siamo costretti a non pensare a tempi tanto antichi. Il denaro si è affatto allontana- to dai vetusti tipi , e non ha nemmeno la nota del valore, che per tutto il sesto secolo almeno di Ro- ma non sembra che fosse mai om messa. L'asse anco- ra ha tralasciata questa medesima nota nel rovescio per sostituirvi un ramo di palma. Sembra adunque die tutto collimi a persuaderci che fossero impressi circa la meta dd settimo secolo ah wbr candita» Ora sappiamo da Cicerone nel Bruto e. »3. e nel- l'Oratore 1. i e. 53; che nell'anno (5o5. in cui l'ora- tore Q. Servio Sulpicio Galba console cinque anni dopo fu accusato per avere governando la Spagna mancato di fede ai Lusitani , tutta la famiglia com- ponevasi di due suoi figli pargoletti , e di un al- tro garzoncello denominato Quinto , figlio di C. Sul- picio Gallo console nel 588. suo parente , ch'era già escito di vita essendogli premorto l'altro figlio che aveva, come apparisce dalla sesta epistola famigliare del libro quarto. Uno dei figli di Q. Galba fu Gal- ba oratore anch'egli, ch'ebbe per moglie Licinia ii- G. A. T. XXIV. 'a* 322 Letteratura glia di P. Crasso console nel 63 3, e che fu condan- nato all'esilio per la legge Manilia l'anno 645 (Cic. Brut. e. 26. 33. 340 L'altro per ciò che si ricava da Svetonio nella vita di Galba , fu. Servio Galba con- sole l'anno 645, e trisavolo di queir imperadore. Niu- no di questi può essere il nostro, perchè in niu- no si avvera che fosse chiamato Cajo , e fosse figlio di un altro Cajo , onde converrà scendere ad una generazione posteriore. Non sappiamo quali figli la- sciasse Q. Gallo , ma però dovette averne alcuno , da cui nascesse C. Sulpicio Gallo , pretore nel 697. (Cic. Catil. III. cap. 3.) Ma l'anno in cui ottenne la pre- tura è troppo tardo per poter supporre eh' egli fosse stato triumviro, o avesse esercitato altra magistratura avanti il primo consolato di Siila : onde per questa ra- gione non potrà reputarsi autore della nostra meda- glia, come non potrà esserlo l'incognito suo padre, perchè nato da un Quinto. I figli di Servio Galba, con- sole nel 645 furono P. Galba, di cui abbiamo un'altra medaglia pretore nel 687, e competitore di Cicerone nel consolato , e Ser. Galba pretore nel 700. ( Dione 1. 3g e. 65.), bisavolo dell' imperatore, che al dire di Svetonio ob repulsam consulatus infensus Jidio Ca- sari, cujus legatus in Gallici fuerat , conspiravit cum Cassio et Bruto , propter quod Pedia lege da- mnatus est, benché questi due fratelli da molti sia- no stati a torto confusi insieme. Nemmeno alcuno di questi essendo adatto al nostro uopo, resterà neces- sariamente che il fabbricatore della nostra medaglia sia un figlio di C. Galba marito della figlia di P. Crasso , e che io credo essere quel Galba che fu le- gato di Siila nel 668 nella guerra Mitridatica, e poi nella guerra civile, e che intervenne alla battaglia : e di lei veramente fu conve- nientissimo simbolo il delfino , che appunto l'accom- pagna in uno di questi ultimi, e che si fa vedere ancora in un altro dello stesso Mionnet p. 277. n. 53G. Imperoc- ché chi ignora la favola che avendo ella fatto voto di per- petua virginità-, e che essendosi nascosta presso Atlan- te onde involarsi alle nozze di Nettuno eh' erasene invaghito , un delfino da lui mandalo alfine la sco- OsBKRVÀZIOXI NUMI5MAT1CTÌK 3a5 perse, e giunse a farla acconsentire al matrimonio di quel dio che in benemerenza lo collocò fra le stel- le ? E ciò poi che mi assicura ch'io non erro, si è il confronto coli' altro nummo di P. Ipseo n. 4. in tutto simile a questo , se non che invece della testa di Amfìtite vi si e messa quella del marito Net- tuno assicurata per tale dai consueto tridente. Pei qual paragone sarà chiara la mente eli' ebbe il zec- chiere di onorare le due maggiori divinità che do- minavano il mare, e ne avremo noi il vantaggio di aver arricchita la numismatica romana della testa di una dea, che vi si desiderava. Né temo già che al- cuno venga ad infirmare il gravissimo fondamento che proviene alla mia opinione dalla somiglianza dell' al- tro nummo col capo del marito , adducendo che un terzo pure se ne trova aggiunto dal Morelli lettera B con una testa femminile , che per la corona di mir- to , di cui va adorna , è di Venere certamente. Im- perocché è facile accorgersi che quella è una meda- glia foderata composta del diritto della gente Corne- lia tav. 4- n- vi 11 e del presente rovescio ; ond' es- sendo opera di un falsario non può servire di ap- poggio ad alcun' argomento. L'Avercampio forse per la ragione che gli edili curuli non avevano alcuna ingerenza sulla zecca , e senza badare che questa mo- neta^ fu appunto coniata con straordinaria facoltà ottenuta dal senato come indica l'aggiunto S. G, cre- dè che fosse fatta imprimere da un figlio dell' edi- le per servizio della guerra civile di Bruto e di Cas- sio dei quali lo credette questore. Ma senza perder tempo a metter in mostra argomenti per abbattere questa strana opinione , per tutta risposta basti il dire , che alcune di tali medaglie furono ritrovate nel ripostiglio di Cadriano , per essere certi che fu- rono anteriori anche all' altra guerra civile di Ce- 3a6 Lrttsratuha sare e di Pompeo. Il Vaillant al contrario la vol- le stampata in Cipro quando Ipseo era Questore di Pompeo nella Gilicia , da cui quell'isola dipendeva; ma la quasi identità del rovescio coli' altra n. il. che gli è comune con Scauro , mostra assai chiara- mente che sono tutte di un anno. Ben fece adunque l'Eckhel a cosi giudicare ; onde sapendosi che l'edi- lità di Scauro e d'Ipseo fu celebratissima per la ma- gnificerà dei giochi da loro dati , che fecero la ma- raviglia di Roma , vi sarà ogni argomento di cre- dere , che la ragione per cui essi ottennero la straor- dinaria facoltà di far battere moneta fosse appunto quella di preparare il denaro , con cui supplire alle immense spese di quelle splendidissime feste. Ossbrvàziohe X. Non molto raro è un denaro della gente Petro- nia delineato dal Morelli nella tav. i. n. iv. rappre- sentante da un canto la testa nuda di Augusto coli* epigrafe GAESÀR . AVGVSTVS, dall' altro una stel- la fra le corna di una luna crescente , colla leggen- da TVRPILIANVS . Ili . VIR . L'Orsino preterì d'il- lustrarlo , e il Vaillant avendo osservato che un si- mile tipo trovavasi sopra una medaglia di Trajano impressa in Bisanzio, crede che fosse lo stemma, di- remmo noi , di quella citta : che alludesse al culto di Diana eh' ivi era certamente venerata , e che ri- cordasse un qualche beneficio compartitole da Au- gusto , del quale pretese trovare un cenno in Ta- cito an. 1. 12 e. 62. Ma tuttoché le scoperte poste- riori ci abbiano mostrato quel rovescio anche in una medaglia autonoma degli stessi Bizantini , e in due altre di Geta e di Diadumeniano , ogni numismati- co conosce che la loro prediletta impresa si compo- Osservazioni Numismatiche 327 se di due tonni , o di due istrumenti da pesca ripe- tuti fino alla nausea nelle loro monete, onde que- sti emblemi e non quello sarebbero stati scelti , se si fosse voluto ricordare Bisanzio. Ed è poi ora co- nosciuto, che l'astro e la luna sulle medaglie gre- che allude al culto del dio Limo, che al tempo degl* imperadori si andò successivamente propagando per l'Asia e pei paesi limitrofi : del qual' emblema ci rende la ragione Sparziano nella vita di Caracalla, dicendoci che secondo una certa teologia dei Meso- potami la luna tanto credevasi maschio quanto fe- mina, onde conosciamo che a significare la prima co- sa adopravasi l'astro, come per denotare la secon- da usavasi la luna falcata. Per la qual cosa questo tipo essendo generico , e ripetuto sulle medaglie di altre citta, nelle quali il dio luno era venerato, si vedrà facilmente ch'egli non era punto adattato per rappresentare un popolo in particolare. Oltre di che fu notato daU'Avercampio che male a proposito in- vocavasi dal Vaillant quel passo di Tacito , che fa anzi a tutto suo danno , perchè tratta dei meriti ehe i Bizantini aveano coi romani, dai quali erano stati molto male ricompensati con esorbitanti gabel- le. Preferì adunque di credere che con quel rove- scio si fosse voluta accennare l'ampliazione dell' im- pero , quasi vantandosi di dominare tutta la terra , che viene illuminata da quei due pianeti. Ma né la Cosa era vera in fatto , e quando si ebbe intenzione di alludere al dominio del mondo , molto più chia- ramente fu espressa quest' idea col mettere innanzi un globo. L'Eckhel appena ricordò l'esistenza della nostra medaglia , onde constando che il dio luno non ebbe mai pubblico culto in Roma, e che an- zi non vi era forse neppure conosciuto ai tempi di Augusto , se ne conchiude che non si sa affatto co- 3a8 "Lkvtt. ratuha sa significhi. Io ricorderò che Petronio Turpilìano fu tviunviro al tempo che Fraate Re dei Parti re- se ad Augusto ì prigioni e le insegne militari con-, quistate sopra Crasso, Oppio Staziano e M. Antonio : che quest'imperatore al dire di Dione 1. 54 e. 8. ma- gnee sibi laudi ducebat quod prceliis prius amissa, '•Jra ullum certamen recepissct ; e che Petronio nell' akre sue medaglie coli' epigrafe SIGNIS. RECE- PTIS fu tutto intento a celebrare questa restituzio- ne. Ciò premesso , farò osservare che questo me- desimo astro fra le corna di una mezza luna è fre- quentissimo sulle medaglie Partichc, sulle quali scor- gesi vicino alla testa dei Re per la ragione che si vantavano di essere fratelli del sole e della luna r come ci avvisa Ammiano Marcellino 1. a3. e. 6. §. 5 , ove dopo aver parlato del primo Arsace fonda- tore di quella monarchia , soggiunge : certatimque summatwn et vulgi sententiis concinentibus , astris {ut ipsi existimant) ritus sui consecratione permi~ stus est omnium primuS' Unde ad id tempus re~ ges ejusdem gentis prattumidi , adpellari se pa- tiuntur solis fratres et luna?. Ed infatti fra i re Persiani che ai Parti succedettero , Sapore s'intitola particeps siderum , frater solis et lunce , nella sua lettera all' imperatore Costanzo , conservataci dallo stesso Ammiano 1. XVII. e. 5. , e con più larghe parole lo stesso dice di se Cosroe figlio d'Ormisda ap- presso Teofilatto e 4* Ma ciò che più fa al nostro pro- posito si e che questo medesimo simbolo vedesi anche sulle monete dell'istesso Fraate IV. restitutore dei prigioni, pubblicate dal Mionnet T. I. pag. 662. n. 5o, e seguenti ; ond'è chiaro che Turpiliano nel traspor- tarlo sopra una medaglia romana ebbe in mira di ricordare che il re dei re fratello del Sole e della Luna erasi umiliato ad Augusto , onde cantava Ovi- dio nei tristi , li. 22 7. v OsSElWÀZlOin NUMISMÀTICI»* $2<) Nuno petit armeni us pacem , w««c porri gì t arcum Parthus eques , timida captaque signa manu. E veramente fu di moda nella corte di Augu- sto di celebrare gli avvenimenti con simili simbo- li; onde nell'aureo di Aquilio Floro collo scorpione impresa della Commagene sono d'accordo gli eru- diti nel riconoscere essersi voluto indicare la resti- tuzione che fece Augusto di quel regno al fanciullo Mitridate II. Di questo Petronio non so clie si abbia altra memoria. Parmi però che debba essere onni- namente l'avolo di P. Petronio Turpiliano console ordinario l'anno Su. , fatto uccidere da Galba , e il padre di un altro P. Petronio console suffetto ma di anno incerto sotto Tiberio , che fu anche pro- console d'Asia e legato di Siria. 