^.//7^ GIORNALE ARCADICO DI SCIENZE , LETTERE , ED ARTI TOMO XXXFL OTTOBRE /NOVEMBRE, E DICEMBRE MDCCCXXVII. ROMA KELLÀ STIMPEIUA DEL GIORIfAlS- FRKSSO ANTONIO BOVLZALIft Con licenza de^ Supcriari» 1837. 3.ìk'fJl0:7) - KTAO/IA nn\ ili , MKa\r .: , ..;% :; •< iti .JWOff '. SCIENZE Lettera sulla nuova dottrina medica italiana , di- retta' al signore processore Giacomo Tommasini dal dottore Geminiano Grirnelli di Carpi. Chiarissimo signoix professore. Il elle riflessioni sulla riforma del sistema medico browniano pubblicate negli annali universali di me- dicina ( aprile 1827 ) io dissi ed asseverai , che i fatti per li quali si sono stabilite le riforme del di- namismo browniano in Italia promulgate e famose e decorate del titolo di nuova dottrina medica italiana, contraddicono e distruggono fin dalle fondamenta quel- lo stesso dinamismo. Laonde poi ne conchiusi che la N. D. M. S. è a dichiararsi erronea finche al dina- mismo browniano si attiene e si appoggia. Questa è per me una verità incontrastabile , e a considerarla tale mi confortano, oltre le ragioni addotte, i favo- revoli voti di preclari medici, e di que' medici stessi che osservo ascritti al ruolo dei seguaci della N. D. Sono io pure del di lei parere, cosi mi scrive il dot- tissimo cavaUere professor Brera , che le cosi dette giunte , riforme e correzioni fatte al dinamismo ne sono altrettanti colpi di distruzione ec. E pari pen- samento mi ha significalo l'archiatro del fu Pio VII, G.A.T.XXXVl. I* 4 SciKNZE il cavaliere Prelà notoriamente in medicina consiu tissìmo. Il Caldani pure meco discese in tale senten- za allorché in Padova ebbi consolazione di seco lui ragionare intorno alla scienza per la quale è salito a tanta cima di sapere, ec. Ella però , stimatissimo signor professore , nella nota apposta alla lettera che ha ultimamente diretta ai compilatori del giornale della nuova dottrina me- dica italiana, accennando questa mia maniera di pen- sare in rapporto alla N. D., dichiara che io non va- luto quanto parea giusto i vantaggi della nuova pa- tologia italiana , e l' accuso di un delitto di cui non è sicuramente colpevole, d'avere cioè distrutto ed an- nichilato il dinamismo browniano. E le ragioni alle quali appoggia tale dichiarazione osservo essere : i.** che conoscendo ciò che era la medicina in Italia ai tempi del brownianisrao , e nell' epoca precedente, h duopo valutare i vantaggi della nuova patologia ita- liana : 2." che questi vantaggi , e la coerenza della N. P. col dinamismo browniano , emergono ponde- rando imparzialmente le nuove massime , quella per esempio della diffusione e dell' universale partecipa- zione degli effetti di uno stimolo o d'un controstimo- lo applicati ad una parte sola , e cosi le generali in- fluenze di una parziale prevalente affezione ec. (con- cetti corrispondenti egualmente al consensus unus di Ippocrate, come all'una indivisa eccitabilità brownia- na): 3.® che ella fin dal 1802 considerò nelle lezio- ni di fisiologia l'eccitabilita come una maniera d'es- sere della materia organizzata , ossia come una pro- prietà , un risultamento , un'effetto della formazione stessa o dell' organizzazione , e che per avere allora tentato cosi di sviluppare ciò che Brown aveva sem- plicemente accennato , non fu da alcuno in tutta Ita- Nuova dottriwa medica. j Ha riguardato o sospettato come distruttore del di- namismo. Le qu.ili ragioni mi permetta , stimatissimo si- gnor professore, di sottopporre a disamina con tutta l'imparzialità per me possibile nella presente lettera che le indirizzo ed ossefjuio. Forse da tal disami- na qualche luce potrebbe emergere su la novità ed utilità della nuova dottrina medica italiana. Chia- mo poi italiana questa dottrina unicamente per uni- formarmi al linguaggio da lei adottato , non già per essere persuaso che sia la dottrina medica del- le scuole d'Italia , e de' pratici italiani. Convengo anzi col Bnfalini doversi considerare e denominare dottrina medica bolognese , perchè propria esclusi- vamente di quella scuola. E per verità dopo avere visitate le primarie scuole mediche d'Italia , ho co- nosciuta in esse professata tutt' altra dottrina , che la cosi detta N. D. M. I. , considerata nel senso di riforma del brownianismo . E questo io dico per dire il vero e non altrimenti. La medicina in Italia ai tempi del browniani- smo h a considerarsi in rapporto a que' medici , che fermi nelle buone massime dell' arte salutare , non adottarono la dottrina dello scozzese riforma- tore , e in rapporto a quelli che parteggiarono e furono seguaci del sistema browniano. Se infatti sulla fine del secolo passato molti furono i segua- ci del brownianismo , molti pure furono quei me- dici , che ebbero abbastanza senno da fuggire quel- la pericolosa teorica , e da svelarne perfino gli er- rori. Fra i primi sono pubblicamente noti Rasori , Frank Giuseppe, Bertoloni, Dehò , Mocini , Solen- ghi , Frank Luigi , Rubini , Moscati , Masini , Mon- leggia ec. Ma nel tempo stesso Sacchi , Villa , Po- lidori , Scuderi , Strambio , Vacca Berlinghieri, Me- 6 Scienze iiegazzi , Canaveri ee. opponevano ragioni e fatti contro il sistema medico browniano. E considerando primieramente la medicina iti Italia ai tempi del brownianismo in rapporto a qnei medici che iermi si mantennero nelle buone mas- sime dell' arte salutare , trovasi che questi si atte-^ nevano alla medicina d'osservazione e d'esperienza , aila medicina empirico-razionale , che é pur la me- dicina dei migliori maestri d'ogni età. E quindi la loro scienza medica si componeva delle osservazio- ni e dei fatti utili di Ipocrate , di Sydenam , di Berengario , di Torti , di Haller , di Morgagni ec , osservazioni e fatti che affidavano ad una teorica, ma tale però che lasciava camminare franca e sin- cera l'osservazione. Laonde tanta era la opposizione fra questa maniera di medicina e il brownianismo, che molti di que' medici opponevano già al brow- nianismo stesso quelle osservazioni e quei fatti. Che se si considera la medicina in Italia ai tempi del brownianismo in rapporto a quei medici che parteggiarono e furono seguaci del sistema brow- niano , si osserva che grande invero fu l'entusia- smo col quale molti adottarono quel sistema. Ma si osserva anche piegare in breve tale entusiasmo , e la ragione e l'espefienzi riprendere i loro dirit- ti. Si cominciò infatti quasi generalmente a cono- scere rinaranaissibilila della pratica browniana , e la dannevole sua applicabilità. Si vide che Brown, per- duto nelle astrazioni , aveva dimenticato e trasan- dato i fatti ; e i medici vinti dall' innegabile evi- denza di essi , a poco a poco si diedero a tener- li in qualche conto. E cosi fu che parecchi me- dici per propria esperienza e ragione , a poco a poco convinti della fallacia del brownianismo , lo abbandonarono , facendo ritorao alla medicina d'os- Nuova dottrina medica 7 servazioni e d'esperienza. Noti e famosi sono fra que- sti Fiaiik Giuseppe , Brera , Frank Luigi , Mosca- ti , Monteggia. Altri poi non sapendo indurre l'ani- mo a credere all' intutto falso l'adottato sistema browniano , e riguardandolo solo imperfetto , si ado- perarono onde modificarlo e ridurlo a perfezione. Rasori primo tracciò questa maniera di riforma , e fu poi seguito da altri , colla distruzione della mas- sima fondamentale broAvniana , per la quale la pri- maria azione di tutte le potenze agenti sui siste- mi viventi , si riduceva in ultima analisi ad azio- ne di stimolo ; e coli' ammettere potenze positiva- mente debilitanti. Frattanto e gli uni che abbandonavano il si- stema broAvniano e gli altri che lo riformavano , declinavano tutti dal brownianismo per diverse vie, e con questa differenza , che i primi operavano lo- gicameute , i secondi no ; imperocché si gli uni che gli altri cominciavano a tenere in conto e ad adot- tare fatti che contraddicono e distruggono il dina- mismo browniano. Furono infatti e dagli uni e da- gli altri adottate quelle osservazioni e que' fatti, che i medici non seguaci dello scozzese opponevano al brownianismo. Se non che dai riformatori furono am- raese come riforme del brownianismo stesso , dando in tal modo nascimento alla nuova dottrina medica italiana. Cosicché fra i medici oppositori del brow- nianismo e i riformatori , non havvi altra differen- za, che i primi hanno logicamente veduto , come pu- re lo avea veduto Brown , opposizione di principii fra il sistema browniano , e le primarie massime em- pirico-razionali dell' arte salutare , mentre i secondi erroneamente hanno credutq vedervi medio di conci- liazione e riforma. 8 Scienze E per verità le osservazioni e i fatti sopra cui s'erge la N. D. M. I. sono quelle osservazioni e quei fatti stessi , che d'arme servirono agli oppositori e confutatori del brownianistno , e che realmente di- struggono il dinamismo browniano. Il Sacchi oppose in fatti non potersi persuadere che a dissimili parti si attenga una medesima proprietà, e poiché l'osser- vazione e l'analisi anatomica insegnano diversa strut- tura in ciascun organo di nostra macchina , quindi essere a conchiudere che ancora a ciascheduno si con- venga una particolare proprietà , e perciò l'eccitabi- lità non essere una e medesima in tutte le parti , ma varia e specifica a norma della varia e specifica or- ganizzazione ( bibliot. brown. voi. i ). Parimenti il professore Francesco Vacca Berlinghi eri sostenne che l'eccitahilita differisce in ispecie e natura nelle diver- se parti del medesima individuo ( meditazioni suU' uomo malato , e considerazioni sulla dottrina tne- dica browniana 1796). Inoltre il Sacchi ( op. cit. ), Vacca Berlinghieri ( op. e. ) , Strambio ( bibliot. br. voi. IV ) , Scuderi ( introduzione alla storia della medicina ec. 1794 ) si opposero all' altro princi- pio fondamentale della dottrina browniana, che cioè tutto quello che agisce sui sistemi viventi agisca sti- molando , e sostennero l'azione di potenze positi- vamente debilitanti. Ora l'eccitabilità varia e speci- fica a norma della varia specifica organizzazione , e l'esistenza di potenze positivamente debilitanti, sono massime costituenti la N. D. M. L Queste mas- sime adunque hanno servito per alcuni a distru- zione , per altri a riforma del dinamismo brow- niano. Ma per esse è distrutto o rifortnato il dina- mismo stesso ? Se si riflette che l'eccitabilità è con- siderata geaeralmente , e dai riformatori stessi , un Nuova dottrina, medici 9 prodotto, un'effetto immediato dell' organizzazione , € manifesto che questa maniera di considerare l'ec- 'citabilita conduce alla distruzione del canone fon- damentale browniano , del non portare al di la dell* eccitabilità le investigazioni intorno ai fenomeni del- la vita. Il dichiarare infatti , come dichiarò Brown , ■che air eccitabilità si devono fermare le analitiche investigazioni d^i fenomeni delia vita , e il dichia- rare , come dichiarano i riformatori di Brown , che l'eccitabilità h un prodotto , un' effetto dell' orga- nizzazione, sono queste due dichiarazioni contraddit- torie ; imperocch'è nel primo caso l'eccitabilità è con- siderata l'ultimo termine d'analisi dei fenomeni del- la vita , e nel secondo li distruzioni. E già se nell' italiana riforma della teo-« rica browniana si considera reccitabilita forza secon- daria , ossia procedente dallo stato organico , egli h manifesto che dietro tale innovazione, la cagion pri- ma di'tutti i fenomeni organici non è piti riposta nell' azione dell' eccitabilità, ma nelle mutazioni dello sta- to organico. Quindi l'essenzialità del dinamismo , che consiste nel considerare cagion prima e base d'ogni fenomeno organico il movimento dell' eccitabilità, e distrutta ; per cui poi ne viene tutt' altra maniera di ragionare in fisiologia e patologia , che quella usata dai dinamisti. Ma ella, stimatissimo signor professo- re , a questo proposito mi oppone , che fin dal 1803 nelle lezioni di fisiologia considerò l'eccitabilitk come una maniera d'essere della materia organizzata , una proprietà , un' effetto dell' organizzazione , ne allora fu perciò da alcuno in tutta Italia riguardato o so- spettato come distruttore del dinamismo. Io però non vedo in ciò ragion logica di recedere da un pensa- mento, al quale conduce l'analisi della N. D. M. I. Veggo bensì che in quell' epoca il brownianismo co- minciava ad essere distrutto dai fatti sotto l'apparen- ze di riforma. Osservo poi nello stesso tempo , che non mancò nell' epoca del brownianismo chi ben ad- dentrato avendo il dinamismo dello scozzese si oppo- nesse a simili maniere di riformazione. Ed infatti Giuseppe Frank , profondo conosci- tore del browiianismo , in una nota alla traduzione àeìV opera di Weikard , Prospetto di un sistema pili semplice di mfidicina ec. , combatteva la maniera di considerare l'cccitabilita modificata per l'organizzazio- ne diversa , e inerendo al vero dinamismo brownia- Nuova dottrina medica aS no , sosteneva non esisterò clifFerenza alcuna o mocU- fìcazione dell' eccitabilità, ma bensì dalla sola diver- sa organizzazione procedere i particolari fenomeni, che fanno supporre diversa e modificata la eccitabi- lità. In tal maniera, questo celebre ed oculato brow- niano si adoperava a rimuovere la semplice conget- tura della dipendenza dell' eccitabilità dall' organiz- zazione, e confessando di ignorare in che consista l'ec- citabilila , dichiarava essere le condizioni essenziali della vita , organizzazione , eccitabilità e stimoli. E ben vedeva Frank necessaria tal maniera di ragiona- re , onde essere coerenti col dinamismo browniano ; imperocché nell' altra maniera si movevano i primi passi onde contraddirlo e distruggerlo. ]Nè altrimen- ti scriveva Francesco Frank nelle sue considerazioni sijlle opposizioni di Strambio al brownianismo. Che se poi i fatti necessariamente conducevano a conside- rare Teccitabilita dipendente dall' organizzazione , a logicamente operare , dovevasi , anzicchè riformare , abbandonare il dinamismo browniano , come infatti fece Frank. Per lo che è a conchiudersi che quando si cominciò a muovere uno de' primi passi della ri- forma del dinamismo browniano , che è la dipen- Aenr.ai dell'eccitabilità dall'organizzazione, a simile innovazione si oppose uno de' più oculati e profon- di conoscitori del brownianismo. Così stando le cose non so io poi vedere come ella , stimatissimo signor professore , possa asserire che Brown aveva accennato di considerare l'ecci- tabilità come una maniera d'essere della materia or- ganizzata , un risultamento , un effetto dell'organiz- zazione. Quasi avrei pensato che ciò le fosse caduto dalla penna in una lettera diretta ai compilatori del giornale della N. D. M. I. Da questo pensiero però mi distoglie l'osservare che ella, mutatis verbis, ha 24 S e I E N I E pronuuclato la stessa cosa nel volume secondo della lezioai suir infiammazione p. i34» e che perfino lo aveva scritto nelle leziotii critiche di fisiologia , e se ht^n ricordo nella quinta. Ma svolgendo da capo a fondo l'opera di Brown , tal sentenza non si rin- viene accennata in quelle pagine. E già lo scozzese riformatore dichiarò ignorare cosa fosse la eccitabi- lità colle parole: „ quid sit incitabilitas, quoque pacto a potestatihus incitantibus adficiatur ignoratur. ,, Vol- le inoltre che reccitabiliti fosse ultimo termine delle investigazioni analitiche intorno alla vita, e disse che oltrepassarlo porterebbe alla lubrica quistione delle occulte cagioni, la quale chiamò „ vonenatus ille phi- losophiae anguis. „ Dalle quali cose è manifesto che non ha accennato di considerare Teccitabilita come , una maniera d'essere della materia organizzata , un risultamento , un effetto dell' organizzazione. Che se Brown lasciò dubbio , e considerò in- differente per lo di fui sistema , che l'ecccitabilita fosse , o VLTL principio materiale il quale „ modo au- geatur , modo iraminuatur „ o piuttosto una facol- tà inerente alia materia la quale „ uunc vigeat , nune languelt ,, non si può da questa dubbiezza indurre che egli considerasse reccitabilitk un prodotto dell* organizzazione. Egli è chiaro , che l'esitare, il du- bitare , non e accennare , non è asserire un po- sitivo. Oltre di che se avesse anche Brown posi- tivamente accennato , e dichiarato l'eccitabilità , o un principio materiale , o una facoltà inerente alla materia , nel primo caso non l'avrebbe certamente accennata un prodotto dell' organizzazione, e ne anche nel secondo caso , perche non tutte le facol- tà della materia organizzala sono a considerarsi pro- dotte dall' organizzazione. E non avendo poi lo scoz- zese qualificata quella facoltà della materia organizza- Nuova dotthinà medica 25 ta di cui parla» iioa sì può asserire che egU la con- ■siderasse dall' organizzazione prodotta. Anzi avendo «gli messa al paro questa facoltà con un principiò materiale , fa argomentare , che la considerasse ben tutt' altro , che \m effetto dell' oi-ganizzazione. Laon- de se lasciò con tanta oscurità dubbio, se l'eccitabi- lita fosse un principio materiale , o una facoltà ine- rente alla materia, non si può in modo alcuno affer- mare che considerasse reccitabilila un prodotto , un risultaraento <}eir oi-ganizzazione. E per verità egli, fuor d'ogni tlubitazione , con- siderò l'eccitabilità la cagione ignota dei fenomeni vi- tali , e ragionò di lei come di cosa -distinta dall' organÌTzazione. L'avere lui infatti stabilito , che cia- scun sistema vivente si trova fornito di tutta la sua dose di eccitabilità fin del salasso^ e sopra ^Penn cezioni fatte al tentativo di conciliare i medici italiani. = Pesaro' 1837 : dalla tipografia di ./itìm nesio Nobili ; di pag. 4^3 , in 8." i> .'xn ioibim 0:f. iiir'I i tto sono ìe lettere nel presente volume ;vin$ej"it te, delle quali le pritrie cinque aggiraasi in rimar- care le nocevolezze dell'abusato salasso. Indiritte so- no le prime due al cav. Angeli , ed' arricchite nella presente edizione d'importantissime c^ddizioni : diret- te sono le altre a valenti professori, la terza cioè al prof. Speranza di Parma, la quarta, al consigl. Franckj, e l'ultima al prof. Goldoni di Mo.dena. Delle due pri- me , nou che della quarta si è di gik reso conto in varj luoghi di questo giornale;, diremo ora alcuu che della terza e della quinta. A maggior dimostrazione dei fallaci criterj che neir abuso della flebotomia inducono y torna, il prof. Meli a trattenersi su le di già notate qualità dei polsi, e sopra quegli altri fenomeni vitali, che oggidi all'abuso del salasso mal meditati ne. guida- no. Di quei fenomeni , che costituir possono, i mo- vimenti organico-vitali ^ di riparazione, tenn'egli ra»- gionaraento nella lettera al Franck j di cui teste esponemmo un compendio. Dirige per altro ora le sue meditazioni a quei movimenti di esaltata vita- lità, che prenunciano negli ultimi stadj delle ma- lattie una diversa miniera di azioni esaltate della vitalità tendenti a risolverle mercè della espulsione di materiali principi già per lo innanzi dalle istesse Sull' abuso del salasso 3?'- azioni a tal uopo disposti. Or queste vitali azioiii'V che le salutevoli crisi dispongono e determinano , isbagliate vengono oggidì per incremento di proces- so morboso , e turbansi perciò o inoflicaci rendon- si dal tornare a nuovi salassi, e dall' aòcrtìscere i deprimenti rimedj. E qui oh quanto giustamente de- plora rabjezione in cui cadde la teori(ja delle cri- si , come quella chepfinetrantissime disquisizioni ri- chiede , éche oppoQsi a quella facilita a' cui si cre- dette utile di ridurre rinsegnamento dei principi ^^^'' la N. D. M. I. ! Imperò aflinchè si evitino gli er-- ramenti che n'emergono, ove senza ordàlie di tem-' pò e senza impiegar solerzia veruna a distinguer' non s'intenda ed a non iscambiare i polsi tesi ine-* guali e. vibrati, i polsi duri ed assai resistenti , forieri di alcune salutevoli crisi da quelli di una ancor vigente flogosi ; varie utilissime avvertenze rammenta, il giudizio dei sommi pratici richiama a memoria. Intuona così agli orecchi, e lodevolmente il dimostra , quanto va-lor si abbia la potènza vi- tale in soventemente esaltarsi nel corso dei morbi per accumularsi or in questo or in quell'organo se- creterei facendo in essi concorrere i materiali che ai varj morbosi procèssi danno alimento , onde prer parati vengano , per mo' di dire , in guisa da ve-, iiire; espulsi fuori del sistema vivente t quanto possa questo esaltamento di potenza vitale manifestarsi ad. un tratto per l'aumentata energìa nervosa e vasco- lare ; donde i polsi talvolta duri divengono , spes- so vibrati , e sempre celeri , con quelle innumere- voli modificazioni che dal grado e diversità delia malattia derivano , non che dal tempo in cui si-, mili cambiamenti avvengono , egualmente che dalla' costituzione del malato , del metodo di cura , e si- mili : quanlo possano siffatti movimenti arteriosi, cliia,- 3a S e I S N « E mali clal Meli azioni vitali di eliminazione, essero eli leggieri confusi co'movimenti dell' accresciuta vitale azione degrinflanraiatorj processi: quanto possano ire virtù di una per tal modo }>en confermata e ditno- strativa dottrina delle crisi appalesarsi dinwnuite le ingannatrici apparenze del polso , che spingono gl'in- cauti al pregiudizievole uso del salasso. A far ri- vivere quinci nell'animo di ognuno la iraportaatis- siina dottrina delle orisi , avvisa il cav. Meli Futi- lità che attender dovremmo dal rendersi comune fra noi e nel nostro idioma l'ultima edizione del KLro del prof. Landre' -iBeauvais intitolato r Semetotiquc ou traiti des signes des matadies» „ Esso è il frut- „ to di venti e più anni d'illuminata pratica ; esso „ ha servito di guida nelle lezioni clinidie che qwel „ dottissimo professore dava nell'ospizia della Sai" „ pétriére ; insomma esso è un vero modello di os- „ servazione ippocratica , ridondante di preziosissi" „ mi fatti , i quali provano le verità che sono nel- „ la dottrina delle crisi del gran medico di Coo , „ e dimostrano gli spaventevoli pericoli che si cor- „ rono quando una cura perturbatrice o soverchia.- „ mente debilitante altera , scompone , distrugge i ,, salutari sforzi , co' quali nel corso delle malattie ^ le azioni vitali tendono ad espellere dal sistema „ vivente i materiali morbosi , ed a riordinare Tag- „ gregato delle fisiologiche funzioni. „ Il pregio della lettera , di cui favellammo , ac- cresciuto viene dalla risposta del prof. Speranza , il quale con vasta erndizione penetra fin oltre alle trascorse epoche dell'antichità per rimarcarsi la mo- derazione della scuola greca intenta in seguire le massime del suo fondatore nella prescrizione del sa- lasso , niun altra mira avendo che quella di tempe- rare i movimenti febbrili , irregolari , e di prorauo- Sull' abuso del salasso 35 vere la cozione , usandola sempre nel primo stadio della malattia ed in ragione della veemenza dei sin- tomi. Accenna dappoi a' funesti effetti derivati dal- le intempestive missioni di sangue, cotUro delle qua- li declat^iarono un Sydenham, un HoOmann , un Tis- sot , e mille altri ; alla miglior fortuna nelle risul- tanze conseguita dai moderati , come dall*istes.so Sy- denham , Morgagni, Tissot, Borsieri, Frank, ed al- tri moltissimi. Ci rammenta , come quel genio singo- lare , che i medici italiani pure indusse a non ve- dere che asteniche affezioni in forza della dottrina nata in Edimburgo , a rinunciare ai salassi , a pro- digare ogni sorta di farmachi stimolanti , fu pure il medesimo, che per una peculiare metamorfosi cangiò o cangiar volle tutt'ad un tratto la natura delle ma- lattie , alle quali attribuì un' indole flogistica cura- bile soltanto con generosi salassi , e con ogni sorta di rimedj deprimenti. Sursero alla vista dell' oppres- sa umanità i Giannini , gli Ozanam , i Prato , i Fe- derigo a solo scopo di porre un freno alla smania di trar sangue , e di ricondurre i pratici suU' abban- donato sentiero della osservazione e della esperien- za : ma nulla valsero quosti novelli Sydenham con- tro i nuovi Botalli , Riolani , e Vf illis , o ancor di essi pili coraggiosi. In onta quindi alle riflessioni au- ree deir Acerbi , dell' istesso Speranza , del Cerri , di Angeli, di Gatti , non cessò mai ne'caldi diatesisti la smania di trar sangue oltre il dovere e la modera- zione. Dopo la premessa di si belle considerazioni , ram- mentati dappoi gl'immensi danni che l'umanità soffre per parte di simd pratica, ritien come inutile il commentare l'importanza del sangueela massima di lui influenza sul- la vita ampiamente dimostrata per opera di tanti sa- gaci scrittori con la scorta di giustissime argomen- G.A.T.XXXVI. 3 3-1 S e I E N e E Iasioni; giuoco-forza essendo alTappoggio di queste il convenire non essere già il sangue un semplice sliraolo , siccome venne da taluni per amor di pre- concetto sistema immaginato , ma una parte integra- le della macchina istessa , dotata di moltissimo in- flusso sulla salute. Dal dispregio di questi principi qual catastrofe di letali conseguenze derivi , il con- ferma con estese relazioni di sinistri avvenimenti . Dimostra quindi quali sieno stati , e quanto forti gì' impulsi , che nei volgari diatesisti hanno contri- buito a confortare la inclinazione ai salassi in gra- zia delle principali massime con lusinghiera sembianza esposte nei lavori df:l dotlissimo Tommasini. ,•, Guar- „ dimi però il cielo ( so,^giunse lo Speranza ) dal „ voler attriijuire in tutto al A. di i3ologna la cau- „ sa motrice di tanto disordine. Sono troppo note „ le lezioni di quel liiiissimo e dottissimo pensa- „ tore , da cui d'altra parte si appi-ende , die anche ,, nelle pii!i forti infiammazioni esiste un limite al- „ le sottrazioni sanguigne , sebbene le più indicate „ dalla par/:iale sintesi ; e svilupparsi f momeni non „ consentanei ( pag. i6o). „ Si confuta d'altronde il clinico di Parma con riflettere , che alla moderazio- ne pur ricorrono molti fra i seguaci della N. D. M. I. dotti ed illlurainati medici. „ E . . . lasciate ( pro- „ siegue alla pag. 162 ) che io ptìre richiami a que- „ sti (cotennomaniaci ) tutt' i recenti travagli della „ società medica di Livorno, cui mi glorio pure di ap- „ partenere : che ripeta loro , come il dott. Miche- „ lotti ha saggiamente confutata l'unita del princi- „ pio eccitabile , e delle due diatesi generali : come „ l'ottimo amico mio il cav. Palloni ha con fino cri- „ terio e dottrina dimostrato l'importanza di ben „ conoscere il modo, il tempo, e la quantità di san- ,. sue da estrarsi nelle infiammazioni -.come il dott. Lu- Sull'abuso del salasso 35 „ pi ha giudiosamente rilevato non essere questo ri- „ medio sempre di assoluta necessita in simili aflle- „ zioni : e come il dott. Cerignani ha con pe;ietra- „ zione esaminato i punti di vista , sotto dei ([uali „ devesi considerare il salasso nelle acute llerama- „ sie : „ e come i preziosi insegnamenti delb greca medicina e dei migliori seguaci di essa formino la La- se principale delle scuole cliniche dell' Italia , e ri- chiamati pur vengano e ripetuti in quella di Bo- logna. Ma passiamo alla quinta lettera del cav. Meli , a cui e sommamente a cuore il grande scopo di pre- servare l'uomo infermo dai molti pericoli della pro- fusione di sangue, e di purgare la scienza da un tanto errore. Accenna singolarmente il N. A. alla necessiia di avvertire nella cura dei morbi , che molti salassi ri- chieggono , ai moti sinergici del cuore e delle arte- rie incitati dall'esaltamento della potenza nervosa per la inopia del sangue o per la scarsezza dei suoi su- stanziali principii. Riflette sagacemente alle fisiologi- che e patologiche simpatie tra il cervello ed il siste- ma sanguifero : ripete con Barthez , che qualunque affezione propaghi simpaticamente i suoi effetti al cuore ed alle arterie, aumenta e forza i movimenti del polso , sicché apparentemente ne insorgono i segni di una disposizione aneurismatica in tutt' i più cospi- cui vasi arteriosi . A rendere piiì evidente la neces- sita di non si lasciare illudere dall'aumento di azione vascolare nei polsi appalesatisi, massime in progres- so de' morbi infiamnìatorj ; come anche, avanzala che sia la cura deprimente sino a quel ragionevole punto dalla relativa gravezza loro voluto , onde av- vertenza si presti a non insistere con pertinacia e sen- za veruna posa nell'intrapreso metodo ; ci rammenta i funesti efietti dell'abusione di questo , dietro le pro- 3* 35 S e i E N a r foadissiiue osservazioni teorico-praticlie del cel. Reil. Aggiugne il tenore di una risposta dell'esimio consigl. Brera ad alcuni suoi quesiti ad esso indiritti , don- de piena uniformità emerge delle idee del clinico di Padova con quelle dello scrittor ravennate. A buon diritto però ne conchiude quest'ultimo, essere agevole nella scienza della salute forzare i risul lamenti della osservazione a sorreggere qualsivoglia falso principio. Della qual verità lagrimevole , oltre gli esempj ad ogni passo nella storia medica frequentissimi , può o iiiusìri medici, che alla N. D. M. I. non chi- Sull' abuso del salasso 3r) navano roviMonti la fioiite . Dopo il giudixio infatti della Socicla Italiana delle scienze su le memorie presentate pel piemio promesso dal programma del- l'anno 1821, s'impugnarono con sofismi e con in- giurioso linguaggio le ragioni validissime, con le qua- li la puhLlica universale opinione lo coiidannava . Surse allora più libero il frasario delle conltinielie a ricuoprire di nequitosa onla i medici della nostra pe- nisola, non ossequiosi al medico disp(UÌsmo del con- trostimolo; e colai pestifera semenza di odi e discor- die sparse tra gl'italiani medici si altrilniisce intiera- mente all'Orioli dal N. A. , il quale anzi dichiara co- sì quali stali sieno i prov:><' Mori , quali i provocati , e quale la misura tra la provocazione e la forza del risentimento. Or contro dell'Orioli, che apertamen- te attaccollo , intende il M li assumere nella seguen- te lettera Vili le sue difese j)er mondarsi Len hene dalle brutte pecche , delle quali reo si dipinge presso il pubblico scienziato. A questa prima lettera del Meli risponde il Bu- falini deplorando la contaminala dignità della scien^- za , e le tradite speranze della umanità . Consente dappoi col Meli intorno alla calma , che fra' n)edi- ci regnava innanzi al giudizio emesso dalla Società Italiana delle scienze per le memorie di Emiliani e Bufalini , per 1' ultima delle quali ripete lo scrittor cesenate ciocche disse nelle sue Cicalate sul propo- sito delle apocrife citazioni intromessevi ; ed aggiu- gne che dopo essersi da molli nazionali appalesalo non essere la memoria del sig. Emiliani il voto della nazione , divenne la sua come il segnale alla perse-r cuzionè . Obbrobri quindi si divulgarono , oltraggi ed ingiurie prodigate vennero ; e cosi giustamente all'Italia han potuto gli stranieri rampognare la ver- gogna di troppo acerbe letterarie contese. Si occu- 4o Scienze pa dappoi con molta lode il sig. Bufalini iu dichia- rarci con vari esempj la impossibilità di attendersi per opera di un uomo tutt' i fatti della medicina esa- minati , tutti analizzati , da tutti trarre le debite conseguenze , di tutti potersi comporre uu giusto si- stema di scienza. Stolta pretensione dei sistematici il non avvisare la somma difficolta di ben osservare ed universalmente esperimentare in medicina , e la più grande difiìcolta eziandio di ritrarne utili e certe de- duzioni ! Prende finalmente di mira la pretesa uni- formità del suo medicare e di quello del clinico di Bologna , escludendola con robusti ragionamenti , e vittoiiosamente rispinge da ultimo i sofismi del prof. Orioli , aggiugnendo accurata risposta , ma decente pur anche , alle ingiuriose avvertenze dal medesimo inculcategli. Nell'ultima lettera del Meli al prof. Bufalini leg- giamo primamente un piologo , nel quale si fan note le astuzie de' sostenitori della N. D. M. 1. onde trar- re nella mischia coloro che pacifici vantar si possono iinirauni da ombra di reato nelle odierne fìerissirae disputazioni ; ciò facendo non arrossiscono grida- re d'averne avuto provocazione , mentre avean già indossato il carattere di provocatori. Di tempra sif- f.ìtta prova il Meli essere stata la condotta del prof. Orioli , su di cui il prof, di Ravenna rifonde il me- rito di avere singolarmente diffuso con artifizio di persecuzione semi d'intestine discordie in virtù di quel suo dire e franco e vituperevole , mercè di cui si deturpano fin come immorali tutti coloro che o non consentirono, o si opposero a scientifiche opinioni da fanatismo e da violenza difese e sostenute. Vien per tal modo senza colpa il Meli preso di mira dai sarcasmi e dal men decente contegno della lettera del prof. Orioli. Di minor grido peraltro , e perciò di mi- Sull'abuso del salasso 4' nor apprezzanionto , ritengonsi dal prof, di Ravenna le ingiustissime calunnie, querimònie, e tortuose de- ìuzioni del sig. dolt. G. B. G., il quale nel suo Ren- diconto intorno alia teropia di ideane malattie non risparmia clamori ed invettive le più nere contro l'opu- scolo su l'abuso del salasso ed il di lui autore (**)• Ma l'egregio scrittor di Ravenna non lungamente s'in- tertiene con quest'ultimo, e rivolgesi alle imputa- zioni precipue del sig. Orioli , il quale gli addebita di aver violato la moderazione consigliata allo Stram- bio , e di avere in vece di conciliatore assunto a spargere nuovi semi di guerra nel mostrarsi aperta- mente deciso ad una delle parti . Di cotali accusa- zioni pronunziate a conto del Meli sgravasi questi giustamente , conoscer facendo la mendacia della im- putazione ; poiché ed e soverchiamente noto l'intrec- cio delle vertenze che si aggirarono col sig. prof. Metaxà , ed è anche universalmente conosciuto il lin- guaggio asprissimo usato dai Meli verso Io Strambio per non immaginarlo simulato e lenitivo. Che se il sig. Orioli giudicato avesse rivendicare i torti e le diffidenze sparse contro la dottrina bolognese , pro- digar poteva i suoi improperi , i suoi scherni , e le sue calunnie a chi lo avea ripetutamente irritato, sen- za rendersene ingiusto largitore a tutta la nazione ; senza rivolgere le nefandissime universali ofTese alla molto più numerosa classe dei medici antidinamisti, rappresentanti veracemente la medicina nazionale ; senza immaginare quella triplice obbrobriosa divisi- one di classi per tult' inchiudervi i medici italiani. Nella relazione e discolpa sensatissima di tali su- bjetti aggirasi la lettera or menzionata del sig. Me- li, e parte pur della risposta del prof. Bufalini. Per- ciò che dir si può titolo di contesa , lodasi dal pa- tologo di Cesena l'impresa del Meli, che intento do- 4^ Scienze yerosamenle ad evitare rillusione dell'altrui intelletto pel bene della scienza , piiì che per la quiete e digni- tà propria , si è adoperato con le presenti lettere re- primere la baldanza di chi mira a tutta sovvertire la, medicina. Commenda pur anche il di lui divisamen- te nel dichiararsi sordo ad ulteriori provocazioni , poiché dopo questo passo, che necessario si era per non indossarsi, una menda di dappocaggine , più onorevol cosa sarà il vincere l'inimico col silenzio. Ciocche poi nella replica del Bufalini leggiamo ap- partenere a merito di dottrina , è un apprezzabilissi- mo compendio , che la vanita appalesa dei sistemi flnqui tenuti in buona estimazione , e la stoltezza dimostra dei loro autori , che declinarono da quel sentiero unico a doversi calcare nelF esame riunita dell<; opportune condizioni , e neU' avere imprdpria- meiite portato generali deduzioni , che non denno ne emellersi ne ritenersi giammai in medicina , ove. di questa non si attenti a vietare più sodi e più ra- pidi progressi. Insiste quinci lodevolmente , perchè in vece di erigersi vane dottrine , e promuoversi ostinate disputazioni, miglior uso si faccia del tem- po in attendere ed in rettificare le utili osservazio- ni. Uamm^ita a tal effetto ciocche nelle varie sue apprezzabilissime opeire ha registrato intorno alla ne- cessita di esaminare ic cose m tutte le sue relazioni possibili per aver delle medesime una più perfetta conoscenza ; e rammenta il debito di osservare i sin- tomi non secondo le reciproche loro attinenze , ma puranco elevarne lo studio alle pertinenze loro col- le cagioni perturbatrici e colla salutifera azione dei rimedj . A questo canone , che 1' unico fondamento costituisce di tutta la patologia e di tutta la tera- pia speciale, aggiugne la indispensabilità (perbene usarne ) a non interpreLare siffatte relazioni con le Slll' abuso del salasso 4^ allottate teoriche , non dovendosi mescere 1' ipotesi col vero , e V analisi dei fatti coli' arbitrario imma- ginare. E per tutte non omettere le preziose av- vertenze e meditazioni dell' A. in questa lettera re- gistrate , invitiamo a riflettere quanto siffatta pato- logia, a solidissimi fondamenti appoggiata, intenda a ricercare per tali mezzi ed a determinare le sempli- ci e primitive affezioni o i veri elementi delle malat- tie , cosicché dir non si possa un prospetto di mi- steriose mutazioni materiali della macchina. Riflet- teremo quanto sia più veritiero con siffatta deter- minazione delle semplici affezioni il conseguimento di una giusta analitica ed utile descrizione delle reali ro , per non fa- vellare di tutto in un estratto , erasi da noi fatto un passo di oscitanza nello squarcio di lettera del Meli relativo al Grandi. Esigendo però adesso la circo- stanza il farne menzione , conviene porre il lettore a giorno pili chiaro dell'avvenuto. Il dott. Giambatti- sta Grandi senza cagion veruna , salvo quella di lu- crarsi fama di scrittore, e di provocare sopra il Me- li gli anatemi del supremo dottrinante , degli allievi , e dei cultori della N. D. M. I. , scende in arena a schernire mercè d' un insolente frasario con quel suo Rendiconto il cav. Meli. Con infedeltà ed inesattezza si registrano ivi alcuni passi dell' opuscolo del Meli . „ Con una destrezza poi piiì che da testuggine (Me- „ li, Lett. Polem. pag. 348 ) quel garbato dottorino „ tira proprio co' denti la conseguenza , e con tutta „ urbanità afferma al cospetto dei suoi collcghi , i „ quali ricevono il conto dalla sua terapia , che il „ nostro schiamazzare e Vinopportwio nostro grac~ „ cìii omento è diretto^ pia che ad altri., agli allievi ,; della scuola bolognese., ed ai cultori della N. D. ,. M' l'i e che io singolarmente per mezzo della ope- „ retta medesima ho presentato al pubblico la calun- „ nia , che quegli allievi e quei cultori abusano sea- „ za fine del salasso " . Calunniato cosi e denigrato il Meli, assunse a verberare alcun poco il dott. Giam- battista nell'ottava delle lettere polemiche in discor- so , e della sfrontatissima audacia (che diresse la penila del GrancU ) se ne appella al eh. Tommasini per la ragione di farlo redarguire a norma dei me- riti ; poiché „ colali Zoili guastamestieri (Meli, Lett. „ Polem. pag. 35o ) dovrebbonsi cancellare addirit- „ tura dal ruolo dei seguaci della nuova dottrina , „ perciocché non fanno altro che invilirla , vitupe- Sull' abuso del salasso 49 „ ralla, suscitarle niraici: e il Lenemeritissimo clini- „ co di Bologna ci rimetterà sempre della sua esti- „ mazione e della gloria giustamente dovutagli come „ illustre novatore della patologia italiana , finche „ pubblicamente non chiami al dovere questi licen- „ ziosi suoi seguaci .... " Istituto di brevità ci vie- ta riferir per intiero il frammento della menzionata V[II lettera del Meli relativa a questa diatriba ; ma alcuni altri squarci trascriveremo di essa lettera del- lo scrittor ravennate , il quale non conoscendo il dottor di Fusignatio non intese attribuire a lui e a chi di ragione con inaudita menzogna ed esagerazione il curar tutti , tutto , e sempre con il cavar sangue ; ne intese far biasimo ai medici di seguire le trac- ce segnate da Rasori e da Borda. „ Dopo quella sua „ zacchera (soggiugne il Meli, loc. cit. pag. 353) in- „ TORNO LA GENKSI DELLE CONCREZIONI CALCOLOSE „ (c/i*è a dire., secondo il dizionario della nostra lin- „ gua , intorno alla genesi delle concrezioni che ge- ,, nerano calcoli, o che patiscono di calcoli) e do- „ pò questo sperticatissimo Rendiconto; creda a rae, „ il suo buon nome non potrà essere davvantaggio „ denigrato . - Inoltre con assai alterigia ne ripren- „ de per = la jattanza con che dichiariamo noi stes- „ si molte volte dolenti lestiraonii della dissennata „ smania di trar sangue = . . . . Or come poteva io ( ripiglia il Meli , dopo aver asserito non aver cono- scenza del Grandi se non quando oso invereconda- mente proporgli una indegnissima azione ) aver co* „ nosciuto le massime sue in patologia? E quan- „ do pur le avessi conosciute , è egli poi così buo- „ no da credere che mi fosse venuta fantasia d'oc- „ cuparmi di lui con dirette allusioni in quel li- „ bretto ? Passa in seguito ai miei sperimenti su „ la cotenna del sangue i e con giri tortuosi di pa- G.T.XXXVI. ' 4 5o Scienze „ role e di spropositi cotichiudo esser falsi i risulta- „ menti da me esposti : e perchè? ^= Perchè gli stes- „ si sperimenti hanno oilerlo diverso risultato a chi „ gli ha con diligenza replicati. = Oh la conviu- „ centissiraa ragione! Poteva almeno il signor dot- „ tore farmi grazia di nominare la persona diligen- „ tissima , che replicò i miei sperimenti . . . . " Ma oh come queste ed altre giustissime rifles- sioni critiche del Meli ( sebbene non pungenti, quan- to era mestieri ) hanno dato al naso del povero Don Tempesta ! Credulosi egli cosi irritato , di- menticando esser egli stalo il provocatore , ha re- so di pubblica ragione nello scorso giugno la let- tera superiormente menzionata , nella quale salta in bigoncia , e da di mino alla sua pisside per isca- gliare contro il Meli le pili indecenti ed improprie frasi scelte e congregate al trivio. Ci asterremo dal tener di questa lettera anche men lungo discorso , poiché con averso stomaco avendone tollerata la let- tura , dividere non vogliamo col lettore la noja e la nausea , a cui muove simile scrittura che non merita affé l'attenzione deiruomo. Eh ! che certi scio- li e sconsigliati , che con turpi sconcezze, obliando il dovuto rispetto a meritissirai autori , denigrano al- tresì il nome istesso della medica scienza , non do- vrebbero essere ammessi al maneggio dei medico-let- terarj argomenti! Dovrebbe loro vietarsi l'incarico di assumer parte in diatribe teorico-pratiche , che di pertinenza esclusiva dire si avrebbero d'ingegni di maturo senno provveduti e di verace abilita , noti che incapaci di non serbare il sublime decoro della scienza stessa ! Donde ne avviene , che ignorando il vero contegno di gravi scrittori , in altro non ap- ]) resero ad essere egregj , salvochè nel vile ed abomi- nevole ripiego di contrapporre u qualche moderalo SlLL' ABUSO DEL SALASSO 5l risentimento rampogne acerrime , a roJjuste ragioni insolenti declamazioni , a sensate riflessioni interpre- tazioni sinistre. Anzi mal soffrendo essere svelati per quello che sono , si slanciano con mordaci calunnie , ri- piegano negli altri la provocazione di cui sono rei , e di fiancheggiarla si studiano con imputazioni d'ira- moralità. Un intreccio presso a poco somiglievole di frasi scorgiamo nella lettere del dott. Giambattista , il quale senza rossore non dubita incolpare il prof. Meli perfino di non castità di pensieri , di non ca- stità di morale (Vedi la lett. del dott. Grandi, pag.iS)! E dopo questo frasario , con cui sostiensi la causa , diesi avrà a dire del contesto dei suoi assunti? Sap- piamo , che risponderà il valente sig. dott. Strambio a quella lunga diceria del Grandi sul proposito del- la generosità dei salassi ; ma dal linguaggio istesso , che il dott. Giambattista ha usato, vien chiara a desu- mersi la inordinatezza e la meschinità del lavoro istes- so degno di essere condannato al piìi alto dispregio ed oblio . Chiarissimo altresì ne emerge e meglio dimostrato per questa tiritera del Grandi ciò che il Meli asserì, ch'egli cioè va sitibondo di fama con recare oltraggio a persone che onore soverchio gli lar- girebbero se un solo accento volgessero a lui. Ri- devolissimo egli è d'altronde il vedere questo novel- lo Aristarco montato in tanta collera , mentre il Meli sbracandosi per le risa lo ha preso nella ottava del- le sue lettere polemiche sì bene a gabbo . Chi poi non chiamerà stoltezza quella del Grandi nell'essersi col- legato ad altri suoi simili per tracannare e diffonde- re l'idea della piccola terzonella del defunto arcive- scovo di Ravenna , al quale , se avesse vissuto , sa- rebbesi egli ben guardato di fare onta con caratte-t rizzarlo s\ pravo distributore di onorificenxe? Igno- rava egli forse , che la onorificenza , eh' ei dileggia 4^ 52 Scienze nel Meli, gli venne dal Sovrano Pontefice conferita, cosicché ancor di questo scherno potrebbe amaramen- te pentirsi ? Chi non ascri\jerk a follia 1' arguta in- terpretazione del Grandi nel dichiarare per citta di Ravenna ciocche sì evidentemente mostrò il Meli vo- ler alludere all' Italia , ove asserì , che il Grandi as- sumeva a patrocinare la causa della plebe medica numerosa anche nel nostro paese? Chi esitera a pro- nunziar trivialissima la rampogna che si dirige al Meli nel dirgli , che quel paese gli dà da mangiare, quasiché al sig. Giambattista scendessero lo vettovaglie ed i contanti o dalla luna , o da qualche altro mon- do ? Chi impugnar potrà essersi con tal foggia di ar- ringo violate le leggi della decenza contro le sue istesse proteste ? E non sarà poi vero , che simili scritture non meritano l'attenzione dell' uomo ? Spe- rar vogliamo perciò ( e lusinga ferma ne nutrono eziandio tutt'i savi), che il Meli spregiando siffatte turpitudini , anche per non far lieto il sig. Giambattista di vedersi onorato dalle sue sferzate , non iscenderà giammai più , siccome ha protestato , a lordarsi le scarpe nel sozzo braco di quel suo miserabilissimo avversario. Facciara plauso intanto a quel buon Ne- store il cav. Angeli , il quale ( ed in ciò è stato pur seguito il vecchione imolese da varj altri rinomati medici , ai quali ebbe il dott. Giambattista l'ardimen- fo d'inoltrare il suo libello ) tutto che lodato nel li- bretlacciolo del Grandi, non esitò a tostamente rispin- gerglielo per la posta: indicar volendo così un so- lenne rimprovero alla di lui audacia nel trasmettere un sì screditato scritto ad un uomo specchiatissimo per mille titoli e che ama l'onore e la dignità della pa- tria medicina. Requiescat in pace adunque il sig. dott. Giambattista Grandi ; e se il prurito lo aggredisse di novellamente presentarsi al pubblico, lo esortia- Sull' abuso del salasso S3 mo die clilf\r;|:(a prima a questo una benigna indul- genza dei coiumessi falli , in espiazione dei quali lo consiglieremmo a ritirarsi in qualche solitudine , per quindi tornare dopo questo atto preparatorio ad ap- prendere sotto la scorta di qualche buon precettore il metodo e la forma di trattare con verace dignità letttrana i suoi argomenti , onde non incorrere nel reato di rinnovare altri insulti alla onesta degli sci- enziati. // compii. TONELLI. ' Nuovo corso di matematiche pure e miste diviso in dicci tomi Di quest' opera ne sono usciti alla luce quattro tomi in ottavo , i quali contengono : Gli elementi d'algebra del prof. Giamboni. NapO' li 1826. Gli elementi di geometria del medesimo. NapO" li 1826. Le note per servire di complemento al i e 2 to- mo. Roma i8?i). L'introduzione alle arti. Roma 1826. L'introduzione al calcolo. Parte algebrica. Ro- o ma 182-7. i era fin qm desiderato in Italia un corso elemen- tare di matematiche , nel quale l'aritmetica , la geo- metria , l'algebra , l'analisi geometrica a due e tre co- ordinate , il calcolo differenziale e integrale ec si presentassero non più a guisa di trattati isolati ed indipendenti , ma uniti e connessi dalla rigorosa legg(e di continuila , che dev'esser tutta propria del- la scienza dell'esattezza. Così le parti che ora face- 54 Scienze vaao tante nieinbra staccate si volevano congiunte a formare iia sol corpo, un sol tutto, facendole dipen- dere da certi principii universali , che fossero il fon- damento di tutto il nuovo edificio. Quest' impresa quanto didlcile altrettanto utile è stata condotta ad appagare il comun desiderio da alcuni compilatori , i quali , a quel che ci pare , hanno corrisposto assai Lene a si lodevole iute adiniento nell'opera che ab- biamo annunciata di sopra. Nel dirigersi però ad un tal fine era mestieri che tutto si desumesse da una sola parte, che co- me sorgente originaria spontaneamente ne facesse scaturire le diverse diramazioni della dottrina ge- nerale delle quantità. Era necessario eh' essa fosse indipendente da qualunque caso particolare , e pe- rò non poteva essere ne 1' aritmetica , ne la geo- metria che si propone le grandezze deterrainate- L' algebra sola aveva il carattere di tal fonte ori- ginaria , perchè sola può coniprend'^ra nella sua ge- neralità qualunque maniera di quantità senza con- siderarne il quantitativo e la specie. Doveva dun- que esser l'algebra la jbase primaria di un sì vasto edificio che non riconosce particolarità di sorte al- cuna. Questo piano veramente filosofico si tenne per la prima volta dal prof. Giamboni nella prima edi- zione de' suoi elementi di algebra e geometria, do- ve seppe felicemente superare le innumerevoli diffi- colta che doveansi naturalmente incontrare nel suo sviluppo. Dall' algebra sola fece discendere 1' arit- metica e la geometria , per quest' ultima lasciando il metodo sintetico degli antichi „ i quali ( com* „ egli dice ) se vivessero ai dì nostri direbbero con „ Lagrange = Finché V algebra e la geometria „ restarono separate , i loro progressi furono lenti , Corso di matkmatiche 55 „ ed i loro risi limitati. I\[a quando queste due ,, scienze si suno riunite , è allo/ a che si sono pre- „ state forze scambievoli camminando insieme con „ passo rapido verso la perfezione = , e si accorde- „ reLbero ( segue a dire ) con noi neirattrlLuire ali* „ analisi algebrica in qualsiasi sistema di grandez- „ ze la soluzione universale dei problemi (i). Noi vogliamo interamente convenire coH'A. sul- la preferenza die debbe darsi all'analisi sopra la sintesi. È veramente l'analisi che ha fatto fare i piìi rapidi progrersi alla mente umana in ogni maniera di cognizione , e per essa sola è salita a vedere e scuopnre sollecitamente le verità più astruse. Ma non pensiamo perciò che siasi d' abbandonare del tutto la sintesi che colle grafiche costruzioni diventa qua- si la pratica della meccanica, della geodesia , dell' architettura e del disegno che entra in tutte le ar- ti . Oltreccliè ha un certo modo immaginativo che avvezza molto la mente all' ingegno e airinvenzione. Però siamo di parere che i giovani, che si dan- no alle arti , convenevolmente s i debbano ammae- strara nell'uno e nell' altio metodo, e che quelli i quali vogliono progredire sollecitamente e senza in- terruzione nelle scienze più alte dell'esattezza, pos- sano seguire il solo metodo dell'analisi benissimo ed utilmente adattato dal sig. Giamboni a tutte le par- ti delle matematiche elementari (2). (i) Corso elem. di mat. toni. 2. Giamboni pref. al- la geom. (2) Il sig, Tramontini, uno de' sommi geometri di ohe sì onora l'Italia nostra, dice nella sua perfazione all'ope- ra eccellente delle proiezioni grafiche , che non è cosa fa- cile ad intendere, perthè tulli i pensieri siano rivolti eg- ^^ S e 1 B N I E I nostri compilatori si sono attenuti interamen- te al suo metodo , come già provato dall' esperienza di più anni nell'insegnamento delle università e dei licei , anzi hanno riprodotto i suoi elementi di alge- bra e di geometria con un fascicolo di note per com- pletarli. Non reclierk dunque alcuna maraviglia , per quel che si è detto di sopra, se questo corso man- ca di aritmetica volgare , perchè non occorre alla intelligenza dell' algebra , ed altronde essa discende dall'algebra stessa come un corollario completamen- te dimostrato. Tratta questo primo volume delle prime ope- razioni sulle grandezze intere , delle frazioni , delle quantità potenziali radicali ed immaginarie , dei rapporti delle proporzioni e progressioni , delle equa- zioni e dei problemi di i e 2 grado , non che dei problemi dipendenti dalle proporzioni e progressioni. Ma se la teoria dei numeri indeterminati , che secondo il linguaggio dei compilatori sono gli alge- brici (f) , nel primo volume viene naturalmente ap- auli a coltivai" la sola memoria e pOf:o l'inimaginazione , intanto che nobilissimi filosofi hanuo dimostrato che da qaesta facultà derivano principalinente le forze della stessa memoria. Però nell'ordinare Fopera suddetta , che noi ricor- diamo qui a cagione di essere sommamente ntileagl'lngegueri e gli arcliiletti , dice di aver inteso ad informare i giovani del- le cose di geometria superiore, e ad educare la loro immagi- nazione perchè più abili conducessero con franco passo li raziocmio dietro le tracce misteriose del calcolo. (!) Pongono qui gli autoiù del nuovo corso una tri- plice distinzione di numeri. Perchè dicono numeri inde'- terminati quelli che non mettono in evidenza né il quan- titativo uè la specie delle unità , e li rappresentano col- Corso di matematiche Sj plicata ai numeri semitleterminati od aritmetici , nel secondo si applica felicemente ai numeri determina- ti ossia alle quantità dell'estensione. Così il secon- do volume del sig. Giamboni è legato interamente col primo , ed il passaggio dal i al a n* è una conseguenza così necessaria , come lo e la considera- zione naturale delle tre maniere dei numeri suddetti. Ma per far comprendere lo spirito della geometria del Giamboni , che è il secondo tomo del nuovo corso , giova l'addur qui quel che ne dice egli stes- so nella sua prefazione (i). „ Conosciuti, per ciò che sì è esposto nel pri- ,, mo volume , i principii di quella scienza che „ tutta esamina le grandezze , astraendo dalla na- tura particolare di ciascuna , ci occuperemo ora della più interessante fra le applicazioni che da essa derivano , dell' analisi delle proprietà dell' lì estensione. M „ Null'altro per noi la geometria potrà avere di proprio, che alcune particolarità esclusivamen- te inerenti alla natura delle grandezze estese. Co- gnite che siano queste , e valutata la parte che prender possono nell'esame dell'estensione , tutto il resto dovrà assoggettarsi alla scienza universale del calcolo , ai risultali cioè che l'algebra c'inse- gnò ad ottenere. „ le lettere dei due alfabeti : numeri semideterminati quel' le quantità che pongono in evidenza il quantitativo seu' za la specie , e gli esprimono colle cifre arabiche in ge- nere : finalmente numeri determinati quelli che fanno evi- dente e quantitativo e specie , o almeno la sola specie , come accade dell' estensione. (i) Corso di mat. pure e miste tom. 2. 58 Sci e n z f Certamente che in questo modo la geometria si fa molto più semplice e facile, e contluce i giovani per una strada assai più spedita. Le materie tratta- te in questo libro sono quante occorrono ad un cor- so completo di elementi , e sono ben ordinate e ben discorse , perchè si tien dietro alla distinzione na- turale delle linee , delle superficie e dei solidi. E in- torno alle linee si tratta della misura e combinazio- ne delle linee clie non racchiudono spazio , delle proprietà dei poligoni , dell'uguaglianza e somiglianza dei medesimi , delle rette , e dei poligoni in ordi- ne al cerchio. In quanto alla superficie e ai solidi si discorre della misura dei piani , e dei piani che non racchiudono volume , delle superfìcie dei solidi , dell'eguaglianza e similitudine dei corpi , e della mi- sura dei volumi. Questi due primi tomi sono seguiti da un ter- zo , nel quale con molto accorgimanto si veggono riunite tutte (juelle materie , che non potevano aver luogo neir algebra e nella geometria elementare , e nemmeno potevano riguardarsi parte integrante dell' introduzione al calcolo . Tali materie trattate nel terzo tomo sono 1' omogeneità generica e geome- trica , la cosi detta applicazione dell' algebra alla -geometria, le frazioni continue , le quantità espo- nenziali , i logaritmi , e le due trigonometrie pia- na e sferica. Questo volume è destinato a coloro che vogliono subitamente ritrarre i primi vantaggi dal- la scienza del calcolo , senz'aspirare ad esser maggio- ri del geometra pratico , e del semplice calcolato- re. Però è che i nostri compilatori vi hanno impo- sto il titolo d' Introduziotìe alle arti. Noi non sa- premmo ben dire se un tal titolo convenga giusta- mente alle materie di questo volume , perchè non vi si tratta nulla di arte. E vero che l' uso di quelle Corso di matematiche Sq occorre a coloro clie si danno all' esercizio degl' in- gegneri , degli architetti , e degli artisti meccanici : ma occorre egualmente agli astronomi , agi' idraulici e a quelli che vogliono progredire nelle scienze più suLlimi della matematica Avremmo ancora deside- rato in questo volume , che vi fosse ragionato del- le sezioni coniche tanto necessarie ai geometri e ai meccanici. Ma vogliamo credere che ciò sia sfuggito ai compilatori , e eh' essi vorranno rimediare a tal mancanza in qualche volumetto a parte in comple- mento al 3 tomo, siccome hanno fatto al i e 2 tomo. Noi non possiamo presentar qui un esame piìi minuto di questo eorso : che la qualità delle scien- ze, e la brevità del giornale non ci permettono di entrare nei calcoli e nei particolari delle materie. Ma possiamo ben dire in generale, che tutto vi è trat- tato con rigor geom etrico , con somma semplicità e . chiarezza : che le idee di mano in mano si succe- dono l'una all'altra , e che tutto vi forma unita: ciò che non s'era avuto fin qui n egli altri corsi elemen- tari di matematiche, dove tutte le parti, come si disse , erano slegale e dedotte da' principii partico- lari e divisi . Dobbiamo dunque saper buon grado al sig. Giamboni e ai compilatori del nuovo corso nell'adottare il suo metodo , perchè per questa via noi speriamo che le maltmatiche si renderanno più facili e piane, e faranno scala all'intelligenza delle opere più sublimi di queste importanti ed utili di- scipline. Noi annunciamo di quest' opera anche il 4 to- mo , che contiene l'Introduzione al calcolo teste usci- ta alla luce , e ci riserbiamo di render conto di que- jsto , come degli altri che usciranno di seguilo , in al- tro articolo. L. POLETTI. Oo Sulla maniera di esistere della chinina e cinco- nina nelle chine , e sulla preparazione del sol- fato di chinina senza fazione deW alcoole. Oebbene i cel. chimici Pelietier e Caventou nel lo- ro interessantissimo lavoro sopra le chine avessero per multe buone ragioni ammesso die la chinina e la cinconina si trovano in queste cortecce allo sta- to di combinazione con l'acido chinico formando ve- ri sali , pur non ostante una tale opinione , che la sperienza diretta non aveva confermato , non fu ab- bracciata da tutti i chimici. Alcuni infatti pensaro- no che la materia colorante dovesse avere una gran parte nelle combinazioni naturali di queste basi or- ganiche , ed altri dubitarono perfino della preesisten- za dell' alcalinità di questi principii immediati , e l'at- tribuirono alla reazione delle sostanze impiegate per la loro estrazione. Il determinare la maniera di esi- stere di questi alcali nelle chine non è un ogget- to di semplice curiosità , come a prima vista po- trebbe credersi , ma uno dei pii!i importanti : giac- che da tale conoscenza dipende la scelta del pro- cesso più semplice e più economico per la prepa- razione di questi alcali , e dei loro sali per l'uso della medicina. Per risolvere queste questioni i sigg. Henry figlio e Plison farmacisti alla farmacia cen- trale di Parigi hanno intrapreso una serie numero- sa di sperienze, che sono riportate in una bella me- moria letta il dì i4 dello scorso aprile all' accade- mia R. di medicina di Parigi (a). Le conclusioni de- (a) V. Annales de chimie et physique , juin 1827. Chinina e cinconina Gt dotte dalle loro sperienze sono : i.'' che l'alcalinità preesiste nelle sostanze alcaline delle chine : 2.° che in queste cortecce le basi alcaline sembrano unite egualmente all' acido chinico in eccesso , ed alla ma- teria colorante rossa solubile ed insolul^ilc : 3.