^•li^f u. GIORNALE ARCADICO DI SCIENZE , LETTERE , ED ARTI TOMO XXXV, LUGLIO, AGOSTO, E SETTEMBRE ; MDccGxxvn. R O M A NELLA. SrÀMPElUA. DEL GlOllNLE P U K S S O ANTONIO B O U L Z A L K R Con licenza de Superioiu. 1827. SCIENZE yb/age en Italie fait eii Vannée 1820; deuxièim edition corrigèe et augmentée de nouvelles obser- vatìons faites dans un second 'vojage en 1824, par le ché^faL doct» Lo'.'is f^alentin. Paris 182G 8.° I l laeriti.s.siino sig. cav. Valentin , dopo aver per- corso tutta l'Italia dal Vesuvio fino alle Alpi nel 1820, pubblicò dopo due anni il frutto della sue osser- vazioni. Avvertito però di varie inesattezze e sin- golari deficienze dai suoi amici e corrispondenti , intraprender volle nel 1824 un secondo viaggio in quelle parti d'Italia specialmente , ov' erano state le sue osservazioni scritte con men veritiero lin- guaggio. Ha egli ora reso di pubblico diritto que- sto suo novello lavoro , nel quale non ha omes- so di ricredersi intorno a molti erraraenti nel pri- mo viaggio commessi , varie importantissime corre- zioni recando a questa seconda edizione ; sebben per altro soggiugner francamente possiamo, che non po- co vi riman tuttavia bisognevole di essere emen- dato. Una delle correzioni che vi rimarchiamo eoa piacere , e che più d avvicino c'interessa , sì è quel- la che lisguarda la indicazione del metodo di cu- ra vigvute negli ospedali di Roma contro le infiam- mazioui toraciche , i; gli ciTelli che ne risultano ; 4 Scienze avendo egli ricliiamato ciò che si avvisò c!i scrive- re nel suo primo viaggio per aver dato sinistra in- terpretazione a quanto avea su tal proposito udi- to in Roma dall' egregio professore di medicina cli- nica sig. dott. De Mattliaeis. Di questa seconda edizione , ripiena al pari del- la prima di utilissime nozioni , esporremo alcuni cen- ni , limitandoci però a quei suhjetti , clie aver pos- sono più inlimi rapporti con la medicina e con le scienze ad essa ausiliarie. Seguiremo in ciò l'ordi- ne istesso dell' itinerario dell' A., e farem breve- mente conoscere con esso lui lo dottrine dominan- ti nelle diverse università e scuole di medicina , la pratica odierna dei vari spedali , e le direzio- ni dei vari stabilimenti di uma.'iita nella Italia con- template. Se non che reputiamo un debito l'avver- tire i nostri lettori , essere a nostra [ìositiva no- tizia , che il secondo viaggio in Italia del sig. cav. Valentin non si estese *è a Roma , ne a Napoli , che sono pure grandi parti dell' Italia , essendosi forse appagato di aver vedute quelle dell' alta o della media nostra penisola. Uno dei peculiari subjetti presi di mira dal sig. Valentin aggirasi nello squittinare, se realmente sia- vi in Italia uno spirito di particolari dottrine ri- sguardanti ciascun ramo della medica scienza sì teo- rica come pratica , cosicché liberamente aflermar si possa esistervi costrutto un corpo di medica dot- trina , anzi una nuova dottrina medica annunziata già col Ititelo di nuova dottrina medica italiana , siccome havvi in Francia la dottrina medico-fisio- logica. In vano per altro avere istituito simili in- dagini asserisce , poiché essendosi da Napoli a To- rino studiato di conoscere l'esistenza di questa N. D. M. I., depone aver rimarcato seguirsi ove più ove VoYACH EN Italie 5 meno la medicina ippocratica (a). Aggiugne altre- sì il sig. Valentin non esser vero, che la N. D. M. I. , o le massime della patologia controstimoli- stica , sia la dominante , e generalmente professata e sostenuta ed in Napoli , ed in Roma , ed in Sie- na , ed in Pisa , ed in Livorno , ed altrove , sic- come di tutte le scuole italiane , e di tutt' i pro- fessori insegnanti viene asserito nella prolusione del dottissimo sig. Tommasini sullo stato della patolo- gia medica in Italia. Or dopo queste generali premesse scendiamo a partitamente riferire le singole osservazioni di me- dica pertinenza nella nostra penisola dall' A. insti- tuite. Ed incominciando da Napoli , capitale dalle due Sicilie , altrettanto licca , quanto numerosa in popolazione, diremo che in essa contansi 12 ospi- tali con una casa di ricovero la più bella e va- sta di quante sieno in Italia. Il piiì grande fra es- si è quello degl' iiìcurahill , ben ventilato , con- venientemente distribuito , ed accuratamente ammi- nistrato. Contiene circa 1000 infermi, ed al biso- gno ancor duemila : incaricati sono del servi- zio 24 medici , e 18 chirurghi ordinari permanenti co' loro rispettivi assistenti : stabilite si veggo- no in cotesto luogo le cliniche appartenenti alla uni- versità. - Lo stabilimento dei pazzi detto la Mad- dalena , eh' è vicino ad Aversa , sette miglia di- stante da Napoli , fondato nel 18 j3, è tutt' or- dine e precisione. Giardini , passeggiate , portici , pitture ec. , una sala pe' bagni e per le doc- cie , iscrizioni, busti , un teatro in cui talvolta rap- presentasi , un bigliardo , una stannperia , ec. son (il) Etat Je la medeciao, pag. yH; paj^. 96-8 roG, ce. ec. G Scienze liUle cose che il rendono sommamente pregiabilc. Il cav. Linguiti vecchio ecclesiastico , eh' è il di- rettore di questa casa , ha intieramente abolito le fustigazioni o le catene , ha adattato dei mezzi mo- rali al trattamento degli alienati , e non permette che pochissimi farmachi. Usa pei furiosi la camiciuo- la di forza alla francese ; fa esercitare i più doci- li una volta al giorno nel canto e nella danza , ed innanzi al desinare nella musica militare. Tutti ver* so il mezzodì , e perfin le donne , recansi alla chie- sa, in cui havvi una musica vocale ed istrumenta- le assai melodiosa per quauto ne assicura il cav. Va- lentin. Possiede quivi il Linguiti una buona biblio- teca , in cui trovansi raccolte le migliori opere fran- cesi che trattano della follia. In questo stabilimen- to , presieduto nel servizio da un chirurgo e da due medici, a quattro punti riducesi la cura morale: air occupazione cioè , alla distrazione , alla repres- sione , ed al trattamento particolare. Ma se la par- te più lodevole formata viene dalla danza e dalla musica , havvi pur fra i mezzi di repressione il let- to di forza orizzontale e verticale , mezzo , per ve- ro dire , soverchiamente duro e inumano. A que- sta si favorevole pittura però di quel celebratissi- mo stabilimento di Aversa , qual finqui ci si è of- ferta dal sig. Valentin , e chi mai avrebbe immagi- nato sentirsi cantar da lui medesimo quindi appres- so la palinodìa , annientando l'enunciate lusighiere apparenze mercè delle più esatte osservazioni in quel- lo stabilimento eseguite dai dott. Gualandi di Bo- logna , e Ramolini di Parma? Non è egli dunque più vero , che con un trattamento medico e mora- le della pazzia , restituita venga agli alienati la lor perfetta ragione , e che dir si possa quello stabi- limento regolato dalla umanità e dalla filosofia? Chi VoYAGE EX Italie i^ rammentar se ne volesse le più fedeli descrliioni , e conoscere bramasse i mit;liori locali in proposi- to nella penisola , ove meglio impiegati sono i mez- zi della medicina a prò degli alienati , consulti nel quaderno di aprile 1824 di questo nostro giornale l'estratto d^elf opera dello . scrittor Lolognese. La facoltà di medicina di Napoli facendo par- te della università incomincia a formare dei gabi- netti di anatomia umana , ove ritrovansi dei pez- zi in cera molto ben preparati dal sig. Ferrari. Hav- vi pur nella università un ricco gabinetto di mi- neralogia : sei scientifiche società vi sono , ed un. vasto giardino botanico , adorno di boschetti, e be- nissimo distribuito. Non v'ha finora in Napoli to- pografia medica. I medici di questa citta avendo per 3o anni seguita la dottrina di 'Brovs^n , torna- ron quasi tutti nel 1820 a quella d'Ippocrate. Il sistema del controstimolo oggidì introdottovi ha in- vaso gran parte dei giovani medici e dei giorna- listi : i vecchi pratici però fermi stanno in un sag- gio ecletticismo. Impiegasi quivi il solfato di chi- nina nelle febbri intermittenti spesso perniciose: scor- gesi alquanto negletta l'applicazione delle sanguisu- ghe : partigiani fin qui non conta lo stetoscopio di Laennec ; e con successo viene generalmente prati- cata l'operazione della pietra coli' apparato latera- le di Cheselden. Roma. — Otto ospitali civili contansi in quest' antica capitale del mondo, ed uno militare. Cade prima d'ogni altro a considerarsi quello di s. Spirito, che d'ordinario contiene circa (3oo infermi, ma accoglier ne può fino al raigliajo. Vanno al medesimo uni- ti due altri stabilimenti , uno dei quali è riservato per gli esposti , e l'altro pe' dementi di amendue i .sessi , che ascender sogliono per l'ordinario al nu- 8 S e 1 E K Z E^ mero di 200. Gran lode merita l'ospitale di s. Spi- rito per la sua vastità , per l'ordine , e pe' sag- gi medici clie Io governano. Il sig. Gaetano Flaja- ni avvedutissimo chirurgo si adopera esclusivamente nella parte anatomica e nella conservazione dei ga- binetti. Per abbassamento si eseguisce quivi l'ope- razione della cateratta , e secondo il metodo di Che- selden quella della cistotomia , i cui risultaraen- ti felicissimi si riscontrano. Lungo sarebbe l'accen- nare tutte le belle qualità di questo luogo , e singo- larmente dei vari gabinetti e delle esatte preparazio- ni. Fra queste per altro non può tacersi quella del Flajani padre sulla injezione dei due sistemi vasco- lari arterioso e venoso, e del sistema nervoso egre- giamente situato sul muro. Ampliato venne questo museo dal di lui figlio meritamente chiarissimo , e fra le altre di lui preparazioni merita distinta ricor- danza quella eseguita a secco nell' anno 18 17 sopra un soldato russo morto in età di anni 3G per ca- tarro polmonare , nel cui cranio rinvenne fra gli emisferi del cervello una spilla della lunghezza di cir- ca due pollici. Nella facoltà medica , che fa partedella univer- sità , sono i5 professori, e i4 cattedre, delle qua- li una è divisa a due professori. Il collegio medi- co in Roma esercita la medica polizia , è compo- sto di 1 2 medici , e di sei cerusici t in un locale ap- partato della università si radunano i membri di tal collegio per comunicarsi e confermarsi le proprie sentenze. Le malattie, che viemaggiormente funestano que- sta bella parte d'Italia , sono le febbri intermitten- ti , e spesso perniciose , l'origine delle quali vorreb- be il sig. Valentin riporre con alcuni nella oscitan- za di pubblica e privata Igiene , nella negligenza del- VoYAGB EN Italie 9 le prescrizioni dalla medica polizia ingiunte , e si- mili. Frequente non è il gozzo in questa citta; mol- to più rara che a Napoli vi regna l'oftalmia ; co- muni vi sono i catarri di petto , e la tisi polmo- nare eminentemente ritenuta siccome contagiosa per lo passato : ma Topinione del suo contagio è in oggi dalla maggior parte abbandonata. Della qual ultima circostanza, dal sig. Valentin avvertita in que- sta seconda edizione, ci professiamo debitori in quest' incontro al chiariss. sig. Cerioli , che si compiacque rimarcarla nel sunto che inserì nel voi. 26 de- gli annali universali di medicina del sig. Omodei. In Inghilterra ed in Francia miglia] a di fatti com- provano l'insussistenza di questo contagio. Racconta il sig. Valentin , che suole in Roma presso che in tutte le malattie praticarsi in primo luogo il salasso , il quale ha egli preso un tal im- pero sopra l'abitudine del popolo , per cui non hav- vi salute in medicina senza il salasso. Gli emetici sono poco impiegati : il consumo della scorza del Perii è considerabile in modo, che dietro quello che po- tè rilevare il viaggiator francese ammonta a dieci- mila dugento libbre all' anno ; ma nella maggior par- te dei casi si fan precedere i salassi alla sua am- ministrazione.— La N. D. M. I. in Roma ha rinve- nuto pochi partigiani. Giusta il sig. Valentin non ha essa avuti che alcuni giovani poco espevimenta- ti. Quella del sig. Broussais è di presente ben co- nosciuta , come nelle due Sicilie. Ma i medici del- la pili alta estimazione, tediati dalla instabilita dei sistemi , e da tante vane ipotesi, le hanno abbando- nate e sieguono la medicina ippocratica. Bologna. Essendo questa citta posta a piedi ed al nord degli appennini, soggiace sovraramodo all' influenza delle atmosferiche vicende. V'ha ivi un ospi- JO SCIRNJ5E tal militare , e due civili , dei quali ultimi il pri- mo chiamasi ospitai della vita, che offre in Leila situazione del locale una ordinata disposizione del- le sue stanze , ed è assai ventilato. Sono in esso ri- cevuti i febbricitanti ed i f'^riti ; i signori Medi- ci e Comelli ne sono i medici ordinari co' loro rispettivi assistenti. Il sig. Atti incaricato della clinica chirurgica è direttore delle grandi operazioni , ed al sig. Venturoli è affidata la parte chirurgica. L'università di Bologna conta 87 institutori ne- gli ammaestramenti ,• dodici di essi sono per la par- te medica. Il piano degli studi medici , o la divi- sione delle cattedre discorda alquanto dal piano o dalla divisione che si rimarcano nelle università del regno Lombardo - Veneto. Il numero degli studenti va fra i 5 ed i Goo. Sono essi elevati al grado dottorale alla fine del 4 anno ; ma inibiti sono di esercitare se prima non frequentino la clinica per uti anno sotto la direzione del professore. Vasto e ga- jo è il locale della università ; vari sono in essa j gabinetti di anatomia, di fisica, di storia natu- rale; havvi un anfiteatro per dare le lezioni; una pubblica biblioteca che contiene 200, 000 volumi ; e varie collezioni pur vi sono appartenenti alla sckni- za dell' antiquaria. Ampio ed assai bello e pur Tos- servatorio che fa parte di questa gran fabbrica ; li di lui direzione è commessa al prof. Catuiogli : il dotto prof- Bertoloni è il direttore del giardino bo- tanico fornito di molte piante esotiche. V'ha presso l'università un luogo , in cui ac- colgonsi 40 infermi , che divisi per metk formano il soggetto dello studio pratico medico e chrnrgi- co. Soprassiede al primo il celebre Tomraasini insie- me col dott. Comelli suo aggiunto; ed allorquamlo l'università vaca dagli studi , vengono gì' infermi VoYAGE EN Italie te trasferiti all' ospitale della vita , ove assistei i il pro- lodato sig. Coniclii. Dicesi che qiuMi adoperi con buon successo la noce vomica coritvo alcune para- lisi, spingendo Id dose fino ad un gròf^so in pol- vere nello spazio di 24 ^^^ ì qualcliè fiala però for- nisce cotal trattamento per via del galvanismo. Nel- le febbri intermittenti premette gli cinetici od i pur- ganti , e poscia , se fa di mestieri , somministra la thina china in polvere col tartaro slibiato , o sotto forma di elettuario. Nelle pneumoniti oltre ai salas- si ai purganti ed agli antiflogistici usa il kermes minerale ad alte dosi , associandolo talvolta alla gom- ma ammoniaca. Tratta pur le artritidi col ker- mes , portandolo alla dose di 3o e Co grani in ^4 ore, secondo il metodo del Giannini , a cui unisce l'estratto di guajaco e con felice successo. Di cen- to infermi peripneumonici circa i5 periscono; ed il quarto almeno di questi perduti è vittima di tisi polmonare. Stupivano, e giustamente, il sig. Gomel- li ed altri rispettabili soggetti in udire nelle loro conferenze col sig. Valentin risanati da quest' ul- timo quasi tutt' i peripneumonici con rarissimo uso del salasso, quantunque le predicate sue curagioni eseguite si fossero in difiVrenti climi : soltanto in alcuni applicar soleva delle ventose. Nello spazio di anni 2^ a Marsiglia ed a Nancy non fece giam- mai cavar sangue ad alcun individuo aggredito òAV infiammazione di petto, e (lo che sembra incredi- bile ) ninno ebbe a perirne. Consisteva per lo pii!i il trattamento terapeutico in emetici a tenui ma fre- quenti dosi esibiti. Neil' altro ospitai civile , denominato di s. Or- sola , ricevuti sono gli affetti da malattie croniche, sifilitiche , e da mentali alienazioni. Vari sono gli esperimenti che ivi si tentano contro l'enunciate mor- 12 Scienze bosita , come il muriato triplo di oro nelle affe- zioni . veneree , le fumigazioni nei morbi cutanei. Non ottenne però nelle prime felici risultamenti il prof. Pozzi, usando il suddetto muriato misto a due par- ti di amido, e diviso in io o 12 dosi. La dottrina medica in Bologna essendo fonda- ta sovra le diatesi , sulla irritazione dei tessuti , ed entrando a costituirvi la sua base l'infiammazione, ne conseguita la cura controslimolante : quindi sa- lassi tipetuti , vomitori , validissimi purganti ; quin- di l'uso della digitale porporina , dell' acqua coo- bata di lauro-ceraso , e di altri rimedi di simile aspet- to. Il sig. Rasori n' è il capo-scuola , ed il sig. Tom- masini n' è l'ottimo perfezionatore. Ammette questi col Rasori , che lo stato normale consiste nel com- penso dello stimolo e del controstiraolo ; l'eccesso o dell' uno o nell' altro ingenera le malattie o sotto la diatesi dello stimolo , o sotto l'altra opposta del suo nome. Dissente il Tommasini dal Rasori pel suo divisamento della flogosi locale, e per l'irrita- zione cui egli risguarda qual causa primaria dello stimolo generale: considera egli le infiammazioni e la febbre dipendenti dalla diatesi stenica. Varia in una parola la sembianza dello stato patologico , ma l'essenza del terapeutico non è quasi dissimigliante da quella del Rasori. In questa clinica medica ap- parisce , che in un triennio scolastico si è perduto il "7 per 100 degl' infermi. Molte sono le opere di queir illustre professore ; e molte pur sono le op- posizioni che ha incontrate la dottrina del contro- stimolo. Dopo lo Spallanzani di Reggio, si occupa- rono in censurarla i dott. Strambio, Bergonzi , Man- fredini , ed altri. Cosi in tutta l'Italia certamente non gode una tal dottrina quella protezione , che il clinico bolognese vorrebbe industriosamente far VoYAGK EN Italie iS credere. Anzi neppur tutta la facoltà medica inse- gnante e curante in Bologna partecipa di questo cambiamento nella clinica medica avvenuto : le com- parazioni pratiche, o la non convenienza delle no- velle con le antiche , impegnarono a rigettarle alcu- ni vecchi medici di Bologna , siccome pure di altrove. Ferrara. Leone XII felicemente regnante, il quale con pari zelo a quello onde tutt' i cattolici gover- na , pensa e si affatica per la prosperità del suo sta- to , ha pensato saggiamente ali' accrescimento delle scienze tornar cosa utile il ridurre come ad un cen- tro gì' insegnamenti di maggiore importanza. StaLilì a tal effetto , che due sole fossero le università principali , in Roma l'una , ed in Bologna Taltra , riducendo a cinque le università secondarie. Pe- rugia , Camerino , Macerata , Fermo , e Ferrara so- no in questo novero. In piena decadenza si è quel- la di Ferrara : nel locale di questa università , appellato liceo o palazzo degli studi , rinchiu- donsi oggetti di antichità. Oltre il picciolo giardi- no botanico , che vi è annesso , havvi una bibliote- ca , che contiene 80,000 volumi : offi'onsi in questa due monumenti ai due sommi poeti l'Ariosto ed il Tasso. Due sono finalmente in questa citta gli ospi- tali; in quello detto di s. Anna nulla havvi di rimar- cabile , annesso vi si rimarca uno stabilimento pe' dementi : nell' altro ospitale sono accolte le donne infette di morbi sifilitici. Firenze. Seguendo l'intrapreso metodo impren- diamo la considerazione degli ospitali. Tre ve ne so- no in questa citta, due dei quali sono ben grandi; v'ha pur anche un ospizio della maternità e de- gli esposti , ed una casi di lavoro a ricovero dei tapinelli. Presso l'ospitai maggiore , detto di s. Ma- ria Nuova , riscontrasi una biblioteca, ed un giar- i4 Scienze dino botanico nel quale si coltivano piante comu- ni ed usuali , cosicché scorgasi di questo più ric- co il giardino del gran duca. Due sono nel menzio- nato ospedale le cliniche , medica una , chirurgica l'altra , ed in ciascheduna di esse venti infermi ven- gono ricevuti ; quindici sono i medici nella prima , e i4 sono nella seconda i chirurghi. Uomini di alto merito sono e gli uni e gli altri , e narraci il sig. Valentin aver udito dal sig. Polidori una lezione ri- dondante di dottrina e di vasta erudizione. Opina egli , che tutte le febbri primarie riconoscano la me- desima cagion prossima, e che solo differiscano per riguardo alla costituzione degl' individui ; e che le infiammazioni appariscenti nei cadaveri una compli- cazione sieno , e non mai la causa. Fece egli pub- blica una dissertazione sopra i vizi dei fluidi come caoioni di malattie: semplicissimo è il di lui meto- do curativo , giacche parco esso è nelle prescrizioni de' salassi , usa l'emetico nelle aflfezioni gastriche e nel- le peripneumonie ; ne soffre l'uso dei veleni perchè pericolosi ed incerti. La semplicità medesima da es- so lui osservata nelle altre malattie gli fa ottenere co' tali risultati avventurosi, che solo perdesi sotto la sua terapia il 4 P^r loo. Nella operazione della pietra sef'uesi il metodo di Lecat , o co] litotomo nascosto ; la cura radicale dell' idrocele si compie per via del- la excisione , e quella della cateratta per depres- sione, qual si usa universalmente per tutta l'Italia. Avvegnaché in Firenze non siavi facoltà medi- ca , tutta fiata si fanno lezioni sopra i tre rami dell' arte, ed in s. Maria Nuova s'insegna pur la medi- cina legale , la cui istruzione manca nelle due uni- versila del ducato. — Il dott. Lippi, celebre anatomi- co ed allievo del Mascagni , nel 1824 ha scoperto dei ramoscelli di vasi linfatici, che mettono alla vena ca- VOYAGE EN ItALIK i5 va, alla porta, alle meseiitericlie , alle venali, ed alle spleniche. Dimoslrantlo e^li con tali osservazio- ni la via che tengono le sostanze injettate nell' ad- dome onde pervenire alle vene, rispinge per tal ma- niera l'idea della facoltà di assorbire nelle medesime. Asserisce però il sig. Valentin non potersi ad onta -di ciò convincere della esclusione dell' un efletto suU' altro. Dirimpetto all' ospitale di s. Bonifazio scorge- si rjuello di s. Lucia in un antico convento, in cui viene dal dott. Bruni curata la tigna, con far pre- cedere la depilazione all' applicazione di una po- mata ossigenata , clie sopra dodici parti ne contie- ne una di sublimato corrosivo. — Ampio è l'ospi- zio degli esposti , nel quale ricevonsi sopra mille bambini all' anno : prossimo al medesimo evvi l'ospi- zio della maternità , fatto erigere dal gran duca Ferdinando , ed in cui ammaestrate vengono dodi- ci alunne all' uffizio di levatrici ed a carico delle rispettive comuni ; quello die a preferenza distin- guonsi , son premiate di parecchi libri e di una decorosa medaglia. 11 dott. Bigeschi, che n' è il prof, di ostetricia , è autore dell' invenzione di un letto da travaglio , di cui offre la descrizione nel breve cenno intorno l'I. R. ospizio della maternità di Fi-, renze. Egli a rieccitare od avvalorare le contrazio- ni dell' utero scrvesi della segala cornuta stempera- ta'nello zucchero sciolto o nel brodo o nel vin bian- co t asserisce , che niun cattivo effetto riscontroisi dalla dose pur di 5o grani di cotal frutto.. Somma ammirazione risvegliano la eleganza , la dovizia , e la venusta degli oggetti che si compren- dono nel museo di storia natura.le , nell' osservato- rio , nei gabinetti dello macchine, nelle collezioni dei materiali dei tre regni, - Tre pubbliche biblio- i6 Scienze teche possiede la citta ; la Magliabecchiana contie- ne presso che iSooo volumi , e iiooo manoseritti; nulladimanco h mea preziosa di quella de' Medici. L' ecletticismo è seguito dalla maggior parte dei medici ; la minore di essi professa il controsti- molo o la dottrina di Broussais : da tutti si pre- scrivono i generali e locali salassi. La vaccina- zione è ivi in sommo credito. Gli esami , le licenze, le aggregazioni , e la medica polizia vengono eser- citate da un collegio in medicina , chirurgia , e farmacia. - Il dottor Taddei avendo proposto come antidoto del sublimato corrosivo il glutine di fru- mento , compone delle pillole antisifl litiche con que- ste due sostanze onde venga così moderata l'attività del sale mercuriale. — Lo stetoscopo non ha ivi tro- vato molti seguaci : senza verun effetto lo ha im- piegato il dott. Bigeschi per riconoscere la vera gra- vidanza e le pulsazioni del cuore del feto. Siesta. — Ottimo dir potrehbesi il clima di que- sta citta , se a rapidi cangiamenti atmosferici non andasse soggetto. Frequenti ivi sono i morbi infiam- matori , e neir autunno le intermittenti , non esclu- se talvolta le perniciose dei maremmani : quasi mai non vi si riscontrano le scrofole, il gozzo, e le affezio- ni esantematiche. Ci dice il dott. Valentin , che uno o due medici soltanto seguir non vogliono la dot- trina ippocratica , che ivi si professa. Conosciamo pe- rò noi le varie opere del chiariss. prof. Grottanel- li ed i rettissimi suoi divisamenti per non poterne escludere il più saggio ecletticismo. Ebbe in essa citta i suoi natali il più^ gran- de anatomico del nostro secolo Paolo Mascagni , il quale lasciò tre opere inedite , cioè il Prodromo — r anatomia dei pittori e degli scultori — e la gran- de anatomia : le quali tutte sono state quindi rese di pubblico diritto. VoY.VGK Kx Italie i^ Tre sono le facoltà delle quali h composta ivi la università ; cioè la medica , quella di diritto , e l'altra di teologia: 24 ne sono i professori, sei dei quali sono destinati al medico-cliirurgico insegna- mento. Abbondano ivi le coliezioni di storia natu- rale , e singolarmente d'ossa fossili di elefante rin- venute nel sanese ; gran numero pur ancl^e riscon- trasi in quel territorio di fossili, per lo più di con- chiglie marine ed anco fluviatili. L'ospitale di s. Ma- ria della Scala è considerevole per la sua antichi- tà , non molto però pel suo ordine : contiene egli a uà dipresso 4oo infermi : di quattro in quattro mesi vi si rinnovano i medici ed i chirurghi , non però i pro- fessori delle due cliniche , i quali vi sono stabi- li perchè appartengono alla università. — In 5G log- ge è diviso l'ospizio dei mentecatti ; desso è ben or- dinato ; gode ogni loggia di una buona ventilazio- ne , ed in ciascuna di esse viene il forsennato as- sicurato alla seggiola per mezzo di una zona di cuojo. Livorno. Due sono in questa citta gli ospitali , uno per gli uomini , detto di s. Antonio , e che può contenere 182 malati; l'altro ad uso delle don- ne , detto di S. Barbara , che può accoglierne iGo. Regnano quivi i catarri , la tisi polmonare , la dis- senteria e simili , le febbri intermittenti , e 1' ot- talraia. Ha il sig. Palloni osservato , che di 100 morti il quinto è vittima della tisi. Molte dissen- terie ha curato il sig. Giovanetti per mezzo della digitale porporina fino alla dose di nove grani al giorno nello spazio di 24 ore ; e suole nelle feb- bri intermittenti prescrivere il tartaro emetico eoa la corteccia peruviana , o col solfato di chini- na. - Endemica sembra esservi nella sua origino la oftalmia : discordi per altro ne sono i pareri. La G.A.T.XXXV. 2 l8 S e I K >! z r derivano alcuni dalla polvere recata in giro dai fre- quenti venti ; la ripetono altri dalla umidita spe- cialmente del quartiere detto la Nuova Venezia , e qui realmente se ne trovau molti bersagliati; il sig. chirur"5 Non si vide più febbre , nb più grumo alcuno san- guigno. Tormnntata in seguito da un forte appeti- to, eccedette nel mangiare, e fu sorpresa da mite dia- rea con dolori , e per due sere da piccolo movimen- to febbrile. Tutto rimase dissipato da un leggero pur- gativo. Ora sta benissimo , ed ha terminato felicemen- te il suo puerperio (5). IO." Maria Ricci di anni circa 5o era da tre mesi feb- incitante. Gli accessi febbrili serbavano la più gran- de irregolarità. Ora erano quelli d'una terzana, e sem- plice , e doppia, ora di quartana ec. Purgativi, sa- lassi sul principio, acqua amara, solfato di chinina, china in sostanza ec. furono inutili a riporla in uno stato permanente di salute, tacendo la febbre solo per alcuni giorni. Volli tentare il sale amarissimo. Non ebbe più alcun parosisrao febbrile : ed è molto tem- po che ne resta priva. II." Domenico De Luca uomo di anni Sa addiven- ne recidivo di febbre intermittente, che nell' autun- no scorso aveva contratta in Argenta , e di cui per mezzo della china era libero da qualche mese. Di nuovo il medesimo presidio fecegli lo stesso bene- fìcio. Ma dopo vari giorni ebbe altre accessioni , che furono quelle di una terzana. Si ritornò a questo antidoto : ma sebbene ne ingoiasse due once prima del parosismo , la febbre non mancò di comparire air ora consueta. Mi appigliai al sale amarissimo , che prese in dose di nlezz* ottava ripartitamente. La febbre cessò affatto di molestarlo. Ì& S e ì E M Z la. N. N. donna di circa anni 33 restò colpita da una terzana. Apparsi i segni di gastricismo ; fu esor- tata l'acqua amara. Ne prese due sole dosi , le qua- li procurarono replicate evacuazioni alvine. Per Tacer- Lita dei parosismi sempre crescente si passò al sa- le amarissimo. Successe un' accessione più mite , e quasi priva del freddo ; ma aumentarono le deizio- ni di numero e di colore , essendo di un giallo distintissimo , e lagnandosi nel tempo medesimo di una molestissima sensazione allo stomaco. Aveva in- goiato mezz' ottava di sale ; ss ne ripetè uno scru- polo , tantopiù che nel giorno succeduto di api- ressia non aveva molestia alcuna. La febbre non cedette , se non in grado impiccolendo sempre più di sua forza. Seguirono le deizioni nello stesso nu- mero e qualità. Scoparsi essere la medesima una Levitrice solenne di vino. Rifiutando ogni ulteriore presa del sale amarissimo, disgustata del suo sapo- re , mi fu forza por mano alla china , con cui sparve affatto la febbre. Francesca Spazzi di anni 4^» g di temparamen- to irritabilissimo , sofferse varj patemi , e si abban- donò a trasporti di collera. Una forte raenorragia avevala perturbata per due mesi intieri. Dopo die- ci giorni di assoluta cessazione di questo profluvio fu sorpresa da grandi tremori convulsivi , e preci- samente nella sera degli otto del mese corrente. A questi seguirono calore accresciuto , e febbre col ri- pristinamento dell' emorragia uterina. Chiamato a vi- Sale amatissimo ìj Sfilarla nella maltina seguente, la ritrovai ancora feb- bricitante: aveva dolore al capò con tensione esten- siva al collo : il fiato putiva d'acido : la lingua era impaniata di bianca viscosità. In ragione e delle cause progress e e di questi fenomeni giudicai prin- cipale motrice degli annunciati sconcerti una gastri- ca irritazione. Le prescrissi la magnesia caustica col- lo zinco ogni due ore, ed epicraticamente l'acqua di lauro ceraso allungata con acqua distillata , come sedante i tumulti nervosi. Si ebbe miglioramento no- tabile verso la sera , ed apiressia. L'alvo si aperse con alcuni scarichi di materie giallognole. Nel io (6) seguiva l'emorragia dalla matrice in mediocre quan- tità , ed era in istato sufficiente di quiete. Sulle ore pomeridiane l' assalsero fiere convulsioni tetaniche , le quali estendevansi a tutte le estremità tese , im- mobili , e dolentissime. A queste era unito un do- lore all'ultima costa spuria del lato sinistro, e par- ticolarmente ove fu una volta fratturata. Si ordi- narono delle polveri di zinco collo zuccaro , e si replicò l'acqua di lauro ceraso. Nella notte svilup- possi vera febbre. Nell'i i sul mattino questa esi- steva ancora : la milza era addivenuta contratta e dolente: il dolore alla costa intollerabile: lo sto- maco e gli intestini si mostravano anch' essi do- lorosi al loro toccamente. Raccomandai allora un salasso , molte sanguisughe alle parti adjacenli della milza e della costa , e pozioni tamarindate per tutta la giornata. Nella sera , già resi tollerabilissimi i do- lori e placido il polso , tornarono a cruciarla le convulsioni tetaniche. Segui a notte avvanzata se- condo il solito la febbre , che in mezzo ad un forte calore l'agitò moltissimo. 11 sangue non ave- va mostrato alcun principio di cotenna , mollissi- mo essendo il crassamento. L'alvo rimase aperto al 'J$ S e I E N 2 K solito. Nel 12 dopo molto sudore fuvvi notabilissi- mo miglioramento nella mattina : ma nuove acer- Lissime convulsioni tetaniche si rinnovarono nelle ore pomeridiane. L' emorragia uterina era cessata. La febbre secondo il consueto la tenne angustiata l'in- tera notte. Si continuò nei leggieri purgativi , e si concesse l'acqua di gramigna per bevanda ordina- ria. L'alvo niente accrebbe le sue deizioni. Sulle convulsioni pose sollecita calma una pozione oppia- ta. Nel i3 continuato miglioramento in tutta la gior- nata. Mi persuasi pienamente , che io doveva com- battere un'intermittente associata a turbe nervose , e che io l'avessi semplificata abbastanza coli' aver tolto qualunque gastrico irritamento. Ordinai il sale amarissimo alla dose di 4 grani ogni due ore. Nel i^ fu apiretica, e le convulsioni tacquero all' ora con- sueta. Nella notte, previo un semplice freddo all'estre- mità , si riconobbe essere succeduta nuova accessio- ne febbrile. Lagn avasi d'un ardore a guisa di fiam- ma nello stomaco, e nel tempo medesimo si anmen-, tarono gli scarichi alvini evacuando moltissime ma-» terie d'un giallo marcatissimo. A questi segni com- presi , che il sale amarissimo , per la presenza an- cora continuata di succhi biliosi e gastrici alte- rati , aveva falto una cattiva combinazione co'me-j desimi in modo da rendersi purgativo ed irritan- te esso stesso. Siccome il dolore allo stomaco era più sensibile , specialmente premendovi colle dita , feci applicare alla regione di questo viscere varie sanguisughe; concessi qualche cartolina di magnesia, e l'acqua di gramigna per bevanda ordinaria. Nel i5 niente di straordinario e di turbamento deciso alla mattina: dopo un l<^ggero raffreddamento alle estre- mila interiori, nella sera segui la solita febbre, nella notte con deliro e grave agitazione. Nel i6 gran- Sale àmarissimo ao de languore ed apiressia. Mi volli meglio assicu- rare dell' intera depurazione delle vie enteriche , e le feci ingojare altra pozione tamarindata. Nel 1-7 mi accusò una completa sordita, e testa oltusiasiraa. Aveva avuto la febbre alla notte , ma in grado mi- nore. Mancava del sale amarissimo , e mi fu forza appigliarmi al solfato di chinina continuato nel i3 e 19. Non si vide più accesso febbrile , e sparvo qualunque sensazione dolorosa a' luoghi annunciati del basso ventre , che in grado mitissimo aveva sem- pre continuato. Ella ristabilissi perfettamente ('j). Questi risultati , da me ottenuti dal sale ama- rissimo nelle intermittenti , sono diversi da quelli annunciati dal sig. Bottari farmacista a Pisa (8), e dal sig. dolt. Gio. Battista Grabner-Maraschin (9), i soli che io conosca , pubblicati su questo obbiet- to. Qualora piaccia a taluno di farne il confron- to, vedrà che eglino non videro se non effetti da condannare affatto all' obblio questo nuovo medi- camento. Fra' casi miei , anche se si volesse dubi- tare , e lo sarebbe poco rettamente, della reale ef- ficacia del medesimo nei numeri 3 4 5 8 9, creden- do la cessazione della febbre un naturale effetto di serie esaurita delle ordinarie vicende morbose l'una air altra succedentesi , non sarà così facile atterrar- la nei numeri i a G '7 io 11. Debbono essere per- suasi quegl' illustri signori professori, che qualora si tratta di un' azione decisiva medicamentosa , la qua- le parzialmente cangi una condizione morbosa nel suo intero , mille cause possono suU' istante varia- re la suddetta, ed eliderla. Una sostanza ingoiata a questo fine conterra ottimi principi per un tal pro- dotto : ma esso non può essere completo , se non vi si accoppino ed una data combinazione de' me- desimi con quelli del nostro orgiaismo , ed una adat- 30 S e I B N Z B . tata cooperazione di alcune circostanze , attraverso le quali debbo succedere la loro somministrazione. Io richiesi in altro luogo (io), se la suddetta azio- ne , invece di essere assoluta , sia piuttosto relati- va , e questa dipenda dal modo con cui le sostan- ze medicamentose sono ricevute entro di noi. Que- sta ricerca non mi parve erronea. Ne offrano intan- to un'esempio i numeri la e i3, ove il sale amaris- simo ebbe dimezzata la sua azione febbrifuga , spie- gando invece una qualità purgativa (ii). La prima era una brava bevitrice , ed i bevoni hanno certa- mente diverso dai sobni e temperati lo stato so- lido e fluido dello stomaco e de' visceri adiacenti. Fu la seconda battuta da crudeli passioni ed inquie- tezze : e ad ognuno è noto il notabile perturbamen- to , che imprimono ned tubo digerente e ne' liquidi che vi circolano. Quante volte veggiamo i purgan- ti farsi astringenti , ed astringenti i purganti? Quan- te febbri ribelli alla china, data anche nella più sag- gia forma, hanno subito ceduto, a nostro rossore, sotto le mani di una donnicciuola con farmaco sem- plicissimo ? D'altronde quante altre svanirono da se stesse (12) ? Ricordiamoci sempre dell' aureo scrit- to sulla costituzione di Mantova del chiarissimo sig. dott. Gelmetti , ove le intermittenti si ridevano dei vari motodi , che questo saggio clinico impiegava per abbatterle. Clima, abitudini, et'a , sesso, costituzio- ne atmosferica od individuale, idiosincrasia, gra- do della vera causa morbosa , qualità, e quantità delle disponenti alla forza della medesima, compor- ranno sempre un misto segreto ed impenetrabile di cose , che in moltissimi casi , ad onta d'un' infinita erudizione , ci confinerà in un muto agire. I mali d'un medesimo apparato fenomenologico avranno gli stessi elementi essenziali , perciocché da cause simi- Sale amarìssimo 3i li vengono effetti simili : ma non cosi avverrà ri- guardo a certi altri accidentali, che sebbene non ab- biano che fare coli' essenza della malattia, bastano bene talora ad escludere l'unita d'un rimedio per tutte , e che sieno della stessa natura. Una terzana p. e. ed una quartana avranno lo stesso fondo es- senziale , come periodiche : ma debbono avere diver- so un'altro principio , che contenga la ragione del- la varietà del periodo , e talvolta dell' utilità d'un rimedio ad esclusione d'un altro. Ogni uomo respi- ra benissimo , ove avvi aria atmosferica : ma non in ogni luogo h salvo da potenze morbose diret- tamente venute dal seno della medesima per l'unio- ne accidentale di altri gas a' due essenziali , che la compongono , come estranei e fuori della di lei es- senza. Pel sia qui detto non s'immagini alcuno , che io voglia erigermi in panegirista diì questo nuovo febbrifugo presentatoci dal sig. Rigatelli. Non lo sa- rò mai di qualunque rimedio , che venga annunziato di recente esperimento ; perciocché 1' amor proprio o l'interesse possono benissimo affrettare l'invento- re a concludere troppo presto sopra alcune cose , ed f altre o involarle affatto alla sua vista , o mostrar- gliele soltanto da un lato. Dico solo , che esso mi sembra meritare attenzione per parte dei pratici , e ciò in ragione di quanto mi hanno presentato le mie osservazioni. Non una stagione, non un clima, non pochi fatti , non limitale esperienze sono suf- ficienti per abbandonarsi ad un nuovo farmaco con cieca fiducia , o per rigettarlo interamente. E l'una e l'altra di queste determinazioni esige maturila di giudizio , e tempo. Moltissimi rimedi sono stali pro- clamati di attivila sorprendente in certe effezioni mor- bose , ma perchè non corrisposero a' primi tentati- 3a S e I B H z K vi fatti con essi , afFallo si dimisero : e chi sa quan- to costi questa dimenticanza alla povera umanità! A troppe cose e legata la virtù d'una sostanza me- dicamentosa , ne di tutte può farsi 1' analisi , nh tutte essere da noi penetrate . Non deve obliar* si , che la poca diligenza ed abilita di alcuni far- macisti, l'avidità di guadagno ne' mercanti, sono fra -le cause potentissime per avvilire il credito ed il valore dei medicamenti. Il medico e l'ammalato so- no due esseri infelici, inviluppati ambi due da un inganno lavorato sopra la stessa base. Egoismo ! quan- te vittime non ti vengono ogni giorno consecrate ? NOTE (i) Ved. Giorn. di medie, prat. del dott. Bre- ra , voi. IX p. 343. (2) Ved. ediz. io di Padova, pag. 106. Racco- mando facilmente quest' acqua amara , avendomi ba- stato essa sola in molti soggetti per sopprimere la febbre. (3) Ved. Interpret. clinic, p. 3. (4) In questo caso abbiamo un altro esempio per la fallacia della cotenna del sangue , come ter- mometro dell' infiammazione. Essa mi comparve te- nace, quanto il cuojo. Infiniti casi me la resero sem- pre su ciò saspetta. Non conoscendosi ancora tutt' i principi della sua formazione , non possiamo iso- larci sopra di lei pel giudizio dell' esistenza e gra- do di questo processo morboso. Siami permesso , che io accenni su questo punto di avere avuto , non ha molto , ammalato di sinoca un giovanetto , in cui nel secondo salasso il sangue aveva tre buone dita di cotenna : nel quarto giorno era già guarito. In al- tro per epatite nel settimo salasso il sangue era qua- Sale amatissimo 53 si xuia cotenna intera senza goccia di siero, e ciono- stante non ebbe bisogno di altra sottrazione san- guigna, perchè rientrò prestissimo in salute. Altra don na di anni circa 5o nell'autunno scorso arnraalossi con dolore pleuritico , febbre , e tosse. Restò salassata , ed il Sangue fu cotennosissimo. Nel secoiulo giorno non esisteva ombra di stato morboso. Nel terzo ri- comparvero le stesse cose del primo , ed un nuovo salasso mostrò una durissima cotenna nel sangue. Re- gnando le intermittenti , la giudicai una terzana pleu- ritica , e pensava per la china. Aspettai un terzo ac- cesso per meglio assicurarmene , ma esso non ven- ne pii!i, e la donna non ebbe più bisogno di alcu- na medicina. D'altronde un' ostessa in s. Marino , ove io era condotto , cronica inferma per affezione precor- diale , non poteva mai liberarsi d'una grave palpi- tazione, difficolta di respiro , e dolore laterale, che di quando in quando assalivala acerbamente , sen- za otto o dieci salassi. Il sangue non solo era pri- vo di cotenna , ma di frequente lo vedeva senza se- parazione alcuna del crassaraento del siero. La me- raviglia era maggiore , allorché dopo tal niez#o , ri- stabilitasi in forza , ritornava alle sue domestiche faccende. (5) Mi parrebbe, che si potesse chiamare que- sta febbre una terzana menorragica. Imperciocché l'emorragia interna dell' utero fu teraporaria , e conse- guenza piuttosto dell' impeto febbrile. Essendosi estrat- ta con fretta la placenta aderente qualche poco al- la matrice, ne' vasi uterini si sarà forse fatta alcuna violenza. In ragione di, questa, indeboliti i medesimi, avranno poi ceduto facilmente all' impulso del san- gue per l'oscillazione vascolare sotto il parosismo feb- brile. Lo stato della paziente, buono prima dei 12, G.A.T.X^Xy. 3 34 Scienze Tessere l'utero costantemente privo ili contrazione , ne mai a grado a grado ingrandirsi; il presentare il suo orificio, come me ne assicurai io stesso in tem- po di quiete, aperto e libero da qualunque grumo , fìn da principio mi rese tranquiHo sopra uno sgor- go continualo di sangue entro il dello viscere, ad on- ta dei deliqui c'.ie potevano dannene un timore. {G) Intc!ido già IO del mese, che corrisponde al 2 di malattia. Cosi in seguilo. (n) Se nel n° io avemmo una prova siiU' in- ganno della cotenna nel sangue per esserci indicalo lo stato d'una infiammazione , iti questa quotidiana tetanica l'abbiamo nel dolore e nella tensione. Chi non avrebbe creduto esistere in questo caso una gastro- enterite ? Gli intestini , oltre che presentavano qual- che contrazione , non potevano tocciisi senza mole- stia dolorosa della paziente. Lo stomaco poi non solo fu sempre resistente al tatto , ma sensibilissimo ad ogn.» piccola pressione . Se io ;avessi guardato sa quest' inferma coU'entusiasmo d'un sistema , e non coU'occhio sul ge'nio della costituzione dominante , avrei sagrificata certamente questa donna. Oltre al non discostarmi mai da quest'ultimo , ebbi ancora sem- pre indelebile nelT animo ravcrtimento che una vol- ta io lessi neir immortale Gio. Pietro Frank : ed è appunto di non lasciarsi sedurre da questi segni ne* visceri digerenti frequentemente proveniv-^nti da ga- strico irritamento, e da preternaturale sensibilità do'me- desimi. lo prego a mani giunte i miei colleghi , che in qualunque sistema proclamalo non cessino di es- sere se non api industriose per raccogliervi il poco di buon mele , che vi è , e vi sarà , e chiudere per sempre il libro che lo inspira e divulga . Per averlo in un giusto sospetto basta guardare le gran- Sale amakissimo 55 di e continue anomalie presentateci da una costitu- zione dominante in una medesima malattia, le qua- li sorprendono i più cauti, e ci involgono nelle più crudeli incertez^e. Qualora mi venga concesso tempo bastante dalle mie mediche occupazioni , darò un cen- no della costituzione regnata in questa cittk di Lugo fin dal settembre dell'anno scorso , in cui vidi molte singolari irregolarità. Sarei felice , se da alcuni fatti potessi prendere quanto bastasse per toccare l'arcano della condizione morbosa delle intermittenti stando più] che sia possibile lontano da supposizioni. Re- plico ; non sark che un cenno , perciocché ad un medico condotto una tranquilla meditazione è in- compatibile del tutto col suo stato per ogni lato infelicissimo. (8) Ved. Giorn. d'Omodei n.^ 121 p. i3. (9) Loe. cit. fase, di maggio 1827 p. 235. (io) Loc. cit. n." 120 p. 427. (li) Ho ancora veduto simile effetto sotto l'uso del solfato di chinina ; anzi in alcuni soggetti osser- vai le deizioni alvine in questa circostanza aumen- tate di un bellissimo color verde. Narrerò su questo rapporto un caso. Aveva ammalato di febbre questo nobile sig. Alessandro Bertazzoli. Turbamenti d'animo lo avevano angustiato , e quotidianamente l'alvo ren- deva materie giallissime , ed affatto liquide. Nel i4 aumentati i sintomi nervosi , e scemati i flogistici , avendo principiato la febbre col carattere di sinoca , già più volte salassato e purgato , gli somministrai il solfato di chinina. Dal primo giorno di sua presa egli non mandava per 1' ano che un gretto inchio- stro. Cessò la febbre , e colla di lei soppressione le feccie addivennero dure , ma sempre nerissirae , ed in tutta la loro sostanza. Questa colorazione terminò 3* 36 , Scienze col detto solfato. Tal fenomeno non si dovrà ad un'ac- cidentale combinazione di alcuni principii trovati en- tro il tubo digerente ? Già è noto , che il color ne- ro si debbe al tanino ^unito all'ossido del ferro. Pel primo, si avrà avuto dall'acido solforico slegato dal- la sua base, già capace a formarlo artiliciaimente uni- to a materia adattata secondo l'esperienza del chimico inglese Hatchett: circa al secondo, lo avrà dato la bi- le, che ne contiene, ed in quel momento separata in maggior quantità. Per la stessa accidentale combina- zione sarà nato il fenomeno d'un vomito acquoso di colore turchino simile in tutto all' azzuru di Berlino. Vidi esso in una di queste ottime claustrali , suor Veronica Maggi , settuagenaria di età , ed inferma per grave gastro-epatite, e che sujjerò felicemente. Ella aveva presa ne' giorni antecedenti una pozione di tamarindo e cassia, ed aveva avuti altri vomi- ti di materie di un verde perfetto. (i a) Allorché io mi trovava in Montesantovito , insigne terra della Marca Anconitana , e situata in un' amena collina, non adoprai mai china per debel- lare quelle intermittenti , le quali cedevano ai pur- ganti ed agli amari. Mi ricorderò sempre di un con- tadino d'abito cachetico , ed antico flsconico , il qua- le era febbricitante soltanto la sera. I parosismi feb- brili erano imponentissimi , siccome uniti a jj;rave de- liro, colore cadaverico di volto, lingua argentea, ed altri sintomi nervosi, i quali lutti licevano uopo la mezza notte. Non mi poteva persuadere , che io:>se una perniciosa, perchè quel suolo non ne dava giammai, e pili perchè dominavono in quello stesso tempo al- tre intermittenti , che si lasciavano vincere dai pur- ganti , al solito , e dalle pozioni di eibe amate. Ciò non ostante per l'intensità dell' apparato, che sembra- Sale amarissimo 3j va esigere pronta riparazione, tentai un forte decotto di china, anche per avere un piiì giusto criterio suU* apparente soltanto o reale pernizie di quelle febbre. Vidi un parosismo più feroce che mai. Mi appigliai ad una semplice decozione di assenzio e cicoria , e con questo solo diminuì la febbre di suo impeto a poco a poco , terminando come tutte le altre circa al j4 accesso. 3S LETTERATURA Frammenti di Marco Tullio Cicerone volgarizza^ ti da Teresa Carniani Malvezzi- - Bologna 1837 dalla tipografia Marsigli in 8." ( Di pag. Vili e iG4.) Alla. Nobil Donna Signora Contessa Teiiesa Carniani Malvezzi Pietro Odescalchi E< lece che araendue noi , gentilissima signora con- tessa , senza che l'uno sapesse dell'altro, abbiamo quasi ad un medesimo tempo volgarizzati i fram- menti della repubblica del sommo romano oratore. Non posso però in questa circostanza tenervi cela- to un tal mio sentimento : e già senza andar per le lunghe , a voi l'apro con tutta franchezza d'ani- mo. Io fin qui andava consolatissimo d'essere stato il primo a mettere in luce un simigliante lavoro ; ma nel vedermi innanzi agli occhi questa vostra tradu- zione, bella in ogni sua parte, vi confesso candidis- simamente , che quasi mi pento d* esserrai così la- sciato vincere dal desiderio di correr primo l'arin- go. Mi sono a dir vero di molto conforto e di as- sai consolazione le graziose e gentili parole, che voi mi dite nella prefazione^ ma d'altra parte so bene, che Repubblica di Ciceroi!TK 39 io le debbo piuttosto riconoscere dalla vostra corte- sia, e dalla bontà del vostro animo, che da un sustan- ziale mio merito. Basta, la cosa andrk come avrà da andare : frattanto ceco che amendue noi siamo in- nanzi al tribunale di tutti i dotti italiani: ed amen- due ne attendiimo il gindicio : giudicio terribile , signora mia , cui solo gP ignoranti ed i presuntuo- si prendono a giuoco , e fanno le viste di dispre- giare. ^ Vi do però fede di leal cavaliere, che se la sen- tenza , come certamente prevedo, sarà data in favor vostro ; io non solamente non saprò punto affron- tarmene; ma al contrario avrò carissimo di cede- re a voi il luogo con buon animo e con lietissimo viso , reputandomi bastantemente onorato di segui- tarvi siccome in corteggio , e di venirvi secondo. Perchè poi questi miei sentimenti non si rimanesse- ro chiusi solo nel mio secreto , mi sono risoluto d'indirizzarvi questa lettera; affinchè ed aveste così un solenne argomento della moltissima stima e della sincera osservanza che ho sempre portato al merito di si dotta e gentile signora ; e fosse a voi più pa- lesemente manifesto quello che io pensi di questa nobile opera vostra. Potete bene immaginarvi , se appena questo libro mi e venato alle mani , io avidamente l'abbia let- to lutto d'un fiato da capo a fondo ; se ancor nuo- vamente io vi sia tornato sopra con più particolare intendimento : se l' abbia affrontato diligentemente al latino ; se con una certa tal qual malizietta Sia corso subito la a que' brani , de'quali per esperien- za sapeva quanto duro si fosse il senso. A qne'bra- ni dico COSI difficili , che quando io era sopra a tradur- li, avrei pur volato presenti un di coloro, i quali, come dice il gruissimo Cirio Dati , si fanno a credere, che 4r» L E T T E R A T T K 1 ii tra.slataie i buoni autori nel volgar nostro sia impresa da fanciulli : come quelli che non san- no e non capiscono , che per afferrare talvolta il vero scniimento di una parola si perdono mol- ti gioì ni, ponendo, k'vando , niulando , e fanta- sticando , e poi ne anche si colpisce nel segno. Mi io , signora contessa , sono costretto a dover- vi pur confessare , che qjuanto piiì a mano a mano mi avanzava in quel diligente e critico esame del vostro volgarizzamento , tanto più rimaneva preso tutto di maraviglia , vedendo come que' passi , che per me erano stati di "^ommissiraa difficolta , voi da maestra ab])iate saputi felicissimamente intende- re , e con assai di proprietà e di chiarezza vol- tare italianamente. Brava adunque bravissima la mia signora contessa ; lasciate pure , che con voi sin- ceramente mi congratuli , e che a piena bocca vi lodi : perchè meglio che avete voi fatto in que- sta traduzione , per ciò che risguarda la fedeltà al testo latino , non si poteva fare certissimamente. E a dirvi tutto che mi è corso alla mente nella piacevole lettura del vostro libro , e tutto che mi si è destato nel cuore , vi conterò di una certa tal qual compiacenza , che dall' esempio vostro mi so- no sentito nascere entro dell' anima veiso di que- sta nobilissima nostra nazione. Sappiate adunque che nel meditare il vostro volgarizzamento , per questo modo dentro a me l'anima mia ragionava : Or ve- di come per questa parte eziandìo la nostra Ita- lia è pur da mettere mollo innanzi a tutte le al- Ue nazioni ! Ed invero dove hanno mai a que- sti giorni codesti orgogliosi stranieri , di tutte le loro cose boriosi e sfacciati lodatori , dove dico hanno mai fra le loro donne chi alla gentilezza Repubblica di Ciceronk 4i ed alle carissime grazie del loro sesso , unisca una scienza così profonda della lingua latina , e tanto facile e dimestica l'abbia allo mani da poter regala- re la repubblica delie lettere di cosi nobili e pre- giate versioni ? Ne è a dire , che ad una sola sia ristretto il novero di queste brave nostre italiane , talché s' abbia quasi a risguardare per un prodigio. Oh nò paffar Dio ! perchè a questa Malvezzi dottissima vanno in bella ordinanza compagne ed una Ban- dettini , ed una Dionigi Orfei , ed una Franceschi , ed una Erminia Caetani , ed una Perticari , don- ne tutte che sanno la lingua del Lazio , [siccome quasi la nativa in cui parlano (a). Or vedete da ciò, come ancora ne'miei soliloquj io sia geloso e forte sostenitore dell'onor nazionale , e come altamente mi pregi del dirmi buon italiano. Per questa parte siate pur sicurissima, che non lascerò giammai , quando me ne venga facile il destro, di mostrarefa lutto l'universale che io non tengo a quel gregge vi- lissimo di sciaurati , che non essendo mai stati vivi al sentimento di niuna vera bellezza e soavità , dispregiano ogni nostra gloria , per correr dietro, ammirare, lodare, ed imitar servilmente ogni manie- ra che sappia d'oltramontano: non avvisando gli scioc- chi , che cotali cose boreali non sono affatto della (a) Ciò scrivo di queste chiarissime donne avendone certa scienza. Del resto non pretendo escludere dal bel numero le signore Saluzzo , Albrizzi , Sampieri , Canoni- ci , fMoscheni , Verdoni , Follerò , iSacrati ,lTaddei , ed altre celebi'i , le quali ornatissime di dottrina non m'è no- to se vadano anche ornate della cognizione" perfetta dell' idioma latino. 4af Letteratura nostra indole, de' nostri costumi, e dirò pure di questo bellissimo nostro cielo. Ma questo basti al presente di costoro ; e con mio somma diletto e ricreamento torno alla vostra traduzione : e spezialmente farò parola della bel- la veste italiana , della quale l'avete saputa cosi no- bilmente vestire. Egli è verissimo ciò che scrive il Petrarca nelle sue lettere: che la nobiltà de' pensie- ri trae agevolmente con se una nobiltk corrisponden- te di elocuzione. Ed in questo era ben difficile , che vi si offrissero più alti e più gravi peijsieri di quelli , die nella sua repubblica ha dettati Marco Tullio. Certo , al mio picciolo avviso , la elocuzione da voi usata nel vostro volgarizzamento è cosi ma- gnifica , cosi nobile, cosi degna dello Arpicate, che avete col fatto dato a conoscere, vi dirò con Dante , la gran bontà del volgare di si ^ e fatto ancor voi cliiararaente vedere quel medesimo , che l'Alighieri principalmente si studiò di mostrare nel suo Con- vito : cioè che per esso volgare altissimi e veris- simi concetti convenevolmente, sufficientemente, e acconciamente quasi come per esso latino si espri- mono. E giudico, elle siate molto ancora da loda- re , a signora , per quella giusta temperanza clic avete adoperato nella lingua, la quale è tutta se- condo la maniera de'classici nostri, e , quel che vale assai più , secondo la ragione. Ne vi siete data a ri- cercare diligentemente , ed a togliere a bello stu- dio i modi del dire da mezzo alla plebe fiorenti- na , ovvero da mezzo ai comici antichi , come pur troppo usano certi solennissiuii ira' nostri italiani ( ciie non lascio però per questo di onorare e di riverire al- tamente) i quali con poca filosofia ( quella filosofìa che vuol essere ascoltata ed avuta per regolatrice ezian- dio in fatto di lingua), per dimostrare profonda scien- Repubblica, di Cicerokk 43 za di ricercate parole e di esquisitissime frasi , fanno parlare a Tullio la lingua , che in mercato vecchio hanno in bocca le trecche e le crestaie; e con quan- to riso di tutti , non merita qui che io vel dica. Ma perchè queste cose , che io ragiono intorno qlla vo- stra traduzione, non siano avute per sospette (quan- tunque nella mia bocca non dovrebbero esser tenu- te in questo conto) leverò qui a piedi della mia let- tera alcun saggio dell' opera vostra. Affinchè poi in ninna parte venga io tassato di cortigianeria , o di prevenzione, riporterò que' brani medesimi che in questo giornale furono dati della mia versione. E così questi schizzinosi , se pur ve ne sono , giu- dicheranno bene se io abbia parlato il vero. Ecco , signora conlessa, che voi siete in sul pun- to di raccogliere moltissima gloria , e fama dure- vole da questo nobile vostro lavoro ; lavoro, il qua- le può dirsi veramente italiano : ecco che voi siete per ritrovare nelle lodi , che vi si daranno dalla na- zione e dagl'illustri vostri concittadini , bellissimo gui- derdone alle lunghe fatiche spese nel condurre a fine l'opera vostra. Ed oh poveri scrittori , vi dirò ancora una volta con quel sommo di Carlo Dati , poveri scrittori de' quali si vede solo il lavoro , quando sono superate le difficolta , e tutto è aggiustato e posto a suo luogo , restando occulta la maggior par- te della fatica , e dello studio speso in fuggire gli errori ! Ma io , che ho corso il cammino vostro me- desimo ; io che per prova conosco i triboli e le moltissime spine , fra mezzo alle quali siete dovuta passare a volerne toccare la mela , io si che sarò sempre colui, che a tutta voce vi loderò; e con fiero ri- piglio indurrò al silenzio certi severi ed indiscreti cen- sori , che non facendo mai cosa alcuna , le fatte da- gli altri sempre tengono a sindacato. Se egli è ve- /\Ì LSTTERATURA ro però , come non è da contrastarsi ( e ninno più di me può renderne fede ) che il voltare nella nostra favella questi frammenti tulliani deve essere stata per voi una dura e difficile impresa ; egli è altresì verissimo (giudicando sempre, che sia intervenuto a voi quel medesimo , che a me stesso è inter- venuto ) che questa fatica vi si deve essere spesse volte cangiata in piacere , e fatta al tutto leggie- ra ; perchè niuna cosa vi deve 'aver tanto com- presa l'anima di diletto , di venerazione, e dirò così di una santa riverenza , quanto il traslatare nel volgar nostro que* ragionari così gravi per l'ar- gomento, così solenni per le sentenze, e così pieni tutti della piìi grande sapienza , e della piiì giusta ragione di stato. Io per me vi so dire sol questo , signora mia, che ogni qual volta mi recava alle ma- ni que' preziosi avanzi dei libri della repubblica , e atutt'uomo vi meditava sopra, altrettante me n'an- davi quasi rapito in una dolcissima estasi : e quel- la attenta meditazione , che faceva suU' opera dell' immortale oratore, mi vinceva tutta l'anima per mo- do , che non mi pareva più d'essere nella mia ca- meretta , e assai meno di vivere a questa età no- stra , ma sì piuttosto d'essere ritornato a qua' tem- pi veramente romani ; di godermi anch' io quelle fe- rie Ialine; di starmi anch' io in una parte riposta di quel portico ove siedevano que' sommi uomini , chiarissimi per nobili geste, e per cittadine virtù : e fattomi più presso che poteva al letto dell'Afri- cano , mi pareva di far dovizioso tesoro nella mia mente di quegli alti e divini parlari intorno al pubblico reggimento. Ma a passare dai voli della fantasia alle reali cose, oh Dio qual pascolo , qual piacere, quale in- terno compiacimento , qual profitto non ho io mai Repubblica d1 Cicerone 4-^ ritratto da quello studio, da quella lunga fatica? Ed infatti e dove si possono legger mai precetti pili nobili e più veri e di filofoda e di polilica e di giustizia e di pubblica educazione di quelli , else sono ne' libri della repubblica dell'Arpinate? Vi con- fesso apertissimamente, signora contessa, clie quel- la repubblica di Cicerone mi va assai piiì a sangue di quella di Platone; imperocché nelle cose clie ri- guardano o la ragione di stato, o la pubblica ci- viltà, o i costumi degli uomini non amo gran fatto le astrattezze ; ma voglio esser convinto per via di fat- ti ; bramo , che gli uomini mi si dipingano quali sono pii^i assai , che quali dovrebbero essere : poiché quel- la tanta dissimiglianza , che pur troppo passa fra questi e quelli , ti mette una disperazione nell'ani- mo che ti rattrista e ti addolora. Or non opera così il nostro Tullio ; ma da quel grande filoso- fo , eh' egli era , da quell' uomo ne' pubblici affari e ne' fatti della repubblica versatissirao , definito ch'egli ha ciò che sia il reggimento di un solo, quel- lo degli ottimati , e quello del popolo , da lui det- to pernizioso , prende a scrivere la romana istoiia: ed oh che bellissima istoria è quella mai! E per- correndo così tutto quel tempo , che corre dallo stabilimento dei re al lascivo e tirannico inìperio del decemviri^ Appio Claudio , colla verità della storia mostra egli le istituzioni e i diversi muta- menti degli ordini della repubblica , apre le cagio- ni che d' ordinario soi'liono far cadere una citta d'uno in altro reggimento ; dice le virti^i ed i vizi di ciascheduno stato considerato da per se solo , e finalmente dietro l'esempio di quelle potenti citta , che a'suoi tempi avevano ancor vita , o di poco avevano cessato d'essere sulla faccia della t^rra , persuade quel- la grande verità ; cioè che gli stali eziandio segui- 46 Letteratura tano la natura di tutte quante le umane cose, e per questo dai re sorgono gli ottimati, dagli ottimati il popolo , e dalla sfrenatezza di quest' ultimo nasce di Lei nuovo il reggimento di un solo. Che vi di- rò poi di quel bellissimo sogno di Scipione ! Qui- vi Tullio s'alza tanto dal concetto de'prosatori , che quasi il suo scrivere fassi una poesia tutta nervi e tutta spiriti altissimi. Quando mi posi a tradurlo, mi sentii così assorto della mente, che sciolto quasi d'ogni umana qualità, sembravami divedere realmente que' maravigliosi ravvolgimenti dei pianeti, d'udire quel- la universale armonia : e tutta l'anima mi godeva in iscorgere quale augusta sede era apparecchiata a coloro , che per belle opere , o per sapienza di con- sigli meritarono bene della repubblica. Ma il dire a voi , signora contessa mia , della sustanza e dell'eccellenza di questi trammenti è co- me se io portassi i vasi a Samo ; conciossiachè nin- no pili di voi , per cagione del nobilirsimo lavoro che avete fatto , ha potuto sviscerarne la senten- za , e rilevarne le molte bellezze per modo , che el- leno certamente vi si debbono essere tramutate, co- me suol dirsi, in succo e sangue. Per la qual cosa abbiatemi di grazia per iscusato se ho ardito d'in- noltrarmi a tanto , e lasciate piuttosto , che per l'amo- re grandissimo che io porto ai buoni studii , vi con- forti a presentare l'Italia di qualche altro vostro prezioso volgarizzamento, e quanto piiì posso vi sti- moli ad ajutare del vostro grave esempio e delle vostre parole la restaurazione del senno italiano , il quale in queste cose della letteratura pur troppo va traviandosi miseramente dietro pensieri e dottri- ne che nulla più sanno di patrio e di libero. Voi beata che così per tempo vi siete partita da ogni femminil leggerezza , e avete appreso quel grande Repubblica di Cicerone 4? ed immutabile vero , che la perfetta umana felici- ta è principalmente risposta nell' acquisto della sa- pienza ! Laonde alla guida della sua luce andate desiosamente studiando gli alti precetti de' Tdosofi e de' poeti , e ne vaglieggiate le [care bellezze al- la scuola de' classici , ne' quali è solo fondata ogni vera dottrina di noi popoli meridiondi. Prosegui- te da queir eccellente che siete ad amare il no- stro bel volgare, ad ammirarne la schietta ed effi- cace semplicità nei nostri padri e maestri , e non cu- rate nemmen d'uno sguardo coloro , che ci dispre- giano , nominandoci parolai , e restauratori di cose rancide e morte : perchè vi reciterò quelle terribili parole di Dante: Molti, dice gli, dispregiano il proprio volgare, e l'altrui pregiano ; ma tutti questi cota- li sono gli abbominevoli cattivi d'Italia che hanno a vile questo prezioso volgare , lo quale se e vile in alcuna cosa , non è se non in quanto suona nel- la bocca meretrice di questi adulteri, al cui con- dotto vanno i ciechi. Ecco che, senza avvederraene , di una lettera ho fatto una lunga diceria. Abbiatevela però, signo- ra contessa , tal quale ella è , purché mi siate cor- tese di non risguardare che all' intendimento con cui r ho scritta , il quale è stato di rallegrarmi con voi del vostro bellissimo volgarizzamento , e di testimoniarvi la moltissima stima e la grande vene- razione che vi professo. Di Roma il giugno del 1827. Saggi del volgarizzamento. Quid porro aut praeclarum putet in rebus hu- manis , qui haec deorunt regna perspexerit ? aut 48 Letteratura diuturnum ,'' qui cognoK^erit quid sit aeternum ? aut gloriosum , qui 'viderit quam, parva sit terra , pri- mum universa , deinde ea pars eius , quam ìiomi- nes incolant ; quanique nois Jructus., exiguus usus , incertus domina- tus , saepe etiam teterrimorum hominum immensa possessio ? Quam est hic fortunatus putandus , cui soli vere liceat omnia non quiritium , sed sapien- tium jure prò suis ^indicare ! nec civili nexo , sed communi lege natarae , quae vetat nullam rem es- se cuiusquam itisi eius , qui tractare et uti sciat ; qui imperia consulatusque nostros in necessariis ^ non in expetendis rebus , muneris fugendi gratia subeundos , non praemiorum aut gloriae causa ad- petendos putet : qui denique , ut Africanum, avum meum scribit Caio solitum esse dicere , possit idem de se praedicare , nunquam se plus agere , quam nihil cum ageret\ nunquam minus solum esse , quam cum solus esset. Quis enim putare vere potest plus e gisse Dionysium , tum cum omnia moliendo eri- puerit civibus suis libertatem , quam ejus civem Archimedem cum istam ipsam sphaeram , nikil cum agere videatur , de qua modo dicebatur , effece- rit ? Quis autem non magis solos esse , qui inco- ro turbaque y qui cum, conloqui libeat non habeant ^ quam qui nullo arbitrio\vel secum ipsi loquantur, vel quasi doctissimorum hominum in concilio ad- sint y cum eorum inventis scriptisque se oblectent? Quis vero divitiorem quemquam putet ^ quam eum cui nihil desit quod quidcm natura desidcret ? aut Repubblica di Cicrrone 49 potentiorem. qitam illum , qui omnia qnae expetat conseqiiatur ? aut benfiorein , quam qui sit omni perturbatioiie animi liheratus ? Jut Jìrmiorc for- tuna , quam qui ea possideat , quac secwn , ut ajunt^ vel e naufiagio possit efferre ? Quod autem impe- rium , qui ma^istratus , quod re^fium potest esse praestaììtius , quam respicientem omnia fiumana , et inferiora sapieutia ducentem , fìilul unqaam ni- si sempiternnm et divinum animo 'valutare ? cui persuasum sif , appella ri caeteros homi/ìes, esse so- los eos qui essent politi propriis humanitatis artibus? Ut miJii Platonis illiid , seu quis dixit alius , pe- relegans esse videatur ; quem cum e e alto igui)- tas ad terras tempestas et in dcsertum litus de- tidisset , tiinentibus ceteris propter i eriLnt , deluhris distinctam spatiisque communibus. Oinnis ergo pò- pulus , qui est talis coetus nudtitudinis qualem expo sui , ornili s ci\>itas , qune est constiti itio po- puli , oinnis respublica , quae ut dixi popidi res est , Consilio quodam regetida est ut diuturna sii. Jd autetn consilium priniu/n scmper ad eam cau- sarli referendum est , quae causa genuit cU'itatem. Deinde aut uni tribuendum est ; aut deleclis qui- husdam ; aut suscipiendum est inultitudtni , ntque omnibus. Quare cum penes unum est omnium sum- ma rerum , regem illum unum -vocamus , et re~ gnum ejus reipubhcae statum. Cum autem est pe- nes delectos , tum illa civitas optimatium arbitrio regi dicitur. Illa autem est civitas popularis , sic enim appellant , in qua in populo sunt omnia. Atque horum triuin generum quodvis , si teneat illud vin- culum , quod primum homiaes inter se reipublicae causa wcietate devinxit , non perfectum illud qui- dem , neque mea sententia optimum , sed tolerabile tanien , et aliud alio possit esse praestantius. Nam vel rex aequus ac sapiens , vel delecti ac princi- ptis cives , i'el ipse populus , quamquam id est mi- nime probandum tamen nullis interjectis iniquitati- bus aut cupiditatibus , posse vidctur aliquo esse non incerto statu. Sed et in regnis nimis expertes sunt caete- ri communis juris et consilii : et in optimatium dominatu vix particeps libertatis potest esse mul- titudo , cum omni Consilio communi ac potestate careat : et cum omnia per popnlum geruntur y Repubblica di Cicluone 53 qiiamvis justum alqiie moderatum , famen ìpsa aeqitahilitas est iniqua cum habet nullos gradus di- gnifafis. Itaque si Cynis ille perses justissimus fuit sapientissinnisque rex , tnnipn mihi populi res ; ea enim esf, ut dixi antca , piiblica ; non maxime expe- tenda fuisse illa videtur cum regeretur unius nii- tu. yìc modo si massilienses nostri clientes per de- lectos et principes cives summa justitia reguììtur , inest tamen in ea condicione populi similitudo quae^ dam servitutis : si athenienses quibusdam tempo- ribus , sublato areopago , nihil nisi populi scitis ac clecretis agebant ; quoniam distinctos dignitatis gradus non habebant , non tenebat ornatum suuni civitas. Atque hoc loquor de tribus his generibus rerum publicarum , 7ion turbatis atque permix- tis , sed suum statum tenentibus . Quae gene- ra primum sunt in iis singula vitiis , quae ante dixi \ deinde hahent perniciosa alia viliix nullum est erùm genus illarum rerum publicarum , quod non habeat iter ad finitimum quoddam malum prne- ceps ac lubricum. Nam UH regi , ut eum potissi- mum nominem , tolerabili , aut si vultis etiam ama- hili Cyro , subest ad immutandi animi licentiam, crudelissimus ille Phalaris , cujus in siìnilitudi- nem dominatus unius proclivi cursu et facile de- labitur. Uh auteni massiliensum paucorum et prin- cipum administratiuni civitatis Jinitimus est , qui fuit quod am tempore apud athenienses ^ triginta cou- sensus et factio. Jam atheniensiwn populi pote- statem omnium rerum ipsi , ne aliis requiremus , adfurorem multitudinis licentiamque conversam Mirique sunt orbes , et quasi circuitus in rebus publicis commutationum et vicissitudinum : quos cum cognosse saplcntis est , tum vero prò- S'^ Letteratura s/)ÌGcrc itnpeadentis , in gubernanda repuhlica , vioder-antem ciirswn atqae in sua ìpotestate reti- nentem , magni cajusdaui civis ^ et divini pae- lìc est viri. Itaque qìLartum quoddam genus rei- publieae maxime probnndum esse senfio , quod est ex his , quae prima dixi , moderatum , et per- mixtiim tribus. Or dunque , riprese l'Africano : repubblica vuol dire cosa pubblica, cosa del popolo. Ma popolo non è ogni congregazione d'uomini in qualsivoglia mo- do radunati , bensì una congregazione di moltitudi- ne per consentimento di leggi , e a comunione di utilità allegata. E la prima cagione del congregar- si non viene già , come dicono molti , da debile fra- gilezza di nostra umanità , ma bensì da una cer- ta tendenza che hanno gli uomini-ai consorzio : per- ciocché la generazione degli uomini non è solinga , uè erma vagante , ma generata di guisa , che ancor neir affluenza di tutti i beni .... Che se questi ec. Or queste congregezioni instituite per la cagio- no esposta , stabilirono da prima un luogo fìsso a loro domicilio , il qual luogo munito si per la na- tura , e si per l'opera di mano , e cosperso di ca- se, di templi , e di pubbliche vie, appellarono città o castello. Dunque ogni popolo, che è tale congrega- zione di moltitudine quale io già esposi , ogni cit- ta , che è lo stabilimento del popolo , e ogni repub- blica che è , come dissi , la cosa del popolo , per- chè sia durevole, abbisogna di umano coniglio che la regga: consiglio però , che sempre riferisca a quel- la cagione , la quale generò la citta. Questo consiglio poi o s'attribuisce ad un uomo solo , o a pochi elet- ti , o si suppone potersi ritrovare nella moltitudine o in tutti. E quindi comprendendo esso la somma di tutte le cose, se affidati ad uno, quell' uao chia- Repubblica di Cicerone 55» mlamo re , quello di repubblica regno ; quando è fidato a pochi eletti , si dice essere citta al sovrano arbitrio degli ottimali: quando è fidato al popolo, con voce comune s'appella citta popolare. Or qualun- que di questi tre generi di stato , purché serbi quel vincolo , il quale da prima collegò gli uomini in con- sorzio tra loro a fine di statuire una repubblica, non sarà a parer mio ne perfetto, ne ottimo, ma sarà tol- lerabile almeno , e l'uno forse pii!i eccellente dell' al- tro. Perciocché o sia un re giusto e sapiente, o cit- tadini eletti ed autorevoli, o il popolo medesimo, co- mecché quest'ultimo sia il meno lodevole , pure quan- do nulla malvagità o; cupidità, vi s'intrometta, sem- bra ognuno di essi poter essere non vacillante stato. Ma nei regni accade che il popolo universalmente vie- ne di troppo privato d'ogni pubblica consultazione. Nel dominio degli ottimati può la moltitudine esse- re appena partecipe della liberta , perciò che ivi pu- re vaca d'ogni pubblica deliberazione , e d'ogni pub- blica potestà. E quando la somma delle cose è retta dal popolo , quantunque giusto e moderato egli esser pos- sa, l'eguaglianza sua medesima diviene ingiustizia, per- chè non ha grado veruno di dignità. Quindi contutto- ché Giro fosse ai suoi persiani giustissimo e sapien- tissimo re , pure quello stato della cosa del popolo (che, come dissi , così appello la repubblica) non mi parrebbe punto da appetire , essendo retto dal cen- no di un uomo solo. £ per ugual maniera i nostri clienti marsigliesi sebbene per eletti autorevoli cit- tadini si governino con somma giustizia , pure in quella loro condizione di popolo havvi un non so che somigliante a servitù. E gli ateniesi , sebbene a certi tempi , tolto l'areopago , niente operassero se non per istatuto e decreto del popolo universale ; pure perché non avevano distinto grado di dignità. 