33o Memorie isteriche di Cori, di Sante Viola. Continuazione. Cap. VII. Invasione di Ladislao re di Napoli negli stati del- la chiesa. Distruzione del monastero di s. Ma- ria in Monte Mirteto. I corani si sottraggono dal giogo del re Ladislao.. Si mettono sotto la prote- zione del Senato romano. Stato politico di Cori dall'anno \^\o allarmo i^8S.Ilp. Ambrogio Mas- sari Agostiniano. Sue vicende , sue opere , suo elogio. ,.M, .entre-vivea il detto Beato F. Sante, la chie- sa era tuttora vessata dallo scisma fatale del sur- riferito Antipapa Clemente VII. sostenuto e 'fomen- tato da forti potenze successivamente ; e sul prin- cipio del secolo XV. si fé luogo alle discordie fra Ladislao re di Napoli, e la corte romana. La in- vasione negli stati romani da questo principe guer- riero ed ambizioso eseguita, fu producitrice di quel- la serie di mali, di Cui son piene le istoria con- temporanee, e de' quali disgraziatamente furono par- tecipi Cori eziandio e le sue vicine contrade. Ol- tre i guai che soffri la citta per le scorrerie , e per la permanenza delle napoletane soldatesche, ì! famoso monastero di s. Angelo presso Ninfa, poco lungi da essa citta , detto ancora il monastero dì s. Maria del Monte Mirteto , fu saccheggiato , e di- strutto , dopo la esistenza di tre secoli in circa ; conforme, appoggiato su buoni monumenti, raccon- Memorii di Cori 33 * ta il La uri enti — Ex supranarratis colli gitur mo- nasterium s. Angeli , alias s. Mariae de Monte Mirteto supra Njmpham , in monastica Jloruisss observantia , et viguisse spatio 370. annorumy hoc est a tempore suoi fundationis usque ad pontifìca- tum Papa Joannis XXIIL; quo sedente, Ladislaus rex utriusque Sicilia; ditionem pene totam Eccle- sia; Romana; , ac pr&sertim Campaniam , et Latitimi hostiliter invasit , variisque incursionibus infesta- va. Quibus bellorum tumuli /bus Castrum Nymphce deprcedatum ac dirutum fuit ; eaque mina vene- rabile S. Angeli ccenobium desolatum est. „ 1. La illegittinjita del possesso , e la tirannia tipi re delle due Sicilie eccitò quinci e quindi le Citta della Chiesa a scuoterne il giogo ; e fra que- ste non fu la ultima Cori. Spiegando essa fermezza e coraggio , le riuscì di sottrarsi dalla dominazione di lui ; e per essere all'uopo garantita nella intra- presa si assoggettò volontariamente al senato roma- no , dal quale per aver dato insigni argomenti dell'an- tica fedeltà , fu assoluta da varii eccessi , che per le circostanze de'tempi , l'erano stati addebitati , e fu altresì tenuta dal medesimo in grande considerazio- ne. È collocato questo avvenimento all'anno 1410. (1). (1) Laurìenti cap. 55. Cuxn essent corani a Ladislao re- gi Neapolis , inimico pontificis , subjugati , postquam ipse anathemalis gladio tonfossus an. I410, obnixe se suae sur- Tipucrunt jurisdictioni , ac eornm civitatem scnalui populoque ramano sponte commendarunt , sub ejuL proleclione scipsos poncntes. Quapropter ab ipso senatu fuit maximopere hatc civitas exislimala ; sicut de hoc testificatur quoddam privile- gium zi coneessum a hcelio de Cttppucinis, a Paulo cogno- mento Baustino , et a vicegerente Cola Lello Ccrbetto in an- no i4*o» 33a LitTE.Utuiii 3. SV fatta suggezione della citta di Coli siccome fu volontaria , cosi a guisa delle antiche confedera- zioni venne solennemente stabilita fra l'uno e l'altro Popolo , il Romano ed il Corano. I patti della con- cordia , per maggiore , e più costante osservanza , furono quindi confermati con Breve Apostolico , in forma specifica , da Pio II. nell'anno 1 4^8- 4* Prima della succennata invasione del re di Na- poli , anzi da tempo immemorabile , per l'amministra- zione della giustizia , e per la custodia , delle leggi f si eleggevano due magistrati o pretori , uno de' qua- li portava il nome di Podestà , e giudicava nelle cau- se di pubblico diritto , e l'altro che diceasi il Giu- dice , decideva le cause di diritto privato , e puniva i delinquenti , uniformemente agli statuti locali (1). 5. Il diritto della nomina , e della elezione del podestà variava secondo le circostanze dei tempi , e la forma del governo ; sicché ora al popolo ro- mano, ora al preside delle due provincie di Ma- rittima e Campagna, ed ora alla citta medesima spet- tava : ma il giudice che sempre avea avuto la giu- risdizione nelle cause civili e criminali , deputava- si per antica costumanza dalla santa Sede ; come da atti publici risulta dell' anno i a83. Questa forma di elezione durò fino al pontificato del Papa Bo- nifacio IX*, che nel 1092 concesse alla Citta il di- ritto di tale elezione per un tempo determinato , cioè fino all'anno i/M7-» i*1 cui ritornò alla santa Sede. 6. Martino V. nelF anno i43o. avendo osser- vato che si eleggevano ed erano stati eletti sei ma- gistrati col titolo di bailini , poco giusto , per cui (1) Stalut. Cor. tib. 3, cap. 7. e stgg. Mkmorib di Coki 333 soventi volte, con iscandalo de buoni , e con dan- no della pubblica e privata tranquillità , restavano impuniti i delitti , nelle cause de' quali davasi la pre- venzione fra il bailino , ed il podestà , ministro al- lora della curia generale delle due provincie sud- dette , per ovviare a' disordini ulteriori , soppresse siffatta prevenzione , e restituì alla Citta , sebbene a titolo oneroso , il diritto di eleggere il bailino , con libero esercizio della giurisdizione ; diritto che fu successivamente confermato da Nicolò V. nel ifii. Finalmente nel 1480. Sisto IV. soppresse affatto il pre- fato officio di bailino , e sciolse Cori dalla giuri- sdizione del preside delle due provincie , dietro una istanza dei pubblici rappresentanti Corani , e non senza la cooperazione del p. Ambrogio Massari, na- tivo di Cori , che presso quel Pontefice era in gran- dissima stima, e del quale ora si fa luogo a par- lare. 7. Uno degli uomini più distinti, cui Cori ab- bia dato i natali, è senza meno il predetto p. Am- brogio , religioso Agostiniano. Nacque egli in essa Citta nell' anno i$2 (1); ed essendo ancora fanciul- (1) 11 Noraes nel Ioni. 1. della introduzioni alle vite de* pontefice , stampate in Roma dal Mordacchini nel 1822» alla pag. 2$4-» chiamò il p. Ambrogio non corano , ma co- riolano. Avendo però conosciuto l'errore , lo ritrailo alla pag. 5o4; e ne scrisse lettera al sig. abate Alessandro Marchetti, che ne lo avea amichevolmente avvertito. • Ho con sommo pia-» cere ricevuta la vostra lettera , non solo per le vostre nnove, ma anche per quello ehe conteneva , lutto di mia grande soddi- sfar/ione. Io amo senza paragone d'ogni altra rosa , la veri- tà ; e ringr&fcio di cuore chi me la dimostra anche contro di ma; e per questa ragione gradisco sommamente quanto 334 Letteratura. lo restò privo del padre. Le cure peraltro di una ma. dre tenera e virtuosa gli procacciarono una buona educazione , sotto la morale e letteraria direzione de7 p. p. Agostiniani . Chiamato quindi da dio allo stato claustrale, vesti l'abito religioso nel convento de' p p. medesimi, e si fé seguace dello Istituto di s. Agostino. 8. Tale fu lo zelo ed il fervore con cui nel si- lenzio del chiostro applicossi agli studi di ogni scien- mi dito del vostro eoncittadiuo Massari. Io mi sono fidalo , per quello che di lui ho detto . di alcuni autori , che pe- raltro non hanno eccezione ; ma redo che sono slato tradi- to senza mia colpa. Ciò che mi fa più meraviglia si è che «rondo più Tolte scorso if Tiraboschi , per vedere se in es- so trovava da correggermi in qualche luogo , iu questo ap- punto non mi sono accorto dal mio erroro , perchè non ave- va presente il Massari > che apposta abbisognava di correzio- ne. Mi dispiace che questa non possa più aver luogo in que- sti due primi tomi , i quali sono già stampati , e divulga- ti; ma »on mancherà di trevarsi l'occasione , perchè voi ab- biale la compiacenza di vedervi restituito il vostro concit- tadino. Cosi farò ancora riguardo a' due cardinali Veralli t de' quali debbo ancora trattare , e che fin ora co' migliori scrittori ho creduto romani ; ai che mi persuadeva per la parentela Jacovaeci , e di allre famiglie romane. Ora però che voi vi volete interessare a farli conoscere per vostri pa- triotti * bisognerai che vi prendiate la briga di darmene i necessari» documenti , pe'quali gentilmente vi esibile ; e che io riceverò con piacere , e con gratitudine » colla quale vi ringrazio di nuovo per riguardo al Massari , © vi ringrazie- rò anche di poi par rispetto ai cardinali corani , dichiaran- domi fin da ora , eie Koma ab*, ottobre 1797. Giuseppe de Ziovacs. Memorie di Cori 335 za , ed alla contemplazione delle sante scritture , 9 delle vangeliche verità , che in breve tempo divenne un monaco esemplare, un gran letterato , ed un ce- lebre predicatore. Inviato da' suoi superiori in varie Citta ragguardevoli delia Italia ad insegnare, e pro- pagare la dottrina e le massime della santa religione di Cristo, fu accolto per tutto con applauso, e le sue sagre concioni effetti maravigliosi produssero sullo spirito e sul cuore della moltitudine che ad ascol- tarlo accorrea. 