,jn*-. ^ i*^ "'»if»-- ,1 '>'^Z^£ÌS^- O' / le] l^* GIORNALE AàcADido DI SCIENZE , LETTERE , ED ARTI l'OMO XXXIX. LUGLIO , AGOSTO , E SETTEMBRE , MDGGCXXVIIL ROMA NELLA. SlAMPEllIA DEL GIORNALE PRESSO ANTONIO BOULZALER Con licenza de' Superiori. 1828, SCIENZE Metodo di determinare la differenza delle longi- tudini mediante r osservazione del passaggio al Meridiano della luna , e delle stelle 'vicine. Del Pi Stefano Dumouchel della conip. di Gesù astro- nomo del coli, romano. Q . . . . iJe si consideri il metodo di determinare la diffe- renza di longitudine col mezzo d'esattissimi crono- metri , non si può certamente contrastargli il meri- to di semplicità non disgiunta dalla necessaria esat- tezza : ma se occorra venire alla pratica , oltre ad altre difficolta , ed incomodi , si ritrova con dispia- cere che sì fatti regolarissirai cronometri sono per lo meno assai rari , cosi che a ben pochi è dato il poterne far uso. Pregevolissimo egli è pnre l'altro metodo di de- terminare la differenza di longitudine osservando un qualche fenomeno momentaneo , che abbia luogo nel medesimo istante fisico per tutta la terra: ma sicco- me non è SI agevol cosa eziandio per gli osserva- tori esercitati l'avvertire il preciso istante « in cui avvengono tali fenomeni celesti, cosi furono ades- si con ottimo avvedimento preferiti i segnali a pol- vere , rendendosi per tal guisa di non poco facili- talo il metodo. Non è però , come ognun vede , 1* 4 Scienze senza dispendio , ne senza il concorio di favorevo- li circostanze locali, che un tal metodo possa esse- re utilmente praticato. Non sarebb' egli per pii!i titoli agli accennati , e ad altri metodi preferibile quello che già da «gual- che tempo viene promosso da vari valenti astrono- mi , e che consiste in far uso dell' intervallo fra il passaggio della luna ai differenti meridiani , il qua- le cresce assai sensibilmente colla differenza di lon- gitudine ? A tal uopo non occorrono viaggi , non si ricercano spese ; non sono necessari altri stromenti , fuorché un canocchiale meridiano, ed un pendolo, ne altre osservazioni si hanno a fare , che quelle dei passaggi della luiii e delle stelle ad essa vici- ne , osservazioni abbastanza facili e sicure. Checche ne sia però del merito di preferenza sugli altri me- todi , certo è che questo al par d'essi può ben es- sere adoperato , e con vantaggio se non altro per vrificare i risultati ottenuti coi medesimi. E giacche il eh. cav. Schumacher nell'accreditato suo giornale (Astronomische Nachrichten) dopo d'aver pubblicata la propria esposizione di questo metodo non giudicò indegna del medesimo (sebbene non de- siinata alle stampe) quella, di cui fo uso nel mio corso di lezioni d'astronomia in collegio romano , non sarà forse discaro a taluno dei lettori del Gior- mile Arcadico il vederla qui riprodotta in lingua italiana. Per conciliare quanto possibil fosse la brevità r la siraplicita coli* esattezza io ho credulo di non dover considerare fuorché i." La terra che ruota sul proprio asse in a4 ^^^ *^i tempo sidereo con un mo- to perfettamente uniforme di i5.° per ora » 3.° La luna , che muovesi in giro attorno alla terra con molo , elle nello spixio d'un' ora si può avere co- A ij T R o N o ;\r 1 A 5 \no. unifornie : 3." Scbbiuie la luna vringa dalla ter- ra nel suo moto annuo trasportata in giro intorno al sole, si può peraltro (almeno dentro i limiti d'd problema attuale) senza inconveniente riguardo all' esattezza , ma con grande vantaggio dal canto del- la simplicila supporre il centro della terra immo- biìti nello spazio , e prescindere affatto dal sole. Ciò nondimeno nel determinare il moto orario delia lu- na tal quale egli è realmente modificato da questa circostanza pi^l tempo più conv:;tievole , noi vi avie- mo a sufficienza riguardo. Ciò posto , se si abbia una equazione esatta e semplice tra la differenza del pas- saggio d della luna a due diversi meridiani A e B, e la differenza delle longitudini t espressa l'uns e l'al- tra in tempo sidereo , se ne dedurra di leggieri t in funzione di iceversa. Ora se fosse la luna rispetto a noi fiò-;a al par delle stelle , il meridiano A la incontrerebbe un tem- po t più tardi che il meridiano B, r[ualp noi suppo- niamo precedere il merid. A , e al contarsi in am- bedue i luoghi della medesima ora siderea come av- viene delle stelle : Ma siccome essa muovesi intorno alla terra nel senso medesimo , in cui questa ruo- ta sul proprio asse , così la luna percorre un nu- mero m di gradi , mentre la terra ruota di iS." La luna avrà dunque percorso nel tempo t un nume- ro di gradi nit^ co' quali precederà il meridiano A; e questo dovi'a ancora impiegare un certo tempo d per giungere alla luna. E questo tempo d appunto co- stituisce la differenza dei passaggi. In questo tem- po, A dovrà percorrere non solo lo spazio mty che è fra esso e la luna , ma eziandio il nuovo spazio mr/, nel medesimo tempo percorso dalla luna , la quale non si fernia , cioè in somma mt^md. Ora sic- come lo spazio percorso nel tempo d dal meridiano G Scienze terrestre A è i5.V, si avrà l'equazione mt.jhmd=i5(l, i5-m , . m ovvero rat = d (i5-m) onde t= '"'^ '"—- — =d m 1 5~m Vediamo ora come si possa determinare d eoa grande esattezza mediante le osservazioni del lembo della luna, e delle stelle vicine, fatte nel medesimo giorno sotto i due meridiani A, e B. Rappresentino «, fi, 7, JI, e il tempo sidereo esat- to del passaggio di cinque stelle vicine alla luna. E sebbene egli sia in verità lo stesso per li due me- ridiani A, e B, tuttavolta attesa la differenza in più o in meno sul tempo sidereo di ciascun pendolo, e forse qualche picciola deviazione dell' instrumento dei pas- saggi (errori che devono esercitare un eguale influs- so sulla luna e sulle stelle vicine) esprimendo per A, e a' il tempo sidereo del passaggio della luna pei due meridiani B, e A, donde dedurremo la differen- za ceicata ^/=a'-A, noi supporremo che siansi ot- tenuti i resultamenti seguenti: (essendo altronde cia- scun pendolo ben regolato sul tempo sidereo , sic- clib non varii d'oltre ad i"\ o al più 2' in 24 ore , siccome egli k facile ai nostri dì ottenerlo) B A passaggi osservati T>J* a . . T >ì* «. T^^ . . t' ^JS T + 7 . . T ►J, 7 T4« A . . T ►f a' r^ì-Jì . . T ►ì^ ji e . . T >ì> e A 3 T ft U :n O M 1 X ^ V DiO'MTn/^a iva la luna f Se snelle A — «— V ...... a' — ot=fi A— j8— / a' — jS— // A— 7=>" a'— 7=:fx" A — c/l=— v"' . . . a'— c/l = — fi' A € = V . . .A — « = fi donde si ricava i.° A— A=(i— v--=f/ :3.° A'— A=fx*— 1/'=^/ 3.» A^-A-^'— /^^ 3.° A^_A=^"— v"=r/ 4.° A'— A=--fi'"^v"=^ . A — A^= — (i ►}» =-a La somma di queste differenze divisa pel nu- mero delle stelle osservate dà ancora con maggior precisione ^/=CfifHÌ{/-fi''~(i''''j-(»fvV-v"-v") n~5 nel nostro esempio ovvero piii semplicemente ^/=Sft — Sv, esprimendo per n S la somma delle differenze tra la kma e le stelle, e ciascuna differenza essendo presa col segno , che le conviene. Cosi non occorre conoscere il piccol di- fetto del cannocchiale meridiano ne l'errore del pen- dolo. Neppure fa duopo sapere l'asc. ret. delle stel- le , se non per poter osservarle con sicurezza di noa confonderle con altre. Riguardo al moto orario della luna in asc. ret. da noi detto m si può facilmente estrarlo dalla conn. des tems , dove trovasi questa asc. ret. in gradi , minuti, e secondi calcolata di i2 in «a ore, pro- cedendo nel modo seguente. 8 Scienze L'ascenslon retta (y) essendo evidentemente una funzione del tempo x si può immaginare y sviluppa- to in serie ordinata secondo le potenze di x così : y=a-f-Lx"|-cx^-f-dx3-ì* ec; e limitandoci ai quattro primi termini , la determinazione dei coeiricienti non ricer- ca che le differenze prime, seconde, e terze, e non sarà per riuscire difficile. Adesso prenderemo per unita di tempo l'interval- lo di 13 ore, e supponendo successivamente x=o,x=i, x=a,x=3, esprimeremo per yo, y,, y^, ya i valori di y corrispondenti , ed avremo : yo = a, y,,^afbtcfd, y3=atabf4c4*8d, y3=a>ì.3L>5i9c4437d, ila cui y» — yo=Ayo=bfcfd ya — yi=Ay,=bt3c+7d , y3 — y2=Ay2=bf5cf igd In seguito Ay, — /iyo==Aayo— 2cf6d; Aya — Ay,«=A5y,=2C'fl2d In fine A^y, — A2yo=A3yo=6d. Quindi i."d= — ^A^yo 3.3 2.» c=^ (A7o-A3yo); 3.° b=:Ayo A'yo+--A37o; 3 5 4.° a=yo Noi abbiam preso per unita di tempo la''; i^ sa- ra dunque — , e generalmente si avrà per l'ora 13 n e»»™», incominciando a contare dall'origine del tem- pò, x= — ; per i ora precedente x= , per 1 ora sc- ia la *^ guente Astronomia 9 ; esprimendo dunque rispettivamen- te per yni y»-» y»t' ' valori corrispondenti di y noi avremo successivamente: 'n — 1\3 n^M 13 n — I /n — 1\3 /n — 1\; y,=a+b.-tc.— -fd( — ) nfi /n-fi\2 /nfi\3 yn— yn-i=m= — fc. — f d. •^ •^ 12 12^ 12-^ b 2n + i 3n(nf r) . . ynfi — y„==m= — ►j,c. ►fd. S^fi 12 12- 12- c n m' — m=Am'= — fd. Quindi 73 4.72 2n — I 3(n — On-fi I2m=b-i- q «J.— — — — .d 12 nd 7aA=c^ — 14 4 Applicazione. Si cerca per esempio il moto orario della luna in asc ret. per li 8 aprile 1827 tra 8'' e Q^ della sera. Stabilendo l'origin del tempo a mez- za notte tra li 7 e 8 si trova nella Conn. des temps li 8 a oH . . . yo=i4G° 49 3o'' „ I2''. . . y.^iSS'» à' 52" ,, 24'' • . . y2=i59. ai. »6 li 9 a ia'> . . . y3=i65. 4a. 44 Donde si deduce Ayo=6'' 14' 32" Ay,=6. 17. 34, Ayi=^Q. ai. 28, A^yo=3' 2" A3yo = I* a' A»y.=4. 4. IO S e I E N X E Quindi 6 d=62\ d=:.io"-^, c=i\b=G.° i3' i /-^- Facendo ora n=2i, troveremo 72Am=i +— «'o -r- 4 ^ =ii4"» aS, Am=i", Sg, quasi i",G per i''. Se l'accrescimento del moto orario, ossia l'aumento di m in un'ora, h di i",59, non sarà che di o^, 53-in 20', di o^\ 27 in io' . . . di o", t()-in 6', e cosi sarà facile modificare pel tempo più prossimo al passaggio medio. 4 Noi troveremo similmente i3m=6.° l'S 1 1" -rr 6 t 3 35 3 t ' 3o -TI o 6.« 18' f -i ed m=o.° 3i'3o", 6 — Ma questo valore di m non è ancora esattamente quello che noi cerchiamo : Infatti come l'asc. ret. è notata nella conn. des tems di la'' in 12'^ solari , si ritrae cos\ il moto ra per un' ora solare e non per un' ora siderea , unitk di tempo nella nostra formola. Ma un'ora siderea è assai prossimamente di-—- più 30o breve d'un' ora solare : converrà dunque diminuire di questa frazione il moto trovato m per averlo d'un' ora di tempo sidereo . Perciò nell' esempio citato 3i'. 3o", 6 3i", 5i, ,, avremo a sottrarre == = 5 . aa 60. 6 6 Il vero valore adunque di m sarà 3i' 3o", 6 =3i — 5", 25 "ì^i 35 per li otto aprile 1827 a 9 ore della sera. Astronomia li Ma non sarebb' egli per ventura più esatto , più comodo e sicuro l'osservare prima e dopo il passag- gio pel meridiano l'asc. ret. della luna coli' equato- riale , strumento che trovasi in quasi tutti gli os- servatorii ? in tal caso dividendo la dilTerenza delle due asc. ret. osservate per la differenza de' tempi del- le due osservazioni si otterrebbe immediatamente il moto orario in asc. ret. rispondente al passaggio , e dedotto dall' osservazione stessa. Non sarebbe a rigo- re necessario , che quest' ultima osservazione venisse fatta in tutti gli osservatorii , di cui si volesse de- terminare la differenza di longitudine : ma quanto maggiore fosse il numero di dette osservazioni , tan- to maggior sicurezza s*òtterrebbe nei risultati. Aggiungo qui alcune osservazioni de' passaggi della luna e di stelle vicine. Il tempo è stato poco favorevole. 6 marzo 1827. Stelle. Grandezze. Tempo sid. del passaggio. 119 Toro (5.6) 5h 22' 1", 48 ,23$ (3.4) 5 27 i3, 4 Luna (9. dì) 5 4i 38, 8 57 X* Orione (6) 5 44 38, 00 64 x^ (5. 6) 5 53 8, 3 18 » Gemelli (5) 6 18 37, 4 26 n (5. 6) 6 32 14, 00 7 marzo. Verificazioni. 5C^' Orione 5'» 44* 37", o X^ 5'' 53* 7", o Ritardo del pendolo o'» o* T, a 13 Scienze i8 » Gem G'» i8' 36", ^. Osservazioni. 4 a6 n (non osservata per cagion della luna, ni:i dedotta dall' osservazioni di ieri) 6'' 82' i3", o Luna 0 34 00, o 281 Gem. (5. 6) G 47 33, 5 43| (4) G 53 4^, 7 A (4. 5) 7 8 4, 0 8 marzo. A Gem 7H g» 4", o Luna 7 26 iG, 3 Si g. Gem. (G) 7 36 1,0 5 r. Cancro (6) 7 5i 33, o 8 aprile. ir Leone (4. 5) ...... . 9I. ST 1", G iG Sestante (G) io o 8, 32 X Sest. (7) IO 23 16, 7 Luna IO 29 38, G 55 Leone (G) io 4G 45, 88 69 (5. G) ,1 4 53, 4G 876 (4.5) II 21 27, 43 1 1 aprile. 87 e Leone 11'' 21' 29'*, 67 Accelerazione del pendolo in tre giorni, o^' o' 2", i4 8 maggio. X Vergine (G) 12»» 3o' 3o", 7 «1 (non osser. , ma cale.) . 12 4^ 33, i Astronomia i3 Luna 12 44 ^8, G6 g Ver. (5. C) 12 69 a, 4 « (1) i3 iG 16, 8 Verificazioni. 16 maggio X Verg 12'' 3o* 3o\ 84 A' ) • 12 45 33, 34 g 12 59 2, 1 1 a i3 iG 16, 876 18 maggio. JC Verg \ . 12'' 3o' 3o", 8 4; 12 45 33, 14 !^ - 12 59 I, 9i3 oc . . . i3 iG 17, 18 SeLbene il pendolo , di cui ho fatto uso noa sia certamente un capolavoro dell' arte , ciò non ostante ei mantiene, come si vede, sul tempo si- di^reo un andamento abbastanza regolare. Suir origine delle /ebbri periodiche in lìoma e sua campagna. Memoria di G, Falchi P. prof, e me- dico primario in S. Spirito. P A n T E I. ^ ., . . k-7ono già alcuni anni , dacché sostenendo io col Brocchi l'utilità delle vestimenta di lana nella cam- pagna di Roma, ove in certi tempi dell'anno domi- i4 Scienze nano le febbri periodiche , addussi alcuni fatti ten- denti ad escludere il supposto miasma palustre , e svelare le cagioni remote delle febbri medesime (i). Noa sarà fuori di proposito riandare sopra quei fatti , ed aggiungerne qualcun altro o trasandato , o rapidamente accennato in quella occasione. Il i° di essi si è, che una state uniformemente calda e secca è la piìi scarsa di febbri ; che la più ferace è quel- la in cui vanno cadendo le pioggie , e succedono vicende di temperatura nell' atmosfera. Questo fatto non avea bisogno di ulteriore conferma , perchè os- servato più volte , e generalmente riconosciuto dai pratici romani ; pur tuttavia e bene sapere che dal 1826 in qua abbiamo avuto maggior numero di febbricitanti , e si è dovuto aprire nuove sale in s. Spirito , essendo cessata nei mesi estivi quella siccità , che dominato avea nei cinque anni prece- denti. 2** Quanto agli abitanti di Roma non soliti ad uscire in campagna , eglino contraggono la pe- riodica trattenendosi nella notte a diporto nei luo- ghi più bassi ed umidi della città ; come pure co- loro che abitano in quartieri riraoti dal centro , nel declivio de'colli , presso orti , giardini , e conserve di acqua , o nel centro stesso non luoge dalle ripe del Tevere , massimamente se trascurino di chiudere le finestre suU'imbrunir della sera , e nelle ore del sonno. 3" Nei mesi perigliosi assalisce sovente la feb- bre un individuo che per un moto violento si riscal- da, e con la pelle bagnata di sudore stando alla corren- te di un' aria fresca soffre un forte raflfreddamentc del corpo. 4" Nei mesi stessi se accade nell'atmosfera un cangiamento dal secco all'umido , dal caldo al fred- (i) Giorn. Arcad. gennaio 1823 pag. r. Fjcbbri periodiche di Roma i5 do, ed uno squilibrio di elettricità , le persone sen- sibili , come souo in grado eminente le isteriche e gP ipocondriaci , sentono un turbamento tale nella loro macchina, ed un freddo cosi manifesto, che gik si credono ghermite dalla febbre ; e per verità ta- lune volte si spiega in loro un calore , ed un' alte- razione di polso , che ha tutte le sembianze di una febbre di accesso. 5° Le recidive frequentissime nei romani , che haa soflerto la periodica , avvengono non per esserjii recato il convalescente in luogo so- spetto di miasma, ma per essere uscito di casa nelle prime ore del mattino, o ritirato tardi nella sera, o anche per aver turbato le funzioni del ventre, e con esse le funzioni della pelle per disordini nel vitto. C>° Quan- to alla campagna romana , ella h senza dubbio più insidiosa della citta, principalmente nei mesi di ago- sto e settembre ; ed è cosa di fatto che le ore di maggior periglio sono quelle della notte , e che il sonno , cui si abbandoni incautamente la persona , espone quasi con certezza alla febbre. 7* Ma nelle notti dei mesi suddetti, in particolare dopo le piog- gie, sono manifesti e costanti due fenomeni nell'atmo- sfera, della campagna romana , un abbassamento no- tabile di temperatura , ed un aumento grande di umidita. Io ho consultato le tavole meteorolo<.',iche della specola gregoriana del mese di settembre 18 i8, e precisamente di quei giorni , ne' quali il Brocchi cjeguiva i suoi sperimenti sulla mal'avia (;), ho fat- to il confronto della temperatura del mezzogiorno con quella della mezzanotte , notata da questo fisi- co, ed ho rilevato una differenza di 13" verso lo ze- ro del term.. Reaum.; e sono ben persuaso che la dif- (i) Biòl. /tal. novembre i8i8". l6 SciEKZK fetenza sarà stata maggiore nel mese precedente di agosto. Nelle stesse notti l' igrometro segnava ora gli 86*, ora i 91°; e ben io rammento nella mia di- mora in Terracina nel 1819, quando le periodiche d'indole perniciosa erano numerosissime , aver ve- duto più volte l'atmosfera della pianura Pontina in- gombra di densissimo vapor vescicolare, innanzi l'ap- parir del giorno, g" Gontio siffatte intemperie not- turne gli operai de' nostri campi per nulla si pre- muniscono ; anzi nutriti di cibo poco sano , coperti di malconcie vestimenta , dopo essere stati percossi dall' ardente sole di estate per tutta la giornata , prendono sonno nella notte a cielo aperto : i mieti- tori in particolare non abbandonano mai la messe , si coricano presso i covoni delle biade , e sorgono alle tre del mattino per riprendere il consueto lavo- ro : lo stesso ed anche più dicasi degli opera] ad- detti alla tritura del formento. Sono perciò questi infelici visitati bene spesso dalla febbre ; senza fallo poi , quando nell' atto del lavoro vengono bagnati dalla pioggia dirotta di un temporale , e obbligati nella notte a giacere sopra un terreno umido; men- tre all' opposto è un fatto notissimo che alcuni ca- staidi delle tenute più infami del territorio romano han saputo per molti anni preservarsi da ogni in- fermità, usando le cautela di rifugiarsi in casa pri- ma della sera , e chiuse le finestre riscaldare la ca- mera ; uscire la mattina di casa a sole alto , e mu- niti di buon mantello (j). 9" È altresì un fatto de- (r) Un intelligente ed esperto agronomo^ il quale per molli anni ha tenuto in affitto ed ha coltivato a gra- no i campi di Cervetri , mentre informavatni sul modo di "ordinalo di vivere degli operaj ^ aggiungeva che il suo F£aBR£ PEUIODICHE DI RoMA. IJ gno di considerazione che mentre l'aria della cam- pagna romana spiega inverso gii uomini la sua mal- vagita m certi tempi dell'anno, non offende gli ani- mali così domestici come salvatici ; essi vagano im- punemente ne'luoglii più sospetti , dormono sul ter- reno a cielo aperto , e non ne hanno male , abben- chè le vie della respirazione e della digestione , per le quali pur si pretende che s'introduca il mia- sma, sieno accessibili in essi al pari dell'uomo. io° In- fine egli è un argomento negativo , ma pur da te- nersi a conto, che ni^ il Carradori ne il Brocchi haa potuto ritrovare un atomo del supposto miasma , concentrando ed esaminando con la massima accu- ratezza il vapore acquoso , nel quale si crede in- volto ; e che piiì fortunati di questi non sono stati Julia , Devèze , e Gattoni esplorando coli' eudiome- tro la composizione dell'aria presso il forte di Fuen- tes ed altre paludose stazioni. Questa serie di fatti comprovati da molte os- servazioni h pertanto diretta al doppio scopo di escludere la supposizione del miasma palustre, qual cagione materiale delle febbri intermittenti endemi- che nella campagna di Roma , e chiarire le cause fattore è morto colà nelV età di 75 anni , né mai avea sofferto le febbri intermittenti o altri malanni ; che pe- rò guest'' uomo era temperantissimo , e soprattutto cauto nel ritirarsi presto in casa la sera , chiudere le finestre , accendere nella camera della polvere pirla , e il m.atii- no vegnente uscir di casa ben coperto. Di fatto nella mia continua Jrequen za ali" ospitale non rammento awer ve- duto fattori e capocci venir con la febbre ; rare volte i pastori , benché si trattengano nel piano sin oltre la me tà di giugno. G.A.T.XXXIX 3 i8 Scienze KMiiote di cotesta infermità. Per me il vapore acquo- so che dopo le pioggie s'innalza dal suolo umido nelle ore caldissime del giorno , o senza le pioggie dal margine dei fiumi , dei laghi , del mare , e da un terreno pantanoso , che nella notte si addensa pel raffreddamento della superficie terrestre , e per la discesa degli strati pili alti e più freddi dell'aria ; non che l'abbassamento di temperatura che ha luo- go in cotesta vicenda , e che può essere anche ca- gionato da pioggie cadute in luoghi lontani , e dal- lo spirare di un vento fresco , sono gli agenti , che in un corpo , disposto per individuali alterazioni e pel disordinato tenor di vita, porgono occasione alla fe])bre : direbbonsi nel parlare de' patologiii la causa occasionale (i). Resta a vedere come dopo questa impressione sull' uomo , quand' ella sia bastevolmen- le efficace , si risvegli la febbre , o per meglio dire qual sia la causa prossiraa di lei. E qui mi si per- metta avventurare una mia opinione , alla quale io non concedo che il grado d'ipotesi, e come tale vor- r;'i fosse intesa da miei colleghi ; ne in verità al- tro che un' ipotesi può sperarsi nella spiegazione di un fenomeno patologico oscurissimo. Innanzi di espor- la ho bisogno di premettere alcuni postulata^ Non si avrà gran difficolta a concedermi che il sistema nervoso sia l'eccitatore del calorico anima- le , dappoiché l'odierna fisiologia ha trovato insuf- ficienti le ragioni che ne avean dato i Lavoisier , i Bicbat, i Legallois , ed i Dupuytren. Slimo opera perduta il rammentare le fortissime obbiezioni , che sono state fatte contro l'opinione di Lavoisier che (i) fad. la H parte ^ dove tatto ciò è ampiamen- te sviluppato e corredato di fatti. Febbri periodiche di Roma. 19 la calorificazione avesse sede nella ofTicina del re- spiro ; e contro l'altra di Bicliat clie all'esercizio delle funzioni di separazione e di nutrizione si do- vesse il calore animale , quasi ad altrettante ope- razioni chimiche ; contro quella infine di Legailois e Dupuytren che nel mutamento del sangue da ros- so in negro ricercar si dovesse la sorgente del flui- do , di che parliamo. Dirò invece che la contempla- zione di diverse classi di animali , di differenti stati della vita, e di alcune condizioni morbose ci con- duce ad attribuir al sistema de' nervi il produci- mento del calore animale. La temperatura dogli ani- mali sta in relazione con la maggiore o minore gran- dezza ed espansione del sistema nervoso , in ispexiel- t'a del cerebro -spinale : il calore scema sensibil- mente durante il sonno negli animali soggetti a letargo : spesse fiate diviene freddo un membro del corpo , perchè rimane sopra di esso interrotta l'in- fluenza de' nervi : un freddo assai forte suol prece- dere la sospensione momentenea delle funzioni cere- brali : un freddo costante e senbibile alla mano del medico accompagna alcune febbri , nelle quali il sistema de' nervi è principalmente sofFereute , come neir algida , e nel tifo gravissimo. A queste con- siderazioni aggiungerò gli sperimenti eseguiti da Elo- die e da Chossat , il primo de' quali ha indagato par- ticolarmente la influenza del cervello tselìa produ- zione del calore , il secondo e del cervello e delle altre parti del sistema nervoso. Fatto nel cane un taglio al midollo spinale sopra i nervi diaframma- tici , e per conseguenza continuando il respiro , la temperatura del suo corpo si è abbassata nel corso di alcune ore ed è giunta a tale da recare all'ani- male la morte : indotta in altro cane vigoroso la commozione cerebrale per un forte colpo sul ver- 2* 30 S C I S N X S tice , e mantenuta la respirazione col soflìar l'aria ne' polmoni , è avvenuto del pari un abbassamento mortale di temperatura : ne diverso è stato 1' esito del cimento , quando ad altro cane è stato infuso nella ^iogolare un decotto di oppio , la cui forza narcotica opera singolarmente sopra il cervello ; un termometro introdotto nell' ano è disceso a poco a poco a 2-;i.° , e a questo grado era già vicina la morte dell' animale. Quanto alle altre parti del si- stema de' nervi ha veduto Chossat che fatto un ta- glio al micìollo spinale sotto l'occipite, e sostenu- nuta arlifizialmcnte la respirazione ; in altro cane fatto il taglio tra la seconda e terza vertebra cer- vicale ; similmente tra la settima cervicale e la pri- ma dorsale , si è avuta la medesima risultanza , ossia la stessa depressione di temperatura del corpo co- me nelle lesioni del cervello ; laddove procedendo col taglio in altrettanti cani dalla prima dorsale in giù sino all' ultima lombare , la diminuzione del calore è slata tanto meno rapida /quanto T offesa del midollo era fatta più in })asso. La recisione de' nervi pneumo- gastrici ha portato anch' essa in due distinti speri- menti un difetto di calorico ; meno prestamente pe- rò che nelle lesioni cerebrali : e lo stesso e a dirsi T!f.'lla estirpazione e contusione del ganglio semilu- nare (i). Il secondo postulutum che volea premettere è questo. Non è egli vero che molti fisici di altissima stima ponendo mente ai fenomeni calorifici ed elet- trici , e veggendo che spesso nascono insieme per opera delle medesime cause , han pensato essere il ca* (r) Tnfliicnce da sysieme netveux sur la chaleur an inizile. Febbri prnionicnE di Rom\ ai lorico e reiettiico lo stesso fluido ? Questo arjjjomea- to di fliica è stato ampiamente e con onore discus- so dal Nobili (e), e però potrei dispensarmi dal va- nire ai particolari ; tuttavia mi giova ricoidare che scaldato alla fiamma un pe/.zu di platino annesso ad uno dei fili del galvanometro , ed applicato all'altro , si ha indizio di una corrente elettrica che va dal pezzo caldo al freddo ; che la fiamma sottoposta a ver.^he di bismuto e di antimonio insieax; saldate de- O sta in esse tale virtù elettrica da sviare l'ago ma- gnetico dalla sua direzione , ed anche in questo caso la corrente procede dapprima pel metallo più conduttore ; che rappareccliio voltiano ad Uii elemento allora opera con elìicicia , quando si è forlenir^nte riscaldato , e qui anc.)ra la corrente elet- trica parte dal metallo più intaccato dall' acido e più caldo verso quello che lo h meno ; che lo stes- so apparecchio voltiano è capace con la sua cor- rente di rendere infuocato un filò di platino , un pezzo di carbone posti nel circuito elettrico ; che nelle azioni chimiche si sviluppa elettricità, ove ia- lervenga mutamento di temperatura ; che lo sfrega- mento e compressione de'corpi come da origine al calore , cosi non manca di produrre elettricismo , e via dicendo di altri soraiglievoli fenonieni. Se per- tanto v'ha tutta la ragione di credere che il ca- lorico e l'elettrico sieno un sol fluido , ciò che ho detto di sojjra su la facoltà del sistema nervoso di eccitare il calore nel corpo , potrà dirsi relativa- mente alla elettricità animale, e nel decorso di que- sto ragionamento potrò mentovare or l'uno or l'al- (i) Bibl. universelle. Fevrier \'Ò2.'ò png. 1 18. 32 Scienze Irò fluido indistinta mente, secoiidochè porterà il te- nore del discorso , ovvero mentovarli entrambi ser- vendomi di una voce composta. Io ho tentato di ren- den; discernibile quella elettricità , che dee produr- si nei centri nervosi , e circolare nelle ramificazioni di questo sistema , operando nella maniera seguen- te : ho posto sopra il cristallo due larghi pezzi di sostanza corticale e midollare del cervello umano » gli ho bagnati con la soluzione di sale comune , e gli ho connessi mediante una miccia di cotone im- bevuta dello stesso liquido : toccando ciascun pezzo con la laminetta di platino annessa al filo del gal- vanometro di Scbweigger , ho avuto una divergen- za neir ago di 3 o 4 gradi , tale da indicarmi che la corrente veniva dalla sostanza corticale verso la midollare : tolta la miccia , e messe le due sostan- ze ad immediato contatto , il movimento dell'ago è stato pilli deciso. In altro sperimento ho fatto de- capitare un porcello d'India, e all'istante ho im- merso l'estremo di un filo del «'alvanometro nella sostanza bianca , l'altro nella cinerizia del midollo allungalo : il corpo era ancor caldo , e ben si sen- tivano i battimenti del cuore; pur tuttavia l'ago del galvanometro non si h mosso dal punto cui era di- retto. Forse il ripetuto toccamento delle mani, e del- lo strumento di acciajo , fors' anche lo sgorgare del sangue han disperso quella poca elettricità , già di sua natura sfuggevole , che io andava cercando ; ond'è che mi propongo in tempo di maggior ozio ripetere lo sperimento piìu in grande , e in modo più esatto; ed ho speranza di successo nel fatto ben conosciuto , che slaccalo il cervello da nervi cessano subito i maravigliosi fenomeni de' pesci elettrici , e molto più nelle osservazioni ultime del Nobili su Fèbbri prriodiche di Roua. 2.3 la corrente elettrica propria della rana (i). {titanio a me pare che nel corpo animale sieno tutti ^\i elementi necessari! alla produzione e difFnsione del- la elettricità ; che come le membrane fibro-sierost* continuamente umettate ne sono le conduttrici , 1« mwccosp. semicoibenti , cosi il sistema nervoso di con- certo coir irrigatore sia l'eccitatore di quel fluido possente , che costituisce in noi una vita indipen- dente dal mezzo in cui viviamo (2). n mfzzo che ci attornia , giusta le sue condi- zioni , tende ora a compartire ora a togliere al no- stro corpo porzione del fluido termo-elettrico : do- mando se un'aria asciutta ed un'aria umida ad una temperatura di molto inferiore a quella del corpo io nfìVeddino egualmente , o l'una più dell'alila : e questo è il terzo posfulntum. So si attenda agli spe- rimenti di Edwards pare che lo raffreddino presso a poco in egual modo , restando nelT aria asciutta compensala la minor facoltà refrigerante dalla mag- (i) EihL Univ. Jnnvier i^^'Jt^ png. io. Dei pochi miei tentativi ho V onore di citare come testimonii il eh. col- lega prof. Barlacci , che ha avuto la compiacenza di as- sistermi personal'iiente , emettere a mia disposizione gli siromenti del gahinetto fisico , faltro mio collega prof. Carpi , e il sig. Riccioli. (2) Lamnrch {filosofia zoologica), e Cuvier [il regno animale di'^trihuito dietro la sua organizzazione) pensa~ no essere esclusiva Viujluenza dell' elettrico nel giuoco arcano della fibra vivente : La Roche , che un fluido ela- .uico sottilissimo , modificazione delV etere di Newton , analogo ali" elettrico , sì separi e si' aduni attorno gli ele- menti della fibra nervaa , mentre questa si muove , si rinfranca , e ii nutre. 24 Se I E N r E giore evaporazione che ella promuove nel corpo , e viceversa nell'aria umida. Prese egli alcuni passeri di media età , e li racchiuse in altrettanti recipienti pieni di aria secca e di aria umida , provvedendo al tempo stesso a tutte quelle circostanze che avreb- bero potuto modificare le risultanze. La tempera- tura esterna nell'atto degli sperimenti con l'aria sec- ca era di 20° 4? negli altri con l'aria carica di va- pore visibile era di 23." 5: l'interna temperatura de' recipienti di 21°, tranne un solo caso , in cui fu a 22°. Presa la media de'rafìVeddamenti prodotti da questi due mezzi , 6.° "7 presentò il rafIVeddamento cagionato dall' aria asciutta, 6.° 5 quello nell'aria umida (i). Stando adunque agli sperimenti di ICdwards poca o nulla è la differenza nella perdita del tluido termo-elettrico che fa un animale sotto un'aria fred- da ed asciutta , e sotto un' altra allo stesso grado di temperatura che tenga sospeso il vapor vescico- lare dell'acqua. Pur nondimeno farò osservare che ben altra cosa esprimono i fenomeni , che si manife- stano in noi sotto l'influenza dell'una e dell'altra aria : mentre l'aria fredda ed asciutta ci fa soltanto un'impres sione superfiziale , ravviva il colorito della pelle , in- fonde straordinario vigore in tutte le fibre del cor- po, ed anima le funzioni tutte; per contrario un'aria fredda ed umida fa un' impressione di freddo cos'i profonda che diresti giugnere alle ossa, dispone alla pallidezza , all' abbattimento , al tremore , pare in somma che ella operi sopra di noi non tanto col raffreddarsi , quanto colf indebolire proprio la fa- coltà stessa che abbiamo di generare calore nel no- (i) De l'in/Iiience des agens physiques sur la vie. Pari. ir. Febbri periodiche di Roma aS stro corpo , e resistere all' esterno abbassamento di temperatura. Crescono gli effetti di lei, quando ope- ra pili volte sopra lo stesso individuo : poiché si osserva che ripetendo sugli animali in genere le al- ternazionT-di raffreddamento e di riscaldamento , quan- tunque essi ricuperino la propria loro temperatura, il tempo che si richiede perchè tornino allo stato naturale , si fa di volta in volta piiì lungo. Cresco- no eziandio gli effetti di un' aria fredda ed umida , quando opera sopra individui , i quali non possono sopportare gran fatto il raffreddamento del corpo , come sono i vecchi, e quei di gracile complessione: difatti si è sperimentato che depressa la temperatu- ra del corpo di due animali della stessa specie di un egual numero di gradi , il giovane è stato quel- lo che ne ha riportato minor nocumento, e più pre- sto si è ristabilito in salute. Infine per ommettere altre circostanze , sono vieppiiì esaltati gli effetti di un' aria fredda ed umida , allorch' ella opera sopra l'uomo nello stato di sonno , mentre il sonrvo già è naturalmente accompagnato da una diminuzione nel- la facoltà di produrre il proprio calore , e negli stessi animali a letargo addormentati nella state si abbassa molto la temperatura , si rallenta la respi- razione , e divengono torpide le membra , quantun- (jue meno c'ie nel verno. Ma a qualsivoglia grave perdita che faccia l'ani- male , succede in lui una reazione : ed eccomi al quarto postulalutn. Potrei qui valermi dell'esempio dell' acceleramento ne' moti del cuore e delle arte- rie , e della febbre stessa dopo abbondante emor- ragia ; dell'aumento nella specifica vitalità dello sto- maco sino al grado di riscaldamento e di flogosi do- po l'azione deprimente di un veleno ; ma per non dipartirmi dal caso nostro dirò , che nell'atto stesso 3(3 Scienze del nflreddamenlo , ossia della perdita del fluido termo-elettrico , già incominciano nella macchina i primi moti alla reazione , già si accelera il polso , e già la respirazione si fa più frequente. Si spiega poi meglio la reazione medesima, quando sottrattosi l'ani- raale dall' ambiente che lo ha raffreddato , passa in altro più caldo : allora , siccome l'applicazione del calore esterno ristora negli animali la facoltà di ri- produrre il calore interno, allora', dissi, i moti del cuore e delle arterie si fanno più veementi , si i av- viva il colore del volto , e si svolge tanto calore da essere soverchio al bisogno della vita (i). Che se all'opposto coll'applicazione di nuovo freddo si sop- primessero i primi moti alla reazione , ne risulte- rebbero effetti gravissimi , e persino la morte dell' animale. Currie è stato testimonio della morte di qual- che individuo sottoposto alle affusioni fredde nel primo stadio di una febbre intermittente. Ma tra i sistemi del corpo animale qual è mai l'autore prin- cipale della reazione tendente a ristabilire l'equili-r brio del calorico , e della elettricità nella macchi- na? Posto che il sistema nerveo sia quello, che nel- lo stato di salute dell' animale eccita e mantiene il calore intersìo , come di sopra abbiam veduto, qual dubbio di riconoscere in lui l'autore primario della (i) Per diminuire appunto questo soverchio calore ha consigliato il cel. Giannini le immersioni fredde nel periodo del caldo di una febbre intermittente , e con esse ha veduto parecchi» volte troncato il parossismo ; come ha proposto le immersioni calde nel periodo del freddo , e anche con queste ha veduto in due casi sop- pressa l'accessione. Ved. la sua opera, Della natura del- le febbri tom. i cap. 2, e tom. II cap. la pag. 4'«- Fkbbri periodiche di Roma 37 reazione dopo un forte vaflìetldaraento ? Ne per ve- rità io vedrei come il sistema sanguigno , per esera- pio , far potesse le prime mosse alla reazione , senza ricevere incitamento da nervi ; e molto meno vedrei come in istraordinaria oscillazione entrar potesse il linfatico , il muscolare senza aVere dai nervi un im- pulso. Vero e però che incominciando ad operare il sistema nervoso , egli chiama tosto in consenso il cuore e i grandi vasi ; e questo accordo di azioni è così comune, che l' osserviamo nelle passioni di animo , nelle forti sensazioni da cause estrinseche , e in mille altre circostanze. Premesse tali cose, vengo alla esposizione della mia ipotesi su l'origine delle intermittenti di Roma e della campagna romana. Un individuo , il quale s'intrattenga pi?r qualclie tempo in uno de' nostri luoghi di aria perver.^a nelle notti di estate , e del principio di autunno , e non bastantemente difeso dall' ambiente esterno si abbandoni al sonno , ov- vero esca all'aperto di buon mattino , va quasi eoa certezza incontro ad una periodica or d'indole be- nigna , or perniciosa. I nostri luoghi di raal'aria so- no soggetti nei mesi estivi , come altrove abbiani mostrato , ad una variazione di temperatura dal gior- no alla notte che supera talvolta i iS" verso lo zero del term. di Reaum. ; oltre a ciò sono nella notte ingombri di tanto vapor vescicolare , da por- tare l'igrometro quasi al grado massimo di umidi- tà , e deporre in copia dell'acqua sopra un vase di cristallo pieno della mistura frigorifica. Quell'indi- viduo adunque che si espone a questo ambiente e vi dorme , dee per necessità soffrire un lungo e pro- fondo raffreddamento del suo corpo : o , in altri ter- mini , dee soffrire una grave perdita di fluido ter- mo-elettrico, essendo appunto proprietà dell'aria fred- ^S S e I E N X K da ed umida il raffreddare il corpo più della asciut- ta , e pili ancora in tempo del sonno , come test^ abbiam provato. Che se ruorao non diasi al sonno in luogo insalubre, ma vi si trovi all'apparir del sole suir orizzonte , ei soffrirà presso a poco un raffreddamento eguale di grado , e diverso soltanto nella durata : poiché il vapor vescicolare passando allora allo stato elastico per l'azione del raggio so- lare , acquista maggior capacita a contenere il flui- do termo-elettrico , e quindi maggior dose ne in- vola ai corpi , COI quali si trova in contatto. Que- sta ragione fisica è fondata su le osservazioni di Volta e di Saussure , e sul fatto notissimo che il fred- do è sempre più sensibile nei primi periodi del mattino. Ora se ad una forte dispersione di fluido termo-elettrico succede tosto nella macchina una rea- zione tendente a risarcirla , già incomincierà in que!!' individuo un acceleramento nella circolazione del sangue e nella respirazione , clie crescendo a poco a poco monterà al grado di vera febbre; allora più quando l'individuo procacciandosi del calore arlifi- ziale , o sentendo rirapressiorie di un'atmosfera più calda, meglio ravviverà in se la facoltà di ripro- durre l'interno calore. Non è pji dilficile il concepire come dopo le antecedenti cagioni nasca talora una periodica d'iu- dole benigna , talora di carattere maligno. Ciò di- pende a mio credere da più condizioni , dall' età , temperamento , com|)lessione , genere di vita , stato precedente di sanila dell' individuo ; ma principal- mente dal grado di raffreddamento, e da quello del- la reazione. E ben naturale che un snbbielto alquan- to avanzato in età, di cattivo temperamento, di df- bole complessione , poco o mal nutrito , e che non godeva del migliore stato di salute , debba sentire Febbri periodiche di Roma. 29 più altamente la impressione delle cause preclellc , e incorrere in una perniciosa , anziché in una pe- riodica benigna. E naturale altresì che un più lun- go , ovvero un più forte raffreddamento del corpo assiderando quasi le forze della vita, precipiti l'uo- mo in una perniciosa del genere di quelle che P. Frank chiamò neri>o.'!e , altri chiamarono iposteniche ., prin- cipalmente nella sincopale e nell' algida , nelle qua- li se tu non applichi alla macchina convenienti sti- moli , non ridesti in lei la facoltà, alla reazione , ne tampoco il calore vitale. Come al contrario se per individuali disposizioni il grado di reazione sia di soverchio esaltato , e il sistema irrigatore chiama- to in consenso potentemente oscilli, può nascere una di quelle perniciose , cìie sono caratterizzate da pa- timento e oppressione di un qualche viscere, e nel- le quali salutare riesce la cacciata di sangue : che per me non è segno di vera infiammazione il letar- go , l'ansietà , il dolore agii ipocondri , che accom- pagna il parossismo di una perjiiciosa letargica , pneu- monica , epatalgica ce. ; ma è segno piuttosto di riempimento straordinario de' vasi pertinenti alla fab- brica di quel dato visceie , prodotto da un modo, e da un grado particolare di reazione. Il eh. Tom- masini ha sparso già molti e gravi dubbj su le flo- gosi intermittenti (i). Mi si dira per avventura che non sempre do- po l'azione nociva di un' aria fredda ed umida si sviluppa subitamente !a febbre , che talvolta passa un tempo più o meno lungo , dopo il quale inco- mincia il parossismo con freddo , che sembra do- (0 Dell' Infiammazione e della febbre continua , considerazioni patologico -pratiche ,tom. II cap. XIV. 3o Scienze vuto ad altra cagione. Ciò è vero; ma non può ne- garsi altresì che quell'individuo, il quale nelle notti di una state variabile ha dormito a del sereno in luogo malsano , se non è colpito al momento dalla febbre , non risenta un malessere generale nella sua macchina; che non sempre l'effetto dell'umido e del freddo è la sensazione, cui si da questo nome, ma spesso un senso di abbattimento e di disagio , co- me ha ben notato Edwards nel corso delle sue fisio- logiche investigazioni. Se a questo malessere succe- da un movimento febbrile , non subito , ma dopo alcune ore , non sarà egli una reazione vitale di- retta a ristabilire l'equilibrio , e non sarà egli con- nesso con la cagione anzidetta ? Quante volte al dolore , al terrore , e in genere alle cagioni depri- menti sopravviene il movimento febbrile dopo un certo intervallo di tempo ! Direni perciò che il mo- vimento febbrile non dipende da quelle cagioni , e che non è una vera reazione ? Nella qua! reazione siccome han parie primaria i nervi , non è da ma- ravigliarsi che risveglino nei sistemi sanguigno e muscolare quelle contrazioni convulsive , quel tre- mor delle membra , quel freddo , che al principiar del parossismo febbrile prova l'infermo. Mi si dira inoltre che alcuni uomini , i quali dimorano in regioni malsane , non sono colpiti da febbre manifesta , mentre deteriorano a poco a poco nello stato del loro corpo , e soffrono un disordi- ne nelle funzioni , di quelle in specie destinate alla assimilazione del cibo. In questo caso io sono di parere che le cagioni estrinseche della umidita e del freddo non abbiano operato così potentemente sul corpo da risvegliare in esso una reazione feb- brile; bensì leggieri e ripetuti eccitamenti tanto nel sistema nervoso fjuanto nell'irrigatore. Questi ripetuti Febbri periodiche di Roma 3i eccitamenti, benché al uisotto del grado febbrile, pur deggiono essere dannosi alla macchina , e deg- giono particolarmente alterare l'andamento del san- gue nei vasi del basso ventre ; quindi il rigontìa- raento del fegato e della milza , quindi lo spander- si del siero in cavita, quindi il disordine nella di- gestione e nella clnlificazione. Si aggiunga die sot- to le alternazioni di un'aria caldissima nel giorno , fredda ed umida nella notte, viene gravemente scon- certata la traspirazione cutanea e polmonare ; per Io che si ritengono sovente materiali inutili alla nu- tritura del corpo , e fors' anco nocevoli alla di lui economia , e ne risentono le membrane mucose con- senzienti con la pelle per ragione di continuità e simiglianza di slrutlura. Le quali cose mi sembra- no abbastanza spiegare come gl'individui domiciliati in paese insalubre , senza manifeste accensioni feb- brili ( caso rarissimo , seppur vero ) possano gran- demente scapitare nella loro salute. Resta ora a rischiarare con la ipotesi sin qui discussa due argomenti di patologia e terapeutica assai oscuri , il ritorno pericjdico della febbre , e la virtù specifica della china-china e suoi preparati a curarla. Quanto al primo argomento si ricorre vo- lentieri da molti all' abitudine, e si dice che i mo- ti animali , sieno sani sieno morbosi , alcune volte ec- citati , facilmente si riproducono , e si riproducono eoa una certa regolarità di tempo e di forza che co- stituisce il periodo. Ma come rendere in tal modo ragione del secondo o terzo parossismo febbrile, quan- do la pretesa abitudine non può essersi ancora stabilita nel corpo infermo? Come rendere ragione della- spon- tanea cessazione di una periodica in primavera ? E a che si riduce infine cotesta abitudine ai movimen- ti morbosi , se ella non è fondata sopra una ragio- Sa S e I E iK z s ne fisica , e nel caso nost^ro sopra una disposiziona lasciata dal parossismo precedente ? Posto adunque che per ispiegare in buona teoria il ritorno periodi- co di una febbre, si debba ricercare nel primo ac- cesso la ragione del secondo , noi secondo quella del terzo , e cosi discorrendo , io ritengo che questa ra- gione sta neir alternare delle perdite , e delle ripro- duzioni del fluido termo-elettrico. Abbiam detto , in- cominciando dal primo accesso , eh' egli è cagionato dalla impressione dell' aria umida e fredda, e che è una reazione della macchina a risarcire la perdita fatta del calorico e della elettricità. Termina que- sto accesso , e si scioglie con sudore più o meno co- pioso. Chi non vede che questo sudore medesimo , o per meglio dire l'umettazione della pelle , portando nuova dispersione di fluido termo-elettrico , è la più probabile cagione dell' accesso susseguente ? La pel- 1 * , che di sua natura è semicoibente , e può riguar- darsi come la scorza dell' uman corpo destinata a conservare gli imponderabili , una volta che sia umet- tata , ella diviene conduttrice : e aprendo una li- bera via al fluido termo-eleltrico , da motivo ad una seconda reazione , ossia ad un secondo accesso febbrile. Io trovo un saldo appoggio a questa mia spiegazione nei seguenti fatti, i" Il calore svilup- pato nella febbre scema in proporzione del sudo- re, e cessa nell'infermo la smania pel soverchio ri- scaldamento : 2" Durante il sudore sente tante volte il malato de' brividi , i quali annunziano la dispersiorìe che va accadendo del fluido termo-elet- trico , ed egli rimane illuso credendo che la feb- bre pria di cessare intieramente abbia fatto una nuova leggiera accessione : y Anche nel tempo del- la apiressia continua la pelle ad essere alquanto umida, molle e fresca; e non è raro l'osservare che Febbiu periodiche di Roma 3v3 nel giorno , in cui non cade il parossismo , l'umet- tazione della cute h maggiore dell'ordinario; 4' ^^^^ ahJjondante e prolungato è il sudore al finir della febbre , più grave si è il parossismo susseguente ; un esempio di questo fatto lo abbiamo nella per- niciosa ilinforetica^ ciascun accesso della quale scio- gliendosi in profuso e lungo sudore, prepara all'in- fermo sempre nuovi e maggiori guai : 5° Le febbri autunnali sogliono essere d'indole ipostenica , peri- colose , (irregolari , proclivi alla recidiva, e poco obbedienti ai rimedj , mentre s'impossessano di un corpo già snervato dai sudori estivi; quindi meno energica in lui la reazione dopo le nuove perdite , e men facile il ristabilimento all'equilibrio : G** Nel- le intermittenti di primavera spesso un emetico , un purgante dati nell'apiressia troncano di netto il pe- riodo , e siccome questi farmaebi irritano il canale degli alimenti , è ben probabile che la loro ellicacia dipenda dal diminuito efflusso della pelle : 'f In qualunque intermittente se allo stadio del calore non succede quello del sudore , la febbre depone il suo carattere primitivo ; imperocché mancando il sudore , manca la condizione , per la quale cessa il parossismo precedente, ed il conseguente si riaccen- de : 8° Infine la notte che precede il nuovo acces- so di febbre e sempre inquieta, e questa inquietezza mostra abbastanza che già la macchina si dispone ad una seconda reazione, ad un secondo eccitamen- to febbrile. Parmi dunque assai verisimile che l'umet- tazione della pelle al declinar della febbre , e la dispersione che seco porta del fluido termo-elettri- co animale sia causa della nuova reazione , o del nuovo parossismo , siccome causa del primo fu la sottrazione che fece del medesimo fluido un ambien- te umido e freddo. Se le febbri di primavera talvol- G.A.T.XXXIX. S 34 S e I E N r r ta si dileguano spontaneamente , convieu dire che elle sieuo leggiere , e che il sudore dell'ultimo pa- rossismo sia tale da dissipare soltanto il soverchio del fluido , e restituire nel corpo un salutare equi- librio : come nelle febbri curate con la china il se- gnale della guarigione è la diminuzione , e in ul- timo la cessazione del sudore (i). Quanto all'elTicacia della china-china nel vince- re la periodica , che è j'altro argomento che mi era (i) Sono dalle esposte considerazioni indotto a cre- dere che la differenza essenziale tra una febbre inter- mittente e continua possa essere questa : la intermit- tente nelV atto della reazione porta ordinariamente il solo riempimento e turgenza de' capillari , la quale si scioglie al cessare della reazione ; la febbre continua , o perchè la reazione è stala più forte , e perchè più lunga , ha prodotto nel sistema capillare qualche cosa più della semplice turgenza : e questo plìi , se così è le- cito di esprimermi , è quello che alimenta la febbre per un dato numero di giorni. Io nella mia pratica ho sem- pre veduto nelle febbri continue dopo qualche giorno particolarmente affetta una delle grandi cavità , o il capo , 0 il petto , o il basso ventre. Questa località , che in principio è stata effetto della reazione vitale , Vho riguardata come cagione del proseguimento della feb- bre , e mi sono persuaso che se ella non avesse avu- to luogo , in più breve tempo si sarebbe dileguata la febbre Come spesse fate ho veduto una intermittente farsi continua , quando nelV orditura capillare di un viscere , e in specie del cervello , ha portato la stessa condizione morbosa , cìie suol portare la febbre conti- nua. Questo argomento di patologia meriterebbe di es- sere mrgiio studiato. Febbìu periodiche di Roma 35 proposto a diciferare , farò prima di tutto notare die delia corteccia peruviana non può valutarsi che la tiola parte attiva , o la chinina , la quale nelle migliori specie si riduce a x grani circa per oncia: difatti con xx grani di solfato , e con minor dose ancora di chinina pura, riusciamo tante volte a sop- primere il parossismo febbrile. Ora sopra i medi- camenti , che in piccolissima dose spiegano un'efil- cacia somma , a me sembra felicissima l'idea dell'il- lustre prof. Morichini , da lui esternata in occasio- ne che parlava della virtù eminentemente purgati- va dell'olio di Croton TilU (i) , che essi medica- menti operino per una relazione elettrica che han- no con certi organi del corpo umano. E dunque a vedersi se la chinina abbia col sistema de' nervi , che è principalmente in giuoco nelle periodiche , una convenevole relazione elettrica. Noi a suo luo- go abbiam veduto che il sistema de' nervi si deter- mina alla reazione, e concepisce un eccitamento mor- boso , perchè ha fatto una perdita del fluido ter- mo-elettrico , sia per l'impressione di un'aria fred- da ed umida , sia pel sudore del precedente pa- rossismo : ciò equivale al dire che il sistema de'ner- vi prima dell'accessione trovasi in istato di elettri- cità negativa. Se adunque proveremo che la cliini- na gode di sua natura della elettricità positiva , che elettricità di questa specie da il solfato di chi- nina sciogliendosi nei sughi dello stomaco, noi avre- mo rinvenuta la relazione elettrica tra il medica- mento, e il sistema organico che lo sente, e avrcm data una ragione assai probabile della sua attività incommensurabile con la dose , sotto la quale si am- (i) Giorn. Arcad, Agonto i8i4 P^'S- '^9- 3* 3G S e I E N Jt E ministra. Le proprietà della chitiin.i sjuiili a quelle tlfgli alcali mi facevano già [uesuuit're c!i:' ella fos- se nel nutnero delle sostanze elettro-positive.: iio vo- luto tuttavia cimentarla all' appaiato di Volta , po- nendo in un tubo piegato ad angolo il soliato sciol- to nell'acqua, e introducendo i fili metallici dell'ap- parato nella corrispondente parte del tubo : non ha tardato molto a scomporsi il sale, e la chinina a portarsi verso il filo negativo , altoiao il quale si è quasi configurata in piccoli cristalli. So bene che il sig. De la Rive (i) non concede valore a questa prova, ond' ammettere nelle sostante una elettricità propiia di tensione, mentr'egli non attribuisce il loro avvicinamento all'uno o all'altro moIo dell'ap- parecchio agli effetti ordinari! delle attrazioni e ri- pulsioni elettriche. D'altronde però la sua opinione non è fuori di controversia, e se a parer suo l'elet- tricità risulta sempre da una azione chimica , cer- tamente la chinina neW incontrar gli umori dello stomaco , non va esente da questa azione. Relativamente al solfato che sovente si adopera in luogo della chinina semplice, ho voluto esplorare se jsciogliendosi in un acido manifesta segni elet- trici : e avendo in vista le osservazioni di Prout e di Children , secondo le quali l'acido predominante nel- lo stomaco umano h l'idroclorico , mi sono servito di questo , e in altro sperimento dell'acido lattico. Nel momento della soluzione del solfato in uno de' mentovati acidi immergendo nel liquido l'estiemo di vm filo metfillico annesso al piattello del condensa"- tore , non ho avuto alcun segno nell'elettrometro a piglie : ho variato il filo sostituendo a quello di {\) Junalc.^ de cium, et f>hy.<;. Mors, i8i8^ Febbux periodiche di Rom4 'ò-j oltone ultri di platino , di rame di divei.sa giosse/,- za , ed anclie un piccolo cono di carbone , e non ho avuto parimente alcun indizio di elettricitk. Egua- le è stato l'esito dello sperimento quando la so!u^ zione del solfato nell'acido è stata fatta dentro una cassetta di platino posta sul piattello del conden- satore tlettronic'tro; e quando entrambi i fili del du- plicatole di Sclnvcigger sono stati immersi nel li- quido contenuto in un recipiente di cristallo» Ram- mentando To vservazioiie di Becquerel che nello scio- gliiiieniq de' sali nell' acqna si ha una debolissima corrente elettrica o per essere i sali poco condut- tori, o per altra qualsiasi cagione (i), ho attaccato ai fili del duplicatore due laminette di rame , onde meglio raccogliere l'elettricità, che per avventura si fosse "iprigionaia : difalli immerse contemporanea- mente le due laminette nell'acido idroclorico allun- gato , mentre vi si scioglieva il solfato di chinina, ho ottenuto una divergenza nell'ago del duplicato- re di cinque o ^ei gradi verso l'ovest , che m'indi- cava la corrente elettrica dal sale all'acido. Essen- do da una parte e l'altra eguale l'azione dell' idro- clorico sopra le laminette , par giusto il conchiu- dere , che la debole corrente elettrica ottenuta in quest'ultimo sperimento abbia la stessa origine di quella osservata da Becquerel e da Nobili nello scio- gliere i sali neutri nell'acqua o negl'acidi. Se per- tanto la cìiiiiina possiede naturalmente, ovvero ac- quista lo slato elettro-positivo ; se il solfato di questa base sciogliendosi in un acido dà una cor- rente tenue si, ma pur visibile nel galvanometro , dirò di nuovo che il loro potere elettrico mi sem- (0 lòid. Dicembre 162S pae; . ^òi, 38 Scienze bra in perfetta relazione col sistema de'nervi pri- ma clell'accessione febbrile. I centri nervosi si muo- vono alla reazione, onde riparare la perdita fat- ta dal corpo del fluido terrao-eletlrico : il farma- co ammifiistrato essendo elettro-positivo dirige a preferenza il suo [)otere sopra le fibre nervose , ope- ra al ristabilimento dell'equilibrio , e in conseguen- za sopprime quella reazione , che infine tendereb- be allo scopo medesimo. Per quanto cotesla spiega- zione del valor della china contro le periodiclìc possa sedurrai , ella è però sempre da me riguar- data come ipotetica , e soggetta ancora a molte e rilevanti difficoltà ; pur nullameno se ne fo il pa- ragone con le spiegazioni date da altri , ho nuo- vo argomento per adottarla e proporla. Imperocché il dire che la china opera stimolando il solido del nostro corpo , è lo slesso che pronunziare una pro- posizione generale , la quale non parte da un prin- cipio , e non rende ragione della virtù specifica del medicamento : paggio se dicasi cìie la china opera controstirnolando , o deprimendo le forze vitali ; peggio ancora , se voglia attribuirsi la di lei vir- tù al rassettamento del misto organico , non cono- scendosi , ne potendosi conoscere in che consista l'alterazione di quel misto in una febbre periodica. Non farò poi menzione della ipotesi che la cortec- cia peruviana involga , distrugga , o scacci il mia- sma palustre introdotto nel corpo dell'infermo , e considerato come la cagione materiale della inter- mittente : questi e simili altri concetti sono o oscu- ri e intelligibili , o inammissibili per gli errori , e le contraddizioni clie includono. Dai quali errori e contraddizioni non solo mi sembra immune la mia ipotesi ; ma se mal non mi appongo , sembrami pre- starsi benissimo alla spiegazione di alcuni fatti re- Pebbui periodiche di Roma 3<) lativi alla curi delle periodiche. Mi si permetta di- scorrerne alcuni. Coti essa può dichiararsi i° Per- chè la chiaa e i suoi preparati non convengano nel- lo stadio del calore di una intermittente , ma sia mestieri aspettarne la declinazione. 2° Perchè nep- pure convenga, e non riesca quello specifico a soj)- primere l'accesso , quando sia dato poco tempo a vini- li , mentre è già preparata o è sul momento d'in- sur^ere la reazione. 3° Perchè riesca inefficace , an- zi dannevole la china in una febbre di natura con- tinua , o in una intermittente che tiene randamento di continua, sinché i suoi parossismi non sieno ab- bastanza disgiunti , e terminati dal sudore. 4° ^^' me pratici distinti Piiverio, Etmuller , Wedel, Lind , Odier e tanti alti-i abliiano sperimentato giovevole nelle intermittenti ribelli Fuso dell' oppio , il cui principio attivo è la morfina , di natura elettro-po- sitiva anch' essa a simiglianza della chinina (i); e come ne' passati tempi la fava di S. Ignazio con- (i; Fed. Delect. Opiisc. P. Frank voi. 1 pag. ao3 ; Joann. Jacob. SchaertUch , Dissert. De usu opiiinfebri- bus intermìttentibus ; Falenlini- Imtlt. Med. Pract. 'voi. 1 pag. ^9. Sono stato anch' io testimonio dei buoni affet- ti deir oppio , e tra gli altri casi mi sovviene quello di un giovane addetto alla famìglia di S. Spirito , da lungo tempo aj/litto dalle Jebbri periodiche , e ridotto a pessimo stato di salute. Un mio amico e collega avea messo in opera i più efficaci mezzi dell' arte per risa- narlo , e non vedendone alcun vantaggio , ebbe la bon ■ tà di prenderà da me consiglio : io gli suggerii una mistura , nella guaio l" ingrediente principale era la tin- tura tebaica , e dall'uso di questa si ottenne sollecita e stabile guarigione. 40 Scienze tenente la stricnina sia stata adoperata con profitto nella cura delle stesse febbri. 5* Perchè a tener lontana la recidiva il miglior mezzo sia quello di amministrare tra un parossismo e l'altro larghe e frequenti dosi di china, giusta gli insegnamenti da- ti dal Rubini nella sua notissima dissertazione (i). 6° Come un grave patema di animo , un' improv- visa e forte impressione abbia potuto talvolta sof- focare un accesso di febbre imminente , di che si hanno esempi e negli antichi , e nei recenti annali di clinica, 'f Come in ultimo il cambiamento di cie- lo, troncando colle sue diverse qualità fisiche le al- ternative di perdite e di reazioni nell'infermo, val- ga tante volte a debellare una periodica ostinata air uso della china , e de' migliori succedanei alla medesima. Ma non vorrei vagare tropp' oltre nel campo delle conghietture , e temo che un impru- dente amore della ipotesi mi trasporti all'inganno già redarguito dal Baglivi di veder le cose quali bramerei che fossero , non quali sono in realta : Ce- terum ingens ille amor systeina suuin aeteruum stabiliandi , ideas mentis mille modis confundit ^ et ohjecta rerum talia saepissime illis repraesentat , qualia reperire cupiunt, non qualia revera sunt (a). P A R -F E II. Un' esposizione alquanto minuta della mia ipo- tesi suir origine delle intermittenti non mi ha permes- so di agitare la quistioue intorno il miasma paludo- si) Sopra la maniera meglio atta ad impedire, la recidiva delle febbri periodiche. (u) Prax. Aled. lib. 1 cap. XII. Febbri periodiche di Roma. /\t so in quella estensione , in cui mi sarebbe piaciuto agitarla : h perciò die rimetto a questa seconda par- te alcuni altri argomenti , i quali se non convinceran- no pienamente della insussistenza di esso , saranno per lo meno tali da farne vieppiù dubitare. E questa di- samina io non la reputo senza un qualche interesse; imperocché quando vi sia ragion di dubitare che una sostanza maligna di suo genere sorga del nostro suo- lo , e siavi piuttosto ragione di credere che alle vi- cende atmosferiche si debba la cagione d'insalubrità, forse con minor ripugnanza si determinerà un gior- no , quandocchè sia , la mano sovrana a somministra- re i mezzi pel ristoramento di esso , giusta il proget- to e i voti del benemerito concittadino Micara (i). I sostenitori e non sostenitori del miasma pa- lustre consentono tutti unanimemente che le febbri in- termittenti come nascono da questa , cosi pure nascer possono da altre diversissime cagioni. Ecco le paro- le di Montfalcon uno de' piìi acri difensori del mia- sma (2) : Le emanazioni paludose ^ tuttocdu- assai in- _/luenti , non sono le sole cagioni , le quali danno origine alle febbri intermittenti. Date quindi le cau- se predisponenti , concorrono a svilupparle Vamidi- tà del clima , le acque corrotte , i calori eccessivi e costanti , e la costituzione dell' atmosfera , vtas- siine se fredda ed umid^. In simil modo si espri- me il cel. Borsieri : Quare cwn tot tamque variis vi- tiari modis posse humores appareat , et probabile adnwdum sit modo ab hoc , modo ab ilio vitii aut vitiati humoris genere febrem moveri , consequens (i) Della campagna romana e del suo ristoramento. (v) Histoire des niarais et des maladles caiisees par les emanations des eaax stagnantes. Partie 3. 4 3 S e I K >• z r est^ ni fallo r , non unicam , scd plurcs J^ibriuin iu- te emittenti um causas esse oportere ^ et prò varia ha^ rum ratione febres ipsas natura et effectis non pa- rnin discrepare , prout snpra expositnm est (i). Gian- nini, niente? disposto ad ammettere il miasma delle pa- ludi, fa anch' egli menzione di intermittenti nate da varie cagioni, tra le altre di quella che da un anno tribolava l'infermo , ed era stata prodotta da spaven- to per iscoppio di fulmine (2); e così non mi sareb- be difficile citare altri autori , e moltiplicare gli esem- pj. Ora a me sembra che una febbre , la quale na- sca dall'introduzione nel corpo di particelle eteroge- nee, quali sono le miasmatiche, non possa essere ge- nerata da altre cause : e mi sembra ancora che ella debba avere sembianze, e un andamento del tutto di- verso dalla intermittente. E nel vero le particelle estranee insinuate nella macchina umana, sieno con- tagiose o no, quando ingenerano una malattia , so- gliono alterare l'organismo e le funzioni della vita in un modo loro specifico, ed esclusivamente proprio; di maniera che come sarebbe un errore il dire che la febbre petecchiale , morbillosa , vajuolosa può ri- sultare da altre cagioni , cos'i sarebbe un inganno il credere che la intermittente generata dal miasma pa- lustre, potesse derivare ancora da altre potenze mor- bose. Ma per consenso de' pratici la intermittente è nell'uomo suscitata da molte e differenti cause; dun- que ella non è una malattìa specifica , dunque non è il prodotto dell' azione del miasma palustre. Sog- giungo poi che quando la intermittente riconoscesse per causa materiale il detto miasma , ella mostrereb- (i) Instit. Med. Pract, voi. i S. LXXXIF. (a) Ijoc. cit. voi. II. pag. ^ii^. Febbri periodichk di Roma 4^ be sembianze , e terrebbe un antlamento diverso da quello che tiene. Qual ragione vi sarebbe che l'azio- ne irritante delle particelle miasmatiche restasse so- spesa per uno o due giorni, qnant'è l'intervallo dell* apiressia? Che i sudori a nulla giovassero, fossero anzi apportatori di una nuova accessione ? Che vi fosse infine un medicamento, il quale troncasse im- mancabilmente il poriodo ? Vediamo pure le febbri contagiose , le quali veramente hanno per loro ger- me particelle disaffini alla economia animale: son es- se febbri continue , tengono un corso determinato , non abbreviabile da alcuno specifico, e si sciolgono per lo più col beneficio del sudore. Però se il eh. Pal- loni non avesse provalo a piena evidenza che la feb- bre gialla delle Jndie occidentali e malattia contagio- sa, a me sembrerebbe meno strano l'attribuire que- sta agli edluvj putridi e palustri, che una periodica legittima (i). Ma oltrecchè il carattere delle intermittenti legit- time non è conciliabile col modo di agire di un mia- sma sopra l'economìa animale, l'origine slessa di lui presenta insuperabili difficolta. Producendo egli sem- pre la stessa infermila , vale a dire la febbre inter- mittente , dovrebbe esser sempre della stes>a natura, poiché se andasse diversificando nella composizione chimica , non potrebbe generare costantemente il me- desimo efletto : per conservare poi la stessa indole , dovrebbe nascere sotto le medesime circostanze loca- li , e principalmente da tin suolo di simile natura. Ora percorrendo i varii luoghi malsani , produttori (i) »Se la febbre gialla sia o no un contagio. Que- stione agitata dai medici europei ed americani. Meme ria del cwv. dott. G. Palloni. Livorno i8a4. 44 S e i K N 2 K di febbri iuterniitlenti, troviamo una rnaravigliosa di- sparita di suolo , dalla terra vegetale la pm fertile sino alla sterile ad arida sabbia. I contorni di Koma insalubri son tutti di una terra vegetalo ubmtosa, se si eccettui qualche tratto vulcanico , e quella zo- na che è confinante col mare : la loro superficie è ondeggiante, disuguale, sparsa di gibbosità, di tu-* moli , di poggi , ma quasi dapertutto caprtce di dar ricetto alla vite, che è quanto dire ad una pianti , che mette le sue radici a grande profondila. Volgia- mo lo sguardo all' Agro Pontino, dove parimente re- gnano le febbri periodiche , e c'imbatteremo in un suolo di natura assolutamente diversa. Il eh. sig. cav. Scaccia, il quale ha dovuto fare de' saggi su la na- tura del suolo Pontino , mi ha assicurata che meno alcuni banchi di depositi fluviali , esso è tutto for- mato di torba. Questa presso la citta di Sezze si estende sino alla profondita di 96 palmi , e di lato alla via Appia sino a 13 o i5 palmi : al disotto del- la torba trovasi una sabbia marina mista nei primi strati ad ossido di ferro, e non è raro ivi riscontra- re dei corpi organici , in ispecie delle alghe. Attesta lo stesso illustre idraulico che negli ardori della sta- te la torba dell' Agro Pontino si dissecca, si adden- sa, e in alcuni tratti si riscalda al punto da brucia- re e incarbonire. Egli possiede degli esemplari di tor- ba pontina , che dopo il lasso di alcuni anni si so- no ridotti all' ottava parte del loro volume. V è di più. Il sig. Ferguson (i), esponendo la topografia me- dica di Lisbona , parla de' luoghi piiì malsani che so- no al sud del Tago , dalla parte di Alentejo : nar- (1) Trans actions of the roy. society of E ditnh. 