/ ÉJJ/ÌJi: GIORNALE ARCADICO DI SCIENZE , LETTERE , ED ARTI TOMO XUI. APRILE , MAGGIO , E GIUGNO , MDCCGX:XIX. R 0 M A • *f«LLA STAMPenu DSL GlOR^VAis masso 4.NT0W1O BOtlLZA.LlR Con iicirnm si<" Superiori. SIGNORI COLLABORATORI DEL GIORNALE ARCADICO. olinKNTf monsig. Giuseppe^ de' predicatori ^ vescovo di Savona. De-Angi-lis ob. Luigi, prof, e bibliotecario , a Siena. Antaldi marchese Jfntaldo , a Pesaro. AwTiKOiM marchese Giuseppe , professore , a Perugia. Abmaroli conte Leopoldo , giureconsulto , a Macerala. AsQUiNi conte Girolamo , a Udine. Balbo conte Prospero , presidente della R. accademia delle scienze , a Torino. Barlocci Saverio , professore , membro del collegio filo- sofico , in Roma. Bellenghi monsig. D. .Albertino , de' benedettini cantal^ dolesi , arciv. di Nicosia , in Cagliari. Bktti avv. Teofilo , governatore , a Alatelica. BoRELLi doti. Lppolito , medico , a Lucca. Brighe-STI Maurizio , ingegnere , a Rimino. Brignoli di Brunhoff Giovanti i .^ professore, a Modena. Camilli Stefano , a Viterbo. Campanari f^incenzo , in Roma. Canali Luigi , professoie e bibliotecario , a Perugia. Carohici Fachini marcìiesa Ginevra , a L'eri ara. Cappello /agostino , medico , in Roma. Cardinali cav. Luigi, in Roma, Caunevali Eutimio , a ^lacerata. Cassi conte LYancesco , cancelliero dell' accademia , a Pesaro. Cecilia Gio, Francesco , tenente -colonnello , iìi Roma. Ciampi cav. Sebastiano , a Firenze. Conti ab. Andrea , professore , presidente del collegio filosofico , in Roma. Corderò di é. Quiiìtino cav. Giulio , conservatore del mu- seo egiziano , membro della R. accademia , a T'orinOt Costa Paolo , professore , a Bologna. DuMOUGHEL padre Stefano , della compagnia di Gesù , astronomo del collegio romano , in Roma, Dionigi Orfei Enrichetta , in Roma. Ferrucci ai'V. Luigi Crisostomo , professore , a Pesaro. Ferrucci Dfichale , professore aggiunto ali" università di Bologna. Fiorini Elisabetta , a Terracina. Frakcesciii L^errucci Caterina , a Bologna. Galeiui Na?io»e conte Gio. Francesco , presidente dei re- gi avcìiiin , membro della R. accademia , a Torino. Guadagni nvtK Francesco , membro del collegio filologi' co , in Roma. La'mjs dutt. Giovanni , a Milano, Lamp EDI ab. Ur'jano , a Nnpoli. Mai nionsig Angelo , prefetto della biblioteca vatica- na e dtgli Mudi di Propaganda Fide ^ membro del collegio iilulogico , in Roma. Mamiani conte cav, Giu<:eppe , professore , a Senigallia. Maì,c()tulli Luigi, medico priiuaiio ^ a Sezze. ]M ASTUCCI Oììoruto , in Roma. Monta:* \Ri Giu-eppe Ignazio , professore , a Savignano. M uiCHiM ab. Carlo Luigi , in Roma. MoE CHINI cm>. Domenico ., professore ., membro del col' legio medico , in Roma. IVIoscniM ab. Gio. Antonio, a Venezia. MusToxiDi cav, Andrea , a Venezia. MuzzARELLi mo».y?l°'. Cario Fmmanuele , uditore della sa- era rota , presidente dell" accademia latina , in Roma. Nardi ah. Luigi, bibliotecario , a Rimino, Paoli conte Domenico , a Pesaro. Pe retti Pietro, professore , in Roma. PenrEzi ab. Agostino ., a Ferrara. Viglici w padre Gio. Battista , della compagnia di Gesù , professore , membro del collegio jìloso/ìco , in Roma. Pucci notti Francesco , professore , a Macerata. PvKoihEovi padre maestro Luigi, de" rumori conventuali ^ in Roma. Del Rosso cav. Giuseppe , professore , a Firenze, EiccAiiDi (Gregorio , medico , in Roma. Ricci marchese cav. Amico , a Alacerata. Roverella conte Gio. Antonio , a Cesena. Salvagnoli Marchetti, Giuseppe in Roma. ScLopis conte Federico , membro della R. accademia , a Torino. Staccoli Leopoldo , a Urbino. Thierscb Federico , consigliere e professore , a lìfo Vaccolini Domenico , prfessnre , a Bagnacavalto. "Valokighi conte Mano., a Modena. Venturoli Giacomo , p/rfessore , presidente del consiglio d'aite pe' lavori idraulici , membro del collegio Jiioso- ftco , in Roma, Verm'iìlioli Giambattista , professore j direttore del mu' seo di antichità , a Perugia, Vbscovali Luigi , in Roma. "SiOLJi Sante .f segretario municipale, a Tivoli. Monaco. SCIENZE Lettera di Pietro P eretti^ professore di farmacia , air eccellentissimo sig. dottor Falchi professore di materia medica. Roma li ti aprile 1829. A me sembra , stimatissimo collega , die dubbio non possa più cadere sopra l'opinione da me emes- sa , che in quei vegetali i quali contengono una sostanza amara , esclusi quelli che racchiudono degli alcaloidi , l'amaro sia dovuto alla gommo -resina che contengono : e ben so che voi , parlando nella vo- stra scuola dell' assenzio , faceste plauso a questa mia opinione , del che debbo esservene grato : e cosi , giusta il mio credere, l'emetina , la rabarbarina , la digitalina , genzianina ec. altro non sono che miscu- gli di parte colorante gialla , e gommo-resina Co- nosciuto per tanto il modo d'isolare la gonìmo-re- slna dalle piante amai-e si toniche , e si purgative , ho ideato quale poteva essere il inodo pii'i accon- cio perchè potessero essere utili alla salute pubbli- ca. Molti me ne passarono per la mente; ma uno che mi parve il più comodo , e forse sicuramente il più utile, è quello di formare un liquore che racchinda la parte amara , e la parte arpmalici del- 0 Scienze le piante elie la contengono ; cosìccliè in primo luo- go mi sono rivolto all' assenzio , siccome una di quel- le piante che dai medici è stata sempre considera- ta per stomatica. Ho per tanto preparato un liquore dolcificato assimigliante ad un rosolio di assenzio . Il medesi- mo è limpido , bianco , ha il vero odore , ed il puro sapore amaro della pianta : e non è punto di- sgustoso ; uno simile di rabarbaro , altro di quassio. Questi gli esebisco a voi, ed a tutti i vostri col- le^bi , acciò si possano applicare a quelle malattie che più si crederanno convenienti ed utili pel be- ne della salute pubblica ; e siccome ho avuto dai medesimi delle riprove di bontà nell' avere adotta- ta la polvere antipiretica da me per la prima vol- ta loro proposta , voglio sperare ciie non isdegne- ranno di mettere a sperimento pratico anche questi nuovi farmachi. Dico nuovi, giacche in tal guisa pre- parati non si sono ancora fin qui conosciuti. Un altro farmaco , e di maggior entità, voglio ancora loro presentare : e la ricerca di questo la debbo alle premure fattemi dall' eccellentissimo sig. dottor Morichini professore di chimica, del quale, come voi ben sapete , sono io il collaboratore, vo- glio dire del soprachinato di chinina e di cinconina. Questa preparazione, scevra da ogni altro princi- pio , con modo particolare l'ho ottenuta tale qua- le vi esiste nella china medesima : cosiccliè ammini- strato questo farmaco , sarà lo stesso come se si am- ministrasse la china medesima , cioè con quell' aci- do che contiene la china , combinato co' principii attivi della china , chinina , e cinconina , toltone le altre sostanze clie ne aumentano il volume: di ma- niera che se la medicina ed il pubblico ha già avu- to non pochi vantaggi dal ritrovamento della polve- Nuovo LIQUORE 7 re antipiretica , maggiori dovrà, ottenerne dai sopra- chinati di chinina e cinconina. Questo farmaco che ha l'aspetto dì zuccaro sci- roppato , e colto quasi a caramella , quindi visco- so e diafano , lia un sapore amaro , ed un poco acidetto , solubilissimo neli' acqua e nell' alcool : le quali soluzioni cambiano in rosso la carta di tor- nasole. Potrà somministrarsi o in bocconi , o in so- luzione. Dovendo isolare questo farmaco dalla china , un altro dalla medesima ho dovuto separare , il quale secondo il mio credere potrà essere non di minore utilità. Questo è il rosso cinconino de' francesi ( tan- nino ) in miscela colla chinina e cinconina. Non potrk questa preparazione essere di molto giovamen- to in quelle febbri periodiche , che vengono accom- pagnate da diarrea e dissenteria ? Questo giudizio lo potrete dar voi, dopoché ne avrete fatti i ne- cessari sperimenti : e solo vi aggiungo per vostro governo , che questa preparazione è ricchissima dei principii attivi della china , e si potrà somministra- re in polvere od in bocconi. Gradite questi miei sentimenti di vera stima, e credetemi (a) V. Devino Urao Serv. e Collegi PiETno Perktti {a) Tempo addietro fu inserito nel Diario di Ro-= ma un articolo , da me non esteso , nel quale si dicC" ■va che la mia polvere antipiretica esser dovea efficacis- sima in pratica , mentre conteneva la maggior parte dei materiali della china-china spogli della parte legnosa. Questa proposizione ha fatto senso a qualche chimico Storia patologica di una f^hhre intermittente per- niciosa enterorragica con omopatìa Jlogistica nel- la milza , e breve rijiessione in proposito ; letta nella mensile adunanza , che si tenne dagli ar- cadi della colonia set in a nel mese di novcm" hre del 182S, dal dott. Luigi Murcotulli , medico comprimario di Sozze , e socio di varie accade" mie scientiJicJie e latte rarie^ \^uello che forma in questa sera il nostro scìen- tifico-lelterario trattenimento , accademici illustri , è la storia patologica di un' assai crudele malattia ; e farmacista , ed è stato il segno contro il quale so- no stale dirette le maggiori opposizioni- Ora dicendo io ' die il soprachinato di chinina e cinconina , da me per- fettamente isolato , e ridotto allo stato ond^ essere am- ministrato agli infermi , deve riuscire valevolisiimo nel debellare le febbri in lemùllenti ^ perchè costituisce la par- te principalmente attiva ed essenziale delta corteccia peruviana , non vorrei che queita seconda proposizione desse motivo a nuove censure , come quella che non sem.- bra ben conciliabtle con la prima. A togliere per tanto occasione ad ingiuste critiche dichiaro , che l'articolo del Diario di Roma non è parto della mia penna , e men- tre ritengo che Lutti i materiali della china non sieno affatto scevri da un^azione salutare sopra l" organismo uma- no , sono poi persuaso che al sale di chinina e cinco- nina si debba particolarmente rattività di questa pre- ziosa corteccia. Febbre iNTEnBiiTTEWTB g la quale storia ho divisato fendere di pubblico di- ritto , poiché merita a mio avviso la più alta con- siderazione di tutti coloro, che la bell'arte di gua- rire coltivano. Pertanto vi piaccia di ascoltarla , ed esternare su di essa il rostro savio parere , che per la vostra sapienza e virtù ho in somma esti- mazione. Il sojigetto della medesima è una certa Birbara Corsi di questa citta , di anni ^j, di me- lanconico temperamento, e di gracile costituzione, lavandaja di mestiere , menstruata fino all' anno 87°, madre di 4 figi' 1 ostruita nella milza da alcuni an- ni. Fu dessa nell' autunno dello scorso anno aggre- dita da febbri accessionali con tipo di terzana dop- pia , dalle quali , mercè dell' opportuna amministra- zione de' rimedj , rimase libera j)ei fellamente. Ma la totale deficienza dell' indispensabile sostentamento , astringendola a riassumere tantosto 1' ordinario e laborioso trava<»lio , esposela a risentire nelle ore della mattina e della sera , senza eccettuazione di quelle della notte , la dannosa impressione di una densa umidita , che nelle ore suddette sperimentasi nel pubblico lavatojo , siccome luogo assai basso, e da monti attorniato ; per la qnal cosa dopo al- cuni giorni venne di nuovo assalila dalle ftbbri menzionate sotto il medesimo tipo , le quali , per- chè leggiere , pose in non cale interamente per più di un mese. Alla fine poi la rinnovazione di quella causa , die prodotto le aveva per lo addietro uu lento processo flogistico nel viscere splenico, vi j^iun- se ad ordirlo così insidioso , che la più terribile emopatia flogistica risvegliandovi , converse quella periodica , che dianzi era di tanto poco rilievo , nella perniciosa non meno micidiale. Nello scorso gennajo difatti , nel tempo istesso che di buon mattino rccavasi l'infelice donna nel IO Sciente luogo (li sue fatiche , escila appena di casa , spp- rimenlò un abbattimento di forze straordinario , ed un generale brividìo di freddo , che più intenso di- venne cammin facendo : ciò nuUadimeno attese a pro- gredire l'intrapreso viaggio. Ma trascorsi non avea due terzi di miglio , che restò improvvisamente sor- presa da oppressione e dolore nel ventricolo , e particolarmente verso l'ipocondrio sinistro , da pro- strazione maggiore di forze , da vertigini , e da senso d'imminente lipotimia ; cagion per cui , mal- grado del, valido sostegno apprestatole da persone che andavano seco lei , dovette gittarsi sul terre- no ; e dopo una smania la più angosciosa di circa un quarto d'ora , ebbe un vomito assai copioso di sangue nerastro , ed alquanto rappreso , da cui ri- scosse molto alleviamento ; talmente che potè recar- si senza veruno ajulo, sebbene malagevolmente, nel- la propria abitazione; ove giunta, ottenne tosto una scarica ventrale di sangue parimenti nerastro e con- creto. Poscia fattomi chiamare , ed accorso solleci- tamente , la rinvenni con febbre appena sensibile ; polsi bassi , ed irregolari ; forze grandemente ab- battute ; lieve dolor di capo ; faccia pallido-gial- lastra ; lingua arida, ricoperta di un velo nerastro; sete ; senso di gravame nel ventricolo , e partico- larmente verso l'indicata regione , e nella inferiore del basso ventre ; tensione , calore , incremento , e dolore ora acuto , ed ora ottuso nella milza , au- mentato dal tatto e dalla inspirazione ; decubito difficile nella parte dolente. Sottoposti a rigorosa analisi i sintomi sudde- scritti , fattone il dovuto confronto , e con matu- rità ponderati , non mi ristetti punto a decidermi sulla diagnosi e genio del morbo , che senza tema di errare denominai /ebbre intermittente pernicio- FeBIìRE INTF-RMITTKNTE II sa enterorrngica (i) con omopatia flogistica nella milza ; nulla calcolarulo l'imponente treno de' sin- torai iposteuici , che appresi tosto a riguardare , e mal non mi apposi , quale assoluto prodotto della compressione sul tuLo gastro-enterico , accagionato- vi dal sangue depositatovisi, come pure di flogistico consensuale impegno del viscere splenico collo sto- maco, intestini, pancreas, sistemi del fegato , e del- la vena porta , non che col peritoneo , e coli' irri- tabilissimo diaframma (2); traendo sicuro partito dal- le molteplici relazioni , che esso ha co' medesimi , SI per connessioni legamentose , come per vascolari e nervose comunicazioni , mercè delle quali chia- mando a morboso tumulto i visceri prefati , e pre- (1) Questa specie dì perniciosa fu denominata dal celebre clinico modenese - perniciosa atrabiliave ,• ma il no- stro eh. Puccinotti , non avendone riscontrati così distin- tamente i caratteri e o^ quali la descrisse il clinico sud- detto , e siccome è occorso a me di osservarla , la ripose nella categoria delle febbri enterorragicbe perniciose , as- soggettando pur essa a questo generale vocabolo noso- logicO' Una tal denominazione essendo per me di mag- gior esattezza della prima , non ho dubitato di abbrac- ciarla : giacche il vocabolo di atrabiliare non è che una voce priva di senso. (2) /'Va le cause , che inducono Vinfiammazione ol- la milza , viene annoverato eziandio il passaggio che può fare nella medesima quella del fegato , del ventricolo , deir intestino colon , del diaframma , del pancreas , e del peritoneo. Ciò posto , sembra del tutto consentaneo alla ragione , che il viscere splenico abbia su di questi quella medesima influenza , che essi mostrano avere su di essi. ti S e J E X Z E cipuameiite solto alla perniciosa accessione, e li es- sendo al ^pari dèlia milza non solo , ma in grado assai maggiore di «ssa ancora corredati di nuaiero- sissime raraifìcazioni nervose del pajo oliavo, di cui molli tralci , unitamente a quelli del grande inter- costale , formano il plesso cardiaco , che su i mo- vimenti imperando del cuore e della circolazione del sangue , recar per conseguenza doveva profon- do disturbo 0 sensibile ralleatamenlo , od anche , benché momentanea , marcata sospensione ne' battiti del cuore e delle arterie, e era ve decadimento del- le forze vitali. Una si falla certezza di ragionare piuttosto elle dubbio tenermi suU' indole flogistica della patologica accessoria condizione, maggiori gra- di invece mi diede di assicurameato della profon- dità della medesima nel viscere sopramentovato. Guidato da tutto ciò , e persuaso che la tera- pia delle perniciose non ista solamente nel rimedio specifico , ma nel correggimenlo altresì delle istesse omopalie , le quali non allrinienti vr-ngono consi- derate, che come l'espressione di ([neH' organico si- stema , che soffre principalmente solto al parosismo pernicioso ; estimai io perciò opportuna cosa rivol- germi sollecitamente , e con validi presici] dell'ali- le, al viscere afflitto. Non indugiai menomamente al- lora a prescrivere la sanguigna emorroidale , bene avvisandomi della somma utilità che ritrar pole- vasi dalla medesima , siccome quella , che vuolando quei vasi che tengono rapporti strettissimi con quel- li della milza, moderare e limitar sola poteva gli avan- zamenti della dichiarata condizione accessoria , ed impedirne l'infausto fine. In ajuto in pari tempo chia- mai le fomentazioni risolventi sulla parte dolente. Siccome per altro era d'uopo mirare in questo caso a due indicazioni ; a minorare cioè il circolo sau- FlEBnr. INTERMITTENTE |3 gttigno nel sistema splenico ; a depurare il tubo ga- stro-enterico dal sangue efFuso e concreto inatiife- stato dal gravame, c'ie ivi risentiva l'inferma , era a creder mio di raeUieri , che provvisto senza ri- tardo alla prima , con pari celerità si rivolgesse- ro gli sguardi alla seconda di non minore interessa- mento , poiché lungamente soggiornando il sangue evasato nel tubo suddetto , e subendovi la corru- zione , che assai pronta ne sarebbe stata , ed accjui- stando a cagione di ciò un' indole eterogenea viep- più , poteva senza dubbio corrodere le membrane delie prime vie destandovi non lieve grado d'in- lìammazione , dalla quale novello alimento avrebbe tratto quella della milza , e sarebbesi oltremodo in- gigantita; oppure, secondo l'opinare di alcuni me- dici, poteva essere in parte riassorbito, e portar- si a guastare la crasi del sangue, impregnando an- che qualche vincere più attinente alla vita , e ne- cessario. Quindi è che avvisatomi della positiva ne- cessita di un rimedio purgatiN-o , reputai ammi- nistrarlo in bevanda , dovendosi avere in mira di promuovere la evacuazione del sanga-^ ristagnato , e diluirne ad un tempo la concre/.ione , alfine di ot- tenere con più di espeditezza l'intento, bl siccome in simili casi più convenevoli si eslimano i blan- di rimedj aperienti il ventre di qufllo che i drasti^ CI , presi dal tamarindo , dal cremar di tartaro , e dalla manna, mi avvisai fra questi accordare la pre- ferenza al primo , siccome quello che alia sua blan- da virtù purgativa quella riunisce di sommamente refrigerare. Ne fu la dose di dieci ottave sciolta in tre libre d'acqua. Raccomandai all' inferma la tran- quillità dello spirito , ed una tenue dieta. Gii elìetti delle enunciate prescrizioni corrispo- sero di falli pienamente alle mie cliniche vedute , i4 Scienze giaccìiè dopo la sanj^uigtia sottrazione di circa on- cie dieci , meno dolente resesi la parte affetta , più facile il decubito ; i polsi divnnero elevati , e del tutto regolari ; le forze si rinfrancarono di molto ; la sete minorò , ed il male ben presto assunse un aspetto assai meno spaventevole. Successero poscia alcune scariche alvine copiose e molto sollevanti di sangue grumoso tendente al color piceo , in seque- la delie quali si dissipò interamente il peso allo stomaco ed alia regione ipogastrica, e l'inferma sem- prepiìi nelle forze riebbesi. La febbre intanto incominciò a decrescere sen- sibilmente , che nella notte intermise con generale e profuso sudore : alla cui comparsa ordinai , che si fosse dato principio all' assidua amministrazione della china china, su cui è appoggiato il punto mas- simo della terapia delle febbri perniciose. Aggiun- si una bevanda refrigerante e diluente , ed il vit- to , come sopra. Nel domani trovai l'inferma apiretica , ma i polsi erano alquanto celeri , e le molestie della pa- tologica accessoria condizione non interamente dissi- pate ; le quali cose appieno mi convinsero di ciò che ne avverte il sig. Puccinotti intorno al comu- ne errore di osservazione , nel dirsi che le acces- sorie condizioni morbose , per le quali le febbri intermittenti acquistano natura perniciosa, cessino af- fatto coir istesso cessare del parosismo. Non meno vero riscontrai Taltro suo utilissimo avvertimento , col quale ne rende aperto , che il tempo dell' api- ressia è la più acconcia circostanza onde desumere senza fallo la qualità delle emopatie ; da alcuni morbosi fenomeni superstiti dai polsi e dallo sta- to complessivo dell' infermo , affine di opporre si- Febbre intekwittente i5 inni tan eamen te il segime terapeutico contro la va- rietà (Ielle emopatie accessorie. L'imperfetta cessazione difatti del dolore ancor più sensibile sotto la pressione , del calore , e del turgore nella milza , e del difllcile decubito nel si- nistro lato, anche nello stato di perfetta apiressia, nii rese vieppiù certo, quantunque non aveva a dubitarne, che la sede della condizione accessoria era in cotesto viscere , dandomi in pari tempo ir- removibil conferma del trattamento curativo già te- nuto e da tenersi eziandio contemporaneamente a quello con cui abbattere la essenziale e la con- comitante patologica condizione. Inculcai perciò di nuovo la continuazione della china china , delle fo- mentazioni , della bevanda, del vitto moderato , ed aggiunsi la limatura di ferro , k quale , giusta gli esperimenti riferiti dall'Indefesso Soemmering ^,\ adi- sce per elettiva forza sulla milza , spiegando sopra eh essa il suo deprimente potere. JVella sera la febbre ricomparve con piccoli ri- gori di freddo , e con qualche esacerbamento de' sintomi enumerati , i quali nella notte si accreb- bero maggiormente , e nella mattina seguente sotto alla nuova accessione , che venne anticipatamente preceduta da freddo assai maggiore del consueto e di più lunga estensione , toccarono l'estremo se- gno della fierezza. Ricomparvero in iscena il vomi- to , e le ventrali evacuazioni della medesima na- tura delle antecedenti ; si riprodusse il peso nelle enunciate regioni del tubo gastro- enterico ; i pol- si appena senti vansi , la sete era inestinguibile , la lingua aridissima , un intenso calore cruciava l'in- (0 Sptacnologia tom. VI. i6 Sciente ferma nella regione della milza, esteso pnrft a tutto l'addome alquanto inarcato ; divennero gelate l'estre- mità , il viso dimostrav* i più marcati delinearaea- ti di morte ; una sminia angosciosa rendea pili ter- ribile il suo stato , e le forze avvilite ad un se- gno , che le lipotimie a misura che si succedeva- no , lo che era con frequenza , divenivano sempre più jM'ofonde , ed a t ile , che ad ogni istante io temeva che mi toaliessero rinff^rma di vita. Una si farmidabile sinlomologia , che condus- se in tanto lagrimevole stalo qnest' infelice , di già abbandonala ai conforti di religione , avrebbe im- posto ppr certo il piik alto silenzio a pratico eser- cì tatissimo , poiché la perfrigerazione delle estremi- la, l'avvilimento estremo delle forze vitali, eie rei- terate e mortali lipotimie addimostravano a chia- re note a quA grado di avanzamento fosse mai prevenuta la concomitante flogistica condizione dif- fusa molto pii!i profondamente agi' involucri di sta- mi nervosi considerabili, imperanti, come dissi, sul gran motore della vita. Ma ciò non pertanto re- so io oltremodo ardimentoso dai vantaggiosi effetti istantaneamente ottenuti nella anteriore accessione co' mezzi praticati , ed in particolare colla sangui- gna sottrazione , la quale fu capace a porre un pron- to freno alla poco meno imponente ferocità dell' omo- patia : ed essendo d'altronde parimenti sicuro , che in questa specie d'infiammazione devesi la sangui- gna , e precipuamente la emorroidale , instituire e ripetere a norma della violenza del male , sebbe- ne lo stato de' polsi deboli ed appena percettibili , sembri non esigerla , come avviene ordinariamente nelle più gravi infiammazioni di alcuni visceri ad- dominili ; non esitai perciò di venire senza il me- nomo inducio alla rinnovazione della medesima, non Febbre intermittente l'j che a quella della pozione tamarindata , persuaso che eoa tali compensi soltanto , e specialmente col- la immediata sanguigna d(!plezione, sarebbonsi potu- ti frenare i micidiali effetti che minacciava il più fiero processo flogistico della milza. Ed in vero a misura che dalla sanguigna emor- roidale scaturiva il sangue , vedevasi l'inferma sol- levare sensibilmente , e detrattane appena la quan- tità di oncie dieci , cessarono per non più ricom- parire le ferali lipotimie : le vitali forze si eresse- ro : i polsi elevandosi , assunsero una perfetta re- golarità : minorarono l'interno fuoco e la sete : Testre- inita riacquistarono il perduto calore: il viso spo- gliossi della tetraggine e del pallore mortale , di cui era ricoperto : ed i sintomi tutti della parte af- fetta in guisa decaddero , che ben tosto la speme rinacquerai della vincibilita di si spietato malore. Sol- leciti e maiaviglio.si furono pur anche gli effetti della pozione tamarindata , la quale promosse con molto sollievo dell' inferma alcune evacuazioni di 'materie picee e figurate, dietro la espulsione delle quali dal tubo alimentare , lo si ripose nel perfet- to stato di quiete e di naturalezza. Il ritorno di un accesso cosi foimidabile da me certamente non atteso di simil tempra, pel farmaco antipiretico di già prescritto due sere antecedenti , non potei non farmi cadere fondato sospetto o sovra la poca o niuna attività del medesimo , ovvero che non fosse stato affatto propinato all'inferma; giac- che il di lui potere sulle febbri intermittenti, anche perniciose , spiegasi pienamente nel solo spazio di quindici , o al più di vent' ore dalla sua ammini- strazione. Non andai difatti errato, a mio mal cuo- re , in ciò che rai rav^^ol-jea ja pensiere : poiché G.A.i.XLll. a i8 Scienze di propria bocca la pazieiUe resami aperta la sua malaui^urata siluazioiie che non perraetleale fornirsi dell' interno occorrente : al che non mincò chi all' istante provvedesse, animato da specchiata cristiana filantropia. Posta quindi in calma maggiore la fa- talissima emopatia , ed incomincialo appena il de- cremento della febbre, che nella notte rimise intera- mente con sudore universale, si diede immediatamen- te principio all'aminislrazione di scelta chinachina in dose generosa, tal che nello spizio di ore diciotto ne furono propinate due once e mezza. Le bevan- de refrigeranti , ed il vitto si proseguirono ad am- ministrare secondo si era praticalo nei giorni ante- cedenti. La mattina 1' informa era apiretica , tna i pol- si si mantenevano alquanto celeri col medesimo re- taggio delle molestie della parte alletta ; e le forze assai più ricuperate. Feci proseguire le bevande ed il vitto solito. Presso sera ritornò la febbre con piccoli rigori di freddo alle sole estremità; poca sete, e lieve au- mento de' sintomi della emopatia. Passò competen- temente la notte; e nel giorno stesso in cui la feb- bre avrebbe sicuramente mietalo questa vittima, su cui la morte misurò il colpo spietato, buon grado della peruviana corteccia, interamente disparve. Su- perstite per altro rimase la splenitiva afif^zione, che venne in proseguimento combattuta colla limatura di ferro, di già chiamata in ajulo : cui aggiunsi al- tri controstimolanti rimedj , i quali spiegando , sic- com::; l'anzidetta, il loro deprimente potere elettiva- mente sulla milza, soli potevano ricondurla a mi;.;liore stato, come non mancò d'avvenire, con mio estre» mo contento , sotto questo regime curativo costante- m'^iite praticalo; ridonando cos'i alla patria una in- Febbre inturmittknte ij) slancabilt^ cittadina , ed alla misura famiijlia il più valido sostegno. B R E r E n I F L E S S I O N E. 11 fenomeno enterorragico , presentato dalla don- na in discorso , riconosce forse la sua provenienza dal viscere splenico , oppure dal tubo gastro-ente- rico esclusivamente? Quest'ultimo riguardasi comu- nemente interessato di preferenza in tali casi , e neir attuale non mancò certamente qualche morbosa modificazione dell' istesso organo , da riguardarsi , a mia intelligenza , non più che secondaria ; giacché la patologica accessoria condizione alla perniciosa , come chiaro risulta dalla storia narrata , ebbe la sua sede nella milia, ed il tubo enunciato non potè esserne affetto , che per comunicata irradiazione flo- gistica , da non doversi per altro riputare capace di produrre una congestione tale di sangue ne' vasi gastro-enterici , da cui potesse effondersene tutta quella quantità emessa dall' inferma , senza risentile dolori di sorta alcuna intsstiaali , che sogliono spe- rimentarsi purtroj)po acutissimi da quelli, che per flo- gistico intestinale impegno evacuano sangue dall'ano. Il che posto , parmi più chiaro del pieno me- riggio istesso , che il menzionato fenomeno enteror- ragico , manifestatosi sotto al parosismo pernicioso , debba interamente ripetersi dalla lienale congestio- ne. Perchè ciò strano non sembri e privo di fon- damento , riflettasi per un istante alla diversione , cui va soggetto il sangue , che la splenica arteria arreca alla milza , allorquando lo stomaco trovasi in istato di pienezza. Disteso in vero questo viscere da cibi e bevande , cagiona sulla medesima una com- pressione coiì sensibile , che l'obbliga a restringersi 2^ 30 S C I F, N Z E in modo conslderevule. Una tal compresbione fuori sosjMtige non solamente il sangue , che essa milza contiene , inviandolo per mezzo del tronco dalla ve- na porta al viscere secretore della bile , onde aver- ne una maggior separazione , e più ricca ancora de' suoi principi; ma impedisce pure die tulio vi penetri quello , che ordinaria\nente vi si trasporta dalla sua arteria; end' è che rifluendo h costretto portarsi altrove, quelle vie percorrendo che gli for- niscono le medesime diramazioni spleniche, le qua' li , siccome assai cospicue , niente ritardano il suo retrogrado corso. Lunga e tediosa cosa riescirebbe il farne qui esatta anatomica descrizione. Mi attengo solo per maggior dilucidazione della cosa a rammiMitare, che la spìenica arteria nel suo tragitto dalla celiaca alla milza , da la pancreatica , la pancreatico-duo- denale , la gastrica sinistra , i vasi brevi , le ga- stro-epiploiche sinistre ec. , per mezzo de' quali ra- mi il sangue refluo dalla milza , allorché la medesima e compressa, recasi ai visceri, a' quali essi a[)par- lengouo , in maggior quantità dell' ordinario , onde con provido consiglio della natura aumentare nel tempo della digestione e della chililìcazione quei preziosissimi liquori , che tanto facilitano le natu- rali indicate funzioni. Se una semplice e dolce compressione dello stomaco ripieno sulla milza è dunque per se stes- sa capace a divertirvi il corso sansniifno marcata- t or) mente , con quanto più di ragioiie può dirsi che ciò avvenuto ancor sia per la congestione da molto tempo esistente nel viscere , aumentatasi sotto la reiterazione di tante febbrili accessioni , rilasciate a se stesse , e quindi per un colale morboso aumen- talo eccitametito pervenuta all' estremo sotto al pa- rosismo pernicioso ? Allora il sangue clair accccl(?ii- tc morbosa stimolabilita , richiamato imperiosamente da tutti i liti nella milza , di continuo e copiosa- mente aflluendovi , e pari al concorso non essendo- ne il ricevimento nel di lei tessuto spongioso per l'oppilazione de' vasi , dov(;lte conseguentemente in istraordinaria quantità condursi per la gastrica si- nistra e pe' vasi brevi allo stomaco, per la pan- creatica al pancreas , al duodeno per la pancrea- tico-duodenale, al colon , all'epiploon per le ga.^tro- epiploiehe sinistre ec, e passando dipoi nelle vene corrispondenti , le quali capaci essendo di sfibrarsi ed ismagliarsi , poiché di assai lassa tessitura , e poco difese dalla sostanza membranacea delle pareti de' visceri anzidetti , nialgrado dello stenizzamento dalla milza irradiatovisi , e dalla distensione piodot- tovi per io raccoglin)ento del sangue, cui non poco contribuì la tortuosità loro , dovettero per conse- guenza dar luogo a cotale versamento sanguigno nelle prime vie. Chi ha fatto lettura delle opere de' pratici celebralissimi , non ignorerà punto i t.'nli esempi in esse registrali, di vomito di sangue atro e grumoso manifestatosi in occasione di splenite , il quale piuttosto che di alleviamento , è stalo mai sempre foriero di funesto aggravio ; lo che prova all' evidenza , che cotesto vomito ha sempre tratto la sua origine non dalla risoluzione della congestio- ne snlenitica , ma dal maggioie aumento della me- desima. Quante volte ancora la ematemesi , la melc- na , o il morbo nero d'Ippocrate non riconoscono la loro origine dai visceri 'epato-splenici P La rae- lena proveniente da voluminosa ostruzione di fe- gato è stata da me più volte osservata in questo luogo nella persona di un tal Pellegrini, che Ito- vasi nella contrada appartencvìte a! mio onorevole 2:? S « I r. N Z E collega sig. dott. Lorenzo Ottaviani, da cui è stata mai sempre doverosamente combattuta; ed ora sono già alcuni anni dacché il Pellegrini ne va esente , mercè dell'ottima cura diretta a deostruire il visce- re , siccome causa della nomata malattia. Molti e celeberrimi scrittori sono d'accordo su tal particolare , i quali per inevitabile conseguenza ritengono , che quanto meno sangue trasportasi per mezzo de' rami splenico o epatico dalla celiaca alla milza, od al fegato ostrutto e scirro^o, tanto più se ne trasporta al ventricolo pel ramo gastrico del- la celiaca medesima ; o essendo le vene di quelle viscere compresse da tumore , o finalmente da qua- lunque siasi maniera, è di necessita, che una mag- gior copia di sangue si raccolga nelle vene del ven- tricolo , le quali non molto essendo garantite dalla di lei sostanza membranacea, si lasciano oltremisura riempire e distendere dal sangue , che soverchia- mente vi affluisce : del quale , siccome di assai lan- guida energia dotate , non potendosi prestamente sgravare , ne avviene , che lo stagnante fluido san- guigno il varco si apra a traverso delle loro tenue pareti , e nel tubo alimentare evasandosi , ne nasce quindi la malattia in discorso. 11 sagace Ballonio e l'osservatore Gordonio non dubitarono di denominare il morbo nero d'Ippocra- te , il primo col nome di dysenteria splenetica , il secondo con quello di flexus spleneticus ^ desumen- do una tal denominazione dalla qualità del sangue emesso , che gli specifici caratteri ritiene di quello , che il tessuto riempie della milza , dagli antichi ri- guardato siccome un liquido particolare , che no- minavano atrabile^ o bile nera; i quali caratteri esso sangue non acquista che per una lunga dimora nel- la sostanza di questo viscere. Ben vero però che Topi- Fec^ue intermittente 23 nione di questi benemeriti scrittori della medica scieiì- za, buon grado de' maggiori lumi de' quali può es- sa vantarsi attualmente , ad eccezione senza fallo sog- giace, giacche l'appoggiarsi soltanto alla qualità del sangue , onde decidere che cotal malattia ricono- sca sempre la sua origine dalla milza , non e una prova sulficiente a rendere inconcussa l'asserzione ; mentre non mancano de' casi di morbo nero , nei quali è forza ripetere esclusi vamenle la provenien- za dallo sfibramento delle vene gastro -enteriche , nelle quali , come ognun sa , perciiè naturalmente disposte a rallentare il corso sanguigno , si per la tenuità delle loro membrane, come per la torlnosità e sprovvedimento di valvole, a stento com]nesi la circolazione del sangue : il quale per un tale rilar- do acquistando in esse presso che tutte quelle pro- prietà , che caratterizzano quello della milza , deve conseguentemente presentarsi con quei medesimi ca- ratteri , co' quali presentasi allorché dalla milza proviene. Che anzi l'ingegnoso Cullen , confutan- do l'opinione dell' immortai Boerahave ^ il quale era di parere c'ie esistesse nella massa sanguigna una materia simile a quella che si escrea dagli affetti di morbo nero, è di sentimento costante , che l'aspet- to presentato dal sangue evacuato in tal malattia , unicamei)le dipenda dallo svasamento e dalla sta- gnazione di esso. Non intendo per altro con ciò dire , che l'idea dei prelodati scrittori venga in tutte le sue parti rigettata, siccome ipotetica od immaginaria, la qua- le ha pur sode fondamenta ; ma solo merita a mio parere, che abbracciata non resti, che nel caso in cui riconoscasi il sanguigno profluvio originato da morbosa condizione della milza. ^4 S e i r V 7 1 Da quanto lio esposto fin qui può di leggieri comprendersi , che la mia idea intorno all' origine del fenomeno , che ha caratterizzato la perniciosa di cui mi sono occupato , è fondata sopra ragioni ed autorità del tutto ricevute ; dalla quale giam- mai saprò dipartirmi , se altri con piti plausibili ragioni ed autorità del pari abbracciale non mi trarrà d'inganno. jénno clinico-medico compilato da Carlo Speranza già I. R> medico provinciale nel regno lombar- do , ora prof» di terapia speciale e di clinica me- dica nella ducale università di Parma , medico consnlente di corte , socio corrispondente ec- ec. Anno accademico iQ2^-25. - Parma dalla tipogra- fia ducale 1837- L' . utilità incomparabile delle scuole cliniche , le quali riguardar si debbono come ottimi fonti di os- servazioni e di fatti al progresso della medicina van- taggiosissimi , non si arresta o vien meno finche in quelle non s'insinui (siccome talvolta addiviene) amor di favoreggiato sistema. Di quella soda utilità par- tecipano pur quelle produzioni tutte, che di pub- blico diritto si fanno intorno alle osservazioni nei clinici instituti contemplate, ed intorno alle meditate risultanze cliniche degli effetti dei terapeutici pre- sidi. Or fra tante produzioni di clinico argomento p/?r tal modo compilate meritano special menzione e distinto elogio gli anni clinici del cliiarissimo prof. Speranza , il quale dandoci nelle sue opere meri- tissime irrefragabil testimonianza della sua profonda Anno CLINlCO-.rlKDlCO 25 dottrina e vasta eriulizione , lia saputo far sempre alla pratica una retta applicazione delle viete e re- centi mediche teorie. Nel presente , di cui impren- diamo a favellare, eh' è il terzo ed ultimo anno cli- nico che per opera del medesimo si pubblica, liavvi un ricco deposito di mediche osservazioni non men preziose di quelle negli antecedenti anni clinici rac- colte e registrate. Ma non si renderebbero eia le medesime un complesso di sane istruzioni e patolo- giche e terapeutiche, ove limiti avessero in un sem- plice e nudo rag^unglio degli ottenuti risultamenti , ed ove quelle istruzioni fiancheggiate non venissero dai fatti medesimi , a schiarimento dei quali si ri- feriscono ed espongono. Osiam quindi francamente asserire, che l'opera, di cui andiamo a tener ragio- namento , e di sommo int'^resse pe' medici tutti , e vieppii^i per gì' iniziati nella medica professione ; osiamo altresì francamente soggiugnere , che tanto maggiore emerge il valore di questo anno clinico , in quanto che rinunciando quivi TA. alla minuta df- scrizione delle storie delle malattie, ha preso in mag- gior considerazione la parte curativa e le sorgenti che le serviron di guida , fra le quali primeggia , e non senza ragione , la greca scuola. Ha egli con ciò volato convalidare vie meglio coi fatti e colle osservazioni i principj e le massime fondamentali su cui appoggia la clinica istruzione, e specialmente il metodo curativo , onde assolversi dalla menda im- putatagli dal chiar. prof. Toraraasini di essere, in guanto al Jatto pratico ^ divenuto seguace delle odier- ne massime. Dicemmo esser questo rnllimo anno clinico, che per tal metodo si pubblica dal valente N. A-, aven- do egli stabilito limitarsi d'ora in avanti alla espo- sizioae di un semplice prospetto , o rendiconto an- >G Scienze iniale ; clie se im()oitaiili casi esigessero di esser l'atti noti , non maiicìierk riportare i medesimi nei giornali di medicina (a). Ai consulti inediti del gran- («) Fedilc al mantenimento della sita promessa il A. A. ha ora registrato nel fascio, di novembre e di- cembre iH-2Ì*, degli annali universali di medicina in Mi- lano una sua memoria intorno alla - Guarigione di va- rie febbri intermittenti col solfato di cliiuiua applicalo col metodo eadermico , ec. ec. : - Dopo gV insegnamen- ti dell' ingegnoso Lesieur non eransi fra"" pratici italiani occupali die il Lamberti e il De l^onimaso , il primo ap- plicando il solfato dì chinina sopra un ulceretto pros- simo a cicatrice , e il secondo trattando con tal meto- do una quartana collerica. Era risej2>ato al benemerito Speranza il farne oggetto delle sue cliniche istruzioni^ dappoiché ebbe a fugare con questo trattamento un buon numero di febbri intermittenti. „ Rinunciando in esse [Così „ si esprime r A.) agli evacuanti , appUcavavnmo tosto il „ vessicante , e per lo più nel giorno .'.tesso della fch- „ bre ^ per indi applicare il rimedio febbrifugo , cessato ,, il parosismo ., ossia nel principio delC apiressia. Il luo- „ go da noi prescelto all' operazione era comunemente „ il braccio , come più facile alla medicatura , ritenen- „ do però indifferente più Funa che l'altra parte. Tra- „ scorso il necessario tempo per Voperazione del vessi- „ cante , onde alzare la bolla , col renderla ancora ali „ uopo più sollecita , aspergendo la parte con furie ace- ,, to ., facevamo tosto levare con diligenza il medesimo , „ ad oggetto d'impedire , come saggiamente riflette Le- „ sieur , V assorbimento delle sue molecole , e le conse- ,, guenze che dalla loro facoltà irritante ridondar pos- „ sono suir organismo. Ciò fatto , ordinavamo l'appli- „ cazione di otto a dieci grani di solfalo di chinina da Anno clinico-medico 2^ de Morgagni , dei quali esso è depositarlo, lia egli rivolte tutte le sue meditazioni, intento a soddisfare a quanto egli ha pubblicamente dichiarato (a). „ porsi sul centro della superficie dinudata , incorpora' „ ti con pochissimo unguento solito a praticarsi in sinii- „ li casi. Facevamo poscia medicare la parte dinuda- „ ta una volta al giorno , con asportare , come insegna „ Lesieur , ogni residuo di rimedio , e qualunque pscu- „ do -membrana facer>asi sulle di lui superficie , perchè „ capace a mantenere più a lungo il processo suppura- „ torio , e quindi a ritardare la guarigione della pia- „ ga medesima. Dal solfato dì chinina^ rimasto sulla su- „ perfide della etite decuticulata , potemmo rilevare , che „ la metà del medesimo veniva verosimilmente assorbii „ ta. - Con simili principj , che sono pur (juelli esposti „ da Lesieur , vede\Jamo troncarsi immediatamente la ^^ febbre dietro la prima applicazione del rimedio , e se?7~ „ z'z bisogno di ripetere per la seconda volta il medc- „ sima ....,, Non è qui il luogo di far menzione del- le, d'altronde giudiziosissime i-i flessioni del clinico par- mense ., intento con. esse a dilucidare gli effetti fuvoixvo'- mente conseguiti colV applicazione del rimedio , secondo il metodo endermico. Chi bramasse conoscerle , j-ivolga- si nel luogo citato alle originali espressioni delVA. {Il compii.) {a) Il prof. Speranza fin dal i^ febbrajo iS-ìy fece conoscere con apposito manifesto esser egli ora il depo- sitario della copia autentica degV inediti consulti del ce- leberrimo Morgagni , che , collocati dagli eredi Girardi nella ducale biblioteca di Parma , sarebbonsi dalV ili . archiatra car'. Luigi Frank resi di pubblico diritto , mer- ci' del permesso di queir augusta sovrana e mercè delle ob- bliganti proposizioni della R. accademia di medicina di aS Scienze Nel render conto di questo anno clinico, non perraeltendoci la bievità del nostro instituto di occu- parci a parte a parte di tulli i generi di malattie dallW. trattate , e riferibili agli ordini nosologici da esso additati ; ed omettendo perciò ( sebben con nostro ram:nuico)di tener ricordanza delle aggiunte riflessioni, delle quili ha saputo corredarle , abbia- mo prescelto per suhjetto di questo estratto il solo articolo delle = Injìitinindziuiu = . Cento ({uattordici forme morbose di questo ge- nere presentarotjsi in quelT anno accademico. Oltre la (Uefa di esse attaccavano gli organi del respiro , interessando le altre i visceri del capo , del basso Parigi , se morte immatura lìon gli avesse impedito di condurre a termine. Cide (ito lavoro. ,, Ad oggetto di ren- „ dere ( tali sono le ultime righe di quel manifesto ) un „ degno tributo alle premure del benemerito archiairo „ {Luigi Frank) ; a giustificazione di quanto ha esposto „ t onorevole membro [il barone Desgenettes) alla R. ac- „ cademia; ad evasione delle continue inchieste , che mi „ vengono dirette da medici italiani e stranieri ; in di- „ pendenza dì quanto ho annunziato , scrivendo l'elogio „ di Frank , sui manoscritti del grande Morgagni ; pub- „ blicamente dichiaro di essere divenuto io stesso per vo- „ lere del defunto e della erede vedova di Frank , ora „ contessa Bedulli , depositario della copia autentica dc~ „ gli indicati inediti consulti . A questi dichiaro pure. „ di avere aggiunto quei pochi , dei quali , attesa la „ morte di Frank , non era ancora estratta copia , e „ che formano il compimento della ceìituria raccolta nel „ sesto libro di Morgagni. Esposta in tal modo a co- ,, gnizione di tutt"" i cultori delT arte salutare Vauten- „ ticità , la provenieìiza , e lo stato attuale de"" consulti Anno clinico-medico aj) ventre , e le cavita articilaii. Ad eccezione di po- ehe , le quali procedeva no con andamento cronico , craao presso che Ititle di corso acuto. Non una sol- tanto presetilavasi la forma delle medesime, ma moi- tiplice e varia in ragione delle cajrioni esteine ed interne, della costitn/.ioiie individuale, e della com- plicazione cogli altri organi o sistemi. Discorso il trattamento di una gravissima risipola facciale con irradiazione simpatica all' organo ence- falo-nervoso e con manifesti sintomi di gastrica irri- tazione , e che senza trasmigrazione ebbe faustissi- mo termine nel periodo di quattordici giorni , fa conoscere nella epicrisi l'erramento di ritenersi sem- „ inediti del celeberrimo anatomico di Padova , sareh- „ be ora mio preciso dovere di pubblicare i nicdcsimi „ a gloria delT autore , a lu.sl.ro del secolo percorso , ad „ onore sempre crescente dell' itala medicina , ed a lo- „ de eterna dell' augusta donna la quale dalT alto del ,, suo trono infondendo nuovo splendore e iuta ai ma- ,, noscritti del grande Morgagni , si è resa benemerita j, delle scienze mediche; se ?ìon che il desiderio di riue- ,, dej^e , di meditare , e di arricchire , or^e il caso lo ,, esige , il lavoro di analoghe annotazioni , mi dispen- di sa per ora di promulgnre colle stampe il prezioso te- „ soro. Ma quanto lieto per il deposito njjidatomi ^ al~ „ treitanto fido esecutore di mia promessa , solennemen- ,, te dichiaro di fare in seguito conoscere , mediante ap- „ posito manifesto , il tempo , il luogo , ed il modo , con ,, cui gT indicati consulti saranno fatti di pubblico di- ,, ritto, ,, Ci auguriamo ora di possedere ben vresto cote' sta centuria di consulti^ che il duplice pregio riuniran- no di dottrina e del sommo autore e del prof, par- mense. ( Il compii. ) 3o Scienze pie la cagion morbifeia della risipola nelle prime vie. I£ malto piiì il derivarla da una gastro-ente- rite , egli è in opposizione ai fatti di Andrai , di Lermiiiier , e di Serres , i quali in diversi casi di questa malattia noti hanno rilevato indizio alcuno di gastrica flogosi . Che se talvolta siasi questa ap- palesata , lungi dal formare l'essenza morbosa , non era che la immediata conseguenza di una irritazio- ne propagatasi dalla cute allo stomaco. Quindi nel menzionato caso era la pelle primitivamente inte- ressata , ma l'aflezione del cervello e del ventricolo dipendevano da simpatica relazione o da morbosa complicazione. L'associarsi della li.sipola colla me- ningite è osservazione fatta da Jppocrale , e confer- mata dai pratici di tutt'i tempi, di tulle Teta. An- zi in questi giorni Du1)onrg , contro l'opinione di Broussais, pretende essere in simile caso più frequen- to la complicazione cefalica, che la gastrica. Nell'ac- cennare poi alla convenienza ed alla necessita di un trattamento antiilogislico , rammenta che la retro- pulsione della risipola ed i danni consecutivi sono stali per lo più Tedetto di trascurati salassi o di un metodo stimolante indebitamente usato; rammen- ta che la utilità dei purganti nella risipola è ap- poggiata air osservazione d'Ippocrate , e successiva- mente mantenutasi in ogni scuola : rammenta che dalla generosità nel metodo evacuante, da aversi do- po le necessarie missioni di sangue , denno essere esclusi i drastici , sul timore che la simpatica irri- tazione destatasi sul canale gastro enterico abbia ad esacerbarsi sotto l'uso di rimedj , i quali per quanto possono essere giovevoli, non mancano di agire irritando la sensibile membrana mucosa dello stomaco. Colali avvertimenti vorrebbe l'A. giusta- mente impressi in ispeciul modo nell' animo dei gio- Anno clinico-medico 3i vani modici , i quali deggiono persuadersi , che la via dell' osservazione e dell' esperienza fu in ogni tempo la base delia pratica medica , e da essa non sonosi mai allontanati i migliori maestri dell* arte salutare. Per lo che non dee giammai il medi- co osservatore sottoporre la cura delle malattie ai raziocinj teoretici. Encefalitidi. Delle tre flemmasie cerebrali ivi brevemente accennate, una fu acuta e sotto la for- ma di encefalitis tremefaciens , e due furon cro- niche ed accompagnate da insulti epilettici ed iste- rici. Intende specialmente rimarcare nelT annessa epi- crisi , non esservi ancora bastanti argomenti e so- stenuti dall' anatomia patologica per ammettere la sede del delirium treniatis piuttosto nei corpi stria- ti , nei talami dei nervi ottici , e nelle gambe del corvello. La natura però e l'indole della malattia esigendo che vi si applichi il più conveniente me- todo curativo , non crede egli trovar questo nell'uso dell'oppio cotanto raccomandato per le recenti os- servazioni di Guersent : poiché anteponendo anzi utilmente il metodo antiflogistico , non ammette che possa l'oppio divenir vantaggioso , se al pari del vino spiega egli un' azione propria suH' organo ce- rebrale sino al punto di produrre alienazione men- tale e delirio più o mono furioso. Non andarono poi vane le lusinghe dell'A. per la cessazione degl'in- sulti epilettici dipendenti dulia principale affezinne , che n' era la cronica flogosi cerebrale ; ed il feli- ce risultamento ripote in gran parte dall' aver com- battuto quest' ultima co' bagni , co' vescicanti , con le frizioni etnotich*^, siccome pii*i capaci ad agi- re contro la primitiva cagione morbosa , ed a sol- levare, mediante contro-irritazione altrove destala, l'organo cerebrale, Che auii dimostrando cosj quan- 3 a Scienze to sia giovevole nelle interne flemmasie croniche ec- citar delle flogosi artificiali in varj punti del cor- po, e specialmente sull'organo cutaneo, ricorda fon- darsi su questi principi la niKlasincrisi dei metodi- ci , la rivulsionc degli empirici , la contro-irritazio- ne di Bordeu e di Fabre, l'antagonismo del conslgl. Brt^ra , ed i prosperi successi conseguiti da Auten- rielh e da molti altri col promuovere una eruzione puslnlare cutanea nelle varie affezioni di petto , di ventre , nella pazzia , nella tisi , nelle polmoniti , nelle carditi croniche , nell' asma , nella tosse con- vulsiva. Se non die a buon diritto egli vieta il se- guire i consigli di Foy e di lenner , i quali pro- pongono in alcuni casi di frenare l'esuberanza delle eruzioni con applicazioni sedative. L'epicrisi annessa alla breve istoria di una gra- vissima glussitide con valida reazione sul vascG' lare sistema sanguigno , leggermente diffusa an- che sul nervoso ; epicrisi , che pel suo interesse è stala originalmente registrata in altro giornale re- pulatissimo , ed ha formato il soggetto di peculiari mndilazioni di altro valente medico collaboratore ad altra medica opera periodica; menta essere più este- samente conosciuta. Fiancheggiato dalla esperienza e dalle autorità, asserisce essere meno rara di quello credesi la glossitide. Dissente però dal parere di Car- minati , il quale alla dominante stenica costituzione attribuì la comparsa di quel morbo, non essendosi pili osservala la glossitide , o rarissimo essendone qualche cis;), quantunque mantengasi ancora in que- sti tempi uguale quella coslilnzione ; ma opina in vece che sotto il predominio delle angine abbia avu- to luogo la fleramasia della lingua. E qui con va- sta erudizione esamina , perchè la lingua , sebbene organo ricchissimo di vasi e di nervi , pur di rado An!?o clinico-medico 33 s'infiammi, malgrado delle tante cagioni , snecialraea- te locali , a cui fe continuamente soggetta. La glossìtide osservata dal N. A. presentò un andamento piuttosto regolare ed abbastanza mani- festo , quantunque osserva/.ioni non manchino del suo corso anomalo, insidioso , anzi rapidamente gra- ve e pericoloso per esperienza di Van-Swieteu , di Dupau , di De la Malie , di Raggi , di Friese , di Borsieri , di Reil , di Carminati. Il rapido decorso e men preveduto aumento dipende , a giudizio di Raggi , da un improviso trasudamento , il quale lia luogo nell'interno della lingua medesimi', cioè nel- la cellulare interposta ai di lei muscoli.,, Ma in que- „ sto caso (ripiglia il clinico parmense) il trasuda- „ mento non costiluisce il solito esito della inOara- ,, mazione dipendente da scemata azione morbosa „ locale e generale, ma dalla flogosi stessa, che va- „ lida ancor si sostiene , per cui dalla maggior di- „ stinzione dei vasi sanguigni , e delle pareti dell' „ organo interessato si aggravano i fenomeni mor- „ bosi , si alterano le funzioni della parte affetta , „ e quindi tanto più grave , quanto meno prevc- „ duto , cresce il pericolo .... Altro quindi ò il „ trasudamento che ha luo^o nella gravezza della t, glossitide : altro quello che avviene sulla parte „ esterna della lingua in iornia di pseudo-membra- „ uà , di cui un bellissimo esempio conservasi in ,, Londra nel museo di flunter , e dietro la quale ,, si scioglie la malattia , come noi stessi abbiamo „ rilevato, o per copioso sudore, o per abbondanti „ e sedimentose orine. „ In onta cosi dei tanti pe- ricoli che accompagnano la glossitide sia in dipen- denza dall' organo affetto o dalla violenta reazio-* ne febbrile , sia dal ritardato riflusso venoso o dal" la impedita respiraziuae , Citierge per le os'ìervaziai- G.A.TXJJ.I. 3 34 SciENIK ni di gravissimi scrittori la prospera terminazione delle medesime fino a non rimarcarsi sempre mor- tale l'esito istesso per suppurazione o per gangre- ua parziale. Gol mezzo d' irrefragabili ragioni dimostra es- sere il salasso il mezzo preferibile a qualunque al- tro rimedio. A[)poggiato quindi specialmente ai giu- diziosi raziocini del Testa e del Goldoni , che la diminuzione della massa sanguigna risentita e sul lo- cale e sul generale produce per se sola un van- taggio incapace di venire uguagliato da molti ri- medi controstimolanti , non mancò essere preneroso o uei salassi. AH' apertura delle giugulari ed all' ap- plicazione clelle sanguisijglit; sulla lingua, amò a buon diritto di preferire l'applicazione di queste al col- lo e sotto del mento , e ne lodiamo le riflessioni che^ vi aggiugne. Giustamente poi penetrato dal van- taggio delle generali cacciate di sangue non com- prende come Faneau Delatour possa recentemente as- serire che siano quasi senza e{F(!tlo nella glossitide le generali sanguigne , e che a queste debba in ve- ce supplirsi Con maggior vantaggio con le incisio- ni sulla lingua come principale rimedio. „ Il prc- „ tendersi da alcuni seguaci della scuola fisio-pa- „ tologica che tutta la cura nelle malattie debba „ dirigersi alla parte interessata , fa dimenticare la „ reazione di questa suH' universale , ed il bisogno ,, di agire con mezzi risentiti sul generale sistema, „ i (juali vengono poscia praticati allorché la ma- ,, laltia è divenuta superiore ai terapeutici soccorsi. „ Troviamo altresì molto commendabile l'uso delle in- dicate sanguisughe , avendo con queste il N. A. j'isparmiato le scarificazioni sulla lingua da esso ret- tninente avvertite uon sempre necessarie per la gua- rij^ione , non sempre utili , e taholta pur nocive AwrfO CIINICO-MBDICO 35 per osservazione di Hufeland. E siccome la impe- dita deglutizione renderà impossibile Tuso àeaV in- terni farmaci , usò egli perciò per clisteri ad imi- tazione di Raggi il tartaro stibiato a dosi refratte nel principio , ma quindi con maggior profitto , die- tro i principi di Frank , i clisteri purganti piiì o meno attivi. Fece ricorso pur anche ai colluttorj pre- parati con la infusione di digitale , e vide dietro i medesimi diminuirsi la infiammazione ed il vo- lume della lingua , facendo singolarmente rimarcare eli' egli sebbene pochissimo amante de' virosi , e seb- ben paventi l'azion deleteria della digitale applica- ta alle fibre dello stomaco , non perciò intende esclu- dere pienamente quel farmaco dalla pratica medi- ca. Felice applicazione ha pur fatto, in tale incon- tro delle unzioni di tartaro stibiato , per le qua- li ci soscriviamo al dubbio dell'A. di non essersi sin qui ricorso da verun pratico alle medesime nel- la cura delle glossitidi. Raccomanda perciò , che l'uso di simile rimedio nelle infiammazioni interne ven- ga maggiormente esteso , in quanto che „ senza tra- „ sportare altrove la esistente fleraraasia , non man- „ ca , mediante gli effetti delia contro-irritazione , „ di rendere meno gravi i fenomeni locali. „ Analizza il prof. Speranza nella epicrisi annes- sa alle angine la memoria del francese scrittore Bo~ uillaud , appalesandone le non poche erroneità , le quali renderebbonsi senza dubbio sorgente di dan- ni in pratica medica, e per la facile confusione dell' angina detta edematosa colla infiammatoria , e per la poca convenienza del metodo curativo. Se il sa- lasso nelle flemraasie dovesse praticarsi soltanto nei soggetti pletorici ed in caso di valida lenzione va- scolare sanguigna , oh quante flogosi , che svilup- pausi in persone dotate di poca energia , termine- 3* 36 S e 1 E M X E rebberò in esito fatale per omissione delle neces- sarie sanguigne generali ! Non e il salasso per se medesimo che arreca danno , ma l'oltrepassare i li- miti della moderazione e della prudenza. Cos\ l'en» teritide ( saggiamente ripiglia lo Speranza ) , la ra- cliialgitide determinavano poca reazione febbrile: ma chi ignora die il miglior soccorso dipende dalle sottrazioni sanguigne generali in mezzo ancora ai fe- nomeni di pochissimo esaltamento nel sistema va- scolare sanguigno ? Direni quindi , che non a buon senno lo scrittor francese considera le sanguigne locali come piìi elìlcaci del salasso , riserh.uido egli con imunlura esclusione quest' ultimo pe' soggetti pletorici soltanto , e pe' casi di reazione febbrile assai pronunciata. La differenza stabilita da Recamìer fra la bron-^ cìiitids ed il catarro polmonare non sembra al N. A. aminisibile in pratica , tanto più che nel catarro polmonare acuto non mancano di rimarcarsi i fe^ nomeni considerati caratteristici della bronchitido. Prende qui l'A. argomento di osservare , che se Ip- pocrale ed i seguaci di lui davano troppo valore agli sputi nelle malattie degli organi bronchiali sia al punto di considerare imperfetta la soluzione deir le medesime senza la comparsa di analoga espetto- razione : i moderni al contrario hanno quasi rinun»- ciato a qualunque investigazione. Da egli perciò una rapida e ragionala norma del carattere che of-F frono gli sputi nell' intiero andamento del morbo. Sul proposito poi di quanto il clinico parmen- se discorre intorno alle pohnonitìdi ^ ci arresteremo ad osservare che il medesimo non rinunziando ai preziosi insegnamenti della greca scuola , degli otti" mi seguaci di questa , e della propria esperienza , forma del silasso il principale m ./izo cur,ilivo icn-» Anko CT.mieo-Mf dìCo 3-7 xa soverrhiaminle confidare nel inedesiino. Giuìta- meiile egli avverte , non esservi segno più incerto della cotenna per ripetere i salassi ; che oltre da- ti limiti non conviene insistere nelle missioni san- guigne, quand'anche trattisi d'individui di buon teni' peramento forniti ; die altro e il dire di un amma- lato curato con molte sanguigne , altro è il ])ro- vare ch'esse fossero realmente necessarie; che moltis- simi peripneumonici sono in ogni tempo felicemente guariti sottraendo loro minore quantità di sangue : ciò che è facilissimo il provare colle osservazioni di Hoffman , di Steli, coi prospetti clinici degli ottimi professori De Mattheis , Brera ( per tacere degli an- tecedenti anni clinici del N. A. ), e di qu:inti altri pratici , in mezzo alla licenza dei medici sanguina- ri , mantengonsi prudenti nell' uso del salasso. Dal- la necroscopia istituita in un peripneumonico , e da altri fatti analoghi guidato il prof. Speranza, ci fa con somma aggiustatezza rimarcare che quando Tagi- tazione è somma in colali inftn-rai senza potere in- colpare il cervello , si deve supporre interessato l'or- gano centrale delia circolazione. Con la scorta di autorità, osservazioni e raziocinj dimostra il biso- gno di ricorrere alle sanguigne locali alle parti la- terali del torace onde sollevare il viscere affetto. Basta infatti conoscere la situazione della vena azi- gos., e quanto ella si gonfi di sangue , per osser- vazioni di Lancisi e di Morgagni, nelle pleuritiche, peripneumoniche , e cardiache affezioni , per con- chiudere la indispensabile necessita e la convenien- za di ricorrere dopo i salassi generali all' apertu- ra artificiale de' suoi rami colle sanguisughe lungo gì' interstizi delle coste. Intento sempre l'eruditis- simo N. A. a fiancheggiare col rigore dell'analisi e co' sani principi della greca mvlica scuola qui- 38 S e I E N Z X lunque parte della sua terapia , ed inerendo alle niassirae già esternate nel precedente anno clinico suir nso dei rimedj intorni , addimostra col più fino criterio (juanto siano utili i leggieri evacuan- ti f quanto vantaggiosi i diuretici , e quanto gio- vevoli gli antimoniali. Questi , come aventi azione elettiva sugli organi del respiro, non debbono esclu- dersi dalla medica pratica , ed assicura anzi il N. A. riuscire essi più efficaci nel connubio co' diu- retici. Apprezzando poi meritamente la utilità dei vescicanti nella flemmasia del polmone , ne ram- menta i conseguiti vantaggi.,, Ammesso col cel. Te- „ sta , che in una infiammazione tutt' i poteri del- „ la vita si accumulano gli uni sopra gli altri : „ considerato che dove esiste il processo flogistico „ evvi aumento di azione con difetto negli altri „ organi o tessuti ; ne conseguita , che i vescican- „ ti apj)licati alle varie parti del corpo debbano „ sollevare la parte primitivamente interessata , e „ dar luogo ad attivarsi qualche funzione , che per „ ineguale distribuzione dei poteri vitali rimane tut- „ torà in istato d'inerzia. ,, Trattando delle cardi t idi e pericarditidi , ac- cenna singolarmente alla difficolta di potere dai sin- tomi giudicare della raccolta acquosa, essendo que- sti sovente ingannevoli ed incerti ; ma raccomanda insieme con impegno il seguire l'esempio dogli an- tichi maestri nell' arte , e senza contentarci di po- chi fenomeni vuole che si valuti il complesso di molti insieme uniti , comprendendo in questi il nu- mero maggiore di fatti e di opportune osservazioni. Con vivo interesse poi leggiamo quel che il N. A. ne dice nella epicrisi che conseguita alla len- ta gastritide. Amor di