9. Eletto nella provincia romana maestro in teo- logia, diede argomenti cosi luminosi del suo profon- do sapere, e de' suoi talenti, che meritò la carica di provinciale dell' Ordine, e quindi nel 1470. quella di procurator generale. Sisto IV. , che i meriti del p. Ambrogio estesamente conoscea, dopo averlo spe- dito Nunzio in Germania per conciliare le differenze fra gli Elettori dell'Impero (1), riflettendo ai van- taggi che recar potea allo Agostiniano istituto, nel 1476, o come vuole il Tiraboschi, nell'anno seguente 1477 = lo fece proclamare Generale dell'Ordine medesimo, (a). io. Nel nuovo posto sublime e laborioso , por- tò Ambrogio lo sguardo penetratore nel seno del- la sua numerora famiglia, ed avendo in essa rav- visato dei disordini, ne divenne benefico riforma- tore. Il dottor Sassi (3) fa conoscere, che introdus- (x) Comes loseph Bussius Velli, apud Laurienle loc. cit. cap. 34- - Mag. Ambrosius Coranus celeberrimus concionator et Tàeologus , dum erat procuralor Generali* futi a Sixto IV. 4poslolicus JSuncius- in Gcrmaniam missus, ut inter Im- perli Eìeclores discrimina conciliarci. - (2) Tiraboschi , lelter. Ilal, lib. 2. toni, 6- pag. 220. (0) Presso il l'imboschi , loc. cit. 336 Lettbratura se la riforma nel convento di S. Marco in Mita- nò , nell'altro convento di S. Maria del Popolo in Roma, e che fu opera di lui la bella fabbrica di questo convento , e dello annesso tempio. In det- ta Citta di Milano dovette sostenere una forte con- tesa. La questione era se una statua di S. Agosti- no in marmo dovesse presentarlo vestito da Romi- tano , ovvero da Canonico Regolare; questione a pa- rere del lodato Tiraboselii , che parve allora di si gran momento che i più dotti uomini furou chia- mati a decidere. I Romitani ne uscirono vincitori , e questo loro trionfo dovettero essi ad Ambrogio , il quale nell'anno i48i. pubblicò in Roma l'apolo- gia del suo Ordine , col commento della regola di esso, il catalogo degli uomini illustri che n'erano usciti , ed altri opuscoli in lode di S. Agostino. u. Nel 1 484* seguita la morte del sullodato Pon- tefice Sisto IV., Ambrogio fu vino degli eletti a lo- darlo ne' funerali.- — Generalis Auguslùiensium P. Am- brosius Coranus orava, in suo genere commenda- tus — secondo Giacomo Volaterrano nel suo Diario (i). Innocenzo Vili, fu di Sisto IV. successore. Il cam- biamento del Principe una funesta rivoluzione pro- dusse negl'interessi del P. Ambrogio , e l'orizzonte de'giorni suoi torbido e tempestoso divenne. Dopo qualche mese dell'impero del novello Pontefice, fu egli improvvisamente arrestato, ed in Castel S. An- gelo rinchiuso. Ritennlo in questo luogo per lo spa- zio di un mese, e nella situazione la più penosa, fu quindi ricondotto al proprio convento, destinato- gli per carcere, ove oppresso d'acerba afflizione, (l) Iacob. folaterr. Script. Ber. Italie, voi. 20. pag. 200. Fabricius hiblicth. med. et i.uj'. uUiniL iib. i. petg. #4» Memorie di Coni 33^ e da profondo abbattimento .di spirito, cessò poco dopo di vivere. 13. Crede il Panvinio che alcune vecchie conte- se inducessero Innocenzo Vili, ad usare contro il Massari siffatte vie di rigore. — Magistrum Ordinis Augustiniani Ambrosium Coranum , ob veteres si- muliate* in Arcem conjecit. — (i). Altro motivo ne allega il Ciacconio. =»Anno i485. Innocentius Vili. fratrem Ambrosium Coranum , Vicarium generalem Ordinis Eremitarum S. Augustini , career avit in- tra Arcem $. Angeli; quod dixisse fertur Inno- centium Vili- in tenebris fuisse genitum , in te- nebri* vivere , et in tenebris moriturum. = (3). Lo stesso si legge nel diario di Stefano Infessu- ra, pubblicato dal Muratori, nel quale attinse la sua notizia il Ciacconio. — Carceravit ( Innocen- tius Vili. ) Generalem S. Augustini , ob id to- tum quod fertur dixisse Papam Innocentium crea- tum fuisse in tenebris, in tenebris vivit , et in tenebris morietur. — (3). l3. Questo racconto non è sembrato abbastanza fondato ad Apostolo Zeno (4). Lo Spondano (5) ed altri scrittori affermano che ciò avvenne, perchè aven- do il Pontefice imposto silenzio sulla questione dell' abito di S. Agostino, egli ardi violare il divieto. Il Tiraboschi è di avviso , che le dette sevizie fos- (i) Panvin In Jnnocen. Vili. (2) Ciaccon. In Innoc, Vili. (h) Script. Rer. Hai. voi. », p. 2. pag. 1192. TYr«- hoschi loc. cit. (4) Disserl. voss. iom. 2. pag. a5S. (5) Annoi. Eccl. ad an. i484« G. A. T. XXIV. 23 338 Letteratura sero un risultato della invidia de'nemici del P. Ara* Lrogio (i). i4- Infatti da antichi monumenti , e segnatamen- te da un Itinerario MSS., compilato dal P. Egidio Viterbese, anch'egli Agostiniano , ed eletto Gene- rale dell'Ordine nel i5o7 , si ravvisa chiaramente che i guai dal P. Ambrogio sofìerti , derivarono da una congiura fratesca ordita dal P. Gaspare da Or- vieto, perchè nella carica di Procurator Generale egli era stato posposto al P. Serajino da Velletri. „ Offeso da questa ripulsa l'Orvietano ( leggesi nel!' „ Itinerario), cangiò in acerrimo odio l'antica ami- „ cizia che unito lo avea al suo Generale. Per lo „ che , tirati al suo partito altri colleghi , e pre- „ sentati alcuni fogli di accuse al trono Pontificio „ a pregiudizio di quello, fu cosi efficace e costan- ti te ne'suoi pravi disegni, che il P. Ambrogio iù „ condotto prigioniero in Castel S» Angelo, unitaT „ mente ad altri compagni di lui , e quivi per lo „ spazio di un mese si l'uno che gli altri, tribula- „ zioni penose ed umilianti soffrirono. Finalmente , „ essendogli stato destinato il proprio convento in „ luogo ai carcere, oppresso egli dal rammarico , „ fece passaggio da questa a vita migliore. Sebbe- „ ne. il P. Ambrogio per molti anni si fosse adope- ri rato ad emendare, instaurare, e migliorare la Re- „ pubblica Aureliana; avesse raccolto i monumenti „ dei nostro istituto, difesa la nostra causa, di- „ strutte le calunnie degli avversarj , implorata dal „ Papa Sisto IV. la conferma degli antichi privile- „ gi , ed in ogni luogo eseguite delle operazioni di » laudi degnissime, tuttavia il termine di tante sue ,, belle imprese qual mai si fu ? Accusato da que'me- M desimi , che da lui erano stati beneficati , fu co- (i), LpCt cit. Memorie di Cori 3 3\) „ stretto a vedere eccl issata la sua fama , ed a per- „ dere anzi tempo la vita „ (i). i5. Io qui trattener non mi deLbo sulla disa- mina della verità , o insussistenza delle accuse a pre- giudizio del P. Ambrogio promosse. Egli avrebbe po- tuto vittoriosamente distruggerle, ma le cabale de'suoi nemici con tanta maligna scaltrezza furon ordite , che non gli lasciarono il tempo necessario , e pri- ma di potersi giustificare , dovette soccombere. Esem- pio non raro , nò unico nella serie delle umane vi- cissitudini ! Comunque sia , non può dubitarsi che questo cittadino di Cori riguardar si dee pei' un uomo benemerito della Religione , dell' Ordin suo t e della letteratura ; e perciò la penna di tutti gli storici contemporanei e successivi tramandò ai po- steri molta fama delle di lui gesta gloriose. 16. In una descrizione di Cori che si legge in picciolo manoscritto di cui parlerò in appresso , si scrive del P. Ambrogio comi, n Fu lume della nostra » Patria , e splendore della nostra Cori il grande » Ambrogio , il quale quanto in fisica 7 quanto in » metafisica , quanto in filosofia , quanto in teologia , n quanto nelle mattematiche fiorisse , li molti volo- » lumi da lui con prudenza ed eloquenza scritti lo n manifestano. Ei fu tanto dotto che oltre all' aver ;> conseguito il grido di dottissimo, pervenne al som- n mo onore e grado della sua religione, con applau-. 11 so e giubilo , posso dir cosi , del mondo tutto. » 17. Il sullodate Crosenio narra del P. Ambrogio nel modo seguente. » Nel 1477 » col pieno consenso i> di tutti i religiosi , fu eletto generale il P. Mae- (1) Lauiienti cap. 45. ove assicura cho l'accennato mano~ scrino «fiiley* a'suoj tempi nel Convento degli Agostiniani di Perugia. 22* 34® Le t t n a t ur a » stro Ambrogio di Cori , il quale stato lettore di » teologia in molte Città , ed avendo dato da per- » tutto singolari argomenti di sua pietà , insignito » di questa carica novella non ingannò colla sua « condotta le speranze de'Padri, né quelle dell'Ordi- » ne. Avendo scritto più di trenta opere di varia » materia , die con esse a conoscere che èra versato » nella filosofìa, nella teologia, nella storia , e nella » pietà. » (i)* Ed altrove il medesimo autore sog- giunge : '> Nel i485 mori in Roma , con dispiacere » di tutta la Curia , il R. P. Ambrogio da Cori , do- » pò aver governato egregiamente per anni otto , e » dopo aver lasciato preclari monumenti del suo in- » gegno. » (2) Ambrogio da Cori ( dice il Panfili sur- n riferito ) essendo istrutto nelle sagre scritture , e » in ogni scienza , pubblicò molte opere con venu- » sta e dottrina scritte. » (3). 18. Non è poi meno splendido , e decoroso l'elo- gio che nella sua cronaca fa di lui Filippo da Ber- gamo : » Ambrogio di Cori , del nostro Ordine re- verendo prior generale, dottore chiarissimo di teo- » logia , filosofìa , e delle altre buone arti , in que- » sti tempi fu l'ornamento dell'Ordin suo, sì colla » dottrina , e colla gravità del -dire , sì colla matu- si rita di costumi , e colla spettabile vita. Il quale T » oltre il reggimento dell' Ordine , di fatiche pieno , ?> ch'ei molti anni splendidamente resse , essendo di » perspicac« ingegno , compose molte cose degne » di memoria. Morì finalmente questo grande uomo ?» nell' anno del Signore i485 , offeso da molte , e ■» molte ingiurie. » (4) ~ (1) Cresen. loc, cil. (2) Idem loc. cit. (5) Panfili loc. cil. (4) Philipp, a Pergant. in eliron, mi a/i. i/^HS. M Mkmorib di Cori 34 i ir)* Finalmente cosa troppo lunga sarebbe se si volesse la serie ritessere di tutti gli scrittori moder- ni , i quali del Massari hanno parlato , e le sue vir- tù encomiate. Credo peraltro di non omettere ciò che ne ha scritto l'avvocato Renazzi , nella sua storia del- la università della Sapienza. » Omettesi pure ( scrive » egli ) da monsig. Carafa il famoso Ambrogio da ?» Gora , cosi detto dal luogo di sua nascita , nella » campagna di Roma , il quale fu uno degli orna- ti menti dell'Ordine romitano , a cui giovanetto si » ascrisse. Mandato da'suoi superiori a Parigi, non so- » lo vi consegui il magisterio , ma ancora vi pro- ai fesso pubblicamente teologìa con plauso singola- » re. Essendo ritornato in Italia , la riputazione acqui- » statasi lo fece scegliere per pubblico professore « di teologia nella università di Roma , collo asse- si gnamento di ampio stipendio , come narra Masel- » lo Venia da Benevento nella lettera riprodotta dal « eh. Sassi , eon cui gli dedicò le opere di S. Am- » brogio che stamparonsi in Milano uel i477« Dopo fi esser passato per tutti i minori impieghi , restò ?» finalmente in detto anno eletto generale del suo » ordine. Fu Ambrogio . . . caro oltremodo a Si- » sto IV. , ed ebbe non picciola parte nella rifor- *» ma del convento , e nella fabbrica della Chiesa » di S. Maria del Popolo in Roma , che eseguironsi j? per comando di quel Pontefice- Ma ben diversa ?» sorte da essa s'incontrò con Innocenzo Vili, sus- » cessore di Sisto. Conciosiachè questo lo fé poco » dopo la sua assunzione al pontificato menar pri- » gione in Castel S. Angelo. Gli scrittori Agostinia- ?) ni non hanno assegnata certa ragione di sì tristo j> avvenimento; ma è riuscito al Tiraboschi di tro- » varia nel Diario di Stefano Infessura, pubblica- » to dal Muratori , dove si racconta che Ambro- >; gio fu carcerato l'aano 1^5» perchè