1823. Febbri pfr sodiche di Roma /\5 ra essere ivi il suolo a'!a superficie arido , affatto piano e arenoso : e laddove fa menzione di Salvate- la , grosso villaggio situato circa un miglio dentro terra, abbandonato datali abitanti nell'epoca della mal- sauìa , si esprime cosi : lo Vlio ^'isitato in tale oc- casione , e no/! mi è accaduto mai di vedere un luogo più adusto di questo. Le case dei miserabi- li rimasti indietro erano , strettamente parlando , sepolte in mezzo ad arida sottile arena che chin- de\>a le porte e le finestre. Come dunque sarà possibile clie da terreni si fattamente diversi , da sabbia aridissima, da torba , da prodotti vulcanici , da terra vegetale abbiano origine effluvj della stessa natura per ingenerare nr^H'uomo sempre la stessa in- fermità, la febbre di periodo? E poi la fisico-chimi- ca ci ha fatto presso a poco conoscere quali sono le sostanze aeriformi che s'innalzano dalla superficie del- la terra, in particolare dalie acque stagnanti; e nin- na di queste, sebbene di qualità deleterie, è capace di produrre la intermiltenle. V'ha de' luoghi , dove abbonda il gas idrogeno solCorato; v'ha di quelli , do- ve in copia straordinaria si sprigiona l'idrogeno car- burato ora semplice , ora mislo all' azoto ; ne man- cuijo altri , dove copiosissimo è lo svolgimento del gaz acido carbonico : ne perciò questi l'ioghi sono più malsani degli altri , dove non s'incontrano si- mili sorgenti di gaz perniciosi alla vita degli ani-' mali. Qualche fisico ha voluto a bello stadio espor- si all' influenza diretta di diverse arie irrespirabili , onde sperimentare se ella fosse stata caoace di ri- svegliare la febbre di accesso ; ed ha sofferto certa^ mente incomodi più o meno gravi, secondocchè ha affrontato più o meno da vicino ed a lungo l'azio- ne delle suddette arie ; ma non v'è stato casa eh© 4^ S e I E K Z t ne abbia riportato la febbre di periodo (i). Lo stes- so puzzo , che nell' estate tramanda il fondo delle lagune , o la spiaggia del mare sparsa di alghe e di altri corpi organici , sul quale assai contano i sostenitori del miasma , è inetto a generare le in- termittenti. In Venezia parecchi de* canali rimango- no giornalmente a secco nella bassa marea, e dif- fondono un puzzo somigliante a quello che svol- gesi dalle cloache; tuttavia ne le febbri intermit- tenti sono ivi endemiche o famigliari, ne si sa che di altri malanni sieno cagione quegli effluvj. Il lod. Ferguson attesta che sebbene la citta di Point au Petre nella Guadalupa sia situata in mezzo alle più putride maremme , e nelle sue contrade si sen ta un fetore incomodissimo ; con lutto ciò ella è ben lungi dall'essere corrispondentemente malsana r e gli stranieri vanno spesso a soggiornarvi impu- nemente. Ma si vuole da molti con Lancisi , Pringle , e Cullen che il miasma sia differente dalle sostan- ze aeriformi da noi conosciute ; che egli sia un pro- dotto di suo genere proveniente dal corrompiraento delle materie organiche animali e vegetali , che gua- sta l'aria , e cagiona le febbri. Chi la pensa in tal modo , suppone , e fa ad altrui supporre , che i con- torni di Roma sieno nei mesi estivi e autunnali un pantano generale, una vera pozzanghera, dove avan- zi di vegetabili e insetti infradiciano continuamente, e ammorbano l'aria con le loro esalazioni. La co- sa però è totalmente diversa. Io potrei indicare mol- ti e molli luoghi soggetti alle febbri intermittenti (i) f^ed. Santarelli - DeW orìgine delle febbri per' niciose ec . Febbri pERionicHE di Roma. 4? in alcuni tempi dell' anno , dove non solo non ap- parisce il più lontano indizio di putrefazione di pian- te ed animali , ma si presenta la vegetazione nel suo più florido aspetto. Non v'ha romano , il quale non sappia che al terminare di giugno molti col- tivatori delle vigne limitrofe a Roma vengono a dor- mire dentro le mura della citta , e sino al mese di ottobre non più vi restano durante la notte , perchè l'esperienza ha fatto loro conoscere quanto sia pericoloso il dimorare cola nelle ore notturne. E in cotesti vigneti v'ha forse la menomi apparen- za di acque stagnanti , e di materie organiche in disfacimento ? Non è anzi il terreno inclinato , asciut- to , di ottima qualità , e le piante che vi alli- gnano non sono nello stato il più prospero di lo- ro vita (i) ? Qual traccia di putrefazione può mai linvenirsi in tante deliziale praterie , in tanti cam- pi seminati a fermento , dove pur l'incauto con- tadino contrae talvolta !a febbre (2) ? Quei mede- (i) Credo peraltro esageralo il timore dei nostri vi- f^naiuoli , e sono per'Siiaso che quando usassero le debi- te cautele potrebbero impunemente dormire nella mag- gior parte delle vigne , durante la state. So con cer- tezza che il socio di una vigna fuori della porta ostien- se limitrofa alla campagna , obbligato dal proprietario a non abbandonare nelle notti estive il casino , è stato sem^ pre immune dalla febbre col favore di un tenor di vi- ta analogo alla stagione'^ mentre gli operai dello stesso vigneto men curanti della loro salute , e privi di molti comodi della vita , si sono ammalati. (2) Potrei numerare molti campi delT agro romano sgombri affatto di acque palustri in /qualsivoglia tempo dell' anno , i quali nondimeno nei mesi estivi sommini- 48 S e l E N 7, K sitni tratti di terra, che noa avendo uiio scolo fe- lice , o non essendo abbastanza forniti di canali , rimangono nelT inverno abbeverati di acqua , come fiarte di Campo Salino , di Campo Morto , di Con- ca , a mezz' estate non offrono che aridità , mal conciliabile con la putrefazione delle materie organi- che : e brucierebbero senza fallo a somislianza dei- ri la pianura Pontina , se la loro superficie fosse di torba. Rimangono gli stagni di Ostia , di Macca- rese, di s. Anastasia formati in parte dalle accjue pio- vane, in parte da quelle del mare, che vi entrano con apposito canale; ma gik non)sono essi così im- mondi, come potrebbe credere taluno die non gli ab- bia visitali , e sono così piccola cosa relalivamenl'; air ampiezza della campagna romana, che in ogni ca- so la loro influenza sarebbe assai limitata. Quale spe- cie poi d'influenza possano avere , si vedrà or ora. Intanto soggiungo che se agli aliti tramandati da materie putrefatte si voglia attribuire l'origine delle periodiche , io domanderei com' elle sieno rarissime in certi quartieri della citta , dove si esercitano me- stieri fetidi , massimamente la dove si conciano le pelli , e dove un odore gravissimo di materie anima- li in putrefazione ferisce le narici ? Come pii^i co- muni non sieno nella parte della cittk abitata da- gli ebrei , dove la folla degli abitanti , l'angustia e strano non pochi inalati all' ospitale : mi contenterò di nominare alcuni : tali sono la Cecchinci , Palverde , KeV" micino , Fontana Candida , l'Osa {Collatia degli antichi), il Cavaliere , le Capannaccie , la Marcigliana , Procoio nuovo e vecchio , r Isola Farnese {Feii degli antichi). Buon Ricovero , Porcareccie , la Maglianella , Castel di Gui- do , BottQQcia , J. Rujina , // Sasso ec. FsBBRI PERIODICHE DI RoMA 4?) la poca nettezza delle vie, il conservare tanti og- getti facili a corrompersi danno motivo a continui effluvi molasti air odorato ? Come infine non sieno più frequenti le periodiche nelle case del basso po- polo , e in parecchie altre abitazioni , dove per tra- scuranza degli inquilini rimane ne' cortili accumu- lata per pili giorni l'iramondezza , ed è sorgente di putride esalazioni ? Ma ella h una verità di fatto , che io vorrei fosse meglio apprezzata dai sostenitori del miasma, che l'aria, quando possa liberamente circolare, h il gran preservativo per l'uomo contro i gaz mefiti- ci , e contro ogni spezie di nocive emanazioni. Al- cuni gaz deleterii per loro specifica leggerezza ascen- dono nelle alte regioni dell'atmosfera, altri rimango- no dispersi, e mescolati equabilmente all'aria; ed è cosi che dell'acido carbonico, sebbene versato in co- pia dalle piante nelle ore notturne , e prodotto in tante combustioni, e per la respirazione di tanti ani- mali, non troviamo che un millesimo appena nell' aria presa in qualunque luogo, ed a qualunque altezza. Le particelle poi miasmatiche, contagiose e non con- tagiose , sono scomposte e distrutte dall'aria libera; ed è così che la ventilazione nelle sale, ove sono rac- colte malattie attaccaticce , e il miglior mezzo ond' impedire la diifusione del contagio; l'esposizione all' aria degli oggetti , che sono stati in contatto col ma- lato , è un espediente valevole a distruggere il fo- mite morboso; e lo sciorinamento delle merci che ven- gono da contrade sospette, è il partito comunemen- te adottato nei lazzaretti di Europa per tener lonta- na la peste di levante e di occidente. Però io non so intendere come taluni concedano tanta possa al solo ìiiiasma palustre da resistere onninamente all' azione dell'aria : dov' eglino non trovano paludi da spiega- G.A.T.XXXIX. 4 5o S e I E N i; E re senza difficolta l'origine delle intermittenti , fan venire col soccorso de' venti meridionali il miasma da luoghi distanti le molle miglia ; e poco manca che non lo facciano giungere in Koma d lU' agro Pontino attraverso il monte Veliterno e Albano in tutta la sua integrità. Mentre la natura benefica si serve ap- punto dei venti per depurare l'atmosfera dalle pai'- ticelle eterogenee , si accusano cotesle correnti come apportatrici di un fomite febbrile ; e mentre le va- riazioni che inducono nel grado di calore , umidita , ed elasticità dell' ambiente , sarebbero sulFicienti a dichiarare la loro influenza sopra la salute umana , più volentieri s' invoca un essere ignoto , che su le ali del libeccio trascorre lungo tratto di paese. Vuoisi infine considerare l'utilità che nelle arie malipne han sempre prestato le vesti meglio atte a conservare il calore animale , e a difendere la pelle dalla impressione di una fiedda umidita. Il Brocchi ha mostrato con buoni argomenti die alla qualità ed alla forma delle vesti, di cui facevano uso gli anti- chi popoli del Lazio, si deve in gran parte il loro privilegio di mantenersi sani in un suolo forse di peg- gior condizione dell' attuale, poichfe quantunque po- polato e coltivato , racchiudeva nondimeno più di acque stagnanti , di quello ne racchiuda al giorno d'oggi (i). Pensa quel fisico che la lana indossata dai nostri maggiori fosse loro di vantaggio nell' impedire l'introduzione del mi.tsma per i pori cu- tanei , e mantenendo i vasi esalanti in piena atti- vita promovesse l'espulsione di quello , che si era per avventura insinuato ; ma questa spiegazione del tutto ipotetica forse non piacerebbe a Monfalcon (lì Dello sialo /L'ileo del òuoIo di Jioma , pag. 223. Febbri periodiche di Roma. 5i e a tanti altri , i quali pretendono entrare il mia- sma per la via della bocca , e fare la prima impres- sione irrilaiite su la muccosa dello stomaco ; e la- scerebbt3 sempre luogo a domandare come il mia- sma una volta entrato per la pelle possa bentosto uscire per la medesima via senza recare verun per- turbamento air economìa animale : mentre poi è un fatto che la lana mal conduce il calorico , in con- seguenza è attissima a mantener calda la superfi- cie del corpo, ed essendo meno del cotone affine air umidita , giusta le osservazioni di Rumphord , è anche opportunissima a premunire la pelle da un ambiente umido. Il sig. Campana prof, di fisica in Ferrara scrivendo, alcuni anni indietro , su le cau- se delle intermittenti , si esprimeva cosi : lo prego caldamente i medici provelli di tutta la provin- cia a dirmi se sia -vero che dopo introdotta la sa- lutare usanza di andare vestiti di lana , anche nel grande estate , vi sia più quella folla di feb- bri periodiche , che nella città stessa opprimeva- no un gran numero di cittadini. Se la gente di campagna abbraccierà questa usanza , io mi lusin- go che scompariranno in gran parte le febbri in- termittenti , che in alcuni anni apportano agli uo- mini ed air agricoltura un danno incalcolabile (i). Non può bea dirsi altreilanto di Roma , dove pa- rimente da alcuni anni si è introtiotta la costuman- za d'indossare la lana anco nella slate ? Non sono adesso men frequenti le periodiche dentro le mura della citta di quello fossero allora , quando in uu certo tempo dell' anno si sostituiva quasi per con- venzion generale all' abito di lana quello di seta , (i) Gcorn. Arcad. Giugno i8.ii pag. 3i3. 4* 02 Scienze ne più si deponeva sino ad altro tempo determi- nato , fosse pur variabile la costituzione dell' atmo- sfera ? li dottor Lyall racconta che gli abitanti della Crimea , del Caucaso , della Giorgia si difendono dalle febbri iuterniittenti , le quali regnano in quei paesi pressoché continuamente , portando indosso una specie di mantello , che chiamano hurcha : ed io rammento aver detto in principio della memoria che i nostri castaidi, i quali hanno ma^j^ior cura della loro salute , trovano un mezzo di difesa contro le febbri , neir uscire di mattina del casale coperti di pesante mantello. Ma egli è tempo omai di prendere in esame gli argomenti pi'ìi furti , sopra i quali i partigiani del miasma palustre appoggiano la loro opinione. Kalino fanno considerare che la malignità dell' aria è propria soltanto di alcuni luoghi , e cosi circo- scritta dentro certi confini , che fuori di quel dato sito gik non v'ha più il pericolo d'incontrare la febbre : dicono perciò che quando non vi fosse una cagione locale , e questa non può es'jere che l'ema- nazione nociva del suolo , non sarebbe la malsa- nìa cos\ inerente a certi luoghi , che non dovesse occorrere in altri di poco lontani. A me in primo luogo non pare che si verificili colesi.-^ limitazione della mahania nel territorio di Roma : sino ai ca- stelli tutto mi sembra più o ineno insidioso alla sa- lute umana in alcuni mesi dell' anno , e sotto cer- te condizioni atmosferiche : sono poi di avviso che ben riguardata la forma del suolo romano , e non perdute di vista le condizioni del cielo , che in fatto precedono il nascere delle fisbbri , si può rendere ottima ragione della insalubrità del suolo medesi- mo senza bisogno di ricorreie ul miasma paludoso. \j.\ cjjnpagua roinaiu , gGueraliueiUe parlando, t' ba!".-^ FiiBCni PKRIOOICUE DI RoMA ") i ?T , iiiegual.^, sjjarsa di moiitiiosi riozzoli , p ili val- lette , ia conseguenza non da per tulio ben veti- liiata , e di uno scolo poco felice: sinché la sta- gione estiva si raanlieae uniformemente calda e sec- ca, il terreno è arido sino alla profondila di alcu- ni palmi , e gli opera] vi possono dimorare senza molto rischio , a meno che una stemperata pioggia di temporale non li colpisca nell' atto della mieti* tura e tritura del formciito , la quale suole eseguir- si fra la luetk di giugno, e il fine di luglio , op- pui ; sfogando il tempov.ile in distanza non porli un rinfrescamento repentino nell' atmosfera , e non vadano spirando venti freschi di ponente e di tra- montana (i). IVIa se neir agosto e settembre inco- minciano a cadere le pioggie , e seguitano per al- cuni giorni , allora è che la terra resta penetrata dalla umidilk ; allora dopo l'abbondante evapora- zione diurna si fa nella notte l'atmosfera cosi umi- da e fredda da portare l'igrometro a 92.° , e de- primere la colonna termometrica di iS.** ed anche piò ; allora infine i conladini , che si espongono in- cautamente a queste notturne intemperie, sono mal- menali dalla f(iLbre , e vengono a popolare gli ospi- tali di Roma. Ne si creda in (jnest' epoca periglio- sa consecutiva alle pioggie di vedere nella campa- gna romana i segni di corrompimento delle materie organiche : è una pittura assolutamente falsa qnella che taluni han fatto di un suolo acquitrinoso, li- maccioso , popolato da miriadi d'insetti , coperto di un alto strato di fradicinme: egli è questo un er- rore di fatto , e ben ognuno se ne può persuade- re considerando che prima della caduta delle piog- ([) Fedi r annotazione I in /ine di questa li parte. K'. S J\ >> 0 l t: N 7 E gi^ la teiri <* arida , ridisa dal cocente sole esti- vo , di modo che sugge avidamente l'acqua , dal- la quale viene irrorata : solo nel caso che le piog- gie durino a lungo , ella per motivo della sua bas- sezza , ineguaglianza , e dello scolo men facile delle acque , rimane piiÀ abbeverata di umidita , e più soggetta alle nebbie notturne di quello saria un terreno diversamente configurato , e di maggior ele- vazione. Le persone eziandio ignare della fisica co- noscono per esperienza che i luoghi bassi , poco ventilati, e che hanno in vicinanza i monti, son sempre uliginosi , e nebulosi all' apparir del sole sopra l'orizzonte; ed è perciò che nei medesimi con- tornai di Roma, anzi dentro la citta stessa, v'ha una differenza nel grado d'insalubrità de' luoghi , secon- do la rispettiva loro posizione. Niuno per esempio direbbe che i monti Parioli sono cosi insalubri co- me la sottoposta valle di Acqua Acetosa ; che la sommila del monte Mario è così infida come o la valle dell' Inferno da un lato , o i prati del Ca- stel s. Angelo dall' altro ; che la velta del Celio è da fuggirsi al pari <ìella valle Gelimontana ; che il centro di Roma situalo nella larga pianura del campo Marzio è così sospetto come la piazza del Popolo e la contrada immediatamente sottoposta al Pincio , e via dicendo di altre regioni. Che se dai contorni di Roma portiamo per un momento lo sguar- do all' agro Pontino , che generalmente si reputa come uno de' più malvagi , vi troveremo le condi- zioni teste divisate : troveremo un piano confinan- te da un lato col mare , poco superiore a questo di livello , e terniiuante nel lato opposto alle fal- de degli appennini . Non dovrà un terreno così co- stituito , ove bagnato sia dalle pioggie di agosto e settembre , ritenere più a lungo l'umidita , e ren- Febbri periodiche di Roma. 5"> drndo l'atmosfera umida e fredda nelle ore riotturiif^, essere infesto ai contadini occupati nella ricolta del maiz, e nell'aratura de' campi? L'infelice Brocchi descrivendo le intemperie del Sennaar non fa pa- rola di putrefaziene di vegetabili e di insetti , ma soltanto di umidita , e sembra che a questa attri- buisca le malattie che colk imperversano : La gran- de variabilità della tr-ìiperatura ^ egli scrive (>)» sconcerta Veqaililorio della salute ; ad un sole co- ce ff. di mezzogiorno succede un vento fresco. Vaimo' òjtr.t e sempre impregnata di umidità , di cui in- zuppansi i vestimenti ed i mobili delle case . . . Questa stagione delle pioggie è foriera di un al- tra micidiale , in cui imperversano le dissenterie , le febbri intermittenti , remittenti ec. Sinora ho parlato della parte della campagna rimana sgombra di acque , l'insalubrità della quale dipende intieramente dalle vicende di temperatura, e dalle pioggie. Il mio discorso non può applicar- si in tutta l'citensione a quei tratti della campa- gna medesima che sono occupati da piscine, da sta- gni , da piccoli laghi , o che sono limitrofi al Me- diterraneo. Quivi essendo perenne la sorgente di umi- dita , non si richiede il concorso delle pioggie eslive, onde insorgano le febbri : è perciò che le stazioni vi- cine al mare, o alle conserve di acqua, sieno natu- rali o artifiziali , io le credo sempre più o meno malsane. I fautori del miasma domandano a que- sto proposito , i.° perchè un terreno palustre è più infesto ai vicini abitanti, quando è prossimo ad asciu- garsi , vale a dire quando la sua superfìcie è soltan- to coperta da un sottil velo di acqua , o di già è ri- (r) Bibl. hai. Aprile 1827. 5G Scienze «lotta a melma ? a.° peicliè il contorno de' laghi è sempre piìi insalubre del loro mezzo , di qiie' laghi in ispecie che essendo vasti e soggetti a straripare la- sciano ne' riposti seni delle pozzanghere ? 3." perchè alcune spiaggie di mare unicamente , e non il mare stesso a piccola o grande distanza dal lido , è nocivo nei mesi di estate? E qui soggiungono che riesce in- nocuo ai pescatori il dormire suU' estremità degli ar- gini di Fiumicino (una delle foci del Tevere), pe- ricolosissimo il dormire nel lido poco lontano ; che sicuro è l'abitare in alcune case situate sul molo del porto d'Anzio , niente sicuro lo stare in quelle col- locate dentro terra; che i naviganti , sebbene esposti nella notte ad una atmosfera umida, ciò non pertan- to van meno soggetti alle intermittenti, che gli abi- tanti dei territorii maremmani dello Stato Pontificio, della Toscana ec. 4.° Domandano infine , perchè le pa- ludi degli altipiani sono innocue all' umana salute : come per esempio la palude del monte Sila in Cala- bria, rammentata dal Brocchi, sul margine della qua- le le persone più agiate vanno a diporto nei mesi caldi ? Ognun vede che tutte queste domande colli- . mano al medesimo scopo di ritrovare la causa mate- riale delle febbri negli efiluvii terrestri , e derivare questi dalle materie organiche corrotte per effetto del caldo , e della presenza di acque pigre e stagnanti. Per rispondere a tali quesiti è necessario rivol- gersi ai principi della fisica , senza i quali io crede- rei inutile qualunque ragionamento. Dopo gli speri- menti di Volta, Dalton,e Saussure consentono tutti i fisici che l'evaporazione dell' acqua non si debba all' affinità dell' aria verso di essa , bensì al calorico che contiene l'acqua stessa; in conseguenza il passag- gio di lei allo stato di vapore sarà tanto più pron- to, e in tanto maggior copia, quanto l'acqua si ri- Febbri periodiche di Roma 5y scaltlera più facilmente. Ora a me sembra indubitato , che se si espongano alle medesima sorgente calorifica tre masse, per quanto è possibile delle stesse dimen- sioni, una tutta intiera di acqua, l'altra di terra co- perta di un sottil velo di acqua , la terza di terra inzuppata di acqua , debba riscaldarsi più di tutte quest' ultima, meno la seconda, meno ancora la pri- ma- La massa intiera di acqua ricevendo il calore dalla sorgente, che nel caso concreto è il raggio del sole estivo , sarà dilatata nello strato superfiziale ; ma questo fatto più leggiero rimarra in superficie, e pas- sera lentamente nell' interno della massa quel poco calorico , che può essere trasmesso da malecola in mo- lecola dall'alto in basso: più facile sarà il riscalda- mento nella seconda massa per la piccola altezza dell* acqua ; la massa poi di terra giungerà in pari tem- po ad infuocarsi , spezialmente se sia una terra sciol- ta ed arenosa, come appunto è quella in riva al ma- re , ai laghi , ai fiumi : e siccome l'evaporazione è in proporzione del riscaldamento, ne seguirà che quan- do la sorgente calorifica avrà agito per un certo tem- po , l'evaporazione sark più abbondante nella terra umettata , e in quella coperta da sottil velo di acqua , che nell'acqua assoluta. E osservazione comunissima che in un corpo qualunque bagnato ed esposto all' aria , la parte che si asciuga la prima , è sempre il contorno ; che l'acqua contenuta in un vasetto sva- pora con tanto più di prestezza , quanto più scema la sua massa , e l'ultima porzione che cuopre appe- na il fondo del recipiente, sparisce quasi in un istan- te; e se taluno si faccia ad osservare la riva del ma- re in tempo di estate, non tarderà ad accorgersi che l'arena infuocata, bagnata dall' onda, rimane asciutta al ritirarsi di questa, quasi fosse una lamina di fer- ro rovente , su la quale si spruzzasse dell' aoqua. 58 S e I K N Z E Posto adunque che lo svaporamento àf^H' acqua sia più abbondante in un terreno melmoso irradiato d,il cocente sole estivo , nelle rive de' inimi , nei lembi de' lac];hi e del mare , e per conseguenza più copiosa la precipitazione dell'umidita notturna, io non veggo la necessità di ricorrere al miasma palustre , end' ispiegare l'abituale insalubrità di cotesti luoghi. Vi sono poi delle circostanze locali da considerarsi , le quali appagano sempre più la mente suU' addotta spiegazione. I laghi della campagna romana son pic- coli , e sono crateri di antichissimi vulcani ; in con- seguenza bassi e accerchiati da munti : tali appun- to i laghi di Albano , di Nemi , di Monterosi ( Ros- sulum di Livio ) , il Regillo , il Gal)ino , l'Alseati- no ec. Due sono le circostanze che rendono umida e di cattiva tempera l'aria di cotesti laghi, la poca ven- tilazione , per cui il vapore acquoso non viene di- sperso e all'intanato , e la facile discesa dai monti circostanti di una colonna di aria fredda nelle ore notturne , la quale addensa il vapore , e lo rende appariscente. Quindi è che mentre sul lago di Al- bano è caso ordinario trovare la nebbia nelle pri- me ore del mattino , come io stesso ne sono sta- to pili volte testimonio , non cosi nebulosi , ne cosi pericolosi alla si iute sono i grandi laghi Fucino, Trasimeno , di Como , il lago Maggiore , di Gine- vra ec. t e se pure in questi v'ha una qualche par- te malsana , ella è appunto un seno riposto sotto le radici di un monte , ovvero è un raggio dove l'acqua si allarga , e ricuopre appena il sottoposto terreno. Altra circostanza locale pur meritevole di attenzione è l'agilazione che soffre l'acqua nel mar- gine dei laghi e del mare , che tanto contribuisce a promuoverne l'evaporazione : ed ove la spiaggia sia sottile , come è quella del nostro mare , può ben Ff.ftRni pEnioDTCHF DI Roma 50 dh-ìi chn ad ogii ilusso e ri!las;o delle otid« , tut- ta quella porzione di acqua che va a bagnare un vasto piano di arena infuocata , s'iavola al momen- to in istato di vapore. Quantunque le cose dette possano bastare in risposta alle tre prime difìlcolt'a addotte dai soste- nitori del miasma , tuttavia credo benfatto aggiun- gere ulteriore schiarimento intorno quel particola- re , che i naviganti immersi coatinuaraente in un' at- mosfera umida van meno soggetti alle interraitlea- ti degli abitatori delle spiaggie. Se per atmosfera umida dee intendersi quella , dalla quale in certe ore precipita il vapore acquoso in forma vesci cola- re o di nebbia , come in verità dee intendersi ; e se questa è Turaiduk che congiunta all' abbassamen- to di temperatura induce le febbri , ardisco dire che tal condizione manca assolutamente in mare ad una qualche distanza dal lido. La mia asserzione iudge dall' essere gratuita , posa su la teorica e sul ftTlto. Si consulti l'eccellente memoria del sig. Davy su la formazione delle nebbie (i), e si vedrà, che e-se nascono presso i fiumi , i laghi , ed il mare dal mescolamento dell' aria che poggia sopra la ter- ra con quella soprastante al mare : lo quali arie si trovano a diverso grado di temperatura. Tosto che il sole lascia d'illuminare la terra , qup;ta in- comincia a raffreddarsi ; ma la cessione che ella fa del suo calore si limita alla superfìcie , o almeno si estende lentissimamente all' interno. Per contra- rio l'acqua nel raffreddarsi si addensa in superfi- cie ; il primo strato fatto più pesante si abbassa, e dk luogo successivamente agli strati inferiori , e (i) PJii/osojìh. Trausact. of. London. i8i;). 6o S e I E \ z f; così va continuando la couiunicazione de! cìloriro dall' acqua all' aria , e nel tempo stesso l'evapora- zione. L'aria dunque che sta in contatto dslla ter- ra è meno calda di quella che corrisponde all' acqua : se queste due arie per circostanze locali si mesco- lano , dee per legge fisica accadere la precipitazio- ne del vapore in forma vescicolare , ossia la for- mazione della nebbia. 11 sig. Davy dopo replicate osservazioni fatte sul Danubio, snll' Inn , sull'Ilz, sul Reno , sul Raab , e sul nostro Tevere, attesti aver veduto sempre sorgere la nebbia , quando la temperatura dell' acqua era superiore a quella dell' aria soprastante , a meno che un vento secco e impetuoso non dissipasse il vapore. Accadendo per- tanto la precipitazione della umidita in forza del mescolamento dell' aria corrispondente alla terra con quella corrispondente alle acque , chi non vede che questo fenomeno debb' essere circoscritto alla spiag- gia del mare , o almeno a piccola distanza da essa ? Il fatto viene in conferma della teoria. Sappiamo dalle relazioni dei naviganti che le nebbie giorna- liere non esistono per nulla nell' Oceano , neppu- re fra i tropici , dove pur copiosissima e l'evapo- razione dell' acqua (r) : e il sig. Davy narrando il suo viaggio a Pula lungo la costa dell' Istria, do- po aver notato la temperatura dell' acqua e dell' aria nelle tre notti della sua dimora nell' Adriati- co , dichiara : In ninno di questi cani si vide la pia piccola traccia di nebbia in alto mare , o lun- gi dalla terra ; solamente sotto le montagne d'Istria prima del trimoiìtar del sole si vedeva una leg- giera linea di vapore , la cui densità era tanto mag- [i) Da\>j. loc. cit. Febbri periodiche di Roma 6i sciare , quanto pia elevata era la montagna vici- na ; ma il dì 7 verso il levare del sole le som- mità delle montagne del Friuli le pia vicine a Trieste sembravano uscire da una densa e bian- ca nebbia , la quale non si estendeva neppure ad un quarto di miglio dalla riva. Quindi non tie- ne la comparazione che vuol farsi tra i navigan- ti e gli abitatori delle maremme, poiché non tro- vansi affatto sotto le medesime condizioni atmosfe- riche. Poco o nulla dirò intorno l'ultima obbiezione della innocuità delle paludi situate negli altipiani, e in particolare di quella del monte Sila presso Co- senza. Tutti sauno che nelle sommila de' monti non ha luogo quella differenza ouormc di temperatura dal giorno alla notte che succede nelle umili stazioni ; e sebbene l'evaporazione dell' acjua possa essere co- lassù abbondante per la siccità dell' aria, ciò non per- tanto il vapore è in gran parte dissipato per la libera ventilazione , uè può precipitarsi nella notte per la discesa degli strati superiori dell' aria : di modo che se vediamo talvolta la nebbia attingere l'apice di un monte , ella sorge sempre dalla valle sottoposta , e di qua s'innalza a tale aitiv.za da in- volgere nel suo velo il vertice della mo. stagna. In ultimo non deggio trasandare una difficolta che il dotto medico prussiano sig. Becker , parlando meco della causa delle intermittenti nelT agro ro- mano, faceva alla mia opinione. Egli mi chiamava a memoria che Ferguson seguitando l'armata ingle- se nelle Indie occidentali avea trovato perniciosis- sima al soldati l'aria di alcuni posti elevati di 5oo piedi e più sopra la maremma , dove sembrava non dovesse pervenire l'umidita. E verissimo che Fer- guson fa menzione nella sua memoria di cotesti luo- Ca S e I E K Z K gin perversi ; ma conviene fare una qualche osser- vazione su le circostanze de'fatti da lui narrati. Già la malattia che ordinariamente malmenava le guardie stazionate in quei posti , era la febbre gialla , e la remittente benigna , come l'autore la clùama , non la intermittente propria d'41a campagna di Roma; e siccome intorno la febbre gialla v'ha tutta la ragione di sospettare del contagio , quindi non tiene la pa- rità. In oltre è da osservarsi che le alture mentova- te da Ferguson o sono soprastanti alla spiaggia , co- me le colline presso Port d'Espagne nella Tiinità, che sporgono fuori di una estremità della maremma ; o riguardano un terreno pantanoso , come i due monti nella Domenica congiunti alla terra fermi per mezzi) di un istmo tutto ingombro di acque morte ; o do- minano la darsena , e le paludi del porto , come il monte de' Monaci , e il Giogo nell'isola di Anticrua. Prescindendo dalla natura del morbo sviluppato nel- la soldatesca che stanziava iu coleste elevazioni, io non veggo strano che dalla maremma sottoposta, dal pantano , dalle paludi , e dalla darsena potesse ge- nerarsi e sollevarsi tanta umidita da appoiiarle del danno. Abbiam pur veduto giungere la nebbia dalla maremma sino alla so nmit'a didle montagne d'Istria e del Friuli per testimoni inza di [)avy ; e giusta le os- servazioni dello stesso fisico , il vapore che s'innalza dal lago Albano arriva tante volte al disopra della parte più alta del monte Liliale (i) : tanto più che nei casi riferiti da Ferguson le baracche della guar- nigione eran collocate sul dorso delle colline , e ri- volte immediatamente alla sorgente del vapore. Non sempre poi si vcridcò che i soldati dimoranti nelle (i j Loc cit. Febbri periodichr di Roma 63 fortificazioni più alte fossero in egual pericolo con quelli dei posti inferiori. Nel montej detto il Giogo nell'isola di Antigua avvenne anzi tutto il co ntrariu: i6 soldati di artiglieria, i quali non presero mai pai te alle guardie notturne, ed occupavano una baracca 3oo piedi all' incirca sopra la maremma , furono tutti at- taccati dalla febbre remittente ordinaria ; mentre alla baracca presso la somnìitk del Giogo , all' altezza di 5oo piedi , e a maggior distanza dalla maremma , appena ricorse qualche caso meritevole di menzione. Similmente nel monte de'Monaci si osservò che i sol- dati , i quali doveano nella notte scendere in basso per guardare la darsena , furono sovente colpiti dal morbo facendo la sentinella ; mentre coloro che non essendo obbligati ad uscire del posto di guarnigione, come gli uiììziali maggiori , le donne , i suonatori de' tamburi, restarono in alto nelle loro baracche, non soffersero ne la febbre gialla , ne febbre di altra in- dole. Non potendosi adunque istituire un giusto con- fronto tra i casi che leggotisi nella memoria di Fer- guson, e quei che occorrono nella campagna romana, attesa la differenza della malattia; e fatta anco astra- zione da questa , potendo l'umidita e il freddo not- turno investire le persone che stanziano in alto sul dosso de' monti esposti al mare , ed ai ristagni di acqua ; vei ificandosi infine nella pluralità de' casi che coloro risicano maggiormente la salute che scendono in basso , e si avvicinano alla scaturigine del vapo- re , io non veggo come le osservazioni del medico inglese possano fare impaccio ai principj per me adot- tati. Gonchiudiarao che tutta quella probabilità che può ottenersi in simil genere di ricerche , sta in fa- vore della cagione da me proposta delle intermitten- ti di Roma, e della campagna circostante , e per nul- 64 Scienze la favorisce Tesisteaza di un principio nocivo parti- colare, che suol nomarsi miasma palustre. E mentre l'emanazione di questo principio , quando fosse ve- ra , farebbe quasi disperare di migliorare un giorno la condizione della campagna romana, e la sorte de- gli uomini che la coltivano , la cagione delle febbri per me stabilita è tale , che con un solo mezzo po- trebbe in gran parte evitarsi. Difatto se si vada in- dagando co(ne avvenga che un numero grande di ope- raj cada malato in tempo della mietitura , e più del- la tritura del formento , se ne troverà appunto la ragione nel loro numero , e in ultima analisi nel si- stema delle grandi proprietà. Un' estenzione vastissi- ma di terreno è in proprietà di un solo nobile citta- dino : questi amando l'ozio e i comodi della vita si dispensa ordinariamente dal coltivarla a suo conto , e la dà in affitto al cosi detto mercante di campagna. Secondo il metodo di coltivazione presso di noi adot- tato , il mercante fa in ciascun anno la seminagione del grano nella quarta parte circa del campo ; ma questo quarto è sempre di tanta ampiezza che egli lia bisogno di continaja di operaj per la mietitura, e per gli altri successivi lavori. È nel tempo stesso suo interesse ottenere dagli operaj il maggior lavoro possibile nello spazio della giornata , e però vi as- siste egli stesso , e continuamente sprona alla fati- ca quella miserabile gente ; le amministra un vit- to del minor costo possibile ; e infine nelle poche ore di sonno non le da ricetto sotto un tetto , si perchè nel campo non v'ha che un casale insuffi- ciente a tante persone , si perchè il dipartirsi dal- la messe o dall' aja porterebbe una perdita di tem- po (i). Ecco il complesso delle circostanze die unito (i) Fedi l'annotazione II in fine di questa II parte. Febbri periodiche di Roma 65 alle condizioni proprie del cielo romano nei mesi estivi , percuote gli uomini di campagna , e fa di loro molle vittime : tanto pii!i che i villani e per naturale carattere e per essere abituati allo stato di sanità , non rispettano i primi accessi di feb- bre , ed invocano il soccorso dell' arte solo quan- do non possono sopportare la gravezza del male. Supponiamo ora per un momento clie i possedimen- ti prediali fossero ripartiti in tante famiglie , e che ciascuna di queste coltivasse da per se il suo cam- picello : è facile lo scorgere die le cose cangi creb- bero totalmente di aspetto. Ad un' immensa e in- discreta fatica succederebbe un lavoro conveniente alle forze e innocuo alla salute ; all' intemperanza nel vitto , ed alla cattiva qualità di esso succede- rebbe un moderato e buon alimento ; un sonno pro- porzionato alla stanchezzza della macchina a po- che ore di riposo ; e avendo la famiglia de' con- tadini una casetta annessa al piccolo podere , e non lontana dalla messe e dall' aja , avrebbe pure ove ricoverarsi durante il temporale , ed ove comoda- mente passare le ore della notte lungi dall' influs- so malefico di un' atmosfera umida e fredda. Sareb- be anche migliore la condizione di queste firaiglie, ove alla loro agiatezza si accoppiasse la sobrietà, l'integriti de' costumi , ed una certa educazione , che pur non manca nello persone contadinesche di alcune provincie dell' Italia , e dello Stato Pontifi- cio medesimo. Quindi è che ripensando meco alla fiorente popolazione dell' antico Lazio , e al di lei vigore fisico e moraì^ , racnlre non sono alieno dall' attribuirlo in parte alla miglior complessione ori- ginaria de' nostri padri , alla foggia loro di vesti- re, alla mondezza dalle abitazioni, alla frugalità, G.A.T.XXXIX. 5 GG Scienze air uso de' bagni , unzioni , e fregagioni della pel- le ec. , credo che la minor frequenza e malignila de' morbi , che iu allora si osservava , debba prin- cipalmente ripetersi dal ripartiraento delle terre , e dal sistema diflerente di coltivazione. Non era al- lora un immenso terreno affidato all' industria di un solo mercatante , il quale per coltivarlo è ob- bligalo a procacciarsi centinaia d' uomini stranieri e prezzolati , e sopra le fatiche e la salute di que- sti fonda tutto il suo guadagno : pochi jugeri di terra appartenevano in proprietà a ciascuna fami- glia , i lavori della coltivazione erano eseguiti sen- za stento dagli individui di essa , ne faceva di me- stieri logorare le forze , e compromettere la salu- te sotto un cielo inclemente , perchè ne risultasse un convenevole sostentamento e profitto. E forse co- si addiviene al giorno di oggi che alcune regioni dello Stato Pontificio, quantunque di lor natura non molto salubri , pure sono coltivate , abitate , e in- nocue riescono ai contadini : per esempio le vai-" late del Chienti , dell' Aso , del Tenna nelle Mar- che non sono di un' aria purissima , specialmente la dove più s' innoltrano verso gli appennini; ciò non pertanto essendo quelle terre divise in picco- le colonie , si veggono difese diligentemente dagli assalti de' fiumi , coperte di vegetabili , sparse di case, ed i coloni che vi abitano , godono di una sufficiente salute. Il gran rimedio adunque contro l'insalubrità della campagna di Roma sarebbe il di- videre le terre, e distribuirle a molte e industrio- se famiglie , senza ledere le rispettive proprietà; ma grandi ostacoli si oppongono a questa operazione, de' quali non è qui il luogo di parlare. FeRBRI fERIODICHE DT RoMA. C7 Annotazione I. Se l'amore della mia opinione non m'inganna, \eiiao che l'andameuto dell' attuale stagione ne di- na ioie , è cosa di fatto che le febbri deggiono ripetersi dalla di- versità rilevante della terap^^ratura dal giorno alla notte, e dalle nebbie notturne , dopo l'ardente ca- lore del giorno. Io mi sono procacciato le oppor- tune notizie presso varj mercatanti di campagna , che hanno assistito all' aja , e sono stato assicurato che in molte notti del prossimo passato luglio ha spirato il levante , ed una leggiera tramontana , e che spesso la nebbia ha occupato l'atmosfera , den- sa talvolta e persistente sino a qualche ora di gior no. Questi venti freschi han mantenuto una quasi costante serenità nel cielo, mentre in quei pochi giorni , nei quali han dominato i venti di mezzo- giorno , il cielo è stato o caliginoso , o nuvoloso, e v'è stata ancora una lontana minaccia di piog- gia, dissipata nelle ore pomeridiane dal soffio di po- nente « COSI precisamente è avvenuto il 20 luglio , giorno in cui soffiò uno scilocco veramente soffo- cante , il 28 e il 29 di detto mese. Non contento delle altrui relazioni , quantunque meritevoli di tutta la fede , ho voluto io stesso osservare le variazioni di temperatura , ed ho tre volte nelle 24 ore no- tato il grado del termometro R. , vale a dire alle (juattro della mattina , alle quattro e alle dieci della sera. Nella serie delle osservazioni fatte durante il mese di luglio , ordinaria è stata la differenza di temperatura dal giorno alla notte di io.° ; ma ta- lune volte si è mostrata anche maggiore : cosi al- le quattro pomeridiane del giorno 29 il termometro segnava 36.'' , la mattina del giorno 3o sulT al- beggiare segnava i4-° j ecco una diversità di 12.". Spirava questa mattina un ponente libeccio freschis- sima e molesto alla pelle , e il cielo era sparso ffcBBni PERtODICH!-. DI iioMA Ti) Ji rado nubi : nello -Jtesso giorno 3o alle quali! i pomeridiane il termometro indicava aG.** , nella mat- tina (lei giorno seguente allo spuntar del sole eri disceso a i3.°,ed ecco una difìferenza di f3.°: con- tinuava il ponente libeccio , e faceva un' impres- sione poco gradevole sopra la cute. Ma forse que- ste osservazioni non sono neppur necessarie a co- loro , che per att'^ndere ai loro affari sono obbli- gati ad uscir di casa di buon mattino : essi po- tranno attestare che sovente ban sentito mi fresco spiacevole, ed han trovato il cielo ingombro di neb- bia : e se un qualche peso vuol concedersi alla niii parola , dirò aver anch' io sentito parecchie mat- tine l'impressione fredda dell' aria , che mi arresta- va la traspirazione , e mi cagionava un senso di contusione, e di stanchez/.a in tutta la maccliina, sinché elevata ia temperatura , e continualo il moto tornava il sudore : e giunto nella sala dell' ospi- tale dirò di essere stato obbligato a far chiudere le flneslio più vicine aali infermi, e far ae^nun- gere una C(jp>Tta agli aggravali. Se pertanto nel corso del passato luglio moltissimi opera] della cam- pagna sono stati presi dalla febbre ad onta che ab- bia dominato una costante siccità , la quale esclu- de assolutamente la putrefazione delle materie or- ganiche , ed i nocivi elUuv) : e se l'unica vicenda atmosferica notata in quel tempo e stata una de- pressione notabile di temperatura nella notte , e la dipendente formazione della nebbia , è forza con- chiudere che questa sia slata la causa occasionale della febbre in uomini , i quali , come altrove ho rilevato, si nutriscono di un vitto poco sano, su- dano tutta la giornata sul lavoro sotto la sferza di un sole ardente , riposano per poche ore pella not- te , e si coricano sul terreno a cielo aperto. Ve- •jo Scienze (Iremo in appresso qual sari la relazione dcxi ' .l. tura pioggia , o per meglio dire dell' aumento della umidita notturna col numero de' malati. Annotazione II. Per ben apprendere quanto il nostro sistemi di coltivazione metta a rischio la salute degli agri- coltori , appunto per il gran numero che ne esi- g'? , e il modo del loro trattamento , non sarà inu- tile esporlo in poche parole. Le compagnie de' mie- titori sotto la dipendenza de' caporali vengono alle nostre campagne dall' Umbria , dalle Marche , dalla provincia di Prosinone , e dall' Abruzzo. Le con- dizioni del contratto che i caporali stringono co' mercatanti sono , che dando questi quattro scudi ad uomo , e il vitto giornaliero , vale a dire quat- tro libbre di pane di tutta farina , tre oncie di grascia , ed un boccale di vino dimezzato con acqua al giorno , essi debbono compiere la mietitura in undici giorni : se il lavoro va oltre questo tem- po , il mercatante somministra baj. 36 al giorno a ciascun uomo , e gli fa la spesa. Si valuta un uo- mo e 1/4 per un rubbio di messe ; in conseguen- za essendo il seminato di una estensione quasi sem- pre superiore ai 200 nibbi , non è raro vedere frot- te di mietitori al numero di tre e quattrocento in- curvati sopra le spighe : e siccome importa al pa- drone che il lavoro sia disbrigato nel termine sud- detto di undici giorni, perciò sta incessantemente dap- presso , gì' incalza alla fatici , e concede loro poche ore di riposo. Ci;) non pertanto pochi tra mii'li- tori contraggono la febbre, seppure non sono col- piti dalla pioggia temporalesca nel momento che su- dano sotto il travaglio : sono essi uomini di buona Febbri peuiodiche di Roma r\ fibra , abitatori clelle montagne , s'inlralioiignno i>e.- pochi .giorni nella noslra campagna in mi ineie d - scretamcnte caldo, com' è il giugno , e compiuto ap- pena il lavoro fuggono alle loro case per attendere alle proprie faccende. Alla mietitura succede la tri- tura del frumento, e per questa operazione assai pai lunga della prima il mercatante patteggia con altro compagnie di operaj. Quei che caricano le spighe so- pra i carri , e conducono i carri medesimi , quei c!ie areumulano i manipoli suU'aja, e ne fanno i suoli, qa;;Ui infine c!ie vi menano sopra le cavalle per ese- gniine il tritamente , sono tutti contadini stabil- mente addetti alla campagna romana, e però uo- mini generalmente parlando poco sani di corpo, e intemperanti ; gli altri poi in minor numero , de- stinati a separare il grano dall» paglia e mondar- lo , che diconsi gavette , vengono dal contado di Frosinone , Ci'prano , Sora ec , e sono uomini di miglior tempera , e alquanto più sobrii de' nostri villani. Tutti (luesti operaj sono pagati a giornata dal mercatante , e ricevono il vitto della stessa qua- lità , e nella dose stessa che abbiam detto parlan- do dei mietitori : il loro numero è inferiore a que- sti, e in genere suol valutarsi a 2/5 di meno; pur tuttavia nelle nostre aje è sempre tale che ascen- de a qualche centinajo di persone. Non farà mara- viglia che la febbre serpeggi più tra ([uesli indi- vidui che t!M i mietitori; imperocché il lavoro del- la tritura va mollo piij a lungo , e cade proprio nel cuor della state , vale a dire nel mese di lu- glio , quando maggiore è la difVerenia tra la lem- peratura del giorno e quella d 'ila notte , e sono in gran parte individui disposti alla febbre j)ter esse- re abitatori permanenti dell' agro romano , e noii aver cura veruna della loro salale: d'allronde U 72 S e I i: w r e fatica non è minore che nei mietitori , poiché le operazioni della tritura sono cosi tra loro collega- te , che l'una non può essere ritardata senza scon- certare le altre , e tutte sono gravemente d inneg- giate dalla pioggia. Chi ben considera le cose del- le , e soprattutto ha riguardo alla pessima costu- manza de' nostri villici di dormire nella notte allo scoperto , conosce tosto la leggerezza dell'obbiezio- ne che fassi da taluni contro la mia opinione suU' origine delle febbri nella campagna romana, dicen- do che nei paesi settentrionali accadano le stesse vicende di temperatura e di umidita dal giorno alla notte , senza che i villici cadano cos\ l'acilrnen- te malati , come presso noi. So bene che le varia- zioni atmosferiche dal giorno alla notte non sono esclusive della campagna romana ; anzi posso dire di averle io medesimo sentite in Inghilterra nel me- se di agosto 1836 ; ma certo colà ne il sistema di coltivazione, ne il numero, ne il trattamento, ne la maniera di vivere dei campagnuoli ha la più lontana relazione col territorio di Roma ; oltre di che il ca- lore estivo suol essere men forte del nostro , sem- pre poi meno durevole. Perchè l'obbiezione avesse un qualche valore , sarebbe mestieri che vi fosse una parità in tutte le circostanze ; ed è ben na- turale che le cagioni estrinseche non producono mai la malattia , se gli uomini nello stalo di disposi- zione non si assoggettano alla loro impressione. Osservazioni pratiche di chirurgia , di Francesco Bucci chirurgo primario soprannumero negli ar- ciospedali dì s. Spirito in Sassia e di S> M. della Consolazione , e professore in quello di pratica an atomia . I. iXottura conipleta del tendine di Achille. Nes- suno prima del celebre Petit rischiarò , dopo con- trasti non pocìii , cotesta malattia ; talché i più il- lustri professori dell'arte fecero plauso, e vie sem- pre confermaronsi nelle belle ed utili osservazio- ni che il medesimo ci ha tramandate (i). Non dis- simile ad alcuno di quelli dal valent' uomo osser- vati è il caso nostro. La sig. Costanza Lover\ di circa anni a5 , di mediocre statura , e , bencliè pingue , di tempera- mento piuttosto valido ; nel danzare sul far della notte in giuliva società il di 24 novembre 1826 , sostiene in un atteggiamento con la punta dei pie- di tutto il peso del tronco alquanto innanzi in- clinato : per il che risente ( malgrado di leggiero do- lore ) come un rapido e violento colpo di basto- ne nella parte posteriore inferiore della gamba si- nistra con scroscio avvertito eziandio dagli astanti. L'istantaneo impedimento a muoversi , e allo starsi ritta , obbliga la paziente ad esser tosto sorretta da due robuste persone , che avendola con istento (f) Tom. Il pag. 184. 74 Scienze messa in carrozza , la riconducono alla {)ropria abi- tazione. La vegnente mattina , persistendo riiiìpedimen- to suddetto , ne punto ne poco potendosi reg- gere il peso del tronco sul piede dell' accennata gamba , son io chiamato per visitarla. Narratomi l'accaduto, mi volgo ad esaminare la parte affetta. Quasi nulla è la molesta sensazione che soffre l'in- ferma , nessun gonfiore rilevasi nella sura , e nel piede che essa piega anzi facilmente. Ma circa tre dita trasverse sopra il calcagno rinvengo un' inter- ruzione , che maggiormente manifestasi con la fles- sione del piede nel tendine di Achille , di modo- che introduco in quel vuoto il dito pollice. La rot- tura completa del tendine di Achille ne è il con- seguente mio diagnostico giudizio. Se neir incompleta rottura di esso tendine si corre rischio di perdere la vita , ciò non avviene nel caso in quistione. Imperocché in quella , oltre un leggiero gonfiamento , succede una continua e dolorosa contrazione della parte offesa per la le- sione parziale del gran tendine , suscitandosi per tale effetto le più intense affezioni nervose da con- durre l'infermo a morte, secondo le osservazioni del- lo stesso Pntil ([), di De la Molte (2), p di altri. Che anzi Bertrand! nostro ha ben rischiarato questo pun- to di patologia chirurgica , e con molta evidenza Ila dimostrato , c!ie nella lesione par/.iale del gran tendine di Acliille , sia accaduta nel solare, sia nei gastro-cnemii , miglior partito non rimane , che di reciderlo intcìimente (3). (1) Idem. [1) Tom. 11^ troisieme edilioii png. Gcj/^. {']) Tom. V pag. 2()(). Osservazioni chirurgiche «jS Conservasi altronde questa nei casi consimili al- la presente istoria per la mancanza de' funesti sinto- mi , derivanti, come si e detto, dall' accennata par- ziale lesione. Perciocché il clinico sguardo dee atten- tamente rivolgersi ad ottenere il perfetto coiigiugni- mento della parte interrotta , onde conseguire e il sorreggersi , e il moversi speditamente. A tal uopo preparato il bisognevole per l'attuale medicatura, ec- cetto , per non averla pronta , la cosi detta pianella di Petit , faccio io situare la paziente boccone nel proprio letto con la gamba offesa seraiflessa sulla co- scia, e col piede in perfetta estensione mantenuta da un ministro. Con questa semplice manovra veggo tos- to ravvicinarsi gli estremi del tendine, il cui mag- giore o minore allontanamento scorgesi nascere più dallo stato della flessione del piede, che dall'irrita- bilità dei muscoli che lo formano. Colloco dappoi ai morbosi lati due grossi piumacciuoli bagnati di pes- ca, e contenuti da un secondo ministro mercè di due incrociate lunghette (striscie di tela raddoppiata) cor- rispondenti alla rottura. Con una terza hinghezza in- volgo tutta la sura , ed una quarta ne aggiungo a guisa di bendagio. Una fascia poi assai lunga, ed ad un sol capo rotolata, la giro circolarmente, onde il sito, in cui dee succedere la riunione, rimanga mo- deratamente compresso. Faccio poscia con detta fa- scia dei getti a forma della croce di s. Andrea dal- la parte affetta fino alla pianta del piede; ed avvolgo quindi la medesima nella gamba spiralmente fin so- pra il ginocchio, strignendola con maggior forza; in ragione cioè della massa muscolare pertenentc ai ga- strncnemii ed al solare, perchè cosi stretti, siano questi ninscoU forzali a stare in basso , acciò con l'aite si soccorra U medicatrice natura pel congiungi- mento delle parti morhi)samente interrotte. 7^5 S e 1 E \ 7, F, Ciò praticato, e guadagnatasi dalla paziente! con molta cautela la positura ori/.zontale con la tosta alquanto elevala ; applico acconci rotoli di tela sot- to il ginocchio dell' estremità malata, onde la gam- ba faccia con la coscia un angolo aperto ; ed in perfetta estensione rimanga il piede. Perchè poi es- so non soffra detrimento dal lungo decubito , mu- nisco il calcagno di un' adattata gruccia. La giovane cosi situata , si mise in tran; li forme. Una regolare cicatrice si stabilisce nel lab- bro , rimanendo soltanto nell' epitelio un semplicis* OsàERVAZlONl CHlRURGICHi: 8l simo e superficiale incavo, il quale, piuttosto che bruttezza , dà alla parte una certa avvenenza. Se casi ulteriori mi si dessero , opererò io sem- pre, per le ragioni superiormente accennate, nei pri- mi dì della nascita. Abbandonerò per altro l'uso de- gli aghi fissi (eccetto se vi fosse ossea fenditura), che per la narrata istoria mi pajono molto imbaraz- zanti : metterò in vece i cruentati lembi del neonato a mutuo contatto mercè di uno o due punti di cu- citura , facendo poscia di pubblica ragione il con- seguito risultaraento. III. Fuìigtis hematodes. Giuseppe Borgassi , caffet- tiere, nella più tenera età va soggetto a piccioli tu- mori linfatici , diviene floridissimo allo sviluppo del- la pubertà, ma sugli anni i5 nel mese di agosto 1826 è attaccato da un dolore nella parte superiore ed esterna della gamba destra. Il dolore fassi giornal- mente pili intenso: chiama il suo chirurgo , che rimar- ca neir affetta regione un tumore corrispondente al jterzo superiore della fibola. Resistente si mostra all' azione del tatto , conserva il colore della pelle , pi- giato con le dita, non dk molesti:; in alcuni momen- ti però diventa essa quasi insoffViìiile. All' interna medicina , mercè del cosV detto metodo dolcificante, si riunisce la cura esterna. Consiste questa in lini- mento volatile, pomata gastroppiata ec. , e finalmente in empiastri emollienti: ma anziché giovamento , non lieve danno ne risente l'infermo. Il dolore aumentasi, appariscono nervosi sintonìi : vie sempre di volume cresce il tumore ; vi si scorge un' oscura fluttua- zione , assottigliata vedesi la pelle , e sparsa di ve- ne varicose. G.A.T.XXXIX. 6 82 Scienze In SI triste apparato l'airettuoso genitore ri- corre al Nestore della romana chirurgia , al valen- tissimo professore di clinica esterna sig. Giuseppe Sisco , che caratterizza la malattia per un tumore fun.fTOSO sanguigno ( fungus hematodes ) t proget- ta tosto l'amputazione dell' articolo , e la sospen- sione di ogni medicamento. Atterrito il padre da si giudiziosa sentenza , rivolgesi ad altri professori , che si nella diagno- si , come nella cura sono fra loro discordi. Percioc- ché passano preziosi mesi , e cotanto enorme diven- ta il tumore , che finalmente risolvesi ad eseguire il parere del nostro celebre clinico. Laonde , narratoraisi quanto lio finora discorso , son io gentilmente pre- gato ad osservare e ad operare. Il tumore ha la circonferenza di due palmi e tre quarti , occupa tutta la gamba , ineguale è la sua superficie , in alcuni punti appare un' oscura fluttuazione. Varicose veggonsi le vene fin sopra il ginocchio , che non puossi stendere liberamente. Si tormentoso è il dolore , che in alcuni parosismi su- scitansi tetanici movimenti. Una febbre continua as- sociata a rapida consunsione, e una persistente veglia , sono le circostanze, iu cui io ritrovo l'infermo j sol- lecitissima quindi opino richiedersi la progcttat.^ amputazione. Ciò nulla ostante , lusingato il padre da qualche professore che il tumore contenesse ma- terie purulenti , pregami istantemente che , innan- zi di amputare , faccia il tentativo di aprire il tu- more . Consultasi a tal uopo il detto sig. profes- sor Sisco , il quale , senza rimoversi dalla sua pro- posta diagnosi , accorda con rae di farsi questo ten- tativo. Il di 8 fe])brajo 1827 apro io il tumore, e ne scaturisce una linfa sanguinolenta piuttosto scarsa. OSSERYA-ZIOM CHIRURGICHE 85 Ragion vuole che io qui dica che quello si ri- ferisce in questo giornale toni. XXXIII pag. i^O e relativo al caso presente. Nò io credo da mali- gno animo , ma Lens'i da puro equivoco siasi scritto quanto segue: ,, Sappiamo che in questi giorni si è ,, presentato un tumore fungoso sanguigno in un „ ragazzo , che il sig. Sisco aveva inculcato di non „ aprire : che aperto da altro chirurgo , per secon- ,, dare la volontà del padre del malato , ne è venu- „ ta emorragia, edora trattasi dell'amputazione,,. Tutto ciò , eccetto l'apertura istituita per le fervide cure del padre, è falso. L'amputazione , co- me si è detto, era stata stabilita, non già per l'emor- ragia che non si è mai veduta , ma pel morbo gra- vissimo : e ognun vede che quel chirurgo , di cui si parla, sono io che praticai, inclusive l'anzidetta aper- tura , il tutto di conserva col sullodato clinico. Ma torno in sentiero. Quattro di dopo l'apertu- ra (in febbrajo), ordinalo e pronto quanto richie- dasi per l'amputazione, essendo enfiato il ginocchio, e sparsa la cute di vene varicose, con l'ordinario me- todo pratico faccio io quella sopra i condili del fe- more. Perchè l'osso non isporga fuori , conservo ap- positamente un' abbondante quantità di parti molli , e precipuamente di cute. Dopo la legatura dei va- si, che mi riesce facilissima , procuro che i fili del- la legatura delle arterie rimangano all' angolo supe- riore ; tolti poscia i grumi di sangue, ravvicino i lembi della ferita , dandole una figura longitu- dinale. Liste di ceroto glutinante , fila imbalsama- te , lunghette , croce di malta , ed una semplice cappellina compiono la medicatura , che, in un con l'operazione , dura pochi minuti. Un coraggio su- pcriore alle sue forze e all' eia sua mostra 1' in- fermo , che riconducesi pian piano in letto , pro- 6- 84 S t I I N Z E curandogli uà' acconcia situazione. Egli h incessan- temente assistito da giovani allievi di chirurgia. 1. giorno. Qualche sollievo, nello slentare il tor- nichetto, prova rinfermo; non apparisce alcuna eraor- ra.wia : somministrasi un blando oppiato, dopo un'ora lo assale un freddo su tutta la superficie del cor- po , eccetto che nel capo , il quale si copre di profuso sudore. Prostrate oltremodo sono le forze. Rimane in quest' abbattimento circa le io ore. Si porgono ad intervalli brodi consumati , e qualche goccia di liquore anodino. La sete che lo tormen- ta , estinguesi con le ripetute bevute tratte da aci- di vegetabili. La prima notte dorme poco l'infer- mo , rna la passa piuttosto tranquilla. 2. giorno. Insorge discreta febbre : mite è il do- lore , ed il gonfiore nel moncone leggiero. Due sca- richi ventrali sollevano il paziente , e dorme bene la vegnente notte. 3. giorno. Molestia , e maggior gonfiore , sin- tomi cresciuti eziandio per non essersi stati pron- ti a slentare il tornichetto , che nella mia prima visita slento del tutto , e ne risente l'infermo qual- che sollievo. Prosegue l'universale languore. Il re- dime dietetico è fluido bensì , ma nutriente : la so- lita bevanda acidulata. 4- giorno. Cresce il gonfiore , ed occupa tutto il moncoiie , arrossa la pelle , intensa fassi la feb- bre ; vanilo([uio con qualche mossa convulsiva. Ta- glio i getti circolari della fascia che contiene l'ap- parecchio , il quale disseccato comprime di sover- chio le parti molli : qualche ecchimosi osservasi ia corrispondenza del tornichetto , ora affatto slenlato. Si calmano i suddetti sintomi , e giovamento arre- cano air infermo i bagnuoli di posca , ed un leg- giero oppiato ; la notte tuttavia è inquieta. Oss!-:nvA«JONi cniRURGicnE 81 5. oiorno. La febbrile esacerbazionft , preceduta da brividi di freddo , prossima presagisce la sup- purazione. 6. giorno. Si palesa la medesima decisamente ; a febbre torna con freddo più mite. Alibondanli .lon sono le materie , sciolte però , nerastre , e di cattivo odore. Le carni cadono mortificate , si pro- nostica un cattivo avvenire. Tolgo per intero l'ap- parecchio , conservo per altro i fili co' quali sono legate le arterie; applico nuove liste di ceroto glnti- nante , onde i lembi della ferita , alquanto disco- statisi , ricuoprino l'estremità dell' osso che incomin- cia a denudarsi. Sfila imbalsamate , una fascia con- tentiva , bagiiuoli di camomilla adempiono questa seconda medicatura. 7. giorno. La ferocia del male rallentasi di molto. 8. giorno. Intempestivamente sperimenta Tinfer- nao gran calore nel moncone , enorme diviene il gon- fiore , specialmente alle macchie enchimatose : impe- tuosa si riaccende la febbre. Si conosce con cer- tezza che per imprudente ed importuna compas- sione gli ha il padre , in più riprese , sommini- strato generose dosi di liquori , pensando di rial- zare cosi le abbattute forze. 9. giorno. La piaga da poca marcia, le fila delle suddette legature sono cadute. I muscoli pa- jono avvizziti ; l'osso vedesi per non picciol tratto denudato. Non risentita , ma continua è la febbre: frequenti lipolimie minacciano il paziente. Si appre- stano poche gocce di liquore anodino col solito re- gime dietetico. IO II 12 i3 giorni. L'enfiagione progredisce, e minaccia di suppurassi nella parte inlrnia in mol- ta distanza del taglio della coscia. Si applica ì'em- 86 Scienze piastre emolliente , che arreca sollievo. Niun' al- tra novità. i4 i5 giorni. MiiiuYO è il nuovo ascesso; stan- te le calde preghiere nel paziente ne sospendo l'aper- tura per farla il domani , in cui si rompe natu- ralmente venendo fuori quantità di marcia sangui- nolenta , sciolta , e inodorosa. Dal i5 a/ 25 giorno- Fluisce copioso pus sem- pre della stessa indole. Pallide incominciano a sor- gere le carni che sono superate di alcune linee dall' osso denudato del periostio. La febbre ogni à\ au- menta , straordinaria e l'emaciazione , un edema uni- versale ne è il risultaraento. Plausibili tuttavolta esercitansi le funzioni gastro-enteriche. Si pone l'in- fermo sotto l'uso della china china in polvere , che vien portata gradatamente a generose dosi. Dal 25 /ino al /^o giorno. Due nuove suppu- razioni si manifestano nella linea trasversale della rimasa coscia (là dove appunto formossi la prima suppurazione), nella faccia anteriore l'una, nell'ester- na l'altra. Sospendesi l'uso della china china. Si rin- nuova l'empiastro emolliente. Con bagnuoli di posca , e morbidissime fila si medica la piaga : al /\0 di apronsi col ferro i due ascessi : notabile sollievo ne prova l'infermo. Dai 4^ dì fino al quarto mese. Mercè di somma nettezza, e semplicissima medicatura in termine di 85 di si cicatrizzano le aperture. L'osso del femore am- putato rimane al di fuori mezzo pollice: pensasi segarlo , dopo avere infruttuosamente tentata l'ap- plicazione del ferro rovente : miglior partito trag- gesi con lo scuoterlo leggermente di tanto in tanto. Le carni lussureggianti e vegetanti intorno all' osso distruggonsi con l'uso giornaliero degli escarotici. L'ammalato riguadagna insensibilmente salute. L'ede- OSSIÙUVAZIONI CHIRURGICHR 8'^ ma sparisce, ed egli in vece ii colorito , le forze, e l'appetito gradatamente ricupera. Più larga con- "edesi la dieta. Dopo venti d'i puossi senza vio- lenza separare a forma di scheggia l'osso guasto dal ano. Sul finire del quarto mese sanata è la piaga , fi ricoperta dei comuni integumenti. In termine di tre settimane il giovinetto gode la pristina salute , vedesi ingrassato , ed in forze ; si munisce di una gamba artificiale , assiste al suo negozio di caffè ; e passeggia poscia per la citta con semplice Lastoncino. Breve narrazione di nuove morbose forme che in^ sorgono nelV ora risanato giovane , e che lo cow ducono a morte» Replicati disordini nel regime dietetico costi- tuiscono il IO agosto dell'anno suddetto una febbre gastrica, che al i4 d\ ha fine. Ma appena incomin- cia la convalescenza , insorge tosto un novello e pii!i imponente apparato morboso. Compare un do- lore al Iato destro del petto in corrispondenza dell* amputata coscia. Se molesto diviene in alcuni mo- menti , assai intenso fassi nei primi di di settem- bre. IN uova febbre sviluppa , sembrando assumer es- sa il genio intermittente. Volgesi il medico sguar- do alla condizione patologica del polmone che pro- cura di vincere col metodo deprimente , per in- di passare all' uso della china china , onde domare la febbre. In fatti questa pare debellata : il che non avviene del dolore |, il quale or piti or meno si mantiene costantemente. Valetudinario quindi rimane il nostro infermo insino alla fine dell' anno ; oltreché di tanto in tanto riaffacciasi Taccenuata febbre. 58 Scienze Il di primo gennajo spira freddissimo il vento del nord : il malato passeggia pel corso , e torna a casa : e così intensampute cresce il detto dolor late- rale, che egli manda grida acutissime. Gonfiasi il viso, diventa di color paonazzo ; leggiera epistassi : gagliar- dissima è la febbre. Dietro queste morbose fasi , il medico caratte- rizza il presente morbo per una pleuritide : con- seguente ne è quindi il metodo curativo. Numero- si sono i salassi generali , e locali : ma palliativo soltanto ne è il risultamento. La tosse che fin ora manca, insorge molesta , e continua. Escreati di sciol- tissima linfa , che abbonda in ragione deìT avanza- mento morboso. Rapido è il dimagramento , la feb- bre costante sempre , ed or piiì or meno inten- sa ; tale parimenti è il dolore. Nei primi dì di febbrajo impossibile sì rende la giacitura orizzontale , e quella sul lato sinistro: prendesi perciò la posizione verticale. La veglia è continua , e diviene poscia ostinata. Insulti asma- tici gli si accrescono ogni dì in modo tale , che l'occipite tocca la colonna vertebrale , e superate sono le orecchie dalle punte delle spalle. Reso per- ciò frustraneo ogni medico ajuto , ed impedita del tutto le respirazione , il malato muore il dì 5 marzo. Autossia. Per le cose pregresse , per l' indole e l'andamento della mortai malattia , mi prende desi- derio vivissimo di sezionarne il cadaveie. Dappoi- ché nella divergenza dell' opinione di quest' ulti- mo morbo , a me stava fìtto in capo derivar esso da quegli stessi elementi , che costituito avevano il patologico stato del tumore della gamba. Trasportato il cadavere nell' ospedale di s. Gia- como degl' incurabili , lo seziono in presenza del sig. dott. Angelini medico curante , del sig. Ranaldi Osservazioni chirurgiche 89 ivi cliiiurgo sostituto , e di varii giovani del!' ospe- dale medesimo Nessuna morbosità presenta esternamente il mon- cone , sanissime sono le cicatrici. Lo stesso accade nell' interno : le parti solide molli hanno il colorilo naturale : i nervi ed i vasi , su' quali ailentissi- mo porto lo sguardo , conservano una perfetta nor- malità. Che anzi interamente identico è lo slato del- la destra confrontato con l'arteria crurale sinistra. Solamente una superfìcie leggermente ineguale vedesi nella parte infima dell'osso amputalo, sana per al- tro e ben rassodata , in onta che il detto osso spor- gesse fuori nello stato moiboso , e fosse , conforme Sopra si disse , separato a forma di schegi^ia. Il basso ventre con quanto ivi concorre alla tessitura dei respeltivi organi , trovasi precisamente sano. Aperte le cavila del petto , la sinistra vede- si nello stato normale. Oltremodo spaziosa è la ca- vita destra , in ispecie verso il diaframma. In vece della sostanza pulmonale vi si rinviciìe un volu- minoso tumore. Piegato osservasi , per la pressione del medesimo a sinistra , il mediastino. Alla meglio e con forza togliesi la pleura alterata in tutti i punti , e tosto appare la sostanza del tumore ana- loga a quella che affettò la gamba. Veggonsi pri- mamente numerose cisti le une soprapposte alle altre, dissimili tutte in grandezza , e risultanti di cellu- lare tessuto intrecciato da infiniti vasi variamente ordinati. Sovente sono esse ripiene di umore rossa- stro or pili or meno denso (i) ; di rado di san- gue nerastro raggrumato. Fra gì' interstizi! delle me- (i) DeW istessa indole di quello uscito neW aper- tura della gamba di sopra discorso. 