° fi- nalmente che i chinati naturali di chinina e di cinconina possono essere isolati , e che si possono ottenere sebbene con difficolta allo stato cristallino. Neil' istituire tali sperienze hanno questi chimi- ci veduto , che eoa un processo semplicissimo può prepararsi il solfato di chinina anche senza l'azio- ne dell' alcoole. Noi crediamo cosa utile il far co- noscere questo processo : e ad onora della nostra pa- tria , e per l'amore della verità vogliamo ancora che sia noto , che fin dal 1824 il sig. Peretti , professo- re di farmacia nella nostra università, aveva già imma- ginato un metodo per la preparazione del solfato di chinina senza far uso dell' alcoole , metodo che in- segnò pubblicamente ai suoi scolari nelle lezioni dell' anno scolastico 1825-26. Affinchè i nostri lettori pos- sano giudicare dell' isattezza di ambedue questi nuo- vi processi , ed a comodo dei farmacisti , noi ripor- teremo brevemente l' uno e l'altro con la maggior chiarezza possibile. Metodo per ottenere prontamente il solfate di chi-' nina senza il mezzo deW alcoole ^ dei sig. Henry Jtglio , e Plisson farmacisti francesi. Si prende della china gialla reale (e se si vuo- le anche la grigia , o la rossa ) ; si riduce in una polvere grossolana , e si fa bollire con acqua aci- dulata con l'acido solforico , come nel processo or- dinario. Si passa per tela il liquido , ed al mede- simo ancora calcio si aggiunge una sufiiciente quan- 62 Scienze titk d'idrato di piombo rflcsateinatite preparato ed aacora molle , finché il Ii([uido sia in istato neutro , e che abbia preso una tinta leggermente giallastra; si oltrepassa appena il punto di saturazione dell' aci- do per giungere a questo fine. Lo scolorimento del- la decozione essendo un oggetto importante alla riu- scita del processo , è necessario , nel caso che il li- quido si trovasse torbido il giorno seguente , di ag- giungervi qualche altra porzione d'idrato di piom- bo , e filtrarlo di nuovo. Del resto siccome tut- to può farsi in poche ore , non è da temersi un ta- le inconveniente. Il liquido giallastro, che risulta dall' operazione , è formato d'un poco di chinato di piom- bo prodotto dalla saturazione dell' acido chinico , una parte di cui è libera nella decozione , di mol- to chinato di calce , e di chinina o cinconina , più una leggera porzione di materia colorante gialla , e di qualche altro principio appena da apprezzarsi. Quanto al deposito lavato, esso è composto delle ma- terie coloranti combinate all' ossido di piombo , di solfato di piombo , e di chinina libera , che gli au- tori presumono che fosse combinata primitivamente con una delle materie coloranti , e forse con tut- te. In questo deposito non hanno trovato il sotto-chi- nato di piombo. Si separa dal liquido il piombo o con qualche goccia d'acido solforico, oppure con una leggera corrente di acido idro-solforico puro. Si filtra , e si precipita la chinina versandovi il latte di cal- ce , che sia un poco in eccesso. Questa chinina si trasforma facilmente in solfato , che si ottiene quin- di in cristalli bianchissimi , e di un aspetto setaceo. Gli autori fanno osservare che questo metodo per la preparazione in grande del solfato di chini- na non è economico , ma può essere utile per Tesa- Chinina e cinconina 63 me cliiinico delle chine di commorcio , mentre in bie- ■vissimo tempo si può conoscere con questo mezzo se coiiteiiguuo i priacipii alcalini , da cui dipende la loro ellicacia. Metodo dei sig. p^'(}f- Perettì per la preparazione ■ del solfato di cìiinina senza Vaso dtlV alcoole. Si prende della cliina calissaia , e ridotta in pol- vere si £a Lollire con acqua acidulata coli' acido idroclorico. Si cola il liquido , e sul medesimo an- cora caldo si versa dell' idrato di calce allungato con acqua fincliè il liquido arrossi alquanto una car- ta tinta di curcuma. Si separa allora il precipita- to con un pannolino , e si lava con acqua ; dopo elle ha ben sgocciolato , s' introduce in una caldaia di rame stagnato , dentro la quale siavi dell' acqua acidulata con acido solforico , e si fa bollire per poco tempo. Quindi per mezzo di una carta tinta di tornasole si osserva se il liquido contenga un ec- cesso di acido. Nel caso che non vi sia quest' ec- cesso , vi si aggiunge nuova quantità di acqua aci- dula , essendo necessario che sempre si conservi nel liquido un eccesso d'acido. Fatta quest' operazione, si versa tutto il liquido dentro un vaso di legno , o di terra vernicialo , e si lascia raffreddare. Quin- di per inclinazione si separa la parte chiara , ed il liqui.do torbido si passa per un pannolino. Tutt' i liquidi riuniti si rimettono nella caldaia , si satu- ra l'eccesso dell' acido col carbonato di potassa , si depurano col carbone animale preparato, e si pas- sano per carta emporetica Per mezzo del raffredda- mento si avrà il solfato di chinina sotto forma di fiocc'ui bianchi aggruppati insieme. Con questo pro- cesso in occasione di molte ricerche di solfalo di 64 [Scienze chiaina ha l'A. preparato quantità considerabili di questo sale nel termine di 3 giorni. Egli avverte pe- rò che se il liquido non è bene scolorato , il solfa- to di chinina non si separa , e che non si può agi- re se non sopra i precipitali delle prime decozioni della china. Finalmente le acque che hanno lascia- to deporre il solfato di chinina, invece di farle va- porare per ottenere altro solfato, si possono tratta- re con la calce , e quindi i precipitati coli' alcool come nel processo ordinario. 65 LETTERATURA Osservazioni numismatiche di Bartolommeo Borghesi. DECADE XV. Osservazione I. L .1 primo denaro tnorelliano della gente Emilia rap- presenta da un lato il re Areta a destra vestito del pallio e delle brache barbariche , con testa nuda , ma con capelli alquanto lunghi , che noi diremmo alla nazarena. Egli in atto supplichevole piega a terra il ginocchio destro, olire colla dritta un ramo d'olivo legato da una benda , e tiene colla sinistra pel ca- pestro un caraelo bardato. L'iscrizione alcune volte ci offre M . SGAVR . AED . CVR . EX . S . C , ed alcune altre aggiunge nell' esergo REX . ARETAS . Nel rovescio poi vedesi Giove in una quadriga a si- nistra , che regge le redini colla manca , e lancia il fulmine coU'altra mano, coli' epigrafe P . HYPSAE , 'vel HYPSAEVS, AED . CVR . C . HYPSAE, ^e/ HYPSAEVS . COS . PREIVE , vel PREIVER , CAPT , vel CAPTV, vd GAPTVM colle due ulti- me lettere in monogramma. Io non ho da parlare del diritto di questa medaglia se non se per notare una differenza, che i suoi diversi conj ci presentano nella G.A.T.XXXVI. 5 (^ Lbtteratura bardatura del camelo, la quale sebbene negata dall' Avercampio, è ciò non di meùù verissima; e per ri- fiutare un'errore, in cui ba dato motivo che inciam- pino alcuni. Dirò dunque che la di lui sella o basto il più di frequente ha la forma di un cuscino , ma qualch' altra fiata ancora si veggono da lui sporgere quando quattro, quando sei pinoli, o spuntoni, che da taluao , come dal Begero T. ii. p. 53i, sono stati presi per una corona reale. Per lo che si è creduto, che quella fosse la corona del Re Areta portata dal camelo sul dorso , tutto che si fosse dovuto prima addimostrare, che i prencipi Arabi usassero veramen- te quel!' ornamento , mentre all' opposto la medaglia di Damasco coir effigie di un re Areta, di cui si ha, il disegno nel Liebe p. 129, non gli attribuisce se non che il diadema degli altri re , e fanno altrettanto quel- le dei limitrofi Agrippa I, ed Erode III della Giu- dea. Osservati pertanto diligentemente i nummi , io non ho in essi trovato se non che il diverso forni- meato, che ponevasi in dosso al camelo, secondo che volevasi servirsene o per montarlo , o per caricarlo. Nel primo caso , in cui ha l'apparenza di un cusci- no , io vedo Vephippium , o vero il centunculum da cavalcare , sapendosi bene che gli Arabi si valevano anche a quest' uso del camelo , onde leggiamo in Ap. piano ( de rebus Syr, e. Sa ) Arabes qui camelis velocissimis insidentes facile hostem e sublimi sa- gittis impetunt. L'altra forma di basto è poi per me la sagma camelli ricordata nel novo editto di Diocleziano , ed armata di una fila di pinoli nel mez- zo ad oggetto di prontamente attaccarvi le zabernce e le avertce i delle quali si fa cenno nel medesimo editto, non che ogni altro genere sarbitiarum, al tra- sporto delle quali era cosi proprio il camelo , che tie- ne forse il precipuo posto fra gli animali sagmares O-SSEnVAZlONI NU^lISMATICllE 67 et onerarios. Del resto e già stato avvertito, dio l'in- terpretazione di questo tipo procede limpidissima da Dione 1. 37 e. i5 , da Appiano bel. mithr. §. io(j, 107, da Plutarco nella vita di Pompeo , ma segnalamonte da Giuseppe Ebreo Ant. Iiid. 1. i4 e. 4 et 5, Bel. lud. 1. I e. 7 e 8 , che narra la cosa con tutta ve- rosimiglianza senza infrascarla colle esagerazioni de- gli scrittori latini, ai quali deve aver attinto Dione. Apparisce adunque dai suoi racconti , che Arela re degli Arabi Nabatei , o sia dfiU' Arabia Pelrea , es- sendosi raeschiato nelle discordie di Aristobulo e d'Ir- cano, che si contendevano il regno della Giudea , si attirò addosso la guerra con Pompeo , il quale dopo aver espugnato Gerusalemme ai ^odidecembre del 691 rivolse le armi contro di lui. Ma sopragiuntagli la notizia della morte di Mitridate , cum Coeleu Sy- riam usque ad Eupliratem Jluvium et Ae^ypluni Scaltro tradì di sset , cum diinbus le<^lonibus lionia- nis in Ciliciam contendit Romam ire festinans. Per lo elle Scauro nel G92 essendo succeduto nel co- mando dei rimanenti foldati , cum in P etram J ra- bica regiam expedìtionem J'ecisset , et propter dif- jiciliorem ad enm aditum agrum in circuitu de- populnretur . et exercitns fame lahoraret , Antìpa- ter Hjrcani iussu frwnentum ex ludceny et alia , quibus opus erat , ei pvochehat , missusqiie ad Are- tam legatus a Scauro , qiioniam ejus Jiospes es- set , persuasit ei , ut pecunia vastationem agri redimeret , et ipse trecentorum. talentorum sponsorfit. Atque liis conditionìhus , Scaurus hellum jìni\>it , non minus quod ipse hoc voluerat , quarti quod Aretas idem concupiverat. Quindi acconciamente , seguendo il fasto romano , viene qui Arcta propo- sto in aria di supplice , porgendo l'olivo della pa- ce , al quale è attaccata una benda secondo l'uso di 5* G8 L E T T E R A. T U R \ chi pregava , siccome ottiiiiaracnle con un passo di Virgilio ha mostrato a questo lucgo l'Avercampio , e con un' altro di Escliilo confermato rEckìiel. E del pari sta bene che Scau-o nel far coniare questo nummo mentr' era Edile curale celebrasse una pro- pria impresa anteriore di pochi anni , mentre all' in- contro questa medaglia medesima ci provera in- vittamente quanto lungi dal vero andasse nei suoi sogni l'Arduino , allorché violentando un passo di Plinio l. 3G e. 8 not. 7 volle anticipare la sua edi- lità air anno G78. Imperocché se la medaglia attesta nella sua iscrizione d'essere stata battuta mentre Scauro era edile , e se manifestamente allude ad un fatto posteriore alla guerra mitridatica , anzi dichia- ratamente dell'anno 692 , come mai potrà essere sta- ta impressa quattordici anni prima che questo fatto avvenisse? Però questa sua edilità, benché celebratis- sima presso tutti gli scrittori per l'inaudita magnifi- cenza che fé' risplendere nei suntuosissimi giochi da lui dati , non è afiìssa ad anno certo se non per una testimonianza di Cicerone , che scrive nella Sestiana e. 54: Ex te igitrtr , Scaure , potis- simiim qiKjsro , qui ludos apparntisslmos , ma- gnificentissiinnsqne fecisfi , ecqais istorum popu-' larium tuos ludos aspexerit. Ipso, ilio mnximus Utdius ( P, Clodius ) ... ne tuos ludos nspexit in ilio ardeuti trihunatu suo , lìec ullns alias , ni si eos a quibus \>ix vivus ('ff'n^if. Al qual luogo ha già mostrato invittamente il Ferrazio , che Scauro fu edile nel 6f)6 , e che celebrò i suoi giochi nel men- tre che Clodio era già designalo tribuno per l'anno seguente. Ne per verità quella sua magistratura può differirsi al 697 , perchè è inconcusso che Scauro fu pretore nelT anno dopo , onde non potè nell'anno avan- ti tenere l'edilità , ed essere nello stesso tempo cau- Osservazioni numismatiche 69 didato pretorio : come viceversa non può anticiparsi al 6()^ senza dare un' aperta mentita a quel luogo di Tullio, e senza violare egualmente ciò che si ricava da Appiano. Scrive egli (de reb Syr. e. 5o) Syriain Pompeius Scaltro , qui qitaestor eius in bellis file- rai ^ rfgendain reliqrùt. Scnuro senatiis Marciam Philippam suGcessorem misit , et post lume Len- tultini anihos pnetorìos. Uterque biennio , quo prò- 'vincite />rcefuif , conflictntas est cuin Arabibus- Do- po di che prosiegue che la Siria incominciò ad esser retta dai proconsoli , e (i\w il primo di loro fu Ga- binio. Ora ognun sa che Gabinio non andò nella Si- ria so non nel 697 dopo che fu compito il suo con- solato , onde il biennio di Filippo e di Marcelli- no corrisponde al 69$ , e al 69G. Per lo che se Scauro dove restare in quella provincia per tutto il G94 , onde aspettare il successore Filippo , che in quel tempo esercitava in Roma la pretura, ognun vede che non potè intervenire ai comizi di quell' anno , e quindi non potè essere eletto edile per l'anno seguente. Anche dunque a senso di Appiano convien ritardare la sua edilità , e per conseguen- za il conio di questa medaglia fino al G96 , per dargli campo nel 69.5 di ritornare dalla Siria , e di presentarsi fra i candidati. E cosi avrà conse- guito eziandio a tempi leggittimi tutte le magistra- ture , alle fjuali pervenne , la qual cosa affinchè me- glio apparisca raccoglierò le principali memorie del- la sua vita , una gran parte delle quali viene som- ministrata da Asconio nell' argomento dell' orazione con cui fu difeso da Tullio. Nacque egli di fami- glia patrizia essendo stato figlio di M. Emilio Scau- ro prenci pe del senato , console nel G39 , e nipote di un altro Marco , che quantunque nobile esercitò per la sua povertà il mestiere di carbonaro ( Tab. ■jo Letteratura Triumpìu Capitol. ad an. 638. Auct. de vir, ili. e. 72). Fu sua madre Cecilia Metella , non figlia di Q. Me- tello Pio , come si era creduto per Taddietro , ma di L. Metello Delmatico ristanratore del tempio di Castore , e console nel 635 , siccome apparisce da un frammento della Scauriana commentato da Asco- nio , paragonato con un altro passo dell* azione II contro Verro 1. i $. 69. E ciò si conferma ancora da un luogo dell' orazione prò Sextio e. 4? j il cui si dice al nostro Scauro , che Q. Numi dico fu patraus matris luce , sapendosi d' altronde che il Numidico e il Delmatico furono germani. Questa Me- tella 4opo la morte del primo marito sposò in se- conde nozze nel (S&S Siila poi dittatore ( Plut. in Sjlla §. 17 ) » end' ecco come questo suo figlio del primo letto dicasi non di rado figliastro di Siila , durante la cui potenza si diportò modestamente , nulla comprando all' asta pubblica dei beni dei pro- scritti , ne' permettendo che alcuna cosa gli fosse donata. Aveva avuto un' altro fratello , eh' essen- do fuggito dalla battaglia perduta da Catulo nel 652 contro i Cimbri , ed avendo perciò incorsa l'indi- gnazione del padre , che negò di più vederlo , si diede volontariamente la morte ( Val. Mass. 1. V. e. 3 §. 4 , Frontino de strat. 1. 4 e I §. i3 ). Ed ebbe altresì una soi ella chiamata Emilia , moglie da prima di M. Acilio Glabrione console nel 687 ( Cic. Act. l. in Verrem e. 17 ) , e poscia di Pom- peo Magno , in casa di cui tra breve morì di par- to ( Plut. in Poni. f. 83 ) . Nel O75 essendo an- cor giovinetto , per vendicare la memoria del pa- dre , eh' era stato accusato da Gn. Dolabel la, chia- mò quest' ultimo in giudizio come reo di concus- sioni commesse nel governo della Cilicia, e fece con- dannarlo. {In yer> AgU a /. i e. 38 ). La pa- O5SERyA2(I0MI NUMISMATICHE ft rentela che con lui ebbe Pompeo lo mosse a sce- glierlo pey uno dei suoi Questori quando nel 688 gli fu commessa la guerra Mitridatica ( ^pp- de reb. Sjr. §. 5o ) , ne guari andò , che nel mentre che combatteva con Tigrane, il che è adire nello stesso anno, Io mandò ad occupare la Siria, onde Giusep- pe Flavio [Ant. lud. l. i4 e. 2 §. 3) ce lo descri- ve residente a Damasco , ove guadagnato dalla pro- messa di quattrocento talenti sposò la causa di Ari- stobolo re de* giudei. Abbiamo già veduto come lo stesso Pompeo nell' abbandonare quelle regioni nel 692 gli affidasse la provincia della Siria , e come Scauro ne ritornasse nel 6f)5 per concorrere all' edilità curu- le , eh' esercito l'anno appresso in compagnia di Plau- zio Ipseo , dando giochi di profusa suntuosita , che assorbirono il di lui patrimonio , e lo caricarono di debiti. Nel G97 già sedeva fra i pontefici ( De Har. Resp. $ 6 ), e l'anno dopo conseguì la pretura, nella quale gli toccò la questione de sicariìs^ onde innan- zi al di lui tribunale trattò Tullio la causa di P. Se- stio. La provincia che legahnente gli competeva allo spirare dalla sua magistratura vennegli assegnata nella Sardegna , dalla quale tornò a Roma ai 29 di giugno del 700. Appena reduce difese dall' accusa de repetun.' dis G. Catone , ma tre giorni dopo aver ottenuta una favorevole sentenza al suo cliente, querelandosi i Sar- di del suo governo , fu egli pure ai io di luglio ac- cusato della medesima colpa da L. Valerio Triario. Sei senatori assunsero il di lui patrocinio, e fra que- sti M. Tullio, della cui orazione sonosi avuti non è guari importanti frammenti. Oltre questi arringò egli stesso in proprio favore , e seppe così bene commo- .vere gli animi dei giudici, che per la ricordanza dei meriti paterni, e pel favore conciliatosi collo splen- dore della sua edilità riuscì ad ,QSsexe decorosaracute i '. p ^'""Lé t f Eh A r u R A assoluto ai 2 di settembre. Diedesi 'tosto a brigare il consolato per Tanno veniente , nella domanda del qua- le si trovò avere corapetiori C. Memraió , Gu. Do- mizlo , e M. Messala , ma fu nuovamente tradotto in giudizio per un'imputazione de nmbitu datagli dallo 'stesso Triario, e nuovamente assoluto {ad attic. 1. 4 ep' 16, i-y , Qiiintil. iv. i ). Con tutio questo eb- be a soffrire la repulsa, e quindi nel -702 tornò a movere nuovi intrighi per giungere all'ambita digni- tà , ma accusato per la terza volta fu finalmente con- dannato all' esi glie (Appiano hel. civ. l. 1 e. 24)' Aveva sposato Mucia Terza figlia di Q. Scevola con- sole nel G54 , ripudiata da Pompeo Magno sul fini- re del 692 , ed ebbe un figlio , che avendo prima ab- bracciato le parti di Bruto e di Cassio , poscia quel- le di Sesto Pompeo suo fratello uterino, e avendo in ultimo seguite le insegne di M. Antonio , dopo la battaglia Azziaca ottenne in grazia la vita per le pre- ghiere delia madre ( Appiano hel Civ. l. v. e. i/\^, Dione 1. 5i e. 2,1. 56 e. 38)i dal quale nacque Ma- merco Emilio Scauro console ed oratore assai noto nelle storie dei tempi diFAugusto e di Tiberio , in cui si estinse questa nobil famiglia. Osservazione li. Il rovescio della medaglia , di cui ho trattato nell'osservazione precedente, ricomparisce somiglian- te in due altri denari della G. Plauzia , che sono il HI e il IV del tesoro Morelliano , dei quali dissi alcuna cosa nell' osserv. IX della decade XI , ond* esporre la mia opinione , che la testa femminile rap- presentata in uno di essi non fosse altrimenti di Ve- nere come credevasi , ma d'Anfitrite moglie di Nettu.^ no effigiato nel dritto dell' altro. Solo incontrasi una OSSERVAIIONI NUMISMATICHE 78 't^ualche clifTerenza fra loro nell' epigrafe , mancando in quei due il nome di chi fece improntarli, eh' e sta- to trasportato dall'altra parte, e presentandoci Caìus, ■ YPSAE«^. COn?>ul. Vm.Vernum. CEPIT in vece del Caius. HYPSAEVS. CO n Sul. PREIVERnwm. CAP- TVM , che leggesi in quella di cui ragiono. Questo tipo adunque èssendo ripetuto in due altri nummi to- talmente spettanti a P. Plauzio , saremo sicuri , che M. Seauro non ha alcun diritto sopra di lui , e che per conseguenza se ne ha da desumere interamente la spiegazione dalla famiglia del suo collega. Quindi fu acuto pensiero dell' Ecidi el , die il Giove Ceraunio, siccome quello che fulmina ami tjT v^^s ex alto fa- cesse allusione al cognome d'Ipseo manisfestamente dedotto eia quella parola grecanica , il quale forse pervenne all' autore di questa casa dall' aver abitato in alto , o sia «opra una delle cime dei sette colli. E vi è poi molla apparenza, che il fondatore di que- sto ramo dei Plauzj fosse veramente quel console , non avendosi alcun sentore di un tale cognome in- nanzi di lui, come altresì lutto porta a credere ch'egli non sia qui stato nominato se non per far fede della nobiltà, della stirpe del suo discendente. Trovasi per altro non lieve difficolta nello statuire chi fosse, non conoscendosi alcuno dai vecchi fasti , che sia cosi de- nominato , ne a rimovere ogni dubbiezza bastando l'avviso, eh' egli prese Piperno. Imperocché sappia- mo da Livio , che questa citta essendo stata ridotta da principio sotto il dominio de' romani da G. Mar- cio Rutilo console nel 897 , fu due altre volte ri- presa da loro , cioè nel 4'^ ? dopo la sua prima ribellione , da G. Plauzio Vennone console allora per la seconda volta ( 1. 8 e. i ) , e nel 4^5 dall' altro console G. Plauzio Deciano , quando tornò a sollevarsi per suggestione di Vitruvio Vacco di Fon- 74 Letteratvra di , che le procurò l'alleanza e il soccorso dei suoi concittadini ( 1. 8 e. 20). Tra questi due Plauzj am- bedue consoli, ambedue di prenome Cajo , ed am- bedue conquistatori di Piperno , il solo Eckhel è rimasto incerto quale si avesse da prescegliere , mentre all' opposto tanto gli altri scrittori numi- smatici , quanto i commentatori di Livio , e i fa- stografì non hanno esitato nell' attribuire queste me- daglie al console del 4^7 e del 4^3 , motivo per cui dal Sigonio in poi gli viene dato nei fasti mo- derni il cognome d'Ipseo taciutogli da tutti gli an- tichi. Tre ragioni per altro m'inducono a dissen- tire dal loro giudizio , ed a propendere alla con- traria sentenza. Primieramente non può negarsi che quel Plauzio quando espugnò Piperno fosse con- sole per la seconda volta , alFermandolo concorde- mente Livio , l'anonimo Norisiano , il falso Ida- zio , Cassiodoro , la cronaca pasquale , e Mariano Sco- to , onde non sembra che a P. Ipseo avesse dovuto negarsi la nota degli iterati fasci , tanto più eh' el- la ridondava in maggior onore del suo antenato. Di poi ognuno mi accorderà facilmente, che se queir annotazione Privernum cepit fu posta per agevo- lare la conoscenza del personaggio di cui s'inten- deva di favellare , ella deve essere stata l'impresa di maggior importanza , che per lui fosse fatta. Ora ciò andrà bene per riguardo a C. Plauzio Decia- no, che condusse a buon esito un' assedio ostinato intrapreso dai suoi predecessori , e che per ciò me- ritò gli onori del .trionfo , siccome insieme con Li- vio ci attestano i fasti trionfali Capitolini , G . PLAV- TIVS . G . F . C . N . DECIANVS . COS . AN . CDXXIV . DE. PRIVERNATIBVS . K . MART, e che ottenne for^e maggior gloria per la genero- sita usata coi vinti , ai quali fece dare la citta- Osservazioni nwmismatiche 7^ dinanza romana , ed encomiata non tanto da Livio quanto da Valerio Massimo 1. 6 , e. 2 § i. L'altro al contrario non ebbe molto da vantarsi della sua conquista , che gli costò poca fatica , scrivendo lo stesso Livio « che ad Privernum profoctus extem» pio ade conjlixit ; haud magno certamìne deci- di hostes , oppidum captum , redditumque Pri- vernatibus , ragione per cui quell' impresa non fu reputata degna che se ne trionfasse. Che se pur vo- leva lodarsi quel Plauzio per un suo fatto belli- coso , pare che si fosse dovuto piuttosto farlo di aver vinta un* accanita battaglia sui Volsci , le ar- mi dei quali consacrò alla madre Lua. Nasce infine la terza ragione dalla diversa qualità del cogno- me , che dagli antichi viene dato a questi due con- soli. A colui che godè ripetutamente di quella di- gnità Idazio attribuisce la prima volta la denomina- zione di Veneco , la seconda di Venoce , e gli cor- rispondono i Fasti Siculi , o sia la cronaca Alessan- drina , che lo chiama ripetutamente BevajKo?. Ma ne il Sigonio , ne il Pighio vollero ammettere quella appellazione di Venoce nata a venis aquarum re- pertis , adducendo eh' ella fu posteriore di alquan- ti anni , non essendo stata data se non che al C. Plau- zio collega di Appio Claudio nella censura del 44^* siccome attestano con Frontino de aqumd> § v le tavole Capitoline: CENS . C . PLAVTIVS . C . F . C . N . QVI , IN . HOC HONORE . VENOX . APPELLATVS . EST. Nel che se ebbero essi ra- gione , ebbero però il torto di non essersi accor- ti , che Idazio probabilmente era stato tratto in in- ganno dalla maggior celebrità di questo secondo co- gnome , e che nei fasti Siculi era corso un' erro- re di copista , per la qual cosa non Venoce , ma Vennone dovevasi leggere in quei luoghi. Infatti /-^/j- ■yG Letteratura no domandasi rettamente tutte due le volte quel console dall' anonimo Norisiano ; e nel codice dei fasti Siculi serbato nella biblioteca Ambrogiana, che ho altra fiata lodato per la sua correzione , trova- si in ambedue i luoghi BeViafo?. Che se queste cose erano a quel tempo ignote a quei due cronologi , non poteva però loro sfuggire , che l'abbaglio d' Ida- zio facevasi manifesto dal consolato del 4^4 ? in cui nomina nuovamente un 'Venoce , che dai fasti ca- pitolini diccsi VENNO. Ora f^enno , onis è un vo- cabolo ben diverso da Venox , ocis , che conoscen- dosi la perpetua permutazione del B e del V , par- mi manifestamente dedotto da Benna , cista ^ vel vehiculwn vimineum duabits rotis volubile , che fu parola d'antico uso nel Lazio , avendola adoperata Catone de R. R. e. 28. Per la qual cosa Fenno vor- rà molto probabilmente significare sedens in benna , trovandosi reliquia di questa voce nel Combenno- nes di Festo , eh' egli spiega in eadem benna se- denles. Costa infine per altre autorità di scrittori e di marmi , che Venno fu ver amonte un cognome proprio degli antichi Plauzj , onde se di questo fu provveduto il console del 4^3 , siccome le addot- te testimonianze comprovano , non potrà aver avu- to l'altro à\Hjpsceus, tanto piìi che i successivi con- soli del 4^4 6 ^^1 436 , che si chiamarono nuda- mente L . PLAVTVS . VENNO j ci fan fede , che quella nuova appellazione non era entrata nella lo- ro famiglia. AH' opposto la cosa va ben diversa per riguardo al console del 42 5. I fasti capitolini gli danno il sopranome di Deciano , ma ognuno vede che questo non è un vero cognome , ma un pa- tronimico di adozione , che ci mostra siccome co- stui nato nella gente Decia fu adottato nella Plau- zia. Ignoriamo adunque qual fosse il cognome suo Osservazioni numismatiche 77 proprio , onde ninna clillicolta che possa essere quel- lo d'Ipseo , e ch'egli con intera appellazione si de- nominasse C. Plaatiiis HypsceiLS Decinnus , impe- rocché il console per esempio del 5^5 potè giu- stamente chiamarsi Z. Manlius Fulvianus , e Q. Fa- hiiLS Aemilianiis quello del G09 , senza che per que- sto si venisse a negare al primo il suo cognome di Acidinus , ne quello di Maximus al secondo. Pas- sando ora al P. Plauzio , che fece stampare questa medaglia , egli percorse la sua carriera politica in compagnia di Scauro , essendo stati entrambo due creature di Pompeo. Imperocché fu anch' egli que- store del Magno per fede di Asconio nell' argomen- to della Miloniana , e lo era anche in tempo della guerra Mitridatica secondo che si ricava dal cap. 9 dell' orazione prò Fiacco. Quindi ho per fermo , eh' egli sia pure quel Plauzio o Plozio , che da L. Floro 1. 3 e. 6 vien memorato fra i legati o i proquestori di Pompeo nella guerra piratica , a cui fu dato in guardia il mare di Sicilia, tutto- ché presso Appiano de bel. Mithr. e qS chiamisi Plotius Varus . Imperocché il testo primigenio di queir autore diceva S/KeAÌofi/ JIs k«/ tÓv lóv/ov ecf)t/Aa:ix anniculatn promettersi in moglie da Au- gusto al figliastro Tiberio. La qual nipote fu Vipsa- nia Agrippina, che fece Tiberio padre di Druso Ce- sare , da cui fu ripudiata di mala voglia nel 74^ ■> e die passò poi alle seconde nozze con Asinio Gal- lo , alla quale spetta a mio credere la seguente iscri- zione trovata a Lodi nel 1821 e communicatami dal- l'eruditissimo mio amico doti. Labus , che mostra la quarta e la quinta riga ad arte scarpellate. 84 Lette 11 ATunA AGRIPPIN/VE M. AGRIPPAE . F DRVSl . GAES . MATRI D . D La seconda donna di Agrlppa fu poi Marcella minore fit^lia di G. Marcello console nel 704 e di Ottavia sorella di Augusto, con cui si maritò nei 726 per ciò che si ha da Dione 1. 53 e. i , e colla quale fece divorzio sette anni appresso , onde passare al talamo di Giulia (idem I. 54 e. 6 ). Ora quantunque P. Vipsanio possa essere stato frutto dell' uno o dell* altro di questi matrimoni , molto più volentieri per- altro inchino a crederlo nato da Marcella , essendo che Suetonio asserisce espressamente ( Aug. e. 66 ) ch'ella generò alquanti figli: JSfufn tuin ^grippa al- teram AInrcellnm uxorem hahebat^et ex ea liberos^ quantun([ue la storia non ci abbia conservata alcun' altra memoria di loro. Questo silenzio peraltro sarà facilmente spiegato , supponendo che dopo la desti- nazione al trono del ramo cadetto la gelosia di sta- to contenesse sempre il figlio di Marcella nella con- dizione di privato. E vi sarà anzi tutta la verisimi- glianza che l'odio di Tiberio per la sua famiglia lo consigliasse ad astenersi dalla capitale , ed a menare oscura vita a Gorinto , ove starebbe bene che si fos- se pensato ad onorarlo della prima magistratura del- la citta in compagnia di M. Belilo Proculo, quan- do dopo la morte di Tiberio si vide elevato al soglio imperiale Caligola figlio di una sua sorella, quantunque la di lui superbia lo movesse qualche tempo dopo a ver- gognarsi di-essere così strettamente congiunto di paren- OSSERVAZIOWI NUMISMATICHE 85 tfila air ignobile famiglia dei Vipsani. Corto elio la dislaaì;a dei tempi non somministra alcuna difficol- ta contro questa opinione , perchè se il matrimonio di sua madre fu rescisso nel 'j33 , e se le nostre medaglie furono prohabiimente impresse nel 792 , in cui si decretarono ad Antonia gli onori impe- riali , quel Vipsanio sarebbe stato allora nell' età niente inverisimile di circa sessant' anni. Piuttosto potrebbe opporsi con maggior apparenza di fon- damento , elle nel 'j'jS non era piìi vivo alcuno dei figli di M. Agrippa , perchè Tacito scrive in quell' anno 1. 3 e. ig z ^t Dtasus urbe egressus repeten- dis aitspiciis inox ovnns introiit t paucosque post dìes Vipsania mater eius excessit^una omnium Jgrìp- pce lihe.rorwn miti ohifu nam ceteros manijesfum ferro^ vel creditum est K'pveno niit fame extinctos. Peraltro è certo che lo storico risguarda in quel luo- go ad avvenimenti anche posterioii , narrando egli stesso altrove che Giulia una delle figlie di Agrip- pa peri nel 7^1 , e Agrippina sua sorella nel 786, onde da quel passo nuli' altro può ricavarsi se non che anche il figlio di Marcella cadesse di mor- te violenta. Ma senza pregiudizio può ben conce- dersi , eh' egli pure dopo la sua magistratura fosse vittima della crudeltà di Caligola v'eiso i suoi pa- renti accennata da Suetonio , ove parla dell' ucci- sione di suo cugino il re Tolomeo , o se anche si vuole, che lo fosse gik stato dell' odio di Tiberio, niente vietando in questo caso , che il Duumviro da lui nascesse , e che per conseguenza invece dì essere un figlio di M. Agrippa sia piuttosto un suo nipote. Del resto queste riflessioni sono state pre- cipuamente fatte per mostrare , che quantunque le sopradesrritte medaglie siano state impresse a Co- rinto , ciò non di meno non meritano di essere com- B^ LETreRATuivA prese nel bando , clje dalla serie delle famiglie è^ stato dato dall' EckUel alle monete coloniali , dal qual bando qaalch' altra ne ho pure eccettuata nell' osserv. 3 della decade x , e nell' osserv. G della decade xi , essendovi apparenza che in questa pu- re non si ricordi già un uomo della feccia del po- polo , ma il discendente di uno dei personaggi più celebrati di Roma. Osservazione IV. Cognitissimo è il denaro della gente Erennia coir immagine di una Dea maniff»stata dall'epigrafe PIETAS , che si legge dietro la nuca , il cui ro- vescio presenta un giovane ignudo , che porta suU' omero sinistro un vecchio vestito del pallio coli* iscrizione M. HERENNl. Tre altre medaglie posso aggiungere a questa famiglia. E la prima un se- misse posseduto in Ferrara dal sig. Tenente Ne- grini colla testa di Giove da una parte , e la S dietro l'occipite . che mostra dall' altra l'usata pro- ra di nave , sopra la quale sta scritto M. HEREN- NI , sotto ROMA. , e a destra la nota del valore S. La seconda spettante alla classe dei quadranti era doppia nel museo del sig. dott. Nott , da cui gen- tilmente me n' è stata ceduta una in aumento del- la mia raccolta, ed ha il capo di Ercole con die- tro la nota delle tre oncie , e la stessa prora e leggenda del semisse sotto e sopra , ma colla par- ticolarità , che i tre globetti invece di starsene , com' è il solito, a destra, appariscono al di sopra del nome in cima dell' area. La terza è finalmente un' onciale da me osservato nel museo Vaticano rap- presentaute la testa di Roma con un sol globetto air occipite , e col nuovo rovescio di due cornuco- Osservazioni nu^smatiche 87 pj ricolmi fìi frutti , come nella Morelliana V della tav. G della G. Giulia , coli' epigrafe M. HEREN- NI a sinistra , ROMA a destra. Ne parlerò poi dell' aureo di questa gente simile al denaro colia let- tera monetale S nel rovescio , pubblicato nella de- scrizione del museo Vandamme p. 22 , essendo che la di lui falsità mi e stata certificata da chi l'ha veduto. Doppia sentenza sopra l'autore di questi nummi è stata proposta dai numismatici. L'Orsino credettelo quel M. Erennio ignotissimo , di cui al- tro non sapevasi se non che fu surrogato console nell' ultimo bimestre dell' anno "720 , secondo che at- testa la tavola dei fasti Capuani edita da molti , ma più correttamente a quello che mi pare dal Pighio T. 3 p. 494* Ora però qualche miglior no- tizia di lui ci è stata somministrata dal eh. sig. avv. Fea , divulgando nei suoi frammenti di fasti pag. 7 n. IO la bella iscrizione che segue, venuta fuori da- gli scavi di Vejo , e che gli ha non senza verisimi- glianza attribuito. M . HERENNIO M . F . PlCENTl . COS MVNIGIPES . MVNICIPl AVGVSTI . VEIENTIS INTRA MVRANI PATRONO All' opposto il nostro zecchiere fu reputato più antico dal Vaillant, cui tenne dietro l'Avercampio, i quali lo confusero coli' altro M. Erennio , che quan- tunque mediocre oratore , e di origine oscura giun- se a conseguire i fasci del 6G1 a preferenza del no- hilissirao suo competitore L. Filippo , siccome Tullio ci attesta nc4 e. 45 del Bnctus e nel e. 17 dell' ora- 88 Lettela. TURI ziotie prò Murena. Tutto die l'Eckhel abbia senlen- 7tato, che queste due opinioni erano incerte del pari, le medaglie di rame , che ora produco alla luce , ci mostreranno, che il parere dell'Orsino non può più sostenersi. Imperocché pel loro peso essendo elleno anteriori alla legge Papiria , non potranno più esser state coniate da un uomo , che fu console nel '^20 , e che dovette ancora sopra vivere molto tempo, giac- che il titolo di Augusto , elle prende Vejo nella sua lapide, ci prova che qur-l marmo e posteriore non so- lo al q2n , in cui quella denominazione fu data ad Ottaviano , ma ben anche alle riparazioni, che quel prencipe dovette fare in appresso al municipio Veien- tauo. Lo che essendo parrai quasi dimostrato che il console del 720 non può essere stato un figlio dell* altro console del 63 1, siccome pensava l'Orsino, ma più presto un suo nipote. Per lo che dalle note ge- neologiche di quella pietra avendosi conoscenza di un terzo M. Erennio figlio e padre rispettivamente dei òm sopraraentovati , più volentieri opinerei che foss' egli il nostro triumviro monetale, primieramente per- che la totale deviazione del tipo d'argento dagli an- tichi usi romani ci consiglia a procrastinarne il più che sia possibile il conio, dipoi perchè l'iniziamento agli onori per la via delxxvi virato fu assai più propria dei figli dei senatori , che degli uomini del tutto nuovi, quale sappiamo essere stato il M. Eren- nio del G61. Riguardo poi al rovescio del denaro > dopo i confronti fatti dal Vaillant e dal Perizonio non vi è più alcuno , dal quale si dubiti , che la fi- gura rappresentatavi non è gik Enea portante sugli omeri il padre Anchise, ma sibbene uno dei due pii fratelli Gataniesi Amfinomo ed Anapia, che in egual modo salvarono dalle fiamme dell' Etna i vecchi loro geaitori , con che egregiaraieate corrisponde la testa OSSKRVAZIOMI NUMISMATICHE 89 «Sella Dea Pietà elfigiata dall'altro canto. Però io non potrei aderire all'opinion»; corrente, che questo tipo debba la sua origine all'essere stati i nummi di Eren- nio battuti in Sicilia ali* occasione del suo procon- solato. Taccio che la serie dei presidi di quell' isola dal 65o al 66 > è abbastanza conosciuta, onde non sarebbe cosi facile l'allogarvi il governo propretorio di Erennio anteriore al suo consolato , tanto più che Bcir anno, in cui il Pighio ha giudicato che lo con- seguisse, troviamo la Sicilia occupala da Q. Ortensio. Ma dirò bene , che i presidi delle provincie costu- marono di aggiungere sull'argento che facevano im- prontare un cenno della facoltà, che ne avevano ri- cevuta dal senato, e che le frazioni dell'asse battu- te evidentemente per ordine del medesimo personag- gio mettono quasi fuori di contesa , che tutti quei nummi sono stati fabbricati entro le mura di Roma. So dall' altra parte, che la gente Erennia era abba- stanza fiorente in quella citta a segno tale che il ce- lebre Mario fu un cliente di lei ( Plut. in Mario ), per lo che non sembra che abbia potuto da quella discendere la famiglia del console , che si attesta di nascita oscura ; tanto più che col continuato preno- me di Marco abbastanza si diversifica dagli altri Eren- ni , fra i quali non si conoscono che dei Cai e dei Sesti. Quindi penso piuttosto eh' ella fosse Catanie- se , o almeno Siciliana d'origine , e che ciò volesse denotarsi dal zecchiere ripetendo sulle sue monete uno dei fatti più celebri dell' antica sua patria. Per egual ragione nella serie consolare noi e' incontriamo ad ogni passo colle memorie , e coi simboli dei La- nuvini , dei Sabini, dei Tiburtini , dei Tusculani , e di altri popoli del Lazio , dai quali erano oriundi i raonetieri. Trovo infatti che da Valerio Massimo 1. 9 e. 12 J G ci viene narrato nell' anno 632 Yacer 90 L E T T E R A T IJ R -A ' " et animosus vitce exltus Herenni Siculi ^ quo C. Gracchus et aruspice et amico usus fuerat. Nam cum eo nomiiice in carcerem duceretur^ in eius pò- stem illiso capite in ipso ignominice aditu concidit, ac spirituin posuit. Ora la convenienza dei tempi ag- giungerebbe un nuovo argomento a chi volesse so- spettare che questo Siciliano fosse appunto il pa- dre del M. Erennio , die nobilitò la sua oscura famiglia col consolato del 6Gi , nel qual caso la celebrazione dell' antica pietà Cataniese non sareb- be forse inutile per alludere a chi non se n'era mo- strato degenere , rinnovandone un cosi magnanimo esempio verso l'estinto suo amico. Osservazione V. Una medaglia di secondo bronzo evidentemen- te coniata fuori di Roma non avendo mai offerto ben conservata la leggenda del rovescio ha sin qri cagionato nell' attribuirla molti dissidi fra i nuìni- smatici , i quali senza potersi accordare l'hanno fat- ta errar vagabonda per molte parti dell' impero ro- mano. Il primo a pubblicarla fu il Patino fra le sue imperiali p. Sa , dal quale la ricevette il Vail- lant , che l'introdusse nella serie delle famiglie dan- dole posto nella gente Terenzia al n. 12 , e pres- so ambedue rappresenta da untatola testa di Au- gusto nuda a destra coli' epigrafe CAESAR . AV- GVSTVS , dall' altro la testa di Apollo laureata parimetìti a destra coli' iscrizione Q. TERENTJO ; CVLLEONE . II . VIR. L'ultimo di questi eruditi aggiudicolla a Corinto , e credè che Terenzio fos- se incombenzato in compagnia di Augusto di con- durre la colonia in quella cittk , nel che per cer- to sbagliò grandemente, perchè ognuno sa che Co- Osservazioni numismatiche qì'. rinto fu rifabbricata, ed ebbe il gius coloniale mol- lo prima da Giulio Cesare. Alquanto meglio man- tenuto fu il nummo , che venne sotto gli occhi del Morelli , da cui ne fu dato il disegno tant o nella gente Terenzia n. VI , quanto fra le sue imperiali tav. 35 n. 19,6 che in vece di IIVIR lesse PRO- COS. Ma neir illustrazione che ne fece TAvercara- pio a p. 4^3 volle conciliare la differenza , annun- ziando di possedere egli pure questa medaglia , e di avervi trovato Q. TERENTIO . CVLLEONE . PROGOS . II . V , benché poi s'ingannasse nello statuire che la testa rappresentatavi non era già d'Apollo , ma di Giulio Cesare. Quindi opinò an- ch' egli che GuUeone fosse Duumviro di Corinto , ma nello stesso tempo lo reputò proconsole della Macedonia , fondandosi sopra l'altro impronto , che succede nello stesso Morelli lett. E , stampato come egli suppose ad jiegae di quella provincia al tem- po di Tiberio , in cui si vede EDI . K0YAAEQN02. Peraltro somministrò egli stesso argomento , onde non prestare gran fede alla lezione del suo num- mo , perchè avendo dovuto parlarne di bel nuovo nelle imperiali T. i p. 874 , quasi dimentico di ciò che aveva esposto da prima , disse di scoprir- vi PROGOS . III. Questa seconda lezione fu ab- bracciata dall' Eckhel T. v. p. SaS , il quale dopo aver distrutto il fondamento che adducevasi pel pro- consolato Macedonico di CuHeone, mostrando assai be- ne , che l'altra medaglia non apparteneva già ad Aegae della Macedonia , ma alla citta di egual no- me nella Cilicia , osservò che l'uso di notare gli anni del proconsolato non aveva esempio se non che nella zecca di Utica , per Io che fu di avvi- so , che il nostro Terenzio fosse proconsole dell'Afri- ca. Nella quale opinione non ebbe seguaci , onde 92 LETTERATUnA il cav. Mionnet T. vi p. G70 n. 396 lasciò que- sta medaglia fra le incerte , e molto più alvero ac- costossi il eh. Sestitii , che non consultando se non che la rozza fabrica del conio , e deferendo alla somma pratica del suo occhio esercitatissimo a di- stinguerla, nel suo inedito generale catalogo la de- scrisse fra le Palermitane. Ora posso io riraovere al fine tutte queste incertezze , non già in grazia di quella che serbo , mancante anch' essa del fina- le dell' iscrizione » ma coli' ajuto di un' altra d'in- tegra mole , e di sorprendente bellezza fattami ve- dere dall' egregio sig. Nott , nella quale ho letto con tutta chiarezza Q . TERENTIO . GVLLEONE . PROGOS . LTLYB. Spetta dunque senza contese a Lilibeo celebre citta della Sicilia , e sarà questo il primo documento numismatico , da cui si provi, che in essa pure fu dedotta da Augus to wna delle co- lonie , delle quali fa cenno nel monumento Ancira- no: COLONI AS . IN . AFRICA . SICILIA . MA- CEDONIA...PRAETER . PRAESIDIA . MILITVlM . DEDVXI , del che però si aveva già avuto sen- tore nel marmo dello Spon ( Mise. er. ant. edit. Poleni p. ioi5 ) , in cui si memora un Decurione SPLendidissiincB. COLO nìce. AVGustte. hlhYBeta- norum. Lo che essendo starà bene , che in que- sto rovescio venga effigiata la testa di Apollo , eh' era il nume principale dei Lilibeta ni , e della cui immagine si adorna la maggior parte dei loro nummi autonomi. Intanto sarà molto pivi importan- te l'aver determinato la provincia , che toccò in sorte a Culleone di governare , e l'aver arricchito la serie dei Presidi della Sicilia di un nuovo proeon- sole. La di lui famiglia è abbastanza antica ed il- lustre nella storia romana. Valerio Massimo I. v. e. 2 § 5 , parlando del primo che se ne conosce , Osservazioni numismatiche 93 lo disse nato di famiglia Pretoria , onde il Piglilo lo giudicò generato del Q. Terenzio , che nel 53'j si memora da Livio sulla fine del libro ai. Il fi- glio adunque chiamato Q. Terenzio CuUeone , di cui favellano inoltre lo stesso Livio 1. 3o e. 4^ e 45 ) Plutarco negli Apoftegmi Romani , e Quin- tiliano Declam. Vili fu quel senatore prigioniero dei Cartaginesi liberato da Scipione nel 553 , il qua- le non voUo trattare con essi della pace , finche non fugli restituito , onde in benemerenza segui il suo trionfo col pileo in capo come un liberto cui fos- se stata data la liberta , e ne accompagnò ezian- dìo i funerali circa il S^S , donando il mulso a tut- ti quelli che v'intervennero ( Liv. 1. 38 e. ^2 ). Fa quindi ambasciatore a Cartagine nel SSq (idem 1. 33 e. 47)» tribuno della plebe nel 565 (Plutarco in Quinctio), pretore peregrino nel 567 ( Liv. 1. 38 e. 42 ), ebbe la ripulsa nella richiesta del consolato del 570 ( id 1. 39 e. 32 ) , e tornò finalmente legato a Car- tagine ed a Masinissa nel 583 ( id. p. 42 e. 35 ) . Un suo discendente dello stesso nome ottenne il tri- bunato della plebe nel GgS {ad Attic- 1. 3 ep. i5 ), e due anni dopo viene annoverato fra i pontefici minori neir orazione de Haruspicum responsis e. 6. Fu uno degli amici di Pompeo , al quale indarno consigliò di ripudiare la figlia di Cesare (Plutarco in Pom. ) , onde giustamente nelT ep. 12 del li- bro Vili ad Attico scritta nel 705 si conginnge a Teofane , che fu anch' egli uno dei più intimi famigliari del Magno. Ne io vedo poi la necessita per cui l'Avercampio abbielo distinto dal Culleone, che nel 711 fu uno dei legati di Lepido, mentre l'officio importante eh' egli sostenne ce lo dimostra un uomo non estraneo alle magistrature , e niente vieta che dopo la morte di Pompeo abbia potuto 9| L E T T E R A T; U n A accostarsi al partito di Gasare. Di costui ci na rra Ap- piano bel. civ. e. 83 , die essendogli stata affidata da Lepido la custoditi del varco dell' Alpi, ne ac- consenti il passaggio a M. Antonio , clve fuggiva dopo la battaglia di Modena, ed anzi conosciamo dall' ep. 54 del l. IO delle famigliavi , che a lui si con-» giunse, bencliè poco appresso tornasse a raggiungere Tesercito del suo primo generale in compagnia di Si- lano,"probabilmente per trattare la concordia fra lui e M. Antonio , che fu in breve stabilita. Volentieri seguirò poi l'orme dell' Avercampio, che lo credè il padre del nostro Proconsole , ostando la troppa dif-r- ferenza dell'età, perchè possa reputarsi la medesima persona. Imperocché le colonie d'Augusto nella Sici-r lia non furono dedotte se non che nel ^33 , siccóme impariamo da Dione 1. S4 e. 7 : Jugastus rebus in Sicilia ordinatis , quum Syracusas , et alias qua- sdani urbes colonias romanorum esse iiississet'jinGrce* ciain transmisit. Ora la medaglia , di cui parliamo, nella quale la zecca di Lilibeo fa uso per la pri- ma volta del linguaggio latino , attestandoci di es- sere stata impressa dopo la concessione dei diritti coloniali V ne verrà di legittima conseguenza , ch'ella non può essere anteriore a quell' epoca , dopo la quale converrà pure ritirare la dignità di quest' al- tro Gulleoue , del quale nelF assolato silenzio de- gli storici e delle lapidi , ella sola ci ha conservato memoria. ( saranno continuate ) EoRGHEffU 95 Ragionametiti del marchese Luigi Biondi intorno la divina commedia. Jppendice al ragionamento I. {F. tom. XXIII pag. 52.) Xl eh.' signor ab. Del Furia, accademico della Crusca, in un suo discorso letto nella solenne adunanza del d\ 12 di settembre 182G , fu discordante dalla mia opi- nione intorno al dare significato non d' i strumento da dipingerei ma si di banderuola alla voce pen- nello usata dall' Alighieri nel verso E di tratti pennelli avean sembiante. Come che io non soglia mai difendere le mie opi- nioni, pure questa volta la reverenza dovuta ad uo- mo si dotto , come tutti conoscono essere il Del Fu- ria , mi ha piegato a tornare nuovamente su questa materia. E il farò preponendo gli argomenti contra- ri , secondo che si leggono epilogati nell' Antologia di Firenze , e sottoponendo le mie risposte. I; „ Se in Dante ( cosi il Dei-Furia ) non manca ^, mai concordia d'idee, e concatenazione di sentimen- „ li , e se nel passo si succedon per ordine le idee „ di pittura , di colori , di pennelli , di liste di g6 Letteiiatura „ luce , la voce pennello conviene che abbia il sen- „ so dato dagli accademici. „ Dalle idee che si succedono tolgo via quella di pennelli , essendo questo il vocabolo che sta in qutstione. Rimane una idea sola , cioè : che le fiam- me de' candelabri dipingevano e colorivano l'aria di sette liste. Senza la quale idea semplicissima non si sarebbero potuti descrivere sette grandissimi cande- labri ardenti. Ne io veggo come eoa queste idee di luce debba andare necessariamente concatenata la idea dello strumento con che i pittori dipingono. Per lo contrario chieggo di grazia ai lettori, die si facciano a considerare quante sieno le idee che si riuniscono insieme per dare ai pennelli la significa- zione di bandiera, e propriamente di bandiera da trion- fo , quale è il pennello , altramente chiamato a punto fiamma o fiammola o fiammella. E chieggo che que- sta considerazione sia fatta sulle parole stesse che io dettai nel mio primo ragionamento , alle quali sembra che poca mente sia stata posta. Ecco ciò che io scrissi: „ Tu vedi que' sette candelabri eoa „ quelle sette §ajn("ae „ Che di tratti pennelli avean sembiante , „ moversi lentamente , ed essere guida ad uno eser-^ „ cito trionfatore : „ Genti vid' io allor comk a lor duci „ Venire appresso vestite di bianco : „ e queste genti erano coronate all' uso de' vincitori ; „ Ventiquattro signori a due a due „ Coronati venian di fiordaliso : Sulla diviita commedia k^j „ poscia , appresso loro , venivano quattro animali „ Coronj4to ciascun di verde fronda : „ e lo spazio che era dentro ai quattro animali con- „ teneva ; „ Un calino in su due ruote trionfale : „ dove la immagine del trionfo trasporta il poeta „ a Roma , e ai carri trionfali , che rallegrarono „ l'Affricano ed Augusto. Tre donne danzavano alla „ destra del carro ; quattro , vestite di porpora alla „ sinistra : e chiudevano la pompa trionfale sette „ grandi , che avevano corone di rose e di al- „ tri fiori vermigli. Questo glorioso esercito andava ^, a sua via , lietamente cantando : e allora che il „ carro fu a rimpetto a Dante , e che udissi un ^, tuono , quelle genti r attennero i loro passi Fennandos' ivi colle prime insegne ; „ cioè con que' sette candelabri , che tenevano ve- „ ce d'insegne , o vogliam dire di pennelli o ban- „ diere , e che ne aveano sembiante. All' ultimo „ quella milizia fece volta dal lato destro. Dove „ il poeta con molta evidenza descrisse il girarsi di • „ uno esercito dietro alle sue insegne in istretto „ loco , allorché muta fronte , e poi rotrocede : „ yidi in sul braccio destro esser rivolto „ Lo GLonioso ESERCITO^ c tornarsi „ Col sole e colle sette fiamme al volto. „ Come sotto gli scudi per salvarsi „ yolgesi SCHIERA , e sé gira col segno „ Prima che possa tutta in sq mutarsi ; G.A.T.XXXVI. 7 C)S li E T T E n. A T W R A „ Quella milizia del celesta regno , „ Che precedeva , tutta trapassonne „ Pria che piegasse il carro il primo legno età. „ Le quali cose, indicanti un esercito ed una , sagra milizia , che trionfalmente trapassa , colle , cliiome incoronate , e col carro della vittoria ; , tutte mirabilmente consuonano a quella prima de- , scrizione dogli accesi candelabri , sembianti a pen- , nel li distesi al vento , dietro a'quali , come die- , tro a lor duci , venivano quelle genti gloriose. , E come Orazio , facendo paingone della repub- , blica colla nave, tesse quella raaravigliosa oda, , che citasi per bello esempio di allegorìa : cosi , il nostro poeta cominciando dall' assomigliare i , candelabri ardenti alle strette e lunghe bandiere , o fiamme , che vanno innanzi agli eserciti , e , sono indizio di trionfo , protrasse a lungo feli- , cernente questa bella allegorica descrizione , e fe- , ce che alla prima dipintura tutte le altre corrispon- , dessero. Di che ivi il trionfo della chiesa è nasco- , so sotto tale figura di allegoria , che nulla cede a , quella del Venosi uo. E chi dal senso letterale vo- , lesse penetrare nel senso mistico , vedrebbe come , tutte le narrate cose ben si adattano alla descri- , zione della chiesa trionfatrice. „ Dopo ciò spero ^che niuno sarà per negare, che se / pennelli amano aver compagnia, ne avranno as- sai meno standosi con aere dipinto , colori , e liste ( e sono cortesissimo concedendo al Dei-Furia que- sta ultima voce), che ponendosi in ischiera condu- ci , uomini coronati , carro trionfale , insegne , eser- cito , segno , stendale , scudi , schiere , milizia Sue. Sulla divina commedia 90 IL „ La frase tratti pennelli è propria dell' arte „ pittorica. „ Tratti di pennelli è frase propria dell' arte pit- torica : nella quale frase tratto e pennello sono due nomi sustantivi. Tolto via il segnacaso cìi , questi dwe sustantivi tratti pennelli vanno a cangiarsi in frase senza senso , la quale perciò non sarebbe propria né deir arte pittorica , ne di alcun' arte , ne di alcun discorso; se pure non voglia chiamarsi arte il discor- rere sgrammaticando ( intendo coU'Alfieri il discor- rere fuori di grammatica). Imperocché, posto quel bel vezzo di lingua , in luogo di dire: Ecuba fu una regina di Troia : potrebbesi dire : Ecuba fu una regina Troia', e \\ padre Enea^ tante volte menzio- nato da Virgilio, confonderebbesi col padre di Enea ; voglio dire col vecchio Anchise. Se poi tratto si pren- derà per nome aggettivo , avremo di queste due fra- si l'una : o pennelli distesi , o pennelli scagliati. Ma qual cosa avrebbero a fare colle fiamme de' cande- labri i pennelli da dipingere distesi ( se un pen- nello da dipingere può distendersi ) o / pennelli sca- gliati ? Eziandio in ciò sembrami che sieno state po- co bene intese le parole che io scrissi nel mio pri- mo ragionamento: le quali mi piace di ripetere, perchè altri vegga come la mia risposta fosse an- data già innanzi alla contraria obbiezione : „ Dante „ ( queste furono le mie parole) avrebbe peccato gra- „ veniente in grammatica , dicendo tratti pennelli „ invece di tratti di pennello : il che tanto è pro- „ babile, quanto sarebbe che avesse potuto pur dire „ tratto sentiero per tratto di sentiero , ovvero cor- „ si cavalli per corso di cavalli* Laonde il Lom- 7* loo Letteratura „ bardi per isfuggire questo scoglio urlò in altro: „ s spiegò così : Colali scorrenti fiammelle a gui~ „ sa di pennelli, in tela o in tavola tratti , lascia" „ van dietro a se P aere dipinto. E dico che urtò „ in altro scoglio : perchè non i pennelli si tirano in „ tela o tavola , ma si le linee si tirano co' pen- „ nelli : e chi ode parlare di pennello da dipinge- „ re tratto o tirato , non altra immagine nella sua „ mente riceve , che quella dello scagliamento eh' ,, uora faccia di quel pennello : onde il verso di „ Dante non potrebbe avere altro significato da que- „ sto in fuori, che quelle fiammelle erano somiglian- „ ti a pennelli da dipingere , tirati , o sia scagliati „ in aria ; la quale significazione sarebbe vera- „ mente ridicola , e indegna di Dante. „ III. „ Se fossero bandiere, ondeggiando sempre, non „ possono prendere la forma dantesca di spiegate „ liste.,, Molte sono le generazioni delle bandiere. Il eh. signor Dei-Furia non deve qui farsi immagine di ban- diere a lungo e largo drappo , le quali allo spi- rare del vento formino grandi seni , e si movano a onde, per così dire, turbate. Certo di queste mal farebbesi paragone colle fiamme de' candelabri. Ma se egli rappresenterà alla sua mente bandiere così fatte , che abbiano sopra Tasta una semplice stri- scia di panno colorata , lunga appuntata , e non egualmente stretta , ma sempre più sottile verso la punta ; dark lode all' Alighieri dell' avere assomi- gliate ad altrettante fiamme queste bandiere pro- priamente dette pannelli o pennelli , allorché esse agitate nel vento non cadono giiì sulle aste , ma . SwLLà DIVINA COMMEDIA lOI sono tratte^ cioè si distendono orizzontalmente; e tremolano siccome fanno le fiamme. Io ho veduta in Roma una bella schiera di soldati a cavallo , che si nomavano lancieri dal portar lancia : sotto il ferro della quale lancia erano pennelli di color rosso. E mi ricorda che quando la detta schiera moveva innanzi , tutti i pennelli , prenden- do vento, traevano alla parte opposta , cioè dietro alle spalle de' cavalieri , e tremolando parevano fiam- me: imperocché se tu osserverai un uomo che li corra innanzi con una face accesa alla mano , ve- drai la striscia della fiamma restarsi in dietro. Per- ciò i pennelli sono con altro nome chiamati pur fiamme o fiammole ( tanto la sembianza loro colle fiamme è vera, e potrei dire parlante): e chiun- que ne' porti ha vedute sugli alberi delle navi quel- le banderuole , che hanno nome di fiamme , dee trovare la frase dantesca non che bella , ma ezian- dio evidentissima. I candelabri sono paragonati agli alberi, o antenne : e perciò Dante li chiamò alberi nel V. 43: Poco più oltre sette alberi d'oro : la fiamma de' candelabri è paragonata al pennello , o fiammella, cioè alla striscia di panno che sta sulla cima degli alberi : e perciò Dante usò le voci fiam- me , fiammelle. Dunque , io conchiudo , la forma dan- tesca di spiegate liste è benissimo rappresentata da quelle bandiere , che portano nome di pennelli e di fiamme. IV. „ Stendali che segue non è dichiarazione di pen- „ nelli, perchè si riferisce piuttosto alle liste, e per- lOi L E T 1* E R A T U R \ „ che significa bandiera grande, mentre pennello di- „ nota bandiera piccola. „ Che cosa è stendale^ o stendardo? E quella in- segna che sospendevasi ad una ovvero a due aste di grande altezza, alTinchè i soldati ad essa mirando, la seguitassero, e vi si raccogliessero intorno. Nel par- lare comune per (stendale s'intende tanto la insegna quanto Tasta che la sostiene. Non però di meno udrai dire: si è rotta Vasta dello stendardo: ovvero, Vasta é così sottile che non puh sostenere lo stendardo : il che dimostra che rimine viva la voce stendar- do in significaiione della insegna che è sostenuta dall' asta. Alcuni derivarono la etimologia di stendardo , o stmdardo , dal verbo stare , perciocché i guerrieri gli stavano dattorno o dappresso : altri dal verbo ex~ tendere , pemocchè essendo il piiì delle volte for- mato di uri drappo, questo distendevasi al vento: al- tri finalmente dal verbo ostendere^ perciocché osten- debat viam all' esercito. E forse a Dante piacque que- sta terza etimologia: conciosiachè in alcuni codici del- la divina commedia leggasi non già stendali ^ ma sì estendali. Questi estendali dietro eran maggiori Che la mia vista* Ma ciò nulla monta. Ho detto che la insegna, che ponevasi sopra l'asta, efà le pili volte formata di un drappo : ed ho cosi detto , perché poteva pur essere di altra materia. I romani ne' tempi antichi portarono sull'asta, dappri- ma un' aquila , dappoi un dragone. Leggesi die Aramiraviso posevi un pomo d'oro. Pressa i re di Babiloaia uà' asta lunghissima coperta Sulla divina commedia io3 eli argento tenf>va luogo tli stendardo. Per le qua- li parole agevolmente si comprende che la voce sten- dale dinota qualunque insegna così grande, come pic- cola , e di qualunque materia , e di qualunque for- ma essa sia. Ma ne' tempi in c!ie visse Dante, o che di poco lo precedettero, lo stendardo solca più usita- taraente formarsi di un drappo. Anzi ai fiorentini e ad altri popoli d'Italia fu consueto porre sopra di un carro l'asta o le aste alle quali era appeso lo sten- dardo. E di Ta ebbe origine e nome il carroccio ; dai quale parlando Giovanni Villani (lib. VII e 77) dice: Era un carro in su quattro ruote , tutto dipinto di vermiglio , ed avevavi su due grandi antenne vermii^lie , in su le qu^l/ ventilava il gran- de STENDALE dclC arme del coniane di Firenze , bianco e vermiglio. Di che si viene chiaramente a conoscere, che lo stendale era un drappo che vcn~ tilava. Io non vò pormi ad investigare se il Villani dicesse in questo luogo grande stendale per distin- guerlo da altro stendale più piccolo , che pur fosse del comune di Firenze. Solo dirò che vi furono gli stendali g^rfl/;f//, ed i piccoli-^ che i primi erano lun- ghi e larghi e pendevano da due aste , siccome so- no quelli che oggigiorno si usano nelle ncistre pjo- cessioni ; i secondi formati di drappi lunghi stretti , terminati in una e spesso in due punte , ed uniti ad un' asta sola , avevano nome di fiamme^ jiammole y Jiammelle, ovvero ài pennoni , pennoncelli ^pennelli. Sarebbe opera vana il favellare de' grandi stendardi. Quanto ai piccoli , a cui non è noto lo stendardo d'oro de' re di Francia , lungo , stretto , appunta- to , biforcato , il quale chiamavasi orijiamma ^ ed anche fiamma^ Jlnnimula^ e Jlammeum vexillum ? (i) (i) f^, Duciiig. V. vLun nula. io4 Letterati] HA Perocché vessillo era una stessa cosa con istendar- do. (i) Oltre a ciò nella cronaca di Bertrando Gue- sclino sono a leggere questi due versi. Thiebant die Pont qiiant vit des aiiglois Ver- remant Qui faisoint estendart du penon bel et CENT : (a) dove potrai vedere tener luogo di stendale un pen- none , cioè una bandiera bislunga secondo la de- finizione che ne da il Borghini (3). E finalmente , per non andare di troppo per le lunghe , consi- dererai quello stendardino , che in tutte le antiche dipinture vedesi nella destra del Redentore risurto ; e vedraivi sulla cima dell' asta una sti'iscia di pan- no rosso, lunga , stretta, e sempre pili «ottile ver- so la punta : la quale striscia altro nome non eb- he ne' buoni tempi fuori che di pennello. Intorno a che rianderai colla memoria le parole di Piero figliuolo di Dante, il quale apprese la gentile fa- vella dalla bocca di si gran padre : le quali pa- role mi piace di ripetere , e sono queste : O sacrosanto vicario di quello ( parla a papa Giovanni XXII ) Che al mondo per voler dar pace o gloria Volse , possendo vincere , esser vinto ; (i) V^. lo stesso voc, Stendardum vexillum. (2) /^. al luogo cit. (3) Orig.fam. igó. Sulla divina commedia io5 Fa si COM* egli : FIEN QUA CON PENELLO Col quAL TnioNFÉnAi , colla vittoria di' E* porto' al limbo &c. Premesse queste cose , sulle quali avrei potu- to molto allargarmi di parole , cade l'una e l'altra parte della presente obbiezione. Stendali ( dice il Dei-Furia ) non e di ci liar oziane di pennelli , per- chè si riferisce alle liste . Anzi ( io dico ) sten~ doli è dicìiiar azione di pennelli perchè si rife- risce alle liste. Se lo stendale è un drappo che ventila su le antenne : se fu di uso presso gli an- tichi , ed è tuttora presso e moderni ( massime su- gli alberi delle navi ) una maniera di stendali , che, stretti , lunghi , appuntati , prendono , allorché sono distesi al vento , forma e moto di fiamma viva , e ne portano persino il nome ; chi di sana mente potrà negare , essere il vocabolo stendali bellissi- ma dichiarazione delle antecedenti voci sinonirae /iani' me , liste., pennelli , per ciò appunto che si rife- sce alle fiamme de' sette candelabri , o sia alle set- te liste di luce ? Inoltre se alla voce stendale vorrà darsi la ge- nerica significazione d'insegna , non sarà luogo a dubitare, che la delta vece possa essere riferita così alle liste di luce , come ai candelabri : e pili a quel- le che a questi : conciosiachè , per le cose ragio- nate di sopra , le insegne propriamente fossero quel- le che si ponevano sopra l'aste. All' ultimo ezian- dio che per istendale voglia prendersi tanto l'al- bero , cioè il candelabro , quanto la lista co- lorata cioè la fiamma ardente ; ninna oscurità ne potrà, nascere , ninno intricamento di senso. E di vero , se talu no ti dice : Le bandiere traevano indietro verso levante : tu non intendi già che traes-. io6 Letteratura sevo indietro le aste , ma si i drappi delle ban- diere. E così quando Dante disse, che quegli sten- dali dietro erano maggiori che la sua vista , non potè riferire le sue parole alle aste diritte de* can- delabri , ma dovette necessariamente riferirle alle fiamme che rimanevano indietro. Lasciando dietro a se l'aer dipinto , E di tratti pennelli avean sembiante. ' In tal modo la mia opinione sì accorderebbe con quella del sig. Dei-Furia, senza che i miei pen- nelli , o banderuole distese al vento, perdessero la sembianza di liste o sia di striscie di luce- Stendale (prosiegue il Dei-Furia) significa ban- diera grande , mentre pennello significa bandiera piccola . Ed io rispondo : lo stendale sostenuto da due aste , largo , e lungo fin quasi al piede di quelle , è grande bandiera : lo stendale unito aduna sola asta , e stretto , e appuntato , e tale in tutto , quale ho descritto essere il pennello, altro non e che bandiera piccola. Ne mi si opponga che gli stendali menzionati da Datite fossero maggiori che non era la rista sua. Il grande e il piccolo sono nomi relativi. Può essere piccolo un elefante , grandissimo un ver- me. Gli stendali , de' quali parlò Dante , non erano di quelli a due aste : erano ad un' asta sola , erano stendali di que' piccoli, cioè pennelli. Ma questi sten- dali piccoli quanto al genere, erano grandissimi quan- to alla specie. Il poeta ebbe nella mente la imma- gine de' pennelli , vale a dire delle piccole bandie- re: ma rappresentò questa immagine in modo gigan- tesco; tuttoché non riufiutasse il diminutivo fiammel- le, che a quel luogo potevasi dire parola tecnica. ìì, come paragonò i candelabri agli alberi (cosa non mai Sulla divnia commedia. 