cqit«yh vo-( 342 LkTTT. RATUnA >» ce avesse detto , Innocenzo essere stato creato Pa- 3> pa tra le tenebre, e che come vivea, cosi morto » sarebbe in mezzo alle tenebre. (1) . . . Molte so- 5» no le opere da Ambrogio composte non solo teo- » logiche , ma ancora filosofiche , matematiche , e j> d'altri generi , ehe fecero meritamente considerarlo « per uno de'dotti uomini che illustrassero il seco- » lo in cui visse. Per la maggior parte se ne giac- « ciono ancora inedite; e di queste, come di quelle da » esso pubblicate, ... ne ha il Fabricio fatta una » diligente enumerazione. ,, (1). (1) 11 motivo che assegna ii Tiraboschi sulle sevizia dal Massari ssfferte è diverso da quello indicato qui dal Renani, ed è da noi riferito più sopra all'art. i3. Vedi inoltro il eh. Cancel- Litri Disiert. Epist. bihliogr. sopra Cristoforo Colomho pagt2o6* (1) Storia della Sapienza di Mania, cap. 8. Il Fabricio Bihliolh. rned. et inf. latin. Voi. j pag. 8. riferisce le Sài guenti open» del Massari. Vita D. Christina; Spoletanae De Laudibus Urbis Roma; De fnveutinne Artiurn. in Artem Veterem. In lib. r'osterioruin Anul. Arisioielié De Sp baerà. De .Idea. De Regimine Reipublieae In I. Senteutiarum. iSermonum et orai, duo volum'uu De yorilale Fidei Christiana:. De ineffabili verbo dei. De circumeisione Christi. De «cientia et sapienti» Christi Domini, De coneeptione B. Virginis Maria;. De proprielatibns Augelorum. De immortaiitale anima;. De modo orandf. De dignitate sacerdoti. Sermo de Assumplione B. Mariae Virg. Commentarli, et commendatio Regala?, curii viw Ui et orationibu» iu laudem S. Au glutini. 343 Memoria dell' arciprete Luigi Nardi bibliotecario di Rimino sopra alcune parole italiane , e sopra la terzina di Dante- „ Se dimostrando del più alto tribo „ Negli atti , l'altre tre si fero avanti, „ Danzando al loro angelico caribo. Purg. XXXI. K ci limare che faceva in questi giorni un mio la- voro , ho ritrovata una nota, che per la lunghez- za e per la materia , riuscendo ivi poco acconcia, ho creduto di dovere stralciare , ed ora presento al pubblico a guisa di breve memoria. Dopo avere recate in testo alcune parole an- tiche , rimaste presso il volgo di Romagna, passava in nota a portarne alcuni esempli ; e di li mi era fatta strada ad altri cenni sulla derivazione di mol- te parole italiane. E come suol accadere, che da cosa nasce co- sa, mi trovai verso la fine spiegata, a parer mio, una terzina di Dante in un modo evidente ; e que. sta si è la ragione che presento al pubblico que- sta breve memoria. Diceva adunque in quella nota così : abbia- mo in Romagna molte reliquie di vocaboli greci , pel dominio esercitato dagli imperatori d'Oriente per mezzo degli esarchi , nel medio evo. Diciamo far una Talia per far un' allegria -. Il caldajo lo chiamiamo anche calcedro (quasi calchi- dro) : pavira chiamiamo noi quelP erba palustre {pd* pjrd) che serve a coprire i fiaschi , e che nasce nelle pa- 344 Letteratura ludi (i). Pidria chiamiamo quel vaso che in Roma esat- tamente chiamano imbottature , e pidriolo quello per mettere liquori nei fiaschi : policreto diciamo ad un uomo che in tutto fa il prezioso , e sputa sentenze ; e più altre che ora non ho presenti t ma che non sono poche. Non so se abbia la stessa derivazione la no- stra parola matra (detta dai toscani madia) , venen- do direttamente dal latino mactra (a). Nelle etimologie ci vuole giudizio. Talora si prendono certe parole come derivanti da lingue stra- (i) 11 Papiro nascer* anche a Ravenna ; ma era di stri- sele più strette che l'Egiziano ( diaria JEgyptiaca) che na- scerà sulle sponde del Nilo. Anche oggidì ne abbiamo al- cune piante , pei lunghi secoli inselvatichile , che il tolgo chiama pavera , e pavira » che il Linneo parrai chiami Cype- rus Pap/rus. il fondo Paviriano vicino all' antico Compito da ciò forse trasse il suo nome , ed era in vicinanza di acque. Della lunga preparazione , per ridurre il Papiro a «aria ser- vibile > molti autori hanno trattato ampiamente. Sarebbe oc- cupazione degna di qualche letterato l'osservare , se alcuni papiri riferiti dal Marini , appartenenti a cose della chiesa Ravennate fossero alcuni pesai , i quali mancano al prezio- sissimo Codice Bavaro , che contiene tulle cose della chiesa predetta , ed è mancante di circa otto logli. Vedi l'edizio- no di Monaco del i8to. pag. 14. (2) La parola zio e sia che viene dal greco Quo; » e Qua. » era adoprata da noi » cioè nell" Esarcato , prima degli altri luoghi d'Italia , e forse da noi passò agli altri. CU mei et eie mece abbiamo in un diploma del 1218. Fant. t. 11. p. 187. Cia aveva nome la famosa figlia di Vanni da Susinana , mo- glie del celebre Francesco Ordelalfi tiranno di Forlì , doli- na d'un coraggio straordinario nella difesa di Cesena , con- tro il card. d'Alboino z legato pontificio , nel i556. Vedi Matteo Villani storia di Vinegia. Pàeolk itìuanje 345 niere, o da rimasugli di antico dialetto anteriore ai romani; ed esaminata bene la cosa vi si ritrova la figliazione latina chiara parce detorta. La parola no- stra biroccio , picciol carro de' villani di due ruo- te, è di latinissima derivazione, birotce, genere di cocchio a due ruote. Casale mentovato sin dal VI ci- colo nel codice bavaro , è una storpiatura di ca- seale , e casale pronuciava forse il popolo. Strada viene da strafa latino. Dicevano via strafa, come Livio , e Virgilio sfrata viarum , per dire via la- stricata; e siccome nel formare con buon fondo le vie i romani furono profusissimi , così sfrata e via divennero sinonimi , in guisa che in Vittore Vi- tense (persec. Vand. L. 1) che scrisse verso l'anno 487 leggesi assolutamente sfrata per via : qui in strafa publica multo tempore nudus jacuit sub aere. E co- ì doveva dire anche il popolo che parlava lati- no ; e con minor scrupolo dicevanlo i notaj , tro- vandosi sfratti per via in antichissimi diplomi. Ve- di Affò st. di Parma voi. 1 app. p. 282 all' anno 787. Vedi il cod. Bav. nel IX secolo , Fantuzzi Mon. Rav. T. V. p. 278., Manna diciamo in Romagna un in- viluppo di stoppa ; e nel codice bavaro verso l'ot- tavo secolo abbiamo lino manna. Per me lo repu- to sinonimo di manus , o manipulus dei latini; e lo stesso codice poche linee dopo in vece di lino manna , dice lino manipula. I lessici ci recano an- che l'esempio in Plinio di manna thuris per pic- ciola porzione di incenso : fontana e fontanula del codice bavaro verso l'VIII o IX secolo , ed in altri diplomi (Fant. Loc. Git. T. IL p. 347) , non viene dall' antico Fontalis , Fontaneus , Fontanalis? (1). (*) Funtaneis abbiamo air anno 836 in un diploma nel!' Affo St. di Parma rei. 1. app. p. 8»3. e Fumana all'anno q6o. uel Savioli ann. Bologn. t. tt. app. p. 49 Sappiamo che di- cerano gli amichi Popolo più frequentemente che Popula% 346 Letteratura Lo stesso direi delle seguenti parole, tutte an- teriori al mille esistenti nel codice bavaro (r) ai luoghi che cito* Aduenciola Casale 28 3o Casaliclo Casale passim Andronella 4» «6 Sirat* talliala 63 a8 Aqua viuli , e Aqna yivole 4» so 64 4 Aquimulus spessissimo , anche per mulino tt Asilitibus per utensili 8« 8 Caldariolum 41 7 Caldario 4» Canava per grotta , Cavea pluries Montane pluries Carra per Carro 59 14 Casa mezana 84 6 Silva scura 32 17 Petia terra passim Clausura 79 1 (3) Colina longa 4fi iy Casali torti 54 *3 Ficas rette 72 a5 Fluniicello 34 iS Serra 5o 7 Glandaticum 36 io 5o io 56 HerLaticmu 5o ay 56 4 7* 72 Montale forse da Montanu* 75 3i. Orticello 4= 10 Monticelli) 73 » Fossato 66 (1) Edizione di Monaco. Il primo numero indica la pa- gina » il secondo la linea. (2) Aquilegium dissero i Ialini per raccolta di acque. (3) Anche in un papiro del Vili secolo si ha Clusu- ram. Marini Papiro Si. p. i%j. Parole italiane 347 'Antico 45 Padule per Palude 47 25 Quiuque pecias 46 Loctile per scelto 35 Si 3y i» Palio parie» uno 3;? par unum yz \ Necessarius per cesso 4^ 3o yo 17 Ma chi volesse farne una raccolta quanto im- mensa altrettanto inutile , potrebbe spogliare il Du- Cange , il Macri , i diplomi dell' Ùghelli , del Mu- ratori , degli annalisti camaldolesi , di tutti i cro- nisti , &c. &c. (1). , E valga il vero per convincere chiunque. Non ho alle mani mentre in questo istante scrivo altri diplomi , che quelli del Fantuzzi monumenti raven- nati , e le appendici del Savioli ai suoi annali bo- lognesi , e del p. Affò alla sua istoria di Parma. Scor- ro velocemente e vado segnando quanto siegue. FanLusai Armo Savioli .Anno Affò Anno luyestire (per Moniebollio ) jii Massaricia (a) consegnare 838 Slipulacione ) ( 836 (i) Dico di più. Se si scorre la famosa tavola Velie- jate dei tempi di Trajano , se si icorrono le lapidi Cri- atiane antiche , e specialmente si osservano i nomi dei fon* di , se ne troveranno molti alla lettura dei quali si escla- merà che sono Italiani. Ho citali il Du-Cange, ed il Macri nei quali si vedrà v. g. Merceria per piccielt merce all'an- no 705, Carretta all'anno 1118» Gargare all'anno 1177» Albergare , Servilor » etc. ma badisi di non passare per an- tichi quelli che non abbiano epoche anteriori all'XI secolo. (2) Più volta vi è Massariciis e Matsaritiis. Vedi anche agli anni 8S3, 887, 892. Da quei diplomi vedesi che non ha lo strettissimo senso di Masserizia , ma più ampio di co- se prese insieme 1 come jl Matta dei latini . dal quale de- riva Maisarilia, 348 L K a* T E R A T U R A Fautuzzi Aimo Sayioll Anno 4fa Aimo Ripatico(Dazio Curte veda ) 763 ( 9*3 (0 84« Curte crepacorio ) • C 853 Sicala(segala) ) 870 A Tramunlanle Molino C 9'9 Brachtatica ) (per a tramontana) 77 S (' **4 Terratieum 882 InB urgoGalerio(5) 1009 Perdonamus Carta m cum ca« e più altre volle per rilascia- ) 887 Limare (2) 896 Tribo per Trivio 1017 re, da per e ) 879 Cappa nigra(3) 94* Castagneto 106*1 dono ) 894 Fusticellum de Rapini* io63 Perdonaverat ) 1027 pino 955 Autorizare ( io6"3 Stradella 1 83a Mantello uno 957 ( io85 987 Duos Mantel- Taxatum 10 6*5 Inquietare , lo. 997 Nascimbeni ( co» disvestire , ) 688 Paratura» de gnome ) »o85 mvestitu.5 , palleo, et man-* Transacionis 1099 invasio ) 101$ telici 9^4 Arginem 894 Atteguis ( per- Smalto deco attigui) ) ratum 9»3 Tumbis ) 97° Occasionarim 930 Pogioli ) Arbore pero 934 Monte Cavallo 97<> Massario ] 933 Cupas vini 1001 1 De Bmgo 978 Pelle una cum Rupinis ! I 978 mantello co- Meli ore n- perta da collo tur, non pe-] portare 1067 gierentur ) 924 Starias tres de Fontanas 980 faba (4) ) (1) E più altre volte ari. gg6, 1177 ctc. (2) Per translaio , ma « latino. (3) E nota la derivazione da caput pel capaccio della penula. S. Isid. mentova la cappa , la quala vedeii anche ali anu, li 19. Vita di Callisto II, e nel conc. Strigoli, de} li «4* (4) Latinissimo da sextarios nello siessiiiimo senio. (5) Ricordisi del latino Burgarii. Parole italiane Fantuzzi Anno Focaccias duas) Castrata™ u-) nura ) tofo) Corba* a Pilizonem ) Polcdrum ) Cosiiio(cugino) n^3 Mercati(per fie- re) (i) tìyy 4&> Procuramra publica Atjua morta Strada meta Monticello Fontanelle Pozzolo Caselle Rio Monte For minano 349 S87 10^3 *ff* Sacrista io3a Castagneto ) »o39 Casale grande ) Fossato 1081 Maltraversus ) Sicea Milica ) nomi Malparente ) »a45 Buccabarili Calcabrina ) ) proprii Assalivi! n45 (1) Si trova nel Fantuzii all'anno 1228. gentilem homi- nem (per gentiluomo) ì ma siamo nel XIH. secolo, e eia non fa regola, come meno lo farebbe Vassazius (assaggio) vini del 1270 nel medesimo autore, Più latine sono le pa- role Fornarii, Caholarii del *2a3 Settembre 8, e Plaza Publica dei 3 Novembre i225. in due carte deila Biblio- teca Gambalunga ; ma sono fuori di questione appartenendo al secolo XIII anch'osse. 350 Lei T15RA.