90 S e I E N Z K tlesime cisti comincia a scorgersi una materia c'"»"- nulare cenerognola , frammista a tonuissime filamenta cellulari sparse di qualche vaso : a misura poi che \ol- gesi l'occhio nel centro del tumore, più abbondan- te vedesi la delta materia , che diviene consistente * come le ossa suppurate : talora come una sostanr^a giallognola della natura del sevo , e sparsa eziandio di qualche csilissimo vaso. Qui manca solamente la carie delle ossa osser- vata in quelle della gamba. Se mal io non avvi* so ciò deriva dall' importantissima funzione del vi- scere respiratore distrutto dalla disorganizzante ma- teria , innanzi che facesse ulteriori guasti, come av- venne nella gamba , nella quale ebbe tutto il cam- po di cariare le ossa. Conservo io tutt'ora la fì- bula , la cui superiore estremità, è tutta caria- ta , e ad un vero alveolare ridotta. Macchiata è la tibia , e spogliata del periostio nella parte superio- re della faccia anteriore esterna. Ma per tornare al proposito , l'arteria aorta, le vene cave , i tronchi principali dei nervi dell' 8 e IO pajo conservano questi e quelle lo stato nor- male. Il pericardio nella superficie esterna laterale destra e legermente alterato : fisiologica è la par- te interna , naturali ed ordinarie sono le acque. Nessuna patologica condizione presenta il centro del- la vita organica. Sano è il nascimento dell' arte- ria e delle vene pulraonali : quando però le dirama- zioni penetrano e fanno parte della .sostanza mor- bosa suddetta, subiscono la medesima alterazione. Dopo questo patologico esame , in un con la sintomatologia della malattia , credo inutile la ne- croscopia del centro sensitivo. Osservazioni chirurgiche qi Non clissutile però lo reputo l' analisi chimica della materia più consistente summenzionata. Ne rac- colgo perciò una quantità, che il sig. Del Bue chi- mico-farmacista sottopone all' analisi anzidetta ; e ne ottiene i seguenti risultamenti. Acqua. . Materia animale in gran parte mucosa. Osraazoma , piccola quantità. Sotto-fosfato di calce , molta quantità. Idro-clorato di soda. Fosfato di potassa. di Magnesia. Lattato di soda , tracce. Da quanto dunque si è esposto sembra , che nel sistema irrigatore stia la genesi di questa malat- tia; imperocché tolta una parte morbosa , tosto qua- si sempre si fanno le morbose secrezioni in un' altra parte più interessante la vita , come chiaramente ri- levasi dalla presente istoria. Laonde, se la chirurgica mano arreca talora indubbio giovamento , più soven- te temporaneo è il suo soccorso. Tocca quindi alla medica sapienza d'investigare profondamente l'etiolo- gia di questa malattia, onde coi lumi dell' anato- mia patologica appresti quei terapeutici e preser- vativi presidi! ; mercè de' quali possano un di (se fia possibile) distruggersi gli elementi che costituiscono un nioibo di cotanta importanza. {Sarà continuato). Caso singolare di un cadavere sudante , e rijles- sioni sul jncdesimo. Letto nel giorno iG ago- sto i82'7 alla società medica-fisica fiorentina da Carlo Speranza , professore di terapia specinlr e di clinica interna nella ducale università di Panna , medico consulente di corte , e socio i:' il- lustri società kcien lifich e . JL ieno di eruflizione e di modestia insieme il N. A., intende di esibire non una soddisfacente e certa, ma sibbene una pr<^babile ragione del manifesto sudore che emanavasi dalla superficie cutanea di un cadave- re. Quindi, per quanto fclicem-^nte abbia egli sapulo con la sua perspicacia e dottrina porre a contribu- zione le nozioni delle forze chimiche meccaniche ed idrauliche per la spiegazione del curioso accidente , nondimeuo persuaso ei mostrasi in pari tempo , cb.e molto rimane ancora a sapersi prima di giugnere a sve- l.ìre l'intima origine, la quale sembra a se stessa aver ri'erl)ata la natura. Seguiremo il valente autore nel- 1* r-vposizione dei principi l'i'iiii'cati in questo apprez- zabilissimo lavoro, nella contemplazione dei raziocinj giustissimi e delie dilucidazioni che ne offre; ma op- portuno giudichiamo insieme di far precedere innan- zi ogni cosa quell' assai religiosa protestnzione dell' autore istesso , con cui dk egli compimento al suo bellissimo discorso. E ciò onde conoscasi , contro le turpi detrazioni di male avvisati soggetti, la sommes- sa venerazione solila a prestarsi dai buoni medici alle auguste verità della fede ortodossa ed ai de- creti e giudizj di s. Chiesa , siccome conviensi. Cadavere sudante g3 „ Prima di dar compimento (chiude cosi il chiar. „ prof. Speranza la sua memoria ) al presente discor- k, so , ragione e dovere esigono di pronunciare con „ puro sentimento , che sono bene alieno , all' ap- " P^oS'*^ dell' esposte fisiologiche e chimiche proprie- „ ta , dal contraddire a quanto venne giudicato dal- „ la sagra rota sui sudori sanguigni provenienti da „ forza sovrumana e miracolosa. Negli uni il feno- „ meno avviene alcuni giorni dopo la morte : negli „ altri comparisce decorsa ancora una serie di anni: ,, quelli sono suscettiv'i di verosimile spiegazione: que- „ sti , come insegna s. Tommaso, rendonsi superio- „ ri alle conosciute cagioni naturali. Dei primi sol- „ tanto fu mio intendimento il tessere ragionamento : „ dei secondi ammetto con Zacchia, con Boudewins, „ con Ricati la esistenza, e pienamente persuaso con „ Tortosa , che noti appartiene al medico l'occupar- „ si con metodo teologico di questa delicata materia, „ ne venero e adoro con profonda sommissione l'au- „ tore. ,, Trattasi dunque nel presente discorso di uu par- ticolare e stravagante fenomeno; trattasi di un cada- vere, dalla cui superficie derraoidea stillava manife- sto sudore. La singolarità ( quantunque altra fiata pur ravvisata ) del fatto , la novità delle riflessioni per le quali vi si è il prof. Speranza distinto , la sod- disfacente verisimiglianza con cui ha egli reso ra- gione dell' avvenimento , formano alla presente me- moria un complesso di giusti titoli , che han fatto meritargli una pronta ristampa in Bologna e in Mi- lano. Osserviamone il contesto. La cessazione, insegna il grande Ballerò, ine- vitabile , compiuta , durevole di tutte le funzioni che appartengono ai corpi organizzati , forma quel- lo stato che dicesi morte. Ma per quanto dall' es- 94 Scienze sere cessate le funzioni organiche argomentar si vo- glia estinta la vita, ella è verità incontrastabile, che un uomo può esser vivo o atto a vivere , quand* anche presenti la totale inazione delle medesime* Ta- li sono le curiose istorie delle persone che aveano ad arbitrio il potere di sospendere tutt' i movimenti della vita , a segno di rimanere per qualche tempo prive di respiro , di polso, rigide, fredde, con riprende- re in seo'uito a lor volere l'esercizio dei sensi. Sant' a Agostino riferisce di un certo prete , il quale sape- va a volontà fingersi morto , sospendendo la respi- razione, i battiti del cuore e dei polsi, e rendendosi insensibile all'azione del ferro , del fuoco e di qua- lunque altra prova sul di lui corpo tentata. Nume- rosi altri esempi riferiti da varii scrittori conferma- no , che mantenersi possa la vita in mezzo ancora al- la completa cessazione delle funzioni della medesima. Avvenir può talvolta per altro , che nello stato di inorte vera, reale, contrassegnata da particolari e di- stinti caratteri, alcune delle funzioni organiche si man- tengano , e proseguano ancora oltre la vita. Il con- fermano, per rispetto a quelle del ventricolo, l'espe- rienze di Hunter , i divisamenti di Burns , Wilson, Philip , Le-Roy , Trevisanus , Spallanzani , e le ri- flessioni di Imeger , Ghaussier , e Craveilhier. Può ancora la circolazione capillare , specialmente in se- guito alla morte violenta, continuare per più o me- co spazio di tempo. Persiste del pari la irritabilità nei muscoli estinta la sensibilità , siccome l'addimo- strano le osservazioni del Rosa, le riflessioni di Heid- mann , l'osservazione recente di Bartels del tronco di un decapitato che si raddirizzava come se volesse met- tersi iu piedi ; e siccome lo pongono fuor di dubbio le contrazioni osservate nell' organo centrale della cir- eolazione a^ppresso una irritazione portata sul nervo Cadavere sudante qj gran simpatico; le sperienze di Nysten sulle parti coa- trattili dei decapitati; respulsione del feto dall'utero gravido di una estinta pregnante , in forza soltanto della proprietà organica, siccome il Meli con somma erudizione ne parla.,, Per la stessa ragione i vasi lin- „ fatici , i chiliferi, o, come altri pretendono , le „ vene assorbenti , conservano , estinta la vita , un „ movimento progressivo : le superficie delle cavita „ interne esalano un umore sieroso, acquoso, e tal- „ volta ancora sanguigno. Sotto pari circostanze Tor- ,, gano cutaneo effonde non solo la insensibile per- „ spirazione, ma perfino un manifesto sudore.,, Dopo la morte di una inferma per una valida encefalitide, insorto il sospetto di contragiosa affezio- ne, venne il N. A., quale I. R. medico di delegazio- ne , invitato alla visita della fredda salma , e sot- toposta venne la estinta alle mediche indagini dopo esser decorse dodici ore dalla morte. Poco importa qui l'avvertire, che si dichiarò il morbo indipenden- te dal contagio , ed altrettanto incapace a produrre una malattia simile a se stessa. „ Ma quale oggetto ,, di maraviglia (soggiugne il prof. Speranza) non di- „ venne per me vedendo sparsa la tuttora tepida cu- „ te dell' estinta giovane d'insolito sudore piti abbon- „ dante e rimarcato al volto in forma di gocciole „ acquose , limpide , inodorose , e viscide. Ne diverso „ appariva il fenomeno al collo , al petto , ed alle „ estremità , sulle quali per altro la raateiia traspi- „ rata osservavasi più leggiera, rara, ma abbastanza „ riconoscibile. Debitamente asciugato il volto , sul „ quale visibile era l'escrezione, scorgeva col mezzo „ di fina lente provenire in realta il sudore dai pori „ cutanei. Anzi avendo per pii:i volte, ed anche so- „ pra variò parti , ripetuto un simile esperimento , col- „ lo scopo di togliere qualunque malizia od illu-^ g6 Scienze „ sione , quasiché fosse stato cosperso il cadavere di „ acqua renduta ad arte viscosa , ebbi sempre ad os- ,, servare lo stesso effetto. Non abbastanza pago d' „ quanto apprendeva cogli occhi proprj , e temendo ,, d'altronde di essere sedotto in lusinghiera iraraagU „ nazione, e d'incontrare quindi la sorte del piova- „ no descritto da Montesquieu, il quale non vedeva „ nella luna fuorché il suo campanile , invitai gli ,, astanti , qualche amico , e fra questi il dott. Ne- ,, gri medico primario dello spedale di Mantova , ad ,, un' attenta ispezione del freddo cadavere. Pari al- ,, le mie corrispondendo le loro osservazioni , con- „ venivano essi pure sulla realta dello straordinario „ avvenimento. Decorrevano ormai venliquatlr' ore „ dall' avvenuta morte. Al sommo fredda era dive- „ nuta la pelle, ed appena visibile mantenevasi il su- „ dorè al volto , al collo , essendo del tutto scora- „ parso dallo altre p.irti del corpo. Un particolare „ fetore esalavasi dal medesimo, indicante la incorain- „ ciata putrefazione: e quel segno incontrastabile di ,, morte , ed in tempo dalla legge prefisso , ne co- ,, mandava la tumulazione , la quale fu nelle debite „ forme e colla massima tranquillità eseguita. „ Conseguita a cotesta descrizione una dotta ed ingegnosa epicrisi dell' A., che da suo pari ogn' im- pegno adopera alTin di rendere soddisfacente ragione del fenomeno rimarcato. Incomincia dal farci conosce- re, che avvolto pur nelle tenebre e degno egual- mente di considerazione si è pel fisiologo il cuta- neo trasudamento , l'origine di lui , ed il modo col quale viene effettuato, e che di non minor attenzio- ne si h pel patologo il vederlo dipendente dalle va- rie alterazioni , a cui trovasi soggetto. Ed in vero , oltre il pervertimento del sudore in virtiì di locali sconcerti inerenti alla cute medesima , quante morbo- Cadaveri? sudante gj .se affezioni prodotte da potenze agenti sugli organi interni non concorrono ad alterare , anzi a cangiarne dfìl tutto l'indole e la natura I E qui con fasto di somma erudizione rammenta i casi singolari narrati da varj scrittori , pe' quali sappiamo essersi il su- dore in varia forma appalesato, come o nero , o ce- ruleo , o azzurro , o arenoso bianchissimo cristalliz- zabile, o latteo, o melico, o porraceo , o violaceo, o bleu , ovvero orinoso , e giallo verdastro con odo- re grave olentissimo di cantaride, o sanguigno , o simile. Ai quali fenomeni per altro egli h agevole il prestare cieca credenza, qualor avvengano finche sus- sista la vita organica ; poiché sì nello stato sano come nel morboso vengono le funzioni tutte dell* animale economia eseguite in ragione delle potenze salutari o nocive che sulla medesima agiscono , ma cessano ( non esclusa la traspirazione ed il sudore ) coli' estin- guersi della vita , e passato che sia il corpo umano allo stato di freddo cadavere. Eccezioni però non man- cano di presentarsi , ove ragionar si tenti del con- servamento di alcune funzioni ancora oltre la vita degli animali ; ed a cotali funzioni , che possono in certo modo considerarsi per superstiti , appartiene il singoiar fenomeno del sudore dal prof. Speranza osser- vato nel caso in quistione. E perchè la rarità dell' avvenimento ottenga sicuro assen5;n, fiancheggiato es- so viene dal N. A. con numerosi esempi tratti dal- la medica istoria. Nel novero di analoghe osservazio- ni , registrate per opera di scrittori degni di tutta fede , abbiamo il manifesto ed abbondante sudore , che mandava senza interruzione il cadavere di un melanconico pastore, siccome riferisce Ledei ; il su- dore universale nel cadavere di una donna resa vit- tima di acuta malattia , siccome osservò Helwich. No abbiamo ancor di altri la istorica narrazione, sebbene G.A.T.XXXIX. 7 f)8 S e I E N z r di molte ore estinta fosse la vita , in Frolimann, in ì)oniieval, in Faber , in Helloschio, in Lanzoni,nel tlotlo Penada , in Kriiger , in Bonnet , od in altri. Non solo per altro una materia traspirabile più o me- no acquosa surse sulla superfìcie cutanea in istato di morte, ma, sotto simili circostanze, d'altronde assai più rare , le estremità vascolari hanno qualche volta dato evasione ad una materia fluida rossastra , e rap- presentante un sudore sanguigno. Esempj v'hanuo di tal fenomeno, siccome rammenta il N. A. , narrati da Griibel , da Manlio, da Woigt, da Enrico de Heer, da Lodovico Hannemann. Emanavano pur sangue dal- la pelle due assassini morti, esposti sulla pubblica stra- dì, ed un terzo appeso da vari giorni sul patibolo, dei quali riferiscono Bartolino, Harsdoerfer, e Scot- tel le curiose istorie (i). „ (i) Racconta Bartolino , che in Roma una colon- „ nn marmorea mandava materia simile al sangue {Epìst. „ meri. tom. 3 ) ' lo stesso autore riferisce diversi casi „ di legni , di pareti , di pane mandanti o coperti di una „ materia rossa da imporre per sangue ( /. cit.). NeW „ anno iStg vidi io nel comune di Bozzolo {provincia di „ Mantova ) arrossirsi in varie case la superficie di al- ;,, cune sostanze elementari ^ e specialmente della cosi „ detta polenta fatta col grano turco. Il basso , il cre- „ ihilo popolo gridava ammaliamento : i dotti meditava- „ no: gli oziosi ridevano. Chiesto dalV autorità locale ,, ad esporre il mio parere , era inclinato a riconosce- ,, re nel curioso accidente una chimica alterazione di ,, alcuni principj , e specialmente della mucilagine , da ,. cui sorge , secondo Fonrcroy , una ferm,entazione co- „ [orante. Un tale armenimento era mollo più rimar' „ cato ed esteso in gualche provincia del regno ve- Cadavere sudante 99 Ma se malagevole egli è il potere fisiologicamen- te defiaire il modo con cui viene effettuata la impor- tante funzione della traspirazione; arduo altrettanto „ neto , (t segno che quel saggio eccelso governo I. R. „ creò una commissione scientifico-politica formata da ce- „ lebri professori della I. R. università di Padova „ per farne oggetto di osservazione. Ad un prodotto or- ,, ganico appartenente al genere mucor amò il chimico „ Pietro de - Col riferire il curioso fenomeno . Ma nes~ „ suno quanto il dotto naturalista ed amico mio dott. „ Sette si distinse nella spiegazione di quello „ strano , arrossimento : il quale con erudita disserta^ „ zione deriz'ò egli da una produzione vegetabile fungosa , „ coir avere in tal modo arricchita la storia naturale di „ un prodotto non ancora per r addietro conosciuto. Die- „ tro simili principj parmi di potere render ragione del- „ la materia simile al sangue osservata sulle pareti e ,, sui travi da Bartolino , e da altri suoi antecessori „ e contemporanei : il qual fenomeno , senza i lumi del- „ la fìsica e della storia naturale , sarebbe tuttora involto ,, nelle tenebre. „ (") (') Nel fascicolo di aprile del corrente anno 1828 degli annali universali di medicina del chiar. sig. Omo- dei leggiamo a facce 63 e seg. un Cenno storico-natu- rale sopra l'insolito arrossamento di alcuni alimenti , del dott. Grabner - Maraschin , vicentino , osservato unica- . mente nella propria casa nei mesi di luglio ed agosto del 1827. La polenta , le ossa di pollo , di manzo , di vitello , di pecora , le fibre muscolari , tendinose , cel- lulari di questi animali , allessate od arrostite , la mi- nestra di liso , il pan-bollito , la frittata d'uova , e le corteccie nella loro superficie interna del mellone^ fu reno le sostanze eli ebbe motivo V A. vicentino di ve- 7* loo -Sciente si è il comprendere nello stato di malattia rorigine vera dei sudori neri, dolci , orinosi , cerulei , rubi- condi , ec. In onta dei tentativi dell' ingegnoso Ma- der prese daW arrossamento in qidstione , se rimaneva- no per 2^ ore circa nel piepiano , od in una contigua corticella , od in cantina ^ mentre nel primo e secondo piano alquanto più predominati dalla luce , e meno unii' di , non si otteneva V effetto^ quantunque più volte ri- cercato. La polenta però nera sempre la prima attac- cata , benché si cercasse di farla variando farina ( ma sempre di grano turco ) , qualità di acqua , e perfino omettendo anche di unirvi ridroclorato di soda. „ Die- „ Ci? o dodici ore dopo indistintamente comincimnnio ad „ appalesarsi sulla superficie loro , e qualche volta an- „ che prima , alcuni punti rosseggianti , visibili ad oc- „ chio nudo , disposti d' ordinario in direzione curiuli- „ nea. Esaminandole poi con acuta lente , si vedevano „ quasi coperte di vescicole , come trapelate dalla po- ,, lenta stessa , diafane , d'aspetto cristallino , liscie , „ di figura sferoidale , segregate , gelatinose al tutto , „ della grandezza dei semi di nicoziana , niostrando „ le più manifeste alla base una macchietta carnea , as- ,, sai difficilmente rilevabile. Poche ore dopo i globettini ,, rossi si trovavano notabilmente moltiplicati ^ ed a chiun- ,, que evidenti ; con la lente poi si scorgevano un po- „ co più rilevati dalla superficie , quasi sostenuti da pie- „ colo peduncolo , accresciuti i vescicolari ; parte rac- „ colti in gruppi , e molti più o meno arrossati indica- „ vano che dalla macchietta accennata s"" innalzava po- „ co a poco il colore , poiché rultiina parte del globet- ^, lino ad arrossare s^csservò sempre essere la superio- „ re. Trascorse ^4 ^''"^ ■> "'* drappello rosso sanguineo „ 4e* citati ghò^tti, investiva la superficie dette fot- CadAVERF SUDANTt: lOI raLclli e di lulia Fontainellc , rimane tuttora a de- siderarsi per quale principio e sotto quali condizioni avvengano colali modificazioni e alterazioni , e veii- „ te di polenta , non che i contorni di queste con cor- „ ta regolarità. Le facciè loro , che appoggiavano so- „ pra qualsiasi corpo , erano pure in qualche punto ar- „ rossate , ma non "vidi inai approfondarsi il Jenonie- ,, no nelf interno. - Per tal guisa coperte del nuo- „ vo prodotto , sorgevano in j)ì Dipresso tra i piccioli ia- ,, terstizj de" globettini le muffe e nionilie consuete^ men- „ tre quelli grado grado si abbassavano , si diseccava- ,, no 1 e si convertivano in , per così dire , circolari squa^ „ mette , atte a convertirsi facilmente in una polvere „ rossa, f) Per la contemplazione quindi del modo di svilup^ pò dì cotal fenomeno , per la. mancanza di cavità pa^ lese,, di fibra ^ di prolungamento , di movimento qualun- que nel semplicissimo andamento dello sviluppo di quest essere singolare , intende lo scrittor vicentino collocarci col dott. Sette nella famiglia dei funghi il nuovo ve- getabile alla classe delle crittogame , addìmand andolo con esso lui col nome generico di zaogalactiaa , e col- lo specifico n: .4« Sotto la testa sta l'altra membrana che- è la propria , la quale non è un sacco intero , ma circonda solo l'albume, a cui è attaccato tanto , che se ne separa e comparisce essere parte diversa solo quan- do il seme è germogliato e l'albume è scomparso. Anche questa membrana prende la sua origine sotto la pre- cedente alla estremità del picciuolo ; e ciò si vede quando si può facilmente staccare. E più spessa delh lesta. Tutte e due però , come vedremo altrove , sono formate degli stessi elementi , cioè di fibre scolo- rite longitudinali e trasversali , le quali in questo stato del seme sono secche e dure. 5. Facendo stare più giorni de' semi spcclii nel- la decozione di campeggio (legno dell' haematoxylum campechiense L. ) le fibre del picciuolo e delle mt^mbrane si colorano un poco esteriormente ; ma tagliandole a traverso , e guardando con la lente forte la superficie del taglio , non si trova punto colorata t ciò che prova il colore per nulla pene- trare nello interno di tali fibre. L'umido della ter- ra o r acqua non producono nel picciuolo e nelle due membrane principio alcuno di vegetazione , e solo gli umettano e fanno ingrossare alquanto , co- rae farebbero in ogni parte legnosa e morta di una pianta qualunque. Di fatto si vedrk da qui a poco , che quando il seme germoglia , mentre il cotiledone ingrossa , ed il germe cresce e si sviluppa , le mem- brane si rompono , e marciscono insieme col picciuolo. NOTOMU DEL GRANO d' INDIA- 12 1 Onde par certo che queste tre parti sleno morte e non più vegetative. 6' Sotto la membrana propria sta il periein- brione , in cui si distìnguono due parti. Delle qua- li r esterna ha la forma di foglia , che piegando i suoi lati prende la figura stessa del seme. La sua spessezza nella parte di mezzo è di Un. r ; va poi scemando , ed agli estremi è sottilissima. È unita sì forte alla membrana propria , che ci forma un corpo solo , da cui non si può staccare fiiirhp i! seme è secco. Guardandone la superficie esterna ad occhio nudo , anche a traverso le due membrane che la cuoprono , vi si vedono de' fessolini , i quali però non sono costanti in tutt' i semi , ed in quelli inumiditi spariscono affatto. Tagliandola con un fer- ro , si riduce a piccoli pezzi , e non a sottili la- mine ; ed osservando con la lente alcuno di tali pezzetti , pare un assai denso aggregato di polveri rancie. E molto dura , e con difficolta la polveriz- za lo stesso pestello : senza però divenire irapalpa- tile la polvere. L' acqua fredda no porta via una sostanza insipida , la quale si rappiglia come l'acqua si riscalda. L' acqua bollente ci si colora legger- mente in giallo di paglia , acquista il sapore al- quanto dolce , ed ha consistenza come di gelatina. Quando si fa stare per più giorni dell' acqua su la sua polvere , questa a poco a poco si altera e fermenta : e terminata la fermentazione , si trova aver acquistate nuove proprietà , che sono le se- guenti : 11 colore è bianco leggermente giallo ; non ha sapore ; affatto non si scioglie nell' acqua fredda , ma si scioglie quasi tutta nell'acqua bol- lente , con cui forma una colla : e fattala diveni- re alquanto torrida , la si rende solubile nell'acqua fredda. L' acqua poi che è stata sulla polv^ere si laa S e I K N z E trova essa pure trasformata in un lujuido acido ^ di spiacevole odore , coperto di muffa , e simÌ7 le a quello che si ha ueJla preparazione dell'ami- do di grano e di orzo. La parte dunqqe di cui stiamo parlando è composta di sostanza solubile nell'acqua fredda , che si rappiglia nell'acqua cal- da , e che produce colla sua fermentazione un li- quido simile a quello prodotto dalla fermentazione del grano : la quale sostanza non può essere che glutine , o albumina , o l'uno e l'altra ad un tem- po ; e di uu'ali. ra sostanza insolubile^ nell'acqua fred- da , ma solubili? nella calda con cui forma la col- la , e che acquista la proprietà di sciogliere nel!' acqua fredda quando coU'opera di poco fuoco si faccia torrida , e questa non può essere che ami- do : alle quali due sostanze stanno pure unite la materia zuccherina , e quella colorante , iolubili anche queste nell'acqua calda. 7. L'altra parte del periembrione sta attaccata air interno della precedente , sì che ne pare una continuazione. Ne ha anche la stessa estensione , e forma ; e la sua maggiore spessezza è di lin. 1 , o5 circa. Questa sostanza però è perfettamente bian- ca , pochissimo consistente, e senza odore. AI sa- pore ed al tatto pare farina ; e come essa si ri- duce impalpabile quando si strigne tra due dita : lasciando in questo caso non polverate molte fi- brilline sottilissime e cortissime. E affatto inso- lubile nell'acqua fredda , e vi si scioglie solo quan- do si è prima fatta torrida : coU'acqua bollente for- ma una perfetta colla. Onde la sostanza che prin- cipalmente la compone non è che amido. Sull'esempio di altri botanici ho chiamato la paite esterna del periembrione albume , e la iuterua tuorlo ( Conci. X.XVII ). NOTOMIA DEL GRANO d'iNDIA 1 23 8. Nel peiiembrione sta come in una nicchia ik cotiledone : talché di questo non apparisce sco- perta che una faccia sola quasi elittica , e leggier- nunite concava , verso il lato maggiore del seme. Questa faccia rimane attorniata dagli estremi dell' albume. La parte che ne sta nel tuorlo è tutta con- versa ; ed ha nella meta sua inferiore un ingrossa- mento orizzontale che finisce a cono di vertice ot- tuso. La faccia dittici ha lin. 3 di lunghezaa , e 3 di larghezza , l'altezza del cono è di circa lin. 2 e la sua maggior grossezza t di I. o , 8. E tntlo bianco ed insipido. Tagliato a fotte sottilissime ver- ticali e trasversali , e messe queste fette sotto il micsoscopio , compariscono le une e le altre com- poste di maglie esagone strettissime : formate tali maglie da fibre sottili e schiacciate , le quale so- no attorniate per ogni verso da altre fibre più sottili , che compongono altre maglie ancor più stret- te delle prime : sì che tutto il corpo che ne ri- sulta è spessissimo. La superficie delle libre è asciut- ta , ma quella delle fettoline è coperta di umore. Dove la fibre sono unite , non si distingue nodo o ingrossamento alcuno. Tutto ciò per altro si ve- de con distinzione nel seme inmidito assai meglio che nel seme secco. Esaminando tutto il cotiledone, si trova uni- forme , senza che in alcuna sua parte si possano riconoscere vasi , fibre , o maglie più grandi del resto Ne sono riuscito a distinguervi alla superfi- cie epidermide di sorta alcuna : onde o ne manca affatto , o l'ha si appiccata che non si possa sepa- ramela. Il contiledone pare che sia una continua- zione della parte interna del picciuolo , perchè so- no fra loro sì uniti, che quando sono secchi non si possono separare senza romperli irrego lai mente. Nel 124 S e I K N Z K some umido però il contiledone facilmoute si stac- ca dal picciuolo; e la estremità di questo, Ik do- ve corrisponde il cominciamento del cotiledone , è più dura del resto , e di color nero j)er un' aja di circa lin. a di lung. , e i , 5 di larghezza. g. Giusto nel mezzo della faccia quasi -elitti- ca del cotiledone si vede un fessoli no verticale lun- go lin. I , 5 circa , il quale con un ferruzzo si apre , e mostra nello interno di quello un altro ed ultimo corpicciuolo bislungo, scolorito, e consisten- te quanto il cotiledone , che è il ^crnit ; nel qua- le coirajuto della lente si distinguono due j)arti , l'una inferiore, cilindrica, lunga mnzza linea circa , l'altra fatta a lingua , il doppio più grossa e più lunga della precedente. Tutto il geriue sta nel co- tiledone come in un astuccio , senza uscirne fuora la menoma parte. Vi sta attaccato per un lato del- la estremità inferiore della sua parte cilindrica , e l'attacco non è proprio sul fondo della cavita del cotiledone , ma su la superficie laterale opposta al fesso longitudinale: il che, oltre al vedersi chiaro colla lente nel seme umido , ed in quello secco stes- so , vien confermato appresso, quando la radichet- ta è sviluppata e cresciuta , perchè allora il coti- ledone seguitando a restarvi , vi occnpa un lato so- lamente. La parte fatta a lingua senza dubbio è la piumetta. La radichetta , non considerandosi come tale che quanto sta sotto l'attaccatura de'cotiledo- iii , qui o manca, o è estremamente corta e sem- plice. Il cilindretto attaccato al cotiledone fino al- la piumetta e ciò che i botanici chiamano gambo. Ridotto il gambo a sottili lamine longitudinali p traversali, ed esaminate queste col microscopio, si vedono composte di maglie esagone formite da sottilissime e schiacciate fibrelline , le quali han- NOTOAIIA DEL GUANO d'iNDIA IsS no attorno altre (ibrelline cin- compongono altre si- mili , ma pili piccole. Nelle fette traversali si os- servano inoltre de' punti opachi , che vi stanno di- sposti in circolo , il quale tiene il mezzo tra il centro e la circonferenza. La superficie delle fette è J)agnata di umoie , ma quella delle fibre è asciut- ta. Ed anclie qua , dove le fibre sono unite, non si dislingue nodo alcuno. La piumetta poi tagliata per mezzo , ed ogni sua porzione premuta con le dita , si divide in due : l'una esterna e un invoglio sottile come foglia , e l'interna collo stesso mez- zo si trova essere anch'essa composta di un simi- le invOj^lio , e di un piccolo cilindro un poco schiac- ciato. Osservando sotto il microscopio una fetta tra- versale della piumetta , pure non vi si distinguo- no che i due invogli , ed il cilindro interno. I due invogli , comunque si frughino , non si aprono , e la lente non vi distingue che continuità ; onde o sono di un sol pezzo , o i lati estremi ne sono sliettamente uniti. Del germogliamento del seme. 10. In un seme stato sei giorni in terra umida, o in acqua alla temperatura di 23° di R. , o per un giorno in acqua tiepida , si osserva quanto segue. La membrana interna continua a rimanersi at- taccata all' albume come nel seme secco. Tutto ii seme si trova un poco ingrossato , ma le mem- brane sono tutt' ora intere. L' albume è meno gial- la di prima , ed è minore la difìferenza tra il co- lor suo , e quello del tuorlo. Spezzando l'albume, la superficie de' pezzi , che prima era liscia , ed 126 Scienze ili un cesto modo come quella del vetro , ora è opaca , poco densa , e scabra. Poste sotto il micro- scopio sottilissime fetloliiie di albume e di tuorlo, si vedono egualmente formate da moltitudine di cor- picciuoli bianchi, opachi , e quasi sferici, il dia- metro ^apparente e maggiore de' quali non ecce- de 1/4 di lin. Alcuni di questi corpicciuoli pajono cilindrici , lunglii i/5 , e grossi r/^o circa di li- nea. Gli uni e gli altri sono uniti fra loro pe* lati. Adendo posto sotto il microscopio una fettolina mata albume e meta tuorlo , si è mostrala tut- ta una continuazione delle medesime parti : solo le sferette del tuorlo sono sembrate più unite , e però formanti un corpo più consistente dell' albume. II. Appresso il colore dell'albume si va facen- do sempre più come quello del tuorlo , sino a che lutti e due divengono egualmente bianchi. Intanto il tuorlo si stempera a poco a poco , e cosi spari- sce , restando nel suo luogo un voto. Questo stem- peramento e disparire del tuorlo comincia e pro- giedisce dal suo interno all' albume. Quindi allo stesso modo si stempera , e scomparisce anche l'al- bume , finche di entrambi non rimanga traccia al- <|;una. Il che succede tra venti giorni circa. Mettendo sul portaoggetti dei microscopio una goccia di liquidi in cui si sono sciolti il tuorlo , e l'albume , comparisce egualmente una sostanza uniforme , e come glutinosa. Asciugati poi i liquidi entrambi , senza la menoma differenza , si riduco- no a globetli e piccoli cilindri solidi , che final- mente si risolvono in polvere impalpabile. la. Quando il tuorlo e l'albume sono affat- to disparili , restano le membrane. Delle quali la testa si trova essere di color bruno , incapace di distensione , e non dante alcun segno di vege- NOTOMIA DBL GRANO d' INDIA I'2'J tare fin dai primi giorni deJ germogliamento t per cui ceraie le parti interne del seme aumentano di volume , essa si apre , secca , e cade. La membra- na propria poi si distende , e non si apre ; e con- serva la sua tessitura inalterata fino a che l'albu- me , ed il tuorlo sono affatto dispartiti : allora avvizzisce , secca , e finalmente cade , o marcisce anch' essa. i3. Il cotiledone, come il seme è messo sot- terra o nell'acqua , cresce di volume , e più di tutte le altre parti ; perchè quando il volume dell' intero seme è aumentato del doppio, quello si tro- va il triplo di quel ch'era nel seme secco. Se in questo stato si esaminasse la sua struttura col micro- scopio , per nulla si troverebbe alterata. Se non che le sue maglie sono zeppe di un liquido sco- lorito , e scipito , e la sua superficie è tutta bi- torzoluta e bagnata del liquido stesso. Il quale li- (juido ha tutt'i caratteri di quello in cui si stem- perano il tuorlo e l'albume ( m. 1 1 ). Dipoi però la superficie e 1' interno del cotiledone imbruna- no , e finalmente tutto quanto questo appassisce e cade. Dopo la sua caduta , nel gambo della pian- tolina , al luogo della loro unione, rimane una spe- cie di cicatrice , la superficie della quale ha de' bitorzolini irregolari , che sotto il microscopio com- posto si ravvisano per tronconcelli de' fasci delle fibre distrutte. Inoltre questa cicatrice è conica , ed il vertice acuto del cono si vede che prima stava nello interno del cotiledone , e corrispondeva al co- nico ingrossamento che prima stava nella meta in- feriore di quello. La distruzione del cotiledone co- mincia dal suo interno , perchè quando è secco e vicino a cadere , se si taglia per mezzo , si trova non essere che una specie di membrana quella che 128 Scienze lultora sta unita al gambo ; che cioè si è distrut- to tutto il suo interno , e vi è rimasto il solo este- liore. r4- La piaiitolina , quando! il seme è tutto in- grossato , si trova ingrandita pili del doppio , e per la prima volta si distinguono nel suo gambo, la dove comincia la piumetta , quattro piccoli coni, due verso la parte concava , e due verso la con- vessa del cotiledone. Poscia questi coni crescono in lunghezza più. che in diametro , e divengono radici. Quindi a poco (a) l'estremità inferiore del gam- bo si apre , e spunta nel suo mezzo un corpici- no conico , il quale in breve crescendo, squarcia le membrane del seme , e n'esce fuora , dirigendo- si semj)rc verticalmente contro la sua origine. Que- sta è la radichetta , che in appresso , nel modo com'è nata , mette attorno a se altre simili produ- zioni , e queste delle altre ancora : le quali for^ mano poi i suoi rami e le sue barbe. Nel gam- bo , ove si apre per mettere la radichetta , rima- ne attorno a questa Torlo dell'apertura , che vi persiste anche fino a che la pianta è diventata grande. E lo stesso si vede attorno a dove na- scono tutte le altre radici al disopra del cotiledo- ne. La parte del gambo , in cui sta attaccato il co- tiledone, a questo tempo è in diametro il doppio di tutto il resto. (a) Non determino precisamente il tempo in cui sue cedono questi cambiamenti , perchè varia secondo la qualità del seme , della terra , delle meteore , e più di tutto della temperatura ove il seme si sviluppa. NorOlVUA DEL ORANO d'iNDIA. ÌJC) i5. GoDtinuaiitlo la vegetazione, escono altre quattro radici sotto a quelle uscite le prime alla base della piumetta. E piiì tardi n'escono quattro altre sotto la seconda foglia della piumetta stessi. 11 numero però di tutte queste radici non è co- stante: arriva, e forse va al di Ik di dodici. Ed inoltre nascono con quest' ordine: ogni radice del- la fila superiore corrisponde fra le due della fila inferiore. 16. La piumetta poi circa sei giorni dopo die il seme è stato messo in terra , essendo la tem- peratura atmosferica da 30 a 24 gradi R. , esce per lo fesso verticale del cotiledone , a ad un tempo apre il suo invoglio esteriore , e ak fuora il pic- colo cilindro schiacciato. Questo di Vi a poco si apre anch'esso , mettendo fuora dal suo interno al- tro simile cilindro : e così successivamente in ap- presso , fin che si sieno aperti undici invogli , i quali divengono altrettante foglie. Nel seme secco , o solo umido , non si distinguono , come ho detto nel num. 9 , che due soli invogli , e questi sani : ma nel seme che appena è cominciato a germo- sliare il cilindro intero si vede subito esser for- mato di nove altri invogli , e tutti divisi per lo lungo , si che hanno la forma della vagina delle foglie che vanno ad essere. 17. Se si tolgano tutti gl'invogli della pium.et- la quando non sono comj)iutamente sviluppati , e gl'interni si conservino ancora aggrovigliali , si trova in fondo del loro mezzo un p colo cono al- to 5/IO di linea, scolorito, quasi trasparente, di superficie liscia , di punta acuta , e consistente co- me una mucilagine ben rassodata. E pare che il pic- colo cono si conservi in (juesto slato per più gior- ni , perchè l' ho osservato tale in piantoline più G.A.T.XXXIX. 9 |3 semplice lente , un punlo opaco a gais;i ài un picco- lissimo cono. Potrebbe stare cìie qucst) fosso vn cor- picello del centro ; ma anche in questo c:rso iniUi si può sapere di precido su la sua natura, perchè nulla anche il più forte microscopio vi distitìgue. Ne man- co si può determinare il numero d'elle foglioline , perchè oltre alla piccolezza della mo^oior parte di esse, le interiori sono unite in guisa da formare un corpo solo indivisibile. 2 1. Il cono ch.e sta alla sommità della jiianlu- lina appresso alla undecima foglia ( nura. iiy ) si al- lunga ed ingrossa sempre più , ed ultimamente mette fuora quattr'ordini laterali opposti di corpic- ciuoli scoloriti e trasparenti , che hanno la figura di una piccola clava. Quindi a poco ognuna di quesle cUve ne getta un'altra alla sua base ; e co- sì, un mese dopo che il seme h germogliato, tali or- dini si trovano per lo più essere otto , cioè di quattro coppie , fuorché presso la sommità dove so- no due o quattro solamente. Ecco nella sua ori- gine la spiga maschia. Le olive prime a compa- rire sono qu(dh; della base , le quali in propor- zicine diventano poi le più grandi. Appresso, alla somita di ogni clava, spunta un corli,ssimo ed ottusissimo cono scolorito, ed anch'es- so trai>parente. E crescendo tanto la clava quanto il co- no , e questo più in diamt^tro che m lunghezza , di- vengono l'uno il fitìiclliiio ììi il Schio , e l'altra il suo pecìniìcolo. Perchè il cono , che quando apparisce è semplice , in breve diviene di più parti, cioè di una di mezzo ( la quale per la piccolezza non si distingue se di uno o di più pezzi ), e di un' altra esteriore a guisa di foglia , che avvolge perfettamente la prima. Inoltre alla base della spighetta ne nascono successi- vamente delle altre in numero vario , e tutte spun- i34 Scienze tatio e sviluppano i fiorellini come quella loro madre. Così si forma la pannocchia. Tutto ciò è visibile in una sola piantolina di oltre ad un mese , perchè qui- vi le parti infime essendo già tutte sviluppate, mentre l'estreme cominciano a camparine , si osservano ad un tempo la pannocchia , la spiga , il fiorellino , e l'embrione del fiorellino. §. IV. Delle spighe fruttifere. 22. Dopo tre mesi circa , la pianta essendo già grande , i corpicciuoli nelle nicchie ( n. 30 ) si tro- vano cresciuti di presso a due pollici. E si vedono allora composti di undici foglie opposte ed alterne, le quali si avvolgono le une sopra le altre , e tutto comprendono un piccolo culmo , da cui nascono , e con cui formano la spighetta fruttifera. Il culmo è quasi cilindrico , ed a poco a poco diminuendo in diametro finisce acuto. Vi si distinguono due parti: l'una d'onde nascono le foglioline , l'altra alla cima della prima. Questa prima ha, come il culmo padre, undici nodi all' origine delle foglie ; e gì' inlernodii so/tio gradatamente più corti, da quello della base in poi. Delle foglie l'esteriore è due pollici lunga, ed ha presso alla sua sommità ed a traverso un' altra fo- glietta membranosa quasi triangolare , ed all' origine di questa una fascinola del resto piìi fitta e piiì scolorita. La seconda foglia è appena la metk della prima ; e le altre successivamente scemano sino all' ultima, eh' e di una linea circa. L'altra parte del picco- lo culmo, circondata dall'ultima foglia, in questo tem- po è lunga quasi quattro linee-, e le sono comparsi attorno quattro o cinque ordini longitudinali di cor- Nul'OAUA DEL ORANO l/lNOIA. I 3 ") picelli hislunghi e scoloriti , che sono <|iio!li elio poi diventano semi. 20. Essendo tali corpicciuoli bislunghi ( n. 22 ) gli embrioni de'senii, meritano di essere esaminati da che nascono sino a che si perfezionano : onde vado qui ad esporre quanto vi ho osservato dal loro appa- rire fino alla loro perfezione. La prima volta che si ve- dono non sotio che piccioli coni di un pezzo, scolo- riti e trasparenti , lunghi circa i/5o di linea; e tuli si mantengono sino a che crescono a 7/ro di lun- ghezza. Allora si aprono alla sommità, e si dividono in un invoglio esteriore , ed in un corpicciuolo in- terno di colore verde scarico ed ottusissimo , anzi più grosso alla cima che alla base, sì che ha la tor- ma di cono a rovescio. Tagliando questo cono a lia- verso, con la lente e col microscopio comparisce di un pezzo solo. Quindi a poco però, fatto più grande, si mostra di due pezzi , l'uno esteriore , che circon- da perfettamente come una veste l'altro interiore, che è di un verde meno sbiancato del primo , da cui fa- cilmente si separa stringendoli fra due dita. Al ver- tice di tutto il cono sorge una cortissima laminelta , la quale ha la sua radice nella sostanza della veste, cui solo è appiccata , e che in appresso, come si ve- drà altrove, cresce grafidissima rispotlo del seme. La spessezza della veste è circa la rncth del diametro del corpo che racchiude. Questa sarà la ffstn dèi S(>rae. Intanto l'invoglio esteriore , che da |)iima pare di un pezzo solo , apjjresso si trova composto di sei pezzet- tini membranosi opposti , il più esterno di cui è il più grande, e comprende quasi per intero tutti gli al- tri , che sono successivamente più sottili e stretti di esso. I quali pezzetti membranosi vanno ad essere le glume del seme. I semi primi a comparire sono quelli i3f> Scienze della base della spiga; e secondo l'ordine della loro comparsa si perfezionano : talché mentre gli uni so- no già perfetti , gli altri cominciano appena a farsi vedere. Quanto più crescono tanto più la loro figura somiglia quella del cono a rovescio: ne a quest'ora si vecloao su la superfìcie loro quelle facce o lati che si formano appresso. ^4- 1^0 detto nel iitim. 23 che sul rachide della spighetta nascono dove quattro , e dove cinque or- dini di semi. Questi ordini non sono gli stessi pei tutto il rachide. Presso la sommità sono semplici , cioè ogni peduncolo porla un seme ; ma in lutto il resto sono composti , cioè ogni |)eduncolo si par- te in due, uno rametto dell'altro, i quali porti- no ciascuno il suo seme ; si che quivi il numero de'semi è 8, o io; e verso la base il pii^i delle volte ogni peduncolo ne sostiene tre con altret- tanti semi , de' quali quello di mezzo è sempre il più piccolo. Secondo il vigore della pianta varia il numero de'semi a tre , e a due. Alla sommità proprio del rachide scema anche il numero degli or- dini , perchè il penultimo è di tre , ed all'ultimo vi è un seme solo. 25. Fin qui ho tenuto dietro alla comparsa ed all'accrescimento de'semi nella spighetta presso due pollici lunga in poi. Volendo sapere quello che sta nelle spighette più piccole , ecco quanto ho osser- vato. In quelle sei linee lunghe il rachide è di i linea circa , e vi si vedono benissimo gli embrioni de' semi. Ma questi embrioni non sono che piccoli coni ottusissimi , e di una cortezza tale che il so- lo microscopio composto li distingue. E non occu- pano che ^/lo del rachide a cominciar dalla base : NoTOniIA DEL GUANO d'iNDIA l^'] l'altro decimo estremo è tutto liscio. Rachide ed em- Lrioiii de' semi sono scoloriti , e quasi trasparenti. Nelle spighette lunghe lin. i ^ il rachide è ap- pena visibile ad occhio nudo. Guardatolo col mi- croscopio composto , si vede schiacciato un poco , ed avente ai suoi iati de'hitorzolini ; e questi so- lo sopra 4/5 del rachide, T i/5 estremo essendo af- fatto liscio. Anche qui tutto è scolorito , e quasi trasparente. Nelle spighette poi più corte nulla si distin- gue , e p^r la troppo piccolezza (ielle parti , e per- chè in quelle le foglioline, come ho detto al num. 20, sono attaccate fra loro in un corpo solo. 26. Torno alla spiga fatta grande. Questa con- tinuando a crescere , nelle sue parti altro non suc- cede che un aumento di estensione. Al tempo del- la fecondazione della pianta , quando cioè la pan- nocchia perfezionata ha messo fuori le antere , e da questo cade gii^i spontaneo il polviscolo , la spiga si trova nello stato che segue. E lunga , per termine medio , cinque pollici , ed ha iì rachide di tre pollici di altezza , e poco mcn di un pol- lice di base. Rappresenta perfettamente un cono. Le undici foglie sono proporzionatamente cresciute, e gì' internodii divenuti più lunghi e più grossi. I semi sono ingranditi , e maggiormente i più vi- cini alla Lase. Quelli del vertice proprio sono i meno numerosi , e non hanno di lunghezza e lar- ghezza che un quarto circa di linea j ma quelli della Lase sono una linea e mezzo lunghi, ed al- trettanto larghi. Per la forma , poiché sono cresciu- ti vicinissimi , trovansi l'uno col suo aumento aver compresso l'altro , e però tutti esser in quattro la- ti , più o meno, secondo la causa comprimente, pia- ni o anche coavessi. Le glumette sono più gran- i38 Scienze di di prima , ma conservano la stossa natura, li seme h tutt'ora di due pezzi: de'quali resterno, la testa , si conserva tale quale prima ( num. 23 ) , ma l'interno è diventalo più grande , e più sugo- so ; tal che tagliato comunque , geme sul taglio aL- bondantissimo umore verde e limpido : ed inoltre guardando con lente una sua fetidi na traversale , un poco di tutta la circonferenza , specialmente ver- so la Lase del seme , è più opaca del rp>^to inter- no , perchè ne è di tessuto più fitto. Il pedunco- lo seguita ad essere compresso , ma un poco più lungo , e più grosso di prima. Le laminette alla somniita di ogni seme ( num. aS ) sono le cresciu- te più di tutto , in guisa che quclh^ de'semi alla base della spiga hanno sette pollici di lunghezza , e mezza linea circa di maggior largliezza ; siccome però quelli de'senii ap[)resso vanno successivamente decrescendo , così si arriva a quelli dell'apice che sono a pena visibili con la lente. Facendosi tanto lunghe , escono fuora delle foglie della spiga , e quivi da verdi-sbiancate che sono divengono per gradi di un rosso che , sperandoli e guardandoli con la lente , pare un bel cremesi. Questi sono gli stili de'pistilli. Alla sommità sono biforcuti , e que- sto biforcament), la spiga si trova cresciuta di un al- tro pollice in altezza, e proporzionatamente in gran- dezza. I semi pur vi sono aumentati di un terzo cir- ca , ma non in tutte le loro parti. Poiché le glume sono rimaste quali erano , anzi l'esteriore è scemata un poco in grossezza, quantunque fosse divenuta più fìita. L'aumento è seguito nel seme propriamente, e più in grossezza che in altezza. E siccome il seme sta nella spiga obliquo , e vi conserva costantemen- te inalterata questa direzione, cosi è chiaro che l'au- mento vi ha luogo tutto nel lato che dirò esteriore, in quello ciofe opposto all'altro che è in contatto col lachidc. A principio le glume coprivano perfettamen- te il seme; ma ora perchè quelle han cessato di cre- scere , non ne resta avvolta che la raetk inferiore so- lamente. La testa è divenuta più sottile e fitta, sen- za clie la sua tessitura si fosse punto alterata. L'este- riore del corpo compreso dalla testa, che anteceden- temente si distingueva per lo colore verde scarico , e per essere un poco più asciutto , e manco tenero dell'interno (n. 26, 27 ), ora si trova essere un cor- po a parte, una nuova membrana che rimane tra la lesta ed il corpo interno , cui sta tutt' ora appicca- to verso la base. Come si vedrà appresso , questa è la membrana propria , la quale è assai più sottile del- la testa, e solo un poco più grossa dove è attacca- ta al corpo interno, che, per quello che dirò in brje- 1^2 Scienze ve, è il periembrione : e da ora comincio a chiamar- lo con questo nome. Tutta la sostanza del periembrione è meno fìtta del solito, e le maglie ne sono più larghe e più li- bere di prima. È anche meno tenera , e sul taglio non geme che poco umore. Al fondo suo , immedia- te sotto la membrana propria , dal lato che sta in faccia al rachide si vede un altro corpicciuolo , che tagliato trasversalmente da una sezione triangolare con un angolo ottuso nel)' interno , e i due altri acuti alla superficie del periembrione, e co'due la- ti clie comprendono l'angolo ottuso convessi , e quel- lo alla superficie compreso dagli angoli acuti piano. La superficie corrispondente al lato piano è elitli- ca , ha nel suo mezzo un piccolo rilievo longitudi- nale, ed occupa in larghezza due terzi , ed in altez- za la meta di quella del periembrione in cui è: l'op- posto a questa superficie , formato da' lati dell' an- golo ottuso , e più esteso nella sua parte inferiore per un terzo di tutta la lunghezza , e di la va re- stringendosi sino alla sommità. Questo è il cotiledo- ne , il quale ora ha la consistenza maggiore di quel- la del periembrione, il colore verde chiaro, e l'umo- re anche in minor quantità del periembrione slesso. Non sorge immediatamente dal fondo del periembrio- ne, ma vi sta attaccato mediante un cortissimo ed ottusissimo gambo , che parte dal centro della sua base. Tagliato a fette sottili trasversali e longitudi- nali, e poste queste sotto ogni sorte di microscopii , non vi si osserva che un tessuto uniforme di maglie strettissime, formate di fibre minutissime, e contenen- ti umore verde scarico , il quale non lascia vederle che quando si è fatto un poco evaporare. Così a que- sto tempo il cotiledone non si trova essere che un cor- po semplice ed individuo, in cui non si ravvisa trac- Notoria, del grano d'ìnoia i/\3 eia alcuna dell' embrione che poi va ad esservi in ap- presso. Tanto si osserva ne' semi die sono presso la ha. se della spiga, i quali sono i più grandi, e però i più sviluppati. Dovendo però io conoscere lo stato del cotiledone quando è più piccolo , e finalmente os- servarlo nel suo nascimento , me ne hanno ofierto l'op- j)ortuuita gli altri semi della spiga stessa , i quali quanto più ne occupano la parte superiore, tanto più sono meno sviluppati. Esaminandone dunque moltis- simi , passando dai grandi ai minimi , si vede il co- tiledone a gradi divenir più piccolo , senza però al- terarsi la sua struttura interna; e finalmente, arrivato ad una picciolezza estrema , divenire un cono ottusis- simo. Questo cono è molle e trasparente , e per es- ser tanto piccolo non si può più notomizzare: ne' se- mi appresso è più corto , ma ha tutt'ora il suo gam- bo : air ultimo si confonde colla estremità del gambo stesso, il quale in questo stato non è che un corpic- ciiiolo a cono ottuso , estremamente corto , uniforme, mucilaginoso , e trasparente. Ultimamente anche il gambo scomparisce , e nel pciicmbrione non si rav- visa traccia alcuna del cotiledone con mezzi qualun- que. Onde il cotiledone , poiché quindici giorni do- po la caduta del polviscolo manca affatto , e vi è benissimo ed anzi grandicello dopo venticinque gior- ni , apparisce circa i venti giorni dopo che il polvi- scolo e caduto. Ma questo tempo , come ogni altra relativo alla comparsa , sviluppo e perfezione di quasi tutte le parti della pianta , non si può preci- samente determinare, perchè varia secondo la vegeta^ zione della pianta stessa. 29. Finalmente i semi di una spiga arrivata al- la sua perfezione mostrano quanto siegue. Gli stili so- no divenuti quasi secchi , e tutti spiccati affatto dal- i44 Scienze la testa, dove è rimasto uu sottile e corto rilievo du- ro al luogo del loro staccamento. Il seme ha acqui- stato tutta la sua grandezza , la quale varia secon- do la natura della pianta , quella della terra , del clima, delle meteore, e di ogni altra circostanza fa- vorevole alla vegetazione: la sua forma però è rima- sta la stessa; se non che le facce sono state un po- co pili compresse. Le glume non piià cresciute , e fat- te già quasi aride, ne circondano a pena la base, e perduto il color verde han preso il bianco sporco. Le due membrane sono diventate più sottili, e maggior- mente la testa , la quale ora ha acquistata la consi- stenza quasi di cuoio; e sono fra loro unite in mo- do che si stenta a separarle. Separate , non mostra- no avere alcun colore; ma quando stanno attorno al pcriembrione pajono del colore di quello. Il periem- brione ha le maglie si piene per ogni verso di un liquore denso , che il microscopio non vi può di- stinguere le fibre. Questo liquore presto evapora il suo fluido, e rimane una polvere abbondante ed impal- pabile. Il colore suo però non è lo stesso per tutto il pcriembrione : per uno strato esterno è rancio , e per lo resto interno è bianco di latte. E quando que- ste due sue varietà si evaporano , rimangono l'una la polvere rancia, e l'altra la polvere bianca. La par- te bianca è quella che ho chiamata il tuorlo, e la ran- cia l'albume ( n. 7 ) . Neil' una e nell' altra sì van formando de' vuoti e delle divisioni , specialmente nel tuorlo , le quali lo fanno comparire come separato in pezzi irregolari , varii di numero e di forma ne* diversi semi. Il cotiledone non è pii^i uniforme ed in- dividuo, ma contiene un nuovo corpicciuolo bislun- go , che è il germe. Si distinguono nel germe due parti ; l'inferiore cilindrica cortissima , che per un lato sta attaccata alla superficie della cavitk del co- NoTOMlA. DEL GRANO d'iNDIA 1 ^S tiledone , e la superiore falla a lingua , e molto più lunga dell' altra. Questa seconda separata , tagliata in più guisi^ , ed esaminata col microscopio , si tro- va composta di due invogli , l'uno nell' altro posto come due astucci , che chiedono un piccolo cilindro di un pezzo. La struttura di tutto l'embrione e la stessa di quella del cotiledone, cioè una continuazio- ne di maglie regolari formate da fibre nìinutissime. Se non che queste maglie sono in proporzione più strette nel cotiledone che ne' due astucci , ed ancìie più in questi che nel cilindretto dell' germe , il qua- le è pure abbondante di umore assai più del co- tiledone , specialmente nel suo cilindretto , e l'umo- re è limpido , e di un verde cupo. Quindi due cose io doveva meglio conoscere : come quella novità, nel periembrione , e come e quando è nato il germe. PerclTe ho esaminati de' se- mi sempre più meno maturi degli antecedenti , on- de seguire cosi il progresso del loro sviluppo ; ed ho osservato quanto segue. Il liquore del periembrione h gi alletto fin da quando si sono votate le antere, perchè , come già ho detto nel num. 37 , fin d'allora questa parte del seme , le fibre di cui di lor natura non hanno co- lore I si vede per ciò coloiata in giallo. Quel li- quore però è poco denso , (hI evaporandosi depone una sostanza solida in quantità appena sensibile. Come il seme si fa più grande , il liquore al con- trario decresce , conservando sempre le stesse qua- lità. Ma quando il seme si avvicina alla sua per- fezione , la quantità del liquore comincia di nuovo ad aumentare ; e presto diviene abbondantissima e carica di polvere , e questa polvere perfettamente rancia nell' esterno » e bianca nell' interno ; senza che si potesse penetrare nella causa di tanto e si G.A.T.XXXIX. la I ^G ^ e I E N z r. subilo cambiamento. In progresso di tempo torna a diminuire il liquore , sino a cessare affatto : e gii allora gran quantità della polvere rancia e bianca si è depositata nelle maglie dell' albume e del tuor- lo , sì che la struttura fibrosa di questi non più si discerne. I vuoti e le separazioni si formano pri- ma che il seme pervenga alla sua perfezione, quando la prima volta va mancando il liquore nel perieni- brione , la continuità nella sostanza del quale pri- ma si vede inalterata. Forse il liquore mancando, le parti che prima continuavano, ritirandosi, si separano , e danno luogo cosi alla formazione delle divisioni e de' vuoti. In quanto poi alla origine del germe , il co- tiledone , che prima ha la tessitura in tutto uni- forme , poi la mostra meno fìtta nel suo mezzo , essendovi le maglie più larghe che nel resto. Ap- presso lutt' insieme la parte di mezzo meno fitta si trova separata dall' altra attorno , formando co- sì un corpo da se , che ha la figura di un cilin- dretto schiacciato secondo i lati più larghi del co- tiledone. Questo è da prima il germe , il quale in questo stato , per quanto si esamini , non si tro- va essere che di un pezzo solo , tenerissimo ed umi- dissimo. Quindi a poco il suo esterno diviene più asciutto e meno tenero dell' interno , da cui si tro- va separato in forma di una sottilissima foglietta. Co- sì il disopra del germe è passato ad essere di due pezzi, di un invoglio cioè , e di un cilindretto schiac- ciato interno. Finalmente si separa nello stesso mo- do antecedente l'esterno di questo cilindretto , ed il gfrme acquista due invogli attorno al piccolo ci- lindro. In quanto tempo succeda tutto ciò non mi h stato possibile determinare , perchè varia secondo il vigore della pianta cui appartengono i semi, NOTOMtA DEL GRANO d'iINDIJL l^'J .secondo le circostanze favorevoli alla loro vegetazio- ne. Per un termine medio posso fissare dieci giorni. 3o. Il racliide ha la struttura simile a quella del culmo. Come questo presenta a prima vista una mi- dolla bianca, tenera , e piena di umore, attorniata da uno strato ,duretto , verde, ed asciutto: le quali par- ti sono formate dagli elementi che dirò parlando del culmo. Dallo strato verde scappano fasci pochissi- mo obliqui di fibrelline , che uscendo fuori del ra- chide vi formano un peduncolo , il quale subito si divide in due altri peduncoletti , che come rami di uno stesso tronco portano ciascuno il suo seme. La struttura di questi peduncoli ( e ciò tanto de' rametti quanto del tronco) , è in piccolo tale quale quella drl rachide stesso. La parte esterna verde del rachide da prima è tenera , ma poi coli' ingrossare ed indurare gli organi che la formano indura anch'essa. E quan- do l'ingrandimento del rachide è divenuto massimo, tanto questa parte , quanto la midolla si trovano aver perduto per gradi lutto il fluido che conteneva- no , e ridotti all' asciutto , anzi al secco. È lo stesso de' peduncoli, l'induramento de' quali, del loro stra- to esterno specialmente , e sommo quando il seme giunto alla sua perfezione non può andar più oltre. La base del peduncolo della spiga, il pedunco- lo stesso, ed il rachide che da prima sono schiaccia- ti , in progresso di tempo a poco a poco divengono cilindrici: il primo però a diventar talee il rachide, appresso i peduncolo , l'ultimo la base del pedun- colo (a). {a) Nolo qui che vi sieno molte spighe che i nostri chiamano quarantine , le quali sono le più grandi di tut- te ^ e co' più grossi semi. Queste hanno alla som- mità una piccola pannocchia formata da una spighetta 10* i./^8 Scienze §. V. Della pannocchia. 3i. La piccola pannocchia , di dui ho parlato nel niim. 2 1 , dopo un altro mese, o più se la centrale lunga più di un pollice , e da altre più corte laterali : tutte di fiori sterili o maschi. ì II peduncolo delle spighe non è sempre della stes- sa lungJiezza. Tah'olta gV internodii sono di poche li- nee ," e talvolta il maggiore n eccede il pollice . Sem- pre però si conserva fra loro quella proporzione che sta nel culmo. Le foglie per lo più consistono nel solo picciuolo vaginante : ma nelle spighe più grandi hanno anche una laminetta di forma triangolare. In molte spighe si trova al terzo o al quarto nodo una spighet- ta , i semi di cui di rado ingrossano e perfezionano, E ne ho osservato una che aveva al quarto nodo una spighetta , ed alla sommità una piccola pannocchia dì cinque spighette sterili. Il numero de'' semi nelle spighe varia secondo che sono più o meno sviluppate , ed appartengono a pian- te piti o meno vigorose. In una delle più grandi ne ho numerato quaranta coppie per ogni ordine verticale. Onde , essendo sino a cinque di questi ordini per ogni spiga , i semi vi arrivano al numero di quattrocento : numera che può essere aumentato di altri cinquanta po' semi che stanno a tre sopra un peduncolo co- mune. E siccome vi sono alcune piante che hanno sino a quattro spighe , così , ove tutte quattro egualmente fruttificassero , tali piante avrebbero dumila e dngento S'uni. Ma a tal numero non si perviene , perchè dove stanno, quattro spighe , due solo al più sono le compiuta-- {lient^ perfezionoite.. pijiita non vegeta con mollo vigore, .si trova ave- je il rachide allo due pollici circa , e di una du- rezza poco meno di quella del culmo. Le coppie de' fiorellini vi stanno opposte alternataineate se so- no due, e se sono quattro opposte solamente a due a due, ed ogni due alterne rispetto alle altre due. Dove nascono fiorellini il rachide ha un nodo, il quale è ste- so per tutto il suo diametro se vi hanno due cop- pie opposte, e per la meta solamente se le coppie sono semplicemente alterne. Le spighette attorno alla hase della spiga principale anche sono in propor- zione cresciute e moltiplicate in guisa , che in al- cune piante si arriva a contarne sino a quaranta e più. Queste, e specialmente le più superiori, han- no quasi sempre i fiorellini solo alterni , comechè la loro spiga madre gli abbia a due a due alterna- tamente opposti : anzi alla sommila portano fiorel- lini non a coppie ma unici. E nella spiga princi- pale si vedono ad un tempo i peduncoli della som- mila portare un solo fiorellino , e quelli della base portarne tre. Finalmente le spi::;hette infime hanno alla loro base o [r.-diinculi con tre fiorellini , o altre spighette più piccole , e più semplici di loro. In ogni fiorellino la clavetta si trova più al- lungata che cresciuta in grossezza , e ridotta così a sottile peduncolo. Nelle coppie de' fiorellini uno di questi ha il peduncolo lunghetto, e l'altro lo ha cortissimo , che è come ramoscello del primo : se i fiorellini sono tre , i due pinluncoli ramelle del più lungo sono alternatamente opposti , e quello infimo è il brevissimo. Il peduncolo principale e nodoso dove mette fuori gli altri suoi rauioscelli. La strut- tura interna de' peduncoli e quale quella del cul- mo con poca modificazione : onde ne parlerò al- trove tutt' insieme. 1 5o S e 1 E N e E Il corpicciuolo clic è alla sommità di ogni pe- duncolo (n. 2i) fin da quando la piccola pannoc- chia non è alta più di mezzo pollice , cresciuto in grossezza ed in altezza si trova ridotto ad un cono , il quale pare di un pezzo solo , ed ha un fessolino longitudinale , per cui si apre con al- quanto di dilFicolta. Così aperto si vedo essere co- me una sottile fogliolina rivolta a quel modo , e tenere in tutto il suo interno sei altri corpicciuoli Lislunghi , tre de' quali sono più corti e non di- stinti al par degli altri. Ciascuno di questi corpic- ciuoli pare un quadrello co' lati leggiermente con- cavi , di superficie liscia , di un verde scarico as- sai , e mezzo trasparenti. Queste sono le antere , in cui a questo tempo punto non si distinguono i filamenti , tanto che sono cortissimi. Tra le antere e la fogliolina che le fa da coperchio si vedono pa- recchie membranuzze , il numero e la figura delle quali non si può discernere, perchè , oltre all'esse- re piccolissime , sono aggrovigliate ed unite stret- tamente fra loro stesse e con le antere , s\ che vengono ad essere lacerate e guaste volendole se- parare. 32. In fiorellini più piccoli le antere sono più corte , meno grosse , di figura meno distinta , ed aifatto senza colore; le membranuzze si distinguo- no pure , ma a stento ; il piccolo coperchio e più angusto ed ottuso , e circonda immediatamente le par- ti che contiene, 33. In fiorellini ancor più piccoli le antere so- no cortissime , la solila loro figura non si discer- ne , e pajono produzioncelle ovali , quasi gelatino- se , ed assai tra loro unite. Le membranuzze sono visibili ancora , ma come un sol corpo irregolare, della consistenza di gelatina , che attornèa ed è Noi'()itU\ DiCL GUANO d'iNDIA. I ,") I appiccato sì alla base delle antere c!i(; a mala pf^- na se no può staccarlo. Il coperclnelLO è più corto e più ottuso , abbraccia più forte le antere e le membrane , e su la sua superficie non più si ve- de il solito fessoli no. 34. Finalmente in fiorellini più piccioli degli antecedenti niente più si distingue , peicìiè le an- tere e le membrane formano un corpo solo gluti- noso, uniforme, e senza colore, circondato imme- diatamente dal coperchio , il quale è ottusissimo e Sfilza la meno!)ia traccia del fessolino longitudina- le; ed è s\ bene tenerissimo , ma molto più con- sistente di quanto circonda. 35. Nella spighetta poi di tre pollici circa i fiorellini sono più grandi di quelli del num. 3i , ma ne hanno le stesse parti. Se non che le mem- branuzze si cominciano a distinguer bene , e le antere sono un poco più lunghe. 3G. In una spiga di circa quattro pollici, tutto essendo più ingrandito e meglio sviluppato , si os- serva quanto segue. La foglietta a coperchio , c!ie sin qui e stata chiusa perfcUimente , ora si apre nel fesso longitudinale dal fondo ai vertice , e ri- mane ad essere la glunia esteriore che contiene tut- to il resto del fioretto. Sotto questa gluma ne stan- no altre sette , e sei antere. Ogni tre antere stan- no tra quattro glume , delle quali tre sono al lato esterno , ed una sola all' interno. Tulle le sei giù-» me esteriip sono l'una opposta alT altra : le inter- ne poi sono opposte alle corrispondenti esterne. La gluma opposta alla prima esteriore n' n meno grande : la terza opposta alla seconda n' è pure meno grande : e così successivamente tutte scema- no in grandezza fino all' ultima. La prima e la se- conda , e quella meglio di questa , sono come pie- i5a Scienze cole foglio , a guisa delle quali hanno anche quelle specie di nervi , che si distinguono su le loro su- perficie al colore piìi chiaro del resto : tutte le altre sono membranose. Le antere che appartengo- no alla pii!i grande gluma sono le piìi lunghe , ed hanno anche i filamenti , coniechè si vedano a mala pena. Così ogni fioretto è composto di due fiorel- lini uno più piccolo dell' altro , che si sviluppano successivamente. 37. In progresso di tempo non segue che il maggior aumento del fiorellino composto. Le glume tutte si fanno in proporzione più grandi , consi- stenti , e finalmente aride dopo che il fioretto mi- nore è quanto l'altro. Alla base di ogni antera il filamento si va sempre più allungando , e giugne ad uscire fuora delle glume , ed a mostrarvi pen- zoloni le antere. E siccome nelle glume niente più succede, meno che dopo l'aridezza la morte, e negli starai si bene succedono degli altri cambiamenti , cos\ di questi soli mi resta a trattare. 