107 veduta da niuno), così disse che le fiammelle di esse si stendevano più che non istendevasi la vista sua. Ma, per troncare questa inutile diceria, diman- do io : a che mira codesta quistione degli stendali pic- coli o grandi ? Sarebbe pur bello il dire ( come sem- bra che voglia il Dei-Furia ) che que' sette sten- dali, non piccoli nella forma, secondo la sua senten- za , ma grandi , grandissimi , dovessero assomigliar- si non mica a bandiere ( come che gli stendali sieno bandiere ) ma a pennelli da dipingere , o a pennel- late ! Che direbbe Dante se udisse di tai novelle? V. „ Al verbo trarre non può darsi il valore di „ spiegare o distendere. „ Il verbo trat^re , trarre ^ tirare ebbe questo va- lore nel nascere della lingua nostra , e lo ha pure al dì d'oggi. Nel glossario del Du-Cange troveremo //- rare spiegato per lo appunto così: extendere ^ ex- plicare : e quindi leggeremo extensus posto a di- chiarazione di tiratus^ con ivi bellissimi esempi: fra* quali è questo : Juraverunt eorum manibus dextris tirntìs ; e ciò vuol dire , che giurarono stendendo la mano destra , non tenendola spenzoloni. In egual guisa i pennelli , o vogliara dire le lunghe strisele , menzionate dall'Alighieri , erano tratte tirate distese, non cadenti allo ingiù. E poiché il sig. Dei-Furia ha notato , essere la frase tratti permeili propria dell* arte pittorica , io voglio valermi dell' autorità del Baldinucci , autore del vocabolario del disegno , a dimostrare che tratti tanto vale quanto distesi. In quel vocabolario , dopo i verbi tirare , trarre , è registrata la voce tirato ; ed ha questa definizione : Addiettivo da tirare \ disteso « contrario di grinza : io8 Letteratura leggendo le quali parole parrai di vedere i pennel- li di Dante non raggruppati , e pendenti : ma di- stesi, tirati, tratti. Così pur diciamo tirare una te- la , tirare un filo , e cose simili. Ne so perchè il verso dell'Orlando Innamorato ( e spero trovar per- dono , sia per lo stampatore sia per me , dell' es- sere stato cangiato nel primo ragionamento l'Inna- morato in Furioso ) Traeva dieci braccia ogni ala aperta : non possa avere questo significato : ogni ala aper- ta si distendeva dieci braccia : essendo proprio del- la nostra lingua il lasciare le particelle mi ti si. Ma se questo esempio non piace, stiasi agli altri di so- pra accennati , i quali , secondo che pare , sono chiarissimi. Qui doveva aver fine il mio ragionare. Ma, poi- ché sono su questa materia , piacerai di rispondere ad una nuova obbiezione , con che voUesi scemar forza alle ragioni , onde fui mosso a dare signifi- cato di banderuole ai pennelli all' Dante. Questa ob- biezione leggesi nel fascicolo primo del Giornale Li- gustico alla pag. 5i; ed è tutta fondata suU' ul- timo de' seguenti versi della Gerusalerarae e. Vili , là ove si parla della morte di Sveno : Allor vegg'io che dalla bella face, Anzi dal sol notturno , un raggio scende Che dritto Ik dove il gran corpo giace Quasi aureo tratto di pen nel si stende : il qual verso (secondo che pensa l'autore di quell' articolo) è tutto foggiato ad imitazione di quei dantesco SutLA DIVINA COMMEDIA xJl(OQ E di tratti pennelli avean sembiante ^ e pone in chiaro come il Tasso , mirando a quel verso , lo intese nel senso da noi dichiarato : cioè nel senso di pennelli da dipingere. Se il Tasso avesse scritto : Quasi aureo tratto pennello si stende ; io converrei nella sentenza dell'oppositore. Ma egli era impossibile che quel grande paragonasse un rag- gio di stella ad un pennello d' oro tratto o tirato. Perciò , facendo uso del segnacaso di , paragonò il raggio ad un tratto aureo di pennello : e questa im- magine è bellissima , e veramente degna di lui. Ne voglio concedere , ma ne pur posso negare , che la detta immagine , sebbene diversa da quella dell'Ali- ghieri , non però di meno fosse per avventura inge- nerata nella mente del Tasso dal pensare eh' ei fa- cesse al citato verso del Purgatorio. Qual è tra noi che non abbia fatto sperienza della successione e della concatenazione delle idee? Le une nascono dal- le altre con indicibile rapidità , massime nelle men- ti calde e sublimi. 11 Galilei nel vedere una lampa- da , che oscillava , volò collo intelletto al concepi- mento della forza acceleratrice , che poi fu scala pel Newton a divinare la legge dell'at trazione : allorché veggendo cadere un pomo da un albero , e riandan- do le dottrine di quel grande italiano , venne a squarciare il velo , onde 1' ordine divino era stato misterioso agli uomini dal cominciamento del mon- do Uno a quel secolo. Eziandio nel parlar famiglia- re ha luogo tanta e sì rapida successione d'immagi- ni , che spesso un ragionamento cominciato sul nuo- no Letteratura vo far della luna fa passo al ragionare delle neLiHo- re di Orione , poi si volge alle comete , quindi agi' influssi loro sopra la terra , appresso alla vanita de- gli augurii , e alle fate , e alle streghe , e allo ab- baiare de' cani nella notte , e alla fedeltà loro , e ai ladri notturni , e alla beatitudine della sognata età dell'oro , quando non erano ladri , ne si chiavavano gli usci ; e via via discorrendo ad altri infiniti ob- bietti , che velocemente rampollano ; alla maniera di que' rami innestati , i quali hanno lo stesso tronco , non hanno le stesse frutta. Ma non mi fa mestieri più lungamente intrattenermi sulla proposta obbie- «ione. Imperocché , nelT ultimo soggiorno eh' io feci in Genova , mi avvenne di tenerne proposito col sig. Moro estensore di quell'articolo , giovane corte- se , e studiosissimo delle buone lettere : ed egli si concesse vinto dalle mìe ragioni. Che poi il Daniello ( come osserva il Dei-Fu- ria) , e r edizione bolognese del 1819 (come fa co- noscere il Moro) avessero già notato a questo luogo che le sette liste aveano sembianza di bandiere di- stese , ciò non toglie nulla a quel poco di onore , che può in me derivare dalla interpretazione data al- la parola pennelli. Imperocché ne il Daniello , ne l* editore bolognese provarono in alcun modo , che pen- nelli potesse equivalere a banderuole. Io stesso ( a cui erano ignote le parole dell'uno e dell'altro ) con- fessai pure schiettamente che questo senso della vo- ce pennello non era stato da me scoperto per via di studio, o di raziocinio ; ma sì trovato nel voca' bolario di Giacomo Pergamini da Fossombrone. Ed oltre a ciò confessai , che il Lombardi (fu per er- rore stampato il Poggiali ) giunse a penetrare nel vero senso delle parole di Dante : perciò comen- landa il verso : Sulla DIVINA commedia iir Questi stendali dietro eran maggiori etc- disse : „ Queste strisele di luce sembravano altret- „ tanti stendali , cioè quelle lunghe e strette Landie- „ re dette llanime , che sono in cima dell'albero mae- „ stvo delle navi : „ sebliene antecedentemente a- vesse detto , non si sa come , e contraddicendo a se stesso : „ Le fiammelle nel progredire lasciavano „ ciascuna dietro a se una striscia di colore , che pa- „ reva un tratto di pennello . „ La quale contrad- dizione nasceva da ciò , che dall'una parte era chia- ra , e quasi parlante la immagine delle fiamme simi- li a colorati pennelli , o piccole bandiere ; dall' altra era oscura ed equivoca la significazione di pennelli nel senso di banderuole. Onde io tolsi via ogni oscu- rità ed ogni dubbiezza , provando con molti esempi, come pennello e ne' secoli di nip^zo , e nel nascere della lingua nostra ebbe appunto la detta significa n- za. E poteva pur aggiungere che la delta voce nel detto senso vive tuttora , e fiorisce in Italia. Impe- rocché lungo le rive del mare Adriatico, in quella parte che si riposa sotto il dominio della Chiesa , è bello da udire come non solo i cittadini, ma ezian- dio gli uomini delle campagne , volgendo gli occhi a quelle banderuole strette , appuntate , biforcate , che sono poste a segnare la qualila del vento , di- cono : il pennelo è a mozzo giorno : // pennello guarda levante : ne certamente quelle banderuole hanno a far nulla coU'istroraento usato dai dipintori. Adunque io fui primo ( sia stato caso o fortuna : che averne merito non ho preteso mai ne preten- do ) a dar prove manifeste , che gli accademici del- la Crusca erano caduti in errore , quando tralascia- rono d'inserire nel Vocabolario la voce pennello in 112 Letteratura significato di banderuola ; e più ancora quando pe- nendovela In significato di strumento da dipingere, citarono il presente esempio di Dante , che tanto sta in accordo con que' pennelli » quanto il fare della luna colla età dell' oro e col chiavare degli usci. Per ultimo noterò , che la lettera da rae scrit- ta intorno questa nuova chiosa al carissimo degli amici miei, il Perticari , fu data nel 1817, cioè due anni prima che venisse in luce la edizione macchia» velliana. La risposta del Perticari alla detta lette- ra chiuderà il presente discorso : e sarà a chi legge come quel poco di dolce» con che sogliamo ricrea- re il palato offeso dall' amaritudine delle medicine. Veramente la morte del mio Giulio fu a me dura cosa «d acerba ! In lui quietavasi il cuore come in suo dolce conforto : volgevasi a lui la mente , co- me a consiglio ed a guida. L. Biondi Lettera del conte Giulio Perticari a Luigi Biondi. „ iVXio Luigi. Oh la bella interpretazione che tu „ dai al verso dell' Alighieri : E di tratti pennelli „ avean sembiante ! Bella non che le tre e le quat- „ tro , ma le cento e le mille volte. Certo ivi pen- „ nello non è istrumento da dipingere , ma bande- „ ruola : e ciascun lettere, si mens non Iceva fuis- „ set , avrfcbbe dovuto avvedersene per la chiosa „ fattane dallo stesso Dante , il quale^dichiarando „ soggiunse: Questi stendali dietro eran maggiori ec. „ Ma pur così è : spessissime volte ficchiamo il vi- „ so per entro i più reconditi nascondigli , e non „ ci avvediamo delle cose che ci sono innanzi. E SlLLA DIVIPTA COMHIEDIA I |3 ,, tu pure, die di presente ti fai guida al traviati, „ saresti tu pure lontano dalla via dritta, se, co- „ me dici , non la ti avesse mostrata il buon Per- „ gamino , nato in Fossombrone citta vicinissima alla „ mia Pesaro. Egli di per se solo vide assai cose „ meglio che non le videro quei venerandi LarLas- „ sori , i quali furono infarinati ,' insacca ti , inipa- „ stati , impagliati , lustrati , propaginati , rispigo- „ lati, spolverati, stritolati, non che affamati e di- „ giuni. „ Per quello poi che pertiene ai due versi del „ canto XXVI, i quali tu vorresti che fossero letti „ a questa guisa: Posar sì quelle prime creatvre , Che da loro aspersion rocchio comprese ; „ dico ingenuamente che verrei di buon grado nella „ tua sentenza , se non me ne sconfortasse quel mo- „ nossillabo che aggiunto al principio del secondo „ verso contro all' autorità di tutti i codici : che niu- „ no ne ho mai veduto , che avesse quella lezione. Il „ perchè sarà bene pensarci sopra. „ Attendo con molta impazienza la decisione di „ queste effemeridi : ma ne sono al pari indiflèren- „ te : perchè anzi ti confesso , che quella cattedra „ italiana mi piacerebbe meglio per ogni ragione. Quel- „ lo però di che non sono indifferente si è , che ad un „ modo o ad un altro ho bisogno di essere con „ voi altri , e di collocarmi in Roma: e per sazin- „ re la lunga mia sete della vostra compagnia , e „ per acchetare uira moglie che di e notte mi stan- ,, ca con questa preghiera. Ma per non porre i] „ diavolo in famiglia m'è necessario un colore ali* G.A.T.XXXVI. 8 I l4 L E T T E K A T U R A „ abbandono della patria e de' parenti. Fa dunque „ di trovarmelo , o in un modo o in un altro t e „ tienimi caldo nella grazia e nel pensiero del no- „ stro monsignor Mauri, che può tanto aiutare que- „ sta mia onesta speranza. Addio , dolcissimo degli ,, amici: abbracciami il nostro Santucci e l'Amati: „ e di a monsignor Mauri quanto si può dire a per- „ sona amata e riverita , anzi adorata. Sono „ Pesaro 39 maggio 18 17 „ Il TUISSIMO GIULIO Due poesie di Torquato Tasso intorno alVamor suo con la principessa Eleonora (T Este , pubblicate ora per la prima volta* AL CHIARISSIMO SIG. PROF. GIOVANNI ROSINI SALVATORE BETTI I o non saprei a chi meglio che a voi , mio buon a- mico , donare il titolo di due preziose poesie di Torquato Tasso novellamente trovate : a voi che le opere di quel sommo avete carissime , fino a darcene con egregio amore e con ispesa veramente signorile la più esatta , la più compiuta , la più bella edizio- ne. Nuovo titolo che acquistato vi siete , oltre a tan- ti altri che tutti sanno , alla stima ed alla gratitu- dine eterna di chiunque pregiasi di letterato. Dissi preziose poesie , e tali ve le confermo : parendomi che Versi iniìditi del Tasso i i5 niun* altra più apertamente ci palesi le occulte ragio- ni , per le quali l'autore dell'Aininta e tlella Gervt- salemme fu condotto (miserabile ricordanza !) atl es- sere guardato per ben otto anni in wn earceie come uomo al tutto privo del senno. Ne vogliale prender sospetto sulla loro autenticità : cliè ognuno può a beli' agio vederle ,, avendole per carissime , ma non per misteriose, il loro possessore sig. conte Ma- riano Alberti : il quale ba di più voluto farle ap- provare con pubblica testimonianza di tale , che fra tutti gì' italiani siede principe di queste cose , cioè del celebre monsig. Angelo Mai prefetto della libre- ria vaticana : nella cui gravissima autorità tutti vo^ lentieri si quieteranno. E qui mi verrebbe mollo in acconcio il dire alcuna lode di esso sig. conte Alber- ti , e del suo amore per le lettere , e della sua corte- sia con tutti , e massimamente e on me , s' io non temessi di ofiendere troppo la sua modestia. Piacciasi però il no- bil signore di permettere almeno , die qui gli renda i miei più vivi ringraziamenti per 1' onore che mi ba compartito singolarissimo concedendomi di pubblicare questi versi prima di ciascun altro. Sa ognuno che Torquato Tasso: amò di fervente amore due gentili donne , le quali parimente si chia- marono Eleonore : la principessa d'Este, e la Sanvi- tale contessa di Scandiano. Della Sanvitale s'innamo- rò il poeta nel iS^G, e comechè grandissimo forse co- desto amore (essendo la donna. e bella e cortese , ed inoltre di elegantissime lettere), non e tuttavia noto che gli fruttasse ninna grave molestia , da qualche piccola invidia in fuori , della quale parla il Seras- si. Non cosi avvenne però dell' amor suo coli' Eleo- nora d'Este : la quale avendo egli incominciato a co- noscere noi 15G7, fin d'allora la ricevette così cara- mente nell'anima , che negli anni seguenti non sape- iiG Lettera-tuha. va quasi più pensar d*altro. Molti hanno tlellato su tale amore assai vaghi romanzi : e molti anche hanno preso con singolare studio a provarci , eh' esso non trapassò mai il confine d' una rispettosa inclinazio- ne di animo dalla parte del poeta, e d'una bene- vola proteiione dalla parte della virtuosissima prin- cipessa. Nondimeno le notizie di queste amorose fiam- me del primo ingegno italiano che allor fiorisse , e d' una signora delle più leggiadre ed illustri che te- nessero corte in quel secolo, volarono, com'era bene da credersi , per tutta Italia : ni; si tennero di sona- re fino nell'Inghilterra (i) : e da Giambatisla Man- so , amico di lui , furono qual cosa certissima ri- coidate , benché regnasse il nipote d' Eleonora : e dopo il Manso 1' ebbero per lontane da ogni du- bitazione il Brusoni , Gregorio Leti , ed altri più antichi. Il Serassi però tolse fortemente a impugnar- ne la verità , e pretese mostrare centra la comune opinione di due secoli e più , che quel fuoco non arse mai tanto , quanto è fama che ardesse : e che non fu colpa d'amore quella che strascinò l'infelice Torquato ad esser chiuso nello spedai di S. Anna : ma colpa fu delle troppo acri parole detto impru- dentemente dal fervido poeta in onta del duca Al- fonso. A confermare la qual sentenza con argomenti eh' egli reputa potentissimi , reca parecchie lettere del Tasso medesimo, dove parlasi di tali suoi motti inconsiderati , e nulla dicesi dell'amor suo : quasiché il Tasso potesse manifestamente accusarsi di un fatto , ch'egli pregiandosi di gentile cavalleria doveva te- ner segretissimo nel proprio cuore , non permet- ( I ) Vedi i versi latini di Sciplon Gentili riferiti dal Se- rassi, vita dei Tasso pag. 284? nota i . Versi inediti del Tasso 117 tendo che niuno lo avesse* mai per possibile , noa che lo nominasse : che inerito di leal cavaliere fu sempre 1' intendere più al decoro della donna a- mata , che a qualunque incontro di miseria e di persecuzione. Che il Tasso in un momento di sde- gno dicesse alcune parole con tra la riverenza do- vuta al duca , è fuor di dubbio : che potesse ciò essere fra le genti un pretesto per colorire i moti- vi della sua carcerazione ( benché la pena sover- chiasse inestimabilmente la colpa ) , è assai proba- bile : ma che ardentissimo non fosse il poeta nel piacere d'Eleonora d'Este , e che da ciò non traesse origine la miserabile e lunga sua prigionia , parmi essere opinione piuttosto benigna che vera : e le poesie che ora pubblicherò ne porgono valido testi- monio. Il Tasso però , nato ad ogni maniera d'u- mana infelicita , fu anche e doveva essere infelicis- simo in questo amore , ne da alcune alTabilila in fuori potè altro impetrare dal pudore e dal senno in tutta Italia celebratissimi dell' Estense : e le poe- sie stesse , le quali rendono cosi gran fede dell'ar- dore immenso del Tasso , abbastanza svelano il costume onestissimo delia donna. Il che basti a chi all'amore di Torquato oppone la virtù specchiatissima d' Eleonora : come se potesse una gentil signora essere colpevo- le delle troppo ardite cupidità di colui che inter- pretò per amore l'affabilità delle parole , le bene- ficenze , e le nobili cortesie. La prima poesia è una quartina scritta in una piccola carta lacerata nel mezzo : e dice così : Quando sarà che d'Eleonora mìa Possa goderne in libertade amore Ah pietoso il destin tanto mi dia Addio cetra , addio lauri , addio rossore »i8 Letteratura Invece di amore il poeta aveva scritto da prima il core : € cosi pudore invece di rossore. Ora clii leggera questi versi , e non gli avrà per detta- ti in uno di qua' momenti , ne* quali all'anima cie- ca e perturbata parla violentemente V amore , e fa tacer la ragione ? Vedete come sono gittati la senz' altra ispirazione , che quella gagliarda del cuo- re : e ciò che più monta , col solito difetto di or- tografia , di cui lo stesso Torquato usava spesse volte accusarsi. „ Perciocché , dice Y amico nostro „ Giulio Perticari d' immortale memoria (i) , tro- „ viamo che Torquato Tasso medesimo , nato in „ età più gentile , e allevato in corte , e figliuo- „ lo del più celebre dei segretari, scriveva per tal „ guisa , che in tutti i suoi manoscritti è grandis- „ sima copia d'errori d'ogni generazione. Ond' egli „ ebbe a dire , scrivendo al signor Scipione Gonza- „ ga (3) : che gii altri , giudicandolo dalle sue scrit- ti ture, lo potrebbero giudicare un grande ignorante. „ E consolavasi d'aver letto che Plotino , di cui non „ uscì mai alcuno più dotto e più eloquente dalle „ scuole platoniche (3) , scriveva senza punto di „ correzione , ne sapeva leggi d' ortografìa. " E il Perticari disse qui egregiamente : e chi ha qualche pratica delle cose manoscritte del Tasso , come cer- to' l'avrete voi e come l'ho io , non potrà muo- verne dubbio. Talché se altri avesse dovuto scri- vere questa quartina , l'avrebbe scritta così : (i) Scrittori del trecento, Uh. n cap. 3. (2) Tasso, Lettere poet. e. i. (3) Ivi cap. 144. Versi inediti del Tasso i ig Quando sarà che d'Eleonora mia Possa godermi in libertade amore ? Ah pietoso il destin tanto mi dia ! Addio cetra, addio lauri , addio rossore. Nella faccia opposta della carta , con carattere che parmi del principio del secolo XVII , sono scritte queste parole: Si crede che il presente-, ritrovato fra gli scritti di Tasso <, o strappato dalle sue mani , e presentato al duca , fosse la causa del duello e delle sue disgrazie» Il che stimo anch' io essere una mera opinione : ma , Resini amatissimo , un' antica opinione , che maravigliosamente consuo- na colle parole dell' altra poesia , la quale trovasi accompagnata con questa. Imperocché serralo che fu il Tasso nella sua trista prigione , qual cosa scrisse intorno a tanta sciagura? Come prese a sfogarsi dell' interno cruccio dell' anima ? Accusando forse la sua imprudenza di aver voluto semplice e povero gentil- uomo contrastare a un potente? E morso con dispet- tose parole il suo principe ? Non gik : ma sì quere- landosi della troppo impetuosa fiamma, che il petto vanamente gli divorava di amore. E questa bellissi- ma stanza , che è la seconda delle poesie inedite del- le quali io vi parlava , e che certamente fu scritta nello spedai di S. Anna , abbastanza ne rende fede. Fiamma d'amor , che mi divori il petto , Spegni una volta il tuo fatale ardore: Libertade perdei , e d'intelletto Privo mi vò l'irato mio signore D'Eleonora ottener non poi l'affetto Dunque che giova un disperato amore Vanne lungi da me , vanne in eterno Il foco ad aumentar gìiì nell' Averno. 120 LcTTSaATUftA. La quale, secondo le leggi della buona ortografia, do- vrebbe porsi COSI : Fiamma d*amor , die mi divori il petto , Spegni una volta il tuo fatale ardore : Libertade perdei , e d'intelletto Privo mi vuol l'irato mio signore ! D'Eleonora ottener non puoi l'affetto : Dunque che giova un disperato amore ? Vanne lungi da me , vanne in eterno Il foco ad aumentar giù nell' Averuo. Il Tasso sulle prime avea scritto : Fiamma vorace , che mi accendi il petto^. Calma una volta il tuo fatale ardore : ma cancellate poi le parole fiamma vorace , accerta di , e calma , sostituì loro con felicissima emendazione Jiamma d'amor , divori , e spegni , le quali mi- rabilmente aggiungono forza ed efficacia ai versi dell' ardente poeta. Che l'Eleonora qui nominata sia la Estense , parrai cosa cotanto chiara , che io perderei tempo ed opera a dimostrarla. Imperocché quale altra Eleo- nora poteva essergli 'di si gran prezzo? Quale al- tra commovere a si rigorosa vendetta il duca Al- fonso , uomo non corrente all' ira , e magnanimo e generoso , e stato sempre protettore del Tasso ? Quale altra essere reputata di condizione si alta, che dovesse chiamarsi pazzo un gentiluomo chia- rissimo di nobiltà , com' era Torquato , il quale in lei avesse posto l'amore ? Certo non altra che una gran principessa : si una principessa tale , quale si fu Eleonora d'Este figliuola d'Ercole II duca VjSRSI INEDITID EL TasSO lai ^i Ferrara , e di Renata di Francia ; quelF Eleo- nora) di cui doveva mostrarsi maggiormente solle- cito il duca Alfonso , siccome di tale che dimo- rando in corte senza essersi voluta mai legare a marito » era all' onesta ed alla discrezione di lui , qual fratello e signore , più particolarmente racco- mandata. Ecco dunque, se io pure non erro, ecco le vere cagioni della prigionia del Tasso , e dell' es- sere lui stimato non pur folle , come scriveva al cardinale Albano , ma forsennato. Libertade perdei , e d'intelletto Privo mi vuol l'irato mio signore 1 D'Eleonora ottener non puoi l'affetto : Dunque che giova un disperalo amore? Così l'infelice con versi da mettere una grande pietà cercava di temperare in parte la vampa cocentissima ond'era preso : cos\ centra il tiranno amore vivamente rammaricavasi. Ne forse mi apporrò in fallo stiman- do che questi versi sieno stati gli ultimi , che Tor- quato scrisse per amore di Eleonora : la quale in- di a poco infermatasi , dopo molte e lunghe pe- ne finalmente ai io di febbraio del i58i passò di questo secolo. Perdita da tutti avuta per acerbis- sima e irreparabile : tanto belle ed a ciascuno gra- ziose erano le virtù della mente e del cuore d'Eleo- nora t sicché non fuvvi morte che a quel tempo pili dolorosamente sonasse dall'una all'altra par- te d'Italia. Notate però che solo il Tasso si tacque, serrando profondamente nell' anima il suo immenso cordoglio : nh assicurossi di porsi anch' egli nel- la schiera di que' gentili , che in tale occa- sione gareggiarono d'onorare co' loro versi il se- ìùi Lettera TURA polcro dell* indila donila (i). Il che da altro non dovette procedere che da un sano consiglio. E cer- to se fossero stati così puri e semplici , come il Serassi vuole , gli affetti del Tasso per Eleonora ; questi, che mai non cessava in mezzo le sue stret- tezze di cercar modo a riacquistare la perduta grazia del duca , avrebbe allora ben colta l'op- portunità di compiangere il caso di una donna co- sì giustamente cara all' anima del fratello. Ma egli credeva seco ( non essendo già scemo dell' intel- letto ) che le sue lagrime sarebbero state anzi un oltraggio , che una grata medicina , al dolore di Alfonso. Non sono io tuttavia così pertinace nelle mie opinioni , che non mi piaccia di sottoporle anche al giudizio altrui: siccome fo di questa al giudizio vostro , il quale secondo il merito ho in altissimo pregio. Seguitate ad amarmi, Resini carissimo, sta- te sano , e fiorite lunghi anni alle lettere ed alle cortesie. Me Caesaris Montaltìì caesenatis latinorum carminum specimen. Crimini. -olti si lagnano che le lettere latine abbiano pochi coltivatori in Italia , dappoiché i migliori ingegni si ' — '-^ — - -"■ ' (t) Lacrìme ai diversi poeti voleri e latini sparse per la morte dell' il lustriss. ed eccellentiss. madamaLe- onora d'' Este j e raccolte da Gregorio Ducchi, e da lui dedicate all'illustriss. e reverendiss. sig. óardinal d^Este suo signóre. In ficenza nella stamperia nuova ì585 in 4. sono volti allo studio della nativa favella ; e certa- mente la lamentanza è giusta], perchè quantunque tut- to giorno sì scrivano e si stampino cose latine , po- chi con senno ed industria coltivano la lingua del Lazio ; pochi l'indole e l'uso ne conoscono , pochis- simi poi scrivere la sanno. Imperocché a scrivere latinamente non basta porre in parole latine i con- cetti nostri , ma si conviene porre concetti latini in latino sermone. Infatti nella formazione delle lingue molte cose concorrono , le usanze , i costumi , la re- ligione , il governo , il commercio , il clima , i biso- gni della nazione ; e il genio nazionale di una favel- la non si confa col genio nazionale dell'altra , se que- ste cose egualmente in ambedue non concorrono. Or bene, se lo stato presente delle cose d'Italia non serba piti vestigio delle virtiì e dei vizj di quella guerriera e possente repubblica , difficilmente da noi potrà usarsi con proprietà la lingua del Lazio. E se pur si può credere che a noi sia dato un poco ap- pressarci , benché da lungi, all'altezza delle latine scrit- ture , è certo che solo potrà, farlo colui che sa spo- gliarsi la veste italiana , e indossare la toga latina , facendosi del novero de' grandi cittadini di Roma : e sa pensare non piii con bassi concetti , ma cogli alti pensieri di quella dominatrice del mondo. Allora ad- diverrà che magnanime idee si mostreranno adorne di grave latina eloquenza , ne si vedrà , come acca- de tutto giorno, un prezzolato piaggiatore colle pa- role di Tullio esprimere concetti vilissimi , e non de- gni della maestà latina. Ogni nazione ha il suo pro- prio carattere , e quindi ogni lingua. Noi abbiamo nel secolo XVI molti scrittori di cose latine ; ma li diremo noi per questo scrittori latini? Porremo noi le istorie del Bembo con Sallustio con Livio.? Chi è, quando in quelle vuol leggere , che non veda che mal 134 s'accordano le parole consentimenti il più delle volte? A me pare che di tali scritture possa dirsi quello che fu detto d'una traduzione d'Omero - Achille ve- stito alla francese. - Parole latine , e pensieri italia- ni non fanno buon accordo. Se poi veniamo a' poe- ti di quel secolo , chi è che abbia altezza di latini concetti , chi e fra tanti che alla maestà della lin- gua non contraddica colle idee basse e servili , se si traggano il Castiglione, il Fracastoro e pochi altri? Ricercate eleganze , parole con arte scoperta e con fatica collocate , frasi indigeste e stravagantemente insieme accozzate , sono la delizia de' moderni lati- nisti che non iscrivono riga senza il frasario alla ma- no. Ciascuno si tiene poeta , e vuol essere tenuto in conto d'emulatore di Catullo, se è giunto, rubac- chiando qua e là un mezzo verso , a mettere insieme un indigesto centone che egli or chiama epigramma, or elegia , e se gli è riuscito di chiudere sempre il pentametro con un quadrissilabo o un trisillabo che renda non già dilicato e scorrevole il verso , ma du- ro ed inarmonico ; e pretende essere tenuto profondo conoscitore di perfetta latinità , perchè tutto giorno bestemmia contra Ovidio , come fanno i puristi cen- tra il Metastasio. Follie , stravaganze ! Una filza di fra- si mal collocate , e versi duri senza garbo , senza gentilezza , non formano elegante una poesia latina. Grandi , o dilicati concetti , secondochè il soggetto ri- chiede , e quali in simile caso sarebbero caduti in mente a quei signori del mondo , esposti in adegua- te parole formano bella poesia , e lodevolissima imi- tazione. Cosa dillicile a vero dire , ma non impossi- bile. E l'Italia or va gloriosa di tali latinisti che pensano e scrivono latinamente : pochi si , ma gran- di , e degni del secolo d'Augusto. E nel novero di questi , anzi fra' primi , merita d'essere posto D. Cesa- re Montalti cesenate , pubblico professore d'eloquen- za nella repubblica di S. Marino , uohio che alla coltura delle lettere latine aggiunge somma erudizio- ne y e sente molto innanzi nella nativa favella. E che io parli il vero ognuno sei può vedere da' po- chi versi elegantissimi , anzi tutto flore d'eleganza, che io qui porgo come per saggio. Ad Vlr. CU Laiirentiiim Mascheronìiim ■ ma'hamaticum et poetam pràestantiss. t „ Laurenti , hendecasyllabos suavesi, „ Quos Bertola tuus meusque lusit „ Quum tuos numeros catulliauos ; „ Misissem , excipias , precor , benigne. - „ Sunt hi versiculi satis nitentes; „ Et qui carminibus tuis beatis , „ Quae Venus perit , ut Paplion Gnidumque , ,, Mire conreniant. Amice , nolim , „ Qui tuus pudor est , feras moleste , „ Quod dulcissimo et optimo sodali . „ Illos clam dederim. Ast bono poétae „ Cui Nisam dare , Lesbiamque p ossero , „ Et darem samium libens JBatyllum , „ Cur summi numeros negem poetae ? j ,. ,, Hos versus igitur lege , et probabis „ Meum consilium , et boni sodalis. jid puellam. „ Huc ades ; et medio Phaebus dum fervet ab axe „ Hic patula exustam fagus opacat humum. „ Interea attondent cythisum , tua cura , capellae „ Quaeque agris passim gramina laeta vireut. 126. „ Fronte sed intextum paleis nunc projice tegmen; „ Nudata mellus nam mihi fronte piaces. „ Vita nefas rarae tegmen praetexere formae , .,„ Vincere quam nulla vix queat arto Venus. Jn'scribendum tumulo puellae desideratissimae* „ Quod mihi jam fuerat mortale hac conditur urna, „ Spiritus at sedes appetii aetbereas. „ Mi Lodoix geaitor , Tlieresia mater : utrique „ lam solatiolum , nunc dolor et lacrymae. „ Bissenos emensa annos huc efferor atrae „ Preda immaturo tempore Persephones. „ Hospes , ne luge ; manibus sed lilia plenis „ Da tumulo : laetam munera laeta decent. De Christo rcparatore ad superos ascendente»' „ Lux aderat , laeto qua priscos ordine patres „ In sedem Ghristus ducerei aethereum ; „ Àddit se sociam mulier , quae capta colubri „ Insidiis totam perdiderat sobolem. „ Mille sequebantur matres : longaeva praeibat „ Veste tegens fraudis conscia poma suae ; „ Ut vidìt lignum , clavis quo fixus acutis „ Crimina Servator nostra cruore luit , „ Felix arbor , ait « tanto quae faenore nobis „ Antiquae reparas arboris exitium ! Giuseppe Ignazio Montanari. I2J VARIETÀ* D Sopra la villa del eh. sig, marchese Gip, Carlo di Negrq, SONETTO al mar ctù signoreggia ardua dal moii'e Scoglioso , ove tien fitta altera il piede ^ Alza in ricchi palagi ond' il eie! fiede Genora per miracolo la fronte. Di tutte grazie albergo elette e conte La villetta Di Negro ha qui sua sede, Che d' Armida ai giardiu punto non cede ^ E d'aspro irato cìel non teme l'Qnte. Non può la calda e viva fantasia v:)j Di sì rare bellezze ornar la scena. Che da lei vinta al paragon non sia. Ma nulla è ciò : chi vide està sirena Del cor di Carlo e 1' alta cortesia , D' ogni altro bello si ricorda appena. AMTONIO CESASI. 128 Varietà* Genuae postridie idus octobres MDCCC XXVIL Ad Antoniiim Cesarium V. C. V^uod libi spectaclum dat villa Nigraea videadum , Laudariiat multi , nomina clara , viri : Tuque hodiè hunc mirum naturae atque artis honorem Illustras plausu , vir venerande , tuo ; Et qui te praesens praesentem amplectitui* hospes , Nunc sibi felicem praedicat esse diem , Testaturque suam caro cum conjuge natam Et laetum hunc quotquot laeti adiere locum : Quia ( nam vidisti varia inter marmerà lectas , Delicium italicae Pallados , effigies ) Te quoque marmoreum , non fallor , stare jubebìt r Et decus adquiret villa Nigraea novum. FAUSTINI OAGHUPFI. Trattato delle ipoteche nello stato pontificio , con breve appendice sul registro^ sul bollo e sulla tassa di suc- cessione etc, deWavv, Vincenzo Jacohoni ass. civile del- la delegazione di Viterbo Seconda edizione, Viterbo pei torchi di Camillo Tosoni. Importantissima è quest* opera , né punto ci siamo in- gannati , se di essa abbiamo fatto tanti encomj in questo giornale arcadico nel fascicolo di marzo 1826. L'esito ci ha ad esuberanza giustificati ; imperocché non appena resa di pubblico dix'itto la prim a j,edizioae , fu all'istante V A R I r T A* 129 esaui'ita , ed a malli non fo tTato di appagare il desriJerio di possederla , Ora se il eolto pubblico con tanta salìs- fazione accolse ìx prima ediziione y ciré doTrenvo anj^- rarci della secm^dac assai più volaminosa e per la vasta «•adizione , e per Faggìunta di astrase qoestionì ìf»o teca- rie , non cte pei lumi derivanti dalle sapfentissime leggi del nostro governo j in proposito singolarmente del re- .gistro, del bollo, e della Eas.sa S suiecessione ? Noi di bel nnovo ci rallegrianiio col ciotto antore per la nnova sna lodevole fatica , colla quale egli seiicpre più propaga i lumi su di una materia le|^ale cotanto astru- sa e difficile. L'opera pertanto ora divisa in dne tomi dì cai fa do- no alla repubblica letteraria Y egregio sig. avv. Jaeo- I>oni essendo di vantaggio al giovane sttìdente , al possi- dente sia esso secolare sia ecclesiastico, al giudice, al cancelliere , ed al notaijo , esortiamo ogni ceto dì per- sone a fame acquisto , e ad »»so>e>Jtrsì. Le associazioni si ricevono in questa capilale dsì sig, ArcMni in via del corso num 267 ; in Vìteirbo presso il sig. Arch. Orlan- di, e nelle altre città dello stato presso i primi libraj delle medesime , a tutto febbrajo prossÌBBO» i8u8. /fi e fi. sig;. S(tl%ratorR Betti, JT oc* anzi mi vennero alle marni d«e cbìarre , affettuose , ed eleganti iscrizioni italiane del signor ab, Manozzi , e una lettera del celebre Colombo intorno quelle. Per l'amore che porto specialissimo ali» epigrafia italiana cbe è an- cor fanciulla e combatte eoa avversari di gran polso , prego la sua gentilezza a pubblicare nell' Arcadico le due epigrafi insìememente alla lettera , la tpaìe tra per la i-inomanza dell* uomo , e per le cose che vi si la- G.T.XXXVL 9 i3o Varietà' gioaanOfdee essere grata agli ingegni che s'adoprano m si fatta maniera di scritture , e aggiugnere a questa non poco di autorità. So che ella pure difende e incoraggia molto la epigrafia italiana : onde io non temo che le sia discaro di favorirmi ; e uè la ringrazio anticipata- mente. Mi creda ec. Di Firenze li i6 settembre 1827. {Tereitsio M-ìmiani della Roverbw ' IN PARMA QUI GIACE FRANCESCO MARTIN LOPEZ VOMO IN ARGHITETTVRA PERITISSIMO MARITO AFFETTVOSO CONCORDE CHE MANCANDO DI PROLE AMO' COME SVA QUELLA DEL FRATELLO VISSE PIO FRVGALE BENEFICO INGENVO LII ANNI MANCO' DI VITA IL XXX DI OTTOBRE DEL MDGCCXXII. MICHELE MARTIN LOPEZ EREDE TESTAMENTARIO POSE NON SENZA LAGRIME AL ZIO CARISSIMO BENEMERITO QVESTA MEMORIA Varietà' i3f '■ Wl QVI RIPOSA GIVSEPPE MARTIN LOPEZ FARMACISTA DELLA CORTE BORBONICA E DELLA DVCHESSA NOSTRA MARIA LVIGIA VOMO D'INNOCENTI COSTVMl DI SOMMA PIETÀ' IN DIO E DI SINGOLAJRE AFFETTO NE' SVOI VIVVTO ANNI LXIII. SOBRIO DOLCE CARITATEVOLE MORTO CON PVBBLIGO DOLORE IL XVII LVGLIO MDCCGXXIV. AVE AVE PADRE DILETTISSIMO IL TVO MICHELE TERRA' SEMPRE IN MEMORIA I TVOI VIRTVOSI DOGVMENTI Al pregiatissimo sig. ah. Giuseppe Manu zzi J 1 nostro genlilissimo sig. Lopez mi ha usata la cor- tesia di leggermi le due italiane isci-ìzioni , con le qua- li la Sig. V. s* è compiaciuta dì onorar la memoria del zio e del padre di lui. Con tutto che questo genere di componimento soglia d' ordinarlo recarmi poco diletto , nientedimeno coteste iscrizioni di lei mi sono talmente piaciute , che , anche senza aver l' onore di conoscerla personalmente , mi prendo 1' ardire di scriverle questa lettera per congratularmene molto con esso lei- Io sono stato amico e dell'uno e dell'altro di loro , e noti a me sono i candidi costumi d'entramhi ; e le so dire che le degne lor qualità sono toccate nelle dette iscrizi oni tan- to maestrevolmente , che quando esse mi furono lette non ho potuto a meno di provarne una tenera commo- zione. Egli è pur bene che parecchi de' nostri valorosi scrittori or abbiamo volto il pensiero a far prosperare i32 Varietà* anche questo ramo novello di nostra letteratura. So che molti , e massime i piii dotti , dissapprovauo ciò ; e mi ricorda del cavaliere don Iacopo Morelli che quando gli era recata davanti qualche iscrizione italiana torceva il viso , Ad ogni modo a me pare che possano , 0 , a meglio dire , clie debbano usai*si non men le italiane che le latine , e ancora piìi spesso quelle che queste. Dop- pio , secondo ch'io penso , è il fine per cui si compon- gono le iscrizioni : o vuoisi con questo mezzo mandare alla memoria de'posteri le insigni virtìx e i fatti grandiosi de'pcrsonaggi d'un merito eminente e singolare ; o pure è nostro intendimento di conservare , senza piii , tra quel- li del proprio paese la rimembranza delle virtuose per- sone le quali con opere degne di lode hanno meritata la benevolenza e la stima de' loro concittadini. Nel pri- mo caso convengo ancor io elie , avendosene a traman- dar la notizia , per così dire , in qualsivoglia, parte del mondo , sia meglio valersi della lingua latina , sic- come quella che è intesa dovunque ha qualche coltura. Al che potrebbesi aggiungere che una certa maestà mag- giore in quella lingua che nella nostra , più proporzio- nata la rende alla grandezza del soggetto che è celebra- to : ma nel caso secondo io credo che si debba onorar la memoria di questi uomini dabbene con iscrizoni com- poste nell'idioma della propria nazione , acciocché sieno intese da tutti quelli tra cui essi sono vissuti , e si man- tenga in questo modo anche ne' posteri una certa rive-' renza ed amore verso di essi , e quindi un naturai de- siderio d'imitare le virtù loro, e divenirne gli emulato- ri. Spero ch'iella vorrà perdonai'mi la libertà che mi ho presa , e concedermi in oltre che io mi dichiari eoa tutta slima Di Parma a* 4 di settembre 1827 Della Signoria Vostra Divotiss\ed obbligatiss. servitore MicBEiiE Colombo. Tabella dello stato del Tevere ^ desunto dati* altezza del pelo d'acqua sulV orizzontale del mare^osserva- to all'Idrometro di Ripetta-, al mezzo giorno» Ottobre 1827. GIOKKI. Il 13 i3 i4 i5 i6 i7 18 «9 50 SI a3 24 25 26 «7 a8 29 3o 3' METRI 6, 3o 6. 6, 11 €, n 5, e. fi. 95 06 7. bo :?. io 7. n 0, o5 ff. »i ff. o5 6. M 6, 3o l j5 6a €, 3o a. 15 6, 05 6, «4 7. 3o 9. 7, 62 9. 7. i5 45 7. 6, IO, 61 PAL ROOT. 28 2 i 26 10 a 27 4 2 2fi 10 1 aff 7 2 2ff 10 ■ 27 1 3 24 0 I 47 8 s 3i 4 0 £8 4 0 afi »o 1 =7 I 0 2-7 6' 0 28 2 a 32 0 0 29 7 3 28 2 1 27 5 0 =7 1 3 27 ^ 0 =7 8 t 44 8 0 64 4 2 47 6 3 4o »i 33 3 1 3i 4 1 29 11 4 =9 Q 3 47 6' 0 OSSSRTAZIOKI. .Alt ezza massima meUao, ^2 Altezza minima met. 5) 95 Altezza media xmu 6, G9 Osser^aziotii Meteorologiche. )( Collegio Romano Ottobre i8xy. Vento Pioggia Evapor. Ii«. 4 9 1 8 li. 4 5o o 6 4 5.. 1 i3 ■ 1 6 I ^5 i 6 neLJiia 1 oo o 6 poc, goc. o 8 nebbia 3 1 nebbia 4 9 alc.gocc. li. 2 Oo 3 5 nebbia 2 I alc.gocc. 3 3 2 5 St.del Cielo coperto ser,nui>.sf}a. chiarissimo nin>oloso 11 aperto nu\>oloso o per lo nuvoloso copiarlo rtui'oloso coperto nuvoloso ser.vu.oriz. nw^'spar. nuv-oriz. vaporoso coperto nuvoloso chùnuv.spa ,, nuv.oriz nuvoloso coperto »7 18 '9 m. 23 24 25 25 281 m. Sol 3i Baromet» Te.esl. Igro. 5" 8 19 « 8 0 Vento l'ioggia : ìvap 01-. 1 Sudel Ciel, 11 vap.iiK.sp,,. toperio ìlUi'vLoSO vpo.;,Ii.8 ,,10 ,,08 0 1 1 0 18 2 1 6" 0 N. ni. K ci. O.N.Ocj.M J 8 ■2\i 0 3 1> 1J 1» „ „ 1 Ili 8 18 s IO 0 i3 0 19 5 iff 8 8 0 9 0 b 0 N . deb. fc". ). y.o. ,]. ale. goc. = G 11 11 «1 -7 »• 9 8 0 '7 5 9_4 i3 5 7 6 iX. „ i>. ., ^..^.U. (l. i>.i>.0. „ " n ►:■ N.E.v.for. S.v.lojiis. .s.s.o. d. 2 9 chi>uui>.spu iiin>cLoso ^8 0 4 1» 9> »1 1» »» 11 12 5 18 4 ]6 0 i3 0 20 0 i4 0 nehbia 3 9 > urini ino ier.itui'.spti. 11 11 27 1 l 0 „ IO 0 '1 1» »1 8 5 27 5 4 (> 70- Il 5 « 0 poc.goc, 3 25 9 4 8 7 coperto ser-itin>.ori. coperto Il Ui>oloiO 11 »i ier.itìn'.ori. .1 „ 3 1» 11 4 »i 1» 11 14 0 " lò' 5 i5' 0 i3 0 17 0 14 " $. V. lor. „ io Ili j. ,. m. 1 i3 0 25 11 j» 11 » „ 3 11 »i iji 5 5 9 " 6 0 ^.».t.. d. sis 0. „ 2 i 3 ,11 6 11 1' 9 11 1» »i »3 0 i6' 5 14 4 8 0 6 0 ,, q. 0 S.O. m. ii.S.K, „ Iill.1,00 nelibia 3 ó'3 3 0 iiin'uLoso ''erg. uu. ori, ìiUi'vLvso 11 le'mpor.itu^'. scr.uui'tori. ser.nuf.spa. purissimo ., pic.nutor. 11 11 51 28 0 0 li » •37 12 5 9 0 i5 0 i3 5 10 0 i5 0 i3 0 5 8 € 8 5 2 S. „ N. d. E.S.lì. q.o 0 85 i i3 1 5 11 i 0 >< )i }) „ 0 8 4 9 1 j 0 21 4 tV.N.O.d. N. ni. nebbia donsa 2 3 I 3 11 »1 !• 11 1 0 1' »» '1 9 0 27 0 i4 5 „ lor. N. lor. »i 1» 11 1» »i 11 11 1, P 11 11 y 11 1, 7 8 3 lÒ" 2 i3 3 IO 0 i3 0 4 5 14 5 6- 0 Nf. d. •^. q. 0 ^0. ,, 2 1 ser, ntn>.ori. '• . " purissimo 11 0 9 1» .1 7 1, „ 3 4 0 .4 0 6 0 1\. m. S. d. S.S.E. „ 2 0 ser.u'n'.ori. nuvoloso ser.HU\>.ori- «7 11 1 11 11 « ,,10 5 ^y lì if> 0 14 5 11 11 8 0 5 0 „ I". ti .S.O.fo „ Ione 5 8 „ nu^.spai-- coperto nut'oloso „ ,1 1 1 3o 2 6 sere.iiu.ori coperto nuvoloso 11 J» 11 „ 1. 5 10 2 .4 4 i3 3 4 0 5 0 le. con. t 450 pio c.fu.9 t V 4 1» i aperto NIHIL OBSTAT Abb. D. Paulus Delsigaore Ceasor Theol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Colleg. NIHIL OBSTAT Lauretus Santucci Gens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Joseph M. Velzi Ord. Praed. S. P. A. Magister. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patriarchi Constantinop» yicesgerens . iZj SCIENZE Seguono le considerazioni di Domenico de CroUis intorno la medicina. Delle cause che possono es- sere dannose al sistema irrigatore. I 1 cuore, le arterie, e le vene formano il siste- ma irrigatore. Questo può essere danneggiato tlal sangue che tiene dentro se raccolto , e da ciò che direttamente o indirettamente Io tocca. Il sangue può niiocergli per la varia quantità e qualità sua. I visceri , ed c^ni fibra che si muove , Taria che entra nei polmoni e che ne circonda , le molte so- stanze che sono in essa , o che per essa vengono a noi , possono per modo diretto ed indirettamen- te toccare e turbare questo sistema. I medici ignorano quanto sangue sia necessa- rio alla vita; quanto ne abbia ciascuno che vivo, e come sia piiì o meno nelle div Mse persone. Sanno però che secondochè Tuomo e stato dalla natura or- ganizzato , e secondochè poi fu da altri fisicamente e moralmente educato, ha più o meno sangue. E devono eglino altresì esser certi , che la soverciiia o la scarsa quantità di questo vitale umore non so- lo produca molte malattie , più o meno premendo, più o meno allargando i vasi ; ma che sia priuci- G.T.XXKVI. IO l38 Scienze pai cagione di quelle tempre delia mente e del cor- po f che i medici dicono temperamenti. Il sangue, variando nella qualità, può far ma- le forse più che quando varia nella quantità sua. I chimici , separando i diversi suoi elementi, come meglio possono parlano della sua natura. Qual sia però il buon sangue , che ne fa vivere sani e ro- busti, non è facile a dire. Non solo ciascuna spe- cie , ciascun sesso , e ciascuna età ; ma ogni per- sona , ogni organo di un tale o tale altro sangue a suo modo ha bisogno. I diversi canali per dove es- so scorre , le diverse parti ove per poco rimane , hanno in ogni organo , e molto più in ogni uomo sensibilità particolare , e quindi particolare irrita- bilità , contrattilità ec. E con questi particolari de- ve la natura dei sangue convenire. Molti medici in- glesi e francesi , e Paolo Manfredo , e Simone Ul- lio che furono nostri , togliendo il sangue a talu- ni o infermi o vecchi , e dando loro , mei co della trasfusione , quello di capretti e di agnelli sanissi- mi , videro morti quei milensi troppo creduli , pri- ma che potessero o curare i loro mali , o rinno- vare il miracolo , onde Jolao , già vecchio e stan- co , riebbe gioventù e valore. Gli organi del corpo possono turbare il siste- ma irrigatore o per la variata loro misura , o per ciò che nel loro interno avviene. Lo stomaco pieno , l'utero gravido , la milza , ed il fegato, cresciuti per le spesso rinnovate feb- bri periodiche ^ premono o mediatamente o immedia- tamente le arterie e le vene ; e rendono le une e le altre più anguste. Ed il sangue, che deve scor- rere per queste vie , va più velocemente , e con maggior forza , per la reazione de' vasi dagli or- gani premuti. Ixtokho la medicina i3f) I vasi che entrano negli organi , e clic più volte diramandosi si spandono largamente per an- dare in ogni loro minima parte , possono recar dan- no o perchè troppo dai sangue dilatali , o per lo contrario. Quel lavoro , per cui ciascun organo toglien- do al sangue alcuni elementi , forma vari altri umo- ri , può ancora essere cagione di malattie , o per- chè il giusto non ne toglie, o perchè un elemen- to più che un altro ne trae. II moto del cuore e delle arterie , l'insensibi- le movimento delle vene , la contrazione delle libr» muscolari , e particolarmente di quelle che muovo- no la persona , devono pure essere attentamente con- siderate per sapere se il sangue gira come a sani- tà perfetta si richiede. Non pochi sono infermi per la troppa forza con che il cuore e le arterie spro- nano il sangue. Chi corre forte e lungamente si mette in pericolo di morire priraachè si sfoghi il suo petto dair aria , e dal sangue affollato. Lo spieta- to orgoglio di taluni , che volendo mutar natura ai loro soggetti , fecero diventare gli uomini 'vo- lanti , ne ha dato alcuna prova. La vita dei gnndi e dei letterati , questi per far con la mente tri ppj e col corpo poco , quel- li per non far mai nulla, mostra ch(! il lento moto de' nostri fluidi può pur anche appirecchiarci a mol- te malattie. Se il sangue non isrorre con una cer- ta velocita non entra per gì' inniimeraLili ramuscel- li , in cui si fanno le varie separazioni , o secre- zioni se così dir si vogliono. Qui non è necessario nominare coloro che per pigrizia vennero a mal ter- mine « perchè essendone il numero grandissimo , chiun- que può trovarne uno o più nella sua memoria. Ne io altresì , volendo , potrei notarli , {wichè so ram- 10* i4o Scienze raentansi quelli del nostro tempo , forse il mio di- re sarebbe poco reverente ; e se fra gli antichi io li cercassi, difficilmente li troverei, perchè di quei colali , „ Che visser senza infamia e senza lode, „ Fama di loro il mondo esser non lassa. Mi piace però ridire alcuni nomi di quegli onora- ti , che l'imparare ed il profondamente pensare , più che il viver sano , e forse anche la vita, ebbero ca- ro. Epicuro , che certo non visse come quei soz'zi che ingiustamente da lui si nominarono , già fatto gra- ve a se stesso per lo stare lungamente pensando , trasse una languida vita studiando e giacendo. Se- neca morale , Cicerone , 5 direi pure Voltaire e Rousseau , se la loro fama non fosse per talune lo- ro dottrine ombrata, furono nel molto studiare e molto pensare macilenti. Il lungo studio rese più vol- te infermo Boerhaave. Dante, benché esule andasse di qua e di Va. vagando , pure per lo tempo , in cui po- sando poteva studiare , afferma che „ II poema sacro „ Al quale ha posto mano e cielo e terra lo consumava „ Sì che lo Jece per più anni macro. L'aria, onde respiriamo, per la sua diversa densi- tà , e pei diversi suoi elementi molto fa variare lo stato del sistema irrigatore. L'aria o perchè più fred- da , o perchè più al fondo dell'atmosfera, si fa più densa ; e meno il nostro polmone ne prende in ogni ispirazione. Questo polmone meno si dilata ; ed il sangue non bene vi si spande; e più lentamente per Intokno la medicina ì^l quiri va dalle sinistre alle destre cavita del cuore. Il maggiore inverno fa il respiro breve molto e fre- quente. Chi vive nelle basse regioni , in quelle per esempio che sono presso il mare , sentirebbe il suo petto muoversi più spesso, e meno dilatarsi; purché sapesse e volesse ogni piccola cosa sopra ciò notare. H caldo della estate al contrario e lo stare nelle al- te cime de' monti ci fanno raro e lungamente re- spirare. Gli elementi dell' aria atmosferica sono moltis- simi , percliè essa prende e ritiene o molto o poco di tutto ciò che tocca. Le sostanze , le quali non so- no più dell' aria gravi ; quelle che sono dal vento teiiute in alto; altre che per forza del calorico pos- sono volatilizzarsi^ tutte sono nell' aria , o a senso de' chimici combinate con essa , o con essa mesco- late. Tutte queste sostanze però non possono dirsi air aria essenziali. L'ossigeno e l'azoto formano soli 1-a essenza di ciò che possiamo respirare. Mercè della chimica ai medici è nolo che di questi due elementi, il primo è dall' altro superato come l'uno dal quattro , o circa. Questa proporzione però può variare, per- chè l'aria , come ho detto , riceve d'ogni parte nuo- ve sostanze. Non poche ne danno ad assa gli anima- li , le piante , e la combustione. E benché l'aria per questi mezzi non variasse , varierebbero certo i suoi effetti , essendo varie le persone , e lo stato de' pol- moni che la ricevono. Come le particolarità del san- gue devono convenire allo stato di un tal sistema ir- rigatore , cosi quelle dell' aria a taluni polmoni , ed all'essere loro. L'ossigeno , che ci da il calorico, e che togliendo dal sangue l'idrogeno ed il carbonio raccolto nelle vene, lo fa vermiglio, non è a ciascuno in egual quantità necessario; ed il più come il meno può dan- neggiare il sistema irrigatore. Poiché ne ad ogni uno , ì^2 Sciente ne ad un tale in ogni tempo fa mestiere la stessa quanti- tà di quel calorico die ci viene dall'ossigeno; ne il san- gue, che scorrendo per le vene ritorna al cuore, ed entra ne polmoni dove l'ossigeno lo purga , ri- ceve sempre per la sua via la stessa quantità d'idro- geno e di carbonio che gli danno quel color fosco ^ che l'ossigeno gli toglie. Perciò Vendiornstro , che mi- sura l'ossigeno di una tale regione , non sempre ci fa accorti della insalubrità sua. Ed io oso dire che in fino ad ora , non per fiisica o chimica sperienza , ma solo per prova, si può conoscere il clima che ne dà salute , e quello che ce la toglie. Il Brocchi mosso da buon zelo nella state del 1818 , mentre gli spe- dali di Roma erano di malati pieni , con molta fati- ca e diligenza analizzò l'aria delle campagne , do- ve quest'infelici infermavano. Ma la sua analisi, ed i suoi ragionamenti che ne seguirono , non ci fecero più dotti su tale materia , ne resero più sicuri que- gli sventurati agricoltori , che dove vengono per so- stenere la loro vita , e per ristorare i danni della cit- tadinesca ignavia , quivi trovano morte. L'aria che ne circonda può essere cagione del veloce , o del lento girare del sangue. I nostri vasi , come tutta la nostra persona , stanno nei termini lo- ro , perchè le membrane che li fasciano sono da due contrarie forze egualmente sospinte. L'atmosfera pre- me esternamente i vasi. Il sangue , e tutto ciò che è dentro le arterie e le vene, sostengono questa pres- sione : se l'atmosfera è troppo grave, i vasi troppo da essa premuti si stringono , ed il sangue a stento e non senza danno vi gira; se il sangue e ciò che va con esso hanno troppa forza , i vasi troppo si dila- tano , e la circolazione pure può essere al ben vive- re dannosa. I palombari , i quali andando verso il fondo del mare, sono compressi e dall' aria e dall* Intouno la medicina 143 acmia , se molto giù scendessero sentirebbero i loro vasi premuti e ristretti per moti o , che il sangue, non potendo stare iu troppo brevi confini , per dove trovasse minore resistenza fuori ne uscirebbe. Gli aereonauti per lo contrario se salissero su tanto , che l'aria leggiera troppo non potesse fare debita forza contro il sangue che distende le membrane dei vasi , dopo che questi fossero stati al maggior se- gno dilatati , o si rompm'ebbero , o i loro pori già pii!i larghi e le boccuccie delle loro ultime dirama- zioni già più distese , farebbero da ogni parte il sangue distillare. L'aria dentro cui ci moviamo non solo ne può nuocere per lo suo diverso peso , ma per le so- stanze , che in se ritiene : delle quali, non potendo es- sere tutte qui notate, perchè dissi essere innume- revoli , considererò tre sole , che credo principali. E prima dico del calorico. Il respiro è cagione del calorico animale , il quale sotto il nostro cielo troppo sarebbe , se la traspirazione e l'aria non lo scemassero. L' ossige- no che entra nei polmoni lascia il calorico , dan- done gran parte al sangue arterioso, il quale ciò che ha ricevuto va in tutto il corpo distribuendo. Quel- lo umore, che è materia del traspiro , non poten- do uscir fuora in forma di vapori senza maggior calorico , ne prende da quello che le arterie por- tarono. Da questo pur ne riceve l'aria, che nel no- stro clima è sempre di noi più fredda. Se la re- spirazione tanto calorico ne da , quanto il traspi- ro e r aria ne prendono , lasciandone sempre cir- ca trentatrè gradi , secondo il termometro di Reau- mur , il sangue non varia il suo movimento per que- ste operazioni. Se però l'aria onde respiriamo è va- riata 0 rispetto alla densità e alla proporzione de'suoi i44 Scienze eiemeali , o riguardo alle cose combinate e me" scolate eoa essa ; e queste variazioni non sono se- guitate da eguali mutamenti del traspiro , e dell' aria che ci sta d'intorno , la proporzione fra il ca- lorico che si riceve , e quello che si da , si turba , e noi siamo malati : ed a qual segno possiamo esser tali , il seppero per un estremo , Catone nella Li- bia , Alessandro nell* India : per l'altro ancora pos- sono narrarlo quei pochi bene avventurati, che fug- gendo Mosca incendiata , poterono vedere innumere- voli compagni fra la neve e il gelo piiseraraente morti. L'acqua è la seconda delle tre sostanze princi- pali , che sono nell'atmosfera, e che possono recar danno al sistema irrigatore. Se l'acqua è con l'aria chimicamente combinata, non è sensibile a noi , nb per Vigrometro ci si palesa ; ma ne può danneg'- giare cosi col poco , come col suo soverchio . L'aria per affinità ritiene l'acqua , e per la me- desima affinità prende il nostro traspiro. Se que- sta affinità fu quasi saziata dall' acqua , meno può prendere di questo traspiro. E poiché si è detto che lo scarso traspiro ci fa crescere il calorico , e questo accrescimento ne turba il circolo del sangue , per necessita ne siegue che l'acqua chimicamente combinata eoa l'aria può molestare il sistema irri- gatore. Queir acqua , che in forma di vapore è con l'atmosfera mescolata , indebolisce le fibre , le quali devono , o immediatamente , o col mezzo di al- tre , riagire contro il sangue che distende i vasi , e spingerlo tanto , che il suo girare non sia trop- po tardo. Perciò se i vapori sono molti , noi ne siamo danneggiati. Intorno la medicina i45 ' La terza delle tre sostanze che sono nell'aria, e che credo principali, è il fluido elettrico. Vero è che essendo l'azione di questo piti sensibile nel sistema nervoso , che nello irrigatore , io doveva gii altrove averlo considerato. Ma poiché la essen- za dei nervi è a noi oscura piìi assai che quella delle arterie e delle vene ; e poiché questo flui- do ed il suo operare non chiaramente ai medici si manifestano , ho temuto di non poter trarre alcun vero ed utile concetto dall' esaminare due cose oscu- re e delle quali l'una sopra l'altra oscuramente operi. Credo perciò giovevole raccogliere dentro brevi ter- mini ciò che può dirsi rispetto al potere elettrico so- pra il sistema irrigatore , sperando che nel mio ra- gionare intorno la mutua azione dei sistemi , quello che or ora dirò dark qualche picciolo lume ad alcuni segni dei movimenti dei nervi per la elettrica potenza. I fisici hanno con molte sperienze mostrato che ogni corpo o tiene in se il fluido elettrico, o può da altri riceverlo ; perciò rispetto alla eletricita con due parole elettrico e non elettrico nominarono tutte le cose a noi sensibili ; e ci fecero certi che questi di- versi nomi possono alcuna volta convenire alla me- desima sostanza in vario tempo. Poiché un medesimo corpo, secondo il suo stato, ora può dare il fluido elet- trico che aveva in se, ed ora può soltanto riceverlo da altra materia , che ne avesse. II corpo umano è uno di quelli che possono ave- re queste due contrarie potenze. L'uomo spesso rice- ve il fluido elettrico ; ed alcuna volta può darne al- trui, a modo del vetro, della resina, dello zolfo , e di altri corpi elettrici, che furono acconciamente stro- picciati. Il Poli narra che una giovane inglese tanto della sua elettricità comunicava con chi la pettinas- se, che se questo aveva la resina sotto i piedi , era i46 Scienze maraviglia il vederla scintillare non altrimenti che se fosse stata un conduttore del fluido elettrico pieno. Questo potere , che i corpi hanno ora di dare ora di ricevere il fluido elettrico, conforme alla loro natura ed al loro stato , e secondo le cose a che sono vicine, è larverà cagione del suo girare conti- nuo , della sua velocita e della sua potenza , la qua- le è tanta , quanta conveniva al ministro della ven- detta di Giove. La terra , e tutto ciò che vi sta sopra ; l'aria atmosferica , e l'acqua che fe con essa o mista o disciolta , sono le vie per le quali il fluido elettrico di qua, di la, di su, di giù , e va e torna. L'uomo il quale posa sopra la terra , e che dentro e fuori è tocco dall' aria , spesso dal fluido elettrico è scontrato , ed il piCi o il meno che al- lora a se ne tira , fe anche forte cagione del vario stato del sistema irrigato re. Che il caldo , e il fred- do ; che il cielo nuvoloso , e il sereno ; che vento, nebbia , pioggia, grandine, lampi , tuoni , e tutto ciò che per la sua parte il fluido elettrico produce, pos- sano nuocere, anche i medici volgari il sanno; anzi spesse volte ingiustamente si accusano. Ma i buoni fisici non ci hanno infino ad ora per esperienza mo- strato gli effetti di questo fluido sopra il nostro cor- po , e particolarmente sopra i vasi , dove il sangue gira , onde prevenire alcune malattie , e meglio cu- rarne altre. Eglino assai più intesero a considerare l'aria rispetto alla sua purità ed al calore , che a compartire la loro vista al vario modo del viver no- stro, ed ai varj movimenti dell' elettrometro, Alibert nei suoi Nuovi elementi di terapeutica afferma che il fluido elettrico , operando sopra ogni parte del nostro corpo , e le arterie contraendo , sospinge il sangue nei piccoli vasi , e fa crescere il calore. Ed ogni secrezione è allora più che non sarebbe. Egli Intorno la msdìcina i47 narra che un fanciullo , al quale la macilenza di una delle gambe vietava il <;aminare e lo starvi so- pra , col fluido elettrico , eccitatore delle arte- rie e cagione di maggior nutrimento , tornò sano. Fonterghil , Sauvages , JuUabert , Manduyt , Birch, Wikison , Cavallo , Coquart , ed altri mostrarono co' fatti quanto possa il fluido elettrico sopra il sistema irrigatore. Le loro sperienze però non sono tali , ne sono ordinate in modo , che ne na- sca una dottrina chiara e ferma. Una macchina elet- trica bella e grande , che la ventura portò nello spedale di s. Spirito mentre io v' era per appren- dere l'arte de' medici, fu cagione onde io pure ve- dessi come i varj movimenti del fluido elettrico fanno il nostro stato diverso; e come il bagno elet- trico e la scossa possono fare tornar sani coloro, che per poca forza del sistema irrigatore sono in- fermi. Dissi che la soverchia o la scarsa quantità di sangue , che ha ciascuno , è principal cagione dei diversi temperamenti. E poiché questa diversità rende più o meno gravi le cause dannose al si- stema irrigatore , giusto mi pare ragionarne prima che io creda questa parte delle mie considerazio- ni essere gik ai suoi brevissimi termini giunta. I fisiologi , ed Haller prima , guardando l'ute- ro dopo quindici giorni dal fecondo congiungimen- to , videro una picciola bolla , piena di umore già rappreso , e nel mezzo di essa un punto ros- so ; e per esperienze e per ragionamento seppero che questo è principio del cuore , e de' suoi vasi. Spero che tale esordio , come che sembri lontano dal mio proposito , non recherà maraviglia maggio- re di quella che cagionerebbe l'agricoltore , che par- lasse di semi e di arboscelli , prima di trattare del- l48 ' S e 1 B N 7. E * la natura delle piante. Se l'uomo più che alle cose ponesse mente alla origine ed all' accrescimento di queste , forse meno erreiebLe , e con minor ver- gogna. Il tempo e l'arte ogni d'i con novella mi- stura incrostano e nascondano ciò che forse sen- za questa notissimo sarebbe. Torno in via- Mi pare giusto il credere che il sangue , gi- rando , prenda da ogni parte del corpo que' prin- cipj V che dai testicoli attratti e congiunti insie- me formano l'umano seme. Questo dunque non ri- ceve la essènza « cioè la virtù inj&rmativa , da un organo solo ; ma da ogni fibra dove è sangue ; perciò quando nell' utero geme , ed avvolge la bol- la che venne dall' ovaja per aver vita , esso la toc- ca , la stimola , e s'interna nella sua sostanza con più .0 meno vigore , secondo quella virtù inftnma-. tiva , che ebbe da ciascuna piccolissima parte del corjDO del generante. E poiché questo toccare , que- sto stimolare , e questo internarsi del seme nella bol- la coagola prima, posci^a avviva, e quindi sensi- bilmente muove quel