brevità ne vieta a riferirla per iatiero , ma dispensarci noa possiamo per amor AWKO CLINI CO-MEDICO 3(j del ptiLblico Lene a farne conoscere alcune verità. ,, Comparsa in luce l'opera di Corvisart sulle rna- „ laltie del cuore, la maggior parte degl' individui „ non vedevano in se stessi , che precordiali ma- ,, lori. Pubblicilasi la dottrina di Eroussais sulla „ gastritide e gastro-enterilide cronica , quasi tul- „ ti credono di esserne affetti. Ne da tale imm»- „ ginazione manliensi soltanto preoccupata la nien- „ te dei non medici , ma dei cultori ancora dell' „ arte salutare. Da questa sorgente è nata una spe- „ eie di mania per la flogosi gastro-enteiica , ia „ forza della quale i seguaci della scuola fisio-pa- ,, tologica moltiplicano in Francia, a giudizio di Ge- „ orget , le vittime della medesima. „ Difatti richia- mando le tante affezioni di stomaco, a cui vanno sog- getti i sedentari , i letterati, i meditabondi , i me- lanconici , troviamo essere il .suo stomaco soggetto a tutt' altro fuorché a gastrite. Le prelese gastri- tidi lente, dice Georget , che durano molti anni, non sono che nevralgie dello stomaco , mantenuto spesso dall' alterata immaginazione dell' ammalato e dall' improprio trattamento. Male a proposito , ri- flette anche Barras recentemente , si giudicano si- mili affezioni per croniche gastriti , mentre non so- no che nevrosi del sistema digerente , anzi più fre- quenti di quello si crede. Non ogni lenta affezio- ne dello stomaco deve riputarsi gastritide cronica , soggiagne Speranza ; sovente dipende da una mor- bosa sensibilità del viscere : e fra la debolezza e la inQanimazione vi sono molli stati intcrmedj , mor- bosi , che non si accostano ne all' uno ne all' al- tro- Con somma perspicacia quindi raccoglie dei morbosi fenomeni un analogo paralello dietro le pro- prie e le altrui osservazioni, onde si possa con qual- che fondainento determinare sa l'affjiio.is dello sto- 4o S e I Jt N Z K niaeo sia da riferirsi piuttosto alla gastrititle croni- ca che alla gastralgia. E (\m è specialmente note- vole , che ciascheduna delle indicate afTezioni ri- conosca pure cagioni diverse , venendo la prima pro- dotta per potenze fisiche , la seconda morali. Di- casi lo stesso del metodo curativo , per cui la ga- stritide cronica esige un trattamento antifloii;istico t Ja gastralgia all' incontro più facilmente guaribile cede ai mezzi igienici , ai tonici , ai sedativi. Nella istruttiva epicrisi , che tien dietro alla enteritide , abbiamo singolarmente a rimarcare con quali plausibilissime ragioni insista perchè rettamen- te distinguasi la enteritide dalle malattie analoghe, senza confondere insieme , siccome alcuni fanno , la colica flatulenta , la sanguigna , la biliosa colla \nt fiararaazione enterica. Ritiene perciò della più al- ta importanza , che a bene apprendere cotale di- stinzione approfittar debbasi delle istruzioni date da yilbertini al grande Morgagni , e riguardare per seoni caratteristici della flogosi enterica il ventre duro teso stitico con ombelico retratto all' inden- tro, i polsi esili depressi spasmodici irregolari , la fisonomia del paziente alterata : ai quali fenomeni a^oiugne l'eruditissimo Sprengel , come patognomo- nico e costante, che pure dal N. A. ebbe a ri- scontrarvisi , il trismo ed il riso sardonico ogni volta che si comprime anche leggermente il ventre. Tali principi conducono a determinare il vero me- todo curativo , il quale , quand' anche in generale antiflogistico , esser dee proporzionato alla qualità , al carattere ed all'indole del morbo. Per questa ra- gione i purganti attivi , i drastici , e la famigera- ta gomma-gotta tanto vantati nella colica suburrale non possono essere indicati nella infiammatoria, nel- la rearaatica e nella vena enteritide. Inerendo scia» Anno ciiMico-MEDiCo Xi pre perciò il prof. Speranza alle sane massime del- la greca scuola , vide in ogni caso coronato di fau- sto successo le cure dell' enteretidi , limitandosi asir oleosi , ai blandi evacuanti , alle bevande antiflo- gistiche ad esclusione dei catartici e dei drastici , dai quali non senza ragione paventar si deve la mag- giore infiammazione della membrana villosa ed il successivo passaggio alla gangrena. Intorno alle epatitidl , contro l'asserto di Bouil- laud , a buon diritto sostiene , clie dopo le istrut- tive osservazioni di Tissot , di Stoll , di Finke , di Prost , e dopo le vaste cognizioni che possediamo per opera di Toiiimasini , di Meli, e di Brera, non abbiamo a desiderare ulteriori schiarimenti sulla na- tura , carattere , e condizione patologica della epa- titide acuta. Il carattere di questa più risipelatoso che flemmonoso dipende dall' essere pii^i suscettiva di flogosi la vasta membrana esterna che la sostan- za parenchimatosa del viscere , la quale in ragione della sua struttura glandolare diventa in vece più spesso la sede delle flemmasie sorde e lente , co- me insegnano, appoggiati ai lumi dell' anatomia pa- tologica , Morgagni , Bianchi , ed altri. - Sul conto poi delle splenitidi, troviamo assai interessante l'av- vertenza della complicazione dei mali della milza non solo col fegato e collo stomaco , ma col pol- mone e col cuore ancora, fiancheggiando altresì l'as- serto con la menzione di quanto ebbe egli in par- te a rimarcare nei suoi individui , e con l'appog- gio delle osservazioni di altri sommi scrittori, come d'Ippocrate , di Morgagni , d'i Hesse, d'Hildebrand , di Testa, di Brera , di Grottanelli , e. di altri. Né maravigliarci dobbiamo di tante complicazioni mor- bose , quando si consideri , che pe' vincoli di cir- colazione la milza esercita grande influenza anche sul cuore. Dall' essere poi fornita h milza di san- gue venoso , prctende.si , e non senza ragione , che abbia piiì influsso sul cuore destro che sul sini- stro. Con la scorta di simili principi riconosciuti da"li antichi , trascurati nei tempi successivi , e sol- toposti dai moderni alle osservazioni , ai fatti , ed al lume dell' anatomia patologica , rilevar potè nei suoi infermi la cagione di tanti morbosi fenomeni che per quanto chiara rendevano la diagnosi del- la m;ilattia interessante i visceri splancnici , non la- sciavano di spiegare dubbi ed incertezza sulla pro- venienza dei mali inerenti agli organi pneumonici e cardiaci. Fermo il N. A. nel savio divisamento di ri- conoscere nella parte curativa dei morbi i metodi sanzionati dalla osservazione e dalla sperienza di tutt' i tempi e di tult' i secoli , si dichiara giusta- mente avverso a ricercare nei fasti di qualche mo- derna scuola il metodo curativo della dissenteria , quasi che i nostri padri non l'avessero debitamen- te curata. Anche innanzi la dottrina del controsli- molo conoscevasi essere la dissenteria un morbo in- fiammatorio acuto o cronico ; uè l'errore dei broAV- niani era riferibile a tutt' i medici. Errò poi Brous- sais dichiarando doversi sottrarre le materie co- me cagione della malattia ; s'ingannò Recamier con- siderando per causa della dissenteria l'alterazione dei fluidi che ristagnano nel tubo digestivo ; ne a sani principi terapeutici si appoggia l'opinione di Vitet per l'applicazione delle sanguisughe al brac- cio , e l'opinione di O' Beirne per l'uso dei clisteri di tabacco , e delle unzioni fatte col medesimo sul ventre. Depone in vece il N. A. aver tratto utile profitto dai clisteri di latte , dagli oleosi , dai mu- cillaginosi , e da quelli pur di acqua fredda ad esem- / Anno clinico-medico 4^ pio di Kent. La cura interna poi si fece da lui con- sistere nei blandi evacuanti , dopo aver premesso il salasso e le sanguisughe all' ano , nelle bevande antiflogistiche , mucillaginose ; e dopo essersi tolto l'orgasmo flogistico , si fece uso dell' ipecacuana , del tamarindo. Con un cenno intorno alla epicrisi , che sus- siegue al trattamento dei reumi articolari , porrem fine al presente estratto. Conferma l'opinione di Sydenhan , di Stoll , di Acerbi , di Laennec pel lungo ed ostinato periodo che percorre il morbo in mezzo ancora al più conveniente metodo cura- tivo. Accenna non oltrepassarsi da varj medici fran- cesi la dose di sei o otto grani di tartaro eme- tico , e ritiene, che queste osservazioni servir non possono di argomento ai seguaci della scuola bo- lognese a favore della pretesa tolleranza. Rimarca non esser nuova la manifestazione de' sintomi te- tanici nel reuma acuto e grave ; ma egli li riguar- da come effetto di grave complicazione. Resa poi ira- gione dei morbosi fenomeni, inclina ad opinare es- ser morta una delle sue inferme di tal raorho per successione morbosa , cioè per nuova infiammazione trasportatasi suli' organo encefalo-nervoso , o sui vi- sceri gastro-enterici , o,per meglio dire , per trasmi- sgrazione , o metastasi reumatica. Non vorrebbe in- colparne la gommo-gotta per diversi giorni ripe- tuta più per altrui desiderio che per proprio:,, Ma „ chi ci assicura quale fosse la predisposizione del- „ lo stomaco e degl' intestini ( egli soggiugne ) , a „ contrarre per piccola cagione una flemmasia mor- „ tale ? . . . . Seguiamo adunque le massime del pa- M dre della medicina ; ed alla morte di qualche in- T, dividuo da noi curato non saremo obbligati d'istrui- ;, re una severa analisi per giudicare se la malat- ,^| S e I E K r. K „ tia -soltanto od i rimedj ancora abbiano conlribui- ;, to ad un esito fatale. ,, Nel chiudere questo nostro qualsiasi rapporto intendiamo rallegrarci con l'esimio prof. Speranza , e pel suo profondo sapere , e per la sua non or- dinaria erudizione , e per la sobria maniera di usa- re delle teorie del giorno , e per la felice appli- cazione dell' eclettiche massime alle sue cliniche istru- zioni ed alle sue produzioni scientifiche. Scorgiamo infatti con verità , ch'egli, alieno dai sistematici prin- cipj , si è fatto ognora scudo dell' osservazione e dell' esperienza nelT intralciato sentiero dell' arte salutare. TONELLI Delle pietre antiche , libri quattro di Faustino Cor- si romano. 8.° Roma dai torchi di Giuseppe Sai- ciucci e Jìglio 1828. ( Un voL di pag. 224- ) l chiarissimo signor avvocato Faustino Corsi , già conosciuto come studiosissimo delle cose litologi- che pel bel catalogo ragionato , che pubblicò al- cuni anni addietro , di una collezione di marmi per essolui fatta , la quale è passata alla università di Oxford ; ha di recente pubblicata l'opera che an- nunciamo ; sicuri di fare cosa la quale tornerà in onore dell' autore , utile della patria nostra , e de- coro della Italia. E veramente se questa scrittura del Corsi dilata in certo modo il patrimonio delle lettere , giova ancora il patrimonio de' negoziatori delle pietre , i quali dal nostro paese esercitano con pubblico vantaggio simil commercio. Ancora può at- PlETRK ANTlCHK 4^ fermarsi che ne trarranno vantaggio gli studiosi del- la lito!o<^ia comparata , e moltopiù clie ne avranno diletto coloro i quali , desiderosi di raccogliere an- tichi marmi a dovizioso e nobilissimo ornalo di ap- partamenti principeschi , hanno ad essere desiderosi di conoscere Lene quelle cose che possiedono. Tante qualità , a nostro avviso , raccomandano il libro. E c!ie questo sia uno schiettissimo vero mi confido di- mostrare , sponendo il piano , lo scopo , e le parti dell'opera, e toccando alcun articolo corrispondente a quelle cose che ho afìermate. Noi usiamo di molte pietre che gli antichi al- tresì adoperarono. Ma quando l'A. ha intitolalo il suo libro Delle pietre antiche , non le ha determi- nate con queir addieltivo in ragione della loro esi- stenza , ma in ragione della conoscenza che ne eb- bero gli antichi. Questa conoscenza ci rimarrebbe ignota senza il soccorso degli scrittori , i quali tra- mandarono alla posterità la storia delle cognizioni che i loro coetanei avevano così di questa , come delle più cose. Ora gli scrittori distinsero con al- trettanti nomi altrettante qualità o spezie di pietre. Lo stesso facciamo noi. Se non che ci rimaneva da conoscere a quali dei nostri nomi cerrispondessero i nomi imposti alle pietre dagli antichi ; perchè non di molti abbiamo conservato gT identici nomi nella mutazione delle lingue antiche nelle lingue moderne. E considerato sotto questo aspello il libro del Cor- si, che appunto s'impone il debito di trovare questa corrispondenza , può dirsi una litologia comparata , come è nell'uso dire geografia comparata quella che rapporta ed appropria alle contrade moderne le di- visioni e le denominazioni delle contrade antiche. Questo è dunque da dirsi lo scopo che il Corsi si è proposto. 46 S e I B V z B Quale piano abbia adottato per conseguirlo , cel dice ei stesso nella prefazione. Ha descritta la for- ma delle macchie e delle vene: ha indicato il colore: ha esposte ove bisognasse le qualità di ogni spezie di pietre : ha rilracciato i luoghi d'onde si cavano. E questo ha fatto sulle pietre propriamente. Quindi togliendo a svolgere gli antichi scrittori , cosi di prosa comedi versi, ha raccolto possibilmente il re- sultato di queste stesse specie di osservazioni ; dal che ne è nato il giudizio della identità di una tal pietra , che noi disegniamo con un tal nome , con essa pietra, che gli antichi distinsero con un tal no- me eziandio dal nostro affatto diverso. E perchè a volere rendere l'opera sua veracemente utile , gli bi- sognava usare quel linguaggio moderno che è co- nosciuto ed usato nel commercio delle pietre ; do- ve questo linguaggio moderno non fosse uno fra i litologi , ossia gli scienziati ed il rimanente degli «omini , ha prescelto adoperare questo linguaggio più generale. Tanto per via di esempio ha dovuto fare dove ha parlato delle brecce : col quale no- me ha dovuto indicare così le brecce formate di so- stanze calcari , come quelle formate o di tutta sili- ce , o racchiudenti frammenti silicei. Imperciocché i commercianti di pietre comprendono ambedue le spe- cie sotto un nome solo , a differenza degli scienziati , che distinguono col nome breccia i soli aggruppa- menti di sostanze calcari , e con la voce inglese yo«- dinghi quelle che racchiudono de' frammenti silicei. Non si e poi allargato dalle divisioni adottate nella sostanza della scienza , che non abbia riposte avvisa- tamente le calcari fra i marmi chiamandole breccie, e le silicee fra le pietre dure chiamandole pudinghi; con che ha conciliato possibilmente l'uso del suo libro diretto all' utile , co' buoni principi! della scienza. Pietre antiche 47 Donck* consipgue , che restano vuote di ogni ragione 1(* (liniaride di quelli , i quali fossero por desiderare nel libro una filatura più stretta ai precetti della mineralogia. Ma per toccare della divisione che ha data al suo lavoro, noterò che assai semplicemente il divide in quattro libri ; il primo de' quali discorre le pie- tre da costruzione , ed abbraccia sei specie : il pe- perino tenero , il duro , il tufo , la manziana , la selce , e il travertino. Dove sembrerebbe potersi os- servare , che gli antichi si valsero pel fabbricare di molte altre pietre ; ma chi guardi accuratamente al piano ed allo scopo dell' opera, troverà facile e pia- na la ragione dell' averle taciute. Perchè quegli altri nomi che gli antichi assegnarono a'niateriali , con che murarono l'esterno de' loro edifìzi (poiché di quelli usati per le interiori parti di muro non si vuole ave- re ragione ) o trassero dalle diverse località d'onde provennero , come sarebbe di tante spezie di tufi, di travertini ec, e in questo caso uno essendo il sog- getto rappresentato con molli nomi , l'A. forse giu- dicò spediente trattare di quel nome, il quale come più generale abbracciasse le dififerenzo procedenti an- zi dalle località che dalla natura della pietra : o si veramente ai diversi nomi usali dagli antichi non occorse trovare la sinonimia italiana , o viceversa ( e cosi deve dirsi di materiali adoperati nelle par- ti interiori), e allora a me sembra clie l'A. sarelibe uscito fiiora dei termini che egli stesso aveva dise- gnati , se ne avesse tolto a discorrere. Il secondo libro tratta delle pietre da decora- 7Ìone , ed abbraccia sette classi : i marmi , le ser- pentine , le ardesie , i basalti , i pudinghi , i porfi- di , ed i graniti. Ciascuna ])oi delle classi è suddi- visa in tante specie , quinte la materia ne coiiipar- 4i^ S r. I E M z ìe ta : come, per esempio, de' marmi unicolori se ne an- noverano cinque specie , dieci de' venati , quattro del- le serpentine , tre de' porfidi ec. Tra li quali porfidi con dimostrazione non dubbia di perfetta conoscenza de' principi! scientifici ha allogati quelli clie i com- mer«;ianti di pietre chiamano serpentino , non facen- do caso di questo nome impostogli dal volgo de' com- mercianti , per allogarli tra le serpentine degli scien- ziati , delle quali a lungo ha trattalo in una clas- se separata; non tacendolo però o travisandolo, af- fine di non detrarre alla utilità della sua opera. E questo sia sngi^el che ogni iioino sganni dall' equi- voco , il quale può risultare al leggere un articolo inserito nella Antologia fiorentina , dove si fa colpa air autore di aver confuse lo serpentine co' porfidi, senza fondamento di verità ; la quale mi sembra as- sistere queir altra osservazione che l'estensore deli' articolo fa intorno a' marmi pisani , lunensi , e ligu- stici, non SI però che ne torni alcun biasimo al Cor- si. Al quale bastò pel suo scopo , e secondo il suo piano , destinare una sezione speziale a tali marmi ; Lastò confessare che gli antichi scrittori non ne ave- vano indicati i caralte/i e le sostanze , non aveva- no descritti i colori e le maccliie : bastò porre \n. avvertenza il lettore , che per queste ragioni non potrebbero riconoscersi con sicurezza , ne comparar- si con precisione , i nomi latini con gli italiani : ba- stò che de' graniti , che attuainienle si cavano nel ge- novesato , trovasse i corrispondenti all' intutto negli edifici di Roma , e nelle sontaoije ville de' suoi din- torni : bastò che ne' dintorni di Pisa si cavino e si trovino impiegati , in ispecie ne' pavimenti antichi , que'raarmi argillosi che rappresentano erbe, alberi, ruine , e che gli anticlii vediamo avere altresì ado- perati , per non dire cosa che non fosse vera. Chs PiKTRK ASTICHE ^0 se la conoscenza assai più larga che- l'antologista Ila di que' luoghi bene dimostra , avere il territorio di Pisa altri marmi olirà agli argillosi delli quali il Cor- si ragiona , e se gli antichi questi marmi non distin- sero con nomi specifici , ognuno farà sua ragione del- la conseguenza : e memore di quello cìie ho nota- to intorno al piano ed allo scopo dell' opera , giu- dicherà che sia utile al progresso delle cogniiioni il notamento dell' Antologia fiorentina: ma che ne punto ne poco rainuisca la borita , o la verità , o la diligenza adoperata nell' opera sua dal sig. Corsi. Il terzo libro tocca le pietre fine, divise nelle classi di quarzi , feldspati , e sostanze analoghe al- le pietre ; suddivise poi , come ho dello parlando de' marmi. Cjsì, per esempio, i quarzi danno materia a tre sezioni, l'una degli opachi, l'altra de' salini , la terza delle agate ; delle quali ultime ( per tace- re il resto ) ne annovera e ne descrive ben venti- cinque specie diverse. E per mostrare come talora la corrispondenza tra le antiche pietre e le moder- ne fili da dati a prima vista incredibili , preghe- rò il lettore che prenda ad esame la terza specie de' feldspati, che presenta la comparazione dello sme- raldo calcedonio con la pietra delle amazoni. E ve- ramente quale rapporto poteva facilmente imaginar- si fra una pietra da Plinio ed una che noi nomi- niamo delle amazoni , percliè crediamo trovarsi ia America sulle rive di quel fiume che ha simil i;io- me ? Non dico io già , ne l'A. dice , che Plinio regi- strando lo smeraldo di Calcedonia, intendesse di quel- la pietra che ci verrebbe dopo alcuni secoli dal nuo- vo mondo. Nò : Plinio intese parlare di una pietra, che trovavasi in un monte presso Calcedonia sulle coste che noi diciamo di Barbarla. Ma come sino da' tempi di Plinio si dubitava se la cave di quegli siii<9- G.A.T..1LIL 4 5o Scienze raldi calcecloDÌ fossero esauste , ed il naturalista ne allegava per cagione lo essere venute manco le mi- niere del rame ; invano sarebbe stato oggidì cerca- re il nome che corrispondesse all' antico , dove non v' era la pietra cui attribuirlo. Ora poteva il no- me smeraldo tenere in inganno , e farci credere che •veracemente presso Galcedonia, come in Scizia, si tro- vassero smeraldi preziosi. Ma quando , facendo al so- lilo suo diligente rallronto tra i caratteri disegnati di Plinio , e quelli che distinguono la pietra delle amazoni , l'autore ha trovato coincidere la squamo- sità , la incertezza del colore , il gatteggiare a dif- ferenti lumi , l'accompagnamento di una macchia , che rende la pietra piuttosto untuosa , che nitida e tersa : allora noi rimaniamo convinti , che lo sme- raldo calcedonio di Plinio era una pietra uguale a quella oggi conosciuta sotto il nome di pietra delle amazoni. E dove avesse pur bisognato una dimo- strazione comparativa delle due pietre antiche o moderne fra loro , la fortuna non l'ha invidiata al signor Corsi , quando dagli scavi di Tivoli , e pre- cisamente da quelli che ha fatti operare il mar- chese di Northampton nella villa di Vopisco , sono venuti alla luce frammenti di pietra scritti di ge- roglifici » air intuito simili alla pietra dello amazoni. Il quarto ed ultimo libro prende argomento dalle pietre preziose , delle quali se ne espongono in tutto tredici spezie differenti. Intorno a queste gemme l'Antologia fioretitina ha notato che i criso* liti, le acque marine, i topazj , le ametiste ec, come altrettante varietà di quarzi diversamente colorati da ossidi metallici , avrebbono dovuto collocarsi fra le pietre quarzose. Intorno al che mi pare da dove- re col sig. Corsi distinguere tra le gemme e i quar- zi, se è vero che le sostanze delle quali si conipon- Pietre antiche 5i gono i quarzi sia nella quantità , sia nella qualità affatto differiscano da quelle onde si compongono le gemme. Però fra questi ultimi annoverò il Corsi que' cristalli colorali di giallo volgarmente delti to- pazj , e di verde detti smeraldi , e cosi di tutti gli altri colori : di che può consultarsi la sezione se- conda del terzo libro per intiero. Ma delle gemme come affatto diverse ragionò in (juesto ultimo libro per non confondere le sostanze con le semplici ap- parenze , e se mi fosse permesso usare la metafora , il corpo con l'ombra , l'originale col ritratto. Nella qnale differenza non istimo superfluo brevemente com- parare le pietre preziose, delle quali parla l'autolo- gista , co' quarzi , secondo i dettami de' mineralogi. A stabilire l'idea giusta de'quarzi userò dell'au- torità di uno scienziato nostro di molta reputazione, il sig. Emanuele Repetti. Egli nell'Alpe Apuana, alla pag. laS, da tale analisi del quarzo cristallo di mon- te , che di alumina vi trova appena sessantatre fra- zioni di un centesimo , mentre i restanti novanta- nove centesimi e trentasette frazioni sono di silice. Ora vediamo di che si compongono i crisoliti , i to- pazj le acque marine , le ametiste delle quali tocca l'Antologia. Mi atterrò alle analisi di Klaprolh , co- me di autorità irrecusabile. Le acque marine sono una varietà dello smeraldo : i topazj , i crisoliti , le amatiste dette orientali , varietà del rubino o dello zaffiro. Ora di questo ultimo , novantotto centesimi e cinquanta frazioni sono di alumina , un centesimo d'ossido di ferro , cinquanta frazioni di calce. Del rubino , novanta sono di aluniina , sette di silice , lasciando il resto delle frazioni. Or vegga di grazia l'antologista se convenga al Corsi mettere in un fa- scio quella pietra, nella quale novantanove parti sono 4^ 52 Scienze (li silice , e quella nella quale o non ve ne ha alcu- na, o ve ne ha sette. E viceversa quella nella quale ci ha novanta o novantanove centesime parti tli alu- niina, con quella nella quale non si aggiunge a tro- varne una intiera centesima parte. E io non ignoro che il plasma di smeraldo , il topazio di Boemia , l'ametista occidentale sieno della stessa famiglia dei quarzi, ma diversi dalle vere gemme : ondechè mi sem- Lra la questione risolversi dalle premesse e vittorio- samente pel sig. Corsi. Ai quattro libri ha premesso l'A. un discorso intitolato Osservazioni storiche intorno alle pietre an- tiche. Ivi nota l'epoca nella quale ebbe principio pres- so i romani l'amore passionato pe' marmi , e i rapi- di progressi che nelP ultima età della repubblica ave- va già fatti quando Lucullo , Scauro , Mamurra , Ap- pio Volunnio tanti e in tanti usi ne profondevano. Quando le leggi fecero di questo capo di commercio un articolo di tariffa, gravandolo di dazio, poi ridus- sero sotto la mano e la proprietà del governo tut- te le cave: quando il fortunato Augusto si millan- tava di aver lasciata Roma marmorea. Procede mo- strando che le voglie del lusso essendo minori del po- tere a soddisfarle; presto i marmi furono divisi in lastre sottili alline di moltiplicarne l'apparenza; pre- sto si faI>ilicarono con la pittura. E perche quella genia di uomini , che si fa un idolo di guadagno , profittava di questa passione secondata comperando gli edilizi e struggendoli per mercanteggiarne i mar- mi , si fa quindi strada a ricordare le leggi coerci- tive che furono loro imposte: ne trascura di recar- ne in mezzo altre , le quali proibivano a le famiglie inservienti alle cave che trasferissero altrove il do- micilio. Quali regolamenti governassero l'amministra- zione di queste mmisre , quali udìciali e Ji qual no- m» lo sop.-astassero : come tli tal comr«erc?o se uè facessero una odiosa privativa gli imperatori : con qual, mgcga, si da lange a Roma i ..armi navi^as- sero: dove approdassero: a quali mutazioni in pro- gresso d. len.po fosse soggettato questo commerc.o , viene I autore partitameate dimostrando : e quanta spe^.e d. artefici collocassero la loro industria nel la^ vorarne i marmi : e di qual nome ogni mcstiero fos- se dist.nto. Queste cose che affermo ragionale de' mar- ni. , SI intendano altresì dall' A. discorse intorno al- le pietre fine, ed alle pietre preziose , e formano l'ar- gomento della seconda parte della prefazione. Nel qua- le argomento , come egli suol trarre profitto dagli sto- nc.,da poeti, dalle leggi , dalle iscrizioni lapidarie, le cui test.mon.anze tutte o quasi tutte ha con fati^ ca e diligenza recate, con amore ed acume ordinai, in questo bollo e dotto ragionamento; non poteva nou occorrergl, quello che intorno ai vasi murrini d.gli antichi e stato a noi tramandato. E per verità ricor- da cocche di Pompeo , di Svetonio , di Augusto , di Nerone, di Petronio viene narrato , e tocca le ^pi. n.oni di Boot di Bomare , di Monges, di Blond , di 1 aterno; por determinare la corrispondenza di mur^ r.no a qualche sostanza di nome conosciuto presso di no.. Esclude da queste l'agata, e l'obsidiano , escludo, la porcellana, esclude l'ambra. Non l'ambra, perchè Pl.nio ne parla come di cosa affatto differente da la murra: non l'agata e l'obsidiano, perche assai du- re, ondechè contrasta il testimonio di Plinio stesso- non a porcellana , porche non è pietra. AH'A. sem. bra che torse corrisponda la .mura allo spato-fluore, ma ciò d.ce con molta circospezione per rimandar- ne 1 esame ad una dissertazione peculiare. Ed io avrei desiderio , che l'autore trattasse alla distesa questa curiosila non manco d'archeologia , che di storia na- 54 Scienze turale ; la quale non mi sembrava ancor soddisfat- ta da quello che ne avevano dettato Vellheim , e ILiger , e Jancourt, e Bruckman dopo Caristio, ol- tre gli sciillori allegati dal N. A. Senoncbè mi sem- bra , che se non largamente certo però accuratamen- te e lucidamente in 24 pagine di stampa l'abbia esau- rita il signor Rosiere scienziato francese , ingegne- re delle mine, e membro della commissione di Egit- to. E, ciò di che mollo mi allegro, ne ha concbiuso quello stesso che il N. A. sospettava , aggingnendo però una sostanziale distinzione fra la murra natu- rale e l'artefatta ; tra la partica , e la egiziana. La quale coincidenza nella idea fondamentale e princi- palissima, in quanta lode torni del nostro autore ognu- no ben vede. Ne per quel poco che ho potuto notarne secon- do che la sposizione del piano , dello scopo e della partizione dell' opera me ne porgeva occasione , può a mio giudizio rimanere dubbioso il vantaggio che le buono lettere , e specialmente lo studio de' clas- sici , fonte principale del sapere , ne ritrarranno. Se un' opera simile a quella alla quale Faustino Corsi si è dedicato non fosse mancata affatto alla lettera- tura, non si sarebbero incorsi da gravissimi e re- putatissimi scrittori d'ogni fatta errori che sembre- ranno incredibili dopo la lettura di questo libro. Gli spositori della santa scrittura avrebbero affermato co- rispondente al crisoelettro e ^M timbra^ quel //«e//" miiis che occorre nell' Esodo ; o non piuttosto ci avrebbero col N. A. riconosciuto il giacinto ombra- to ? Quel felicissimo traduttore delle Metamorfosi nella nostra lingua , avrebbe egli voltato chrysoli- tliuni in crisolito , e topazium in topazio, o non piut- tosto il contrario? A' coraentatori d'Orazio non avreb- be incontrato il supporre che le trabes hymettiae PlETIVK ANTICHE 55 fossero legni tagliali sull'Imelto , sotto la quale me- tafora Orazio volle intendere gli architravi di mar- mo che soli potevano di cola prov(!nirc. Il dotti - simo Arduino non avrebbe evitata la sinonimia del phrygium ^ del rhodiani ; ma come ha fatto altre vol- te avrebbe indicato il nome francese c'ie corrispon- desse a qne' marmi. E un nostro scrittore di non piccola reputazione , quell' Emanuele Repelli cioè del quale poco sopra abbiamo invocata l'autorità , nella sua bella opera sopra l'Alpe apu.ma, non avreb- be fermata la corrispondenza del coralitico degli an- tichi al marmo grechetlo de' nostri statuari. Cosi dun- que agli altri scienziati siccome al Repetti , agli al- tri comentatori siccome all' Arduino , agli altri tra- duttori siccome all' Anguillara , agli altri espositori infine ed ai letterati d'ogni maniera non dubitiamo affermare sia per tornare il libro del Corsi in inolio ' vantaa^io , tantoché se ne abbia da dire cresciuto il patrimonio delle lettere, che era uno degli assun- ti impresi a dimostrare. Imperciocché quanto all' al- tro che debba tornare in grado degli amatori, e in vantaggio dei commercianti, la cosa parla di per se stessa, se è vero che i possessori dei marmi come quelli de' carnei , delle statue, delle j)itture amano a conoscere che cosa veramente possiedono ; e se è ve- ro che più vantaggiosamente negozieranno queglino che conoscono la proprietà o la varietà de' marmi , che non queglino i quali non sappiano qual merce hanno per mani. Che se queste cose per me discorse sono evidenti , altrettanto conseguita che sia induìn- tato essersi il sig. Corsi procicciato non poco ono- re, non lieve utile tornarne alla patria, non poca lo- de alla Italia. Luigi Cardinali. 56 LETTERATURA Di alcuni vasi etruschi, o it alo greci ^ recentemen" te scoperti , coi nomi de* pittori , che determi-» nano l'età di quelle preziose stoviglie* Oe ia questa disadorna ed affrettata scrittura an- nunciar potremo alcun c!ie di nuovo e bello, forse non aspettato, e certamente di grand' onore alla cara patria nostra l'Italia, il principal merito attiiLuir sì dèbbe all'eccelso personaggio, clie con generosi di- spondi e cure infinite ha sapulo trarre in luce mo- numenti, nati fatti per la scoperta d'ignote veriti. Da lungo tempo la fama celebrava le scavazioni, che S. E. il sig. principe Luciano Bonaparte facea eseguire nella sua signoria di Canino , e le dotte ricchezze di etruschi vasi figurati, clie ne avea rac' colte. Trasportata una parte di queste in Romi , piacque all' E. S. che fossero per noi vedute, come da persona di alcun nome nella greca letteratura ; e ciò fu fatto per mez-zo del sig. cavaliere Boyer , che ci accolse con la più nobile ed obbligante gentilezza. I vasi veramente insigni sovra gli altri, per nomi e parole scritte, ricliiamarono a preferenza gli s'TUirdi ed i pensieri nostri. Dalle lettere soltanto possiamo in fatti aspettarci un lume, che risciiiari fiaaliaeate con istorica desiderata certezza Vq\\ dì Vasi etruschi 67 quelle maraviglie del genio e delle arti antlclie. Fra le iscrizioni relative alla mitologia , agli usi , ed alle cerimonie dipintevi, le quali a bene spiegarsi ricliie- dono maturità di lunghi studj , tre ci apparvero più liete e fruttifere delle altre; poiché contengono ma- nifestamente i nomi degli artefici, disegnatori o pit- tori di quelle rappresentanze. La prima ci diede in antichissima ortografia, ed in caratteri conservatissimi , e scritti due volte, co- sicché non v'ha timore di errare: TAESONHONEAPXO £noiEZEN ; che nelle forme e nella ortografia cor- rente rendesi : TAHSQN 'O NEAPXOr EnoiHSEN , TU' SO Nearchi fdius Jecit. La seconda : TAENnOAEMB , con un' altra parola, che speria- mo poter dicifrare in ripetuta visita , o per sus- sidio di altro monumento ; e ciò , come mostreremo piiì sotto , significa : TAHnoAEMOY Tlepolenii A maggiore sicurezza vi si ripete: TAENnOAEMOS: MEnoiESEN , cioè TAHnOAE- M02 ME nolHZEN , ovvero M' EnOlHSEN , Tlcpole- mns me Jecit. La terza in traiti vaghissimi , e sulT orlo del vaso, cosi insolita, mostrò: ANA0KIAE2 EnOIE, cioè ANAOKIAHS EnOIEI, ovvero EnOIHEEN , Andiicides faciebat ^ o Jecit. Del nome di Tlesone nuli' altro possiani dire, se non eh' è formato , secondo le regole tutte di analogia, dal verbo tXxùì ^ tkZ , tolero ^ forti ter et robuste fero\ come appunto la prima parte di Tle- polemo, nome più bello di quello di Carteromaco , che assumer si volle dal dottissimo Scipione Forti- guerra. Niun artista o pittore antico, di simili nomi è ancora pervenuto a notizia nostra (i). Su quello (i) Troppo moderno , pei tempi de" quali si tratta, è un Tlepolem.0 cibirata pittore « che a T'erro in Sicilia 58 Letteratura di Nearco padre di Tlesone, abbiamo forti argomen- ti , onde crederlo il Clearco pitlore di Reggio in Calabria ; cosi detto presso gli scrittori , per isba- glio facilissimo ne' codici; e su ciò esporremo le ra- gioni nostre iiinoltrando il discorso. Errato parimenti crediamo il nome di Androcy- des per Aiidocides , in Plinio ed in altri autori. Fu questi uno de' celebri dipintori ; egli era eccellen- te nella esecuzione di cose minori ed accessorie , come i pesci. Da Plutarco in Pelopida , e da Ate- neo è detto ciziceno di patria : ma sapendosi , che avea operato famosa tavola con la mostruosa ninfa marina Scilla, egli si sarà, aggirato per la professio- ne sua tra la Sicilia e l'Italia Magna Grecia nostra. Mentre volgevamo queste cose nell' animo , ven- ne recata in Roma l'altra grande raccolta di etrusco vasellame , falla nel territorio de' Vulcionti dal sig. Po- licarpo Gandelori, assistito dagli egregj signori Campa- nari e Fossati. Anche in questa fummo ammessi una mattina , e favoriti con somma cortesia. Ci fu pre- sentato per primo un toreuma rotae., ch'è veramen- te primo e singolare. Tre bellissime Amazoni stan- ti, ed armate di bipenne ad un solo tagliente , han- no i loro nomi scritti accanto : ANAPOMAXE , ANTIO- IlEA , HO0OIIVLE , ciò che alla moderna riducendo- si , è; ANAPOMAXH, ANTIOnH , 'OSOnYAH (l). V'ha era giudice perito delle tavole , degli argenti lavorali , delle stoviglie pittoriche , quali sono le nostre ; di cui Cicerone ( iu Verrem. libro IV. i3. ) (i) Degno di particolare osserv>azione in ANTIODEA è r arcaismo di quella A infine , che noi credevamo roz- zezza quasi barbara degli antichissimi romani ; come in MAGESTHATOD della Duilliana , e simili. Quella jcon- Vasi ethuschi Sg tli più da un lato: XEvXÉ , con una X certamen- te latina, ma di cui la linea traversa è quasi oriz- zontale, o men decussata. Dall'altro lato : Hv*sls ErpA*?EN. Per la investigazione istorica, alla quale sola ora intendiamo ; accompagnar si dee con que- sto pezzo un'ampia ciotola da vino, nel cui mez- zo è dipinto un satirello , che porge un otre , e nella destra tiene il rito. Le lettere possonsi ren- dere nelle pfù prossime latine t xesis EnoiEl. Abbastanza esercitati nella scuola degli spec- chi letterati , che sono etruschi , o italogreci an- ch'essi, e che, se ciò dispiace ad alcun erudito toscano, noi diremo semplicemente italici; troviamo convenientissimo Tarticolare in latino Xeaxe ; poi- cliè latino romano fu certamente fiorilo di sreco e di etrusco. Questo Xeaxe non è nome di una delle tre Amazoni: che ciascuna di esse ha il suo; Jiidro- mache , colei che combatte con gli uomini , Antio" pe , colei che alza la fronte contro , l'AfFrontatrice , Hothopyle , forse l'Abbattiporta ; e sono tutti e tre formati con quella viva espressione del carattere in- sonante sufflssa appoggiava la vocale , sorreggeva i due tempi , che soli fanno la vocale lunga , e la indicava prima della introduzione di un diverso segno H , Sì. Il TAENnOAEME ci dà un arcaismo Uguale di lunga se- gnata per consonante aggiunta in mezzo ; arcaismo etru- sco delle epentetiche , sì ben osservate daW esimio Lanzi. La foggia etrusca era dunque grechissima. Di Antiope , Amazone coetanea di Teseo , ci ha serbate Pausania al-- cune notizie mitistoriche ( Att. libro I. capp. 2. et 4' ) • Le due compagne Andromaca ed Otopile saranno state nominate da Egia di Trezene ^ autore di un Amazonia ora perduta. 6o Letteratura (lividuale, propria de' tempi eroici , misti cioè d'isto- ria e di favola. Xercxe non è verbo j che qui starebbe isolato contr' ogni ragione. Resta dunque , che , suU' esem- pio del documento: TAENnOAEME TAENnOxiEMOS MEflOlESEN , sia OSSO il nome ripetu- to del dipintore. Di fatti vei^gi.imo all' ultimo an- golo del quadro : Hv^Iu ErPA*>EN. Assuefatti a prendere le lettere di tali monumenti rovesciale in tutti i sensi , ravviseremo in quella H una Z ar- caicissima ; alla quale dando l'ausiliare sua E, rica- veremo Xeupìisis egraphseti. In tempi s\ alti , e flut- tuanti fra mille dialetti greci, etruschi , umbri, osci, calcidesi , eolici , dori, attici, non è maraviglia, se fu fatto scambio tra due lettere doppie affini , e di seconda creazione, la X, .r, c^, e la Z, z, r«, d^» Un simile scambio, e nel nome appunto di cui trat- tiamo Xeuxis , è commesso da' meno attenti anche og- gidì. Appuntiamo adunque un nome Xerixis , Zeu- xis , e con più forte aspirazione , ritenuta anco- ra da alcuni de' greci moderni , Zeuphsis , ed il suo genitivo Zeuxc , come se fosse parisillabo in una declinazione anteriore a'grammatici , ovvero an- che tronco dall' imparisillaba che costoro riconosco- no , ZBv^iJlos ì zev£/oj , ZEYHEoff (i). Il verbo y^x^etv e proprio e solenne a'greci antichi per dipingere ; e basta citare il vaso della Vaticana AAKIMOS ET- PAtE , in cui AVinckelraann errò di una lettera , per (i) Facil sarebbe accumular esempj e ragioni di si- m''li genitivi , ed in greco , ed in etrusco. Sempre più cre- scono le parità die si scuoprono fra le due lingue : ma pur troppo le già conosciute haslavan bene a persuadere chiunque voglia essere uomo discreto e ragionevole. Vasi etruschi (Ji non aver consideralo la detrizione di un'asticella , cosa frequentissima in siffatti monumenti. Accede a sostegno del nostro Xeuxe la tazza vinaria del satirello , nella quale abbiam letto: XE- sis EnoiEI , Xesis faciebat. E non vorremo noi con- donare all' artefice l'errore , sc^ppure è tale , di aver qui r,ipp.esentato con una sola E il dittongo improprio Ev ? La terza lettera può sembrare un r , o un A ; ma ella è, a nostro avviso, un sigma , per così di- re, trisulco, di cui e sparito l'ultimo trattino da Lasso. Questa lettera corrente a tre lineette fu l'im- mediata genitrice della S latina ; e per ciò l'abbiam resa con essa ne' nostri tipi. In tre luoghi adunque abbiamo costituito fuori d'ogni dubbio il nome di zlvlis, Zeuxis, ammollito in Z^^usis da' latini, e da' loro antenati grecoitali di tutta la penisola. Chi mai sarà questo Zeusi ? Non altri cer- tamente che il famosissimo , il benemerito padre dell' arte per lui resa grande. Egli era italiano: e la gio- ja nostra s'accende. Non sappiamo veramente, se al- cun de' nostri abbia mai tocco questo nobil punto. La non curanza degl' italiani per le glorie della pa- tria loro : ma forse perchè son troppe ! Ora parli per no. Plinio; di cui dare non si può uomo pia intell.gente dell' antica pittura , e che meglio ne co- noscesse l'istoria. Le autorità de' classici , laborio- samente diate da'seguaci de' gravi studj , so<.!iono essere disprezzate da' moderni , perchè per ess^i non leggonsi mai. „ M'aflretto ( egli scrive, H. N. lib. XXXV 3G ) „ a'iuminari dell' arte, ad lumina art/s, ( l'alt' ro fu „ Apollodoro ateniese). Per le porte dell' arte, già „ spalancate da questo , entrò libero Zeusi eracleo- „ te l'anno quarto della novantesima quinta olim- „ piade ; e condusse a grande gloria il pennello , Ga Letteratura t, che già si ai'diva pure alcuna cosa. Questi da cer- „ tuni è collocato nella ottantesimanona olimpiade „ falsamente ; poi eli' è giuoco foiza essere stati pri- „ ma Demofilo imereo (siciliano) , e Nesea di Ta- „ so : di quale de' due egli sia stato discepolo pen- „ de ancora quistione. Il sovradetto Apollodoro fe- „ ca di lui un verso che dicea : l'arte essere sta- „ ta involata per Zeusi ad essi tutti , e recata se- „ co. ,, Francesco Giunio ( de pictura veterum ) , ed il Winckelraann passano mutoli su di ciò. Il so- lo padre Arduino , nella sua edizione maggiore, titu- Lando fra tante Eraclee , ammette potersi tenere pa- tria di Zeusi quella vicina a Crotone , per un luogo di Tullio. Tutte però le autorità di tutti gli scrittori con- cordano solennemente nell' assicurarci le prime ope- re di Zeusi, le più gloriose, condotte in Crotone, in Agrigento , nel gran tempio di Giunone Lacinia: tutti gli scrittori attestano concordemente , che le tavole di Zeusi erano sparse per tutta Italia , e re- starono in Italia conservate fino a'tempi molto in- noltrati dell' impero , quali son quelli di Mario Vit- torino. Diodoro , elegante autore della greca anto- logia , attribuisce propriamente a Zeusi il colorito e la grazia , due doni celesti e patrii degl' italiani. Ma , si obbietti , un uomo sì grande , si sa- rà egli abbassato a dipinger pentole di terra cot- ta ? Noi giudichiamo delle antiche età , secondo le deviazioni e le mutate maniere della nostra. La pit- tura e la scultura nacquero e crebbero fra le na- turali maestranze della plastica: i costumi erano sem- plicissimi. Agatocle di Sicilia , quel conquistatore , che Plauto ed altri accompagnarono con Alessandro Magno , uscia dall' arte di fìgulo ; ed in essa pu- re per gentilezza e splendore distingueasi fra' più Vasi etruschi 63 nobili cavalieri. Questi lìguli , dispositori ci' ogni bellezza pittorica ed ornativa, dovean Lene aver le case piene di giovani , che replicassero fedelmente le istesse linee contornate da' maestri. Cosi nel se- colo decimosesto i vasaj di Urbino adombrar sep- pero logi^ermente in vernici le fatture di Raffaello ; onde alcuni vennero in opinione , che quel sommo avesse dato opera a tale arte in sua prima gio- ventù. E la pittura non h ella invenzione certa del- la Grecia posta di la del mare ? Si certamente : an- che della Grecia , detta dall' amenissimo Plauto exo' fica. Ascoltiamo di nuovo l'istesso Plinio : ma nel suo latino , eh' è pii^i gagliardo. Zeuxis. Pinxit et monochromafa ex albo. Acquale.^ ejus et aemuli J'uere Tirnanthes , Andocides , Eupoinpus , Parrlia- sius FECir et fi gì ina opera , quae sola in riinhracia relieta sunt ; cum inde iMusas Fui- vius Nohilior Romani transferret De pic' turae initiis incerta , nec instituii operis quaestio est. Jegyptii sex milUhus annoruni apud ipsos in- ventani , priusquani in Graeciam transiret ^ ^Jft'" mant ; vana praedicatione , ut palam est Prinins eas {lineares iniagines) colorare , testa , ut ferunt , trita , Cleophantu& Corinthìus. Hunc , aut eodein nomine alium fiiisse quem tradit Cornelius Nepos secutu/ìt in Itnliam Deniaratum , Tarquinii Prisci romani regis patreni , fugientem a Corin- tho in j (trias Cypseli ty ranni , mox docehimus. lÀM ENIM ASSOLUTA ERAT PICTURA ETIAM IN ITALIA. Sentiamo promuoversi una quistione ben anco maggiore di questa : ed è : se le nobili stoviglie reputar si debbano fabbricate in Italia , in Cam- pania , in Etruria j o se abbiausi a giudicare piut- 64 LXTTBRÀTCKA tosto manifatture della Grecia oltremarina , recate in Italia per commercio , o per conquiste fatte da- gli etruschi e da' romani. L'immensa quantità però di esse , già venuta in luce dal solo terreno d'Italia , ed ora accresciuta di tante centinaja ; l'infinita va- rietà che in esse scorgesi di grandezze , forme , ma- niere , dalle più piccole e rozzissime , fino alle pili considerevoli e superbe ; i nomi finalmente di ar- tisti della Magna Grecia , che in esse ora comin- ciamo a scuoprire ; sempre più dimostrano , ciò che d'altronde agli esperti era certissimo , eh' elle son proprie ed originarie dell'Italia. Nell'onore di que- ste fabbriche indicatrici della più ammirabile pruni- tiva coltura , tengano quindi senza contrasto i prin- cipali posti la Magna Grecia , la Campania , la Si- cilia , ed anche TEtruria nostra vicina fra il Te- vere e Gossa , eh' è la vera conquistatrice e rega- le : e ri'^truria tenga il suo posto , perchè in ori- gine di greco ceppo misto con altri anch'essa, nel decorso de' tempi maggiormente grecizzò ; e perchè fu ella per secoli signora della Campania , polen- te in Magna Grecia ed in Sicilia. Frattanto l'eccellente guida nostra, Plinio ci ri- chiama. Egli stabilisce l'età di Fidia nella olimpiade ottantesima terza , cioè al suo conteggiare, circiter CCC- nosfra^ urbis anno. Ponendo quindi Zeusi ali* olimpiade XGY., noi terremo con lui , che Zeusi ab- bia fiorito verso la mela del secolo IV. di Roma. Sara per ciò dato agli amatori dell' arte fissare , con at- tenta e lunga osservazione , lo stile o la maniera del toreuma sognato Zeusi , e di quello notato An- docide , maniera veramente bella in disegno e con- torni , viva e graziosissima ; ad attribuire all' anno di Roma CGCXLV. in circa tutti gli altri lavori di una maniera simile » che uoa abbiano iadizj di Vasi etruschi 65 età. L'altra maniera secca e tagliente , die gli stessi artisti nostri chiamano concordemente etrusca, deesi per gradi andar distribuendo ne' secoli anteriori ; lincile giungasi co' più rozzi e grossolani a'tempi bea alti de' Tarquinj. La forma delle lettere in questi , dal mediocremente antiquato greco , universale nelle anzidette parti d'Italia , salirà mano a mano fino al più arcaico ed oscuro , ch'è l'etrusco. Questa cro- nologica sistemazione , da sostenersi con tutte le clas- siche autorità degli antichi scrittori , fu perspica- cemente veduta e proposta dall' impareggiabile Lan- zi , nel suo libro sempre più vittorioso pei dotti e pei saggi. Che poi le felici contrade dell' Italia meridio- nale continuassero anche sotto gì' imperadori a prov- vedere di vasellame pregiato il mondo romano , ab- bondevolmente provasi da Marziale , che loda i cali- ci , o le tazze di Pollenza {lib. XIV. epigr. i^j.), le curaane (i i^'),h surrentine, non vili de pulvere (ioa.), cui paragona alle famose murrine (lib. XIIL i io). Meglio però Macedonio , che troviamo scritto an- che Macedone , autor greco dell' antologia , che nel famoso codice Palatino già nostro , ed in un altro Vaticano da noi veduto , s'intitola i/ttìZTo? , e che ammetteremo per console , allorché il eh. sig. Bor- ghesi ci farà sapere di conoscerlo. Abbiamo tentato una versione latina del suo esastico ; ma ci è riu- scita di ninna eleganza , sebbene bastantemente fe- dele al senso del testo {Briinck. /tnalect. tomo IH. XXXII L pag. 120). Vnguentnin reJolens Surrenti oh ! tu aspera puhis , Et Pollentini mcllea gleba ioli ! f'^os mila ter charae , quod vestro a corpore odornin. Miscelum Bromco daut triplices Charites. G.A.T.XLIL 5 ()C} Letteratura Sal^^ete , oh ! ctinctis hominuni vos proinpta supellex^ Divitibusque una , panperibusqae simul. Isfìs vas etenim quod amet jubealque necessum , lllis , haud alio quae superentur opes. 11 poeta intese per le tre Grazie le tre doti pre- cipue di siffitte stoviglie: bontà dell'argilla, o cre- ta , che i naturalisti dicono marna , mista con pol- vere vulcanica (i) ; vaghezza della forma ; eccellen- za delle pitture. Per induzione, fondata sulla uniformità de'la- vori e del gusto , giudichiamo antichi artefici di quelle parti , e di quelle ottime età , e Tlepolemo e Tlesone. A questo , poiché fortunatamente scrive- si Tlesone figlio di Nearco , potremo un giorno ac- costare il nostro canone critico sulla istoria delle ar- ti grecoitaliche , ora appena abbozzato. Pausania (^La- can, sai libro III cnp. 17.) celebra un Learco di Re'^wio. Ma questo nome non è usitato , perchè di ( i ) La polvere lyidcanìca , naturai nente aspretta , fosca , riarsa , cuopre immenso paese alT occidente del Tevere , e degli Apennini meridionali < Essa fu trovala da valenti chimici nostri nella composizione delle olle cinerarie d^ Albano. Eran queste opera di soldati , oriun- di de* paesi settentrionali , che a" tempi dclT impero mol- to inoltrato stavano ivi di guardia contro i tumulti di Rima. Fabbricaron essi le olle., giusta le forme barba- re della patria ; quanto m.ai lontane dalle squisitissime eleganze de" nostri modelli ! Ciò bene scorgemmo allora , dagli arnesi stessi rincìùusi fra le ceneri : e poscia avem- mo uni conferma del giudizio nostro in alcune iscrizio- ni di ufficiali di que' soldati , vedute negV ipogei detta islcssa città. à Vasi ExnuscHt 67 mal aueurio nella sua origine dalla favola. L'istes- so Pausania {^hliac. poster, seti libro f^I cap. 4) scrive , come vedesi , Clearco rislessissimo artefice di Recffi[io. Havvi errore senza dubbio e nel testo di Pausania , ed in quello di Plinio , seguiti cie- camente dal Giunio , e da molti altri. Learco è la prima corruttela ; Clearco la seconda. Siamo debi- tori al solo nostro pregevolissimo fittile della uni- ca lezione vera Nearco. Che più , se dall' istesso Plinio ( lib. XXXf^. 4o') ci vien lodata fra le pit- trici nn" A ristarete Nearchi Jilia et discipula ? Que- sto Nearco fu maestro dell' altro splendore di Pieg- gio lo statuario Pitagora , di cui pochi hanno ag- guaglialo la fama. Entri bene in mente a'nostri let-t tori , che tutti questi grandi artisti attenevano all' arte vascularia : perchè l'arte vascularia , primissi- mi figlia e compagna della plastica , era natural- mente la regolatrice d'ogni pittura , d'ogni fusione, d'ogni scultura , si per le statue più antiche , com- poste di più materie , sì per ([uelle di una sola ; come potremmo facilmente dimostrare. Tante signorili spoglie degl' italioti , rinvenute ' nel territorio de' VVLCIENTES , centrale della ve- ra Etruria confinante con Roma , fanno ben cono- scere , che quel popolo fu uno della grande con- federazione, per cui l'Italia s'incivilì , la Campania ebbe reggimento e protezione , le arti belle prospe- rarono , e si diffusero. Questo popolo slendeasi da' limiti delle altre due magne citta , Tuscania e Tar- quinia , fino a Cossa , fondazione o colonia vulcien- te , ed al porto celebre Cossano , cioè fino ad Or- betello. Questo popolo fu potente in armi : che i romani il soggiogarono h^n lardi , a proporzione della vicinanza. 1 fasti capitolini trionfali. 5* G3 L E T T S 11 A T u r, A TI . COnVNCAMlVS . TI . F . TI . N . COS . AN . CDLXXIII, DE, VVLSmiEKSlBVS .ET . VVLCIENTIB . K . FSBU. La citta , composta di altre minori , diceasi p^ol" ceii , Volcejorwn ; come impariamo da' latercoli mi- litari. Volceium era nella Lucania ; e gli abitan- ti appellavansi volcejani e vnlcentani. Preghiamo i possessori delle scoperte rarità a voler esserci cortesi di benigno lor favore : onde possiamo vedere e considerar bene tutti questi pre» ziosi documenti del sapere , quelli in ispecie che so- no inestimabili per lettere. A noi sarà sempre gra-» tissimo il ritornare meglio istruiti , per quanto per- metteranno le nostre deboli forze, sovra un argomen- to di sommo ed uguale interesse e pei dotti , e per gli artisti. Girolamo Amati Memorie storiche di Accumuli., di J^ostino\C appello^ (continuazione) CAPITOLO IL Morte dell' Orangcs. Incoronazione di Cesare a Bo' lagna. Ambasciata occiimulese a Carlo V- J^gra' ty' generali ., de^ quali sono esenti gli accumulesi. Giustizia e lode del viceré di Toledo. Orribili guasti arrecati dai turchi. Presa di Tunisi fatta da Cesare. Valore degli italiani. Cesare com'O' ca a Napoli il parlamento, Conferma i prii'ile^i Mkmoihe di Accumuli C9 ficcumulesi. L'arsa terra (ley^li Or siili <ìà Cesare in feudo ad Alessandro f^itelli. Risorge essa bel- la e regolare per opera di un suo cittadino , va' lente architetto e pittore : morte eroica di sua moglie. 1 turchi tornano a de\.^astare , e si riti- ranO' Corrono gli accumulesi air allarme. Rifiuto di essi in pagare un nuovo dazio. Il supremo go- verno li seconda. Guerra con Francia. Una tem- pesta disperde la Jlotta cesarea. Incredibili inu- manità commesse dai turchi nelle italiane rivie- re. Il navilio di Napoli libera molte vergini , e schiavi non pochi. Pace con Francia. Guerra di Germania, f-^alore degli accumulesi. Crescono gli aggravj. Gli accumulesi son mantenuti ne^ pri- vilegi. Gli ebrei son cacciati dal remino. Sommos- sa di Napoli per la inquisizione. Offerte degli ac- cumulesi al viceré. Con/ernia de"" privilegi accu- mulesi neir anno i552. Inganno de'' medesimi di conservarli sempre. Guerra con Francia. I tur- chi devastano nuovamente. Morte di Toledo. Si rompe la pace con Roma. Il duca di Monlebello tenta invano le limitrofe popolazioni abruzzesi, I norcini irrompono nel territorio di Jccumoli facendo devastazioni. Praticasi altrettanto dagli accumolesi. Tregua fra le armi pontificie e ce- saree. Viene Vesercito di Francia : tornasi allo armi. Gli accumolesi respingono i francesi , che tentano da un'' altra parte impadronirsi di Ac- cumoli senza profitto , in onta della fuga dei ma- gistrati del re. Ambasciata accumulese al duca d^Alba. Vittoriosa difesa di Civitella del Tronto» Battaglia di S. Quintino. Ritorno in Francia. del duca di Guisa suo capitano. Pace fra Spa- gna e Roma. Rinunzia Carlo la corona a FiUp- 70 Lkttkraturà pò II suo figlio. Il codice benefico delle leggi di Cesare a prò degli americani non viene esegui- to. Il duca d'Alba richiamato in Ispagna. Guer- ra ci\'ile fra Norcia ed Accumoli. Suo debito. Prima ed ingiusta vendita dei Jondi comunali. I norcini occupano porzione di territorio. Il su- premo governo vi ripara. Tornasi alle armi , ed alle rappresaglie . Solenne convenzione fra i norcini ed accumulesi. Orribilissimo scempio fatto dai turchi nelle riviere italiane. L'impresa de* cristiani contro Tripoli va a vuoto. Il corsaro Draguty dopo ricchissima preda , prosegue a de- vastare. Contagio , guerra^ fame desolano soprat- tutto il regno di Napoli. I turchi danno dentro Chiaja , e menano in ischiavità gli stessi napo- litani. Fuorusciti in Calabria distrutti da Pi" gnatelli Cerchiara. Solimano mira ad invadere ritalia. Assedio ed assalti contro risola di Mal- ta, Sua prodigiosa difesa. Sdegno di Solimano e sua vendetta. Le terre marittime di Abruzzo so- no dai turchi saccheggiate ed arse : / suoi abi- tanti , se non fuggono , sono fatti schiavi. Gli accumulesi armati accorrono di volo sulle deso- late terre : rinvigorisconsi gli spaventati abitan- ti-, tornano alle loro stanze , e scacciano i turchi. Ritorno trionfale de gli accumulesi nella loro patria. I l cardinal Pompeo Colonna in luglio i529 .yuc- cede provisoriamenle in luogo dell' Oranges , clie ucciso nel seguente anno con un'archibugiata all'as- sedio di Firenze , divien quegli assoluto viceré. Ce- sare sulla capitana di Andrea Doria da Barcellona traghetta a Genova , va poscia a Bologna , ove è Mkmorie di Accumuli ■^i incoronato dal papa nel febbrajo i53o; torna nel marzo vegnente in Germania (i). Neir incoronazione di Cesare mandano gli ac- cumulesi due ambasciatori coli' istruzione di chie- dere ancora nuove grazie : talché pare che non ba- stassero loro quelle concedute dall' Oranges. Ecco comj racconta il nostro anonimo. „ L'anno i53o l'universilk di Accumolo desti- „ nò ambasciadori alla cesarea maestà di Carlo quin- „ to ( quale si dovea coronare in Bologna alli ti/^ „ di t'ebrajo giorno di S. Mattino apostolo dalla fel. ,, mem. di papa Clemente Settimo) doi cittadini uno ,, chiamato Pier Maffeo Diotegarde , e l'altro Gio. „ Battista Pas(jnaloiii con istrultioni , et modo, co- „ me in tal ollìlio s'havessero a governare , et le „ gratie che havovano da dimandare , quali essen- „ do alla presentia della fel. memoria di dieta ces. ,, maestà andati , li fu da essa fel. mem. data gra- „ tissima audienza , giacche erano d'Acuniolo , della „ quale n'havea saputa la gran fedeltà che verso leL „ havea mostrata , et era per mostrare sempre. Ma „ detti cittadini come ingiati , puoco curandosi del ,, generale , proposero cose a S. maesTa conforme a „ loro cattivi disegni chi dimandando le mole , chi „ una cosa , e chi un' altra , per il che intesa la „ proposta la fel. memoria di Cesare , e vedendo „ che quelli cittadini ambasciadori non trattavano „ delle gratie che si doveano fare a quella terra „ meritevole per li tanti danni patiti , et incomrao- „ di sentiti per servitio di quella corona , ma piu- „ tosto dell' utile e proprio comodo loro , fumo re- „ buttati da detta sacra corona. Ma essendo poi (0 Marat, toni. X. ann. 72 LeTTKK ATURA „ fatti richiamare dal dello Cesare con animo di „ concedere all' università d'Acumolo tutte le gratie „ che addimandava , li delti ambasciadori non eb- „ bero pili ardire di recomparire avanti la presen- „ za di detto serenissimo imperatore temendo di qual- „ che priggionia , o allra pena per il commesso er- „ rore (i). Siche se ne tornarono in Acummolo sen- „ za cercar gratie nesnna , ne far cosa di quanto „ gì' era commesso. Il che fu causa di grandissimo „ tumulto in Acuraolo , perciocché essendo ciò in- „ teso da cittadini , sdegnati di un tanto iniquo „ trattato , ferno impeto contro detti ambasciadori , ,, e poco restò non si facesse un fallo d'arme , e „ non andassero loro , le case , e parenti tutti a „ ruina , et morte „ (2). Ordinavansi da Cesare cinque prammatiche , tra le quali pel patrio interesse ci piace ricordare la terza segnata in Bruselles nel marzo i53i. Rivocan- si con essa tutte le concessioni , mercedi , provisio- iii , immunità , ed altre esenzioni che si trovassero concedute dai passati viceré, confermandosi solo quel- le fatte dal principe d'Oranges. Vi si ordina in delta (1) Il continuatore della cronica Diotigiiardi nel noto processo ricordata , e di cui parlammo nella parte prima di queste niem. pag. 121 nota , e giorn. arcad. tom. XXXI. pag. 5() , riferiva , che Gio. Maria Diotiguardi agnato del Pier Maffeo , e gentiluomo del card. Viceré , tro- variasi di presente in Bologna : perciocché adoperossi in modo che fossero ì due acuinulesi richiamati alla pre- senza di Cesare : ma sì grande fu il timore loro incusso dall' Augusto personaggio , die piii non si trovarono . {■jt) Quato fatto è dati" aut, riportato fra i requisiti e privilegi , con varii de"" quali chiude la detta cronichetta. MEMoniE DI Accumuli r3 prammatica l'aumento eziandio del pubblico tesoro : dappoiché alla tregua di Francia, succedeva la guer- ra de turchi. Nulla , eccetto picciolo volontario ar- mamento po' moti di guerra , risente delle attuali gra- vezze la patria nostra (i). Il card. Colonna viceré muore nel i532. Rim- piazzalo per oltre 4 lustri D. Pietro di Toledo , che malgrado de' svariati ed incessanti sconvolgimenti , immortala il suo nome. I furti , i duelli , i costumi dissoluti dalla corruttela ^e' tempi e dalla militare licenza derivali , sono da esso tostamente repressi : cotanto severa ed eguale è la giustizia sua , che gli vien coniata una medaglia coli' epigrafe Erectori Ju- st iti ae (2). Se infiniti sono i mali dal gran signore de' tur- chi recati oltremonte al nome cristiano, non minori preparansi alla infelice Italia nostra. Si gravi diven- gon ora per opera dell' ottomano ammiraglio (^Bar- barossa), che universale fassi l'italiano costernamen- to (3). Nel di II luglio i535 dopo fiera battaglia na- vale gagliardamente combattuta , debellato il Bar- barossa , entra Carlo a Tunisi in trionfo. GÌ' ita- liani in questa memoranda e sanguinosa giornata non. ismentiscono il natio valore (4)' Un drappello di ac- cumulesi da Alessandro Fabiani guidato sotto il co- mando del principe di Salerno generale della fan- teria italiana , mostrasi degno de' suoi maggiori , e non pochi fra essi incontrano gloriosa morte (5). In (t) { mem. cìt. ) (2) Stor. civ. id. (3) Muiat. id. (.|) Marat, id. stor, civ. id (5) Me ìli. cit. «-4 Letteratura. onta di tanta vittoria , e di molte conquiste inclu- sive quella de' Dardanelli dal valoroso Doria con- seguita , vedremo noi giornahuente esposte le nostre riviere alle musulmane incursioni (i). 1 grandi del reo-no , che in questa guerra han- no molto meritato di Cesare, fanno sì che egli drr/^zi le vele in Sicilia , sbarchi a Trapani , pàssi a Pa- lermo , a Messina , indi nel d\ 3o novembre i535 a Napoli. Insolì'erenti eglino della giusta severità del Toledo . procurano con un colpo di stato sbalzarlo da Napoli. Ma l'accortissimo imperatore avvedesi d'on- de proceda sifl'atta malevoglicnza : percioccliè con molto onor suo rimane il Toledo viceré (2). La morte accaduta di presente in Milano dell' ultimo rampollo sforzesco , che istituisce erede Ce- sare di quel ducato , risveglia la gelosia di Fran- cia , e prepara novelli perturbamenti (3). Convocava Carlo general parlamento in S. Lo- renzo nel dì 8 gennajo i536 (4). FoUum signatum n.^ XXV retlnet inclusas qnatiior lifterns , duns sci- llcet caesareae et catholicae majestntis sub anno i 535, et 1643 convocando terra s regia s ad concilium in. iinwersitalem Neapolìs etc. Alleras duas ( se ne par- lerà a suo luogo ). Davasi dai nostri il mandato ad Astorre Guidoni , ed al suddetto Gio. Maria Dio- tiguardi. Ambi erano da Cesare creali cavalieri (5); e. confermavansi gli aceumulesi privilegi. Ripetesi so- vente nelle nostre memorie che l'imperator Carlo V (t) Murat. id. Stor. civ. ìd. (2) Stor. civ. totn. 4 P^^g- 6a. (3) Murat. id. (4) Stor. civ. id. ib, (5) Mem.cit. Memorie di Accumuli nS non volle dare Accuraoli in dominio a madama Margherita sua biglia , a chi avendo concedute tut- te le altre terre dei dintorni inclusive l'utile domi- nio della citta di Aquila (i), richiedevalo instante- mente che li concedesse ancora Accumoli , ma l'au- gusto sovrano riserbolla per se in ogni tempo : die anzi le concesse per privilegio di non alienarla mai , come meglio vedremo in un atto officiale (2). Uslut A est principium alpJiaheti , ita non abs re initiiim sumendum est a Carolo quinto de Austria regum re gè , et imperatore invictissimo qiiem omni- potentissimus omnium conditor Deus diutissime fo- veat ac tueatur , eique annos largiatur nestoreos (3). Privilegium signatum, littera A f'dt concessum, ah ipso optimo principe Carolo quinto expeditum sub anno i53G. Per quod privilegium confirmantur sin- gula privilegia confirmata per regem catholicum , et posterius etc- I convicini dispersi abitanti , de' quali si è so- pra discorso , imploravano grazia da Cesare per la riedificazione della terra. Era loro conceduta con va- rie franchigie , durante la costruzione. Vietavansi le (i) Stor. civ. toni. 4 P^^g- 225. {2) { Mem,. clt. ) Il privilegio , di cui si parla anche negli atti ufficiali è posteriore di qualche anno , ejìi smar- rito insieni con molti altri dal marchese Afauri],, covfor- me si disse nella prima parte e dovrà, ripetersi , e non concerne il privilegio presente. (3) Alla pag. 49 della prima parte di queste mem. , e giorn. arcad. tom. 29 pag. 88 abbiamo notato ^ ehe sot~ io Carlo V. fu compilato V originale elenco , in cui con- tiensi restratto di molti pri\'ilegi sì anteriori come po- ste rior-ì , <^G Letteratura. mura castellane; e quante le volte volesse ciò in av- venire praticarsi , oltre il supremo volere , indispen- sabile fosse l'accuraulese consentimento (i). Fraltan- tocliè cogli accozzati materiali si pon mano all'opra, da Cesare in feudo il luogo da ricostruirsi co' suoi numerosi villaggi ad Alessandro Vitelli di città di Castello (3) : passa indi a Jacopo suo figlio , che mancante di mascliile successione , torna per dote nella famiglia degli Orsini. Alessandro Orsini la da egualmente in dote a Francesco Barile duca di Cai- vano suo cognato, il quale con lutti i diritti di vas- sallaggio per del)iti contratti , la cede ai Medici di Toscana ; e dopo poco tempo per convenzione ( co- me avvenne di tutti i stali m.edicei nel regno ) si riu- nisce ne' regii dominj (3). Accettissimo era il Vitelli a Carlo quinto , dacché , pugnalato Alessandro Me- dici marito di Margherita sua figlia naturale , ten- dere volevano i fiorentini all' antica liberta, ma con strategici ed ingannevoli modi deludevansi dal Vi- telli capitano delle medicee milizie , impadronendosi del Castello , dove, fatta salva Margherita, tomavala a Cesare , offrendogli il castello eziandio (4)» (i) Mem. cit.