50 L E T T E 11 A T U R A la citta loro non mantenne il suo lustro. E questo io dico quanto a questi tre generi di repnbblica non torbidati e non mesciiiali , ma tenenti ciascuno lo stato loro. Conciossiacchè ognuno di essi, oltre l'ave- re in se stesso questi vizi già detti , tragge ad al- tri vizi assai pii^i perniciosi : perciocché nullo di es- si generi di repubblica liavvi , che non tenga cam- mino precipitoso e sdrucciolevole incontro un ma- le, che troppo con esso lui confina. E dopo quel Ciro , che io segnalatamente nominerò re tollerabi- le , anzi se volete amabilissimo, subentra a cangiar senno in licenza il crudelissimo Falari , ed a sua si- miglianza la signoria d'uomo solo per corso faci- lissimo e proclive precipita. Ed il reggimento te- nuto dai pochi autorevoli marsigliesi confina con quella cospirazione e setta di trenta tiranni , che ad un tempo aJllisse gli ateniesi. E presso gli atenie- si , per non cercare altri esempi , il poter sovrano fidato al popolo , si converte in furore di moltitu- dine ed in licenza .... Che maravigliosi molto so- no i giri e quasi contorcimenti delle permutazio- ni e delle vicissitudini de' pubblici governi; cono- scere le quali è proprio del sapiente; ma prevede- re , reggendo la repubblica , quelle che le sovra- stano , ed avere virtù che nej moderi il corso , [e con la propria autqrita lo trattenga , è cosa da cit- tadino eccelso , e quasi da uomo divino. Or dun- que io ho per fermo essere piti d'ogni altro degno d'approvazione quel certo quarto genere di repub- blica , il quale da quei primi tre già detti piglia forma , e viene moderato e permisto. Hic ille jaiìi vertetur orhis , ciijiis natii" ralem motum , atqite circuitum a primo (Uscite agnoscere. LI enim est caput civilis priidentiae , in qua omnis haec nostra versatar oratio ^ vide* Repubblica di Ciceronk 5^ re itineva Jlexasque rerum pubblicariim » ut cum sciatis quo quneque res incUnet , retinere aut ante possitls occurrere. Nam rex ille , de quo luquor , primum optimi rei^is caede maculatus , integra mente non erat , et cum. metueret ipse penara sceleris sui summam , metui se volebat. Deinde victoriis divitiisqae subnixus , exultabat insolen- tia ; neque suos mores regere poterai , ncque suo' rum libidines» Itaque cum major ejus fdius Lu- cretice Tricipitini fdiae , Conlatini uxori , vim at- tulisset ^ muUerque pudens et nobills ob illam in- juriam sese ipsa morte multavisset ; tum vir in- senio ac virtute praestans L. Brutus depulit e ci~ vibus suis injustum illud durae servitutis j'ugum z qui cum privatus esset , totam rempublicam susti- nuit'^ primusque in hac civitate docuit , in con- ser^'anda cii-'ium liberiate esse prÌK>atum neminem. Quo auctore et principe concitata civitas , et hac recenti querela Lucretiae patris ac propinquorum , et recordatione superbiae Tarquinii , multarumque injuriarum et ipsius et fdiorum , exulem et re- gem ipsum et liberos ejus et gentem Tarquiniorum esse jussit» f^idetis ne igitur , ut de re gè dominus extite- rit , uniusque vitio genus reipublicae ex bono in deterrumuni com>ersum sit ? Hic est enim dominus populi , quem graeci tyrannum vocant : nam re- gem illum volunt esse, qui consulit ut parens pò-' pulo , conservatque eos, quibus est praepositus , quam optima in condicione vivendi. Sane bonum , ut di- sci , reipublicae genus : sed tamen inclinatum , et quasi pronum ad perniciosissum statum. Simulatque enim se injlexit hic rex in dominatum injustiorem , Jìt continuo tjrannui , quo neque tetrius neque foe- dius^neque diis hominibusque invisius animai ullum 58 Letteratura co gi tari potest : qui quamquam figura est hominis , morum tamen immanitate vastissimas vincit belluas, Quis enim hunc hominem rite dixerit , qui sihi cum suis civibus ^ qui denique cum omni hominum genere nullani juris communionem, nullam humanitatis so- ci etatem velit. Sed erit hoc de genere alius aptior dicendi genus cum res ipsa admonuerit ut in eos dicanius ^ qui etiam liberata jam civitate domina- tiones adpetii'erunt. Ed eccoci al rivolgere di quell' orbe , il cui naturale cammino e corso imparate ora a cono- scere nel suo principio. Perocché questo è il capo della civile prudenza , che è materia al mio sermo- ne , vedere i cammini e i deviamenti a che piega- no le pubbliche cose , perchè poscia conosciuto a qual parte inchinino, possiate efficacemente raddiriz- zarne il corso , o impedirne la caduta. Conciossiachè quel re, del quale io mi fo a par- lare , primieramente per essere macchiato della uc- cisione di un re ottimo non aveva mente intera : e siccome temeva egli medesimo la grande pena del- la sua scelleratezza , voleva essere temuto d'altrui. Quindi sostentato dalle sue vittorie e dalle sue ric- chezze, insultava sino all'insolenza , ne poteva frenare i suoi costumi , ne le libidini de' suoi. Laonde al- lorché il suo maggior figliuolo portò violenza alla figliuola di Tricipitino , moglie a Collatino , la qual donna e pudica e nobile per quella ingiuria si punì con la morte, l'uomo per senno e per vir- tù prestantissimo L. Bruto tolse da' suoi cittadini l'ingiusto giogo della dura servitìi. Ed egli uomo privato sostenne tutta la repubblica ; e primiero in questa citta insegnò , che a conservare la liberta dei cittadini nuli' uomo è giammai uomo privato. Ed a questa recente querela del padre e degli at- Repubbiica di Cicerone 5q tenenti di Lucrezia , al rammentare la superbia e le molte ingiurie di Tarquinio e dei figliuoli di lui la citta concitata , avendo Bruto [per autore e capo, con espresso comandamento cacciò in bando il re , i figliuoli , e quanta mai fosse la progenie dei Tarquinii. Vedete adunque come dal re surse il de- spota , e come per vizio di un uomo solo la re- pubblica di buona si converse in pessima ? Que- sti è quel dominatore del popolo, che i greci chia- mano tiranno : e re dicono esser colui , il qua- le vegghia al popolo come padre , e serba i suddi- ti suoi nella veracemente ottima condizion della vi- ta. Dunque il regale è , come già dissi, genere di repubblica al tutto buono , ma inclinato al pii^i per- niziosissirao degli stati. Perciocché non tosto il re trapassa i termini del giusto comando , è fatto ti- ranno ; mostro di cui nullo immaginare crear può il pili orrendo, il pivi sozzo, il piti inviso agli uo- mini ed agli dei; che quantunque abbia figura d'uo- mo , nientedimeno per l'immanità dei costumi dismi- suratamente vince ogni belva. Perciocché chi mai potrebbe chiamare uomo colui , che tra se e l'uni- versale generazione degli uomini non vuole ne co- munione di diritto , ne fratellevole carità ? Ma di que- sto converrà meglio parlare in altro luogo , quan- do la materia medesima ne condurra a coloro , i quali liberata pur la città , ne appetirono il do- minio. Atque ego ut primiim^ fletu represso^ loqui pos- se coepi : Quaeso, inquam , pater sanctissime at- que optime , quoniam haec est vita , ut ÀJricanum audio dicere , quid moror in terris quin hinc ad 'vos venire propero? Non est ita, inquit ille: nisi Deus is , cujus hoc templum est omne quod con- 6o Letteratura spìcis , istis te corporis custodiis liberaverit , huc tibi aditus patere non potest. Homines enim siint hac lege generati , qui tuerentiir illuni globum , quem in hoc tempio medium vides , quae terra di' citur : hisque animus datus est ex illis sempiter- nis ignibus , quae sidera et stellas vacatis : quae globosae ac rotundae ^ divinis animatae mentibus ^ circos suos orbesque conficiunt celeritate mirabili. Quare^ et tibi, Publi, et piis omnibus retinendus est animus in custodia corporis-, nec injussu ej'us, a quo ille est vobis datus , ex hominum vita migrandum est , ne munus humanum adsignatum a Dea de-- Jugiise videamini. Sed sic, Scipio, ut avus hic tuuSy ut ego qui te genui , justitiam cole et pietatem : quem cum sit magna in parentibus et propinquis , tum in patria maxima est: ea vita via est in eoe' lum , et in hunc coetum eorum qui jam vixerunt , et corpore laxati illwn incolunt locum quem vides. Erat autern is plendidissimo candore interjlam- mas circus elucens, quem vos, ut a graiis accepistis, orbeiìi lacteum nuncupatìs : ex quo omnia mihi con- templanti praeclara cetera et mirabilia videban- tur. Erant autem eae stellae , quas nunquam ex hoc loco vidimus : et eae magnitudines omnium , quas esse numquam suspicati sumus , ex quibus erat Illa minima , quae ultima coelo , citima terris , lu- ce lucebat aliena. Stellarum. autem globi terrae ma- gnitudinem facile vincebant. Tarn ipsa terra ita mi- hi parva visa est , ut me imperii nostri quo qua- si punctum ejus attingimus , paeniteret. Ed io, come prima potei reprimere il pianto e parlare, incominciai: Deh, padre santissimo e ottimo, poiché questa è vita , siccome dall' Africano inten- do , perchè io mi rimango in terra? e che non m'af- fretto a venire a voi ? Noi puoi , diss' egli , se il Dio , di cui è tempio Tuni verso che tu vedi ^ non Repubblica di Cicerone Ci ti liberasse egli medesimo dalla chiusura del corpo, aprire a te non si pol^-ebLe l'ingresso a questo luo- go. E gli uomini sono generati con questa legge, af- finchè conservino quel globo , il quale in mezzo di questo tempio tu vedi , e che si chiama terra. Ed hanno l'animo da quegli eterni fuochi , che voi chia- mate costellazioni e stelle , le quali solide e roton- de , animate da menti divine , terminano i giri e le orbite loro con mirabile celerità. Laonde a te , o Publio , e a tutti gli uomini giusti è forza rite- nere l'animo nella carcere del corpo , ne senza co- mandamento di colui , dal quale vi fu dato , con- viene vi dipartiate dalla vita mortale, se non volete comparire rifuggirvi dall' umano officio a voi assegna- to da Dio. Ma tu, o Scipione, ad esempio di quest'avo tuo , e di me che ti generai , ama la giustizia e la pietà : la quale virti!i siccome avviene che sia gran- de verso de' genitori e de' congiunti, cosi verso la patria è massima. E cotal fatta vita ti sarà strada al cielo, e a questa adunanza di coloro che già visse- ro , e dal corpo disciolti vennero ad abitare questo luogo , che tu vedi , e che voi , secondochè da' gre- ci apparaste , via lattea denominate. Ed era questo luogo un luminoso cerchio, che a paragone dell' altre fiamme celestiali luceva di un can- dore splendidissimo: dal quale cerchio a me che stava contemplando pareano tutte le cose eccellenti e mara- vigliose. Apparivano stelle non mai vedute quaggiù, e di tanta grandezza , quale non avremmo potuto im- maginare. Delle quali la più piccola era quella, che ul- tima in cielo, e più vicina alla terra, splende di luce non sua : ma tutti questi globi di stelle vincevano di mol- to la grandezza della terra. E ormai l'istessa ter- ra cosi piccola mi pareva , che dell' impero nostro, col quale quasi un punto solo ne tocchiamo, mi pre- se vergogna. 6a Scritto del duca Federico Cesi fondatore e principe deir accademia dei lincei nel dì 27 luglio i8a6, giorno del suo trionfo in campidoglio , letto e commentato dalV ah. d. Feliciano cav. Scapellini restauratore delV accademia, Roma nella stamperia di Filippo Niccola de Romanis - 1826 De signijicatione honoris erga divani Catharinam se» nensem urbis patronam augeuda F. G. ad qui- rites oratio. Romae apud Frane ìscum Bourliae- um 182G. E ederico Cesi , il propagatore della buona filosofia per tutta Italia e per tutta Europa, finalmente otten- ne l'onore debito alla sua dottrina e alla sua virtii: Federico Cesi è in campidoglio. E non altra stanza elle il campidoglio era degna di questo sommo italia- no , per cui Roma non più forte in armi e in potere dovea tenere ancora l'impero del mondo colle pacifi- che SI ma non manchevoli armi del vero e del retto sotto lo scudo della religione. L'ab. don Feliciano cavaliere Scarpellini degno restauratore dell' accademia de' lincei dal duca di Acquasparta istituita a propegare per tutto il mondo il lume della vera sapienza , l'abate Scarpellini , uo- mo si benemerito delle scienze e della gloria italiana , si caro a tutti i buoni , e ai dotti di tutte le nazio- ni, chiedeva da gran tempo, che l'illustre consesso e l'immortal fondatore fossero locati come conveniasi a tanto nome, e fossero vestiti di quella luce, di che essi ritalia e l'Europa aveauo vestito. Era troppo Duca Federico Cesi ec. 63 giusta la preghiera perchè non tornasse vana, e per- chè quella mano suprema che avea condotto le mu- se ad assidersi in campidoglio, sul campidoglio istes- so non locasse ancora le scienze, e l'accademia di quel sommo , che ehbe il vasto pensiero di fondare in que- sta sua patria la propaganda alle scienze accanto quella della religione, confermando così in certa gui- sa la verità dell'antico dettato, non doversi Minerva disgiugnere dalle care figlie di Mnemosine , né es- ser che pura voce la poesia se di tutta sapienza è di- giuna , e sterile sementa è la sapienza , se per ma- no delle grazie all' uomo non pogesi. Traslocata infatti l'accademia de' lincei dal col- legio dell'Umbria al campidoglio, nel palazzo istes- so del senato, il di 27 luglio 1826 fu il dì stabilito alla solenne riapertura della dotta adunanza. E fu veramente romana gioia il vedere in tanta maestà di loco , e fra tante sacre memorie risplendere il busto di Federico Cesi, ed ivi convenire i grandi e i lette- rati tutti , che allora erano in Roma , quasi a lui venerare : e fu anche piiì grande la nostra gioia quan- do intenti ad ascoltare il professore Scarpellini, a cui siccome restauratore e capo dell' accademia ben con- veniva il parlare in un giorno di tanta festa, non al- tro udimmo da lui che le parole istesse quasi direi dell' immortai fondatore dell' accademia , che le pa- role istesse di Federico Cesi. Lo Scarpellini con sano accorgimento credè di non poter meglio adempire i comuni desideri, che com- mentando quei si venerandi ed aurei dettami lasciati da Federico Cesi ai suoi cari lincei come norma di ciò , che doveano proporsi , e che doveano operare a conseguire il bramato intento di recare a tutto il mondo la bella luce della vera sapienza. E fu anche più saggio questo divisamente dello Scarpellini ia 64 Letteratura quanto che il prezioso scritto del Cesi ci era del tut- to ignoto, essendo rimaso per uno avanzo della no- stra antica barbarie ed ignoranza inosservato e ne- gletto sulle pareti di una sala del palazzo ducale di Acquasparta : fino a che non ha guari il chiarissimo cav. Pietro Fontana da Spoleto accademico linceo , e compilatore del nostro giornale , recatosi a vene- rare il luogo , che chiude le ceneri del sommo ita- liano , e ogni luogo e ogni angolo dell' antico palaz- zo , potè trarre dalla polvere e dall' obFio quelle ca- re e sante parole , e mettere in luce si prezioso tesoro. Veggasi una volta che anima grande , die anima retta e piena di religione e di sapienza al- bergava nel magnanimo suo petto il duca di Acqua- sparta : e finalmente non giacciano piìi inonorate le sue ceneri, e finalmente la sua cara immagine per cura del nostro Odescalchi fatta scolpire dalia chia- rissima Benincampi abbia quel posto , che bene a lui si conviene fra gli altri simulacri dei sommi ita- liani , poiché finalmente ebbcr la debita luce le sue sagge istituzioni , ed ebbe egli il debito onore del campidoglio. Qui non è a dirsi con quanta dottrina lo Scar* pellini chiosò gli aurei dettami del Cesi : tutt' uomo sa che vaglia lo Scarpellini, e che amore lo infiam- mi per la vera sapienza , per l'onore dell' accade- mia lincea , e per la cara memoria dell' immortai du- ca di Acquasparta : sicché senza andare in più pa- role si può bene argomentare , che lo Scarpellini nel commento di quell' aureo scritto non ismenti la fa- ma di che gode , e non tradì anzi superò la co- mune espetta zione. Il perchè altro non faremo , che trascrivere le parole del Cesi, con noi stessi con- gratulando di dare una maggiore pubblicità, a sì pre- ziose istituzioni in un tempo , eh' io non vo dire bi- Duca Fjsdehico Cesi ec. 65 sognoso della luce della sapienza come quello che si volgea a* tempi di Federico e di Galileo , ma sì be- ne molto torbido , e minaccioso di molta notte di er» rori e di mali. DEI OPT. MAX. CVLTV3 EIVSQVE OPERVM UNIVEKSAE MVNDI MACHINAE SEDVLA CONTEMPLATIO MENS SAPIENTVM SCEIPTA INTER ET DIGTA SEMPER ENV TRITA SVIS PLENE CONTENTA NEC VELO ADVERSVS ALIENA DESIDERIO SED AVXlLiO 3ED FAVORE MOTA MORES QVI ET TE IPSVM DECEANT ET ALIIS PROSINT AMICITIAE VERAE NEXVS ET CONSVETVDINIS VSVS EX PROBITATE SVBDITORVM FAMILIAE OPVM AEQVISSIMA MODERATIO LABORVM AMOR OTII ODIVM OPERA QVAE TVA PERMANEANT QVAE MAIORES SINCEHAE FIDEI OBSEQVIO OMNES PERENNI VTILITATE DEMEREANTVR HAEG VIRI SVNT HAEG NOBILIS HAEG PRINGIPIS SVNT BONVM NOMEN VERAS OPES FELIGITATEM IPSAM PARIVNT FRIDERICVS GAESIVS LYNGEORVM PRINCEPS l ITA SE SVOSQVE PERPETVO MONITOS VOLVIT Abbiamo poi annunziato insiemeraente allo scrit' to dello Scarpellini anche la orazione latina deli* avv. Francesco Guadagni , poiché trattandosi di ac- crescer qui culto ed onore alla famosa Caterina da Siena , che la chiesa venerai sugli altari , anch' es» G.A.T.XXXY. § CG Lbtterà'tura sa tiene al medesimo scopo di onorare la memoria del generosi cittadini , che tanto amarono e giova- rono la patria. Che lasciando a parte e la somma vir- tù di questa valorosa donna , e la eccellenza sua nel- le teologiche discipline, nel purgato scrivere italia- no , e nel trattare i pubblici negozi , io non so ve- dere chi più di lei in quei tempi burrascosi amasse la patria , e a viso aperto contrastasse ai mali , che allora affliggevano l'Italia. Degne veramente di una magnanima donna educata fin da fanciulla nella dot- trina e nella carità evangelica ^ degne veramente di un' anima , che confortata dalla luce divina non ve- dea altra distinzione ed altra felicita tra gli uomi- ni, che quella della virtù, sono le forti e libere pa- iole , con che la senese Caterina acremente rimpro- verava i mali costumi e la perfidia del suo tempo. Degne veramente di una sposa di Cristo , che di nuovo fé unire sulla terra in dolce bacio di dure- vole amore la pace e la giustizia , sono le parole , con cui Caterina accesa del vero amor della patria pregava pace alle ire fraterne, e le fraterne discor- die spegneva. Quanto dunque di culto e di onore si debba a questa vergine italiana , vero modello di ciò eh' esser dovrebbero tutti gli uomini se ve-» ramente delle evangeliche dottrine facessero largo te- soro nella mente, e solo ad opere evangeliche pones- sero la mano , tutt' uomo sei vede , e l'avv. F. Gua- dagni con questa orazione latina, scritta con quel- la purità ed eleganza che si ne alletta negli auto- ri del secol d'oro, saggiamente richiama la mente dei romani ad accrescere il culto dovuto alia loro patro- na ; e ben fa a indirigere le sue parole ai roma-^ ni in particoiar modo , poiché all' edìcacia della ma- gnanima Caterina essi debbono il ritorno del pon- tefice da Avignone alla cattedra di s. Pietro. Wq Ducy\. Federico Cesi se. C7 eh' io qui tolga ad enumerare i vantaggi , die Ro- ma ritrae dal risedervi il capo della chiesa, pun- to abbisogna : basti solo , lasciando tutti quelli che si derivano dalla religione e dalla sovranità , il ri- petere col Guicciardini , che Roma perduto l'impe- ro del mondo, senza il vicario di Cristo sarebbe tor- nata in sozza e pestifera palude. Il perchè io pen- so , che i romani debbano prestamente appigliarsi ai sani consigli dell' ottimo Guadagni , e molta lo- de a lui debbasi , che si mostra così caldo amato- re di quei generosi , che veramente amarono la pa- tria, ed ogni più santa concordia e fraterna virtù. Salvagnoli. Epigrammi antichi , de mezzi tempi , e moderni , pertinenti alla città di Chieti , spiegati da di- versi autori , raccolti e pubblicati da Gennaro Ravizza. In Chieti , i8a6 nella tipografia Gran- doniana, 4 ^^ pagine iig. B. bellissimo zelo di onor patrio fu quello che mos- se il sig. Rarizza fin dall' anno i8a3 a pubblicare le pergamene e scritture antiche di Teate diligen- temente raccolte , ed ora il muove a compir l'or- namento della metropoli degli Abbruzzi con l'annun- ciato libro. Il sig. Ravizza h presidente del tribu- nal civile di quella provincia ; e l'esempio di una sì degna e cara occupazione in un alto magistra- to , esempio molto frequente a' buoni tempi d' Ita- lia , riesce tanto più coasolante , quanto più raro a'nostri giorni. 5^. 68 LuTTHRATUHA Tengono il primo luogo le antiche iscrizioni, o lapidi romane , che ali* autore è piaciuto nomi- naie epigrammi ; quantunque in esse di veri epi- grammi non ve ne sia pur uno. Oltre le già ri- portate dall' istorico municipale di Chicli Camarra, cotanto nolo per le stampe , qui ve n'hanno alcu- ne trovate posteriormente , le quali per Leila cura dell' autor nostro furono collocate nel puLblico pa- lazzo. E"\[ ha voluto dirle e])i"rammi con una ma- niera , che specia-'mente riguardo a quelle de' bassi tempi , ed alle moltissime poco interessanti e sconcie de' secoli dopo rinate le lettere , non si troverà ne propria, ni' costretta da necessita : ma ciò poco monta. Il padre Allcgranza domenicano , che dimorava in Chicli nel 1753, scrisse una lettera al celebre La- mi intorno le antichità del paese. Questa lettera fu pubblicata fra gli opuscoli dell' Allegranza in Cre- mona l'anno 1781 , e qui si riproduce, come princi- pale illustrazione de' marmi teatini; quantunque ella non sia di sua natura che troppo sommaria e sfug- gente. L'erudito religioso , che fu poscia bibliotecario dell' Ambrosiana in Milano , parla non poco in essa dell' antico teatro di Teate assai conservato , ed in- signe per la rara appendice di ampio portico deam- lulatorio. Spiace moltissimo, che ora non siasene ag- giunto un disegno , per cui si rendessero più chiare le parole del nostro padre lettore; tanto più ch'egli ci assicura di aver fatto levare allora alzati e pian- te , come di altri edifizj , cosi del teatro ed annes- si , dal Clerici bravo architetto milanese. Ma vediamo le più importanti epigrafi ; ed en- triamo in brève lizza col padre Allcgranza. Facendo quasi a gara con Roma ed altre citt'a, la capitale de'Marrucini Teate avea già dato alla lu- ce due lapidi tauroboliche , preziosissime per la in- Marmi teatini |C() telllgenza di occitlti sagrifizi gentileschi , venuti a con- traffare con indegno mimo le più venerande dottrine del cristianesimo, nell'atto istesso che questo diffon» deasi vittoriosamente in ogni luogo ; de' quali sagri- fizj le notizie più certe a noi per ciò tramandate fu- rono da' santi padri della chiesa. Eccone le curiosa leggende : CRTOBOLIVM . ET AEMOBOLIVM . MOVIT DE . SVO . PETRONIVS . MAR CELLVS . SAGERDOS . VI . KAL DEC . IIUVIR . PRIMO . ET . IVSTO ^v PRO . SALVTE IMP AVG . ET M CAES . AVROBOLIVM . UO VIT . PETRONIVS . MA RGELLVS . SACERD DE . SVO Chiunque osservi queste due iscrizioni poste a con- fronto , e non sia digiuno affatto di quanto fu scrit" to su' taurobolj da' letterati nostri del secolo passa- to , egli scorgerà bene , che Vnemobohum , o spar- gimento di sangue della prima , è una lezione certis» sima , equivalente al tauroboliam mo.nt della secon- da. Il padre Allegranza però scompiglia tutto ; e con un certo sig. Castelli giureconsulto napoletano si fa beffe dell' OLtenio , uomo certamente sperto ■^o Letteratura in queste cose , non che del Camarra e del Nico- lini , altro discreto isterico della citta Marrucina , che abbiamo alle stampe; onde leggere, senz' alcuna ragione od esempio , aegobolium. La temerità de' pro- sontuosi , che furon sempre ignoranti e di greco e di senso comune , risalta maggiormente in una scrit- tura qui aggiunta del sig. dottore Domenico Raviz- za di Lanciano , avo dell' editor nostro ; sulla qua- le sarebbe vituperoso il trattenersi. Basti dire, che dopo avere egli stesso recata la prima iscrizione con AEMOBOLIVM , come si ha in tutti gli esempla- ri ( e questi sono pur molti ), delira , o insulta con somma impudenza , muovendo argomento , che emo' bolium , ovvero emopolium , sarebbcsi dovuto seri» vere col dittongo AE ! Di uguale indegnità sono alcuni squarcj latini , che seguono , di un Sinibal- do Baroncini , che dicesi essere stato segretario di un arcivescovo di Chieti nel secolo XVL Noi, veg- gendoli bruttissimi di solecismi e barbarismi , sia- mo costretti a giudicarli raffazzonati da alcun mo- derno alla moderna. Il padre Allegranza mostra di conoscere quanto il Van Dale ed il Montfaucon avean pubblicato in- torno i monumenti taurobolici : ma ciò non sembra vero , poiché pone per unico suppliraento alla se- conda lapida Maximini Aiig. e Maximì , o Maxi- mini Caes , ne accenna almeno l'altro del Van Dale Septimii Severi , e M. Antonini , cioè Caracalla di lui figlio. Chi mai crederebbe , che di tre o quat- tro illustratori nostri nazionali , ninno abbia mai nominato il povero Mitra ? E questi è pure ne' mar- mi l'attor principale di feste s\ sconcie insieme ed interessanti , l'Atti Erige, Persiano , Berecinzio, Egi- ziano ancora , come sanno i pii^i dotti , nume de* Leontici , de' Pantelj , de' Crifj , ossieno riti occul-^ Marmi teatini fjt ti che dicemmo , il MENOTVRANNVS , o signore 4e' mesi , il sole invitto in somma , il generatore e rigeneratore di tutto. Diamo un saggio del modo , in cui dal padre lettore furono trattate altre lapidi teatine. In que- sta noi aggiungeremo due sole letterine , segnandole religiosamente in minuscolo. 3. Q. OC . . . . IVS . SAGITTAe L . SGARIPVS Q . TITIVS . TITIAE . L . SEGVNDVS M . DECRIVS . A . L . FVSCVS L . OCTAVIVS . L . eT . G . L. EROS Il padre maestro annota;,, Dalle vestigie, clic! „ nel marmo rimangono, non si dee leggere Ocillus, „ come scrisse il sig. Muratori, ma bensì Ociarius. ,* Oh ! il beir ociiini eh' era questo ! Ghiunque ab- bia punto d'esperienza ia queste dottrine , vede pur subito dover essere OGTAVIVS. Nella villa teatina di s. Agatopo v'hanno cin- que iscrizioni; delle quali tre sono falsissime; e di una falsità patente , grossolana , stomachevole : poi- ché eseguite da vili artigiani del paese , sotto la scorta di altri vili , che suggerivano scioccamente le parole di lapidi vere dell' istesso paese , e commette- vano un delitto brutto ed infamante quanto qualun- que altro. Che dice il placido padre Allegranza?,, „ Tre ( di esse sono ) artatamente restituite ; onde „ può nascere il sospetto almeno , se queste sieno sta- „ te esattamente copiate. ,, Duro sarebbe per noi , che sogliamo pure condannare ad alta voce le ne- farie imposture di somigliante moderna fabbrica, in- 7» LsTTRUATtRA truse dove non dovrebbesi , e da chi certamentfl ar» dire non dovrebbe in Roma ; duro , umiliante , ridi- colo sarebbe, se dovessimo appellarle artatamente re- tituite ! Che provvede a questo luogo il sig. Rav iz- za?,, Veduti, ed esaminali con diligenza negli ori- „ ginali antichi , tuttavia esistenti nella villa del si- „ gnor barone Sanità , erede de' signori Toppi , i „ suddetti epigrammi , si soii trovati forniti di tutti „ i caratteri dell' autenticità ; e tali quali sonp stati „ trascritti nelle pagine 3 e 4 ( ^^ questo libro ) , „ num. VII. Vili. ÌX. X. XI. e XII. „ I nostri buoni associati abbiano a loro dilet- to i gentili epigrammi , posti alla distesa e in cor- sivo : il che , per sifTalte scelleranze da Pirri Li- gorj ed Alfonsi Ciccarelli , è troppo. D. M. S. D. Vettio ex Ehid. pop. rem. ci>r. II. Jug. regrian. T' Asinius Marrv cons. II f. K. aug. B. M. P. — Ad deos Lamhertus Bnlhens. Iinp. opt. mng. V<'idoiu fd. anno III. imp. in Marruc. hoc moi'it. — P. S. P. Pos. XX. ann. tauroholium iter» de suo C. PetrO" nius sacer. Sabi. movìt IL Quanto e mai caro so- pra tutti queir irnperadore Lamberto Balbense, piut- tosto gotico duca Longobardo spoletano , a cui l'edi- tor nostro pone Tannotazion cronologica dell' anno domini 894' Le beate genti adunque, alle quali nascuntur in ìiortis .... E chi mai , a cotanto cu- molo d'indegnità , non esclamerebbe scherzando eoa Catullo : Marrucine Asini ? Nei restante di questa lettera , ed in un' altra diretta al sig. marchese del Casale , il padre Alle- granza descrive e spiega curiosamente le figure di un musaico scoperto in Teate , ora custodito nel real museo borbonico di Napoli , e che si sa da Luona pezza rappresentare il combattimento di Te- seo col Minotauro. Non v'ha stranezza di pensiero | MARMI *TEAT Itti '»J$ eli etimologie , di allegorici sogni , eh' egli non pon- ga in opera , per sostenere essere ivi effigiata la pugna di Ercole con Aclicloo. Qualunque persona voglia prendere stomaco della licenza pseiulo filolo- gica , e doli' allegorismo die mai non prova ciò che pretende , legga quelle carte. Fra due soli marmi sepolcrali , venuti alla lu- ce nel nostro Teate dopo gli scrittori antecedenti, troviamo una piccola gemma. Noi la raccogliamo ben volontieri ; eli' ella è di quell' amabile e spiritosa semplicità , da cui si formerà mai sempre la dispe- razione di certuni , clie ora voglion tenere in voga iscrizioni nel volgare italiano , troppo dilicato e schiz- zinoso ; e non producono che altisonanti ed impro- prie cantafere. Sappiano essi (e ciò diciamo ad am- monirli dell' error loro), che ottener non possono altro nome , se non se quello di epigrafisti volgari. 4- HIPPOCRATI PLAVT/omw VILTGo FAMILIA . RVST/ca QVIBVS IMPERAVI! . MODESTE Alle pagine 8, 9 e io reggiamo prodursi dal sig. Bavizza un monumento di prima classe , che già co- noscevamo da parecchi anni ; e con molta sorpresa leggiamo scritto sul medesimo: „ COSI' RESTITVI- „ to DAL SIG. BORGHESI „ e sottonotato : „ Il „ pubblico attende ansiosamente l'interpretazione di „ questo bronzo dall'insigne lf:tterato monsignore don „ Giovan Camillo Rossi , già vescovo de' Marsi , e ,y di S. Severo , ora degnissimo consultore di stato 74 Letteratura. „ (di S. M. il re delle due Sicilie in Napoli), il qua- „ le da tanti anni ci onora di sua amicizia, e che nell* „ aurea sua opera dell' arco di Trajano in Bene- f, 'Vento illustrato , ha annunziato come futura ap- „ pendice alla stessa l'illustrazione ancora di det- „ to bronzo. Intanto non possiamo dispensarci per „ intelligenza de' lettori dal pubblicare il supple- „ mento , che ne ha dato il valorosissimo archeo- „ logo sìgnorìBorghesi , il quale ne ha fissata l'età ,, air anno 914 di Roma, o sia 161 di Gesùr^Cri- „ sto. È questo un terzo documento, che sotto l'ira- „ pero di M. Aurelio e Lucio Vero era la citta, di „ Chieti ascritta tuttavia alla tribiì Arniese. ,, Ci sembra veramente , che il sig. Ravizza , nell' avanzare un complimento di parole, abbia commes- so una] inciviltà di fatto e verso monsignore Ros- si , e verso il sig. Borghesi. Peggio si è , che noi stessi potremmo comparire prima cagione della in- grata vertenza. Monsignore Rossi , venuto in Roma dieci anni sono , con quella esimia gentilezza che lo adorna , volle pur conoscer noi , permetterci di trar- re copia del prezioso frammento , ed anche di co- municarla all'insigne sig. Borghesi assente. Questi nel rispondere ci manifestò la esultanza sua per la im- portante determinazione del consolato di^Avidio Cas- sio , e ci die parte del rislauro , che la sua nota pe- rizia ygli avea suggerito. Di un tale ristauro ebbe un esemplare il solo sig. Akerblad , come quello che se- co noi attendea valorosamente agli studi delle ro- mane antichità. Se dunque alcun indiscreto non abu- sò allora delle confidenze nostre, il sig. Ravizza sa- rà stato posto in possesso della scheda , che ora pub- blica sìjnudamente , alla fatale dispersione di tutte le carte del dotto uomo; dispersione per noi ama- rissima e^dannosa , quanto b iramaturaf morte che Marmi teatini ^5 ne lo rapi. Noi certo non abbiamo divulgato mai nul- la sul bronzo teatino ; e l'esempio nostro imponea pu- re degna norma al sig. Ravizza. Egli , prima di git- tare una stampa per se stessa di niun' conto, dovea chiedere benigna permissione dall'umanissimo prelato. Ora però che la istorica tavoletta non è pii^i ine- dita , noi la replicheremo quale ce l'hanno data i ti- pi di Chieti ; ed accenneremo quanto ella si aspetta ancora di positiva illustrazione; sicuri", che gli ama- tori delle antiche rarità sparsi per l'Italia ce^ne sa- pranno buon grado. 5. Imp. M- Aurelius Antoninus Aug, Pontif. Max. trib. pot. XV. cos. III. et Imp. Caes. Z. Aiirelius Verus Aug. trihunic. potest. cos. II. divi Antonini Pii /., divi BaJ)ri ANI . NEPO tes, divi Trajani PaRTHICI . PRONEPO tes , divi Nervae ABNEPOTES Nomina eorum qui MILITA VERVNT in cohortihus prae TORIS . DECEM . I. II ///. ir. V. VI. VII. via. /X. X. ET . VRBANIS quinque , x. xi. xii. xiil. XIV. SVBIEGIMVS jisq. fortiter et PIE . MILITIA . FVN ctis jus tribuimuS . CONVBI . DVMTAXAT Clini singulis et /?rIMIS . VXORIBVS etiamsi peregrini . IVRIS . FEMINAS in matrimonio suo IVNXERINT . PROIN de liberos tollaNT . AC . SI . EX . DVOBVS civibus romanis «ATOS 7<5 LnffTBRAriiAA a. D. PR. NON . MAI .... CELSO . PLANCIANO JAmO . CASSIO . COS coH . X. VRB . . . . F. ARN . A POLLONI ANO . TEATE DescripT . ET . RECOGNIT . EX .TABVL . AER quaefixa eST . R0\1 . IN . MVR . POST .TEMPL dhi ^VG . AD . MINERVAM Dopo ciò die fu scritto dal ciottissimo Marini alla tavola XXXV de' suoi Arvali ; dopo ciò clie fa improntato graziosamente dal barone Vernazza in un apposito libretto ; rimine ancora molto a discuter- si sulle ragioni e sulle ciscostanze delle cosi dette oneste missioni. Nel carteggio nostro col sig. Bor- ghesi muovemmo allora 'alcuna difficolta contro il discorso da' due valentuomini : ma per la natura stes- sa della corrispondenza sovra tanti e tanti oggetti eh' escono giornalmente alla luce in quest' emporio dell' antico, passammo poscia ad altri argomenti. Sa- ra quindi grande utile per la repubblica letteraria, che monsignore Rossi, riguardando l'edizione chie- tina come non avvenuta, ponga alle stampe i suoi lavori ; e che il sig. Borghesi , a cui gì' indefessi studi nella sua alpestre solitudine debbono aver som- ministrato non poco da aggiungere o modificare nel- la già data restituzione , aggiunga o modifichi quan- to mai crederà opportuno. In tal guisa il classico no- stro giornale andrà superbo di articoli maestrevo- li sulla difficile archeologia; e noi sempre più pa- ghi saremo di una compete nte vivezza, non mai di- sgiunta dalla moderazione e dalla osservanza di ogni urbanità. Marmi teatini ^y Un' altra curiosa e strana incontranza ci accad- de ancora , nel farci a leggere questo libro. Aven- do veduto indicato nella prefazione un comento il- lustrativo del eli. sig. abate Guarirli , autore di tan- ti e SI dotti lavori epigrafici , che abbiamo sempre desiderato conoscere , ma invano , corremmo avida- mente alll fine dell' istesso libro; ed ivi trovammo questa epigrafe , eh' è la seconda delle scoperte da ultimo , così malamente impressa in corsivo minuscolo. O. II. s. s lijaliss , Victoris H) acinti . Flcwiaes Procuìae . Ser L^' cecia . Donata Nutrix P Nulla ci piaceva quell' Hjaliss. mutilato irragione- volmente ; e gik sospettando non buona conserva- zione della pietra, o lezione dubbia, volgeasi a noi per la mente H^rcl/ ^ nome bellissimo e regolare. Mol- to meno ci piacevano tre servi, lalisso , Vittore e Giacinto; e poi tre servi che avessero avuto una sola nutrice. Ma qual fu la maraviglia nostra , al- lorché tornando al principio del libro , scorgemmo in serie questa lapida , e ragionevolmente rappresentata ! 6. D HYALISSI .Vie ... , HYVCLVTl . FLAVIAES PROGVLAE . SER LVCCEIA . DONATA NVTRIX. P. fjQ LetteRìituri Trattandosi di monumento servile , non può cader dubbio, che quel VIG . . . non sia VIGARII. Quindi lalisso servo giovane era vicario , secondo , o so- stituto a Giacinto servo più anziano della signo- ra Flavia Procula; e la nutrice fu nutrice di un solo, cioè di lalisso. Questo specioso nome, scrit- to però lALISSO , per non curanza volgare dell' Y e della sua annessa H , ci occorre subito presso mon- sig. del Torre , Monumenta veteris Antii , edizione terza di Roma del 1724. 1 alla pagina :26o. Vera- mente i genitivi inseriti gli uni negli altri , che qui sono tre , multum facesserunt , e multiim fa- cessent negotii a'non bene acuti spositori di lapidi. Per ciò scrivevamo non è gran tempo al sig. Bor- ghesi, che sarebbe d'uopo tessere su di essi un par- ticolare trattato. Negli epitaflj de' servi però, ne' quali le cose sono determinate dalla necessita di uso, e provate per infiniti esempj , a paragone di altre no- menclature più importanti , la oscurità è ben leg- giera. Il sig. abate Guarini rigetta questo titoletto ad seqiiiora latinitatis tempora , per quel FLA- VIAES; e cita su di ciò il padre Lupi nell' Epi- tafìo di s. Severa. Perdoni , di grazia : una tale ci- tazione , a dir poco , non è propria. Alcune lapi- di , uscite a tempo nostro dal suolo di Roma , ci aveano assicurato bene , essere quella terminazione di ottimi secoli , ed anche anteriore ad Augusto. Contentiamoci di pochi documenti , ma sicuri , presi dal famoso colombario de' liberti di Livia Augusta. Dalla edizione del Gori , alla pagina 68 , ed in se- rie alla pag. 77 n. VL Da quella del Bianchini , pag. 24 n. 34f e pag. 48 n. 127. MARMI TEATINI 79 G . IVLl . EVTYCHI ET . QVINTILIAES . AVRAES IMMVNIVM Dal Bianchini , pag. 38 n. 78 , e pag. 54' PANAGLAES CLAVDIAE Questa è più notabile ; poiché la sparizione di quel- la lettera volatilissima S graziosamente serve a dia- crisi de' due genitivi aggiogati; e conosciuta la el- lissi di servae in mezzo , ellissi chiarissima agli an- tichi per l'uso , e pel luogo stesso , anche noi be- nissimo intendiamo : di Paiiaglae serva della im^ perlai signora Claudia , cioè di un' attinente a Ti- berio , o a Claudio , piuttosto che di una piccola figlia di Nerone. La teatina nostra sfumò la S in PROGVLAE, giacche segue immediatamente in SERw. Alla buona Donata della medesima , con tutta l'ap- parenza d'ingenua , diamo pure sicuramente la con- dizione di liberta nella gente Lucceja , nobilissima e notissima di quelle contrade. Gli esempj sono ir- refragabili ed a milioni , per un' altra ellissi , fatta diremmo per civiltà romana ; e qui bastino i re- cati Cajo Giulio Eutico e Quintilia Aura. - Dal Bian- chini finalmente , pag. 44 Fabrettiana pag. ^i. GERDO . ANTONIAES DRVSI AEDITVxMVS . VENERIS Non possiamo nemmeno accordar buono al sig. abate Guarini l'indo vinameuto suo di 0. H. S. S. 8o hzXl'ZKlTVRA. Ossa heic sita sunt. Quel frantume di lettera h l'avanzo di una D. scantonata ; vale a dire : ivi era certissimamente la solita formola D. M, di cui le due lettere ordinariamente sogliono distare fra loro per tutta quanta appunto la lunghezza della riga scritta sottoposta. Ivi dunque nella prima ri- ga non doveansi porre puntini ; che lo spazio era vacuo , ma ora non si vede per la rottura e man- canza del marmo. Il sig. abate Guarini dovrà essere contento, se gli concediamo, che la frase O. H. S. S. possa rinvenirsi sul principio degli epitaffj ; e non saprk mai e poi mai negarci , eh' essa pii!i consue- tamente e ragionevolmente s'incontra in fine de' ti- toli sepolcrali. Siamo persuasi , che il dotto e fecondo uomo avrà scritto eccellentissimamente sovra cento e mil- le altre iscrizioni. Ma tale si è la proprietà di que- sti difficilissimi ed immensi studj , che in essi an- che un Argo caecutit , dove meno sei crede. Er- rarono pur gravemente i Mazocchi , i MaiTei , i Ma- rini. Che attender quindi da' geniali , da' dilettanti delia provincia , di gran lunga ad ogni cittadino maestro inferiori ? A questi vorremmo dare un con- siglio , non ascoltato mai da allri che in maggiore citta capitale tengono le superbe debolezze di mu- nicipio ; ed è, che prima di avventurare i parti loro , consultassero alcuna persona delle valenti e rinomate. Nella vivida Napoli v'hanno pure gì' illu- stri , che procedono sulle orme già segnate da un Francesco Daniele, da un monsignore Rosini. Tali so- no cerlamenle Tenconiiato monsignore Rossi , il sig. Avellino, il sig. canonico de Iorio, e l'istesso sig. aba- te Guarini. Noi, non v'ha dubbio, amiamo in qual- sivoglia persona la inclinazione al buono ; saremmo lidissimi di lodare ed approvare iatcrameate gli slau-. Marmi teatini 8r cj di ogni plausibil genio: ma per l'omaggio clic dob- Liamo alla verità , per mostrarci Lene istruiti presso coloro che conoscono le opere di un Marini , di uà Visconti, siamo poi costretti a riprendere ciò che ri- sulta contrario agli eccelsi certissimi priacipj di unal Si vasta ed ardua scienza. Girolamo Amati. Epigrammi di Zejìrino He cesenate. Bologna , tipografìa Nobili ìÒ^'ò. C^ono dedicati alla signora marchesa Belmonti Cima Baldini per mezzo del seguente epigramma : ,, Donna gentil , cui dono il mio libretto , „ De' pregi vostri a lungo io dir vorrei: „ Ma chi potrebbe dopo tal soggetto „ Leggere in pace gli epigrammi niiei ? Come potrà la dama, per quanto sia gentile, essere grata ad un poeta che piiì assai cura di pubblicare i suoi epigrammi , che di render conte le molte e rare virtiì ond' ella è adorna ? Catullo pure dedicò i suoi versi a Cornelio Nipote , i quali , sebbene egli chiamasse baje 4 Namque tu solebas Meas esse aliquid pittare nugas ; non si rattenne perciò dal commendar Cornelio come quel SOLO degli italiani , che saputo avera G.A.T.XXXV. 6 8a Lettehatura „ Omne nevum trihus explìcare chartis „ Doctis , lupitcr , et laboriosis. Quanta lodo in pochissiaic parole! Francesco I\Iavia Zanoltì espresse il pensiero delFA. gentilmente ad uu tempo , e di filosofo; pa- ragonando due cose delio stesso genere; siccome, può vedersi nel seguente epigramma diretto al p. Pier Ma- ria Brucchicii celebr>3 ìiarnahita . il ertale tradotto aveva le bellissiaie elegie dello Zar, otti sopra le prin- cipali feste di Maria scn.'pre vergile. Exprimis cf rusco daui in sermone ^ B rocker i ^ yersicidis quxc nos lusiinrcs impari bris : Scili cct DSieiidis tihi me placuisse ; sed idem EJJicis , ut mea jani jìou safis ipse prnbcm; Nani qu(e me invitls fateor scripsìsse camoenis. Cui placent , tua si coinmodiora leget ? Il paragonare i pregi morali con gli epigrammi, tor- na lo stesso, che paragonare l'ecclissi solare con uà canario. Gli epigrammi dell' A. sono saC , d«' quali di- ciannove tradotti dal greco, dal latino, dal francese. Kiuna delle traduzioni è, a parer mio, felice. Ne da- rò due esepip]. „ Deutihiis atque corais^ necpiidef, uteris empiisi „ Quid Jri.cies oculo , Laelia ? non emitur. Cosi Marziale. Epigiiammi 83 11 nero crine , i bianchi denti , e il roseo Color , Lelia , comprasti : ali dove mai Due occhi non cisposi comprerai ? Così l'autore» Non sono gli aggiunti nero , bianco , e roseo elle formino la bellezza dell' epigramma. 11 Lello sta neir artifizio adoperato da Lelia per dare ad inten- dere , che sia dono della natura ciò che è acquisto fatto coir oro. La giovane Lelia , a cui parla Mair ziale , era priva d'un occhio ; laddove quella a cui parla il N A. gli aveva ambidue , i quali comecché cisposi , non tornava il conto alle fanciulle di scas- sarsegli dal cranio per comperarne due finii. Non sarebbe forse meno infedele quest'altra tra- duzione ? I compri denti nella bocca serri. Di compro crine il capo tuo vestisti ; Or come l'occhio, che ti manca , acquisti? Cur non mìtto meos libi , Pontilianae , Ubellosì, Ne miài mitas , Pontiliane , tuos* Cosi Io stesso Marziale. ,, Aulo , saper tu vuoi „ Il perchè non ti dico i versi miei ? ,, Per non sentire i tuoi. Così l'autore. 6» 84 LlTTKRÀTURA Io tradurrei di quest' altro modo : Mi chiedi , amico, perchè i versi miei Non ti spedisco ? Percliè tu compietida Che l'arrivo de' tuoi i' non vorrei. Ne perciò credo io già di aver tradotto bene. Deci- derà il pubblico imparziale, clu di noi due abbia tra- dotto peggio. Traduce l'A. anche il celebre epigramma „ Lumine Acon dextro , captus es, Leonilla^ sinistre f „ Ei potis est forma vincere uferque deos. „ Blande puer^ quod lumen habes concede parenti: „ Sic tu coeciis Amor ; sic erit ilici Venus% „ Del destro a Eìpin , dell' altro occhio l'onore „ Manca a Lilla , e in bealta vincon gli dei. „ Vago garzon , cedi quel lume a lei, „ Ch' essa Vener sarà , tu il cieco Amore. I diffetti delia qual traduzione si conoscono al paragone di quella del celebre avvocato Zappi. „ Maaca ad Acon la destra , a Lconilla „ La sinistra pupilla , ,, E ognun d'essi è bastante „ Vincere i numi col gentil sembiante. ,, Vago fanciul , quel!' unica tua stella „ Dona alla madre bella : „ Cosi tutto l'onore „ Ella avrii di Ciprigna , e tu d'Amore. Epigra-maii 85 Quanto è più gentile, e quanto più acconciò è qui il vocabolo pu/iilla del vocabolo occhiai peroc- chl' iu quella è la parte pii!i nobile, in quella la bel- lezza , in quella talvolta un parlare che la lingua esprimere non saprebbe , in quella la sede dell' ani- ma. La narrazione - /»/^//iC'rt ad /4con la destra, a Leo'iilla la sinistra pupilla - scorre con ispeditezza e dignità, siccome di celesti cose ragionando massi- mamente conviene. La narrazionr^, del N. A. va a gran- de stento colle grucce, ed è costretta a prender ri- poso al cominciare del verso per la penosa unione delle tre vocali O. A. E - Del clestrO A Elpin ^ dell* altro occhio V onore tn.nca a Z///<7. - Quanta gra- zia ne'due versi- Kn^o fnncìul ■, quelV unica tua stel- la-Dona alla madre hi' Hai -Ma quanto dispettoso è il verso - f^ago gurzon , cedi quel lume a lei \ - Dove da prima spiace la ur)ione del go col ga\e. poi spiace la parola garzone , la quale donando ad Amo- re qualclie anno, gli toglie una parte di vaghezza; e poi spiace fonore dnlT occhio', e poi spiace la ces- sione invece del donc; e poi spiace il lume invece della stella. Quello arde ne' sotterranei della vestale ad accrescere lo spavento della sepolta viva ; ma que- sta splende soltanto in cielo. E poi spiace la duris- sima unione delle due L in quel lume, E poi spiace il protionie lei senza che sia accompagnato da qual- che epiteto, che dinoti l'avvenenza della giovane. E poi spiace che Elpino non apparisca figlio di Lilla. E poi ^ a non andare all' infinito, spiace l'intera tra- duzione , massimamente al confronto di quella della Zappi , la quale sarebbe , per ciò che io ne giu- dico, perfetta se il chiarissinij poeta dirozzato avesse i due versi ,, ,E ognnn cV e-ssi è bastinte ,, Vincere i numi col gentil sembiante. 86 LettkrAtora, Tra gli epigrammi dell' A. ve n' ha, di quelli » che in forza dell'attrazione delle idee ne rammen- tano fortunatameate de' bellissimi di altri autori ; della quale spezie sono il (jiiaraatesimo settimo , e roltantesimo ottavo. II. primo è questo. ,, Ladro famoso è Arpin ; ma il primo onore „ Ne' furti han tolto i figli al genitore ; „ E perciò i^li rampogtia Arpino irato „ Dicendo : Io non vi ho ancora emancipato. II quale ricordi il graziosissimo epigramma del Ce- retti , che si ride di una repubblica , che nata ap« pena spirò in culla. „ Fatte l'unghie e il rostro appena „ Più voraci della Sena „ Le arpietle cisalpine „ Al piacer delle rapine „ Avezzar voleansì anch' esse ; f, Ma la madre le represse „ Col dir loro : Ola che fate ? „ Non vi ho ancora emancipate. 10 non maravigllerei , se tal uno giudicasse , che l'epigramma dell' A. fosse una sconciatura di quello del Ceretti. Ecco il secondo dei detti epigrammi dell' A. „ È qui sepolto il gran ciarlon Soemo : „ Ora un poco anche noi parlar potremo . 11 quale ricorda quest' altro „ E in questa tomba un chiaccheron serrato , I „ Che col dir assordò tutta la gente , Epigrammi 87 ,f E Lencliè egli ammutisca eternamente „ Tarilo non tacerà quant' ha parlato. Assaissimi , a dir vero , sono gli epigrammi insulsi dell'A., de'quali ne trascrivo qui alquanti. „ Degli epigrammi suoi vide Pasquale „ Il libro in mano al salumaro , e disse: „ Ora chi m' opporrà che non han sale ? Questa freddura avrebbe potuto tollerarsi appena se da altri fosse stata detta fuorché dal poeta. „ Le altrui pitture criticar volendo ,; Lucio nell'occhio un pugno ebbe tremendo ; „ Perchè nel giudicar l'opre dell' arte „ E diritto eh' abbia l'occhio la sua parte. „ L'altr' ier la casa ancor venduta ha dori ,, Per comprarsi uno sciallo a più colori. „ Gloridc mia , quanto sudar dovrai „ Quando la casa sulle spalle avrai ! „ Pria di calcar qus' nostri attor le scene „ Fra lor si son battuti molto Lene ; „ Onde nella tragedia che si fa j, Esprimere il dolqr con verità 83 Letteratura E che ? ( sarò forse richiesto ) Possibile che TA. in ceoto e piiì epigrammi non ne abbia al- cuno che meriti qualche lode ? Rispondo di buona fede. Anche Lucilio Ut flueret lutidentulas erat qitod t oliere velles • per ugual modo potranno piacere i tre seguenti : „ Chiedon perchè il chirurgo Anton- Maria „ Ha preso moglie si sottile e scarma ? „ Per istudiar sul ver l'anatomia. 2." Oggi il bugiardo Eliso „ È morto air improvviso , „ E vuole il magistrato „ Che 1 esti in casa per più di guardato , „ Temendo ancor che sia „ Quel suo pronto morir una bugia. 3." ,, Fa pur , medico Argon , le tue vendette „ Scrivendo coatro me satire inique : „ Le satire , o dottor , non son ricette. Peccato , che niun epigramma sia scritto con quel vezzo di lingua , che si richiede massimamen- te in questo genere di poesia; e peccato ancora, che non ve n'abbia alcuno , il quale piaccia , e sor- prenda appunto per la sua deformila ; come quello E P I G n A M M I 8q ^^'Ingegnosissimo e lepidissimo letterato sopra un pover uomo a cui furono rubati i pochi cenci, e i quadri di niun valore, che tutto formavano' il suo patrimonio. „ A Piero hanno rubato „ Abiti , e quadri. 5, Poveri ladri ! tJditt la qual compassione ne anche Catone potreb- be trtitenere il riso. Più spesso che noli è lecito ricorre il N. A. ai nomi proprj a fine di procacciarsi la rima. Gli è d'uopo la rima in moka, io , e la prende da Libo- rio : gh è d'uopo la stessa rima per accompagnarla a refettorio , e' non volendo recare soverchio incomo- do a Liborio si rivolge ad- Onorio. Così al sale fa servir di rima Pasquale , e a privativa il professore Oliva. Nel seguente epigramma si rendono mutuo uffizio ài rima due nomi proprj Lucia, Anton^ maria. „ Mentre nel giorno di santa Z«c/« „ Il medico condotto Anton-Maria „ Sponea in consiglio comunal suoi merti : „ Gonvien , dicea , che gli occhi abbiate aperti. „ Per questo appunto , rispondean , messere, „ Oggi iu mano teniam le palle nere. Tanti sono i nomi proprj adoperati dall' A. in ajuto delle rime, da indurre a credere che spogbas- se molti calendari. V e],be chi raccolse in due versi i precetti dell' epigramma. go Letteratura „ Onine epigramma sit instar apis , sit acculeus illif „ Sint sua niella , et sit corporis exigui. La massima parte degli epigrammi del N. A. non adempie che a quest' iiltimo precetto ; pocliis- simi epigrammi hanno il pungolo , ninno il mele. Bisogna disingannarsi: per quanto sia grande il volume degli epigrammi , non ve ne saranno mai , die sei od otto al più degni di memoria. Anche di quelli di Catullo? Anche di quelli di Marziale? Si ; e di Catullo, e di Marzialor, e di quanti scrissero e scriveranno epigrammi. , Erano, già due anni dap.poichè io steso avéya que- ste osservaziipni , le quali poi non pubblicai per qual- che giusto riguardo. Questo gik è cessato per la so- verchia lode data all' A. nel pubblico foglio che ha per titolo - I Teatri , giornale drammatico , musi- cale , e corografico fase. III. - Per la qual cosa ho creduto bene di trarre il pubblico d'inganno, e di far conoscere ad ognuno , che come i biasimi generali , così i generali encomj a nulla montano. Il critico , se ama che gli si presti fede , è tenuto per debito di offizio di palesare i difTetti e le bellezze. Ecco di qual modo si esprime il foglio testò d- ,, tato: -Epigrammi di Zefiri no Re, seconda edizione ,, riveduta dall'autore e corredata dei titoli che man- „ cavano nella prima, colle giunte di nuovi epigram- „ mi. Un volumetto in i3 . . . Lir. 2. ,, L'attico sale e la finezza de' concetti , che in „ tanta copia sono sparsi in questi epigrammi , gli „ rendono degni di stare a paro coi più celebrati „ nostrali e stranieri. Eccone la dedicatoria, eh' e „ essa pure un gentile e fiuo epigramma. „ „ Donna gentil , cui dono il mio libretto , „ De' pregi vostri a lungo io dir vorrei : „ Ma chi potrebbe dopo tal soggetto „ Leggere in pace gli epigrammi miei ? Quanta magnillceza di lodi, e a dir vero, quan- to mal collocate ! Io non ho letto , ne leggerò cer- tamente la citata seconda edizione : ma se mai l'A. avesse corretto alcuni dei difetti dianzi manifestati , io farei plauso a lui per l'ammendi , ed a me per l'ac^juisto della sua confessione de* commessi sbagli. Quanto però mi dispiacerà sempre, eh' egli non ab- bia cominciato la riforma dalla dedica ! V. Berni Degli Antonj. ^ A S. E. Il sig- principe d. Pietro Odescalchi- JLie cortesi accoglienze che il giornale arcadico ha fatto soventi volte alle cose letterarie de' ragusei , e i nobilissimi elogi onde ha voluto confortarne gli au- tori , mi danno giusto motivo di sperare, che voi, chiarissimo sig. direttore, non isdegaerete di fare egual- mente buon viso ad altre due produzioni dei mede- simi , che vi trasmetto. La prima e una elegia lati- na, che deve esservi certamente cara, e perchè con- tiene le lodi dell'ottimo nostro filologo Francesco Can- cellieri rapito non ha guari a Roma e alle lettere, e perchè fu dettata da quel valentissimo Antonio Cher- _sa , il quale è tenuto in tanta stima dai conoscitori del bello , che se a'giorni nostri trovassero ancora ga ' ^ LfiTTHRATUHA credenza i sogni sublimi degli antichi sapienti , si direbbe essere per virtiì di pittagorica trasmigrazione in lui passata tutta l'anima di Catullo : tante so- no le grazie e le veneri , di cui fioriscono i suoi poetici componimenti ! L'altra abl)raccia due latine iscrizioni , con le quali il eh. sig. Biagio Stulli ha voluto onorare le virtìi ed eternar la memoria di una illustre matrona , e di un venerabile lettera- to . Nutrito della lettura dei classici cammina egli per tal modo sulle orme del Morcelli e dello Schias- si , che dedicandosi totalmente a questo genere di studi potrà aggiungere senza dubbio un nuovo lauro ai tanti altri , che già rendono si celebrata Ragusa. Degnatevi , sig. direttore , di leggerle ; e l'acume del vostro intelletto congiunto alla finezza di un "^ purgato giudizio sapra meglio di me discoprirne gì' intrinseci pregi. Abbiatevi intanto a nome de' ragu- sèi -que' ringraziamenti che rendere per me si pos- sono maggiori , e ad altro non attribuite questa mia premura per tutto ciò che concerne a Ragusa , se non al desiderio che io nutro di far palese (al- meno in questa guisa , giacche non posso altrimen- ti ) l'eterna mia riconoscenza verso i coltissimi con- cittadini dei Boscovich , degli Sta}^ , dei Cunich , e dei Zamagna , i quali nel mio lungo soggiorno in quella Atene della Dalmazia mi furono larghis- simi di amicizia, di benefizi, e di ogni maniera di urbanità^ Continuate a ben meritare delle lette- re col sostenere caldamente nel vostro accreditato giornale la causa del Clnssicismo , che è la causi del buono , del bello e del vero. Dal collegio Nazareno li 39 giugno 1837. Gio. Battista Rosani SELLE SCIJOL6 Fti. 93 Ik fuwkre Francisci Cawcellierh AwTOmi CHf.RiiiVE iN^ER Arcade» Salimbi Megaiudis ELEGIA. D. una legerem Errantis vitam, quam ductus amore Eximii , luus ut mos erat , eximiè Scripsti pictoris ; misistifjue , inclyte amice , Testarere tuani quo mihi amicitiam ; Versaremque animo , dignas peisolveie grates Qua tali posseni prò merito ; horribilis Nuncius attonitas subito mibi perculit aures , Te Romae et rapuisse invida fata bonis ; Ne foret , italidùm qui tot monumenta , tot artes , Tot prisci e coecis erueret tenebris Notitias aevi^ decus unde et gloria gentis Et virtutis amor crescerei et studium* Ingemui et Aevi: dein plurima scripta recordans, Illustrasti omneni tu quibus Ausoniae Historiam , Francisce ^ tua?, mihi gratti legenti Docta animum miris scripta levare modis ; Tum laudum], ornasti queis me nil tale merentem , Munera , seu Tiberini , sive alio biberem Fonte baustas diversus aquas ; partasque , juvante Te, mibi clarorum tot virdm araicitias ; Tum recolens mecum quae deinde miserrima vidi , Sumque infanda brevi temporis in spatio ( Saevae ludibrium fortunae ) passus , obortis , Clamavi horrendùm , continuò lacrimis , Quid potui infelix in vos coramittere tantum , Di superi , ut tantls plecterer ipse malis ; o4 Lktteràtura Nec milii quicquara usquam reliquum foret, altalevari Quo potè sit moesto in pectore amarities ? Ali cur et , antiquo qui me coraplexus amoie Duclum erat ( unde ingens gratia roraulicìas Praestantes doctrinà inter milii partaque iaus est , Et quaesita meis saepe medela malis ) Funere deLueram tristi lugere superstes Aeternùm muto compositum in tumulo ? Cui , quas cura aetas olim sollerte pararàt Multa patrum , afflixit LarLarus Iiostis opes ; Cui minimum natu , pulcra notum indole, fratrem (i) Ante diem ( nonclum sunt duo lustra ) suum , Dein rapuit,morum exemplar, sanctaeque magistram Vitae , raatrem (2) avida mors truculenta manu; Altero et inflixit vulnus rapto impia ( quod non Vel spscics rerum , vel queat ulla dies , Vel varius sanare labor mutabilis aevi ) Claro laude omni fratre (3) , recèns Lacliesis. (i) loseplium Chersam, sunima spe animi et ingenii praeditam adolescenteln , qui natus Kal. Novemb. An. 1791 obiit xj Kal. Febr. An. 18 19. (?.) Mariam Boscovicliiam Chersam, matremfamllias incomparabilem. Obiit vj Kal. Augusti An. 1826 , ageas Aa. 66. (3) Thoma Chersa , viro moribus , ingenio , doctrinà et scriptis clarissimo. N*tus est III. Non. Apr. Aa. 178» excessit e vita III. Id. luti. An. iBiS, \ 95 Inscriptiones Blasii Stalli inter arcadcs Poliaixhi Egìnefìci. I. MARIAE . CIIERSAE HONESTAS . Fr.ilIINAE . PIAE . FRVGI . BEIXIGNAE EXIMII . ERGA . PIAUITY-TÌ . FILIOSQVE . ADFEGTVS QV.iE . OMNIA . DO.UVS . OFFICIA RFCTE . LArD^'.TlSSniEQVE . OBIVIT ET . INTKGRVM . FVIT . ?.IAT1\ V MFAMILIAS . EXEMPLAR MODESTIA . ET . ANIMI . AEQVITATE SVIS . ET . OMriUVS . VIXIT . CARISSIMA A1NN. LXVI LABORES . VALETVDINIS . PLVRES . ^?ENSES . ADYLRSAB PATIENTISSIME . PERPESSA. DIEM . SVVilI . FVNCTA . EST VI . KAL . AVC^'STI . M. DCCC. XXY STEPHANUS . CllERSA VXORI . BENEMERENTI . SVAVISSLMAE FILII . MOESTISSIMI OPTIMAE . I\IATRI ANIMA . DVLCISSIMA . AVE . ET . VALE 96 FRAirCtSCO . CAirCELtlERtO CITI . ROMATfO ANTIqVA . VIRTVTE . ET . INNOCEKTIA . MORVM . SfECTATISSIMO PIETATE . CONSILIO . ET . DOCTRIiTA . IKSIGWt SACRAE . VETERIS . DISCIPLI5AE . SCIESTISSIMO SGRIPTORl . OPERVM . PLVRIMORVM Qvr lAVDBM . vmVERSAE , PHILOLOGIAE . ELEGANTIA^ lITTERj^^VM . CVMVLAVIT ET , AITTIQVIS . MOlfVMKNTIS . IHVESTIGANDI» . DETBGIIfDW ILIVSTRAKDIS »«RA . MEKTIS . ALACRITATE . QVOAD . VI-.IT . E^E . XKCVBVXt MORBO . SENIOQVE . COWTECTV» OBIIT . ROMAE . SAWCTISSlMK ANNO M . DGCC . IXVl ARCADES SODALI . MERITISSIMO . OPTIMO Ó7 A R T I. B E L L £ - A R T I LA SILVIA DI CINCINNATO B/VRUZZI. Lettera di Luigi Paletti a S. E. la signora don- na Chiara Colonna nata Doria Colonna dei principi d'Avella, k_/ul margine d'un' isoletta che sorge in mezzo alle acque di un lago limpido e tranquillo Lo veduto se- dere una cara giovinetta tutta bella e graziosa di for- me. Le ridea sul volto quell' Amore che al cor gentil ratto s'apprende , e che è prima cagione dell'armonia delle universe cose. Mi parve molto degna d'esser descritta a voi, graziosis- sima signora, che'siete si gentile, e di si care e dolci ma- niere educata. Perchè non so a chi si abbiano meglio ad offerire le cose gentili , che a persone nobili e gen- tili, e lo rrcpUenti per ingegno che a chi è di bello' e di mirabile ingegno fornita. E come in essa mi è sembrato di vedere il simulacro di quella innocen- te verità , nella ([ualc si quieta ogni intelletto , cosi G.A.T.XXJLV. 