punto , che cuore e vasi di- venta ; chiaro nesiegue, che il diverso stato del cor- po del generante e di ogni sua parte molto può variare il modo del coagulare la bolla , e dell' av- vivarla ; e può far più o meno vigoroso il primo nostro vitale movimento , il quale d'una in aUra età procedendo come nacque , ben può essere cagione della maggiore o minor forza del cuore e de' suoi vasi. Io ho detto stato del corpo del generante per comprendere nei larghi termini non solo l'elTetto del come le sue parti sono conteste , e del quanto so- no vigorose per natura ; ma del quanto sono tali per lo maggiore o minor caldo , con che amore più o meno lo sprona. Ognuno sa che i congiun- Imtouno la i-MBDr'ciNA a 49 gimanti-pià affettuosi più fanno gli auimali vigorosi, e fecondi ; pochi però e sanno e dicono il male ed il bene che l'umana natura può riùevere dall'i amore piìi o meno caldo. Le cagioni pei le quali il cuore ed i suoi vasi , nascendo e crescendo , han-f no varia robustezza , certo sono moltissime , riè fa-' cilraente si potrebbero annoverare ; io però credo, che il caldo di amore, come fe la prima ^ sia an- che la principale. Perciò non poco è' da biasimare la società degli nomini ordinata in modo che spes- so non il vivo desiderio di far paghe le amorose voglie; ma l'ambizione , l'avarizia , e la sozza fro- de mena la gente a quel passo che la natura fece dol- cissimo , e la peligione sagro. Queste ultime cose dette rispetto all' umore che procede dalle membra maschili, e; che per forza di amore dovrelibe piovere nel naturai vaso , tanto più possono convenire a quella bolla che venne dall' ovaja neir utero per farsi viva , quanto più degli uomini le donne a far copia di loro , per istrane voglie e per vile guadagno , sono apparecchiate. , Dopo che la' bolla ebbe dal seme quell' insen- sibile interno movimento , che nel coagolo e nel punto rosso si manifesta , il solo utero intende a farla crescere , e ad organare le sue potenze. In questo tempo il cuore, ed i vasi che nascono da esso, e crescendo si . diramano non altrimenti che spuntano da' nocciuoli e si distendono germogli e radici , hanno la facoltà vegetativa dagli organi della madre , e particolarmente dal suo sistema ir- rigatore, che avendo maggiore o minor valore, può Lene o male farli vegetare. Si tosto come ogni parte del feto è costrutto , e l'utero lo rimuove da se , e fuori lo mette ; il suo sistema irrigatore , che può in ogni ramo ricevere il i5o Scienze sangue, principia a sentire la influenza dell'aria, del cibo , di tutte le altre cose da me sopra annoverate , e della mente novella. Che l'aria, il cibo , ec. possano far più o meno rigoroso il sistema irrigatore novellamente ordinato, devo tenerlo dimostrato per le cose da me dette ; ben però mi convien provare che la mente novella sia pur cagione di questo stesso effetto. Per lo che devo qui allocare alcuni concetti,! quali meglio avrebbe- ro luogo dove mostrerò il potere del sistema nervoso sopra Tirrigatore. E ({uesto , spero , mi perdoneranno coloro i quali sono certi che i diversi rami della me- dicina si toccano e si annodano fra essi in modo , che non si può esaminare la sostanza dell' uno , sen- za che in qualche parte l'altro si palesi. E noto che taluni pensJeri ci fanno neghitto- si e smorti , ed altri arditi e vermigli ; che spesso questi mutamenti nei polsi , nelle arterie tutte ed anche nel cuore si palesano; che i pensieri sono un giuoco delle idee e delle nozioni , il quale si fa nel cervello sotto il governo dell* anima; e che queste idee e queste nozioni vengono dai sensi , che già furono tocchi. Dunque tostochè i sensi del feto so- no da quel coagolo sviluppati , ed in modo che i loro movimenti diano moto alle fibre del cervel- lo , cioè producano idee e nozioni , si può pen- sare ; ed i pensieri possono , secondo la loro na- tura , muovere il cuore ed i suoi vasi. Affinchè que- sta conseguenza non faccia maravigliare chi crede essere nei fanciulli indizio de' primi loro pensieri i sorrisi e le parolette monche , io , parlando a modo de' poeti che per dolcemente filosofare favoleggiaro- no , dico , che come il primo soffio di Pallade nel- la tibia della cervella fu principio di quella dol- cissima armonia , onde Anfio'ie mosse le pietre , e Intorno la medicina i5i ride con esse costruirsi le mura di Tebe ; cosi il primo tocco di uno o più nervi del feto , già ca- pace per la loro struttura di comunicare il loro moto ad una fibra del cervello , fu principio della mente di quell' Aristotile , maestro di coloro che più seppero. La natura non comincia ad operare nel punto in cui noi possiamo accorgercene. Ogni picciolissiraa parte dei corpi h da lei mossa senza riposo. E per questo continuo ed insensibile mo- vimento le cose non hanno principio ; ma in un tal tempo ci appariscono in un tal modo. Le particel- le , che formano il seme di una pianta , non co- minciano a muoversi quando la terra le ricopre. Es- se già si movevano secondo la loro natura. JNe è prova il tempo, che le guasta : cioè che l'una dall' altra allontana. L'umor terrestre varia un tale mo- vimento , e lo fa maggiore in modo, che avvicina le dette particelle ad altre , e forse traendo que- ste con queir affinità , di cui parlano i chimici, for- mano il germoglio , e poi la pianta. Dopo aver mostrato che il feto organato pen- sa , e che i suoi pensieri possono operare sopra il cuore ed i suoi vasi , nulla più dovrei dire per af- fermare che i vari pensieri in ogni nostra età pos- sono variamente muovere il sistema irrigatore ; ma per trarne alcun giusto corollario mi convien fare più lunga questa parte del mio discorso. I nostri sensi, movendo alcune fibre del cervel- lo , mostrano all'anima le idee di quelle materiali co- se , dalle quali essi prima furono toschi. Dunque se un oggetto tocca i sensi più volte , e in un modo ; più volte si muovono le medesime fibre del cervello; più volte l'anima rivede la idea di quell' oggetto ; e le fibre diventano così disposte a quel tale movimen- to , che ad un picciolo urto delle vicine rìnoovellano 102 Scienze il loro moto , e ripresentano all'anima la stessa idea. Una parola, un atto, la vista di un cosa cha fu sua , o che la sua somiglia , ci ricordano colui che ci fu molto famigliare. E siceorae le idee , che formano i pensieri , muovono il nostro volere prima , e quindi l'operar nostro, chiaro apparisce la cagione delle no- stre abituali operazioni. Colui che a sommo studio apprende l'arte di sonare il gravicembalo, dopo aver inille volte compartita la vista, ora i tasti ed ora le note guardando, a queste solo pone mente. Elle- no come furono vedute cagionano idee e pensieri. E questi muovono nervi e muscoli non pii^i per accor- gimento del sonatore , ma per abito contratto. Chi balla attende alla musica non alle gamlx; » le quali abitualmente sieguono l'armonia. Il fanciullo , il quale forse per poco zelo della sua nutrice spesso piange e grida , arrossisce per lo troppo vigore con die allora il sangue è mos«o. A questo piangere ed a questo gridare, che do- po alcun tempo sono dal desiderio cagionati , cer- to risponde il movimento delle fibre del corvello; come queste alla maggior forza drl sangue , ed al diventar rosso. Se la causa ignota che mosse le pri- me grida , se il desiderio che fu cagione delle gri- da e del pianto , spesso si rinnovellano ; spesso quel- le tali fibre si muovono ; ed il pianto , le grida, il crescere della forza del sangue , ed il diventar rosso spesso ancora si rinnovano. Quando si viene a quella età , in cui ne il piangere , ne il grida- re possono far paghi i desiderj nostri ; l'uomo non si rimane perciò dal desiderare ; ed il parlar più o meno caldo è invece del pianto e delle grida. Ne per questa sostituzione si scema la troppa for- za del sangue , che ci fa arrossire. Dunque se la causa ignota che produsse le prime grida , se il de- LXTÒRWO I.A MEDICINA 1 53 siderio che ragionò e grida e piatilo; se qiUistó desideria, dii^ in altra élà si palesa per parole più * o meno caldo , spesso s't rinnovano ; rinnorasi pari- mente il movimento delle fibre del cervello, il quale ogni volta h ricrescere la forza del sangue : e per altrettante volte riapparisce il rossore. Per tal modo ognuna di queste operazioni diventa abituale ; e per tale abitudine cresce e si mantiene la forza del sistema irrigatore. Dopo aver mostrato come il sistema irri<^ato- re diventa piiì vigoroso, e come è abitualmente con pili forza spinto , posso ragionare de' temperamenti , noa mai scostandomi dalia mia strada. Il desiderar continuo , e l'operar che ne sie- gue, formano la essenza della nostra vita. Non tutti i uoslri desideri sono da noi sentiti. Molti di essi , perchè abituali , non sono avvertiti. E questo che dicesi di taluni desiderj può ottimamente convenire ad alcune nostre operazioni. Anche dormendo si de- sidera, e spesso ai desiderj rispondono i movimen- ti de' muscoli ; ma Tuomo non se ne accorge. Quegli il cui sistema inigatore e vigoroso mol- to per la natura de' suoi genitori, per Io aflelluo- so amore che congiunse costoro , per le cose avu- te opportune al ben crescere , per gli opportuni pen- sieri fin dal tempo in cui fu organato t e per gli desiderj ed atti abituali, desideranda forte, mo- stra nella faccia e nella persona l'accresciuta forza del sangue che gira. Questo io reco come esempio ed ultimo termine del temperamento sanguigno. Pon- gasi ogni cosa contraria a queste che hanno for- mato si fatto temperamento , ed avrassi la perfetta immagine del temperamento linfatico. Coloro die ragionarono intorno i temperamerr- ti che pur furono molti , e medici e filosofi , a G.A.T.XXXVI. n l54 S e I E K Z E antichi e moderni , per quel che a me ne pare f troppi ne videro , se questo vocabolo si lascia nei suoi termini stare: e pochi, se il suo significato più si distende. Chi vuole parlare del temperamento nel largo suo senso; e chiama bilioso quello che procede o da soverchio vigore del fegato nei formare la bile, o da questo lavoro male ordinato; dovrebbe con al- tri nomi significar quelli ciie derivano dal diverso sta- to degli altri nostri organi , e dalle diverse attitudi- ni di questi , ed annoverare tanti temperamenti al- meno , quanti sono questi organi. Di quelli che parlarono dei temperamenti solo p«r distinguere la nostre disposizioni a volere e ad ope- rare in uno o in altro modo , male credo io ab- biano guardato coloro , che notarono il temperanf>€n- to sanguigno , il bilioso, il melanconico, ed il pi-? tuitoso , e peggio gli altri pii!i antichi , che videro il temperamento caldo, il freddo, l'umido, il secco, il bilioso , il sanguigno , il flemmatico , e l'atrabi- liare. Non volendo io spendere molte parole nel con- traddire questi più antichi , poiché fra il ragionare e il dire non so quale sia stato in essi peggiora , par- lerò di coloro che contarono solo quattro lemperamen-* ti ; e m' ingegnerò di provare che il bilioso non de- ve essere distinto dal temperamento sanguigno; e che il pituitoso ed il linfatico sono effetti della poca for- za del sistema irrigalore. Quando ho detto che lo stato del sistema irri- gatore può variare per lo diverso modo con che gli or- gani separano dal sangue i varj umori, non ho eccet- tuato il fegato. Ora soggiungo, che gli umori dagli organi separati sono ancor essi cause di variazioni nel sistema irrigatore. Il fegato dunque formando la bile o in più copia, o con più forte agrume, stimola con essa più fortemente il sistema irrigatore, e fa quello iNTonwo LA ,ur:nic(MA i5j che possono fare gli altri erga dì co' loro umori , se questi furono da essi con maggior facolla stiradan- te formati. Se i medici , i quali distinguono gli uo- mini' rispetto ai loro temperamenti, dicorM) bilioso co- lui elio ha maggior bile, e che più da questa è mos- so; ben dovrebbero chiamar seminale quello che pii!i seme dal suo sangue raccoglie , e più ne sentono il cuore ed i sensi sospinti. 11 sistema irrigatore , dispensando l'alimento ad ogni parte del corpo , fa nascere , fa crescere , man- tiene tutti gli altri sistemi , e gli stimola se i vasi assorbenti , e quelli esalanti (che gli uni e gli al- isi possono essere compresi nel sistema linfatico ) furono opportunamente dal sangue nutriti: e stimo- lati, sempre saranno presti chi a riportare la linfa al sistema irrigatore , e chi a cacciarla fuori del nostro corpo. Dunque la poca energia del sistema irrigatore può essere cagione del lento operare dei vasi assorbenti ed esalanti , e per ciò di quello adunamento di linfa ^ o pituita, che scolora il vol- to , ravvolgendo e nascondendo i piccioli vasi san- guigni : che s'intromette fra le libre de' muscoli , e li fa molli e pigri , come al movere la perso- na , così allo spronare le arterie e le vene^ e che per Io lento moto delle fibre del cervello , trop- po lievemente tocche dal girare del sangue , pur dai pensieri tardi e dalle parole rade si argomen- ta. Ciò è quanto dire , che i temperamenti linfatica e piluitoso siano da considerarsi solo come elFelli della scarsa potenza del sistema irrigatore. Mi pare dunque aver dimostrato, che i quattro temperameiili significati con divei-si nomi, pLMchè stimati di di- Tersa natura , siano tutti da essere notati co' va- rj gradi della forza del sistema irrigatore ; e clu» volendo chiamare con diversi vocaboli il principio II* l56 S e I E N Z If e il termine di s\ fatta scala , può dirsi tempera'* mento snngnigno la massima forza del sistema ir* rigatore , e la minima llìifutico può nominarsi. I ragionamenti di coloro , che considerano la. troppa sensibilità dei nervi , e la stimano essenza di un altro temperamento , nominato da essi nervoso ^ non guastano certamente questo mio parere. Anche taluni medici , i quali parlano solo per ridire ciò» che leggono ed odono , sanno che la sensibilità dei nervi cresce come più diminuisce la forza del sistema irrigatore. Gli stimoli consumano nei nervi la facoltà di sentire; e fra gli slimoli che toccano questi nervi , il sangue non è certo il piìi lieve. Il movimento dei muscoli , l'opportuno alimento , e le novelle liete fanno alcuna volta apparire sangui- gno il cos\ dtitto temperamento nervoso ; ed alcu- na volta questo in quello trasmuta. Questa dottri- na rese famosi gli scritti di Pomme , di With , e di Lorry. Tronchin medico di Ginevra acquistò glo- ria e ricchezza incitando alla fatica ed al buon nu- trimento molte donne , le quali meglio credevano mostrare le loro ricchezze e la nobiltà del san- gue , se più sentivano strani appetiti , e più era- no da pigrizia vinte. Oh se questo medico fosse sta- to fra noi , quanto meno per lo nervoso loro tem- peramento si dorrebbero le nostre dame ! e quanto minore sarebbe il numero di quelle , che per pigri- zia non Jurono mai viVe ! L'essermi io con questo corto parlare dipartito da ognuno che lungamei t • scrisse dei temperamen- ti , mi conduce a toccare la scienza dei Jisonomistì» È molto difficile , ragionando solo delle cose vere e intorno i loro fatti , mettere le aggiunte al saldo sa- pere, e trarne corol'.arj ; ma il soprapporre nuove car- te ai volumi che nacquero e dall' osservare e dallo Intorno la M^mcr^A aSy immap'inare insieme , è ben lifive impresa. Taluni di coloro , i quali esaminando tutta la persona e di que- sto 0 di quello , videro in una il ttjmperamento bilioso , il pituitoso neir altro ) considerando o la sola faccia , o le nude ossa del teschio , parlano dei vivi e dei morti, giudicando l'uno dotto, l'al- tro ignorante , chi savio , chi stolto , questo ladro , quello largo donatore , tutti in somma nominando gli umani vizj e le virtù secondo le diverse note , viste nei volti , o nrlle ossa senza polpa. Io non nego che il nostro aspetto possa alcuna volta palesare talune nostre interne disposizioni ; ma reputo gran vergogna il credere che una parte di un o'iso , rilevata più che naturalmente non conve- niva fin dal tempo in cui fu organalo il feto , possa essere prova della costante voglia di rubare. A bene iiitendore come alcuna virtù o alcun vizio , in che sia l'animo nostro abituato , possa essere segnato nei vidto , cotrvipn notare in questo quei lineamen- ti fatti dai iiìnscoli che sono dalla volontà mos- si , 0 distinguerli da quelle forme , che dalla na- tura furono nella polpa e nelle ossa stampate. Il fanciullo il quale si accorse che può prestamente soddisfare la sua voglia se mostra ai suoi genitori il suo puerile sd^ìgno , spesso ne fa novella prova: cioè spesso comprime alquanto le gote contraendo i muscoli della faccia per serrare la bocca , quasi cagnolino che digrigna ; distende i filamenti musco- lari della fronte - abbassa le ciglia , e l'un più die l'altro , onde torcere gli occhi, e guardar bieco. Que- sto ripeteie cosi fatti volontarj mo vimenti non solo li rende abituali ; ma operando sopra il sistema ir- rigatore , come fa ogni muscolo che si move , di- spone e slimola i vasellini arteriosi che portano il nutrimento alla persona , in modo da far crescer» 2 58 Scienze più una parte die l'altra della faccia. E con que- sti maggiori o minori rilievi si forma l'impronta dell' uomo che per picciola cagione dall' ira è vinto. Questi pochi concetti , che sono pochissimi ri- spetto ai molti che vanamente sono stati scritti in- torno le divinazioni de' flsonomisti , mostrano , a mio parere , per qual modo i poeti ed i pittori , descrivendo ed effigiando , dal volto e dagli atti ci fanno conoscere l'interno affetto di colui del quale si ragiona , e di quello che in tela si mostra. Que- sto è il punto in die il buon pittore da chiaro indizio d' ingegno e d' arte. Per questo che io di- co, pili che per ogni altro ragionamento intorno la divina Commedia , io , se non temessi il biasimo di chi tutte conobbe le bellezze dei versi di Omero, e di coloro che sono molto teneri della gloria di chi forse potrà nascere , oserei dire che non fu ne sarà mai poeta , il quale non che avanzi , ma ap- pari , ma siegua l' italiano Alighieri , onore e lu- me della nostra e dolce e giusta ed uberbosa fa- vella. De Crollis. a5g Fbj-age en Italie fait en Vannèe i8ao, deuxieme èdition corrigée et augnientèe"de nouvelles ohser- vations faites dans un secoiul voyage en 1824» par le cheval. doct. Lovis Valentin. Paris 1826. (articolo li.) \_>on verrebbe dunque ordinare la coabitazione co- gli ammalati , far indossare le camicie degli estinti, stropicciar la pelle , tener applicati dei lini intrisi nel sudore degli agonizzanti ec. Quantunque tutto 6iò siasi a maraviglia eseguito negli Slati Uniti ; quantunque il sig. Gujon cbirurgo maggiore alla Mar- tinica siasi sottomesso pubblicamente e con coraggio a lutt' i generi di prove , egli importa die in Eu- ropa siasi persuasi con esperienze antenlicbe ed ir- refragabili. In questa citta signoreggiar si afTerma il controstimolo j)ivi che in altra mai di tutta la To- scana ; osiamo però di soggiugnere , cbe dalla me- moria dL'l prof. cav. Palloni si rileva ben altro cbe radesioiie della medicina livornese alla dottrina del conlrostimolo. Pisa. Giace cotesta citta in mitissimo clima e sano assai. Sperimentano la dolce influenza di quest* àefe i dilicati di petto , gli emoftoici , gì' individui soggetti a cronici catarri ec, i quali trovansi bene più che in altri luoghi maggiormente meridionali. In genere quasi tutte le infermità tormentano meno che a Livorno, eccettuati i tumori lacrimali. L'università è costituita da quattro facoltà: vi si contano da sei in ';7oo studenti: in medicina sono cento alunni , e sei prò- aCo Scienze fessori di merito e di fama grande. L'orto botanico e hello e ben divisato ; Gaetano Savi è il prof, di bo- tanica . E degno d' efsere considerato l'ospitale di s. Chiara per la leggiadria ed ampiezza delle sue sa- le. Vi si praticano le dissezioni anatomiche : e si fanno dal rispettivo professore in un anfiteatro le lezioni di anatomia. Gì' individui al servizio medi- co o chirurgico addetti stanno a trimestre ; se non che un medico ed un chirurgo sono stabili, e quan- ti sono professori eziandio. Ivi era il celebre Vacca Berliiighieri , versatissimo in tutte le scienze ausilia- rie alla medicina. Kj^li dopo aver usato nella estra- zione della pietra l'istroraento di frale Cosimo , usò del metodo di Sanson , e finalmente nel iSaS per- fezionò il suo metodo facendosi strada attraverso il perineo tra il retto e la vescica , onde aprendone il collo estraeva la pietra. In Pisa si siegue la medi- cina razionale. Nelle malattie di cuore e nelle pol- raonali trovano il caso in cui solamente torni bene l'adoperare la digitale purpurea. Nelle paralisi sen- za lesione organica del cervello o della midolla spi- nale si sperimentò qualche fiata efilcace il rhus ra- cliccms. Questo paese abbonda in acque minerali , e fa grande consumo di solfato di chinina per propri usi. f^eiiezia. Meritano di essere ivi osservati i due grandi ospitali civili ed il militare. L'ospitai provin- ciale diretto dal dott. Duca è bello, bene ordinato, e contiene circa mille malati. Sopra una isoletta vi- cino alla citta giace l'ospitale di s. Servolo, noto mis- simamente come ricovero di molti e differenti mania- ci d'ambo i sessi. È direttore il prof. dott. Luigi Por- talupi celebre pratico. La pratica medica in questi citta è somigliante a quella di Padova , intieramen- te eccletica. Protomedico , consigliere di governo » VoYÀGE EN Italie 2G1 ispeltor generale di sanità, è in Venezia il cel. auto- re della Leila doscrizione della febbre petecchiale di Spalatro del 1817, uomo noto altresì per molli altri suoi meriti. Di rado vedesi in questa citta la tisi pol- monare ; ma sovente in quelli intesi alla marina lo scorbuto. I sigg. Zannini ed Aglietti osservarono che la litiasi aortica abbia più e più volte prodotta l'an- gina di petto. Le scroiole, l'oftalmia , le febbri in- termittenti sono rare , e non v'ha esempio di goz- zo avvenuto giammai. Il dott. Trois trae buoni ellet- ti dal rhus radicans e dal toxicodenron contro le pa- ralisi gravi. L'estrazione della pietra si fa coli' istro- ìnento di frate Cosimo , o col goegeret di Howkins modificato dallo Scarpa . In Venezia sono due cor- pi accademici : l'istituto cesareo-regio , e l'ateneo. Padova. Sono in questa citta due ospitali ci- vili , uno militare , e delle case di sovvenimento. Il principale ha le sale convenientemente distribui- te e ben ventilate : esso può contenere 3oo infermi. Oltre la clinica medica , e chirurgica ve n'è una di oculistica , ed una di ostetricia a beneficio delle po- vere e ad ammaestramento degli alunni. La fabbri- ca dell' università nelle sue interne arcate è più bel- la che comoda: la gran quantità degli studenti non e sicuramente in paragone colle altre università d'Ita- lia. La facoltà di medicina è composta di i5 per- sone, compreso il direttore ed il decano. Ivi trovan- ti il gabinetto di storia naturale , che di anno ih anno si aumenta per le cure del prof. Rovier , cui vennero assegnati a tal uopo dei fondi dal gover- no : il giardino botanico vago e ridondante di eso- tici vegetabili più d'ogni altro simile in Italia : la biblioteca appartenente all' università, e composta di i5o,ooo opere tutte apprezzabili, ma che as- sai più proficue tornerebbero alla istruzione degli jGa Scienze alunni , se comode e dì maggior numero fossero le ore destinate ad ammettere l'accesso. Sono in Pa- dova vari corpi accademici. In qual grado di eminenza si trovi in delta cit- ta la scuola di medicina, pienamente il dimostrano gì' ingegni che in essa fiorirono , e quei geni che la medesima sviluppò , per tacere dei viventi pro- fessori , che quasi tutti han reso celebre il loro no- me ancor con le pubbliche produzioni. Agevole quin- di è il desumere qual sia lo stato della medicina in un luogo , ove risiedono tanti personaggi avveduti e. peritissimi nell » scienze. Non v'ha sistema dominan-^ te : e quantunque trovisi in vicinanza alla culla del controstimolo , la facoltà nondimeno fece tutt' i sforzi per garantirsene. La scuola clinica infalli , adottar do- vendo un metodo d'insegnamento , temperar seppe e modificare una tal dottrina con quella della irritazio- ne. Il meglio così viene scelto da lutt' i sistemi diver- si , avvalorandolo con riflessioni basate sopra una ben lunga serie di anni, di studi, e di pratica. Le affezioni catarrali , verminose , la tisi pol- monare , e soprattutto le febbri intermittenti sono in Padova comuni : frequenti vi sono le scrofole e la podagra : raro vi si riscontra il gozzo. Il eli. sig. consig. prof. Brera tanto attivo , quanto sapien- te , usa in quest' ultimo caso l'jodio col più gran-» de avvantaggio. Prescrive altresì l'acido idro-ciani- co , o l'acqua di lauro-ceraso nella bronchitide acu- . ta , neir emoftisi , nelle malattie del cuore , in cer- te affezioni nervose , ed ogni qualvolta si propone di abbattere uno stato iperstenico : vengono altre- sì da questo acido uccisi i vermi , che sovente com- plicanza costituiscono delle malattie. Fa inoltre il prelodato prof, un grande uso degli emetici nelle ma- lattie acute , nei reumatismi , nelle febbri intermit- VoYAGE UN Italie aGS tenti : della belladonna contro la scarlattina , e eon- tro la idrofobia ( Gommoni, clinico per la cura del- la idrofobia. Modena, 1820); del rhus radicans con- tro la paralisi , non che della corteccia , eh' egli cniama bicolorata , nelle febbri accessionali. Cotesto eccellente febbrifugo non cagionò nei suoi infermi la somma irritazione. Il numero degli esperimenti dal medesimo istituiti con la morfina ed i suoi sali non ci permettono punto di dubitare , dice il cav. Va- lentin , dell' efficacia di un rimedio che si prefe- risce frattanto a tutte le tinture oppiate ad ogget- to di procurare un pronto sollievo. Si è altresì adot- tato come purgante l'olio di croton tiglio alla do- se di una goccia. Una donna bersagliata da diabe- te mellito fu nel febbraio del 1Q2S risanata con l'os- servanza di una dieta lattea , e con l'uso giorna- liero di due gocce dell' olio menzionato. I medici dell' ospitale di Vicenza presentarono al cav. Valentin qual caso raro una donna di an- ni 3i, che in seguito di una repressione di me- strui cagionata da spavento , incontrò una emofti- si , e poscia si assoggettò ad altre emorragie per tut- te le naturali aperture e per le mammelle eziandio. Si ristabilì dopo l'epoca di sette mesi la mestrua- zione , ma assai scarsa e breve : la paziente era già stata madre di tre fioli. A cagione della deviazione na turale tornarono inutili gì' impiegati mezzi derivativi, rivulsivi , emmenagoghi , evacuanti d'ogni genere ; poiché ora l'effusiva sanguigna avveniva per trasuda- zione sotto le palpebre, ora pel naso, o per le orec- chie, altre finte per lo stomaco, pei bronchi , per l'uretra, e pel retto. Richiestone il sig. Valentin, pro- pose di sopprimere gli emmenagoghi interni , sugge- rì bevande di liquidi freddi, e dirigere variata ap- plicazione di esterni presidj verso l'utero o la vulva; ^64 S e l E N « K ma venne quindi informato dal dot. Tliiene della gua- rigione della inferma dopo il compiuto ritorno della mestruazione . Ricadde però di bel nuovo la pazien- te dopo il lasso di anni quattro, ed. accolta nel cli- nico istituto di Padova offerse a periodiche ed irre- golari successioni tutte le forme delle più cosp icue emorragie, non eccettuato il sanguigno sudore si lo- cale come generale. Trasse da si strana morbosità il dott. Pirker l'argomento della sua dissertazione inau^- gurale col titolo : De hremorrhagiis a prcv^alente sanguinis chnrnctete venoso Ortis. , Patavii 1826. Dalla istoria che ne ha tessuta il Pirker si rileva , che avendo cotesta femmina negletto l'ultimo suo puerperio , se le so ppresse repentinamente la secre- zione del latte , incominciarono a gonfiarsi le gam- be , insorsero dei dolori vaghi con febbre di tipo continuo-remittente. Persistendo così il suo malo- re , si condusse dopo cinquanta giorni alla prelo- dala clinica li 3i marzo 182G, ove oltre i sin- tomi di generale iperstenia e di emateraesi che sera- brava vicaria della mestruazione, oflViva ancor queir li della così detta flemmasia alla dolente, Come va- rie e moltiformi erano l' emorragie end' era aflitta l'inferma , così varj furono i medicamenti alF uo- po impiegati* Fra tutti però si prescelse il meto- do energicamente antiflogistico , e nel vicendevole alternarsi della ematemesi , della emoftisi, della epi- stassi e della ematuria si ebbe risorso alle sangui- gne deplczioni sì generali come topiche , alle emul- sioni nitrate , all' acqua coobata di lauro-ceraso , alla morfina in sciroppo . La pertinacia però della ematuria indusse l'ili, prefetto di quella scuola, il con- sigl. Brera, a dettare la formola seguente. „ R. Pulv. cort. peruv. elect. une. ^ ebull, in aq. f. une. 18, ad- de elixir. acid. Halleri dracm. i, coque denuo ad re- VoyAoe bn TtaÌie hCìS manent. unciar. la, et colai, fortiter express, add. muci- lag. gumm. arab. dracm. a. Siimat. paul. in die. „ Più giorni si è fatto iv^o di cotesta mistura , eseguendosi Contemporaneamente alcune frizioni colla pomata dì Autenrieth all'epigastrio che fortemente doleva , non ommesse le fomenta emollitive. E siccome al soprag- giugarjre di quelle copiose emorragie veniva la in- ferma assalita da deliquio , cos\ qualche mistura cai'- diaca le si amministrò. Mentre cedeva l'ematuria , appariva l'emorragia dagli occhi, dalle mammelle , dal retto intestino , dalle narici. La persistenza del dolore all'epigastrio indusse il curante alla prescri- zione di un linimento composto colla morfina : si chiamarono a contribuzione ora il decotto di ra- tanìa , or quello di salvia , ora il principio ama- ro della bicolorata : ma tutto con tenue vantag- gio , poiché chiusa una fonie al flusso se ne apri- va una seconda. Nel giorno 59 di cura comparve per la prima volta il sanguigno sudore , il quale in soli sedici giorni si riprodusse per i3 volte. Altro notevole fenomeno occorse a riscontrarsi nel decor- so di lai. malattia , ciofe l'apparizione di una per- fetta iscuria, che durò per i3 giorni. L'ultimo ri- medio , che tentar si volle , fu l'acqua metilica di Falcoiier , la quale in larga dose ed a lungo am- ministrata produsse lodevole vantaggio ; cosicché de- crescendo a poco a poco la quantità del sangue che si perdeva , tornò la donna a riacquistare le sue forze , ed al chiudersi dell' anno scolastico tu la- sciata non senza lusinga di guarigione. Vicenza. Un solo è in questa cittk 1' ospita- le civile , il quale è bello , ben montato , e capace di 200 ammalati. Ricevonsi. in esso malattie d'ogni genere. In luogo appartato dimorauo incatenati i dementi furiosi. Fu ivi sestiluito il sig. Rossi al sig. 2G5 Scienze Thiene, che volle essere dimesso. Questi gode di una vera gloria , e quale si deve maggiore ad un uo- mo che colla osservazione e colla sperienza abbia colti i fruiti più cospicui. NeL 1818 pubblicò un' opera sul tifo contagioso , che nell' anno preceden- te aveva afflitto la sua patria : ivi dimostra e con- chiude con altri dotti medici non essere cotal ma- lattia subordinata all' impero delle diatesi. Nel iSaS rese di pubblico diritta un volume sulla storia dei morbi venerei : in quest' opera si oppone al divisa- niento , che codesta infezione non siasi conosciuta che dopo il ritorno di Colombo dall' America. Nello stes- so anno in oltre promulgò egli la sua topografia me- dica. In Vicenza la febbre petecchiale sporadica non ha riguardo alle stagioni : ma nel 181 7 cangiò natu* ra e si rese endemica. Cagioni ne furono la penuria e la prava qualità dei grani, e forse anco l'influenza atmosferica che dopo varj anni piovosi non potea es- sere salubre. Si presentò nell'anno istesso ancor la mi- liare, creduta essenziale alla tifoidea regnante : nega per altro il sig. Valentin , che queste due specie di eru- zione fossero esantematiche della febbre tifoidea. Verona. L'ospitale di questa citta presenta i re- quisiti di una buona situazione , e di una acconcia ventilazione , ma non ha il pregio di una buona di- stribuzione. Narra il Valentin di aver ivi con som- mo rammarico osservato ( sicconie con eguale aflllizio-' ne il vide a Vicenza) 12 o i3 forsennati avvinti be- ne stretti da ferree catene in tutti e quattro gli arti. Uno dei medici però di quella citta fece consapevole il nostro viaggiatore dei miglioramenti recati a prò di questa classe d'infelici , conìe anche della maggior ef- ficacia della ustione all'occipite per la sanazione dei medesimi. Degna è sopra ogni altro di lode in Ve- rona una congregazione di carila , la quale prestasi i VoYAOK E^r Italie ìG-j sovvenire i miserabili nei rispettivi loro tìoinicilj. Ev- vi una società letteraria, sezione dell' istituto di Mi- lano ; un' accademia di agricoltura , corainercio , od arti. Soriovi pur delle biblioteche e molte altre pre- gevoli cose a vantaggio dei privati studiosi. Ivi nin- na dottrina esclusiva venne seguita nel tifo carcera- rio del ifti7 da quei medici principali, come Berti, Gagorotti, ed altri : conforraaronsi anzi i medesimi alle pecnliaii circostanze, alle complicazioni, ed alle ano- malie. Quanto poi ivi si declini dalle massime della nuova dottrina, lo ha appalesato eziandio il dott. Ber- ti nel divulgare che ha fatto le opere postume di quel sommo uomo del nostro Borsieri. Brescia. Troviamo in questa citta due ospitali civili ed uno militare. In uno di essi vengono accol- ti i dementi, ma a pian terreno, in cattive camere, e carichi di catene. Grandi soi>o uell' altro le sale , molto agiate , e le lettiere sono di ferro. Prodigio- so si è nei due ospitali civili il numero dei pellagro- si. Possieari, In Lucca l'ospitale è ben fornito di qualsiasi cosa per 3oo e più infermi , che può contenere. La casa dei pazzi è in luogo salubre e molto piacevole ; vi sono essi ben acconciati e non conoscono ceppi. S'in- segnano in questa città varj rami della medicina , qua- li sono la medicina legale , l'anatomia , e la terapeuti- ca! vi sono pure le lezioni teorico-pratiche nelle due ^74 Scienze cliniche medica e chirurgica. Nella Spezia merita at- tenzione il lazzaretto, che per la sua costruzione e pel suo ordinamento è superiore ad ogni altro di si- mil genere. Regnano ivi le febbri intermittenti , e fre- quente pure vi è la tisi polmonare. Nulla vi è di sin- golare nella picciola citta di Sestri. Solo diremo , che nelle peripneumonie il dotto Luberio medico ecletti- co si giova con riputazione del suo metodo curativo in moderati salassi , emetici, vescicatori , ec. Nella cit- ta di Chiavari havvi un ospitale ben ordinato ed ottimamente sjuidato : ivi chirurgo è il sig. Lago- maggiore , e medico il sig. Delpini , il quale non è allucinato da fazioni , e ragionate sono le sue cure. Sono in questa citta molti lebbrosi , molti scrofolosi, e molti aggrediti dalla tisi polmonare ; alcuna delle val- late olile ancora il gozzo , da cui sono esenti quei che vivono nelle vicinanze della marina. Q Genova. La patria di Cristoforo Colombo pos- siede un ospitai militare, varii statuti di beneficen- za, e due ospitali civili: l'uno dei quali grande, bel- lo , e bene ordinato detto il Pamatone , merita tut- ta raltcazione. 1 prof. Mongiardiiii e Guidetti , che appattfngdno ai nove della facoltà medica dell' uni- versila , hanno riucarico dello due cliniclie di quesl' ospitai*;; Tuno cioè della medica, l'altro della chirur- gica. L'ospitale degl'uicurabili riceve i vecclij , i paz- zi d'amlji i sessi ; ma questi ultimi vi sono malme- nati dalle catene. Dopo tal vista il cav. Valentin non potè rutlcnersi dell'esclama;'-:,, Non si sa concepire, ,, come in questo secolo , e presso una nazione co- ,, lauto iliarainata , una gran porzione della bella ,, Italia siegua ancora un metodo cosi condannabile, ,, lipiovalo dalla fìlosolia , e dalle nazioni inglese, ., Lrauic^e , e germanica intieramente abolito.,, I me- dici di tutto il paese , come quelli dell' ospitale , VoY\GE Et Italie ajS tìón corrono dietro a sistemi » ma sioguono l'osser- vazione e l'esperiènza. Quivi d'ordinario presentan- s'ì le febbri iiifìammotorie , le intermittenti , ed i catarri reumatici : nelle seconde si usa con vantag- gio il solfato di chinina. Il dotto Mojon , conosciu- to per molti suoi scritti ^ ha osservato , che una goc- cia di ogiio di croton tiglio unito ad un oncia di oglio di oliva o di mandorle dolci i riesce ottimo' purgante. Torino. Nellaì bella Capitale del Piemonte so- tio molte cose da osservarsi . La facoltà medici Composta di ii prof. ^ sei dei (juali per la medici- na , e gli altri cinque per la chirurgia. Ve ne so- no anche di ordinai j. Un collegio medico, è chi- rurgico : Uri giardino botanico doviziosissimo di piante , delle quaili il pr. Capelli pubblicò il ca- talogo : un bel mus -o di stona naturale , la cui mineralogica collezione passa per la più comple- tai dèlia penisola . L' ab. liorso è prof, di (que- sta scienza nella università. Esigono tutta la no- stra attenzione gli ospitali di fpie.ita città , che in numero di sei vi sono accuratamente divisati. Quel- lo di s. Giovanni gode una salubre ventilazione, e forriito di lettiere di ferro cun cortine : vi sono le due principali cliniche dai rispettivi professori assistite , non che da quattro medici e da due as- sistenti , che curano in tutto l'ospitale. Nelle mol- te flebotomie che ivi si fanno , si da valore al ca- rattere del fluido estratto. Il dott. Sacchetti di loo affetti dà flussioni di petto , trattandoli sulle pri- me co'salassi e cogli emetici , ne perde presso che cinque. Mal costrutto si otlie l'ospitale degli alie- nati , i quali sono ora ben trattati ; vi presiedono tre medici , ed altrettanti chirurghi. Ivi il sig. Pa- «ara chirurgo maggiore , profittando del consiglio' a'jG > S e I E N z I? del sig. Valentin , conseguì in due mesi la guari- gione di un maniaco furioso cauterizzando con un ferro rovente tutte le suture della testa , dopo di che erano già scorsi sedici mesi senza recidiva. Dob- biamo qui ricoidare altre felici risultanze di que- sto metodo. Nello spedale della Semavra di Milano pei dementi si è messo in pratica siffatto suggeri- mento del cav. Valentin. Riferisce l'A. , che ivi die- tro le cure del fu dott. Buccinelli erasi stabilmen- te ricuperata la sanitk da un terzo dei dementi fu- riosi mercè della profonda cauterizzazione recata all' occipite ed alla nuca. Aggiugne altresì il N. A., elle ( pag. 223 ) le sorelle della carità dello spe- dale dei pazzi di s. Niccola presso Nancy , aven- do per 19 volte usato un ,tal trattamento ,' vide- ro tornati i3 doraenti alla primiera sanità della men- te* colla recidiva di un solo. E non potre])l)esi nel- la dura e penosa condizione di questa classe di mi- seri tentarsi l'esecuzione di questo compenso , che 4anto era presso gli antichi in riputazione ? L'ospi- tale Colino, appellato Martinetto, accoglie le donne pubbliche affetto da sifilide. Giace questo locale in infelicissima situazione , e quivi regnano le inter- mittenti , lo scorbuto e li cancrena nosocomiale. Il metodo curativo seguito dal sig. Bettone consiste nel- le frizioni mercuriali, nella cauterizzazione delle ul- ceri col nitrato di argento , e ncll' applicazione di un vescicatorio sui buboni appena sviluppati , i quali appassiscono. Evvi altresi l'ospitale della ma- ternità e degli esposti : quello dei cavalieri, in cui ricevesi chicchessia affetto da malattie acute non con- tagiose : e quello di s. Luigi , nel quale sono ri- coverati i cronici. Le malattie regnanti quasi in tut- to il Piemontese sono ; le pneumonie , le angine , il croup, e le affezioni reumatiche; il gozzo e la pel- VoyAGE EN Italie 377 lagra sono endemiclie ; di rado insorgono le scrofole ed il cancro. Il cel. prof. Boniva sia ricercando con- tro la gotta la piìi convenevole terapia ; egli felice- mente usa l'jodio contro il gozzo. Sono in questa cit- ta molti e dotti medici ; osservasi ora , che quelli i quali seguivano Brown , si avvicinano alla miglior porzione dei compatrioti, cb' e di razionali ed eclettici. Riassumeado ora in breve concetto ciocclic il dott* Valentin riferisce nella sua opera intorno ad uno dei primarj oggetti della sua indagine , intorno cioè all' esistenza in Italia di un corpo di medica dottrina nuo- va, qual si vorrebbe designata col titolo di N. T. M. I ; concbiuder potremo con ingenuità per la negativa. Ben lo ba dimostrato il nostro viaggiatore, e dubitar non possiamo della lealtà del suo linguaggio , percbè stra- niero ; documenti anzi fortissimi della sua veracità pos- sediamo nelle varie opere, che dai professori delle uni- versità diverse della nostra Italia , e da molti altri sonosi divulgale colle stampe. Forma tutto ciò una irrefragabile opposizione a quanto erasi espresso dal eel. prof. Tommasini nella sua Nota iinportnntissimaec. annessa al suo discorso DelV influenza d AC opinione in medicina. Che anzi contro quella iscizione di seguaci favoreggiatori della patologia controstinio- listica ban protestato altamente il merilissirao Spe- ranza di Parma , ed il valente medito di Rimino il dott. Frioli (i). Non ba dubitato il dott. Bedeschi (1) Al cbiar. prof. Giacomo Tommasini lettera del prof. Carlo Speranza intorno a ciò che lo risgiiarda sull' opinione in medicina. - Esame delle massime fondamenta- li della così detta N. D. M. I., e delle loro dannose con- seguenze ; esposto in lettera al prof. Giacomo Tommasi- ni dal dott. Luca Frioli. Milano 1826. 27& Scienze di onorevolmofifo viciodersi abjurando i dogmi delid dottrina medesitna (i), e si è più di recente assai distinto il doit. Grinielli per quatìto concerne lo spirito di qii 'Sia (2). Rimettiamo da ultimo i nostri lettori a qurll ' considerazioni od annotazioni , che nel fascic. di luglio 18^2 del giornale critico di medicina analitica piecedouo e corteggiano la di- chiarazióne del prof. Toraraasini intorno alle critiche ])uhh]icate dai particolaristi contro le massime della; N. !)• M. 1 , e si troveranno vieppiìi convinti dell' asserto. TONELLI. Speciiììina olectricn-^ spcciminn metoreologìcd^ lìoiìKte ex officina sahiiicciaìia iSa'y. i\I aravir^liosi sono i progressi che in brevissimo' tempo ha fatto la scienza elettrica , dopo che il Volta rarricch'i della bella invenzione dell' appara- to elettromotore ^ e l'Oersted dell'influenza delle cor- renti elettriciie sopra i fenomeni magnetici . Tutti (1) Lettera del dolt. Bedesclii medico-chirurgo in Scan- diano , al D. F. G. Geioralui , intorno alla sua teoria e pratica in medicina, ec, 1826 coi tipi di Gio. Gius. De Stefanìs. (2) Riflessioni sulla riforma del sistema medlco-brow- uiano iatitolata : Nuova dottrina medica italiana ; del dott.- Geminiano Grimelli , da Carpi. ( Omodel, Ann. univ. di med. fascic. di aprile iSaj. ) Elfttricita'^ 270 i fisici di Europa qua rivolsero le loro menti e le loro fatiche , talmente che la scienza moltiplicò in rami novelli sotto i nomi di elettricità chimi- ca , e di elettricità dinamica : e molte ed utili fu- rono le applicazioni a spiegar le meteore atmosfe- riche ed i fenomeni magnetici e chimici. Il nume- ro de* fatti crebbe formisura : cosicché riesce cosa difficile , eziandio a que* che sono più addentro in siffatte scienze , il ben comprenderne le leggi , le dependenze , le relazioni moltiplici e varie. Quin- di a noi sembra che gran lode abbia a darsi a que' buoni precettori che non ispaventando i loro te- neri alunni con immensa serie di teoriche e di spe- rimenti , porgono loro pochi e lucidi fatti , co'qua- li poi procedano all' intera cognizione della scienza. A CIÒ fare quanto il eh. P. Pianciani abbia lunga- mente ed Utilmente meditato , lo proveranno i bre- vi estfatti che siamo per rapportare di due suoi opuscoli scritti latinamente , l'uno di sperienze elet- triche , l'altro di metereologiche. Furono essi pnbl)li- cati in occasione che alcuni suoi discepoli diedero nel collegio romano solenne prova del loro profit- to nelle scienze naturali e filosofiche. Il primo opuscolo prende le mosse dai cristalli. Nelle sostanze cristallizzate , che col calore acquista- no alle due estremità le due elettricità positiva e negativa , suole osservarsi in esse estremila qualche differenza di struttura. Il p. Pianciani vide ({uesta differenza ne' cristalli di zucchero : gli scaldò e vi- de i poli elettrici. In questi cristalli più di fre- quente manca un' estremità : questa è positiva , la cuneiforme, negativa. Brewster di Edimburgo cita , oltre i conosciuti , molti cristalli come elettrizzabili pel calore : fra questi lo zucchero. Ma nelle al- tre sostanze da lui nominate non v'è diversità di 28o Scienze conformazioTìP, ne si vedono poli elettrici. Nel sol-» fato di barite e nel solfato di ferro si e veduta solo elettricilk negativa : e , ciò eh' è piìi , nel tar- trato di potassa e di soda elettricità negativa in am- be l'estremità. Cosi il nitrato di potassa (non men- tovato dal Brcwster ) .si vede negativo per ogni parte* Par dunque clie questa elettricità die si osserva prin- cipalmente ne' sali , che hanno acqua di cristalliz- zione , ed altra acqua interposta fra le particelle cristalline » si debba piuttosto all' evaporazione , la quale, secondocliè; ha dimostrato il Volta, produce ordinariamente elettricità, negativa nel corpo vaporan- te^ in qnaluuque modo ciò si faccia. Di fatto appres- sando air elettroscopio di Havy due pezzi di nitra-^ to di potassa; l'un de' quali era stato qualche tempo al sole e presso il fuoco , l'altro all' ombra ; esposti ambedue alla fiamma , poi all'ago elettriscopico , il pri- mo fu trovato più debolmente elettrico dal secondo* L'elettricità dello zucfchero non è si poca , come sti-^ ma Brewster : in giorno bene asciutto Telettricilk di un cristallo non grande durò quasi cinque quarti d'ora»' Passa poi alla spiegazione della doppia elettricità de' cri.stalli termo-elettrici, provando prima con espe- rienze esser l'elettricità ( nella tormalina , nello zuc- chero etc. ) non solo nell' esterno del cristallo , ma eziandio nell' interno. Non contento delle spiegazio- ni date dal Biot e da altri , ne da una nuova che sembra soddisfare ai fenomeni: considera questi cri- stalli come un' unione di piccole pile secche forse binarie ( nelle quali 1' eterogeneità è prodotta ve- risimilmente dalla temperatura , che diversamente di- lata o ristringe le due meta della molecola cristal- lina ) : siccome l'organo elettrico della torpedine è un sistema di pile umide. In questo primo saggio si fa menzione delle tormaline della Val-Sesia-Gran- Elettricità' 281 ile , ove non so che altri abbia indicato trovarsi q uesto minerale. Nessun piìi dubita che il galvanismo sia lo stesso che l'ordinaria elettricità. Cerca dunque il \ì. Pianciani se la cagione dell* eccitamento elettri- co per contatto sia la stessa che nell'attrito , percos- sa etc. , cosicché in questi casi non siavi che più. squisito contatto. Ma egli trova che ciò non sia ; ed i fatti su cui basa questa sua opinione sem- brano decisivi. Inoltre cerca la cagione delle decomposizioni che produce le pila voltaica, e specialmente come separati i componenti , vadan questi al polo posi- tivo , quelli al negativo. Rifiuta le ipotesi già con- futate da altri ed in particolare da M. A. De-la Ri- ve , e confuta altresì l'ipotesi di esso : similmente potea farsi di quelle proposte molti anni addietro dal Bergelino e dal MoUet. (1) Egli ne propone una in parte nuova , chu par semplice e verisimile. Appresso confuta la ipotesi de' due fluidi elet- trici. Non accumula molti fatti , ne risponde a mol- te contrarie ragioni : che ciò ha fatto abbastanza il dott. Silvestro Gherardi di Bologna nella dissertazio- ne premessa al Munuale di Elettricità Dinamica. Di- mostra bensì che l'ipotesi degli avversar] , neces- saria per essi , che il fluido positivo abbia più for- za o momento del negativo , è incompatibile coli' equilibrio elettrico ; e scorre brevemente le varie classi de' fenomeni elettrici , galvanismo , elettricità atmosferica , elettricità chimica , e dinamica ecc. mo- strando in ogni parte i vantaggi della dottrina frankli-- (1) loui-n. de phis, tom, 70. 93. 282 Scienze uiana lifoiiiiata dai fisici Kiiinerslfy , Beccaria , e Volta sopra quella ilo' due fluidi. Ecco gli spoiimetiti e le dotti-ine del secondo opuscolo. Sostiene la setiteii'.a del Volta che deri- va relettrieitìi dell' alia dall' evaporazione: cerca di confermarla facendo vedere, i." che i precipui fe- nomeni dell' elettricità atmosferica si potevan dedur- ve come coroUarj dalla teorica del Volta sulT eva- porazione fondata su i fatti , ed in ispecie sull' espe- rienze di Tralles e Volta stesso suU' elettricità sem- pre negativa delle grandi e piccole cascate d'acqua: 2.° che le altre ipotesi sono insuiiicieiili. Alla dottrina del Volta consentono gli sperimenti posteriori dello SchuLler. Quando il p. Pianciani scriveva queste pose non gli erano ancora venute a mano le tlue memorie del Pouillet , che in qualche parte si op- poìigono alla teorica del Volta. Su (juesto ha egli scritto alcune osservazioni che gentilmente vuol co- municarci per inserirle in un prossimo quaderno. Della grandine , soggetto di moda , ha tenia- tato dare una teorica piìi soddisfacente delle altre , senza pretensione di cercarne una nuova , ma pren- dendo e scegliendo le dottrine de'nostri italiani VoU t* ed Orioli e d'altri. Per ispiegare la differenza che pa*isa fra neve e grandine , deve osservarsi , che l'or- dinaria grandine è accompaganata dal fulmine o dal lampo , o almeno da assai forte elettricità : eh' esi- ge il concorso di più nubi ( come hanno notato Sin s H'.' , Volta , Howard ed A. Muller); che si forma talora a non grande altezza ; che suol cadere ( almeno ne' nostri 0 in molti altri paesi ) in gior- ni ed ore calde. Tnttociò sembra provare , i.° che il solo freddo non basta a generar grandine ; 2° che quel fieddo che pur ci vuole ( giacche il troppo cal- do impedisce per certo il gelar delle acque) come con^ Elettricità' 283 fYzìona essenziale dee venire in parie assai verisirail-^ mente prodotto mediatamente dalla elettricità , che di-p lata e promuove H vaporazione, sia immediatamen- te, sia eccitando il noto venticello elettrico; 3.° che J.i vera e ordinaria cagion dell^ grandine pura sia Tatf trazione , che v'ha fra le melecole di due nubi diver- s. mente elettriche. Facilmente s'intende come possa cre- scer la grandine passando per una nube o parte di pube ; specialmente se passar dee per una nube che sia ex gr. negativa dalla parte Superiore e positiva nell'interiore; perocché allora divenuti i globetti ne- gativi li'lla superiore, trarranno a se facilmente i va- pori dell' infejiore. Può anche aver luogo alcuna vol- |,a il billetto elettrico in modo men soggetto a dilli- polla di quello immaginato dal Volta. Due nubi sot- tosopra a pari altezza ponno unirsi e dar grandine : le parli non unite restnno positiva l'una , negativa l'altra : i grani ponno alternamente esser tratti can- giando alla superficie di elettriciTa ; e così cadendo descrivere nella prima parte di lor caduta una linea angolosa in vece di una perpendicolare, ed acquistare puovi stratarelli o croste di ghiaccio. Può avvenire che la grandine qualche rara volta venga da una nu- be sola, e ciò per eccessiva repente evapora/Jone pro- dotta dal fulmine; ovvero perchè l'esplusioiii elettri- che spogliando di elettricità una o più parli della nube , faranno che le vane parti di essa possano ponsiderarsi come più nubi diveisamenle elettriche. La neve par formata dalla semplice aUiazione moleco- lare e cristallizzante , clic sempre esiste , ma agisce solo allprchc il calore non la impedisce ; e se que- sta attrazione cristallizzante dee ripetersi dall' elet- tricifa(come è probabile ), tale elellricila sembra es- ser debole, ed esser doj)pia ne'varj punti d'una sles- sa, molecola cristallina, onde tende ad unir queste de- 284 Scienze. bolraente in certo ordin simmetrico, non ad ammas- sar con violenza ({ueste con quelle. Nelle nubi nevo- se h debole elettricità e d'una sola natura: onde nul- la fa e tutto lascia fare alla molecolare attrazione, o, se si vuole, alla molecolare eletlricilk. Neil' inverno le nubi , rafi'reddate quanto più si voglia , sogliono produre soltanto tìocclii di neve ; perchè ( come os- serva il eh. sig. prof. Orioli) i va})ori vescicolari non sono da alcuna cauìa d'energia ocjuivalente a quella dell' elettricità dt;' temporali costretti a pre&ipitarsi in massa gli uni verso degli altri , ed a concor- rere con un grandissimo numero di particelle a cer- ti centri comuni, fino al loro toccarsi insieme e stret- tamente : condizione essenziale per la formazione di grani solidi di una certa mole. Dalle cose esposte l'autore trae bievemente qual- che conseguenza sul serenare dopo i temporali , sul formarsi nubi e pioggie , ove prima l'aria non era assai umida , sul periodo de' tenrporali etc. Senza discutere le cagioni principali che raffred- dano gli altri monti , delle quali assai hanno detto ( a tacere degli altri ) Bouguer e Saussure , cerca la cagion del freddo crescente coli' alzarsi degli stra- ti dell' atmosfera. Presupposto che ( quantunque i raggi solari non siano nien potenti in alto che in basso ) quasi nulla sia l'azion riscaldante del sole suir aria alta , rara , asciutta e diafana ; mostra colle note leggi del calore raggiante , che anche il calore emanato dalla terra, benché oscuro, e pe- rò più atto ad essere ritenuto dai corpi sebben dia- fani, pochissimo dee scaldare gli strati superiori dell' aria. E qui adduce la bella sperienza di De-Laro- che , che prova i raggi , i quali hanno passato li- beramente un corpo diafano , esser più atti a tra- passarne un altro j. e però meno a scaldarlo , giac- Elsttriciia' 285 che i raggi calorifici non iscaldano quel mezzo , die attraversano. Infine confuta grevemente Dalton , clie per ispiegare il freddo dell' alta atmosfera , stabilisce contro il sentire di tutti i fisici , che si La Fequi- librio naturale del calorico , non quando i corpi hanno egual temperatura , ma allorché hanno egual copia di calorico. Càrloluigi MoRicmiri G.A.T.XXXVI. i> ^80 - i" i > I « f i a .1 vi '■^ ')'.i'^ f)fr'r. *■ ('if' ?"■■•• 'r;> ■t^^^'^»i^**«**"^— wim^***^"*^*^^W"^'W^w>— M^^w mi 111. I» I tji^i^i» l.ETTERAi:'URA Z?e/ poema d^Jpazia , o,y^/tìt delle filosofie , mnndatQ alla luce dalla marchesa Uìodata Saluzzo Jioero, ^-/ueste pagine che altre volte resei'o giusto tributo tli lode al valore di sagge donile , le quali nei buo» ni studj pili si distinsero, ed in cui per Ia| chiarissi^ ma penna dell' Odescalchi riportò , non ha guari, bel premio di sua fatica la dotta contessa Garniani Malvez- zi , che donò all' italiano idioma il trattato sulla Rep. di M.Tullio; non taceranno al presente di un'ope- ra d'altra illustre italiana , la marchesa Diodala Sa- Juzzo, che allo splendore degli alti natali, quello più grande aggiunge del coltissimo ingegno , e dell' animo ornato d'ogni virtù. Ne io tralascerò di parlare in tal congiuntura di questa mia venerata e diletta amica ; e sebbene non sia peso adeguato a'miei omeri il de- gnamente disaminare i pregi de' suoi dettati , e solo ammirarli a me si appartenga ; m'attenterò non di me-, no dirne pur cosa alcuna , non forse il silenzio mi venisse ascritto a imperdonabile colpa. Chiaro già suona 4a alquanti anni , e beneraeri - to delle muse il nome della 3aluzzo pei molti volumi di poesie d'ogni genere , non esclusa la tragedia, ch'es- sa mandò alla luce ; ma un epico lavoro , frutto di lunghe e gravi loeditazioni , si presenta pra- ad accfe-? I P A Z I A 287 scere la sua fama. È questo un poema in venti canti, che ha per ti toh» Ipazia , ossia delle lilosofie. Gran- de e generosa intrapresa concepì i'illuslre poetessa nel tessuto di tal poema : A morale scopo dell' opera si prefisse ella di mostrare, come funesti si espcrimcn- tino gli effetti delle opinioni discordi e dei partiti , e come il porre lo stato in civili contese, è colpevole mezzo di menzognera felicita: e mostrar volle insieme la semplicità e la grandezza di nostra religione, e la sua forza su tutti gli umani affetti. L'epoca dell'azio- ne si aggira sul cominciare del V secolo , allorché neir Egitto appariva appena co' primi raggi la luce dell' e vangelo , ed il culto degl' idoli perdendovi a proporzione l'antica forza , più infuriavano le sette delle varie filosofie. La romana potenza era cola in quel tempo alquanto scaduta; la dinastia de'Tolomei precipitava al suo termine; ambiziose speranze facea- 110 insorgere uomini facinorosi ; e perciò fra le con- troversie delle cose politiche e delle religiose, fero- ci erano le discordie, strani gli avvenimenti. Da tutte ooteste cose trae materia il poema. La celebre Ipazia figlia di Teone ,, istrutta delle piii severe discipline , che scrisse delle sezioni coniche e del corso degli astri , e commentò le opere di Diofanto , ne è il primario personaggio. Neil' incertezza in cui siamo intorno molti punti essenziali della storia d'Ipazia, ha voluto l'au- trice appigliarsi alla opinione eh' ella fosse cristia- na, appoggiandosi ad una lettera pubblicata dal p. Lu- po , scritta dalla medesima a s. Cirillo , in cui gli manifesta il desiderio di farsi seguace dell' e vange- lo ; del che fa parola eziandìo il Le-Nain de Til- leraont nelle sue memorie sulla storia ecclesiastica. Ma Isidoro , 1' ultimo de' Tolomei , che ha saputo meritare il nobile amore di tanta donna , è per anco adoratore degl' idoli ; end' è che le passioni 12* 388 L E T T E R A T U R A poste colla religione a contrasto , combattono sen. za posa il cuore virtuoso di quella , e di patetici e svariati colori l'epica tela arricchiscono. Quindi veggiamo la bella eroina scendere volontaria dal colmo della grandezza e della felicita ; ricusare il destinatole trionfo ; e rifiutata per sempre la mano del diletto Isidoro , fuggire a nascondersi pressq Cirillo ai prestigi della gloria e dell' amore. Ferma Ipazia sclamò ... di morte pinse Pallor la donna, che la man funesta Del sacerdote con orror respinse ; Ferma , iterò volta a quell' empio , arresta ! E giù precipitò tutta tremante , E' 1 vel d'Imene gittò da la testa, E pili sotto : Mentr' ei seguia , la vergin tra l'oscuro Volgo precipitando : Io son cristiana , Gridò , cristiana , ne' celarlo curo. Nulla può sul mio cor possanza umana ; Nulla ! saria delitto or l'occultarlo , E delitto appressar l'ara profana. Ahi lo sdegrio del padre ! e chi frenarlo Potria.'' . . l'allor perduto !.. il perder quelli Sì fidi amici ! . . lassa di che parlo.? Pera il mio nome , il volgo empia m'appelli ! Tu , padre , amico , amante ... ah mi consola , Gran Dio ! tu vinci i sensi miei rubelli ! Qui mori la sua flebile parola. Quasi immobile sasso ella ristette Sovra l'arena abbandonata e sola. Un silenzio profondo succedette A la sua voce ; tra' I silenzio immote 3tavan le turbe in vasto giro strette. I p A z I A aSg Tutto il rimanente di questo canto meriterebbe d'essere qui riportato , perchè tutto sparso di vere bel- lezze, che l'una dall' altra prendono maggior risalto j ed ili ispecie il giugnere di Cirillo in soccorso della semiviva Ipaaia. Carità lo trae da la securà Stanza non rare volte : or tratto il vecchio Aveva Iddio da la sua cella oscura. Udì 1 gran fatto * venne : Io t'apparecchio Tetto umil d'alga , o de la vincitrice Virtù d'Iddio ( sclamò ) trionfo e specchio. Seguimi , vieni , vergine felice ! Slbì Eccola da ultimo spirante appife degli altari j hel luogo stesso del suo rifugio trafitta dall' em-* pio Altifone non corrisposto amante di furiosa pas- sione* Can. XIX* Schiude Ipazia così lenta favella : Fuggì lieve com' ombra il viver mio Che qual arida cade erba novella I io dal profondo suolo esclamo a Dio : Prendi mia vita : dammi eterna pace t Ch'io provo un dolce di morir desio. Ed appresso ; Languida rosa ^ul reciso stelo Nel sangue immersa la vergin giacca Avvolta a mezzo nel suo bianco velo* Soavissimamente sorridea Condonatrice de l'altrui delitto : Mentre il gran segno redeator stringea* 290 L E T T E R A T U 11 A Avremmo desiderato che a questo passo avesse fi<* ne il poema, lasciando i leggitori commossi e tra- sportati da molti affetti ; ma facea d'uopo tutte prima raccogliere le sparse fila del bel tessuto. Intorno a? cardine principale della catastrofe » che è la bellezza , il sapere , l'eroismo d'Ipaxia , molti opportuni episodj maestrevolmente s'intrecciano ; ne vi mancano , secondo richiede l'epopea , luminosi fatti di pubblica importanza , come la sommossa degli egiziani per ristabilire sul Nilo il trono de'Tolo- mei , le cospirazioni contro i romani , e simili. Bel- lissimo fra gli altri episodj è quello di Meride che uccide lo sconosciuto fratello (canto XI 11), e lo h pure l'altro d'Anfilia ed Aristea sorelle rivali , che s'incontrano nella Necropoli ( cant. XII ) , l'aridi la del campo ( e. XVI ) , ed altri non pochi. Gran parte dell' azione tengono i filosofi, che sono introdotti ad esporre le loro opinioni e dot- trine nel famoso liceo d' Alessandria. Mirabilmente si scopre in questi tratti il profondo sapere dell' autrice ; e se talvolta vi comparisce in qualche par- ti involuto ed oscuro il senso , debbe attribuirsi alle materie ollremudo astruse e sublimi. Ma non credo prendere abbaglio se ponsò , che molte allu- sioni si ascondano „ Sotto il velame de li versi stra- ni : „ che nei tanti e si diversi filosofici errori di quella età, diresti per avventura adombrati i fatali aberramenti della ragione , che molti secoli dappoi ogni disastro partorirono nella piiì bella parte del mondo. Fra i primarj personaggi fa bella mostra per valore e per magnanimi sentimenti il giovine Isi- doro ; ed è a questo un gagliardo contrapposto il perfido carattere d'Altifone sacerdote d'Osiride, e ca- po del liceo alessandrino , che sotto l' ombra della 1 B À àt^^ 1, À 39! l'eligione e dello zelo tutti egualmente ingannò, e cori sottile politica tutto volge a'suoi ,pr£^vi , disegni. Celar pugnali , ammansare tiranni Sapea il malvagio sacerdote,, d,ao]o Mostrar profondo de' suoi propri inganni; Anfllia animosa guerriera i Aristea debole aman- ti , Oreste prefetto di Roma , sempre mutabile a seconda dei pensamenti dei suo signore, ed in gene- te tutti i Caratteri sono ad evidenza pennelleggiati- La santità di Cirillo , il suo pacifico ritiro ^ il suo mostrarsi a quando a quando ora per sovvenire gl'in- felici , ora per dare onesta sepoltura agli estinti , bella varietà ne presenta , e l'animo racqueta stin- co del fragore dei circhi e delle battaglie. Leggia- dri paragoni, descrizioni viraci, gravi e adattate sentenze , specialmente nei principj dei canti j dalle quali spiccano quasi di lampo gli alti sensi dell* autrice , adornano il poema d'Ipazia , e soprattutto vi è da ammirare alquanta originalità ; viro pregio invero ai di nostri , in cui sembra che le fónti del bello siano quasi esaurite. Per dare un saggiò del- lo stile non sarà inopportuno porre qui sotto Inoc- chio vari squarci tolti in diversi luoghi j e sopra differenti soggetti* Can. XVIII. Così su l'alpi peliegrin , che gira Prima del giorno , e già presso de l'alld Ciglion si trova u'I freddo vento spira 4 E vede de lo nevi il duro smalto , Il color bruno de la mezaa costa, Il gran torrente ^ il rovinio del salto 5 592 Letteratura Stanco '1 pie , '1 cor tremante il monte accosta ; Il non mai vinto tefribile verno Stupido ammira , s'arretra , si scosta. Principio del canto XV Nelle funeste età quando d'un regno La gran caduta minacciata pende Da le bilance de l'eterno sdegno ; Non vero patrio amor , arte sol rende Fra ' servire mutabile degli anni Alta la possa , e liete le vicende- Principio del C. XX. Misero chi non mai sentissi il core Balzare al suon della natia favella. Ne degli avi che furo è lodatore ! E sia pur rozza agli stranieri quella , E sian pur gli avi nati in picciol lido ; Che l'amor dall' amor si rinnovella. Misero chi solcando il mare inQdo Vede apparir de' monti suoi le cime , Ne li saluta col plaudente grido. Son cara patria all' uom dell' ore prime Gli amori , gli usi , ond' ei serbò memoria , Il vecchio avello u'I suo nonìe s'imprime ; L'alte reliquie della patria storia ; E le mura native , il monte , il fiume ; Patria è pur tutto ; amarla è senno e glori»*^ marcio lirico del canto IIL Il profeta di Dio riprese il canto : I p A z 1 A af)3 t persi , i medi insorsero ; È Babilonia segno Fu delle schiere armigere , Mentre tuo popol degno Della tua pace , o provido Signor , creduto fu. Pietoso apristi il carcere Di Sedecia tu solo i Ma tu , nume terribile » Tu conducesti a volo Gli eventi ond' ei poi giaccquesi In dura servitù* Daniel , per te salvandosi Da belve sanguinose , Tra le settanta mistiche Gran settimane ^ ascose Quel che dovea poi nascere Signore e re dei re. Esdra I, o Israel , guidandoti Vinse i perversi affetti. Fra i sei le leggi stettero , Sei al governo eletti ; I Maccabei pugnarono E caddero per le. Guai a chi l'armi vindici Dello straniero implora ! Fra quelle pugne scesero Chiesti i romani allora.; E stranii re sedettero Sul trono d'Israel. Can. XIX. Dentro la valle un venticel penetra Che giù passando fra gli olivi e i mirti Spande l'olezzo per la mobil etra. a^4 L E T T E ' R A T U R A Su' scoglietti del mar lucenti ed irti Nube si stende d'un color di rosa Allegratrice dei turbati spirti. Raggio infocato sulla falda erbosa Non mai la messe bipndeggiante offese « Che nel fecondo sen matura e posa* Principio del G. XVI. Spesso vid' io cola dove s'innalza D'un alpe antica la superba mole Su la deserta ruinosa balza, A'rai crescenti de l'estivo sole Largo torrente che spuma , e si parte \ In due torrenti fra montane gole ; Su larghe ghiaje inargentate sparte A destra van sotto fronzuta volta L'onde cui vita e luce il Sol comparle. Mentre a manca paecipita rivolta L'acqua fangosa , che una neve eterna Gittò fra il limo sul ciglion disciolla. G. XU. Di fiamma si vestia l'opposto monte Mentre adorava Ipazia il ciel , divine Le luci , sciolto il crin sopra la fronte , Le due ginocchia su la terra inchine , Alzate all' etra avea le sue loquaci Brune luci deli' anime reine. G. XVIIL Meon ripone l'onorata testa Del genitor sovra la piuma amica t L'ora eh' egli aspettava ella è pur questa^ ( ..' I p A z I A agS Lascia il padre che dorme : armi e lorica Veste ; poti delia soglia il piede fuora , Ma il cor trattienlo su la soglia antica. Torna al letto paterno : Oh , sclama . è l'ora Forse l'estrema in eh' io vedrotti mai ! Almen l'ultimo addio darotti ancora. Dai figli morte di dolore avrai ; Ma se orbato tu sei quando ti svegli, Deh , padre , non scordar com' io t*amai ! 