È Jalso come taluno asserisce che Cnr' lo V . le desse ancora Vonore di città : mentre in tutte le storie del regno , in tutti gli atti officiali , e nei sino • di diocesani chiamasi sempre terra. Il titolo di città ue- desi , dacché riunita venne nel regio dominio nel sec. 18. (2) Jd. id. (3) Id. e Giustiniani geogr. rag. Feltrano breve de- scrizione del regno di Napoli. (4) Sposavasi Margherita con Pier Luigi Farnese. ( In questo torno Cesare , oltre futile dominio di t4qui- la } dovagli in faudo Penne , Campii., Leonessa , Mon- Memorie di Acci;.muh 77 Dal terribile infortunio passano 1 nostri convicini in un fortunatissimo avvenimento. Assai ricco , e ge- neroso è il nuovo barone : ed avviene che un loro con- cittadino , Gola Filotesio , pittore ed architetto assai valente sfavasi in Ascoli ; ed ora co' suoi talenti , mercè de' comuni sforzi , e più de' tesori del padrone novello , bella e regolare fa risorgere la terra (i). Perciocché rifabbricasi la medesima „ nella vaga ed „ amena collina, ripartila in sei belle e spaziose „ strade , in ogni angolo , o sia capo croce di cia- „ senno de quali si scuoprono , e vedono da ogni „ banda tutti gì' altri , e l'istesa intera citta ador- „ nata da molti vistosi , e ben ordinati palazzi (2). tereale , e Civitaducalc. Acerhissima fu la pena di qxie^ sii luoghi che passarntno in servita : consolwvansi alquan- to per le buone grazie , e per la di.nora quasi costante^ che vi fisbò la detta Margherita. Murai, id. pag. 27- e seg. (1) Mem. citate. Le migliori nostre fabbriche e delle convicine città ( dell' Umbria e Piceno ) sono dovute a questo ingegno , che senza a7>er il nostro artista veduta Roma , concepisce sublimi cognizioni di pittura e di ar- chitettura. Nò fia discaro qui di ricordare come standosi esso in Ascoli ammogliato con bellissima giovane , ac- cadde una faziosa rivolta in quella città , per lo che diessi alla fuga iiisirm colla moglie. Inseguivanli i sol- dati per rapire precisamente la giovine sposa. Questa no- stra eroina al di loro avvicinarsi , vedendo non esservi più scampo per Vonor suo , precipitasi da altissima ru- pe , ed incontra sicura ed eroica morte, frasari vita de* pittori , scultori toni. 6 pag. 34*^ 1 4' ' ® Bernardo De Do- minici id. tomo a pag. i45 , 4'^- Lanzi storia pittorica v?l, 2 pag. 3p. (3.) Processo citato pag. ^i : afsai scarsi sono i pa- lazzi. Superbo è // palazzo del comune i oiim del ba- "78 Letteratura Riedificata sì nobilmente , vi sì portava nel i55o il Vitelli. Aveva esso da Cesare il permesso di cir- condarla di mura , colla clausola di riportarne il consenso dell' università di Accumoli , che gliel ri- cusava , e ricusollo costantemente anche agli Orsi- ni : talché rimase , e rimane del tutto aperta la bel- la graziosa terra. Nelle nostre memorie parlasi più volte dell'ora smarrite lettere del Vitelli al nostro magistrato indiritte , e ricordate vengono nel noto elenco. Litterae ili. D, Alessandri Vitelli sub an- no i55o cium erat etc. (i). Partivasi Carlo soddisfattissimo da Napoli per Roma (2). Poco vi si interteneva per la guerra con Francia collegata co' turchi : il perchè molli abitan- ti delle mariltime terre del regno rifuirgonsi nella capitale. Da questa luttuosa circostanza si aumenta la popolazione sua , e rendesi Napoli anche più sa- lubre pel corso ivi dato alle acque stagnanti (3). Sbarca nel i53'7 mese di luglio il Barbarossa nelle vicinanze di Otranto : ma si numerose milizie rone ) , e magnifico , a nostro avlvso è il tempio de mi- nori conventuali : noi avevamo creduto , che un altro celebre ingegnere ed architetto ivi inviato giudice da Iacopo Kitelli nel i558. (.Tiraboschi ediz. Firenze tom. 7 parte 2 pag, 547 ^ ^^§' ) ('■^^sse parte nella costruzione di questo tempio , ma è posteriore di varìi lustri. ( I ) JYoi saremo iscusati , se osserviamo quanto ci sia- mo da principio proposto ( parte i pag. 1 o4 , e gior. ar~ cad. tom. 3o pag. 208 ) Ci è di grandissimo conforto però il dire che le micidiali indegne rivalità municipa- li sonasi a dì nostii ddeguate. (2) Stor. civ. tom, 4 P<^^' 63. (3) Id. ib. ME.'JtOrtlE DI AcCU.-iILLI 7() accorrono volenterosamente da tutti i punti del re- gno , che rimbarcati i turchi , menando via non po- chi sventurati in iscliiavitìi , volgono altrove i loro ostili disegni ; per la ragione ancora ehe il valoroso Doria aveva molte musulmane navi affondate. Rin- grazia il Toledo i comuni dcmmiali ed i baroni : è desso cliiamato liberatore della patria (i). Uno scel- to stuolo de' nostri , che nelle citate mem. non par- lasi da chi fosse diretto , pervenne suU' adriatiche spon- de quando era già sparito il naviglio di Maometto. Fortifica il Toledo i marittimi luoghi con torri e ca- stelli da noi ricordati in un nostro fisico lavoro (2). Malgrado de'grandiosi donativi fatti a Cesare nel parlamf^nto suddetto (3) (r53G) , era duopo ora di accrescerli. Un pesante balzello , persistente tuttora , erasi imposto per la francese invasione. La patria nostra durava ancora ne' suoi privilegi. Le si inti- mava tuttavolta di pagare la detta tassa , ricusava- si, e ricorreva alla suprema autorità, perchè fusse in quelli conservata. Litterns regiae camerae suminarlae expeditas sub anno i54i «^ ipsa universitas mole' stetur ex causa taxationis factae tempore invasionis Lautrnck (4)- Dopo qualche tregua tornavan i mali umori con Francia. Allestivasi da Cesare una numero^sa flotta contro Algeri , ma da una fiera tempesta era vicino a queir insocievole e vituperoso nido di corsari di- (i) Id. pag. 69. (•i) Topografia fisica del suolo di Tivoli pag. 27, e giorn. orcad. iBa^- (3) Un milione e mezzo di fiorini /tt la presente of- ferta , e talmente inaspettata da Cesare che ridussela ad un milione. Stor, civ. id, pi^g. 63. (4) El. cit. So Letteratura spersa. Questo sinistro sollecitava Francesco I ad at- taccare in più punti i stati imperiali. Tante sono le cure del romano pontefice perchè non torni a colle- garsi Francia con Solimano, ma indarno. Nel i543 il naviglio ottomano carico di valorosi approda in Ca- labria ! indicibili sono i devastamenti e le stragi : è bruciata la citta di Reggio : le devastazioni proseguono nel genovesato : sicuro ritirasi l'ammiraglio di So- limano ; e sverna a Tolone con infamia del cristia- nissimo nome (f). In queste si forti ed incessanti ca- lamita, non mai più sotto i savii aragonesi prova- te , ci è dolce di ricordare , come con una napoli- tana flottiglia da prode capitano guidata, toglievansi ai barbari musulmani 5ooo schiavi , e 200 vergini destinate pel serraglio, e dal Barbarossa sopra quat- tro navi nel levante spedite (2). Respiravasi finalmente per la pace di Crespi nel i544 conchiusa , ma tornavasi a lagrimare per la guerra di Germania , ove infiniti valorosi ita- liani perivano , e non pochi cittadini nostri ; dap- poicchè due volte rimpiazzossi una compagnia de' no- stri volontarii da Alessandro Camerari comandata sotto la disciplina de' maggiori uffiziali. Con una am- putata coscia per ferita , reslituivasi glorioso il no- stro Alessandro in patria. Ne fia disdicevolc il dire , come gli eredi del Camerarj , dopo finito litigioso giu- dizio per i militari arredi , tornavano al conten- zioso foro per uno stivale di grande e curiosa for- ma dal nostro prode nella germana guerra calzato. Decretava il giudice che due essendo gli eredi , si dividesse per mezzo lo stivale , di che prendesse cia- scuno la porzione sua (5). (i) Marat, ann. tom. X, pag. 3o5. (2) Id. pag. 307. (3) Meni, di. Memorie di Accumum 8i Ne il solo sangue d'Italia era bastevole ; molto oro ancora esportavasi dalle sue provincie per quel- la guerra (i). I poveri accumulesi stavan forti ne'pri- vilegii loro : e noi opiniamo , che i riguardi che veggonsi tuttora usati verso di essi , non derivas- sero tanto dagli antichi loro diritti , quanto dalla sua grafica e politica posizione; stante le cittadine ver- tenze che solevano di sovente risorgere. Nella let- tera E di cui si è parlato sopra , vi s'include un altra ordinanza di cui dicesi t Alteram vero {pro- visionem ) sub anno »54^ qua declaratur conven- tio cwn regia camera prò soluiìonibus regiis ordì- nariis. Tante sciagure che di di in di aumentavan- si in Italia , avevano nel regno di Napoli indot- ta una corruttela tale di costume che il monopolio, le più esorbitanti usure , lo affilare le monete , il falsificarle , e cose simili , erano a si altro grado venuti , che fu duopo al Toledo cacciare interamen- te gì' israeliti dal regno come i principali autori di siffatte intemperanze (2). Sia pei procedimenti invalsi in questi tempi, sia per politici, o religiosi moti- vi, introdurre volevasi dal viceré la spagnuola in- quisizione : perciocché in forte e replicata sommos- sa mettevasi il popolo di Napoli. Pretendesi ezian- dio che ricorresse esso al pontefice Paolo III, per- chè diventasse padrone assoluto del regno (3). I nostri clie furono mai sempre fedeli ne' giuramenti loro , tostochè udivano la napolitana rivolta , oflri- vansi al viceré , elie ringrazia vali , per essersi la (0 Marat, id. ih. (a) Aleni, cit. , « Gìannonc toni. 4- (3) Già. Battala Adriano Hist. Uh. 6; G.A.T.XLII. 6 8a XiBTTHRATDRA popolar sommossa sedata. Nel numero XXf^ , di cui abbiamo sopra indicato eàservi l'estratto di quat- tro lettere, due delle quali ricordate, delle altre due dicesi. Alteras duas {litteras) illustrissimi et excel' lentissimi Prore^is Don Petri de Toledo sub an- no i547 ^^^ mense lulii responsivas nni.bi.-^\. {•>) Id.pag. 357. (3) Storia civile toni. ^ pag. raa, (4) Id. Id. (5) Mitrat, id. pog. 07'^ e seg. 84 ' Letteratura Il duci di Montebello ( D. Antonio Carrafa ) portavasi ai confini degli Abruzzi : faceva molte pra- tiche per sedurre le popolazioni del confine; ne poche erano quelle inutilmente tentate cogli accumu- lesi : talché poi dinotte tempo irrompevano improv- visamente i norcini nel nostro territorio , predavano molto bestiame , ponevan fuoco a villa S. Giovan- ni, e miravano di minacciare Accumuli. Un generale allarme suscitavasi tantosto nell' accumulese conta- do , i norcini ritiravansi. Gli accumolesi avidi di vendetta , guidati da Marino Marini , e Giuseppe Lauri irrompevano nel territorio di Norcia , vi com- mettevano molti devastamenti e rapine, precipua- mente contro gT infelici abitanti di s. Pellegrino : e tutti gì' apparati di guerra ordinavansi dal co- mune per respingere ogni aggressione (i). Succede- va intanto fra i Carafa ed il viceré una tregua di 70 di. Colla venuta delle milizie francesi lorna- vasi all' armi : avanzavasi una squadra francese nel nostro territorio sulla sinistra della valle del Tron- to : giunta appena al monte di Rapino , era gagliar- damente dai nostri respinta con qualche morlaliti che assai scarsa debb' essere, perche se ne tace il numero; ritiravansi i francesi nelT arquatano , por- lavansi nel territorio di Norcia , d'onde , pii!i age- vole essendo la posizione , tentavano nuovamente l'impresa che riusciva egualmente fallila (3). La cronichetta di questo secolo , che vedemmo sopra nel iSaS interrotta per lo smarrimento di mol- te pagine, ricomincia in questo punto: perlocliè fa- remo proseguirne la narrazione dal nostro anonimo. (i) Mem. cit. e processo cit. pag. 83- (aj Jd. LI. MrMcintK DI Accumuli 85' „ Il clic* visto da Guasconi (ciò elio aLL'am ora „ narrato ) se relirarono senza far profitto alcuno. „ E poco tiopo venendo dalla Landa di Norcia li ,, delti Guasconi per detto effetto , vcdikà ed in/amia , nella quale si gia- ce per grande nostra vergogna , dice il N. A. nel cap. nono ; e quindi , a tutto ben discorrere il suo argomento, tratta della dottrina dei comici , e dell* arte di ben rappresentare i drammi , ed espone mol- te giudiziose osservazioni intorno le decorazioni tea- trnli ; e finalmente ponendo quel grande e vero as- sioma , che ninna cosa .soddisfa tanto l'amor pro- prio di un nomo , ninna canto giova al morale avan- zamento delle nazioni , quanto l'onorare di pub^ hliche lodi coloro , che per virtù si sollevano ed escon fuori dalla schiera del %ìolgo , dice saviamen- te che al perj'dzioìuimcnto della drammatica fareb- be moltissimo aW uopo una solenne e pubblica di- stribuzione di premi. La seconda prosa contiene alcune osservazioni dirette al eh. march. Luigi J3iondi Intorno la tra- duzione inedita delV Iliade fatta dal card. Loren- zo Lilla, In queste osservazioni l'autore, non lascian- dosi far velo all' intelletto dall' amicizia , da buca critico istituisce un confronto fra il card. Litta e il celebre Monti; e conclude, clie per quant.o il Lit- ta si meriti il nome di elegante poeta, ed abbia/àc///- tà nei versi , e di questi alcuni appajono di buonissimo getto , e sia molto fedele all' originale , non può in alcun modo re"crere al confronto, e che lo stile del co cardinale sembra allo piuttosto alle pacifiche descri- zioni deir Odissea , che alle tragiche scene dell Iliade : ma che con tutto ciò degno di molta loda è il lavoro. Il terzo scritto e la lettera diretta alla nobìl donna signora contessa Teresa Mabezzi (e già pub- blicata in questo giornale ) intorno al suo volga- rizzamento della Repubblica di Cicerone. Di questa lettera altro non diremo , che è veramente da com»' io4 Lbttkratora mendarsi la non afTettata modestia e la non simu- lata lealtà, con cui discorre del proprio volgariz- zamento , e da lode alla sua rivale. Leggesi dappoi un' Orazione accademica sulla passione del Redentore detta in Arcadia , e intito- lata ad uno de' più chiari ornamenti del s. colle- gio e della Chiesa per esimie virtù e per dottri- na , all' Emo sig. card, delia Somaglia. L'autore si è sforzato a rendere l'argomento degno di un' ac- cademia letteraria , e a mostrare quanti Lei concetti possa fornire a un poetico ingegno : e noi ammi- riamo questo sforzo, ma non troviamo questo scrit- to di una hont'a uguale a quella degli altri. Segue VEiogio del padre Ginseppe Pefrnccì della compagnia di Gesù. K in questo l'Odescal- clii elevandosi un poco più allo , che il soggetto non richiedeva , ha trattalo con molta filosofìa il perche la compagnia di Gesù abbia avuto valenti uomini SI nelle belle lettere come nelle scienze ; ed lia ret- tamente mostiato, che bisogna pienamente studiare € conoscere prima di tutta cosa l'ingegno dei giova- ni a fine di dar loro liberta di attendere a ciò , a cui la natura gli ha disposti : e molle savie cose ha ragionato intorno gli studi e il metodo d'insegnare, e intorno la peccaminosa indolenza della maggior par- re della nobiltà, la quale il più delle volte crede, che il solo esser nobile elevi l'uomo al di sopra di tutta virtù , e clie il coltivare l'intelletto , che Dio ci ba dato , sia vile mestiero di noi povera gente, balestrati in questo mondo a mangiare il pane gua- dagnato coi sudori della nostra fronte. La sesta prosa è VEiogio del professor Pietro Ruga romano. L'Odcscalchi dipinge il Ruga come valente avvocato e giureconsulto , e come buon poe- ta e letterato. Ma più a lungo ragiona della scicn- Prose dell' Odkscalchi io5 «a legale del Ruga : e questa encomiando , con mol- ta accortezza mostra qnal debba essere il vero , l'one- sto , e il saggio avvocato. Torna quindi a discorrere intorno il cardinal Litta , e ne descrive brevemente la vita e le vir- tù , additandocelo come vero modello di un dotto e pio ecclesiastico , che a simiglianza di tanti altri celebri cardinali non lia sdegnato di unire alle vir- tù di un principe delia chiesa , e alla dottrina del- le divine cose , l'ornanif^nto delle belle lettere , le quali tanto giovano a un ecclesiastico perchè con mag- gior frutto predichi al popolo la divina parola , e perche più degnatnenle possa inalzare col linguaggio di David e de' profeti i suoi pensieri e i suoi af- fetti inlino al trono stesso dell' Eterno. Tiene l'ottavo posto il lìdgiofiamento (leali ob- blighi , che ha la lette/ afura italiana verso il ses- so gentile. E in questo l'autore con buono ordina- mento di cose, e con m-lta leggiadria di stile, tes- se quasi direi la storia letteraria e scientifica delle valenti donne italiane. Oh ! le sue parole sonassero da per lutto, ed una volta gì' italiani si sveojias- sero da tanto sonno , si spogliassero di tanta igno- minia , e seriamente ponessero mente ad una mora- le e scientifica educazione delle donne ; che Titilel- letto e l'ingegno non è posto nel cappello o nella culìia. Pensino una volta , che le prime a insegna- re a parlare ai pargoletti , le prime a insegnar lo- ro ad esprimere le idee, a combinarle, a vederne le relazioni , e a farne giudizio, sono le donne: esse so- no, che prime infondono nei fanciulli i germi del bene o del male; esse , che prime loro insegnano a far uso della ragione , e a regolare le passioni e gli affetti (a). (a) UOdescalchiha posto a pie del suo Ragionanien-. lo un elenco delle donne italiane viventi , che hanno no- loG Letteratura Avvi quindi una piccola nota Sul ritratto della contessa Costanza Monti Pert icari dipinto da Fi" lippo agricola ; e questo hellissimo dipinto è de- scritto con efficacia di gentili parole , e con inten- dimento deir arte pittorica. me di letterate : l" elenco pero è imperfetto , perche im- perfetta per questa parte è Vopera della sigucra mar- chesa Canonici Fachini , da cui lo ha tratto e di cui io incominciai a parlare in c/uesto giornale ; ma per al- cune ragioni non avendo potuto compire /'estratto , godo di questa occasione per accennare altre donne illustri^ che la Canonici e l^Odescalchi non hanno noiiii/ialo. ^ggiungansi adunque : La marchesa Virginia Balcani di Iesi , maritata al marchese Carlo Bourbon Del Monte in Ancona , gentilis- si/na rimai rice , anche estemporanea. La Isabella Franchi dell' Aquila , fra gli arcadi Elisa Iperea , che sul Jiore degli anni scrive dolcissimi versi. L'Adelaide Lue angeli romana , mar-i tata in Dal Bo- no a Napoli j cultrice delle muse , e madre di bella pro- le, che dà speranza d'imitarla ne'' suoi pregi tutti. La contessa Marianna Gaetani in Napoli , che trai' ta poeticamente con uguale felicità soggetti teneri e maestosi. La Laura Teracini ., giovinetta napoletana , che sul flore degli anni predice maturi frutti nelC amena let- teratura. La Teresa Dini toscana , maritata in Piermarini a Foligno , donna che sente molto a dentro in fatto di storia e di letteratura , che giudica e discorre delle ita- liane cose con molta gravità di critica e di senno , e *c/ie scrive in versi le più care cose eh" io ni abbia mai sentite , tutte piene di semplice e pura eleganza. PnosE dell' Odescalchi 107 L* ultima prosa è una Lettera a Salvatore Bet' ti intorno ad una biblioteca amena ed istruttiva per le donne ìa quale si stampa in Milano. An- che per questo scritto noi vogliamo che sieno di- scorse le riflessioni da noi dianzi esposte intorno la necessita dell' educazione delle donne. In quan- to poi alle osservazioni dell' Odescalchi intorno la biblioteca milanese per le donne , diremo , che egli con molta forza ed a ragione inveisce contro quel- La centessa donna Margherita Fabbri de duchi d^ yfl- temps qui in Roma , che non ha guari pubblicò unagra- ve e filosofica lettera intorno al regolamento delle uma- ne passioni f e che a grandissima forza d'ingegno e di sano criterio unisce altrettanta istruzione e cnliura in tutto ciò , che tiene alle latine e alle italiane cose : so- rella del conte Eduardo Fabbri cesenate , uomo cultis- simo , e autore di lodate tragedie. appresso noterò aver la Canonici tralasciato di ac" cennare , che quasi tutte le lime di Michelangelo sono in lode di Vittoria Colonna : e che un lungo saggio del poemetto Sull'origine della rosa, dettato dalla Costanza Perticari , fu stampato in questo giornale. Noterò ancora , che mancano neW elenco della Ca- nonici molte valenti donne italiane ricordate dal Gin- guenè ; e dirò fnalmente aver la Canonici omesso il noma di una Scarlatti romana , che nel 1808 per le stam- pe del Puccinelli pubblicò in due volumi un corso ana- litico di algebra a di geometria , e il nome di Teresa Pelli di cui sì beW elogio pubblicò il professor Resini , ed altresì la contessa Marianna Malaspina , maritata in Pesaro al conte Giuseppe Mamiani della Rovere , don- na dottissima del passato secolo , di cui abbiamo veduto mss. varie poesie t e la traduzione dell'Abele di Gesner, J03 Lr. TTKnATORA la raccolta , la quale altro non era , che un zi- baldone di composizioni romanze. Bel modo inve- ro d'istruire le donne ! Empir loro la testa di stra- vaganze , di sciocchezze, di fatti e di passioni fuori del naturale , cìie invece d'insegnarti il vero , e di dilettarti co] bello , col buono , ti traggono la men- te all' errore , e il cuore al disordinamenlo dalle pas- sioni , insomma alla follia. Che utile verrà mai al- le donne , se in uno stile bislacco , e pieno zep- po di similitudini sconce , e che in nulla tengono al paragone : di metafore ardite e stravaganti : di parole non italiane, e proprie di un cattivo dia- letto ; di frasi composte d'idee e di parole fra se contrarie : che utile , io dico , ne vena mai alle don- ne , se fra tanta sozzura tu mostrerai a colori vi- vissimi un parroco , che tradisce per paura il suo alto ministero ; un signorotto , che ruba le fanciul- le , e fa uccidere chi gli dice una mezza parola in contrario; un cugino di questo birbo, che a furia di scherni più e pii^i lo aizza a malfare : un zio , che atterrisce, un provinciale di cappuccini , e lo forza a mandar cento miglia lontano un buon frate, che voleva opporsi al nijtote perchè tanto ma- le non mandasse ad afletto : una signora falla mo- naca per forza , che rompe sfacciatamente i suoi vo- ti : che fa uscire di vita la sua conversa , la qua- le si è accorta della sua tresca : e che (ìnalmente consegna , perchè ne sia fatto scempio d'ini'[uila , a quel birbo signorotto un' innocente fanciulla a lei sotto la fede dell' ospitalità o sotto la parola d'ono- re affidata ; una fanciulla imbecille , che trema al bone e al male , e che crede di aver fatto voto di verginità perchè si è messa una corona al collo s uno scimunito lanaro , che mentre dovea fug"ire il pplente , che lo inseguiva , si ubbriaca in un oste- Prose dell' Odescalcui 109 ria , e a tutti racconta dall' a fino alla z le co- se sue: un signore anche più birbone dell'altro, die fa d'ogni erba un fascio , e che per le lacrime di una radazza ( e chi sa quante ne avea rubate , e alle lacrime di quante mai avea insultate! ) diviene un agnello? Che utile , ripelerò, ne verrà mai alle don- ne e alla gioventù di tanta pittura di snostumalezza e di sceleraggine ? Basterà forse il contrapporre a tanto male e a tanta sciocch(!zza la vera carità e franca di un buon cappuccino , e l'angelico carat- tere di un santo arcivescovo ? No davvero : che pur troppo nella gioventù gli esem[)i del male fanno si forte impressione , che non bastano a canctdiarla cen- to mila volte duplicati esempi di bone. Ed e trop- po grave errore, e troppo nociva cosa il dipinge- re agli uomini , e specialmente ai giovani , le sce- leraggini , e le conversioni al bene si re[)entine e s\ facili , che essi possano trarre per conseguenza : Operiamo pur male a nostro tabmto quanto ci pia- ce , alla fine quanto saremo stanchi ci volgeremo a Dio , ed egli non ci ributterà , purché tenghiamo sempre sopra il letto l'immagine del crocefisso e del- la madonna. Queste sono dottrine , che rovesciano ogni legge divina e umana , e che riducono la so- cietà ad una selva di bruti ove chi ha più de- nari , e in conseguenza più forza, opprime stra- zia e divora il suo fratello , insultando all'umana giustizia : persuaso , che la divina non ha saet- te per coloro, che hanno fisso in cuore di ritorna- re a Dio quando saranno tulle sbramate le voglie e tutte spente le passioni. Oh ! la divina morale ! ! ! GlXJSEPPE Salvagwoli no f^er sione dell' Epodo li d'Orazio. Bcatus ille etc» Deato l'uom , che de gli antiqui al paro Paterno suol co' propri buoi lavora , Sciolto da cure e da guadagno avaro ! Non a lui rompe il sonno la sonora Tuba che a l'arme il chiama ; e non , se scioglie Austro la rabbia in mar , duolsi e scolora. Ei del foro il clamor , ci l'ardue soglie De' cittadini imperiosi evita ; E sol nudrendo intemerate voglie O i tralci adulti ai pioppi alti marita i O pota i falsi rami , e eoa inserto Germe miglior tiene la pianta in vita ; O seduto in vallon d'ombra coverto Mira i lauri mugghianti , e le gioconde Yaccarclle insiem pascere a l'aperto ; O iu seno di capaci anfore monde Spreme e chiude de l'api il succo molle ; O a le inferme agnellette i velli tonde. Quando de' primi ^\\x be' frutti estolle Coronata la fronte autunno , oh ! come Ei move desioso al piano e al colle ; E la diveller innestate pome , E qua raccorre uve purpuree gode ; Onde poi carco de le dolci some Renderne a te , o Priapo , onore e lode ; E a tua sacrarle deitade amica , Silvano padre , dei confm custode. Epodo II d'Orazio ih Giacer gli piare ora sott' elee antica , Or dove ricco più tessono il manto Erbette verdi a la campagna aprica : Giù da la Lalza cascan acque intanto ; Tra i folti rami d'ospitai selvetta Sciolgono augei flebilemente il canto ; E per obliqua via l'onda più schietta Freschi ruscelli ravvolgendo vanno , Con mormorio che i lievi sonni alletta. Ma quando nel brumai giro de l'anno Pioggie traboccan d'ogn' intorno , e bianco Le nevi rifioccate il terren fanno ; Ei de' veltri sagaci il fido branco Scioglie , e del bosco erra pe' varchi , e impiaga A' cinghiali inceppati il duro fianco ; O di caccia più mite egli s'appaga : Verghe e maglie dispone , e in esse intrica Il tordo edace che mal cauto vaga ; O lepre paurosa al laccio implica , O grue venuta da straniero clima t Premi giocondi de la sua fatica. Or chi fra tai piacer , chi non estima Se appien folice , e non dal petto snida L'empie cure onde amor ne attosca e lima ? Glie se conjuge poi tenera e fida Vegli al governo de la dolce prole , E l'altre casalinghe opre divida , Qual la sabina , o la mogliera suole De lo snello Pugliese , arsa la faccia Pei di sudali al più cocente sole ; Se quando a sera per l'usata traccia Lasso torna il marito , ella di molte Secche legno avvampare il camia faccia « 112 LETTEIlA,TUaA E di sua mano entro a l'ovil raccolte Le allegre pecorelle , a mugner prenda Lor le turgide poppe una e due volte ; Poi spilli il dolce botticel che renda L'annua vendemmia , e di non compri e cari Cibi a fornir la parca cena intenda ; Non conchiglie lucrine , o rombi , o scari , Se da l'indico flutlo alcun ne arriva Per sonante procella ai nostri mari , Pili in pregio avrei; non d'afra o ionia riva Famoso augel darebbe al mio palato Sapor SI dolce, come pingue oliva Dai rami colta d'albero ben nato , O malva che salubre al ventre ajuta , O romice che il fresco ama del prato , Od agnelletta al dio Terrain caduta In sagriliiio , o cavretlin di fello Lupo ritolto da la zanna acnla. Sedendo a mensa tale , oh ! dolce , oh ! bello Veder satolla u-^cir de' paschi suoi La mandra , e a salti correre a l'ostello ; Veder a lento passo arrivar poi , E con languido collo il riversato Vomere strascinar gli stanchi buoi ; E intorno ai lari fulgidi schierato Star de' famigli il denso stuol , che al sere Fan bella mostra del suo ricco stato. Dette appena tai cose Alfio usuriere Già campagnuolo esser vorria : riprende Tutto a gì' idi il danar eh' ei debbe avere. Ma che ? . . . . Cerca , e il rinveste a le caleade. Loreto Santucci. ii3 Di alcune versioni di Catullo uscite in Ferrara per nozze illustri nel MDCCCXXVIII. , 'elio è assai il farsi innanzi a novelli sposi con un presente od un altro di vagìii fiori , se prima- vera ne li conceda : o di soavi frutti , se autunno ne sia cortese. Piiì bello , se questi fiori e questi frutti siano di qualità non da durare un sol gior- no , ma pii!i di un secolo. Tali sono per certo i versi di quell' amabile veronese , che dolci e cari sempre ritornano a chi si conosce di gentilezza. Ma, contenti al nativo colore, pare che sdegnino nru- tailo in altro qualsiasi : però è quasi universale querela oggidì , die tanti siansi provati e si pro- vino , e ninno ancora con pieno successo , a fare italiano l'elegantissimo de' poeti latini. Nb questa di- remo già colpa de' buoni ingegni, che in ciò si ope- rarono ; ma sì privilegio di certe originali bellezze, le quali fisse ad un luogo ad una favella , ad altro luogo ad altra favella non si tramutano. Di tali appunto essendo dovizia in Catullo , non è maravi- glia se piiì di ogni altro poeta dell' aurea lalinila sia duro a rendersi anche ntl bel paese, che b pu- re come il giardino di lutto il mondo. Catullo istes- so , se potesse quaggiù rivivere, crediamo che mal saprebbe ridurre in altra lingua le cose sue. Vuoisi pertanto esser discreti ai traduttori , facendo loro buon viso quando si accostano a quel felice. In ci- ma ai quali poniamo meritamente il nostro monsi- gnor Peruzzi , che sia ripulendo con molta cura le G.A.T.XLII. 3 I»4 L E T T E r, A T U U A sue versioni de' tre poeti (i) : tra le quali in oc- casionn di chiare nozze ha condisceso darne fuori alcuna; in cni può dirsi aver superato se stesso, non c!ie i suoi emo!i. E prima , quasi bei fiori di primavera , dieci epii];ranimi lasciò che uscissero nel passato aprile a ralleiijrare le nozze Agnohlti e Gi- cognara; nel nuniMO de' quali speiavasi il,, Passar dell cine mette pimllne „ ed il ,, Coenahis bene , ini Tnbulle, npiid rne „ ; ma non chbesi di questa stam- pa, che il,, Lugete ^ o f^enercs Ciipitlinesque „ ren- da lo bellamente così ; „ Piantele , o veneri , o amori , o quanti „ Siete fra i^li uomini leggiadri amanti ! „ E morto il passere di Lesbia mia j „ Passer delizia di Lesbia mia ! „ Ch' ella più caro degli occhi a\ea i „ Perchè dolcissimo era , e sapea ,, Si ben conoscerla per sua signora , „ Come una bambola la mamma; e ognorai „ In grembo stavale , o pur le andava ,, Saltando intorno , e pigolava „ Sempre a lei sola tutto rivolto. (i) Se Veditore della Biblioteca Universale di scelta letteratura antica e moderna , che esce in Milano per Niccolò Bettolìi in iG° piccolo , avesse ir terpettcìto il Pc" ruzzi avrebbe dato in (jiiest" anno 182S il Tibullo non quale si ha forse nel Parnaso da traduttori del Babbi {Venezia 1798) ; ma quale trovasi presso il Peruzzi me- desimo : ciofi miglioralo d' assai ; e degno al certo di più fax>orevoli su^rayj a fronte eziandio della versione dst Cavalli in terza rima {Dulo^na i8i;.\ Versioni di Catullo ii5 „ Ed or di tenebre per caraniia folto „ Sen va , onde dicono che ninn più venga I „ Ahi ! d'orco tenebre , mal ve ne avvenga , „ Maligne tenebre , che siete ladre „ Di tutte cose belle e leggiadre ! „ Voi mi furaste passer si Lello ! „ Oh ! ria nequizia ! ahi ! poverello ! „ Per te di Lesbia or turgidetti „ Piangendo fanuosi rossi gli occhietti. „ E come appo i fiori maturano 1 frutti , che più co- piosi si fanno quando la stale viene cedendo sui ragione all' autunno ; così dopo scherzosi epigraiiirai vengono più gravi poesie: tra le quali per le nozze Gnoli e Dini (già rallegrate da varie odi dell'enre- gio moiisignor Muzzarelli ) è il poemetto di Caluilo p(M' le nozze di Teti e di Peleo. Da questo, cl)e vor- rebbesi qui riferire poco meno che intero ( tante bellezze vi sono accolte ! ) , terremo due o tre bra- ni : quando di|)più non possiamo, stretti alla legge di brevità- Il primo è ia bocca di Arianna abban- donata , e dice : „ Nessuna donna ornai ad uom , che giura , „ Voglia dar fede ; della fé' dell' uomo „ Nessuna si lusinghi e^ser sicura. „ Ch' ei per avere il iìn , che si propone „ Nel suo desio , a' giuramenti ed alle ,, Promesse modo o limite non pone. „ Ma poi sazia la brama , che gì' incende „ Il cor lascivo , non più le promesse , ,, Non gì' iterati giuramenti attende. „ Il secondo ci descrive la musica dei satiri e dei si'eni: 8* ii6 Letteratura „ Evo^ , evoè , givaa gridando , „ E ad ogni passo , brilli avvinazzati , ,, Le rabbuffate teste dimenando. „ Parte d'un bue sbranato per gli sterpi „ Le membra trae : parte , celato il ferro , „ Palleggia il tirso ; e chi di torte serpi „ S'avvinghia i fianchi , e chi negl' incavati „ Cesti celebra i riti occulti , indarno „ Dal volgo de' profani investigati ; ,, Altri con lunghi tralci i rimbombanti ,, Timpani pulsa , ed altri acute note „ Trae da ferree verghette tintinnanti. „ I più da torte corna un rauco suono ,, Fean rintuonar , cui rispondean stridendo „ Barbare tibie in orrido frastuono. „ Il terzo ci pone innanzi le parche a questo modo ; „ Pinta a fronda di quercia era una vesta , „ Velo alle membra tremolanti , il lembo „ Tutta di liria porpora contesta. „ Era al canuto crin benda e decoro „ D'ostro una striscia : e le perite mani „ Opravan destre all' immortai lavoro. „ La sinistra la rócca sostenea „ E '1 pennecchio ; la destra colle dita „ Supine lievemente il fìl traea. „ Quind' il formava , e , vólto a terra giuso „ Il pollice , aggirandolo il torcea „ Con lieve cono equilibralo il fuso. „ Morsecchiando adequavano co' denti „ Ad ora ad or gli stami , e le addentate „ Lische, che lungo il filo eran spo'genti, V-ensioNi PI Cat? LLo 117 „ S'attaccavano agli aridi labbruzzi t ,, E colmi avean di molle lana a' piedi , „ Pronti all' uopo , vergati canestruzzi. „ Indi per le nozze Finetti e Musetti è l'epistola ad Ortalo , nella quale pieni di affetto ci paiono que- sti versi , esempio di bella apostrofe : „ O mio fratel , dello slesso mio vivere „ A me più caro assai , ,, Non più ti parlerò ? INon più descrivermi „ I tuoi fatti potrai ? „ Non rivedrotti io più ? Ma certo .spegnersi „ Mai non potrà '1 mio amore ; „ Ne di recar mi resterò al tuo cenere „ De' carmi il mesto onore „ dove se ad onta della rima avesse potuto render- si appuntino Vaudiero del testo , come si h fatto dell' alloquar e dell' aspiciain ; che mancherebbe a perfetta versione ? È da ultimo quella chioma di Berenice , elegia di Callimaco già recata di greco in latino dallo stes- so Catullo, e sempre splendida e cara come le stel- le , dove il savio Conone immaginando la collocò. Mureto e Scaligero e Vossio e Grevio e Bentlejo , e ( per tacere di altri ) il chiaro Visconti vi pose- ro intorno gran cura , onde ridurla alla sua vera lezione : a darla poi degnamente all' Italia sudò , né invano , lo Strocchi ; se non che tenendosi al consiglio del Venosino , che dice : „ Nec verbum verbo curabis reddere fidus „ Interpres „ Il8 LBTTBBATtJRA parve a taluno lui avere usato un po° largaitipnle del suo diritto. Viene di nuovo il Peruz^i , e stan- do in mezzo tra quegli estremi di una o troppo li- Lera o troppo servile versione , ne da in terza rima una fedele , che per quanto a noi pare non è se- conda ad alcuna delle migliori; tanto pii!i clie segui- ta quelle leiioni , le quali allo specchio della crili- ca, a' nostri giorni tersissimo, sembrano da preferir- si. A que' che sono di troppo diQìcile conteiitaUira sarà forse discaro , che il 'f distico catulliano non paja nella versione ; mancando cosi una bella anti- tesi della vinta guerra notturna con quella contro gli assiij , alla quale correva il nuovo sposo Tolo- meo. Ne vorranno acquietarsi alla ragion del pu- dore , clie bandisce assai cose de' latini poeti ; pe- rocché appunto in quel luogo ricorderanno la mo- desta versione dello Strocchi , la quale salva i di- ritti ancora del lesto a questo modo : „ Già vincitor dell' amorosa guerra „ 11 giovinetto re le schiere avverse „ Moveva ai danni dell' assira terra. „ E la dove il Peruzzi rende il latino cosi : „ Ma chi ha tanto valor , che il ferro affronti ,, diranno potere esser dubbio chi sia poi l'affrontato. E dove rende: „ Il ferro rovesciò anco quel monte „ vorranno , che l'aver cangiato il soggetto della pro- posizione , che nel testo è // monte , rompa quasi il legame delle idee col verso aalecedcnte del testo Versioni di Catullo iic^ medesimo : legame , che era bello il consprvare. Ma ì discrcli e cortesi a questi nei , se tali pur fos-» sero , no» torceranno già il viso dalla nuova ver- sione , che per niollissimi e rari pregi si raccoman- da. Gilè anzi daranno lode al Peruzzi e Inioni con- forti , onde faccia rivivere, per quanto si può, l'in- tero Catullo : il quale senza dulibio verrà bene ac- colto dai savj, che a purgare l'Italia dalla feccia de' no- vatori sanno quanto rilevi il rinfrescare gli eserapj Leliissirai, quanti mai sono, del tempo antico. Domenico Vaccolini. 130 ARTI BELLE-ARTI. ARCHITETTURA. Due fabbriche condotte co" disegni de" signori Raffaele Foto e Giovanni azzurri. 0 sempre considerato come le citta e le Pro- vincie mostrano tanto più ili gentilezza e di sapien- za , quanto maggiormente per le vie , per le piaz- ze e per le faJjbriche presentano di decoro e di convenienza. Le quali cose come ci vengono dall' ordnei de' saggi e prudenti governi , cosi ancora ci fanno fede della vera civiltà dei popoli. È perciò clie noi ammiriamo tutto di l'antica grandezza delle ca- dute citta, come sinceri testimonii delle belle disci- pline e del senno delle estinte popolazioni. Si Lol- la impronta portò fin da' secoli remoti questa re- gina del mondo , che pii!i splendida si rinnovellò sotto il reggimento santissimo de' sommi pontefici , fino a farsi maestra delle più incivilite nazioni. An- che o^f^idi, sempre madre e patria di eccellenti ar- tefici, si veste di nuovo splendore ornandosi per tut- to di purgate fabbriche. Ed è in questo suo van- to mao»iore , che sebbene n;jn alzi giganteschi edi- fici , che vogliono l'oro delle più potenli nazioni , Belle-Arti ia« gli erge però con si sani principii d'andarne fasto- sa sopra le piò auguste metropoli. Noi vogliamo qui riferire di due case di fresco alzate , l'una posta in via del Tritone all' angolo della via de' Zucclielli di proprietà del sig. Pietro Meloni : l'altra all' arco del Monte di Pietà , del sig. Carlo Bonomi. ^ La prima di queste, disegno del valente giovane sig. Raffaele Folo, si eleva con tre piani ed un mezza- nino sopra un* area quadrilatera che ha di fronte /\o palmi sulla via del Tritone, e di fianco ii6 sul clivo de' Zucchelli. Neil' interno e distribuita con Lello in- tendimento in sci stanze e due gabinetti con lumi- nosa cucina e comoda scala. La decorazione eslerna, benché semplice , vi è pura ed elegante. Le tre finestre della fronte sono ornate con buona maniera di men- sole e modinaluve ^ ed il cornicione è pur fatto con grazia : se non che non vi sapremmo approvare di aver usali i modiglioni e i dentelli insieme. E la ra- gione è antichissima , perchè l'abbiamo fin dai tem- pi di Vitruvio ( lib. 4- e. 2 ) , dove c'insegna , che i modiglioni hanno presa l'imitazione dei cantieri , e i dentelli quolla degli asserì. E però egli dice , che nelle opere greche non è chi metta i dentelli sotto ai modiglioni , perchè non possono stare gli asserì sotto ai cantieri : e dove ciò si faccia , si da- ranno forme e ragioni di lavori pieni di menda. An- ai ci avverte di un altro errore , che potrebbe ac- quistare autorità presso di noi , essendo si frequen- te nelle opere dei latini e del cinquecento : ed e che i modiglioni e i dentelli noa si hanno a porre nei frontespizi , ma si devono fare solamente le cor- nici schiette conn; ordinarono i greci , perchè né i cantieri , né gli asserì possono stare nelle frorili dei timpani, ma si nei. grondali dei fianchi. Però egli aggiunge quel sovrano precetto delle arti , che non 12-^ Bbll«-Arti sì devono approvare se non quelle cose die sieno rappresentale secondo la natura e la ragione i\A vero. Tornando alla fabbrica del Folo diremo por ul- timo , che i mezzanini sono ricavati sopra il coi ui- cione ; clic la decorazione del fianco e più sempli- ce , e spoj^liata di molli oniamciili , come coiivie- pe ad una strada mctio niortanza dell' opera , e alla qualità dell' edizione, resa ora più corretta colla ristampa del i** libro. Uniamo anche noi i nostri voti a quelli dei lombardi , perchè le grandi costruzioni , eseguite ai di nostri nelT alta Italia , siano descritte da chi le imaginò e le fece eseguire; e sì 1;» pratica e la scien- za del fabbricare ne vantaggeranno assti. Mi poi- ché h fatale agl'italiani una gran negligenza , che toglie grandissima parte della fama meritata ai no- 124 Bklle-Arti stri ingegni , dobbiamo ringraziare senza fine il Ca- valieri della dotta e lungliissima fatica che ninno avea voluto prendere prima di lui. Questo secondo libro contiene i5 capitoli sni lavori di le guaine , e gli ultimi tre sulle proprie- tà e sugli usi architettonici del ferro e di qualche altro metallo. La materia , naturalmente ampia , è ampiamente discorsa dal chiar. autore , e però non possibile ad essere ristretta in un giornale. Bensì ci pare di po- ter aflfermare in generale , die in tanta copia è ot- timamente scelta ed ordinata ; e quando non po- teva capire in un libro elenic4itare , vi troviamo in- dicati i trattati più estesi , e i migliori fino ai re- centissimi. Hanno taluni mostralo desiderio , die dalle teo- rie si vedessero discendere siccome corollari le pra- tiche applicazioni i e il N. A. non" di rado , e quan- do gli e paruto comandato dall' argomento , ha lo- ro magistralmente soddisfatto. Che se altri volesse , che quest' arte delle costruzioni fosse esposta con metodo sintetico , siccome la geometria d' Euclide e la meccanica del Venturoli , diremo die ci sembre- rebbe molto da lodare. Ma che grave carico sia que- sto , ognuno lo sente: onde non possiamo rimprove- rare al Cavalieri d'aver battuta la via di tanti mae- stri stranieri lodatissimi , ai quali diede la fortu- na grandi occasioni per divenire e mostrarsi va- lorosi. Fra noi si veggono accademie [uene di b-'I- lissimi disegni d'ogni tempo : sicché non mancano gì' ingegneri come taluni vanno gridando , ma chi faccia operare i più degni , che sono sempre i più modesti. lair VARIETÀ' Elogio di Casilcle Albini scritto da A. B - A sua eccel- lenza il principe D. Pietro Odescalchi dei duchi del Sirmio ec. direttore del Giornale Arcadico. Homa dal- la società tipografica i82(). IT • . tJija giovine piena di tutte virfù, la quale nell' eia di 26 anni da immatm-a morte è rapita all' amore de' suoi, e degli amici, cui lascia tanto desiderio di se , e da cui ha il tributo di non compre uè mentite lacrime, tributo più caro e piti onorevole delle statue e de' sepolcri , else l'nma- na superbia sovente consacra all'ignoranza ed al vizio: una tal giovine ben meritava , che alcuno degli amici ple- tosameute racconsolasse il suo dolore facendo noti a tut^ li i non comuni pregi e le sincere virtù, di che la sua beli' anima e il cuor suo gentile erano adorni. E a chi fra gli amici meglio cbe a colui, il quale per corrispon- denza di pensieri e di affetti avea posto in quella virtuo- sa l'amor suo , e aveaia scelta ad essere un giorno la com- pagna e la delizia del suo vivere? A. B., egregio cultore e con tanta lode delle greche delle latine e delle itali- che lettere, ha adempiuto il suo debito. Egli ha dettato l'elogio della sua Casilde Albini quale si conveniva a sì caro soggetto , ed a si abile scrittore. Tutto spira can- dore e modestia; nulla vi è che non sia l'espressione di un dolor vero e di uà amor caldo e purissimo, si^niG- cato con tutta la semplicità e la eleganza di quel genti- le idioma, col quale Ghismonda pianse il suo Guiscardo. G. S. M. laC Varietà' Inno a Venere Urania , di Vincenzo Ercole Emiliani. Forlì presso Luigi Bordandini i8a8. V^nanto ci duole , clie più gravf malerie non ci conce- daiio tanto di tempo da parlar iuiignmeule di questo in- no , an/i da darne in estratto , e da levarne molti saggi t Final mente evvi un gioviiio tra noi il quale pur non igno- ra esservi stato anticamente un Dante, un Petrarca, un Ariosto , clie di loro si diletta, e die loro toglie a fidata scorta. Solo per questo titolo rEmiliani è meritevole di tutta ampia lode : che , a ben' intendere , è apertissimo argomento di mollo e sano ingegno , dì retto modo di ragionare, e di grinde e verace dottrina, lo spingersi ar- diiami'ute e sicuramente a riva nel comune naufr^gio/Un grande onor sia reso all' Emiliaii , che tanto potè, spegnen- do nel ano cuore, virtii non mai quisi cnuoe hita ai gio- vani , queir ardore di accattar Indi e applausi nelle pub- bliehe aduiiaiize, le quali il juii delle volte levano a cielo le stoltezze, le stravaganze e gli errori, e sbadigliano alla verace e i-etta pittura delle belle cose. Un grande onore all' Emiliani, che nf)n si è lasi-iato trascinare dii catliu esem- pli , che ha tutto giorno sotl' occliio , e che h^ sapulo di- sprezzare quella vana gloria di un giorno, anzi di un'ora, anzi di un momento , la quale insieme con quelle nume- rate sillabe, da cui ebbe vita, subito muore prima del povero ignorautello , che pone tutta la poesia in romoro- se parole , e in concetti strani , stravagantissimi , orribi- lissimi. Qnest' inno è tutto scritto col sapore della poesia italiana, pieno di belle immagini, e di pensieri veramen- te filosofici. Ma non creda il giovine Emiliani di aver toc- cato la meta. Lo stolto , che fa oggetto della poesia ogni nudo vero , la prima volta stessa che si pone a far versi , è poeta : poiché uou avvi bisogno di gran fatica a dire : ,, Moltipllcato il due per due , {a quattro. Varietà* 127 Ma clii efficncemente vuol persuadere rìntelletlo e move- re il cuore cautando il vero condito in molli versi, ha bisogno di rifare un' ottava novanta volte ancora prima che abbia colto a lieto segno. L'Emiliani è sulla buona sti-ada: ma ancor sono alquanto fra le pastoie i suoi pie- di, troppa cura alcuna volta ha di ricalcare le orme al- trui, e alcun passo ha un poco dell' affettato. Scua dun- que a educare il suo ingegno, a studiare i nostri padri , e ad imitare il bello della natura, che non fnlllik a glo- rioso porto. L'episodio intorno la sua terra nativa è scrit- to con molto alfelto , e con molla Aivacità , ma ò trop- po lungo, e non tiene all' argomento. G. S. M. Sulla necessità di npproprlar-e lo stile alle materie , eri al- cune altre a\.'V(-rte.nze per cfii scrive iioliaro. Di.'ccrso di Gaetano della Casa ec. Faenza per Montanari e Marabini 18:^9. Un tuI. in 8 di pag. 67. finche il Bartoli , in quel irsltato eh' egli Intiirlò /To- nio di lettere^ aveva dello : conforme alla variclà drlle co- se doversi variare lo stile, accomod;ind(.lo ad ognuna. Ed al precetto congiunse resemjìio , ancor più pcilcnlo ; co- me l)cn sa dii conosce le sue istorie m;ìra\lgliose. E quatili furono e sono i solinni scrittiri ricclii tanto di cose quuito di parole, ni quali non mancò e non manca mente a conosce- re , né cuore a S' mire , nelle 0|UMe loro mostrarono e mo- strano, come abbiasi a conformare lo stile alle materie, 11 che è proprio di buon giudizio ; ma praticarlo non può di leggieri chi non usi familiarmente con quelli, die par- lano e scrivono il meglio che far si possa. Però crediamo bene speso quel tempo , che i giovanetti pongono nello 12 8 V A I\ I E T a' Studio de* classici per prendere cou essi dimestichezza. E perchè né tutto né sempre vuoisi imitare eziandio ne'mi- gliori , che pur sono uomini ; e perchè è invalso nelle scuo- le il costume d'insegnare come bene si parli, innanzi di aprire le ragioni del come bene si pensi : egli è necessa- rio , che guida ai novelli siano tali maestri, che abbia- no piena la mente e pieno il petto di vera {ilosofia. Del resto quanto al bello scrivere, massime italiano, il Co- sta ed il Perticar! singolarmente a' giorni nostri insegna- rono agli stessi maestri come si abbia a procedere nello schiudere ai giovani le fonti piii pure. Dalla via , che que- gli egregi ne aprirono , non vuol dlscostarsi , siccome pa- re , il Della Casa. Egli si aggiunge alla schiera di quei che alzano a cielo il p. Cesari. Non è però così tenero di queir insigne scrittore, che non confessi avere anche lui le sue mende: le qur.li non ci faremo a ridire, quan- do furono già svelate abbastanza in queste carte. Lode- remo bensì il Della Casa di ciò , che è lontano dal giu- rare nella parola di alcun maestro : e vuole per guida la ragione, colla quale si farà degnamente insegnatore di bel- le lettere a' suoi discepoli nella città del Lamone , che fu mal sempre albergo di generosi, D. V. Saggio ^ul regio manicomio di Torino con alcuni cenni intorno all' indole ed alla cura de/le malattie mentali ^ del dottor Benedetto Trompeo medico de IV istituto pre' detto ec. Opuscolo in. 8.* di png. 55 ed una fattola in rame. Torino 1829 dalla stamperia di Giuseppe Favale. Jr rescelto l'autore a medico ordinario del regio ospe- dale dei mentecatti di Torino , onde meglio soddisfare ai doveri del suo officio , intraprese pinma un viaggio in Ila- Varietà lag Jia visitando ed esaminando simili case di pietosa ospi- talità , e cercando lumi e notizie dalle persone le più^esper- le sopra siffatto argomento : ed ora offre al pubblico que- sto saggio , nel quale descrive con molta sobrietà e giu- dizio Io stato attuale del torinese ospedale de' pazzi , ed ludica inoltre la sua decretata ed iulrajn'esa ampliazìone col corrispondente e assai lodevole riordinamento. Dopo una breve ed opportuna introduzione , egli divide il^^suo la- voro in quattro capitoli. Si espongono nel primo alcune notizie istoricbe sull' ospedale de' pazzi di Torino , che non sembra mollo antico , come neppur lo sono quellifde- gli altri stati : e vi si aggiunge un prospetto statistico del medesimo a tutto il i5 dicembre i8a8, dal quale risulta bastantemente chiara la progressiva moltiplicazione ^di si- mile infermità. Nel a.° capitolo si tratta delle cause di- verse della pazzia in generale, e dei modi d'impedirne lo sviluppo e la propagazione , indicando vari mezzi 6sico-mo- rali i piìi conducenti a tale scopo. Argomanto del 3.° ca- pitolo è la cura della pazzia , che per lungo tempo fu creduta disgraziatamente impossibile , limitata perciò alla sola custodia quasi sempre barbara e crudele de' pazzi onde non offendessero altri , senza punto attendere al mo- do di liberarli da tale infermità. Nel 4-° fd ultimo capi- tolo si riferiscono alcuni casi particolari di malattie men- tali osservate nel regio manicomio di Torino durante l'an- no 1828. Questi casi sono dieci, e tutti esposti con sem- plicità e candore , leggendovisi anche la necroscopia , o apertura dei cadaveri , ove gì' infermi finirono colla mor- te. In fine havvi l'aggiunta di una tavola iu rame col di- segno del futuro ingrandimento e riordinamento del re- gio manicomio torinese. Questo libretto è degnissimo di esser letto , e fa grande onore all' autore pel modo sem- plice e giudizioso col quale lo ha scritto , ed al gover- no piemontese per le pietose cure da cui mostrasi anima- G.A.T.XLIl. 9 l3o V A R / E T a' lo verso simili infelici , che sono forse i piìi degni di com- passione e di soccorso. Nuova interpretazione di un verso di Dante Alighieri, Discorso letto ncir accademia di archeologia il dì 1 1 maggio i82g dair avx'. don Carlo Fea commissario del' le antichità , presidente al museo capitolino e alla bi- blioteca chigiana , socio ordinario. 4-° B.onia 1829. JL ulti i cementatori della divina commedia quando so- no suir interpretare que' versi del e. X del Paradiso : Neir altra piccioletta luce ride Queir ar>vocato de* tempi cristiani , D&l cui latino Agostin si provvide , dicono qtiest' avvocato essere or Paolo Orosio , or s. Am- brogio. Il eh. sig. Fea è al tutto di contraria opinione , e stima dover esser Lattanzio : e tali e tante sono le pro- ve ch'egli eruditamente ne adduce in questo discorso , pub- blicato già negli alti della romana accademia di archeo- logia , che non sarà quind' innanzi chi plii vòglia tene- ra altra interpretazione. Ed infatti che s.. Agostino stu- diasse molto in Lattanzio , cioè nel Cicerone ci'istiann , è cosa certissima ; com' è cosa del pari certa , chi ha bea lette le Epistole del santo dottore , che Paolo Oro- sio , assai giovane in que' tempi , era piuttosto un osse- quioso discepolo e un ammiratore, che un compagno e un eguale del vescovo d'Ippona. L'opinione poi di colo- ro , che pretendono dalT Alighieri intendersi s. Ambro» sio , non si sa in quale testimonianza si fondi. Di Lattanzio disge il Petrarca ( De odo relig. l. 2) : Lactanlius Fir" tnicinus , et ipse inagnus vir , in eo libro quo gentiliufn erroribus eocarinalis ^ fidciii nostrani , qnuntrmi qnivit ^ ar- Varietà' ' i3r mai'it : omìtcniqiie liane dcionun scenam mira et lauda' bili curiositate detexit : INQUE HOC IDEM OPUS AU- GUSTINO , ATQUE ALIIS SEGUAGIBUS , VIAM FE- CIT. Laddove di Orosio è nolo, che da s. Agostino stes- so fu consigliato a scrivere l'istoria sna , come Orosio medesimo dice nella prefazione ad esso inclito e santo dottore : De qualitate aiitem opusculorum tu viderìs , qui praecepisti : tibi adiudicanda , si edas : per te ludica- ta f si deleas. Salvatore Betti Intorno gV inni sacri di Alessandro Manzoni , dubbi di Giuseppe Salvagnoli Marchetti. 8°. Roma 1829 pres~ so la libreria moderna , 'via del corso n". 348. ( So~ no paq. XXIV e no. ) J^llcuni scrittori nostri , presi da non so quale maravi- glia o furore per gì' inni sacri del sig. conte Alessan- dro Manzoni , hanno non pur chiamato con ogni titol di lode l'illustre poeta , ma dettolo anche divino. La nuova divinità non ha tuttavia ottenuto in Italia credenza e cul- to da tutti : e fra questi è il sig. Salvagnoli Marchetti , il quale ha stimato dover qui recare i motivi della sua eterodossia. I suoi dubbi sono pieni di modestia altresì e di cortesia: e dimostrano, a parer nostro, quanto il chiarissimo autore sia pratico delle cose non solo della lingua, ma della poetica e della tìlosoGa, Laon le questo libretto, pieno tutto di egregie dottrine e di le i^i-diia , sarà Ietto con piacere, ed ezinudio con utilità, oì; !)>' da coloro che si prostrano devoti e bruciano incenso mnan- zi alla divinità manzoniana , di cui senza più hanno po- sta l'immagine alla destra dell' Alighieri. 1^2 V A R 1 E T A.' Be laudìhits Leonìs X1T poìH. max. ^ oratio habita a d. Paulo Delsìgnorc romano , cunonicorum regularium la- teraner? . abbate^ hist orine ecclesiasticae professore , cunv '• -farentalia tanto pontifici persolverentur in romano ar- chigymnasio IK nonas apriles anno MDCCC XXIX. (^ . Rom,ac apud Bernardinwn Oliverium iS^-g. (Sono pag. i6. ) Vj n debito tributo di ossequio e di o;ralitudine ha ren- duto il romano archiginnasio alla memoria del sommo pontefice Leone XII , il quale per tanti insigni titoli ne fu benemerito : e ci è grato il poterne parlare in que- sto giornale , che pure fu oggetto de' sovrani favori di lui : favori che noi Certo non saremo per dimenticare giammai. Questo elogio è degno dilla riputazione che ha chiarissima nelle lettere il P. abate Delsionore de' cano- nici regolari lateranensì , professore di storia ecclesiasti- ca in esso archiginnasio : conciossiachè sia affettuoso del pari e pieno di facondia , di dignità , e di eleganza. Giovi per esempio recarne due passi : Tyrannicae potestatis ( egli dice a pag. 8 ) proprium esset, quo facilius suhiectae gentes diro continerentpr imperio , eas a scientiarurn studio ab- stinere , easque in turpissimas ignorantiae tenebras coni' veliere : et hniid satis geiflis siine bono prospiceret , ut opinar ., qui in tanto scientinnnn ne optimarwn arliutn incremento ac splendore vel pliilosophicas vel natiirales rerum cognitiones negligeret , vel magis accomodatos in trad"ndis disciplinis methodos respucret , ind ea inven- ta recusaret ainplecti , per quae exterae gentes tantum omnium ore laudnhunt.ur , quantum quisque eas sequi ac imitari conatur. - Neutrum auteni in Leone XII evenire poterai , auditores. Ab ipso sapientissimo nalurae Aneto- re bonam suavemque sortitus indolem , in optimis di- sciplinis versatus , multorum homiinun viderat mores , per- panderat instiluta , utilitates et conimoda inde in gerì- Varietà' i33 tes derivatura -perspexerat. Paientis ojfectu deinde aU' spicatus imperiiiin , tot tantaque illusiria noverat roma- norum pontijicum exenipla , qui scientiarum lucerti oni- nemque humanitntern in universum Jere terraruni orhem invexerant. Leonis X liberalitatein noverata et inci^^tH^ bilein propemoduin erga literaruni studia animi propen^ sionem : noverat tandem niaximam quam sibi concilia- verat gloriam in aevum duraturain Pius J^ll , tum ob eius praeclara facinora , tum, oh ea quae scientiis , ar- tibus et huic sacro omnigenae cognitionis asylo bona con- tuleret. Haec omnia probe noverat perspicacissiinus pon- tifex ; et ut non solum tantorum pontificum, proseque- retar vestigia , sed ut pontificiae j'egionis utilitali prospi- cerei , statini ac pontiftciani sedeni ascendit omnes ani' mi ciiras intendit , ut vel commutarci in melius , vel sta- tueret denuo , vel quae a praedecessorihus fuerant in li- terarum ac bonarum, artium Javorem statata firniaret. Leoni occurrunt angeli ( prosiegue il N. A. a pag. i4 ) : Et quid ^ interrogant ^ in terris regnans egisti ^ Leo! Di- lexi. Ecclcsìani dilexi commissam niihi , quam nionitis ^ literis , legationibus , pietatis virtutumque omnium exeni- plo dirigere , amplificare , et ad rectam vivendi regulam studui revocare. Leoni occurrunt sanctissimae pontificmn animae , eumque singuli certatini interrogant : Quid egì- sti , quid egisti , Leo ? Dilexi. Dilexi subdilos ponti" fido, imperio , quibus vectigaliam partem donavi , quO" rum provincias a latronibus expurgavi , quorum saluti et ìncolumttati prospexi : dilexi pauperem , quem ut minus reipublicae onerosus esset , utilem reddidi : dilexi ae- grotum , ad quem , ne ad animam et ad coiyus oppor- tuna ei. deessent subsidia , intempesta nocte inopinatum accedere in delicìis habebami dilexi iustitiam : iniquità- tem odivi , prò qua infinitae propenioduni devorandae mihi fuere molestiae '-te dilexi ^ Domine , et decoremjdi" lexi domus tuae ec. ec. S. Betti osservazioni Meteorologiche. )( Collegio Hu/nuiio -.aprile lUsc Bai'ouiet. li. l'erin. eal. l^P-b' „ 3 '. 9 8 o 9, 6 i3 9 7 IglO. a cap. Vento Pios già Evapor. SS.E.r/.o S.u.fori S.S.O.m. Li o t 08 oo li, 2, 7 IV, q. l; «S. f, S.E. m. 2, I ENE C/.n SS.E.m. E.S.E.d. 6 75 2, a S.£^. ,, S.O, q. o N.O. d. '4 5o 9» 7 nuvoloso I IlllLl'lìillliO nuvoloso coperto NIHIL OBSTAT Abb. D. Paulus Delsignore Gens. Tbeol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Colleg. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Gens. Pbilolog. IMPRIMATUR Buttaoni Oi S. P- A. Socius. Dom. Buttaoni Ord. Prsed. Rev. Mag. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patr. Constantinop, p^ices^erens. i37 SCIENZE Deir udito e della vista. Considerazioni metajìiiche, A sua eccellenza reverendissima mons, Carlo Eni- mnnuele de conti Mazzarelli ^ uditore della S. R* /?., presidente deW accademia latina , socio cor- rispondente della reale accademia ercolanese e d^altre varie accademie ec. ec. P JL ( // P. Luigi Pungi leoni il/". C* er eccitamento d'animo riconoscente mntto ora tra le mani di lei questo Lreve mio scritto. Sebbene non sia c!ie piccolissima cosa , m'incoraggia a presentar- glielo il rimc^mbrare elio gii animi scienziati noti isiiegnano le umili offerte, ponendo mente al buoa volere degli ofieienti. Nac(|ne in me il pensiero di stenderlo nell' udi- re la filosofica dissertazione composta e recitata dal sig. dottore Onofrio Concioli all' insigne accademia di ortodossia. Il di lui assunto fu di provare che il sofista di Ferney alzò un poco di polvere clie an- nebbia per un momento l'intelletto di coloro , clic osano porre l'uomo a livello del bruto per indi ag- guagliare e l'uomo e il bruto alla pianta. Non vuoi- si negare a Voltaire il tragico alloro : cosi egli pa- go del primo onore del coturno non avesse mai da- G.A.T.XLII. IO i3aii Scienti to in luce altro che ttagedia ! Dopo d'avere il bravo oratore addimostrato che Voltaire noa piantò mai i suoi principi su basi solide , per esser egli so- vente in contraddizione con se medesimo , si volse a passare in rassegna i sofismi di alcuni fisiologisti de' nostri giorni con farneli vedere in opposizio- ne ai sani principi della metafisica , vizio in che urtano i piìi famigerati paradossisti. Non è delle mie forze l'invadere un campo tutto proprio della fisio- logia : solo mi credo in dovere d'oppormi come psi- cologo a quegli errori , che tendono a trarre l'ani- ma dal suo seggio per affidare il reggimento de' sensi al raeccinismo. Se questi errori , mons. riveritissimo , signo- reggiar potessero la ragione dell' intera specie uma- na , verrebbono a togliere ad essa la più cara delle speranze , la speranza di una Anta al di sopra di quanto immaginar possiamo migliore della presente. Dopo d'avere ristretto , per quanto era conces- so al mio corto ingegno , fra giusti confini il po- tere che ha l'anima su i due sensi gusto e odora- to , sludierommi indagare in qual guisa e sin do- ve abbia nell' ideato fanciullo in balia l'udito e la vista; lasciando per ora d'intertenermi sul tatto. L'udito , organo della parola , può considerar- si qual uno de' primi anelli delle impressioni che si fauno sul corpo, le quali applicate all'anima acqui- stano il nome di sensazioni. Dico sensazione e non sensibilit'a , come vogliono alcuni a pericolo d'ac- cumunarlu. a ciò eh' è proprio dell'alterabile tessi- tura delle mimose. Nelle indagini di tal fatta non è mai a perdete di vista l'attività della mente, co- ' me molti pur fanno con antippore al vero sempli- ce e schietto lo straordinario che abbaglia per un giorno, e il di che viene si appalesa qual' è. Prima Dell' udito e della vista i3o di mover passo premetto due i^upposizioni , che norf sono altrimenti fuori di natura. Nella prima fo pas- sare il fanciullo , da un piano smaltato di fiori e di frugiferi arboscelli , alla riva d'un placido luscello ombreggiato da brune boscaglie entro cui saltella e svolazza la pennuta famiglia. L'altra è il rappresen- tarlo noli' infanzia , per cosi dire , dello sviluppo dei due sensi udito e vista. In tale ipotetico stato non sarà egli in grado di scernere il divario che passa tra il canticchiare deg^Ii augelli ed il mormo- rio delle onde. Neil' esordio, se è lecito di così espri- mersi , della succennata situazione , la cui reali- ta , giova il ripeterlo , sta solo nella fantasia , i suoni e i canti gli sarebljoao indistinti, come ne ha fatto sottilmente vedere il Gondillac , di cui vive celebralo il nome. Giacche m'è qui caduto in ac- concio il nominarlo , mi si permetta il dire esservi stato chi osò tacciarlo di materialismo. Quest' ac- cusa non è giusta. Il dirla a gran torto ingiurio- sa alla di lui fama , non è che un rendere oma<»fjio alla verità. Niuno forse avrebbe osato d'ascriver- glielo a colpa , se si fosse partito da un principio desunto dalla natura. Se non è dato al poeta il sospingere l'illusione oltre i confini del verosimile , sarà poi permesso al filosofo l'addottare un' ipotesi che troppo aperto ci presenta l'inganno ? Fra Gon- dillac e Gabanis passa notabilissimo divario. Per que- sto il sentire non è che un fenomeno della nostra organizzazione, ed il pensare un solo solissimo sen- tire. Tutto , egli ci dice e vuol esser creduto sul- la nuda sua parola , tutto ripeter dobbiamo da azio- ni meccaniche. Su le di lui tracce sognò taluno che il pensare nasca dalle impressioni del ventre dige- rite dal cervello , e spacciò ardimentoso questo so- gno quasi fosse un teorema di Euclide. Basta rife- 10* l4o S e f E N Z K rire nudamente simili assuidi , che pur sono il ner- bo e il diletto degli elveziani, onde sieno scorti er- ronei da ogni uomo di buon senso. Ma per Gon- dillac Tessere pensante è attivo , è l'arbitro de' mo- vimenti de' sensi , e li dirige liberamente. Duolmi bensì che le facoltà di attendere, di paragonare, di dedurre , di rilleltere , di giudicare , di volere , di bramare, si aggruppino insieme di guisa, che sotto la di lui penna non pajano che tante modificazioni della slessa stessisiima sensazione. Egli è perciò c!ie pili d'uno ha riguardato il di lui metodo, quello di ridurre tutte le facoltà a sensazione trasformata , sot- to un punto di vista favorevole al materialismo. Il professore Loromiguieie, nel saggio sulle facoltà dell* anima testò pubblicato, si è fatto un dovere di ribat- tere questo colpo. Non se gli può condonare per altro l'aver confuse più cose insieme. Chi può tene- re per fermo non altro essere il volere ed il di- svolere che sensibilità modificata (i)?Chi può darsi a credere che il riflettere, il paragonare ed altre si- mili operazioni della mente , non sieno che semplici modificazioni della medesima sensazione trasformata ? E chiaro al paro del fiore della luce, che la volontà, lo scopo dir dobbiamo del disvolere , è una facoltà che si manifesta dopo il sentimento. In una parola , oltre rintelletlo e la volontà si debbono ammettere ancora in buona filosofìa quelle altre facoltà che so- no comuni a tutti gli uomini , delle quali non fo qui parola per non ripetere me slesso e gli altri che pri- ma e assai meglio di me ne hanno trattato. Ne qui possiamo concedere che Taltenzione debba riporsi nel- (i) Qu' est-ce ( cosi Cousin Cours de phil. Paris ì8ì8 ) aJors que fame ? Dell' udito r. delia, vista. i^t la vlvidlta delle idee, benché ne sia un effetto. Ma ciò die non cessa di parermi strano è la supposizio- ne d'una statua, in cui entrar dovrebbe a poco a po- co una sostanza eterea allo scrostarsi di quelle parti che in noi formano i cinque sentimenti del corpo. Non so se un tal sogno sia mai caduto in mente a qualche filosofo dell'antichità, o se alcun poeta ab- bialo mai in bella foggia vestilo. Ognun sa che la statua non è che un automa o moventesi per via di suste e di ruote, e con tant'arte costrutto, che all' occhio dello spettatore si appresenti quasi in alto di muoversi per la direzione datagli dalla maestra mano che lo scolpi. Tanto, a cagione d'esempio, av- viene anche ai men dotti in faccia delle opere ma^ì' strali di Thorvaldsen e di Canova, la vista delle qua- li produce a un tempo diletto ed illusione. Chi nell* arte dello scoljìire arriva a un tal punto, ha toccato la meta dell' arte sua. Ciò sia detto per rimettere in seggio la verità. Torniamo al fanciullo, in cui è nell' ordine del- la natura la voglia di estendere le sue cognizioni con rendere ragione a se stesso di quello che gli sta d'in- torno. Il mormorare del ruscello produr debbe in lui un effeltlo ben diverso da quelli sperimentali col mezzo del gusto e dell' odorato. Ne' primi momenti in cui la sua anima prova ad un tempo niolleplici sensazioni sonore, non bene distingue Tuna dall'al- tra. Egli è per mezzo d'una lenta attenzione che ascol- tando più fiate ora il goi'gheggio dell' usignuolo, ora il canticchiare di un cardello, con un pò di riflessio- ne si melte in istato di distinguerli tra biro mercè delle iterale impressioni. Non dirò gi'a dimostrato , perchè un' ipolesi non è una base su cui fondar si possa un saldo edifizio : ma bensì possibile per molti gradi di verosimiglianza, che il fanciullo scoi;- 1:^2 S c I s sr c E gaque' suoni tlissimili vegnenti da corpi die non so- no lui stesso , e che sono fuori di lui. L'udito non darebbe alla statua condillaccliiana l'idea d'alcuno og- getto più o meno vicino , eh' è quanto dire di di- stanza o di prossimità : ben ì , a della dell' immaginoso artefice suo, le darebbe quella d'un suono più forte o più debole. Ora nel dir ciò non si fa che recare un ajuto al fanciullo per renderlo accorto de' mutamen- ti che succedono al di fuori di lui , sendo la sua ani- ma per tal modo presente al sensorio comune che non può non avvedersi de' succitati dissimili suoni. Se chieggo ad un più stupido ragazzo che abbia in guardia il gregge, se trovi divario tra il gorgheggian- te usignuolo e Io stridulo gufo, costui sapra dirmi, se pure non ha impietrito l'organo dell'udito, che il primo gli aggrada e l'altro recagli noja. Percepisce egli adunque gli oggetti al di fuori , senza essere a portata di rendere, non che agli altri, a se slesso ra- gione della causa fìsica o per meglio dire occasionale delle armoniche o disarmoniche sensazioni eccitatesi nel suo spirito. In questo zotico guidatore del gregge abbiamo tre fatti, che si possono applicare al fanciul- lo isolalo. Il primo e l'impressione blanda che vicn- gli fatta entro l'orecchio dal canto dell'usignuolo, e l'urto disaggradevole cagionatogli dallo stridere del gufo. L'altro si è il non potersi identificare questi due elFetti , impressione e sensazione , appartenendo quella ai sensi, questa all'anima. Il terzo fatto è la percezion dell'oggetto, pel quale l'anima di lui met- te in azione quelle facoltà che sono con essa imme- desimate. Quesl' azione è un effetto : e siccome non evvi effetto senza causa , questa per lo mandriano suddetto e riposta nei due volatili sovr' indicali. Si noti qui di passaggio, che queste due impressioni, por- tate all' orecchio, dalle ondulazioni dell' aria, si esegui- Dell' udito e della vista i/^Z scono entro l'orecchio medesimo per via di tatto. Il voler prescindere da questa proprietà universale de- gli esseri animati, è un perdersi dentro ad un labe- rinto di oscurità con grave pericolo di non uscir- ne mai più. Io non so concepire come uno , che non sia immerso in profonda meditazione, sentir non deL- La, ne debba accorgersi di sentire, due opposte im- pressioni che per le vie dell' orecchio gli passano all' anima e si trasformano in sensazioni. Che se mi si do- mandi in qual modo succeda un tale accorgimento nell' anima, dirò poter ciò avvenire in quella maniera che ognuno può esperimentare in se stesso allorché nell' udire con trasporto un musico strumento venga mole- stato dal cigolare delle ruote d'un carro o da altro fra- stuono di simil fatta. L'ingrato stridore del gufo fa che resti sospeso il diletto della melodiosa voce dell' usi- gnuolo, ma non lo estingue. Anzi col desiderio vieppiù si accosta alla melodia, e coli' imaginazione per quan- to può si stacca dallo stridore. Se questo e quella gli avessero in pari grado penetrato l'orecchio fia dal primo momento di sua esistenza, rimarebbe inde- ciso su la di loro diversificazione , ne varrebbegli il sussidio del tatto a trarlo dall' ignoranza sua. Ma non h a porre più oltre il piede nel regno delle vi- sioni. Mi basta che il fin qui detto metta almeno al- meno in dubbio l'asserzione di chi ha preteso mostra- re, che senza rajuto del tatto col mezzo dell' udito, eccitatore di piaceri di gran lunga superiori a quelli della vita fìsica ed animale, l'uomo non esce fuori di se. Un tal dubbio sarebbe dilegnato se ammettere si dovesse , conif^ taluno opina oggidì , che le percezio- ni risultino da una forza tutta propria deli' anima. Sia d'altri la cura di fissare una giusta idea di que- sta operazione dell' anima, non avendo io qui ad isco- po che l'indagare se uq fanciullo segregato per al- l44 S e I E N X K cuti tempo dalla vita sociale potesse per mezzo dell* udito venire in cognizione dell'esistenza d'un di fuori , come dicono , di se per impulso dell' armo- nia non meno accetta al senso dell'udito clie a quel- lo della vista. Senza perdersi nella ricerca della proporzione elle pa%sa fra rarraonia del suono e qnrlla dei co- lori, ricerca non avente più carattere di novità, con- sideriamo il fanciullo in su la vetta erbosa di un poggio silenzioso nel mattiti primo allorché le va- rietà delle iridi presentano visibili iinmigini musicali. Sii|)poniamo ora die il senso deili vista , die i lo- cliiani appellano il più istiiitlivo , e Cartesio deno- mina visus sensunin lìohilisslinus , sia il solo ca- nale die gli trasmella all' anima le impressioni de- gli oggetti esterni , e veggiamo se la considerazione della visla presa da se dar possa al supposto un'om- l)ra leggiera , non già di vero assoluto , ma di ve- rosimile. L'occliio eccita nell' anima sensazioni ana- loghe alle impressioni, che in esso fanno gli oggetti visibili. Ma p'ù ne fiumi il giuilizio, e usar debbe inolia precauzione per non precipitarlo. E noto che sarebbe illusa se veggendo un remo mezzo dentro dell' acqua , ove la rifrazione della luce rialza quel- la parte di remo che or si trova immersa , combi- nandola con quella che sta al di fuori, la giudicasse curva. In quante illusioni possinm noi cadere se non istiamo bene avvertili anche culi' ajuto del tatto , il prescindere dal quale e fuori d'ogni idea di pos- sibilità , come e ([uello di statua senziente , giacche senso e statua sono due vocaboli che stanno dia- metralmente in opposizione ? Per essere notissimo l'esperimento chesseldiano, ricordo quello ripetuto con ugual successo in Pa- via dal professore Jacopi , rapito alla medie' arte nel Dell' udito E della vista i45 più bel fiore degli anni. Questi ammaestrò un gio- vinetto , cui il celebre Scirpi aveva levate le cata- ralte. In quel primissimo tempo in cui il giovinet- to cominciò a servirsi di quel senso che si ravviva al ricomparire dell' astro del giorno , era soggetto a mille svariate ottiche illusioni. Le cose tutte gli ap- j)arivano di una straordinaria grandezza , e come fos- sero attaccate alla pupilla depji occhi suoi. Noa vuoisi negar fede al doliissimo relatore. Pure la tjio- vino (i), cui il bravo oculista Giovanni Jauin levò le cat^rUtc congenite , non sospettò mai che i pri- mitivi colori e gli oggetti che si; le all'icciavano fos- sero attaccali alla cornea : ne tale so>pplto cadde in mente ai ciechi nati ch'or dchijono ni valenti; profes- sore Luigi de Giegoris l'actinisto della vi^ta , seb- bene non in grado perfetto. J!^gli è perciò che , sen- za detrar punto al merito di alcuno , credo neces- sarie ulteriori osservazioni su {d'altri individui non solo n(d primo momenlo in che Tarle dona lord ciò che ad essi aveva negato la natura , ma con pro- gressivo esame per formare con niaggior sicurezza dello conghietlure intorno alla possibilila od impos- sihilila di concepire senza rajnto del tatto l'idea d'uno spazio intermedio tra l'occliio che vede e Tog- gello veduto. Leibnizio nel saggio siili' intendimento umano sta per l'alFermativai Su \jl base dell' esj)eri- mento di Chesselden si è coochiuso pel no. Ma se al fanciullo , che aciiuistò la facoltà visiva , dopo qual- che tempo apparivano gli oggetti altri aggradevoH ed altri spiacenti, non parmi improbabile che anche (i) Delle cateratte dei cicchi nati ^ osservazioni teo' rico 'Chimiche del professore di chirurgia e di oftalmia- tria Luigi de Gregoris romano. Roma i8a6. i46 S e I E N s e senza toccarli venir potesse in chiaro della realità del loro esistere. Presentò il suddetto professore ad uri giovane, che sotto di lui aveva acquistata la vista, un uovo ed un gomitolo avente la figura di uovo : s'ingannò questi bensì nel crederli due tiova, ma in sul momento conobbeli toccati da lui. Più. Altro è il cercare l'efìn^tto che in esso doveva produrre quan- to vedeva fuori di lui, altro e il trattar della causa producitrice nella mente sua di simile effetto. Non nego l'impotenza dell'occhio, escluso il tatto, di scer- nere subitamente un globo da un cubo : quantunque resti a provarsi che noi possa col mezzo ancora di lungo esercizio. Accordo che le figure , in ciò che concerne la struttura loro , gli sarebbono per uno indeterminato tempo indiscernibili. Fingiamo che il fanciullo fosse privo del tatto , e che lo acquistasse di poi per cura di esperta mano : è a credersi che questo senso inesercitato lo trarrebbe allora allora in moltissimi inganni. Cosi al riacquistar della vista nel- le privazioni tattili sarebbegli necessario un pò di tempo , perchè se gli eccitasse in mente il sospetto almeno di una distanza qualunque fra se stesso im- moto ed il corpo se movente. Su ciò non mi dilun- go , perchè troppo è insipido il piacere di fìnger ciò che non e po;ssibile. Veniamo al fatto. Un augello ora piega il volo verso l'occhio del fanciullo , ed ora se gli allontana. Nel far ciò, suscita nel fanciullo l'immagine : sebbene per le addotte ragioni imper- fettissima. Se gli andirivieni dell' augello fossero uni- formi ed eseguiti con tanta celerità che non gli des- se campo di poter distinguere in esso mutazione di tempo e di figura, allora non mi so bene se gli fos- se dato di accorgersene a cagione della sua prestezza. Tanto avviene a chi agita in giro un tizzone acceso. Formando un circolo, non può per lo detto motivo Dell' udito s della vista 1^7 avvedersi del mutamento della sua siliiazion?. Metto la cosa in quel punto di vista che so meglio conce- pire ed ispiegare. Sanno i fisici che i raggi nel par- tire dall' estremità di un oggetto vanno a riunirsi alla pupilla in figura di cono : al qual punto danno eglino il nome di angolo ottico. Fin qui supponia- mo la impression della luce semplice modificazione interna , limitata a dare all' anima il solo sentimen- to di se stessa , senza giugnere a rivelarle alcuna cosa esterna. Questo supposto, che in quel primo mo- mento il raggio resti nell' occhio e non si porti al- tramente al di la con fare che l'anima non si accor- ga di un di fuori , e un segreto di natura : ed essa non ha ancora schiettamente appalesati i suoi segreti ad alcuno. Diasi che al primo momento in che la punta del raggio tocca la retina, l'anima non appren- da per tal mezzo ciò che non è lei medesima. Tro- verebbesi per allora nel caso di un cieco, il quale mentre tocca l'estremità di un bastone s'accorge ben- sì dell' estremità eh' egli tocca , non già di quella che non giugne a toccare. Fogniamo che per una causa qualunque se gli faccia toccare il bastone in punti diversi : in tal caso la di lui mano non sen- tirà no ad un' ora tutta la lunghezza del bastone , sentirà per altro che il bastone e esteso e che la estremità eh' egli ha in pugno è distante dall' altra estremità e dai corpi tocchi da essa, mentre va egli tentando la via. Così possiamo supporre che l'anima dal movimento di cosa esterna accorgere si potesse nella data ipotesi ch'ella non è la cosa che si move. L'asserire il contrario non vai nulla. Ciò premesso, quanto pii!i il corpo da cui parte il raggio sarà vi- cino alla pupilla, le apparirà più grande, più gran- de perciò e pili chiara formerà verso di essa la base dell'angolo. In ragione inversa far debbe che le ap- l48 S e I E N Z K paja più piccola e più fosca allorché si allontanai dalla stessa pupilla. Ora se la grandezza apparente' di un oggetto misurasi dall' angolo ottico sotto cui b veduto , ne viene che in ragione della maggiore o minore prossimità all' occhio si rendeia più o me- no fosco. Non dirò che roggplto che s'incontra nel centro della pupilla, vario sovente in Incidila ed in granclezz,a , basti al fanciullo per giiuìicare retta- mente d'una distanza. Chieggo soltanto se bastare gh possa por lo acquisto della conoscenza , quanto mai vogliasi im[)erfetla , d'un corpo fuori di se. Ag- giungasi il potere die ha il fanciiìllo d'abbassare le pal[)el)re per non vederlo più, il potere di rialzarle per rivederlo di nuovo, e con tale naturalissimo espe* rimeiito mettersi a portala d'accertare se stesso die il corpo era veduto ed ora no non è attaccato alle paljjdjre di' egli muove a talento. Soggiungasi di più, che far debbono nell'occhio, sotto qualunque aspet- to si consideri, diverse impressioni i succedentisi mu- tamenti neir atmosfera, cioè quando nel tramonto del sole si colorano le cose di una medesima tinta , od allorché al mattino l'etere si abbolla di nuova luce ed isve^'lia in mente una folla d'idee che sen- tir fanno al cuore una soave emozione. Neil' ipotesi adunque dell' occhio staccato dagli altri srnsi , ipo- tesi elle per essere impossibile non si può in tutto rigore cosi chiamare , un augello nel ribattere le penne verso del fanciullo dovreLbegli aumentare li base dell'angolo ottico e diminuirgliela col suo allon- tanamento. Posto ciò il fanciullo dovrebbe , se noti vogliamo dire conoscere , almeno sospettare esser*? tali mutamenti , da' quali resta colpito , l'effetto del moto di un corpo esterno , non apparente ma reale. Io non intendo di spiegare come succeda questo fe- nomeno , non volendo porre il piede in nna provift- Dell' udito e della vista i^q eia rìie tutta è propria di quella parte di fisica che appellasi ottica. Parlo di quei raggi che in partir da un oggetto vanno a ferir la retina con iscuoti- mento portato dal nervo ottico alla sede dell' anima. Quindi ne viene a mio avviso, che questi esterni cam- biamenti suppongono un cambiamento nelle interne percezioni dello spirito. Il percepirlo è un riconoscerlo prodotto da una causa distinta da quell'io che in lui pensa, da quell'io dotato di una virtù di cui non e capace ne una parte , ne lo insieme del suo corpo. Se tale non fosse, fuor di so non vedrebbe che una parte, non tutto l'oggetto. Dal non vederne che una parte non potrebbe risultarne piena cognizione del tutto. Ma ciò ripugna, mentre l'iinra igiiia da cui è alfetlo lo spirito non e divisibile in più parli. Ond'è che l'ani- ma veggente in tutto un dato ogg'Uto , e semplice. Quindi fa d'uopo contraddire all' intimo senso per non iscorgere notabilissima diflTerenza fra l'anima sem- plice e l'occhio corporeo. Questo per vedere bene le cose abbisogna di un lume temperato e di uno stato d'integrità, senza cui non può scernere, a mo- do d'esempio, una superficie didineata a più colori, uè può in vecchiezza vedere come nella fresca eJa. La mente al contrario nello andare degli afini me- glio intende le cose , ne soffre danni in se. Si ride oggidì udendo meniionare forme occulte , qnidita , ente di ragione , ed altre simili ricerciie peripiteti- che. Ma che ridete voi mai , polrf*!)besi dire a que- sti derisori , che ridete voi mai ? Forse i vostri so- gni , le vostre chimere , le vostre astrazioni non sa- rebbono più forte motivo di dileggiamento , se non fossero tendenti ad ispezzar quei nodi che legano l'uomo air uomo e il sottomettono a Dio? Ciò basti: perchè la causa della moralità delle azioni h stata ^"^^ Scienze trattata , e si tratta ancora oggi , da autori che go- dono della massima celebrila. Qui nel far ritorno al fanciullo, parmi che i suc- citati mutamenti il dovessero indurre se non alla cer- tezza , almeno al dubbio sull' esistenza degli oggetti esterni in modo piìi preciso di quello che aspettar possiamo dall' artifizio d'una statua , da pareggiarsi forse a quegli scabri macigni che al suono d'una cetra , come si favoleggia , vinta l'inerzia si leva- rono a murar Tebe. Per avere tutti i gradi di evi- denza possibili in simile discussione, conviene consi- derare l'uomo quale usci dalle mani del Creatore. Nel supposto caso direi ancora capace di conoscere in qualche guisa l'avanti e lo indietro , non già a misurare le distanze. A tal nopo non basta la po- tenza visiva. Abbisognavi il tatto. Solo mi restringo ad affermate , che non in rigor logico , ma in certo senso dir possa a se stesso il fanciullo : ,, Fuori di me veggo qualche cosa. Questa mi aj)pare ora piià grande ed ora più piccola e non mi so bene il perchè. ,, Ma senza il soccorso del tatto non può averne una co- noscenza netta e perspicua. L'idearsi un uomo pri- vo di tatto è una chimera che ne guida a non istrignere tra il bujo che l'aria vuota. Vorrei parlare un pò a lungo: ma lasciar debbo questo punto in- tatto per ora , sendo ornai tempo di por fine allo scrivere. Ella , monsignore pregiatissimo , cortese ed amo- revole verso di me, rubi di grazia alcun tempo alle gravi cure ed agli ameni studi per darlo alla lettera di questo mio scritto. Leggendolo , sark proprio dell* animo suo ben' educato il farne la correzione. Pari all' obbligo che le ne avrò sarà sempre la riconoscenza che mi fa essere con piena stima ec. i5i Patologia induttiva di Francesco Puccinotti» Macerata , 1828 , in 8" di pag. 420. I 1 valente autore di quest'opera dichiara imperfet- te ed erronee tutte le patologie degli antecedenti scrittori , e stabilisce non essere l'analisi ma Lensi l'induzione l'ultimo termine di rigore per le scienze mediche. Giacche se l'analisi coordina i fatti della collezione rapsodica e sintesi empirica , l'induzione air incontro è quel mezzo , con cui da siffatti ordi- namenti analitici si cavanno leggi e principi genera- li , sotto i quali vanno esse tutte o in gran parte a subordinarsi. L'A. quindi non vede miglior patologia della induttiva , perchè a fondare principi generali intorno alla natura ed alle differenze essenziali dei morbi non possiam valerci che della induzione. Dot- trina cosi importante , essendo l'ultimo resultato delle analitiche indagini sopra quanto si presenta alla os- servazione, valer può (ne soggiugne l'A. ) di prin- cipio e di organo alla scienza medesima ; e con la scorta dei suoi divisamenti tiene per risoluto il pro- blema , essere possibile la viilidità clinica di una patologia generale. Ecco in compendio quali sono le idee del sagace prof. Pucciuotti. Egli pensa , che la vera determinazione delle differenze essenziali delle malattie non si è mai fino- ra effettuata in patologia , perchè non si e mai cercata la cognizione della causa prossima nei rap- porti colla remota. Non era per altro possibile fer- mare rapporti tra cause moltiplici diverse , ed al- trettali effetti senaa conoscersi un principio che li |53 SciESZB cimentasse , li disciioprisse , e gli assicurasse. Per opera di cotesto priocipio conveniva stabilire una catenazione di criteri patologici , che abbracciassero tutto il fatto clinico , cioè dalle sue cause remo- te alle prossime , da queste alle maniere spontanee di soluzione ; conveniva scernere i morbi simili dai dissimili e stabilirne i sommi generi ; conveniva ri- cercare se i sommi generi de'morbi stabiliti sareb- bero mai conducibili alla corrispondenza con certi sommi generi di funzioni , die prime e sole sosten- gono il nngislero della vita ; conveniva indagare se queste funzioni medesime , cosi ridotte dalla in- duzione filologica , sarebbero mai in rapporti diret- ti con certe potenze e certi loro modi di agire , che trovale le conuinanee dei morbi e delle funzioni , scaturissero da queste anche quelle delle potenze vitali e morbose. Ora cotesto princìpio , dotato di silFjlle qualifiche , viene dall' A. riposto nelT c/^- ìiiià fisioloi^icti ^ eh' e tra la causa remota e que- sto e quel sislem? di oigani , in che si compie una delle principali funzioni d('lla vita. Della validità di un sifl'aito principio l'A. e si intimamente per- suaso , che in |)revenzione s'impegna chiudere ogni via alla censura , siccome sembra potersi desumere dalle parole con le quali cliiutle il §. 3 alla pa^;. 20: „ Dopo di che se mai io venissi convinto d'ingan- 1) no , bisognerà o adJilarmpne un altro più sicu- ,} ro e pili valido , ovvero dimostrare , che i som- „ mi geneii delle malattie si ponno stabilire senza „ concatenare effetto con causa ; o die questa ci- „ tenazione può ottenersi senza un principio che di- „ scuopra i rapporti ch'esiston fra loro. „ „ Io ammetto ( soggiugne indi appresso il N. „ A. ) in medicina un fondamento empirico puro , „ distinto da quello deli' arte , tutto opera della na- Patologia induttiva i53 „ Uira , eppcrò superiore in certezza a qualnnqwe „ altro : fondamento costilnito da una serie di nior- „ bi semplici primitivi , di cui sieno aperte le cagioni „ remote , e che lasciati interamente a so stessi , si „ giudichino o per questo o quel m^do evidente di „ crisi. Questo è quel solo fondamento empirico , „ da cui si traggono sicure leggi patologiche , per- „ clic dettate da essa natura , e da cui io ho trat- „ to le mie. Meditando sulle maniere spontanee di „ soluzione di cotesti morbi legittimi e semplici, le „ ho trovate in corrispondenza col processo loro „ morboso e colla causa remota che suscitò : e quest' „ ultima corrispondenza mi ha discoperto il prin- „ cipio induttivo dell' affinità fisiologica. ,, Onde per altro comprender meglio i dettali dell' A. fa d'uopo formarsi un' idea del suo principio induttivo dell' aCliiita fisiologica. Ragionando egli della formazione dei tessuti dell' umano organismo . ravvisa che quelli insieme agglomerati costituiscono altrettanti apparecchi organici che riuniti per la in- duzione fisiologica sotto un generale oHlcio che adem- piono quanto alla conservnzione dell'uomo, assumo- no presso noi il carattere dei sistemi. Al numero di tre vengono questi ridotti dal medesimo , cioè al chilifero arterioso , o nutritore ( che abbraccia l'apparalo assorbente inspiratorio e cutaneo , il di- gerente , il chilifero e l'arterioso ) , al Unfaiìco ve noso o denutriente ( che comprende l'esalante espi- ratorio e cutaneo , gli organi pe' quali si com- piono l'esalazioni interne , l'apparato venoso e il linfatico) ed aX nerveo " muscolare ., o seziente lo- comotore , con cui acquista l'organismo e la irri- tabilità e la sensibilità. Nei soli movimenti di con- trazione e di espansione ripone egli il dinamismo vitale , avvertendo alla necessita di un temperato G.A.TXLII. 1 1 l54 SCIEXZK contrasto di essi , di una conlinua antitesi fra loro perchè la vita sia viva. Siccome però gli effetti del vital movimento modificati vengono dalla forza con- servativa secondo la varia composizione delle parti dell'umano organismo, cosi la contrazione e l'espan- sione diversificano di grado, a norma che diversifica- no le modalità conservative delle varie mistioni or- ganiche dei tessuti in che si operano , mentre clic la differenza di struttura dei varii organi spiega le differenze delle sue modalità. Allo stato di sanità debbono concorrere la inte- grità meccanica, la normalità dinamica, e l'esercizio ordinato simultaneo o periodico delle tre funzioni principali di assimilazione, di esalazione, o di sensa- zione, nel giro della quale consiste l'intero processo vitale. Non può con la salute coesistere la malattia, la quale nel suo proprio essere è realmente positiva, annienta gli effetti di quella producendone dei nuovi, i quali non possono essere generati che da una forza positiva. Una nozione complessiva dello stato mor- boso non emerge dalle difettose definizioni e canoni stabiliti dai vitalisti e dai particolaristi ; ma sib- bene è duopo desumere il concetto della malattia da quelli stabiliti intorno alla vita. Quindi , dopo queste ed altre premesse nozioni , stabilisce non po- tersi formare altra idea generale della malattia che quella di un disordine nelV unita della cospiraziO' ne organica , av^'cnuto per cangiamento di forma mistione o movimento v itala ^ in alcuna parte dell' organismo. Su tali basi appoggia il N. A la classificazio- ne generale dei morbi da esso distinti in due clas- se , eh' egli appella Etiopatie ed Idiopatie. Nelli prima classo comprendonsi quei morbi , eh' esisto- uo per un cangiamento nella forma o fabbrica , cau- Patologia induttiva i55 glamento avvenuto o per effetto cU potenze mec- canico-organiche , o per conversione morbosa di malattia di altra natura , o per vizio organico con- tratto nelle evoluzioni emLriogenetiche ; quei mor- }jÌ cioè che non sussistono che per la presenza del- la cause loro. Appartengono alla seconda classe quei morbi tutti , che costituiti sono da un processo morboso chimico - organico, ed esistenti per se. Sic- come però in alcune malattie etiopatiche la muta- zione organica corrisponde a tal mutazione di moto vitale , che entrambe insieme si alterano , e si ri- compongono : la qual corrispondenza infra loro fa Len conoscere , che la causa presente agisce colle sue maniere dinamiche e non chimiche ; cosi due or- dini emergono delle etiopalie , cioè meccanico - or' galliche o dinamiche. Nella classe altresì delle ma- lattie idiopatiche vi è un ordine generale, qual' è quello delle chimico - organiche o di alterata mi- stione , e l'altro costituito da quella famiglia di morbi , in che sebbene il processo sia chimico-or- ganico e di necessaria durata per la natura della causa esterna e del rimedio che unico vale a de- bellarli , presentansi caratteri distintissimi dalle al- tre idiopatie. Col titolo di specifiche viene questo secondo ordine distinto. Ad una più agevole intelligenza della partizio- ne enunciata di classi e di ordini , non che di quella dei generi , fa d'uopo non solo rammentarsi il principio della induzione fisiologica, di cui supe- riormente si tenne menzione , ma fa d'uopo altresì conoscere che il N. A. costituisce i generi delle ma- lattie in alterazioni dei processi chimico - organici della vita , in alterazioni delle tre principali funzio- ni , alle quali si disse ridursi dal prof. Puccinotti gli atti primitivi ed essenziali della vita , come lo 11* x56 S e I B .^ X s esalare, lo assimilare , il seatire , ia una parola in processi perturbati di nutrizione o di denutrizione o di sensazione, tenen.Iosi pur forme queste idee nel- la considerazione delle potenze morboso. Dichiaran- do infalli il triplice modo di agire di ciascuna di esse o ìneocniìico o dinamico o c/iiniico-organico , lo trova egli in corrispondenza colla triplice ragiona meccanica dinamica e chimica della vita ; e spin- cenclo pii!i innanzi Pesame , ne dimostra i rapporti delle morbose potenza colle etiopalie meccanico- or- caniclie , colle etiopitie dinamiche , colle idiopa- tie chimico - organiche , colle idiopatie specifiche. La proprietà della fibra organica di possederp riu- niti i moti di contrazione e di espansione rende ragione dell' analogìa e de' rapporti fra il dina-' mismo fisiologico e patologico. Non è però, siccome opinavano i controstiraolisli , Teccesso o il difetto di un medesimo molo che si desta po' dinamici po- teri , ma veramente due qualità diverse di moto , il cui eccesso e difetto può appartenere e all' una e all' altra scambievolmente. E ([ueste contrarie ma- niere aitive di movimento vitale e di espansione o di contrazione verigon pronjusss dall' efficienza con- servativa contro TelFolto dinamico di potenze pre- senti , alte a destare il moto di conlrazione o di espansione passiva. Valgono le stesse objezioni con- tro l'esistenza del polere dinamico irritante ; giac- che non v'ha in tali emergenze , che un cangiamen- to neir ecjuilibrio dei due moti contrari espansivi e contrattivi , non essendovi dinamica alìezione , in che o presto o tardi non si osservi un avvicen- darsi tumultuario di contrazioni e di espansioni. Considerando l'erroneità dei principi degli em- pirici , dei dogmatici , e dei neoterici , i quali non trovana rapporti fra h causa remota e la prossima , Patologia iNDutrivA ì5j esclucle il canone di questi ultimi stabilito nella corrispondenza della causa sintomi e riniedj , perche non lei^ato colla causa remota occasionale. Frappon- gonsi fra i rapporti della causa remola e prossi- ma i sintomi , i quali sottoporre si debbono ugual- mente al metodo induttivo. E siccome questi non presentano nella loro diversa natura che un gene- rale modo di esistere , non dissimile da quello che si opera nell' interno dei tessuti organici per effetto di un processo morboso essenziale ; cosi o in una alterazione meccanica debbono essi consistere , o in una alterazione del vital movimento, o in un'altera- ta crasi solido-umorale , che le forme costituiscono ora meccaniche , ora dinamiche , ora chimico-orga- niche. Essendo mestieri però ridurre tiitt' i sinto- mi a quei fenomeni ultimi che sono più in rap- porto immediato col processo interno morboso , onde actjuistirsi una perfetta cog'iisioiie del morbo , h di avviso il N. A. , die a due soli fenomeni ul- timi intimamente legati al morboso processo , cioè alla febbre ed al dolore , ridurre si possano i sin- ton:i dinamici tanto nei morbi etiopatici quanto idiopatici ; laddove per ridurre i sintomi chimi- co-organici ne' morbi idiopilici , uopo e seguire le stesse regole di comunanza stabilite per le cau- se e pei principali alti della vita. Ma perche sieno rettamente appartati e valutati i fenomeni idiopa- tici , appunto perche quasi sempre è composto lo stato loro morboso , c'invita perciò il N. A. a co- noscere ed eliminare da essi qjici sintomi che ap- partengono ad altro centro patologico , sussistente per se come l'idiopatia , ma di natura diversa di questa; centro che, per trovarsi congiunto al pri- mitivo in una istessa malattia , vieu detto dall' A. emopatia , ed omopatici i sintomi che ad esso ri- ferisconsi. l5S S e I B M 8 K Conia scorta di siffatte nozioni, dopo avere vie meglio con apposite ragioni dimostrato essere il dolore un sintoma , ed essere dinamico : essere la febbre apertamente un sintoma di fondo etiopatico < d idio- patico ; discende a trattare, nel libro secondo , dei sommi generi delle malattie , facendo sempre nella partizione di questi l'applicazione del suo principio dell' alTinita fisiologica e della trina distinzione dei processi nutrienti, denutrienti e senzienti col rap- porto della causa remota. Nella prima classe anno- vera due ordini , siccome si disse : nel primo dei quali, cioè delle ctiopatie meccanico-organiche, rac- chiude un sol genere col vocabolo di Paramorfo- sìe distinte in due specie; nell'altro, cioè in quel- lo delle etiopatie dinamiche , un sol genere rimar- chiamo appellato Paracinesie , distinte pure in due specie risguardanti il predominio della contrazio- ne o attiva o passiva, ed il predominio della espan- !»ione o passiva o attiva. Varj siihjetti vengono in tale incontro discussi , come il gastricismo e la con- gestione , la debolezza od il vigore assoluto , l'ato- nia ed il rilassamento , la congestione dinamica e la sincope. Per le due prime morbosità si duole scatu- rire nella pratica fonti di errori per lo scambio di esse come cause primitive di molte affezioni , men- tre la ricerca delle cause occasionali e l'esame dei loro rapporti col gastricismo , avvalorato dagli ef- fetti indifferenti o nocivi delle purgazioni procurale o spontanee, rischiarano abbastanza la essenza elio- patica della malattia in mezzo a certe forme le più strane ed ingannevoli. Contempla egli la congestione come derivante da movimento ritardato, e sotto l'aspet- to di una potenza meccanica; ma per assicurarsi che la congestione sia l'ultimo generatore delia etiopa- tia , avverte ad investigarne se sia essa intravasco" lare o estravascolare" Patologia induttiva i5() I limiti, nei quali intende il N. A. ristringere il dinamismo patologico , gli fanno escludere dal morbo dinamico ogni idea di vigore realmente accresciuto o di assoluta debolezza : i quali stati non importano una semplice alterazione di movimento. Ne consen- te, che i vocaboli di atonia e di rilassamento espri- mer possano uno stato dinamico o uno stato chi- mico-organico , non potendo questo stato assoluto della fibra ammettersi se non come meccanico-orga- nico. Fu anche comune a moltissimi l'errore di ri- tenere sempre la sincope come costituita da atonia e da rilassamento , cosicché l'uso esclusivo de' cosi detti slimolanti si richiedesse a trattarla. Il N. A. all' incontro la considera qui come effetto di una violenta potenza dinamica espansiva o contrattiva t ed additandone i segni diagnostici , egli vuole che pongansi a contribuzione ora i poteri dinamici atti ad indurre i moti di contrazione , ed ora i poteri dinamici espansivi. Nel prim' ordine della seconda classe, ch'è quel- lo delle idiopatie chimico-organiche , comprendonsi tre generi distinti co' vocaboli di paradiapnie , di paratrojie , e di paraestesie , denotanti l'alterazione de' processi di denutrizione , di nutrizione e di sen- sazione f atteso che i sommi generi di questo prim* ordine si disvelano mercè de' rapporti fra la cau- sa remota e la funzione primitivamente da essa col- pita. Applicando il N. A. questo suo principio e l'altro dell' afìlnita fisiologica , trova essere le para- diapnie costituite essenzialmente da un' alterazione delle funzioni esalanti esterne, direttamente prodot- ta dall'aria fredda o umida a contatto, con sintomi idiopatici tutti riferibili a perturbate esalazioni , con maniere critiche spontanee indicatrici di una tenden- za alla effusione sierosa , e curabili quindi con le- ì6o S « I 5 K Z 2 rapeutica imitativa di questa tendenza medesima. Tro- va essere cosi le paradiapnie una reumatica allézione bea distinta e diversa dalla flogosi e dalla nevrosi. Potendo poi il processo di nutrizione alterarsi o per eccesso o per difetto di questa, o per materiali ira- proprii al suo processo di riparazione , tre specie fluiscono di questo sommo genere di morbi distin- ti co' nomi à'ipertrofia , à'ipotrojia , e di cacotrofia. Vengono singolarmente annoverate nella prima spe- cie la pletora o polieraia , la infiammazione , la li- tiasi e la podagra , come compagne di una sover- chia assimilazione organica. Molte nozioni sviluppansi nel terzo genere del- la seconda classe destinato alle paraestesie, le quali consistono nelle materiali alterazioni della sostanza del nervo, cli'è propriamente il conduttore dell' objet- tivo. Non può il [irocesso della paraestesia riporsi , a senso dell'A., nelT erotismo , o nelT atonìa , nella irritazione, o nella flogosi, e nemmeno nella con- gestione sanguisina , siccome in o^iji sostiene Pii- cliard. Determinalo che è , esso consiste essenzial- mente in un' alterazione del medesimo processo fisio- logico ; la sede è nel medesimo sistema che com- pie la particolar funzione ; le cause dirette ne so- no quelle medesime potenze che la reggono in istato sano ; e fra le potenze fisiche non debbono valu- tarsi se non quelle che la speiienza ha provato di- rigere il modo loro elettivo di azione sulle con- ' dizioni subjettive del simpatico del midollo spinale o del cervello. Questi essendo i centri subjettivi del sistema senziente stabiliti dall'A., cioè il nervo in- tercostale , il midollo spinale , ed il cervello ; fìssa egli tre sedi principali del processo di paraestesia , donde questa assume tre forme prototipe, alle quali tutte le altre si riferiscoao. Quindi la paraestesia Patologia induttita i(5i ^el ganglio semilunare ha per forma prototipa VipO' condriasi; quella del midollo spinale il tetano, quel- la del cervello la inonomania. Allorquando p. e. per opera di una causa qualunque resti lemporariamente interrotto il commercio e l'equilibrio di azione fra la subjettivila spinale e la cerebrale , o fra quella e la ganglioiiica , insorge la forma telano. Le radici dei nervi spinali, sottratte all'impero della volontà, agiscono allora come automaticamente. La teoria istes- sa è plesso a poco applicabile alle altre forme primi- tive; ma è d'uopo avvertire, che a paraestesia, os- sia a vizio idiopatico dei centri senzienti , non deb- bonsi ascrivere che quelle nevrosi, nelle quali dopo le opportune comparazioni ed eliminazioni diagno- stiche sparisca a confronto di essa ogni altra pos- sibile primitiva affezione. Conseguitano nell' ordine secondo delia seconda classe le idiopatie speciiiche, le quali comprendono due generi, cioè i confagj e \e /ebbri intermittenti^ Conosciuto non e ma empirica il rapporto fisiologi- co di questi morbi idiopatici , non essendo giunta l'analisi a determinare , se da alterazione dipendano dei processi nutrianli , denutricnti , e senzienti. Per quello spelta ai contagi ci ristringiamo a dire , che il N. A. confermasi nella ipolesi della natura vi- va , e della derivazione esterna dei contagi , noa che della identità del processo specifico di tutte le malattie contagiose , derivando da un solo conta- gio archetipo primitivo tutt' i morbi contagiosi , e studiandosi dimostrare che a ciascheduno di essi con- viensi l'istesso farmaco specifico , cioè il mercurio. Per quello appartiensi alle febbri intermittenti mia- smatiche , vi troviamo sviluppate le dottrine mede- sime dal N. A. emesse nel suo commentario sulla periodicità , rimarcandovi sostenuta con tutto l'ira- iGs SCIEHZE pegno e con la forza di molti raziocirij l'esistenza del miasma palustre , dilucidato il modo e le con- dizioni della genesi di queste febbri , distinta accu- ratamente la periodicità di processo da quella di accesso , e designata come specifica la facoltà del- la corteccia peruviana. Cliiudesi col trattamento del- le febbri intermittenti miasmatiche il secondo libro , cui succede il terzo , nel quale tiensi discorso del- le emopatie , dei periodi delle malattie , delle suc- cessioni morbose , della crisi della convalescenza , e della morte : intorno ai quali argomenti non c'in- terterremo per amor di brevità , ai cui limili ci astringono i doveri del nostro iuslituto. Innanzi pe- rò di chiudere il presente sunto , diremo alcun che intorno alla conchiusione apposta alla fine del li- bro secondo : nella quale conchiusione tutto appa- risce in compendio l'edilìzio patologico dell' attuale lavoro del N. A. Non può al chiar. prof. Puccinotti contrastar- si il merito grande di un desiderio ardente di veder migliorata la scienza patologica , ed il merito ancor più grande di una non comune erudizione , di un fino discernimento , e di un sagace criterio. Ma in onta di queste lodi , che credemmo giustamente tri- buirgli , ne sembra che immune non vada il suo lavoro da molte e gravi mende , che andremo di volo accennando , sulla idea che in simil genere di cose arduo e scabroso sia il tutte evitarle. Direm quindi , che non ci aggrada lo spregio presso che indistinto che fassi nel!' opera del N. A. di tutti i preceduti patologhi , ne il tuono di soverchia sicu- rezza in che tiensi da esso l'insieme de' suoi dettati per ritenerlo ed assolutamente nuovo ed evidente- mente infallibile : lo che sembrava impartire all' A. i gik notati caratteri di sublimità e di originalità^ Patologia induttiva i63 Non dubitiamo esser tratti in inganno ritenendo , che non possa in medicina ammettersi un principio gene- rale , su cui fondarne la scienza patologica , senza in- contrare o l'ostacolo talvolta delle contraddizioni con la osservazione ed esperienza, o la menda di sforza- re i fatti a parlare nel linguaggio ideato e mal fer- mo di una ipotesi generale. L'amore di un tal prin- cipio generale , sebben vario secondo la moda di pen- sare , trasse già in mendacio tanti sommi fin dagV incunabuli della nostra medica scienza , e sembra ora produrre un non dissimile effetto nel lavoro, di cui tenemmo discorso. Varie prove ne potremmo ad- durre , se mal non ci siamo apposti , nelT ammetter- si i morbi dinamici senza simultanea alterazione del misto organico ; nella confusione sparsa nei poteri medicinali contrattivi ed espansivi ; nella ipertrofia come sinonimo d'infiammazione , nella litiasi e po- dagra come compagne assidue di soverchia assimila- zione organica ; nella china china riguardata come specifico delle febbri intermittenti miasmatiche ; qua- si che non si fossero giammai sanate siff"alte febbri con altri farmachi senza il sussidio della corteccia pe- ruviana i quasi che le aff^ezioni gottose e calcolose non si scorgessero piìi signoreggiare nella classe in- digente ed afflitta; quasi che ogni uomo, che godes- se un certo cumulo di esuberanti principj di nutri- zione , avesse a dirsi in preda alla infiammazione ; quasi che Ma sia qui fine , poiché gli an- gusti limiti di un giornale non ci permettono diff'on- derci ulteriormente. Preghiamo soltanto l'esimio au- tore a persuadersi , che qualsivoglia architettura sco- lastica che su tal genere si costituisca , non potendo avere la sanzione della esperienza e della osserva- zione , non avrà lunga vita. Non potrà quindi tener- si per inconcusso il canone del suo principio indut- iC4* SeiBifzB livo suir alTinltà fisiologica , n^ supremo e difinititro il jjrincipio istesso perchè credasi fondato a priori ed a posteriori : lo die anzi (cioè rinduziqne a priori) sembra poter astringere la scienza ad un passo retro- grado, o gettarla in maggiori oscurità ed imperfezioni. ToNELLI Sulla recidi^'ità delle febbri periodiche. Air eccmo sig. dottore GIUSEPPE MASI medico primario della città di Recanati. X_ia bontà , colla quale V. S. ecciìii piiì volte lia Volalo prendere in considerazione qualche mio tenue lavoro , ora mi da l'ardire di manifestarle alcune idee sul recidivare delle febbri intermittenli in questo pae- se, e di sottoporre al savio suo discernimento que'mez- zi , che credo idonei ad impedire Una tale recidi- vità. Ciò mettendo in effetto, non le starò ad espor- re principi teoretici , perchè so quale e quanto va- lore accorda a questi , e perc'iè oggi i nostri teo- rizzatori ci espongono i loro pensanieiili iiilorno all' indicato og etto in un modo baslanlemcnle diOftrso : ma soltarilo sono per presentarle le oìser*' rzioni , e quanto da esse mi è riuscito di poter dedurre , es- sendo persuaso di ricavare maggior vantaggio dal semplice fatto , chs dalla msditata teoria. Recidività' delle PanioftiCHs iC3 In questo luogo ho frequentemente osservato , che mentre qui predominano febbri periodiche, am- ministrata la sola china , od il solo solfato di chi- nina a quegl' individui afl'elti da tali febbri , il pe- riodo morboso si tronca , mi per poco tempo , poi- ché ben presto torna a manifestarsi. Il qual faltfi mi spinse a ricercavur^ la cau5a ; imperocché, io di- ceva, conosciuta qu'-sta causa si potrà tentare di cor- reggerla, e così potremo liberarci por quanto e pos- sibile dal fastidioso recidivare delle febbri intermit- tenti. Per ciò eseguire non vidi altro mezzo , che il calcolare minutamente le osservazioni appunto isti- tuite sopra sifTalle febbri. Pertanto osservai , che nella maggior parte degl' individui afletti da febbre periodica , quantunque troncato il periodo morboso colla china o col sol- fato di chinina , accadc?va la recidiva degli accessi febbrili non in tulli con ugual diversità d'inter- vallo : cioè in alc'jni soggetti la recidiva prestissi- mo si manifestava , ed in altri non avveniva che dopo lungo spazio di tempo. Dalla quale diversità, d'intervallo pensai poter derivare qualche punto di dilucida/.ione atta a far conoscere ro'^':»elto della mia ricerca. Perciò mi determinai ad analizzar quest'og- getto, esaminando quali sieno quelle circostanze, per le quali in alcuni soggetti la febbre recidiva non si manifesta che dopo lungo spazio di tempo , e quali sieno quelle per cui in altri prestissimo ricomparisce. Nella quale analisi si presentano immediatamente tre dati interessantissimi a doversi esaminare per avere grande relazione coli' oggetto proposto : i quali so- no : il luogo dove si sviluppano le febbri periodiche, la disposizione dell' individuo a questa malattia , e gli effetti neir organismo prodotti da questa mfilattia medesima. lG6 S e I E M S E E primieramente , in quanto al luogo dove si sviluppano le febbri periodiche, per me credo cosa bastevole il notare i seguenti fatti percliè relativi a questo suolo, i. Che in tutti que' luoghi , dove si fa la coltivazione de' risi predominino febbri perio- diche in quantità ed in intensità più o meno gran- de secondo le tante circostanze , che possono trovar- si combinate con questo fatto. 2. Clie nella vallata del fiume Aso nelle Marche, dove ha molta parte il territorio di questo paese , si sono sviluppate febbri periodiche , quando vi sono stati coltivati i risi ; e che lo sviluppo di tal morbo ha durato tanto tem- po dell' anno quanto è stato necessario per siflatta coltivazione , vale a dire dal mese di maggio fino a quello di settembre. Intorno allo sviluppo della no- minata malattia ne' suddetti luoghi , la questione , che viene tenuta da molti patologi , per quanto è interessantissima nel dovere riconoscere lo stalo di salubrità o d'insalubrità d'un luogo , altrettanto non mi sembra avere quell'interesse, che in sulle prime si da a vedere relativamente all'uso della china nel- la malattia in discorso. Imperocché sia la causa re- mota della febbre periodica de' luoghi sopraccennati il miasma palustre secondo alcuni , oppure secondo altri le atmosferiche vicissitudini diurne e notturne cagionate dall' umido terreno e dal calore della sta- gione , il fatto è ovunque costante , che quella cer- ta alterazione dell' organismo prodotta da tali cau- se , e manifeslantesi con febbre di periodo , rima- ne vinta colla china e col solfato di chinina. Al qual fatto non mi sembra fire opposizione il po- ter vincere senza l'uso della china alcune febbri pe- riodiche ne' luoghi elevali ; e ne parmi quest' ulti- mo fatto bastevole a stabilire due classi distinte di febbri interm ttenti , una delle quali per esser vin- Reciditita.' delle periodiche 167 la esiga la china come rimedio specifico , e l'altra ce- da a'rimedj comuni. Imperocché se si esaminano qua- li sono quelle febbri di periodo , che si possono vin- cere alcune volte senza l'uso della china , si rico- nosceranno per tali quelle febbri dette adiatcsiche , cioè espressive di solo alterato movimento dinami- co relativo alle cause morbose , e non associate ad alcuno de' noti processi di organica permanente al- terazione. Ma febbri periodiche di tal natura nella mia pratica io ho potuto vincere senza l'uso della china tanto ne' luoghi elevati , ne' quali non si aveva sospetto alcuno sull' esistenza del miasma pa- lustre , quanto ne' luoghi bassi , ed in quelli spe- cialmente, ne' quali secondo alcuni si doveva am- mettere il detto miasma per causa delle periodiche e si sosteneva necessaria la china per vincerle. Per- chè poi siffatte febbri intermittenti adiatesiche re- stano dissipate alcune volle senza l'uso della china, non ne conseguita che non cedano anche a questo rimedio. Nel mio clinico esercizio più volte ho os* servato , che tali febbri si vincono benissimo colla china; anzi, generalmente parlando, la facilità, eoa cui cedono a questo rimedio , non ho ravvisato cer- tamente , quando ho adoperato altre sostanze me- dicamentose. Tutto ciò è relativo alla febbre perio- dica adiatesica quand' ella è di poca entità : in ca- so diverso , allorché si tratta d'una febbre inter- mittente adiatesica con sintomi perniciosi , qua- lunque sia il luogo dove questa si manifesta , non è lecito il tentar di vincerla con rimedj diver- si dalla china: fa d'uopo anzi amministarla immedia- tamente. Se poi si tratta di febbre periodica asso- ciata a dialesi , cioè a processo di organica perma- nente alterazione , la china al certo non basta a vincere una febbre di tal natura : qualunque sia i63 Scienze il luogo dove questa si sviluppa , la china tron- ca il periodo morlioso ; ma per vincere la condi- zione diatesica sono necessarj que' rimedj che han- no rapporto con siffatta condizione. Insomma da che si e conosciuta la china tutti i pratici l'han- no trovata cfTicacissima nel vincere essenzialmente in ciascun luogo il morboso periodo ; e prima del- la scoperta d' i\n farmaco sì salutare la febbre perniciosa , in quaUmrjue luogo si sviluppava , era sinonimo di morte . In conseguenza di che a me sembra vero , clie quella qualunque altera- zione dell' organismo manifcstantesi con febbre di periodo si possa vincere in qualunque luo- go colla china ; e che per istabilire due classi di febbri intermittenti essenzialmente diverse in quan- to alla condizione della periodicità , non mi sem- bra bastevole il fatto , che alcune volte si vinco- no febbri periodiche senza l'uso della china : e ciò d'altronde rimane maggiormente confermilo dalle sen- satissime riflessioni del celebre prof. Foichì risguar- danti la pretesa esistenza del miasma palustre nel suolo romano , pubblicate nel tomo 3f) di questo giornale. Relativamente alla disposizione , clic si ha ad unt malattia, notissimo è il fatto , che qiiesta di- sposizione varia col variar degP individui medesi- mi : e di vero si vedono alenili atieggiili ad una malattia , ed altri ad un' allra. Per la quale diver- sificazione importa mallissiino ned caso mio il co- noscere per quanto è possibile gì' individui dispo- sti alla febbre periodica. Ed iDloriio a ciò non le sto a citare quanto d'ingpgooso si e detto da mol- ti autori parlando appunta della disposizione alle malattie: ma le metto in vista soltanto ciò che ri- sulta dalle mie osservazioni. Ed intanto osservai PiEGIDIVITA.* DELLK PXRIODICHC l6<) che tulli quegl' individui , i quali avean sofferto o soffrivano malaltie derivanti da alterazione ne' vi- sceri del basso ventre , e particolarraonte nel fega- to e nella milza , tutti questi , dico , a preferenza di altri venivano affetti da feijbre periodica. Cer- tamente non s'intende perchè Talteraziono de' visceri del basso ventre renda suscettivo l'individuo alla febbre periodica : ciò però è un fatto , su cui non può cadere dubbio alcuno. E un fatto l'esser dispo- sti a tal febbre que' soggetti che son sempre di co- lore subilterico, continuamente soffrenti indigestio- ni , stitichezza di venire , flatulenze per decisa aa- gioidesi in que' vasi , che vanno a costituire il si- stema della vena porta. E pure un fatto l'esser- vi disposti gì' ipocondriaci , e que' che lian soffer- to o soffiano alterazioni al mesenterio : e special- mente i fisconici soggiacciono a questa febbre. Le quali alteraiioni producono talmente nell' organi- smo la suscettività alla febbre periodica , che le molte volte il soggetto , che ne è affetto , si ve- de informo di tal malattia anche quando trovasi ia un suolo da questo diversissimo : perchè in tal ca- so basta la più leggera cagione per determinare lo sviluppo della febbre intermittente. Ed è perciò stes- so , die prevalgono specialiuente ne' luoghi bassi ed umidi, predoraiu?.!ido in siffatti luoghi le alterazioni nel basso ventre oltre le atmosferiche vicissitudini at- te allo sviluppo delle febbri di accesso. Siccome poi si può soggiacere ad una malattia senza che a que- sta l'individuo sia disposto , cosi soggetti molti vi- di affetti da febbre periodica , ne' quali certamen- te non riscontravasi nessuna di quelle alterazioni , che predispongono a tal febbre : anzi essi veniva- no presi da questo morbo , allorché goderario della G.A.T.XLII. 12 i-jo Sci k s z ì: più perfetta salute , ed allorché eiaao costretti a "sog- giornare la questo suolo. In quanto agli effetti prodotti nell' organismo da' ripetuti accessi d'una febbre periodica, trovo es- ser cosa di fatto , che da' varj accessi febbrili sono prodotte in modo particolare le fisconie , le idropi , e talvolta ancora i turgori vascolari, ed anche i pro- cessi idiopatici in varie parti del corpo. Il nota- re (juesti effetti è cosa mollo interessante al mio oggetto ; imperocché se pe' ripetuti accessi febbri- li tali effetti si sviluppano in individui , che già hanno disposizione alla febbre periodica , oltreché rendono il soggetto quasi sempre malato ceden- do difficilmente per loro natura a' rimedj , au- mentano nel soggetto medesimo quelle condizioni , che lo dispongono alla febbre periodica. Se poi i suddetti effetti morbosi pe' ripf^tuti accessi febbri- li si sviluppano in soggetti , che per dati visibi- li non si possono ritenere atteggiati alla febbre in- termittente , questi morbosi effetti , dico , interes- sando la struttura organica della fibra , ne altera- no la composizione per modo tale , che rendono l'individuo disposto alla febbre periodica , sebbe- ne a questa dispoito egli primi non fosse. Per la qual cosa io trovo molti punti di contatto tra quegl' individui , che evidentemente sono disposti alla feb- bre periodica, e quelli che soffrirono i nominati ef- fetti di tal morbo. Ed è perciò clie questi ultimi individui si avvicinano a'primi ; e tanto gli uni co- irne gli altri , generalmente parlando , si possono considerare sotto nn medesimo punto di vista. Dal fin qui detto emerge manifestamente la di- stinzione che passa tra que' soggetti disposti alla febbre p?