7 r)8 Bille-Arti mi è parsa meritevole della vostra coasiderazioue, co- me virtù fra le altre dilettissima al vostro cuore. Son sicuro che la guarderete con moltissimo amore, e che tì sarà cara oltremodo. Fero se vengo a parlarvene h perche son certo, che vi pia*:erk moltissimo, se non per le mie parole almeno per la beltà dell' aspetto. Oh la cara creitura ! Oh i modi onesti e semplici ! Chiunque la mira pensa subitamente ch'ella in tutte le cose non veda che onesta e grazia. La sua età è di quel caro tempo , in che ci pare , diceva il leg- giadro Castiglione , che sempre il cielo e la terra € ogni cosa faccia festa e rida intorno agli occhi no- stri ; e nel pensiero, come in un delizioso e vago giar- dino, fiorisca la dolce primavera dell' allegrezza. Ella è lontana dal sospetto e dalla malizia dei tristi. Non .sa elle sia mollezza , e non conosce le arti lusinghie- re di attirarsi gli uomini: e se ciò avviene, h senza malizia e solamente per la bella del suo impero. Non vedesi in lei che freschezza ed innocenza, che allarga il cuore a quella calma e sicurezza interiore, la quale oggidì per la perfidia pare bandita dal petto degli uo- jnini. Qui non trovansi inganni ne finzioni , e il suo governo è, come vuol natura, di casti e dolci costu- mi. Ella sta tutta pendente in atto di mirarsi nello specchio tranquillo delle onde chiare, dove piti bella e leggiadra rifulge , e viene con lieto sembiante va- gamente acconciando intorno al capo le chiome, e so- pra un velo le rose , quasi a dire che non vi è gra- zia al mondo senza fiori. Invano, donna Chiara, la cer- chereste altrove , perchè non ha chi la somigli , e so- lo nella mente di pochi se ne trova alcuna immagi- ne : e que' pochi, come voi, la vorrebbero sparsa per lutto a conforto della misera utaanita. Sì bella creatura usci dalla, mente doli' egregio scultore Cincinnato Baruzzi , e mi e parsa cosi ti- va dio non le raanclii altro clie il respiro. Le sue dilicate membra somigliano tanto al vero, quanto di morbida carne e non di freddo sasso hanno tutta l'apparenza. Egli le impose il nome di Silvia , e trasse le sue forme da quelle semplicette , che lon- tane dalla malizia solamente si dilettano di piace- voli ed onesti ricreamenti. E, come vi dissi, sotto il ve- lame della sua figura mi parve di vedere effigiata l'innocente verità sempre cara ai buoni, ingrata ai tristi. Così forse il sommo Torquato nella sua Sil- via ci dipinse quest' amabile figliuola del tempo per j'istorarsi dalle offese e dalle ingiurie della sua po- vera vita, pur troppo avvelenata dalle basse pas- sioni , e dall'invidia dei cattivi. Sentite, nobilissi- ma donna Chiara , con quali dolcissimi versi Tirsi descrive a Dafne questa tiranna pastorella del euo^ re di Aminta. Io la trovai Là presso la citta de in quei gran prati , Ove fra stagni giace un' isoletta Sovr' esso un lago ìinqjido e tranquillo , Tutta pendente in atto , che pacea Vagheggiar se medesma , e insieme insieme Chieder consiglio all' acque in qual maniera Dispor dovesse in sulla fronte i crini, E sovra i crini il velo , e sovra il velo I fior che tenea in grembo : e spesso spesso Or prendeva un ligustro , or una rosa , E l'accostava al bel candido collo, Alle guaricie vermiglie, e dei colori Fea paragone : e poi , sì come lieta Della vittoria , lampeggiava un riso Che parca che dicesse : Io pur vi vinco , 7" 100 Belle-Arti Ne porto voi per ornamento mio , Ma porto voi sol per vergoi^na vostra , Perchè si veggia quanto mi cedale- Tasso Ainin. Alt. 2. Come il marmo è Lello e fetide alle parole del poeta ! Non poteasi per certo d\tr tanta vita ad una pietra , e col lavorio toglier tanto magistero dalla natura. Intanto ella non è per noi , ma è de- stinata ad ornare la celebre galleria di tutte ope- re moderne del sig. duca di Bedford , e a lui se ne va per dono cortese dell' illustre fratello lord Guglielmo Russel : magnanimi e veramente nobili signori , che colle loro ricchezze di continuo trag- gono alla luce tante maraviglie de' più belli in- gegni del secolo. Oh come grandemente si onorò la nostra Italia di questi mecenati splendidissiini ne' secoli decimoquinto e decimosesto, i quali non tenendo l'oro vanamente rinchiuso , fecero colma di gloria e regina delle arti gentili questa classica terra bene- detta dal cielo e dalla natura ! Era in quel tem- po , per gran ventura , fiorita di sapientissimi prin- cipi , i quali sarebbero bastali ad ornare di fama non solamente le nostre contrade , ma l'Europa in- tera : SI grande fu la quantità degli angnsti tempii, dei celebrati palagi e di tutte maniere d'opere leg- giadre e belle , con che la sollevarono a gentilez- za ed eccellenza. E vivranno elernauKMite nella me- moria degli uomini i nomi famosi tlei Medici , dei Farnesi , degli Estensi, degli Sforza, dei Malatesti, dei Rovereschi, i quali ornarono le loro corti d'una schie- ra di dotti e di liberali artisti , ed insegnarono al- le altre nazioni ad incivilire e ad alzare la gloria dei loro concittadini. Cosi ora traendo da noi si Leir esempio , invaghiti del raro e sublime retag- Bell E- Arti loi gio dei nostri maggiori , vengono d'altra patria cor- tesi e noliili signori a confortare di largo favore que- ste arti l)onefattrici e consolatrici del genere uma- no pur troppo sbattuto dalle amare vicende. Acco- gliete , donna Chiara , coll'usata vostra cortesia que- ste semplici parole destinate a quel caro desiderio che voi pure nutrite di veder rivivere i nostri stu- di e l'antica nostra grandezza , che si luminosa ri- splende nelle opere e nelle geste dei vostri valo- rosi avi ; intanto che alla vostra grazia seoza fine mi raccomando ed olfero. iq4 r t. r,' "■ VARIETÀ' X ulti gl'itallam dalle fontane della Dora fino all' ulti- mo sasso di Lillbeo ( tranne alcuni pochi che mai non furono vivi a niuna bontà ed eleganr.a di lettere ) con giu- sto plauso esaltarono il generoso pensiero che ha il sig. con- te Francesco Cassi d'innalzare uno splciidido monumen- to sulle ceneri del suo cugino ifonte Giulio Particari , lu- me e ornamento della nastra letteratura e di questo se- colo. La descrizione de' nomi di. tutti questi cortesi ed illustri è stata già dal sig, conte Gwsi medesimo data nel primo fascicolo del suo volgarizzamento della Farsa- glia. Mancano ad essa però due testimonianze d'onore , le più belle ed auguste che mai potevano desiderarsi , e tali che noi a gloria del Perticari e del Gassi , anzi a manifestazione della gentilezza e della filosofia che regna #ul trono co'principi , non vogliamo qui passarle in si- lenzio : quella cioò di S. M. l' arciduchessa Maria Lui- sa , la quale si è degnata associarsi a cinque copie «li esso Tolgarizzamento della Farsaglìa , ed ha benignamen- te mandato a donare il sig. conte Gassi di un prezioso esemplare dell'edizione bodoniana delle opere di Virgilio t e quella altresì di S. M. Garlo Felice re di Sardegna , il quale ha solennemente voluto aprire a tutta Italia il reale animo silo in un decreto , che verri sampre ricor- dato con riverenza ed ammirazione nell'istoria delle let- tere bostre, e sarà slngolarmeute scolpito nel cuore di lutti noi amici e colleghi antichi del Perticari. Serus in Caeium redeat il grande e magnanimo principe, che tal fede dì amore e di protezione rende alla piìi bella com- pagna dei re , a quella sapienza , a cui l'uman genere è debitore, in un colle leggi, di tutte le beatitudini della \ita : perciocché l'uomo, come dice Platone, è il più 6ero e indomito animale che abbia la terra se giovato non è degli aiuti di quelle liberali dottrine , che non pur io rendono sociabile e mansueta , ma , secondo la parola «tessa del filosofo , lo fanno S'ucrarcv. I Compilatori. Il decreto della Maeitk Sua è il seguente. „ CARLO FELICE ce. ec. „ n conte Francesco Gassi da Pesaro avendo divisato tf di fare di pubblica ragione il suo volgarizzamento deU „ la Farsaglia di M. Anneo Lucano, e d'impiegai-e il prò-' „ fitto che »arà per ritrarne nell'erezione di un monu- ff mento al conte Giulio Perticari di Pesaro suo cugi« ,, no , fece a Noi pervenire riverente preghiera , che ci „ piacesse concedergli il privilegio esclusivo della stam- „ pa di detto suo volgarizzamenlo ne' reali nostri domi- „ nj , acciò venga a rendersi per tal maniera più larg» „ il mezzo alle spese dell'acceunato monumento. Propen- „ si Noi sempre a secondare qaelle proposte , che , co- ,, me questa , tendono ad illustrare e tramandare ai po- „ eteri, onde sia di maggiore incitamento alla virtù, la „ memoria di coloro che sonosi acquistata fama di va- ,7 lorosi letterati e sapienti , ci siamo assai di buon gra- fi do disposti a benignamente accogliere le fatteci sup- „ plicazioni , non solo per rendere piìi agevole al conte ,, Cassi l'esecuzione del nobile e generoso suo divisaaaeu- ioi V A R I K T a' ,,, to , clic , qnal giusto tributo di meritata lode e Vene- j, razione alFitisigne ed onorevolissimo suo cugino Per- „ ticari , tornar dcbbe ad onore e della patria nostra e „ di lui slesso ; ma eziandio per dare al medesimo un „ pubblico contrassegno della singolare stima clie faccia- „ mo della pregevole sua persona , e delle dotte e com- „ mcndevoli sue fatiche ; quindi è che per le presenti „ di Nostra certa scienza , regia autorità , ed avuto il pa- „ rere del Nostro consiglio , abbiamo ordinato ed ovdi- „ niamo quanto segue : „ i,° E conceduto al conte Francesco Cassi da Pe- „ sarò il privilegio esclusivo, valevole per anni dieci, da „ computarsi dal giorno d'oggi , d'introdurre , stampare , „ ristampare , e veudere in tutta l'estenzione de' Nostri „ regii stati il suo volgai-izzamento della Farsaglia di „ M. Anneo Lucano , purché dal medesimo esattamente „ si adempisca quanto prescrivono le Nostre sovrane leg- „ gi in materia di stampe , d'introduzione e di circola- „ zione di libri , e le patenti Nostre del 28 di fabbrajo i8a6. „ 2." E proibito a chiunque non sia dall'antere stes- f, so autorizzato , Io stampare ne' regii Nostri stati , ov- „ vero altrove stampata introdurvi , vendervi , od altri- „ menti esitarvi l'opera suddetta sotto pena della confi- „ sca degli esemplari della medesima a favore dello stes-» „ so conte Cassi , oltre una multa di lire cinquecento „ applicabile al Nostro fisco. „ Mandiamo a chiunque spetta di osservare le pre- „ senti : che tale è la Nestra mente. Date in Torino ad» „ dì 29 giugno 1827 , e del regno Nostro il 7.° „ Firmato Carlo Fblice. „ Contrassegnato Roget di Cholex. Varietà' io5 Xrt mta di CiSdio Agricola tradotta da Giuseppe Snn- severino de iigriori di Marcelliriara , storiografo del S. 31. O. gerosolimitano , e socio dalla B. accademia delle scienze di Parigi. 8." Napoli nella stamperia reale 1827. ♦^i deve una gran lode al cliiarissimo Tolgarizzatore per la maestria cli'egli ha mostrato possedere delle cose più riposte della lingua latina, e per avere così dichiarati vit- toriosamente molti importanti passi di Tacito , da altri non bene considerati ed intesi. Belle anche e giudiciosis- sime sono le annotazioni ond'egli ha fregiato l'opera sua. Ma non possiamo, come corremmo , approvare la sua ma- niera di scrivere , la quale oltre alla ninna eleganza e al poco rispetto alle piìi essenziali ragioni della grammati- ca , pecca pure nella sintassi le più tolte stranamente intralciata. Di che porremo in esempio il principio stes- so dell'opera , il quale in tutti i libri suol esser sempre il pili elaborato e il plìi gentile, Jl consegnare alla po- sterità/atti e costumi degl'insigni personaggi (i), usan- za negli antichi secoli frequente , età quantunque (i ) de^suoi non curante , venire in disuso , ogni qualvolta una qualche sublime e luminosa 'virtù giunse 'vittoriosa a sormontare quel difetto., alle piccole così], c/te^(3) alle grandi città comune , rignoranza del retto cui va rin- vidia concriunta. (i) Doveva dirsi, fatti e costumi d''insigni^pejsonag- gi ; ovvero, i fatti e ì costumi degP insigni personaggi. (2) Stranissima e viziosissima inversione, (3) 11 relativo di così non è che , ma è come. I©6 V A a I B T A* Delta campagna romana e del suo ristoramento , di Cle» mente Micara. 8.° Bologna , tipografia Cardinali e Frul- li 1827. (Un voi. di cart. 184 ). Xl sig. Micara ( fratello dell' emo porporato di questo nome) è lodevolmeute conosciuto in Italia come raleuie poeta , note esendo le sue tragedie la Floronia , V Astia' natte e la Polissena. Questa nuova opera sua è degna della sua mente , sia per la gravità dell' elocuzione , sia per la rettitudine de'giudizj e per la vastità delle sue cognizioni in istoria e in ogni maniera di scienze fisiche. Elegie di Tibullo volgarizzate pel marchese Antonia Cavalli di Ravenna , coìi testo e con note. 8. Bolo- gna coi tipi dei Nobili e comp. , 1827. ( Un voi. di pag. V e 392). fi eh. sig. marchese Cavalli ha dato egregiamente t\Y Italia ciò che ad essa mancava ; perciocché parecchi de'no» stri avevano tradotto Tibullo , ma niuno in modo che fosse veramente degno del Parnaso italiano. E già qual traduzione se ne ricorda con lode de' buoni conoscitori? Ma questa del Cavalli vivrà certo lunghi anni , essendo fatta fwn fino giudizio di poesia , e «ecando le maniere semplici, soavi ed eleganti de'classici. Bastino per ora in- torno ad essa queste poche parole , essendo noi già in •uUo scriverne un lungo articolo pel nostro giornale. Variata.* loy Epigrammi /fi M. Val. Marziale volgarizzati in rima ed in altrettanti versi da Federico Fagnani , col te~ sto a fronte. 8. Milano coi tipi di Gio. Bernardo- ni 1827. ( Un voi. di cait. 255. ) Villi si piace ti elio stile talora oscuro e talora plebeo , e degli sciocchi e miserabili acumi di questo antico poeta spagnuolo , farà certo buon \iso al volgarizzamento che con grande studio ne ha pubblicato il sig. conte Fagnani. Infatti l'egregio e dotto signore non poteva essere né più fedele al suo testo , malgrado della legge durissima it cui ha voluto sottoporsi ^ né forse pivi studioso di certi» facilità non ignobile , malgrado dell' uso frequentissimo del verso martelliano, il quale suonerà sempre noioso ad Ogni buon orecchio italiano. Quanto a noi, se Mar- ziale aon ci dichiarasse sovente le opere e i costumi del- ia Roma dc'lempi suoi, e non venisse cosi in soccorsa dell' istoria , per poco noa diremmo col giudizioso Giraldi : Martialis epigrammala piacere non posse nisi asinis t tutto stomacandoci ne'suoi v(irsi , e specialmente quella sfrontata pìacenteria verso 1' imperator Domisia- no , a cui perfino osò dire ( lib, H epigr. 91): /terum certa salus , ierrarum gloria , Caesar , Sospite quo magnos credimus esse deos. Fu costui , insieme co'suoi concittadini Lueano e Sene- ca, «a di coloro che .vennero di là dall'alpe a eorrom» pere la bella nostra letteratura : e che fecero fede an* che ab antico della italiana stoltezza d'abbandoaai;e i no- stri per renderci seguaci degli slranJerL Così questa stol- tezza non si fo5se agli odierni" dì rinnovala , e un'altra volle uau si v«dcss«ro uotuiui di si torlo giudicio ch'ao- io8 Varietà' tipongono Seneca a Cicerone , Lucano a Virgilio , e Mar- ziale a Catullo ! Che altro già non fanno , benché confes- sarlo non osino , i nostri restauratori delle fine , e lambic- cate balordaggini del secento , voglia m dire i romantici. Chi Tolesse intanto un saggio di questo volgarizza- mento , eccolo nei tre seguenti epigrammi, che sono an- che de'meno cattivi del poeta ipagauolo. tlB. I EPIGR. XIV. Casta suo gladium cani traderet Arria Pceto , Qiieni de visceribus traxerai ìpsa suis : .Si qua fides , vulnus , quodfeci , non dolet , inquit. ; Sed quod tu facies , hoc miài , Pa^te , dolet. TRADUIIOWE. Mentre al fedel suo Peto le casta Arria porgea Il ferro , che ritratto dal puro sen si avea : Credi , dicea , non duolmi la mia ferita ; solo Quella che a te farai , Peto , mi dà gran duolo. DB, IX EPIGR. XV. Hunc , quem ccena tibi , queni mensa paravit amicum , Esse putas fida: pectus amicitice ? Apruni amat , et inullos ^ et sumen , et ostrea : non te. Tarn bene si coenem , noster amicus erit. TRADUZIONE. Credi che d'amistade un paragone sia Chi a te non era amico pria d'esser commensale ? Non te , ma triglie ed ostriche , verrine ama e cigntle. S'io dessi ben da cena , amico mio sarìa. Varietà' 109 LtB. XI EPIGR. XLV. Orhus es , et lociiplcs , et Bruto consule ìiatus : Esse tihi veras credis amicitias ? Sunt verce , sed quas invenis , quas paiiper hahehas : Qui no\'Us est , morlem dilìgit ille luam- TIIABUZIOJIE. Sei vecchio , ricco , e senza prole ; e avei-e Credi amistà sincere ? Quelle lo fur clie giovane e mendico Avesti : ama tua morte il nuovo amico. Elogio deW avvocato Antonio Brizi detto nella chiesa de^PP. carmelitani scalzi di Perugia il dì primo feh' hrajo 1827 dal dottor Domenico Pernossi. ![." Peru- gia dai tipi Garbinesi e Santucci 1827. ( Sono cari. 27. ) JLi avv. Brizi meritava bene da' suoi concittadini il }^iu- •to tributo di lode , che ^Vi ha renduto il sig. Pernos- si : perchè non sappiamo clii al pari di lui in questi ul • timi anni sia stato benemerito della patria , così per gra- vissime legazioni presso la santa sede , come per nobili ed importanti uffici avuti in Perugia e fuori. E singolarmen- te la cosa letteraria gli deve una gratitudine eterna , per essere slata l'università perugina conservata principalmen- te per le cure di lui nelle perturbazioni dell'anno 180^, Fu inoltre segretario perpetuo della colonia augusta , pro- feisore d'istituzioni civili e noi di canoniche , e mem- bro del collegio legale d'essa università. Pieno linaluiculc 1 IO V A R 1 K T a' di mariti mori la sera dei 26 di^dicembre 1826. Il sig. Per-« ttossi ha eoa buoa giudicio , jed] anche j con ?certa elegaa- za , ricordate le virtù e la dottrina del suo illustre amico e maestro. // libro dei costumi attribuito a Dionisio Catone .^ voi' garizzato nel buon secolo della lingua italiana ; li manuale di Epìtetto tradotto dal greco da Anton Ma- ria Sahini. 8.° Bologna co" tipi del Nobili e Camp. 1827. ( Sono cart. 65. ) Xibbiamo tante volte dovuto far plauso in queste carte allt» chiarissima signora contessa Anna Popoli ne' Sam- pieri , che reputiamo cosa inutile il ripetere qui le molte e giuste sue Iodi. Diremo solo che servigio importantissimo ha ella reso alla morale e alla italiana favella pubblican- do in modo sì nitido i buoni volgarizzamenti di queste due operette , i quali erano fra noi divenuti assai rai-i. Quant* oro del purissimo del trecento è in quello del libro attri- buito a Catone ? Quanta eleganza veramente attica è aell* Epitetto del celebralo Salvini ! Ma né oro men puro , né meno attica eleganza è altresì nella lettera dotta e cortese , con che la sig. Sampieri intitola il volumetto air amica sua sig. contessa Ersilia Rossi Marsili. Eccone il principio : „ Allora che seppi del maritaggio dell' egre- „ gio figlKiolo rostro , mi venne all' animo letizia grandis- ,, sima quale sentono le oneste persone per la felicità de- ,^ gli amici. E voi crederete agevolmente eh' io sia lieta «, anche più di qualunque altra , pensando la nostra lun-» %i ga e costante amicizia , a cui ninna cosa ha mai fat- V9 to contrario 0 disturba manto. Ma , come che io «ap- V pia che torrétc per vero quello che dico , se anch» noti Varietà* m „ possa significarlo per parole degnamente; nondimeno il „ desiderio dell' animo mio non è al tutto contento , se „ non fo qualche pubblico testimonio del piacere clic mi „ cagiona la presente vostra prosperità. E perchè non „ mi confido di fare ciò in maniera che abbia in s« al» „ cuna singolarità , onde questa mia significazione di be- „ nevolenza non sia troppo comune , mi è paruto il me- „ glio supplire il mio difetto imitando i nostri ma"-gio- „ ri, i quali con una spezie di libri, chiamati dittici y „ onoravano in alcuna più particolare occasione gli ami- „ ci e le persone, o per altezza di stato o per qualsi- „ voglia altro rispetto degne di riverenza. Adunque io spe- „ ro che non dovrà spiacervi che intitoli a voi questo mio „ dittico , il quale , a dire il vero , contiene in se cose „ piìi rilevanti che quegli antichi non facevano. Imperoc* „ che in vece di calendari o nomi di consoli o altri si- „ mili registri , troverete in esso utili ammaestramenti „ di prudenza e di morale sposti con istile eler^antissi- ,, mo. Ai quali pregi guardando non vorrete essere trop- „ pò sollecita di conoscere chi sia l'autore del libro dei „ costumi , e il volgarizzatore di esso ? perchè di quest' „ ultimo ninna cosa certa o probabile , eh' io sappia , è „ stata detta : e intorno al primo i critici e gli eruditi „ non si concordano in una medesima sentenza ; né io so* ,, no da tanto che possa giudicare quale di loro tenga più ,, verisimile opinione ec. ec. „ Così , a vergogna di tanti miseri inbrattacarte , scrive con sentenze e con parole della piìi schietta maniera italiana , una gentilissima da» ma bolognese , onore delle lettere e della patria. S. B. 112 V A R I E T iV' Descrizione della villa Adriana , di Antonio Nihhj pub- blico professore d"" archeologia nella università di Ro- me. 8." Roma co" tipi dì angelo Ajani 18:^7, ( Sono pag, 62 con una tavola in rame. ) L\ e parleremo nel venturo volume. Elogio di Francesco Cancellieri detto neW accademia ti- berina dal cav. P. p^isconti. - Roma dalla tipografia Ercole 1827 - (Son pag. aS ) „ J-Ja morte a tutti clic vivono statuita eguale dalla „ natura , è almeno 'resa difFerente dalla lode o dal bia- „ simo della posterità : „ con queste paroiie dà incomin- ciamcnto all' elogio del Cancellieri il cav. Visconti , e me* gllo incominciar non potea ; che se questa sentenza è vera per tutti , molto più. lo è pel Cancellieri , il quale de- dito nella sua vita a un genere di studi pili materiali clie spirituali, dalla lode della posterità prima che dalle sue ope- re dovea ripromettersi di non morir tutto nel Bepolcro. E non per questo egli è men degno di lode di tutt' altr' uomo , che mercè di bennato e vigoroso ingegno abbia strappata qualche altra fiammella dal fuoco eterno del ve- ro , e di maggior luce abbia rischiarato le umane menti. Che se il Cancellieri nulla trovò dì nuovo , seppe però i*ac- cogllei*e , riunire, emettere in luce ciò, che restando se- polto iu qualche cantone di polverosa biblioteca o in qual- che incognito manoscritto potea considerarsi come coia , che mai non fessesi conosciuta. Uomo indefesso nella let- tura quasi direi di tutti i libri , fornito per natura di straor- Varietà' ii3 dinaria memoria , amantissimo delle antiche e delle pa- trie cose , e caldo zelatore dei buoni studi , ha saputo il Cancellieri lasciarci 1 16 opere frp piccole e grandi già stam- pate , e j9 inedite , e tutte possono considerarsi come al- trettanti dizionari enciclopedici. Quante cornacchie pi*en- deranno da lui in prestito le non sue penne ! Né di que- sto solo dovea egli esser lodato : lode doveasi a] Cancellieri, perchè onesto con ischiettezza e non con ipocrisia , cri- stiano con benignità non delle altrui colpe intollerante , letterato con dolcezza non con superbia né con invidia , caritatevole senza ostentazione , amico di cuore e di fatti non di parole e di complimenti , seppe meritar la sti- ma e 1' amicizia di tutti i buoni e di lutti i sapienti italiani , non che di quanti di là dai monti convenivano a venerare questa eterna città. E lode anche doveasi al Cancel- lieri , che tutto lodava , e tutti con grandi speranze anima- va : sicché per coloro che il conoscevano non tanto è de- bito di vei'ità quanto di gratitudine. Il cav. Visconti , giovine di bello ingegno e di molte lettere , ha saputo dare alle sue parole quella tinta , che al soggetto convenivasi e nel far relazione delle opere dell' ab. Cancellieri , e nel mostrarne l'utile che se ne può trarre , e nell' encomiare la dolcezza e la bontà del suo carattere iusiememcnte alle altre virtìi morali , di che egli era fornito : sicché la lode onora il lodato «ou meno che il lodatore, essendo il discorso veridico , affettuoso , ben di- visato , e scritto con assai di facilità e di garbo. Salvaonoh * G.A.T.XXXV. I 1 4 V A li I E T a' Epitalamio eli Claudio Claudiano per gh sponsali di Onorio e Maria trasportato in ottai>a rima da Do- nato Salvi nelle nozze di S. E. il sig. cai'. D. An~ drea de* principi Corsini con la nobil donzella signora Luisa Scotto. ~ Firenze presso Leonardo Ciar detti 182G ( son pag. 87 ). iianuo un bel gi-idare i buoni e i veri amici della di^ lenità delle lettere e della poesia contro l'abuso di schic- cherar versi a bizzeffe in occasione di nozze ! Ma essi non sanno che JYon nasce grano so7'ra i monti ascrci , e che le povere muse non hanno un tozao di pane 'da sfa- marsi se non si sgolano tutto il giorno sotto le fenestre de' grandi a cantare le lodi delle virtù che essi hanno , o che dovrebbero avere. Né questo io dico perchè di tal razza sicno le infinite muse che han detto alti vaticini per le nozze corsiniane , né perchè il Corsini abbia me- stieri di questi non liberi canti : ma si bene il dico perchè , fatto il debito calcolo di proporzione , tanta far- ragine di versi in alcun modo si scusi , considerando che anche quelle muse , le quali non han bisogno di pane pur di protezione abbisognano , e che il principe Corsi- ni è bene da tanto , unendo alla caduca nobiltà desiata- li quella vera e durevole della virtìi e del sapere. tra tanti versi il nostro gionuile fece odorata menziortc di quelli del Borghi, esimio tradutLor di Pindaro ; ed ora ne ])iace di annunziare questo volgarizzamento in ottava rima deirepitalamio di Claudiano fatto da Donato Salvi , perchè non sono vane parole di piìi vani auguri!, e perchè ci sembra scritto con molta grazia e facilità , e con molta intelli- ijeirza della lingua latina : comechè il Salvi allarghi al- cuna volta un po'troppo il sentimento delF originale, e trop-, pp non cui'i la schiena dizione poetica de' nostri classici , Varietà.' ii5 e la purità della nostra lingua : error solito dei toscani , che presumono di parlar bene e scrivere meglio italia- namente , perchè cinque o quattro secoli addieti-o l'Ali- ghieri il Petrarca e il Boccaccio, nati in Toscana, puramen- te e bellamente scrissero l'idioma italico. Ma piìi del voi- gariazamento, quantunque di assai bello, ci sembra dover- si lodare il disegno che vedesi in fronte del libro , rap- pi'esenlante quel luogo di Claudiano ove descrive il viag- gio della dea Venere, portata pel mare dal Tritone all'Espe- ria. L'armonia delle parti e del tutto, l'esattezza, la pu- rità , e la gentilezza con cui è inventato disegnatp ed in- ciso lo vendono veramente commendabile : sicché ci con- gratuliamo ancora e grandemente col Meritoni che delineò, e col Ziguanx che incise. M. G. In morte di Livia Strocchi , versi. 8." Bologna presso il Nobili e eomp. 1827 ( Sono pag. ly ). J_Ja Livietta Stracchi fu un angiolo di beltà e d'inno- cenza, e l'amore tenerissimo di tutta la casa , massime del genitore sig. cav. Dionigi Strocchi. Può quindi ben credersi come acerba dovette essere a tutti la morte sua, e con che lagrime sia stata pianta e si pianga. Ad asciu- gare le quali il sig. conte Carlo Pepoli di Bologna ha scritto questi versi , cioè un' ode ed una canzone : due poesie d'oro e per lo stile e per le sentenze , e degne yc- ramente del luibllissiino autore già cognito in Italia per altre leggiadre e dotte sue opere. Ecco un sfigg'*^ del- la canzono : fi* 1 iG Varietà' Avea chiome iierissime lucenti , Fronte serena che fea speglio al core , Guardar pudico , angelico sorriso , Parlar soave che prendea le genti , Guance fiorite di casto rossore ; Ed era ogni beltà del vago viso Beltà di paradiso. Noi lassi ! guaggiìi volti i lumi onesti Le parve di valor chiusa ogni via ! E la fanciulla pia , Qual uom cui tenia subita funesti , Esterrefatta e tutta sbigottita Cacciò dal labbro il nappo de la vita. S. B. Assegnare quali sieno i pregi o i difetti del panegirico di Plinio a Trajano , e svolgere le cagioni per la quali decadde la romana eloquenza. Memoria di Pie~ tro Schedoni, In 8.° Modena per gli eredi Solia~ ni 1826. J-Je lodi che dannosi a' principi vivi e presenti vengo- no facilmente in sospetto di adulazione ; ma se dopo la morte loro durano e crescono, e col volgere de' tempi non mancano , è conviea dire che fossero ben meritate e sincere. Tali direnìmo quelle di Plinio a Trajano , l'ot- timo de' Cesari , che meritò di essere paragonato all' ottimo de' principi , Germanico : ambi nella milizia assai chiari , ambi cortesi ed aifabili , am!)i l'amore di tutti ; se non che questi uel fiore delle spc/auii; iu morto , <{uc- Varietà' hj gli versatone a Inngo il frutto mancò. E ci pare più as« sai essere gi-idalo ottimo pur dopo vent' anni d'impero, che prima di salire a quella cima dove si provano ve* ramente gli uomini: i quali quanto più. sono in alto tanto più soao in vista , e nello splendore di clie si ammantano non celano le macchie , come il sole che alluma Fimi- verso non cela le sue. E di macchie , siccome uomo , non è da credere fosse esente frajano , al quale ( per tacere di quella gravissima notata da Tertulliano ) chi può perdonare , che così facile orecchio porgesse al suo Plinio se tanto strabocchevoli encomi pubblicamente gli tributava? Egli è il vero , che Giulio Cesare istesso ave- va prima sofferto di essere lodato a cielo da M. Tullio , e la lode del passato è stimolo ai buoni a piìi meritare neir avvenire ; ma la modestia vuole sue ragioni anclie sul trono : e d'altra parie le voci ingenue de' popoli be- neficati valgono al certo meglio che le studiate di qual piìi degno oratore. Ma checché sia di ciò , a chi tiene in pregio le lettere sarà sempre caro il panegirico di Pli- nio a Trajano , almeno come l'ultimo sforzo della roma- na eloquenza , nel quale vedi quasi una fiaccola che per mancare di alimento si spegne , ma prima più che mai e si agita e disfavilla : sarà poi carissimo a chi è tenei-o della morale , come la scuola migliore a'principi , che pos- sono e vogliono se e i loro popoli far lieti e gloriosi. Per questo lo raccomanda il eh. autore di una memoria , che fu premiata: nel 1812 dall'accademia delle scienze e lettere di Lucca , ed ora tra le memorie di religione , di morale e di letteratura di Modena è uscita di nuovo iu luce». E vorrà leggerla ogni cortese, che sulle cagioni dcila caduta. eloquenza non fosse contento a ciò che per Tacito, o Quintiliano che siasi , ne è detto nel dialogo degli ora- tori, e sul.meritQ d«l panegirico non si appagasse a ciò qhe pel Thomas ne è detto nel saggio sopra gli elogi. Non sarà poi chi piacendosi di conversar cogli antichi voglia 1 18 V A R r E r a' lasciare di leggere il panegirico per ammirare un esem- pio di bontà vera sul soglio : la quale se ti empie di amo-' re e di riverenza quando al basso oscura la vedi , che sarà poi a contemplarla chiarissima in tanta altezza \ D. V. Urbano Latnpredi ad Antonio Cliersa , salute. Di Gravosa presso Ragusa a'4 di settembre 1826^ JLia perdita che tutte le oneste persone e i letterati di questa vostra nobile patria hanno fatta nel fratello vo- stro , ha insvegliato un lamento universale ; e ciascuno lo manifesta nel modo che meglio può. I letterati poeti lo esprimono con versi ; e questo tributo non è man- cato alla ombra diletta di qucU' ottimo. Siffatte testimo- nianze della stima in che egli era tenuto , alleggeriscono in qualche modo il dolor vostro e quello della vostra egre- gia famiglia , perchè così lo vedete acclamato ed inoltre diviso con tutt' i buoni. Quanto è a me , benché io non mi sia mai riputato nel numero de' poeti , poco essendo il mio valor poetico , e sol talvolta abbia coltivata la poe- sia come amator dell' arte , pure mi era accinto a tes- sere alla meglio una elegia italiana nella quale mi pro- poneva di accennare i moltissimi pregi che adornavano la mente ed il cuore dell' esimio vostro Tommaso , il suo buon gusto e lo studio indefesso ed auspicato da esso lui fatto nella pura e schietta lingua italiana , e specialmente nel poema sacro del divino Alighieri eh' egli tutto sapeva a memoria e quanto pochi altri intendeva. Questo forma- Varietà^ ììc^ va come W fondo prfizioso della ricca suppellèttile del suo iiigegiio, rh' egli poi iu singolar modo nutriva e coltivrìva con tutto ciò che uscito era ed usciva di più pregevole ne' diversi rami della letteratura e specialmente della ita- liana: e tutto discuteva sen/.a studio ed amore di parte eoa giusto e sano critei-io , e coti rjuella calma filosofica che spande la luce senza presumere di abbagliare e senza ri- putarsi il centro onde emanino i vaggi che menino al- trui diritto pei diversi calli della letteratura. Quindi pia- cevolissima ed oltre ogni dire omena efa la sua conver- sazione , schietti e conditi dalla urbanità i suoi sensi ^ candido il costume e veraci i sentimenti del cuore. So- pra tutto io voleva commendare il suo infinito amore ver- so la patria sua : col qual nome egli non altro intendeva { e non deve in fatti intendersi altro ) che lo spirito ge- nerale de' concittadini che Thauno in diversi tempi abi- tata , illustrata con le loro opere , ed arricchita e soste- nuta con snggie istituzioni ; delle quali non è la meno importante quella degli antichi patrizi ragusiui d'invita- re dalla vicina Italia e specialmente dalla Toscana i let- terati più ragguardevoli per istituire la gioventù ragu- sina nelle belle arti e nelle scienze à fine di premunirla di soccorsi e di forze , perchè non si lasciasse traspoi- tare dal torrente dell' ignoranza che innondava i vicini paesi soggetti alla turcìiesca dominazione. E riandando a questo proposito le antiche memorie , aveva (;gli tessuta una specie di storia letteraria nella quale rammentava quan- ti uomini insigni erano stati chiamati con largo stipendio a coltivare gli ingegni ragusei nel secolo i5.° e nel i6.° ; e così veniva ad illustrare non solo la memoria lettera- l'ia della sua patria , ma quella ancora della vicina Italia dalla quale quegli istitutori eranO usciti Alludo al suci terzo ed elegantissimo commentario intorno agli illustri toscani che di que' tempi stanziarono in Kagusà : com- Inentario che io stesso , conosciutolo da ciò , lo ave\i* 120 V A R I E T A.* incoraggiato a scrivere , e ch'egli vi lasciò finito con le altre sue carte : si che io confido che sarà eli corto pub- blicato , come niominieuto peveVme del valor suo in fat- to di gentilezza di lettere e de' siioi studi favoriti , sem- premai intenti a mettere ia chiaro giorno eoa lucidi in- chiostri i pvegi di questa cara sua patria, e nel tempo stes- so a dimostrare con quali arti ed utili istituzioni ella si è segnalata negli ultimi tempi producendo chiarissimi in- gegni che hanno portato a gran fama il titolo di letterato raouKCO, E tali sono i nomi , che obblio non temono , de' Boscovich , degli Stay , de' Cunlch , degli Zamagna e di altri molti cIk; lungo sarebbe, e per la modestia di color che vivono , inopportuno il nominai-e ed anche so- verchio in una lettera nella quale intendea solamente d'in- dicarvi per quali ragioni io voleva intitolare a quel pre- claro la mia elegia. Ma una fiera e bizzarra malattia , di cui testimonio siete voi stesso , mio prestantissimo amico , assalitomi all' improvviso e turbalo avendo le ordinarie operazioni de' miei nervi , ha sconvolto conseguentemente quelle del pensiero , della immaginazione e della rifles- J sioae nel mio spirito ; delle quali facoltà i nervi | sono , come sapete , i ministri ed i naturali istrumenti. Quindi il componiménto che io aveva incominciato , risentendo- si di questo disordine del mio stato morale , non solo in qoalche momento di pace a me mostrava molti di- fetti di condotta e di siilo , ma molto piìr ancora gli avrebbe mosti-ati ad altri non consapevoli della mala cou- dizione a cui sono ridotto. Io vi diedi alcuni di que' ver- si tali quali erano , ossia quelli che men degli altri spia- cevanmi (*) ; e , distruttone il resto , restai nel!' afllizione C) Questi sono que' yersi. Essi pur nell' abbozzo di quella elegia erano preceduti e seguiti da molti altri : e noi li dobbiamo al sig. Ghersa , cui furono indiritti dall' autore. Varietà,' 121 dì non aver potuto pagai'e «n piccolo tributo alle rare virtù del vostro Tommaso che io dico pur mio , dacché sì eragli legato coi vincoli della più leale stima e di una sacra amicizia. Voi sapete anche che queste mie afìczio- ni nervose mi condannano a soflerire tali spasimi che mi tolgono ogui modo di godere dell' ordinaria calma : onde io passo queste notti estive non passe|.'giando, ma trasci- nandomi lentamente per la diagonale della mia camera con aspettare che la naturale prepotenza del sonno la vin- ca su la ostinata oscillazione del sistema nervoso : lo che rare volte sì , ma pur succede. Nella scorsa notte per-^ tanto menlre io andava vagando con la mia immagina- zione , come spesso mi accade ; cioè pensava bensì , ma senza ordine nelle idee e tormentato da ambascie ; parve- mi sentire ( per servirmi della frase di un moderno-poe- ta fiorentino ) „ L'urto leggier di un' anima che passa ; Egli in te sempre e tu vivevi in lui : E d'union sì bella e al mondo rara , Con ambi usando , io testimon già fui. Io credo che quell' ombra a te sì cara Disiosa s'aggiri a te d'intorno Volando ad onta della Parca avara : Credo che del domestico soggiorno Nella stanza comun teco si stia Da quando nasce infin che muore il giorno. E tu stesso vedrai l'immagin pia Volgersi a te , siccome quando in vita Le pene ed i piacer teco partia. Gli editori. T32 V A R 1 i: T A* e questa parve all' agitata mia fantasia l'ombra del di- lettissimo fratel vostro ver me rivolta con quell' amabile ed amichevole sorriso con che mi parlava quando ogni ujatliiia uè' priiicipii della mia malattia veniva a visitarmi con voi , mio cai-o Ghersa , e col dotto amico e medico nostro dutt. Stulli. Avuta questa immaginosa apparizione , io feci , dirjgeudomi a quella santa ombra , il primo ver- so del sonetto (**) che vi mando , e che poi tosto finii , non altro avendo in pensiero eh' esporre le cagioni per le quali io non aveva potuto né emendare né condurre a li- ne la elegia che aveva incominciata. E si questo sonetto (**) E questo è quel sonetto. Air illustre amico suo Tommaso Ghersa j Urbano Lampredi, Versi compor volea , Tommaso mio , Lieve conforto al fratel tuo dolente ; Ma l'egra fantasia tarda e languente Del mio cor non rispose al buon desio. Tal senno a virtìi tanta in te s'uni o Quando al caldo amor nostro eri presente , Ghe cert' or ti disseti alla sorgente D'ogni scienza e verità , che è Dio : E vedi in qual misero stato io giaccia ; R che distratta da dolori intensi L'alma in se rigirarsi invan procaccia ; E di vapori ingombra oscuri e densi Degli stessi atti suoi perde 1,1 traccia, Né forme trova alte a vestir suoi sensi. Gli cditorii Varietà* ia3 vi mando , come prova evidente di quanto sopra ho dotto ; cioè per dimosti-arvi che il mio poco valor poetico ù ora divenuto nullo ; e perchè mi scusiate , se non vi tengo la mia parola con rimettermi ad un lavoro pel quale aveva io Jn mira di darvi piuttosto un cenno della mia mollìssi- raa stima ed amicizia per voi , che di appagare la mia vanità. Il sonetto non è molto poetico , ma esprime vera- mente la realtà della posizione in cui mi trovo. Il fia- tel vostro, che è in luogo di verità , sa bene che io di- co il vero. Voi che siete sempre stato unanime con lui , ne sarete pur convinto, e compatirete al vostro e tutto vostro Ufil5A-\0 LiMPREDI. -Lj eir adunanza che la reale accademia delle scienze di Parigi tenne il di 25 giugno p. p. , i signori Ghaussier e Magendie parlarono intorno a certa memoria pi-esen- tat» dal dottore Robert relativamente a una donna , che ha una mammella alla coscia sinistra , colla quale ha nu- triti molti suoi figli. L'accademia ha decretato ringrazia- menti ad esso sig. Robert per averle dato notizia di un fatto unico nel suo aenere. ìli uscita in Parigi , presso i fratelli Debure in due volumi in 8." una seconda edizione della celebre opera del sig, cav. Mionnct De la raretò et da jjrix des me — dailles romaiìies. Questa edizione è stata accresciuta ed emendata in molti luoghi dall' autore medesimo : ha 3g tavole in rame , e costa 33 franchi. 124 Varietà' lì sig. Fugge ha illustrato nel Rheinisches museum ( mu- seo del Reno, Bonn 1827) il famoso testamento romano trovato il 1820 in Roma nella villa Amendola sulla via Appia ; e il sig. consigliere Niebuhr ha preso a provare l'identità fra i siculi e gì' itali , ed a cercare in Italia i siculi dell'Odissea, Ha inoltre esaminate \e Elleniche di Senofonte , eh' egli riguarda come distinte in due diverse opere, cioè nella continuazione dell' istoria di Tucidide, e nelle vere Elleniche : ed ha parimente sostenuta l'auten- ticità dell' Anahaso dello stesso Senofonte , e del lib. Vili di Tucidide. Tabella dello stato del Tevere fdeswito daW altezza del pelo d^ acqua sulV orizzontale del mare ^osserva- to air Idrometro di Ripetta^ al mezzo giorno. Luglio I 82 7- GIORNI. METRI PAL. ROM, OSSERVAZIONI. 1 2 6, 4- = 9 !l 4 2« US ■Altezza massima met- fi, 8„ 3 6, 3" 28 " '2 -"l 4 6, 2<7 ^8 _. - 0 i Altezza minima mot. 5, 88 6 6, a5 27 n 3 6' ^». a4 27 11 » Altezza media met. ^,'7 7 <'' 29 28 1-4 8 ff» 21 ^7 9 ^ y fi. 11 .7 4 1 IO fi. 80 3o 5. « I» 6» 70 3o 0 0 l2 , ff. 5, 29 ' 3 i3 61 16 27 60 i4 fi» 10 27 3 4 15 '~^, „ " 2fi lo 0 15- 5, 97 2fi 8 3 •i7 6, 95 2fi 72 «8 ..5,.. _98.. fi, 3o 2fi 91 i9 28 2 1 ao 6, 3i 28 24 31 , 6, 2è 27 10 „ — - 32 -^,—15- -27 5 2 • ^iflS' (^, 08 27 23 24 fi, .o3 27 ° 0 25 5, 97 2fi 8 3 aff ■ 5,' 93 2fi ^2 S7 , ' 5, 92 i6 fio a8 5, 91 -6 5 2 29 5, 90 2fi 4 4 oo 5, 90 2fi 4 4 1 3i 5, «8 2fi 3 4 1 Osservazioni Meteorologiche. )( Collegio Romano Luglio 1827. I Ore Baromet. J 28 p ih .5 „ ti 4 "- 15 11 6 8 ., 2 1 1, » 3 \\ !,' 6 M J.l <« •' " 4 » i> I " - I „ " 5J »i 3 Term, esl. I I.°ro. a cap, xb^ 18 7 0 i5 0 i5 ò 0 32 5 24 0 20 0 19 0 16 24 0 5 4 0 33 0 20 2 12 0 1, 1 5 i3 2 3 M a 0 'J 11 2 1' « 0 1» 5> 11 11 3 H ?♦ 0 11 t 4 :i -, 1 1, 0 11 11 8 „ 1, 4 1. ,1 5 1, 1, 8 s8 1 o 1. V 4 i5 o 23 3 *9 o ifi o 24 3 21 o 2+ O Vento 3 o 16 o 4 o 39 .. ^o o 6 o 3i u 4 o ^O O a3 o i5 0 24 5 2"' 0 .S 0 23 3 20 " .5 0 ^4 0 20 " .0 o I 5 o 3i o lo o 3 o 35 o 15 o : 2 o 28 o 120 4 o 35 o 8 o "4T 33 o N. deb. O.S.O, ni. S.O. d. N. m. O.S.O ,, S.O. d. N. .. O.S.O.ni. S.O. d. LN.K.H.q.o S.O. m. „ d. N. q. o S.O. ,J. 0. d! N. „ S.O. in. „ d._ V. „ S.O. „ H.ù. „ 0. var, ni. N. d. S. O.m. ,. d. S.O. q o O.S.O. d. ^.0- m. ., d. N. „ "^.0. ., Piog£;ia Evapoi. 4 8 4 . nebbia 4 3 4 5 4 9 5 6 4 3 ilia.Do I 35 3 5 ■ 4 3 5 3 4 8 nebbia 5 9 3 9 nebbia 4 4 4 2 St.del Cielo chinrissima nuvoloso eh nit.in or. „ t'ap.tu o ,1 Huv.spa ,. ^ap.iii o ehiar i'ap.iii 0. nufolo nuvolo it 9» rischiarato se.vap'i/i o chiarissimo „ nuda ori. „ uap. „ ìtuf. sp. 11 »i o o chiurissiino nuv. sp. sereno rhiariss'nio ,, va. in or. o ■3 Ore Baromct. Te. eu. Igro. Vento Pinj^yia fcva poi. Si. del Cielo i6 28 1 0 1 .5 25 0 0 4Ó 0 0 N. ,. S.S.O. ,, nel) Vi ia 5 fi chiarissimo id. lini' . sj>. ■7 il' ■9 20 31 32 23 24 25 |28 ^9 3o scr. m. S- s. S' s. lU. o- s. m. s. m. S- s. m. S' s. m. s. in. a ■ s. m. à'- s. DI. III. S- !» m. a- s. m. L m. S' s. „ 20 0 i 0 0 0. ,u. ruggiad. sir.ìin. spu' ser.nu ■. su. 11 nuvulo „ V 3 „ V 8 ,, M 0 10 24 21 •9 21 0 0 0 fi 5 26 9 u 0 0 N O.n.o.i 6. v.„.,„. 3 3 9 8 „ „ (^ » V 5 „ ,1 7 1 1 3. i3 9 32 '4 0 5 0 •>. 4. 0 i).O.Ul, I I 3 I lO .3 i3 5 0 0 0 W. a. .0. d. S.O.\ar.(l teni. con 1 aoni 6'liii.io 2 3 ;: *■> 6 4 0 24 0 5 1 f> 38 '4 0 0 0 X.I£. d. iV. „ 0. q. 0 5 « 0 8 7 25 5 10 20 0 0 0 N. d. •S. var. d. 0. ,ì. 4 8 _^ 1 y 1 ~4 '7 2(1 0 7 9 38 6 0 0 0 N. „ •■•i.IÌ „ ,S. „ 4 7 .,iiii.iii ori. cliiurissimo ,; HU..U or. " 1' u4 :^i 5 0 10 24 1) 0 0 0 0 S.O. d. N.O. d. 4 ^ 0 8 5 5 1(1' ^3 2 1 8 0 8 37 i8 0 0 0 5 2 ,, uu- in or chiarissimo ;: a8 I 0 10 23 21 0 0 4'> i3 0 0 •S.'Ò. '^ 6 4 ,, »i 1 7 6 .6 24 -1 1) 0 1 1 42 32 0 0 H.iN.H „ N. CI. 0 ^'.0. d. -■". II,. r, 4- 0 N. 4. 0 J>. m. S.SO „ 5 9 li - 3 1 25 2 2 0 0 Ci •7 ifi 0 0 0 6 ' ser.ntu' spa. '> 71 5 '7 fi 22 1 8 2(> 23 0 0 0 0 0 3^- >4 0 0 0 fi 8 1» - 5 43 i3o 0 0 0 W.M.ÌL. ci. 0 0 fi 9 chiarissimo ») r» 1 0 ó' ■.fi 22 '7 27 24 0 0 0 0 0 7 43 .9 0 0 0 N. d. S.S.O „ s.o. .. 7 4 ji s. 1» n 4 47 4o 0 0 0 0. ni. J>. d. 7 fi ,yuj>.iii or. „ nuv.ipur NIHIL OBSTAT Abb. D. Paulus Delsignore Gensor Theol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Colleg. NIHIL OBSTAT Lauretus Santucci Gens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Joseph M. Velzi Ord. Prsed. S. P. A. Magister. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patriarchi Constantinop* p^icesgerens . J2() SCIENZE Lettere sulla lacerazione della cristalloide anterio' re ; in torno ad uri aneurisma dell'arteria toraci- ca ; e sopra una doppia pupilla. DIRETTE Ji celeh. Antonio. Scarpa prof, emerito e direttore deiri. Jì' università di Pavia , cavaliere delV in- signe ordine di Leopoldo ec ec , dal dottore Lui- gì P acini prof, di anatomia umana e comparata nel R. liceo di Lucca ec. ec, con 4 tavole. Luc- ca dalia tipografia Bertini 1826. S S T U A T T O. 'ttimo divisamento fu quello cìcirautore di di- rigere queste sue lettere al sig. cav. Antonio Scarpa , poiché non può esservi giudice più corapetente in materia di chirurgia di questo luminare dell' arte. Ha dato motivo alla prima di queste lettere una questione insorta fra il sig. prof. Cappuri e l'A. sopra un punto importantissimo di chirurgia ocu- listica: la quale questione potendo essere nuovamen- te agitata, particolarmente dai giovani chirurgi, è ne- cessario che si conosca in qual modo dcLba essa risolversi secondo l'opinione dei più in'sigiii piali- G.À.T.XXXV. 9 i3o Scienze ci , ed in particolare del padre delU chirurgia ita- liana l'ili. Scarpa , che tanto si è occupato di que- sto genere di malattie. Nel pubblicare fin dal 18 ii il sig. prof. Cap- puri alcune sue riflessioni teorico-pratiche intorno alle principali malattie degli occhi parlò di un nuo- vo processo per guarire la cateratta da esso detto per lacerazione. Alcune ulteriori osservazioni fatte sul medesimo lo indussero a nuovamente discorrer- ne nel seno di una ragguardev^ole società scientifi- ca, e tornò a dirlo processo yàc^/e, di una possibi- le sicurezza^ scevro affatto da tutt' i danni che non di rado vengono dopo la depressione, e perciò sem- pre a questo preferibile, tranne in que' pochissimi casi, in cui il cristallino nell'offuscarsi avesse acquistato una consistenza lapidea. Non persuaso di ciò il no- stro A. credette opera utile , e non disdicevole al decoro di quella società , il propugnare che la lace- razione delia cristalloide qual processo curativo del- la cateratta non era ne cosa nuova , come la cre- deva il prof. Cappuri , ne di facile esecuzione , ne di possibile sicurezza; e tanto meno potevasi a prio- ri riguardarla come di minor pericolo della depres- sione. Non doveva infatti ignorare il prof. Cappuri che la prima idea di commettere il perfezionamento della cura della cateratta al sistema linfatico as- sorbente è dovuta principalmente ai due celebri chi- rurgi Read e Polt. Egli è vero che il processo ope- rativo del sig. prof. Cappuri differisce per alcun modo da quelli citati chirurgi , in quanto che egli espone la lente intatta all'azione dell'acqueo lascian- dola nel suo sito, mentre gli altri la rompono nella sua sede, ovvero rotta ch'essa sia procurano di tra- sportarne i fraiiimenli nella camora anteriore dell' Lacerazione della cristalloidk i3i acqueo. La massima generale però è la stessa per ognuno dei processi operativi, la dissoluzione nell' acqueo e l'assorbimenlo in luogo o fuori di luogo del cristallino opaco. Che sia poi il processo dell' Adams preferibile a quello del prof. Cappuri è di- mostrato dalla sperienza. Egli è un fatto osservato da molti pratici , ed in particolare dall' ili. Scarpa , che la lente caterattosa quanto più è stala divisa e suddivisa dall' ago tagliente, e maggiormente rimasa spostata dalla sua sede e Lagnata dall' acqueo della camera anteriore , tanto più è pronta a liquefarsi e ad essere assorbita : mentre, secondo il processo del prof. Cappuri , la lente rimane indivisa al suo po- sto , e non immersa propriamente nell'acqueo della camera anteriore , ciob sotto alla maggiore azione del solvente. Ma il punto su cui più particolarmente si raggirava la questione era se il metodo della la- cerazione del prof. Cappuri , oppure quello della depressione sostenuto dal nostro A., fosse più van- taggiosamente applicabile alla cura di ogni specie di cateratta , e quale dei due fosse di più facile esecu- zione, e di maggior sicurezza per il malato. Quanto ingegnose sono le prove addotte dal prof. Cappuri, altrettanto convincenti ci sembrano quelle del no- stro A. , onde non dubitiamo di uniformarci al suo parere, appoggiati all' autorità del più volto citato Scarpa , il quale in una lettera responsiva a quella del nostro A. si esprime con le seguenti parole : „ Da tutto questo concliiudo, cbe non metterò in „ contestazione se una cateratta molle, ojluida^ o „ per la massima parte cassulare possa essere con, „ il lasso di certo tempo carata mediante la sola „ e semplice lacerazione della cristalloide anteriore; „ ma appoggiato alla ragione ed alla esperienza di- .,, rò sempre, e sarò pronto a provarlo , che il prò- 9" ■ i32 S e I E w Jt E „ cesso operativo del prof. Cappuri non è appli- „ cabile con vantaggio , e con speranza di esito „ nella cateratta abbastanza consistente da essere „ rimossa dall'asse visuale, ed immersa nell'umor „ vitreo : e che anco ne' casi di cateratta cristalli- „ na molle , caseosa , mista , e cassulare primitiva „ e secondaria egli è più razionale e più utile di- „ visaraento quello di lacerarla in più parti minu- „ tissirae , e spingere con l'ago i frammenti nella „ camera anteriore dell' acqueo , che di lasciare il „ cristallino opaco intanto al suo posto , dopo aver- ,, ne lacerata la di lui cassula. ,, Si espone nella seconda lettera la storia di uti aneurisma dell'aroma toracica. Fu questa malattia osservata in un individui di temperamento sangui- gno , dotato di ottimo abito di corpo, e che go- dette per tutta la gioventù di una prospera sala- te. Verso il trentanovesimo anno dell'età, sua fu af- fetto da malattia sifilitica locale, da cui ben presto risanò. Non molto dopo incomiociò a querelarsi di dolori notturni in alcune articolazioni , i quali an- darono a concentrarsi nella regione dorsale sinistra. Portato il malato nella saia cliaica del R. liceo , fu esaminato dal prof. Barbantini , il quale si avvide dell'esistenza di un tumoretto pulsante nella regione dorsale sinistra. Questo tumore prendendo origine dalla parte posteriore delle tre o quattro prime ver- tebre dorsali estendevasi con direzione obliqua verso la parte laterale sinistra della sunnominata regione presso all'angolo inferiore della scapula corrispon- dente. Aggiungevansi una certa tal quale ambascia , il fremito del tumore , la palpitazione del cuore , la difficolta di respirare, i polsi pieni e vibrati , ma pe-» raltro uguali nelle loro battute , e nei moti isocroni con quelli del cuore medesimo. Tanto bastò perchè -1]ACERAZI01?JK DALILA cniSTAtLOIDE iSa il prof, anzidetto conoscesse che trattavasì di un aneu- risma dcWarteria toracica. Varii rimedii furono am- ministrati all'infermo , i quali non gli procurarono che qnalclie calma. L'aneurisma intanto aumentava di mole ognora più, in modo che dopo un mese che di- morava l'ammalato nello spedale, aveva una circon- ferenza di oltre dodici pollici , era cioè cresciuto quasi del doppio del primiero volume. Infine dopo altri due mesi di pirtimenti , in seguito di ripetute li- potimie , cessò di vivere. Aperto il cadavere dal nostro A. ecco ciò che gli fu dato di osservare. Ambedue le cavita toraci- che racchiudevano alcune once di siero limpidissi- mo , che pii!i abbondava nella sinistra di esse. U cuo- re perfettamente sano volgevasi con la punta verso la parte destra del pettn. L'arteria aorta appena usci- ta dal nominato viscere^ era dilatata come suole os- servarsi nelle persone di etk molto avanzata : le to- nache della medesima apparivano piiì dense del con- sueto, ed avevano sofFeito una degenerazione sieo- matosa in molti punti della loro estensione. Non to- sto poi che l'arteria nominata aveva formato l'arco, di- latavasi ad un tratto in tutto l'ambito in modo da da- re origine ad un tìiraoretto quasi sferico, rappresen- tante la grossezza di un picciolo uovo di piccione , sulle cui parti laterali scorgevansi due rilevalezze bislunghe. Un pollice circa al di sotto di questo era- vene un altro voluminosissimo , che in gran parte co- perto dal polmone sinistro corrispondente aderiva in alcuni punti ad esso per mezzo di una pseudumem- brana. Questo viscere compresso oltremodo dal tu- more aveva dovuto cedere al medesimo il suo luogo , in guisa che la sua faccia esterna divenuta anterio- re riguardava il lato destro del torace, e l'orlo po- steriore diri^evasi anteriormente. Tolte le aderenze i34 Scienze che univano fra loro le dette parti si potè allora vedere tutta (juanta l'estensione deìVaneurisma , il quale collocato sulla parte sinistra dell' arteria aor- ta , nelle cui pareti aveva preso il suo nascimento con direzione affatto obliqua , andava ad occupare tut- to lo spazio che è fra il corpo della terza vertebra dor- sale, e la parte di mezzo della faccia toracica della ter- za costa vera fino alla settima inclusivamente. Nel mez- zo poi, ed alcun poco verso la parte superiore ed ante- riore di questo voluminoso aneurisma, innalzavasene un'altro quasi innestato sopra di esso, che munito di una specie di collo pendeva liberamente sulla par- te media del sopra nominato. La circonferenza : del tumore più voluminoso era di trentaquattro polli- ci , e qualche linea t ed il maggior diametro di cir- ca undici. Aperto il primo, cioè quello che aveva la sede sotto l'arco dcirarteria aorta, si osservò noa esistere veruna lesione nella sua circonferenza : sol- tanto nelle parti laterali, ed un poco inferiori a questa, erano due soichettini ripieni di alcuni filamenti di linfa plastica. Squarciato poscia piiì ampiamente il tumore vedevasi la membrana interna tinta di un rosso pallido , che non iscoloriva punto con le ripe- tute lavande. Chiaro poi di per se stesso appariva che le tonache di questa dilatazione aneurismatica, la quale i patologi antichi chiamarono vero aneurisma, sebben fossero dotate di un' insolita mollezza , noa avevano peraltro sofferto veruno assottigliamento. L'aneurisma innestato , così lo chiama l'A. , sul maggiore inciso dirimpetto allo stringimento che pre- sentava in forma di collo, mostrava la piccola aper- tura delle tonache proprie della toracica , non che l'estensione tutta del sacco aneurismatico formato per lo intiero da quella floscia tela cellulosa che sta avan- LacEUAZIOI^E DEILA CRISTALLOIDE l35 ti alla pleura , e la quale era talmente assottigliata da minacciare una pronta rottara. Finalmente inciso il maggiore aneurisma, si pre- sentò un'ampia cavita di figura irregolare divisa in. due parti, una superiore piiì piccola , l'altra inferio- re più grande, da un largo e denso tramezzo formato di strati di fibrina. Verso la parte più elevata della prima notavasi un'apertura del diametro di circa sei linee con orli duri e callosi , la quale stabiliva co- municazione fra la toracica rotta , ed il gran sacco aneurismatico. Singolare ancora era l'alterazione delle ossa vicine. La quarta vera costola sinistra mancava per oltre alla sua meta posteriore , non rimanendo di lei che piccioli frantumi sparsi alla rinfusa pres- so il sito ove essa sta naturalmente fissata. La quin- ta e la sesta più non esistevano per circa quattro pollici di estensione, a cominciara dalla loro estremità posteriore ; la settima, rimasta intatta, aveva, invece acquistato una maggiore convessità del consueto ; e ciò in grazia della compressione sofferta nell' infima parte dell'aneurisma. In fine le parti laterali del corpo della terza e quarta vertebra dorsale avevano pati- to una corrosione per molte linee di profondita. Tutte le altre arterie del corpo , non clie i visceri tutti delle tre cavita, erano in istato naturale. Nella terza lettera si da notizia di una dop- pia pupilla esistente nello stesso occhio , e di al- cune particolari alterazioni di quest' organo osser- vate dall' A. in un giovine di 20 anni. Era que- sti di temperamento linfatico > da cui non soffrì ve- run' incomodo fino al secondo anno deli' età sua : nel qual tempo venne preso di repente da violen- te oftalmia suscitatasi per causa esterna , e contro la quale tornarono presso che inutili i rimedi ado- perati per dissiparla. Laonde fattasi cronica , nar> l3() S e I E N S E cqunio a poco a poco nell' occhio destro i seguen- ti fenomeni morbosi. Tutte le parti accessorie di lui , dice l'auto- re , sono in istato naturale : la cornea lucida non ha perduto la sua consueta trasparenza , se si ec- cettui un terzo circa della sua estensione , in cui la si vede coperta da una membranclla piuttosto densa , di figura triangolare , di un colore bian- co-periato. La quale prendendo origine con la ba- se dal gran canto dell' occhio presso della criruu" cula lacrimale, termina col vertice in picciolissima di- stanza dal centio della pupilla naturale. Questa è nel suo lume ridotta a tale, da non avere tutto al più nella maggior lunghezza che un mezzo millime- tro , e due di larghezza. E poiché con la diminu- zione dei diametri ha pr^so una figura ellittica, non può meglio paragonarsi che al seme della cicoria. La pupilla, di che si discorre, è immobile qualunque siasi il grado di luc« che agisca. Un certo colore nero cupo si scorge dietro di lei , ma non si potreb- be distinguere se è dovuto alla retina , oppure ad una maggior estensione del nero pigmento, da cui è tapezzata la pagina interna della membrana coroi^ dea. Intanto se ne piaccia di fare che il giovine in- nalzi la palpebra superióre di quest' occhio, e guar- disi il medesimo dal basso in alto , ecco allora ap- parire una nuova pupilla che sta appunto nella par- te superiore dell' inde , nel luogo ove questa mem- branclla si unisce all' orbicolo cigliare. È dessa di figura ellittica col maggior diametro di circa 7 mil- limetri , ed il minore di due ; la direzione sua non differisce quasi da quella della pupilla naturale so- pra descritta , e com' essa volgesi più presso all' angolo interno del globo , che verso l'esterno di lui. Questa nuova pupilla, che non si contrae in verua I LACER^ZIOUE della. CrVISTALLOlDE iZj modo, qualunque azione vi eserciti sopra la luce, la- scia scorgere, a ben guardarla, che tutto ciò eh' è col- locato dietro di lei gode di una perfettissima traspa- renza. Dalla descrizione di questa singoiar malattia pas- sa l'A. ad esporre le osservazioni , e le sperienze instituite per conoscere in qua! modo questo gio- vine vede gli oggetti. Se ad esso venga fatto di mirare un corpo qualunque con aml/ulue gli occhi, il vede semplice e distintamente , sebbene colloca- lo ad una certa distanza. Incitato che sia a chiu- dere l'occhio sano, e far si che la nuova p iipilla del malato rimanga coperta dalla palpebra superiore, egli dice di vedere in modo confusissimo quel corpo ^ di cui vuole acquistare una precisa idea : e se que- sto venga artificialmente illuminato , non lo scorge in veruna maniera meglio di prima. Allorché poi in- nalza la palpebra inferiore si fattamente da rima- nerne coperta la pupilla naturale , e solleva nel tem- po medesimo la superiore , acciò l'occidentale si ri- manga scoperta , allora si che distingue con chiarez- za l'oggetto che gli è dinnanzi , e il vede unico. Quando nel procedere dello sperimento ad oc- chio sano tuttavia chiuso vogliasi dal giovine mi- rare un oggetto con ambedue le pupille dell' occhio affetto, non lo vede in modo che sia; ed in vece di questo gli sono chiarissimi i corpi situati obliquamen- te , e a destra , i quali peraltro gli compariscono allora raddoppiati. E se il medesimo ha vaghezza di vedere unico il corpo che a lui si presenta, gli è me- stiere dirigere l'occhio ddle due pupille verso il can- to grande di esso. Venendo quindi a gradatamente diminuire Tobbliquita con cui volge l'occhio verso il corpo, in modo che tutte e due le pupille ricevano nel tempo medesimo i raggi luminosi , allora è che; l38 S e I B M Z E se gli addoppia l'oggetto che guarda; assicurandone che quello che a lui sembra a destra gli appare più distinto , e collocato maggiormente piiì alto dell' al- tro esistente a sinistra, le cui linee terminatrici di- ce essere meno rilevate. L'A. è stato desideroso di co- noscere ancora se i corpi guardati dal giovine tan- to con l'occhio destro quanto col manco gli appari- vano per grandezza uniformi , o no. Viene da esso esclusa qualunque differenza. Finalmente ha voluto ancora sperimentare se era miope, o presbite. Ar- mato l'occhio affetto prima di una lente convessa , e poscia di una concava, potè convincersi essere lui pre- sbite, vedendo gli oggetti più distinti con la prima, ed in modo affatto confuso colla seconda. HFflB Dei parti naturali anticipati , delV attitudine a vi- vere de'' prematuri nascenti , e de* loro diritti civili. Dissertazione medico-legale del cav. Dome- nico Meli ec. Perugia 1826. {J^ed. il voi. di ottobre 1826 di questo giornale a pag. 45 e seg.) Estratto A. uSsai distinto e ferace di utilità all' ordine socia- le emerge il frutto delle interessanti ricerche istituite dal prof. Meli, siccome le abbiamo contemplate nel pre- cedente estratto delle due prime parti di questa dis- sertazione. Che di vero i prematuri nascenti , i qua- li offrano le rappresentate condizioni fisiologiche, go- der potranno pacifico, o nella loro persona o in quel- la di chi ad essi sopravviva dei genitori, il diritto Parti MAtuRAii anticipati