38. I filamenti da prima sono tanto corti che non sono visibili con qualunque lente. Appresso , quando il fiorellino ha circa due linee di lunghez- za, il filamento si comincia a vedere, ed è i/5o dell* antera , essendo già. questa lunga una linea e mezzo circa. Sotto il microscopio composto si mostra della figura di una fogliolina bislunga-ovata , di cui l'estre- mità ottusa parte dal ricettacolo , e l'altra alquanto acuta va nella base dell'antera. I lembi laterali del- la parte più larga di questa foglietta si aggrovi- gliano entrambi verso Io stesso lato. È affatto sco- lorito , mentre l'antera che sostiene è verde chiaro. La sua tessitura è fitta , ed in tulio omogenea , e formata da fili longitudinali , e filetti trasversali , tutti opachi , schiacciati alquanto , ed asciutti alla NoTo.iiiA DEL an\NO d'india i53 circonferenza ; tia mezzo a' quali sono de' punti tra-t sparenti , che sono strettissime maglioline. Sul taglio di un filamento si vede poco umore : dove i filetti longitudinali e trasversali si uniscono non vi ha nodo alcuno. Esaminando i filamenti de' fiorellini sempre più grandi sino a quelli che non crescono più , si os- serva che aumentano in lunghezza e larghezza , ed anclie in grossezza , senza però alterarsi la loro strut- tura. L'aumento però in larghezza e in grossezza è quasi nullo rispetto a quello in lunghezza , perchè il filamento giunto alla sua perfezione è quattro a cinque linee lungo , e largo appena un decimo di linea, ed anche meno di questo grosso. Nel quale stato non pare più una foglietta, ovale, ma s\ be- ne fatta a linea , i lembi laterali di cui sono ag- grovigliati, dove più dove meno, per lo stesso verso. Quando cadono le antere, i filamenti conserva- no ancora la forma e la struttura di prima . Po- co dopo però seccano , e finiscono come tutte le altre parti della pannocchia. 39. Ho detto nel num. 3i, che le antere la pri- ma volta che si discernono bene pajono qtiadrella co' lati leggermente concavi. Esaminate allora col microscopio si trovano composte di due foglioline elittiche , gli orli laterali di ciascuna delle quali leggermente si aggrovigliano per lo stesso verso , e stanno unite in un sol corpo pel loro dosso , ri- manendone libere le sole estremità , e la inferiore più della superiore. Le credi a prima vista formate di quattro corpi bislunghi , che sono i quattr' orli aggrovigliati. Le foglioline che formano queste an- tere sono verdi : hanno la tessitura assai fitta ; e non vi si distinguono che filetti longitudinali e tras- versali , schiacciati , ed opachi , tra' quali de' punti i54 S e I E N z r; trasparenti , clip col microscopio acutissimo si vedo- no essere piccole maglie quadrate. La superficie del- le antere è asciutta , ma quella del taglio fattovi a traverso e longitudinalmente è umida. Appresso crescendo le antere punto non si al- tera la loro composizione. Se non che i due orli di ciascuna delle suo foglioline, collo aggrovigliarsi sem- pre più , si avvicinano l'uno all' altro finché si toc- cano ; ed allora ogni fogliolina viene a formare un cannello più largo nel mézzo, e più stretto agli estre- mi , dove anche per piccolo spazio il cannello si ri- mane aperto. Queste aperture vi rimangono, perchè la fogliolina essendo quivi più angusta, i suoi orli non vi arrivano a toccarsi; e siccome l'apice è più a lun- go angusto della base , così in quello l'apertura è maggiore. Il filamento si attacca all' antera Ik dove le due foglioline sue cominciano ad essere unite. Con- tinua ad esser verde il colore delle antere, e la strut- tura la stessa di prima , come lo dimostra il micro- scopio. Finalmente crescendo di più le antere , il color verde si altera, e per gradi passa al rosso-roseo, ed ultimamente al giallo-scarico ; del qual colore sono quando stanno per cadere, ed ancora quando cado- no. La struttura delle foglioline non si è punto al- terata , ma la consistenza n'è divenuta legnosa , si che dove prima erano cedevoli e si piegavano facilmente, ora si rompono premendole. Avviene che nello stesso fiorellino le tre antere più grandi sono di color giallo-scarico , e le altre di rosso-roseo. 11 qual colore lo hanno talvolta anche quando per la cortezza del filamento stanno tuttora chiuse tra le glume. 4o. Il polviscolo comparisce con le antere. St» chiuso , come in una borsetta , ne' cannelli delle an- NOTOMIA DEL GUANO d'iNDIA i55; frip ; ove ogni suo granello è attaceato forlomenle ai tulli gli altri granelli attorno , ed anche alla superfi-;^ eie della borsetta finche questa è assai piccola. Come però l'antera cresce , si fan meno forti l'uno e l'altro attacco; e quando l'antera è arrivata alla sua perfe- zione , i granelli di polviscolo ne fra loro , ne con la superfìcie di quella sono punto attaccati. Così do- ve a principio il polviscolo non si può portar via dall' antere senza Tajuto di un ferruzzo , quando quelle sono divenute gialle ed uscite fuora de' fiorellini , se ne cade da se, ed a granelli tutti separati, ad ogni scossa anche la pii^i leggera. Il colore del polviscolo prima h verde scarico , poi verde scuro, e finalmente giallo meno e più ran- cio: il qual ultimo colore ha da che le antere comin- ciano ad arrossare. E affatto opaco. La grandezza de' suoi granelli varia secondo l'eia della pianta i la j)rima volta non si distinguono che col microscopio, appresso si vedono Lenissimo ad occhio nudo. La fi- gura n'è perfettamente ovale, e la superficie liscia; ne vi si discerne con qualunque microscopio gambo di sorta alcuna. Tagliando per mezzo un cannello di antera , e votando una delle metk di tutto il polviscolo che contiene , ne ho numerato i granelli con l'occhio ar- mato di lente , e gli ho trovati più di 80. Ogni can- nello dunque ne ha per lo meno iGo,ed ogni ante- ra 3ao : onde per ogni fiorellino, che ha sei antere, ve ne sono 1920, e per ogni coppia di fiorellini 384o« Così ogni spighetta , avendo per termine medio 4*^ coppie di fiorellini ( perchè in una pannocchia po- chissime delle infime ne hanno meno di venti , po- che 3o , tutte le altre 4o a 5o) viene ad avene i536oo granelli di polviscolo : ond' ^ che il loro numero è grandissimo per ogni pianta , perchè le pannocchie i50 S e I li x z E hanno ordinariamente da dieci a (jiiaiaula spighe, e pei" ciò fissandone come termine medio venti solo, ognuna he ha niente meno che 3072000. /{i. Un granello di polviscolo mediante un fer- ruzz,o si apre, e premuto si vuota subito di gran quan- tità di una. polvere minutissima senza colore , e tra- sparente, di figura ovale anch' essa. Resta una mem- brana che formava il borsellino del polviscolo. I gra- nelli della. polvere sono separati dal ferretto senza al- cuna difficoltk : il che prova che o non sono attac- cati affatto, o lo sono pochissimo fra Joro,e con la membrana che li chiude. Ne ho potuto discernervi al- tro fuor della detta polvere. La membrana dopo es- ser rimasta senza polvere, stesa sul portaoggetti del raicroscopio, la si vede di una sottigliezza grandissi- ma , e pertugiata d'innumerevoli bucolini; e la par- ie che circonda i bucolini non mostra i soliti filetti , ma è tutta continuata. 42. I granelli di polviscolo conservano la loro forma ovale sino a che sono nelle antere. Usciti da queste divengono grinzi , dopo due a tre ore se si tengono all' ombra , e dopo pochi minuti primi se si espongono al sole. Ne altro vi succede quan- do si seguita a tenerli al sole ed all' ombra per venti e pii!i giorni. Le grinze però dispariscono, e tor- • nano i granelli ad essere ovali e lisci come pri- ma quando si bagnano di acqua , sia che si met- tano proprio nell' acqua, sia die si tocchino con questo liquido. E quando l'acqua si è evaporata le grinze tornano ; e cos\ alternatamente dispari- scono e ritornano quante volte restano asciutte o bagnate di acqua. E lo stesso a pelo ho avuto ba- gnando i globettini di etere , di alcool , e di diversi . olii essenziali : in tutt' i quali casi , fuor delle grin- ze , niente altro vi ho osservato , comechè avessi NOTOMIA DEL GRANO d'inDIA i5'] ripeluto i saggi molte volte , fe per sino a venti idiomi e più. 'E lo stesso è avvenuto saggiando polviscolo verde , e rosso , e rancio o maturo. 43. Ma con lo spirito di trementina ho avu- to un risultato diverso. I granelli posti in quello , o solamente bagnati con quello , come divengono asciutti , oltre alle grinze , mostrano attorno a lo- jo una qualità della polvere finissima che conten- gono , senza che la membrana in cui tale polvere sta chiusa restasse il alcuna menoma parte squar- ciata. Ed ogni volta che si tornano a bagnare si vede nuova polvere, e la membrana resta sempre inalterata , all' infuori delle grinze che sono più gran- di e numerose ove sta attorno più polvere. Alcu- ni granelli però gli ho trovati aperti , e di questi la membrana rimasta senza polvere, che le sta spar- sa d'intorno. De' quali granelli aperti il numero è maggiore quanto sono più maturi , e si tengono più al sole esposti. 44- Quando gli stami sono arrivati alla loro per- fezione , ed i filamenti hanno acquistato tutta la lunghezza possibile , le antere uscite da' fiorellini si restano penzoli con le sommità in giù. Le quali sommità avendo per ogni cannello un'apertura (n. 3c)), per quest' apertura esce il polviscolo , e cade su la pianta, e sul suolo sottoposto. L'uscita del polvi- scolo è cagionata da qualunque scossa , comedi© lieve ; e l' ordinaria e naturale suol essere (juella che i venti producono nella pannocchia. E fuor di questa, altra causa non ho potuto scoprire, se non che forse vi concorrerà anche la gravila specifici del polviscolo stesso. Il sole , l'umidore , la sec-^ chezza, e qualunque altra meteora dell' atmosfera non vi hanno influenza alcuna. 4">. In moltissime piante ho veduto che la ca- duta del polviscolo segue quando gli stili ancora stan- l58 SCIENZK no chiusi tra gì' invogli delle spighe fruttifere. Nel- le altre poi succede quando gli stili sono già usciti dagl' invogli. Ed in questo caso que' granelli di pol- viscolo che cadono sulla parte asciutta vi restano si- no a che un' altra scossa ne li porti via. Ma quegli altri che vanno su' velli dello stilo , e dello stigma specialmente, i quali a questo tempo sono umidi, vi restano tutti appiccati , come gik ho detto nel num. 26 , e vi durano sino a quando i velli , dive- nuti secchi e vizzi , li lasciano portar via da' ven- ti , dalla pioggia , o da altre cose simili. 4G« Il polviscolo caduto su i pistilli ninna al- terazione vi soffre nel momento della sua caduta , sia maturo o immaturo , sia o no umida la parte del pistillo ove cade , e vi abbiano o no influen- za l'umidore e la temperatura dell' aria , e la pre- senza e la intensità della luce del sole. Niente altresì gli succede per tutto il tempo che vi resta, sia pur questo tempo lunghissimo , e varia la cir- costanza della luce , della temperatura , e dell' aria 1 se non che i suoi granelli divengono a poco a poco aggrinzati , come quando sono esposti soli all' aria ed al sole ; e lo divengono piià presto quando la parte del pistillo ove stanno , e l'atmosfera attorno sono meno umidi , e l'azione della luce solare è pili forte. E quando i granelli cadono da* pistilli per qualunque delle cause indicate , e si bagnano con l'acqua , tornano ad essere quali sono nelle antere , senza la menoma alterazione. 47» La struttura organica de' rachidi e de' pe- duncoli è come quella del culmo e de' rami del culmo : onde ne parlerò tutt' insieme (a). (a) Riferisco qui alcune osservazioni che possono rischiarare la natura della pannocchia. 'NOTOMIA DEL GRANO d'INDIÌl i5c) §. VI. Della perfezione e morte delle radici^ del culmo , e delle Jb glie. 48. Dopo aver veduto germogliare il seme nel §. a,e svilupparsi la piantolina nel §. 3 , ho seguito In una pianta alta cinque piedi ^ e situata in ter- reno concimato ed ombroso , la pannocchia era forma- ta di una '^piga in mezzo lunga sei pollici , e tre mi- nori attorno. In. (/nella di mezzo fino al sesto nodetto Ili erano due coppie di semi ^ e nel resto due coppie di fiorellini maschi. Ma tra questi , presso alla estremi- tà^ vi erano due coppie che portavano ciascuna un sC' me , ed un fiorellino sterile. Tutti i semi avevano at- torno quattro glume e tre stami in uh lato , ed altret ■ tanti stami e glume nel lato opposto : ma le prime glume e stami erano più grandi e meglio sviluppate del- le altre , e la prima gluma esterna delle une più gran- de di quella delle altre. Gli stami avevano i loro fila- meati ; e le antere , specialmente di quelle meno svi- luppati , erano due foglioline elittiche con gli orli la- terali appena aggrovigliati . I semi erano formati da una membrana esteriore di un sol pezzo , e di un cor- po interno sferico uniforme , le quali due parti al mi- croscopio presentavano solo maglie strettissime di fibre sottilissime. Alla sommità del seme stavano i filamenti nella lunghezza , forma , colore , e tessitura simili a quelli di tutte le spighe fruttifere. Un altra pianta alta due piedi e mezzo , cK era nello stesso sito dell' antecedente , non aveva spighe frutlijere lungo il suo culmo , ma ne aveva una alla iGo Scienze nei §.4*5 lo sviluppo progressiro , e la per- fezione delle spighe fruttifere e della pannocchia : questo stesso ora mi rimane a fare pel resto della intera pianta. Il culmo non fa che crescere in lunghezza ed in diametro , senza mostrare nel suo interno ed ester- no altro che quello che mostra ne' primi giorni di sua vita. Secondo la qualità del seme d'onde provie- sommità in vece della pannocchia. Questa spiga era lun- ga quattro pollici , e non le statmno attorno che le so^ le foglie del culmo. T^i erano quattr ordini longitudi- nali di semi , ma ogni due appartenevano ad un pe- duncolo comune. Verso la sovimità però erano sei ^ e piai quattro , e finalmente alla sommità proprio stava un sol peduncolo con due fiorellini sterili. Ed oltre a questo erano sterili anche quelli situati sino ad un pollice sotto la sommità. E nel resto vi erano molti peduncoli che portavano un fiorellino maschio ed un seme. Ma tutti questi semi non avevano attorno glume e stami co'ìie que" della pianta antecedente , sì bene quanto si osserva ne' semi di ogni spiga fruttifera la meglio svi- luppata. Ed i meglio cresciuti e coloriti non erano già què' presso la base , ma gli altri posti verso il mezzo del rachide. ^ In un altra pianta alta due piedi , e cresciuta in terreno grasso ed ombroso , la ponnocchia era composta di undici spighette. Delle quali quella di mezzo , la maggiore di tutte , aveva fiorellini sterili in tutta quan€ era ^fuor che nel mezzo , dove per circa mezzo pollice stanno otto ordini di semi , che avevano per ogni dus un sol peduncolo. E lo stesso era anche in tre altre spi- ghette situate alla base della pannocchia : se non che in queste in vece di otto vi erano quattro soli ordini NOTOMIA DEL GRANO d'iNDIA i6i ne , quella del terreno che lo nutre , la quantità di acqua clie lo irriga , la temperatura in cui vive , e la quantità di radici che gli appartengono , cresce pii^i o meno ; sì che dove non eccede l'altezza di un pie- de e la grossezza di tre linee , e dove arriva ad es- sere alto più di dieci piedi , e grosso più di un pol- lice. In ogni caso si conserva sempre nella lunghez- di semi , e per la lunghezza di un quarto di pollice. In tutti questi semi slattano le parti che si trainano in quelli di ogni altra spiga fruttifera. In una pianta alta tre piedi e senza spighe net cul- mo , ve nerano -venti nella pannocchia. Fra le quali quel- la di mezzo non aueva che semi , ed era tale quale una spiga fruttifera di mezzana grandezza. Anzi ogni pe- duncolo , in vece di due , portava tre semi. Ed oltre a questa , era tutta piena, di semi un altra spighetta si- tuata alla base della pannocchia ; e cinque altre appres- so avevano semi chi sino ad un terzo , e chi sino ad un quinto di lor lunghezza , a cominciar dalla base. JYè vi mancavano de' peduncoli che portavano ad un tem- po un fiore sterile ed un seme. Tutt* i quali semi era- no come quelli di ogni altra spiga , ma un poco più pic- coli. Una pianta alta non più di un piede , posta in fon- do grasso e bene esposto j non aveva spighe nel culmo , ed in vece ne aveva al luogo della pannocchia una così pie- na di semi , e di semi perfezionati , che pareva di quel- le di miglior qualità. In fine dico in uno di molte altre pannocchie , le spighe delle quali mi hanno mostrato dove semi , dove fiori sterili, e dove gli uni e gli altri ^ e con le partico- larità descriiie ne casi antccedcnlì. G.A.T.XXXIX. j I jGa S € I E N R E za de' suoi inteiriodii la proporzione che vi ho nota- ta, essendo piccola la piantolina , nel nurn. i3. Cosi è pure delle radici , le quali niente altro danno fuori che barbe e ramicelH ; il numero, lun- ghezza , e grossezza de' quali solo varia secondo il vigore della pianta. Se non che la loro quantità non e sempre la stessa , perchè spesso diventando radici i conicelli del secondo , e tal volta anche i bernoc- coli del terzo internodio, gli uni e gli altri variano iìi numero , come ho detto nel num. fq, Le foglie mettono fuora ognuna alla sua sommi- la un' altra foglietta a se slmile, la quale crescendo ne diviene la lamina , e quella ne rimane ad essere la guaina; l'una arriva ad avanzare la lunghezza di due piedi , e la larghezza , verso la base, di tre pol- lici ; e l'altra non eccede in lunghezza il piede , ed è larga s\ che si avvolge una volta e mezzo attorno al culmo. Tutte le foglie conservano sempre nel ere- score , e poi nella loro perfezione, la proporzione che ho notata nel num. i8. 5o. Nelle foglie si cominciano a vedere i velli da che la piantolina è a pena di dieci giorni. In questo tempo però sono solo al principio della cir- conferenza di ogni lamina; ed è nella piantolina di un mese che ne diviene vellosa tutta la circonferenza. E ciò succede in tutte le foglie, fuor che nelle pri- me quattro su le radici , le quali spuntano i loro velli -piò. tardi , e propriamente essendo la piantOf lina di giorni quaranta circa : quando si trovano divenute vellose anche le superficie superiori di tut- te le foglie. I velli primi a comparire sono in progresso di tempo i pili grandi ; e si osserva generalmente che le foglie pii\ vigorose ne hanno in maggior nume- jo, 0 di maggior lungheziza. Scino lunghi , chi pi^^ NOTOMIA DEi GRAWO d'iiHDIA |63 ehi meno , sino a circa tre linee. Stanno tutti obli- qui , e direlti per la sommità della foglia. Alcuni sono ramosi , tutti tlurctti , si che rendono scabre le parti cui appartengono. 5i. Guardando i velli con ogni sorta di rai- croscopii , si osserva che quelli escono da mezzo alle maglie delle fibre nella superficie superiore , e negli apici de' dentelli alla circonferenza di ogni fo- glia. Fino a che crescono pajono tubetti formati da membrana senza colore, trasparente, e piena di bu- colini. Quando poi hanno acquistato tutto l'aumen- to, cessano di comparire tanti tubi e restano mem- brane più larghe alla base che alla sommila , e che aggrovigliando i loro lembi , formano spezie di ca- naletti. Le quali membrane in questo stato conti- nuano ad essere trasparenti e senza colore , ma non hanno pii!i i pertugetti , e sono uniformemente fit- te assai , e cosi durano sino alla morte della inte- ra pianta. Se non che su la superficie esteriore del- la maggior parte di tali membrane ora si vedono de' corpicciuoli irregolari, senza colore, ed irrego- larmente sparsi ; e ciò più ne' velli della base die del resto della foglia , e nelle foglie vigorose e gran- di più che nelle altre. 52. Velli come questi delle foglie stanno pure nelle glume esteriori de' fiori maschi , ove sono nu- merosissimi , ma molto corti. Ed oltre alle foglie ed alle glume , altra parte nelle piante non vi ha che fosse vellosa. 53. Tagliando a traverso il culmo in ogni sua parte , a prima vista pare formato di una midol- la interna bianca e tenera , e di uno strato duro che circonda la midolla. Questa , durante la rigo- rosa vegetazione della pianta, contiene umore abbon- dante, ed assai più di quello dello strato attorno. il" iG4 Scienze Dopo però se£;uita la 'caduta del polviscolo , e per- fezionato il seme , il suo umore a grado diminui- sce , ed arriva a rimanere asciutta , e poi secca co- me ogn' altra parte della pianta. Lo stesso è delle radici , de- rachidi , e de' pe- duncoli de' fiori maschi , del rachide e de' peduncr- letti de' semi della spiga fruttifera , e de' rami ove la pianta ne ha (a). Se non die il diametro della mi- fa) / rami in questa pianta sono rari. Eccone la descrizione di uno che ho trovato al quarto nodo di una pianta alta circa quattro piedi. L-ingo due piedi circa ha undici nodi , ed altrettante foglie. Il primo inlernodio e un terzo del secondo , il quale e lungo un pollice , e lo è il più di tutti : il terzo è la metà, del secondo , ed il doppio del quarto. Così, gli altri sono sempre più corti fino al decimo cJi e il cortissimo. Le foglie , e per la forma e per V ordine nella grandezza , sono tali quali quelle del culmo. Nella settima la lamina è pic' cola , ed il resto è tutto picciuolo vaginante : le altre in su mancano affatto di lamina , come quelle di tutte le spighe frutt fere. Il secondo e terzo nodo hanno cia- scuno una spiga femminina , situati ne^ lati opposti : quel' la del secondo è lunga cinque pollici , e lo è poco meno quella del terzo. Queste spighe sono come tutte le altri più grandi , ed hanno la parte fruttifera lunga non più di un pollice ; ed in ciò solo differiscono da un altra sj'ìga che e alla sommità del ramo. Qual terza spiga terminale è lunga circa cinque pollici , e sta poco dopo riindecimo nodo. Ha i semi come tutte le altre spighe Jlinminine , ma alla sommità , per un tratto di circa un pollice , ha , in vece di semi , fiorelli maschi. Anzi un poco più sotto di questa parte , tra i peduncoli che por- tQno ciascuno due semi ve ne ha uno che porta un seme ed NoTOUIA DEL GUANO d' INDIA l()5 tlolla e dello strato che la circonda, e la d\(ìo- renza nella quantità di umore che queste conten- gono , sono minori nelle parli più piccole , come nel rachide e ne'pecluncoletti della pannocchia , e ne peduncoletti de' semi. ^Se il diametro della midolla è mezzo pollice , la spessezza dello strato attorno non eccede la linea. 54- Guardando con una semplice lente il taglio fatto a traverso doli' internodio , si vede nella mi- dolla una continuazione di cellette esagone , rego- liii , ed uniformi , die vi pajono come quelle del favo; •' tra le cellette alcune hoccucce gementi at- tualmente; umore assai , ed una moltitudine di pun- ti opachi che gemono anche umore ma in minor quantità di quelle , e non mostrant> la menoma aper- tura. Le celluzze non sono asciutte , ma anche nel vigor della vegetazione non gemono umore come le boccucce ed i punti opachi , da' quali proviene la maggior parte di quello che in breve bagna tut- ta la superficie del taglio . Anzi arriva un tempo un fiorellino maschio. E tra i fiorellini maschi della som- mità ve ne hanno tre i peduncoli di cui portano pure un fiorellino ed un seme. Questi quattro semi però differi- scono un poco dagli altri della stessa spiga , perche ne sono più sottili e corti , e mancano dello stilo. Inoltre tuli' i semi di questa spiga ìianno quattro sole glume .,fra le quali due soli stami con le loro antere , come quelli de fiori maschi. Quando pei altro le antere della pannocchia hanno già versato il loio poi viscalo , quelle de' semi si sono rimaste tra le glume , d'onde non sono uscite inai. A que- sto tempo sezionati i semi , gli ho trovati composti di un in- voglio esteriore , e di un corpo interno di un sol pcz^o di color verde cupo. E sezionato tutto il ramo , la sua struttura interna si è mostrata tale quale quella del cul'uo principale. i()0 Scienze in cui le cplleltc sono quasi asciutte , e la solita funzione delle boccucce si è poco alterata. Colia sezione verticale della midolla si vede che tali boc- cucce e punti opachi sono all' estremità di spezie di fila che , come mostrerò appresso , sono vasi ; e da ora con questo nome li chiamerò , per evitare la nojosa circonlocuzione. Alcuni vasi nell' esterno della Jiiidolla stanno disposti senz' ordine, e solo presso al- la sua circonferenza ve ne ha un ordine circolare , nel quale gli uni sono equidistanti dagli altri. Parec- chi si vedono soli , altri uniti a due, a tre, ed an- che a pili fasci. Il diametro di tutti non è lo slesso; ed ove sono uniti, quello del vaso di mezzo è il mag- giore. Sono schiacciati, e la boccuccia comparisce più o meno elittica. Nella sezione verticale non si vedo- no boccucce, ma solo le lunghezze de' vasi; e le cellette che gli stanno attorno quivi compariscono più anguste, e più lunghe di quelle del taglio a traverso. 55. Nei nodi le cellette sono della stessa forma di quelle clegl' internodii , ma più picciole. Attorno aVasi ne stanno degli altri sottilissimi , ed in nume- ro cos\ grande che tutta la superficie trasversale del taglio pare coperta dalle loro estremità. Questi secon- di vaselletti non mostrano al microscopio le boccuc- ce , ma gemono umore alle loro sommila. Si dirigo- no verticalmente , obbliquamente , e parallellamen- to al piano del nodo , perchè se ne vedono Testre- mita su i tagli verticale , obliquo , ed a traverso. Sono cortissimi, perche non si estendono al di la di due linee al di sopra del nodo. Alcuni però di quel- li che sono presso la circonferenza del culmo si uni- scono a fascio, e si prolungano fuori del nodo, in- nanzi a dove nascono le foglie , e vi danno origine a'rami , alle spighe fruttifere , ed a qiie' conicclli e bernoccoli , de' quali alcuni talvolta si sviluppano in iS^OrOVUA DKLGUANO d' IN'DI.V iGj radici. Tali fasci ùi vaselletti rappresentano la fìf>n- ra del cono, eh' ò alquanto schiacciato parallcllarnen- te al piano dilA DEL GUANO d' INDIA iGQ. Tutt' i rami della radice hanno la midolla come quella del fittone. E non vi sono nodi, ed i vasi vi sono assai neraerosi , ed alla circonferenza, qua e la senz' ordine, si riuniscono fascetti di vasi clie si pro- lungano in harbe ; ed in fine nel suo centro si va- formando col tempo il voto. Qui però il voto in pro- porzione e maggiore di quello del fittone ; ed i va- si che rimangono senza cellette si ravvicinano sem- pre pili verso la circonferenza, ed indurano si, che finalmente ogni ramo di radice diviene da capo a fondo una cannuccia , difficile , non che a rompe- re , a tagliare. Nelle sole barbe , e nelle stremila de' rami , e nelle sottilissime ramelle delle radici il voto della midolla affatto manca. 59. Lo strato che circonda la midolla ( n. 53 ) le sta sempre attaccato , in guisa che ne pare una continuazione. E formato di vasi che sono a con- tatto gli uni cogli altri , si che formano un ordi- ne tra mezzo al quale appajono poche cellette , e queste assai an -uste. Sul taglio a traverso geme su- bito deir umore verde e limpido ; e si vedono be- ne con la lente acutissima le boccucce di molti vasi : le quali boccucce sono come quelle de' vasi della midolla , ma di un diametro un poco minore. Questo diametro però non è sempre lo stesso: nel- la piantolina di pochi giorni è minimo tanto da non potervi distinguere l'apertura : come la pianta cre- sce, l'apertura si fa vedere, e diviene massima quan- do quella sta per is[)untare la pannocchia : poi tor- na a farsi piìi stretta , ed ultimamente sparisce af- fatto , essendo la pianta presso al termine di sua vita. Anche l'umore , che tali boccucce gemono , va- ria in quantità ; ed è poco nella piantolina , mol- to nella pianta giovine e vigorosa , e torna ad es- ser poco neir adulta , e m.inca quasi affatto nella lyo S e 1 F r« z E pianta vicina a morirò. Più, la spessezza dello stra- to di cui parliamo anclie varia , essendo maggiore quanto e V eia e la grandezza del culmo : e col- la lente , e colla separazione meccanica de' vasi che lo compongono , si vede chiaro che ciò dipen- de mono dall' aumento in grossezza , che dal nume- ro de' vasi i quali si moltiplicano come la pianta cresce. In fine nella pianta di poca etk lo strato è tenero poco meno della midolla che circonda , ma poi si va facendo sempre piti duro , e finisce coir essere durissimo quanto la sostanza lignosa degli alberi. Sui taglio verticale si osservano anche poche cellette, ed inoltre molte cortissime fibre che stan- no obbliquamenlc tra un vaso e l'altro ; e nel luo- go dell' unione di queste fibre co' vasi non si di- stingue ingrossamento alcuno , ma pare che propria- mente ne partissero. Il culmo pur gradi si assottiglia, in modo che alla sommila della pannocchia ha appena un quarto di li- nea di diametro , mentre arriva ad averne un polli- ce e più verso la sua meta. I vasi dunque dello strato di cui qui parlo non pervengono tulli alla estremila che il culmo , altrimenti questa non potreb- be avere un diametro cosi impicciolito. E conviene credere che finiscano a poco a poco come il culmo si assottiglia. Go. II detto nel numero antecedente riguarda lo strato che circonda la midolla tanto negl' inter- nodii del culmo e de'rami , quanto ne' peduncoli e ne' rachidi delle spighe fruttifere e sterili , e nel fittone della radice. Ne' rami però della radice , e ne' nodi dove stanno foglie , e produzioni siraiglie- voli alle foglie , si osservano le altre seguenti par- ticolarità. Ne' nodi i vasi dello strato ne' loro lati JNOTOMIA DEL GRANO d'iNDIA. I7I estremi producono ognuno vin altro vaso come suo ramo , e tutti questi rami si prolungano allo este- riore del culmo , e vanno a formare la foglia. Dove spuntano i rami pare che il vaso padre si divida in due , de' quali uno continua nello inlernodio su- ])eriore , e l'altro h il ramo che va nella foglia. Il diametro de' rami e un poco più grande di quel- lo degli altri vasi : forse perchè , essendo quelli li- Leri da qualunque pressione subito dopo il loro nascere, possono anche meglio crescere ed ingran- dire. Ne' rami della radice poi , ricordo che i vasi della midolla si riuniscono presso la circonferenza e vi formano una cannuccia ( n. 58). Ora ([uando questa cannuccia si è formata , lo strato esterno , che prima era congiunto con la midolla , se ne spicca affatto , appunto come fanno le cortecce degli alberi dall' alburno loro sottoposto in ogni prima- vera. Sicché tali rami si riducono ad esser compo- sti di due cannelli legnosi , uno dentro l'altro , ma distinti ; de' quali l'esterno è piìi sottile assai dell' interno , ed è quello da cui solamente derivano le Larbe. Questi rami e le loro barbe muojono pri- ma dell' altra parte della radice , perchè il fìttone con le sue barbe ancora contiene umore quando quelli sono gik secchi. Gì. Nelle foglie si distingue la vagina dalla la- mina ; e tutte due si vedono formate dagli stessi ele- menti , ma con coita modiiìcazione. Tagliando a tra- verso la vagina, si riconoscono subito i vasi all'umo- re che n'esce , ed alle boccucce che si discernono , le quali stanno disposte l'una appresso l'altra simmetri- camente sopra tutto il taglio, e vi occupano il mez- zo tra le due facce della vagina. Le boccucce sono quasi elittiche , ed hanno diametri diversi , tra' qua- li alcuni che sono i maggiori di quanti altri si vedo- 172 Scienze no in tutta la pianta. Attorno a (|iiesl'e boccucce non vi ha altro che cellette esagone , di cui le pii^i strette sono quelle che stanno immcclialamente pres- so i vasi, e le altre alla periferia del taglio: le più larghe sono come quelle del centro. Sperando la va- gina , ed osservandola ad occhio armato di lente , si vede chiaro la lunghezza de' vasi, i quali soli, o uni- ti a fascio , dall' origine della vagina van sempre divergendo , in guisa che ben presto si riuniscono lungo il mezzo di quella, dove costituiscono così una spessezza e gi'ossezza maggiore del resto. E tra un vaso e Tallro si vedono molli vaselli corti ed obli- qui, che hanno in quelli gli stremi loro. E da que- sti vaselli partono altri vaselletti , i quali ne hanno ancora degli altri piià corti e sottili. E come si usi di lenti più acute si distinguono degli altri ramellt vasi , che prima non si distinguevano. I quali pajo- no tutti tante continuate ramificazioni. Che se poi si tafrlia la vagina verticalmente, allora si vedono i so- li vaselli obliqui , ed al più anche i loro vaselletti : lutto il resto comparisce cellette che stanno attorno a'grandi vasi. La lamina h più sottile della guaina, di cui con- tiene assai meno umore. I suoi vasi sono di diversa grandezza , stanno vicinissimi , e dal suo principio van divergendo sino alla sommità : onde la grossez- za che ha lungo il mezzo dei suo dosso , la quale proviene dal fascio de' vasi convergenti della guaina, va diminuendo , e finalmente cessa verso la sua par- te superiore. Fra tali vasi si vedono de' cortissimi vaselli , da' quali non partono altri vasellini come nella guaina. Le cellette sono poche , e circondano i vasi per ogni verso. Sono as,sai strette , e le più esterne alle superficie della lamina sono le più stret- te di tutte. I vasi sono prolungazioni di quelli della Notoria del grano d' india l'yS vagina , i quali si curvano un poco dove la va- gina finisce , e poi si dirizzano nuovamente nella lamina. La parte della foglia dove i vasi si curvano ha un tessuto fitto più che altrove ; e nel lato che tocca il culmo sta una spezie di membrana larga ([uanlo lo è quivi la foglia , e lunga circa mez- zo pollice. La quale al microscopio mostra il suo tossalo formato di fibre sottili , disposte vicinissime per Io lungo , con altre cortissime a traverso. Le (juali fibre cominciano su i vasi della vagina ; e , coraechò non manifestino boccucce di sorte alcu- na , tagliate , il loro taglio rimane ben coperto di umore. I vasi della vagina si allungano meno di que* della lamina , perchè questa cresce in lunghezza , a parità di circostanze, il triplo circa di quella, come ho detto nel n. 49* 62. Il diametro di tutt' i vasi , oltre all'esse- re diverso nelle differenti parti della pianta, pare che lo sia pure a differenti altezze di una parte stessa. Nel culmo , tagliandolo dal suo principio alla:, fine , si vede che la quantità del fluido che vi esce da' vasi diminuisce come si va verso la estre- mila di quello , sia l'estremità che va sotterra , o l'altra opposta. Nelle radici, foglie, rami, e spighe fruttifere il fluido è pure in maggior copia alle ba' si che alle lor sommità ; e le boccucce, che in que- ste sono invisibili , in quelle si distinguono bene. Riducendo a solo un vaso di quelli che hanno il mag- gior diametro, ad occhio nudo lo si vede schiacciato. La sua apertura è quasi elittica. Tagliato con destrez- za longitudinalmente , e parallellaraenle alla schiac- ciatura , rimane diviso in due membrane : una del- le quali, posta sotto il microscopio , apparisco for- mata di fili sottili assai, strettamente uniti fra lo- 174 SciENKE rò,c senza fili trasversali. Su quf^sla membrana stan- no sparsi senz* ordine pii!i fiori di varia grandezza , è chi elittico , chi circolare , ed i più irregolari. Quando però il vaso è preso da una foglia o da un culmo cresciuti affatto, e vicini ad indurare, la membrana , oltre al comparire più spessa , manca di tali fiori. Che se si tagliano allo stesso modo de' va- si più piccoli che non mostrano boccucce , si divi- dono anche in due membrane; ma in queste non si discernono fori , qualunque nel resto sieno come i vasi maggiori. ()3. Tutte le cell(*lte , tanto del culmo quanto della radice , de'rami, foglie e spighe, o che si osser- vano sul taglio a traverso, o su l'altro longitudina- le, a prima vista pare she sieno formate di sei mem- brane che ne sono come le pareti. Le quali Tajuto della lente e maggior diligenza non confermano, per- chè in lor vece si trovano innumerevoli maglie me- no e più piccole, formate tutte di fibre. E quel- la che pare membrana alla debole ed anche alla for- te lente , mostra le sue maglie al microscopio fortis- simo. Le maglie che stanno attorno a'vasi sono le più grandi; minori quelle che provengono dalle pri- me , più piccole quelle che nascono dalle seconde ; e. cosi si vanno sempre più impicciolendo sino a non farsi più distinguere prima dal solo occhio, poi dalla lente , e finalmente da' più forti microscopia Si vede pure che le fibre , che formano tali maglie, sono di sottigliezza diversa , e proporzionale alla grandezza delle maglie cui appartengono. Ma tal differenza è molto poca , e ci vuole assai di attenzione per di- scernerla. Dove le fibre si uniscono , non si distinguo- no nodi. Ogni fibra è egualmente grossa in tutta la sua lunghezza : almeno non vi si scorge ineguaglian- xa. E tulle hanno la superficie liscia , sono scolori- N0T0:\I1A DEL GUANO d'iNDU I yS te , e quasi trasparenti , asciutte , e schiacciate. Ta- gliate , il taglio e bagnato di poco umore limpitlo. Sono tenere quando la pianta è tenera ; ma a gradi acquistano della sodezza, e finalmente diventano du- re e secche quando la pianta è affatto cresciuta , e vicina a morire. Il che hanno di comune con le fibre di tutte le maglie delle altre parti della pianta , ed anche co' vasi stessi. Se non che s'indurano assai me- no presto de' vasi. 64* Le foglie muojono appresso alla pannocchia. Allora e suoi vasi e sue celle cessano di gemere e contenere umore, e divengono secche e dure. Il qual seccamente comincia al lor apice , e va progredendo giù. Poi collo stesso ordine ed allo stesso modo muo- jono i rami se ve ne sono , il culmo, e finalmente il fìttone colle altre parti della radice. G5. Prima di lasciare questo articolo voglio qui riferire le osservazioni che ho fatte sulla epidermide di questa pianta. Quando è tenerissima , non si di- stacca epidermide dalla foglia, e molto meno dal cul- mo che in tal tempo è picciolissimo. Essendo di i5 giorni circa, su la schiena delle foglie più grandi si distingue una porzione di superficie larga circa una linea, di un verde meno cupo, e meno tenero dell' altra attorno; e questa superficie solamente si sepa^. ra , usando destrezza , dalla parte sottopostale. La qual parte, come ho detto nel num. Gì, h più gras-^ sa, e tutta piena di vasi. La superfìcie separata , che è epidermide , e una membrana asciutta, e poco ca-. lorita. Posta nel foco del microscopio si vede com- posta di fibre sottili disposte per lo lungo ed a tra-^ verso , come lo sono le fila di una tela. E tali fibre- sono tutte opache , e quasi scolorite. Come cresce la pianta, cosi maggior quantit«i di epidermide si spicca dalle fogUe , e poi anch^ i^G Scienze dal culmo. In fine la pianta essendo già tutta gran- de , si osserva quanto segue. Veduta con la lente la superficie di ogni foglia , apparisce come una rete , le maglie di cui sono più lunghe che lar- ghe , guardandole dalla base alla sommità della fo- glia , e tali quali quelle che si vedono nel taglio longitudinale di ogni parte della pianta. Le maglie della superficie superiore sono più grandi di quella della inferiore , e ciò si distingue subito metten- done sul portaoggetti delle porzioni una appresso air altra. E da mezzo alle maglie piìi grandi esco- no corti e duri velli , che rendono scabrosa quella superficie sola dove stanno. Usando destrezza , le due reti superficiali si separano interamente dal cor- po della foglia a guisa di una membrana sottile , che è l'epidermide, in cui le maglie si conservano come si vedono sulla foglia. Le quali maglie si trovano formate di fibre sottili, quasi cilindriche, liscie , secche, e dure più delle altre sottoposte loro; sì che ci vuole maggior forza per separarle . E nella parte interna di tali fibre , in quella cio^ che era appiccata al corpo della foglia , vi ha poco umo- re, che presto evapora; e col microscopio fortissimo vi si distinguono molti corti assai e sottili cilin- dri , che pajono tante loro ramelle divenute opa- che , quasi secche e vizze. Dove le fibre sono fra loro unite non si vede ingrossamento di sorte al- cuna , comech^ si faccia uso del microscopio più forte. In fine le fibre longitudinali sono un poco più gros- se delle traverse. Che se con un ferro si taglia uno strato sot- tilissimo della parte della foglia che sta sotto l'epi- dermide , e poi si confronta coli' epidermide stessa , poca differenza tra l'uno e l'altra si trova. E la dif- ferenza è che quello ha lo maglie un poco più lar- NOTOMII DEL GHANO d'iNDIA I77 ghc , e Lagnate per ogni verso di umore , e con i corti rametti non solo nel suo interno , ma anche nell* esterno , e questi rametti sono vegeti , e non vizzi. §. 7. Osservazioni fatte in tutta la pianta colle infezioni clorate. 66. Fin qui ho detto delle osservazioni fatte sul- la intera pianta con gli occhi nudi, o armati di len- ti : ora passo a specificare le altre che ho fatte con le injezioiii colorate. Con questo mezzo sommi bota- nici sono riusciti a scoprire la natura ed il cammi- no de' vasi in più piante. Era dunque necessario che io in questa di granone l'avessi anche praticato. Per- chè prima mi sono servito di piìi tinture fatte con l'acqua, o con lo spirito di vino: ma meglio di tut- te avendo corrisposto a'miei desiderii la carica deco- zione di legno campeggio (haematoxt campech:), di questa sola lio poi sempre fatto uso. La sua tempe- ratura è stata la naturale , quella cioè che conserva air aria libera in estate, la quale presso noi nel 1826, quando ho fatte queste osservazioni, si è mantenuta tra i gradi 24 e 39 del term. di R. Vi ho immer- so la pianta , o alcuna sua parte , ve l'ho tenuta per a4 ore continue , e dopo averla ben lavata con acqua pura finche si è tolta la tinta superficiale, so- no passato ad osservarla. 67. Posta nella decozione la intera radice di una pianterella nata da otto giorni, ne ho poi tagliato a traverso il fittone e le barbe, ed in queste ho tro- vato tinta del colore della decozione la superficie del taglio , tutta quanta nelle pili piccole , e nelle più grandi solo per due terzi allo interno. Nel fittone si G.A.T.XXXIX. 12 j ; 3 Scienze è colorata una porzione che vi rappresenta un circo»- lo posto ad ugual distanza dal Centro e dalla cir- conferenza del taglio , e che corrisponde alla parte interiore dello strato circondante la midolla (n. 53), formato quasi lutto di vasi ( n. 69, Co ). Questo cir- colo continua per tutto il piccolo fittone , e cessa dove comincia il culmetto. Qui in sua vece si vedo- no tanti punti colorati, corrispondenti tutti alle estre- mità de' vasi longitudinali ; e que' della circonferen- za , che stanno alla base della foglietta , hanno un colore meno carico degli altri. Nella base della fogliet- ta i punti colorati sono disposti come nella foglia fatta grande. Ma tanto questi punti , quanto quelli del culmetto , hanno un diametro che cresce come si allontanano dal lor principio , e che nella pian- terella è assai minore di quanto si vede su le stesse parli della pianta fatta grande. Si sono anche un po- co colorate le fibre delle sole maglie più grandi che stanno attorno a'punti colorati , tanto del fittone , quanto del culmetto e della prima foglietta. Tagliando le barbe dove cominciano, si vede che la loro parte colorata e una continuazione di quella del fittone. GB. Fatto lo stesso del n. antecedente con la ra- dice, culmo, e foglie di una pianta grande e tut- ta perfezionata , ho trovato quanto segue. Nella ra- dice si son tinte tutta la sua superficie, l'intero tes- suto delle barbe e dorami del diametro sino a lin. 1 -^ ed il solo strato esteriore del fittone per la grossez- za di una linea circa. Le fibre delle maglie maggio- ri , le pivi vicine allo strato colorato , si sono anche ben tinte, coniechè il fluido che sta nelle maglie sia limpido e scolorito, il colore è asceso ne' vasi sino 3 mezzo pollice sopra la radice , e sopra il livello UelU deco/.ia:u>, NOTOJVIIA DEL GRANO d'inDIA 1 79 69. Nel pulmo si sono tinti tutt'i vasi longitu- dinali della midolla , e dello strato attorno alla mi- dolla , ma ffue'che mostrano le boccucce più degli al- tri che non le mostrano ; ed il colore è asceso due pollici su la parte immersa- Per la quale altezza si sono tinte tutte le fibre delle grandi maglie che stan- no attorno a tali vasi longitudinali; e sino ad un pollice anche quelle delle maglio mezzane. Il colore è pili intenso, tanto ne'vasi quanto nelle fibre , in quel- li più vicini alla decozione. La quale è ascesa al di sopra del suo livello , anche se ha dovuto attraversa- re un nodo; ma in questo caso sino a circa un pol- lice solamente. E nel nodo si sono tinte l'estremità de' molli , sottilissimi, e corti vasi , de' quali il mi- croscopio non fa vedere le boccucce (n. 55). E vi si sono tinti pure per la lunghezza di mezzo pollice circa , quando però la decozione e stata forse presso il nodo , tutt' i vasi laterali che danno l'origine a'ra- mi , alle spighe fruttifere , alle foglie , ed ai pro- dotti che o si restano a piccoli coni , o si prolunga- no in radici. Le stremila tinte de' quali vasi laterali hanno il diametro più piccolo di tutte le altre. Dove sono rami e spighe femminine , il colore mostra i vasi laterali che li formano esser molti , assai na- scere tre lineie circa sotto il nodo , e starvi di- sposti a guisa di un semicircolo , il quale è acuto ne' suoi due stremi , e più spesso come si avvi- cina al suo mezzOi 70. Nella pannocchia il colore gassa, come nel culmo , da un nodo all' altro del rachide, e da'va- si del rachide a que' de' peduncoli de' fiori , o de'ra- chidi delle spighe laterali. Sono però assai più co- lorati i vasi del rachide che que' de' peduncoli , e non si vede affatto traccia di colore nelle glume 12* l8o S e 1 K N Z E e nelle altre patti del fiore , e nella midolla si deì rachide , sì de' peduncoli. 71. Nella foglia si sono colorati forte tult' i vasi longitudinali e gli obliqui , tanto della vagina quanto della lamina , ed anche le ramificazioni de'vasi obliqui pii!i presso la decozione, sebbene di un colore meno forte de' primi. Qui però la decozione non è ascesa al di la di mezzo pollice. I vasi dei dosso del- la lamina si sono tinti più di lutti , ed hanno por- lata la tintura anche un poco più alto. Delle fibre si sono tinte quelle delle maglie più grandi , e solo una linea vicino al liquore anche quelle delle maglie meno grandi , e tutto il tessuto della parte rimasta nel liquore. 72. Le superficie della foglia e quella del culmo , tanto ne'nodi quanto negl' internodi, non restano pun- to dalla decozione colorate. Non cosi della superficie di tutte le parti della radice che stanno sotterra, la qual superficie resta tinta in maniera che in niun mo- do , lavandola con l'acqua, si può scolorare. 73. Avendo posto capovolti un culmo ed una fo- glia nell'acqua colorata, i vasi dell'uno e dell'al- tra hanno preso e trasportato il liquore come ed ali* altezza cui è pervenuto nelle stesse parti immerse per lo diritto. E ciò tanto ne'nodi, quanto negl' in- ternodii , nella lamina, e nella vagina. 74. Una spiga fruttifera lunga quattro pollici e mezzo, tagliata alla sua base dopo l'undecimo nodo, e posta nella decozione la sola superficie del taglio , ha preso e trasportato il liquore sino a presso il suo vertice. Ma il liquore osservato a diverse altezze, l'ho veduto scenure d'intensità collo allontanarsi dalla ba- sf>. Nella midolla si vecluno porìii punti colorati ; de*((tirìli qnoUi del centro hanno la maggior estensio- \ì". % i,\it\ìix oircoiUVrcaAoi wQltìs.ìiini , ma di un AU^. NOTOIIA DEL GRANO o'ii^niA l8l metro piccolo assai, e tutti conispontlono alle st.':- mitk de' vasi longiludiuali ( n. 5^ ). Tanto però il numero quanto restensione di tali punti colorati , di- minuiscono come si va verso l'apice: tal che a tre pol- lici su la base non se ne vedono clic pochi , e pic- coli alla sola circonferenza , i quali sotto al vertice proprio sono a pena sensibili. Ho osservato che dove nascono i peduncoli de'se- mi , i punti colorati della circonferenza sono più nu- merosi degli altu vicini. E di quivi altri punti colo- rati , ma di una .astensione .'assai piccola , si dirigo- no obliquameiitie; alla circonferen/a del rachide , do- ve si prolungano ne' peduncoli. Ne' quali peduncoli si continua a distinguere tali punti per l'intera lort» lunghezza: ma yi stanno presso la circonferenza, e non nella midolla. 75. Finalmente posto nella decozione un seme -tutto intero ,,ho trovato colorate le piccole glume» l'estremila del becchetto, e tutta la membrana este- riore. Quest'ultima però, a difierenza delle due pri- me, si è scolorala aflallo lavandola piiì volte con l'acqua. Tagliando a traverso la radjchetla , ed il seme in piiì parli , solo sino alla nula della radichet- ta si vedono pochi punti colorati sulla superficie del taglio, e questi pochi punii sono pr(\sso la circonfe- renza , e di pochissima estensione. Di la dalla meli della radichetta , ed in tutto il re^slo del seme il co- lore non h penetrato. Conclusione, Sulle osservazioni che ho rifeiilo sin qui si pos- sono fare più riflessioni , e da queste dedurre più conseguenze che determinano la natura e lo svi!up|)o j82 Scienze dpgli organi e delle parti della pianta di cui miSow no occupato. Le quali vanno qui allogate. I. Quando si tagliano a traverso le radici , il culmo , i rami , le foglie , e le spighe, si di-tingnn- no tra le maglie e cellette esagone le boccucce c'.id gemono umore. Le quali boccucce col taglio loilgitu^ dinaie si vedono essere alle estremità de' corpi lun-f g!ii e continuati, da' quali proviene^ Ti^ìnore che ab- bondante geme (num. 54» 55, 56, 5'jj'^ÌSi Sqj'Oo,' Gt}i E tali corpi lunglii per la boccuccia di una delle lo- ro estremità prendono la decozioìie colorata , e la trasportano su ( nura. 67 é' seg. )i 'Dtinque '$òno ciò che i botanici chiamano vaisi. '" on. > i, IL Sullo stesso taglio perà '^i- vede una mol- titudine di punii opachi Vii > ec ). Perchè gemendo meno umore ( tiUm. 54 ) , e portando meno liquore colorato (num. G9), è natu- rale che devono avere boccucd! di un diamelro sì piccolo da non poter essere più distinto, con lo stes- so mezzo del microscopio. E perchè gli uni egli al- tri egualmente crescono , mostrano meno diametro agli estrerai che nel mezzo ( n. Ga ) , e finalmente s' indurano e non gemono più umore quando la pian- ta è vicina a morire. III. Dopo ciò si devono tenere per vasi an- che quegli altri cortissimi che in gran numero sono NOTOVIIA DEL GRANO d'iNDIA i83 ne^'nocll in dirraioni verticaln , obliqua , e trasversale ( num. 55. ). Poiché , eccetto la lunghezza , in lutto il resto presentano quanto ho notato ne' vasi ante- cedenti §. II. E la lunghezza non è un carattere costante ne' vasi , esset)do più lunglii o più corti , secondo jle diverse parti e la diversa grandezza della pianta. IV. In quanto poi alle cellette che circondano tutt' i vasi , io jifletto che quantunque tali appa- riscano a prim\ vista su i tagli trasversale e lon- gitudinale , pure meglio esaminandoli non si tto- vano avere le parti delle cellette che Malpigli! ;, Grew , e BrisseaU Mirl)el Ira gli altri l)otanici ci han- no descritte. Se io dicessi che da tutt' i vasi lon- gitudinali partono innumerevoli fibre , dalle quali altre fibre più corte e più sonili , e da queste al- tre anche più sottili e corte delle antecedenti , e così in continuazione sino ad un tjermine che non si può fissare ; e che tutte queste fibre con la loro unione formano maglie esagone in direzione parallella, e nor male al piano de' vasi longitudinali ; e che tali ma- glie sono in grandezza proporzionali alla lunghezza delle fibre da cui son formate', direi cosi ciò che pro- priamente si vede in ogni parte della pianta ( num. 4, 8, 9, 2G, 27 , 28, 29, 38, 39, C)! , Od, (yj ). Quelle che per la superficie del taglio ad occhio nudo ,0 armato di debole lente pajono pareli dfdla cellula , con la lente forte mostrano tante piccole maglie ; e quella che anche con la lente forte par membrana, mo- stra le sue maglie al microscopio acutissimo (luim. 03). Dunque non cellette esagone con pareti di membra- ne, ma maglie formate da sci corli.>*sime fibrilline so- no tutte quelle che circondano i vasi di questa pian- ta. E maglie sempre più piccole come più si allonlaiiaiio dalle più grandi. Col quale successivam/'iite impiccio* 184 S e I i:: N z E lirsi va (If'l pari quello flelle fibre, che sono tanto più corte quanto piìi differiscono da quelle che for- mano le grandi maglie. V. Ma cosa sono queste fibre? Le, mie osserva- zioni certo non sono piiì fortunate di quelle di Hedwig De fibra veg. ortu sect, /, di Mustel Tmitè theo- rique et prat.de la ueget., e di Duhamel Phrsique des arbres i, ec, per dare a questa domanda una ri- sposta definitiva. Pure mi portano a crederle sotti- lissimi vaselletti. Perciocché la decozione colorala pas- sa, come ne' vasi , nelle fibre delle maglie più gran- di ( num. 67 , 68 , 69 , 71 ) , e talvolta anclie iu quelle delle maglie mezzane (num. 69, 71 ). il se non passano nelle fibre delle maglie minori , egli può tjssere appunto perchè essendo queste di un diame- tro assai piccolo, non gli permettono il passaggi'», co- me a liquore alla natura loro non conveniente. Ma l'umore vegetabile , quello che la pianta per se stes- sa prepara , scorre molto bene per le fibre di tulle le maglie , perchè queste mentre hanno la superficie asciutta, nel taglio sono bagnate da umore (num. 8, g, aC, 38, 89, 61). Inoltre le fibre sono schiaccia- te (num. 8, 9, a6, 38, 89, Gì), e tenere (piand) la pianta è tenera, e si fanno dure e secche quando la pianta è vicina a morire; ed in quest' ultimo ca- so non vi scorre umore, uè vi penetra la decozione colorata, come appunto succede ne'vasi (num. 4» '^» 39, 39, G4 ). VI. Quindi è che non vedendosi di organico in tutta la pianta che vasi , fibre, maglie, e cellule, ed in tutte queste parti non trovandosi che vasi , conchiudo che questi soli la formano , e che uno e il sistema de' suoi organi elementari , cioè il vasco- lare. NoTOMIA DEL GUANO d'iNDIA i85 VII. La natura de' quali vasi non può esser de- torraiiiata che sopra quelli maggiori, che soli lascia- Tio distinguere al microscopio la loro struttura. E gi'a nel num. 62 sta detto che ogni vaso è formato di una membrana , la quale è composta di sottilissimi fili longitudinali posti l'uno appresso all' altro. Che questa membrana nella pianta adulta è tutta fitta , ma nella giovine ed ancor crescente ha molti e piccolissimi pertugi irregolari , ed irregolarmente sparsi. E che ha l'apertura quasi elittica, ed è schiac- ciato : schiacciatura che si distingue anche in tutù gli altri più piccioli vasi. Vili. E siccome de' vasi gli uni sono più sotti- li e più corti degli altri , e ne' punti ove sono uni- ti non vi ha nodo o ingrossamento di sorte alcuna ( num. 8, 9, 2G, 08, 59, Gì ),cosi a me pare che gli uni rami degli altri si possano considerare. Anzi co- me tali li considero, riflettendo che un sistema di continuate e progressive ramificazioni è il sistema che la natura ci mostra costantemente in tutto l'en- te vegetabile, e che ammettendolo anche per gli or- gani eleinentari della pianta di cui mi sono occupato, vengo ad un tempo a stabilirvi la legge semplice e generale della natura , ed a tracciarvi semplicissimo il cammino degli umori. Passo ora a vedere come e quando un tal si- stema di organi forma le diverse parti della pianta. IX. Il culmo è formato da un ordine circolare di grossi vasi , che cominciando alla sua base fini- scono al suo vertice ( num. Sq , 69 , 70 ) , e com- pongono un cilindro , nello interno di cui stanno altri vasi o soli , o uniti in uno , due , tre , e più fascetti ( num. 54 ) . Tali vasi sono de' grossi ( conci. 11), e de' mezzani ( e. Ili ) . Ed han- no attorno a loro innumerevoli piccoli vasi (c.V), l86 S e l E N 7, E i ({iiali , come lor raniificazioni , foitìiaiio 1 ■ ma- glio e le ccUuzzoiciie si vedono ni lesio del cul- mo ( n. 54, e. JV') . Le maglie attorno .ì'ììocÌiì va- si interni sono più lunghe delle altre che stanno tra i moltissimi vasi esteriori, dove lor manca lo spazio per poter essere più larghe. Ivasi grossi e mezzani sono di un diametro più stletto come si avvicinano allo due estremità della pianta ( num. ()5 ) : per cui il culmo neir estremità è più sottile che nel mezzo; anche perchè i vasi all' estremith non tulli perven- go no. ' X. Nei nodi tutti i vasi ramificano più die àl:^ trove; e di questi nuovi vasi i rami de' mirici ri mol- ti [)licano le maglie , e (jue' de maggiori, siano corti , e si dirigono per ogni verso ( num. 5J) . Per le qua- li due" cause la sostanza de'nodi e più fitta di.jquella degli intornodii ' XI. Una quantità de'rami de'vasi maggioVLinei no- di si unisce a fascio conico, a spunta fuora, e ore- sci;!ìdo forma un ramo, una spiga femminina, una spiga maschia , un conicello non sviluppalo , e una radice (num. 55). Dunque le radici, i rami , le spi- g])é mascliie e femminine, ed i coniceli! ce., han- no tutti la stessa origine , e sono ramìGcazioni del culmo. XII. I rami, comechè sieno rari in questa pian- ta , quando vi sono somiijliano perfettamente al cnl- mo tanto per la struttura interna, quanto per 1) numero e proporzione de'nodi , per la qualità drlìe foglie ( nuuì. 5G ) , e per le altre spighe che ha , ne' suoi primi nodi ( nota del num. 53 ) . Che se alla sommila non ha , come il culmo , una pannoc- chia , ma ha una spiga fruttifera , si vedrà tra poco che queste due parti sono una cosa stèssa diver- samente modificata. NOTOMIA DEL GR VNO d'iND!A 187 "-" Xlll. Le spighe temrninine hailno «ridici nodi, ufidici foglie, e gli uni eie altre simili tanto nella figura , quanto nella proporzione a que' del culmo; talvolta hanno anche nel terzo o quarto nodo una spighetta, ed alla sommità una pannocchia (num. 22, 26, nota al 3o ) . La loro struttura interna , si nei no- di come negli internodij enei rac]ìide,c come quella del culmo (num. 57). Dunque sono piccoli culmi. e non dissimili da' rami. XIV. Le radici che nascono attorno a'primi no- dr del culmo hanno la midolla , lo strato che la cii'conda , ed in queste due parti ciò che si osser- vala quelle del culmo (num. S3, 55). Dunque so- fìe simili al culmo. Loro mancano solo i nòdi , le foglie , e le spighe : le quali tutte mancano ad ogni parte che sta sotterra. Ed una tal mancanza pro- babilmente proviene dal mezzo in cui le radici so- no , dalle funzioni che vi esercitano , e dal vigor della pianta. Perchè nello stesso luogo possono spun- tare o radici che vanno in terra , o rametti e spi- ghette che air aria libera si sviluppano (num. 19). I conicelli poi ed i bitovzolini del secondo e l<^r- zo nodo si vede chiaro che sono la stessi cosa della radichette suddette , rimaste cosi per mancanza di vigore nella pianta ; perchè se la pianta fosse vi- gorosa, e coni e bitorzoli in radici si svilupperebbero ( num. 19 ) . XV. Anche il fìttone , e le sue ramificazio- ni e barbe mostrano gli stessi elementi del culmo ( nura. 58 , 60 ) ; onde anche lo somigliano. Se non che qui mancano pure e nodi , e foglie, e spighe, e col tempo i vasi longitudinali della midolla si portano verso la circonferenza , restando un volo ove essi erano , e formando cosi o uno strato le- gnoso spesso nel fittone , o due st'-ati sottili , ed i88 . .Scienze anche legnosi ne' suoi rami ( nnm. 60 ) . Del ivslo ni^l fittone , ne' snoi rami , e nelle radici che na- sctMio dal culmo non mancano i rami d •' vasi lon*t gitudinali di unirsi a fascio conico, e formare del- le ranielle, che sono le barbe ( num. 4^ ) i le qua- li anche , come i rami del culmo , originano allo slesso modo nuovi ramitelli , che sono le Larbe più sottili. Il che conferma la simiglianza di quelli co' rami del culmo , e quindi col culmo slesso.. XVI. Le foglie son formate di vasi e rami- ficazioni di vasi ciie compongono le cellette : tutto come e nel culmo. Solamente nelle foglie i vasi so-r no disposti l'uno presso l'altro in guisa da forma- re la lamina , e nel culmo sono ordinati in circolo da formare un cilindro. XVII. La pannocchia è formata da una spi- ga nel contro , il rachide di cui è continuazione del culmo , e da spighe laterali , delle quali i rachidi sono rami di quello della prima spiga, e generano , nel modo che sono generati, altri rachidi per le jiiù piccole spighette (num. 3i, 70). E tutti questi rachidi sono formati come il culmo (num. 53, 55 ) . Dunque non sono che tanti culmetti , e non digeriscono da quel- li delle spighe femminine , tanto per la comune iden- tità colla strattura del culmo , quanto perdio egual- mente da questo provengono , e nello stesso modo ramificano. Solo da' nodi de' rachidi mascolioi non spuntano le foglie come da que' femminini, e que- sti non sempre ramificano come quelli. Ma ciò non iiltera la medesimezza loro , la quale dipende prin- cipalmente dilla struttura interna , cioè dalla na- tura e combinazione degli organi elementari. XVIH. I fiorellini della pannocchia hannr. un peduncolo , e sopra questo otto glume , e sei sla- mi. In quanto al peduncolo , egli è ramilello del NOTOMU DEL GRANO d'iXDIA iQt) i^acliide , e ne ha medesimamente la struttura : onde h come il culmo principale ( num. 53, Oo^). In quan- to poi alle glume ed agli stami , a me par chiaro che sieno ramitflli del peduncolo , come le foglie e le spighe femminine lo sono del culmo. Perchè nascono dai peduncolo da cui solo ricevono gli umo- ri , e vi sono alternamente opposti , e le glume inferiori sono maggiori delle superiori (num. 36): lutto come è nelle foglie del culmo. Piiì le glume hanno la forma di lamina , e le più grandi mo- strano , oltre alle maglie de' piccoli vasi , le spe- zie di nervi come quelli delle foglie , che saranno probabilmente fascetti di vasi longitudinali. Che se tali vasi longitudinali non si distinguono bene nelle «lume e negli stami , e la tintura colorata non vi passa come nelle foglie , egli deve esser cosi , per- chè tutti i vasi , oltreché finiscono come si van- no avvicinando alla sommità della pianta , si van- no anche facendo sempre più sottili ( num. dq ) , sì che finalmente si devono ridurre ad essere in- visibili , ed a non permetter il passaggio al liquore colorato. Che se poi la figura degli starai non è come quella delle glume ; ciò non mi fa crederli di origine diversa dopo aver vedute le foglie e le spighe fruttifere , comechè tra loro tanto dissimi- li , tutte dal culmo nascere , e suoi rami egual- mente essere. XIX.. Gli stami avendo una forma particolare, ed essendo composti di tre parti, separatamente van- no esaminati. Il filamento è una foglietta ovale , che poi diviene lunghissima (num. 3f)). E di struttura as- sai semplice , e tale quale quella della gluma , si che quando è corto si direbbe una gluma più stret^ ta e più fitta delle altre. i()o Scienze XX.. L'antera è formata da due fogliolitie ag- grovigliate pe' loro orii laterali , unite pel loro dosso , ed appiccati entrambi alla sommità del fi- lamento, di cui hanno anche la struttura. Le qua- li , poiché sono della stessa sostanza del filamento (num. 39), e ne dipendono , così si possono consi- derare come suoi rami , appunto come la lamina è un ramo del picciuolo nella foglia. Le antere non gettano il palline che contengono, malo lasciano ca- der da se quando è maturo , o sono scosse da qual- che lìtio esterno (n. 4o)' XXL II polviscolo sta attaccato alla superficie interna de' cannelli delle antere come lo è certa pol- vere glauca a quella delle frutta del prugno (pru- nus domestica) e delle foglie di altre piante. I suoi granelli sono ovali , opachi , e lisci , di colore che dal verde scarico passa al verde sporco , e poi al tempo della loro perfezione al giallo rancio. Sono attaccati fra loro , come coli' antera : ma l'uno e l'al- tro attacco scemano per gradi , e cessano affatto quando l'antera è gialla. Gol raiscroscopio acutissi- mo non vi si distingue gambo o filetto alcuno che li potesse unire alle borsette ove stanno (num. 4©)' Ogni pannocchia ne contiene un numero grandissi- mo , che supera di assai quello de' semi di una ed anche di più spighe che la stessa pianta può porta- re ; poiché i semi non possono trapassare i 2200 (no- ta al num. 3o) , ed i granelli di palline sono per termine medio almeno 807^000 (num. 40). Ciascun granello di polviscolo è un borsellino di un sol pezzo , pieno di polvere minutissima senza colore , i granellini di cui sono trasparenti , di figu- ra ovale o sferica , e non sono appiccati fra loro ne con la membrana che li 'contiene. Nel borsellino nien- te altro si distingue fuor della polvere : tolta tutta NOTOMIA DEL GP.ANO d' INDIA xQl la ffiialp, quello rimane ad esseie una membrana sot- tilissima , tutta pertugiata d'innumerevoli bucolini ("•40- La maturità , e quindi la caduta del polvisco- lo non ha uu rapporto costante con la perfezione de' pistilli , perchè segue anche quando questi sono cortissimi, e stanno ancora chiusi tra gì' invogli del- la spiga (num. 45 )• Quando e caduto , o che per- venga sugli stigmi, o sugli stili, o altrove, niuna al- terazione vi soffre , eccetto il divenire grinze le sue granella , stia pure esposto al sole o all' ombra , per poco o per molto tempo , e vi abbiano o no influen- za la luce, le meteore, e la temperatura atmosferica (num. /^6). Le quali granella cessano di esser grin- ze finché si tengono bagnate coli' acqua, coli' etere , e coir alcool e con ogni sorta di olii essenziali (n. 42). li'olio però di trementina vi produce un effetto sin- golare , cioè si estrae la polvere senza alterarsi la membrana che la contiene , e della polvere si estrae tanto pili quanto il palline è più maturo , e vi con- corre più lunga azione di sole (43)' Finalmente l'ur- to prodotto sulla pannocchia da' venti o da altre cause simili , è la sola cagione della caduta del pol- viscolo, a cui , al più, si può credere che concorra an- che il peso del polviscolo stesso (44)* ^^ ^ venti e le pioggie lo portano anche via da' pistilli , quando questi non hanno più l'umidore de' loro stigmi per ritenerlo (num. 4^). XXI f. Ma degli stami che stanno sopra un pe- duncolo tre sono fra quattro glume , e tre fra le al- tre (fuattro glume ; s\ che tutte formano due fiorel- lini , le parti di uno de' quali si sviluppano , e cre- scono prima di quelle dell' altro (nura. 36). Gonviei ne dunque dire che ogni puduncolo , oltre all' ave-, re un fiorellino alla sua sommità , ha anche un altrq 192 SciSIfZE peduncoletto suo ramo , sul quale poi si forma il se- condo fiorellino minore. XXIII. Torno alla spiga femminina. Il suo ra- chide non ha nodi , ed i suoi vasi longitudinali so- no pochi nella midolla , e quasi tutti verso la cir- conferenza. Da questi , in siti opposti ed alterni , par- iono de' fascetti di vasi più piccoli , i quali forma- no i peduncoli ne' quali la midolla , e lo strato che la circonda , sono gli stessi che nel rachide. E da' va- si dello strato di ogni peduncolo parte un altro fa- scetto di vasellini , che formano un altro pedunco- letto ramo del primo (num. 3o, 67, 74)- Dunque i peduncoli sono rami del rachide ; e dove ne sono due o tre (num. 24)» questi sono ramitelli del primo. XXIV. Ogni peduncolo porta sei glume , ed al suo stremo il seme. Le glume , poiché partono dal peduncolo da cui ricevono il nutrimento, e vi stan- no opposte ed alterne come quelle de' fiori maschi sui peduncoli loro, e le foglie sul culmo e su i ra- mi, al par di queste devono esser prodotti da' va- si del peduncolo stesso , ed essere perciò suoi rami. Che se le lenti ed il liquore colorato non mostra- no tali ramificazioni come le mostrano per le foglie , -ciò deve essere per la scarsezza e piccolezza de' va- si , che in questa , come in tutte le altre parti che sono più lontane dal culmo, è massima: come già ho detto al §. XVIII. XXV. Il seme sta alla sommità del peduncolo. Prima di tutto vi si vede la cicatrice , la quale è la superficie della base del peduncolo , quella cioè rimasta staccata dal rachide (num. 2). Poi vi si di- stinguono due invogli , il periembrione e l'embrio- ne. Inoltre ha un appendice, che è il pistillo , do- ve sono lo stilo e lo stigma» NOTOMIA DEI> GR4NO d' INDIA 1 93 Il primo invoglio è la buccia , che i botarìici chiamano testa. È una membrana di uà sol per-^a , ed avvolge tutto il seme. Comincia allo stremo del picciuolo , di cui è una continuazione. E pia sotti- le dell' altro invoglio sottopostogli^ a cui e attaccato forse assai , s\ clie quando è secco non se ne sepa- ra che a pezzi , e solo se ne separa facilmente quan- do è ben umido. É scolorito , ed ha la consisten- za di cuojo. Nel seme perfetto è morto , perchè è secco e duro : l'acqua semplice o colorala , e l'umor della terra non penetrano ne' suoi vasi, e quando il seme germoglia quello marci^ice come ogni altra par- te morta del vegetabile (num. 4? 5, 12, aS, 29.). XXVI. L'altro invoglio e la tunica interni , o membrana propria. Comincia anche alla sommila del picciuolo , nella parte sotto quella doxe nasce la testa. Avvolge non tutto il seme ma il solo pe- riembrione , cui sta unito sì forte, quando il sera»? è secco , che affatto non se ne può staccare. Ri- mane separato quando col germogliamento tutto il periembrione sparisce. È anche scolorito, ed iia la tessitura piìi fìtta di quella della testa , senza pe- rò averne la consistenza di cuoj^o (num. 4, a8). Questa membrana è morta come la lesta , perchè quantunque si distenda quando il seme germoglia, pure non piiì vegeta , e , come la testa , secca e marcisce (num. 5, 12). XXVII. La natura del periembrione è parti- colare, perchè le maglie formate da' suoi vaselli- ni sono zeppe di una sostanza che manca in tutte le altre parti della pianta. La quale sostanza non è la stessa in tutto il periembrione : nello interno è amido ( num. 7 ) , e nolln esterno è amido , glu- tine e albumina , materia colorante , e materia zuc- cherina ( num. G). Per cui la parte esterna e dtì- G.A.T.XXXIX. i3 194 S e I E N a K ra , mezzo vetrosa , e rancia ; e la interna è bianca* e facilmente si riduce in pofvere impalpabile. Do- vendo distinguere queste due parti perchè differen^ ti , sarà bene indicarle con vocaboli già introdotti in botanica per significare cose a loro simili ; e però, chiamo l'esterna albume^ e la interna tiiarlu v^i^eta-. hilei tanto più che amendue dispariscono quando l'em- brione si sviluppa , come succede di quelli animale- schi allo schiudersi delle uova. XXVI II. L'embrione è formato da un cotiledo- ne e dalla piantolina. La figura del cotiledone è quale sta descritta nel num. 8. Non vi si distingue epider,-» mide , o perchè vi manca , o perchè gli sta unita forte. Non vi si veggono vasi più e meno grossi, ma lutto vi è uniforme ( num. 8 ) . Le sue maglie nel seme secco non mostrano di contenere sostanza di sorta alcuna : ma nel seme che gemoglia sono zeppe di un liquido scolorito ed insipido. E. come il se- me s\7Ìluppa la piantolina , il cotiledone prima cre^ 5ce senza alterar la sua forma, poi diminuisce di vo- lume , imbruna , divien vizzo , e cade. Nel qual ca- so la sai distruzione comincia dal suo interno ( nnm. 1 3 ) . XKIX. La piantolina è formata di due parli , Tuna inferiore cilindrica, di un pezzo , e lunga cir- ca mezza linea, che è il gambo ; l'altra fatta a lin- gua, due volte più grossa e lunga del gambo, e di tre pezzi , che è la piumetta ( num. 9). Sta attacca- ta per un lato della estremi la inftjriore del suo gam- bo ad un lato della cavila del cotiledone , dalla qual cavila è tutto com[)reso. De' tre pezzi che foimano la piumetta i due esterni sono come lami nelle di fo- glie, e rniterno è quasi cilindrico, e sta chiuso negli allri due come in due astucci. I^a consistenza di tut- ta la piantolina è simile a quella del cotiledone. Il NoTOMIi DEL GRANO D*INDIA l95 jnicroscopio distingue de' punti opachi solo nel gam- bo : ma in tutto il resto la tessitura è uniforme , e non si vedono che sole maglie di fibre sottilissime ( num. 9 , 29 ) . XXX. I pistilli che sono all'apice de'senii hanno la loro base e corainciaraento nella sola testa (num. 23). Gli stili vi hanno la forma di una larainelta che si va facendo piìi stretta come si avvicina allo stigma. So- no le parti che crescono in lunghezza più di tutte le altre del seme. La loro sostanza non mostra che tes- suto uniforme e cantinuato da per tutto, e non vi si distingue canaletto interno di sorte alcuna. Su tut- te due le lor facce stanno sparsi de' velli semplici , o ramosi , che hanno la stessa forma e colore dello stilo. Quando sono corti si restano tra gì' invogli del- la spiga , di color verde sbiancato ; ma come si fan- no lunghi e si espongono alla luce , si colorano in rosso , che finalmente va ad essere un bel cremesi. Hanno la superficie liscia, e sempre asciutta ; e solo quella de' velli è bagnata di umore come e per tut- to il tempo che lo è l'altra dello stigma. Lo stilo è biforcato verso il suo apice , e la porzione biforcata ne è lo stigma. Nel quale non si vedono altro che due sottili e lisce laminette acu- te , senza canaletto interno , apertura , o altra cosa simile. Lo stigma però non si mostra nel pistillo che quando è lungo almeno dieci linee : nel qual tempo 10 stigma comincia pure a spuntare i velli , che ha poi più numerosi dello stilo , e tanto più corti quan- to si allontanano dalla sua base. Si mantiene co' suoi velli sempre bagnato di umore, sino alla caduta del polviscolo , il quale mediante tale umore, cadendo, vi resta attaccato sino a che lo stigma non è asciut- to. Non si distingue epidermide in tutto il pistillo. 11 quale dopo aver preso tutto l'accrescimento po»- i3* i()G Scienze sibile, a gradi divien vizzo e secco, e da se si stao'' ca della testa, sulla quale ne rimane una cortissima por- zione, che vi sta come una punta acuta (num. 23, 26). XXXI. I velli che sono su le foglie, e le altre parti della pianta escono da mezzo alle nraglie for- mate dalle fibre della superficie di tali parti (num.Si) - Onde pare che non sieno prodotti della epidermide,, ma del tessuto sottoposto all' epidermide. Le osser- vazioni esposte ne' num. 5o 5t Sa nulla conteng-ouo che valga a farne ben conoscere la natura. Solo sì apprende che hanno la tessitura più fìtta di quella de' velli del pistillo, perchè la loro membrana è tut- ta continuata , la dove in quella del pistillo si di- stinguono le maglie ; che a principio sono pieni di bucolini , i quali poi vanno a mancarvi ; che ve ne ha de' semplici e de' ramosi ; e che tutti da prima pajono tubuletti conici , ma in apprcss^o si aprono , e sì mostrano laminette sottili a guisa di membrana larga alla base e stretta all' apice , aggrovigliate costo- ro orli laterali in modo da formare spezie di cana- letti. XXXII. Or si e veduto che i rami ( XII ) , le spighe femminine (XIII ), le radici (XIV, XV ), le foglie (XVI), e le spighe della pannocchia (XVII) sono ramificazioni del culmo , di cui hanno anche la struttura. Più, che i peduncoli tanto de'semi, quanto de' fiori mascolini, sono rami de'rachidi d'onde pai^- lono, e come i quali hanno la tessitura (XVIII, XXIII). lu fine che le glume e gli slami de' fiori masco- lini , e le glume de' semi sono rami de' loro pedun- coli (XVIII, XXIV). Dunque il culmo ramifican- do , forma i suoi rami , le spighe femminine e ma- scoline , le foglie , e le radici ; lo quali parti anch' esse ramificando , formano le haibe delle radici , ed i peduncoli de'semi e de' fiori della pannocchia ; che NoTOMlA DEL GRANO d'iNDIA I97 Vamiricando essi pure, formano le glume e gli stami. Il seme col pisLillo aon è che restremita del pedim- colo ( X.X1V , XXV ) : ontle , come questo , anche ii seme è un ramo del suo rachide. Quindi tutta la uostra pianta non ci offre nelle sue parti che una continuala ramificazione del culmo principale. XXXIII. Ed avendo cos'i veduto come gli or- gani elementari formano le diverse parti della pianta ili cui sto trattando , mi resta a vedere quando tali parti vangono formate ( num. IX). Al qual propo- silo io premetto, che conchiuderò secondo che le osser- . vazioni mi autorizzano a conchiudere. Egli e vero che in questi , come in tutti gli altri prodotti naturali , non dobbiamo negare l'esistenza di cosa qualunque sol perchè non la vediamo, essendo troppo chiaro chtt innumerevoli ogt^etti devono sfuggire alle nostre facollk di sentire e d'intendere limitate assai, anche quando ci aggiungiamo l'ajuto degli istrumenti fisi- ci. Ma non per ciò non dobbiamo ammettere quello che vediamo. Anzi h da prudente filosofo arrestarsi là dove i sensi cessano di esserci di guida : perchè passando oltre, quando anche si proceda tentoni, si va , 0 per lo meno si rischia di andare da ipotesi iti ipotesi, da errore in errore (a). Quindi il germe la prima volta che si rende vi- sibile non è che un cilindretto un poco schiacciato , (a) Del resto io non intendo che di presentare il mio modo di pensare su quanto riguardano i diversi pa- ragrafi di questa conclusione. Anzi,, per amor della ve- rità , dichiaro di averlo in più parti solo per probabi- le , e non per vero , o certo ; che a riceverlo cunie tale vi mancano le prox'e richieste da Bacone {JVuuin> orbano delle scienze }. r9'> S 0 I E K z E