^riodica , e quelli ne'qudi per dati visibi- li non si ravvisa una tal disposizione, iy gì' indi- Recidività' delle pkeiodiche l'ji vidui , ne' quali noti si risconlra la nominala dispo- sizione , non altre cause ragionevoli atte a produr- re lo sviluppo della febbre periodica e la recidi- va di essa si possono ammettere ss non le ester- ne già, accennate relative a questo suolo : in quegl' individui poi , in cui esiste disposizione alla feb- bre periodica , non solamente devonsi ammettere le dette cause esterne come capaci di produrre silìat- ta febbre e la recidiva di essa , ma ancora a tali cause conviene ao;giungere la disposizione stessa , os- sia quella modificazione doli' organica composizione de' tessuti , die atteggia l'individuo alla febbre pe- riodica. Di che maggiormente V. S. ecciiia troverà ragione , se prenderà ad esaminare gì' individui , che in (juesto luogo vengono atìetti da febbre di accesso recidiva nella presente invernale stagione, lo^pcr quanto a])bia osservato diligentemente , ed in lutto ciò che per me si poteva abbia usato ogni diligenza , generalmente parlando in questa stagione da feb})re periodica ho veduto alTetti quegl' individui , ne' qua- li esisteva quell' alterazione , che dispone il sogget- to alla febbre di periodo: in questo tempo, sempre generalmente parlando , quivi non recidivano nel del- lo morbo se non que' soggetti , ne' quali esiste la no- minata alterazione. Il che, per ({uanto a me sembra, esattamente corrisponde alla ragione. E difalti nel- la presente invernale stagione le cause esterne del deito morbo altrove indicato si riducono quasi a nessun momento : in conseguenza le cause delle at- tuali recidive devonsi cercare fuori di quelle , che già dicemmo esterne. Per me io rinvengo queste cause nella disposizione dell' individuo , nello stesso organico impasto , in quell' alterazione clie rende l'individuo atteggiato alla felìbre periodica e impe- rocché in questo caso un piccolo cambiamento noli' i2^ 173 S e I K N 2 E atmosfera , un piccolo disordine ne^li alimenti , cfir- te dispiacsvoli sensazioni, od un' altra causa qualun- que , clie sfugga ancora al calcolo nostro , trovo capaci a produrre la febbre periodica recidiva. Dun- que sembrami non potersi mestiere in dubbio , che ne'sonfwelli esej)ti da disposizione alla febbre perio- dica le cause di questa febbre recidiva si riducano alle esterne ; ed in que' so,f:;:3;etti , no' quali esiste evidentemente disposizione alla febbre periodica , le cause di tal febbre non solo sono le esterne , ma anche l'alterazione dell' organismo. Pertanto dalle cose fin qui discorse sembrami risultare la causa , per la quale si ba diversila d'in- tervallo nel recidivar la febbre periodica tra i vari individui affetti da questo morbo : cioè dalle co- se fin qui discorse sembrami risultare il perche in alcuni soggetti la recidiva prestissimo ricomparisca , ed in altri non avvenga se non dopo lungo spazio di tempo. È veramente ne' soggetti , in cui oltre l'azion delle eslerue cause v'iia ancora disposizione alla febbre periodica , accadrà ceitamcnte la recidi- va con più facilita di quella die avviene in quo' so"'Tetli , ne' quali riconosconsi le sole esterne ca* gioni come produttrici del detto morbo. Se tali aduncjue sono le cause , per le quali si sviluppa la febbre periodica , la recidiva , e per le quali si presenta la diversila d'intervallo nello stes- so recidivare di questa febbre, conviene trar profit- to da quegli ajuli , che per la correzione di tali ca- uso l'arie ci addita. E parlando in prima di que' sog- gelli , ne' (juali la febbre periodica si produce per le sole cause esterno , dico , che rimovendosi que- sto esterne cause , fa d'uopo darsi carico per impe- dirò fin dove e posàbile gli efìelti , che nel fisico c.oslro souo prodotta da siffatte cagioni. Ciò , ere- RlECIDlVIT.C DELLE PKUlOOICUE I:? , secondo un greco proverbio , che indica un luogo di sup[)lizi nella Tessaglia. Egli ha dunque opportunamente avvertito , che il mede- simo fatto si racconta altresì da Svetonio nella vita di Vespasiano e. i,^» da cui se gli fa dare in risposta ahi morhoniam\ la qual voce da lui giudidicata cor- rotta ha indarno esercitata la solerzia dei comeatatori, quando era facile di far disparire quel mostro , emen- dando «6/ in ^emonias. Mancano gli escerpti degl' im- peri scs^egusiiti fìao ad Adriano , sotto cui si par- CoiaacTio vaticana i8, la ( p. 331 ) di una sedizione in Alessandria da lui repressa con una semplice lettera ; !a qual sedizio- ne è forse quella stessa già conosciuta , e eh' ebbe origine dai contrasti insorti pel ritrovamento di uno dei buoi , che gli egizi veneravano pel dio Api ( Spar- ziano Adr. e 12). Ed agli onori resi da quel prin- cipe ella dcfonta Plolina sua madre addolliva , alla quale era debitore dell' impero , aggiungeremo ora la funebre orazione , che di lei recitò secondo l'an- tico uso romano , che commetteva ai figli la cura di lodare gli estinti genitori. In essa l'encomiò special- mente , perchè nelle molte cose , eh' ella gli aveva domandate, non aveva giammai ricevuto ripulsa, vo- lendo con ciò significare , che le sue richieste furo- no sempre giuste e discrete. Fra i personaggi , che pei ritrovamenti del nostro monsignore hanno ricu- perato gran parte dell' antica loro celebrità, niuno deve essergli più tenuto di quel Simile , che aven- do incominciato dal!' essere centurione sotto Traia- no ( erroneamente scambiato con Adriano dal Porfi- rogenito pag. 222), meritò per le sue virtù di con- seguire la prefettura del pretorio sotto il successo- re , e di essere onorato inoltre con una pubblica sta- tua. Imperocché c'insegnò da prima nei frammenti del gius anligiustinianeo , cìie quel prefcllo innanzi d'es- serlo dei pretoriani, lo fu dell' annona, e che ap- partenne alla gente Sulpicia ; ed ora ristaurando il testo di Dione ci conferma che secondo l'attestato di Giovanni Gazense edito dal Salmasio nelle note all' Adriano di Sparziano e. 9, egli non sorpassò l'eia di cinquanl' anni , contro l'opinione del Tillemont , che glie ne aveva assegnati scttantasei. Oltre di ciò ci ha fatto conoscere la sua moglie e i suoi figli , pub- blicando nelle note la seguente lapida del museo va- ticano. iSl L S T T S 11 A T U U A . . . DIA . e. F. QVARTA . . . T. SVLPICIO . SIMILI . . . S VIRO . SVO . ET . SEK . TESITAN . . . O QVARTINO . FILIS . SVIS . EX. US . CD . monumenTYM . ET . AEDIFICI A . Q V AE . IVNGT A SVNT . T. F. I. Solo non potrò sottoscrivermi al parer suo ove cre- de che di qui si ricavi eziandio che Sulpicio Simile abbia avuto il prenome di Tito, avendo già dimostrato il eh, Labus quando lo aggiunse alla serie dei pre- fetti dell' Egitto ( Di un'epigrafe latina scoperta in Egitto dal Belzoni p. loo) ch'egli chiamossi Publio; onde la frattura della presente iscrizione si avrà più verisirailraente da supplire ClaiiDlA . G. F. QVAR- TA . sibl eT . SVLPICIO . SIMILI. Viene appres- so l'uccisione di Serviano e di Fosco narrata altre- sì dall' edito Dione ( 1. LXIX. cap- 17 ), ai quali sem- brerebbe ora che si aggiungesse un ignotissimo Sil- vano. Ma io tengo per fermo , che vi si abbia sem- pre da riconoscere la medesima persona , e che nel testo del Porfirogenito il nome di Serviano sia due volte viziato ; la prima in Silvano , la seconda in Servilio. Nuova conferma incontrasi a pag. a 28 dell' ignoranza nelle lettere di Basseo Rufo prefetto del pretorio di M. Aurelio ; del qual' ullimo ci si aggiun- ge , che nella guerra contro il ribellato Avidio Cas- sio non volle ammettere alcun soccorso di soldati stranieri , asserendo non convenire che i barbari fos- sero spettatori dtdle dissensioni romane. Ma una vera scoperta è qualla che risguarda rul- limi superstite tra le figlie di quelT imperadore , del- la quale avevasi qualche barlume , ma di cui igno- ravasi il nome ; onde ne verrà a ricevere incremen- CotLECriO VATICAAA l83 to la genealogia (iella casa au-^iista. Lasciando da par- te-Ila prole maschile di ^{iicl principe , noi sapevamo da £i odiano (1. i e. 2 ) : ImjX'rator Marcus filins quidam suscepit complures : sulle appellazioni delle quali non sarà inutile il fare avvertenza , potendo il lorofesempio gettar molta luce sulla ragione della no- menclatura delle dame romane oscurissima in questi tempi. La maggiore di tulle le sorelle fu certamente l'augusta Lucilla maritala da prima alT imperatore Lucio Vero , e dopo la morte di lui a Ti. Claudio Pompeiano console due volte, attestando ripetuta- mente lo stesso Erodiano (Li e 6 ) : Pompeianus qui Commodi sororerri: nntn maximam in mntriinO' iiium habebat : e di nuovo cap. 8 : Lucilla erat Coni- modo maxima nata soror. Ella cliiamossi Annia Lu- cilla , per fede di una medaglia dei bizantini descrit- ta fra gli altri dal cav. Mionnet (T. i p. 079 n. 807) ; onde € chiaro che prese il cognome dall' avola pa- terna Domizia Lucilla , e che conservò il gentilizio 01 i- gifiario della propria casa , tramandatole dal nonno M. '\nnio Vero, eh' era pur quello della madre Annia Faustina. E noto, come poi avendo tramata una con- giura contro suo fratello Comraodo fu nel f)3f) esigli ati per suo ordine a Capri , e quindi a poco fatta mo- rire. La seconda figliuola domandossi Domizia Fau- stina, di cui abbiamo Tiscrizione sepolcrale veduta nel mausoleo di x^driano dall' anonimo del Mabillou {Aìialect. vet. p. 363), e che viceversa assunse il nome dell' avola e il cognome dalla madre. Di lei parla il padre nell' epistola XI del 1. IV di Frontone ad AL Caesarem : Ahi Jluxus constitit , fithrica- Ine depnlsae , macies tamen pertennis et fussicu- liis nonìiihil restat. Projecto inteliigis de parvula nostra Faustina hic me tihi serihere. E diccsi poi apertamente sua Gglia nella risposta di Frontone : l84 LsTTEttATURA Jllut periculum , quod quasi taitrn . . . acceperam , filine tiiae Faustinae faisse aperiiisti. La sua ma- la salate la spinse ancor fanciulla al sepolcro , e dal- la citata iscrizione si vede apertamente , eh' ella morì mentr' era ancor vivo Antonino Pio , e in- nanzi che il padre salisse al principato. Ninna di queste due avendo veduto la morte del fratello im- peradore , resta necessariamente che tre altre fem- mine siano nate da M. Aurelio , attestando positi- vamente Lampridio (Gora. e. i8): Commodus soro' res tres superstites reliqnit. La pii!i grande tra que- ste era Fadilla per testimonianza del lodato Ero- diano , dal quale si riferisce ( l. i e. 12 ) , che ma- xima nata soror Fadilla nomine avverti Commodo del pericolo che correva nel Q'ja per l'irritaniento del popolo contro Oleandro. S'ignora il suo nome : ma è evidente che desunse il cognome dalla zia materna Aurelia Fadilla sorella di Faustina giunio- le , o vero dalla bisavola parimenti materna deno- minata Arria Fadilla. Ella viene anche memorala da Vulcazio Gallicano cap. 10 , che riporta una let- tera scritta da Faustina al marito in tempo della ribellione di Avidio Cassio , vale a dire nel 928 , in cui gli fa sapere , quia Fadilla nostra aegrota^ bat, in Fonnianuin venire non potui ; e dalla qua- le apparisce pure , eh' ella non era ancora marita- ta , chiamandosi poco dopo puella virilo. Dalla sto- ria non si era conservata particolare ricordanza delle altre due , ma per una aveva supplito al di- fetto la lapide gruteriana p. 252 8 dedicata VI- BIAE . AVRELÌAE . SABINAE . Dm . MARCI . Ay Gusti . Yiliae , della quale a nostro parere fu liberto quel MOCIMVS . SABINAE . AVG«^^/ ( idest Comniodi ) SORORIS . hlBertus , memora- to in un altro marmo riferito dal Grutero p. 5<)0 i, A -COLLECTIO VATICANA l85 é dal Muratori p. go5 9. Il secondo nome di que- sta quarta figlia di M. Aurelio è quello che usa- va il padre dopo che fu addottalo nella famiglia di Antonino Pio , e il cognome fu desunto dalla bi- savola ugualmente addottiva , l'augusta Sabina; ap- punto come ad uno de' piccoli fratelli della nostra Vibia Aurelia , ricordato in un' iscrizione greca del Muratori p. ggi 2, fu dato il nome di Adriano, in rinnovazione del marito di quell' impnradrice. Ma d'onde si sarà mai dedotto il primo di Vibia , inau- dito del tutto nella cognitissima parentela di M. Au- relio? Non crediamo d'ingannarci avvisando che il cognome Sabina ce ne porga sentore : perchè nelle donne di due nomi e di un cognome , quest' ul- timo e spesso dipendente dal primo , come nell' im- peradrice Erennia Cupressenia Etruscilla , in Lore- nia Cornelia Crispina del Gudio p 345 12, in Me- sia Fabia Tiziana del Fabretti p. 08") 8G , deri- vanti da un Erennio Etrusco , dal console L. Lo- renio Crispino , dal consolare C. Mesio Tiziano del Reinesio ci. VI 62 , e in altre parecchie, d^ìlle quali non è questo il luogo di fare troppo lunga com- memorazione. Premettiamo pertanto che non si sa af- fatto chi fosse il marito dell' augusta Matidia nipo- te di Traiano , e che ci è del pari incognito il gen- tilizio delle sue due figlie, cioè dell' imperadrice Sa- bina , e della seconda Matidia morta sotto il regno di M. Aurelio , che l'onorò di pubblici funerali : pres- so cui le sue bambine solevano talvolta villeggiare : che loro lasciò in legato una ricchissima collana di perle ; e della quale tutte le notizie che potevano aversi sono state raccolte dal nostro monsignore alla pag. 1G7 della seconda edizione di Frontone. Niuno certamente presta pili fede ai nostri giorni al nome di Giulia , che dai vecchi eruditi si attribuiva alla G.A.T.XLII. i3 l8G LkT TARATURA sposa di Adriano , dopo che l'Eckhel T. VI p. Bao ha dimostrato , eh' egli non aveva origine se non che da una falsificazione del Golzio. Congetturando adunque che tanto la prima , quanto la terza de- nominazione di Vibia Aurelia Sabina provenivano dt quella sua bisavola , chiameremo in sostegno del no- stro pensamento la lapide gruterian» pag. ina 3. L . riElVS . AVG . L . FLORTS . FKCIT VIBIAK . CHELIDONS . COMIVGI . SYAB RARISSIMAK . B . M. BT . SIBI . ET . YIBIS «ABIPJIAWO . MATIDIAKO . FLORO . THELIMORPHO MATIDlAnAE . LIBERTIS . aVlS . Ef . VIBIO • TELlMOriPHO Ara . LIB . PARBNTI • SYO . RARISSIMO etC. Ella viene coadiuvata da un altro frammento di buoni tempi presso il Muratori pag. 918 7, nel quale si legge . . . VIBI . AVG . L . . . . Ognun s» che non ha mai esistito alcun augusto che si chia- .masse L. Vibio, dal quale il liberto Floro potes- se cosi denominarsi. Vibio Treboniano Gallo , e Vi- bio Volusiano , che sono i soli di questo casato che godessero il trono , portarono ambedue il pre- nome di Caio ; onde non ponno avere alcun diritto su questo marmo. Resta adunque che uninememen- te si debba leggere Lucius . VIBIVS . h.VGustae . Libertus. FLORVS ; e si osservi poi che costui eb- be una particolare affezione di mettere ai suoi fa- migliari de' nomi che gli fossero cari ; onde ad uno di essi diede la propria nomenclatura , ad un al- tro quella del padre , per lo che è molto facile a crédersi che nei rimanenti rinnovasse la memoria del- le sue antiche signore. In qualunque ipotesi i nomi congiunti di Sabiniaoo e di Malidiano , il qnal ul- timo h rarissimo , parlano troppo eloquentemente COLLECTIO VATICANA I87 da se stessi , perchè possa dubitarci del tempo , a cui questa lapide appartiene. Teniamo adunque che costui fosse un liberto dell' imperadrice Sabina ; ed è poi noto che , secondo la legge dottamente soste- nuta dal Fabretti ( pag. J\Ò6 i ) , i liberti delle don- ne ed anche delle principesse desumevano la pri- ma parte della nomenclatura dal genitore della pa- drona. Il sunto adunque di questo ragionamento sarà , che il marito dell'augusta Matidia debba es- sere stato un ignoto L. Vibio , al quale reslerk a pregarsi una fortuna consimile a quella eh' è toc- cata a C. Matidio Patruino padre di quell' impe- radric8 , e sposo dell' altra augusta Marciana , che oscurissimo egli pure ci è stato in fine rivelato dal- la tavola arvale XXII. Ma accostandoci più da vicino al nostro pro- posito , se conoscevasi l'esistenza di una quinta fi- glia di Marco , abbiamo già detto che ignoràvasi, chi ella si fosse : ne tampoco sapevasi a quale deP le tre ultime attribuire ciò eh' Erodiano ci aveva narrato di Caracalla ( L. IV e. 6 ) : Quin et Com- modi sororem iam anum , atque ab omnibus ini' peratoribus , ut Marci filiam oportult , magno in honore habiiam , morte afjecìt , causatus quod Gè* tae necein apud ipsius matrem dejlevisset. Ora tut- te queste oscurità vengono dileguale nella pag. aSo da un insigne squarcio di Dione: jintoninus decreta Cornuficiae nece ^ honoris velati causa , jussit eani quam vellet mortem praeoptare. Illa autem diujlens ^ patremque Marcum , et avum Antohinum ,fratren0: que Commodum memorans ^ ad extremitan.haeG adn didit : O infelix anirnula ae^ro in corpof^e clau4 sa , egr edere , libertatem adipiscere , os tende ihis , etiamsi nolint , te Marco esse prognatqìnu Tum^omnì ornata deposito , scqus ìpsa ned accommodans ■, ve- l88 L E T T r. 8 A. T U R A nis incisis obiit. Pare che le dubbiezze eh' ella ac- ceana sparse sulla legittimità della sua nascila, pro- venissero dall' impudicizia della madre; come è poi sicuro che desunse il suo nome dalla zia paterna Annia Cornificia maritata ad Umidio Quadrato. Co- sì distinte queste due principesse omonime , stdra bene che della figlia si parli nella prima epistola del primo libro di Frontone ad Marcum imperato' rem ; nella quale il suo augusto discepolo lo di- spensa dal venire alla villa di Lorio per le usate felicitazioni nel di natalizio di Cornificia ; siccome sul fondamento di questo passo di Dione , e su ciò che si ricavava dall'epistola di risposta, aveva gi'a egregiamente avvertito il nostro prelato. E il di lei nome dovrà poi ristaurarsi nelle malconcie iscrizio- ni , clie gli efesini dedicarono a tutti i figli di M. Au- relio, edite nella prefazione al Gudio (p. 33 n. XX.XVI e XXKVIII) , dal Pococlce (p. i8 G) , dal Froelich (^Quaiuor tentamina p. 4-^^^^)» e dal Muratori (p. 242 3, p. 590 4» P' 591 i) , delle quali mi contenterò di supplire quelle soltanto che fanno al nostro proposito. *AAIAAAN KOfVlCp/K/«y ffABEINAN ©YPATEPA 0YrATg^ P* 97' 9)» ® innanzi lui dallo Smezio ( p. 122 3 ) , di cui questa sembra la miglior lezione. DlS . MAN CORVIFIGIA FAVSTINAE . LIB EVPORIA ARAM . IN . FRONTE PEDES . X . IN . AGRO . PED XI igo LiTTikATvXÀ Ci pare anzi che più probabilmente debba assegnar- si alla zia , non tanto perché alla padrona non vie- ne dato alcui> titolo , il che meglio conviene alla sorella di nn semplice Cesare, quanto pel cogno- me di Faustina , che fin qui non abbiamo alcuna ragione di attribuire alla figlia di Marco ; mentre all' opposto siamo invitati a giudicare , che l'altra con intera nomenclatura si domandasse Annia Cornificia Faustina. Imperocché ricavasi da Capitolino ( in Mar- co e. I ) eh' ella fu maritata a M. Umidio Qua- drato console nel 930 ; onde vi è tutta l'apparen- za che di lei si parli in una tegola riportata come mutila dal Marini Fr. Arv. p. 5i4» e che noi ri- produrremo per reintegrarla secondo la lezione che ne abbiamo fatta nel museo Capitolino in compa- gnia del eh. sig. Sarti. OPVS DOL EX PRAED VMIDI QVADRATI ET ANNIAES FAVSTINAE EX F SEX APRI SILVINl Questa infatti non può essere l'altra Annia Fausti- na vivente ai medesimi tempi, figlia del console dell' 38 1 M. Annio Libone zio paterno di M. Au- relio, la quale perciò dicesi sua consohrina da Lampri- dio ( Com. e. 5 ) , e cvy^e.m aio con l'aratro ai lavori della campagna. Scelto che lia il giorno propizio , e fatto austero digiuno , esce fuori della ciltk Tim- peratore in un campo dove un centina j(i elica di cittadini vecchi e giovani preparano gli aratri , i bo- vi, e i differenti semi di granaglie che sono general- mente seminate, il frumento, l'orzo, il miglio, il ri- so etc. Fatta che l'imperatore ha l'orazione a Ciang-ti Dio creatore del tuUo , prs^.uulolo che faccia eie» Note intorno alla Cina 2o3 scere e conservi i fruiti delia terra, si mette all'ara- tro ed ara alquanti solchi. Lasciato che ha l'aratro, 12 dei pili illustri personaggi dell' impero seguono il suo esempio , e poi l'imperatore colle proprie mani semina certa quantità di granaglie, in un pezzo del terreno : il resto è lasciato a terminarsi dai con- tadini il giorno appresso. L'imperatore fa poi di- stribuire varii regali a quella gente di campagna , e cosi termina questa cerimonia della primavera. Il contadino che piiì si distingue in affari di agricol- tura, alla fine d'ogn' anno , è dall' imperatore creato mandarino dell' ottavo ordine, col godimento di tutte le facoltà , i privilegi , e le privative debite e con- suete a quel rango. L'ultimo ordine de' mandarini è il nono. 3 luna. In qu«sta luna si offrono sacri fìcii di vivande, come pesci, polli, porco ec, con oblazio- ni di vino sulle tombe, agli spiriti dei genitori , e ad altri defunti parenti. Dopo finita la cerimonia si affiggono varii pezzi di carta sotto le zolle, alla ci- ma della collina dove stanno le tombe, per mostra- re che l'usuale cerimonia è stata eseguita. In oltre hanno luogo i sagrifizii chiamati nel calendario che li regola ,, Della raccolta ,, e sono offerti come segue : Il giorno 4 della luna , a Confucio. 5 Alla Cerere cinese , ed ai genii delle montagne e dei fiumi. G Ai dio de' venti. IO Al dio delle lettere. 12 Al dio della guerra. i3 Al dio del fuoco. i4 Agli spiriti degl' illustri e fedeli mini- stri di slato. 14* 3o4 Letteratura Il giorno i5 Al dio dell" oceano meridionale die tran- quillizza il mare. i6 Alla sovrana del cielo , ed al sovrano de' draghi. a8 Ai saggi deificali. Questi sagrifizii sono offerti a spese del governo nei tempj dedicati alle rispettive deità , in ogni pro- vincia e distretto della Cina. 4 luna. L'ottavo giorno di questa luna e la na- scita di Budda. Molti vanno alla campagna a rac- cogliere certa erba fragrante per metterla in cer- te pizze , o pagnottelle , cui ognuno mangia , nella credulità che ciò possa preservare da ogni malattia. 5 luna. Nei primi cinque giorni di questa luna è la festa del battello a dragone. I cinesi costruiscono un estremamente lunghissimo battello non più di due piedi largo , colla testa d'un dra- go alla prua , e la coda alla poppa , nel quale re- migano da 60 in 100 remigatori. ( f veneziani han- no un battello chiamato Bison.i 0 Bisciona con qual- che apparenza di quella bestia , ma costruito non più lungo e stretto di quel che generalmente so- no i nostri battelli di piacere.) Questa bisciona ci- nese noi primi cinque giorni della 5 luna va per fiumi e laghi , ed i cinesi in essa collo strepito de' timpani e de' tamburri pretendono di scacciar via eerti spiriti , o diavoli maschi e femmine , i quali alloggiano dentro delle conchiglie, o nel corpo de' ma- rini mostri e sirene : imperocché i cinesi s'immagi- nano e credono che detti spiriti , 0 diavoli , sicno le persone che si aff'ogano destinate a rimanere tre anni in tale stato , d'onde se n' escono poi per óssf»re trasmigrate , con rimpiazzare altri indivi(!ni che essi ate.iJii traggono giù a forza ncUo acque , Note intorno alla Cina 2o5 e talvolta anche per sentimento o efletto d'amore. In oltre è in Cina una tradizione antica , che un onesto mandarino , il quale fu fatto ingiustamente an- negare dall' imperatore , supplicò che se si man- dassero in acqua Lattelli in forma rassomiglianti a draghi , quegli spiriti e diavoli ne sarieno spa- ventati ed egli avrebbe allor tempo di procurarsi il cibo : il che gli fu concesso dallo stesso impe- ratore , il quale si ravvide della commessa ingiusti- zia. Fin da quel tempo incominciò l'usanza della bi- sciona in Gina, e del gettare il riso nell' acqua , per cibo al mandarino. In quest' epoca in Gina si sal- dano i conti dei bottegai ed artigiani. 6 luna. Nel sesto giorno di questa luna i cinesi fanno prendere aria ai loro panni , dalla tradizione che gli abiti esposti all' aria in questo giorno non sono soggetti ad esser tarlati. 7 luna. Dal i a tutto il i5 giorno di questa luna è stagione festiva fra' cinesi. È fondata principalmen- te questa osservanza, sulla storia di un certo Mu-lin, per la sua vita esemplare chiamato in seguito l'ono- rabile. Dice la storia , che Mu-lin aveva per madre una donna di perversi costumi, la quale, essendo mor- ta, fu nel mondo di la condannata a condegna puni- zione. Mu-lin essendo uomo di eccelsa virtù, nel i5 giorno della 7 luna potè andare in quel luogo di futura miseria , e seppe redimere la sua madre. E soggiunge la storia, che nell' aprirsi le porte del tenebroso luogo in quell' occasione , molti degli spi- riti ivi confinati se ne scapparono via. In oltre, durante l'osservanza di questi giorni festivi , le persone benevolenti invitano i sacerdoti di Fo , e di Tao-tze , due delle tre sette o re- ligioni riconosciute in Cina (i seguaci di Confucio, ossia la setta de' filosofi , non avendo sacerdoti ) 20G L E T T E R A T U U A a recitare varie preghiere , colle solite offerte di frutti , dolci , ed altri cibi i e ciò è inteso per re- dimere dal luogo di tenebre , o tartaro de' cinesi , gli spiriti orfani e sconsolati, i quali non hanno ge- nitori, o parenti per prestare onori alle ombre loro, onde intercedere che passino a più elevata e più pura regione di esistenza. In tal' occasione è l'uso in Gina di fare illuminazioni tanto in terra, quanto su i fiumi, laghi o canali, ma non cosi generalmen- te , ed in modo si grandioso come nella festa del- le lanterne. Questo spazio di i5 giorni b un' altr' epo- ca in Cina per bilanciare ogni sorte di conti. 8 luna. Dice la storia , che l'imperatore Ming- uang da un battello fu una notte portato'^al pa- lazzo della luna, dove vide una grande assemblea di divinità femminine cantando e suonando varj istro- menti di musica. Al suo ritorno fece vestire e can- tare e suonare una quantità di persone , ad imita- zione di quello che aveva veduto al palazzo della luna* Gli attori della scena drammatica , in lingua poetica chiamati figli e fratelli del giardin de' pe- ri ( il luogo dove la prima volta rappresentarono ) ebbero origine in Gina (cosi è creduto in quel pae- se ) da quell'escursione imperiale a visitar la luna. La commemorazione di quest'evento ha luogo duran- te i primi i5 giorni di querta luna , con inviti e feste e divertimenti. E nel plenilunio ognuno fa oblazioni , prostrandosi alla luna. 9 luna. Nel nono giorno di questa luna , molta gente va alla cima delle colline a mangiare, a bere, a divertirsi , perchè un certo Uang-king , negli an- tichi tempi, evitò un' imminente calamita ascenden- do sulla vetta d'una collina. Il principal diverti- mento su quelle alture è di far innalzare grandi comete, nelle quali i cinesi spiegano molto gusto. Nòte intorno alla Cina 307 Quan(lo lo spago è tutto andato , e la cometa è giunta alla sua più grande altezza , allora abban- donano lo spago , e la lasciano andare in preda al vento. 1 1 luna. Nel giorno piìi corto dell'anno, che suc- cede in questa luna, tutti gli uOficiali del governo, che sono i mandarini della Gina , civili e militari vanno alla sala imperiale , la quale h in ogni citta provinciale , e fanno ivi prostrazioni al solstizio d'in- verno; e con paste e dolci si congratulano col sol- stizio pel ritorno del sole. Quest' è l'ultima epoca dell' anno per saldare i conti. 12 luna. La chiusura dell' anno Grandi prepa- razioni sono fatte in questa luna, per l'avvicina- mento dell' anno nuovo. Nella sera del giorno 24 di questa luna ogni famiglia fa le sue adorazioni al dio del cammino della cucina , ringraziando la divinità che presiede alle faccende di s\ importante luogo. E nella sera del 3o giorno , nel prender con- gedo r anno vecchio , si sparano fuochi d'artiQ- zio. Individui d'ogni famiglia , grandi e piccoli , adorato che hanno i loro idoli , si mettono a ta- vola , e con gran pasto danno addio all'anno vec- chio. Molti vegliano tutta qui'lla notte , per aspettar l'anno nuovo , da un antico detto , che chi veglia per l'anno nuovo sicuramente ottiene una lunga vita. Ed altri sono bizzarramente superstiziosi ( come altrove lo sono tant' altri poveri midolloni , colle loro così dette jettature) di credere, che se si sofìfie che qual- cuno introducasi in casa loro , quand' anco egli fos- se il più prossimo de' parenti , nel momento che in- comincia l'anno nuovo , sicuramente egli invola quella sorte che dovria benedire la loro casa ; e che , vi- ceversa , essi la involano al loro ospite. Perciò , air avvicinarsi di quelT ora , si racchiudono essi ao8 Letteratura nelle loro case in allegria , unicamente con la loro famiglia , fino al nuovo dì primo dell' anno. Onorato Marttjcci. Continuazione deW esame critico di alcune poesie recenti. I. La luna- Versi di C P. Bologna 1828. P A arve ad un bello spirito italiano che le palme del nostro parnaso fossero ornai tutte colte , e solo una a cogliere ne rimanesse , e questa difficilissima per essere troppo in alto : dico la lirica. E parvegU il vero : giacche nella moltitudine de' poeti , che in ogni ge- nere valentissimi si mostrarono , niuno surse vera- mente grande nella lirica : e noi siamo per questa parte da meno de' greci e de' latini , coi quali ga- reggiamo nel resto. Una cagione di questo difetto dissero alcuni essere nella lingua nostra , la quale non è stata mai avvezzata a quegli ardimentosi mo- di , a que' voli , a quegli slanci che tanto Lene si accordano al suono della lira. Ma un' altra cagione, se io non erro , nasce dall' essersi i lirici nostri ab- bandonati alla sola imitazione , e dal non aver lascia- to mai libero il corso all' impeto della fantasia , la quale non può soffrire stretto freno , ed ha biso- gno d'aggirarsi qua e cola senza ristare giammai : non altrimenti che la sibilla , la quale infuriava e dibattevasi per la spelonca quando sentiva l'appies- sar del numci Conciossiachè la poesia lirica nasca Esame chiticò aog .ali animo agitato da forti alletti , e dalla immagina- zione riscaldata. E per imitare que' gagliardi mo- vimenti , che sono del cuore e della fantasia agi- tata , si conviene usare non solo i modi più arditi ma quella veemenza e rapidità di parole e di sen- tenze che mostra il vero entusiasmo, e quel Est Deus in nobisj senza di cui il poeta non può valere. Pin- daro è un impetuoso torrente che quando precipita giù dal suo dirupo s'alza , gonfia , schiuma, freme, e non soffre argine o sponda : poi correndo al pia- no, a poco a poco si avvalla e quasi si perde, indi d'improvviso di nuovo romoreggia e si fa più rigo- glioso. Non ha regolato il suo corso, e manda le acque ove la foga le porta , non s\ però che non rientri al suo letto prima di metter foce nel mare. Vedo bene che imitar Pindaro è cosa pericolosa ; nulladimeno si deve osservare che come questo genere di poe- sia da lui principalmente ha nome , così deve da lui prendere modo e regola. Perocché sebbene gli ardimenti soverchi non si possano usare senza con- traddire all' indole della lingua nostra , pure tanti se ne potrebbero adoperare che bastassero ad in- nalzare la lirica , e non guastassero l'indole facile e soave del nostro gentile idioma. Non si creda pe- rò che io voglia consigliare con questo la licenza nella lirica , e dia facoltà di trar fuori dalle scrit- ture orientali quella nuova supellettile di strani mo- di che ora si fanno a deturpare le scritture italia- ne. Chi scrive poesie liriche non si discosti dal pre- cetto d'Orazio, il quale non concedette ai romani se non che di ajutarsi coli' imitazione dei greci: e noi potrem dire ancora dei latini. Giova pure a ren-"^ dere più immaginosa l'elocuzione il moderato uso del- la mitologia : e coloro che bandiscono affatto que- sto parlar per figura , tolgono alla poesia in gran aio LkTTF, RATURA parte il bene dell' evidenza che si olliene vestendo di forme sensibili , o ponendo sotto i sensi quelle idee che non vi potrebbero mai per se stesse ca- dere. Che le figure in fatto sono simboli della pas- sioni umane , o delle arti , o delle scienze , o de- gli elementi della natura , ed è follia sostituire a questo linguaggio le idee de' romantici le quali mo- strano alla mente le idee astratte in forme più astrat- te o non concepibili. Poste queste cose , io dirò che se le odi alla luna di C. P. avessero vivezza e foco come lianno bontà, di stile e di lingua , potrebbero annoverarsi fra' buoni esempi di questo genere di poesia. E mi par di vedere che se il sig. C. P. avesse fatto delle elegie alla luna anziché delle odi , con- facendosi la delicatezza del soggetto a quella del metro , de' concetti , e del gentile animo del poeta , avrebbe mostrata quella valentezza che si scorge ne' capitoli danteschi de' quali dirò f[ui sotto alcune cose. 2. Capitolo in morte del conte Giulio Perticari» = La prigione del lasso = Vawicizia. Non occorre sentir troppo innanzi in fatto di poesia per dire che questi tre capitoli del conte Pe- poli sono veramente belli. Soavità di versi che in- canta , concetti i piiì trascelti che mai , modi espres- sivi , affetti soavemente risentiti. Io posso dire con verità che qui si mostra il poeta , e che il conte Pe- poli tolse con senno dall' Alighieri Lo hello stile che gli ha fatto onore, E qui mi converrebbe , secon- dochè ho usalo per l'addietro , analizzare ad una ad una le bellezze di questi versi : ma io tengo me- glio che il lettore stesso le gusti e le ammiri , e pe- rò qui do intero uno de' tre capitoli. Che se al- Esame critico 31 1 élmo volesse dire , che io sono più amante di rin- tracciare i difetti , che i pregi delle altrui poesie , risponderò francamente che i pochi difetti si posso- no ad uno ad uno annoverare , le molte bellezze no : le quali essendo le une all' altre strettamente congiunte, non si possono in alcun modo separare. E questo mi basti aver detto intorno a versi del conte Carlo Pepoli. L' AMICIZIA. CAPITOLO. O voi che avete d'amistà intelletto , , Mi date orecchio : moverò parole , Che altrui frutteran sdegno , e a voi diletto. Se , amistà , tu non se' che ne console , L'uom fora nel cammin de la sua vita Siccome peliegrin orbo del sole. Tu se' virtiì che a tutte virtù invita , Virtù che più nell'anima si sente. Aurea virtù che se' d'amor vestita. Tu da' boschi traevi un dì la gente La congregando in cittadine mura , E volgesti in gentil sua rozza mente. Con l'acque e i monti allor ponea naturai Ne mai la sponda disegnò i confini A le genti credute a la tua cura. Insegnavi : e a' tuoi secoli divini Gli uomini tutti si parean tra loro Quai fratelli , o tra lor lunge o vicini. Ahi ! bella età veracemente d'oro , Ratto volasti , e teco perde il mondo Chi al greve della vita dia ristoro. Or par che l'uomo a l'uom sia quasi pondo , Sì che il più forte il debile calpesta, E quel che '1 merta raen , spesso è più al fondo. a 1:2 L s T T E II A T u n A Or tien fortuna il regno , e la molesta Si piace far de' buoni aspro governo , Battendo , furiando , e mai non resta. Matta discordia surta de lo inferno , Nequizia , invidia , e sete di rapina Tolser loco a quel primo amor fraterno i E l'amistà , che un di sedea regina , Or si ripara a qualche gentil core , Mal conosciuta al mondo e pellegrina. Però chi bene intende tuo valore , Può dir cosa (*) è quaggiù dolcezza intera , O sorella bellissima d'amore. Non come amor fallace e lusinghiera : Gli' amor promette , e poi nega mercede , Ti giura a mane , e ti tradisce a sera. E tu pudica mai non rompi fede t Per te cresce letizia , il dolor scema , Ne paghi mai d'obblio chi a te si crede. Venga il mal tempo di ventura , e prema Spietatamente , e pii!i e più imperversi : Chi ha schermo d'amistà non prenda tema. Per prova il so : cliè in mezzo a'casi avversi Ad uno spirto , in che amistà s'accese , Tutta l'addolorata anima apersi. E quello spirto angelico e cortese Mi fé' sì dolce all' alma ogni amarezza , Che benedissi le patite offese. Ma voi cui pose al sommo de l'altezza Colei, che in pochi il tolto a molti aduna, Non mercate per or tanta dolcezza. (*) Cosa in vece di che cosa non so con quali esem- pi sia qui detto dal N, A, Esame critico 21Z Voslr' alma d'amisla rimari digiuna , E la turba , che a voi sì china e prostra , Non ama voi , da onore a la fortuna. E voi , o stolti , che per vana mostra Ite cercando amici a cento a cento \ Amistà non s'apprende all' alma vostra. Chi d'un amico sol non è contento , Del senno è fuor, non sa quel eh' ei si voglia, E posa ne le braccia al tradimento. Ove infreni due cor sola una voglia Che tra virtude e amore si consiglia , Ivi alletta amistade , ivi s'invoglia. Ah volgi , o diva , le amorose ciglia E raggia un lume , eh' ogni ben diffonda A tutta quanta la mortai famiglia ! Se al prego onesto tua mercè risponda , Riedera quella prima eia felice Di cui non sa codesta ire a seconda. E lieto allor chi or geme egro infelice Te dira fra le dee la benedetta , Che ha sol tempio ne' cuori , e ben s'addice. Me prono intanto , qual chi grazie aspetta , Me pia sovvieni , me tuo servo umile Cui solo il freno tuo soave alleila. Tui sai che la mia vita ebbi già a vile Spoglia di gaudio , e si di valor morta , E bramai verno sul finir d'aprile. Se allor tu mi francasti , or mi conforta : Leva '1 mio ingegno al voi del mio desiro 5 Sii tu la stella mia fidata scorta. Poi quando corso de' miei anni '1 giro , Morte me gravi di sua ferrea possa , Tu raccogli il mio ultimo sospiro. 2i4 Letteratura E fatte gelo queste membra , e l'ossa Immobilmente stese , alloraquando Saran già chiuse dentro de la fossa , Mia memoria a te sola io raccomando. G. l. Montanari. N. B. Avendomi il gentilissimo sig. conte Gor- diano Perticar! conceduto di esaminare ne' mano- scritti del chiarissimo conte Giulio Perticari di lui fratello il Diltamondo di Fazio degli liberti , ed essendomi io posto a collazionarlo coli' edizione dello stesso poema fatta in Milano dal sig. Silve- stri nel 1826 , ho potuto raccogliere alquante os- servazioni non affatto indegne di essere sottoposte al giudizio dei dotti. E però ottenuta dal prelodato sig. conte la licenza di far note al pubblico le cose da me notate , ho determinato di darne un artico- letto in ogni fascicolo di questo giornale. E perchè io non abbia colle scritture mie ad imbrattare di soverchio il volume nojando i leggitori , porrò fine all' esame critico di alcune poesie recenti da me in- trapreso neir anno scorso. Credo che gli amatori de' buoni studj mi sapranno buon grado di questa mia fatica , qual che siasi , e se non altro loderanno la buona intenzione che io ho di rendere all'immor- tale conte Giulio Perticari quella lode e quella gloria che altri avesse potuto in qualche modo usurpargli. 3lS Memorie i storiche di accumuli di Agostino Cappello. ( continuazione ) CAPITOLO IH. Crescono i generali bisogni , e le concussioni. Lamenti dell' anonimo accumulese. Savia vedu- ta degli uomini del quarto di s. Lorenzo di Accumuli. AlalizÌQsa condotta del suo primo ma- gistrato : ne segue una nuova tassa che atter- ra lo statuto accumulese. Rovine prodotte dal di- boscamento. Lode dei legislatori accumulesi. Ter- rore generale incusso da Solimano imperatore dei turchi. 1 pensieri giganteschi della Spagna ren- dono r Italia infelicissima. Osservasi qualche utile istituzione del viceré di Napoli, Nessun vantaggio è il mercato pubblico in Acumuli. Cattivo governo del viceré Lopez, Sua lode per la peste circo- scritta nelle Calabrie, Cenno della guerra di Fian- dra ; mali che ne provengono air Italia. Il vizio va in trionfo. I fuorusciti desolano le provincie deir Italia meridionale. I norcini tornano a pre- dare nel territorio di Acumuli. Una le^rse del viceré tenta di raffrenare questa barbarie. Quadro lamentevole esposto dagli accumulesi a Filippo III sua ordinanza. Cenilo critico intorno al lodato governo del viceré Di Miranda. Questi rende nulle le buone intenzioni del re a favore degli accu- mulesi. Per riparare il loro debito comunale ven- dono essi alcuni pubblici fondi urbani ed im- pegnano un fondo rustico. Misure varie ed eco- numiche per riparare alle future calamità* Si chie- 2l6 Lktteraturìì de una sola grazia al re. Vien replicatamente da esso conceduta , ma in Napoli non si esegue che per metà. Filantropia de giureconsulti accu- mulesi- Nuova prammatica del viceré Di Miran^ da contro i norcini , ma con danno evidente de- gli accumulasi. Salvatore Pasqualoni di Accumuli^ amico di Torquato Tasso., deputato al parlamene io generale. Origine di questa istituzione , e mo- do con cui praticatasi. Mandato originale spedito dagli accumulasi pel parlamento dei %i dicem~ bre i594' La fine del secolo non si disgiunge dalla guerra , e dalle incursioni dei turchi : bel- la mostra dell' italiano valore contro i medesimi nella guerra di Ungheria. Lorenzo Mercuri cit- tadino accumulese vi muore. X ali crescevano in questi di le bisogne del go- verno che a ribocco rifluivano nel comune. Gene- rale rendevasi la miseria : singolarmente risentivano la patria nostra. Se negli andati tempi , in mezzo alle sue più angustiose tribolazioni , oltre i serba- ti patti , vede vasi essa apprestare reali benefizj dal- la sovrana mano , ora non solo i patti , ma ordi- namenti novelli si manifestavano , che nello schian- tare i cardini dell' accumulese statuto , gittavanla neir estrema indigenza. Gli spagnuoli fieri nel conser- vare i privilegi loro , niun modo serbando , prorom- pevano a sminuire gli altrui , onde sopperii^ le snii- suratissirae spese da moltiplici provocate guerre su- scitate. Innanzi di procedere in questa triste narrazio- ne , vogliamo che parli il nostro anonimo che scri- veva fra il iSyo ed il 1578. Se non che vuoisi no- tare , che gli anticipati mali da esso narrati , sono McMOBiF. DI Accumuli 217 posteriori , come mostrasi pei citati documenti , de* «juali dovremo ancora riportare alcun' altro ; impe- rocché l'annual pagamento e i privilegj furono nell' integrità loro conservati insino alla morte di Carlo V. Ecco il discorso dell'anonimo:,, Vis^e la terra „ d'Acuniolo gran tempo in liberta come repubblì- „ ca , ma poi per il suo mal governo si dette spon- „ tanearaente alla serenissima casa d'Aragona (1) eoa „ conventione di pagare alla regia corte solo 400 „ ducali d'oro, siccome ne appare privilegio , la qual „ conventione hebbe loco fiao all' eccidio della coti' „ 'vicina terra degli Orsini , dopo il quale non li „ fu serbato patto facendosi pagare etiam li paga- „ menti estraordinarj , li quali sino al giorno d'Iiog- „ gi sono cresciuti in tanta gran surama clie non ,, se possono comportare , perciò che dove prima si „ pagavano solo 4oo ducati d'oro Tanno , bora si „ pagano più de mille et ottocento , la causa d'on- „ de sia proceduto tale rompimento de conventio- „ ne , io non ho possuto trovare , eoa tuttociò que- „ sta terra fu sempre fedelissima a li suoi re. Sicco- ,, me chiaramente si puote vedere per lettere del sig. „ duca di Calabria , de d. Pietro de Toledo , e del- ,, la felicissima memoria di Carlo quinto , esponen- ,, do nella conferma de' priviligi che fa a detta ter- „ ra , sic exigentibus meritis erga nos , et piiì a „ basso attendentes ergo inconcussam fidera. E per „ la loro maestà la detta terra bave patito molti „ danni , come per detti privilegi se demostra in „ queste parole , attendentes quod multa darana et „ incomoda per defentionem nostri nominis passi (t) Noi sopra abbiamo chiarito l' anacronismo r^«li autore. G.A.T.XUl. j5 3l3 LBTTEUATUnA „ suiit , e priiicipabnetite nel tempo della ribellio- „ ne della terra degli Orsini, della venuta d'Odcl- „ to Fois , monsù de Lautreck , monsù de Ghisa , „ Oratio Baglione , et altri de la fattione de Fran- „ eia , suoi nemici li quali cerearono , sicome si „ dira appresso , redure a sua devotione la detta ler- „ ra d'Acumolo , la quale stando sempre quasi fer- „ ma colonna nella sua antica fedell'a verso li suoi „ principi , mai volse f:;ridare Francia , come ferno „ le alae terre et citta del regno , ma sempre irape- „ rio , stando sempre forte in favore della fel. mem. „ dell' imperatore Carlo quinto , et in suo servitio „ prontissima di morire piiì presto , che lirarse a „ divotione di detti francesi. „ Ma i tempi erano variali, e sarebbe inutile ricor- dare la dovuta gratitudine : che anzi or ora vedre- mo contrariati dal governo di Napoli gli ordini del-, lo stesso re. Tornando in sentiero, proponevasi al presente la vendit.1 di altri fondi comunali , il che si fa ma- nifesto dalle memorie del quarto di s. Lorenzo. l/i Dei nomine amen. yJnno Domini i5GG die vero a mensis ociohris. In palatio de quarteria s, Laiirentìi, Congregatis hominibus de quarteria s. Laurenfii more solito , decretiim /hit infrascriptum capitulum , et per idem unanimiter conclusum ut infra. Per trovare rimedio de pagare ti pagamenti estraordinari j da la università ('"AcHm.olo , // ma" gnifico Ginseppe Lauro capo del reggimento de di- _ età università ha e xhortaio nel parlamento de li 3o settembre de vendere altra portione de montagna et terre cola aprovatione de li huomini del quar^ to de s, 'Lorentio. Li huomini del quarto de s. Loreutio resol^ . voìiO et cmdudQHO non puùwiH da essi ut majvr Memorie di Accumuli aig prejuditio de Vuniversità , et de loro venturi ma- sculini figli vendere altra portiune de montagna et de terre. Perciò che se debbano trovare altri remedij per la reparazione de li pagamenti , et sa- rà bene non recorrere a la gabella sopra lo be- stiame meniito ; giacche ne porterebbe un gran dan- no a Vuniversità d^ Acumolo. losephus Columna sindicus de quarteria s. La- urent ii. Sih'erius Campanus sindicus de quarteria s. La- urent ii. Jacobus Montanus sindicus de quarteria s. La- urent ii. Andreas Titulonus sindacus de quarteria s. La- urent ii^ Franciscus Carillo capitaneus regiae terrae Ac- cumuli. Ma il capo dell' acciimulese amministrazione (astu- to nemico delle vecchie famiglie) , ia onta dell' av- viso degli uomini del quarto di s. Lorenzo , sup- plicava il supremo governo , che per riparare lo straordinarie spese, non vedeva meglio che lo im- porre una tassa sul numeroso bestiame , di che ri- dondava ogni villaggio. Perorava , che se anche col progettato balzello si fosse diminuita la pastori- zia , ancorché preferita dall' accumulese statuto , sa- rebbesi notabilmente accresciuta la trascurata agri- coltura. Per la qual cosa era duopo vivere sempre col sistema annonario , in che talvolta accadevano incomposti movimenti popolari (i). Era assecondato il Lauri nelle sue proposte. (0 Memorie cit. Noi abbiamo nella prima parte ri^ portati i singolari privilegi perchè vigorosa e pennanen-^ aao Lrttri\atu&a i56G Regiae provisiones qitod solvatur collecta helluariim impetratae sub anno i5GG segnatae n, XXvY//^ (elenco citato). Neil' anno i5GG si concede a la università WJcuinolo di passere imponere la gabella del danno dato (Anonimo , e meni. cit.). Diminuivasi tosto la pastorizia , diminuite era- no le rendite del quarto di s. Lorenzo ; crescevasi per verità il cereale prodotto nei primi anni per le diboscale selve e dissodate praterie : islerilivansi poscia le terre : fintantoché sterilissimo divenendo , i nostri contadini, se non ricchi, agiati pastori essi erano , caduti ora pe' nuovi aggravj in povertà as- soluta , nella maggior parte emigravano (i). Risplen- de in sì deplorabile emergente la sapienza degli avi nostri ; dappoiché , nello stabilire le patrie leggi , avevano ben addentro esaminato la natura del suo- lo , che ingrato per un verso, fecondissimo presen- tavasi per gli squisiti pascolati , sorgente inesauribi- le di reale e vantaggiosa industria. Vuoisi però confessare che le descritte gravezze finora risentite dagli accumulesi cotanto privilegia- ti, e cotanto benemeriti della dinastia regnante, as- sai maggiori si soffrivano da' vicini e da' lontani co- muni , i quali , generalmente , pativano non meno per quelle , che per le baronali angherie. te fosse la pastorizia • e siccome per tal effetto , e per- chè di sua natura non feconda abbastanza, era la no- stra montana terra ^ quindi 2>cggonsi replicati ì privile- gi , onde estrarre liberamente le grasce da qualunque piai' za dal regno,. (i) In alcune terre in forte pendio , e calcareo-ar- gillose , un tempo boschive ed ora affatto sterili , si è pia volte tentato il rinseualmento , ma invano. Memorib di Accumuli ^ aie Nb giorni , ne tranquille passavansi le notti pe* tristissimi effetti vieppiù incussi negli animi dal terrore delle armi ottomane. Caduta era la ricci isola di Cipro. Cadeva Faniagosta. Il veneto gover- natore , malgrado de' pattuiti capitoli, dopo indi- cibili strapazzi , facevasi dal feroce Mustafa scor- ticar vivo. Rifulse però l'italiano eroe di maggior gloria , poiché ne un sospiro mandava , ne un ge- mito, molto meno lacrime: ma assorto tutto nel suo Dio , passava al riposo de' giusti. Fisso sempre il fiero Solimano di mandare a conquasso l'umana ci- viltà , con tale formidabile apparato di guerra mar- clava e combatteva nel nord , che Massimiliano Ce- sare a dieta radunava i principi cristiani. La mor- te dell' indomito sultano rallegrava la cristianità spa- ventata ; la vittoria poscia di Lepanto da Giovan- ni d'Austria conseguita , sollevava a nuovi vita gli abbattuti animi. Roma , a guisa degli antichi eroi, vedeva rientrare trionfante Marcantonio Colonna suo generale ; ed il sommo gerarca pia e memoranda festività istituiva per un tanto avvenimento (i). Dispendiosa, ma necessaria era la guerra contro i turchi, i quali più arditi tornavano nell'anno se- guente vincitori di Tunisi : ma in preeipitata guer- ra civile e sanguinosa ingolfavasi Spagna nelle Fian- dre , una terza guerra suscitava nel Portogallo , quin- di una quarta con grandissimo armamento intenta- va contro gì' inglesi , oltre l'incessante guerra con- tro la Francia. Che se a questi rovinosissimi moti aggiungasi medesimamente ravviliraento dell' agricol- tura nelle sue fertili regioni , le colonie inviate nelle Indie , l'orgoglio nazionale di nulla perdere de' con- (i) Murat. ann. tom. X. 323 LlTTKllATURA sueti diritti; tli maniera che neppure un soWo spen- dersi dovesse; sotto qualunque titolo oltre il confine di Spagna ; ne consegue apertamente, die, se a tor- renti l'ispano coir italiano sangue versavasi per quel- le disastrosissime guerre , tutto o quasi tutto ita- liano , o meglio dell' Insubria , e di ambe le Sici- lie era l'oro per mantenerle. Aumentavansi quindi i donativi in ogni parlamento , meltevasi mano al regale patrimonio » vendevansi le gabelle , impegna- vansi le dogane , e gli emolumenti tutti delle su- preme regalie colavano in mano de' monopolisti , o mercanti , in ispezie genovesi, che grosse usure traen- do , l'esausto erario in maggior passività riduceva- no (i). In mezzo a siftatte esorbitanze lodali sono i governi del regno del duca d'Alcalà , e del car- dinal di Granvela succedutogli viceré nel 1571. Lo- devole alcerto era l'introdotto registro , non mai pm usato , delle nascite » de' matrimonj e delle morti ordinato dall' Alcalk ; commendevole eziandio ci sem- bra l'uniforme e regolare progetto de' nazionali bat- taglioni , che , squadronati , eran messi in attività dal cardinal di Granvela (2). Un qualche sollievo avreb- be questo stabilimento arrecato all' infelice nostra pa- tria , che a sue spese soleva pili delie volte tutta la gioventù correre alle armi , ancorché fusse d'uo- po marciare fuori di territorio , in caso di guer- ra. Distruggevasi ora tacitamente, pel fisso contin- gente delle nuove milizie, il privilegiato uso di ar- mare; se non cliè , come terra demaniale, co' pro- pri soldi pagavansi le medesime tosto che fossero in marcia « la qual cosa accadendo di sovente per al» (i) Marat, id. Star. civ. id. Tuano id. lib, Si.png. 106. (a) Stor. di', id. Memorii di Accumuli aaS eunl ilaliani vituperii , de' quali sotto diremo , pipci- pitavaiio ii!,igj>iormente i fondi municipali. Né sicu* ramente risalivano coli' istituzione di, un pubblico mercato. Nella terza parte di queste memorie mo- streremo che se in Accumuli fu sempre di poco frut- to il mercato pubblico , di nissuna utilità riusciva al presente. 15^4 Privilegium prò f adendo mercato vbtentum sub anno 1674 signatum num, XXXij (»). Al cardinal di Granvela succedeva nel 1675 vice- vh Innico Lopez marchese di Mondejar. Con colori nerissimi pignesi il suo governo , dimodoché , pe* mali umori contro di lui covati , era avanti il pre- fìsso tempo richiamato in Spagna (2). Tornavano sot* to di lui i musulmani a depredare le marittime ter- re del regno. Noi però , in onta dell' odio pubbli- co , dobbiamo pel seguente fatto assai laudare que- sto viceré: imperciocché la peste bubonica nel giu- bileo del 1575 nel veneziano portata , dilFondeva- si in Lombardia , e qua e la facendo immensa stra- ge , propagavasi eziandio in Sicilia , in Calabria > dove si arrestava per le sanitarie misure severissi- mamente praticate (3). Notissimo è l'inganno di due medici insignì ( Mercuriale e Capivaccio ) che noti contagioso reputavano dapprima il desolantissimo morbo. Ognuno che nutre amore per la bella italiana letteratura , non può uon leggere i Promessi sposi di Alessandro Manzoni , che sopra quella luttuosis- sima catastrofe fonda principalmente l'egregio suo lavoro , non ha guari fatto di pubblica ragione. La (i) Questue l'artìcolo ultimo^ relam'amcnte all' rpo' ca , contenuto nel noto elenco. (2) Summonte tom. 4* lìb- ''• (3) Muratori id. stor. e/V. id. al4 LeTTKRiTURÀ credulità la più sciocca ed ignorante , le più as- surde e pericolose superstizioni , le sfrenatezze de' polenti , i cosUirai depravatissirai , l'infrazione del- le leggi e dei luoglii i più sacrosanti , la spavente- vole pestilenza , e la cristiana carila insiiio all' eroi- smo con tanto studio e dipintura vivissima de- scritte, fanno a buon diritto riscuotere all'illustre autore il plauso universale. Se due anni di peste desolavano la sfortunata Ita- lia , le accennate guerre la portavano a peggiori con- dizioni. Con grave dispendio , ma fortunata, riusci- va la militare spedizione nel Portogallo , riunito per pochi lustri alla Spagna. Valorosissimamente combat- teva Alessandro Fainese nelle Fiandre ove per la morte di Giovanni d'Austria , chiamato generalissimo , cuoprivasi ogni di di gloriosi allori. Il re Filippo , pel dolore manifestato pochi anni innanzi dai fiam- minghi nella partenza di Margherita madre del Far- nese , sollecitavala a partire dall' Abruzzo (donde da poco era partito lo stesso Alessandro) por ricon- durre la pace nelle esaperale provincie. Andava Mar- gherita , ma appena giuntavi, veduti i tempi as- sai rotti , tornava in Abruzzo : ed ivi nei feudi , sopra da noi notati , passava lieti i suoi di , trat- tenendosi per lo più nella ricca e deliziosa citta di Aquila, nella quale moriva (i). Terribile mostravasi frattanto il feroce ottoma- no a danno delle italiane riviere ; non rallentavasi la Francia dal guerreggiare : e siccome rovina porta rovina, la Spagna, malgrado degli aperti precipizi!, più in alto sollevando le idee, minacciava l'Inghilterra con poderosissimo apparato di guerra , che ingoja* ($) Marat, id. pag. 478-607. Memorjb di Accumuli aa5 to dalle onde , andavano quelle in dileguo (i). Al- legravansi i turchi, i francesi tripudiavano; Elisa- betta rassodavasi sul trono britannico, rinvigorivan- si i concitati fiamminghi , e l'italii , lagrimando tan- ti prodi suoi per guerre non sue , caricavasi di nuo- ve incomportevoli tasse. Se gli onori e i titoli erano stali fin qui la ri- compensa degli uomini che nelle lettere , nella reli- gione , o nelle armi avevano dato prova assai co- spicua dei talenti e del loro coraggio, ora gli usu- ra] e simil genia vedevansi fregiali , mercè di som- ma di denaro , di illustri decorazioni , e di titoli luminosi , che più davansi a chi più offeriva (2). Nel generale avvilimento , accrescevansi le sven- ture co' violenti modi dei governanti subalterni , che non più leggi ne' privilegi rispettavano. Sedizione assai tumultuosa era accaduta in Napoli nel i585: cotanto enormi poi erano i guasti tempi nella gua- stata Italia, che baldanzosi fuorusciti attelavansi, sac- cheggiavano , rapinavano , mettevan tribuli , soven- te deludevano , e talora cornbattevano regolari mi- lizie ; per colmo di vituperio associavansi a capi- tano di qualche nome , e la repuhlica di s. Mar- co assoldavali , proteggevali. L'Abruzzo era la con- trada la più infestala da si ribalda canaglia. Un' andare quindi , un venire di soldatesche poco disci- plinate, raddoppiavano le grandi calamità ; e peg- gio per chi stavasi al confine, per le pratiche usa- te da quelli co' fuoruscili dello stato pontificio, soc- correndosi a vicenda (3). (i) Id. ih. (a) Stor. civile tom. 4- P^g- «47 « teg. (3) Marat, tom, X, stor. ciyile'id. aaG L r. T T R R A T l) R A Se la piccola patria nostra p^r la fortissima sua posizione non era direttanipnle bersagliala dai masna- dieri , se non soffiiva il giogo Laronale , alle sciagure fin qui descritte congiuiigeva le rinnovate biasime- voli rappresaglie coi norcini , che, in onta degli stipu- lati patti , prollltando della tristissima condizione sua, maggiori le commettevano. Ne gran cosa , anzi niente di proficuo , come dirassi in appresso , produceva una legge , colla quale Giovanni Zunica dei conti di Miranda novello viceré giunto appena nel 1679 in Napoli , proibiva che accumulese qualunque vendes- se , desse in dote , o affittasse le confinanti terre ai nor- cini (i). Di cosiffatta mole eran dunque le accumule- si disgrazie, che nel confermare quanto si è per noi detto presentano un deplorabile stato di gran lun- ga maggiore di quello , di cui lagnavasi il citato anonimo. Ne può meglio mostrarsi che col seguen- te originale documento , di cui le parole, in ispana lingua tradotte in italiana favella da un illustre ami- co nostro ( il marchese d. Antonio La-Grua ) , noi qui riportiamo in carattere corsivo. Il re* AlV illustre conte nostro cugino viceré luogotenente e capitano generale. Per parte della regia terra di Accumoli mi è stato presentato un memoriale del tenore seguente* „ Sire. La povera regia terra di Acumulo po- ,f sta neir ultima parte del regno di Napoli , chia- „ ve e prima porta di esso , tanto fedelissima di „ V. S. maestà , come in tutti i tempi b stata de- „ gli altri antecessori. Dopo essersi spontaneamente „ imperpetuo data alla devotione et summissione di „ questa sacra corona , alla quale non ha mancato (i) Tornasi op. cit. Memorie di Accumuli 327 „ mai di vera fedeltà , et in tutte le occofrenlie , „ che se le soao presentate sparger il proprio san- „ gue , et le facoltà in servitio della detta sacra „ corona. Sicome per una lettera del duca di Ca- „ labria si tiene memoria di sue opere , et servitii „ fatti in quelli tempi. Cosi anco per un altra del- „ la felicissima memoria dell' imperatore Carlo quinto „ padre di V. M. nella ribellione della convicina ter' f, raldegli Orsini , i cui abitanti con forti ajuti, eoa „ un gran impeto , et assedio cercavano distrugge- „ re quella terra per ajuto et ricetto dato alli sol- „ dati che fuggiti erano da lor mano , quali , eoa „ tutto il continuo assedio di otto e più mesi fur- „ no ben difesi , et del proprio di essa terra su- „ stentati , finche il principe di Oranges li venne „ a soccorrere con ajuto di un grandissimo esarci- „ to a difensione della terra , et ofFensione dell' ini- „ mici» sicome in breve tempo offesi furono, et da- „ ti a sacco, et a ferro et fiamma. Per un altra let- „ tera si mostra del don Pietro di Toledo in tcm- „ pò delli rumori di Napoli , in risposta delle lar- „ ghe e pronte offerte di essa in servitio regio. Ne „ meno manco con l'armi in mano diffenderonsi ia „ tempo che li francesi volsero con gran audacia ,, entrar nel regno di Napoli. Ne meno manco dif- „ fenderonsi dai convicini Ascoli et Norcia , quali „ ogni giorno per volerla tirare a lor devotione , „ cercavano con correrie predarla. Ne meno manco „ piiì volte ed ultimamente soccorsero co' settecento „ e più fanti le terre marittime in tempo che l'armata „ turchesca diede dì porto nella provintie d'Abruz- „ IO. Ne cessa ancor hoggi quella povera fedelis- ,, sima terra con ragioni , e con armi alle mani di- „ fender da convicini norcini il territorio di V. S; „ Maestà , quali gli anni passati predorono gran quao» aaS Ijktteraturji tita di bestiami di im casale suo clùainato Villa nova (i) ; u^ restano del continuo travagliarla. Tie- ne questa terra del continuo Irentaselte soldati della nuova milizia per servilio regio ascritti , e pronti in ogni occasione per servizio regio , coti , altri cimpianta a persecuzione de' banditi , et ad , ogni ricliiesta del capitano a favor della giusti- , zia. S'aggiongo a si fatta estrema povertà la ste- , rilit'a d(^l paese , causata dalle p'oggie et gran ne- , vi , quali non solamente hanno guastato et affat- , to impoverito i terreni , ma buttalo ancora a ler- , ra gran parte di un casale chiamato Capod'ac- , qua (2). Di maniera che non si ricoglie in det- , to territorio grano per tre mesi dell' anno , con , altro itifinilo danno dello deboscamento , e dimi- , nuito bestiame. Un altro danno grande le provie- , ne dal fiume cìiiamato Tronto, quale da poco tem- , pò si a ingrandito che le toglie la maggior , et 1 gran parte del territorio : et per tenerlo nel cor» , so di sotto di un ponte di pietra , per havere , e dar passo , e forzata quasi ogni anno spende- , re-dncento et trecento ducati , et ad una gran piog- , già fatta , che spesso far snoie , si perde il tut- } to. Forzala ancora è quella povera terra spende- (1) / villaggi, chiamansi ancora col nome di casali. (2) Jl disboscamento delle terre ^ precipuamente in peri' dio , oltre il produrre la sterilità per V azione delle acque ( come qui vedesi ) che trasportano via la terra vegeta^ le , ed il concime eziandio , le rende facilissime ad av- vallare. Il che fu da noi premesso con osservazioni geo- logirhe in queste nostre memorie ; ed ivi parimente fu notata la rinnovata catastrofe per la r'alanghe di neve. Parte i pag. a8, i^giorn, arcad.tom, XXVUlp. 3i4} 3i5. Memohib di Accumuli 339 „ re per le reparazioni delle mura di essa gran sura- „ ma de denari per potersi difFendere da chi cer- „ casse offenderla in disservitio della regia maesla. „ Inoltre causasi la gran povertà di quel Publico „ dalli pagamenti fisculi e estraordinarj , quali sono „ molto maggiori dell' ordinarii ; c!ie per privile- „ gio del re Ferrante primo, confìrinato da tutti re- „ Irò principi , et ulliniamente dall' imperator Gar- „ lo quinto ridotti a 4o o ducati d'oro l'anno , e non „ più. Causasi ancora da nn spesso alloggiamento ,, de' soldati , quali tra li altri due anni sono, Tana „ del capitan Luigi Sagiatietra , l'altra del capitan „ Ioan Velasca se stette ad interesse di sci mi Ila et „ più scudi , oltre di un altra compagnia del mar- „ chese di Specchio con danno infinito. Per il che „ ridotta a gran miseria et calamita non può più „ resistere a pagare la regia ente , con la quale „ del continuo sia a residuo , et oggi le deve due „ milia et più ducati , con altri due milia a ceti- „ 20. Laonde la maggior pirte delle famiglie si so- „ stentano per due parti dell' anno n 'Ile terre del „ Papa , dove ogni anno ne restano : a talché la „ terra con poco tempo restara senza habitatori , „ o pur con pochi. Et pnrclic, S. M. , questa ter- „ ra sebben piccola , è di grandissima iraportantia f, a tutto il regno di Napoli per esser da questa „ banda capo , et prima entrata ; sta posta in luo- „ go eminente , et forte da ogni parte da posscr „ resistere et difendersi da ogni gran impeto di qual- „ sivoglia esercito , et ofTender l'inimico senz'esser „ offeso. Et per questo l'imperatore Carlo V non „ volse mai darla in dominio ad altri , ne meno al- ;, la bona memoria dell' altezza di madama Margari- „ rita sua figlia che la richiedeva , se ben le con- „ cesse tutte le altre terre d'intorDO di cinquanta alo Letteratura „ e più miglia. Questa terra d'Acumolo se la riser- „ vò per se , e per ogni tempo por la sacra co- „ rena , siccome per privilegio le concesse non alie- „ narla ; onde ora ritrovandosi non posser piiì resi- „ stere a tanti si gravosi afTanni , è stata forzata ri- „ correre alli reali e benignissimi piedi di V. mae- „ stk , e supplicarla , come con ogni humilt'a la sup- „ plica , resti servita di concederle le infrascritte gra- „ zie mediante le quali possa detta povertà rime- „ diarsi , acciò non vadi in total ruina. „ Primo che per dieci anni continui sia esente „ da tutti i pagamenti fiscali ordinarii , et estra- „ ordinar] , et passati li detti dieci anni li estra- „ ordinar) le siano ridotti , moderati , et limitati , ,, conforme alli detti ordinari) , acciò in questo tem- „ pò possa la povera terra rihaversi alquanto , et „ ripigliar spirito , e ridurre le povere famiglie „ sperse al' hahitazione di essa , et ad ogni servi- „ tio di questa sacra corona. „ Secondo che V. maestà si serva liberarla et „ farle gratia delli due milia ducati , che sta a resi- „ duo eoa la regia corte , perchè , come è noto- „ rio , non ha modo alcuno da posserla curapire. „ Terzo commandar che in futurum per miglior „ governo di detta terra sia quella governata da „ un dottor legista , senza altro giurlice , con pro- „ visione di docento docati l'anno , e della quarta par- „ te de proventi. Perochb tra il capitana et giudice „ nascono del continuo prelendentie a danno de po- „ veri sudditi , et il più delle volte è governata al- „ la soldatesca. „ Quarto farle V. M. la gratia di liberarla et „ farla esente di lutti li alloggiamenti de soldati con „ farla terra riservata per V. M. ili ogni tempo* Memorie di Accumuli a3i „ Quinto farle V. M. gratia di couferraailff lut- „ te le gralie , et pi'ivileggj che li serenissimi prin- „ cipi retro regi di questo regno antecessori di V. M. „ hanno per l'adietro concesso a questa sua fede- „ lissima terra , et ultimamente conlìrmali dall' ini- ,, peratore Carlo quinto di lei padre, de' quali si pre- ,, senta a V. M. l'inclusa copia , et cosi di tutte l'al- „ tre lettere di sopra mentionate , che tutto si have- „ rk a grazia particolare da V. maestà. „ Per prendere in ciò che supplica più certa e conveniente risoluzione , ho voluto informazione vo- stra. Perciò vi incarico e comando che informan- dovi di tutto il contenuto nel surriferito memoria' le , e comunicandolo con la camera della somaria mi avvisiate di ciò si troverà , ed a voi con detto tribunale sembrerà che si debba fare in questa pre- tensione , ed affinchè si provveda in ciò a quanto pia sembrerà conveniente, L,a presente rimanga al presen- tante. Data in s, Lorenzo il primo d''Jprila iSS-j. Io il re, f^, cardinal Toletaj, V, Snladines Jì. V, Ca" dera li. Cayas Seg, in partium Neap. a5 ; xxxb ; T, l, XFiij. Leon. lì. F, Posomp lì. V. Pacid R. {f)Al viceré di Napoli per informazione ad istan- za della regia terra d'Àcumoli J, t. Al 111. conte di Miranda cubino nostro viceré luogotenente e capi- tan generale nel no<;tro regno di Napoli. Il conte di Miranda , nipote dello Zunica sud- detto elle aveva per tre anni governato , succede- va viceré nel i586 al duca d'Ossuna. Erano 4 an- ni che la corte di Spagna per politici fini aveva sta- bilito che non più di un triennio durasse il governo dei viceré di Napoli, Prolungavalo anni 9 nel conte (j) fi è il j/^/Z/rt reale. aSa Lbttbratuiva di Miranda , perchè , scrivesl , governasse lodevolmen- te (i): la qual cosa sembra a noi di non ravvisarla : eccetlocliè non volessero commendarsi i lesti e giudi- . ciosi modi per accozzare le immense somme di dena- ro esportale dal regno. Leggiamo bensì che nell'alto in cni la Sicilia , per le buone militari previdenze del suo viceré, preservavasi dagl'impetuosi assalii de* musulmani, la sgraziata cilta di Reggio con altre i4 terre era da essi messa a soqrjuadro ed a ruba (a). Osserviamo che i fuorusciti , se non domi , abbassa- ti per l'energia attivissima del pontefice Sisto V , dopo la sua morte insorgevano con maggiore sfron- tatezza ; talché V:ihvnzze^Q Alurco Scìarra loro capo, intitolatosi re della campagna , recava guasti incre- dibili alle nostre ed alle contrade limitrofe. E ve- ro che severa ordinavasi l'insecuzione di quelli : è ve- ro che spingevansi dentro lo stato pontificio quattro- mila soldati , i quali coi rinforzi di Roma e di To- scana assediavano lo Sciarra , che , soccorso da y^/- Joìiso Piccai om'vìi duca di s. Marciano , dopo fiero e sanguinoso combattimento, scampava co' compagni suoi, in onta c!ie uno di questi combattesse con- tro dieci (3). Ma è certo che per le accorte pra- tiche di Ruma e di Toscana , im|)rigionato il Picco- lomini presso Cesena , era messo a morte a Firen- ze. Ne sembra vero , che per la della morte , ri- dotto lo Sciarra agli estremi , per la cooperazione del Miranda passasse ai stipendj di Venezia (4)« Imperocché , oltre averli lo Sciarra dapprima ricu- (i) Giannoiie star. civ. tom. \. pag. ayS. (a) /,/. pag. 2y8, 79. (i) Murat. tom. X. pag, 523-53a. (4) Stor. civ. id. MsMOKiE DI Accumuli à33 sali , il Muratori con altri storici afTermano , che quanti baroni e capitani ( dopo la morte del Pie-* colomini ) con grosse truppe lo aiFrontano, tanti quelli delude , combalte , o pone in fuga. D'altronde per- sisteva sempre Tesecrabile fazione per opera di un fratello dello Sciarra , il quale sovente tornava di Vinegia a ravvivarla (i); fintantoché per manovra de' pontificii ministri era lo Sciarra ucciso da' suoi •compagni. Quindi l'attuale distruzione de' masnadi- eri devesi alle giudiziose e veggenti misure del governo di Clemente Vili, che aveva indarno piìi ■volte riclamato dalla repubblica di s. Marco- l'au- dacissimo abruzzese (2). JNoi anzi osiamo dire , che se lodevole si fosse stato il governo del viceré di Miranda , in Abruzzo non avrebbe ingrossala , e moltomeno durata la nefanda fazione. Ma per tornare al proposito nostro , vuoisi di- re che malgrado del critico momento ( l'armamento contro rinjjhilterra ) , in cui pervenivano a! trono le supplichevoli lamentanze degli accumolesi , pure sembra chiaro da quel rescritto , che Filippo II, sia per la pochezza della cosa per l'estesissimo dominio suo , sia per la ragionevolezza dell' esposte circo- stanze , aveva in animo di sollevarli. Ma il recla- mo avanzato nelle proprie mani del re , non anda- va a garbo del conte di Miranda. Pretendesi che neir informazione al re si dicesse , che ricca fosse l'università d'Accumoli , che i poveri de' quali nel!' umiliata memoria parlavasi , fossero quelli che colle sole braccia raenavan già una vita assai logora, che sì in Accumoli come nel contado ricche od agiate U) Id. (2) Marat, id. Stor. eh' G.A.T.XLU. a34 Lettbratoua famiglie vi slessero ; che infine se tutto a tutti i privilegiati si dovesse conservare , dovrebbesi il re- gio tesoro viemag£;iormenle esaurire (!)