i3g alla legittimità ed alla successione ; il perito foren- se nel suo dignitoso uffizio avrà piiì ferme basi on- , de pronunziare i suoi pareri ; ed i tribunali non pili avranno in cert* i ncontri dubbieta od esitanza a decidere intorno allo stato di questi esseri , e po- tran loro concedere quanto la equità e la giustizia imparte loro, sol cLe una volta ascoltar si voglia il grido della sana ragione contro un termine, a cui le varianti leggi della natura mal si vollero dalla giu- risprudenza assoggettare. Ma alle fisiche disquisizio- ni già cotanto sagacemente rilevate dal N. A., ag- giugne egli ora la disamina delle più conosciute le^^- gi : e rettamente ne desume che, secondo lo spirito delle medesime , inco minciando dal quinto mese pos- sono i nascenti ven ire alla successione ammessi. Ri- monta per tal effetto alle primitive ordinanze della capitale dell'universo, allo scrutinio di quelle che vennero in proposito stabilite nel diritto romano , ed all' analisi di quelle che di norma servirono ai successivi legislatori sino alla presente età, e popo- latissimi stati per piìi o meno volger di anni go- vernarono. Sul conto delle quali materie oh quan- to risplende la vasta erudizione del cav. Meli, non che il di lui fino discernimento e criterio nel ri- levare esuberanti prove a corroborarne il suo assun- to ! Riprova egli con ciò assai giustamente la cie- ca deferenza agli oracoli ippocratici, la quale in- dusse quelle tante interpretazioni delle antiche leg- gi, che in progresso di tempo non fecero ammet- tere vitabilità nella prole vegnente alla luce prima del settimo mese di gravidanza. Istituto di brevità ci vie- ta di trascrivere in queste carte la estesissima re- lazione di siffatte leggi , che tutte vengono dal raeri- tissimo A. e contemplate e interpretate e sottoposte l40 S G I K N K B con severa logica a rigorosa analisi ; ma di molte di esse dispensarci non possiamo dal fare menzione. Nella immensa suppellettile dell' antica romana giurisprudenza pochi e sparsi frammenti rinvengon- si di una medicina pubblica , o , come or dicesi , le- gale. Sentitasi però la necessita di chiarire alcuni principi legali co' lumi della medicina e della fisio- logia, s'invocarono i medici dai legislatori e dai giu- reconsulti, onde istruirsi a determinare per lo sta- to civile dei nascenti l'età in cui sogliono questi neir utero materno acquistare capacita alla vita. Rap- portar dovendosi perciò alle dottrine df'i medici più celebri e dei più accreditati cultori delle scienze na- turali , piegar dovettero le sentenze loro i primi giu- risti romani alle dottrine di un Ippocrate, di un Pla- tone, di un Aristotele, di un Pitagora. Sursero poi in varia epoca le dissenzienti opinioni dei sabinia- ni e dei proculejani, le contraddizioni di Domizio Ulpiano e di Giulia Paolo, e le troppo intempe- ranti dicerie di tanti glossatori. E cosi dal chiosare spesso confuso degl' interpreti, e dalla tenace loro adesione agli errori del greco fondatore della me- dicina, venne anche per mezzo di clamorose dispu- tazioni oscurato il lume della ben chiara disposizio- ne di Giustiniano registrata nel suo codice in favo- re dei figli di prematura nascenza. Giacche sebbe- ne eia questa, apparisse, che il greco legislatore senz' avvertire all' anticipato tempo in cui possono i fi- gli venire alla luce , e senz' alludere precisamente al settimo mese (eh' erasi da alcuni dei precedenti giu- risti preso di norma, in adesione alle massime dell' oracolo di Coo), decise aver eglino diritto alla suc- cessione , purché nascano perfettameiite vivi , pur- ché vivi per intiero escano dal seno materno , o purché alterate non presentino e scomposte le for- Parti naturali anticipati i^i me umane a modo tli essere {giudicati mostri ; pur contenzioni nacquero e molte , ma erronee , sicco- me con precipua sagacita Len conferma il Meli. L'istes- so prestigio della sentenza ippocratica fece porre in non cale gli argomenti tutti che le si addussero in opposizione ; quasiché al solo Ippocrate fossero sta- ti riserLati i principi e gli estremi confini del me- dico sapere; quasiché lo spirito umano avesse potu- to in SI remoti tempi esaurire per intiero, rispetto alla giurisprudenza , la facoltà investigatrice del retto e del vero , ed esaurirlo per la infinita serie ripro- ducibile dell' umana specie, Celebratissimi giurecon- sulti vi ehhero , i quali opposero al comun modo d'interpretare non pur h^ìeg^e De posthumis hce- red. inslitaencL del codice , ma ben anco le altre dei digesti , che ammeLtono tra i parti anticipati i soli settiniestri siccome vitabili e capaci di succe- dere. Ma dello loro concludenti argomentazioni po- co conto si fece dai giuristi, :;carso valore alle me- desime si die nei tribunali , o mandaronsi così all' oblio. Chiunque però, speglio di prevenzione e di ser- vile attaccamento per qualsivoglia opinione, ben sen- tirà quanto peso dia loro la suprema ragione di equità e d'intemerata giustizili. Al quale oggetto , per tacere di altri , basterà conoscere in qual modo a fianclieggiare l'asserto s'impegni il N. A. in apprez- zare il divisamento del cel. Domat. Questi, a fine di rafforzare il suo discorso, con assai accorgimento fi- gura il caso della nascita postuma di un figlio sì prematuro che non possa continuare a vivere; e fa surgere gli eredi del padre premorto, o della ma- dre estinta nel partorire , contro il genitore o la genitrice superstite , a reclamare i beni e le pro- prietà di quel di loro che perì , considerando il pre- l42 S e I K R Z E maturo feto incapace di succedergli. A rincontro di colesti eredi pone il padre o la madre vivente, per addurre tutte quelle difese che la natura la ragio- ne ed il vero senso dell' antico diritto civile in fa- vore della imperfetta prole soccorrono. Da un tal dialogo dell' acutissimo giureconsulto francese mol- te e convincenti considerazioni abbiamo , tutte gra- vi e valevoli a favoreggiare il diritto di successio- ne dei figli prematuri ; ed in singoiar modo rimar- chiamo con qual severa analisi venga sminuzzato il vero spirito delle due leggi de' digesti e di quel- la del codice giustinianeo. Nella legge in fatti espres- sa co' termini Si vivus perfecte natus est di Giu- stiniano (ci arrestiamo brevemente a queste parole, tacendo il restante per brevità. ) la voce perfecte si può riferire tanto alla ^^(A^jjvivus che la precede , quanto a quella che la segue natus\ cosicché o significhi „ o perfettamente nato o perfettamente vivo , niuno „ di questi due sensi vale a conchiudere che sifiat- „ te espressioni alludono solamente ad un figlio na- „ to a suo tempo, ben potendo un figlio e venire „ al mondo anticipatamente , e nascere tale che non „ si possa dubitare di essere perfettamente vivo e „ perfettamente nato ; cioè che sia uscito dal se- „ no di sua madre o per parto naturale o per „ la gastro-isterotomia dopo la morte della geni- „ trice. Le seguenti parole d'altra parte sembrano „ indicare restrignersi la quistione alla sola circo- „ stanza che il feto sia intieramente nato e che non „ sia un mostro: Hoc tantummodo reqiiirendo ^ si vi- „ VHS ad orhem totus processit , ad nullam decli- „ nans monstrum^ vel prodigium . . . ,, Le leggi per- ciò , ei prosiegue, allorché parlano dei figli nati pri- ma del tempo , non considerano in essi siffatta defi- cienza se non se trattandosi di giudicare della loro PaRT^/ NATUnALI ANTICIPATI l43 condizione , e di sapere se siano o no legittimi per esser nati o troppo presto dopo il maritaggio, o trop- po tardi dopo la morte dello sposo; e ciò indipen- dentemente dal sapere se hanno o non hanno altezza a vivere. „ Glarum itaque (conchiude cosi il Domat „ dopo robuste e moltiplici argomentazioni) deter- „ minatum fuisse, infantem qui vivus natus est, etiara „ si ante terminum necessariura ad vivendum , suc- „ cedere posse, dummodo vitse probationes sint cla- „ r«3, ncque prò vita usurpentur incerti membrorum „ motus , qui accidere etiam possunt in iis qui mor- „ tui nascuntur. Ex qua sane incertitudine factum „ est , ut aliqui jurisconsulti ad vitam infantis prò- „ bandam necessarios crediderunt clamores. „ JNè al- trimenti del Domat pensarono non pochi classici giu- reconsulti; qual di loro commentando la nota legge del codice giustinianeo , quale quelle dei digesti , e qualo in particolari disquisizioni occupandosi analo- ghe al medesimo subietto: siccome dalla prolissa leg- genda apparisce di citazioni di valenti scrittori, fra' quali ha pur luogo il dottissimo cardinale Albani per le st|,e lucubrazioni , e molti altri che presero a di- scutere la materia delle successioni. Discende quinci il valente N. A. ad istruirci con le sue indefesse ricerche istituite su gli altri codici dei successivi legislatori , e passa in rivista il codi- ce longobardo , quello di Dagoberto , l'altro dei go- ti e dei visigoti, i capitolari di Carlo Magno, e (per tacere di altri) le decisioni della rota romana, alla penetrazione del qual ultimo tribunale ( benché ab- bia questo assai deferito alle autorità d'Ippocrate e di Paolo Zacchia) isfuggite non sono sempre le ra- gioni ch'erano dal lato dei nascenti ai cinque ed ai sei mesi. La costituzione civile posta in vigore da Car- lo V chiaramente dispone all' articolo 147} che in l44 S e I S K Z E punto di logittimila dei figli tlehba starsi al giudizio dei medici. ,, Ottimo divisamenlo in vero , ripiglia „ qui il nostro Meli , e da sana ragione suggerito : ,, iinpercioccbc i soli modici possono rinvenire in si- „ mili giudizi Ja certezza legale. E se noi poterono „ a que' tempi, quando non altro udivasi ripetere , „ trattandosi di vitabilità , clie il ripetutissimo septi- „ mo mense d'Ippocrate , ben il dovrebbe a' giorni „ nostri , nei quali l'opinione di questo , giusta il „ detto di un gran giureconsulto moderno , il Mer- ,, lin , non dee avere piiì autorità , siccome ne men „ lo dicono le leggi dei digesti fondale su la medesi- „ ma opinione. „ E l'istcsso Merlin, quel classico scrit- tore di giurisprudenza , molti fatti ed argomenti pro- duce in prova evidentissima di aver vissuto feti di cinque e di sei mesi , e di essersi altresì dai tri- bunali in parecchi di questi casi accordato loro di ricevere o trasmettere la paterna o materna eredi- ta. A^on si ommette per fine dal sig. Meli onorata ricordanza del dialogo di Sperone Speroni , e dei due piiì recenti codici dei giorni nostri , cioè del codice Napoleone, e di quello dell' imperator Fran- cesco I per la Lombardia Austriaca. Di tal tempra è il presente aureo lavoro del sig. cav. Meli. Ha egli esaminato con singolare ac- curatezza le leggi , che dal primo sorgere del ro- mano diritto fino a nói furono tenute nei rispetti- vi tempi in maggior osservanza ; ha rivolto preci- puamente lo sguardo a quelle che eque e da pon- derata giustizia dettate , e pieghevoli alle varietà con che la natura procede nell' arcana procrea/ione dell' uomo, estendono la legittimità ed il diritto di succedere al di qua dei sette mesi. Ha portato al- tresì l'analisi nelle opere di molti classici giurecon- sulti , i quali con pia chiara ragione interpretando Parti naturali anticipati i45 quelle leggi romaue che alla successione provvidero, per mezzo di rigorosa logica coniLattetono la pre- valente massima del settimo mese ; massima soste- nuta in-'tànto corso di secoli dal credito di quel so- lo uomo , elle le vere fondamenta gittò delle scien- ze mediche, senza però che i limiti segnati alla umana vita potessero concedere al suo impareggiabile ingegno di osservare quanto basta a stabilire una massima , la quale regolasse si importante punto di diritto per tut- te le future generazioni. Ha fatto cosi conoscere con tutta l'evidenza , che se l'autorità di assai legislato- ri, il prolungato uso di più late leggi, la dottrina di sommi giuristi, non che i fatti pei quali a quan- do a quando tornavaci ad avvertire la natura dell' illimitato suo potere , non valsero a far recedere dal- la pertinace attegnenza ai iSa giorni ; si potrà ora conseguirne la riforma a vantaggio di quegli esseri, ora che la scienza ha tenuto dietro alla natura, ora che la scienza ha perscrutato l'ammirabile magiste- ro della generazione deli' uomo , ed ora che fatti singolarissimi la scienza ha notato di anticipala vi- tabilità. E se è vero non darsi una sola funzione in tutte quelle dell' animale economia , che in ogni individuo eseguiscasi nello stasso spazio di tempo ri- gorosamente determinato ed esatto ; ciò pur baste- rebbe a distruggere ( siccome scrisse Petit ) tutte le conseguenze che si è veduto poter trarre dalla pre- tesa uniformità delle leggi della natura , e non po- tersi quindi assolutamente statuire l'epoca della pre- gnezza che invariabile corrisponda all' attitudine del feto di resistere sotto l'azione di nuove potenze all' esercizio della vita. Ma intanto variare ,, di condizioni organiche e „ vitali , in tante indeterminale cagioni che or ac- „ celerano , ora ritardano all' utero l'accrescimento G.A.T.XXXY. 10 i4G Scienze „ del germe umano , la giurisprudenza non potrà „ mai raggiugnere la certezza legale , se non si ri- ^, porta ne' singoli casi alle prove di fatto , ed a'ri- „ sultamenti dell' esame di periti notomisti e fisiolo- „ gì ; i quali sapranno assicurarla se lo stalo dei prc- „ cipui organi vitali sia giunto a tale da poter so- „ stencre i cambiamenti che nelle rispettive funzioni „ avvengono al trapasso che fa il nascente dal seno „ della madre alla luce. Si , il notoiiiista , il flsiolo- „ go , per l'accurata ispezione di quegli organi , avrà „ abilita sin' anco di giudicare , se la morte che to- „ sto succede al nascimento provenga dalla loro iuet- „ titudine alle funzioni vitali , o si veramente dal- „ le altre tante cagioni eh' estinguer possono la vi- „ ta dei feti maturi , e massimamente poi dei feti di „ sette mesi , che per regola generale la legge ri- „ conosce vitabili . . . Leggansi d'altra parte nel dot- ,, to Cancellieri i tanti esempi di eruditi {precoci , ,, ed ognuno resterà convinto , che l'opera della „ natura nell' incremento del corpo e delle morali „ facoltà dell' uomo non è vincolata con leggi co- „ stanti. E se ciò addiviene nell' essere umano do- „ pò la sua nascita , io lun so vedere il perchè si „ abbia a limitare la possanza della stessa natura „ mentre intende alla sua formazione primitiva nell' „ utero materno. Perciò la scienza (prosiegue a buon „ diritto il càv. Meli) fattasi al tutto conscia di que- „ sto illimitato potere , non pia oggimai desume dal „ tempo della gravidanza , ben di frequente inesat- „ to , la vitabilità dei nascenti. Perciò ha volto le „ sue mire a fissare il punto di sviluppo che den- ,, no toccare l'encefalo e il da lui dependente si- „ sterna nervoso ; il cuore e i polmoni per reggere ,, all' azione dei nuovi stimoli che incontra il feto „ nel venire al mondo. Perciò tenendo dietro con Parti naturali ahticipati 147 „ rigorosa analisi al modo di operare di quelle po- „ tenze , ed alle compensazioni con che la natura cou- „ corre alla salvezza dei parti accelerati , ha ideato „ mezzi valevolissimi quando ad accrescere il con- ,, citamento in essi organi , quando a moderarlo con ., accorta sottrazione di stiraoli. Perciò in fine ora av- „ verte i legisti di statuire , che nelle nascite anti- „ cipate di figli, per le quali muover si possa qui- „ stione di legittimila , e contendere il diritto di suc- „ cessione , a motivo della morte che più o men to- „ sto succede, abbiasi unicamente a giudicare delU „ loro vitabilità dalla disaminazione degli organi del- „ la vita fatta dai periti medici legali. All' attitudine di una siffatta disamina da ese- guirsi dai medici legali oppor si potrebbe quel che di già mal sembra aver avvisato il consiglio di sta- to dell' impero francese. Ma ascoltiamone dall' istes- so cav. Meli un'acconcia e sagace risposta, dalla qua- le ci auguriamo veder piìi caute le facoltà mediche nella dispensazione soverchiamente pronta dei rispet- tivi diplomi , e ci auguriamo altresì veder eccitati a provveder con lo studio ai loro doveri coloro che do- po qualche biennio scolastico di frequenza nelle uni- versità, innalzati al dignitoso (egualmente che tremen- do) uffizio di cultori delle arti salutari, danno con, somma lor presunzione ed orgoglio un totale ed ob- brobrioso addio fallo studio, soffogando i latrati della loro coscienza , che gli ammonisce a paventare l'ul- trice ira di Dio per le vittime immolate con la lo- ro imperizia. „ Non è mio l'istituto (è il N. A. che „ parla) di dover indagare l'origine di questa ignoran- „ za, di questa non universale conoscenza dell' arte. „ Posso dir solo , che gli statuti, manchevolissimi per „ loro stessi . sonosi resi negli effetti più mostruosi „ della tolleranza e dell' abuso che se ne fa ; per cui IO* i48 Scienze „ di sovente avviene , che si vada ali* esercizio dei „ vari rami della difficilissima arte di sanare da una „ turba di esseri senza mente , senza studio , e sen- „ za le quanto rare altrettanto necessarie virtiì di „ ainimo e di cuore, che in coloro che han cura dell' „ umana salute si richieggono ; la qual turba sì to- „ sto resa impune da una matricola, da un mal acqui- stato diploma , ad altro non intende che a satolla- re riramoralissima cupidigia di lucro che la divo- „ ra. Misera umanità, dove soggiaci in balìa di costo- ro ! Ma non costoro soltanto soggetti dovrebbero es- sere alla vigilanza ed all' autorità di un tribù na- „ le di polizia medica ; ma queglino ancora i qua- ,, li per propria ignavia trascurano di seguire i pro- „ gressi della scienza , e frodano per tal modo una parte dell' umana specie della utilità de' suoi nuo- vi ritrovamenti : dovriano questi render conto del loro operare , e punirsi di tanto danuevole ne- aligenza. Ai medici dotti , sperimentati , equi , probissimi, affidata assai vantaggiosamente esser po- trebbe la sopraintendenza all' esercizio delle arti sa- „ lutari. „ Altre obiezioni presenta lodevolmente a se stes- so neir ultima nota l'A.; obiezioni però, che ven- gono maestrevolmente fiaccate dai responsi dell' A. medesimo. Siccome per altro abbiamo già senz' av- vedercene dato una soverchia estensione a questo ar- ticolo , in brevi concetti perciò riferiremo di essi il compendio. £ contro l'antica e quasi universale ac- cetlazione della legge del settimo mese , prova in tutte le sue parti l'asserzione, che un antica legge cioè fondata su le nozioni fisiche possedute all' epo- ca della sua promulgazione , può coli' andar del tempo modificarsi, correggersi, o ampliarsi, ove la ssuuicnza ne ammaestri essere state quelle nozioni in- Parti naturali anticipati i/fO sufficienti, difettose, od eironee. La possibile vita- bilità prima del settimo mese , lungi dal porne in temenza che moltiplicar possa i piati per le succes- sioni , dovrebbe anzi rassicurare che di gran fatto verrebbe a diminuirli. Ed infatti „ se nel riformare le „ vigenti leggi che fissano la vitabilità dei feti , si „ prescrivesse ai tribunali di non piìi fondare i loro „ giudizi sulla fallenza del tempo della nascita , ma „ invece di sostruirli sovra la certezza legale che de- „ riva dalla cognizione della idoneità, degli organi „ vitali all'esercizio delle proprie funzioni; quanto più „ raro diverrebbe il piatire tra gli ascendenti ed i „ coUatei^li in simiglianti successioni ? „ 'Ne troverebbesi da ultimo difficolta alcuna di verificare sempre ed in ogni luogo l'attitudine vita- le degli organi dei piematuri feti , ove dalla leg- ge si prescrivessero alcune disposizioni. La prima di queste comandar dovrebbe, che, ove le parti interes- sate in una successione trascurassero , appena avve- nuta la morte di cotesti figli , di cìiiedere la lega- le ispezione del cadavere onde assicurare od esclu- dere in esso la capacita alla vita , non venisse dai tribunali permesso veruno sperimento di ragioni tra le parti medesime pel diritto di succedere . Sor- montata con tale ripiego cotale difficoltà , rimareb- be il dubbio di rinvenire ovunque sufficiente idonei- tà a simili verificazioni. Andrebbe per altro tal dub- bieta a dileguarsi , ove si prendessero energiche mi- sure per rimuovere quella cagioni che noverate dal Fodere hanno segnato l'ultimo degradamento del cor- po dei medici (a), facendogli obliare quella gravita (a) Traile de medecliie legale et d'hygiéue pablique. Tom, II pag. 4^6 e seg. _i ì i5o Scienze di carattere , quella opinione di scienziati che si fa- ceva onorare e rispettare, e quella si necessaria con- siderazione di esperti veridici ed incorruttibili. Possano le giustissime e sensate riflessioni del sig. Meli, nel presente di lui lavoro contemplale, sor- tire quel buon effetto che con esso lui i veri scien- ziati si augurano ! Possano le di lui argomentazio- ni concludentissime ed i commendevoli suggerin^eii- ti suoi venire apprezzati siccome conviensi ! Possa- no finalmente essere dagli odierni legislatori appro- fondite le troppo evidenti ragioni per conseguirne la desiata riforma a prò di quegli esseri , la vi- ta fisica e il legai diritto dei quali è stata dal N. A. con verace di lui decoro perscrutata ! TONBLU. Osservazioni storiche intorno V epizoozia del glos- so-'antrace , o cancro volante de^buoi affstti da tale malore e curati nel lazzaretto di Fano dal sig. doti. Placido Nebbia socio di varie accade- mie d* Italia' Pesaro 1827 dalla tipografia di An' nesio Nobili. ( Sono pag. 38. ) I n questo libercolo di pag. 38 il sig. Placido Neb- bia, dottore in chirurgia e socio di non so quali accade- mie , divide [la materia come segue . Dopo aver rammentato che l'arte veterinaria fu in pregio gran- de presso gli antichi , accenna i principali autori che trattarono del contagio che assalisce i buoi ; mostrando che fu da essi stabilito essere l'antrace- glosso il morbo che precipuamente assalisce i di" Epizoozia i5i dattolì ; poscia descrive i sintomi che si accompa- gnano a questa malattia. Di qui passa a fare la storia genuina dei segni che hanno accompagnata l'epizoozia dell'anno i82{) , cioè quella da lui os- servata in Fano. Questa istoria , piultoso che narrazione di cose osservate da chi scrive , pare , come l'antecedente , un luogo comune preso dagli autori che trattaro- no questa materia. E già noto a tutti che ne' buoi affetti da questo malore , dopo lo spazio di tre o quattro giorni l'infiammazione delle parti della de- glutizione si concentra ne'zoccoli. Qui il dott. Neb- bia prende a spiegare come il male della lingua si trasporti ad esercitare la sua potenza anche nelle parti sopraddescritte senza ledere le rimanenti:,, È ,, già provato , egli (lice , che nelle vicinauze del „ cuore risiede la maggior forza vitale. „ Questa pro- posizione si sarebbe forse tenuta per vera due mila anni indietro : ma oggi sappiate , o sig. dott. Neb- bia , che questa vostra proposizione è un grosso- lano errore , dacché i migliori fisiologi , per mezzo di accurate esperienze , hanno stabilito essere il si- stema nerveo-muscolare fornito di eccitabilità pre- minentemente e forse es elusivamente , o di forza vi- tale come vi piaccia chiamarla. „ A proporzione che le parti dell'organizzazio- „ ne , così seguila Vautore , si allontanano da que- „ sto centro, la circolazione è più lenta, più tem- „ perato è il calore , e perciò le funzioni animali „ più suscettibili d'interruzione e di disturbo. ,, Vo- glio ammettervi (juesta seconda proposizione come vera , tuttavia ella non dipende affatto dalla pre- cedente: percliè il cuore è certamente il centro del- la circolazione , ed è rarissimo pure che nelle al- tre parti la circolazione sia più lenta a misura ciie IÒ3 S C r E M Z E le parli si allontanano dal cuore: ma ognun vedfe pero c!ie questa conseguenza non dipendo dal prin- cipio posto , cioè che il centro della forza vitale è il cuore. Ma seguitiamo. „ La forza della fibra: „ vivente dipende in gran parte dal vigore e dall' „ energia generale e particolare della circolazione.,, Avete prima stabilito che il centro della forza vi- tale è il cuore; e tutto ciò è erroneo, come abbia- mo di sopra notato : poscia dite che quanto più le parti si allontanano dal cuore , tanto e più len- ta la circolazione in esse ; e da tutto questo fate conseguire che la foi-za della fibra vivente dipende dall'energia della circolazione. Questo è tal circolo d' intricati paralogismi che per verità rechereste in- vidia a quel famoso sofista che era alla corte del re Giovanni di Francia ; il quale disse al re un giorno : Maestà;, avete voi un occhio? Afferma- ti varaento rispose il re. E il sofista : Maestà , [ave- te voi due occhi ? Similmente rispose il re. Dun- que voi , o maestà , avete tre occhi. Presso a poco , sig. dott. Nebbia ,. il vostro raziocinio è simigliante a cotesto del sofista. Ma seguitiamo la spiegazione del nostro autore. „ Se dunque questa vitale ener- „ già dimiauisce a proporzione che essa è lonla.na „ dal centro , non recherà, meraviglia che questa: „ forza riproduttrice ( non intendo che ^ abbia da ^^ fare qui Inforza riproduttrice) vada menomando „ secondo la medesima proporzione. Vi sono nelle „ estremila de'zoccoli molte parti lendinose , lega- „ mentose , le quali sebbene non siano sprovvedute „ di senso , nulla di meno ne hanno pochissimo : „ i vasi di quelle essendo esilissimi ; siegue pertan- „ to che così in esse , come nelle altre ricolme di " pinguedine, la circolazione del sangue diviene più „ lenta , e lascia quindi più tempo al fluido di ri- Epizoozia i53 „ posare e dopositare le straniere qualità morLo- ìì se ,, Ma non portiamo maggior noja al lettore . A che tutta questa filatessa d'inesatte no-, zioni fisiologiche e di mal connesse deduzioni ? La lentezza del circolo ne' zoccoli de' didattoli a voi pare ragione sufficiente del supposto soffermarsi del- la materia contagiosa o del miasma in queste par- ti, e dello sviluppo della malattia che ne coseguita: ma ponete mente , sig. dott. Nebbia , che non solo ne'zoccoli e lento il circolo del sangue ; ma è lento similmente in molte altre parti di quelle macchine animali ; 6 forse in alcune eziandio è più lento che ne' zoccoli stessi. Adunque stando alla vostra spiegazione , io vi dimanderò perchè la malattia si sviluppa ne* Izoccoli: piultosto che in questa od in quella parte dove la circolazione del sangue è lenta al pari che ne'zocco- li ? La successione de' fenomeni nell' animale econo- mia è molto intricata, e voglionsi molte osservazio- ni,'replicati esperimenti e molto criterio Ài analisi, per determinarla ; e spesse volte torna ogni studio, inelficace. Voi però poco brigandovi di queste pe- danterie de' logici, con inarrivabile franchezza spie- gate i fenomeni, e dite: Ecco spiegato il fatto. - La cura utilmente praticata è consentanea a quella che fu prescritta dai tribunali della sacra consulta. Ag- giunge però il nostra autore „ che siccome , così egli „ dice, diverse sono le idiosincrasie , l'età , il sesso „ degli animali didattoli , così il morbo non può in „ essi essere sempre conforme Però è per- „ messo al clinico osservatore di modificare il meto- „ do della cura secondo le infinite possibili variazio- „ ni che sogliono accompagnare questi mali : onde „ considerando attentamente il movimento vitale che „ ognuno di essi diversamente produce negl' infermi i54 Scienze „ didattoll , cerchera|di aumentarlo prontamente se „ è minore del bisogno , o reprimerlo se di vantag- „ gio al bisogno. „ Considerate bene, sig. Nebbia, che questo prin- cipio da voi chiamato inconcusso , è falsissimo , ed è più falso ancora il dire che a questo principio si e sempre attenuta la medicina così nella cura dell' umana specie , come in quella degli animali bruti , tanto nelle età a voi remote , quanto nella presente. Se voi aveste studiate le dottrine , come vorreste far credere, del movimento vitale, non vi sarebbe sfug- gito quest'altro sproposito. E vero che in quasi lut- ti gli stati morbosi dell' organismo animale è nel ge- nerale sistema un eccesso ed un difetto di movimen- to vitale: e ciò costituisce appunto quell'elemento che sogliono alcuni moderni chiamare diatesi', ma nel ca- so nostro si' tratta di malattie di processo locale flo- gistico prodotto da contagio , o da miasma , che vo- gliate dire. Ora questi locali processi , finche sono dinamico -vitali, non possono produrre che aumento del movimento vitale , non mai difetto di questo mo- vimento : che troppo ripugna al fatto , non che alla ragione, l'effettuarsi la diminuzióne del moto organi- co per cagione dell' aumentata vita chimico-organica di una qualche parte : nel che propriamente consiste la flocfosi. E poiché desidero che di queste cose sia- te meglio convinto, voglio che consideriamo insieme ciò che avete fatto voi stesso nel curare il glosso-an- trace ( posto che sia verità che voi abbiate realmente fatto ciò che dite di aver fatto ). Due maniere di cu- ra avete adoperato : l'una la chiameremo diretta , e l'altra indiretta. La scarificazione delle pustole , l'ap- plicazione dei caustici alla parte, il bistorino taglien- te ..... il caustico attuale, e le lavande detergen- ti : tutte (jUeste e simili altre cose costituiscono la Epizoozia i55 cura diretta contro la condizione locale del morbo. Tutto questo adunque nulla o poco lia da fare coli* aumentare o reprimere il movimento vitale , che è la cura indiretta, ossia la cura desunta dall'indicazione della diatesi. Vediamo ora i mezzi da voi usati per la cura indiretta ; e consideriamo se il principio da voi posto qui sopra, cioè che in questa malattia tro- visi ora l'eccesso ora il difetto del movimento vitale, sia stato dedotto dalle vostre osservazioni , ovvero vi sia venuto in testa solo per vaghezza di dire una vostra inezia. La cura indiretta adunque da voi usata è il beverone bianco mescolato col sa- le , e topicamente l'unguento egiziano , e la lavan- da di malva e la dissoluzione di sale ed>ceto. Ma se voi sapeste qualche cosa di materia medica , non avreste mai detto che il beverone bianco , la lavanda di malva, la dissoluzione di sale e d'aceto applicate alle parti potessero servire a sostenere le forze , e ad aumentare il movimento vitale ; come appunto vi esprimete. In oltre voi dite , parlando del caustico attuale , che narraste un giorno al clinico di Bolo- gna , sig. professore jTommasini , di aver guarito con questo mezzo un uomo idrofobo. Raccontando cotal fola privatamente o , come suol dirsi , a quattr' oc- chi al professore Toramasini , che forse non entrò in sospetto della verità del fatto, voi vi godeste il pia- cere d' una gloria puerile , ma senza 'pericolo. Ora però che la medesima fola volete dare ad intendere al pubblico, io vi dirò insieme con tutti i medici di Fano , che quel!' uomo Giacinto Magini non fu idro- fobo mai , e che da voi non ebbe altro vantaggio che quello di sentirsi abbruciare miserabilmente e senza bisogno una piccola parte del proprio corpo; ne già ebbero d'uopo di tale tormento Antonio Fazzi ed Angelo Ferri , ambidue fanesi , morti e feriti nello i56 S e I K W Z K stesso tempo e dallo stesso cane come il Magini , il pri- mo in una gamba, l'altro in un dito della mano si- nistra; i quali guarirono non curati né da medici ne da chirurghi , e non hanno sin qui avuto alcun sin- tomo d'idrofobia. Dopo tutto questo voi passate a dire clie e uti- le in simili circostanze d'instituire de' lazzaretti. Oh! l'importanza, oh! la novità di questo paragrafo..! Voi vi affaticate a dimostrare che sono utili i lazza- retti nelle malattie contagiose ? Ma dove siamo noi ? siamo noi per avventura in Turchia .'' Questo consi- glio , in questi tempi , ha molto d'impertinenza con- tro il decoro degl' italiani. Vero è che in circostan- ze di epidemie e di epizoozie tutti i paesi d'Italia non istituiscono lazzaretti : ma ciò non dipende da ignoranza ; bensì dipende da questo , che non sem- pre è dato fare ciò che è buono ed utile. Di qui pas- sando troviamo un sublime pezzo di patologia spe- culativa ; nel quale al dott. Nebbia e piaciuto ,. aven- do già fltio ad ora descritta la malattia e riferito il metodo curativo , di dimostrare quali furono le cau- se che: suscitarono l'epizoozia , e quali i suoi princi- pii , quali le sue circostanze generali diverse. I pii^i dotti professori dell' arte medica , cosi dice il dott. Nebbia , non hanno potuto sino a' dì nostri preci- samente definire qual sia la naturale essenza della ma- teria contagiosa; e tra questi sono collocati Erasmo Darwin , Caradori , Rubini , Neil , Moscati , ed in fine quegli scrittori che asserivano che le pesti e i mor- bi epidemici dipendono da certi insetti velenosi; la quale opinione è stata seguita per lo spazio di mez- zo secolo circa. Facendo mature considerezioni il dott. Nebbia sopra il sistema de'predetti autori , stima che l'ultimo si debba tenere per piìi probabile. Tuttavol- ta lascia ai più saggi dottori dell' arte medica l'in- Epizoozia 'tSn carico (H consultare le sopraccennate opinioni.,, Quan- to a me, così egli dice, prendo ardire di sottoporre air altrui giudizio un altro parere, riguardante le ve- re cause che in diverse provincie d'Italia hanno fat- to nascere e sviluppare la consaputa epizoozia. „ Qni i medici filosofi addrizzino bene gli orecchi e venga- no ad ascoltare. Essi riguardarono sino ad oggi tut- te le dottrine emesse da' migliori medici intorno all' origine de' contagi come ipotesi ingeniose sì , ma non tali da potere costituire sicuri principii di ragiona- mento neir arto medica. Vengano adunque costoro , io dico, ad ascoltare il doti. Nebbia , il quale in que- sta sì oscura materia ha recata la nuova luce del suo vivacissimo ingegno.,, Io dico , così si esprime il /lo- „ Siro autore, che la materia produttrice dell' estin- „ to contagio non altra sia slata, se non l'eiFetto „ della emanazione , o di altre degenerazioni della „ materia organica. Formandosi da queste delle esa- „ lazioni, queste (dice il doti. Nebbia) si accumu- „ lano a guisa di nubi vaporose, le quali vanno va- ,, gando neli' atmosfera , e quante volte giungano a "^ „ toccare un corpo vivente con delle particolari con- „ dizioni sui generis , capaci sono , come la saetta „ d'Apollo , d' indurre quel morbo che è analogo a „ loro iu varie parti del corpo „ Seguita poi dicen- do ,, che queste parti degli escrementi vaporizzati si ,, assimilano falsamente agli \iraori ed ai solidi degli „ animali , rendendo quelli venefici e capaci di com- ,, porsi in estese colonne. „ Risum teneatis amici. ? Per me confesso di non intendere il senso di queste parole: ma il lettore giudizioso risponderà al dott. Nebbia, lasciando da parte questi suoi Sogni cVin^ fermo e fole di romanzi : „ che le putride esalazioni „ derivate da fermentazioni o da un gener^ specia- „ le di alterata salute, o dalla distruzione totale ,53 Scienze ^• „ dell'organismo, o dalle sostanze escrementizie „ non possono essere cagioni proporzionate per la genesi dell' epizoozia e di qualunque altro male epidemi- co ; perciocché , essendo tali cagioni permanenti e quasi inamovibili per tutte le parti del globo ter- raqueo che sono dagli animali abitate, ne seguireb- be che permanenti ed inamovibili fossero eziandio le dette malattie. Sono in seguito riferite cinque au' topsie fatte del dott. Nebbia degli animali che pe- rirono pel detto morbo. Le cose narrate dall' au- tore intorno alle alterazioni trovate in questi cada- veri , sano per la maggior parte immaginate , sicco- me può essere documentato da valevoli testimoni. Ma poniamo fine a quest'articolo intorno all'opuscolo del dottor Nebbia , nel quale per vero abbiamo speso più parole che non meritasse l'autore. Ed a lui ab- biamo dirette queste parole, quantunque per la qua- lità dello stile siamo persuasi non essere stato da es- so composto ; la qual cosa però non ha tolto che a lui si dirigessero da noi le nostre osservazinni , per- ciochè ci siamo recato a debito di onorare la firma di chi si sottoscrisse in una pubblica stampa. Aggiungeremo però per utile consiglio di certi magri ed ambiziosi intelletti , i quali contrastando alla natura , vogliono pure far credere al volgo di valere ciò che non valgono , facendo stampare inu- tili bagattelle , che i loro sforzi non possono torna- re che in loro biasimo. Non vogliamo per questo negare che non sia da lodare il divisamente di quei savi medici , i quali pongono ogni cura nel lasciare memoria con candidezza d'animo de'notevoli fatti che neir esercizio della loro arte ebbero occasione di os- servare. La qual cosa di quanta lode sia degna, il sanno i medici filosofi i quali tutti tengono oggi per sicuro qucito principio , essere vana quella scienza Epizoozia iSp medica , le cui teoriche non sono la conseguenza evidente delle osservazioni e delle sperienze. Ciò es- sendo , manifestamente si mostra da un' altra par- te di quanto vitupero sia def;;no quel medico il qua- le riferisce fatti menzogneri , o travisando le cose os- servate, o ambiziosamente immaginando ciò che non gli cadde di osservare giammai. Perocché come h gran- de il vantaggio che procacciano alle scienze le esatte e genuine osservazioni de' fatti particolari, dai quali soli sorgono le vere ed utili teoriche , così infinito è il danno che alle scienze apportano i fatti bugiar- damente narrati dai guasta-mestieri], o da simile ge- nia di ciurmatori. DOTT. A. B. i6o LETTERATURA Odi 34 di Quinto Orazio Fiacco scelte le pia in." dicanti il di lui stato , indole e carattere. Ver- sione di Iacopo Landoni • con alcune note ad ogni ode in fine per facilitare V intendimento a qualunque genere di persone. Pesaro 1827. Dalla tipografìa di Annesio Nobili. N< 1 1 Oli v'ha chi non vegga come FA. punto non curasse di scrivere il frontespizio in lingua pur- gata italiana. L'articolo il Lene sta allo stato ed al carattere ; ma non gik dXV indole , la quale è del genere femminino. Avendo l'A. scritto le note per facilitare l'in- tendimento a qualunque genere di persone : dunque le avrà scritte anche per facilitare l'intendimento ai dotti. Le note alla prima ode sono queste. Strofe 2. . . Lazio terra de' latini Strofe 3. . . // lesino è Alceo lirico poeta fa- moso di Mitileue nell'isola di Lesbo. J dotti dunque non sapranno che il Lazio fos- se dei latini ; ne che il lesbio fosse Alceo. E non avranno mai letto ne Cicerone , uè Strabone , ne Suida , uè Quintiliano che lasciò scritto : Alcceus In parte operis aureo plectro inerito donatur , quia trrannus insectatur : niultuni etiam moribus con- Odi d'orazio tradotte iGi Jert : in eloquendo quoque brevis , et magnificus , et diligens , Homero suniMs , sed et in liisus et in amores descendit , maioribus tcimen aptior. Né Dionigi d' Alicarnasso : Alccei ingentem considera spiritual , et brevifafeni et sua^ntatem cani velie- mentia : prceterea figurntam orafionem cwn per spi- cuitate . . . ante omnia vero politicorum negotio- rum effectus. Lib. de sructura orationis. E chi mai , anche fra' meno colti nelle belle let- tere , ignora (per dire di alcune altre note) che il dio de" pampani è Baqco , Cariddi uno scoglio , Me- cenate un amico di Augusto , Flora la dea della primavera , Imene il dio che precede le nozze , Proserpina moglie di Plutone ? La maggior parte in- somma delle note noti era necessaria che pe' soli perfettamente ignoranti della storia e della mitologia. La dedica delia versione è la seguente. all' eccellenza LUISA FIGLL\ DI GIOACCHINO MURAT MOGLIE AL CAV. CONTE GIULIO RASPONI ONORE BELI.' ATVIABIL SESSO SPLEMBORE DI MOSTRA PATRIA DESIDERIO de' Vicini e de' lontawi A POCHI IGNOTA CON OGNUNO GENTILE DA TUTTI AMATA D. D. D. JACOPO LANDONI RAVENNATE PUBBLICO PBOFESSOBE d' ELOQUEiJZA IN PESARO G.A.T.XXX.V. I , iGa L K T T E R A T t' R A Diranno i pedanti che la dedica non è in isti- le lapidario , e taluno più ardito aggiungerà che manca affatto di stile ; che trae principio da una idea astratta , che le parole sesso , desiderio de\>i- cini e de lontani , amata da tatti , sono per lo me- no triviali, e triviali assai, e che nella linea -co« ognuno gentile - hàstsiva. l'ulìinia pirola. Ma lascia- mo che cotesta insaziabile gerila dica ciò c!ie pili le aggrada , e noi proseguiamo speditamenle l'intra- preso cammino. Seguita un avviso al lettore perchè sappia che r A. nel collocare le trentaquattro odi scelte non ha osservato Vordine , col quale sono disposte nel testo» Termina l'avviso cosi: „ Quanto alla qualità del- „ le note poste in fine , ho crediìlo , che le tradu- ,, zioni dal latino , e massime di cose di bello spi- ,, rito , debbano servire principalmente per i me- „ no letterati. „ Se terminato avesse Tavviso in quest' altro modo : „ Quanto alla qualità delle note po- „ ste in fine ho creduto che debbano servire prin- „ cipalmente pe' meno letterati : „ avrebbe in par- te almeno emendata 1' inavvertenza commessa nel frontespizio. Ma egli mostrando di voler parlar del- le note , ha conchiuso il discorso parlando della tra- duzione. Viene in appresso un' ode dell' A. manipolata di tutto suo gusto ; della quale nulla posso dire ; per- chè dopo di avere io letto la prima strofe , nella qua- le egli fa onorata menzione di tutte le sue opere , mi è nel meglio mancato il coraggio di leggere il restante. Mi si dia ragione se mi è dovuta. La stro- fe è questa. Al suol natio recandovi , Miei carmi , dove Glori Odi d'orazio tradotte iG3 Cantai , cVImeii la scuola , Baldo del career fuori ; Quand' ivi al crin la delfica Fronda rideami ognor. 'fc)' Strana oltreraodo fu Tidea del p. Solari , uomo certamente dottissimo , di tradurre Orazio in guisa che ogni verso italiano corrispondesse al latino. Ma non è stata meno bizzarra l'idea dell' A. di tradurre tutte le 34 odi in versi settenari , acconci più che ad ogni altro componimento poetico alle canzoni ana- creontiche ; e perciò Lene adoperati da Dercillo Ip- paniense nel tradurre gli amori di Ovidio , e dal con- te Savioli nel raccontare i propri. Che si direbbe egli mai di quel pittore che vestisse Cesare da Narciso , e Catone da amorino ? Avendo l'A. voluto dare alle odi trascelte un nuo- vo ordine , cominciar doveva per appunto dalla tren- tesima seconda del libro primo di Orazio , nella qua- le il poeta invita al suono la sua cetra. Ecco il testo della detta ode. Poscimur ^ si quid vacui sub umbra Lusimus tecum , quod et hunc in annum Vivai , et plures : age , die latinum Barbile Carmen , Lesbia primum modulale civi , Ed ecco la traduzione : Seduto all'ombra, e libero Da cure il cor , se mai Teco scherzando in ozio Le corde tue toccai , l64 L E T i' B R A T U R A Danne ch'io canti, o celerà, Su le tue fila aurate Carmi , che al Lazio vivano In questa e in altra etate. Donde comincerò io le mie osserva/Zioni a que- ste sciaguratissime due strofe ? I due versi - Da cu' re il cor , se mai - e - Le corde tue toccai - so- no di gran lunga superiori a qualunque critica. Quanto mai stenterà un affannoso tartaglia a pro- nunciare il quarto verso per la vicinanza dei tre monosillabi DE-TU-TO ! Crudelissimo traduttore ! Orazio d'uopo non aveva della sua cetra per- chè immortali fossero i suoi versi. Exegi moniimentum aere perennius , Regalique sita pjramlclum altius ; Quod non imber edaoc ^ non aqnilo impotens Possit diruere , aat innumerahilis Annorum series , et fuga teniporum. Carni, l. 3 od. 3o. Quali espressioni più veementi adoperar si po- trebbero mai da un poeta a significare la propria sicurezza di conseguire la immortalità ? sino ad esi- gere in fine dell' ode che Melpomene si prestasse pure di buona voglia, quasi per debito di ufiizio, a cingergli le tempia della delfcia fronda ? Suine superhiam Qua^sitain meritis , et mihi delphica Lauro cinge volens , Melpomene , comam. È egli mai verosimile che un poeta altero in guisa da pretendere che Melpouieae obbligata fos- Odi d'orazio tradotte i65 se a coronarlo , si abbassasse poi a prpware la sua lira a renderlo immortale accompagnandone il canto? Mancò dunque l'A. di fedellk nel tradurre. E quan- do volgarizzò il verso- Carmi che al Lazio vivano ~ non pose mente , che Orazio non fu punto con- tento che i suoi carmi vivessero- nel Lazio soltan- to. Volle che immortali fossero fra tutte le nazioni. Se chiesto fossi di qual modo mi piacesse di volgarizzare il principio di questa ode ;; risponde- rei che non mi piacerebbe in alcun modo , se si trattasse di volgarizzamento in versi rimati ; peroc- ché piacer non mi potrebbe ciò che io giudico im- possibile. In prosa poi cercherei di soddisfare alla richiesta cosi : „ Io chieggo per diritto che immor- „ tale sia quel mio canto che tu , o cetra , ac- „ compagni col suono meco scherzando al rezzo ; „ per ciò diamo opera ai versi latini nello stile „ armonico , di cui il grande Alceo fu il primo au- „ tore. „ L'eruditissimo Celestino l^Iassucco volgariz- zò in prosa le odi di Orazio , affine di scostarsi meno che fosse possibile dalla forza e dalle bel- lezze dell'originale ; ma egli , ne anche sciolto dal verso e dalla rima , ottenne sempre il desiderato buon fine. Niun dubbio che il verbo poscere non signi- fichi pure esigere. Caesar lib.-j cap. i De hello gallico : „ Addunt ipsi et attingunt rumoribus Halli , quod. „ res poscere videbatur. „ E Sallust. in lugurt. e. 60 : „ Ratus id , quod negotium postulat. „ Se v'ha ode di Orazio che nello stile sempli- cissimo sia subblime per la somma leggiadria , e per la viva pittura che rappresenta , ella è la quarta del libro primo , la quale comincia : iGG Letteratura Solvltur acris kjcins grufa vice veris et Favoni : lyaìiicntque siccns mncIiiiKe carinas : Ac nequejam stabiilis gaudet pccus^ aiit arator igni - Nec prata canis albicant pruinis. Fa il poeta conoscere la venuta della prima- vera dagli effetti che produce. Bello il contrappo- sto dell' ACHIS hyems con la GRATA vice veris et Favoni \ Bello T accennar subito il trasporto delle navi a solcare il mare , per eccitar il pensie- ro eli' elle partono o piene di armati che vanno incontro al nemico in difesa della patria , o cario- che di merci , che tengono vivo il commercio ! Bel- lo il contrapporre di nuovo tutti i buoni eff'etti del- la primavera agli orridi eff'etli dell' inverno ! Tutto ciò è posto a soqquadro dall' A. nel tra- i durre la nona delle odi da lui trascelte. Vien Flora : il volo alternano Gli zefiri soavi : Si scioglie il gelo : traggono Le ruote al mar le navi. Chiuse le greggie smaniano ; Il focolare usato ' Lascia il villan : non coprono Le bianche brine il prato. yien Flora. Sia la ben venuta. Il volo alternano gli zefiri soavi t si scioglie il gelo. Giusta il par- lar d'Orazio il tepore di primavera ed i zefiri al- ternando sciolgono il gelo. Chiuse le gregge sma- niano. Orazio non mise già in convulsioni epileti- che il gregge ; ma fece con vezzo di lingua ser- vire il verbo gaudet al gregge ed al villano. Odi d'orazio tradotte 167 La traduzione dell'ab. Francesco Venini, Se ha quei difetti che sono forse inevitabili in chi si ostina a tradurre in versi e colie rime , si scosta non per- tanto meno assai dall' originale. Già il ghiacciio aspro disciogliesi : Già fugge il tristo inverno : Vien piiinavera , e Zefiro Con grato giro alterno : Non pili sul lido inutili Le navi asciutte stanno; Ma dalle forti macchine ' Condotte al mar sen vanno. Lascian già il fuoco i rustici , Lascia l'ovil la greggia , Ne più di brine gelide Ispido il suol biancheggia. Ode j4 Z. a. „ Eheu fugaces , Postliume , Posthume , ,, Labuntur anni; nec pietas moram „ Rugis, et instanti senectce „ Afìeret , indomitaeque morti. Egregiamente , sempre per quanto si può , Tom- maso Gargallo. Postumo , ahi volan , Postumo , Gli anni , e a rugosa etate , Che incalza , e a morte indomita Argia non fa pietate. 1^8 Letteratura Sciaguratamente al solito il N. A. Ahi ! come ratti volano , Postumo , gli ani;i : vanno Ne più rilornan , Postumo ; L'anno divora Tanno. Ne vai pietà a rimovere Le rughe dalla fronte; Il bianco crin ; le forbici Dell' empia parca pronte. Povero Orazio ! Povero stil pindarico ! Pove- rissimo il N. A ! Dopo che si sono veduti 'volar rat- ti gli anni , tutt' altra notizia si aspetta tranne epifil- la di sapere che vanno. Vanno anche i podagrosi , quando non sono al paro di me divenuti immobi- li. L'idea dell' andare distrugge quella del volare. „ Postumo^ gli anni vanno , ne più ritornàn, Po- j^wmo. „ Que' due Postumi, lontano l'uno dall'altro un buon miglio , snervano al tutto la forza , che na- sce dall' unirsi Posthume ^ Posthame \ „ L'anno di- vora l'anno. „ Si sa che il pesce piccolo è divorato dal grande: ma non si è mai sapulo sin qui che i pesci di ugual volume si mangino fra loro. Altriraen ti accader potrebbe che talvolta il contenuto uguale fos- se al continente, e tal altra anche maggiore : di che gli amanti del senno comune , non che i matematici a diritta ragione si donebbono. E a chi altri mai ven- ne in capo di rappresentare gli anni come tanti ma- stini ? E di aggiungere sì mostruosa idea ad una ode di Orazio! Dopo ciò diviene un neo nel secondo ver- so la unione dei due vocaboli anni - vanno , e non reca più maraviglia che nella seconda strofe il so- Odi d'orazio TRADOTtE [169 lo verbo rimovere regga le uvghie-\\ bianco crin - le forbici. Orazio nell? ode settima del quarto libro espres- se di nuovo , e sempre con linguaggio poetico , il sentimento stesso , col quale diede principio all' ode di cui abbiamo sino ad ora discorso. Cum semel occideris , et de te splendida Minos Fecerit arbitria , Non^ Torquate^ genus ^ non te facundia., nec te Restituet pietas. Non pili , non piiì. Manca alla traduzione del- le 34 odi di Orazio scelte dall' A. la lingua italia- na , la buona elocuzione , lo stile poetico ; anzi pu- re qualunque stile: e da ultimo, la fedeltà. Dunque? Dunque io auguro alla degnissima e rispettabile da- ma la dedica di miglior traduzione; come l'A. augure- rà a se stesso un piiì benigno censore. Ma tant' è: Si natura negai , facit indignatio versus. luv. sat, I. A ben tradurre i grandi poeti è d'uopo essere poe- ta grande. Perciò Virgilio fu ben tradotto dal Ca- ro , Ovidio dall' Anguillara , Lucrezio dal Marchet- ti , Stazio dal cardinal Bentivoglio , Omero dal Monti ; COSI , per la ragione volgarmente appellata de' contrari, Orazio fu tradotto male, e male assai dall' A. Vincenzo Berni degli Antoni. (70 Osservazioni di Vincenzo Campanari sopra Vul- tima parte della grande iscrizione Etrusca di Perugia al eh. sig. cav. Gio. Battista Fermi- glioli ( continuazione e fine. ) 59. -Lia terza ed ultima parte della epigrafe per mio avviso incomincia dalla parola ESTAG sul fine del V. 7 dello scritto di fianco , e finisce coli' ul- tima parola dello scritto medesimo IGHVGHE. V. 7 EST- 8 AG. VELTHINA 9 AGILUNE 10 TURU-^ ESG- 1 1 UNE XEA XUG - 12 I. ENESGI .... Dai religiosi monumenti degli antichi , e parti- colarmente dalle tavole di Gubbio si scorge quale diligenza e quanto scrupolo essi ponevano in con- formarsi fino al minimo apice delle rituali prescri- zioni , sia nelle parole , sia nelle cose tutte ai sa- crifici appartenenti. Per tale ragione io mi penso che la epigrafe , la quale in stile narratorio ci ave- va rapportato gli atti precedenti per fino all' epulo del defonto Aulesio Veltinio , allorché venne in sul riferire le cinque formole , in che propriamente con- sisteva la sostanza del solenne sacrificio , piuttosto che rapportare istoricamente il contenuto della me- desima amò di riporlo in bocca del precone , e ri- peterle tali quali erano state da lui pronunciate nel- Lingua etuusca i-ji la sacra azione. Non dice la epigrafe die ciascuna formola fu esf-guita all'istante dal sacerdote Veltinio. Ma come dubitarne? se pur non vogliamo clie le più solenni cerimonie fossero pe'pagani un vano gioco di parole. Quindi , taciuto quello ch'era a dirsi super- fluo , la epigrafe fa passaggio alle cose che conse- guirono insino al termine della solennità , e per di- re di queste ultime ripiglia, se io non erro, lo sti- le narratorio col quale aveva incominciato. ESTAG VELTHINA ACILUNE tradurrò sfetit Veltinius Aquilonius. La voce EST AC abbisogna delia finale E eh' è lettera ausiliare di C: ESTACE poi è pretta parola greca , terza persona sing. del preterito del verbo mi[Li , eh' è una cosa con jaa, e col verbo sto de' latini , onde e^TaiKs vale stetit. Tor- no ad osservare due cose, L la costante terminazio- ne CE de* preteriti toscani nella 3 persona singola- re: 2 un novello esempio di perfetta somiglianza dell' etrusca voce colla greca : dei quali esempi siccome ancora di quelli che portano somiglianza con latine voci la nostra lapida ne ha fornito maggior nu- mero , che non forse tutto il resto della lapidaria etrusca , il che deve singolarmente raccommandarla alla stima universale. ACILUNE sembra star a modo di cognome di Veltinio, la cui nomenclatura diviene pertanto VEL- THINA HINTACAP ACILUNE Veltinius Quinta- cus o Quintanus, Quinta natus, Aquilonius. Al §. 44 fu osservato in ragionando della voce CHIEM come i toscani esprimono colla C o semplice o aspirata, e colla V o scritta o sottointesa ( perchè la V è au- siliare di C) le lettere QV de' latini, e perciò scri- vono CHIEM per quiem , CUILS per Quilins &c. cosi quivi hanno scritto a mio giudizio ACI per AQUI , e per la sostituzione della V all' O man- 173 Lettxrastuiia caute nel loro alfabeto , AGILUNE per AQUI- LONE , cioè Aquilonliis : che quella terminazione E , come a tutti è noto , si appartiene ai masco- lini etruschi. D'onde provenga a Veltinio il cogno- me Aqiùlonius lascerò che altri il definisca. Pote- va egli trarlo a colore aqnilo , 0 fosco , che pro- prio fosse di lui o derivato dagli antenati ; men- tre bene potevano i toscani avere gli Aquiloni , de- nominati COSI dal colore , siccome i romani ebbe- ro i nigri , ed i nigrini , i nifi ed i rufiai , gli albi e gli albini &c. cognomi tratti ugualmente dal color negro , rufo , bianco &c. Potè forse trarlo ab aquila , ab aquilone , ab aquilis diis , dei qua- li dei parla Arnobio al lib- 3 o da altra somiglian- te ragione. Hanno i toscani la gente Cuilia o sia Aqnilia: qual maraviglia sarebbe che abbiano l'Aqui- lonia ? Che se non vuol giudicarsi questo un co- gnome della famiglia, può ben essere personale del solo Veltina Hintacap. Co. TURUN ESGUNE XEA XUGI ENESGI. Ritorna una pretta greca parola Jìa^a^ , donum ; t/I&^ai/ dai toscani che raancono dell' O e del D non può in altro modo scriversi che TURUN. Deduco la voce ESGUNE dal verbo esco escas , o sia ve- sco , vescis , e la prendo come participio. Escune da esco è similmente terminata a SATENE da 9«T- ra , ed io a questa ortografia sotTa. La sua inflessione di poi è come quella di f^er- tumnus , e nell'antico modo Vertunus da verto alum- nus da alo ; siccome Portumnus o sia Portunus da portus : siccome si disse che satene da ^octto) sem- bra costruito come dubienus da dubio o dubito , socienus da socio. Dal che apparisce che i Tosca- LlJJCUA ETRUSCA I-yS ni per quanto g ["echeggiassero ne' verbi e nelle voci che ne derivano , non erano alieni dalla indole e dai modi delle derivazioni latine. Mi sarà conces- so adunque di rendere^ TURUN ESGUNE donurai vesccns , comedens.. ^ XiiA XUGl E}«"£SCI sono voci di già. esami- nate ai f§. 33 e 5o ; ne vi ha altra differenza che nella variante da XEA a XIA come si trovò scrit- to di sopra , e qui conviene rammentare la faci- lita con cui si camoiaroao nelle antiche lingue la E e la I. Dando pertanto alle tre ultime voci il valore , che lor fa essegnato di sopra , le spiego Adipes porcelli riio prohati , e se pur colsi nel ve- ro , tutto il contesto della terza parte insino a qui esaminata sarà - Stetit T^sltinius Aquilonius donum vescens , adipes porcelli vite probati - Si rammenti che il sacerdote Veltino era stato insivo ad ora perpetuamente occupato nel sacrificio, prima preparando le libazioni dei naper , poscia , adempiendo le cinque formolo rituali che da lui diversi ministeri richiedevano di gustare , o d'im- pastare le libazioni , d'insaccar l'adipe ' d'infarinar- lo , di presentar la vittima , di ucciderla , di offe- rirla , di spargere la spelta etc. Finito il sacrificio Lene adunque si dice di lui che stetit , stiè in pie- di ( che prima dovè in altri modi atteggiarsi colla persona ) ovvero cessò , si i i/)Osò ( che stetit vale anche questo ) dalle diverse azioni che per lo ad- dietro faceva sacrificando. Udito avendo ch'egli in- saccò il grasso del porcello e lo infarinò , non ci parrà strano che infine debba cibarsene. Sebbene la voce TVPiVN donnm possa intendersi a questo luo- go nel suo proprio significato di un donativo o ra- galo di quell'adipe fatto a Veltinio , qualunque ne fosse la cagione o l'usanza rituale ^ a mio parere 174 Letteratura con quella voce più verosimilmente si esprime la (jiialita sacra doli' adipe di' egli mangiava ^ perchè questo aveva di già servito al sacrificio , ed era perciò consacrato , ed altronde le offerte presentate ai dei cliiamavansi cluni , come si prova da assai luoghi dei classici , pe' quali tutti basterà indicare Ovidio nel Uh. HI de arie amandi = Placatar do- nis juppiter ipse suis=^ noto altresì che i paga- ni sacerdoti finito il sacrificio , costumavano anche publicamente di cibarsi una parte delle vittime, e sempre la migliore ; perciocché in miglior parte era dovuta ai dei , la quale di poi cedeva a benefizio dei sacerdoti. Il grasso degli animali era conside- rato come la parte di essi pii!i delicata e pregie- vole, e come nei conviti era una significazione d'ono- re il presentare ad un convitato la parte più grassa d(^Ue carni, ciò che da varj esempi [veggiamoj ne' poe- iTij di Omero , cosi lo era ne'sacrificj il farne offer- ta ai dei , e pasto de'sacerdoti. Gì. V. 13 ATH- i3 VMICS APHVN- i4 AS . PENTHN i5 A . AMA Pare a me che la voce ATMVMICS abbia la sua radice in 0i/ft;at« , accresciuto dell'A epitettica , come si congetturò di APHVNA cosi accresciuta da <^(àn. Qual verbo fit/fz/tx^a suffio-, odores incendo stiè in luogo di sacrificar ; siccome 0v(i« si usò per SU' crificiiim-, victima , ìiosùa , ed ognuno sente in fiff^a ed in 0t/(/((Xii> la origine del primitivo e solenne fit/o». Secondo ciò ch'io congetturo ATHViMIGS , supplita l'A ovvero la E ausiliare di G si riferisce ad APHV- NAS , ed ambedue esprimono sacrijicii preces , n- LlNGT5A ETRUSC\ l'^S tiis , verha solemuia ctc. osia che cle])ba ATHVM[- CES prendersi per voce sostantiva , ed allora ella sarà un genitivo singolare ed APHVNAS un accu- sativo plurale e vana sacrifica preces ^ ritus ^ o sia che debba riguardarsi come aggettiva, ed in tal ca- so verrà accordato in accusativo plurale con APHV- NAS , e si renderà sacrns , solemnes preces , ritus etc. Nella voce PENTNA sembrò a voi ridondante la seconda N , tolta la ([uale vi divenne un greci- smo chiarissimo , PENTA , cioè ■Trsi/Te ; riunita poi vrsyre ad APHVN'Y che per voi è nome di persona e non di cosa, interpretante Jpponiae quinque. Nul- la di più ovvio nelle lapidi etrusche che la ridon- danza della N ; onde io volentieri abbraccio per questa parte il parer vostro ; ma non per ridnr «{uella voce a nrsvrs , a endo noi veduto che il num. quinque e suoi derivati dai toscani si esprimono CVINTE , INTE , IIINTIV , HINTAGAP , cioè a dire con una costruzione sempre conforme alla voce latina , non mai alla greca. Semi è lecito argomen- terò piuttosto che PENTNA provenga dalla stessa radice che PENEXS , il quale dprivai da "nsvo^xi verbo rituale , e dando al primo N l'ausiliare E , e tolta come si disse la seconda N paragogica , legge- rò PENETA. Una tal voce non si presenta a dir vero con una finale che corrisponda alla costruzione del greco participio dcll'Aoristo di 7rsifO|i«/, né io sa- prei addurne ragione ; ignoraudosi tanta parte dell' etrusca grammatica. Mi è di conforto che le radici da me indicate si sentono per entro ai vocaboli qui esaminati, e principalmente che tale significato bene si adatta a tutto il contesto, il quale riduce? i a.=:sa' crijicii precibus perfectis = o seguendo la sintassi della lapida = ^acr/)?c7V preces ^ ritus cum perfe- cisset =. ^7^ LKTTKRArCRA Segue AMA , come i'u resa iti addietro slmili ^ uno tiiinpure. Gails quali parole vieae a dirsi che Veltinio Quintaco Aquilonio stette , cessò , si ri- pos') , cibandosi la sacra oflerta dell'adipe del por- cello rituale , e die iusieme le rituali cerimonie era- no state da lui pcrfeltameate adempite. G2 V. i5 VELTIl- 16. INA . APHVN 17. THVRVNI . EIN- i8. XEUIVNACCH 19. A. THIL THVNGH 20. VLTìlL. Pare clie la voce APÌIVN debba supplirsi colla finale A , non so perchè quivi omessa. Di TVRVN si è parlato orora ; TVRVNI o è 3.° caso alla gre- ca , o 5.° alla latina : nello stesso caso ripongo la la voce APHVN A , e quindi spiegherò sacra prece ^ snero rifu etc. TVRVNI sacro muncre , dono , ciob dell'adipe del porcello che fu detto di sopra , e di cui cibossi il sacerdote Veltino. EINKERIVNAGGHA , come io leggo colPOrioU da voi citato , sembra la persona i. del preterito d'un verbo EINXERIVNAO. Ma chi ce ne assicu- ra ? Strano non sarebbe ch'ei fosse invece il par- ticipio passivo del preterito di quel verbo : imper- ciocché la dove i greci direbbero da quel verbo Biv^sgiiivx\(.&)s , i toscani eh' escludono 1' O direbbero einxeriunacV. , e poiché la lingua toscana e ami- cissima della terminazione in A , e volentieri la per- muta coir V , potrebbero aver usato einxeriunacca per einxeriunacV , o sia siv^e^iavxnas. Gheche si sia di questo mio ragionamento , sembra die qui il con- testo richiegga piutto:5to un participio passivo , il Lir^r.nA etrisci 7^7 quale si appoggi a (jue , due ablativi APHVNA TVRVNL Ma qiial valore daremo ad cinxeruinnca , ov- vero einxeriimaccha , come qui h;nino scritto i to- scani ponendovi con raro esempio due G ed uno di questi aspirato ? Voi avvertiste già l'analogia che ha questa voce con EINSEHfATES ed ASì^'rIATER delle tavole Eugubine. L'analogia è tanta , che ben si può ar-- gomeijtare la commune ioro provenienza da una stes- sa radice. Nelle tav. di Gubbio AKERIATES , che ha tutta l'appareuza dì una voce aggettiva, è cer- tamente l'epiteto della vittima ivi drtfa AVES. Co- munque la etimologia di Axerìa'es sia paiuta in- certissima anelte a Lin/i , che due volte si provò di rintracci 'ila , tale e^-er d;>ve il v jlore di lui , ohe sia comportabile coìia co!idiz,ione di una vitti- ma , a cui si unisce per modo di titolo, e clie per- ciò signitlclìi sacra , un-ra , consc^crafn , purificata, rite prohnta &.C. che son questi i più communi e generici titoli d' una villiraa. Forse la parala to- scana ed u:uliia impoiteranno uà valore piiì de- tcrminato e più proprio , ma non essendo a noi lecito di fissarlo , conviene per minor azzardo che ci limitiamo a quei valori più communi qui so- pra indicati. Ciò posto io non sono alieno dal con- getturare che EINXERI VNACCHA significar possa consecrntfis , e che tutto il contesto delle voci qui preso ad esame sia = /-^elf/fiius S'aera p'-ece , sacro munere consecratns , o ifnfiafns &c. 63. THIL THUiNCHULTHL. Ragionando della voce THILSGUNA §. 36 la derivavo da! verbo ra- hoi 0 TeAei^y , non valutando il cambiamento della s in /. Per essere conforme a me stesso deriverò THIL con soppressa finale = da t&Ko^ fìnifi , perfectio operi'; , G.A.T.XXXV. £2 1^3 Letteratura ciò che dicevasi in special modo de' sacriflcj , e di ogni sacra operazione. Da reAoj a TILV e lo scam- bio solito della E in I, che fu rimarcato alla voce THILSGVNA. Di THVNGHVLTHE parlai al §«43; e mi parve dovergli attribuire il valore di denunciat ^ exclamat. Quivi abbiamo la stessa voce colla stessa ortografia, ma con finale diversa in L, propria delle voci derivate; lo che mi è d'argomento a pensare che la presente sia lina voce verbale tratta da THVN- CHVLTO , e che THIL TÌÌVNGHVLTHL vaglia finis proniLntiatiis , o sia perjectio , absolutio rei sa' crce denunciata , conclamata. I latini usarono ugual- mente di avvertire alla moltitudine che il sacrificio era compito con quella forraola ///ce^, cioè ire licei'. dopo la quale i circostanti partivano a lor talento. Non è da dubitare che tal costume prendessero dai tosca- ni , appo i quali verisimilmente lo stesso precone che aveva intimato il silenzio alla tribù, e le formole ri- tuali al celebrante Veltinio , pronunciò il fine ed il compimento della solenne azione. 64 v. no ICH . CA 21. CEGAXICHVCHE. Queste ultime voci debbono per mio avviso cosi disciogliersi IGH. GA' C. EGAX. IGHVGHE. Dopo di IGH nella lapida è un punto ; ciò che è pure di qual- che fondamento per considerarla come voce che sta da se- Io credo che IGH sia lo stesso avverbio HIG de' latini , ed 6Ks< de' greci ; e già più volte si è ve- duto che i monosillabi di una lingua affine poco si scambiano nel passaggio ad un altra ; ciò che succe- de per la tenuità della lor mole, e la facilita del suono col quale si pronunciano : cosi abbiamo trovato in etiuria la stessa proposizione EN de' greci , cosi il Lingua etrusca ing loro Kxi 0 sia r/w , così l' VT de' latini. Quello tre lettere CAC divido in CA' G , cioè v.xi busi . I greci scrivono v.x' Keu, elidendo il jota di KiXL e Tepsi- son di sKBi nel mutuo loro concorso. Fare die cosi usas- sero i toscani i quali dicendo idi per EKEI , non avevano bisogno di elidere TEL finale di Ker, come lo avrebbero avuto i greci. Segue EGAX , clie rendo enars loìige ^ procid ^ non attesa la X posta^ in luogo delia S , come allre volte si vide. ICMVGIiii a mio giudizio è la ter- za persona sing. del preterito di vt yjcà sonum redùo ^ il quale scmbre che in toscana cangiasse FH in I , e l'È in V equivalente ali' 0 greco', onde di y\yj.