11 labbro accosta a que' bianchi capegli , Baciar non osa il volto ec. Questa patetica descrizione della notturna partenza che fanno dalla casa paterna i due fratelli Meone e Meride , prepara con bel magistero poetico il tra- gico avvenimento che dk poi moto a tutto il re- sto del canto , cioè l'incontro dei medesimi senza conoscersi , il combattimento , la morte. Molti altri passi meriterebbero di essere ripor- tati ; ma noi consentendo la necessaria brevità , per- ciò si tralasciano. Parve a taluno al primo scorrere il poema dell'Ipa- zia , che tale componimento potesse appartenere al ge- nere cos'i detto romantico che dagli esempi degli antichi troppo si diparte ; e ciò forse per la varie- tà non usata di metri che piacque alla Saluzzo di adoperarvi : ma ove riguardar si voglia alla con- dotta , all'importanza dei fatti, ed alla nobiltk delle immagini e dei sentimenti , si dovrà piuttosto con- venire esser anzi questo poema un degno prodotto tlei lunghi studi fai ti sui classici dalla prestantis- sima autrice. Enrichetta diowigi orfei. ^s^ e 4 CHspi Sallustil excerpta polìtica et mora-^ Ha cum ve/ sione Filaeirii E ratr astici a bellis catilinario et iugurthino , caetera editoria. Jio- mae 1827 apud Linuin Conte^ini ad thermas Agrippae. T XI prenunciato libretto di pagine 74 in forma di ot- tavo risveglia l'antico genio di ricercare nei classici i teoremi politici e morali : grande scuola del costtt'- me e regola del vivere , maniera la più dolce possi- bile ed efficace di ammonire e riprendere gli uomini senza offenderli , semplicemente invitandoli allo spec- chio per riconoscersi. Veramente codesto studio è di un' epoca molto antica e rispettabile nell' origine ; risorgendo fino ai libri sagri, poiché quelli della Sapienza, à^' Prover- bi , f E desiaste sono una serie di teoremi politici e morali autenticati dall' esperienza di molti secoli , e ridotti a certezza per via dell' origine da cui deriva- va la tradizione ebraica. Gesù figlio di Sirac, o quale altro siasi, raccolto aveva, e ci tramandò le senten- ze di Salomone (a) che rileggonsi nell'Eclesiaste. Pas* saudo ai greci , non mancano fra questi simili racco- glitori di sentenze antichissime e di nobili detti me- (a) Sapicntia Sirachi sive Eclesiasticus collatis leetio- nibus variantibus membranarum augustanarum et XIV exmplarium , addita versione latina vulgata ex editione ro- mana cum notis Davidis Hoeschelii , in 8 Augustae Vin- del. i6e4- Sallustio 397 morandi. Plutarco ce ne lasciò un tesoro (a) ttto a risvegliare mai sempre l'ingegno dei posteri a ben dii- re e pensare. Antichissima pure è la raccolta delle sentenze dei savii della Grecia (b). I pochi versi cor nosciuti col titolo Aurea carmina pythagorica fu-. Fono adornati da molti eommentarii di lerocle filo- sofo antico , e di più altri moderni (e). Gli altri ver- si che reputansi Dionysii Catonis de moribus ad fi- lium meritarono la parafrasi in tutte le lingue, e l'emu- lazione del confronto con luoghi paralelli di recenti 'Scrittori (d). i'^b dio Nei tempi bassi Stobeo raccolse e ci tramandò più antiche e maggiori dovizie della politica e mo- rale greca, (e) Suida nel suo lessico ne riunì anche molte (f). (a) Apophtegmata regum et imperatoriim , laconica , lacenarum. Lendini 1741 Grae-Lat. 4. Ed in tutte le edi- zioni delle opere di Plutarco. (b) Septem sapientiunn Greciae aurea dieta , 4 graec. Paris. i5C4, e gr. lat. 8 Antuerpiae 1570. (e) Hieroclis philosophi alexandi-ini commentarius in aurea carmina pylhagorìca de providentia et fato cum notis Petri Needhara , Grae-lat. 8 Gantabrigiae 171C) et Len- dini 1741 t et adiunctis facetiis ibidem i654 voi. 2 8. (d) Dionysii Catonis distica de moribus ad filium le- ctissimis floscuils poetlcis adornata , interpetratione quin- tupliqe : adiecta lemmata catoniana , bistoina critica , et notae virorum doctorum , grae-lal. 8 Amistelodami 1^69 voi. a, (e) Ioannìs Stobaei sententiae ex thesauris graecorum delectae et eclogarum physicarum et moraliuni libri dvio. Aureliae AUobrogum 1609 voi. 2 fol. (f) Snidae Lexicon , Kusteri Gantabrigiae i^oS voi. 3 fpl. agS L E T T E R A T U R yV Zenobio e Diogeniatio ce ne diedero poche ma più rare (a), Per questi gradi l'amore di si fatte rac- colte od . estratti passò ai provérhii volgari chiamati paroemiae^ che A/iq/iel^ MascOpulo in Grecia rac- colse ai tempi del card» !Be*savioue (b\ . . ' Accostandoci vieppiù ai tempi nostri il doltissi- mp arcivescovo Arsenio ci provvide di una nuova rac- colta d' iasegnamenti §\ morali come politici sotto il titolo PraeGlarq. d'iota philosophorum , imperatorum , QratoruinqiiQ et poetar^ni ,. dedicandola all' insigne prottetore delle lettere e dei letterati Leone X (e). Anche dai Ialini si f^era simili estratti d'uomini in- signi nelle lettere (d). Il genio si estese alle raccolte (a) Zenobii compendlum Y«terqm proverbìorum ex Tar- raceo et Didimo collectum , opus lu.cijl«ntiini &l utile. Ha- ganoa^ , aquo 35 {He) , 8 , editio- unica et iusignls raritatis. (b) Ap: stolli Bisaatii Paroemiae , grae. Basilae 8 ex officina ^e^'vagiaQa i538; libellus ! exìmiac raritatis : dein auctus editae ab Elzevinis Graè-Lat. 4Lug. Bai. i5i9-i635: et Antuerpìae a Plautino 1612 Grae-Lat. 4- (e) il libro di estrema i-arità porta il titòlo-'Praecla- ra dieta phllosophorum , Imperatorum oratorumque et poetarum ab Arsenio archiepiscopo Monenibasiae colle- cta. Caratteri romani del museo medìceo in monte cabal~ lino. Termina il libro - Excelsissimae pater ^fili^ et s],i- ritus sancte , Trinitas unius honoris^ a/jostolorum pvin- eipis Petri praec'ibus decimo Leoni sis presidio sémper cantra barharos , ac urbi Romae quieta , imperturba- ta , pacata praebeas tempora. Andrea Scotto ne seguì l'esempio raccoglieado un volume con questo titolo - Ada- gia seu proverbia grecorum , Grae. 4 Antuerepiae iGsa. (d) Senlentiae veterùm poetarum latinorum a Grego- rio Malore colleclae. Lugduni apud Tornesium iS']Z in 16% ri^ Sallustio . ' a^g épì poeti gnomici , e dei più qiinuti frammenti sen- tenziosi di poeti tragici e comici di ambedue gli idio- Bii, che il tempo e le vicende e' involarono. Ma que- ste raccolte ne ristorano in qualche modo la perdita, avendo almeno riunito il fiore rimasto della politica & dalla morale degli antichi (a). L'amore, l'uso , l'appli- eizionedelle sentenze, e degli npophtegmata alla meta dello scorso secolo tornò al suo fonte. Il germano For- schberger ne osservò e ne estrasse anche da Teocri-» to , ed insieme altre da parecchi classici e le rivolse ad illustrare i libri sacvi (b). petuto , Antuerpiae Plaplin. 4p 24° i56i. Polydori Vergilii ppoverbióvum libellus etde iuYentoi»ibns rjerufla Jib, III, Ve- iiet^is i5o3 ia 4/ ' ; (a) ^Eccone uu cenno, Gnomae sive sententìae qx di- versìs gr. 4-° absque ijilla jilpta , sed fiorentina i-eputat.ujr editio rarissima circa annum' 1494. Senteotiosa poetarutp. grecorum opera gr.-lat. if.' Parìsiis. Tiwnebus et Morel- lius 1559. Vetustissimoruin, et sapientjgsìmorum comicorum qainquagiuta , quorum opera integra non extant-, senten- tiae , quae supersunt collectae ab Hor.telio Gr-Lat. 8 Ba- sileae i56c. Comicorum graecorum sententìae Gi,"-Lat. ab IJenrico Sthephano , apud eumdem Paris. j6C)(j in 16. Apophtegmata graeqa a^ Henrico Sthephano coUecta. ParÌ5Ìis 16 apud eumdem Stheph. i568, Gnomici scriptores aliquot , Gr. 8 Basìlae^j5?tl. . - A Sylburgio Gr-Lat, 8 Francofurti i5gi. ; , Ab Heyne et Foi*tlage , Gr. 8 Lipsiae 1776. A Bruncl^ Gr. Lat. ,8. Argeutorati 1784. L. Aunei Senecae et P. Syri Mimi sententìae , Gru- teri 8 L«gd Bat. 1708, Adagia quaecumque ad hanc diem Pauli Manutii stu- dio , atque ìndustiùa , 4 Venet. i585 (b) Theocritus scripturam sacram illustràns , sive sen- tentìae et phrases e poetis graecis ad illustranda sacri- 3oo Letteratura L'ultimo ad occuparsi di siffatte delicatezze fu il dotto gesuita Gabriele Brotier , il quale, posto al crogiuolo Cornelio Tacito , ne eslrasse le sentenze po- litiche e morali, e classificate le aggiunse alia sua edi- zione del tanto ammirato storico. La bellezza del la*» voro più volte riscosse l'applauso con nuove impres- sioni. Dopo Brotier sembrava sopito il genio di fab- bricare simili specchi ustorii di politica e di morale, op- pure esaurita la miniera : ma il libretto che annun- ciamo al confronto degli esempii che rammentiamo , due cose fa conoscere : la novità del soggetto pre- so di mira dall' autore in Sallustio trasandato fin* ora , e l'importanza del suo lavoro regolato da fi- na critica. La lettera dedicatoria premessa al libret- to , manifesta l' autore , il giureconsulto Raffaello Mecenate : quello cioè dei commentarii sulle vite e ge- ste di Messala Corvino, di Vipsanio Agrippa, di Ger- manico ed Agrippina , di Trasea Peto ed Elvidio Pri- sco , e di altri dotti opuscoli commendati nei nostri fogli per lo stile e per la condotta, e per la scelta degli argomenti presi a sollievo delle tediose occupazio- ni del foro. In ciò consiste il merito anche di quest' ultimo suo lavoro. Sallustio , chiamato da Tacito Jlo- rentissimus scriptor (a), era stato perduto di vista nel sentenzioso e politico suo intelletto. Mancava un compendio delle sue sentenze , che facesse serie alle raccolte ora ricordate. Sallustio tante volte ristam- pato , e da tanti uomini dotti illustrato , non aveva ad alcuno mosso il desiderio di fare ciò che Bro- tier fece su Tacito \ di fare ciob l'estratto delle sen- codicis Gracula editae studioquae collectae a Christiano Foi'schbergero , 8 Dresdae Gr-Lat. ^"j^Z. (a) Anna!, lib. 3 cap. 3o. Sallustio 3oc lenze politiclie e morali , clic brillano nei suoi scrit- ti superstiti. Il nostro avv. Mecenate , mentre impiega il poco suo ozio nel preparare un piià antico suo lavoro in- dicato nella lettera dedicatoria - Z>e prudentia civili romanorum a Jìomulo usque ad Aagustum indugi'- nes per testimonia veterum - , ha ordinato l'estratto di cento sentenze politiche e morali di Sallustio , il quale avendo preceduto Tacito, abbastanza fa conoscere come questi seguì il sentenzioso stile di lui, e trop- po forse lo amplificò. Gli amatori frattanto di sif- fatti studii avranno quadagnato nell' annunciato opu- scolo un nuovo mezzo di meditare acconciamente Tan- tica prudenza romana , e la speranza di averne il compimento nell' opera piìi estesa che l'autore pre- para alla stampa. Luigi Tabacchi. Le odi di Pindaro , traduzione di Giuseppe Bor- ghi riveduta e corretta dal traduttore. Firenze presso P. Borghi , e camp, 1827. ( Sono volumi 2. ) I 1 volgarizzamento di Pindaro condotto a buon fine da Giuseppe Borghi ottenne la lode e dei saggi e dei maestri in bella letteratura , e ormai ha anche vin- ta r invidia degli emuli e dei Tersiti. Son già trq anni , che questo volgarizzamento va per le mani dei letterati d'Italia, e tult' uomo confessa , gliA il Borghi ha reso poesia per poesia, e.che' il Pai;'^ naso italico può ben recarsi a gloria di veder- /'/m- menso fiume di Pindaro rovinar pei campi d'Ilar G.A.T.XXXVI. 14 302 LETTEKATUnA lia non meno che rovinò sui campi della Grecia largo, profondo, e impetuoso sprezzatore delle an- tiche ripe. E se è vero che a ben volgarizzare un autore vuoisi tutto l'ingegno e tutto quel modo di sentire e di giudicare le cose , che l'iautore si eb- be , siccome nelle materiali cose vuoisi a traspor- tare un peso quella forza tutta che fu necessaria ad alzarlo , anche il Borghi siccome Piridarò b lau- rea donandus apollinari. E certo era dii'éi quasi impossibile il ben volgarizzare le odi di Pindaro , che per Taltissimo volo dei pensieri , per le mol- te lacune dell'idee intermedie, per le frequenti al- lusioni a cose che piiì non ci toccano e che ci son forse anche ignote , e per la molta licenza di- tirambica , con che egli rompe freni e sintassi, sem- bra quasi oscuro e inintelligibile a chi veramente delle greche cose non sia grandemente istrutto , e dei misteri pindarici non abbia pieno il petto e la mente. Arrogo a questo la somma difficolta , che dee provare se nella sua lingua e nella sua poe- sia recar voglia la poesia di un altro popolo , e specialmente la poesia lirica , il cui bello piìi che degli altri versi non tanto si deriva dalla bontà dei pensieri e delle parole, quanto dalla col- locazione delle parole medesime. Sicché , a mio cre- dere , è di sua natura impossibile il volgarizzare ieon esattezza e con precisione i poeti lirici , e piut- tòsto che volgarizzamenti imitazioni debbono dirsi le opere di coloro , che a tanto pósero l'ingegnò: «d ècco perciò là necessita di esser tanto miglior poeta quanto più di andar lungi dall' originale uno è Costretto. E questa senza dubbio è la ragione, perchcliil 'Bo'rghi ha' jvinta la ptóvà a fronte degli altri volgarizzatori. Certo il sig. professor Mezzanot- te sente molto a deatro in fatto di greche cose , e Thaduzioke di Pindauo 3o3 Ji assai erudite sono le annotazioni , che egli ha poste al suo volgarizzamento di Pindaro : ma i suoi versi cedono moito a quelli del Broghi. Nulla di- remo del volgarizzamento del signor marchese Ce- sare Lucchesini , intorno a cui rimandiamo il let- tore alla bellissima lettera del eh. Salvator Betti scritta e inserita in questo giornale nel volume del mese di maggio. Diremo solo, che per quanto il Lucchesini sia maestro di coloro che sanno iu fatto di greca fa- vella , e che per quanto egli sia Len nutrito del savoroso cibo dei nostri classici , e vada forse sei mila miglia lontano dalla strada che battono tutti quelli f che si argomentano di scriver bene in poe- sia scrivendo in rima tutto ciò che viene loro al- la bocca senza eleganza e senza flore alcuno di co- ^e e di parole , diremo solo , che ciò non ostante il Lucchesini non vince la poesia del Borghi , il quale per un certo non so che di piiì nobile e di pili libero meglio si accosta a Pindaro , e meglio tiene di quell'abito , maestoso sì, ma pur semplice ed elegante , di che vogliono andar vestite le cose li- riche italiane. Non per questo vuoisi dire tutto per- fetto il volgarizzamento del Borghi , comecché egli, secondo che ne dice nell' avvertimento posto a capo delle odi, abbia tolto in questa nuova edizione a cor- reggere quelle colpe , di che fu notata la sua ope- ra quando la prima volta uscì in luce. Chi si ar- gomenta di emular Pindaro , comecché di ali vigo- rose per ingegno e per lungo studio abbia l'omero for- nito , a tanto volo saranno séhipre rome' ceia le sue penne, e rinnoverà sempre il lacrimevole esempio del male accorto Icaro ; specialmente quando trattasi di emular Pindaro non i propri versi lui duce e maestro cantando, ma i versi di lui di altre parole vestendo e in altra lingua trasmutando. E per toccare alcun »4* 5o4 Letteratuua che di particolare intorno queste colpe, clie forse deh- bono piuttosto recarsi alla natura dell' argomento e della materia , che all' ingegno e all' arte del volga- rizzatore, osserveremo da prima, che neppure il Bor- ghi è del tutto scevro da quelle colpe, hencliè in lui di gran lunga più rare, ch'e il Betti riprese nel Luc- chesini : delle parole composte io voglio dire e di quelle viziosissime trasposizioni di aggettivi e di so- stantivi , che i nostri classici non conobbero , e che son tutte estranee alla nostra lingua e alla nostra poesia, biuttaiidone anzi e slogandove la bella sem- plicità e unità di parole e di modi. Ne su questo an- dremo in più parole , essendo per ciò che sembrami abbastanza chiarita una tal verità : se pur non vo- gliasi a viso aperto alla verità contraddire , e creder sofisticherie le gravi ammonizioni di chi gli errori no- stri manifesta e corregge. Farmi in secondo luogo , che alcuna volta il Borghi non abbia pienamente stu- diata la proprietà delle parole, e intemperatamente an- cora abbia o usati o cangiati gli epiteti. Se ciò non fosse non leggerebbesi canuto mare ; pro\>idì avi accorti : fama amabile invece di de- siderabile.a nuca cortese d'aonie lodi, per versi d^ en- comio \,. ergere il volo per Pisola bella , in cambio di cfualche luce si desti alP isola : d"* eterne fiam.'- me fum l'haute e rossa la folgore divina : ed altre cose simili , che sarebbe noioso e inutile il trascri- ver tutl^ , tanto più che non sou molte a fronte di tutta Topera , e son poste con una tal grazia , che non dispiacciano. Quello però , che più grave mi sembra , è l'uso dei, metri , insistendo il Borghi nel credere, che le anacreontiche possano bene rispondere alla mae- stosa dignità delle odi greche. Sia detto con sua buona pace , egli s'inganna di assai , almeno a mio credere. La brevità dei versi , la vicinanza delle Traduzionk di Pìndaro 3o5 rime , l'alternar degli sdruccioli e dei trancili dee necessariamente restringere, anzi necessariamente re- stringe, in poche parole i grandi concelti , rompe il largo corso de' belli e dignitosi modi di dire , ' tronca la gravita di un suono lento e maestoso , e invece d'imitar l'ampio e altissimo volo dell' aqui- la , par che imiti lo sfrenato saltar di cavallo in- domito giù per dirupi per foreste e per burroni ; e perciò non avvi corrispondenza ne convenienza di espressioni e di numero alla dignità del soggetto. Se il Borghi anche nella scelta de' metri avesse con- sultato quei classici , che tanto stndiò a bene e poe- ticamente scrivere , avrebbe veduto che i metri ana- creontici per le odi liriche di grave subietto non furono giammai adoperati ne dai Cini , ne dagli Ali- ghieri , ne dai Petrarchi , ne dagli Ariosti , ne da' Tassi : essendo cotali metri una miserabile e tor- ta e bislacca foggia regalataci con tante jaltre cose non poetiche e non italiane da Alessandro Man- zoni. Cessi dunque il Borghi di porsi dietro alle spal- le l'esempio de'buoni che furono la maraviglia di tutti i secoli : cessi un tanto male , e segna a scrivere ed a disporre le sue clossiche parole in convenienti metri siccome il più delle volte bellamente ha fatto , e al- lora egli sarà certo che le sue opere a lui sorvi- veranno. Noi porremo fine a questi consigli , detta- tici dall' amore del vero e della gloria italiana, le- vando un saggio del bellissimo volgarizzamento del nostro aureo Borghi : onde i lettori vedano quan- to fu giusta la nostra laude , e intendano , clie un poco amari furono i rimproveri dei piccoli errori , perchè non vuoisi pietà coi buoni , e con coloro che bau tanto in se da riuscire perfetti. Vile bas- sezza e servile e indegna dell' uomo onesto e di 3o6 Letteratura clii veramente ama la gloria italiana è l'esser miti sugli errori degli ucraini grandi. Perdoninsi pure ai deboli e a chi non può ergere alto le ali ; ma chi può , non dee per difetto di qualche penna troncare il suo volo , e dee saper buon grado a coloro che per questo difetto lo sgridano , e severamente il ri- prendono , e l'ammoniscono che la mancante penna air omero si adatti. Quanti valorosi ingegni non sa- rebbero restati inoperosi , e anche caduti per non più rialzarsi a mezzo il lor corso , se con loro non si fosse usata una indegna pietà, quella cioè di la- sciarli vivere nella loro miseria ! Ode I delle Pitie. Cetra , comun tesoro Del pitio nume e delle bionde suore , Di gioja eccitatore Te segue il passo , onde la danza è mossa. Al dolce invito di tue corde d'oro Obbedienti levansi i cantori , Quando ai festosi cori Tu gli accordi primier formi percossa. D'eterne fiamme fumigante e rossa La folgore divina Tu spegni , e s'addormenta Del gregge alato l'aquila regina Sullo scettro del nume , E lievemente d'ambo »i lati allenta L'impetuose piume. Tu nubi atre le addensi Sul rostro adunco , e si compon tranquilla La vigile pupilla ; Onde assorta colei nel divo incanto A poco a poco va perdendo i sensi , Xmd^izione DI, Pindaro 807 E palpitando il curvo dorso estolle. Al Mantjp ^pono e molle Pone le sanguinose aste da canto , E pur del sonno si conforta intanto L'istesso dio dell' ar,mi ; Che placide son use L'eteree mente a udir vezzi di carmi , Se parli di Latona L'industre figlio , e le canore jnuse Dalla succinta zona. Uom che a Giove e discaro Odia la voce del pierio stuolo Ne ir ampio mar , nel suolo : E rilegato nel tartareo fondo Quella voce superna odia del paro Tifeo per cento teste orrido mostro, Che nel cilicio chiostro Crebbe nemico ai reggitor del mondo ; Ma sovra l'irto petto immenso pondo L'ampio lido che frena Di Cuma il flutto ondoso , E Sicilia l'aggrava , e l'incatena La cozzante col cielo Altissima colonna , Etna nevoso , Padre d'eterno gelo. Dall' ime sue caverne D'inaccessibil foco escono ardenti Vivissime sorgenti , E vorticoso fumo infr| i dirupi Al ciel , finche v'è giorno , andar si scerne ! Ma come l'ombra ricoperse ,i eampi, Fra spessii tuoni e lampi Dell' agitato mar nei sen piìi ciipi Piombanif notando le divelle rupi. Tal volve di Vulcano 3o8 Letteratura Quel mostro i gorghi orrendi ,'>^"J^^J'!-'" Fero prodigio a riguardarsi e Strano; Pur novello ti fìa Portento ancor se il peregrino intendi , Che vien dall' erma via. Dirà , tra le catene Come inchiodato quel fellon s'adima Dalla selvosa cima Alle radici dell' eccelso monte , E lacerando le incurvate schiene Come ognor lo trafigga il duro letto ! Deh sempre a te diletto , Deh sempre io t'abbia di letizia fonte , O Dio che reggi la superba fronte Del fecondo paese , Dalla qual oggi chiama La sua cittade il fondator cortese ; E lei nel pitio agone Suonava il banditor , recando fama Al cocchio di Cerone, Gusta il primo contento Ciii comincia a solcar l'equoreo regno ' "' Sovra l'ardito legno, Se come sorge del partir l'aurora Il soffio ascolti di propizio vento ; Mentre al ritorno preveder ne lice Aura ancor più felice : Cosi quest' inno i bei principj onora , E l'alte lodi piii famose ancora ''" ' *• Saran ne' tardi giorni ^^^^ ^^ Per volanti destrieri, "^"^'^ ®*«oa &M Per vaghi serti, e per conviti' adorni! ^ '''' Deh a questo' suol di prodi , Tu chiami d'Ascra il fonte è in'Mo imperi, Pon mente , e a questi modi ! ' TttADUZIONS DI PlKDARO 3oQ Nascon dai sommi dei Del terreno valor le prove accorte , E i saggi , e chi per forte Man poderosa , e chi per lingua vale. Ed io , che di Geron cantar vorrei , Non vibrerò con inesperta destra Nella gentil palestra Fuor dello scopo il glorioso strale ; Ma scagliando lontan , braccio rivaio Mi Ha di vincer dato. ' '"^''- Deh sugli affanni acerbi '-'^''^ '''^■ Perenne oblìo diffonda il tempo alato , E sorte ognor più lieta Coi donati tesor governi e serbi Al fortunato atleta ! Ei risvegliar nel core Ben gli potria scorsi pensieri ed alti , Narrando in quali assalti '-lilnii;^ lU Con fermo petto superò contese , '1 ^^'^ Quando raccolse fra i pelasgi onore ,cJa:.T Cui nullo ancor si preparò i l'altezza Di scettrata ricchezza Pel benigno favor del ciel cortese. Ne men fra l'arme il gran carapion discese , Qual Filottele antico , E scosso dal periglio Anco il superbo lo si fece amico. Narran di Lenno a noi , Ch' ivi cercando di Peante il figlio Venner divini eroi. D'acerba piaga e rea ''i'''- ' ' -^ '^i- Languia consunto l'invìocàtb' amerò ^* • ' ^■ Che rovesciò lirapéro ''''■"i D'Ilio , tergenda alfìn gli achei sudori, * Con affannose membra egro movea ,< 3jO L.>*,.'3^^7PfJSy,ll a T U R Af Ma fatai giunse , e ritrovò salute. Cosi pio nume aji^^e Geron nei d\ futuri , e lo ristori , E n'empia i voji coi desjtia migliori ! Or segui meco ^ canto, 0 dea, mentr? ri'Spng ;j., ^j^^^ Delle guadrighe a Dinoraene il \iXì,to,^..,y[ Che straniero diletto , lou'i Del paterno trionfo il lieto suono ,g>,^ gj/[ Non è del figlio in .petto^. Poi ritrovar procura Begl' inni al giovin re oh* £tna corregge , Poiché neir aurea legge u.o , come Serapide presso gli egizii era lo stesso che il Sole presso i greci e i latini. Il perchè nelle antiche iscri- zioni leggiamo spesso s AH . HAIQ . ZAPAniAI IO VI . SOLI . SLRAPIDI Il grande colosso , prima di Nerone , poi del Sole , quello, io dico , che diede nome al Colosseo , ebbe pur la testa coronata di eguale corona , siccome testi- monia P. Vittore, il quale parlando della regione IV, dice che sulla testa del Sole sustituita a quella di Nerone , furono sette rag^i , ciascimo della lun-' ghezza di piedi XXII e mezzo . Egualmente coro- nata è la bellissima testa capitolina rappresentan- te , non già Alessandro , come sognano i volgari , ma sì hene il Sole: come ha dimostrato il celebre Ennio Quirino Visconti , laddove descrive la divina statua dell'Apollo detto di Belvedere (i). Ne diver- sa è la corona : onde la testa del Sele è circonda- ta nella Tavola Borghesiana. Perciò Nonno nel Dio- nisiaco (2) , parlando del Sole che pone la sua co- rona in sulla fronte del figlio , dice cosi : „ E il crin di sette raggi gì' incorona. (i) Museo Pio^Clementino T. I. taw. XlF' (2) Lib. XXXFllL y. Soò. Io a miei dì ho vedute bea cento di queste imma- gini del Sole, si fattamente corong,te , e ne' bronzi, e ne' marmi , e nelle terre cotte , e massime nelle lucerne: al numero delle quali deve ora aggiunger- sene una da me trovata fra le ruine di Tuscolo. I miei compagni in questa impresa del giornale han- no meco voluto che fosse incisa in rame per farne un dono agli amici nostri : i quali vi ammireranno il maestoso volto del Sole , e la ricca corona de' sette raggi ; e la folta capigliera , per la quale Apollo so- lca chiamarsi crinito , e il manto leggiero , che , ven- tilando , da a conoscere il rapido movimento del nu- me. Come pure vi osserveranno le lettere greche po- ste nel rovescio , a significare che la fornace appar- teneva a tal' uomo , che nomavasi Primo. Ma gli è tempo che il ragionare torni al punto dal quale si dipartì. Di sopra è detto , che fra la più parte degli uomini scienziati era concordia quan- to al numero de' colori. Dico ora seguitando , che spesso gli uni dagli altri si discordavano quanto al- la qualità : conciofossechè tale ponesse nel nume- ro de' sette un colore , che da tal altro si ributta- va. Tuttavia, secondo i '^m famosi autori (mi gio- verò delle parole del Borghini (i)) / colori principali erano questi sette : il bianco , // giallo , // rosso , Inazzurro , // nero , il verde , e la porpora . E que- sti medesimi furono cogli stessi nomi , ma con ordi- ne diverso , registrati dal Baldinucci nel Vocabolario del disegno alla qarola colore. E tale era pure stata la opinione di Dante , ne diversa quella di Seneca , il quale ne' libri delle quistioni naturali indicò i sette colori co'nomi teste riferiti , se non che al rosso die- (i) Elp. lib. II. 2IO. G.A.T.XXXVI. i5 3j8 Letteratura de nome di luteo : che è voce equivalenie, come ap- presso dimostrerò. Premesse queste cose , vediamo come esse age- volino la via a dichiarare , e a restituire a buona lezione i versi del canto VII del Purgatorio dal ^5 al 78. E perchè il ragionamento acquisti evidenza , ci giovi di porre nel seguente ordine i sette colori conosciuti per primi quasi universalmente a' tempi di Dante , I giallo II bianco III purpureo IV rosso , detto da Seneca luteo V nero VI ceruleo VII verde. Udite ora i versi di Dante quali essi giacciono nel testo citato dagli accademici della Crusca. „ Oro e argento fino , e cocco , e biacca , „ Indico legno lucido e sereno , „ Fresco smeraldo in l'ora che si fiacca , „ Dall'erba e dalli fiori entro quel seno „ Posti , ciascun saria di color vinto , „ Come dal suo maggiore è vinto il meno. Adunque dirò che ne' primi tre versi Dante ha de- scritti tutti e sette i colori, secondo la opinione , la quale correva a' suoi tempi, E ciò dicendo e dimo- strando ridonerò alla vera lezione forse il verso pri- mo, e senza forse il socondo. I numeri romani , che io andrò via via antiponendo alle parole dell'Alighieri , Divina Coìvimedia 3,c) hanno corrispondenza a quelli , che già ho posti in fronte ai nomi di ciascun colore. I. Oro. Questo è il color giallo ■ ì latini lo chiamarono flavus , gli scrittori de' secoli di mezzo lo appellarono giallus. Con bella proprietà Dante a significare il color giallo si valse della similitudine dell'oro. Che pur Virgilio avea àelio Jlaviwi aurum {Aeneid. / t>. SqG ) , e Ovidio ad indicare le spi- che gialleggianti per maturità, le avea chiamate //«- ventes auro. Dante medesimo nel menzionare che fe- ce delle chiavi di S. Pietro , delle quali 1' una era d'oro, l'altra di argento , diede ad esse nome di gial- la e di bianca. Purg. IX v. ii8 e segg. „ L'una era d'oro , e l'altra era d'argento ; „ Pria colla bianca , e poscia colla gialla „ Fece alla porta sì, ch'io fui contento : e Parad. V v. 5i e segg. „ Ma non trasmuti carco alla sua spalla „ Per suo arbitrio alcun , senza la volta „ E della chiave bianca e della gialla. II. Argento. Qaesto è il color bianco. I due luoghi di Dante teste riferiti mostrano come egli soleva dare si color bianco nome di argento. III. Cocco. Gr. KÒjtKo? , lat. Coccum , med. aev. vermiculus , ital. grana , color vermiglio , color di rosa. Il cocco e un vermicciuolo pregiato di bel colo- re , col quale si tingevano le scelte lane. Onde la voce verniiculus ha dato nome al colore vermiglio. Su ciò V. Papia alla parola Coccum. Era il cocco tenuto in istiraa di colore preziosissimo , e confon- devasi colla porpora. Svetonio (in Ner. e. 3o) e Pli- i5* 320 Letteratura nio (Hist. lib. XXII e. a ) ci attestano che i palu- damenti degl'imperatori avevano colore dal cocco : e Gervasio Tilleberiense negli Ozii Imperiali (| dee. 3 e. 5^) scrisse, che a' suoi tempi eziandio quel ver- me era adoperato a dar colore alle preziosissime ve- stimenta dei re. IV. Biacca. Qm è certamente errore di lezio- ne, o almeno d'interpretazione. Imperocché non sa- rà mai che io possa condurmi a credere : avere Dan- te usata la parola biacca per dinotare il colore de' fiori che erano bianchi. Ne il crederò mai per due ragioni. Primieramente perchè biacca è colore vilis- simo : e per lo contrario il poeta volle assimiglia- re r apparenza di que' bellissimi fiori del Purgato- rio , ai più belli e preziosi colori che sieno a ve- dere nel nostro mondo. Perciò fece comparazione del giallo coli' oro , del bianco coli' argento , ag- giungendovi pur l'epiteto ài fino '^ e paragonò il ver- miglio al prezioso cocco , onde si coloravano le ve- sti dagl'imperatori e de' re. Ne diversamente ado- però quanto agli altri colori , come apparirà dalle cose che si diranno. Adunque io non sarò mai per concedere luogo a quel colore cotanto abbietto e perchè (mi sia lecito di usare le parole di Alessan- dro Allegri Ririi. 3 34 ) „ Perchè a rincontro non può star la biacca ,. Col verzin col cinabro e colla lacca. Che se qualcuno non volesse cedere a questa prima ragione , come potrebbe poi resistere alla seconda.^ Non aveva già l'Alighieri paragonato il color bianco all'argento? Adunque o fa d'uopo negare, che egli facesse nuovo paragone del colore medesimo colla biacca o fa d'uopo affermare che cadesse in una Divina CommiìdiA Sa t inutile ripetizione ; ne solo inutile , ma tanto ab- bietta , e mal collocata , quanto la biacca cede all' argento , e quanto starebbe male a rincontro con. esso. E perchè in Dante non è da supporre incon- gruenza , e molto meno inutilità , dovrà ciascuno concedersi vinto dalle addotte ragioni , e confessare non aver potuto Dante far nuova comparazione del- la biacca col color bianco gik paragonato col fino argento. Per le quali cose io dtabito non forse debbasi sustituire alla voce biacca il vocabolo lacca '^ il qua- le potrebbe essere conveniente a questo luogo , tra perchè toglierebbe via la ripetizione del color bian- co , e perchè dinoterebbe un colore nobile , secon- do che a tutti è noto , e chiaramente appare dai versi dell'Allegri riferiti di sopra. Ne sarebbe da ma- ravigliare il mutamento della voce lacca nella voce biacca- Imperocché i copisti ignoranti , e per igno- ranza superbi , riputavano spesso a propria dottri- na lo scambiare ne' versi quelle parole , che trova- vano ripetute ; senza far punto di considerazione che soventi volte una voce stessa ha piti che una signi- ficanza ; e adoperasi ragionatamente ne' versi rimati talora in un senso talora in un altro. Cos\ per addur- re un solo esempio fra i molti che si potrebbero , la voce pianta può significare e pianta d' albero o d'erba , e pianta di piedi , e pianta di fortezze &c. e può eziandio essere dirivata dal verbo piantare, e dal verbo piangere. Dante usò non rare volte queste ripetizioni di rima. E se tu vuoi vedere ri- petuta da lui a punto la voce pianta , eccola ripe- tuta in questo terzetto (i) : (i) Farad. IX. v. 127 e segg. 322 Letteratura „ La tua citta , che di colui è pianta „ Che pria volse le spalle al suo fattore , „ E di cui è la invidia tanto pianta : ed altre ripetizioni si fatte avrai nel Purg. e. IV V. 137 , nel Farad, e. XVI v. i25 , ed altrove. Similmente potè quel divino far uso della voce lac- ca cosi nel significato di luogo concavo e basso al- le radici del monte , come nel significato del colo- re di questo nome. Ed è cosa , non dirò certa , ma probabile che il ricopiatore del codice leggendo la parola lacca nel v. 7 1 : „ Che ne condusse in jfìanco della lacca : e poi trovandola di nuovo nel v. 78 : „ Oro e argento fino e cocco e lacca : credessse che qui fosse errore di scrittura , sia per la duplicazione della stessa voce , sia per lo suo ignorare clie la lacca tenesse luogo infra i colori : e perciò stimasse bella emendazione il sustituirvi biacca , vilissimo colore, e mal dinotante la bian- chezza , che già bene era stata dinotata per la si- militudine deir argento. Dal quale ardire , onde spessissimo per li malvagi copisti furono adultera- te le buone lezioni , ho ragionato altra volta in quel- la lettera , intorno al volgarizzamento delle favole di Esojio , là quale fu da me indiritta al dolcissimo e dot- tissimo amico mio Salvatore Betti (2) ; e mi verrà fatto (i) 1^^. qiorn. arcaci, toni. XXV IH p- 88. DiVIKA GOiUMKDl.l SaS tìl tlarne prova evidente in uno de' ragionamenti , che a questo seguiteranno. Ma come io non ho avuto ne agio uè tempo a cercare ne' molti codici di Dante , onde venissi a conoscere se in alcuno leggasi lacca la ove nelle edizioni leggesi biacca ; cosi non oso tenere certa la mia opinione. Tuttavia a difendere Dante da quella incongruenza, e da quella inutilità , di cui sopra lio parlato , dirò , che quando nel citato luogo non sia er- rore di scrittura saravvi errore di chiosa. E di ve- ro la parola biacca può dinotare due diversi colori t l'uno è quel candido, ma vilissimo, ch'io rifiuto t l'al- tro è quel rossastro e bello , che i pittori chiamano minio t il quale non è che biacca cos\ trasmutata per operazione di fuoco. Ne direbbe vero chi dices- se , essere il minio , o vogliara dire la biacca bru- ciata , quasi una cosa col cocco t come direbbe fal- so chi dicesse , essere il rosso quasi una cosa col •violaceo-purpureo , dappoiché il Newton ha dimo- strato , che due diversi raggi del sole danno questi due diversi colori. Il minio è del nuraeso di que' colori , a' quali Plinio diede nome di austeri : il cocco è tra quelli, che s'ebbero nome àìjloridi (i). Questo s'invermiglia come rosa non pallida per om- bra , ma tutta accesa per molto sole ; e invermi- gliandosi risplende amabilmente ( per usare le pa- role dello stesso Plinio) ; onde per antonomasia ot- tenne da'nostri antichi nome di porpora , che propria- mente significa colore con risplendenza (2), L'altro , (i) Plin. lib. XXXV e. 6. (2) V. la mia dissertazione sulle Nozze Aldobrandi- • ( nel tom. I p. I degli Atti deWacc. rom. di archeolo- gia p. é35. 324 Letteratura cioè il minio, non h del tutto ros30 , perocché il rosso muovo nel biondo ; ne dell tutto è biondo perocbè que- sto al rosso si accosta. I latini lo chiamarono ruheus , rufus , russili : onde nifi si cognominarono molti di coloro i quali ebbero capello rosso. Ebbe eziandio nome à\ Jìilvas. E a questi nomi si aggiunse l'altro di luteiLS : imperocché nel parlare latino luteus , ove abbia la prima sillaba breve , dinota cosa del colore del fango ; ove abbia la prima sillaba lunga signi- fica rosso gialleggiante (i). Perciò Virgilio diede epiteto di lutea all'aurora (2). E perciò Seneca usò il vocabolo luteo a significare il rujò o rosso , co- me è già notato di sopra. Questo colore rosso o ru/o formato dal brucia- mento della biacca era noto cos\ ai greci come ai la- tini. I greci lo chiamarono , mi sidu^ , Olimpns I Ut miiltìs sic té liiininihus videain» Ed ecco la mia nel volgar nostro j Tu miri gli astri , Beir Astro mio ; Oh potess' io Cangiarmi in ciel ! Te allor con tutti Quegli occhi miei Vagheggerei , O garzoncel. Adunque , stringendo in pocìie parole le mol- te ragionate fin qui , ciascuno vede di per se stesso , che a Prudenza virtù celeste , dono divino , veg- gente per pili occhi , bene si confa il colore del sereno lucido del cielo. Laonde il santo dottore Gi- rolamo lasciò scritto : La prudenza non è assunta a caso nella estensione del cielo- Troverai essere det- (t) Apoìog. ì. 358 Letteratura to /ze' proverbi : // Signore colla sapienza fondo la terra , e preparò i cieli colla prudenza (i). Che dirò io di Giustizia simboleggiata nell' oro ? Verameate a Giustizia si conviene una veste risplendente nel colore di quel metallo. Ov' ella re- gni tutto tingesi in oro , e la terra si allegra di verace allegrezza. Perciò i greci , che la chiamaro- no Astrea , finsero essere stato il mondo aureo tut- to finche quella santissima vi dimorò : ma , lei par- tita , sopravvennero di grado in grado le età peg- giori. E lasciando stare le allegorie degli scrittori del gentilesimo , troveremo nella scrittura santa pa- ragonati gli uomini giusti all' oro ed al sole. Adun- que la veste dell' oro ben si conviene a Giustizia. Eziandio il Buti t(3nne doversi intendere per V oro la giustizia , per lo cocco la carità ec Le due virti^i dette , prudenza e giustizia , se- condo che scrive Dante nel Convito , debbono ador- nare l'anima uella vecchiaia , come le due rimanen- ti , temperanza e fortezza , debbono esserne orna- mento nella gioventù. E percliè ai giovani uomini , acciocché sieno perfetti si conviene essere temperati , infrenando i desiderii , e negando a se molti de' pia- ceri a' quali li renderebbe inchinevoli quella etk , certo che furono di ragionato indegno coloro , che dando persona alla Temperanza la vestirono di ne- gi'e vesti : conciosiachè il nero dinoti privazione di ridenti colori e di risplendenza ; e ne rammenti la quiete ed il silenzio : e ci chiami a quella tran- quilla malinconia , che volge l'anima alla medita- zione delle cose umane e divine. Perciò disse S. Ber- nardo essere tristezza cagione di temperanza (2)» (i) Tralt. delle tre virtù. (2) llom. de villico iniq. Divina Commedia. 33^ Adunque niun colore può meglio significare questa virtù , che il nero colore dell' ebano. Resta ora che si parli di Fortezza , e del co- lore che le si avviene. Questo è il rosso : iiitorno al quale grande era stata la varietà delle opinioni prima che il Newton si facesse discopritore del ve- ro, [niperocchè , se bene tutti gli scrittori delle co- se naturali fossero concordi in ciò, che , oltre al co- lor** del cocco , venisse a noi dai raggi del sole ezian- dio un altro colore rosso , pliì cupo e più oscuro che non è quello s pi^r tuttavia non si concorda- vano fra loro nel determinare questa maniera di colore : e chi teneva le parti del ru/o o lionato , chi quelle del violaceo , o del sanguigno , o di altri colori della stessa generazione. Se dunque lascere- mo nel testo la voce biacca (cioè il nome di quel- la materia , che al fuoco rufescit e si fa minio ) avremo il colore ritfo , il quale viene significato dal leone , secondochè scrive Finnico (i) ; ed avremo in quel tortissimo fra gli animali il simbolo della f or " tezza deir uomo giusto , secondochè leggesi ne' sa- gri proverbi. Se poi alla voce biacca sustituiremo la voce lacca , avremo il colore sanguigno ; il qua- le può ancor meglio dinotare fortezza : avvegna- ché per lei l'uomo si faccia prodigo del suo san- gue a prò del re , della patria , della religione santissima. Perciò piacque alla chiesa che i sac«r- doti dovessero vestire questo colore ne' giorni , in che volle ridurci a memoria il sangue sparso dai martiri della fede. Ma basti di ciò : e queste cose sieno dette più ad abbondanza che a necessita. Im- perocché lasciata eziandio da parte l' allusione alle (OjLib, IL e. 12. 34o Letteratura S(3tte virtù, è già di sopra chiaramente dimostrato l'intendimento dell' Alighieri , che volle nominare i sette colori ne' versi che ho cementati. L. Biondi Desicitli italici fondatori d'Jncona , lettere di ago- stino Peruzzi' Ferrara 1826- 1827 dai torchi di Gaetano Bresciani. {Un voi. di pag. 170 in 8.°) V-ihe siculi fossero i fondatori d'Ancona , e siculi italici anteriori ad ogni greca colonia , tolse a pro- vare il eh. Peruzzi nella prima ed in parte an- cora nella seconda delle quattro dissertazioni anco- nitane , che per le stampe del Nobili uscirono in Bologna nel 1818. Parve altrimenti al canonico Ba- luOl ed al p. Brandiraarte , che quc' siculi vollero di greca origine e venuti di Grecia , il primo per mare , il secondo per terra , a popolare questa già deserta Italia; tenendo quegli che fossero siculi-eno- tri , questi greco-fenicii. A confortare la sua opi- nione vien'? il dottissimo autore con queste lette- re al BalulS , dove per ciò che a noi pare gli di- ce in sostanza così : „ A provare che i siculi erano greci di schiat- ,, ta voi avete dovuto 1° cambiarmi lo stato della „ questione, a.** Dare all'appellazione di popoli pri- „ mitivi indigeni aborigeni tutt'altro significato di „ quello , che ha grammaticalmente , istoricamente , „ filosoficamente. 3.° Interpretare a rivescio non che „ altri , Io stesso Dionigi d'Alicarnasso , il corifeo „ del sistema grecanico , il qual pure costantemente Siculi italici 34 i „ chiama i siculi barbari , e nazione indigena cVlta- „ Ha. 4-° Contraddire a tutti i classici , specialraen- „ te al massimo Tucidide, facendo venire i suoi gre- „ ci , popolatori d'Italia , prima della guerra di Tro- „ ja. 5.'' Fare un solo popolo de'siculi e degli eno- „ tri ; popoli diversissimi , come io ho dimostra- „ to. G.** Far greci questi enotri , che non lo furo- „ no mai ; ma italici primitivi anch'essi, "j.^ Far ve- „ nire i siculi dalla meridionale estremità deU'jIta- „ lia fino al Lazio , ed al Piceno ; mentre è certo „ che dal Piceno , dove avevano stanza , cacciati „ dagli umbri passarono al Lazio , e dal Lazio „ all'estrema Italia , e finalmente all'isola vicina. 8.° E „ per tal modo tutta confondere l'antica storia ita- „ lica. Q.° Far greci anco i pelasgi , che per tutti „ i classici non sono greci , come ho provato con „ chiare testimonianze, io.* Stabilire con capriccioso „ calcolo l'età di Giano e di Saturno , e farne due „ personaggi certi , quando sono incertissimi , e non- „ dimeno tenuti italici da tutti gli eruditi. ii.° In- „ terpretare a rovescio l'oracolo Dodoneo rapporta- „ to da Dionisio e da altri : su di che è a veder^ „ la lettera XV „ . Se tatto questo ha dovuto fare il Baluffi, all'in- contro il Peruzzi , com'era da lui „ ha dimostrato , „ che non sono greci nò i siculi , ne gli enotri , „ né i pelasgi : che sono popoli diversissimi : ha spar- „ so non poca luce sulla oscura storia di questi po- „ poli antichissimi -. ha interpretato giustamente Tu- „ cidide : ha mostrato l'impossibilità , in cui erano „ i greci di mandar colonie in Italia prima dell'epo- „ ca trojana : nei monumenti stessi che ci riraan- „ gono ha mostrato , seguendo il Lanzi il Vermi- „ glioli ed altri sommi , i caratteri della origina- „ lità nazionale italiana ( sebbene migliorati pel gu- 342 Letteratura „ sto introdotto da posteriori greci ) • e senza fis- „ sare l'epoca precisa della fondazione di Ancona „ l'ha riportata largamente a que'tempi , che i si- „ culi erano stanziati nel Piceno prima che gli um- „ bri ne li cacciassero , e prima che i greci spedis- „ sero alcuna colonia in Italia : e senza farsi ad ,1 esaminare di proposito se i siculi discendessero „ da Jafet o da Javan o da altro Noachico , è „ stato contento a stabilire « che fossero primitivi „ e indigeni d'Italia , perchè in Italia trovaronsi „ assai prima d'ogni venuta di greci ; che se per „ incidente li ha detti discendenti di Jafet , santa „ ragione lo ha indotto , siccome appare dalla pri- „ ma e seconda di queste lettere . „ Se i termini di brevità , in cui siamo ristretti « non cel vietassero, ben vorremmo dare il sunto, non che delle due prime , di tutte le XVII lettere : nel- le quali non manca fiore di lingna , e di critica , e di urbanità. Del quale ultimo pregio loderemo sin- golarmente l'esimio scrittole , che senza perdere di dignità con modi assai temperati ha riposto a chi primo gli si fé' incontro. Cosi è bello il contendere degli eruditi , nelle mani de'quali sono le armi non della guerra , ma della ragione. Del resto le anti- che origini de'popoli e delle citta sono ravvolte so- vente in tanta nebbia , che ben può dirsi felice chi sa recarvi per entro alcun raggio di luce. Il che vogliamo sia detto altresì perchè ognuno intenda , che in siffatte quistioni noi non vogliamo farla da giudici ; ma rispettiamo le opinioni degli altri , qua- lunque siano ; contenti riguardo a noi di abbracciar sempre la più probabile, o quella che tale ci sembra. Domenico Vaccolini. 343 Delle opere di Sinesìo tradotte dal greco da Mas- similiano Angelelli coti qualche dichiarazione. Vo-* lume primo, parte prima. 8." Bologna presso Ric- cardo Masi 1827. (Sono cart. viii e 176.) Si, 'inesio , concittadino di Callimaco e vescovo di Tolemaide , fiorì ne' tempi degl'imperadori Arcadio e Teodosio : frequentò la scuola della famosa Ipa- 2Ìa , a cui fu sempre inchinato ( dice il sig. Ange- lelli ) con singolare gratitudine , non lasciando mai di chiamarla dei nomi di madre , di sorella , di benefattrice : e scrisse in greco idioma con tanta puritk ed eloquenza , che al patriarca Fozio criti- co dottissimo parvero le opere di lui mirabili per grazia e per decoroso ornamento. Molte cose ave- va egli composte , speculando sempre in altissima filosofia: ma il tempo ce ne ha tolta la maggior par- te : sicché non ci rimane altro di lui che una ora- zione intitolata Del regno , un discorso Del dono « i due libri della Provvidenza , il Dione , il libro dei Sogni , V Encomio della, calvezza , le due scrit- ture dette Catastasi , due brevi omelie , alcuni in- ni (i) e parecchie lettere. Le quali opere , essen- do a pochissimi conosciute , ha prese ora a tradur- re il celebre sig. marchese Massimiliano Angelelli-, che ben ci ha dato nobilmente oro per oro, siccome e il co- (i) Questi inni sono stati ultimamente tradotti dal sig. ab. Antonio Fontana , già professore di filologia greca nel collegio di Como , e pubblicati in Milano. 344 Letteratura stume suo. Favore veramente singolarissimo rendutd alle nostre lettere, e da dovergliene rimaner sempre e caramente obbligati : \ftero essendo ciò eh' egli affer- ma : che negli scritti di Sinesio può dirsi raccolto il fiore della greca antica sapienza : // lume della quale era ornai vicino ad essere offuscato dalle te' nebre delV ignoranza. In questo rclume sono i dottissimi proUgome- ni del traduttore intorno a Sinesio e alle opere di lui , e le traduzioni AeW Encomio della calvez- za ^ e Ai XII lettere , ornate tutte di eruditissime annotazioni. Delle quali traduzioni ecco un bel sag- gio : ed oh quanto opportuno in un secolo , nel quale una gran plebe di scioperati vuole bestialmente dimen- ticare che solo per alte meditazioni e per continui su- dori si aggiunge alla cima della sapienza , e che le cose sono significate colle parole ! LETTERA GLly. ^ Ipazia. „ Due libri ho mandato fuori in quest'anno ; „ l'uno quasi per superno insitamento , l'altro per „ incitamento delle ingiurie degli uomini. Iraperoc- „ che sono alcuni vestiti di mantelli bianchi e scu- „ ri , i quali dicono che io trapasso le leggi di „ filosofìa studiando nella bellezza del parlare e nel „ numero , e mostrando reminiscenza di Omero e „ delle figure rettori«he , quasi che si convenga al „ filosofo odiare eloquenza e intendere soltanto con „ istudio sottilissimo di curiosità a cose sublimi e „ celesti. E costoro si credono che il meditare del- „ le cose , che sono fuori dei sensi , sia licito a lo- „ ro e non a me , il quale pongo alcun tempo del- Opere di Sinesio 34^ „ la vita in purgare la lingua e confortare di al- „ cuna soavità l'animo mio. E per questo mi ac- „ Cusano di essere acconcio a cose puerili, che i ,, miei libri della caccia , scappatimi non so come ,, di casa , da alcuni giovani , ai quali le grazie „ del greco sermone sono a grado , furono letti „ con molta attenzione e massimamfinte laudati do- „ ve tengono artifiziosamente della poesia e dove, „ secondo che sogliamo dire delle statue , sanno „ dell'antico. Veramente sono tra questi uomini al- „ cuni ardimentosi per ignoranza , sempre disposti „ a parlare di altissime cose ; si che , se t'avvieni „ ad essi , udirai in silogistica forma ragionamenti „ contra ragione , nei quali , come che niuBo di ,, ciò li preghi , si sfrenano al tutto , a fine vera- „ mente di fare utile a se medesimi. Per tale mo- „ do ottengono Tufizio di instruttori del popolo , va- „ le a dire il corno di Amaltea , del quale uopo „ è che siano forniti. Io credo che tu conoscerai „ agevolmente questa generazione d'uomini, la qua- „ le biasima il mio generoso proposto e mi vorreb- „ be pure a discepolo, promettendomi che in poco „ tempo io diventerò sì ardito da poter disputare „ notte e giorno le divine cose. „ Sono poi certi altri , i quali seguitando mi- „ gliore consiglio , nondimeno sono piti infelici so- „ fìsti , ma in questo solo più fortuj;iati , che cer- ,, cando essi pure laude appresso gli uomini , non „ possono conseguirla. E tu sai che alcuni di loro , „ per aver bene studiato nella scienza di fare le „ proprie ragioni o per alcuna calamita , si diedero „ nel meriggio della vita a filosofia , della quale i„ si pensano fare professione per questo solo , che, r„ secondo il modo di Platone , con semplici e bre- „ vi parole affermano o negano le cose , come s^ 346 Letteratura „ giurassero per lo nome degli dei. Diresti che roin- „ bra di costoro venisse innanzi ad annuuziare co- „ se utili e rilevanti. Oh quale simulazione ! quale „ inarcare delle ciglia ! appoggiano alla mano il „ mento barbuto , più venerabili in vista delle ima- „ gini di Senocrate. I quali vogliono dare a noi „ quelle leggi che sono in acconcio dei fatti loro , „ cioè che la scienza non si dee mostrare per pa- „ role , e che degno è di riprensione colui , che „ stima se filosofo senza decorarsi con molto tace- ri re. Onde, usando tale simulazione, si credono do- „ vere essere da tutti riveriti per altezza di scien- „ za. E queste genera/ ioni d'uomini amendue mi ac- ,, Cusano di troppo studio in frivole cose : l'una , „ perchè io non proferisco vanita , come essa ; l'^l- ,. tra , perchè non tengo la bocca chiusa ne por- „ to il bue nella lingua (i). Contro costoro è fat- „ la la mia scrittura , e s'oppone così al parlare „ degli uni come al tacere degli altri. E come che „ io abbia inteso veramente a mandarla incontra ,, questi invidiosi e questi taciturni: nondimeno po- „ trebbe avvenire che avendola io ornata a mio (i) Sopra la più antica moneta ateniese di argento era segnato un bue : onde avere il bue sulla lingua era proverbio presso i greci , che significava tacere per gua- dagno o per prezzo ( V. Eckel , doctr. num. vet. t. 1 1 ) . Ma in acconcio di questo passo di Slnesio mi pare an- cor a ciò che si legge nelle note di Tourreil alla orazio- ne di Eschine contra Gtesifonte , cioè che quando gli an- tichi dicevano , che i discepoli di Pitagora portavano il bue nella lingua , volevano per lo peso e la tardità di questo animale significare il lungo silenasio , che veniva imposto a lorj dal ma«5tro, ( // traduttore ) Opere di Sinesio 347 ,, poter», tirasse l'animo di alcuni di costoro, co- „ me quella che tiene in se non solo dimostramen- „ to , ma laudi ancora della varia erudizione. Per^ „ che in essa io già non mi sono confessato cor- ,, retto delle colpe , che costoro mi oppongono : „ ma per molestarli anzi maggiormente ho posto gran- „ de studio nella squisitezza della locuzione : e in „ questo libro , dove si cerca della elezione dello „ stato , si lauda filosofia, come la migliore e più „ saggia di ogni altra elezione. Ma ciò che si con- „ viene intendere per filosofia , vedrai nella pre- „ detta scrittura, la quale difende ancora gli arma- „ ri dei libri accusati di contenere scritti non emen- , dati : della quale accusa non si tennero pure quegl' „ invidiosi Telchini. „ Se ogni scrittura veramente procedesse , s»- „ condo il proposto dell' autore, con bell'ordine, „ con decoro , con acconci argomenti : se fosse di- „ visa in più capi , come quel divino scritto di „ Piatone , voglio dire il Fedro , n«l quale tutte „ sono accolte le maniere di bellezza ; se fosse così „ artifiziosamente fatta, che ogni parte di essa ten- „ desse al principale proposito ; se da chiara e sem- „ plice sposizione emergesse la persuasione e la „ chiarezza; se ogni cosa insomma risguadasse perqual- „ sivoglia modo di artifizio il fine , che l'autore si „ e proposto t tutte queste cose sarebbero doni d'ar- „ te e di natura. Ma siccome coloro , che sono es- „ perti dell'arte , conoseono una faccia divina ben- „ che posta sopra vile corpo , e ravvisano Venere e „ le grazie, le quali talvolta gli artisti ateniesi vesti- „ vano dell' abito di satiri e di sileni , così non si „ celerà agli uomini sapienti , come agli altri si ce-« „ la , il senso ancora di quella maniera di scrit- 348 L K T T E K A T U R A ,y tura , che rivela e molte e sacre cose , come che 7, non paiano espedienti al suggetto principale csia- „ no sparse nell' orazione senza arlilìzio. E come i „ lunatici soli sentono gli effetti delle apparenze lu- „ nari, cosi raccolgono i raggi della mente accesi da „. Dio in vivissima luce quelli soli , che hanno sano „ l'occhio della mente : per la quale luce gì' intel- „ letti intendono , e le intellettuali cose si fanno „ intelligiLili : in quella guisa che il lume del sole „ entra negli occhi unito ai colori , ne questi han- „ no alcuna virtià se il lume manca. „ Ma intorno le opere mie attenderò la tua sen- „ tenza , la quale se mi sarà favorevole , io farò „ manifesta l'una di esse opere ai rettorici e ai fi- „ losofi , come quella che agli uni sarà, cagione di „ diletto, agli altri di utililk. Ma certamente io nul- „ la cosa determinerò senza sapere il giudizio di te, „ che puoi acconciamente giudicare. Clue se ti pa- „ re degna di essere letta dai greci , e tu , secon- „ do Aristotele , antiporrai verità ad amicizia, gran- „ de ombra e folta la scurera e si stara occulta agli „ uomini. Ma di questa ho detto abbastanza. „ L'altro libro che io scrissi , quasi per coman- „ damento di Dio e come spirato da lui , è graziosa „ offerta alla potenza immaginativa ; imperocché la „ fantasia dell' animo e molte altre cose sono in es- „ So disputate , le quali da niuno dei greci furono ,, infino a qui trattate filosoficamente. Ma che giova „ perdere il tempo in più parole? Questo libro è fat- „ to in una sola notte , anzi in quella parte delle „ notte , in cui ebbi visione che m'indusse a far-- „ lo : onde vedrai che due o tre volte io qui ap- „ parisco , come altra persona , uditore di me me- „ desirno. Certo che quante volte io torno a rian- Operk di Sinksio 349 ,f dare questa scrittura , sono compreso di meravi- f, glia , e, come dice il poeta, pare che una voce di- „ vina mi suoni intorno. Ma tu , che sarai la prima „ di tutti i greci dopo me a leggerla , potrai chiarir- „ mi se questo avviene a me solo o anche agli altri. ,, E perchè sia perfetto il numero delle cose mie non „ divolgate ancora , aggiungo quel libro del Dono , „ che già nel tempo della mia legazione mandai ad „ uomo , che era in grande stato presso il re : il „ quale libro e il quale dono fecero alla Pentapoli t, alquanto di utilità. „ Salvatore Betti. A^ ^a iiJliil .'- .:,ì v.vìih ciir '^•( G.A.T.XXXVL 3So ^'■f*' :■'. Olio , ; ARTI -li W oiJ BELL ^r.K R T L I Sulle antiche pitture di Gubbio. AL SIG. CONTE LEONARDO TRISSIKO DI VICENZA, AMICO RICCI 1 replicarvi che v' amo , e die lio per voi quella stima , che le vostre ottime qualità conciliano a qualunque abbia la fortuna di conoscervi , sarebbe lo stesso , che porvi nella circostanza di dubitarne ; giacche senza tali inutili proteste non potete , che esserne convinto. Stimo perciò più adatto il parlar- vi di cose , che conformandosi a quegli studj nei qua- li siete così bene istrutto, vi renderanno non disgra- devoli le mie lettere. Feci ne' giorni scorsi un breve viaggio fino a Gubbio , città che pochi visitano , perchè posta in una situazione fuori della strada corriera , ed inter- nata fra gli appennini. Era lungo tempo , che an- dava fra me divisando di recarmi in quella citta; ma quella pigrizia , che suol assalire chi rimane per qualunque mese senza escire dal luogo di sua dimora, mi aveva sempre fatto procrastinare una tal gita. iVIi vi ridussi alla fine , e ne fui ben eontento, r« .1YX7/.T.A.;< B E L L E - A R T I 35 1 mentre ritrovai in quel luogo nascosti oggetti tla for^ mare la più grata compiacenza iu chiunque si di- letti di cose, che in special modo spettino alle belle arti. Se io vi volessi in prima parlare di (juauto ria- chiudesi in rjue'contorni di antichi avanzi (Iella ro- mana grandezza , dovrei senza dubbio pormi al ca- so di dinotarvele con tutta quella maestria , che a dotto archeologo può appartenere. Ma siccome di queste cose non sono istrutto abbastanza , vi dirò solo in ristretto , che si conserva un avanzo d'anfi- teatro illustrato già da Sebastiano Rangliiasci A. E. il cui diametro è di palmi romani 3i4 ? e si ha memoria che Cesare Augusto ne ordinasse il restau- ro: il che prova quanto questo fosse antico ; che vi sono i ruderi del tempio consecrato a Giove Appen- nino, da dove furono estratte nel i444 ^^ famose ta- vole eugubino sull'interpretazioni delle quali si oc- cupò pel primo lo Spanemio , che le suppose scritte con carattere greco primitivo , ovvero cadmeo , in- di i padri mani ini le fecero anteriori alla guerra di Troja. 