$-nqif GIORNALE ARCADICO DI SCIENZE , LETTERE , ED ARTI TOMO XXXIV. APRILE, MAGGIO, E GIUGNO MDGGCXXVII. ROMA NEI/LA. STAMPERIA DEL GIORNALE PRESSO ANTONIO B0UL2AUS Con licenza de? Superiori. 1827. SIGNORI COLLABORATORI DEL GIORNALE ARCADICO A /■ ./TLirenti monsig. Giuseppe, de predicatori , vescovo di Savona. De-Angelis ab. Luigi , prof, e bibliotecario, a Siena. Antaldi marchese Antaldo , a Pesaro. Antinori marchese Giuseppe , a Perugia. Armaroli conte Leopoldo , giureconsulto , a Macerata. Balbo conte Prospero , presidente della R. accademia delle scienze , a Torino. Barlocci Saverio , professore , membro del collegio filo- sofico , in Roma. Bellenghi padre ab. don Albertino , proc. gerì, de'' mo- naci camaldolesi , presidente del collegio filosofico , in Roma. Beeni degli Antonj cav. Vincenzo, giureconsulto , a Bo- logna. Betti avv. Teofilo , in Roma. Borelli dott. Ippolito , medico , a Lucca. BoselLini avv. Carlo , a Modena. Brighenti Maurizio , ingegnerie , a Rimino. Brignoli di Brunnhoff Giovanni , professore , a Modena. Calandbelli ab. Giuseppe , professore , membro del col- legio filosofico , in Roma. Campanari Vincenzo , in Roma. Canali Luigi, professore e bibliotecario , a Perugia. Canonici Fachini contessa Ginevra , a Ferrara. Cappello dott. Agostino , medico , in Roma. Cardinali cav. Luigi, in Roma. Cassi conte Francesco , cancelliere dell' accademia , a Pesaro. Cecilia Gio. Francesco , in Roma. Cesari P. Antonio , deli oratorio , a Verona: Conti ab. Andrea , professore , membro del collegio fi- losofico , in Roma. Corderò di S. Quintino cav. Giulio , conservatore del mu- seo egiziano, membro della R. accademia , a Torino. Costa Paolo , professore , a Bologna. Ferri di S. Costante conte Giovanni, a Fano. Ferrucci avv. Luigi Crisostomo , a Lugo. Ferrucci Michele , professore aggiunto alV università di Bologna. Fiorini Elisabetta , « Terracina. Franceschi Caterina , « Macerata. Galeani NapI'NE. conte. Gii). Francesco , presidi':! te de' regii archi vii , membro della R. accademia , a Guadagici aw. Francesco , membro del collegio filologi- co , i/i Roma. La3l's f/o££. Giovanni , « Milano. Lixotte crtP". Txrdovico 7 ingegnere ispettore re" quatte e strade , direttore de lavori idraulici nazionali , ire Róma. Mai monsig. Angelo , prefetto della rialicana, membru del collegio filologico , ire Roma. Mamiani conte Giuseppe , professore , « Senigallia. Martucci Onorato , ire Roma. Monti c«i>. Vincenzo , dell" 1. e R. instituto , a Milano. Morichini ere^. Domenico , professore , membro del col- legio medico , ire Roma. Moschini a&. Gio. Antonio , a Venezia , Mcstoxidi caP. Andrea , a Venezia,. Nabdi a&. Luigi , bibliotecario , a Rimino. Paoli conte Domenico , « Pesaro. Pekvzzi a&. Agostino , professore , « Ferrara. Pitccinottt dott. Francesco , profeto re , a Macerata. Pungileom padre maestro Luigi, de minóri conventuali , ìli Roma. Del Rosso Giuseppe , professore , a Firenze. Ri cardi <7o^. Gregorio , medico, in Roma. Roverella conte Gio. Antonio , a Cesena. Salvagncli Marchetti Giuseppe , ì» Roma. Sclopis conte Federico , a l'orino. Staccoli Leopoldo , a Urbino , Thiersch Federico , consigliere e professore , rt intonaco. Vacciilim Domenico , professore , a Bagnaeav:i//o. Valeriani «/>. Orazio , professore , a Civitavecchia. Venturoli Giacomo. , professore , presidente del consi- glio darle pe" lavori idraulici dello stato , membro dell'I, e R. instituto italiano , ire Roma. Veiumiglioli Giambatista , professore e ilirettore del museo d'antichità , re Perugia. Vejcovali Luisi , «Vi Roma. Vi la Sante , a Tivoli. SCIENZE Dissertazioni inaugurali in occasione di laurea in medicina e chirurgia , pubblicate da varj distin- ti allievi della L e lì. università di Padova ne- gli anni scolastici i8a5 e 1826. o SUNTO. JT • Ragazzini - Analisi delV astro montano , e par- ticolarmente del sugo espresso di questa pianta. - Dopo la menzione che facemmo nel volume di di* cembre di questo nostro giornale intorno al pre- gio di siffatte dissertazioni , ci riservammo esibire ai nostri lettori un estratto di molte di esse : il quale ora passiamo a presentare. Incomincia il sig. Ragazzini dall'esporre gli av- vantaggi che la chimica ha largito alla medicina pratica ed alla medicina legale , e dalla pondera- zione giustissima dei medesimi non che dalla spe- ranza di conseguire utili risultanze asserisce esser- si incoraggiato ad istituire alcuni tentativi anali- tici sopra V Astro montano , vegetabile che in que- sti ultimi tempi venne nella materia medica ripro- dotto , ed ai medici commendato qual sicuro ri- medio contro la rabbia canina. Questa pianta è pe- renne in tutt' i colli euganei , berici , bresciani , -0 Scienze tirolesi ec. , fiorisce nei mesi di giugno , luglio , ed agosto , ed è X Àster montanus Jlore luteo , vel Aster italorum, ossia il,, Buphtalmum salicifolium : „ caule erbaceo , foliis alternis , lanceolatis , acu- „ tis , subdenticulatis , glabris , villosisque. „ Il N. A. si studiò primamente d'ottenere per espressione il sugo recente di tal pianta , e si valse a ciò delle foglie, degli steli, e dei fiori, escludendone la sola radice. Istituì dappoi con peculiare lodevolissimo metodo moltiplici operazioni trattando il sugo me- desimo con vari chimici reagenti : ed esaminate aven- done con accuratezza le risultanze e i cambiamenti, ne trasse alcune generali deduzioni. Di queste non pago , immerger si volle in ulteriori ricerche : ed avendo dal sugo filtrato , e trattato con l'alcool a 480 Baume, conseguito un abbondante precipitato fioccoso , si accinse a lavarne coll'alcool la parte raccolta sul filtro. Ridusse quindi a consistenza di estratto la soluzione spiritosa , e ristesso operò egli nel sedimento sul filtro dopo averlo lisciviato con acqua pura ; e diresse le sue prime indagini sul residuo insolubile nell' acqua. Investigò dappoi i caratteri fisici degli estratti spiritoso ed acquoso or menzionati, e d'appresso s'impegnò a trattarli con varj chimici reagenti , tenendo scrupolosamente die- tro agli effetti ed ai cambiamenti che n'emergevano. Conobbe in tal guisa dopo laboriosi esperimenti la proprietà e la composizione dell'estratto spiritoso , dell'estratto acquoso e della sostanza insolubile nell' acqua; e così dal complessivo esame analitico del sugo dell'astro montano venne portato a conchiu- dere la presenza dei materiali immediati nella nor- ma che siegue. Nell'estratto spiritoso rileva la pre- senza di un estrattivo saponaceo misto di zucche- rino ; d' idroclorato di potassa ; di acetato di pò- Dissertazioni inaugurali n tassa ; di acido malico ; di -astrattivo colorante ; di acido gallico ; di calce , e di acqua. Nell'estratto acquoso dimostra la materia gommosa , l'estrattivo colorante , il solfato di potassa , il solfato di cal- ce , il malato acidulo di calce , l'acido gallico , e l'ossido di manganese. Nella sostanza insolubile final- mente addita l'albumina , ed una meteria colorante particolare. Nessun principio particolare però potè egli rilevare , a cui presumere devoluta una qual- che siugolare proprietà. E quantunque siano rimar- cabili nel sugo iu quistione e l'abbondanza dell' idroclorato ed acetato di potassa , non che la pre- senza dell' estrattivo saponaceo che può essere di natura particolare ; e sebbene la virtù medica dei menzionati sali o abbia goduto o goda tuttavia ri- putazione ; nulladimeno saviamente conchinde TA. non essère si facile il giudicare a priori se ab- biano questi sali l'attività di opporsi alla crudel malattia per la quale viene raccomandato l'estrat- to di astro montano. L' azione particolare poi di quell'estrattivo saponaceo solubile si nell'acqua come nell'alcool , e ch'è pur la sostanza più abbondante componente il sugo suddetto , rimane a determinar- si dall' applicazione di esso all'uso medico , e da altri generi di esperimenti , che risolvere comple- tamente potrebbero il problema sulla presunta at- tività medica di questa pianta contro la terribile malattia , per la quale venne preconizzata. À Tescari - De natationis utilitate.-ì^on v'ha dubbio , che fra gli antichi greci e romani sin- golare dominasse l'impegno di ferma rendere la co- stituzione fisica dei corpi mercè de'gravi e variati eser- cizj della ginnastica. Era un di questi il nuoto , che tanto conferir può alla salute , quanto a io- 8 Scienze Lorar la macchina è acconcio ed a rimuoveie fi'm- pression molesta di certe sensazioni ingrate. Il su- bietto di si opportune utilità viene dall' A. preso di mira. Dottamente egli espone qual profitto trag- ga l' organismo per un cotal moto nell' acqua mo- deratamente fredda , e dopo varie fisiche ragioni che in sostegno dell'asserto adduce , passa a tra- scorrere le varie morbosità contro le quali riuscir può giovevole il nuoto . „ Quum igitur natandi „ arte mature adhibita sit , iis prsecipue exercenda „ praescribitur , qui variis obstructionibus , aut pin- „ guedine laborant : iis etiam qui propter lentum „ humorum cursum aliquam sibi comparant conge- „ stionem , ex qua fit ut corporis vigor decrescat. „ Atque ii familiarius liane artem exercere debent, „ qui delicatam indolem et moilem corporis consti- „ tutionem sortiti sunt : ii scilicet aquarum molu „ membra confirment, et nimia totius corporis mol- „ litie dejecti convalescant. Natatio prteterea syste- „ mati gasto- enterico robur addit , et exaneirosi ,, involuntarice remedium affert , quae a nimia ner- „ vorutu laxitate plerumque oboritur. Quod si dia- „ thesim scrophulosam et racliiticam compescere et „ coercere , aut si uno verbo astheniae morbis obstare „ velit , curet quisque ut in aqua marina potissi- „ mum natationis artem exerceat „ . E quante son poi le malsanie che l'uomo incontra mercè dell'espo- sizione bene spesso incauta del suo corpo ai re- pentini cangiamenti atmosferici ? or a questi men sensibile rendesi l'uomo mercè della matura abitudi- ne al nuoto , e cosi più agevole riuscir gli può il sottrarsi a quelle. Né si giovevoli tornano i sem- plici bagni da paragonarsi al profitto ridondante dal nuoto ; giacché avvantaggi ne arreca di gran lun- ga maggiori il movimento continuo delle membra DlSSEM'ÀZIOM INAUGURALI 9 natanti nell'acqua. Ognun conosce d'altronde qual sia ventura prospera il possedere l'arte del nuoto per impedire la sommersione e per porgere agli an- negati soccorso nelle molteplici vicende o impreve- dute o malagevoli talvolta ad essere sfuggite.,, Quo „ vero animi gaudio et hilaritate perfundi debet „ ille , qui naufragum servaverit , et novum quasi „ hominem societati restituerit? Quibus laudum prae- „ coniis efferendus hujusmodi vir ? Si itaque tum „ vitas propriee et aliorum , tum honorum faculta- ,. tibus maxima ab omnibus habeuda est ratio , si „ ssepe , immo vero ssepissime , hoc unum supersit „ auxilium ut vitam et facultatem servemus , sci- „ licet natatus ; affirmandum erit liane artem cui- „ curaque hominum conditioni raaximopere necessa- „ riam esse. „ Dimostrato così con lodevole zelo ed erudizione il profitto e la necessita del nuoto , s'intertiene ad annunziare quanto sarebbe indispen- sabile l'erezione di pubblici stabilimenti alTin di ap- prender l'arte e le regole e le cautele da serbar- si nell'uso di essa. G. Barci.- Dell 'utilità dell'equitazione nelVeco~ nomici animale. - Un rimedio veracemente proficuo contro una grandissima coorte di formidabili ed osti- natissime malattie viene dal N. A. contemplato nel- la somma degli effetti che nelP individuo si otten- gono , e nel rilievo delle cagioni , dalle quali simili effetti emanano. Né sì comune , o privo di conside- revoli utilità, emerge siffatto indagamento ; poiché conosciuto per teorica il modo di agire del moto equitatorio , e dimostratane a priori l' influenza sul- l'animale economìa, ne siegue, che si sapra a quan- ti mali possa convenire, che potrà conoscersi il com- plesso delle regole giovevolissime nel metterlo in pra- io Scienze tica , e se ne potrà, quiodi promuovere e persuadere la trascurata usanza. In tre parti divide perciò l'A. il subjetto del suo argomento , esaminando nella pri- ma gli effetti che nel nostro individuo questo eser- cizio produce ; descrivendo nella seconda le malat- tie alle quali dovrassi applicare; ed indicando nella terza le cautele da osservarsi , perchè questo rime- dio non manchi di recare il promesso avvantaggio. E per seguire Lievemente l'A. , riferiremo in com- pendio la disamina degli efFetti dalla equitazione pro- mananti , omettendo però di addurre con esso lui la dotta spiegazione che ne offre. Diremo cosi essere utilissimo l'esterno ed interno soffregamento derivan- te dal moto equitatorio: quello, perchè con la blan- da attrizione delle vestimenta sulla pelle detergendo quei trasudamento oleoso ed eccitando un calore animale apre i pori e promuove il perspirabile san- toriano ; perchè con si dolce irritazione e stimolo richiamasi alla cute il sangue ; perchè vantaggiosa- mente si eccita qualche elettricità: questo, cioè l'in- terno soffregamento , perchè gl'interni visceri dell'ad- dome e del torace posti vengono in oscillazione, ed una scambievole e mite confricazione risentono, don- de una più copiosa perspirazione interna , ed un aumento di temperatura animale con non lieve pro- fitto dell'individuo. Diremo risultare dalla equita- zione notevoli utilità al sistema vascolare : di qual tempra singolarmente riescono lo scioglimento ed as- sottigliamento della massa sanguigna ; la maggior velocita della circolazione per l'addizione del moto impartito a cavallo, per l'acquistata facilità di scor- rere delle liquide particelle , e per l'accresciuta azio- ne delle pareti dei vasi; lo sviluppo maggiore della materia del calore in grazia delle addotte ragioni , non che delle maggiori composizioni e decomposi-» DiSSETITAZIONI INAUGURALI li zioni del sangue por fisico-chimiche leggi. Dei quali effetti appalesantisi nel sistema angiologico ci rende l'A. un diffuso conto mercè della esplicazione delle for- ze simultanee della gravila e del moto progressivo, e di altre che egli per primo ha in tal forma an- nucleata. Ed a buon diritto : perchè se dalla ine- guaglianza degl' impulsi deriva la maggioranza del moto dei fluidi contenuti nei vasi , non può non essere interessante la conoscenza delle concause ch'en- trano a produrre questa varietà. „ Vi sono la gra- ,i vita che agisce perpendicolarmente, e il moto pro- „ gressivo del cavallo, che qual forza parallela alla „ superfìcie terrestre agisce colla suddetta gravita ,, ad angolo retto. Da queste due forze è spinto il „ corpo nostro ad un movimento determinato dalla „ risultante. Ma qual modificazione non recherà a ,, questo moto composto la forza di concussione e „ sussulto , per cui or minorata dalla spinta all'in- „ su , ora accresciuta dalla discesa all' ingiù del ca- „ valiere sarà la gravità ? Qual cambiamento inol- „ tre non dee produrre la resistenza dell'aria , che „ qual controagente alla forza paralella suddetta „ sollecita il corpo ad un moto retrogrado ? Ep- „ pure in mezzo a queste forze primarie ci siamo „ considerati passivi. Che sarà poi se considereremo „ la reazione volontaria dei varj muscoli e la loro „ attitudine a muoversi ? Che moltiplice collisione „ di forze, che incalcolabile varietà di movimenti!,, IT altro effetto derivante dalla influenza della equitazione deve contemplarsi nei solidi. Impartito viene al nostro corpo nel moto equitatorio per co- municazione un movimento , che diffondendosi mette le particelle in un fremito in una oscillazione ana- loga a quella che nasce dalla percossa dei corpi so- nori. Ma oltre siffatto movimento propagato con leu- ia Scienze tezza alle molecole de'solidi v'ha lo scuotimento e sussulto , da cui non solo deriva una sorgente novel- la di calorico ( come per fisica legge discende ) , ma un' attitudine pur emerge ai muscoli di ajutare mi- rabilmente il ritorno del sangue veno so al cuore , ed in modo peculiare egualmente che interessantissi- mo quello del sangue circolante nel sistema della vena porta. Ne meno ragguardevoli sono gli effetti dell'equitazione sull'organo respiratorio , e sugli or- gani chilopojetici , per tacere di quella ilarità , che viene da tal esercizio prodotta nell'individuo: aven- do a buon diritto asserito Seneca , che l'equitazione rallegra i melanconici, e facilmente dissipa quei no- josi pensieri che la quiete dell' animo perturbano. Sfuggiti neppur sono all'A. gli altri salutari effetti secondai) che dai primarj finqiù contemplati de- rivano, e singolarmente una più fina elaborazione del principio inserviente alla nutrizione del cervel- lo e delle nervose diramazioni. Preconizzato quindi giustamente con l'esempio delle prische istituzioni e premiazioni il vario uso dei ginnastici esercizj , ragioni coglie per magnifi- care l'equitazione come il più nobile e il più uti- le fra i medesimi , avvalorando 1' asserto con le autorità di cotanti classici scrittori che con laudi esagerate commendarono V esercizio equitatorio. A questo appigliar si debbono gl'ipocondriaci letterati, gl'individui soggetti alle coliche, alle varie morbosità addominali , alle cachessie provenienti da rea san- guificazione , ed all' intera coorte dei mali fluenti dall'arresto del sangue per la vena porta chiamata a tutta ragione da Slhal porta malorum. L'eserci- zio a cavallo conferisce efficacemente ai convalescen- ti, agl'infermi d'intermittenti ribelli, agli affetti dal- le Varie nevrosi , agl'infermi di tante altre malat- Dissertazioni inaugurali i3 tie, ed in ispecie delle croniche affezioni toraciche. Chiudesi finalmente questo egregio scrìtto col no- vero delle malattie contro le quali non è la equi- tazione indicata, come le cefalalgie per aumento di sensibilità , l'ernie , gli aneurismi , i calcoli , i mor- bi acuti, le flemmasie si acute come croniche. Dopo la esposizione delle ragioni che un tal nocumento dimostrano, conseguita la enumerazione delle regole e dei precetti necessarj per ben eseguire l'equitazio- ne, onde s'abbiano ad avverare in pratica le indi- cate virtù di questo salutarissimo esercizio. G. D. Ciconj.- Intorno ad alcune malattie de- rivate agli uomini dall' abuso del viver sociale. - Con savio divisamenlo imprendonsi qui a di- mostrare in compendio le molteplici nocevolezze dell' abuso del viver sociale , e gli avvantaggi perciò che dalla mancanza di quelle emergono nella vita cam- pestre ed agricola , come in quella che più si av- vicina all'aurea semplicità dei naturali suggerimenti. Nel breve cenno che faremo di questo prezioso scritto, riferiremo di volo le principali idee dell' A., il quale non ha ommesso altresì di trattare il suo argomento con una piacevole venustà ed eleganza di stile. Deb- bonsi all' ambizione i primi passi che si fecero dagli uomini nello stato ancora di primitiva società. Se le malattie che figlie del clima, delle abitudini, dei cibi, o dei pregiudizj , limitavansi ad un paese, ad una nazione ; col comunicare quinci d' interessi , di lingue, di costumi, di religioni si propagarono, e quantunque non derivassero che da una semplice disposizione iucomunicabile , invasero le genti a gui- sa di contagio , e modificate dal clima , dalle abi- tudini , e dai costumi , travisate si trasfusero nelle posteriori generazioni. Prende da ciò giustamente mo- i4 Scienze tivo di riprovare alcuni matrimoni di età troppo dispari, o tra persone Lene spesso affette da gen- tilizie malattie ; l'irragionevole educazione fisica dei bambini, ed in peculiar modo l'affidarli a poppe ver- nali senza cognizione ed uso delle opportune riserve; la insensata costumanza di comprimere con ossei im- busti il torace delle fanciulle ; la insana coltivazio- ne morale del loro intelletto , la effeminatezza del vivere negli uomini , la lautezza delle mense, il tur- pe onanismo , i delirj letterari , filosofici , politici , ed i frequenti patemi che ne derivano. Altra fonte di morbi dischiuse agli uomini la società o impe- gnandoli alle moltiplici professioni arti e mestieri; o persuadendoli snaturatamente ancora alla evirazio- ne; o loro imprimendo potentissimo spirito di nostal- gia; o loro additando tediosa la legge delia temperan- za ; o incoraggiandoli soverchiamente ad ardite im- prese di navigazioni , che feraci riuscirono di non pria conosciute morbosità. „ Ma tiriamo un velo „ pietoso sovra cotante sciagure , e il contristato „ animo nostro s'apra a belle speranze nella con- „ siderazione lietissima che in questi ultimi tempi „ mercè del più esteso signoreggiare della medica po- „ lizia i contagiosi flagelli più raramente infìeriro- „ no, e che non pochi de'morbi finquì accennati, gra- ,, zie agli studi profondissimi dell'europea medicina „ pratica, onnimamente sparirono, o più miti, più ,, rari veggonsi nella presente generazione. „ A sempre più diradarli ascoltiamo la voce „ della natura che ci parla nella pubblica igiene! „ Sorgano meno spesse e più ventilate le nostre ca- ,, se ; le vesti non sien ludibrio della moda , ma „ secondino le variazioni dell' atmosfera e le natu- „ rali forme del corpo ; la temperanza presieda al- „ le mense, ai piaceri, e la ginnastica specialmente Dissertazioni inaugurali i5 „ tra i molli doviziosi divenga un dilettevole trat- „ tenimento. La vita campestre ed agricola tenga- „ si da noi più in onore, e l'affollate citta non cil- „ lucano coi prestigj di società raffinata , di perfet- „ to incivilimento, poiché vedemmo abbastanza quan- „ ti danni e quanti mali risultino dall'affasteliamen- ,, to degl'individui. Anziché avidamente ricercare le „ viscere della terra, fecondiamone la superficie, che „ giammai ingrata ricompenserà le nostre fatiche coi ,, prodotti che ne abbisognano, e dalla cui man- „ canza o depravazione tanti morbi hanno origine. ., Onoriamo finalmente e con tutte le nostre forze „ coltiviamo la medica polizia , ond'ella proteggen- „ doci colle sue dottrine, figlie dell' osservazione e ,, della sperienza, allontani da noi viemaggiormente „ le malattie contagiose . . . Arriveremo, cos'i àdo- „ prandoci, a diminuire, se non affatto a sradicare, ,, le malattie che derivano dall'abuso del viver so- „ ciale. „ J. F. Gobbi - De Medorrhaea. Checché pos- sa desiderarsi intorno ad una compendiata descri- zione di questa morbosità, tutto ci viene dall' A- con chiarezza e dottrina delineato. Dopo averne esibito l'accurata definizione j discende a distinguer- ne le varie specie , a stabilirne la sede, a rimar- carne l'apparato fenomenologico. Singolare industria egli usa in rilevare le discrepanze della medorrea benigna ed innocente dalla contagiosa; e lodevol- mente s? intertiene nel novero delle cagioni dalle quali si la cronica come l'acuta medorrea derivano. Fra i segni di una prospera od infausta prognosi rimarcheremo , che „ medorrhaea chronica diftìciliter ,, curari potest. Didìcilior curatio est , ubi locuni „ habeat nimia sensilitas aut conditio hypostenica 16 Scienze „ in partibus pudendis , aut languor in systemate „ nerveo , aut ad raorbos spasmodicos dispositio , „ aut diathesis scrophulosa , artritica , rheumatica , „ herpetica , aut laesio organica , aut polypus , aut „ scirrhus uteri , recti intestini et prostatae. Nam hu- „ jusmodi raorboruin species stimulo aut compres- „ sione morbosam pudendorum secretionem augere „ solent. Medorrhaea , quae ab urethrae collo aut „ ipsius canalis contractione immodica originem ha- „ bet , chirurgiae praesidiis debellanda est novae „ inflammationis ope, et copiosa muci secretione evo- „ luta. Quandoque ex diuturna medorrhaeae sup- „ pressione obstructiones , tumores in utero aut par- „ tibus adjacentibus contingere solent. „ Il complesso poi dei terapeutici presidj viene dall' A. saviamente distribuito in ciò che risguarda la cura generale , in ciò ch'è relativo al trattamen- to delle medorrea acuta, ed in ciò che concerne il regime di essa nello stadio cronico. Chiude quindi il suo scritto con varie preziose istruzioni che alla profilassi pertengono , e varie di esse abbiamo grado di riferire. „ Facilius est impedire, quam auferre croni- „ cam medorrhaeam. Necesse est , puellas in prima ca- „ tameniorura evolutione, aut ubi haec eruptioni pro- „ xima sunt , frigoris vicissitudines et alimentorum f, aromaticorum et calefacentium usum , corporisque „ demum mollitiem atque inertiara prudentissime „ aufugiant ; necesse quoque est, coanubia nimis „ praecocia atque intempestiva prohibere , matri- „ bus lactationem quoad fieri potest , nisi quaedam ,, rationes vetent , commendare : partuum incommo- „ dis accurate prospicere atque invigilare. „ Vogliam finalmente , che ferma resti l'attenzio- ne in ritenere più agevole la sanazione dell' acuta che della cronica medorrea , e che di questa secon- DlS*KRTA.SiaNI INAUGURALI ÌJ da'potrassi men difficilmente conseguire la giiarigio*' no , purché I ad essa sopravvenga un. cangiamento della morbosità in acuta. ■ Caporali J. - De diabete- Dopo un1 acconcia definizione seguono e le distinzioni del diabete nel- le varie sue specie , e la sindrome dei morbosi fé-* nomeni ad esso proprj , ed il novero delle produt- trici cagioni , non che dei segni pronostici , ed iu fine un assai ben inteso m-todo dì cura si esterna come interna , si risguardanle il proprio stadio del morbo, come quello ancor relativo alle fatali sue con- seguenze di marasmo. Non omettesi l'analisi chimi- ca dell'orina dei diabetici giusta le norme di The- nard , rilevandosi in essa predominare molta copia di zuccharo ed esservi deficiente l'acido urico. „ ln- „ super cura Marabellius ipse urinam in meliti- „ co diabete attentius ad trutinam chcmicarri revo- „ casset , recentem urinam meliticam ad calorem gra- „ diurni 18 T. Rhe3umur exposuit , et duobus tran- „ sactis diebus haec urina bullas plurimas gas acidi ,, emittebat , turbida fìebat , multatile obscura fìla- ,,. menta deponebat , odorera satis perspicuum urif- ,j nosum expirans , et fermentationis alicujus vinosae „ notam preferens , quae substantiarum, in quibus „ saccharina principia plurimum abundare solent , ,, propria est „ F» Fedeli - De tymphangiciiide. - Apprezzabi- lissimo troviamo il presente scritto , nel quale par- lasi della infiammazione dei vasi linfatici: malattia, la cui cognizione è poco divulgata , e di cui niu- no degl' italiani scrittori sembra aver tenuto ragio- namento. Poche , ma singolari notizie istoriche di questo morbo ci espone , le quali, passeremo sotto $i- G.À.T.XXXIV. a $ft Scienze lpnzio per osservare col N. :A. la sede di siffatta infiammazione. Nel sistema assorbente linfatico dee stabilirsi una tal flogosi , là quale però di rado invade i profondi linfatici delle interne membra- ne e cavità , essendo più di frequente da esso ag- gredita o una parte o tutto- l'intiero sistema assor- bente dei linfatici cutanei. Ripose il dott. Ilendy nelle ghiandole linfatiche la flogosi di cui si ragio- na; saviamente però soggiunge il, N. A., che po*N sono le ghiancb li: partecipare di simile affezione ma di pari passo co' vasi ■.linfatici , mentre può a linfangioitide esistere senza la simultanea affezio- ne delle ghiandole. „ Vera igitur huj lisce phlogosis ,, sedes non in glandulis , sed in vasis lyrnphaticis ,, absorbentibus habetur , quac cimi volumine dila- ,, tentur et attenuentur parietibus , majorem hu- „ moris copiam praeter morem accìpiunt , qui cum ,, in haec vasa pariter fiuat continuo , cumque ea „ totum intus continere non possint , necesse est, „ ut aliqua ejusdem pars in cellulari textu subcu- „ taneo effundatur, ex quo fit ut tumor atque in- „ formis oriatur congeries. „ Quali però siena le proporzioni di questo liquido , che considerare fa d'uopo una miscella di gelatinoso umore e di al- bumina; per quali titoli differisca dal siero e dal sangue ; per quali ragioni avvenir non possa il ri- assorbimento di quest'umore effuso; perchè non sof- fra degenerazioni dopo la sua uscita dai vasi ; e perchè cagion non divenga d' infiammazione sulle parti , nelle quali è soffermato : punti son tutti che, dalla chimica , dall'anatomia , e dalla patologia at- tendono dilucidazione. Riporre dovendosi la cagio- ne della linfangioitide nell'influenza dell'atmosfera e dei venti , ne sorge la linfangioitide endemica e U intercorrente, Il trono dei sintomi che la caralte- Dissertazioni inaugurali 19 rizzano , non è legato a veruna peculiare disposi- zione. ,, In primis enim aegrotus clolorem tensivum „ supefficialem persentit in glandulis, aut in prae- „ cipuis lymphaticis illius partis in qua statuitili-; „ juxta locum in quo dolor aegrotantem excruciat , „ funiculus ruber , durus , nodosus , extensus re- „ peritur , qui sub tactum cadit, quique interdum „ a rubro vestigio signatur ; pars affecta tu mei, ,, et erysipelatis surait aspectum, et quandoque etiaru „ plilegraonis ; proxima articulatio riget , et cedit „ flexorum contractioni. Febris irritans inflammalo- „ ria, quae buie morbo adjungitur, spectanda prae „ ceteris est; incipit enim longo tremore, qui quo- „ libet exiguo motu geminatur , et singulari quidem „ violentia quotidie renovalur . . . Sitis, quae trium „ aut saltem quatuor dierum spatio accessus prae- „ cedit , maior fit, at interdum etiam extingui non „ potest, cum eamdem copiosus et continuus potio- „ nUm usus collibere non possit ; ex quo evenit „ ut sitis inter essentiales pathognomonicos hujusce „ inflammalionis characteres recensenda sit . . . . „ Notevole è pur anco il tremore testé menzionato , ed alla nausea e vomito congiunto. Suole questa in- fiammazione prediligere l'estremità: non ne vanno pe- rò esenti le altre regioni tutte del corpo, siccome con diligente precisione veggiamo dall' A. delinear- si il quadro dei sintomi. Né con minore e sempre lodevole impegno si studia egli rimarcare l'identici- tà della linfangioitide con la elefantiasi , e con la sifilide locale , limitata cioè al sistema assorbente dei linfatici di una parte. A questo istesso flogisti- co processo dei vasi linfatici riferisce la flemmasia alba dolens delle puerpere , e l'induramento del tes- suto cellulosa dei neonati. La comunanza per altro di queste morbosità ritenute, identiclie con la lin- 2* 30 Scienze fangioititle (siccome con sodi raziocini -il confo** ina) porge opportunità all' A. d'esporre le idi agno- stiche discrepanze alla linfangioitide proprie onde non iscambiarla con altre apparentemente affini mor- bosità. Così dalla contemplazione dei sintomi, ivi con giusta ordinanza rilevati , emerge chiaro il differen- ziare della linfangioitide dalla febbre intermittente, dalla risipola , dal flemmone, dall'edema, dall'idro- pe ascite , dalle varici, dal pedartrocace , dall'er- nia , e dal sarcocele. La risoluzione è uno degli esili della linfangioi-r tide , la quale altresì esser può dalla suppurazione e dalla gangrena terminata : ma saepius augmento et duritiae desistiti Quindi varia risulta la prognosi a tenor delle parti che aggredisce , a tenor della vio- lenza con cui si appalesa , ed a tenor delle compli- canze individuali alle quali si associa , siccome am- piamente dimostra l' A. Può da queste e da molte altre cagioni venir modificato il regime terapeutico ; ma costantemente esser dee quale ad un morbo in- fiammatorio conviensi. A tal effetto , inerendo ai- suggerimenti dei medici inglesi e specialmente di Tompson , consiglia l'uso dei deprimenti , del sol- fato di morfina cioè e del suo acetato , dell' ipeca- cuana, dell'estratto di giusquiamo e simili. Racco-- manda la moderazione somma nella celebrazione del salasso , ed a questo preferisce le locali sottrazioni per mezzo delle sanguisughe. Egual cautela ricerca- si nella prescrizione dell'emetico, ed ove questo non sia da veraci indicazioni richiesto, commendansi dal dott. Ilendy gli antispasmodici , fra' quali singolar- mente l'amministrazione dei fiori di zinco. Ad evi- tare l'incontro di péci di re nei luoghi, presso i qua- li endemica suol orassare la linfangioitide, dopo la enumerazione degli accennati e di altri molti pie- DiSSEATAZIONI IMAlJ'UURALt al s.klj , loda molto il N. A. il valersi della chinachina. e dell'oppio dell'ossido di zinco sublimato , e dei ba- gni freddi. L'istesso regime dee porsi in opera nella elefantiasi; ma nella sifìlide locale vi aggiunge l'uso dei bagni tiepidi e delle preparazioni mercuriali. Gio- vevoli addita siffatti bagni nell'induramento del tes- suto celluioso dei neonati, e l'applicazione di qual- che sanguisuga alle sure. L'uso de' suindicati rime- di deprimenti si potrà porre in pratica nella flern- masia alba a'oleris delle puerpere , nelle quali torne- rà proficuo usare altresì i purganti , i diaforetici , e l'ipecacuana a dosi rifratte. Altra serie di terapeu- tici comperisi viene dall'A. giustamente assegnata per combattere la cronica linfangioitide ; e sul proposito degli esterni presidj troviamo assai lodevoli le quo- tidiane abluzioni sulla cutanea superficie con una spugna imbevuta di una tintura alcoolica preparata con Scilla, digitale porporina e scialappa , non che un' acconcia metodica compressione. (sarà continuati)) Torelli. Dubbi e riflessioni sulle operazioni di un cane che dicesi benissimo ammaestrato* Al regno animale noti meno degli altri due regni della natura è ricinto da un velo , ne v'ha chi ab- bia quaggiù lena che basti ad isquarciarlo per ogni lato. Ond'è che il saggio si appaga se può alzarne un lembo, ed osserva con occhio di compassione gli sforzi impotenti di coloro, che sorprendere vorreb* 22 Scienze bono la natura ne'suoi più segreti lavori e capo- volgerla a loro talento. Non è quinci a stupire se le operazioni di un cane condotto in giro di citta in citta abbaglian ora gii occhi de'mal- veggenti sino al punto di trarne illazioni che impiccoliscono l'uomo nel magnificare il bruto. Non parmi perciò inutil' opera il portar l'analisi su di esse per ravvisarle più da vicino che si può e per ispargervi sopra qualche luce di verità. Appena il padrone del cane , cui in appresso additerò sotto il nome Fido , ha messo piede in qualche città romorosa, cartelli d'avviso in più luo- ghi affissi ne annunziano al pubblico le prerogati- ve , ed invitano i dotti e gli indotti a recarsi in folla ad ammirarne il valore. Per irritare vieppiù la curiosità loro dicesi esercitalo nelle prime quattro operazioni dell' aritmetica , nel giuoco di picchetto e di tresette, nella dimostrazione d'alquante figu- re piane della geometria, e nel traslatare un certo numero di parole dall' italica favella in quella del Lazio. Si grandi promesse per ia singolarità loro vengono da molti accolte con entusiasmo , ma i saggi non le valutano che per quello che sono. A porre le operazioni di Fido in quel punto di vi- sta in che non tutto si scopre , né tutto è nasco- so , giova a mio giudizio mirabilmente 1' indagare quali sieno le molle che agir fanno il bruto per iscorgere in esso 1' incapacita di formarsi nozio- ni matematiche, metafisiche, astratte. Mettiamoci in cammino. La prima molla è l'istinto: non già quei meccanico istinto che fa del bruto un oriuolo , ma bensì quello che perfeziona l' uso dell'industria sua naturale e gli fa distinguere ciò che gli conviene da ciò che gli è nocivo, con porre in azione i suoi Operazioni del cane Fido i3 sensi a norma delle impressioni degli oggetti es- terni. I filosofi, tormentano il loro spirito per defi- nirlo, ma null'altro possiam dire di schietto vero se non se che esso non è né gran lume d* intelligenza né ragione, e che tutte le analitiche discussioni non giungeranno mai a farnelo rettamente palese. Con- sideriamolo piuttosto ne' suoi effetti , senza pren- derci pensiero di quanto ne hanno detto coloro che il reputano parola vuota di senso , inventato a solo fine di tirare un velo su la nostra ignoranza. E co- me averlo in conto d'una chimera quand' esso , Vo- lendo ragionare dai fatti , non regge soltanto le azio- ni de'bruli , ma estende in noi pure il suo dominio (come scrisse il fu segretario dell'istituto nazionale italiano prof., Michele Araldi nella memoria del sonno e della sua immediata cagione) in quelle azioni le quali non suppongono la cognizione di niun vero motivo , ne ragion che delibera, ma natura che mo- ve ? Ad esso debbe il bruto la cognizione del luo- go in cui è, della mandra di cui è custode , del padrone a cui serve : e volendo tener dietro a tut- te le sue azioni , gran parte ne veggiamo dirette da questa proprietà a lui data dal Creatore ; col suo mezzo discerne ciò che gli giova da ciò che gli da noja, di quello va in traccia , da questo rifugge , e per quanto è in suo potere non lascia di rin- tuzzarlo. Non veggiamo però nel bruto che appena l'esterno, onde non e a maravigliarsi se l'istinto che il move non s'intenderà mai bene. Vuoisi ad essa aggiugnere anche la forza d'abi- tudine , che in molti incontri accoppia il suo influs- so all' istinto. Né bisogna allegar prove di questa asserzione, mentre è troppo noto che l'esercizio ren- ^4 S e i i w « * de i movimenti più facili, e. in fora» del continuo ri- peterli abituali. Sebbene il servirsi dell'abitudine per ispiegare Je non ben note operazioni di Fido non è uri filo che basti per uscire dal laberinto , e di migliore scorta ne fa d' uopo per non ismarrirvisi dentro. I fatti debbono servirci di guida , e questi ci si appalesano qual risultato di forze appartenenti al- la reminiscenza, all'immaginazione, alla percezione sensitiva , e ad altre facoltà , die il tempo non mi permette di qui richiamare ad esame, circoscritte tra il punto invisibile del presente, a materiali co- se ristrette , la cui attività in queste e per queste sole si spiega. Osservisi un cane qualche fiata dal suo custode percosso a colpi di bastone. Riveggen- do questo povero cane il suo custode agli atti al volto alla voce in alto di ripercuoterlo , rimembra quanto soffrì a cagion di quelle bastonate , immagi- na lo strazio che sia per soffrire, e si accorge che per isfuggire la tempesta non v'è altro mezzo che il darsi a subita fuga , o di lenirne lo sdegno con istrisciarsegli supplichevole al piede. Or drizzo l'oc- chio a Fido lasciando da parte que'pregiudizj vol- gari che sogliono tenere le esagerazioni per fatti. Largheggierò in attribuirgli facoltà che i cauti os- servatori non hanno potuto scorgere in esso , e ciò perchè agli intemperanti suoi encomiatori non venisse in capo d'appiccicarmi la brutta taccia di scettico. Ad onta però d'ogni possibile connivenza ne verrà sempre per dato sicuro, che Fido non è il più destro tra gli esseri della sua specie , e che tutto si debbe al suo padrone, il quale lo fa agire e ne coregge gli abbagli con sì mirabile destrezza, per trar vantaggi alla sua borsa , che «fugge àgli occhi de' più accorti ammiratori. È della sensivitt OpEHAzicm DtL gìnk Fido a5 propriamente detta di questo ' cane il risentirsi 'al- lorché viene eccitato tla? idi impulse» qualunque. È proprio di uno o ' di più sensi di lui il sentire d'onde venga la causa dell'impulso eccitatore , ed è perciò che a questo esterno impulso ei debbe la sensivita di un dato movimento. Nel caso nostro pe- rò l'azione di movimento non gli basta, e gli è giuoco forza il rivolgere gli occhi in giro per ar- restargli ad un punto determinato. Ma ciò ancori non basta. L'azione di movimento del volger degli occhi in atto di ricerca si associa alla facoltà di ri- cordarsi della configurazione del ricercato oggetto. Di più ancora alla facoltà che rinnovella le idee ac- quistate tien dietro l'altra d'immaginare, e lega la sua attenzione alla scelta che far debbe della let- tera , della carta del numero , determinandosi con ispontanei .moti a raccorre or questo or quella co' denti o col labbro per riporla in quella simmetria mille volte iterata , che lo fa apparire giuocatore , aritmetico , geometra , latinista. E a questi alti da lungo esercizio renduti abituali rilega l' immagina- zione con affacciargli le carezze e il pasto che vien dopo d'aver fatto ciò che da lui si esige , e le busse , amaro futto sovente di mal inteso insegnamento , sot- to il peso delle quali perirono sei o sette suoi con- fratelli ; forse di lui men docili o certamente più sfortunati. Per fargli eseguir bene tutti questi la- vori , abbisogna moltissima pazienza nell' educatore e tutta l'attenzione di cui è capace l'educato. V'è d'uopo che tra questo e quello passi una specie di sistema armonico , vale a dire che le affezioni di Fido perfettamente corrispondano ai moltiplici segni - che gli vengono dati dal suo maestro e con- dottiere. In fatti un'occhiata, uno scricchiolare del- le unghie , un movere delle labbra » un alzare od 26 S C I E N 7. K abbassare delle palpebre ed altri aegni non ben co- nosciuti, fanno si ch'egli torni a ripetere una serie d'azioni rendute spontanee; in virtù delle contratte abitudinié Ecco un abbozzo dello sviluppo di fatti die destano il piacere della Sorpresa e della mara- viglia in chi nel vederli , più mosso dal senso che dalla ragione , sogna prodigi. Ed ecco diversità di giudizi. Per chi consulta solo la fantasia pajono straordinarii , e a chi sa interrogar la natura com- pariscono semplicissimi , sebbene per l'influenza dell' educatore sotto alcuni rapporti per qualche tratto si lasci indietro quelli che vivono nel loro stato naturale. Io mi sono ben lontano dalla persuasione di poter noverare distintamente gli accennati segni, e di poter dire come alla ripetizione d'ogni segno particolare si riproduca da Fido l'azione ad esso per convenzione corrispondente. L'errore è così scaltro che si maschera spesso col simulare la voce della verità. Non mi credo però troppo ardito nell' af- fermare, che in Fido ricercasi una particolare is- quisitezza degli organi de'sensi , e che non sia distrat- to. Dico squisitezza degli organi de'sensi , perchè questa rende l'azione più facile, e più pronta a riprodursi. Di- co die non sia distratto, e ciò perchè da più d'uno d'al- ta mente e in più luoghi si è osservalo, che assente l'i- struttore resta inerte e confuso e che taluno nell'imitare lo scrocchiare delle unghie fallo restare in mezzo dell' operazione sospeso. Cosi se per non bene inteso o ve- duto segnale del suo padrone alcuna volta trascor- re oltre la figura , lettera o carta da giuoco richie- sta , al dirsegli dall' astuto maestro coraggio atten- zione , egli non retrocede per trovare la cosa addi- mandatagli , ma compie, e poi ricomincia il suo gi- ro attorno agli indicati oggetti , finche abbia emen- Operazioni del game Fido 27 dato il commesso errore. Né il non poter rendere ragione intera del numero e dell' attività degli enun- ciati segni è motivo sufficiente per dichiarar falsa tale opinione , perchè vi possono essere , e vi sono realmente , delle forze meccaniche a noi ignote. Sap- piamo noi bene il meccanismo di quella statua ra- presentante una Venere scuita in legno , che il pie a danza moveva , e le astuzie emulava di donna affettata e cascante di vezzi ? È a noi ben noto qual molla agir facesse la famosa statua giuocante a scac- chi ? Chi può ridirne quali ordigni movessero quel- la statua di ferro che dal carcere , entro cui era detenuto l'artista suo, andò a pie del trono, ed ivi curvate le ginocchia a terra presentò una supplica al re , e in premio ottenne al bravo artefice la so- spirata liberta ? Ora se 1' industria dell' uomo è giunta e può giungere a porre in moto semplici machine con tal maestria che par quasi incredibi- le , chi oserà dare di nullità all' opinione che ri- pete dalle facoltà eh' ei possiede , sebbene in modo meno perfetto dell'elefante, del cavallo e dell' uomo di bosco , d'intendere le cose sensibili che lo riguar- dano , e in gran parte ancora dell' arte finissima ond' è stato istrutto con molta fatica? Questo magistero primamente lo avrà tratto con violenza ad appren- der cose che non sono nella primigenia sua inclina- zione , poi col mezzo possente d'un' aspra disciplina gliele avrà rendute sì facili, quasi non fossero che il risultato della stessa spontaneità. Agli entusiasti , che con tutta serietà ci narrano tante cose belle di lui , solennemente protesto che le sottigliezze grammaticali , le dimostrazioni matematiche , il calcolo , la medi- tazione di verità astratte , il comporre proposizio- ni universali , sono operazioni astrusissime che Fi- do non è capace di capire 7 né il suo maestro è adat- 28 Scienze to a fargliele apprendere in. verun modo. Non s'av- vedon eglino quest' incauti vociferatori che ciò sa- rebbe un dar vinta la causa al sofista, che null'al- tro divario ammetter vorrebbe tra il bruto e noi che il divario tra il più e il meno , cioè dissimile composizione e vario stato di organi , e con la ben- da dell' errore su gli occhi presume di poter dici- frare l'arcano deli' economia dello spirito , ed ispie- gare come si formi il pensiero coi progressi della chi- mica e della meccanica? E , per istare in filosofia, non s'accorgon essi che vengono a mettere in poter del bruto di scegliere le cose belle in natura, depurar- le da ogni imperfezione per formarne un tipo idea- le i quasi emulo al pittor degli affetti Raffaello, al pittorjr'elle grazie Correggio ? Ma non è di questo luo- go il parlar di follie che disonorano il genere uma- no. E bensì la storia fìsica delle varie foggie di vi- vere , dell' industria degli affetti de' bruti che per rapporto alla vita vegetativa e sensitiva ne fa mo- stra di molta analogia con quella dell' uomo. A più d'uno servir potrebbono , dentro però della loro sfe- ra , di modello all'uomo e farlo ancora arrossire. Sia- ne pruova un esempio che par superiore a quanto possiamo noi aspettarci da un cane. Era questo ca- ne da non so qual tempo avvezzo a recarsi ogni di •sul meriggio con una sporticella in bocca alla bot- tega d'un fornaio. Questi postovi dentro dodici pa- gnottelle appena estralte dal forno rimandavalo con quel carico a casa . Il cane mostrava coli' opera d'essere il modello della fedeltà. Dopo non so quale spazio di tempo il servidore si avvide che undici soltanto erano le pagnotte : e per quella prima vol- ta non ne fece gran caso. La mattina seguente av- venutagli la stessa cosa, lasciata ogni altra faccen- da sua andò dal fornaio per rimbrottarlo , ma si rat- ÓPKftAtiotti del casse' Fido 29 tenne, perchè intese che egli non erane in colpa , e partì. Il terzo giorno die contezza di questo ter- zo scemamento del pane comprato al padrone , il quale benché non ne avesse chiari indizi , sospet- tò del cane , e diede ordine che gli fosse tenuto die- tro senza fare alcun motto. Ciò fatto -, fu visto de- clinare dalla via retta , cacciarsi per entro d'un viot- tolo , entrare in una casuccia e appena entratovi paf^. tirne. Per dir tutto di volo si seppe da quella po- vera gente, che appunto correva il terzo giorno dac- ché vedevano il barbone lasciar una pagnotta ad una cagna che partorito aveva due giorni addietro' non so quanti figli di cui esso barbone era padre. Venuto que- sto caso a notizia del suo padrone volle vedere dove andava a finir questa scena. Fatti un pò grandicel- li i poppanti , dupplicò il barbone la dose alla ma- dre bisognosa di maggiore alimentazione. Giunto il tempo dello slattamento non fu più d'essi sollecito, e tornò come prima ad essere portatore fedele e di- fensore valoroso delle dodici pagnotte dalie' insidie de' ladri. Ecco un fatto eseguito- sotto il magistero della natura più atto di quelli che sono opra dell' arte a fare inarcar le ciglia per lo stupore. Ve qui nel cane un sentire, altrimenti il barbone sarebbe sta- to in uno stato d'inerzia : v' è sentir di sentire ma- nifestato con una specie di non istorile compassio- ne : v' è memoria delle provate sensazioni : v' è im- maginazione di stati e di bisogni diversi. Per farla breve, il cane ed ogni altro animale della sua schiat- talo sia il discepolo della natura o dell'arte, prin- cipia il moto, lo aumenta, lo sminuisce: ma per- chè determinato a cose sensuali e presenti, non astrae, non ragiona , non ha morale liberta. Laddove il no- stro essere intelligente dai sensi riceve le impressio- ni , indi le sensazioni degli oggetti che gli fan cer- 3o Scienze chio , da' quali derivano le idee che la memoria rac- coglie, la ragione paragona, il giudizio disamina, riflette , astrae , raziocinia , percorre il passato , scan- daglia il presente, e si slancia nell' avvenire. ANACREONTICA Su. (Futi cardellino di casa Benedetti , il quale le- gato ad una catenella sopra d'una macchinetta di legno , afferra col rostro ora un filo , al quale è at~ taccata una piccola cesta entro cui v*è il pasto a lui conveniente , ora un sechiello pieno d'acqua , tenendone con ambe le zampette formo il [do , e così sodisfa alla fame e alla sete. Chiamato ri- sponde in suo linguaggio per avere un seme di popone di cui è ghiotto , fa molti scherzi , e si mostra attaccatissimo a chi f ha così bene am- maestrato» A un cardellin rapito Dal nido , ed educato Da Cloe , di lei sul dito Festevole adagiato Non manca che la sola Solissima parola- Né parne questa meno Venirgli , allor eh' ei sente Di Cloe la voce, e pieno Di gioia dolcemente Risponde canticchiando Ad ogni suo comando. Allunga il capolino , Con le gambette prende Il fil d'un cestellino Ch' in alto sale e scende , 3i E all' esca ivi risposta Il sottil rostro accosta. Sazio , il fll lascia e snello Con l'altro filo lieve Ritira a se un secchiello Pien d'acqua pura , e beve , E saltellando scaltro Da un luogo passa all' altro. \ - Abituato istinto Rettor delle sue brame Fallo a sedare accinto, - . Se il punge sete o fame , Lo stimolo discaro : D'ogni altra cosa ignaro; Ond' uom , cui il ver fa segno Al meditar, non scopre In lui d'umano ingegno Né la virtù né l'opre, Ma fa di tutto autrice La mano educatrice. Luigi Pungileoni min. c'omv. 33 • !!.••• [fl Prospetto dei risultttriietiti ottenuti1 nella clinica medica dell' I. R. università di Padova nel cor- so dell'anno scolastico 1823-24 dall'I. R. con- sigliere di governo e P. O. pressore óav. Vale- riano- Luigi Brera, coWaggiunta di due appen- dici di argomenti addizionali , e di ima terza che comprende alcuni '•nuovi cenni sulla china bi- colorata. - Padova 1825. Idem . . . Dell'anno scolastico 1824 - »5 . . . coli' ag- giunta di speciali canni sul vajuolo dei vacci- nati detto vdrioloide ; di un sunto delle osser- vazioni sull'uso della morfina; e di annotazioni cliniche sulV oftalmia contagiosa de' soldati. - Pa- dova , 1826. Estratto. D; 'i due apprezzabilissimi prospetti clinici impren- diamo ad esibire un breve ragguaglio. Ci è pur ca- ro il favellar di essi, perchè oltre le risultanze di esatte contemplazioni sulle varie morbosità offertesi nel clinico istituto di Padova presieduto da queli* uomo insigne del celebrassimo consigl. Brera, vi si rimarcano pure i lumi delle preziose dottrine di questo professore intorno a varj oggetti interessan- ti di pratica medica. Tratteremo comprensivamente di questi due prospetti secondo la norma degli or- dini nosologici , e quindi terremo discorso degli og- getti addizionali. Sono redatti gl'indicati prospetti dietro il pia- no dei precedenti , e la compilazione di essi ven- Clicca, medica 33 ne ild quel professore affidata a varj distinti allie- vi della clinica scuola; È consegnalo il primo ordi- ne ' alle ffbbvi e piressie, ed in quello del primo prospetto vtìgjgQOsi trattate cinquantuna (ebbre , s'i delle quali furono intermittenti. La gastrica com- plicazione fu in esse la più frequente , ed il tipo quotidiano si osservò dominare a preferenza di ogni allio. Fra le1 intermittenti un sòl caso fuvvi di feb- bre infiammatoria ; tredici furono le iposteuiche o legittime ; e dodici furono le intermittenti irritative. Non tutte però le legittime si videro semplici <; poi- ché osservarono alcuue o a gastricismo complicarsi o a vizio gastrico-catarrale, o a condizione spauc- nica della milza; o all'amenorrea , o a verminazione ed a splàncnica affezione insieme. Prontamente cedet- tero le tre semplici ai solllilo di chinino , ed in un sol caso si dovette completare da cura con un de- cotto di corteccia d'ara ucio alcoolizzato. Nelle altre febbri associate alle or menzionate complicanze, do- po essersi queste rimosse eoa la opportuna relativa terapia , si passò a troncare la maggior parte del- le medesime mercè dell'uso del solfato di chinino , del- la corteccia peruviana , e di altre sostanze amare; e si trasse pure partito dal peperino , sebbene da questo non si ottenesse quel pieno successo che si sperava. E notevole qui il caso di una quotidiana splan- cnica anomala tendente alla legittima con vermina- zione ed associala a turbe nervose. La cura fu com- piuta col mezzo de' vermifughi e quindi degli anti- spasmodici, cioè del magistero di bismuto, co'piedi- luvj , e co' clisteri ammollienti. La cute pallida e molto sensibile, la pupilla molto dilatata, la lingua coperta di muco e di punti rossi qua e la, un seu- G.A.T.XX.XIV. 3 34 * -S C I E N Z E so di stringimento alle fauci, prurito alle uanci, lan- guore di stomaco, rutti, tormini, dolori ragunati al Lasso ventre , l'alvo chiuso ora con anoressia , ora con bolimia, sbadigli continui, e sonni inquieti, sussur- ro di orecchi, dolor di capo, orripilazioni agli ar- ti , contrazioni spasmodiche ai muscoli della faccia, riso e pianto involontario , erano i fenomeni mor- bosi che offeriva l'inferma in un colla febbre quo- tidiana che appariva in sulla sera. Nuovo e lumi- noso argomento dalla istorica relazione di questa morbosità si trae per fiancheggiare la diatesi irrita- tiva e quindi la stessa natura o condizione patolo- gica della febbre (a). Ecco com'egli si esprime : „ Dal- „ la storia del morbo e dagli efletti ottenuti nel- „ la cura apparisce abbastanza manifesto , che la „ febbre in questo caso trasse origine da splanc- „ nica irritazione, e specialmente dalle materie an- ,, nidate negl'intestini , e che poi per la peculia- ,. re disposizione dell'inferma dovette svolgersi una „ verminosa colluvie , ed apparire per conseguenza „ i sintomi della più manifesta verminazione. La mor- „ bosa condizione dei visceri addominali facendosi „ di giorno in giorno più grave, e il fomite irri- „ tativo trattenuto nell'organismo accrescendosi , do- „ vettero pertubare ed abbattere le forze vitali , ,, d'onde poi per mezzo delle diramazioni del nervo ,, gran simpatico e i gangli celiaci e tutto il si- fa) Nel fascicolo di dicembre 1824 dì questo Giornale, allorché si rese conto della seconda distribuzione delle In- stitutiones di Borsieri e Binerà , si parlò delle dottrine del sig. Brera intorno alla da lui stabilita piretologiu ra- zionale , ed alla png. af>4 e seg- se »e veggano le dedu- zioni e i corollari . (Il comp. ) Clinica medica 3^ „ stema dell'intercostale n'ebbero a soffrire , e quin- ti di k semplice azione irritativa locale passò poi „ in vera diatesi , spintavi anche dai patemi d'ani- „ mo deprimenti. Cosiffatta irritativa condizione di „ tutto l'organismo , ma principalmente del nervo „ gran simpatico, leggiera da principio, e quasi co- „ si poco profonda suscitò semplicemente una feb- „ bre intermittente , la quale accrescendo successi- ri vamente la irritativa condizione, poteva passare „ a continua remittente , e porger origine alla tur- ., ùa di altri fenomeni , come abbiamo potuto in „ qualche caso osservare. Avvenuta per tal guisa in „ questo nervo una morbosa mutazione , ed estp- „ sa alle propagini cerebrali , uterine , ed ai gangli „ celiaci , non che alle altre parti dell' organismo , „ ha potuto suscitare le varie convulsioni, i do- „ lori alla regione epigastrica ed ipogastrica, la „ costipazione alvina, e gli altri diversi fenomeni „ L intrapreso metodo di cura , e gli ottenuti ef- „ fatti sembrano dimostrare abbastanza una tal ve- ?> nta . . . . M otto ^i"e d<"?Ìd febbrÌ della SPede delle '"i'-tive otto a compierono al gastricismo , due se ne vi- dero d.ndole splaneoica con vermmazione, una dan- dole gastnco- reumatica , ed un altra decisamente « . ancmca, eoe con induramento alla m.lza. Un, del e terz, gastnclle era ^ ^ v cana dalla mammella destra in un. donna di an- SLT' V C01'P0 asSai «Polito e eloro- èhV,,' i . t?mPerament° fenico - eccitabile , e nò irr,? * g" aItrl T°lta reStilulta « sa'"'e do- ZZJSv" r*™"™ dall'°«'»° sinistro per gtnese. A tale mferma „ nel corso di otto mes, si „ aram.nistrarono diversi rimedj , dei quali se „, 3", 3G Scienze ,, intermise V uso subito che si conosceva die non „ erano tollerali dall'inferma , quali sono il jocluro „ di ferro, gli estratti amari risolventi , le deco-r „ zioni sature di china colla tintura di marte po~ ,, mata, l'acqua di cannella, l'acqua coobata di lau- „ ro -ceraso, l'etiope marziale, il croco orientale, l'in- „ fusione di foglie di tasso baccato , la digitale , il „ giusquiamo , l'ossido nero di manganese , salassi al ,, braccio e al piede , i pediluvj , i fomenti, le appli- ,, cazioni esterne di sostanze calmanti e risolventi ■, -e „ finalmente le acque catulliane . . . „ Una ragazza di a3 anni, di temperamento ner- voso , già altre volte soggetta a febbri intermitten- ti splancniche d'indole verini uosa, presentò una quo- tidiana anomala. Si mostrò questa „ sempre irrego- „ lare nella costruzione dei parosismi e nel tipo , „ perciocché ora appariva con dolori di capo , eon „ calore , con amarezza di bocca , ora con freddo, „ con formicolamento agli arti, con dolori addorni- ,, nali , talvolta con dolori al petto , con riso e pianto „ involontario; e quanto al tipo si osservò ora quoti- „ diana semplice , ora doppia , ora anche terzana , ora „ senza ore fìs.ve nei comparire. Ma quello che si ri- „ marcò di particolare si è, che la febbre si a|- „ ternava colle convulsioni, e spesso queste teneva- ,, no luogo di quella , cosicché più fiate , quando „ si stava aspettando l'ingruenza della febbre , si „ vedevano in vece a quella stessa ora comparire „ gli accessi convulsivi, che duravano per un'ora, „ un' ora e mezzo , ed anche due , ed in quel gior- ,, no taceva la febbre. Attrasse questo fenomeno le „ riflessioni del nostro precettore , il quale trovò „ un nuovo argomento per vieppiù corroborare la „ sua dottrina sulla eausa prossima , e sulla con™ „ dizione patologica. d4L\ febbre. „ Clinica medica 3/ Qen. IL- Febbri continue* -Yv*. le 20 febbri con- tinue otto furono d'indole infiammatoria, e le al- tre furono tutte irritative. Fra queste ultime sareb- be singolarmente a contemplarsi la storia di una febbre irritativa gastrico- biliosa , di cui a conva- lidare la dottrina patologica delle febbri biliose prodotta dall'esimio ed instancabile prof. cav. Meli si fece esteso cenno da noi , allorché (b) rendemmo conto dei di lui - Nuovi fatti sulla condizione pa' tologica delle febbri biliose. Milano 1824» - Omet- teremo perciò di qui ragionarne a scanzo di ripe- tizione , e preghiamo i nostri lettori a non per- dere di vista si interessante argomento nella cura delle febbri biliose, argomento che somministra ti- toli di cel h'ita immortale al prof. c|i Ravenna. Non taceremo per altro mm^ione di una febbre irrita- tiva splancnica , la quale congiungevasi a vizio dei precordj reso manifesto dalle palpitazioni di cuore e dal frequente pulsare delle carotidi , in un uomo di anni 52 fino dall'adolescenza soggetto alle affezioni di milza ed a ricorrente epistassi. Tornarono inu- tili tutti gli amministrati presidj , come i decotti ama- ri e diuretico - risolventi , le sanguisughe ai vasi emorroidali , l'empiastro risolvente nella regione del- la milza; quindi la pozione tonica risolvente, i de- cotti tonici amari , ed anche un decotto di china col cloro ; finalmente i calmanti e leggermente ec- citanti. ■ Ij' autopsia cadaverica offerse i polmoni ri- stretti e tubercolosi , la pleura polmonale parte di- strutta, parte aderente ai polmoni, il fegato accre- sciuto di mole e indurato , la milza grande epatizza- ta , il cuore più voluminoso del naturale, l'orecchiet- (b) Ved. il fascic. di novembre i8b4 di questo giornate) 3$ Scienze ta destra espansa ed assottigliata, e nel destro ven- tricolo un polipo fortemente attaccato alle interne pareti , siccome già erasi vaticinato dal sig. con- sigli Brera. Chiudesi quest'ordine con la sposizione di Bre- vi cenni mlV assenza delle febbri , ed avvertenze per la loro cura. Dessi sono oltremodo apprezza- bili: e quantunque per ragione della loro brevità poco si prestino ad essere compendiati , nulla di manco ci studieremo ridurli a maggior concisione senza far loro perdere il pregio della chiarezza. n Dietro T analisi scrupolosa dei casi pratici e gli scritti dei più rinomati autori viene la ve- ra essenza o causa prossima della febbre stabilita in una particolare affezione al centro del sistema nervoso -simpatico , che presiede alla vita organica estesa per irradiazione a questa o a quella provincia dell'organismo. Per la innormale azione di questo ner- vo insorgono .morbosi fenomeni nel sistema sangui- fero , nelle secrezioni e nell'escrezioni ; e dalla mag- giore o minore estensione e profondità della lesione emerge un maggiore o minor numero di perturbazio- ni nell'organismo , atteso il maggiore o minor nume- ro di parti tratte in consenso , con le quali quel gran nervo è in comunicazione. a. Irritativa perciò è l'indole della febbre , la quale , se la lesione è soltanto limitata al centro del gran simpatico e non complicata ad altra af- fezione , si dira essere una febbre essenziale , le- gittima , o solitaria. Questa condizione per altro irritativa dell' intercostale può essere associata al- la diatesi ipostenica, alla iperstenica , alla irritativa di qualunque genere , ed ad altre malattie ancora. 3. La relazione che gode questo sistema ner- voso con moltissimi visceri ed organi , è la causa Clinica medica 3o> perchè questi , afletti che sieno , comunicar possono la loro affezione alle diramazioni di esso, e cosi ne insorga la febbre. 4- 5. 6. Non può stabilirsi un metodo gene- rale di cura , poiché canviene adattarlo alle diver- se circostanze o di semplicità della febbre , ovve- ro di sua complicazione. Ov'essa sia solitaria , e sce- vra da ogni complicanza , hanno luogo quegli stes- si rimedj , coi quali si occorre alla condizione spa- stica dell'organismo; e perciò convengono i cosi det- ti antispasmodici ed i sali metallici, come i fiori di zinco , il magistero di bismuto , i preparati arse- nicali, la magnesia, il cupio ammoniacale, e simi- li : le quali sostanze furono perciò da alcuni an- noverate tra i succedanei della china - china. Ove poi siavi complicazione , è d' uopo distinguerne la specie ; cosicché sotto la diatesi ipcrstenica deesi far uso di un regime terapeutico e dietetico de- primente , antiflogistico , o controstimolante. Ma se per altro vi si riscontri complicata la condizione ipostenica ; e mostrisi la febbre poco benigna , mi- nacciando di as.sumare il carattere di continua con- tinente o perniciosa ; dovrassi allora far ricorso a' tonici incitanti desunti specialmente dai rimedj amari, nervini, astringenti, e singolarmente alla cor- teccia peruviana che gode fra essi il primo posto: ben inteso di rimuovere previamente le locali ir- ritazioni che talvolta si offrono. 7. 8. 9. Se lo stato patologico del sistema del gran simpatico sia lieve , suol dissiparsi la febbre dopo la rimozione della complicazione ; ma se più estesa e profonda nell' intercostale sia tal morbosa impressione, rendesi indispensabile l'uso pur dei feb- brifughi e de' menzionati antispasmodici. - Può una febbre intermittente trascurata per una maggior le- /JO »S C I E tf Z E sione nel sistema «lei gran simpatico passare in con- tinua , come ugualmente può una continua , tolte le complicazioni e rimesse le cause che la susci- tarono , ridursi a semplice intermittente da trattar- si allora cogli antifebbrili. V han però delle' in- termittenti , contro le quali 1' uso della corteccia peruviana non riesce giovevole , siccome riscontrasi nelle circostanze di complicazione della febbre a sa- burre gastriche o a vizi organici o a condizione morbosa dei visceri addominali , e simili- Né sempre il solfato di chinino , anche a dosi generosissime, va- le a troncarle , se l'organismo trovasi in uno stato di atonia, di lassezza , di languore. io. ii. 12. Ad assicurarsi maggiormente della guarigione , ed impedire la recidiva che riconosce per lo più una causa ipostenica, è prudenza di ri- correre ai tonici amari. Un titolo di minor dis- pendio esige che determinati sieno i casi nei qua- li possa il peperino utilmente amministrarsi. Con ottimo successo per altro è stata quindi introdotta in uso la china bicolorata. i3. 14. i5. Anche le febbri continue , riguar- do alla condizione patologica , sono dell'indole is- tesso delle intermittenti, cioè d'indole irritativa; ma le febbri continue semplici e solitarie per so- la affezione del nervo gran simpatico sono raris- sime , presentandosi per lo più costituite dalle com- plicazioni specialmente diatesiche ed irritative: ond'è che doppia si può dire la loro condizione pato- logica. Portar è d'uopo la considerazione nella cu- ra delle febbri continue alle complicazioni diatesi-» che ed irritative in particolare. „ Ammessa una vol- „ ta (e chiuderemo con le istesse parole dell'ulti- „ ma considerazione ) l'essenza della febbre in una „ particolare alterazione del nervo gran simpatico Clinica medica 4* „ la cui aziono si manifesta per parosismi , si co- „ noscera facilmente, come mal a proposito alcuni ,, autori descrìssero quali continue, e riposero nel- „ la classe delie remittenti, le felibri cosi dette „ comitato , e perniciose. Noi sappiamo con quan- „ te parti ed organi sieno messe in comunicazio- „ ne le diramazioni del nervo intercostale: ora se „ le funzioni dei visceri, clie restano consensualmen- „ te aflettati , sono necessarie alla integrità della „ vita , il pericolo diviene maggiore e la febbre „ assume il carattere di comitata e perniciosa. Por- „ tata dalle ramilicazioui di questo nervo già af- „ fetto o sull'uno o sull'altro di quei visceri una „ morbosa impressione, questa non togliesi così facil- „ mente, ma sussiste anche terminato il parosismo; „ e si hanno perciò nell'intervallo di apiressia al- ,, cani dei sintomi che si avevano durante l'acces- „ so. L'osservare la presenza o la continuità di ,, questi sintomi ha condotto alcuni a dichiarare „ continuo il tipo della comitale : ma ciò che com- „ plessivamente costituisce la forma febbrile presen- „ ta propriamente una intermittenza. „ 11 primo ordine dell' altro prospetto offre 5G infermi ricevuti con febbre : sedici di queste furo- no intermittenti, e 4° continue. Fra le intermit- tenti niuna ve ne fu iperstenica; cinque se ne con- tarono iposteniche o legittime; ed undici furono le irritative. Quattro delle prime trattate vennero con la china bicolorata dopo il previo uso dei rime- di diretti a rimuovere le complicazioni. Fra le in- termittenti irritative leggonsi pur dei documenti fian- cheggianti il valore anliperiodico della china bico- lorata. Faremo soltanto menzione di una larvata ce-? falica , la quale accompagnata da pertinacissima com- plicazione si ridusse pur a buon termine mercè della j£a S C 1 C N X t istessa china bicolorata nelle consuete forinole pre- scritta , mercè delle frequenti emissioni di sangue lo- cali , dieta vegetabile , clisteri ammollienti , pozio- ni catartiche ed anche drastiche , giusta le emergen- ti circostanze che ne indicarono l'uso. Nel novero delle febbri continue si notano se- dici gastriche , nove infiammatorie , e quindici irri- tative. L'olio di croton tislium venne nella ma»- o o gior parte dei casi amministrato con felice succes- so delle gastriche^ ed anche l'olio euphorbia laty- ris riuscì proficuo in varie piressie, e continue in- fiammatorie. Sul conto delle irritative giova riflet- tere , che la cura delle splancniche si diresse ad attivare il sistema assorbente con mezzi topici , e nello stesso momento a ridonare la perduta nor- malità ai visceri addominali con blandi purgativi rianimanti il circolo del sistema della vena porta, mentre da ogni imbarazzo depurano il sistema ga- stro-enterico. Varie ancora delle febbri in quistio- ne si videro trattate con olio di croton tiglium , e singolarmente una irritativa con infiammazione alla milza ed induramento di fegato fu compiuta- mente vinta con l'olio anzidetto di croton , conosciu- to dai pratici opportunissimo nei casi di addomina- li infarcimenti. Ordine II.