  • or della pianta, e le circostanze che alla vegetazione di q«ella sono più o meno favorevoli ■( num. 3i ). XXXVJI, Dopo che la pìantolina è germogliata appariscono sotto alcune delle sue undici foglietto, im- mediatamente sopra il nodo, uno o più nuovi prodotti, de' quali i più vicini alla radice si prolungano in ra- dici , gli altri appresso si rimangono ad essere pie- voli coni ottusi assai , e gli ultimi a semplici bernoc- <:oli (num. 18 ). Nelle piante però di vegetazione più vigorosa i piccoli coni ottusi si presentano sotto al- tro aspetto. La prima volta che si vedono, cioè ven- ti giorni circa do])o il germogliamento del seme, ap- p;ij(>ìio semplici, di un sol pezzo conico un pò schiac- ciato , e più sòoloVito degli altri { ni'im. 19 ) . Ma quando lianno acquistato la lunghezza diS/io di linea, vi si distinguono due parti , delle quali la superio- re più grossa della inferiore^ col crescere tutte e due, riut'crioiie si rimane semplice peduncoletto , e la su- periore si mostra per un composto di più foglioline opposte di grandezza sempre minori come sono più interne, le quali avvolgono un corpicciuolo che non ben si può vedere per la sua estrema picciolezza ( num. 20 ). Ecco in ori^'ine la spiga fruttifera. lu ao2 S e I i; N z K quella divenuta lunga lin. i?:, le fogllollne si ricoilò-» scono esser undici , ed il corpicciuolo che racchiudo- no si vede essere il suo rachide , il quale ia questo stato è un poco schiacciato , ed ha de' bitorzolini ne'suoi lati per 4/3 solamente di sua lunghezza (num.25). I quali bitorzolini fatti piiì grandi nelle spighette lun- ghe sei linee , diventano cortissimi coni ottusi assai di un sol pezzo; e si mantengono tali sino a che so- no cresciuti alla lunghezza di ^[lo di linea. Allora si aprono alla sommità , e si dividono in un invo- glio , ed in un corpicciuolo dall' invoglio compresoi II qual corpicciuolo è come un cono a rovescio , e di un pezzo : ma quindi a poco si mostra di due par- ti , delle quali una sottile, e di un verde cupo, cir- conda perfettamente l'altra massiccia , e spunta al suo vertice una laminetta , che poi prolungandosi divie- ne il pistillo, e nel tempo stesso l'invoglio che poco fa era di un pezzo si divide in sei pezzi membranosi ( nuni. 23 ). Così il seme ora si trova composto so- lo di sei membrane esteriori , le quali sempre piiì crescendo ne rimangono ad essere le glume , di un corpicciuolo massiccio interno tutto uniformo nella sua sostanza , e dell' invoglio che circonda perfetta- mente questo corpicciuolo , e che finisce in pistillo : il quale invoglio è la testa. E conserva queste stes- se parti anche fino a quando la spiga e lunga cin- que pollici circa , ed il polline sta cadendo dalie an- tere : osservandosi solo in questo tempo il corpicciuo- lo chiuso nell'invoglio mostrare il suo esteriore piìi fitto e meno umido dello interno; ed il pistillo , di- venuto assai lungo , essersi alla sua sommità bifor- cato , e provveduto cosi dello stimma, ed inolile aver dato fuora i suoi velli ( num. aG ) . E le con- serva pure quando le antere sono tutte cadute dalla pannocchia. Se non che ora il corpicciuolo e dive- NOTOMIA DEL GR/VNO d'iNDIA 2o3 ìnuto gialìetto; e si sono formate nella sna parte su- periore de' voti; ed il suo fondo è divenuto più fit- to ; ed il suo esteriore , reso piìi spesso , meno tene- fo e succoso , e di colore diverso dallo interno, pare che voglia ridursi ad una nuova membrana (num. 37). Ed in effetto , dieci giorni dopo , a riuova mem- bra si trova ridotta la parte esterna del corpicciuo- lo , la quale è la membrana propria. Il corpicciuolo , da cui la membrana propria si è separata , è il periembrione , nel fondo di cui ora si vede formato anche il cotiledone. Il qual coti- ledone però è di un pezzo solo ( num. 28) ; e non vi si vede il gei me che piià tardi , quando l'inte- ra spiga è arrivata alla sua perfezione. Allora l'umore del periembrione trovasi anche ad avei' deposta la polvere impalpabile , che avendo il colore giallo air esteriore , e bianco nell' interno , lo distingue in albume e tuorlo . Intanto il germe la prima vol- ta che si mostra è di un pezzo uniforme , e solo successivamente vi si formano , al modo clie ab- biamo veduto formarsi la testa e la membrana pro- pria , i due invogli che gli danno la forma di perfet- to embrione (num. 29). Non tutte le clavelte si sviluppano in un pe- duncolo , ed in un seme. Ciò succede so!o in quel- li della sommila della spiga ; ma nelle altre ad un tempo spuntano due , ed in quelle presso la ba- se anche tre peduncoli con tre semi ( num. 24 ) • XXXVIII. E qui rifletto che , secondo le di- verse circostanze della vegetazione, varia nelle pian- te il numero sì delle spighe maschie e femminine , come de' peduncoli , e de' fiori , e de' semi che i peduncoli sostengono ( num. 19,21 , 3^ ■, e nota al num. 3o ) . Talvolta al luogo di spiga femminina si sviluppa un ramo (nota al num. 53). Alcune spi- 2o4 Scienze glie femmine hanno ne' loro iateinodii delle altre spighette , ed alla sommila piccole pannocchie steri- li ( nota al num. 3o ) . Molte spighe della pannoc- chia sviluppano semi in vece di fiori ; ed anche per una parte semi , e per l'altra fiori sterili ; e final- mente peduncoli comuni , tanto di spighe maschie quanto di spighe femminine , producono ad un tempo un peduncolo parziale che porta il seme , e l'altro che porta il fiorellino sterile ( nota al num. 47 ) • Dunque tutte queste parti non si sviluppano co- stantemente allo stesso modo , ma si trasformano in rami ^ spighe femminine e maschie, e poi in se- mi e fiori : secondo le circostanze che accompa- gnano la vegetazione della pianta. D'onde si può dedurre questa conseguenza , che i fiori , i semi , le spighe fruttifere , la pannocchia , i rami ec. si van formando nel corso della vegetazione , e non preesistono nel seme , come già l'osservazione ci mo- stra ( §. antecedenti ) . XX.X.XIX.. Cos'i la pianta di granone in ori- gine non è che un cilindretto schiaccialo di un sol pezzo ( XX.X.III ) formato da soli vasi , che, comeche di diverso diametro , e disposti divorsa- mente, sono gli uni degli altri ramificazioni (X.V1I1 ). Continuando la vegetazione , il cilindretto diviene culmo , e vi si sviluppano le radici , le foglie , e le spighe maschie e femminine, le quali tulle hanno la stessa sua struttura , e sono suoi rami. Poi da questi si sviluppano le barbe , i peduncoli , i se- mi, i fioi-i, i velli, che sono loro rami, e ne han- no la medesima struttura organica , che è per con- seguenza come quella del culmo principale ( XVIII, XX.XII ) . Ed ecco come tutta la pianta si perfe- ziona. aoz Sopra un acqua minerale acidulo-ferruginosa sco- perta nelle vicinanze della Tolfa. Lettera del prof. P. Carpi diretta al chiarissimo sig. profl cav. Domenico Morichini. Jra lungo tempo di? io clésider^àvà di visitare i monti della Tolfa tanto famigerati presso i natu-'' ralisti sia per la lord fìsica costituzione , sia per la miniera di allume, che vi esiste, una delle più ricche e più stimate di Europa ; ma le mie ordi- narie occupazioni , e qualche viaggio intrapreso in altre contrade, non mi hanno permesso di poter sod- disfare questo mio desiderio che nel mese di set- tembre dell' anno decorso. Sebbene io già conosces- si le diverse specie dei minerali che si trovano nei monti della Tolfa , e tutto ciò che hanno scritto varii distinti naturalisti che li hanno visitati ; pure debbo confessarle che grande fu la mia ammirazio- ne nel percorrere quelle contrade , e soprattutto neir osservare le circostanze che accompagnano la giacitura della pietra alluminosa , la cui forma- zione è stato, e forse lo è ancora, un problema dif- fìcile ad essere sciolto. Io avrei voluto comunicarle le osservazioni fatte in questo mio breve viaggio: ma che potrei aggiungere a quello che già hanno detto tanti celebri naturalisti, e soprattutto il chia- rissimo Brocchi fra i più recenti ? Il solo oggetto che mi si è presentato , non avvertito da alcun' altro che io sappia, è stato una sorgente di acqua mine- rale acidulo-ferruginosa i, la quale e per le sue qua- lità e per le applicazioni che potrebbe avere alla aóGc Scienze medicina a me sembra che meriti una speciale con-, siderazione (a)j Ma per meglio conoscere la natnra di guest' acqua minerale , e poterne con più sicu- rezza sperimentare l'efficacia in quei casi'di raalat'^ tia a cui potrebbe convenire , divisai d' istituirne un' analisi chimica. Gradisca che io le ne presenti i risultamenti ottenuti : nh ad altri potrei meglio in- dirizzarli fuori che a quello , che ha saputo ispi- rarmi l'amore per tali studj , ed [ha voluto dirige- re i miei passi nel" lungo e difficile sentiero à^ia^, chimica e della medicina. ìJ/:(:ti Sorge, qiiest' acqua minerale nel luogo detto il Campaocio. all'oAvest della Tolfa alla distanza, di 5 mi- glia circa, da questo paese , e precisamente presso la strada che conduce al ponte del Bernascone. La sua temperatura nel giorno iG settembre 1827 alle ore cinque pomeridiane era di i2*'.R. , essendo il termometro air aria a l'j*' R. Lo sviluppo continuo di bpllicjine 4i gas, che ha luogo da essa, le da un raqVjimento snnilé^a, quell-o -dell' ebullizione. La- ca- vilà^,, da cui sor.ge quest' apqua, è poco profonda, ed è ricoperta,. idi :uri, deposito calcare formato dalla sless' acqua mista 'a molta . ocra di ferro. Ha un sapore acidulo e leggermente astringen- te , il quale non solo non è ingrato , ma somma- mente piacevole t-al gusto. Versata in un bicchiere presenta una, gt'andissiraa limpidezza , e si vedono sviluppare immediatamente da essa innumerabili bol- (a) Io debbo dare un pubblico attestato della mia riconoscenza al sig. Stefano Bonizj per le notizie sont- ministratetni sopra guest"" acqua minerale , e por avermi rizol II ito l di o^ni inaìiiera di gentilezze durante il mio soggiorno aliti l'alfa. Acqua minerale della Tolfa 207 licine di gas , che si attaccano alle pareli del bic- chiere , e le quali poi a poco a poco vengono a rompersi alla superfìcie. Non ha odore alcuno , ed il suo peso specifico, preso alla temperatura di 19°, 5 R. per mezzo dell'areometro di Nicholson, e stato tro- vato = I , 0028. Quest'acqua trasportata nei laboratorio con tut-^ le le cautele possibili è stata sottoposta all'analisi. Sono stati in primo luogo raccolti ed esaminaiti i fluidi elastici ; quindi per mezzo dei reagenti chi- mici si è conosciuta la natura delle sostanze fisse , ed infine si è pas salo a deteiTminarne le proporzioni. Per raccogliere ed esaminare i fluidi elastici si è riempito con quest' acqua un piccolo matrac- cio , al quale è stato adattato un piccolo tubo ùr curvo disposto all' apparecchio pncumato-chimico a mercurio . La capacità del matraccio e del tubo era- di 656 centimetri cubici pari in peso a on^ eie 23, denari 3, grani iG (peso medicinale). Fatta bollire l'acqua, i fluidi elastici che si svilupparono, furono raccolti in tubo graduato: e dopo averli ri- portati alla medesima temperatura dell'acqua , si tro- varono eguali a 53o cenlim.etri cubici pari a pol- lici cubici 2C , 719. Da tale quantità si rileva che quest'acqua contiene 80, 79 per 100 di fluidi ela- stici. Nello stesso tubo , dove erano stati raccolti i gas , furono introdotti dei pezzetti di potassa ben pura , e preparata all' alcool , i quali furono agi- tati coi gas. Dopo r azione della potassa vi fu un assorbimento di 5iG, ^5 centimetri cubici pari a pollici cubici 26 , o5i dovuto al gas acido car- bonico. Il residuo di i3 , aS centimetri cubici era di aria atmosferica , e per determinare le propor- zioni del gas ossigeno , e del gas azoto fu intro- dotto un piccolo cilindro di fosforo nello stesso 208 S e 1 K N Z F tubo ili. cristallo , -e vi fu lasciato per 48 ore; Si otteane dopo questo tempo una dirainuzionp di vo- lume (li 3 , 65 centimetri cubici : il resto ora ga'^ azoto. I iv3, 25 ceutimetri cubici di aria erano tluti- que formati di 2 , G5 centimetri cubici pari » pol- lici cubici o, i335 di ossigeno, e di 10, Ga centi- metri c^iUici pavi a pollici cubici o , 5343 di gas azoto , p',-oj4)rzio-n& cl>e corrisponde presso » poco a quella dell' aria atmosferica- E stata presa altra quantità di acqua , ed" h stala sottoposti all' azione dei reagenti , co' quale si sona ossergati i seguenti effetti. o Con la tintura di tornasole = arrossamento sensil>ilciu Goa l'acqua di calce = intorbidamento grande. Col nitrato di argento =^ precipitata abbondamte^ Coir ammoniaca caustica = precipitato- sensibile. Coir idroclorato di barite = intorbidamento sensibile. ColPossalato di ammoniaca = precipitato abbondante. Coir idrofcrrocianato di potassa ■=;can:\bi amento in blìi sensibilissimo-. Da libbinì cinque di acqua evaporata in vasL> di argento si sono ottenuti grani 59 di sostanza fìsse , le quali presentavano un colore di nankin pallidissimo. Questi sali furono sottoposti all'azione dell' alcool rettificato , e dell' acqua. Il residuo re- stalo insolubile pesò grani 4*5, 5 : i due liquidi avevano sciolto gr. 18 , 5 di sali , i quali furono trovati essere idroclorato di soda , idroclorato di magnesia , e solfato di magnesia : il primo nella proporzionr- di gr. n , 002; il secondo di gr. o, 117 , j1 terzo di gr. 6, G5o. La porzione dei sali non sciolta ne dall' alrool ne dall'acijua» in messa in una capsola di porcellana Acqua minerale della Tolfa 209 coll'acido idroclorico allungato. Ebbe lu^go una vi- va effervescenza. Fu separato dal liquido un resi- duo insolubile del peso di gr. o , 4- Nella soluzio- ne fu versata l'ammoniaca caustica , la quale pro- dusse un precipitato che pesò gr. a , 6. Questo pre- cipitato aveva un aspetto gelatinoso , il che mi fece sospettare che non fosse puro ossido di ferro , ma yì fosse unita un poco di allumina. Potei infatti separare da questo precipitato un grano di quosta terra. L'ossido dunque di ferro era nella propor- zione di un grano e sei decimi , che supponendo- lo esistere nei sali in combinazione coli' acido car- bonico si hanno g^rani 2,02-7 di carbonato di ferro. Separato il ferro col mezzo dell' ammoniaca cau- stica, fu aggiunto un poco d'acido idroclorico al li- quido, e quindi fu versato dentro di esso il carbo- nato di ammoniaca. Il carbonato di calce precipitalo pesò gr. 3G. L'ultimo residuo non attaccato dall' acido idro- clorico del peso di gr. o , 4 altro non era che sili- cato di ferro. Nel quadro posto in ultimo potrà vedere sotto un solo punto di vista tutt'i prodotti elastici e fissi ottenuti dall' analisi , e potrà ancora conoscere la proporzione di essi per ogni libbra di acqua mine- rale. Ora che per mezzo dell' analisi meglio si cono- scono la natura, e le proporzioni dei principj costi- tutivi di quest'acqua minerale, non sarà diincile di stabilire in quali malattie possa l'uso di essa conve- nire, e con più sicurezza potrà sperimentarsene l'effi- cacia. Considerando la quantità e la qualità dei sa- li, che quest'acqua contiene uniti ad una giusta pro- porzione di ferro , a me sembra che debba riescire vantaggiosa in tulle le ostruzioni dei visceri , come g.a!t.xxxl\. 14 2IO Scienze del fegato , clelVà ni il zi &o. ed in tutti gì' ingorga menti linfatici pàrti^tìUrlncwte d^lFe glanclole del me- senterio. E siccomt? queste malattie sono ordinaria- mente accómpagna'te da uno stato generale di atonìa delle parti solide della^ njacchina , quindi i migliori pratici raccomandano di un'ire ai rimedj detti deo- struenti anche i tonici , onde queste parti possa- no riacquistare la primitiva loro forza , e meglio no effettuarsi le secrezioni , il riassorbimento , e la circolazione in ispécie degli umori bianchi. Perciò quest'acqua minerale agira non solo come deostruente, ma pel ferro che contiene anche come colrobofan* te , essendo riconosciuto dall' esperienza essére molto energica questa virtiì nel ferro e nelle sue prepara- zioni. La presenza dHnfjfue di questo Metallo comuni- cando a quest' acqh'à ntinerailé ivnà faieolta tonica o corroborante, né viene in consei^Héi'iza eh' essa pos-^ sa convenire in tutte le malattie di languore. Quindi ^ me <>eftibra che debba essére di graridissimo vantag-^ gio l'uso di quést' ac^lua nella clorósi , nei fiori bian- chi , e per quelli che soffrono didìcolt? di digerire peV debolezza dello stomaco a del tubo intestinale; nelle qCiali malattie il fé^fó raedesàirao è staito già sperimentato utilissimo. Io so che quest' acqua è stata amministrata in qualcuna delle malattie nortiirtatecon ottimo successo , e subito che avrò le autentiche re- lazioni di questi fatti mi farò un dovere di comuni- cargliele. Intanto dèsidéi'O che le speriénzé si vadano moltiplicando , e sarò bèfì contetìtcf se il pubblicò po- trà ritrarre qualche vantaggio da questa mia breve notizia. L'acqua , tli cui le ho pàHàto finora , non è la sola che sì trovi nel territorio'' della Tùlfa-] Ve rie ha un'altra poco distante dà questo paese nel luò- go detto il Bci^narello . Il Breislak nel suo Sag- ri DALL' AFA ^ELLA TOL] : II E Ite Odore nullo l I C H E ]oll' idroclorato di barite = intorbida- mento sensibile. iato di potassa : dito in biù j issimo. QUADRO GENERALE DEI PRODOTTI OTTENUTI DALL' ANALISI DELL' ACQUA ACIDULO -FERRUGINOSA DELLA TOLFA r R 0 P R I E T A' FISICHE Teniperalui- 12." R. Limpidità pciR'tta Sapore Acido e leggermente astringente Odore nullo Peso sjiecific I, 0023 PROPRIETÀ' CHIMICHE Con la tintura ài tornasole = arrossa- mento sensibile. Coir acfjiia di calce ; intorbidamento grande. Col nitrato di aigento = precipita- lo abbondante. Coli' ammoniaca Coli' idroclorato caustica = precipitato di barite ^ intorbida- sensibile. mento sensibile. Coli' ossalato di ammoniaca = preci- pitalo abbondante. Coll'idroferrocianato di potassa ; cambiamento in blìi sensibilissimo. PRODOTTI ELASTICI OTTENUTI DA 650. CENTIMETRI CUBICI DI ACQUA PARI IN PESO A ONCIE 23, DENARI 3, GRANI iG. (peso medicinale). Gas acido carbonico = centimetri cubici 5i6. Gas ossigeno = . . , . Gas azoto = . . . . 6, -jj. pari a pollici cubici 2G, o5io. J 2, (jì 0, i335. ^ Totale de' prodotti elastici 53o. centini. cubici pari a poli, cubici 2G, 719. IO, Go o, 5343. j PRODOTTI FISSI OTTENUTI DA LIBBRE CINQUE (peso medicinale) DELL' ACQUA MINERALE. IJrocloralo di soda Idi-odorato di magnesia Solfato di magnesia Carbonato di calce Caibonato di ferro Allumina Silicato di ferro grani 11, 002 gr. 00, 117 gr. oG, G3o gr. 3G, 000 gr. 02, G27 TOTALE DE' PRODOTTI FISSI GRANI = Sy, 796. PRODOTTI ELASTICI PER OGNI LIBBR.^ MEDICINALE. Gas acido carbonico = pollici cubici = i3, (jG (ìas ossigeno = Gas azoto = jici = i3, (jG5. 2 . = o, 0G9. > Totale de' prodotti el . = o, 27C)i. ^ astici poli, cubici i3, 8101. PRODOTTI FISSI PER OGNI LIBBRA MEDICINALE. 1 Idroclorato di soda Idroclorato di magnesia gr. n, 0234 Solfato di magnesia gr. I, 33oo Carbonaio di calce gr. 7, 2000 Catlionati> di ferro gr. 0, 5234 Allumina gr. n, 21100 Silicato li fr.o oSoo TOTALE DE' PRODOTTI FISSI GRANI , ,, 5392. . -. ., Acqua, mineiialk della Tolfa ari i^io di osservazioni mineralogiche sulla Tolfa , Orio- lo ^ Luterà &c. , parla di quest' acqua minerale, e ne da un saggio di analisi , quale si poteva pra- ticare air epoca , in cui questo dotto naturali- sta scriveva ( 1786). Io mi portai a visitarne la sorgente , e trovai che corrispondeva precisamente alla descrizione data dal medesimo. Le qualità fi- siche di quest' acqua , e gli effetti che ho osser- vati col mezzo dei reagenti, m'inducono a credere es- servi fra questa e le acque Taurine da lei esamina- ce una grande analogia, ma per meglio assicurarsi di ciò converrebbe istituirne un'analisi comparativa: ciò che non ho avuto tempo di fare. Li i5 agosto iSag. Socrate chimico. Dissertazione di Giambattista Bom- ba romano , dottore in fdosofia e medicina ec. Roma per la società tipografica 1828. u. na scena della commedia di Aristofane intitolata le Nui'ole ha dato motivo a questa dissertazione del sig. dott. Bomba. Nel dialogo fra Strepsiade vecchio contadino ed il figlio di lui Filippide viene indicata una scuola di anime sapienti , nella quale si soste- neva che il cielo è un forno , che questa sia in- torno a noi , e che noi siamo carboni. Sebbene in questo dialogo non sia nominata alcuna di quelle anime sapienti, è però molto verisimile, che si al- luda alla dottrina di Socrate , sapendosi che questo filosofo fu il principale soggetto delle derisioni di Ari- stofane , ed è uno degli attori di questa commedia sfer- 14" 3 12 Scienze /alo , e motteggiato pf^r bocca del vecchio Strepsiade. Il senso clolle parole di Socrate è quello appun- to che prende a spiegare il sig. dott. Bomba. Egli d'ode, che in quelle espressioni siano chiaramente indicate la natura dell' aria atmosferica , e l'azio- ne eh' essa esercita nella respirazione , e die da ciò possa dedursi essere stato Socrate il fondatore, od il propagatore di una teoria che ha fatto tan- to onore ai Pryestley , ai Crawford, ai Lavoisier , e che egli sia stato in certo modo il precursore di que- sti sommi ingegni. „ Il principio igneo di Crawford ,, ( dice il sig. dott. Bomba ) il calorico di La- ,, voisier non sono l'elemento del fuoco? Non esiste „ questo principio igìieo , a giudizio universale dei „ savii , neir atmosfera , che venne perciò giustamen- ,, te da Socrate assomigliata ad un forno ? Ed in- „ fatti questa sostanza si svòlge nella combustione „ delle materie esistenti nell' aria , e l'ossigeno ap- "„ plicato in unione del calorico al cqipo umano „ esternamente o internamente , vi produce , quan- „ do la sua forza non oltrepassa i limiti , il me- „ desimo effetto senza che noi ce ne accorgiamo. ,, Noi brucia , diceva Socrate , come carboni il fuo- „ co del forno celeste : ed i- moderni con esperi men- „ li diretti ed irrefragabili hanno dimostrato , che ,, l'ossigeno esisteiite nell'aria abbandonando il suo „ calorico , con cui era strettamente combinato, con- „ sunia lentamente l' idrogeno ed il carbonio , dei -, <[uali principi è pieno il sangue venoso contenu- ,, to neW arteria polmonale „ . E quando anche So- crate per forno abbia voluto indicare l'empireo , ed in ispecie il sole, non già l'atmosfera ; l'espressio- ne , secondo FA. , san^bbe egualmente giusta , per- che il sole e una delle principali sorgenti del ca- |<>:ico , e la macchina animale cunlieiia principi coni- Socrate chimico 2i3 LustiLili , fra i quali uno che chiamasi «lai mo- derni chimici col nome di carbonio , il quale ah- inondando nel sangue venoso è quello che viene in- sieme coir idrogeno consviniato nella respirazione. Altri argomenti porla il dott. Bomba in a^j- poggio della socratica opinione desunti dal cah)- rico , che a guisa di fuoco lento , come egli di- ce , ci consuma , e che o circolando col sangue , od agendo sopra la superficie esterna del nostro cor- po , toglie dal medesimo l'eccedente carboiùo pn pori cutanei , e per la trachèa ; dall' azione eh ? i laggj solari esercitano sopra la cute degli abi- tanti della zona torrida , che considera come an- neriti , o abbrustoliti dal calore cocente del sole; dalle combustioni spontanee, di cui riferisce alcu- ni casi particolari ; dalle fecce nerastre che si ren- dono nel cos'i detto morbo nero d'Ippocrale , e dai sputi dello stesso colore , che espettorano talvol- ta non solo i pcripueumonici ed alcuni tisici , ma anche persone che godono della più prospera sa- lute. Finalmente per sempre più dimostrare quanto giusto fosse il criterio , e penetrante il talento di Socrate, si rileva da un' altra commedia di Aii- stofam; intitolata Le ranocchie , in cui invocasi r aria da Euripide esclamando : O aria^mio pasco- lo ; dalle quali espressioni vede il sig. dott. Bom- ba chiaramente indicato il principio vitale dell' aria atmosferica, principio che sembra corrispondere al quid (livinuin che Ippocrale ammetteva nell' aria , e che altri vorrebbe credere che alludesse ad al- cune particolari condizioni dell' aria medesima. Molta lode si deve tributare al sig. dott. Bom- ba per la soniiiia slima e venerazione che no ire per gli antichi filosofi , e noi ammiriamo gli sfor- ai4 Scienze zi del suo ingegno nell' aver fatto risaltare il ta- lento di Socrate , al ^quale egli crede che sieno dovuti i primi indizj di una delle più grandi sco- perte die onorarono il secolo passato. Questa dis- seriazione, dedicata al celebre Berzelius , è accom- pagnata da molta erudizione , e corrisponde certa- mente alla fama che l'A. ha acquistata tanto in Ro- ma , quanto oltremonti. aiS 1 1 II lllllll- LETTERATURA Scelta d' iscrizioni antiche rócùnteinonte scopette* h A Ila gentilezza del sig. Angiolo Cretn ascili ancìam* nio già debitori di aver yeduto Un marnlo di-ssalter- rato nella di lai vigna fu-ow di porta Latina \ dà cui pubblicar potemmo (volumetto di agosto 1822.) un vago epigramma grecp, «posto a;l sepojcrD di una cagnuola. Non dubitiamo , die la elegante composi-a zione sarà stata accolta con piacere dagli ellenisti del* la Germania , della Francia , della Grande Bretta- gna ; i quali sono intenti ad accrescere rAntolo* già dalle lapidi, e sanno bene quanto di queste sia fecondo il nostro paese» La vigna Gremasclii frattan^ lo non ha cessato di produrre alcuni altri nionumen-» li, che per le cortesi attenzioni del padrone^ abbia* mo potuto comodaraenie osservare .e trascriverci. Con molta esattezza da istorico., jGJo^'eixale avea detto {sat. I. v. 171-) d^lle più iiojbiLi famiglie de* gli antichi romani j >,>, Quorum Elatninia te^itiir olnis , Mqne Laitiiia» ,> E ( sat, V> V. Si. ) t ■2l(Ì L C T T r R A T U R A „ Xibi pocula c/irsor „ Gaef.tilus dabit , aitt nigri muìius ossea mauri , „ Et cui per mediam nolis occurrere noctein , ,, Cli^'osae veheris dum per monumenta Latinae. „ L'epiteto di clivosae accenna , che la vera via La- tina saia quella che tiene a destra dal bivio formato poco lungi della moderna porta. Questa vien creduta Aurelianea: ma, dai segni delle porte compagne sul- la stessa linea , esser dovrebbe degl' imperadori cri- stiani posteriori. - Sul fatto dei sepolcri nobilissimi per quella via , più che per le altre,, concorda il viaggiatore spagnuolo Prudenzio {Uh. 1. in Symma- chwn , pctg- '5o. ) : „ Ecce , deos manes cur inficiaris haheri ? ,, Ipsa patrum monumenta probant. Dis manibus ilìic „ Alarmora seda lego ; quacumque Latina vetustos „ Custodii cineres y densisque Salaria bustis. ,, Tale via Latina fu molto battuta , fino a'terapi do- po Costantino il grande. L'istesso Simmaco , che d'al- tronde può arguirsi aver avuto l'abitazione sua su! Celio , per essa recavasi alla villa maremmana di Laurento. Haec interim de quarto Latinae viac , mox agrum Laurentem petiturus , emitto ( lib. IX. epistola 6g. ) Dunque dopo il quarto miglio esser vi dovea una via traversa , che intersecasse a po- nente la vicina Appia. Niuna maraviglia è quindi, se dalla via Latina ora compariscano più memorie delle stirpi principali di Roma, ed una sovra le altre , che sorprenderà gra- tamente gli eruditi lettori , come sorprese noi slessi. I S e B I 7, 1 O N I 2 1 I. Titolo bislungo di marmo. P . COIINELIO . EVHODO P . COUNP.LIVS . EROS .LIBERTVS. ET .CLEMENS . SCIPIONl> SKRVOS . FRATRI . FECERVNT . BENE . MERITO CORNELIAE . P . L . LAENAE . V . A . XLV Sull'esempio de' nostri maggiori dobbiamo acco- gliere con particolar premura tutto quanto concerne la famiglia degli Scipioni , che le altre tutte supe- rò nelle glorie di guerra e di pace. Noi specialmen- te , che rendendo conto de' dialoghi della repubbli- ca di Cicerone , tenuti per l'AfFricano Emiliano , e pubblicati dal eh. monsignor Mai ( gennajo iSaS. ), sostenemmo , esserne stata la villetta creatrice , gli horti snburhnni Sc/pionum , che sono ancora orti , al bivio dell' Appia e della Latina , dirimpetto s. Cesareo, e che di la stendonsi fino al celebre sman- tellato mausoleo , ed assai pili oltre , come ora ve- dremo. Sicuro argomento fu per noi questo luogo di Macrobio ( Saturnal. Uh. II. cap. I2. ) De acipen- sere y inullo , scoro , lupo. - Et ne 'vilior sit te- stis poeta ( Plautus ) , accipite , assertore Cicero- ne f in quo honore fuerit hic pi sci s ( acipenser ) apud P. Scipiofiem , Jfricanum illuni et JVuman- tinum. linee siuit in dialogo de fato verba Ci~ ceronis. ^1 Nam curn esset apud se ad Lavernium „ Scipio , unaque Pontius , allatus est forte Sci' „ pioni acipenser., qui admodum raro capitur :, sed „ est piscis , ut ferunt , in primis nohilis. Cum ,, auteni Scipio unum et alte rum ex hiis , qui eum „ salutatum venerano , invitasset , plurcsque etiam 3 '8 Letteratura n irwitatiirus videretur ; in aurem Pontius : Sci- „ pio , inquit , inde quid agas. Acipcnser iste pau- f, corum hominuin est. „ Preghiamo i dotti nostri lettori a voler conside- rare queir apud se , che si bene determina la dimo- ra nella casa nativa degli avoli; qual' è, non gTa quella della citta, ma quella della campagna, per tut- ti gli uomini oriundi de' migliori climi d'Italia. Con- siderino la moltitudine di nobili cittadini , che veni- vano da'due più ampj e popolosi colli di Roma, l'Aven- tino ej il Celio , ora deserti , a visitare il grande uomo rusticante si da vicino. Un tempio di Laver- na , dea de' mercadanti e di altri maligni, una por- ta quindi detta Lavernale fu sempre conosciuta iti que' contorni da' migliori topografi. Non v'ha per ciò dubbio alcuno, che il predio avito degli Soipio.ni detto fosse ad Lavernium , come troviamo Dianiuni , /sw», e somiglianti; e che dannar dobbiamo il Passe- razio, letterato forastiero, il quale trattando di altro, ed ei coraentava Properzio , intruder volle a capriccio la lezione ad Laurentum. Ella è certamente una pe- ste non mai abbastanza esecrabile simil mania di guastare gli originali degli antichi ! Il podere primogeniale degli Scipioni , comin- ciando in angolo acuto al detto gran bivio, una vol- ta estraraurano , delle due nobilissime strade , andar poi dovea a finire in trapezio , e con appendici ver- so mezzogiorno. Un lato, e del tratto appena di un quarto di miglio sulla via Latina , ce ne viene ora inaspettatamente dimostrato dal marmo Cremaschi. Noi però , diligenti per passione sulle lapidi , dar pos- siamo le conferme di altre linee , o lati suoi lungo l'Appla. Dal tesoro Muratoriano , CMXX.IX. i5. Eru- tae parte sinistra exeuntihus e Porta S. Seba- jfw«/.L.GORNELIVS.L.L.EROS.-MGGLlI . io. ISCRIZIONI 319 Rnmae , in hor/is Matthaeiorum. L . COPiNELIVS . CLEMENS . - MGCGXXXIII . 5. Florentiae in aedi- bus principis Corsinii. D . M CORNELIAE . EROTE CONI VGI. BENEMERENTI CORNELIVS . EROS . FEGIT Qiie'due Gornelii , Erole Uberto di Lucio Cor- nelio , e Cleraetite , liberto anch' esso che omise la indicazione , per la frequenza de' nomi belli e bene augurati , sono omonimi con Erote liberto di liber- to , e con Clemente servo di Publio Scipione della pietra novella: sono anch'essi della gente Cornelia, ma di patrono prenominato Lucio. Il terzo CORNE- LIVS . EROS , avendo taciuto il prenome suo , su- perfluo al certo in monumenti di famiglia , potrebb' essere appunto il nostro Erote , eh' era liberto di Evodo, già liberto di Publio Cornelio Scipione, del ramo degli Asiatici , che continuò a fiorire fin sotto gì' imperadori ; come fu osservato dagli eruditissimi Gian Batista ed Ennio Quirino Visconti. La scienza di occhio , che acquistasi con lungo esercizio, e ad altri non può comunicarsi, al primo vedere la nobil tavoletta sentir ci fece , esser ella degli anni ultimi di Augusto , o dell' impero di Ti- berio. Un tale giudizio vien confermato dal piccolo arcaismo, o' dalla grazia piuttosto di ortografia pri- mitiva in SERVOS . Da'fasti conosciamo console un Publio Cornelio Scipione Asiatico , gli anni di no- stra era 5G. e 68. Un antenato adunque di questi sarà stato il benigno padrone de' nostri servi libera- ti , ed il possessore del fondo e de' sepolcreti lungo la via Latina. 320 Letteratura Osservisi , come per efFetlo di i<'ggp loniana , Erote liberto di Evodo liberto anch' esso del signor principale , tiene la mano sovra Clemente , cb' era pure fratello carnale del defunto, llinnsto Cbraente in servitù , o per mancanza di peculio , o per altra ragione di suoi ministerj servili, Erote solo comp;^- riva l'erede di Evodo , e l'attinente fattizio , die a lui potea, qual solo consanguineo , curare faims. A'ten)pi dell' imperador Claudia apparir \e^»ia- nio su'fasti un' altra diramazione di Scipioni Ofii^lll- Tl , scritti anche ORFITI. Questi provenner f.>!'se per adozione o innesto dalla gente Gavia ; seppure ben si appose il Marini ( Arvali pag. i8:>. nota loj). Ma troppe altre maniere di arrogazioni , e di eredi- ta dagb avi , dalle avie , dalle madri , prodncean'ì siflatte misture di stirpi e polioniraie. La linea degli Scipioni Orliti s'innoltrò molto fino a'tempi dell' im- pero più declinante. Ci giova qui pi-odurne una me- moria, che determina bellamente un altro lato delle possessioni Scipionie suU' Appia. Dal Donati. ( San- plem. ad Muratur. pag. 6. num. 7. ) lìomne c/fòs- sa in vinca Bernabò via Appia , infer S. Srha- stiani et Metellae sepulcrum , vulgo Capo di bove. £x Marangonio. 1 . O . M . SOLI . SAFiAPIDI SCIPIO . ORFITVS .V.C. AVGVR . ^ VOTI . COMPOS . REDDITVS Di molli Sf*rapiei , ora vietati , ora permessi a cer- ta distan/.a in Roma , questo ne sarà stato uno , che i curiosi potranno cercare fra le grandiose fal>- briche , ond' è coronalo il nobil circo di Carac!- la. Speriamo poter dimostrare il giusto intervallo Iscrizioni 221 sno dalia citta cresciuta , in un altro lavoro 110- sho maggiore sul culto di queste egiziane divi- nila. Retrocedendo da quelle parti dell' Appia , tro- veremo una contiiiuazione del dominio de' grandi C'jrnelii nel podcrelto di Terenzio , cliente intimo de' medesimi , fin da' tempi , come pare , di quel dottissimo figlio dell' AfFricano primo ; poderetto posto ad Mnrtis , cioè presso l'attuai porta e la vigna Naro ; il che accennammo su' nostri fogli ( ottobre 1836. ) , nel descrivere un singoiar busto di quel principe della romana commedia , rinvenuto nel fondo Pieri Frediani , sotto l'opposto e vicia limite della via Latina. Solo ci duole , che per di- sgrazia delle cose belle , alcuni signori dilettanti ab- biano voluto, intorno quel bellissimo ed interessan- te simulacro , non attendere le imparziali e fonda- te osservazioni delle persone intelligenti , ma bada- re piuttosto alle sistematiche e male ciance di uno scultore. Cippo , cioè stela sottile di travertino , termi- nata in semicerchio sull' alto , rastremata da basso. T . STATILI TAVRIL ANTIOCHI FAB . TIG INF . P . XII . IN , AG . P . XII Da ogni dato di esperienza , questa ccrapari- sce anteriore di qualche secolo alla precedente. Po- trebbe dunque essere , che uno Statilio Tauro mi- 232 Letteratura. litato avesse col primo autore de' Cornelii Asiatici , QVEl REGEM ANTIOCO SVBEGIT. Certo è, die i romani amarori sempre di avere ne' loro schiavi di oriente nomi di regi , tetrarchi e satrapi ; come a rammentarsi continuamente d'averli vinti. — H g'a servo Antioco adoperò nella sua nomenclatura ci- Tile il cognome, o terzo nome del patrono suo, in ■vece del prenome alla comune, TAVRI Libertus cioè , in vece di Tifi hibertns ; per mostrarsi del- la famiglia del più nobile Tito Stalilio Tauro , non di altri Titi Statilii , ch'esser doveanvi nella citta, con due «orai soli , o con «n terzo soprannome dif- ferente. Quanto è ovvio trovare ne' liberti la indi- cazione dell' ufficio che teneano nella casa patrona- le , altrettanto h raro vedere in essi un mestiere , come \\ faber tignuariiis ^ legnaiuolo. De'molti arti» giani che traevano lor denominazione da faber con un aggiunto , il tignuarius era il principale. Quin- di ^ 2 i>. SS^., et ^c, G. V. 690.) „ Priusquam ad poriam i>enias, apud ipsum lacum „ Est pistrìHa , et exadvorsum fabrica. Ibi (ille) est. D. Quid ibi facitì ,f i?, Lectulos in sole itignis pedibus faciundos dedita M Ubi potetis 'uos., „ t> D. Ncque ulla fabrica erat. „ Convien dire, che un tanto padre della lingua pai pura , qual si è Terenzio , fosse spogliato mol- to negligentemente dal Forcellini ; poiché tralasciò di notare nel vocabolario un uso sì proprio, princi- palissimo e solenne. Iscnrzior^i 223 3. P. AELIVS . AVG . LTB . TITIANVS D . M . FEGIT SIBI . ET . LIB . LIBERTABVSQ POSTERISQ . EORVM ET . MISERICORDIAE Nuova ci riesce una tal forinola ET . MISE- RICORDIAE , in grandi lettere ; Gome conveniasi soVi'a! edifi/io sepolcrale noti piccolo. Altro non può ella significare , se non che ii buon liberto di Adria- no, per ifnpulso di umanità , fedendo successori dell* àmpia casa niortualé solo pochi liberti , permettes- se lóro usar l'estrema carità verso infelici e pelle- gfitii , a' quali niun altro Usata l'avrebbe. La vo- ce ini-tericoniia m tale delermirtato senso fu hen cortosciuta da Terenzio riell' Aridria (act. L se i T, j)3), dove scrisse di Panfilo , che avea voluto in- tervenire al funerale di urta compagna della sua bella : „ Heine ìUtie Ìacrumae\ Haec illa est misericordia\ ,, Una is6ri:iióne di Sarsina , che meriterebbe di esse- re più nota 6 studiata (Graei>. Thes. ItaL tomi VII parte 11)^ ci ricorda la generosità misericordiosa di Bebio Gemello , il quale lasciò a tutti i suoi con- cittadini ed abitanti un ampia fondo sul Sapi , in cui ciascuno prender potesse per sepolcro l'area di dieci piedi quadrati, e collocarvi sua memoria ; ec- cettuati = extra (gnam) auctorateis , et quei sibi la-., queo manus attulissent , et quei quaestum spurcurn professi essente coloro cioè, ch'cransi dati alla gla- diatoria , i suicidi , sempre infami , i lenoni ed al-i tri turpi per pubblica impudicizia. 22^ LB'f TE U ATURA In Civitalavinia, cioè lanvina ^ o lanu^inn ^ fu discoperta a' tempi nostri una insigne lapida , di cui prima sentimmo prepararsi piena illustrazione da' possessori, e che poi vedemmo pubblicata dal sig. Rat- ti. Gontien' essa le leggi , o i regolamenti di una società cuhoruni Dianac et Antinoi , sotto l'impe- ro di Adriano in conseguenza; società che pi opria- mente appellavasi Gollegiuni SALVTARE. Era que- sto eretto , allo scrivere degli editori, sub tetra An- tinoi parte interiori'^ il che per Antinoo riesce somma- mente ridicolo , e sovra tutte le goffe lezioni degli accademici colleghi. Non richiedeasi però grande va- lore od esperienza in queste cose , a legger tosto : legetn ab ipsis constitutani sub tetrastylo templi An- tinoi , parte interiori , perscribii essendo pure can- tato abbastanza il tetrkstilo degli Arvali del nostro Marini. Di tal collegio salutare fu principale insti- tuto l'andare a raccorre per le campagne i morti , e il darneli a sepoltura con decoro. Per picciola obla- zione eranvi ammessi anche i servi ; e di questi pre- seri vesi : cjuisqiiis ex hoc collegio servus defanctas fuerit , et corpus ejus a domino dominave iniquità' te sepulturae datimi non fuerit , ei fiinus imagina- rium fiet. Notisi questa iniquitas per mancamento ad una b»gge di umanità e civile , la quale obbliga- va i padroni degli schiavi fatti in guerra , o com- perati , a tenerli come se fossero della cognazione , o sangue loro. Quindi non altro \ il funus iina- ginariani , se non che i fratelli del collegio saluta- re entravano vere imagines , o rappresentanti de* patroni, a procurare un /un us , che per le leggi mai noti avrebbero potuto. Da nota falsissima di uno scoliaste , riportata nel Glossario falsamente pure . attribuita a s. Isidoro , e peggio da questo in quel- lo del Du Gange, il sig. Ratti ha creduto il /«- Iscrizioni 3a5 nits imaginariurn un vuoto monumento , o sia ce- notafio ; quando è oggetto più che manifesto della società salutare il porgere al cadavere derelitto ve- ra e reale sepoltura. Alla misericordia generale di sepellire , in Lanuvio non faceasi altra eccezione , se non se questa. Item placuit : quisquìs ex quacum- qiie emessa mortem siti adsciverit , ejus ratio fune- ris non hnbebitur. Grande costanza di santa mora- le precettiva, che viene dalle antichissime origini del- la stirpe umana ; ed a cui attendere non vollero i falsi filosofanti , che sul suicidio , sull'arte iniqua del- lo accoltellare , presero a norma novizi e non retti pensamenti ! 4. D . M CLAVDIA . MAXIMILLA FECIT . SIBI . ET M . VIBIO . ISIDORO CONIVGI . BENE . MERENTI CVM . QVO . VIXIT . ANNIS XX.VI . ET . LIBEUTIS . LIBERTA BVSQVE . POSTERISQVE EORVM 5. L . GALPVRNIO AVGVSTINO V . ANN . II . D . XXXV L . ABVCGIVS . lANVARIVS L . GALPVRNIVS . SIL VESTER . FORGIA AVGVSTINA . FILIO PIENTISSIMO . ET . SIBI G.A.T.XXXIX. i5 33^ ijKTTKRATUlVA 6. M , TITIVS . PRINGEPS , ET TITIA . SVCGESSA VIX , CON . ANN . XXX yixere conjuges^ o vixere concordes? Che se debb' essere il VIX^'^ singolare, spieghereaìo CON, cum eo , annis triginta, NWit CÒNIVX, la moglie propriamente , annis triginta* C . OCTAVIVS . FAVSTVS FEGIT . SIBI . ET . SVIS POSTERISQVE EORVM 8, D . M . S QVINTIATHRYPERA ETCAESENIAELATE TICLAVDIO PINO BMFE CERVNT 9^ ATTHIS dIX . AN . XV EVTtCHIAIS , SOROR Coni quel digamma % o F capovolta a rovescio, yxm dell^ UQ lettere inUOciQtte daU' im^erador Clan- Iscrizioni 327 dio , quest' ateniesina ci assicura l'età sua. Se l'al- tra delle Claudiane forme credesi l'antisigma , o due C congiunte a schiena fra loro , come la nostra X corsiva, e di cui Prisciano parlò, accennandoci che non ebbe corso ; ne viene , che la terza , cercata da uomini dottissimi , sia la mezza H, che qui ve- diamo , adoperata per Y. La sua creazione e ve- ramente da grammatico erudito e minuto ; che ora sarebbe lunga cosa sviluppare. Una tal forma di lettera avea già richiamato l'attenzione nostra so- vra non pochi marmi de' tanti , che ci passati sott' occhio : ma non abbiamo formato decision1ETAS fra le Scipioniane ; Pirànesi j tavola Yì ; { FAVOR, gli AMOR, maschi e femmiriei frequenti come l'EROS in questo istessò scritto , e la HELPIS , eh' è la SPES di più marmi latini. Suggeriremo , che lOGVS 248 LKTTBKATUnA può essere in vece di lOCVNDVS ; che in buona ortografia cosi scriveasi ; ed era vezzo urbano , ed anzi attico , l'accorciare gì' ipocoristici da' positivi loro ; come più sopra Epafra per Epafrodito. Ma noi sì che abbiamo da fare con un tale maestro , a cui senta ciascuno , come sentiamo noi slessi , di do- ver cedere in qualunque incontro armi , campo , e tutto. Notabil minuzia è l'aver qui il gentilizio BAE- BIA con due B ; quando l'abbiam Ietto in cento marmi con una B sola. Ciò sarà provenuto dalla pronunzia forte de' privernati , che fu pure de' io- mani primitivi , e resta ancor tale specialmente fra le pendici volsche. Neil' altro titoletto 26. , TYRAEMENVS b uno di que' molti e molti nomi greci , de' quali deter- minar non si può la formazione, o rendere il si- gnificato. TREBELLl . C OVF . M . F . F . M . F . F . Questo frammento avrebbe vinto in pifgio le altre lapidi ; se ci fosse pervenuto alquanto più este- so : che sembra certamente spiccato da gian tavo- la di fasti , o di magistrati e sacerdozj municipali. Teodoro Valle frate domenicano , buon istorie© se- centista di Priverno , avea risaputo alcuna cosa , dal Cluverio , come crediamo , intorno la tribù na- tiva de privernati Oufentina ; ma non potè pro- vamela che con due iscrizioni di citta vicine , Fie- Iscrizioni 249 gelle , o Pontecorvo , e Fresinone. Noi siamo più fortunati , e j^ossiamo assicurare da marmo indige- na le glorie civili romane dell' altro fiume di quel- le contrade , l'Ufente. Scrisse Festo , l'abbrcviatore di Verrio Fiacco : Oufeiìtinae trihas iiìitio criussa • fnit nomen fluminis Oiifens , quod est in agro pri- vernate , Inter mare et Tarracinam. Lucretius. „ Prh'erno oiifentinn ^'enit ^flavìoque Oufente. „ Posteri deiiìde a ceiisorihas ali! quoque (livrrsarum civitatium eidem trihui snnt adscripti. Grande in- dizio e questo di cittadinanza romana in tempi re- motissimi , anteiiori a tutte le guerre sostenute con- tro i confratelli (|uiriti. Alcuni critici vorreltbon mu- tare quel Lucretius in Lucilnis. Ma , olire colui che scrisse con tanto valore di dottrine non buo- ne , bavvi conosciuto un altro Lucrezio comico , ed un altro forse che trattò di cose urbane di Roma in molti libri di esametri. Virgilio sempre tenace de' nomi consagiati dalle istorie , in più luoghi del suo poema fa di Ufenle un vaioloso condottilo Così a Priverno personificato , come il superior no- stro Privernio Geriale , da per uccisole un eroe ita- lo-greco di uguale nobiltà , Capi fondatore di Ca- pua { Jeneid. Uh. IX. v. 376.). Noi termineremo notando in fisica di archeologia , che a questi due fiumi l'Amaseno e l'Ufente, cioè alle terre per essi traghettate dalle alture privernati , deesi la nasci- ta dell' attuale agro Pontino ; e quindi il poeta ( Lib. VII V. 685. ) ben disse : Amasene pater ; 3 (.'. 801.) : „ Qua Saturae jncet atra palus^ gelidusque per imas „ Quaerit iter vallcis^ atque in mare conditur Ufens. „ 35o LCTTIRAT ^^^V A Gli uomini tutti , che amano la solida scien- za ed il bello maestoso degli antichi , uniscano i voti e le premure loro alle nostre ; acciocché i cit- tadini di questa patria universale vincer possano :oraggiosamente le contrarie disposizioiiii quante mai ieno , e continuare a produrre di sotterra ricchez- e morali ed artistiche o civili , maggiori di quelle umense che abbiamo sopra terra. GinoLAMO Amati. Vode VI del Uh. Ili di Orazio , volgarizzata dall' ah. D. Loreto Santucci. u. na delle odi del Venosino più gravi e più de- gne dell' alta sua mente è certo la VI del li- bro III, Delieta maiorum immeritus Ines : in che il poeta ritraendo con vivi colori e con nuove e vigorose immagini i costumi sfacciatamente sfrena- ti dell' età sua , con parole piene d'autorità li ri- morde. Bel documento a coloro che intendono di proposito all'arte poetica: i quali se ricordando ch'es- si usano un parlare quasi divino , terranno buono il meschiare col diletto l'utile, non sarà che niun se- guace di Platone abbia mai, come gente vana e spes- so dannosa, a cacciarli della repubblica. Ode vera- mente delle più nobili di che si onori la poesia '. e sarebbe mestieri che tutti la si recassero alla memo- ria, massime coloro che senza troppo considerare le condizioni de' tempi , levansi in questi dì fino all'al- tezza di riformatori delle nazioni : facendo quasi ra- gione di trovare le antiche virtù de' Curii , de' Fa- brizi , de'Quinzii, la dove non è forse che il vitu- Ode d'Orario tradotta. aSi perio ed il puzzo de' costumi de' Verri , de' Glo- dii, de'Saturiiini. E però avviene che i loro discor- si s'assomiglino a quelli che teneva un tempo il bo- rioso Leostene, a cui Focione disse: „ I tuoi discor- si mi hanno sembianza de' cipressi: perciocché gran- di sono e sublimi , ma non portano frutto. „ E come porterebbero frutto , se coloro i quali odono sì al- ti ragionamenti non possono essere a tanta altezza pro- porzionati , non avendo abito di ninna virtvi ? Che tutte le virtiì hanno il loro principal fondamento nell'onesta della vita e nella religione. Tal è il gran vero che Fiacco va gridando in quest' ode: la qua- le par che non tenga propriamente alle credenze ed agli usi di niun particolare paese , comechè volgasi ai cittadini di Roma antica: ma possa egregiamente accomodarsi a tutti i popoli della terra, a'quali non suoni un nome inutile la ragione. Molti presero a volgarizzarla ; ma sempre , per quanto mi pare , con prova non buona. Quale ver- sione infatti ne abbiamo degna non dirò già dell' alto latino, ma dell'italiana poesia? Certo io non la veggo t se pure non mi si gittino innanzi i volumi di qualche irto e slombato verseggiatore, a cui solo da- ranno lode coloro , i quali o poco hanno amiche le grazie latine , o natura non fece atti a sentire all' anima le inspirazioni e la presenza dell' oraziana di- vinità. I lirici , come altre volte si è notato, sono quasi di disperato volgarizzamento : perciocché la grande loro eificacia , anzi , come vuole il Tasso , il primo loro essere , deesi riputar nello stile : il quale ri- sultando , come ognun sa, dalla varia scelta e or- ditura delle parole, e perciò prendendo vita da tante piccole e dilicate avvertenze di armonia e di collocazione , può hen sentirsi ma non traslatarsi. 232 Lettera TU UÀ Che dunque farà quell' uomo beneniriito, che voglia pur dare qualche notizia delle cose liriche de'poeti , e principalmente di Orazio , a chi non h? potere di leggerle nell' originale favella ? Tutto fat'a fuorché tentar Timpossibilc , com'è l'uso di molti. E quindi guardandosi dall' arditissima presunzione di volere esattamente ritrarre le forme, dirò cos\, esteriori dell* archetipo , stara solo contento a rappresentarci con franchezza le interiori : la gravita cioè , la maestà, la gentilezza, la malinconia, lo sdegno, o s" altro intrinseco carattere v'ha che sia proprio di uno scrit- tore. Chi farà in altro modo , adoperandosi di rort- dere strettamente il numero piuttosto che lihcramen- te il peso delle parole, massimo se v'ha metafor:\ (*), egli intraprenderà un' opera affatto perduta : uccide- rà l'autor suo , piuttosto che ridonargli vita : e in- correrà nel comune difetto di non commover ncs uno, e di farsi legger da pochi e con noia. Tali considerazioni sembra ch'eziandio abbia avu- to nel volgarizzamento di quest'ode di Orazio il sig. ab. D. Loreto Santucci, nome già fatto illustre pres- so tutti che pregiano la classica poesia : il quale di- verrà certo fra gì' italiani chiarissimo , se egli ci darà tutte le altre odi tradotte colla franchezza e no- biltà medesima, con che ha tradotto questa cosi gra- ve e cosi di (Fi ci le. Salvatore Betti (*) Giovi qui riferire a prnpo'!Ìto questo passo di S. Gi- rolamo nel liùro secondo a Rufino : Omnis metaphora si de alia in aliain linguam Iransforatui- ad verbnm , qui- busdam quasi sentibus oralionis sensus et germina sof- foca ntur. Odk d'Orazio tradotta 253 ODE. Finche de' numi i sacri Delubri , e i simulacri , E l'aro affumicate , e i guasti muri Di risarcir non curi ; Trema , o roman : benché Hion reo , t'aspetta Dei delitti de' padri la vendetta. Signor del mondo sei , Perchè temi gli dei : Da lor l'inizio all'opre lue derivi, L'esito a lor ne ascrivi : Oblio de' numi diede a Italia , il sai , Larga messe di lacrime e di guai. Già le falangi nostre Ebbero infauste giostre Con Monèse e con Pacoro due volte , E de le prede tolte Alle schiere romane Rilucer fan le barbare collane. D'ira civil nel foco Ardna Roma , e per poco Tutta dall' imo non la stese al piano TI daco e il mauri tano : Questi tremendo nell' equoreo marte , E l'altro più del saettar nel]' arie. Secol di colpe pieno Sciolto al pudore il freno Da pria macchiò nozze , prosapia , e case * Nulla intatto rimase : E da tal fonte uscio de' mali il flutto , Ch' ora innonda la patria e il popol tutto. 254 Letteratura A l'ionia palestra Cupida s'ammaesti a , E le membra compone e gli atti abbella La matura donzella , Guasta cosi , eh' omai da' primi albori •Va meditando incestuosi amori. D'Imen poi fra le pompe Sfacciata ogni argin rompe ; Adocchia, assisa del marito a desco , L'adultero piiì fresco ; E non consorzio e non lucerne schiva ^ Ne sceglie a cui donar tresca furtiva ; Ma patteggia Tinvito ; Sorge , conscio il marito , E in vista a ognun là corre ove la chiama Lussuriosa brama , Sia vii sensale , o ispan nocchier , che il lezzo Compra di nostre infamie a largo prezzo. Nou da parenti tali l$bhe un giorno i natali La gioventiÀ , che di sanguigno tinse D'AtFrica il mar ^ che vinse 11 grande Antioco, e fé voltar le spalle A Pirro e all' implacabile Anniballe ; Ma schiatta eraa que' feri D'incalliti guerrieri Sperla ne' campi con sabine marre A romper glebe , e a trarre , Com^ lor lo imponea madre severa, Fasci di tronche legna allor che a sera Ode o'Oavzio tiudotta 255 II sol col basso raggio , Fornito il suo viaggio , Mutava all' ombre raddoppiate il luogo , E i buoi sciogliea dal giogo , Riconducendo con la notte amica Dolcezze da far cara ogni fatica. Che non usurpa ai tempi Possa di tristi esempi ! Malvagi gli avi procrear peggiori I nostri genitori : E noi , perversi più che i padri e gli avi , Presto figli daremo ancor più pravi. De vita Tkomne Chersa racusinì commentarium Antonii Caesarì sodalis philippiani veronensìs.Ye- ronae 182-7. 1 chiarissimo Antonio Cesari prete dell' oratorio di Verona pubblicò , mesi sono , in Verona stessa un opuscolo con questo titolo ; - De vita Tìiomae Cher' sa ractisini commentarium Antonii Caesari sodalis philippiani veranensis. Premette egli al suo com- mentario un bel passo di Tacito nella vita di Agri- cola , che giova qui riportare. „ Ut vultus hominum, ita simulacra vultus ira-. „ becilla ac mortalia sunt ; farma mentis aeterna , „ quam tenere et exprimere non per alienam materiem „ et artem , sed suis ipse raoribus possis. - Quidquid „ ex Agricola (ex Thoma Chersa) amavimus , quid- ,, quid mirati sumus , raanet , mansurumque est in ani- „ rais bominum, in aeternilate temporum , fama re-. a56 LuTTERATUKA „ rum. Nam multos veteruin, velut iaglorios et ii^iio- „ biles , ohiivio obruet : Thomas Ghersa posteritati ,, nariatus et traditus superstes erit.,, In questo pe- riodo ognun vede che il giudizioso e profondo sto- rico latino altro non vuol dire, che la figura natu- rale o artefatta degli uomini si perde e perisce coli' andar del tempo , ma che la forma dell' animo, cioè la virtiì, resta eterna, cioè vive finche saranno uo- mini sulla terra; perchè ciascheduno che sia virtuo- so rappresenta o è l'immagine dell'uomo lodato. Al- tro dunque non resta se non che , non dallo scar- pello o dai colori pittorici , ma dalla penna d'uno scrittore l'uomo virtuoso sia tramandato alla poste- rità , perchè sia sempre chiaro ed illustre , e l'ohlio noi copra. Mosso pertanto dalla verità e dalla giustez- za di questo pensiero di Tacito , il dotto P. Cesari protesta al termine del suo commentario d'averlo com- posto , acciocché resti sempre pubblica una memoria del suo desideratissimo amico, ed a questo aggiunge l'altro egualmente pietoso motivo di mitigare per avventura il dolore del superstite fratello. - .//i^o?7/«f Caesnrus amici desiderati usimi extare memorinm voluit , si forte Antonii fratris dolorem minueret. Da queste parole si vede chiaramente, che il fine pro- postosi dall'illustre autore è stato quello di mitigare il fiero dolore del fratello; e dalla scelta dell'epigra- fe si vede altresì, aver egli voluto sfogare , per co- s'i dire, il sentimento della sua amicizia, narrando alla posterità le virtù ed i pregi dell' amico perduto. Queste cose ho creduto necessario di prenotare, per farmi strada a ribattere l'acerbo ed erroneo giu- dizio, esposto in un breve articolo inserito nel fasci- colo n. è>ij fa«. ii6 dell' Antologia di Firenze. Quel compilatore , che si nasconde prudente- meulc sotto le tre lettere K. X. Y. , incomincia in Vita del Chersa 257 questa guisa: // Cesari applica al Cìiersa lui bel passo della vita di yfgricula , esagerazione che spiacqiie ai coìicittadini di quel dabbeii uomo. In- comincia dunque con una chiosa falsa, o con un'as- serzione calunniosa. Il Cesari con quell'epigrafe non ha voluto paragonare il Chersa ad Agricola. Certa- mente non rispetto alle virtù militari di Agricola. Forse rispetto alle virtiì civili e domestiche? E per- chè no ? La forma della mente , dice Tacito , non può esprimersi per alienam materiem ^ cioè coW^. pie- tra o i colori pittorici , come la forma del corpo, ma ciascuno può benissimo esprimerla snis moribns. Dov'a dunque l'esagerazione? E se mai vi fosse, con qual fondamento asserisce egli , che spiacque ai concitta- dini del Chersa? Cred'egli che questi , oltre Tessere in generale eccellenti latinisti, non sappiano dare il vero valore alle cose secondo le regole del tranquil- lo buon senso ? O crede egli che abbiano avuto in altro concetto da quello del Cesari questo lor pae- sano ? Ciò pure asserisce questo nostro trigrara matico ipercritico. Poiché soggiunge subito: Le lodi di questo commentario parrer tutte ad essi smo- date , ed è facile V accorgersene . . . Tutte ! oh , ((uesto è troppo. Quest' ultima prova però vaga e indeterminata è una trigraramatica stalìilata al P. Ce- sari : e noi la lasciamo lì, sottoponendola al giudizio di quegl' italiani che leggeranno il commentario. Il Cesari poi reciderà seguentemente la staffilata a voto , che qui gli viene applicata , con pili sonora staffilata a pieno.. Quanto poi al tmulizio de' coiìcittadini del Chersa intorno alle lodi del commentario , perche il sig. K. X. Y. prestò a me tanta fede quanta io ne pre- sto a lui , facendo la benevola supposizione che egli sia stato tratto in errore dall' asserzione di qualche malevolo o di Tommaso Chersa, 0 della famiglia sua G.A.T.X.XX1X. 17 3 58 LETTERATURA ( raz»a di vipere scimunite si , ma die non manca- no uè alle citta ne ai villaggi) sappia egli dunque, che quando una morte immatura ebbe rapito T. Chersa , col quale io m' era già stretto co' legami di dolcissima amicizia , ed io stava languente per malattia sopravvenutami a Grama presso Ragusa a casa del mio incomparabile ospite ed amico conte Pozzo di Borgo , io, dico , doppiamente afflitto inviai di cola un sonetto consolatorio al degno fratello del defunto: il qual sonetto incomincia. - Giusto , Antonio , è il dolor che L'auge il petto . . . Non mi ricordo piiì delle quartine , ma s\ delle terzi- ne che qui trascrivo solo perchè fanno al mio caso. Eccole, Tutti morte rapisce , e prima i buoni ; Ed or ne trae ciascun nuovo argomento Che di Tammaso tuo mesto ragioni. Sì tutti deploriam sorte s\ dura, Di lui membra n do nel comun lamento La mente , il cor , la candid' alma e pura. A me pare, se madonna Filauzia non m'inganna, che in questi versi sia contenuto come sotto una formola generale d' algebra tutti i casi particola- ri del quale ha o può aver parlato il P. Cesari. Eppure essi furono accolti, commendati, e ripetuti da tutti i ragusei che sapevano leggere , non per la loro eleganza , ma per la veritk del concetto che racchiudevano. Inoltre , mosso anch' io dal bi- sogno di sfogare la mia amicizia verso il perduto amico , raccolsi dagli stessi suoi concittadini , ed al- cune dal fratello , le notizie particolari della sua vita e l'opinione loro , e ne compilai un arlico- Jo necrologico , dal quale il P. Cesari sembra avev Vita dkl Ciiersa -ìSq tratto una gran parte de' materiali del suo com- mentario : e queir articolo fu da tutti trovato con- forme alla rispettiva opinione , e fu inserito nel me- desimo giornale dell' Antologia , dove poco dopo si è dato luogo all' articolo del trigrammatico com- pilatore , il quale si fa lecito di dare la belTa al rispettabile P. Cesari come scrittore in latino ed in italiano , ed accusa me e tutti i buoni ragusei di contraddizione. Vero è che il sig. K , X , Y riconosce elio lo stile latino del Cesari ha eleganza e franchezza ; ma soggiunge poi che il titolo sopraccitato , e le frasi seguenti mostrano anche affettazione , improprietà e quei giri che non sono punto latini. Le frasi poi sono le seguenti. 