• Ciò che cerio si e, che nulla fruttando le umili rimoslraiize , ordinavasi che l'accumolese reggimento provvedesse. Giarifrancesco Lticidonio nel di 38 mag- gio iSS'j proponeva in pubblico parlamento la ven- dita de' fondi comunali nel modo altra volta pra- ticato. Gli uomini del quarto di s. Lorenzo , che di presente numeravano la maggiorità del consiglio dei 48 , opponevansi per la vendita dei fondi ru- stici : venivasi alla proposta della vendita delle mo- le , ma non meno bastando , impegnavasi la monta- gna di Pannicari senza pregiudizio del quarto di s. Lorenzo : ciò risguardava il passato. Pel futuro riducevasi a meta remolumento dei quattro officiali componenti la magistratura (3). Sopprimevasi il go- verno di Roccasulli , la quale per le guerre , e per litigi fomentati da un vicino potente barone (Or- sini) , onde togliersi dal vassallaggio del magistrato ■d'Accumoli , era ridotta iiì grande povertà. Il ma- gistrato recava tutto a se l'incarico del picciolissi- mo governo : la qual cosa , nello sgravare il comu- ne , alleviava la conquassata popolazione di Rocca- salli che caricavasi di un discreto tributo , ridotto negli ultimi tempi per sovrano decreto a 18 ducati l'anno , come altrove notammo. Deliberavasi che i due deputati nella occasione del general parlamen- (i) Meni. cit. Noi non snpreìnino ^ anzi non crediamo die possa esser noto veramente , ciò che il viceré aves- se riferito a Madrid. (2) In seguito si dirà dell' emolumento percepito dal- la masistratura. Memorie di Accumuli a35 tb in Napoli, uno come universila dnrnanial? , l'al- tro come signora di lìoccasalli , si riduccssoio ad uno solo, eolio por questo ancora si commcllesàu il man- dato a fida e proba persona diinoranlo nella ca- pitale. Che in fine la popolazione essendo in pochi anni diminuirà più elio la m':Li , si supplicasse il viceré di riunire in uiia medeNima persona che la funzioni di capitano e giudice esercesse ; conforma ne era slata supplicata la maeslh di Fili])po II. Tut- to accordavasi , eccettuato il doppio ullicio di ca- pitano e giudice , di che serbavasi silenzio. Le mo- le vendeyansi , la montagna di Pannicnri impegna- vasi , e Bartolomeo Moscati dopo 4 J^""i inlicranica- te a se liberavala (i). Opinavasi dagli accnmolesi , clic il silenzio in- torno al governo di capitario e giudice significasse di non volere il viceré addossare a se la novità, della cosa. Volgevasi quindi il comune per l'obiet» to alla corte di Madrid. Secondava il re il deside- rio de' supplicanti , ma gli ordini suoi non erano ese- guiti. Dopo un anno si ricordava allo stesso re di non essere stato mai posto in esecuzione il regio co- mandamento di riunire pel comune di Accumoli l'of- ficio di giudice e di capitano in una sola persor* na (2). jNoi qui scriviamo l'originale documento tra- ( I ) Compratasi poscia nel secolo 1 8 dai Marini : e negli ultimi tempi divisa in questa famiglia , ne fu por* zionc venduta ad un proprietario del Piceno. (2) In questo tempo chiarissimi giureconsulti accumo- lesi , e qualche prelato di grande rinomanzci ( Desiderio Guidoni, poscia vicecamerlengo e governatore di Roma) sta- vano in Roma : ed ivi per mezzo dell* ambasciatore spa^ gnuolo pervenivano al re gli accennati reclami. Mem. del* la famiglia Guidoni ^ t tnem. cit. 16* 336 Letteratura. dotto dallo spagtmolo in serinone italiano , come il regio rescritto su riportato. // re. AW illustre conte nostro cugino viceré luogotenente e capitano generale. Il venti di lu- glio deW anno 1587 ordinai che vi si scrivesse a petizione della comune d* Accumuli una lettera del seguente tenore. Il re t aW illustre conte nostro cu- gino viceré luogotenente e capitano generale. Dal- la parte della comune d^Accumoli mi è stata Jat- ta relazione , che a cagione di essersi pia della metà diminuita la popolazione sua , e di stare nei confini di cotesto nostro regno , è troppo caricata di gravami. Siccome non piccoli sono gV incomodi e la spesa che soffre con avere pel suo governo un capita' no e un giudice , mentre questi due ufficj potrebbero essere adempiti da una sola persona di lettere : pre- gandomi , che in vista deW esposte ciscostanze , io così ordinassi : e perchè la loro petizione mi è sem- brata giusta , io ho avuto a cuore di accudirvi • onde vi ordino « e comando di provvedere e dispor- re, che per l'avvenire si commetta il governo e am- ministrazione della giustizia della detta comune di Accumoli ad un avvocato ., della cui abilità e qua- lità si abbia la conveniente soddisfazione, accioc- ché adempisca ambedue gli ufficj di capitano e giudice , come quella lo supplica , perchè questa è mia volontà per la ragione di sollevare in ciò , e in quanto si possa , quelli della nostra regia ter- ra. La presente resti pure al presentante. Dato in Madrid il dì 20 luglio 1587. lo il re. F'id. car- dinal Toleday. Vid. comes generalis Thes. Vid. ■ Leon. Regens. Vid. Saladines Ilegens. Vid. Pon- song. Regens. Vid. Cadena, Regens. Vid. Deda- vid Regens. Vid. Tabonda Regens. Cayus secreta rius. E perchè al presente mi è stata fatta rela- Memorie di Accumuli aS? zione dalla parte delV accennata comune , die a cas^ione di non essere stato messo in esecuzione il presente ordine , / di lui abitanti ne soffrono piìc danni , supplicandomi che avuto riguardo al tutto insieme , tornassi ad ordinare che fosse eseguito il detto mio ordine senza maggior dilazione : e fa- cendo attenzione alle convenienze che si presenta- no , ho avuto a cuore di così ordinarlo : onde vi comando e ordino di provvedere e disporre che sia messo in esecuzione quello che è contenuto nelV inserita mia ordinanza , di modo che non abbiano più bisogno di ricorrere a me in quesC affare. Que- sta è mia volontà , e mi farà un servizio. La pre- sente resti al presentante. Dato nella mia reggia di ^ceca il dì 2 5, aprile iSSq. Io il re. J^id. cardi- nal Toleday. f^id. Comes glis Thes. Vid. Saladines Regens, Vid. Cadena Regens. In part. neap. ^o fo- lio 44 (0* -^^^' illustre conte di Miranda cugino nostro luogotenente e capitano generale nel nostro regno di Napoli. Rispondeva il viceré , che sarebbonsi già seguiti i reali ordini , se egli col parere eziandio del regio col- laterale consiglio non avesse estimato necessaria ia Acuraoli la presenza di un capitano sì per le sva- riate mosse dei banditi che infestavano la provincia d'Abruzzo , come per le continue vertenze coi nor- cesi , e per altre che potrebbonsi suscitare. Ne era stato , ne fora facile che una persona dedita alla milizia professasse ancora la giurisprudenza : mol- to piì!i che per legge scambiarsi doveva il capita- no nella regia limitrofa terra in ciascun' anno. Che per secondare i voti degli accumolesi , in adempi- mento del regio comando , sarebbesi provveduto , (i) Ki è il real sisillo. a38 Lettruatc»* che esseiK^o in uso che in ogni nobile famiglia di Accuraoli vi fosso un dottore di ambe le leggi, ognu- no di qnesli occupasse a vicenda anno per anno Ja sede del regio gindice coli' ajuto di un consul- tore nelle cause proprie , o sospelle ad alcuna del- le parli contendenti , e culla sola percezione dei so- lili proventi ; con che l'uiiiversila avrebbe rispar- miato rcmolnnienlo del regio giudice (i). Ebbesi ef- fetto il provvedimento del conte di Miranda. Accet- tarono i giurisperiti accumolesi l'incarico che eser- citarono onorevolmente fino alla mela del secolo se- guente coi soli proventi; cosa mollo lodevole per la memoria degli ottimi maggiori nostri (2). La legge suddetta dello Zunica , zio del viceré attuale , risguardanle il confinante territorio , non si eseguiva , dacché erasi veduto , che buona parte di terre sarebbonsi rimase incolte per essersi nota- bilmente diminuita la popolazione (3). Ora il conte di Miranda, in onta che in verno luogo dell' esle- sissimo confine del regtso di iVapoli cogli stali della saula iiedc esistesse ( ne prima ne poi ha mai esi- fi) I provemi eran divisi in questo tempo in quattro parti : ima del fisco , l'altra del giudice , la terza del co' mane , la quarta del Ma.-trodatli ( magister actorum ) ; // quale era nominato dal comune. ( Meinor. cit. e prò- cesso cit- ) {•i.) Sia nelle memorie del quarto di s. Lorenzo , sia nei pubblici consigli etc.^ troviamo sempre un numero di circa lì dottori di legge; senza contare quelli che in Jio- ma o altrove in questo tempo fiorivano. (3) Questo vero consuona colla statistica riportata dal Giusti ulani , e da altri storici. Dizionario geograjico ra- gionatojirt.ylccunioU pag. 22. MsMOniK DI AcCUMLLi 33^ Stilo ) simil legge , emanava il seguente bmtlo che noi cilaramo nella prima parte di queste nuslre me- morie (i) per la ragione che il Ginunone lo rife- riva in queil' epoca, molto diversa dalla presente (2). Ne sarà per la patria storia disdicevole il ripor- tarlo ; benché fin dall' origine fatto di pubblica ra- gione. EssenJo noi informati che dalle continue cun- trattationi che si fanno da accumolesi , sotto di' versi titoli , e di\>crse cause con forasi ieri , e se- gnalatnmente con norcesi , di particolari territo- rii , die i detti accumolesi teiig^ono e posse Iona , o pur tenevano , o possedevano ne" confini fra il contado di Accumoli e quello di Norcia , si è causato e si causa , che col tempo vengono i ve- ri confai e termini c/e' territori i in universale ad occuparsi , confondersi , et in maniera tale a sov- vertirsi , che da questo nasce principalmente tut- to il disordine , e si causano giornalmente discor- die , differenze , e liti di occupazione di confini , con tanto danno e spesa de popoli. Pertanto vo- lendo noi ovviare quanto possiamo ad intrichi ed eccessi di continue liti e spese , e affinchè per Vav- venire per tal causa non hahhia a succedere mag' giorc inconveniente ; ci è parso con voto e parere del regio collaterale conseglio , appresso di noi asisten te ìfire il presente bando , omni tempore valituro , e provvedere j e ordinare , come in vigore di esso provvediamo , ordiniamo , e comandiamo , che dal dì della puhlicazione del presente bando , non siti persona di qualsivoglia stato , grado , o condizio' ne si sia che presuma vendere , permutare , dare (l) Pag. 129, e giorn. arcad. tom. XXXI pag. 67. (a) Stor. civile tom* 3 pag. 393. a^O L K T T E tt A T U IV A in (loie , o per qualsivoglia sorte di titolo tran- sferire quomodocumqiie , et qualitercumque , qual- sivoglia sorte di territorio di Aòcumoli a forastie- ri t <5 specialmente a norcesi ; di quei territorii però che sono ne* detti con/ini , senza nostra par- ticolare licenza in scriptis ohtonta , con doverci esponere per Vimpetrazione di detta licenza la qua- lità e quantità del territorio , e suoi confini , et ancora la persona a chi domerà farsi V alienazione predetta , sotto pena , a chi altrimenti farà detta alienazione , senza la predetta nostra licenza , di perdere ipso jure la roba , seu territorio che alic' nera , quale s'intenda ipso facto confiscata , et al regio fisco incorporata senza altra corporale ap- prensione , et altra pena corporale , cz nostro ar- bitrio riservata. E perchè il tutto si essegua in- violabilmente , e da niuno si possa allegare cau- sa d'ignoranza ; ordiniamo e comandiamo , che il presente bando si publichi nel detto contado di Accumoli , e che sia omni tempore valituro , co- me di sopra , e finché da sua maestà , o da noi sarà altrimenti ordinato ; non facendosi il contra- rio , per quaìito si ha cara la grazia , e servi- gio della predetta maestà , e sotto le pene in det- to bando contenute da esseguirsi inviolabilmente. Dat. Neap. die II mensis augusti iSSg. // Con- de de Miranda. Vidit Moles reg. Fid. Ribera Reg. Torres prosecret. In Banner 1. Jol. 127. (i) Ordinavasi al capitano di sorvegliare per l'ese- cuzioae della legge , che ci sembra doppiamente noce- vole. Nocevole di fatto , perchè troviamo scritto che (i) Biagio Aldirnarì de venditione et emptione tit. 49 Pragmatica X. • • • Memouie di Accumuli 2/\i le terre, già assai poco feconde, rimanerano più os- vente incolte , e quelle coltivate di minor profitto per la concoi-reiiza minore (i). Nocevole perchè cogli at- ti di vendita , o di qualsivoglia altra natura ,'^''ri- conoscevasi dai contendenti norcini la proprietà degli accuniolesi. Questo vero è dimostrato , come vedre- mo a suo luogo , dalle contrarie disposizioni del restauratore di Accumoli ( relativamente ai tempi ed alle critiche circostanze in cui stava ) , l'immortal Car- lo III (2). Ognuno poi che nutra gentili ed uma- ni sentimenti sarà con noi altamente sorpreso , co- me siasi permessa la civil guerra ( specialmente nel secolo i8) , e le contese asprissime tante fiate rin- novate insino agli ultimi tempi ; ne' quali furono for- tunatamente troncate , come si dira , mercè dell' ope- ra di due illuminatissimi ministri (monsignor D. Lo- renzo Litta , indi cardinale amplissipio , ed il mar- chese Gio. Battista Salomoni G. G. della Vicaria , indi consigliere di stato di sua M. Sicil. ) . Il primo mandato pel general parlamento spe- dito in Napoli fu ad un nostro concittadino, il eh. Sal- vator Pasqualoni amico intimo del gran Torqua- to (3). Noi ignoriamo l'anno preciso , che debbe es- sere fra il 1587-93, poiché ne troviamo un sol cen- no in alcuni frammenti di memorie di Niccolò Pa- squaloni agnato di Salvatore. Poche sono le volte , in cui si è da noi par- lato dei deputati al general parlamento , in ispe- zie sotto gli angioini ed aragonesi. La ragione si (i) Meni. cit. (2) Tornasi op. cit. (3) Tiraboschi toni. 8° pag^ ^6'^-6^ ediz. eli Firenze , e Manso vita di Torquato l'asso. 3^7 LsTTanATURÀ è , che rarissima Tolta ne abbiamo veduto segnati i nomi, sel)bene ricordinsi sovente p;li emolumenti lo« ro assegnali , il maximum de' quali ammonta a 3oo fiorini per ambidue i deputali. Posteriormente abbiati! riportali i ncmi , ogni qualvolta si sono trovati re- gistrati. Nel giF?neral parlamento del i5f)4 conser- vasi il mandato origitiaie con tutte le formalità (i). Lo stesso avviene nel 1609, nel iG3o , e nel iG^5. Noi diremo del presente i5 ,4. È notissimo clie questa istituzione è dovuta nel regno di Napoli a Federico li. Dapprima i par- lamenti tenevansi nelle provincie. Sulmona era il luogo stabilito per gli Abruzzi. Formavansi quelli dai comuni demaniali e dai grandi del reg-no. Car- lo d'Angiò ridusseli ad un general parlamento con- vocato sempre nella chiesa di S. Lorenzo maggio- re di Napoli (2). In questi spagnuoli tempi l'og- getto principale de' parlamenti riducevasi al progres- sivo aumento dei regii sussidj , donativi , o per dir meglio dazj. Sjndncatiis prò unii>ersitate regine terme Ac- cumuli iìi pcrsonam multuni illustris domini don Patri Castelletti etc Die 4 mensis xmbris i5r)4 octa- va inilitione reg, etc. In regia terra Accumuli , et proprie in aula magna palatii solitae residentiae illustris domini capitanei terrae praedictae ^ juxta suos Jines etc. Nus Antonius Marini de Accumu- lo regius index etc. Consalvus Diote^riarde de ea- dem notarius etc. et iestes iufrascripti , widelicet Notarius Navigelius l^avigante, Claudius Pasqua^ (1) Due consimili erano i mandati', l'uno diretto a I^Tapoli , l'altro per r archivio comunale. (a) Sior. di', tom, 12. Memoria: ni Accumuli a^S lomis , Hjernnimus Simeonis de Accumulo , et Do" minicus Antoni) de Rotella status ecclesiastici ad hoc etc. presenti scripto publico testaniur etc. quod corani riubis etc, personntiter con^re<^nti magni- fici Io. Franciscus Lucidonius , Sinicon Miisca- tus , Eusebius Pahnerius , et Petrus Ioannes Dio- febi ad presens priores de regimine diclae terme , nec non Ioannes Franciscus l'itulonus , Patritius Dioliguarde, Jacohus C'ippellus (^segne il nome di al- tri 45 consiglieri) etc. de terra Accumuli ejusque cO' mitatu , ac omnes de Consilio quatraginta octo viro- rum ad infrascriptum finem et occasionem in lo- co prnedicto ubi dieta universitns convocari et con- gregari solet ad publica ncgotia pertractanda ad statuni et fidelitalem cnptolicae mnjestatis , et con- vocati et congregati ad requisitioneni praedicff)runi magnificorum priorum , ac de mandato illusfris do- mini Gnbrielis Yllaves in praescnliarum capitanei in dieta terra prò sacra majcstate , et in ej'usdern domini capitanei praesentiam repraesentantes , ut dicrint , majorem , uobiliorem , et saniorem partem to- tius unii'ersitatis , et hnjus ìllustris re^iminis , pro- pter auctoritalem eis concessnni a. publico generali Consilio (1) 1 ^t ad requisii ionem et vocationent ba- julorum publicorum dictae uni^>ersitatis , ut moris est , asscruerunt ipsis magnijlcis prioribus nomine {\) Il consiglio generale fino al i8oj era composto di una testa per ogni fuoco, l fuochi fovmavan si dai cit- tadini e conladini , esclusi i Jorastieri : sotto il qual tì- tolo coni pren devasi ^ì un terzo della povera popolazione. Nel tempo di cui si parta , oltre il general consiglio , o parlamento come comunemente chiamava si ^ vi erano 48 consiglieri tcelti nel numero del consiglio generale. 244 Lette II ATBRA totlus imiversitatis praedictae falsie praesentatas litteras regias tonar is infrascripti ^ vide licei a ter' go - Alagnificis , nohilibusque viris ^ syndaco , e/e- ctis , uni\>erHtati et hominibus terrae Accumuli regiis fidelibus dilectis et e, Accumuli orni s so sigil- lo : intus vero - Philippus dei grafia rex etc Ma- gnifici , nobilesque viri regii /ideles dilecti. - Sua maestà cattolica per sue lettere della data del li 24 aragosta prossimo passato ci ha scritto , che dob- biamo convocare le università demaniali ^ e li ha" roni di questo suo fedelissimo regno , per confa- rirli alcune cose importanti al suo real servilio , et stato , utile , guardia , e benefitio universale di questo predetto regno , et essendo questa univer- sità una delle dette demaniali , et fedelissima al regio servitio , vi dicemo et ordinamo che al ri- cevere della presente mandiate persona , o dobbia- te mandare procura legittima a persona , che com- para da vostra parte in questa città di Napoli per li 22 del mese di xbre primo venturo , eon. ampia , et bastante podestà di passere conclndere , et fare tutto quello , che si tratterà nel parlamen- to generale , die per detto servitio , e bencfitio se convocarà in santo Lorenzo , dove selli propane- j'à tutto quello , che per detto effetto sarà con- veniente : et non fate il contrario per quanto have- te cara la grazia regia. Datuni Neapalis die 18 men- sis novembris i5()4' El conde de Miranda. Vid. Moles regens , Vid. Gorastiola Regens , Barrio" na etc. Vid. Ribera regens. Et volente s parere man- datis regiorum superiorum etc^., ideo sponte etc eo- rum propriis nominibus , in solidum , ac flamine et prò parte dictae universitatis ■, et hominum ipsius, confisi de fide , sufflcientia , legalitate , et bonita- ie admoduni illustris domini don Petri Castellet-< , Mkmorie di Accumuli h^5 ti yecerunt eorum nomine , ac dictae nniversitatis , ac hominum ipsiiis , certuni nunciam , syndicum , et procuratorem liberum dictum miiltum illiistrem dominum don Petrwn ad nomen et prò parte ipso- rwn congregantiuin , et dictae universitatis coni" pareìitium , in generali Consilio , seu colloquio fien- do in sancto Laurent io ci vi tati s Neapolis prò ser- vitio , et benefitio regio cuni ampia potestate fiendi et coìicludendi eorum , et dictae universitatis no- mine omne et totum id , quod pertractabitur in dicto generali Consilio , cum generalissimo man- dato in pracmissis necessario , et generaliter omnia alia et singula facienda in praemissis et circa prae- missa , connexis et dependentibus ab eisdein , quae facti qualitas , et r^quirit , et quae quibus verus , legitimus , ac generalis procurator , plaena paté- state suffultus facere posset , et debet , et quae ipsimet constituentes Jacere possent , si personali- ter interessent , etiani si talia forent quae man- datuni exigerent propterea magis speciale , quod praesentibus est expressiim , et ut dictus procu- rator ab onini satisdationis onere relevetur , pro- miserunt dicti congregantes habere ratum , gra- tum , firmum et acceptum quidquid per supradi- ctum procuratorem actam , procuratum , seu quo- modolihet gestum Juerit , sub hypotecha et obli- gatiene omnium eorum bunorum mobilium et sta- biliuni praesentium et futurorum , ubicumqne exi- stentium , et positorum etc> cum constitutione Prae- carii in /òrma in quibus juraverunt etc fiat etc, (i). Volgeva al suo termine il sècolo , se non tan- to tempestoso quanto il principio e proseguimento , (i) Fi sono ti e sigilli^ del comune cioè ^ del capi^ tana , e del nolnjo. k a46 Lbttbjiatuiia non disgiunto però da gravi calamita. Alessandro Farnese, dopo una non interrotta continuazione di gloria grandissima , pnr le ferite e faticlie immense, era rapilo a morie nel i5r)2 (i). L'anno segneiite , olire i molti devaslamnati commessi dai turchi noli* Italia rnerididnale , condncevano seco loro qt\anti- ta di cristiani in funesta scliiavitù (2). Pii^i orribi- li accadevano ivi le desolazioni nel!' anno appresso per l'opera di un farao-iissimo ammiraglio ottoma- no , che con una flotta di cento navi , scorrendo le ben conosciute ac([ue , portava per ogni dove infiniti guasti e rovine incredibili. Ci e dulentissi-. mo che questo devastatore fosse un genio italia- no , e pf'ggio un rinegato calabrese (3). Tornava egli nel i5f)8, ma fu tale la generale e gradevole sor- presa che , lungi dalle consuete devastazioni , cer- cava in grazia di rivedere ed abbracciare la viren- te sua madre. Con gentil cortesia venivagli la ri- chiesta dal viceré di Napoli accordata. La vecchia genitrice dopo qualche di rientrava nelle patrie mu- ra , ed il fjmoso bassa diizzava altrove il suo na- vilio (4). In questo stesso anno (i5(;3), dopo es- sersi Spagna pacificata con Francia , con moltissimi patimenti sollbrli per i^chifoso morbo , moriva fi- (i) l\Iurat. toni. X png. 63a. h) Id, ib. pag. 538. (3) Parimenti sulla fine di questo secolo suscitavansi turbolenze in Calabria mercè del rinomato Campanella , il quale dopo durissimo carcere ^ infìngendosi pazzo ^ scampa- va sano e salico in Francia , mentre non pochi de' suoi partigiani soffrivano V estremo supplizio. Stor. civ, id. pag. 3oa e seg- (4) Id. p'ìg. 56a. Memorie di Accumuli Sì47 lippo IT neir Escuriale , e succedevagli Filippo III suo figlio. Richlamavasi tosto il conte d'Oli v«res so- stituito al viceré di Miranda nel iSqd, ed il con- te di Lenios ne rimpiazzava il posto (t). Finiva il secolo colla perdita di Canissa in Unglieria riputa- ta fortezza inespugnabile. Vi e lodatissimo l'estre- rao coraggio mostrato dagl' italiani in questa luttuosa e sanguinosissima lotta (2). Ci è grato ancora di ricordare che un concittadino nostro ( Lorenzo Mer-i curi ) invitato dal nome del primo e prode condot- tiero di questa guerra , il duca di Mercurio , dopo aver comandato il contingente accumolese in Por- togallo , volontario portavasi a questa guerra « e v'incontrava gloriosa ed onorata morie (3). ( Sarà continuato ) Ode latina del celebre avi\ Faustino Gaglioffi. \_-ii riputiamo fortunati di arriccìiire il nostro gior- nale di un bellissimo inno dell' egregio professore Faustino Gagliuili , composto recentemente e ancora inedito. Vi aggiungeremo alcune osservazioni per chi di primo slancio non sia capace di conoscerne tutto il sublime ed il bello. (i) Stor. civ. tom. 4 P'^S' ^79i ^ *^S' (2) Marat, id. pag. S'j'i. (3) Mem. cit. 243 Letteratura Deo Optimo Maximo tir HONOREM HlBRONYMl E M ILI ANI. ODE In vota vocem tollite ; Exaudiet , quem provida Somasco ab antro ad inclytos Evexit aura caelites. Salve , et exaudi supplices , Adjutor alme pauperum : Divina notis fulgeat , Te flagitante , gratia. Te , quae triumpìios vinculis Fortuna vertit insolens , Visa est inermem slernere , Et fortiorem sustulit. Contentus atro pallio , Crucemque dorso sustinens , Miranda vinci nescius Dux intulisti praelia. Victore te , laetissima Indixit hymnum Charitas , Quem salva lacrymantium Cantare discant agmina. Distincta pieno in gaudio Vox parvulorum consonet t Queis derelictis tendere Paterna gaudes brachia. Sit tota ubique et undique Laus sempiterno Numini , Quod nos tot Inter gaudi a Fecit , redemit , roboi at. Ode latina 249 Osservazioni Prima strofa. In questa , oltre aver fatto fe- licemente conoscere di chi si tratta , poiché Hie~ ronymiis ed Emilianus non entrano nei giambi , è brillante l'invito in vota , cioè ad facienda vota « come in Virgilio cessas in vota. E nobile V exaudict che eccita speranza. Aura provida evexit ad cae- lites è sommamente poetico. Inclytos è un distintivo che indica celesti di alto rango , celebri , santificati. Seconda strofa. In questa, dopo Vexaitdiet della prima , è convenieutissimo Vexaudi. Il santo è ben caratterizzato : si prega pel massimo bene che pos- siamo desiderare. Questa strofa si può ripetere dopo ognuna delle quattro successive , specialmente dai collegiali e scolari. Terza strofa. In questa è un che del vertere funeribus triumphas di Orazio. E bellissimo nella fìlosoila evangelica visa est avvilirlo , ma lo fece più forte. In che più forte ? Quarta strofa. Dopo i primi dua versi di arma- tura evangelica, dux (bene per un fondatore ) iiitu- listi vinci nescius praelia miranda. Quali battaglie ! Quinta strofa. Dopo le vittorie non s'intima il Te Dewn per ringraziare della strage , ma la carità rallegrata da queste vittorie intimò l'inno che imparino a cantare ( bellissimo ! ) agmina lacrymantium salva. Sesta strofa. Fra le meschine schiere salve bril- lano gli orfanelli consonando col canto di molti. Non fa forse tenerezza questa strofa ? Settima strofa. Quanto è grandioso , tutta la gloria , in ogni dove , da qualunque parte ! Quanto felice il pensare che fra tante grandezze dell' uni- verso nos fecit {Pater) , redemit {Filius) , roborat {Spiritiis Sanctus) ! G.AT.XUI. 17 a5o ARTI BELLE-ARTI. Memorie di diverse pitture di Gaspare Gasperi- ni di Macerata. Del marchese Amico Ricci cav» deW ordine de santi Maurizio e Lazzaro. v< olgeva al suo termine il felice reame di Leo- ne X pontefice cValti spiriti , che col richiamare i principali artisti e letterati , coli' incoraggirli con parole e con generosi soccorsi , si può dire che da se stesso formasse la piiì luminosa epoca della sto- ria letteraria d'Italia. Tolti gli uomini della rozzez- za , che ereditato avevano dal medio evo , a lui prin- cipalmente furono debitori dalla ricuperata civiltà : e fu merito di Leone l'aver continuata e compiuta l'opera incominciata dal gran triunvirato di Dante » di Petrarca , e di Boccaccio. A questi restaurato- ri d'ogni bella letteratura , unissi anche il gran- de perfezionatore delle arti Raffaello Sanzio , il cui nome e le cui virtà erano si chiare , che presso tutti si parlava di lui in Europa come di Apel- le si parlava in Grecia : e gli abitatori di queste regioni , fortunatamente prossime al luogo dove il merito di Raffaello ebbe maggior trionfo , non potet- tero a meno di non essere iufiararaati , e d'emularne Belle-Arti aSi la gloria. Tanto generoso sentimento mosse tlirei piìi d'ogtiun' altro Gaspare Gasperini , il quale sebbene di famiglia discendente da Francia (i), ebbe in Macerata nascimento nella metà del secolo XV^I. La sua natura lo trasportava alle arti , e principalmente a quella del dipingere: e quindi a guidare l'ingegno, che in lui. si annunziava prontissimo , elesse a maestro Siciolan- te da Sermoneta , che era uno dei nipoti del San- zio , e che aveva riputazione fra gli artisti di quel tempo per uno de' più valenti. Era questi disce- polo di Cerino da Pistoja (2), ch'ebbe a compagno il Sanzio nella scuola di Pietro Vannucci t e quin- di prosegui neir incominciata via sulla scorta di Fe- rino del Vaga , che dopo averlo impiegato in Ro- ma nelle opere piiì rilevanti , ebbe a dire , come ci riferisce il Vasari (3), che ninno fra tanti discepoli aveva pareggiato in bravura Siciolante. Dopo la mor- te di Parino , che accadde fnel i547 » Siciolante fa richiesto dalle suore di s. Bartolommco di Anco- na di un quadro , per l'altare principale della loro (1) Da un antico manoscritto di casa Amici di Ma- cerata rilevai , che questa famiglia ■venne di Francia ; e l'arma gentilizia , che in campo rosso ha i gigli bor~ bonici , ce ne assicura sempre più l'origine. Questa fami- glia godette nella città di Macerata i primi onori del pa- triziato , e contrasse parentela coi sigg. Ciccolini e Co- sta , che sono delle più cospicue in nobiltà .^Apparteìi-^ ne al consiglio ^ ed ebbe nel 1597 '"* Giuliano Gaspe- rini priore del detto consiglio^ come pure nel 161 5 fu eletto un Giovanni Battista a questo medesimo grado. (2) Orlandi , Abb. pitt. e. 263. - Lanzi , Stor, pitt' voi. I e. 80. & Vasari vita di Ferino del Vaga e. 372. 202 Belle-Arti cliiesa , ili cui fosse effigiata la Vergine coi santi Paolo e Bartolommeo. Eseguì un lavoro si per- fetto , che si disse non esserne mai escito uno mi- gliore ; ed aggiunse alla riputazione , che già erasi acquistata , tanta fama del suo valore in questa pro- vincia , che in Osimo ed in altri paesi a questa vi- cini fu adoperata Topera sua per moltissime altre dipinture ; e credo poter quest' epoca stabilire per quella in cui il nostro Gaspare si diede a coltiva- re la sua arte nella scuola d'un tal maestro. Ra- pidi furono i suoi progressi , che andavano del pa- ri coir elevatezza dell' ingegno. Un saggio del suo valore cel porse nel gran quadro del Cenacolo , che esegui nella chiesa di s. Venanzio di Fabriano : che mi sembra si possa questo ritenere per un lavoro fatto da esso ancor giovane , cosi scorgendosi da qualche memoria , che a stento ho potuto ottenere di questo pittore. Allorquando il Gasperini si pose ad operare, pen- sò che uno de' mezzi più acconci ad imprimere pro- fondamente neir animo de' fedeli gli augusti miste- rii della religione era il rappresentarli con tutta qu(dla maestà ed effetto che le sono proprj : e pre- se pertanto a dipingere a fresco un tanto alto soget- to ncir altare posto a mano destra della cappella maggiore, studiandosi di non deviare per quanto gli era possibile dalla narrazione de' sacri scrittori. Colse l'artista il momento in che ridottisi a men- sa i discepoli col loro divino maestro , questi pro- fetizza come alcuno di essi l'avrebKe tradito. On- de tutti compresi dalla tristezza si guardano l'un l'altro : e nel mentre che in essi vedi espresso il dubbio ed il sospetto , in Giuda riconosci l'impron- ta del tradimento , e nella serena e tranquilla fac- cia di Gesiì ti conforti, fiene egli bassi gli occhi , B K L L «-A R T I a53 la l)loncla capigliatura gli discende sulle spalle , ri- posa lievemente sulla mensa le mani , una tunica di color rosso ricopre le membra divine. D'appresso a lui siede il diletto Giovanni , che dolcemente incli- nato col capo verso il Salvatore, volge l'occhio co- me in atto di rispondere a Simon Pietro , che rit- to in piedi gli domanda di chi parla il maestro. Perfetta è l'imitazione della vera canizie che rende il vecchio più venerando : e sul volto di lui di- scopri l'animo fortemente contristato dall' orrore del prossimo tradimento di Giuda , e dalla carità figliale. Neil' angolo della tavola sta dispettosamente immo- bile Giuda Iscariota. Ne* tratti del suo volto sono espressi i lineamenti più marcati della perfidia , la fronte è inarcata « gli occhi spirano fuoco , il co- lore del volto è giallognolo ; e questo colore e adoperato con molta filosofia, essendo che indica un animo tanto fermo nel male , che più non ne sen- te quella vergogna , che spesso si palesa col ros- sore. Il complesso di questa figura non cede in bellezza a quante ne vidi : e noa potrei abbastan- za dire quanto veracemente sieno dalla natura imi- tati gli atteggiamenti degli altri apostoli , nei qua- li e perfettamente dimostrato il sentimento di cui ognuno rimane compreso : avendo l'artista , nella varietà delle azioni , avuto ben di mira di non de- viare da quel dignitoso , che si conveniva e all' elevatezza del carattere di cui erano rivestiti , e a quel rispetto che da loro esi,cfeva la presenza di Cristo. E tanto più può lodarsi l'opera di questo pittore, in quantochè , nel tempo in cui esso viveva, il soggetto del cenacolo oltre averlo trattato Leo- nardo da Vinci , che tanto lume aveva dato all' arte , anche dal Luini , dall' Oggiono , dal Santa- gostini , dal Loraazzo , dal Monsignori era stato que- 354 Belis-Arti sto quadro ripetuto , e l'opera loro aveva riscosso specialmente il suffragio di tutta la scuola lombar- da , a cui appartenevano questi bravi artisti. E per quanto non mi possa aneli' io scostare da quel che ne sembrò all' abate Lanzi , che non rinvenne in questo lavoro quella finitezza , che era propria spe- cialmente di quelli che in quel tempo imitavano le opere di Pietro e di Raffaello , pure non si può a meno di non riconoscervi il pittore che va in trac- cia de' migliori modelli , e che ha la fortuna di non iscostarsi molto da questi. Frattanto non deve creder- si che neir affresco del nostro Gaspare si ravvisi trascuranza tale » che pecchi in ispecial modo d'esat- tezza di disegno: mentre vi è questo con ogni scru- polo mantenuto : e solo potrà dirsi , che manca un poco di forza nel colore , e di franchezza nei con- terni , i quali appajono un poco troppo sfumati. Diverse sono le opere , che Macerata vorrebbe ascrivere al pennello di questo pittore. Ma siccome non solo ella è cosa quasi sempre malagevole il giu- dicare dallo stile a quale artista debba appropriarsi un quadro , ma più anche è malagevole il giudica- re delle pitture del i5oo , per quel costume che ave- vano moltissimi pittori di allora dì ripetere troppo sovente gli stessi soggetti ; così io credo meglio di non parlare se non di que' quadri , su* quali non cade dubbio d'originalità. Sono alcuni di questi au- tenticati dalle memorie , che ne lasciarono i contem- poranei del pittore , i quali parlarono specialmente del s. Francesco stimmatizzato, che rimaneva un tem- po nella chiesa de' padri conventuali di Macerata (i); (i) Questo quadro Jet posto nella chiesa di s. Frau' cejco nel iSjo, rileyandglQ ^« un ro£;itQ che sijconser* Bellk-Arti :a55 ed ora è il più beli' ornamento della chiesa di san- ta Caterina di detta cittk. Di tale pittura ragionò in ispecial modo il padre Cavalli nella sua opera storica della Marca Anconitana , scrittore che vive* va neir epoca di Gaspare , o a questo successe po- co dopo. Di quest' opera volle far dono alle lettere il Colucci includendola nella storia delle Antichità Picene tomo XXV. E senza le cure di questo pa- ziente racoglitore il manoscritto sareLLe stato smar- rito , come dispersi ne furono diversi altri. Si potesse pur dire , che questo quadro non sof- fri la sorte di tanti altri , che mani inesperte vol- lero imbrattare , coprendo co' loro colori quelle bel- lezze , che distinguevano il valore di chi lo ideò e lo eseguì \ Ma pur troppo abbiara duopo di la- mentarci acremente con coloro , che privi d'ogn' ar- te osarono di porre la mano in un quadro , di cui bastava che ancor poco ne rimanesse per poter ri- conoscere la maestria del dipintore. Ancora Tiziano sdegnossi contro frate Sebastiano del Piombo , pitto- re valente perchè con audacia volle ritoccare varie teste eseguite da Raffaello nel palazzo vaticano (i). Potremo noi sopportare pazientemente l'impudenza di tanti , che fanno loro professione di toglierci dalla vista co' loro empiastri gli oggetti più cari alle arti? Ora il quadro di s. Francesco , sebbene guasto da sovrapposti colori altrui, conserva in se tanta bel- i^a neW archwio della confraternita dei falegnami di Ma' cerata , stìpolato in queW anno medesimo , e che fu rìpro' dotto in una sentenza emanata dal vescovo di dei" tei città il giorno 4 marzo 1790 per una vertenza nata fra la stessa compagnia ed i frati minori francescani» (0 Dolci ^ Dialoghi della pittura e. u. a56 Belle- Arti lezza , che credo niuna lode potersi meglio al Ga- speriiii convenire (juauto il far palesi tali ammiran- di frutti del suo inge^^no. Vi si rappresenta il cavo d'una rupe del monte di Alvernia , ove i divini rag- gi pefrcuotono e piagano s. Francesco. Forma que- sta rupe stessa un'altra grotta, ed è quella dove rimane frate Leone. È genuflesso il santo , aperte ha le braccia , ed il suo viso rivolto all' estasi in- spira maraviglia e. venerazione. Veggotisi in alto i misteriosi serafini formanti croce , che traspariscono da lucentissimo fuoco. Frate Leone orante si ri- scuote ad un s\ strano miracolo : e guardando in al- to , ed elevando il destro braccio , sembra instupi' dito dalla portentosa maraviglia eh' egli vi accenna. Se merita ogni lode la figura del santo , per l'esat- teiza del disegno , per la forza del colore , per la vivezza nell' espressione , per l'intelligenza delle pie- ghe naturalmente delineate ; non minor pregio cre- do possa tribuirsi alla figura di frate Leone , il quale essendo posto di prospetto , ha doluto l'ar- tista effigiarlo colla tc^ta alzata , e con gli occhi ri- volti a quella parte d'onde si scuopre la luce mi- racolosa. Un tale scorcio dimostra a pieno l'intelli- genza del pittore , trattandosi che questo è esegui- to con tutta quella precisione ed esattezza , che a cosa di tal fatta si conveniva. Da ogni parte dell' an- tro spicca una luce vivissima : ed è tale il colore , che sembra possa avere Gaspare veduto specialmente il Goreggio, il quale si era reso si celebrato per quel suo impasto , che occupò i fisici ed i chimici più esperti a poter riconoscere quale arte usasse per queir incanto del suo vero colorire. Al che credo che , dopo tante indagini e ricer- che , potesse l'Allegri rispondere , ciò che ai suoi tem- pi già diceva Tiziano a coloro , che tante raaravi- a57 B E L L K~ A R T 1 a5 glie facevano sul portentoso effetto del suo colori- to , e andavano fantasticando , che quest' artista aves- se un metodo tutto .suo nell' impressione delle tele , nel mescere de' colori, e mille altre cose di simil fat- ta ; cioè che tatti i suoi segreti siaK^ano nella bot- tega del colornro (i). Non saprei dire quanto magnifica sia la prospetti- va del quadro di s. Francesco. I sassi , che forma- no quelle grotte ove aveva dimora il santo , sono COSI bene espres^i , che sembra che tu li possa toc- care. I pochi cespugli , che hanno vita fra un sas- so e l'altro, sono pure bellamente eseguiti : per cui anciie di Gaspare può dirsi , che senza avere avuto quei principi che a' tempi nostri si vorrebbero sta- bilire per quelli che al paesaggio si dedicano , fu paesista valente : giacche per essere tale non vuoisi che essere diligente imitatore della natura. Non è a negarsi , che nel complesso di questo lavoro non si riconosca un genere di dipinto , che alla scuola di Raffaello possa attribuirsi : per cui giusta è l'osservazione dell' abate Lanzi , che nelle cose del Gasperini si ravvisa una certa foggia di dipingere , che trasporta l'iniraaginazione a quella felice epoca del Sanzio. E un' altra prova convin- cente di questa verità l'abbiamo nel quadro di No- stra Donna Assunta , che fu collocata nella chiesa di santa Maria delle Vergini di Macerata , opera che sorpassa ogni credere in imitazioni raffaelle- sche. Poco ci avanza d'un dipinto così pregevole ; giacche non si attese a ben conservarlo , lasciando- lo esposto ad una umidità , che almeno per la mag- gior parte ce ne tolse le vestigie. Degli apostoli non (0 Fasari , Vit. di Tiziano. 358 BELEE-AìlTt ne rimane che uno in tutto : il quale tanto li par Lello e vero , che da lui solo puoi Lene argomen-» tare di qual pregio fossero le altre corrose ligure. La Vergine in gloria è Lenissimo conservata , ed è espressa con una maestà , che maggiore non potrcbbesi attendere da valente artista. Ha essa d'intorno una corona d'angeli , che la festeggiano e la glorificano. Questi angeli sono putti bellissimi , e gareggiano in giocondità e in graziose forme con quelli dell' Alba- no; laonde se questo quadro non fosse ridotto a tan- ta rovina , potrebbe ritenersi per uno di quelli che piiì onorano la nostra scuola. GÌ' istoriografl delle sculture e delle dipintu- re che rimangoiìo nella basilica laurentana ci nar- rano , che gli affreschi laterali delia cappella dedi- cata alla B. V. del rosario sono pure lavoro di Gaspare Gasperini da Macerata. Niuno però al pre- sente potrà o negare o sostenere una tal proposi- zione neir esame e confronto di quest' opera con altre , che sono nella stessa chiesa t essendo que' di- pinti talmente dal fumo oscurati , e dalla polvere corrosi « che appena ora vai l'occhio a raffigurar- ne qualche figura. Niun documento , che io mi sap- pia , si ha che ci diaoti , essere vero quel che i detti storici ci dissero , e credo che si debba ad una nuda tradizione; quando questa non si voglia fondare se d'una debole congettura , vale a dire , che avendo stallo nel coro de' canonici di quella ba- silica Giacomo Gasperini zio del nostro pittore (i), (i) Da un elenco dì tutti i canonici ^ che ebbero pO" sto nella basilica laiiretana dalla sua fondazione , rìle" vai questa notizia , della quale sono debitore al mio sti' mabilissinio amico marchese Filippo Solari di Loreto. Belle-Arti aSg avesse egli proposto a quel lavoro il nipote , che fama di valente dovevasi pure a quel tempo esser- si aquistata. Lasciò Gaspare chi la sua virtù rlnitasse nell* arte in quel Girolamo Basliani , di' ebbe a' suoi tem- pi onoranza (i). Egli terminò la sua vita in patria , ed ebbe onorevole sepolcro nella chiesa di s. Francesco , do- ve pure avevano riposo tutti gli estinti di sua fa- miglia (2). Non morì però alla memoria de' suoi concitta- dini , i quali riguardano e sempre riguarderanno lui come l'ornamento più caro della patria , sì perchè fu uomo virtuoso , sì perchè dell' ingegno suo det- te prove eterne e sublimi nelle tre descritte dipin- ture , le quali sole bastano per fare di Gaspare Ga- sperini il più degno elogio. (r) Lanzi ^ Storia più. voi. 2 e. 33|. (2) Colla distruzione di questa chiesa si perdette ogni traccia del monumento della famiglia Gasperini, VARIETÀ' Jnno dì Omero a f'enere , volgarizzato dal cav. Dionigi Stracchi. Faenza tipografìa di Pietro Conti all' Apol' lo, MDCCCXXIX. {Sono pag. XXI J in S." ) JLia eulta Romagna può bene esser lieta fra le provin- cia d'Italia , perocché di molti e cari gioielli donò a' gior- ni nostri la classica poesia : tra i quali sono principal- mente le versioni della Iliade pel Monti, degl' inni di Galf lìmaco per lo Strocchi. Quest' ultimo , che vive ancora fe- licemente alle muse , ha testé rinfrescato quell' inno di Omero a Venere , dove si tocca come la dea si sposas- se ad Anchise r quello , che nel Parnaso de' traduttori apparve già con altri di Omero e di Orfeo e di Proclo bellamente volgarizzato. Ma tanta cura vi ha poeto intor- no egli stesso lo Strocchi per rabbellirlo , che ricompa- re oggi pressoché nuovo , e certamente assai piìi terso e finito. Ne leveremo un saggio dagli ultimi delti di Ve- nere ad Anchise : così chiunque si conosce di cotali squi- sitezze godrà di farne il confroiiio e di giudicarne per sé medesimo. Quel , che sarà di me nasciuto , avranno Le ninfe montanine in loro scorte , Che per questa foresta attorno vanno. Noa mortai non divina è la lor sorte; Ciascuna come dea di ambrosia viv« , £ tardi vede l'ove della morte. V A R I K T a' a6i Intrescia con gli dei danze festive, E con Mercurio e coi sileni mesce Negli antri e ne* ruscei nozze furtive. Quando alcuna di loro alla vita esce , Con lei nasce un abeto , un pino , un faggio , Che verso il cielo alteramente cresce : E si domanda il bel loco selvaggio Bosco sacro agli dei , né giammai porta O mano o ferro a quelle piante oltrag g Poscia che l'ora destinata è sorta , In che debbe lor vita venir meno , L'arbore , eh' era verde , si fa smorta , Ed ogni spoglia sua rende al terreno ; Le ninfe della selva abitatrici Abbandenan così l'aer sereno. Queste saran del figlio le nudrici , E a te lo guideranno allor che giunto Sarà di giovinezza ai dì felici. Guari dai numi non parrà disgiunto , '-' Tanta bellezza in lui si farà nido : E tu sarai da graa letizia aggiunto . Scorgilo allor di Troia all' alto lido : E se ti chiede alcun qual donna o dea Fosse a lui madre , e tu rispondi : E grido Che d'una dal gentil guardo napea Questo vago fanciullo al mondo venne Dentro i recessi della selva idea . . . D. V. È slato pubblicato io Napoli il XII ed ultimo quader- no dell'opera intitolata: Viaggio per diverse pnrli d'Ita- lia, Svizzera, Francia, laghiUerra , «Germania.- Questo a62 Varietà* quaderno compie il 4.° volarne dell' opera e contiene l'in- dice generale. L'edizione attuale essendo già quasi esau- rita , i pochi esemplari che ne restano si vendono alla ra- gione di grana 5o il quaderno presso il sig. Trani allar- go di palazzo , e dal sig. Stasi al largo di s. Angelo a Nilo n.° i3 e i^. I sig. associati, che avessero trascuralo di ritirarne gli ultimi quaderni , potranno riceverli per lo stesso prezzo di associazione. Quest' opera è utilissima per tutti quelli i quali si vo- gliono formare un' idea di ciò eh' esiste di piii rimarche- vole neir Italia , nella Svizzera , nella Francia , nell' In- ghilterra e n«lla Germania ; ma sì rende indispensabile per uno che voglia intraprendere un viaggio per queste parti di Europa. Sono infatti raccolte in quest' opera tut- te quelle notizie che possono interessare un viaggiatore istruito e che ama di osservare le cose importanti e cu- riose che ogni paese presenta. Né queste notizie sono sem- plicemente limitate alle strade , ai palazzi , ai teatri , ai ponti ec. Ma si estendono ancora all' agricoltura, alla botanica , alla mineralogia , alla geologia , e ad altre scien- ze , non meno che agli stabilimenti d'istruzione pubblica , come ospedali , università , collegi , gabinetti ec. ^ S. E. la signora marchesa Gentilina Bandini Erri- ghi , in occasione che si è recata a Napoli per cause d'infermità^ Luigi Cicconi, Roma 1829. KJ n' ode di trenta e una strofa non è , a mio credere , il più bel dono che si possa fare a gentil donna , che inferma lascia il proprio suolo , e cerca sotto un cielo più ridente l'antica sanità. Ma Apollo è anche medico , ed anche i poeti talvolta possono sacrificare ad Apollo Quudi umano , e recare cpu gli sterili versi anche uà uti- Varietà' 263 le farmaco , specialmente alle persone che beLhero la fresca onda di Aganippe , e si cibarono delle erbe salu- tari che verdeggiano sul margine di quella fonte. Sicché è da lodarsi il Cicconi, che studiando medicina, e sa- crificando lutto giorno alle muse , offre versi all' inferma signora Geutilina Bandini , la quale pure fa versi, e ne scrive qualcuno buono davvero : come ne fan fede le no^ te , che il Cicconi ha apposto alla sua ode , nelle qua- li ha trascritto cinque o sei strofette di una graziosa ana- creontica della Bandini. Del resto noi stimiamo , che i giovani di buono ingegno forniti , siccome è il Cicconi , lascino queste baie ascree : si persuadano che per un' ode non si reca utilità , né si viene in fama : e più ancora , che per dettare una bella ode non basta lo scrivere ogni vero , e tutto ciò che ti corre alla mente e alla boc- ca : poiché in tal caso pur le bestemmie dei facchini di Ripetta qui in Roma , e le sconce parole dei mercatini a Firenze , saranno bellissima poesia. G. S. M. A. Quetelet , delC astronomia popolare insegnata in dì- ciotto lezioni nel volgar nostro recata ed illustrata con note da L. Ghirelli. Roma dalla società tipogra- fica 1829. i/iciotto lezioni per insegnare l'astronomia , ''scienza che fra le umane cose dopo la fisica e la chimica parmi la più utile e la più necessaria all' uomo, certo non posso- no bastare : come bastar non possono tanti altri metodi e compendi, che tutto giorno escono in luce ad insegnarti in i5 o 20 giorni ciò, che solo è la conseguenza di lunghe meditazioni e di lunghe abitud,iai, Ma la smania inconsi' 264 V A K I E T a' df.-rata , anzi la matta superbia di voler saper tutto, e lU ragionare di tutto senza voler faticare e vegliar luoghe notti, anzi col darsi buon tempo e coi persuadersi che sono stoltezze dei nostri antichi quelle sì decantate dif- ficoltà di apprendere le scienze per loro veri prin(;ipii , ci ka condotti a questa tanta frivolezza e leggerezza di cose, per cui la povera Italia resta contenta alla grave filosofia , di che è piena zeppa una storia rifatta in un ro- manzo per tal modo , che le son venuti a nausea gli an- tichi nostri padri , e son tacciali di sofisti e di parolai i Fiatoni , gli Aristoteli , i Ciceroni , gli Orazii , i Longi- ni , i Quintiliani , e simili scribacchiatori di antiche fole. Ma venendo al particolare di questo libro dirò, che in i8 lezioni possono pure chiaramente spiegarsi se non nelle loro cagioni , almeno nei loro eifetti , tutti i fenomeni dei corpi celesti che ci circondano , e la cui bellezza e im- mensità sì rintuzza la umana superbia , e sì grande idea ci fa sentire dell' onnipotente mano , che loro die molo. E il francese Quetelet ha saputo a mio credere bellamen- te conseguir il fine di tornare in onore presso il popo- lo le astronomiche cognizioni, che tanto giovano gli usi della vita e specialmente dell' agricoltura e della nauti- ca; di render facile e piacevole la spiegazione e l'intel- ligenza dei fenomeni celesti , e di togliere all' esclusivo dominio di pochi sapienti non dirò i più sublimi calco- li , ma la semplice conoscenza di quelle cose che tutto giorno si veggono , e della divisione del tempo e delle stagioni. Perciò deesi molta lode all' egregio L. Ghirelli , che ha fatto comune ancora a noi italiani quest' utile li- bretto , e che ne ha resa anche più facile l'inteiligeoza mercè di brevi , ma buone annotazioni, G. S. M. V A R. I K T a' 265 Nelltt nozze del conte Lodovico Magnagiiti mamovano con la contessa Faustina Rondinini faentina ^ versi ec. Faenza per Montanari e Marabini 1829. Un voi. in 8.* di pag. 32. JTLncora de' versi ? e vei'si per nozze ? chi oggimal può comportarli? Così sentiamo sclamare taluno all'annunzio di questi. Ma sclami pure quanto vorrà; che noi non sa- remo per dipartici dal nostro proposito : ed è d'invitare le gentili persone , le quali sanno quanta parte della ci- viltà di un popolo è poesia , a volger gli occhi bene- voli su questo carte. Come in bel giardinetto varietà di vaghi fiori , comunque disposti in ajuole tra loro eguali , vi si ammira varietà di argomenti in ventiquattro so- netti : qual dice le lodi del provato valore nelle arti della guerra 0 della pace : qual tocca la carità del natio lo- co : quale i dolci affetti di padre e di figliuolo : tutti più 0 meno rendono odore di quella cara soavità , che larga si spande dai campi della classica letteratura. Di che un esempio vogliamo che sieno i versi , che seguo- no , dettati già in lode di due gentilissime Ester ed An- na Mombelli quando nel 181 1 rallegravano col dolce can^ to faenza. , Vo,i col poter di vostre oneste e liete Luci , e cogli atti , e col leggiadro aspetto , De' miei pensier la schiera a voi traete Sì, che s'arretran da tult' altro obbietto. Se dalle labbra angeliche spandete I bei tesori del canoro petto , In tutti i cuor di subito schiudete ^ Ogni via dolcemente ad ogni affetto. G.A.T.liLn. 18 aG3 ''" Varietà.' ' '■ \ A voi , care angiolelte , il vago viso E la soavità de' vostri carmi Compraci di grazie e di camene il nome s Scoltaudo voi , veracemente parmi , Scarco del pondo di mortali some , Ascoltar l'armonia del Paradiso. L'autore , e già molti ne cercheranno , è il sig. con^ te Ferdinando Pasolini : quello slesso , di cai avemmo a lodare altra volta (*) ^ co' più bei pregi che lo distia^ guono , l'amore che porta a' buòni stndii : i quali ci pia- ce gli siano sempre molto raccomandati, sperando così, cVie non pur fiori leggiadri , ma frutti siano per uscir- ne de' piìi saporosi. D. V. antidoto pe' giovani studiosi contro le novità in opera di lingua italiana , scritto da Antonio Cesari deW orato- rio. Forlì presso Matteo Casali 1829. Un voi. in 8 di pag. XXIII - 37. Oacro deposito ai (ìglj l'ultima volontà de' lor padri ; siccome ai discepoli quella de' loro maestri. 11 percliè non è a dire se a quanti ebbero il Cesari padre e maestro nelle cose della favella verranno in pregio codeste pagi- ne, nelle quali è raccolto il s^ mmo de" voli di quel cor- tese. Ma a ninno saraono mai lauto care quanto al svio Giuseppe Manuzii , cui egli stesso il buon vecchio le vol- le laccojnaudate nel passato settembre in Faenza quan- do seu giva dal suo Farlni in quella villa raviguana di (*) Giorn, .ire. Tomo XXXFli. pag. '^.J. Variata' ad-? 8. Michele , dove poi la notte iunan/à al primo di olto- hre mancò. Povero Tecchio ! travagliato da crudo strale, che si portava Hell" animo, non si doleva,- ma perdona- va , e pregava di essere perdonato. Così gli ultimi momen-. ti della sua vita furono siccome specchio, clie mostra a tutti quale dcbb' essere l'uomo coli' uomo , e piìi l'uomo di lettere col suo fratello : de' quali se l'un l'altro si rode j a che verrà il comune patrimonio della civiltà e del sa- pere, che nato e cresciuto nella concordia , non altrimen- ti può vivo tenersi e prosperare , che nella concordia nie- desima? A che verrà specialmente questa illustre favella , che salse in fiore nel beato trecento, e dopo un secolo diede suoi frutti i più saporosi? Qui l'aria e l'acqua e la terra sono tutte nel fecondare quella pianta felice; ma a noi si conviene con amore aiutarla e ripararla conti- nuo sino dai venti maligni d'oltremonte e d'oltremare : e ben guardarne non solo il tronco ed i rami, ma la ra- dice ed i frulli singolarmente. Al che intese fra gli altri nel nostro secolo quel p. Cesari , che quando pure non fosse lodato per tante belle fatiche , già lo sarebbe pel buou volere , onde poi nacque che nobilissimi ingegni si ado- perarono al felice ristoram ento della italiana eloquenza. A lui adunque sapranno grado i savii e cortesi del nostro tempo : i quali guardando ai giovani , che sono la più ca- ra speranza della nazione , terranno loro raccomandati gli avvisi di tale , che a salvare la lingua da corruzione , tno- rendo esortavali a tenersi lontani da novità perniciose : con che non volle lasciarli contenti all' acqua e alle ghian- de de' priiiii favellatóri; ma per le orme sicure de' no- stri padri condurli ai larghi canapi dell' eloquenza, do- ve quindi si appresta ai generosi „ Quanto può cor pensar , può chieder bocca. E avrà sua lode il Manu zzi, che si è fallo a pubblicare quasi le ultime linee di un insigne scrittore, donandone a68 Varietà' il titolo a queir egregio conte Mario Valdrìghi , che è tutto amore pe' buoni studii , e ponendovi innanzi una let- tera tutta piena delle lodi del Cesari , che trovar non po- teva piìi tenero apologista ; benché egli stesso il Cesari pare facesse senza pensarvi a se medesimo l'apologia (al- meno appo coloro , a cui questo tempo sarà lontano) quan- to rivolto ai giovani così notava ( pag. 36):,, Non esse- „ re stato mai scrittore eziandio de' primi e più nora.lna- ,, ti , che non avesse né abbia qualche difetto ; né que- „ sto manco , che è condizion nocessaria della umana na- „ tura , aver mai scemato punto della fama , che per mol- ,, ti secoli si conservarono. Per la qual cosa è inutile e „ vano il venir frugando e '1 cavar fuori le tecche e' di- „ fetti de' classici per renderli dispregevoli. Questi loro „ difetti furono già veduti dalle savie e diserete persone ; „ né per questo si menomerà la stima delle loi-o ope- „ re: da che la luce sfolgorante di mille altre bellez- „ ze che ingemmano quelle scritture , non lascia veder ,, que' piccioli nei, che nel fulgore signoreggiante di quelle ,, bellezze rimangono quasi assorbiti e inabissati. ,, Del qua- le giudizio applicato alle cose del Cesari si appagheranno certamente coloro, che ponendosi in mezzo fra que' che in- nalzano e que' che abbassano fuor di misura il buon ve- ronese , a lui danno seggio fra i benemeriti dell' italico idioma nella presente felicità delle lettere. Domenico Vaccoiijii. 269 NECROLOGIA Gì iovanni Damasceno BragalcU nacque in Castel Bolognese sul finire dell' anno iijGS eli molto agiati, e noLili genitori. Rimasto senza padre in assai te- nera età , ebbe a tutore quel sommo D, Francesco Gontoli , la memoria del quale non verrà mai meno, avendo egli co' suoi ammaestramenti formato a' buoni studj e alle lettere i princi[)ali ingegni dell'età no- stra. Affidato alla cura di un tant' uomo , ben pre- sto il Bragaldi si acquistò lode di valente in fatto di lettere , e potè adempiere le speranze che di lui si erano concepite. E come la sua gioventìi egli tut- ta diede alle lodate discipline , fatto uomo attese principalmente a porgersi utile, savio ed onorato cit- tadino. A prova del clie basti sapere che avendo egli beneficato in tempi molto difficili la patria sua , meritò d'essere da lei onorato de' più dolci titoli. Ed io stesso ho veduta una iscrizione che fu so- vrapposta alla porla della casa di lui : Salus et deciis patriae. Nella rivoluzione, e nel governo che le ten- ne presso , si mostrò sempre quale avrebbe dovuto mostrarsi ogni buon italiano. Giunto ad età matura si cessò dalle cose pubbliche , e tutto si reìe alle lettere , le quali non aveva mai del tutto abban- donate. Scrisse alquanti sonetti in morte del primo- genito suo Vincenzo , i quali oltre a molti altri bei pregi sono pieni di candidissimo affetto. Lasciò an- i^O Neciiologia Cora alcuni altri versi , de' qaali noa è qui luogo parlare. Così s'avanzava verso la vecchiezza, quan- do cadde infermo suU' incominciare del 1829. Veg- gendo egli che l'infermità piegava a male, domandò i conforti della religione, e dopo una malattia di 4» e più giorni con somma pazienza tollerata , tran- quillamente passò di questa vita nel giorno 17 di febbrajo. Tutti lo piangono e lo desiderano. Dall' elogio che di lui sto scrivendo , e presto darò in luce, si vedrà che egli merita a ragione l'universale compianto. G. I. MoNTANARt. NIHIL OBSTAT Abb. D. Paulus Delsignore Gens. Theol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med, Golleg. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Gens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Dom. Buttaoni Ord. Proed. Rev. Mag. S. P- A. Socius. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patr. Constantinop, yicesgerens. Ossevi' azioni Meteorologiche. )( Collegio Homaito Maggio 1839. i " Ii3 Ore 1 lìarciiuet. Tf rm. ly.o. Vento est. a cap mu- .r^i li. 5," 0 IO ESE.fJ.r, S''- . 1 ' G i3 ^7 IV. d. ,1. 3u 0 9 9 2U 0 0 ■ - . Ina, l> 1 4 4 5 t> U- 7. . à''« »i - 0 '4 .0 ^^ d. i. la 1 3 ■s.o. „ init. IO iO 7 !» v- '■ o'« , 3 i6 -5 S.S.£.,ì. ma. •1 2 6 0 12 ib' ss. ().,/.„ j3 IV. d. ó''- ■>. 0 Q »4 5 '4 à.S.C./H. ó. ., I 0 12 9 „ d. ma. f, H 12 b b 0 0 rf'- i6 1 0 o.s.o.j: s. >. 1 4 11 9 /v. a "la. „ ,, 5 IO 5 i5 TI III. ^'. „ ,, & 17 45 „ ri. s. ,, ,j ,, '9 3i ») n __ „ ma. •> 2 0 9 5 2u „ e/. 0 ^■'• »' " 1 >8 33 S.O. d. s. a i3 5 0 iia. V a « 12 4 ,, „ gi. ,, iff '9 S. ni. s. »' 15 7 12 4 7 •i. 7. 0 fila. 2 9 5 A"'^'.(>. f/. ^'i' ;, I 7 '7 40 0. ., f. M .. 0 I J 8 ^'*'- V wa. ,. 0 à 9 5 „ 9. 0 S'' »» »> 2 »7 5 33 'S'-t'. w. s. •2; 11 4 i3 io 0 0 ma.' 9 „ IO 8 8 ,, J^ gì. () iB :.3 «J- 7«. s. ma. '» ♦' 8 i3 9 5 9 7 0 0 ,, ^ rf. «■'• .. '• 1 >7 18 S.E-m.va, s. -; „ 9 i4 9 0 0 ni a. •» M 1 - 8 »■ 5''- 2i^ 0 3 '9 '^■^ ^\0. rf. s. ma. „ „ 4 '4 12 2 7 _ 7 0 0 91 H 3 -j ■!, ., ,, 0 '7 5 :i ^.f?. r/. ,- „ 5 i3 5 7 5 0 0 UHI, ,, ^, 1 1 (J iV. rt. ':' •1 •. ,. 18 4 =4 <^.o. „ s . .■ ,- i4 0 0 0 Pioo"ia K y5oc.goci /->. d.uol. . /!i. ij Ivapor, ZA 3, 5 2, 1 2, 5 3, 6 ìus. ab. rugiada i 3, 5 2, 5 raglada. ne, su.t. •*;,i*3-..''ii,iT,i 3, 2 St.clcl Cielo ch.nu. oriz se.nu, spar. 'hi arisiimo ,.neh.le.s,le. belato cfiiaiùssimo iiui'.sol. pai. coperto iiu.lut. co p eh. lìii.nriz ''operlo iiu so,l, ini 'h.p.riu. or 5 pi.iiii,,sp, niifocop. nin'oloso coperto nuvoloso chiarissimo m.nu.s.l.al. seruun.spu. chiarissimo ser.uui'.spa, chi ariisii/io se-pi. .iiu.sp' '» »i iiui'. velato ser.^ap, „ nu^',spar, nuvoloso „ m.ii.stlu, velato I ituvuLoso I „ f- P'dl.- cliiarissimo ì' ser.iiiiV.spa. ni. U.S. l, ni. 