- Infiammazioni. Nel primo dei men- zionati prospetti figurano novantadue individui con varie forme morbose a quest'ordine spettanti. E de- gno di singoiar attenzione che in quell'anno diver- se malattie infiammatorie , o primariamente , o per flogistica irradiazione , o per simpatica comunica* zione , piantarono le loro radici o si propagarono al delicato sistema encefalico. Non di tutte le for- me di tal morbosa famiglia assai moltiplici e va- rie terremo discorso ; ma su di alcune di esse tro- Clinica medica 43 ▼eremo qualche subietto di singolare contemplazio- ne. Cosi in una meningite primaria idiopatica ri- marcasi , che 1' apparato fenomenologico persistette per vari giorni fiero ed allarmante : il delirio , l'an- sietà , la carpologia , i polsi piccoli e contratti du- rarono per cinque giorni. Dopo la più volte ripe- tuta applicazione delle sanguisughe in varie parti del corpo; dopo un copioso salasso, un vescicante alla nuca, ed i senapismi ai polpacci delle gambe; dopo l'uso ora di un decotto di prune con Senna e tartaro emetico , ora di un decotto d'orzo col ni- tro , ora dell* acqua stillata con qualche grano di tartaro emetico ; manifestatasi una salutare epistas- si , scioltosi il ventre, e fattasi umida la cute, spa- rirono i sintomi encefalici, cessarono i vaganti do- lori , e venne l'infermo restituito in salute dopo aa giorni di cura. Cosi in un infermo affetto da tra- cheo - laringite , e che nel settimo giorno dopo es- sere stato colto da freddo e tremore nell'estremi- tà , da trismo nella mascella , da respirazione dif- ficile , da dolori al basso ventre , da sussulto di tendini e da diarrea , mori tra spasmi e convul- sioni , dimostrò la necrotomia che la causa pros- sima di una morte inaspettata si fu un lombricoi- de , che dopo aver corrose le membrane del ven- tricolo in molti punti si aveva fatto strada fuori di esso nel basso ventre. - Così le terminazioni dei catarri , che negletti o mal curati riuscir possono altamente funesti agi' infermi , coronate furono da felice successo* allorché per deprimere il soverchio eccitamento e sedare i dolori si ebbe ricorso alla digitale purpurea ed all'aconito napello; per pro- muovere la traspirazione e migliorare la condizione degli sputi si usò lo zolfo dorato di antimonio; per ristaurire lo stato dinamico dei polmoni la poli- 4$ Scienze gala vi.rginiana ; e finalmente gli epi^pàtici allo ster- no ed iu altre prossime regioni all'oggetto di dis- sipare dalla cavita del to ace l'esuberante concorso di umori, e, dissipare le indottevi congestioni. -Co- sì utilissimo riscontrossi dopo le debite emissioni di sangue l'idrocianato di potassa contro una peripneu- nionia acuta oltre le solite prescrizioni kermetiche e nitrate. - Così osserviamo , che. venne condotta a sanazione una gravissima mediosttnite anteriore in una donna incinta e che sospetto esibiva o di fe- to estinto o d'imminente aborto; mentre il regime terapeutico dopo gli opportuni salassi si fece pre- cipuamente consistere nell'uso del decotto di orzo Gol nitro, della emulsione di gomma arabica nitra- ta , del kermes minerale col calomelano, di questo coll'estratto di giusquiamo , del decotto di grami- gna cól tartaro emetico. -Così riscontriamo, che ri- sanossi mercè de'prediluvi nitro - muriatici una epa- talgia cronica per lenta flogosi. -Così finalmente ri- marchiamo la lodevole esposizione delle dottrine pa- tologiche sulla genesi delle artritidi , sulle varie k»ro terminazioni, e sul regime terapeutico ad esse più acconcio. Aurei precetti egualmente incontriamo nell'or- dine delle infiammazioni riferite nell' altro clinico Prospetto. Quivi in una delle miositi fu posta in pratica la tanto decantata ago -puntura; ma da que- sto mezzo non si ottenne il più piccolo vantaggio. Degna di maggior attenzione giudichiamo una epa- titide consociata a timpanitide e ad incipiente idro- pe ascite. L' inferma , che n'era il subietto , dopo aver disprezzato dodici mesi innanzi la scarlattina, s'imbattè nei primordi di un idrope ascite. Omi- se il; proseguimento dei soccorsi terapeutici, dai quali avea pur tratto qualche sollievo , e co'nuo- Clinica medica 45 vi progressi deìl'idrope sopraggiunte) un\4olore al destro ipocondrio. Accolta quinci nel clinico ìsUt tuto querelavasi di un. senso di peso ; all' ipocondrio destro , e di dolore alle coste spurie dello stesso lato protratto alla corrispondente scapala ; i polsi erano 'frequenti, edì irritati; eravi dispnea con tosse secca, bocca amara, ed aridura della: lingua e del- la cute; il Lasso o ventre era tumefatto senza Iceìla distensione, degl'integumenti. La cura ,r the venire lo- devolmente compiuta in 66. giorni^ si' fece;Jconisistere nell'i uso dell'iacetato di morfina come deprimente ^ nelle I frizioni di linimento mercuriale alla: regione epatica , associato alia interni prescrizione del calo- melano e dello zolfo dorato d'antimonio;! é finàlmenr te nelle applicazioni di un cataplasma di farina d'or- zo e di aceto canforato. Merita' poi singoiar contemplazione nna gastri- tide per le complicazioni che offerse , e pei regime terapeutico con cui fu trattata. E per rispetto al- le prime i sintomi furon tali , che senza un maturo e ben saggio accorgimento non avrebber potuto si agevolmente distinguersi. Che di vero un dolor vee- mente e fisso all' epigastrio con noja pei cibi , e vomito (che sanguigno erasi pur ravvisato per lo innanzi, e dipendente da soppressa mestruazione), la tosse molesta sotto l'inspirazione , e corteggia- ta da sputo mucoso - pituitoso ; un dolor fìsso e molesto alla parte laterale del torace , non che as- cendente per la ragione dello sterno con giacitura laterale difficoltata ; frequenti pulsazioni di cuore , e le ricorrenti lipotimie ; i polsi tesi, vibrati e mol- to irritati , e finalmente le frequenti pulsazioni dell' arco dell'aorta con somma prostrazione di forze, ap- palesavano trattarsi di una lenta gastritide consocia- ta ad una bronchitide , ad una pleuritide lenta t a 46 Scienze pericardite e cardialgite, a mediastinite , ed ad una aortitide. Stabilita venne la terapia in deprimere la forza dei capillari, ed in ridurre allo stato normale i tessuti membranacei mercè dell'applicazione delle san- guisughe alla regione epigastrica , ed alle regioni del torace ; mercè de' solfati di morfina e di marte si utile nelle infiammazioni angiotiche , alternati dall* olio di croton tilio ; mercè dell'uso del kermes e dei demulcenti. IT edematia di tutto il corpo obbligò quindi a far ricorso alla digitale purpurea, che ven- ne dipoi congiunta all'acetato di morfina , non es- cluso un salasso e le pozioni nitrate; e cosi nel 54«0 giorno di cura esci la paziente perfettamente ri- stabilita dal clinico istituto. (Sarà continuato) Tgnjlli. h LETTERATURA Continuazione delle osservazioni di Vincenzo Cam,' panari sopra la grande lapida etrusca rinvenu- ta in Perugia nel i8aa, al eh. sig. cav. Giovar* ni Battista Vermiglioli. Oeconda parte della epigrafe clie incomincia al ver- so 1 1 dalla voce PHELIC , e termina al verso 7 del- la iscrizione di fianco colla voce RENETHI.== §.41. verso 11 PHELIC LARTHALS APHVNES= v. 12. CLEN THVNCHVLTE v. i3. PHALAS . CHIEM . PHVSLE . . . Placati li dieci dei , espiata la tribù dalle con- seguenze della morte di Autlesio Veltinio figlio di Ar~ ria, resi alla di lui memoria gli ultimi onori coll'epu- lo funerale , la epigrafe più non parla di lui. Prosegue invece a narrare la rimanente solennità , per quel che paye , secondo l'ordine medesimo col quale fu cele- brità. Lasciammo di sopra il sacrificante Veltinio , eh era penetrato agli altari per fare le libazioni dei XII NAPER ad un tempo. Di quei naper non al- tro si era udito , perciocché da quello in poi la epigrafe aveva versato intorno agli onori del mor- to : ora i naper tornano in campo , e con essi yen- 48 Letteratura. gono le altre parti di un lungo sacrificio , del qua- le il celebrante è -sempre quello stesso Veltinio, che io. addietro fu appellato thuras , sacerdos e di bel nuovo lo sarà .nel' progresso dei riti. Qui in sulle prime com- parisce uhi --personaggio -novello ,- che non è della gente Veltinia; e sf appella PHELIC LARTHALS. Voi , ornatissimo sig. cavaliere , leggeste PHELlG LARTHAL , e sull' esempio di toscane lapidi dei tempi latini interpretaste Fetida , o sia Felicula Larthia nata. Ne vi ha dubbiò che ciò star possa; come non vi ha dubbio che il matronimico espri- mente Larthia nata ' si trovi scritto più communi;- mente LARTHAL. Contuttocio io amo di lasciar PHELIC colla sola giunta della S finale quivi sop- pressa , e legger LARTIiALS per ragione della se- guènte voce:' mi basterà qui d'accennare che tale le^ zione non manca di esempi , e che fu seguita an- cora dal eh. Orioli , come voi ne avvertite in una nota alla pag. 5G. 42. 11 PHELlG etrusco con la S finale soppressa a me pare lo stesso FELIX dei latini , i quali con più antica ortografia scrivevano FELIGS f siccome SECSTVS, SECSTINIVS &c. secondo ciò che fu iu addietro osservato §. a4» ea* anche i latini usarono Felix per noma e per coguome. Vero è che voi ammettendo Felicula , venite ad ammettere con me il primitivo Felics de* toscani , del quale si è Fe- licula un diminutivo ; laonde su ciò non occorre far altre parole. La terza voce da voi si legge SAPHV- NESGLEN : da me , che ne divisi la S iniziale per darne la finale a Larthal , leggesi APHVNESCLEN". Voi dividete quella voce in due APHVNES e CLEN e poiché in Felic leggeste una Felicula , trovando quivi subito il genitivo SAPHVNES (che se è no- me personale si rende egregiamente Sabonii come Lingua etrusca. 4f) da voi fu reso ) vi trovate opportunamente il di lei marito . e tutti gli esempi vi clan ragione, che il nome dei mariti esprimono in quel modo ed in quel- la posizione. Di CLEN pensaste con Lanzi p. 487 che sia voce proveniente dal verbo ytxha , contrat- to in k\ù) , voco , invoco, e che riducasi a kài»J(? , ■votum , invocatio ■ dopo di che proponeste il dnb- Lio se nella voce seguente PHALAS si stia nasco- sta la dea Pale, dea dei campi, che forse dai to- scani passò ai romani; nel qual caso la voce CLEN potrebbe avere alcuna relazione con quella dea. Di quelle indagini del Lanzi su di CLEN co- munque dottissime io non posso persuadermi più di quello che ne fu persuaso egli medesimo , il quale una volta lo riguardò come voce sostantiva ed in- dipendente kàh? in .-genere. Stimo superfluo il dire quanto la carne d'agnello venisse in uso nei sacrificj dei pa- gani. Voi spogliando del pari la ridondante X del- la voce PENEXS opinate che fosse il latino penes apud j al che , v'indusse la di .lei, posizione avanti masu che vi parve il nome proprio mrutsius, e co- sì leggeste penes mausium , siccome pure la voce Acuiiid traduceste nel gentilizio Aciniana. Segiie la Corniola a dire GLEL aphuna Velthi- nam ler xinia inteni amer CNL. La prima e l'ul- tima di queste .parole monosillabe sfuggono di trop- po alla mia intelligenza: le intermedie sono più trat- tabili ; la dove mancano la testa ed i piedi di ciò che deve interpretarsi è ben tristo ministerio il fa- re l'interprete. Fidandomi alla pazienza e discretez- za vostra, e di chi mi leggera dopo di voi , pure andrò innanzi. Si è parlato di APHVNA : qui tal vece per ragione della costruzione mi sembra in G.° caso. Panni poi che quell'ignoto CLEL sia una vo- ce che regge il 4«° caso Velthinam , e l'infinito LER die gli viene appresso. Dico che a LER deve ag- giungersi la V ausiliare di L: rie viene LVER, cioè Luere dal greco verbo hveo solvo persolvo. Quindi LER XINIA spiego solvere dona, mimerà. Se ad altri pia- cesse di dare agl'infiniti de'verbi toscaui attivi la fi- nale E de' verbi latini , e leggere in etruria LVERE mi opporrei finché non si producano chiari esempj in contrario , per la ragione che conveirebbe dare Lingua etrusca G3 ad R l'ausiliare E , che fino ad ora non gli fu pro- pria. Gli antichi infiniti passivi de' latini legier eli- der farier solvier etc. ci provano che più si va indietro nelle italiche lingue più. vi si trova di Rotacismo: quindi a me pare più verisimile che 1' etrusco infinito fosse LVER , comunque attivo, che non luere. La frase luere .xenia è proprissima come luere aes alienwn , luere supplicium etc. Che XINIA sia il greco fi , quando egli lo spiegò per sa~ ,, Iute) se soddisfa all'ECA della nostra formo la se- „ polcrale, non soddisfa però a questo stesso ECA , LlNGUxl. ETRUSCA 6j „ il quale si ritrova in altri luoghi ed in altre ,, italiche lingue affini alV etnisca , siccome nella „ famosa iscrizione campana EGA TRISI EMER . . . „ cui Mazzocchi reputò essere frammento di calerì- „ dario , e Lanzi poco diversamente,,. Dopo di che rigettando altre opinioni sul valore di quella for- mo! a , si conferma nella sua che tiene TEGA per la proposizione ex. Se non che rigettando il primo suo parere sulla voce SVTHINES , mosso , come mi giova credere, dalle mie ragioni, ora la spiega me- co per l'aggettivo salvi, incolume s , e tutto il mot- to traduce e salvis cioè del numero dei salvi. Io Lene mi compiaccio che un tanto uomo colla autorità del suo esempio abbia confermata questa parte della mia spiegazione; quantunque su di essa non abbia fat- to pur menzione di me, né della sua precedente spie- gazione salus , né del perchè se ne sia discostato ) e tanto me ne compiaccio , ch'io non sono contento se non lo traggo a me intieramente sì eh' egli con- venga che TEGA etrusco è Ymx greco , come io vo- glio , non la prepos. e* o ex com'egli vuole. Egli, come si e udito, rigetta la mia spiegazio- ne placide molliter , perchè se questa soddisfa ai motti sepolcrali d'Etruria , non soddisfa ad ECA, il quale si trova in altri luoghi ed in altre italiche lingue affini coli 'etnisca , siccome a quello della la- pide campana, ch'egli cita ad esempio di tutti gli altri. Da questo modo di scrivere d'un uomo di tan- ta dottrina, ed in cui la buona fede non dee re- putarsi minore , dico il vero , io venni in paura che troppi più EGA fossero pe' 1 mondo di quelli ch'io sapeva, ed altri non ne sapeva se non' quelli delle tombe di Axia , e di Toscanella , su dei quali ambedue avevamo ragionalo. Mi diedi adunque a far- ne ricerca; ma inutilmente: io non ne trovai di più: 5* . 63 Letteratura se il prof. Orioli ne ha, li produca: glielo ehiedo istantemente: cortese com'è, non dubito che vorrà compiacermene. Posto per ora che altri non se ne conoscano, domanderò in prima al eh. prof; se parrebbe a lui giusto che l'HKA greco , mentre soddisfa si bene a tutti i luoghi dove si è trovato finora V ECA etru- sco , dovesse cedere dal suo posto in grazia d'un solo ed uuico EGA d' un frammento campano , al quale non si adatta ? E sia pur quanto vuoisi la campana lingua affine all'etnisca ; noi sarà mai tan- to quanto lo è questa a se stessa. Ora ecco che og- gi TECA etrusco vien fuori della perugina lapida, tanto diversa da un motto sepolcrale , quanto il vedono i veggenti ed i ciechi , e contuttociò 1' mot greco soddisfa così bene a questo novello esempio, come a tutti gli altri. Noti è ella questa nna ragio- ne di più poche T ECA campano debba a questo accomodarsi , piuttosto che questo a quello ? Ma stiasi pur egli al suo posto , perciocché nulla ha che fare con noi ; né egli è un ECA , e neppur è parola , ma parte di una parola che non fu co- nosciuta ne dal Mazzocchi , nò dal Lanzi , né dal Orioli. Questi seguendo 1' autorità di quei valenti stimò superfluo d'esaminare se quelli a dritto o a torto avessero tenuta e quella lezione , e quella interpre- tazione , cioè Mazzucchi In /// mercedonìi , men- tis erunt c Lucano volgarizzata, dal con- te Francesco Cassi. Tomo prime Pesaro , coi ti- pi di Annesto Nobili 182G. N. on vi è parte d'Italia, che ornai non conosca il nobile scopo che il conte Francesco Cassi da Pesa- ro si è proposto nel dare alla luce l'egregio suo vol- garizzamento della Farsaglia di Lucano: sicché l'anda- re in più parole su quest' oggetto tornerebbe vano e di non poca noja, dovendo per necessita ripetere quel tanto, che gli amici di Giulio Perticari e del- la gloria italiana più volte ne han detto con larghez- za di parole e di debite lodi. Mi abbia dunque per iscusato il chiarissimo volgarizzatore e mio buon ami- co se di questo passandomi, il solo volgarizzamen- to qui mi propongo di recare a disamina , sicco- me era cosa da questo giornale che si piace d'avere a suo collaboratore il Cassi, e che dee sciogliersi col pubblico del debito che su tutto ha di parlare di quelle opere, che nel nostro stato si danno alle stampe. Ciò che non a guari argomentando dal suo non retto modo di sentire e di scrivere falsamente un ac- canilo romantico diceva di Virgilio e di Orazio , che da molti cioè son lodati e da pochi letti, par- mi che con verità , in contrario senso, dirsi possa di Lucano , che molti cioè il biasimano e pochi il leggono : perchè i maestri di scuola con buona ra- gione spiegando e raccomandando ai loro alunni i soli poeti latini dell'età dell'oro , nulla si curano degli altri , che dappoi fiorirono , e talora ancor li Lucano tradotto 8i condannano senza leggerne il primo verso , o nes- sun altro oltre questo leggendone. Ne di ciò io vò loro muover querela: anzi Dio volesse, che que- sto tirannico modo di condannare senza cognizione di causa tutto ciò che non e dell'eia dell'oro fosse tenuto anche dai maestri del bel dire italiano fino a che non fossero giunti a educare la mente dei loro giovinetti nel buon gusto e nel buono stile degli Alighieri , dei Petrarchi e degli Ariosti ! Non ostante a me pare , che Lucano , comechè non sia da proporsi ad alcuno per modello di ottimo poetare, sia ben ricco di tante bellezze, e che di assai giove- rebbe a bene scrivere il farsene tesoro nella mente siccome fece per certo il divino Alighieri. Io mi terrò bene da istituire qualunque confronto tra Virgilio e Lucano: che posta mente un poco ai due stili , troverai tutt'oro lucido e purissimo quello del mantovano , e tutto ferro quello del cordovese , comechè an- che la lingua di questo vada immune da ogni col- pa. E nulla dirò dell'invenzione del poema; poi- ché Lucano altro non fece , che scrivere in versi la storia della guerra civile con quo' ritrovati ed artificj che son più presto proprii dell'eloquenza che della poesia, per cui bene a ragione disse Quintilia- no doversi Lucano annoverare fra gli oratori e non fra i poeti. Giova però l'osservare che ai giorni di Lucano grondavano ancora di sangue cittadino le mura di Roma, e troppo fresca era la memoria di quell'infame parricidio della repubblica , perchè Lu- cano potesse formare il macchinismo del suo poema coli' intervento di deità e di geni alle umane forze superiori: che se tali finzioni non si perdono nella lontananza e nella oscurità de' tempi, altro non fan- no che^ sfigurare le cose , e farle oggetto di risa. Oltreché l'argomento da Lucano cantato era si gran- G.A.T.XXXIV. 6 g2 L » T T l B À T t R A de di per se stesso, che non ficea di mestieri rab- bellirlo con immaginarie grandezze: cliè certamente la caduta del' a più forte repubblica che sia mai esi- stita è il più grande de' soggetti della storia, che possa scegliersi ad argomento di epica poesia. Ma se ciò basta ad i scusare Lucano , non basta però a dar l'invenzione al poema, che riman sempre di ge- nere storico ed oratorio , comechè non romantico-. poiché Lucano non solamente seguì la retta ragio- ne , ma per quanto glie! concederono e la deca- denza de'tempi eia corruzicne del buon gusto, scel- se ancora i modi e le parole , e non fé ber Cesa- re col barcaiolo , né arringare come un trasteve- rino Pompeo. Questo difetto di macchinismo e d'invenzione sembrava che dovesse mettere in tutto il poema an- zi che no del freddo e del prosaico ; ma Lucano sortiti i natali in Cordova aveva in se tutto il cal- do spagnuolo per animare i suoi versi, oltre il vi-» gore della prima giovinezza , e quel non so che di esagerato, che tien luogo di bello e di sublime, allorché cadendo sotto la tirannia d'un usurpatore la pubblica felicita, anche le scienze e le lettere decadono , e l'oro si tramuta in fango ; siccome ai ciudi giorni del più crudo Nerone. Il perchè Lu- cano lungi dall'esser di troppo freddo , è sempre di troppo caldo e impetuoso declamatore, e di trop- po pieno di ardite metafore e di ricercate antitesi. Ma per dire del bene , che si trova in Luca- no , noteremo da prima una efìfettuosa forza di es- primersi, e una tal nobiltà di sentimenti, che lo fanno per questa parte superiore a. qualunque fra i buoni poeti latini ; dal che si deriva ancora quel far semper agire e parlare gli eroi , come conviensi alla loro dignità ed alla loro grandezza . Laonde , Lucano tradotto 83 come bene osserva il Pignotti , i caratteri sono con maestria tracciati , e Cesare e Pompeo non furo* no meglio espressi nella storia. Ai quali pregi deesi aggiungere quello, su lutti più grande, di un amor santo e caldissimo per le legittime antiche istituzio- ni della romana repubblica , per la caduta patria?, per la schietta virtù, e per la pubblica felicita: af- fetti si bene sentiti ed espressi , che ci dipingono Lucano per un'anima veramente calda , bennata al vero e al buono , e degna di migliori tempi e di migliore fortuna. Il che anche meglio riluce nel poema della Farsaglia pel contrasto dell'odio giusto e fortissimo , che nutre il cordovese nel despotismo , nelle arbitrarie leggi , nel compro servaggio , nell* usurpazione de'comuni diritti, nella cheta ipocrisia, e nei pubblici vizj. Né alla verità di queste mie parole , chi be- ne osservi , può contradire la vile e propriamente stomachevole adulazione , con che Lucano sul co- rainciamento del poema loda a cielo quell' infame tiranno di Nerone. Certo il tiranno essendo, secon- do che bene scrisse Cicerone , la belva più orren- da, più turpe, più cruda, e più esecranda che sia- vi in terra , non dee mai lodarsi , ed è nemico della verità , della virtù , e della patria chiunque si fa in alcun che ad adularlo. Ma Nerone ne'primi an- ni comparve buono, e non fu empio, che quando sedè sul trono: sicché le lodi di Lucano possono recarsi a quei giorni che ancora Nerone non avea del tutto purgati i suoi polmoni dell'aura privata, e ancora non era del tutto usurpatore e tiranno. Ma , ritornando all'argomento , dirò , che tutti questi difetti e tutte queste bellezze cosi insieme congiunte rendono il volgarizzamento della Farsa- glia assai diflìcile * e perchè non danno una cer- ti* 84 Letteratura ta unita allo stile , e perchè talora lo fanno cosi esaltato , e cosi fuori , che nulla più , del nostro modo di sentire e del nostro gusto tutto formato alla scuola de'buoni classici greci latini ed italiani. La qual difficoltà è anche più grande , se si conside- ri , che il volerla superare , argomentandosi di cor- reggere in altra lingua tanta ampollosità ed esal- tazione di metafore , ne pone al rischio di farsi bello imitator sì ma non volgarizzatore del latino poema. E questo a mio creder.g fu la cagione , per- chè i volgarizzamenti di Lucano ( almeno quelli che mi fu dato di conoscere ) tornarono fino ad ora a poco o nulla d'onore delle lettere italiche: quali so- no , quello in ottava rima del cardinal Monticelli stampato in Milano nel i492 » e citato dal Cre- scirabeni : l'altro in ottava rima di Antonio Rubil- lo , che non si estende oltre i due primi libri , e che fu stampato in Venezia nel 1680 : quelli di Giu- lio Morigi, di Paolo Abriani e di Alberto Campano in versi sciolti : l'altro in ottava rima di Gabriele Maria Meloncelli cherico bernabita stampato in Ro- ma nel 1707 , che pure ha qualche bellezza ; e l'ul- timo del Boccella lucchese stimato anzi che no da qualche letterato. Il Cassi scende ultimo nell'arringo , ma primo giunge alla meta : certo egli è a tutti superiore , e sembrami che neppure vi sia da istituirne con- fronto. Se egli abbia vinto quelle difficoltà, che di- anzi io accennava , sei vedranno i maestri dell'arte. So bene , che il principe de'viventi poeti italiani , e quel fino giudicio del eh. Betti, e con questi due valentissimi tutti gli altri letterati d'Italia , hanno lodata a cielo la fatica del Cassi per un saggio, che già ne avea dato anche il nostro giornale arcadico : ed LUCA.N0 TRADOTTO 83 il giudicio di questi è tale , che le menti più schi- ve possono sciogliersi da tutta dubitazione. E an- che a me pare , che nella totalità il verso , la lin- gua , e lo stile del Gassi sia tutto italiano : voglio dire tutto classico , e tutto della buona scuola de- gli Alighieri, dei Petrarchi, e degli Ariosti. Vi tra- luce un non so che di caldo , che bene si addice , anzi era necessario a volgarizzare bellamente Lu- cano : e comechè il verso sciolto difficilmente ugua- gli la maestà dell' esametro , i versi del Gassi mi sembrano grandiloquenti e sostenuti , se non fosse- ro sovente un poco troppo monotoni e alcuna vol- ta non cadessero in troppa negligenza di parole e di armonia, a fuggire appunto lo stesso andamen- to di piede e di ritmo. Il metodo dal Gassi tenuto a volgarizzare la Farsaglia è stato quello , secondo che egli ne ra- giona nell'avviso al lettore, di rendere poesia per poesia non parola per parola ( e in ciò fece bene ) e di migliorare l'originale, potando le inutili o trop- po lussureggianti ramificazioni , mettendo luce ne* luoghi più oscuri^ dando semplicità di forme e vi- gore ( del qual vigore non parmi che vi fosse me- stiere ) di parole alle sentenze : temperando il so- verchio delle iperboli , ordinando più naturalmente le narrazioni , e unendo più strettamente le mem- bra slegate. Che questo metodo sia buono a cor- reggere Lucano, e a togliere tutti i difetti, che de- turpano la Farsaglia , onde mostrarla all'Italia più nuda , ma tutta bella , tutt'uomo il dira ; ma che un tal metodo si possa sicuramente tenere per ben volgere nella nostra lingua le altrui produzioni , a dir vero , non ne convengo pienamente: e temo, siccome dinanzi ho detto , che sia atto piuttosto a cangiare il volgarizzamento ia bella inutanone. Sfi L I T T E » k T V % k . Né questo mio timore torna a biasimo elei Cas- si t che se è vero , come non vi ha dubbio, il giu- dicio del Monti e del Betti , e degli altri lette- rati, il Cassi ha bene sciolto uno de'più gravi. pro- blemi in letteratura , quello cioè di ben volgariz- zare un autore , correggendone i difetti , e miglio- randone le parti , senza punto sfigurarlo di forme e di modi , ma tutto con fedeltà ritraendolo e con precisione. Né meglio intorno a questo può recare a persuasione l'animo dei lettori , che il trascrivere alcuni pezzi del volgarizzamento dei due primi li- bri teste venuti in luce ; non iscegliendo i più bel- li tra i bei versi del Cassi ; ma bensì quelli , in che son volti i più bei versi di Lucano : ponendo gli uni a fronte degli altri , onde non aver faccia di parzialità , e meglio riluca il vero nella verità del confronto. Lucano incominciato a ordire l'immensa tela dal- le prime cagioni di tanta guerra civile , ed accen- nata la fìnta pace di che godè Roma fatta schiava di tre tiranni , Pompeo Cesare e Crasso , così to- glie a descrivere il principio della pugna : Temporis angusti mansit concordia discors , Paxque fuit non sponte ducum , nam sola futuri Crassus erat belli medius mora. Qualiter undas Qui secata et geminimi gracilis mare separai isthmost Nec pntitur con/erre f return : si terra recedat , Jonium Aegaeo Jrangit mare : sic ubi saeva Arma ducum dirimens , miserando funere Crassus Assyrias Latio maculavit sanguine Carras , Partitica ramanos sol>'erunt damna furores. Plus illa vobis ade , quam credit is , acfum est , Arsacidae : bellum t>ictis civile dedistis* LOCANO TKAD0TT0 87 w Tosto fu rotto quel discorde accordo , « Perchè di Giulio e di Pompeo la pace » Era finta di pace. Il solo Crasso » Gli odi lor framezzava , ei? sol le aperte » Battaglie ne indugiava. In simil guisa 1» L'istmo sottile fra i due mar si mette , »> E vieta ch'onda si tramischi ad onda. » Ma se alla terra da cui si dispicca n L'istmo redisse , tutto insiemi l'ionia w Diromperebbe nell'egea marina. n Crasso cosi le fiere anni de'due » Tenea partite , e quando ei cadde , e tinta » Del suo sangue lasciò l'assiri a polve , 5> Sciolte da ogni ritegno allor dirotte » L'ire di Giulio e di Pompeo s'urtaro. m Figli d'Arsace ! il seme di quell'opra » Die frutto che avanzò vostra speranza : » Germogliò rabbie e rie discordie al vinto. Bellissima nello stesso primo libro è la pittu- ra dei vizi e della corruzione della romana repub- blica , primarie cagioni della sua rovina ; perchè senza queste poco montava che Cesare e Pompeo non potessero vivere quieti e privati cittadini : fin- ché avvi virtù nel popolo, non avvi tirannia nel go- verno. Intorno a ciò dice bene il Pignotti , che Ta- cito e Machiavelli non avrebbero saputo meglio di- pingere le cagioni di tanta rovina. Hae ducibus causae suberant • seti publlca belli Semina , quae populos semper mersere potentes. Namque ut opes nimias mundo fortuna subacto Intulit , et rebus mores ce ssere secundis % Predarne et hostiles luotum suaseve rapinae : 88 Lktteratur.a Non auro tectisoe modus : mensasque priores Aspernata fames •. cultus pestare decoros Vix nuribus , rapuerc mares : foecunda virorum Paupertas fugitur , totoque arcessitur orbe , Quo gens quaeque perii: tnnc longos j ungere fine $ Agrorum , et quondam duro silicata Camilli Vomere , et antiquos Curiorum passa ligones , Longa sub ignoiis extendere rura colonis. Non erat is popultts , quem pax tranquilla juvaret f Quelli sua libertas immotis pasceret armis. Inde irne Jaciles , et , quod suasisset egestas , Vile ne/hs : magnimi q uè decus-, ferroque petendum, Plus patria potuisse sua : mensuraque j'uris Vis erat : hi ne leges , et plebi scita coacta ; Et cum consulibus turbantes jura tribuni : Bine rapii pretio fasces , sectorque favor is Ipse sui populus , lethalisque ambitus urbi : Annua venali referens certamina campo •• Hinc usura vorax , avidumque in tempore foenus; Et concussa fides , et multi s utile bellum. » Delle private nimistà dei duci « Fur questi i semi. Ma più amara e trista » V'era di cornuti guerra altra radice: » Ch'eternamente , e più profondo alligna » La dov'usa possanza il suo soperchio. n Dacché fortuna recò le dovizie » Del mondo soggiogato , e troppa e lunga » Prosperitade il buon viver sommerse : » Quella gran preda a gran pasto fu madre. » Fuggir l'oro e i palagi ogni misura ; » La fame eLbe in dispregio i deschi antichi: » E tai fogge vestiva il forte sesso , » Che avrian scemato onore anco al gentile. » La "santa povertà madre d'eroi Lucano tiudotto £9 „ Venne cacciata , e d'ogni parte accorse ,, La mollezza ch'è morte a tutte genti. „ In vasti colti il campicel si stese , ,, E straniero arator fé lunghi i solchi „ Dove brevi li fea l'irto Camillo, „ E i Curi antiqui affondavan la marra. „ A cotal gente pace non approda , „ Né vive liberta se l'armi han posa- „ Quindi le facil' ire , e ogni vii colpa „ Che da turpe bisogno è persuasa. „ Quindi il por se sopra la patria stessa ,, Grande onoranza fu tenuta , e degna „ D'esser cerca col ferro. Alla ragione „ Fu misura la forza , e parto iniquo „ Della forza le leggi e i plebisciti , ,, Di che a lor posta poi pravo governo „ Quinci il consolo fea, quindi il tribuno. „ Allor fur compri i fasci: e mercatante „ De'suoi favori il popolo divenne , „ Quand'ogni anno innovò nel venal campo „ La briga e il broglio , che dier morte a Roma. ,, Allor l'usura lupa , che fa d'oro ,, Ricolta ad ogni luna; allor la fede „ Violata , e la guerra utile ai nudi. L'imagine della patria, che si presenta a Cesa- re al varco del Rubicone , e veramente bella e su- blime senza nulla di ampollosità; il verso è dolce e sonoro , e le imagini pure e non esagerate. Jatn gelida? Caesar cursu superaverat alpes , Ingentesqae animo inotus bellumque futurum Coperai • ut ventimi est parvi Rubiconis ad undas, Jngens viso, duci paterne trepidanti? imago , Clara per obscuiam vultu mestissima noctem , QO L I T T I I A I l' n Turrigero canos- effundens vertice crines , Caesarie lacera , nudisque adstare lacertis , Et gemitìi permixta loqui : Quo tenditis ultra ? Quo fertis mca signa , viri ? si jure venitis , Si cives , hucusque licet. Tane perculit horror Membra duciò,riguere cornar, gressumque coercens Languor in extrema tenuit vestigia ripa. Mox ait : O magnae qui moenia pruspicis urbis Tarpeja de rupe to'uins, phrigiique penates Gentis Juleae , e rapii secreta Qui r ini , Et residens celsa latialis Iuppiter Alba , Vestalesque Jòci, summique o numinis instar Roma , fave caeptis : non te furialibus armis Persequorx en adsum victor terraque marique Caesar,ubique tuus (liceat modo) nunc quoque miles. Il le erit Me nocens , qui me tibi fecerit hostem. Inde moras solvìt belli, tumidumque per amnem Signa movet propere. Sic cum squalentibus arvis Jestiferae libyes viso leo cominus hoste Subsedi f dubius , totani dum colli gì t ir ani , Mox ubi se saevae stimulavit ver bere caudae , Erexitque jubam, et vasto grave murmur hiatu Jufremuit'. tum torta levis si lancea mauri Haereat, aut latum subeant venabula pectus , Per ferrum tanti sscurus vulneris exit. ,, Avea già le nevose alpi lasciate „ Giulio alle spalle, e gli fremeva in mente f, La gran tempesta del civil conflitto. „ Giunto del piccol Rubicone all'onda , „ Luminoso e gigante ecco dinanzi ,, Stargli un fantasma, a cui cresceva il bujo „ Della notte chiarezza. Era di Roma „ La veneranda imagine , atteggiata „ Di lacrime e di duolo. I capei bianchi Li' 4. ANO TRADOTTO £1 „ Dalla turrita fronte diffondeva ,, Per le guancie e pel seno, e con le nude „ Aperte braccia immota , in cotal guisa ,, Mescolava col pianto le parole : „ Ahi dove , o figli , ove movete il passo ? „ Dove recate , o forti , i segni miei ? „ Se vi guida ragion , se figli siete, „ Se cittadini , il trapassar non lice. ,, Udilla il duce : per l'orror sul capo „ Gli si rizzaro i crini, e quel ribrezzo „ Così gli vinse ciascun sentimento , „ Che al labbro della riva il pie rattenne. „ Poi disse : O sommo Iddio , che dal Tarpeo „ Tuonando guardi le romane mura , „ E voi , frigii penati , ognor secondi „ Alla gente de' Giuli , e vci , misteri „ Dell'assunto Quirino, e tu, che in Alba „ Ponesti eterno il lazial tuo seggio , ,, E voi, fuochi di Vesta, e tu, gran Roma, „ Che d'un nume quaggiù rendi figura , „ Deh! mi siate propizi. Ah non son io, „ No , non son io che impugno, o madre, il ferro „ Contra il tuo seno. Vincitor del mare „ Vincitor della terra a te ritorno. „ Ecco Cesare tuo , che ovunque e sempre , „ Tuttoché in armi , è tuo. Quei che nemico „ A te mi vuol, quei solo, o madre, è il reo. „ Rompe ciò detto le dimore, e ardilo „ Spinge i vessilli suoi di la dal fiume. „ Lion cosi per li deserti campi „ Dell'arsa Libia , se improviso innanzi ,, Si vede il cacciatoi-, dubbio s'arresta „ Infìn che aduna dentro tutta l'ira : ,, Poi fatto della coda a se flagello ,, Scuote la giuba ed alto freme e rugge; rp Letteratura „ E se l'agile mauro la contorta „ Lancia gli vibra , o gli presenta al largo „ Petto gli spiedi , ei della sua ferita „ Nulla si cura , fa la via medesma „ Che corser l'aste , e al feritor s'avventa. Certo Lucano non si potea volgarizzare con miglior poesia , e con più bella franchezza ; sicché ancor io congratulo con l'Italia per si buona pro- duzione , che veramente può dirsi classica e de- gna dei più bei tempi italiani. Ed è cosi leggiadra, e con tanto di grazia e di amorevolezza alcuna vol- ta è un poco infedele, che le istessc infedeltà ti al- lettano e t'innamorano: essa è una bella infedele, che co'vezzi e col bacio dell'amore inebria di delizia e di pace l'irato petto del tradito amante. Nullo- stante porremo qui alcune nostre osservazioni , non perchè esse siano vere; ma perchè cosi la sentiamo, desiderosi che se ne giovi il Cassi se bene per av- ventura diciamo , o che egli ci persuada in con- trario e solva i nostri dubbi se male ragioniamo. Lucano incomincia il suo poema con un verso brutto anzi che no , per cui bene a ragione dice il Boccalini , che Virgilio all'entrar di Lucano in Parnasso a quel magnifico principio Bella per ae- mathios si era alzato , e gli avea fatto di berret- ta ; ma che poi ristette sdegnoso e fu per dargli uno scappellotto udendo quel turpissimo plusquam civilia campos. E la cattiva espressione era ben di assai a renderne difficile il volgarizzamento : ma vi era anche un altro ostacolo nel dare il giusto valo- re a quel plusquam civilia. Il Cassi l'ha tradotto. Canto quella di tutte ire civili Ira maggior. Lucano tradotto q3 Primieramente dirò esser propriamente fuori di ogni ragione 1' aggiunto quella , e perchè non l'ha il testo , e perchè snerva il sentimento , e perchè guasta il verso in un modo tale , eh' io non so scusare il Cassi se non che supponendo , eh' egli abbia voluto propriamente ritrarre l'originale an- che nel suo diletto, incominciando al par di lui con un verso anzi che no cattivo. Era assai meglio il dire L'ira maggior di tutte ire civili Io canto. Ma bella non vuol dire ira, e perciò il senti- mento del poeta non è tradotto; ne su questo evvi bisogno di molte parole : la cosa è di per se chia- ra, che nulla più. E appresso dirò, che il plusquam civiltà non è ben reso in italiano col dire maggior di tutte ire civili: perchè Lucano non ha detto plusquam civilia , quasi che le guerre di Cesare e di Pompeo fossero più atroci e più fiere che quel- le di Antonio e di Ottaviano , e di Bruto e di Cassio : ma ha detto plusquam civilia in ragione che non solamente cittadini contro cittadini pugnavano, ma perchè i capi di tanta empietà erano suocero e ge- nero, quasi volesse dire che queste guerre erano più che cittadine perchè erano domestiche e cognate : e ciò bene osserva e chiaramente spiega e commenta S. Agostino nella citta di Dio. Sicché dovea tradur- si guerre domestiche o guerre pia che cittadine. Noterò ancora , che Y aggiunto quella , cosi di- sunito dal suo sostantivo ira maggiore , è modo di scrivere e verseggiare aNo&sianesca , o a dir me- glio alla cesarottiana , modo tutto nuovo e scono- sciuto agli antichi nostri maestri : sicché è da aver- q4 L I » t i R i t U » 1 si fra quelle tante ferite , che fece il Cesarotti al buon gusto e al bene scrivere italico. Difetto ch'io trovo piuttosto di assai frequente in tutto il vol- garizzamento del Cassi; come per addurrle qualche esempio in pochi versi , al V. 19. All'inulta di Crasso ombra vagante. V. ai. Lui nulla di trionfo onor consegue. V. 22. Oh quanti in terra e in mar crescer petea Regni. V. 32. Ma se tanta di guerra ardeati sete. Il perchè vorrei che il Cassi , nei libri che rimangono , più parcamente curasse un tal modo di framezzare l'aggiunto dal soggetto , e di antepor quello a questo. Al verso 36 mi sembra bassa di troppo, e dirò an- che impropriamente usata la voce fesse per aggiun- to alle itale rocche. Che che si sia dell'antico uso di questa voce, certo si è che l'esser fenduto o fes- so non e lo stesso che Vesser quasi rovinato, come suona il semirutis di Lucano : e certo è ancora , che l'aggiunto fesso oggidì non si da che a cosa mobile, non grande, fragile e già rotta, ma non caduta a pezzi di modo che ancora conservi l'an- tica forma : come di una campana , o di un vaso di terra o di vetro a cui per qualche colpo siansi disunite in un punto , ma non staccate da tutto il corpo, le parti. Il testo avendo semirutis, mi pare- va bastante lo smantellate che leggesi nell'altro verso. Né saprei adagiarmi nel parere del Cassi , che il bel' lum victis civile dedistis di Lucano ha volgarizzato col ver. 1 7 1 : Germogliò rabbi*» e rie discordie al vinto ; Lucano tradotto q5 perchè bellum non significa rabbie ; ne civile si- gnifica rie discordie. E vero , che non si dee dare parola per parola , ma idea per idea e poesia per poesia : ma è anche vero , che non si possono vol- gere in idee universali e indeterminale le idee par- ticolari e determinate , e che certe espressioni un poco forti , e che sono come esclamazioni e apo- strofi , specialmente in un poeta caldo qual'è Luca- no , non ammettono larghezza d'idee né di parole , e vogliono conservata quel non so che di forte e di vibrato , con che in originale furono scritte. Né parmi ben volgarizzato il f^ictrix causa diis pbicuit , sed vieta Catoni di Lucano nel verso ao5 del Gassi : „ Col vincitore è il ciel , col vinto è Cato ; perchè Catone non era col vinto , ma con la cau- sa che fu vinta : amando egli la liberta , e non Pompeo; e non seguendo le parti di questo, se non perchè si opponeva alle non più celate ma aper- tissime ambizioni di Cesare , perchè il senato de- cretava che si armasse , e perchè meno impruden- temente di Cesare mostravasi cupido di tirannia e di regno : come è chiarissimo dalla risposta , che Catone fa a Bruto nel lib. a : . . . . Quin publica signa , ducemque Pompe jum sequirnur? nec , si fortuna favebit , Huuc quoque totius sibi jus promittere mundi Non bene compertum est : ideo me milite RAGIONAMENTO. v, oleva Socrate che i petti degli uomini fossero aperti come finestre , perchè non solamente le vir- tù e i vizi si vedessero , ma le scienze occulte agli occhi sottoposte fossero considerate e tolte a profìtto degli uomini ( i ) . Ma poiché alla natu- ra è piaciuto conformarci nel modo che siamo , e non ci è dato provvedere a tal mancanza t utilmente deliberarono i nostri maggiori di tramandare ai po- steri per mezzo di scritti e di opere i loro pensa- menti , perchè non perissero , e di ridurre le cosa a precetti , perchè in ogni età crescendo a poco a poco giungessero alla somma sottigliezza e perfezio- ne delle dottrine. Senza di ciò a dir vero ignote ci sarebbero non solamente le imprese , ma sì ancora i nomi delle estinte generazioni , dei caduti impe- ri , delle perdute città , e le cose pensate ed ope- rate da coloro che ancor vivono fra noi sebbene (i) Vitruv, proem. lib. 3. ioa Belle-Arti siano morti. Immensa gratitudine dobbiamo adun- que a que' prudenti , che pei primi ci additarono la via degli studi , e degni d'infinita lode sono co- loro che vegliano le nòtti e i giórni a conservare ed accrescere questo tesoro dell'umana civiltà. Che così operando le intere popolazioni acquistano gli onesti costumi , i beati modi del' vivere sociale , e quante gentili e leggiadre maniere illustrano le citta e le nazioni , le quali per l'opposto non possono stare né conservarsi sane. Volesse Iddio che anche negli studi delle arti ci avessero in tutti i tempi ri- velate le ragioni e i sentimenti delle opere ! che per tale ampiezza di dire si sariano aumentati i pre- cetti di quelle , più ciliare si sariano fatte ai no- stri occhi le rame dell' antica grandezza , ed il ca* priccio e l'arbitrio non avrebbero osato contamina- re la purezza delle liberali discipline. Però a quel- li che cercano di estendere l'antichissimo sapere, e di trarre nuova luce dalle opere dei nostri mag-; giori , che ancor guaste giganteggiano sublimi , ab- biamo debito di grato animo , mentre ci apportano mirabile utilità e splendore. A si nobile proponimen- to senza dubbio intese l' eminentissimo camerlingo di S. Chiesa , sollecito zelatore dell'antica gentilezza e sapienza , allorché ordinò al sig. ingegnere Pom- peo Mancini una perizia di ristauri necessari all'ar- co di Augusto in Fano. Era egli ben noto per la fabbrica di una pescheria alzata in Pesaro, la qua- le se per troppa nobiltà non ha l'impronta del suo carattere e della sua convenienza, è però uno de' più belli edifici di quella citta. Ed ora s'è fatto mag- giormente conoscere con una grave illustrazione dell' arco di Fano, fornita di sette tavole, intitolata a S. E. Revma monsignor Benedetto de'baroni Capelletti de- Belle- Arti io3 legalo apostolico della provincia di Urbino e Pe~ sarò , il quale alla dottrina e alla gentilezza uni- sce le più difficili virtù del moderare e reggere una popolazione. Dall' offerta di questa lettera torremo a dire , che non è già vero quello che asserice l'A. che quest'arco giacesse nell'oscuro, e che nessuno ne tentasse sin qui l'illustrazione, mentre n'è parla- to paratamente e a lungo nel voi. IX delle Anti- chità Picene del Colucci , e nel volume delle ta- vole è rappresentato iti più disegni nello stato del 179O colla sua restaurazione. Intanto ci piace ricordare, che quest'opera ci viene nelle mani, mentre stava- mo scrivendo sull'altra dottissima de'sigg. Borghesi e Brighenli intorno all'arco di Rimini , non meno considerevole e hello: ma perchè vuole discorso più lungo , ne terremo ragione in uno de' seguenti no- stri fascicoli. E ci è caro farne memoria qui per la somiglianza dell'argomento e per cagione di lo- de , sia per la profondita della scienza numismati- ca , sia per l'esattezza della descrizione architettonica e delle tavole. L' arco di Fano è collocato nel recinto delle le mura antiche sulla via consolare flaminia, e por- ta tre iscrizioni , che si leggono intere in una ef- fìgie marmorea segnata nelle pareti della vicina chie- sa di S. Michele , sulle quali i più autorevoli ar- cheologi non pongono dubbio di legittimità: e tali sono. In due righe sul fregio dell'arco : IMF. CAESAR.DIVI . F . AVGVSTVS . PCV.'TIFEX , MAXIMYS . C! S . XIII TRIBVNICIA . VOTESI" \TE . XXXII IMI' . XXVI . PATER . PAT1UAE . MVRVM . DEDIT io4 Bellb-àrti Nella seconda fascia dell'architrave iu una sola riga: CVRA5ITE . L . TVRCIO . SECVHDO . APKOJIAIO . PRAEF . VRB . flL . ASTERIO .V.C. CORE . FLAM . ET . PICENI Sul fregio del loggiato superiore : DIVO . AVGVJTO . PIO . COSTANTINO . PATRI . DOMINORTM Per le quali s' impara che quest' arco fu eretto la prima volta in onore di Augusto , allorché cinse di mura la citta di Fano; dipoi fu restauralo in memoria di Costantino , essendo Lucio Turcio Se- condo Asterio correttore della Flaminia e del Pice- no. Per queste iscrizioni alcuni pensarono che quest' arco fosse trionfale , ed altri rifiutando una tale opinione, ed appressandosi più al vero, lo chiama- rono porta di citta. Ma gli antichi ebbero una ter- za maniera di archi , che furono onorari , perchè non ricordano alcun trionfo , ma imprese utili a giovamento dell'impero. E tra gli uni e gli altri po- sero molta distinzione di carattere, come si dira in seguito. Forse in pria servirono le porte di citta di magnifico ingresso ai trionfatori: il che era più insigne e più facile , traendosi così motivo d'illHStra- re la città , come s'è pur fatto alcuna volta an- che a' dì nostri. Ma quando nei trionfi s'introdus- se la pompa per onorare le geste di un'eroe che apportò grandi servigi alla patria, si alzarono distin- tamente sulla via sacra ai trionfatori, e si ornaro- no di carri , di trofei e di pepli. Non fu certamen- te i' occasione di un trionfo , che fece dedicare ad Augusto 1' arco fanese, ma più presto vaghezza di lasciare a lunga memoria quell' utile impresa , con Be h t e-Art i i o5 clic i istaurò le vie d' Italia guaste dalle guerre e dalla negligenza. Al che sì riferisce senza dubbio Sve- tonio (i) dove afferma , che Ottaviano „ prese sopra „ di se a far lastricare la fiaminia da Roma insino „ a Rimini , e diede la cura delle altre vie pub- „ bliche a que* cittadini , che avevano trionfato , „ che le facessero ristaurare coi denari cavati dal- „ le prede e dalle spoglie dei nemici , acciocché da „ ogni banda il camino di Roma fosse più facile e „ spedito a chi andava e veniva. ,, La stessa co- sa narra anche Dione (a) dove dice: ,, Che nello „ stesso anno (727 di Roma) vedendo che le vie ,, fuori di Roma eransi fatte impraticabili , coman- „ dò che le altre fossero dai senatori a proprie „ spese riparate. Egli poi si prese la cura della ,, fiaminia , perchè per essa dovea condurre gli eser- „ citi : e quella fu subitamente racconcia. Però si „ videro alzate sugli archi del Tevere e di Rimini „ statue in onore di Augusto. Le altre vie furo- ,, no dipoi risarcite a spese pubbliche , o forse a spe- „ se dello stesso Augusto: mentre, per vero dire, „ nessuno dei senatori si accomodava volentieri a „ tali spese. „ Per le quali parole è a tenersi per fermo che fosse prima e subitamente racconciata la fiaminia, mentre in quell'anno Augusto passò coli' esercito nelle Spagne , ed ebbe l'ottavo consolato in Tarragona. (3) In quale anno precisamente si alzasse quest'ar- co , e in quale fossero date le muraglie ai fanesi, malagevolmente si può dedurre dalla prima lapide, (1) Suet. in vita Aug. e. 3o. (2) Dio lib. 53 e. u%. (3) Suet. in vit. Aug. e, 26. io6 Belle-Arti perchè è difficilissimo ad accordarsi il XIII conso- lato e la XXVI acclamazione imperiale cogli stori- ci , i quali ci ricordano soltanto di quest'Augusto undici consolati, e ventilila acclamazione (i). Non sapendo i lapidarii come spiegare siffatti anacronismi, ricorrono al solito artificio di accusare di l'alio e d'ignoranza i quadratarii. Ma come persuadersi , che le Leti mille volte si lasciassero non avvertiti sì ma- nifesti errori agli occhi dei viventi? Perchè non so se fosse possibile, che un'iscrizione, la quale . ri- cordasse a cagion d'esempio l'anno XVI di un pon- tificato , che il pontefice e i dotti negligentassero sotto gli sguardi di tutti l'intollerabile sbaglio di un X di più. E concedendo una tal correzione , secondo le sentenze per vero dire autorevoli del Pan- vinio e del Muratori , come emendar l'altro dei con- solati? E come esser tranquilli sopra due sbagli in uno stesso marmo? Gli archeologi che hanno lun- ga perizia ne'classici e marmi antichi sapranno di- leguare siffatte dubbiezze, ed accordare alla storia i consolati e le acclamazioni. Sull' età delle altre iscrizioni riferirò i lettori ad una dottissima lettera del sig. Borghesi scritta con quel sovrano sapere che ha nella lapidaria e nella numismatica, parendomi che non si possa desi- derare di più. È questa lettera indiritta al sig. marche- se Antaklo Antaldi uno de'più bei fiori della dottri- na italiana, e si legge in fine della illustrazione dei sig. Mancini, alla quale in seguito ci riferiremo solamente do- ve l'argomento o la diversità dell' opinione il consente. I più antichi monumenti di una citta sono certamen- te le muraglie , perchè il primo bisogno degli uomini , (i) Tacit. Hist. lib. i. Belle-Arti 107 che si adunarono ili congregazioni civili , fu quello di difendersi dagli oltraggi e dalle violenze dei vicini. I soli spartani si gloriarono di non averne, perchè si chiamarono difesi dalla prudenza delle loro leggi e dal valore (1). Ma gli uomini , come affermano an- che Aurelio Vittore (2) e Dionigi degli aborige- ni (3), e Virgilio delle genti che favorirono Turno (4), cercarono luoghi alpestri e inaccessibili , fatti sicu- ri e difesi dalla natura. Dipoi tagliarono lo scoglio a vivo , perchè fu a loro più facile , che 1' alzare salde e ben costruite mura: di che se n'hanno pur molti esempii nell'Etiopia , nella Siria , nell' Egitto e nell' Italia. In seguito spargendosi in più comodi ailogiamenti , dove trovarono più feconde ed amene campagne , si cinsero di muraglie e difese fortissime, come le mura dette ciclopee o saturnine. Omero pone che sino ai tempi di Apollo e di Nettuno si conoscesse l'arte di edificare le mura , laddove ricorda che gli dei seduti intorno a Gio- ve stavano mirando la stupenda muraglia de' gre- Ci (5): „ La contemplar meravigliando i numi ,, Seduti intorno al dio de'tuoni, e irato „ Si prese a dir 1* enosigeo Nettuno : „ Giove padre , chi fia più tra' mortali , „ Che gl'immortali in avvenir consulti , (1) Plutar. in vit. Licurg. (a) Aurei. Vit. De orig. gen. rom. (3; Dionys. Halic. Ant. rora. lib. 1 : Aborigenes vocatos quod in montibus babitarent. (4) Virg. lib. VII. (5) Monti II. e. 7 v. 546 e seg. io8 B-xlls-Aryi „ E n'implori il favor ? Vedi tu quale '-> „ E quanto muro gli orgogliosi achei „ Innanti alle lor navi abbian costrutto ,, E circondato d'un immensa fossa , ,, Senza offerir solenni ostie agli dei ? „ Di cotant'opra andrà certo la fama „ Ovunque giunge la divina luce t „ E il grido morirà delle «aerate „ Mura che al re Laomedonte un tempo „ Intorno all'Ilione Apollo ed io ,, Edificammo con assai fatica. Dicono ancora che Trasone fosse il trovatore delle mura , e che i tirinti e i ciclopi inventassero le torri (i). Sebbene tali narrazioni siano tanto remo- te da doversi tenere per favolose e dubbie , pure ci dichiarano in qualche modo l'invenzione delle tor- ri esser posteriore a quella delle muraglie. Le più lontane fortificazioni che ci rimangono dei greci non furono munite di torri , come le mura di Tirinto e di Micene , e come forse quelle di Babilonia, sulla cui grossezza narrano che potessero passarvi due carri di fronte, e le altissime di Ninive e di Tiro , e le cartaginesi di tre giri concentrici. Ma nelle citta di tempo meno lontano , come Orcomeno in Boezia , e Daulide nella Focide, si veggono le torri separate per lungo spazio e poco aggettate. Avvenne solamente nei bei tempi della Grecia, in cui colla civiltà ve- niva crescendo la scienza della guerra , che le torri si fecero equidistanti e , ben rilevate , come a Pla- tea, a Mantiuea e a Messene. Le più antiche descrizioni dell'arte di difen- dersi e di fortificarsi si hanno in Omero , dove il s ag- ii) Plin. lib. G e. 56. Belle-Arti 109 gio Nestore , consigliando i greci a dar sepoltura agli estinti, insegna loro di cingersi di quelle mu- ra tanto lodate dai numi con salde torri e porte e fosse , così (1): „ E d'intorno alla pira una comune „ Tomba ergeremo, e di muraglia e d'alte n Torri , a difesa delle navi e nostra , „ Con rapido lavor la cingeremo; „ È salde vi apriremo e larghe porte „ Per l'egresso de'cocchi. Indi un'esterna „ Profonda fossa seaverem , che tutta „ Circondi la muraglia , e de'cavaili „ L'impeto affreni e de'pedon , se mai „ De'teucri irrompa l'orgoglioso ardire. E leggesi lo stesso , dove per solerte cura fu con- dotta la miracolosa opera dei greci (i) : „ Non biancheggiava ancor l'alba novella „ Ma il barlume soltanto antelucano , „ Quando di achei d'intorno all'alto rogo „ Scelto stuolo affollossi. E primamente „ Alzar d'appresso a quella una comune „ Tomba agli estinti, ed alla tomba accanto „ Una muraglia a edificar si diero „ D'alti torrazzi ghirlandata , a schermo „ Delle navi e di sé : porte vi fero „ Di salda imposta e di gran varco al volo „ De'bellieosi cocchi : indi lunghesso „ L'esterno muro una profonda e vasta (i)JMonti Iliad. lib. 7 v. 3g5 e seg. (2) Id. lib. 7 v. 5i3 e seg. (II.O B E, L L E- A R T I ,, Fossa scavar di pali irta e gremita, „ Degli achei la stupenda opra tal era. . ^ Ma bello è il sentire dallo stesso Omero T antica arte di attaccare le piazze , dove Ettore spinge i troiani ad assalire i greci nel loro recinto (i) : Bluffi „ Allora „ II folgorante dall'idea montagna „ Un turbine destò, che drittamente „ Verso le navi sospingea la polve, „ E agli achivi rapia gli occhi, e l'ardire „ Ad Ettore il crescendo ed a' trojani , „ Che nel prodigio e nelle proprie forze „ Confidati assalir l'alta muraglia „ Per diroccarla. E già divelti i merli „ Delle torri cadean , già le bertesche „ Si sfasciano , e le leve alto sollevano i „ Gli sporgenti pilastri, eccelso e primo „ Fondamento alle torri. Intorno a questi „ Travagliansi i troiani, ampia sperando „ Aprir la breccia. Né perciò d'un passo „ S'arretrano gli achei , ma di taurine „ Targhe schermo facendo alle bastite , „ Ferian da quelle chi venia di sotto. „ Animosi dall'una all'altra torre , ., L'achéo valor svegliando, ambo frattanto „ Scorrean gli Aiaci, e con parole or dure „ Or blande rampognando i neghittosi. Dal che si vede come fossero fino a que'tempi in uso non solamente le torri sporgenti e le fosse , (i) Id. lib. 12 v. 3i3 e se&. Belle-Ami hi ma si il guernire le muraglie di merli, ed il rasso- darsi di steccati. Rilevasi ancora come le torri co- municassero fra loro per mezzo di una diga in- terna. Vitruvio , che scrisse moltissimo sull' arte di .munire e di espugnare le piazze , prescrive che lo spazio da torre a torre non sia più lontano che un tirar d'arco: come oggidì i baluardi un tiro di can- none , perchè possano difendersi reciprocamente se 1' inimico viene ad assalire (i) . Ed insegna quel ch'è bello a sapersi (poiché nell'arte moderna del- la guerra si vorrebbe lo stesso nei bastioni), che a far le torri atte a resistere all'urto delle macchine e degli arieti si scielga la forma rotonda o poligona di molti lati , mentre nelle quadrate si fanno le brec- cie agli angoli. Il che non avviene nelle circolari , perchè le macchine anziché rompere, spingono le pie- tre verso il centro come cunei , e non le possono offendere. Il sig. marchese Marini , celebrato già per la magnifica e dotta edizione del Marchi e per altre opere , colla rara dottrina che ha di queste mate- rie ci fa sperare ne'suoi bellissimi e preziosi lavori intorno Vitruvio molte cose nuove e singolari ad illu- strazione di questo classico scrittore. Lo preghiamo adunque a non fallire le nostre speranze a piacere e bene degli amici della letteratura e dell'arte regi- na , giacché non sappiamo alcuno che possa meglio di lui conoscere e dichiarare questo difficile ed oscu- ro architetto. Le torri che fiancheggiavano la porta di Fano erano della foggia che prescrive Vitruvio. Ma le (1) Vitruv. lib. i e. 5. 112 B E L 1 E - A R T I torri scoperte a Pompei sono di tre parti. E pri- ma di una piattaforma superiore. Poi di un piano a volta, pari aìVaggere, guarnito di feritoie. Infine altro simile collocato di sotto. V'era poi la sortita secreta o poterna al piano del Pomacrium. E a que- ste parti sì saliva per scale o rampe dolci. Gli au- guri del popolo romano , che hanno scritto il libro degli auspicii , definiscono il Pomaerium uno spa- zio sacro intorno alle mura della citta , che servi- va di limite agli auspicii stessi (i). E gli aggeri o dighe , tanto lodate da Vitruvio , erano due mu- ra parallelle fondate a grandissima profondita, e tan- to erte da sopportare la spinta della terra fra lo- ro contenuta. E la distanza di queste mura era ta- le , ehe sulla lunghezza dell'aggere le coorti potevano come in ordinanza schierarsi in battaglia (2). In Fano si deve riconoscere aucora qualche avan- zo della seconda cinta in quella parte ritirata dai presidii della porta : ed è in questo modo ch'io l'ho ristaurate, perchè non potrebbero legarsi ai presidii stessi senza risalti ed angoli sempre contrari ai pre- cetti delll* architettura militare. Veggasi la pianta dell'unito disegno. Le torri che difendeveno le porte di Roma era- no di forma semicircolare allungata in linea ret- ta agli estremi del diametro. Così si veggono tut- to di alla Salaria, alla Tibvirtina, all'Asinaria, alla La- tina, all'Appia e all'Ostiense, alcune di tre piani, altre di quattro , tutte terminate da merli (3). Co- municavano fra loro con un passaggio coperto so- vente a guisa di loggia sopra la porta, pari al pia- (1) Aul. Gel. Noct. att. lib. i3 e. i3- (2) Vitruv. lib. 1 e. 5. (3) INibby e Geli , Mura di Roma. Belle-Arti i i 3 no della piattaforma. E le torri superavano sempre l'ornato della porta almeuo di un piano. Con que- sti principili , che parvero più o meno concordi al- la stessa arte della guerra fino a' tempi posterio- ri ad Onorio , poteva il sig. Mancini all' art. G lasciare meno dubbiosa l'altezza delle toni, e co- ronare il suo ristauro nelle tav. 3 e 4 almeno dei- terzo piano che manca, e farvi la loggia coperta a tutta grossezza della porta, con attico terminato a merli. E certamente che in questo modo tutta la massa dell' edificio avrebbe presa 1' impronta e il carattere delle porte e della fortificazione antica. Ma una singolare osservazione è a farsi alla porta Appia di Roma, che può servire di molta re- gola nel fissare l'età di questi presidii: perchè ivi le torri sono quadrate fino a tutto il primo piano, e rotonde pei tre piani superiori. La costruzione è fatta di grandi saldezze fino alla cornice che coro- na l'arco: dipoi a cortina, dove sopra la porta è la solita loggia ad archetti. Esaminando l'arte con cui fu costruito il primo piano , pare che rimonti a que'tempi che furono intorno ad Aureliano. Gli altri tre si ascriverebbero a quelli di Onorio, o poco prima. Sembra dunque che 1' uso di far le torri rotonde s' introducesse nella tattica militare molt' anni dopo i precetti di Vitruvio intorno ai tempi di quell'au- gusto , che fu nel secondo secolo dell' impero. E pel vero niuno esempio di bastite di questa guisa ci rimane che sia superiore a quell'età. Bensì mol- te e quadrate quando risalgono ad epoca più alta. Perciò penserei , che le mura e le torri che presi- diavano l'arco di Fano si avessero a riferire a qucll' intervallo d'anni, che passò fra i due imperatori , non a quello della porla augusta, come crede il il sig. Mancini nell'art, suddetto. G.À.T.XXXIV. 8 j i{ Bell e- A n t i Ebbe l'arco fanese , come veclesi ancora , tre aperture: una maggiore nel mezzo, e due minori ai lati. E in ciò fu perfettamente simile alla por- ta d' [spello , e a quella scoperta nel 1763 a Pom- pei. Differisce da quest' ultima nella retro - por- ta , che si ripete uguale dopo un lungo passaggio scoperto nel mezzo: e l'esterna serri di album , ve- dendosi anche oggidì iscrizioni , annunzi ed ordi- nanze di magistrati accomandate alla medesima. Si farebbe qui motivo di dubitare se la porta di Fa- no sia stata fornita di questa retro -porta. Io non veggo miglior risposta a tal dubbio , che una escavazio- ne la quale fosse fatta attraverso la strada di porta mag- giore, e particolarmente dove s'incontrano le vie del- la Rosa e delle Bastarde. La direzione dei muri del vicino opificio e dell'ospedale, rispetto alle porte la- terali, potrebbero offerirne alcuna benché leggiera con- gettura. DeWalbum non rimane più alcun indizio , se pure non si trovi per avventura in qualche memo- ria scritta. La difesa e la resistenza , che ha opposto in molte guerre, ne hanno in siffatto modo sformata la faccia, che qualunque segno dovea restare per la for- za delle armi e le ingiurie del tempo totalmente cancellato. Per tale distribuzione di tre archi era simile ai trionfali. Ma questo non è certamente il solo ca- rattere degli archi di trionfo , perchè le porte del- le citta e gli archi onorarii possono aver comune questo principio. Si fa qui proposito di assegnare le marche e le distinzioni di queste tre maniere di archi per isgombrare dalla mente degli architetti e de- gli antiquarii un error fatto quasi comune , con che chiamano arco trionfale qualunque degli antichi ci rimane isolato. Bej.le-Ar.ti i 1 6 Gli archi trionfali si facevano por vero dire di uno o tre fornici , ma ornati di colonne e statue relative alle vittorie del trionfatore. Erano isolati eretti sulla via sacra nell'interno di Roma , perchè solamente in Roma si potea trionfare : non mai sul- la cinta delle mura o fuori. Sopra le colonne si collocavano le figure o i trofei dei vinti capitani. L'attico si destinava sempre ad avere scolpita a ca- ratteri di bronzo l'iscrizione , che ricordava l'ono- re del trionfo. E vedi bella ragione , eh' essendo la parte più considerevole, si faceva sempre altis- sima , perchè oltre la metà dell'ordine. I sesti de- gli archi e dei piedistalli aveano immagini di genii di fame e di vittorie. Anche l'interno conteneva iscri- zioni, scolture di bassirilievi, e sovente l'apoteosi di chi era onorato di tanta gloria. La fronte era uguale da ambe le parti , e nei fianchi erano scar- pellate in marmo altre immagini o allegorie di glo- riose azioni , ed una porticella a molt'altezza con iscaletta , che metteva capo al sommo. La supre- ma parte dell'arco si coronava di quadrighe , tro- fei e statue equestri coli' aspetto del trionfatore : e tutta l'architettura era ornatissima di un carat- tere severo e rigido , coli' impronta e la solidità di un'eterna durata. Però quelli che accusarono que- ste moli di pesantezza non intesero al fine di es- ser mandate ai posteri per lunghissimi avvenire. Si- mili cose si videro operate negli archi di Augusto, di Tito, di Traiano e di quanti trionfarono solenne- mente. Più semplice era l' arte negli archi onorari ; perchè non allusioni alle vittorie , non scolture di bassorilievo , non fame. Aveano tuttavia colonne e carri e statue ed iscrizioni. Erano alzati non sulla via sacra, ma in qualsiasi luogo, e particolarmente ove 8* nG Belle- A uri caclea l'onore delle belle opere fatte a bene degli ordini sociali. Però era possibile , ed è bene avver- tirlo , che fossero anche attaccati al recinto delle mura , se ivi occorreva il disegno dell'impresa: e le porte di citta ne presero molte volte l'uso , ma non inai l'impronta o il segno. Nel resto somigliavano moltissimo ai trionfali , sebbene l'attico era più bas- so o si copriva di un fastigio. Non per trionfo di vit- torie , ma per solo onor di gloria furono gli ar- dii di Ancona, di Benevento e di Pola , e quelli di Do- miziano per tutta Roma (i) , e l'altro sull' Appia eretto dal senato dopo la morte a Druso padre di Clau- dio, decorato di colonne, di frontone, di marmi e di trofei (2), Meno ricche di ornamenti erano ancora le porte delle citta, ma di un'architettura più severa e gi- gantesca , e furono come a Bizia e a Nicea fatte di un solo arco fiancheggiato da torri sopraornate di quadrighe: o di tre archi uguali, come a Nicopoli di Epiro, con loggiato nel sommo e torri similmente ai lati sempre più aite della porta. Furono anche come la nostra di Fano , e le altre di Pompei e d'Ispello che abbiamo ricordate di sopra , con tre aperture, una maggiore e due minori ai lati, con log- giato superiore e con torri di fianco. Costumarono pur anche di due archi uguali ornati di suprema torre , e le dissero Scee da Sceo architetto che cosi le fece a Troia. E tali ce le ricorda Omero , ove conduce la bellissima donna ad osservare il singoiar duello, che si fa per lei tra Paride e Menelao (3) : (r) Svet. in Domit, e, i3, (i) Id. in Claud. Dion. lib. 55, (3) Monti II. lib. 3 v, », Giunser tosto alla torre , ove seduto „ Priamo si stava , e con lui Lampo e Clizio» Cosi , dove narra che il buon vecchio di Troia di* scese nel campo a giurare i patti del combattimen- to, di nuovo ne fa memoria (i) : ,, Montò Priamo» e indietro' „ Tratte le briglie * fé sull'alto cocchio M Salirsi al fianco Antenore. Drizzaro » Fuor delle Sce'e nel campo i corridori. Questa maniera di porte fu imitata in tempi più vicini a noi , ed allora ebbe qualche volta al di- sopra un ordine e] ai fianchi archi minori e torri. E in tal modo si fecero per evitare l'incontro dei carri , mentre per l'un degli archi s'entrava , per l'al- tro si usciva. Virgilio chiama le porte di Troia bi~ battenti (a) , e la ragione la dice Servio per esser geminate. Appiano ci fa sapere , che anche la por- ta Collina di Pioma era a questa foggia (3) , e tali pur furono quella che dicono Labicana e l'Ostien- (0 Monti II. lib. 3 v. 347. (*i) Virg. Aen. lib. 2. (3) Appian. de bel. civ. lib. 1, n8 Bel^le-àrti se. Potrei qui rammentarne molte altre , come quel- le dei Borsari e dei Leoni in Verona , e le due di Autun , e le molte effigiate nelle medaglie : ma bastino le mostrate in esempio. Se queste cose si fossero discorse da coloro , elio dissero l'arco di Fano esser trionfale, si sareb- bero avveduti al primo aspetto , che di molto era- no ingannati : e più presto sarebbe loro apparso di que'medesimi principii , che si addicono all'entrata di una citta , perchè di architettura tutta sempli- ce e grave, munito di torri e di mura, e sopra: ornato di loggia. Appartiene nondimeno anche agli onorari, perchè fu alzato, come si disse, dalle genti di Fano in onore di Augusto per aver racconciate le mura e la flaminia. II sig. Mancini , che nell' art. I ribatte con salda ragione l'opinione del Bar- baro , il quale vuole che gli archi trionfali fosse- ro inusitati prima di Tito , ricorda ancora che il fanese si disse Porta Augusta , e che oggidì an- cor Porta Maggiore si appella. La sua costruzione è di grandi saldezze , co- me dicesi in arte , a bugne ; ma pensiamo che fos- sero quadrate , e non ad angoli ottusi , perchè non troviamo esempio in tempi precedenti o pari ad Ot- taviano di bugne smussate, tranne alcuni dell'Appia, sebbene più che bugne siano bozze informi lasciate per sollecitudine di lavoro non finito. E ben si ad- diceva un tal rustico in opera , che per esser fuo- ri del fasto cittadino, si ordinava solamente ad uti- le e ad eterna durata. Anzi da queste sconcie pro- minenze forse venne in appresso la pratica di per- fezionarle e pulirle , e furono prima quadrate , po- scia ad angolo ottuso , perchè prima era più sem- plice la squadra retta che l'obbliqua. E per quelle masse dell'Appia lasciale rozze soltanto nelle fac- B uu-Axt i 119 eie apparenti ed esterne dei muri , e fatte piane e pulite nelle faccie di posamento con spigolo net- to , si vede assai chiara l'arte degli antichi di ul- timarle in opera. Nello scavo fatto dall'A. intor- no ai piedritti , sebbene siausi scoperti due filari di bugnato rustico , e in un fianco laterale abbia veduto lo stesso , pure io dubito pel lungo con- siderare che ho fatto sulle costruzioni antiche , che siasi guasta dal tempo la nettezza degli angoli retti. Il fianco meridionale dell'arco è coperto dalla fabbrica di conciapelli , che si crede l'antica abi- tazione di quel Guido del Cassero , di cui parla Dante (1): „ E fa saper a due miglior di Fano , „ A messer Guido , ed anche ad An gioiello , „ Che se l'antiveder qui non è vano , „ Gittati saran fuor di lor vasello , „ E mazzerati presso la Cattolica „ Per tradimento di un tiranno fello. Dicono alcuni che vasello qui significhi corpo uma- no , altri patria o città , molti con più verità na- viglio , allegandosi al luogo dove il sommo poeta dice (2) : „ E quei sen venne a riva „ Con un vasello snelletto e leggiero „ Tanto, che l'acqua nulla ne inghiottiva. Tutti i commentatori poi derivano mazzerati da maz- zerare , che il Buti nella Crusca chiosa esser quel (1) Dant. Inf. e «8. v. 76. (2) Purg. e, 11 v. 4o- 120 Belle-Ahti gittar ritorno in mare in un sacco legato con una pietra; o legate le mani e i piedi e uno grande sasso al collo» Sicché per questo viene ad interpre- tarsi , che Guido ed Angiolello chiamati alla Catto- lica da Malatestino da Rimino furono gittati fuor del naviglio , e poi gittati in mare presso la Cat- tolica. Or perchè l'ima e l'altra esposizione torna a dir lo stesso , avvegnaché l'esse^ cacciati in mare suppone anche l'esser cacciati dal naviglio , non può credersi che il divino poeta n'avesse fatto ozioso l'uno de'due modi. Io cercherò maniera di sporne qui un altra dichiarazione , giacche se ne fa proposito , co- me a me sembra meglio consentire col fatto, e col- la natura della dolce nostra favella. E prima rife- rirò due comenli di Iacopo da Bologna e di Ben- venuto da Imola scritti nel margine di due codici da me letti nella sceltissima e magnifica bibliote- ca palatina di S. A. I. e R. Leopoldo II granduca di Toscana (i). Scrive il primo, che l'autore predi- ce uno tradimento che fece Malatestino de Mala- testi contra due marchigiani de la città di Fano, li quali fidati di lui ritornando a casa tra Pesa- ro e Arimino sopra un castello chiamato la Catto~ lica affogare li fece. Nel quale si passa sotto silen- zio gittar fuori del vasello , e per mazzerati par ch'egli spiegasse affogati. Scrive 1' altro : E qui è da sapere che messer Malatestino da Rimino mandò pè detti, e fece loro (i) Debbo alla molta gentilezza e cortesia del eh. bi- bliotecario sig. dott. Tassi la lenone di questi due codi- ci , il primo de' quali è del i3oo membranaceo già spet- tante al Guadagni sotto il n." 104 , l'altro del izfoo car- taceo similmente del Guadagni sotto il n.° i itì , e pala- tino 106 della I. e R. biblioteca suddetta. ÉUIE-ÀRTI 121 dire che voleva parlare con loro per bene del pae- se. Eglino vandorno. Quando furono presso a uno luogo che si chiama la Catolica , questo messer Ma- l atestino gli fece uccidere , e fu cacciata tutta la loro setta da Fano z e pero dice gittati saran fuor del lor vasello , cioè di città ; e mazzerati , cioè morti; per tradimento d'un tiranno , cioè di messer Malatestino detto* - Ma se qui vasello non valesse veramente naviglio , come Dante istesso dice nel nel luogo sopra citato , sarebbe la chiosa del Ben- venuto la più propria. Però volendo io tener fermo il detto significato di naviglio , e derivare mazze- rati da. mazzero, che vai quanto bastone pannoc- chiato o mazza , spiegherei i due versi ; Gittati saran fuor di lor vasello » E mazzerati presso Ja Cattolica, che Guido ed Angiolello appena entrati ne' dominii di Malatestino presso il castello Cattolica saranno gittati fuori del vascello , cioè a terra , ed ivi da'suoi satelliti mazzolati o spenti a colpi di mazza o ba- stone. Ma volendo prolungarmi di più su questo ar- gomento , avvegnacchè basti quanto si è detto, no- terò solamente che per tale interpretazione ne ver- rebbe un altro significato tutto diverso alla voce mazzerare , che avrebbe senso di mazzolare o spegne- re a colpi di mazza. Coloro che studiano le cose di Dante sapranno dare a queste mie osservazioni quel valore che meritano , e le raccomando prin- cipalmente al nostro dottissimo marchese .Biondi ec- cellente conoscitore delle Cose del sommo poeta. Tut- ti poi, a' quali è sacra ogni cosa che ai sovrano cantore si riferisce, saranno grati al sig. can. Fran- 122 Bell e-A r t i colini di aver trovata l'antica casa del Cassero , e al sig. Mancini d'averne data l'icnografia. Resta che si dica della parte superiore dell'ar- co : e già ricordai come dovett' essere un loggiato coperto di passaggio alle torri* in quella guisa che si è mostrato per tanti monumenti in tutto simili al nostro. Non si potrebbe del pari asserire , che fosse edificato tre secoli dopo in memoria di Co- stantino , perchè l'indizio di pochi frammenti di mo- dinature guaste dal tempo è troppo poco , e non del tutto sicuro. Moltissimi sono poi gli esempi di opere alzate in un tempo , e dedicate in altro per atto di fedeltà , o per occasione di ristauro. Né meno si può assicurare che 1' ordine supremo fosse corintio : né comporre degli slessi principii una ri- staurazione dei tempi cadenti di Costantino collo sti- le purgato e limpido della età di Augusto , nella quale vivea Vitruvio. Neppure abbiam saputo tro- var ragione dell'aver levati gli archivolti al forni- ce di mezzo , che pur si veggono tuttora con tron- ca imposta come all'arco di Rimini. Anzi pensava- mo che nel riordinare all' antica maniera i monu- menti fosse sicuro dettame l'aggiungere colla ragio- ne e col gusto del secolo le membra minate , ma non mai il togliere le parti , che ancora rimangono. Più verosimile è che la nostra loggia fosse elevata in quel volger d'anni, in cui furono costruite le tor- ri di presidio. Ma quello che puossi quasi con più certezza asserire, è che rovinasse in gran parte nel i4G3 quando il conte Federico di Montefeltro capitano del papa assediò la citta per ricuperarla dalla signoria di Sigismondo Malatesta (i). Anche Francesco Maria (i) Plat. vit. di Pio II. Bellh-Arti ia3 duca d'Urbino dovette portargli molta offesa , al- lorché avendo racquisiata la sedia e il capo princi- pale del suo dominio, si mosse ad espugnar Fano non suo , perchè più facile e meno temuto. Il quale fat- to è cosi narrato nel Guicciardini (i) : Àccostaron- f, si i nemici con cinque pezzi d'artiglieria non molto „ grossa, li quali avevano trovati in Urbino; ed „ avendo anche carestia di polvere, non gittarono in „ terra più che circa venti braccia di muro , né „ queste senza difficoltà ; pure flettono la battaglia, „ nella quale perderono circa centocinquanta uomi- „ ni. Non spaventati da questo assaltarono di nuo- „ vo il di seguente, e con tanto valore, che l'aper- „ tura della muraglia fu quasi abbandonata, ed en- ,, travano senza dubbio , se non fosse stata la virtù „ di Fabiano da Gallese luogotenente di Troilo , „ il quale rimaso alla muraglia con pochi uomini „ d' arme facendo maravigliosa difesa li sostenne. „ Avrebbe il dì seguente data un' altra battaglia , „ ma inteso che la notte v'erano entrati per mare „ da Peserò cinquecento fanti , si levarono. „ Fu in quel torno , che i fanesi nell'edificare la vicina fab- brica dello spedalo presero la cura di tramandarne l'immagine coll'eflìgie marmorea segnata sulle pareti della medesima. E ciò fecero fors'anche per riparare al danno di aver usati i materiali di un monumento si illustre nella costruzione dell'edificio suddetto. Ma per condurre al fine il presente ragionamento , e perchè si possa aver più chiara l'immagine di quanto si è detto di sopra, si pone qui sott'occhio il disegno ri- stauiato cogli esposti principii. E a coloro a' quali (i) Guicciard. Hist. lib. XIII. 1^4 Bell e-A r t i piacessero poi i particolari della struttura di si stu- penda opera antica , ricorderemo la riferita illustra- zione , perchè in quella sono operati e discorsi egre- giamente. Così col farne menzione a cagione di lo- de , intendiamo poi di fornire il lettore di quanto possa appagare il desiderio intorno all'arco di Au- gusto in Fano. i L. PoLETTl. 