(à di- venisse , iyjiUi. Fu detto cìie yjx^nooi 5. a8 sembra es- sere divenuto in etruiia yji^ns.cd : qui la mutazione sarebbe all' opi)osto ; ma non potrà negarsi la faci- lita della medesima, e la moltitudine degli esem.pj che comprovano sì fatte mutazioni specialmente nei voca- Ijoli de' verbi di due lingue affini. Quindi le ultime parole seguenti alla denuncia del fine del sacrificio renderò = hìc v.xi hic A;/?ge resomiit , cioè la pro- clamazione della solennità felicemente compita fu qua e qua accompagnala da lungo suono e plauso. Com- prendo che invece di ìiìc et liic si amerebbe piutto- sto che la lapide avesse sci ito hinc et Itine , cjual mo- do sarebbe vieppiù confoime al latino. Ma per ricliie- der questo converrebbe che avessimo troppo miglior cognizione della indole e dei modi dell' etrusco lin- guaggio, che noi non abbiamo, e che dimostrato fos- se che hic et hic non potesse in quello usurparsi per hinc et hinc* Se ad altri non piacesse quello spezza- mento di parole cosi smozzicate, come io lessi in GA- GECAX , lo pregherò di attendere ai molti esenq)j die ne abbiamo nelle raccolte di greche e di Ialine epigrafi, ancorché si tratti di lingue mollo p'iù culle i2* i8o Letteratura e di più certa ortografia , die non fu quella de' no- stri padri toscani. Poche parole prendeste voi ad esaminare in que- sta ultima parte della epigrafe , e sono ATHV- MICS , che riduceste ad ATIiVNIS, yltionia , TV- RVNl a Tu-onia nomi di persona, PENTHNA, che riduceste a Trevre , t:iNX.LÌUV,N ACCllA , che divi- deste in ELNàEIìIVNAC , o sia einxeriiaias , mol- to siaiiie ad EINSERIATES de' bronzi di Gub])io : l'ultima sillaba CHA riuniste quindi a THIL , onde proponeste di leggere CA. THIL cntle , catulus no- me di vittima, e finalmente CMVCIIE , che vi parve aver analogia con myjò , e k/x^/?« , che s'interpreta voto adempto. Di tali cose par! aste al vostro solito assai doLlametite , lasciando però quelle notizie fra loro dislegate , e che niuna parte conchiudevano del contesto della lapida. G5. Venuto alfine di questo s\ diOìcile ed oscu- ro commento , in quel modo che da me si poteva per la tenuifa dell'ingegno e della dottrina , mi ri- mane in piiiaa a dir alcuna cosa dell' argomento per cui sembra scritta la epigraf(i , poscia del modo d'interpretazione da me seguito. Quanto all'argomento parrai che morto essendo nella tribù un Aulesio Veltinio figlio di Aria , il quale sembra che goduta avesse alcuna publica di- gnità o sacerdotale o di altro genere , fu codesta disgrazia attribuita ad un castigo degli dei sdegna- ti , e per placare la loro collera furono da prima usate le rituali preghiere da Tanna Laresia e da Lautnio Veltinio Sestilio , alle quali consegui la ri- conciliazione della tribù coi celesti. Quindi prepa- rate sulle are le libazioni da un altro Veltinio , che poi trovasi denominato Veltinio Hliitacap uomo illustri; , viene immolato un porcello , e celebrato Lingua ethusca i8i Tepulo funerale del dofonto Aulesio , le cui ceneri erano slate riposte nell'ollario ; col quale atto com- piti furono gli onori funerali di lui. Dopo di ciò, intimato silenzio dal precone alla moltitudine circostante , vit ne celebrato dallo stesso Vellinio Iliiitacap un lungo .'•acrificio con cerimo- nie diverse a norma delie rituali forraole , che di mano in mano venivano dal precone pronunciate ed a lui prescritte. Finalmente il sudrtto Veltinio Hintacap ono- rato viene del cognome Jqidlnnius , e del dono dell'adipe coiisecrato del procpllo , ch'egli si ciLa a vista della moltitudine: proclamasi che la sacra azio- ne è stata legalmente compita : e la tribù accoglie con lungo applauso codesta dichiarazione. Dalle qua- li circostanze, e da signiiìcazioni diverse che sparse sono nel corpo della lapide sembra potersi argui- re che il sacrificio e gli atti successivi agli onori funebri del defonto Aulesio sieno diretti ad inau- gurare e riconoscere per successore di lui nella pu- Llica dignità che lasciò vacante colla sua morte lo stesso Vellino Hintacap Acilune primario celebrante della descritta solennità , come io mi propongo di- scorrere più accuratamente in altro ragionamento su questa epigrafe. Io dunque la ripongo fra i sacri fa- sti della nazione etrusca , e per quanto vai- r può il mio giudizio credo che a noi sia pervenuta, co- me nelle lettere conservata ed intatta, così dal prin- cio al fine intierissima, quanta dai toscani fu scritta. Circa il modo da me tenuto nello inter[)retaila esposi già da principio le mie massime , e l'irjtpn- dimento che rai guidava di promovere cioè lo stu- dio del toscano linguaggio , avventurando le mie congetture tutte , comunque non tutte ugualmente probabili , per eccitare su di esse le ani ladversioni lS:i L E T t' E K A T U n A tle'dotti a profitto della scienza. Se cosi acloperando avessi posto aleuti eccesso di fiducia ne'miei ritro- vati , ed abusato di troppo della pazienza vostra e de'iniei leggitori, ahhiaieiuene per iscusato in gra- zia della buona volontà che m'ispirava. Io pregai e torno a pregare i dotti che mi onorino di una ragionata censura, eh' è si efficace mezzo a schia- rare le cose più dubbie ed astruse. Spero che al- cuno vorrà degnarmene , usando meco ([uella paca- tezza di stile , ch'io mi studiai di usare a vostro vantaggio , sebbene portassi opinioni tanto diverse dalle vostro, e che sola si conviene agl'in lagatori del vero. Fratauto io non vi celerò di quali vo- caboli pii!i mi soddisfaccia la interpretazione da me data, e di cui piiì volentieri prenderò la difesa, quando altri vi si opponga ; sono i seguenti. Dal principio della iscrizione a tutto il 4-° ver- so: inoltre le voci IP A EN NAPER XII VELTHI- NA THVRAS APiAS PERASCE EKCVL XVGl EPL TVLARV AVLESI VELTHI- NAS ARXNALCLENSI .... GENV EPLG .... PHELIC LARTHALS PHALAS . GHIEM PHVSLE . VELTHINA ÌIINTAGAP EMVNI- CLET .... Tini PHzlLSTI .... XINIA IN- TEM AMER .... FELTHINA XIA SATENE TE- SNE EGA . VELTIIIIN A TflVRAS TAVRA HELV TESNE RASNEGEI TESNS TEIS . . . GHIMTH SPELTHV . . . APHViVAMFNA. Li primi 4. versi della iscrizione di fianco fìtio alla prima sillaba del- la 5. linea. ESTAG FELTHINA AGILVNE TV- RVN ESGVNE XEA XVGI. Seguono alcune parole ripetute in questo catalogo. Finalmente .... IGH. GAGEGAXIGHVGilE. Delle altre voci non ho egua- le fiducia, siccome di quelle che si appoggiano me- no alia etimologia che al contesto da me seguito. Lingua etrusca i85 Non meno grato peraltro sarebbe a me che altri le degnasse di alcun esame , ne forse meno utile diverrebbe questo alla etrusca letteratura. Intorno le opere di Fr. Vincenzo Giaccari da Zugo e principalmente sul suo specchio della vita CRISTIANA. k^ono le glorie antiche de' luoghi testimoni dell* ingegno e della virtù de'cittadini trapassati, non me- no che sieno stimoli e faville agli animi de' pre- senti e de' posteri onde si accendano nell' amore e neir imitazione de' chiari esempi domestici. Però quel bene avvisato ed eloquentissiino M. Tullio osservava che delle sue cose famigliari ognuno piglia speziai diletto : e s'ha ad intendere di quella nobile ed one- stissima dilettazione , onde lo spirito è trasportato a stimare discretamente meglio che ad ammirare stu- pidamente le opere e la fama degli antenati. Il qua- le uffizio se può riuscir dolce a praticarsi dopo lun-? ghi e riposati anni di celebrità , dolcissimo non può essere che non sia allorché dopo mille vicende tur- bolentissime di tempi e di costumi si giunse a ri- cavar dalla polvere, come reliquie da un naufragio, le fatiche ignorate d'alcun meritevole concittadino. Frate Vincenzo Giaccari delia dotta famiglia domenicana era noto appena in patria per alcuni in- certi cenni dell' istorico F. Girolamo Bonoli ( Sto- ria di Lago pag. 554 ^ 558), e mal conosciuto all' Italia per una serie di opere dogmatiche e morali contrastate tra il Glacano , il Lercherio , e il Già- charo presso i PP. Echard e Quetif ( Script, ord. i84 Letteratura praed. t. II pa». 109 ) , i quali però avvedutamen- te congetturando sospettarono il vero ; elio cioè il Glacano , il Giacìiaro e il Lai'cherio fossero un so- lo scrittore (i) : e soggiunsero cortesemente : Hd'ic corijecturatn mnam non ut certam profero , sed ut gentiles stimulem quatenus quid veri d///gerìtius investigent , et si sint disti n et i aneto res ut esse prossunt^ opera edita tain eximii viri ^ quali s /alt Larcherius hebraice graeceque dbctus , retegaut , hicque addant. Le quali parole scritte e pubbli- cate fin dal principio del secolo passato , se suo- narono fin qui indarno alT orecchio de' nostri , e del Bonoli istesso che stampò la sua storia ricca d'ine- zie e nuda di critica nel (7^7 , non sarà che tra- passino dall' ota nostra e da noi , senza che se ne intenda il peso , e si segua l'amoroso eccitamento de' due perspicaci oltramontani. Nacque il Giaccnri in Lugo nel finire del se- colo XV d'una famiglia già detta e scritta Ciac- cari 7 ed' oggi per non so qual vezzo chiamata Tiac- cari '^ che vien mancando a'nostri giorni in un An- gelo di Clemente di Vincenzo trasmigrato a Faen- za , e in una Marianna nipote di lui maritata ad un Alessandro Magnanini. Non prendano meraviglia i lettori , se della vita del Giaccari poco o nulla più saprem dire di quello che possa rilevarsi dal- le sue opere (2) : perche alle note miserie che sul (1) Glachanus ^ Glacharus ^ Larcherius è il cogno- me italiano Giaccari variamente latinizzato. E singola- re la sottigliezza del TiUsitano , che per fare il Glaca- ntts diverso dal Giachnrns , invece di dirlo Lugiensis lo chiama Clugiensis ( quasi Clodienns ) : cioè da Chiazza. (2) L'archivio del convento de' PP, di Liigo , dal qua- le poteva forse sperarsi di lùcavar per diligenza qualche Opere del Giaccari i85 declinare del secolo XVIII aflllissero la nostra pa- tria , corsa più volte e saccheggiata da'soldati stra- nieri (3) e molto più disertata da' malandrini della miglior notizia , giace confusamente a Bologna in una far- ragine di molti altri. L'unico monumento clic s'abbia del Giaccarl in patria è un Platone della traduzione di Mar- silo Ficino stampato Venetiis a Philippo Pintio man- tuano. Anno Domini mcccccxvh. Die xxn aprilis io\. (die oggi si conserva nella biblioteca comunale , e apparten- ne già al convento di s. Maria degli angeli di Ferrara) ove a' piedi del primo foglio pieno in carattere semigo- tico si legge scritto Fr. Fincentius de Lugo. L'edizione è pregevole principalmente perchè può riempire un vuo- to notabile nel catalogo delle edizioni della traduzìoii di Platone del Ficino tra quella del i^Cji^ e quella del i55o ordinate dal Brunet l'una appresso l'altra ( Manuel 7 iir pag. 92). Da questo istesso volume provenne il frammento del mss. provenzale illustrato dal prof. M. A. Parenti (in cal- ce all' edizion lughese delle opere del Perticar! 1822 e 1823 t. IH pag. 624) che ne formava la coperta. A corona del- le belle osservazioni di lui per favore dell' ab. Celestino Cavedoni possiam' ora dichiarare, che l'autore dell' in- tex'O romanzo intorno ad Alessandro il grande fu il poe- la francese Lamberto il corto , che visse circa il princi- pio del 1200 ( v. Notice des mss. de bihl, nation t. v pag. loi e seg.). (3) Il denso ed efficace Botta nella sua storia d'Ita- lia dal 1J96 al 181 4 rende una bella testimonianza al ge- neroso e sventurato ardimento de' lughesi di opporsi so- li a' soperchianti stranieri. Ma egli prese abbaglio da' bol- lettini esagerati de' vincitori quando affermò (lib. 7) che nel conflitto perirono ben mille de' nostri ; mentre i re- i86 Lbtteratura campagna e delle terre vicine, s'aggiunse uno spi- rito malefico di distruzione pel quale ogni memo- ria d'arti , di lettere , e di gloria fu smantellata o dispersa (4). Della gioventù e degli studi del Giac- glstri de' tempi e la fede de' viventi attestano che circa 5o soli furono i morti della terra e del contado. (4) Allorquando il governo repubblicano comandò che fossero attei-rati gli stemmi gentilizi esposti ne' luoghi pub- blici , fu stravagante il modo onde in Lugo si diede ma- no ad eseguire l'ordinanza. Non solo furono levate le in- segne , e gli emblemi dell'aristocrazia; ma i titoli stes- si e le memorie del patrio splendore, e delle opere pu- bliche. Colpa e vergogna di clii reggeva allora le cose della patria! De' molti monumenti infranti o distrutti me- rita menzione una lapide a grandi carattex-i che leggeva- si sulla fronte de' pubblici granai iu questi termini : INNOCENTIO . X , SVM.'.fO . PONTITICE IOANNES . STEPHANVS . S . R . E . CARD . DONOVS FERRARIAE . A . I-ETERE . lEGATVS PEBDOMITA . GRASSATORVM . AC . PERDVELLIVM . AVDACIA TRIPLICI . EXTINCTO . VECTIGALI lAXATO . ATQVE , OR\ATO . FORO AEDIBVSQVE . ADSTRVCTIS IiVGIENSI . POPVLO . PROVT . PATREM . AC , PRIIfCIPEM . DECECAT IN . HVIVS . AMBITVS . PROSPECTV TESTIMONIVM . AMORIS DOCTMENTVM . RECTE . VIVENDI . RELIQVIT ANNO , A . VIRGINIS , PARTV , MDCXLVIH LEGATIONIS . QVARTO Né il genio distruttore trovò confine negli stessi recenti anni del ristabilimento degli antichi ordini. Noi mede- Opere del Giaccahi 187 cari niente può affermarsi , se non questo per av- ventura, che ricevuto egli nel sacro ordine de' pre- dicatori tutto s'intese nello apprendere le discipline e le lingue sacre , stanziando principalmente nella provincia di Lombardia. Onde poi fu degno clie fra Leandro Alberti nella sua descrizion d'Italia (fol. 260) lo predicasse per uomo litterato e ornato di lette-' re ebraiche ., greche e latine , e buon teologo , co- me dalle opere da lui lasciate chiaramente cono- scere si può. I preludii della sua dottrina furono le esercitazioni I sul pentateuco (5) che egli rimembra simi fummo testimoni dell' insensata cura onde taluno pei- desiderio di rinnovare le vecchie suppelletili di chiesa ven- dette ad un fascio alquante antiche tavole dì sacri dipin- ti ad \un maestro di legnila fra il i535 e il i538 in 4'° piccolo in Milano o in una delle citta del ducato , secondo che alihiam potuto ricavare da una edizione mancante di clu ■ pagine in fine , che si con- serva nella biblioteca comunale di Ferrara. Il suo titolo è questo : 2. „ Specchio di vera vita Christiana segòdo la „ semplicissima e purissima dottrina evangelica. In ,, tutto qufllo solamente che sia necessario di sa- „ pere ad ogni stato de persone che vogliono in „ verità di fatti , non di parole servire a Christo „ da vero christiano et essere al fine salvato di „ perpetua salute in Christo. „ A piedi ; Cautum est ne quis imprimnt hoc opus per trienniitin sub pic- 7ia sciitorum cenfum caes. camerre applic. in to- ta stata Mli ( cioè MécUolani , o MpAÌiolanensi ). Si legge di poi un sonetto dell' autore che incomincia- Ite mie basse pròse oneste e qaete - e sotto il sonetto = Chi -Jiófi' rénaserà non' poterà mai ve- dere il re PUÒ de Dio '. disse Christo in s. Ioan- ne ni coi) itolo tercìo. *=» La terzgi' edizione fu fatta in Venezia con nw- plìazioni' ed eThèndailoni : „ Una bella et utile espo- „ -iilione del pater noster< Uno breve ma ulv-l»- 198 L K T T E R A T U R A „ sai'io trattato del santo monte della pietà. Ve- „ nezia in casa di Pietro Niccolini da Sabio a re- 1, quisitioue di ni. Luca Antonio Giunta nel mese „ di gennajo i538, S.^ ■,■, Questa ancora ha il so- netto come l'antecedente, ma non la sentenza evan- gelica dappiedi. Il libro primo annovera 17 capi- toli , mentre le altre due edizioni non ne hanno che iG. Il capitolo aggiunto è collocalo per II del libro primo : e tratta Della formazione , deforma- zione e riformazione deW uomo spirituale. La quarta edizione è in tutto la terza; ma è man- cante del sonetto in principio. Fu fatta in Vene- zia appresso Bernardo Giunta 1670 in 8.^ col ti- tolo : 4. ì-, Specchio della vita Christiana col modo „ di riformar se stesso , secondo la forma del sacro „ evangelio. Con una divota espositione e contempla- „ tione sopra il pater noster. Et uno breve trat- „ tato della sustanza e reggimento del monte della „ pietà. Composto da M. Vincenzo da Lugo „. Le tre prime carte e le tre ultime sono di carattere notabilmente diverso da quello di tutto il libro, che è de' conosciuti della stamperia da Sabio. Ond' è ma- nifesto che Bernardo Giunta non fece che travisa- re d^ capo e da piedi quella terza edizione per farne smercio come di ristampa nuovamente da lui eseguita : e ajutò la frode col ripetere in princi- pio e in fine la data della supposta edizione. La biblioteca comunale di Lugo possiede uni- camente questa mal concia ristampa dello Specchio cristiano del Giaccari suo , il quale pur dimandava alla pietà de'posteri di esser rimesso in onore, quan- do noi fummo chiamati alla custodia di questa biblio- teca , e scoprimmo il suo libro ignorato in mezzo ad una farragine di altri ascetici. Che se le cure che Opeke dkl Giaccari igcf prendemmo di poi per aver contezza della vita e della fama di questo scrittore ci tornarono per lo più vane , tanto che ci convenne star contenti a quel poco che potè ricavarsi dalle sue opere ; non sarà per noi ( che scriviamo in una patria dove non che gli arcliivii , ma i libri stessi battesimali de' » tempi furono miseramente involati o perduti) per noi non sarà che con luce di vere parole non sia stato illustrato quanto esser poteva a questi gior- ni il nostro Giaccari 5 cui non dubitiamo chia- mare ornamento principale della patria . Che il Ricci e il Gessi ed altri cresciuti! a corte de' du- chi di Ferrara più fiorirono di quello che frutti- ficassero : ma il Giaccari nella rigida e taciturna disciplina del chiostro , allevato agli utili esercizi del dire , fu tutto nervi e sangue e vita. Del che ben potrà ciascuno persuadersi se , omessi i suoi dotti e sottili trattati polemici e scolastici , vorrà scor- rere solamente questo suo Specchio di vita cristiana. Il quale quando che sia potrà pur rileggersi spe- ditamente , se Dio ne conceda di poterlo emendare e riformare secondo la buona ortografia; procuran- done appresso in questa patria una nitida e diligen- te ristampa. Avy. Luigi Chisostomo F*rivucci. Per la concordia de' classici co' romantici DIALOGO II. Filofimo e la Ragione {P'edi il I. nel voi. CIL a pag. 366 ) I^il. v_Jlie dirai de' cinesi tanto ligj alle usanze del lor paese, che per cosa del mondo non piegLe- rebbero a quelle degli altri ? Jlag. Dirò che le proprie piià ci dilettano perchè so- no nostre, e ciò è secondo natura; ma se a ere- scer comodo e piacere giovassero le altrui e po- tessimo farle nostre senza danno o pericolo , non loderei chi volesse privarsene. JFil. Imiteresti per avventura i vaghi giovani e le donne innamorate del bel paese , a cui e bello secondar ciecamente la moda , che vien d'oltre- mente e d'oltremare , E mille volte il dì vuole e disvuole ? lìag. Peggio che schiavi mi pajono quanti sono i sog- getti a SI volubile dominatrice : uomini - femmi- ne, e femmine - camaleonti : pensa se mi farei a imitarli ! iv7. Non lodi , a ciò che veggo , ne chi tutto si do- na , ne chi tutto si toglie alle altrui costumanze. Ma che ti parrebbe di que' pochissimi, che a so- miglianza di pecchie ingegnose vanno in cerca De' GLISSICI E ROMANTICI aOI del meglio; e dovunque lo trovino ne colgono il fiore , e questo fan suo riducendolo in dolce mele ? lìacr. Mi piaccrebbono. FU. Or bene, se già da te non discordi , non puoi negarmi che nelle cose delle lettere io non mi divida dai classici ; ma ne mi tolga in tutto ai romantici. Questo concedimi , e senza piìi eccomi a dirti dell' Ossian. Rag. Ed io tutta pazienza ti ascolto , come già ti promisi ; ma quanto alla lite de' classici co' ro- mantici , il vedi tu stesso , „ Convien più t(?mpo a dar sentenza vera. FU. Nè-io vorrei si avesse a decidere, ma si a com- porre una volta questa faccenda. Tanto di vita mi doni il cielo , eh' io vegga il giorno di cos\ Lelia concordia ! Quando altro non posso , mi giova almeno sperarlo. Dovendo intanto porre la falce in quella messe , che ad antico poeta cel- tico è tribuita, non tacerò che appo i celti ezian-' dio erano in fiore gli studi delle piiì lodate ar- ti, alle quali già li formarono e i bardi cantan- do in alti versi le geste de' chiari uomini, e i drui- di filosofando ( Aram. Marc. XV. q ) . Ebbero dunque anch' essi i celti , siccome i greci e gli altri popoli uscendo dalla barbarie , ne' poeti principalmente i loro maestri di costumato vi- vere e civile. E già notò G. Cesare nel iV de'co- mentari, che i druidi della Brettagna venuti nel- la Calila sacri ufizj e civili con mollo onore vi esercitavano ; ma doveano quelli che volessero iarsi del loro numero mandare innanzi a memo- ria gran copia di versi , onde per alcuni il cor- 202 LETTERATURA SO di tale istituzione toccava i venf anni , non essendo permesso porre in iscritto cosa che fos- se di quella scuola. Il perchè è da credere, che que' poemi raccomandati non più che al libro della memoria , passando per tradizione da un secolo air altro , si conservassero non altrimenti che de'poemi d'Omero fra i greci si tiene essere una volta avvenuto. Che se i druidi vennero a poco a poco mancando , j bardi o cantori ri- masero, ne già erranti in torme come i rapso- di de' greci a'tempi omerici ; ma come un' ordi- ne dello stato e in grande onore. Eranvi , per testimonio di Diodoro e di Strabone|, innanzi l'età. d'Augusto : e sotto Tistesso nome e ne'medesimi uficj si vuole che fossero in Irlanda e nel nord della Scozia assai dopo. Ogni regolo o capo ave- va il suo: ed uno di questi fu Ossian, figlio a Fingal re o capo di que'caledonj , che la co- sta occidentale della Scozia abitavano. P(rg- So che ci abbiamo un poema di questo nome , e so tutto quello che ne osservò quell'acuto giu- dizio del Blair , il quale non dubitò di porre , singolarmente per questo , Ossian a fronte di Omero. Però del Fingal puoi tacerti , che non bisogna ridire il già detto: altri poemi non man- cano, che ad Ossian del pari son tribù iti , e tu puoi sceglierne uno , purché de' brevissimi , e dirne ciò che ti aggrada. JP//. Toccherò innanzi di volo alcune idee di religio- ne, che furono appresso i primi brettoni , e ve- drai quanto in quelle fu di poetico. Jlfrg. La religione è tanta parte de' grandi poemi , come in quelli di Omero e di Virgilio , di Dan- te e di Torquato si fa manifesto, che se ti met- tessi comunque per poco nelle acque corse da Os- Db' CLÀSSICI s EOMANTici ao5 sian senza tale riguardo, direi che ti allenti na- vigar senza stella. FU. Dirò adunque, che l'intera natura fu a que' po- poli ( tranne gli scandinavi ) tempio alla divi- nità : Ir nubi poi albergo alle anime appresso la morte. Givano bensì errando i malvagi sulle ale dei venti ; ma i buoni erano accolti con gioja ne' palagi aerei de* padri loro , sempre che uni bardo col canto funebre ne avesse aperte le por- te. A tutti i casi de' congiunti od amici le om- bre partecipavano : i buoni spiriti apparivano il giorno in valli solitarie ed amene ; gli altri la notte sulle ale dei venti e delle procelle: ognu- no vivendo credeva avere la sua ombra amica che mai noi lasciava , ed atteggiata di lagrime e di dolore presagivagli sino il modo del suo morire. Ma perchè il valore del braccio era in altissimo pregio , credevano che sanguigne si mostrassero alla morte di un guerriero le armi della sua casa , e le arpe de' bardi non tocche mandassero innanzi un suono lugubre: credevano ancora, che l'ombra di lui visitasse il luogo natale , e fino che apparisse a'suoi ca- ni , i quali mandassero tristi ululati. E d^ spi- riti , nella lor mente , empirono ogni luogo, di qualità che alla fantasia del poeta non era d'uopo crearseli ; ma al buon giudizio di lui re- stava solo di porli in azione onde muovere i cuori si fattamente, che alla virtiì stiraoli e pre- mj , al vizio ritegni e pene già non mancassero. Rag. E che ? Il cantar sempre di spiriti , e in mez- zo agli spiriti , non dovea egli riuscir melan- conico ? FU. E non ha forse diletto alcuno melanconia? Lo senti il dolcissimo Pindemonte quando disse : 2o4 Lette r. a t v r à „ Melanconia - ninfa gentile , „ La vita mia - consegno a te. „ I tuoi piaceri - chi tiene a vile , „ Ai piacer veri - nato non è : e meglio quando lasciata per poco la tromba del maggior greco devota ad Ulisse , cantò de* sepolcri. Mag. Fine una volta a preamboli , ad episodi; che già sono troppi. JFil. Ne io gli amo meglio di te ; ma come giu- dicare un poeta senza prima conoscere i co'^ stumi de' popoli , ne' quali visse e cantò ? Pur basti il già. detto , benché più altre cose sa- rebbero da porsi innanzi a voler gustare quest' Ossian. E per amore di brevità si taccia del Fingal e di Temora , poemi epici , ne' quali il Blair ed il Cesarotti notarono quando })p1- lezze non dissimili alle omeriche e scritturali , quando le leggi poetiche, che allo speccliio de'gre- ci esemplari fermò il gran maestro di coloro che sanno. E poiché amore è tale affetto , che ad ogni cuore gentile si raccomanda , sfiorerò quel breve poema, che tocca i casi della bellis- sima e sfortunata Dartula, giovinetta innocente, che trovò morte cola dove si confidava trovare tutta letizia d'amore. S'apre il poema con un' apo- strofe alla luna, molto a proposito , dovendo can- tare di tal giovinetta dagli occhi belli e dal cuo- re ancora più belio. Ma non trovi gik qui le tan- te fole de' greci intorno a Diana , ne ti sa reo che l'arte sia meno quando è più la natura: se- condo le idee dominanti nel paese Ossian viene pregando la notturna /fgUa, che si vesta di^ tut- V De' CLASSICI E ROMANTICI ^oS to il SUO spleiulore, e miri dàìle porte del cie- lo : che mai ? Nato co'suoi fratelli sul mare (cioè gli t;pifiti loro) che nel bujo della notte fuggon dal crudo usurpatore GairLa. Presso è una mac- chia pur di tiuita. Lellez.za , che la diresti spiri- to ceiesle cinto di oscura neLbia : -,, E chi puote esser jDai , fuorché DaUula ? „ Dartu!a tra le vergini d.'Erina „ La pili leggiadra ? Ella fuggì con Nato ,, Dall' amor di Ghirba. Ma ..quando credevasi aver toccato la riva d'Età sel- vosa, dove erano le case del suo diletto: eccola al- la costa di Ulster , dov' era in armi co' suoi il leroce Cairba. E qui esca il poeta in una apo- strofe , di cui, non so la più viva ne la più ca- ra : e dice così , in bocca però di Dartula : „ Vento del mezzogiorno, o vento infido , „ 0 v'eri tu? chi ti trattenne allora „ Quando dell' amor mio furo ingannati „ I cari figli ? Posto piede a terra , Nato ed i fratelli van- no a spiare il paese, lasciando sola sulla spiag- . _gia quella infelice : ìì - Ella guardava intorno „ Se il suo Nato scopria , tende l'orecchio ,5 Al calpestio de' piedi, e de' suoi piedi „ Non ode il calpestio. Dove se' ito, „ Figlio dell' ahior mio? „ è nebulosa e cieca „ La notte : e tu non vieni ? ao6 Letteratura Chi provò i dolci affanni d'amore sa esser que- sto il linguaggio della natura. Ma ecco Nato che torna pur troppo afllilto , e a lui la sua cara : „ O diletto amor mio , perchè si mesto? „ Tu sei la luce di Dartula : è tutta „ La gioia del mio cor negli occhi tuoi. ,j Lassa ! qual altro amico ora m'avanza „ Fuorché '1 mio Nato? È nella tomba il padre » E qui narrata la morte del genitore sopraffat- to dall' empio Cairba , nelle cui mani ella cad- de : e detto come al venire di Nato ella se ne innamorò e fu volto in fuga l'odiato tiran- no ^ ripete affannosa : „ O diietto amor mio , perchè si mesto ? Ed egli : „ Siam nella terra del nemico: i venti „ Ci tradiro , o mia cara : or noìi c'è presso „ Forza d'amici e non le rupi d'Età ; „ Figlia del nobil Gola , ove poss' io „ La tua pace trovar ? In tanto rischio però il giovine eroe si ricon- forta alle parole di lei , massime rammentando quello che a lui disse il padre nel congedarlo : „ Tu vai , Nato , diss' egli, al sir de' scudi, „ Al prode Cucullin , che dai perigli „ Mai non fuggì. Fa che non sia il tuo braccio „ Fiacco , ne sian di fuga i pensier tuoi i „ Onde non dica mai di Senio il figlio : Db'ci.A8sici e romantici 3an „ Debile è nel pugnar la stirpe d'Età. „ Giunger ponuo ad Usnor le sue parole , „ E rattristarlo. Lagriraando ei dienimi ,. Questa lucida spada. E qui toccata la morte di Cucullino , e detto come esso Nato e i fratelli pugnassero da for- ti contro l'usurpatore Cairba ilachè l'armata li secondò, esce l'acceso giovane in queste parole: ....... AUor fu eh' io ti vidi , „ O verginella , simile alla luce „ Del sole d'Età: amabile è quel raggio, „ Dissi , e sorse il sospir di mezzo al petto. „ Tu nella tua beltà venisti , o cara , „ Al tuo guerrier ; ma ci tradiro i venti , „ Bella Dartula , ed il nemico è presso. Hag. A dirti il vero , egli pare che il poema pro- ceda un po' lentamente. FU. Sia pure ; ma ne l'antefatto voleva lasciarsi , ne le notate bellezze son poche : e gioveran- no a gustar meglio quello che segue. Uno de'fra- telli di Nato torna dicendo , che i nemici in- nalzano ben diecimila spade. ...... E diecimila spade „ Innalzin pur , con un sorriso amaro „ Nato rispose , non però d'Usnorre „ Ne tremerà la prole . . é . . . . E qui con nobile orgoglio si veste l'armi del padre suo , e tutta in lui fisa gli sta accan- to Dartula , la quale tenta nascondere 2o8 Letteratura „ Il nascente sospir ; represse a forza ,, Le si gonfian due iatjriine negli occhi. Intanto nnìU più preme a Nato , che di por- re ili salvo ramata : però la consegna ad Ar- dano , uno de' fratelli di lui , che la scorga in uno speco vicino : e nel dividersi da lei te- neramente le dice , troppo presago della mor- te , che già lo aspetta : „ Se tu fuggi , mio ben , non arrestarti „ A risguardar sopra il tuo nato estinto. .E all'altro de' fratelli di lui si vol^e e dice: „ Spiega le vele in ver le patrie selve , ,, Alto , ed al sir di che cadco con fama „ Il figlio suo , che non sfuggì la pugna ,, Il Lrando mio : di che fra mille io caddi , „ Onde sia del suo lutto alta la gioia. A Dartula poi raccomanda , che non lasci di cantare di lui colle donzelle di Selma, e si au- gura l'inno di Ossian. Qtù entra il poeta di- cendo che l'arpa sua tocca dal vento presagii la morte di qualche duce , oad'egli invitato dal gran Fingallo intuonò l'inno di pace. Ma ecco i figli di Usnorre a fronte dell'inimico , che sfi- dato a singolare certame il ricusa vilmente. Che fa intanto Dartula ? viene anch' essa nell'armi ; ^ che -il cuore non le sofferse ,, Restarsi addietro : col guerrier scn venne , ,, E l'asta stillevò. De'cT-ASSir:! E romaìxtici ao<7 Un SI ineauale cimento , di tre contro un'eser- cito , non potea starsi a lungo dubbioso : ca- dono i figli di Usnorre , „ Come tre giovinette e rigogliose „ Quercie , che stavan sole in erma rupe. „ Le amabil piante a contemplar s'arresta „ 11 peregrino, e in lor mirar sì sole „ N'ha meraviglia; ma la notte ir nembo „ Vien dal deserto , e furibondo abbassa „ Le verdi cime: il d\ vegnente ei torna, „ Vede le quercie al suol , la vetta è rasa. Questo sia esempio delle similitudini di Ossian COSI pittoresche da disgradarne quelle del mag- gior epico , e da eguagliar , quasi , quelle del divino cantore dei tre regni. Ma chi può in- tanto scordarsi la giovinetta ? „ Stava Dartula nel dolor suo muta , „ E gli vide a cader. Qui è tanto sublime , che è ben senz'anima chi non lo sente ; massime seguitando così : ,, Lagrima alcuna ,, Sugli occhi non appar; ma pieno ha'l guardo „ D'alta e nova tristezza : al vento sparsi „ Volano i crini; le tingea la guancia „ Pallor di morte ; esce una voce a mozzo , ,, Ma l'interrorapon le tremanti labbra. „ Venne Cairba oscuro : e dov' e , di^se , „ L'amante tuo ? dov' è il tuo prence d'Età „ Al carro nato ? ,, Dal braccio di Dartula abbandonato G.A.T.XXXV. x4 ilio Letteratura „ Cadde Jo scudo ; il suo Lei petto ajjpaive „ Candido ; ma di satigue apparve tiuLo , ,, Pei'ciife fitto nel sesi le s' era uu dardo., „ Come lista di neve iu sui suo Nato „ Ella cadèo : sopra l'amato volto „ Sp:irsa è la negra cliioma , e luuo all'altro t» S»'"'n^ frammisto l'amorcso sangue. Questo sc|uarcio è diviiia , ne io pjtn tener- mi di dirtelo tutto q nullo. Jlag. Ed io te ne so grado. Sld Toi-a di ricrearci è passata : piìi gravi curr, ci aspellaao. Aiidiamo. i^t/. Ecco io ti seguo ; ma lento lento , come fan- ciullo la madre. Do'vzt.Nico Vaccolini. s Ebrei nella Cina. i deve al padre Gozani , mission^ìiio gesuita, la conoscenza degli ebrei nella Cina , dui ciìiesi chia- mati Tciao-kin-kiao. Questi ebrei al presente non compongono che sette famiglie, e sono: Tao, Kin, Ce, Cao , Te-man, Li, Ngai. Non si maritano o forma- no alleanza che fra di loro. Sono (juasi tutti fab- bricanti di seta. Quando il padre Gozani parlò lo- ro della venuta del Redentore promesso ed annun- ziato nella sacra scrittura , essi rimasero sorpresi , e risposero , che nella loro Bibbia faceasi menzione d'un sant' uomo chiamato Gesù , figlio di Sirach ; ma che erano tutt' affatto ignoranti del Gesù del (jualc il p. Gozani loro parlava. NoTK SPETTANTI ALLA ClWA 211 Il seguente docnineato in latino è conforme , in tutto e per tutto , a quello che il reverendo pa- dre G. B. Marcliini , procuratore generale , e pro- tonotario della missione , diede ad O. Martucci in Macao l'anno 1819. „ Hoc regnante Khien-long (1) scriptum fuit de „ judaeis atque de eorum synagoga in civitate Khai^ ,,fung (2). „ Judaei , lan-mao-hid , seu birreti caerulei quia „ hujus coloris Lirreto in suis ritibus uluntur, a „' plaga occidentali (3) ad nos pervenerunt tempo- (i) Quarto imperatore della presente dinastia tartara chiamata Ta-lsing. Mori l'anno 1795. Regnò Co anni. (2) Capitale della provincia di Ho -nati al sud delle provincia Pe-tceli ^ e Scian-si ; all' est di Scensi; al nord di Hou-quang; all' ouest di Scìan-tong ~ La pro- vincia di Ho-nau è, in' punto di generale importanza, la settima dell' impero cinese. I cinesi la chiamano Tong-hoa^ cioè fiore del mezzo , perchè è situata nel centro del- la Cina. i^o-/«" , primo fondatore della monarchia cinese , tenne la sua corte in questa provincia. (3) Dissero al padre Gozani questi ebrei , che i loro antenati vennero in Cina da un regno dell'occidente , chia- mato il regno di Giuda , il quale Giosuè conquistò dopo aver gli ebrei lasciato l'Egitto , passato il mar rosso , e tra- versato il deserto; e che il numero degli ebrei partiti dall' Egitto ammontava a 600 mila. - Informarono l'istesso mis- sionario , che il loro alfabeto era composto di 27 lettere, ma che essi, generalmente, non ne usavano che 22, Ciò si accorda con quanto riporta s, Girolamo , il quale ci di» ce , che gli ebrei avevano 22 lettere , 5 delle quali era- no doppie , 0 almeno scritte in difFerente maniera. i4* 213 Letteratuha re fjrniliae lian (i), imo jtula alios circa fincm familiae Tcìiou (2). Iiiclaei tunc in urbi? Pek'ui- kan-tcheu^ ft KInn-hia degebaut (3) et magno tunc in honore eraut , ad praeioctmas etiam , et alios dignitatis gradus eligehaiitur; mine vero patici nu- mero in sola urbe ^rt/'^/^fwo- provjnciae Bo-naii domicilinm habent et synagogarn , cui praeest le- gis doctor ut ritus religioai.s dirigere , et legera Dei aliis expianare possit. „ Haec sjnagoga incendio , quod in Tirbe con- tigit tempore Qu(i.n-ii ( |) , consurapta fuit innn- datione flurainis Qitan-ho (5) quae anno septimo imperatoris Tien-kiui urbem totam subvertit. Sed deitide praefectus Tchao ^ genere jndaeus, aliam sj- nagogam aediiicavit , in c[ua niiac judaci conve- niunt , et cujus brevàs descriplio sic exìiiberi po- test. [n parte anteriori priinuni se oculis exhi- bet tabella imperatoria Vim-siii-pnl ((>) , et super tai)ellani haec aurea inscriptio literis hebraicis exa- rala. Aadi Israel: leova (sive Deus) noster iinus (i) Circa 20^ anni avanti l'ei'a cristiana. Questa di- nastia durò \->.ò anni. (2) Questa dinastia incominciò 1120 anni avanti l'era cristiana , e durò 886 anni, {.\) Pekin e Nankin : la primi , capitale della provin- cia Pe-tce-U : la seconda , capitale della provincia Kiang - nan. (4) Circa l'anno 56>, dell' era volgare. (5) Fiume di questo nome , uno de' più grandi della Cina. ((S) Vuol dire tabella sopra della quale è dipinto ( i cinesi, invece di scritto , dicono dipinto ) il nome dell' im-« pcratore. ^ NOTK SPKTTAMTI AÌ.LA ClNA ai3 I est , henedictum nomen ejns , gloria rp.gui eius , /// aeternum. Non louge a tahdla po:iitum est ten- , tonum , seu tabernaculum , quod vocant thien- tarig, coeli templnm , in pjiis limine hebraica haec inscriptio legitur : Scitote , quod leovn est Deus deorum dominus , Deus magnus , fortis , et ter- , rihllis. „ In lioc tentorio deponunt judaei librum le- gis Dei, Ta-kin , literis hebraicis slmiliter scriptum. In parte posteriori sunt dua'e tahellae, pai, quae legis vocantur, in rjuibiis decera isti leguntur ar- ticuh; I Dominum Deuìii tanni adurabis; i Non assumes nomen Dei Ini in vanwn ; 3 Memento diem sahbathi santi/ìccs; 4 Honora patrem tuum , et ma- trem tuam; 5 Non occides ; 6 Non niechaberis ; T Non furtum facies; 8 Non falsum testimoniwa loqueris contra pro.ximnm tuum ; p Non concn- pisces domum proxinii tui ; ,o Non desiderabis uxorem cjus. „ In jDarte vero orientali sunt quatuor inscri- ptiones sinicae , quarum prima sic se habet. jun- ior legis Israel est Abraham : traditio legem ejus transmisit ad Mo^sen , qui uni Deo inteatus li- brum accepii supra montem Sina. Doctrina in il- io contenta non multum differt a doctrina King, Deinde fit serrao de inundatione , quae contig^t anno septimo iraperatoris Tien-tsun ; postea su- bjicitur , judaeos , qui Pcd. G. B. Lod. Giorgio Seroux d'Àg^incoart scritte da Gio. Gherardo De Ros- si suo amico, f^cnezia nella tipografia di Ahi- sopùli 18,27. Volante tto in 8.° di 60 pagine. N. jssuno meijlio del cav. Gian Gherardo De Ros- si potea scrivere intorno alla vita e agli studi del cav. d' x\gincourt , perocché egli fu araicissirao di lui e molto valea nella cognizion delie arti bel- le , per che salì in tanta fama il dotto francese. Altri ancora scrissero di questo grand' uomo : ma il De Rossi nella dedicatoria al Gamba confessa eh' egli, non conobbe mai i loro scritti. Ciò dunque che egli dice quanto alle notizie biografiche le debbe al- la gentilezza del sig. Appresi già segretario del ca- valiere ; e ciò che ragiona quanto agli sludii , lo trasse dal proprio ingegno nutrito delle arti belle. Ecco per ragione di saggio un breve sunto di tut- to l'opuscolo. In Beauvais di Francia nacque il cav. d'Agin- court il dì 5 aprile i^So. Seguendo il costume del- la nazione fu educato nell' arte della guerra : ma Luigi XV conosciuto l'ingegno del giovane lo im- 22^4 Belle- A 11 TI piegò in faccende tli governo. Queste non gli tol- sero tempo ed agio di studiar le scienze, massime la metallurgia , che da principio egli amò sopra tut- te. Ed a conoscere le diverse miniere de' vari pae- si , nel 1776 viaggiò per la Francia, l'Alemagua, le Fiandre., l'Inghilterra e la Spagna. I)a ultimo vi- sitò l'Italia nostra , che ricchissima com' ella e di monumenti in ogni maniera di arti e di antichità , destò l'ingegno del cavaliere inchinevole a siffatti studii, e gli porse abbondevolissima materia alla sto- ria delle arti , che a consiglio dell'amico suo conte di Caylus coraggiosamente intraprese. E per vero eg li nel por mino a quell'opera antepose la pubblica utilità al privato diletto, e mentre potea bearsi nelle perfette opere de' secoli piiì colti , non disgradò la rozza sem- plicità di que'tempi, che noi appunto chiamiamo bas- si , perchè le arti come le lettere giacevansi nel più misero avvilimento. La sua storia cominciò dal quar- to secolo e terminò col decimoquinto. Ma quand' égli era sullo stampar dell' opera e trarre alcun frut- to della molta fatica duratavi intorno : ecco appic- carsi ai nostri paesi l'orribile incendio della rivo- luzion francese di sempre funestissima ricordanza. Chi fra tanto disordine di cose pensava più. alle arti di pace? Il cavaliere venne in gran malinconia ; ed aman- te della religione e del trono , sdegnosamente riflu- tò quanto venivagli olTerlo dagli usurpatori suoi con- cittadini. Temeva forte pe' suoi lavori; e che la do- viziosa raccolta de' suoi rami non dovesse perire nel- le mani di qualche in'^ordo e ignorante soldato. Ai mali dell' animo s'aggiuiìgro incomadi di salute , ed una colai dilTicolta. nello sgravarsi delle orine , da principio stimata da' medici mal di pietra, che pe- l'ò non fu, e dopo un'esatti cura dileguassi. Belle- Arti aaa Finalmente incominciò alquanto a cliraclarsi quel- la foltissima notte di guai , e ad apparir qualdie raggio di luce. Trovò libraio che comperò il mano- scritto ed i rami ; e vide pubblica Topcra sua , ma piena zeppa di spropositi per negligenza del corret- tore. Del che egli spesso faceva cogli amici suoi for- tissime lagnanze , peroccliè gli era stato in più luo- ghi perfino cambiato il testo, tramutati i siguifica- ti delle figure nelle tavole , alterata la postura del- le parole e delle frasi : insomma tutto guasto e mal- concio. Fatta di pubblica ragione la storia delle arti , per fuggir ozio diedesi ad illustrare quegli eleganti Lassirilievi di terra colta , che avea con tanto stu- dio raccolti. Quest' opera venne in luce nel 1812 col titolo Recueil de fragmens de scnlninre anii- cjue en terre cuite. Ha S7 tavole ia. rame , che rap- presentano figure votive, frammenti di fregi, idolet- ti , immagini di giuochi; ed una scelta di lucerne pre- gevoli o per la bella forma o pel soggetto scolpito- vi. Pensava egli che siflatti lavori facilmente molti- plicati avessero assai giovato presso gli antichi al- la propagazione del buon gusto nelle arti , e a dare una tal quale eleganza anche ai monumenti men son- tuosi. L'intera raccolta delle terre cotte che posse- deva , la destinava in dono al vaticano , come per suo testamento fu eseguito. Intanto si avvicinava alla morte con gran pie- tà e rassegnazione. Aveva particolare aiFetto e de- vozione per s. Luigi re di Francia, e volentieri e con soddisfazione parlava delle sue virtù cristiane e mi- litari. Certo che lo avrà sperimentato amico e pro- pizio il giorno del suo transito che avvenne il 2 J settembre 18 14? noverando 84 anni, 5 mesi e ip gior- ni d'età. Lo piansero gli artisti e lo piansero tutti G.A.T.XX^LV. i3 326 Belle-Arti i buoni ; che allo ingegno e al .sap(Mo univa le più care virtù dell' animo: modesto, dolce , liberale, be- nefico: pvotetlore ed amante della studiosa gioventù. Visse amico de' più insigni uomini dell'età sua, se- gnatamente del Marini , del Viscoali, dA Lxniì , del Caylus, del senator Rezionieo, del Derossi , del Mor- celli, ed avea cari egualmente il principe Ponialoscki , i cardinali Borgia e Buoncompagai , i! cavalier Ono- frio Boni , la famiglia Dionigi e tutti que' suoi con- cittadini ed artisti , che visitando questa nostra pa- tria pregiavansi di conoscere e riverire un tant' uo- mo. A gran fatica avea raccolto ed ordinato una scel- ta e copiosa libreria, ricca segnatamente di tutte le storie particolari delle citta d'Italia ed anclie di al- cune di oltremonti. Egli vi po;iea singolare affetto e sperava c!ie restasse iitatta ; ni i corse la coraun sor-» te delle librerie de' dotti , e dopo la sua morte fu venduta e dispersa. Rimasero però i bei frutti de' suoi studii , ed egli vive immortale nella sua storia delle arti. Roma glie- ne porse i materiali: che Roma è l'unico luogo do- ve le arti possono esaminarsi in tutti i loro diver- si slati. Incominciò egli dalle catacombe ; menato a guida d'esperto cavatore fece lunghi e frequenti pel- legrinaggi entro que' sacri sotterranei. Vi osservò co- me gli antichi cristiani non a])ban don andò al tutto i profani ornaraeirti v'intramezzavano storie cavale dai libri santi. Sebbene di que' primi secoli , per di- fetto d'artisti e per introduzione della barbara pit- tura orientale, non s'ab])iano che rozze cose ed im- perfette. Osservò eziandio le vecchie costumanze e i sacri riti de" nostri padri, accoppiando alla ispezione de' monumenti la lettura degli scrittori : unico mez- zo di fermar sopra solide basi il criterio archeo- logico. Bel LE- Arti 227 Dopo il quarto socolo le più insigni fabbriche che fossero costrutte , furono le chiese cristiane. L(; basiliche costantiniane di Roma serbano le forme del- le antiche basiliche de' romani : imporoccìiè non po- terono costruirsi alla foggia de' templi profani , sen- do le cristiane cerimonie troppo diverse dalle gen- tilesche : che quelle chiamano i fedeli entro il tem- pio , queste non v'ammettevano che i sacerdoti ed i sacrificanti. Studiava attentamente le diverse manie- re de' cementi proprie de' diversi tempi , ed era di- venuto in ciò esperto , che da pochi e rovinati avan- zi distingueva a qual tempo appartenesse il monu- mento. Degli ornati e delle colonne poco fìdavasi , che ben sapeva esser queste state tolte a prestilo da' pili antichi edifizi distrutti. Venuto il secolo dodicesimo incominciò a spo- gliarsi la barbarie. Le piccole signorie in che divi- devasi a brani l'Italia giovarono alle arti : si mise fra i baroni una bella gara di fabbricar chiese, giac- che in que'jtempi sembra che poco curassero i privati edificii. Allora nacque quella maestosa foggia d' ar- chitettura , la quale diciam gotica , ma che tutt' al- tro è che r antica usata da quel popolo. Avviene nelle opere dell' ingegno che chi cerca novità adope- ra l'opposito di quello che adoperavasi innanzi. Non piacque la spendida eleganza degli antichi , non la rozza semplicità de' bassi tempi ; si accozzarono vec- chi ornati , piccole travi , fasci di colonnette , archi aguzzi , fregi , intagli , cornici , capitelli , angoli e che so io. Notava il cavaliere che fra cosi strana no- vità osservavasi un non so che d'imponente che pur non dispiaceva all' artista. , La porta maggiore della basilica ostiense , ora irreparabilmente perduta a gravissimo nostro danno , era il più bel monumento che s'avesse del secolo un- i5* 238 Belle-Arti tlecinip. 1/ Agiacourt nr» faceva gratulissinio conto ; segtiatamonte la proponeva per climosliare come era- si incominciato a comporre lei istorie; perciò la fe- ce incidere in molte tavole in rame. E veramente co- testa incisione esattissima , ora che perdemmo il pro- totipo , ci da un' idea di ciò clie fosse quel lavo- ro ammirabile in un età tanto rozza. Quanto agli scultori , egli rendeva alla Toscana la gloria di aver prodotto fra i })rimi un Niccolò Pi- sano , il quale in molte citta d'Italia e massimamen- te in Pisa sua patria ed in Orvieto mostrò colle ope- re sue quanto valesse. Niccolò bandì dall' arte le gofFacfgini de' suoi tempi, e la restaurò richiamando gì' liigiìgni allo stadie» degli antichi esemplari , fon- ti perenni di ogni belle/.za. Le altre citta d'Italia ebbero anch'esse piìi o meno valenti scultori. Mila- no ebbe varii marmi attribuiti ad un Bilcluccio ; Fi- renze ebbe l'Orcagna e Nino suo figlio che operò nella fonte di Siena , g da questa acquistò nuova fa- ma. Cos'i la scultura innanzi all' arte del dipingere progrediva verso la perfezione. Nel secolo decimo- quinto Donato Brunellesco e Lorenzo Ghiberti or- navano Firenze con bassirilievi emuli degli anti- chi , come que della porta di bronzo del battisterio. Roma aveva un Paolo romano e un Pollajuolo , che ne' mausolei d'Innocenzo e di Sisto meritò lode , se non nella invenzione , almeno nella esccuzion delle parti. Alla perfine la scultura giunse al sommo gtat- do della perfezione per opera del gran Michelan- gelo : e qui il cavaliere cessava il suo lavoro. > La pittura non ci porse degli antichi quegli esemf- plari che ci restano della scultura : veneriamo i no- mi d'un Parrasio , d'un Zeusi , d'un Apelle illustri figb della Grecia, ma i loro dipinti ci sono al tut- to sconosciuti. Le nozze aldobrandine , qualche pit-" B E L L K-A n T I 230 tura (li Pqnipeia , il sepolcro de' Nasoni , le terme eli Tito , alcune camere dipinte scoperte nella vil- la Nei^roni , e tutto quello che abbiamo d'antico in quest'arte rispetto a' tempi romani. Le catacombe offro- no dipinti vari di fatti delle sacre storie , d'alletrorie e di simboli religiosi adoperati da' primi fedeli. I cimi- teri di s. Saturnino e di Calisto gli offersero l'iraa- gine del Pc/sfor bonus e di varie donne in atto d'in- nalzar preghiere all' altissimo: dipinture del terzo se- colo. Al quarto secolo appartengono le pitture del- le terme di Costantino , di cui veggonsi pochi avan- zi nel palazzo Rospigliosi di Monte Cavallo. Del quinto sono quelle del cimiterio de' ss. Pie- tro e Marcellino , ove nella cappella del Crocefisso sono storie del vecchio testamento e singolarmente è rappresentato il delitto di Adamo e gli avvenimen- ti di Mosè. Nel cimiterio di s. Ponziano è dipinto il Redentore in atto di ricevere il battesimo : ma in maniera assai goffa. Anche Cristo fra gli aposto- li e effigiato ne' sotterranei della Madonna' della Stel- la in Albano. Dopo tutti cotesti dipinti del quin- to secolo, e que' di poco differenti di egli trovò in s. Lorenzo di Roma , riunì le pitture di altri sei se- coli , tenendo sempre dietro ai sotterranei di' Roma e non trascurando quelle di s. Gennaro di Napoli. Un' altra specie di pittura , che trionfò delle in- giurie del tempo e ci pervenne pressoché intatta , è il musaico. Qnesta so«vtituendo il difficile marir^ggio di pietre e di smalli alla facilità degli obbedienti pennelli ; assicurò la durevolezza del lavoro. Un im- menso numero di pitture siffatte sono nella magni- fica villa Adriana. Del quarto secolo abbiamo quelle di s. Costanza : di poco posteriore è l'abside dell' antica basilica di s. Pietro : al quinto appartiene la gran pittura de' ss. Cosma e Damiano e il musaico 23o Bklj>e-Arti tli che Galla Placidia ornò la basilica ostiense. Ven- gono quindi que' della liLeriana e que' dell' orato- rio di s. Venanzio presso il Laterano , e di s. Agne- se sulla via nomentana , e di s. Stefano rotondo : rozzi lavori del settimo secolo. Dell' ottavo è il tri- clinio di Leone , come la trasfigurazione , la nun- ziata , la nascita di Gesù. Del nono abbiam saggi ne' ss. Nereo ed Achilleo , iti s. Prassede , in s. Maria Maggiore , ia s. Maria in Domnica. Nelle tombe di Ot- tone II ci restano avanzi di musaici del secolo de- cimo , e dell' undecimo in s. Marco di Venezia. In- tanto l'arte progrediva a meglio , ed Andrea Tofl ope- rava molto in Firenze, e gran cose facevansi in Roma nelle basiliche liberiana e lateranense per mano di fr. Jiacopo Turrita e Jiacopo da Camerino ; i la- vori de' quali compiè Gaddo Gaddi nel secolo auat- tordicesimo. Giotto , il padre della rinascente arte del disegno , anch' egli pinse in musaico Cristo co- gli apostoli , e ne veggi amo buoni avanzi nel va- ticano. Seguono i dipinti in miniatura. Al quarto e quin- to secolo si ascrivono le più antiche miniature, co- me quelle che sono in un greco M. S. della biblio- teca imperiale , le quali presentano fatti della bib- bia che forse da greca mano furono condotte. Le prime pitture latine di questo genere sono nel fa- moso codice vaticano di Virgilio; che se non fu- rono copiate da più antiche , ma sono veramente ori- ginali , mostrano essere stata molto in onore l'arte in quel secolo. Il M. S. viennense di Dioscoride ha miniate le piante descritte dal botanico e sembra ope- ra greca del secolo sesto. Manoscritti e miniature trovò ne' codici medicei greci e siriaci , che sono del settimo secolo o in quel torno. Trasse poi dai MM. SS. vaticani una lunga serie di miniature rappre- sentanti le imprese di Giosuè con tlescrìzioni greche alt! ibuite all' ottavo secolo ; e il celebre Terenzio del nono. Insomma i codici miniati ci hanno serba- to maggior copia d'esemplari Jdell' arto; e segnata- mente i codici sacri ; e ciò per gli anatemi fulmi- nati contro clii alterasse, togliesse o comecchessia cor- rompesse le pagine loro cosi dipinte , come scritte. Dopo il decimo secolo si hanno grandi origina- li pitture che a grado a grado salivano a maggior bontà. Giotto fondò la scuola fiorentina spogliando l'arte di quel monotono e rigido che la prava imi- tazione de' greci aveva introdotto , e diede alle figure vivacità e movimento. La scuola fiorentina primeg- giò fra le altre, ma tutte le citta d'Italia ebbero mae- stri dipintori fino al bealo secolo sestodecimo , in che la pittura di compogiiia delle altre arti sorelle sali a tal perfezione da far superba ogni speranza d'al- tezza maggiore. Fin qui l'Agincourt condusse l'opera sua , che sarà sempre cara a tutti che amano e col- tivano le belle arti e le antichità massimamente cri- stiane. CaRLOLUIGI MORICIUNI. 2J2 Cenno sulla strada sotterranea detta Tunnel che si eseguisce sotto il l^arnigi a Londra (*). I fogli pubblici hanno già tanto parlato di questa strada , che nulla di nuovo può aggiungersi ; meno che scendendo a qualche dettaglio dopo avere per- sonalmente visitalo il lavoro accennerò in breve le circostanze principali che hanno favorito l'idea in se stessa, por quindi chiudere con due parole su lo stato attuale del travaglio. Il bisogno, il talento dell'ingegnere, il cemen- to detto romano, e lo spirito d'associazione furono i motori. Il bisogno fu suggerito dall'aver una comunicazio- ne da una sponda all' altra del Tamigi senza impe- dire la quantità delle navi di ogni sorta che ven- gono a scaricare sino quasi al centro della citta , cosa che un ponte nel sito del Tunnel avrebbe im- pedito. Per terzo il cemento che trovasi in Inghilterra stessa, detto romano, non solo vale quanto la poz- zolana romana producendo lo stesso effetto , ma ha di pili la proprietà d'indurarsi in pochi minuti an- che dentro l'acqua. Infine lo spirito d'associazione è tale in Inghil- terra , che se un uomo di talento concepisse un pro- (*) Pubblichiamo con piacere questa descrizione esat^ tissima , scritta da un illustre artista italiano reduce ul- timamente da Londra. Belle-Arti a33 getto utilp trova subito capitalisti che Io assecon- dano : diviJeiulo la somma in azioni si trovano i compratori : d'unanime assenso vien creato un co- mitato dirigente, ed il parlamento nazionale s'inte- ressa d'approvare e di proteggere il tutto. Cosi ebbe principio quest'opera , e il sig. Bru- nel presentando il suo progetto ebbe in risposta questi succinti termini : „ Noi non siamo in grado di giudicare del vo- „ stro progetto , cui riguardiamo come vostro secre- „ to. Noi ci limitiamo a sapere che meritate la no- „ stra confidenza, e che siete uomo d'onore. Voi ave- „ te dippiìi la gran lezione dell'esperienza; voi sa- „ pete come è mancata simile impresa ai vostri pre- „ decessori, e per conseguenza sarete preparato a vin- „ cere gli ostacoli che 1' hanno fatta mancare a quel- „ li. Eccovi denaro, mettete mano ai lavoro, fate che ,, il nostro paese goda di un nuovo vantaggio. In seguito di ciò fu posta la prima pietra il gioriy) a marzo iSaS dal presidente del comitato degli azionari alla sponda sinistra, rimontando il fiu- me nel punto vicino alla strada e alla chiesa detta Roilierhife. Il passaggio sotterraneo fu immaginato a due gal- lerie con marciapiedi poste in comunicazione tra lo- ro con parecchie arcate nel m uro divisorio. Le galle- rie sono costruita a forma cilindrica, la loro massa totale, comprese le grossezze dei muri nella sezione trasversale, e di piedi trentasette per ventidue. Prima operazione fu quella di scavare un poz- zo cilindrico della profondità necessaria a dar prin- cipio alle gallerie orizzontali; e qui l'ingegnere adat- tò un metodo tutto suo. Fissato il punto costrm un muro cilindrico di 5o piedi di diametro , destinato ad essere il rivestimen- 334 Belle-Arti to interno del pozzo , ossia torre di calata e d'esci- ta de' pedoni ; si portò a /^o piedi d' altezza que- sta torre fuori di terra , e fu rimarcabile per cin- que cose. I.'' E basata tutta la costruzione sopra un cer- chio di ferro alto 3 piedi , tagliente per l'interna circonferenza , il quale mediante il peso sovrapposto facilita la discesa. 2.° È un anello di legno , 3 piedi largo per uno d'altezza , poggiante sopra il cerchio di ferro , e in- termediario fra questo e la fabbrica. 3.° Viene il muro cilindrico composto di mat- toni legati con cemento tutto romano, di piedi 3 e i/i di grassezza; nella grossezza del muro per tutta la circonferenza sono stati posti 48 pezzi di ferro ver- ticali , e questi fermati con viti ad altro cerchio , o anello di legno nella sommità del muro , onde tener ristretta la costruzione. 4.° Alla sommità di questa torre fu costituito un registro di travi, ossia piattaforma, sulla qujle fu situata una macchina a vapore a doppio cilindro della forza di 36 cavalli, con pompa, caldaja , e cammi- no , che mette in movimento una catena a secchi per salire le terre dello scavo. 5.'' Il tutto preparato il i." aprile iSaS , dall' interno della torre cilindrica fu dato principio a scavare la terra, e furono armate altre pompe per l'estrazione dell' acqua filtrante. Al togliersi della terra, a poco a poco la torre per il suo peso e per il tagliente della sua base discendeva quasi iiisei!- sibilraente, avendo impiegato circa 18 giorni a per- correre 3'j piedi di discesa a traverso degli strati sab- biosi e ghiajosi , e venne così a posare sopra uno trn- to argilloso. Fu allora continuata la costruzione della torre discendendo , ossia per di sotto togliendo por- B E L L B - A R r I a35 zione a porzione il cerchio di ferro e l'anello di legname. Fu continuato per altri a4 piedi , facenti 64 co' 40 della torre discesa. Arrivati a questo pun- to , che è il piano determinato per le gallerie, si costruì nel mezzo della torre un pozzo di pie- di 25 di diametro per 20 di profondita , legato con platea di fabbrica colla torre , destinato a raccoglie- re le acque filtranti delle gallerie , e nel quale be- vono le pompe poste alla sommila della torre, e cola permanenti sino alla fine dell'opera, essendovi annesso il meccanismo semplice e bello dell' estra- zione delle materie , e della discesa dei materiali per la costruzione. La torre e il pozzo hanno consu- mato 26 mila mattoni , e 1200 barili di cemento roma- no: il tutto del peso di 900 tonellate, o libre fi,ooo,o56, circa un milione di kilogrammi. Presso questa tor- re se ne dovrà costruire un' altra di i5o piedi di diametro pel traffico delle vetture ; ma questa da farsi in fine dell' opera. Al punto di dar principio alle gallerie l'inge- gnere ha , per quanto ha potuto , scandagliato la na- tura àeaVi strati del letto del fiume che nella marea massima porla Sa piedi d'acqua e la nella bassa, ha trovato il primo strato per 3 piedi e i;3 di sab- bia, il 2.° d'argilla e sabbia per uno e 5/G, il 3.° un banco d'argilla pura e tenace di 35 piedi. Fu in que- sto eccellente strato di argilla che sì principiò a sca- vare le gallerie : al qual effetto l'ingegnere seppe in- ventare una macchina atta a sostenere la massa delle terre sovrastanti. Con questa macchina si scava quan- to basta per dar luogo alla costruzione delle gallerie, senza che perdano della loro densità naturale le ad- iacenti terre. Si eseguiva una tale operazione per mez- zo di una armatura di ferro larga 37 piedi , e 32 23G B E L L B-A R T 1 alta per S di (ondato ; questa macchina forzata so- stiene per ogni punto le terre di sopra e di lato , è divisa in 12 scompartimenti separati , ossia indipen- denti, piantati l'uno presso Taltro verticalmente , e disposti in modo che sei sostengono alternativamente la porzione del terreno , all' atto che si scava. Nel tempo stesso che sei rimangono fìssi, gli altri sei avan- zano da 6 a 9 pollici per volta in proporzione della terra stata levata. Fu in settembre del iSaS la pri- ma applicazione della macchina , ossìa scudo. Gli ope- ra] che travagliano nella macchina possono essere sino a 36 , uno per uno entro spazj separati della mac- china stessa. Ognuno ha dei pezzi di tavola manegievo- li,che la macchina stessa tiene compressi alle terre; il lavoratore ne leva una per volta , scava in avanti la terra per 9 pollici , e rimette la tavola nel buco scavato fermandola fortemente col mezzo di 4 paletti a vite poggiati non al pezzo dell' armatura dalla quale travaglia , ma contro a quelli pezzi che non sono in travaglio. Questa operazione si ripete da tut- ti gli altri operaj alternativamente , cosicché scavate sei porzioni di terra , collo stesso metodo si scavano le altre sei : e cosi l'intera armatura trovandosi avanzata tutta per 9 pollici , la fabbrica dei muri delle gal- lerie s'accresce egualmente di 9 pollici. Con tal me- todo ognun vede che il terreno non resta mai ab- bandonato al proprio peso , così prosieguo anche a traverso della sabbia mescolata all'acqua- si proseguì in tal modo il travaglio non senza accidenti di forti e subitanee filtrazioni , per cui non fu sempre della medesima attività il lavoro, che sen- za impedimenti fortuiti è arrivato ad avanzare la fab- brica di due piedi circa. In ogni 34 ore prr tutta la se- zione verticale si tolgono da 9 e io tonellale di ter- Belle-Arti, 23^ ra , impiegaaclo circi 12000 mattoni , col servigio di I >o uomini cambiati da altri loo , in liitlo 200. Fu nel prossimo passato maggio cne un terrìLilci accidente ha fatto dire all'imperterrito ingegnere : // vinctire senza pericolo è un trionfare senza gloria. Di fatti può Len gloriarsi quest'uomo straordinario , giacche sebbene il Tamigi in tal giorno siasi fatto tìo- lentemente strada nel Tunnel, e con tal veemenza da po- tersi appena a tempo, quasi per miracolo , salvare gli opera], coli' essersi riempito totalmente d'acqua sino sotto alle macchine della torre, pure è riuscito all'inge- gnere Brunel col mezzo di 40000 piedi cubi di sacchi d'argilla , ed altre materie sciolte , e queste poste a strati col mezzo di grandi tele impeciate , riuscì dico a rimarginare il letto del fiume nel punto della rottura. Fu quindi estratta l'acqua , e rese di nuo- vo praticabili le gallerie a quell'ora giunte circa al- la meta del fiume. (E sono i primi d'agosto, il tut- ta consta allo scrivente che ha fatte e ripetute le sue osservazioni sopra luogo ) . Ciò eh' è straordinario si è l'esser restalo fer- mo in posto lo scudo , ossia l'armatura di ferro , come pure rimasa intatta la fabbrica , eseguita si- no alla stessa estremità che tocca la macchina sles- sa ; sebbene mi dice l'ingegnere , che la violenza delle acque del fiume fu tale da rompere tutto ciò che trovò isolato nelle gallerie e nel pozzo. Per un rapporto da chiudere in una lettera credo che chTbasti. Al mio ritorno in Napoli potrò di- mostrare a chi che sia il tutto per mezzo de' più minuti dettagli, e coli' ajuto di quanto ho potuto raccogliere mediante l'amiciiia contratta col sig. Bru- nel , che anche nelle più piccole cose risguardanti questa grande operazione , fa mostra del suo infini- to genio. 238 Bellk-Arti Ognun vede che l'aver potuto superare la so- pra descritta grande crisi , colla quale l'uomo ha sa- puto respingere il Tamigi , vai quanto dire vincere la natura { onde si deve a ragion conchiudere, che non vi sarà più nulla a temere , e quindi un si gigante- sco lavoro verrà in altri due anni circa felicemente e completamente al suo termine. a39 V A R I E T A' Traduzione in terza rima della chioma di Berenice di Callimaco , sulla versione latina di Catullo , con an- notazioni del dottore Giuseppe Adorni professore di poetica nella ducale università di Parma. 8." Parma dalla stamperia Carmi^nani 1826. ( Un voi. di pag. XF e 144. ) Dcjanira ad Ercole , epistola IX fra le eroidi di Ovi- dio , tradotta in una italiana elegìa dal dott. Giu- seppe Adorni professore ec. 8.° Parma co'' tipi Bo- doniani 18^47. kn. questi due volgai'izzamentl noi loderemo In primo luogo l'erudizione delFogrcglo sig. prof. Adorni , poi il suo ]juoa giudicio in fatto di lingua latina : il clie massima- mente ravvisasi nella versione della Chioma di Berenice. Del resto noi non possiamo essere totalmente della sua scuola di poesia italiana; perciocché siamo la Dio mer- cè pervenuti a un età , in che ne' versi giustamente pre- tendesi ciò che ne rende olire ad ogni altra cosa Lei- lisslmo il magistero : cioè la purità della lingua, la semplicità dello stile , Farmonia , la nobiltà e la chia- rezza. Sic honor et nomen divinis valihus atque Carininiòus vcnici. ^4^ V A R I E T a' Ecco uu saggio del verseggiare del sig. Adorni aella ver- sione dell' epistola d'Ovidio. Tranquillata rimira ornai la terra Per le tue forze nitrici , ove Nereo ^ Co' flatti suoi tutta l'abbraccia e serra. Securo il mar, pacato il suol si feo La mercè tua. Di meriti , del sole L' uaa e l'altra magion per te s'empieo. Tu sorreggesti impria quel cicl che vuole ' Poi sostenerti. D'Ercole col dorso Atlante resse la stellata molo. Ma ciò cbe giova , se il comune incorso Biasimo hai tu , polche di macchia bruna (") Segali la luce del catnmin percorso ? E diran poi che la tua man disuna E soffoca due vipere, quand'eri Già bambinel , degno dì Giove , in cuna ? Non somiglia l'uom d'oggi a quel di jcri : Meglio che non fi.ilsti , incominciasti : Gli ultimi non si adUnuo atti ai primieri. E sarà ver che Amore alfin sovrasti All'eroe, cui non domar mille mostri, Né Giuno , né gli slcuelei contrasti ? 0 i>i in.iculas turili fucla priora nota ? traduzione dell' epitalamio di Catullo Vesper Adest fattasi da tre parmigiani. 8.