'h. pi. Hit f 373 SCIENZE Sistema di compensazione ^ od assicurazione mutua dai danni meteorici nei principali prodotti ru- rali , proposto da Stefano Cannili. ,1 ie varie specie di assicurazione dal danno della grandine , che da molto tempo si leggono annunciata nei giornali scientifici d'Italia, m'inducono a par- tecipare ciò che fin da circa nove anni indietro e successivamente è stato da me osservato e propo- sto suir oggetto. A ciò non da personale ambizio- ne di anterioriù io vengo indotto , ma dal deside- rio di concorrere, se fia possibile, ad una sorte di utilità, agraria coli' esporre il mio sistema, e di far conoscere che lo stato pontificio non è estraneo a siffatti concepimenti , i quali si odono piiì soven- te proclamare oltre-monte e nell' alla Italia. Sono d'altronde ben alieno dal chiamare ad esame quan- to il eh. Dupin ed altri non pochi avanzarono sull' istruzione ed attività di questa nostra meridiona- le parte della penisola , bastandomi per ora l'espri- mere , che ISIon. tam aversus equos . . . sol j un gii ab urbe. Fin dall' anno 1820 avendo io posto mente che le assicurazioni dei trasporti marittimi , degli iucendj , e più allre , poste in uso con tanto vai;- G.A.T.XLII. ir) 374 Scienze taggio , specialmente nei paesi sellentrionali trEuro- pa , dovevano l'origine all' esempio dato loro dalle repubbliche italiane del medio evo, pensai eh' eziandio potevano in questo secolo stesso essere richiamate e rivestite di nuove forme e destinazioni , e rendersi proficue anche all' agricoltura , come in regioni più commerciali lo erano al commercio. I danni meteorici nelle principali coltivazioni o prodotti rurali dello Stato pontificio fissarono la mia attenzione , e quin- di dopo alcune osservazioni sulla meteorologia del- le regioni cisappenuine e transappennine del no- stro stato ; dopo aver riflettuto esser assai malage- vole il destare lo spirito d'associazione , alle gran- diose imprese necessario , per la formazione di una cassa d'assicurazione assoluta nello stato stesso ; do- po aver ponderato i principii adottati dal governo per le deduzioni da farsi nel generale censimento degli stabili relativamente agli infortunj meteorici ; volli tener parola del mio progetto con alcuno de' cosi delti geometri dell' alta Italia preposti alla mi- surazione de' nostri terreni. Finalmente diressi all' emo Consalvi, segretario di stato, il mio Piano di aS' sicurazione mutua dai danni meteorici su i princi- pali prodotti rurali per lo stato pontificio. Con suo dispaccio n. 89980 degli 11 agosto 1821 l'emza sua si degnò annunciarmi , che sarebbe preso in con- siderazione : ma le vicende politiche , che in quel!' epoca turbarono l'Italia, fecero naturalmente obliare il progetto. Percorso qualche tempo , e disciolto il corpo de' geometri in questo stato , lessi con sorpresa nella bibliografia del regno Lombardo-Veneto , sotto la ru- brica delle opere impresse in Venezia , la pubblica- zione di un - Piano disciplinare , e regolamenti per la società di mutua assicurazione contro il Jla- SlSTEW.V Di ASSICURASBIONE EC. 3^5 gelio della grandine - (a). Fu però quella una sor- presa di compiacenza , piomovendosi un' istituzio- ne non so se per accidente o per imitazione ana- loga , almeno nel titolo , al progetto da me pro- posto qualche anno indietro. Nel i8a4 altro officio di assicurazione si stabili in Trieste , ed in Mila- no venne pubblicato un opuscolo avente il titolo di: Istruzioni per rassicurazione delle pro^>incie Ioni' barde contra i danni del fuoco e della grandi- ne secondo il sistema deir azienda assicuratrice di Trieste . Questa sistema però sembra che avesse soltanto col mio comune lo scopo , non il meto- do. Quasi nel tempo stesso un invito di simil na- tura si vide pubblicato ne' giornali rapporto al re- gno delle Due Sicilie : e nell' anno medesimo si an- nunciò pur anche, che in Francia si formava una cassa di assicurazione pe' danni delle grandini in undici dipartimenti, al quale oggetto erano destina- ti dagli azionisti franchi 3, 300,000 per garanzia de' dichiaranti. Avevano però di già incominciato a menar ro- more i paragrandini di paglia di Lapostolle , cbe tro- varono fautori in Italia : ma le nozioni che io aveva di fisica mi persuasero di leggeri , che non potesse contarsi gran fatto sull'attrazione elettrica della pa- glia per ispogliare le nubi del fluido grandinigeno. Ben pili ragionevole parve la teoria ed il meto- do de' conduttori metallici promulgati dal eh. pro- fessore Orioli , cui professo la più sincera stiina, ed altamente mi pregio di avere e concittadino ed ami- co : ma in coscienza mi convien dire , che neppu-^ re di essi concepiva io grande fiducia. Forse l'amor {a) Biol. ìtal. toni, òi pag. lai , I3.f. 3^6 Scienze proprio mi persuase egualmenl« , che il piano dell' assicurazione parigina , e di qualche altra che po- tei esaminare , fosse almeno malagevole a porsi in esecuzione. Il tempo ha ormai dimostralo però , che io non m' ingannava. I paragrandini o di paglia o di metallo , malgrado de* si raoltiplici tantavivi fatti in varie parti d'Europa , e sovra grandi estensio- ni di terreno , sono quasi dimenticati : e di quell' assicurazione di Parigi non si è avuta alcuna ulte- riore contezza. Frattanto nel 1824 aveva io riprodotto il mio progetto air emo camerlengo. Questi , col mezzo dell' egregio monsig. Pietro Marini , i cui talenti e cognizioni nelle materie di pubblica economia pro- mossero le pili utili istituzioni nella grande ammi- nistrazione interna dello slato , questi , dissi , nel- la guisa più lusinghiera con decreto del 18 giu- gno mi eccitò a rettificare il mio piano , e quin- di a riproporlo per la sanzione. Aveva in vero io ditferito di rettificare i due articoli indicatimi, allor- ché nel i8aG venni in cognizione che in Parigi, ap- presso l'invito del ministro dell'interno, l'accademia reale delle scienze per mezzo del sig. Fresnel aveva esternato su i paragrandini un giudizio analogo a quello dei chiar. italiani Volta (a) Gerbi (b) Base- vi (e) Bellani (d) Cerini (e) ed altri molti , dichiaran- do (f) che : la sezione di fisica crede di dovere ri- [a) Antolog. di Fir. voi. Sa pag. iC)^ [b) Eleni, di fisica ediz. a. (e) AntoL an. ì8ì3 {d) Sulla pretesa utilità de"* paragrandini. (e) Sull* impossibilità Jisico- chimica del paragrandine analiticamente dimostrata ec. (fi Biòl. iiul. voi, ijo ec. SlSTEMV DI AS^ICURAriOVK EC. o-^-^ ■^ J I spandere , che la teorìa elettrica della grandine nun è con bastante solidità stabilita : che Vejficacia de* paragrandini le pare troppo incerta , perchè sì pos- sa consigliarne r impiego : che gli esperimenti ten- tati Jiiio al presente non hanno ancor datò alcun resultameuto positivo : jinalniente , che per deci- dere la questione bisognerebbe mo Ito tempo , ed una spesa sproporzionata alla probabilità del successo. Contemporaneamente la stessa reale accademia fpce al governo una proposta , appoggiata da moki an- che non accademici , nella quale vennero dichiarate pili utili de' paragrandini le compagnie di assicu- razione contro la grandine stessa. Quest' annuncio mi fu grato in quanto conveniva colle idee e ri- flessioni presentate già da me al camerlengato : e tanto più mi fu grato , in quanto che il metodo di as- sicurazione da me proposto non era il resultato d'una speculazione lucrativa a favore d'una banca o so- cietà d'azionisti , come sono quelle generalmente sta- bilite, ma è un'istituzione meramente filantropica a favore de' soli dannificati dalla grandine e da al- tre meteore. Il eh. professore Gazzeri nell' Antologia fioren- tina si formalizzò , che raccademia di Francia aves- se snaturato la questione , e non avesse valutato la distruzione de' preziosi prodotti destinati alla sus- sistenza dell' uomo e degli animali : al che non si riparava colle assicurazioni. A me sembra , che la questione non dovesse puramente contenersi nei limiti dialettici e scientifici , ma volgersi all' inda- gine d'un mezzo sicuro per rendere meno sensibile almeno il danno della giandine. Egli ragiona da fisico accurato , ma l'accademia rispose congruamen- te al ministro di pubblica economia , che non cer- cava di stabilire teorie. Se i fisici sostenitori da' 378 S e I E N X E paragraiidlnl pretendevano , che la moltiplicita ài punte assorbenti dividessero Telettricit^ grandinige* na , e la rendesse innocua , è pure ragionevole che i fautori delle assicurazioni si persuadano , che il danno reale della grandine , la quale colpisce pochi individui , sia diviso fra moltissimi , onde sia reso assai meno gravoso. ì vantaggi de' paragrandini so- no fin qui mere ipotesi , e le assicurazioni sono ve- rità di calcolo. Mentre in tal guisa si agitava la questione su i paragrandini e le assicurazioni , io sotto il dì 39 marzo 1837 recitai nella pubblica seduta mensile di quest' accademia viterbese una mia memoria? Esa- me delle teorie e de' resultati de* paragrandini t ed esposizione di un sistema di compensazione ne'' danni meteorici : e successivamente presentai al ca- merlengato il piano e i dettagli di esso sistema di compensazione idoneamente rettificato : del quale pe- rò per plausibili e savissime riflessioni non fu allora emessa la sanzione. Siccome però tuttora si prosie- gue la discussione dell' utilità delle assicurazioni dal- le grandini , cosi mi credo sufficientemente autoriz- zalo ad esporre le mie idee. Nella Rivista trimestra- le agraria di Bologna (a) s'imprende a rispondere alla proposizione del eh. sig. Arago , il quale aveva asserito (b) , che gli agricoltori troveranno sempre o nelle assicurazioni reciproche , 0 in quelle presso le compagnie assicuratrici , un preservativo certo e mollo più economico della moltitudine di pertiche (a) Quaderno 1. p. i3o (■i>) Notizie del si^. Arago sidla grandine e su i pa- randini. Ahnuario della segreteria delle longitudini 1828» tratto deMki bihi. univers. di Ginevra • $!ste:ma di assicurazione ec. ayj) delle quali dovrebbero coprire le loro proprietà. Il eh. Orioli air incontro , in quel giornale di cui è principal compilatore , sostiene , che // fisico frau" cese non ha posto mente , che il fatto stesso smen- tiva il suo detto . . . Imperciocché le compagnie d^ assicurazione per certo non vogliono pagare i danni della grandine senza un loro vantaggio -, o 'vogliam dire un lucro netto , cioè purgato dalle spese di amministrazione , perizia , ed altro. A me poi sembra , clie nella proposizione del sig. Arago l'economia non debba interpretarsi separatamente dal- la certezza , ma che in ragione composta di queste due circostanze debba preferirsi o il metodo de' para- grandini, o quello delle assicurazioni. Ora è evidente che le assicurazioni delle grandini presentano una cer- tezza di resultato pari a quella delle assicurazioni nelle spedizioni marittime, negli incendj ec. le quali vengono con profitto adottate da più secoli : vice- versa i paragrandini hanno perduto almeno di fatto quasi ogni fiducia , e se n'è trasandata la pratica. Se ciò sussiste , è ben più economico il metodo delle assicurazioni , che quello de' paragrandini : poiché può ben avvenire , che dopo la spesa de' paragran- dini sieno pur grandinati i terreni , e distrutti i pro« dotti. Si soggiunge , che le assicurazioni dalle gran- dini aggiungono., a chi ben guarda, un male nuovo al male delle gragnuole , mentre costringono il cumu- lo de' proprietarj a soffrire in realtà non solo il dan- no di tutte le grandini , come se le assicurazioni non esistessero, pagando esse questo danno per intero, benché poco alla volta , ma di pia lo costringono a soffJ-ire l'altro danno non meno reale ed innega- bile del rimborso delle spese mentovate di sopra , e finalmente quelle del beneficio , o lucro jietto , che deve resultare a favore della compagnia assicurante* / 280 S e ì E M « E Si osservi pf^rò , che siccome le medesime circostatl"* ze s'inconliano nelle assicurazioni marittime, le qua- li costringono il cumula de' proprietarj delle merci a soffrire in realta non solo il danno di tutte le prede e tempeste ec. , come se le assicurazioni non esistessero, pagando non solo il danno, ma anche le spese ed il lucro alla società assicuratrice : e pure le assicurazioni mariltime sono riconosciute utili : co- sì possono riconoscersi utili le assicurazioni dalle grandini. Certam* nte se esistesse la certezza del re- sultato de' paragrandini sarebbe piiì opportuno l'im- piegare in essi non solo la stessa somma delle assi- curazioni , ma anche il triplo ed il quadruplo. Ta- le certezza però infelicemente non sussiste. Se le assicurazioni assolute sono pure in qual- che rapporto ammissibili, molto piìi lo debbono esse- re le reciproche, In fatti di esse si dice nel citato articolo , c/(e /joco meno è nelle ipotesi di esse dove al più manca la sola partita del lucro per gli assi- curatori .... Per lo die si può già concludere » che questo mezzo di preservazione , comechè abbia i suoi vantaggi , è però in ultima analisi un pal- liativo non buono. In questo giudizio si confessa al- meno , che le assicurazioni mutue hanno i loro van- taggi. Sia poi pur palliativo: conviene appagarsi di esso , allorché non si può ottenere una preserva- zione reale. Così in medicina si adottano i rimedj palliativi , allorché mancano all' arte i mezzi per una guarigione radicale. Se adunque i paragrandini non ci presentano fin qui la certezza di evitare il flagel- lo delle graguuole, profittiamo de' vantaggi del pal- liativo delle assicurazioni mutue, finche non sia ma- nifestato un miglior metodo. Si quid novisti rectus istis , Candidus imperli : si non i his utere mecum. vSisTEMA DI Assicurazione t.c. aSc In Parma venne puLblicato nel decorso anno dal sig. Luigi Mussi, previa la .sovrana approvazione, lo Statuto della cassa unita di risparmio , di assi- curazione , e d^ Incoràgglmento pe ducati di Par- via , Piacenza , e Guastalla. La parte di esso sta- tuto , che risguarda l'assicurazione contro i danni cagionati dalla grandine, non è considerata che come un progetto da svilupparsi in seguito di convenien- ti sperienze. Savissime sono le osservazioni inserite in tale circostanza negli Annali di statistica ec. (a), ove si accennano le difficolta che debbono naturalmente incontrare nell' essere mandati ad effetto instituti di tal natura negli stati piccoli , e non avvezzi ad ar- dimenti commerciali , nonché i mezzi idonei a prati- carsi per ridurre in atto simili progetti. In fatti lo statuto del sig. Mussi , malgrado delia lusinghiera accoglienza del pubblico , ha pure subito ostacoli e vicende, e non per anche è difinitivamente stabilito. In quest' anno 1829 il sig. Rarchetti ha pubbli- cato in Lodi un opuscolo Intorno al modo di garan- tirsi vicendevolmente fra i possidenti dal danni degli incendj e della grandine. Egli propone in prima , che ninno si trovi obbligato a pagare alcu- na contribuzione annua, ma solo dopo accaduta la disgrazia si debba fare stimare il danno , e riparti- re fra* socj la somma di compenso: ed a tale effet- to si stabilisce una deputazione d'alcuni membri scelti fra gli stessi assicuratori-assicurati, i quali potrebbe- ro prestare la loro opera gratuitamente , ne altre persone vi sarebbero da pagarsi che gli stimatori de' danni , e qualche persona per riscuotere le eventua- li contribuzioni. Affinchè poi non debba di troppo (a) Annali universali di statistica ce. ^ol. 20 p. 24- aSa S e I E K « E ritardarsi il pagam'ìnto delle indenizzazioni , ognuno che entrasse nella società potrebbe pagare una pic- cola somma proporzionata ai beni che vuole assicu- curare, colla quale formare un fondo di cassa. Per evitare poi il dispendi» della stima preliminare de* prodotti che si vogliono assicurare , divide le terre in misure immaginarie del valore di lire loo austria- che ciascuna, e su tali basi procede ad una specie di valuta .ione e quindi al riparto de' danni. È inutile l'esporre i dettagli e le formule riportate dall' auto- re, come e inopportuna ogni osservazione del di lui sistema riportato in estratto nei prenominati Annali di statistica (a). Riporterò piuttosto il compendio di quanto ho io altre volte proposto su tal materia. Il mio sistema di compensazione , od assicura- zione mutua premenzionato, comprende i danni delle meteore più perniciose ne' nostri climi, cioè la gran~ dine , la nebbia , e la gelata : e si estende sulle principali produzioni rurali di tutto lo stato ponti- ficio, cioè su i grani , sulle canapi , sulle uve ^ su- gli olivi , sulle ghiande e castagne. (Quest' ampia di- ramazione di oggetti e di superficie deve rendere piiì proficua la compensazione , poiché quanto maggiori in numero sono i contribuenti , tanto minore , a circostanze eguali , si è il contributo : e quanto più vasta la superficie del suolo , tanto meno universali debbono considerarsi gli infortunj. ) Per ogni mille libre ( kilog. 339 ) di cadauno di tali prodotti è stabilito un quoziente , o prezzo cìie deve pagarsi all' ufficio dell' amministrazione ca- merale della provincia: pel grano, calcolato di quali- la mercantile, baj. 4^ ? per tiglio grezzo di canape (a) Maggio 1829 voi. 20 p. 202 Sistema di assicurazione ec. a83 baj. 54 1 per uva baj. ^G^ per oliva all' istante della raccolta baj. 38 , per ghiande e castagne in terra baj. 16. Contestualmente al pagamento il dichiarante indica il proprio nome e cognome , la situazione precisa del fondo , la quantità del prodotto , e la somma pagata ; e l'amministrazione camerale riporta tutto ciò nel suo registro, rilasciandone riscontro e quietanza allo stesso dichiarante. ( Potrebbe temersi a prima vista , che alcuno alterasse nelle dichiara- zioni la presunta quantità del prodotto : ma è age- vole il rimarcare, che l'esagerazione esporrebbe il falso dichiarante ad un pagamento maggiore di quello che potesse risultare dalla perizia de' danni , e la diminuzione l'esporrebbe a non essere pagato dell* intero danno a cui potesse soggiacere. ) Allorché abbia luogo la meteora devastatrice , deve il dannificato recarsi sollacitamente al perito rurale legale del luogo , e coli' esibito del rincon- tro del pagamento fatto deve invitarlo a recarsi a periziare il danno avvenuto. Il perito riporta in cal- ce di quel rincontro l'estratto della perizia , ossia la qualità e quantità del prodotto deperito : e quest* estratto è esibito all'amministrazione camerale, che ne prende nota nel suo registro. (Si è prescelto l'of- ficio dell' amministraziobe camerale per eflfettuare ivi il deposito de' pagamenti , non perchè il governo abbia alcua interesse nella compensazione , ma per- chb e quello il luogo piiì sicuro della provincia. ) Esiste un officio centrale , al quale , dopo effet- tuata cadauna raccolta , gli amministratori camera- li inviano i relativi stati degl' incassi e dei danni. Ivi si determinano i rimborsi de' danni recati a ca- dauno , valutandoli sul prezzo medio del genere nel- le varie provincie , e si rinviano gli ordini di pa- gamento sugli incassi fatti. Qualora pagati i dauv 284 S e I E N K E ni esista un sopravanzo , si restiluiscj^ pro-rata ai non-cla.nuincati : se poi l'incasso non giunga a co- prire il totale de' danni , allora deve effettuarsi una proporzionale deduzione del rimborso de' dannificati. Nel fine dell' anno poi l'officio centrale pubblica il sommario dell'amministrazione di tutte le provincie , gli incassi , i danni , e le spese per norma de' di- chiaranti : ed al tempo stesso diminuisce od ac- cresce il quoziente per Tanno futuro, a seconda del sopravanzo o deficienza d'incasso dell' anno scaduto. Le spese sono tutte proporzionali all' incasso. Gli amministratori camerali percepiscono il 4 » °^ al meno il 3 per 100 : l'officio centrale, il quale è in- caricato di tutta la contabilita , corrispondenza, stam- pe ec, percepisce il 5 per 100 : ed i periti sono pa- gati meta del prezzo legale della perizia , e ricevo- no in oltre una gratificazione del decimo de' sopra- vanzi , qualora esistano , il quale si riparte prò rata delle perizie. Sono omessi in questa sommaria esposizione tut- ti i motivi , dettagli , e formule, clie sembrano inu- tili in un articolo di giornale. Giova solo aggiun- gere qualche generale osservazione sullo stesso si- stema. Le osservazioni meteorologiche han dimostra- to , che i danni armosferici in questione sono piiì o meno alterati di qua e di la dagli appennini , ne colpiscono simultaneamente la più gran parte dello stato : onde è piiì equa la compensazione- Il gover- no non vi prende alcuna parte , se non quella di nominare un ispettore all' officio centrale , se lo cre- de , per concertare la rettificazione de' quozienti suir esempio dell' anno precedente. Finalmente que- sto sistema può compararsi alle grandiose lotterìe d'Inghilterra imitate ormai anche in Germania ed in Italia : colla differenza , che in queste i premj sono Sistema di assicurazione ec. :i85 conferiti a f|uelli che presceglie la cieca sorte , ed in quello si conferiscono , secondo lo spirito di filan- tropia y a coloro che subirono l'infortunio delle me- teore. Nel momento che terminava questo scritto mi è pervenuto Fannuncio , che nel giornale di com- mercio di Firenze sia proclamala la vendita de' para- grandini a buonissimo prezzo. Io sono stato sempre di avviso che gli esperimenti da cui può sperarsi piacere ed utilità , qualora non esigano grave in- comodo uè grande spesa ne pericolo , debbano sem- pre effettuarsi : e perciò è ben opportuno il reite- rare le sperienze de' paragrantlini. Temo però non le espressioni esaltate di quell' invito , a cui è pure stata fatta conveniente risposta (a) , sieno sulHcien- ti ad attirare molti acquirenti : poiché il tempo dell' entusiasmo è cessato , e si sa bene , che sera venien- tihus ossa. S. Camilh (a) Aanal. di agricoltura di Milano i, maggio 1829 p. 241 2S(Ì Institutionurn medicinae forensis et politiae medi' cae prospectiis ^ quem ex probatis auctoribus de- sumptum , propriis^que additamentis locupletatuniy auditoribus sistit suis , iisdemque praefatus est Joseph Falcioni romanus , philosophiae et me- dicinae doctor , logicae olim ac metaphysicae in patrio gregoriano archityceo -, mine vero in ale^ xandrina romanae sapientiae universitate P» P» atqiie O. supremi sacrae consultae tribunalis in rebus sanitariis peritus, etc-^ etc. etC; i8a8. K elle carie della saera inspirata scrittura trovia- mo essere in quelle prime età del mondo a chiare note espresse non poche ordinanze, le quali poi compre- sero la disciplina chiamata in oggi medicina lega- le , che il connubio statuisce della medicina colla giurisprudenza mercè della necessaria e giusta cospi- razione deir opera dei regnanti e dei medici. I sacri ufRzj che per questo corpo di medica dottri- na derivano , e pe' quali si danno mano scam- bievole le monarchiche leggi e le ecclesiasticlm an- cora colla santità loro , incombono a'magistrati ed a'raedici perchJ; sieno adempiuti per la parte che loro risguarda. „ Nascituris prospicere, nascentium curam „ gerere , causas generale» , quae hominem ambiunt ,, atque ìntrant , maìae incklis si quando sint , vel „ avertere ve! corrigere , earumdemque efièctus , „ quantum per artem licet impedire , atque coer- „ cere , quod ad primam ejusdem partera attinet , „ potissima ac difficilia ejus officia sunt, quibus non „ lervioris sane momenti ea habcri debent , quae se- Medicina fouense 287 „ quuntur : media convalescendi ordinare, hominura „ atque brutorum populares niorbos salutariLus quan- „ tum in arte est consiliis futures avertere , gras- „ santes prodigare, adniti debet . . . „ Se tale è dun- que l'uifizio del medico forense , che da esso è la fama e la vita dei cittadini dipendono , e chi non vede con quanto decoro incomba a' medici il disim- pegnarlo e per la tranquillità dell' animo loro , e pel bene della società , e per la dignità della giusti- zia , e pel plauso de' tribunali e dei dotti ? E chi non vede quanto cauto essere egli debba ne' suoi giudizj , senza giammai pronunziare nei casi dubbj assoluto parere? „ Dedecet enim (così soggiugne con „ molta aggiustatezza il eh. N. A.) vi rum probum , „ suaeque famae exlimatorem , praeter convinctio- „ nem loqui , suaque Consilia peracutis censorum ja- „ culis , malitiosis oppositae sententiae defensoruni „ argutiis , probosis denique tribunalium irrisionibus „ exponere , ineptisque relationibus facuitatibus ac- ,, cademicis non tantum visum movere, sed et omnem, „ qua prius gaudebant , existimationem amiltere. ,, Piichiedesi a tal effetto una esatta ed ubertosa co- noscenza di quanto relativo sia alla gravità degli argomenti, intorno a' quali bene spesso e d'uopo al medico-forense lo aggirarsi. E per la bisogna di sif- fatte condizioni si applicarono a questo ramo va- stissimo di medica disciplina celeberrimi scrittori , e SI laudabilmente e con tanto impegno , che quasi a sperar non vi saria luogo di avere alcun che di nuo- vo o di rischiarato. Se non che con molta saviezza il prof. Falcioni riflette , che presso le opere dei più famigerati scrittori non mancano inesattezze , insuf- ficienze, e collisioni di pareri , e che pur si rin- vengono in alcune di esse altrettali opinioni che urtauoi la santità dell' augusta nostra religione , ed 288 S e I E M Z E oppongonsi alle decisioni del nostro foro. Da cosif- fatte avvertenze mosso egli imprende nel lavoro , , che si propone , recarvi rettificazione : e fra i van- taggi che alla sua novella opera ascrive , scorgiam consistere il primo nello stabilirsi una idea giusta e retta della medicina forense e politica. L'ordine , con cui egli intende voler trattare il complesso de- gli argomenti suoi , non poteva a parer nostro es- ser migliore ; non si omette veruno dei più inte- ressanti articoli che a questo ramo di medica dot- trina appartengano : ed il metodo della partizione di essi è ben chiaro e distinto , cosicché gì' incon- venienti di confusione per quello si evitano e di ri- petizione inutile , che sotto altra norma non è in- frequente il ravvisare. Affinchè ognuno decider possa della verità dell' asserto , ecco un cenno dell' in- dice, che nella stampa del prospetto leggiamo in se- guito alla premessavi orazione. Figurano nel mede- simo tre sezioni t nella prima delle quali si riferi- scono le quistioni medico-legali che la conservazio- ne della specie risguardano ; nella seconda compren- donsi quelle , che la sicurezza dell' individuo pren- dono di mira ; e la terza abbraccia le altre che la tutela della società contemplano. Formano il so£'- getto della prima le cagioni della impotenza e della sterilita in ambi i sessi ; la violazione muliebre e virile ; la incertezza dei segni della gestazione , ed il metodo per assicurarsi della pregneaza occultata e della simulata; il puerperio, la vitalità del parto, la legittimità di questo, e la superfetazione; la ma- niera da risguardarsi il parto cesareo non assolu- tamente letale nelle femmine viventi , necessario nel- le estinte, e legittimo; la criminosa soppressioue della prole o per embriotomia , o per infanticidio : e le cautele relative alla docimasia polmonare. In un ap- MiroicisfA FORENSE aSo pendice si annovera il dubbio stato della forma uma- na e del sesso. Costituiscono la seconda sezione i privilegi dell'età, e la durazione della vita; i mez- zi onde distinguere la morte apparente dalla reale , gl'indizj certi di questa, ed i presidj per quella; i mezzi di aggression manifesta alla vita dell'uomo, e le mediche relazioni intorno a'medesirai ; le manie- re di veneficio , il metodo da tenersi per la diagnosi dubbia di questo neli' uomo vivente , e cauta nell' estinto , non che dei morbi idonei a simularlo ; il suicidio co' mezzi onde distinguerlo dall' omicidio nei feriti , negli annegati , negli appiccati e simili ; Je ambigue cagioni di lesioni e di morte, col meto- do da osservarsi per rintracciare il vero nei bam- bini , negli adulti e nei vecchi. Trattasi in un se- condo appendice del dubbio stato del corpo e dell' animo. Subjetto di meditazione nella terza sezione sono le cause generali della sanila da coordinarsi come la purezza dell'aria, delle acque potabili, dei vini e di altro qualsiasi liquore, non che de' com- mestibili ; i mezzi da regolare le convalescenze , le frodi de' cerretani da rafìrenarsi , l'esatta composi- zione dei farmachi da sorvegliarsi, gli esperimenti pe- ricolosi dei medici da non permettersi ; i morbi po- polari da prevenirsi ed evitarsi con richiamare e so- stenere lo studio dei medici nella conoscenza delle epidemie, con le pubbliche sollecitudini dirette alla rimozione dei contagj , e colle sanitarie cautele re- lative alla evoluzione interna di alcuno di questi. Scopo della terza appendice formano le cure dei nascenti e degli estinti; un retto regime degli espo- sti; e l'allontanamento dai sani dell'azione delle no- cevoli emanazioni dei cadaveri. G.A.T.XLII. 30 ago S e I E H I E Possa il eh. A. dar pronto incorni nciamento e pari termine al propostosi lavoro , e Len tosto sa- remo poi per darne ai nostri leggitori ragguaglio. Tom SLLI. Storia di malattia epidemica , che domino nel ter' vitorio reo ninno Vanno 1827, scritta dal dott. Giu- seppe BerQ^onzi medico al servigio del comune di Jie^gio f membro della società di agricoltura di detta città , socio delle accademie mediche di Li- vorno ec- eo. ec, , Milano 1828, di pag. 117 in 8." Xii qual conto abbiano a tenersi le fedeli istorie dei morbi , che sotto varia forma e genio aggredi- scono l'uman genere , può desumersi dalla estiraa- xione in che abbiamo ognora le opere di tanti ce- lebri scrittori delle epidemiche costituzioni , che ci hanno di qualche secolo preceduto. Incalcolabil pro- fitto per esse torna al governo terapeutico di al- tri morbi , che sembianza abbiano di ravvicinarsi a quello che objetto già fu delle contemplazioni al- trui. Di tal tempra giudichiamo che riuscir possa la presente istoria del eh. Bergonzi , il quale nel suo lavoro sembra avere assiduamente imitato il grande Areico, queir egregio RalFaello della noslì' arte, che a fama d'immortalità pervenne mercè delle descri- zioni citale come modelli eterni di verità e di pre- cisione. Da egli incominciamento alla sua storia eoa premettere un' accurata conoscenza topografica della fiorente citta di R<^ggio e del suo territorio , aggiu- giieudovi il dellagUo di quante circostanze aveva Malattia epidemica 391 potuto precedere lo sviluppo del morbo. Tali sono una lieve epizoozia sotto il nome di glos-so-untrace ; il predominio di altri morbi nell' inverno circa il solstizio ; il soffio dei venti australi ; la mala fe- condazione di alcuni cereali per cagione specialmen- te delle pioggie , le quali nel finir della primavera ed in tutta la state frequentissime furono e dirotte; la descrizione dei cangiamenti igrometrici , termome- trici e barometrici additanti l'avvenimento di rapide mutazioni, e di una molto instabile temperatura, don- de nascenza ebbero e reumi e sinoclii e brevi affe- zioni catarrali e le intermittenti pur solite in quel territorio a signoreggiare. In mezzo a siffatte cir- costanze , che giustamente sembrano all' A. le più osservabili , cominciarono ad insorgere malattie, cui altri diceva febbri gastriche ^ altri diceva sinochi , ed altri finalmente chiamava, con altri -nomi. Le per- sone giovani' e robuste , gì' individui che soggior- navano in luoghi bassi , vennero a preferenza in- vasi da questo morho , la durata lotale di cui toc- cò appena il quinto mese. Mentre poi il N. A. non cura precisare con ap- posita denominazione la forma del morbo regnante, ne descrive con minutissima esattezza l'apparato feno- menologico dell' ingruenza , dell' andamento e del ter- mine, la necrotomia ed il governo terapeutico. L'insie- me dei sintomi morbosi fu tale , che non permise nei primordj del dominio del morbo l'uniformità noi me- dici pareri ; quantunque poi gli argomenti usati dai medici per domare la infermità avessero in fine tra loro punti di contatto notabilissimi e dichiarati. Nella congerie dei medesimi sintomi, ubertosamente, riferita dall' A., trasccgliererao alcuni a rilevarne , i quali erano a parer nostro i più riflessibili , vale a dire , che il capo veniva a dolere acerbamente ; 20* ar^a ' S e i k if z r. che coprìvasi In lingua di panie binncnstra , la quale a poco a poco anda\'a acquistattdo un colore scuro estendentesi anche pei denti , con aridità mag- giore ed asprezza ; che l'apparato di sintomi impo~ nenie la sera e la notte , lo era meno la mattina seguente . . . ma dopo lo spazio di poche ore di calma era pronto un nuovo esacerbamento , e que- sto cresceva ogni giorno di pia , e vera spesso qualche cosa di nuovo . . . oppressione di respiro sempre maggiore . . . La mente si conservava li- bera ed intiera fin 'verso la settima o la ìiona ov- vero Vundecima giornata , nelle quali per Vordi- nario subentrava placido o interrotto vaneggiamen- to , soprattutto in tempo di notte. Ed a quest* epu- ca era grande , pei' non dir massima , la prostra- zione delle forze tutte ; il malato tendeva alla sor- dità , a stento porgeva fuori la lingua ; la giaci- tura era supina e coi /emori dei-aricati . . . le mem- bra si vedevano tremule con sussulti di tendini al còrpo singolarmente . . . afte profoiule . . . singìiioz- zo ostinato , petecchie minute e spesse alla cute , // vomito di materie scure ed amare , r uscita in- volontaria delle fecce , le gangrene sopra fosso sa' ero , il chiudersi la via delle urine , furon feno- meni ne comuni ne vari ....,, Ma un freddo „ più o meno intenso , talvolta però appena sensi- „ bile , non mancava mai , qualunque fosse dell' in- „ fermo lo stato, di raatiifestarsi nella giornata; ne „ ai varj fenomeni che lo accompagnarono , ... si „ vedeva sempre tener dietro una traspirazione li- ,, bera , cotidiana , proporzionata , siccome intervie- ,, ne nelle vere periodiche. Pure un qualche conato ,, a dei sudori veniva non di rado comparendo ; le „ urine già mosiravansi torbide , ne la loro posa- ,, tura diversiii<;ava dalla laterizia. E intanto Top- MaIATTIA EPirtKiTlCA 2g3 „ pressione ai percordj era molta , e maggiore nella „ terza che non nella seconda settimana „ . In tale stato di cose clii fra quei dotti medici entrava nel sospetto di trattarsi di una gastro-enteritide, racco- mandando in ispecial modo il salasso : e chi asse- rendo doversi curare risolutissimamente in questa febbre una natura periodica occulta , magnificava la china o meglio il suo solfato. Si convenne però dap- poi , che i salassi e le locali sottrazioni sanguigne tornavano utili nel primo principio della malattia : nel qual tempo era ancor proficuo usar prudente- mente gli ecroprolici , esclusi per altro i drastici , dei quali si riaìarcarono le nocevolezze. Migliorava sommamente per mezzo dei vescicatori la condizio- ne degl' infermi di questo male , sebbene dai più cauti se ne facesse la prescrizione trascorso il pri- mo stadio del morbo : ma quando venivasi ,, po- „ scia da' provvedimenti rinfrescativi, in tra brevis- „ simì giorni , al servigio della china , o chinino , ,, avvenga presto di veder domato un morbo in ,, cui un' imprudente insistenza nel metodo primo „ avrebbe rendiito più pertinace , ed anchv; più „ periglioso o fatale . . .Il salasso adunque e la ,, china potevano e dovevano associarsi insieme in ,, questa sorta di curagiopi . . . Ma in tutti i casi ,, a me noti ebbi costantemente la conferma del pen- „ siero , che si dovessero ben distinguere due condi- ,, zioni tra loro diverse , curabili ciascuna a secon- ,, da della varia sua indole ed a norma dell' in- „ fluenza che ora questa ed ora quella più eserci- ,, lava suir intiero processo morboso ... Fu anche „ più fortunato chi meno mostrossi amico di siste- „ matiche semplicità nel considerar l'indole della ma- „ lattia tanto per se stessa , quanto in relazione agli f, individui che infermavano , e quindi nello stabilire ar)4 S e I E M » E „ il provvedimento conveniente alla stessa ... E con- ,, fermò questo la mortalità , la quale , dietro il me- ,, todo dj cura misto , non superò il dieci per cento ; „ mentre i due metodi separati non vider certo suc- „ cessi SI prosperi. „ Dopo queste ed altrettali dimostrazioni discende l'A. all'esame dell'esposte materie: nel che non intende egli oltrepassare i limiti entro i quali l'imperfezione della scienza comanda arrestarsi. Seguace egli della patologia organica , ritiene come assioma in medi- cina , che la vera intrinsichezza delle alterazioni ma- teriali e dinamiche , le quali costituiscono le mol- teplici apparenze morbose , è a noi occulta ed im- percettibile come è la organizzazione ed ogni ra- gione per cui questa vive. Opina quindi esser forza di limitarsi ad esaminare que' segui esteriori tutti che il morbo presentò , non che ogni circostanza cir esser potesse in relazione col fatto , per desu- merne poscia gl'indiz] della sua differenza o vera- mente dell' analogia che passi tra esso e le altre infermità. Or a tali circostanze ognun sa doversi ri- ferire le cagioni esteriori che producono le infermità ; gli effetti ch'esse mantengono o lasciano nell'orga- nismo ; e le risultanze delle curagioni operate con- tro di loro. Ed a rimuovere le tante difficoltà che ciascuno conosce , e ad assicurare la diagnosi delle malattie occulte a certo fondamento , altro scampo non rimane al medico fuor che quello di considerare i morbi sotto qualsiasi riconoscibile relazione fra le cagioni esteriori onde procedono , i sintomi da esse ingenerati , e le risultanze dell' azione dei prescritti rimedj. Poiché questi tre fattori dello stato morboso ( se usar vogliasi la frase del eh. Bufalini ) offrono un sicuro argomento ( per quanto è lecito acco- starsi alla certezza in tali materie ) , che quella iu- Malattia epidkaiica 3q5 terna occulta alterazione , della (]iiale cerchiamo la diflercnza, mantiene sempre la stessa natura. Richia- mati per tal modo e fiancheggiati con sode rifles- sioni siffatti principi di analitica patologia , li pren- de il N. A. per iscorta nel giudizio della natura del morbo epidemico in quistione , applicandosi primie- raaieote a definire la causa generatrice di esso. Esclu- de da questo novero con singolare perspicacia, mer- ce dell'argomento di eliminazione, il cattivo alimento, l'idea di emanazioni nocive all' economia dei viven- ti , l'idea di contagiosa infezione , non che i forti patemi : trovandosi perciò nella necessita di altri- Luire il morbo alla maniera d*^lle atmosferiche vi- cissitudini o ali' inilusso di certe stagioni. Ed in- fatti „ fin dai più remoti tempi egli è stato dai me- „ dici riconosciuto ed ammesso il grande potere dell' „ atmosfera nel produrre le malattie epidemiche , e „ riconosciuto ancora clie spesso un quid occulto „ sfuggevole ai nostri sensi , ne che si misura co- „ gli strumenti dei fisici , si fu latitante per l'atmo- „ sfera , ed è cagione di gravi affezioni generali , „ vestite per lo più esse pure di una ben singo- ,, lare natura. „ Spiega quivi il N. A. una somma erudizione per roborare l'asserto mercè di una nume- rosa raccolta di autorità de' grandi maestri, che la sentirono in tal modo. Se non che all' argomento testò menzionato di eliminazione , con cui dall' in- flusso dell' atmosfera dovea tenersi derivata la ma- lattia , quand' anche nessuna perturbazione nella me- desima si fosse ravvisata , altri positivi argomenti accedono , pel valor dei quali bassi dimostrato, che in essa lungamente pertinaci si ravvisarono certe marcate condizioni straordinarie ,. per opera delle quali promanarono le cause che condussero i corpi ad infermale della descritta malattia. 396 S e I E « r E Le peculiari fra queste condizioni si furono,, una „ costantissima umidita prodotta da pioggie frequea- „ ti , che resero il suolo sempre dalle acque pene- „ trato , e assai di essa impregnato , non meno che „ una temperatura varia, ma d'ordinario mollo ele- „ vata , eoa dominio dei venti australi ed orientali. „ Di quanto grave nocumento torni alla organica eco- nomia un tale stato dell' atmosfera , sagacemente si adopera il N. A. in farlo palese con richiamare alla memoria i tanti e così irrefragabili fatti che ne con- vincono, e le osservaiioni in proposito dei più co- spicui che studiarono con singoiar diligenza le atmo- sferiche costituzioni , ma precipuamente dell' immor- tale Lancisi , dell' autorità di cui si giova a pre- ferenza il sig. Bergonzi per tener fermo , che alle umidita dell' atmosfera tien dietro molto facilmente la produzione dei miasmi , al generarsi dei quali danno appunto favorevole impulso le corruzioni dei corpi dei due regni organici in mezzo ai calori del- la state (a). „ In questo caso abbiamo dunque chia- (ai L'ingegnoso ed erudito prof. Folcili ha sparso re- centeniente gravissimi diibhj intorno aW argomento del miasma palustre ( l'ed. il 111 trimestre 1828 di quetto Giornale Arcadico ) : e la ragione per esso riposta nella svariata temperatura e nella nocevolezza della umidità rende conto della genesi dell e fehhri di periodo, in mol- te guise poi si fa plnu sibilmente conoscere , che niun ar- gomento favorisce resistenza di un principio nocivo par- ticolare , cioè del miasma paludoso : cosicché per le sod- disfacenti argomentazioni del eh. prof, rsmano può ben risguardarsi assai dubbia , e mancante di salde prove , resistenza di cotesto miasma. In favore delle assertive di lui , e dei rilievi sagacemente fatti da esso , ci sem- Malattia epidemica 297 „ ra ( sogginiige il dotto A. ì abbastanza e dinio- „ strata l'indole delle cause precipue produttrici il f, morbo in quistione. Se non che alle medesime si „ congiungevano pure soventemente , quale causa „ immediata ed occasionale , gli sbilanci delle azio- „ ni cutanee , e così la malattia traeva allora , il „ vede ognuno , il suo essere da due diversi fonti „ di organici perturbamenti.,,-,, Già era manifesto „ in questi un andamento senza dubbio periodico ; „ e benché la febbre non fosse a tipo deciso inter- „ mittente , ne tampoco a considerarsi alla maniera „ degli emitritei , esacerbava per altro cotidianamen- „ te con brividi di freddo , e mantenevasi e decre- „ sceva alla guisa delle vere periodiche. Non di „ rado ancora dileguavasi pigliando il tipo d'inter- „ mittente decisa ; e fra le continue regnavan pure „ le più legittime febbri di accesso, e febbri di que- „ sta natura aveano qua e la preceduta l'epidemia „ di che parlo. Laonde non può negarsi a mio av- „ viso, che, per rispetto alla più essenziale qualità „ dei sintomi di questa infermità , non deliba ella „ riferirsi alle febbri periodiche legittime inlermit- „ tenti. Perchè la natura dei fenomeni stessi , all- ora pur the deponga una osservazione medesima del fatante sig. Bergonzi [pag. 62 ) : „ Né io omisi di au' „ vertire , come già la nostra infermità incrudelisse ap- „ punto in què* luoghi ove più a lungo e per la natura „ dei terreni^ e per la loro. maniera di coltivazione ^ si „ manteneva la umidità : timidità che poi comunicava „ alC atmosfera una tale fmscura , la quale fu veduto „ da noi tutti essere molto perniciosa a chiunque in quel- „ la cercava ristoro ai troppo forti ardori estivi. „ ( // compii. ) 3g8 S e I E H r E „ che da chi si fosse sforzato di farlo , mai avreb- ,, be potuto scambiarsi con le esacerbazioni di al- „ tri processi ; riè era il tipo solo adombrato , mi ,, appariva manifestamente la reale intrinsichezza di- „ scorsa.,,-,, Le cagioni che aveano operato a ge-^ ,, aerarla erano pure le pii!i atte a suscitare le in- „ termittenti ; anzi non mancava fra di esse quella „ che proprio specificamente le produce , voglio di- „ re il miasma paludoso ...„-„ E ciò che dei sin- „ tomi e delle cause si è detto, dicasi pure del me- „ lodo di cura • . . „ Per la quale ultima condi- zione , cioè della terapia , non si omette dall' A. un altro ben valido argomento a sostener la con- venienza della chinachina e suoi preparati come spe- cifico farmaco nell'incontro della sua epidemia; va- le a dire il non essersi potuto con egual profitto sostituire ad essa altri rimedj di differente virtù o di azione comune, alfin di ottenere guarigioni egual- mente celeri , sicure , e gioconde. Tornò anzi si sa- lutare quel farmaco , che d'uopo si fu il proseguir- ne l'uso ancor dopo la cessazione del morbo onde impedire le recidive o rimuovere almeno certi feno- meni perturbatori assai e molesti , come cefalea ve- spertina , veglie nojossime con disposizione a vani- loquio , esimili, che giustamente riguardaronsi quai conati della natura a ripristinare un elemento del morbo , fino a che le forze di riparazione avessero provveduto agi' intimi materiali sconcerti , e soste- nuto stabilmente quell' ordine fisiologico di movimen- ti già promosso dal farmaco salutifero. Verificata con si adattato metodo di analisi la corrispondenza del governò curativo tanto coi sin- tomi ({uanto colle cagioni, era ben lecito all' A. il con- chiudere , che l'esistenza di un locale processo di flussione e del processo specifico delle periodiche è Matattia epidemica 399 dimostrata in questa febbre epidemica per modo sì evidente, da noti potersi impugnare la concorrenza di tali morbosi elementi alla generazione della medesi- ma. Gli sconcerti nelle funzioni gastro-enteriche , i dolori addominali , il respiro grave di alcuni in- fermi con molestia di tosse , la cefalalgia , il deli- rio , o il letargo di alcuni altri additando l'attac- co or di un viscere or di un' altro , indicarono es- servi in tali parti un maggior afflusso di sangue , il quale soverchiamente distendendo i vasi generava oppressione , impediva il libero esercizio delle fun- zioni , destava fenomeni simili a quelli delle infiam- mazioni. Per lo che misto nella maggior parte dei casi voleva essere il metodo di cura, evacuante cioè nel principio, e tonico quindi o (a dir piiì giustamente) antifebbrile ; e la indicata felicita di cura concorse dappoi a pienamente dimostrare cotesta combinazio- ne di due diversi ed ia certa guisa contrarj pro- cessi nel morbo. Altamente però importava decide* re , se il menzionato locale processo posseduto aves- se i caratteri di vera flogosi , ovvero di stato sem-f plice di flussione , siccome venne fin dai più rimo- ti tempi chiamato ed esattissimamente descritto, e che vuoisi oggidì riconoscere da alcuni sotto gli spe- ciosi nomi di emormesi , angioidesi , fleboidesi , ed altri simili. Progredendo a tal effetto il ]\. A. nel- le sue dotte ricerche , spiega quivi una singolare av- vedutezza riflettendo non essersi giammai riscontra- ta quella ipersarcogenesi , nella quale il profondo Bufalini ripose già il carattere distintivo fra la flo- gosi e la semplice flussione. E ragionando intorno al vantaggio delle sottrazioni sanguigne sol quan- do vennero praticate a moderatissima quantità , co- sicché ben presto interveniva dover anzi ricorrere al febbrifugo , ne desume giusUraente , die questo 3oo S e I E- N z t: stato morboso locale , fattosi quasi spinpre comps- gno della febbre a periodo di gik marcato , doves- se farsi appunto consistere in uno stalo di flussio- ne. Nel elle si conforta rammentando lo sviluppo fa- cile di quel morboso processo : la prontezza del suo mitigarsi in certi intervalli o per m^zzo delle san- guigne sottrazioni , il suo riprodursi talora e di- leguarsi a riprese ( le quali note addimostrano « che in quegli organi aggravati da sovercliio sangue non erasi formato alcun permanente processo di flo- gosi ) , la qualità del sangue estratto o privo di co- tenna, o die uno stato otl'riva piuttosto di allumina che di vera fibrinosa sostanza ; il profìtto risultante dall' uso del fabbrifugo , o ancora di qualche stimo- lante rimedio innanzi il compiuto scioglimento di quelle locali congestioni , la nocevolezza emergente dair uso pronto dei tonici senza valersi del metodo misto : circostanze tutte, che depongono per una ve- ra flussione non mai pervenuta al grado di flogosi. Se non che di cotal flussione si bene insegnataci dagli antichi, e pur troppo messa in oblio dai moderni soli- disti , ci ricorda essersi richiamata dalla patologia ana- litica , che annoverolla tra le affezioni da essa dette semplici^ commendandone grandemente lo studio non poco prima che il sig. BrofFerio imprendesse a di- mostrare la necessita di considerare la flussione stes- sa sotto il nome di emormesi quale stato morboso distinto. E , per escludere qualsiasi attacco a si so- lidi ragionamenti, avverte con sagaci riflessioni non doversi quella certa vivezza o conato di movimen- ti vitali insoliti confondere con gli effetti tutti pro- prj del vero processo flogistico legato a general con- dizione di vigore. Ma e quali mai avran potuto essere le cagio- ni operatrici di questo stato flussionaiio presso che M'LVTTIi EPIDEMICI 3oi in tulli gì' infermi ? Ripeter ne giova precipuamen- te la genesi dalla proprietà dell' aria umida e cal- da in rilassare i tessuti organici e in rallentare i moti fibrosi ; risultandone così una pletora relativa o di- pendente da diminuita tonicità e contrattilità del va- scolare sistema , giusta i precetti promulgati nelle vie- te scuole di patologia , ammessi da Frank , Testa e Rosa , e contemplati con peculiari indagini dall'ili. Bufalini. La spiegazione , con cui dal N. A. si di- lucida un tal pensamento , ragion rende del genio delle curative indicazioni , non die del profitto del- la osservata terapia. Poiché , mentre le leggi idrau- liche chiedevano incessantemente un certo genere di presidj , altro genere sembrava richiederne , e ne abbisognava infatti , la scarsa reazione dei solidi , mettendo il medico nella necessita di parere contrad- dittorio a chi considera con troppo calore , e pre- dica , non si sa perchè , la semplicità della natu- ra in tutte le sue operazioni , nel mentre che tut- ti d\ la si vede anzi segreta e composta. Da ciò appasìsce che riesciva dilficilissirao , per non dire im- possibile , di mandare ad effetto il disegno di me- todo generalmente identico , e che per contrario dovea esser diverso a seconda dei segni esteriori in relazione sempre delle cagioni. Ed appunto in tali casi egli è ( soggiugne a buon diritto dopo il sostegno ancora di valenti autorità ) , che indica- ti sembran rimedj , i quali sostengano in modo du- revole , e rinforzino le attirila vascolari quasi qua- si paralizzate , e diano insieme materia a miglio- re sanguificazione. Sembra d'altronde che le petecchie , le faci- li afte , e le emorragie a ristagnarsi difiìcili , som- ministrar possano argomento per l'alterazione del flui- do sanguigno «uscettivo d'infermarsi essenzialmente 3o> Scienze alla maniera dei solidi. Riandando infatti le mol- te cagioni che quella epidemia prepararono , e del- le quali sì tenne menzione, trova il N. A. non lie- ve motivo per opinare , che il processo dell' assi- milazione organica si dovesse sovente con grande imperfezione compiere in molti corpi. Confortasi iii tal divisamente e pe' segni ora descritti della presun- ta degenerazione del sangue , e per quelli della co- tenna gelatinosa, del suo colore giallognolo-scuro, e della sua vischiosa consistenza , che ne sono giusta il consiglio di Hunter i meno equivoci indizj. Non intende però considerare nel presente caso questo stato di sangue come condizione primitiva della ma- lattia, ma piuttosto come effetto della sua maggio- re intensità , in virtiì della predisposizione in certi corpi preparata dalF azione alquanto lunga dalle cau- se debilitanti ed alterati già più o meno l'ordinario processo di assimilazione. Dalla qual predisposizione, che saviamente inculca essere degna del più accu- rato esame dei pratici , egli ritiene doversi deri- vare gli esiti più infausti ed insoliti , che nelle ma- lattie COSI apparecchiate soglionsi a noi presentare: della qual tempra sono i pronti versamenti , le faci- li mortificazioni , gì' irreparabili ed enormi ingor- ghi nei visceri , le paralisie , gli spasmi varii , e le mortali convulsioni. Dalla genesi per tal modo illustrata dello stato flussionario discende il ^ergonzi a discorrerla intor- no all' altro elemento del morbo , cioè al proces- so della febbre periodica. Premettendo però egli , che alieno dal vagare nelle ipotesi in mezzo alle abbondevoli disquisizioni degli scrittori delle cose mediche , restringesi a risguardare il processo delle intermittenti come occulto stato morboso sui gene- ris. „ E basti il sapere , cbe esso trae origine dal- Malattia epidemica 3o3 „ la umidita dell' atmosfera durante il caldo , e dai „ miasmi paludosi , che lo stato di debolezza per „ l'ordidario dispone ad esso ; e si vince singolar- „ mente con la china , oppure co' suoi preparati , „ purché il medico pratico abbia di esso quella co- ,, gnizione la quale è sufficiente a bene condurre „ la cura. Sopra il resto vano è parlare, essendo „ argomento fìnqui tenebroso. „ Appaiisce cosi nella massima evidenza , che il morbo epidemico , di cui favellasi , risultò da due affezioni chiamate semplici , cioè di flussione , e di processo della intermittente. E la maniera usata dall' A. nello scomporre il morbo composto e ridurlo ai suoi elementi , è al certo la più plausibile , av- vicinandosi meglio per la costante corrispondenza del- le tre relazioni (cause, sintomi e rimedj ) al qua- dro delle più classiche costituzioni , siccome ne fan- no ampia fede quei buoni osservatori , che gran- demente tennero a calcolo la complicazione dei mor- bi. E siccome la dottrina delle affezioni semplici è quella appunto che ci guida ( a vero dire) allo stu- dio delle malattie composte; cosi è forza l'asseri- re, che la patologia analitica seppe meglio porre in ciò il fatto in accordo col ragionamento. In es- sa il dotto Bufaliai chiaramente espresse la possi- bilità del congiungersi le febbri periodiche colle flus- sioni o colle flogosi. E questo gravissimo argomen- to della composizione delle nostre infermità si stu- dia ora il N. A. convalidare, a compimento delle sue erudite ricerche in questo scritto registrate, colle au- torità delle osservazioni di clinici avvedutissimi spe- cialmente rispetto all' alterazione epidemica di che si tiene discorso ; onde imprimere questo vero con esempi "<^^^*^ menti della italiana gioventù destina- ta a conservare la patria celebrila. A tal oggetto 3o4 Scienze richiama con vasta erudizione le autorevoli senten- ze d'Ippocrate , di Galeno , di Sennerto , di Avi- cenna, Garhliep , Loew , Bagli vi , Baccanelli, Mor- ton , Lancisi , non che degli scrittori delle epidemi- che costituzioni di Augusta , di Tubinga , di Fer- rara , e di Losanna. L'analogia altresì del morbo epi- demico reggiano si ravvisa dal N. A. nelle osser- vazioni del sommo Sidcnham , di Pririgle , del Ra- mazzini , del dottissimo Hirtzel , di Ballonio , di Grant , Curry , De-Haen , e di Frank il seniore. E per non tacere dei pii^i recenti rammenta , che questa complicazione delle flussioni col processo del- le febbri periodiche , veduta pur dal Giannini , si ammise da Schina e da Strambio sotto il nome di irritazione intermittente congestiva ; e rammenta da ultimo le gravissime autorità di Speranza cel, cli- nico di Parma , del profondo Meli , e dei celebra- tissimi Fournier e Vaidy. Or dopo il fin qui esposto giudichiamo esser lecito il conchiudere , che la presente istoria pub- blicata dall' egregio dott. Bergonzi abbia ad ap- prezzarsi altamente pei pregj rari che in se riu- nisce. Ha in essa il valente A. saputo mettere in armonia i fatti col metodo analitico il piìi rig'o- roso ; e riuscito in dimostrare sino all' evideaza la relazione scambievole delle cause sintomi e rimedj , non ha omesso di roborare questa mutua corrispon- denza coir argomento di eliminazione e colla scom- posizione del dominante morbo nei suoi elementi : e da ultimo si è maestrevolmente occupato in con- validare e la complicazione del morbo risultante da due distinti processi, e la terapia mista verso di es- si tenuta , con la indicazione di prosperevole esi- to, co' fermi ragionamenti illustrativi , e con la dif- fusa narrazione delle autorevoli osservazioni di tau- Malattia efideìwica 3o5 li celebri scrittori di morbi epidèmici aventi ana- logia e sembianza con l'epidemico reggiano si per la complicanza di più semplici affezioni , come an- che per la convenienza e pel profitto del misto metodo curativo da essi adoperato. Ci auguriamo , che vo- gliano i giovani medici ap;)rofittare di questo pre- zioso modello , affln di readersi e meno ligj dei si- stemi , e più utili air egra umanità , o più zelanti amatori dei processi della scienza e del decoro di loro medesimi. TONELLI. Considerazioni generali sullo stato irritativo prece- dente le febbri. Lettera del dottore Angelo San- tini medico condotto di Macerata al chiarissimo signor dottore Maurizio Bufalini già professore straordinario di clinica nella università di Bolo^ gna ecc. Corporis autem singulae partes , altera al- teri , ubi hinc aut illìnc processerit , morbum statini fac il. . . . Et optimum- fuerit sic cu- rare aegrotos per has quas morbos faciunt. Hippocr. de locis in homine n. 2. n. 3. 1. ijLllorchè , o signore, vi compiaceste dimostrar- mi il vostro compatimento sulla memoria da me pub- blicata intorno All' azione fisiologica de* contro stimo" lauti , e m'incoraggiste a proseguire tali miei' lavo- ri , io divisai , appoggialo al vostro consiglio, di pub- blicare alcuni rilievi sulla irritazione. La lettura G.A.T.XUI. ai 3o6 Scienze del XVH capo dell' ultima edizione dell' applaudi- tissiraa vostra opera ( fondamenti di patologia ana- litica ) ha risvegliato quella mia volontà , e mi ha spinto a indirizzarvele. Per verità essi al Irò non sono che una raccolta de' sentimenti esposti nel cor- so biennale delle lezioni dal professor Santarelli una volta precettore , ed ora mio amico , de' quali trac- ciò un compendioso quadro nella sua memoria in- titolata - Congetture sull' azione degli slimolanti e controslimolanti; - ma a me sembra tali da meritar- si la vostra attenzione. Presentano al primo aspet- to un' aria di semplicità da non meritarsi un gran conto. Ma questo è il carattere della veritk , dopo che è slata annunciata. Io non so se l'irritazione, di cui sono per parlare , sarà quella stessa di cui tan- to si è discorso in ((uesti ultimi tempi. Essa è quel- la prim' affezione morbosa prodotta dagli agenti in- normali sulle parti nelle quali immediatamente s'im- battono allorché occasionano la febbre , ed a cui questo processo tien dietro. Essa è quella che l'at- tento osservatore rinviene facendo la catena delle cause) e degli effetti. Essa è quella della natura , e non già delle ipotesi. Vediamola pertanto prima pre- cedere la febbre poi accompagnarla ; quindi esiste- re alcune volte senza che la febbre esista anch' essa ; finalmente esigere un trattamento, spesso indipenden- te da quello della febbre. In altro luogo parlerò dell' irritazione che precede altri disordini : presen- temente , per semplicità dell' argomento , mi limito alle irritazioni delle volgarmente dette febbri pri- marie , e specialmente annue. Mi trovo però nella necessita di premettere alcune nozioni generali sul- la meccanica della vita. 3. Mi ])ersuado di aver dimostrato nella citata lettera , che gli esseri organizzati sono .spinti e mau- SuLT-O STATO IRKITATIVO EC. 3oj tenuti in quei movimenti, dai quali risultano le fun- zioni che costituiscono ciò ohe dicesi vita , dall' ar- ternare delle opposte azioni di due contrarie serie di agenti. Questa Lrillante opinione, parto della men- te del mio precettore , la veggo già accolta favore- volmente da molti dotti che scrissero dopo la pub- blicazione della di lui memoria suU' azione degli stimolanti o controstimolanti. Di presente dobbiamo con lo stesso metodo progressivo rintracciare le par- ti sulle quali quelli agiscono allorché operano ret- tamente , per aprirci il cammino a conoscere i pri- mi disordini eh' essi produrranno quando divengo- no abnormi. Sono questi disordini che costituiran- no lo stato irritativo, di cui andiamo in cerca, al- meno per una gran parte delle febbri più comu- ni. Due , dice il professor Santarelli , sono le le- ve principali sulle quali vengono ad esercitare le loro forze le potenze motrici. La prima è la super- fìcie della cute , l'altra la superfìcie del tubo ali- mentare. In quella il calorico , la luce , l'aria ec. spiegano le loro opposte azioni : nella seconda , i cibi e le bevande (a). 3. Queste due superficie sono in qualche modo lo stesso organo, perchè la pelle ripiegandosi forma la tonaca del tubo alimentare. Onde può dirsi che il principio del movimento nasca da un sol organo , meta del quale esternamente involge l'individuo , e l'altra meta nel midollo del medesimo è fissato , d'on- de alle parti intermedie viene portato il movimento (a) P^, La memoria del professor Santarelli^ la mia lettera suW azione fisiologica de'' controstiinolanti diret' ta al dottor Bonifazj , e V altra suW azione controsti' molante delV ossigeno indrizzata al clinico parmense. 3o8 S e i E N z r e la vita. Perche queste pnrli fossero nel più per- fetto accordo , la natura volle che le loro superficie avessero presso a poco la stessa dimensione. Allo stesso oggetto destinò ancora, che due ordini di nervi par- tissero da un medesimo viscere , cioè dalla midolla spinale : l'esteriiQ che recar si dovesse alla cute , l'interno al tubo alimentare : ed ia entrambe queste due pareti spandessero le loro terminazioni , le qua- li per altro converrebbe meglio chiamare origini. Per questa doppia serie di nervi i primi movimenti ec- citati dagli esterni agenti e dai cibi si propagona allo stesso midollo spinale, e tutte le altre ramifica- zioni de' nervi derivanti dalle propagini laterale delle suddette due serie , e quindi a tutto l'animale, man- tenendo fra loro finche esso vive un maraviglioso le«ame. Dal che è facile il comprendere , che le po- tenze sopiaccen nate coli' esercitare le loro forze sul- le dette due superficie, debbono essere la cagione immediala dell' eccitamento e disila vita. 4. Nei vermi nei t[uali manca il cervello , e ne' quali in di lui vece esistono ajcuni gangli lungo il loro dorso , da cui escono «loppio serie di nervi , parte de' quali incomincia dalla superficie del corpo, e l'altra mela da quella del tubo alimentare , ci rappresenta in un modo il più semplice il sistema dalla natura adottato , e fondamentale ad ogni al- tra specie di viventi (a). {a) Il professor Santarelli , seguendo V opinione del maggiore de' clinici deW età nostra , opina , che come dalla pelle e dal tubo alimentare si succhiano molte tO' stanze che vengono trasportate nelV interno del corpo , così egualnients altre escrementizie se ne versino , tan- to nella cute , quanto nel tubo intestinale. Alle ragioni Sulto stato inruTvnvo ec. 3of) 5. Avremo di die confermarci in questo con- cetto , osservando attentamente ciò che avviene ad iiu individuo , nel quale le jiotenze sopraccennate sospendono le loro azioni o nell' una o nelT altra delle medesime superficie , e di poi ciò che succede restituendole loro. Rimovete il calorico dalla pelle : a poco a poco si vedrà gradatamente illanguidire l'ani- male , ritardarsi i movimenti di tutti i suoi visce- ri , e spingendo innanzi lo sperimento , arrestarsi del tutto , e cessare di vivere l'individuo. Con piiì di lentezza, ma altrettanto avviene se voi lo immer- gerete in un fluido privo dell' aria atmosferica, quand* anche non gli sia impedita la respirazione. Quei po- poli barbari , che seppelliscono sotto terra fino al collo i malfattori ricoprendo la fossa di arena , con- fermano colla rapida morte prodotta da questo cru- dele supplizio il nostro asserto. S. E ugualmente chiara ed appariscente q^uesta verità , ove un' animale venga privato di nutrimen- to. Entro lo spazio di pochi giorni ha termine la sua vita , ed essa va illanguidendosi e decrescendo con istrelto rapporto alla diminuzione degli stimoli e controstimoli alimentari. Un pratico attento ha lut- to giorno l'occasione di confermarsi in questo sen- timento. Neil' ultimo periodo delle gravi febbri le quali furono ben trattate , K vita che sembrava spe- da quel clinico esposte nella sua epitome , egli ne ag- giunge una nuova risultante dalla ma lunga pratica, (Questa si è , che sul Jinire specialmente dì molte J'ehhri il sudore , che si spreme dalla pelle , presenta un odo- re eli egli ha riconosciuto esalarsi contemporaneamente dalle fecce alvine. Ecco un nuovo punto di ravvicina' mento fra queste due superficie. 3ib Scienze gnersi , ritorna a seconda che si somministrano con- venienti alimenti , e minaccia di cessare , se ven- gono ritardati. la tali frequentissimi casi la recipro- ca dipendenza di questa da quelli è cosi evidente^ che un filosofo rimane attonito nello scorgere con quanto poco ci sia dato o di lasciare spegnere , o di riaccendere e conservare la vita. 7. Ma quello che lutto dì ci appalesa il siste- ma arterioso, tanto ne' sopraddetti casi ^ quanto nel corso ordinario del vivere per mezzo delle sue pul- sazioni , rafferma vi è più questa proposizione. I movimenti delle arterie essendo i piìi appariscenti, somministrano mezzi piiì evidenti a questo genere di esperimenti. Tenete dietro al numero ed alla forza delle diastole arteriose nel giro delle 2/\ ore. Voi le rinverrete piti tarde sull' imbrunire della sera: tar- de ancora in sul mattino : ma nelle ore meridiane pili celeri e più forti. Fa eccezione la grande state , nel qual tempo non sono più valide nelle ore me- ridiane, ma nelle medie: perchè in queste meglio si equilibrano le azioni dell'ossigeno e del calorico fra loro. Al contrario nell' inverno i polsi sono più ro- busti neir ora del mezzo giorno , perchè in tal tem- po l'energia del calorico si è tanto innalzata, da por- si in più eguale rapporto con quella dell' ossigeno. 