125 VARIETÀ' in i collaboratori al giornale arcadico è stato trala- sciato , per un mero equivoco , il nome del chiarissimo sig. ab. Urbano Lampredi , che tanto onora le lettere e quest' opera nostra. - E stato pure tralasciato il eultissimo giovane sig. Car- lo Luigi Monchini , degno figlio del celebre professore di questo nome. P. Odescàlcm. Le olimpiche , (a prima e seconda pizia \ la terza istmia di Pindaro ì tradotte [da Cesare Lucchesini consiglie- re di stato di S. A. R. Vìnfante duca di Lucca , e uffiziale della legione di onore. 8.° Lucca dalla tipo- grafia Bertini 1826. ( Un voi. di cart. 192, ) JL/i questo egregio lavoro d'uno de'più celebri grecisti e letterati che ci fioriscono ■> si parlerà nel volume venturo, laG V A R I K T A* Pel nuovo battistero eretto nella basilica liberiana. ODE. vJv'erri , o mente ? Al colle Lieto perchè alla Vergine Il maggior tempio estolle , Ti volgi , o mente indocile . Di porfido non vedi Quale ampia conca splende ? Vivo , il, Battista credi , Che al cerchio in mezzo ascende. Di zona il fianco ha ciuto , Lascia pendente l'ispido Manto agli omeri avvinto , E versa onda, che a tergere L'uomo in sue colpe avvolto , Tiene dall'uno e trino Mirabil possa. Il volto E l'atto han del divino. Il Precursor tal era , Quando con docil popolo Sceso al Giordan , che altera Volge ancor l'onda celebre , Di propria mano il santo Capo all' uom - Dio ne asperse : Il chiaro fiume a tanto Ristette , e il ciel s'aperse. Quàl colomba scendea Raggiante amor lo Spirito , Copia di rai godea Sul crin celeste accogliere. Ecco Fagnci di Dio , Ratto gridò il profeta : Varietà' Ei tor puote ogni rio , La terra ei vuol far lieta. Del suo piede il calzare Degno io non son di sciogliere. Tutto egli muove , il mare Distinse in pria dall'arida. Pur nel caos profondo Il suo poter non tacque : Anzi che fosse il mondo , Ei passeggiò suir acque. 11 profetato verbo , Sospir di tanti secoli , A cui degli occhi '1 nerbo I giusti ognor tendeano , II verbo , che ai veggenti Era aspettar si grave , Or quanto è fra le genti A rimirar soave ! Ei , qual mistico sole , Viene a scacciar le tenebre , Del primo error la prole Vien fra i beati a scorgere. Noi vidi unquanco , ed ora Ben lo conosco al lume , Che il crin gli lambe . . . Adova , Israello , il tuo nume. Così tonò il Battista : E tanto di sua immagine Me rapisce la vista , Ch' odo sonar le fervide Note , e grido : Ecco doni , Onde ci adorna i tempj Leone , amor de'buoni , Freno potente agli empj. 13' ia8 Varietà' Ei , che i più ascosi pregi Ha l'occhio pronto a scernere , Sacro ai lavori egregi Serba il favor munifico , Emulo a quei , che fero Più lucido il gran manto , E ai sette colli diero D'ogni bellezza il vanto. Qua fior di senno accolse L'arti , che il mondo abbellano , E man sì larga volse A lor , ch'erravan profughe , Sin d'allor che del folle Arabo atroce il brando Mute d'orror cacciolle Dal tracio lito in bando. La pia credenza in noi Si afferma al veder l'inclito Valor de' santi eroi Spirar dipinto in vivide Tele ... Or ecco donzella Non nata in umil sorte t Cui per la fé par bella In fresca età la morte. Curvi al suolo ha i ginocchi Fune allaccia le tenere Mani alle terga, e gli occhi Parlanti al ciel si affisano ; Gli occhi , u' divo scintilla Raggio d' amor sereno : La fronte appar tranquilla , Respira in calma il seno. Sovr' essa in alto crudo Col ferro alto il carnefice Pende', ed al collo ignudo V A 11 I K T A I3Q Già vibra il colpo orribile : La turba ia grave affanno Torce lo sgurdo e geme ; Solo il crudel tiranno , Qual tigre al sangue , freme. Fra il pallor del bel viso Traspar sul labbro roseo Di certa speme il riso. Par dica : Or scende l'angelo , Ei reca in man la palma , E la purpurea stola. Secura alfin quest'alma In grembo a Dio *en vola. Antomo Tamburini. Alla memoria delV ottimo giovane Filippo Giacomo Mar- tinelli defunto. TT LJ n giovane di liete speranze, e ornato delle più care virtù, dalla morte rapito ai buoni studi e agli amici è ben meritevole di memoria e di pianto. Imperocché s'egli col- le opere dell'ingegno non ebbe recati alla società ed alle lettere notevoli vantassi; a ciò "li venne manci il tem- pò , non il volere. E la buona volontà di giovare altrui è maisempre commendevole, e ad ogni animo gentile tor- na dolcissima la ricordanza di chi dirizzò sue fatiche a hi nobile segno. Tanta virtù sembra più belli , se ri splen- da sul Gore degli anni , porche non ancor tocca dal ne- ro dento della invìdia. Di che non è a prendere pota maraviglia a questi dì : in che la più parte do'nostri gio- vani o vergognosamente poltriscono negli o/.i di una vita lenta e scioperala , o ( ancor peggio ) rotti ad ogni ho- G.À.T.XX.X1V. «j l3o V A R 1 K T a suria laidamente gavazzano nel vizio. Non cosi visse i suoi brevi giorni Filippo Giacomo Martinelli. Ma la morte che per antico dettato - fura i migliori e lascia stare i rei- ce lo tolse. E poiché l'amarezza dell'animo nella perdita depiù cari alquanto si raddolcisce nèll onorarne come- cìiessia la memoria : ogni cortese spirilo non is degnerà queste poche parole , che io consacro all'amico mio , che non è più- Di Pietro Martinelli e di Girolama Àrig'eletn nacque in Roma Filippo Giacomo il prim > di maggio del i8oì. Ben presto fu egli percosso in tutte miniere dalia fortuna : che vide appena il padre mortogli poco appresso la sua na- scita : e non aveva imparato ancor bene a conoscer la ma- dre , ch'ella passò di vita. Rimaso così solo in que'tem- pi tristissimi di politici perturbamenti e di guerre , soffer- se non piccoli danni ne'beui , e si raccolse in casa delle zie materne , che sempre gli si mostrarono amorevolis- sime custodi. Uscito della fanciullezza fu educato nella re- ligione e nelle lettere nel seminario caprauicense, e per Ja bontà e pieghevolezza della sua indole vi si guadagnò l'amor de'rettori e l'estimazione de'compagui. Appresso ve- nuto nell'archiginnasio romano, saggiò lo studio delle leggi, cui non andandogli punto a garbo lasciò di presente , e si volse alla lingua greca ed alle antichità. Ultimamente determinato di rendersi architetto , valorosamente attende- va alla prospettiva , alle matematiche , al diseguo ; quan- do , assalito da una febbre nervosa con abbondevole sgor- ghi di sangue, morì nei dì 26 di novembre 182'à, cor- rendo l'anno ventesimoquinto dell'età sua. Era egli di dolci e cortesi maniere, d'animo candi- dissimo , inchinevole alla compassione , modesto , negli studi infaticabile, lieto e festevole nelle brigate, anzi ar- guto nelle facezie, ciò che mostrava ingegno non volga- re. Avea composto il portamento e sempre il volto ri- dente, sebbeyre negli ultimi mesi fieramente travaglialo Varietà' i3i dal male era divenuto pallido e malinconico , non però al- trui gravoso e sazievole. Caldissimo amatore de'buoni , ten- ne salde e costanti le amicizie , ed avvegnaché l'osse amo- revole con tutti , contava due o tre soli , fra i molti, ve- racemente amici. E non può dirsi come gli amasse eoa tutta l'anima , e come dividesse con loro la tristezza e la gioja,ecome gli usasse consiglieri ne'dubbi, confortato- ri ne* mali , censori in tutte" le cose sue. Fu di soda pie- tà senza ostentazione : ma quella che aveva modestamen- te nascosa nella vita, rifulse luminosissima nella morte, quando si mostrò così staccato al tutto dalle cose di quaggiù , e inteso solo alle celesti ch'era una meraviglia : e< non parlava che di Dio e dell'anima , contento di mo- rirsene nella volontà del Signore. Non posso ricordar sen- za pianto come chiedesse e ricevesse gli estremi conforti della chièsa ^ e come placidamente si riposasse nel souno della pace. Quanto agli studi , amò sopramodo quelli delle anti- chità e della lingua greca e i suoi dell'architettura. Com- pose alquante brevi iscrizioni sepolcrali , che furono scol- pite , e ben vi si sente il sapor del Morcelli : ne rac- còlse moltissime delle antiche, ed alcuna ne illustrò con dottrina non comune a* suoi pari. Quando uno scelto drap- pello di giovani studiosi ragunati in società pubblicamen- te diceva i suoi componimenti; il Martinelli fra' primi vi ottenne più volte il plauso de' dotti , or conio sciogliere alcun problema di matematica , or col leggere alcun ele- gante discorso , or col recitare versi scherzevoli , ne'qua- li era non poco valente. Fu ancora ascritto candidato dell' illustre accademia de' lincei , segno del suo valore nelle scienze fisiche. Preso di forte amore pel nostro bel vol- gare, studiava indefesso negli aurei scrittori, ed avea pa- lato d'assaporarne le più riposte eleganze e farne tesoro ne'suoi scritti. Sebbene di fresco avesse intrapreso a stu- diare architettura , già si era messo dietro i più , e con- 9* i3a Varietà' lavasi fra i migliori : come dimostrano i molti e vari di- segni che lasciò , paiate di copia , parte d'invenzione ; ta- luni di figura , altri d'ornati , e qualche tavola maestre- volmente tinta ad acquerello. E forse il soverchio affa- ticarsi in que'lavori lo condusse a quella fatale infermità che lo rapì : e al certo sarebbe stato fra que' giovani va- lorosi , da'quali quell'arte avrebbe potuto avere un nuo- vo lustro e incremento. Ma piacque altrimenti a colui di chi tutti venerar dobbiamo gli alti cousigli. Anima bella , che ti dipartisti da queste spoglie mor- tali per volartene all'abitacolo della vex^a gloria , non di- sgradare queste poche cose che di te scrisse l'amico tuo non senza lagrime : ed abbi memoria di me 1 come ia t'ho sempre viva e presente, C^RtoliUiai Morichinj, Osservazioni dì Pio della Campa sulla lettera dì Fran- cesca Cancellieri alfefho e riìio signor cardinal Pal-> lotta." Modena per G, Vincenzo e compagna 1826 (Sona pagine 1^ ) , darebbe desiderabile , cht tutti gli scritti , i quali sì fan- no a censurare una qualche opera , fossero dettati con quel- la urbanità e gentilezza con che furono dettate queste os- servazioni. E veramente un gran danno per la letteratu- ra che la critica si faccia compagna all'ira , alla villa- nia , alla maldicenza : le ingiurie non son ragioni , e l'in- telletto non si persuade col disprezzo. Il N. A. toglienr do a criticare la suddetta lettera dell'ab. Cancellieri, dì che anche in questo giornale fu fatta parola , punto non ii parte da. quel modesto e graye contegno j cke è prò» Variata* i33 prio della ragione e della verità, ed ha saviamente usa-* to gentilezza di parole e di stile. Sicché ci duole , che la morte ci abbia rapito l'ottimo Cancellieri * e non gli abbia concesso di giovarsi di queste buone osseivaziotti e dì rettificare le cose con qualche inesattezza esposte nella sua lettera. G. S. t)e Christi Domini resurgentis gloria , oratio habìta XV kal. mai anno 1827 in sacello ponlijtcio vaticano. Ro* fìiaé apud Franciscwn Bo/trlieum. Il chiarissimo P. Gio. Batista Rosani delle scuole pie > professore di eloquenza nel collegio nazareno , non ha bi- sogno di elogi sia che scriva in prosa sia che scriva iit latina poesia. Educato nelle bellezze dei classici , e di quei tanti uomini insigni, che diedero e danno ancora si grande splendore all'ordine delle scuole pie , il P. Rosa- ni è uno di que'pochi, che tengono ancor viva in qùe-1- sta Roma la maestà e la gentilezza della lingua di Cice- rone e di Virgilio , senza abborrire , siccome fanno il più de'maestri, dalla lingua in che si è incominciato a pen-» sare e ad esprimere le nostre idee e i nostri giudizi» 11 P. Rosani sa bene , che senza farsi tesoro nella mente delle latine bellezze non si può bene apprendere né seri-* vere L'idioma gentil sonante e pitro, Per cui d'oro là afe-* ne yérno volgea : ma sa ancora , che lo insegnare ai giova-* netti la sola lingua latina *. e il porre in questa tutta la quintessenza della letteratura e dell" umano sapere, è lo stesso , che indivrre in grave errore le nienti dei giovi- netti e inabissarli in una orribile confusione d' idee e di cose , ove mai non giunga un raggio di lucido or" dine , né di schietta verità. Felici perciò i giovinetti , 1 34 Varietà.' cui fortuna ha concesso un tanto maestro , e felici que genitori , che sapranno di lui giovarsi ! Della detta sua orazione latina dirò che oltre la pu- rezza delle parole e dello- stile , è di assai leggiadra per care immagini e per certe grazie tutte proprie della pen- na di esso chiaro professore. Né questa leggiadria va dis- giunta dalla maestà della dottrina , che vuoisi a ragionare intorno il mistero di nostra redenzione. Saltagwoli JVei solenni funerali d'ordine della maestà di France- sco I re del regno delle Due Sicilie nella chiesa di S. Maria della littoria a Cliiaia celebrati a Gio- vanni D anero capitan generale e comandante della real marineria, orazione di E mmanuele Taddei.- Na- poli dalla real tipografia della guerra 1826. N, on ha molto tempo , che in quest'istesso giornale par- lammo di un' orazione funebre di E. Taddei : e , per quanto cel concederono i debiti riguardi , c'ingegnammo di far conoscere, che il Taddei avea più immaginato che lodato la verità. Se l'istesso abbia egli fatto intorno il Dane- ro , non so : so bene che il suo discorso tien più al genere di sacra predica morale , che di funebre orazione. La lingua e Jo stile anche in questa non hanno alcun che dell'italiano , ma vi traluce sempre molta caldezza d'ingegno , e molta dot- trina , che dimostrano essere il Taddei un letterato di non volgar merito , e abile a dare alle cose quell'aspet- to che egli vuole , ancorché non l' abbiano per niuna parte : sicché parmi che sieno da apprezzarsi i suoi scritti. Salvagnoli. Varietà* l35 Scelta di lettere dì (raspare Gozzi - Un Poi. in iG, iÌQg" gio per P. Fiaccadori i8».(ì. Tradii zione delle lettere di Cicerone di Antonio Cesa- ri, tomo /." in 8. Blilano per A. F. Stella 182(1. lYteglin il ristampar cose buone , che porne in luce di nuove e mediocri : e buone diciamo queste lettere già scelte dal Gozzi , singolarmente pel fine cui mirano , di crescere i giovanetti neil" amor del sapere e della vir- tù. Ve n'ha di Seneca , di Plinio , di Simmaco , di Cas- sio doro , e d'altri di cotale schiera , fatte volgari da quel- la cima d" ingegno : ve n' ha d' italiane , ve n ha pur di francesi voltate in lingua nostra, benché invita Mi- nerva. Né certo queste ultime , in quanto allo stile, ci sanno fatte per noi ; la lingua nostra ha suoi mo- di nativi e lontani tanto da* modi stranieri , massime nello stil familiare, che il render questi per quelli non è sem- pre facile casa nò degna. Ad ogni modo l'averle qui po- ste, così come sono, varrà se non altro a farci avere più in pregio i classici nostri , quando cerchiamo pur nelle lettere il bello scrivere. Ad ottenere il quale se giovino assai di tal fatta versioni , si può dubitare : che dai latini più giovino che da altri fonti, si vuol tenere per fer- mo. Però a queste del p. Cesari faremo buon viso, co- munque avrebbe potuto egli stesso ( che è già tanto in- nanzi nelle cose della favella ) accostarsi assai più a quel- la vena dell'Arpiuate , che filosofo, oratore, consolo, fratel- lo, marito , padre ed amico , anche in tempi difficilissimi, in Roma e fuori seppe scrivere per eccellenza tutto che volle , sì che in lui parve natura quello che in altri è vero sforzo dell'arte. Del resto mirino i giovani grande e quasi incredibile facilità di dar veste e colori alle idee che fu in quel padre dell'eloquenza ; ma dove egli adu- j36 V A R ! E T A* la i potenti, dove trema più di se che dell a patria , do- ve è tutto in esaltare se e le sue cose, pensino , che in que- sti ed in cotali altri vizii non è già da imitare. Dalle lettere apprendano le virtù dello stile , quante mai sono ; per quelle dell'animo si cerchino scuola migliore. E l'av- viso valga loro eziandio , doye bisogni , per 1' altre co- se di M. Tullio , che il tipografo milanese vuol darci in volgare col testo a fronte , e con tutte quelle diligenze , che ponno aspettarsi da lui , giovato com' è dal senno e dall' opera di generosi , che han posto l'animo a questa quanto nobile altrettanto difficile impresa , cui auguriamo tale successo da gloriarsene il nostro secolo. D. V. In obitu Petri Matthaei Zappi caeci custodìs et instiui- toris pueritiae nostrae. „ L i ec te mutantem gressus monitore bacillo „ Praeteriit volucri mors pede transiliens. ■■n Cui bene piagoso nil non debere fatemur „ Edocti primis ludere literulis. „ Si quidquam studiis post hac profecimus , a te ests „ Te sine, si qua est hinc , laus mea nulla foret. „ Quam vellem his etiam studiis , hac laude carere „ Mors tua si fuerit sic reparanda mini ! Atomi Crrysostomi FEIUHVCCt. Y .U I K t a1 1^7 Trattato delle ville e delle Case di delizia di Piatto Ferrari ingegnere architetto. JU architettura per centinaia à" anni smarrita fu per al- cuni belli ingegni nel finir del secolo passato tratta a mi- gliori e più sicure maniere. Perchè colle rigide censure di quel severo spirito del Lodoli , e degli altri due eccellen- tissimi Algarotti e Milizia si venne , quest'arte regina , ri- traendo da quelle goffe e strane foggie che la deturparono dopo il divino Michelangelo. Pietro Ferrari , che fu poi egregio architetto ingegnere , viveva a que' tempi , e per la singolare amicizia ch'ebbe col detto Milizia e col cel. cav. d'Agincourt operava colla mano le cose ch'essi in- segnavano cogli scritti. Però è che fece molte belle ope- re,' e mirabili tutte, come si può leggere nelle memorie biografiche che il dotto sig. Fontana scrisse di lui nel gior- nale arcadico (Tom. XIX fase, di gen.) . Avendo egli avuta l'incombenza da due illustri personaggi di disegna- re dne giardini di quelli che si dicono aW inglese , prese tanto diletto di queste cose che scrisse un Trattato mol- to desiderato sull'arte di formare le ville e le case di delizia , fornito di cinquanta disegni <, pieni d'invenzione, tutti gravi nello stile , e purgati nel gusto. Era suo in- tendimento di pubblicare , questo esimio lavoro di anni venti , nello scorso anno. Ma l' immatura morte soprav- venutagli nel dicembre i8a5 ha privato di questo sublime piacere e vantaggio sommo gli amici della nostra gloria k de' progressi dell' architettura. Chi conosce le preziose opere da lui stesso pubblicate ed eseguite , e la gran- dezza e singolarità di molti suoi pi'Ogetti tutti volti all'uti- le comune , potrà giudicare anche dell'eccellenza e mae- stria della presente , ove impiegò lo sforzo massimo del suo grnio che lo renderà immortale. Però è che per non defraudare il pubblico d'un' opera diretta a moltiplicare • 38 Varietà' i comodi e le delizie della vita , e per dare all' artista un esemplare di un nuovo genere di gusto architettonico, si offre la proprietà di si nobile e compiuto lavoro a chi desidera acquistarlo come editore ad un compenso pro- porzionato. E perchè si possa prendere una qualche idea dell' utilità e della bellezza degli argomenti tutti nuovi e singolari , si dà qui l'indice de'capiloli e dei disegni dell' opera. PREFAZIONE PARTE PRIMA Capit. I. Della siti/azione li. Della qualità del suolo III. Della bontà, dell'aria IV. Della puiità dell" acqua V. Della comodità del luogo VI. Dell'amenità delle vedute VII. Del giardinaggio. PARTE SECONDA Capit. I. Dell' esposizione della casa di delizia II. Delle par ti necessarie componenti la medesima HI. Della varietà delle forme interne IV. Della distribuzione e riparazione interna V. Della forma esterna VI. Del ripartimento esterno VII. Dodici diverse idee di case di delizia i. Casa di forma triangolare •j.. Casa quadrata 3. Casa circolare 4- Casa ottagona di quattro lati maggiori e quattro minori V .V R I K T A.' l3f) 5. Casa simile co* quattro lati minori sporgenti li. Casa di croce gi-eca cogli angoli i\cntranti taglia- ti a petto 7. Casa di figura anf teatrale 8. Casa di forma teatrale g. Casa mista di quadrato , di croce greca , di otta- gono , e di circolo io. Casa di figura rettangolare colle braccia sporgenti verso il giardino 11. Casa di due croci latine unite pel loro piede. 12. Casa grande quadrata mista di parti rientranti e sporgenti , e cortile rettangolo. Le dieci egloghe di P. Virgilio Marone , testo latino con versione poetica di altrettanti autori viventi. vJgnuno che siasi anche mezzanamente applicato allo stu- dio delle belle lettere conosce la eccellenza delle Bucco- liche del Mantovano , opera classica composta in emula- zione del greco Teocrito , e tale che quell'altro gran mae- stro di poesia Orazio Fiacco ebbe a dire , aver le muse amiche de'campi conceduto a Virgilio quanto esse hanno di più soave e di più. grazioso : molle atque facetum Virgilio annuerunt gaudentes rure camoenae ; ed il sommo Tullio rapito egli pure , secondo la testi- monianza di Servio, all'udire tali ammirabili carmi, pro- ruppe in quelle entusiastiche parole - magnae spes alte- ra Romae. Ma che cosa diremo delle traduzioni che di questo su- premo modello di poesia pastorale sono fra noi compar- se in luce fino al presente ? Diremo che sono molte e ì/\0 V A n 1 E T k di molto pregio ; ma non potremo non dire ancora , e ciò senza punto detrarre al merito dì chicchessìa , che nessuna di esse ci rende in tutto le varie ed esimie bel- lezze dell'originale. Pur sembra che a questa mancanza potrebbe in qual-* che modo portarsi riparo con la scelta de'traduttori , e eoll'avere da'medesimi non l'intero lavoro , ma una parte soltanto , e quella creduta meritevole dì preferenza. Chi Sa che con l'acconcia unione di tali parti non si giù* gnesse a comporre quella italica veste che manca tuttora al grande esemplare latino ? Mirando noi a questo scopo non abbiam lasciato dì comuuicarne la idea a persone di sapere e di gusto , è ne abbiamo ricevuto non approvazione solamente , ma con- forto eziandio per l'eseguimento dell'impresa. Daremo dunque una ristampa del più esatto testo la- tino delle dieci egloghe di Virgilio , con a fronte la ver- sione italiana di altrettanti autori vìventi. Essi sono I signori Cavaliere Ippolito Pìndemonte Cavaliere Dionigi Strocchi Cavaliere Angelo Maria Rìcci Marchese Giuseppe Antinori Marchese Luigi Biondi o Professore Cesare Arici Professore Paolo Costa Domenico Molajoni Le signofe Enrichetta Dionigi Orfei Caterina Franceschi. La edizione sarà condotta a termine entro brevissi- mo tempo , e con tutta quella correzione e Venustà che si conviene a libri di questo genere. Il prezzo di ogni esemplare non oltrepasserà i ba- iocchi 5o- Tabella dello stato del Tevere , desunto dalV altezza del pelo cC acqua sull'orizzontale del mare,osserva~ to air Idrometro di Ripettar al mezzo giorno. Aprile 1827. GIORNI. METRI 1 7% '5 2 8, 22 3 7, 35 4 6", 87 5 6, 98 6' 6, 80 7 *, 76 8 5, 80 9 €, 73 0 6, 69 1 6, 65 a 6. 60 3 6, 56 u 6, 54 D 6, 52 *6 6 55 .7 6* io *8 "* 'o i9 E ,3 a* £« 97 ai (\ 86 32 a3 «» ?4 ; 7» °5 a4 7, 93 s5 9, »3 26 9. 35 «7 7. 85 38 7. 74 29 7, 35 3o 7» *° OSSERVAZIONI. Altezza massima met. 9, 35 -Altezza minima met, 6? 5p Altezza media met. 7, »5 Osservazioni ,Meteorologiohe. )( Collegio Romano aprile 1827, 0 'S 1 3 4 5 6 7 8 9 IO 1 1 13 i3 «4 i5 Ore ma. ser. m. 0' s. III. Si s. III. # " ', s. III. V' S. ìli. o' s. ni. &' s* ìli. &• s. III. &• s. III. &• s. ìli. 8* s. in. §• s. III. &■ s. III. S' s. m. a- s. Baronie , Tertu, 1 est. Igro. a cap. Vento Pioggia Evapor. St.del Cielo chiarissimo se. nuv.spa. ?» u P H 3° 1 1 6 0 0 0 0 7 0 40 6 3 • 0 1 0 0 tV.E. mo. ». forte li. 3 5 3 1 v i, i », „ 6 ii * \ i» ii 28 o 7 11 5 a 1 1 5 2 1 1 9 5 0 0 2 0 16 0 45 0 3G 0 as 0 6 0 3o 0 1 5 0 44 0 N.N.O.m. N.B. ibr; N.E. deh. N. f. N.O. Mn. chiarissimo nuvolo chiarissimo • 1 t ' Il 3 4 idem idem idem ~3 0 3 16 12 0 0 0 0 0 N. .»'. NN.E.q.o S.O. deh. N.E. q. 0 O.S.O.f.i. N. ,, „ deb~ ,, forte „ doli. 3 5 3 2 idem idem idem idem idem idem idem * id.t'a-alPor. chiarissimo' idem idem idem 11 1» il 3 1 3 3 4 »4 IO 8 2 0 »3 0 3 a 0 7 0 6 0 U 0 35 0 Il 11 Il »' , 1 1 '7 i3 18 '4 2 0 0 T 0 3 ! ,, o 6 8 19 0 56" 0 38 » <> 1 „ i 5 0 5 i5 8 5 0 3o 0 i3 0 N.E. q. 0 N. debole S.S.O.q.n 4 7 idem idem idem 20 S) il 1 7 5 5 6 3 i5 0 0 5 7 3o 0 iy 0 3 5 32 0 1 f> 0 N. debole S.O. uiOi S.S.O. d 3 1 id.va.iu or. id.atc-. mici nu volo ì se. un. in or.' nuvoloso 11 5 i5 IO 0 0 5 N. q. 0 ->.S.O. d. N.O. „ N. delio. N-.-E. V, 0. debo. al. gocci* 3 7 li 1 6 5 ■1 5 «4 10 0 0 5 3 0 4° ° 14 -o . 2 9 se. al. il. 1 zi 0. nuvolo i se. alo. n. sn, ■1 ii -l » 3 " 4 „ 3 8 0 8 0 5 T <4 1 1 5 5 0 3 5 2S 0 8 0 0. m, S.S.O.de. N.q.V" SO. in. 0. debo. ucb.den 3 9 ,, vap.iuor., id. id. f id. id. | 7 9 0 0 2 0 33 0 7 ° : 1 sereno idem idem ii i* »• 2 ., 1 2 5 8 4 16 1 1 0 0 2 5 3i 0 19 0 N.q. 0 s. m. S.O. m. E. deJ). *■ 91 tugiada 3 4 id.alu.in o.\ sere.uuv.sp. vaporoso Il ° 11 1» 2? ti 0 3 8 12 9 0 0 3 5 0 4 0 5 0 pioggia li. 2 25 1 1 8 coperto idtm idem e IO. '3 i *7iS- #]* in. ; S* \s. iZ\8- «4 25 2« a; «■• à'- *9 3o # BalODiet. ITe.esl. 1 1 1^ ro . Vento Pioggia li. e a5 ruggiad. Eva por. Sf.del Cielo ' id. coperto nuvoloso idem sereno nuvoloso idem. chiarissimo idem nuvoloso P" 2jr io ; ii i' 7 2 , 8° 5 i3 5 1 9 ° 0 0 8 0 5 0 N.q. 0 •S.O. m. 0. ,?. 0 2 2 3 i. 4 3 8 0 | „ ,, 6 15 11 7 ! „ „ 8 j 5 5 l «4 ° 'il 0 j 7 » j i5 2 [10 0 TV i5 8 11 8 ~8 ó~ i5 2 la 8 2 O l8 O 7 5 lV. ij. 0 S.O.d. j 28 O 9 0 4 0 21) 0 5 0 2 0 26 0 G 0 W. d. N. ci. S.O. <]. N. q. 0 S.O.q. 0 N. m. ii u '5 1» S^ 11 »i 5 nebbia sereno id.nnv.spa. idem nuvoloso coperto idem 11 e» 11 51 1- 0 2 5 22 0 i3 0 '9 ° 38 0 M " 4 » 3 5 5 0 0 0 O.S.O.d. }j1C. |)iu. 2 5 .1 '1 11 IO 11 >5 6 5 12 5 i3 5 ! . n 9 8* i3 0 in 0 0 0 S .E. f. R. m. b.i>.k d. Sifortis. S.S.O.m v.3.q. 0 11 ort. S. fd eh. " ." li. 1 25 7 2 nuvoloso idem ser.alc. nuv. coperto idem nuvoloso SS 11 i? 11 „ 6 li. 3 25 2 7 »» 11 li 11 „ 8 9 ° i5 0 11 0 10 0 i3 0 io 5 3 0 21 0 1 1 0 li. , 35 4 9 sereno nuvolo sereno coperto idem ter. nuv. so. chiarissimo ser.alc. nuv. '>/. id, coperto ser.nuv. sp, id. id. » 9 51 1° 7 5 7 2 0 18 0 6* 0 4 6 28 0 ■1 1 ci 4 7 8 2 i5 5 11 5 7 5 i5 6 11 5 3 2 3o 0 ìfr 0 T~^ 3o 0 4 « o.s.o. „ 4 5 11 », 9 '» 11 11 - ., 4 0 0 N. ni. 0. d 2 1 9 15 5, 1» 6' 0 7 » 18 0 .3 5 3 0 3f> 0 '■LJ O 0 0 NO. f. ». ,1 4 4 ser.poc. nu. idem idem idem nuvolo idem chiarissimo idem sere al. nuv. id. i4. idtvdporoso iil.uuv. spa. 1» 15 4 0 2 9 » 18 2 i3 0 12 O 3y 0 li 0 N.o!m. E. TU li. 0 ;>5 4 9 • > 1» 15 2 »1 1» 9 1 a 9 ° '7 3 i3 5 9 » 44 0 20 0 11 q- 0 0 0 0. d. 3 3 ti 5)1 1» ;• 11 i> 6 Jt 7 » 17 8 i3 5 5 0 25 0 i3 0 ». „ 0. ni. S-S.E.q.o 3 6 1 *__: — - — NIHIL OBSTAT Fr. Autunius Franciseus Orioli Censor Theol. NIHiL OBSTAT Petrus Lupi Metl. Colleg. NIHIL OBSTAT Lauretus Santucci Gens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Joseph :VI. Velai Orti. Praecl. S. P. A. Magister. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patriarchi Con&tantinop* Vices^ereni « 45 SCIENZE Elogio di Federico Commandino matematico del se- colo Xf^I , letto air accademia pesarese dal con- te Giuseppe Mondani vice-segretario della me- desima , P. A. ec> ..E u sempre dagli uomini più savi giustamente lo- dato, e presso noi, accademici, sarà pur sempre ad onore della patria e delle lettere intrapreso , quell'uti- le e a un tempo pietoso costume di dire a quan- do a quando gli elogi storici degli uomini , ch'ec- cellenti nelle scienze o nelle arti b Ile , a sommo grado recarono la rinomanza de' nostri studi e del- la nostra nazione. Ne in questo si ha differenza al- cuna municipale: che d'ogni gente si forma la let- teraria famiglia ; la quale governandosi in tutto a foggia di reggimento repubblicano , in lei più gran- de risuona chi più su gli altri per vera virtù s'innal- za. Ed io non ho dubbio di asserire , che le pro- vincie d'Italia pel numero dei sapienti dati al mon- do scientifico , per la loro eccellenza , e per averli in ogni ramo d'umano sapere forniti, a molte altre na- zioni debbano anteporsi. Prova sicura ed ampia ne somministrano le istorie de' bassi tempi , e gli an- nali della nostra letteratura ; ma un argomento cer- tissimo discende dal ravvisare l'Italia ( senza con- G.A.T.XXXIV. io i4G S C I B V Z E trasto di alcuno ) come prima inventrice e propa- gatile de' lumi ; talché nell' odierna pienezza scien- tifica non iscorre mai giorno , che alcun sublime tro- valo , o qualche originario sapore non le vengano restituiti pur da coloro , glie sulle scoperte de- gl' italiani 1' alta mole co>t russerò del loro scienti- fico perfezionamento. Ed oh ! quanto sarebbe a que- sta meta pur facile il giungere gloriosi , se i no- stri studi ogni giorno non impoverissero , e l'in- gegno italico nato colla felice attitudine per ogni genere di scienza, non ai perdesse fra le baje, e fra le gare delle parole ! Ma noi non vogliamo seguir l'esempio dei molli ; e se l'utile è sempre l'oggetto grande e primario d'ogni dotta adunanza , da noi s'incominci a procacciar vari frutti di civile sapien- za in mostrando la somma necessita , che ci stringe di tornare sulle orme de' nostri grandi , e di raccor- re il meglio di tanti loro sudori coli' ampliare e distendere i confini d'ogni sapere , ma specialmente di quelle scienze , che sublimi ed esatte a tutto di- ritto si appellano. Sara dunque oggetto del mio di- scorso il lodare istoricamente uno de' più grandi uo- mini , che abbia avuti la metaurense provincia , in- tendo dire Federico Commandino matematico del secolo XVI : e cosi dall' apprendere quanto per lui si operasse in quella scienza, sorgerà, lo spero, una volta il desiderio di avvivar quelle faci , che tanto lume diffusero , e di tanta ammirazione si fu- rono a' più dotti stranieri. So di quale carico io mi gravi , dopoché del Commandino parlava un suo con- temporaneo e discepolo , Bernardino Baldi , di sem- pre onorevole ricordanza: e il solo tentar d'emular- lo saria per ciascuno reputata follia. Ma so altresì , che la vita del Commandino scritta dal Baldi ap- parve soltanto nel giornale de' letterati d'Italia per Elogio del Commandino 147 Tanno 1 7 1 4 1 e fu in quella pubblicazione dagli edi- tori accennata la necessita di annoiarne alcuni pas- si ; il che io mi sforzerò di fare rispetto al nu- mero delle opere dal Co m mandi no composte , ed ai suoi scritti originali , di cui tutti ci diede- ro fio qui il solo titolo , e ad alcuni particola- ri della sua dotti ina matematica , posta in con- fronto con quella degli altri dotti contemporanei ; le quali cose e il Baldi e i susseguenti storici la- sciarono dimenticate. Deh fosse pur dato a questo discorso il riscuotere quel benigno compatimento , di che in lodando il marchese Fagnani ed il mar- chese del Monte lar»a mi fu la sola vostra corte- sia ! Ma se tanto non mi è lecito sperare , confor- tami ad ogni modo l'idea , che io solo per debito d'ufficio e per desiderio d'onorare i nostri studi po- trò dimostrarvi , che nel periodo di men che tre se- coli questa Metaurense provincia ha dati al mondo scientifico tre matematici, che ne' primi seggi deb- bono essere a tutta ragione riposti. a. Ricordevole e raro avvenimento fu questo, che Urbino , la quale doveva esser patria di tre nomi europei , Bramante , Raffaello e Commandino (se pure aggiungere non vogliasi un quarto, Fran- cesco Paciotti) fosse cinta di mura dall'egregio di- scepolo del Centogatti , Giovanni Battista Comman- dino. Fu questi un uomo dottissimo , e de' primi maestri dell'architettura militare in tempo ch'erano in fiore il Sammicheli e il De Marchi : ed era nato d'un altro Commandino assai prode nell'arme, il quale fattosi compagno di tutte le spedizioni guer- riere del duca Federico suo principe, potè finalmen- te fra le sue braccia raccogliere estinto alla ferrare- se Stellata il corpo di quell' invittissimo capitano. Mi sono recato a ventura 1' incominciare 1* elogio io* j48 Scienze del Commandino da quello di sua famiglia ; onde si sappia ch'egli discese da illustri maggiori , che di somma virtù il richiesero, e ne furono poscia da lui ampiamente rimunerati. Di fatto nato Federico nel iSoq , dopo avere lodevolmente passati i primi anni della fanciullezza , apri subito la sua carriera coli' apprendere il greco e le matematiche , quello da Jacopo Torelli di Fano, queste da Gio. Pietro de'Grassi, che istitutore della famiglia Orsini insie- me con quella erasi in Urbino riparato dall'ira spa- gnuola saccheggiatrice di Roma. Quindi per cura del Grassi ai servigj chiamato di Clemente VIl° fu vi- sto erudirsi in ogni maniera di studio , e per trat- to ammirabile di pontificia benevolenza, congiunta ad un esimio amor del sapere, leggere a Giulio de'Me- dici le opere d' Euclide e di Archimede. Poscia a morte venuto quel suo signore, egli non punto sbi- gottito dalla gravezza del caso , a Padova si ri- dusse. Né vi spiaccia conoscere per quali ragioni a Padova piuttosto , che ad altra università italiana Federico si riduceva. Imperocché quella di Pisa fu dalla peste travagliata nel i5a5 : e solo da Cosi- mo I nel i543 venne munificentissimamente riordi- nata : 1' altra di Siena per le lunghe guerre era vicina a disciogliersi; se non che appresso fu salva- ta , ed ampliata nel i583 da Cosimo duca, e più ancora dal primo Ferdinando: e la pavese, sebbene dai re francesi e dagli spagnuoli sovvenuta , pur tuttavia negli anni primi del secolo degradava per la strettezza degli onorarii , e maggior lustro atten- deva dalla sapienza e liberalità di S. Pio V e di San Carlo Borromeo : quella di Torino ne' primi sessanta anni del secolo dovè patire trista condi- zione per le guerre e le traversie de' suoi principi, ricevendo poi nel 60 restaurazione ed ajuto per ope- Elogio del Commakdino *49 ra di quel grande protettore e sovrano Emanuele Filiberto. Il nostro Federico volse dunque il pensiero alla padovana Atene, che in quel torno di tempo a somma fama innalzavasi per le cure di un Bembo; intorno alla quale ebbe a dire il Paleario « scriven- done al Frangipani : Pvetae , oratores , philosophi , non ignobiles Patavii habitant.^ et sapientia in unam urbem commigra vit , velali in ahquam domum , ubi Pallas omnes arles docet. Perciò appunto il Commandino quella scuola eccellente elesse , dove meglio poteva ne* filosofici e medici studi avanzarsi per l'opera di Marco Antonio Genova celebratissimo filosofo , e di Gio. Battista Montano medico famo- sissimo. Né breve fu già la sua dimora in Padova; che per ben dieci anni vi rimise a far tesoro di scienza; e dopo questo Intervallo , che ai giovani delle odierne università parrebbe insopportabile, un Commandino si recò a tor laurea di medicina nella città di Ferrara , dove avuto per promotore il Bra- savola pubblico lettore di quella scienza, superan- do ( al dire del Baldi ) Tespettazione e la speran- za di tutti, prese il titolo di dottore. Quindi a Urbino sua patria si restituì , e quivi si ammogliò , e fu padre di tre figliuoli , che poscia gli furono di conforto nell' immatura morte della sua compa- gna Girolama Bonaventuri. Ma né affetto di mari- to e di genitore , nk duolo di stato vedovile sì lo distrassero , ch'egli non avesse pur sempre d'innanzi la memoria dolcissima degli studi suoi matematici. Che anzi colpito dalla perdita fatta nella consorte di una donna, ch'egli molto amava, e cui non val- se coll'arte medica a salvare ; afflitto per quella del padre , che alla peste soggiacque , e per l'altra del figlio improvisamente rapitogli , nojossi della medicina , che tutta si fonda sulle induzioni e sul- i5o S e i e k r k la analogia , e che sebbene ajutata dall' esperienza e. dalle fisiche scienze , pure non arriva a spiegarci F arcana origine e il rapido propagarsi de' morbi. Allora fu, clic ferinamente propose a quelle dottri- ne rivolgersi per intero, che fino da'suoi primi an- ni seguiva , e che già da quell'ora lo attrassero col- lo splendido apparato di una morale addimostrata cer- tezza Ciò egli chiaramente diceva al suo duca Francesco Maria secondo nel dedicargli la traduzione di Eucli- de; e ciò veramente avvalorava co'fatti; perchè da- to un addio non che alla medicina1; mi ad ogni al- tra sòrte di scientifica occupazione , tutto si conse- crò allo studio ed all' ingrandimento delle matema- tiche. Come di fatto vi riu.eisse, il vedremo fra bre- ve. Intanto e d'uopo seguirlo alla corte del duca Guido Ubaldo secondo , che fattolo suo famigliare il couduceva a Verona , dove qual capitano veueto stan- ziava, ed ivi apprendeva da lui quelle cose, che a condottieri d'eserciti s'appartengono, imparando ad un tempo le ragioni de'cerchi celesti , e quelle del- la cosmografia e della geografia . Ma il cardinale Ranuccio Farnese, cognato del duca, volle ad ogni costo levargli un tanto uomo: e avendolo benigna- ci o mente ottenuto, lo fece conoscere a tutta Roma, e per varj lavori scientifici a tutta Italia. Né lo lasceremo andar solo col Farnese in Venezia, dove contrasse l'amicizia del cardinal Marcello Cervino agli studi esatti deditissimo ; né di silenzio vorremo che sia ricoperta la sua dimora in Bologna , dove alcune cose pubblicò; ne la sua chiamata in Roma per ope- ra di quel dottissimo cardinale Cervino , die salito agli onori del papaie ammanto non dimenticò già le alte prerogative scorte in Federico , ina gli die pe- gno sovrano di stima e di costante amicizia. Che se la fortuna volle di questo nuovo principe mecenate Elogio del Commendino i5i subitamente privarlo , egli rise a'suoi sdegni ; e po- scia morto anche il cardinale Farnese, a Urbino sua patria si restituì, e quivi si fece precettore di cose geometriche a quel duca Francesco Maria, che il pa- dre Guido Ubaldo emulando, l'ingegno proprio vo- leva'd'ogni più bella e dotta disciplina fornire, e l'altrui senno far noto a' sudditi non meno, che a tutti i cultori delle scienze matematiche. Dopo di che ci piace riguardarlo fra le dimestiche pareti tutto intento alle opere del suo ingegno, ed alla pubbli- cazione di quelle ; viversi dimentico del mondo, e d'ogni suo allettamento; sudare a prò de' giovani , che bramavano d'istruirsi sugli autori greci; por mano alla stampa de'suoi lavori più belli; metterne in pronto altri di maggior considerazione; dar fine ad una vita gloriosa, ed invidiata nel di terzo di settembre 1 5^;"> appresso un corso di sessantasei anni secondo il Baldi, non già di sessantanove secondo l'epitaffio ap- posto al suo sepolcro, che tutt'ora esiste in Urbino. La qual discordanza di età debb' esser nata da un equivoco preso dagli estensori di quella lapide se- polcrale ; giacché sapendosi per certo 1' anno del nascer suo, e quello del suo morire cui nel 1 5^5 il monumento stesso assegna, è chiaro, che al sessa- gesimo sesto, e non al sessagesimo nono di sua età pervenisse. 3. Ma è tempo ornai , che accennando le opere del Commandino per ordine di stampa , alcune ri- flessioni opportune a rilevarne il pregio io vada ag- giungendo. Primo a pubblicarsi fu il commentario al libro del plenisferio di Tolommeo , che egli tra- dusse in latino sulle fatiche fatte dal Risnerio , che nel n44 voltollo dal greco in arabico (i). E nelP (i) Ptolomaei planispliserium . Jordani planisphserium. Federici Commandini urbiuatis in Ptolomaji planispbaj- i5a Scienze anno surriferito 1 558 clonò alla scienza la traduzio- ne dell' opera di Archimede unitamente ai commen- tari d' Eutocio ed a' suoi (i). Apparve nel i5Ga altro libro di Tolommeo , cioè l'Analemma , che sperso nel greco originale, e guasto del tutto , e mancante nella traduzione arabica , il Gommandino volle restituire al suo vero senso dichiarando i luoghi oscuri , e a quelli ch'erano malconci dando mano per via di congetture fondate sulla dottrina dall'autore (3). Nel i5G5 pub- blicò la traduzione del libro d'Archimede sulle co- se che sono condotte per l'acqua (3) ; vi aggiun- se quel suo nobilissimo trattato sulla gravita de'so- lidi , di cui avremo fra poco a ragionare (4)- L'an- no appresso mandò in luce il volgarizzamento de* conici d'Apollonio insieme co' lemmi di Pappo , e riunì commentarius , in quo universa scenogvaphices ratio quam brevissime , ac demonstralionibus confirmatur. Ve- netiis 1 558 in fi. (1) Archimedis opera nonnulla a Fed. Comand. urbi- nat. nuper in latinum conversa , et commentarne illustra- ta. Venetiis apud Paulum Manutium Aldi f. i5J8. Com- mentarli in opera nonnulla Archimedis ibid. , et in pag. seg. Eutocii Ascalon. (2) Claudii Ptolomaei liber de analemmate a Fed. Com- mandino urbinate iustauratus , et commentariis illustra- tus , qui nunc primum ejus opera e tenebria in lucem prodiit. Ejusdem Fed. Command. liber de horologiorum descriptione . Roma» apud Paulum Manutium Aldi fi). i5'ìu in fi. (/») Archimedis de iis qua? vehuntur in aqua libri duo a Fed. Com. urb. in pristinum nitorem restituti. Bo- nonire ex officina Alex. Benacii 1 565 in fi. (4) De centro gravitatis solidorum , ibid. Elogio del Commandino i 53 coi commentari di Eutocio ascalonita , non mai di- sgiunti dalle sue interpretazioni e note bellissime (i); e i due libri di Sereno antisense, l'uno della se- zione de' coni pel vertice , e l'altro della sezione de' cilindri (2). Presentato dall' inglese Giovanni Dee, che venne di Londra in Urbino per conoscerlo , anzi per ammirarlo , d' un libretto inedito col no- me di Macometto Bagdennino sulla divisione del- le superficie , pubblicollo , ed ampliollo condegna- mente nel 1570 (3) . Poscia per servire all'istru- zione di Alderano Cibo, giovanetto di vivacissimo spirito, e innamorato degli studi matematici , pub- blicò la traduzione di Aristarco samio insieme con gli scolii di Pappo ed i propri commenti (4) nell" (1) Apollonii pergaei conicorum libri quatuor , una cum Pappi alexandrini lemnatibus, et commentariis Eutocii ascalonitae. Bononice ex officina Alexandri Benacii 1 566 infoi. (a) Sereni antisensis philosophi libri duo nunc pri- mnm in lucerci editi : qua? omnia nuper Federicus Corn- mandiuus uibin. mendis quamplurimis expurgata e graecjo convertit , et commentaris illustravi^ Bonon. id. (.}) De snperficiorum divisionibus liber Machometo Bagdennino adscriptus , nunc pi'imum Joannis Dee londi- nciisis , et Fed. Command. urb. opera in lucerci editus ; Federici Command. de eadem re libellus. Pisauri apud Hieronymum Concordiam 1570 (che poi venne tradotto in volgare , e pubblicato in quell'anno da Flavio Viani de' Malatesti ). (4) Aristarchi de magnitudinibus et distantiis solis et luna? hber cum Pappi alexandriui explicationibus qui- busdam. A Fed. Com. urb. in latinum conversus , ac comrcxentariis illustratus. Pisauri apud Camillum Franci- schinum (1072) 4- 1 54 S C I E N t E anno 1D70. E si fu nello stesso anno, che per fa- cilitare al duca Francesco Maria la lettura di Eu- clide egli il volse in latino , e degli eccellenti suoi commentari lo adornò (1). Questo' medesimo in ita- liano idioma converse per compiacere alle istanze del- la studiosa gioventù (2) nel 1573. Già stava in quest' anno per regalarci la traduzione degli spiritali di Erone , quando la morte crudelmente il raggiunse nrl dì terzo di settembre: e pur tuttavia apparve quelP opera (3) quasi a rallegramento di chi piangeva co- tanta perdita. Lasciò egli molti altri lavori incomple- ti , cioè tutte le opere di Ecclide tradotte ; due li- bri di Teodosio , l'uno dell'abitazione , e l'altro dei giorni e delle notti ; due libri di Àntolico del na- scimento e dell' occaso , e un altro della sfera mos- sa ; l'opera di Leonardo pisano , e quella di fra Lu- ca , eh' egli intendeva correggere e rimodernare. E fosse pure al cielo piaciuto , che la munificenza e la sovrana sollecitudine di Francesco Maria le aves- se tutte sottratte dall' oscurila , in cui si giacque- ro , come degnossi di fare per quella delle collezio- fi) Euclidis elementorum libri XV cum scholiis anti- quis a Fed. Gom. in latinum versi , et commentariis ili" strali. Pisauri 1573. (3) Degli elementi di Euclide libri XV cogli scolii antichi tradotti prima in lingua latina da M. Fed. Gomm. urb. , e con commentar) illustrati, ed ora d'ordine dello stesso trasportati nella nostra volgare , e da lui riveduti. In Urbino appresso Dom. Frisolino i5jo. (3) Ha;ronis alex. spiritalium liber a Fed. Com. tirili ex graeco nuper in lat. conversus. Urbini i5j5. (Furono tradotti e pubblicati da Alessandro Giorgi da Urbino , e quivi stampati nel 1592). Elogio del, Commandino io5 ni di Pappo , che già da gran tempo il Commandi- no allestiva, e come opera intéressantissima predica- va! Di fatto non ignota rimase l'induslre fatica di Fe- derico : che due discepoli suoi , grandi oltre ogni di- re per nobiltà e per sapere , cioè il duca France- sco Maria suddetto ed il marchese Guido Ubaldo del Monte , sovvennero l'uno col potere , e l'altro collo studio e colla diligenza al maestro; sicché per benigna opera d'ambidue vide la luce quello stupen- do lavoro nell'anno i583 (i). 4« Tredici adunque sono le opere del Commandi- no , che egli rese di pubblica ragione ; e fra que- ste io proverommi di addimostrare che quattro fu- rono del tutto originali , e degne di venire a con- fronto con altre quali sieno dello stesso genere e dell' epoca medesima ; sebbene frattanto alcuna cosa deb- ba dirsi di quelle , che o commentari o semplici volgarizzamenti si appellano. La prima, come vedem- mo , fu il planisfero di Tolommeo , ch'egli dall'ara- bico volse, e non dal greco, per essersi l'originale perduto ne* tanti rivolgimenti di que1 secoli. Molto dovè sudarvi ( non potendosi giovare delia para- frasi fattane dall' arabo Messala) onde ridurre il te- sto scevro da errori , e consentaneo alle teorie del grande allessandrino ; il quale del planisferio per pri- mo diede un nobilissimo trattato , mostrando da qua- li ragioni si faccia in quell' istrumento la projezio- ne della sfera nel piano , se si pone l'occhio ad uno dei poli. E Federico s'avvide , che dopo l'Almage- (i) Pappi alexandriui matematica? collectiones a Fed. Com. urb. in lat. conversa? , et commentariis illustrata? 1 588. ( Ristampate poscia in Venezia nel 1ÓS9, e in Bologna nel ib5o ). i5G Scienze sto, e la geografìa di Tolommeo (del quale ebbe a dire Bossut (i) : Se vi sono stati genj più grandi di lui , noti vi è stato -per lo meno alcun uomo , che avuto riguardo al tempo, in cui visse, abbia riu- nito cognizioni più profonde , e veramente più uti- li ai progressi dell' astronomia ) , s'avvide , io di- ceva , che il planisferio meritar doveva per la scien- za pratica ogni riguardo ; onde sei mise a tradur- re , e non volle defraudar gli studiosi di ciò, che in seguito erasi scritto su tale proposito. Perlochè la- sciato il trattatello d'Isacio monaco greco , venne a Giordano Nemoriano , e stimò sanamente che il suo libro del planisferio celeste potesse completare il trat- tato tolomaico : e perciò avendolo rischiarato , e da qualche errore sanato, il congiunse all'opera dell'al- lessandrino. Qui sono commenti ; ma tali , che for- mano un trattato da essere esaminato alla distinta. Riguardo ad Archimede sappiamo già , che neìl' ope- ra intitolata De hiis qrtce vehuntur in aqua il gran- de siracusano stabilì pel primo le leggi fondamen- tali dell' idrostatica, mostrando l'eguaglianza di pres- sione ne' liquidi ; V equilibrio de' galleggianti deri- vante dalla situazione de' centri gravifici della par- te immersa , e del corpo intero ; non che la perdi- ta di parte uguale ne' pesi , che due corpi uguali in volume fanno nel fluido , in cui s'immergono. No- tisi che il Commandino non sull' araba traduzio- ne adaticossi , ma sull* originale greco , che douogli il cardinale Cervino ; ondT è che giustamente ( ma senza precisarne ragione ) si accerta essere que' due libri archimedei alla pristina loro purezza ridona- ti: e rimangono confutati il Bossut (2) ed il Mon- (1) Saggio sulla storia della matematica. T. I pag. 181 • (2) Saggio etc. T. I pag. 86. Elogio del Commandino 07 tucla (i), i quali asseriscono non essere l'opera del siciliano pervenuta a noi nel suo vero originale. Che anzi il Commandino su tutte le opere d'Archimede sudò , e tutte aveale prese ad illustrare per l'utile degli studiosi sul testo greco donatogli dal Cervino ; ma volle rendere di pubblico dritto quest'uria , co- me veramente classica e fondamentale per gli studi idrodinamici; sicché a lui medesimo fece nascere l'idea di scrivere sul centro gravifìco de' solidi. Se dunque altro merito non avesse il Commandino , avrebbe pure quello grandissimo del fedele volgarizzamento fatto d'un'opera grandiosa , la quale si diceva perduta nel proprio idioma ; volgarizzamento , che ai tempi del Montucla costituendo la migliore edizione archime- dea, per tale altresì è riconosciuto dai dotti de'nostri giorni. Federico pertanto donò quasi novella vita a quest'opera, e in ciò non ebbe competitore alcuno; se si eccettui , pel detto del Tiraboschi (3) , l'ab. Francesco Maurolico messinese. Ma il Baldi nella vita del Com- mandino , e nella cronaca de' matematici (3) dice : non so per cjual cagione le cose , eli egli {Mauro* lieo) prometteva , furono aspettate dagli studiosi in- darno ; e il Montucla ne trova la cagione in quel naufragio , che sperse l'edizione del iS^o, sicché un solo esemplare salvato venne a luce nel 1681. Rima- ne perciò non contrastata l'anteriorità del Comman- dino per oltre ad un secolo, e a lui resta il meri- to di non avere immitato il siracusano (come al di- re del Montucla fece il Maurolico) , ma sì bene tradot- to esattamente ed illustrato. (1) Histoir. des mathemat. pag. 460. (2) Storia ec. T, VII P. 3 pag. 393. (3) Pag. 137. i5$ Scienze Passando all'analemma di Tolorameo è d'uopo av- vertire , che il Commandino fu primo a darne la tradu- zione latina, fatta su quella d'un arabo ignaro quasi del tutto della scienza , e però piena di errori , e in molti luoghi atta soltanto ad essere interpretata ; per la qual cosa a Federico siamo tenuti del più completo tratta- to di gnomonica , che avessero scritto gli antichi ; e gli siamo tenuti d'assai per quel suo lavoro ori- ginale aggiuntovi , di . cui farovvi discorso. Le cro- niche di Apollonio, per l'eccellenza sua chiama- to geometra , eh' emulò Euclide e lo superò in alcuni capi di dottrina, volle fossero note ne' quat- tro libri sottratti al dente divoratore del tempo ; e come da quei due libri apolloniani non ne ve- niva un tutto confacente di principj e di dottrina, eoù il Commandino con rara costanza e con in- dicibil falica si diede a fornirli dei lemmi di Pappo , e de' commentari d'Eutocio. Di quel Pappo, che nel- le sue collezioni, al dire del Baldi, come ape inge- gnosissima scelse tutte le pia belle cose che s'ab- biano le matematiche (i), di quell' Eutocio asca- lonita , discepolo d'Isidoro milesio, che già l' ur- Linate aveva saputo stimare pe' commenti lascia- ti sui libri archimedei , e che qui volle sortisse un perfetto restanramento a migliore vantaggio della scienza apolloniana. , la quale Eutocio aveva udito interpretarsi dal suo maestro milesio. E il Comman- dino d'Apollonio, di Eutocio, e di Pappo adunan* do le sparse fatiche, un corpo intero ne offerse di geometriche discipline , alle quali fece corredo di giu- sti ed appropriati commenti . Così di Sereno vol- garizzò i due libri della sezione del cilindro , e l'al- ti) Pag. 53. Elogio dkl Gommandino j5<) tro della sezione del cono ,, onde fornirci più di- stinte notizie sulle stupende proprietà di quei due solidi geometrici tanto famosi ; ed i libri di Sereno volle di molti scolii arricchiti. Cosi fece di Ari- starco, al cui volgarizzamento unì il lavoro di Pappo ; cosi di Erone alessandrino primo meccanico dopo Ar- chimede. Ma finalmente diede tradotti e sistemati quei collettanei di Pappo, che quasi tesoro di scienza ma- tematica il Commandino reputava, e sui quali mol- to spese di tempo , e molto di vita; giacché per suo dire (come il Baldi ne accenna ) furono causa principale dell'ultima infermità, stante la: molta ap- plicazione ch'egli avea sopportata, onde allestirne la pubblicazione e la stampa. Nò poteva altrimenti es- sere:, posciachò trattavasi di dar mano ad un lavoro che fu dal Montucla riputato il più utile di tutti gli altri suoi, e che nell'idioma latino doveva esse- re unico al mondo , e per la scienza una cosa im- portantissima, come anello principale nell'ordine del- la geometria antica. Venendo poi ad Euclide , tutti i matematici contemporanei al Commandino , e tutti quelli che dopo di lui. fiorirono , per cotesto volgarizzamen- to in ispecial modo lo celebrarono ; e più ancora per quegli aurei suoi commenti , che sono al dire di Montucla addivenuti classici in Inghilterra: quei commenti che tante ristampe ebbero per ogni dove , e che anche a'nostri giorni sono da consultarsi per chi voglia erudirsi nella geometria sintetica degli antichi. Lo stesso Montucla il raffigura in questo lavoro per vero modello de' commentatori (i) ; e ilKeil, al dire del Wollìo (2), se volle tornare l'in- (') T. I pag. 460. (:>.) Eleni. Math. T. V de prcecep. matli. e. 3 S- 8. l6o Sciènze tera nazione allo studio degli elementi euclidei, do- vè innamorarla del volgarizzamento e de* commenti di Federico. Difatti Euclide prima di lui eraj sta- to dal Campano tradotto nel duodecimo secolo ; ma quel suo lavoro fatto sui volgarizzamenti arabici , e pubblicato in Parigi nel i5xG , venne confron- tato colla traduzione dal greco , e lo si scorse va- riare in gran parte dall'eccellente originale. E sia pure che nel 1480 Bartolomeo Zamberto veneziano traslatasse Euclide dal greco in latino; ch'egli di cose matematiche quasi ignaro del tutto , giusta il parere del Maurolico e del De Cliales , fece dire al gran megarese ciò che la sua dottrina e la scien- za geometrica non comportavano. Che se ciò franca- mente asserisco pei dotti suoi predecessori , non al- tro debbesi conchiudere pe'suoi contemporanei; giac- ché di Luca Paccioli, che nel i5o9 tradusse in vol- gare gli elementi euclidei , prima è da sapersi, che lavorò sull' inesalta versione del Campano ; quindi che il Caro asseriva chiamarsi fra Luca Qeneracci , perchè era nelle sue opere sepolto l'oro delle cose, come fra le ceneri degli orefici. Jacopo Peletario ne* primi sei libri volgarizzati fu (al dire di Bernar- dino Baldi) (i) soverchiamente animoso e innova- tore; e la traduzione dell' inglese Athelard rimasesi manoscritta. Quel Francesco Candalla nel volgarizza mento medesimo fu poco lodato dai migliori, poscia che mentre tentava d'arricchirli, tralasciate le buone dimostrazioni ve ne aggiunse delle diffeltose e man- chevoli. Resterebbe a dire di Niccolò Tartaglia, che nel 1 534 soleva spiegare gli elementi greci d'Euclide nella chiesa de'SS. Giovanni e Paolo di Venezia , e (1) Cronica pag. 129. Elogio del Commandino 161 che poi fecesi a leggerli nella sua traduzione. Ma se il Tartaglia ( d' altronde matematico distintissimo ) possa a paragone venire sì pei commenti , si per la traduzione, col Commandino, lo dica per me il suo libro , lo dica la fama in cui salirono quelli di Federico a fronte de' suoi , lo dica fra gli altri il contemporaneo Baldi , che nella sua cronica asseri- va (i) avere il Tartaglia cosi poco atteso alla bon- tà della lingua , che move a riso talora chi legge le cose sue. Non avvenne così di quelle del Comman- dino , ed in particolar modo poi di cotesti commen- ti sopra Euclide, i quali sono scritti con tale amo- re di linguaggio, da render paghi i più delicati co- noscitori. E ciò debbe estendersi con maggior ragio- ne alla edizione in volgare , che da lui, se non per intero distesa, almeno diligentissimamente riveduta (2): sebbene è troppo chiara la testimonianza del Baldi , che pregato il Commandino con molta istanza, e particolarmente dalla gioventù della patria , a vole- re in benificio di chi non possedeva latino trasfe- rir V Euclide nel nostro idioma , non potendo ne- garlo-, tradirselo con molta diligenza, e f ecelo stam- pare (3). Per la qual cosa male contraddice il San- tini ne'suoi elogj (4) al detto delThessier, ed a quel- lo del Vossio, i quali veracemente citarono come pro- pria di Federico la volgare traduzione di Euclide. E in merito allo stile da lui usato, basta ora che (0 Pag. «33. (2) Vedine il magnifico esemplare eh' esiste in casa Mamiani , e che fu dono del duca Francesco Maria della Rovere. (3) Vita del Coni. (4) P«g- 69. G.A.T.X.XXIV. 11 \()1 Scienze per noi parli il Tiraboschi (i) , il quale scrisse; Le sue opere , oltre l'esser dottissime , sono scritte comu- nemente con una eleganza , che negli scrittori ma- tematici di questo secolo non suole vedersi. A por termine finalmente a ciò che riguarda cotesti ele- menti di Euclide staremo al giudizio del Clavio , il quale avendoli nuovamente tradotti dopo il Com- mandino. , ed essendo a tanta fama salito nelle scien- ze esatte , meritar deve tutta la nostra fiducia. Ora egli afferma, che l' urbinate solo fra tutti quelli, che infino a' suoi tempi avevano impiegala 1' opera intorno agli elementi euclidei , solo egli lo restituì alla pristina chiarezza, e non incorse in quegli er- rori ; che anzi ne discoperse e notò molti altri. 5. Ora è debito del mio ufficio il rivendicare a Fé-. dorico l'onore di essere stato un matematico ne' suoi studi originale- Gli elogj a lui profusi da' sommi uomini non gli farebbero oltrepassare la schiera degli scoliasti. Il grande Montucla istesso non condiscende a porlo daccanto agli originali autori, che per essersi con tutta intelligenza sdebitato degli obblighi di un bravo com- mentatore, Ma noti così direni noi; che professando al Montucla , ed agli altri dotti e di lode genero-*- si verso il Commandino, tutta la nostra stima, sia- mo in obbligo di render chiaro l'alto sapere di quel- lo che ad encomiare prendemmo , non per altro mez^ zo se non per breve e succosa analisi de' suoi lavori. G. Dicemmo che al planisferio di Tolommeo egli fece corredo di tali commenti da esser tenuti per un vero trattato. E di grazia non saranno così giudica- ti quelli , cbe riguardarono una scienza pratica fì- jiq allora sconosciuta? Osservò Federico che il pia- li) LQQi CU, J»ag: \v\. Elogio di:l Gommano ino iG3 nisferio di Tolommeo vuole una somma di cognizio- ni prospettiche , e queste si diede a fornire ne' suoi commenti. Ma osservò altresì, che da quelle ragioni derivano le principali regole scenografiche , ed egli magistralmente le trasse, o più veramente creolle. Si leggano con attento animo le poche pagine di que- sto aureo libretto , e vedrassi con quanta venta e maestria, e quel ch'è più, con quanto rigore mate- matico siano fondate le teorie di quella scienza , che a noi tanto diletto e tanta illusione procura. Que- sta parte speciale egli volle considerare delle scien- ze ottiche ; questa di tanto utile agli architetti ed ai pittori; questa parve a lui meritare un trattato, essendoché nulla ne scrissero gli antichi , e solo pres- gh architetti e i pittori de' suoi dì tenevan luogo di teorie alcuni usi pratici , che egli pensò ridurre a semplici principj matematici. 7. In siffatto opuscolo di a5 pagine circa , col- la solita sua eleganza disteso, fassi a risolvere il seguente problema generale. Descrivere sopra di un piano dato una qualsivoglia figura in qualunque modo vista: il che dice ridursi a quest'altro- De- scrivere la sezione comune del piano proposto e de'co- 111 , 0 delle piramidi visuali , cui spetta la data fi- gura. - Incomincia dalla descrizione di una superfi- cie sul piano perpendicolare all' orizzonte , e dalla figura rettilinea , per discorrere poi della curvilinea e mistilmea, quando equidisti dall'orizzonte, quando sia sopra quello 0 al di la o al di qua , o parte al di la e parte al dì qua del piano proposto. Da prima descrive sul piano un rettangolo, ovVero un triangolo posto al di la del piano ;' quindi pas- sa alla descrizione del circolo, e di un poligono in- scrittole fa vedere che la comune sezione indi- cata più sopra , può essere una curva talvolta cir- iG4 Scienze colare , talora clinica , ed anche iperbolica o para- bolica , secondo che occorrono i casi diversi , già per le superficie rettilinee accennati. Ma in seguito del cono favella ; e quello in tutti i modi proiettan- do sul piano alle vere operazioni conduce, per le quali bassi la descrizione delle piramidi , quella dei cubi , e di un solido a qualunque base egli sia. Be- ne si disse il Commandino primo scrittore di cosi fatte materie , giacche noi ne appigliano a coloro, che di prospettiva parlarono ; e sia pure quel ce- tre Vitellione , che Risnerio ci fece conoscere ; e sia Luca Paccioli seguitatole di huclide. Tutti fa- vellarono di semplice icnografia , oh' è la rappre- sentazione delle superficie ; ma per avere discorso sulla rappresentazione de'corpi in tutte le loro di- mensioni dobbiamo scendere a Pietro del Borgo , del quale rimase V opera non conosciuta ; ad Al- berto Durerò ed a Baldassar Peruzzi sauese con- temporanei per età , ma non per lavori al nostro Federico. Lui dunque seguirono Daniello Barbaro, Lorenzo Sirigalti , e Guido Ubaldo del Monte; a lui debbesi gloria non comune, anzi unica in questo genere di studio, perchè con tutta felicità seppe ap- plicare la geometria alla difficile arte scenografica. E se l'Italia in quel secolo ebbe vanto di far pron gredire da se sola la prospettiva , riscosse ai cer- to per opera di Federico quello più grande d'ini segnare agli artisti e nazionali e stranieri il de- coro più bello , e V ornamento più magnifico dei templi, delle sale, e de1 teatri. A seguir l'ordine dffMe cose dal Commandino intraprese, veniamo all' altra operetta originale , che aggiunse a' suoi com- menti siili' anatemi ri a tolomaico. E questo un opu- scolo di pagine f)3 , dove egli nella dedicatoria al esu'diualy Pinuccio Farnese dice averlo compose per Elogio del ComtUndiwo *'66 essere V analomma (o la descrizione di una Sezione di sfera coleste su di un piano) opera destinata allo speculativo , piuttosto che al pratico di gnomo- nica; aver voluto perciò fornire gli studiosi di una breve e facile istruzione , onde descrivere i varj orologi solari. Incomincia dall'iusegnare come si no- " ■••vi tino su di un piano i tre circoli massimi , cioè il meridiano, V orizzontale , ed il verticale * che ta- gliaci fra loro ad angoli retti , e quindi viene a fissare 1 punti dei tropici , e V inclinazione di ciascun punto relativo al globo , ma in par- ticolare pel 42 grado, cioè per Roma, fissando con ciò la linea detta comunemente gnomonica: da poi divide i semicircoli in ore, e per l'orologio itali- co , che babilonico appella , ne fissa il numero a 24, facendo conoscere quanto più facile saria per riu- scire il computo , proso dal nascere e dal tramoo» to del sole. Questo premesso , si accinge alla descri- zione dell' orologio orizzontale , mostrando il biso- gno di due sole circonferenze , una cioè per la lun- ghezza delle ombre , l'altra pel grado di latitudi- ne ; e qui mostra come il sole percorrendo sui di- versi paralelli dia modo a fissare sul quadrante i termini delle ombre , corrispondenti ad ogni ora del giorno , e come si abbiano così le curve iperboliche per la parte del cancro , nonché per l'altra del ca- pricorno, conseguitandone tutte le linee orarie, che a quelle si riferiscono. Poi con Eutocio e con Alberto Durerò insegna a descrivere le curve coniche , che con somma esattezza definisce e dilucida. Passando agli orologi verticali , gli fa consìstere nelle due circonferenze , da lui dette oraria l'una , e vellicale l'altra , perchè colla prima ottiene l'altezza del so- le £ul piano verticale , e per la seconda la sua di- stanza , vale a dire , la lunghezza delle ombre e la ì66 Scienze latitudine del luogo. Col mozzo di quelle descrive le linee orarie , che prova essere sezioni comuni del piano e de' circoli massimi , ciò dichiarando con appositi segni grafici per gli orologi settentrionale e meridionale. Trapassa al modo onde s'abbiano a descrivere gli orologi meridiani , e prova che quel modo e doppio, perchè uno spetta all' oriente, e l'al- tro all' occidente , annettendo qui il tipo degli oro- logi antichi volti a occidente, e quello degli astro- • nomi e degl' italiani volti all' oriente ed all' oc- cidente. Né preteriti sono da lui gli orologi equi- noziali , in cui distingue la parte che risguarda il polo artico, e quella che gli e opposta, sagacemen- te notando come ne' giorni dell' equinozio le om- bre cadono fuori di loro. Palla in appresso degli orologi orizzontali inclinati , facendo ben conosce- re quelli , che inclinano all' orizzonte ed al meri- diano, e graficamente segnando cosi gli astronomi- ci , come gì' italiani. Ma prima di dare il metodo per la descrizione di quella che hanno doppia de- clinazione, chiarisce in qual modo possa aversi la pro- iezione elittica di un circolo inclinato all' orizzonte sopra di un piano perpendicolare , e però come pos- sa descriversi una elissi a diametro conosciuto. Da fi- ne al piccolo trattato con questi due bellissimi pro- blemi , che scioglie a riga ed a seste : „ Dato un pia- „ no inclinato al meridiano trovare quali archi di cir- „ coli paralelli possono per lui tagliarsi ; e dato lo ,, stesso piano rinvenire su quello la vera altezza del „ polo. „ Nel resto procede come per gli orologi oriz- zontali, ed in tal maniera, che ricercando i soli ele- menti di Euclide ciascuno possa cavarne le più ov- vie dimostrazioni , e dalle ragioni astronomiche e dalle proprietà della sfera trar tutto quello , che nella parte descrittiva havvi da operare. Dalle mie Elogio del Commandino 167 ricerche in proposito ho dovuto rilevare che i soli Montitela e Moreri fra gli esteri $ ed il Santini fra' nostri di questa operetta ragionano ; la quale tanta luce recò al libro nono di Vitruvio, e che sola ser- vi al commentatore di quello , Daniele Barbaro $ per illustrare il celebre analcmtna di quel principe degli architetti. Eppure il Commandino fu primo a toglie- re il mistero h che siigli orologi teneauo , e per lun- ghezza d'età , e per certa connaturale rozzezza, gli antichi» Eppure in simile materia il Vimercati ^ che stampò intorno agli orologi solari quel suo dialo- go tante volte riprodotto , ebbe a sopportare giu- dizio severo , ma meritato , di non aver conosciuta la materia, e di averla trattata senza intendere To- lom meo, e colle pratiche semibarbare de' tedeschi (i)« Eppure le opere di Valentino Pini, e quella del Mau- rolico inlìtohtl De Un eis horariis i che fu geometri-» Ca , anzi che pratica , e l'altra di Cristofaro Clavio * non erano per anche pubblicate. Ond' è che se quest' ultimo fu poscia annoverato fra gli eccellenti dal Tira^ boschi (2) , dovea pure sapersi che Turbinate ciascu-1 no avanzò pel tempo in cui scrisse , e per la chia- rezza e facilita del metodo adoperato. L'arte adun- que di delineare i quadranti solari , la cui inven-* zione da Laerzio fu attribuita ad Anassimene , Uort è in Vitruvio : giacché , al dir di Bossut (3) , egli non fece che raccontare la figura de' quadranti usa-» ti dagli antichi ; non è in Muster ed in Fineo * che dicesi alcuna cosa ne abbiano scritto nel i 53 r 4 ma è con tutta la chiarezza precisata e addimo-* (1) Baldi Cronaca pag. i3a. (2) Loc. cit. pag. 38o. (3) Discours prelim. a l'ÈncicIop. pari- Matti, pag. xivj, iG8 S C I E N X E strata nel Commanclino , cui senza dubbio vollero riferire i dotti compilatori dell' enciclopedia , quan- do all' articolo gnomonica , e in parlando degli oro- logi solari dissero: Federicus Urbinus s'occupa de la theorie. 