11 Rf^inesio inseguito le sospettò puniche; ibBour- guet nel i73a vie diede l'alfabeto, che cavò dal con- / fronte delle t.ivole latine colle etrusche. Seguirono nelle loro indagini il Gori nel lyS^ , ed il marche- se Maffei nel t']ÌQ- Bourguet e Gori finalmente le spiegarono col mezzo del greco, Lami e Passeri del latino. Lanai per ultimo le credette scritte nella lin- gua degli umbri. Vi sono pure iscrizioni a lettere cubitali , ejd altri resti d'antichità. Se poi tocchìarao l'epoche piii a noi vicine, va^ le a dire quelle ia qui fu prima Gubbio citta libe-' ra , ed in seguito appartenente ai duchi d'Urbino , dirovvi , che pochi paesi di provincia ho trovato cosi ricchi di memorie e di nwnumenti. Il solo pa- n' 352 Belle-Arti lazzo del comune è una delle fabbriche più belle del secolo XIV , ed e disegno di quel Matteo Gatta- poni , che dopo essersi occupato nella fabbrica della fortezza di Perugia , se non erro , fu quegli che cosi bene eseguì il cosi detto palazzo vecchio di Firenze : e tanto più me ne persuado , in quanto die poco diflcrisce questo dalle forme di quello. Questa citta ha pure il vanto d'aver dato ri- cov«-:ro all' Alighieri , e se ne conserva la memoria sculla in marmo nella facciata della casa , che abitò. Nella pubblica biblioteca v'è un suo sonetto , che i più pretendono autografo. Ma non e mio scopo su queste cose far lungo trattenimento. De'quadri, che abbelliscono questa cit« th voglio particolarmente parlarvi , siccome su di essi mi sono principalmente occupato. Avrei voluto trovare qualche cosa di quell'Ode- rigi miniatore , di cui parla con tanta estimazione Dante nel canto XI del Purgatorio, nominandolo per onor d'Jgobbio : ma di esso uuUa mi fu dato rinve- nire , siccome gik temevo ; conoscendosi , clie per la maggior parte della sua vita fu occupato da Bene- detto XI nel miniare molti libri della sua bibliote- ca< Non ebbi però uno stesso esito nelle ricerche , che feci delle dipinture di Guido Palmerucci d'ugual patria , e scolaro di Oderigi , come si scopre da un libro che esiste in quella comunità , che viea detto delle Riformanze. Di questo antico artista vi è un gran quadro dipinto a fresco nella sala del pa- lazzo comunale, opera del i345. Vi si ravvisa nostra .signora sedente in trono col bambino fra le brac- cia , ed ai lati s. Ubaldo pontificalmente vestito , e s. Giovanni Battista. Si vede in quest' affresco il fe- lice imitatore di Cimabue e di Giotto . I colori sono ben mantenuti , ed i contorni hanno quel du- B E L L E - A R T I 353 ro , ch'era proprio di quel primo periodo delle ar- ti. Dipinse in santa Maria Nuova un tal Ottavia- no di Martino Nelli , nel i4o3 una Madonna con diversi angeli. Ma questa non mi fu dato vedere, ia quanto che essendo chiusa in una custodia non po- tetti rinvenire chi ne avesse la chiave. Vidi però di questo pittore un Crocifisso in campo azzurro, il quale se non avessi saputo appartenere al Nelli l'avrei creduto dipinto nel i3oo: tanto a quell'epo- ca si avvicinano le maniere di questo pittore. Uno de'più felici imitatori di Raffaelle Sanzio rinvenni in Benedetto Nucci , di ;coj)olo al dire del Reposati di Raffaellino del Colle. Molte sono le ope- re , che di questo bravo artista si vnggono nella sua patria. Una però delle pregevoli è nella sagre- stia della chiesa di s. Francesco , ed è un crocifis- so , che ha da un lato la Vergine , e dall' altro S. Francesco. La prima ha espresso nella fisonomia il dolore più intenso , e non saprei come meglio SI potesse dinotare un tal sentimento , di quello che fece il Nucci in questa figura. Essa sta ritta in piedi guardando affettuosamente l'osti lUo figlio. Il capo è coperto da un velo finissimo, che attorniale gote, e strettamente si lega sotto h gola in quella guisa , che l'usano le nostre monache. Un manto di colore azzurro la copre da capo a piedi , ed è que- sto punteggiato da fiori d'oro , ed ha pur d'oro il contorno. Le pieghe sono grandiose, sempre per quel- lo che può attendersi da coloro , che dipingevano nel principio e nella meta circa del secolo XV in cui conservavasi ancora negli abbigliamenti quel tri- to , che fu così comune ai dipintori del secolo an- tecedente. Le estremità di questa figura sono bellis- sime , e belle pure sono quelle , che generalmente si eseguivano in ogni quadro dai pittori eugubini. 354 Belle-Arti Feci qiiest' osservazione a qualcuno , cui vidi an- dare a genio queste cose : e mi fu risposto « che pregio degli abitanti di quella città si era l'avere bellissime le mani ed i piedi ; ed in fatto ponen- do mente a questo , rinvenni vero ciò che mi fu as- serito. Prova evidente , che dove la natura è bella , non può a meno di non essere bellamente imitata. Il S. Francesco è genuflesso , gli occhi sono rivolti al cielo , le braccia aperte in atto d'invocare pa- trocinio. Le bellezze di questa figura non sono pa- ragonabili a quelle dell'altra , giacche vi si scopre una maggior aridità , ed il disegno mi sembra me- no corretto. Nulla posso dirvi del Cristo in quanto o questo non vi fu mai dipinto , o pure vi fu so*- stituito quello che vi esiste di stucco , del quale non occorre fare parola. Molti altri lavori potrei descrivervi di quest' artefice , ma vi basti saper del quadro , che fra gli altri a me sembrò il più pre- gevole- Potrei pur dirvi , che Gubbio ha pure ope- re di Raffaello del Colle : ed un dipinto a fresco di quest'artista , che rimane nella chiesa de'monaci Oli- vetani , soddisfa in tal modo l'occhio di chi l'am- mira , che basterebbe questo solo per essere con- tenti di visitare una citlk eh' h ricca di tanto orna- mento. Nell'abside d'una cappella laterale figurò Ra- faello diversi miracoli del beato Bernardo Tolomei. I tratti di questo lavoro per la composizione , pel disegno , pel colore sono d'una bellezza straor- dinaria. M'astengo di descriverveli, bastando il nome dell'artefice per essere persuasi dell'eccellenza dell' opera. Ebbe Benedetto Nitcci un fratello di nome Vir- gilio, il quale fu discepolo di Daniello da Volterra. Le opere però di questo non corrispondo&o a quel- le del fratello , ritenendo egli uno stile totalmente B B L L E - A R T 1 355 divèrso e men-o purgato, come si scorge in ispe- cial modo nella ti^rolà della risurrezione di Lazta- rò i che dipinse nel i58G per la chiesa di S. Do- menico di Gubbio. Felice Damiani allievo della scuola veneziana , come avverte il Rc^posati , (lori nel secolo XVl. Io però convengo con l'abate Lanzi , c!ve più seguis- se la scuola del Nucci di quello che sia la foggia di dipingere dei veneziani. I colori nella maggior parte dei suoi quadri hanno grande vivezza , e la composiziona ha forse qualche volta della maniera di Giacomo da Ponte. Non si scosta però nell' af- fetto delle sue figure da quel modo ch'era proprio della scuola romana , e si vede che i grandi origi- nali di quella scuola gli erano più presenti degli altri; e cosi doveva es^sere in quantochè dalle ope- re ch'egli lasciò si scorge essere stato egli molto oc- cupato neir arricchire diverse chiese dell* sua pa- tria , dell'Umbria, e della Marca Anconitana de' suoi , quadri ed afFresclii. Ha ben ragione , parlando di quanto fece questo pittore , l'abate Lanzi di dire , che mai non esci dal suo pennello opera più bella di . quella , che fece per la chieda degli agostiniani di Gubbio rappresentandovi il battesimo del loro in- stitutore. Agostino Neoflto viene in esso mostrato maci- lente, come quello che aveva fatto asprissimo stra- zio di se prima di accostarsi al lavacro. Dette ad . esso un' età maggiore di quella , che aveva a quell* epoca, mentre al dire di Possidio non aveva ancora compiti i trentatrè anni. È egli genuflesso ed ha il capo sovrapposto ad una conca , e le mani che gli fanno croce sul petto. Il suo vestito è di finissima tela bianca , proprio di quelli che al battesimo si accontano. Non può dirsi quanto devoto sia l'aspet- 356 Belle-Arti to di questo santo , per cui ne sente tenerezza chiun- que su d'esso fissi roccliio. A lui rimane d'appresso S. Ambrogio pontificalmente vestito , che tenendo fra le mani il vaso dell' acqua benedetta amministra il sacramento. Si veggono in quel volto espressi i ca- ratteri della pili eminente santità , cioè quel misto di dolcezza e di grave ch'è proprio di quelli , che toccano il punto estremo della virtìi. E egli attor- niato da sacri ministri , che tutti intenti sono a so- disfare a ciò , che loro incombe ; e non saprei dir- vi se piiì bel contrasto possa darsi di quello, che ci presenta questo pittore , e nelle varie fisonomie , nelle quali però mai non si scosta dal dinotare ognuno compreso dalla piiì affettuosa devozione , e nelle lo- ro vesti , che nella diversità e degradazione de'co- lori danno al quadro il pili piacevole aspetto. Dal sinistro lato rimangono Alipio e Diodato , che so- no presti anch'essi ed essere rigenerati dal fonte di salute ; e con essi rimane folta turba , ed in ogni volto si scorge un' affettuosa maraviglia per quello che jia di mistico quella santissima cerimonia. Mi sarebbe impossibile dettagliarvi a parte a parte le bellezze di questo dipinto. Vi posso però far certo, ch'esso ha un merito tale da potere stare a confronto colle altre opere piiì pregevoli delle nostre scuole italiane. Ha pure finalmente avuto Gubbio pittori di mi- nor marito di questi , ma che però non fanno tri- sta comparsa nella storia del risorgimento delle arti. Ebbe Pierangelo Basilj allievo del Pomarancio , eb- be Federico Brunori che fu ad esso contemporaneo ; e di un' epoca a questi posteriore possiamo conside- rare Giambatista Micheli ni detto il Fulignate , che fu allievo di Pietro da Cortona , e Francesco Alle- grini scolaro del cav. d'Arpino , e divessi altri di Belle-Arti 357 minor valore. Di tutti questi ho veduto in Gubbio e ne'suoi contorni lavori considerevoli , per cui puossi convenire , che la scuola pittorica di quella citta , per quanto poco conosciuta, può essere di gloria alla nostra Italia , e sarebbe di non piccolo vantag- gio che vi fosse chi si occupasse di togliere da una ingiusta oscurità, uomini , che meritano l'estimazione di chiunque brami onorata quella piccola parte d'Ita- lia. Che se tanto fece di se parlare gli antichi stori- ei , non lo dovrebbe far meno ora per quello che spet- ti alle arti , che con molto di onore e di profitto vi fiorirono. 358 oiffJmì Oli iJ29ap i}. iipiiiilli; iiiM II II I I! iiiin i4(iÌr.)|>iB jiìiiiTi; 1 i^fii»4. VARIETÀ' !>110ÌSBfnÌJji'.o' ( ■ ■ r" 'f^wii di Torquato TasM pubblicaa dal oóntó Mario VaU -i^idrigAi' in. Mtìdenet per 4i. Kintenzi t cómp. 1827. ( Un ' .' volninetto di pag. 23. ) ije nozze del prof. Michele Ferrucci colla Caterina Fran- ceschi sono state da tutti con quell' amore ascoltate , con che si ascoltano le più care novelle. Imperocché unione piti gentile e più degna di questa non poteva inmaginar- si , sia per la età degli sposi , sia per l'indole , sia per la dottrina ,• essendo lutti e due assai chiari fra' lettera- ti d'Italia per ogni merito di eleganza e di cortesia. Quin- di ognuno ha pur fatto a bellissima gara nel tributar loro e versi e prose d'ogni maniera : e singolarmente il dotto e benemerito sig. conte Mario Valdrighi ha voluto onorarle col pubblicare tre sonetti e cinque madrigali di Torquato Tasso tratti da' codici estensi.,, Il nostro soa- „ vissimo amico ( dice il sig. Valdrighi nella prefazione „ agli sposi ) ab. d. Celestino Cavedoni , che seppe con „ tanto amore e pazienza mettere cura perchè la Ge- „ rusalemme Liberata divenisse monda de' molti guasti „ prodotti dalle stampe , coi riscontri specialmente di più „ manuscritti , non lasciò l'esame ancora dei codici , ser- „ bali nella splendidissima Estense , contenenti le altre „ poesie , intorno alle quali molte belle osservazioni gli „ occorse di fare. Uno di essi , tutto poetico , è auto- „ grafo : ed un secondo , formato di prose e poesie , lo „ è in gran parte ; potendosi però considerar tale anche V A R I E T 4* 359 „ la minore , benché d'altra mano , per le correzioni ed „ i pentimenti che vi si leggono dì carattere del Tasso „ medesimo : il terzo è copia , e cosi il quarto che con- ,. tiene cose di vari autori. I sonetti coi madrigali , che „ vi presento , sono tutti tratti dal primo manuscritto , „ meno il sonetto quarto che è cavato dall' ultimo. Il „ Cavedoni gli esemplò fedelmente , stimandoli inediti , „ e me ne ha fatta cessione lietamente e per la sua im- „ pareggiabile cortesia verso di me , € perchè non gli „ tacqui l'uso che io ne voleva fare. » Chi volesse un saggio di queste poesie , s'abbia il se- guente SONETTO Febbre maligna , in care membra accesa , Che di bellezza il fior consumi e struggi , E ben mille dolcezze involi e suggi Facendo ingiusta al mondo e fera offesa ; Quai belle spoglie , e di crudele impresa Qual gloria attendi ? Ornai ti parti e fuggi , E 'n altre guance il fior caduco adnggi Ove non faccia alta pietà difesa. .Già diva non sei tu , ma fero ed empio Foco , e ne l'ombra algente orrido gelo | Che di tui'bare il mio bel sol ti vanti. ■ Questo è far guerra a la natura , al cielo , E discacciare Amor da vivo tempio , Vincendo d'empietà mostri e giganti. MADRIGALE. Un donai* un bel fiore , Un mandare un sospir messo d' ancore 9 lino st.vinpier di mano . Uno stringex' di mano , '3'6o Varietà' Son, donne, i segili ond' io non speri in vano. Ma Tun repente langue , E l'altro fugge e si disperde in vento. I/estremo è quel eh* io sento Come fiamma e come angue , Talché' ora gela ed or s'accende il sangue. , Jìfijui-t ilvf! '''"' Poiché siamo però intorno alle cose di questo som- mo , non sarà disóaro eh' io qui rechi una pietosissima lettera sua , purè inedita , la quale conservasi nell' archi- vio vecchio mediceo di Firenze (filza i\^ del carteggio del granduca Ferdinando i ) ed io debbo alla cortesia dell' egregio amico mio sig. Carlo Salvi. „ Sereniss." Signore „ Quante volte io risorgo dalla mia gravissima in- „ fermità , tanto spero di risorgere nella grazia di Dio , „ dopo la quale desidero quella di V. Altezza ; e benché „ piuttosto ora io sia risorto dal letto , che della malat- „ tia , nondimeno ancora vivo, ancora supplico partico- „ larmente l'A. V. e le dimando teriaca ed altri anlido- ,, ti. La prego che non si sdegni che io le ricordi le sue „ graziosissime parole, per le quali non dispero di qual- „ che comodità : almeno nella infermità. Le mando una „ lettera della signora duchessa di Mantova scritta in oc- „ casione di minor pericolo, la quale ho riservata alcuni „ anni , sino a questo per me pericolosissimo. La rac- „ comando al signor ambasciatore io poverissimo ed in- „ felicissimo gentiluomo, oppresso a torto dalla fortuna , „ e chiedo aiuto al G. D. di Toscana per vivere nella „ grazia di Dio e di Sua Altezza , sino a tanto che le „ piacerà. Della mia Gerusalem non parlo , benché io „ le mandassi uh librò avanti' 'ehé infermassi così gra- „ vemente : ma questo silenzio tniè iiigratissimo , ed io V A n 1 K T A* 36i „ mantenerò gratissima la memoria d'ogni aiuto., che le „ piacerà di darmi avanti la morte , seppure e' è alcu- „ na memoria dopo la morte. Bacìo a V. A. umilissima- „ niente le mani. Di Eoma li 24 marzo del 1594. „ Di V. A. S. „ Dev. ed Umiliss. servitore „ Torquato Tasso Chi non verserà qualche lagrima sulla sorte dell' in- felice Torquato leggendo tal lettera , egli non ha cuo- re gentile , anzi non ha senso di alcuna pietà. Certo il cantore della Gerusalemme nacque ad ogni estrema mi- seria ! Che veramente le miserie lo accompagnarono fino al sepolcro , dove , oppresso da tanti guai , dovè finalmen- te discendere in mezzo la troppo tarda compassione de'coa- temporauei ai 25 d'aprile del iSgS. Salvatore Betti. NIHIL OBSTAT Abb.»D. Paulus Delsigaore Censor Theol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Colleg. NIHIL OBSTAT Lauretus Santucci Gens. Philolog. IMPRIMATUR i Fr. Joseph M. Velzi Ord. Pr«d. S. P. A. Magisfeci IMPRIMATUR ~"~r *rÌ Joseph Della Porta Patriarch. Constantimp» f^icesgerens. li V 0 ,, : ••,{<)!• Osservazioni Meteorologiche. % CaUegi^ Hamuno Noi-aubrc 1827. e e (5 I 2 3 4 5 6 8 9 10 1 1 12 i3 •4 i5 Ore ma si- ser. m. s- s. m. ?' s. m. s. m. S' .«• , M- S' s. m. S- s. m. S' s. m. s- s. m, S- s. m. S- s. in. S- s. m. «- s. m. s- , S\ : m. S' s- ' Baromot* Term, esi. a cap ye«I,e Pioggia Ev »j^cir , St,del Cielo 27 P.7IÌ.7 11 »i »i » »♦ 4 w. % ^ ,,10 0 11 97 11 0 9 0 14 5 il 8 ?' 5 i3 0 11 a 5~8~ 9 ° 1 2 5' 6 8 6 7 " 0 2 11 6 0 0 S.O. deb. E- >, N.N.E. „ N. „ ^f- i'orle 1, mod. 1. for. " 1 » „ foitis. " '? ., m. N.O. d. *» 1» N'.E.q. 0 0 0 0. d. 0 0 S. d. •1 »• N. „ 11 q. 0 O.N.O. d. 0 0 » »i »i 11 I 2 2 11. 0 6 1 ■ ser.nu-oriz, nuvoloso ser.nuii.spa' 11 11 nuvoloso chiarissimo coperto nuvoloso IO 26 sa ,1 8 6 .1 1, 8 2 8 i5 9 *3 21 U. 4 ffo I , 3 7 0 28 0 3 11 ». I >* ;. 8 chiarissimo 11 „ 3 2 M „ 3 »>) ,11 ji M 4 5 51 1» 2 ,1 3 8 » 1 4 ". «1 9 •,1 „ " 5 0 IO 0 9 2 ,2 IO 5 7 0 ^^ . 5, IO 0 .3 34 27 3 1 1, ori.p,nn. ») ,» 9 25 14 1 9 M »» ♦ 1 4 5 pic.piog. 1» 11 0 9 coperto nuvoloso 27 1, 3 M 9* ^ 1, IO (^ 6 4 la 5 11 0 3 12 6 I 2 lì ser.nu.oriz. chiarissimo sereno „ fup. oriz. ,, uuv.oriz. .1 li 1 M ,1 6 28 0 0 " " 1, " 1» »> 5 0 12 5 IO ;, 5 0 12 8 10 0 5 5 t3 1» - nebbia bassa 1 a 4 •4 N. d. ' 0 0 » 11 S.E. d. ■'^- -.1 S.O. „ » q. 0 1» 11 1 0 ser.nui'.spa. nuvvluso coperto 11 11 11 .1 1, 6 ., ,. 3 27 11 4 1» 11 2 11 IO 6 1. 9 4 „ 11 5 5 i3 0 11 5, . 12 5 10 7 '5 0 45 1 2 n.sotint.luc. nuvoloso coperto ser.nu.oriz. -' 4 s - 0 5 6 r 5 '»i ■ 2a D ,0 W. foriiis. N.N.O. „ »nggiada s 7 chiarissimo 1» » 7 5 M ;? 4 '1» ?» »ì ' 3 ' 5 5 s • ■ ' '4 Il . ' N. f. U 5» »» «1 0, « S. m. pie.piog. 3 1 11 nuvoloso ,1 8 4 11 9 4 „ IO a 3 8 7 8 5 a 25 1 5 11 11 coperto \ o Ore 1 Barooiet» ■3 i ^ ^ Te. CSI 1 5° 4 12 0 9 ° 4 3 ,12 A.9 4 1 1 9 . iyro. Veuto Piogj^ia Ev ipor» Sr.del Cielo ma 16 gi. iCl- . 27p.llli.^ a8 0 \ lì 1 0 12 0 0 W. q. 0 . ì I pqperto nuvoloso m. 1 " 2 4 5 i5 II 5 i5 9 5' -^ i3 18 7 9 8 N.'E."d. 0 0 »7 S- 1 „ » 5 1 M „ 4 nebbia 1 6 il ' ni. j 'J " 7 j " v » ,N. d, N. a. „ q.o 0 4 N. q. 0 E. d. 0 Q W.O. d. ' 0 0 U.N.O, ,u. J^.E. ^ S. d. 0 0 8.0. d. '» »' iru|iada 1' ■* '■ tp.TfU-le.ori, »' ■ '» \ m. >9 S- s. ni. »o g. s. m. ^• ' ni. Ì2 S' s. m. 2? ^• 5. m. ni. 2i S- • ' s. VI. 26 ^- s, m. 27 fs ■ ^-■ m. 28 ér- 29 ff' ;«. 30 s^. 1> »» »1 „ 1 5 3 5 9 nehbia I 2 chiaritsimo >« »» »♦ » 0 8 6 5 l 3 nebbia 1 3 f ,, nuiyspar, 1. copino chitiiiw.ori. « ì, 0 27 11 7 V „ 5 2 6 10 0 8 5 4 i6 9 rugiada' X f M />. «M«o '» »i „ 10 8 » 9 « 2 0 7 0 8 10 8 3 3 7 6 rugiada . 0 75 ■ 1 5o ; , 0 <òl »» 11 nuvoloso copenp . 7 5 1) i« 0 ,,67 4 0 8 1» „ 6 5 '17 4 ,' » 3 5 0 7 5 4 3 4 II 5 ;.. q^ 0 Q. d. p-d.not. 3, 35 Jfic, pio. \ 2 , ser.ìiny,orù coperto 11 11 3 2b 0 6 „ 1 4 0 8 4 3 3 1 1 37 39 N.O. ,u. ». „ ;,, q. p „ d. 8. ,, „ foi% ' I 7^ •ser'/tiU>.orì. chiarissimo « 3 4 „ 2 9 " „ 0 » „ 4 » » 5 -3 5 t^ 5 t' 7 »9 7 poc^ jie. g« lo '1 ICQ perno : 1» 0 5 3 ^ 3 0 11 26 r, "1. ?? •!• „ q. 0 0 0 W. d. N.E. „ S.S.E. q.o He. di n. alt. 3^ li. I 3 '^chiarissimo „ 1 5 1» f 0 -0 3 t5 5 1» 0 6 22 '4 1 2 nuvoloso sere.nutori» lì j» » „ 3 » 0 7 £711 5 2 0 6 0 5 5 10 27 20 1 4 «cre«o nu\>oloso ..7 6 „ 8 2 n M 4 4 0 5 3 6 0 6 i3 W.E. ior. '. q-o 1 ., niod. 1 pioggia Il li. 7 I I coperto 1» chiarissimo '.:' 'fe -. Tabella dello stato del Tevere, desunto dall altezza del pelo cP acqua sulV orizzontale del mare^osserva- to air Idrometro diRipetta, al mezzo giorno. GIOKm. ' IVIBTBl * PAI. EOr.. 0S6ERVAZI0SI. Altezza massima met. »2, 2o Altezza minima me t. 6, ao Altezza media mei. 6, 97 &65 S Q-l E,]S Z E Ossermzioni sulle due memorie del sig. Pouillst sulla elettricità nelle operazioni chimiche e sul- la origine deW elettricità. ^^jielV^. atmosfera. ( Aniial. de chiraie et de physique t. xxxv. p. 4o3. XXXVI p. 5. ) DI G. B. PIANCIANI DELLA COMP. DI GESU' PJlOf. NIÌL COLL. ROMANO. \tr'\ •■.. . , ^^ueste due belle memorie piene di sagaci ricer- clie e di importanti esperienze , mi vennero alla ma- no , appena si era impresso e distribuito certo li- bncciuolo latino (a) , in cui studiavami di confer-, mare la dottrina del Volta sulla origine della elet- tricità dell' atmosfera, senza però giurare sulle pa- role sue , dissentendo anzi alquanto da luì circa la causa della gragnuola , e dichiarando che nell'attri- buire l'atmosferica elettricità all' evaporazione non intendeva di escludere totalmente i gas , e quelli no- minatamente che mette fuori la vegetazione. Cosi io scriveva prima che venissero a luce le due indica- (a) Specimina Meteorologica. Ilomae 1827 G.A.T.XXXVL i8 366 S e I E N Z K te memorie , e senza avere notizia delle sperienze e delle idee del sig. Poaillet , se non di qualche ra- pido cenno dato in alcuni brevi scritti dal eh. prof. Orioli (a). Ricevute' fjuellé t&emorie y le ho lette avi- damente , pronto a pi'efefii''ft il giudiiJio della natu- ra a quello di un' illustre ma fallibil suo interpre- te , senza però vergognarmi dell' error mio , trovan- domi compagno ad Alessandro Volta. Ma un' atten- ta lettura , se mi ha sempre pivi persuaso della ra- ra sagacila del sig. Pouillet, se mi ha istruito e rallegrato , vedendo diradarsi le tenébt'è dattorno al- la bella e importante teoria elettro^chimica , non mi ha (confesso il vero) persuaso che molto debba can- giarsi nella teorica del fisico italiano sulla cau^a del- la elettricità atmosferica , ne che sia impossibile o difficile ridurre con qualche concessione a concor- dia le antiche sue idee ctflle recenti dell' illustre fi- sico francese. Le principali conclusioni che trar si ponno da Lei cimenti del sig. Pouillet sono ( se ho ben com- preso ) le seguenti. I. Combinandosi i g*^ (Itf stesSo può credersi delle altre combinazioni ) l'ossigeno , o pia in ge- nerale il comburente , il éofpo elettro^riegativo , da elettricità positiva , e dal lato del combtistìbile si osserva elettricità ne^gafiVa:. II. Air incontro (jtiando' si distìioglie una com- binazione ( e ancora isti chimica uaiotìe si debo- le , che non fifieritai iotsè ìì nome di combinazione) dal lato dell' elemento elettró^positivo Si ha! la elet- tricità positiva , la negativa dall' altro. L'àftqwa f* (a) Brevi Considerazioni ec. p. i5. Della formazione dtUa gragnuola p. i5. Sulla elettricità' 267 officio di corpo negativo verso gli alcali e le terre alcaline « di positivo verso gli acidi e i sali. III. Le acque del mare abbandonando molto sa- le nello svaporare , e anche quelle che si alzano dalla terra e da' fiumi , laghi ec. abbandonando sempre in tale itto alcune molecule straniere e spes- so saline , pare die una eausa dell' elettricità atmo- sferica debbano essere le operazioni chimiche che ac- compagnano l'evaporazione. Se si dicesse) cl>e alla causa principale assegna- taf dal Volta all' elettricità aerea dee un* altra as- sociarsene nelle chimicl*e azioni , non pure io accon- sentirei , ma il Volta stesso non dovrebbe troppo dipartitisi di' stìoi principi P^^ accordale il suo vo- to a tal dottrirla. Egli che dopo avere egregiamen- te confutato la ipotesi che l'elettricità atmosferica attribuiva allo strdjjicciarnefito de' vapori (a), pro- tosta però , quasi per amor di pace , non voler so- sleiiére , che a nulla affatto valga tale stropicciamen- to , sarebbe egli stato difficile ad accordare qual- cosa alJe o|)eraziòni chimiche , le quali fino dall' an- no 1769 egli teneva per una sorgente di elettrici- tà (b) ? Egli che ragionando sulle anomalie osserva* te dal Saussure e da lui stesso nelle sperienze , in cui M fa cadere dell'acqua su'metalli ossidabili ro- venli , le tribuisce col Saussnre alla chimica azio- ne, ma no A troppo andandogli a sangue l'ipotesi di lui , che inclinava a òredere in queste operazioni ge- nerarsi fluiide di; gas :ossigene. Sa^ unicameiite o-'principalmenle all'acido carbonico for- mato '' dttVegetali ,jfii<<*>|to- ,f si 'avverte d'i tenersi lungi dagli alberi ^i^ -à?!si€ió?Tìi ,il ichaKo • Sftbssuréi che .sotto essi i'<|leUrici>- -^'kiWlìtédi è milla (;al). iv'iu,.] •;,,:,;;;:.•. • i;T,u. l'i ri .» icYertiamo^ atler'speriCTiae idelMsig/' Pouinet. ! Sè<- mjriatì • de' Ijrani "in i \jìm scatole di vetro eommùni- èatìti fra loro per fili metallici , e con un conden"- iatdve'i ebbe'da; questo segni eieltrici , quasi semi- •'f>te' "figgati vii sia'di giórno , sia di notDe» Da[l vf*- ilvlpe^iresinóssi.óssiei!' -negativa l'elettricità m^'lle cas<- «•setiU&''é.'QielWj t©ilra"j ìconcluso vitrea o po.KitiVft'dbf- ■'V^^' e^serreiftìe'^acs esa^lati. Acciocché gli fjpcfrimenti '>fo.'?'scf'oS diift'òstr&Hvi -, ' ei-a oduiopo ;.'cho iioh sì conclu- ■xiésfae 9'raa^>si 'ossiervàsse Riu^rfOti> isegni ^ne'gas el'eltri- -citi^dì i)iataia{ òppo.sta fe- dipiittefitidita .lOittosopra- uguai- iier-q (Quella de'recipienti. Quanto' 'ciò' fosse «pf^ièrtte jipparira meglio appresso. L'eléttvicSta ddld, dtéss^a natura neltó varie ore del* idi re .' della > notte è' ^ptire •'ilìli risultato paradosso , che' sébibi^a' provare ,' come sititò accenna esso autore ,i che qualche' 'causa ha alterato gli effetti della sémplicei'esalàzione-'de' gas. i;ji:)i ij i .. . :.'.ì:tij ,:^.i\i\-j: ;<.-i')i/yr> o;q ì;im5 ftvis^iì >• i' ' ;.■■ 7: . ■'-i') (, I- 7;!;Pf,M rr— T^— : , zi^Vuo.;'^ ' W .11 (a) Voyag. dans les AIpos/ §. 8o6. oliiiw o Sulla elextiucita' ^rji^S E non potè l'elettricità; negativa osservata ,gen0ràrf si in parte dalla vaporazione^ tlellei pi ahlelR. della 'terra contenuta ne'recipieuti .? Noj> dico dall'Cv^po- razione come tale , ma alpieno , come produttrice , di chimici effetti. Egli è vqrQ icljé ( al ra.enp:^el pri- mo esperimento) i due primi gioiini, ne'qualiìT ger- me non USCI di terra , qiuinlunqiie la superficie- di !r|uesta si disseccasse , non vide iTosservaitore spgnp -xìi elettricità : ma non, poto in que' primi giorni, imr- • pedir tali segni in parte la troppa umidità delJ'am- -biente, in parte la poca forza cùQduttriqedellaj teie- ra per una elettricità ancoi^a di i troppo deboli ten- sione , o l'aderire dell'elettrici là al vetro ? E 3ion si -dovrà una porzione della miariifestatasi elettricità all'. ossidazione, del ilio di ottona che congihiàeejvia -una cassetta col goudensato-iie , e delle Ventiduo eatvé- mità. degli altri undici fili che tra loro congitingè- -vano le dodici cassette ? Ninna ^Iftttvicità pegatim iìfar produrre a tal chini iica i operazipuel bjì seiftljìjia men conforme a'principj, dairautor,e.sj;abiJiti. Di ipiù.: •irUlustre sperimentatore racconta . chéi„i;du!Q iV'olte.ii -segni elettrici cessarono per due o itre giorni é quiafli -i-i.'Jorsero , ma inversi,, cioè le ■cas'sotte maiìifdstarono ■ elettricità vitrea , e coutinuarorii), a mostrajila V tiea- -chèi debolissima V per tutto i il rimanente, della .^e- •■gfetazione. ^, Siamo ben certi che/ cjò ;che) àyvjefte irièHe pianticelle ancor bambine , accada iall.b stesso mudo alle piante adulte e a* grandi alberi ? ,Ghi ile J»f^ sicuri , che non avrebbe jI'A, osservata ogni rvól- J'ta quella inversione; di- segni elettrici, che ducrvo;!- - te osservò , se non avesse bmitato a dieci , o /do- dici giorni le sue ; specionzié, ?, i Nel primo sviluppo delle pianticelle , si è, .principalmente osservato : da Senebier , .Huber ^ GougU , .^ ffeodoro de Saussure,, che v'ha assorbimento di ossigene ed emissione di 31^4 Scienze acido carbonica. Il germe perde il carbonio , c.uc crescendo la dose relativa dell'ossigenc , la sostan- za de'cotiledoni passa allo stato zuccherino , e l'acqua discioltala , la porta nella pianterella , cui serve di nutrimento , finche la radice sia assai sviluppata , e siensi spiegate le foglie. Neil' orzo germogli ante e sensibile jl sapor dolce , ch« diminuisce col cresce- re delle radici. Il ce!. Dagy esaminò due eguali quantità dello stesso orzo : nell'una le radicelle era- no fuori de'semi , in molti di essi quasi un quarto di pollice ; nell'altra meno di una linea : il zucche- ro ottenuto da quella e da questa fu circa come 5 a 6. Tutto ciò non ostante io non vorrò assicurare che nuila affatto debba alla vegetazione l'elettrici- tà dell'atmosfera ; dirò bensì che tal causa , qua- lunque siasi la sua elTicaeia , non può venire a con- tesa con l'evaporazione. Questa è universale , e se non è piccola nei continenti e nelle isole , e gran- dissima nel mare e ne' laghi. Questa persevera in ogni stagione , comecliè con diversa intensità ; men- tre quella nell'inverno di ciascheduno emisfero , è in quello, se non estinta, assiderata e letargica: ep- pure l'inverno , non che raancbi la consueta elet- tricità positiva neir aria , i segni elettrici , a cielo sereno , sogliono esser maggiori , come videro i lo- dati Saussure , Volta e Schubler : e se nelle nostre contrade i temporali sono rari in inverno , in altri luoghi o almeno in alcune delle contrade prossime ai mare , nell' inverno e ne'mesi vicini sono o più frequenti o non meno , che nella stagione , in cui più el\e mai viva e rigogliosa la vegetazione fa pom- pa di tutta la sua bellezza. Mi pare adunque che questa non possa non trovarsi contenta de'secondi onori , e ceder debba senza contrasto il primo po- sto all'evaporazione, '' Sulla |:L)ETTRiqiTA' 376 Ma egli h poi flimostrato clie questa» se si pre- scinda dalle qhiniiclie operazioni , che sogliono ac-r compagnarla , nop è prpducitrice di elettricità ? e che in conseguenza la spiegazione de' fenomeni elet- trici , che nell'evapprazione si osservano , dal nostro A. assegnata , dee non già associarsi a quella indi- cata dal Volta , ma ad essa sostituirsi? Per belle e luminose che siano le esperienze del sìg, Pouillet , io non posso non dubitarne. Egli certamente non crede che tal cosa dimostrino quelle bellissinjie , che riguardano T elettricità delle fiamme di idrogene, cera, olj ec. , o quella che si ottiene bruciando il carbone. Questa ultima non poteva servire al Vol- ta , die tante volte la ripetè , se non a confermare la parte della sua teorica , qh' ei riguardava come la essenziale , cioè che i corpi passando allo stato .eias|tico, rubano elettricità all^ terra, npp però l'al- tra (jh? ciò facciano per aun^entat^ c^tpacità , apche ,aUor;;i. cbe altra causa non infervjepp} giaccjb^^ ei fìOjì lignorava la corabustioiii? y^sspi* fenomeno ?hi- -ijiipo , ne dissimulava da tali fenomeni pr^odursi gli .affetti elettrici. Ho d^tto tale fisp,erienza essere sta- lla ,sp,es so fatta dal Volta y «on solp perchè innu- pier,j^bili volte osservp rplettrigità uegativa de'car- bp^l ^ del corpo copdpittore , su di cui jjrdeyaiio , 0J4 perchè ebbe più fijte segni di elettricità positi- vjj 4^\l Pouillet ( XXX-V. p. 4o5 ) , ?finpq,Qhè il VpH* raccoglieva l'e^lq^ltripità positiva ad ^It^zzi no- tabile, e quegU §plp a 6 o 8 centimetri sopra un carbpnfi ardente. ( Le sperienze eh? noa senza molta apparenza sembrano coneludenti al sig. Pouillet , per torre ^j6 ■^■' S''c"'i' e'-^ Ì'H'^' 'm''èv\ifóH sentito e sdegnoso che ogni più di niente debba ma- nifestare , che il contatto del platino dava al conden- satore tanto di elettricità positiva quanto poteva ba- stare a rendere insensibile la debole negativa pro- dotta dall'evaporazione ; che per avventura la copia , del liquore sopranfuso al crogiuolo era .sempre o spesso troppo piccola , l'aria circostante troppo cal- da , e deferente, e però atta a disperdere la elettri- cità, che lentamente svolgevasi nelJa lenta vapor azio- ne, .1 contatto col metallo troppo menomo, quan^. do l'acqua si foggiava in globettino , e troppo rapi- da [esplosione, allorché in un-attimo l'acqua eia lanciata onde avesse agio il vapore di arricchirsi a spese del metallo di tutta l'elettricità positiva, che può esigere il nuovo suo stato, potendo esser vero 378 Scienze quello che il Volta credeva , cioè che i vapori non possano in un'istante pretìdere quanto loro abbiso- gna e satollarsi di Jlaido elettrico ; che l'acqua di- stillata è pochissimo conduttrice (a) , se toccai mate- rie che non può intaccare; che sapendosi che l'acido solforico concentratissimo , il bromo , il jodio , il cloro liquido ^ conducono qual poco , qual nulla la debole elettricità , e assai bene la conducono misti ad acqua , anche distillata , non dee sorpendere che l'A. avesse dall'unione di tale acqua con l'acido sol- forico ò con l'ac. acetico i segni , che gli ricusava ciascuno de' tre corpi isolato ; che l'elettricità pro- vando ostacolo al passaggio da un corpo liquido ad un metallo o per converso (come dimostrano le bel- le sperienze del prof. Marianini e del prof. A. de la Rive ) è ben naturale che tal difficoltà sia mag^ gioré , scJ il metallo non si congiunge all'acqua o ad alcuno de' suoi elementi, ne mostra per essi af- finità , e però l'ossidabilità (b) del metallo ( come notò ad altro proposito il Volta ) può giovare a que' segni che presuppongono una corrente elettri- ca , ancora se si prescinda dalla elettricità prodotta diille azioni chimiche , che l'acqua pura non ade- risce a'metalli roVeriti e in ispecie al platino , come ci inseguano le osservazioni del Leidenfrost , d^l Klappoth , e del nostro A. ; che finalmente suU' ar- gento più deferente del platino , che mostra qual- che attrazione per l'ossigeno e su di cui l'evapora-^ zione non suol essere mai precipata ^ quanto su di altri corpi metallici e non metallici ( come impiria- (a) V. Ann. de Ghrrri- et de Phy. T. XXXV. p. 16-^. (b) Vedasi su ciò Becquerel. Ann. de Ch. T. XXXV p, 127. Sulla el^sttricita' 379 rao dalle sperienze del Saussure ) '^bbe l'A. risultati analoghi a quelli del Volta e del Saussure , benché non vedesse traccia di ossidazione. Di leggier peso sarebbono per avventura que- ste difficolta non fiancheggiate da fatti positivi , per distruggere de' fatti , comechè negativi : ma non mi sembra temerario chi accordando ( principalmente ìq grazia delle sperienze del sig. Becquerel e di quelle del nostro A. ) le chimiche azioni produrre elettricità , creda manifestarsene anco nella sola mutazione di sta- to de' corpi , allora eziandio che è questa scompa- gnata da qualunque chimico effetto , se tal creden- za appoggi a fatti positivi. L'A. dove parla delle sperienze anteriori non ben d'accordo tra loro sul prodursi o no elettricità nella combustione del car- bone , eonchiude da quelle , che certamente il bru- ciarsi del carbone da elettricità ; imperocché se non ne desse , mai non si potrebbe osservarla. E ciò che diceva piiì in generale un grande nostro scrittore : „Io delle sperienze credo esser proporzionatamente ve- ro quel che delle risposte dell' eco. Altri le ode, al- tri no : e amendne dicon vero : ma non il secondo , se del non udirlo inferisce eh' egli non parla. „ (a) Viene a dire in somma che alle sperienze negative (volli dire alle non riuscite) vanno preferite le po- sitive. Ne io pretenderò che le positive dimostrino , nel caso nostro , svolgersi elettricità per la sola vapora- zione come tale : dirò solo che sembrano non pure darmi qssq il diritto , ma impormi il dovére di du- bitare. E i motivi del mio dubitare sono i seguenti. L'A. dice che il Lavoisier e de Laplace , il frol- la , e de Saussure facevano le loro sperienze in (a) Bartoli. Del suono. ■'3$o Scienze ^"dóìpienti! di metallo. 'WYoh^ però accenna in più luoghi le sperienze fatte in recipienti di vetro , por- cellana ec Neir Addizione alla vu lett. sulla me- teorologia elettrica scrive : „ Or come va che tutti ;,, i vapo-ri , per quanto diversi essi sieno , quelli cioè ,, dell'acqua , dello spirito di vino , dell'etere , degli „ olj ec.i'come va, dico , che tutti questi vapori sian ,', isempréKjuclli , che '. . . debbano contrarre l'elettri- „ 'cita ir//' 'eccesso , obbligando ad elettrizzarsi per di- ^^.fetto ', ferro , e rame e argento e porcellana e ve- ,■5-, ^ro e legno e carbone e acqua, e aria, quanti in: „• sómma sou' corpi: da cui si staccano ? L'unico ca- ,!, so del ferro è del rame che tocchi dall' acqua',7 ,, allorché sono roventi ec. . . . Ciò non potrebbe aver ,5 luogo per tutti quanti i vapori e per tutti quantr i' ,5 ;corpi con cui vengono a strofinarsi, se tale strofina-' „ mento appunto fosse la causa prossima dell'elettrici-» ,i tà.'E non 'dovrebbero i vapori oleosi almeno stro- „■ finandosi contro r vasi di terra , e meglio ancora di ^^ vetro ec. ,, (a) -' H Saussure ha fatto , io credo , minor nume- ro 'di sperienze , ma più minutamente le ha descrit-! te. Egli ci assicura che faceva i suoi sperimenti con acqua distillata; che dopo essersi servito di varj me- talli,, per , provare una terra esente da. ogni mi- stura metallica , prese una tazza di porcellana bian- 6a ^ la cinse di sabbia in un crogiuolo di argil- la^ la f die divenire incandescente ^ e acciocché ser- basse pia a lungo il 'suo calore , la lasciò nel cro- gìuo^o'l, allorché' >lct mise in esperienza. Gittandoci racquK.-, né ebbe séghi' 'elettrici (senza condensato- re ) fino dalla prima projezione (il che non era av- (a) T. 1 P. II p. 271 279. .Oiioiic. liU Sulla elettricità' aSt ' vomito ne' metalli ) e questa fu senipie negativa con forme al sistema del Volta, (lachc cessarono i se- ^ni , divenendo troppo lenta l'evaporazione e rom- pendosi la tazza. Ripetè l'esperienza o piuttosto la serie dì esperienze , due volte in due altre tazze di porcellana di fabbriche diverse , e il risultato fu ap- puntino lo stesso (a). Non è dunque esatto ciò che ha scritto il nostro A. Piuttosto avrebbe egli potu- to tribuire l'efFetto all' ossidazione del fdo metalli- co , che pare certo che dovesse essere introdotto nel- la tazza , per condurre l'elettricità all'elettrometro. Veramente è strana cosa che la poca ossidazione che po- tè soffrire quel filo in pochi istanti , e quella mi- nore ehe sòllriva nelle successive infusioni (suppo- nendosi già ossidato nella prima) bastassero a da- re senza altra causa elettricità sensibile all' elettro- metro di Saussure , che non era certamente sì squi- sito come quello di Bennet. Strano è , dico , che quel filo a tale elettrometro recasse sensibile elettricità (cioè, come supponesi , si ossidasse) 8 volte nella prima serie di sperienze sulla porcellana , onde cir- ca 34 volte nelle tre serie ; e probabilissimamente es- so filo l'avea portata nelle sperienze precedenti una settantina di volte in circa : ne mai il filo fu ripu- lito , giacche né il Saussure ciò avverte di esso co- rfie fa del crogiuolo di ferro , ne mai osservò o so- spettò tale ossidazione (giacche sperimentando nella porcellana credè avere escluso ogni particella ossi- dabile ) benché sospettasse alcune molecole di rame o di altri metalli calcinabili miste all' argento in apparenza puro , e il poco ferro che qualche chi- mico ha trovato nel quarzo il più puro potere al- (ii) Voyages daas les Alpes' §. 809-8-8. G.A.T.XXX.YL if) aSa Scienza terare e rovesciare i segni elettrici (a). Strano pare ancora che il sig. Pouillet nelle numerose sperienze e senza dubbio accuratissime , fatte con crogiuolo d'ar- gento non abbia, unitamente all' elettricità negativa , avuto alcun segno di ossidazione. Dopo alcune spe- rienze non doveano le poche molecole straniere, che potevano supporsi nella superfìcie dell' argento , es- sere già ossidate e incapaci di ulteriore ossidazione ? Perchè , mentre infondendo acqua al rame o fer- ro candenti ebbero spesso il Saussure e il Volta elet- tricità positiva ( forse perchè facendo communicar r elettrometro coli' interno del recipiente , avevano l'elettricità dell' ossigeno ) perchè , dico , facendo bol- lire acqua su rame , ferro o argento non candenti ed esso Volta ed altri non ebbero che elettricità ne- gativa ? (b) La minore ossidazione può diminuire l'ef- fetto , ma non rovesciarlo. Se questo si ripete dall* aria che abbandona l'acqua bollente, quella che già Ila bollilo non dovrebbe più produrlo , il che non so da alcuno essersi osservato. E anche difficile a in-. tendere , come dovendo ( ciò mi pare dedursi da' prin- cipj dell' A. ) l'elettricità negativa trovarsi dalla par- te dell'aria, restino negativi e l'acqua, ed il reci- piente , che quella abbandona. Se ciò non basta per prudentemente dubitare, io non aggiungerò che il Volta ebbe segni elettrici coll'acqua calda non piti di 70** o anche solo 65° R. (e) ne che contrarj a questi segni ( secondo il solito negativi, e però opposti a quelli che aveva da una forte ossidazione) erano quelli, che otteneva, esplo- (a) §, 823. (b) V. anco Sauss, §. 806, (v) T, I p, U, p, 219, Sulla elettricità.' ' 283 rancio l'aria della parte superior della sala , sul cui pavimento era collocata una caldaja d'acqua or bol- lente or calda solo Co°, 5o° e anche meno (a) : ne aggiungerò che esso Volta col mezzo del duplica' toro a molinello di Nicholson otteneva segni di elet- tricità negativa da una verga o lastra di metallo , o di legno , dal cartone ec : isolati ed esposti per breve tempo al sole , o al fuoco o collocati sempli- cemente in luogo caldo , tantoché perdessero per evaporazione parte dell'umido aderente , ed all'op- posto di elettricità positiva da'essi metalli , legni , cartone ec. lasciati esposti qualche tempo in luogo pili freddo ed umido (b) : su tutto ciò io dico non farò forza. Ma come non dubitare se si rammenta la bel- la scoperta del Tralles della elettricità delle cate- ratte o cascate d'acqua , e le tante sperienze fatte in appresso dal Volta , nelle quali ebbe elettricità ( sempre negativa , come negativa 1 avca avuta il Tral- les ) non solo dalle grandi cascate , ma e da' ru- scelli e da' canaletti d' acqua cadenti grossi , talor come un dito , e da' gorghi d'acqua rivolgenti le onde schiumose e frementi sotto i suoi piedi, e infi- no dalle chiuse o cateratte fatte ad arte a' canali delle campagne lombarde o da getti delle fonta- ne artificiali (e) ? Egli è vero che queste acque contengono sempre qualche sostanza straniera , che esse svaporando depongono in parte , benché non sia da credere che le cascate d'acqua del Sempio- (a) Ivi p. 154. (b) T. Il p. II p. 47. 48- (e) V. Lelt. VII meteor. el. t. I p. II p. 238 t, IL p. I. p, 23. 284 Scienze ^r-.-'l f,' . ne , e la Pis.sevache poco lungi da Martigny nel Vallese ( mentovate in ispecie dal Volta ) depon- gano tanto carbonato di calce , quanto le nostre ma.'mifiche e famose cateratte del Velino e dell' An ie- ne; ma se l'elettricità si dovesse a questa sorgente, dovrebbe ay^ervi elettricità negativa dal lato dell'acqua, e positiva dal lato del vapore : come dunque l'elet- tricità è stata sero[)re negativa, benché l'elettrome- tro fosse sempre dalla parte del vapóre,' e. alla Pìs- SGvache fosse pii^i di loo passi lungi dalla cateratta, e ove pel vento contrario non giungevano ne goc- ciole ne nebbia sensibile? 11 Tralles da' prima in- clinò a spiegare questo' effetto per l'attrito delle goc- cioline coll'aria ; ma ben presto convenne col Vottii e lo tribuì aire' apofazione: ne io credo cbé alcuno ora dall'attrito deduca tìelle gocce 'o 'del' vapdVe l'elettricità osservata il più delle volte sè^niià condéii- satore, col solo' elettrometro ( à paglie' ^'''i'fili d'di*- gento' con globetti di sughero) imnlersd' lieif aria non meno che nel vapore, e assai spesso fra una nebbia, che anche al vetro avrebbe impedito' 1 elet- trizzarsi per veemente attrito. " . ,' Il cel. Berzelius nel Manuale di Chiiitica'ii- porla questa sperienza del Grothus. Si fa gelar l'acqua con prontezza in una bottiglia di Leydèn ,Ma cui esterna armatura non sia isolata; la superficie in- terna si trova debolmente positiva.. Sé"" ri ''si fa fon- dere rapidamente il ghiaccio, l'interna' superficie' di- viene debolmente negativa e l'esterna positiva- Qiie'^ sto sperimento non rende^ probabile che l'acqua mu- tando stato svolga elettricità ? Attesta il sig. Pouillet che le soluzioni deboli o concentrate de' gas , degli* acidi o de'sall da'nno al crogiuolo elettricità negativa. È verisitnil'e , nel suo sistema , che l'idrogene e l'ossigent ^ i sali aci- Sulla ELETTniciTA' 385 tli e i sali eoa eccesso di base cìiauo la stessa elet- tricità ? Non dovrebbe qualche gas elettro-ncgaSi'- vo, per esempio il gas acido carbonico, sfuggir più prontamente dell'acqua , o lasciare al crogiuolo elet- tricità positiva per la stessa ragione per cui, secon- do l'A., l'ammoniaca lo lascia negativo ? Tutto ciò si spiega assai bene ammettendo col Volta l'elettri- cità prodursi non pure dalle azioni chimiche , ma eziandio dall'evaporazione come tale. Aggiungo una cosa , che parmi debba esser di molto peso per alcuni fisici , comechè niuno possa averne, nell'animo di altri. Il P. Beccaria osservò la debole: elettricità aerea positiva avvivarsi al cader della guazza. Dopo lui il Volta scrisse l'elettricità positiva di cielo sereno crescere all'entrar della not- te più o meno a norma della rugiada. Benché non creda la cosa contrastata , aggiungo la testimonian- za del Saussure che attesta l'elettricità positiva del cielo sereno indebolita dopo il meriggio , ravvivar- si al cadere della rugiada , ed allora esser talvolta maggiore che in qualunque altra ora del di. L'elet- tricità sempre positiva della nebbia , detta dal Vol- ta straordinariamente forte , è secondo il Saussure e gli altri osservatori la maggiore che osservisi a cielo non tempestoso , e cessa tal forza al dileguar- si della nebbia. L'attestazione del Saussure vale tan- to più, che era esso portato a credere il vapore ve- scicolare assorbire l'elettricità positiva , e l'elastico cacciarla fuora: ne la elettricità dolla. nebbia è quel- la dell' aria superiore dalla nebbia condotta giù , che in tal caso non sarebbe maggiore. Queste os- servazioni , ed altre che potrebbono aggiungersi del P. Beccaria , del sig. Schubler ce. non provano che il vapore elastico trasformandosi in vescicolare o in goccioline , dà elettricità positiva ? L pur vi- 286 . Scienze sibile , dice il Volta , nella vigorosa elettricità pO" sitiva , clie salta fuori dalle nebbie , massime al loro primo comparire , che dessa è spremuta fuori , a così dire , da'vapori elastici , allorché condensan- dosi prendon forma di vescicolari , ed è di nuovo assorbita, ritornando questi allo stato di vapori ela- stici. So che il sig. Pouillet potrebbe senza allon- tanarsi da'suoi principj ammettere tutto questo , e dire che la debole elettricità acquistata dal vapore elastico a motivo dell'azion chimica da segni mag- giori , se più molecule di tal vapore si uniscono a formare una vescichetta o una gocciola , e tor- nano a darli minori , se tornano a risolversi in va- pori elastici , e ciò per diminuita e poi di nuovo aumentata superficie, appunto come nel noto spe- rimento frankliniano della catena ora distesa , ora raccolta nel vaso metallico. Ma se ciò dice , già combina in gran parte col Volta , e spiega come egli fa , il più de' fenomeni elettro-meteorologici , che altrimenti non sarìa lieve spiegare. Se poi così dicesse , ripiglierebbe il Volta , cui non potrebbono non consentire un Franklin , un Beccaria , un Saus- sure (v'ha nomi che contrappesino questi , ove trat- tasi di meteorologia elettrica ? ) e quanti non di- stinguono l'elettricità positiva da ciò che dicesi flbi- do elettrico , ripiglierebbe , dico , che se svaporan- do la nebbia , cresce colla superficie libera del va- pore la sua capacita elettrica , così crescendo per r evaporazione la superficie libera delle molecule acquee , dee crescere la loro capacita elettrica , e però deono alle circostanti molecule rubare il fl»i-^ do elettrico ed appropriarselo. La efficacia dunque de'fatti ora accennati per la questione attuale di- pende dal decidere , se il cosi detto fluido elèt- trico sia una cosa coU* elettricità positiva « o vera- SuiLA. klettricita' 287 mente sia un composto di due fluidi , de'quali l'uno Siam costretti da* fatti ( e antichi e nuovi ) a ri- guardare come più energico , senzadio tal preva- lente sua forza punto turbi l'etiuilibrio elettrico de' corpi vicini ; o in altri termini , dal decidere se la gran copia di elettricità positiva diffusa abi- tualmente neir atmosfera supponga nella terra soltanto un relativo djfetto , ovvero se quella enorme quan- tità di fluido positivo supponga accumiilata alla su- perficie della terra una egual copia di fluido nega- tivo , la quale niuno ha finora osservata. Ma Tesa- rne di ciò non appartiene a questo scritto , ne a me la decisione. Decida chi piià sa , e col giudizio non parteggia se non col vero , o con ciò che più al vero somiglia. Prospetto dei ri slittamenti ottenuti nella clinica medica dell* I. lì. U> di Padova nel corso dell* anno scolastico iSaS. «4' dall* I. R. consigL di go- verno e P. O- pfof. eav. Valer iano Luigi Bre- ra ec> 0C> Idem . . . DelVanno scolastico 1824. 3 5. ec ec (Fé* di il voi* di aprile 1827 pag> 4^0 Ordine III. Ivlalattie per virus contagioso* Sono ivi nel primo genere contemplate le sifilidi , e nel secondo dei prospetti , dei quali rendiam con- to , precede alle medesime un erudito ed interessane te compendio dei varj principi dedotti suU'argomen-' to dalle lezioni medico-pratiche di queir esimio pre- cettore. Di questo Preliminare alla storia delle si»- 288 Scienze Jilidi si tenne menzione nel fascicolo di giugno iSaG eli questo giornale a pag. 276 nella occasione di espor- re il sunto delle Osservazioni medico-pratiche del signor De Moulon (a) . Cola si compiacciano i no- stri lettori dirigersi onde rammentarsi quegli aurei divisamenti , e la nuovissima spiegazione intorno al modo di agire del contagio sifilitico , qual venne dal consigl. Brera pronunziata. Fra le varie istorie ivi registrate , la TU offre singolarmente luminosa con-, ferma delle teoriche sui morbi sifilitici emesse.. L;ì serie dei sintomi deponeva per una linfangioitide si- filitica associata ad una lue costituzionale incipien- te. Sulla mira di togliere 1'- infiammazione linfatica e l'aumentata .sensibilità dell'organismo , non che di muovere l'alvo , e di espellere il miasma sifilitico , si praticarono in varie epoche due salassi ; si ammini- strò qualche catartico ; si applicarono sanguisughe • si usò l'acetato di morfina ora unito all' estratto Ji jusquiamo , ed ora associato pure all'ipecacuana ; si usarono diaforetici e bagni universali con profitto. Nella storia delle malattie sifilitiche nell' altro pro- spetto connotate , scorgiamo , che le frizioni col muriato di oro afla lingua presentarono qualche van- taggio , ma che coli' ajuto debile frizioni mercuriali dovè completarsi la cura; congiunte queste alla pra- tica delle decozioni diaforetiche giovarono intiera- mente per la dissipazione dei dolori osteocopi. Fra le febbri petecchiali nel biennio trattate ri- leviamo , che una di esse si presentò con tipo di una doppia terzana in una giovinetta che nello spa- (a) „ Intorno aW uso dì alcìine sostanze nuove in „ medicina ; intorno ad una teoria delle malattie si- ^^fditiche. „ Clinica medica 289 zio ili 1 1 giorni ricuperò la sua salute col sem- plice uso dei diaforetici e degli evacuanti. Cade qui in acconcio rimarcare 1* assicurazione in questo, in- contro afferrata „ che la china bicolorata , la qua- „ le era stata prescritta due volte ad un' oncia per „ volta , non produce niun effetto quando si tratti „ di febbri periodiche non legittime. Ma però se „ questa corteccia non tronca la febbre , almeno j, essa non altera lo stato dell' infermo come suol „ farlo la vera corteccia peruviana nei casi ove non „ è indicata. „ Singolare è la istoria di una febbre petecchiale tifoidea congiunta ad una peripneuraonia biliosa. (Grandi dilucidazioni intorno a queste for- me morbose ci presentò dappoi il sig. Spongia nella sua dissertazione inaugurale intorno ai caratteri e discrepanza delle febbri tifica , petecchiale , e tifico- petecchiale, (a)) Imponenti n'erano i sintomi, fra' quali „ la bocca secca , e la lingua gialla , una se- „ te intensa , la cute del petto , del collo e delle ,, spalle sparsa qua e la di rnolte macchie peticola- „ ri mescolate a delle altre di carattere tifico ; un „ dolore acuto sotto la poppa destra ed alla reglo- „ ne del fegato ; i polsi frequenti ed irritati , una „ iebbre continua remittente , V alito ed i sudori ,, fetenti , un vomito bilioso , l'alvo aperto , ed una „ generosa epistassi . „ Vi si associarono quindi i sus- sulti dei tendini, il sopore, la tensione all'addome, e la lingua ora scorgevasi tinta di un giallo neric- cio , ed ora tremula e negra . Dubbio non cade- va sulla provenienza di un principio contagioso ti- foide , poiché la inferma contratto avea il morbo (a) Ved. il III Sunto delle dissertazioni inaugurali di Padova ec. 290 Scienze mercè degli apprestati soccorsi ad una sua figlia. Il trattamento curativo fu quale si conveniva in tan- ta complicazione di mali , essendosi da principio di- retto a togliere la condizione flogistica , e quindi promuovere la diaforesi e la risoluzione . Si cele- brò a tal effetto un salasso , si applicarono delle sanguisughe, e vennero usati i deprimenti e i dia- foretici. Ordine IV. Malattie del sistema cutaneo. Nel novero delle morbose affezioni di quest'ordine com- prendon;i tre itterizie , una pellagra incipiente , un erpete antico d' indole miliare , ed una psidracia. Veggiamo nelle itterizie essersi con profitto ammini- strati i diluenti , i diuretici , i risolventi , ed in fine della cura qualche tonico amaro. Dimostra pe- rò saviamente il compilatore di quell'articolo , quan- to sia erronea 1' opinione di coloro , che costante- mente opinano un principio flogistico del fegato in tutte le affezioni itteriche. Assicuratosi anzi il con- sigl. precettore per mezzo delle pregresse cagioni e dei vigenti morbosi fenomeni , che l' itterizia in uno dei suoi infermi riconosceva per causa la deficiente vitalità non solo del sistema della vena porta e del fegato , ma ancor di tutti gli organi in generale , non esitò a prescrivere e con profitto l' arnica , l'e- tere vitriolico , le acque aromatiche , e perfin la chi- lia. Si vinse la psidracia (affezione psoriforme non contagiosa) con dosi rifratte d'ipecacuana, con gli antimoniali , e finalmente con l'aconito napello e co' bagni universali. Ordine V- Affezioni gastro-enteriche. Fra le avvertenze sparse nel trattamento dei gastricismi è commendevole la riflessione , che il tartaro emetico generalmente parlando è il rimedio eroico che mi- rabili effetti produce o si amministri come vomiti- Clinica medica 291 vo , o si ritenga conveniente il prescriverlo come ca- tartico. Ove per altro sia remetico indicato , d'uo- po è non lasciarsi isfuggire il momento opportu- no , giacche nelle gastriche impurità , specialmente gravi , potrebbe di sommo nocumento riuscire la cu- ra aspettativa. Si encomia dall' A. non poco il van- taggio conseguito con la morfina e suoi sali in una gastrodinia spasmodica ; mentre un ottavo di gra- no di narcotina bastò per aumentare l'eccitamento generale in tutta la macchina della inferma , al- lorché trovossi la medesima al sommo abbattuta di forze. Avveduto fu il trattamento di una tosse pro- veniente da gastrica irritazione , in cui potevasi aver sospetto di tisi neir infermo. Giaccire a primo aspet- to , in virtiì della storia anamnestica del giovine che avea nell' anno antecedente superata una peri- pneumonia , dopo la quale fu aggredito da secca molestissima tosse che più insolente rendeasi nel coricarsi dell' infermo sul lato destro , temer potea- si la provenienia di quella tosse da lenta flogosi della membrana interna polmonale s\ per la pre- gressa infiammazione pleure - polmonale , come per le vicissitudini atmosferiche , alle quali erasi il pa- ziente le molte volte esposto. Ma e per la presenza di tutt' i sintomi gastrici , e per la totale deficien- za di dolori agli organi toracici , e per la man- canza di sintomi di una vera flogosi bronchiale od epatica o di qualunque altro viscere , si ebbe luo- go a conoscere l'indole simpatica della tosse ori- ginata da gastrica irritazione ; tanto più che que- st'ultima dovea immaginarsi più facilmente propa- gata per irradiazione al polmone , in quanto che fiaccato già era questo viscere dalla passata infiam- mazione. Le indicazioni terapeutiche poi , che ven- nero in sequela di cotale stabilita diagnosi esegui- 2Q2 § CI E K Z E te , ne confermarono la veracità col prospero risul- tamento. . Ordine VI- Malattie del sistema sanguigno. Si offrono in f|nest'ordine a . contemplarsi due con- gestioni sanguigne alle meningi, p.ttp qmoftisi '(^jne, attive , due vicarie , una traumatica , una por con- gestione polmonale sanguigna, una per, fl.ogosi ,4ei^ hronchj e dei polmoni , ed una .per.jiq9rqsciutp vo- lume della milza ) , una ematemesi j, una ematuria, vescicale , tre amenorree, due stenocardie , un' o^^,- QÌna. pectoris , una malattia cardiaca d'ignota- .na-n tura ,, tre palpitazioni, ed una clorosi. Le sangui- gne" congestioni meningee , non essendo nn vero, processo flogistico, cedettero in breve spazio ,.4i, tempo e quasi immediatamente dopo le deplejzibni sanguigne ; lo che nelle vere infiammazioni non ?id- diviéne, le quali attaccando o nobili visceri p gran- di tratti di tessuti , percorrer devono i periodi di erudita di cozione e di crisi. Proficuo riuscì nella eraoftisi vicaria il regime deprimente per togliere la condizione pletorica del sangue ; ma quindi in una delle medesime , onde por fine a qualunque sta- to'flogistico dei vasi, fecesi ricorso al solfato di marte unito all'estratto di taxus baccata^ eà. d\V\is,o simultaneo delle vaginali injezioni irritanti . di spit, rito, di sale ammoniaco in una decozione di przp. Quindi a ooadjuvare l'azione emmeiiagoga di cota- le injezione si aggiunse al solfjS^fO|,di marte, l'aloe, sotto forma di estratto acquoso. ,, L,a scossa infanti, „ che l'aloe impartisce ai nervi gastro -enterici co;-, ,, munitati ai plessi celiaci , e da questi a tutti' i ,, nervi addominali , ma specialmente a. quei ,che „ presiedono al sistema vascolare sanguigno. Cosi „ l'aloe pili volte potè ristabilire il flusso emor- „ roidale soppresso, e l'uso di questo farmaco jno;? Clinica medica 293 „' 'stressi utile in molti casi di ostinate amenorree. „ GÌ* insorti' sintomi di organismo uterino senza la comparsa della mestruazione astrinsero" ( per evita- re la sopravvenienza diiiovell'a emoflisi ) ad una topica deplezione sanguigna ed all'uso interno dell' jódio. Cessate con la prescrizione di quest' ultimo le turi)? morLose , tornò all'utero' la sua normali^ ta ,di agire in un col ristabilimento di tutte le altre, organiche funzioni, ta malattia cardiaca d'ieno- t^ riatura si presento in un uomo d altronde ro- busto , rna che offriva dilTicolta di respirò , mali córifòrraazione. del torace ( che breve ed angusto spingeva il cuòre alle sinistre ed inferiori parti ) , intermittenza dei polsi , mentre lih fremito produ- ceyànò, le parole pronunziate dall'infermo sulla ma- nD'"postfei sopra 'il di lui petto. Piòficuo costante- fMli,)^;i ,/ ,3.^.•;:i & ■' i > :.* . ..i , •■. , . . . . ■ -, mente vecmam cne tornasse nelle palpitazioni di 'cuore il solfato o Fà^cetata di morfina , nella mir;^ di aifliévolire le forze della clrcolazronè , e di ri-r f ;:■)•'•;«' mj;ì ,,Ji. ^; i:!!' . 'i,'-! .x. 'm,,__ -. ' . ,-i ,.; = ,. rauavere qualsiasi stato , flogistico. Venne ancor pro- --•i.;:or:'r:^,,if ■ iiì; .,.••'■:;• :U 'ì. ._..,.-,» .ì. . ^^ ■., pinato 1 acetato di morfina in .una -delle istenocar- AvKiio:;: :;;.:.. :.. ■<»/:■.', - ;:.p" io:;/.!-!;^! ;.m') '• .<)':> diefjna questa terribile nei suol sintomi , rib.^Ue al soccorsi dell'arte , funesta mostrossi nel s no fine. Il turpe onanismo avea procurato a q^ief inisèro iniernio 1 ebetudine dei sensi, la macilenza, del còr- po , e rinnormalita delle pulsazioni del.cuore^ e questo oppresso dalla irrimedfabil. paràlisi tràssQ il paziente neireterno sonilo dej sepolcro. Dalla ne- crotomìa si confermò ropinion'o già. pronunziata dal sublime precettore intorno alla condizione, patolo- gica di cotale spaventosa malattia , cioè di uno sta- to di angustia del cuore senz'alterazione della sua struttura. Diverso si fu l'esito AeìVajigina pectorls : l'inferma che n' era il soggetto , querelavasi di fe- róce dolor puntòrio dal cuore fino alla scapola ed 2f)4 Scienze all'arto sinistro , die al termine di ogni accesso an- ginoso era invaso da senso di torpore ; presenta- va pallido l'aspetto , frequenti sincopi , regolarità nelle funzioni dei sensi e nelle vegetative. Sembra- va questa congerie di sintomi venir prodotta da un coartamento del cuore per processo forse litia- co. Mercè di varj salassi in vario tempo istituiti venne a diminuirsi la massa sanguigna , ed a ren- dersi proporzionata alla capacita del cuore e l'ace- tato di morfina valse pur qua a rintuzzare l'ener- gia della circolazione , e calmò quasi d'incanto la ferocia di alcuni parosismi anginosi die parca pri- var volessero di vita la misera paziente. Ordine J^II. Malattie del sistema linfatico-glan- dulare . Varie sierose affezioni , singolarmente del piloro j un infarcimento di fegato , una splenalgia per morboso ingrandimento della milza , una tabe mesenterica , una tisi polmonare , un' idrometra , varie asciti , un diabete melito , un' affezione scro- foloso-rachitico-sifilitica congenita , una leucorrea , una congestione linfatica all'utero , un idropericar- diò , e due idropolmoni , sono le forme morbose sotto quest'ordine comprese. Nel catalogo delle af- fezioni scirrose troviamo di singolare interesse l'au- topsia cadaverica di un individuo , che presentava enorme induramento della milza complicato a scir- rosita della parte inferiore del ventricolo e del pi- loro „ . . . Nella cavita dell'addome ritrovossi una „ copiosa effusione di marcia alla regione precisa- „ mente ipocondriaca sinistra. Si credette dipenden- „ te dallo scoppio di un ascesso raccolto dentro ,V della sostanza istessa della milza ; ma facendo ,, ulterior esame si rinvenne , che la milza cacciata „ in alto contro la cavita toracica , e contro l'arco „ maggiore del ventricolo lasciava il suo naturai Clinica medica agS „ posto ad un tumore formatosi da porzione di omen- „ to , il quale dopo d'essersi indurito , fu tratto a „ poco a poco in suppurazione. Lo scoppio di „ quest'ascesso sembra essere avvenuto poch'istan- „ ti prima della morte , nei quali l'infelice si la- „ gnò come di una rottura interna ed istantanea , „ e di atrocissimi dolori ... Le glandule meserai- „ che formavano due o tre tumori , di cui il più „ grande aveva il volume eguale quasi alla testa „ di un feto , ed il piiì piccolo non era certamente „ minore di una pera. Il maggiore di questi tu- ,} mori era piantato nel centro del mesenterio ; e „ precisamente la dove questo tessuto serve di ful- „ ero al duodeno. Un tale tumore strettamente aL- f, bracciava , ed in singoìar maniera tutto il duo- ,t deno , restringendone cosi il lume per modo che „ potevasi appena introdurvi l'apice di un dito. „ Il secondo o mezzano di essi tumori appoggiava „ sopra l'aorta addominale , cui teneva talmente in „ se stesso sepolta , che ancor vivo l'infelice , ad „ ogni battito arterioso si respingeva esso tumore „ fino all'addominale parete. Di varia sostanza era- f, no formati questi tumori. Quello che occupava „ la regione della milza era già fuso in una so- „ stanza purulenta; l'altro, che tutto all'intorno ab- „ bracciava il duodeno, si scorgeva di una sostan- f, za biancastra simile al sego , e di consistenza al- „ quanto duretta. Il tumore finalmente, che circon- ,, dava l'aorta pareva disposto a fondersi in più „ parti, e a fendersi in una materia del tutto si- „ mile alla crema di latte. „ Rispetto alle asciti , 4*' osserveremo , che la fasciatura gradata può aver- si qual mezzo terapeutico di non lieve vantaggio , qualora non si tratti di una disorganizzazione del- le parti costituenti gli organi addominali , e spe- 29G S e i è"n 'z E cialraente allorché non vi sia vizio organico o de- generazióne" nel sistema linfatico ; giacche piuttosto dannosa che utile in tal caso riuscirebLe. Ove poi la compressione non giovi , ancor la paracentisi tor- nerà frustranea . Interessante riputiamo la istòria dell' idrometra , clie fu il soggetto di una hella dis- sertazione di un distinto allievo di quella scuola cliflica U 'sig.' Ròcchi. "Venne accolta nell'istituto una dònna, che trovavasi al quinto mese della settima ^[ravìdanza :. .presentava un grande volume del ven- tre , '.ed. aécusaV|aL. 