1. Homine probo , cumprimìsque diti. 2. Eiirn vero hamanìores litteras dociiit, 3. Iiirispriideni iae pubblicae doctor raciisinae in- ventati , cui studiose operain dedit. E già mostrandosi evidentemente ignaro della lin- gua latina , e di non aver capito il senso della fra- se , aggiunge : La qual frase par vos^lia indicare che il Chersa ponea grande stadio non alla leg- ge , ma ai giovani di Ragusa. Ripeto che que- sta chiosa o deriva dall' ignoranza , e se dall' irri- flessione , da quel vero fenomeno di fatto , che l'it- terico vede in giallo il color bianco. Infatti basta por- si sotto gli occhi il passo tale quale è stampato , e può uno convincersene al primo colpo d'occbio . . Il pas- so è questo : Nec minore hunc ( Chersam ) laude prosecutus est iurisprudentiae puhlicae doctof ra- cusinae inventati constitutus, cui studiose operaih dedit , Aloysius Cosintus. Non è dunque il Chersa aGo L B T T li U A T u n A che pone un graiide studio alla gioventù ragusiu.' professando la giurisprudenza , ma Luigi Cosinti chi loda il suo discepolo Cliersa. Non è questo un Issio- ne ciie una nuvola prende per Giunone ? Eppure il commentario latino ha il testo italiano a fronte. Quanto poi all' affettazione , che il trigvainmati- co censore trova nel titolo dell'opuscolo cesariano , e nelle due prime frasi già sopra riportate , io nulla dirò, perchè ne io , ne altri , credo , vi troveranno queste mende : anzi la secónda specialmente è una di quelle frasi che si danno ai principianti per assue- farli a dare al verbo decere due accusativi, uno de'qua- li h retto da una preposizione sottintesa. Non pos- so per altro rimanermi dall' adduimi una hnonissima ragione per la quale tali dovevano parere agli oc- chi del suo intelletto. „ A lui , ( cioè al P. Cesari ) prosegue egli, si fa lecito talvolta scriver latino: ma chi non ha il dono suo, e non parla a stranieri, co- stai , se ci cade, (vale a dire il suo libro) narrata la sentenza , igns comburatur sic quod moiiatur' ,, Da qual codice il bravo nostro censore ha egli trat- to questa sentenza P Forse dagli scritti d'un notaio goto o longobardo del secolo X ? Certo non è questo il modo né de' classici scrittori , né di quei semibarbari ai tempi di Giustiniano. Poiché e vero che in molti casi il quod latino eguivale al nostro c/ie^ anzi questo ne deriva ; ma quando i latini del buon secolo volevano dire il nostro in guisa che ^ non si servivano del quod per significare il c/^e, ma dell' ut ^ e il quod in questo caso è un vero barbarismo. Povero P. Cesari ! in che mani è egli mai caduto ! Qual accoglienza farà egli alle lodi stesse che gli ven- gono date da un cotale , che sembra non distingue- re il nominativo dall' accusativo , come nella pre- cedente osservazione ho dimostrato , e elio volendo Vita del Chersa -jGi dar prova tli valore in latinità scrive sic quoil -, in vece di sic ut ? . . Tiriamo avanti. Lo stile italiano , soggiunge il nostro censore , è il noto siile del P. Cesari , pr,-- te dell oratorio. Benissimo ; se egli si fosse conten- tato a questo solo giudizio , nulla avrei avuto da opporgli; ma quando reca i tre essempi tratti dalla versione italiana de' suoi tre passi latini : 1. Ut omnibus facicìtafem ad enndi sui Jaceret Clier' sa - fac. 29. 2. Atque amatorie potius (sic dicere fas est ) eum quam fraterne dilexisse videatur - i'xc. 12. 3. Lectissimae Jeminae ^ miiltis lìteraruin ornawen- tis excultae ~ fac. 2 5. (1) quando, dico, neppure la modesta formola , si di- cere fas est ^ non e messa in nessun conio, allora io mi convinco sempre pii'i di quella itterizia morale, che qui sopra ho accennato, e mi taccio , perchè ne alla mia età ne al mio stato conviene il mescolarsi air indecente procacità giovanile. Del resto egli è ben vero non potersi negare , che il P. Cesari quale scrittore dee riguardarsi co- me un ricco possidente nel regno della letteratura italiana, il quale ha pagato e paga largamente le sue contribuzioni in buona moneta si, ma una porzione (i) / tre passi qui riportali in latino sono così lrn~ dotti in italiano dal P. Cc\nri. 1° Per modo che a lut- ti Jacea copia di se. u Sicché: diotostrò (se posso cìiiio ] d^ amarlo anzi tV amore che da fratello, 3° Fior di ina- trona sfornita di largo capitale di lettere {.parla di Fran- cesca Chersa Androvich sorella del lodato Tommaso). 262 Letteratura eli essa è di antico conio , sdegnata da moltissi- mi che si dilettano più della moderna impronta , e rincresce loro di usare l'attenzione talvolta necessa- ria per determinarne il vero valore. Ma dovremo poi soflrire che alcuni del volgo la spregino , o le attri- Luiscano una lega diversa da quella che hanno na- turalmente , mentre appunto introducendo il Cesari nel commercio letterario questi pezzi d'antica s\, ma di Luona ed elegante coniatura , ne ha fatta scartare mol- tissimi altri, che avevano preso corso di moneta fal- sa erosa e straniera , che tanto la danneggiavano ? Cosi, per essi, io confesserò ingenuamente che incon- tratomi in quel passo del commentario dove si par- la del forte sentimento dell' amicizia proprio del hnon Tommaso Chersa , e leggendo le seguenti parole - Egli laiitenne ( gli amici e i parenti suoi)y/-a se anno- iali con somma conformità di voleri , cotalchè vis- sero insieme in perpetua pace , essendo lui il Cap- pio e il CONCIO di tutti loro ( pag. 3o ) : confesso , dico , ingenuamente che giunto a quel cappio e a quel concio m'arrestai sorpreso dall'idea d'una certa trop- po grande ricertatezza , e se vuoisi ancora , stranez- za di voci ; ma leggendo poi nel latino a fronte essrtiMEDiA 271 Ma nostra vita senza mezzo spira La somma beninanza , e l'innamora Di se , sì che poi sempre la desira ; ma l'anima nostra ( clic tale è qui il significalo eli vita ) è senza mezzo spirata dalla bontà divina ; e quindi è immune da ciò , a che tutte le altre co- se informate da alcuna virtii creata sono soggette. Anche nel e XXIX del Paradiso ripete Beatrice questa scolastica distinzione , la dove parlando de' corpi sublunari che sono nella più ima parte del mondo , e de'cieli i quali Dante , secondo l'opi- nione che in que'tempi correva, poneva essere col- locati nel mezzo , dice v- 34 : Pura potenzia tenne la parte ima : JNel mezzo strinse potenzia con atto Tal vime , che giammai non si disvima. La pura potcìizia. è qui la coniplession potenziata del e. VII ; la quale è diversa dalla potenzia con atto , da quella cioè che non solo può ricevere , ma anche dare. A me sembra , signor principe carissimo , che di- cliiarato questo passo così cora' io lo dichiaro , non debba essere più rivocato in dubbio. Ma che giova che sembri a me, se tale, non sembrerà pure a coloro che più veggono in queste cose? Fra i quali siete voi veramente , che vostro particolarissimo studio avete sempre fatto dell' alto cantore della rettitudine , da cui toglieste in gran parte quel bellissimo stile che tanta riputazione vi ha recato , massime nel ce- lebre volgarizzamento della repubblica di Cicero- ne. Sicciiè voi per primo chiamerò giudice di que» 2^2 L E T 1 I K A T i; K A sta non so se nuova interpretazione o più sempli- ce dichiarazione : e m'è avviso che per l'amore di Dante e mio non debba increscervi di spendere in- torno ad essa alcun momento , se mai ne aveste di ozio. E mi vi raccomando. UT. Al cav> Luigi Biondi marchese di Badino. Quando io scrissi quelle mie brevi osserva- zioni sopra alcuni luoghi della divina commedia , tu non solo facesti loro buon viso , ma mi desti animo a pubblicarle , sentenziando in favore delle mie chiose. Ed elle infatti escirono in Milano per le stampe del Silvestri colle altre mie prose. Quindi ho pensato che potresti gradir pure questa altra, la quale parimente ti viene innanzi desiderosa di ot- tenere la tua approvazione. E certo qual cosa più desiderabile ad un comentatore di Dante , che l'es- sere stimati buoni i suoi giudizi dal Biondi, dall' autore cioè di c^xxe Ragionamenti sulla divina com- media , i quali come classici vanno per tutta Italia testimoni dell' alto suo senno , dell' eleganza sua , e dello studio egregio ch'ei pone intorno questo gran- de inspiratore delle sue rime ? Tanto più eh' io stimo la mia chiosa essere del tutto nuova. Oh una nuova chiosa , dirai tu , una chiosa nuova sopra un luogo di Dante ! Attendi , o Betti , che non si rinnovi in te la censura di que' letterati tedeschi dal gran sopracciglio , i quali hanno avuto ultima- mente la cortesia di scrivere , essere gì' italiani co- loro che meno intendono le cose del divino poeta! E veramente , o mio Biondi , ne ho grave timore» senoiichè spero che presso tulle le persone gentili Divina Commedia 278 il buon volere debba essermi di alcuna scusa : e che il chiamar giudice un pari tuo abbia a lavarmi da ogni macchia di audace. Nel canto VI del Paradiso introduce Dante a parlar Giustiniano , il quale per la condizione sua (i) d'imperadore romano , narra ciò che fece il sagro- santo segno dell' aquila portato dagl' invitti duci di quel popolo dominatore. Ed avendo nominato i Quinzii , i Torquati , gli Scipioni , Pompeo , e gli altri grandissimi, esce in quelle parole: Poi , presso al tempo che tutto 'l ciel volle Ridur lo mondo a suo modo sereno , Cesare per voler di Roma il tolle. E quel che fé' dal Varo insino al Reno , Isara vide ed Era , e vide Senna Ed ogni valle onde '1 Rodano è pieno. Quel che fé' poi eh' egli esci di Ravenna E saltò '1 Rubicon , fu di tal volo Che noi seguiteria lingua ne penna ec. Tutti i comentatori , quanti ne ho io veduti , allor- che sono suU' interpretare i versi Poi , presso al tempo che tutto '1 ciel volle Ridur lo mondo a suo modo sereno , (1) Così interpreto io què* versi i Or qui alla quistion prima s'appunta La mia risposta : ma la condizione Mi striage a seguitare alcuna giuula : la qualità cioè ìT imperatore romano. Quindi rifiuto qf- Jatto la lezione del Lombardi : Ma sua condiziofte. G.A.T.XXXIX. i8 274 Lette nA-TURA dicono a un di presso ciò che dice il nostro som- mo e caro amico Paolo Costa nel suo cemento : Jl tempo in cui Dio , e con essolui tutte le ani- me beate ( che hanno un sol volere in Dio ) vol- iterò che la terra si riducesse in pace , a similitu- dine del cielo li per prepararla alla venuta del Messia. Dunque , secondo questa chiosa , quando fu vici- no il tempo della nascita del Redentore, il cielo per ridarre il mondo alla pace universale fece surgere le guerre più fiere che mai aOliggessero l'umanità , quelle cioè guerreggiate contra i barbari e contra Roma da Giulio Cesare . A me questi non è sem- hata cosa molto simile al vero : tanto più che ne fu Cesare quegli che la Provvidenza elesse a compor- re la terra in pace , ne questa pace segui da assai presso il tempo , in cui egli incominciò le sue im- prese guerriere : tutti sapendo che il tempio di Gia- no fu chiuso in Roma 07 anni dopo il primo af- iVontamentQ di Cesare co' galli , cioè nelP anno 45 dell' impero del suo successore Augusto, a cui in que- sto canto stesso l'Alighieri da lode di avere col se- gno dell' aquila pacificato la terra; Con costui corse insino al llto rubro , Con costui pose 'l mondo in tanta pace , Che fu serrato a Giano il suo delubro, E dopo le guerre di Geijare, che nulla certo giovarono alla pace del mondo, non n'ebbe Roma parecchie altre grandissime prima del nascimento di Gesù Cristo? Non si combatterono le battaglie di Filippi e d'Azio? Sic- ché non sapendo da me medesimo risolvere queste difGcoUa, ho chiamato Dante stessa interprete de' suoi versi. Divina Commedia 2^5 Ho tlunque appello il volume della Monarchia , ed ivi nel libro primo ho attentamente letto ciò ch'egli scrive di quel gran bene della società. Ne io già mi sono ingannato. Dopo aver l'Alighieri premesse ne'pri- mi capi dell' opera tutte quelle distinzioni scolasLi- che , eh' erano la filosofia di que' tempi , viene al cap.VlI, e dice : De intentione Dei est^ ut omne crew tum divinani similitiidinern repraesentet , in. quan- tum propria natura reeipere potest. Alla quale pro- posizione, dopo alcune altre cose che egli aggiunge , segue questa conseguenza : Ergo humanum genus be~ ne se habet et optinie , quando , secundum quod potest , Deo assimilatur» Sed genus humanum ma- xime Deo assimilatur ì quando maxime est unum. Vera enim ratio unius in solo ilio est ^ propter qnùd scriptum est: Audi, Israel, dominus Deus tuus unus est. Sed tunc genus humanum maxime est unum , quando totum unitur in uno : quod esse non potest , nisi quando uni princìpi totoliter subiacens , ut de se patet. Ergo humanum genus unì prìncipi maxi- me Deo assimìlatur : et per con-sequens , maxime est secundum divinam intentìonem , quod est bene et optime se habere. Per le quali sottili sentenze si vede ,. clie Dante stimò il mondo rappresentare veramente rimmagiuo del regno celeste, quando esso sia retto al reggimento di un solo : e tenne quindi la monarchia essere il vero stato dell' umana perfezione, perciocché rasso- migliasi al modo con che Dio si governa nella citta de' beati. E ciò appunto io credo avere il poeta si- gnificato ne' versi teste notati : a'quali do questa in- terpretazione : E quando il cielo volle ridurre al suo modo sereno tutto il mondo, cìoh alla maniera di es- so cielo , alla monarchia , allora Giulio Cesare per volere di Roma tolse r aquila imperiale. Per la qua- i8^ 3^6 LsTTSaATURA. le interpretazione bene sta , se io non m'inganno che poi Cesare con quell' aquila corresse dal Varo i usino al Reno, passasse il Rubicone , si volgesse ver- so la Spagna , combattesse in Farsaglia , scendesseyò/- '^orando a Giuba , ed empiesse infine il mondo del terrore delle sue armi per trarre a monarchia tut- ti gli uomini, e distruggere ogni reliquia degli anti- chi ordini repubblicani della sua patria. E cosi ogni contraddizione qui cesserà: Cesare non sarà in Dante quegli che incominciò l'opera della universale pacifi- cazione del mondo , ma quegli piuttosto che pose le fondamenta della universal monarchia , la quale po- chi anni appresso prese forza nel suo figliuolo adot- tivo Augusto; ed il poeta avrà qui reso testimonian- za alla divina bontk del romano impero ( tanto da lui venerato e difeso) per le labbra di uno de' più famosi imperadori. Guarda però in Dante costantemente il rigido ghibellino \ Cesare per voler di Roma il lolle; quasiché Roma avesse poste nelle mani di Cesare le armi perchè dovesse essere disobbediente alle pa- trie leggi , e commettesse la grande scelleratezza del- la guerra civile! Ma di ciò, e dell' essersi qui,':rAli- ghieri tolto troppo manifestamente dal santo propo- silo di cantar solo la rettitudine , parlerò in altra lettera. Addio , Biondi carissimo. Fa che abbiamo pre- sto da te, ciò che Italia non ha , una classica tra- duzione della georgica : e conserva soprattutto la tua sanità ad ognuiio pteziosa , a me preziossima. SiLiito diletterà del eh. sig. conte Girolamo Asqui- Ni ad un suo amico di Lombardia^ sulle origini gallo-celtiche dell* Italia superiore ; con alcune os- seriazioni di risposta dell'abate Girolamo A:iUti. 1\ conferuiare il veramente dotto ed utile Gior- nale Arcadico , e l'estensore di esso sig. abate Gi- rolamo Amati , nel favorevole j^iudizio , che banno dato , della mia operetta sopra un vecchio sigillo, e sugli antichi confini della provincia 'veronese evi trentino , converrà che io trovi modo di far perve- nire in Roma due opere del eli. sig. abate Barto- lomeo Giuseppe Stofl'eila dalla Croce. La prima si è Ae Supplementi nella parte mancante ad una dis- seriazione postuma del celebre abate Girolamo Tar- la rotti , sovra una iscrizione tridentina. Rovere- to , 1824. Nel capitolo XVII. di essa l'erudito gio- vane autore provò con le autorità di Polibio , di Strabonc, di Trogo Pontpeo , e delle lapidi, che i trentini non sono d'origine etrusca , ne formaro- no parte della Rezia , se non se al secondo seco- lo di Cristo , ma furono cenomani , e per lungo tempo fecero parte del municipio di Brescia; don- de ancora , con passi precisi di Strabene e di Cas- siodoro , deducesi la ristrettezza del territorio loro. L'altra è un Saggio sopra i con/ini del territorio veronese e trentino a* tempi romani. Milano , Bon- fanti , 1826. Ed in essa pure il valoroso bril- la oltreniodo , per l'uso maestrevole degli scrittori, e delle romane lapidi. :2'jS Letteratura La prima delle dette opere del sig. abate Stof- fella , e l'accennata mia lettera al eh. sig. abate Venturi , mossero la bile al sig. conte Giovanel- li ed al sig. Maurizio Moschini , accademici , l'uno trentino , l'altro roveretano, che d'allora in poi non cessarono di attaccare i difensori della pura verità , con più scritture , piene di falsi argomenti , di luo- ghi di autori alterati e mutilati , e persino di mot- teggi e villanie , consueto accompagno delle cause non buone. Ma per ciò essi dovranno incontrar nuo- vamente un esame apologetico dell' istesso sig. aba- te StofFella , nel quale vanno del pari la dottrina , la moderazione, e la grazia dello scrivere. Pare, che il sig. abate Amati non sia persua- so di ciò eh' io avanzai nella detta mia lettera , che cioè ì nomi tutti di città e di fiumi delV Ita- lia superiore , o Gallia cisalpina , fino al Rubico- ne , derivino dalla lingua celtica. Egli vorrebbe , che una parte di essi , ed anzi la maggiore , sie- no dedotti o dal greco antichissimo , o dal gre- co-etrusco , umbro , piceno , sannite , o dal vero latino. In una quistione cosi bella ed interessante, permetterà che gli presenti alcune riflessioni ; sulle quali amerò bene di sentire che mi sapra rispon- dere. Parlando adunque della lingua celtica , non è ella forse , al pari della elrusca , della greca an- tichissima , e di tutte le altre simili , figlia della prima prima , e più antica , l'ebrea ; nata in quel- la confusion delle lingue , che secondo le sagre car- te viene ammessa dagli uomini di vero senno e dot- trina ? Non porrà ella il capo con le altre nella stes- sa lingua di Adamo ? La grande somiglianza ed ar- monia di genio , che passa fra queste lingue primiti- ve , concilia una forza innegabile all' assunto mio. Ammesse quindi tali verità, il sig. abate Amati ed io ci troveremo convenire nello stesso principio ; e di- screpare solamente in alcuna parte dell' applicazione del principio. Essendo poi noto, clie i romani non oLLligaro- no mai i popoli soggiogati a prendere la lingua de'vin- citori,e lasciar la propria; ne consegue, che in tut- ta la cisalpina Gallia , durante tutto il dominio devo- niani, non altra lingua y'i adoperò comuneaiente che la celtica. Per ciò da questa J^ola io tengo d.iveisi trarre la etimologia, o s[)iegazione de'^Ocaholi dclT Italia nostra superiore. Tutta la istoria e l'autorità milita a favor mio. StraboMe , Tacito neila vita di Agricola, Diodoro Siculo, Festo , Plinio, Pomponio Mela , Pausania , Plutarco , autori cbe vivevano tra il primo ed il secondo secolo dell' era nostra , tutti riconoscono la lingua celtica per una lingua comune, e di pieno uso a'tempi loro. Lampridio , nella vita di Alessandro Severo , ci fa sapere , che attiavcrsan- do questo imperadore la Gallia cisalpina nel pollar guerra a'germani , gli si affacciò una donna di quel- le che credevansi inspirate della razza de'Druidi , la quale nella lingua del paese gli disse : che tonias-^ se in dietro s die noti isperasse nnttoria , che non &i fidasse dc''soldati suoi> LFIpiano , grande giurecon- sulto del secolo terzo , decide la quistione ( /Jig* L 3a. leg. de fideicommiss. ) , che i fedecommessi possono e^ser fatti , o scritti, non solamente in latino o gre- co , ma anche in punico ed in gallico , ed in qua- lunque altro idioma volgare. Ciò prova , che la lin- gua dei gallo-celti ha sempre continuato a parlarsi, e scriversi nei pubblici documenti. Un bellissimo esem- pio ne al)biamo nella famosa Tavola alimentare di bronzo de' Velejati , detta impropriamente Trajana , restituita (dia sua vera lezione dall' amicissimo no* 38o Letteratura tro il defunto sig. De Lama , ducal antiquario di Parma; la quale, quantunque scritta in latino, con- tiene tuttavia una quantità prodigiosa di voci e pa- role gallo-celtiche , o gallo-liguri , degne di quella spiegazione ed interpretazione, che manca nell'opera del De Lama , che il Muratori non ha saputo dare, e che io per mio studio ho già principiata , e por- tata innanzi sin oltre la metk. Concedasi pure che i romani abbiano corcato d'introdurre e sostenere la loro lingua ne'paesi con- quistati ; poiché , al dire di Cicerone prò Archìo : Latina suis finihus exiguis sarw continehantur. Ma non avranno eglino mai potuto distruggere ed annien- tare lingue SI antiche ed infinitamente sparse. La lingua gallo-celtica era comune a'nostri taurini , ai liguri , ai cenomani , agli euganei , ai carni , ed a molte altre suddivise nazioni , provenienti da uno stipite solo. Io sono stato indotto in questa per- suasione di trovare l'etimologie in questa sola liri- gua , per la nostra parte almeno dell' Italia supc- riore , dal fatto , e da lunga esperienza. I dialet- ti attuali di queste montagne , e segnatamente quel- lo de' carni e di lutto il Friuli , sono per me i più convincenti. Quello de' carni , che io ho ap- preso dalla educazione materna , è il più ricco di voci primitive, con desinenza propria e particola- re ; onde , per mezzo di monosillabi e troncamenti moltissimi , si fa atto a qualunque metro di poe- sia , fino all' esametro ed al pentametro de' latini. Esser dovea quindi facile agli antichi bardi il ver- seggiare ; come a'friulani d'oggidì avviene spesso eli' escan di bocca perfetti versi nel famigliare di- scorso. Che poi questa lingua celtica , ristretta piut- tosto di vocaboli , come sono tutte le altre pri- Origini Celte 281 mitive , si combini ottimamente colla greca e colla latina ; ecco esibisco qui un saggio di quelle pa- role , che nqir atto di scrivere mi si presenteranno alla memoria. Dan , den , e dun , secondo varie pronuncia , non dovendosi in siffatte lingue far caso delle vo- cali , nella celtica hanno il doppio significato , di monte , colle , eminenza » altezza , e l'altro di si- gnorr , di maggiore , di capo ^ di principale ^ ed equivalenti ; prendendosi la voce tanto in senso pro- prio , quanto in figurato. Dan e dun sono nell' ebraico quello che è alla testa dello stato , che oc- cupa il più alto seggio , che ha la sovranità « che giudica: Dan-ii'l^ jndiciuin Dei\ A-don ^ e A-donai ^ premessa un' a paragogica nulla significante , domi- nus , e domini mei. AVKoeiioii , nel greco , posso , va- glio, AYNofo-T»? , // capo , // /•(?, il possente ; Don , signore , più vicino alla sorgente , che il latino dominus , da cui proviene. Bet^ nel celtico , casa , abitazione-^ Befh ^ nell* ebraico e nel fenicio : Beth-ania , domus obedien- tiae , vel afflictionis ; Beth-el , domus Dei ; Beth- lehem , domus panis , e somiglianti. Betha , nel cal- deo, ed anche byth , gra7ì casa , palazzo \ nell' ara- bo , beith. Bailo , nel Veronese , casa di campa- gna , bettola , piccola casa. Ed ecco prender par- te in queste origini l'istesso italiano. Ac j e akr , nel celtico , punta , pungiglione ^ tagliente : accos^ nell' ebreo , spina ; nel greco AK» , cuspis , AKjfOi/ , vertex , promontorium ; AKovn , acu~ men , saxunt , quo Jerrum acuitur ; AKójv , AKovr/ov, jacnlani ; nel latino AC.v^ « acuo , acies , acutus , acetum , e siffatti. Quindi la derivazione di ago nell' italiano, che i romani pronunciano perfettissimamen- te aco. 282 Lettehatura Ach , aches , achei ^ e ag ^ nel celtico ) Jìw me , ruscello , qualunque acquai, nelT ebraico ac/i« « luogo acquastrino , paludoso % ed a/^ , fontana t nel greco AKtm , litus , AXEAao? , Jlumen , nome , che per la sua grande vetusta , gli antichi davano ad ogni sorta d'acque , come dice Servio. Ach , ne'lin- guaggi persiano , brettone , ed antico teutonico , acqua ; hag , nelP armeno ; e nella medesima lin- gua ahakin , l'oceano , ed agpir , fontana , da ag , acqua e pir^ sorgente- Aig , nello svedese ; aigar^ nel caldeo ; aghe , nel friulano , o gallo-carnico ; aigue nel vecchio francese , e nell' attuai piemon- tese ; aqua , nel latino ; pelagus , il mare , acqua grande , da pel , grande ^ e ag ^ acqua. La lingua etrusca , della quale abbiamo in si- curo pochissime voci , e meno cognizioni di tutte le altre , motivo per cui se ne rende cotanto ;dif- fìclle la spiegazione ; anch' essa combinasi rettamen- te in alcune parole coli' ebraica , da cui prende origine , in altre colla sola celtica , o colla celti- ca e la latina insieme ; senza dipendere in alcun modo tutta dal greco. Le seguenti parole , cavale in parte dalle famose tavole eugubine , servano di piccola prova. Alse , neir etrusco, alto , innalzato i, Uh hai, neir ebreo ; Hlihala , nell' arabo ; Ilhhalah , nel caldeo. Ar , e ari> , nell' etrusco y terra , campo , ed anche monte , secondo i casi : Ar , nell' ebreo ; Ar , nel celtico ; Arvum , area , nel latino. Fale , neir etrusco , altezza , cielo. Falae sic dictae ah altitudine a /alando , quod apud het.ru-' scos significai coelum. Festus in h. i>. -^ Pala , o phala , neir ebreo , come legger si volle nel se- condo secolo della chiesa , cosa elevata , inaravi-' gì iosa ' Fai 1 nel celtico. Origini Celtk 283 Nel solo celtico e nel latino. Anelar ^ e anglut , nelle tavole eugubine ; ang , nel celtico , affanno , doglia , calamità , strettezza ; anger , angustia , nel latino. Arse^ nell'etrusco separare^ rimovere '. Àrse ver' se , averte igneni , Festo. Ilarz , nel celtico , osta- colo , impedimento ; arceo , nel latino. Aveis , neir etrusco , uccello ; «t^a/i , nel celtico ; avis , nel latino. Verse ^ nelT etrusco ,y^^oco , secondo Festo; Berfi , nel celtico , cuocere , bollire ì ferveo , nel latino. Vesin , neir etrusco , /a morte , o sia /a j'tf/jflr- razione deW anima dal corpo \ hez ., e ^ej, nel cel- tico , separare , dividere , tagliare. Treheit ^ nell' etrusco /j^^rco/o ; Z>ìv/^, nel cel- tico , alimento , nutrimento , pascolo. Kanetu ^ neW eixìxsco ^ cantico; can^ nel celtico. C«r , nel celtico , di doppio significato, quel- lo cioè di nascondere , coprire , l'altro di aver cu- ra , attenzione , diligenza. Cur , nelle tavole eugu- bine , che può forse avere ambedue questi signifi- cati , come nel celtico, secondo i casi, o ciò che se- gue o precede. Casmill , neir etrusco, ministro , servitore ; gwas^ was , gvas , e gos ^ nel celtico , servitore , die [ser^ ve , die ministra ; da cui il vassallus* Virem , Vuomo ^ veir^ uomini^ in plurale, nel- le tavole eugubine. IFir^e gwir, nel celtico , uomo. Varcnal , nell' etrusco , tragitto , passaggio , varco ; bare , e barcq , nel celtico , barca , battei^ lo per transitare; BAP/J, nel greco, w«i'/j' , ei apud Aegyptios cymba , //^^a cadavera vectabant ad se~ pulturam. Anche in latino baris ; biere , in france- se , bara , in italiano , un cataletto per trasporta- .a84 Lettkratura re i morti , e bara un certo carro a due ruote per merci , e bara una specie di lettiga , usata dalle antiche matrone romane. f'^inri , nelle tavole eugubine ; win , e gwin , -nel celtico, vino; nel latino, vinuin ; ó/i/o? , con lo spirito aspro , equivalente a digamma eolico , o sia ^ , nel greco. Ocrem , antiqui , ut Atejus Philologus in libro glosseinatorwn refert , montem confrnoosum voca- bìwt. Festo. Adoperano questa voce i friulani, dicen- do per metatesi e troncamento ca«, e carso ; quan- do non sia per la sterilita del monte sassoso. Il Carli , Antichità italiche, libro i. pag. 71., riconosco que- sto vocabolo per positivamente etrusco , ripetuto ìiin/.' te volte in significato appunto di monte nelle tavole eugubine ( tar. I. lin. 26. 29. 3i. 33. etc ) : an- zi ci si trova anche Giove chiamato OCRIPER , ed OGREPER , cioè, padre montano. Da questo breve saggio , mi sembra risultar falsa ed assurda la proposizione del eh. sig. Ver- miglioli , uomo per altro valentissimo in c|u(^sta sorta di studj , nella sua opera , òì Ermeneutica etrusca , la dove dice , doversi rigettare in queste ricerche gì' idiomi orientali e settentrionali ; acquar li sistemi da qualcuno meno isti utto oggi si vorreb- be malamente far ritorno: doversi ricorrere al solo vecchio greco e latino. Quasi che questi due idiomi non dipendessero intieramente dalla prima fra le lin- gue , dalla qual sola derivano tutte le altre, e l'etru- sca , e il vecchio greco e il latino , le orientali , e le settentrionali tutte sino a noi. Per ciò il padre Paolino da S. Bartolomeo ( de latini sermonis \prig. cum orientano, ling. connex. ) pronunciò francamen- te , che i nostri dotti oleum et operam perdunt , Origini Cklte 285 cium ea ( monumenta ) ex graecae linguae radici- bus enucleare , et elucidare cunantur. Ed in fatti io credo , che la cosa debba es- Sf re così ; poiché non tutte le parole etrusebe, prin- cipalmente le più antiche, spiegar si possono colla sola lingua greca o latina; ma talvolta bisogna ricorrere ad altre lingue primitive , le quali , cor me si è veduto , combinano fra di loro , e sono tanti rami di un sol tronco. Sia d'esempio , fra le tante che potrei produrre , la parola TVLAR , che s'incontra frequentemente scolpita su grandi parallelogrammi di pietra, i quali sono altrettan- ti arcliitravi di camere sepolcrali. Il celeberrimo Lanzi la interpretò per ollurium , premessovi l'arti- colo To , e sciogliendola in To oliar. Venne fuori il sig. Orioli ; e si oppose a quest' avviso per due ragioni. La prima , perche »/' ipogei , dos}e tali pie- tre si trovarono^ comunemente non erano del gene' re de columharj ^ ne contenevano olle , ma piuttosto urne ^ o sarcofagi di tutt* altra materia che di ter- ra cotta. La seconda , per non. esser (^gli persuaso delle ragioni addotte dal peritissimo archeologo a provare , che un qualche uso d^articolo fosse tra ì toscani , celato sotto le due lettere T o TH , ini'- ziali d^alcuni composti; donde trae fon damento a ri' solvere il TVLAR nel ro oliar ^ che si è detto. Quan- tunque il discorso dell' Orioli apparisca sensato , con tutto ciò nemmen egli ha colto nel segno , avanzando , che il TVL\R voglia indicare o l^an- tro , il quale TOLIjIT i non più vivi ^ o il luo- go , dove TOLLVNTVR. Di grazia, non rinvenen* dosi questo vocabolo ne in greco , ne in latino , ne in ebraico, ne in altri linguaggi orientali affini , volgiamoci un ?poco al celtico ! Ecco un compo- sto antichissimo di d«e parti ; e sono tal , che vale aBG L E T T B K A T U K A facciata , prospetto , fronte di un edifizio ^ o ar, che oltre il significato di monte , di terra , di campo , tanto nella lingua ebraica , quanto nella celtica , e nella etrusca stessa in ar, o a^^», come si è veduto, ha l'altro nella sola celtica di foro , cai'crna , an- tro , e nel caso nostro anche di sepolcro ; sicché tul- ar viene a dirci chiaro prospetto dell' antro ^ o fron- te del sepolcro , ciò che sono realmente quegl' inscrit- ti parallelogrammi. Gonchiuderò con un altro esempio. Nel museo lapidario di Verona hannovi due urnette etrusche , delle quali la iscrizione comincia ugualmente dalla parola THANA ; replicata, com' è noto, in moltis- sime altre urne consimili. Buonarroti e Gori volle- ro trovarvi il nome di una divinità : altri una for- mola simile all' àie jacet, o un augurio, come quel- lo sii tibi terralevis ^ e somiglianti. Il marchese Maf- fei ( Osserv. letterar. tomo VI, pag. laS. ) vedeva in essa un nome proprio di femmina, sinonimo a Ta- naquil. Questo parere fu seguito da Lanzi , da Ver- miglioli , e dai curiosi moderni ; cambiando però il nome in Tannia, Ma il eh. sig. abate Venturi , nella sua Guida al museo lapidario veronese^ tomo i. pag» 1 1. , osserva rettamente , che trovandosi quel- la parola replicata sovra tante urne scavate in lao' ghi di/drenti , è chiaro che non potrebb' essere il nome della persona ; che non è credibile trovar- si in più di un" urna le ceneri dello stesso de- funto-, tanto più che sarebbe cosa mirabile y che il nome THANA , che si trova in tante epigrafi più che qualunque altro nome , non abbia da vedersi anche in lapidi romane delle stesse contrade. Non essendo uu nome proprio , sarà dunque una formo- la corrispondente all' hic jacet , sospettata da altri. Di fatti tan , e tana , nella lingua de' §allo*celti ha Origini Celte ' 387 due significati , il primo di abitazione^ 0 luogo di dimora^ il secondo di steso ^ coricato -^ thana , e tJta- jiah f nella lingua degli arabi, luogo di soggiorno, abitazione. T'alia , covile , in cui giacer coricato , degl'italiani; tendo, extendo me, de'latini. ©ANs/v , giacere il gran giacimento , 0AN«to? , la morte , colei che stende gli uomini al sonno eternale , -de' greci ; Thaneluuneth , requies mortis , degli ebrei. Al sig. abate Amati poi , che colliv-a con tanto impegno gli studj delle antiche iscrizioni , e partico- larmente delle cristiane, comunicherò un giorno pel- le stampe una preziosa epigrafe , venuta fuori dalle rovine di yVquileja , e posta ad una nobile Jnicia Vi/ina virgo Deo devota , cioè non ancor velata , e quindi colla sola mitella in capo , figlia di Jni- ciò Probo vir inlustris , e di Adeleta. Essa fu de- posita III. K(d. septembr, Flavio Ricimere V. C. cons. ; e questi non fu già il primo de' due Ricime- ri , che abbiamo ne' fasti , ma il secondo , a mio iivviso , eli' ebbe il consolato l'anno di salute 469. , ed era genero dell' imperadore Antemio. Da que- sto monumento veniamo a conoscere una cugina di santa Demetriade , cotanto Iodata nelle sue lelte^ re dal dottor massimo san Girolamo ; cugina de- gna di essere sepolta IN HOC SANCTOPtVM LO- CO , per le virti!i e santità sua e della lami glia. Ella morì di anni XVIII, , mesi cinque , giorni sette ; e meriterebbe una piena illustrazione ed en^ comio , come costumavasi una volita ; insieme eoa la memoria di sani' Amanzio vescovo Giuliese , da me riportata nel mio Forogiulio , pag, 21. , e con l'altra di san Gennaro vescovo pure Giù* liese , alla paguia aS. Ma di queste , e di altro analogo , che il tempo mi facesse scuoprire, ad al< 288 L E T T E U A T U IX A tra occasione rimettiamoci ; come porta il debito di mantenere un' amicizia , conciliata dal genio, e dalla comunanza negli studj più gloriosi e proprj degl' italiani. Osservazioni di risposta del socio nostro. Non potea giungermi cosa pili gradita della partecipazione fattami da V. S. de' gentili senti- menti , e delle dotte indagini antiquarie del eh. sig. conte Asquini ; con di più gli esemplari del Sag- gio intorno a confini veronesi dell' eruditissimo sig. abate Stoffella ; della Tutela e de* Genj , Su don* drofori e centenari^ Su tre medaglie inedite. So- pra alcuni passi di Paolo Diacono , relativi alla storia di Verona , del veramente bravo sig. con- te Giovanni Girolamo Orti ; di un articolo del Giornale scientifico e letterario delle provincie Ve- nete intorno i confini della provincia Veronese. Quan- to mi consola , che in que' paesi v'abbiano tanti e si ben esercitati coltivatori delle generose occu- pazioni de' Maffei , de' Bianchini , de' Del Torre ! Avrei voluto e dovuto rispondere più solleci- tamente : ma un cumolo di altre cure m'ha tratte- nuto finora contro volontà. Gratissimo professar mi debbo particolarmente al sig. conte Asquini, per l'amo- re che mi dimostra; e sono \ìqv\^ alieno dal condan- nare in tutto il sistema delle antichità celtiche , da lui seguito. Potrebbe solamente disputarsi fra di noi, se questo e quel nome dovesse reputarsi d'origin cel- ta, o di greca; e questa discussione sarebbe sempre molto ambigua e difficile ; riconoscendo l'istesso sig. conto la somiglianza e identità di molte radici tra il greco, e i suoi derivali, come l'etrusco ed il latino , e tra il gallo-celtico de' liguri, o de' carni. Cosi nel- OftlGINl CkLTK 289 la tavola Velejate , eh' egli cita , laddove noi vedes- simo nomi latini con manifeste parti di greco, (fac- ciata prima ) yunduni Quintiacuiii , pngo lunonio , JiiiuLun Planianuìii, Petronianuni ^ Mmlianum Sto- racia/tum , Messianum AUaliaiiuni , Collacterianum Flaccelliaciim . Praestanum Vibianiun Vaculeia- nuni , ( facciata seconda ) vico Ni fello , fundian Ebureliam , Malapagiox , vico Bloiulelia , Papi-' rlanitm^ egli avrebbe gii trovato i suoi composti di monosillabi celti. Per mezzo di una serie numerosa di questi mo- nosillabi, de' quali, colla mutazione delle vocali , ed anche delle consonanti , accrtrsconsi e modificansi mx- ravigliosamente i sigriiliciti , rendesi molto agevole ridurre a spiegazione liUte le parole di parcccliie sil- labe. Non è questo ne il tempo , ne il luogo d'en- trare in pugna o contro il sistema de' primitivisti celli , o contro un altro più celebre ancora. Resti fermo tra il sig. conte As()uini e me , che anch' io riconosco molti vocaboli di formazione celta , entro i confini dell'Italia superiore da lui indicati. Che mol- to l'esortiamo a continuare le sue ricerche, ed a co- municarcene per le stampe un quadro comprovato , evidente , non usurpativo dell' altrui, più di quelli che abbiamo finora. Nella ristrettezza nostra di libri, sono pur giun- to a vedere un corpo grande di siilatta scienza ; ed è questo. Mémoires sur la langue celtiqne^ etc. Par m. Bitllet ^ premier piofesseur rojal et (loyen de la facidié (h: theologie de /' uni^'ersité de Besaii- co/i , de racademie des sciences^ belleslettres et arts de la lucine ville. A'Besancon , Dacliii , 17G4. "^ To- mi III. in gran /aglio. - Il sig. abate Bullet esten- de l'impero del celtismo su tutti i nomi di fiumi e di citta della Francia, d(>lla Spagna, doU'lngliiltcr- G.A.T.XX.YIX. ly 50Q Letteivatura ra, della Scozia, delia Irlanda, e della maggior par- te d'Italia. Bellq è, die si diraenlicò della Germa- nia i e persino del Reno , forse perchè troppo spac- ciatamente greco. Ma pò ; che il suo nietodo , co- me vedremo , non teme di nulla. Quantunque l'opera sia piena di cose insussi- stenti e false , noi tuttavia non voglianio spregiar- la. Utile sarà molto , a supplemento anche de' glos- sar] latini , e semibarbari del medio evo , un vo- cabolario alfabetico de' dialetti gallese d'Inghilterra , Itrellone di Francia , bascO|, e simili , che riempie d'e tomi. Secondo l'autor nostro , la sustaiiza del celtico primitivo consiste in tali dialetti, Deh ! con- sideri, che se le lingue cangiansi co' secoli , le mi- serie de' dialetti mutan faccia in peclie decine d'an- ni. Presentai ad un cipriolto una predica in gre- co volgare , tratta da un codice della biblioteca vaticana, ed auleatiqatavi delta in Cipro , ad in- telligenza del basso popolo , nella chiesa tale , nel secolo XVI. ; ed egli mi sostenne sull' onor suo , che quello non era dialetto di Cipro. Il sig. abate Bullet dee aver viaggiato in Ita- lia fiao a Roma , ed a'contorni , con comodo e po- satezza ; o aver avuto le carte in un viaggiatore, che notasse almeno varie circostanze di ciascun pae- se. Prendiamo un saggio delle sUe maniere, Ei giun- ge a Bologna ; e la encomia da oltramontano di garbo, Nulla cura, elio fosse metropoli di una Etru- ria circon padana. Più gli significa l'esser ella po- sta air ultimo declive di un ramo degU Apennini. Quante mai cill'a della Romagna nostra sono col- lucale in silTatta guisa! Bnnoiiia. lìonri , extrem'uò' AVn , prononc'z on , man^a^ne. Felsìna. Bel , oii Fel , grasse. Din , en crunposition Zin , habitation. Oh app.dh aujounC hai cettQ vilh £toulogne Ai Origimi Geltf, 291 grasse. Rimino è posta fra due fiumi , l'Arimino di vasto letto, e l'Ausa rigagnolo appena notabile, y^r/- minum. Ri , rii>icre. Mynn , entre^ A, paragogique. Eccolo a Pesaro. Loda il ridente aspetto di quel- le collinette , le produzioni del suolo. Mais le fi" gues surpassent tous les autres friiits ^ en bontà et en reputation. On ne parie par tonte V Italie que de s fi gues de Pesaro. - Fyes,/igues , par crase fys. Aur , bonnes. Auron , tres bonnes. Fysauron , on VhdiWvoxi ^ fi gues excetlentes. Addio bell'Isauro sfor- tunatamenfe troppo grecanico ! Nel catalogo de' fiumi perviene al funesto nom; Allia , che dice l'Aja , per errore del secolo XVI. , collegato con l'altro del Vejo in Civita castellana. Allia. Al , article. Li , nom appellatif de riviere. die i galli ponesser quel nome prima di giugner- vi , o dopo ? Ne l'un , ne l'altro. Quella vittoria fruttò loro immediatamente milU rotte , e la espul- sion totale dall' Italia. V Albano , ou Albana. Vor- rà dire l'Albunea di Tivoli. Nom appellati/ de ri- viere , devenu propre de celle-ci. Arbon , Albon , riviere. - L'Am.one. L'Aimone , ruscello vicino a Ro- ma. Aumon , nom appellati/ de riviere , devenu pro- pre de celle-ci. Le belle fogge di trarsi d'impaccio ! Tibur. Ty , eau , riviere. Bur, cascade de bu- r\v,ye«er, se jetter , precipiter. - Tusculum. Tucli, ou tus , montagne ; colun , cim'^. Per Piperno af- ferra in idea onomatopeica vasi di terra cotta , det- ti buccari , o buccheri. Privernum. Pry , nrgìle ; vern de bern , beau , bon. Non essendovi indizio di ciò in Pipertio , il nostro autore fu tradito da' suoi monosillabi; per mancanza di altri dati, e forse cre- dendo quella citta volsca in Campania, onde appli- carle i famosi vasi campani, italo-greci , o etruschi. Ma opptirluiiamnnte su questa catena di pendici ab- 19* 3f)2 LlìTTFKATURA l)iaiiio una cillk , della quale i padri della istoria romana registrarono la fondazione ed imposizione del nome latino , Segm , a signis , dalle insegne mili- tari ; essendo stata costruita di enormi sassi trape- zi di opera detta ciclopea , ch'esiste ancora , sulle orme di un campo di sverno , tenutovi da* figli di Tarquinio il Superbo. Le sono fandonie. Si^^nia sur iene mofitagne. Sen , sin , elevation , montagne. Andra certo male il celtismo in paesi , ne' qua- li per niuna memoria ci si da lunga dimora di celti , o galli , e nemmeno passaggio. Ci sembra^ che l'egregio sig. conte Asquini richiami noi a quel- le sue contrade al di la del Rubicone. Aquileja e Parma suonano ben latino a'grossolani ! JquiléeJ A . eau , riviere. Cylch , oii cjlh . environnée. Le C se prononcoit conime le K oa le Q. Panna. Par, de parri , froupeaux. Ma , abondans , en grande guantife'. Spìace assai, che il sig. abate Bullet ab-' bia tralasciato Sarsina , Snssinn , vetusta capitale' di una tribù, o grande suddivisione di un popò-' lo certamente primitivo , gli umbri , detti Sapinii dal fiume su cui son posti. La fiera Sapinia for- mò poscia una di quelle tribù aggiunte in Roma, pel nerbo delle quali , come della ufentina e di altre , fu conquistato il mondo. Chi mai dubitas- se di ciò , abbiasi questa bella del Fabietti ( In-' scriptt. pag. 35(). ) D. M L . VALLONIO . L . F . SAPINA LIBERIO . SPOLET EQVO . SINGVL . VIXIT .ANN . XLIX . ME.NS , X L . YALLONIVS . L . F . SAPLNA VALENS .T.F.C. OaiGINI CeLTE 2(),) L'autorità di gravi scrittori ci tlice , che gli umbri fossero celti. Ciò sembra essere un po' trop- po ; ed avranno voluto aceennare , clie lingua cel- tica fosse mischia ta con l'umbra , per una venula di celli anteriore a quella , che le istorie danno per prima , sotto Tarquinio Prisco. In mia gio- venti^i , di corrispondenza co'cittadini sarsinati, m'oc- cupai non poco delh; iscrizioni del paese. Avend<> spiegnto un franitnento non intelligibile THCATRVM . ET . rODIVM . Vecuuia Sua; recatomi colassi» eb- bi il piacere d'indicare il teatro , visto rcaiiciclo (je' gradini , scavati nel tufo del monte ; alquanto fuori dell' abitato , verso ponente. Mi parve con- servato abbastanza, sebben ricoperto d'er])a ; e per ciò esso teatro , con tante altre antichità, della pa- tria di Plauto , meriterebbe le cure di alcun bene- iico signore. Ciò cliè non potei mai giungere ad intendere si fu il nome di campo di bezzo , pro- prio di una eslensione di terreno tutta sepolcri , sulla lipa del Sapi. Ora traggo buon lume dalla dotta opera del sig. conte A.squini sul Foro Giu- lio (le carni ^ alla pagina 9.; ed attesto la ragio- nevolezza e la moderazione dovuta. Convengo adunque, che sia vera la doppia no- tazione del repertorio Bulletiaao. Bez , ou bec. Se- jMilclire ^ fosse a enterrer un morf., tombe ^ toinheau. Jias brefon. Bedd , lo stosso. Gallese, bretton •. Beth , en hebreu si^uifie quelqne fnis sepulcre. C va be- ne , che la th fosse pronunciata alla foggia de' gre- ci moderni , come una specie di zita. Caiiioo di bezzo significava certamente cmvpo de"" sepolcri ; o può stare insieme l'altra delernìiriazione di bez , da- ta dal sig. conte noli' opera acceniiata , por confi- ne , o divisione ; poiché gli slessi romani pianta- 294 Letteratura vano le loro tombe su' coufini de' poderi , e lungo le strade. Sono ansiosissimo di avere intiera l'epigrafe del- la nobil vergine a Dio sagra , la beata Uifina de- gli Anicii i che tanta venerazione riscuoter debbe , anche in riguardo del benedetto San Girolamo , ce- leste patrono , come vedo , di noi tutti. Se fossi stato presente allo scuoprimento , avrei fatto ciò che ^eci più volte fra gli scavi di queste romane cam- pagne, nell' oftVirmisi improvviso di alcun monu- mento o luogo di que' primitivi cristiani ; a para- gon de' quali , e della loro sovrumana virtìi , noi miserabili non siamo che cìiixi , ombre. Mi sarei prostrato umilmente èv Kxrxvvjfst , in compirne ti one cordls y ed avrei baciato terrain Ulani saiictam. Prego V. S. a voler presentare al degnissimo i.ig. conte Asquini , al sig. conte Orti , a' signori abati Stoffella e Venturi, ed a tutti gli altri , che li seguono ne' nobili studj per quelle illustri con- trade , i ringraziamenti degli onorati colleghi dell' Arcadico , e la pii!i speciale obbligazione ed osse- quio mio. Desideriamo vivamente di giungere a ve- dere le altre opere di essi , o posteriori alle ci- tate , o anteriori, che qui non conosciamo. Se una gioventù njale istituita ha pure attivo e franco il commercio di romanzi , a dir poco , inutili , di poe- sie concepite fuori d'ogni tempera nostra e buon sa- pore antico, romantiche in somma; quanto più giu- stamente gli autori de' buoni libri vederneli dovreb- bero sparsi da' librai principali sotto il pubblico favore; cosicché fornir se ne potessero le biblioteche della citta , si sprovvedute di tal genere ! Quali vi sien mai libri migliori , degni della esenzione da ogni remora , se non questi delle altissime investigazioni dell'autorità, che formano il più saldo sostegno, e Origini Celté àrp rJjrnarnento più Lello della religione , e di quanto v'Iu di più solido e grave fra le umane discipline P La società dell* Arcadico per ciò nen ha mai cessalo, ne mai cesserà dal proporre a modello ed encomiare lat^ ti coloro , che sull'esempio de* Valentuomiiii verone- si e delle vicine città, sostengono siffattamente l'oiio-* re del nome italiano. GiAoLAM;o Ama ti. Note ìntorpJo lA cinA* Copia (tiinn tetterà che un missioridrio francese sóris^ se da Pekin^ ad un suo coi'rìspondente in Can^ ton i risguardante la ri\>otuiione che i cinesi^ ncll a/mo 181 3^ tentarono in quella capitale contro i tartari u ^attuai dinastia regnante j T'a-tsing* ,) Monsieur ^^ Peking i^ novembre 18 17 „ JLin t8i3 il y cut ici line tentative df* revol- „ te. C'etait unti lutto etitre les deux nations. 11 y eut ,, peu dtìs faits importants , mais j*ai eit occiision de „ faire certaines reflextions qui n'etaient jamais ve-* „ nues a l'esprit. l'avais remarque , que, dans toli- „ le l'histoire depiiis la fondation de cet empire , la <,<, Chine n' aVait jamais etc en paix quei tres peu ), de temps. Presque toute son histoire est degou- ,t tante de crimes et de carriage. Et corame cet em- „ pire a eu Leaucoup de tjraiiS par dcs soUvfi'- „ rains , il n'ai'rive p4S souveuL que l'iniagination ,, fatiguce par la lecture de tanl d'horreurs puis- 2()G Lettiratura „ se se reposer sur quelques traits de vertu. Au „ contraire, depuis la doniiriation des tartares , qui „ commence en iG44 > c'est en i8i3 qiie , pour la ,, premiere fois , on a lachè l'are , et tire le fusil „ dans Pekiug (i). C'etait uae lutte entre les deux „ nations : les imaiices qui difFerencient les deux ,, caracteres, n'en sont que mieux ressovtis. Les tar- „ tares faissaut un entier sacrificie de leurs liaines , „ et de leurs interets particuliers , se croyant lous p^r- „ dus si l'afFaire allait mal, ne faissaient plus qp/ un „ coeur et qu' une ame , volaient et se trouvaient ,, par tous. Le chinois fous d' astrologie , et va- „ niteus a l'exces , consultait le ciel , et ses astres „ se disputaient ies prerogatives , et les honneurs „ avant meme d' avoir remue' le pied. On vit aus- „ sitot de quel cote se declarait la victoire . Les „ tartares n'en a])userent pas: c'est encore ce qui les „ distingue si iviintageusement des chinois (a). Dans ,, toute riiisloire de la Chine on voit mettre a niort, „ non seulement les parents , et tous les allies des ,, principaux chefs , mais , aussi , on massacre in- „ differement tout ce qui se present. Lorsque cette „ deraiere revolle celata , on recommanda dans un „ edit de ne pas rechercher les conpables avec „ trop de rigueur : il faut , dissait on , jaisser une „ ouverture au filet , crainte qu' il ne sr rompe. ., Quand tous les attroupements ont etc's dissipc's , „ on à commence a rechercher jusqu' au plus pe- „ tit germe de rerolte qu' on veut exterminer tota- „ lement , et on a toujours continue , jusqu' a pre- „ sent , avec la meme douceur et la méme conslance. ,, Autres fois les chinois, en pareil cas , commencaicnt ,, d'abord par se faire detester en usant d'une riguexu' „ csUeuie , quand ils voyaient tout trembler ils de- NOTK INTORNO LA ClNA. 397 „ muiaient tranquils , ne s'occiipaient plus de l'ave- „ Dir. C'etait toujours a recommencer. „ Telles so ut , ce me semble , ìes principales ,, causes (jui ont mis lant de difìerences entre la „ domination tartare , et la domiuation chinoise. Il ,, est vrai qu' il y a souvent eu des revoltes par- „ tielles dans les provitices , mais ces legeres se- ,, cousses n'ont jamais ebranld cet etonnant colesse. „ La cour , .^urtout , n'a jamais etée divisee. La „ legislature est aussi raoins defectueuse : elle ne ,, fait que se perfectionner tous les jours, Je coii- „ clus ((ue tous ces vastes pays peuvent esperer „ une long paix sous la dynastie presente. J'etais „ a Paris lorsque commenca la revolution de Fran- ,, ce. Le premier sang repandu faissait horreur a „ tous : on s'y accouluma bientòt : on n'y faissait „ plus atlention. J'ai reraarque ici la mcme chose. „ J'ai aussi observe', que , quand les peuples soni „ accoutumes a une long paix, et l'administration -„ est endormie , avec de tres petits moyens on peut „ operer de tres grandes clioses. Estratto (Funa lettera scritta da un missionario di Macao ad un suo corrispondente in Can- ton , accennando la se\>erità del governo cinese verso i niissionarj residenti in Peking. Signore Macao -to novembre 1818 I pochi missionarj che rimangono a Peking , divenuti sospettosi al governo , il quale li tiene sotto severa vigilanza , soffrono in consf/guenza mo- lestie e vessazioni . Non solamente non vif-ne ad essi permessa la corrispondenza coi forestieri , ma non possono neppure aver comunicazione alcuna coi 2()8 Lette KATuiiA tartari o coi cinesi , eccettuato con quelli che sono addetti al loro servizio. Quando essi escono da casa , sono accompagnati da quelle guardie die sono poste alle loro ^ase. Quel governo , già da molli anni fa, dichiarò, che in avvenire non avreb- be più ammesso ne' suoi stati europeo alcuno in qualità di astronomo o matematico di |qualunque specie ( in altri tempi furono ammessi pittori , me- dici , musici, e meccanici). E nell'anno i8ii ac- cordò egli il permesso ai 4 missionarj italiani , che sotto titolo di matematici erano stati ammessi in Pe- king, di ritornare alla loro patria, avendo essi ri- cusato di abitare co' missionarj delle altre nazio- ni tutt' insieme, come l'imperatore aveva loro im- posto di fare , onde il governo poter così piti fa- cilmente vigilare sulla loro condotta. Questi , come l'ultima ambasciata inglese, per disubbidienza all' im- peratore, o alle leggi , furono mandati via dalla Gina. Rimasero in tal guisa quelle residenze de' missio- narj che una volta erano 4i cioè l'italiana, ^la fran- cese, la portoghese, e la spagnuola, ridotte a 3. Ed ora i missionarj d'ogni nazione sono ridotti unicamen- te a 5 , cioè, un francese in qualità d'interprete di lingua tartara e latina , e 4 portoghesi che come astronomi sono impiegati nel tributiale ( collegio ) di matematiche (3). Nonostante gli sforzi eie replicate istanze fatte da questo governo di Macao per far passare a Peking altri due matematici portoghesi , le risposte della corte furono sempre negative. Si ha dunque gran motivo di credere , che veramente qupl- la corte abbia presa la risoluzione di non ammettere più in Cina europeo alcuno per insegnare le ma- tematiche (4) 1 nella persuasione che i suoi tartari sieno sufficientemente istruiti per poter calcolare le lunazioni e gli ecclissi, e per formare il loro calea- Note intorno là Gina 299 darlo , col soccorso delle tavole astronomiche che han- no loro lasciato i gesuiti. Ma avendo queste bisogno di cjrrezioni e di emende , come sono assicurato , se ad essi si appoggiano, non tarderà molto ad in- trodursi nel calendario de' cinesi un disordine ed una confusione , che gli obbligherà, di nuovo ad aver ricorso all' opera degli europei (5). NOTE (1) Qui bisognava dire, non solamente dopo la dominazione de'tartari che incomincia nell' anno 1G44» ma bensì moltissimi anni dopo quell' epoca , fino a tanto che i tartari della Mantciuria non ebbero ven- dicati sopra i cinesi sette gran torti , e ben sot- tomesse ed organizzate tutte le provincie dell'impero cinese: durante il qual tempo, or provocati, ed ora a sangue freddo fecero essi immensa carneficina, non di centinaja di migliaja, ma di milioni di cinesi d'ogni sesso e d' ogni età ; una volta sommergendo , con un'innondazione causata per mezzo di argini espres- samente rolli , più di trecento mila cinesi ; e , assai sovente , riducendo in cenere ogni villaggio , città , o fortezza che loro si opponeva. Sciun-Sci il conquin. stator tartaro della Gina del ly secolo dell' era cri- stiana , primo imperatore della presente dinastìa Ta- tsing, nell' intraprendere la conquista della Cina , fe- ce pubblici , con un manifesto , sette gran torti che la sua fomiglia ingiustamente ricevuti aveva da' cine- si : dei quali chiamandosi altamente offeso , dis- se eh' era presso a vendicarli. Espose quei torti avan- ti al cielo, egli annunciò alla deità, in solenne ma- niera. Ecco le sue parole. „ Avanti che il mio avo 300 L E T T E K À T U R A j\ òllenclesse un filo ti' erba , o usurpasse un pollice ,^^' di terreno appartenente a Mi ng ( nome della cli- „ nastia cinese clie regnava in Cina quando Sciun-Sci „ ne fece la conquista), Ming, senza ragione, incon- ,, minciò le ostilità , e gli recò ingiuria. Questo è il „ pririio torto a vendicarsi. ,, Benché Ming cominciasse le ostilità , noi „ tuttavia, desiderosi di pace, convenimmo di scol- „ pire il nostro desiderio su d'una pietra, facendo , „ in conferma di ciò , giuramento solenne perche non „ fossero passati i rispetllvi limiti , ne da noi tar- „ tari , he da' cinesi ; e chiunque osasse rompare i ,, patti , fosse suir istante distrutto ; e che la par- ,, te che si permettesse la violazione di questo Ir.it- „ tato dovesse essere esposta al giudizio del cielo. „ Non ostante questo giuramento , .Ming di nuo- „ vo passò con le truppe la frontiera , per as- „ sistere la nazione Ye-hi. Questo e il secondo lor- ,■ to a vendicarsi. „ Quando un suddito di Ming passava la fcon- „ tiera , e commetteva depredazioni sul mio terri- „ torio, io, conforme ai patti , lo distruggevo. Ma „ Ming si rivoltò contro il trattato confermato col ,, giuramento ; si lagnò di quel che io avevo fatto ^ „ mise a morte un mio ambasciato;e; ed avendo ai- „ restati dieci de' miei baroni sulla frontiera , li feci ,, uccidere. Questo è il ter/o torto a vendicarsi. „ Ming passò la frontiera colle truppe, per as- ,, sistere la nazione Ye-hi , e fece che il destino ,, della mia figlia , già promessa sposa , fosse cam- „ biato , per , o pure nel vocabolario notare pronto in questo senso coir autorità di Dante. „ e quello e questo non sì può fare „ ( p. 32) Se tutti i codici leggono di quello , vorremmo ri- tenerlo racconciando il luogo cos\ : „ E di quello „ (^cioe del mutare) non si può fare questo {^cioè che ,, j'/rt! m/^'//ore) :,, sopprimendo iion altro che la con- giuntiva e; quando pnre non si volesse avere nel sen- so di ancora , eziandio- 3io Letteratura „ Da tutte le tre soprannotate condizioni , che con- „ vengono concorrere acciocché sia nel beneficio ., la pronta liberalità , era V Contento latino pri- „ vato e non lo volgare. „ ( Gap. IX p. 34 ) Rimetteremmo la lezione comune a tutti i testi , cac- ciando quel privato e quel non , e intenderemmo la preposizione da usata nel senso, onde dicesi dal Boc- caccio in forma elittica essere da marito : cioè „ da „ (avere) tutte le soprannotate condizioni ... era '1 „ comento latino, e (così) lo volgare [a volere che -it facesse Vuficio suo ). ,, E ciò che segue nel testo: „ E con quelle .... non averebbe il latino cosi ser- vito a molti:,, intenderemmo dando all'è il signi- ficato di nondimeno , che si può secondo osserva il Ciuonio. Così il testo rimarrebbe intatto : il che vuoi- si cercare a tutto potere per la riverenza debita allo scrittore. n nulla cosa è utile , se non in quanto e usata ,) nella sua bontà in potenza ^ che sanza uso non ,t é essere perfettamente „ ( p. 35 , e vedi Teraen- dazione proposta dagli editori p. 35^ ) Portando la virgola e il che dopo bontà risparmie- remmo l'aggiunta al testo di due parole snnza uso; intendendo che l'essere in atto e perfetto essere, non così l'essere in potenza soltanto: ogni altra emenda- zione rifiuteremmo. „ Questa sentenzia ìion possono avere in uso quelli „ nelli quali vera nobiltà non è seminata ... e quC' ,, sti sono quasi tutti volgari ^t ( p- 36) Risparmiamo quel non aggiunto dopo nobiltà ; che intendiamo parlarsi di coloro, ne' quali di vera no- ' Convito di Dawtk 3ti Lilla sono i semi e non i frutti t i quali fruiti se in loro fossero, e' non avrebbero difetto d'intendere; mentre nobiltà secondo l'autore è perfezione di pro^ pria natura. ( Trat. IV cap. XVI. p. 288 e seg. ) ^, te popolari persone » . . dirizzano sì Vaninto loro t, a quello ( miìstIsrb ) per forza della necessità » ,, che ad altro non intendono „ ( cap. XI p. 4^ ) Rimettiamo la lezione comune , che dice a quella per-- sona della necessità'', e ci soccore ciò che leggesi innanzi àe ciechi ^ che pongono la mano sulla spal- la ai mentitori., e da questi sì lasciano cotidurre neU la fossa; pensando che qui voglia diret,, Le popò- „ lari persone si lasciano guidare alla necessita ( va- „ nita che par persona , Inf. VI ) di modo che ad <,, altro non intendono, ,, E ciò che fa la prima e l'altre fanno (tnf. III), ,, e sono come que* ciechi soprannotati , che tutti e „ male si fidano a falsi guidatori , così che d'altro non ,, hanno cura. ,, „ ma hiasma quello che è materia . . . ( p. 44 ) Leggeremmo ma biasimando t, intendendo ohe il di- scorso penda lutto da argomenta , che h posto in- nanzi. ), misura le sue cose » • » ( p- 4^ ) Leggeremmo misurando , con riferire il discorso ad avviene » clie è posto dopo. ->I2 LkTTE 11 ATURA TnATTATO II. „ E della naturale scienza , la sua considei-azione „ principalissirna è considerai e li principii delle cose „ naturali , li quali san tre , cioè materia^ priva- „ zione ., e forma -^ nelli quali si vede questo nuine- „ ro , non solamente in tutti insieme , ma ancora „ in ciascuno è numero „ ( cap. XIV p. 109) Leggiamo come segue : ,, E della naturalo scienza la „ considerazione priticipalissima è considerare li prin- -„ cipii . . . , 'lelli quali si vede questo numero ,,e -,j non solamente in tutti insieme , ma ancora in cia- „ scuao numero.,, Viene così a sopprimersi quel sua veramente superfluo , (j si ha per glossema quell' è numero : e se volessi conservare quell' è , potre- sti farlo t purché fossi contento di fare di un ver- te una congiunzione , ponendola innanzi a no/i so- lamente, „ il cerchio è perfettissima Jìgura in quella , che „ conviene però aver ragione di /ine , sicché tra ^l „ punto e 7 cerchio , siccome tra principio e fine , „ si. muove la geometria ( p. iii e iia) In quello leggiamo pili volentieri colla comune : e ci pare doversi emendare questo passo col solo por- re il che dopo figura come segue : „ Il cerchio è „ perfettissima figura » che in quello {cioè nel punto ) „ conviene però aver ragione di fine . • • „ Certo così non discordano grammatica e geometra. Convito di Dante ^3i3 Trattato IH. ;,^.^ , ^ , j^ „ Perocché par la prima sua ragionò assai di leg- „ giero , a questa seconda si può volger0-^o^,iii^ „ tendiniento. „ ( cap. XII p. i83 ) r •. r.'-?-, ' 0 leggeremmo per colla comune, portando la vir- gola Aoipo ragione , o c'indurremmo piiì agevola mente a porre aperta in luogo di par la a, que- sto modo : „ Perocché aperta prima sua ragione , „ assai , di leggiero a questa . . . „ „ della pace di questa donna non fa lo studio „ se non neir . atto della speculazione sentire „ (cap. XIII p. i88) Quel sentire, che manca altrove, ;è aggiunto qui p'U- consiglio del sig. Witte , al quale non oseremmo già ^ contraddire. Solo penseremmo , se potesse leggersi sa in luogo diy«: nel qual caso verrebbe risparmiato il sentire. i)iS§\t\i ?>\ tmoSa „ TRATTATO IV. „ a partire dico la malizia delle cose „ ( cap. I p. 2©8 ) . iv\Aiiv.? 1 Dalle ci piace di leggere e non J^^e/Zf?, per la ragione che Dante stesso in questo capitolo dice prima: ,, Ra- „ gionevole e onesto è, non le cose , ma le malizie „ delle cose odiare, e procurare c/a esse di partire:,, e dopo usa piìi volte il verbo partire nello stesso sen- so di disgiungere col 6." caso: nel qual senso è da aggiugnersi al vocabolario. 3l4 L E T T E 11 A T U n A ,, conciossiacosaché Vaniino umano . . . non si qicie- „ ti^ ma sempre desidera gloria acquistare „ ( cap. IV p. aao ) Desideri legi^iamo , e non desidera ; perocché dice prima si quieti , e l'uno e l'altro verbo è regolato dalla congiunzione medesima. „ E perchè a queste guerre e a le loro cagioni „ torre via „ ( loc cit. ) Leggiamo il perchè , come vuole il contesto. ,) E perocché più dolce natura signoreggiando ^ „ e pia forte in sostenendo , e pia sottile in acqui- „ stando „ ( p. 233 ) Taluno vorrà, che abbia a dirsi in signoreggiando « come detto è in sostenendo e in acquistando : ne mancherà di buone ragioni. „ dove le spighe della ragione non sono del tat" „ to sorprese „ ( cap. VII. p. a38 ) È da leggere soppresse» ,) ìion minore maraviglia mi sembra , reducere a „ ragione del tutto spenta , che reducere in vita „ colui che quattro dì è stato nel sepolcro „ ( loc. cit. ) Empiremmo una lacuna , che qui pare manifesta , di- cendo : „ Reducere a ragione colui nel quale é del Hi tutto spenta , che reducere in vita . » . „ „ Id ifreverenzia è disconfessare la debita sugge'- „ zione per manifesto segno : la non reverenzia è Convito di Dante 3i5 „ negare la non debita suggezione „ ( cap. XIII p. a45 ) Di quest' ultimo non e lacuna in tulli i testi. Così osservano i ciotti critici , i quali hanno creduto bi- sogno di aggiungerlo e qui e sul finire del capitolo, dove ripetesi la stessa definizione della non reveren- zia- Noi pensiamo che quel ìion col negare potreh- be da taluno aversi per un' aflTermaliva , quasi di- cesse:,, La non reverenzia è affermare la debita sug- gezione. „ Senza il non intendiamo quasi dicesse: ,, La „ non reverenzia è negare la suggezione esser dovu- ,, ta:„ ossia,, affermare la suggezione non esser do- „ vuta : „ e tale sembraci appunto l'avviso dell' au- tore. Però inchiniamo a tener ferma senz' altro la le- zione comune. „ né le pecunie di costoro , né le magioni ma" ,, gnifiche ^ ne le ricchezze ^ ne le signorie , ne Val- ,, legrezze , delle quali massimamente sono astret- ti ti , tra cose buone o desiderabili essere dissi „ ( cap. XII p. 2Q)(j ) E traduzione di un passo di Cicerone ne' Parados- si : noi l'abbiamo confrontata con quella del B. da Calignano, e ci siamo condotti a sospettare, che non , pensiamo averlo Usa- to l'Alighieri in luogo di stimai ; cosi l'usiartio ap- punto nella nostra Romagna , la quale conserva an- cora di que' vocaboli e di que* modi , de' quali egli stesso il poeta filosofo fece conserva. Odesi , a ca- gion d'esempio , uno ad un altro più esperio diman- <3ii) Jj E T T E R A T U R À dare sovente : „ Che dit(^ voi eli (jiiesH» panno , di „ questo lil)iu ? „ E (juegli risponderti : „ Dico essere „ buono , lo stimo buono. „ „ Potrebbe^ ((ire. alcuno . . . che se per crescere de- „ sirferio acquistando le ricchezze sono imperfette ,, e pero {'ili , che per questa ragione sia imper^ ^^ fetta e ,.vUc la scienza • . . ,, ( p. 2G6 ) -ili i<:£nn .. i;vi ' Uno di questi c/ie è superfluo: noi vorrerama levato il secondo. ,, come diverse linee , per le quali non procede ,y per. uno moto „ ( cap. XIII p. 271 ) -•j u\ y: .'.\ Aggiungiamo un si avanti a procede , e ci confor- ta Tautore medesimo , che poco prima dice di una linea •. „ Su per la ([uale si procede per uno molo „ solo.,,, ,, e questo dice quando dico,., (cap. \.V p. r^S'ò ) Leggiamo,, questo dico quando dico ,, come è chiaro xlal CQntesto. „ r adolescenza è in venticinque anni che procede „ montando alla gioventute. „ ( cap. XXIV p. 324 ) Qui leggiamo precede , come dopo leggesi da tutti succede parlando del temj)0 che si discende alla se- ueitute^ „ rincora è a questa età e a sua perfezione ne- „ cessario d^cssere amorosa.,, (cap. XXVI p. 336) Convito di Dante Si-y Pare per lo meno superflua la congiuntiva e : pe- rò la toglieremmo leggendo:,, Ancora è a questa eta- fìe , a sua perfezione , necessario . . .„ : ,, A me pare gii vedere , e levami in grandissi- „ mo studio di vedere ,, ( cap. XX.VIH p. 34? ) Dice Cicerone : „ Equidem efferor studio . . . viden- „ di ( De senect. C XXIII ) . „ Però ci pare glos- sema quell' a me pare già vedere , e molto pili guardando bene al contesto. „ dammi almeno , c/t* io in questa tanta vita sia „ chiamata tua „ ( p. 35 1 ) Se alcuno volesse leggere tarda in vece di tanta non sapremmo che opporre. „ dice Esopo nella prima favola „ ( cap. XXX p. 35^) Meglio leggeremmo nella propria /avola • cioè nella favola , elle tocca appunto del pregio della mar- gherita al gallo vilissima verso un granello di grano. Queste cose abbiamo notate collo intendimen- to , che detto è da principio ; che non siamo di que' molti , de' quali parlasi nel Convito ( p. a84 ) = „ Tanto di loro ingegno presuntuosi , che credono col ,, suo intelletto potere misurare tutte le cose , sti- „ mando tutto vero quello che a loro pare , falso „ quello che a loro non pare. ,, Ne altro aggiun- geremo , se già non fosse per noi da risponder- si a taluni , i (inali dicono : I buoni inoe^ni oa- gidi non andare in busca che di parole. E che.'* non sono forse le parole i segni delle idee ? E poi- ché nel nostro ragionare è un gire continuo dal- 3l8 L E T T E K A T U K A le idee ai segni , dai segni alle idee ; non è for- se lo studio delie parole congiunto a quello delle cose tanto , che l'uno non può stare senza dell' altro ? ne l'uno essere in fiore , se non lo sia pur l'altro egualmente ? E a'nostri tempi era più bi- sogno che mai di studiare addentro in grammati- ca , e questo ramo ( per forza estrania , piiì che per altro , quasi staccato dalla sua pianta , che è metafisica ) riunire a quella , onde "possa andar ve- getasdo e dare appresso suoi frutti di squisito sa- pore. Ma qui sorge un' altra quistione , ed è : Se lo studio delle cose , o come dicono filosofia , gio- vi o nuoca più tosto alle lettere ? E noi rispon- diamo : che non pur giova » ma è necessario. Cer- taniente dalle officine de' relori non usci mai chi fosse oratore e molto meno poeta : dalle suole de' fi- losofi ne usci più d'uno, che fu tenuto ed è quasi miracolo. Tra questi nomineremo l'Alighiori ed il Tasso , que' due che tengono la cima dell' italiano Parnaso , e a tanta altezza levaronsi sull' ali ap- punto della filosofia. Nomineremo M. Tullio , quel principe degli oratori , di cui l'eguale nel mondo non nacque ancora ; e a quella gloria levossi sull' ali medesime. Che se alcuno ci opponga , cotali uo- mini avere avuto da natura l'ingegno eccellente , noi negheremo già noi -. diremo bensì , che essi vi aggiunsero di proprio lo studio indefesso , sen- za il quale l'ingegno è quasi seme , che non ger- moglia per manco di nutrimento. Domenico Vaccolini. 