8. Ecgocì pervenuti all' anno i565, nel quale vi- desi l'opera del Commandino intitolata Del centro di gravità né' corpi solidi. Ella è questa, al dire del Baldi, opera da paragonarsi ad una delle più bel- le degli antichi; da considerarsi (aggiungo io) co- me prima ed unica per que' tempi ed in quella ma- teria, da meritare perciò un' analisi estesa, e quan- to si possa idonea a porla in lume chiaro e con- facente. Quello che Archimede accennava sul cen- tro di gravita de' corpi nel suo libro De cequipon- derantibus , il Commandino trattò con tutta l'esten- sione e la maestria nel detto opuscolo. E sicco- me Archimede non avea tenuto proposito che di so- le figure piane, il Commandino volle parlare in quel- lo de' corpi solidi , credendo esser materia e bella e proficua oltremodo alle matematiche applicate non solo, ma, quello che è più , alle scienze fisiche; tal- ché primo in questa impresa avanzò di gran lun- ga il messinese Maurolico , che dello stesso argomen- to occupossi in appresso. Il libro , che del latino idioma si abbella , non oltrepassa la quarantesima set- tima pagina ; è dedicato ad Alessandro Farnese , cardinale di ogni più bella letteratura fornito , ed è impresso in Bologna nel i565 per Alessandro Be- nachi , che un privilegio decennale si ebbe. Viene sul bel principio la giusta definizione del centro di gravita , come Pappo alessandrino donolla , e co- me meglio dal Commandino si diede per quel pun- to circa quod andique partes cequalium momento- rum consistunt. Si trapassa quindi ai postulati per Elogio del Commàndino r 169 la simile posizione ile' centri ne' solidi simili , e po- scia al primo teorema , col quale si fa a provare, che di qualunque figura equilatera ed equiangola inscritta nel cerchio , il centro coincide con quello del cerchio stesso. Provalo per le superficie trian- golari , quadrate , pentagonali , esagonali , ed ot- tagonali , attribuendo per le prime tre quello che in realta, si doveva ad Archimede , da lui chiama- to con somma venerazione principe de1 matemati- ci» E colla scorta di questo nel teorema secondo e terzo dimostra, che anche nella elissi qualunque fi- gura descritta ha nel centro di quella il suo cen- tro di gravita, e che nella semeilisse come pure nel semicircolo quel centro consiste sul diametro del- la media sezione. Quindi pel quarto teorema dimo- stra che nel circolo e nella elissi il centro di fi- gura è quello di gravita ; e che nei segmenti elit- tici , o circolari maggiori della meta , il detto cen- tro sul diametro d' ambidue loro è risposto. Ciò prova in due modi , e sempre per la conseguenza all' assurdo. Venendo al prisma triangolare , nel teorema quinto pone per base che il prisma ta- gliato da un piano equidistante dai piani op- posti , somministra una sezione eguale e simile a quelli ; e che il centro di gravita sta siili' asse , pro- vando poscia , che il centro gravifico è nel piano equidistante dagli opposti, e dividente per mezzo i lati degli altri piani: giacche considerando il pri- sma diviso in tanti pezzi simili da una parte e dall' altra del piano secante , pei principj d' Archime- de prova , che la grandezza principale ha il centro gravifico sulla meta di quella linea, che unisce i cen- tri delle parli superiori ed inferiori , proprietà co- mune (a suo dire) ai prismi quadrilateri e polie- dri. E il settimo teorema consecrato a stabilire, che 170 Scienze in qualunque cilindro retti od obliquo il cen- tro di gravità riposa nel piano , che ad uguale di- stanza dalle basi sega per mezzo i lati del paralel- logrammo generatore. E qui si ajuta delle dimostra- zioni di Sereno e di Archimede, il primo de' quali provò , che la sezione paraleìla alle basi in un ci- lindro retto è un circolo a quelle uguale; ed il se- condo , che la detta sezione è una elissi parimenti alle basi paraleìla ed uguale. Da tale proposizione scende all' altra, nell'ottavo teorema annunciata , la quale dice , che di qualsivoglia prisma o cilin- dro , e di qualunque porzione loro , il centro di gravita cade nel mezzo dell' asse. Ciò pel prisma triangolare , quadrangolare , e pentagonale , nonché pel cilindro retto ed obliquo; a questi ultimi ap- plicando il teorema per via di coni , o piramidi , o prismi inscritti. Viene in conseguenza a dire del- le piramidi: e nel nono teorema stabilisce, che il cen- tro di gravita per qualsivoglia piramide è sull' as- se della medesima. 9. Ma era pur necessario die il Conimandino sta- bilisse il punto preciso dove il centro di gravi- ta consiste e per la piramide e pel cono. A far ciò quattro problemi premette , ne'' quali inscrive e circonscrive alla piramide de' prismi di eguale al- tezza , che in solidità differiscano fra loro per una quantità minore d' ogni data ; circonscrive ed iscri- ve al cono tanti cilindri , che differenzino di quan- tità come sopra, servendosi dalle soluzioni di Apollo- nio ; ed altrettanto opera sulle porzioni di un cono e di una sfera, non in modo dissimile da quello usa- to per Archimede nella XXI proposizione del libro sulle sferoidi e sulle conoidi. Mediante siffatti pro- blemi , che rigorosamente eseguisce e dimostra, ne'teo- remi decimo ed undecimo prova , che in qualun- Elogio del Commandino 171 que piramide o cono t sfera o sferoide , ed in qual- sivoglia porzione loro , il centro di gravita sta sulF asse; e quindi nel duodecimo , che per la sfera e la sferoide il centro gravifìco con quello della figura confondesi. Ora venendo alle piramidi triangolari, col decimo terzo teorema non conviene che il centro di gravita debba essere nel punto , in cui si tagliano due assi da due vertici condotti sugli opposti trian- goli : mentre , pel già provato , dee in ciascheduno degli assi rinvenirsi. E per conservare tutto il rigore euclideo nelle sue bellissime dimostrazioni ,■ si fa pei teoremi XIV , XV , XVI, XVII a stabilire , che le piramidi e i prismi a base uguale stanno come le altezze, o come gli assi ad angoli uguali; ed essere in ragione composta delle basi e delle altezze , o delle basi e degli assi, quando stiano questi ultimi ad angolo uguale sulla base. Progredendo pertanto alla principale questione nel XVIII teorema, fissa che in qualunque piramide o cono il centro di gravita tro- vasi sull' asse ai tre quarti dal vertice. Il che leg- giadramente comprova col menare gli assi dai vertici d'una piramide sulle rispettive basi , e quindi col rin- venire quel punto , che per le antecedenti dimostra- zioni essendo a tutti gli assi comune , dia il centro della piramide stessa. Poscia decompone la piramide quadrangolare in due triangolari; e quindi rende co- mune la dimostrazione per quella, e per la pentago- na, risguardando l'una divisa in due triangolari, e l'al- tra in una triangolare e quadrilatera. Così trapas- sando al cono ed alla conoide, ci fa vedere, che non bassi altro che ad iscrivere una piramide tanto pros- sima al solido , sicché ne differisca di una quantità piccolissima, e che allora vale pel cono e per la co- noide il ragionamento adoperato per la piramide po- ligona. Parve al Commandino che premesso questo teo- 173 Scisnze rema aperta fosse la strada all' altro , cioè al XXI , dal quale ricavò il centro di gravita d'ogni tronco di piramide e di cono . Ma per mantenere I* usata chiarezza e precisione lo fece precedere da quello, in cui diessi a provare, che ogni tronco di piramide trian- golare si divide in tre piramidi , che stanno fra loro nella ragione del lato della base maggiore al lato opposto della base minore ; e questo desunse da Leonardo pisano. Come pure mandò innanzi il pro- blema , col quale un tronco di piramide o di co- no è secato da un piano paralello alla base , in guisa che la sezione sia media proporzionale fra le due basi ; e ciò col soccorso della linea media pro- porzionale fra i due lati delle basi ; e l'altro teo- rema , che qualsivoglia tronco di piramide o di co- no sta alla piramide o al cono di ugual base ed altezza , come le basi maggiori e minori del tron- co , unitamente alla media proporzionale fra quelle, stanno alla base maggiore. E qui si noti di quan- ta utilità e bellezza sia quest' ultimo teorema. On- de applicarli , si fa nel teorema XX a dire , che in ogni tronco di piramide o di cono , il centro di gravita è sulla linea che unisce i centri delle piramidi contenute ne' tronchi , e in quel punto di essa che somministri la proporzione seguente : -Tut- ta la linea alla parte più prossima alla base mino- re, come il tronco a quella piramide o cono, che abbia base ed altezza uguale a quella del tronco. - Susseguentemente nel XXII teorema statuisce , che in tutti i solidi regolari inscritti nella sfera , il centro di gravita è comune a quello della sfera. Dove giovando >i delle proposizioni dal Campano somministrate ne' suoi elementi addimostra l' asserto pel tetraedro , quindi pel cubo , e poscia per l'ottae- dro , che divide in due piramidi uguali e simili. Elogio del Co.u.ìiandino iy3 Ed estende i suoi raziocinj ali* icosaedro , servendo- si delle proprietà delle sezioni sferiche da Teo- dosio dimostrate , ed altrettanto ragiona pel dode- caedro , come quarto solido regolare nella sfera inscri* vibile. Finalmente a più alte cose poggiando nel teo- rema XXUI prova, mercè dell'ajuto de'solidi inscrit- ti e circoncritti ad un tronco di conoide rettanso- lare, che in esso il centro di gravita è ai due terzi dell' asse , pre:;o principio dal vertice ; e nel teore- ma XXV fissa il punto gravifico per qualunque por- zione di tronco conoideo. La chiarezza , la precisio- ne, e la limpidezza delle dimostrazioni sono veramen- te maravigliose , quasi tutte condotte in via d'assur- do,e sempre portate al più alto grado di matematica evidenza. Basterà il fin qui drtto per comprendere che il Commandino non ebbe in questo genere com- petitore veruno , e che egli merita appunto tutta la nostra animi razione. io. Parrà forse a taluno, che dopo un tanto ma- gistrale lavoro, lodar non si possa più oltre il Colli- mandolo per l'originalità delle opere sue ; né io mi oppongo a tale sentire. Nulla di meno essendomi pro- posto di voler dire tutto ciò, che s'appartiene al me- rito di lui non solo, ma in ispecial modo alle sue pro- prie invenzioni, non debbo tacere di quel picciol li- bro geodesiaco , che già vi anuunciai essergli stato offerto dall' inglese Dee, come meritevole de' suoi al- tissimi riguardi. Il Commandino difatti la stimò ope- ra da valutarsi d'assai , come quella che prima ap- plicava la geometrìa alla pratica divisione delle fi- gure in un dato numero di parti; posciachè la geo- desia strettamente presa a questa fondamentale opera- zione riducesi. Fu dunque volto in latino quest' au- reo libretto da Federico, e fu per le stampe del pe- sarese Concordia pubblicato nel 1570 coli' averlo de- 174 Scienze clicato a Francesco Maria II protettore magnanimo d'ogni più bella impresa scientifica : e fu dal Com- mandino per tutto ciò che spettava all' inglese giu- stamente fornito. Non istarò qui a ripetere 1' insor- ta questione siili* autore di quel trattato , che al- cuni vollero si fosse Euclide ; ma che con un mi- glior corredo di ragioni fu reputato essere Maometto di Bagdad , autore arabo del secolo undecimo ; giac- ché non è da meravigliare se in quell' epoca fos- sero gli arabi di tanto avanzati in simiglianti stu- di , se già meritavansi eterna riconoscenza per aver somministrata al calcolo trigonometrico la forma sem- plice e comoda , eh' egli ritiene al presente ; per aver col mezzo di Mohammed-Ben-Musa 'saputo inse- gnare la risoluzione de' triangoli tanto rettilinei , quan- to sferici ; per avere col soccorso del geometra astro- nomo Gaber - Ben - Aphla fatti fare innumerevoli pro- gressi alle matematiche applicate. Quello che a me importa di ridurvi alla mente si è , che questo trat- tato geodesiaco diede occasione al Commandino di creare un opuscolo quanto breve , altrettanto clas- sico . Le proposizioni dell' arabo erano ( come di consueto leggiamo nelle opere degli antichi , e spe- cialmente in quelle degli asiatici ) alquanto pro- lisse , non molto chiaramente spiegate , e quel che è più , quasi dislegate o sparse fra loro. Sarebbe stato adunque opera assai lodevole quella di or- dinarle , e ridurle in un solo corpo di pratiche dot- trine , trattandosi di un primo passo che la geo- metria faceva dalle carte dei dotti al suolo abita- to dagli uomini , e che però dovea servire ad una vera utilità comune. Ma Federico vide che pregio sommo delle matematiche è quello di generalizzare non tanto le teorie , quanto i modi dei pratici , che debbono essere facilmente tenuti a memoria ed op- Elògio del Gommano ino 170 portun amente applicati. Conobbe poi un secolo in- nanzi a quel celebrato Le Clerc, che dal Bossut viene citato come autore primo che abbia trattato chiaramente e generalmente i problemi geoclesiaci 7 conobbe che la somma di quelle operazioni ridur- re si può a due soli problemi , e questi con tut- ta eleganza e maestria propose e sciolse. Per un punto preso a piacere in una figura rettilinea o in un angolo , o su qualsivoglia lato della medesima, tira- re una linea retta , che divida la figura rettilinea in parti psoporzionali date , è il primo cardinale problema eh' egli analizzò per tutti i casi possibili. Dividete una figura in una data ragione per mezzo di una linea, che non passi per un punto dato , ma che sia parafila ad altra linea conosciuta , è il se- condo problema che si propose , e che con pari ele- ganza e facilita gli venne fatto di risolvere. Lari- strettezza del tempo mi toglie il modo d'indicarvi come pel primo problema egli riduca la figura a tanti triangoli rettilinei annodati, per cosi dire, fra loro con una base comune; e come nel secondo pas- si a fare altrettanto , ma prima convertendola in trapezi , e quindi tenendo a calcolo la proporzio- nalità di ciascuno, Laonde il Commandino per que- sta parte né più né meno ritrasse dall' arte geo- metrica de' suoi tempi , di quello che a'moderni ven- ga ora proposto ne' corsi di geodesia i più comple- ti. E ciò che il Lorgna anni sono pubblicava sul modo generale di dividere qualunque figura rettili- nea in parti proporzionali , voi bene lo ravvisate po- tersi riferire al primo di questi problemi dal Com- mandino proposti. Il perchè noi bene argomentan- do diremo , che molte , anzi infinite cose troverem- mo nelle opere degli antichi italiani , le quali usur- pale da' moderni , o al più al più ampliate e ador- i^(3 Scienze ne di frasi eleganti , si avrebbero pure r*a vendi- care all' onore di quegli illustri , che tanto avan- zarono nel sapere, relativo a que' tempi. Finalmen- te viene al nostro Federico da Muzio Oddi (i) ma- nifestamente tribuita l'invenzione del compasso po- limero. Gioverà qui rammentarvi che nei i568 al sommo artefice Bartolomeo Eustachio corse necessi- ta di avere uno strumento , il quale in modo faci- le e senza errori dividesse le linee rette in qualsi- voglia numero di parti. Ne ad altri si volse per ot- tenerlo che al Commandino : ed egli , al dire dell' Oddi, inventollo, e fu si veramente ingegnoso e pie- no di belle considerazioni , che degno apparve del dottissimo inventore , e di Simone Barocci diligen- tissimo esecutore. Ma non isdegnate di richiamarvi al- tresì la celebre contesa che poi nel iGo4 insorse fra l' immortale Galileo Galilei e Baldassar Capra ri- guardo all' invenzione della fabbrica e all' uso del compasso geometrico e militare ; alla quale scienti- fica controversia presero parte quasi tutti i dotti di quel tempo. Perchè ben giustamente riflette il San- tini (2) , venir quella affatto tolta , quando si rife- risca al Commandino la prima invenzione, ed al Ga- lilei la miglior perfezione dell' istromento . Difatti se nel i568 il Commandino inventò il compasso po- limetro , e quel sommo Galilei nacque nel i564, è da conchiudersi , che quest' ultimo a migliori e più distesi usi l'invenzione di Federico riducesse; poscia- chè il geometrico e militare compasso deve con- siderarsi come una estensione del polimetro nata dal (1) Fabbrica ed uso del compasso polimetro. Mila- no i633 in 4- presso il Fobclli. (2) Loc. cit. pag. 75. Elogio dbl Comìwamdiìxo 177 sostituire ai piedi del primo le righe , sulle quali vengono descritti i seni e le tangenti. 1 1 Dopo il fin qui detto sarebbe vano il rac- contare la fama, a cui salì Federico presso lutti i contemporanei , che chiamaronlo eccellenfissimo mei' tematico; la vera amicizia, che da stima altissima generata gli professarono e Pietro Ramo di Fran- cia, e Corrado Dassipodio alemanno, e i più celebri italiani d'allora il Campano, il Maurolico, il Clavio e il Cardano. Nulla dirò della fiorentissima scuola, ch'egli allevò olla gloria degli studi italiani più celebrati, e fra tanti altri abbellita dal duca Francesco Maria , da Valerio Spacioli, che lavorò intorno agli spiritali di Erone, da Alessandro Giorgi traduttore di quello , da Giovanni Battista Teofoli matematico e medico commentatore dell'almagesto di Tolommeo , da Fe- lice Paciotti ristoratore degli studi in Savoja nel i5G4, e in fine da quei tre sommi Bernardino Baldi , Gui- do Ubaldo del Monte , e Torquato Tasso. Né a voi, accademici, potrò ripetere le lodi da lui meritate, ed ottenute da un Viviani , che predicollo ( nella vita di Galileo ) come primo a confortare e sorreggere in Italia le matematiche in quei tempi quasi smar- rite; gli elogj di un Montucla , che a lui in modo speciale tributa il vanto d'aver fatti i primi pas- si verso la rinnovazione scientifica col procurare la conoscenza precisa dei lavori dei greci ; quelli di uu Vossio , di un De Thou, di Thessier e di Mo- reri , che tutti sono concordi in questa magnifica sentenza. Né io potrei anche in compendio accen- narvi il molto, che ne scrissero il Bavle, e più di lui il suo continuatore Chauffgie , con quel di più che ne ripetono il nostro più volte citalo Tiraboschi e il Baillet nell'opera intitolala Jagemens des savans. G.A.T.XX.XIV. 12 1^3 Scienze 12. Ma basterà quel poco , che già ne ho di- scorso , e che voi ne udiste: e siccome ogni dire verrebbbe meno a taut' altezza di meriti, sarà ragio- nevole consiglio il tacersi con la dolce persuasiva di avere in questo giorno con alcuna ghirlanda fregiata la tomba di un uomo grande. Giuseppe Mariani Su V abuso diti salasso. Lettera di Domenico ftfe-> li al celebratissimo Sfgt .-loft, Giuseppe Frank consigliere di stato di S, M, V imperatore ed au- tocrata di tutte le Russie ec, ec< Pesaro , 1827. Sunto. I n anticipazione del volume delle lettere polemiche, che si vanno a pubblicare in Pesaro , ha questo egregio scrittore resa di pubblico diritto la presen- te lettera, che farà pur parte dell'accennato primo volume promosso nell'annunzio, tipografico del 7 feb- braio decorso. Ci affrettiamo a renderne conto per far gustare ai nostri leggitori l'importanza ed il pre- gio di questo lavoro del sig. Meli non inferiore alle altre sue apprezzabil ssime opere. L'abuso del salasso è un argomento già stato ampiamente trattato da eccellenti scrittori di più di un secolo; ma il consigli Frank incoraggia l'A, a discorrerla di bel nuovo offìne di porre argine irlf/t smania sanguinaria dei nostri tempi' TI cav, M«U nella sua seconda l'itera sujt'^mso del sslas- Sv l'abuso del salasso . 17Q1 so (a) dottamente accennando le principali cagio- ni che portano a siffatto abuso , fece singolarmente chiara la fallacia dei polsi e della cotenna. Venne allora onesto secondo criterio pienamente discusso; e tutt'i classici scrittori, tutt'i pratici assennati ten- gono ornai la cotenna por manchevole e dubbio segno di flogosi. Assume però in questa lettera ad esporre altre riflessioni e nuovi fatti, onde più ma- nifestamente risulti essere il polso frequente vibra- to e teso assai equivoco indizio di flogosi , e mol- to più di persistenza del processo della infiamma- zione , precipuamente in quelle malattie già stale curate con numerosi salassi: e ciò a meritevol disin- ganno di chiunque da questo segno e da altre vi- tali anomalie, che iti certi casi lo accompagnano, dedur voglia principalmente il bisogno di rinnova- re le missioni di sangue. Ecco i principali argo- menti della presente lettera. Scrivendo il N. A. al prof. Speranza , parlò della importanza della dottrina delle crisi, ed in is- pecie perchè non venissero a turbarsi con inoppor- tuni salassi quelle azioni vitali che preparano ed annunziano qualche crisi salutare. Distinse tali azio- ni di eliminazione (da lui cosi appellate) dalle azioni di riparazione : col quale ultimo vocabo- lo intende egli ravvisare quelle azioni vitali detcr- minate dalla influenza cerebrale sull'apparato cardia- (a) Di tal lettera facemmo menzione nel voi. di no- vembre 1814 del nostro giornale a face. 3^8 ; venne ri- prodotta quindi uell' opera-// medico giovane al Ietto dell'ammalalo ec. -, di cui pur tenemmo discorso mi voi. di ottobre 18:16 di questo giornale a face. k>i e seg. 12* ;8o Scienz3 co ed arterioso dopo le copiose perdite del sangui- gno fluido. A queste due maniere di azioni vita- li aggiugne egli ora un terzo modo di somiglievoli vitali azioni sotto i seguenti concetti. ,, Allorché l'e- „ nonni e quasi totali perdite di sangue in breve ,, ora avvenute privano d'un trullo la fibra vasco- „ lare sanguifera dello stimolo necessario al serba- ,, mento delle sue funzioni; ovvero quando in una ,, malattia di natura al sommo ipostenica si è fatto „ ricorso per mala ventura alla flebotomia, depau- ,, perando la già abballi] ta economia animale del „ fluido vivificante che appena giunge a sorregger- ,, ne le illanguidite funzioni , un risalto di vitali- „ tà , rapidamente destato per opera dell' influenza ,, cerebrale, muove talvolta il cuore e il sistema ar- „ terioso ad azioni cosi intense per sostenere le pro- ,, prie funzioni , che suscitano in tutta quanta l'eco- ,, nomia animale inusitato orgasmo, estremo svilup- „ pò di calore , ili somma ardentissima febbre. Si „ fatta maniera di azioni vitali io nominerei cotia- „ ti di circo npul .ione, perchè appunto questi cona- „ ti, incalzando il sangue per ogni dove, tendono „ al prolungamento delle funzioni del cuore e del „ sistema Vascolare , presso ad essere estinte per la ,, mancanza o per la invalidità del loro stimolo „ necessario. „ Or di queste azioni vitali di ripa- razione , e di questi conati vitali di cit'GompHhio* ne imprende a favellare in questa lettera l'egregio prof. Meli per vie meglio chiarire gli erramenti , che, riguardo al jxdso, fanno si spesso cadere nell' abuso del salasso. Incomincia egli a trarre le conferme del suo assunto dal contemplare gli effetti dell'influenza ce- rebrale e nervosa , mercè della quale operante sull'unta e siili' al Ivo modo di movimenti vascolari rendousi Si? l'abuso del salasso iSi non solo i polsi arditi celeri e concitati , ma au- mento pur ne siegue di caloricita , e lo sviluppo di altri secondari fenomeni che agevolmente da molti si scambiano per sintomi di dorature flogosi. AU' appoggio di qualche osservazione di Reil, e delle congbietture del Giannini , fa succedere le proprie meditazioni die prolisso sarebbe il qui riferire. Di- remo unicamente , die frutto di esse fu il ravvisa- re nelle affezioni infiammatorie battere tanto più frequenti e vibrati i polsi nel decremento del mor- bo , quanto maggiore si fu nella cura 1' abuso del salasso e dei rimedi deprimenti. In convinzione fer- ma dell'asserto venne l'A. dalla sua propria espe- rienza guidato, rimarcando, che nelle soverchie per- dite di sangue sia per motivo di larga, di troppo replicata , o d'inopportuna tlebolon.ia , sia per ca- gione di diuturne o frequentemente ricorrenti emor- ragie , varia offrivasi e più o manco spiegata l'at- tività vascolare , giusta la prevalenza del sistema nervoso, e giusta il grado d'influenza che tale siste- ma esercita su la circolazione del sangue in con- formità del temperamento. Di più , il rendersi elevati ed oltre modo vi- brati i polsi sotto le precipitose emorragie , sicco- me riferiscono Duhalde e Prevost ; il conservarsi assai vigore nei polsi , mentre langue l'infermo sot- to alcune incurabili emorragie , siccome afferma Bio- ussais; il rilevarsi di gran lunga più ardite le pul- sazioni arteriose sotto le acutissime cefalalgie cu- rate con profusione di sangue ; documenti furono si validi pel N. A. da astringerlo a conchiudere , che 1' influenza cerebrale e nervosa sul cuore e sulle arterie cresce in proporzione che sottratto viene da questi organi il naturale stimolo di es- si. E per imprimere nella mente di ognuno l'evi- ti! 182 Scienze- denza inconcussa di tali accenti, chiama in sussi- dio non che la patologia , ma la fisiologia pur an- che , e dimostra verificarsi un tal fatto nello sta- to fisiologico coll'esempio singolarmente dei feti per prevalenza materiale appunto del sistema cerebrale e nervoso. E per l'aspetto patologico poi, oltre la fallacia delia sicurezza del polso teoreticamente di- mostrata dal Giannini allorché studiossi sostenere lo stato morboso nevrostenico , aggiugne il N. A., che la reazione valida del cuore e delle arterie sul san- gue può ancora riguardarsi |qual effetto della di- retta influenza dei nervi sul sangue medesimo t re- centemente comprovata dalle osservazioni di un Koch. Con lo scrutinio quinci dei varj morbi nervosi , e e degli effetti promananti dalle varie cagioni mora- li , rende vie meglio palese l'influenza nervosa siili' esaltamento dei moti del cuore e delle arterie si nello stato fisiologico come in quelle patologiche alterazioni independenti da qualsivoglia processo di flogosi. Verificata cosi per varie guise con sodi ragio- namenti l'influenza dell'encefalo e del sistema ner- voso sopra l'energia e 1' acceleramento dei moti del cuore e Melle arterie , s' impegna a discorrere più strettamente delle azioni vitali di riparazione e dei conati dicircompulsione. Osserva il qui il cav. Me- li suscitarsi l'influenza cerebrale a dare impulso all' energia delle contrazioni cardiache ed arteriose ogni qual volta che il sangue o vogliasi per diminuita massa , o vogliasi per difettiva proporzione dei suoi principii, non istimola secondo il bisogno l'or- gano centrale della circolazione. E siffatti movimenti ravvisa con somma aggiustatezza come movimenti di riparazione organica della fibra costituente tutta la compage animale; le quali cose vengono dall' A. egre- Su l'abuso del SAt/AsSd i83 gi amen te dilucidate con ben intesi raziocini e con- vincenti argomenti , che pei4 impero di brevità omet- tiamo di riferire. Né minore industria egli usa in ren- dere di poi evideute , che l'abuso del salasso o la con-4 troindicita sua esecuzione può niente meno perdurre il sistema vivente ai conati vitali di circonipulsione , che cessano inevitabilmente con le convulsioni e con la mor- te. Discrepanza di solo grado affermar si può che siavi fra i contemplali movimenti di riparazione e questi co* nati di circo ni pulsione, siccome acconciamente studia* si l'A. di avvertire e con non equivoci esempi il- lustrare. Se, a ino di esempio, in un'accidentale ma non precipitosa emorragia vien subitamente ar- dente sete , ed attivissimo fassi l'assorbimento , egli è a considerarsi questo come Un effetto delle pri- me azioni vitali che si suscitano in riparazione del fluido ; diminuito cioè soverchiamente Io stimo- lo necessario alle contrazioni cardiache ed arteriose , concorre l'influenza cerebrale ad incitare le azioni di codesti organi , perchè la primaria funzione del- la vita ch'essi esercitano non venga ad estinguersi* Continuando però la perdita del sangue , cresce in ragione inversa 1' intensità di queste azioni , sino a che per la estrema deficienza di cotal fluido si scam- biano in conati di circompulsione seguiti da morte. Espressione son questi (al pari delle azioni di pre- parazione) per dir cosi delle forze della vita che si concentrano onde ostare all' opera distruttiva degli enti morbosi ; il prodotto sono della vis me-* dicatrix iiaturae degli antichi. Nella più parte per altro delle malattie questi enti morbosi non attac- cando con gagliardia i vincoli vitali della organi- ca compage , ne conseguita , che le ridette azioni o sono puramente eliminatrici e promoventi cri- si salutari , o sono veramente di ristauràzione del- i 84 Scienze ]a fibra per renderla allo stalo fisiologico. E se que- ste azioni turbate non siano da contrari rimedi (co- me , oltre il frequente abuso del salasso, la prati- ca consuetudine di troppo universalmente ed indi- stintamente amministrare sostanze deprimenti e vi- rose pur concorre ad aumentare la somma delle mor- bose potenze) , non è mai che passino ai conati di circompulsione. Allora è , che „ turbansi primamente e si scon- „ volgono con inopportune missioni di sangue le azio- „ ni vitali eliminatrici : i fenomeni di queste turba- „ zioni sono giudicati per sintomi d'incremento del ,, morbo tenuto senza dubbieta d'indole infiamma- „ tori a. Si torna a' salassi , si accrescono le dosi dei ,, rimedi , e negli uni e negli altri con pertinacia ,, s'insiste. Allora sorgono le azioni vitali di ripa- ,, razione: i polsi battono celerissimi e vibrati : te- ,, so è il cilindro arterioso ; si aumenta il calore; „ viene la sete; il paziente è agitato da insolito or- „ gasmo. Non si pon mente alla cura abbondantis- „ sima di controstimoli già praticata : è la gagliar- ,, dia, dicesi, è la profondezza del processo flogi- ,, stico clie tutto ha reso vano: non si pensa nem- „ meno alla forza della vita che in ogni qualunque ,, condizione si concita pria di soccombere. La flo- „ gosi , si soggiunge , ha fatto grave risalto ; lo di- „ mostrano i polsi Celeri ed urtanti ; lo dimostra la „ loro durezza , effetto del turgore di sangue : tale ,, è creduta la tensione dell' arteria. Coraggiosamen- „ te rivicnsi alla flebotomia : il solido arterioso , „ cui si toglie altra parte di quello scarso e dilu- „ lo stimolo che ad integrarlo adoperava co' suoi „ sforzi vitali , all' istantaneo e nuovo votamento „ cessa per poco dall' azione riparatrice. Si potreb- „ be quasi dire che avviene delle sue proprietà or- Su l'abuso del salasso i85 „ galliche e vitali ciò che succede di quelle dell'ute- ,, ro quando nella maggior forza della contrattilità „ organica sensibile vuotasi d'un tratto del feto : al- „ loia questa sua azione subitamente vien meno ; e „ la matrice passa ad uno stato di rilassatezza e d'inat- „ tivita , che alcuni fisiologi ostetricanti moderni ac- „ conciamente nominano sincope dell' utero , dalla „ quale poscia rinviene per espellere le dipendenze „ del feto. Cosi quasi è delle azioni del cuore e del- „ le arterie in somiglievoli casi. Il polso si fa oscu- „ ro , minimo; non è più teso; serba unicamente la „ sua frequenza: però s'inferisce disavventurataraen- ,, te aver giovato il salasso. Poco stante 1' encefalo „ raddoppia la sua influenza sul cuore; le azioni vi- „ tali di riparazione si ridestano con aumento dei lo- „ ro fenomeni concomitanti: versasi altro sangue; e ,, di tal maniera progredendo si arriva con più o men ,, rapido corso a suscitare i conati vitali di circom- „ pulsione, indi le convulsioni , con le quali si estin- „ gue la vita . . . . „ Tale è il quadro ben delineato degli effetti , che succedonsi dietro il perturbamento delle azioni vi- tali eliminatrici , perturbamento seguito dallo svi- luppo delle azioni vitali di riparazione , ed in fi- ne terminato dalla evoluzione dei conati vitali di circompulsione. Tali sono le novelle ed originali idee dell* esimio A. ; idee che esigono maturezza di con- templazione , e la necessita presentano di esser te- nute fitjte nell' animo. A siffatte teoretiche ragioni già beri sostenute da robusti raziocinj , da autori- tà di classici scrittoli , e dal linguaggio della spe- rienza esuberantemente sanzionate, si aggiugne dall' A. una serie di storici avvenimenti appieno com- provanti i conati vitali di circompulsione , non che le azioni vitali di riparazione ora con prevalente i8G Scienza integrazione del sangue , ora con più manifesta ri- parazione della fibra , ed ora con simultenea dichia- razione di questi due ultimi modi di azione. Un singolare esempio di conati vitali di circompulsio- ne gioverà riferire , omettendo di far menzione di tut- ti gli altri a scanso di prolissità. ,, L'anno 1824 „ nella vicina Pesaro un ipocondriaco deliberato al „ suicidio si recise l' arteria brachiale sinistra , la „ vena media dello stesso lato , due delie copiose ve- ,, ne del braccio opposto , ed i rami delle arterie „ tiroidee sinistre. Rimasto il suicida freddo ed csan- „ gue , si rianimò dupo alcune ore, quinci a po- „ co a poco i polsi esaltaronsi , sviluppossi alto ca- ,, lore , fu preso da ardente sete, da gagliardis- „ sima febbre , ed il mattino del terzo giorno , do- „ pò questi veementi conati di circompulsione , con- „ vulso spirò . . . ,, Né la penna del nostro saga- ce A. si arresta alla semplice relazione di cotali av- venimenti ; poiché s'ingegna con molta lode di espor- re una soddisfacente spiegazione: di cosi fatta ma- niera di azioni vitali , profittando de' pensamenti dall' arguto Giannini emessi intorno alle perdile ed alla riparazione della potenza nervosa , e molte cose aggiungendo a correzione dello spirito del- la dottrina nevrostenica di quel milanese scritto- re. S'intertiene in peculiar modo in rimarcare , co- me la libra di primitiva composizione esausta dal- le tante sottrazioni dei principi nutritivi , e nello sconcerto dei suoi organici elementi , disponsi a ri- parar le sue perdile ed a riordinarsi per siffatte azio- ni del cuore e delle arterie; e come talvolta le azio- ni vitali di riparazione della fibra siano prolunga- te a mesi ed anni pria di rimetterla onninamente nel fisiologico suo modo di essere. Chiudono finalmen- te questa lettera sei casi all' A. indiritti dall' egre- Su l'abuso del salasso 187 gio prof. Bufa li ni , la cui infelicissima condizio- ne di salute con duolo di amicizia rammentiamo ; rimane con essi vie meglio comprovata la teoria del cav. Meli intorno alle patologiche azioni vitali di riparazione. Possa la collezione di tanti esempi , possa il pe- so di tante riflessioni , possa l'evidenza di tante ra- gioni dal N. A. presentate in questa lettera essere di salutar freno ai flogomaniaci per evitare l'enor- me profusione di quel prezioso fluido vivificante che possediamo ; e torneremo fra non molto su questo prezioso subietto tostochè ci perverrà il promesso vo- lume delle lettere polemiche del prof, di Ravenna. Tonelli. [88 LETTERATURA Sulla traduzione di Pindaro del Luccliesini. A SUA ECCELLENZA IL SIG. MARCHESE CESARE LUCCHESltJl UFFICIALE DELLA LEG10N d'oNCRE CONSIGLIERE DI STATO DI 8. A. R. IL DUCA DI LUCCA D "ono più gentile e più caro non poteva giunger- mi , chiarissimo signor marchese , di quello che la vostra cortesia ha ora voluto farmi: elico delle odi olimpiche e di alcune altre di Pindaro , le qua- li avendo voi tradotte nel volgar nostro , v' è pia- ciuto finalmente permettere che sieno pubblicate . Egregio lavoro , e degno veramente di voi dottissi- mo e delle lettere nostre : di queste lettere che oggi più che in altro tempo vogliono essere richia- mate da'pietosi italiani all' ossequio di quegli anti- chi esemplari , da' quali senza grave pericolo non possono dilungarsi : perciocché terrò sempre con Aristotele , che tutte le arti , giunte che sieno a certo grado di perfezione , ivi si posano , ed ivi hanno la loro natura. Dalla quale opinione non po- tranno rimuovermi né le satire né le dicerie di co- loro , che nominandosi arrogantemente maestri e ri- formatori , intendono solo ad abbattere ciò che i no- Traduzione di Pindaro 189 stri padri ci edificarono colla filosofia e colla esperien- za di tanti secoli. Sì certo : m'è bellissimo il dirlo: veri ed eterni maestri saranno sempre da reputarsi que' grandi insegnatola del genere umano, da' quali ci provenne tutto ciò che abbiamo di sapienza e (\i gentilezza : quelli che mai non furono abbandonati da'posten se non per alcun delirio , di che poco stante ebbero ad arrossire: cioè i greci e i latini: anzi i greci singolarmente : ed essi , finche la vita mi basti , griderò i soli a chi senza vergogna e con egregio profitto possa inchinarsi l'altezza d'una men- te italiana. Dux Bruto Cedo solus. Laonde all'am- biziosa ignoranza di cotali imbrattacarte, che volen- do parer dottissimi con poco travaglio di studio, chia- mano liberta il francarsi da tutte le regole, e bellez- za nuda e schietta della natura il parlar ciò che lo- ro viene sul labbro , non cesserò di sempre rispon- dere queste cose : Non esser possibile che tutte le arti belle abbiano le loro regole , e solo la poe- sia , la prima delle arti belle , non abbia regole : né che vera bellezza possa trovarsi la. dove non è proporzione di parti ed armonia di colori. Quindi a questi nuovi filo- sofi avvertirò , che il creder vana l'esperienza de' sommi poeti antichi (in che hanno il loro saldo fondamen- to tutte le regole , le quali non sono poi altro che attente e ripetute considerazioni di ciò che si e ravvisato nuocere o far utile altrui) è un credere appunto che gli uomini prima di noi abbiano in- vano pensato e scritto; anzi abbiano invano vissu- to: conciossiachè ne dalle loro virtù né da'loro vizi voglia trarsi niun buono ammaestramento. La qual cosa non so s' io debba chiamare o più ridicola o più bestiale (1). Certo io non trovo , per quanto va- (1) fenerabile sopraminodo fa sempre V antichità , per i autenticazione di' e ila ha ricevuta dal tempo , da, 190 Letteratura da cercando , quale filosofia insegni a costoro di porre in sul viso della Venere de'Medici il bruito naso di un satiro , o il capo dis Sileno sul tronco dell'Apollo di Belvedere : che a tale veramente rie- sce quel meschiare che essi fanno senza niuna con- siderazione il serio e lo scurile , il nobile ed il ple- beo in un'arte gentile, ch'è posta nella perfetta armo- nia d'ogni parte, cioè nell'unica imitazione del bello. Opportuna dunque , signor marchese , esce la vostra traduzione di Pindaro in un tempo , in che la poe- sia , e particolarmente la lirica , tratta da' nuovi mae- stri a cantar solo la notte , le nebbie , le tempe- ste , i suicidi, gli avvelenamenti, le disperazioni, i sepolcri, vuoisi che da cotali tenebrosi subietti deb- ba tenere un perpetuo abito di squallore e di or- ridezza , nò mai si mostri accesa di alcun dolce lu- me di eloquenza. Ibcmt abscuri sola sub nocte per umbras , Perque domos Dilis vacuas , et inania regna. Ma come diverso avviso ebbe Pindaro , il quale ne* suoi versi tanto intendeva a dir grazia , quanto poe- sia ! Anzi come diverso avviso ebbero i greci tut- ti , l'anima de' quali , per esprimermi cosi , non fu altro che grazia ! Talché da tutte le cose che grazio- se non fossero, grandemente abborrirono ; ed erasi fatta la grazia appo loro il canone universale non solo delle opere dell' ingegno , ma sì di quelle di tutta la vita civile. Di che molti recano la testi- era vien costituita maestra delle età susseguenti. Onde chi non vuole smarrirsi per ignoto sentiero , saviamente s'accosta a chi (/nello prima trascorse. Parole auree di Car- lo Dati nell'orazione per Cassiaiao del Pozzo. Traduzione di Pindaro 191 monianza di Socrate, di Platone, di Senofonte: ma io piuttosto recherei, siccome sembrami più singo- lare, quella elei fiero animo di Tirteo odiator de'ti- ranni , il quale negl' inni suoi , tutti caldi di guer- ra e d'amore di patria , pareva che ogni altra co- sa dovesse ricordane a' suoi giovani combattenti, che le grazie della persona. Tale certo sarebbe stato l'av- viso di chi mai non sentì gentilezza come la senti- rono i greci. Ma diversamente stimò Tirteo: il qua- le a far pronta alle armi la gioventù , e a conso- larla del sangue e dell' anima che doveva spendere per la patria , niuna cosa le ricordò più cara e più degna che le forme delle giovanili membra , le qua- li belle e lolate in vita sarebbero rimase lodate e belle anche dopo la morte sui campi della battaglia: „ Troppo sconvien , che giaccian moribondi „ Prima i più antichi nella prima schiera , „ E che i freschi guerrier caggian secondi ; „ Troppo sconvien che l'uomo , a cui la nera „ Barba e il crine imbiancò , deggia col viso „ Tra la polve esalar l'alma guerriera : „ E col manto incomposto e brutto e intriso ,, Tutto del sangue suo , scopo si faccia „ Per turpe nuditate a scherno e a riso. ?, Ma il garzone , a chi i membri orna e la faccia „ Di giovinezza il fior , sempre fa mostra „ Bella e vaga di se , comunque giaccia ; „ Agli uomin caro, amabil si dimostra „ Alle donzelle in sin eh' è vivo e baldo : „ Bello anco estinto in bellicosa giostra. „ Dunque ognun di valore e d'ira caldo „ Si tegna ec. (1) (i) Tirteo, inno primo militare ; traduzione del cay, Lamberti. iga Letteratura Così que' greci stimarono : così stimarono pure i la- tini , grandi loro discepoli : così gì' italiani nostri , che in tutte le cose gentili vollero emulare agli an- tichi , e seppero egregiamente usare i benefìcii del- la proviclenza , la quale ponendoli sotto questo cie- lo temperatissimo e fra questo perpetuo riso della natura , diede loro anche una fantasia tutta viva e leggiadra, ed una lingua eh' è la più ricca e soa- ve delle viventi. Ed ora quali bestemmie non dob- biamo udire da gente , che mai non fece cosa , la quale potesse durare la vita d'un giorno ! Fino a credere che semplicità senza eleganza non sia piut- tosto rozzezza ! Anzi fino a soprapporre a tutti gli altri nostri poeti , e a pareggiare quasi a Dante , un Manzoni : quel Manzoni eh' essendosi nobilmente mo- strato all' Italia col suo canto in morte dell' Irabo- nati, stanco poi d'esser poeta in versi (mi sia con- ceduto il dir così) ha voluto mutare il bello e vi- goroso stile in una oscura prosa rimata! Di che mi ap- pello a tutti coloro , che in queste cose hanno anima e orecchio : e a voi per primo , sì elegante e sì dotto , che fuori d'ogni contesa di parte non ama- te altro che il vero e la dolcissima nostra patria. Io non oserò dirvi , signor marchese , che per voi ci sia stato dato in ogni sua parte il Pindaro italiano : che se il dicessi , so bene che voi non mi dareste fede : voi che gran maestro di greco sa- pete a quale stretto partito conviene che trovisi troppo spesso chiunque voglia alcuna dimestichezza con Pindaro. Certo tutti i lirici sono di difficilissi- mo volgarizzamento: non avendo essi precisamente il loro essere che nello stile , o sia in quella forma e in quel carattere che risulta dalla conformità del- le parole colle sentenze. Il che niuno deve presu- mere di poter mai tradurre perfettamente d'una Un- Traduzione di Pindaro iq3 gua in un'altra: ciò essendo appunto il legame mu- saico di che Dante favellaci nel Convito , la dove di- ce: E però sappia ciascuno, che nulla cosa per le- game musaico armonizzata si pub della sua loque- la in altra trasmutare senza rompere tutta sua dol- cezza e armonia (i). Ma fra tutti i lirici è assolu- tamente Pindaro il difficilissimo: perciocché oltre al- lo stile , cosi nuovo , così magnifico , cosi audace , cosi tutto interamente proprio di lui , v' ha pure nella maggior parte de'suoi pensieri una invincibi- le oscurità. Si certo, invincibile: solo però a noi si tardi venuti a vivere: tale non dovendo essere a quegli antichissimi, che all'impeto di si gran vena, Monte decurrens velut amnis, andarono presi in una maniera tanto maravigliosa. Ne a Pindaro poteva toc- care quel grado che per comune consenso de' suoi ebbe fra i poeti greci, senza la più singolare del- le poetiche doti , che è la chiarezza , fonte d'ogni efficacia : né i suoi contemporanei avrebbero favo- leggiato di lui , che le ninfe e Pane celebrarono il suo nascimento con una gran festa di danze, e che le api , essendo egli fanciullo , gli volarono in- torno a stillargli mele sul labbro. Anzi non lo avreb- bero detto così grato ad Apollo sopra tutti gli al- tri poeti , che il sacerdote del dio per espresso oraco- lo gli offeriva parte dei doni che da'fedeli si recava- no al tempio. Laonde riderò sempre della prosunzione del francese Perrault , il quale di tanto poeta parlò per modo , ch'è una oscurità solo a pensarvi : dicendolo cioè così nudo di tutti i pregi ond'è bella la poesia , che i suoi versi non possono riescir cari se non a coloro , i quali non sanno raccogliervi altro che po- (i) Trattato I , cap. VII. G.A.T.XXXIV. *3 ir)4 i Letterati ra. che grame sentenze. Ma sapeva il Perrault veramen- te tutte le proprietà e le finezze dell'idioma greco ? Sapeva fin dove poteva allargarsi la facoltà di usa- re metafore presso un popolo di poeti , tutto an- cor giovinezza, e perciò tutto spiriti e audacie? Ave- va egli la necessaria erudizione di tutti i fatti popo- lari di quella remotissima età della Grecia , per cui nelle odi di Pindaro valesse a discuoprire l'artificio de' sottilissimi legamsnti che fra loro hanno le imma- gini sue si alte e si peregrine , e spesso anche al- lusive a particolari giurie municipali ? Il Despreaux me ne pone un gran dubbio. E intanto costui, vis- vSUto duemiranni dopo Pindaro, e dopo le genti al- le quali cantava Piudaro; non riflettendo che ciò ch'ora è morto, era allor vivo : ciò ch'ora è anti- co , era allora moderno : ciò eh1 ora conoscesi ap- na da' più eruditi, era allora nella notizia di tut- to il popolo; ardi levarsi in censore degli scritti di lui , solo perchè non sapeva intenderli : e dare co- si una solenne mentila a tutta la Grecia del più tei secolo , la quale, malgrado anche delle invidie di Baclvilide e di Simonide , andò così rapita all'al- tezza dij quelle odi T che ne chiamò divino il can- tore, e lo collocò lìti presso il seggio di Omero. Im- perocché non so j che ad alcun altro poeta greco sia toccato quello che a Pindaro ; non per ignoranza di plebe , com' è succeduto a molti e come a mol- ti succede , ma per giudizio di filosofi , di capita- ni , di re: essendo a tutti noto ciò che prima gli spartani ( benché si pregiassero cosi nemici d' ogni poesia) e poi Alessandro macedone operarono ad ono- re eterno di lui nella presa di Tebe, e ciò che il senato di Piodi fece dell' ode VII olimpica , la qua- le trascritta in lettere d'oro fu collocata nel tempio di Minerva Lindia. Queste cose doveva terre con- Traduzione di Pindaro ir)5 siderale il Perrault : e queste altresì il Cesarotti, prima di porre il sigillo, dirò cosi, co' vituperi di Pindaro allo scandalo che mise nell'arte poetica an- teponendo Ossian al cantore dell'Iliade. Ma tornando , signor marchese carissimo , al vo- stro volgarizzamento , a me pare che siasi fatto per voi tutto ciò che mai potevasi fare intorno a Pin- daro : e che , se non altro , ci abbiate mostrato una scintilla di quella divina fiamma. E solo ad una scintilla conviene che ora siamo contenti, in questa sì grande varietà di lingua , di usanze , di religione Impe- rocché quella intera fiamma è spenta per noi : ne più potrebbe riaccendersi , che tornando a fiorire quegli stessi secoli , i quali fecero bella e gagliar- da la Grecia in tempo delle sacre solennità de' suoi giuochi : anzi tornando a fiorire quelle stesse citta , che ora sono poveri casolari, e furono già famose di gente e d'impero , e la riverenza di quelle favole e tradizioni volgari f cose auguste e santissime agli uomini dell' età di Pindaro. Sarebbe insomma me- stieri, che l'essere inghirlandati d'una corona d'ap- pio o d'olivo reputassimo , come diceva Cicerone , cosa più gloriosa delle insegne del consolato e del- la veste trionfale : e che affatto dimenticassimo , es- sere state una volta le pietre, sulle quali ora cam- miniamo , gì' iddii di Gerone , di Temistocle , d'Ales- sandro. Che da tutte queste cose insieme congiun- te vuoisi ripetere , che Pindaro non solo riescaci oscuro , ma talora gretto e noioso in que' suoi epi- sodii tutti pieni d'istorie di citta e di celesti ge- nealogie. Ma ciò appunto rese famosissimo Pinda- ro: il quale cantando al popolo in mezzo le mag- giori celebrità popolari , com' erano que' giuochi di Olimpia , di Delfo , di Nemea , di Corinto , bella ed uiile contesa chiamati da Esiodo , tutte le sue poe- i3* if)G Letteratura sie consecrò al primo e più fimo diletto del popo- lo stesso , cioè alla gloria : studiandosi di ricorda- re utilmente a' suoi greci le nobili origini delle lo- ro patrie, e le virili virtù di quegli avi, che tan- to si allontarono dal nostro uso , quanto questo tem- po è lontano da una età , in che la vita degli uo- mini ( e poi condanneremo di poco senno Pindaro e gli altri antichi ?) era tutta quanta esteriore co- me la religione. Del resto non vi era possibile , signor marche- se , conservare nella nostra lingua , comechè per soa- vità e per magnificenza sia cosi presso alla greca , l'audacia talor ditirambica di questo principe de' lirici : eh' ella è cosa da non potersi in alcun' al- tra lingua comunque ricchissima ritrarre non che imitare : e forse fu ciò che principal mente fece di- re ad Orazio quelle celebri parole. Laonde avete cre- duto dovervi prendere alcuna licenza , che nelle al- tre vostre poesie non avreste già presa. Perchè non solo avete usato spessissimo le più ardite inversio- ni della sintassi , ma usato eziandio parole compo- ste : la qual cosa difficilmente concederei buona a chi volgarizzasse altro poeta che non fosse Pinda- ro : essendoché sia bella in un traduttore la fedel- tà di rendere non solo il peso , ma anche , se è pos- sibile, il numero delle parole: benché Cicerone non voglia tanto ; ma non meno bello sia il serbare in- tatte l'eleganza , la leggiadria , e le ragioni della propria favella. I nostri classici mostrarono bene nel- le loro opere , come anche per una costruzione re- golare può l'italiana poesia, tanto ella è potente, le- varsi alto e toccare l'ultimo segno della forza e del- la magnificenza. Leggiamoli questi classici , questi padri grandi e autorevoli della comune favella: i qua- li , poiché l'ebbero fondata cresciuta e condotta a Traduzione di Pindaro 197 virilità , ci dissero : „ Tali sono le leggi , che da noi s'impongono a chi vuole parlarla o scriverla. Se alcuno a queste leggi non vorrà governarsi , questi fondi altra lingua italiana : eh1 egli non può essere parlatore o scrittore di quella fondata da noi. „ Né basta il dire , che alla figliuola non dee vietarsi ciò che non si vieta alla madre : quasi che madre e fi- gliuola potessero appunto essere secondo natura una persona stessa. Perciò vedemmo nelle prose la non fe- lice prova che presero a farne , veramente con lin- gua d'oro e con maravigliosa facondia, il Boccaccio ed il Bembo : de' qnali disse quel sottile giudizio di Pietro Giordani : Cti essi dislogarono le ossa e le giunture di nostra lingua, per darle violentemente le forme che meno le si con/ anno dal latino (1). £ il Giordani parlò egregiamente. Certo l'Alighieri scris- se di cose alte: anzi di cosi alte, che niuno pri- ma di lui aveva ardito levarsi a tanto volo ; si eh' egli fece riescile un mal profeta Platone , il quale nel Fedro disse, che fino a' suoi tempi niuno cantò le cose del cielo , né per la loro dignità sarebbe mai per cantarne. E Dante le cantò : e con magnifici ver- si : e con modi sublimi , e proprii in tutto del di- vino subietto e dell' italiana eccellenza : né mai usò quelle viziose inversioni , onde i posteri sonosi ar- gomentati di sostenere miseramente il suono de' lo- ro versi. Dico che non le usò : ma se anche Dan- te , o il Petrarca, o il Poliziano, o l'Ariosto , o chi altro siede fra' primi della nostra poesia , le aves- se alcuna rarissima volta usate , ciò avrebbe egli fat- to non per buona proprietà di lingua , ma per ec- cezione. E quindi l'esempio suo come potrebbe essere (1) Lettera a Gino Capponi. 198 Letteratura di autorità ? L'autorità viene dall' uso , e l'uso non si fonda in uno o due esempi , comechè di gran- di scrittori, ma si nell'universale consentimento. Se ciò non fosse , noi avremmo tuttora un idioma in- stabile , e potremmo impunemente scrivere ogni più solenne errore , contra cui gridino la grammatica e la ragione : non essendovi errore per quanto gran- de , come provò il padre Bartoli nel suo Torto o dritto del non si può , di che non si trovi esempio negli scritti d' un qualche classico , cioè a dire di un qualche uomo. Primi ad usare cotali inversioni con alcuna maggior licenza che quella conceduta a' poeti per qualche inevitabile necessita , furono for- se il Casa ed il Caro : benché poi , valentissimi siccom' erano, ne usassero con quella loro magìa che sapeva cambiare in oro tutto ciò che toccavano. An- zi il Caro ne usasse solo ne' versi sciolti del suo volgarizzamento dell' Eneide : quasi pensando , che se i nostri antichi avessero avuto versi liberi dal- la rima, dov' è bisogno d'alcun maggiore aiuto e rin- calzo , non si sarebbero già fatto scrupolo di por- re il verbo in mezzo l'addiettivo ed il sostantivo , e di commettere cotali altri ardimenti. Di che non vo- glio entrar giudice : bastandomi solo di fare con- siderazione , che prima del Caro avevano scritto ele- gantissimi versi sciolti il Rucellai e l'Alamanni : ed essi sdegnarono sempre quel misero non italiano soc- corso. Forse però il Caro medesimo avrebbe potu- to lodevolmente passarsene , osservando io com' egli nel libro secondo , il quale è il più grave e il più caldo di tutta l'Eneide , adoperò più che negli altri libri una pura e regolare sintassi. Checché sia di ciò , l'esempio cosi del Caro come del Casa fu se- guitato da molti verseggiatori delle età susseguenti , i quali subito si avvidero dell' immensa utilità che Traduzione di Pindaro if)f) loro arrecava : facilissimo riescendo il sostenere con qualche puntello qua e la un brutto verso perchè non mini, ed anzi abbia a dispetto di tutti gl'id- dìi di Parnaso alcun che di vuota armonia. Onde la si comoda novità volle ammettersi non pure ne* versi sciolti , ma ne* rimati eziandio : anzi ne1 sonet- ti : piccolo e gentile componimento , in che ninna licenza vorebbe il celebre Battoli conceduta a'poe- ti. Il Frugoni però * il Cesarotti ed il Bettinelli » studiosissimi di porsi sempre al contrario di ciò che avevano fatto gli antichi , a tale ridussero finalmen- te la cosa , che già la poesia nostra cosi nelle pa- role come nella loro collocazione appena potè più chiamarsi italiana ; che ninna spontaneità v'era più * niuna semplice grazia, niuno studio di nascondere l'arte , niuna considerazione all' indole speciale che hanno tutte le lingue , come hanno gli uomini d'ogni paese : tutto era un misto indistinto di latino , d'in- glese » d'alemanno , di francese , di greco ; anzi tut- to un rimbombo , un fracasso , e direi così una mi- na (i). E d'ogni parte vedevansi , come Sofocle di- (i) Dice il grande Alfieri d'avere anche dal Cesarot- ti imparato a far versi. Così non fosse stato ! Che mol- ti, né a torto , non lo avrebbero censurato pur tanto per que' versi fuor di natura , con che alcuna volta av- vili la greca maestà e l'eleganza delle immortali sue ope- re. Il Parini poi , scrittore vivacissimo d'una satira tut- ta nuova e gentile , penso che se vivesse ripeterebbe ta- lora , da quel grand' uomo eh' egli era , la confessione" che dovette fare anche monsignor della Casa : „ Ma quasi onda del mar , cui nulla aftrene , . „ LTuso del volgo trasse anco me seco. aoo Lettitra/ira ce presso Longino , persone oh* eccessivamente gon- fiavano le gote per soffiare in un piccol flauto. Quin- di non erano più degnati del titolo di gentili scrit- tori se non quelli che dicevano : „ Io la dolce de'franchi amo favella j ovvero: ,, Io la cara per lei vita qui pongo; o più squisitamente : E chi , ponendosi le mani al petto , non è sovente co- stretto a dire la medesima cosa , massime vivendo in tem- po in cui errano i più? Forse una egual confessione fa- rebhe lo stesso fior di eleganze Annibal Caro , non so- lo per quelle sue inversioni , ma sì per aver detto mor- se in vece di morì , e posto in un sì grave componimen- to que' giocherelli di parole „ Poscia Mimante, eh* era pari a Pari „ Di nascimento , e d'amor seco unito ; e poi : „ Quella gente o quella terra „ Saria per molte età ferace e fera. Comunque sia , certo è che il Casa , il Caro , l'Alfieri t il Parini e quanti altri sono celebri poeti moderni non avendo alcuna autorità paterna , e molto meno dittatoria e sovrana sopra una lingua, cui non fondarono , non pò- tevauo neppur avere di proprio arbitrio il diritto d'al- terarne così la natura : e , quel eh* è più , senza necessità. Traduzione di Pindaro 201 „ Le di Nereo figliuole occhi- cilestri „ Venner la mesta a consolar fanciulla. Anzi ricordami che Giuseppe Marotti nella traduzio- ne del Prometeo d'Eschilo (se. Ili) disse del gran padre Oceano , ch'egli „ Co'suoi flutti tutta „ Largo la terra irrequieti cinge. Pur beato però che tutti costoro, allorché gl'italia- ni poterono per le cure di alcuni loro pietosi con- cittadini riaversi da quel delirio , s'ebbero appunto la fine che s'ebbe Aterio : il cui dir tutto suono , secondo che scrive Tacito , non sopravvisse d'un gior- no alla vita di lui. Né meno comuni di queste insoffribili trasposi- zioni furono presso i nostri de'secoli della corruzio- ne le parole composte alla maniera de'greci. Dante non le usò mai : né il Petrarca , né il Poliziano , né 1* Ariosto , né il Tasso, né i maggiori del seco- lo XVI. Che essi ben conoscevano ciò che poteva o non poteva la lingua nostra: stimando da savi, che non tutti gli ornamenti con pari nobiltà e con- venienza procacciano grazia ad ogni persona. Per- ciocché lo stesso che a costumi delle nazioni, dice ottimamente il Muratori (1), avviene alle lingue. Chi volesse in Italia usar le vesti cinesi, e quey riti, per cagion de1 quali si è /inora tanto disputato e si disputa fra teologi , egli sarebbe dileggiato , perchè altro sistema ha questo cielo , ed altro il cinese. (1) Pevf. poesia lib. I cap. IV. 202 Letteratura Ciò eli è ornamento ad un pechinese o nanchinese diverrebbe colpa e sconvene volezza in un romano 4 in un fiorentino* Parole composte usarono i greci a dovizia, tale essendo la ragione del loro linguaggio! ed esse parimente non disconvengono all' idioma ingle- se, e si hanno per bellissimo garbo nell'alemanno. Ma i vecchi romani , che in tutte le loro cose imitarono i greci , da1 quali tolsero eziandio le maggiori ric- chezze della favella, stimarono tuttavia che ciò ma- le si convenisse alla lingua latina: né per pochi esem- pi di scrittori comedi è valentissimi, massime di quel- li che semigreci chiamò Svetonio (i), permisero che si ammettesse una consuetudine. Laonde Quintiliano le disapprovò ne'suoi libri delle Instituzioni (2), ac- cusandole per contrarie alla natura del parlare la- tino : Sed res tota magis graecos decet , nobis mi- nus succediti nec id jieri natura puto, sed alienis favemus. Ideoque cum KVfTKvy^ivot mirati swnus, in- curvicervicum vix a risu dejendimus. Fra'nostri poi il Metastasio scrisse contro di questo abuso nelle sue annotazioni alla poetica d'Orazio : ed il Redi in una lettera a Donato Rossetti : e Timo e l'altro , che dettarono versi del più bell'oro, col proprio fat- to largamente mostrarono , che alla maestà e leggia- dria dell'italiana favella non occorrono simili novi- tà. Ma sono appunto le novità ciò che segue il più delle genti, che non suol brigarsi $ia molto di sottili considerazioni: né viene accorgendosi dell'errore, se non quando è giunto all'ultimo grado del vituperio. Il che se non fosse , non avremmo ora questa vil- tà straniera del romanticismo, né la lingua nostra a (1) De dar. grammat. (2) Lib. 1 cap, V. Traduzione di Pindaro ao3 tale sarebbe ridotta, che a mondarla da tante fran- cesi e tedesche brutture non Lastano le forze di molti Ercoli : che questa è stalla più sozza e più fetida di quella d'Augia. Primo ad usare fra noi con alcuna intemperan- za (i) queste parole fu Gabriello Chiabrera , inge- gno solenne , e principe della vera lirica degl'ita- liani: se non che parve essersi con troppo studio voluto far greco, dimenticando talora che non già nuova e bambina , ma adulta e virile e splendidis- sima mostravasi anche a' suoi dì la lingua poetica nelle opere immortali de'nostri padri. A lui si die- de seguace il Salvini nelle sue traduzioni, e sin- golarmente in quella di' Omero che tanto sa di pe- danteria e di noia : indi Scipione Maffei non già nella divina Merope , ma nel volgarizzamento del primo e del secondo libro deli' Iliade. Poi per la baldanza e la sfrenatezza di quel professore di Pa- dova , il quale voleva in tutto spegnere ciò che ab- biamo di purità e di leggiadria classica nella favel- la, la cosa non si tenne più a nessun freno: Liber- tas tanta , direbbe Seneca , ut libertatis nomen ex- cederet : talché sul finire del secolo passato e sull* incominciare del presente non erano quasi più ri- cevute per belle e per gentili parole , se non quelle che pazzamente si componevano di due o tre altre parole. (i) Dico con alcuna intemperanza, perchè prima del Chiabrera aveva il Rucellai , senza grazia però e senza necessità , detto nell'Oreste : L'armipotente alunno del bimembre Ghlron , che tanto nel nutrirlo intese. ao4 Letteratura Ma io che diffìcilmente oserei privilegiare al- tri di simili vanita , forse con voi non saprei es- sere tanto austero : con voi che traducete Pindaro, poeta sì pieno di nuovi audaci e inusitati vocabo- li , quel Pindaro che tutto fu ardir ditirambi- co : perciocché pare che solo ne' ditirambi , per certa fantasticheria approvata dall' uso di tutte le nazioni, dcbbasi agl'italiani permettere una tale licen- za, siccome ce ne ha dato esempio il gran Redi. Vero è nondimeno che l' elegantissimo Poliziano , il quale ebbe tanta grazia di lettere greche e italiane , introdu- cendo nell'ultimo atto dell'Orfeo un coro di menadi, ch'è un bel ditirambo, non volle affatto giovarsene. Vorrò inoltre, signor, marchese dottissimo, ral- legrarmi con voi del non' esservi caduta mai della memoria in questo sì nobile volgarizzamento la pu- rità della comune lingua: e dell'avere espressa quel- la beatissima copia di parole e di cose, come Quin- tiliano la dice, con tutta la proprietà e la gentilez- za italiana. Di che avete dato un beli' esempio a molti altri uomini di lettere che ci vivono, i qua- li queste considerazioni della lingua hanno al tut- to per puerili ed inutili , credo principalmente per la ragione additataci da Petronio: Quod quisque per per ani elidici t , in senectute con [iteri non vult E poi osano richiamarsi del secolo, che le loro ope- re tiene per morte e sepolte appena escono al pub- blico. Ma solo dovrebbero richiamarsi della loro supre- ma bestialità nel pretendere di potere venir grati al- le genti , senza aver grazia : e nel volere in occasio- ne così solenne, com'è all'uomo di lettere la pub- blicazione di un'opera, trarsi innanzi cogli abiti del- la villa e coi capelli incolti , senza niuno di que'de- corosi ornamenti co' quali costumarono d'abbellirsi i più grandi e più famosi di tutti i secoli e di tutte le nazioni. Ora lo studioso della propria favella , il Traduzione di Pindaro 2o5 quale stima le cose doversi dire colle parole, non si reputa quasi per altro che per un magro pedan- te: a così madornale scioperataggine siamo venuti. Ma quali ingegni più alti hanno illustrato il genere umano, che quelli d'un Platone, d'un Cesare, d'un Alighieri? Quali uomini in tutta la loro vita si fe- cero più avversi agli studi del volgo? Eppure quei sommi con pazientissime cure investigarono le cose più riposte delle loro lingue: ond'è celebre il Cra- tilo di Platone, tutto intorno alle proprietà ed al- le etimologie dell'idioma greco: e celebri sono i li- bri di Cesare sulla ragione di ben parlare]: e quel- li altresì di Dante , che fortunatamente abbiamo , sulla volgar locuzione. Anzi celebre presso i filo- sofi della migliore scuola è quell'apotegma di Pla- tone nel Gorgia : Che quegli il quale bene cono- scerà i nomi delle cose , apprenderà facilmente a co- noscere le cose medesime. Del qual numero essendo- vi fatto anche voi , dottissimo e gentilissimo, meritate di essere non meno ammirato e lodato: e tanto più, quanto più contrario a tali studi sembra il mal vezzo del secolo. Ma non già con un secolo , secondo che dissi al- trove , sì bene con tutti i secoli vuoisi pensare e scrivere , chi ha caro che in tutti i secoli abbiano a vivere le sue opere. E qui pure una volta por- rò fine a questa ornai lunghissima diceria : non vo- lendo toccar parola ne delle accurate e dotte no- tizie intorno al re Geroue , le quali precedono il volume : né delle eruditissime note onde avete ar- ricchito queste odi sì voi , sì l'egregio vostro al- lievo signor dottor Fornaciari. Di grazia amatemi sempre , siccome fate : fiorite lunghi anni alle cor- tesie e alla sapienza italiana : e vi sia spesso in memoria di venirmi a trovare colle care lettere vostre. Salvatore Betti. ao6 Continuazione delle osservazioni di Vincenzo Cam- panari sopra la grande lapida etrusca rinvenu- ta in Perugia nel 1822, al eh. sig. cav. Giovan- ni Battista Vermi glioli. V. ao. . . . VELTHINA THVRAS TH- ai. AVRÀ HELV TESNERASNECEI aa. TESNS TEIS RASNES CHIMTH SP- 33. ELTV TASGVNA APHVNAMENA 24. HEN NAPER . CI CNL HAREVTVSE Oono le parole della 4 formola , colle quali si chiude la epigrafe di fronte. Dividerò il periodo nel- le sue parti. Ordina in prima il precone a Veltinio sacerdote che presenti la vittima della vacca sterile di colore fra bianco e rosso , e che la sacrifichi ai dieci dei. Niun altra parte della lapida presenta voci cosi limpide e facili come queste. Velthina thuras è il vocativo Veltini sacerdos v. il §. 3i , in cui si par- lò di thuras, Taura helu tesne vale tauram heluam tenne , cioè porrice. Odasi Festo. Tauras vaccas ste- riles appellabant , ait yerrius , quae non viagis pa- riunt, quam tauri', sed verosimilius sit ex graeco dictasy quia grceci vaccas t«i/^(XJ appellant veggiamo adunque che la voce taura era de'toscani, de' greci dei latini senza variazione né nella struttura né nel significato, il quale giusta Verrio è propriamente di vacca sterile. La voce HELV deve supplirsi con un A, e col- la M finale , la quale dal quadratalo fu omessa del pari in TAVRA: ne ciò dee recar maraviglia 1 Lingua etrusca 307 chi ha prattica di tali; monumenti. Si ha da Varro- ne il commento di keluam de R. R. lib. II. e. 5. Corium attactu non asperum ac durian, colore po- tissimum ni grò , demde rubeo , tertio heluo , quar- te albo; d'onde si scorge che heluus color h un ros- ro sbiadito , quale appunto si è quello delle vacche rosse. Odasi ancora Festo alla voce heluacea prove- niente da heluus, genus ornamenti Ljdii dictum a colore boum , qui est Inter rufum et album , ap- pellaturque heluus. Di THESNE abbiamo ragionato poc'anzi. RA.S- NECE1 TESNES TEIS, facitoque decenis diis. Par- lai lungamente di RASNES §. 3r, ove la dedussi dal v. Agenti facere sacri/icari. Tolta l'aspirazione S, ri- mane qui l'imperativo RANE simile a TENE, ed agli altri che tengono la inflessione latina. Si uni- sce a RANE la particella coputativa CEI , ch'è il m de'greci, ed il que de'latini con uguale significato et. Anche Vossio nell'etym. e Cesare Scaligero de cau- sis 1. 1. e. i73 deducono que da kxi. Piacemi che qui CEI si trova posposto alla parola cui si riferisce giusta la usanza latina , la quale veggiamo esser venuta dai toscani. Le voci TESNES TEIS compar- vero al v. 4.0; ne parlai al §. 29, ove le spiegai de- cenis diis, il qua! valore ritengono, come sempre si vedrà in questo commento al ritornare delle stes- se voci. Prosegue la formola - Rasnes chimth speltu ta- scuna aphunamena ben naper. AI v. 5.° spiegai RA- SNES facturus. CHIMTH vuole un A intermedia dopo M , ed un' altra finale. Su di questa non mi sarà mossa lite; perciocché si era già convenuto che l'A è ausiliare del T semplice o aspirato, come si prova dairesempio di THNA per Thana, Than* ma; ma dell' A ausiliare di M. non tatti saranno ao8 Letteratura contenti. Il Lanzi però nella tavola dell' alfabeto etrusco T. i p. a53 lasciò scritto di M commune- mente ha per ausiliare la E e la equivalente I. Qual modo di dire ci fa conoscere ch'egli non credeva in- capace alcuna volta la M di altra vocale sussidia- ria. Oltre di che è noto quante volte la E si scam- bia con A presso gli etruschi i quali scrivono HER- CLA per HERGLE , e viceversa ATRESTE per AT- RAESTE &c. La principale ragione poi per cui m'in- duco a dare ad M in questo luogo l'A sussidiaria si è che per tale supplemento ne risulta una chiara voce greca opportunissima al contesto delle altre , cioè CHIMATA 4*° c^0 plurale di cyma, greca vo- ce passata ai latini nell'originario valore di cau/us , cauliculus , foetus germen , essendo, Kt/jx* dal ver- bo KVBtv , utero gestare- Altre volte osservai che l'y greco dai toscani si rende per V; che se qui si trova reso per I, questo I vale V con cui si scam- bia a vicenda. SPELTHV , Speltae del grano di spelta , e cosi cymata spelthae la spelta gravida della sua spica , o , come suol dirsi dai villani la spelta in fiore. I greci non ebbero questa voce e la espressero colla voce (ex, di cui varie specie si annoverano dai greci scrittori. I la- tini la conobbero , e comunque poco la usassero pur trovasi nominata da Rhernnio Fiacco de pond. -Se- mina sex alii siliquis latitantia curvis Attribuunt scripulo, lentes veraciter octo, Àut totidem speltas numerant, tristesve lupinos. Nella celebre lapida Stratonicea rinvenuta dal eh. Banxes, recentemente illustrata dal eh. Luigi Car- dinali mem. rom. di antichità e belle arti v. a. Ro- ma Contedini i8n5, è appellata due volte fra i gè- Lingua etrusca 309 neri cereali speltae mimdae , e scandulae si ve spel- thae. L' esempio della nostra epigrafe ne dimostra ch'ella è voce etrusca, e che dall'antica sua origi- ne insino ai latini ed a noi non ha sofferto minimo cangiamento. TASCVNA, se io non erro, è un epiteto della spel- ta : lo derivo dall' antico txco pasco nutria , che a me par costruito italicamente colla interposta SC, siccome pasco da •*««, e come quegli altri che indicai al §. 36 , hisco da hio , virasco , e viresco da vi- reo , vivisco , vivesco , vivasco da vivo. Lo stesso modo di costruzione che osservammo in TILSCV- NA §. 36 si manifesta in questa voce; onde seguendo i principi coi quali argomentai su di quella , la crederò un participio di tx/h in 4-° caso pi. riferi- bile a eymata , e la spiegherò victwn praébentia , vale a dire eymata speltae quae victwn , alimenta suppeditant. Il qual'epiteto ben si converrebbe al- la spelta , dovunque fosse nominata; ma infuna la- pida perugina le si conviene per modo particolare; per ciò dia Strabone nel lib. V delle cose geogra- fiche narra che gli Umbri ancorché godessero di fer- tile territorio si cibavano a preferenza del gran di spelta. Comunque i perugini non fossero Umbri, ma etruschi , erano a contatto con quelli , ed ognun sa quanto facilmente si propagano le usanze fra i vi- cini popoli segnatamente, in ciò che tocca le co- se campestri , e più necessarie alia vita. Quindi le predette voci rasnes chimth spelta tascuna renderò facturus , cioè sacrificaturus eymata , germina spel- thae, quae nos alunt. Ed erbe, e|fiori, e spiche en- travano in molti£sacriucj dei pagani: la spelta ne ave- va tanto maggior^ diritto , quanto elle era la base del vitto commune. Dalla circostanza della spelta ìil fiore, come vedremo ancor meelio allalvoce PHV- G.A.T.XXXIV. * ,4 aio Letteratura LVMCHVÀ che segue appresso , rilevo che il pre- sente sacrificio seguir dovè fra il maggio e giugno nella qual epoca si verifica lo sviluppo della spi- ca della spelta. APHVNAMENA HEN NAPER CI CNL HA- REVTVSE Il contesto delle presenti parole diviene oscu- ro principalmente per quel CINE che già altra vol- ta ci recò mal' uflìcio. Stando alla costruzione di APHVNAMENA non so allontanarmi dal pensiero ch'egli sia il participio d'un verbo c^pumo^on tratto dal tema Jpluma , come già dissi. Non saprei de- terminare se apfiunametia debba intendersi per at- tivo , e riferirsi al sacerdote Veltinio , ovvero per passivo e riferirsi a cymata : il solo contesto ne potrebbe dar lume. Che che ne sia , non potrebbe attribuirsi ad apliunamena altro senso che quello di -voverc , precari , consecrare , o altro simile cor- rispondente a quello del suo temo APHVNA. HEN NAPER. Non dubito che HEN sia lo stesso «v de'greci ed in dei latini , accresciuto per genio della toscana lingua dell'aspirazione H , siccome vi- desi in HVT : renderò dunque HEN NAPER in naper , o intcr naperos &c. forse la spelta doveva esser collocata fra le altre cose destinate alle liba- zioni dei naper, CI. CNL facile sarebbe il proporre congettura su di CI diviso da altra parola , ma qui dov'è a con- tatto di CNL , di cui nulla so indovinare , non mi arrischio a parlarne Dirò il medesimo di HAREV- TVSE , ove sento la voce &gct , preces , ed il fu- turo del verbo Bv® forse insieme composte in un vocabolo , ( e saremmo sempre fra termini rituali ) Lingua etrusca. 