* Parma costipi bodo- niani tSay, ^^uestì tre parmigiani sono i sìgg. Giuseppe Adorni , Gaspare Ortalli, e Tommaso Gasparotti. Il sig. Gaspa- rottì ha voluto intrudere nel testo latino questi sette ver- si da lui stesso composti, seguendo ropinlone del Volpi , il quale nella prima edizione del suo Catullo credette di ravvisare una lacuna dopo il v. 3r di questo gentilis- simo epitalamio , benché poi nella seconda edizione- ( 1787 presso ir Cornino ) si disdicesse. ,, JVon lahor assiduus potis est , non cura parentum 9) Quin aggressa tuas virgo fastidiai ignes , ,, Noctijer- Oh nimium miseris inìmice puellis , ,f Excipis optato vigile» qui lumine fures „ Blandus , et ingenuos plectis nialefìdus amores % „ Hymen, 0 Hjimencee , Hymen ades o Hymencee. Collezione delle migliori omelie dei senti padri greci , 'volgarizzate da Antonio Bianchini, Volumi dieci in 8." Roma per la società tipografica. XN ohìle impresa del sig. ab. Bianchini. Perciocché ia Grecia la chiesa cattolica tenne sempre alla splendida elo- quenza de' buoni antichi ; talché tanto non sono celebrati Demostene , Isocrate , Iseo , Eschine , Lisia , che molto anche noi siano e s. Basilio, e il Crisostomo , e il Naziauzeuo. G.A.T.XXXXV. i6 2 42 Varietà' ' Noi speriamr» clie il sig. Biancliiiii non sarà minore del gravissimo peso a cui sì è sotloposto , e quindi raccomaa- diamo vivamente l'associazione a quest' opera. N^aova hihlioteca dramniatica , ossia raccolta di teatrali componimenti non mai stampati né sull» scene espo- sti , d'originale italiano, oi'vero tradotti dal J'rance- se , dal tedesco e dalV ungherese , con notizie stori- co 'Critiche , articoli scenici , e rami rappresentanti lo abbigliamento delle nazioni , e relativa ragionata spie- gazione. 8.° piccolo , Roma presso Carlo Mordachini, -iLaccomandiamo a'dilettanti del teatro l'associazione a questa nuova raccolta d'opere teatrali , perciocché ci pa-» re assai utile , e decorosa al nome italiano. D'altronde noi conosciamo di persona l'illustre raccoglitore , sul cui buon giudicio , ingegno , ed accuratezza grandemen- te fidiamo. Ne sono le condizioni principali , i," che n' escirà un volume ogni mese ; a." che ogni volume conterrà ti-e componimenti drammatici : 3." che Ogni coraponime.nto sarà seguito da notizie storico-critiche ini' parziali , ragionate , e secondo i veri precetti e le Jane regole non mai disgiunte dal vero bello teatrale' i z^." che ogni volume costerà per gli associati 4 paoli ro^ mani , oltre la tassa del porto , e il dazio fuori di Roma ; 5.° che ogni anno si darà un premio di ij zec- chini a quel nuovo componimento drammatico italia- no , il quale ne sia reputato degno dal giudizio dell* arcadia romana ; 6.° che ogni volume sarà fregiato di nn rame operato da valenti artisti. Questa incisione^ dice il raccoglitore , non servirà, di sterile ornamen- to , rna rappresentando il costume e V ebbigliamento di Varietà' 2^?t una nazione , tornerà profittevole , e in ìspecial mo- do a tutti coloro , i quali servano al teatro , aggiun- gendouisi per maggiore intelligenza e chiarezza un op- portuna e ragionata descrizione. E (juesta ed il ragio- namento saranno impressi e legati per modo , che , pia- cendo , potrà formarsi di tutti i riynt e delle corrispon- denti descrizioni un solo e particolare volume. Lettere bibliografiche di Costanzo Ga zzerà professore di Jilosqfìa , assistente alla biblioteca della R. università , membro della H. accademia delle scienze. Torino pres- so Pietro Giuseppe Pie in 8.° di 78 pag. Oono due queste lettere del dottissimo prof. Gaxzeia. L'una è in data de' a luglio iMaó, e fu già pubblicata ia francese nel n." co degli archivi storici e statistici del dipartimento del Rodano , ed ora con giunte e cangiamen- ti esce in luce nella lingua originale : l'altra indiritta all' illustre prof. Spotorno fu scritta nel dì 6 marzo 1826. Amen- due sono piene di cortesia , e di rara erudizione nell arte utilissima della bibliografia. La prima riguarda prin- cipalmente alcune edizioni llouesi del secolo XV che si riconoscono al noto marchio nella carta della ruota den- tata. Forse nessuna città ( trami' Venezia ) in fatto di staiu- pe e di stampaforl può venire ai paragone con quella anti- ca capitale della Francia : che se diligentemente si ri- cercassero le pubbliche e le privale biblioteche lunga lista si potrebbe aggiungere al Panzer nel paragrafo di Lio- ne. E siffatto lavoro riuscirebbe utile non solo alla bi- bliografia ma eziandio alla storia letteraria; perocché ^v' ha libri pregevolissimi non tanto pel magistero tipogrri- iìco , quanto per le curiose notizie d'ogni r.ianicra. "Sci- 24i V A R I l T A* la seconda lettera si dJscorro,no molte • diverse cose', del- le quali alcune forse si dilungano dalla bibliografia , ma riguardano bensì qualche opinione dello Spotorno nella sua storia letteraria della Liguria. La quistione più im« portante che vi si tratti ò intorno al luogo della nasci- ta di Filippo Lovagna il primo uomo italiano che dopo la portentosa scoperta de" tedeschi mettesse in pratica, riunissimo artificio nella stampa. I liguri sei vogliono ligure , i milanesi milanese . Non entreremo giudici di questa lite : ma le ragioni de' secondi non ci sembrano di leggiero momento (i). Due prose di Giuseppe Ignazio Montanari. Imola 1827 dalla tipografia Galeati in 8." di pag. Q./\. Vita di Tommaso Torriggiani filosofo. Faenza 1817 dal^ la tipografia di Pietro Conti in 8." di pag. 48. JLjeggiadro scrittore di versi dicemmo il giovine signor Ignazio Montanari di Bsgnacavallo , e per le sue rime sa- cre (voi. 81 pag. 360) e per la sua Dafne in alloro (voi. 84 pag. 4oj ) ■ 01'* "li prose non men leggiadro scrittore il diremo per queste sue nuove fatiche , ed uno de' più bc gii spiriti , di cui si onori la culla Romagna. Egli ha da natura ingegno ben disposto ad ogni maniera di umane lettere , e questo è sì dono del cielo , che a pochi lar- gamente è conceduto ; ma è tutta lode di lui l'avere nu- drito la mente collo studio continuo de' classici e della vera filosofia : di che vuol dargli si merito e buona vo- ce , tanto più che alla fatica dello insegnare ai giovani (0 BibL (tal. tom, JiLFll p. 117. Varietà' 245 il bello stile , comuii(|ue nel fiore degli anni , già non ri- fugge. Per amore de' quali tenendo la scuola di reltori- ca ia Solarolo una di queste prose dettò , e nella so- lenne distribuzione de' premi del 1826 ivi stesso la re- citò. Ben conoscendo che per gli esempli de' savi me- glio che per precetti si muovono i teneri animi a se- guire virtìi e dottrina , egli venne loro schierando innan- zi le lodi di alcuni uomini prestantissimi di quel paese. E 1' occasione delle esequie colà rinnovate al dottissi- mo vescovo Stefano Bonsignore colse assai di buon gra- do per dirne alquante parole degne in tutto di quel be- nemerito. E la memoria del Torriggiàni filosofo e lette- rato di chiaro nome , troppo presto mancato ai buoni , non lasciò senza lacrirae : anzi la vita di lui volle dare alle stampe donandone il titolo al magistrato di Sayigna- no , che dianzi ha chiamato l'egregio autore a professore di eloquenza là dove nacquero que'grandi ingegni del Pcrlica- l'i , che ancora piangiamo , e del Borghesi e del!' Amati che a cagione d'onore qui nomioiamo. Segua il Montanari co- me ha cominciato : ed aggiunto alla schiera de' genero- si pili e più ci consoli niostraud j , che se molto ci ha rapito la morte , molto ancora ci avanza da far rivivere pur ueìle carte l'antico senno italiano. D. V, iG^ 34^ Variata' Giornale critico di medicina analitica composto da una società di medici italiani , e compilato dal dott. Gio- vanni Str ambio. Avviso del Compilatokb. J-Jopo avere nei tre decorsi semesti'i radunato nel gior- nale critico tutto ciò ehe poteva contribuire a dimostrare il danno e l'insussistenza di quella medica dottrina , che nuova ed italiana venne fin qui appellata , il compila- tore , anche per consiglio di dotti suoi amici , e per le istanze degli stessi suol collaboratori , ha determinato di far si, che il giornale sia d'ora in avanti tutto pràtico. S'egli si è finora adoperato onde abbattere l'errore , vuol ora tutto dedicarsi alla ricerca di que' materiali che soli ponno servir di fondamento ad una stabile riforma. In- tanto avverte i signori associati , che nel fascicolo dì lu- glio n." XIX ( primo del secondo semestre 1827) egli ha registrato una recentissima lettera del cliiar. Tomma- sini ai compilatori del giornale della N. D. M. I. , con buon numero di critiche annotazioni , e tutte comprovan- ti l'insussistenza delle pretese dell' A. Questo lavoro , che p'iò dirsi l'ultimatum dei contendenti medici diatesisti e particolaristi , sarà l'ultimo lavoro semplicemente pole- mico : in fatti il fascicolo di agosto non racchiude clic ragguagli clinici , fatti pratici , ed anaitomico-patologiche osservazioni ; e così sarà dei successivi. Un apposito ma- nifesto farà ben tosto conoscei'e il nuovo piano che il compilatore ha divisato di seguire coli' ajuto di valenti ed instancabili collaboratori. Le associazioni si ricevono in Milano , dal tipogra- fo Felice Rusconi, contrada s. Paolo n.° 1177: in Ro- Varietà' 2^7 ma , rial Bour]Jè : in Livorno , da Luigi Mlgllaresi , da Ber- tani e Antonelli -. in Firenze , da Ricordi , Rozzi e com • in Pisa , da Provinciali ; i„ Lucca , da Baroni Francesco - VI Siena, da Onorato Porri: in Rimino da Massoni e Grand, : m Cesena da Costantino Risazia : in Ravenna da C^ollma: in Bologna da Antonio xMarcheselU : in Parma da Bonaventura Lena. Osser^iazioui Meteorologiche. )( Collegio Romano agosto 1827. '5 0 Ore Baronie t. Term, est. Is'rn. 1 =■ Venlo a cap. 1 Pioggia Evapor. St.del Cielo /«a. 28 r .li i.8 iB° 0 0 1 0 0 0 0 Un. chiarissimo J 5''- 11 2 0 ■i(>- 0 34 0 S.O.mod. 6 e, ser. >> 1> 4 »9 0 i3 0 NE. „ nuvoloso m. ,, ,, ■2 »7 0 5 0 N. d. •',spa. ♦ » - S- M 1 8 26- 0 28 0 S.S.O. „ 6' 3 s. " »» 9 23 0 8 0 55 « ,, mitili ori. m. ,, ,, 6 '7 0 4 0 N. d. eh. va.inor. d n- „ «1 4 ::ò' 0 32 0 0. „ 4 8 ;, ìius>. sp. 51 »5 s. in. ■LI »' 1» -I 5 6 0 ^.^■0. „ ., ,, 5r 17 0 4 5 5" 5t 51 5 25 21 5 0 2C) 0 6 0 S.O. „ " 1» 6 3 '5 55 ;«. ,, ,, 4 '7 0 5 0 N. „ se. lui. ili or. 6 ìT' ,, '1 1 25 5 33 0 S.O. luod. (? 5 ;, «MI', i^.l ■,, '1 2 21 0 5 0 0 0 N.^d.^" •1, vu.iii or} »» 0 17 0 4 0 51 ?> 2 '» „ 25 0 3o 0 .S.5.0.,1,0. 5 2 j, iiuv.spa. s. „ «, ■,' 21 0 .4 " S. d. 11 1» 1 ni. ,, 0 » 17 0 8 .1 V.N.K. ,, ., „ •ó 1 0 -6- 0 35 0 o.s.o, „ 5 3 ». 1» s. ni. „ „ »♦ ■j-j " 43 r> ^f.H. d. „ iiu.iii or, « 1, I i5 3 12 0 Q ,: ,, -5 3 49 0 s ., S 5 »5 51 „ 2 1 6 ai (1 S.O. „ '» »» m. 0 a i'> 0 8 0 N. d. 11 »1 10 ^. 15 •1» 7 25 0 33 0 M ,5 'y 4 iiauoloso s. 1» '» 5 21 0 9 " s. „ ch.nu.in or. ni. lì ^^ 1» 19 0 5 0 11 15 ,, nui'.spa.' S- s. ni. „ ,, 3 23 3 24 0 ., var.iii. 6 2 scr.iiut'.ipa. :, -, 21 0 7 " S. d. ,. ., 1 '7 1 1 0 '9 0 3 0 l.io.d-;.- ,, ii'i.iii or. 1 "? ^'• 1» »» »» -4 0 34 0 fi.O. m. 1.1 notte 5 3 •■> 1» s. n 1» '6 n 27 0 0. d. 1 liti. 'JO „ ««, spa. ni. n 51 8 12 0 9 0 N. „ ch.vatiii or. l'i u „ 7 22 8 48 0 0. ,, 5 5 V po.nu.sp. s. 1> • ' 51 «9 " 30 0 o.s.o. ,. , iiu.iii or. ni. 9 0 .3 0 5 u N.IS 0. „ „ i^ui-.in or '^ 3 • 28 0 24 3 3(J 0 S. q. 0 5 4 11 .1 s. '. 1. 20 0 29 0 „ d 51 55 ni. >» ,, 4 «4 0 7 0 .V.O. „ 15 .5 .?• fi „ a5 fi 35 0 s. 5 8 • 5 ^^_ . '.'■ .'i- 0 '10 (> ;'i 0 0. ., 1 '' 11,1 ,11 - ' Tabella dello stato del Tevere ^ desunto dalV altezza del pelo d'acqua suW orizzontale del mare, osserva- to air Idrometro di Ripetta, al mezzo giorno. ^^ osto 1827. GIOKNI. ' METRI PAL. '^ROIVI, OSSERVAZIONI. 1 2 5. 87 5, «4 26 26 3 1 1 3 Altezza massima met. 6, 68 3 4 6, i5 6, IO 27 2;> 6 2 3 4 Altezza minima met. 5, 81 5 6, — 36 IO « 6 5. 93 2^ 6 2 Altezza media mei. 5^ 99 7 5, 90 2« ^ i 8 5. 85 26 2 4 9 5, 8i .6 0 0 5, 90 a6 4 4 11 5. 85 i5 a » la 5, 92 .6 6 0 i3 5, 87 36 3 i >4 5. 87 36 3 » i5 5, 88 26 3 4 i6 5, 83 2« 3 4 17 i8 5, 85 2^ 2 4 5, 60 29 6 2 •9 10 6, 36 28 4 3 6. 68 29 u 0 ai 5, 96 20' 8 " , 32 5, «9 2S ^ / 33 5, 90 2^ 4 4 24 5, 9^ 2S 8 0 25 5, 95 26 7 ^ 26 5. 96 36 8 0 27 a8 6, - 6, 02 26 26 1» ' 1» * 29 6, i5 27 5 3 t 3o 6, — 26 '" 3 ' 3i 5, 95 26 7 "^ 1 1 NIHIL OBSTAT Abb. D. Paiilus Delsignore Censor TheoL NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Colleg. JVIHIL OBSTAT Lauretus Santucci Gens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Joseph M. Velzi Ord. Prsed. S. P. A. Magister. IMPRIMATUR Joseph Bella Porta Patriarck, Constantinop. yicesgerens. 353 SCIENZE A sua eminenza reverendissima IL SIG. CAnDINÀLE FRANCESCO BERTAZZOLI Prefetto della sagra congregazione degli studi ec IL P. LUIGI PUNGILEONI M. C. W3e la ricordanza del nativo luogo è ancor viva nel- la mente dell'Eminenza Vostra , se qualche fiata rjual lampo se le affacciano al pensiero i conosciuti in fresca età, oserei lusingarmi di non essere interamen- te da lei dimenticato. Due cose alimentano in me sì dolce speranza. L'uoa si è l'essere io stato di ire-, SCO aggregato all'accademia di religione cattolica , ag« gregazione onorevole che io debbo al favore di Vostra Eminenza ed alla gentilezza del reverendissimo p. An- ton Francesco Orioli M. C. , membro e segretario del- la medesima ; mentre per quel poco di conoscenza che ho di me stesso so d'essere immeritevole anche dell' infimo scanno tra gì' illustri individui che la . compongono. L'altra è il ridestarmisi talvolta in men- te que' beati giorni ne' quali SuU' imbrunire del dì passeggiando appo l'erta riva del Senio, i nostri d,i- G.A.T.XKXXV. ?7 354 Scienze scorsi erano spesso rivolti a cose spettanti a filo- sofia. Pel legame che hanno tra loro le idee , nel fis- sar l'occhio su d'uno degli argomenti da trattarsi in quest'anno dai sovra indicati accademici mi tor- narono a mente , leggendo V indicazione di quello segnato per li due d'agosto (i) , alcuni pensieri da' quali , e mi appello al giudizio di V. Ema reve- rendissima , risulta che non soh^-aUlorganismo non dobbiamo l'eccitamento di tutte le passioni , ma di più ancora che non all' organismo ma alle facoltà dell' anima si debba il conoscimento dell' esistenza de'corpi. Porterei nottole ad Atene se mi arrestas- si a provarle che V avere una sensazione è un atto della sensibilità : il riconoscere d'onde provenga, del giudizio : ogni qualvolta gli oggetti esterni impe- gnano la sua attenzione. So bene , e chi noi sa ? che i bambini e noi stessi qualche fiata abbiamo del- le sensazioni senza conoscere precisamente l'organo che ce le trasnaette. Egli è perciò che io sosten- go che per conoscere l'esistenza de'corpi abbisogna- no azioni di movimento ; che al movimento è as- sociato il tatto istruttore degli altri sensi , i quali in certa guisa si riducono a tatto : e che la sicura guida per non metter piede in fallo è la coscienza del movimento. L'esperienza maestra delle cose c'inse- gna che per venire in cognizione dell'esistenza de'cor-» (i) Autore di questa dissertazione è il riìio p. abate d. Albei'tino Bellenghl, proc, gerj. de'monaci camaldolBsi, pre- sidente del collegio tllosofico della Sapienza, noto alla repub* bllca letteraria per varie opere di storia naturale. Ottenne il ben meritato plauso della numerosa coltissima udienza , ed io fo voti perchè venga con altre sue opere inedite data ?lla Iwce, Dell'orgamismo UMAJTO 255 pi si ricercano idee di grandezza , di figura , di distanza e simili: e clie non ponno esebircele da per loro stessi l'olfatto , il gusto , Tudito , perchè aiu- no può dar quello che in se non ha , in quella guisa che un corpo non può dare ad altro corpo il moto se prima esso medesimo non si muove. Se alcuno fosse di avviso doversene attribuire l'asso- luto potere agli occhi , sarebbe smentito sul fatto dal linguaggio autorevole dell'esperienza. Resta il tatto. Ma quest'idolo , cui prestano un culto insensato co- loro che invocano il niente , quest'idolo o si con- sideri isolato od unito agli altri sensi non è che l'istruraento di cui si serve l'esser nostro intelligente per conoscere ciò ch'esiste fuori di se. Eccole ciò che serve di base alla mia proposizione. Urto con- tro di un corpo inerte, lo sento, sono avvertito del mio sentire , unisco al sentire l'azione. Non basta. Unisco a tutto questo un'altra necessaria condizione, il desiderio di conoscerlo. Di più. Ho volontà di se- guire ^il desiderio che mi stimola a procacciarmene il conoscimento. Al voler mia non si oppone il do- minio che lia l'animo su d'esso. Con questo di nient'al- tro fa d'uopo. Egli e perciò che dalla sensazione di resistenza in me risulta l'idea dell' essere reale de'corpi. E piìi che vero , per noi che non abbiam fatto professione di scetticismo , che se urtato da un corpo provo desiderio di conoscerlo allorché più non l'ho sott'occhi, non posso dirlo mero giuoco di fibre od effetto di facoltà meramente passiva, ma conoscer debbo un altra esistenza fuori della mia , quella cioè del corpo che si è opposto al mio movimento , che è fuori di me , da me differente. Ond'è che io con- chiudo esservi in me il desiderio di conoscere il det- to corpo : che sono io stesso che formo questo desi- derio : che questo desiderio più essere secondato dal- ^7" 2o6 S C 1 K Bf Z E la mia volontà il cui scopo è il bene , può rivol- gere a grado il senso tallivo, purché trovisi qual sorti da natura , verso di un corpo la cui esisten- za non si può immedesimare con la mia propria. Ho quindi contezza di due esistenze diverse, di due cor- pi separati, in forza della facoltà di volere che non h ne può essere della sola organizzazione. Interrogando il nostro intimo sentimento , non dirò che ad un tratto venghiamo in cognizione di ciò che h in noi , perchè obbedisce alla nostra vo- lontà : o che possiamo subitamente discernere quel- lo che e fuori di noi perchè cede o resiste ; dirò be- ne che per mezzo de'niovimenti volontarj , partendo dagli addotti principj , impariamo a conoscere che noi non siamo il solo anello della catena degli esseri, ma che siamo uniti in modo distinto, di gran lun- ga superiore alla possanza di quell'aggregato di for- ze che appellasi natura, agli altri anelli che la com- pongono. Se i corpi fossero perfettamente immobi- li , o non sarebbono mai sentiti da noi , o non si avrebbe che la coscienza del nostro movim(;nto. Se poi pel contrario si trovassero in istato di mobi- lita perpetua incapace della minima resistenza , nul- la in tal caso sai'ebbe sentito da noi , sendo le sen- sazioni esterne un prodotto della resistenza nostra all'azione de'corpi esterni , o di questi a noi , o di mutua resistenza degli uni cogli altri. E ornai pro- vato con esperienze palpabili , che senza inerzia e molnlita non possiamo sentire. Stendo la mano ad tin 6orpo in quiete , ma non posso che toccarne la superficie : sento però chn io mi movo , e che il corpo toccato resiste alla mia mano. Il corpo toc- cato cede alla forza che io fo per ismoverlo , e al- lora riconosco in esso un punto e delle parti ine- yeuli che si attraggono e sono attratte rautuamen-^ Dell'organismo umano 357 te , éliB si premono e sono presse a vicenda, e in eeita guisa mi metto a portata di poter giudicare delia sua estensione , di cui m'è indizio sicuro una certa quantità di moto della mia mano. Dallo stes- so principio ripeto il conoscimento dell'estensione del corpo nostro. JVon so poi , e come saperlo ad evi- denza ? se questa sia la prima idea di estensione clie si eccita in noi e che si apprende da noi , seb- bene ciò ne paja aramessibile per moltissimi gradi di probabilità. È verità di fatto , che dagli altri corpi non diversifica il nostro se non perchè per di lui mezzo noi sentiamo : del resto resiste a noi piti o meno, come pii^i o meno ne fanno resisten- za gli altri corpi. Dobbiara dunque al movimento volontario il riconoscere l'estensione de' corpi estei- ni non meno di quella del nostro- : dobbiamo alla doppia sensazione che da noi si prova, a .cagione delia parte che si move e di quella che resiste > un mezzo più agevole per iscuoprire l'estensione del nostro corpo a preferenza di quella degli altri. Dob- biamo alla volontà ammonita dall'anima , non iscom- pagnata da due sue ancelle, attenzione e riflessione» la scoperta de corpi che sono fuori di noi , e quan- to dir possiamo di loro di schietta verità. Egli e vero die per giudicar delle distanze e delle situa- lioni de'corpi richiedesi flessibilità e mobilita d'or- ganismo, ma questo non serve che di strumento alla volontà per mettere l' uomo nel cammino , la cui meta è il conoscimento di ciò che non è lui stesso. Desso non è , né può essere il risultamento di mec- caniche forze : del che ognuno è testimonio a se stesso per poco che in se rientri e consulti e si arrenda al proprio interno senso. Per virtiì di lei col sussidio del tutto vengo in cognizione dell'esten- sione e della distanza de'corpi. Se Vostra Enia aves- 258 Scienze se a grado che io le ricordassi un esempio del co- me veniamo ad assicurarci di ciò ; eccoglielo in bre- ve. Per arrivare da uno ad altro punto su due estremità di un dato piano , bisogna che io faccia una certa quantità di moto ; dunque dico tra me stesso : Questo corpo è esteso. Se tra due punti non v'é ostacolo intermedio , se voglio sentirli di nuo- vo , è giuoco forza il reiterare la stessa quantità di molo fatto già prima pel medesimo oggetto. Dun- que torno a dire : Fra punto e punto è un' esten^ sione che non resiste , che in ultima analisi è una distanza. Tali sono a mio giudizio i mezzi , co* quali la volontà , servendosi del tatto senza lasciarsi to- gliere la mano da lui , somministra all'intelletto le idee di estensione e di distanza , fa che le appren- da , e che l'anima rappresenti a se medesima gli og- getti che sono fuori di lei. Lo stesso sempre in de- bita proporzione succede degli altri sensi. Mi ri- stringo al gusto , per timore di riuscirle stucchevole. Vostra Eminenza prende in mano una tazza ricolma di spumosa cioccolata. Sente una cosa diversa da lei , che le resiste alcun poco , l'accosta al labbro , co- mincia a sorbirla , e prova una vellicazione grade- vole alle nervee papillette della lingua. Astratto , a motivo di qualche scientifico discorso , rimette sul tavolino la la/,?,!. Intanto la provata sensazione di- vien languida , e fors'anco cessa del tutto. Vuol ri- provare la stessa sensazione , ma finche resta im- mobile non può risentirla. La desidera , allunga il braccio , riprende la tazza : e nel sorbire a centelli- ni il cioccolatte torna a provare la gradita sensa- zione. Non la vorrebbe provar piiì oltrej, e non fa alcun molo , e gli è impossibile di non provarla. Pro- segue a non volerla, e s'accorge che incomincia a cessare qu^do risente il movimento del braccio per Dkll'orgakismo umano aSc) restituire la tazza a chi gliela presentò. Con un pò di attenzione a questi esperimenti ella viene ad ac- corgersi che nelle papillette della sua lingua v'è un'attitudine alla sperimentata saporosità , che si riec- cita allorché desiderandola col moto del braccio ri- prende la tazza e l'accosta al labbro , che cessa d'es- sere eccitata quando desiderando di piiì non aver- la sente il moto del suo braccio che gliene al- lontana la causa eccitatrice , dir voglio il ciocco- latte. Egli è perciò ch'ella riconoscer debbe che da tale bevanda è prodotta la sensazion dilettosa. Dob- biam dunque al movimento volontario il seconda- re od il reprimere le sansazioni del tatto ( colle necessarie cautele dir possiamo lo stesso degli al- tri sensi ) , la certa conoscenza dell' esistenza nostra e di quella degli esseri che sono fuori di noi. Que- sto esercizio volontario è un' azione i ogni azione suppone l'esistenza dell'agente; ma ogni agente che può scegliere una cosa a preferenza d' un' altra h semplice, attivo e libero , quale è appunto l'esser no- stro pensante. Se tale non fosse , come ascrivergli il sentimento di volere , la coscienza delle azioni , la liberta di meditarle e di eseguirle? Come attri- buirgli l'origine e 1' incremento delle umane cogni- zioni ? Come si avrebbono , se dovessero emergere dall'organismo , idee di giusto e d'ingiusto , di cau- sa e di effetto? Come spiegare la percezion degli og- getti quali vengono offerti all'animo dall'immagina- zione e dalla reminiscenza ? Chi non ha occhio per Vedere che i fautori dell'organismo aprir ne vorreb- bono il varco del mondo delle illusioni , a quel mondo entro cui l'uomo imbruta ? Farmi , se il mio amor pro- prio non mi fa velo al giudizio , d'aver tocco quanto basta ad accennare la via che voglia o non voglia se- gna l'uomo per venire a giorno della sua e dell'altrui aGo S e I E M z E esistenza. Stando licosa appunto cosi, il sistema del- la craniologia affigliato al materialismo resta bandi- to nel regno delle chimere , il potere dell'organi- smo rientra nella sua piccola sfera , i diritti della ragione sono salvi , e l'umana liberta non ha più che temere da chi muove guerra al buon senso e cac- ciar vorrebbe la logica di nido. Mi lusingo d'essere entrato nel filo delle idee di Vostra Eminenza sul porre nel suo vero punto di vista l'insussistenza dell'edificio eretto dai sostenitori dell'organismo , la cui apparente solidità non abbaglia l'intelletto se prima non adesca il cuore. Qui per finirla fo pun- to, e le chieggo il permesso di ricordarle che due ri- nomati scrittori, Gondillac e Distrutt di Tracy avreb- bero potuto dare a questo subbietto tutto il suo lume , se il primo d'acuto ingegno non si fosse ar- restato a fare le sue osservazioni su d'una statua, immaginandosi di poterla rendere di grado in grado senziente: e se il secondo, di un merito distinto in li- nea d'ideologia, non facesse ogni sforzo per ridurre tutte le nostre facoltà a meccanismo , e porre in dubbio r esistenza degli enti immateriali per deli- nearne r uomo come vorrebbe che fosse , non quale egli è. Pregola intanto ad accettare queste mie ciance come un pegno della mia particolare divozione ver- so dell'Eminenza Vostra, mentre col pili profondo osse- quio baciandole la sagra porpora mi riprotesto ec. ri5t Riflessioni geologiche sugli avvenimenti recentemew - te accaduti nel corso dell' ^n iene , lette all'ac- cademia dei lincei nella sessione del dì 6 ago- sto 1827 da agostino Cappello. ccaduta appena la rotta dell' Aniene in Tivoli , io divisai di portarmi cola : ma pe' miei incomodi gravissi- mi di sanitk dovetti finora abbandonare il proposito. Vari racconti udii intorno a quel sinistro , standomi in fondo di letto t alcuna cosa furami eziandio scritta da qualche scienziato , che levava lamento per l'ob- Wio in tal circostanza tenuto del mio Saggio sulla topografia fisica del suolo di Tivoli (i). Questo la- (i) S. E. R. monsignor Niccolai auditore della R. G. A. scrittore delle paludi pontine e di altre opere , eletto da Leone XII commissario apostolico per le tiburtine ripa- razioni , è stato il primo che dopo tutte le dicerie in- serite nei pubblici fogli, e dopo i progetti e le storie rela- tive a quest' avvenimento , nella relazione ( Tiburtina Anie- nis reparationis , memor. del commiss ai-ìo apostolico pag. 8 nota ) agli emìnentissimi componenti la congregazione da N. S. a tal effetto deputata risguardante quanto erasl fin al prossimo passato maggio operato per le riparazioni sud- dette , è stato il primo , io dissi , che abbia in tal occa- sione fatta onorevole menzione di quel mio scritto quan- do parla dell' abbassamento del fiume Aniene. A un dot- tissimo compilatore del giornale arcadico piacque anco- ra ricordarlo al num. 20 delle notizie del giorno del dì 17 dell' anzidetto mese di maggio , in occasione che notiziava il pubblico di altro mio lavoro. aCa S e i K N a K mento in vero risvegliommi quell' amor proprio con- naturale all' uomo , soprattutto all' uomo oppresso dalla sciagura , e suscettivo di risentire troppo viva- mente così le fìsiche , come le morali impressioni: laon- de cominciai a Ugnarmene io stesso , ed ebbi la de- bolezza di scriverlo a qualche personaggio : il che non avrei certamente fatto nello stato di sanità. Vuoisi dire ancora , che nulla io lessi fino al dì 20 maggio di ciò che fu detto intorno al tiburtino disastro. Nel dì i5 dell' anzidétto mese portossi da me il signor Bartolomeo Eetti , deputato e zelante cittadino di Ti^ voli : e fecemi esso le più premurose istanze perchè io dessi qualche avvertimento sulle tiburtlne ripara- zioni. Dopo replicate insistenze vergai in un foglio consegnato nello stesso giorno le seguenti consi-^ derazioni, che io per alcune mie buone ragioni deb- bo , o illustri accademici, esporvi, innanzi che dia principio air odierno mio ragionamento (i). (0 La ragione principale si è che il mio foglio (no- to a varie persone ) essendo stato compilato per essere umiliato dalla deputazione tiburtina agli eminentissimi com- ponenti la suprema congregazione da N. S. deputata per la scelta dei progetti onde ripararsi prontamente il tibur- tino disastro, non fu punto presentato, e ninna menzione fecesi del medesimo nella scrittura a quella suprema umi- liata dalla deputazione suddetta , che implorava l'esecur zione del progetto del Fontana , a cui io nonjpoteva favo- revolmente soscrivermi, come meglio vedrassi in seguito. L'altra importante ragione si è quella di far cono- scex-e quali siano stati i miei pensamenti innanzi ancora che io leggessi ciò che ne pensarono tutti quei che scris- sero sulle tib urtine sciagure, e sulle riparazioni da farsi. Riflessioni geologiche 3G3 Considerazioni sulle tihurtine riparazioni. Che un medico , come il sottoscritto , digiuno di cognizioni nell' idraulica architettura voglia par- lare delle tihurtine riparazioni , è veramente un pa- radosso. Tale maggiormente semhra quando si sa , che il genio sommo di N. S. Leone XII ne affidò là suprema vigilanza al chiarissimo scrittore delle paludi pon- tine , circondato per robbjeLto da un consiglio d'ar- te composto d'uomini tali , che basta ricordare so- lo il celebre Venturioli e lo Scaccia per arresta- re da qual siasi giudizio i piìi esperti di quell'arte sublime. Maggiore diviene l'ardimento nel tener di- scorso di un luogo non veduto da vari anni , e ciò che piiì monta , dopo l'ultima catastrofe. Ma avendo il sottoscritto dovuto cedere alle reiterate preghiere di alcuno dei signori deputati tiburtini , lungi dal- la pretensione di presentare un progetto ( di che , oltre il non conoscersi capace, non vorrebbe sentirsi al- le spalle quel sutor di Jpelle ) contentasi solo di emet- tere , comunque abbiano a valutarsi , le seguen- ti considerazioni , che sparse già furono nel Sn^- gio sulla topografia fisica del suolo di Tivoli ( Ro- ma 1824). I. E primieramente ha doluto l'animo al sotto- scritto, che in tante dicerie del tiburtino infortunio, niuna menzione siasi meritato quel suo lavoro , frut- to di ripetute e pazienti indagini locali coadjuva- te da' suoi scarsi lumi nelle naturali scienze ; niu- na menzione quei sapienti dell' Insubria , i quali in ciò che risguardava la costruzione del ponte suir Aniene , convennero pienamente nel suo pare- re (i). Ne a soperchio amor proprio , ma ascrivasi (0 Bibliot. italiana tom. 38 pag. 86. ù6^ S G X B N e B soltanto air amore del vero , e dell' onor suo , se vuoisi qui ricordare , che gì' insubri censori ^ oltre a' pochissimi nei , secondo che essi dicono , tro- vati in quel saggio , ne lodarono lo stato romano, sentenziando ancora che rispetto alla statistica era- si il medesimo salvato dal quinquennale zero , !ia cui caddero alcuni stati italiani (j). Sembrava poi doversene far ricordo dopo il fatale avveramento de' prognostici in esso iS'fl'g^g/o , specialmente alle pa- gine a5 e 26 , inseriti (2) : i quali prognostici forse più da vicino avrebbe presagito il sottoscritto , se le ultime sue osservazioni in luogo di rimontare al novembre del 182 1 , sì fossero continuate ne,gU an- ni susseguenti. Ma per venire al proposito , crede esso in pri- mo luogo che durevoli saranno le nuove costru- zioni , se verranno fatte fuori del friabile suolo , in che le antiche e le moderne si stanno. Ad un sem- plice sguardo , che ivi si dia in tempo d' inverno e di alluvione , vedrassi sgorgare acqua dappertut- to , sembrando quel suolo , per così dire , come crivellato. II. Che se avanti le ultime rovine leggierissi- mo terreno scorgevasi sotterra sulla sinistra riva del fiume, assicurasi, che di presente più manifestamen- te si osserva. Questa ciscostanza congiunta colla lo- cale idrografia , e colla generale friabilità del suo- lo , in [un coi numerosi meati che veggonsi so- prattutto nel luogo dove era l'ultima caduta, e più .nel luogo compreso col nome di grotta di Nettu- no, debbono suscitare il massimo interessamento per (i) Id. tom. 4' pag- i85 e 186. (2) Gioru. arcad. tom. id. pag. 257. ;ì58, 259. Riflessioni crCbLOGicHE 26S la deviazione del fiume , onde mettere al sicuro la mai sempre minacciata citta , malgrado di qualun- que riparazione che si adoperasse senza la detta di- versione. III. Che , dopo fatte le nuove costruzioni , a misura che si aumenteranno i giornalieri sedimenti tofacei depositati dall' acque , dove più veloce è il loro corso , e nella loro caduta , debbano que' se- dimenti portarsi via in ogni mese, o piii presto o pili tardi , secondo che risulterà dalle opportu- ne indagini locali. Con siffatta diligenza i.° conser- veràssi il necessario dilatamento del letto del fiu- me. 3.** Non più si formeranno inordinate , ed inces- santemente crescenti le rocce di friabile frattura . 3.** Nei meati e fenditure che qua e fa veggonsi per la natura del terreno , per la presenza ed inegua- glianza di esse rocce, e per altre circostanze (i), più non trapelerà l'acqua con danno delle sottostanti e leterali costruzioni. 4.° Vide il sottoscritto che l'acqua trapelante in essi meati forma a poco a poco delle sinuosità , clie divengono scavamenti , ed in progresso voraginosi, insuscettibili talvolta a disec- carsi , e sorgenti di gravissimo nocumento. Cosi addi- venne di quello scavamento cominciato dopo il 181 o sotto r ultima caduta , rammentato nel Saggio ci- tato (2) e che fu una delle varie acceleratrici ca- gioni del recente sinistro avvenimento. 5.° Le dette rocce , olti'e la loro non utile pesantezza addosso alle costruzioni , e oltre Timpedimento al libero cor- so delle acque ( malgrado che il volume di que^ (i) Quelle per esempio prodotte dagli acquedotti an- tichi e moderni , e dagli scuotimenti di ogni sorta, (2) Pag. 26, e giorn. are. id. pag. 2Ó9, 26G Scienze ste per la presenza di quelle diminuisca in lar- ghezza ) crescendo sempre in velocita e forza , pre- sentano valida resistenza nelle alluvioni, soprammo- do air urto dei flutti , che violentamente per- cuotendo contro le medesime , fanno che ne ri- sentano scuotimento dannoso le suddette costru- zioni. Maggiore diviene il danno , allora quando al- la violenza dei flutti si congiunga l'altra incalcola- bile spinta data dai medesimi ai grossi trascinati tronchi , ed altri robusti corpi , che percuotendo e ripercuotendo contro le medesime rocce , smo- vonle talora , e talora ne staccano grandi am- massi. Da questa circostanza precipuamente dee ri- petersi la rovina del ponte nel novembre del 1808. IV. Potrà essere di lunga durata , se il nuo- vo ponte verrà costruito dove non siano precipi- tose le acque tanto per la minore violenza e cor- rosione , quanto per la minore deposizione de' tofa- cei sedimenti. Il sottoscritto , che si è proposto , qualora piac-^ eia alla divina provvidenza restituirgli la buona sa- lute , di portarsi in Tivoli per iscrivere alcuna co- sa in ciò che specialmente risguarda le naturali cu- riosità dopo il sinistro avvenimento , vede bene che tenui saranno queste considerazioni , scritte al- la rinfusa , e in tutta fretta. Meritano però , se mal non avvisa , di essere ponderate , se si rifletta che la violenta correntia delle acque , in ispezialità do- ve precipitano dall' alto, come quelle dell' Aniene, non puossi, soprattutto nelle alluvioni , ridurre non solo ad esatti ma appena forse a probabili calcoli idrome- trici ', e molto meno nel suolo di cui si parla , preveder si possono i danni che ne conseguitano. E se funeste e irreparabili non sono state le con- seguenze, conforme in dello Sàggio erasi prognosli- Riflessioni geologiche 267 cato (1), ciò avvenne perchè parziale fu il tlbuiti- no infortunio , e perchè ancora invece di accadc- je di notte, accadde nel pieno meriggio. Di Roma i5 mag^gio 1827. agostino Cappello. •Venendo ora alle prefissemi geologiche riflessio- ni, vuoisi primamente considerare, che le acque, conforme è notissimo , tendono come gli altri corpi air equilibrio. Per siffatta idrostatica legge , a mi- sura che le medesime si ritirarono un tempo dall' an- tico oceano , gì' influenti in esso , insensibilmente , e talvolta forse per istraordinari avvenimenti , ra- pidamente abbassaronsi. Così appunto a me pare che debbano , e dovranno ora pii!i ora meno ab- bassarsi gì' influenti attuali nei mari odierni , fin- tantoché sarà compiuta la legge dell' equilibrio. Un* esempio parlante dell' abbassamento lo porge quello del fiume Aniene mercè dei molti depositi , che qua e la rincontrarsi nelle alture fino alla sua confluen- za col Tevere. La presenza però di essi depositi ci risveglia tosto l'idea di non limitarsi l'acqua alla po- tentissima meccanica azione, ma possederne una chi- mica egualmente attiva. Dalle più friabili concrezio- ni riproduconsi difatti i piiì solidi ammassi: il che ci convince chiaramente di quest' altra importantissi- ma verità. Per la qual cosa a me sembra che da lunga pezza , e precipuamente nel geologico stato at- tuale, l'acqua sia divenuta superiormente all' atmo- sfera non meno che agli stessi vulcani , ai tremuoti. (i) Id. pag. 25, e 36 , e gioi'n. arcad. id. ib. 368 S ) Tiburtina Anienis reparationis, citata. O) Id. Rapporto del consiglio d'arte , avanti la com- inìsiione. (4) Id. Parere e progetto del consiglio d'arte, para- gr. 12 pag. 6. Riflessioni geologiche 281 i quali dianzi pii^i diffusamente , in un co' pezzi geo- logici , misi sotto i vostri sguardi lincei. Indubbii ed inconcussi sono i fatti da me esposti. Mi pare anco- ra guidarci essi al rettissimo giudizio , che qualun- que costruzione fatta nel suolo in quistione sia pe- ricolosa , e di corta durala. Ne consegue perciò il ne- cessario divisamento della deviazione del fiume. Nes- suno , di quanti scrissero sulle tihurtine sciagure , in onta dei lumi sparsi n(^l mio Saggio , contemplò pro- fondamente il ti burli no suolo , principalmente dopo la caduta (i). Svolgendo io infatti da un capo all' altro l'accennata opera per le tiburtine riparazioni, con gentile cortesia e giaziosa lettera responsiva fa- voritami dall' eccellentissimo prelato , e degnissimo presidente nostro monsignor Niccolai , destossi in me quello stesso stupore che innanzi l'infortunio ca- gionavami mai sempre la negligenza di por rimedio alle minacciate devastazioni , e più le perizie degli architetti di costruirvi anzi un ponte , come se il fiu- me terminasse in detta caduta , e niun timore destasse dopo la medesima, volle essendo le mire e riflessio- ni arch.itettoniche nei soli punti, nei quali accadde il recente avvallamento (3). Ne credasi per avventu- (i) L'ottimo ed egregio ispettore Brandoliiii, membro del consiglio d'arte, è stato il solo che abbia parlato di terreno , superiormente però alla caduta , dicendo che sul- la sponda sinistra scorgesi una terra poco compatta , ed in alcuni luoghi brecciosa e sciolta : per cui la città ri- mane esnosta a gravissimi danni sulla sponda sinistra. Id. allegato n." 8 pag. 4- Mi si assicura che anche altri architetti abbiano avuto in vista le diligenze del Brau- doliai. (2) Fu collo stesso signor Brandolini che io faceva nel mese di giugno iS^G le piìi alte meraviglie, come quei 282 Scienze ra, estimarmi io un valente geologo pei giudicli che pronunciai , e vo predicando. Ma siccome replicate volte, e per replicati anni posi in quel luogo occhi e mente , nacque quindi in me , e tuttora persiste in- timo e sicuro convincimento , che se il fiume terra il corso che di guari teneva , e tiene al presente, si rinnoveranno non solo per le stesse cause e per l'ul- timo scuotimento più o meno tardi le recenti sven- ture , ma indubbiamente e prestamente ne avverran- no altre pii!i sinistre. Di che vuoisi meglio ragionare. Quando il signor Betti deputato tiburtino nel di i5 maggio portossi da me, parlommi esso animo- samente, trovarsi la cittk in grave pericolo , se non si eseguisse almeno il progetto del iSScj di Giovan- ni Fontana, ora fortunatamente rinvenuto (i). Questo celebre architetto in vedendo sott' occhio crollate un- dici case ed altri guasti , perchè peggiore non si rin- novasse l'accaduta sventura , progettava essenzialmen- te che si addietrasse di 8 in io canne la nuova chiu- sa , e presso la medesima discorresse in alveato il fiume Aniene fra due forti e grossi muri, di qG pal- mi quello che sorregger dovea le ripe della citta, signori che professavano l'arte d'iiigegalcre non dessero» rapporti tali, mercè de' quali si riparasse con enei"gia al- la sciagura immineate di Tivoli avvenuta pochi mesi do- po. Esso risposami di non essere giammai stalo iu Tivoli, (i) Sono assicurato che il progetto del Fontana do- mandato in grazia dalla deputazione tiburtina, e sottopo- sta dalla suprema congregazione al consiglio d'arte , fu da questo con risposta a stampa rigettato. Posteriormente pe- rò invece del muragliene sinistro proposto dal Fontana, si fanno doppie palafitte sulla sinistra presso il luogo do- ve successe l'avvallamento. Riflessioni geologiche 283 di 4^ l'altro (i). Questo era il voto del pòpolo di Tivoli, che per mezzo della deputazione implorava dagli eminentissimi componenti la suprema congrega- zione da N. S. deputata. Rispondeva io al signor Bet- ti , che commendevole pe 'tempi suoi poteva essere l'accennato progetto, ma mi sembrava assai perico- loso nel caso presente. Imperocché , oltre le sicure rovine ne allora uh fin qui ricordate , e delle quali si dira , più sollecito forse ed anche più di- sastroso sariasi , per sole idrodinamiche leggi , potu- to congetturare il recente avvallamento. Il conservarsi ivi curvilineo il moto dell'acqua , avrebbe prodotto che questa deponesse sempre banchi di ciottoli e grosso- lane sabbie sulla ^destra, ed esercitasse invece atti- vissima violenza sulla sinistra. Che , se io non er- ro , il muraglione destro di non eguale lunghezza del sinistro , avrebbe indietro maggiormente favori- to la linea curva ; talché mi pare che crescendo nel- le alluvioni a dismisura la portata del fiume, ad in- calcolabile urto, precipuamente ancora perchè le acque scorrevano racchiuse nei due muri , era sottoposto il sinistro muro , poggiato d'altronde su di una fria- bilissima terra. Onde non sapeva io se al continuo urto dell' acqua e della forza scavatrice della mede- sima, aumentata oltremodo nelle piene , potesse tan- to resistere il detto muro da non essere da un mo- mento all' altro rovesciato con danno gravissimo del- la soprastante contrada (2). La qual cosa sembra non poter accadere, laddove rettilineo sia il moto dell'acqua; (1) Tiburt. Auienis. Progetti X XI pag. 3o, 3i. (•2) Ognuno vede apertamente quali mezzi resistenti possa presentare il suolo in quislione all' incalcolabile for- za delle piene. a34 Scienze poiché in tal caso la velocita e la forza , a misura- che diminuisce nelle sponde, crescendo nel filone di mezzo , fanno si che vengano ivi trascinati i detti ma- teriali, e trasportati quindi dall' empito delle piene, e al più deposte le più fine sabbie lateralmente ma egualmente : conciossiachè manca il divisato urto , ed uguale e minore e la pressione delle acque ai due lati ; e maggiore della loro pressione si presenta la resistenza di ambi i muri costruiti a scarpa ; il che per le suddette ragioni non può verificarsi nel luo- go dove ora l'Aniene discorre (i). Meglio dunque, di- ceva il Betti , starsi senza muro di cortina , ed af- fidarsi a semplici riparazioni. Replicava io , che sen- za la deviazione del fiume era Tivoli in evidentis- simo pericolo. Le ragioni dette pel dubbio sorreg- gere del muraglione sinistro , equivalevano per ogni altro riparo. Esser vero bensì che nelle alluvioni per la mancanza dei muri dilatavasi la sezione delle acque; ma sempre per le accennate cause l'urto dell' acqua avrebbe violentemente percosso l'argine sinisto. Es- ser vero ancora che stante le savissime misure dal doito prelato suggerite, molti inconvenienti saria- no stati preveduti , e molti ancor subito riparaci (2); ma le acque che scorrono in ghiara rapide (3) , e nel luogo di cui si parla , con moto e :rviliaeo , in («) D'altronde se qui In linea retta scorressero le acque, conferme qualcuno avrebbe desideralo , si sarebbe inve- ro allontanato l'accennato pericolo dal moto curvilineo dal- le medesime prodotto , ma non minore sarebbe stato il danno arrecato dalla maggior violenza di esse acque pev la locale geografia. (2) Id. Mem. di monsig. commissario pag. lOw (3) Venturoli id pag. 2G6. PuFLESlIONI GEOLOGICHE aS5 un volger d'occhi possono disarginare qualunque ri- paro , e deludere ogni umana prudenza. Rammenta- vami io bene che in un giorno di alluvione l'acqua trascinò seco , menochè in un minuto secondo , una quantità di terreno con diversi alberi sotto la contrada recentemente avvallata di s. Lucia. Esistevano qui- vi difatti nel 1809 due orti , le cui siepi erano soffermate da salci, e da altri alberi. Nel 1821 gli orti cogli alberi erano da qualche anno spariti. Non stabile può dirsi quindi in questo luogo il letto del fiume ! cosa vieppiù confermata dall' attuale catastro- fe. Se valevoli siano queste ragioni per abbandona- re il progetto del Fontana , e di qualunque altro lo ravvicini , non e da me il giudicarlo : men- tre in SI difficile e per me sconosciuta materia po- trei facilmente ingannarmi. Ninno meglio del consi- glio d'arte avrebbe potuto diciferare la quistione, e ninno meglio potrebbe trarne quelle illazioni che de- gne fossero di si dotto consesso. Questo , oltre le sù premesse considerazioni , fu il linguaggio intorno il progetto del Fontana da me tenuto col signor de- putato di Tivoli, e presso a poco con chiunque ne tenne poi meco favella. Che se valevoli non sono le addotte ragioni per la diversione dell' Anione , ciò forse può sta- re; ma valevolissime ed inconcusse io reputo quel-? le provenienti dal suolo. Diligentissima e fastidiosa anzichenò , per non dire assai difficile , richie- derassj la cura di ostruirsi i numerosissimi mea- ti che quivi l'acqua, mercè de' suoi antichi e mo- derni depositi (non esclusi quelli procacciati dalla pre- senza di nuovi , e più dei vecchi acquedotti , e for- se anche accresciuti dall'ultimo avvallamento) si di- schiuse in isvariati modi a traverso di friaiblc ter- ra. Un meato solo che rimanesse , spezialmente do- G,A.T.XXXV, 19 a8G Scienze pò il detto avvallamento , potrebbe divenii- fatale. Di un solo meato e dal drbole attacco del ran Taglione sulla destra sponda si è creduto ripetere l'avveni- mento attuale (i); abl^enchè io non dubiti che in quest' opinare sottintendasi ancora c'ie da dette cau- se ebbe bensì l'avvallamento principio , ma per la nota friabilità del suolo si produsse il disastroso fi- ne. Concedasi pure potersi apporre riparo a questi e ad altri disordini colle costruzioni fatto con ar- te finissima , e sopravegliate da sommi periti ; va- lalinsi ia seguito le raddoppiate diligenze ; ma con- vien sovvenirsi che la natura non si burla, e che questo è un vecchio suolo stratificato un tempo dal- le disposizioni delle acque , che placido pii!i fiate vi scorsero. Trapelando dappoi le medesime a po- co a poco , e scavando talora per artificiali , e ta- lora per naturali cagioni : come fra i tanti esempi ne fan chiara prova le incrostazioni , le stallatiti , e\ altre deposizioni che dalla Sibilla veggonsi scen- dendo alla grotta di Nettuno : in un colla nota for- za e tendenza ad avvallarsi , ne squarciarono esse il friabile terreno , dando poscia luogo per la pre- cipitosa loro caduta all' incessante formazione di quegl' informi e numerosi tofacei ammassi , dei quali si è gik da me detto abbastanza. Fatto quindi, e ri- fatto , e , per oos\ dire , sfatto questo suolo dall'azio- ne delle acque, sono esse ornai sazie di scorrerlo; e se l'arte non vi provvede , cambierauno il corso di per se stesse , confurm-' l'idrograìja tiburtina am- piamente palesa. Ognuno dopo ciò vede chiaro , che per siffatti fenomeni innumerevoli si fecero e si fan- (i) Tibiu-t. Auicn. Allegalo n. -iS )>;ig. g , e proget- ti X , XI. Riflessioni gsologiche àS^ no i meati , le fessure, le fenditure, e le caverne, che difatti ivi si osservano , oltre a quelle che nou cadon sott' occhio. Che se fenditure ed anche gran- di caverne per secoli in alcuni luoghi si stanno, ciò avviene o perchè non sovrasta loro straordinario peso^ o perchè risultano di primitive , o di secondarie roc- ce orizzontalmente stratilìcate. Ma che il descritto suo- lo starsi , e sorregger possa il peso di un fiume di variante portata che piomba da notaLile altezza, ed un suolo quasi in pendio , e , giova ripeterlo, forma- to di friabili ammassi , e framezzato da numerose fes- sure , fenditure e caverne crescenti ogni dì , ciò mi sembra un impossibil fisico : e che tale sia l'ester- no , e più l'interno suolo , specialmente dalla cadu- ta insino alla grotta di Nettuno , mi pare di aver- lo ripetute volte chiaramente mostrato. Si aggiugne che l'acqua , soprammodo nell'inverno e nelle allu- vioni, trapelando dappertutto , in molti punti sgor- ga eziandio. Se non che avendovi più volte portato attento lo sguardo , ho avuto campo di osservare che l'acqua , che per esempio sgorgò in un dato punto ia un anno, nell'anno appresso dileguossi, ed accreb- besi , o del tutto comparve in un altro. Le seguen- ti ne sono , a mio credere , le varie e per lo più invisibili cagioni. Il franarsi porzione di friabile ter- ra o per la corrosione delle acque , o per la spin- ta di qualche corpo straniero trasportato dalle pie- ne , un corpo parimenti straniero che di sovente ne può chiudere le naturali fessure e fenditure , l'acqua finalmente carica dei noli sedimenti, o ne ostruì gli stessi meati , o copiosamente quelli deponendo , fu forzata, come da me provossi , a divergere. Questi mutamenti sono ivi frequentisi^ Imi. Ma vi è di più. Lo stesso maggior volume delle acque in discorso sboccava, sono circa 3 lustri , dall'antro che vedesi 388 S e I K N Z K a destra , discesi appena alla groUa di Nettuno. Pre- sentemente non vi si veggono che piccioli scoli. II grosso volarne dell' acqua , malgrado che s\ da al- to precipitasse , rialzassi mirabilmente col suo sboc- co per qualche metro , e di altezza , e di distante larghezza, sboccando bensì a destra, ma più adden- tro e vicino ad altro volume d'acqua , che già in questo loco sgorgava , e che per induttiva ragione rialzossi come il descritto volume. Io reputo più pre- sto che da questa, la quale può ben dirsi raelk di acqua dell'Aniene , contro tutte le idrostatiche e idrodinami- che leggi fosse sforzata da (jualche straniero corpo a cambiar direzione per cresciuto tofaceo ammasso da essa acqua formato a poco a poco , finche a tanta vio- lenza maggior resistenza abbiale presentata il nuo- vo corpo. Un retto raziocinio però mi porta a giu- dicare , che quanta fu l'accennata resistenza , altret- tanta dovette essoie la cedenza dell' interno terre- no, coatro cui percuote tuttora il grosso volume dell' acqua; conseguitandone poi che non poca t(;rra lia dovuto l'acqua corrodere e franare per effettuarsi un tanto fenomeno , il quale per le stesse ragioni va gior- nalmente a riprodursi , ma vie più sempre con mag- gior violenza , e con più evidente p;M'icalo. Le quali cose discorse, e tutte insiememente riu- nite e considerate di proposito , manifestamente ci avvertono dell' inevitabile , e forse non tardo crollo di quel luogo. La contrada di Gastrovetere cogli an- tichi rinomati e sacri tompii moderni , e quella dopo la chiesa del ponte , ne risentiranno per prime le tri- sti conseguenze. Cosa avvenir possa delle superiori costruzioni, e delle convicine contrade, sei pensi chiun- que abbia da senno considerale queste geologiche jiflessioui, FtiFLl4SSÌ01!*I GSOLOGJCllE 2SQ !è'^ Nìuti sinistro , potila forse oLbiettarsi , quivi av- venne, ne quando aprissi la strada nel 1809 per iscen- dere alla grotta di Nettuno, ne tampoco nel recen- te avvallameato. Quella strada fu aperta dove ne al- lora ne al ^ires(;nte scorre acqua: e lo scuotimen- to prodotto pei- la detta opera, non meno clie quello pei materiali delle recenti rovine, sono un nulla a fron- te dei frequenti urti che dalle piene riceve. Non di- scredo però che l'uno, e piìi le attuali scosse, abbia- no accresciuto il numero de' meati , di cui sì pron- tamente «lon possono vedersi ì tristi effetti. Che anzi pel recente abbassamento delle acque avrebbe questo loco ritratto qualche vantaggio per lo insensibile si, ma minorato urto delle medesime. Nessun disastroso esempio, dirassi poi, ci ricorda con sicurezza la sto- ria essere ivi accaduto. E questo appunto è argo- mento validissimo perchè debba tenersi assai vicino. È cosa certa che le acque dell' Aniene tendono ad avvallare. È cosa certa che l'idrografia tiburtina ci porge da ogni lato dentro e fuori di Tivoli numerosi ammassi consimili ai descritti: i quali fanno irrefraga- bile testimonianza che dovettero le acque dopo la loro formazione divergere e vagare. È cosa certa che nel luogo , di cui si ragiona , si veggono ri- masugli di fluviatili deposizioni da placide acque stratificate. E cosa certa che le acque vi trapelaro- no un tempo pe' verticali e compatti depositi che vi si trovano. E cosa certa clie squarciossi poi il friabile terreno per la violenza dalle medesime che precipitose vi caddero , e vi cadono tuttora , for- mando quelle tofacee rocce che qua a picco , e la in pendio vi si scorgono , e che tuttodì crescono e per volume e per numero a motivo de'friabili straterelli che celermente l'acqua vi accumula. E cosa certa che essi fofi sono di friabile frattura , e friabilissimo è il 290 S e I E H X B terreno che vi è rimase. E cosa certa che vi piomLa un fiume da notabile altezza di variante , e talvolta d'incalcolabile portala. È cosa certa che quest' acqua, sarei per dire contro ogni umana credenza , rialzossi notabilmente di livello col suo sbocco. E cosa certa che nello sgorgare la medesima in vavj punti , trapela piìi da tutte le parti. E cosa certa che il grosso vo- liune delle acque percuote perennemente e violente- mente contro a friabile terra. E dunque immancabi- le, che giunte le cose come ora sono, da un momen- to air altro debbano le acque per ordine di natura avvallare , e divergere con notabilissimo danno , e di gran lunga superiore di quello dal recente avval- lamento prodotto. Perciocché questo parziale , quello generale dee considerarsi. Questo, benché per la fria- bilità del suolo rovinosamente finisse , fu cagionato anche dall' arti? pel necessario sostegno delle acque. Quello è tutta opera della natura. Questo perchè ap- punto l'arte vi contribuisce può la medesima con op- portune indagini e continuate diligenze il più delle vol- te prevedere, riparandone i gravi disordini, ancorché l'acqua vi prosegua indi a scorrere. A quello, eccet- tochè il togliere interamente il corso del fiume , non può apporsi riparo di sorta. Piccioli sono i danni da questo arrecati , mentre di quello saranno assai maggiori. E tale in una alluvione invero sarà Ilo scol- legaraento di esse rocce, che trovandosi per lo più in pendio , ed intersecate da fenditure e da cavarne cosi a ridosso di fragile terra , contro cui percuote violen- tissima l'azione dell' acqua , dovranno le medesime l'una appresso l'altra crollare franando insiem con es- se il friabile terreno colle contrade che gli fan coro- na , che ponno benissimo rassomigliarsi alla statua di queir orgoglioso re di Babilonia. Che se io volessi con sana e giudiziosa critica riandare ciò che uè Riflessioni geologiche agi pensa'^se l'antica sapienza , senza contrasto e dubbio veruno aggiungerei che non mai in questo luogo, o presso il medesimo costruirono i romani pubblici monu- menti: e ciò sembra che operassero non meno per evitare la violenta coneiitia delle acque, che per le tofacee con- crezioni da esse ammassate. La strada tiburtina co- municante colla Valeria non mai traversò il fiume presso le antiche e le odierne rovine. I ruderi di questa strada lungo la franata via di s. Lucia , e più i superbi avanzi di magnifico ponte (Valerio chia- mato ) discoperti per l'avvallamento suddetto, dimo- strano che i romani costruirono lontano dal luo^o dove precipitava l'Aniene. Pe' quali discoprimenti provai per verità una dolce compiacenza, si perche abbattei io di guari uno stabilito errore , per cui credevasi che la romana sapienza avesse costruita l'am- mirabile via salaria lungo il luogo dove scorrono le ra- pide acque del Tronto , e peggio che avesse quella pii^i volte passato e ripassaso detto fiume, come fa l'odierna cattiva strada alla salaria sostituita (i) : si perchè ancora nel noto Saggio di Tivoli indicava io come ot- tima la costruzione del nuovo ponte rimpetto la stra- da dei torrioni, accanto cioè al detto ponte Valerio (2). Ne mi si dica dei palagi e delle costruzioni di sommo lusso da Vopisco fabricate, giacché mi muovono alF ira in pensando che questo privato cittadino fece quelle fabriche, dopo avere ammassato tesori nell'im- pero col favor*^ di quel mostro di Domiziano, indegno di portare il tilol sabino, e più l'immortal nome dei (i) Osservaz. geolog. e mem, stor. cit. pag, 72 e jS parte i , e giorn. arcad. toni, -jg pag. ifo, e tii. (2) Saggio id pag. 26 , e gioru. id pag. 269 tom. aS. ^92 Scienze Fliv/j. Ben si sa in qual pregio le buone cose si te- nessero e si praticassero sotto quel malvagio Cesare. Da quanto dunque vi ho replicatamente narra- to , o lincei, sembrami di avere abbastanza mostra- to che mercè dei geognostici fatti piucchè da ogni altro dato ponno desumersi accertate nozioni , le qua- li ci chiariscano die senza la diversione del fiume non solo passaggiero vantaggio recherassi agli abi- tanti di Tivoli , ma si moltiplicheranno loro i di- sastri. Sembrami ancora, che qualunque sia il luogo ed il genere di costruzioni, per le geognostiche co- gnizioni possa nel tempo avvenire ritrarsi alcun gio- vamento, precipuamente se colle previdenze di mon- signor Nicolai verranno ancor praticate quelle di- ligenze da me prescritte al num. Ili delle su pre- messe considerazioni. Sembrami infine che queste geo- logiche riflessioni debbano estendersi per tutti quei luoghi che a un dipresso conservano e la medesi- ma geognosia , e l'istessa idrografica posizione. Avrei: io posto termine all' obbjetto prefissomi , ma poche parole mi è duopo dire ancora per fare onorata men- zione di chi tenne la via da me designata per la diversione del fiume. Cosi nel mio primo lavoro come in questo non ebbi ne ho l'ardimento di fare progetti, e perchè non sa- prei indicare i veri mezzi dall' arte voluti , e perchè uscirei fuori di argomento. Col dire però in allora che da un giorno all' altro potrebbe vedersi aprire una nuova cateratta da produrre irreparabili e funeste con- seguenze , col dire che si stesse ben guardinghi dall' impiantare il nuovo ponte nella caduta o presso la medesima, e che con ottimo divisamento sarebbesi po- tuto costruire il nuovo ponte rimpetlo alla strada dei torrioni , e quando che nò , al di sopra almeno del COSI detto emissario , ne addittava io apertamente il Riflessioni geologiche 298 sentiero (i). Il consiglio d'arte tenne assai in vista questa diversione , aflermando essere il mezzo certo per togliere in perpetuo i pericoli della citta, e con- servarle i vantaggi che il fiume le arreca (2) , e ciò per due progetti a stampa del sig. cav. Bischi che avvicinossi a questa strada (3), ma che fu meglio da esso battuta in un terzo progetto mss. Non istarò io a dire i mezzi di esecuzione, ne di alcuni rilievi fat- ti a questo terzo progetto , dal Bischi bellamente e compiutamente spianati: imperocché l'autore, unita- mente alle sue erudite ricerche storico-critiche sull' antica caduta dell' Aniene a questa nostra accademia presentate , le farà di pubblica ragione. Ne loderò a cielo il progetto ( eseguibilissimo quando io scrissi la prima volta , e di qual vantaggio , ognun vede ) , perchè non sarei un buon giudice, e forse sarei sospetto pel solo motivo che l'autore si attenne alla via da me additata. Dirò solamente che oltre le utilità con- templale in esso progetto , e riconosciute dallo stes- so consiglio d'arte (4) , quelle cioè dell'allontanamen- to del fiume dalle ripe della citta , del non doversi costruire fra' gorghi e caverne , ma in luogo solido e all'asciutto, e dell'essere solido il nuovo terreno da scorrersi dalle acque , diceva il Bischi riunirsi an- cora il pregio della pubblica e privata economia. Ma per ciò che sopra io dissi , sono in detto progetto racchiusi altri e non piccioli vantaggi. Grande è quel- lo che l'acqua, invece del curvilineo moto, il retti'-. (i) Id, pag. 25 e 26, e giorn. id. pag, 259. (2) Tiburtin, Anien. cit. Parere e progettto del con- siglio d'arte paragr. 12 pag. 6. (3) Id. progetti X e XI. (4) Id. parere e progetto del consiglio d'arte. 294 Scienze lineo prenc!erel)be in questa circostanza : massimo poi , che non solo il suolo in cui accadtlero le re- centi rovine , ma quello pure df^lla grotta di Net- tuno sarebbesi con immenso profitto assicurato. In questo progetto finalmente^ indicavasi un S(j1o ca- nale di derivazione pel triplice oggetto di sostene- re le ripe della citta ( mercè di muri arcuati ) , di formarvi la strada di comunicazione , e di por-^ tar l'acqua a tutti gli acquedotti. Ma ancor qui , a mio credere , si contiene qualche altro non lie- ve giovamento. L'esperienza e i sommi periti con- fermarono sempre , die i diver^ìivi per molte ragio- ni riescono nocevoli (i) : molto più dunque no- cevoli , io dico , sono quelli costruiti nel suolo, di cui si e da me replicatamente mostrato la friabilci natura , e per la quale molti meati , come da me più volte notossi , sono cagionati dalla presenza dei mo- derni , e più degli anticlii aquedotti (^). Se con queste geologiche riflessioni abbia io raggiunto la proposta meta , giudicatelo voi , miei valorosi colleghi : Io giudichi il collo e saggio pub- l)lico imparziale : lo giudichino quei dotti medesi- mi , il giudizio dei quali se io già scrittore del ti- Lurtino suolo dovetti tacitamente contrariare, e deri- vato dalla cura di non essere in contraddizione con quanto aveva io scritto , e più anche da quell'intimo convincimento desunto dalle su e.'poste ragioni. Corre- va a me poi preciso debito per l'accaduto infor- tunio , e per le tante dicerie, di dare un ampio com- mento al mio primo lavoro risguardante le rocce (i) Sertor dissertazione idrostatica sopra il concorso de'fiuml. (*) Saggio ìd. pag. 25 , e gloi-n. are. id. pag. '209. Riflessioni cbologich*^ arjj cleirAnicne : o se di maggiori schiarimontl era duo- po che fosso corredato il presente , ciò non pro- venne dalla volontà , ma dalla sfortuna mia che vietommi di andare sulla faccia del luogo. Ad ogni modo vogliasi o nò credere utile questo mio scrit- to , sarà per me di alcun conforto lo sperare , che volto essendo l'animo mio a vantaggio soltanto della cosa pubblica , ognuno sarà per fare buon viso air odierno mio ragionamento (i). (i) Il di 9 agosto mi portai in Tivoli per iscopo di salute. Poco , o nulla ho potuto quindi profittare , onde esaminare da vicino e di proposito il sito in cui ac- cadde l'avvallamento , ed in cui si fatino le riparazioni. Se non che per le_occulari , benché lontane ispezioni , più fiate ripetute, e coadjuvate da veridiche e savie re- lazioni , mi sono confermato nel su emesso giudìcio. Bel- lo però ed imponente spettacolo , che tutto l'animo com- muove , si è il risguardare la straordinaria attività dei lavo- ranti , le diligenti premure di chi dirige e sorveglia il lavoro, e le vigilantissime cure di S. E. Rema monsignor Nicolai com- missario apostolico. Non meno grata è la riconoscenza della popolazione di Tivoli con giulive e festevoli riprove mani- festata verso di Leone XII , che dai primi dì del disastro, oltre i pronti soccorsi , f addotto energiche e saggie misure perchè si desse tosto riparo alle tiburline devastazioni. La grandiosa opera che si va costruendo da un collegio di riputati periti immaginala, discussa , e più opportu- na creduta , forma l'irrefragabile testimonianza del mu- nificenlisslmo animo del regnante pontefice. 