3 li) Notizie di Benedetto Brognolo]^ per domicilio ve- ronese , ma probabilmente d^origine polacco , con, una sua lettera inedita a Filippo Callimaco Espe- riente , raccolte ed illustrate da Sebastiano Ciampi. Air eruditissimo sig. abate, LUIGI MARIA REZZI PivoFEssoaE d'eloquenza, nell'archiginnasio romano BIBLIOTECARIO DELLA LIBRERIA BARBERINA etC. k3 empre memore della cortesia e bontà vostra , col- la quale mi accoglieste e mi apriste i tesori del- la celebre biblioteca a cui presiedete , non mi stan- co di parlarne agli amici , e di raccontar lo- ro quali e quante sieno le cure vostre per esa^ minare dottamente ogni minima carta , non che ì numerosissimi codici ; comporne i cataloghi con ragione e filosofia ordinati onde mettere a colpo, d^occhio in bella luce tutte le dovizie che , non sa- prei per quali infauste circostanza , da tanto tem" pò giaceano la maggior parte oscure ed ignote in codesta miniera ricchissima di monumenti mss, d'ogni classe , non meno che di scritture autografe di uomini celebri di chiesa , di stato., d'arme \ e de* fa" mosissimi in divino ed umano sapere, E poiché d'alcuni de' mss. suddetti mi permet- teste che largamente mi giovassi al mio intento ^ comincio dal rendervene pubblicamente le debite grazie alla prima occasione che mi si presenta di 320 L t; T T lì II A T o n. A prevalermi (Valcfuie memorie , che ne ho ricava- te , perchè meco ve n abbiano riconoscenza non so- lamente i letterati italiani^ ma i polacchi stessi , 7 quali massime nelle susseguenti notizie , che del- la italiano-polacca letteratura publichero , sapranno apprezzare come fatte a loro le gentilezze che piacque- vi di usarle con me. Gradite , come è proprio della umanità vostra , questa sincera dichiarazione della mia gratitudine , e credetemi quale colla maggiore venerazione e sti- ma mi protesto' Di V. S. eruditissima Firenze i5 agosto 1828 Devmo. obblmo. servitore Sebastiano Ciampi Notizie di Benedetto Brognolo. r X_ia patria di Benedetto Brognolo fu controver- sa (i). Alcuni , fra' quali Michele Fossato , lo dis- sero da Legnago nel veronese. Lo cliiamò vero- nese Giovanni Quirino nelT epitaffio di lui ; e sul- la fede loro ebberlo per veronese il Mafféi (2) , Apostolo Zeno (3) ed altri. Ma Giuseppe Scalige- ro nella confutazione della favola de' Bordoni lo negò dopo averlo altra volta detto da Legnago , ed anche nella Scaligeriana a carte G^ lo chiamò No- { I ) Presso il Maffei , Verona Illns. pag. ?.34 parte II, (2) Pari. II della Verona lllus. a cart. 233. (3) Voi. II delle Diss. Vossiane a cart. i5o. L\OTi'/Ai: DI BENEDarro BnoGNOLo 82 1 ric/im patrm , della quale opinione si palesarono pure lo Scharfleischio negli Mti lelterai^ii , e Gio. Comeiio allegato dal MafFei : il qual Giovanni du- ])itò persino se Benedetto Brognolo sia mai stalo al mondo. Il Mazzucchelli prese in esame le due opinio- i)i , e conchiuse die l'averlo creduto da Legnago fu sbaglio derivato dalla confusione del nostro Be- nedetto Brognolo famoso retore con altro Benedet- to nato a Porto di Legnago , die è la parte ài Legnago di Ik dal fiume , parimente grammatico e retore come si conferma dall' epitaffio posto al suo tumulo in S. Sofia di Padova riferito dal Tom- niasini nelle iscrizioni patavine a carte 194(1). Laon- de il Mazzucclielli nella nota 4 scrive : ,, Senza fon- damento , al creder nostro , Giulio Cesare Scalige- ro ha fatto dire al Brognolo in una elegia sopra di esso .stamj)ata in fine delle sue poesie intitola- le Ihrocs , ed inserita anche a carte 70 della Sca- ligeriana , che da Legnago venga chiamato in ter- ra noncn. „ Ma se l'equivoco de' due retori Bene- detti potè far confondere Benedetto Brognolo con l'altro più veramente da Legnago presso gli scrit- tori non contemporanei , non mi sembra potersi di- re Io stesso di quelli che lo conobbero e io fre- (|uenlaro!io, come fece Giovanni ()uir;no già suo scolaro , il quale nejl' epitaffio lo dichiarò veronese. Abbiam' ora un' altra autorità , cioè di Lattanzio Te- daldi che lo chiama polacco nella noia posta da lui infine alla lettera senlla dal Brognolo a Cal- {\) U Facciolati nei Fasti gymnasn patavini a car- te 5i afferma esser quesC epitaffio fatto per Benedetto Bcndidio. [Mazzuci-lifUi) G.A.T.KXXIX. 21 33 2 L E T T I R A T U 11 A. limaqo Esperiente , conservata con altre cose di Fi- lippo Callimaco e di Lattanzio Tedaldi nel cod. cartaceo barberino in foglio di num, 1731 ; nelln qual nota ci fa sapere quanto appresso : „ Sequituv sub superiori epistola Benedicti Brignoli poloni hoc scriptum videlicet - Ista epistola imprimatur in prin- cipio libri et deinceps liber histpriae initium su- mat (i). -„ Il codice fu scritto di mano dello stesso Lat- tanzio , come si deduce da vari luoghi di esso ; e fra gli altri dove da ragione del perchè egli vi in- serisse anche le lettere volgari di Filippo Callima- co : „ Adverte , lector , et ne raireris si in hoc volu- mine invenies Philippi Callimachi amicissimi nostri literas lum latina , tura patria lingua scriptas. Scripsi enim in iitraque lingua scriptas literas, ut omnibus in- notesceret quomodo in eum Lactantius Tedaldus af- ficeretur , cum noluerim etiam eius minima perdi- tum iri. „ Ed altrove:,, Adverte , lector , quod dura essem Certaldi vicarius, ibique invenerim in ecclesia s. lacobi imaginem Ioannis Boccacci pictam „ etc. ove sog- giunge l'iscrizione da lui posta , che vi è tuttavia ; e finalmente n'c una ben chiara conferma l'avverti- mento da lui premesso alla lettera scritta a Callima- co , la quale verrà di seguito a queste notizie. Ora, se il Tedaldi che avea tante corrisponden- ze in Polonia e con quo' letterati , e con Callimaco, (i) Intendesi deW istoria del re Vladislao , ovvero De Clade Varnensi , scritta da Callimaco. Probabilmen- te quelC avi>ertiinento veniva da Callimaco stesso che amò di' premetterla aW opera sua , della quale H Brogno-. lo fece l'cloi/io in quella lettera. jNotizie di Benkdktto Brognolo 323 e co' suoi afTiiii che stavano la, e finalmente col fi- glio suo Giambatista mandato e tenuto Ta per dcgii anni in Polonia, se, dico, chiamò polacco Benedet- to Brognolo, bisognerà credere clie non lo facesse per ignoranza od a caso , e che gli altri ancora con qual- che fondamento lo chiamassero norico , cioè illirico , o moravo , e ciò per esser quelle provincie d'anti- ca origine slava non meno della Polonia. Il Tedaldi duntjue lo chiamò polotio collelliva- mente od antonomasticamente invece di slavo ; o gli altri lo disser norico forse per inesattezza non sapendone bene la patria; che in genere credetterla non italiana, ma di verso Polonia. Ne vi si oppone il casato di Brognolo o Prunolo o Prugnolo , come si legge scritto presso varj autori che lo rammentano in italiano od in latino ; perchè forse fu latinizzato dai nomi de casati Bronikowski oBroniewski, note famiglie polacche, per la parola Prunulus -,eA in volgare Bro- gnolo , e Prognolo ; come avvenne di molti casati polacchi latinizzati. Potè anche darsi , che la fami- glia Brognolo, d'origine forse italiana del veronese, si trapiantasse in Polonia , e da quel ramo nascesse il nostro Benedetto. Che fosse originaria d'Italia potreb- besi confermare dal trovarsi altra famiglia Brognolo esistita in Sarnico terra del bergamasco, dalla qua- le nacque a* i3 di gennajo del 1G07 Candido Bro- gnolo dell'ordine de'minori osservanti riformati , au- tore di varie opere ecclesiastiche, e del quale parla medesimamente il Mazzucchelli. Ad un Carlo Bro- gnolo scrisse il Poggio una lettera che si trova nel tomo 3i de' mss. da monsignor Tioli donati alla bi- blioteca della canonica di s. Salvadore in Bologna , e descritti dal fu celebre Francesco Gancellierj. Ma d'altronde potrebbero anche questi esser derivali dal- 22* 324 Letteratura la stéssa famiglia crorigine polacca , poi trapiantala a Verona ed in altri luoghi dell'Italia superiore. Il nostro Benedetto Brognolo era dottissimo in greeo ed in latino. Si distinse particolarmente in Ve- nezia , ove con applauso e concorso di scolari inse- gno pili di quarant' anni ed in pubblico ed in priva- to lettere umane. Frequentarono , fra gli altri , la sua scuola Domizio Galderino , Daniello Reiniero, Gio- vanni Quirino, Battista Egnazio. Mori d'anni 76 in Venezia "nel i5o2. Gli fece l'orazion funebre il sopra- meiilovato Egnazio, stampata in Venezia Ex acade- inia /lidi romani i5o3, 8"; ebbe sepoltura nella chiesa de' padri conventuali detta de' Frari , ove da Gio. Quirino gli fu eretto un bel monumento col suo bu- sto e con la seguente iscrizione , che sono tuttavia sulla porta per la quale si entra nel chiostro. „ Bene- dictum Brognolum veronensem virum intergerrimum, optimum , gramraatices , rethorices, philosophiaeque professorem , literarum bonarum parentem, utriusque linguae peritissiraura , ac in erudiendis per quadragin- ta amplius annos publico stipendio discipulis de re- publica veneta optime meritum , Ioannes Quirinus Nicolai benevolenliae gratitudinisque gratiahoc sarco- phago decuravit. MDV. Egli non ha, per quanto sappiasi, pubblicata ve- 1 un'opera di qualche estensione. C'è chi asserisce (Giu- seppe Scaligero allegato dal Maffei nel lib. citato a pag. 336 ) che fu stampata in Germania certa sua operetta critica : ma non se ne riferisce alcuna par- ticolarità. Varie opere greche e latine uscirono alla luce da lui emendate e con sue prefazioni , tra le quali Diogene Laerzio (i) , Cicerone, Prisciano, Giorgio (i) Il delio libro di Diogene intitolato : Vilae et sen- tenliae eorura , qui in philosofia probaù fueruut ,y« sla'n^ Norr^rR di Bknkdetto B«ocnot,o 3iS Trapeziiazio , Beriiaido Giustiniano, Niccolò Perot- to &c. Della sua lettera scritta a Filippo Bonaccorsi , o Callimaco Espellente, segnata da Venezia a'i6 tl'ot- pato Venetiis per Nlcolaum lenson Gallicum 1470 in f° ^ ft in alcuna ristampa venne malamente attribuita al »te- desimo Brognolo la traduzione di esso libro ^ che fu tra- slatnto da Amhrogio camaldolese. X' epistola del Bru- gnolo premessa a detto libro neW edizione suddetta i4';j è stata pubblicata di nuovo nella par. 1 r della bi!>liiit. Smitliiaua a car. i34. e segg.^ e da essa si apprende che il Brognolo intraprese la 1 evisione del detto libro per co- mandamento di Lorenzo Giorgi e di Iacopo Badoaro a quali l'indirizzò . f' eggansi le memorie per servire alla ■Storia letteraria a car. 81 e segg. del tom. 1:2 , e le novelle lett. di Venezia del 1769 a car. 173. ( /Iposto- lo Zeno nelle Vossiane ) ha detta lettera incomincia ,, Ti- ,, rnonem ferìint , optimi iuvenes , cum ex eo /Jratus „ (/leaesisset qnonam pacto opera Honieri , qnae sino „ menda essent , comparare posset , res])onàisse ; si in. ali- „ qua antiqua exemplaria incidisset : non autem in ea qnae ,, jain ab aliquo fuissent emendata , eoruni qui videli- „ cet aggressi castigare ea volumina , vulentes ipsa cor- „ rigere , depravassent. „ l?ur troppo si può dire lo stes- so di molti di que^ critici , che corressero i codici che furono impressi nel primo secolo della stampa. Se ne dolse anche Angiolo Poliziano in una postilla di sua mano nella copia da lui fatta scrivete d^un codice an- tico della Ippiatrìa dì Pelagonio , ed ora conservata nel- la biblioteca riccardiana in Firenze ; pubblicata' recen- ternente dal eh, sig, dottore 1 Ciojii ., e vittoriosamente di- fesa contro i dubbi di qualcuno intorno all' originali- tà del testo latino di quello scrittore. SaG Letteratura tobre i488 n'c stato riferito uno squarcio eia Apo- stolo Zeno nelle dissertazioni vossiane voi. 2 pag. 332 dal codice che si conservava in Venezia con alcune opere del detto Bonaccorsi nella libreria de' monaci camaldolesi in s. Mattia di Murano. Altra sua lette- ra ad T^icolauni Donatuni de recognitione noveni llhroruni Jiistoriarum Herodoti halicarnassei fatta da Lorenzo Valla, è in fine di quest' opera mss. nella re- gia libreria di Parigi nel cod. S^ii fra i latini. Benedetto Brognolo fu amicissimo di Filippo Bo- naccorsi da Sangimignano , più conosciuto col nome di Filippo Callimaco Esperiente.^ celebre letterato ita- liano, ma lungo tempo vissuto in Polonia alla corte del re Casimiro , e del figlio e successore di lui Gio. Alberto, prima in qualità di precettore dei figli del ve Casimiro , e poi di regio segretario generale del re Alberto. Quel che avrò da riferire intorno a Fi- lippo Callimaco farà un articolo a parte ; onde qui non altro ne scrivo che quanto è legato colle noti- zie di Benedetto Brognolo. Nel codice dunque barberino i73c si trova una letifera del Brognolo a Filippo, Callimaco in cui egli si conduole della disgrazia avvenutagli pel brucia- mento della casa , ed in particolare per la perdita della storia delle geste del re Vladislao &c. rimasta preda delle fiamme; e della quale fa l'elogio rilevan- done i meriti tanto per le prerogative d' ollimo sto- rico , quanto per l'eleganza dello stila Ialino in cui era scritta. Per buona sorte i timori del Brognolo che fosse totalmente perduta non si avverarono , per- chè n'erano state fatte una o più copie digli amici , ed estimatori delle opere del Bonaccorsi; in una del- le quali imbattutosi nel iSjq Sigismondo Scheulìer canonico di Frisinga la pubblicò per lo stinipe di Sigisn)ondo Grim. Ma di ciò che appartien ' alle no- Notizie di Bkn'edetto Bivognolo 827 tizie lipograficlie di questa istoria ne dirò l'occorrei)- te al suo luogo. Qui hasti riferirne quanto Lattan- zio Tedaldi premise alla detta lettera nel codice so- pracitato. „ Adverte , lector, quod hlecinferius descripta epistola erat una cura historia de ungaris et po- lonis a SigismUndo unperatore ad Vladislaum un- garorum et Bolìemiae regem et calamitosara stragenl apud Varnam a turcis in ungaros et polonos illa- tam , in qua legatus fCclesiae cardinalis de Ciesa- rinis capitur et occiditur , similiter et VladislaUs in conflictu interficitur, et FranciscUs ex Albertorurti familia cardinalis et praefectus classis una cura clas- se salvatur. Quam liistoriam tempore quo veneti iti florentinos belhlm movere ,in agro Casentinata do- no dedi Petro Cappello veneto patritio etc al- tero prefecto cxercitus ^ aliaque opuscula iiisimul connexa alteri praefecto lacobo Venereo similiter donavi , ut eas ab liostilibus incursionibus tuercn- lur ; eo enini tem[)ore captivus eràm ; gerebam eniitl praeturam castri Foconiani, in cuius declitione (capti- vus fui , et ex tneis rebus tantum salvis duobus islis opusculis. Et quia epistola haec remanserat inter alias scripturas Florentiae , cum nunquara recupera- le opuscula illa potuorim , in eius memoriam cani inter alia eius a uobis recoUecta ascribere volui» Segui tur ergo* Benedictiis Brognolux domino Philippo Callimacho S. P. D. {i) ^, Pridie quam tuac humanitatis literas accepis- )^ serti de incendio tuaruui rerum ex Antonio no* (i) Sembra da (jucste e dalle iCguónti espresiiorii dei, £ì*ogfiolo ) che Callimaco g/i mandasse la sua storia ,perchè 328 Lk -TTERATURA ,, stro Albertino (is enini primiis ine coiivenerat quani „ Nic»laus ) mtellexeram , ex eoqiir non minori do- „ loro quam debuerain , afFectus suni , qui judice- „ vi illud infortaaiura alieni idiotae et malo po- „ tius accidere debuisse , quam tibi , qui et hunia- „ nitatis omnis et probitatis es exempluni spectalis- „ simura. Sed ita res se habet , et docti et indocti , „ et boni et mali , omnes telis fortunae expositi „ suraus. Si quando illa nos percusserit , oportet ,, nos ferre , praesertini si qui sunt quos non de— ,, ceat latere quid quaque in re postulai ratio , „ aut , id inteliigentes , praeceplis ejus parere ac „ stare posse ; sed res jam vetus est. Itaque tum ;, ob liane causam ne tale abs te respoasum merear „ accipere , quale iliensibus redditum ferunt ab eo „ ad quera consolandum serius venerant,ob id ipsis ,, respondit : se quoque misereri Priami eorura re- „ gis ; tura quia excellentiae tuae neque ratio deest , „ neque virtus bac in parte non morabor ut ra- priiua di stamparla gli comunicasse il suo parere. Il Calli- maco , poiché Cebbe in questa lettera , la destiup ad essere impressa insieme colla sua storia ; il che non essendo stalo seguito sinora , adempio la volontà di lui , nella parte principale , pubblicandola intiera , ed insieme pre- sentando alla curiosità degli eruditi un saggio della pen- na del Brognolo , di cui quasi nulla od e giunto a noi od è conosciuto , tranne alcune prefazioncellc premesse a" libri da lui emendati. In qualche luogo non è il sen~ so molto chiaro , per colpa probabilmente del copista che scrisse l'esemplare aìenuto in mano al Tcdibiuni est , aut sus Miuervam. Do ilio potius „ sciibam quod facile praetermittere non possum. ,, Cam enini propter cletrimentuin omnium rerum „ ([uas ignis libi assunipsit vehementer tloluerim , „ taraen propter amissionem tuae liistoriae , si non „ est forsilan unde cani repares , quam ob uìlam „ aliam rem raacfis dolui ac dolco. Non eiiim craiit „ nugae , quemadmodum ipse ( quae tua est mo- „ modestia ) eam appelias , sed opus clegantissimum ; ,, nisi foisitan ad eum coraponendum cognitio re- ,, rum tipi defuisset ; sine qua re utra tantum abest „ ut ab liistoriograplio qnidrquam quod })ruden- „ ter aut juste , aut fortiter aut secundum aliam „ virtutem aut aitem gestum fuerit , vel centra , „ rccte , ut ojiorteret , scribi possit , ut ne vidr-- „ ri quidem ab co salis queat non magis ({uam ,, umbrae quaedam et allineamcnta in picturis ab „ bis qui rjus artis sint ignari. Quod profecto non „ fuit , sicut re ipsa apertissime dechrasti. Nam si- „ ve ingenia illustriura virorum fueiant exporienda, „ vel Consilia , vel facta , sive oppugnati^es de- „ scribendae , aut praelia , sive alia quae vel do- „ mi voi foris acta essent , aut gesta, commemo- „ randa, omnia abs te ita exposita erant , ut faci- „ le apparerei nulla earum rerum artem ii'it scien- „ tiara te fugisse : ncque v-ro intelligenliain so- ,, lum in ea probavi , et egregiam quamdara ci- „ vilium rerum prudentiam , sed et celerà ; nec rai- „ nus facultatem dicendi et copiam , in qua , ut „ alia omittam, illud videbatur mihi de solerlia tua „ comprebendisse , te perceptis rationibus omnibus „ quae de bistoria conscribcnda traditae sunt , ex „ eis historicos inter legendum accuratissime censi- 33o Letteratura „ derasse , et quid in quoque pi-aecipuam essot di- „ ligentissirae advertisse, et quaque viitulc quisquam „ maxime praestaret , observasse. Deinde queraail- „ modum Cicero vira Demosthenis , copimi Plato- „ nis , iucunditatera Isocratis imitatus fuit , sic le „ ab hoc raagnitudinem orationis , ab ilio brevila- „ lem , ab alio aliam formam dicendi , et figurara „ et virtutem , ut quisque aliquomodo maxime excel- „ leret , scripsisse. Qua in re cum judicium tuuoi „ haudquaquam te fefellisset , eaque fuisti industria, „ ut ab co ( ut parcius loquar ) non aberraveris. „ Possem dicere de ordine , possera de modo cu- „ jusque rei , possem de liberiate et aliis virtuti- „ bus , quibus egregiis in ea usus es. Sed cum omnes „ mibi sumraopere placuerint , ncque illud parvi fe- „ ci quod vidi non incidisse te in errores , in quos ,, nonnulli , praesertim e recensioribus , prolabun- „ tur , ut rcs gestas scribere neglexeris , dum in „ laudibus alia cnjus commoraris , aut dura alif[nos „ vis extollere alios ultra modum abjicias ; aut in „ quibus immorandum , ea percurras ; quae porcur- „ ronda in iis inimoreris. Sed et hoc , et alia hu- „ juseemodi vitia egregie abs te fuerunt declinata. „ Quo in loco cum ex omnibus bis evitandis non „ parvara te laudem meritum esse arbitror ; ex eo „ tamen tanto magis judicavi te laudandum , quan- „ tum raajoris diflicultatis ipsum censeo fuisse , quia „ poeticae deditus et in ea multum ac diu versa- „ tus ac tritus es , cnjus ea est libertas ac licentia „ ut quidqnid libuerit ei permittatur , prò ut, si „ visura fuerit ipsi , jungere currui equos alatos, „ facerequo ipsos currere per summitatera fluctuum „ aut aristarum. Ea tamen hisloria in scribenda ,, usus es moderatione , ut ei nullas hyperbolas aut „ alias res pocticas inserueris , sed ab ea prorsus Notizie di Benedetto Brognolo 33 i „ exclusas reliqueris , ut te unius verilatis ciiram „ queraadmodum decet , habuisse facile appareat , „ quid inter poeticam et historiam intersit opti- ,, me cognoscentera. Quo factum fuit per Deum im- „ raortalera ut nihil viderim cur probatissimo cui- „ (jue ex scriptoribus antiquis non esses conferendus. „ Sed ipsae tuae laudes plures sunt ac majo- „ res quara ut epistola capi possint , aut ei satis ,, conveniant. Quod igitur scribis ignera eam emen- „ dasse , ut maxime decuit» ne quando ipsam ederes „ (milii ignosces), nullo pacto tibi assentior. Non enini ,, emendavit quod vitiosum esset (nihil enim tale „ in ea erat ) sed quod optimum erat corrupit ; ne- „ que id ut decuit , sed contra potius , et quam „ maxime quidem. „ Ncque vero lentus fui ejus censor , si modo ali- „ quo hoc nomine dignari possiim ; sed statim ut „ primum eam legere caepi hoc de ea feci judi- „ cium , qui ut ex particula aquae alicujus fon- „ tis , totius sapor deprehenditur , sic vel ex iui- „ lio ipsius qualis esset tota facile degustavi . ,, Cum inlerea non primordium modo , sed maximam „ ejus pai'tem , quantum ex occupationibus meis li- ,, cuit , et tempore quo apud me fuit , nec sine raa- „ gna admiratione legi ; nec soUim propter ea , de „ quibus dixi , sed etiam propter illud quod ani- „ raadverto te non eadem usquam , aut instabilius „ ferri , sed uti'{ae erectum , servato cursu tuo at- „ que tenore , more fluvii uberis aequabilissime ma- „ nare. Quod si fatum meum , quod totam videre „ non potuerim , accipiendum esset signum , futu- „ rum fuisse ut ea non ederetur um([uam , quia „ priusquam id fieret in manibus auctoris peritura „ esset , licet non quia signa rerum futurarum sint „ vera iccirco eveniant , quae fuerunt significata ; „ sed quia fiant ca quae significata sunt , ob eam 332 L E T T F, Il A T U R A ,, causarti signa vera existaiit i tamon etio cui tu quas „ gratias lamquam Aristarco , ut scribis , habeiulas ,, putares , cas tamquam Thiresiae retulisli , tam gra- „ viter iti ferrem , ut prope esset vel propter hoc „ quod id sigiiificasset , ut tuuin Thiresiam cuni ejus „ vaticinio essem iletestaturus , si futurum esset (quod „ omen Deus avertat ) ut prorsus extincta esset ita, „ ut in lucem ampli us revocali non posset. Sed ,, spes est te ipsam reparaturum ; quod ut facias „ te etiam atque etiam liortor. Nani alia quae anii- „ sisti ncque tua proprie eraut , ncque ab «irige- „ nio tuo producta , et prò eis alia tibi dabunt ami» „ ci tui , et in primis niajcstas optimi regis lui , qui ,, ut aliis virtutibus omnibus sic etiara humaiMlote „ et beneficioiitia in viros dignos, et de se bene nie- „ rcntes , obtinet piiticipatura. At haec erat tua , et „ ab ingenio tuo protecla , iiec alins qnam tu cani ,, potest reparare ; ad quod facierrduni te veliemen- „ ter adhortor. Et ratio me raov(!t plurimum, quae ,, lo itcni non minus debet movere , quod ex eque- „ siri oratione maxiraara laudcm es consei[uuLLis. Si ,, feceris igitur ut ad eam haec qi.io([ue ex pede- „ stri accedat , quiddam quale Cicero noster fue- „ ris adeptus , ut quemadmodum ille ex ulro(jue „ genere dicendi et forense et quieto , quod pui- ,, cis contigit, sic tu ex versu et prosa ac soluta ora- ,, tione , quod non multis evenit , unicam laudcm ,, conipararis. llaec non solum sentio , sed et jam cu- ;, pio. Quid de eo , quid facturus fueris , aut quo „ loco res se habeal, modo pergratum erit si me „ feceris certioicai. „ (i) Nicolaos tuum diligenter munus mihi red- „ didit, quod cum et se (est etiim dignum) et propte- (r) Forse il regalo ^ del quale ringrazialo, consiste- va in pelli , delle quali Callimaco solca presentare i Notizie di Benedetto Brognolo 333 „ rea quod abs te missum fuerat , mihi gratissimum „ extixerit. Illucl taraeti fuit quod ipsum pluiis fe- ,, ci , quod tantum passus damnura , tameti non il- „ lud mittere non potuisti ; sed ìs es qui nullis rc- „ bus adversis sinis te mutali , quia semper idem „ sis , hoc est benignus , splendidus , raagnificus. ,^ Laudo magnitudinem animi tui , et gravitatem , „ eique plurimum divinctus sum , et si non quas ,, debeo , saltem quas .possuni gralias ago. iLraut ,, mihi non uUae reliquiae librorum ex his , qui hic „ fuerunt impressi : eorum te , quando ignis tuos „ absumpsit , participem feci , qui si ex se minus „ pretiosi fuerunt , quam ut tuae convenient prae- „ stantiae , et par esset , intueberis eos ex animo „ mittentis : sic tibi aliquando pluris faciendi po- „ terunt videri , niinusqueaspernandi. Animus meus, „ ( si mihi fas est hoc dicere ) non facile ferens in ,, ceitiorie olficiorum se ab uilo vinci , quando in „ eo superioi- esse non potest ut prior contendat „ ( hoc enim abs te praeoccupatum fuit ), cupit saltem „ in re mutatione ne cedat. Quod si haee facultas ,, ei quoque negata fuerit , confugiet ad id quod .^, supererit ; quod eliam liberura est , nec ab ullo „ potest impediri , hoc est ad voluntatem , nec um- „,quam erit , siculi nec jam nunc est; neque mo- sr/oi amici , come apparisce da una postilla di Lattan- zio Tedaldi ad una lettera di lui : nella qual postilla sono dichiarati i nomi di varj amici , a quali Callimaco mandava in regalo delle pelli , cioè a Marsilio Ficino , a Lorenzo di Piero de"" Medici , a Bartolomeo Scala , ad Ugolino Ferino , allo stesso Lattanzio Tedaldi , del quale parlerò in un articolo separato. 334 L E T 7 K K A T U 11 A „ do tantum , sed jam din , quia tua causa omnia „ vclit. „ Sed gravioribus forsitan rebus ocdupalus es , „ quam ut tibi commodum sit tam multa legcre. „ Si igitur bis unum tantumraodo breviter addida- „ ro , de quo te certiorem fieri jussisti , de vali- „ tudine mea plura scribere , supersedeto : nani be- „ ne me habeo. Vale , ex Venetiis XVH kal. octo- „ bris MGGCGLX.YXVIII. Avvertimento dello scrittore del codice Lattanzio Tedaldi. „ Sequitur sub superiori epistola Benedicti Bco- „ gnoli poloni hoc scriptum , videlicet - Ista epi- „ stola imprimatur in principio libri , ut deinceps „ liber historiae initium sumat , ita quod epistola „ sit distincta in principio a libro , sicut in aliis li- „ bris impressis apparet , et rubricae in margini- „ bus positae non dimiltantur. - 335 ARTI B E L L E - A R T I. V architettura dei principali popoli antichi consi- derata nei monumenti ; dell' architetto Luigi Ca- nina. Sezione IL Architettura greca. Fol. Roma per i tipi Salviucei 1827. ( Sono pag. i85 con 80 tavole in rame ) J-Ja raccolta delle considerazioni sulle architettu- ra degli antichi che il valentissimo architetto Luigi Canina si è proposto di eseguire per supplire in parte, se non interamente, alla mancanza in cui si trova tuttora l'Italia di una storia generale di quest' arte , sarà divisa principalmente in tre sezioni, sic- come venne notificato nel manifesto da lui pubbli- cato. Nella prima sezione verrà esaminata 1' archi- tettura degli egiziani e degli altri antichi popoli che neir edificare da essi poco si allontanarono : nella seconda quella clie dal suo principio venne adope- rata dai greci sino al tempo in cui passarono essi sotto il dominio romano : nella terza poi quella che i romani cogl' insegnamenti dei greci continuarono ad impiegare dal principio della loro grandezza si- no alla caduta del loro impero. 33G Belle-Arti Avanti (li piuporre alcuna associazione di quest' opera , che porta sommo dispendio , l'autore giu- dicò necessario di render pubblica una delle tre annunciate sezioni , alfine che si potesse conoscere in miglior modo il piano da lui stabilito , ed il merito dell' opera. Egli scelse a tal uopo quel- la che riguarda 1' architettura dei greci , siccome maggiormente interessante : e siccome lo scopo che s'è egli prefisso in tutta quest' opera è quello che essa , oltre al presentare una storia dei successivi progressi che si fecero in quest' arte presso i prin- cipali popoli antichi , servisse inoltre di una qual- che utilità a quelli che vogliono apprendere le va- ste cognizioni di quest' arte , senza ricorrere a'molli volumi di sommo dispendio ed ancor di molta diffi- colta a trovarsi ; divise perciò ciascuna delle annun- ciale tre sezioni in tre parti distinte. Nella pri- ma parte si considerano i monumenti nelle loro di- verse epoche ; quindi e che nella greca , principal- mente si ragiona dèi principi e dei progressi che eb- be quest' arte presso i greci , e primieramente in- torno il modo di edificare nei toinpi anteriori alla guerra trojana ; e quindi progressivamente come ne derivò il ]irimo sviluppo dopo la caduta di Troja , come dalle prime olimpiadi venne impiegata nei gran- di edifizj che s'innalzarono con regolata architettu- ra; come ella giunse alla sua perfezione dopo le in- vasioni persiane, e principalmente nel tempo in cui Pericle teneva la magistratura sugli ateniesi ; ed in ultimo come alquanto quest' arte decadde dal suo puro e severo stile nel passaggio che fecero i gre- ci dal governo macedone a quello dei romani. In que- sta narrazione , che serve di storia dell' arte greca , vennero riportate le cose principali risguardanti l'ar- Bell i. -A r t i 337 le dell' edificare dei greci che ci tramandarono gli an- tichi scrittori. Nella seconda parte, che serve d'istruttivo esame dell' arte , si considerano i principali monumenti che si hanno dei greci nelle loro digerenti specie, seguen- do in questa parte giustamente la disposizione che ci viene indicala da Vitruvio nei suoi dieci libri di architettura ; e perciò primieramente si osserva- no le posizioni e le diverse costruzioni di quelle fab- briche in generale di cui ci sono rimaste certe indi- cazioni: quindi dei leinp], e degli ordini che prin- cipalmente a questi appartengono ; in seguito si ra- giona intorna la costruzione dei propilei , del foro , dei portici , dei teatri , delle palestre , dei monu- menti onorar) e sepolcrali , ed infine delle abitazio- ni dei privati. I monumenti ed i precelti vilru- viani , che sono relativi all' arte dell' edificare dei greci, prestarono piincipale argomento all' autore on- de scrivere le cose contenute in questa seconda par- te, nella quale ha egli cercato di dare una più pro- babile idea deir architettura dei greci , e di farne conoscere le sorprendenti bellezze. Nella terza parte poi si descrivono in partico- laie i principali monumenti dei greci , i quali ven- gono riportati in ottanta tavole delineate a semplice contorno ad oggetto di presentara maggior precisione geometrica. I monumenti prescelti per la dimostra- zione deir architettura dei greci furono quelli che principalmente sono slimati per le loro buone pro- por;jO!ii e bolle simmetrie ; quelli di cui ci furo- no recati csalli disegni dai celebri viaggiatori che si portarono a ricercare le cose dei greci , fu- rono da quelli tratti , ed immaginati n«l loro pri- mitivo stato secondo il modo che parve il più pro- babile ; quelli poi di cui non ci riman più alcun G.A.T.XXXIX. 22 338 B E I, L R - A R T I t^rande resto della loro architetlura , ma che so- no slati sommamente celebrati dagli antichi scrit- tori , furono parimenti rappresentati secondo» la ma- niera pii^ nniforme ài detto de^U antichi ; e tra questi si ebbe di mira principalmente il tempio ce- lebre di Diana iti Efeso , quello di Giove Olimpio in Atene in Elide ed in Agrigento , 1' odeo di Pe- ricle , ed il mausoleo celebre di Alicarnasso. Il metodo tenuto in questo volume si promet- te di conservar pure negli altri due , che risguar- deranno Tarchitettura degli egiziani e dei romani , per quJinto però lo permettono la diversità di manie- ra con cui essi tra^ttarono la loro arte di edificare. Nella parte che risguardera l'architettura dei romani , pe' molti studj che l'indefesso autore fece sui grandio- si monumenti che ci rimangono della loro magni- ficenza , promette egli di trattare le cose tutte che ad essa sono relative colla maggior esattezza : e que- sta succederà alia greca. La egiziana poi , aspettando un qualche risultato dei molti tentativi che si fan- no per la lettura dei geroglifici , sarà in ultimo pub- blicata : benché dovesse giustaniente precedere le al- tre. Con queste tre sezioni si propone egli di com- pire una unione dei migliori momenti dell' arte de- gli antichi , affinchè ad un tempo possano servire di sicura storia dell' architettura , e di qualche uti- lità a quelli che amano istruirsi in essa , senza ri- correre a quei tanti limitati precetti , con cui alcu- ni moderni hanno eercato di vincolare quest' arto. 339 Sulla hnacchina i o mole trionfale che aiinualnieiUe si costruisce e trasporta per la città di Viterbo. V^uel genio che eccita costantemente gP ingegni de' dotti , de' letterati , e degli artisti a rendersi co- spicui col pregio delle proprie produzioni , si ma- nifesta pur anco nelle società comunali : e 1' amor patrio serve sovente di valido sprone all' invenzio- ne ed esecuzione di oggetti , die conciliar posso- no l'universale maraviglia. Ne i solidi monumenti destinati a sostenere l'urto de' secoli , ed esser te- stimoni ai posteri di potenza e di ricchezza , son soli lo scopo di tale tendenza; ma le stesse annuali ricorrenze , come rammentano gli antichi fasti , od ostentano la venerazione ai protettori celesti , così ridestano il buon gusto delle arti belle , ed il ta- lento civico a procurarsi il plauso e 1' affluenza degli esteri con taluna di siffiitte pubbliche dimostra- zioni. Forse 1' esposizione de' più caratteristici spet- tacoli municipali della nostra penisola potria for- mare una non ispregevole parte d' italiana statisti- ca, ed .•'c:ennar nuovi sussidi alla storia de' nostri paesi. Frattanto la citta di Viterbo merita- riguar- do speciale sotto tal rapporto per una molò orchi- tettonica di grandezza e struttura stupenda ,. che imtiiensa popolazione non solo da vari paesi della provincia^ ma pur anco de' luoghi men prossimi, attirar suole fra le sue mura. Si è quella quasi un annual saggio di belle arti in cui \ invenzione ha 32^ 34o B K L L E - A H T I parte potissima ; è un saggio , clie presealando mo- numetiti d' indole particolare e di straordinaria con- formazione , estende quasi i limiti delle norme ar- chitettoniche ad interessare la curiosità degli arti- sti o do' non-artisti ; ed è in fine un sai^;:jio , che come italiano merita pur d'essere esibito all'Ita- lia f ove talora sprezzandosi le belle native pro- duzioni d'inf^egno ergonsi altari alle frivolezze d'ol- tremare e d'oltremonte. Qui vuoisi pertanto soni- lììinistrare all'imiaaginazione una tenue idea ed un abozzo del monumento viterbese eretto alla concit- tadina e protettrice s. Rosa nell' anno 1828, col- li persuasione di far non ingrata proposta ai leg- gitori dell' arcadico. Una specie di mole , o macchina ( come og- gidì suole appellarsi ) con qualche semplice ornato costruivasi di già nel cader del secolo XVII iti Viterbo pel trasporlo dell'immagine della sua santa ; ma quella mole di poco eccedeva la grandezza di altre siffatte destinate ad usi analoghi, e tratte a spalle d'uomini- L'altezza di essa estendevasi a cir- ca jialmi aS romani ( metri 5 , G ) ed i disegni che ci restano di quell' epoca rammentano a suffi- cienza il mal gusto de'tempi , e la modicità dell'im- presa. Vollesi progressivamente più elevata la mo- le , o macchina , e vi si andò introducendo ' una certa regolavith di forme nell' architettura e nell' or- nato , specialmente dacché 1' architetto Giusti sul finir del orecedente secalo incominciò ad occuparsi di que;" disegni. L'annuale disegno , secondo l'uso itivalso , prosentasi dall'intraprendente al magistrato civico, cbe appresso l'esame ed il giudizio della clas-» se dell' accademia d' arti ed industria ne sanziona ed ordina l'esecn/jione. ^In ' oggr, che Tingt>gnoSQ sjt». Panini unisce al progetta de'discgni, anche l'cn Ì3 5LLÈ-AllTI 3;I secuzionfi di essi , si ammirano le più vngliH , cÌcìm- rate , ed eleganti macelline , nelle quali per quanto è possibile si adottano d'ordinario le belle fornu^ d*ir architettura gioca e romana. Dissi per quan- to è possibile : poiché le dimensioni e propor/in- ni in totale della macchina sono tali , che malage» volmente si prestano alle forme esemplari dell'antichi- tà , essendo essa una torre di base rettangolare, che ar- monicamente e con ogni sorla di ornato piramideg- gia , onde esser più idonea alla traslazione. In quest'anno 1828 però voli» il sig. Papini tentare un insolito genere di architettura : e rimon- tando col pensiero a quel secolo , che vide i ])ro-' digi di s. Rosa vivente , cioè al decimoterzo , co;)- cep\ un. disegno interamente e complessivamente di stile cosi detto gotico. Questo infatti, olire al- la novità che presentava , sembrò adattarsi ben più che l'antico classico a questa mole svelta ed acu- minata , e prestarsi a quella profusione d'ornato , che mal si addice alla greca semplicità architetto- nica. Il disegno fatto sotto gli auspici dell' Emo sig. cardinale Macchi , il cui nome fregia il no- vero della viterbese cittadinanza , venne approva- to , encomiato , ed intrapresane l'esecuzione : e di esso si vuol qui dare un breve cenno descrittivo. Sopra una base di palmi 18;^ di fronte sopra i4^ (metri 4, 2 sopra 3, 2) s'inalza lo zoccolo sul quale pog- gia il prim'ordine della macchina. Quest'ordine risulta di un peristilio con archi acuti su base ottagona , o rettangola smussata negli angoli. Negli interco- lunnj appariscono in tutto rilievo su di un cam- po d'oro i dodici apostoli co' respettivi attributi , ma in quelle sconcie ed inerti attitudini in cui Vediamo le immagini in musaico de'rozzi secoli. Quat- tro di essi son posti in cudanua delle fronti an- 342 B E L L E - A R T I teriore e posteriore , e due nellp laterali. Nelle smussature poi, o minori faccie dell' ottaedro , esi- stono quattro tabelle a foggia di lapidi con iscri- zioni latine in gotici caratteri. Nel second'orduie pur ottaedro , e doppio iii altezza del precedente, esistono Ire nicchie nella frq.a- te anteriore , ed altrettante nella posteriore , ed una per cadauna nelle quattro minori faccie. Sono pur terminate in volte ad archi acuti con spiceli alternati , cornici , g festoni , e divise da colonne triple poste a foggia di prismi triedri. Nella nic- chia anteriore-media esiste il gruppo delle statue simboli , cioè delle Fede , Speranza, e Carità , e nella posteriore-media il gruppo della Castità , Penitenza , e Costanza: nelle laterali poi esistono qucH^ della Pru- denza, Giustizia, Temperanza, e Fortezza ,\jrtìi tutte che formarono già i più cospicui fregi della santa vi- vente. Innanzi alle minori faccie sorgono altrettanti prismi ottaedri con tre ordini, l'uno all' altro sovrap- posto , di piccole colonne ricorrenti lungo gli angoli de'primi, i quali poi son sormontati all' intorno da altrettanti frontespizj acuti , e nel centro da pirami- di ottaedre. La cornice di quest' ordine è sostenuta da spesse mensole angolate- Sopra la detta cornice si elevano quattro colon- ne binate , che sostengono due grandi archi riempiu- ti da cottine traforate in circoli e semicircoli an'a- logamente al gotico stile. Quest' ordine vien pur de- corato da quattro colonne monolite, sostenenti cadau- na attorno al sommo-scapo quattro tronchi di pic- ciole colonne affastellati , terminati in basso da pira- midi rovescie , e sormontate da piramidi esaedro ad imitazione di quelle che sì vagamente coronano il fa- moso duomo di Orvieto. Ai lati degli archi esistono quattro genii alali , elie sostengono sfarzosi candela- Bbl-le-Arti 343 bri. Nella parte centrale finalmente di quest' ordino vien rappresentato il prodigio della santa , che rese ad una femmina un vase di terra reintegrato dai fram- menti. Vedesi pertanto in una parte una fontana iso- lata della stessa gotica forma , die tuttora osservasi nella piazza di s. Maria in Poggio , ove accadde il prodigio , e la santa che in monacale vestimento pre- senta il vase alla femmina sorpresa ed umiliata. Quest' ordine vien coperto e terminato da uni cupola , o piuttosto padiglione ottagono con spico- li ornati d'ogni modo , che apparisce fra una selva di cuspidi, piramidi, e candelabii vagamente aggiup- pati ed assorgenti. Generalmente in ogni parie è he* fondi campeggiano a profusione l'azzurro e l'oro disposti in musaico di varie manierPk Ma sarebbe lunga opera e non facile l'esporre i più piccoli membri ed ornati di quésta macchina , e quindi sarebbe op- j)ortuno l'esibirne la figura, o prospetto geometrico : il che forse faremo in uno de' volumi di questo giorna- le. In totale essa Contiene ben cento colonne di vai'ie dimensioni e moduli, ventiquattio piramidi, trenta statue di decorazione, od una quantità di catidelabri e cornucopj in varie forme ramificati per sostenere circa 35o Idmi di cera. Omettendo ogni critica discus- sione od apologia di questo monumento , basti il dire che ogni oggetto è ivi corrispondente al ge- nio delle belle arti del secolo XlII , la scultu- ra , rarchitetturà , i musaici , le pitture , ed i ca- ratteri delle iscrizioni : onde tutto concòrr? 9. produr- re Un complesso proprio de' più ricchi e magnifici la- vori di queir epoca. La materia della macchina noli' interno sono travi ed assi di legno in tal solida forma connesse , che sostengono con sicurezza gli ope- rai , che ascendono fino al culmine per accendere o moderare le fuci. Jj'estri'nscCo poi , 0 Inllociò che 344 Belle-Arti propriame*ite forma la decorazione , si è tela e car- ta pesta assai consistente, conformate in ogni specie di figure , fregi , rilievi etc. ; e sebbene d'orci ina- rio in simili lavori di un' ofìimera e passeggera ap- parenza non si usino d'ordinario che rozzi ed in- completi abozzi , pur quivi l'esecuzione n'è com- pleta ed esattissima in ogni dettaglio , quale po- trebbe ottenersi da qualsiasi accurato scultore e plastico. Ciò però che forma la maggiore amnii razio- ne degli spettatori si è la notturna traslazione del- la macchina : del che pure ornai conviene dare un cenno. In una situazione la più elevata della cit- ta, dal lato che la riunisce al gruppo de'monti ci- mini , già fin da cinque o sci giorni precedenti al trasporto sotto un altissimo padiglione di materia- le sono coordinati i varj membri delle macchine su grandi cavalietti di legno. La sera del di t(Mzo di settembre , allorché sono tutte le faci accese , si col- locano N. 36 robusti facchini in quattro linee |)a- rallelle alla fronte della macchina , e sotto di essa adattano le braccia alternamente intrecciate , ed il dorso armato di ciuffo alle travi dt?lla base. E sic- come nel progredire dalla strada , che deve percor- rersi nel primo stadio, l'uniforme altezza de' facchi- ni rendendo la base paralella al suolo declive fa- rebbe recedere la mole dalla perpendicolarità cen- trale , e squilibrare in avanti , così si ha cura di situare i più alti facchini nelT anteriore rango , e progressivamente i minori ne'ranghi secondo , terzo e quarto. Oltre a questi , altri i6 ajutanti som pron- ti ad opporre all'occorrenza intermediariamente tra fila e fila le spalle ai lembi della ba.enedet- to , o signore , eh' è pur questa l'opera delle tue ma- ni. Nel reciso teschio , benché tinto nel pallore del- la morte, traspare ancora l'antica barbarie; sicché sembra , che l'aer quasi ancora ne tema. L'ancella , il cui bronzino e ignobile volto più e più fa com- parire il bello di Giuditta , a questa si volge con una compiacenza e con una gioia mista a maraviglia. Da tutto questo può di leggeri dedursi , che le parti sono in armonia , e che la composizione for- ma un sol tutto assai bello , e con molta bontà e forza d*intendimento divisato e disposto. Sembra- mi che vi sia mcilta esattezza nel disegno , e che la maniera con cui è dipinto sia della bella scuola ita- Beli- K -Arti 35 i liana : pregio comunemente non conceduto a chi vie- ne dall' Alemagna , ove d'ordinario sì in letteratu- ra , come nelle arti , non ritraesi che il parzial bel- lo della natura, senza aver forza di unire le belle parti e di formarne un tutto ideale e bellissimo. E questo è il perchè la scuola alemanna è arida e secca nel suo dipingere , ed ha in somma tutto quel romanti- cismo , che deturpa la sua letteratura. Lode all'egregio signor Eduardo Spiro , unico pittore ungherese qui in Roma , che ha sapulo fuggire la mala via , e calca- re quella sicura e bellissima de'nostri maestri , il cui studio gli dark sempre più intendimento a corregger- si da ogni suo difetto. Possano queste mie parole , dettate da verità, acquistare al giovine ungherese quell' ajuto e quel patrocinio , di che le arti abbisognano , e senza cui i poveri artisti languiscono nella viltà del- la miseria. Una festa da ballo di meno , e una pit- tura di pili , che fonte mai sarebbe di egregie cose ! G. SalvagnoItU -03 VARIETÀ' Collezione delle miglioKi omelie dei sa/iti padri greci , - volgarizzate da Antonio Bianchini. 8.° Roma per la società tipografica i8a8. ( Sono esciti i tre primi vo- lumi. ) Il sig, Antonio Bianchini è della schiera elettissima di coloro , che lasciate da parte le povere ciance de' no- vatori , fauno loro diletto del meditare profondamente le opere di que' venerandi greci e romani , i quali , come dice il Giordani, dopo tanti secoli tuttavia ci parlano e ci ammaestrano. Giovane sapiente , che alla maniera dc'ge- nerosi non cercando alla virlìi altro premio , che il no- bilissimo della gloria , intende ad ottenerla in tutti i se- coli piuttosto che solo in questo nel quale egli vive : e mostra inoltre come per ogni cauto d'Italia vada mira- bilmente diiFondendosi la bella scuola , la quale nel tre- cento ci diede una locuzione , che vuoi per leggiadria e per semplicità , vuoi per gravita e per magnificenza , è la sola degna di uno scrittore che pregisi d'italiano. E già doveva esser cosi ; che presto o tardi la ragione farà sempre che tu le conceda ragione. La qual cosa come avvenuta è della lingua , così avverrà pure delle altre par- ti della letteratura che sono ora tanta materia di clamo- rose quistioni : lutti finalmente dovendosi , dopo la tri- sta soddisfazione di avere errato qua e là , riparare set- V A R l K T a' 353 lo lo scudo de' classici , di que' grandi cioè che non per altro vivono una vita sempre bella e giovane e vigoro- sa , se non per ciò che sonosi rigidamente tenuti all' uni- ca cosa che mai non invecchia , alla ragione. Il volgarizzamento delle om«flie de'sanli padri greci fat- to dal slg. Bianchini è uno de' più insigni lavori che ono- rino a questi giorni le italiane lettere : e chi volesse forse accusare di smisurate le nostre lodi , legga i tre volumi che già ne sono alle stampe , e se ha senno di conoscer bene queste materie non saprà contraddirci. Per- ciocché non è questo il solo nostro avviso , il quale ben conosciamo come sarebbe di piccolo o niun momento : ma è l'avviso di tali , che ognuno di noi fa conto di ve- nerare per maestri solenni si delle lettere greche sì delle italiane. E certo nessuna traduzione fin qui , meglio |ch. questa , ci aveva cosi innamorati dell' eloquenza de' Ba- silii e de' Nazianzeui , la quale fu veramente divina , e meritossi di dar compimento al trionfo delle verità cri- stiane : nessuna ci aveva con tanto splendore ritratta sii; la maestà sia la leggiadria di que' sommi , e singolarmen- te del Nazianzeno nelle quattro orazioni funebri : nessuna finalmente aveva saputo con tanta maestria cambiarci l'oro greco neir oro italiano in tutte le grazie della favella. Chi sa infatti piìi del Bianchini , come que'padri , che fio- rirono la Grecia ne'secoli 111 e IV , si ritraessero per quanto fu loro possibile da ogni uso men che puro e gen- tile di scrivere , né stimassero la lingua ( la cosa cioè pili strettamente congiunta coll'intima natura dei popoli che la parlano ) doversi mutare come le foggie del ve- stire ? Chi sa piii di lui , profondo grecista , come essi dando diligentlssima opera allo studio di quegli antichi , i quali l'ebbero condotta a quella maggior perfezione , di cui secondo gì' intrinseci suoi principii può essere atto un idioma , ne ravvivassero tutti i vezzi e gli spiriti , e cos' arrestassero ancora per lunghi anni l'ultimo dicadimenlo G.A.T.XXXIX. 23 354 V A R I K T a' della lingua di Omero, di Aristofane, di Demostene, di Senofonte ? Se intanto vogliasi un saggio dello scrivere del sig. Bian- cliini , eccolo nel volgarizzamento dell' orazione funebre fiitta da s. Gregorio Nazianzeno alla sua sorella Gorgo- nia, „ Era Gorgonla sul trapassare , e mandava gli ul- „ timi fiati , e presso al suo letto stavano tutti i congiim- „ ti e molti stranieri dicendo l'ultimo addio. La madre , „ inchinata sopra di lei e rimirandola fisamente , tra di „ dolore e d'invidia veniva meno : lutti facevan sembiante „ di pena e di benevolenza : e tali attendevano ad udir „ motto che lor serbasse la rimembranza di lei , altri vo- ., levan parlare ma non sapevano che , e niuno si ardiva. „ Gadeaiio mute le lagrime , e il fiero dolore da tutti si sopprimeva , non istimando che stesse bene accom- ,, pagnare con lamenlanze chi si moriva a quel modo : tutto era profondo silenzio , e parea si facesse divino „ uffizio. Ella senza far motto , nò muoversi , né respira- „ re che si vedesse , mostrava morto già il corpo ^j e gl'istru- menti della favella già dallo spirito abbandonati. Ma il padre , che ogni suo atto mirava diligentemente come „ maraviglioso , avvidesi che le labbra di lei si move- „ vano alquanto : e fattevi presso le orecchie , o per co- „ noscenza de' suoi costumi , o per ardir che gli desse „ la compassione . . , Segui tu stesso , o padre , e il mi- ,, stero di quel silenzio quanto e qual fosse racconta : „ ninno, se la favelli , il discrederà. Quel eh' ella mor- morava si pianamente erano le parole dei salmi intor- no l'escila; e, se devo dir vero , una chiara testlmoniau- „ za della fiducia con cui moriva. Oh felice , oh fortu- nata colui che muore dicendo : In pace in idipswn „ dormiam et requicscam \ Questo a te avvenne , o san- „tTssima donna , queste parole spirando proferivi, e all' „ istesso tempo quelle eran compiute , e te già partita lo- (ìavano. Oh come dalle gravose noie di questa vita in V A R I Ji T a' 355 „ paca li dipamisli , ed oltre la commial quiele entrasù ,, nel sonno dovuto agli amici di Dio , come conveniva „ a colei che visse e morì tra le voci dalla pietà! Ora „ io conosco che i tuoi piaceri son troppo grandi e su- „ bllmi per essere conosciuti da mente umana : suono di „ eterna festa , angeliche danze , celestial compagnia , vi- ,, sione di gloria , chiaro e perfetto apparire della san- ,, lissima Trinità , la quale non più si asconde all' iutel- ,, letto ravvolto nei veli della carne , ma è posseduta e •„ veduta tale quale è , e con tutta la divina sua luce per- ,, cuote ed illumina l'animo tuo. „ ; Sicché noi di cuor sincero ci rallegriamo col dot- tissimo ed ele;;anlissimo giovane di quest' opera sua : e desideriamo che niun tristo avvenimento possa mai ar- restarlo in mezzo a si bello ed a si ulil lavoro. Salvatore Betti. Elogio istorlco di Antonio SemciUini ec. recitato nella rei^ale accademia inedico-chivuvs^ica di Napoli dal pro- fessore di medicina Luigi Chiaveiiiii. 4 Napoli dai torchi del Tramater 1S28. ( Sono cart. 35. ) Il cav. Sementini, professore di anatomia, di fisiologia e di nosologia nell' università di Napoli, e membro or- dinario di quella reale accademia delle scienze, è stato senza jjÌuu dubbio uno de' medici che piii hanno onora- to l'Italia in questi' u'itinii tempi : laiche il N, A. lo chia- ma '( secondo le solite iperboli napoletane ) fenice del secolo e della patria , fuoco sacro della medicina , astro polare della scuola napolitana. Nacque egli iu IMoiulra- gone in Massico, e mori in Napoli di 71 anni il gior- no 18 di giugno 1814. Celebri nejl.t scienza sono le moJ- 350 V A. Il 1 E T a' te opere sue, e principalmente la Dilucidazione sulla paz- zia , le Institutiones physiologicae , le Institntiones me- fticae , le Lettere anatomiche sulla struttura del cervel- lo ec. L'elogio che gli scrive il sig. prof. Ghiaveriai è ornato di molta dottrina , ed anche caldo di afialti : ma lo stile n'è soverchiamente ampolloso , contorto , e ridon- dante di ardite metafore e di figure proprie assai piìi della poesia lirica che della pi-osa : né la lingua tiene già molto della necessaria purità e gentilezza italiana. Que- sto difetto trovasi troppo spesso negli scrittori napolita- ni , uomini dotti e facondi , ma schivi molto della pro- prietà e delle eleganze della favella, E. P. Feliciani Guerrinii tiheriacensis , doctoris emeriti poli- tioriim litterarum , elogium. Luci in Aemilia 1828. In lode di Domenico Feliciano Guorrini , professore eme- rito di rettorica storia e geografia nel ginnasio di Ba- gnacavalla , orazione. 8.° Lngo, 1828 piesso Vincenzo Melandri. ( Sono pag. i5. ) jLj e belle virlìi sì civili e s\ religiose , oltre a quelle dell' ingegno, delle quali costantemente fu specchio il buon pro- fessore Guerrini , gli meritarono dopo morte le più care te- stimonianze d'amore da due gentili spiriti della sua patria : uno de* quali encomioUo con elegantissimo comentario lati- no , e fu il sig. professore Giuseppe Ignazio Montana- l'i (i) : l'altro con una orazione tutta grazie italiane, e (r) /f-miiinciamo con piacere , che fra poco avrerno da fui ili volgarizzamento. d'Aurelio V^ttoic e di sei orazioni di CìcQrons^ Varietà' Sjy t'u il sig. professore Domenico Vaccoliiii : uomini de'qiinli mollo e giustamente si onora la cortese e letterata Ro- magna. S. B. Le pittura dei Filostrati fatte in volgare la prima voltd da Filippo Merciui^ con le varianti lezionitratte da'ms.t, 'Vaticani. Volumi due. 8.° Roma per la società tipo- grafica 1828, F ... . .. , X ra tante traduzioni di opere spesso mutili e talor dan- nose, non ne avevamo una delle Immagini dei Filostrati , di che sembrava doversi principalmente dilettare la terra classica delle arti. E certo se alcun libro antico , oltre a Pausania , vuoisi raccomandare a un artista , gli è que- sto dei Filostrali , dove se qualche cosa desideri non è mai la grazia delle tante e sì varie invenzioni pittoriche , la vivacità e la leggiadria. Quindi una bella lode si de- ve al sig, Filippo Mercuri , il quale con maestria non comune e con diligenti cure si è compiaciuto di sovve- nire a questa mancanza (1). Va ituianzi al volgarizzamento un discorso , in che il sig. Mercuri prende a ragionare de' Filoslrali e delle opere loro. Cosa dottissima e giudiziosissima , nella qua- le richiamando egli a severa critica le opinioni di parec- chi celebri letterati , come furono il Meursio ed il Til- (i) Anche il celebre Perticari aveva preso a tradur-' re le Immagini , e npi glie ne udimmo rex>itare parecchie neir accademia pesarese , di cui egli era vice-presiden' te, ( Il compilatore ) 358 Varietà' Icmont , ed alcune rifiutandone , altre emendandone , fi- nalmente conviene colT Oleario che tre furono i Filoslra- ti, ,, Il primo è il figlio di Vero , che potè toccare l'im- „ pero di Severo , e che per un mal inteso luogo di ,, Snida si riferisce volgarmente al tempo ueroniano. L'al- „ tro è il suo figlio , che verso il principio dell' impe- „ ro di Severo ascoltò ancora i sofisti : verso il fine , fat- „ to adulto e chiamato nella corte della imperatrice Ciu- „ lia , dettò la storia di Apollonio. Poscia circa il teni- „ pò di Alessandro scrisse la storia dei sofisti , gli ì- „ ci , le immagini prime, e le epistole , tra le quali è „ la XXIII a Giulia imperatrice , che a ninno puoi at- „ tribuire meglio che al secondo Filostrato. Perocché quel- „ la scritta ad Aspasio non è sua : ma suoi sono gli epi- ,, grammi , de' quali il solo che resta dei molti Tahbia- ,, mo neir Oleario. Né qui tocchiamo de' suoi scritti ine- „ diti , dei quali altri a lungo. Il terzo in ultimo è figlio „ di Nerviano , figlio di sorella del secondo , che aven- ,, do Garacalla il reggimento delle cose avea XXII an- , ni , ed è nominato sovente dallo zio nella vita dei so- „ fisti : del quale ci restano oggi le Iininagiìii ^ che nell' „ Oleario hanno il secondo luogo , e l'epistola sul modo ,, (li scrivere epistole, colla quale si scaglia contro yVspasio. „ Il sig. Mercuri ha seguito in questo volgarizzamen- to l'edizione del lacobs e del Welker , siccome la più accurata che abbiamo. Ha indi arricchito l'opera sua di noto non meno erudite che indispensabili al facile in- tetfdimento del lesto : e per fare un dono prezioso agli stu- diosi della greca filologia , ha posto a piò del secondo volume le lezioni varianti tratte diligentissimamente da' co- dici vaticani sì da lui sì dal dotto francese amico suo sig. Filippo Lebas. Il volgarizzamento è fatto con molta elegnnza dì sti- le e purità di lingua : il che se è bel pregio di tutti gli scrini, dee riputarsi massimo d' un'opera, nella (juale V À R I E T A* 359 i Filoslrati , intendendo unicamente a dilettai'e colla de- scrizione delle pitture che videro in Napoli , sparsero a man piena le veneri , comechè spesse volte sofistiche , della j^reca elocuzione. Clii ne volesse un [saggio f legga la se- guente Immaginò XV del lib. I. ., Arianna. „ Che Teseo abbia lasciato Arianna mentre dormì-» va neir isola Dia ( quantunque alcuno ciò rechi non alla , ingratitudine di Teseo, ma alla divinità di Bacco), , lo ìiai per avventura u.dito ancora dalla nutrice » simi- , le anch' essa alle altre , che usate a favole dì tal sor- , te , le accompagnano , quando esse vogliono , ancor con , le lagrime. Pertanto non è mesierl dire esser Teseo , quello della nave , e Bacco quello eh' è in terra : nò , , come tu lo ignorassi , ti dico di volger l'animo alla , fanciulla che giace su i sassi quasi sepolta in molle sonno. , Né basta commendare il pittore per quelle cose , di che altri ancora potrebbesi commendare. Perchè rltrar- , re bella Arianna e bello Teseo , non è a qualsivoglia , scultore o dipintore dilUciie cosa , innumerevoli essen- , do i segni di Bacco , de' quali solo uno die sì tocchi 1 l<^gg^i"'iiente , di un dio si ha la figura : che ì corim- bi a foggia di corona , benché rozzo sia il lavoro : che , il corno nato sotto le tempia : che , anche più , la pan- , tera sono argomento e simbolo dì questo iddìo. Ma qui , con ninno altro segno, che con quello dell' amoro, Bac- , co è dipinto : lasciate , come nou opportune , le gaie , vesti , i tirsi , e le nebridi. Nò al presente le baccanti , suonano i cembali , né ì satiri i flauti. Che piìi ? Pane , stesso per non turbare i sonni della fanciulla sì resta , dal saltare. E Bacco , vestito di porpora e ornato il capo , di rose, si accosta ad Arianna , ebrìo d'amore, come , dice il teio Anacreonte di quei che amano perdutameu- 3Go Varietà' ,, te, Teseo ama certamente, ma ama il fumo d'Atene (i), „ come se più non conoscesse Arianna , o non 'l'avesse „ prima conosciuta ; anzi credo che abbia egli smenti- „ calo il laberiuto , né sappia più. dire per qnal cosa in „ Creta navigasse. Tanto e' guarda solo quelle cose che „ sono innanzi la prora. Volgiti ora ad Arianna : anzi „ alio stesso sonno. Il petto è tutto nudo , il collo è su- „ pino , molle la gota. L' ascella destra è esposta agli „ occhi di tutti , e l'altra mano riposa sulle vesti ac- „ ciocché il vento non mostri le cose nascoste. Oh coiae „ è placido e soave il respiro , o Bacco ! Se poi odori „ o di pomi o di grappoli , il dirai dopo averla baciata. „ Alle Immagini dei Filostrati tengono dietro le Sta- tue di Callistrato , alle quali il sig. Mercuri ha potuto restituire due intere linee del tutto nuove ed inedite, da esso scoperte ne' codici vaticani. Questo scrittore , cui molti fecero fiorire nel secolo di Demostene , il Fabricio in quello di Plutarco, e il lacobs assai piìi tardi , era pure senza una traduzione italiana. E si che n' era de- gnissimo : comcché l'opera sua ci sia pervenuta sfigura- ta d' innumerabili errori , i quali non sappiamo se tutti sieao stati perfettamente emendati da' moderni editori. II volgarizzamento del sig. Mercuri è del pari fedele e leggiadro. S. B. (0 ( ««XTTVOU ) dinota la patria. Così Omei'O di Ulisse ^ Odissea A : iByitvos 70J nxTtVQV onro9^cicKovTC( yoKctt (Il traduttore ) V A n 1 K T A* 3Gj Buondelmonte e s^li Amidei. Tragedia ri i Carlo Marenco da Ceva. Torino per Giuseppe Pomba 1827. Xincora una tragedia romantica: e ancora un' altra stram- paleria. Lingua pessima , stile incolto , ed uno studio di stranezze squisito , sono le cose ( oltre a qualche lam- po dell'ingegno dell' autore ) che noi abbiamo osservate nel Buondelmonte del sig. Marenco. Sicché siamo ten- tati ornai di dire de' romantici ciò che diceva quel poe- ta francese : Polir dètruire toiis ces gens là , N^oiis navoHS qu à les laisser faire. VJrediamo assai opportuno , per le quistioni letterarie che sono presentemente con tanto calore discusse iti Ita- lia ed in Francia , il riferire il seguente Arlicolo da noi tradotto dalla Revue Encjclopedique , jnin iV?5!8 pag. ^55 , là dove parlasi di un' opera del celebre i\lessandro Du- vai , membro dell' insti tuto di Francia , intitolata Notice sur Vetat actuel des theatres et de l'art drammatique en France. ,, Appartiene ( così dice l'autore di queil' Articolo ) „ al più fecondo de' nostri viventi autori drammatici , ad ,, uno scrittore che conta altrettanti trionfi quante sono „ le opere sue , il chiarire il pubblico sulle nuove teo- „ rie , che alcuni si sforzano sostituire alle antiche re- „ gole del nostro teatro. Ma una particolare circostanza „ accresce pure l'autorità dell' ingegna e dell' espeiien- „ za , che non Sarebbesi potuta mai contrastare al sig. „ Duval. In un viaggio eh' egli fece lo scorso anno alle „ acque di Baden , ha con sua sorpresa riconosciuto , che 3G2 V A R I B T a' ,, il sistema delle unità drammatiche , proscritte in Fran- „ eia dagl' iniziati del germanismo , fa invece ogni gior- „ no nuovi progressi nell* Alemagna ; e che mentre cer- ,, ti critici vogliono , in nome di Schiller e di Goethe , „ disgustarci delle forme troppo regolari del nostro dram- „ ma , i tedeschi , professando sempre una rispettosa am- „ mirazione per l'ingegno di quegli scrittori , non rappre- „ sentano quasi altro su' loro teatri che cose tradotte dal „ teatro francese. La quistione del dramma romantico è ,, stata discussa dal sig, Duval , colle opere teatrali de' te- „ deschi alla mano , in una spiritosa conversazione eh' eb- ,, he luogo alle acque di Baden tra il francese accade- „ mico , un autor drammatico d'Alemagna ( il sig. Ro- „ hert ) , e la sposa d'uno de' piìi chiari nostri oratori „ ( la sig. Benjamin Constant ) ec. ec. I tedeschi , come altresì i francesi e gì' inglesi , sono in- namorati dell' immensa fantasia dell' Alighieri non me- no che il siano gì' italiani. La divina Commedia si tra- duce , si commenta , s'interpreta in ogni parte dell' Ale- magna ; senza temer le beffe di certi cacofilosofi , che ab- bondano principalmente in Italia , i quali affettando gra- vissime speculazioni , questo studio di commenti e d'in- terpretazioni sopra un massimo scrittore chiamano trop- po pedantesco e servile. Conosciutissirai sono i lavori pubblicati con gran cura sulla medesima da Sclegel , da Ivannigiesser , da Witte , da Streckfuss , da Oeynhausen , da Laudemann ec. A questi devesi oggidì aggiungere an- che il sig. Bernardo Rodolfo Abcken , il quale ha stam- pato in Berlino nel 1826 , in un volume in 8." , un' opera intitolata: Beilràgè fur das studium de^ Guttlichen Co- ìnuedie ec 1 ossia Studi sulla divina commedia di Dan- Varietà' 363 te /tlighierì. Noi non abbiamo ancor veduta quest' ope- ra , la quale meritei-ebbe bene d'esser tradotta in ita- liaao , venendoci assai commendata nel voi. di luglio 1828 pag. 167 della celebre Revue Encyclopedique. Biografia degli scrittori perugini e notizie delle opere loro ^ ordinate e pubblicate da Gio. Battista Terniiglio- li. Tom. I par. i. - AGE-BAL. - 4-° Perugia , tipografia di Francesco Baduel i8ìì8. ( Sono pag. jjo. ) na delle città italiane più fiorenti di lettere è stata sempre e tuttavia è Perugia , sì per la famosa ed antica università in clie banno tenuto cattedra tanti celebratis- sinii uomini , massime .de' secoli XIV XV e XVI , sì per la felicissima disposizione de' proprii cittadini. Una biografia dunque de' suoi scrittori era tale opera , cbe l'Italia cbiedeva da lungo tempo. Ma cbi meglio poteva darcela , die il sig. prof. Vermiglioli , uomo dottissimo , il quale ba consecrato gran parte degli anni suoi alla diligente ricerca delle cose patrie , non solo in quasi tutte le librerie italiane, ma eziandio presso qua' letterati cbe pili ebbero ed hanno fama per queste •erudite investiga- zioni ? Egli infatti ne ba già pubblicato il primo volume , il quale ci è sembrato veramente tale , cbe glie ne deb- bano avere assai grado e Perugia e le lettere. Tutti gli Articoli dell' opera sua sono molto da commendare per critica e per sobrietà: sì, ancbe per quella sobrietà così rara in un istorico cbe scrive della sua patria. Impor- tantissimi sono quelli , e tali esser dovevano , di Bartolo Alfani , di Jacopo Antiquari , e d'Angelo e di Baldo Bal- descbi : nò senza piacere se ne leggerà uno suU' infelice Ja- copo Maria Baglioni domenicano , scrittore del secolo XVII, il quale per la prima volta si mostra nell' istoria della 364 V A R I 1? T a' letteratura con un poema in XXV canti sulle proprie sven- ture. Noi abbiamo poi particolarmente goduto delV arti" colo che ci parla del sig. marchese Giuseppe Antinori , cortesissimo amico nostro , il quale a questi dì non è po- co ornamento dell' accademia ed università perugina , e delle sentili lettere. S. B. Discorso su Caroiida da Catana e le di lui leggi , reci- tato nella gran sala della R. università degli sludi della medesima città dal canonico Giuseppe Alessi. 8.° Catania nella tipografia della regia università degli studi 1846. (Sono pag. Gli ) Jl sig. canonico Alessi ha in questo discorso con assai dottrina e sagacità illustrato non solo la vita , ma i det- tati del grande legislatore Caronda , eh' egli rivendica in- vincibilmente alla sua patria Catania centra coloro die il voglion di Turio. Noi ce uè rallegriamo con essolui come d'uno scritto non meno utile che diletlevole , da cui più che da altro fonte può attingersi una cognizione chia- rissima di quell'uomo immortale, delle cui miti leggi si giovarono tanti popoli della Grecia , della Sicilia , dell' Italia , e fino della Gappadocia. Sarà caro a'nostri lettori il legger qui alcuna di que- ste leggi come ce le dà tradotte il medesimo sig. Alessi. 1. ,, Conviene da benevolenza esser compresi verso „ i magistrati come verso i genitori , prestando loro ub- „ bidienza e venerazione : e chi altrimenti la pensa , ne „ pagherà il fio ai numi tutelari della città : poiché i V A R I ■ T a' 3(>5 „ niaglslratl sono pure Uitelari della città e della salvez- „ za de' cittadini. 2. „ Ma i magistrali governar debbono con giustizia „ i cittadini, come se fossero proprii figliuoli, sotlocaii- „ do ne* loro giudizi! l'amicizia , l'inimicizia , lo sdegno. 3. „ A chi fosse convinto di calunnia o di falsa im- „ putazione di un delitto , assegnò per pena di essere ., condotto intorno per tutta la città incoronato di mirice : „ affinchè i cittadini tutti vedessero essere costui arrivato „ al colmo dell' iniquità. E si dice che alcuni , essendo „ stali condannati per tale delitto , si ammazzarono di pro- „ pria mano per non soffrire la vergogna di tanta igno- „ minia. La qual legge tanto severa fé' si , eh' essendo „ fugoili dalla città quanti erano abituati a calunniare , „ purgala la repubblica da tal peste , i cittadini poi tran- „ quillameiite vivessero. 4. „ Morir per la patria si reputi piìi onesto , che ab- „ bandonare per la brama di vivere onestà e patria. E „ meglio onestamente morire , che vivere con vergogna „ ed obbrobrio, „ D'onde deriva quella legge che così Diodoro de „ scrive: -Or dirò di quella legge eh' egli fece contra coloro , i quali in guerra abbandonassero le bandiere „ e gli ordini , o ricusassero di prendere le armi in di- „ fesa della patria. Laddove tutti gli altri legislatori sta- „ bilirono per questi delitti pena capitale , egli ordinò „ soltanto , che tali uomini dovessero stare esposti per „ Ire giorni su la pubblica piazza vestiti in abito di donna. „ La qual legge mentre sopra le altre , su tale argomen- „ to altrove pubblicate , si mostra piena di umanità , non ,, è certamente da dissimulare che per la grande infa- „ mia , di che cuopre i rei, non sia attissima ad allon- „ tanare da ogni effemminat» mollezza chiunque si sen- ;, tisse dell' indole vile che condur potrebbe a sifìatti de- „ Ulti : imperocché giova meglio morire , che patir nelU 36G V A IX 1 E T a' ,, patria un tanto disdoro. Ed un' altin cagione ancora „ ebbe egli nel risparmiare la tita ai rei : e f u , per ser- ,, barsi alla città in caso di altre guerre , presumendo „ che per la sopportata pena ignominiosa meglio sareb- ,, bonsi condotti , e clie cercato avrebbero di cancellare ,, con ogni sforzo di valore 1' antica raaccbia vergogno- ,, sissima. - ,, li. ,, Non lodevole ma infame riputar si dovesse il „ cittadino , che nella spesa dei privati edificii sorpas- „ sasse i templi, 11 foro, le dimore de' magistrati: giac- „ elle nessun privato edificio esser deve più magnifico „ ed egregio del pubblico. 