311 ovvero il futuro di un verbo oc^otoù) molto vici- no ad otfMQTzca che però non saprei come collegare col rimanente contesto , il quale lascio allo studio di più valente e più felice interprete che io non sono. Sulle voci di questa /\. formola voi congetturaste che in Thuras si rammentino i termini agrarj da voi stabiliti al v. 6 , che Tauro, sia il gentilizio Thuria • lielu il gentilizio Aelius •. su di tesne e rasne vi riportaste alle cose dette alla pag. 3o del- la vostra opera : chimth con erudito ragionamento traduceste al prenome Quinti : della voce SPEL- THV traeste la iniziale S per darla alla precedente voce chimth : PEL riteneste solo e distaccato , ab- bandonandone la interpretazione : la restante silla- ba THV uniste alla voce di TASGVNA , e leg- geste TVTAS CVNA , e sull'esempio delle tav. eu- gubine che hanno tuta per icuvina inclinaste a cre- dere che tutas cuna rappresenti una formola di- plomatica-giuridica da spiegarsi totius communiter ; qualunque relazione aver potesse una tal formola col nostro sasso : in Aphunamena distaccaste Aphu- nam per ritenere il gentilizio Apponiam , le restan- ti sillabe uniste colla voce HEN leggendo ENA- HEN , su di cui dichiaraste di non volere azzarda- re alcuna congettura : quanto ai naper ci riman- daste alle cose dette al v. 5. di CI e CNL nulla opinaste : in hareutuse vi parve di vedere un nuo- vo gentilizio Aretusius , o le due voci hareu, e tu- se , circa le quali non voleste proporre alcuna opi- nione. Incomincia la iscrizione del fianco sinistro , del quale citerò i versi col numero corrispondente a quelli della iscrizione di fronte ; poiché la giacitu- ' i4* al3 Letteratura ra delle linee d'una parie si riscontra colle linee dell'altra. Y. ,. VELTHINA S- 2. ATENA XVG- ■ò. 1ENESCI IP- 4. A SPELANE 5. THI . PHVLVMCH- 6. VA SPELTHI 7. RENETHI .... Si è questa a mio giudizio la 5 ed ultima f ol- inola pronunciala dal nrecone , colla quale si ter- mina il sacrificio. y titilla a , ocncl enescl Ipa spelanethi. Le pri- me 4 voci essendo state già dichiarate indietro , le renderò in forza delle ragioni da me addotte ai ri- spettivi luoghi Velthlnl , porcelli rlte prohati Il- lumina. SPELANETHI a mio parere ridonda della aspirazione S iniziale , ed è l'imperativo d'un verbo medio TsXavojiai dal tema TreAavo? , lihum e polline fnrinae. Verosimilmente è lo stesso verbo greco Taf- Auva .0 TraAuvouai , tòspwgó , albefacio , e dicesi pro- priamente della farina. I cambiamenti dell'* in » , e dalla Y greca o sia dell' V toscano in A , i quali si rincontrano in spelanethi paragonandolo al gre- co verbo , si riducono a varietà di dialetti , ferma la sostanza della parola. In virtù adunque delia chia- ra etimologìa di questa voce , e della sua regola- re costruzione ch'i- qm-lla della seconda persona sin- golare dell'imperativo ne' verbi medi di grecia , mi sarà concesso di tradurre PELANETHl pòlline fa- rinue insperge, o albefacito', e dir vorrà che W- tioio dopo aver da prima separato Fapid* del po- chette e dopo averlo insaccato io virtù della J. tur? Lingua strusci 21 3 mola , dopo averlo presentato leggermente al sacri- ficio in virtù della t'orraola 4 » ora in yi^tù di que- sta ultima deve infarinarlo : cose tutte che bene si succedono l'uno all'altra, e Lene si confrontano coi riti usati dai romani. PHVLVMGHVA SPELTHI RENETHI distin- guo la prima parola iu due temi clie la compon- gono, per quanto a me pare, cioè iu 4>i/AAov , foli uin che in etnisca ortografia è PHVLV, ed in MCFA, la quale, sostituite le vocali ausiliarie ad M e CH, diviene MECHVFA, o sia MEGHVA, voce aggettiva come io penso dal verbo pnimi» in longum produco ovvero da y.wo$ longitudo; dai quali temi risulta un vocabolo composto che serve di epiteto alla segueu« te voce SPELTHI, ed esprime il senso di foliìs in longum prodtictis , o foliìs luxuriantis spelthae o ciò ch'è lo stesso , di due distinte voci aventi il medesi- mo valore. E certamente la spelta , come tutte le piante cereali allorché portano iu grembo la spica , o sono in sul produrla (nella qnal epoca si disse che ven- ne usata al presente sacrificio) serbano le foglie più che mai lunghe e lussureggianti , disseccandosi poi queste di mano in mano che la spica diviene ma- tura. Della variante di SPELTHI che qui abbiamo in luogo di SPELTHV che il quadratino scrisse alli versi 22 e 23 non farò maggior caso di quello che ne feci fra XI A e XEA e fra di alcune altre circo- stanze di questa ortografia. RENETHI imperativo medio simile a SPELA- METHI, che io dedurrò dal greco fxivo), spargo dif- fondo; laonde queste ultime tre voci spiegherò fo- liis luxuriantis speltae mspergito , e forse il senso è che il sacerdote dopo aver infarinato quella in- o.\i Letteratura farcitura dell'apide, dovesse spargerla di verde spelta , o più veramente che dovesse spargere la spelta fron- deggiante o su i Jinper , o sulle are , o sul pavimen- to , o altrove che si fosse ed allora converrebbe tradurre foliis luxuriantem speltham diffundito , col- la qual cerimonia ,* sembra che si termini il sacri- ficio. Voi parlando di questa epigrafe da lato la chia- mate nuova, e palesate il dubio, che come avvenne in altri monumenti vi sia stata appiccata posterior- mente una giunta analoga alla prima e più principa- le epigrafe di fronte. Di questo dubbio né ad- duceste le ragioni : ne a me pare che basti a fon- darlo la sola forma del sasso : oltre poi che la scrit- tura , per quanto deduco dalla vostra opera, non è diversa nell'una parte e nell' altra. Io spero di mo- strare che 1' argomento delle due epigrafi è uno , e che la parte laterale altro non è che la continua- zione di quella di fronte. Bene si raccoglie dalla forma del sasso ch'egli restar doveva aperto e visi- bile dai due lati ond'è scritto, come gli altri mo- numenti di tale natura. Venendo alle voci da voi illustrate in questa epigrafe di fianco , divisa la S iniziale da Satena , vi leggeste Atena , novello gentilizio de' tardi tempi di Etruria , ovvero Attilia voce agraria di cui par- lano Siculo Fiacco «3 Palladio. Di xucl enesci ipa avevate parlato ai v. V VII VILI né altro ne dite : nel- la voce spelanethi , lasciate spelane, e ragionate sul thi nel quale proponete se possa rintracciarsi il TI indeclinabile de' greci , aliquid dei latini. E posto che la voce che precede a THI sia nome di persona proponete se quel THI possa rappresentare ed espri- mere la porzione di terreno assegnata a quegl'indi- vidui. Dopo di che facilmente trovate in SPELA.- Lingua etrusca. 2i5 NE ( rigettandone la S iniziale come aspirazione, e l'iducendola a Pelane) il gentilizio Pelaniits, o Pe- lenius , o Pelonius, nel qual caso un altro Pelo* ilio vi diventa la prima sillaba spel della voce spet- tili al v. 4 di fianco. Cosi ancora diviso RENE da THt al v. 7 trovale iu quel nome il gentilizio i?e- mne facilmente riducibile a Rejmìus. Io ho accennato a diverse riprese il vostro com- mento, indicandone brevemente la somma, ed il più delle volte senza tener dietro ai ragionamenti ne'qua- li il fondaste ; ciò che sarebbe stato di soverchii lunghezza. Niuno però sia di coloro che non han let- to la bella opera vostra, il quale pensi che alcuna vostra opinione non sia sparsa di eccellenti lumi d'in- gegno e di dottrina, o che voi abbiate voluto at- tribuir ai vostri pensamenti ed autorità maggior pe- so che quanto ne meritano le più dubbiose e ti- mide congetture, o che io le accenni cosi di volo perchè non le reputi degne di esame. Feci da prir- cipio le mie proteste , e qui le rinnovo. Ma aven« do io esposto le congetture ed opinioni mie per lo più diverse dalle vostre, e le ragioni in che le fon- dai, ho pensato che , quanto a me , questo era il più compendioso esame del vostro commento: su del qua- le come su del mio altresì la sentenza al pubblico si appartiene. Quello che io giudico di poter dire; si è che quel modo da voi tenuto di tracciar vo- caboli in qua ed in la senza attendere ad alcuna re- lazione che insieme li colleghi, e ne porga qualche parte interressante del contesto, e quel ridurre il più che poteste delle voci etnische a nome di per- sona , e quasi nulla ai nomi delle cose, ed ai ver- bi, senza i quali è impossibile che star possa una scrittura di tanta lunghezza quanto era modesto « diveniva di troppo pericolo. Ma forse io che ho vo- 21 G LETTERATURA luto evitarlo , ed invece cercarmi un appoggio nel contesto , non sono andato esente dai vostri difet- ti, ed anco da maggiori clip i vostri non furono. Quello che mi consola si è che io al par di voi ho voluto giovare alla scienza , e che forse dalla cen- sura de'miei errori , se i dotti mi faranno la grafia di discuterli , nascerà materia di ampliar in qualche parte le scarse nozioni che abbiamo della più anti- ca lingua d'Italia. Riunendo ora le sparse voci del mio commen- to, avremo secondo le mie opinioni la seguente in- terpretazione della seconda parte della perugina epi- grafe. Felix Larthia natus APHVNESCLEN (forse rituum praeco ) denunciat indi ci t alta voce silen- lentium fratriae. (inde fatur) Veltini Quintace (o Quinctiane) vir illustri* degusta uaperos SRANCXL honoris fausti. Veltini, cum naperos perfeceris , degusta agni- nam , CLEL inter preces Veltinium solvere dona , quintum diern ( ovvero in post quintum diem ) CNL. Veltini seva infarciens (o cum farciveris) por- rice molli ter. Veltini sacerdos tauram keluain porricito fa- citoque decem diis. Faeturus cymata spelthse , quae victum suppeditant , APHVNAMENA in NAPER, o inter nap-ros , CI CNL HAREVTVSE. Veltini , farcita porcelli rite probati libamenta polline farinae inspergito , foliis luxuriantem spel- tham difFundito. Così io congetturava di questa seconda parte della epigrafe. Se le mie cure il consentono , darò fra breve il resto , ove a me sembra che la epigra- fe prenda lo stile narratorio , e riferisca l'esito del- Ll>TGl'< STRUSCI 2 [7 la descritta solennità. Siate certo , o Signori? , che io non più presumo del mio commento di quello die voi presumeste del vostro, e che attendo in pa- ce le osservazioni vostre e degli altri dotti per cor- reggere le mie opinioni , per abbandonarle ancora a confronto di altre migliori , che per tali mi si di- mostrino. Scriptorum •veterum nova Collectio e vai icanis codicibus edita etc frollimeli I. ARTICOLO SECONDO. JLie molteplici occupazioni e l'assenza da Roma di un nostro cortese corrispondente , hanno assai ri- tardato , e ben oltre il nostro divisamento , la con- tinuazione dell'estratto da noi incominciato del pri- mo volume della Collezione vaticana pubblicato dal celebratissimo monsignor Mai. Ora però possiamo compire questa relazione; e tanto più volentieri di tale dovere ci sdebitiamo , quanto che fra breve sa- remo per parlare anche del secondo volume già pu- blicato della medesima Collezione, che è pieno di clas- sici autori della più dotta e più celebre antichità. Adunque non Eusebio soltanto di Cesarea , del quale noi ragionammo nel precedente articolo , ma moltissimi altri antichi , benché ora in gran parte perduti scrissero questioni intorno alla sacra Bib- bia; e primeggiò fra essi in antichità l'ebreo Filo- ne, autore de'lempi apostolici, del quale la beneme- rita congregazione de' Mechitaristi in Venezia ha te- ste pubblicati varii scritti su questo stesso argo- 2i8 Letteratura mento. In quanto poi alla moltitudine de'hiblici con- troversisti , noi per brevità rimandiamo i lettori alla prefazione di M. Mai , che gran numero ne ha no- minato : ma non esitiamo di pronunciare , che tra' Greci il migliore ci sembra Fozio ; nome senza dub- bio infausto alla unione e tranquillità della chiesa, ma celebre nondimeno nelle sacre e profane lettere. Dopo infatti la sua biblioteca , la più importante delle foziane opere sono le cosi dette questioni am- fìlochiane, perchè scritte ad Amfilochio primate di Cizico amico suo. In esse si trattano gravi argo- menti di sacra critica ; né quasi mai altro sogget- to , benché siano trecento e tredici, e tra esse mol- te di non mediocre prolissità. L'autore della Colle- zione vaticana , conoscendo che questo scritto , di non comune importanza per gli stridii ecclesiastici , era in gran parte ancora inedito , si è accinto lo- devolmente a pubblicarne appunto le parti grandiose incognite, stampandone il testo greco con sua traduzio- ne latina e con qualche annotazione. Ed intanto ha tolto ad inserire nel suo volume dalla p. iq3 sino alla 3Gi venti d'esse questioni ; intorno alie quali assai vi sarebbe da ragionare per far sentire a'veri e studiosi amatori delle scienze sacre l'uso e il frut- to che può ritrarsene; ma noi per brevità ci restrin- geremo ad esporre i soli temi d'esse questioni. Questioni di Fozio. I. Si muove e si scioglie una controversia intor- no alla povertà evangelica: e poiché questa è la prima questione dell'opera , si propongono ampiamente da Fozio i canoni della critica sacra e della ermeneu- tica. Essendo dunque già noto dalla biblioteca sua , quanto giudizioso e gran critico sia stato Fozio ; da COLLECTIO VATICANA 3 I f) ciò più arguirsi , con quanta dignità e sapienza trat- ti qui l'argomento della critica biblica, che protrae dalla p. 193 sino alla 24 >• II. Dichiara Fozio i varii significati che ha nel- la sacra bibbia il verbo «iroti^ivoiixi respondeo. E con ciò si fa strada a proporre e dichiarare 34 altri voca- boli greci, ciascuno de'quali ha raoltiplici e diversi si- gnificati. Perciò questa questione può aversi in conto d' una bella giunta al lessico greco dal medesimo Fozio compilato , e che fu a di nostri publicato in Germania dall'Hermanno , e ripetuto in Inghilterra con annotazioni del Porson. Fozio medesimo in que- sta questione rammenta il proprio dizionario, e di- ce che in prima gioventù lo compose; notizia fino- ra ignota , e che ci fa maravigliare come Fozio in anni ancora assai teneri fosse ricco di tanta erudi- zione, quanta abbonda in quel lessico. III. Come la morte di Cristo sembri nelle sacre scritture ora voluta ora non voluta dall'eterno Pa- dre; e cosi ancora, ma per ben diversi motivi, da Satanasso. La questione è trattata con alta gravita e dottrina. IV. Del battesimo, che si dice amministrato dagli apostoli nel nome di Cristo; magnifica controversia che occupa pagine if\. Tale questione fu più anticamen- te agitata tra alcuni Padri ; ma si rinnovò in tem- po di Fozio nell' occasione che i Bulgari chiesero a papa S. Nicolò I. la soluzione di alcuni dubbi. Più presso a noi, fu tocca la controversia quasi da ogni teologo ; ma più ampiamente dall' Orsi dall' Arduino e dal Calraet. La sentenza dell'Arduino e di molti altri, opposta a quella dell'Orsi, trova ora un valido appoggio negli argomenti di Fozio. Sem- bra dunque che i professori di teologia non dovreb- bono dispensarsi dalla lettura di questa foziana que- 220 L K T T B R À T li R À stione : come uè meno i professori di critica sacra dovrebbero trascurare la prima d'esse questioni. V. Come debbansi intendere, quelle parole „ chi „ mangerà questo pane e berrà il calice del Signo- „ re indegnamente , sarà reo del corpo e del sangue „ del Signore „. VI. Breve sposizione storica della pietra magne- tica, con morale applicazione. VII. Perchè i capi d'anno sienp stati varii pres- so varie nazioni e in diverse età. Vili. Se Dio abbia prestabilito a ciascun uomo i termini della vita; o se anzi la morte avvenga per casi naturali e senza alcuna predestinazione. La con- troversia è trattata in dialogo , ed è lunghissima. IX. Perchè la sacra bibbia ci sembri oscura. Que- sta questione Fozio toglie ad litteram da Policro- mo ; ma era nondimeno inedita , come le altre. X. La medesima questione proposta da Fozio con alquanto maggiore estensione. XI. Si sciolgono parecchie obbiezioni contro la providenza divina. XII. Altra questione intorno allo stesso argomen- to della providenza. Come cioè accada che Dio crei quegli uomini, di cui prevede l'eterna dannazione. XIII. Non essendovi nella ss. Trinità differen- za di onore; come ciò nulla ostante dicasi che il Pa- dre crea per mezzo del Figliuolo e dello Spirito santo, e non viceversa. Questa e le seguenti cinque questioni si aggirano in sottile teologia ; ed è bello il conoscere in qual modo i Greci sin ne'tempi di Fozio trattassero nelle scuole e nel catechismo queste materie. XIV. Perchè diciamo in teologia Spirito del Pa- dre e Spirito del Figliuolo ; e non Padre ne Fi- gliuola dello Spirito. COLLKCTIO VATICINA 23 1 XV. Dappoiché le tre divine persone sono in lutto eguali ; perchè nondimeno si nomini sempre il Padre in primo luogo. XVI. Perchè la redenzione non sia stata ope- rata né per mezzo di angelo né di semplice uomo; ma mediante lVìaninizione del Verbo. XVI [. Perchè soltanto il Figliuolo sia detto giu- dice del secolo futuro. XVIII. Dialogo d'uomo pagano con un cristia- no intorno alla Trinità. È scritto in modo e gu- sto scolastico. XIX. Perchè all' estremo discorso del patriar- ca Giacobbe si dia il nome di benedizioni , mentre in parte esse furono più tosto maledizioni. XX. Non avendo Mosè fatta alcuna menzione del regno de' cieli; perchè, ciò nulla ostante, dica Cristo ne' vangeli che quel regno è preparato ai giu- sti sino dal principio del mondo. Tanto e non più di foziane questioni ci da pre- sentemente monsig. Mai , riservando le rimanenti ad altro tempo e ad altri volumi. Ha nondimeno qui aggiunto del medesimo Fozio cinque risposte in drit- to canonico , trovate in altro codice vaticano , e che sono mandate a un Leone arcivescovo di Cala- bria. Sono esse scritte con autorità del sinodo as- sistente al patriarca Fozio, e discorrono sul batte- simo amministrato da' laici; sulle mogli de'sacerdoti e diaconi di rito greco ; sul battesimo da amministrar- si in alcune occasioni a' bambini de' Saraceni ; sul recare l'eucaristia a' Cristiani schiavi ; sui fanciul- li oltraggiati nel pudore da'Saraceni. L'editore ac- compagna con più frequenti note queste riposte fo- ziane. Ampia notizia d'altre opere non ancora pu- Llicate di Fozio si scrive nella prefazione , e se ne pongono alcuni estratti; specialmente di certa ope» 222 Letteratura ra , dove Fozio incidentemente esalta a cielo la virtù di alcuni romani Pontefici. Finalmente a p. 189- 191. si da un frammento delle annotazioni di Fozio so- pra il vangelo di s. Luca. Comento di Teodoro mopsuesteno sopra ì profeti minori. Grande è la fama che tra gli scrittori eccle- siastici si è guadagnata Teodoro vescovo di Mop- suestia nel quinto secolo ; e gravissime e lunghe fu- rono le controversie che nella chiesa eccitaronsi per causa de' libri suoi. Nato nobilmente in Antiochia , discepolo di Libanio , amico intimo in gioventù del grande Grisostomo , dotato di fecondissimo ingegno, incominciò nel diciottesimo anno suo a divolgare opere; né cessò di scrivere se non con la vita, che fini in Mopsuestia dopo 3G anni di episcopato. L'edi- tore ha nella prefazione raccolto il catalogo degli scritti di Teodoro, in quanto ne rimane qualche memo- ria , ed ha dichiarato che quasi nulla ne era stato sino- ra publicato a stampa. Noi tra le perdute di lui opere desideriamo principalmente la confutazione di Giuliano apostata , il libro intorno a' miracoli di Cristo , la spiegazione della fede nicena , l'opera contro gì' interpreti allegorici della bibbia, e quel- la contro la magia persiana. Intanto l'editore aven- do incontrato in due codici della biblioteca vaticana l'intero comento d'esso Teodoro sopra i dodici pro- feti minori , questo si è accinto a publicare ; cioè intor- no a' tre profeti, Giona , Naumo , ed Abdia , il tut- to distesamente ; a' quattro altri , Osea , Amos , Za- caria , ed Aggeo , soltanto i prologi ; finché più ac- concia occasione farà luogo alla publicazione del tutto. I profeti minori quanto sono importanti pe' C0LLECT10 VATICANA Hz3 vaticinii che contengono e per la storia che accen- nano de1 calamitosi tempi giudaici duranti gli im- peri di Ninive e di Babilonia; altrettanto ci rie- scono oscuri per la brevità loro, per lo stile astruso e poetico , pieno di orientalismi , non palestini soltan- to , ma più rimoti ancora, cioè che si udivano sul- le sponde del Tigri , e sui baluardi di Ninive e di Ecbatana. Ma il nostro Teodoro recatosi in mano questi oracoli e ben compresili con la perspicacia dell' ingegno suo , ne ha dettato un si chiaro co- meuto anzi parafrasi , che ci sembra propriamente udire un vivente interprete , che volga in conosciu- te parole la parlatura enimmatica di un messaggio straniero. Però della maniera d'interpretare , che è in uso presso Teodoro , ha discorso saviameute Fo- zio nella biblioteca ; al quale esso sembra quanto pro- fondo nella scienza delle scritture , e ricchissimo di sentenze , altrettanto forse ridondante nello stile , e per amore di chiarezza , ripetitore ancora di se me- desimo. Nondimeno le nazioni orientali in tanta stima ebbero il nostro Teodoro , che vivente lo chiamava- no per eccellenza il maestro ; e poi morto , conti- nuarono a dirlo per antonomasia l'interprete ; e ma- re di sapienza ; egli fu dato per sino il titolo di gran- de ; e da suoi più appassionati ammiratori fu det- to eziandio dottore di tutta la chiesa. Furono l'ope- re sue tradotte dal greco negli idiomi semitici , e sparse per tutto oriente. La parte de' comenti si- nora publicata, è scevra da errori ; ma però tutti san- no che certamente altre opere di Teodoro non fu- rono pienamente sane ; e eh' esso dopo morte fu condannato ne' concilii , biasimato ancora da' roma- ni Pontefici , specialmente da Pelagio II. e dal gran- de Gregorio ; e che finalmente la celebre scisma di Aquileia fu eccitata da coloro che troppo ardeu- aa4 Letteratura temente e eoa imprudenza ne difesero la memoria . L'editore ha tradotti? latinamente questi egregi co- menti , e più del solito gli ha accompagnati con dot- tissime annotazioni , comparandoli coi cementi di al- tri Padri, dichiarandoli con i sussidii delle lingue orien- tali ; e servendosi all' uopo del confronto di alcu- ni nobilissimi codici vaticani , da' quali estrae le varianti bibliche. Noi non possiamo a meno di non confortare l'editore a darci , siccome ha promesso , tutto intiero e riunito questo comento stimabilissi- mo di Teodoro sopra i dodici profeti; che sarà vo- lume carissimo singolarmente agli amatori della sacra critica e del prezioso patrimonio de' ss. Padri. Catena di ss. Padri sopra il profeta Daniele. Un estratto compendioso del comento di varii in- terpreti occupati in dichiarare un medesimo testo di classico autore , è ciò che vuoisi intendere sot- to il nome di catena. Tale lavoro si è praticato so- vente intorno ad antichi autori di qualsivoglia scrit- to ; ma però maggiormente intorno alla sacra bib- bia , che è cosi detta per antonomasia , cioè il libro. Le biblioteche europee di antichi manoscritti offro- no agli indagatori gran numero di codici biblici , che sono adorni di tali catene, specialmente greche. Alcune si leggono publicate a stampa ; molte an- cora rimangono inedite ; non però per demerito lo- ro, poiché parecchie sono antichissime , e conten- gono brani numerosi di ecclesiastiche opere che più non esistono. Abbiamo ^catene a stampa sopra il Pen- tateuco, sopra i libri dei re, sopra Giobbe, sopra; sal- mi ec. ma venendo a' profeti , non v' è catena stam- pata se non sopra Geremia ed Ezechiello. Monsig. Mai avendo osservata in due grossissimi antichi co- GOLLECTIO' YATICANA 2:i5 dici vaticani una copiosa catena sopra Daniele , ha preso il buon consiglio di publicarla; massimamen- te che cadeva in profeta , presso cui leggesi tan- ta parte di storia dei re Seleucidi e Tolomei , e de' quattro imperi ; e ciò che più importa , il celeber- rimo vaticinio intorno alla età precisa in cui ca- drebbe la morte di Cristo , ed il ripudio funesto dei popolo ebreo , che cesserebbe di essere popolo di Dio . Et post hehdomades septuaginta duas occì- detur Christus , et non erit ejus populus qui eurn negaturus est. Veduta però la grande farragine di questa catena , deliberò in sulle prime di estrar- re il solo Policromo , che ne compone una metà , e porlo in seguito al Teodoro mopsuesteno , che com'è noto gli fu per natura fratello. Ciò dunque eseguì l'edi- tore ; ed in pagine 55. di minuto carattere ci die- de il Policronio con sua traduzione e con idonee no- te. Ampliò poi l'idea, e raddoppiò le cure, sino a stampare tutta intiera la catena sopra il profeta. Gli autori che la compongono, sono (oltre il det- to Policronio) Ammonio, Apollinare, Eudossio , Eu- sebio cesariese , Esichio , s. Ippolito , Severo , Tito bostrese , Vittore , ed un Anonimo. Di loro tutti , che vissero tra il terzo e il settimo secolo della chie- sa , scrive breve notizia il eh. editore nella prefa- zione- Noi abbiamo già accennato che questo mi- scellaneo comento può essere novella sorgente di no- tizie storiche ; ma esso è più fecondo ancora di dot- trine ecclesiastiche per la confermazione dei doni- mi e per la regola de' costumi ; e può consolarsi il pio cattolico , vedendo che la sua fede , e la sua disciplina , è quella medesima che s'incontra negli avanzi antichissimi di questi Padri. Vedrà quivi gli angeli custodi degli uomini , e la loro incorporeità e i loro uffici ; il regno universale del Messia ; il G.A.T.XXXIV. J5 aaG L e t t f, r a t v f. a. geuerale giudi mio ; l'eternità delle pene; L'utilità delia preghiera e del digiuno; l'importanza ed il merito dell' amore fraterno ; la reità di chi riceve indegnamente l'eu- caristia ; la risurrezione de' corpi ; lodata la confes- sione de' peccali ; confermata l'autenticità del canti- co dei tre fanciulli ; (citata eziandio da Severo an- tiochiese la controversa orazione di Manasse;) asse- rita la persecuzione futura dell' Anticristo ; negata contro i superstiziosi la presidenza de' demoni alle azioni umane; difesa la previdenza divina; affermata la predestinazione dopo la previsione de' ineriti ec. Saggio del libro di Leonzio delle cose sacre. L'ultimo autore , di cui si dà un saggio co- pioso in questo primo valicano volume, è Leon- zio prete bizantino , scrittore del sesto secolo. Clii non avesse ancora veduta l'edizione , anzi il sag- gio , di monsignor Mai , potrà formarsi idea dell' opera di Leonzio richiamando a memoria i luoghi paralleli di s. Gio. Damasceno, i (piali molto le si assomigliano; e direni' anzi che il Damasceno si gio- vò non poco dell' opera del Bizantino che lo pre- cedete di due secoli. Leonzio volendo in un libro, che intitolò delle cose sacre , comprovare un gran numero di sentenze specialmente morali , ordinò que- .sle secondo il greco alfabeto , cioè sotto ciascuna lettera pose varii titoli d'e.;se; e ciascun titolo di- mostrò con passi biblici e di ss. Pachi. Ed appun- to la parie preziosa dell' opera consiste in questi passi de'Padn che sovente sono inediti, perchè avanzi di per- dute opere. Quali le quanti siano questi inediti luo- ghi , potrà chi è penilo in sacra erudizione facil- mente rilevare e dìseerucre dall' indice obfl l'edito- re ha scritto (iraendolo dalla lettura dell'opera) degli autori e delle loro citate opere , che occupa GOLLECTIO VATICANA 2 2-7 otto colonne di sottile carattere. Di questa raccol- ta del bizantino Leonzio , fu intanto l'editore con- tento di stampare il solo elenco de' titoli che riem- pie pagine 2r>. A questo elenco ha aggiunto per saggio di tutto il libro il primo titolo dell' alfa , che tratta della creazione dell' uomo , tralasciando i testi bìblici e comunemente que' passi òt: l'adii che erano editi , limitandosi agli inediti ; che sono principalmente s. Ippolito sopra la genesi ; s. Pie- tro Alessandrino nel trattato dell' anima ; s. Eusla- zio antiochiese nel trattato parimenti dell'anima; s. Ci- rillo nell' opera contro Diodoro; Eleuterio tianc'o con- tro Apollinare ; Antioco tolomeese nel discorso so- pra Adamo ; Gennadio bizantino nel secondo sermo- ne a Parteuio ; Anlipatro bostrese nel settimo ca- pitolo contro Origene , passo che occupa parecchie pagine ; oltre due altri minori dello stesso autore collocati iti nota. Tanto esiste nel solo primo tito- lo ! E ci ammonisce l'editore che il Leonzio sta in due codici vaticani, l'uno del secolo XII incirca; l'altro più antico che è palinsesto del secolo ottavo , da più moderna scrittura ricoperto. Finalmente vediamo in questo primo volume di vaticana collezione due brevi discorsi di Anastasio sinai ta sul termine della vita e sullo stato delle anime dei trapassati ; qualche altro frammento dello stesso Anastasio; un breve supplimento di lacuna nella cronaca pasquale; un saggio del co mento di Apolli- nare al vangelo di S. Luca; un frammento di s. Ip- polito sopra i proverbii di Salomone ; una breve lettera di Giovanni Vili sommo pontefice , contem- poraneo di Fozio. j\c si tralascia di fregiare l'edi- zione con varii saggi di caratteri greci , tratti da' codici antichi degli autori che si publicano : e più di tutti è curioso un saggio di scrittura e lingua ine- i5* 228 L E f T E R A T li R A sogotica , tolto da' frammenti inediti di una omilia o trattato sacro in tale lingua , che esiste in pa- linsesto. E cosi ogni giorno più crescono gli obblighi dell' Europa intera verso questo grande sapiente ita- liano , il quale con fortuna pari al suo fino giudi— dizio ed alla sua vasta erudizione non cessa di ar- ricchire di opere classiche e preziosissime le lettere sacre e profane, e di far ciò che in tanti secoli di ricerche e di studi erasi tentato invano di fare da nessun' altro europeo. N. Sulla interpretazione della voce fui a. Lettera al nobil giovane signor Giovanni Galvani (i). v^uand' ebbi lette e considerate le modeste ed in- gegnose congetture di V. S. per le quali deduceva dal provenzale fair , a spiegava nel senso di fug- gita o fuggitiva la voce /'aia. , tre volte adopera- ta dall' Alighieri nella sua commedia; mi parve che nessun' altra meglio convenisse colla primitiva uni- ta di significato che si deve al possibile ricercare negli antichi vocaboli , o meglio soddisfacesse alla (i) Picchiamo assai volentieri questa lettera d'un chia- rissimo e cortesissimo letterato di Modena : e tanto più , quanto che lo stesso illustre collega nostro sig. marchese Biondi ce ne fa gemile premura ; senza però eh' egli ritrat- ti punto la sua spiegazione data già in questi volumi al- la parola Juia. ( l compilatori ) Sulla voce fi\H 229 ragione dell' etimologia , ed alla verisimiglianza del concetto che in que' luoghi diversi ha dovuto espri- merò lo scrittore. Vedute poi nel quaderno XCV. del giornale arcadico le difficoltà che un gentile e dotto critico obbietta ad un simile intendimento , ho riandato con qualche attenzione que1 passi, e non ho potuto ancora indurmi a rifiutare la spiegazio- ne da Ini proposta. Né crederei che ciò procedesse da quella certa ostinazioncella , che non è l'ulti- ma delle miserie letterarie ; mentre delle mie rifles- sioni , qualunque sieno , io vorrei pur giudice lo stesso egregio contraddittore. Nel primo luogo , cioè nel e. XII dell' inferno, dove Virgilio , parlando a Chirone di Dante e di se medesimo , dice : Non è ladron , ne io anima foia , il sentimanto coperto , che V. S. dichiara , sareb- be questo : Costiti, che voi siete accorti esser vi- vo, non è perciò un Ercole o un Teseo, che sce- ser vivi quaggiù per furarne le anime ; ne io so- no anima fuggita o sottratta dal mio luogo , come per opera loro fu Proserpina, o la moglie d'Jdrne- to. Giusta il parere del Biondi, questa interpreta- zione cade principalmente per la ragione eviden- tissima , che Virgilio e Dante tenevano , non già il cammino che conducesse fuori della città dolo- rosa , ma sì V opposto per cui si andava ai luoghi di maggior pena ; sicché non poteva mai venir in mente a Chirone, che Virgilio fosse un anima fug- gitiva. Lascio stare il comento eh' ella fece alla pro- pria sentenza in modo che per altri potrebb' esse- re tuttavia persuasivo ; e mi contento di prende- re le parole di Virgilio semplicemente come un ri- 2Òo Letteratura morchio , un rimbrotto, il quale appunto acquista più forza , quanto maggiore è l'inverisimiglianza del motivo che avrebbe avuto Chirone di porsi in al- larme. Se un fantaccino in tempo di pace rispon- desse al Chi vìve d'una pattuglia: Non è Rodo- monte che passa ; vi sarebbe ragion da credere eh' egli avesse realmente supposto in quella squadri- glia un cosi fatto sospetto ? E quando Virgilio sul- la cima del burrato gridava da prima al Minotauro: , . . Forse 7 a credi che qui sia 7 duca d'itene Che su nel mondo la morte ti porse ? Partiti , bestia , che questi non viene ammaestrato dalla tua sorella , ec. queste sue parole potevano mai dinotare nel poe- ta la persuasione che a quel mostro fosse venuto in mente di veder Teseo ? Erano esse pure un rim- proccio , una trafittura ; e come tali , maggiormen- te appunto irritarono l'infame bestia. Ciò che non sarebbe convenuto al pauroso Alighieri , conveni- va bene a Virgilio assicurato affatto da quella vir- tù , per cui moveva i suoi passi. Nel secondo luogo , cioè nel e. XXXIII del pur- gatorio , dove si presagisce che un tale Messo di Dio anciderà la fui a , V. S. intende, come tutti gli altri, significata quel- la stessa donna che nel canto precedente si descri- ve tratta , col carro mostruoso , da un gigante per una selva , tanto che furono tolti di vista al poe- ta medesimo ; e si fa quindi a spiegare juìa per fuggitili vale a dire tolta rapidamente dal suo luo- StJtT-4. VOCE FI JA 33[ go , o in altri termini per quella che gli fuggi iV in- nanzi tratta dal gigante* Al che s'oppone il cri- tico , ragionando : Chi è rapito, non fugge; anzi fuggirebbe se non fosse rapito; e conchiude che nin- no si lascerà dare ad intendere che il /"uggire pos- sa qualche volta suonare lo stesso che l'essere tra- scinato, lo voglio pretermettere che nel caso nostro non avremmo bisogno di spingere il senso a tutto questo rigor di termini , poiché l'adesione di Cle- mente V alle istanze di Filippo il Bello pel tra- sferimento della santa sede in Avignone potrebbe spiegare plausibilmente , secondo l'intenzion del poe- ta, l'uso di quel vocabolo nell' ovvio senso di fug- gitiva ; sopra di che non è caduta veruna osserva- zione del Biondi. Ammetter voglio senza riserva che data la nostra spiegazione sia di necessita concede- re al figgire tutta la forza dell' essere spinto , o ( che qui torna lo stesso) dell' essere trascinato' Sa- remo noi per questo in contraddizione di termini ? No certamente : anzi saremo sostenuti da quel me- desimo che fu il maestro e V autore di Dante. Nel lib. V dell' Eneide v. 23f) e seg. dopo la preghiera fatta da Gloanto perchè la sua nave sia la prima , il poeta continua: Dixit : eumque imis sub fluctibus audiit omnis Nereidum Phorcique chorus, Panopaeaque virgo ; Et pater ipse manie magna Portunus euntem Impulit : Ma noto citius , volucrique sagitta Ad terram fugit , et mirtu se condidit alto. Ecco fuggire una nave che va per impulso di forza altrui. E meglio ancora al caso nostro nel lib. x V. 659 e seg* ove ì narrato che Turno 23j Letteratura Vix proram attigerat , rampi t Saturnia funem^ Avulsamque rapit revoluta per aequora navim , si fa poi gridar lui medesimo : Quo feror ? unde abii ? quae me fuga ? quemue reducet ? Turno sente benissimo d'essere trascinato, eppur ado- pera la voce fuga. Non credo che sì volesse qui ri- petere : Chi e rapito non fugge. Del resto non de- ve parere strana tale estensione di significato presso i latini, mentre vediamo che fra' greci il verbo Qtvyetv aveva pur anche il senso di esulare , nel quale al- lontanamento da cosa cara come la patria, l'uomo è pur tratto contro sua voglia per una fisica o moral coazione. A chi poi non volesse condurre tant' oltre il sen- timento del passo in questione, bastar dovrebbe l'aver nella fuga una semplice espressione di corso o movi- mento veloce, come pur nell' Eneide lib. V v. 218 dopo il paragone col volo della colomba : ...*.. sic ìpsa fuga secat ultima Pistris Aequora ; sic illam fert impetus ipse volantem : e nelle Georg, lib. 3 v. 301 parlando d'Aquilone: Ille volai, simul arvafuga, simul aecmora verrens. Colla quale idea del corso veloce sogliamo cosi fa- cilmente unire quella dell' allontanarsi e dello scom- parire dal guardo altrui , che il volerlo dimostrare sentirebbe di pedanteria- Sulla voce fuja a33 i ed i Resta il solo passo liei e IX. tlcl paradiso : . Dio vede tutto : e tuo veder s'inluia , Diss1 io , beato spirto , sì che nulla fraglia di sé a te puoi1 esser fuia* • Dice, il Biondi , che se la parola fuggitiva o fuggitacele conveniente a due superiori luoghi, non sarebbe forse restio ad ammettere che a questo ter- zo si potesse pur convenire ; se pure non facesse considerazione, che non dicesi fuggire a un luogo , a una persona, ma sì da un luogo, da una persona. Mi sembra che sia agevole il superare quest' ul- tima difficolta. Senza perderci in discussioni ideolo- giche , basta osservare che in simiglianti costrutti la preposizione A suol pure accompagnarsi col termine da cui parte l'azione. Io son certo che l'accorto cri- tico non vorrebbe darmi un libello al tribunal de'gram* matici , se dicessi : Nulla può sottrarsi al divino sguar- do • A me si occulta , si nasconde la verità : - La causa del male non può sfuggire alla penetrazione di quel saggio.- In tal caso mi farei forte colla stes- sa autorità di Dante in quest' altro luogo , dove non può essere dubbia la sua intenzione. Purg. XXX. Questi si tolse a me, e diessi altrui. Piuttosto potrebbe riescir dura ed irregolare la fra- se fuia di se, quando non si ponesse mente che. le può convenire il senso attivo di trafugatrice , occul- tatrice, che viene in questo luogo ad avvicinarsi na- turalmente alla significazione metaforica dichiarata dal Biondi con queste parole : non ti può essere celato, o nascosto alcun volere di Dio. Se non che q34 L e.tt e r A T lì K A vuoisi avvertire che Dante noa ha inteso il disino eo- lere , ma sì quello della creatura, come ben appari- sce da tutto il contesto. Ho detto che viene ad av- vicinarsi naturalmente, poiché appunto il verbo fug~ gire ha pure il senso attivo di trafugare , occultare , come fra gli altri esempi recati dalla Crusca appari- sce da questo del Villani, lib. 12 cap. i$: Chi ave a cose rare , o mercatanzie , le f uggia in chiese e in luoghi di religiosi sicuri. Il qua! passaggio di neutro in attivo non è più strano di quello che si osserva alcuna volta nel!' analogo verbo correre , e segnatamente in questo luogo del Davanzali Ann. lib. i3: Con mala gente correva le cose da vende- re ; che fc traduzione del latino : Comitantibus qui raperent ad venditionem exposita. L'autor francese indicato dal Biondi , per quan- to si raccoglie dallo stile, non par essere molto an- tico. Se nel primo dei tre luoghi controversi ha reso per via di perifrasi la significazione del furto, altro non avrà fatto probabilmente che prender nonna da que' cementatori italiani , i quali avevano data una consimile spiegazione. Ho ben volentieri veduto nel tratto riportato dal nostro filologo quel verso Cest la necessite , non plaisìr , qui le mene , il quale mostra letteralmente dia nel testo del poe- ma s'è trovato : Necessità il conduce , e non diletto (*) ; (*) Così dice infatti , secondo che sappiamo dal Bion- di , il testo eh' è a fronte della traduzione francese nel cod. dell' università di Torino. ( I compilatori ) SliLt.A VOflK FUJA ^35 od aggiunge cosi nuova testimonianza pei" questa le- zione , che si riscontra nel principal man ascritto esten- se , ed in alcune antiche edizioni; a differenzi delle più comuni che leggono : . Necessità il c'induce , e non diletto ; ove mi par di sentire un non so che di lezioso mal conveniente al fraseggiar del poeta. Noterò pure per incidenza che quel verso francese: La barbe adone se fit jusque oultre le maschoeres non sembra doversi letteralmente tradurre, col Biondi : Fece curva ( curvò , piegò ) la ma barba jirì ol- tre alle mascelle ; perchè l' adone non corrisponde al nostro addiettivo adunco, ma vi sta come sempli- ce riempitivo nel significato cV 'allora (*). Cosi l'adope- ravano i provenzali , e se ne potrebbe addurre una quantità d'esempi. Forse, come accenna il Raynouard , venne dal basso latino ad tane. Dopo queste osservazioncelle , non pretenderò già. che la difesa interpretazione sia irrepugnabile ; che veramente sarebbe una pedantesca albagia. Mi basta bene che possa ottener luogo fra le verisimili congetture, e che l'animo candido e leale del Bion- di riconosca nelle acute e ragionate disquisizioni di V. S. qualche co-;a di più che il buon volere. La buona accoglienza poi che ad un tale scritto hanno fatta i giudiziosi compilatori del giornale arcadico , ed altri savi e discreti critici , valga or- mai a vincere in lei la soverchia ritrosia nel co- (*) Emendazione del eh. sig. Parenti accettata pure dal Biondi. ( I compilatori ) 2^6 LETTERATURA municare al pubblicoi frutti de' buoni studi, ne'quali impiega assiduamente que' begli anni che di tanti suoi pari sono riempiti colle generose occupazioni si ben descritte da Ennio : Jmus huc , hinc illue ; cuin illue ventum est , ire Mine lubet- Incerte errai animus : praeter propter vitam vi- vitur. M. Ant. Parenti. Lettera del conte Girolamo Jsquini al chiarissimo sig. abate D. Giuseppe Venturi , sopra un vec- chio sigillo , e sugli antichi confini del territo- rio della provincia Veronese col Trentino. Ve- rona , tipografia Bisesti , 182G. 4-° di pagine q3. I sigilli de' tempi di mezzo , per le forme ora di- susate de'caratteri loro , sono generalmente più dif- fìcili a spiegarsi , che gli altri de'secoli romani , o de' susseguenti della bassa grecita , cotanto nume- rosi nella nostra Italia. In quello che ha dato ar- gomento alla presente lettera , scorgesi nudamente incisa una capra , senza alcun accessorio blasonico di arme, o scudo gentilizio; con intorno la leg- genda: CINGI DA S. MARIA DAL BOSG. Dob- biamo per ciò reputarlo del duodecimo o decimo- terzo secolo ; ne'quali adoperavansi bensì le inse- gne dette parlanti , provenute da antichissimo , ma non già le altre determinazioni dello scudo o del campo , secondo l'arte araldica nata postcriormen- AsQUINl LETTERA Su'] te. Il sigillo fu rinvenuto ne'terreni di un paese no- minato anche oggidì Bosco, vicino a Frizelane* che l'A. N. ci avverte essere un Forum Julium Vero- nese sulle montagne , non il Carnico :' e certamente giunge graziosissima e persuasiva la conversion fat- ta da que'montanari di Forum Juiianum , o Fori Juliani in Frizelane. L'istesso A. N. trova in Vi- cenza una nobile famiglia Capra , forse oriunda del Veronese , ed una Capella , già chiarissima in Ve- rona , della quale reca i documenti ; e noi cite- remo soltanto i letterati Tebaldo e Galeazzo Ca- pella. Provien quindi, che la stirpe del nostro Cin- cio o Cinzio traesse un altro cognome di uso dall' istesso luogo della signoria ed abitazione sua ; co- me i da Camino, i da Polenta, i da Romano. Que- sta è certo una maniera italianissima : ne lo fia me- no il ruvidetto DAL BOSC ; se ornai fu dimostrato a sovrabbondanza per invincibili scritture degli ami- ci nostri e nostre , che i dialetti d'Italia , roma- gnuolo , bolognese , lombardo ed altri , non sono già corruttele posteriori di una lingua toscana , ma sibbene discendenti e depositai] anteriori di una lin- gua romana madre universale , che regnò con tut- ti gli effetti di madre lingua anche nell'istcssa To- scana. Con molta dottrina e possesso de'monumcnti pa- ini , quinci passa l'autore a difendere l'antica esten- sione del territorio e dominio Veronese , contro il Tartarotti ed il Giovannelli , recente istorico di Tren- to. Egli non teme le pertiche letterarie di questi ; poiché la giurisdizione ecclesiastica , ben provata ne' suoi confini per bolle Pontificie , gli presenta l'Achille di signoria municipale , consueto in simili quistioni ; e poi mostra direttamente dalle carte de- gli archivj la signoria municipale Veronese, per- 333 LETTERATURA manente ancora verso le montagne di Trento. Giun- geva questa da una parte tino a Riva , sull'estre- mità del Benaco , dall' altra fino a'monti Lissini , sotto Ala' e le alpi e valli , che ci assicura essere state dette una volta Penine, forse Pennine. Nuo- va e speciosa è la etimologia , die qui producesi del nome Lissinj , opposta ad un'altra tedesca del conte da Persico. Vuoisi , che questo circondario alpigiano, comprendente l'istesso pago Forogiuliense o Fmelane , fosse appellato in lingua de' celti da lis , foro , o luogo d'udienza t donde i latini tras- sero lis , litis , per le cause agitate in esso luogo (Varr. de L. L. , lib. IV.) , e da sin , segno, o 'li- nea di confine , donde il signum de' romani. Noi non contrasteremo al N. A., che in Lombardia v'ab- biano molti nomi di citta e di fiumi , derivati da quegl'invasori transalpini ; ma negheremo , che sie- no tali tutti quelli dell'Italia superiore o Gallia ci- salpina sino al Rubicone. Se ben si consideri , essi nomi nella maggior parte troverannosi dedotti , o dal greco antichissimo , o dal greco-etrusco , um- bro , piceno , sannite , o dal vero latino ; come nel restante dell' Italia. Siffatta disputa istorico-diplomatica, per quan- to ella mai sia municipale , trattata da un uomo tanto erudito , non poteva che portare in luce pa- recchie altre belle cose. Tali sono certamente al- cune iscrizioni inedite ed inaspettate , da'manoscrit- ti del celebre fra Giocondo e di Felice Feliciano , da marmo ora collocato nel museo Veronese accan- to a quello di un fratello , e da copia comunicata per un amatore lodevolissimo , il sig. Girolamo Orti. Esse provano la gente Cecilia e la tribù Poblilia , proprie de'Veronesi ; contro una seconda o terza usurpazione de'Tridenlini. Noi qui le trascriviamo ASQL'INI LETTERA -239 con molto piacere ; sicuri di far cosa gratissima a'veri dotti , che sempre aspettano da' nostri fogli 1ì3 gemme di somiglianti rarità romane. V . F C . CAECILIVS . NYMPHIVS SIBI . ET . MAECIAE GEMELLAE . CONTVBERN CAECILIAE . MAECIANAE FLLIAE . H . M . H . N . S . 2. L . CAECILIVS . C . F . POB . CARBO VI . VIR . AVG PRAEF . I . D QVINTIAE . L . L GRATA E V . L ( yùms , o vi.'ens legavit ) . 3. L . TRVTTEDIVS . P . F PVB . SIBI . ET BAEBIAE . C . F SEGVNDAE . V . F 4- P . TRVTTEDIO . P . F PVB . TERTIO FRATRI zio L K T T E K A r u n A P . VALERIVS . M . F POB . CAPITO SIBI . ET . L . VALERIO . P . F VALERIAE . P . F . SECVND CALPVRNIAE . G . F . SECVND VXSORI T . F . I 6. L . SERTORIVS . L . F POB . FIRMVS SIGNIF . AQVIL . LEG . XI CLAVD . PIAE . FIDELIS MISSVS . CVRAT . VETER LEG • EIVSDEM DOMITIAE . L . F PRISCAE . VXORI ( V. Maffeii Mas. Perori, pag. lai. 4-) L . OCTAVIO . L . F . POB SEVERIANO . LEG . QVI VIXIT . ANNIS . XXI . DIE BVS . XXVIIII . L . OCTAVI VS . SEVERVS . ET . TRATO RIA . SEVERA . PARENTES INFELICISSIMI FILIO . DESIDERATISS AsQUINI LETTURA. l/\l 8. M . MVCIV POB . MAXIM .... DECVRIO {sic) VERONIENS .... MVCIAE .... vivi Godiamo di sapere, che il sig. abate Venturi , a cui è diretta questa lettera, coltivi anch'egli la no- bile archeologia, e con apposite pubblicazioni. Esorte- remmo quindi e lui , ed il sig. conte Asquini , ed il sig. Orti, a voler porre il colmo a'ioro meriti ver- so la repubblica letteraria, facendole dono degli sco- nosciuti codici di fra Giocondo e del Feliciano, ar- ricchiti di confronti , e delle aggiunte , che può som- ministrare un territorio sì vasto e pieno degli avan- zi dell' antica floridezza. Se gli stranieri attendono con grande impegno a ristampare ed accrescere i te- sori lapidari, quanto mai più opportunamente ciò fa- rebbero i letterati d'Italia, presso i quali meglio fio- risce la vera scuola ed istruzione in simili cose, pei tanti libri , e per le carte manoscritte , delle quali abbonda ciascuna città nostra? Fra queste distingue- si certo la sempre coita, ingegnosa e splendida Ve- rona, co' depositi preziosi di cento valentuomini; ed in essa valgono sicuramente quelle di cento e mille altri le schede originali del solo Maffei. Girolamo Amati G.A.T.XXXIV. 16 a4?< Intorno ad un antico monumento in marmo-, discor- so di Francescantonio Pellicano , socio di varie accademie. Napoli, dalla stamperia Francese, 1826. 8.° di pagine 5i., con tavole in rame. ^Qualsivoglia contrada dell'Italia e dell'universo ceder dee ne'pvegi del clima e del suolo, ne' vanti di una civiltà veramente antichissima e di uno splen- dore sommo, alla celebrata Campania felice. Nuceria l'Alfaterna e Sarnina , fu citta delle primarie di tal provincia : ella ebbe comuni le naturali e politiche vicende con gli altri paesi, posti entro il grande cer- chio dell' ancora indomito Vesuvio. Un bel marmo de'suoi magistrali romano -coloniali giaceva neglet- to , attestando con le ricommessure a sbarre di me- tallo la violenza de'tremuoti, sofferti al paro di Er- colano , di Stabia e di Pompej. Il genio però di una patria cosi semisepolta trovò fortunatamente nell'au- tore di questo libretto , non solo un amorevol pos- sessore del monumento , ma ben anche un singoiar encomiasta ed illustratore del medesimo. Non v1 ha dottrina o erudizione, ch'egli non conosca e non ado- peri a pienissima sposizione del cimelio. 11 descrive per. le minute parli: aggiunge una bella tavola, di cui egli stesso è stato fedel disegna- tore , con virtù sommamente lodevole in archeofilo. Ecco il tenore della epigrafe. Marmo nvcerino a43 M. VIRTIO. M. F. MEN CERAVNO. AEDILI. I1VIR. IVRE DICVNDO. PRAFEGTO. FABRVM. V. VIR CVI. DECVRIONES. OB. MVNIFICENTIAM EIVS. QVOD. EQVOM. MAGNVM. POSVERAT ET. DENARIOS. POPVLO. DEDICATIONE. EIVS DEDERAT. DVVMVIRATVM. GRATVITVM DEDERVNT. NVCERIAE Tien conto degli accenti o apici , collocati nel marmo sopirà varj vocaboli ; e persino di due in- terpunzioni più pittoresche , fatte a foggia di gros- sa virgola propendente all'infuori. Diremo brevemen- te, che sebbene i grammatici latini abbiano voluto imitare la ire^e^yìx de1 greci, asserendo tre specie di accento , quandocchè realmente un solo accento può farsi sentire in ciascuna parola , il vederne qui due sovra la stessa parola, ed il vederlo omesso sulla sillaba lunga predominante ne' vocaboli polisillabi, troppo dimostra, non essere altro que'segni, che or- namenti calligrafici , come appunto le dette due vir- gole a tratto di penna. Stabilisce quindi l'età di Virzio alla deduzione della colonia romana in Nocera, fatta pei triumviri Lepido, Marc'Antonio ed Ottaviano ( Appian. Civil. lib. IV cap. 3- ) Vorrebbe , che il nostro vete- rano avesse ottenuto il nome di Cerauno , per essere stato un fulmine in guerra, o nella sua prefettura delle macchine belopeiche, anche allora fulminanti: nel che avrà contraria la ragione dell'intera nomen- clatura di que'tempi , da cui si assicura il terzo no- me vero personale , ed imposto da' genitori. Più bello è fondato è il suo trattare dell'EQVOM MAGNVM, principal nodo di tutta l'iscrizione. So- 16* 2^4 LETTERATURA stièhe, essere stato questo un grande donano , col- locato da Virzio in onore di Nettuno, nume tutela- re , o piuttosto uno de'due numi tutelari di Nuce- ria. Ciò egli prova con una medaglia , che ha data incisa nel frontispizio ; in cui scorgesi nel diritto una lesta creduta di Apoiline , con sotto un gran- chio , nel rovescio un cavallo senza freno e scoper- to, con la leggenda NOYKPIN&N. Dione Crisostomo, per lui citato ( Orat. X.XXVII ) convalida bene la tutela simultanea di Apoiline e Nettuno in Corinto; e forse anche in Nuceria, da titolo di primitiva kitqmx Corintia, o trasmissione di abitatori e parva in ma- guani Graeciam. Molto interessanti sono poi le sculture, che or- nano il monumento ; perchè ci presentano una idea nuova degli usi e dell'abito de'duumviri nelle roma- ne colonie. Senza la provvida e grata delineazioue istituita dall' A. N. , avremmo ignorato, che due ver- ghe ben lunghe, ed insieme un fascetto di esse, in- fettucciato a decussi verso il mezzo , con una pro- minente da basso , fossero le vere insegne del du- umvirato ; e che queste fossero tenute in mano da'- gli stessi duumviri, ovvero gli artisti potessero co- si porle a rappresentare la dignità. Dall'ampiezza del- le toghe , dalle pelli che medium impediunt crus , pare più che certo , le due belle figure , poste a'iati del cartello scritto , essere i duumviri , e quello a destra l'onorato e seniore Virzio. Sotto il cartel- lo vedesi una sella o cathedra , con piedi retti , e senza bracciuoli né postergale , che il N. A. chia- ma non bene bisellio , e ch'essendo formala per un solo personaggio , può dirsi ottimamente seggiola duura- virale. Essa è abbellita nel sedile di ricco fregio a rosoni e rabeschi , eh' esser doveano di avorio ; giacche, com'è noto, i duumviri delle colonie imi- Marmo nucbrino *45 tavano in tutto i consoli di Roma. — Nell'atto di scrivere queste cose , ci occorre alla mente , che le indicate due vergile lunghe , tenute , oltre il fasce senza scure , nella mano sinistra , e non recate sulla spalla , esser possano le pertiche o decempede co- loniari ; e che quindi Virzio ed il suo compagno fossero stati de' capi deduttori , spediti a tagliare e dividere i terreni delle citta, e de' municipj , al- lorché forni avansi colonie. Un episodio artistico da compimento alla is- truttiva rappresentanza. Circoscritte in due quadri- lateri sottoposti al cartello , veggonsi due altre fi- gurine di abito barbarico e ritte in piedi , le qua- li alzano una il sinistro , l'altra il destro braccio a sorreggere 1' istesso cartello ; tenendo 1' opposto braccio angolato sul fianco. Hanno il pileo ricurvo che mostrasi compresso dal sovrapposto peso, anas- siridi o braccete, ed un ampio manto gittato dietro la schiena, come l'Ati Cibeleo , ed il Mitriaco scan- nato re del bue. In esse riconoscansi le statuae Per- sicele, invenzione architettonica de'Lacedemonj , si ben circostanziata da Vitruvio (lib. I. cap. i), e non già Telamoni o Atlanti ; poiché questi furon disegnati a contorni da Michelagnolo , e meglio che per qua- lunque architetto , dal nostro Dante : „ Per mensola talvolta una figura „ Si vede giunger le ginocchia al petto, „ La qual fa del non ver vera rancura „ Nascer a chi la vede. „ La riquadratura del cartello non posa giustamente in mezzo su'due piccioli stipitijdel detto \emblema de'Fri- gj o Persi ; e ciò perchè avendo 1' artefice scolpito in primo oggetto di lavoro le due grand'iraraagiui 2/\6 Letteratura duumvirali, e la seconda a braccio teso in atto di accennar l'altra più degna , fu poi costretto rispin- gere da quella parte il confine del cartello. Mira- bile ammaestramento a'nostri esatti lineari, del do- versi talora far cedere le secondarie cose alle prin- cipali , senza sottilizzar tanto di simmetria e prospetto \ Non ammetteremo , che Virzio fosse V. VIR de'fabbri o ingegneri militari , de'quali era prefetto ; ma per l'ordine consueto a tenersi nella serie del- le dignità su'vecchj marmi , crederemo al contrario , ch'egli fosse de' cinque di una magistratura minore, o di un sacerdozio o collegio pacifico della istes- sa citta. Cosi nell'Augusta Perusia , oltre i duumvi- ri, v'ebbero i IIII. VIRI; ed in Suessula, oltre pu- re i duumviri , v'ebbero persino i XV. VIRI (Mari- ni, Arvali pagg. 9 e 3qo). Prosegua il N. A. ne'suoi studj con quello zelo e quell'ardore che mostra; e noi viviamo certi di do- ver porre onorevolmente il nome suo fra quelli de'più valorosi spiegatori moderni delle lapidi rea- li Borboniche, Ercolanesi e Pompejane. Girolamo Amati Sulla base della popolazione della Cùia- JLia base sopra la quale è fondato il mio cal- colo, relativamente alla popolazione della Gina y consiste nella regolarità di sistema eh' è nel go- verno cinese. Ogni distretto di luogo abitato ha il suo appropriato ufficiale ; ogni strada , il commis- sario del quartiere : ed ogni dieci case , un capo di dieci famiglie. Tutti questi ufficiali hanno i ne- cessari mezzi per accertare il numero della popo- lazione con considerabile accuratezza. Note spettanti alla. Cina 247 Ogni famiglia è obbligata di tenere sulla porta della casa una tavola chiamata mun-pae ( tavoletta della porta ) esposta per l'ispezione degli ufficiali in- caricati del registro del censo , nella quale sono scritti i nomi di tutte le persone eh' ivi abitano , maschi e femmine. Se il numero dei pigionanti e fedelmente notato sulla tavola , il numero degli abi- tanti della Gina non può essere accertato con mag- gior precisione. L'ultimo censo della popolazion della Cina eb- be luogo nell'anno 1790 , ed eccone a piedi la di- stinta nota d'ogni rispettiva provineia. Provincie Abitanti Hing-king, e Scing-king , o sia tutto il territorio di Man -ciao .... fò6 &fi King-sze, o Gi-le f ovvero Pi-ci-le . 3 5o4 o38 Keang-su , 0 Kyang-nan ..... 28 9G7 235 Gan-vuy 1 438 03 3 Scian-se 1 860 816 Scian-tung a5 447 633 Honan 2 662 969 Scien-se 257 704 Kan-su 34o 086 Ce-keang 18 975 099 Keang-se 5 923 1G0 Hu-pi 24 604 SGq Hu-nan 9 098 010 Sze-Ciùen 7 789 782 Fo-kin 1 G84 528 Kuang-tung 1 49' 271 Kuang-se . . . . t a 569 5i8 Yu-nan 3 o83 4^9 Kuei-ciao . . 2 94 x ^91 À Totale i43 124 734 a48 Letteratura Il tutto della popolazione, cosi data da docu- menti pubblici cinesi, monta a poco più di i/\3 mi- lioni : ciò che differisce grandemente da quanto fu detto all'ambasciatore inglase a Pekin, nell'anno 1793 ; ed anco da quanto si contiene nella descrizione ge- nerale della Gina dell' abate Grosier , il quale da qual sorgente traesse il suo Giùng-min-sciù ( nu- mero della gente ) non ci palesa. Sarebbe vano il far ricerche in Cina di docu- menti che portassero la popolazione di quell'impe- ro a più di i5o milioni d'anime. Accordando più di due milioni d'uomini per l'armata e lista civile , e più di altri due milioni di gente che vive nelle barche sull'acqua , anche con questo non indifferen- te quantitativo addizionale, quella popolazione som- ma a meno di i5o milioni. Quelle tribù ed orde di pastori erranti nella Cina, le quali destitute di fisse abitazioni soggiorno- no ovunque sufficienza d'acqua e pastura le invitano , non lasciano monumenti per perpetuare la memoria de'pa.ssati eventi. E per le pagine dell'istoria cinese non restano che i loro nomi. Sul carattere de' cinesi. I migliori tratti del carattere morale de'cinesi consistono nella docilità , gentilezza , urbanità , in- dustria ; cieca subordinazione dei giovani ; inaflfet- tato rispetto per gli anziani e genitori ; inclinazione generale di condiscendenza a tutto ciò ch'è giusto ; e nel riconoscere i reclami de'poveri parenti. Queste sono le virtù di pubblica opinione fra i cinesi. Dall' altro canto i predominanti vizii sono , dissimula- zione , invidia , gelosia , diffidenza . Prevale assai fra' medesimi lo scetticismo , ed uno spirito piut- Note spettanti all\ Cina a49 tosto irreligioso , quasi ad inferire che la loro men- te poco si mostra disposta a quel senso di rive- renza e di divina autorità che si denomina ne' sa- cri libri ,, Timor di Dio. ,, Ma se con impunita osa il cinese premere il sentier delle azioni opposte alla virtù, o s'abbandona alle nocive propensioni della natura umana , a queste il rigor delle leggi uma- ne , col sistema de' Co-tao-yu-se ( pubblici censori dell'impero), e la vigilante polizia, dettano una diffe- rente carriera. Le leggi della Gina hanno resa l'educazione così generale , che il modo di pensare del perso- naggio del più alto rango è uguale a quello dell* individuo il più inferiore. E la ragione di quest* eguaglianza origina dall'immulabil sistema che i ci- nesi hanno adottato, come base fondamentale per l'is- truzione dell'uomo, di preferire decisamente le scien- ze morali alle scienze fisiche. Questo sistema uni- to all'inestimabil vantaggio che la Gina esclusiva- mente possiede , ch'è quello di non aver bisogno di nulla da tutto il resto deli'uman genere , è per l'appunto la vera ragione che li fa essere , com- parativamente ai popoli dell'Europa , non relativa- mente a quanto ai cinesi fa d'uopo, assai tardi nel progresso delle scienze fìsiche. Lingue straniere, astronomia, geografia, istoria, disegno, ricamo, ballo, canto, suono, equitazione, scherma, ed altro, sono rudimenti considerati, sen- za detrimento dalla virtù , di gran vaglia e come •precetti primarj nel sistema di educazione fra noi. Fra i cinesi queste istruzioni, o le altre più o meno alle me- desime equivalenti , non sono considerate che come ornamenti di seconda importanza. Perchè, per quan- to mai abbian'essi il più gran rispetto per una raf- 250 L K T T E R A T U R A finata e cerimoniosa educazione * onorano positivamen- te sempre più la virtù che il talento. Come i greci ed i romani , così i cinesi possono ad- ditare il luogo di scene bellicose dove si batterono e morirono i loro antenati ; la situazione delle splen- dide corti; le tombe de'monarchi; l'abitazione dell'is- torico , del moralista , del poeta ; la memoria delle quali cose è loro cara , perche' interessa il loro cuo- re il contemplare l'antichità de'loro progenitori. Ma la loro educazione, la loro attività ed industria na- zionale , il loro limitato e non libero contatto col- le altre nazioni, e, più d'ogn'altra circostanza, la lo- ro lingua geroglifica , e la totale ignoranza delle lingue alfabetiche , li mette fuor di portata di saper della Grecia , di Roma , e delle precedenti e poste- riori nazioni del mondo. Ma quando all'orecchio dell'abitante dell'estre- mo continente asiatico, in qualche modo, traspira il distante romore delle esiziali e perpetue guerre de- gli abitanti dell'Europa, con tutti i decantati van- taggi di nostra superior civiltà , il cinese per la sua logica inferisce che gli europei o non pos- seggono grandi principii di equità e di giustizia per appellarsi a loro, ovvero che medesimi sono troppo ingiusti o barbari per conformarsi a tanto dover dell'uomo. Quanto sarebbe desiderabile e vantaggioso , so- vente ripeteva un cristiano cinese in Canlon, che prima dipartir dall'Europa il missionario destinato per la Cina a propagar la santa fede potesse essere familiare con la lettura de'libri cinesi, per esser co- sì alquanto istruito dei costumi , della maniera, del- le cerimonie , della religione, delle arti , mestieri , scienze, istoria, geografìa, cronologia, leggi» stato politico e fisico e d' ogn' altra cosa concernente a quel Note spettanti alla Cina a5i si vasto e popolato impero ! poiché senza tali cognizio- ni umanamente pensando ogni sforzo riesce inutile e Tano. O. Martucci Biografia universale tomo XXIV. Venezia pel Missiaglia. K uovo e lodatissimo divisamento fu quello di da- re unita in un corpo la biografia de1 chiari uomini di tutte le nazioni. Il quale nato in Francia, e po- sto ad esecuzione da una società di letterati, trovò in Italia fautori non men caldi, né meno abili (fra cui va distinto il nome dell' ape delle lettere Bartolomeo Gamba ) i quali trasportando nella lingua patria il vasto lavoro francese ne promisero inoltre copiose ag- giunte ed ampliazioni. Generosa veramente e degna intrapresa! ben dicevole a quelF antica abilita de' gre- ci , trasfusa quasi per eredita negl' italiani , d'ingen- tilire ed aggraziare e distendere i trovati degli altri popoli. Ma così pur bastasse a compierla il buon vo- lere e la diligenza de' dotti compilatori ! che non s'udi- rebbe questo e quel paese dolersi , che qualche no- me degl' illustri suoi sia stato defraudato d'un luo- go in così glorioso ordinamento. La lettera G lascia desiderare a' lughesi la biografìa di due loro insigni concittadini che fiori- rono nel secolo XVI , e ornarono in singoiar mo- do la patria : Lanfranco gessi , e Vincenzo giac- caiu. 2$2 Letteratura La.nfra.nco gessi , giureconsulto. Nacque a Lu- go di Romagna nel i5oi ; ed era affine del celebre letterato Bartolomeo Ricci (i) per parte di sua mo- glie Maria Frassoni. Fu sucessivamente governatore di Reggio e di Carpi , podestà di Ferrara e di Mo- dena , lettore dell' università di Ferrara , e final- mente intendente generale de' beni del duca Erco- le II , e poi consigliere intimo di stato del duca Alfonso suo figliuolo. Strinse amicizia con tutti i dot- ti che frequentavano la corte del suo principe : an- zi si fece egli stesso del lor numero col libro in- titolato antiparadoxon ; che è una cortese al pari che erudita ed elegante contraddizione al primo libro de' Paradossi dell' Alciato , il quale intorno quel tempo leggeva pubblicamente in Ferrara. I letterati fecero plauso alla sua animosa impresa ; e i due Giraldi Lilio Gregorio e G. B. Cinzio gliene indi- rizzarono versi di congratulazione, che si leggono a capo dell'edizione dell'ANTiPARADoxow : Ferrarice per Franciscum Rubriwn 1 547 *n 4-° p-° (2) > procurata da Giovanni Battista Foschini suo concittadino (3). (i) v. Ricci opera tom. II pag. 6o5 edit. Patav. 1748. (a) E notabile 1' impresa 0 emblema nel frontespi- zio. Sono fanciulli che iu varie attitudini si affaticano a ribattere un pallone in aria , col motto ; NON SIC O PVERI NON SIC Noi sospettiamo che l'allusione pun- gesse l' Alciati , figurato nel pallone ; per atterrare il qua- le non convien batterlo , ma sì schiacciarlo. (3) Il Foschini fu anch' esso illustre a bastanza ne'suoi tempi. Nacque a Lugo circa il i5e>3. Studiò a Ferrara , ove leggeva il diritto feudale sotto il i554 ( v. Borsetti Hist. Gymn. Ferr. Part. II pag. 178 : e Barth. Ric- ci op. T. II pag. 74 ) • Condì 1' austerità degli studi le- Biografia universale 253 Errò il Bonoli ( St. di Lugo pag. 553 ) attribuendo- gli un altro libro col titolo questioni legali (i). Mori il Gessi in Ferrara nel i55oin età di anni 4g : e fu sepolto nella chiesa del Gesù con quest' epitaf- fio composto probabilmente dal Ricci che gli soprav- visse : gali coli' amenità delle muse latine. Inserì un epigram- ma al lettore nell' edizione del trattato del Zuccardo giu- reconsulto da Correggio sulla legge Posthumo e. de bonor. possess. contro, tab. procurata da Girolamo Rasori in Fer- rara nel 1 53j fol. Egli medesimo nel i539 pubblicò ivi l'altro trattato del Zuccardo ( che fu suo maestro ) sulla legge li cod. de pactis con un epigrammetto latino al let- tore , e uua lettera a' suoi candidissimi ed acutissimi con- discepoli. E osservabile che nel 1 537 egli s' intitolava juris utriusque candidatus , e nel io3g jur'is utriusque pro- cessor ; avendo forse intorno quest' anno ottenuta la lau- rea. Nel 1 547 diede l'edizione dell' Antiparadoxon del Gessi , adornandola d'una dotta ed elegante lettera al let» tore. Fu appresso governatore di Carpi e di Reggio ; e sin- daco de' giudici in Ferrara. Finalmente dal card. Luigi d'Este vescovo di Ferrara fu eletto a suo vicario gene- rale , nella qual carica morì del i562 in età di anni 5g; e fu sepolto nel duomo di Ferrara con onorevole epi- taffio. (r) Il Bonoli prese forse abbaglio dalla lettei'a al let- tore premessa all' Antipaxadoxon ; dove il complesso de- gli argomenti adoperati dal Gessi contro l'Alciato si an- nunzia col nome disputationis : avvertendovisi appresso che il Gessi aveva contraddetto da principio a soli tre ca- pitoli del primo libro de' Paradossi ; ma che poi stimo- lato dalle risposte dell'Alciato mosse questioni intorno tut« ti gli altri capitoli di quel libro. a54 Lkt tiratura D. O. M. Lanfranco. Gipsio. Luglensi. I. C „ Quipote. Rectoris. Gymnasii. Ferrar ien. Munus. „ Geslasque. Summa. Integritate. Nobiliores. Tutìus „ Ditionis. Praeturas. Postrenip. Herculis. IL Cui. „ Fuit. Acceptissimus. Mag. Procurator. Creatus. IX. „ Magistratus. Anno. Prudentiss. Exacto. Naturae. „ Cessit. Anno. Domini. MDL. K. Iunii. Aetatis. Ve- „ ro. Suae. XLIX. Giaccari Vincenzo: domenicano da Lugo di Ro- magna, detto anche M. Vincenzo da Lugo: uomo literato e ornato di lettere ebraiche , greche e la- tine , e buon teologo ( Leandro Alberti Descr. d'Ita- lia fol. 260 6). Fiori e scrisse in Bergamo e Vero- na; stampò a Venezia : e mori in patria nel i54o. Le sue opere sono le seguenti; I, Opuscula II1I ad- versus lutheranam impietatem. Venetiis in off'. Lu- coì Antonii Iuntas 1537, 4-° p.°-II. Opuscula mine primum edita. In contractus livellarios &c. Venetiis in off. L. A. luntce i538. 8.° Alcuni degli opuscoli contenuti in queste edizioni furono riprodotti Vene- tiis 1569 in 4* e Venetiis 1600 in 8 , unitamente a varie risposte a'easi di coscienza di Lodovico Beja, che interpolandoli li fece passar per suoi nell'edizio- ne di Lisbona 16 io. Il Rovetta ( Bibl. viror. ili. ord. prmd) recita dal Piò e dall' Altamura altre ope- re del Giaccari: -III, Super psalmos davidicos -Vi Su- per divum Matthaum -V Liber recte componendi juxta rhetoricos principia : ma non dice che sieno stampate: né gli stessi Echard e Quetif {script, ord. pred. T* II pag. 109) seppero trovarle. Bene scris- se e stampò il Giaccari in bello e forte dettato vol- gare lo SPECCHIO DELLA VITA CRISTIANA ignoto a tutti codesti, benché nel secolo XVI ristampato più vol- te. Usci da prima col titolo - VI , Enchiridio christiano guai è specchio della sincera vita Christiana ec Biografia universale 2^5 Venetia per Luca Antonio Giunta i535 dvo - VII- Nuo- vamente emendato et ampliato con una bella et utile espositione del pater noster. Uno breve ma "necessario trattato del s* monte della pietà. Pe- netia in casa di Pietro Niccolini da Sabio a re- quisitione di m. Luca Antonio Giunta 1 538 8vo. (i). Queste opere dotte al tutto ed eleganti meritarono che al Giaccari fosse posto il seguente titolo nella biblioteca comunale di Lugo : VINCENTIVS . GIACCARVS . SODALI,? . D0M1NICIANVS THEOLOGIAE . STYDIIS . D0CTRINA . IVRIS . SACRI L1NGVARVM . PE1UTIA . MAGNI . HABITVS REL1GI0NEM . IVSTITIAMQVK . SCR1PTO . ADSERV1T . VKRNACVLI . SE11M0NIS . CVLTOll . EXIMIVS PASSAVA NTIO . ET . CAVALCAE . PARVM . CONCESSI!' Per modo di appendice soggiungiamo che qual- ch' altro lughese non è indegno di aver luogo nella biografia universale : come Giovan Maria e Giulio Cesare Buoni Buzzaccherini , Girolam o Zaccari , Angelo Gazzina vescovo di Polignano , F. Alessan- dro Bossi, F' Alessandro Baldrati (la vita del quale fu scritta da Leone Allacci e stampata in Roma 1657 6to ) ed altri lodati dal Bonoli nella sua storia di Lugo ( Faenza 1732 4t0)« Avv. L- C Ferrucci. ( i ) Dello Specchio di vita cristiana del Giaccavi ^de- gnissimo d'andai* del pari cogli specchi di penitenzia e di croce de' suoi confratelli Passavanti e Cavalca , parle- remo diffusamente in un articolo che stiam preparando per questo istesso giornale. 