'scarsezza . di orine è di escrezioni ajiVìne, sete molesta, cute arida, o le inferiori estre- mità edematose. Dischiuso si rinvenne nella esplo-^ razione l'orificio dell'utero., e .da '.esso sgorgò poco dgpo una libbra circa dì sangue , à cui tenne die-' troia rottura del sacco e lo spandimento di circa' quaranta Iibjjré di acqui, : .partorì ìndi a poi and le.ti, il priinó vivo' che tosto morì, ed il secondo lo" 41 estrasse niorto ;. alla estrazione successe una leg-. ^ierii eniorragia. L'uso di qualche mistura eccitan- te, dei tonici , e dei nutrienti ristabilì la paziente? L olio di croton tiglio si rimarcò i)roficuo nel dia-" jC'fj:. >"jj-\'j ■ : ^, . -TV- 1 ■' 1 ■■ 1 .-.': c- bete , ne senza ragione ; poiché dovendosi la cura' -TOf". ;;ì:,': t . . . ^ . . < . ,, rivolgere a diminuire la preternaturale secrezione on-" de poi avesse luogo il normale processo plastico ',' vernvà mercè delle pii^i abbondevoli dejezioni alvine a" diminuirsi per antagonismo la secrezione delle orine!' ./; . Ordine j^III. Malattie del sistema nervoso. Pre-' zj.GÌe doUrtne SI sviluppano in quest' ordine, e sin- gojlarmente we\ Preliminare patologico terapeutico^* die si permette al medesimo ordine nel secondo dei'" prospetti , del quali favelliamo. Brevemente n' espor-^ remo alcuni concetti, avvertendo, che nozioni già per'' se stessp molto succinte malagevolmente si prestano aiVj essere compendiate. Direni pertanto , che se il perver- Clinica .aiiìdica. ^qj tiineiito delle fuiiz'io ni di un organo viene ad annun- ziare l'atìezione di un tessuto organico ; nel sistema cerebro-spinale , che ha relazione mediata ed imme- diata con tutte le parti dell' intero organismo , in- certa ed oscura ne sorge l'induzione che può trarsi dai morbosi fenomeni. Le funzioni nervose non sono quasi mai fenomeni semplici , ma invece associazioni di pili fenomeni : alcuni fra questi se ne rimarcano puramente meccanici. £ qui ci parla l'A. della espan- sione della sostanza cerebro-spinale ; fenomeno , che precede la compressione per opera del concorso del sangue arterioso e soprattutto del riflusso del sangue venoso, isocrono alla espirazione. Ma a costo di tan- te dilucidazioni „ resterà sempre da investigare se „ queste pressioni e reazioni alternative sieno neces- „ sarie alla produzione dei fenomeni nervosi , come ,, Io sono gli stroflnatori allo sviluppo della elettri-' ,, citk : e se l'acqua circondante tal sistema, olire a „ difendere meccanicamente la sostanza , abbia o co- „ me conduttore oppure qual coibente una qualche „ chimica proprietà necessaria al compimento delle „ funzioni. „ Dalle fasi però di cotal esalazione più o meno capace di riprodursi, chiara luce specialmen- te risulta per quei casi, nei quali trattisi di una im- pedita o di una aumentata esalazione sierosa in quel- le malattie che abbiano indotta una qualche alterazio- ne negli organi che servono al moto , tanto interni quanto esterni. Ci dimostra quindi con molta lode lo stesso sig. Spengia , che l'influenza della midolla allun- gata nella respirazione è più subordinata alla midolla spinale di quello che al cervello : che le azioni chi- mico-meccaniche dello stomaco e del polmone sono di- rettamente poste sotto l'influenza del punto d'inserzione dell'ottavo pajo dei nervi: che in questo punto d'in- serzione puossi congetturare la sede delle sensazioni, G.A.T.XXXVl. ;2o ^c)S Scienza ilc'lle forze inlelletuali od istintive relative alle clii- niico-ineccaniciie azioni dello stomaco e dei polmone, la sede del sonno, dell'assopimento e di un fenomeno inverso alla forza eccitante i movimenti e le sensa- zioni : che non vengono dal cervelletto regolati i movimenti in azione ordinata , ma da esso dipender sembra la forza d'impulsione in avanti , la quale può essere distrutta, o sospesa periodica«reiieratura di io"* centi-gradi , osservarono y che per (a) Traile de l'elasticitè de l'eau , et d'autres fliii- des , in 4° Amsterdam 1780 ; dove si fa anche menzione di alcuni esperimenti molto anteriormente pubblicati snllo stesso oggetto del P. Lana nel Tom. II del suo Magi- Icriuii nataruo et artis pag. ij*)- Sulla compressibilità' 3i3 una pressione equivalente a a atmosfere, la compres- sione corrispondeva a 93 , 87; per 9 atmosfere a 90, 24; per 3t atmosfere a 85 , 8G milionesimi del volume primitivo; d'onde si deduce, che la compressibilità di questo liquido diminuisce di circa i/3o per ciascuna atmosfera crescente. Per avere la compressibilità rea- le, conviene aggiungere ai numeri segnati di sopra 3, 3 milionesimi per la contrazione del vetro. Neil' etere solfurico a 0° si scorge lo stesso ; la. compressibilità diminuisce crescendo la pressione e va- ria da i33 a 122 milionesimi. Neil' etere sud." ad 11° varia da i5o a i^i. L'acqua satura di ammoniaca è meno conpressibile dell' acqua pura, e si osserva in essa ancora un de- crescimento notabile nella compressibilità a pressio- ni crescenti , più sensibile che in ogni altro liquido. La sua contrazione media reale è di 38 milionesimi. Nell'etere nitrico alla temperatura di o**, que- sta diminuzione di contrazione è meno sensibile. La sua contrazione media è di 7 1 , 5 milionesimi per il peso di una atmosfera. Neil' etere acetico a 0° le contrazioni variano da 76 a 68 milionesimi. Nell'etere idroclorico a i i*", 2 centigradi la con- trazione dal massimo al minimo ò come 85,9: 82 , a5 milionesimi. Nell'acido acetico a o" la media compressibilità <2 di 42 , 5 milionesimi. Nell'acido solfurico a o" la contrazione media 38 milionesimi. Acido nitrico contrazione media 32 , 2 milio- nesimi. Essenza di terebinto contrazione media 73 mi- lionesimi. G.A.T.XKXVI. 2» P'4 Scienze Portarono anello più olire lo loro rioerclu» coiP esplorare ([ual fosse la quantità di calore die si spri- {^iona nella condensazione dei liquidi , e se potesse avere qualche influenza sulla loro compressibilità, co- me siegue, secondo le osservazioni di Laplace, nella propagazione del suono noli" aria , in cui il calorico che si .ss'olge per la condensazione accrescendo l'elater rio auraerìta per conseguenza la velocità del suono, Si servirono per queste indagini di un apparato con- .sistente in un recipiente di cristallo di forma pres- so c'ie sferica , e di hen erte pareti contenente un te momelro di Brequet a spira. Coiìdensandosi il li- quido iu detto recipiente per mezzo di una trom- ba premente , daj^l' indizi del termometro potevasi conoscere sé vi fotse accrescimento di calore. Dal- le sperienze istituite cosi suU' acqua e sulT alcool dedussero ; i'' Che la temjìcratura dell'acqua non s'in-- nalzi sensibilmente per una pressione subitanea equi- valente a 4^ atmosfere ;; a° che per l'alcool e per Teiere solforico , una compressione di 36 a ^o almo-; sfere , esercitata in un istante non maggiore di i/4 di secondo , non innalza la loro temperatura più dì. un grado centigrado , ma che una compressione più rapida esercitata da un colpo di martello sull'etere sollurico può infialzarne la temperatura da 4 io ^ gradi. Si può dunque raccogliere da questi fatti , che la termo quantità di calorico svolto nella com- pressione de' iifjuidi non può esercitare una inlluen- za scn^ìhiié sul.ia loro elasticità. Pc"!' conoscere l'influenza-della compressione sull^ "COuducibiUta elettrica, immaginarono altro appara- to composto di un recipiente di cristallo che ave- ya neU'a inferiore estremila \a, forma della lettera j^^ cui <>ra annesso il cilindro destinato a comprimere i li'^uiùij e4 iiinaiion^etiQ. Inserendo nelle due estvenii- StLLA COIlPnESSlBlLlTA' 3l5 la del tubo inferiore orizzontale i due capi dei fili co- municanti coi poli di un apparato elettro-motore, ve- niva COSI ad interrompersi il circuito metallico dal li- quido interposto : poteva perciò conoscersi la mag- giore , o minore conducibilità del liquido per l'elet- trico sotto diver.n gradi di condensazione applicando- vi il duplicatore di Schweigger. Dagli esperimenti pertanto istituiti su diversi li- quidi spingendo le compressioni anche fino a tren- ta atmosfere , risultò , che sotto questo peso com- primente non si altera sensibilmente la conducibilità elettrica del mercurio , ne di una soluzione concen- trata di ammoniaca, ne dell'acqua stillata, e che so- lo tal compressione produce una diminuzione nella conducibilità dell' acido nitrico : il che sembra poter- si attribuire ad un accrescimento nella forza di alTi- nitk fra le molecule del liquido, prodotto dalla com- pressione, che rende più dilììcile la sua decomposizio- ne per razione elettrica. È ben noto ai fisici che il suono si propaga nei solidi e nei liquidi con maggiore celerità che nell'aria. Le belle spcrienze di Hassemfratz istituite nei cu- nicoli delle cave di Parigi , da Biot e da Gaj-Lussac nei condotti di ferro fuso, e da Beudant nelle acque del mare presso Marsiglia , ci avevano già sommini- strato i rapporti fra le velocita del suono trasmesso nell'aria, e del suono propagalo per le molecule de' so- lidi e de liquidi. Ma dipendendo la velocita del suo- no propagato in questi mezzi dalla diversa loro com- pressibilità, si prefissero perciò i due citati sperimen- tatori di istituire una serie di esperienze per ve- rificare e correggere , se fosse duopo , i risultamenti già dai loro antecessori ottenuti sulla velocita del suo- no nei liquidi , prescegliendo le acque del lago di Ginevra fra llolle e Tanou iji una distanza di 14 mi- ai* 3lG S e 1 E N Z L la inelri. Si servirotio perciò di una campana di iiie- lallo , che appesa all' estremità di una Larca era parcossa da uu martello per mezzo di una leva, ed il momento della percussione veniva indicato air os- servatore posto air altra stazione , dall' accensione della polvere prodotta da una lancia di ferro roven- te. Il calcolo della velocita del suono, e le leggi della sua trasmissione nei liquidi e nei solidi, sono qua- si le slesse che ncU' aria. Newton fu il primo ad assoggettarla al calcolo, ed a dedurre la formula ciie esprime la velocita del suono propagalo nell' aria atmosferica, formula che divenne più rigorosa, e si vide collimare con quel valore che era stato dedotto dalle sperienze , dopo che Laplace e Poisson posero in detta formula anche a calcolo queir aumento di elasticità che l'aria acquista per lo svolgimento di calorico cagionato dalla compressione : essendosi co- nosciuto, che nell'aria un aumento, o una diminu- zione di pressione equivalente ad ifiiCì del suo vo- lume , è capace d'innalzarne , o abbassarne la tem- peratura di un grado del termometro centigrado. Nella vista pertanto di confrontare i dati; del calcola con quelli delle, sperienze , prescelsero per le loro ricerche le ore della notte , per evitare oqni frastorno , e per meglio distinguere i segnali dati coir accensione della polvere. Restando perciò la campana a due metri sotto la superfìcie dell' acqua , risultò dalle loro prove, che il suono impiegava 9", 4 a percorrere sott' acqua una distanza di 13487 me- tri. Sicchb per essere la propagazione del suono uni- forme , si avrà il valore della sua velocita divi^ derido il detto spazio pel tempo impiegalo a per- correrlo , cioè metri j435 pei- secondo. Per pavagoìiare questi risullamenti col calcolo couveniva delerwinai'e la compressibilità dell' acqua Sulla compressibilità' 3 17 del lago alla temperatura eli 8°, e la sua tlcnsitk riferita alla densità dell' acqua stillata. Circa la deri- sila , fu questa trovata quasi eguale a quella dell' acqua stillata fatta eguale ad un0 , essendo trascu- rabile la piccolissima frazione che ne notava la diffe- renza : e riguardo alla compressibilità , quantunque dett' acqua assoggettata a preventive analisi non desse» ch« un piccolissimo residuo colla evaporazione * fu sottoposta nulladimeno all' esperienza nel modo es- presso di sopra , e si conobbe la sua compressibi- lità eguale a 49» 5 milionessimi per una pressione equi- valente al peso di una atmosfera. Sostituiti questi va- lori alla formula di Laplace esprimente la velocita • V r , I / P. K. . ... del suono, cioè facendo v = b/ — in cui U r D. E. rappresenta la densità del liquido , K la lunghezza di una colonna cilindrica di questo liquido sotto una pressione data , E la piccola diminuzione di questa lunghezza per un accrescimento dato di pressione P, elle si suppone eguale al peso di una colonna di mer- curio di 76 centimetri ; effettuando il calcolo , si ha per la determinazione teorica della velocita del suono dedotta dalla densità e compressibilità dell'acqua, nella ipotesi che non vi sia sprigionamento di calo- rico capace ad innalzarne sensibilmente la tempe- ratura , v= 1428 metri. Ma dalla esperienza di sopra narrata si trovò eguale a metri i435; la differenza perciò fra queste due quantità è così piccola in tanta estensione , che anche che fosse due o tre volte mag- giore potrebbe comprendersi nei limiti degli errori dell' esperienza : essendo perciò trascurabile , ci con- vince dell' accordo della teoria coli' esperienze. Rilevarono inoltre in questi esperimenti , che la durata del suono è molto più prolungata ncll' aria eh© neir acqua. "^^S Scienze Che qiiamlo le vibrazioni sonore propagate prr l'acqua giungono molto obLliquamente alla sua super- ficie formando un piccolissimo angolo , non si comu- nicano all'aria, ma pare che si riflettano nell'acqua stessa , come accade ai raggi di luce nell' emer^er-i sotto una grande obbliquita d'incidenza da un mez- zo più denso in uno piiì raro. Che l'interposizione di nn obice fra la linea di propagazione del suono nell' acqua , pare che influi- sca nel diminuirne la intensità, e che per eonsequen- za intercetti i raggi sonori , come la interposizione degli scranni impedisce il passaggio ai raggi luminosi. Al fatti enunciati si debbono ora anche ag<^'iun- gere quelli osservati recentemente dai sig. Perkins ed Oersted, già pubblicati nel tomo 36 della bibb universale nel mese di oUob. decorso. Si rileva in- fatti avere esteso più oltre i lodati flsici le loro ri- cerche sulla condensazione dei liquidi, e di avere il primo impiegata anche la forza elastica del vapore por ottenere le più poderose compressioni. Conferma Oersted la legge già sperimentata in passalo nelle condensazioni dei liquidi che sieguouo ]1 rapporto diretto dei pesi comprimenti; ma sono discordi però in quanto al valore della compressione 1 risultamenti delle sperieuze di questi due dotti fi- sici. Infatti Perkins stabilisce la compressione dell' acqua sotto un peso equivalente a loo atmosfere, a o , 0075 del suo volume primitivo : quando che , secondo l'esperienze di Oersted e di Canton, non sarebbe che di o , 00 45 Perkins , calcolando le condensazioni fino ad una pressione equivalente a 2000 atmosfere, rileva, che la legge delle condensazioni può essere rappresenta- ta da una curva iperbolica, in cui i numeri delle StitT.A comprkssiuilita' 3if) atmosfere rappresentano le ascisse , e le conipres-i sioni le ordinate corrispondenti. Osservò che comprimendo l'acido acetico con una forza equivalente a i loo atmosfere, si consolidava trasformandosi in cristalli, e non rimaneva che cir- ca i/io parte del volume del liquido , che separato si trovò essere leggermente acido. Estese anche le sue ricerche alla condensazid- tie dei fluidi elastici, ed osservò che sotto il peso comprimente di 5oo atmosfère l'aria atmosferica co- mincia a sparire , il che attribuisce egli ad iina piiiziale liquefazione. Che il mercurio del gazometro adoperato in queste esperienze sotto il peso di Coó atmosfere va ad occupare un ottavo del volume dell' aria cantenuta nel tubo di detto istromento ; ad 800 sile ad //3 : a 1200 monta ai 3/ì^ , e che a tal grado di compressione un bel liquido traspa- icnte apparisce sulla superfìcie del mercurio in quan- tità equivalente a circa 1/2000 della colonna d'aria. Avendo riempito il gazometro di gas idrogeno f.arburato , cominciò questo a trasformarsi in liquido sotto il peso di 40 atmosfere , e lo fu completamen- te a 12O0. Il suddetto fisico si occupa attualmente nella co- struzione di altro apparato, con cui conoscere con mag- gior precisione le leggi di condensazione dei fluidi ela- stici sotto più alte pressioni. SaVeUio Barlocci< 320 LETTERATURA Osservazioni numismatiche di Bartolomeo Borghesi. CONTINUAZIONE DELLA DECADE XV Osservazione VI. F la i personaggi Romani fatti conoscerti dalle suc- cessive scoperte numismaliclie , die meritano d'esse- re accolti nella serie delle famiglie , deve annove- rarsi anche un Fosco proconsole d' Asia , ricordato in vma medaglia di rame di secondo modulo pub- blicata pel primo dall' Haym ( Thes. Brit. pag. 207 , tav. 7. fig. G. edizione di Londra ) , e quindi dal Pellerin (\Mel. T. a. p. Sy ) , dall' Eckliel ( T. a. p. 558 ) , dal Sestini [Dl-su: N. l^. p. 354 "• 53) , e dal Mionnet ( T. 3. p. ■ai'^. n. xi'-jx ). Rappresen- ta da un lato la testa laureata di Traiano a de- stra coir epigrafe AY. NEPOYAN. TPAIANON , e mostra dall' altro la dea Annona , o Abbondanza , in piedi , vestita della stola , tenendo alcune spi- ghe nella destra , e un cornucopio nella sinistra , col- la leggenda ZM. Ad. *OYcKQ. ANSY. CTP. POY. Sba- gliò r Haym nell' aggiudicarla da principio a Zela del Ponto , del quale errore si accorse da se stesso nella prefazione del secondo tomo , ma non fece meglio O.S.SERVAZIONt NUMISMATICI! r: 321 quando supplì le prime abbreviature ZMvgvxtm Actxi. Imporocclic dopo più accurata riflessione si è co- nosciuto , che vi si parla della concordia fra Smir- ne e la citta di Asia nella Lidia , della quale orna- nia si ha memoria in altri nummi ; onde Tintera iscri- zione sarà da restitnirsi zMi/^va/oi». Ac/63. Ora però dopo la pubblicazione delle due oneste missioni ornai celel>ri del Lysons , parmi veramente che la sentenza del Tillemont non si possa più ammettere. Consta dalla prima di lo- ro , che ai 19 gennajo dell' 837. il trionfo del- la prima guerra coi Daci era già avvenuto , per- chè Traiano vi prende la denominazione di Dncicus , e il titolo Imperator IV. E vi si conosce di più che dopo aver tenuto per pochi giorni il consola- to quinto lo aveva ceduto a Glizio Agricola , sur- rogandolo nella compagnia di Laberio Massimo , i quali furono due generali , che si sa d'altronde ave- re avuto parte ambedue in quella guerra ; ond' è chiaro essere questo il premio che ottennero pel lo- ro valore . Per altro conviene ammettere che quel trionfo fosse seguito poco prima , vale a dire o suU' ultimo cadere dell' 856 , o sul primo cominciare dell' anno seguente , nel quale Trajano riprese la por- pora consolare forse per renderlo più magnifico , veggendosi che il congiario solito ad offrirsi in pari occasione , e che fu il secondo di quell' imperatore si distribuì neir 857 per fede delle medaglie presso l'Ec- khel T. VI p. 4'7 7 e. che sul principio dello stes- OsiiEUVAZIONI MJMiS>IATICHE SsS SO anno segui pure il licenziamento delle milizie , ch'era in uso di unire col congiaiio , come ha ben' os- servato il Vernazza. Disgraziatamente la seconda one- sta missione ha perduto la data del giorno e del consolato , ma porta tuttavia i titoli TRIJ5. POT. Vini. IMP. mi. COS. V. La tribunizia podestà nona ebbe cominciamento sul finire del settembre deir858|, onde siamo certi , che fino a quell'epoca non era ancora avvenuto il secondo trionfo daci- co , perchè Trajano vi conserva la denominazione d'IMP. IV, e non ha ancor presa l'altra d'IMP. V, clie fu prodotta da quella guerra. Altrettanto con- fermano il marmo Gruteriano p. a47" ' ♦ e il Mu- ratoriano p. 449* 4* All'opposto l'insigne lapide sul ponte del Tago ad Alcantara edita dallo stesso Gru* lero p. 1G2. a, in cui si legge TRIB. POTEST. Vini. IMP. V. COS. V. P. P ci dimostra che in- nanzi il settembre dell' 839 quel trionfo era gik suc- ceduto. È quindi addimostrato che fra un trionfo e l'altro non corse se non che l'intervallo di due anni e di alquanti mesi , onde anche dato che la Sf5Conda spedizione dacica non durasse che un'an- no solo, converrà dire ch'ella era imcominciata avan- ti il settembre dell' 853 , se avanti lo stesso mese deir859 era già terminala. Ora Plinio navii-ava ver- so la Bitinia in agosto , quando spiravano i ven- ti etesii , 1. X. ep. i-y ; fece il suo ingresso nella pro- vincia ai l'j di settembre , ep. iq ; vi restò cir- ca dieciotto mesi siccome tutti convengono ; e in questo frattempo l'imperatore era iii Roma secon- do che appare dalle medesime lellere , e segnata- mente dall'ep. 3o e "74, e dalla risposta ali'ep. ao , 34, e 71 , edizione di Lipsia 1802. O dunque si faccia venire Plinio in Bitinia nei settembre deir857 » 0 in quello delTSjS giusta il pareie del Tilleraont, 326 L E T T E R A T U R A saia sempre vero che la sua {esazione iiicontiereb'- Lesi colla secotula guerra dacica , amministrata in per- sona claTrajano, durante la quale è inconcusso ch'ci^Ii fu assente dalla capitale. Conviene dunque necessa- riamente ritirare la partenza del primo dopo il trion- fo deir859 , che fé' ritornare a Roma il secondo, ne potrà anzi collocarsi prima dell'estate dell'SGo , perchè lo stesso Plinio confessa nelTep. X del li- bro VI di essere stato nella villa Alsiense dieci an- ni dopo la morte di Virginio Rufo , che si sa es- sere mancalo di vita sul principio delTSDo. Io non entrerò a discutere quale delle tre altre opinioni del Mazocchi , del Noris , e del Pagi , si abbia piut- tosto da preferire , al mio scopo bastando di ri- cordare , che l'argomento che fece tatita ])aura al Noris , desunto dalla mancanza del titolo di dacico ncir iscrizione milanese di Plinio è stato del tutto sventato dal Marini Fr, Arv. p. ySS , mostrando che quella lapide è mutila. Fermo adunque che la le- gazione Bitinica dell' epistolografo non può essere anteriore all' 860 , niente più si oppone perchè Fe- roce possa essere venuto proconsole d'Asia , compi- to secondo le leggi il quinquennio dal consolato deirSSS , il che CI porterebbe all'anno 869, né che qualche poco prima di lui ablìia potuto consegui- re lo stesso udicio Fosco Salinatore , in modo però che il suo governo non si faccia incominciare do- po 1856 , per la mancanza già avvisata sulle sue medaglie del cognome di Dacico. Rimane per ulti- mo , che per classificare questi nummi nella serie delle famiglie s'indaghi la gente , a cui i Foschi Sa- linatori appartennero. Il Glandorpio nell'onomastico avevali attribuiti alla Cornelia , falsamente giudi- candoli discendenti da Cornelio Fosco, ben noto pre- fetto del Pretorio di Domiziano. Ne meglio fece il Ó.SSEav AZIONI A'Ii-HIS.IJ/VT-lCllE S?,'! Pariviruo , lìeticliò seguito da lutti i fastografi fino ai eli nostri , nell" aggiudica! li alla Claudia , perchè nrroneafnente aveva confuso il console dell'Syi coll'al- Iro Fosco genero di Cecilio Classico metuoralo dallo Stesso Plinio Secondo nell'epistGla c) del libro III , che in alcune edizioni chiamasi Claudius , in altre Clavius. E da ]>()Co che i veri nomi di quel conso^ le si sono risaputi in grazia di una magnifica iscri- zione , che ha trovato in Grecia il Walpole , inse- rita nelle sue memorie della Turchia pag. 4()i , nel- la quale l'anno 87 r viene notato : AYTOKPATOPI TPA- lANQ AAPIANJ? KAISAPI SEBASTJ^ TOBrNAm nEAA- NIQ *OYrK« SAAEINATOPI vnATOIS. Per lo che se il figlio chiamossi Gneo Pedanio Fosco Salinatore, noti vi sarà duhhio , che il padre eziandio spettasse jilla gente Pedania. OSSERVAZIONK VII. Non merita fede nell'iscrizione del rovescio il disegrio ripetuto à^\ Morelli nelle due genti Clau- dia tav. I n. V , e Manlia n. 3 , col quale ci mette innanzi un frequentissimo denaro portante da un canto la solita testa di donna coperta dell'elmo ala- to , dall' altro la Vittoria che guida un cocchio tirato da tre cavalli. Egli ha ciecamente seguito l'ab- baglio preso dall'incisore delle tavole orsiniane , che ci oR'erse AP. CL. T. MAL. Q. MAR , opponendo- si per tal modo alla mente del suo autore, il quale interpretava gli ultimi caratteri Quaestores VRba- ni , siccome repUcatamente attesta nelle illustrazio- ni. Imperocché scrisse da prinia nella Claudia : Jp^ piuni Clandiiim . . . Quaestorem urhanum fuisse p.r denarii insoriptione apparet , e poi ripete nella Manlia : T. Matilius qui in secuìulo deiiario cani 328 Lettera TURA Jp. Claudio quaestor nrhanus descriptns est. Fu questa volta con rarissimo esempio più fedele il Golzio, che invece di Q. MAR lesse VR: onde ine- rendo ai suoi vestigi il Vaillant rettamente ci pre- sentò questo nummo nella Claudia e nella Manlia, benché poi lo prendesse scrupolo di aver disprez- zata l'incisione dell' Orsino , e a lei si uniformasse nel riprodurlo di nuovo nelle gente Marcia , con che da una medaglia sola venne a farne due di- verse. L Avercampio al contrario segui fedelmente la falsa lezione delle tavole Morelliane , ed accu- sò d'incostanza il Vaillant, all'opinione del qual'ul- timo sulla duplicità di quesl' impronto parve ade- risse anche l'Eckhel T. V p. 349 , qu:intunque con- fessasse , che in sei conservatissimi posseduti dal museo Cesareo aveva letto costantemente Q. Vii. Sara dunque opportuno l'aggiungere , che un qual- che centinajo di loro mi è passalo sotto gli occhi , ed in tutti ho osservata l'epigrafe AP. CL. T. MAL. Q. VR , o vero T. MAL. ÀP. CL. Q. VR , senza essermi giammai incontrato nel Q. MAR. 11 quale anzi per richieste che mi abbia fatte ai possessori di molti musei non ho potuto sapere ch'esista pres^ so di alcuno , come difatti non potrà esistere , se questa lezione non proviene già da una medaglia veduta dall'Orsino , ma sibbene da un'equivoco del suo incisore , comunque sia nato. Per lo che il trium- virato monetario del Q. Marcio , che avevano di (jui dedotto il Vaillant e l'Avercampio dovrà rele- garsi fra i sogni. Ma quantunque le ultime lette- re di questa leggenda si prestino veramente a ri- cevere l'interpretazione dell'Orsino ()u(Wstores VR- bani •> che loro confermò lo Spauemio T. 2. p. ìGo, parmi lultavolla assai più fondata la sentenza dell' Lckhel , chtì in questo rovescio vide tre nomi , co- 0.-,.«;f:rv AZIONI ^'^IWs>T/VTrcHE 3t<7 mi , come noi C.^. FOVL. M. GAL. Q. MKT della Cecilia tav. 2. n. i , nell'OGVL. GAR. VER dell* Ogulnia , e nel Q. MAR. C F. L. R della Marcia lav. 3 n. I , onde fu d'avviso , che fossero questi i triumviri , che fecero improntare la medaglia. ìù in questa opinione mi rassoda l'osservare , che noti è già vero ciò che nei passati tempi si è quasi ge- neralmente creduto , cioè che ai Questori urbani spettasse regolarmente la cura di far coniare la mo- neta che fabbricavasi in Roma , constando che al- loi'chè occorse loro di farlo , ebbero bisogno come gli altri magistrati di una speciale autorizzazione del senato , della quale fecero cenno sui loro co- nj , come può vedersi tanto in quello di Gepione e di Pisone , quanto negli altri di Cn. Lentulo, di L. Pie- torio, di M. Sergio Silo, e di L. Torquato. Ora una tale autorizzazione sarebbe stata al tutto inutile , se la fabbricazione della moneta fosse stata inerente all'ufTicio qupstorio , come lo era al triumvirato mo- netario , sui nummi del quale non apparisce giam- mai alcun' indizio del senatotio decreto. Se dunque Ap. Claudio e T. Manlio fossero stati veramente que- stori , panni che avessero essi pure dovuto aggiungere l'EX. S. C , che notarono gli altri ; onde la mancanza di questa formola mi somministra non lieve argomento, che qui non si parli se non che dei magistrati ,, di competenza dei quali era la presidenza della zecca . E parmi altresì, che a, ciò denotare possa ridursi il simbolo , che vedesi nel diritto dietro la testa , del quale niun' altro numismatico ha fatto parola , e che nei disegni viene molto infedelmente rappresen- tato quasi ft»sse la lettera O. Ma in fatto egli è un* arnese in alcuni conj quadrilatero , in altri triango- lare , in altri rotondo , eh' è però sempre vuoto nel mezzo , ove descrive una figura circolare. Per la G.A.T.XXXfV. ' ai' ' ' 33o L K T T E R A T U R A (|Ual differenza nella forma esterna sarà chiaro , eh' ella era indifferente per l'uso , cui era destinato , al quale per conseguenza serviva soltanto il circolo in- terno , eh' è sempre costante. Quindi io non so im- maginarmi di meglio , che crederlo lo stampo dei tondini da imprimersi , o sia la misura della gran- dezza delle monete onde fosse in tutte uniforme . Ma TEckhel soddisfatto di aver ricavato dalla sua osservazione il collegio triumvirale di uh' anno, non si curo poi d' indagare di (juali uomini fosse com- posto , e ne meno di supplire il nome' del terzo di loro ch'egli novellamente elevava a qiiést* onore. Non cade dubbio che il primo AP. GL sia V(?ramcnte un' Appio Claudio , atteso che il prenome Appio fu quasi particolare di questa gente , e segnatamente della famiglia dei Fulcri. Nel secondo T. MAL. tut- ti i numismatici d'accordo avevano riconosciuto uri T. Mallio , o Manlio , e il solo Eckhel T. v. p. 24^' ha opposto , che potevasi le^^Cre egualmente Mal/eo- liis. Ma egli non avvertii , che la gente Puhlicia , cui spetta quel cognome, e eh' è abbastanza nota, non usò se non che i prenomi di Caio , di Lucio , di Marco e di Quinto , senza trovarsi in lei un solo esempio di quello di Tito , il quale viceversa fu co- munissimo nella gerite Manlia. Ne fa caso che sul num- mo Vengasi MAL , perchè è già stato notato dal Vàil- lant ^. Qo '• observandum apud quosdam auctores ^ et praecipue graecos , mMa'/oj et MÓivKiog scriptos reperiri'. onde t)ionigl d' Alicamasso e Diodoro Si- culo quando ebbero a rtieinbfàre questa casa , pre- ferirono Sempre la prima" 6rtografia , e il consolò del 649 1 che Mdnìlus chiamasi da Sallustio Jug. e. i4 •) e da Cicerone prò Murena e. 17 , MAL- LtVS viceversa si dice nel celebre marmo Puteola- iib recentemente illiistrato dai Gh. Guarini , e Zanno- UaSEHVAZIONl NU>IISMATICHE 33 I Ili. Rimanendo adunque a trattare del terzo Q. VR , io rifletterò che quell' VR deve essere 1' iniziale di un gentilizio , perchè di ciò ci assicura l'esempio dei compagni , il primo dei quali si disse Appius Clau- dius , non Appius Pidoher , l'altro Titus Mallius , non Titus Torquatus. Ora durante la repubblica non ci sono cognite se non due case , il cui nome cominci per la sillaba VR , e che abbiano consegui- to magistrature. È la prima l'Ursania , della quale non si memora se non C. Ursanio tribuno della ple- be nel 55 1 secondo Livio : l'altra l'Urbinia. Io però preferirei di attribuire il novo triumviro alla se- conda , perchè pii^i illustre , e più ricordata dell' al- tra. Infatti ella fu antichissima in Roma , parlando-' ci Dionigi d' Alicarnasso l. g. e. 4° della vestale Urbinia sepolta viva l'anno 284- Inoltre un C. Ur- binio Questore di Metello Pio nella Spagna è me- morato da Macrobio Sat. 1. 3. e i3 ; Urbinio Pa- nopione senatore fu proscritto dai Triumviri per at- testato di Valerio Massimo 1. 6 e. 8 J. 5. , e gli erè- di di Urbinia ricchissima femina furono difesi da Asinio Pollione , a detto di Quintiliano InStit. 1, 4 CI, e 1. «7 e. 2. Il Pighio seguito dal Vaillant cte-' de impresso questo nummo nell'anno Capitolino 544» nel quale sul di lui fondamento statuì Questori Ur- bani Appio Claudio Palerò , e Tito Manlio Torqua- to : ma a questa sentenza contradisse 1' Avercarapio per la non falsa ragione , che qui non favellavasi di Questori , ma di Triumviri. Però anch' egli non fu più fortunato nello scegliere per indice della sua età il Q. Marcio , di cui ho già detto non esistere memoria in questa medaglia , e eh* egli giudicò il Q. Marcio Ralla , che fu poi tribuno nell' anno Varro- niano 588 , a cui diede per collega il T. Torquato console nel 58r) : ne avendo poi tremato alcua' Ap- 33:» TjETteratijka pio Claudio , che gli sembrasse essere stato ìovo con' temporaneo , lo credè un' ignoto figlio di qnelT Ap- pio Claudio Centone , che nel 58o trionfò della Cel- tiberia secondo i marmi Capitolini. A me una sola cosa pare certa , ed è che questo denaro non può spettare al sesto secolo di Roma per la mancanza della nota del valore , che nelle mon(ìte di quel tem- po si trovai .costante , e perchè non abbiamo alcuna medaglia di rame di questi triumviri , quando fu co- stame dei più anticlii zecchieri il coniare in ambe- <^iu?,;i ^etp)U;.,i Piacerai adunque molto piià il parere ddr^Orsino , che ne ditFerì la percussione al secolo susseguente , nel quale siamo certi non esservi stati che due soli Appj Claudj , che abbiano potuto es- sere triumviri monetali , cioè Appio Fulcro console nel 700 , e l'altro Appio suo padre console nel 675 e figlio del pili antico Appio console nel Gii , co- me ho altra volta dimostrato . Mancano positive ra- gioni per prescegliere piuttosto l'uno che 1' altro , benché mcgl'o piacerebbemi il primo : onde uno dei colleghi sarà T. Torquato uomo eloquente, che pre- venuto dalla morte non potè giungere al consolato, (B^.cjiej nujeritò gli elogj di Tullio nella Planciana e. XI , p vero il di lui padre, che anch'esso chia- raossi Tito per fede dello stesso Tullio nel Bru- tus e 70. E poiché mi si è qui presentata la con- giuntura di ricondurre il discorso sulla famiglia dei Claudj Fulcri,, ne profitterò per emendare ciò che scrissi neirios^erv. vi 11 della decade xiv , ove mo- strai di non conoscere la moglie dell' Appio conso- le nel 675 , e madre rispettivamente dell'Appio con- inole' nel 700 , del Publio inimico di Cicerone , e del Cajo Proconsole d'Asia, non che delle due femmine, ph' ivi memorai. Dirò adunque eh' ella fu Cecilia Me- tella figlia di Q.^Balearico console nel G3i , e sorella * OsSERVAZrONI iVU.WIS.MATICHE 333 di Q, Metello Nipote console nel 656 , ricordata da Tullio nell'orazione yyro Hoscio Jmerino e. io, essendo che i figli di questo secondo Metello , cioè il Celere console nel 6q4 , e il Nipote console nel G97 furono fratelli cugini dei Ire Glodj , secondo che appariscft da\V ovazione posi reaitum n e. io, prò domo sua e. 3 , prò Coelio e. ^4. Un di lei sogno narrato dallo slesso Tullio 1. I de divinai e 6 e 44 , e ]. a e. 66, non che da Obsequente §. ii5 fu cagione, che nel 661 fosse ristorato il tempio di Giunone Sospita. Dal che rimarra più chiaro , che la Tcrenzia mentovata da Plutarco nella vita di Cicerone come una terza sorel- la dei tre Clodj , e che si era già d'accordo nel crede- re una soror • patruelis non può eh' esser nata da una sorella o del primo Metello Nipote , o vero dell' Appio console nel 6jj , e maritata a un Te- renzio. Del resto ritornando alla nostra medaglia , la trìga, che si vede sul suo rovescio , non è frequen- to sui nummi , non avendosene altro esempio se non che nei denari della gente Nevia. 11 di lei uso per- altro fu mollo antico in Roma , narrandoci Dionigi d'Alicarnasso 1. 7 e 73: In equestribus autem cer- taminihus duo perveUista studia , ut olmi fueruni instituta a Romanis ad mearn usque aetatem ob- sermntur : unum est trigaruni , quol in Graecia quidem ohsohvit , vetustum et heroicum institu- tuin , quo Graecos in praeliis usos tesiatur Home- rus : nam duobus equis iunctis , quo modo bigae junguntur , addebutur tertius equus Juuulis , qui loris adiunctus erai , quem prisci i'ocabani n^xH- lictf , quod aliis esset adiunctus et adiectus. OSSEIIVAZIONE Vili. Le medaglie della Mesia inferiore cominciando dai tempi di Autoniuo Pio fino a quelli àell' impe- 334 Letteratura ratore Filippo sogliono frequentemente mostrarci uh nome preceduto dalla preposizione YIIO , che si era dubbiosi se denotasse un magistrato municipale , o vero il rettore della provincia. E questo dubbio fu avvalorato dal giudizio dell' Eckhel , che dichiarò nella» Doctr. Num. Vet. T. IV. p. 233 : sintne ma- gistratus Marcianopolis et Nicopolis numis inscul- pti B7€(i0ve5 putandi , non satis liquet. Egli discusse di proposito una tale questione nel T. n p. i5 e r. 7 , e disse a prò del secondo parere , che vera- mente questi nomi avevano tutta l'apparenza di es- sere Romani , e ciie inoltre il museo Cesareo offri- vagli esempj , nei quali invece di TflIO leggevasi a chiare note araM. tepebentinx. La qual voce ab- breviata non dubitò poi di compire HrxMei/x , e mal- grado la differenza di una lettera , credettela eguale air HrEfxoi/off , che apparisce sulle monete della Tracia. Aggiunse di più , che tre di costoro cioè Ulpiano , Ponziano , e Marcio Agrippa tanto venivano ricorda- ti sui nummi impressi a Nicopoli , quanto su quelli usciti dalla zecca di Marcianopoli , il che non po- trebbe avverarsi , se fossero magistrati particolari di una sola cittk . E citò infine una testimonianza di Dione , dalla quale si ricava , che quel Marcio Agrippa dall'imperatore Macrino fu eletto primiera- mente rettore della Pannonia , e quindi traslatato nella Dacia , alla qual provincia niente ostava , che a quei tempi fosse riunita anche la Mesia inferio- re. Dall'altra parte egli oppose , che i presidi non costumarono mai di premettere al loro nome la pre- posizione Yno , ma lo posero sempre in modo as- soluto , per esempio HrE. toya. masimoy , e pii!i d'ogni altra cosa gli fece meraviglia , che si aves- sero ben cinque di questi nomi diversi sotto l'im- ;pero di Macrino , non sembrandogli probabile , che Osservazioni numismatiche 335 nel breve giro di quattordici mesi avesse potuto la Mesia cambiar tante volte di governante. Per lo che lasciò accesa la lite , ne si . attentò di profe- rirne sentenza. Ora però queste difficoltà sono ri- maste in parte schiarite dalle susseguenti scoperte, o da più diligenti osservazioni , e sono così cresciu- ti gli argomenti in favore dei presidi , da non la- sciar* pili incerto il giudizio dei numismatici. E jjrimieramente non so con quanta ragione si sia di- stinto Marcio Agrippa da Claudio Agrippa , che sono due dei mentovati sulle medaglie di Macrino , non sembrandomi ancora abbastanza assicurata la lezione Claudio , ne in ogni caso venendo esclu- sa la possibilità , che costui portasse due gentilizi , com'era quasi di ordinario costume nell'età , di cui si tratta. Che se all' Eckhel parve strano il così breve reggimento di cinque , o piuttosto di quattro di quei governatori , egli non è tuttavolta incredi- bile , avuto specialmente riguardo al cambiamento del regnante sopravenuto in quel tempo , e certa- mente poi questa frequente mutazione potrà più fa- cilmente spiegarsi nel supposto che coloro fossero legati del prencipe revocabili ad ogni sua voglia , di quello che credendoli magistrati eponimi di una città , la durata dei quali era annua di sua na- tura. Però insussistente del tutto viene ora dimo- strata l'obbiezione desunta dalla parola YIIO , che si diceva insolita a premettersi alla memoria dei presidi , imperocché se HrxM TEPEBENTIN» lesse l'Eckhel nelle medaglie del museo Cesareo, Yno TE- PEBENTIN« ci offerse un'altra pubblicata dal Vaillant fra le sue Greche p. 128 , ed XU. aM. TEpEBENTINj? trovò egualmente il Sestini nel museo di Gotha lett. t. IX. p. 4' Il qual' ultimo nummo non solo ci mo- stra eh' era in pieno arbitrio l'aggiungere o no la 33G Letteratura preposizion« , ma fa sparire eziandio la differenza fra HraMev» ed HrE^ovos , provando che quelle quat- tro lettere furoao a torto riunite dall' Eckhel in un'unica parola , quando è aperto , che le due pri- me soltanto indicano ia dignità della persona, e che le due altre sono le iniziali del di lei gentilizio , onde niente più impedisce, che l Hr s'interpreti ret- tamente Hrejiovoj ; come sui tipi della Tracia limilro fa. Nfe è pili solo Teiebentino a prendere questo ti- tolo sulle medaglie della iVlesia , perchè in esse si è osservato del pan Hr. r. zHNQNOc. (Sestini leit. T. Q p. 5) , e più frequentemente ancora Hr. M. KAIK. CEPBEIAI (Sestini Descr. N. F. p. 3y , Classes ^eii. p. aG) ; e C0i.i pme fra i personaggi ricordati da ambedue le zecche di Nicopoli e di Marciauopoli de- ve accrescersi Aurelio Gallo pei ripetuti esempj ri- feriti fra gli altri dal Cav. Mionnet (Suppl. i'. a p. 74 ^ i3i) . Sona queste prohaiulmente |e con.^i- dera^ioni , che hanno mosso il lodato eh. Sestini a dichiarare francamente malgrado l'irresolutezza dell' ILckhel , che questi nummi appartengono ai presi- di delle provmcie ; ma io ne addurrò un' altro ar- gomento ch'c ancora più dKi-cisivo. Dieciotto diverse medaglie di Nicopoli tutte di secondo bronzo sono da me conosciute , impresse sotto L. Ovinio Tertul- lo , delle quali mi contenterò di descriverne soltan- to sei , essendo più che sullicienti a mettere in chia- ro il suo nome e la sua età. 1. AY. K. A. cEP. cEYHPOc. H. Testa laureata dell'imperatore Settimio Severo. Yn. A. OOY. TEPTYAAOY. NIKOnO. nPOC. 1. Aijuila Sopra un'ara , che tiene un^ corona nel rostro. Dal museo di Gotha. Sestini lettere T. 9. p. 5. 2. AY. K. A. CE. eEYHPOc. festa laureata di Se- veio. OsSERVAZIOM NUMISMATICHE SS^ Yn. A. OOYIN. TEPXrAAOr. NIKOnOAI. nPOG. I Er- cole che soiFoca il leone Nemeo. Dal museo AUier. MioUlK't Suppl. T, 2 p. 125 11. 4*^2. riÙtUt 3. AYT. KAI A. CEOTI CEYHPOc. OEP Testa l%fl-( reala di Severo col paludamento. \ i rn. A. OBINl. TEPTYAAOr NlKOnOAITfìN. npoc. I^T- rO.Q laJnga de, la ViUona. \lionnetSuppl. 1 1. pag. 124 n. òijfj. 4. AYT. K. A. CE cEYHpOc. H. Testa lau- reala di Severi. Yn. A. OOYINIOY. TEPTYAAOY. NiKOnO. IIPOC. le. La Fortuna in piedi col timone e col cornucopia. Freelick quatuor tentamina. p. 23(). : , -. 5. AY. K M. AYP. ANTrZNiNOc. Testa laureata, di Caracalla. Yn.A OOYINl. TEPTYAAOY. NIKOfl. nPOC I. Uu'afjUlr la sopra una base fra due iiisef^ae militari. Dal reaj; museo di Baviera. Seslini catalogo generale h. 209.. G. AY. K. M. AYP. ANT^NINOl;. K. A. CEO. KAI. TETAc. Testa laureala di Caracalla , alla quale sta di fronte la testa nuda di Gii. - Yll. A. OOY. TEPTyAAOY. NlKOIl. HPOc. I. Fiume barbalo i^iacente con quattro spighe nella destra. Dal museo di KnebelsdoriT. Sestini lettere T. (3 p. .i5. Consta adunque da loro , che L. O vinto Ter- tullo ebbe una magistratuia nella Mesia inferiore sotto il regno di Settimio Severo , e segiiataraente dopo che fu associato all'impero il figlio Caracalla, ma prima che Gela divenisse Augusto. Ora l'ulTi- cio che ueir indicato tempo da lui sostenevasi in quella provincia ci viene manifestamente dichiarato dal libro 49 ^^^ digesti, titolo i5 de captU'is et de posdinunio , et redeinptis ab hostibus ^ legge, (j)^j, ove si scrive:,, Apud hostes susceptus filius , si pos.t- „ Inninio redierit , filii iura habet': habere enim^pp^;!;- 338 Letteratura „ limfnium nulla dubitai io est post rescriptum An- „ toniiii et divi patris eius ad Oviniura TertuUum „ praesidem proVinciae Moesiae inferioris „ . Il qual rescritto viene nuòvaftiente citato nello stesso di^e- sto lib. 38 tit. 17 leg. 3:„ Filius si apud hostes ,,'cbnclerptlus a ci^tU'^a 'procreatus cum ea rediit , „ Secundum rescriptum imperatoris nostri et divi pa- „ tris ejus ad Ovinium Tertullum , poterit ex hoc „ senatuscort^ultd àdmitti , quasi vulgo quaesitus „. Che anzi sapremmo determinatamente l'anno del suo governo i incontrandosi futttfra questa legge nel co- dicQ lib. 8, tit. 5i, leg. i, se disgraziatamente non avesse perduta la data del giorno e del consolato. Iinpp. Severus et Antoninus Augusti Ovinio. „ Ex „ duobus captivis Sarmatia nata patris originera ita „ secuta Videtur , si ambo parentes in civitatera no- «^ stram rediissent. Quamquam enim iure proprio „ postliminiutu habere non possit , quae capta non „ est^feamen parertttiJn restitutio reddat patri filiara , „ qui cum ab hostibus interfectus sit , matris dum^ „ taxat conditionem , qae secum filiam duxit , vide- „ tur necessario sécuta «te. „ PP. sine die et Cos. E veramente a chi poteva meglio indirizzarsi quel rescritto j • in cui si tratta di chi era fuggito dalle mani dei Sarmati , so non se al preside della pro- vincia , che confinava con essi ? Per le quali cose se rimane dimostrato , che Ovinio Tertullo fu ricor- dato sulle medaglie di Nicopoli , perch' egli era il Legato imperiale , alla cui giurisdizione era sogget- ta quella citta, sì avrà tutta la ragione pel- crede- re ch'esercitassero la medesima carica anche gli al- tri , che in egual modo sono mentovati nelle altre 'monete della stessa citta , o della stessa provincia ; e quindi si avrà. da rintracciare conoscenza di loro fra -i personaggi, che occuparono le maggiori dignità Osservazioni numismatiche o3q' dell'impero Romano', tuttoché la carestia delle no- tizie, che dobbiamo deplorare in questi tempi, ce ne renda molto spesso difficile , e talora anche iautile la ricerca . Infatti di questo Tertullo non m^' e riu- scito di' averne altro sentore. Antica però fu in Ro- ma h isua famiglia , ond'è nota durante la repub- blica la legge Ovinia citata da Festo p. 3G , dalli quale veniva prescritto , ut Censores ex omni ór- dine optimum quemque in senatum legerent. Orosio ci fa sapere nel 1. G. e' i(>, che il seriàtote Q. Ovi- nio , non essendosi vergognato di presiedere ai lani- fic) di Cleopatra' , fu dà Ottaviano fatto morire dopò la conquista di Alessandria. Anche Larapridio nella vita di Alessandro Severo §. 48 ci è testimonio del- la nobiltà di questa casa, parlandoci di Ovinio Ca- millo senatore d'antica famiglia, che aspirava all'im- pero , e che porse occasione a quel prencipe di far mostra della più grande clemenza. Una lapide di Spa- gna edita dal Grùtero p. 44^-' 9-"i' ^ «ledicata a l.. Ovinio Rustico Gorneliano , che morì mentr'era con- sole designato ; e nel museo Vaticano serbasi un'al- tra bella iscrizione spettante al console sufFetto L. Ovinio Africano , che fu divulgata da monsig. Ma- rini nei suoi papiri p. 2G0 , e dal sig. avv. Fea nei frammenti di fasti p'. 62 n. 47- E in progresso di tempo venne poi questa prosapia anche in maggior fiore , talché non solo occupò ripetutamente la pre- fettura di Roma, e il consolato ordinario, ma si con- giunse eziandio di parentela colla famiglia imperiale. OsSERVAZIOME IX. A confermare la proposizione superiormente di- fesa , giova di allegarne una seconda prova , che non è meno convincente dell'altra, che si è prodotta. 5 jo L E T T E n A T 0 n A Sotto rirapero del terzo Gordiano la zecca di Mar- ci anopoli , citta atuli' essa della Mesia inferiore , som- ministra finora quindici medaglie di secondo bron- zo lutt^, impresse sotto un Menofilo , ma diverse fra loro nel tipo del rovescio , che rappresenta però sempre una divinità. Io mi limiterò a descriverne due soltanto , perchè o non pubblicate , o poco note finora , delle quali debbo la communicazione al più volte lodato Sig. Sestini. AYT. K. M. ANT. TOPAIANOC AYT Testa laurea-" ta di quest' imperadoie. Yn. MHNO4IA0Y. MApKiANOUOAiTfìN. Genio in pie- di vestito , rivolto a sinistra che ha la patera nella mano destra , e Tasta nella mancina. Dal real mu- seo di Baviera AYT K M ANT. rOPAIANOC. AYF. Due teste opposte , Tuna laureata di Gordiano Pio , 1' altra di Serapide caricata del moggio. Yn. MHNO*IAOY. MAPKIANOnOAITQN. Serapide in piedi colla testa rivolta al cielo, che innalza la destra , e raccoglie il pallio colla sinistra , nella quale tie- ne pure un' asta a traverso. Dai musei del Re di Baviera , del Granduca di Toscana , e del Conte di Witzai- Di questo Menofìlo ninno dei numismatici ave- va saputo darci contezza , e pareva anzi che il suo nome grecanico , il quale suona in quella favella . amante della Luna , olFrisse un nuovo motivo per . reputarlo un' estraneo , piuttosto che un Legato Augustale. Tutlavolta lo spreco eh' erisi fatto in quel secolo della cittadinanza Romana snerva di molto la forza di quest' argomento , ed ogni ragio- nare è poi vano tosto che io posso dimostrare , che anch' egli fu veramente uno dei presidi della Me- sia. Eccone difatti una chiara testimonianza di Pie- OilSEnVAZIOVI NUMISMATICHE 34 1 Irò Patrizio , riferita fra gli excerpta de l< gaUoiii- hns , di' io ricopierò per intero quale si legge ne^ corpo della storia Bizantina T. r p. a4 , edizione di Parigi. „ Carporum gens invidia flagrabat , quod „ Gothi a Romanis. stipendia accipiebant. Itaque le- „ gationem niiserunt ad Tullium Menopliiliim , et „ arroganter pecunias ab ilio potierunt. Erat ille dux „ Mysiae , et singulis diebus exercitum ad bellura „ exercebat , et cum Carpos insolentes et su perbos «esse accepisset , per plures dies eos non admisil , „ sic tamen potestatem eis fecit , cum exercitus exer- „cebatur,'ut milites conspicerent . Et cura satis „ prorogatione temporis diem de die ducens super. „ bos illorura spiritus frpgisspt , et retudisset , s&w „ dens in alto suggpstu , primaiios totius exercitus „ viros circa se adhibuit , et Carpos excepit , nul» „ laque illorum liabita ratione in medio militum , „ dum legationem suam exponerent , tanquam alia „ agens , et longe illi essent graviora negotia , ser- „ monera cum aliis liabebat. Àt illi despectui liabiti „ nihii aliud dixerunt , nisi quia Gothi , inquiunt^sa „ vobis stipendiura accipiunl , cur nos quoque non ao^ „ cipimus? Quibus Menoplulus : cum imperator nostet „ multarura pecuniarnm sit dominus , Jiberalitatem „ suam exercet erga eos, qui ut ipse beneficus sit „ suppliciter petunt. Nos quoque, in({uieiunt, sup- „ plicantiura numero habeat , (^t nobis eadem lar- „ giatur. Sumus enim Golhis praestantiores. Ridens „ Menophilus , meae , ait , sunl istae partes de bis „ ad Imperatorem referre. Redite igitur intra qua- „ tuor menses in hunc euradrm locum , et respon- „ sum accipietis. Et simul illhinc abiit , et milites „ exercuit. Post quatuor menses Carpi redierunt. „ In quibus admittendis cum eadem forma , qua „ pnus usus fuissct , et rationem negolium in alios 342 Letteratura „ tres raehses reiiciencli reperisset , cum landein ite- „ rum eos , ut prius , coram'j alio exercitu excepis- „ set, illis'hoc responsum dedlt. NihiI prorsus Im- „• perator vobis ex conveiitione debet. Sed si grati- „ flcatione itidigetis , accedite ad ' euttì , et ad ejus- „ pedes procumbite , et ei supjSlióate , et verisimi- „ le est eum vestras preces adml^siuuTa.' At illi in- ,f dignati recesserunt , et per tìes annos , qUibus ,, Menophilus in provincia cum imperio fuit , quie- „ verunt. ,s Di*^ qui adunque non solo si comprova che Menofilo fu Legato imperiale della Mesia , ma eli' ebbe altresì due eserciti sotto il suo comando ,• se cambiato il primo potè in breve tempo offrirne in mostra un' altro agli ambasciatori dei Carpi; il che vuol dire che secondo altri csempj non inso- liti in questa parte delle frontiere Romane , gli era qonteiKiporaneamente affidata un' altra provincia limi- trofa ^ forse la Mesia superiore , o la Dacia. E dal medesimo luogo sapremo di più , che il suo gover- no! Isi; esteso ad Un triennio , e che il suo nome genti- lizio fu Tullio. Air opposto dal confronto colle me- daglie avremo appresa Fet'a che deve attribuirsi al i>iferito frammento ^ la quale era prima incertissima ifiuir altro conoscendosi dalle cose antecedenti e sus-» jjeguenti , se non che il fatto da lui narrato do- veva jessere posteriore ali* impero di M. Aurelio ^ ed, 'anteriore a quello di Aureliano : onde per sola congettura fu aggiudicato dai Tillemont ai tempi di Al'essiandro Severo. E veramente attribuendolo , se- condo che ora si fa manifesto , al regno di Gor- diano Pio , tutto ciò che in esso si contiene egre- giamente i corrisponde. Imperocché e un prenclpe so- lo era allora seduto sul trono dei Cesari, e i Go- ti sotto 'lil colore di ausiliari ricevevano dai Roma- m un annuo stipendio , del che ci assicura Giornan- Osservazioni numismatiche 343 de cap. iG , ove ci annunzia che ai giorni di Fi-' lippo successore di Gordiano, Gothl distracta sibi sti- pendia sua aegre ferentes j de amici s f adi siint ini- mici. E del pari stara bene , che regnando il se- condo di quegl' imperadori , i Carpi rimanessero quie- ti , imperocché dopo averci detto Capitolino nella vita dei di lui antecessori Pupieno e Balbino e. 1 6. sub his pugnaium a Carpis contra Moesos fiiit^ la storia non fa piix motto di quel popolo , finche non viene Zonara a raccontarci com' esso riprese le ar- mi , e fu sconfitt» da Filippo ; del che pòi ci fan* no invitta fede le sue medaglie coli' epigrafe VI- CTORIA. CARPICA. Ed anzi di questa tregua al- le loro irruzioni ci è quasi testimonio lo stesso Ca- pitolino , quando riporta che Gordiano andando a portar la guerra ai Persiani , nell' anno di Roma 995 , fecit iter in Meesiam , atque in ipso procin- ctu quidquid hostium in Thraciis fuit , delevit , Jìigas'it , expulit , atque submovit. Imperocché ab- bastanza se ne ricava , che nella Mesia colla qua- le confinavano i Carpi , ei non trovò ostacolo di ne- mici , i quali solo gli furono a fronte quando eb- be posto piede nella Tracia : onde appartener do- vettero ad altre nazioni abitanti più in Fa verso l'Eusino. Per tal modo dall' aver conosciuto la ve- ra età di questo Menofilo e la dignità di Legato pro- pretore da luì sostenxita , ne ricaveremo il profitto di risapere ancora chi egli si fosse. Conciossiachè itoa sarà da dubitarsi , di' egli sia quel Menofilo già pro- mosso al consolato , che insieme coir altro consolare Crispino era stato spedito poco prima dal senato ad im- pedire l'ingresso nell'Italia all' imperatore Massimino dichiarato nemico del popolo Romano ; al valore dei quali fu dovuta l'ostinata resistenza eh' egli incontrò in Aquileja , secondo'che si riferisce dal piià volte ci- 344 Letteratura MtQ Capitolino tanto nella sua vita , quanto in quel- la di Balbino e di Pupieno ,. e conff^rmasi da Ero- diatio 1. 8 e. 4- Niente infatti è più verisimile , se non che in premio dell' impresa felicemente termina- ta col l'uccisione del tiranno ,fo;S«'' egli preposto al reggimento di lina delle provincie più importanti dell'impero , la quale as,salita di fresco dai nemici ^V^va p.er conseguenza bisogno, di un preside , di cui fosse nota la rtiilitare ri])nLazione per incutere loro ./terrore , siccome fece. E cosi saranno dirada- tH/iBi ; fiiolto le folte tenebre, che m:il«rado le lo- rd Vgenerose a7,ioni ricoprivano questi due guerrie- ri; perchè se dal fin (|ui detto apparisce che uno di loro fu Tullio iMenotllo , non temerò poi di giu- dicare che l'altro sia il console L. Loieiiio Crispi- no:; parendomi che ogni ragione concorra per at- tribuirgli la lapide dell' anno di Roma 99-7 , che ("u edita d"il ''ig* avvocato Fea nei suoi frammen- tijdi ifasti , pag. S'j, -5«p fiJioa JciaoM bIIoìi -OU ib ' ' OsSKnVAZlONE X. -J'. <■■ Dall' editore del museo Tiepolo p. 942 fu pio- dotta un'altra medaglia di secondo bronzo , coniata ancl^'essa nella Mesia dalla citlk di Nicopoli , ra[)- presentante da un lato la testa di Settimio Severo laureata colla .solita epigrafe Ay. KAI. cEfl. cEYH- poq n , e dall'altro un'aquila posata sopra un fnl- tnipp j e qijqondata dall'iscrizione Yn AnOAAYc Nl- Kono nPOc IGTP. L'Eckhel si accorse bene che co- stui doveva essere un magistrato dell' istessa natu- ra degli altri , dei quali ho tenuto ragionamento finora . ma non seppe dividere a dovere quelle ab- breviature, e molto meno ristaurare (|uel nome, on- - fle 'iO^U'elenco , ch'egli ne diede, si contentò di no- OSSZRVA'/IONI MUMI-SMATICHE 345 lare nudamente quell' informe AllOAAYc. Non poca luce n'è però derivata da un secondo nummo con- simile, adorno quasi del medesimo tipo, ma con più completa leggenda , che dal museo Ainslie trasse al pubblico il Sestini nella Descriptio Num- Vet. p-Sjj n. 5 , nel quale si mira la stessa testa laureala di Severo con attorno^Y kAI AOYA cEIlT cEYHPOc cÉB, e il cui rovescio ci presenta YIl AEIOA AYcriEKOG NiKonOAlTfJN nPOc icTPft colla medesima aquila che tiene il fulmine fra gli artigli , e di più una corona nel rostro. Imperocché da esso emerge mani- festamente il cognome Auspice ; onde solo rimarra da reintegrarsi il gentilizio. Per le cose adunque dette di sopra essendo questi un Legato Propretore Ce- sareo , e quindi un senatore che deve aver occu- pato altre dignità nell'impero , io tengo per fermo , che sia quel medtsimo personaggio eh' esercitò il magistero degli Arvali , e che viene per l'unica vol- ta memorato nella tavola XXKIV del Marini , ove si legge : IN. DOMVM. POLLENI AVSPIC .... Magistri convenerunt fratres ^^rVALES. AD. GON- SVMMANDVM sacri ficium deae Diae. Così questi due monumenti serviranno a schiarirsi l'un l'altro , perchè la medaglia del museo Ainslie toglierà il Ma- rini dal dubbio in cui era , se quel cognome mu- tilo dovesse compiersi AVSPlC/j , o piuttosto AV- SPICa//^ , e viceversa il marmo c'insegnerà , che la gente cui appartenne quel preside fu la Pollenia. Dal che ne viene per legittima consegnenza che l'A residuale altro non può indicare se non che il pre- nome Aulo ; e quindi questo Legato della Mesia , e maestro degli Arvali , sarassi chiamato con intera denominazione Aulo Pollenio Auspice . Ne i tempi possono meglio convenire. Conciossiachè le medaglie ci attestano eh' egli ebbe la provincia sotto i'impe- G.A.T.XXXIV.' 33 346 Letteratuua ro (li Settimio Severo , e la tavola Arvale quan- tunque abbia perduta la data certa del consolato , spetta non dimeno al regno di Commodo o di Per- tinace , il che si rende manifesto non tanto per la menzioue che vi si fa di Licinio Nipote , che sap- piamo d'altronde aver fiorito sotto il primo di quei principi , quanto per quella dell' altro Arvale P. Pe- scenio Nigro , che se non è l'imperadore di quel- . la casa , che usò il prenome di Cajo , sarà uno al- meno della sua famiglia , e perciò anteriore alla to- tale distruzione che fece di essa il suo nemico Se- vero. Il Marini si lagnò di non aver avuto contez- za della gente Pollenia se non da qualche iscrizio- ne , ma io sono stato più avventurato di lui , es- sendomi riuscito di scoprire una bella memoria non solo di lei , ma dello stesso Arvale , in Dione 1. 7G e. 9 , quantunque il suo cognome vi sia manifesta- mente viziato per colpa dei copisti che scrissero A(nr«| in vece di Auff-Treg , per lo che ne avremo al- tresì una correzione da farsi al suo testo sfuggita al Reimaro. Quello storico adunque dopo aver nar- rata neir anno pSG l'uccisione di Bebio Marcellino , prosiegue : „ PoUenio tamen Sebenno , qui morti „ huius causam praebuit , ultrix vindicta tandem „ occurrit. Quum enim deditus ad supplicium fuis- „ set Noricis a Sabino, quorum praefecturara non „ bene administrasset , magno dedecore afFectus est. „ Nos quidem ipsum abiectum in terram, et supplicem „ lacere vidimus , periissetque misere , nisi veniara „ per Aspacem patruura suum impetravisset. Hic As- „ pax mordacissimus omnium hominura , ac dicacis- „ simus fuit , solebatque omnes homines contemnere , „ gratifìcari amicis , ulcisci inimicos. Feruntur eius „ multa salse et urbane dieta , cum in alios tum „ plurima in ipsum adeo Severum , ex quibus est Osservazioni nlmismatìche 347 ,, illud ,- quod quum Sevcrus adscriptus esset Mar- „ ci faniiliae dixisse fertur : gratulor libi Caesar „ quod patrein iaveneris , quasi antea patrem non ,, habuisset propter obscuritatera generis. „ Imperoc- ché se costui fu zio paterno di Pollenio Sebenno , sa- rà evidente che anch' egli nacque dalla stessa fami- glia , e chi potrà poi dubitare del corrompimento dell' inaudita parola Àspax , che non ha alcun si- gnificato , e della di lei correzione in Auspex , quando si è dimostrato che questo cognome fu ve- ramente usato dalla gente Pollenia , e che l'esattissi- ma corrispondenza dei tempi e del grado senatorio rendono manifesto che il Pollcnius Aspax di Dio- ne è la medesima persona del Pollenius Auspex del- la tavola Arvale ? Intanto dal racconto dello scrit- tore di Nicea vengono a restringersi i limiti , en- tro i quali è permesso di vagare alla legazione Me- si ca di questo preside ; restando determinato il suo scherzo all' anno 94^ » in cui Settimio Severo fin- se di essere stato adottato da M. Aurelio « sicco- me narra il medesimo Dione 1. -jS e. 7 , e nel qua- le per certo Pollenio era in Roma , se parlò con queir imperadore. Ora è da porsi mente alla singo- lare iscrizione offertaci nel diritto della nostra me- daglia , sulla quale , come ho annunziato , si legge AYKAI AOYA cEHT cElfHPOC cEB , che il Sestini in-^ terpretò A.vrov.§xTca§ KAIo-^x^ Asuk/o? OYe^oj Av^eAwp cE- nT/(iJo? cEYHPOc cEB 5, p' 234' (8) Zacala, Vita Torquato Tasso ?• 2. p. 184 e scg- (9) Lettera ad Apostolo Zeno- Op- del Tasso V* X. P' 240* Ediz> Veneta. 