6. ,, Chi serve alla dovizia ed all' oro , cada in di- „ spregio qual pusillanime , illiberale , e stupido arami - ,, ratore di sontuose possessioni, e di una vita con tra- „ gico apparato ordita. Il magnanimo , volgendo in men- „ te le umane vicende , non è da qualunque fortuna stur- „ bato. y. ,, Chi soprappone una matrigna ai figliuoli , non ,, sia degno di alcun onore : ma infame , come autore di „ domestica dissensione , si reputi. „ La Farsaglia di M. Aiineo Lucano 'volgarizzala dal conte Francesco Cassi. Libro V. 8.* Pesaro per An- nesio Nobili 1828. Jr^rosiegue il eh. conte Gassi con universale applauso il suo bel lavoro : e proseguiamo noi pure a tributargliene sincerissime lodi. Questo libro V, ch'egli testò ci ha dato, ne sembra di lingua e di stile cosi eccellente , e pieno d'un armonia cosi nobilmente italiana , che noi non du- bitiamo di anteporlo ai quattro altri bellissimi che aveva Varietà* 3); già pubblicati , e di darlo quasi ad esempio di bea tradur- re uu poeta latino. S. B. Alcune rime di F. M. Torricelli. 8. Urbino per Vincenzo Guerrini 1828. k^ono sei sonetti amorosi ed una canzone sacra. Il sig. con- te Torricelli di Fossombrone segue la vera scuola italia- na , studia di buon proposito i classici , e si è fatto spec- chio del suo verseggiare il Petrarca. Guardisi però , giac- ché egli è ancor giovane, di non cadere nel rimprovero giustissimo in che cadde la maggior parte de'poeti dei cin- quecento , i quali tanto ci annoiarono coi crini d'oro , cogli occhi santi , coli' angelico riso , e coli' andar ce- leste delle lor donne : e sappia de' be' versi giovarsi per più. gravi e degni subietti , persuaso com' esser deve che il nostro secolo è ben lontano dal volere più romper l'aria dì e notte coi cocenti sospiri per gli spasimi dell' amor platonico. Uno de' sonetti suoi più gentili ci pare il se- guente : La donna mia che mi pascea lo core Di grazia , di dolcezza , e di pietate , In disdegno s'è volta e in crudeltaie Sì ch'io ne piango , a meco piange Artiore, E '1 più grave sospir eh' esce di foie Ei le presenta in atto d'umlltate, Dicendole : Gentil donna , aitate Chi prima visse, ed or per voi si more. 368 V A R I K T A.' Ed ella , clie s'allegra in mio lormento , Sì fiera in vista contr' Amor si mostra , Che '1 meschinel ne trema di paura. ' E '1 doglioso sospir mi torna drento , E dice agli altri : Questa è stanza nostra Per sin che di costui la vita dura. La canzone è su i divini misteri del venerdì santo : nobile ed alto subietto : ed il sig. Torricelli lo ha tratta- to se non con novità d'immagini, certo con affetto e con eleganza. Eccone un saggio. Dagli alti giri scese , Dolce al pensier sovviene ! D'angioletti un drappel sul Nume esangue ; Ed ei per nostre offese Languia fra tante pene, Che avrebbe stretto di pietade un angue. Qual ne raccolse il sangue : Qual ne baciò le spine , Che di lor punte acerbe Parean quel dì superbe : Qual pianse , qual predisse alte ruine : Qual , come nube suole , Fece de l'ali sue velame al sole. Quante volte diss' io , Però pien di contento : Colà per fermo è di salute il porto ! Sì acceso in gran disio Il divin monumento, E la santa cittate , e '1 monte e l'orto M'aveano , e tanto absorto Ne l'immagine loro , Ch' i' dicea sospirando : Varietà' 36c) Là come androvvi (i) io, o quando? Credendo Dio tenervi suo tesoro. E , poi clie sì mi piace Quel loco , ali sia che in lui ritrovi pace. E. P. atlante letterario e cronologico per lo studio della let- teratura iialiaìia dal principio del XIII secolo fino al termine del secolo XVIII-, di G. T. Livorno dai tor- chi di Glanco Masi , 1828, \_ion ottimo intendimento è stata stampata questa operet- ta per mostrare come in un quadro il principio e i pro- gressi della letteratura italiana. Il giovine studioso , che la imprende a leggere , in un sol tempo osserva quali fosse- ro quegli altissimi ingegni che fecero sì gloriosa questa sa- cra Esperia , e quali sono le opere loro. Vede il diverso gusto che ha signoreggiato le lettere in Italia dal XIII al XVHI secolo. Può anche conoscere , come per gli ot- timi reggimenti tornino in fiore i lodati studi , e quan- to giovi al bene di una nazione avere chi protCi^ga con sovrana munificenza le arti e le scienze. Per le quftli co- se noi renderemo gi-azie immortnli al sig. G. T. che di questa opera ci ha fatto dono , e al sig. Glauco Masi , che co' suoi torchi tanto si adopera a moltiplicare in Ita- lia i buoni libri. Così seguisse l'esempio di lui la più (1) Sembra che do7>esse scriversi audrò : •che /orse ^ secondo le buone regole della lingua , non può dirsi : Io androvvi là : almeno in istile che nulla abbia del co- ìnico e del familiare. G.A.T.XXXIX. 24 370 Varietà' parte degli stampatori , intenta solo a imborsar danaro , e tanto poco curante l'onor proprio , e il decoro della patria! Ma per non perdermi in sole parole, mi farò a dare un' idea dell' opera intera , e ad osservare alcune cose. Comincia l'opera con una prefazione che scopre le cagioni e l'intendimento che l'autore ha avuto nel dar- le mano. Distingue ciascun secolo: chiamando secolo del risorgimento il XllI - secolo creatore il XIllI- secolo eru- dito il XV - secolo maraviglìoso il XVI - secolo di de- cadf'iiza nelle lettere, e di progresso nelle scienze, il XVII - secolo illuminato il XVIII. Fa precedere il prospetto ge- nerale di ciascun secolo , e ciò dice egli : „ Perchè non si producesse confusione nella prospettiva , che presen- tar volle di tutta la schiera degli italiani scrittori , ma si potesse distinguere la successiva propagazione de' lu- mi, le nubi clie ritornarono ad offuscarsi, gli asti'i che le dissiparono, „ Annovera poi i principali avvenimenti d'ogni secolo a mostrare quali fossero i governi di cia- scuna di quelle età in Italia , e negli stati a cui ella ha dovuto servir sempre o vincitrice 0 vinta. Dalle quali os- servazioni si conosce facilmente quanto la natura del go- verno giovi all' acci'escìmento delle lettere se è buono , e quanta forza abbia a spingerle nel fondo della deca- denza se non lo è. Tiene dietro a queste cose una ta- vola cronologica de' migliori scrittori Collocati successi- vamente secondo l'ordine della nascita loro : e in appres- so un compendio della vita e delle opere de' medesimi. Poscia un quadro cronologico delle donne che coltivarono le lettere dal secolo XIII sino al principio del XVIIII, le vile loro , e il novero delle opere. In fine alcuni sag- gi cronologici comparativi sulla maniera di scrivere prin- cipalmente in poesia , e sul gusto dominante in ciascun secolo. Ad ultimo è l'indice alfabetico dei titoli dì tutte le opero , e di tutti gli autoi'l de' quali si parla nel libro. Saggio consiglio dell' autore è pure stato quello di ac- Varietà' 371 cennare con lode le più belle opere , e con dispregio quelle, che per le oscenità e gli errori che contengono potrebbero nuocere all' inesperta gioventù. Tutta l'opera è in due fascicoli in foglio di 160 pagine. E qui mi permetta l'illustre autore che io , con quel- la riverenza che si deve, gli mostri come io avrei desi- derata esattezza maggiore nell' annoverare che egli fa le ope- re de^li scrittori. Non si ricordano per esempio il vol- rrarizzamento di Sallustio di Bartolomeo da S. Concordio , l'apologia del Caro contra il Gastelvetro , l'arte della per- fezione cristiana , il trattato del bene e dello stile del Pal- lavicino , la vita di S. Ignazio di Pietro Maffei , le storie del Bartoli , e la vita da lui scritta di s. Ignazio , le tra- duzioni di Cornelio di Remigio Fiorentino , di Plinio del Domenichi , opere tulle classiche ed utilissime. Si taccio- no molti benemeriti italiani - Dino Compagni autore di quel- la bella cronaca , che all' alto intelletto del Giordani par- ve gareggiare con Sallustio : il quale Dino fiori in Fioren- za sua patria tra il finire del XIIl , e il cominciare del XIlll secolo. Si tace Maffeo Palmieri nato in Firenze l'anno i4oo, e morto nel 1476 , bellissimo scrittore che ha dato all' Ita^ lia l'aureo trattato della vita civile , ed altre operette la- tine. Non si fa pur un cenno di Tommaso Garzoni (i) (i) Fu il Garzoni molto amico di Torquato Tasso ^ il quale gli mandò un sonetto in lode del suo libro la Piazza universale. E non leggendosi questo sonetto fra le rime di Torquato , ultimamente stampate a Pisa per cura del professor Giovanni Jìosini , mi piace qui riferirlo. Superbo Foro , ove la scienza e l'arti Fan , che il suo autor per mille gradi ascende Dove la gloria col saper contende , Alzando i vanni alle più eteree parti : 24* 372 Varietà' bagiiacavallese nato nel i549, e morto in patria nel 1389, uomo di moltissime lettere , come parve al Crescimbeni , al Labbeo , al Rosini : il qaal Garzoni diede all' Italia la pri- ma enciclopedia nel suo libi-o intitolato, La piazza univer- sale di tutte le professioni del mondo , tradotto fin d'allora in latino, in francese, e in ispagnuolo. Nulla si dice di Fau- sto da Longiano autore di moltissime opere , tra le quali molte traduzioni di Cicerone, e la continuazione delle vi- te de' pontefici del Platina, scrittore che levò tanto gri- do nel XVI secolo. Non si ricordano TAlciato , Orazio Turselliuo , Agostino Mascardi , e Domenico Lazzavini uno de' più bei poeti che faccia onore alla lirica italiana. Conveniva pur fare una parola di Francesco Dandini ce- senate purgatissimo scrittore latino. Mario P^igano e lo Spedalieri vorrebbero pure essere posti nella bellissima schiera degli scrittori filosofi del secolo passato. E mi sarebbe pur piaciuto che si fosse fatto il novero di que' grandi ingegni che fiorirono nel cominciare di questo se- colo e più non sono , perchè in uà libro in cai si par- la delle lettere italiane non si abbiano a desiderare i no- mi immortali dei Lamberti , dei Cagnoli , dei Tambro- ni , dei Garatoni , dei Morcelli , dei Foscoli , dei Volta , dei Piuffini , degli Alfieri , dei Pcrticari, che soli bastano A te che premi eterni altrui comparti Di vero onor , quul da virtù s'attende , Sacra colui che sol tra gli altri intende Più. che greci, latini, arabi e, parti. Tu invitto sir sol fra grandezze nato , Di si ricco tesor stimato degno In questi tempi assai gloriar ti dei : Ma forse più che da' supremi dei , Per illustrar fra noi l'estense regno A un tal signore , un tal Garzjou 5Ìa dato. Varietà' 873 a far gloriosa l'Italia. Vori-ei in line che all'artìcolo del Ferri e del ^Bertola si dicesse che il pi-imQ fu di Lon- piaiio , l'altro di Rimini, per non iscemare dì questo pre- gio le loro terre natali. - G. T. Montanari Epitome delle istituzioni teorico-pratiche di materia me- di co- farmacentica con nlcune fortiwle medicinali più iisitate nella pratica odierna^ del dottor Giacomo Bar- zellotii pubblico professore di medicina pratica nell 1. e R. ufwersità di Pisa- Dai torchi Prosperi anno i8u8. Un 'volume. Jl oichè alla slcriìilà dei secoli decorsi , in fatto di scien- ze naturali singolarmente , è succeduta l'abbondanza nei nostri , in cui ogui ramo di sapere è divenuto un' im- mensa pianta , che grande spazio ingombra , e gran tem- po esige onde si possa a parte a parte latta conoscere , e l'utile rilevarne , (piindi savissimo avvedimento delio spi- rito umano quello si è slato di comnendiave e risfria- gpi-e in più piccoli quadri ogni ramo scientifico :.. e *coa- seivandoae tutte le pnili dimiimite , e perciò tnttS la imma- gine, faciìitare ali" intelletto la maniera di coiuprenHef- le ed alla m- moria quelle di ritenerle. Ond' è che tutte le scienze , aucho le più astruse , snnosi compendiate ; e quei rami eziaadio clic non sembrerebbero a prima giun- ta suscettivi di abbreviazioiie,,^ appunto com'è la ma- teria medico-farmaceutica , di cui «e annunziamo adesso Tepitome fattone dal eh. prof. Giacomo B•> Veggo giungermi una sua ben diffusa lettera del i3 ca- ,, dente , indirizzatami graziosamente da S. E. il sig. priu- „ cipe Odescalchi. Posso alla medesima in brevi accen- „ li replicare , eh' ella non a ragione si mostra dolente „ con me del contegno, che ho usato nell' articolo dell' „ ottobre del giornale arcadico per quello che risguar- ,, da la sua persona d'altronde meritissima. Neil' avere ,, io assunto a render conto delle lettere polemiche del ,, prof. Meli , non potevo tacere quello che ivi di lei si „ discorreva. E se a carico di lei ho riferito ingeniia- ,, mente le proposizioni istcsse del Meli , ho dato insie- „ me un manifesto e pubblico saggio di mia imparzia- „ lità. Siccome poi le accusazioni dallo scrittor di Ka- „ venna prodotte eran cose di fatto per se medesime e ,, non iimentite ; non v'era mestieri così di altre ragioni „ di fatto , che potessero statuire il fondamento della mia „ relazione , non già sentenza , com' ella si compiacque ,. appellarla. „ L'altra porzione poi dell' articolo , che direttamen- „ te si è mia conchiusione , non reca oltraggio alla cele- „ brità del suo nome. Che di vero se asserisco , che il Varie t a* ^79 „ Meli dovea essere silenzioso siiti' operato di lei , perchè „ uon era da ritenersi il suo giudi/Zio nelle mediclie di- „ scipline,iii istretto senso considerate, come quello di „ un giudice competente in sì grave subjetto ; onta non „ reco alla estimazione di lei, che figurar non può per „ un buon medico , né per un buon giudice medico nel- „ le mediche diatribe. Ove dunque in me il debito di „ richiamare quel che ho scritto di lei nel menzionato „ articolo ? Intende ella offrirmene occasione coli' iudl- „ rizzo del suo libretto di medico argomento , che co- „ noscevo di già : ma se a lei basta che io prettamen- „ te parli di esso senz' altra addizione , il farò volentie- ■„ ri ; ed ove di ciò sia pago , me ne inoltri riscontro. „ In caso diverso non intendo vietarle , che ella discor- „ ra di me a suo modo , assicurandola che per parte „ della sua penna mi riuscirà indifferente , se ancor le ,, piacerà annoverarmi nella seconda classe della parti- ,, zione, ch'ella mi fa dei giornalisti nella sua lettera con „ definirli „ la più 'vnntag£;iosa e la più perniciosa qna- „ litn (T uomini nella repubblica delle lettere e delle scìen- „ ze , secondo eli esercitano l'arte loro o con vero stu- „ dio della verità , 0 con affetto diparte. „ Se non che „ potendo il suo futuro scritto apologetico sfuggirmi per ., la moltiplicità delle mie occupazioni , la pregherei n 0- „ tiziarmene ( se noi dissente ) ancor privatamente per „ lettera. „ Vuol ella per altro smentire degnamente le accu- „ se ? Vuol dare un saggio non piìi equivoco del suo buon „ carattere morale ? Assuma le parti di conciliatore nel- „ le attuali dissenzioni di animi ; e giacche sì possen- „ te si è la sua mediazione , vi dia concorde la mano. „ Se ella opinasse, che potessi a qualcosa essere utile an- „ che io , mi spenda come crede , poiché amerò eser- „ citare la mia debole influenza. E se su queste basi „ veramente morali veniss' ella a tessere qualche lavo- 33o Varie r a' „ vo , non mauclicrò renderle la dovuta giustizia. Intan- „ to con sentimenti di stima e di l'ispetto me le dicliia- „ ro , chiarissimo sig. professore. Roma per Palìano li 28 ,, del 1828. Uiìio Diìio servitore , Giuseppe Toneìli. ,, Or dopo questa mia lettera sembravami potere at- tender da lei la novella della diramazione della sua stam- pa, onde farmi sollecitamente conoscere la compiacen- za da lei usata dì unirmi in fascio con uomini illustri per prodigarmi le proprie sue garbater.ze. Se per akro lia ella creduto di omettere cotai uffizio di urbanità , non oso perciò rampognarla ; beasi arrestandomi alquanto ad una sua confessione ed alle or menzionate garbatezze , dirò essersi da lei tentato lo spoglio di quelle divise , che tanto legittimamente le competono : cosicché sono Iien lungi dal privaiiicla , amando sol eh' ella le possegga se- condo l'usato nella integrità loro. Nel immanente del suo scritto non m'ingolfo , nulla essendovi di pregevole , che meriti d'interteuervisi : che anzi al silenzio mi astringo- no il decoro del giornale., ove trovomi essere il più de- bole fra i compilatori , non che la dignità delle scienze e delle lettere , cose tutte eh' io non voglio col discorrere di •men gravi 0 di troppo vili objetti oscurare : e da ulti- mo la deficienza del tempo , che gittar non debbo in si- mili nenie. Confessa ella alla pag. ^i ann esercitar la medici- no. in quanto è arte , ma di amnrla in quanto è scienza , e di tenerla come una delle più nobili parti delle di- scipline naturali cui firofessa. Si pregia poi nel teiii|)a stesso di confessare , che in Bologna nell' amicizia del suo cel, collega , il prof. Toramasini , presto ebbe neW ani- mo le dottrine di lui , che le piacquero sopra quante ■altre in Italia regnavano. Conia prima parte della sua - confessione viene ella senr,' avvedcv.-sene a sanzionare quel che io soggiunsi nella fine del sunto delle lettere pole- miche del Meli , e che nella mia lettera a lei indirli- V A ji I E T a' 38 1 ta noi p, p. gcanajo le vipelevo. Cosicché per la ra^'io- nevolezza di serbarmi fenao nella idea delle proposizio- ni clie in allora emisi , mi opprlio a questa mede.si- m i sua confessione : e senz' animo di farle onta veru- na son astretto a ripetere , eh' ella amando la scienza e non esercitando V arte, non può essere ne può ap- parire un buon medico , e molto meno un buon giu- dice medico nelle mediche diatribe. Ella , che ama la medicina come scienza , quantunque non la eserciti come arte , ben conoscerà per risultanza delle teorie , quan- to sia di queste feconda la medicina intiera , quanto per- ciò vasta ed ardua essa sia , e che non soffre perciò di- viso r animo all' apprendi iueato e alla coltura di tante altre scienze ( nelle quali ella onorevolmente distin- i^u!"si ) , se voglia rettamente possedersi la medicina, e giustamente disimpegnare l' uffizio di buon pratico , e non quello di medico erudito in subjelti estrinseci alla medicina stessa. Che se colui , che ama la scienza , e non esercita l'arte, dirsi non può vero medico , né perciò buon medico , perchè non apprese a ravvisare alla face lumino- sa della pratica la convenienza dei teoretici principi con questa : ne siegue , eh' ella non esercitando l'arte non po- teva essere al caso di sedei e a scranna per giustamen- te arridere ad una teoria medica , meno alle controstimo- listiche dottrine , eh' è la seconda parte dolla sua confes- sione ; non essendo di buon senno l'avvisarsi , eh' ella pos- segga un buon criterio n^eiico nude rettamente sentenzia- re iiitorno alla preminenza , o grado di verisimigliauza di una teoria su di un' altra. Ma , astrazion fatta da cotal pro- posito ( perchè intorno al merito di superiorità di medica dottrina non è qui luogo di favellare ) , tosto eh' ella inge- nuamente depone , che nell' amicizia del suo cel. collega il sig. prof. Toinmasini ebbe presto nelP aiiiino le doLtri- ìw di lui , che le piacquero sopra quanle altre in Ita- lia regnavano , vi sarà luogo a dubitare , ch'ella nell' ade- 382 V A R I E T à' sione ad ima medica teoria , nella i-everenza ad un meriiis- simo dottrinante , trovisi già in possesso di quelle genti- lezze , che ora a me vorrebbe rinunziare e largire ? A lei pertarito originalmente le ritorno , perchè ella nel suo di- ritto di legitlima pertinenza le ritenga. Nulla soggiungo alla sua celia intorno alla lettera pun- tala P. in cambio di professore. Non avendo io giammai miralo a celebrità di seggio luminoso , ho più fiate ringra- ziato le esibizioni di chi si compiacque farmene proposta, ed ho preferito mai sempre lo starmi in un piccolo angolo della terra sotto umilissima condizione , senza dovizie , e senz' autorevole grado. Una riflessione ad un'apertissima menzogna ; e termi- no. S'inganna ella a partito asserendo non essersi distri- buite lodi ad un Brera , ad un Hildebrand , ad un De MaN theis , ed a cento altri chiarissimi scrittori di cose medi- che , o celebratissimi professori di esse nelle università italiane. Senz' assumere intorno a ciò le altrui difese , mi ristringerò per mia parte a replicare, che documenti a schie- re produr potrei onde richiamare alla memoi-ia l'ossequio verace e la estimazione leale clie pe' medesimi ho addimo- strato nelle mie povere occupazioni. Al quale oggetto ba- sterà sol eh' ella scorra i miei rozzi articoli nella intiera serie del giornale arcadico, i pochi da me pubblicati negli annali dell'Omodei , ed altrove. Che anzi potrebbe per tal modo rammentarsi , che in ossequio della verità ho reso i dovuti clogj a varj chiarissimi professori della istessa bo- lognese univeasltà, fra' quali ricordarò con piacere un Goz- zi ed un Medici. E potrebbe da ultimo rammentarsi, che il mio dissentimento dalle prette dottrine del controsti- molo l'imonta ad un' epoca superiore al divulgamento delle opere bufaliniane , superiore singolarmente all' avvenimen- to del decreto dell' accessit alla memoria del patologo di Cesena. Il che è tanto vero , che l'istesso Bufalinl volle \u questa or menzionata memoria far ricordanza di cer- V A B 1 E T a' 383 te meschine mie pi'odiizioai , e noverarmi fra quelli che seguaci non erano delle controstimolisliche dottrine. Ella forse pej-ò , memore di avermi tacitamente inclu- so in alcuna delle tre classi , nello quali si avvisò di- videre tutt' i medici non reverenti alla cosi detta N. D. M. I. , avrà immaginato che io mi trovassi con essolei in mal umore , e compilassi quel benedetto articolo delle lettere polemiche del Meli , del quale mi chiese palino- dia con la sua ricordata lettera. Ma ancor su di ciò ò in errore , poiché non sono si debole da farmi trascina- re da vii animo di letteraria vendetta a colali bassezze proprie del volgo , e del volgo letterario. Sul proposito anzi di questa ultima voce, ora scorsami dalla penna, protesto altamente -di non discendere giammai più. eoa essolei in arena, in onta di qualsiasi motivo ch'ella vo- lesse porgermene innanzi , avendo presentemente scritto questi pochi periodi per conservare nel diritto del pieno libero e pacifico possesso delle sue gentilezze verso di me prodigate la degnissima sua persona , a cui in vece le- gittimamente spettano pe' ricordati titoli di adesione a me- dica teoria , e di reverenza ad un d' altronde celebratis- simo dottrinante. Ossequiosamente me le dichiai'o Umo DiTio servitore G. Torelli Odoardo Machirclli al suo amico Salvatore Betti. Oe vi piacerà , come vi prego , di pubblicare in code- sto giornale arcadico le quattro incluse iscrizioni , sarò lieto di aver servilo a molli ufHcj di amicizia ad un tem- po ; perchè così avrò fatta manifesta la fiducia che io 384 Varietà' pongo nella vostra cortesia , avrò onorata la memoria del virtuoso defunto , ed avrò reso all' a\itore quel tributo di lode che io poteva migliore. Alla nitidezza della lingua e dello stile, alla classica semplicità, ali* affetto che com- prendono , queste epigrafi aggiungono ben anche il raro pregio della verità : che tale fu l'ottimo amico mio , qua- le in esse è ricordato e pianto. E alla vostra gentilez- za mi raccomando. Pisauri ad aedem s. Joannis xti hai. No^>. anni mdcccxxviii. lOSEPHO . ZANNVGGHIO PATRICIA . NOBILITATE . PISATR. BELIGIOPfE . FIDE . AMORE , IN . SVOS . ET . PATIVIAM SPECTABILI CONITX . ET . pILII , SVVEESTITES DIE . SEPTIMA . AB . HVMATIONE . EITS TTNVS . INSTAVEANT ( ad luterà inolis fanchris ) Elf . ERIT . VNQVAM . PATER . 0 . DOLCISSIME TVIS . HAERENTES . INSTITVTIS . OPTIMIS CAELO . TT . DIGNEMVR . ET . BONORVM . LACRIMIS il. CONIVX . INIQVO . EXANIMATA . IVNERE TE . QVAERIT . TIBI . IVNGI . EXOrTAT . OCYVS AEVO . POTIRIS . QVI . BEATVS . ALTERO V A 11 1 E T a' 335 III. TE . FIDE . CIVES . COMMENDATVM . AE . INTEGRA TE , PIETATE . TÉ . PUOB.'vTIS . MOlUiJTS DOLENT . ADEMPTVM . VETERIS . SSOTAE . YIRVM mi. SERVATA . DYRIS . PATRIA . TEMPORI BVS TE . COLET . VSqVE . NAM , COMPLEXVS . PAVPERES MVLTIS . OPEM . TVIilSTI . GRAVIS . NEMINI A. C. Ferkucci Piihhlicliiaino qui con piacere questa gentile canzonetta del eh. sig. marchese Antinori di Perugia , anche per invogliare i nostri a darsi più spesso ad un genere così grazioso e leggiadro di poesia. Per lo Divin Nascimento, Canzonetta alla maniera del ToRnielli, canzonetta , co' fiori sul ci'ine Passa veloce fra i geli e brine : Vanne a la cuna del nato bambino Tutu ragsfiante del lume divino. Ve quanta parte di cielo si chiude Fra quello mura neglette ed ignude ! Ivi l'Eterno entro misere spoglie E in breve spazio lo Immenso s'accoglie. G.A.T.XXXIX. 35 3SG V /V R I E T a' Misericordia su quel limitare Ad altre dive contende lo entrare. Tiene ella indietro con dolci parole Onnipotenza che può ciò clie vuole. Invan Giustizia , scotendo la spada , Aprir là dentro vorriasi la strada ; Né Sapienza dal ciglio severo Può farvi pompa di suo magistero. Solo Uniiltà timidetta e modesta Entro del loco s'aggira e fa festa. Tutta nel volto benigna e ridente Incontro fassi a la schiera accorrente : Ciascun per mano cortese ella piglia , E lo presenta a la sacra famiglia. Sa ben che Iddio non fra pompe ed onori , Ma nascer volle fra incolti pastori : Ed a lor primo maadonne l'avviso, E gli fé lieti ù<'l proprio sorriso. Oh come or pronti a le angeliche voci Da tutte bande già muovo» veloci ! Ed al nato nume fra canti e fra suoni Vengon l'ecando lor poveri doni ! Chi'l piti bel fior di sua greggia destina Offrir devoto a la cuna divina : Chi fresco latte , chi rozzi canestri Porla ricolmi di frutti silvestri ; E col rigore si sdegna del verno , Che or fa degli orti sì avaro governo. Sentì belare cavretti ed agnello , Gemer colombe , tubar tortorelle. Tutta ne ferve ed echeggia la via : Quanto frnstuon d'innocente allegria ! yè quel buon vecchio che tutto festante Sul huslou curvo là traggasi innaulc ; Varietà' 38; E per la gioja scordando l'efade S'affretta si che già sdrucciola e cade : Ma lo soccorre Io giovia nepote , Che di paura fé bianche le gote; E lui sorregge , che il pie non rattiene Fin che a l'ostel desiato non viene. Ivi d'amor tutto acceso e di fede Del divo infante ecco gittasi al piede. Or al ciel erge le tremule braccia , Or sul terreno umil prostra la faccia. Scior vuol la voce : ma oimè la parola GÌ' immensi aifetti a lui troncano in gola ! Sol parla il pianto giulivo amoroso , Che giù gli piove sul seno velloso. La nuora presso mirandolo intanto Anch' ella piange commossa a quel pianto : E al piccol figlio che stringesi al petto , Tenera addita il divin pargoletto , In cor dicendo : A te questo mio Soave frutto consacro , o buon Dio. E quei', stendendo le piccole dita, Par che accompagni l'offerta gradita. O canzonetta , coi fiori sul crine Omai deh lascia le soglie divine, A te non lice di regi e profeti Né favellar, de gli eterni decreti. In selve nata fra incolti pastori Tienli contenta de' rustici onori. 2^ 3S8 Varietà' Delle ferite come argomento di medicina legale. Trat- tato di F. Puccinotti , inserito ed estratto dal F'II to- mo della raccolta „ Opere mediche moderne italiane ec. Bologna , . 189.8. JLfi questo interessantissimo opuscolo , clte^lia ottenuto la sanzione e gli elogj dei dotti , si offrirà un cenno in un dei seguenti volumi. Patologia induttiva di Francesco Puccinotti. - ^lacerata , 1828. Sl aremo conoscere fra non molto le sublimi ed origi- nali idee , che in quest' opera sparge il dottissimo prof. Puccinotti , cognito già per altre sue produzioni , e specialmente per la tanta applaudita istoria delle feb- bri perniciose di Roma. 389 NECROLOGIA Del padre Antonio Cesari* AL MARCllESF, LuiGI BlONDI. i è grave oltremodo , mio caro Biondi , di dovervi dare un tristissimo annunzio ; e ciò quan- do per la mal ferma sanità vostra abbisognate ap- punto di una gran quiete di spirito. Ma l'amici- zia non ha voluto die io mi taccia , sperando che potremo prendere insieme alcun pietoso conforto nel nostro affanno. Sappiate adunque che il padre A.n- tonio Cesari non è più. Quell' uomo dottissimo , nel cui petto aveva seggio ogni virtiì più nobile : ([uel solenne restauratore e difensore fortissimo dell' ita- liana favella : quel Cesari dico , dopo brevissima infermità ci fa dalla morte rapito la mattina del di primo di questo mese, contando il settantesi- mo settimo anno dell'età sua; nella villa di s. Mi- chele, dove gli alunni del collegio di Ravenna so- no soliti passare la stagione di autunno , ed egli vi andò per visitare quel chiarissimo abate D. Pel- legrino Farini rettore del collegip , ed a lui ami- cissimo. Vedo bene che a questo annunzio la mia lettera sarà forse per cadervi di mano , ed un gran dolore traboccherà nel vostro bel cuore. Si , mio Biondi , versiamo pur lagrime sulla perdita di quel gran letterato , non perchè egli sia volato a quel 3^0 Necrologia beato soggiorno di pace , e gik presso al supre- mo Fattore del tutto , si pasca e si goda delle eter- ne bellezze ; ma sì perchè è mancato a noi che flo- limmo neir amicizia sua , ed alle italiane lettere le quali in lui sono rimase prive e di chi calda- mente le sosteneva , e di chi dottamente e felice- mente le coltivava. Ed ora che vi credete mai che io facessi in su quel primo stordimento , che pro- vai a tanta novella ? Raccolsi intorno a me tutte le opere di lui , come cose di persona caramente diletta : ed or questa ed or quella facendomi a meditare , rattemperava cosi il mio dolore , e qua- si giungeva ad ingannar me slesso , pensando che ancor vivo fosse il mio Cesari , e che dalla sua bocca udissi , piultostochè leggesi in istampa , que' gravissimi precetti , e quelle eleganti prose. Senonchè mi è forza il confessarvi con ingenui- tà , che il ritornare posatamente sopra quei lavori del nostro veronese , mi ha richiamato la mente ad alcune osservazioni che già prima aveva io fatte : e queste, poiché sono a parlarvi di lui , vengo qui bre- vemente ad esporvi ed all' amichevole , affinchè io ne abbia il grave giudizio vostro , e possa cos\ far co- noscere , senza ingannarmi, ai poco sperti nelle cose della lingua , come arduo sia il bene usare alcuni modi solo perchè furono adoperati dal Cesari : il quale a molti tiea luogo di Aristotile , sulle cui parole , senz' altra considerazione , giuravano i suoi troppo riverenti discepoli. Ma badate bene, mio caro amico , che mio intendimento non è altro che di sfiorar leggermente le opere di lui : che il volerne discorrere pensatamente , sarebbe troppo più gran peso che i miei omeri possan portare , ne i termi- di una lettera lo consentirebbero. Necrologia Sqi A ma pare innanzi a tutto che la nostra na- zione debba essere al Cesari obbligatissima della re- stauraz:one della favella ; perchè fu egli solo che levato alto pel primo il vessillo de' classici si fece a combattere di tutta forza centra quello sfrena- mento , e dirò meglio , imbastardimento , che per la calata degli stranieri in Italia era avvenuto nella nobilissima nostra lingua : essendo giunti a tale , che nelle scritture non piìi italiani ma barbari dove- vamo essere nominati. E a questo fine santissimo , e veracemente italiano , mirò egli in quella sua gra- vissim i dissertazione intorno al determinare lo stato della lingua italiana , e all'indicare non solo le cause che portar la possono verso la sua decadenza , ma i mezzi pili acconci per impedirlo : dissertazione che a buon diritto venne premiata dall'Accademia Ita- liana , e che a mio vedere basterebbe da se sola a mettere l'autor suo nel novero de' nostri grandi : tan- ta è la copia delle dottrine , la forza dell' eloquen- za , la scelta eleganza e la profonda conoscenza de' classici con cui ella e dettata : talché se. non vi si sostenesse quella troppo severa sentenza , che la lingua italiana cessò col finire del trecento , io non saprei quale altro lavoro in fatto di lingua a que- sto anteporre. L' op(Ma che dopo questa meiita una particolare commemorazione, è la ristampa del gran vocabolario d'ella crusca con quelle giunte che egli credè bene di farvi. Questa fu al certo fatica mossa da grande carità nazionale , e i letterati glie ne debbono sempre saper buon grado : perche con que' volumi alla mano , possono piìi sicnramente scrivere, e piìi facile riesce loro l'intendere le ri- poste bellezze de' nostri classici. Io qui non vo- glio entrare a dirvi , se quell'erculeo lavoro pos- sa chiamarsi perfetto in tutte le parti sue : io que- 3^2 Necrologia sto solo mi permetto dirvi , che se delle moltissime parole aggiunte a quel dizionario se ne farà teso- ro dagli inesperti nelle loro scritture , e si useran- no soltanto perchè sono state registrate in quel deposito solenne della lingua , la cosa andrà per modo, che forse noi piiì non l'intenderemo, ovvero se perverremo ad intenderli non ci potremo trattene- re dalle grasse risa , restando da esse troppo alta- mente offesa la ragione , ed assai volte anche il pudore. E qui lasciate die apertamente io vi dica ( malgrado anche deiramicizia nostra col Cesari) che non a torto , né per un certo tal quale spirito d'in- vidia , come alcuni male avveduti o troppo cieca- mente divoti al Cesari si pensano , ma con tutta ra- gione e con giustissima critica sono state quelle vo- ci rifiutate principalmente dal cavalier Monti , e gri- date per tali che putono di cimitero. Io però cre- do , Biondi carissimo , senza tema d'enaro , che il Cesari a ciò s'inducesse, e per una eccessiva rive- renza alla lingua di quegli antichi , e per aver già pubblicamente fermata quella sentenza ricordata di sopra , che la lingua italiana era affatto morta col morir del trecento. E (jui è pur troppo a piangere la debolezza di certi spiriti , eziandio de' più alti , i quali talora si fanno a servire meschinamente un par- tito : il che se è grande peccato in tutte le uma- ne cose , grandissimo è in fatto di lettere , essendo i letterati persone libere , ne d'altro servi che della ragione; e perciò, e non per altro rispetto, gli an- tichi strinsero le lettere sotto il reggimento di una grande repubblica. Ma il Cesari , vedendo forse a quale scadimento era venuta la nostra lingua , pensò di applicare ad essa quella massima del le- gislatore Solone , il quale delle leggi giudicava , che quando elleno pel lungo tempo trascorso dal- Necrologia 3(j3 la loro instituzioiie sieno cadute dalla mcnioria dei popcli , e quasi affatto venute a nulla , si deb- bano rimettere nella primiera osservanza , e richia- mare severamente a ciò perchè furon dettate. Vuoi- si però intendere, al dire dello stesso Solone e di tutti gli altri filosofi, che ciò debba farsi con quei necessarj mutamenti , che comandano la ragione , i costumi , e l'incremento dell'umane cognizioni : perchè altrimenti succederebbe, che gli uomini mano mano si rivochereb- bero dalla civiltà , che è sempre cosa del tempo e della esperienza , ad un vivere che non essendo pii^i bello e felice, non è quiiidi più secondo ragione. Ne credo per ugual modo che per levar via dal- la nostra lingua tutto quello che di straniero vi si era intromesso , fosse 'necessario di ritornare a rimettere in corso le parole usate da coloro , che primi parlarono la nostra lingua , ovvero di fer- marla tutta in (juel secolo de'trecentisti , e piìi in- dietro ancora : facendoci cosi tornare , dalla mol- ta ricchezza che ci hanno data gli altri seco- li a quella rozzezza e povertà , che; nelle grette loro scritture manifestarono nel ducento e frate Guiltoiie , e il notaio da Lentino , e Buonaggiunta e gli altri molti di quella schiera : i quali , al di- re del mio maestro ed amico Giulio Perticari , se si debbono i studia re si hanno pero ad i studiare non aia per iiniltvii , ma per razzolare il poco oro sepolto in quella molta polvere. Che se poco oro vi ha per entro le scritture di quegli antichi plebei , e di molti anche del trecento , e come potrà esfere sudìciente a significare tutte quelle idee e tutti (|ue' nuovi trovati , che gli avan- zamenti della filosofia ci hanno procacciato in tut- te le parti che costituiscono il sapere , e che tan- to hanno servilo a giovare , ad illuminare , ad in- 394 Necrologia civilire infine la umana generaziono ? So con fjTie- sto mio ragionare di non discostarnu punto da ciò che voi medesimo pensate intorno alla lingua , e me ne assicurano i molti discorsi , che assai volte ne abbiamo tenuto insieme cogli amici nostri , allor quando siamo entrati in siffatta qui'«lione. Appresso a questo lavoro del Cesari vuoisi por subito il suo dialogo intitolato le Gvnzv'! : dialogo che fa conoscerci quanto egli prof(jnd men- te sentisse addentro nelle cose della lingua , e che lo predicherà sempre pel più solenne grammatico della età nostra : con tanta scienza vi sono dichia- rati i modi piià reconditi e più pro})ii della nostra favella, gli usi più convenienti delle particelle , e la retta maniera di adoperare i verbi. 11 che egli ottiene in quel suo dialogo levando con fino discernimento dalle opere de'principali nostri clas- sici , ed in ispezialta dai treceiitisti , le pure eleganze e le grazie native del linguaggio, le quali non tulli per avventura sauno vedere o trovare leggendo per eli le- so le buone scritture. Certo non può prendersi in mano quel lungo dialogo , senza sentirsi pieno di grandissima maraviglia pensando alla molla fatica , la quale deve egli aver durata nel raccogliere j)azient emente , e nelT ordinare un lavoro per se stesso si magro e s\ spi- noso. E fu b;!ne queir intromettervi qua e la un qualche ricreamento alla sterilità delia materia , e quell'usare il dialogo , i7 quale può fjlìc facilmen- te (dirò le sue stesse parole) ricevere quelle sol- lazze\>oli forine , /eggia<'/ri parti fi , e scorse , e tra- mezzi , che sono assai acoo/ìcia via n cessare la sazievolezza dei leggitori. Ma (jui è pur forza ii notare, o mio Biencli , che quantunque in questo dialogo abbia egli cercato di confermare quella sua tale sentenza , che tutto può dirsi e deve anzi Nkcroi^ogia 395 dirsi colla lingua sola del boato trecento , asse- verando che col molto legger che fece in que- gli scrittori parve a lui di aver potuto ritrarre sicuramente così ricca essere quella lingua , che basti a poter dire elegantemente tutte le cose : pu- re senza numero sono gli esempi , che ogli reca dei cinquecentisti , talché le loro grazie e !e loro ele- ganze ripone fra quelle che si possono convenien- temente usare. Or quanto ciò , mio buono amico , si possa con quella sua sentenza accorciare, lascio a voi il giudicarlo. Glie vi dovrò dir poi di que'suoi tre volu- mi intorno alle bellezze di Dante ? Essi sono scrit- ti da eccellente maestro : e chi con buon g.udi- cio si fark ad esami larli , ritrarrà ricchi tesori per la lingua, se attenderà però bene a cansare tut- ti que'modi e latte quelle parole troppo amica- te , che sono poste ivi dentro a man piena. Ma prese egli poi in quel suo lavoro ad esaminar gli alti versi del gran ghibellino sotto il loro veto aspetto ? Sono poi quelle le vere b-dlczze della Divina Commedia ? Parmi che il veronese presen- ti l'Alighieri alla mente de' leggitori piuttosto co- me grammatico che come poeta . Ma come altro intorno a ciò fu il senno del nostro immortale ca- vai ier Monti in quella classica scena fra Guido Giii- nicelli ed il Perticari ue'dialoghi fra i poeti de'pri- mi secoli della lingua italiana ! Quello sì , Biondi mio , ch'è il vero modo di far conoscere le grandi bel- lezze di Dante: è guai a colui , die dopo ciò non s'innamori di quell'altissima poesia. Amico mio , dobbiam pur confessarlo : il Ce- sari a stato prosatore de'primi , ma poeta non mai ; e di questo vero chiaramente ce ne convincono e le sue originali poesie , e le sue traduzioni di 3qG Nkcrot^ogia Orazio e di Terenzio , le quali comecliè siano da aversi in moltissimo pregio per ciò che spetta alla favella , diinoìtraudoci la profonda conoscenza ch'egli aveva della lingua latina , della quale fu al pari di lutti gli altri maestro , non sono però mai da dirsi poesie ; e Orazio e Terenzio , in quel modo che sono stati vestili nella lingua italiana dal Cesari , non serbano più niuna rassomiglianza con que'ciie furono , perchè egli privolli affatto di quella verità , di quella forza , di quella semplice armonia , che hanno nciroriginale latino. Non senza ragione ho chiamato il Cesari un eccellente maestro della lingua del Lazio , perchè io sono stato quasi fin qui in forse , in quali delle due lingue e^.;li maggiormente avanzasse : tanto so- no con gentile e schietta latinità dettati quei co- mentarj , die scrisse delle vite di molti letterati ami- ci suoi . Talché se attentamente vi farete a leggerli , dovrete meco ammirarne ed il largo e rotondo pe- riodare , e la nobiltà delle frasi , e la spontanea eleganza ; le quali cose tutte dimostrano apertissi- mamente il profondo studio , eh' egli aveva fatto sulle immortali opere di Cici'rone , di Cesare , di Livio , di Nipote , 0 di quegli altri solenni che fecero d'oro il secol d'Augusto. Con ciie parmi averci dato il Cesari in se stesso ujio splendido esempio, chea voler conosce- re tutto il bello e tutto l'artificioso di nostra lingua, 0 a volerla egregiamente adoperare, è necessarissima co- sn lo studiare profondamente quella lingua madre , in cui parlarono e scrissero coloro , le cui lettere eredi- tammo. Ed il nostro Cesari si conosceva cosi signore della lingua latina, che non temè di volgarizzare le lettere di Muco Tullio , trec'^;nio delle quali socio state già pubblicate. Ed oh si fosse egli astori u lo dall'intromettervi certi plelieismi ecerle maniere in uso Necrologia 3q] presso i comici antichi , come purtroppo , ne so con qual senno, ha creduto fare ! che certamente l'Italia avrebbe in questo lavoro del veronese una perfetta tra- duzione di quelle mirabili lettere. Vi giuro, o mio caro Biondi , che tali modi offendono per modo questo volgarizzamento , che muovono non solo a riso , ma quasi a dispetto : essendo essi propria- mente quegli alberi attraversati , che il grande Ali- ghieri, come dice nella Volgare Eloquenza, voleva gettar via dall'italica selva : e tanto pii!i ti stridono all'orecchio , quanto raen si convengono al gravissi- mo parlare di Tullio , e il pii!i delle volte non ren- dono affatto il nitore della sentenza latina. Ne si può menar buona la ragione rendutane dal Cesari a tutti coloro che di un simil peccato lo hanno ripreso : cioè che essendo lettere famigliari, potevano ammet- tere senza tema di colpa quei modi , i quali egli giudicava domestici e da scherzo. Perciocché a que- sta sua difesa si può rispondere , che in una tra- duzione non si debbono giammai usar parole o mo- di che non solo non abbiano una perfetta corri- spondenza coli' originale , ma che falsifichino il carat- tere intrinseco dell' archetipo. E dirò altresì che per quanto Tullio scrivesse famigliar niente , pure non gli cadde mai in pensiero di frammettere alla sua bella latinità gli arcaismi usati da Ennio , da Nevio , da Pacuvio , e dall' antichissimo vaticinante Marcio ; ma sempre adoperò quella lingua elegante e puia , che parlavasi a' tempi suoi , e che egli di tanto avanzò ed accrebbe. Parmi già che voi , mio caro Biondi , mi andia- te dicendo , che io sono bene ardito nel giudicare alquanto severamente le opere del Cesari , uomo ce- lebre , avuto da tutta Italia in altissima ammira- zione , e vero maestro di color che sanno d' ita- 39S Necrologia liaiif eleganze. Ma io vi risponderò d' aver tolto ad esaminare le opere di questo autore a quel mo- do die usava il retore d' Alicarnasso di esami- nare quelle dei greci ; il quale dice : Z>' aver tol- to in esame i classici perchè coloro i quali in- tendono al bel dire ed al bello scrivere abbiano un retto e certo esempio , secondo cui ordinare i loro componimenti : e perchè veggano che tutto ciò che si trova nelle opere de' migliori non si dee torre ad esempio d^ imitazione : ma sceglierne le sole virtù , e con sottil cura fuggirne i vizj .... Imperocché non avvi natura, d" uomo cotanto pri- vilegiato , che sia puro d^ ogni vizio o di paro- le o di cose : ma quella sola è da tenersi otti- ma , che il più delle volte attinge al suo fine , e il meno se ne discosta. Ed a ciò mi son mos- so perchè al sommo mi spiacerebbe , se vedessi gì' ine- sperti giovani , presi appunto al grido di tanto no- me , e desiderosi eziandio di far mostra di essere profondi conoscitori della lingua nostra , seguita- re il Cesari in questa parte meno lodevole , piut- tostochè in tutto ciò che di eccellente e di vera- mente perfetto ci ha lasciato nelle sue opere. De' quali giovani ,se fossero molti , come purtrop- po già ne sono alcuni che incastrano a dritto e a traverso nelle loro scritture tutte quelle rancide e tarlate parole , come le chiama il Monti , ve- dremmo rinnovarsi fra noi la setta di quei greci che a far venerabili i lor discorsi prendevano le voci dall'antico Pisistrato , dal venerabile Solone , dall'ara di Dosiade , e dai libri di Filenide : cui Temistio ride nella prima orazione dicendo : Che straziavano gli orecchi con tali sermoni Jatti di paroluccie tutte vecchiarelle e grame e negre per lo squallore dell'età. N E e 11 O L O G I A Ò(J() Debbo però couiessarvi , mio buon amico , con quella medesima libci-a verità , colla quale sono venuto fin qui discprrentlo Ir- opere del padre Ce- sari , eh' egli non tenne sempre un ugual modo di scrivere , ma bone molte volte se ne scostò : e vi convincerete di questo , se vi farete a leggere i suoi ragionamenti sopra la vita del Redentore, lo sue lezioni scritturali, la sua vita del Gonzaga, od il suo volgarizzamento di quell'aureo libro di Tommaso da Kempis della Imitazione di Cristo* Ognuno a quella lettura è rapito , sia dalla no- biltk e proprietà della elocuzione , sia dalla ugua- glianza dello stile sempre grave e facile , e da una certa naturale e spontanea eloquenza ; e facilmen- te reputerà meco, avere il Cesari trasportato in que- ste sue opere quella bella semplicità e regolarità di sintassi , che voi con tanta buona ragione lo- date nel purissimo e classico Passavanti. Che se in esse si levassero via certe parole , cadutegli forse giiì dalla penna per averle troppo domestiche e troppo fìtte nella mente, le qujli non si vogliono pii^i a niun patto ammettere e perchè contrarie alla gravita della materia e prrchè in questa età no- stra suonano pur troppo tutt' altra cosa che non sonavano agli orecchi di que' nostri vecchi ; io non saprei mettere innanzi più nobili e più acconci esem- plari a coloro che si ammaestrano a parlare al po- polo dalla cattedra dell' Evangelio. Ma perchè mai il Cesiri ha creduto di calca- re in queste sue opere spirituali Init' altra via, che non ha fatto nelle altre ? Perchè , penso io , ne' ragionamenti , nelle lezioni , nella vita del Gon- zaga , nel Kempis, doveva egli parlare all' univer- sale: e parlando all' universale , volle egli essere con facilita inteso , e quindi usò la lingua stessa che noi 4oo Neciiot-ogia parliamo. Ma nelle altre , scrivendo pe' soli dotti , si fece lecito il giovarsi alla libera de' modi e del- le vecchie parole del trecento. E questo, a mio d'e- dere, è stato grande errore: perchè chi scrive, scri- ve per tutti e non gik per poclii ; da tutti uno de- ve farsi intendere ed a tutti piacere , egregiamente dicendo Dionigi d'Alicarnasso , c\\e nel piacere al po- polo sta il fine cCogni arie ^ e il principio crogni giu- dizio. Per la qual cosa , Biondi mio , non ci stan- chiamo , a giovamento e ad insegnamento di coloro che si danno all' arte sì difficile dello scrivere , di gridar sempre col nostro elegantissimo Perticati : Che le scritture sono ordinate a coetanei , ed a' po- steri , e non a defunti : e che : chi scrive a vivi , come pur tutti facciamo ^ chi scrive nodrito di tan- te belle ed alte dottrine , che dopo quella età so- pravvennero , e dopo sì grandi e magnifici poemi , che né' seguenti secoli si cantarono , conoscerà che non tutto l'oro dell' italiana favella si trovò ne' con- fai del trecento : ma mollo pur ne scoprirono le al- tre età t e fu oro sì bello e vero, che t.ou patras- si gittare giammai senza oltraggio apertissimo di tutti qué classici , che sono l'onore e il lume dell' italiana repubblica. Questi alti e veri precetti delta- va il vostro e mio Giulio nella sua immortale olie- ra degli Scrittori del trecento e de^ loro imitatori, : quel Giulio il quale, come sapete voi pure, ebbe tale amore e tale riverenza nel Cesari, che accom- pagnandolo di una sua lettera per me nella venuta sua in Roma nel marzo del 1822, usò queste aflet- tuose e solenni parole : Eccovi un bel dono : anzi il pia bello eh' io possa farvi. Ed è la conosaenza del padre Jntonio Cesari : di quel padre d'ogni ele- o'ansa , che già da gran tempo voi conoscete per fa- ma. Accoglietelo nella vostra grazia , eli egli ne è Necrologia. 4^* sopramodo degnissimo , e fatelo amico al Betti , al Biondi, e a tutti quegli altri lumi delle romane let- tere. Io nulla vi dico delle sue lodi ; perchè agli uomini che sono lodati da tutta la nazione non hi~ sognano le lodi mie. Ala questo solo vi dico •■ <. ne voi vedete queiV uomo per cui la Lombardia lia già tolto il vanto della lingua alla disfatta T'oscana. ha oh in vero qua! dolce piacere non provammo noi mai, carissimo Biondi, noi veder di persona qiu-l buon vecchio ! Di quale ainiiuraziìne non fumino noi {giu- stamente compresi nell udirlo ragionare in ([luHe conversazioni , che avenuno allora con lui ! E non solamente gli mettemmo fortissimo amore per le suo molte dottrine , ma eziandio per le più belle e sbru- chiate virtù. E veramente può dirsi con tutta veri- tà , che se il Cesari come letterato profondo e scrit- tore elegantissimo sark chiaro in Italia fino a tanto die in questa patria avranno stanz-a le lettere , an- zi fino a tanto che ci resterà segno di civiltà; non men chiaro sark eziandio per le morali sue doti , le quali costituiscono il vero cristiano filosofo. Im- perocché quale delle virtù , che in un uomo ed in un sacerdote richirggousi , mancò a quel uomo ono- rando? Fatto egli de' ministri del santuario, ne adem- pì sempre tutti i doveri con esaltezza , opn zelo , con carità. Parti le sue giornat" per fin che visse fra la chiesa , la sua cara congregazione dell' ora- torio, e gli studi: e la citta di Verona lo vide con- tinuo o predicare sul pergamo , o ascoltare le con- fessiond nel tribunale di jjenitenza. Le quali opere compieva il Cesari mosso da quella religione , die in lui fu grande e verace e non mai finta : e testi- monio ne siano le opere sue , nelle quali spira per ogni parte un amore ardentissinio verso Dio e ver- so il prossimo. G.A.T.XXXIX. 26 4o3 Necrologia Del resto, caro mio liioadi , non possono sen- za lagrime leggersi tutti i particolari che accoiupa- t;viarono la sua morte; lauto pietosi e teneri furo^ ne» qua' sentimenti eh' egli dimostrò nei ricevere gli ultirar conforti della religione nostra santissima. Oh con quale tranquillila di spirito e sommessa rasse- gnazione ai di villi voleri egli morì la vera morte del giusto ! Io credo cosa inutile il trattenermi con voi sulle altre virtù sue , poiché sapete bene come egli fu di mente oos\ invariabile , che non ebbe ingiuria giammai che gli togliesse la pazienza , ne onore o lode , che ne salisse in vanagloria. Voi sapete co- me egli era fermissimo nelle amicizie : e tanto, che se qualcuno da lui in processw di tempo si allonta" nò , non con altro titolo era sempre da lui ricorda- to , che con quello d'amico suo : e le contrarie di- mostrazioni , che al presente gli venivano fatte, con le favorevoli antiche si studiava ingegnosamente di compensare. Voi sapete in fine com' egli icra ameno e scherzevole nel conversare , come fosse boi parla- tore , e come facilmente e senza preghi a tutti co- loro che il richiedevano si facesse consigliatore e maestro. . :>; Ma il buon Cesari non -è piiì ! In mezzo pe- rò al comune cordoglio una consolazione venga qui a consolarci , ed è che la bellissima fama eh' ei lascia di se non sarà mai per morire » siccome del caduco suo corpo è avvenuto: il che mi sem* bra gran parte del nostro fine in quanto al mon- do. Intanto, o Biondi mio, chi mai ci avrebbe det- to ne' di passati quando venni in compagnia del San- tucci, del Beiti , e delP Amati in codesta bella villa tusculana, e lutti oltreinodo ci rallegrammo del VO" Siro miglioramento, dopo una malattia si lunga: chi mai , dico , ci avrebbe dello , che indi a nou mollo N K e n o L o G r A 4f>^ dovevamo essere tutti amareggiati dalla notizia del- la perdita del nostro Cesari ? Por troppo è vero quon- to dice il filosofu : Glie d'ordinario alle grandi con- solazioni sogliono seguitare j>iù grandi infortuni ! Fate di star sano, e tutto all' amor vostro mi rac- comando. Di Roma roltol)re del 1828. PiKTKo Odi:,scalchi NECROLOGIA Dd cav. Vincenzo Monti* A SUA ECCKII.ENZA IL SIG. MARCHESE D. Gio. Giacomo Trtvulzio. V-^lò che tanto noi temevamo , e che del solo pen- siero ci rattristava , è finalmente avvenuto , signor marchese carissimo. Ricevuta appena l'ultima lette- ra , colla quale secondo il vostro uso cortese vo- leste dispormi a udir la morte del cavaliere Vin- cenzo Monti ; ecco la notizia che questo onor som- mo d'Italia , questo gran veterano delle nostre let- tere , questo amico dolcissimo , era dalle miserie di quaggiù volato alle letizie di pili bel secolo (*). (*) Vincenzo Monù , cavnlio.re degli ordini della co- rona di ferro ^ della legion d'onoi-e ^ e delle Due Sicilie^ 26* 4"i Necrologia jVon è a dire in qual grave aHlizione io per ciò mi ritrovi , vedendomi privo por sempre degli af- fettuosi conforti di un uomo , il quale se m'abbia amato , voi lo sapete. Oh quanto ho perduto in lui ! Di quali obbligazioni sarò io eternamente stretto al- la cara anima sua ! Glie tutte in questo momento mi si presentano alla momoria : massime quella , e certo la maggiore , della sì dolce amicizia vostra , la quale per solo merito di lui confesso di avere acquistata. Arroge eh' egli fu pure il suocero dilet- tissimo di Giulio Perticari : di quel mio impareg- giabile Perticar! , della cui tenerezza per me volle l'onorando vecchio chiamarsi erede : e fino all' ulti- mo se ne compiacque. Ed oh le soavi accoglienze che ora si faranno fra loro que' due cortesi, i quali tanto in vita si amarono ! Come insieme godranno nel dis- setarsi ai fonti di quella sapienza , che fu sola il loro gran desiderio in questo umano pellegrinaggio! Come ora n'arderanno , vedendola senza velo e divi- na ! No, signor marchese, io non mi lamento che mor- to sia un uomo mortale , e eh' egli abbia aggiunta la meta della verace felicita. Lui beato , eh' è sa- puto fra l'approvazio.je e le lagrime di tutti i buo- ni venire al termine del suo filosofare , il quale non e altro ne* savi che l'apprendere a ben morire! Lui beato , che rendendo lo spirito nel bacio di Dio ha potuto in que' momenti gioire della consolazione a pochissimi data di aver presente tutta la posterità , e di sapere il giudizio rettissimo eh' ella farà di lui ! professore emerito ilelT uniuersifn di Pavia ^ socio ordì' nario dell' 1. e R. instituto italiano , nacque in Alfon- sina nel Bavignano il 1754 » s morì in Milano il dì i3 di ottobre iSiS. Necrologia 4^5 Ma sì piango il mio abbandono , piango diseccala quella riccliissima vena clic ci poetava tant' oro, pian- go fatta orba ritalia del suo maggior lume, e pian- go fiiialìnente offuscato quel tersissimo speccliio , a cui lutti ci volj^cvauio con sicurtà quando stringe- v^ni alcuu dubbio sul cainmin delle lettere. E ve- laiiente molti sono stati grandi a questa età nostra: la fama j^e' quali d tirerà co' secoli : il Monti pe- rò è stato unico. Impei occliè in qual parte della lette- ratura quel suo potentissimo intelletto non pr. fon- dossi con pari fortuna ? Talché sarebbesi quasi det- to , che molte anime fossero ad un tempo stesso ic- cese cientro quel capo. Egli , facendo pur una volta cessare le baie de' frugoniani , apr» all' Italia nuove e ricclie sorgenti di bellezze poetiche , e tutte uo- sti ", oon que'suoi altissimi canti, e principalmente con la Uasvilliana : egli mostrò all' Euroj.>a, che la st la lin- gua italiana , chi n' è maestro , può bene contrastar colla greca, e rendere nobilmente la maestà e lo spUn- dore deli' omerica epopea , e ne diede quella mara- viglia dell' Iliade tradotta: egli, trattosi in mezio al Maffei e all' Altieri , ne insegn;> L vera versificazio- ne tragica, non umile e quasi prosaica, né aspra e contorta, ma gentile semplice e numerosa, ed ecco- vi l'Aristodemo ed il Caio Gracco : egli infine fu il primo a dimostrare nell' immortale Pmiposia, che ben potevano insieme congiungersi la grave dottrina di Varroue ed i sali samosalensi. E quando più, signor marchese carissimo , avremo uà Viuceazo Monti.'' Uno, per CUI l'autorità non aveva preoccupazioni , ali te- nebre l'antichità: uno , di cin poteva dirsi ciò che già di Leibiiiaio , che mentre gli allri letterali contrasta- vano per la scoiza , egli era pervenuto al midollo ? E quel suo ma-islero di ritrarre in iscritti) i pensie- ri colU for^a slessa con cui li concepiva.'' E quella 4oG Necrologia. sua locuzione cosi nobile e calda come calda e no- bile era la sua fantasia? Non pluvias aquas colli git ^ sed o'/Vo gurgite egcundaf. Ne già men alto aveva il cuore che avesse l'in- gegno : non essendo mai stala anima o più forte nelle amicizie , o più franca e leale nel manifestarti del pari , senza ninna falsa apparenza , e l'approvazio- ne e Io sdegno. Certo si , anche lo sdegno : che tut- te le cose in quel gran petto scendevano sempre ar- denti e vivissime: e sdegnosi inoltre , come sente Ari- stotele , sono coloro che specchiati di virtù giudi- cano rettamente , ed hanno in odio i malvagi. Ma non men facile fu pure ad abbracciar chi l'offese , stimando cosa sopra tutte nobilissima e degna d'uo- mo il perdono. Placar si lasci , ripetevami egli un giorno colle parole di Omero , Placar si lasci : inesorato è solo Pluto, e per questo il più abboirito Iddio. Infine Vincenzo Monti non pensò mai villania di nes- suno : e molto meno di chi un tempo gli fosse sta- to stretto di alcuna benevolenza : celebre essendo quel suo apotegma: Una rotta amicizia essere come un tem- pio diroccato , sulle cui ruine passeggia sempre la religione. Laonde essendo stalo egli tale , non è a ma- ravigliare che fosse anche segno a qu- He invidie , le quali sogliono accompagnar sempre le grandi riputa- zioni: che ninno fu mai che in se si rodesse per la con- dizione degli sciagurati o dei vili. Tantopiù che non v'ebbe forse letterato sopra cni fanti onori si cumulas- sero , quanti se ne cumularono sopra l'amico nostro : di che avrebbe egli potuto trarre alcuna e igiene di or£ro"Iio , se noiili uomini come fu il Monti potes-^e essere il sentinieiito di altra cosa più nobile f'd alta Necrologia 407 che ruomo islesso. In mezzo all' urto però di tan- te inimicizie fu egli sempre veduto star saldo : co- me una maestosa colonna che sostiene un vasto edi- fizio. Ma io non sarò Formione peripatetico , il quale alla presenza di Annibale disputava di guerra : che tale appunto rassembrerebbe chi volesse parlare a lun- go del cav. Monti con voi , il quale per tanti an- ni cosi fioriste nella sua intima famigliarità , eh' egli quando diceva Vamico suo non voleva dinotare al- tri che il Trivulzio : secondo che usava già l'Ali- ghieri nominando il suo Gino. Ed invero ne aveva giu- sto e grande motivo : perciocché ninno più di voi ras- somigliavalo sia per la nobiltà dell'animo , sia per la consuetudine di quegli studi , i quali in que.?ti ul- timi anni fecero singolarmente la dolcezza non me- no che la gloria del Monti. E già v'è chiaro che voglio intendere delle cose della lingua e di Dante , nelle quali a tutli è nolo di che aiuti gli foste lar- go , e di che obblighi debba quindi esservi eterna- mente tenuta l'Italia. Ma basti , signor marchese gentilissimo , per un poco di ristoro dell' anima , aver qui ricordate fra noi queste cose. Nel chiuder ora la lettera altro non soggiungerò, se non che niun tempo e ni un caso sa- pranno mai farmi dimenticare o la gratitudine mia verso quella sacra memoria , o il mio rispetto ver- so l'inclito amico suo : a cui finalmente con tutto il cuore mi raccomando. Salvatore Betti. 4o8 In vtorte del P. Antonio Cesari , /scrizione e sonetto del eh. monsig. Muzzarelli uditore della sacra rmana rota. A_^TONIO CESARI DA VEUOVA PRETE DELL'ORATORIO, DELLA LINGUA VOLGARE RIVENDICATORE PRINCIPALl^^SiMO , DELLE BELLEZZE DI DANTE DIMOSTRATORE SOLENNE, PER OGNI MANIERA DI LETTERE A POCHI SECONDO , UNITO DI MENTE E DI CUORE AI PIÙ' ILLUSTRI DELLA ETÀ' SUA , AMATO DA QUANTI LO CONOBBERO, PIO SOLERTE INFATICABILE , MANCO' PER MORTE INOPINATA MENTRE VISITAVA LA EMILIA, PIANTO DAGLI AMICI DESIDERATO DALLA PATRIA AMMIRATO DA ITALIA TUTTA. NACQUE . . . VISSE . . . 4o9 A Tommaso jizzocchi SONETTO xV che quel pianto , o amico , e que' sospiri ? Ah ben t' intendo : il tuo diletto è morto ! Ma pon modo alle pene , Amor lo ha scorto Air alma pace de' superni giri. Piangiam di noi , che se nemico spiri Il vento, è incerto lo afferrare il porto: Piangiam di noi , che in questo viver corto , Ne opprimono le ambasce ed i martiri. Ma la bell'alma di colui che plori , Tolta a un mar di periglio e pien d'inganni , Rinacque a nuova vita e a dì migliori. E rimirando della terra i danni , La lode incerta ed i caduchi onori , Rise e si piacque dei durati affanni. /fin "'^^I IN DICE / DEGLI ARTICOLI COiSTEiNUTI NEL TOM. XXXIX DKL GIORNAIE ARCADICO. SCIENZE Diiinouchel , Metodo di deterniinan- la. d ine- renza della lim^itudini ec. • . • PdQ- 3 ■fc) Ftdclii ^ S/dl^ origine delle Jebbri periudicHe in Jìonta e sita campagna p. i3 Bucci , i)sser<'azioni pratiche di chirurgia, p- n'ò Speranza , Co^o singolare di un cadavere su- dante p. i)2 Pungileoni , Dell' oiigine e dell' accrescimen- to delle umane cognizioni . . . . p. io6 Sorda , Notomia della pianta del grano d'In- dia . pS^ I 18 Carpi , Sopra un' acqua minerale acidnlo-fer- .rnginosa scoperta ìielle vicinanze della Tolfa p. dò5 Bomba , Socrate chimico p.|!aii LETTERATURA ■Amati , Scelta d'iscrizioni antiche recentemen- te scoperte /?. 2i5 Santucci, Ode Fi del lib. Ili d* Orazio tra- fiotta p, 35o Cesari, De vi fa Thomae Chersa . . . ^o. 2 55 Betti , Intorno all' interpretazione di alcuni pas- si della divina commedia . , . . n. 2G4 4^' Jisquini ed Amati , Sulle origini gallO'Celiiche deir Italia superiore P' "^11 Martucci , Note iiitoi no la CAna ... • /?• 2;;o Dante , Convito ridotto a miglii>r lezione . p- 3o5 Ciampi , Notizie di Benedetto Brognolo • p- ài() ARTI. BELLE ARTI Canina, L'architettura de^ principali popoli an- tichi considerata nei monumenti . . /?• 335 Camilli , Sulla mecchina o mole trionfale che annualmente si costruisce in Viterbo, p- 339 Pittura , Eduardo Spiro {Salvagnoli) . . /?• 347 Varietà. Necrologia del P. Antonio Cesari (P. Ode- scalchi), >- '■,'•. .y ; -^ del cai'. Vihqei^zà Mónti {S. Betti). Tavole meteorologiche. ; ' NIHIL OBSTAT Abb. D. Paulus iJelsignore Gens. Theol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Mecl. Colleg. NIHIL OBSTAT Lauretus Santucci Gens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Dom. Buttaoni Orci. Praed. Rev. Mag. S. P- A. Socius. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patr. Constantinop, VLces^erens. ■H^nMi ■ ■I.IIIIM ll>B«VW^a^H« "tfi 'f " J/'!lliJL i Osservazioni Meteorologiche. j( Collegio Romano Luglio 1838. 0 ■3 Ore rna- Baromet. Teriu. est. Igro. a cap. Vento Pioggia Evapor. St.dcl Ciel<. 2op 0// • 2 .8," 0 0 '2, N. e,. 0 chiarissimo I ó''- 37 1 1 8 24, 0 %, 0 0. deb. 5, 6 1, nu'r'.spur. s. 15 " 1. '9. 0 22, 0 1, 7- " ,, n-alforiT. ma. lì 5J ., 1» u 18 0 i^' ,1 chiarissimo 2 S'' »1 „ 4 22 0 >7 (1 S.O. „ 5, 4 nuvoloso s. 1) " 9 '9 0 3 0 O' ,, ser.nui'.ori- ma» 28 0 5 „ 5 2ff (1 IV. d. e Guarissimo 3 ò'i" ., 1» »i 25 0 •^9 0 s.o. d. 4i 4 ser.nui',spa. s. »> 51 9 21 0 i3 0 «) 0 eh' Il ri Sii w< ma. 1 ■2 »9 5 •-2 0 ]>/. d. 4 S'- „ „ 2b (1 56- 0 S.O,mod, 6, 2 ser.nìn'.spa- s. ma. 1. " '•> 20 0 9 " S. cj. 0 citi ari ssim(j ,,' 0 7 1» ,, i5 0 N.N,E. „ ,, \'ap,in or- 5 "'• 1) »1 5 2Ò- 4 ^9 0 S.O. d. 5i 7 .1 1 s. '. »' ,1 20 0 8 0 S. q. 0 srr.nui'.spa 1 ma. ,, %■> a 2 1 0 18 0 iV. „ chiai-issiino ' s. 1» 1* 11 ji 24 0 0 2f> 6" 0 0 <$■ 0. m, 1, d. 5. 6' •n ma. „ ,, 7 ") b 0 IV. „ nebbia se.i'a.iit ori 7 •?'• ,, „ 3 .6' 0 4Ò 0 O.S.O. m. 5, 9 1» 11 ma. «1 „ 5 'e 22 0 15 0 0 0 1, ,, 11 20 0 16 0 IV. (j. 0 c]t.i'a,in or y <''• »» 11 5 27 0 bi 0 S, m. 7i 0 ,, s. »1 1» ,r 21 0 18 0 S.O, q. 0 1 " ina. 0 32 0 i5 0 ^y- 1, 9 -S''' 11 7 ■^6' 0 2 1» 0 ■lo 4 8 0 0 ri. eh: ari. ',6 i i/n 18 0 27 0 y, d. ?i 11 f!i' 1» s» i ^4 0 44 0 N.O. m. G, 3 1 s. ma. »1 1» »i «_9_ 4 0 »7 12 0 0 S. m, N. q. 0 ■" „ 0 7 ì 12 H'' 27 II 6 24 8 35 0 S.O. m. 7. » ie,iiu\'. spa i s. 0 11 '9 12 0 S. d. cìiiarissm.o ma. 1» '^ 9 2 1 0 9 CI S.O. ìu. .•:er.iitn'..''pii i3 ,<'• ti 5 2i a 3o 0 S.O, m. 8, 5 vap.vupol'o. .4 ma. • > t» 1» '9 0 18 iS' 0 0 S.S.O.q.<^ " a8 0 2 ■J.O 0 N. q. 0 ,, vaporoso c;i. fi 23 -^ 28 0 S. d. 7. à nuvoloso s. ma. »» 11 ♦1 HO 0 4 10 0 ,1 ■> chiariscimi se.va.in ori. 27 1 ! « i5 0 0 0 16 ^i. •.1 3 24 5 3o 0 S. m. h, 8 chiarissimo «»: " " -:i 2" 0 lo 0 ., d. .■ ■■■ 2 •J ,8 '9 20 21 '-4 25 Ore ma, scr. ìli. o- *'. in. §' s. Baromot. | Te. est. Igro. Vfiuo |] Pioggia i ìvap or» Sf.del del '^7P .loi 1 1 /.8 0 0 2C, 0 22, 0 I y, « 16' 0 23 0 ti3 6 Kì 0 I () r, 20 5 0 i5, 0 35, 0 32, 0 S. d- o.s.o.f. O.N.O.d. 1 8, 2 luvoloso '■er.iiui'.spa. ckiarìsiimo ■2'à 0 18 38 0 Tt, 1 c^. 7 11 ser .Vaporo, n s. „ s.o. „ »i 3 ih' 4i 9_ i53 34 0 0 0 0 0 r, A-. .spa. chiurìisì/ito ^7 51 1 1 6 6 2 1 0 0 5o 3o 2 0 1(^5 0 nuvoloso sei: vaporo. „ /me spur. ser. t'aporu, ,, iiu^ spur. Iti 0 3 8 6 -5 21 20 2f 0 0 0 0 0 0 5 40 26 0 0 (^, 8 m. S' s. m. S- s. m. 3 • s. 5» 51 4 6' i5 23 .6 0 0 0 6, 6 iiu^ulosu ser-iiui'.spa. :: " " 20 23 0 0 22 8 0 0 ^. ., '5'. 6». ;«. S. d. 5, 3 4 ,, iiu^.spar. cltidri ^sììno\ 1 1, „ 7 " " " 1» ■■ 1 ■■'4 tu 0 0 iV. „ ^.r^. y. 0 ser. Viipui'o.ì cliiuritii/tio ■zS 20 0 0 (J. IH. S. in. if- s. in. £>'■ 'ili. 0' 3, m. s- „ '1 4 5 ■26 •9 5" 23 0 0 0 ■S.O. m. 0 0 7' ' 1» 0 28 0 0 3 18 27 2 1 0 3 16 >3 0 0 ^. d. (1 0 N. d. S.O. „ 8, i .;; ■J.f) 3o 3 11 >i -0 ■20 0 0 n iiebbiu 7. 8 sere iiu.spa. 0 0 ^9 IO II 9 0 25 ^(1 1' 1 0 9 24 0 O' 0 JV. :/. 0 S.O. m. S.S. d. 1 j ., l'u.ìiu ori. ' ser.nii.sp.ii'. 1 ' 11 10 1 1 iS 0 p3 e 1 0 0 i6 ^9 1 :z 0 0 0 s. ,. O.S.O. m. S. d. 7. 9 ser.nutspur. „ iiu.iit ori, j • > 51 3 ■'7 23 0 0 i5 43 1 2 0 0 0 S.S.O, d. S. d. s\sur^, S.O. ni, ,. d. 7' 0 1» 3i m. s- »» 9 '7 5 23 e, .a 0 0 i5 0 34 0 .5 0 5, 9 ,, y'ap,in or. 'ij.icr^.r^ioui Ma eoiidoi^icìie. ^( . i.lW^io R ■:nano Selctubre j8^8. - )r« Ufi 1 6'' . IIKlt a'' i. — — • ìllUt 3 S'' ■>• ma. 4 6'' s- ina. 5 ó-''- Baniiuet, 1) »» ^ 1) 4 1 1 -, „ 4 o '5, ■-4, ';^^ l_ 5 5 i7; I» cap. Vent< o o S. deb. S.£. d. o o Piugi^ia li. 1, oo Evapi 3, 8 i« 3 17 (J ,. I „ a 61 i5 ma. s à''- 3 « .ì -T 3 ! > 7» 5» " ,, „ 5 i3 i3 i8 y — i3 '9 -4 '9 9 i4 ~(( -y i8 . 5 1 'À — s.o. (t. ^ t m. ■s. ,-. ,, i3 2-^ 3 l'i ò- o 8 4 111 .1'. ., /. . o o .S'. /: i. 3 4. 6 4, 7. 7 4. 4 4, o 4. 7 7. « ', 6 Su.lrl Ciol cliiurissinio lllH>OÌOI.O :/iin S i'i'o coperto rischiaralo scr.uuv.ipa chiarissime spr.iiui'.spn idarissimi. ^'rnu^spa liiariìiiiiu Iti-. t'dporuporoiL copeno .,/ ' >:oso f7j/c;;'/,?c'' = Ore Baromet. Te. est . Is^i'o. Vento Pioggia Evapoi-. Sf.del Ci«|. « 1 tiiiiir !.iiino ma. '28/:; . 0 Zi. 8 0 17, 23," N.q. 0 I " 1 ^ , 45, 4^1 o.s.u.f. N.N.O.m 7» 3 ser.uu-'.ijju. (hiari:,iiin<. m. ,, 3 2 H -9 N. „ n s- it <9 " -0 ò3 '. ./- 8, 1 1, s, " " 3 .3 12 49 33 11 «;. M \m. '1 ,, ,, „ 'Z. nuvoloso '«'à'. 1 .» 2 6" '9 3j s.o. „ 4. 7 rischiiirato 1 ^' r> 15 1 l(? i5 1 n 0 ser.uui'.siia. /;t. ,, 1 3 1 5 '4 22 nuvoloso '9 fiT • " 0 _^ .ff « S.E. m. li. 4i 6 cofjeno s. in. 15 1. 0 .3 1 2 lY. „ 2 -0 1» -7 1 1 7 '4 .-6 sere.nu.spa. 2(1 §' " „ 8 '9 46- S. m. 5, 7 nuvoloio III. 11 11 9 i5 I 2 0. d. chiarissimo ^8 t 6 " LO iV. „ „ 2 1 o- 4> • !» ,, ,, .7 5 46- K 0. „ 5, » icr.nuv.spa. ■>■• „ 2 0 i3 3(J ^■IV.O ., chi ar issi mo : m. ,, ii IO i5 jy.u. „ „ u^ 6'- i '» „ ,, 18 37 ^- i nuvoloso ■iS'S' \ " 1» 18 22 S m. 3, 0 M S. ,: 5 ■ 5 i.£. d. " ^4 m. „ " 8 (7 11 5 j8 5 3 18 ■V. „ Ò.O. „ 4 ser,vitp<,ro, iiUiioloso 11 „ 9 i(> 7 4 " ''• sei: vaporo. „ nuv.spar. 12 3 IV.IV.O d. 25 8 ao 3 34 S.O. IH. 3, 5 ser- vaporo. J. ,, 3 1:) 4 0 0 .1 ,- ' ~_ II . i3 '-) •» 11 1" 11 afi s. in. ;: - 8 1 20 8 10 3 38 s 0. d. TV. f/. li 3 chiarissimo 3 ; 2 3 i> „^ 2 8 20 37 :v.o. „ 4i 1 1» ' J i. 11 „ 9 IO -^ 1 ■■ r, icr. vaporo. m. „ 3 »4 1 2 ->V. o. 3»' g-- i 5» 0 0 3! 20 ^' ,» 1 2, 7 „ nu. sparse j — ■WS i> .fi: 7 11 V ^^^^^^M^>. i