200 V A R I E T A' Luigi Biondi al suo Salvator Betti. Q Uono §umt0 ** Genova , lasciando la via di Bologna c prendendo quella della riviera. E già mi sembra udirli gridare : Che pazzia è stata codesta tua? Non volevi tu sa- ziare gli occhi e dilettare la mente della vista e delle pa- role di que' dottissimi che sono là alle falde dell' apnea- nino ? Non ti ritornò alla memoria l'avermi detto , che ti godeva l'anima solo in pensando che ti saresti con- versato alcun poco colla Sampieri , colla Malvezzi , colla Martinetti , col Costa , collo Schiassi , col Mezzofanti , coli' Angelelli , col Marchetti , col Pepoli ? Tutto è ve- ro : e mi sovviene di tutto. Ma tu non precipitare il giu- dizio tuo : anzi ascoltami , e non siati a noia che comin- ci la mia difesa retrocedendo fino a tre anni. Sappi adun- que che l'accademia pistoiese diliberò di celebrare in ogni anno la memoria di qualche grande italiano , festeggian- do solennemente il giorno della morte di lui : anzi il gior- no della gloria: perchè tace allora l'invidia , e a ciascu- no , secondo il merito , è conceduta la giusta lode. In 182D ebbe gli onori parentali quel sommo epico , che fu il Tasso. E fu sano consiglio che nelle terre di Toscana gli si donassero i primi onori , quasi dovessero essere com- penso alla ingiusta guerra che egli sostenne per colpa di que' toscani che vissero in quella età. In ,826 furono ren- dili! gli onori al divino Dante : e in quest' anno ^27 era- Varietà' 267 110 in sul rendersi ( allorché io rividi Firenze ) al disco- pritore del nuovo mondo. Moki convenivano in Pistoia da varie parti , e da Firenze i migliori. Fra questi il Gior- dani , il Niccoliui , il Montani , il Papadopoli , il Vieus- seux. N'ebbi pur io graziosamente l'invito , e mi rimasi da principio sospeso alquanto sopra me stesso : che dall' una parte mi traeva a se il pensiero de' bolognesi, e la fede già data , e il cammino già stabilito ; dall' altra me ne ritraeva la santità della ceremonia , la bella ed onorevole compagnia , l'amore delle lettere e della pa- tria , e quel poter dire ai genovesi , e massime al mio Di-Negro : Io romano fui insieme con molti e di Tosca- na e di Lombandia e di Liguria e di altre parti d'Ita- lia ascoltatore delle lodi del vostro concittadino. Que- ste considerazioni mi vinsero : sicché la sera del dì 21 giunsi in Pistoia. Il descriverti la bella festa , alla quale intervenni , sarebbe materia più da opuscolo che da lette- ra : ed ho molto già scritto : ed alcuna cosa mi rimane che non può essere taciuta. Ti bastino questi brevi trat- ti , con che non ti dipingo , ma ti adombro un bel qua- dro. Camere e sale cosi risplendenti per lumi , che non invidiavano il giorno : tanta quantità di gentili donne e di cortesi uomini pistoiesi , quanta non avrei mai cre- duto che potesse in se tenerne quella città : e ciasche- duno cosi inteso alla ceremonia , e cosi lieto di essa , che tutti i labbri tacevano e tutti gli occhi parlavano. Prolu- se il nobile ed erudito sig. Stefano Puccini : ed ebbe di molte lodi : tanto fu il merito di quel suo italiano ra- gionamento. Lo seguirono molti con belle poesie in va- rio metro : fra' quali farò menzione di un giovinetto Leo- ni vestito in abito di chierico , il quale disse con tanto affetto cose tutte piene di amore per la gloria italiana , che molti n' ebbero commossa 1' anima : e fra' primi il Giordani , che quasi piangevano per dolcezza. Fece pie- no il diletto degli uditori una scena drammatica assai bel- G.À.T.XXX1V. 17 358 > V > n i e t a' la , e maestrevolmente cantata. 11 seguente giorno noi fum- mo convitati alla villa suburbana del Puccini. Oh i bei punti di vista ! Oh i deliziosi boschetti ! Ivi imitazione di ruine di tempii greci e romani, di chiese gotiche, di castelli. Qua un fiumicello , che core fra limili ver- di e fiorili : là un lago con più barchette , una delle qua- li ci accolse : altrove acquo cadenti che rumoreggiano ; e su di esse tale un bel ponte, che ti parrebbe opera meglio pubblica che privata. Nel palazzo , corridoi lun- ghissimi per andare a diporto ai giorni caldi e alle piog- ge. Ivi stesso grandi sale con ornamenti il sculture. In una di queste sale era la mensa con assai ricchezza di cibi , e più ancora di vini , che sopra piccolo cai'ro di argento facevano lor giro e lor mostra innanzi ai con- vitati , ed erano invito al bere. Mescemmo e libammo ad onore degli autori del Foscarini (i) e della Psiche (z) , ivi presenti : e tutto era giocondità. Or via rampognami se tu puoi ! Io credo essere stato in uno di que' casi , ne'qua- li è sapienza mutar pensiero. Tu avresti pur fatto quello che io. E ti sarebbe stato assai grazioso il vedere , co- me in una città toscana, e vicinissima di Firenze , si ono- rino i grandi italiani , di qualunque luogo essi sieno , pur- ché sieno italiani : e vi si hanno in ispregio quelle ga- re municipali , che nelle piccole borgate muovono a riso , nelle grandi città a compassione. Salutami tutti quelli che tu sai essermi più diletti t fra" quali monsignor Mai, l'Odescalchi , l'Amati, il Ce- cilia, l'Agricola , il Salvagnoli. L'aureo marchese Di-Ne- gro , parte e più che metà dell' anima mia , ti ama e ti (t) Gio. Batista IViccolini , autore della celebre tra» gedia Antonio Foscarini. (2) Pietro Giordani , autore della divina descri- zione della Psiche scolpita dal Tener ani. Varietà* aSp risaluta. Addio , Betti mio dolcissimo. Ti sia sempre nel- la memoria il tuo Biondi. - Di Genova a* 3o di ma"- gio 1827. Istoria della rivoluzione di Francia dalla convocazio- ne degli stati fin ) allo stabilimento della monarchia costituzionale , libri Pili di Pietro Manzi. 8." Firenze dalla tipografia dì Luigi Pezzati 1826. ( un voi. di pag. 226) JLJ'ì questa nella e grave istoria si parlerà forse ne' volami venturi. / frammenti de' sei libri della repubblica di Marco Tullio Cicerone volgarizzati dal principe d. Pietro Odescalchi dei duchi del Sìrmio ec. 8.° Firenze pel Pagani 1827. i-V la terza edizione che fin qui conosciamo di questo eccellente volgarizzamento. Noi però non avremmo cre- duto mai che uno stampator fiorentino potesse fare tanti •propesiti d'ogni generazione , quanti ne ha fatti il Pa- gani pubblicando quest' opera. Il ehe è veramente una insoffribil vergogna. '7* 3Go V A K I E T A' Versione dell" ode dì Saffo a Venere- Prole di Giove eterna, o cipria dea, Cui piace arti cangiar , vezzi , e dimore , Deh non soffrir , che doglia infausta e rea Mi strugga il core. Scendi, ali! qui scendi, se invocata or doni Facir qual prima a' voti mici ricetto. L'aureo , tu il sai , per me spesso abbandoni Paterno tetto 7 E a me vieni dall' alta empirea mole Ratta sul cocchio , che all' aure leggiere Coppia d'agili passeri trar suole Coli' ali nere: Gli hai sciolti appena dal giogo beato, Che col labbro ridente ed immortale Tosto a me chiedi , qual cordoglio ingrato L' alma m'assale , Perchè te invochi, e quale io brami inulta AH' agitato spirito conforto ; Ch' or t' è ligio , mi dici , o chi t'insulta , Mia Saffo , a torto ? Fia eh' ei t' insegua , se a fuggirti intende ; Doni or riceve ? donerà dappoi ; Non t'amò ancora ? eccol già t'ama e pende Da' cenni tuoi. Varietà' 261 Ah \ fausta or pure , o dea , scender ti vegga. Dagli aspri affanni deh ! mi sgombra il core : E ferma aita ognor dammi , ove il chiegga Ansia d'amore. BAnTotoMMEO Bruni Lettera sopra una testa di bronzo. -Roma dai li[ji di T'incenzo Poggioli 1827. Il cav. Gio. Gherardo dei Rossi, p'ir la cui morte ancor du- ra il compianto fra i buoni e fra gli amici delle let- tere e delle arti , volea presentare il signor duca d'Ha- milton di un' antica testa di bronzo , raffigurante una faccia femminile di grandi forme e dignitose con acconciatura 1 capelli a gran ricci , e una corona di gemme avente in mezzo un' aquila che stringe fra gli artigli il serpente. Questa lettera per cura , del eh. cav. Ricci data alle stam- pe, era stata scritta dal De Rossi ad accompagnare il do- no , e in essa lodando il lavoro dell' artefice si congettu- ra che questo bronzo fosse scruto per manubrio a un (strumento sacci-dotale , e che una sacerdotessa di Ve- nere o di Giunone sia in quel volto effigiata. Salv agnoli. Poesie di Giovanni Ben etti ferrarese. Bologna 1826 pres- so Riccardo Masi. Un voi. di pag. 90 in 8. Oe il mondo d'oggi fosse tanto cangiato da quello d'una volta , che la somma de' mali paresse meno e più quel- la de' beni, uni non ci saremmo così avversi a coloro , che d'ogni maniera di poesia si vantano nemici giurati. aGa V a a i i t a.* Ma perchè verso le rose di non mutato giardino trop- pe sono mai sempre le spine , che si attraversano , ci piagne il cuore , che altri voglia privarci si crudelmente del sommo conforto delle dolcissime lettere, che anco- ra ci avanza. Senza che qual fu mai popolo tanto rozzo, che di versi non si piacesse ? E noi iu tanta gentilezza verremo peggio che barbari allo sprezzo di così care de- lizie ? Ciò non sarà : uè il patirebbe natura , la quale per dirlo col Venosino - expellas furca , tamen usque re- curret - . Di che gli esempi son troppi : ma noi dobbiamo starci contenti a quest* uni del Benetti , in cui né la ri- gida sferza grammaticale né la grave disciplina forense po- terono soffocare quel germe di poetica vena , il quale in lui uscito appena di pubertà parve si grande. Oh ! per- chè solo allora fu volto pei consigli di un savio genti- le allo studio de* classici , de* quali 1' amore affatto noi distornò dalle novelle sorgenti ! Né a queste però tutto si diede , come è a vedere ne* versi , che la mercè de- gli amici ci rimangon di lui: e di alcuna consolazione saranno a'suoi che di 23 anni (aV3 dì gennaro i8a5) lo perdettero ; a tutti di solenne argomento , che la poeti- ca facoltà è sì da natura , ma vuole essere aiutata dall' arte. De' quali versi alcun saggio noi leveremo ; che dip- più non consente la prescritta brevità , né dippiù abbi- sogna ai leggitori usi a conoscere- ab ungue leonem- . A lode della Marchi onni alquante terzine leggiamo ed un sonetto ; ma di questo daremo le quartine e non pili. Come costei sovra le scene move I begli atti soavi e la favella , Una virtù che i cori arde e commove Esce da quelli a farle ogni alma ancella. Par che fuor del suo labbro si rinnove , Ed acquisti il parlar vita più bella ; Varietà' aC3 E allorché il pianto da' begli occhi piove Tale addivien , eh' è a se pari sol ella. Alquante terzine bensì daremo di quelle indiritte a nuova sposa pel cognato vedovo di una sorella di lei. Tu che un* anima pari in sì bel velo Chiudi , e rassembn giovinetto fiore , Che amor divelle dal materno stelo : Or eh' altre piaggie del tuo grato odore Voli a beare , ognor t'abbi il sorriso Dell' alba, e l'acque ti sian fauste e l'ore. Crescevate tre fior di paradiso In un bel cespo angelica famiglia , Quando il primo da Dio si fu reciio. Ecco amor torna con più lieti auguri ; Colla punta d'un dardo apre il recesso De' folti rami dolcemente oscuri ; E siili' un di que' fiori un bacio impresso Dallo stelo in sì dolce atto l'invola , Che non sen duole quel cespuglio istesso. E a lui che nella chiostra ombrosa e sola Lasciava , nel partir quel dio gentile Volse un guardo di foco e la parola : A rivederci nel venturo aprile. Ma a dire della Vergine il Benetti meglio apparò dal pentito Petrarca , e più dalle sacre canzoni : di che vogliamo siano prova i versi che seguono. a64 V A K i E T a' Canzon , vola a colei , Che de' seguaci suoi non sdegna i voti ; E teco al divo pie" reca il mio core. Dalle macchie d'errore Dille, ch'essa lo mondi, e non mei renda Pria che nel santo foco non l'affini Di che avvampano in cielo i cherubini. E questi altri: Chi è costei che aduna Delizie al mondo sole , E ascende dal deserto gloriosa ; Bella come la luna , Eletta come il sole , Tremenda come un' oste bellicosa ? E la divina sposa, È la nostra signora , E la verga fiorita , ' | ...- Che die frutto di vita ; Del dì di redenzione è 1 alma aurora : Ella nei rai del sommo sol si chiuse , E nel divino amplesso si confuse. Di bibliche versioni poi si piacque più che molto il Benetti sul cadere de' suoi giorni : per lui ci abbiamo in volgare i cap. 16 - 19-27-34 di Epechiello : per lui i salmi i-3- i4 - i43 - i46 di Davide. Come già il som- mo Alighieri dai libri divini tolse quello , che lo fa sin- golare dagli altri poeti quanti mai furono e sono : così avvemmò veduto il Benetti , se la vita gli durava , levar- si a volo sopra la turba di estrani cantori , ai quali pa- gò egli pure ne' primi suoi anni tributo non debito di riverenza sino a rendere in volgar nostro il poemetto di Varietà.' a65 Calmar ed Orla : né però meno di noi sentiva il pericolo , che al vivo lume del nostro cielo cliiudansi affatto gli oc- cM degl'italiani per aprirli poi solo alla fosca bellezza del se tten trional vedovo sito ; che il signore Iddio cessi tanta vergogna ! Ma non sia fine alle nostre parole senza molte lodi agli amici del giovine Ferrarese , i quali si fecero ad ono- rarlo quanto per loro più si poteva : di che fra gli altri argomenti , che sarebhono da riportare , vogliamo ci ba- stino poche linee della iscrizione , che piangendo a lui posero : e sono queste. Qui dove bramasti presso l'amico ti deposero LXX e più giovani il fiore della città Un tuo carissimo ti die' tributo di laudi Un altro scrivendo con lagrime queste parole Compie uno degli ultimi tuoi desideri Anima benedetta ! Cosi si adempiano tutti \ ! E tu possa aver pace nel perdono di Dio. Domenico Vaccolini Sulla estrazione di un feto mostruoso. Memoria del prof. Giorgio Regnoli di Forlì dottore in chirurgia , mem- bro corrispondente dell accademia medica di emula- zione di Parigi . . . chirurgo primario , e lettore di antropotomia nella città di Pesaro. - Pesaro , i8-itì. JLi'esatta descrizione di un feto mostruoso , il quale rap- presentava la confusa ed informe congiunzione di due feti , ora separati , ed ora uniti tra loro , siccome dalle 366 Varietà' cinque figure in una tavola delineate apparisce , è il mi- nor pregio della presente memoria. Giacché debbonsi in essa valutare ancor più la molta erudizione che sfoggia nello scritto , la prudente ed assai bene regolata maniera tenutasi nella estrazione del feto , ed il congruo tratta- mento usato nella puerpera, che potè dopo io giorni sol- tanto trovarsi ristabilita in compiuta salute. Ci congratu- liamo col dotto prof, di Pesaro , il cui nome d' altronde è già onorevolmente conosciuto per altre sue stimabilis- sime produzioni. TONELM Orologio di Flora , scherzi botanici delcav. Angelo Maria Ricci. Pisa praso Sebastiano Nistri (son pag. 3i) LI autore dell' Ilaliade e del s. Benedetto abbandonata l'epica tomba sembra non voler cantare, che boscarec- ce cose sulla pastorale zampogna , e lasciato di correre nn mare forse di troppo crudele sembra non metter le prode del suo legno che per umili acque, onde arrivato all' orticello di Flora andarsene soletto Cantando ed isce- gliendo fior da fiore. Se egli in ciò fare più intenda al suo riposo che alla sua gloria, per verità non so dire : so bene , che la gloria non sta nella grandezza del su- bietto, e che più gloria venne a Virgilio e al Tasso per le Georgiche e per X A 'minta , che per V Eneide e pel Gof- fredo : e so ancora che questi Scherzi botanici tengono un abito di molta leggiadrìa: sicché stimo far cosa gra- ta ai lettori levandone un piccolo saggio. Avendo osservato /'/ grande Linneo, e la gentile sua figlia , che alcuni fiori si aprono e si chiudono ad al» Varietà' 2G7 cune ore determinate del giorno dal maggio fino ad ago- sto , il che fu detto : Vigilia e Sonno delle piante ; ven- ne in mente al Ricci la graziosa idea di formare l'oro- logio di Flora : scegliendo tanti fiori quanti corrispon- dessero alle 24 ore del giorno , e descrivendone tutte le loro proprietà in altrettante anacreontiche di 4 strofe , chiuse il più delle volte con sana morale. E ciò fu sa- no divisamento : che non ci sembra buon cittadino chi nulla curandosi dell' utile intende solo a dilettare, comec- ché belle cose egli scriva. Oltre alla brevità del metro il Ricci si è imposta l'altra legge non meno dura di usare parole tutte cantabili : e già da buoni maestri molte di queste anacreontiche furon 0 alla musica accordate : il che renderà più caro questo libretto , che il Sonzaguo a Mi- lano si argomenta di riprodurre con tutti i fiori minia- ti, e per tal fatta riescirà graditissimo alle gentili donne. Vili, dopo mezzanotte; 12 italiane. Jeracio. Hyeracium Saxatile Cresce su i muri antichi , mette fiori di un giallo palli- do di breve durata , foglie maculate. L'ottava spera imbianca Dell' erma rocca i lati , Ove de' tempi andati La gloria ammutolì. Tra l'obliosa polvere Delle pareti ignude Pallido fior dischiude Che morirà col dì. Con maculate fronde Dipinto in or s'affaccia E le reliquie abbraccia D'una pugnace età. 2GS Varietà' Dove gli eroi vegliarono Un fiore appena è detto ; Fra poco ancor su questo L'aurora tacerà. Vili pomeridiane : 24 italiane. Giglio rosso selvatico : Hemerocallis fulva. Mette un fiore di color sanguigno assai carico , foglie in forma eli spada , se ne dislilla un" acqua per im- biancare la pelle : dicesi fior d'un giorno : e tale è la sua durata. Dell' ora ottava al raggio S'infiora il ciel vermiglio ; S'apre il silvestre giglio Espero a vagheggiar. Di sangue il tinse Venere Dal suo figliuol ferita : E nelle foglie imita Di Marte il crudo acciar. Eppur soave lacrima Geme di dolce muore Caro alle belle , e muore Col giorno , che il dettò. Dove il diletto abbonda Prossimo è il duol , mia cara : Tardi in amor s'impara Quel che pur troppo io so. Salvagnoli Tabella dello stato del Tevere, desunto dall' altezza del pelo d'acqua sull\)rizzontale del mare, osserva- to alV Idrometro di Ripeti a, al mezzo giorno. Ma g(*io 182 7. GIORNI. METRI PAL . ROM. . OSSERVAZIONI. i 6, 9? 9° 3i 3o 2 * ., 3 Altezza, massima met • 7» 97 3 6, 79 3o 42 4 fi* 78 3o A 0 Altezza minima mot . 6, 5o 5 6, 75 30 ■2 3 6 6, 73 30 1 3 Altezza media met. 7, o5 7 e, «9 "9 11 a a s; 65 29 9 3 9 s, 7» 3o 0 3 io 6, 58 29 5 2 ti i* e. 5o 5! 29 29 1 i) 1 3 e. i3 e, 60 29 fi 2 i4 fi, 55 9 4 4 *5 6, 75 3" a 3 i« 6, 87 3o 9 0 17 6, 7° 29 11 4 18 i9 fi, «7 29 29 1 1 0 7 » S, 61 20 6, bj 29 4 » a» 6, 7' 3o 0 2 32 5, 85 3o 7 4 a3 7> 45 33 4 0 a 4 S, 73 3" 1 2 25 °\ 60 29 6 2 25 ^, 74 25 8 3 S7 7. 97 35 8 1 s8 7» 87 35 a 4 29 i: 7° 34 5 3 3o 9° 3o 10 3 3i &, 68 29 11 2 Osservazioni Meteorologiche. ^ Collegio Romano Maggio 1827. Ore 5" sur, '4 iS Baromct. 28 p. 2 li. 2 11 1 " », 1 6 11 '7 ,l ; », „ « 47 11 ti •-8 o 3 ; 1 fi » 0 8 1» >» 6 11 1t n -7 : 1 3 „ G 28 0 0 "' ■« 1» l 0 1» 1» 0 ,. „ 5 ,. ,, 8 28 o 3 H »' ^ «> •» »> ferini est. 8" 5 8 6 3 o ■2 € 1 8 9 8 3 6 1 2 7 6 4 t> o 4 8 5 3 5 9 " 5 5 7 o 3 5 Igro. a cap, 37 5 7 3 5 3o _9 3 .5 5° 5 35 -5 Vento V. deb. 0..N.0. 0 " o « N. q.o o 0 O.S.O.m. N.N.E. d. •SO. nu „ q.o |. aeb. o 0 N. Jeb. N.E. deb. i*. ,, SE. „ **. q o O.S.O. m. H.S.O. q- S,E. q. o *. fortis. ., forte S. ni. N. q. o pie. pio. pie. pio. S Pioggia Evapor.j St.del Cielo] li. 3 8 4 5 1 8 3 6 0. deb. S . in . S.SO. q.o ». deb. 0. q. 0 „ deb. E. deb. 0 0 0 pie. pio. 4 4 0 3 pie. pio 5 9 5 1 alcu.goc 8 0 pioggia 4 li" 5o pioggia piog. 3 4,, 3 00 5 8 2 2 2 1 3 6 sei: vaporo* purissimo sere./iuv,f/>l clnarisotHnÀ ■1 vjp.iuor} vap,uuv.sp. caper o j chiarissimo ser.au. spa- - - -— -S coperto •» »» nuvoloso ss. mtv. spalti coperta >> '» " i»> chiarissimo vaporoso nuvoloso opsr.o ser.11uv.spa. nuvoloso ser.nuv.spa> nuvoloso scr./iuv.spa. ■ opere nuvoloso coperto nuvoloso ser.nu. spa nuvoloso 5» se.va.nu.or o 3 !7 18 '9 20 ■21 22 23 M ,5 -7 28] *9 3o 3» Ore »2rt. ice. 7/2. o- .S. III. §' S. ni. s. in. t}' s. in. S- s. in. 8' s. m. &• s. ni. 8- s. in. 8- s. >n. 8- s. in. L ni. 8' s. ìli. 8' s. m. s- s. »». 8' s. Baro uiet» 1 Te .est. Igro. Vento Pioggia Eva por. Sr.del Cielo 28 n n p.° i.6 11 4 j£ 6" i3 3 5 0 5 «9 1 1 0 0 S.O. m. ii. q. 0 O.S.O.m. „ d. ] 2 i. 2 coperto nuvoloso ser. nu,i>. sn. chiarissimo ,, or-po.uu. serwap.ori. chiarissimo it n 1 9 0 1 9 '7 ! 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O.V 0. d. 2 8 nuvoloso ser.nuv.spa. 11 •» »• »i »i « 11 7 6' 1 1 '9 <4 O 5 0 N.E. „ N.t; ,, m. 3 0 >» 1» 11 11 >9 11 7 '1 '» 8 5 'i ■ 3 23 •7 0 0 0 7 32 fi 0 0 N. d. S.S.O. m. 4 5 1» 11 »i 1» ser.11u.oriz» i 11 11 il 11 11 11 i3 22 18 0 0 0 6 21 8 0 0 S.O. m. 0 0 3 0 chiarissimo, nuvoloso ^1 : NIHIL OBSTAT Fr. Antonius Franciscus Orioli Geiisor Theol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Colleg. NIHIL OBSTAT Lauretus Santucci Cens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Joseph M. Velzi Orci. Praed. S. P. A. Magister. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patriarchi Constantinop. Vicesgereni . 2l3 SCIENZE Sopra alcune preparazioni medicinali. N, oi crediamo cosa utile pe' farmacisti il pubbli- care i metodi messi in uso dal sig. prof. Pietro Pe- retti nelle sue lezioni di farmacia pratica di quest'an- no sulla preparazione della morfina pura , del sol- fato ed acetato di questa base , e sul modo di ot- tenere la narcotina e la stricnina. I quali metodi con le interessanti modificazioni fatte dal lodato profes- sore sono stati resi più facili e più economici di quelli finora conosciuti. Solfato di morfina. Si prenda dell'oppio ben diseccato , e ridotto in polvere, e si metta a digerire nell'acqua comune per lo spazio di i(\ ore. Si coli quindi il liquido , e si sprema il magma formato , sul quale si ripeta l'infu- sione con altrettanta quantità di acqua, e si coli nuo- Tamente. Le acque unite si mettano ad evaporare in un vase di rame stagnato sino a tanto che il li- quido siasi condensato in modo da segnare 2 gradi sulFaerometro di Baumè. Sopra il liquido semifreddo si versi dell'ammoniaca per saturare l'eccesso dell'aci- do meconico esistente nel medesimo allo stato di so- G.A.T.XXXIV. 18 2^4 Scienze prameconato di morfina, secondo il metodo proposto dal sig. Holtot. Avrà luogo un precipitato , il quale sarà quasi del tutto formato di una materia gras- sa. Si separi questa subito , quindi si aggiunga al liquido nuova quantità di ammoniaca per decompor- re tutto il meconato di morfina. Si formerà un nuo- vo precipitato, il quale verrà separato dopo averlo lasciato in riposo per 2,^ ore (a). Si versi allora per inclinazione il liquido limpido, e si separi il rimanen- te con un filtro di carta, il precipitato sia lavato con acqua stillata, e si faccia diseccare. Ridotto in questo stato si polverizzi , e si metta in digestio- ne in dodici volte il suo peso di alcoole , e si ri- scaldi sino all'ebollizione. Raffreddato che sia nel me- desimo vase si filtri per carta , si lavi il precipitato con un poco di alcoole , e si faccia quindi disecca- re. L' alcoole che ha servito a separare la maggior parte della materia grassa tiene in soluzione anche un poco di morfina: perciò lasciato in riposo per qualche tempo, depone questa base che si vedrà at- taccata alle pareti del va^e. 11 precipitato diseccato si metta nell'acqua aci- dulata con acido solforico, e si faccia bollire. E ne- cessario di fare attenzione che non vi sia eccesso di acido : il che si può vedere con una carta tinta di tornasole. Si evita un tale inconveniente versan- do a poco a poco l'acqua acidulata fino a perfet- ta saturazione, o conservando un poco del precipi- talo onde servirsene per saturare l'eccesso di acido, se mai fosse accaduto. Il liquido così neutralizzato si filtri di nuovo al fuoco per depurarlo col carbo- (a) Alla superficie del liquido si è trovata una pelli- cola formata di cristalli di morfina. Pkeparazjoni medicinali ay5 ne animale preparato (a). Dopo quest'operazione si filtri di nuovo, e si faccia evaporare lentamente si- no a pellicola. Col raffreddamento si avrà il solfa- to di morfina cristallizzato in prismi acicolari riu- niti in masse emisferiche, i quali separati dal liqui- do , ed asciugati sopra carta emporetica si conserve- ranno per gli usi. Della morfina. Il miglior metodo che io abbia conosciuto per ottenere la morfina pura e bianca è quello di pren- dere il solfato di morfina sopra descritto, discioglier- lo nell'acqua bollente, e quindi decomporlo per mez- zo della potassa idrata. La morfina precipitata, e lavata con acqua stillala si fa diseccare, e si scioglie ìiell' alcoole bollente, dal quale si depone a misura che si raffredda sotto forma cristallina, e di un co- lore bianchissimo. Dell'acetato di morfina. Saturando coll'acido acetico allungato la morfina precipitata nel modo ora descritto, e facendo evapo- rare il liquore a bagno maria, o nella stufa, si avrà, l'acetato di morfina puro, bianco, e talvolta cristal- lizzato : ma siccome i suoi cristalli non sono perma- nenti, è bene di diseccarlo lentamente; e si avrà al- lora sotto forma di una polvere bianca. A questo proposito giova osservare, che l'acetato di morfina è suscettibile di essere decomposto almeno in parte (a) Per carbone animale preparato s' intende quello trattato prima coll'acido idroclorico, quindi ben lavalo. l8* 276 Scienze dal con latto dell'aria, avendo io dell'acetato di mor- fina cristallizzato preparato nell'anno scorso, e non essendo perfettamente bianco ho voluto in quest'an- no scioglierlo col carbone animale. Ma con mia sor- presa ho veduto che una parte di. esso restava in- solubile , e questa altro non era che morfina pura , la quale aveva perduto l'acido acetico. Dunque l'ace- tato si era in parte decomposto, per cui della mor- fina era restata a nudo. Questa mia osservazione viene confermata da un articolo inserito nel fascicolo di maggio di quest'anno del Journal de pkarmacie di Parigi. Il prof. Geiger lasciando dell' acetato di morfina sciolto nell'alcoole all'evaporazione spontanea ha osservato che si deponeva della morfina pura. Il sig. Dublanc giovine, ripetendo la sperienza, non so- lo ha ottenuto il medesimo risultato, ma ha vedu- to di più. che questa decomposizione dell' acetato di morfina ha luogo anche quando questo sale b sciolto nell'acqua, ed ha una temperatura superiore ai 3o gradi , particolarmente se 1' acido acetico non sia in eccesso. Per aver dunque 1' acetato di morfina senza miscuglio di base, cosi conchiude il sig. Dublanc, conviene mantenere un eccesso di acido mentre si fa l'evaporazione , ed operare in un'aria secca, e ad una temperatura non superiore di 3o gradi. Ma per non imbarazzarsi in tante precauzioni, il sig. Geiger propone di far uso del solfato di morfina , che non ha l'inconveniente di decomporsi spontaneamente, o la di cui azione è perfettamente indentica a quella dell'acetato. Della narcotina. Considerando la poca solubilità della narcotina nell'acqua, aveva meco congetturato che nel magma PBKPA» A.ZIONI MEDICINALI 2in rimasto dalle- infusioni acquose dell' oppio dovesse esistere (a maggior parte delia narcotina, da eia for- se poteva estrarsi con maggior vantaggio. Pensai perno di assicurarmene agl'esperienza , ed onerai nel modo seguente. Trattai questo magma con acqua aci- dula d acido solforico, ne separai ,1 liquido, nel quale versai dell'ammoniaca per saturare tutto l'aci- do. Vidi formarsi un precipitato, il quale separato, lavato, e diseccato, fu trattato coll'alcoole bollente. QM «fanone alcoolica, dopo essere stata filtrata, fa abbandonata a se stessa, e col raffreddamento depo- se dei cristalli di narcotina. Non essendo questi cri- stalli perfettamente puri, li sciolsi nell' acido acetico allungato , e feci bollire questa, soluzione col car- bone ammale. Quindi versai nella medesima dell'am- moniaca, onde riprendere tutto V arido acetico, ed ottenni la narcotina precipitata perfettamente bianca. i^a sciolsi di nuovo nell' aicoole bollente, dal quale n depose col raffreddamento sotto forma di cristalli' e di un colore candidissimo. Questi risultamene furo- no per me tanto più soddisfacenti in quanto che vi- di (rileggendo un nota del Journal de pharmacie di ■Parigi) che si trovavano d'accordo con quelli osser- vati fin dall'anno x823 dal sig.Pelletier, il quale trat- tando il suddetto magma culi' acido acetico aveva egualmente ottenuto della narcotina. Operando sull' oppio co' metodi sopra esposti sono state estratte da due libbre del medesimo ,o dramme di solfato di morfina, 3 dramme di morfina pura cristallizzata, e due dramme di narcotina. Della stricnina. Per ottenere la stricnina pura mi sono servito dell estratto alcoolico della noce vomica , l'ho disciol- to nell acqua stillata, e dopo avere separato la ma- 378 Scienze teria grassa col mezzo di un filtro, ho fatto bollir*» la soluzione acquosa colla magnesia pura. Il preci- pitato formato e stato separato dal liquido, quindi lavato con acqua , stillato e messo a diseccare. Cosi ridotto, è stalo infuso nell'alcoole bollente, e sul me- desimo sono state ripetute più volte le infusioni con altre quantità di questo liquido. Le infusioni alcoo- liche riunite insieme sono state poste a distillare a bagno maria , fino ad avere tre quarli dell' alcoole impiegato. Il residuo fu versato in un vaso di por- cellana, e dalla sua lenta evaporazione procurata col calore della stufa si e ottenuta la stricnina in for- ma di piccoli cristalli granulari di color bianco. Il liquido, dal quale furono separati questi cristalli, mes- so a concentrare ha deposto altra stricnina, meno pura però della prima perchè unita ad un poco di materia grassa. Onde privarla di questa sostanza es- tranea fu disciolta nell'acido idroclorico, e trattata col carbone animale. Volendo quindi separare l'acido idroclorico dalla medesima, ho aggiunto al liquido della magnesia pura, ed in questo modo la stricnina si è di nuovo precipitata. Per averla cristallizzata basta allora scioglierla ne!T alcoole, dal quale si se- para per mezzo della sua lenta e spontanea evapo- razione, come si è detto di sopra. Si può ancora impiegare l'ammoniaca invece del- la magnesia , come ho fatto in altra circostanza , per precipitare la stricnina dalla sua soluzione mu- riatica: si ha sotto forma di una polvere bianca, pur- ché sia stata prima depurata col carbone animale. Sembra dunque che si possa ottenere la stricni- na con un metodo molto più breve e più economico di quello pubblicato dai sigg. . Pelletier e Cavenlou. Ma resta a determinarsi se le quantità di stricnina che si hanno con ambedue questi metodi sieno le medesime. *79 Dell'azione controstimolante dell' ossigeno, lettera del dottore angelo Santini medico condotto di Mace- rata diretta al chiarissimo signor dottore Carlo Speranza professore dì terapia speciale e di cli- nica medica nella ducale università di Parma. „ De fluido ilio plastico, transparente, in quo vivi- „ mus, re;piramus, MOVEMUR.,, Frank, Epitom. de curand. boni. morb. §. 701. 1 lon appena si resero manifesti al pubblico i pen- samenti del professor Santarelli sul!' azione degli sti- molanti e de' controstimolanti , in forzi de' quali pensamenti ai controstimolanti si attribuì tanta par- te nel chiamare e mantenere in vita gli esseri or- ganizzati, quanta se n'era accordata per 1* addietro ai soli stimolanti; molti dotti della nostra Italia si af- frettarono di venire ad un tale sentimento, perchè lo considerarono più corrispondente all'esperienza, la quale ha mostrato dai controstimolanti prodursi gli stessi effetti dagli stimolanti generati ; e perchè rin- vennero più conforme alle leggi della meccanica l'at- tribuire i perpetui movimenti della vita al contrasto e concorso di due opposte forze. Fra questi dotti io debbo annove rare V. S. eccel- lentissima , la quale dopo aver letto la mia lettera suir azione fisiologica de' controstimolanti , si degnò con suo venerato foglio dei 4 dicembre 1826 non solo manifestarmi la sua adesione, ma aggiungere al- tresì , che questa partiva dalla propria esperienza , la quale le aveva dimostrato non rare volte i con- aSo Scienze trostimolauli pollare sull' organismo un' azione op- posta al potere deprimente. Sarebbe stata torse oppressa la dottrina del con- trostimolo da un infinito numero di contraddizioni, se le riflessioni del professor Santarelli non fossero ve- nute a soccorrerla , prevenendone gli obbietti , an- zi servendosi de'medesimi per assodarla e porla in . accordo con fatti si frequentemente osservati. Questa ipotesi, che a me sembra volere assume- re il carattere di un sistema medico - filosofico , ed aggiungere nuove basi alla scienza medica, non po- trebbe sostenersi , ove non fosse pienamente dimo- strato , che il gas ossigeno, nel quale nuotano tut- ti gli esseri organizzati dotati di vita, goda di un' azione controstimolante , vale a dire di un' azione contraria ed opposta a quella del calorico atmos- ferico. Imperciocché esso solo può alternarsi coli' azione di quest'ultimo. Ciò che scrisse nella sua me- moria il professore maceratese sembrerebbe basta- re per lo stabilimento di una si importante pro- posizione. Se l'ossigeno, diceva egli, dona la forza controstimolante a sostanze, che senza la di lui unio- ne non la possederebbero , o almeno molto leggie- ra , come in quasi tutti gli ossidi , e pressocchè in tutti gli acidi: se gli uni con gli altri tanto più for- temente controstimolano , quanta maggior quantità di ossigeno rinchiudono; anzi, se alcune sostanze di loro nalura stimolanti perdono questa forza, ed ac- quistano la contraria, mediante l'adesione dell'ossi- geno, come nell'acetato di ammoniaca si potrà a buon dritto negare all' ossigeno puro quella forza ch'egli a tante sostanze compartisce? Non pertanto si grande è l'importanza di un tal fatto , che non solo la più leggiera difficolta potreb- be sembrare di gran peso, ma di più anche un'in- Deìl' ossigeno 281 discreta obbiezione riebbe respingersi. E per un tale line , dottissimo collega, che mi propongo dimostra- re in questa mia lettera che il gas ossigeno è uà controstimolante. La difficolta sta nel ritrovarlo so- lo senza aggregazione ad altri corpi , e di sorpren- derlo , dirò così , in tale condizione operare nel cor- po umano , cioè puro , e semplice come agisce nel- la cute, onde non si abbia a valutare il pretesto che i di lui effetti ad altri principj si debbano. Vinto un tale ostacolo, resta a superarne un secondo, cioè rinvenire una serie di fatti, non novaraente ritrova- ti, ma di antica data, e perciò non sospetti, e contestati da' pratici illustri , e scevri da ogni pre- venzióne , per mezzo de' quali si renda manifesta la forza controstimolante del gas ossigeno in istato ela- stico , coli' appoggio di numerose ed incontrastabili cure ottenute ne'diversi stadj delle malattie infiam- matorie. L'assunto pulra a qualcuno sembrar arduo, tanto più che in tutte le scuole suol insegnarsi e canonizzarsi le forza eccitante e stimolante dell'os- sigeno. Io però non mi scoraggisco , e per riuscir- vi altro non ho a fare , ch'esporre un breve trat- to delle conferenze da! sopramentovato professor San- tarelli tenute co' suoi scolari. ,, Noi abbiamo, diceva egli un giorno , nelle no- „ stre vicinanze una sorgente di limpidissima acqua, „ chiamata a buon diritto Angelica , la quale sca- „ Unisce dal fianco di uno de' monti del vicino „ appennino non lungi dalla citta di Nocera. Quest' „ acqua leggerissima al pari, ed anche più dell'ac- ,, qua distillata , contiene poche sostanze fisse, in- „ capaci di accordare alla medesima alcuna forza „ medicamentosa. Essa però racchiude disciolto il „ gas ossigeno insieme coli' azoto in doviziosa copia: „ ed a questo gas deve quelle doti maravigliose , a8a Scienze „ che tanto l'accreditarono presso gl'italiani, e pres- ,, so le straniere nazioni. Un dottissimo medico e „ chimico vivente , che fa onore oggi alla patria „ di Antonio Musa e di Cornelio Celso , ne sco- „ perse per il primo l'esistenza. L'esperienza di qua- „ si tre secoli ha dimostrato , che quest' acqua è uti- ,, lissima nelle febbri tifiche- contagiose, nelle sinoche „ e nelle lente flogosi. Questa è la virtù che una „ severa critica non può ricusarsi di accordare all' „ acqua di Nocera. Ogni altra qualità medicinale „ le venne attribuita dalla credulità e dall' igno- ,, ranza. Il gas ossigeno dunque è un controstimo- „ lante; vale a dire la di lui azione si oppone a „ quella del calorico, e dell'oppio, e del vino: e „ cospira, ed è uniforme all'azione degli acidi , del ,, tartaro stibiato , dell' acetato di ammoniaca. „ Ella ben sente, rispettabilissimo mio collega, il peso di queste brevi, ma importanti proposizioni. Meritano esse, al parer mio , che vengano dilucida- te; ed io lo farò, perchè sono certo che una tal opera non le riescira ingrata. Voglio avvertirla , che non fo cli'esporre ciò che dal suddetto professor Santarelli ho le tante volte ascoltato nelle sue con- versazioni. La scoperta della presenza del gas ossigeno nell' acqua di Nocera devesi per intero al celebre sig. cav. Monchini professore di chimica nell' ar- chiginnasio romano. Prima ch'egli ne tentasse l'ana- lisi, non si aveva alcuna nozione adequata su i prin- cipi medicamentosi della medesima, e molti errori ingombravano le menti dei medici. Nel 1807 il sud- detto chimico pubblicò il suo saggio medico- chi- mico intorno alla medesima, il quale merita di es- ser letto , come il miglior modello di lavori di tal fatta. Secondo dunque il professor Monchini, in una Dell' ossigeno 283 libbra di acqua di Nocera si ritrovano le seguenti sostanze fisse: Carbonato di calce, muriati di calce e magnesia, allumina, magnesia, silice, ferro; ma in tale piccolissima quantità, che non giungono a for- mare tutti insieme due grani di peso. Ecco la tavo- la dallo stesso esattissimo chimico riportata nella sua divisata opera (cap. 3). Carbonato di calce i- 15776 Muriati di calce e magnesia o. 06913 Allumina °- 27648 Magnesia. . • °- l38a4 Silice . . . • °- o69Ia Ferro » °- OI738 Osserva a buon diritto il sig. Monchini , che la silice ed il ferro potrebbero essere stati sommini- strati dagli utensili impiegati nel processo chimico; e che i principj fissi da lui scoperti neh" acqua di Nocera , attesa la loro piccolezza , non possono con- tribuire in conto alcuno ad accordare alla medesi- ma le proprietà mediche di cui è dotata. Vedi pag. 43. Questa conclusione è rigorosamente esatta , se si con- sideri che non evvi acqua , o di fonte , o di cister- na per quanto pure sia limpida , la quale non conten- ga una maggior copia di principj fissi di qualun- que natura essi siano della già mentovata , senza rodere facoltà alcuna medicamentosa. Alle sostanze adunque gazzose ci è necessita ricorrere per inten- dere l'efficacia dell' acqua di Nocera. Vediamo con qual mezzo il signor Monchini le ha scoperte. At- tesa l'importanza del soggetto , io voglio riferire le stesse di lui parole. „ Per raccogliere e valutare i fluidi elastici „ della nostr' acqua , si fece uso di un vaso di ve- 284 Scienze „ tro tubulato , annesso ad un apparato a mercurio. „ Si pesò esattamente l'acqua che si rinchiuse nel ,, vaso , e si notò il volume dell' aria residua nel va- „ so e nel tubo per diffalcarla da quella che si sareb- „ be sprigionata dall' acqua durante la sperienza. ,, Si ebbe attenzione inoltre di fare i preparativi „ della sperienza ad una temperatura di n.° del „ termometro di Reaumur, acciocché nitrii a porzio- „ ne di aria si sviluppasse dall' acqua prima di po- „ terla raccogliere nell' apparalo. „ Con queste cautele furono fatte tre sperien- „ ze , nella prima delle quali da oncie ^2 di acqua „ di Nocera se ne ottennero sei pollici cubici cir- „ ca di aria , nella seconda da 3-7 oncie di acqua „ se ne ottennero cinque pollici cubici ed un qnar- ,, to , e nella terza della stessa quantità di acqua „ cinque pollici cubici ed un terzo , detratta sem- „ pre l'aria dei vasi , che nelle ultime due spe- ,, rienze era di pollici cubici quattro e mezzo. La „ differenza, come ognun vede, fra quesli risultali ,, è cosi piccola che non eccede i limiti degli er- „ rori inevitabili in tal genere di sperienze. In seguito il sig. Monchini , avendo esamina- to questo miscuglio di aria , trovò che vi era una piccola porzione di gas -acido carbonico, che da lui fu separata per mezzo della potassa caustica. Il restante del miscuglio si sottopose alla combustio- ne col mezzo del fosforo , che assorbì tutto il gas ossigeno. Il residuo si ritrovò essere gas azoto fo- sforato. Da queste sperienze , eseguite colla più rigo- rosa esattezza , ne risultò , che da cento parti dell' aria estratta dall' acqua di Nocera , 33 erano di gas ossigeno , e 67 di gas azoto , escludendo il gas aci- do carbonico , perchè 0 in tutto 0 in parte sa- Dell' ossigeno s8j turato da una base dell' acqua di Nocera, Cornelia dimostrato il sopralodato dottissimo chimico. Dal che apparisce quanto l'aria contenuta nell' acqua di No- cera sia più ricca di ossigeno che l'aria comune. Se- condo le tavole dello stesso celeberrimo professore , il rapporto e la quantità del volume dei due gas si trova nell' aria estratta da una libbra di acqua di Nocera nel modo seguente : Quantità totale dell' aria contenuta in una libbra di acqua di Noce^- ra , pollici cubici i, 70270; dei quali o, 529.^0 so- no di gas ossigeno; e o, 934 38 di gas azoto. Una tale quantità di ossigeno è di tanta entità da pro- durre cangiamenti efficacissimi nella macchina uma- na , e por niun modo inferiori a quelle , che si ottengono dai più ricantati rinaedj . Il cav. Mo- nchini dimostra nella lodata sua memoria , che la dose del gas ossigeno, che suol prendersi da un in- fermo che faccia uso dell' acqua di Nocera , è mol- to maggiore , o almeno uguale a quella di cui suo- le far uso nei diversi ossidi metallici , impiegali dalla medicina , come quelli di mercurio , di fer- ro ec. , dimodoché dietro un tal riflesso non ci do- vremo poi maravigliare , che l'acqua di Nocera, mal- grado della sua purezza , produca effetti così sor- prendenti , quali noi esporremo fra poco. Ma ciò che più importa considerare si è che il gas ossigeno dell' acqua di Nocera non si trova in istato di abrogazione e fisso come ne' suddetti os- sidi , ma puro , semplice , ed in istato elastico pres- so a poco come nell' atmosfera : motivo pel qua- le i di lui salutevoli effetti non si possono attri- buire al misto , come negli accennati ossidi , ma tutti intieri si debbono al solo gas ossigeno. Mi sia permesso, per far conoscere qual sia la natura del- la combinazione del gas ossigeno nell' acqua di No- a8G S e i e n z i cera, di riferire le stesse parole del chimico roma- no (pag. 5o). „ Cominciando dall' azoto e dall' ossigeno, sem- ,, bra ragionevole il credere, che questi due prin- „ cipj si trovino semplicemente disciolti dell* acqua „ di Nocera', privi della maggior parte di quel ca- „ lorico , eh' è essenziale al loro stato elastico , ma ,, tuttavia forniti di una dose considerabile del me- ,, desimo alta a mantenere in essi un tal qoal gra- „ do di tensione elastica , ed a comunicare all' acqua „ una certa espansione , che diminuisce il peso spe- „ cifico di questo liquido di una quantità sensibi- „ le agi' istromenti aerometrici i più esatti. Diilat- „ ti la gravità specifica dell' acqua di Nocera an- ,, cor gravida di questi principi elastici si trova co- t, stantemente minore di quella dell' acqua distilla— „ ta ; ma questa differenza svanisce , anzi si cam- „ bia nell' opposta , quando elevata la temperatu- „ ra dell' acqua verso i sedici o 18 gradi del ter- „ mometro di Reaumur la maggior parte dell' aria ,, se ne svolga in forma di numerosissime e mi- „ nutissime bollicine. „ Fin qui il signor Monchini. Ora aggiungo io , se appena innalzata la temperatu- ra dell' acqua di Nocera al grado undecimo del termometro di Reaumur il gas ossigeno rientra nel- la |sua intera tensione, e si svolge dall'acqua, chi potrà dubitare, che tracannata l'acqua di Nocera , il gas ossigeno non si disbrighi dalla medesima , e libero nonjjagisca nel tubo alimentare? E dopo tut- to ciò , chi potrà contrastare che gli effetti pro- dotti dal passaggio dell'acqua di Nocera non si debba- no per intero al gas ossigeno, reso libero in parte, ed in parte combinato coli* acqua? Se io adunque rie- scirò a provare , che l'acqua di Nocera è un vali- do controstimolante , o, ciò eh' equivale , che essa Dell' ossigeno 387 costituisce un rimedio antiflogistico potentissimo con- tro lo malattie infiammatorie , o come altri le dico- no di stimolo , tanto croniche, quanto acute : io avrò aggiunto quel!' ultima pruova , che si richiedeva dopo le tante addotte , che il gas ossigeno è un con- trostimolante. Non mi prevarrò della testimonianza degli scrit- tori che non la sperimentarono, per quanto autore- vole sia il loro nome ; giacche qui non si tratta di tessere la storia delle opinioni : ma descriverò i fat- ti di testimónj, che ne fecero sperimenti moltiplici, con lo scopo di rinvenirne le facoltà, ed esaminerò le osservazioni da essi riportate colla più severa ed im- parziale critica. Molti medici parlarono della virtù dell'acqua di Nocera : Bacci , Amato Lusitano , Fallopio , Lan- cisi ec, ma essi la ricordarono sul!' altrui giudi- zio. I professori Massimi e Monchini istituirono l'analisi chimica della stess' acqua ; ma sulle di lei facoltà mediche non comunicarono al pubblico al- cuna propria osservazione , non avendo avuto né tempo , né agio per istituirla. Il dottor Piombi ed il dottor Casagrande , medici pensionati ai ba- gni di Nocera , sono i due scrittori della cui te- stimonianza precipuamente io mi prevarrò. Dirò me- glio , io farò uso delie storie mediche, e delle cu- re da essi operate. Pratici di professione , e desti- nati dal loro istituito a presiedere ai bagni , a di- rigere l'infermi , ad assisterli , riuniscono tutti i ca- ratteri di credibilità , che possono desiderarsi per la nostra ricerca. Florido Piombi medico di Nocera pubblicò la sua opera nel 1720 in Fuligno pe' torchi di Nic- cola Campitelli stampatore vescovile. Io riferirò in primo luogo quelle fra le di lui osservazioni , che 285 S C I E N Z K dimostrano evidentemente la virtù antiflogistica , os- sia controstimolante dell' acqua di Nocera , ed ac- cennerò poi le altre , che senza una tale premessa farebbero dubitare del genio infiammatorio delle ma- lattie , nelle quali riuscì utile. Primieramente egli ci assicura nella pagina cinquantasettesima , che nel- le scottature di fuoco , ie subito con essa sì lava, proibisce che si alzi la vescica . Ciò non mostra evidentemente, che il gas ossigeno contenuto nell' acqua di Nocera, gode di un potere contrario ed opposto a quello del calorico ? Nello stesso luogo egli ci fa sapere con termi- ni generali , che giova nelle infiammazioni , e ne- gli sputi sanguigni , che nelle contusioni impedisce la loro suppurazione , e che fa cessare i flussi del sangue. Ventisette sono le osservazioni da esso tra- mandateci. Nella prima narra la storia di un giovane, die avendo immersa la mano in una bigoncia di api , senti poco dopo iutorpidirsigli , quindi sopravven- ne molto dolore, e gonfiezza della medesima. La tu- mescenza ed il rubore si estese per tutto il brac- cio sino al petto. Lavando la parte infiammata con acqua di Nocera , in breve tempo l' infiammazione si spense , e si dileguarono i sintomi gravissimi , dai quali l'infermo era affetto (pag. i4°)- Nella XVI osservazione e nella seguente si rac- contano due gravissime e croniche oftalmie guarite col bagno, e coli' aspersione dell'acqua di Nocera (pag. i44)# Nella XV osservazione egli parla di una dama che avea soggiaciuto a tre aborti , accompagnati da gravissimo flusso di sangue per l'utero e per le narici. Fa uso interno ed esteno dell' acqua di No- cera , e con tal provvedimento impedisce il ritor- no de passati infortuni , e successivamente da in luce tre figli sani e liberi (pag. i43). Deli/ ossicino 289 L'ottava osservazione narra di un ecclesiasti- co affetto da grave tumore emorroidi le per lungo tempo, il quale col passaggio dell'acqua, e coll'ab- bluzione della medesima, se ne rese libero (pag. i3^). Nelle osservazioni VII ed XI descrive due go- norree virulenti risanate coli1 uso esterno ed inter- no dello stesso fluido (Pag. i36, e i3q). Alla pagina 129 riporta il caso di un giova- no, che avendo ostrutti i visceri del basso ventre, risanò col bere copiosamente della divisata acqua. Nella X osservazione ci ridice di un diabeti- co ristabilito coli' uso dell' acqua di Nocera , co- me poco fa ci ha fatto conoscere il celebre Raso- ri di aver conseguito col liberale uso del nitro. Pag. i38. A queste storie egli aggiunge tre casi di gra- vissime erpeti, fugate collo stesso mezzo. Pag. i3i. Merita di essere ricordata la storia di una dama soggetta a frequenti vertiggini tenebricose e ca- duche , eh' era stata trattata con spessi purgativi inutilmente , ma che risanò coli' uso per lo spazio di 40 giorni della nostr' acqua. Oss. XXVI. Pag. i58. Non contento il sig. Piombi di averci comuni- cate le proprie osservazioni, ci riferisce di più quel- le di altri tre pratici , che prima di lui sperimenta- rono l'efficacia dell' acqua di Nocera. Stimo pregio dell' argomento il non trasandarle. Annibale Camilli, medico di Nocera, stampò nel 1627 m Perugia un trattato sulla nostr' acqua. Racconta egli di due gravissime ostruzioni , una del- le quali molto annosa (Oss. Vili e II. Pag. 127 e iaa), le quali cedettero all'uso interno ed ester- no dell' acqua di Nocera. Descrive ancora l'infiam- mazione del labbro di un cane estesa a tutta la te^ sta , e prodotta dal morso di una vipera , la rm»- G.A.T.XXXIV. 19 3Q0 S C I E N 7. K le venne fugala colla bevanda e coli' abbluzione della medesima (Oss. V. Pag. is5). Dipinge inoltre l'infiammazione della lingua di un isdraelita divenuta cosi grande, che questa pen- deva fin sotto il mento , accompagnata da ulcerazio- ne, la quale collo stesso mezzo fu prontamente dis- sipata (Oss. VI. Pag. 126). Finalmente fa parola di una rogna inveterata accompagnata da grande prurito, risanata col ba- gno , e colla bevanda dell' acqua di Nocera (Oss. III. Pag. ia3). Gli stessi salutevoli effetti si ottennero da un ecclesiastico , che si portò a quelle salutifere acque colla gamba sinistra estremamente gonfia (Oss. VII. Pag. ia7). Il dottore Ottaviano Mariani, medico similmen- te di Nocera , pubblicò nell' anno i5qq in Peru- gia un picciolo libretto sullo stesso argomento, del quale il Piombi ci riporta le seguenti osservazio- ni. Due infiammazióni , una in un piede prodotta dal morso di vipera , l'altra in un dito della ma- no , che si estendeva per tutto il braccio sino al petto cagionato dal morso di un ragno : entrambe le quali si dileguai ono coli' uso interno , ed ester- no dell' acqua angelica (Oss. I e II. Pag. e 118). Il ristabilimento di un' artritico , che non potea mo- versi , e che adopraudo l'acqua del nostro fonte per molti giorni , se ne partì affatto sano (Oss. III). Per ultimo una lopra crustacea (Oss. V) ed alcune ul- ceri sordide alle gambe , distrutte (Oss. VI) collo stesso presidio. Il giudiziosissimo Piombi in ultimo luogo tra- scrive un passo degli scritti del dottor Bernardino Venanzi medico di Nocera nell' anno i5<)r, il qua- le per la sua importanza merita che da me sia ri- Dell'ossigeno arji ferito colle stesse paiole originali dell' autore. Si tratta eh un tifo epidemico contagioso , che domi- nava nella Marca e nell' Umbria , che menava nu- merosissime stragi , e che obbedì ossequioso , dirò così, alla nostr' acqua. „ Anno elapso i5c)i, cium in „ Piceno atque in tota Umbriae plaga pestilentes „ febres increbrescerent ubique locorum , ut plnri- „ raum oegrotantes omnes moriebantur ; in civitate „ autem Nuceriae , atque in tota ejus ditione , et „ si plusquam ter mille aegrotantes , ac mali moris „ febre correpti fuerint, nihilominus mors quinqua- „ ginta eis non diminuta est ex hisque paucis , ut „ plurimum erant senio vexanaque fame consum- „ pti ; mirabile visu , atque incedihile dictu , erat ,, omnibus febricitantibus aquam ad libitum con- ,, donare , si ve adesset obscura coelio , sive per-- „ fecta. „ Piombi ibidem pag. n5. La pratica di Sydenham , i risultati di Rasori , le osservazioni di Tommasini , i quali trattarono la febbre pesti- lenziale col regime intieramente antiflogistico, ci ob- bligano a concludere , che 1' acqua di Nocera , la quale in pari casi recò i medesimi ed anche mag- giori vantaggi, possiede le stesse qualità temperan- ti , refrigeranti , controstimolanti riunite nei meto- di dei sopraddetti chiarissimi scrittori. Ma l'acqua di Nocera non contiene di più dell' acqua comune che il gas ossigeno : dunque il gas ossigeno è temperan- te , antiflogistico , deprimente : e , dirò meglio , è controstimolante. Il dottor Giuseppe Casagrande , fisico diretto- re dei bagni di Nocera, pubblicò nell'anno 1793 una sua memoria intorno all'acqua medesima, la quale porta il titolo Fisico Annale delle acque e dei ba- gni di Nocera , stampato in Roma pe' torchi di Luigi Perego Salvi o ni , e che l'autore decorò coli' 19* ?j)2 Scienze angusto nome dell' immortale PIO VI. Sessantasèi sono le storie delle malattie dal medesimo riferite, le quali formano Tannale di quell' anno. Giova al nostro scopo di presentarle qui in compendio. Nel numero primo (pag. 20) e ventuno (pag. 2G) si descrivono due infiammazioni di fegato croniche, la prima delle quali, antichissima , molto migliorata, l'altra guarita. Ai numeri tre (pag. 21) e ventotto (pag. 29) si parla di due paralisi succedanee all'emiplegia in gran parte debellate. Nei numeri quattro (pag. 22) venti (pag. 26) ventidue (pag. 2-7) ventisei (pag. 38) trentanove (pag. 3o) quarantadue (pag. 01) vengono presen- tati al lettore sei casi di fluor bianco uterino in soggetti o robusti, o sterili, o soggiacenti ad emor- roidi , parte guanti , e parte ricondotti a miglior condizione. Ventidue casi d'impetigini croniche parte erpe- tiche, parte volatiche, parte pustolose formano il soggetto dei numeri cinque (pag. 22) sei (pag. 24) quattordici ( pag. 25 ) quindici ( pag. ivi ) diciaset- te e dieciotto ( pag. 26 ) diecinove , trenta , tren- tuno , trentadue, trentatrè ( pag. 29) , trentotto (pag. 3o ) quaranta (pag. ivi) quarantatre, e qua- rantaquattro ( pag. 3i ) quarantanove ( pag. 32 ) cinquantuno (pag. ivi) cinquantasetle (pag. 34) cin- quantotto (pag. 35), quasi tutte fugate, e le restan- ti dissipate pressoché pienamente. Degno di osserva- zione si è che in alcune eravi infiammazione della cute circostante, in altre calore, ed in una, cioè nel numero cinquantotto , associazione di emottisi e di pienezza di polso : a distruggere i quali ultimi fenomeni morbosi basto la nostr' acqua senza biso- gno di salasso. In tolte trasparisce ad un occhio os- servatore la condizione stenica degl'infermi. D^LL OSSIGENO 2()ò Setto ipocondrie si sono pure commemorate dal nostro autore mei numeri selle ed otto ( pag. 11 ) dodici (pag« 2j) sedici (pag. 2j) ventisette (p^g- 28) cinquanta ( pag. 3a ) cinquautasei ( pag. 34 ) citi- quantanovc (pag. 35), ed egli ci fa riflettere che molti degl'individui, che ad esse soggiacevano, era- no robusti : come la stessa osservazione ripete in una donila isterica al numero cinquautasei ( pag. 34), la quale restò pienamente ristabilita , nel modo stesso che o ristabiliti o migliorati si partirono dai bagni i primi. Quattro strangurie , e due dissurie , alcuna di esse accompagnata da scolo , segno il più frequen- te di flogosi, condotte a buon esito dalla nostr'ac- qua , sono esposte nei casi nove (pag. a3) ventitré ( Pag* 27 ) quarantacinque (pag. 3i) sessantacin- que (pag. 36). Anche una gotta rosacea, numero sessanta (pag- 35), malattia di sua natura refrattaria, e trattata dai mi- gliori pratici quasi sempre cogli antimoniali, ven- ne spenta dal Casagraude colla nostr' acqua. Due alopecie ebbero la stessa terminazione collo stes- so metodo : numeri venticinque e quarantuno. Noi non ci arrestiamo sul ristabilimento di una leuco- flegmasia, numero ventitré, perchè si potrebbe re- putare di dubbia diatesi , abbenchè una rigorosa critica ci persuada , che i comuni metodi, che del- la medesima si sperimentano lutto giorno vincitori, sono risultanti di rimedj conlrostimolanli. I casi che meritano di essere con imparzialità ponderati , sono una colica migliorata al numero due (pag. 32), una palpitazione di cuore prodotta da rogna intempestivamente ripercossa , numero dieci (pag. a3), alleviata; così una febbre indotta dalla stes- sa causa, numero trentacinque (pag- 23), spenta; un 2^4 Scienze artititle, numero ventiquattro (pag. 27), condotta al- lo stesso buon fine; crampi da soverchi umori fu- gati, numero trentaquattro (pag. 29). Altrettanto dicasi di due clorosi , numeri qua- rantasei e quarantasette (pag. 3i); di fistola all' ano in due individui , numeri cinquautadue e cinquan- tatrè (pag. 33); di un dolore alle coste per effetto di percossa, numero cinquantaquattro (pag. ivi); di aUro dolore ai reni, numero cinquantacinque (pag. 34); di una sifìlide, numero sessantasei (pag. 3-y); di alcuni spasmi, numero sessantaquattro (pag- 36); e finalmente di un'incubo in soggetto floridissimo, nu- mero sessautatrè (pag. ivi): i quali malori o in parte o totalmente vennero spenti. Un lettore im- parziale come non si arrenderà alla prospettiva di tanti fatti? Ma il professor Santarelli soleva dar compimen- to a questo quadro di storie pratiche, da esso si chia- chiaramente disposto, con la seguente sua osserva- zione. Affermava di essere stato spettatore più volle nella sua prima giovanezza alla pratica del dottor Fabbri medico primario di Macerata , e successiva- mente esercente in Roma , il quale nelle febbri in- fiammatorie estive col migliore effetto prescriveva per tutta bevanda esclusivamente la sola acqua di No- cera. Anche il Casagrande afferma (loc. cit. pag. XLV1I) che nelle febbri biliose essa irapiegavasi comunemen- te , e riscontravasi utilissima. E giuoco forza adun- que nuovamente concludere, che l'acqua di Nocera, ossia il gas ossigeno da essa contenuto , possiede le proprietà de'rimedj antiflogistici, temperanti, con- trostimolanti , nel modo stesso che le posseggono le sostanze acide, antimoniali ecc., e ciò perchè produ- ce nelle circostanze i medesimi effetti, che tutti i pra- tici hanno in queste riconosciuti. Dell' ossigeno 29J Non voglio trascurare di menzionare un feno- meno, clic alcune volte si osserva in certuni mala- ti di estrema sensibilità qualche giorno dopo dell' uso della nostr'acqua, ove essi ne bevvero in mol- ta copia. Soffrono eglino un senso d' irritazione e calore alle fauci, le quali si arrossano, come se fos- sero affette da leggiera scottatura ; siegue alcune fiate qualche dolore nel bassoventre, tenzione^ ed anche diarrea. Tutti questi effetti dispajono pron- tamente, se si faccia ad essi prendere qualche bro- do di pollo caldo più volte nei mattino (ved. Mo- nchini 1. e. pag. 18 e. IV). Tali sintomi d'irritazio- ne potrebbero far credere , che l' acqua di Nocera goda una proprietà opposta a quella, che le abbia- mo assegnata. Ma se si riflette ch'essi son fatti ces- ■ sare dalla menzionata bevanda soavemente riscaldan- te e stimolante , avrà fine ogni nostra incertezza. I più leggieri antiflogistici , come l'acido del limone, non si comportano eglino nell' istesso modo ? Rite- nuto quest' acido per lungo tempo sopra la cute, non la stimola, e non la infiamma? Noi Io ripeliamo: tanto gli stimolanti, quanto i controstimolanti possono esser seguiti da uno stesso resultato. E questa la fondamentale massima stabilita dal professor Santarelli nella sua nolissima memoria. Dirò di più; questa flogosi prodotta, abbenchè non soventi volte, in sensibilissimi individui dall'acqua di Nocera, nella quale l'ossigeno si trova disciolto in pro- porzione rapporto all'azoto maggiore dell'ordinaria , e una conferma mirabile di quanto asserì il lodato professore nel paragrafo 36, cioè doversi in parte le flogosi indotte dal freddo all' eccesso dell' azione dell'ossigeno atmosferico sopra il calore animale. Se poi si consideri che quanto l'atmosfera perde della temperatura, altrettanto acquista in intensità ; si ria- 29G Scienze verrà che una tale densità dovendo essere in al- cuni casi grandissima, grandissima ancora è mestieri clie sia allora la forza dell'ossigeno, d'avvicinarsi a quella de' più gagliardi acidi. Qual maraviglioso ac- cordo di fatti che in sulle prime non mostravano fra loro alcun legame? E qui mi è indispensabile richiamare l'attenzio- ne dei medici al metodo sperimentale impiegato in questi ultimi tempi dai più diligenti osservatori. Que- sto metodo consiste nell'avere ritrovato, ch'esistono due serie di agenti sopra il corpo umano, di azio- ni opposte , e di contrarie. La prima di queste serie comprende il calorico, il vino, l'oppio, gli eteri, l'am- moniaca, le carni animali ecc., l'altra gli acidi, i succhi vegetali, i sali neutri, gli ossidi metallici, mol- li veleni del regno vegetabile ec. Ora i disordini occasionati nel corpo umano da uno degli agenti della prima serie sono accresciuti dall' amministrazione successiva di qualunque altro degli agenti della serie stessa. Così gli effetti per- niciosi del vino vengono ingranditi dall'assunzione dell' oppio. Quelli dell' oppio , dall' amministrazione degli eteri. Quelli prodotti da questi, dalle carni. E i mali indotti dalle carni , ricevono peggioramento dal calorico : e così alternando qualunque degli agen- ti descritti in detta serie accresce gli effetti l'uno dell'altro. Da questa osservazione ne abbiamo dedot- to , che tutte coteste sostanze producono uno stes- so primo effetto nel corpo umano. Trasferendoci alla seconda serie, è stato dimo- strato con un numero incalcolabile di osservazio- ni , che le prime affezioni indotte dagli acidi , sia- no vegetabili siano minerali , divengono più formi- dabili, se si facciano loro tener dietro i sali neu- tri. I disordini generati dai sali neutri peggiorano Bell' ossigeno 297 orribilmente amministrando gli ossidi metallici. Quel- li poi occasionati da questi , si esasperano coll'uso de' sughi vegetabili; e i fenomeni orribili prodotti dall'atropa belladonna ricevono accrescimento dal- la digitale purpurea. E quelli indotti da questa , sono accresciuti dal tartaro stibiato. Finalmente qua- lunque sostanza della seconda serie ingrandisce e rende indomabile qualunque malore ingenerato dall' uno a dall' altro degli agenti inseriti nel catalogo della medesima. Da tali risultati abbiamo conchiuso , che tutte queste sostanze producono uno stesso effet- to primo nell' umano organismo. Una tal conseguen- za potrebbesi revocare in dubbio? Invertendo però l'ordine degli sperimenti si ot- tengono resultati ben diversi. Gl'immediati disordi- ni indotti dall' oppio , dal vino , dagli eteri , dalle carni , sono distrutti dagli acidi , dai succhi vegeta- bili, dai sali neutri, dagli ossidi metallici. Per l'al- tra parte i primi turbamenti e le affezioni morbo- se ec ec. eccitate dai veleni vegetabili , dagli ossidi metallici , dagli acidi ec. rimangon distrutti effica- cemente dal vino, dall' oppio, dalle carni ec Qual corollario più necessario che concludere le azioni de- gli agenti delle sopramentovate due opposte serie eli- dersi fra di loro , e coll'opera dalle medesime ricon- dursi alla normalità il sistema vivente, allorquando dall' eccesso o degli uni o degli altri ne venne es- so allontanato? Questa naturale considerazione debbe bastare a ritenerci dal cadere in quella confusione, ove mol- ti già sono inviati , cioè di non distinguere fra di loro tanto le azioni slimolanti, quanto le controsti- molanti: perchè tanto le une, quanto le altre condu- cono in appresso il sistema vivente ad uno stesso secondario disordine. Il professor Santarelli però, ac- 2(j8 Scienze cordando molta attenzione a quest e ricerche , si è lusingato di potere stabilire, che tanto gli stimolanti , quanto i controstimolanti possono, abbenchè dotati di forze opposte, mediante i previ turbamenti delle par- ti intermedie fra essi ed il sistema arterioso innor- malizzare l'azione di quest'ultimo , ed indurre lo stes- so fenomeno , cioè la febbre e l' infiammazione. All' occasione della pervertita azione del sistema arterio- so , questa identità di effetti diviene indispensabi- le , perchè per essa si da luogo ad un movimento che fa nascere un processo chimico con is viluppo di calorico, processo sempre identico che costituisce in gran parte la febbre. Un tale processo confuso col- le condizioni antecedenti delle parti viventi , che possono essere, come dicemmo, opposte , ha conser- vato per lungo tempo, e potrebbe conservare ancora, quel disordine nelle nostre cognizioni , che cerchia- mo di tener lontano. Un' analisi egualmente severa ha portato anco- ra lo stesso professore, dopo di avere riconosciuta questa doppia sorgente di un medesimo fenomeno, a stabilire che gli agenti di ciascheduna delle comme- morate serie , oltre a godere di una proprietà co- mune a tutti gli altri, ne posseggono altre mol- teplici , e sconosciute per la maggior parte. Cosi l'azione dell' oppio è per molti riguardi diversa da quella degli eteri. Quella del calorico , dopo qual- che cosa di comune coli' azione delle carni , si tro- va ben lontana dalle altre racchiuse da queste. Lo stesso dicasi dei controstimolanti : l'azione degli aci- di non è talmente identica all'azione de' veleni ve- getabili. Il tartaro stibiato e la cicuta non si ras- somigliano pienamente nel loro modo di agire. Ecco pertanto delle differenze che noi dobbia- mo studiare. Ma queste differenze non ci devono Dell' ossigenò ^99 nascondere quello che tali agenti hanno di comu- ne. Le opere di materia medica, esaminate sotto que- sto punto di vista, somministreranno i materiali per questo nuovo lavoro , che a me non è permesso qui se non indicare. Paragonando fra loro gli ef- fetti di due controstimolanti, ed osservando in che essi diversificano , noi incomincieremo a formarci la . nozione delle loro forze secondarie. In seguito osser- vando i fenomeni , che ne sorgono ne' diversi or- gani , determineremo quali sieno le parti che della loro azione mediatamente o direttamente più si ri- sentono. Tenendo dietro alle differenze delle nuove secrezioni che si effettuano , incomincieremo ad as- sicurarci delle nuove mistioni di umori , che ne sono la conseguenza. E facendo nuovamente attenzio- ne tanto alle perturbazioni, che da questi misti in- normali sono prodotte nei solidi, quanto al sedamen- to che dalla loro rejezione ne scaturisce , ci per- suaderemo che questi misti ne sono la successiva cagione effettrice. Per tal modo passando da fenome- no a fenomeno , ci faremo a conoscerli , a differen- ziarli , ad apprezzarli per quanto è permesso all'uma- no intendimento. Ciò che ho detto dei controstimo- lanti, si verifica ancora per rapporto agli stimolan- ti. E finalmente ritornando di nuovo a paragonare fra di loro le opposte azioni , esercitate nello stato di sanità contemporaneamente dagli stimolanti e dai controstimolanti, potremo concepire in qualche mo- do , come la macchina umana soggiacendo incessan- temente alle opposte azioni di questi due contra- ri agenti , da quelli riceva nuovi elementi, a que- sti ne abbandoni altri , divenuti inutili e nocivi , d' alcuni ottenga quei nuovi misti , onde ne sorge la nutrizione, la conservazione, la vita dell'indivi- duo. Mi sia permesso riferire l'immagine colla qua- 3oo S e i e n z r. le egli suole descrivere l' esercizio della vita ani- male. Un essere organico è una riunione di cir- coli eccitabili che comunicano tra di loro stessi. Il calorico e l'ossigeno, stimolando, eccitano la su- perficie del corpo. Questo eccitamento si prolunga all'estremità interne de' visceri , specialmente al bas- soventre. Gli alimenti parte stimolanti, e parte con- trostimolanti producono lo stesso effetto negl'intesti- ni e nei visceri addominali , ed il loro effetto si estende a tutte le parti ed alla superficie del cor- po , e va a ricongiungersi col primo eccitamento , che conserva ed aumenta. I sensi esterni sono sti- molati e controstimolati dai colori , dagli odori , dai sapori , dai suoni : e questo eccitamento giun- ge al cervello , ed alle estremila opposte del sistema nervoso. I sensi interni corrispondendo a tali im- pressioni danno luogo a nuovi movimenti , i quali producono ancora la contrazione delie libre musco- lari. I muscoli contratti spingono il sangue venoso verso i tronchi , e quindi al cuore. L'ossigeno pe- netra contemporaneamente per mezzo dei polmoni in questo viscere , e ad esso si unisce per attraver- sare in seguito il sistema arterioso, e produrre lo sviluppo del calorico animale. Questo calorico dif- fondendosi ovunque , stimola tutte le parti organiz- zate in opposizione alle azioni contrarie di alcuni fluidi , specialmente acquosi che per ogni dove si rinvengono. Intanto si formano nuove composizioni, si eseguiscono nei diversi organi diverse secrezioni, e queste e quelli esercitano nuove e non intese azioni , parte meccaniche , parte fisiche , parte chi- miche, parte misteriose. Ne sorge per tal modo una catena di azioni e reazioni circolari, che ritornando in se stesse reciprocamente, si sostengono , si rin- Dell' o.ssgieno 3oi forzano , animate sempre precipuamente da due op- poste serie di agenti. Questa, a mio avviso, è la no- zione meno incompleta , che noi ci possiamo for- mare della vita, secondo la quale ogni parte è prin- cipio, mezzo , e fine di tutti i movimenti. In quest' ipotesi il dono prezioso della vitalità non è affida- ta ad un sol motore , ma ne viene consegnata la custodia ed il conservamene a tutte le parti quan- te elle sono concorrenti a formare l'individuo. La morte non è l'effetto dell'esaurimento del potere vita- tale , ma la conseguenza di una successione di di- sordini di tutte le azioni sopra esposte dei loro prodotti , e del cangiato organismo. Dopo il fin qui detto , io voglio arrischiarmi d'indicare la differenza che a me sembra intercede- re tra questa dottrina, e. quella dei controstimolisti. Questi opinano, che la vita sia il resultato di un'azio- ne identica e sola degli stimolanti. Noi crediamo che essa ìia il prodotto del concorso di due azioni op- poste e contrarie. Quelli restringevano il potere dei controstimolanti a raffrenare l'azione degli stimo- lanti allorché era soverchia. Noi conosciamo nei pri- mi tanta facoltà, e necessita nel produrre la vita quanta nei secondi. Quelli l'ammettevano all'oppor- tunità; e dove avesse preceduto l'eccesso degli stimo- lanti; noi la esigiamo perpetuamente, e senza inter- ruzione. Quelli limitavano la presenza de' controsti- stimolanti nel tubo alimentare all'uopo; noi la esten- diamo in tutti i visceri , in lutti gli organi, in tut- te le fibre. Quelli indicavano alcuni cibi , alcu- ni medicamenti , e la Lile pe' soli controstimolanti del corpo umano. Noi vi ascriviamo un numero più esteso di sostanze d'interni umori, e a capo di tut- ti, fra gli esterni specialmente, vi collochiamo l'ossi- geno. Finalmente quelli con manifesta contradizione 3o2 Scienze ricorrono per ispiegare quasi tutti i fenomeni mor- bosi alla reazione animale ; noi tutto ciò attribuia- mo alla cessazione dell' equilibrio degli agenti e del- le forze. È questo equilibrio , il quale ove si perda , da luogo il più delle volte alla generazione di un processo chimico nel sistema arterioso , denominato febbre , i cui eflètti non possono essere soltanto in corrispondenza rigorosa colle previe azioni degli stimolanti e controstimolanti, ma dipendono da' pro- prj elementi da quelle indipendenti. Per necessaria conseguenza di tutti questi fatti noi siamo più mode- rati nel salassare, non avendo altra mira con questa de- trazione che contenere entro certi limiti di modera- zione un tal secondario processo; meno insistenti nel controstimolare. Più indulgenti nel raddolcire, e nel risarcire, meno avversi nell'evacuare ; in somma la no- stra pratica s'accorda pienamente con quella di Syde- nham , di Grant, di Stoll, di Frank, che spesso per altro non dubitiamo ora di estendere, ora di raffre- nare , e qualche altra volta rettificare. 3o3 Sinossi delle varie specie di difficoltà del parto, con osservazioni pratiche sul trattamento dei parti , del prof. Samuele Merriman membro della so- cietà linneana ec Traduzione italiana sulla ter- za edizione di Londra , con aggiunte ed un ap- pendice di casi e di tavole illustrative delV au- tore, e con alcune note del traduttore. Siena, 1825. xjLutore della traduzione, di cui imprendiamo a par- lar brevemente , è il cel. sig. Grottanelli prof, nel- la università di Siena Egli conoscendo il merito in- trinseco dell' opera , della quale eransi di già esau- rite tre edizioni , rilevando altresì l'utilità del me- todo nosologico seguito dall' A., e eh' è sempre at- to ad imprimere nella mente dei giovani studenti ,più agevolmente la idea degli oggetti delle lo- ro applicazioni , ha voluto in prò dei suoi alunni occuparsi della versione della medesima nell' idio- ma italiano. Nella prima delle tre parti , nelle qua- li l'opera è divisa , comprendevi tutta la nosogra- fia delle varie specie di difficolta del parto , e vi si discorre pur anche del parto naturale; nella se- conda si discute l'uso degli stromenti di ostetricia , dell' operazione cesarea , della sinfisiotomia ec. , la terza presenta un esteso appendice di casi pratici e di tavole illustrative la precedente sinossi. Alle varie annotazioni dell' autore molte ed interessanti ne ha aggiunte il traduttore medesimo con erudi- zione non solo, ma con spirito ingenuo altresì, aven- do liberamente respinto qualche parere o precetto dell' A. ove non lo ha rinvenuto uniforme ai sani principj della clinica ostetrica. 