*URA jffh Aimo Pedagiuin Incarcerato» Campana sonala ] i«49 In burgo ] Fossai Iildicatura per ' •giudicatura Fossato rabioso Malvicinus do C» ' ) n6"4 cadenariis (nenie proprio ) ] . - 1 In tenutam \ ■Prexoneriis et Obstagiis (i) 1 173 Chi al leggere le cose sin qui scritte non escla- merebbe : vedete l'antica lingua del popolo , diversa dalla latina ! Eppure parmi più lecito il dire : ve- dete come l'antica lingua si corrompeva per le in- (0 Da apprehensufTh © apprensum si fece il prensum, e pre$o't e prexone , e prigione: e da obslo; as , o da hotlis »i fece obstagium. S'incontra spesso in antichi diplomi il Senior per di- re Dominiti. Di lì 11G facemmo Signore. Bua lo diceva ao anche gli antichi, ma noi lo diciamo in senso Iraslafo ; e così discorrasi di cento altre voci. Così Infanta che viene da Infans 4 in significato dì ranger, quasi figlio della casa reale , sia dal duodecimo secolo. Nel concil. ovict. in Ispa- gna dell'anno ni5 ( concil. t. XXI. col. in5 ) abbiamo - do- na ( per domina ) Geloira Infanta ( era sorella della regina ) , • dsn» Infanta Teresia | e all'anno ino (concil. t. XXI. €ol. 4fi7 ) la sorella della regina di Leon è chiamata - do- mina Sanctia infantissa - Parole italiane 35i vasioni de' barbari, e come spesso la proprietà del- le parole portavasi in translato , per cui appena più le ravvisiamo ! Io non nego che vi potesse essere qualche pa- rolaccia plebea , che gli scrittori non ci hanno tra- mandata , ed incontrasi nel bujo dei diplomi ; [ma converrà anche menar per buone due cose. La 'pri- ma che molte parole sono state recate dai barbari ; molte storpiate dai medesimi (i) che ora hanno per- duta ogni impronta antica; e finalmente di molte non ne conosciamo la derivazione dal latino , appunto perche non ci sono state tramandate negli scritti antichi. A quali di queste classi appartengano i seguen- ti esempli , presi alla sfuggita nel modo indicato , lo giudichino i dotti. Pai codice P avaro prima Dal Fautuzzi Monu?n.. del mille Raveu. Torta Mun da (.) Beguncio vino (3) F, an. 870. t. 1. Tuiu a6. (t) Per esempio : fuc invece di fui t , all'anno 775 ( Zac- car. anecd. med. aevi p. 177 ) , Pistoia per Pislortum (li, ib. p. a83. ) ali1 anno ioaa ; i quali due esempli mi sug- gerisce sul momento il coltissimo sig. avr. Missiroli» Canape abbiamo dal concil. di Londra del 4175 can. ij per Cau- ìtabe 1 Cannabis ; Carraria ( Fant. an. 0,58 ) per via ore pas-« sano i carri i cusameiili allann. *©5o. ( Fani. l. V. p. 278). bagniarola Ib. etc. (2) Non è. tanto disperata la derivazione iurta del la- tino. In altre carte posteriori si legga tertocrea , che stn- te del greeo. (5) Sona un non so che di unciale , misura unciale , corrotto che nulla più. 35a Letteratura Val Faaluzzi Mouum. Dai Papiri di Mons. Marini Raveii. Gregim oYÌum , et troppo) per truppa ) jumentorum Sec, tu. pap. 7P. Palati urn cum stivale (1) pa- pir. 81. Dai Concila Firma per affato Conc. Lond. An. 1101. 1175 Circata per questua an. io4o. In Cambio evenne Zacc. .Anecd. snn. 7^5. Tornaturi» (a) an. 889. t. i. an. 9S5 t. 11, e più altre volte Lino gramulato an. q55, t, 11. Storionem ( pesce ) Unatn spallam (prosciutto) Alhergariani Fossa alta an. 943 • t. iv. Capannis an. 970. t. 11. De Bucca Fussa an. 976". Lancia Merla (fondo) an. io5'). t. v, Balcona , seu Fenestros. an. 1107. t. 3t Guerra an. n3o, t. 4- (2) Non saprei indovinare il significato di stivale in un monumento così antico , « Mo. Marini non ne fa pa- rola. Io credo che voglia dire » come se dicessimo il pa- lazzo collo steccalo , palancato , orto circondalo etc. Slira in latto in latino è un palo , un manico. - Stia diciam og- gi in italiano , quasi stiva , la gabbia de1 polli ; e stia chia- ro Gioì Villani (slor. Di Firenze p. i85) la gabbia di un leone ; e stipa diciamo certi legnami minuti , a stipare è tan* *to italiano eome latino - (2) Non sarebbe 6lrana la derivazione dal latino. Qni e certa quantità misurata di terreno. Pahole ITALIANE 353 Vargi-isium golatum de mar- tore (certi vestili) an. n6'i. (. il. Unum barconem an. 1175. t. 11. Rubli ( per Rnbbia ) an. 1 184. 1. !v„ Concolla terra: (1) an. lig3. t. v. Baronem (titolo) an. 1198. t. vi. Val Savioli Annoi* Bolo^n. DalV Affò Stor. di Parma. Frascariis (luoghi di boschi) an. 789. Inganibaturio ( per misura a gamba ) au. ioo5 Buscalia an. 1 1 35. Geurra an» n4t«. Sperone» aureos an. gi3. Saracinescam ) Faldislorium ) an. qi3 Vassalli ) Pecia de terra a//. 921 spesso Fontana brocoli luogo così chiamato an. ya3 Btiscaliis an. 991 Roccha an. ieS;3. Busealeis an. iu3.j Fictum per affitto an. 1060. Fictuale censurai an. 199». Bannum an. 1081. Rev misit bannum super eos Albergariam ) Coltam (per) an. it 4 Per Feudum ) Vadit ) in, Ji64 Ail Boscutn ) Sia pure dira taluno come avete indicato la pro- venienza di questi ultimi esempli ; ma quelli che han- no gli articoli, e sono antichi, provano al con- trario. La sola risposta, che il gentile regalo degli articoli può esserci stato dato dalla ruvida mano de1 barbari, basterebbe a sciogliere ogni nodo; ma panni per sopra più , che chiara si vegga la pro- venienza anche di quelli dalla lingua latina. Io tro- vo spesso è vero nel codice Bavaro la preposizio- ne DE v. g. V faldus de Fico , Castellimi quod vo- catur de E mosto; Rivus de P Miotti , de Binario nel papiro 81 di mons. Marini; De Bacca Fassa all' anno 97G , e de Martore nel Fantuzzi agli anni 976 e 1161; De tres partibus nell'Àffò anno 998, eforis de istis all'anno 1 1^5. nel medesimo ; e cento altri esem- pli, che sarebbe inutile il recare. Dio buono! Ma che significa mai tutto ciò? Gli antichi romani diceva- no spesso altrettanto , colla differenza che gli scritto- ri classici l'adoperano con parsimonia , ed il popolo lo aveva forse per idiotismo più frequente. Ma il modo è latinissimo. Ognuno sa la variazione dei ca- si : i latini avevano il nominativo diverso dall' ac- cusativo , noi li abbiamo simili ; e del loro abla- tivo spesso facciamo il genitivo , per cui ad ogni istante dal loro ablativo de ipsa , de stirpe , noi diciamo in genitivo di essa , di stirpe &c. Nel medio evo pure dissero DE : insensibilmen- te ne facemmo Di. Nel Zaccaria ( Anecd. Med. Aevi ) osservo nella stessa carta dell' anno 770 (pa^. 377 ) == Casa Gadiperti DI Calamieca. Casa Parole italiane 355 /sfavili DE Calamecca.*** Ecco che si comincia ado- perare a vicenda. Altro idiotismo poteva essere nel popolo latino quello di dire v. gr. emi unum equum, unum magnum equum , ho comprato un cavallo , un gran cavallo. Gli scrittori se ne guardavano , e di- cevano emi equum , magnum equum &c. Dunque il nostro un tanto usitato non sarà di latinissima filiazione ? Si disse adunque de , poi di , poi nell' instabi- lità delle lingue anche da , che pel grand' uso del de , di si passò anche a mettere per appoggio allVz. In vece di dire a ponte usque ad fundum &c. ab- biamo nel codice Bavaro circa Tanno 774 — v^n Per" currente da ponto usque ÀI) fundum &c, e in una pergamena dell'anno q55 (Fantuz. loc. cit. t. 1. p. i36.) — a quarto latere strafa publica que pergit A pon- te qui vocatur marmoreos , senza l'appoggio usitato del D. Cosi in vece di dire de una parte , de ma" ne 1 abbiamo nell' Affò all'anno 918 — Et terra da una parte da mane ( a levante ) ... da parte da se- ra ( a ponente : serum dissero i latini la sera ) . . . de medio die &c. E qui in vece di dire da medio die per tenere la stessa frase , usa il de più latino , d'onde si vede la promiscuità del dire. Così abbia- mo un'altra volta da sera ( per dire a ponente , o come dicevano de sero ) all'anno 987 nello stesso Affo. Spesso incontrasi pecia de terra come nel 931 neU'AfFò , ed in altri molti luoghi : foris de istis all'anno 11 45 nell' Allo per dire , fuori di queste cose (i). Uno che legga — Pelle una cum mantello (1) Così ucll'Affò an. gii abbiamo hi stimma per dire in somma. 2Ò+ 356 L s t t 1 n t « » a coperta da collo portare — all'anno ,1067 (1) fa le meraviglie : eppure è latino male inflesso e senza sintassi, ma pure latino senza mescolanza di lingua straniera, salvo il da, spiegato superiormente, e spiegabile se qui ne fosse il luogo, cogli idiotismi del nostro popolo in confronto dell' italiano stampato. Tutto bene si dira ; ma come l'impicciate voi coli'*'/, lo, la, che incontrasi talora? Oltre il dire che le aggiunte nel modo d'inflettere possono es- serci venute d'oltre monti , io ho sempre creduto , che poca attenzione siasi posta al pronome Me, Ma, illud, che spesso è l'origine nascosta dell'//, fo, la, come dicemmo àeWunus, una, unum. Gli scrittori non dicevano de ilio campo plano , poteva forse dirlo il popolo , e quindi trovasi all'anno cp 1 in Afio del campo plano, cioè de ilio sincopato; cosi de la por- ta nel n^S. nel medesimo storico (2), e in fundo qui dicitur de la trave nell'Archiv. Capitolare di Rimino all'anno 11 35. (3). In una carta della Li- breria Gambalunga di Rimino dell'anno 1074 tro- vo un uomo che chiamavasi il bono Fante (4). Mi con- ferma nell'opinione la cura che avevasi di separare nel medio evo , e dai primi scrittori della lingua (1) Fan. T. 1. p. «g5. Anche nel Zaccaria (loc. cil.) all' an- no 776 (png» 277) trovo da padùl». (2) In una filza di nomi pioprìi nel dello luo^o ci- tato vi sono - Maliravemu Sponui , Raynaldus Siccamilioa , Gobus , Caponus , Ugo Budellus . Ionalas Mantegacius , Ia- cobus de la porta. Nel Fantnzzi 1004 leggesi - Vado dellg mola - Negli ami. Caraald. T. 1. Anno 970 leggesi li ca- bali , e pid giù chiama dello luogo in cahalis. (3) Presso l'Amadutzi Memor. di Savignano , p. 4o. (4) Fame è di discendenza latina , ma iraslalo. Parole italiane 357 italiana il de dal la, scrivendosi rarissimamente dello della, ma bensì de lo (de ilio) de la ( de illa ), quan- tunque anche unendoli mostrino la stessa derivazione. Nei Sacrameutarj antichi in pergamena nel luogo del Canone, chiamato il Memento , ove noi scriviamo N. , eioè Nomina , come se dicesse nel memento dei vivi e dei morti , e qui ricorderai i nomi di colo- ro pei quali vuoi, e debbi pregare, nei Sacramen- tarj antichi , dissi , invece di N. si trova ili. sigle che si trovano in altri monumenti indicanti il tale, la tale, // tali per cui si debbe pregare , illum , il- lam, illos, Mas, cioè quelli pei quali vuoi o de- vi orare. All'anno 11G0 (i) fu fatto Antipapa Vittore. Il Popolo Romano (2) sclamò — Papa littore Sali- to Pietro lo elegge — Ognuno qui vede che è Yil- (1) Concil. T. XXI. col. 11*2. Sugli articoli può ve- dersi anche il Muratori ? ma uon sembra che colga sempre in brocco. (a) Sono dolentissimo di un esempio singolare che qual- che anno là lessi nei concilj , che appartiene circa al XI£ «ecolo , ed a queste materie , e che allora trascurai di Bo- tare eoa doppio successivo dispiacere. 