29G s«» Sulla frequente apertura del forame ovale rin^fe- nuta nei cadaveri de"" tisici. Memoria del dottor Andrea Pasqaalini letta nelC accademia dei lincei. Nihil bene adeo esse in re medica constitu- tum , ut nonnumquam fallere non possit. Morga- gn. Epist. XXXIV. L io studio dell'anatomia patologica, con tanto ar- dore ai giorni nostri coltivato , ha sparso gran luce suir indole delle malattie, e lia dimostrato all'evi- denza quanta utilità derivi alla pratica medica da una severa ed attenta ispezione dei cadaveri. Cosa invero difficilissima , e concessa soltanto ad uomini sommi si è l'arte di ben osservare il corpo uma- no privo di vita , onde rintracciare e riconoscere in esso i danni della natura combattuta ed infer- ma. Non fu difatto lieve ostacolo ai veri progres- si della buona pratica il soverchio zelo di alcnni notomisti , i quali non guidati da quella pacatezza di mente capace sola di scuoprire il vero si persua- sero di ravvisar gli effetti di accresciuta vigoria di forze nei corpi eli' altro talvolta non presentarono. in vita che difetto e languore. In mezzo a si grandi difficolta troppo ardimen- to è il mio , uditori umanissimi , se in questa ma- ne v'intrattengo sopra materia di anatomia patologi- ca. Se non che trattandosi di fatti da me osserva- ti più volte e senz' omettere ' alcuna diligenza per evitar l'inganno, ho pensato di esporveli , e di ma- nifestarvi la spiegazione che mi sono ingegnato di Apbrtura del forame ovale sqj darne. Lungi peiò dal supporla soddisfacente o ve- ra , non la presento alla severità del vostro giudi- zio , che come probabile , e perciò non affatto in- degna di essere annunziata. Verrò io innanzi narrando le autopsie de'tisici in cui mi occorse di rinvenir aper- to il forame ovale , le quali sembrano abbastan- za importanti e numerose da giustificar la spiega- zione che n'olFro, e meritevoli di esser esposte in questa rispettabile accademia. Prometto inoltre di con- tinuare ulteriori osservazioni , poiché ampia oppor- tunità men porge l' aiciospedale di s. Spirito affi- ne di rafforzare , o distruggere questa opinione con moltiplicate invcUigazioni. Adoprerò per l'appresso a schiarimento di queste ricerche maggior accuratez- za oud' io possa o ricredermi quante volte mi sia ingannato ; o convalidare un' osservazione che sfug- gi finora alla perspicacia de' più valenti anatomici. Voglia supplire impertanto alla rozzezza dello sti- le ed alla povertà dell' ingegno il buon volere di coltivare le scienze salutari , e il desiderio di cer- care in mezzo a tanti ostacoli il difficilt vero per via di ripetute indagini istituite con tutta la pre- cisione che per me si è potuto. La tisi polmonare che minacciò la mia adole-» scenza fin d'allora che rai addiedi agli studi medi- ci fissò la mia attenzione. Mi piacque di leggere i molti autori che singolarmente ne trattarono , e do- vendo poscia neir ospitale di s. Spirilo apprestare la mia medica assistenza a quegl' infelici colti da infermila cotanto insidiosa , mi avvisai che notoraiz- zandone i cadaveri , e con premura attendendo agli andamenti del male , avrei potuto protrar loro seb- ben di poco un' esistenza tanto più cara , quanto men disparata per essi e quanto più lusinghiera. Ed io or sona da un sulìiciente numero di fatti por- 298 S e I E N Z X tato a stabilire, che la tisi polmonare almeno nel sua primo stadio non è sempre una malattia incurabi- le come da moltissimi viene giudicata. Con un me- todo di cura prescritto dal dotto professor Bom- ba , pratico di altissima e meritata fama , provai piii volte la compiacenza di veder nello spedale di s. Gia- cinto degl' infermi felicemente risanati da tisi , non dirò già estrema , i quali quindi usciti ripresero in piena salute le loro prime occupazioni. L'invenzione dello stetoscopio di Laennec che menò tanto clamore in Francia, e la favorevole oc- casione eh' ebbi di conoscere un si decantalo istro- mento , rivolsero l'animo mio alla considerazione di questo morbo che sceglie sovente le sue vittime nel miglior dell'età, e fra le parsone dotate di più vivi- da e feconda intelligenza. Non m'impose l'autorità dell' immortale Morgagni , che reputandolo contagioso dis- se dei cadaveri tisici: „ Ego vero illa fugi de in- „ dustria adolescens , et fugio vel senex , tunc ut mi- „ hi , nunc ut studiosoe quye me circurastat juventu- „ ti prospiciara. „ L'avidità d'istruirmi e di giovare altrui vinse ogni ripugnanza , e non paventai d'in- terrogar la morte per tentare di prolungare la vita. Se avvi malattia che più risvegli la commiserazione del medico è certamente la tisi. Si presentano i ti- sici allo sguardo sclieletri veri e parlanti , coperti di pelle ruvida e crespa , ed in uno stato si compassio- nevole da trar lagrime dal cuore il più indurito. Ovi- dio nel descrivere la fame parve tramandar ne' se- guenti versi un quadro commovente , non nien che spaventoso di questi sventurati. „ Cava lumina , pallor in ore , „ Rara cutis , per quam spectari viscera possunt , „ Ossa sub incurvis cxtabaut arida lumbis , APERTIJRA DJ'L FORAME OVALE 2C)() „ Veli tris erat pio ventre locus. Pendere putares „ Pcctiis et a spinai taiilurnodo crate teneri. Non altrimenti clie Dante in quei versi del pur- gatorio : ,, Nefjli ocelli era ciascuna oscura e cava. „ Pallida nella faccia , e tanto scema „ Che ('all' ossa la pelle s'informava. Nelle varie sezioni cadaveriche da me istituite su d'in- dividui spenti da si terribile malore non volli mai trascurare oltre il minuto esame dei polmoni quello del cuore. Ammaestrato dai lumi della fisiologia e dalle altrui osservazioni non dubitai di trovare spes- so unita alla profonda ed antica offesa dei polmo- ni l'altra della destra meta del cuore. Per mera cu- riosità fu da prima la mia attenzione al forame ova- le diretta , che di rado trovasi aperto n('j>!i adulti. Ed avvenutomi spesse fiate di osservar pervio questo fo- ro , mi diedi sollecitamente ad aumentare il nume- ro delle dissezioni de' cadaveri in vista soltanto di comprovarne la frequente apertura. Fra le molte au- topsie adunque di tisici rie' quali aparto riscontrai il forame ovale , discorrerò qui d'alcune più rimar- chevoli , e della ragione del fenomeno , come a me sembra , la quale se non quadrasse , potrei risponde- re quel di Vilsalva a Morgagni : „ Rationem non Iia- „ beo qua dilucide satisfaciam , sed habeo tamen ob- „ servationem. „ Giacomo Pieroni di anni circa settantadue fu con- dotto neir ospedale di s. Giacinto. Si diss' egli iiifer- feim) da quasi due anni, e nato di padre clie mori di tisichezza, l sintomi olFerti da quest'ammalato eran quelli d'una tisi polmonare ali' ultimo grado : febbre 33o Scienze continua ed etica con esacerbazieni vespertine, respi- ro gravemente offeso , sudori copiosi nelle oro not- turne, remissioni nella mattina, tosse con espcttora- zione abbondante e purulenta, emaciazione, diarrea , e gonfiore de' piedi. Visse per giorni sedici in que- sta deplorabile situazione, ed a poco a poco mancan- dogli le forze pose la morte termine a si angosciosa esistenza. Venuto alla sezione del cadavere , nel reci- dere le coste dalla parte destra sgorgò una gran quan- tità di un fluido fetente e marcioso : proseguendo l'esa- me e vuotata la cavita destra del petto dall' indica- to fluido che la riempiva , rimasi sorpreso nel mira- re in questa parte completamente distrutto il polmo- ne , e solamente rilevai aderente al mediastino , ed in prossimità dei capi delle prime costole una piccio- la massa che non avea somiglianza alcuna co' pol- moni , e che toccata colla punta dello scarpello an^ davasi disciogliendo. Il polmone sinistro era alle co- ste aderentissimo, ed all' esterno punteggiato d'un co-^ lor livido e giallo , cui corrispondeano dei tuberco- li prossimi a passare in suppurazione, ed altre sup- purati , e confluenti in cavita ripiene di marcia. Il cuore spinto dal sopraddetto fluido era posto tutto a sinistra , e la sua sostanza rilasciata in guisa che le colonne carnose di esso si strappavano agevolmente con le dita. L'orecchietta destra, e il ventricolo com- pagno erano assai dilatati , e si ritrovò nel tramez-i zo che divide le orecchiette perfettamente aperto il foro ovale. Esaminate le altre cavita si rinvennero i visceri nello stato quasi naturale, meno il fegato c\C era accresciuto di volume. Fu parimenti trasferito nelle sale di san Giacin- to Salvadore Villa di anni cinquantasei. Da me inter- rogato rispose di non sentirsi male che da poco tem- po , con tuUochè i medici gli avessero predetto da Apertura del forame oyale 3oi più d'un anno eh' ei finirebbe tisico. Per darmi co- stui a divedei-e che niun incomodo sentiva nel suo petto , a mano chiusa sei percuoteva fortemente. La febbre, avvegnaché leggiera, lo assaliva tutte le sere, alla quale succedeano sudori nella notte. La tosse era ostinata, e talvolta violentissima: e di piii egli ac- cusava un senso di ardore continuo lungo la trachea, e nelle fauci. L'alterazione della di lui voce si ma- nifestò fin dall' ingresso nello spedale, e via piiì sem- pre crebbe fino all' afonia. Gli sputi viscidi e schiu- mosi comparivano alle volte interspersi di alcuni poz- zetti di membrana mucosa. Irregolari e visibili era- no i movimenti del cuore. Per quanta cautela pones- se quest' infelice non so perchè nel nascondere i suoi mali pregressi , giunsi variando inchieste a scoprire che in gioventiì era stalo soggetto a ripetute emot- tisi per gravi disordini commessi. Stette nclio spe- dale per lo spazio di circa tre mesi, ma al cominciar del quarto inferocendo maggiormente il male lo con- dusse al sepolcro. Aperta la cavila del pello si os- servarono i polmoni aderentissimi , e quasi imme- desimati colle costole, in guisa che non dis laccan- dosi che a gran forza, ne restavano dei pezzi uni- ti alle medesime. I lobi superiori in conironto de- gli altri erano abbondantemente disseminati di tu- bercoli. L'asperarteria coperta d'una densissima mu- cosità era d'un color bianco-pallido , e senza trac- ce di ulcerazione: in questo caso sembra che il sin- tomo dell' afonia dipendesse dalla compressione eh' esercitavano i lobi superiori del polmone sulla tra- chea. Veduto il cuore, si rinvenne d'un volume più grande dell' ordinario e molle nella sua sostanza , ed il pericardio interamente ad esso unito in modo che non si potè per quanta delicatezza si adoperas- se separar l'uno dall' altro. L'orecchietta e il veu- G.A.T.XXXV. 20 3o2 Scienze tiicolo destro erano al solito ingranditi, e pervio il foro di comunicazione delle orecchiette. Gli altri vi- sceri non presentarono all' occhio cosa degna di con- siderazione, Ebbi pure occasione di assistere Luigi Camor- ri, che neir età di sessanta anni dopo di aver non senza qualche gloria militato nel già regno italico in qualità di tenente colonnello fu costretto a com- piere miseramente i suoi giorni nello spedale di s. Spi- rito. I segni del suo male furono quelli d'una tisi polmonare conclamata. Avea i polsi sempre deboli ed ineguali , i moti del cuore languidi ed appena sensibili , la voce altamente offesa , la respirazione dilficilissima , e negli ultimi momenti di vita si no- tò costante sulle labbra una tinta blu eh' era ap- parsa per intervalli sin dal principio. Copiosi era- no i sudori nella notte, il dimagramento estremo, e una diarrea colliquativa torraentavalo assiduamen- te. Con fermezza di animo soffri per lo spazio di gior- ni dodici il suo male, finché smunto e sparuto paSf so lentamente da questa vita. L'apertura del cada- vere presentò i polmoni aderenti alle coste e pieni zeppi di tubercoli suppurati e riuniti in grandi ca-j vita : qui del pari si deve notare che la maggior lesione esisteva ne' lobi superiori, ciò che porge plau- sibile raaione , come sopra si disse , della voce rau- ca ed alterata. L'esparerteria, di cui attentamente esa- jninai la faccia interna, non era in alcuna parte me- nomamente offesa. Il cuore avea un picciolissimo vo- lume, e le pareli del ventricolo destro si scorgeano talmente assottigliate da non porre a prima vista gran differenza fra questo e l'orecchietta corrispondente. Tutte le cavita si videro di molto ingrandite, il lume dell'arteria polmonare ampii.ssimo, il forame ovale visi- Ijilmente aperto , e l'aorta aneurismatica , e in varj Apertura del forame ovale 3o3 punti dell' arco ossificata. Al disopra delle valvole semilunari, le quali eran resistenti e dure, scorgeasi un ulcere depascente. Il fegato era ostrutto, e gl'in- testini crassi in lutto il loro tratto ulcerati. Sorpasserei i limiti d'un trattenimento accademi- co , se volessi tutti riferire i casi dei cadaveri tisi- ci , ne' quali aperto rinvenni il forame ovale: ciò non pertanto siami permesso di narrare, come confacen- ti air argomento, le autopsie di due soli individui , ove pervio osservai il suindicato forame , e l'uno dei quali peri d'un idrope di petto, d'un idrocefalo l'al- tro. Un calzolaio di circa sessantaquattro anni , e soggetto nella sua gioventiì a frequenti insulti asma- liei, fu portato nel nostro spedale. Dai sintomi che questi presentava , si stabilì al momento la diagnosi d'un idrotorace. A vea pallido il volto, edematose l'estre- mità , i polsi pieni ed ora irregolari , ora intermit- tenti : era travagliato dall' ortopnca e dalla tosse ; dormiva colla testa poggiala sulle ginocchia , ed i suoi sonni venivano interrotti da sussulti e palpi- tazioni ; le orine erano scarse e torbide , ed un co- lor violetto esisteva permanentemente sulle di lui lab- bra. Messi in opera per lungo tempo i soccorsi più efficaci dall' arte, Sembrò dargli la malattia qualche tregua : finche poi nel sessagesimo giorno di dimo- ra nello spedale, volendo fare un moto sconcio e re- pentino, spirò all' istante: ed ecco ciò che trovossi nel cadavere. Le cavita delle pleure contenevano gran copia di sierosità di color giallastro ; i polmoni era- no d'un color rosso-fosco, rammolliti, e sparsi di strie giallastre , e si notò una porzione del lobo in- feriore destro nera ed estesa per più d'un pollice e mezzo, avente l'apparenza di ulcere , ma che meglio considerata parve risultare dal completo rammolli- mento del parenchima polmonare. Se i polmoni ve- 30* 3o4 Scienze nivaiio compressi fra le dita , einmetteano una quan- tità di siero rossastro , e con facilita distruggeansi , come se fossero putrefatti. La membrana muccosa, che riveste la trachea arteria ed i bronchi , presenta- va un color rosso-vivo , e gli anelli cartilaginosi si mostrarono in parte ossificati. Osservai il cuore iper- trofico e dilatato in tutte le sue cavita, il pericar- dio ripieno di acqua , l'aorta enormemente diluta- ta , ed in vicinanza del cuore perfettamente osso- fatta in unione alle valvole semilunari ; la valvola di Eustachio sviluppatissima , ed il forame ovale che ammetteva quasi l'estremità del dito mignolo. L'ad- domine era ugualmente pieno del medesimo ikiido giallognolo , la milza piccolissima , ed il fegato co- sì voluminoso che occupava perfino tutto l'ipocon- drio sinistro. Lo stomaco e gì' intestini olTVirono un color rosso intenso nella loro superficie interna. Non si osservò nella cavila del cranio ofFesa die meri- tasse attenzione, a riserva d'una maggior quantità di acqua etl'usa nei ventricoli laterali. Finalmente venne nello spedale di s. Spirito un giovane di ventotto anni con una completa amauro- si. Accusava egli un dolor di capo ora piij ora me- no vivo , il quale a misura che gli si accresceva , veniva accompagnato da terribili conati al vomi- to : i polsi talvolta eran febbrili , ma ordinariamen- te poco pili frequenti del naturale: spesso poi si av- vertivano nelle membra de' leggieri moti convulsivi associati ad una dichiarata dillicolta di respiro. Di- sordinate grandemente si mostrarono le di lui fun- zioni intellettuali , e qualche volta rimaneva in uno stato di sopore. Sopraggiunsero nel corso del male de- gli accessi manifestamente epilettici , sicché nella vio- lenza di uno di questi cesse al suo destino. Nell'aper- tura del cranio ritrovaronsi «ili emisferi del ceivel- Aprktura. del forame ovale 3o5 lo fortf^mente fra loro aderenti , ed i suoi vasi estre- mamente ingorgati di sangue. I ventricoli laterali eran l'icolmi di limpida linfa , la quale con la sover- chia distensione avea di molto dilatata 1' apertura che si trova dietro le gambe del fornice , col cui mezzo comunicavano immediatamente le acque de' sopraddetti ventricoli tricorni. Si notò in correspet- tivila del decussamento dei nervi ottici una borsa piena di acqua che poggiava e comprimeva i sud- detti nervi , donde possibilmente la causa dell'amaurosi. Nel sinistro lobo del cervelletto si rinvenne un tumore somigliante al cervello d'un feto, e della grandezza d'un pomo ordinario. La sostanza midollare del cer- vello apparve assai più consistente che nello stato di KahUe. Neil' esame del petto mi occorsero i pol- moni inzuppati di umori linfatici , il cuore mol- le , e assai dilatale le di lui destre cavita. Il fora- me ovale presentava una decisa apertura. L'indagi- ne de' visceri della cavita addominale nulla manife- stiS di notevole, meno un ristringimento degl' intes- stini. Mi renderei ormai troppo lungo e fastidioso se con maggior numero di esempi confermar volessi l'allegato fenomeno ; resta per altro a compimento di questo discorso l'accennare alcune brevi rifles- sioni. Dall' aver osservato ne'cad averi de' tisici per- vio il forame ovale , massime negli addulti che di lunga tisichezza morirono , mi parrebbe , se mal non mi appongo , poter dare la spiegazione seguen- te. Esistendo nelT oigano polmonare di questi infe- lici tanti e si gravi ostacoli al libero passaggio dc;l san- gue, deve esso sangue aver per necessita un circolo len- tissimo e raccogliersi nell' arteria polmonare , e nel- la destra meta del cuore. Reduce il sangue dalle par- ti , e pervenuto all' orecchietta destra, non vi tro- 3oG Scienze valido per gli anzidetti insuperabili ostacoli ugual facilita , onde viaggiare pel consueto sentiero , ri- pugnerà forse alla ragione , e alle leggi dell' eco- nomia animale l'opinare die accumulatosi nelle det- te parti il sangue , le sorvegnenti continue onde san- guine percuotendo , e successivamente premendo il setto delle oreccliiette non valgano a poco a poco a distaccarne quella sottilissima membrana che chiu- de il forame ovale , onde rimediare in altro modo alle difficolta della travagliata circolazione sanguigna? Se la natura mantiene pervio questo foro nel feto , appunto perchè il sangue non potrebbe tutto pas- sare pei polmoni , non essendo ancor questi ben dispiegati, non potrà essa natura in forza delle leg- gi di compensazione render nuovamente perrio que- sto cammino negli adulti p^r un obice assai più rilevante che ha luogo nell' organo polmonare dei tisici ? Non è forse in virtù della legge de' com- pensi che nelle mutilazioni degli articoli , o nelle allacciature de' grossi vasi , la natura provida sem- pre nelle sue operazioni e ricca di meravigliose ri- sorse supplisce alla mancanza o all' inerzia del vase principalpj aumentando il calibro de' vasi col- laterali onde provvedere o al nutrimento della par- te, o ai bisogni dell' impedita circolazione? Oltre che si consideri alquanto la struttura e la situa-r zione della membranza che oblitera il foro ovale , e si riconoscerà di leggieri eh' è sottilissima , e non continua , ma attaccata col progredir dell' etk al tramezzo delle orecchiette , e eh' è posta in guisa che tutto il sangue della cava ascendente diretta- mente va a percuoterla prima d'imboccare nel ven- ticelo destro ; lo c!ie e stato ingegnosamente pen- sato e dimostrato dall' abile anatomico signor Sa- battier in una erudita ed apprezzabile memoria sul- Apertura del fciume ovale So'J la circolazione del sangue nel feto. Che la cosa ^ come io l'espongo , abbia delle ragioni a suo fa- vore , mi conducono a crederlo altre sezioni da me fatte nei tisici , Jie' quali non ritrovai già l'apertura del detto forame ; ma osservai questa membrana trasparente ed assottigliatissima in alcuni , quasi come una tela di ragno , ed in altri vidi dalla parte dell' orecchietta destra, precisamente corrispondente al foro ovale, una cavita formata a parer mio da- gli sforzi del sangue su di quella tenussima mem- brana. Non si potrebbe adunque con qualche fon- damento qui asserire, che se il male in questi di- sgraziati avesse durato più lungo tempo , non avreb- bono gì' impulsi delle ondate sanguigne successiva- mente incalzantesi terminato in ultimo di staccarla dal setto , e renderla libera ? Non presumo io con ciò d'inferirne che l'apertura del forame ovale deb- ba esser considerata siccome una riapertura di es- so : ne tampoco potrei negare la possibilità che sia- si conservato pervio Un dalla nascita in coloro, nei quali per una mala organizzazione di petto oppo- neva il polmone un ostacolo al libero attraversa- mento del sangue , ovvero in quelli in cui svilup- patasi per germe gentilizio prematuramente la ti- si , ha il sangue trovato^ resistenza per poter libera- mente circolare nei polmoni fin dal momento che venne il feto alla luce. Un motivo anzi di piò, che tenderebbe a persuadere che il forame ovale si con- servasse pervio fin dalla nascita , si h l'aver io veduta la suddetta valvola liscia , e sempre senz' alcuna le- sione. In un fanciullo del Reclusorio de' poveri , dì circa dieci anni, morto nello spedale, rinvenni infatti aperto il foro del Botallo , e pieni di tubercoli di differente grandezza i polmoni : ciò che mi porta a pensare che s'egli avesse vissuto , forse mai non si 3o8 S e I E N r E sarebbe chiuso Tanzidetto forainp. Iti appoggio di ciò concorre anche rautorita di Morgagni , il quale attribuisce la persistenza del forame ovale, da lui rin- venuto pervio in una giovane di diciasette anni, alla quasi totale chiusura dell'arteria polmonare. Per altro se il fatto fosse quale viene da me annunziato , si po- trelibero muover dubbi , se per l'apertura del fo- rame ovale possa il sangue farsi strada dalle destre alle sinistre cavita del cuore. Essendo simultanea ed isocrona la dilatazione e contrazione delle orecchiet- te del cuore, deve la valvola del forame ovale rima- ner immobile, controbilanciata dalle rispettive ed ugua- li forze delle accennate orecchiette, e cosi opporsi al pas- saggio del sangue a traverso il foro del Botallo. Al che agevolmente rispondesi,che nel feto rimane aperto que- sto forame unicamente per l'immediato passaggio del san- gue dalle parti destre alle sinistre del cuore. Or se in tal modo procedono le cose nel feto, qual ragione v' ha da dubitare che diversamente succedano negli adulti per cause quasi consimili? Dovrebbe poi nel caso no- stro prevalere alla contrazione dell' orechielta sinistra quella della destra, la quale si sforza di liberarsi dal sangue che in gran copia la riempie, e gode, secon- do Soemmering ed altri, maggior vitalità della com- pagna. Notò il celebre Corvisart che nelle aperture ppternaturali del setto delle orecchiette o de' ventri- coli , il sangue passa con più facilita dalle parti de- stre alle sinistre del cuore, che viceversa: ed una pro- va per questo grand' uomo del primo passaggio del sangue è la dilatazione dell' orecchietta destra che ha luogo appunto nei tisici- Inoltre non accade forse in virtù del passaggio che fa il sangue dalle cavita de- stre alle sinistre del cuore, senza percorrere la sostan- za parenchimatosa del polmone, che i coVi detti pa- lombari hanno la facoltà di rimaner sotto acqua tari- Apertura del forame ovale 3og to tempo pivi degli altri individui ? Tutte le volte peitantor c'.i' esisteranno nei polmoni ostacoli tali che non permettano al sangue di percorrere il consueto cammino , dovrà probabilmente avvenire la morte, 0 l'apertura dell' indicato foro , la quale non si può negare che abbia luogo nelle gravi e lente tisi per gli ostacoli maggiori e plìi continuati che si formano nei polmoni. Non sarà fuor di luogo qui l'osservare che non potendo il sangue nel feto farsi strada pel t-essuto polraonale, si accumnh esso nell'orecchietta de- stra , la distende, e mantiene pervio il forame ovale c^l di cui mezzo passa alle parti sinistre del cuore , le quali non ricevendo dalle vene polmonali , che po- co sangue , non vi oppongono una proporzionata re- sistenza. A misura che i polmoni si dilatano , e ven- gono penetrati da maggior copia di sangue , accre- scendosi allora nella parte sinistra del cuore la quan- tità di questo fluido somministratogli dalle vene pol- monali, ne avviene che incominciando questa ad op- porre una pili valida resistenza alla compagna , ne minora l'azione in modo da tener la valvola del fo- rame ovale avvicinata al di lui margine , onde pro- durne l'adesione. Mi sembra , se mal non m'avviso, che si abbia in ciò una ragione plausibile del come rimane aperto il foro ovale nel f(?to , e del come chiudesi col crescer dell' età. Or negli individui affetti da ti' si polmonale non ha luogo forse lo stesso lavoro ? 1 vizj del polmone aumentano la quantità del san- gue nel cuore destro , e la scemano nel sinistro : la foiza del secondo per la minor quantità di sangue non resiste a quella del primo, e quindi per gì' im- pulsi dal sangue lungamente esercitati sulla membra- na del forame ovale, ne controbilanciati dagl'impul- si sanguigni della parte opposta, è verosimile che ac- cada l'apertura del piiì volle enunciato forame. Nel- 3(o Scienze la storia che Morgagni ci ha dato di quella infelice giovane in cui ritrovò l'apertura del menzionato foro die ammetteva l'estremità del dito mignolo , pare che abbia adombrata la stessa spiegazione. ,, Virgo , co- „ sì scrive, quae ab nativitate usque semper segrotans „ jacuerat, ob sumraum prtesertim virium languorem „ anhelans respirabat, et tota cute colore quasi livido ,, infecta erat. Tandem cura ad annum circiter decimura „ sextum pervenisset, mortua est. Cor habuit exiguum , „ et mucronem versus subrotundum. Dextera pariter „ auricula tota duplo erat grandior quam tota sini- „ stra. Inter utramqueetiam tura patebat foramen ova- „ le, ut minimum digitum posset admittere. Sjgmoides „ autem valvulae, quas pulmonaris arterise ostio pragfi- ,, ciuntur, ad basini quidem erant secundum naturam , „ sed partesuperiorecartilaginese videbanturrquin exi- „ guum ossis frustuluni jam habebant, erantque ea par- „ te sic inter se colligatae, ut vix foramen relinquerent,' „ lente non majus, per quod sanguis exiret. ,, Ecco poi com'egli spiega i fenomeni prodotti dalle lesioni che si rilevarono nel cadavere. „ Scilicet minus ox- „ peditus sanguinis in eam arteriam ingressus bine eflì- „ ciebat,ut eequo minor illius copia per eamdem arteriam „ sociamque venam ad auriculam sinistram sinistrumque „ vcntriculnm , ex hoc autem in orane corpus mitlere- „ tur , inde vero ut gequo major sanguinis copia in „ dextero ventriculo dexteraque auricula et venis omni- „ bus restitaret. Unde totius cutis color quasi lividus „ et dexteri ventriculi, dexterteque auriculee dilatati© „ et foraminis ovalis prestans hiatus, quippe cujus val- „ vulara,mullus sanguis a dextris sinistrorsum urge- „ ret, paucus autem a sinistris repelleret , ad oramque „ foraminis applicarci. „ Un' altra obbiezione, che a prima giunta appare della massima importanza, merita di esser considerata; Apertura del forame ovale 3r! ed è , che passando per l'apertura del forame ovale il sangue venoso, e subito mescolandosi con l'arterioso, ne deve provenire quella malattia distinta col nome d'itterizia blu; ed invero in quelli individui, ne'qua- li Morgagni , Hunter , Baillie , Corvisart , Laennec , ed altri videro aperto il foro ovale , fu sempre ma- nifesto il color violetto della pelle. Non negherò che il color livido alla superficie del corpo osservato dai prelodati scrittori dipendesse dalla mescolanza del san- gue venoso con l'arterioso; ma dirò che poteva anco- ra dipendere dall' impedita esposizione del sangue al contatto dell' aria aramosferica , o dalla difficolta che trova il sangue venoso di scaricarsi nell' orecchietta destra , per cui soffermandosi nelle vene dk luogo al color violetto della cute. Ne bisogna, giusta il pa- rere di alcuni, considerar sempre questa colorazione di pelle come conseguenza dell' apertura del forame ovale : poiché coloro che soffrono di dilatazioni di cuore, di aneurismi, ne presentano esempj chia- rissimi , senza che esista la nominata apertura. Nei tisici però, nei quali si notò l'apertura del foro ova- le , a riserva d'un solo che mostrò una leggiera tinta livida sulle labbra, mai non ho avuto luogo di osservar il color blu della pelle ; forse perchè in essi successa lentamente questa apertura , il sangue non si porta che in iscarsa quantità dall' una all' altra auricola. Infine poi divenendo il sangue de' tisici per la lun- ghezza del male quasi tutto della stessa qualità , se non è osservabile il color blu della pelle , accade bensì il dimagramento , che in essi non dovrebbe ri- petersi, come voleano gli antichi, dall' ulcere nel pol- mone , ne dalla mancanza di sangue , come scrisse Knoblochio. „ Ex sanguinis tamquam pabuli defectu totius corporis tabes sequitur : „ ma piuttosto dalla minor quantità di aria che entra nei polmoni a mo- 3i2 Scienze livo de' vizj che vi esistono , e pei quali reudonsi incapaci d'iniprimere al sangue quelle doli vivificanti e necessarie per la riparazione delle porclite assi- duamente cagionate dal movimento della vita. Se le ragioni frattanto che per me furou date de' fenome- ni surriferiti non potranno come plausibili essere ac- cettate , varranno almeno, io spero , a volger a que- sta parte l'attenzione de' fisiologi , ond' eglino pos- sano o queste avvalorare , o porgerne delle migliori. Gioverà ancora al mio proposito di hv riflettere, che gli scrittori di medicina , i quali adducono più esempi di apertura del forame ovale, han quasi tut- ti trattato delle malattie di petto : ciò che con- duce a credere, che vi fossero delle offese nei pol- moni di quelli in cui ritrovarono l'indicata aper- tura, E se taholla avvenne ad alcuni di rinvenir- la senza apparenti lesioni organiche nel parenchima polmonare , non si dovrà perciò negare che ahbian esistito durante la vita altre offese non ricono- scibili col coltello anatomico , come suole accadere negli asmatici. Una prova di quel che asserisco ebbi ad osservare in una donna di circa quaranta anni', molestata per lungo tempo da un grave e quasi continuo affanno , e perita nelT istituto clinico ro- mano. La necroscopia che venne eseguita alla presen- za del professor Deraatthaeis mostrò aperto il foro del Botallo, e i polmoni, sebben contenessero copioso umor linfatico , non aventi forti lesioni organiche. Similmente un soldato di finanze, bravo nuotatore, soffriva fin dalla sua gioventù degli accessi di asma che si erano lesi coli' avanzar dell' elk più lungh i e frequenti. Si copriva il corpo di quest' infermo, nell' atto del parosismo, di un color violaceo : cessato il quale ritornava al suo color naturale , benché im poco sempre traente al livido. Morì all' improv- Apertura del forame ovalk 3i3 viso , e la .sezione dei cadavere manifestò uii' aper- tura ben grande del forame ovale, ed i polmoni senza visibili alterazioni nella loro organica tes- situra. Il dotto Goivisart e Tingegnosissimo Laennec, che tanto illustrarono i morbi del petto , sembra- no attribuire alle affezioni del cuore l'apertura del foro ovale : e non avvi veruno, per quanto mi sap- pia , il quale in particolar modo ponesse mente a quest'apertura, o so pur la notò, la riguardasse com' effetto della tisichezza. E verissimo che quanto più le infermità sono di difficile guarigione ed in- curabili , tanto più si accresce il numero dei ri- med] , e degli scrittori che se ne occupano ; ond' e che io, poco versato nella letteratura straniera del- la medicina , non ardirò assicurare eh' altri abbia fatta simile osservazione : ricorderò soltanto che nel- le necrotoraie eseguite da chiarissimi medici , ove pervio si osservò il forame ovale, non si prestò grand' attenzione nell' esaminare i polmoni , i quali siccome risulta dalle storie degl' individui non tisici da me riportate dovevano presentare dal più al meno delle notevolissime lesioni atte ad opporsi al facile corso del sangue. Certamente ne fa meraviglia che il sommo Morgagni nulla ci abbia detto sullo stato dei polmoni nell' autopsia sopra esposta, dando per altro sulle altre parti con una esattezza tutta sua propria un minutissimo ragguaglio. Il celebre Antonio Testa nel suo stimabilissimo trattato sulle malaltie del cuore attribuisce le dilatazioni delle ca- vita destre di esso all'impedita circolazione del san- gue pei polmoni prodotta da mala conformazione delle parti dure del petto , nei rachitici massima- mente , ne' quali trovò anche aperto il foro del Bo- tallo. Se adunque pei semplici vizj Còlerni di slruL» 3i4 Scienze tura ammette il famoso Testa l'esistenza di questi fenomeni , non saremmo noi autorizzati a crederli causati dai vizj che immediatamente esistono nell' organo polmonare ? Io non m'indurrò per anco ad abbracciar l'opinione di coloro, i quali avvisano che l'apertura del foro ovale possa esservi e non es- servi , senza supporla originata da alcuna causa , e senza produrre nella macchina animale alcuna con- seguenza : ne meno vorrò con alcuni pensare , che siami occorsa tante volte quest' apertura da repu- tarla puramente accidentale. L'illustre Portai , che suU' orme di Morton ha pubblicato un eccellente trattato sull' indole e sulla cura della tisi polmonare , ha osservato , unitamente ad altri, molle nei tisici la sostanza del cuore, ed ingrandite l'orecchietta destra , il ventricolo com- pagno , e l'arteria polmonare. Gorvisart anch' egli at- tribuisce frequentemente alle malattie dei polmoni le dilatazioni delle cavita destre del cuore, accagionan- done l'oifesa circola2iione : quantunque con ragioni in apparenza ingegnose venga contraddetto dal suo chiarissimo concittadino Laennec. Nelle molte aper- ture da me fatte de' cadaveri tisici ho avuto cam- po di bene spesso verificare l'esattezza delle osser- vazioni di Portai , Gorvisart, Laennec : ed ho vedu- to anch' io rammollito il cuore , dilatate le di lui destre cavità, e l'arteria polmonare^ dal che arguir potrei, che le offese del cuore van congiunte quasi sempre alle affezioni croniche de'polmoni, senz'entrar nella quistione se le prime sieno conseguenza delle seconde. Asseriscono alcuni, che trovasi parimenti ostrutto il fegato ne' tisici. Io lo vidi talora volu- minoso , e talvolta quasi nello stato naturale; quin- di è che a tutt' altra causa dovrebbesi riferire l'ostru- zione del fegato , a meno che non si volesse am-« APKllTURA DEL FORAME OViLE 3l5 mettere, che per la lentezza geaerale del circolo , il sangue addominale non portandosi con la solita ce- lerità nella cava inferiore stanziasse nel fegato, e fos- se così origine dell' ingrandimento di questo visce- re. Osservai poi in quei tisici soggetti a diarree colliquati ve gì' intestini e segnatamente i crassi ul- cerati : lo che collima colle moderne osservazioni del troppo omai celebrato Broussais. Non ho mai trala- sciato di esaminare la valvola di Eustachio , e posso assicurare di averla trovata più sviluppata in quel- li in cui rinvenni aperto il forame ovale : e forse la natura così provvide , acciò il sangue riempiendo so- verchiamente le cavita destre del cuore, non iscendes- se in forza della contrazione del seno anteriore in maggior copia nella cava ascendente. Confesso di non aver, se non in pochissimi casi, esaminato il canale arterioso, nella ferma credenza di rinvenirlo chiuso, sebbene non manchino esempi in contrario. Dalle cose dette per me finora discendono natu- ralmente le seguenti proposizioni : i." Che nei cadaveri dei tisici , i quali soffriro- no lungo e penoso corso di male , trovasi frequente- mente aperto il forame ovale. 2.° Che ove non apparisce aperto , trovasi alme- no così assottigliata e trasparente la membrana che lo chiude, da riconoscersi facilmente prossima all' aper- tura. 3.° Che le destre cavita del cuore ne'tisici sono sempre in uno stalo di dilatazione , e di rilasciamento. 4.° Clie simili fenomeni sogliono osservarsi an- che nei cadaveri di quei che soffrirono in vita dif- ficoltà di respiro, 0 permanente e per lungo tempo, o per accessi frequentemente ripetuti e di non breve durata. 3iG Scienze 5." Che se ignorandosi le antecedenti aftezioiii os- servansi ne'cadaveri siffatti fenomeni, avvi sempre ra» gione da sospettare eh' elleno abbiano avuto luogo , a meno che non voglia supporsi congenito un tal fe- nomeno. G." Che la ragione naturale di tutto ciò sembra doversi ripetere dall' ostacolo che l'offesa respira- zione per la malattia del polmone offre al passag- gio del sangue per quel viscere , per cui questo si sforza colla sua reazione di riaprirsi l'antica strada che percorreva ne' primi momenti della vita dentro l'utero. Ardisco io pertanto lusingarmi, che non deb- bano riuscire interamente dispregevoli queste ricer- che , se riguardisi almeno il buon animo che a que- sta fatica mi mosse , e il desiderio che ho di veder verificate colle mie le altrui osservazioni, non imitan- do affatto quegli scrittori che credono le cose , e le attestano sulla buona fede e sull' autorità del primo che le disse. Io poi, senz' avvederraene, dilungandomi nello scrivere più di quello che da principio mi era proposto, troppo per avventura abusai della sof- ferenza di questo cortese uditorio , e tardi forse mi sovviene di quel savio insegnamento. „ Che il perder tempo a chi più sa, più spiace. „ '«7 Riflessioni critiche del dottor Gregorio Riccardi ec sulle osservazioni del dottor Carlo T timer Coo- ke medico a Cheltenham intorno alV efficacia del- la senapa bianca. „ Nulla lex, quae piiniat insciti am ; capitale nuli uni „ exemplum 'vindictae .... medicoqite tantum oc- ,, cidisse impunitas stimma est. Plinio lib. 29 Gap. I. K Oli ancora totalmente distrutta l'opinione, che cL- besi dai non medici sugli straordinari pregi del no- to elexir oltramontano deltroppo umano sig. Le Roy; e ciò a dispetto di varie memorie pubblicate col- le stampe da' più rispettabili medici dell nostra Ita- lia (i), per le quali' molti governi furono solleciti di prendere forti ed energiche determinazioni ; non ancora , dissi , distrutta cotesta pel suo autore uti- lissima panacea ; ecco che altra oltramarina ne sor- ge , che per avventura potrebbe avere più funeste conseguenze della prima , a motivo delle pretese sue mediche proprietà. Essa vince e debella un gran nu- mero di malattie , e previene quelle che non vor- rebbero venire. Sono gih alcuni mesi che veggonsi circolare per la nostra Roma certi scritti in forma di manifesto (0 Vedi Tninmasini,Rlsultameuti clinici dell'anno iBiy. 20. ai, S2., e Matte! Dissert. poi. G.A.T.XXXV. 21 3i8 Scienze suir uso interno della senapa bianca. L' autore di questo manifesto sig. Carlo Turner Cooke , medico a Cheltenliam , poco contento del debole applauso che lo stesso ha riscosso , si è determinato , anzi si e degnato di pubblicare un libro di pag. io3, tra- slatato nel nostro idioma dalla terza edizione ingle- se , e che ha per titolo — Osservazioni intorno all' „ efficacia della senapa bianca nelle malattie nervo- „ se , del fegato , e di altri organi , con vedute ge- „ nerali intorno al governo della salute e della vita.— • Queste osservazioni possono dividersi in tre par- ti. La prima è tutta da capo a fondo patrimonio particolare del sig. Gio. Turnor , che il primo os- servò gli effetti mirabili della senapa bianca; aggi- rasi sulle malattie nelle quali il rimedio sperimen- tossi efficace , ed istruisce sulla maniera di usarne. La seconda parte , che è sudore del nostro autore^ si può considerare come la parte filosofica dell'ope- ra , avvegnaché è in essa appunto che il sig. Tur- ner Cooke ha sviluppato le sue igieniche e patolo- giche dottrine , appoggiate a quelle del sig. Giaco- mo Jonhson su i disordini del fegato , degli altri organi interni , e del sistema nervoso. La terza fi- nalmente è un carteggio letterario tra l'autore , il sig. Turnor , e i malati che diconsi dal rimedio guariti. Il pili significante , il più tenero e maraviglio- 80 di una tale opera, che per eccesso di affetto alla generalità degli uomini l'autore tratta con istile più confacente ai non iniziati nelle mediche dottrine, che ai medici, si è, che dichiarasi in essa a consolazio- ne de' mortali , che stanca la divina provvidenza di opprimerli co' mali , ha voluto alla fine liberameli, degnandosi di servirsi del mezzo del sig. Gio. Tur- nor , di cui Turner Cooke si fece seguace, siccome altra volta servissi di Mosè per liberare i sempre Riflessioni civitichb 3iq ostinati isdraeliti dalla schiavitù dell'Egitto : lusin- gandosi il sig. Turnor d'incontrare in questa sua missione maggiore docilità. Non liavvi a nostro credere cosa peggiore e più. pericolosa in medicina , che lo scrivere libri medi- ci pel popolo , inducendolo e lusingandolo nella cre- denza di potersi curare da se medesimo (i). Se è sempre pe' medici di somma difficolta il conoscere le malattie , tottochè ammaestrati e dall' accademi- co e dal clinico esercizio ; a qual pericolo si espor- ranno coloro , che privi di cognizioni indispensabi- li , pretendessero indovinarle , curarle , vincerle egli- no stessi (2)? Dice Boherave nel 3.° aforismo: „ Qui „ actionum vitaliuni , naturaliura exercendarum re- ,, quisita ignorai , adeoque vitae causas nescit et „ sanitatis , ille defectum illarum , idest morbos, co- (i) Il nostro gran Crisostomo, che alla pietà cristia- na dose non ordinaria di fllosotìa riuniva , ecco , par- lando su tal proposito , come si esprìmeva, „ Exlruat quis officinam medicam ; habeat etlani discipulos ; habeat et instrumenta et pbarmaca , et ingrediatur ad aegrotos. Num- quid snfficleut ha:ic, ut prsestet nobis medicum ? Mlnimie : sed opus est arte , et sìae Illa non solum hrec nihìl pro- sunt , sed etiam damnosa suut. Etenim quis non est me- dicus , m.elius fuerit noe pbarmaca babuisse ; quoniam non in natura pbarmacorum est salus, sed in arte adhibitis. „ ('•'!) Angelo Poliziano scrivendo a Nicolò Leoniceno disse : „ Dolco generis bumaui vicem , quod in se grassari tamdiu impune tristeni b^nc insclllam patiatur ; alque ab bis interdum vitae pretio emat , uade niors certissima pi"0- ficiscatur. Quis enini non videat plus esse a medico , quani a morbo pei-iculi ? Siquidem et morbus alius prò alio cin-atur , et alia prò aliis remedia alTeruntur. „ ai* 3^0 Scienze „ gnoscere non poterli. „ E senza troppo allontanar- ci , stando solo agi' inscgnatneuti dell' odierna pato- logia , non siamo noi da essa avvertiti a non dar {giudizio della natura del male , ne dalle cause pre- gresse , ne solamente dai sintomi ? Non ci j)one el- la in guardia contro la fallacia dei criteri che sla- liilisconsi , onde riconoscere la diatesi; ricoidandoci di non confondere la forza fisiologica colla patolo- gica , e di usare di una giusta distinzione tra la vera e falsa debolezza ? Il traduttore di queste osservazioni , sig. Lui- gi Laruccia , assicura , cìie il farmaco in (juestio"« ne è gik qualclie anno che gode in Inghilterra gran- dissima estimazione , pe' prodigj che va ivi ope- rando , e caldamente ei s'impegna , eh' eziandio fra noi acquisti fama. I nostri voli , a dir vero , per le ragioni che verremo cjui appresso esponendo , ten- dono ad un opposto fine , e nudriamo anzi speran- za che tutto il di lui credito se ne rimanga fisso ed immobile nella eulta e dotta Inghilterra. Tanta è la premura e gentilezza dell' autore nel propagare il suo libro , clic ne ha fatto generosa- mente dono a pressoché tutti i medici di questa cit- ta , non che alle pli^i conspicue e magnatizie famiglie. I mirabili effetti del nuovo farmaco sendo divenu- ti presso di esse il discorso del giorno , slimiamo poter essere di qualche utilità, e quindi non disca- ro , che vi spendiamo sopra alcuna parola con al- quanta cognizione di can >a ; onde sul vero valore del medesimo stiano in guardia coloro , che premu- rosi di procurarsi un migliore stato di salute , van- no cercando ne' nuovi ritrovati , che non ponno ap- prezzare , il mezzo di pinveniivi. Esponendo l'autore colia po;si])ile c!>ia rezza i principii della sua pratica , si sforza d'incoraggiu- Illl-l,EJSlOiM CRITICHE 32 ( rf? le persorìe abili, dice egli , e scienziate (non esclu- so il bel sesso) a studiarli , e quindi a regolarsi sul tenore di essi ; onde ne risulti , continua a dire , l'avan- zamento dfioìi inli'ressi dell'umanila , il proj^resso della scienza, relìicace sostenimento della di lei dignità, e l'assicurazione al pratico dei propij interessi in propor- zione del suo merito e de' suoi successi. Qui , come si vede , il sig. Turner Gooke si fa umile umilissi- mo : e noi vorremmo corrispondere a questa sua vir- ili , sfor/.adoci di penetrare i suoi divini principii ; ma il corto nostro intendimento ci da timore di non esser da tanto. Quello però di che crediamo poter- lo assicurare si e , che non sapremmo ben dire se ^Vi scienziati, ma senza dubbio il bel sesso , riuscirà. Collo studio de' suoi piincipj ad ottenere quei ri- .suìlali , eh' ei si è promesso , esponendoli. I*assa in seguito alla descrizione del miracoloso riniodio colle seguenti parole. „ Il seme adunque di „ siinapa bianca è rimedio , direi , certo per tutte „ quelle malattie clu^ possono riferirsi ai disordini di ,, stomaco , di fegato , e d'intestini ; come tale esso „ è stato eminentemente utile ne' seguenti casi. Nel- „ la tendenza del sangue a portarsi al capo , nel do- „ lor di testa , nella debolezza di occhi, e di voce , „ nella raucedine, nell'asma, nel respiro corto, nel- „ la tosse , ed altre malattie di petto ; nella indige- „ stione , e nel!' oppressione dopo aver mangiato , „ nel brucior di stomaco, e mal di cuore, nelle fla- „ tulenze e nei spasmi , ed altre affezioni morbose „ dello stomaco; nella debolezza, negli svenimenti, „ negli stringimenti interni, particolarmente allo scro- „ bicolo del cuore; nei dolori di fianco e del bac- „ cino , nella secrezione scarsa o abbondante della ,. bile, nelle ostruzioni di fegato , che possono por- „ tare lo scirro o altri sconcerti di qucst' organo , 32 2 Scienze „ nella diminuzione o mancanza di traspirahile, nel- „ le arenale ed altri vizj dell' orina ; nel rilascia- „ mento ed irritazione degli intestini , nella timpa- „ nitide , e nell' abituale o accidentale costipazio- „ ne di ventre, nei radreddori, reumatismi, nella lom- „ bagine , negli spasmi e crampi del tronco e degli ,;, arti ; nell' idropisia generale o parziale , nel tor- „ pore e nella rigidezza dell' estremità , nella raan- ,. canza di sonno , debolezza de' reni , depressione „ di spirito , e nel languore di tutto il sistema ; „ nelle febbri periodiche e reumatiche , nelle scrofo- „ le, nello scorbuto , nella gotta, nella resipola o fuo- „ co di S. Antonio; nella terribile e atroce malattia detta ticchio doloroso, nella convalescenza del va- „ juolo , del tifo ; nella scarlattina , ed altri scon- „ certi dipendenti dallo stato depravato viscerale. Il „ seme di senapa è sovrano rimedio contro le ma- „ lattie verminose de' ragazzi , e degli adulti : esso „ non solo distrugge i vermi , ma usato lungo teni- „ pò col ridonare il tuono allo stomaco ' e agli „ intestini , impedisce per l'avvenire il ritorno del- „ la stessa malattia „ (i). (i) Sembra che il sig. Turnoi' , nello scrivere su ì vantaggi della senapa , abbia tenuto dietro al Bertini , il quale , divinizzando cert' acqua così si esprime: „ Curat omues stomachi morbos , appetltum excitat , digestionem procurat, vomitum restriagit , sanat cuncta hepatis viti a, hepatis et venarum oppllatlonem aperit , calorem opti- mum facìt , conferì passionibus splenis etc. ,, E prenden- do egli questi , che altro non sono che sintomi , per al- trettante particolari malattie ; sebbene non possano essi derivai-e che da cagioni infinitamente diverse , da non po- tersi vincere con un metodo uniforme ; pur nondimeno ci assicura di averle guai-ite. Riflessioni critiche SaS Il celebre Franck , cui tanto deve la cllnica medica , altamente lagnavasi di non poter dare un corso esatto di pratiche instituzioni ai suoi disce- poli, perchè il tempo per esse assegnatogli in Ita- lia era di soli due anni. Avrebbe il valent' uomo in tal guisa parlato , ove avesse soltanto potuto so- spettare la venuta al mondo del sig. Gio. Tur- nor , da cui dovevano scaturire le non più udite mediche virtù della senapa bianca? Le iGo lezio- ni , che nel clinico corso era egli in dovere di dare , gli sarebbero sembrate anzi troppe , per la naturalissima considerazione che per una meta cir- ca di malattie , tutto ciò eh' ei poteva dire non doveva essere che un dir provvisorio , un intanto , sino alla scoperta della miracolosissima e valorosis- sima senapa. E stato sempre un problema di dif- fìcile soluzione il racchiudere in poche pagine ciò che forma l'essenzialissima base della scienza de' me- dici : un incarico insormontabile il comporre e per- fezionare un' opera in guisa , che i maestri , ove fla d'uopo, possano , per dir cosi, a colpo d'occhio rin- venire , quasi al profferir di una sola parola , la somma delle dimostrate dottrine , e che prontamen- te in essi si desti la reminiscenza delle idee affini e relative. Un' esatta teoria , diceva Tissot, è la ba- se della medicina , siccome di tutte le scienze e di tutte le arti. Ma questi son sogni. L'esattissima delle teorie è quella regalataci dai signori Turtior e Turner Cooke suU' agire della senapa bianca. Un ri- medio che vince un gran numero di morbi , e , quel che più monta , di natura opposta , è tal beneficio , che dai cultori dell' arte medica , e da quei che per mala ventura abbisognano di quest' arte , non potrà ricordarsi senza la più viva commozione. Gli clan- 324 Scienze tlesi eressero una statua a Guglielmo Buckelet , per aver loro insegnato il segreto di salare e acconciare le aringhe ne' barili. Che meriteranno i sigg. Turnor e Turner Cooke che c'insegnano a fugare la piìi gran parte de' mali colla senapa bianca ? Lode sia sempre e gloria all'Inghilterra, la qua- le dopo di aver prodotto i tre gran geni Bacone da Vcrulamio, Isacco Newton , e Giovanni Locke, rige- neratori della sana filosofia , altri più interessanti ne ha dato al mondo nelle persone de' sigg. Turnor e Turner Cooke , i quali per la maggiore utilità dell' oggetto, cui hanno mirato i loro studi ,■ si fanno di molto superiori ai tre primi. Ora sì ^ che possiamo a. suon di tromba gridare: State allegri, infelici, che sof- frite i tormenti del materie virtù della senapa bian- ca sono conosciute, ed ha essa ben altro valore del- la goccia d'orina delle vacche indiane; la quale, se- condo che quei popoli credono , se giunge a cadere sul moribondo, immediatamente il santifica! Il valor del- la senapa è visibile , e l'effetto della goccia d'orina di vacca non è facilmente verificabile. Voi, medici, che tanto avete sudato nella difficilissima fra le arti, tra- lasciate di più occuparvene. Abbandonate pure sulla parola del sig. Turner Cooke l'astruso studio della patologia. La ricerca delle leggi organiche ed anima- li è cosa di. poca o nulla importanza. L'occuparsi sul- la diatesi delle malattie è affatto inutile. L'essere le medesime di fondo steiiico , astenico , o irritative a nulla monta. A che giovan le indagini delle cause morbose ? A che le analisi ? A che i criterj ? Toc- ca al rimedio, da che è entrato nello stomaco, a pren- dere il necessario cammino, onde vincere le malattie di ogni specie , quando anche sieno di opposta dia- tesi. Penserà egli a far uso del suo triplice potere , Riflessioni cRiTicna 325 l^er àLbatlerla , vincerla , e cose simili (i). Qiiosli sono fatti cavati dal libro del sig. Turner Cookc. Guarisce ej^li idropisie , timpaniti , raffreddori , tic- chi dolorosi , febbri periodiche e reumatiche, infiam- mazioni e debolezze, spasmi e vermi, e persino (Dio ce ne scampi ) il fuoco di s. Antonio (a). Protesta formalmente l'autore di non essere ne empirico , ne ciarlatano. Ciò non occorreva , perchè ognuno lo vede. Quello però che noi di corto inten- dimento , come ci siam protestati , non vediamo , si è, in che modo farà il valoroso rimedio a vincere malattie di opposta natura , e il di lui scopritore con qual logica riuscirà a persuaderci , che avendo il suo rimedio la proprietà di stimolare , vinca poi le malattie di stimolo (3). Noi , a cagion di esempio (i) Sarebbe egli possibile che la senapa bianca alle tante ed infinite sue fisiche proprietà ne aggiungesse an- che delle animali , che pensasse , sentisse e ragionasse ? (2) Nell'isola Formosa quando un uomo è pericolo- samente malato gli si passa un i^^odo scorritore al col- lo e sì strangola , per sottrarlo al doloi-e del male ; co- me nel Congo si uccidono quelli t?he suppon gonsi non potersi guarire. Ciò fanno , dicono quegli abitanti , per liberarsi dai dolori dell' agonia. Di qual vantaggio non sarebbe egli per quegli infelici la conoscenza del far- maco del sig. Turner Cooke ? (3) Gli ottentoti non vogliono né pensare né ragio- nare. Pensare, dicono essi , è il flagello della rita. Sa- rebbe possibile che il sig. Turner Cooke, pubblicando il suo libro in lulia, avesse per equivoco creduto di pub- blicarlo agli ottentoti ? Chiunque vuole l'cndersi padrone delle cose , e di ciò che è vero ed essenziale , dice Aristippo , spesso incorre nell' odio irreconciliabile de- 326 Scienze (ma che serve ? torniamo sempre a riprotestare il no- stro corto intendimento) noi dunque, a cagion d'esem- pio , abbiamo sempre creduto , che una medicina de- primente sia atta a vincere le malattie di stimolo , e che air opposto una medicina stimolante valga a superare una malattia di languore. Il sig. Turner Coo- le compassionerà probabilmente i nostri dubbi , ne sa- rà per risolverli , per la ragione che le virtià della senapa bianca sono misteri , e gli oracoli conviene riceverli colla faccia per terra. Non possiamo però astenerci dall' osservare quan- to sino a questo momento, in cui il misterioso vie- ne in comparsa nella medicina, si affaticarono e quan- to diversi cammini praticarono i medici per discuoprire l'azione propria d'un medicamento qualunque. Chi si occupò della forma e del peso : chi della temperatu- ra e del calore. Questi del sapore, quegli dell' odore. Uno tenne dietro alle analisi chimiche le meglio isti- tuite. Un altro seguì i metodi e i sistemi botanici più generalmente ricevuti. E l'Italia nostra , che a preferenza delle altre nazioni credeva di aver per- iezionato questa parte interessantissima di materia me- dica , quando insegnò a sperimentare i farmachi nello stato di salute , di malattia e di morte , facendone il confronto in quattro diversi modi (i), l'Italia, di- gli ignoranti , dei deboli e dei superstiziosi. Sicuri noi delle opposte qualità dell' autore , ci teniamo lontani da un eguale pericolo. ([) I, paragonando gli effetti dinamici , che un far- maco ignoto nella sua maniera di agire produce ammi- nistrato ad un animale vivente nello stato di salute , co- gli effetti dinamici di due serie opposte di farmachi di azione già nota e non equivoca i II, osservando se gli Riflessioni critichi! 32^ cesi, in un cogli accennati discopi'iton, altro, a Leu intendere , non ha fatto , che perdere inutilmente il suo tempo. La vera maniera di penetrare l'azione di un rimedio si è quella in dialogo fra il medico e il malato adoperata dal sig. Turner Cooke : „ Come ve „ la passate voi in salute ? Mi sento infinitamente „ meglio: sono proprio divenuto un altro uomo. Ma „ ditemi la verità senza complimenti. Come la veri- ), ta ! Io vi dico , che mi sento meglio. „ Porta la mano sotto lo stomaco e sotto il ventre ( non si saprebbe bene asserire il luogo preciso ) „ E qui ? . . . ,, Qui mi sento un gran .... : un gran vigore. La- „ scerei piuttosto il mid pranzo , che il seme di „ senapa bianca. „ Andate rao a sostenere il serio , se vi dà l'animo (i). tefietti dinamici di una sostanza in questione diminuisco- no , elidono , o accrescono gli efifetti dinamici di due se- rie opposte di sostanze già note ; III, paragonando l' uti- lità o il danno che produce in una o pììi malattie già cognite pel loro fondo un medicamento ignoto , coli' utilità o col danno clic producono nelle medesime due serie di medicamenti come sopra ; e IV finalmente, ri- chiamando ad esanie i prodotti , che si trovano nel ca- davere di una persona , cui si diede una sostanza , del- la quale s'ignora l'azione , coi prodotti che lasciano ne' ca- daveri due serie opposte dì farmachi , sull' azione de' qua- li non cade più alcun dubbio. (i) Il sig. Fontenelle dice :- Bisognerebbe essere tal- mente in guardia contro sé stesso per raccontare un fat- to precisamente come si è veduto , vale a dire senza nul- la aggiungervi o dominuirvi , che ogni uomo , il quale pretende a questo riguardo di non aver mai sorpreso sé stesso iu menzogna, è un mentitore, „ Pregheremo il sig. SaS Scienze A dir vero , dopo i GuUeti , i Brown , i Dar- win , nessuno sarebbe portato a persuadersi dello stato attuale della medicina inglese , secondo rile- vasi dallo scritto del sig. Turner Cooke. Nondi- meno chiunque abbia voluto osservare il metodo cu- rativo de' medici venuti di coTa , e la premura e la sicurezza degli individui di quella nazione di farsi curare da tali medici a preferenìja degl' italia- ni , sarà costretto di confessare a dispetlo della giusta opinione dell' inglese dottrina , che di pre- sente in quel paese la scienza medici corre il pe- riodo del suo decadimento. Noi stessi ci siamo più volte col maggiore studio applicali a penetrare qua- le si fosse il sentiero de' medici inglesi , venuti in Roma , suir azione de' rimedj ; ma non ci venne mai fatto di potervi riuscire. Tornando ora al sig. Turner Cooke , faremo le maraviglie , sentendo eh' egli , tra gli altri avver- timenti , inculca di non usare del suo rimedio a doppia e opposta virtù in quelle malattie , ove si presentano indizj d'infiammazioni. Ma non ha egli guarito col di lui mezzo febbri reumatiche , ralFrcnl- dori, ed altre senza numero malattie infiammatorie ? Che avessero quo' mali variato natura in grazia della senapa bianca ? Se ciò non è, ne può esse- re , converrà dire che il sig. Turner Cooke è in contraddizione con se medesimo. Ma probabilmente sarà ancor questo un mistero; e in tal caso dobbia- mo umiliarci , e nouN volere osare di penetrarlo. Del rimanente cotesto anfibio attributo , co- si leggermente accordato dal sig. Turner Cooke Turner Cooke di fare qualche riflessione su queste pa- role del sig. Fontenelle. liIFLESSlONl CHITICHE SsQ alla senapa bianca , di valere , cioè , per le ma- lattie di eccessivo stimolo e di debolezza , debbe essere, dlrem così, la pietra di paragone, perchè le persone dotale di sonso comune non si fidino alle bugiarde promesse di tal rimedio , e perchè noi ci teniamo per iscusali , se nel parlarne , non abbiamo fati' uso di uno stile in sussieguo , che non po- tendogli convenire sarebbe riuscito stranamente ri- dicolo. Protestiamo ancora di esser pursuasi , che niu- no vorrà farci il torto di erodere , che nello sten- dere le presenti osservazioni abbiamo avuto in animo di rendere avvertiti i medici di Roma a non credere alle decantate virtù del rimedio a doppia e opposta virtù ; sapendo noi benissimo , eh' essi non hanno bisogno de' nostri avvertimenti , per dar loro quel valore che meritano. È già qualclie tempo che presso di noi assai diversamente si pensa ; e rimarra in tutti i secoli avvenire eterna gloria alla nostra Italia , che sep- pe per sempre bandire da noi l'empirismo , e le altre sciocche dottrine , da cui la medicina trovavasi avviluppata. Grazie sian rese a quei sommi ingegni, che distruggendo i vaneggiamenti del filosofo ri- formatore scozzese , han saputo por argine all' ul- teriore fatalissimo esito delle più miti e benigne malattie , e ricondotti ci hanno nel vero sentiero della buona pratica , e delle filosofiche osservazioni. Ed è pur vero che pochi lustri di ben di- rette osservazioni ci han più fruttato , che tutti i secoli percorsi dopo Ippocrate. L' epoca dell' intro- duzione della filosofia analitica nell' arte medica non può ricordai-si senza la più viva compiacenza. Al me- todo analitico si deve l'avanzamento delle scienze fisiche e chimiche : e la patologia , la botanica e la 3io Scienze mineralogia giacerebbero tult' ora in culla, ove l'ana- lisi non ne le avesse sollevate e cavate fuori. Al me- todo analitico si ani debitori della cognizione che la maggior parte delle malattie credute per l'addietro curabili cogli stiraoli di ogni sorte , sono malat- tie , che soltanto col metodo precisamente oppo- sto può riuscirsi a sanare. E in tanto lume di medica sapienza in Italia , il sig. Turner Cooke ha avuto il coraggio di venir fra noi , celebrando le impossibili qualità di un farmaco a doppia e opposta virtìi ? E gli ha sof- ferto l'animo di far questo in Italia ? Il filosofa Fonteaelle ripeteva spesso a se stesso : „ Ninno sfug- ge Terrore : sarei io il solo uomo infallibile ? Non sarebbe per avventura nelle cose stesse che con piii fanatismo sostengo , ove io m'ingannassi ? „ Abbia il sìg. Turner Cooke la compiacenza di fare a se il discor- so del filosofo francese: confèssi che la passione gli ha fatto vedere nella senapa bianca quelle virti!i che non lia, ne può avere; ed allora la nostra partita di credito verrà saldata , ed il terremo perdonato dell' offesa fatta all' Italia. E per confortarlo nella persuasio-!» ne , che gli effetti che ha creduto ottenere dal- la somministrazione di tal rimedio sono state pure illusioni , gli richiameremo alla mente il racconto, eh' ei senza dubbio sapra di quella signorina galan- te , e di quel curato : i quali avendo inteso a dire, che la luna era abitata, standosi essi col canocchia-» le alla mano ad osservare insieme se lor venia fat- ta di scoprirne gli abitanti , ed avendo osservata due ombre , che alquanto l'una verso l'altra in- clinavansi , la signorina subito decise , che quelle ombre dovevano essere due amanti fortunati , ed il curato sostenne , che esse altro non erano , che due campanili di una cattedrale. 33 1 LETTERATURA // Messia , egloga di Alessandro Pope (tracluzlone della sig. contessa Teresa Carniani Malvezzi ) . 8.