3o4 Scienze In due classi è distinta la prima parte ; nel- la prima classe , appellata Eutocia, trattasi del par- to naturale o felice, di cui ne olire la giusta de- finizione , ne descrive i sintomi precursori ed i pro- pri , e ne addita le regole per la dovuta assisten- za da prestarvisi. La seconda classe , denominata Djstocia , indi- cante cioè parto preternaturale o penoso , ab- braccia quindici diversi ordini , dei quali ci li- mitiamo a riferire semplicemente il titolo rappre- sentato co1 seguenti aggettivi , che offrono l'idea del- la discrepanza della causa , come djstocia diuti- na, anenergica , perversa , amorphica, obturatoria , etiopica, transversa, gemina, laceratola, kamior- rhagiacà, spicopalis , epileptica, injlammatoria, re- lentiva , inversoria. Onde poi apprezzare giustamen- te si possa il lodevole modo , con cui vengono que- ste materie nei rispettivi ordini contemplate , esibi- remo l'idea di uno di questi, prescegliendo a tal uo- po l'ordine primo. Verte il medesimo intorno alla djstocia diutina , ossia parto prolungato o ritarda- to : segue al titolo la sinonimia , cioè la serie dei vocaboli co' quali piacque a diversi autori desi- gnarla ; conseguita la definizione della relativa dif- ficolta di parto di cui si discorre , cioè in che es- sa consista ; fa quindi passaggio alla enumerazione delle cause, sulle quali suole comunemente rifonder- si questa specie di parto difficoltoso. Ciascheduna del- le undici cagioni , alle quali o complessivamente o paratamente attribuir si può la djstocia diutina , viene dall' A. esaminata non tanto sotto l'aspetto dei fenomeni che la distinguono , quanto sotto quello dei soccorsi che nelle rispettive circostanze fa d'uo- po prestare alla paziente. Con esattezza perciò si ri- marcano gli ajuti che l'ostetrico dee porgere ne' ca- TRATTAMENTO DEL PARTO 3o5 si di una debolezza originale o accidentale di costi- tuzione della madre; nello stato di rigidità, o dif- ficolta nella dilatazione dell'orificio dell'utero; ne^l' incontri di piccolezza della pelvi, di straordinaria grandezza del feto, e di mostruosa conformazione; negli avvenimenti di estrema distensione dell' ute- ro , di straordinaria densità delle membrane , di una troppo pronta evacuazione del liquore dell' amnios, di subitanea e violenta affezione dello spirito , di soverchia brevità del funicolo ombelicale, e della mor- te del feto , che sono le undici cagioni , dalle qua- li l'A. opina potersi il parto ritardare. Con un me- todo presso che pan e con egual lode vengono gli altri articoli discussi , e nella maggior parte dei ca- si, oltre il corredo delle menzionate annotazioni, si ri- manda il lettore alle istorie registrate nell' appen- dice, di cui terremo menzione in altro fascicolo. Opporre a prima giunta potrebbesi all' A. , che nell' ordine IH ( Dystocia perversa , storta presen- tazione della testa) ove parla della presentazione della faccia , non si saviamente suggerisca di ope- rare la depressione del mento con la introduzione del dito nella bocca del feto. „ Noi , egli dice , sia- „ mo stati istruiti ad introdurre un dito nella boc- „ ca del feto , e ad abbassare il mento sopra il „ petto , o a procurare in qualunque altra manie- „ ra di cambiare la posizione della testa. „ E chi non vede che potrebbe da tal manovra temersi la lussazione della inferiore mandibola del feto ? Ma l'A. istesso conoscendone il periglio, ne avverte ivi, che debbasi impiegare in ciò moltissima cautela e precauzione. Anzi all'ordine VII -(che verte intor- no alla dystocia transversa, parto preternaturale) in cui si discorre di quei parti , nei quali si pre- senta qualunque parte del feto, eccettuata la testa, G.À.T.XXXIV. ao 3o6 S C I E N I E si esprime l'A. con maggior chiarezza. Leggiamo in- fatti alla pag. 68, che ,, introdotto il dito indice ,, della mano sinistra alla bocca del feto , si ap- ,, plichera l'indice ed il medio della mano destra „ alla nuca del collo , restando un dito su ciascu- ,, na spalla , e cosi potrà essere impiegata una mo- „ derata forza per l'estrazione , portando in avan- „ ti la testa. Deesi però fare somma attenzione on- „ de non accada la dislocazione della mascella , o „ di non apportare qualunque altra offesa al feto.,, Se mal però non ci apponiamo , un fallo di omissione non lieve ci è sembrato rinvenire nella terza parte dell' ordine X ( dystocia haemorrhagia- ca: parto accompagnato da emorragia). Trattasi in quel terzo paragrafo „ del trattamento curativo del- ,, la dystocia haemorragiaca , quando 1' emorragia „ viene in seguito del parto. „ Utilissimi precetti vi si leggono esposti, e molto apprezzabili sono i terapeutici soccorsi ivi con buon ordine suggeriti all'uopo di opporsi a sì disastroso accidente. Ma a parer nostro non dovea tacersi la tanto proficua prescrizione , di cui siamo debitori al sig. Vernet , il quale consigliò un più acconcio metodo per ope- rare una diretta compressione su i vasi della inter- na superficie dell'utero. Conoscendo l'interesse som- mo e l'utilità grave di questo metodo, ci avvisia- mo far cosa grata ai leggitori in riferire original- mente quel che in proposito leggiamo in Gardien (a): „ M. Vernet, dans une dissertation presentée è l'eco- (a) Traité d'accouchemens , de maladies des femmes , de l'education medicinale des enfans , et des maladies pro- pres a cet age , par G. M. Gardien, ec: ec : Tome troi- sieme pag. 233, e seg. Trattamento del parto 307 ,, le de medicine de Montpellier , sur les lie'morra- „ gies uterines qui surviennent après l'accouchement, -,, a propose d' exercer une compression directe sur „ les vaisseaux qui donnent le sang: le moyen qu'il „ conseille pour en venir a bout, m'avoit deja e'té „ propose par quelques élèves, que j'avois encoura- „ gè a en faire le sujet d'un mémoire; il consiste „ a introduire dans la matrice une vessie de coclion ,, que l'on aura assouplie en la tenant pendant quel- „ que teraps dans l'eau. On peut proceder de trois „ manie'res pour obtenir, par son moyen, une com- „ pression sur les vaisseux de l'uterus: on peut di- „ stendre la matrice en soufflant de l'air dans la „ vessie, au moyen d'une canule qu'on y adapte; „ Ja compression qu'il exercera sera plus au moins „ exacte, suivant la quantità d'air que l'on aura „ introduit: il faut qu'elle soit assez grande pour „ mettre les parois de la vessie en contact imnie'diat ,, avec celles de l'uterus : on peut l'augraenter ou „ la diminuer a volonte , au moyen de la canule „ qui a servi de conducteur a l'air; par la on de- „ semplit la matrice avec toute la lenteur que l'on „ peut juger convenable r si 1' hcmorragie reparoit „ quand on donne issuer a l'air, on peut y en in- „ troduire de nouveau. „ li est plus avantageux d'injecter dans la ves- „ sie par la canule un liquide froid ou styptique; „ le liquide ne sollicite pas seuleraent les contra- „ ctions par la distension qu'il produit , il agace, „ il irrite, en outre, la matrice: an effet, l'cpuis- „ seur de la vessie est si peu considerable , qu'el- ,, le peut ressentir une impression de la part de „ l'eau -froide ou glace'e, que l'on a injeclc. Cette „ vessie donne la facilite de retenir dans la matrice 301 3o8 Scienze „ le liquide injectèe, ce qui est indispensable pour „ obtenir quelque avantage: corame una doublé puis- „ sance tend a solliciter les contractions, on ne di- „ steud pas autant la matrice pour qu* elle puisse „ se resserrer , quand on emploie ces injections , „ que lorsq'on a recours a l'insufflation. Cette mé- „ thode procure encore la facili te de changer le „ liquide froid on styptique, toutes les fois que fon ,, juge qu'il doit avoir e'té èchauffè par chaleur na- „ turelle de la partie : cornine on peut vide/ et „ remplir la vessie a volonte', on l'assure si là ma- „ trice a quelque disposition a revenir sur elle- „ mérae. „ Si après avoir exeree une compression sur la „ superface interne, par le moyen de l'insufflation ou „ des injections qui me paroissent me'riter la pié- „ ference, le sang continuoit à couler , on pourroit „ alors tamponuer le vagiti , parce que, dans ce „ cas , la quantité de sang requise pour distendre ,, la matrice en formant un caillot, ne sera pas as- ,, sez considerable pour faire craindre pour la fera- ,, me, comme dans la maniere ordinaire de tampon- „ ner. La liqueur froide quo l'on a injectèe pouvant ,, étre renonvelee tontes les fois qu' on le jugera „ convenable , favolisela la formation prompte du „ caillet qui, soutenu par la vessie, qui forme dans „ la matrice une espèce de cintre, de voute , con- „ tribuera a rendre la compression sur les vaissea- „ ux, qui donnent le sang, plus forte, plus exacte. „ Tal è l'addizione che abbiam creduto espedien- te di apporre a questa prima parte dell'opera del sig. Merriman. Torneremo a discorrere delle altre due parti in uno dei prossimi volumi. Intanto giu- dichiamo necessario avvertire , che chiuuquc amas- Trattamento del parto 3oj) se un compendio ostetrico noi potrà rinvenire più utile e meno oscuro della presente sinossi del .sig. Mer- riman; e perciò ne dobbiamo saper buon grado al traduttore della medesima , al valente prof. Grot- tanelli , che con la italiana versione ce ne ha pio- curato la conoscenza. (Sarà continuato) TONSLLI 3io LETTERATURA Sul pregio della basilica classense y e del suo monastero annesso in Ravenna. s i attristò la cristianità , ed a ragione se ne at- tristò , per lo sfortunato incendio della basilica ostien- se ; i cultori delle belle arti ne piansero il depe- rimento , gli uni per la distruzione di un tempio da quattordici e più secoli sempre conservato nella sua integrità : gli altri per la perdita di un monumen- to della più studiata architettura di quei tempi. Entrambi però possono un qualche conforto ritrar- re dalla rimembranza , che non tanto lungi da Ro- ma , e negl' istessi pontificii dominii altra integra basilica tuttora esiste qual' era nella sua primiera costruzione , che vanta una antichità dalla edifica- zione dell' ostiense quanto tempo intercede fra l'im- pero di Teodosio , di Valentiniano ed Arcadio , e quello di Flavio Giustiniano : differenza di un se- colo , o poco più. Una basilica è questa , la qua- le sebbene non eguagli la già diruta di s. Paolo , pure nella sua forma è magnifica , e nei suoi or- nati assai elegante. Beati Apollinaris basilica , co- si scrive l'eruditissimo Muratori nelle sue italiane Della, basilica, classense 3Ci antichità (i), in loco qui Classis dicitur miri/ice plus- quam plenarie dici possit constructa , paradisi ame- nitatem , iis qui ingrediuntur in eam, in hac vita presenti propinai . Di questa insigne basilica io par- lerò , non perchè agli eruditi del secolo sia ingno- ta , ma solo a fine di rinnovarne la memoria , onde concluderne poi, non essere altrimenti vero, come qual- cuno s' immagina , che dopo la perdita della basi- lica ostiense niun' altra tra le antichissime siavi ri- masta che conservi l'inestimabile pregio di sua pri- miera integrità. Se altre non ve ne fossero , rima- ne la classense , la quale in seguito dell' infortu- nio all' ostiense va ad acquistare un nuovo pregio, maggiore ancora di quello , di cui prima poteva glo- riarsi (2). Esiste questa magnifica basilica in Classe , circa tre miglia italiane distante da Ravenna , sulla via postale che conduce a Cervia , e da Cervia a Ri- mino. Classe nei vetusti tempi era uno dei tre ca- stelli , che in unione formavano la citta di Raven- na , ed al nord univasi ad altro castello che de- nominavasi Cesarea. Classe era cospicua pel com- mercio , bella per le fabbriche. Come altre nobili citta dell' impero trasse la sua origine dagli allog- giamenti ivi fìssati per le milizie , e succede ai ca- stri pretorii , poiché l'armata navale del porto di Ravenna denominavasi per l'appunto pretoria clas- si) Cosi l'anonimo classense": In historia de inven- tione corporis B. Apollinaris martjris , in spicilegio ra- vennatis historia? , presso il Muratori tora. 1 part. 3 p. 534- Rerum italicarum. (2) Intendo parlare delle chiese erette dai cristiani , e non dei templi gentileschi ridotti ad uso di chiesa. 3r2 Letteratura sis. Pel servigio di questa armata navale ivi era V armamentario ove custodivansi le armi , ed eranvi anche i navali (1) per la costruzione delle navi. Quin- di il concorso de' mercadanti invitati dalla sicurez- za e frequenza del famoso porto prcstoria classis maggiormente la resero ampia e ricca . D' intorno scorrevano più fiumi , ed era cinta da un forte mu- ro , e dentro di nobili edificii adorna . Tra que- sti eravi il campidoglio , l'anfiteatro, un tempio de- dicato a Giove, un altro consecrato ad Apolline. Nei tempi degl' imperatori cristiani di nulla diminuì il suo splendore, ed anzi si accrebbe colle chiese, che nel quinto e sesto secolo vi furono edificate , di s. Probo , di s. Eufemia ad mare, di s. Rafae- le in regione salutar is , di s. Sergio juxta viricla- rium , di s. Giovanni ad pinum , ed altre. Ma in questi ultimi secoli rimaste non vi erano che la ba- silica di s. Severo barbaramente ancor essa venf an- ni sono rasata , e la basilica di s. Apollinare ri- masta nei tempi di furore , dirò cosi , miracolosa- mente preservata ed intatta. Della cotanto celebre basilica paterniana non vi è più vestigio alcuno. Essa fu eretta da s. Pier Gri- sologo, e non eravi la simile per l'ampiezza, e per la preziosità degli ornati. Unito aveva un battiste- ro da doppii ed alti muri cinto , e di varie cap- pelle aumentato dall' arcivescovo s. Vittore. Oltre a queste chiese eranvi più monasteri di monaci; ed il clero classense , come osserva il Bacchini , era distin- to dal clero di Ravenna col suo vescovo a parte, come pretende il Biondo (2). (1) Anonimo degli antichi edificii di Ravenna p. 282 e seguenti. (2) Bacchini, Ad ponti/icatum Agnelli. Part. I pag. 206. Della, basilica classensk 3i3 Classe per alcun tempo conservossi in florido sta- to ; ma or vinta da Giuliano Severo , or da Cieli re de'longobardi , e da Feroaldo duca di Spoleto , e per ben tre volte redenta dall'arcivescovo Giovanni VI, finalmente fu affatto rovinata e distrutta dall' eser- cito di Luitprando re de' longobardi ; cosicché ag- giuntesi dipoi le frequenti innondazioni degli adiacen- ti fiumi , ed il ritiro del mare , non si vedono che i suoi ruderi , i quali di giorno in giorno sempre più si vanno a scuoprire ; ed al presente non appa- riscono che valli , paludi ed arene : per lo che il già celebrato nome di Classe si riduce alla sola ba- silica di s. Apollinare superstite a tutte le altre , che già perirono. Questa si celebrata basilica, fatta erigere dall' arcivescovo s. Ecclesio, che occupò la cattedra raven- nate dall' anno 5a i fino al 534 in cui morì, fu di nuovo dal di lui successore s. Orsicino per opera di Giuliano Argentario tesoriere arcivescovile riedifica- ta , ed in più magnifica forma ridotta; e dipoi dall' arcivescovo s. Massimiano nel 549 consecrata. Tut- to ciò, oltre agli altri ravennati scrittori, vien conte- stato da Agnello con le seguenti espressioni (t) : Jus- sitque vir sanctus ( Ursicinus ) , et admonuit ut ec- clesìa beati Apollinaris ab J aliano Argentario fon- data et consecrata foisset. Qui jussa mox adim- plens, Deo volente, structa ab eo sancto est viro in lapidibus Italia* partibus prcetiosis. Nulla eccle- sia similis isti ; eo tjuod in nocte , ut in die pene scandesiat', oppure, come leggesi in altra edizio- ne, scANDESCirun : ovvero , come vole il Mittarel- (i) Agnello, In vitìs Ravenna Ponti/. Pari, a pag. 67. 3 1 4 Lette r. a t u u a li (i), candefiat , o clarescat , a causa dei pel- lucidi marmi, che anche nella notte fosforeggiavano. L'anonimo scrittore del secolo XIII, il quale visse ai tempi dell'arcivescovo Opizone della nobilissima famiglia Sanvitale di Parma, con maggiore chiarezza di Agnello scrive, che Nulla ecclesia similis Mi, eo quod in nocte pene ut in die coruscat. (2) Stando al cronico del Bacchini s. Ovsicino fu ordinato arcivescovo nel 534 » e mori nel 538; per lo che è certo, che nell'intervallo di questi quattro anni del di lui pontificato deve porsi la nuova co- struzione della attuale basilica classense; onde dal De Rossi e dal Fabri a torto si protrae quest' epoca ad un decennio più oltre, cioè sino all'anno 545, in cui alla cattedra ravennate- non già Orsicino,ma Vittore succedeva. Nel 549, come già si è detto , l'arcivescovo s. Mas- simiano la consecrò. Agnello lo dice , e lo prova (3) così : Maximianus consecravit ecclcsiam in Classe sitam . ... In ardicaque beati Apollinaris .... tabu- las descriptas invenietis continentes ita'. Beati Apolli- naris mandante viro beatissimo Ursicino episcopo Ju- lianus Argentarius aedificavit , ornavi t , atque di- cavit consecrante beato Maximiano episcopo die no- na majarum. Indictione XII, octies post consulatum Basilii junioris. Agnello qui parla della antichissi- sima lapide scolpita in marmo , la quale anche al (1) Mittarelli e Costadoni, Annal. Camaldul. tom. I pag. io. (2) L'anonimo del secolo XII nell' appendice ad Agnel- lo pag. 68. (3) Agnello In vit Raveim, Pont, part. 2 pag. 94 , e 95. Della basilica classinse 3i5 dì d'o«£Ì rimane a mano destra nell'uscire di chie- DO sa tra il secondo e il terzo sarcofago, ed è la se- guente. }Jj IX . HOC . LOCO . STETIT . AItCA . BEATI . APOLLINARIS . SACERDOTIS ET . COjfFESSORIS . A . TEMPORE . TRANSITVS . SVI . V9QVE . DIE QVA . PER .VIRVM . BEATVM AXIMIANVM . EPISCOPVM . TRANSLATA EST . ET . INTRODVCTA . IN . BASILICA . QVAM . IVLIAIfVS ARGENTARIVS . A . FVNDAMENTIS . AKDIFICAVIT . ET . DEDICATA AB . EODEM .VIRO . BEATISSIMO . DIE . Vii . ID . MAIARVM . IIYD DVODEC . OCTIES .PC . BASILIIVN. (t) La data di questa lapide perfettamente corrisponde all'anno dell'era volgare D49 , cioè due anni dac- ché Massimiano era stato creato arcivescovo in luo- go del defonto Vittore. Dopo una tale evidenza reca stupore come con- tro le testimonianza di questa antichissima lapide , « contro ancora la concessione delle indulgenze ac- cordate dall'arcivescovo Ubaldo nel giorno nove di maggio, anniversario della consecrazione della chiesa, come risulta da una pergamena del iai6 che esi- steva nell'archivio classense , il Fabbri abbia cre- (1) Le linee di questa lapide sono tutte eguali in gran» dezza , e i punti sono a forma di triangolo. Nella terza linea alla parola beatum manca la lettera m , perchè la parola che siegue Maximianum incomincia colla stessa lettera M. Cosi parimenti nell' ultima linea la seconda lettera 1 di^Basìlii serve ancora di prima lettera dell'altr parola Vu/ì ; cosicché debba leggersi Octies post consu- latum Basilii junioris. Questo stile vedesi frequentemen- temente adoperato nelle antiche carte sino all'undecimo secolo. a 3 16 Lbttbratura duto (1) di anticipare codesta consecrazione , ed assegnarla al giorno sette dello stesso mese. Ad Agnello indebitamente si attribuisce la causa di tut- to l'equivoco. Riportando egli le parole della rife- rita lapide , scrisse che la consecrazione della chiesa seguì die nona maj animi colla quale espressione non si assegna certamente il giorno delle none di maggiora- le a dire il giorno sette del mese, bensì il giorno nove: ma con maggior chiarezza si esprime di poi , allor- ché scrive essere stata consecrata la chiesa Vili idus majarum. Piuttosto il De- Rossi è stato quegli che ha accagionata questa dissensione; imperciocché riferendo le parole si di Agnello , come della lapide , invece di dire die nona maii , ha scritto die no- narum maii (2). Non mancano però scrittori , i quali benché erroneamente , pure pretendono che la basilica clas- sense fosse fabbricata per ordine dell'imperator Giu- stiniano (3) : altri per opera di Narsete, altri di Teo- dorico re de' goti ; ma oltre di che la diversità con- sisterebbe in pochi anni, perchè sempre ai tempi del- lo stesso Giuliano Argentario , che al dire degli stes- si oppositori la edificò; e tutte le prove dimostra- no , che ciò accadde nell'anno 534 Pei* ^e efficaci pre- mure del S. arcivescovo Ecclesio , e molto più per quelle del di lui immediato successore S. Orsicino. Che se veramente questa basilica fosse stata eretta per ordine, ed a spese dell'imperatore Flavio Giu- stiniano , Procopio certamente ne avrebbe dovuto (1) Fabri part. 1 pag. 162. (2) De- Rossi lib. 3 pag. 162. (3) Vitale Aqueduzio monaco classense nel suo com- mentario inedito che conservavasi nell'archivio di Grasse. Della basilica classensk 3ij far menzione: ma mentre egli parla degli altri cele- bri edifici! eretti per ordine dell'imperatore Giusti- niano, nulla affatto e poi nulla scrive della basi- lica classense (i). Eppure è questo un edificio dei più celebri d'Italia, di una forma e costruzione del- le più antiche e magnifiche che ritrovare si possano. Giusta il costume degli antichi secoli fu que- sta basilica situata all'est. Si estende in longitudi- ne a palmi romani a^g e 6; in latitudine a palmi i33 e 3 ; in altezza a palmi 106. E ripartita in tre na- vate, sostenute da 24 colonne di finissimo marmo greco graziosamente venate per traverso colle loro macchie, in guisa che rendesi superfluo il ricerca- re un maggior lusso in simile specie di marmo. So- no queste colonne alte palmi romani 21, e di dia- metro palmi 3. Le basi ed ij capitelli sono di or- dine corintio, e di un esquisitissimo lavoro: il tet- to è travatura a somiglianza del tetto della basi- lica ostiense. Anticamente avevasi l'ingresso per no- ve porte, tre all'ovest, tre al sud, tre al nord: cinquanta e più finestre , ora in gran parte chiu- se , illuminavano la chiesa. Le mura delle navate erano incrostate di marmi finissimi, che nel i45o tolti furono, e trasportati in Rimino da Sigismondo Malatesta. Un ampio quadri portico cingeva la basi- lica , di cui la sola parte anteriore ora rimane, os- sia l'ardica larga 3o piedi romani. Delle tre porte che sono di prospetto, due rimangono chiuse, e sol- tanto la maggiore resta aperta , a cui tre gran pezzi di marmo greco servono di stipiti e di ar- chitrave. (r) Vedasi Procopio Cesariense , De aedìficiis Justi' nìani imperatori*. 3x8 Letteratura Entrati per questa porta, in mezzo alla nava- ta principale incontrasi un picciolo altare dedicato alla B. Vergine dall'arcivescovo S. Massimiano , so- pra di cui s' innalza un baldacchino sostenuto da quattro colonne di porfido , che hanno di altezza sette palmi romani , e di diametro palmi uno e mezzo. Nel VII secolo, e più precisamente nell'an- no 672 , l' arcivescovo Mauro sotto di questo altare collocò le spoglie di S. Apollinare levate dall' ardi- ca , ove prima erano sepolte. Iste ( Maurus ) bea" ti Apollinaris corpus , qui dudum in ardica ip- sius condilum a Maximiano praesule cimi Juliano Argentario f ititi et in medio templi collocavit , et ipsius martjris historiam laminis argenteis infixit. Così scrive Agnello (1). E qui fu da dove S. Apol- linare , per ben due volte apertosi il sarcofago , ap- parve a S. Romualdo , che in allora era in età di soli 30 anni ; ed in tal guisa fu egli chiamato all'or- dine monastico. Stettero le spoglie di questo santo mar- tire sotto il descritto altare sino all'anno 1 iy3 , in cui fattasi l'invenzione e la recognizione dal cardi- le Aldebrando Grassi legato della S. Sede in Raven- na , furono di poi trasferite nella confessione sotto la tribuna maggiore; e nell'anno 172 5 si tolsero dall* urna , la quale ora rimane nella confessione suddet- ta, e si collocarono in altra magnifica urna di la- pislazzuli nel mezzo del presbiterio sotto 1' altare maggiore isolato , e di antichi marmi egregiamente adorno con fornitura di bronzi dorati , lavoro del famoso Tommaso Zelinger. Questo altare negli antichi tempi era sostenu- to da quattro rarissime colonne di alabastro orien- ti) Agnello part. a pag. ^278. DKLLA BASILICA CLASSENSE 3 li) tale , ed *aveva un baldacchino di puro argento , nella cui cima eravi una croce di finissimo oro tempestata di preziosissime gemme. Dono fu questo', al dire dell'eruditissimo Muratori nelle sue antichi- tà italiane (i) , dell' arcivescovo Giovanni Vili, il quale morì nel 784. Ma essendo stata barbaramente saccheggiata la basilica dai saraceni , trasportate le colonne, rapito il baldacchino e la croce , 1' ar- civescovo Domenico nell'anno 897 vi sostituì altro baldacchino di rozzo lavoro, sostenuto però da quat- tro pregievoli colonne di marmo bianco e nero orien- tale massiccie, che sono di un inestimabile valore, e di diametro di palmi due e mezzo romani. Nel 1768 rinnovossi il baldacchino con bronzi dorati arricchito, si rifece l'altare , e si adornò di marmi preziosi; e le due scale per le quali ad esso ascendevasi furono ridotte ad una sola. D'intorno alle tre navate si vede la cronolo- gica serie di tutti gli arcivescovi ravennati sulle traccie dei più accreditati scrittori ordinata, inco- minciando da S. Apollinare sino all'arcivescovo Co- dronchi , ad imitazione di quella de' sommi pontefi- ci posta nella basilica ostiense. Esiste ancora la cat- tedra di marmo greco che serviva all'arcivescovo S. Damiano, il quale morì nel 705, ed in essa re- stano scolpite le seguenti parole Dominus noster Da- mianus archiepiscopus fecìt: ma nei tempi barbari fu divisa per meta; ed ora le due parti ritrovansi collocate alle estremità dei sedili del coro. Le mu- raglie di questo coro sono ricoperte da iscrizioni es- ^1) L'autore anonimo dell' istoria dell'invenzione del corpo di S. Apollinare pressò il Muratori Rerum itali" carum script, tom. I part. 2 pag. 534- 3ao Letteratura primenti la vita ed il martirio di S. Apollinare , e le ripetute traslazioni del di lui sacro corpo. Sot- to il coro corrisponde un sotterraneo, a cui danno l'in- gresso due laterali porticelle situate nelle due pic- ciole navale ; ed ivi ritrovasi l'urna di marmo gre- co di già memorata , ove un tempo stettero le sa- cre reliquie del santo. Ai fianchi dell' urna sono incastrate nel muro due gran tavole di africano di Egitto. La principale tribuna è adorna di un antichis- simo e ben conservato musaico. Dovrei qui spie- garne i simboli ; ma siccome interpretati già furo- no dall' erudito Ciampini (i) che ne riporta an- cora l'incisione , reputo inutile il trattenermi in co- sa già nota ; e sarò contento d' indicarne soltan- to le figure. Piuttosto mi fermerò alcun poco nel descrivere gli altri emblemi che esistono nella na- vata di mezzo fuori della tribuna , de' quali il Ciam- pini non fa parola, e d' indagare chi fosse l'autore di codesti musaici. Il musaico della maggiore tribuna è a cinque ordini. Nel primo ordine, che è la fronte, si rap- presenta il Redentore in mezzo ai quatro evange- listi sotto la figura di animali , che benedice colla destra , e nella sinistra tiene il codice degli evan- geli. Nel secondo ordine vi sono undici pecorelle , cinque da una parte , sei dall' altra , che escono da due citta rappresentanti Betlemme e Gerusalemme. Nel terzo vi è la mano di Dio padre , sotto cui una croce gemmata circondata da una sfera , e so- pra le lettere greche I . X . 0 . Y . 2 . ►& XPI2TOE sigla degli antichi cristiani Utrovs 6»x Tf/os xùritg Je- (r) Ciampini , vet. monumen. part. a cap. XI e scg. Bulla basilica, classbnsk $21 sus Christus Dei Filius Salvator. Ripulito che fu il musaico verso la meta dei trascorso secolo , il Ca- lieri ed il Maffei scopersero l'equivoco preso dal Ciani- pini (i) che leggeva I. M. D. Y. C; ed interpreta- va Immulatio domini Jesu Christi. Sotto la croce vi sono queste parole latine Salus Mundi. Dai la- ti veggonsi Mosè ed Elia; poi tre pecorelle, due a destra, l'altra a sinistra, significanti i tre aposto- li sul T aborre ; e fuori del concavo due palme. Nel quarto vi è s. Apollinare in piedi vestito con ca- sula e pallio; ed intorno a lui neli' area varie col- linette con alberi e piante , su cui volano e gar- riscono gli uccelli , ed a piedi dodici pecorelle , sei per parte. Ai lati s. Michele alla destra , s. Gabrie- le alla sinistra. Nei quinto si vedono quattro santi arcivescovi , Ecclesio , Severo, Orso , ed Orsicino pon- tificalmente vestiti sostenendo nelle mani i quattro evangeli . Alla destra vi è s. Matteo , ed alla sini- stra altro santo apostolo. Dalla parte di s. Matteo appariscono altre otto figure da vesti clericali rico- perte , una delle quali ha la testa coronata , ed un altra sostiene un incensiere. Alla parte opposta si vede un uomo di alta statura assiso alla mensa con due altri uomini , ed un fanciullo in piedi. Sul significato di queste due rappresentanze na- sce questione tra gli eruditi. Alcuni col De Bossi, af- fidato alla autorità di Agnello (2) , pretendono che ivi si sia voluta descrivere la storia dell' arcivesco- vo Reparato , che in Costantinopoli ottenne dall' im- peratore Costantino Pogonato di poter sottrarre dall' autorità del sommo pontefice la chiesa di Ravenna. (1) Ciampini , Vet. Monumenti pari. 2 cap. XI e seg. (2) De Rossi affidato all'autorità di Agnello. G.ÀTXXXIV. ii 322 Letteratura Interpretano pertanto che ivi siasi roluto rappre- sentare l'immagine di quel refrattario arcivescovo , ed alla di lui destra l'imperatore che gli porge il rotolo dei privilegii, che prende dal primo de' dia- coni che stanno alla di lui sinistra , e che i due primi personaggi collocati alla destra di Costanti- no siano i due suoi fratelli Tiberio ed Eraclio , ed il terzo uno de' principali ministri della impe- riale corte. Altri col Guastucci (i), col quale io conven- go, credono , che a chiare note ivi venga espressa la consecrazione della chiesa fatta da s. Massimia- no, per la quale l'imperatore Giustiniano concedette dei privilegii , poiché ed ivi e nel contemporaneo musaico della chiesa di s. Vitale, in cui rappresen- tasi la sua consecrazione fatta dall' arcivescovo istes- so s. Massimiano, le figure espresse sono le mede- sime , cioè s. Massimiano co' suoi assistenti a sini- stra egualmente vestiti , ed in eguale atteggiamen- to , con incensiero , e vaso in mano. Di più nel musaico classense l'ultima figura destra dell* impe- ratore tiene in mano un ciborio ; onde tutto è più analogo alla consecrazione della chiesa di quello che esser possa alla storia di Reparato. Inoltre il lavo- ro del musaico, come dirò fra poco, fu eseguito dall' immediato successore di s. Massimiano , ed in esso gì' illustri arcivescovi Ecclesio ed Orsicino non so- no ornati col titolo di santo , come certamente lo furono non molto più tardi , quando cioè Costan- tino Pogonato regnò , e Reparato sedette cento e più anni dopo la loro morte. Si aggiunge t che so* (i) Guastucci, Notizie storiche della yita e miracoli di S. Apollinare $. VII pag. aS. Delia basilica classensk 3a3 pra la testa delle tre figure supposte imperiali non vi sono le parole sognate da Agnello Constanti- nus major imperai 'or , Heraclii et Tiberii impera- torum ; anzi nel riquadro manca lo spazio per ta- le inscrizione , ancorché supporre si volesse esser- vi stata una volta. Quindi io concludo , clie Agnel- lo scrivendo un qualche secolo dopo di Costanti- no Pogonato e di Reparato , ha preso un equivo- co secondando la sua parzialità verso queir arci- vescovo , perchè male affetto alla romana sede, col riconoscerlo nel riquadro di quel musaico. Sembra conforme alla ragione , che nell* uomo espresso nell' altro riquadro come assiso alla men- sa si abbia voluto rappresentare Teodorico re de* goti allorché si rese padrone di Ravenna , il qua- le essendo allo di statura combina col suo proto- tipo ; poiché se si deve dar retta a Sidonio Apol- linare (i), e ad Aimonio (a) che ne descrivono le qualità tanto dell' anima quanto del corpo, perfetta- mente queste adattare si possono alla figura di cui si parla. Posto ciò vero, quegli che gli sta alla de- stra dovrà essere il legato spedito da Flavio Ani- cio Giustino allora condottiere delle armate dell' imperatore Anastasio a fine di stabilire con Teo- dorico una pace , ed il fanciullo dovrà essere Giu- stiniano figlio di una sorella di Giustino dato per ostaggio a Teodorico , che a lui si presenta dal suo precettore ed educatore Teodosio. Ogni probabilità persuade che codesto tanto ce- lebre musaico sia opera del santo Arcivescovo Agnel- lo immediato successore di s. Massimiano , poiché in (i) Sidonio Apollinare Kb. j. Epist. 2. (2) Aimonio , De gestir francorum lib. 1. cap. io. 21* 3a4 Letteratura tutto il tempo del di lui pontificato impiegò il suo zelo nel fabbricare e nell' adornare le chiese , e vol- le eziandio dimostrarlo coli' abbellire il tempio di s. Apollinare in Classe. La principale di lui premu- ra fu sempre quella di eternare la memoria di co- loro, che colle opere e coi benefici i illustrarono la citta di Ravenna; o;id'è che credersi dovette in dovere di esprimere in musaico anche la storia di Giustinia- no dato in ostaggio a Teodorico. Si sa che questo santo vescovo , dopo di avere con tutte le sue for- ze posta ogni opera per estirpare da Ravenna la ere- sia arriana ivi da codesto re divulgata , e dopo di avere eretta nel territorio di Argenta la chiesa di s. Giorgio, impetrò dall'imperatore Giustiniano la restituzione di tutti i beni usurpati al clero , e ri- purgò le chiese da costoro pollute. Quindi eresse il monastero di s. Matteo e Giacomo in Classe, ador- nò di sorprendenti monumenti le chiese di s. Ma- ria in Cosmediìi , di s. Maria in Celo aureo , di s. Apollinare nuovo. E se questa chiesa a s. Apol- linare dedicata fu da lui ornata di preziosi musaici , cosa far non doveva in quella , ove custodivansi le spoglie mortali del santo martire, primo vescovo, e protettore principale , per la cui opera cristia- na divenne la citta di Ravenna? Tutto questo io ho riferito a Une di rinvenire la spiegazione, se non genuina , probabile almeno dell'espresso emblema nel musaico di Classe : se poi l'abbia indovinata o no, ne giudichino gli eruditi. Fuori della tribuna e per la nave di mezzo mol- ti altri celebri emblemi si vedono , che riportati non sono , e neppure nominati dal Ciampini. Inco- minciano col pescatore, figura di Gesù Cristo , che al dire di s. Gregorio Nazianzeno tale divenne coli* estrarre l'uomo dal procelloso mare, ove nuotava Della, basilica, classewse 3a5 nelle instabili onde di questa vita. Dall' altra par» te il pastore, che ritrovata la pecorella smarita la riporta sopra le spalle ali1 ovile. In alto la ma- no di Dio padre, da cui fu mandato il divin fìllio figurato nel buon pastore. Ai piedi di queste figu- re s' innalza la vite, i cui tralci lungo le mura del tempio si estendono d' intorno alla serie dei raven- nati arcivescovi , avendo detto Gesù : Ego suni vitis , vos palmites. Alcune colombe sono qua e la sparse a riposo tra i tralci , altn» alt* ombra dei pam- pini : altre in atto di gustare le uve pendenti, sim- bolo dei fedeli soccorsi nei bisogni , e nutriti col- la divina parola dai loro pastori. Seguono due an- core: ad una di esse si rivolge un delfino che guiz- za nelle acque del mare , indicante la speranza che devesi avere nel Redentore; ai lati dell' altra vi so- no le lettere 6'. f^. christus vita- Vengono di poi due agnelli, uno colla croce in fronte, l'altro col diadema ed in piedi sopra di un monte, da coi sca- turiscono quattro fiumi. Sono ambi figura del Reden- tore; ed il primo viene da s. Giovanni designalo neli* Apocalisse ; e nei quattro fiumi si riconoscono quei del paradiso terrestre. Più oltre vi è una palma sim- bolo della vittoria , della risurrezione de' corpi , e della rigenerazione spirituale mediante il battesimo. Al di contro vi è un cervo, che corre ad una fonte allusivo al salmo XLI: Sicut cen'us desiderai ad fontes aquari un , ita desiderai anima mea ad te Deus meus. Siegue l'albero della scienza col ser- pente avilicchiato , in faccia a cui evvi il serpen- te di bronzo alzato da Mosè nel deserto ; quindi l'arca del testamento , ed il gran candelabro di set- te lumi. Dell' una attesta Tertulliano: Arca sub cxcm- plo corpus venerabile Christi ostendit ; dell' altro 3a(5 LcTTBttATURA scrive Beda che è il tipo dello Spirito Santo : Qui septifurmi grada illustrai ecclesiam. Proseguendo più oltre vi è il labaro di Costan- tino il grande , con traversa a foggia di croce e co- rona gemmata sopra , e di contro una croce eoa dodici colombe, di cui scrisse s. Paolino di Nola: Cui sunt corona apostoli , quorum figura est in co- lumbarum choro. Più sotto si vede altra croce sui calvario con una mensa , sopra la quale evvi uà vitello arrostito, allusivo a quello che il padre pre- parò al figliuol prodigo ritornato tra le di lui brac- cia: figura del peccatore convertito, ed ammesso al- la eucaristica mensa. D'incontro vi è un agnello, che colla zampa abbraccia una- lunga croce , e più oltre alla sinistra un' ancora con due pesci , figura de'fedeli colle acque battesimali rinati , i quali al dire di s. Atanasio, sunt tamquam electi pisces. All' ingiù si vede una croce entro una corona con due dardi, e dall'altra parte una mano che stringe al- tra corona, e scaglia fulmini , da cui viene signi- ficato Dio rimuneratore de' buoni, e punitore dei malvagi. Ritrovasi dopo il misterioso agnello dell' apocalisse giacente su di un libro chiuso da sette sigilli. In faccia di questo vi è un manipolo di spi- ghe ristretto da un tralcio di vite , emblema dell* eucaristico sacramento. Dalla banda opposta vi è una colomba col ramo di olivo nuncio di pace do- po il diluvio , figura di Gesù Cristo che diede la pace agli uomini , e liberò la terra dalla maledizio- ne. In uno degli angoli di questa navata spuntano rose, e germogliano gigli: nell' altro vola una co- lomba d'intorno ad una croce collocata su di un mon- te , da cui scaturisce acqua , la quale in più fiumi si dirama , e scorre alla pianura: lo che denota i doni dello Spirito Santo. Per ultimo nella facciata Della basilica classensi 3ay interiore sono le figure degli evangelisti profeti- camente designati co' quattro animali che tirano- il carro della Divinità ; e sopra vi sfolgoreggia il trian- golo indicante la Trinità. Nella navata laterale al nord vi è la cappel- la della SS. Croce , ove oltre una notabile por- zione di codesto santissimo legno si conservano mol- ti corpi santi e reliquie insigni. A destra ritrovasi l'altare di s. Felicola, su del quale veggonsi quattro colonne scanellate di marmo greco , che reggono uà baldacchino dello stesso marmo eretto al principio del nono secolo dal sacerdote monaco Pietro in onore di s. Eleucadio arcivescovo di Ravenna. Nel- la opposta navata al sud due altri nobili altari vi sono , uno dedicato a s. Romualdo , l'altro a s. Gre- gorio magno. In ambedue le navate laterali stanno disposti dieci sarcofagi di marmo greco fregiati di varii simboli, ed emblemi a scoltura. I più grandi col coperchio sono al circa sette palmi romani, lun- ghi più di dieci palmi , e larghi cinque. Furono tol- ti dall' ardica , ove anticamente solevansi sepellire i cadaveri dei cristiani. Oltre di questi altri anco- ra ne furono estratti , che nelle vicende dei tempi rimasero o infranti, o altrove trasportati. Racchiu- devansi in essi le ceneri di quegli arcivescovi raven- nati che vollero essere sepolti nella classense ba- silica. Nel 5q5 Giovanni III. Nel 606 Mariniano. Nel 6i3 Giovanni IV. Nel 642 Giovanni V. Nel 643 Buono. Nel 671 Mauro. Mei G88 Teodoro. Nel 703 Damiano. Nel 723 Felice. Nel 748 Giovanni VII. Nel 788 Grazioso. Nel 8 C Giovanni IX. Nel 8 io Valerio. Nel 846 Giorgio. Tale è lo stato della celebre basilica di s. Apol- linare in Classe per santità e munificenza presso tan- to gli antichi quanto i recenti scrittori rinomatissima , 3a8 Letterati: iva la quale oltre al grande s. Gregorio (i), ed all'impe- ratore Ottone^) fu visitata da più monarchi e principi ; ed al cui ornamento e splendore con ric- chi doni ed amplissimi privilegii contorsero i som- mi pontefici, gl'imperatori romani, e gl'istessi raven- nati arcivescovi. A maggior decoro di questa cotanto celebrata basilica, ed affinchè in essa perenni fossero le divi- fi) È tradizione costante che s. Gregorio il gran- de abbia a piedi nudi visitata la basilica classense ; ond' è che ivi solevasi mostrare l'impressione e la forma dei di lui piedi nel marmo della soglia della chiesa , ed anclie l'impressione del di lui braccio nel marmoreo stipite laterale. Ma su di ciò ben riflette il Mittarelli nei suoi Anuali Camaldolesi tom. I pag. ti, che il fatto dovrebbe essere accaduto prima del di lui pontificato , e proba- bilmente in occasione del viaggio che intraprese per la. legazione di Costantinopoli ; giacché niuuo mai potrà per- suadersi che egli si recasse in Ravenna nel tempo in cui era sommo pontefice. (2) Ecco ciò che scrive di Ottone III s. Pier Damia- no In vita s. Romualdi cap. XXV. Otho in classensi monasterio B. Apollinarìs per totani quadvage simam paucis sibi adhcerentibus mansit. Oltre di ciò nella stes- sa basilica esiste la seguente antica lapide. ►£ Otho. Rom. Imp. Germ. Ob. Patrata. Crimina. Austeriori. Disciplinae. S. Romualdi. Obtemperans. Emenso. Nudis. Pedibus. Ab. Urbe. Roma. Ad. Gargannm. Montem. Itinere. Basilicata. Hanc. Et. Cjroonium. Classense. XL. Diebus. Posnitens. lnabitavit. Et. Ilio. Cilicio. Et. Voluntariis. Castigationi- bus. Peccata. Sua. Evpians. Augustum. Dedit. Humilita- tis. Exemplum. Et. Irnperator. Sibi. Templum. Hoc. Et. Pseuitentiam. Suani. Nobilita vit. DELLA BASILICA CLAS8EKSK 32Q se lodi , quasi contemporaneamente alla costruzione della medesima ,^i eresse un nobile monastero nel 5^5 dall' arcivescovo Giovanni III; e di ciò non cade dubbio; poiché ne abbiamo la testimonianza di s. Gre- gorio il grande (i). Scrive egli all' arcivescovo Ma- riniano immediato successore di Giovanni, e gli rac- comanda di non permettere che sia recato alcun danno al monastero fatto costruire dal di lui predecessore Giovanni : Dum viveret Joannes saepius a nobis expeti it, ut ea quae in monasterio ilio construxerat, quod juxta ecclesiam s. Apollinaris ipse constru- xerat , nos debuìssemus auctoritate firmare ■, et nos Jacturos hoc esse promisimus , fratemitatem vestram necessario praevidimus adhortandam , ut nihil de kis , quae illic contulit atque constituit , aliquo modo patiatur imminui , sed omnia firma studeat stabilitati! servari. Non ostante una tale evidenza il De- Rossi si sforza di porre in dubbio se veramente questo pas- so di s. Gregorio abbia relazione al monastero clas- sense , oppure ad un qualche altro cenobio di Ra- venna (2). Dopo di avere egli detto che Giovan- ni eresse una cappella con ricco altare ai santi mar- tiri Marco. Marcello e Felicola, soggiunge: Facile au- tem cognosci potest sacellum et coenobium hoc ab Jeanne archiepiscopo jam usque ad Smaragdi ex~ arcatum coeptum , pontificati!, Gregorii absolutum fuisse ; an vero illud sii , quod prope divi ApoU linaris multis ditatum vectigalibus ac praediis aedificavit , quodque ab Gregorio ponti/ice ma' (1) S. Gregorio magno lib. IV Rer. gustar, epist I. tom. II. pag. 791. Aedit. Monachii. (a) De* Rossi lib IV. pag. 188. 33o L b r i e h a r e » a ximo probari curri postulasset , morte praeventus non potuit, incertum est. Questo dubbio del De -Ros- si facilmente si scioglie soltanto col riflettere , che s. Gregorio apertamente nomina il monastero eret- to da Giovanni vicino alla chiesa di s. Apollina- re : juxta ecclesiam s. Apolli naris. Debbo nsi per- ciò distinguere due diversi edificii fatti erige- re da Giovanni III annessi alla basilica , cioè la cappella e l'altare in onore de'sanli martiri Marco , Marcello, e Felicola nell'anno quartodecimo del di lui pontificato, che corrisponde all'anno 589 dell'era volgare , ed il monastero classense per uso ed abitazio- ne degli addetti al culto ed al servizio della basi- lica , lo che seguì circa l'anno 575. Di questo scri- ve s. Gregorio : Agnello parla del primo (1). Ec- cone le parole : Postquam obiit beatissimus Juannes die XI ianuarii sepultus est in ecclesia beati Ap- linaris Classi? extra muros in monasterio sancto- rum Marci , Marcelli , et Felicolae , quod ipse a Jundamentis edifica vit , et tessellis decora vit , et omnia consumavit. Lo stesso Giovanni III, oppure l'immediato di lui successore Mariniano, consegnò questo monaste- ro ai canonici secolari pel culto della basilica. Co- sì almeno scrive il De- Rossi (2): Canonicis sacei- dotibus communitatem vitae minime scrvantibus Juit basilica addicta, cioè innanzi che introdotti vi fos- sero i monaci : lo che probabilmente seguì sotto il pontificato di Sergio che fu consecrato vescovo nel 748 » e che visse sino al 7G9. Apertamente lo dice 1' autore anonimo del X secolo nella vita di (1) Agnello part. 2 pag. 192. (2) De Rossi lib. IV pag. 224. Dilla basilica classinsk 33 i s. Probo presso il Muratori, il quale parlando dell' arcivescovo Sergio, così si esprime (i) : Hic tandem (Sergi us ) in beati Apollinare s ecclesia monachorum ordinali , quae canonicorum prius constabat , cura cenobi tarimi offici ri is statuii, multaque ibidem prae- dia . . . reliquit. Da questo passo dell'anonimo il Bac« chini ne rileva (2) , che Agnello non parla del mo- nastero classense, come molti credono allorché dice essere stati abati di s. Apollinare gli arcivescovi Re- parato e Grazioso innanzi la loro consecrazione. Re- parato non già , perchè pontificò innanzi di Ser- gio ^3 anni. Goazioso nemmeno, sebbene pontificas- se i5 anni dopo di Sergio, per la ragione che sarò per addurre. Di Reparato Agnello scrive cosi (3): De monastario s. Apollinaris quaesitus est iste (Re- paratus) Ravennae , non longe a posterula Ovilio- nis , in loco qui vocatur moneta publica ; exinde abba fuit. E di Grazioso (4) : Ex monasterio bea- ti apollinaris abba fuit , quod et fundatum non longe ab ecclesia sanctae redemptricis crucis ad montem veterem , unde sanctissimus Reparatus fuit. Da questi medesimi passi di Agnello rilevasi, che Repa- rato e Grazioso furono abati di s. Apollinare in Vedo presso le mura di Ravenna , ove erano le zecche , e le chiese di s. Croce e s. Apollinare , e non mai di s. Apollinare in Glasse. (1) L'anonimo scrittore del secolo X In Vita s. Pro- bi , ed In spicilegio ravennatis historiae presso il Mura- tori Script, rer. Italie, tom. I part. 2 pag. i54> (2) Bacchiai part. 2 pag. 227. (3) Agnello part. 1. pag. 293. (4) Agnello ivi pag. 200. 33a Letteratura Dissi , die probabilmente il monastero classen- se fu consegnato ai monaci dall' arcivescovo Ser- gio ; poiché in verità il tempo preciso rimane igno- to. Il De-Rossi crede (\) che ciò accadesse sotto il pontificato romano di Zaccaria che rpguò dal ",\\ sino al 7J2, e che, come dice Agnello (2), cele- brò la messa nella basilica di s. Apollinare in Clas- se , e le donò un endnfhim , che è quel volo con cui si cuopriva la parte anteriore dell' altare. En- dothim ex blatta alithena cum margaritis miri/ice ornatam obtidit , et suum nomen ibidem e.varafum est. Altri dicono solto Stefano papa UT, detto II stante la brevità cMla vita del di lui predecesso- re, che visse soli quattro giorni nel di lui ponti- ficato. Regnò questo papa dal 703 al 7^7. Il Biondo opina sotto Grpgorio III, che regnò dal 7 3 r al 34 1; ma i più credono che ciò fosse ai tempi di Grego- rio II, cioè dal 715 al 73 r. Comunque ciò sia, esi- ste nella basilica una antichissima lipide riportata dal Fabris (3), dal De-Rossi (4), e dal Bianchini (5), nella quale si descrive la celebre donazione fatta ai monaci classensi di s. Apollinare dall' arcivescovo Giovanni V immediato successore di Sergio ; e per questo io ho detto , che probabilmente il monaste- ro classense fu da Sergio consegnato ai monaci. Col procedere de' tempi essendo in codesto mo- nastero decaduta la regolare osservanza , sull inco- (1) De Rossi lib. IV pag. 219 (2) Agnello part. 2. pag. fa. (3) Fabri , Memorie sacre di Ravenna pag. no. (4) De Rossi lib. IV pag. 219. (5) Bianchini , In prefatione ad vitas romanorum pontificum Anastasii Bibliothecarii a Muratori^ edita* , Della basilica classknsb 333 minciare del secolo X, o sul finire del IX, come pre- tende il Mabillon (i), S. Majolo abate di Clugny ce- lebre in santità , e tutto intento ad erigere e ri- formare monasteri, si recò in Ravenna, riformò quel- lo di s. Apollinare in Classe, e vi ordinò un abate. In his beati Jpolliuaris caenobium , quoti per vi- giliti quatuor sladiorum s pattuiti a ravennate uibe J'ertur sepositum , ad beati Bcnerlicti restituii tra- miteni , ibique S'ium órdindi'it abbatem. Scrivono lo stesso Siro ed Adebaldo nella vita di s. Majolo (2), e Nalgodo ancora, che fu di lui discepolo (3): In ec- clesia beati Apollinaris ravennatis pnsnit religio- nis abbatem ( s. Majolo ). Crede il Grandi che il monastero preleso riformato da s. Majolo tutt1 al- tro sia fuorché il classense ; ed in fatti non combi- na la distanza di Classe, che è di sole tre miglia (4) da Ravenna, con quella notata dal Mabillon di 24 stadi. Sara forse epuesto un qualche altro monastero esistente in quei tempi nell' agro ravennate. Ma sia pure , che s. Majolo nei suoi viaggi in Italia si recasse ancora al monastero classense. A me sembra, che l'oggetto di questo accesso dovesse piuttosto es- sere Una semplice visita , senza scopo di riforma. Im- perciocché se codesto monastero fosse stato riforma- to nel 9GG, come pretende Mabillon (5), perchè Ot- tone III soli ventiquattro anni dopo lo consegnò a (1) Mabillon, Anrtal. ord. s. Bencdicti, tom III p. ri 5. (2) Siro ed Aldebaldo , In vita s. Majoli presso il Mabillon , secolo V pag. III. (j) Nalgodo presso il Bollando, cap. XI n, 21. (4) Guido Grandi nella dissertazione III camaldolese. (5) Mabillon, In elogio historico s. Majoli. Secolo V pag. 75i. 334 Letteratura s. Romualdo a fine di riformarlo , ed estirparne gli abusi? Che se in vero fosse stato riformato da s. Ma- jolo , ed in conseguenza avesse ivi introdotta la clii- niacense disciplina , l'elezione dell' abate avrebbe do- vuta appartenere al superiore di Clugny , ed a que- sto avrebbe dovuto dirigersi s. Romualdo , e non all' arcivescovo di Ravenna , e molto meno all' im- peratore, come fece. Di più allora quando s. Ro- mualdo volle deporre un simoniaco abate classen- se non ebbe già ricorso al superiore di Clugny , ma da se stesso e di propria autorità lo cacciò dal monastero. Fu dunque dato il monastero di Classe a s. Ro- mualdo nel 995 sotto il pontificato dell' arcivesco- vo Onesto II; ed ivi trasse la sua origine l'ordi- ne camaldolese. Ottone III, a cui erano stati fat- ti noli gli abusi ivi introdotti , volle esplorare l'opinione di quei monaci , e li persuase ad eleg- gersi un abate di loro genio , atto però ad ivi ri- staurare la regolare osservanza. Essi concordemente scelsero s. Romualdo ; ma il santo vi ricusò , né volle acconsentirvi se non in forza della minac- cia di una scommunica da fulminarsi contro di lui dagli arcivescovi e vescovi adunati in un con- cilio in caso di renuenza. Cosi scrive s. Pier Da- miano (1): Qui cum reluctaretur , et regiae peti- tioni assensum penitus denegaret ; rex autem e con' trario exconlunicationem , et anathema ab omni- bus episcopis , et archiepiscopis , et toto sinoda- li concilio minaretur , tandem necessitate succubuit, et animarum regimen coactus accepit. Del resto poi questo sì celebre ed antichissi- mo monastero tanto dagli imperatori, quanto dai ro- (r) S. Pier Damiano, In vita s. Romualdi cap. XXII. Della basilica classknsk 335 mani pontefici di una quantità di esenzioni e pri- vilegii fu munito , che nulla poteva desiderarsi di più. I due Ottoni I e II nell' anno 972 col con- senso di Giovanni XIII sommo pontefice, con loro diploma riportato dal Muratori (1), che conserva- vasi originale nell' archivio di Classe , vietarono agli arcivescovi di Ravenna il diminuire gli effetti ed i fondi del monastero , come i loro predecesso- ri per Tinnanzi avevano fatto : Ne caenobitee cun- ctìs necessitatibus ìndigerent , et bonis univo r si s abundarent. L'imperatore Corrado II nel 1037 con- fermò il decreto degli Ottoni , e ricevette sotto la sua protezione i beni tutti e le possidenze del mo- nastero classense situate nei territorii perugino, eu- gubino, senigalliese , fanese , riminese , comacchie- se , e ravennate. Enrico III nel io45 riceve sotto la sua protezione il monastero di Classe , e la di lui possidenza. Federico I nel 11G4 cedette a co- desto monastero una quantità di tenute e di ca- stelli con giurisdizione , una porzione di mare con pesca riservata. Ottone IV nel 1210 prese il mona- stero sotto la di lui imperiale protezione , confer- mò ad esso i suoi possedimenti , e vi aggiunse la quarta parte del castello di Montoro nel territo- rio di Òsimo , ed altre tenute nei territorii di Fer- mo e di Cervia , e concedette all' abate classense la temporale giurisdizione su di tutti quelli che abi- tavano nelle pertinenze del di lui monastero , co- sicché non dovessero ad alcun altro tribunale esse- re soggetti , fuorché a quello dell' abate. Federico II nel 1219 glie lo confermò, ed ordinò che qualun- (0 Muratori , In antiquitatibus medìi aevi, tom. VI coli, a 16. 336 LSTTBAÀTDRÀ que causa civile dall' abate e da* monaci fosse in- trodotta nei tribunali dovesse ultimarsi nel termine di quindici giorni. Fra i sommi pontefici che beneficarono ed il- lustrarono il classense monastero , Lucio II nel ii/j4 lo pose sotto l'immediata di lui pontificia protezio- ne , ed ad esso garanti tutti quanti i suoi posse- dimenìi attuali e futuri. Lucio III nel 1 182 confermò i privilegi di Lucio il; e nel 1 18G Urbano III non solo ritornò a confermarli ; ma di più vi aggiun- se il monastero di s. Decenzo di Pesaro , che as- soggettò all' abate di Classe. Nel 1209 Innocenzo III privò gli arcivescovi ravennati del dritto della elezione dell' abate classense , e diede piena liber- ta ai monaci di eleggere quello che più a loro ag- gradiva ; e nel J2i3 confermò di nuovo tutti i pri- vilegi! conceduti dai suoi predecessori Lucio II, Lu- cio III, ed Urbano III. Nel 1229 Gregorio IX con am- plissimo diploma dato all' abate di s. Apollinare di Classe sulle vestigie dei suoi predecessori prese sot- to la di lui speciale protezione il monastero sud- detto , e tutti i luoghi soggetti all' abate medesi- mo ; ed inoltre gli donò molte altre tenute in Ci- vitanuova , Monte Granaro nel territorio di Fer- mo , Serra de pozzi nel pesarese , Monte Nuovo nel riminese , e Foraviccio nel forlivese. Nel 1253 In- nocenzo IV assoggettò all' abate di Classe l'antico monastero di s. Silvestro nelle adiacenze di Spel- lo , ed ordinò che fosse restituita al detto mona- stero tutta la possidenza che gli apparteneva , di cui ai tempi di Gregorio IX. e di Alessandro IV era stato spogliato. Nel 125^ lo stesso pontefice In- nocenzo IV esonerò l'abate ed i monaci dissensi da qualunque gravame già imposto e da imporsi ? e vietò di gravarli in appresso senza uno speciale in- Della basilica clas.seiv.se Siy dulto dell' apostolica .sede ; e ad essi con ispeciale bolla confermò la donazione fatta dall' arcivescovo Gualterio tra il 1118 ed il i 1 44^ tempo in cui egli occupò la cattedra arcivescovile di Ravenna. Mai più la finirei se enumerare volessi tutti quan- ti i privilegii , le esenzioni , e le concessioni ac- cordate dagli imperatori , principi , sovrani , e som- mi pontefici alla basilica e monastero classense si- no ai nostri tempi. E sebbene nel i5i5, atteso l'in- salubre clima accagionato dal disseccamento delle pa- ludi e dal ritiro del mare , siano stati costretti i mo- naci a ripararsi nella citta , non ostante questa ba- silica mai non fu lasciata senza culto; anzi che da quei tempo in poi più volte venne ristaurata , abbellita , e sontuosamente arricchita. Ma nei luttuosi tempi che afflissero l'Italia sul finire del XVIÌI secolo , e sul cominciare del presente XIX. avendo assai sofferto , il signor conte Carlo Arigoni capo della ravenna- te magistratura , vero conoscitore dei pregii delle antichità patrie, chiese ed ottenne dalla manificenza del governo un vistoso sussidio , benché scarso pe'mol- ti ripari che abbisognavano , lo aumentò con ispon- tanee offerte dei ravennati cittadini, rifece quasi tut- to il soffitto, restituì alla basilica quell' elegante splen- dore con cui conservata sempre lo avevano i suoi an- tichi custodi. In somma codesta pregevolissima ba- silica eretta dall' arcivescovo s. Ecclesio , ingrandita da s. Orsiciuo, consecrata da s. Massimiano , abbelli- ta da s. Agnello, benché più volte ristaurata, si pre- serva tuttora , e rimane nella sua integrità in cui ri- trovavasi ai tempi di Flavio Giustiniano imperatore. D. Albertino Bbllenghi. G.A.T.XXXIV. aa 338 Ragionaménto accademico sopra un idoletto di Mi- nerva in bronzo, letto nella solenne adunanza delV accademia labronica di scenze , lettere , ed arti di Livorno dal ca:. Francesco In giurami il dì tg marzo 182']. JLionore da voi, chiarissimi accademici, compar- titomi da qualche tempo di essere ascritto al nu^- raero dei vostri corrispondenti , m'incombenza dell' onere di unire le mie alle vostre plausibili cure e sollecitudini, perchè le scienze, le lettere e le arti abbiano senza interruzione il bramato incremento. Soffrite dunque che quest'oggi io richiami per un breve istante la vostra attenzione sopra un ido- letto di bronzo , il cui diseguo fedelmente copiato dall'originale , ora presento al vostro esame, E sebbene simili oggetti che dagli antichi tene- vansi nei larari domestici , 0 si depositavano nei teinpj come donari , si trovino in copia grande , e perciò non si abbiano in molto pregio , pure at- tedi alcuni riguardi , a mio giudizio , è pregevole questo che ora vi mostro , perche disti uguesi dai comuni. Ch'ei sia Minerva, l'antica dea della guerra e della sapienza, secondo Proclo (ved. Mommi, etru- schi ser II p. 57O non mi occorrono gravi argo- menti a provarlo, manifestandosi per tale a chiun- que dotato di qualche mitologica istruzione 1' os- servi. Pure a taluno potette sembrare una Venere vittoriosa pel frutto che tiene in mano , probabil- mente equivocalo per un pomo , quantunque per *J6Sm») Idoletto di Minerva 33^ la più lieve osservazione che vi si faccia , distin- guesi chiaramente per un'oliva : sopra di che non oc- corre altra disputa. L'elmo di questa dea si presenta in forma di teschio, ed ha due fori nel suggrundio , situati per modo , che calato fino al mento possa formare la vi- siera senza impedire agli occhi la vista . Tali so- gliono essere gli elmi nelle figure militari di greco lavoro, e tali si vedono specialmente sul capo del- le più distinte opere d'arte rappresentanti Minerva. Trovasi ella coperta da tre vesti, come appun- to la descrive Fulgenzio , e ne da per motivo che inviluppi tali significar dovessero la sapienza na- scosta della natura, simboleggiata da colei che sen- za madre ebbe nascita dalla pura mente di Giove. Si leggeva difatti presso d'un'antica statua di Nei- ta, molto analoga alla nostra Minerva , il motto se- guente , conservatoci da Plutarco , dove ragiona d'Iside: ,, Io &on quella che fu^ che è, e che sa- rà : nessuno alza il mio peplo : ,, vale a dire nessu- no perviene fino a vedere e comprendere le occulte operazioni della nuda natura , malgrado ogni sfor- zo dei nostri studi per giungere a penetrarne i se- greti , mentre saranno perpetuamente nella massima parte un arcano per noi mortali (Monum. etr. ser. II p. 373). Omero (iliad. lib. V v. 7-73C), che in pu- re sembianze umane riduce i suoi dei , finge con maggior naturalezza, elio Minerva prima d'indossa- re le belliche vesti a lei cedute da Giove , de- ponga la femminile, qual era il peplo, giacché l'ave- re indosso un triplicato vestiario non era di greca usanza , o si dovea costumare per modo più signi- ficativo che bisognevole. Una di queste vesti e la tunica portala fino ai piedi, come ebbe anche la famosa Minerva d'Ate- 22* 3 |o L E T T t K A T 0 K A ne, che noi ventesimo quatto libro delta descrizio- ne della Grècia rammenta [Pausatila. Alla tunica è soprapposto il peplo poco fa nominato , ch'è una corta veste atta a coprire il petto, come usavasi dille donne greche, giusta l'osservazione del Viscon- ti nel primo volume ove illustra il museo demen- tino. La terza veste è una specie di pallio, il qua- le fu in origine una semplice pelle di capra, die por- tavano le donne di Libia ( Monnm. etr. ser. I[[ p. 168). Io non delibo qui esser prolisso nel dar conio ih qùal modo Minerva non libica indossi al- bi foggia loro una pelle di capra, mentre ne trat- tal estesamente altrove ( Mommi, etr. ser. Ili p. 164); onde soltanto rammento concisamente che Minerva ebbe domicilio nel segno astrifero dell'ariete, do- ve il sole coprendolo è giunto all'equinozio di pri- mavera ; vale a dire che è pervenuto a quello sta- to di forza pel calore tisi suoi raggi , che dissi- pati i cattivi effetti detti rigorosa stagione iem.de nemici della natura vegetante , sparge sulla terra il benefico influsso di quel tepore , ch'è il coeffi- ciente primario del bene in ordine alia vegetazione. È dunque da notarsi por intelligenza del significalo allegorico di quella pelle di caprai la quale col no- me di egida veste Minerva, che fu assegnato il no- me di capra anche alla più brillante tra le stelle dell' aurina celeste: costellazione assai prossima allo spazio del ciclo dove gli astronomi segnano il punto equinoziale di primavera. La testa di Medusa che su di essa pelle costante- mente si vede in petto a Minerva, conferma, secondo il mio parere, il simbolo stesso, essendo anche que- sta una costellazione estrazodiacale che fissarono gli astronomi antichi presso l'ariete nelle mani di Per- seo. Qui , con mirabile iti segno di chi fu l'invento- Idoletto di Minerva 34 r re di siffatti simboli, è altresì destinata a signifi- care Io spavento ch>' incute la dea guerriera, men- tre ognun sa che lt terribil lesta della gorgone por- tata da Perseo pietrificava i di lui nemici al solo mostrarla. Se applichiamo ciò alla fisica, intendiamo esser quest'idoletlo un' allusione al sole che nel!' al- lungare dei giorni più delle notti , dissipa il fred- do , perchè non sia nemico della buona stagione da noi bramata pei nostri corpi, e pei buon suc- cesso della vegetazione, che debbe costituire il no- stro quotidiano alimento. Sappiamo infatti che Giove stesso fu dai mitologi armato di questa pelle di ca- pra colla testa di Medusa che nominarono egida, ed alla quale Omero nel quinto libro dell'iliade ag- giunse d nome di orribile , perchè armato il nume in tal guisa, scagliando il fulmine dissipava i gigan» ti, che erano un'allusione dei mali che a noi reca 1 inverno ( Mommi, etr. sei*, i. p. 442). Or questa me- desima egida fu da Giove, secondo Omero, ceduta a Minerva perchè pugnasse contro Marte (Monum. etr. ser. Ili 0. 104), 0 poiché fisicamente parlando re- primesse le procelle iemali, come difatti hauno ter- mine al giungere di primavera, quando il sole si accosta alla costellazione della capra. Cosi è combi- nato che la greca voce xijis vuoi dire pelle di ea- pra e procella-, e chi sa che il doppio significalo di questa voce non abbia dato motivo di affiggere sul dorso dell'auriga celeste l'immagine di una ca- pra , come si vede nel planisfero celeste , ad og- getto di rammentare con essa che nell'unìrsi l'auriga col sole cessano le procelle iemali? Se dunque Minerva considerata sotto un tale aspetto significò la divina mente occupata nelle por- tentose opere della natura , che in ogni tempo dell' anno a noi si mostrano in guisa di un continuato 34a Letteratura prodigio , e in primavera por lo sviluppo loro ci recano sorpresa maggiore; non troveremo straodina- rio che gli antichi tenessero Minerva per la dea della sapienza divina con dei caratteri simbolici del- la primavera. I serpi che si trovano costantemente sull'egida di Minerva hanno un significato esplicativo delle qua- lità della dea come un essere simbolico delle co- stellazioni. Ove Plutarco e Proclo dichiarano che la dea del tempio di Sais era la stessa che la Mi- nerva dai greci , aggiungono che nel cielo le era- no assegnate due sedi , l'ima era nelT Ariete , l'al- tra nella Vergine. Ho accennato qualcuno dei sim- boli che la caratterizzano relativa all' Ariete , ag- giungo qui che i serpi accennano altresì la di lei relazione col segno della Vergine, presso la quale è situata l'idra che nelle favole di Ercole compa- risce un mostro con molte teste di serpenti , co- me appunto si vedono sull' egida di questa no- stra Minerva. Ma di ciò ancora ho reso conto al- trove (Monum. etr. ser. V p. 2/[q 19). L'asta che la nostra Minerva impugna come suo distintivo ordinario non cerca dilucidazione, quan- do concedesi a chi porta anche l' elmo come dea guerriera che si arma in difesa della potenza di Gio- ve (Monum. etr. ser. V p. 362). Sebbene i sofisti più rigorosi, e Fulgenzio ancora, pretendino che sia quell' asta e la sua lunghezza il simbolo della sa- pienza che la nostra persuasione colpisce anche da lungi. Più importante d'ogni altra cosa è il conosce- re quella oliva che la dea tiene in mano: cosa non più veduta nelle statue di Minerva ; attesoché se alcuna di esse l'ebbe in prima origine al pari di questa , non è poi giunta con un tal simbolo fino Iuoletto 'di Minerva. 343 a noi; perche ordinariamente le antiche statue ci pervengono mutilate nelle braccia , o iu altre mem- bra del corpo. Quindi è che le mani fi Minerva coli' oliva, come la presente intattissima, non si videro in nessuna collezione di antichi monumenti. Di tale utilissimo frutto nelle di lei mani abbiamo h interpetrazione da un antico scrittore per nome Codino , il quale ne parla descrivendo la citta di Costantinopoli , ove nota , che una statua di que- sta divinità avea Poliva per allusione alla divina mente, che essendo una medesima cosa con essa le si attribuisce quel frutto per indicar la punta della sua sostane , essendo L'oliò alimento mate*. naie del fuoco. Corrobora tale opinione un passo di Marziano Capella , che nomina Minerva il lioie del fuoco; ciò combinando coll'etere purissimo che ora secondo i gentili la parte più nobile e più sot- tile- della materia ; e quindi avendosi per princi- pio di tutto il moto , fu detto da Cratilo e da al- tri che leggonsi nelle opere di Stobeo , la natura divina essere il fuoco. Ecco dunque nella Miner- va il simbolo della natura divina, e nell'oliva quel- lo del fuoco. L'armoniosa proporzione delle parti costituenti questo beli' idolctto , congiuntamente colla sempli- cità e leggiadria della mossa, gli danno il vanto di trionfare in perfezione sopra gran parte di tali og- getti della mole e materia medesima';^ la sua pro- venienza dalla Magna- Grecia debbe renderlo Jan- che più stimabile a z\n apprezza meritamente le ope- re greche sopra quelle d'ogni altra antica nazione. 1 Questo bronzo esiste con altri interessanti og- getti di questo genere presso il sig. Giuseppe Ter- reni di Livorno. 344 Anton in s Bianchinius Gab. Laureatilo S. PI. v^ioivcramus aliquot adolescentuli in Burghesiano, ibiuue, quod otiandi causa fieri solet , nonnulli pa- rietibus nomen inscribere , quidam et figuras ad- iungere , quantum in ea re unusquisque posset , conabatur. Inter haec Antonius Bamfius mediola- nensis, optimus pictor , mihique amicissimus , duabus lineis , ut ita dicam , pulcherrimam sane imaginem fudit. Erant enim illic proxime pueri duo colluden- tes nucibus inter se , quos ille tam ingeniose, tamque alacri celeritate depinxit , ut eo operi annura adlabo- rasse videretur. Fecerat unum ex iis Victoria exultan- tem, utpote qui universas nuces tulisset, sodali illudere digitulo ad dentes compresso, alterimi inter luctum ac rabiem ancipiti haesitatione versati. Micabat ille oculis , in eoque esse videbatur , ut inde diseede- ret , jam enim pedem sustulerat. Hic vero adole- scentis ingenium vehementer admirati sumus ; tan- tum enim e pariete figura haec pueri eminebat , ut ad nos venienti locum paene faceremus. Qnae cium avide caeteri inspiciunt , naeinquam, sodales, tabu- larti buie piane adsimilem nescio a quo factam nar- rai Philostratus junior, cujns imaginem dederat Apol- lonius III Argonauticon, Gupidinem cum Ganymede coliudentem inducens. Tum alter quidam : Quid tu tantopere graeca ista jactas , ut piane jam graecu- lus videri possis ? Miror qui non etiam quater quo- tidie comedas , id enim Platonis aevo moris fuit. Sic ille: nos risii rem absolviraus. At vero Bamfius do- mimi reversus Cupidi nis et Ganvmedis certamen , Argowaut. Apollon. 345 quoti a ino autliverat, vivissimis coloriLus expressit. Ego vero locum Apollonii notavi , latineque reddere conatus sum. Quod dutn facio , redit in mentem egis- se te multura apud me, jam duobus abbine annis , ut integrum Apollonium convertendum aggrederer. En ergo haec tibi speciminis loco, quae si proba- veris, dabo fortasse omnia. Tibi vero siquid placet, iti nemini bono arbitror posse displicere. Si enira alius quisquam est , qui veterum scriptorum flores subodoret , tu Apis matinae more modoque , ut ille inquit , optimum quodque vestigas , atque in suc- cum convertis tuum. Hi ne mella illa suavissima, ita enim appellare liceat lucubrationes tuas, quae ani- mos omnium alliciunt ac beant. Sed jam tacito est opus, ne quid abutar mode- stia tua. Tu meas nasce ineptias quasi amoris indi- cium accipito, atque habe tibi, meque amari a te facito certiorem. Vale. initium libri III Argonauticon A poli. Rhodiì Latin is verbi? expressum. Nunc , Erato , sacrum nemus , et Parnassia Tempe Speme precor , vatique illabere , diva , canenti , Auratam ut pellem colchis averterit oris Aesonides coeco Metleae adjutus amore, Nara sibi te sociam studuit Venus esse , puellas Mollires dulci ut cantu , si forte negarent Invisam ardenti sponso dissolvere zonam. Quare cadem ex ipso nomen tibi finxit amore. Sic limosa palus proceres occultat acliìvos, Densaque suppositam classem praetexit arando; Quos ubi conspexit Pallas , et maxima Iuno, Ciani Jove sola petunt penetralia , nullus habendo 346 Letteratura Consilio ut sese deus interponere possit , Ac primum bis Juno verbis affata Minervam est: Ihcipe, cara Jovis próles , Tritonia, coeptis Prospicere, ac versare dolos , queis aurea Graji Secum ferre duces AecLae veliera possi ut: Mollibus bic llecti precibus si uesci.it, asper Namque animi est, nullo et patitur sermone moveri: Couari tamen , et nulli slat parcere fraudi. Sic Juno, at contra excepit Tritonia Pallas: Haec equidem tacito mecum sub corde fovebara Consilia, in medium quaè profers ; non tameu ipsa Arripere e multis auderem fraudibus unam, Possit quae grajum puppes , atque arma tueri. Haec ubi dieta, solo defixae immota tenebant Lumina, curarum turgent sub pectore lluctus. Tum prior bis rupit vocem Saturnia diclis: QuinpotiusVenerem petimus, precibusque rogamus, Aligerutn si forte velit compellere amorem Aeetae ad tlialamos , artes ubi regia virgo Circaeas versai , caecum cui proliuus ignem, Aesonidisque imo defigat pectore vullum? Ulius insidiis auratum abducere vellus Grajugenis , et laeta do ni uni dare vela licebit. Tum fraudi adridens Tritonia, talibus ihftt: Iuppiter intactam telo me fecit amoris , Nec desiderii qui sit furor, o dea , novi: Sed tibi si placitum, baud menici comitem ipsa negabo; Tu modo perge prior, natamque affare Diones; Dixerat, et celeri gressu eicessere , domumque Ingentem subeunt Veneris, quam Lemuius olim Fecerat ignipotens , celebrans connubia laeta. Huc ubi devenere, aulae se in limine sistunt, Sternentemque vident Vulcani Cyprida lectum. Jlle fabrile ad opus, vix orta luce, profectus, Insula ubi Planctac lato est occlusa recessu. Ancona ut. Apollon. 