11 primo dispiacere che l'amicissimo mio C* Giulio Perticari, col quale avevo co- mune la patria , e singolare l'allei lo , me lo richiese , ed io non potai rinvenirlo : il secondo che sarebbe ora cadu- to in acconcio il citare il luogo preciso ove può rinve- nirsi. Arendo però accennata l'opera, e quasi l'epoca, qual- cun'altro lo rinverrà. Certi legati ecclesiastici stranieri si la- gnano di non avere potuto avere udienza dal Papa , e cho una volta che lorzarono alquanto per passare , i camerieri del Papa li cacciarono gridando lingua Romanica - Anna- te l'ora 1 a una. te ibra - 358 Letteratura. lum eleqit. Ricordisi che il popolo diceva anche il- lom, e più facile si vedrà la derivazione del lo. Tutto ciò però sia detto non per piantare, o sostenere qualche sistema sull'origine della lingua no- stra. Grazie a Dio non vi ho mai presa parte: so- lo bramo che siasi più cauti nel giudicare degli an- tichi , e più moderati per le opinioni altrui. E questa moderazione fa rinvenire a sangue freddo talora la spiegazione di cose , che nel con- flitto delle opinioni , nel desiderio di prevalere , ri- mangono oscure. Quante se ne sono dette sopra la terzina ( accennata in fronte ) di Dante nel XXXI.0 del Purgatorio! Infinite: e siamo ancora al bujo. E pure a me pare cosi chiara, che nulla più , in grazia di avere tenuto dietro all'origine , e succes- siva figliazone delle parole Tribo e Caribo. Mi pro- vo a spiegare le mie idee. Le parole Trivio e Quadrivio nel medio evo ebbero varie significanze curiose. Tra le altre, in- segnare o apprendere il Trivio significava ammae- strare o imparare la Grammatica , la Rettorica , e la Dialettica. Salivasi più in alto , cioè al Quadri- vio o Q'iadruvium, vale a dire a\Y Aritmetica, Ge- ometrìa , Musica , ed Astronomia, o almeno ai loro elementi. Vedasi il Du-Cange, che ne porta cento esempli, il P. Ab. Fumagalli (i), Papia, e la vita di S. Isidoro Hispalense (2). Nel Chronicon Richar- di Pictaviensis presso il Martene (3) leggesi — Hugo de Sancto pletore . ... in Quadrivio doctissi- mus — Bello è, che applicarono anche ciò talora al- le quattro virtù cardinali , chiamandole puramente (1) Imiit. Diplom. T. t. P. 584 ( a) n. 8. (•) Vet. Menimi. T. V. paj. n73. Parole italiane 359 Quadruvium, o Quadrivium, e anche Quadriga vir- tutum; e alle tre taologali appellandole Triviwn (1). Il significato poi che queste due parole ebbero più fermo e costante fu il vero , cioè Trivio concorso di tre strade, Quadrivio, ove quattro mettono ca- po , chiamato anche compito - Ma il modo di pro- nunciarle variò col variare dei secoli ; e come ho provato altrove che la parola compito nella lingua di Nuraa e dei Salii era scritta e pronunziata co- petum, copetum, cumpetum, e poscia competimi, fin- che si stabili la parola compitum, e nella decaden- za della lingua latina si disse compotum, compodum , con/pedo, cumputwn , cumputu, e poco mancò non si tornasse all' antico copetum dei salii, poiché con- petu è appellato il compito Savignanese nelF itine- rario Gerosolimitano , cumputo in un papiro dell' an- no 635 (3), ed anche co-po-tu nel Codice Bavaro al- la fine del VII secolo (3) ; cosi le parole Trivio e Quadrivio ebbero la stessa sorte. Dal Codice Ba- varo verso Fanno 915 abbiamo in Rimino s. Maria in Tribio , oggidì in Trivio (4), e all' anno 1017 nel Savioli (5) abbiamo schietto e netto Tribo per Trivio o Via. Così nel Fantuzzi , Mon. Rav. Tomo II. pag. 377. , nelF anno 1387. » *n cu* Dante appunto vivea ed era giovinotto, de jure s. Marice in Trib- bo dioces. Cesen. Plebe s. Martini lìubiconis. Ed avendo da antica lapida nel Grutero (6) BIVIS.' TRI- (1) Vedi il Muti Hieiolexic. Può osservarsi Flodoardo L. IV Hist. Rhem. C. 5. (2) Papiro CXXX i presso il Chs. Mon. Marini. (3) Edizione del FanUizzi Mon. Rav. p. 3. 1+ e i5 (i) pag. 41- Da Trivio si è fallo trebbio, tribio, ir ibo£ (5) Annal. bologuesi append. T. 41. p. 74* (6) IXXX1V. 5 3Go Letteratura VIS. QVADRIVIS, invece eli biviis, triviis, qua- driviis , chi non vede che anche presso gli antichi questa pronunzia fu varia ? E chi per sopra più non vede la facilita di formarsi il Tribis, Quadri- bis , sapendo con quanta promiscuità adoperavasi la V pel B , e viceversa v. g. Vibiana , Bibiana? Se tanto si variò nei bei tempi della lingua , che non doveva aspettarsi nel di lei decadimento ? Ma v' è di più. In altra antica lapida romana abbiamo Biviis y Triviis , QVADRVVIIS, che molti leggono QVADRVBIS, (i) d'onde più chiaramente vedesi la derivazione di carabo , e più chiaramente di ca- ribo in una lapida (2) che ha Silvanabus et QVA- DRIBIS. Ora Dante nel purgatorio XXX.I disse : Se dimostrando del più alto tribo Ne gli atti, l'altre tre si fero avanti, Danzando al loro angelico caribo. Da ciò che abbiamo detto di sopra a me sem- bra chiarissima l'interpretazione di questa terzina , che ha dato la tortura a tutti i comentatori. An- ch' io adunque voglio dir la mia , e sono certo d'itt- (1) Vedi il Donati Claise i. Pag. 02. Nel Ferrari alla voce carobio leggeri ) eompitum Medio- lani ad D. Fauli ubi Quadrivium ; et ad D- Laurenlii Ca- robio vocatur , ubi quinque viae confluunt. Quadruvio leg-» ge«i nel codice bavaro ediz. di Monaco 1810 pag. 43 - VIAM. CVM. CREPIDINIBVS. A. QVADRVVIO AD. MVRVM abbia- mo in lapida riferita dal Galogerà T. Vili , e Quadruvio ri- masto ad un luogo di Trevigi , e Carabia a Milano etc. (2) Spon misceli» iect. S , pag. 84* Pàeolb itàlune 3Gi dulgenza presso chi conosce la discordia dei sommi in questo passo. Io pertanto nelle edizioni di Dan- te porrei, invece di tutto il resto, la seguente nota: Tribo , Caribo , nei bassi tempi significò trivio e quadrivio', alle quali voci furono date tre diverse sienificanze. La prima naturale e letterale, cioè Trivio con- corso di tre vie , Quadrivio , ove quattro metto- no capo. La seconda metaforica. Insegnare o apprende- re il trivio, cio& la grammatica , retorica, e dia- lettica: il quadrivio, cioè l'aritmetica, geometria, mu- sica, astronomia. La terza mistica Trivio le tre virtù teologa- li : Quadrivio le cardinali. — Tutto ciò lo suppon- go provato da quelle che ho detto nei luoghi ci- tati. Ora Dante dice , che le altre tre che dagli atti si conosceva essere del più alto tribo , del Tri- vio maggiore , cioè le tre virtù teologali che sono le più grandi , si fecero avanti danzando colle altre quattro , cioè le virtù cardinali. Al loro caribo , di- ressimo noi alla loro quadriglia. E qui caribo ha i due sensi letterale e mistico. Mistico delle quattro virtù , e letterale , perchè formavano un quadrivio , una quadriglia. Fin qui sarei d'avviso bastasse la nota per le persone eulte. Per le meno attente, aggiungerò quanto siegue: Si ricorderà chi legge Dante, che verso la fi- ne del ventesimo nono canto del purgatorio, egli mette in scena alla destra del famoso carro tre don- ne. La prima rossa , la seconda verde , la terza bianca , cioè le tre virtù teologali e maggiori , ca- rità, speranza, e fede, per seguire il di lui or- dine rosso, verde e bianco. Dal cantare della rossa 3Gj Letteratura (major autem horum est citar itas. I. Cor. 1 3 : 1 3 ) regolavano mt Yandar tarde o ratte m* Alla sinistra del carro v'erano altre quattro = in porpora vesti- te = che facean festa , e si regolavano al modo di una di loro , che aveva tre occhi in testa , cioè la prudenza, prima delle quattro virtù cardinali, pru- denza , giustizia , fortezza e temperanza. Poi viene il XXX..° Canto , in cui non par- lasi di carro o di virtù , e racconta cose che per lo più a lui appartengono , sino al canto XXX.I ben inoltrato. Quivi dopo avere avuta da Beatrice quella lunga riprensione , appunto per avere lasciata la vir- tù , e queir asperges me. Ove convenne ch'io l'acqua inghiottissi, che ne avvenne ? Indi mi tolse, e bagnato m'offerse Dentr' a la danza delle quattro belle, E ciascuna col braccio mi coperse. Quali belle ? Non altre che le quattro di so- pra che facean festa. Gli dissero le medessime d'es- sere state ancelle a Beatrice * e dicono che a Dante daranno più lume Le tre di la, che miran più profondo. Dove dì là ? Di la , dall' altra parte del carro. Miran pia profondo. Chi non conosce alludersi alla fede , speranza , e carità ? Or mentre Dante se ne stava tra la danza , e le braccia delle quattro don- ne , incantato per le cose udite , e sbalordito per quelle che vedeva , Parole italiane 3()£ Mentre che piena di stupore , e lieta L' anima mia , &c. Che accadde ? Se dimostrando del più alto tribo &c. Vennero le altre tre al hallo. Poco dopo, nel principio del canto XXXII , dice : Indi a le rote si tornar le donne. Cioè tutte le sette sinora mentovate. La Crusca per tribo altro non intende che tri- bù , senz'altro appoggio che di Giovanni Villani nel- le sue istorie 1. i. e. 3 , e 1. 