354 Letteratura. pione Errico (i) , e sembra accetta al Gentili an- cora (2). ArJea , dice l'annalista , di mal celato incendio il troppo sensibile poeta verso Eleono- ra d'Este principessa bellissima, di chiaro ingegno, e d' ogni maniera di egregie virti^i fornita : quan- do un giorno standosi essa alla presenza del duca Alfonso di lei fratello , e delle principesse sorelle , accostatosele Torquato per rispondere a non so qua- le interrogazione , preso da repentino estro sciagu- ratissimo osò baciarla in volto. Alla qual vista il duca , siccome savio ed accorto ch'egli era , escla- mò : „ Peccato che un tal uomo abbia in questo pun- „ to impazzito ! „ E così dicendo , ordinò ch'ei fos- se rinchiuso. Comunque vogliasi prestar fede a lutte code- ste Opinioni ricordate così alla sfuggita, difficile non vi riescirk lo scernere siccome tanti e tanto sva- riati pareri abbiano pur sempre infra loro certa tal quale affinità ; della quale seguendo noi le trac- cie , potremo forse rinvenire gran parte della tes- situra di quel deplorabile fatto , e la convenienza consolidare dell'antica tradizione, che,, in quella „ prigione si stesse rinchiuso Torquato Tasso. „ Sta- biliamo prima d'ogni altra cosa un principio , Mon- ti mio , quindi la discorreremo infra noi a cuore aperto. Vi sono uomini così accesi di fantasia , così caldi di temperamento , così entusiasti d'ogni loro idea , e nello stesso tempo così instabili , che alla (0 Rivolte del Paraajo , Ed- 7 di Messina 1625. At- to 3 scena 3. fa) Endccassilabi premessi alla traduzione latina dei due pi'imi canti della Gerusalemme. Prigione del Tasso 355 età di 3o anni ( la quale suol essere quella del senuo e della ragione ) avvampano pur tuttavolta siccome a quella di 2.0. Ottimo avendo il cuore e l'animo rettissimo , incapaci di nuocere altrui , cor- rucciansi vivamente d'ogni torto , senza essere mai idonei a ripararlo. Amano alcuna volta colla pu- rità degli spiriti celesti, e splenditissimi geni d'Eli- cona fatti sono veramente per abitare lassù ; che della umana tristezza e delle frodi nulla sanno, fin- che fatta non ne abbiano sul proprio capo tristis- sima esperienza. Ma tratti una volta da quel fidu- cievole abbandono , subentra ai lieti giorni di pa- ce e d'amore un cupo silenzio , una dilTidenza , un rancore acerbo ; e guai se declina la sanità, o l'umor triste ed acre posi sull'ipocondrio, e l'indebolito si- stema nerveo scuota violente ! Un battere allora universale d'ogni arteria , un tardo respiro , un ve- gliare molesto , sembrano forieri d'una morte immi- nente. Stupidi ora ti sembrano nell' irremovibile silenzio , ora furenti pel soverchio moltiplicare del- le parole. Ogni animo gentile scende nel cuore con- turbato de' miseri ; e in quella lotta riconosce me- no il risultarnento d'una smarrita ragione, che quel- lo di menti use troppo ad innalzarsi sublimi , in al- trui fidando ; e tanto piti grave sente la ragione di compiangerli , quanto più essi furono esempio d'in- tatta fede e di virtù. Ma il malvagio bassamente abusa di quello stato infelice , e lo deride il vile ; e non che stendere ad essi pietosa una mano a ri- alzarli , conculcali spietatamente col piede , finche giacenti li mira. A codesta sventuratissima classe ( bisogna con- venirne pur troppo ! ) appartenne il misero Tor- quato. Chiamato alla corte d'Alfonso II d'Este a'ser- vigi del card. Luigi in sul finire dell'ottobre i565, 356 L K T T E n A T U U A. accompagnò quol porporato in Francia : e allorché ne tornò , fu liotamente accollo nel iS^a dal du- ca Alfonso , mediante la interposizione delle prin- cipesse Lucrezia ed Eleonora (i) ; sicché entra- to in corte nel principio di maggio di quello stesso anno, si vide fregiato del titolo di gentiluo- mo , ed arricchito del mensile stipendio di lire 58 e soldi IO marchesane (2). Pieno di quel fuoco vivifi- catore che il rese quindi immortale, avvenente e ma- nierosissimo , volto aveva il suo gentil costume a cotal grado di leggiadria , da essere reputato in fra i più eleganti giovani della corte. Il duca Alfonso accarezzollo con mille doni , e per ispontaneita di (i) Serassì , Vita di Torquato Tasso , edizioae di Ber- gamo pel Locatelll lih. 2. p. 184. (2) In un libro di bollette , che si conserva fra' mss» della Biblioteca Ducale di Modena , trovasi all' anno 1672 a carte 189 : „ Signor Torquato Tasso con provisione „ di L 58- e 'soldi io- marchesane il mesa , priacipiando il „ suo servire dall' anno presente: „ e colla stessa prov- vigione si trova allibrato e pagato ne' seguenti anni , in tutti i libri di bollette tuttavia esistenti fino al 1679 ; do- po la quale epoca non si trova più. il nome di lui- Que- ste notizie io debbo alla gentilezza dell' egregio giovane sig. Cesare Galvani che si degnò racoglierle dall' archivio ducale di Modena: Miscellanee ItaljCodice segnato I. H. 3' La lira marchesana dal i562 fino al 1679 si valutò ba- iocchi romani 35- a- {Bellini Tavola delle valute p- 208) o siano iir- italiana i. 88- a* In conseguenza il men- sile stipendio di Iir- 58- io- marchesane , corrispondeva a scudi 2o- e 58. romani , 0 Iir* italiane no- 56. 3 : stipen- dio a que' tempi reputato signorile» Prigioni del Tasso 357 t^eiiio e per riconoscenza pose la sua grazia quan- to pili possa dirsi in colui , la cui epica tromba portata avrebbegU ai secoli futuri chiarissima fama. Le duchesse sovra ogni altro della corte il distin- sero : colse egli il sospiro di vezzosi cuori : ognu- no de'cortigiani fece plauso al giovane poeta , ed ogni cosa intorno sorrisegli ne'primi tempi siffatta- mente , ch'egli nuir altro reputò più grande, ^lò. soave , più fermo della presente sua felicita : sicché tutto l'animo ebbe rivolto a magnificare il grande suo signore , ed a sfogare poetando le dolcezze de- gli amorosi afletti. Ma brevi essendo sempre i pe- riodi della umana felicita , non andò guari , che quella grazia della famiglia sovrana destogli con- tro fierissimamente la invidia. Imperocché il favo- re col quale Alfonso soleva onorare i suoi corti- giani , era sovra ogni altro impartito a Gian Bat- tista Pigna oriundo di Cortona , e secondo i piìi nativo di Fanano terra del modenese (1), uomo che quasi compagno e ristoro era stato al duca fino da'pri- mi anni di giovinezza ; onde innalzatolo al grado di riformatore degli studj e di suo segretario , sem- pre stette appresso di lui , ed ebbe gran favore in lutt' i consigli. Ora è da sapersi , siccome fra il Pi- gna ed il Tasso insorsero gare gelose , derivanti forse da certe rime di Torquato in lode di Lucre- zia Bendedei, giovane damigella della principessa Eleo- nora , corteggiata dal Pigna (a) ; la quale colla dol- ce melodia del suo canto esaltato avendo un cotal (i) Barelli , Memorie ìsloriche dei ietlerati ferraresi V» 2. p- 171 , e Baruffaldi , Supplemento Ist. Borsetti P. a. p. 55. (j) Serassi, Vita, ediz- di Berg* pel Locai- L- 2* p- i4o' 358 Lkttkratjjra poco ranirao sensitivo del nostro poeta , sempre poi lo accolse cortesemente. E perchè ministra suol es- sere d'odio e di vendetta la gelosìa , fortemente iri- togli contro l'animo del Pigna. Del che avvedu- tasi la principessa Eleonora , condusse il Tasso ad illustrare con dottissimi concetti alcune canzoni da quello scritte in lode di Lucrezia , sperando di ren- derlo piiì mite lusingandone la vanità : e queste sue l'analisi dedicò Torquato alla principessa , con quella sua ingegnosissima lettera: „ Fu già tempo , „ ///. ed eccelL signora , che io osai celebrare la ,; bellezza ed il valore della sig. Lucrezia Bendi- „ dio ; ma conoscendo poi per lunga esperienza „ che male poteva essere espresso dalla lingua ciò „ che non era compreso dall'intelletto ec. (i) Tut- ti i tentativi però della principessa per rappacifica- re que'due , 'e gli sforzi di Torquato per solletica- re l'orgoglio del segretario , tornarono vani ; che sempre restossi queli' animo disacerbato ; e perchè sovente il Tasso se ne doleva , perciò valendosi il Pigna della molta grazia del duca , e di quel con- tinuo stargli all' orecchio , sempre gli fu avverso , e sommamente a lui nocque. Arroge, cred' io, pur una certa cotale invidiuzza letteraria , la quale produce ordinariamente che gli uomini screditino le opinio- ni de'contemporanei ed il loro ingegno , siccome co- sa che offende moltissimo Tamor proprio ; ed innal- zino piuttosto il senno de'sommi scrittori trapassa- ti , estimandosi con quell'applauso d'onorare il pro- prio ^criterio. Laonde quella invidia siestese a mol- ti altri grandi della corte : perciocché la voce e gli atti degli uomini più accetti ai sovrani sono (i) Scr*5si vita L. li. p- i4o' Ediz. dì Rem pel Fagliar- Prigione del Tasso Ò5q colk siccome la misura del tempo nel maestro di cappella , alla quale ognuao attende diligentissima- mente. Così è facile a spiegarsi come la persecu- zione di coloro , i quali stavansi piiì vicini al so- glio ducale (i) , si estendesse ben presto ai lon- tani, di maniera che un Madalò , un Geraldini neofì- to , un Brunello ed altra siffatta gente, vollero parte all'onore d'avere incrudelito verso quell'ingegno di- vino : l'indole del quale avendo essi conosciuta irri- tabile , e ad un certo grado di melanconia sempre tendente , incominciarono a dargli tali gravi mole- stie , da far perdere la pazienza a qualunque uomo meno ipocondriaco, meno inquieto che il Tasso non era. Perciocché si vide egli corrotti i servi più fidi, intercettate le corrispondenze, forzata la chia- ve della stanza e dello scrigno (a) , ed operate si- mili altre ribalderie che il trassero talora ad irrom- pere violento e fuori d'ogni limite. A tutte code- ste cause d'iritamento altra vuoisene aggiunta , la quale non poca mate/ia soministrò ai cortigiani di (i) Il Pigna mori ai 4 di novembre del 1576 , e fagli successore nella carica di segretario il dott- Antonio Montecatino , già filosofo del duca , ed erede del Pigna ueir, avversione al povero Torquato . Erancesco Patrizio lettore di filosofia nella università , ed il Berlazzoli en- trambi creature del Montecatino , non lo contradissero neir aspro suo sentimento , nel quale fino a certo gra- do furono pure indotti Orazio Ariosto , ed il cav* Gua- XMui ; il quale ultimo , ad onta di molte gelosie amoro- se e letterarie , non aparisce però che lo preglndicasse mai col duca. Serassi L. 2- p. «3 e seg. Ediz- di Rom. pel Pagi- (u.) Serassi L- 3 p- a6i' Ediz» di Rom» p«l Pagi- 36o Letteratura pregiudicarlo ; aumentò di gran lunga senza dubbio la effervescenza del carattere di lui, più sensibile vi sparse quella tinta di melanconia , e più facile l'in- dusse alcuna volta ad errare. Bello , siccome il dissi , della persona , d' ogni gentilezza egregiamente fornito , di spiriti elevatissi- mi, ebbe ancora Torquato l'animo squisitamente sen- sitivo , e più che non giova inchinevole ad amore: dimodoché da un soave delirio trasportalo , immemo- re di se stesso , osò finalmente posare l'incerto cuo- re , ove virtù a grandezza stavasi congiunta. lo non darò fede alla narrativa del Muratori , da lui stesso ritenuta probabilmente in conto di gra- ta novella: ne più crederò sincere le istorie del Bru- soni , accolte in gran parte da Gregorio Leti nella sua Italia regnante ; ma perchè il Manso (i) , ed il Villa (2) , contemporanei di Torquato , afferma- no questo incauto affetto di lui , e l'abate Seras- si , che ad ogni passo il vorrebbe escluso , confessa che „ al primo vedere il volto di Eleonora , Tor- „ quato provò tale e s\ gagliarda impressione , che „ se non era la somma disuguaglianza fra loro , egli „ correa pericolo di restarne perdutamente invaghi- „ to (3) : „ sarammi , spero io , perdonato se nella convinzione persisto, ch'egli nudrisse poi sempre uA- l'animo quella possente fiamma , la quale male spe- gnere poteva la continua vicinanza dell' adorato og- getto. Bensì mi penso che l'intatto verginale costu- me di lei freno essendogli validissimo ad imbriglia- re ogni men retto pensiero , nel profondo cuore (i) Vita dì Torquato p- 80, (2) Vita dei Tasso , edizione di Roma pel Cavalli i654- (!) Serassi vita, lib. %. p. i.ìi. Ediz, di Roma pel Pagi. Prigione del Tassò 36i avrassi nascosto l'ardente fuoco , e come tempio sa- cro a virtù avralla adorata , confortatovi ancora dai ragionamenti di Platone nel secolo XV ampliati da Marsilio Ficino : e come egli disse in un sonetto in- diritto alla principessa , „ E basta ben che i sereni ocelli e 'I riso „ M'infiamma d' un piacer celeste e santo (i), ogni suo pensiero avrà purificato in lei , che donna era d' ogni sua facoltà. Sebbene restò dubbio , ov- vero a meglio dire , velato quell' amore dall' onore e dalla distinzione nella quale egli tenne Eleonora Sanvitale Thiene marchesa di Scandiano (2) , e dal- la predilezione manifestata non già ad Eleonora Ben- dedei , la quale non fu che un ente immaginalo per abbellire il romanzo del marchese Villa , ma sì be- ne a quella Lucrezia Bendedei di cui parlammo più sopra , e che tanta causa gli fu di danno col Pigna. Ma chi è egli che tutte le pieghe del cuore uma- no sappia rinvenire o svolgere ? Ne io acconsentirei (i) Sonetto ad Eleonora nella occasione nella quale era- le stato da' medici proibito di cantare „ Ahi ben è reo deslin eh' invidia e toglie : „ Versi 2 3 prima terzina , Op. di Torquato p. 21, (2) Eleonora Sanvitale venne spoisa in casa Thiene sul febb. del i558 ed accompagnata dalla contessa Barbara Sinseverino Sale di lei matrigna . La bellezza di queste due dame fece gran chiasso nel primo loro presentarsi alla corte, e tutti gli occhi, non esclusi quelli del du- ca , lor furono sopra : il Tasso le cantò in versi , e sem- pre poi godette della grazia d'Eleonora. Serassi , Vit. llb. 2. p. 117. e seguenti- ediz. di Kom. pel PagL G.A.T.XXXVL 24 362 Letteratura a persuadermi , che V animo dilicato del Tasso ac- cogliere mai potesse diversi affetti in un sol tempo; se l'esempio del cantore delle grazie e degli amori tutta mostrandomi la estensione dell' umana fralezza , non mi offuscasse lo sguardo di leggiera nube : per» che cantando egli che „ Non fur giammai vedati si begli occhi; (sestina 2 p. I ) ,, Le treccie d'or che devriea far il sole ,, D'invidia molta ir pieno : „ Le man bianche sottili t „ E le braccia gentili; (canzone i3) e narrandoci egli nella canzone 3 che Non potea so- stenere alcun giogo men grave ; e milantandosi eh' „ Amor in altra parte non mi sprona; (sonet. ^5) pure , Laura vivente ancora , ottenne in Roma da sconosciuta amante un figlio di nome Giovanni (i) , e più tempo dopo in Avignone da altra donna una figlia che nominò Francesca (2) , Oh uomini uomini , alla cui fede funestamente cieche ci abbandoniamo tal volta , voi non menate tanto remore contro di noi , se non per coprire gli errori del vostro cuore infedele! E mentre crediamo, semplici ! sincero ed irremovibile il vostro affetto , voi ci rendete zimbello de' vostri capricci , e ci po- sponete alcuna volta a tali esseri , la cui sola ri-» (i) Gavriani vita del Petrarca p. u. (a) Ivi pag. 24. Prigione del Tasso f 363 cordanza vi ricolma quindi d' altissima vergogna e di pentimento. Misera chi a voi si affida ! . . . Ma torniamo , caro Monti , alla nostra via : perchè real- mente io mi penso che il povero Torquato vezzeg- giasse alcun poco Lucrezia Bendedei , e le grazie ne cantasse e le bellezze , sedotto da uà primo entusi- asmo alla vista di tenerella vaghissima fanciulla , eli' egli udì melodiosamente cantare : sicché manifestata una volta la sua deferenza , temesse poi di render- si avversa la giovinetta cessando dal lodarla: quin- di per alcun tempo persistendo , tentasse col blan- dimento della vanita , averla se non propizia , alme- no non isfavorevole presso la principessa. E quan- to alla marchesa di Scandiano , il trasse forse nella rete o amore di novità, che tutto può sull'animo de- gli uomini : o genio di distinguersi infra i galan- ti : o forse brama di ridurre in silenzio col nuo- vo affetto r antico saldo e più possente amore : o meglio ancora , volle coprire con quella servitìi la vera cocente fiamma che tutto divampavagli il petto , la quale in mille forme andava manifestando involonta- rio nelle infuocate sue rime , se bene adombrate al- cuna volta dal velo del mistero (i). (i) Io sono d'avviso che la indole di quegli amori più clie da tutt' altro dedurre si possa dalle poesie di lui ; e sembrami ancora che esaminandole bene adden- tro , facile riesca il conoscere a chi siano esse indirit- te , anche allora che non sono fregiate del nome. E valga il vero , chi non converrà meco che quel sonetto ), Vaga angìoletta nel tuo vago volto „ ( opere del Tas- so , edizione di Ferrara del Vasellini i585. P. a. p. 4 ) e l'altro , Vaga angìoletta se al soave lume , ( ivi p. 5 ) e i due madrigali „ Angìoletta cortese „ e „ Bella aii^ 364 Letteratura Questo fuoco avveguachè non corrisposto , uori però palesemente punito , questa predilezione del- le principesse , ed in generale del gentil sesso , vi- eppiù inasprendogli contro l'animo degli avversa- rj , offrì loro armi possenti a calunniarlo : intanto- chè la fiamma nel petto racchiusa , tutto possen- temente ardeva quel misero. „ gioletta dalle vaghe piume „ ( ivi p. p, 34- e 5i ) non siano scritti per la soave fanciulla Beudedei ? E non so- lamente il penso per avere egli detto nella prima quartina del primo sonetto „ Si che qualar il mio pensier v af- fiso „ Panni vedere il ben tutto raccolto „ scherzando siccome il Pigna , e gli altri della corte , sul cognome di lei Bendedei : ma più ancora io lo credo , per quel modesto e dllicato sentimento che vi esprime , e che ma- ravigliosamente conviene alla riservatezza d'innocente fan- ciulla , la quale passando a maritali tede, dovrà bea pre- sto dimenticare gli antichi amanti e l'amore. Le poesie dirette ad Eleonora Sanvitale Scandiano , ed ornate del nome di lei , appartengono , mi pare , in gran parte alla effervescenza de' sensi , ed a quel genere d'amore clamoroso e galante , il quale suol rendere sem- pre silenziosi gli affetti del cuore , né suole aver lunga vita. Vedi il sonetto „ Quel labbro che le rose han co- lorito-,, (Opere , edizione del Vasellini p. i. p. 87) , e l'al- tro „ Sul carro della mente auriga siedi (ivi p. 2. p. 27) ed il madrigale „ Se l'alma prigioniera „ (ivi p. 2. p. 69). Ma quando egli dice dell' alto suo rero e sommo af- fetto , oh con quanta maestà insieme a rispettosissimo amore non parla Torquato ! E vi piaccia osservare quel sonetto „ Su V ampia fronte il crespo oro lucente (Opere ed. Vasellini , Ferrara i685. par. i. p. 3 ) , con quale al- tezza di concetti narra d'avere la prima volta veduta la Prigione del Tasso 365 Chi non sa come sia aspra guerra quella della ragione col cuore allorché questo slanciasi con pre- potente bramosìa verso 1' amato oggetto , e come quell'austera sovranamente comanda ai sensi , e co- me ed occhi e lingua parlano nel silenzio , e più e piiì scende dagli occhi al cuore l'incantatore soavis- simo veleno , che in freddo pallore di morte , o in donna sua: e riconosciutala quasi cosa celeste , avere egli chiusi gli occhi per tema e rispetto ; senza comprende- re , ahi misero ! Che mi fu per l' orecchie il cor ferito \ E l'altro pure sonetto „ Feggio quando tal vista amor rn impetra „ f ivi p. 3 ) ; ove racconta come in vedendo „ Sovra fuso mortai madonna alzarsi „ compreso tut- to d'altissima maraviglia non osa proferire parola , e tut- to impallidisce : del quale gravissimo affanno avvedutasi essa „ Di sua divinità parte si spoglia „ e di questo at- to pietoso contentandosi , dimentico lo rende di tutte le sue pene. E l'altro bellissimo sonetto : „ Vuol che io fa- mi costei , ma un duro freno „ ( ivi p. 34 ) oh come bene fa intendere che ad uomo veramente amante , nìu- no sfugge degl' intimi pensieri della donna amata ! E quia- di benissimo conobbe che gradiva Eleonora l' omaggio dell'alffetto di lui; ma tutta pudica , siccome ella era, ri- fuggiva alla sola idea di sentirselo manifestato. Con quan- ta dignità non si lagna egli della violenza soprannatura- le alla quale il condanna , e promette , e si ripente , e prega ! E non è egli forse della sola Eleonora eh' ei par- la nel sonetto „ Tre gran donne vid^ io che in esser belle „ ( ivi p. 39 ) ? Le quali tre erano senza dubbio Lucrezia ed Eleonora d' Este , colla cognata Barbara d'Austria venuta sposa del duca Alfonso in Ferrai'a il 5 di dicembre i565 : e dopo averle tutte e tre lodate sog- giunge : 3G0 Lettehatuka ardente fiamma sul volto difFondendosi , investe e scuote violentemente ogni fibra ; no , nulla intende dell' immenso affanno del povero Torquato ! Ora non è maraviglia , Monti mio , se posto V infelicissimo in SI dura ambascia , a' malevoli non opponesse un saldo petto ed una costanza insuperabile. E for- za fu certo di quella amorosa passione a si grande stento repressa , eh' egli trascendesse alcune volte : „ Pur una d'esse ,, Mi piacque sì , che ne direnni amante. „ E se non parla d'Eleonora dì chi parlerà egli mai in quel sonetto ad un amico , il quale il consigliava di cambiare afletto „ JYoti fia mai che il bel viso in me non- reste „ ( ivi pag. 2 ) , seguendo poi altissimamente a dire : „ Ne men sarà cK io volga gli occhi a queste „ Di terrena beltà caduche forme „ Per isviar i miei pensier da Forme „ Vuna bellezza angelica e celeste. E l'altro ancora : ,, lo vidi quel celeste altero viso „ (ivi p. a. p. 19 ) il quale fa probabilmente scritto nella convalescenza di Eleonora , e tanti altri versi cui troppo lungo sarebbe il qui ricordare ; i quali manifestano quella nobiltà e al- tezza , quella santità ed intensione di vero affetto , che tutto deriva dalla parte migliore dell' anima e del cuo- l'e , e l'amor vero distingue da ogni altro debole e basso amore ; essendo l'amor vero una virtù , la quale comunican- dosi agli spiriti , gl'innalza e conforta a sublime operare. Prigione del Tasso 36^ siccome fece allorché standosi nel cortile del palazzo ducale , con cauti modi e cordiali rimproverato averi • do quel Madalò d* alcune calunniose proposizioni dette contro di lui , e uditosi da quello sciagurato arrogantemente smentito (quasi che di colui fosse la ragione , e suo fosse il torto) acerbamente ri- sentitosene, lasciogli cadere uno schiaffo (i)t e allor- ché nelle stanze della principessa Lucrezia gittò un coltello sul viso ad un servitore eh' egli aveva so- spetto (2) , e ad altri tali atti trascese sconsiglia- tissimi e romorosi . De' quali giovatisi gli emoli suoi , ne ricavarono fatale partito onde inasprir- gli contro Tanimo del suo signore : e non ottenu- tolo , perchè ottimo ed amorosissimo eragli , si av- visarono di convincerlo almeno essere Torquato mi- nacciato di vera manìa. Per la qual cosa il duca Alfonso , a fine di evitare mali maggiori , il fece arrestare , e chiudere in alcune stanziuole del suo palazzo (3). Ma questa sentenza vieppiìi sconvolgen- do r animo del poeta ^ tutto il pose in tumulto : e dubitando egli non senza qualche fondamento d' essere stato inoltre accusato dal Giraldini alla inquisizio- ne (4) » scrisse al duca intorno a ciò ; ripetendo- gli più volte , non tanto sono io il folle , quanto ella Vinganjiato. Delle quali rimostranze non tro- vando udienza , fuggì per vie ignote recandosi a Sorrento dalla sorella , e di la a Roma , ove rico- (i) Setassi, Vita, 1. 2. p. u66.<, edizione di Bergamo pel Locatelli. (2) Lettera del Tasso al fattore ducale Coccapam - Opero del Tasso voi. 9 p- 237. (3) Serassi , Vita 1. 2. p. 263. , ediz. di Rom. pel Pagi. (4) Ivi 1. 2. p. 246., ediz. di Ronj. pel Pagi. 3G8 Letteratuha vrossi in casa di Giulio Masetto agente del duca Al- fonso. Poco stette però , ch'egli trattò il suo ritorno in Ferrara, e ad onta di esserne sconsigliato dal cardinale Albano , da Scipione Gonzaga , e dagli amici , quivi volle ridursi nondimeno al piìi presto, trattovi, di- ce il Manso, dalle persuasioni della principessa Eleo- nora (i). Ma perchè le persecuzioni semhrarongli infie- rite, l'umor triste accrebbe; e quindi si accrebbero pu- re gli argomenti per convincere il duca con pienez- za d'effetto della demenza dell'infelice. Per la qua- le cosa , tratto probabilmente Alfonso da brama di salvare i tesori letterarii di quel tant' uomo , dopo lunga dubitazione , s* arrese finalmente a permette- re , che tolte gli veciistfero di furto le sue composi- zioni non finite , non ordinate , non corrette. Ognuno , il quale abbia buttato g-iìi come suol dirsi un pensieruzzo solo , imbrattata una sola pa- gina , sentirà quale colpo mortale dovesse essere al sublime autore della Gerusalemme il vedersi privo del frutto illustre di sue lunghe fatiche. Ah s' egli non esci allora di senno , forza è dire , che non vi ebbe tendenza giammai ! Colmo però di giustissimo sdegno, ma pur sempre riconoscente e devoto all'amato suo signore , eh' egli sapeva essere ingannalo (2) ; so- lo , ogni altra cosa qui lasciando che non fossero i suoi tristi pensieri , se ne fuggì alla corte d' Urbi- no , e da questa a Torino , ove incontrò buona ventura presso il marchese Filippo enire forsennati i più so- -vi (2). E veramente aveva queU' infelice più che mai ragione di dolersi di quello strepito , avvegna- ché in quel torno appunto eh' ei soggiornò nel cai- cere si rifabbricava , superiormente alla parte più interna di quello , la sala tuttora esistente delle donne , la quale fu terminata nel iSSq (3) ; di mo- duchè lo strepito defili operai dovette turbarlo per- fino neir unico ristoro del dolce sonno mattutino. Altre riflessioni eziandio concorrono a convalidare , che egli quasi per ventidue mesi fu rinchiuso in una prigione , come sarebbe l'osservare in alcune sue lettere posteriori al i58o la data Dalle mie stan- ze di S. Jnna (4) = ed in una lettera al Buon- compagni del 12 di aprile i585 il dire precisa- mente : // sig. duca non mi tiene in alcuna sua prigione , ma neW ospedale di S. Anna (5) : ed il valersi sempre nelle lettere anteriori a quell' epoca della data di S. Afina , dalla prigione di S\ Anna : ed il leggersi inoltre nella libreria Estense di Mo- (i) Opei-e V. 4 (2) Opere v. 9, p. 237. <3) Mario Equicola , Genealogia de' signori Estensi , tìod. mia. nella bibl. di Ferrara p. 3o4 ; Cronaca Olivi , mss. nella stessa bib. l. i p. 84^. (4) Lettere a Cesare d'Este , al Papio , ad Anna Bo- iardi , ed altre. (5) Lettera autografa del Tasso nella biblioteca di Ferrara n. 5. 382 Letteràtlua dena un dialogo che vi si conserva autografo di Torquato col titolo del ISinfo o il piacere , sotto il quale stanno scritte queste parole di mano dell' ottimo giovanetto conte Giulio Mosti : „ Mandò „ fuori questa scrittura dalla prigione di S. Jnna „ nel mese di maggio i58o : verificandosi effettiva- „ mente da una lettera citata dal Serassi , che il „ Tasso fu tolto dalla prima prigione , e posto ad „ abitare una comoda stanza , circa il dicembre di „ quello stesso anno i58o (i). ,, Ora se Torquato Tasso fu rinchiuso nell'ospe- dale di S. Anna , s'egli ne' ventidue primi mesi vi fu stretto in un carcere , so un carcere esiste tut- tavolta , se niun altro fatto nelle patrie storie si trova a questo conforme , se niun' altra prigione venne finora indicata siccome quella da tal subli- me abitate ; pprclib ricusarci noi a tanto accetta an- tichissima tradizione ? Per tema forse di calunniare il duca Alfonso , quasiché non adoperasse egli pie- tosamente , condannandolo a subire la pena piut- tosto in questa , che in tutt' altra prigione ? Oh ! date uno sguardo solo alle carceri tutte della cit- ta nostra , ne solo a quelle pubbliche criminali , dove accovacciati stannosi quasi fiere in loro ta- na uomini nati nell'indigenza, e vissuti nello slen- to , ma alle altre eziandio del Castello Ducale , fra le quali non mentita fama ricorda essere stati chiu- si , per anni ed anni , individui d' illustri fami- glie sovrane (a) , e quelle confrontate „ con una (i j Serassi , vita lib. 3 p. 807, nota 4» ediz. di Roma pel Pagliariiii. (2) Sette fratelli della famiglia Pio signori di Carpi furono chiusi nella torre de' Leoni per ordine di Berso Prigione del Tasso 383 „ stanziuola nel pianterreno bensì , pure non col- „ locata sovra stagnanti acque , e diligentemente „ preparata con glutine di calce misto a carbone , „ attissimo , e fra noi molto in uso a preservamento „ della umidita : il pavimento osservate costrutto a „ doppio strato di grossi mattoni , e quel carce- „ re immaginate in allora alquanto al di sopra del „ livello de' piani esteriori , siccome dovette essere „ avanti l'innalzamento del livello delle strade , ope- ,, ratosi , siccome ognuno fra noi sa, dall'anno 1779 „ al 1783 con indispensabile scapito de' piani inter- „ ni terreni : immaginatelo sgombro da tutte le ad- „ iacenti catapecchie riconosciute addizionali , e quin- „ di rallegrato dal raggio benefico della luce , e ri-' „ sanato da una bastevolmente felice ventilazione: „ e riducetevi a mente come le nostre cronache ricordi- no che prima del 1748 le sale dogi' infermi nell' ospedale di S. Anna , erano come uno .stallo ed una spelonca (i) ! Quindi se tali furono allora gli allog- (Frizzi, mem. per la storia di Ferrara v. 4 P- 61 an- no i4Si) ; Ferrante e Giulio d'Este , figli naturali di Erco- le I, nel i5o6 furono per ordine d'Alfonso i d'Este fatti cliiudere nella sud. torre , e Giulio vi restò fino all' i55S {ivi p. 208 e seg.) ; Ugo d'Este , e Parisina Malatestl fu- rono rinchiusi nella stessa torre nel \^'aS per ordine di Nicolò 1 1 ; Manfroue nobile veneto condottiere di quelle ar- mate , e marito di Lucrezia Gonzaga , stette rinchiuso nel- la torre di S. Michele per ordine d'Ercole 11 nel i545, e dlmorovvi 8 anni , e vi morì. (i) . . . Ospedale di S. Anna terminato di restaurare con maestosa architettura, e la spesa fatta dal m. ca- nonico Luigi Trotti prioi'e del detto ospedale : e pi ima di ciò detto ospedale era come uno stallo , ed una spe- 384 Letteratura giamenti de' poveri infermi , quali e come saranno state le stanze de' miseri impazziti , custoditi ahi pur troppo ! per tutta Italia quasi belve , fino al secolo in cui viviamo ! Alfonso adunque nella necessita politica di punire il Tasso , comprovato i"CO d'offesa sovranità dalle accuse de' malevoli , operò mitemen- te coprendone gli errori col pretesto della demen- za ; ma pietoso molto piìi manifestossi salvandolo dal ribrezzo di vivere in fra gli orrori de'veri fre- netici , e coU'apprestargli misera si , ma non insa- lubre stanza , e tanto meno infelice , quanto che ignoti erano pur tuttavia que' comodi dello abi- tare , secondo il genio de' Sansovini e de' Pala- dii : sicché reputato sarebbesi allora decente e comodo tale alloggiamento , che adesso , fatti noi sommamente dilicati dall' uso , avremo forse in conto di spregievole e di villano. A queste ri- flessioni aggiungere vi piaccia il fermo carattere d'Alfonso , che l'indusse , salito appena al trono , ad intimare alla propria madre Renea l'abiura dello scisma di Calvino , o lo sfratto da quella corte , nella quale dato avealo alla luce ; talché ricusan- dosi la duchessa dal profferir quell' abiura , forza le fu di partirsi subito per la Francia. E quel padre Panigarola cacciò in bando , nel breve spazio di poche ore ( dopo averlo qui chiamato coadiutore del vescovo Leone , ed innalzato al grado di consi- gliere segreto , e colmato in somma di grazie e di doni ) per avere egli brigato presso il cardinale de* Ione a ^ ed è ristaurato con logge e colonnate in quella forma che si vede. V. Olivi , cod. mss. t. 2 p. 3i3 , anno 1748 sulla, bibl. di Ferrara, Prigione del Tassò 385 Metlici , a fine di ottenere il vescovato di Ferrara dopo la morte di Leone (i). Ditemi ora, io vel ripeto le mille volte, se nel- la politica necessita nella quale il traeva l'arte mal- vagia de' cortigiani di punire quel sommo ,■ non odo- però Alfonso mitemente pur quanto la durezza di quel secolo il permetteva. Secolo il quale ricorda la distruzione d«' Marescotti comandata da Giovan- ni Benlivoglio t un duca Valentino e la sua torre Bor- gia : un Galeotto conte della Concordia , e la ini- qua uccisione eh' egli operò a tradimento di Gian Francesco Pico signore della Mirandola , e del gio- vanetto Alberto : un Ridolfo Baglione e le sue cru- dellk verso il vescovo e gli abitanti di Terracina : ed il famoso processo e la condanna dei Caraffa , del conte di'Aliffe , e del Caudino ordinata da Pio IV, se bene sovrano clemente e buono . E ditemi anzi se in ogni altra cosa , che la troppo lunga durata del- ibi detenzione , non continuò egli a mostrasegli quel sovrano del quale Torquato scriveva: Sollevandomi dal disagi , in una vita assai comoda mi colloco : pose ia predio le cose mie coli* udirle spesso e volen- tieri , e coli' onorare me che le leggevo con ogni sor- ta di favore ; ei mi fc degno delV onore della sua mensa e della intrinsichezza del conversare ; ne da lui mi fu niegata grazia alcuna che io gli richie- dessi : ed ultimamente nel principio delle persecu- zioni mi mostrava affetto non. di principe ma di padre o /rateilo (2). Ed effettivamente il distinse creando per lui una cattedra di sfera coli' annuo sti- (i) Tiraboschi Stor. della Ietterai. Ital. t. 7, p. 4 ^ seg. (2} Opere voi. 4 P- i'o- 386 Letteratur a^ pendio di lir. i5o marchesane (i), ed alla morte del Pigna nominandolo isterico di corte, siccome mostra- va esso di desiderare. Ne giova il dire che 1' alto genio di\ quel incomparabile meritava premii e di- stinzioni : perciocché rendesi evidentissimo , che £;li uo- mini generalmente agiscono a ritroso della ragione , della giustizia , della verità : ed è perciò che i mi- gliori ai peggiori sovente soggiacciono. Siccome egli ò provato eziandio , che colui il quale ha l'animo perverso , e non retto il cuore, paventa l'uomo d'in- gegno ; perchè essendo egli capace di mala azione, in quello ancora ne suppoae la prava volontà : la quale dall' ingrogno e dall' attività coadiuvata , può divenirgli oltre ogni dire fatale. DojK) l'opinione eh' ho addotte degli scrittori della vita di Torquato ; dopo la narrativa de' fatti ade- renti all' imprigionamento di lui : dopo la fede de- gli scritti da lui stesso lasciati , e le analisi e le riflessioni fatte da noi: egli è forza concludere, ami- co mio , prima d'ogni altra cosa, che il carattere di Torquato , sommo in ogni suo rapporto , tale non era che potesse facilmente piegarsi alla fredda po- litica di una corte : e quindi dal caldo cuore e dall' ardente immaginazione tratto fu in quegli er- rori , ne' quali altri piìi astuto o malvagio non sa- rebbe incappato giammai. E forza è confessare, che non perciò Alfonso in suo cuore lo stimò meno ; ma alla ragione di sovrano e di benefattore offeso op- ponendo pure un certo grado di rispetto , volle che solo (r)Pi[£irarchmod£Ìlauulv.^libi*o memoriale H. R. R. R.R, trovasi stipendiato di lir. i5o marchesane per anno , dal i574 al iSjS , le qnali cori-i spendevano a scadi roma- ni 52 e baj. ^5 , pari a lire italiane i83 4^* 6. Pric.ionk del Tasso ZS'] fosse Torquato colli doro doveva «spiare la pena , siccome unico era- nello specchiato candore dell' ani- mo , e nel portentoso sublime ingegnò. Sicché per Ini fu preparata quella prigione, cl>e niuno abi- tò da prima, ne più abitare dovevasi da altri mai , poiché il genio di Torquato Tasso illustrandone e sublimandone la memoria, ogni altro profano ne ban- diva . Ed io fermamente penso, che lo spirito di lui fra quella odierna oscurità iel carcere talora ag- girandosi , compiacciasi di sua fama altissima: e span- dendo in ogni dove il raggio celestiale della beata sua fronte , rischiari le nostre nienti e gli animi accen- da ; ed è per ciò che in questa nostra patria sorse- ro sempre chiarissimi gT intelletti , ad ogni maniera di scienza e di buone lettere maravigliosamente di- sposti. Si , quel beato spirito gentile agirasi certo fra quelle mura ! E la presenza riconobbene il Byron, al- lorché lo prese vaghezza di starvi rinchiuso (i). Usci- (i) Michele Piovani portitiajo nell' ospp.3<>le de SS. Car- lo ed Anna mi narrò siccome lord Byron , trovandosi in Ferrara di passaggio , il richiese d'esssn'e rinchiuso nella prigione di Torquato Tasso ; alla quale doman- da condiscese il Piovani , che preso da coriosilk di pur vedere che cosa mai 1' inglese vi stesse facendo , andò spiandolo a quaado a quando , ed ora il vi- de camminare a gran passi , irto il crine percuo- tendosi sovente la fronte : ora starsi col capo chi- no sul petto , le braccia penzoloni , tutto assorto in tri- stissimi pensieri : finché due ore decorse il Piovani aper- ta la porta , lo scosse da quelle sue meditazioni. Escito appena 11 nobile lord , volto al portinajo : Ti ringrazio 388 L E T T E K A T U R A tone egli sciolse flebilmeate la voce sua al Lamento del Tasso-, e gl'imparziali posteri decideranno , se il celebre Lardo inglese ebbe allora veramente propizia l'ispirazione dell' immortale poeta italiano. (disse) , buon uomo ! / pensieri del Tasso stanno ora tutti nella mia niente e nel mio cuore. Indi lo regalò di qualche moneta , e parli lasciando scritto in una delle pareti esteriori della loggetta col lapis i seguenti versi in lingua francese , i quali io trascrivo qui letteralmente senza osare di farvi la menoma correzione. „ La le Tasse bruì d'un flame fatai „ Expiant dans les fers sa gioire et son amui* „ Quand il va recevoir la palm trionfai „ Descaud au noyr seyur. „ Byron. Partitosi da Ferrara il nobile lord scrisse il suo La- mento del Tasso , a noi recato in verso italiano dal eh. Evasio Leoni. 389 Ra^ionafnejiti del marchese Luigi Biondi intorno la divina Commedia' RAGIONAMENTO Vili. /^. // ragionamento VII in questo tomo allapag^ 3i3. y. ., T irgilio , dappoi eh' ebbe mostrata a Dante „ La riviera del sangue in la qua! bolle „ Qual che per violenza in altrui noccia, appressandosi con esso lui a Chirone centauro , si fece a pregarlo , che volesse concedere loro una scor- ta ; e Chirone comandò a Nesso che li guidasse. Il quale guidandoli, e mostrando loro una gente, che era insino al ciglio dentro qtiel bulicame , „ disse : E' son tiranni , ,, Che dier nel sangue e nell' aver di piglio. „ E seguita Dante dicendo , che poi che Nesso n' eb- be additati e nomati alcuni „ Mostrocci un' ombra dall' un canto sola „ Dicendo : Colui fesse in grembo a Dio „ Lo cuor che 'n sul Tamigi ancor si cola. „ Le quali parole , quanto alla dichiarazione storica , ricevono piena luce dal comcnto di Benvenuto da Imola , il quale narrò questa parte di storia 390 L E T T E R A T U II A meglio che non avevano fatto gli altri coraeiilatoii di Dante. Egli dopo Y aver discorso come 1 baroni si ribellarono da Arrigo III re dlngliilterra , cume per loro opera il re di Francia mandò in qucU' isola Simone conte di Monforte , e come per mal- vagita di costui furono imprigionati e il detto Ar- rigo , e Riccardo fratello di lui , e i figliuoli ezian- dio del re , eccetto il solo Eduardo primogenito , nomo di animosa virtù , al quale venne fatto il poter fuggire ; seguitando dice come questo Eduar- do giunse poi a sottometterai il detto conte di Monforte , fatto già grave ai baroni , perchè su- perbamente agognava il regno : e lo fece uccide- re , e strascinare per li capelli , e tagliare in pezzi. In tal guisa Eduardo diliberò il padre , lo zio , e i fratelli suoi ; e fu poi successore al padre nel regno. Dopo ciò il nostro storico scende a narrare la fero- ce vendetta , che Guido di Monforte , figliuolo di Si- mone , fece della morte del padre suo sull' innocen- te Arrigo il giovane , figliuolo di Riccardo , e cu- gino di questo re Eduardo del quale ora si è detto. Vacava di pastore nell' anno 1270 la sedia aposto- lica , e i cardinali si Ciano ragunati in Viterbo per yeaire alla elezione del nuovo papa. Ivi erano conve- nuti Filippo re di Francia , Carlo re di Sicilia , e piìi altri di sangue regio, fra' quali i due detti Gui- do di Monforte , e Arrigo figliuolo di Riccardo. Adunque „ essendo i^rrigo in una chiesa di Viterbo (riferisco le parole stesse di Benvenuto tradotte dalla lingua latina nella italiana) , mentre levavasi il cor- „ pò preziosissimo di Gesù Cristo, Guido conte di „ Monforte empiamente uccise di sua mano con uno „ stocco il detto Arrigo; e provveduto di compagnia „ di gente d'arme a piede e a cavallo fece ancor pcg- „ gio. Imperocché avendolo uno de' suoi soldati ad- Divina Commedia òqi „ domandato : Che è quello che tu facesti ? egli ri- „ spose : Feci la mia vendetta : e soggiugnendo il „ soldato : Come Jacesti la tua •vendetta^ dappoi- „ che il padre tuo fu strascinato per li capelli ? „ incontanente Guido tornò nella chiesa , e preso „ Arrigo per li capelli, turpemente infino fuori del- „ la chiesa lo strascinò .... I fratelli di Arrigo por- „ larono il corpo di lui in Inghilterra, ove fu se- „ pollo nella citta di Londra in un raonistero di „ monaci , che ivi chiamasi Guamister : e il pose- „ ro in una cappella nella quale hanno sepoltura „ tutti i re di quel regno. Intorno dalla cappella so- „ no le immagini dei re sepolti. Ivi sopra la sepol- „ tura di Arrigo fu posta una statua dorata , la „ quale nella mano destra tiene un calice , cioè un „ nappo d'oro , con enlrovi il cuore di Arrigo im- „ balsamato , e sopra il cuore sta un coltello nu- „ do per memoria della uccisione. La mano sini- ., stra tiene una carta con questo verso : Cor gladio scissum do cui consaguineus sum : „ cioè ad Eduardo. „ Dopo ciò è piana la dichiarazione del senso sto- rico ne' versi del poeta nostro. „ Mostrocci un' ombra dall' un canto sola:,, questa era l'ombra di Guido , posta ivi sola ad in- dicare , che la sagrilega scelleratezza di Guido era unica per atrocità. ,; Dicendo colui fesse in grembo a Dio : „ cioè nella» casa di Dio , nella chiesa , innanzi all' al- 3g2 LlTTERATLRA tare , ove si levava il sagrosanto corpo di disio. „ Lo cuor clie in sul Tamigi ancor si cola : „ cioè il cuore di Arrigo. E nota clie in questo luo- go cadono in errore coloro , i quali insieme con Giovanni Villani raccontano , che Edoardo // core del detto tuo /rateilo {doveva meglio dire cugino o consanguineo) in una coppa d^uro fece porre in su una colonna in capo del ponte di Londra so- pra il fiume di Tamigi : essendo che il cuore fu po- sto in un calice d'oro , nella mano destra di una statua dorata , nella cappella dei re , entro il rao- nistero di Guamister , come minutamente particola- rizzando narrarono l'Imolese , e i cronisti che vis- sero a quella età. Giovanni Villani fu tratto in er- rore dalle parole di Dante in sul 7\imigi , non aven- do fatto considerazione , che ivi la citta di Lon- dra è poeticamente dinotata per lo nome del fiu- me : di che gli esempi sono tanti , che sarebbe un perdimento di tempo , anzi una pedanteria , T ad- durne pur uno. E ciò basti aver detto quanto alla storia. Non cosi chiara e la interpretazione di que- sto luogo di Dante , quanto al senso letterale. Im- perocché il verso : „ Lo cuor che in sul Tamigi ancor si cola : „ non ha finora ricevuta una interpretazione . nella quale possano acquietarsi coloro , i quali non si sie- no fatti nemici uh della grammatica , ne della ra- gione. L' Anonimo , Benvenuto da Imola , il Lan- dino , il Vellutello , il Daniello , il Biagioli , il Co- sta , il Cesari , tulli in somma i comenlatori di Divina .Commldix 3<)3 Dnite , eccello it solo Lombardi , sono concordi nel due , che si cola ivi è posto in luogo di si cola cioè SI venera , si o'iora : interpretazione che appe- na appena si potrebbe concndeìe vera se si facesse sposizione di un verso o di Fazio degli liberti, o di uno dei Pulci , o del Falanionica , o di qual' al- tro scrittore , ciré fosse stato nutrito fra i barbari- smi del quattrocenlo. Ma che quella bocca soavis- sima dell' Alighieri abbia detto che un cote si cola per voler dire che un core si cole , si venera ; que- sta è cosa che io non crederò mai , e venga pure a volermene persuadere tutta la numerosa e dotta schiera de' chiosatori : clie io mi rimarrò sempre nel- la mia sentenza contraria alla loro. Che se Dante avesse voluto togliersi questa non dirò licenza ma sfrenatezza di dire cola per ct)/e , avrebbe pur po- tuto scrivere qualche volta suola , e vuota in ve- ce di suole e vuole ; e sarebbe stato pur bello que- sti.» verso ; „ Glie non può tutto la virtù che vuola. „ „ Chi sa ( ecco ciò che ne dice il Lombardi ) „ chi sa che non fosse quella co])pa forata a guisa „ di colatoio , acciò se ne vedesse il sangue a scola- „ re , e così maggiormente si eccitassero gli animi ,, alla vendetta , e che ancor si cola vaglia quanto „ an Cora se ne sta nel colatoio ? ,, La qual chiosa, ( riporterò le parole del Biagioli ) è ridicola quan- to non ti potrei mai dire. E di vero , quale auto- re ha mai favellato di codesto colatoio ? E come poteva essere che un cuore imbalsamato , e per lun- go viaggio tradotto da Viterbo a Londra , conti- nuasse sempre a stillare stille di sangue ? Anzi con- verrebbe dire che il distillamento si fosse continua- G.A.T.XXXVl. a6 349 LETTERATURA to dal tempo della morte di Arrigo , cioè dal 1270, fino al tempo in che Dante scrisse , o finse di ave- re scritto , il poema , cioè fino al i3oo , e così per anni 3o: dacché il poeta dice ANCOR si oola : e queir avverbio formato dalle voci ANCHE ORA non po- trebbe dinotare che il distillamento presente. Con- chiuderò adunque che il Lombardi , non volendo che Dante avesse sgrammatècato , volle che avesse parlato dissennatamente. Ma Dante non può avere parlato ne fuori del- la grammatica , ne fuori del senno. Dunque deve cercarsi altra via , che ne conduca alia vera dichia- razione di quelle parole. E quale sarà questa via ? Eccola , 0 lettore , breve , piana , e , per quello che a me ne sembra , sicura. Se tu farai considerazione che lo scambio di una sola lettera è cosa facile in ogni scrit- tura , e più facile ne' codici , e facilissima ne più anti- chi , che spesso erano scritti con lettere poco differenti dalle maiuscole ; se porrai mente alla natura della lin- gua nostra , nella quale il mutamento dalla lettera G nella C è frequentissimo , onde usiamo castigo aco , Caio , Costanzo , sacro egualmente che gasti- go , ago , (raìo , Costanzo sagro ec. ; se perciò mu- tando la C in G leggerai : „ Lo cuor che 'n sul Tamigi ancor si GOLA : „ e dirai essere quel gola terza persona dello indicati- vo del verbo golare , bel verbo , che significa desi- derare ardeìitemente , con avidità ; troverai eviden- tissima la sentenza del poeta : il quale volle dire , che il cuore di Arrigo , principe buono , savio , cortese , era ancora desiderato ardentemente in sul Tamigi, cioè dagl'inglesi, benché fossero trascorsi Divina Co.TìinEDJA 3()5 atmi ben trenta dal giorno della crudele morte di lui. A dimostrazione del facile scambiamento della lettera g nella e darò tale una prova , che sia vi- sibile a tutti. Aprasi il volgarizzamento delle favo- le di Esopo pubblicato in Padova l'anno i8ii. Vi si vedrk , dopo la prefazione , la forma , o , come so- gliamo dire, ilyàc simile dei caratteri del testo; e vi si leggeranno le seguenti parole : Questo li- bro si chiama Isopo volgarizzato per uno da Sie- na. Comincia del a-hallo : dove se fosse potuto nascere equivoco tra voce e voce , questa ultima a-hallo sarebbe stata piuttosto ricopiata a questo modo : challo o callo ; che a quest' altro : ghallo o gallo. Ma non era lungo ad equivocare , perocché seguiva immediatamente la favola : Del gallo che cercava dell' esca nella bruttura e trovò la pietra preziosft. Che se ivi fosse stato un vocabolo ambiguo , il quale avesse potuto ricevere qualche senso , tanto dalla lettera e , quanto dalla lettera g ; certo ninno de' copisti avrebbe questa antiposta a quella : dico de' copisti , la cui opera , eccetti pochi , sta nel ri- scrivere materialmente ciò che veggono , non gik nel divinare argomentando ciò che bene non intendono : il che si appartiene a' cementatori. Egualmente , in questo passo della divina commedia , potè essere scritto a-hola : onde i copisti prima riscrissero cho- la , e poi cola : non ponendo mente , in quella lo- ro fretta del ricopiare , al vocabolo gola , che , nel- la sua significazione di desiderare con avidità , va cosi bene a incastrarsi e a prendere suo luogo in quel verso , come fa caduta gemma in anello. Se volessi qui apportare una sola meta degli esempi tratti dagli antichi autori , dove il verbo go- a6* 3()^> L E T T E n A T U U A lare a usato nel senso che ho detto , darei a me briga , e a chi leggesse sazievolezza di noia. Il per- chè , scegliendone due soli fra quelli che furono ci- tati dagli accademici della Crusca , spenderò meglio ({ualche parola in provare che lo stesso Dante fece uso di questo verbo nel detto senso. Gli esempi citati dagli accademici , e da me scelti , sono i se- guenti : I. TAV. RIT. Colava di avere un figlinolo del suo corpo. IL MA T. VIL. / quali per non avere eh» per- dere non curarono li comandamenti de* lor signori , golando il soldo di messer Bernabò- Ma Dante stesso , come io diceva , Dante stesso <, in questo stesso suo divino poema , usò il verbo golars nella detta signiflcanza. Egli nel canto X del Para- diso, parlando del sapientissimo Salomone , intorno la cui salvezza hanno tanto quistionato gli scrittori in divinità , dice cosi : „ La quinta luce , eh* è tra noi pili bella , „ Spira di tale amor , che tutto il mondo „ Laggiù ne GOLA di saper novella : „ cio^ desidera avidamente il mondo di sapere novel- la se l'anima di quel sapientissimo sia fra le infer- nali , o fra le celesti. E qui pure il testo era stato vizialo in alcuni codici , ne' quali al verso bellissi- mo e veramente dantesco : „ Laggiù ne gola di saper novella : „ era stato sustituito quest' altro duro e disarmonico. „ Laggiù ne ha gola di saper novella. ;, Divina Commedia 3(yj Ma lo studio che i culti ingegni italiani hanno po- sto a'dl nostri nel purgare dagli errori , e nel dichia- rire la grande opera dell' Alighieri , ha pur questo adoperato , che al verbo gola viene ora riconcedu- to il luogo , dal quale era stato discacciato fuor di ragione. Il p. Lombardi seguì la lezione JNido- beatina ancor ne gola dopo l'aver conosciuto che questa lezione era convalidata da più di wia tren- tina di manoscritti vedati dagli accademici della Crusca. L'editore romano in tre novelle ristampe del- la divina commedia si tenne sempre col p. Lom- bardi , aggiugnendo che tale pure era la lezione del codice cassinese. Gli editori padovoni corsero sulle stesse orme. Il Viviani trovò egualmente ne gola nel celebre mss. Bartoliniano , e notò , nella edizione fattane in Udine , di aver trovate conformi al det- to mss. non solo molte edizioni , ma quasi tutti i codici da lui veduti : e questi furono non meno che LXV. Air ultimo dirò che io stesso , ricevuto da quel raro esempio di gentilezza e di dottrina, che tutti sanno essere il marchese Trivulzio , in quel- la sua cameretta , che tutta è piena di una mara- vigliosa ricchezza di codici della divina commedia , molti ne svolsi , e presso che in tutti ebbi a leg- gere t „ Laggiù ne gola di saper novella. „ Dopo ciò chi dubiterà che Dante non abbia scritto in tal guisa ? Conciosiachè a disgomberare l'animo di qualunque dubbiezza cospirino amicamen- te e la frase dantesca , e l'autoritk de' manoscritti. E se il gelare fu verbo usato dal poeta nostro , chi dubiterà che non lo abbia egli posto in uso nt4 verso di che trattiamo ? Veramente se Dante si fos- 39S Letteratura se trovato ia tali angustie di rima , che impossibi- le o difiìcilissima cosa fossegli stato il trarsene senza una istorpiatura o improprietà di voce , potrebbe for- se taluno darsi a credere, aver egli consentito , o per bisogno o per forza , a ciò che contrastava alle buo- ne regole e all' uso ( ho detto taluno : perocché i veri conoscitori della dottrina di quel dottissimo san- no bene , come egli dava a'suoi pensieri qual veste •più gli piacesse, e così a sua voglia informavali , co- me suole sperto artefice dare tutte forme alla cera). Ma Dante non trovavasi in tali strette ; egli aveva il verbo golare , di beli' uso , di bel suono , acconcis- simo a quel suo luogo. E potrà dirsi che lo abbia ri- fiutato per dire cola in vece di cole ? Rispondami chi ha fior di senno , e la sua risposta si farà , spe- ro , seguace del parer mio. Era acconcissimo a quel luogo il yevho golare t desiderare ardentemente. I buoni morendo lasciano tristo e grande desiderio di se : e tanto più tristo , quanto più acerba , e ingiusta , e crudele ne fu la morte : e tanto più grande , quanto più alto era lo stato in che la provvidenza gli aveva posti. O Arri- do ! Oh quanto grande e tristo fu il desiderio che tu lasciasti di te! Tu eri (secondo che scrisse l'Ano- nimo ) senza aver mai offeso , giovane simple , dol- ce , e mansueto , e angelico : ed eri nipote a re potentissimo, e consanguineo di re, e figliuolo a Ric- cardo eletto re de' romani ; e fosti morto a tradimen- to ; in luogo santo; levandosi l'ostia consagrata; sen- za che per te fosse stato di niuna cosa offeso il tuo spietato uccisore. Di te avrebbe detto Cicerone ciò che disse di Ortensio : Egli dopo morte lasciò a noi tristo desiderio delV autorità e della virtù sua (i): (i) De ci. Orat. i65. Divina Commedia SgO ovvero ciò che disse di Tiberio Gracco t Egli lasciò presso il popolo desiderio grande di se (i). Di te avrebbe detto Fazio ciò che dissedi Seneca: Che era un disio del mondo (a). Di te in una parola potè dir Dante, che quel tuo bel cuore ferito dall'empio Guido di Monforte aveva lasciato in sul Tamigi desiderio di se grandissimo : il quale desiderio dura- va ancora dopo lo spazio di trenta e più anni , men- trechè Dante scriveva. L. Biondi. (i) Pro Rab. 93. (2) DU. Lib. IL C. G. 4oo V A R 1 E 1 A Buondelmonte. Poemetto di Giuseppe Campagna. JVajtoti dalla lipograjia delV osservatore medico 1827. X^ on dirò, che questi quattro canti sieno perfettissimi, che direi cosa non vera : ma non può negarsi , die ab- biano in se molte cose belle , e che lo stile sappia anzi che no dell'odore dei buoni classici. Cosa invero piace- volissima , venendoci questo poemetto da Napoli , ove pare clie il ronianticisnio abbia terminato di porre il suggello al cattivo modo di scrivere di molti di quei poeti. Salvagnoli. Dei de/irti di relif^ione. Trattato di ^ìnrisprudeìizn cri- minale di /fnloiìio Calandrelli rnfcrhese ; iS?.7 , T^iter- ho dai torchi di Camillo J/'osorii. (Son pagine yì) JLia prefazione di questo libro mi faceva sperare alcun che di buono per certi piccolissimi cenni , che di fug- gita vi ha scritti il N. A. sulla scienza criminale. Ma il trattato non parmi , che abbia pienamente corrisposto al piccolo proemio. Non per questo io lo dirò cattivo , ma sì bene dirò , che parmi un trattato anzi da teologo mora- lista , che da giurieprudente criminale. Maravigliosa pe- rò è l'erudizione , di cui ogni pagina è piena zeppa , ed il criterio con cui è usata e disposta. Basti fra tanti ese m- Varietà' ' 4oi pi il trascrivere la nota ottava , pag. 64 , neW articolo Della violazione dei sepolcri. Volendo il N, A. dimostra- re, che antichissimo e certamente (ivi) il costume di sep- pellire gli estinti , come attestano Cicerone e Plinio , lia ben veduto nella sua perspicacia , che avrebbe vinta la prova , quando le sue geometriche dimostrazioni fossero risalite fino alla creazione del mondo : che , tranne l'eter- nità , non vi è certamente cosa, che possa irsi come quella antichissima. Ed infatti tanto e poi tanto e sopr^ terra e sotto terra ha frugato , che alfine , a convincere il lettore , che antichissitno era il costume di seppellirà gli estinti , ne scrive : „ Anno 374 '^ valle Josaphat_ alte defossa terra., repertum fuit tumulo cadaver integruni . . . in cuj'us caput erat grandis lapis , in quo cavatis litteris Jiaec verba hebraica legebantur : Ego Setli tertiogenitus filìus Adae . „ Peccato , che non abbiano seguitato a sca- vare dne 0 tre palmi più sotto : che certamente vi avreb- bero trovato anche Adamo ed Eva ; e allora la dimostra- zione dell' ajitichissiino costume era v(;ra mente e piena- mente matematica ! Salvagnoli Lo cinque vite , che seguono alle prime undici di Cor- . nello Nipote , tradotte da Tommaso Azzocchi. In Ro- ma dalla tipografìa Perego-Sah'ioni iSi'.j. Oegue il professore Azzocchi la bell'opera di rendere italiane le auree vite degli uomini illustri scritte da Cor- «elio Nipote ; ed è desiderabile , che tanto vi si afl'ati- .chi da compir tutto il volgarizzamento. Noi non diremo che sia tutl'oro quc^l suo italiano, come tutl'oro oerta- . mente e il latino di Cornelio : ma non ci sembra poi , che vi sia tutto quel male , che alcuni hiniio preteso di 4o3 Varietà' t.i't)vapvi , forse di troppo avvezzi a scrivere come si par- la , e non come si dovrèbbe scrivere. Certo rAzzocclii alcune volte veste troppo al modo del P. Cesari le belle parole dell'egregio scrittore di queste vite ; e in conse- guenza alcune volte egli non ben volgarizza. Il P. Cesari è un uoftrio grande, è un insigne letterato, a cui dee mol- to il ristoramento della lingua italiana , ma , grammatico alTeccesso , non pare che sia troppo fornito di buon gu- sto , né che troppo abbia sacrificato alle grazie. La lin- gua del trecento non sta nei riboboli , e nei proverbi di un solo dialetto , e del basso popolo : né chiunque ab- bia fior di senno dirà esser ben volgarizzato Cicerone , allorché legge nel Cesari quel „ te ardentìssìme expe~ ctabam , e quel miratus sum , voltato in quel ridicolo „ ti desiderava come l'uovo di pasqua „ e in quel „ mi spn fatto il segno della croce. „ Se queste sole fossero le bel- lezze della lingua italiana del trecento , anch'io mi ada- gerei nel parere di chi voleva dare alle fiamme i trecen- tisti tutti , e vorrei piuttosto esser fra i sozzi , che fra i puri di quel beato secolo , siccome di Erode diceva Au- gusto , che era meglio esser porco , che figlio. Chi usa tal'arte nello scrivere non fa come V ape, che il più bel fior ne coglie , ma come lo scarafaggio , che pone il suo diletto nelle più vili sozzure. Mi sia lecito dunque di pregare l'Azzocchi , che pur non va a tanto eccesso , di non tarsi schiavo imitatore del P. Cesari , e d'ingenti- lire un poco pììi il suo volgarizzamento , per altra parte e per tanti altri titoli commendevole. Finalmente dirò , che deesi pur molta lode all'Azzocchi pel suo indefesso studio della buona lingua , e per tutta quella sollecitudi- ne , che egli si dà , affiinchè un tale studio prenda mag- gior vaga anche qui , troppo importando che bene s'in- segni , e bene si apprenda a parlar quella lingua , in che esprimere si debbono le nostre idee edj nostri pensieri. Salvagnoli. 4o3 INDICE DEGLI ARTICOLI CONTENUTI NEL TOM. XXXVI DEL GIORNALE ARCADICO. SCIENZE Gr ime Ili , sulla nuova dottrina medi- . ca italiana. ...,.,., p. 3 —^ — Meli , Lettere polemiche sull" abuso del salasso» . p. 3o — — Corso elementare di matematiche pu- re e miste. . . . . . . . p. 53 — — Peretti , sulla maniera di esistere del- la china e cinconina nelle chine, p. 60 — — De-Crollis , Considerazioni mediche ( continuazione. ) ... . • />• — -23 7 — Valentin, Foyage en Italie {art. IL) p. — aSj) — Pianciani , specimina electrica ec- p. — 278 — , Osservazione su due memorie del sig. Puillet ec p. 3G5 Brera , Risultamenti ottenuti nella clinica medica di Padova negli an- ni 1823 , 1824 p. 287 Barlocci , Cmpressihilità deW acqua ec p. 3o8 LETTERATURA Borghesi , Osservazioni numismatiche {decade XF) ^.65 — 320 Biondi , Appendice al ragionamento 1 sulla divina commedia. . . . p. gS — — 4o4 Betti , Lettera intorno a due poesie inedite di Torquato Tasso sulV amo- re di lui con Eleonora d'Este. p. n4 Montalti , Latinorum carminum spe- cimen p. 122 — — Saluzzo Raero , Vlpazia. . . . /?• — 286 — Mecenate , C. Critpi Sallustii excer- pta politica ec. . . é . . . p. — 296 — Borghi , Traduzione di Pindaro, p. — 3oi — Biondi , Ragionamento VII intorno la divina commedia p. — 3 18 — Peruzzi f De* siculi italici fondatori di ancona p. — 3^0 — Angelelli , Traduzione delle opere di Sinesio p. ■— 343 — Canonici Fachini , Prigione del Tas- '" p. — -_ 349 Biondi , Ragionamento Vili intorno la divina commedia p. — — 389 ARTI. BELLE-ARTI Ricci , sulle pitture di Gubbio. . p. — 35o — J abella dello stato del Tevere , desunto dalP altezza del pelo d^ acqua sull'orizzontale del mare, ossene w to air Idrometro di Ripetta , al mezzo giorno- Dicembre 1827. GIORNI. 9 lO II l2 t3 i4 ,5 i7 18 19 10 ai 22 23 24 25 27 28 00 3i METRI PA y» 65 34 0, 90 3o 7' 70 3o 'i'. 7^ 3o 6 80 3o <>; 7° 3o 6-. qo 3o b. 90 3o 7, ^u 35 7, 2» 32 6V «0 3o ^, 80 3o ff. 78 3o 6; 78 3o 6', 78 3o 6-, 78 3o 6', 60 29 6\ 60 29 '>■, 62 29 6-, 6'o 29 6", 42 28 ff. 40 28 ^, 30 28 6-, 20 27 ^, 30 -7 ^, 7° 3o 6", 6-0 29 6, 40 a8 b", 37 28 6', 25 =7 6, 25 •7 PAI.. ROM. OSSERVAZIONI. ■Altezza massima met» 7, 90 ■Altezza minima me t. 6, 20 Altezza media oneu 9) 92 L''~altezza massima nell' anmo 1827. è di met. i3, 92 L' altezza nainima di met. 5, 80 L'altezza media di Aiet. 6, 92 Mm WK vmmaiMMmiBt 'Ji^^f^^f^fmtssximieBMMvtiìMmaium fui Osiervazioiii Meteorologiche. % Collegio Ro/na/io Nicànore 1827. I o •4 Ore Baronie t. 27P.10IÌ.4 3—ttt~ M 8 5 » ,3 8 .'»u.9:,. e 28 3 « 4 2 3 8 M 3 3 5 I 5 a^ n ^a 27 li 8 28 l'eriij, esl. 6 5 7 " 8 8 2 12 2 10 5 Vento 8 19 fi '4 )♦ q. o o o 0, d. o o N.~d". o o N. q/T" o o E. d. " ?» ■SSE. SE. „ Piosj pic.prog. rugiada nebbia nebbia pio.nott- o 5o pic.pino. o 5o rugiada nebbia rugiada nebbia NNH. d" K. ,. NNO. „ rugiada Evapor, ' lin. '1 1 < 1, 6 I,' 3 "», 9 j 0, G i 0, (> i 0, 9 2, 4 1, 3 >i » I) 2 ". « 2' 9 3, 0 I, 0 1 St.del Cielo ch.fup.oriz. ìlUi'oloSO aperto nuvoloso ser.nui'.spa' -, i'apor. ,, ,, ìiiii'.oriz, ser. \>ftporo. chiarissimo sereno chiarissimo ser.nuf.spù. coperto ser. nu.spa, ìiit\'oloso coperto cli.tL.aW ori ser.ifap.ori-, iiii^oluso ser.uu.spar. nuvoloso ser.ìiU'Oriz, ,, nu^-spar. ser.\>ap,oriA ,, nus'.oriz- 3 ■3 iG •7 i8 •9 20 21 22 23 24 25 .6 27 28 Ore ma, scr. in. 1 , S- s. in, s- s. z s- m. 1 L' m. j S- \ t_ m. 1 s. 1 in. S' 1 s- s. m. , 5- ' s. 6- 1 s. m. j s. ! Fi r 1 in. i ^' 1 «. ' VI. j ^- i s. ' BaromeU Te.esl i igro. . Velilo Pioggia Evapor. Sf.del Cielo 1 28po.31i.8 :: :: y 1 4 " ! 9 3 '» 2 4" 6 N. d. 0 0 0. 9» 1» 11 2 0 9 4 1 * 0 8 0 4 3 5 3 11 0 0 3 8 0 7 " ' 4 7 •1 11 5 10 N. „ <\. 0 rugiada pie. pio, 4 li. 6n Oj 6 1» 1» 'i« 1 2 0 5 4 1» »> 5 tv. d. NNE. „ 0 0 N. d. 11 ni. „ C£. 0 N. d. '» »5 0 0 1, 2 0 coperto H 1» 3 1 8 I 7 5 »8 ser.fup.ori 5« 51 2 >9 2 1 5 9 4 9 6" 4 IO 6 Oj 8 ,, ian>.oriz. 1» 1 '7 9 7 3 1 0 5 6 3 7 6 0 0 ,. nebbia 0, 4 „ vapo. ,, nwoloso ier.inmspa. >1 0 1» 9 4 Kt. q. 0 »•■ <5 N. „ 0» 4 nui'oloso coperto -7 1 1 8 4 2 8 5 5 6 5 5 10 0 9 3 5 lo 8 N.VO. K. „ ■2 80 I, 1 ninnolo so coperto i8 IO 1 1 0 8 0 li 8 9 " 23 47 43 22 35 3? N. l'ortissi. 1' 1» ., in. 5. 8 se.nui>..ori, chiarissimo '' 1 8 4 8 9 0 .. d. NO. m. NNE. d. I, 4 nuvoloso se.>iu.i>a,or. coperto se.nuv.oriz. „ nuu.spar, chiarissimo i> 2 0 .9 6- 0 8 4 N. toru»si. ») »i „ lor. 3, 4 " 3 2 0 4 7 8 5 7 0 3 0 9 0 7 5 23 35 39 15 !5 3, 5 1? „ iMv.oriz. " 3 ■i 1 0 4 8 18 3i 2 N. „,. NE.d. -» 6 chiarissimo ser. vap.ori. ser.iiutoriz. ^'y 11 9' 3 2 8 4 5 9 3 f)" 2 I 5 7 5 T 5 15 43 37 Ss. i. „var.ni. 1S^E. d. 1, 6 3o »» 11 »? I 0 1 0 0 1 9 7 1» _9_ i5 38 36 W.V. MI. „ f. 1 ,. fotti J. „ lor. 1 0 0 1 2, D ser.nw^.spu, 1- 11 3i III» 1 l'i 6 2 '9 36 3i »> 8 cldurissimo scr.i'ap.ori.\ Errori occorsi nella tavola delle osservazioni nirtcorolo- giche-.pel mese di ottobre 1827. Colonoa della pioggia giorao 23 „ ; I .1. ». ■^' " Errori o .?5 te. con f. I 5r) pio. c.f. y lo Correzioni . o 35 rertìpo. con /fulmini 4, Un, 50 pio. confo!, yj Un. lo. mo^jw» ,. NOVE INI BRE Errori .,c ..P' 2S1 lìn. 18. Bergelino 24. Muniiale 4.' Correzioni Berzclius Manuale NTHIL OBSTAT Ahb. D. Pauliis iJeisignore Gens. Theo). Petrus Lupi Med. Colleg. NIHIL OBSTAT Lauretus Santucà Gens. Pliilolog. IMPRIMATUR Fr. Doni. Buttaoni Oid. PrneJ. Rev. Mag. S. P- A. Socius. IMPRIMATUR Joseph Dalla Porta Patì\ Constaiittnop. l'ices^erens.