347 Fcrrum informabat ferventi seduta s igne. At Cypris in nitida thalami stat sede relieti Protinus ante fores, liumeroque eflusa nivali Caesariem aurato solvebat pectine , longos Tura primum crispans, disponensque ordine crines. Prosilit adventu Venus obstupefacta dearum , Accersitque intro, positisque sedilibus , ambas Invitans, dein ipsa sedet , passosque capillos Illigat, et placido subridens ore profatur: Qui vos Ime casus , quae tanta negotia , divae , Insolitas egere ? Oculis vix talia credo, Ad me caci icol uni dominas advertere gressum. Sic Venus: excepit contra sic maxima Juno: Jleu ! quid nos verbis carpis mordacibus, alto Dum frangunt animos inclusi pectore luctus ? Nam tenet in medio fundatam Phaside classem Aesonides, quique arma duces argiva sequuntnr, Auratam optantes pellem ; nunc horrida bella Impendere viris certum est, cunctisque timemus Sollicitae, primam nisi curam poscit Jason. Hunc ego vel manes cursum si aflectet ad imos, Et paret aeratis Ixiona solvere vinclis , Tutabor , donec nostris stat vis sua membris, Ne fatum efFugiat Pelias, qui numina temnens Impius, expertem sacri me fecit honoris. Aesonidis sed enirn magno tangebar amore, Ex quo, praecipiti rueret cura gurgite Anaurus, Ille pedem referens , venatu fessus , amice Occurrit, res humanas tacite exploranti. Obruta tum late nivibus juga summa latebant , Dimissique altis magno cum murmurc saxis Torrentes gelido vallem pede decurrebant. Me vero vetulae vultus atqne ora gerentem Commiserans humeris ipse extulit , immanemque Per fluctum gradieus tuta in statione locavit : 348 Letteratura Quare perpetuo sifoi me devinxit amore. Praeterea et Peliae noxa cruciabor inulta, Ni tu das patrios grajis rerneare penales. Talibus orabat Iuno: irritata precantem Spectabat Venus , et rerum novitate stupebat; Dein autem placido fari sic incipit ore: Nullum , diva, malum ducas me nequius, istis Quod fieri manibus possit, si absolvere quidquara Aut opere , aut verbis nolim tibi forte petenti , Vel te nulla milii devincat gratia posthac Sic ait , at verbis Saturnia talibus infìl: Non armare manus bello , nec poscere vires Venimus ; aligerum potius tu adducito Amovem, Virginis alliciat mentem ut puer Àeetaeae Àesonidis studio , coeptis nani si vo.let illa Imposuisse manum , grajos et pelle potili Posse reor, patrils iterum et consistere terris. Sic Juno: medias inter tum Cypria divas Morem , inquit, vobis potius geret ìlio, procaci Omnia despiciat quamquam malus ore, veretur Vos etenim, suprema puer nec nurnina temnit. At matrem nihili prorsurn facit , ac fera verbis Odia succendens risu me exasperat acri : Jamque, pati pertaesa , arcus diffringere, et ipja Tela velini, tristi nuper nani concitus ira Intentare audet, manibus nisi tundere parcam , Dum redit ad sese, magnos miserae foie luctus. Hic hilari sese divae admonuere cachinno Unanimes; quare illa novo perculsa dolore: Scilicet aerumnis, inquit, ridetur ubique De nostris : baud par est cuivis ista profari. Atque utinam mea probra mihi ignorasse liceret; Nunc vero , illecebris fieri quod possit , Amorem Tentabo , quoniam haec vobis sententia; nullus Fors ille abnuerit : dicentem talia Juno Argonaut. Apollon. 34y Permulsitque manu levi, ridensque locuta est: Rem facias, Cytlierea, velini perniciter, ullas Neve iniaas puero increpites irata, furores Paulatim sic iile animo deponere discet. Dixeiat haec Juno; solio dein exilit, una Et Railas , versoque deae pede discedebant. At Venus immensi secreta per omnia coeli It loca, muitivagum si forte ofiendat Amorem. Mie Jovis omnigenis halantem floribus hortum Ingressus puero puer adstabat Ganymedi, Olim rjiiem , rarae correptus imagine formae, Juppitct- aethcreis jussit considere mcnsis. Auruti.s illic vidit colludere talis Aequanvo:: : beva multos Amor includebat Brachiolo talos sub dextro callidus , omni Stanis pède, puniceo suffusus et ora rubore. Ille autem flesis in cruribus insidet, acrem Dissimo Luis rabiem; geminos nam vix babet omni Taloriuu ex numero, quos dum pernicius unda, Ellluxisse videt, socio succenset ovanti. Veruni ubi relliquias ludi male per d idi t, ibat Infelix, vacuaque manu tractabat occllos Praesentém haud cernens Venerem, quae se obvia nato Obtulit, ora premens pueri, dein talia fa tur. etc. Siili 'opinione che general/nenie hanno gli europei delle arti e scienze, della civiltà, e del gusto dei cinesi. k^ono i cinesi considerati dagli europei per molto de- ficienti e mal'atti a far progressi nelle arti e nel- le scienze, venendo loro dagli uni attribuite mferio- 35o Letteratura ritk di talento, dagli altri barbara ignoranza, ma da molti un gusto non raffinato. Giudicare dell'intendimento, coiti' anco della ci- viltà d'una massa di i5o milioni d'uomini , sen- za conoscere sufficientemente le qualità essenziali, o almen per poco, la loro letteratura, è certamente un inganno. Non v'è paese nel mondo ove la letteratura sia più coltivata che in Gina. Non si può in quel pae- se aspirare ad alcun impiego d'amministrazione pub- blica senz'essere letterato. Dai portoghesi, nel primo loro viaggio in Ci- na, furono chiamati gì' impiegati del governo man- darini , dalla parola portoghese mandare cioè co- mandare. Questa classe di persone forma la più di- stinta parte della nazion cinese. Ed è fin dopo la dinastia Han , più di 2000 anni a questa parte, che gli uomini di lettere hanno il primo rango nell'im- pero ; ed è sempre fra' medesimi che si scelgono i maestri precettori per l'educazione della gioventù: i ministri per gli affari dello stato ; e i magistrati per la giustizia. I letterati dunque devono necessaria- mente essere numerosi in un paese dov'essi godono ogni distinzione di preminenza, e dove ogni cosa favorisce l'accrescimento del loro numero. E poiché la scienza o il sapere è il solo mezzo che conduce agli onori, è egli necessario che quelli che vi aspi- rano , coltivino le lettere ; e devono essi dar pro- ve d'averle coltivate con buon successo , prima che possano ottener un impiego. Per impedire abusi , il governo ha fissato , per ornii citta di prima seconda e terza classe, il nu- P ■ mero de'letterati che possono essere legalmente pro- mossi ogn'anno al primo grado di letteratura, qual'c quello di Sieu-tse (bacellicre) , che è considerato Note spettanti alla Cina 35 i nobile ed esente dalle tasse. Di questi individui se ne coniano in Cina 2^ e a5 mila, i quali sono an- nualmente introdotti al primo grado di letterati; ed il numero di quelli già ammessi, che precedono, si suppone che ammontino a 4 ° 5 cento mila. Questi essendo soltanto nei primo grado di letteratura, non forman parie deletterati soggetti alle tasse. Le classe dei mandarini, o ufficiali nel dipar- timento militare, è lungi dal godere V islessa con- siderazione che gode il mandarino di lettera; ma ambedue le classi compongono ciò che si chiama la nobiltà del paese , che non è punto ereditaria. Non conoscendo o non sapendo, per ignoran- za di lingua e di caratteri, leggere le opere o le pro- duzioni, sia in versi sia in prosa, di tanti uomi- ni eruditi e letterati quanti ne produce la Cina, ogni confronto delle arti, delle scienze e della civil- tà fra i cinesi ed il rimanente dell'universo, non è che una presuntiva opinione senza prova. Quei pochi europei ch'hanno visitata la Cina han detto di quel paese tanto quanto è possibile dirsi da'viaggiatori : tutto quello cioè che ordinariamente vedono e sentono cammiu facendo ne'loro viaggi. Ta- luni possedendo la conoscenza della lingua cinese e i caratteri , e ciò non è poco a dirsi : ma molti, con equivoca certezza, conoscendone poco o pochis- simo. Per ben conoscere arti, scienze, religione, ce- rimonie, maniere, costumi, leggi, stato politico e fisico, geografia, cronologia, istoria, e tutt' altro che riguardar possa un impero cosi antico, vasto, e po- polato com'è la Cina , saria necessario che gli eu- ropei si occupassero di far tradurre , interpetrando il più vicino alla lettera l'originai verità , le ope- re classiche e d'indubitata autorità cinese, ad imi- 35a Letteratura tazione di sir Giorgio Staunton che ha tradotto in inglese il codice penale della Gina , per non dipen- dere unicamente da quanto narra il giornale d'un' ambasciata, la quale in Cina è sempre scortata co- me se fosse un corpo di prigionieri di guerra, e col rischio di esser mandata in dietro senza neppur domandarle perchè venne , come successe all' amba- sciata inglese nel 1816; né limitarsi a una descri- zione della Cina fatta da chi nel trattare di varj soggetti doveva farsi riguardo di dir le cose come sono : a qualche estratto preso in qua e in la spez- zatamente da qualche opera cinese; o alla traduzio- ne d'una novella , fittizia istoria d'una serie di sor- prendenti e piacevoli vicende dell'umana vita. Se, per esempio, si facessero tradurre nelle lin- gue d'Europa le seguenti 256 opere cinesi in 33^1 volumi : Volumi 200 Importantissima opera sopra i cinque classici. *79 Opera enciclopedica. 1G0 Commentar j sopra le i3 opere classiche. i48 Istoria delle dinastie Han e Vuei. iao Critica sulla letteratura antica. 108 Compilazione di autori eminenti. 108 Pubblici registri di eminenti ministri di slato. 104 Miscellanea. 102 Istoria imperiale. 80 Detta della dinastia Ming. 80 Annali dell'impero. 70 Le opere famose di Ticiao - fu - tsze 60 Opera botanica. 6o Trattato di medicina. 5o Opera del celebre poeta Tung-po. Note spettanti alla Cina 353 46 Trattato di astro noniia. 47 Opera medica. 44 Detta della Cina molto dopo Confucio. 4o Detta resa facile. 4o II celebre trattato delle piante di Pun-tsao. 36 Trattato di morale di King-yu. 36 Opera per gli uiliziali del governo. 3a Leggi della presente dinastia Ta-tsing 3a Edizione grande del dizionario imperiale di Hang-hi. 3o Estratti di autori eminenti. 29 Letteratura degli antichi. 28 Opera di profonda letteratura. a5 Trattato d'ogni cosa, di Liu-tsing. a6 Detto del gusto in senso figurativo. 26 Rimarche critiche su i quattro libri. 25 Commentarj sopra le cinque opere classiche. 25 Introduzione per servire all' opera de' quattro libri. 24 Opera sulle scienze. 24 Istoria del tempo di Li-Kuo. 24 Detta generale del tempo della dinastia Tang. 22 Trattato di religione. 20 I 18 re, compilazione principalmente di Confucio. 20 Sette saggi di letteratura per gli studenti, 20 Dissertazione sulla letteratura. 20 Istoria del tempo di San-Kuo. 18 Codice civile sotto Kea-Kine. o 18 Compendio dell' istoria. 18 Trattato d'iniziazione per gli studenti. 16 Sul!' antica letteratura. 16 Istoria d'una descrizione familiare. 16 Epoca degli stati indipendenti. 16 Le opere di Li-Lei. i5 Opera geografica. i4 Istoria degli stati orientali ed occidentali di Ilari. G.À.T-XXXIV. 20 354 Letteratura i4 Opera per servir di modello. ì'ò Bambù, uccelli, ed insetti per uso de* pittori. i3 Le opere di Gang-li. 12 Istoria della Cina quando era divisa in \i differen- ti stati. Incomincia circa l'epoca della distru- zione di Troja. 12 Trattato sulle piante. 13 II lapis rosso, opere scritte da imperatori. 12 II sacco di cottone di Ciao-Sci. 12 Trattato su i quattro tesori. 12 Novelle di Lin-Nan. 12 L'isterico candido. io Uomini fatti dei e semidei. io Poesie diverse. io Annotazioni sull' Hu-King. 1-0 Una favola. io Le opere di Iso-tciuen. io Gli affari della vita infilati insieme. io Novelle. io Dette. io Dette. io Delle. 9 Trattato della poesia nel tempo di Tang. 8 Detto di geografia. 8 Compendio de' 21 istorici ovvero del Journal des savans. 8 Commedie e tragedie. 8 Novelle. 8 Dette. 8 II canzoniere. G Istoria della Cina sollo la dinastia Ilan. (i Opera medica. 0 Odi del pescatore straniero. G Commentari sopra i quattro libri di Confucio. Note spkttanti alia Gina 353 6 Trattato sul!' inoculazion del vajuolo introdotto in Cina dal dottor Pearson inglese circa l'anno 1810. C Compilazione di 24 autori. 6 Letteratura antica. G Delle proprietà di quel eh' è buono a mangiare. G Principi generali per leggere con vantaggio. G Composizioni enimmatiche. 6 II diamante. 6 Trattato di geografia antica. G Composizioni di candidati per onori letterari. 6 Opera indispensabile per i medici. 6 Novelle. 5 Dottrina di Confucio. 5 Versi su i soprannomi de' cinesi. 5 Novella religiosa. 5 Novelle. 5 Opera religiosa, 5 Poesie. 5 Dette. 5 Dette. 5 Le foglie delle prune facilmente si contano. 5 Spiegazione della natura della poesia. 5 Estratti eleganti da eminenti poeti. 5 Grande e corretta edizione de' quattro lbiri. 5 Sulla vegetazione o agricoltura. 5 Novelle. 5 Opera astrologica. 5 Spiegazione della natura della poesia. 5 Estratti eleganti da eminenti poeti. 5 Grande e corretta edizione de' quattro libri. 5 Sulla vegetazione o agricoltura. 5 Novelle. 5 Opera astrologica. 5 Spiegazione de' passi diffìcili ne' quattro libri. 5 Pietanza di gemme. 356 Letteratura 5 Opera sulla versificazione. 5 Detta religiosa sulla setta di Budda. 5 Biografia delle donne illustri della Gina. 5 Sentenze scelte. 4 Cento delle più belle donne della Cina. 4 L'astrologo e fìsonomista. 4 Tutte le poesie durante la dinastia Tang 4 Illustrazioni sull' opera Li-chi. 4 Soggetti interessanti per gli scolari. 4 Affari della dinastia Gino. 4 Commentari sull' Hu-King. 4 Modello di letteratura elegante. 4 Commentari sul Ciuen-tseu. 4 Trattato di musica. 4 Detto di poesia. 4 Opera per uso degl' impiegati del dipartimento civile. 4 Primi principj di matematica. 4 Le odi di Lin-lang. 4 Trattato sull' origine delle malattie. 4 Dizionario ristretto. 4 Biografia di ioo eminenti dame di corte. 4 Saggio d'oro per un saggio delle leggi. 4 Stile nel tempo della dinastia H.an. 4 Sentenze di Ying. 4 Odi dei genii delle nuvole azzurre. 4 Trattato sul vantaggio dello studio. 3 Scuola per pittori. 3 Animali e piante per pittori. 3 Origine degli dei della Cina. 3 Geografia della Cina , di Yuen-yuen. 3 Trattato della Bussola e calamita. Invenzione di Iciao-Gong , circa iojo anni avanti l'era cri- stiana. 3 Trattato di morale. Note spettanti alla Cina 357 3 Detto. 3 II compagno per Canlon. 3 Trattato di etichetta. 3 Opera religiosa. 3 Opera di natura maravigliosa. 3 Detta morale. 3 Canzone del cuor di neve (innocente). 3 Novella di Yan-yu-kan. 3 Detta di Mi-keuen-to-kang. 3 Trattato su i tempj. 3 Novella di Tsze-ping-ta-tseuen. 3 Scelta di canzoni. 3 Lo scrittore di lettere. 3 Novella di Ling-tung-keae. 3 L'arte d'indovinare. 3 Odi. 3 Novella. a Coltivazion de' fiori. 2 Un suon di voce differenti cose, ogni cosa dif- ferente carattere. 3 Spiegazione delle 3 li , cioè etichette o cerimonie. 3 Commentari sul yi-king. a Opera sugli antichi usi e costumi della Cina. 3 Detta che raccomanda una sollecita istruzione, a Poesie pastorali. 3 Trattalo su i vegetabili. 2 Odi sacre pe' sacrificj. 3 Memoria per l'anno nuovo. 2 Trattato sulla versificazione e sul metro. 3 Opera d'iniziazione per gli studenti. 3 Raccolta di sentenze morali. 3 Trattato de' cibi. 3 I detti dei discepoli di Confucio. 3 Lettere eleganti. 2 Veri principj avanti che fosse formato il cielo. 358 Leti tUT n r a a Memorie antiche, a Trattato di tattica militare. a Stile dello scrivere sotto Ciuen-tseu. a Trattato su i caratteri della lingua cinese. / a Ora ogni cosa è felice, a Trattato su gli epigrammi. a Saggio sullo scrivere, a Leggi della versificazione. i3 Opere e stampa antiche. Ritratti antichi per uso de' pittori. Processo della seta. Specchio per riflettere il cuor umano. Pubbliche prove di religione dall' occidente. Almanacco imperiale in data corrispondente all' anno 1819. Editto sacro dell' imperator King-long. Vita della dea Cu-gnam. Opera e stampa antiche. Canzone di To-yuen. Settantotto poeti. Specie di biografia. Op^ra astronomica. Estratti da *4 poeti. Ricatta pel contagio bovino. Leggi che esistevano sotto Tang. Trattato di acustica. Contese letterarie a Canton. Trattato della pietà filiale. Versi di diversi autori. Teorìe della luna. Delle 9 divisioni per mezzo delle quali Yu di- seccò le acque. Opere di Song-Seang. Opera per gli scrittori di saggi. Detta per gli aspiranti al mandarinato. Note spettanti alla Cina 35q Memoria di scritti antichi. Mille caratteri che senza aver ricorso ad altri formano senso da per loro stessi. Trattato del polso. Descrizioni di montagne e colline. Memoria d'affari antichi e moderni. Azioni benevolenti. Poesie diverse. Studio pe' collegianli. Lo specchio^ Massime morali. Odi su' fiumi e su' monti. Cenno su i cinque classici. Opera del precettor Cu. Sorgente pura d'un ritiro. Opera filosofica di Citi. Cento estratti da classici moderni. Opera per ben comporre. Affari del tempo di Ciuen-tseu. Opera pe' militari. Discorso sulla morale di Ciang. Odi e canzoni moderne. Gemine preziose , opera morale. Prescrizione pe' lunatici. Opera classica per collegio. Compagno de'giovani computisti. Bellezze da diversi autori. Illustrazione della pietà filiale. Estratti dal rituale di Ciao. Delti di perfetta eleganza. Una si fatta traduzione perchè averebbe luogo non di tratto in tratto per un lungo corso d'anni, sic- come a-vvenne nel tradur libri d'altre antiche na- zioni , al primo aspetto parrebbe immensa , uni- 3Go Letteratura camente perchè accadrebbe dentro un sol periodo di tempo. Ma non sana mai troppo il sapere ciò che concerne ad una delle più antiche nazioni del mondo. Volesse Dio che lo scrittore di queste righe non mancasse di adeguati mezzi ! Che egli farìa tradurre questa sua libreria , con quello zelo medesimo con che dalla Cina, malgrado d'un flagello d'inaudite e dispotiche persecuzioni sofferte per l'intermediato cammino , 1' introdusse a salvamento sul continente d'Europa. I materiali sopra de'quali i cinesi si occupa- no , e pel gusto e per tutt* altro , sono di ori- gine cinese , come sono la loro lingua ed i loro caratteri: ove non sì scorge affinità condii che sia altro popolo della terra , non più di quel che il loro carattere fisico rassomigli ad altra nazion co- nosciuta. Non esistono in Cina , ed in verità nep- pur in altri paesi , monumenti in virtù de' quali rintracciar si possa che i cinesi traessero la loro origine, o quella delle loro cose in generale, dalle In- die , dall'Egitto , dalla Grecia, o da Roma: il che da a divedere , che formavano corpo di nazione pri- ma di questi altri popoli. Musica e poesia, queste arti in Cina ambedue vagamente patetiche e quali , con indubitato diritto , reclamano originalità nazio- nale , sono legittimamente cinesi. Cosi pur sono , e più legittimamente ancora , la loro pittura , scul- tura , e architettura: e queste come arti d'imagi- nazione (e l'imaginazione non è creazione) so- no comparativamente inferiori a quelle degli eu- ropei , i quali pel progressivo miglioramento del- le moderne hanno messo in contribuzione o chiama- ta in ajuto la Grecia , e questa l'Egitto. Le leggi vietano ai cinesi di viaggiare ne' pae- si esteri , come le medesime proibiscono agli esteri Note spettanti alla Cina 3Gi ti* ogni nazione di viaggiare in Cina. Questi popoli non hanno idea di lingue alfabetiche , e la loro non ha analogia o affinità qualsivoglia con verun' altra lingua nel mondo. Non fa perciò meraviglia se con tanta originalità e differenza il gusto de' cinesi (es* sendo il gusto l'effetto sol di quel che si vede e sente ) punto non si conformi a quello degli euro- pei , o d'altri popoli della Terra. Aggiungasi a tutto ciò , che se i cinesi non sono arrivati a quel grado di perfezione degli eu- ropei nella produzione e struttura di varj oggetti, ne ha la sua gran parte , non l'inferiorità di ta- lento, la barbara ignoranza, o il rozzo gusto, ma bensì la frugalità cinese raccomandata dalle leggi per metter limite alle stravaganze ed alla superflui- tà delle spese de' privati individui. Ma il motivo gigantesco per cui il progresso e miglioramento di tante cose alla maniera d'Europa non ha luogo in Cina è , perchè i cinesi per la loro pretesa grandezza e preminenza al disopra di tutto il resto del mon- do ( non è qui mal' a proposito in parentesi dire , che i cinesi ci chiamano Fan-quai, vale a dire Diavoli foresti ; e chiamano il lor paese , Impero celeste ) provano grande ripugnanza nel fare qua- lunque cosa alla moda o maniera di ciò che viene dall'estero. I padri missionarj ebbero a sperimentare non poca difficolta per ottenere dagli architetti ci- nesi , che si fabbricassero le loro chiese in Pekin conforme all'ordine e al disegno venuto dall'Europa. Abbenchè i cinesi ammirino quegli oggetti de- gli europei che sono più perfetti dei loro , rimango- no, malgrado di ciò, sorpresi nel sentirsi a consigliare d'imitarli per loro uso. ,, È egli alla moda ed alla „ maniera della Cina che devono essere i nostri „ prodotti? „ - dicon loro - ,, E se questi non sono 3(32 Letteratura „ cosi superiori come i vostri, ciò non vuol dir nul- „ la; soii questi utili come gli altri , e sarebbe in „ noi niente meno che un delitto l'alterar qualun- „ que cosa ne' medesimi , ad oggetto di imitare i „ vostri „ . Un ricco negoziante cinese che incauto , pochi anni fa , fece costruire in Cintoti , per suo privato uso e piacere , un brigantino di modello e scafo v americano, che importò circa 4° mila scudi, e riu- scì , a dir poco , come se fosse stato fatto in Ame- rica o in Europa , appena comparve alla vela sul fiume di Canton sotto bandiera cinese , rice ve , sull* istante , un' ordine dall' alta olizia di distruggere su- bito esso brigantino. E per queste imponenti ragioni , unite poi a tante altre di minore importanza, che i cinesi sono tanto moralmente differenti dalle altre nazioni quan- to se gli abitanti fossero d'un altro mondo. Tut- to quel che emana dalla Gina , o quel che produce l'attività ed industria cinese , è tutto loro. Cosi e l'invenzione della bussola da navigare , della pol- vere di schioppo , del manifatturare la seta , il cot- tone , la porcellana , e di tant' altri loro bellissimi prodotti , de' quali soltanto chi è stato in Gina può avvedersi e conoscere che certe nazioni commercia- li dell' Europa, imraitandoli , si attribuiscono l'in- venzione. In fine , per convincersi in un tratto se il genio e gusto cinese è suscettivo di alto progres- so e miglioramento , basta osservare la gallerìa de* quadri a olio , de'paesaggi e marine, in possesso del- lo scrittore di queste righe, quadri che fece egli stesso eseguire in Gina, nello spazio di tre anni , dai mi- gliori pittori di Canton , solamente mostrando loro Note spettanti alla Cina < 3G3 alcune belle stampe europee, e raccomandando di rivolger la loro attenzione alle ombre e alle mezze tinte. O. Martucci. La storia universale provata con monumenti e fi- gurata con simboli degli antichi da monsignor Francesco Bianchini. Venezia per G. Battag- lia. {Dal fascicolo I al XX.) u. n nostro scrittore, or sono ventiquattr' anni, la- gnavasi con forti parole come la storia universale di monsignor Francesco Bianchini veronese, libro massimo , fosse stato indegnamente dimenticato da noi settatori di ciò che viene da lontani paesi ed incuriosi de1 nostri tesori (i). E per vero mentrecliè tanti libricciuoli stranieri a nostro vitupero vanno stampandosi e ristampandosi, nessuno in questi di avanti il Battaglia avea pensato di riprodurre a nostra gloria quella grand'opera. Ed egli ce ne da un' assai splendida edizione bella pe'caratteri e pol- la carta , ricca di ben settanta tavole in rame, fat- ta sulla romana del 1697, vivente l'autore. Va innanzi il ritratto del Bianchini e la vita elegantemente scritta da Pier Alessandro Paravia , (1) Il Foscolo nella chioma di Berenice volgarizzata ed illustrata. Milano i8o3, facce ^5. Libro pregevolissimo, scritto dall' A. nella verde età, tutto pieno d'incredibile erudizione. 3€ì\ L K T T E R A T U R A dalla quale vorremmo veder tolta una menda. Tut- ti sanno (e nessuno meglio di noi) che papa In- nocenzo XI fu Benedetto Odescalchi, antecessore dell' Ottoboni, il quale innalzato alla cattedra di s. Pie- tro nel 1689 tolse il nome di Alessandro Vili. E nondimeno dicesi per errore a pag. XIX: Compiuto il quale ufficio (il Bianchini) si ricondusse ben pre- sto alla sua Roma , dove lo aspettava un assai lie- to avvenimento, quello cioè dell 'assunsione del suo protettore card. Ottoboni alla cattedra di S. Pietro sotto il nome d'Innocenzo XI (2). Segue r Esposizione e prove della cronologia ; e speriamo , affinchè nulla manchi di pregio a que- sta ristampa , che il sig. Battaggia avanti il com- pimento dell' opera vorrà darci tre altri scritti, che leggiamo nella edizion romana, cioè l'Avviso al discreto lettore, V Introduzione, la Disposizione e il {->) Un particolare della vita del Bianchiai è a notar- si. Fu egli altamente onorato dai re e dalle università di Europa, favoreggiato dai cardinali e da' pontefici, esti- mato da'principali letterati di quell'età : e tuttociò non bastò a procacciargli il carico di bibliotecario della Va- ticana, al quale meritamente aspirava : Tanto è vero che gli iifficj e gli onori non sono sempre dati a' più degni, conchiude i'egante biografo pag. XXI. Così contasi del card. Pallavicino , gran letterato e filosofo , che non potè giungere ad esser noverato fra gli accademici del- la Crusca,; ciò ch'egli avrebbe pregiato più di qualunque altra maggiore onorificenza; perocché in que'tempi l'ac- cademia fioriva d'alti ed infaticabili ingegni. Così avven- ne altresì dello sventurato conte Gasparo Gozzi, che non arrivò ad ottenere una cattedra in quella facoltà nella qua- le valea sopra tutti. Storia universale 305 Compendio di tutta l'istoria ; e perchè ottime cose e perchè opera dell' istesso prelato. Come altresì riu- scirà a tutti gradito sul fine Vindice delle cose più notabili e de' nomi delle persone. Non c'interterremo a lodare codesto lavoro del Bianchini già da tutti lodatissimo. Esso non è una compilazione fatta sugli scritti lasciatici dagli an- tichi; ma una filosofica storia tratta da' monumenti , dai simboli e dalle favole: nelle quali cose tutte egli lesse come la espressione dell'opinion pubblica e della credenza de secoli rispetto a'fatti pia illu- stri delle nazioni ; opinione e credenza da aversi in tanto maggior riverenza rispetto a quella degli scrittori , quanto il giudizio del tempo è da ante- porsi a quello degli uomini. Comprende 1' opera i primi XXX.II secoli del mondo , a ciascun de'quali è destinato un pecnliar capitolo , e tutti i capitoli sono ripartiti in quattro Deche. Era intendimento dell' autore di proseguirla fino al compimento di XI secoli dalla creazion delle cose alla redenzione degli uomini. E voleva agli Vili secoli che suc- cedono , detti da Varrone tempi storici , consecrare altrettanti capitoli che formassero la quinta ed ul- tima deca : ma applicato per comandamento del pon- tefice Clemente XI in diversi viaggi, e alla riforma del calendario , non tenne la parola. Il Battaggia, per sup- plire comechessia a questo difetto, promette darci una tavola cronologico - storica , che dietro al lavoro del Bianchini percorrendo le principali epoche delle na- zioni arrivi fino a'giorni nostri. E questa, quando sia fatta da uomo da ciò , aggiungerà nuovo pregio al nobile intraprendimento del tipografo veneziano. C. L. Moricium. 3GG Per la concordia de classici co1 romantici» DIALOGO I Tra Filotimo e la Ragione. FU. JLi che ? Starem noi sempre in sul grave? Ne uscirà pure una volta , cosi tra di noi che niun profano ci ascolti , qualche scherzo innocente che ne ricrei ? Jlag. Che vuoi ? E tu ed io non abbiam forse , vi- vendo insieme , di che ricrearci continuo cercan- do il bello ed il vero ? A questo siamo fatti ; ed io per me ci trovo dentro un diletto , di cui non so il più dolce: a questo parrai, che, se hai fiore di senno, ti avessi a star contento com' io. FU. „ Tanto m'è bel quanto a te piace; ma e' mi vengono talvolta pur de' capricci fra- telli o cognati a que' del botta jo : e sì egli veni- vali a quando a quando mettendo fuori del suo cervello , e alcun costrutto alla fine se ne tira- va. A quell' esempio io vorrei , che in certa ora del giorno , quando messe da parte la cure più gravi , tu mi concedi d' ire al solazzo per la città fra tai persone , che „ Quel che fa la prima e l'altre fanno , noi ci stessimo insieme e tutti soli andassimo tra noi ragionando di questi miei ghiribizzi. Dialogo ZCj Rag. Vo' compiacerti per oggi'; ma bada eh' e' si vuo- le esser savi eziandio negli scherzi. FU. Oh quanto ti ringrazio ! io sentomi già sollevato solo della speranza di cacciare una volta dal mio cervello ospiti cosi importuni , che mai non .san- no di tregua. E vedi, anche adesso ch'io ti parlo , sono in guerra tra loro ; anzi più aspra che mai; che nell' uscire vorrebbe ognuno e^ser primo. Rag. E che ? de' tuoi pensieri non sai fare il go- verno , che più ti aggrada ? Usa un po' del tuo senno , come delle catene e dello scettro usava colui , che fu detto aver potere sui venti. FU. In buon punto mi rechi a mente quel che in Eolia „ Le sonore tempeste e i tempestosi „ Venti , siccom' è d'uopo , affiena e rowp. E comunque tu mi avvisi di favola , io ne trag- go questo di bene, che fatto più forte su'miri soggetti , tra loro che son tanto vari , libera- mente mi scelgo queir uno , che è più secon- do il mio cuore. Rag. Meno parole ; „ Che '1 perder tempo, a chi più sa, più spiace. FU. Sappi adunque , che ogni qualvolta tu bandi- vi la croce addosso agli ossianisti , predicando- mi i classici nostri, io mi sentiva preso di amo- re per questi ; non tanto però che uà filo di compassione non mi restasse per quegli altri po- veri diavoli. Se ciò non era, io gli avrei da un pezzo dannati al fuoco senza misericordia; ma tenero di cuore, qual mi conosci , ho voluto 3G8 Letteratura salvarne uno , l'Ossian del Cesarotti , che mi si è raccomandato in visceribus , ed io gli ho fatto grazia in un cantuccio de' miei scaffali in compagnia di Claudtano , del Marini t e degli altri di quella risma. Rag. Bravo , bravo due volte ! ma non t'aveva io detto sino da' primi tuoi studi , scioperone che sei , di cacciar tutta al fuoco quella genia ? FU. Non so negarlo : e tu hai cento ragioni di rim- brottarmi ; ma né senza ragione ho fatto anch* io quello che ho fatto. Rag. Sentiamo un po' la bella ragione. FU. Mi corse all' animo il precetto di Giovenale di dare alle fiamme od alle tignuole ciò che di nostro ci nasce in ira alle muse (sat. VII): mi è parso farmi da una parte non meno giusto, dall' altra più pio risparmiando a cotal peste ( se tale vuol dirsi) la voracità delle fiamme, per darla a quella delle tignuole , che fan morire di morte se non più dolce , certo più lenta d'as- sai : ho fatto in somma coli' Ossian quello che soglio de' miei strambotti , de' quali tu mi gri- di tanto le colpe. Rag. Perchè la pietà è bella virtù , e tu ne fosti vinto per l'Ossian , vo' perdonarti anco questa; ma bada che la sia l'ultima per lo tuo meglio. FU. Né ancora ti ho detto ogni cosa. Sappi , che qualche brano io me n'andava beccando cosi di fuga , quando mi davi licenza , siccome suoli , di forbir dalla polvere que' quattro stracci , che trovomi nelle scanzie. Rag. E già me n'era nato sospetto , dacché ti udi- va a ogni tanto mormorale tra i denti — il dai» Dialogo 36$ aleggiar degli sguardi — il rotolar delia morte — l'urlar de' torrenti — e quelle altre sconcezze , che è Lello il tacere. ."FU. Tutto mi ti confesso , e dicoti che siffatte me- tafore , che a que' selvaggi forse eran gioie , io riprovava siccome indegne alla gentilezza di noi italiani ; ma qualche luogo di quel poeta mi parve ben tale da dovere esser caro a noi, non che ad altri. Rag. Di quai luoghi ragioni , se Dio t'aiuti ? FU. Di quelli fa conto , dove entra l'affetto , che non è tanto di un uomo o di un popolo o di un' età , che non sia pure di un altro uomo, di un altro popolo, di un' altra età: di quelli, do- ve pingesi la natura in quanto per alcuni ri- spetti è Leila a tutti gli occhi cosi in un cli- ma come in un altro , così nel mondo vecchio come nel nuovo : di quelli in fine, dov' è ritrat- to quel Lello che io non so se mi dica univer- sale o assoluto ; di quello intendo , che piace sempre ed a tutti ; e non si muta , perchè non mutasi la natura , che n' è il soggetto. Cosi in molte cose ne piace Omero , che piace altresì a tutto il mondo , comunque di tutti non s'abhia a dire col Venosino ( Ep. II lib. I ) : „ Nos numerus sumuset fruges consumere nati: né sia poi sempre vero , che „ Quidquid delirant reges , plectuntur achivi. „ Seditione,dolis, sccelere, atque libidine, et ira „ Iliacos intra muros peccatur et extra. G.A.T.XXXIV. H 370 Letteratura. Quel primo pittore d'antiche istorie tu pure vie- ni chiamando sovente, se ben ti ricordi , il poe- ta di tutti i secoli : né ti sa reo , che talora ci vada pur dormicchiando. Ilng. Ma come ci entra adesso co' tuoi ghiribizzi quel- lo , che per voce de' savi ti ho potuto dir io ? FU. Come non saprei dirti : so che sta notte anco- raché non poteva prender sonno, siffatte cose mi andavano per la fantasia , ed incontratomi col poeta dell1 amore , il nostro Petrarca , mi è parso tra gli affetti in suo giudizio avervene uno, che vivo è sempre ad un modo in tutti i tem- pi, in tutti i luoghi di questo mondo, per non gire adesso né più alto , ne più basso: che que- sto però afferma senza meno egli stesso il can* tore di Laura in quei sonetto che dice : „ Ponmi, ove '1 sol uccide i fiori e l'erba; ,, O dove vince lui '1 ghiaccio e la neve: „ Ponmi , ov' è '1 carro suo temprato e leve; „ Ed ov' è chi cel rende , o chi cel serba ; ,, Ponm' in umil fortuna, od in superba: ,, Al dolce aer sereno , al fosco e greve : ,, Ponmi alla notte , al dì lungo, ed al breve, „ Alla matura etate od all' acerba ; „ Ponm' in cielo , od in terra , od in abisso ; „ In alto poggio , iu v.ille ima e palustre , „ Libero spirto , od a' suoi membri affisso ; „ Ponmi con fama oscura o con illustre ; „ Sarò qual fui, vivrò coni' io son visso „ Continuando il mio sospir trilustre. lìng. E questo disse già Orazio sul fine dell' Ode XXII del lib. I, dove ti tocca il cuore quel — dulce ri' dentem — dulce lótjìiei/tem, clic Palliatole di Lau- Dialogo 371 ra, benché severissimo verso quello di Lalage , pur rese altrove col — dolce parla e dolce ri- de— di qualità che Amore istesso poetando noti l'avrebbe reso altrimenti. E qui sia detto di pas- saggio , che ponmi è da leggersi col Marsand an- zi che pommi con altri. Non è da credere voles- se il nostro poeta scostarsi più del bisogno dal latino pone me , essendosi messo nel resto non dico a spigolare ma a saccheggiare nei campi del Venosino. JFil. Io mo', poiché sono deliberato d'aprirmiti tutto quanto , non vedo qui furto , ma imitazione : e tengo il nostro M. Francesco non per plagiario, ma per interprete della natura , il cui fondo non era di Fiacco sì, che non sia egualmente di quan- ti studiano a movere il cuore col ministero del- la bellissima delle arti belle : né di plagio sarà mai , ch'io noti M. Lodovico quando dice : „ La verginella è simile alla rosa si caramente da disgradarne quasi il poeta delle grazie, che quella compara7Ìone usò prima nel a.° di que'leggiadri epitaiamj , ov'è proprio „ 77 cantar che nell'anima si sente. Ma coli' autore della Farsaglia mi sdegnerò, che quel sublime - quid times? Caesarem vehis- det- to da G. Cesare a rinfrancare il piloto di già smarrito nella tempesta, della nativa bellezza spoglia stemperandolo come fece in forse un- dici versi nel V.° di quel poema. Or continuan- do al primo detto, io vo' che sappi, essermi passato ancora per la fantasia non potere tra- *4* 372 Letteratura vaisi sotto la luna chi non sia tocco del lacri- mabile caso di Francesca , e del disperato dolo- re di Ugolino , narrati da quel divino , di cui ben si può dire più che d'Omero : „ Che sovra gli altri , com'aquila , vola. Non mi è caduto di mente, che una volta mi concedesti di piangere la morte di Ormanno e di Gostanza (Pecorone nov. a gior. 7), e più quella dell'infelice Desdèmona quando allo spo- so furente di gelosia dicea fra i sospiri: „ Deh! il tempo almen d'una preghiera.... e quel crudele-è tardi'' gridava, e copertale con un guanciale la faccia, sul casto letto la sof- focava {Shakespeare neW Otello, att. 5, se. 6). E alcuna lacrima pur mi consenti sempre che mi tornano in mente quelle dolci e care parole, che ai poeta pellegrinante cola, „ Ove l'umano spirito si purga , „ E di salire al ciel diventa degno , diceva la Pia. Elle son queste (Purg. V): „ Deh quando tu sarai tornato al mondo „ E riposato della lunga via ìi ,, Ricordati di me, che son la Pia: „ Siena mi fé , disfecemi Maremma ; „ Salsi colui che ^inanellata pria, „ Disposando, m'avea colla sua gemma. Dialogo 373 E. ..quando nelle istorie io leggo di „ Colui ch'a tutto il mondo fé paura , dico G. Cesare, come l'ultima volta che ven- ne in senato più. che da altro fu vinto al ve- dere tra i congiurati lo stesso Bruto , onde proferite a pena queste parole - tu quoque, Bru- te , fili ini-, e della mano e della veste fat- tosi agli occhi velo , precipitò a piedi della sta- tua di Pompeo, chi può tenermi che pietà non astringami il cuore? e da meraviglia e terrore chi può difendermi leggendo di Cassio , come collo stesso pugnale, con che aveva morto il dittatore, di propria mano si uccise ? e cosi immaginando quello spettro apparso aBruto prima a Sardi poi a Filippi , e l'uccidersi di esso Bru- to da se medesimo? I quali effetti mi si ride- stan d'un modo , quando siffatte cose mi ven- gono innanzi in Shakspeare , che la morte di Cesare pose in tragedia, togliendo agli isto- rici ciò che in quella e dopo trovasi di più toccante : e intanto io perdono quasi a quel tragico le violate unita di tempo e di luogo, quando l'unita d'azione, ciré sola e vera fu detta dal tragicissimo Alfieri , par così bene osservata. E perchè , io chieggo talvolta a me stesso , noi italiani al leggere nel Boccaccio ciò che in Tito e Gisippo potesse vera amista, e più al vedere nell'Oreste dell'immortale Asti- giano (A. IV se. 4) Pilade, il fior degli ami- ci , innanzi al tiranno affermare se essere Ore- ste, e questi all'incontro se essere quello ch'egli •era , comunque ne costasse la vita , perchè ci sentiamo tutti commossi? Non per altra ra- 3y4 Letteratura gione , io soggiungo , che per quella onde gli antichi romani lo erano, per testimonio di M. Tul- lio, al rappresentarsi cosi nobil contesa in quel- la tragedia , che per lui si ricorda , di M. Pa- cuvio. Di applausi echeggiava il teatro , e co- si natura , come è detto nel Lelio, indicava la sua forza: e per verità dovunque son uomini che abbiano un cuore, egli è d' uopo che mo- vansi all' aspetto chiarissimo dell' onesto e del bello, di cui la norma deve esser una e im- mutabile : perchè tale si è natura , che ad un modello compose ed egualmente temprò il cuore a tutti gli umani. Al che mirava, secondo io penso , il poeta filosofo , quando nel codice del buon gusto fermò: „ Denique sit quod vis simplex dumtaxat et unum. Rag. Né io sono lungi dall' affermare, che siccome vi ha un vero che luce a tutte le menti ; cosi vi abbia un bello, che tocchi pur tutti i cuori: né vo'che tu creda, non potere qualcuno come gli occhi del corpo alla luce del sole, così chiu- dere la mente alla luce del vero : e fa ragione , che il somigliante abbia a dirsi del cuore. Ma l'eccezione non toglie la regola; egli è anzi a no* tare, che se un uomo od un popolo di raen pu- ro affetto a se fa velo per non vedere ,, Quid deceat, quid non, quo virtus, quo ferat error , è dannato dal giudizio di tutti gli altri, e dell' errore accorgendosi pe'tristi effetti, che indi ne Dialogo 37J sperimenta , n'ha egli stesso vergogna non che dolore: di che le istorie de' passati tempi e de' nostri già fanno fede. Ma non usciamo del se- minato , e diciamo, che la coscienza di alcuna nostra perfezione, ed in generale il moderato esercizio delle facoltà , che natura ci ha dato quai mezzi acconci alla felicita , sarà sempre piacevole, tutto che non sempre avvenuto, ces- sante e rapidamente un dolore , come parve a quell' acuto ingegno di Pietro Verri. FU- Se la è cosi, già mi consenti, che in ogni luo- go e in ogni tempo ciò che è patetico, ciò che è grazioso , e s'altro è che eserciti tempera- tamente, siccome è detto, le facoltà, avrà forza di movere i nostri cuori non solo nel vero, ma nel finto altresì, e con diletto. Rag- In quanto al vero ed al verosimile , questo dee essere anche per ciò che natura, siccome madre comune , ha voluto che ginvinsi fra loro gli uomini come fratelli : il che non farebbero , se nini fossero così disposti da sentire d'un mo- da; onde se alcuno poi goda o patisca, del go- dere di lui come del patire si facciano e gli al- tri partecipi. Fil> Però io tengo e dico degni ministri della natu- _ ra i poeti , che questa universale benevolenza , che lega tra loro tutti gli uomini, e molto più quella, che alcuni ne lega ancora più stretta- mente con vincoli di sangue o di amista , ten- gono viva in ogni petto, facendo amare la vir- tù , odiare il vizio quando le belle cose ideate da loro sul modello della natura ci pongono innanzi di qualità, che meglio di noi non vede chi vede il vero. E così, senza che paja lpr fatto, escoti maestri di costumato vivere e civile. E di 3-fi Letteratura tali maestri è gran bisogno; anzi necessita: pe- rocché, come ben sai, „ Esce di mano a lui che la vagheggia „ Prima che sia , a guisa di fanciulla „ Che piangendo e ridendo pargoleggia, „ L'anima semplicetta, die sa nulla , ,, Salvo che mossa da lieto fattore „ Volentier torna a ciò che la trastulla. „ Di picciol bene in pria sente sapore ; „ Quivi s'inganna, e dietro a esso corre , „ Se guida o fren non torce il suo amore. Cosi nel XVI del purgatorio il nostro Dante , clic nel suo divino poema, a cui poser mano e cielo e terra , ben segnò il termine , al quale fu giunto l'ingegno umano colla scorta della ragio- ne simboleggiata in Virgilio , che gli fu guida nel viaggio dell' inferno e del purgatorio : e mo- strò poi come più in alto possa salire colla scor- ta della teologia simboleggiata in Beatrice , che gli fu guida al paradiso : dove , checche ne dica il Sismondi {De la letterature chi midi de l'Eu- rope), il poema s'innalza mirabilmente; se non che come ogni pupilla non regge in faccia al so- le nel bel meriggio, cosi ogni intelletto di quag- giù non è fatto a riguardare quelle celesti bel- lezze. Ma io non voglio lasciar di notat'e IP uopo mio , che siccome il senno degli antichi col velo delle favole volle adombrare la verità af- finchè tutti gli occhi , non offesi dal troppo lu- me , con amore la contemplassero ; così non fu schivo il divino poeta di quelle allegorie tolte alla mitologia per metterne innanzi con eviden- za gli argomenti della morale filosofia : e diede Dialogo 877 a questo modo l'esempio del come felicemente s'annodino l'antica e nuova sapienza a fare ac- corti gli uomini di tutti i tempi di ciò , che e debito a Dio , a se, agli altri: e questo panni l'ufficio principalissimo de' poeti , a cui si pre- stano dilettando : il quale modo è di tanta ef- ficacia a movere volontà, massime in mano del- la poesia, che chi ben guarda tiene sì della pit- tura come della musica , e siede tra' loro come regina. Ma quando io dico de' poeti, che volgo- no a loro posta le chiavi dell' uman cuore , a lo aprono al bene , ed al male lo chiudono , in- tendo di quelli , che del nome di poeti sono degnissimi , fra i quali Omero e Dante son pri- mi , ed io per certi rispetti terrei Ossian non ultimo. Di che voleva dirti oggi , e ti dirò sen- za più, se pur mei consenti. Rag. Si vuol fuggire il soperchio : e tu Hiai grac- chiato sinora più che cornacchia : dimani , se altro non s'attraversa , sarò tutta orecchie per ascoltarti. FU. Ed io tutta voce , praetereaque nihil. Rag. Già così dimani , come oggi. Domenico Vaccolini. 3;S VARIETÀ' Alcune lettere cT illustri italiani , ed il Treperuno di Giammaria Barbieri modenese in risposta ai tre so- netti di Annibal Caro contro il Castelvetro. Il tut- to per la prima volta dato alle stampe. Modena per G. Vincenzo e compagno 1827 (son pag. in) lVfario Valdrighi sempre intento al bene delle lettere e a cercare di mettere in luce ciò che era nascosto , ha potuto raccogliere alcune lettere di molti illustri italiani , e queste ha ora pubblicate. Se a far ciò ei faccia bene , altre parole che le sue non voglio usare , ove al discreto let- tore dà ragione del suo libretto. ,, Persuaso, ei dice, die „ gradevole non solo , ma di molta utilità riesca alla sto- ,, ria biografica e letteraria degli uomini illustri la pub- „ blicazione delle loro private lettere, le quali 0 sommi- , lustrano belle e nuove cognizioni, 0 se altro non fosse ,, scbietto e senza velo il loro animo appalesano , risolsi „ di darne alle stampe il piccolo presente numero, per- „ che 0 per questo 0 per quel rispetto mi parvero degne „ di venire in luce ,,. I nomi degli italiani che queste let- tere scrissero sono Sebastiano Corradi , Alessandro Tas- soni , Lodovico Gastelvetro , Pellegrino degli Erri , Gui- do Panciroli , Francesco Robortello , monsignor Sabbati- no Torquato Tasso, Anton Maria Salvini, Lodovico An- tonio Muratori; tutti nomi grandi, e che allettano a leg- Varietà' 379 geve qualunque cosa che da loro sia uscita: e cose utili infatti e Spiacevoli troveranno in questa raccolta i lettori. Nulla dirò del Treperuno di Giammaria Barbieri in risposta a tre sonetti f di j Annibal Caro. Simili riboboli e bisticci e puerilità non vanno neppur nominate non che pubblicate: perdasi anche la memoria di quelle guerre vergognose e indegne , non dirò di un letterato ma di chi che sia uomo onesto e civile. Ù. SàIVAGNOLI Trersi stampati in Bologna a onore di Luigia Boccola- dati Gazzuoli. v^uel nome che si acquistò in Eoma e in altre città d'Ita- lia la Boccabadati e per soavità di voce e per maestria di canto , par che si faccia ogni giorno più grande : tan- to è il buon metodo, il fino intendimento , il chiaro sil- labare , e l'affettuosa espressione di questa brava donna nella difficile arte di cantar sulle scene. Ne fa di ciò ar- gomento il rumore , che per lei si è levato a Bologna , città colta e solita ad udire le prime fra le cantanti ita- li ane; il che torna a maggior lode del Boccabadati , la quale ha dovnto vincere per tal modo anche a fronte di ardui paragoni . Ad attestazione di ciò che la Bocca- badati abbia potuto , e del plauso che si è acquista- to , i bolognesi hanno pubblicati molti versi , i qua- li per vero dire , comecché in tali occasioni sogliano le buone muse tacere, sono piuttosto buoni, ed hanno quel non so che di buona tinta ornai si comune a tutte le pro- duzioni che vengono alla luce in Bomagna, provincia su tutte le altre d'Italia coltissima e feconda di buoni e stu- 38o Varietà' diosi ingegni. .Fra questi versi dagli altri si distinguono* un sonetto del Giusti, e un ode del Campa. SALVAGNOtt Avviso tipografico Xja società tipografica dei classici italiani in Milano ren- de noto, che già è stato pubblicato il terzo quaderno delle opere varie italiane e francesi del celeberrimo En- nio Quirino Visconti raccolte per'cura del chiarissimo dot- tor Giovanni Labus. Consulti inediti di Gio. Battista Morgagni. J-l eh. sig. Speranza , professore di terapia speciale e di clinica interna nell'università di Parma , con suo manife- sto a stampa del io febbrajo p. p. fa conoscere l'auten- ticità, la provenienza e lo stato attuale de'consulti ine- diti del celeberrimo anatomico di Forlì , e dichiara es- serne divenuto ora egli il possessore. Nel desiderio di ri - vedere, di meditare, e di arricchire, ove il caso lo esi- ga , il prezioso tesoro con analoghe annotazioni , si di- spensa ora dal promulgare eoa le stampe la indicata cen- turia di consulti. Ma quando lieto pel deposito affidato- gli , altrettanto fido esecutore di sua promessa , solenne- mente dichiara di fare in seguito conoscere , mediante apposito manifesto, il tempo, il luogo , ed il modo, con cui gì' indicati consulti saranno fatti di pubblico diritto. ToSELii V A K I e i a' 38r Memorie intorno alla vita ed agli scritti di ^cronica G ambara principessa di Correggio , scritte dal padre maestro Luigi Pimgileoni M. C.fu professore di teo- logia dogmatica neW università d' Urbino , ed ora in Ho ma consultore de" riti. 8." Brescia 1827 presso Fe- derico JYic oli-Cristiani (Sono cart. 3i.) Oempre più benemerito il chiarissimo pache Pungileo- »ii delle nostre lettere , dopo averne dato tante pregia- tissime opere , e singolarmente la vita del gt'an pittore Correggio , ci regala ora queste memorie d'una delle più celebri donne che abbiano onorato l'italiana gentilezza e letteratura. Accuratissime sono le notizie ch'egli ne dà: e molte anche annedote : scritte poi con bella vivacità ed eleganza : talché sei costretto ad innamorarti delle virtù di una principessa che fu la maraviglia dell' età sua , l'oggetto della venerazione di sommi potentati e sapien- ti, e la delizia de'sudditi suoi. Importanti anche e giudi- ciose sono le annotazioni che a quest'operetta hanno ag- giunto non pure il prelodato P. Pungileoni , ma anche quel fiore di dottrina e di cortesia sig. conte Francesco G ambara, il quale inoltre ci ha dato varie rime inedi- le di questa poetessa, di cui l'Ariosto a buon diritto cau- to nel e. XLV1 del Furioso: „ Veronica da Gambara è con loro, ,, Si cara a Febo e al santo aonio coro. Del resto noi con viva impazienza aspettiamo dal P. Puugileoni un' altra opera , la quale sappiamo aver egli già condotta al suo fine dopo varii anni di pazientissime ricerche , cioè la vita del gran Raffaele. S. Betti 38a Varietà' Volgarizzamento del XI 1 eroide d'Ovidio. 4- Pisa pj&s- so Sebastiano Nistri 1827. JLl sig. Raffaele Bolaffi è uno di que' cortesi che seguono nelle lettere la via retta de' classici, ed illustrano Ala bel- la provincia che siede. „ Tra fl Pò e '1 monte e la marina e il Reno. Noi sappiamo che da parecchi anni egli attende a volga- rizzare le epistole eroiche di Ovidio , confortatovi da'con- sigli e dall'amicizia del Monti , del Perticari , del Betti , del Rovarella , del Gassi , del Fabbri e d'altri tali chiarissimi. L'impresa è certo difficile quant' altra mai : ma non già disperata per un uomo , qual è il Bolaffi , che alla mol- ta dottrina congiunge la cognizione somma delle due lin- gue. E questo saggio lo dimostra : nel quale se alcune poche cose potrebbero notarsi come non del tutto con- fà-mi al perfettissimo stile , molte e molte altre si vo- gliono lodare come gentilissime e degne in tutto delle muse italiane. Eccone un] saggio : Come il carme d'Imen ferimmi , e seco (*) Il suon dolce per voi , per me funesto , E splender vidi intorno 1' aer cieco , Temetti , e tuttavia pareami questo Questo fallo incredibile : ma intanto Il sen m' irrigidìa gelo molesto. (*) Tutti sanno che questa 'eroica Xll è pel" istola di Medea a Giasone. Varietà' 383 Scorre la turba , e Imen chiama nel canto : lmen ripete in questa parte e in quella : Più il suon s' appressa , e più cresce il mio pianto. Ciascun de' servi miei , ciascuna ancella Piangea celatamente : or di tal piaga Chi avria sofferto porgermi novella ? E meglio mi sapea non esser vaga D' udirne la ca gioii : pur la mia mente Del caso si dolea come presaga. Quando il figlio minor mosso egualmente Da naturai vaghezza e mio volere , Rattenne in su la soglia il pie corrente : Fuggi , o madre , mi disse : io veggo altere Del genitor le pompe : in regio arnese Giunto ha i cavalli , e li sospinge e fere. Subitamente un tal furor mi prese, Che le vesti squarciai , feci onta al petto , Né dall' ugne la faccia ebbe difese. Volea d'ira infiammata e di dispetto Strapparti e lacerar tra il popol folto L' inviso serto ond' era il crin costretto ; E veramente non mi tenni a molto , Che stracciando i capei , gridando : E mio ; Non ti corressi con le mani al volto. O padre offeso or godi , e tu natio Loco da cui fuggii ! Son queste , o frate t Queste l'esequie son che a te degg* io : 584 V a r I E T A Inni pubblicati per le nozze di Oddo. Mezzanotte con Epitetto Piceller ec. 8.° Perugia 1827. per Bar~ telli e Costantini. XJ\ questi inni , ne* quali trovasi alcun che di buo- no , e alcuu che di assai mediocre , sono autori i sigg. Gav. Ricci, Teresa Bandettiui , ab. Missirini , prof. Bru- calassi , e marchese prof. Autinori. la fine del volumet- to è una silloge di morali avvertimenti tradotti dall'/s»- chiridio di Epitetto : lavoro per semplicità e per eiegan-» za lodevolissimo dei sig. prof. Mezzanotte. ODE In morte di Gian-Gherardo De Rossi, 1 ' JLJ estinto compagno - piangete , o pastori , La tomba funesta - spargete di fiori , Ciò solo conviensi - del duolo nei dì. Onore di Arcadia - del suolo natale , Volava il suo nome - laudato immortale t Ma il candido amico - Perinto morì. Allor che dal mare - sorgeva più bella Con l'ore compagne - l'aurora novella , Suonavano i campi - de' carmi di amor. Or regnano intorno - silenzio di morte , Un gemito nunzio - del duolo più forte , E tutto si veste - di un triste color. L* figlia gemente - con pallido viso Sull' urna funebre - lo sguardo tien fiso , Sull'urna che il padre -per sempre serrò. Varietà.' 385 E il duolo de" molti - sì vero, sì grande, Che un cupo lamento - per tutto si spande Che i colli lasciando - sul Tebro volò. Richiamano a gara - con alti lamenti La gloria perduta - le misere genti ; Ma niuno risponde - de' mesti al pregar. Intanto de' bronzi - i suoni lugubri Si spargon per l'aure - dai santi delubri , Ed ardono i ceri - sul mistico aitar. Fra riti e profumi - con santo pensiero , Si compie bramato - F arcano mistero , Che F ira di un Padre - sdegnato placò. Risuonano intorno - le preci devote , Gli guardi smarriti - e l'umide gote Fan lede che l'ora - del giusto suonò. Voi , caste donzelle, - voi, tenere spose, Cingete qucst' urna - che amore compose , Del serto ferale : - che sacro è al dolor. Vi sieguan compagni - gli amici gementi : Si alternino all' arpe - gli onesti lamenti , E il pianto se manchi - rispondavi il cor. Niuno avvi che nieghi , - è il duolo sì acuto , Al saggio rapito - l'estremo tributo Fra lagrime spesse - fra spessi sospir. 11 franco gentile - l'austero britanno Sentirono anch' essi - nel core l'affanno ; Che i plausi dovuti - vivente gli offrir. La patria de' Scipj - , di tutti più mesta , Incolta la chioma - dimessa la testa Ripete con pianto : - Terinto morì. Ma sento una voce - che vien dall' Empirò , E dice : Sia tregua - al lungo martiro ; Quell' uno che piangi - su gli astri salì. Carlo Emmakuele Mvziarelli. G.A.T.XXXIV. a5 386 V A R I B T A* Breve corso elementare di aritmetica ragionata , dell" ab. Paolo Pifferi. Roma 1827. T ' JU agevolare il corso della istruzione , e il tentar nuo- ve strade più brevi e più facili per guidare i fanciul- li più prontamente all' acquisto di cognizioni piacevo- li e necessarie, fu sempre mai una occupazione degna di stima , e superiore ad ogni elogio. I libri in fatti ele- mentari che servono a quest'uso , e che realmente come tali considerar si possono , vengouo sommamente apprez- zati , e qualunque sia la parte dello scibile sulla quale si versano , sono stati sempre considerati di grandissimo vantaggio. Nel numero di tali libri puossi , a parer mio, annoverare un opuscoletto uscito non ha guari alla luce dell'abate Paolo Pifferi, intitolato Breve, corso elementare di aritmetica ragionata. Questa, piccola operetta non com- prende che sole 96 pagine in ottavo , e ad onta di ciò rac- chiude tutte le regole anche le più difìicili, che spetta- no all'aritmetica, unitamente alla dimostrazione di ognu- na cogli esempj analoghi per maggiore intelligenza delle medesime. Essa può servire tanto a chi si dirige alle spe- culazioni commerciali ed alla pratica ordinaria , quanto a chi brama proseguire lo studio delle matematiche ; poiché vi si trovano brevità , chiarezza e dimostrazioni semplici ed esatte in brevi termini racchiuse che , sfug- gendo il rivestimento della ragione colla moltiplicitk del- le parole , è ciò che realmente richiedesi per la intelli- genza della gioventù. L'autore infatti divide 1' opuscoletto in tre parti ; nella prima dà una chiara e ragionata idea del sistema di numerazione, delle quattro regole prin- cipali, delle quattro regole complesse, ed usa que'me- todi più semplici e più dimostrali che sonosi finora ^co- nosciuti ; nella seconda fa un breve cenno delle potenze Varietà' 387 de'numeri , e delle loro radici , tratta in modo facile e nuovo tutte le regole di proporzione , accompagnando ognuna con quelle dimostrazioni che sono le più oppor- tune per conseguire lo scopo ; nella terza si è prefisso di dare una idea generale de'logaritmi , e mostra come l'applicazione de' medesimi può esser utile nel risolvere alcuni problemi d'interesse composto e di sconto , e quai vantaggi la pratica ordinaria medesima potrebbe ritrar- ne ; propone un nuovo metodo per risolvere le regole dì falsa posizione semplice e doppia , e le regole di al- ligazione , clie non so se da altri sieno state ancora be- ne arrecate. Tutte le succennate regole sono in tal gui- sa presentate che ancor senza maestro possono essere da'giovanetti apprese , e in uno spazio di tempo molto minore di quello che si suole ordinariamente impiegare onde approfondir questa scienza; Tanti vantaggi riimiti raccomandano la lettura di quest'operetta a coloro che presiedono alla istruzione della gioventù , se hanno a cuore d'infondere nello spirito de' loro allievi nel minor tempo possibile le cognizioni non da sola aritmetica , ma da esattezza di dimostrazioni accompagnate ,• persuasi cer- tamente che quanto più la ragione si esercita , tanto più si aumenta a scapito della immaginazione principale sor- gente forse della umana infelicità. Esposizione del Palen JYoster di frate Vincenzo Giac- cari da Lugo dell'ordine de* predicatori, ce. Lago per Vincenzo Melandri 1827. Sono pag. 18 in 8° ÌT erchè è bello nella beata sapienza de' nostri vecchi purgare la nuova , noi loderemo l'avvocato Lui^i Feruc- ci , che ha dato opera a questo di ridonare alla luce 35* 388 V A R I E T k' la sposizione del pater noster quale fu dettata nella pii^ ma meta del secolo XVI dall'aurea penna di quel mae- stro Vincenzo da Lugo , clie per la eccellenza dello scrive- re noi teniamo vicino assai al Cavalca ed al Passavan- ti , comunque sì lontano di tempo a que'suoi confratelli. Che se a taluno paresse , troppo da noi concedersi al Giaccari sì per lo pregio in cui sono que' due chiarissi- mi , come per non essere il libro di lui citato tra quel- li della lingua nobile : noi a torre ogni dubbio verrem- mo in mezzo con queste carte di lui , che poche sono ma tutte oro di quel purissimo che fu nel trecento. E chi a tanto non si acquietasse inviteremmo allo Specchio della vita cristiana , dove 1' autore medesimo all' antica semplicità giunse tal forza , che a que'padri della favel- la (e certo al Cavalca ) lo diresti anzi primo che secon- o. Né vorremmo tacer cosa a pena credibile : ma ve- i : che i più degni scrittori non sono sempre i più co- osciuti : nel qual numero ponemmo altra volta il Gar- in e l'Atteudoli nella Romagna ( Giorn. Are. voi. 9 e §•. 122), ed ora poniamo il Giaccari , per tacere degli ri ancor più famosi , cui il giudizio de' suoi nel bel ^se corona e mitria sopra la turba di que' minori, on- riboccano le carte de' nostri vocabolarj. Ma queste ole ornai sono troppe, nò del lodato scrittore abbia- pur detto quanto sapesse di ebraico e di greco , non : di latino : quanto addentro si fosse nella scienza del- incane cose e divine : e come venisse co'primi ad ac- par le sue forze contro l'insorta a' suoi tempi pra- di Lutero. Perchè a sdebitarci in breve di tutto, ci di metter qui la iscrizione che sotto il ritratto di ci ricorda non è guari aver letto , ed è la seguente. Varietà' 389 VINCENTIVS. . GIACCARVS . SODALIS . DOMIMCIANVS THEOLOGIAE . STVDIIS . DOCTRINA . IVRIS LINGVARVM . PERITIA . MAGNI . HAB1TVS KELIGIONEM . IV6TITIAMQVE . SCRirTIS . ADSERVIT VERHACVLI . SERMONIS . CVLTOR . EXIMIVS PASSAVANTIO . ET . CÀVALCAE . PARVM . CONCESSIT Ora qual meraviglia, che toccasse la cima del bello scri- vere colui, che sull'ali reggevasi della vera filosofia; es- sendo verissima quella sentenza del Venosiuo , che dice : „ Apparecchia la materia , e le parole spontaneamente „ la seguiranno : „ e quelP altra di M. Tullio: „ Non al- „ tro essere eloquenza che ben parlante sapienza ? „ Il che vogliamo sia inteso dai giovani singoi armente, a can- sare il pericolo di tener se da più che non sono (e for- se oratori e poeti ) usciti a pena dalle officine de'retoi'i , senz'altra dovizia sovente che di parole. D. V. Iscrizioni dì autori dÌ2>ersi con un discorso sulla epì- grafia italiana del dottor Francesco Orioli etc. Bo- logna per le stampe del Sassi 1827. Un voi. in 8 1 di pag. 200. v^/uesto saggio d'iscrizioni italiane , scelte tra le migliori che oggi ci abbiamo , ha innanzi un discorso di tale , che onora ( può dirsi ) ogni scienza ed ogni arte. Da lui che sente così addentro nel nuovo latino, perchè già esperto quant' altri mai nell" antico , era bene da aspettarsi ohe l'italiana epigrafia sarebbe raccomandata senza che la la- 3qo Varietà* tina , ondo i padri nostri furono e sono maestri al mondo intero , avesse a perdere del svio splendore. E noi dicem* mo pure altra volta alcun che in lode di que' cortesi , che sono tutti nello amore della viva e cara tagliuola ; ma deh ! i generosi che non pongano mai in non cale la ma- dre , che non è morta ; ma vive dovunque è vera dot- trina : né sperino venire in grazia dell' una , se dell' altra bruttamente in disgrazia. Di questo anzi si persuadano tutti , che ad eccellenza di scrivere italiano già non ver- ranno , se prima non facciano in mente tesoro di latine bellezze : di quelle intendiamo , che per volgere di tem- pi o di fortune non mancarono , né mancheranno. Ben- ché non confidino di potere ogni cosa rendere in vol- gare con quella felicità , onde fu scritta e può scriversi ancora in latino. Di che al proposito nostro ci piace tor- re ad esempio la IV iscrizione delle XI di un colomba- rio scopertosi in Pioma a' giorni nostri ; ella dice così. L . VIRWS . AVGTVS V . A . XXIil QVOD . TV . MI . DEBEBAS FAGERE . EGO . TIBI FAGIO . MATER . PIA Di questa apostrofe che diresti dettata dal cuore ( tanto è semplice , affettuosa ! ) sentì la nativa bellezza quell* acuto giudizio di Michele Ferrucci , e ne pose almeno il concetto nella LXXVIII delle sue iscrizioni latine a que- sto modo. QVOD . FILIA . PATRI . FACERE . DEBVISSET PATER . FEGIT . F1LIAE Varietà* 391 Veggiamone l'imitazione in volgare pel sig. Luigi Mazzi. QVESTO . MONVMENTO DAL . FILIALE . AMORE . DOYVTO CON . INVERSO . VFIZIO IL . PATERNO . DOLORE POSE Così leggiamo nella LXVI delle sue iscrizioni. E nel- la LXX1I come appresso : PAOLO . E . TERESA QVESTO . MONVMENTO DALLA . FIGLIA . CARISSIMA -. ASPETTANTI CON. DOLOROSA. VECE . ALLA. FIGLIA . CARISSIMA POSERO Venga ora qua! siasi di delicato sentire , e giudichi pure da se quanto di originale bellezza abbia conservato o per- duto la imitazione. Di tali confronti , che noi teniamo utilissimi , potrà fare chiunque con amore e con senno porrà gli occhi su queste carte , di che parliamo : dove troverà pure un' antica iscrizione con altre che sanno dell' aureo tempo r e sono di due chiarissimi ( l'Amati e il Zau- noni ) , di latine fatte volgari. E sempre più chiaro gli apparirà quel vero che abbiamo detto di sopra , ed è : che in tutte cose la figlia non vale quanto la madre. Ma un altro vero all' incontro gli si farà manifesto , ed è : che in tutte cose la madre già non varrebbe quanto la figlia , uè certo allora che a bene esprimere nuove idee , di nuovi vocaboli è non pure convenienza o bisogno ; ma vera necessità. Ed ecco una ragione di più , che dopo quelle da noi toccate già altrove ( voi. XC V pag. j.Zì ) le italiche epigrafi strettamente ci raccomanda. Né ver- remo perciò ricercando così «utilmente cogli editori di 392 Varietà1 questo maggio , a chi de' presenti si debba il merito di ave- re il primo rivolto ad esse l'ingegno e lo stile , né chi di loro più ne abbia dettate : clie quanto alla prima qui- stionc non pare clic molto rilevi lo scioglierla , quando ne' primi tempi della lingua e ne* successivi troviamo be- nissimo iscrizioni volgari esservi state , non tutte in vero così felici da averle a modello ; ma né tutte pur tali da averle quasi non fossero : quanto poi alla seconda qui- stione, non pare dal numero degli scritti aversi a giudi- care gli autori di epigrafi , de' quali meglio di ogni al- tro è giudice il tempo. Ed al tempo appunto ci giova la- sciarne il giudizio , contenti a questo di fare accorti i pas- sionati cultori di quelle, che non si stanchino di cercare l'oro ne' classici , e stimino avere toccato il segno quan~ do nelle cose dettate da loro l'arte che tutto fa punto non si discuopra. Ma a que' che nuovi sen vengono in que- sto mare diremo : che assai più difficile che forse non pensano si è il solcarne le acque , dove chiunque si met-> te , non di vele e di governo a maraviglia fornito , mi- seramente si perde , e di se lascia ne' posteri memoria non bella. Queste cose e non più volevamo notare per non uci- re dai termini di brevità , che ci sono prescritti ; ma non possiamo tenerci di riportare una iscrizione , che or ora ha veduto la luce. E verrà a compiersi anche per noi debito e caro uficio di cortesia verso uno de' nostri epi- grafisti , congratulando cogli amici di lui e co' buoni stu- dj della sua ricuperata salute. A PRESTANTISSIMI. GIOVANI LVIGI . OTTANI . MEDICO BENEDETTO . BENELLl . CH1RVRGO E ANGELO . BIANCHI . FARMACEVTICO Varietà1 3$3 PERCHE' GIOVANNI . BATISTA . BAVDANA , VACCOLINl LEGISPERITO . FILOLOGO DAVIOLENTO.MALORE.E.SOVRASTANTE. MORTE COL.DOTTO.CONSIGLIO.E.OPERA.PRESENT1SS1MA NELL . APRILE . DEL . MDGCGXXVII A . PIENA . SALVTE . TORNARONO GLI . AMICI PER . LO . SOSP1TE . COMPAGNO . ESVLTANTI PLAVSO . E . RINGRAZIAMENTO . OFFERISCONO PERPETVALE SOLENNE E queste epigrafi , che uu giorno alle lapidi , oggi com- smettonsi a carte nou periture : di tanto siam debitori alla stampa \ Domenico Vaccolini 3g4 INDICE DEGLI ARTICOLI CONTENUTI NEL TOM. XXXIV DEL GIORNALE ARCADICO. Nota de signori collaboratori, pag. 3 — — SCIENZE Dissertazioni inaugurali di vari allie- vi dell' università di Padova. . p. 5 — — Pungileoni , Dubbi e riflessioni sulle operazioni del cane Fido. . . p. ai — Brera, Prospetto dei ri sult amenti ot- tenuti nella clinica medica dell'uni- versità di Padova negli anni 1823, 1824, i825 p. 32 — — Mamiani , Elogio di Federico Com- mandino p. — 145 — Meli, Suir abuso del salasso . . p. — 178 — P eretti , Alcune preparazioni medi- cinali p. — — 2r,3 Santini , DeW azione controsti molante dell* ossigeno p. — — 270 Merriman , Varie specie di difficoltà del parto n. — - — 2o3 L ] i'TERATUR ^*ÌCr' Campanari , Continuazione delle os- \y* Z servazioni sopra la grande lapida etnisca in Perugia . . . . p. 4? i°6 — Ferrucci , Sonetto di Nicolò Tiepolo attribuito al Bembo . . . . p. 70 — — Cassi , Volgarizzamento della Farsa- glia di Lucano /> 80 — — Villani , Vite degli uomini illustri fiorentini . p. 96 — — Betti , Sulla traduzione di Pindaro del Lucchesini p. — 188 ■ — Mai , Scriptorum veterum nova col- lectio p. •— 217 — 1 Parenti , Sulla interpretazione della voce fuja p. — 338 — ■ Asquini) Antico sigillo ec. . . p. — 236 — Pellicano , Antico monumento di mar- mo di Nuceria p. — 242 — Martuccio Note spettanti alla Cina p. — 246 — Ferrucci , Osservazioni sul tomo xxiv della Biografìa universale . . p. — 25 1 — \ Bellenghi , Sulla basilica classense e sul suo monastero in Ravenna . p. — — 3 io Inghirami , Fiagionamento sopra un idoletto di Minerva in bronzo ( con rame ) p. — — 338 Bianchini , Traduzione in versi la- tini d'un passo d'Apollonio Rodio, p. — ■ — 344 Mar t ucci , Scienze , arti e civiltà ci' nese ec p. — — 349 Bianchini , Storia universale provata con monumenti p. — — 3G3 Vaccolini , Concordia de classici co' romantici s ../?.—- — 360 ARTI BELLE-ARTI Poletti 7 Ragionamento intorno alV ar- co di Augusto in Fano (con rame), p, ioi — — Osservazioni Meteorologiche )( Collcg (0 Romano G Wg7*0 1827. a 1 3 3 4 5 6 : :t 9 IO 1 1 i S i3 >4 5 Ore ni. &' s. m. S' s. in. §' s. m. fi' s. ni. &' s. m. &' in. §■ s. in. s . ni. s. ni. in. §• s. ni. §• ni. S. ni. Baromet. Terni. 1 est. Igro. a cap, Vento Pioggia Evapor. St.del Cielo chiarissimo se. mn'. ori a. nuvoloso 28 p »> •oli. 7 91 »5 55 5' i3 0 20 6 18 0 «7 ai 17 5 14 8 21 0 «7 16 0 19 8 i5 5 5° 25 8 0 0 S.O. deb. 0. „ 3 3 8 9 1. 11 8 u ♦» »' 5 3o 6 0 0 0. d. s.s.o. „ W.E. „ 0 0 Raggi. sereno ehiarissimo s.uuv.a VE. 11 »> 15 »! » 2 7 27 7 Nebbia 4 1 ., sol. pali, chiarissimo , , uu,oriz. 1» 27 »7 1» Il 7 :5 ' >9 5 S. q. i) ,, ruod. 59 5» „ q. O „ ti. N. q. 0 N.N.qTÒ"" N, „ ,, d. S.O. 'ni. pie. pio. 3 4 coperto 28 5» 55 0 0 .1 6 »4 i5 5 '4 12 2 -4 .5 t3 ,7 3 ,3 5 5 4 .7 , piove 7,lin.?5 1 8 Si »5 55 10 5 9 » 8 2 4 piug. 0 5 t 0 9» riseli. 55 »5 « 5, , 4 „ 9 3 9 io' 5 IO 4 2 ser.nu.oriz. nuvoloso 55 1» i<> 5 1 1 12 r> 4 IO »4 0' 0 E. d. fi. m. piòg. 12 00 2 1 coperto nuvoloso 55 . . 4 5> 15 5» 55 „ 5 IO i5 5 i3 5 7 1J \.E. d. 0.' ", 2 5o 0 70 1 2 51 coperto 15 95 5» 55 11 „ 6 5, « IO '7 3 1 2 »1 '9 2 N. „ S. q. 0 0. d. lemp.tu. 2 00 1 7 1» 55 „ B 5, ,, 3 :, ., 6 iS 3 i3 1 1 5 N. „ 0. ,, 0 0 0. q 0 S.O. m. N. d. pi., pio. liinii. . , 2 00 l.pic.pi. 1 4 nuvoloso sereno nuvoloso 1» 11 5» 4 5» ;; ~8 » 2 i> t5 IO •7 12 5 il 3 1 8 12 '9 « i-i 2 27 3 O.var.d. piog. 2 4 coperto ser.uuv.spa. chiarissimo 28 27 O O 55 2 11 9 20 7 '7 95 3o 6 E. d. N.O- „ o.s.o.d. yTa. S O.v.m. nebbia 3 2 sereno chiarissimo 55 55 55 4 „ & i3 .8 20 5 ,6 5 4 IO 5 neb. 3 sereno | ,, nuv.spa. ! '7 (8 Ore jBaromeU ma. I 27 1 » 5 1 5 S*' I '? icr. 11 |2« o I 27 11 28 23 24 25 26 27 -y 3o a8 91 ,, „ 11 0 8 4 .. 0 51 95 3 „ ,, 5 11 »' 7 5 „ 51 2 "7 1 1 8 -' " 4 11 IO < 1, 9 0 m IO 6' „ 1 1 6 vj 0 0 4 5' 1 11 3 >i 9, i 91 » 5 ; 5 Te. est. Igro. Vento Pioggia Evapor» Sr.dul Cielo 'i5 3 |„ . »7 4 18 5 0 0 S.O. ni. «» 0 2 4 91 '? 1 5 12 4 20 16 12 0 N.. d. 0 0 4 5 16 ■9 4 23 2 ! N.fc. d. S.O. in. „ q. 0 5 0 chiarissimo 1 i Tabella dello stato del Tevere, de sunto dalV altezza del pelo d'acqua sulV orizzontale del mare,osserva- to aW Idrometro di Ripetta, al mezzo giorno. Giugno 1827. GIORNI. METRI PAL. ROIVT. OSSERVAZIONI. 1 6, 6, Si 59 29 7 0 29 60 Altezza massima met. 8, 26 3 6, 53 29 3 » 4 5 6, 6, 5o 49 29 , 0 29 0 3 Altezza minima nict. 6, 3o 6 6, 55 29 4 i Altezza media met. 6,96 7 6, 69 io 0 0 8 6, 6ò 29 9 4 9 10 6, 55 933 5, 65 29 9 4 ii 7» 02 31 5» fl 4 ° |° 7 » »2 7» »» i3 6, 84 i4 6, 83 3o 10 0 .5 7» o3 3i 5 3 30 9 o 31 io 0 H 9 » 35 11 , 35 42 ,6 6', 87 i7 18 7' 7' 12 7?. i9 30 8, 7' o3 9° ai 32 7» 7. 3" 32 81 3i 4 ° 33 6', 93 3o n 1 24 6, H 29 6 3 25 6, 40 28 73 26 6, 30 28 2 2 27 7» a» 3, 92 38 8, 2S 36 11 3 29 7» 4l 33 20 3o 7' 36 32 11 3 NIHIL OBSTAT Fr. Antonius Fraaciscus Orioli Censor TheoL NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Colleg. NIHIL OBSTAT Lauretus Santucci Cens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Joseph M. Velzi Ord. Prsed. S. P. A. Magister. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patriarch. Constantinop» VicesgercM . •