5. e. 29. Nel primo luogo lo fa dire — convenne di nicissità , che tri- bi , e le schiatte de" viventi — e nel secondo — si dice che furono stratti di quelli Xribi d'Israel — Ora io dimando se il codice è stafo letto bene ; e molto piò chieggio , se il codice è corretto o er- rato , segnatamente in questi luoghi ? E la domanda è ragionevole. Tutte le edizioni leggono — le tri- bù — di quelle tribù — Non basta : la miglior edi- zione e lezione è quella del Muratori, inserita nel t. XIII degli scriptores rer. italicarum , tratta dice egli da un eodice dell' istesso secolo in cui visse il Villani, assicurandoci di avere usate le più dili- genti collazioni di altri Villani , e dicendo franca- mente che il codice da lui pubblicato è il più esat- to , e di non avervi fatta alcuna innovazione in te- sto , ponendo solo a piedi qualche variante e corre- zione - Ora egli legge — - le tribù , e le schiatte de1 inventi che allhora erano, si dipartissi no et habi- tassono etc — e nel secondo luogo — stratti di quel' 364 L»TTBRÀ*URÀ le tribù d'Israele etc~-k me non paro vi sia re- plica ; e quest' unico appoggio è rotto e tolto - Per Caribo, la Crusca intende ballo , ballamen- to , che ella trae dal latino cliorea , e dal greco % sostenere la guerra , né tanto meno de' miserandi casi , che ne sono la conseguenza; ma ci faremo e parlare di alcune opi- nioni^ dell' autore che tengono qualche relazione co' più gentili studi. Nel capo Vili del primo libro esaminando il punto se le lettere rendano poco atte alla guarra le nazioni, che le coltivano, V A. si fa conoscere 3G8 Lettkràtukà per difenditor delle lettere , e vien dimostrando sic come esse lungi dallo infiacchire ed infievolire gli animi gli rinfranchino anzi e gli rafforzino ; inse- gnino a' capitani i più reconditi ed utili precetti dell' arte , cavandoli in particolare dall' istoria ; e quindi avverte che senza di esse gli egregi fatti non sarebbero conosciuti, che rie l luogo dove suc- cedettero e per lo spazio di un breve tempo ; poiché sono gli scrittori, che la fama fino agli ultimi con- fini della terra co' libri ne diffondono ed alle più tarde età ne tramandano. Al capo V del libro terzo , l'autore piglia a provare che non si debbono togliere gli ornamen- ti a luoghi presi, ed asserisce non essere conforme ad una saggia politica il togliere gli ornamenti al- le città prese in guerfa ; poiché una tale condotta incita gli abitanti delle dette città contro i vinci- tori , sia per lo sdegno , che cagiona il vedersi ra- pire cose che si hanno molto care; sia perchè co- loro, che ne furono spogliati recandosi ne1 luoghi , ove vennero trasportate , non le possono risguardare senza che una tal vista riduca loro alla memoria le soffèrte disavventure e violenze, e d'odio li riem- pia contro la nazione , cui appartengono i rapitori. Aggiungasi , che gli altri popoli nel mirar le spoglie, di cui parliamo, sono punti da invidia con- tro i possessori vanagloriosi delle rapite rarità, ed eccitati vengono a compassione verso i miseri spo- gliati ; onde nascer ne possono desiderio di ven- dicar^ questi e di umiliar quelli, e conseguenze non poco spiacevoli a chi gli ornamenti delle stranie- re città si appropriò. A queste savie considerazioni , la cui verità si fece manifesta nelle funeste vicende di tempi Jda noi non aticora lontani, vuoisi aggiungere ancora un al* Politica mimtars ?,r-j tro riflesso, ed è; clic il e onq lisi .itore, nel cui ani- mo non e svaniti ogni grandezza e non tace o/.ii virtù , dee esser lieto della sua gloria e non conta- minarla colle fallaci apparenze di un vano trioni) ; che la lode del guerriero sta riposta nel vincere il nemico e non nel depredarlo ; e che i trofei , se non sono composti d'armi tolte nel fervor della pu- gna a' nemici , attestano non il valore ma la cu- pidigia di chi gì' innalzò. Lo stile, in cui sono esposti i precetti dalla po- litica militare , è ad un tempo chiarissimo e piano. E della scelta fatta dall' A. di questo modo di scri- vere noi trarremo anche occasion di lodarlo; poi- ché ci pare, che in ogni scrittura, ma jiopratttÈto nel- le opere didascaliche, principal marito dAlo scrittore sia quello di venir subitamente inteso da' lettori. Que- sta lode gli è poi maggiormente dovuta ne tempi che corrono, dove s'incontrano molti autori, i quali tentano, adoperando certi modi di dire ambiziosi, di soccorrere al difetto dispensieri* che ad ogni tratto si scuopre nel- le opere loro. Ed alcuni altri pur sono , che valen- dosi sempre di certi loro metodi matematici non s'av- vedono, come nelle discipline morali l'andar sempre per via di teoremi e di conseguenze dirette sia a un di presso lo stesso , che il voler seguitare sotto for- me certe l'errore. Il sapere di che FA., fa prova è vario , since- ro , e profondo. Né questo avvertiremmo se di lui parlassimo nella sua patria, dove egli è in fama di egregio conoscitore di cose storiche e di valente giu- reconsulto, e dove esercitando la carica di profes- sor di pandette dà esempio di quella dottrina mol- tiplice , di quell' aggregato di cognizioni tra loro congiunte ma pur dissimili alquanto , come si cun- G.A.T.XXIV. 24 370 Letteratura viene a sorelle, che sempre si richiede ma non sem- pre si trova ne' giureconsulti. La sua politica è fondata singolarmente sull' istoria , che è a dir lo stesso quanto sull'esperien- za , la quale sola può dar norme fìsse all' operare futuro. Leggendo questo libro coloro che drizzano gli animi agli studi politici, oltre alla dottrina che vi attingeranno , impareranno ad avvezzarsi a quel tenor d'esame non mai scompagnato dal dubitar mo- desto , che solo apre al filosofo ed alio statista la strada alla verità. Coloro poi, che già forniti di scien- za l'adoperano nel maneggio delle pubbliche faccen- de , si compiaceranno nel trovar in esso raccolto il sunto de* gravissimi studi , ai quali avranno già at- teso. Dicendo adunque che questo libro sarà uti- le , noi crediamo aver dato la più bella lode all' òpera , ed esposto colla maggior verità l'intenzione dell' autore. Conte Federigo Sclopis. 3j) VARIETÀ' / vicendevoli ufficìi della religione e delle arti. M rilidi, Pio Vii e del clero verso la letteratura. Discorsi due di A. M. - 4-° Roma presso Bourliè 1824. {Sono cari. 29) Autore di questi discorsi è il celebralo monsignor Angelo Mai , il quale recitò il primo nella grande aula del cam- pidoglio il dì della solenne distribuzione de' premi per le tre art-i ; ed il secondo nella romana accademia di religio- ne eattolica. Certo in ambidue grandemente riluce l'usala dot- trina di sì nobile letterato. Ma il secondo discorso gradi- ranno principalmente i doni ecclesiastici di questo tempo , i quali vi sono a tanto onore nominali e lodali : eh' ivi n'è taciuto uno soltanto, e veramente de* maggiori che le- vino fama a questa età per Europa , cioè a dire lo stes- so monsig. Mai lame e decoro dell' italiana sapienza. Il Tesorelto e il Favoletto di ser Brunetto Latini , ridotti a miglior lezione eoi soccorso de' codici , e illustrati dall' abate Gio. Batista Zannoni accademico residente della cru- sca e segretario delia medesima. 8." Firenze presso Giu- seppe Mollai i824' ( un voi. di cart. zbg ) V noi darsi gran l®de al sig. abate Zannoni perchè final- mente siasi mosso per sua compassione a tornare in vita quest1 opera di Brunetto, Diciamo tornare in vita , paren- 372 Varietà' doci che niun' altra scrittura do' nostri padri sia «tata pia da' copisti contaminata del Tcsoretto , se pur non torse il Convivio di Dante. E certo ch'ella è «osa per le nostre let- tere assai veneranda, e tutta piena di quella ingenua sem- plicità con che i nostri buoni veeehi usavano scrivere^ tal- ché iorse non si appose male il rigido Castelvelro allorché in latto di sana morale l'ebbe rassomigliata a' versi di Pi- tagora e di Focilide. Onde recaci non picaola maraviglia il federe siccome l'Alighieri potesse gillarne l'autore in quel sotto luogo d'inferno , ìk dov' egli finse incontrarlo nel con- to XV : l'autore , che in queste rimo con tale voce gridò contra l'infamia del vizio rimproveratogli dall' alto esule fio- rentino. Se non rhe altro spesse volle si scrive , ed altro ti adopera ; nel che Brunetto non sarebbe stato molto di- verso dal romano Sallustio , il quale dettando epere tutte gravi d'una singolare morale , costumava poi un vivere co- sì laido da esserne ignominiosamtìnte cacciato dall' ordine se- natorio. Certo Dante era stato discepolo del Latini; e pete- va molti segreti vizi sapere di lui , che , siccome ognun, vede , non eran già da portarsi in trionfo in mezzo le gen- ti. Quello poro, a che noi non c'indurremmo mai, si è il eradere che l' infame pataffio sia opGra di Brunetto : sen- tendo in ciò pienamente col giudiciosissimo sig. professore Del Furi*. Veneado ora a discorrere di questa edizione del Taso- retto e del Tavolette , diremo che più fina cura non po- teva già usarsi di quella , che ha usalo qui il sig. ab.ite Zanuoni in restituirò alla sincera loto lezione i lauti luo- ghi , che nelle» stampe vedevano al tulio gaa3ii. Noi che veramente grande sussidio ha egli avuto da parecchi bs' co- dici fiorentini: ma ciò sarebbs stalo ben poca, s'egli mollo più spesso non avesse tolto consiglio d-il codice migliore d'ogni altro, da quello dell'arte critica. Alcune brevi avvertente sono stale falle , e sottilmen- te , siccome a, mi pare , intorno questo emendazioni dall' Varietà' 373 Illustre amico nostro sig. Antonio Benci nel rol. XVI dell' An- tologia di Firenze, ed- alcune altre ardiremo di farne an- che noi, scnw però nulla rimettere della gran riterenra dorma al nome dell' esimio e cortese editore. cap. 3 , v. 56. R girai gli occhi miei A mirar suo cor saggio. « cod. magliabecchiano \a visaggio in vece di cor saggio: e ci 51-mbra esser questa la migliore lezione: seguendo Bru- netto a diro ; „ Sì eh" io crede» che '1 crino », Fusse d'un oro fino . ,: Partilo senza trezae: it E l'altre gran bellette ,, Ch'ai rolto son congiunte li 6otto la bianca fronte , n Li belli occhi , e le ciglia ec. C. 4> v. ig. Esso è onnipotente Ma i' non posso niente. Il detto codice ha Ma i' non so niente; « forse meglio, «e vuoUi arerò rispetto alla misura del terso. C. 7, v. 8o. Che fu. nata abbattuta Sua folle concordanza. „ II. cod. riccardiano , dice il sig. Zansoni , ha sorco- „ danza ; la stampa del Grigiore , e la copia fattane in „ Torino , ha sorcordanza cangiata di congettura poco pian- - ., sibile in sconcordanza nelle edizioni che venner dopo. „ Ma che debba assolutamente leggersi sorcodanza è parere d«l clcbre amieo nostro Girolamo Ama.! , il quale gran ma. estro SiCcom'egli'è di quella lingua t0»«» ond'è prorenu- 374 Varietà' ta la presente italica , osserva che sorcodanza è il mede- simo che sopracogilanza, cioè sopracotanza: avendo detto i romani rustici anohe olir efidanza, oltreco gi lonza* invece à'ol- trecolanza. C. 7, v» iii« Che innanzi questo, lutto Facea la terra frullo Senza nulla semente. Ci par quasi certo che la virgola dopo il questo del primo verso sia del tutto errata! dovendosi piuttosto met- tere dopo il lutto ; dicendo chiaramente Brunetto che innanzi tutto questo , faceva frutto la terra ec. C. 7, v. 1% i» Che, se tu poni mente, Ben vedi gli animali Ch'io non li faccio iguali iVè d'una concordanza In vista né in sembianza: Ed erbe e fiori e frutti. Così gli alberi tutti J^cdi, che son divisi Le nature e li visi. Qui pure a noi sembra che il punto non dopo fruiti ma dopo tutti debba porsi. E il senso verrà chiarissimo. C. *5, v. 45. Pero in ogni lato Ti membri di tuo slato ; Ma spendi allegramente , E non vo che sgomente Se più che sia ragione Dispendi alla ragione. Noi parremmo il punto e virgola dopo allegramente : è leggeremmo coi codici riccardiane- e magliabecchiano £ spendi allegramente. Varietà* 37$ C. li» v. 81. Cammelli e dràgomene Badalisci e gene. Scommetteremmo che qui deve diro , per U esulta mi- sura dei vorso. E badalischi e gene. Ma queste cose , ed altre che potremmo anche notare* sono ben piccole rispetto alla grande fatica durata qui dal sig. ab. Zannoni, S. B. Ad Hieronymum Amatinm V. C. de vetusti s aquariis fistu- lis ad Loriuni delectis prceclara disterenlem , Franeisci Guadagnii e R A m M A ,, vJptima cui rerum lympha est , boeotius ille ,, Mi patria est visus , visus et ingenio, ,, M un era naiadum poutor namque falerni ,, Exsecror ac damno noe mihi quid sapiunt. Fundere de lymphis sed tu leclissima ductis ,, Perge , precor. Facies , insipida ut sapiant. Plutarco dell* amor della prole , volgarizzato. 