* Bologna coi tipi del Nobili e comp. 1827. v_ihi dicesse gì' inglesi non avere poeti di gran va" lore, direbbe cosa lontana da ogni vero. Chi però di- cesse gì' inglesi aver poeti cosi gentili e d'ogni bel- la parte compiuti come gli abbiamo noi, e come già gli ebbero i greci e i latini , direbbe cosa alla quale non saprebbero consentire i più fini conoscitori dell' arte. E veramente ne' versi di Shakespeare, di Milton, di Dryden , di Byron e di tanti e tanti altri di quella grande ed invitta nazione non è chi non tro- vi , ed anche spesso se vuoisi , pensieri maschi , sublimi e terribili, che l'anima potentemente ti vin- cono di terrore e di maraviglia. Ma cosi slegati ( giovi la verità) sono tra loro questi pensieri, cosi spesse volte posti fuor d'ordine e d'armonia , ed in mezzo a tante intollerabili sconvenevolezze e deformi- tà , ch'io quasi non credo il più delle poesie inglesi doversi avere per sincerissime poesie: stimando che all' arte de' versi , siccome a tutte le arti belle il cui principal fine è il diletto , vengano affatto a man- care le più essenziali sue qualità se le manchi ciò che veramente fa belle tutte le cose , cioè la prò- 332 Letteratura porzione delle parti e 1' armonia de' colori. Stolto chi pensa, per essere buon poeta non richiedersi più che il dire alcune cose magnifiche e sinjrolari ! Tutte dovendo essere d'una eguale bontà, se pur l'incauto verseggiatore non vuol farsi della schiera di que' fastidiosi , i quali secondo Orazio non sono portati pazientemente ne dagl' iddii ne dalle colonne. Se ad essere nel numero de'poeti bastasse lo scri- vere come solo detta la fantasia , senza cercare il con- sìglio dell' arte figliuola dell' esperienza , ogn* uomo potrebbe porsi a scrivere anche nel massimo di- sordine della sua mente : che fra cento e cento sen- tenze eh' egli di suo capriccio dira , non potrà esse- re che molte non sieno splendide di qualche novità e leggiadria. Ma che costui possa a cosi bel patto pretendere il nobilissimo titolo , io già non credo. Certo i popoli pii!i sono selvaggi , e piìì sono anche fantastici, e d' un' audacia maravigliosa ne' loro con- cetti. Dunque migliori poeti , che noi non siamo , sarebbero i selvaggi del Canada e dell' isola d'Otaiti ? Dicalo chi non considera, che se i selvaggi hanno forte inventiva, e sanno talora dir cose singolarissime di vi- vacità e di novità, non conoscono poi il segreto di ret- tamente ordinarle e distribuirle, di produrle nella giu- sta lor proporzione, di polirle colle lime dell'arte, d'or- narle de'propri ornati, in che principalmente è riposta la ragione della poesia e di tutte le arti sorelle. E perciò da un profondo senno tu dettata quella sen- tenza di Quintiliano : Interdum vldentar indocti co- pi am Jiabere maiorem , guod dicitnt omnia : dociis est eleccio et modus (i) • Questa elezione e que^ sta regola sono appunto ciò che rende fra loro (i) Instit. lib. 2 cap, 1 1. Il Messia di Popk 333 diverse le poesie de' gentili poeti e quelle de' rozzi verseggiatori : le poesie de'barbari e quelle de' popo- li civili ; perciocché dove i primi tutto dicono e tutto hanno per buono a dirsi , i secondi nella piena d'idee che loro si rappresentano alla mente , sanno con prudenza le più atte e leggiadre trasce- gliere , e le altre lasciare. Et quae desperat tractata nitescere posse , Reti quii. Egregio insegnamento del piiì fino maestro di poesia fra tutti quelli del secol d'Augusto , Ora- zio Fiacco. Io già non vorrei a questi selvaggi cosi fan- tastatici , e così nelle loro immaginazioni disordi- nati , rassomigliare i poeti inglesi : ma certo è , eh' essi hanno ne' loro poemi un non so che di barbarico affatto strano agli altri popoli d' Eu- ropa. Tanto è vero « che le lettere sono la più schietta immagine della maggiore o minore civillk delle nazioni. Quindi sembrami che il Voltaire non iscrivesse mai cosa più certa di questa : che gV in- glesi non sanno altro produrre che imperfette bel- lezze (i) : il che tanto vale quanto il dirli sfor- niti di ciò che si dimanda buon gusto. E lo si vede chiarissimo nelle altre arti imitatrici del bello , nel- le quali sono essi di gran lunga minori a tutti i popoli civili d'Europa; come a dire nella pittura, nella scultura e nella musica. Penso che molta par- te abbia in ciò il loro cielo , rare volte abbellito da' raggi del sole , e perciò il più tetro e il più melanconico dell* universo : ma non poca ve n'ha (i) Melang. de litter. ci de philosoph. cap. 3i. G.A.T.XXXV. 32 334 Letteratura pure la scuola di Shakespeare , di cui parimente be- ne disse il filosofo di Ferney : Shakespeare aveva un ingegno maraviglioso : ma non a\>eva punto di gusto : ond* è cu egli lo ha pur guasto la sua nazione (i). E veramente non credo esservi mai stato poeta ne di maggiori spiriti di costui , ne di maggiore intemperanza e stranezza, per non dire mostruosità : talché il suo levarsi , chi ben considera, non fa sovente che un correre a gran pre- cipizio. Dovevano i seguaci di lui avere in quel pre- gio , in che tutti e sempre avranno le molte parti leggiadre e sublimi per le quali Shakespeare fece a nobilissima prova con Omero , con Pindaro, coli' Alighieri , che certo furono le fantasie più potenti dell' uman genere; ma, com'è l'uso di quelli che da servili e da ciechi entrano in ammirazione di alcuna cosa, tutto fu in Shakespeare avuto per oro : sicché ta- lora di un mostro si fece una divinità: e sull'esempio suo statuissi quasi per canone della poesia inglese, che un bel cadere sia quando si cade di luogo altissimo. Canone falso e dannoso : perciocché la temerità, non deve mai stimarsi virtù , e degno sempre di ripren- sione , dice il Tasso, è l'essere audace infelicemente. Queste sentenze io so bene che a tutti non piace- ranno r né già molto rileva. Neppure a me piacciono tutti: ed io libero e franco, quanto le lettere e la mo- destia concedono , ho fatto proponimento di non aver buono ne' miei poveri studi se non ciò che possa quie- tare la mia ragione : e questo scriverò e parlerò , malgrado anche del biasimo di chi volesse tenere piut- tosto dal secolo che dal vero. Quando io stimi che i molti errino , mi sarà sempre grato lo stare co' po- (i) Ivi. ' Il Messia di Pope 335 chi: e volentieri somiglieiommi a quell' ateniese An- timacu, a cui Tessere udito dal solo Platone bastava per un gran popolo di ascoltatori. Tra gì' inglesi però i quali non lasciarono stra- scinarsi da superstiziosi alla scuola di Shakespeare fa • duopo eccettuare B. lohnson , l'Addison ed il Pope: perciocché tutti e tre si partirono da quella maniera intemperante, ampollosa e deforme, e presero a farsi gentili allo specchio de'latini e de'greci. Sono a legger- si gli avvisi gravissimi, che i due primi hanno dato a'io- ro britanni intorno alla letteratura ed alle regole d -gli antichi, e singolarmente intorno a quelle divine di Ora- zio e di Aristotele; e più anche da leggiersi e da metli^ tarsi e il giudiciosissimo poema del Pope suli'^r^? criti- ca , nel quale giovandosi quell'uomo sommo di ciò che la filosofia e rimmaginazione sanno suggerire di più eccellente, cercò di farci saviamente avvertiti cìie poe- sia è alta ragione , non pazzo delirio siccome parec- chi pretendono. Segue natura , dice egli nel canto primo (i) , Segue natura chi gli antichi segue : É chi leggi si fa di loro leggi , Censor non tema. Eccoti verdi e vive Su i loro altari le apollinee frondi Di che un tempo si ornaro , e contro a quelle Non puote invidia, o cruccio aspro d'inverni. E prima ci aveva ammoniti : Che la via più calcata e più comune È la più certa. I suoi precetti trasse (r) Traduzione del conte Gasparo Gozzi. aa* 33G LETTERATtnA Arte già da natura : e questa puote , Come assoluto re , sol da sue leggi Esser ristretta , ed obbedire a quelle. Ne già per questo si fece nemico a tutte le li- berta , o volle che gli schiavi poeti camminassero , come suol dirsi , graziosamente co' ceppi a'piedi ; ma seguendo il consiglio di Quintiliano che scrisse: Ncque tam sancta sunt ista praecepta , sed hoc quid- quid est utilitas excogitnvit. Non negabo autem sic utile esse plerumque : veruni si eadem illa nohis nliud saadehit utilitas^ hanc relictis magistrorum auctoritatibus sequamur (i) : seguendo, dissi, que- sto consiglio insegnò anch' egli nel libro secondo: Già per dare a'pensieri ordine e luce Dier leggi i dotti. Se però t'accade Che , ostinato a seguir leggi e precetti , Languor nell' opra e impedimento veggia , Tu sprigionati cauto , e un chiaro ardire Di felice licenza usa : che allora Regola e non licenza hai da chiamarla. Questo grande poeta sarà sempre carissimo agi' italiani , perchè agi' italiani pili che tutti gli altri si rassomiglia. Ed infatti non v'ha opera sua , la quale da qualche nostro valente non sia stata volgarizzata. Ma sembra che la celebre signora contessa Teresa Mal- vezzi , nuovo e bello ornamento delle nostre lettere , abbia preso più particolarmente a farne le proprie delizie : perchè dopo averci data quella sua tradu- (i) Loc. cit. Il Messia di Pope 337 zlone d'oro del Riccio Rapito , ne porge ora in tellissimi versi quest' egloga intitolata il Messia , nella quale il Pope volle emulare al Sicelidcs miisae del suo maestro Virgilio : tanto più ele- vati ,| che non si convengono alla umilia de' bo- schi , sono gli spiriti del suo canto. E veramente era ben debito , che se a cantare , siccome erede- si , la nascita di un principe della casa cesarea vol- le Virgilio che la sua musa traesse più alti suoni , e le selve fossero degne della maestà di un con- sole ; non meno il Pope a profetizzare tra le pa- storelle di Solima la venuta del figliuolo di Dio vo- lesse più dignitoso e sonoro sciogliere il sacro suo verso. Ah tu , 0 santo Spirto , d(!h vieni , e con la dia favilla Che ad Isaia 'nformò labbro divino, Tu incendi il petto mio. Non è cosa un' egloga , come ognun vede , da po- tersene fare il sunto. Quindi solo mi restringerò a darne un saggio a'iettori , acciocché ammirino la fan- tasia leggiadra del poeta britanno , e la nobile sem- plicità ed eleganza del verseggiare della signora con- tessa Malvezzi. Ah non più gente a gente opporran l'arme. Non d'odio più scintillerà pupilla , Ne acciar vedrassi balenante in campo , Ne suon di tromba spirerà ne' petti Guerrier furore : ma le lancie inutili In falci attorte , e in vomer convertite A'colti andran le late scimitarre. 335 Letti^atura Alti palagi sorgeranna e templi ; Torreggeran vaste citta e castella ; Il figlio compirà l'opre de' padri , E air ombra degli aviti suoi vigneti Godrassi al fianco della fida sposa Languir tra dolci amplessi e caldi baci , Mentre scherzando i pargoletti nati A lui 'ntprno faraa larga corona Volger veggendo in bella pace gli anni. Buon frutto il villanel di sua semente Corrà, premio abbondante a'suoi sudori. K con stupor per le pendici sterili Vedrà pampini verdi e bionde spiclie ; Udrà per le assetate e secche arene Un nuovo mormorar d'acque caggenti ; Vedrà gigli e viole ornar le rocche , E per le valli d'intricati spini Inchioraarsi l'abete, e stender rami Il vago bosso , e la fiorita palma , Ed il mirto odorato. L'agnelletta Co! lupo scherzerk pei pingui paschi ; E con laccio di rose il garzoncello A suo talento guiderà la tigre. Il corridore ed il lion superbo A un sol presepio gusteranno il cibo ; E la serpe obbliato il suo veleno Ira del pellegrin lambendo il piede ; E con man tenerella il fanciullino Del basilisco lisciera la cresta , E il bel lucido verde vagheggiando Vezzeggiera la biforcuta lingua. Il Messia di Pope 339 Cosi sempre rjuesl* inclita donna adorni di si Le' fiori il nostro Parnaso : e crescendo ognor più la fama del suo valore, già in Italia ed oltremonte chia- rissima , cresca anche la gloria dell' italiana genti- lezza e letteratura. Salvatore Betti. Tu',' ole greche de magistrati annuali , scoperte ul- timamente Jra le rovine deW antichissima città di Acre in Sicilia. J I sig. cavaliere Thorlacius , insigne professore di archeologia nella dotta capitale della Danimarca , "fin dalla prima sua venuta in Roma si piacque di usare verso di noi le più cortesi ed obbliganti di- mostrazioni; e conosciuto il merito della impresa di ijuesta^jnostra società , volle attestarle solennemen- te il suo deciso ed autorevol favore : del che non è a dirsi quanto gli siamo , ed esser gli dobbiamo sempre tenuti. Ora egli reduce da un fruttuoso viag- gio fatto in Sicilia , ha continuato nelle gentili e care maniere ; presentandoci con suo accuratissimo apografo di alcune iscrizioni greche cola recente- rnente disotterrate ; e credendo forse colui che scri- ve queste cose più valente di quello eh' e' sia. Per la debolezza nostra e il disagio di libri , avremmo dovuto certamente tardare alquanto prima di ren- dergli grazie in pubblico : ma ci sembra che nel ca- so presente una sollecita professione di riconoscetiza debbasi preferire alla pompa rilenta di maggior dot- trina. 2\0 LETTHRAtURA Diamo per ciò in luce le avute rarità , sotto forma di semplice avviso ; e ben poche , o poco ri- levanti saraJino le osservazioni die sapremo frappor- re alle medesime. Erano esse le tavole marmoree de'magistrati annuali , i fasti cronologici sagri e ci- vili , esposti nel foro, al teatro, o alla palestra, in una citta si antica ed illastre, che la fondazione sua ci venne consegnata dal sommo Tucidide ( lib. VI. cap. 5. ) , come fatta pe'siracusani settant'anni dopo che Archia degli Eraclidi , venuto co' suoi Corin- zii avea stabilito una colonia in terreno posseduto da'Siceli , Sicani , ed Opici della interna Italia ; co- Ionia che sotto il prisco nome di Siracusa fu mag- giore della Corinto di oltremare. Il novello propu- gnacolo del grande gruppo di cittk crescenti ebbe vocabolo di Aìi^xi in plurale , dalle vette o sommi- tà, sulle quali era piantato a custodia verso ponen- te ed il promontorio di Pachino. Diodoro e Strabo- ne non ne fanno menzione; poiché a'tempi loro , per la prima delle piiì terribili conquiste operate poscia da'romani , esser dovea distrutto, o decaduto molto dall'antico splendore (i). Qual gratitudine quindi professar non si dee da tutti gli uomini di senno al sig. barone ludica , per le cui magnanime cure e dispendj mantengonsi le scoperte di antichità cotanto recondite , s'illustrano con edizioni, ricolmansi con gli effetti della piti cor- tese accoglienza i dotti viaggiatori; emulando sì de- (i) Dvodoro veramente nomina di passaggio Acre , ne' miserabili brani rimastici del XXIII. libro , alla pa- gina 5o3. della jedlzione del Vesselingio ; dove annovex'a- si questa fra parecchie illustri città , cedute da' romani al re lerone. Tavole d'Acre 34< gnamente i rinomatissimi principi di Biscari e di Tor- remuzza ? Gh' egli trovi nella inesausta sua Sicilia , neiritalia , in tutta l'Europa ammiratori ed imitato- ri quanti v'hanno mai nobili spiriti fra i facoltosi e potenti della terra ! Non potendosi rappresentare co' tipi le proprie forme arcaiche delle lettere di queste tavole ; quali sono il 9 romboidale, l'Q mega fatto pure con una romboide bislunghetta posata sopra una linea oriz- zontale, il sigma a tre angoli rettilinei, ed altre cir- costanze disegnato dal sig. cavaliere Thorlacius con quella esattezza e bella mano , che dimostra il vero intelligente ; renderemo tutto ne' caratteri comuni ; tralasciando ancora pochissimi apici o rimasugli dub- h'} , in luogo de'quali porremo puntini. I. EniHPAKAEIOYTOY NYMiOAfìPOY nPOSTATEISANAPES HPAIKAIA*POAITAI AP12T0rEIT0N02 APTEMRNnAYZANIA AI0NY2IAQP02 KPI0fìN*IAI2TinNOX *IAI2TinN 2S22IOS KAEfìNNYMSOAfìPOr rPAMMATEY2 4IAI2TIfìN Heracleio Njmphodori {/ilio ) , archonte , aut sum- mo sacerdote , \vel alio titillo magìsfratus et sacer- dotii , eponymo ; scilicet anno civitatis aut colo^ niae .... Praesides viri {qui subscripti sunt) Ju' 342 Letteratura noni et Veneri {^vel sacra fecerunt) Aristogitonis ( vel Aristogitonis statuani dedicnrunt ) . Artemo Pausaniae. Critho Philistionis. Dionysldorus. Philistio Sosklis. eleo Nympliodori' Scriba Philistio* Da molti altri contrassegni di attica relazione, che vedremo nelle seguenti tavole , ci si rende si- cura la spiegazione data , che qui alludasi ad ono- ri tribuiti alla memoria de'due famosi Armodio ed Aristogitone. Ciò costituisce il nostro monumento piii pregevole , col mostrare a un di presso l'età sua. QueV^ooTara/ , con declinazione di dialetto non do- rico , ma forse calcidese , accennano a nostro pa- rere il consiglio di presidenza , o i sovrastanti al teatro , più che ad altro. — Piacqne ad alcuni , co- me per esempio al Corsini , tradurre la iniziai for- mola Eni per sub archonte etc. Noi la tenghiamo co'buoni latini , che fecero : i tali due consalibus , il tale praetore. Dopo aver posto una volta nelle nomenclature il sottinteso fdio , che abbreviato si adopera nelle lapidi romane , Tabbiam poscia omes- so ; che questa ellissi è molto usata ed elegantis- sima presso gli aurei scrittori. Veggiamo altresì , che alcuni eruditi uomini , nel rendere i nomina- tivi greci imparisillabi in S2N , travolgono in lati- no on. Errano certamente : ed a convincerli basterà l'osservanza degl' immediati successori de' latini , la concordia de'classici nostri del trecento , i quali dis- sero e scrissero Plato , Cato. Tavole d'Acre 343 2. AIONISOYKAIS lEPATEYONTE . API2TS?N020 KAAAirENlANKAST .... EYXAPI A questa , troppo malconcia dalle disgrazie , sarà superfluo V apporre versione , e temerario il tentar- vi sopra un principio di congettura. Sembra far- visi menzione di Bacco e di un altro nume, for- se scoTst^xs ì cioè Diana sicuramente pe' siracusani. Ma tuttavia, se considereremo una similissiraa iscri- zione segestana, presso il Torremuzza (Inscript. Sic. edizione del 1734- P^g* ^3. n,° IV.), scorgeremo doversi volgere in nominativo agente la prima li- nea, per esempio AIONYSIOS KAI zr^SIS sacris pc- culiarihus addicti Aristonis filiam Calli geniam Ca- storis {iixorem) reddendarum gratiarum canssa (Jiac statua honorant). Tvovìsimo EYEPrE2lA2 ENEKEN in altre lapidi siciliane ; onde qui porremo con tutta confidenza EYXAPI cjlxg è'veKsv. La prima frase Leu esprime TefFetto della virtù , riguardata nella per- sona beneficante ; la seconda l'effetto della istcssa virtù ne'beneficati , dedicanti per gratitudine l'ono- re di memoria : e così confermasi , essere stati ge- neralmente nella Grecia di levante ed in questa di occidente , e nella Sicilia in ispecie , sommi magi- strati e disponitori delle pubbliche cose i sacerdoti e le sacerdotf^sse. — Facciasi un passo indietro nelle congetture; il che non e vergogna ! La lezione dell' egregio sig. cavaliere Thorlacius dev'esser certa cer- lissiraa. Dunque , o manca un 01 avanti la prima 344 Letteratura parola , e i buoni siracusani costruirono talvolta il ■verbo te^ocrem col genitivo ; o manca tutta una li- nea superiore, nella quale fossero espressi i due ie- rateuonti di Bacco e Sotira. Il resto cammina come abbiam detto , ApIZTJ2N0S evrATEPA etc. 3. AI02A*P0AITAI ApXONTESEHIT .... X .... 2 APXArAeoSK HPAKAEiAASHPAKAEiAA ArA0APXO2 AAM0KAH2APTEMQN02 *INTQN*IAI .... AI0NlfZI02HPAKAEIAA 2Q2I2API2TOKAE02 HPAKAEIAA2 AI0AQP02 AIOAfìPOY Ano .... Y2MI ... A AAMOKAH2 AAMATPIOTf OP9a . . A eponymo , Posidius ge- neri {\e^ocr&lm erat). Archontes {ad moenia portas- se ckntatis curanda erant Iti qui infra scripti sunt)» Archagathus k. Heraclides Heraclidis , Agatharchus , Democles Artemonis , Phinto Phili Dionysius Heraclidis , ; Sosis Aristoclis , Heraclides , Diodorus Diodori -, Ape Hysminiae , Democles Demetrii , Ortho L Nella prima riga abbiamo cangiato in A una A , ■ per ammettervi Posidius j suU' autorità della tavo- Tavole d*Acre 345 la seguente sesta. Il nome di Arcagato è celeberri- mo per la Sicilia. Dea ponderato il tutto , siamo astretti a persuaderci , non altri esser questi che il grande guerriero Arcagato primo , figlio del terri- bile conquistatore Agatocle. Diodoro ce Io assicura di animo avverso dal padre (lib. XX. pag. 492. edit. Vesseling.); onde sta bene, ch'egli risiedesse alquan- to lontano. A'personaggi della famiglia regnante os- serviamo non apporsi sulle nostre tavole il nome del padre. L'Eraclide quindi della linea 8. esser debbe il suo fratello giuniore , ricordato dall' isterico nell' istesso luogo. Il K. aggiunto al nome di Arcagato sarà per noi o KTISTHS , fundator , detto con un po' di adulazione, o KTATJ2p, possessore titolo ba- stante, se Diodoro appella i grandi monarclii dell'iso- la semplicemente dinasti , cioè potenti. Troveremo l'Arcagato secondo , figlio di questo primo , e nipo- te di Agatocle , nella tavola seguente quarta alla linea 5. ; e forse anche un fratellino suo Aristofa- ne, ignoto agl'isterici, nella tavola quinta linea io., ambedue col nome paterno espresso ; e ciò perchè , alla morte violenta di Agatocle , ogni signoria del- la casa si estinse , come sappiamo dagli scrittori ; o perchè il privilegio di un solo nome non appar- teneva che a'capi di famiglia. I veri dotti ritorni- no su' troppo rapidi nostri passi ; e fissino rae»lio l'epoca precisa di marmi , che meritan bene ogni studio. Notisi quanti Eraclei , quanti Eraclidi com- pariscano in queste tavole. Oltre la discendenea dall' Archia di Ercole pe' siracusani ; molli altri duci del- la istf^sìa famosa stirpe riempirono di colonie la Si- cilia. Potremmo produrre in testimonianza di ciò pre- gevoli medaglie , non ancora conosciute a dovere. L'altro nome che nella presente tavola sen va solitario , si è Agatarco , alla linea \. , nome della r3/[6 Letteratura istessa formazione, ma rovesciata, con quello di Ar- cagato , che gli sta sopra. Inastino Tucidide (lib. VII. pagg. 459. et 491O ) e Diodoro (lib. Xlll. pag. 55 1.) a mostrarci , che un Agatarco era stratego di Sira- cusa nel grande combattimento navale contro gli ateniesi , verso la fine della olimpiade XCI. ; onde confermarci nella nuova osservazione , che la reti- cenza del nome paterno era indizio di somma no- biltà e signoria. Di ugual condizione esser dovea il Dionisidoro della prima tavola , linea 7. , che pa- re nominato non Dionisodoro , come tanti , per de- rivazione dal nume Dioniso , ma Dionisidoro da'Dia- nisii , famosi regnanti dell'inclito paese. 4. ArOPANOMOI APISTOMAXOS AnOAAOAQPOSNYM^OAftPOYNIKfìN NYM*OA£lPOY HPAKAEIOS HPAKAEIOY2AA TPAMMATEYS TPIAKAAAPXOI KAI^PAAATHP *IAISTlQNNIKANAPOr APXArAeO2APXArA0OY NYM^QNAYZIA YHOrPA^EYS 2^IONY2IOSinnJ2N02 fìSIS nAYSANIA MIK^N NIKftNOS ANTIKPATH2APTEMS2NOS EA«PI2HpAKAEIAA KAPYS eEOAQP02EY*PAIOr EY*PAI02EY*PAI0Y EYKAH2 *IAAPX01f TfnHPETAS Agoranomi {erant) Aristomachus . . . . Apollodorus Nymphodori , Nico Nymphodori Heracleius Beracleii SaL scriba et phradater» Tavole d'Acre 34^ Trlacaàarchi. Philistio Nùcandri , Jrchàgathus Jrchagathi^ , Nympho Ljsiae amanuensis , vel ah actis. Dionjsius Hipponis , Osis (an Sosis ?) Pausaniae , Nico Niconis i Anticrates Artemonis , Eloris Heraclidis ceryx , vel nuncius. Theodorus Euphraei^ Euphraeus Euphraei , Eucles Philavchl ministeri seii publicus conlegil. Questi singolari fasti , non solamente spargono un lume inaspettato sull'istoria, ma ci porgono al- tresì vocaboli finora non conosciuti e bellissimi; on- de arricchire i preziosi lessici del greco sapere. Cre- diamo pliradater e triacadarchi due nomi non mai letti , ne intesi da alcun uomo dotto. Pel primo ve- ramente bastava tenere 5. 6. A gens , 5. Ageas Ageae ,5. Andcrates Artemonis , /f. Apollodorus , 6. Apoìlodorus Nymphodori , 4« Apollonius , 5. Apollonius Agathonis , 3 . Apo Hysminiae ? 3, Archagathus , 4- 5 . Archagathus Archagathi , 4* Archagathus A: . . . . , 3. Aristeas , 6. Aristeas Xenonis , 5. A risto , 2. 6. Aristocles ,3. Aristocrates , 5. Aristodemus Sosibii , 7. (i). (i) Questo nome di Aristodemo, o Aristodamo , ed i seguenti di Aristomaco , bea confermano la origine Era» Tàvole d'Acre 353 Arìstogitus , 5. Aristomachus ,4» Aristomachus Dionjsodori , 6. Aristomenes Zopjri , 5. Aristophanes Archngathi , 5. Aristoxenus ,5.6. Artemo , 3. 4- 6. Artemo Pausaniae , i. Callicrates , 5. Calli genia , 2. Castor ? 3. C/eo Nymphodori , i. Critho Philistionis , i. Crito , 5. Crito C ritoni s , 5- Daicrates Aristoxenì , G. Dema^netus Lyconis , 6. Demetrius , 3. 5. Demiocrat.es Aristocratis ^ 5. Democles Artemonis , 3. Demodé s Demetrii , 3. Democrates , 5. Democrates Philii , 5. Diudorus ,3. Diodorus Diodori , 3. Dionjsidorus , i. Dionjsius ? 2. clidea Corhizia di Acre e Siracusa , segnataci dal pr<^- zioso marmo di Paro. Veggasi l'esimio maestro di ogni erudizione ed eleganza Pausania, ne' Gorinziaci o libro II. <:ap. XVIII. 6. , dove accenna il ritorno degli Eraclidi nel Peloponneso. Il nome di Aristogito , che ci par nuojio , convalida ciò che dicemmo di Aristogitonedla tavola prima. .356 LETTERATURA Dionysius HerncUdis , 3. Dìonysiiis Hipponis , \. Dionysodorus , 6. Dionysodorus Zopyri <, 5. Eloris j4 polloni i , 5. Floris Heraclidis , 4* JEpigonus , 5. Epigonus Epigoni , 5. Eucles Philarchi , 4* Euphraeiis , 4* ^'«f- Euphraeus Callicratis , 5. Euphraeus Euphraei , 4» ^ Mj Theophili , G. Heracleius , 4* Heracleius Agaihonis , 6. Heracleius Heracleii , 4* Heracleius Nymphodori , r. Heraclides , 3. è/j , 4* Heraclides Apollodori , 0. Heraclides Demetrii ^ 5. Heraclides Heraclidis , 3. Heracl 6. zr/>/)o , 4. Hjbrimus Sosidis , 6. Hysminias ? 3. Z//CO , 6. Lysias , 4* Menecrates Sosidis , 5. Nicaeo Jrtemonis , 6. Nicander , 4* Nicasio PhilisU , 6. iVico , 4* ^'•^* JV/co Niconis , 4* iV/co Nymphodori , 4* Nynipho , 4* Tìtoli: d'Acrx 35^ Nynipho Lysiae , 4* , Njmphodorus ^ i. bis ^ 4* ^'*' Ortho . . . , , 3. Osis ? Pausaniae , 4- Pausanias , i. 4* Pausanias Sosidis , G. Philarchus , 4* Philistio , I. ^/j. Philistio Nicandri , 4* Philistio Sosidis , I. G« Philius , 5. Philocrates , 5. Phinto Phili ..,.., 3. Pìtylistus ? 6. Posidius , 3. 6. Pyrrhichus /tristo giti , 5. Sosibius t J' Sosis , I. 5. 6. i^O.?/* ? 2. iSo^-ij Jristoclis , 3. Theodorus Euphraei , 4- Theophilus , 6. Jife'rto ,5. Xewo Aristeac , 6. Zopyrus , 5. ^/j. GinoLAMO Amati. 358 i"' Prose di Domenico Antonio Fctrini di Russi. K on è luogo oggiraai nella nostra Romagna , che non sia lieto e fiorente di buoni studi. Ne già solo alle parole ne solo alle cose si volgono i più sve- gliati ingegni ; ma alle parole insieme e alle cose , di qualità che la buona filosofia diresti fatta mae- stra all'eloquenza. Però non è meraviglia , se quasi in ogni opera , ohe quivi esce alla stampa , è fiore di lingua non meno che di dottrina. 11 che ci ac- cadde osservare più altre volte : ed ora. eziandio per queste prose dettate già dal Farini , le prime delle quali impresse in Forlì- per Matteo Casali nel 1824 / e le altre via via nel iSaS e 1826 so- no finora in G fascicoli in 8.° Nel primo è una lettera consolatoria a virtuosa madre orbata di un caro figliuolo : l'autore la intitolò alla moglie sua soavissima mancata ai vivi nel fiore degli anni . Nel secondo è un discorso sulle scuole prime , do- ve con senno di maestro e con amore di padre sono esposti i mezzi più acconci alla buona educazione de'figli per trarne poi degli uomini utili a se ed alla patria. Nel quarto si toccano i grandi vantag- gi della buona agricoltura. Nel sesto l'amore dei toscani all'idioma parlato. Di questi per seguir bre- vità vogliamo ci basti avere accennati i subbietti ; ma noi mancheremmo a noi stessi passando cos'i leg- giermente sopra il terzo e quinto fascicolo ; che quello del Maioli , questo la vita contiene del Tor- ricelli : nomi dolci e onorati non solo nella Roma- PnosE DEL Farini 359 gna, ove nacquero; ma dovunque si pregia bon- tà di costumi e merito di dottrina* Terremo l'ordine del tempo dicendo prima di quel lume della rinnovata filosofìa Evangelista Tor- ricelli di Faenza: quivi venuto al mondo nell' otto- bre del 1G08. Datosi agli studi , presto s'innamorò della geometria: a'i8 anni passò a Roma, dove quel padre dell' idraulica Benedetto Castelli gli pose in mano il libro del moto del Galilei : nello studio del quale fecesi tanto innanzi quell' acuto giudizio del Torricelli da scrivere egli stesso sul moto de' corpi naturalmente discendenti e dei proietti per modo da acquistarsi lode dai savi, fra i quali nomineremo il Castelli e lo stesso principe della fisica a quella età t il primo de"* quali lasciando Roma per gire a Vine- gia air elezione del generale del suo ordine non tro- vò chi meglio del Torricelli , pur cosi giovane , te- nesse nel frattempo in sua vece la cattedra : il se- condo già vecchio e privo del vedere s'invogliò d'aver- lo con seco a far conserva degli ultimi sublimi suoi pensamenti. Il Torricelli per una parte tenevano l'amo- re de' buoni , la stima de' savi , la grazia del sovra- no pontefice, ed un pili degno teatro in questa Ro- ma : per l'altra facevagli invito quella fonte di vivo sapere , a cui dissetarsi in Firenze. Allo stimolo , che sentiva -più forte , cedette quell' animo genero- so, e fu sui primi del 1641 a fianco del Galilei: di tal compagnia godè a pena tre mesi , che venne la morte e lo privò del ben amato maestro. Quale si ri- manesse egli a tal colpo , è pili facile sentirlo che esprimerlo : basti che divisò di torsi allora a Firen- 26 , onde per lontananza venire alleviando il suo do- lore. Ma che ? la sapienza del principe ben lo riten- ne , dandogli ivi stesso cattedra e ufizio di matema- tico. E meritamente ; che da tal uomo , qual era il 36o Lettera T u'r a Torricelli, prima col metodo delle langentr (da esso lui nel 1G41 comunicato al Galilei ) fu giovata la scienza tanto , che oltre la dottrina de;»!' indivisibiii trovata dal Cavalieri si può dire quel metodo istes- so essere poi stato al Newton grado e scala a sali- re al calcolo delle flussioni : lainta è l'analogia cl»e vi si scorge ! Ma checche sia di ciò , sterile non si rimase in mano di Evangelista quel suo trovalo , cui egli nuovo Archimede applicò a tutti i solidi inscritti o circoscritti alla sfera : e con si fino giu- dizio , che ogni cosa ridusse non più clv a sei ge- nerali teoremi , dai quali mostrò iniitiro(npvoli sca- turirne. Certo quanto egli insegnò delle ngui e inscrit- te o circoscritte al cerchio , delle superlìcie curve , dei massimi e minimi , delle cicloidi , ipesloii , pa- rabole, spirali , fu pftrta per chi venne dopo a nuo- vi discopriraenti. E fu lode del Torrincelli ; che le più sublimi dottrine espose in modo facile e piano da agevolarne l'altezza ad ogni non vile intelletto : intorno alle spirali per certo scrisse così da disgra- darne Archimede, e tra le sventure non fu l'ève con- forto al Galilei vederne tratte le prove altresì dalle teorie del moto, di cui egli stesso quel sovrano giu- dizio avea poste le leggi. Del libro delle proporzio- ni , agli studiosi fatte si chiare , noi taceremo ; ma chi può tacere dello sciolto problema sulla misura dello spazio cicloidale.*' problema che stancò il Galileo non che il Cavalieri , come quest' ultimo al Torri- celli ben confessò con rara schiettezza , che diremmo italiana , guardando al contegno che altri di fuori usar suole co' nostri : di che ebbe prova pur trop- po acerba il Torricelli medesimo massime col Ro- Lerval ( geometra de' più chiari senz' alcun dubbio ) che si arrogò sì la misura dello spazio cicloidale, sì il metodo delle tangenti , e dovea poi forse starsi con- ' " Pkgsk del Fariki :36i tento, mpglio cììo a tliviclerne la gloria , ad avere con più esattezza , che {(negli non fece , assegnato il cen- tro della cicloide. Ma ad ogni modo sark sempre glo- rioso al Torricelli l'avere eziandio poste ad esame altre ligure procedenti dalla cicloide, onde fu aperta la via alla piìi Lreve caduta di un corpo per archi -cicloidali, a chiaiir le dottrine dell'urto de' corpi , dell' applicazione del pendolo agli orologi, dell' iso- cronisnio delle cadute , e dati i primi passi verso le forze centrali. E non altronde fu il seme, onde na- cquero le epicicloidi tanto utili per la curvatura dei denti delle ruote nella meccanica. Et chi può tace- re la misura Unita che Evangelista mostrò di quel so- lido iperLolico singolare procedente dal girarsi di una curva e di uno spazio infinito attorno all' asse ? Di- stendesi all' infinito comecché sottilissimo e non ec- cede la mole di piccolo cilindro: intorno a che pose egli il suo studio si intensamente, che fu condotto a ridurre a certa misura solidi di estensione infinita ; ., preparatasi prima quella del circolo per via piti ra- pida ancora di quella segnata già da Archimede, via che altri poi tenne (e fino ilBarow), e del Torricel- li si tactpie. Ma non si ristette il sottile intelletto , e coUa teoria degl' indivisibili , che gli fu tanto cara e fruttuosa da compiangere gli antichi che la ignoraro- no , dimostrò nuove cose intorno alla coclea ed alla misura di essa ; avvenendosi in cotal solido contorto a guisa di spira , a cui nulla di simile conoscevano allora i geometri. E sciolse il problema di Apollonio Pergeo, e molte belle dottrine ne aperse circa le nuo- ve linee , e la quadratura della parobola con meto- do assai felice ne dimostrò : sciolse ancora sui mas- simi e sui minimi due problemi propostigli da Fer- mai : in due libri strinse la dottrina de' solidi : e investigò la misura di quelli delti da lui bicchieri 362 LETTERATURA geometrici, la cui base è formata dal solido iperbo- lico eh' egli immaginò , ed il calice è generato dall' iperbola e dall'asintoto e da due elissi simili volgen- tisi intorno all' asse : e gì' isoperimetri piani e le figure iscritte non trascurò. Dalle matematiche pure passando alle miste , ci torna innanzi quel suo libro del moto de' gravi na- turalmente cadenti, e proietti: dove premesso ciò che de' gravi era a premettersi , si occupò della pa- rabola , indi del moto accelerato , poi de' corpi lanciati , e le dottrine del maestro o crebbe o chia- rì. Ma a voler dire ogni trovato di lui saremmo infiniti. Basti che fu autore di quel principio che dice : ,, Quando due pesi sono egualmente legati in • „ sieme , che , in quale situazione si trovino » il „ loro centro di gravita comune ne si alza ne si „ abbassa , in tutte queste situazioni stanno in equi- „ librio. „ Per questo mise in chiaro il rapporto ile' pesi, che lungo piani inclinati si contrabilanciano. E dimostrò il teorema, cui il Leibnizio poi ripro- dusse negli atti degli eruditi di Lipsia : „ Che il „ centro di gravità di due pesi analogamente pro- „ porzionali ai lati del triangolo , pei quali l'uno e „ l'altro è tratto per una corda, è posto nella stes- ^, sa base orizzontale.,. Ne meno della statica giovò l'idrostatica? ei di- mostrò la pressione de' fluidi sulle superficie che li sostengono , e discoprì che un fluida chiuso in un canale decrescente dall' alto , esercita sul fondo tale pressione quale se il canale fosse per tutto unifor- me, e sciolse il problema propostogli circa la figura di un vaso che con moto eguale si scaricasse. A migliorare le campagne bagnate dal fiume Chia^ ne propose introdurvi acque di fiumi per farne col- mate: e dopo mille opposizioni mandato più tardi ad Prose del Fajuni . t '3<53 .effetto il savio divisamento di lui, ora qud paese che dava immagine di vasto mare è fatto „ fiorente pQ- .„ poloso ed il granaio della Toscana. ^, Ed al Tor- ricelli eziandio vuol sapersene grado; ma piià perchè all'idraulica ,volse. gli studi tanto da dimostrarne uno de'primi fond,araenti in quel teorema che dice: „ La ve- „ lecita dell' acqua, che esce, dal foro, di un vaso , è „ k, stessa che quella acquietata da un grave, che .„ dalla, superficie dell' acqua al foro discende. „ Ed è molto utile nella pratica se non per gli. elllussi in ge- •^^^^1®;?; afelio, per quello de' piccoli oriflcii; e vuol tenersi in sommo pregio perchè fu grado e scala alla, .immoLtale scoverla del tuLo torricelliano : scoverfa che basta essa sola a mostrare quanto vah'a nelle 11- Siene discipline ;1 senno italiano ; per cui giustamen- te dalla sapienza del principe che fondò l'accademia del cira,ea)lo; fu decretato all' autore l'onor dei trion- fo , e giustamente una insigne università della Ger- mania fermò , che del nobil trovato ^osse oani an» iif) fatta, memoria con solenne ragionamento. Ma l'ottica ancora s'ebbe le cure, si dell' in pre- gno SI della mano del Torricelli : egli pel primo a i)iicroscopii adoperò globetti di vetro formati alla fiamma: di una lucerna, ed a meglio ingrandire ^li oggetti. lavorò su' piatti metallici piccole lenti : egli nel fabbricar telescopi non fu secondo ad alcuno , tanto che dal gran duca ebbe premio di vintici una medaglia, che appesa ad una collana di 3oo scu- di il sapientissimo principe di sua mano gli pre- sentò : e, sopra i telescopi eziandio speculando , vin- se l'acume del Cavalieri cosi che fuvvi chi disse in. lui rediviva quella cima d'ingegno del Galilei. E la lingua italiana ebbe a lodarsi del bel-- Io stile di lui , nella sciolta orazione , come nella me- trica , di cui pure si pregiò, e l'accademia della 364 Lett^ératura Crusca a' iioa toscani tanto «lifllcile ne ammirò fé lezioni. Cosi gli fu teatro Firenze ; ma nell' auge delta 'sua gloria morte lo colse nell' anno 39.** di sua età , quando più grandi frutti potevano aspettarsi da lui la madre degl' ingegni Italia , e la ristorata filo- sofia. Ben lamentano i savi , che sepolte con lui si restassero non poche reliquie del suo sapere : la- mentano che si desideri ancora in marmo od in bron- zo monumento degno di lui ; benché monumento as:- sai più perenne egli alzò a se stesso ne' grandi tro- vati , di che fece dono all' umana generazione (*). In questi , che giovane ancora egli ne offerse , mi- rino i giovani singolarmente ; e si accendano in bra- ma di correr le vie del calcolo e della geometria, per cui si entra ne' penetrali della natura , dove il Torricelli venne già tanto innanzi. E l'Italia che pian- ge oggidì quel principe della fisica, Alessandro Volta, consolino della speranza di vedere anco tra' moderni sorgere alcuno che in faccia alle emule nazioni lei mostri , pur nelle cose della natura , insegnatrice e maestra. Ma le nostre parole vogliamo che tornino là onde prima si mossero , dando lode al Farini an- che perciò che alla crescente gioventù viene por- gendo sempre nuovi eccitamenti : fra i quali non vuol tacersi quello che non ha guari ben sì è proposto. (*) Non vuoisi lasciar di notare , che il busto di lui vèdesi in Faenza de' primi nell' ingresso alla pinacoteca di quel liceo , dove è stato raccolto ultimamente co» beli' ordine non senza magnificenza tutto che si pertiene agii studi : né mancano pur macchine di fisica , dono so- traao cosi bene applicalo alla patria del Torj'iccHi. Pjioss del Farihi 3S9 ed h di arriccliire con dono spontaneo il suo pae- se, nativo di utia bella e copiosa biblioteca , gra- to, pascolo e fruttuoso ai buoni ingegni , parte de' qua- li talvolta non può fiorire per manco di nutri- mento. ( sarà continuato ) Domenico VAccoLim. Monumento di Va (i) , o iscrizione la pia antica della Cina- I 1 Ci.° anno del regno di Tao (2) fu una innonda- zione sì grande e .si generale nella Cina , che es- (i) Questo è un prezioso monumento della paleogra- fia asiatica , la cui antichità può esser messa a lato di tuttol ciò che noi conosciamo delle più antiche e del- le più rare iscrizioni amicleane, segeane , eugubine , del- le grotte delle Indie orientali , degli obelischi d' Egitto , dei mattoni di Babilonia. (2) Yao , ottavo imperatore della Cina , riguardato co- me il primo legislatore della nazione , e come il model- lo di tutti i sovrani : regnò 72 anni solo , e 28 associato a ciun'. cessò di vivere all'età di 118 anni , circa 2280 anni avanti l'era cristiana. E ancora nei nostri giorni , che volendo i cinesi fare il pili grande elogio al lor sovrano gli dicono che s'assomiglia a Yao ^ a cui l'attività, il la- voro , la vigilanza , la penetrazione , l'intelligenza , la mo- derazione ," l'equità , la modestia, ed ogn' altra specie di G.A.T.XXX.V. 34 366 Lette II A TURA sendosl le acque del fiume Hoang-ho unite a quel- le degli altri due gran fiumi, E/i-ho, e Vang-fse -kiang^ le campagne presentarono l'aspetto d'un vasto mare. Passarono nove anni senza che si potesse rime- diare a tanto infortunio; quando Va (i) , scelto per virtù sembrava fosse un attributo naturale. 1 filosofi ci- nesi foiidaao le loro massime morali sulla conformità che le medesime hanno con la condotta e colle azioni di quest' imperatore , e de' suoi due successori , Sciun , e Yù-yao. Regolò i dodici mesi lunari , e ristabiìl i mesi intercalari del calendario cinese , per cui in seguilo il cielo sessagenai'io , o la cronologia de'cinesi , fu perfet- tamente ben' ordinata e condotta. (i) ¥à , ovvero Ta-jà , cioè Yà il grande ^ era figlio di Kouen ufficiale della corte , giovine che pel suo ra- ro genio , e le sue grandi virtii , si rese così caro alla iiazione , che l'imperatore Scimi , a preferenza de' suoi pro- pri figli , lo scelse per suo successore al trono. Quan- do Yà divenne imperatore , a fin che tutti potessero fa- cilmente parlargli, fece attaccare alle porte del suo pa- lazzo una campana , un tamburo , e tre tavole , una di piombo , l'altra di pietra , e la terza di ferro ; e fece un' ordinanza che tutti quelli che volevano avere udienza da lui , battessero sugi' istromeutl o sulle tavole , secon- do la natura degU affari che desideravano comunicargli. La campana era destinata a battersi per gli affari civili ; il tamburo per quelli concernenti alle leggi e alla reli- gione ,• la tavola di piombo era per gli affari propri del mi- nistei-o , e del governo ; per quelli delle ingiustizie che mai fossero commesse da magistrati, quella di pietra ; e finalmente quella di ferro , nel caso che qualcuno aves- se ricevuto un trattamento trojjpo rigoroso. 1« fu il pri- mo che fece fondere nuovi bronzi : questi sono , sette tu- Note spettanti alla Cina Sd^ liberare la Gina da questo tristo stato, abbencliè giovine , spiegò si grandi talenti , che tutti gli an- nali di quel vasto impero si accordano a rappre- sentarlo come un eccellente matematico, fisico , geo- grafo , finanziere , ed anco politico : in fine , come un uomo dotato d'un genio sorprendente , per mez- zo del quale ristabilì la tranquillità , V industria , e l'abbondanza nell' impero. Nel rendere sì grandi servigi alla patria , Va non solamente si meritò il titolo di grande, ma si aprì eziandio il sentiero al trono. A Si-gan-fà ^ nei tempi antichi capitale della Cina, ora della provincia di Scensi , esìste un'iscrizione qui- vi trasportata da Fleng-cian ( eli' è una delle cele- bri montagne sulle quali gì' imperatori della Cina ofFrivann voti a l'essere supremo ) , scolpita su dura roccia , riguardata dai letterati della Cina come il più antico monuineiilo del loro paese, sia che que- sta iscrizione rimonti veramente al tempo istesso di Yu , vale a dire a più di /poo anni fa, come lo porta la tradizione generale della Cina , sia eh' ella, sia stata lasciala in memoria da qualche successo- re di questo principe , il quale è il fondatore della di- nastia Flia , per cui egli fu chiamato llin-yà. In quanto alla forma de' suoi caratteri , questa iscrizione è unica , perchè non ha alcun rapporto co' più antichi caratteri cinesi , che possiede , scol- riboli , e due vasi. 11 numero nove Yà lo scoprì sul dos- so della tartaruga; ed è il numero che è rimasto sem- pre sacro alla Cina , dopo l'epoca che questa misterio- sa tartaruga appai-ve a Yà. Esatte forme di alcuni di quel turiboli si trovouo fra i l)ronzi antichi del museo ci- nese di Onorato Martucci. - 24* 3G8 Letteratura piti ia pietre dure, il collegio imperiale di Pekin ; non ne ha punto co' trigrammi di Fo-ki pubblica- ti nelle memorie de' missionari di Pekin , ed in altre opere ; ne co' caratteri chiamati Cn-i>en , alcuni de' quali si trovano nelle transazioni filo- sofiche , ne infine con gli antichi caratteri chia- mati Tciuen-tsu contenuti nei dizionari cinesi ove si vedono le variazioni che hanno subito , e me- no ancora co' caratteri moderni che sono compo- sti di 2i4 elementi chiamati chiavi , o radicali. Vi è stato un tempo , durante il quale più di set- tanta sorte di differenti caratteri erano in uso in Cina. Un' ombra di rassomiglianza che sembra esiste- re fra i lineamenti di quf^sta iscrizione , e gli altri caratteri cinesi antichi , è il solo segno che da luo- eo a supporre la veracità della traduzione fatta da'di antichi cinesi. Questi sapienti hanno saputo , co- me l'interprete dell' iscrizione della torre di Baik a Palermo , e come quelli che hanno intrapreso a tra- durre i geroglifici egizi , dare in caratteri moder- ni una traduzione di quello che forse non ha mai esistito in geroglifici , o caratteri antichi. 1 Sarebbe alcuno di tentato domandare agli anti- quari della Cina , che modo ebbero a dicifrare se- gni assolutamente differenti a tutto ciò che ci resta d'iscrizioni antiche , mediante la sola vaga ed arbi- traria simiglianza a caratteri posteriori. Ma poiché gli eruditi della Cina pretendono che questi anti- chi caratteri e lo stile sono marcati a un lato , e che ciò equivale alle migliori prove , è chiaro che appartiene assai poco ai dotti dell' Europa il giu- dicarne. JYOTE SPETTANTI ALLA ClNi 369 Traduzione delP iscrizione , o monumento di Tu. „ L'imperatore m'intimò i suoi ordini , la «^ioia „ mi presto Jo ali per volare all' esecuzione de' rae- „ desimi. „ Di tulli quelli che sono sempre al suo lato •>•) 1 quali l'aiutarono a sostenere il peso degli affari „ 10 fui ]1 solo sul quale si riposò interamente r per la cura di rendere le grandi e le piccole iso „ le COSI alte a servir di dimora agli ucelli , ed ai „ quadrupedi , come lo sono i luoghi i piìi elevali. „ lo non ho rese vane le sue aspettative. „ Ilo lavorato in persona a fare scorrere e coia- „ re le acque; io stesso ne ho immaginati 1 mezzi; „ io stesso gli ho messi in opera. „ Ho per lungo spazio di tempo dimenticato „ che avevo un' abitazione , non prendendo riposo „ su le montagne nel mezzo di rocche scoscese , o „ in luoghi esposti alle ingiurie dell' aria. „ I continui pensieri che m' hanno agitato , mi „ hanno reso tale che più non mi riconosco. Unica- „ mente occupato del mio lavoro , non contavo ne le „ ore, ne i giorni; ma avanzando sempre il mio la- „ voro, l'ho, alla fine, felicemente terminato. „ Le montagne Boa , Yo , Taj , Hcn^ , furo- „ no i difìereati limiti de' miei travagli , verso le 4 „ parti del mondo (i). La gloria d'aver potuto pe- li) 1 ciuesi suppongono la terra di lumia quadrata, pretendendo che la Gina stia nel centro , e ne formi la. più gran parte. Prevenuti di questo ammirabile sistema di geografia, hanno essi cantonato il resto della specie umana nei 4 angoli di questo preteso quadrato ; e ciò loro dà luogo a credere che le nazioni che abitano quel> le parli estreme della terra , non possano essere che na- zioni barbare. E un errore questo , che non ammette prò- 370 Letteratura „ nelrar pei- tutto è la ricompensa delle mie pene ; „ ed i sacrifici che ho offerti in azione di grazie con „ un cuor sincero e giusto, sono le testimonianze del- „ la mia riconoscenza. „ Se mi resta qualche soggetto di tristezza (i) , „ lo racchiudo al didentro del mio petto : perchè „ renderlo manifesto? Quei condotti, i quali , diretti „ inconsideratamente verso il sud, non avevan servito „ che ad estendere Tinnondazione e a rendere le acque „ stagnanti , sono stati rimpiazzati da altri che hanno „ facilitato lo scolo. „ La virtù che sempre agisce dal cielo , verse- „ ra d'ora innanzi la sua efficacia su tutto ; vi sa- b abilità di correzione, perchè è inibito ai cinesi di viag- giare neir estero , come agli esteri di viaggiare in Cina ; e la lingua cinese, eh' è geroglifica, nulla presta ai ci- nesi per poter conoscere le lingue alfabetiche , onde col- la lettura delle me^ssime istruirsi di quel che ignoron 0 : e quand'anche fosse loi-o facile il conoscerle, a nulla ciò ser- virebbe, perchè è anche inibito impararle. Noi altri europei , comparativamente , non stiamo nien- te meglio de' cinesi, riguardo alla nostra conoscenza di tutto ciò che concerne alla Cina , se si eccettua il traffico con Cautou , e quel che fu narrato da Marco Poi» , da pochi missionari , e da qualche ambasciatore europeo alla Cina, di sollecito ritorno. \ (i) Allusione che fa Vù alla cattiva sorte di Kouen suo padre, il quale avendo avuto dall' imperatore la com-- missione di diseccare le campagne, per negligenza, ov- vero per poca capacità d'un' kitrapresa della quale non-dove- va eali incaricarsi , impiegò nove anni in quel lavoro sen- za potervi riuscire. La sua negligenza * 0 la sua temeri* tà fu punita di morte. Note spettanti alla Cina Syi „ ra à\ che vestire ; nulla mancherà per la sussi- „ stenza ; la dolce tranquillità regnerà nell' univer- „ so ; le danze (i) e le illuminazioni avran luogo ,, per sempre. „ O. Martucci. (i) Anticamente i cinesi, come tutti gli altri popo- li della terra, amavano il ballo; ma questa usanza di gio- condità 0 giubilo non è più così generale in Cina , co- me negli antichi tempi , fin da 900 e piìi anni a questa parte: perchè nell'anno 916 dell' era cristiana, l'impe- l'alore Li-hou-ciù ordinò alla sua concubina l'aou di fa- sciarsi strettameat» i piedi , cosic che comparissero picco- li, ed in forma come la luna nuova. Da ciò ne nacque l'imi- tazione fra le signore di moda , e gentili della Gina: ed in seguito furon sempre , in tal guisa , storppiati i piedi delle lor fanciulle , incominciandone l'o perazione all' età di sett' anni: martirio che dura da 16 a 18 mesi , finché il piede è ridotto corto da tre a tre polici e mezzo , assu- mendo in qualche modo colla scarpe tta il garbo della luna nuova. E ciò costituisce , esclusivamente , la bellez- za prima e pivi essenziale d'una gentildonna cinese. 'òj: VARIETÀ' Associazione per un monumento in Roma a Torquato Tasso. Progetto del cav. P. E Visconti. olii ed affettuosi ringraziamenti si devono al eh. slg. cav. Pietro Ercole Viseonti dell' avere fra' primi pensato ad innalzare un monumento degno dell' italiana gentilezza sulle ossa di Torquato Tasso , cioè a dire del più perfet- to poeta di che si onori l'ingegno umano : di quel Tas- so , ond' ebbe a scrivere egpegiamente il D' Alembert : // lì Y e , ce me semole , qu un seul po'éte èpique parmi Ics morts , doni la lecture plaise et interesse d'' un bout à Cantre : f en demande pardon à V ombre de Despre- au3C ., mais je veux parler du Tasse (*). E veramente do- ve sul valore degli altri grandi poeti , de' quali andiamo, giustamente gloriosi, è in parte diviso il voto non pure degli stranieri ma anche de' nostri : solo unanime in tutti gli europei è la sentenza sull' eccellente merito di Tor- quato . Sarà collocato questo monumento nella chiesa di S. Onofrio , là dove fu sepolto il Tasso sotto quella mo- desta iscrizione postagli da' padri di quel convento : e l'o- pererà r illustre scultore sig. cav. Giuseppe Fabris , che già ne ha pubblicato il disegno: disegno tale, quale dalla (*) Re/lexions sur la poesie. Varietà* 373 riputazione di si nobile artista doveva aspettarsi. Se pure non fosse a dirsi alcun che intorno al bassorilievo , il quale vuol porsi nel basamento : perciocché a noi non sa del tutto bella l'idea di scolpirvi la processione , colla quale il Tasso fu condotto al sepolcro : parendoci essa per av- ventura una cosa non abbastanza grandiosa, siccome quella che fu e può esser comune a molti altri poeti di minor nome. Non sarebbe forse meglio l'effigiar cosa che più tenesse della vera grandezza del Tasso , e che fosse es- senzialmente propria di lui ? Non potrebbe , per esem- pio , rappresentarsi nel bassorilievo di fronte 1' annunzio dato al Tasso della sua coronazione in Campidoglio ? E ne' due altri a' lati, la presa di Gerusalemme, ed il mon- do creato ? Ma ciò rimettiamo a considerare a' veri co- noscitori dell' arte : che già noi vogliamo tanto ai-rogarci. Speriamo che tutti quelli , i quali in Europa hanno in pregio il nome dell' immortale poeta , faranno plauso e si piaceranno concorrere secondo la generosità dell' animo loro all' opera di questo monumento. Intanto ci è dolcissimo il far sapere , che Sua Eminenza il sig, card. Giulio Maria della Somagrlla , decano del sacro collegio vicecancelliere e segretario di stato , il cui nome chiarissimo e venerando si trova sempre fra' primi là dove trattasi di lettere di arti e di cortesia , ha degnato questa in- trapresa di sua protezione sottoscrivendosi per la som- ma di cento doppie romane. La commissione deputata all'esecuzione del lavoro, all' introito delle oblazioni, e alle spese , è composta de' seguenti chiari signori , cioè : S. E. il principe D. Paluzzo Altieri , senatore di Roma : S. E. il principie D. Agostino Chigi, presidente dal col- legio filologico : S. E. il principe D. Pietro Odescalchi, direttore del giornale arcadico ; monsig. Pietro Marini , uditore della sacra rota romana ; monsig. Angelo Mai , primo custode della biblioteca vaticana ; conte Antonio Lozaue Argoli ; ab. D. Loreto Antonio Santucci , custo- 374 Varietà* de generale d' Arcadia ; ab. cav. D. Feliciano Scarpelli- ni , segretario perpetuo de' lincei. Le oblazioni si ricevono in Boma al banco del 5Ìg. conte Domenico Lavaggi e Comp. , e per Europa presso i suoi corrispondenti, I nomi di tutti quelli , i quali concorreranno alla de- gna e pietosa intrapresa , saranno scolpiti in una cospi- cua parte del monumento , a testimonio perenne dell' at- to loro gentile e della civiltà del secolo XIX. Lettera al sig. marchese Luigi Biondi. 8. Genova dal- la tipografia Phonthenier 1827. ( di pag. i5. ) A utore di questa lettera è il sig. conte Federico Sclo- pis di Salerano , nome già fatto chiaro per egregie dot- trine e per bello scrivere : e vi si descrive al celebre Biondi la festa che 1' inclito amico suo ' sig. marchese Gio. Carlo di Negro Celebrò il giorno di s. Anna sì per solennizzare la benedizione compartita alla sua dome- stica cappella da monsig. Airenti vescovo di Savona , sì per onorare 1' onomastico della propria sorella signora marchesa Anna Morando. Elegantissimo è tutto lo scrit- to , e pieno di soavità e di facondia : e impareggiabili al solito sono i versi latini che vi si recano improvvisati alla mensa dal sommo Gagliuffi. Eccoli : „ O qui iessei quondam pia vota poetae „ Jussisti ut Salomon felici absolveret ausa , „ Et tibi tei-rigenura dignanti sisere tecta „ In Solymis tandem templum fatale locaret , „ Adsis, Omnipoteus: et quam tibi rite dicamus, „ Sit quamvis simplex , et solo ingloria in agro , Varietà' ZjS „ Hanc aedem ne speme , pater ; te dante , profundam „ Hinc pvocul aufugient monslra indignata pei* umbram; „ Te dante , huc sancii venient ex aetere cives , „ Et pictam liane spargeat aeternis floribus Aanam. „ Sic genua inflecteaa nuper , venerande sacerdos , „ Pontificem qaem grata suum Savona salutai , „ Orasti ! Atque altae somiere cacumina Lercae , „ Et Deus e caelo puram descendit in aram. „ Quia licet aestivus domitas calor ureret auras „ Hiuc nova felici laus est indicla patronae : „ Hinc nova piaiferos implerunt gaudia saltus , „ Et iuga senserunt primas montana guadrigas. „ Augurio fuerat ì&m nor : nam mille tenebras „ Vilicebant vario fanalia palerà colore : „ Flammaeque innocuae liquidum per inane volabant „ Nocte dies melior. Gaude o libi , Gharole , postqam ,, Arrisit Deus ipse libi , Deus ipse probavit, ,, Qua e sua dal carae pietas fraterna sorori. „ Sic cadesti Annae sit semper gloria : sed nunc „ Huic Annae dicat magnus bona verba sacerdos , ,j Adstantesque sacri repetant bona verba ministri. „ Anna , eslo felix dulci cum coniuge : clamant „ Brignoleus Morrusque alacres , queis summa potestas „ Ipsa dedit Genuam regere atque ornare superbam. ,, Eia , Anna , adclamant et Laumellinus et Alton , ,, Spinulaque interpres Laurae aegre absentis , et ille „ Balbius , ille gygas praesenti uxore beatus. „ Eia, iterent , Scolpii gnatus genìtrixque paterque, „ Et tres insubri iuvenes tellure profecti. ,, Eia etìam , adiciant , vel suavi Carmine Croccus „ Vel facili gestu magni comes Assarotti. „ Sed quid plura ? Omnes eia ingeminate, sodale», ,, Atque hanc quam virtus mensam sincera paravit, „ Ingenuo , ut decet iiigenuos , celebrate tumultu. 376 Vari ETÀ TOr 20*r2TATOY NIKH*OPOY BAEMMYAOY AOrOS OnOION AEI EINAI TON BA2IAEA. Saplcnlissimi JVicephori Blemmydae oratio quah^uìi. oporteat es- se [regcm. 4.° Romae ijpis s'aiicanis 1827. (Pag. 54.) sii questo un nuovo dono die alla letteratura classica è compartito del celebratissinio monsig. Mai, il quale aven- do trovato l'orazione di Nicefovo Blemmida fra' codici ;Va- ticani , l'ha egregiamente tradotta in latino , e indi fatta di ragion pubblica sotto gli auspioii di S. A. R. Ferdinan- do di Borbone duca di Calabria. Noi ne parleremo di pro- posito ne' volumi avvenire. Iscrizioni tremito di Luigi] Mi/zzi accadeniico della crusca. Prato per la vedova e figli T'^aniiini 1827. A . .. -TS-ntico più che non credesi è l'uso'] in Italia delle iscri- zioni volgari : e molte se ne trovano , massime in Roma, fin de' secoli XV e XVI. Quegli però che a' nostri tem- pi rese loro una vita novella fu il conte Giambatista Gio- vio di Como : e quegli cbe coli* esempio nobilissimo de proprii scritti ne perfezionò l'arte , fu Pietro Giordani , il quik per elegante semplicità e soavità può veramen- te chiamarsi il Morcelji e lo Schiassi dell' epigrafia ita- liana. Molti altri sonosi dati a sìtFatti componimenti; al- cuni con lode , e con egregie speranze per l'avvenire : al- tri con infelicissima prova , presumendo scrivere senz'ave- re ninno studio di lingua. Del sig. Luigi Muzzi , accade- mico della crusca , alcune iscrizioni abbiamo vedute ele- gantemente schiette , soavi , italiane. Ma noi non possia- Varietà' Sjn mo generalmente essere della sua scuola , come che da molli , che poco riflettono , lodatissìma : né approvare quel- le si continue inversioni , da cui nascono poi tante curiose anfibologie ed oscurità. Il sig. Muzzi ha voluto , a quel che pare , esser più latino che italiano : senza poi molto conside- rare che fu appunto nelle iscrizioni che 1 latini , in grazia del popolo per cui elle son fatte , usarono meno inversioni. E "quelle parole antirate e straaissime , eh' egli gitta là a ma- ni piene e senza ninna plausibile necessità , non sono , di- rebbe il Monti , cose proprio da cimitero ? Cose che im- portunamente t' avviluppano e ti disturbano , là dove il periodo dovrebbe essere tutto efficacia e chiarezza ? Che ti fanno muover le risa là dove si voi-rebbe die ti spun- tassero lagrime di tenerezza ? Chi dunque vuole compor- re iscrizioni italiane ( e lascinsi dire i pedanti , pe' qua- li non è santa ninna ragione ) segua la via infallibilinea- te additata dal sommo Giordani : che egli f irà bella l'Ita- lia di gentili memorie , ed a se procaccerà durevole fama. Lettele inerite di Annibal Caro con annotazioni di Pietro Mazzucclielli prefetto della hibliuteca ani" ■ brosiana. Volume primo 8. Milano dalla tipogra- fi-^ fia PoHaiii 1827. {Sono cari, VIlleZ'2.0^ col ri- v{ tratto del Caio preso da un disegno del eh. pit- tore Filippo Jgricola , ed inciso dal Fiorini ). J.1 siff. conte canonico Angelo Battaglini , già chiarissi- mo sotto-custode della biblioteca vaticana, per quell' amo- re che ha sempre portato a' celebrati scrittori che flori- BQUO l'Italia ne' secoli d'oro, e principalmente a quelli che più sono principali per eleganza , fece molti anni addie- tro una preziosa raccolta di lettere di Anuibal Caro , eh' 378 Varietà' egli copiò da due codici , uno del sommo pontefice Pio VI, l'altro del card. Zelada. E fu buona fortuna per noi , e degna precauzione del benemerito letterato : perciocché ali' Italia furono indi a poco affatto perdutili due soprad- detti codici , essendo stato sottratto il primo nell' infa- me saccheggio dato il 1798 alla privata libreria del san- to padre, ed essendo stato donato il secondo dal card. Zelada al capitolo di Toledo. Alcune di esse lettere fu- rono dal sig. Battaglini pubblicate nel Zibaldone , gior- nale che incominciò a comparire in Ptoma nel gennaio del 1818^ e che presto sparì : sicché teneva egli le mol- tissime , che rimanevano , a solo ornamento della ricca sua libreria ; quando la sorte condusse fra noi il fiore de ca- valieri italiani, l'incomparabile sig. marchese D. Gio. Gia- como Trivulzio , il quale le ottenne tutte in gentilissimo dono. Qiial uso ne abbia fatto il Trivulzio , lo vede ora l'Italia : uso degno di lui , che amatore caldissimo del- le opere de' nosti-i classici , non si rimane d'arricchirci continuamente di tanti nascosi tesori dell'ingegno de' no- stri avi , e ultimamente si segnalò coli' edizione del Con- cito di Dante ridotto con pazientissime cure , con egre- gio giudizio e con molte spese alla sua genuina lezion e. Le nuove lettere adunque del Caro escono per munificen- za di si dotto e cortese signore insieme con alcune al- tre tratte da' codici dell' ambrosiana , e con quelle che in diversi tempi furono pubblicate dal Tiraboschi nel Nuo- ■vo giornale de letterati , dall' Amaduzzi nelle Anecdo' ta litteravia , dal Battaglini nel Zibaldone , dal Cancel- lieri uelle Effemeridi di Ro/rea , e dal Liberali in un li- bretto per le nozze Albrizzi-Pola in Treviso nel 1820,. Tutte le annotazioni sono del sig. ab. Pietro Mazzucchel- li prefetto della biblioteca ambrosiana : cosa molto ac- curata , e quale da quell' uomo eruditissimo era bene da aspettarsi. Sicché non restaci che far voti , ond'esca sol- leciiameate il secondo volune , il quale sarà uu dono no- Variata' 379 bilissìmo agV italiani se a questo primo somiglierà e per import anza di cose , e per classica leggiadria di elocu- zione . Corso di materia medica del dott. Domenico BruscJiì professore di materia medica e botanica nella pon- sijicia università di Perugia. Il nome del sig. prof. Bruschi è assai noto nella medi- cina italiana , ed è anche per molte virtù carissimo. Quindi sarà lietamente accolta quest'opera sua, la qua- le escirà dalla tipografia Batelli e Costantini di Peru- gia in 3 volumi in 8. „ Sebbene l'autore ( dice il mani- „ festo d'associazione.) conosca quanto sieno pregievoli al- „ tre opere di materia medica, ed in modo specialissi- „ mo quella del sig. Alibert , pure ha egli opinato che „ fosse necessario un nuovo libro su questo ramo di medi- „ co studio , il quale contenga tutto ciò che forma il „ principale edificio delle mediche dottrine teoretico-pra- „ tiche , e de' progressi che ha fatto la materia medica „ mercè degli avan7;amenti de' quali hanno goduto in quest' „ ultimo volgere di anni le scienze naturali , la chimica „ e la farmacologia . L'autore non avendo ommesso di „ esporre ne' suoi scritti le più opportune cognizioni te- ,, rapeuliche , ha corredato ogni speciale articolo riguar- „ dante ciascuna sostanza medicamentosa non solo di ciò „ che interessa la naturale istoria della medesima , le fi- ,, siche , chimiche , e medico-chirurgiche sue proprietà , „ le precise dosi di preparazioni , ma il più delle volte „ vi ha aggiunto le spiegazioni puranco dei nomi siste- „ malici , le frequenti adulterazioni delle sostanze medicina- „ li col modo di riconoscere le loro-qualità venefiche in 38o Varietà' „ UQ colla marnerà di distruggerne i micidiali effetti , e „ tutto fiaalineute il piìi utile ed interessante di che le „ opere periodiche italiane e straniere hanno arricchito „ nella età nostra la materia medica „ . jQ-iportiamo qui eoa piacere quest' aurea iscrizioae del eh. sig. prof. Bouclierou di Torino. IVIESIORIAE PILIBERTI . PATLLI . V . COSTA COMITIS . TRINITATIS CVSTODIS . PIETATIS . ANTlQTAJ QVI . NATVRAE . BON^ITATEM DOrTRINAE . SVBSlDlIS . ADlWlT SIBI . SBVERVS . IN . ALIOS . SIC . BBNIGIfTS VT . NVLLlVS . NECESSITVDINEWI . A . SE . ALIENAìM . EVrARET IDEM . REPVDIATIS . HOiVORiBVS IN . SVORVM • Smv . LIBENS . DEUTVIT CAROLAm . NASINIAM . VXOREOT IN . BBNEFACIEUDO , CONCORDEM LIBEROS . ADFINES . SVBIIVIA . CARITATB , COMPliBXV * CVIVS . BVNVS PAVPERVM . LACRIMIS , HONESTATVIVt . IST VIXIT . AJSTNOS . XLV DECESSIT . IX . KAI. . HEBK, . AN . MdCCCXXVI BECERVNT . PAVLI.V5 . ET . CAROIiVS . FII»H PATRI . OPTIMO . AMANTISSIMO Varietà' 38i Foyage dans la CyrénaCque et la Marmarique ec. par M. J. R. Pachò. Paris 1827 , che 3 F. Dldot , in 4. T Importantissima e guest' opera del sig. Pachò non solo pe' geografi , ma anche per gli antiquari. Molli passi d'an- tichi i«torìci vi sono rettificati : molte località di celebri paesi indubitatamente trovate. Il filosofo poi vi considere- rà come una fiorentissima regione passando sotto il do- minio dell' orgogliosa ignoranza de' mussulmani potè in pochi secoli scadere affatto da ogni splendore, e divenir Larbara e miserabile. I discendenti di Batto , i concitta- dini d' Aristippo di Callimaco e di Sinesio sono ora una vile orda sotto il pascià di Tripoli ! 11 celebre GeofiTroy Saint-Hilaire ha mostrato alla reale accademia delle scienze di Parigi , nella seduta del di G agosto , una maschera di gesso formata sul volto d'un uomo, a cui il sig. dott. Delpech ha fatto il naso arti- ficiale. Questa operazione fu praticata primieramente in Italia nel secolo XVI , e poi trascurata : indi torno a ri- TÌvere in Inghilterra , avendone alcuni selvaggi additaro il modo : ora per la prima volta viene eseguita in Fran- cia dal sig. Delpech. La detta maschera ha reso a tutti te- stimonianza , che l'operazione, così com' ella vien fatta, non altera punto la regolarità de' lineamenti del volto. Anche il sig. Lisfranc l'ha tentata con buon succasso. G.A.T.XXXV. 25 33j E M E r^ DM Z I O N I Alla pag. 333. Un. 8, quel passo di Orazio deve scriversi cosi : Et quae Desperat tradtata nitescere posse , relinquit. Alla pag. 334 1ÌQ. 4 j là dove dicesi : ontV e che lo ha pur guasto la sua nazione ; deve dirsi : ontT è che lo ha pur guastò in tutta la sua [nazione. Salvatore Betti. Alla pag. 288 lin. 9. là dove dicesi : „ Io reputo più presto che da questa ec. : „ deve dirsi : „ Io reputo più presto che da qualche straniero corpo la detta acqua , che può bea dirsi metà dell'acqua dell' Aniene , contro tutte le idrostatiche e idrodinamiche le^rci fosse sforza- ta a cambiar direzione ec, ,, Cappello. 383 INDICE DEGLI AUTICOLl CONTENUTI NEL TOM. XXXV DEL GIORNALE ARCADICO. SCIENZE Valentin , Voyage en Italie {a.rt° \.) p- 3 — — Asdruhali , Sul sale amarisslmo del Rigatelli p. I Q — — Pacini , Z'Gttere sulla lacerazione del- la cristalloide anteriore. . . p. — 129 — 3'Ieli , De^ parti naturali anticipati, p. — i38 — Nebbia , Intorno una epizoozia del glosso antrace p. — i5o -— Pungileoni , Lettera alfEmO Bertaz- zuli suir organismo wnano. . p. — — 2 53 Cappello , Bijlessioni geologiche sulV Aniene /?. — — 2G1 Pasaualini , Sulla frequente apertura del forame ovale ne^cadaveri dé'ti- sici p. — — 296 Riccardi , Rijlessioni sulV efficacia del- la senapa bianca p. — — 317 LETTERATURA Malvezzi , T^olgarizzamento della re- jì'tbbl/ca di Cicerone, . . . /o. 38 — ~- Scarpelli ìli , Scritto del duca Fede- rico Cesi fondatore e principe de* lincei p. 62 — — Guadagni , De significatione hono- ris erga divani Catharinam sencn- sem ^. ivi — — 38 lla\>izzi , Epigrammi antichi de'mezzi tempi , e moderni , appartenenti al- la città di Chieti. .... . p. G'j — — Re , Epigrammi p' 8i — — ilosani , Lettera a S. E. il sig. prin- cipe O iescalchi sopra aloitne cose latine del Cfiersa e dello Stalli, p. gr — — Laudani , Oli xxxir di Orazio tra- d'ìtte p. — i6o — C 'lupanari , Osser\f azioni sulla gran- de iscrizio'ie etrusca di Perugia (continuazione e fine), . . > p- — 170 — Ferrucci , Intorno le opere di fra Vin- cenzo Giaccari /?. — i83 — Vaccolini , Per la concordia de" clas- sici co" romantici ^ dialogo II. p. — aoo — Martuccio Ebrei nella Cina. . p. — 210 — Poesie italiane ad uso del seminario di Faenza p. — 216 — MaL'ezzi , Traduzione^del Messia di Pope. . . . , p, — — 33 1 Amati , Tavole greche de' magistrati annuali scoperte in Acre di Sici- lia |. . . yD. — — 33() Farini , Prose p. — — 358 Martuccio Monumento cinese di Ya. p. — — 365 ARTI BELL E- ARTI Paletti , La SiUna di Cincinnato Ba- ruzzl P' 07 "" "^ De' Rossi , J^otizie del cai', d* A gin- court i P' — 223 — Cenno sulla strada sotterranea del Ta- migi /?. — 232 — Tabella dello stato del Tevere , desunto dalV altezza del pelo d'acqua sull'orizzontale del mare^osserva- to allldrometro di Ripetta, al m ezzo giorno. Settembre 1827. GIORNI. MITRI '1 PAI.. KOIVI, OSSEKVAZIONI. 1 2 5, 5, 90 «7 25 4 4 26 3 , altezza massima met. 6, 38 3 6, 3o 28 2 » 4 6. 38 28 64 ■Altezza minima met. 5, So 5 6 6. 6, 11 02 27 43 26 il » Altezza media met. 5» 99 7 6, 20 lo ^7 9 ' 2;, 34 8 e. 9 5, 94 ■6 7 » 10 5, 93 26 6 a II 5, 9i ^6 52 13 5. «9 £6 4 « i3 5, 85 26 2 1 14 5. 83 25 11 i5 5, 80 25 >i 3 16 6, ao 2, 3 3 17 6, 08 2^ 2 3 18 6", »l =7 4 3 19 ^, 04 ^7 ** ^ 50 ^. IO 2^ 3 3 21 5, 95 26 73 22 5, 93 2ff 62 23 5, 9° 2ff 4 4 24 6. "9 27 3 1 ' ^5 5, 98 26 9 » 26 5, 9^ 26 « 0 27 5, 90 2ff 4 4 a8 5, «9 26 4 1 29 5, c9 25 4 I 3o 5, «7 2ff 3 1 . ^ , 1.2 Ore-. Baromer, 'i'e.cii. i iero b ' Vento I Pioggia ,Evapof. fei, del Cielo nw-'oloso NIHIL OBSTAT Abb. D. Paulus Delsigaore Censor Tlieol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Colleg. NIHIL OBSTAT Lauretus Santucci Gens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Josepli M. Velzi Ord. Praed. S. P. A. Magister. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patriarchi Constantinop* J/icesgerens »