8.n Pesaro per Annesio Nobili 1824. (sono cart. Si. ) Xuesta traduzione è veramente scritta con semplicità ed eleganza. Di che si vuol rendere la dovuta lode all' au- tore , che è il sig. Conte Crì«-"»tbro de' Rossi Marcelli d'Urbani». 3;6 Varietà' Epistola del conia Andrea Malacari anconitano al conte Carlo Pepoii, 8.° Firenze 1824* irli 1 ra le molte poesie che turono pubblicale in Bologna quan- do n'andò a murilo la gentile figliuola di quella valorosissima •ignora «omessa Anna Pepoii Sarapierì, 1 In cui le grazie son tutte compiute (*) non fu da noi ricordata (voi. LV1I e LXV) questa episto- la dei sig. conte lUalacari d'Ancona; perciocché non oi era ancor noia t sì che meritava anch' essa una particolare menzione per le belle e gravi sentenze onde va ornata , siccome è a vedere nel seguente saggio ; 0 bella o santa Di Giove figlia 1 Poesia , ritorna A regnar sul mio cor: lu che di Plato Meglio e del suo rivai l'animo intonili Delle bellezze di virtù • del dolce Che si sente cantando i pregi suoi. Torna a regnar ; già da' diletti vani Io por te mi scevrai ; per le nel core Una voce mi di«se : ornai li affretta , Ch'è all' uom concesso il non morire intero. Con questa speme, con questo disio Quante veglie sostenni , quante notti Impallidii sulle meonie carte ! Ah con quanti sudor, con quanti affanni E fami e geli è vendicalo il mio Neghittir giovenile ! - 0 le felice, Carlo , da che alle dotte fatiche Ponesti amor per tempo, ed all' etade (*) Ciao da Pistoja. Varietà' 377 Con la musa di far fronte disegui. Fervido aitero ingegno e nobil core Tieni dal cielo ; le mendiche cure Da te dilunghi ; ma l'amor non vinci ; Malagevol ti «a : - Pur sena' tritimi Senza perigli ov1 è virlude ? Or l'aere Soavemente o\qiu , or s'inxaffira La terra, è ver, ma di caduchi fiori: 0 a spregiarli; e a quelli alza le ciglia Che vernan tempre. Nel presentare un maazotto di fiori artificiali di eouohlglie di mare alla figlia del sig marchese Brigu-»1« 5ale t EPIGRAMMA ti Giovinetta gentile , ,, guasti fioretti non tenere a vile : ,, Che il più bel fior tu tei ,, Da invaghir » non che gli uomini, gli dei. ,, E ti denno esser cari ,, Questi fioretti pellegrini e rari ti IN aii nel sen del liquido elemento ,; Onci1 ebbe la tua madie il nascimento. G. C. Di Negra Verno Aloisa Biondii y. C Hos ne despii'ias, formosa puellula, flores ; Flosculus ipsa ; di un vere amor atque 1 -ornimi io. Hos ne despicias ortos ex aequore t quippe Et tua de aequoreia fluctibm erta parens. 378 Varietà' Iscrizione composta dal celebra SchUssi , e positi nellft chiesa cattedrale di Macerala. 1 MEMORI AE IKAJrCISCI . BORBONII . A • MOSTE . MARCH * DOMO • ANCONA A . CVBICVLO . SACRI . IMPERII . ROMANI EQ . BENEFICIAR . STEPHANIANI VIRI . DISCIPLINA . ARTIBVS . I.INGYIS GRAZCA . IN . PRIMIS • ERVDlTISSlMl MAGNAI • IN . REB . PVBL . PRIVATISQ f AGENDIS PRVDENT1AB . AC i SOLLERTIAK QVEM . SVMMA . RBLIGIO . ET . PIETAS . ET . COMITAS ATQVE • IN . EGENOS . MIRA • LIBERALITAS OMNIBVS • COMMENDARVNT VIXIT . ANNOS . I.XXII . MENS . 1 . D . 1 CARVS • DEHLETVSQ . CIVIBVS . ET . EXTEIU.S DECESSIT . RAI. . FEBR . A . M . DCCC . XVIII VOI.VMNIA . PALMVCCIA . MARCH . BT . PETRTS . ET . lOANWES . EQQ . HIEROSOLYM . MARITO . ET . PATRI • OPTIMO . POS. Opinioni di parecchi scrittori su gli studi elementari e spe- cialmente sulla maniera d'insegnare la lingua latina, con alcune idee e riflessioni del raccoglitore. In. Imola-Ti- pografia del Seminario- 1824. \Jh quanto è dolce a chi reramente ama in onore Ja pa- tria anche un solo pensiero intorno la retta istituzione del- la gioventù ! Nulla di questa awi più necessario „ scriveva Cicerone , poiché la repubblica si comporrà di tali cittadini quali l'educazione li formi». E se i pensieri de'buoni inge- gni guardino principalmente l'istruzione e gli studj , tanto Vari e't a' 379 n maggiore ne verrà all'animo l'allegrezza quanto più vedia- mo esser necessario di allontanare ì mali dell'ignoranza e dell'antica barbarie. Non che l'Italia non abbia anche me- stieri di virtù e di costumatezsa: ma il vizi* è figlio dell'igno- ranza. Imperò nemici del pubblico bene stimai sempre esser coloro , i quali con mentite lagnanze menano allo romore contro i buoni studi e l'amore della yera sapienza. Diasi lode e rcndansi grazie, pertanto a Giovanni Scarabelli da Imola, il quale ha volto l'animo a tanta necessità di retta istruzione ; avvaloran- do la verità altre volte predicala: esser l'Emilia fra le Pro- vincie italiane intentissima al risorgimento de buoni sludi e della virlù e gloria nazionale) perloehè in lei grande è il valore, grande la cultura, grande là gentilezza. Di Giovanni Scarabelli da Imola è l'operetta, che ab- biamo annunzialo , e- di cui parlare brevemente ci rechia- mo a piacere. Niuno porrà in dubbio che l'istruzione della gioventù aggravasi in tali errori da sembrare un prodigio se fra tan- ta tristezza di triboli e spine surgessc alcuna pianta d ri Ita, ban educala, vestita di leggiadri fiori, fertile di frutti sani e gemili; abbenchè mollo di buono t'ossevi negli antichi me- todi. Onde discernendo senza spirilo di parli il loglio dalle spighe è lorza che tutti convengano, esserla lingua Ialina non piccola messe de* buoni studi; ma in questa solamente non istare il tesoro della letteratura italiana: non potersi appren- dere lingua forestiera o moria senza conoscere il valore della lingua che si parla; le parole non disgiugnersi dalle idee: imperò l'ideologia doversi premettere , o almeno insegnarsi ad un tempo con la grammatica, una esser la grammatica di tutte le lingue , come una è la formazione delle idee e la faceltà di pensare di tulli gli uomini ; l'eloquenza toccare le umane passioni, quindi emergere dallo studio di esse; quin- di l'eloquenza dover tener dietro alla retta cognizione del ve- ro 0 del buono , allo studio della filosofia. Queste verità e principi fondamentali «he da natura di cose e da ragione \ 36 o V a a i e t jl si derivano , tono quelle appunto che Io Scarabelli vuol ren- dere a tu.lt i sensibili mercè delle opinioni di parecchi scrit- tori s saviamente pensando che dove invecchiato abuso tien luogo di retto metodo , e l' errore ha nome di vcriià , e 1' ignoranza credesi saggezza , tornano vani i ragionamen- ti e le dimostrazioni , ed avvi ui "stiero d1 autorità , che jola convince persuade e move le stolte menti. E sa- viamente ancora lo Scarabelli più presto Insiste sul metodo di bene ìusegnare la lingua latina , che su gii altri studi: poiché questo è 1» scoglio , in che maggiormente e mise- rarne;. ! e rompo la nostra istruzione. A me duole die Io Sca- rabelli non abbia tolto a discorrere questa materia con mi- re più «slece , e con più sodi e lunghi ragionameli ; non ostante utilissima è questa operetta ; e perciò, indicale lo vrità che vi si conlortano per le sentenze di uomini dot- li e autorevoli, commonderò ancora V ordine , clic l'autore ita tenuto nell'esporle e vestirle di giuste idee e di savie riflessioni. Primamente intitola questa letteraria fatica del nome di Piccola Gommi Flammini: e questo fa a cagione non so- lo di amicizia e parentela, ma p*r la carità ancora del na- tio loco, perchè il Gommi sedendo nel cousiglìo comunale e nella deputazione degli studi in Imola volga i pensamenti del cognato a pubblica utilità. La lettera d'intitolazione è scritta con p :rilà e eleganza di lingua e di stile italiano, e scevra da adula- zi• m. 5* j • in. &' s. Baromet. Terni, int. Terra, est. Igro. Vento Evapor. Un. 0 5 Pioggia St.del Cieli 28 p.2 l, 1 idem • . . ?» 1 7 »» » 1 ., 0 6 27 11 9 90 8rfc. 10 2 5 0 io 0 5 0 10 0 10 5 0. s. 0. 9 J lo 0 »» •» 7 4 12 6 n 3 6' 5 i3 6 0 8 0. s. 0. S. S. E. 0 8 3 , 1 0 cielo cop.\ „ 10 4 », 11 3 „ n 8 .. 5 •» ?» t» » 10 4 », 6 ,. 3 10 3 10 5 9 7 6 0 1 0 5 8 5 6 5 1» »• -9__ì i3 7 6 e 0. S. 0. p. 0. o,ide. iiuv< spurJL s. cop. pio. ven, A 28 1 4 » ^ A .. 2 9 „ 3 * .. ., 3 ». -, 6 0. S. 0, 0 òcra. 0 6 notte sereni ♦> »• •> 4 »• •• 8 3 12 5 10 5 0 5 .» 5 9 » •• » O 1C7\ 0 5 1 8 0 H7-. 0 4 sereno. >• ». 9 ♦ » - 7 „ 3 3 •• »» M 3 7 8 12 2 8 8 ~5 6 11 7 ti 0 3 4 i3 3 6 0 »» »» r.ielu cop. ,.2 3 », « 6 ,•00 9» »» ,. 2 !» »' io 4 ?, e »• G », 4 ». 7 »» »» 10 7 1 1 0 J 0 10 0 to 8 IO 0 9~ 4 .» S „ g ?» 3 ?• »• »♦ •» n »» », 7 3 11 7 N. E. S. S. E. 0 3er, 1 0 27 ii 5 !t 11 € 10 0 i3 0 7 7 ti 0 12 3 io 4 6 5 i5 0 6 7 s. If. ' , N. N. 0, S. " N. ~~ S. 0. ~e! N. 0. N. N. N. R. "nTn. e. N. N.N'.E. 1 0 1 0 cielo cop, sì not. seren. nuvole HUH ri. cop. 2» 1 2 „ 2 0 „ 1 5 5 5 i3 6 8 2 0 4c?i" 0 2 0 75 „ 0 3 27 1 1 6 ,, io 6 7 6 12 0 9 ° 7 2 ■ 3 1 2t/V/»' 0 0 8 0 l'i. cop. ., 11 5 »8 0 e ,! 2 0 7 - 11 0 5 5 4 si 2 1 0 o5cr, 0 45 0 8 1 9 0 2 0 8 p. e. 3 ?f '» >» »» ., 2 4 „ 2 5 4 4 9 5 2_ 8 a 9 12 7 0 7 i3 3o i5 sereno <-).n.aWorii ,. 3 « •» ». fi s. 4 3 8 ? 27 2 4 = 0 4 0 6 • > !» « „ » & „ 3 8 ^ 7 9 « 7 0 6 1 1 5 N. 0. N . N . E. o.s.o, 0 ìer. 0 3 0 6 0 1 0 6 - ter. ^ . 11. alT ori&l I >. 4 » ., , 0 » 3 3 8 y| 9 5J 9 3 3 0 11 4 9 3 6 6' K. N. 0. 0, i6 ma, •7 18 Baromet. 28 28 t» •» -, 4 >8 28 1 >» »> a7 9 9 Te.int. 3 b 4 5 S 3 9 28 0 4 " »t 0 tt 3 7 4 o 9 a * 9 n »• 4 9 «» »■ 4 *' 3 « 3 n s 8 " 3 a 0 »» M 10 < »» •? 9 9 IO 5 òo 3 „ ,, IO 6 9 0' 9 3 »o b 9 8 Te. est. Iero. e 5 6 5 16 o 19 2 9 1 1 2 0 1 1 0 6 3 ■7 0 a 4 6 3 1 0 0 6 0 •t •• 0 8 1 in!. 8 oi. 11 0 8 l %6 Vento Evapor N. E. N.N. 0. ». s.s.o. N. N. 0 Q O. J3 O. 33 o. cjì. «5 o N. \.0, N. N. N. N. 0. 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