8. Esplorate il polso dopo il cibo , e voi lo troverete più elevato ed impetuoso di quello che appariva prima che venisse assunto. Rinnovate fre- quenti volte queste ricerche , e voi troverete che la gagliardia de' polsi è in ragione composta del tempo e del momento , e della riunione delle azio- ni delle summentovate potenze. Cotanto si appa- lesa la subbordinazione del movimento arterioso nel- lo spazio di a4 ore da tali condizioni , che si può asserire esser esso I* espressione della combinazio- Sullo stato irritativo f.c. 3it ne e forza delle medesime. E questa dipendenza non solo si verifica relativamente ai giorni , ma an- che avuto riguardo alle stagioni dell* anno , nelle quali i polsi hanno tanto più di energia , quanto maggiormente è crescente l'azione dei suddetti agenti, purché l'equilibrio , che fra di essi deve regnare , conservi la più vicina misura. Onde i polsi della primavera e dell' autunno sono più validi di quel- li delle altre stagioni. Ne l'autopsia si ristringe ai soli fenomeni delle arterie , ma si estende a tutte le altre funzioni del corpo vivente. Fate che nor- male e pura sia l'azione dell' atmosfera , del ca- lorico , della luce sulla superficie del medesimo ; supponete che la copia e la qualità de' cibi in- gesti sia qual si convenga : e l'animale sarà pron- to e facile ne' movimenti , regolare nelle funzio- ni , ilare e contento di animo. Il che mostra quan- to egli dipenda dall' esercizio delle menzionate leve» 9. E qui non posso trattenermi dal presentare un curioso rilievo. Poiché la natura ha voluto che questo globo venisse abitato e di e notte da esseri viven- ti , parte de' quali veglia mentre altri sono immersi nel sonno ( onde in tutti gì' istanti vi sono esseri in pieno esercizio della vita ) , è perciò che ne' not- turni l'ossigeno produce nella notte quello ch« ne' diurni eccita il calore : fatto che conferma ciò che al- tra volta dicemmo suW azione fisiologica de contro^ slimolanti. È impossibile scoprire la cagione , per cUi un si esteso fenomeno avvenga : ma è impos- sibile ancora il negarlo. Un mammifero, alla nostr* specie molto vicino, presenta un esempio maraviglio- so di tale potenza dell' ossigeno. Questo nulla aven- do in apparenza di comune con gli animali nottur- ni neir organizzazione , pure siegue la legge a cui quelli sono sottoposti. Egli è la scimia americana ^ 3i2 Scienze denominata da Humbold mono dormìlon , la quale assonna nel giorno, e si desta nella notte. Alle ore 7 del mattino essa cerca riposo , alle 9 è gik asside- rata, ed alle 7 della sera si risveglia. Se voi volete destarla , si rattrista e s'inquieta , ed ama di dor- mire. Osservazione interessantissima , che mostra il potere dell' ossigeno nell' eccitare , a seconda dell' orditura con cui furono costrutte , le svariate specie de' viventi. Ma anche in questi animali la forza delle arterie si ritarda e si affievolisce a seconda che sce- ma l'azione dell' ossigeno. IO. Ritornando alla prima proposizione dirò , che il suddetto professore suole paragonare le pul- sazioni delle arterie alle oscillazioni cle'penduli. Un selvaggio che vegga per la prima volta l'orologio , ripete dal pendulo il di lui movimento , perchè in esso lo vede ^\\x energico. Ma il principio del moto è nella molla o nel peso, che sembrano immobili. Per ugual modo noi dobbiamo ripetere il primo moto del- la vita , non dal sistema arterioso , ma dal sistema cutaneo , e dall' interna superficie del canale alimen- tare. Il sangue costituisce l'agente e lo stimolo del- le arterie. Ma solo non basterebbe a porle in movi- mento. Esso lo mantiene , e lo rende regolare dopo che fu eccitato nelle minime arterie dalle cause dì sopra indicate. Di fatto la frequenza de' polsi non è sempre in ragione della copia del sangue : uè quan- to più questo è abbondante, i movimenti di quelli gli sono corrispondenti. La pletora per se sola non pro- dusse mai la febbre senza l'intervento di altra irri- tazione o primaria o secondaria : e la pletora isola- ta induce l'apoplessia , senza dar luogo in sul prin- cipio ad alcun movimento pirretico. Finalmente, ri- salendo a ciò che avviene nei primi istanti che co- minciano a vivere , noi troviamo che la superficie Sullo stato ii\ritativo ec. 3i3 esterna dell' animale è la prima ad esser posta in esercizio , perchè Io sperma in essa agisce prima di ogni altra parte , e la costituisce primaria leva a vincere tutte le resistenze , e ad eccitare tutti i mo- vimenti. 1 1. Esistono, a vero dire, in noi ed in molte spe- cie di essere organizzati , altre leve che debbono dirsi secondarie. Fra queste sono negli animali i sensi esterni , la vista , l'udito , il gusto ec. Ed in oltre i sensi interni. Le potenze, che agiscono sulle prime , comunicano un movimento a tutto il sistema. Ve Io comunicano i sensi interni , specialmente per mezzo della locomozione. Ma queste leve sono secon- darie , perchè l'animale può vivere senza l'esercizio delle medesime , cioè ora sospendendo , altre volte perdendo la visione , l'udito ec, e vive anche senza esercìzio muscolare per lungo tempo. Sono seconda- rie ancora, perchè restano inattive, e come non esi- stenti se si sospendono le prime. Sono dunquG ausi- liatrici della vita ; ma non producenti la vita. Io voglio avvertire di passaggio , che gli errori commes- si neir esercizio di queste ultime , potranno soltanto occasionare malattie singolari e sporadiche : ma le malattie costituzionali non potranno essere prodotte , che dalle prime. la. Premesse queste osservazioni generali, inol- triamoci ad investigare le morbose affezioni prodotte dall'azione di dette potenze allorché agiscono innor- malmente , e teaiamo lor dietro fino a tanto che ne ve- dremo sorgere quello stato che chiamiamo irritazione. Parliamo in primo luogo di quella che nella cute ha la sua origine ; poi dell' altra che si opera nel tu- bo intestinale , e finalmente di quelle che succedono in ambedue. Questa descrizione sarà una dimostra- 3i4 Scienze zione del nostro primo assunto , percliè nelle fisiche spesso il ben descrivere è io stesso che dimostrare. i3. Allorché o il freddo » o il calore, o qua- lunque altro vizio dell' atmosfera , agisce innormal- mente sulla superfìcie del corpo , rinfermo sente in sulle prime un mal essere che non sa esprimere : è abbattuto , la cute sembra o fredda o calda più dell' ordinario , è arida , ora rilasciata ed ora tesa , sen- sazioni vaghe di caldo o di freddo lo incomodano. Questo stato è più o raen lungo a seconda dell' energia , del numero , della natura , delle cause che lo produssero , e qualche volta si estende a molti giorni senza che comparisca la febbre. Noi lo chia- miamo stato irritativo. In questo tempo e manife- sto elle le partì affette e turbate sono quelle che le priaie si presentano alle azioni morbose , cioè r«;stremita nervose della cute, le boccucce de' vasi tanto esalanti , quanto assorbenti , la cellulare , e tut- to il tessuto cutaneo. Lo stato pertanto irritativo h un disordine delle funzioni di dette parti, o per l'eccesso o pel difetto di azione di quelle poten- ze , che sogliono tenerle eccitate quand' operano regolarmente. Questo disordine per le leggi della continuità e del consenso si estendono a molte par- ti del corpo , sieno nervose , sieno cellulose , sieno vascolose. Ma primieramente l'influenza passa al tu- bo alimentare , il quale è una continuazione dello stesso tessuto. Nasce quindi l'anoressia , l'aridità del- la bocca , r irregolarità delle secrezioni enteriche , ed alcune volle anche di quelle dei visceri vicini , come del fegato , il vomito ec. Tutti questi disordi- ni vengono appellati dai clinici sintomi prodromi della febbre , la cui intensità , lunghezza , e mag- gior numero fanno presagire la gravezza maggiore e Sullo stato irhitativo kc. 3i5 il maggior pericolo della futura malattia. Codesti sin- tomi per altro ben esaminati mostrano quali sono le parti che le prime furono offese , quali lo sa- ranno secondariamente. E considerate le cagioni che li fecero nascere e che operarono su queste stesse parti, ci portano a concludere, essere il tessuto cel- luioso della pelle il primo anello de' futuri disor- dini , che con catenazione necessaria ha trascinato seco un turbamento più universale, da cui nacque senso di debolezza , inerzia , dolori di capo , moro- sita , ed intolleranza di ogni sensazione : in proces- so, analogo disordine nel tubo intestinale corrispon- dente a quello dell' organo cutaneo , col quale uni- to forma un sol tutto. Ma qual sarà la condizione di queste parti durante lo stato irritativo ? Non è essa pienamente determinabile. Parlando però coeren- temente alle nostre presenti cognizioni , ora dovrà essere sensibilità di nervi accresciuta' , altre volte di- minuita t ora irritabilità delle fibre minime muscola- ri dei vasi aumentata, altre volte scemata, e quin- di spasmo , o rilasciamento : ora la fibra cellulosa pili contratta , ed altre volte meno : ora l'assorbimen- to accresciuto , altre volte scemato : ora la secre- zione de' vasi esalanti diminuita , altre volte rad- doppiata , ma sempre viziata^ alcune volte poi que- sti disordine in vario numera riuniti ed a gradi diversi. Tali affezioni costituiscono lo stato irrita- tivo nella pelle , essi sono l'effetto di modificazioni che noi non conosciamo , perchè ignoriamo l'intima organizzazione delle parti , ed il modo di operare delle potenze, nell' accrescere o nello scemare la sen- sibilità, neir aumentare o nel diminuire la contratti- lità , neir indurre lo spasmo , o nel far nascere la contrazione: ma che ciò non pertanto dobbiamo sup- porre- esistere , abbeuchè incognite. 3lG S e I E N Z K i4« Ciò che aLbiam flotto della pelle, deve dir- si anclie del tubo intestinale. L'eccesso o il difetto degli alimenti , ora eccitanti ora deprimenti, induco* no in questo vasto organo molte turbe e molte afìfezio- ni del lutto corrispondenti alle già accennate , cioè spasmo , rilasciamento , incomode sensazioni^ escre- zioni e secrezioni innorntali , ora accresciute ed ora diminuite. Questi cangiamenti sono ciò che noi chia- miamo irritazione intestinale. Persistono nlcuni gior- ni , chiamano in consenso l'organo della pelle , e fanno nascere in essa , per la legge anche della continuila, uno stato irritativo conforme al proprio. Anzi anche negli organi lontani^ dove queste due le- ve primarie portano la loro iniluenza , sia per mez- zo de' linfari , sia per mezzo del tessuto celluioso , sia per qualunque altra fibra, si stabilisce una con- dizione uniforme che similmente potrà chiamarsi sta- to irritativo consensuale. Sta poi in fatto, che que- sto turbamento, o stato irritativo, viene prodotto tanto dal caldo , quanto dal freddo eccessivo , dall' umidità , dai forti venti : tanto dai cibi riscaldan- ti , quanto dai temperanti : cioè a dire , tanto da potenze stimolanti , quanto da potenze controstimo- lanti. E sta pure in fatto , che questo stato irri- tativo non è sempre identico , perchè non sono sem- pre i medesimi i turbamenti delle varie fibre co- stituenti il tessuto della pelle , e quello del tubo intestinale. Noi però con un sol vocabolo lo abbia- mo voluto designare , perchè le sensazioni ingrate che lo accompagnano sono con parola comune d'ir- tazione nominate dagl' infermi , perdio esso è uno stato diverso da quello che gli succederà in appres- so, cioè il febbrile. Né ci si opponga, che sotto una stessa denominazione non dovevamo comprendere di- sordini che non sono i medesimi : perchè abbiamo Sl'Llo stato irritativo ec. 317 voluto segnirc l'ordine naturale delle lesioni , riser- bandoci più a basso di far conoscere quolia difìTe- renza che ci sarà permesso di ravvisare. Quello a cui miriamo in buon diritto , e che non ci si polik da verun uomo sensato negare, si è clie per un tem- po più o men lungo >, ed alcune volte di molti gior- ni prima che comparisca la febbre , evvi uno stalo morboso che non appartiene A sistema arterioso , ma che ha la sua sede o nella superficie degl' in- tegumenti , o in quella del tubo alimentare. i5. E quand' anche le presenti nostre ricerche si versino sulla preesistenza dello stato irritativo nelle febbri comuni , pure Jion voglio trascurare d'indi- care , che anche nelle febbri contagiose lo stato ir- ritativo antecede di molti giorni , e ch'è da (juesto, che quelle sono prodotte , onde apparisca la costan- za di questa legge. Allorché i contagi generanti tali malattie incominciano ad operare , gì' infermi prima che sorga la febbre soffrono in tali organi turba- menti morbosi : ora indolimento , ora freddo e cal- do , ora brividi continui , alcune volte sensazioni vaporose alla faccia ed altre parti del corpo , bru- ciore agli occhi , siccità alle fauci ed alle narici , somma spossatezza , perchè l'organo dove incomin- ciano i primi movimenti della vita è inncrmalmente eccitalo. Per alcuni giorni dura un tuie stato , nei quali successivamente le funiioni del tubo alimen- tare si vanno tuibando a causa deli' accordo e cor- rispondenza delle due parti. Finalmente dopo alcuni giorni comparisce la febbre , la quale , come poste- riore di tempo , mostra essere l'effetto di un disor- dine previamente in altri organi stabilito: e questa dimostrazione viene sempre più fiancheggiata dalla dipendenza che in progresso dimostrerà la febbre dal piocesso esantcratitico che si compie nella cute. Au' 3i8 Scienze che in questa occasione molte volte apparisce l'esan- tema senza che ne sorga la febbre. Nel vajuolo , nel- la rosolia re propriamente detta, ma o ri- torna l'emicrania, o il vomito, o qualsivoglia altro sintomo. È questo lo stato irritativo di cui intendia- mo parlare, isolata però , e non seguito dal movimen- to febbrile. Pure alcune. volte , dopo il ripetersi di molti parossismi , finalmente comparisce la febbre. E questa successione, quand'^ anche non costante, fa pro- va che quella condizione morbosa era quella stessa irritazione che noi abbiam visto precedere ordinaria- mente le febbri periodiche , allorché esistono tutti i sintomi febbrili. Concludiamo adunque , eh' evvi uno stato morboso differente dal febbrile , il quale ne' ca- si accennati ha la sua iiede nel tessuto celluioso degl' integumenti esterni, o nel tessuto celluioso degl'in- testini , il quale precede sempre la febbre , esiste al- cune volte senza questa , o sussiste nelle ore che que- sta scompare : stato prodotto immediatamente dalie azioni delle potenze morbose , stato eh' e cagione del- la stessa febbre , ed al quale abbiamo dato il nomo d'irritazione. ^5. Il trattamento dovuto alle febbri tanto pe- riodiche , (juanto continue , cosi comuni , come con- tagiose , confernieraniio l'esistenza e la natura del- lo stato irritativo diverso dallo stato febbrile , co~ me abbiamo di so])ra promesso. Vediamolo prima nelle febbri periodiclie. La /ebbre periodica prima- ria e congiunta o allo stato inflammatorio , o al nervoso , o al gastrico. Nel primo caso il trattamen- to è sempre lo stesso , net tempo tanto della feb- bre, quanto dell' apiressia , perchè l'irritazione essen- do stata prodotta dagli slimolanti, richiede lo stes- so trattamento eh' è necessario nell' accesso febbrile. 22^ 3^4 S e I E N e E 26. Ma nel secomlo caso noi possiamo ilistin«(ie- re la differenza di questi due stati , cioì; l'irrita- tivo e il febbrile pel trattamento. Irapercioccliè nell' accesso pirretico sono necessarj i rimedj temperanti, le lunghe pozioni , e i così detti emollienti ; e per- chè in tal congiuntura tutti gli stimolanti apportano molto nocumento , ed accrescono la ferocia della feb- bre. Ma cessato l'accesso febbrile , sono utili i ri- medj riscaldanti , i corroboranti , in una parola i cosi detti stimolanti. È in tal tempo che giova la china, non rare volte il vino ad essa unito, e i nu- tritivi. Il professor Santarelli asserisce di aver trat- tato centinaja di tali ff;bbri , dominatiti ne' luoghi umi- di nel principio di autunno, con tal metodo pienamen- te stimolante nel tempo deli* apiressia. Narrava an- cora di alcuni casi , no r|uali qualche febbre perio- dica, restia ai comuni metodi, erasi finalmente spen- ta dopo il largo uso o del vino , o di una genero- sa porzione alcoolica. Il trattamento adunque delle f(>bliri periodiche nervose impiegato durante l'apires- sia , ed op[)Osto all' altr(j usato nell' accesso febbri- le , non solo dimostra la diversità di questi due sta- ti , ma la coesistenza dello stato irritativo ben di- verso con lo stalo opposto febbrile. E questa conse- guenza viene resa ancor più evidente dall' altra os- servazione , cioè che se nei tempo dell' accesso di tali febbri , benché nervose , si faccia propinare la china, il vino , 0 i liquori all'infermo, non solo noti se ne riscuote alcun vantaggio , ma se ne riporta il più sicuro detrimento. 27. Conferma ancora la differenza e la coesi- stenza di questi due stati un' altra non infrequente osservazione. Coloro che contrassero una febbre per- tinace periodica nei bassi ed umidi luoghi e fred- di , abbcnchè debbano trattarsi coi cosi detti miao- ^SuLLO STATO UIRITATIVO KC. 325 ratori , sali medj ec. e con pozioni rinfrescanti nel corso dell' accesso febbrile , pure ritrovano la desi- derata sanità, in luoghi elevati di calda temperatura, o neir accostarsi della primavera , cioè quando il nuo- vo stimolo del crescente calore eccita la cute , e fa cessare lo stalo irritativo adinamico die n'era la cagione. a8. Il metodo curativo dovuto alla fehbiG ga- strica periodica mostra l'esistenza di una irritazione, che si è formata nel tubo intestinale : ma senz' ag- giunta di nuove circostanze non rischiara il nostro argomento, reso già bastantemente evidente dalle co- se fin qui dette. 29. In quanto poi alle febbri continue^ allor- ché esse furono prodotte dal freddo ( e questo caso è assai frequente , mentre addomandano le bevande temperanti, il nitro ec.) pure vogliono il riscaldamen- to della cute procurato dalle coltri e dal tepore del letto. x\nche allorquando l'ebollizione della febbre esi- ge un qualche salasso , pure dobbiamo conservar cal- da la pelle dell' infermo. Dal che ne deduco , che lo stato irritativo di quest' ultima è di una condizione affatto diversa dallo stalo delle parti , ove la febbre ha la sua sede. Osserva il professor Santarelli, che tut- te le febbri dell'annua costituzione si devono ai can- giamenti atmosferici , e che fra questi ultimi moltis- simo frequenti sono quelli dovuti al freddo. Asseri- sce ancora, che il disprezzo di tali febbri, quando sono nel loro principio , attesa la loro tenuità e il cibarsi senza riguardi a tal epoca , da luogo alla formazione delle cosi dette febbri putride , ossiano gastriche. \i\ tali casi, mentre si combatte il gastri- cismo e lo stato febbrile , è mestieri porre conside- razione alla cute , ed alcune volte procurare con mez- zi validi l'eccitamento della medesima. Voglio riferi- SaG Scienze re un'osservazione , a cui io slesso assistii nel pas* salo novembre. Il signor Chierichelti nello scorso ot- tobre, recandosi alla campagna per esercitarsi nella caccia , era slato più Volte bagnato dalla pioggia. Non aveva cercato di asciuttarsi , e di cangiar veslimenla. Incominciò a sentir de' brividi alla pella;ma non ab- bandonò il suo esercizio ; si espose di nuovo e più. volle alla pioggia colla solita negligenza, e si cibò a norma della sua consuetudine. Finalmente fu aggre- dito da febbre, accompagnata da spossatezza , da ca- lore interno , sete , bocca amara , dolore di capo , romore all'orecchio. Il dottor Sisti lo fece salassare, e lo purgò più di una volta. 11 professor Santarelli fu cliiamato nel nono giorno. Trovò l'infermo supi- no ed abbattuto , avea dolore al capo , tintinnio all' orecchio , e leggermente delirava. La febbre non era molto grande , e rimetteva ben poco nelle ore mat- tutine. La cute era secca, arida , non molto calda : e dove l'infermo si moveva, si lagnava di freddo al- la pelle , e d'indolimento a tutte le articolazioni. La lingua era arida e secca , le orine pallide. Rifletten- do allo stato anteriore e primiero della pelle , alla di lui continuazione , alla diminuzione dell' estuan- za febbrile procurala dal salasso e dai purgativi , egli credette necessario rieccitare la cute. Ordinò del- le fomenta calde al basso ventre da praticarsi mat- tina e sera , prescrisse pozioni calde , e fece appli- care due senapismi. Tutto ciò eseguito , comparve un leggiero sudore , la pelle si rese calda e molle , cessarono le disgustose sensazioni di freddo e ciò che l'infermo chiamava indolimento generale , si di- minuì il delirio , si rese umida la lingua , e parve l'infermo rialzato ed avvicinato alla salute. Il resto della cura fu eseguito col rinnovare un leggiero mi- norativo dopo qualche giorno , e col conservare le for- Sullo stato irritativo ec. 327 ze con frequenti biotli fino alT apiressia. Ora clii non vede in questo caso uno slato irritativo ad inamico , se mi e cosi permesso di nominarlo, che avea la sua sede nella pelle fin da principio del morbo , che si era conservato per un lungo corso del medesimo , contro cui dopo repressa Tebollizione febbrile col sa- lasso e coi purgativi , fu necessila po,i>^3Ìegare nel- la pelle un trattamento eccitante y il quale sarebbe stato intempestivo nei primi giorni;, allorché . la feb- bre addomandava un salasso e degli ecoprolici ? 3o. Il trattamento rinvenuto utile da Sydeiihnm^ da GraJit , e da altri pratici nei primi giorni delle tuibe prodotte dal contagio fisico, presenta un nuo- vo argomento a conferma della nostra proposiziono. Esso arreca tanta luce al nostro soggetto, che^ io noti posso trasandailo, abbencliè le nostre ricerche si ver- sino sulle fe])l)ri delle costitiuioni. Già si sa , che comparsa la febbre è necessario qualche salasso ri- petuto , l'emetico , i purgativi. Ma prima che questa siasi mostrala , mentre l'infermo h abbattuto , men- tre sente indolimento alla pelle , inquietezza generale alle bevande calde , il letlo e le coltri ed il vino sono i rimed) die dai suddetti scrittori vennero im- piegali per rieccitare la pelle, e far cessare lo slato irritativo ipostenieo prodotto dal miasma tifico. Con- cludiamo pertanto , che la irritazione è ben diversa dalla febbre t che questi due stati esistono in parti diverse : che il primo precede ed è cagione del se- condo : e che alcune volte il trattamento dovuto al primo differisce da quello con cui devesi combat- tere l'altro , che alcuna altre e uniforme. 3i. Mi rimane di presentarvi, o signore , alcuni corollari pratici , che derivano dalle suddette consi- derazioni, parto sempre dell'esperienza. 1° Lo stato irritativo non essere uno ed identico, ma ora stenico ed 328 Scienze era ipostenico , per usare il comune linguaggio, ciob ora prodotto da eccesso , altre volte da difetto di po- tenze o stimolanti o controstimolanti, a" L'uno e l'altro dei surriferiti stati irritativi trarsi dietro la febbre. 3" Dunque il trattamento dovuto nel primo caso non può in tutto convenire a quello necessa- rio nel secondo. ^° La febbre per essi nata merita- re quasi sempre un trattamento temperante , perchè in ogni febbre vi è accrescimento di calorico ; ma que- sto trattamento dover esser subbordinato alla natura dello stato irritativo che ha potuto produrla : cioè se lo stalo irritativo, per esempio , fu Tefietto del fred- do e dell' umidita , esigere le pozioni calde; all' op- posto se venne generato dal calore , fresche bevan- de ec. 5** E poiché l'irritazione alla cute si trae spes- so dietro l'irritazione del tubo intestinale ; e per que- sta irritazione si da luogo a secrezioni morbose ente- riche: perciò da quest'ultimo prodotto mantenersi mol- te volte la febbre , la quale per la cessazione della prima irritazione già piij non esisterebbe. Questo ga- stricismo poi venendo accresciuto dal movimento feb- brile, che tutte perturba le secrezioni de' visceri ad- dominali , per un tal nuovo aumento ingrandirsi l'ir- ritazione morbosa. G" La cessazione allora della feb- bre non ottenersi se non evacuando quelle morbose secrezioni che la fanno sussistere: il che non potersi effettuare se non coi purgativi , gli altri rimedj di qualunque natura essendo per la ragione suddetta e pei- l'osservazione ineiìicaci a tanto scopo. 7*' Conse- guentemente non esser vero , che preceduta una con- dizione ossia diatesi, la febbre dover cessare subito che la diatesi sarà spenta j imperciocché la febbre può es- sere mantenuta dalla nuova secondaria irritazionega- strica. 8° La veemenza della febbre essere in ragio- ne composta dell' estensione della superficie in cui si Sullo stato irritativo ec. 839 produce l'irrita/ione , e del momento delle potenze. 9* Essere inoltre in ragione della sensibilità delle parti e della copia del sangue dell' individuo. Le tre pri- me condizioni sono chiare per se stesse: l'ultima è si- milmente , bastantemente manifesta , perchè la quan- tità del calore febbrile, che si svilippa , corrisponde anche alla copia del sangue che ne somministra i mate- riali. IO** Non doversi nelle febbri estrarre il sangue per lutto il corso delist loro durata ed incessante- mente, con lo scopo di farle cessare con questo solo mezzo , perchè la febbre è l'effetto di un' afìezione pre- cedente, la quale la farà sussistere, malgrado di qual- sivoglia evacuazione sanguigna, eccettuato il caso. in cui l'irritazione sia prodotta dagli stimolanti, e non siasi generata verun' altra irritazione per le nuove morbose secrezioni. 1 1* Ogni qualvolta si accenda una febbre qualunque, per ispegnere la quale fummo ne- cessitati impiegare il trattamento temperante e pur- gativo , o ambedue , l'ultimo del quale spiega la sua energia nel tubo intestinale; avvenire alcune volte, e quasi necessariamente, che quest'organo venga de- presso al di la dell' abbassamento universale già ri- dotto alla normalità. Allora il tubo alimentare si ri- trova portato ad un' irritazione adinamica , la qua- le può mantenere la febbre. In questa circostanza è indispensabile rieccitare il suddetto tubo alimentare con sorbizioni nutritive, ed anche stimolanti. Ciò si verifica nelle febbri costituzionali gastriche , ed ia principio anche leggermente inflammatorio-gastriche, allorché furono di lunga durata. Il caso non è mol- to frequente , ma neppure tanto raro da non potersi ammettere. Quanto meno partecipò dello stato infiam- matorio la febbre in sul principio , quando essa fu prodotta da irritazione leggera , e prolungata da po- tenze controstimolanti : quanto più il gastricismo fu 33o Scienze grande , e di lunga durata : quanto più fu severa la dieta : quanto più furono numerosi i purgativi e soverchi, tanto meno infrequentemente s'incontra il caso di dover infine della malattia nutrire e stimo- lare il tul)0 alimentare^ quandanche esista la fcLbre i giacche questa tanto è prodotta, quanto mantenuta dal rotto equilibrio delle potenze stimolanti e controsti- niolanti lo stesso tubo. 12° Ma alIor(fuando la febbre venne prodotta da successive ed interrotte azioni adi- namiche seguile da gastricismo , dopo aver rimosso questo secondario disordine, allora con più frequen- za sorge l'indicazione di eccitare il sistema. L'espe- rienza conferma ciò che qui la ragione suggerisce. iS" Dal corollario a." 3." e 5.^ ne consiegue ancora, che tutte le febbri non sono l'effetto privativo di una flogosi locale , come si e imprudentemente creduto ; perchè a questa ipotesi si oppone la considerazione delle cagioni che la produssero , l'estensione e lo stato dell' organo che il primo fu affetto , ed il cor- so successivo de' sintomi. E conseguentemente non darsi delle febbri , di cui abbiamo parlato e primarie , quel centro anteriore motore del turbamento febbrile. Non voglio negare, che oltre gli accennali prodotti della febbre dopo molti giorni , spesso vedesi asso- ciare l'infiammazione di qualche parte. Essa inco- mincia a manifestarsi o sul fine della prima settima- na , o nella successiva , ed anche più tardi. Ha luo- go un tal fenomeno, allorché si trascurò di salassa- re l'infermoT;, allorché non fu rigoroso nella dieta , allorché venne impiegato qualche inconveniente far- maco , allorché un nuovo stimolo o controstimolo inopportuno e locale sopravviene ad offendere l'in- fermo , allorché un organo si ritrovava più avanza- to del restante del sistema nell' eccitamento morboso anteriormente alia malattia. Nei Popolari d'Ippocraté SuLXO STATO IRRITATIVO EC. 33 1 abbiamo frequenti esempj di simili casi , perchè egli 0 trascurava il salasso , o salassava una sola volta. Non è dunque vero che tutte le febbri nascano da una infiammazione , e che la parte infiammata è quel- la che fa sorgere e mantiene la febbre : impercioc- ché si verificherebbe allora che l'effetto genera la propria cagione. E questa infiammazione in tali feb- bri primarie ora è l'effetto della stessa febbre , ora dell' associazione alla medesima delle cagioni poco fa menzionate, ma alcune volte dell' irritazione gastrica, tanto primaria , quanto secondaria. Signore ■, senz' awedermene io già ho fatto paro- la dell' infiammazione. É questo un argomentp assai vasto, che merita per se solo un lungo ragionamento: ed io ho già ecceduto i confini di una lettera. Mi ri- serbo dunque parlarne in appresso, quando tratterò dell' irritazione che la precede : ed intanto ritorno a ^dichiararmi vostro ammiratore. Macerata i maggio 1829. 33: LETTERATURA Scriptorum nwterum nova collectio e vaticanis co- dicibus edita ab angelo Maio hihliothecae vati- - canac praeftìct.o» Tomus secundus (C. ( f^edi farti- ■ colo ffnectdente nel voL di maggio , alla pag. 177) (Continuazione fì fine) v-i) Lio. XXX JJ e, ult. DlTINA COMMEDIA 345 ésgo(pct , e nel dialetto dòrico f^oip^a , che significa ver- ta , cinedo ; vulgo , rivolgo , torco. Di la viene s^o- ^0?, cosa torta; ed ha varie significazioni -.fune o fascia , i cui fili si torcano ; tonnen , torcimento di viscere; e per metafora, uomo torto ^ versatile^ non fedele. Dalla stessa radice nacque la voce j^ocpK , ed ha egualmente significazione non meno propria che metaforica : percliè propriamente significa versura , fexio , revoliitio , giramento , torcimento •, rivoluzio- ne., e metaforicamente fraus ^ frode ^ inganno., tergi" versazione. E nota che sempre significa quella fro- de che si operi per versatilità , per torli giri , per rivoluzione o riljellione. Al primo significalo , che è il proprio, appartiene la jfOK degl'inni, che al- tro non era che giramento ; conciossiachè una par- te del coro si distaccasse dagli altri per volgersi in- torno ali' ara , e cantare una parte de' versi. Le due isolette del mare ionio chiamate strafadi furono così dette , o perchè l'una distaccossi dall' altra , o per- chè, secondo il dir de' mitologi, giunti a quel luogo Calai e Zete , che discacciarono le arpie del regno di Fineo , si rivolsero e ritornarono in dielro (i). E COSI dobbiamo tener cerio che la zona, o fascia, o corona, chiamata g^àcpiov , avesse quel nome o per- chè ri rivolgeva intorno al capo o sotto il petto , o perchè era formata di torti fili a maniera di fu- nicella : il che meglio dichiareremo qui da presso. Intanto facciamo passo alla lingua latina, figliuo- la della greca, e madre della italiana. Vedremo che tra' latini la voce stropha s'ebbe le stesse signifi- cazioni che aveva avute tra' greci : conciossiachè si- gnificasse giro , torcimento , rivoluzione ; significasse (i) Firg. Aeneid. /// v, 109. 346 Lrtteratl'UA eziandio parte d'inno; e per metafora, frode; quel- la frode che si macchina o con giro di artificiose parole , o con opere che per avvolgimenti e per segrete vie ci conducono a scelleratezza. Ebbero pu- re i latini , COSI come i greci , la voce strophus « che significa torcimento. E qui è d» notare che nel- la favella latina cominciarono le parole sgoolgersi t ed era comune siffatto nome a tutte quelle maniere di funi e legami , che or noi chia- miamo ritorte, il che vedrai spiegato in Vitruvio (3). Discendiamo ora alla linaua de' secoli di mez- zo. Troveremo nel senso proprio e non figurato le Yoci strofits o strophus , strufns , stroppus ^ stro-^ pus in significato di rivolgimento , rivoluzione. Poi cogli stessi vocaboli vedremo indicate le funi ^ o altri legami torti. Avremo eziandio la voce stropha metaforicamente adoperata per frode ; e colle parole (i) Festo alla voce Stroppus. (2) Lib. XXI e. I e 2, , (3) Lib, X e. FUI. L... Divina commedia 347 strophns , stropharius , strophorus ci verrà dipinto l'uomo torto ^ ingannatore^ frodatore^ ribelle (i). Comincererao quindi a veder nascere da struppus e stroppus ^ torto ^ le voci struppius e stroppius; strup- piatus e stroppiatasi l'uomo che e storto , cioè che ha qualche membro il quale si torce dall'ordine natu- rale , per esempio colai che ha stravolto pognam caso un braccio , come disse il Cavalca (2). E per- ciò verremo chiaramente a conoscere, che di que' tem- pi Io strupus o stropas , riferito a bestiame , noa poteva già significare una greggia , o raandra , che o tutta unita pascesse l'erbe, ovvero ordinatamen- te e guidata da' suoi pastori passasse da luogo a luogo : ma sì un numero di capi che sbrancandosi , disarmentandosi , o vogliam dire strappandosi da- gli altri , e torcendo dalla via diritta , uscisse d'or- dine e si movesse a far danno. Di che daranno convincentissima prova le parole riferite dal Du-Can- gè alla voce Stropas : In vineis , ottinis , piante- riis ^ hladis y vel legaminibas quaelibet bestia por" dna et caprina incarrat poenain solido s duos , et prò qnalibet bestia lanuta solidum unum , et toti" deni prò emenda usquE ^d stropum ; et a stropo saprà-, qaantacumque sii quantitas^ libras duas da die , et de nocte daplam , et totidem prò emenda t ET INTELLIGATVR STROPVS A DECEM BESTJlS SU- Piijd (3) : dove non è da porre in quistione che Io stropas significa lo sbrancamento, lo strappamento, lo strappo di alcune bestie- che , lasciato il gregge , si rivolgano a far danno alle vigne , agli albereti , ai seminati. Il che meglio si manifesta per queste (i) V. i gìossarii alle dette voci. (2) Discipl. spirit. (3) Statuto, Mons, Regal. fol, 222. 348 L E T f E R A T U n A altre parole (i) : Coeperunt strop de dictis ori- BUS , et duxerunt ilimd stjìop ad Bauciiim , et ylLIAS IBI PASTORIBUS lìEllQU E lìU NT (s) : clove il S(»uso gli è questo : che coloro , de' quali ivi è men- zione , non condussero via tutto il gregge delle pe- core , ma solo uno strappo di esse , et alias pasto- ribns reìiqnpnuif. Adunque sembrami cosa evidentemente dimo- strata , che dal greco s§o(pos , dal latino strnpus , dal romano barbaro stropus « venne a noi lo slrupo che Dante usò , non già forzando il vocabolo a di- venir tale da stupro f ne forzando il senso a tra- smutarsi da violenza fatta da alcun uomo a fanciul- la , in iscelleragine tentata da alcuni angeli con- tro a Dio ; ma ritenendo il vero significalo ili /'ro- dolenta divisione , rivoluzinns , rihelUoue , stacca- mento di alcuni cattivi angeli da tutto l'esercito ce- lestiale. E chi ne fu vendicatore ? Michele : il du- ce , il capitano dell' esercito , dal quale i superbi si erano distaccati. Ed ecco bellissimo concetto, si- gnificato con belle e convenienti parole: Taci , ma' ledetto : vuoisi così in cielo , dove Michele fece ven- detta della superba ribellione. E già Virgilio ave- va dato nome di ribelli agli angeli che fecero la rivolta , la ove parlando delle triste anime di coloro Che visser senza infamia e senza lodo , disse : Mischiate sono a quel Cattivo coro Degli angeli , che non furon ribelli , Ne fur fedeli a Dio , ma per se foro (?!). (i) Du- Gange toc. cit. (a) Inquesta an. \ 268 ex schedi^ prdlfsìd. de Mazangttei. <3) C. Ili V. 38. Divina commedia 349 Questa voce strupo è anclie a'd\ nostri viva in Italia , e suona per le contrade che giacciono a pie de'monli che ci dividono dai francesi. Né ia altra sii^nificazioiie si usa che in quella che s'ebbe dall' Alighieri. Conciossìachè non si dica già , 'viene uno strup di soldati , allorché un esercito ordinatamen- te procede : né , viene uno strup di pecore , quan- do tutta una mandria guidata dai pastori trapassa da luogo a luogo i, ma si quando alcuni soldati « ovvero alcuni capi di bestiame , muovono distaccati dall' esercito o dalla greggia. Iti somma i vocaboli troppe de' teutonici , e tmu.pe de' francesi rispondo- no alla voce truppa degl' italiani : e per lo contra- rio lo strop nordico , e lo strup subalpino , rispon- dono allo stnipo che noi , per farci meglio inteiide- re , chiameremo strappo o struppaniento. Ed ecco pur fatta piana li interpretazione del- la voce striipa usata da Fazio. Dal nume strupo ven- ne il verbo strnpare , torcere , rivolgere , deviare : e per metafora, oprar male ^ non dirittamente ^ con frode. Da .striipnre ebbesi strnpaio , ed anche strupo, essendo proprietà di lingua il dire cerco e cercato , mostro e mostratn ^ fisso e /issato , e, ciò die fa più il caso nostro , stroppio e stroppiata , storpio e stor- piato. Dunque la Jine strupa dell' avaro e del cru- dele è , secondo che dice Fazio , una fine torta ^ non retta , non giusta , rubelle a Dio , e può pur dire iniqua , perversa : dacché gli esempi allegati nel vo- cabolario della crusca dimostrano come storto fu pu- re usato in senso di perverso e d'iniquo. E qui all' ultimo noterò , che nella mia Roma corre per le bocche di tutti la voce stroppa o stroppola , che si usa a significazione di racconto o discorso , ed eziandio di opera che torcesi maliziosamente dal ve- ro. Caio , noi diciamo, voleva darmi a credere una 35o Lettehatura sua stroppala ; Marzia mi trasse in inganno con alcune sue stroppale , alle quali diede sembianza di inerita. Ne vuoisi confondere la stroppala colla favola : imperocché Fuomo che narra favole non par- la a malizia , siccome fanno coloro che sono inven- tori di stroppole : e dicano falso , volendo che sia tenuto per vero, e tergiversando s'aggirano qui e qua per non essere colti in bugia. Or chi sarà che nel- la stroppala non riconosca i lineamenti della s^otpii de* greci , e della slrapha de* latini presa nella si- gnificazione di quella frode che si macchina devian- do dalla verità con torto giro di bugiarde parole ? Chi non troverà simiglianza fra i modi del presente parlar nostro , e questi che qui trascrivo usati dai latini di tutti i tempi ? Ventosis acquisivit sibi fa- mam strophis f^i)'. Remotis strophis ac fucis de me iudicaturus sum (a): Invenire aliquam stropkani (3) : Vae captiosis. sycophantarum strophis ! vae versipel" li axtutiae (4) : Hoc est quod destruit strophas in ge- niali tiii (5). Il perchè lodevole cosa sarebbe il con- cedere nel vocabolario un luogo alla voce stroppata , che discesa da antica origine , non è ancor morta , ed esprime tale un concetto tutto suo proprio che dichiarare non potrebbesi in altro modo, se pure noa vi si spendessero molte parole. (i) Phaed. lib. 1 fah. i5. (a) Senec. ep. XXVl^ (3) Plin. Lib. 1 ep. i8. (4) Prudent. in proem. Apotheos v. '7. (5) Hieron. lib. HI adyers. Mujin. e. 4. 35i Canto di Teresa Albarelli J^ordoni in morte del cav> Ippolito Pindemonte. o, fioriamo ben volontieri questo giornale di un can- to della celebre autrice de' Sermoni ^ della sig. Tere- sa Albarelli Verdoni, in morte del cav. Ippolito Pin- demonte ; il qual canto ella ha indirizzato al nostro eh. monsignor Carlo Emraanuele de' conti Muzzarelli , significandogli il suo nobile avviso con le seguenti parole : ,, In queste (terzine) io volli rendere un tri- „ Luto di riconoscenza e di aflfetto a quell'anima santa „ ( il Pindemonte); che tale può chiamarsi , se vero „ egli è , eh' Uom ben vissuto a morte in del s'an- „ nidi : e m'ingegnai a mio potere di presentarlo „ a'ieggitori quale egli era nel conversar corapagne- ,, vole, di aeroso contegno, e quale nel viver socia- „ le, umile e pio e generoso. Se non mi venne con- „ seguito lo scopo , egli è perchè non è da tutti „ il fare che lo stile aggiunga a dipingere quali so- „ no le modificazioni dell' animo di chi detta. E se ,, ella le troverà abbandonate di quella elevatezza che „ si vorrebbe al soggetto , egli e perchè sono quali ,, mi uscirono, anzicliè dalla mente, dal cuore, e per- „ che io non mi conosco abbastanza del genere ro- „ mantico, che alla giornata sì piace, ed a cui non „ si affanno ne le voci ne i modi sprezzati, che be- „ ne stanno ne' componimenti del genere assai piii „ facile, al quale finora furono rivolti gli studi miei,,. CANTO. Pur troppo è ver ! da' mortai lacci scioltd Ippolito già tien l'eterno scanno , Agli amici , alla patria , a Italia tolto. 35a Ir^ TTE;1 ATURA Misera Italia! il tempo, a tuo gran danno , Spinse tre sommi all' ultimo tragitto : Poi neir eternità travolse l'anno. Ma dalla man di Dio così era scritto , E contro al suo voler , voler non giova t Ne prece od arte fé' piegar l'editto. Nunzio feral di cosi infausta nuova Improvviso mi giunse , ond' io restai Come colui che se più in se non trova. La voce tenni a' dolorosi lai : Che il dolor troppo allora mi contese Versar quel pianto che poscia versai. Ma tale incendio all' alma mi s'apprese , Che pace non trovai , ne trovai loco, Finche l'aurora suU' Empireo ascese. Parve che '1 suo apparire a poco a poco Mi stillasse nel sen qualche conforto , E 'l sonno venne ad attutar quel foco. Ma il riposo dell' animo fu corto : Però che l'ingombrava quel pensiero , In che l'avea tanto disastro assorto. Ed io sognai , come chi vede il vero , Dolce sogno d'amara rimembranza , Che ha della mente mia tutl' or l'impero. Sognai che sola in mia romita stanza Leggendo io stava , quando parrai udire Tacito calpestio d'uom che s'avanza. Levo la fronte , ed ecco a me venire r veggo a lenti passi , oh meraviglia l Quei che lasciò di se tanto desire. Come rimane con immote ciglia Chi vede gemma che pianse perduta , jpoi mette un grido e trar fa la famiglia ; lo rimango cosi stupida e muta , Quindi sul labbro il nome suo mi suona t Ei , tiensi ed all' usato mi saluta. Canio della Vordoni 3&5 E , (iomc quei che il mio stupor perdona , Vedi, mi dice, senza dirti addio Il vec ;liio amico tuo non ti abbandona. So quanto e' ti sia grave il partir mio ! Ne men fu grave a me per un istante Lasciar congiunti , amici , e suol natio. Ma chi , com' io , per tanti soli errante Fu neir aspro cammin di nostra vita , Credi , è felice se non va pia innante ; Felice assai se presso alla partita Può rammentare intrepido qual visse , E può sperar nella bontà infinita. Io giunsi al porto , che mi si prescrisse , Qudl navicella che ha secondo il vento , Senza che scoglio alcun me lo impedisse. La gloria amai, ne del mio amor mi pento : Che di gloria l'amor scorger potei Dell' amor di virtù primo alimento. E s'ei fu error , fu de'prim'anni miei; Ma error, che gli occhi al vfro ben mi aperse, E diemmi troppo piiì eli' io non perdei. Egli neir onde di Sofia m'immerse , Ei da ogni labe mi purgò con quelle , Poscia la via del ciel mi discoverse. Non fu l'error che fa l'anime ancelle D'alterigia infernal che insulta e sprezza , Non fu l'error che a Dio le fa rubelle. per lui l'anima mia fu sempre avvezza A compianger chi stolto va sperando D'erger suU' onte altrui la sua grandezza. Per lui mertar , non ottener curando , Solitario menai giorni felici , Le mondane follie cacciate in bando. G.A.T.XLIL 34 354 Letteratura Per lui la destra io strinsi a pochi amici , Ma ne' degni di me posto il mio amore , Ben sai se vi piantò salde radici. Per lui di questi non locai Tonore In vuoti nomi , o mal redati argenti , Ma neir ingegno , e , più che in qutl , nel core ; E aperto il mio del misero ai lamenti , Non lasciai che chiedesse invan soccorso : E '1 feci s\ y che l'ignorar le genti. Non aguzzai d'invidia il dente, al morso ; D'ingiuste offese non bramai vendetta Per orror del peccato e del rimorso. Che se in noi di peccar brama si alletta , La dove si confonde il sempre e il mai Giustizia inesorabile ne aspetta. E a te cui tante fiate io ragionai , A te che il detto devi aver presente , Or non giova ridir quello che sai. Ma quel che dirti non potea vivente , E il posso poi che giunsi a' pie di Dio , Fa che tu ben le 1» scolpisca in mente. Se di gloria ti giunge alcun desio , Sia quella glori^a che il ciel non offende , Quella che ti segnò l'esempio mio. In questo dir la mano egli mi stende : A lui la mano palpitante io porgo « Di celeste fulgor lutto ei risplendc. fili sveglio: ahi lassa! clic sognai m'accorgo. 355, Lettera di Giuseppe Sals^agnolì Marchetti aW nu^ tore clelV articolo che si legge nella Biblioteca Italiana (n. i63 , luglio lii^Q pag. aj ) intor' no la novella di GÌGi>anni Torti = La torre di Capila = A ingiurie sì fatte quali sono le vostre » o signo- re , meglio si converebbe , se fosse lecito , rispon- dere con la spada , che con la penna. Ingiurie in- degne di un letterato d'ingegno e di dottrina si fornito f come voi siete ; indegne di un vero ita- liano , e 'di codesto egregio giornale anche più in- degne. Io non avrei mai creduto , che a una certa tal qual mala fede ( più prodotta da un non so quale spirilo di partito , che da mal animo ) neli' esame di alcuni scritti vi piacesse dì aggiugnere gra- tuitamente anche la contumelia e la villanìa. Non lo avrei mai creduto : e ancora me ne fo il se- gno della croce. Comunque vada la bisogna , nel- la nota apposta all' articolo intorno la novella del Torti voi avete vomitato grandi ingiurie : e queste son tutte vostre : che le ingiurie sono di chi le proferisce , non di colui a cui sono dirette. E per- ciò ve le lascio , e ve le ritorno tutte : e a que- ste mi farei coscienza davvero di rispondere. Toc- cherò solamente un poco le cose , che toccano l'og- getto della questione, e quelle parole vostre, con cui avete tentato di travisare le mie opinioni , o di volgerle in cattivo senso : e cosi darò chiara te- stimonianza a voi , al vostro giornale , e a chiun- que vorrà leggere , della mia cortesia , della mia 2^ 35G Letteratura Jeall'a , e della stima clie ho per l'ingegno e per dottrina vostra ; intanto che per le cose discorse j;i farà manifesto il grandissimo torto che avete , senza eh' io scenda a qufdle Lassezze e contumelie indegne , vi ripeto , di ugni uomo onesto , e solo proprie di chi naviga contro ragione. Perchè nel mio articolo intorno le prose dell' Odescalchi (giornale arcadico, aprile 1839, 124** volume, pag. qS ) scrissi , che la prefazione premes- sa dal Silvestri a quulìe prose , non conlieìte cìie vere cosa , e tutto il mondo ne è testimone ; voi ora quasi volete far credere , esser quella pre- fazione uno scritto mandato da me hello e fat- to da Riìvia a Milano , e la battaglia veramente inurbana , eli io prendo con voi , esser quindi prò aris et focis. Primieramente vi dirò , che la batta- glia da me presa è realmente f>ro aris et fucis ; perchè fu sempre mia ara e mio focolare l'anjicizia : e ^nande amicizia , e il dico a onor mio , all' Ode- scalchi mi lega. Perchè , anche senza questa , è ara e focolare di chiunque scriva in questo giornale l'ono- re di chi da tanti anni con gloria sua , di Roma e deir Italia lo dirige : perchè è aia pure e focolare di ogni amante di'lh- lettere il difendere ai giorni nostri un principe , il quale non crede di far onta alla sua nuhilla studiando molto , e molto proteg- gendo quc' disgraziati , che al tribolato mestiere di leggere e di scrivere han posto l'ingegno. Appres- so vi dirò, che quella prefazione non è punto mia : e la parola , che ve ne do , vi dee pur bastare. Tult'uomo mi potrà dire, che sono forse ignorante, che non so ragionare, che non so scriverei ma nin- no potrà mai dirmi , eh' io a viso aperto mentisca , e che quando ho scritto a scrivo alcun che , abbia mai celato o celi il mio nome. Siccome scrivo per i Risposta at.la Bjbt.. it\t., 3^7 amor c!e1 vpro , e siccome il solo vero è il nume a cui sacrifico , così non temo mai di manilesta- re le opinioni mie e il mìo nome, e non vilmen- te all'ombra dell'anonimo mi fo a scrivere contro chi che sia. Ringrazio \igualniente olii mi loda , e chi mi critica ; e purché io possa essere utile a porre in Ince il vero e il buono, non mi alletta la lode , non mi alt<'rrisce il biasimo. Il vostro gior- nale stesso ha dovuto in me riconovccre questa , non cr^do cattiva , proprjpfa , e mi ha onorato del bel nome di coras;^/<><>'> cpnsore , eh' io su tntti ap- prezzo , percljè è dovuto alla mia schietta franchez- za , e perchè mostra che (jnelli ancora , i quali non si adagiano del tutto nella mia opinione , pur wi rendono giustizia , e me riconoscono per queli' Uomo., che senza speranze e senza timori non ha che onestamente il voro in aillr labbra. Chi male opera , odia la luce t chi calunnia e mentisce , cela, il suo nome. In quanto alla prefazione del Silvestri , io non so dirvi se sia vero , che fo'^^sero a lui ricliieste le prose dell' Odescalchi : sarà anche una libraria menzogna , ve lo concedo. E per questo voi ave- vate diritto d'ingiuriarmi così villanamente, e, per usare le parole vostre , alla foggia di un trasteife- rino ubriaco ? Che l'Odescalclìi poi non sia gentil cavaliere: che egli non fosse amico e discepolo del Perticari : che la sua casa in Roma non sia l'ospi- zio dei più leggiadri ingegni : che e.oli non sia il direttore del giornale arcadico: che questo giornale non sia benemerito di ogni condizione di lettere : che rOdescalchi non abbia volgarizzalo la Repub- blica di Cicerone : che il suo volgarizzamento non sia celebre per l'accoglienza , che ne ha fatta la re- pubblica letteraria , sicché tra edizioni già ne sono 353 LETtERATURA escile : voi solo il direte , e a voi solo h conces- so il dirlo , perchè colui solo , che sì stranamente l'avversario ingiuria e villaneggia , può apertamen- te mentire. In quanto poi alle prose , se sìeno degne o no di stare in una biblioteca scelia , non è di noi il deciderlo. Voi noi credete t io ho detto , che noa era poi da farsi tanto chiasso , perclib vi erano sta« te poste : e ambedue abbiamo detto un nostro giu- dizio , ed ambedue abbiamo usato d'un diritto no- stro. La questione non è qui. La questione si è , che in un volume di a8o pagine , quale è il vo- lume delle prose dell' Odescalchi , voi , signore , non scegliete che un periodo e dieci parole a giu- dicare che rO descalchi è pieno zeppo di pregiudi- zìi e di errori , e che ha uno stile vano. Io vi dissi , che un tal procedere ha in se della mala fe- de : perchè ne un periodo j né una frase , che sie- 110 cattivi in un libro , danno ragione a dire che tutto il libro è cattivo. Questa h una verità a tutti apertissima ; poiché tutti sanno , che prima di giu- dicare una cosa , bisogna conoscerla tutta a pieno. E perchè vi ho detto una verità, voi m'ingiuriate? Io vi dissi , che eravate ancora incorso in mala fe- lle e in contraddizione , quando dicevate che i lun- ghissimi anni di una rappresentazione drammatica erano la parto pia leggiera di un* importante que- stione t e riguardavano la forma e non Xessenza della cosa. E ciò vi dissi perchè i lunghissimi anni son qualcosa piiì che ì tre mesi ^ i quali ora mi ponete innanzi nella vostra urbanissima e genti- lissima nota { perchè senza guardare ciò che bau fatto i greci e i romantici ( che certamente noa sono una stessa cosa ) tutto il mondo conviene , che volando farsi una rappreseatazioae storico-dram- Risposta alla Bibl. Itai.. Sog malica ( ed ecco Ja tragedia romantica) di lunghis- simi anni ^ e non di tre mesi ^ certamente la niol- tiplicit'a dei fatti dee togliere runità di tempo e di azione , e quasi sempre V unità di luogo ; per- chè finalmente su qtiesto articolo nostro insisteva- no e insistono i due partiti. Anche questa mia ri- flessione non è che una verità a tutti apertissima t e voi mi rispondete , che sono un ignorante r e fin qui andiamo d'accordo. Ma lo dite con tanti vil- lani modi , che certo fra i libri letti da voi , e fra le scienze da voi acquistate, non pare che vi sia ne il galateo , uè l'educazione. Voi dite, eh' io chiamo lupi i romantici, e agnel- li i classici : e anche qui dite una menzogna. Pa- rendomi , che ne' vostri articoli per lo passato voi mostraste vista di esser classico , ma che nel fon- do vi piacesse più che a voi non convenivasi di esser romantico , io dissi che eravate un lupo in veste di agnello ; poiché questo è il proverbio so- lito ad applicarsi a chiunque voglia pavere di essere un* altra persona da quella che è, e voglia far par- te di una società , a cui pe' suoi sentimenti certo non apparterrebbe. Vedete dunque che la sbagliate , e che anche questa volta usate mala fede nell' in- terpretare le mie parole. Niuno per me è lupo, quan- do non mi morde , e non mi strazia : tutti per me sono innocenti.ssimi agnelli » sieno pure romantici , sieiio pure classici, ed io altro non bado che ali' erbe^ di che si pascono : e se credo che sieno cat- tivi i pascoli , liberamente il dico : se male mi ap- pongo, sei veggano coloro , cui il dico: i quali cer- to han tutti ingegno e cognizione bastante da ri- trarsi dal mal sentiero , se per avventura vi fosse- ro incappati. 36o LlT-fEaATURA Mi dite , eli' io Ilo sempre il compasso delle r. in ra^ me\ il secondo di pag. 5 14 e XV tav. in rame ^ oUre le prefazioni a ciascun i'olume e gV indici. K on contento il eh. dottor Labus di averci dato in forma più maneggevole il Museo pio dementino ^ le due Iconografie greca e romana., ed il Museo CJiio~ ramonti nelle due lincpue italiana e francese e nelle due forme di 4" e di 8", si è accinto anclie a rac- cogliere le opere minori dell' insigne Ennio Quirino Visconti , ornamento , splendore e maraviglia della presente età nostra. Qnanto sieno perciò commende- voli e fruttuose le cure e le assidue sollecitudini dal dottissimo bresciano antiquario impiegate in questa sua nobile impresa, non ha chi non vegga. Gli scritti del Visconti sono il manuale , la guida , la scorta di tutti coloro che apprezzano l'antichità ; e se gli opuscoli di lui sono minori di mole delle grandi ope- re prenominate , non sono però vìh meno stimabili , ne di minore importanza , avendoli egli dettati o Opeue del Visconti 3G5 mosso dalla singolarità de' monuraenti die appena scoperli reputò degwi delle sue osservazioni , o pre- galo da personaggi qualiflcatissimi d'esporre il suo avviso sopra oggetti antichi di esimia bellezza e ra- rità , o finalmente tratto dalla vaghezza di pubbli- care dottrine del tutto nuove e sicure sopra qual- che punto d'antiquaria ingombrato tuttora da erro- nee opinioni. Tutti poi sanno come le erudite mo- nografie vengano ricercate sommamente dai dotti , percliè loro forniscono le notizie più pellegrine e sincere , che i loro autori adunarono su quella ma- teria allorquando trattare dovendone particolarmen- te , vi portarono la intera loro attenzione. Vero è che non ostante il merito di tali ope- rette, non tutte godono sempre d'una stessa univei^ sale celebrila. 11 che non deriva dall' esser elleno manchevoli di preziosissime cognizioni ; ma perchè gli autori le pubblicarono in volumi di piccola mo- 1'^ , che assai facilmente disperdonsi , e le inserirono negli atti accademici , e ne' giornali scientifici e let- terari , dove , trascorso alcun tempo , torna malage- vole il cernirle , raccoglierle e procacciarsele.,, Noi „ medesimi , dice il dottor Labus , sperimentammo ,, qual' ardua imi)resa sia l'adunar tutte quelle del „ Visconti , benché la fama di lui , ed il tesoro di „ erudizione filologica , artistica ed antiquaria che „ in se contengono, parea che rendere ce le doves- „ sevo di falicissimo reperimento. A si fatta estrema „ dilTicolla , ben piiì che ad altri motivi, attribuire ,, voglianso il desiderio manifestatoci , e gli eccita- ,, menti e gli ajuti venutici da parecchi dotti ita- „ liani e stranieri, di compiere la edizione di tutte „ le opere che avevamo intraprese,,. E bene do])bia- mo sapergliene grado, massimamente vedendo i amo- re j la diligenza e l'impegno eh' egli vi ha posto , 3 366 LETTERATUnA con cui va colorando da suo pari un tal maestoso disegno. Il dare di tutti questi opuscoli un estratto ne sarebbe di questo lungo , ne si potrebbe ; che per ben intendere la mente dell' autore fa d'uopo dare i monumenti in disegno , e le spiegazioni di lui per esteso. N'esporrem quindi i titoli , ed aggiugneremo qualche cosa intorno a ciò che l'editore vi ha po- sto del proprio; il che servirà a far conoscere quan- to egli valga nella scienza che professa , e quale sia la sua maniera di scrivere. Nel primo volume con- tengonsi : i° Il monumento degli Scipioni ; 2" // catalogo dei monumenti scritti del museo di Tom' maso Jenkins ; 3^ La lettera sopra un antico vaso marmoreo appartenente al principe Chigi ; 4** ^^ lettera sopra un raro Jrammento d'^njitico intaglio in corniola rappresentante Pallade sul carro di Dio- mede ; 5° La lettera sopra un antico cammeo col ri' tratto di agrippina giuniore , ed un eccellente bu- sto della medesima ; 6** La lettera sopra di un an- tico diaspro sanguigno colle teste di Aerato e Si- leno ; 7" La descrizione di un antico gruppo in marmo rappresentante Ercole e Telejo con. la cer- va'^ 8° Le osservazioni su due musaici antichi isto- riati'^ cf La lettera intorno alla statua di Patroclo ^ volgarmente detta Pasquino ; 10° La relazione de- gli scavi fatti a Roma vecchia presso la -via Ap- pia dal X789 al 1791; ii^ Le osservazioni sopra un antico cammeo rappresentante Giove Egioco ; la' La lettera su d^un antica argenteria nuovamente sco- perta; iB** Le iscrizioni greche triopee ora borghe- siatie , con versioni ed osservazioni. ì^eì secondo vo- lume poi si ha; i° Le pitture d'un antico vaso fit- tile trovato nella magna Grecia ; a° L'esposizione delle leggende e del tipi che osservansi nella me" Opere del, Visconti 3C'j dnglia coniata nel ijg^ per premio dei signori con vittori del nubile collegio Tolomei di Siena ; 3* La descrizione d'un antica tromba idraulica ; 4° La lettera su d'un antico piombo veliterno; 5° La let» tera su due monumenti ne' quali è memoria di An- tonia Augusta ; 6" La lettera su due antiche iscri- zioni, una latina ^ l'altra grecai "j^ Sopra le sedici colonne presso s. Lorenzo in Milano ; &^ L'esposi- zione della rappresentanza d'un antico musaico ; 9" Le osserwizioni sul catalogo degli antichi incisori in gemme', io" L'illustrazione d'un gruppo rappre- sentante Apollo e Giacinto ; 1 1° La descrizione di un gruppo rappresentante la Pace che allatta Fiu- to bambino \ 13° L'esposizione delle impronte di an- tiche gemme raccolte per uso di S. E. il sig. prin- cipe D. Agostino Chigi ; iV II supplemento alla suddetta esposizione cavato dall' autografo che si conserva nella reale biblioteca di Parigi-, i4" // catalogo delle gemme anticlie di S. A. il sig. prin- cipe Stanislao Ponìtowschi ; i5° La dichiarazione del tempio dell' Onore e della flirta; iG" L'illustra- zione di una greca scultura ; l'f Le emendazioni ed aggiunte al museo pio dementino ; 18" Le ri- flessioni sulla maniera di tradur Pindaro ; 19° La lezione accademica sulle parole d'Orazio' Nec quar- ta loqui persona lahoret ; 20° Lettere diverse dell' autore edite ed inedite; 21* Le notizie biografiche dclP ab, Stefano Antonio Morcelli ; 32° Le notizie biografiche di Ennio Quirino Visconti scritte da lui medesimo' Sebbene tutti questi opuscoli, parecchi de' quali veggoa ora per la prima volta la luce , siano ac- compagnati da giudiziose annotazioni del dottor La- bus , paruteci tutte molto acconce o a render con- to della provenienza dell' opuscolo , 0 a chiarire 3G8 Letteratura qualche luogo oscuro , o a rettificare qualche sba- glio dell' autore , avvone però taluna , che credem- mo p'm particolarmente osservabile , e clie merita d'essere conosciuta. Ne scegliamo tre sole per amo- re di brevità. Nel primo volume si produce la Lettera su d'un* antica argenteria ^ die l'editore professa doverla ali* amorevolezza del eh. sig. Filippo Aurelio Visconti , arricchita d'aggiunte e correzioni inedite dell' au- tore. Questo prezioso cimelio venne dal si^. con- siglier Kòhler , antiquario delle Russie, qualificato iieir Amalthea miserabile froda moderna. Odasi quin- di ciò che gli risponde il diligente editore t „ Se la „ sicurezza del luogo sull' Esquilino dove fu il mo- „ nuraento scoperto; se il personaggio nelle cui ma- ,, ni tosto pervenne ; se il barone di Schellersheim „ che di poi lo acquistò, ed il duca di Blacas d'Aulps, „ nella cui pregiatissima collezione ora si conserva; „ se finalmente il d'Agincourt che recollo in dise- „ gno fra' monumenti delle arti antiche , ed il conte „ Galeani Napione che lo fé' segno di sue erudite „ ricerche , non bastano a disarmare la critica de- „ gli acuti suoi dardi ; ci sia permesso d'opporre „ all' illustre censore alemanno un altro non meno „ illustre antiquario suo nazionale , e sia questo il „ sig. Hirsch , il quale al celebre Bottiger afTermò „ essere l'argenteria dal Visconti illustrata verace- „ mente antica. L'archeologo berlinese aggiugne,che „ può essere stata operata nel V o VI secolo dell' ^, era volgare. Ma che altro avea detto il Visconti „ allorché congetturò che appartenere poteva alla „ famiglia degli Asterii , notissima per le sublimi ca- „ riche onde fu decorata appunto nel quarto o quin- „ to secolo? Noi ci aspettavamo che in vece di tas- „ sare il prezioso cimelio di falsità , si fosse ao- Opere del Visconti 3Gi) „ tato che nella grossezza del coperchio della cas- „ setta sotto alla parola SEGVNDE , hacci sei^nato „ il peso della medesima colle cifre : P. X.XII-1II. S; „ non avvertite dal nostro autore. Cotesto cifre do- „ vendosi interpretare: Pondo XX.TI , Uncìas III , „ Semis , ossia libre d'argento ventidue , once tr** „ e mezzo , potevasi poi dedurne che siccome nell' „ opera De re rustica di Catone, ne' codici di Fron* „ tino, cassinense e napoletano, in un curioso mar- „ mo del museo Gaddi in Firenze , ed in pochi al- „ tri monumenti ambiara indicate le once con linee „ rette, cosi la presente cassetta esiblvacene un nuo- „ vo indubitabile esempio. Anche le braccia di fan- „ ciiille, che credevasi dover reggere due candellie- „ ri , poteasi dire che facendo un tutto coi pomi „ sferici , anziché bracciuoli da lume dirsi doveano „ bracciuoli da sedia. Ma il chiarissimo consigliere , ,, persuaso che il monumento fosse moderno , non „ ha creduto d'intrattenersi sopra queste particola- „ rita, comecché indegne non sieno di osservazione,,. Nel volume secondo, recandosi la Lettera su due monumenti ne"* quali è memoria di Antonia. augU' sta , il dott. Labus ci avverte che l'autore innar zi tratto la recitò alla classe di filosofia , lettere ed ar- ti dell' instituto nazionale di Roma : ed essendo sta- ta molto applaudita , co' torchi dei Fulgoni la di- vulgò. Ben diverso giudizio da quello datone dal romano scientifico consesso ne pubblicò nell' anzi nominata Amalthea lo stesso antiquario tedesco , che dichiarò miserabile frode moderna anche la celebre argenteria. Laonde acciocché sappiasi , dice il La- bus , come oltremonti quest' uom dotto ragioni de' fatti nostri , e si conosca se Vautorità di lui sia formidabile , se le sue parole mettano la riputazio- ne deir antiquario romano a rigidissime pros^e , co- GA.T.XLII. 25 3^0 Letteratura r^.-*-"-^ me sentenziò Giuseppe Acerbi nella Biblioteca Italia- | na , giova recarne in mezzo i concetti voltati nell' italiana favella (lagli stessi suoi encomiatori (Bibl. Ital. tom. XKIV). La medai^lia di piombo , dice il Kobler « vie- tie in tal modo spiegata , che fa mnrai>iglia co- me un uomo della riputazione di Visconti abbia mai potuto giudicare nella guisa che ha fatto» Il busto di donila^ che sta sul dinanzi^ non può rap- presentare /Antonia augusta- Come inai si avreb- be ivi collocata la sua immagine senza nominar lei neW iscrizione , ma Vuomo incaricato dei giuo- chi ? Come mai può Alercurio nel rovescio della medaglia esser preso per Hermes Psychopompo ? Imperocché >•' quesC Hermes merita un tal sopran- nome , tutte le altre immagini di Mercurio devo- no altresì rappresentarlo come Psychopompo. Nel corso di questo scritto trovansi molti altri simili sbagli. Fa veramente stupore come letterati^ che in tutta la loro vita non fecero ch^ esercitare la for- za della loro critica , espongano poi opinioni co- sì interamente false e stravolte. Fin qui l'animoso . alemanno , il qual non sappiamo se avrebbe potu- to parlare tlel pii^i imperito cultore delT arte con maggiore disprezzo. Vuoisi però anche udire qual cosa gli risponda l'antiquario bresciano.,, // busto di don- na , die' egli , che è sul diritto non può rappresen- tare Antonia augusta ? E perchè nò ? Se le femmi- „ nili sembianze impresse sul piombo rassomiglia- „ no tanto , non solamente nella disposizione delle „ chiome, ma, ciò che è piìi essenziale, nelle fattez- „ ze del volto , benché rozzamente accennate , alle „ note immagini numismatiche della madre di Ger- ,, manico cesare e dell' imperator Claudio , per qual „ moùvo , con quali pruove vuoisi disdirne l'iden- Opere del Visconti 371 fila? Se il Visconti autopta , e si pur Io Zoega, raffrontando il piombo colle medaglie vi ravvisa- no quella medesimezza di lineamenti che ne di- stingue e stabilisce evidentemente il soggetto ; per dar loro sì aperta uìentita , convien in prima os- servare attentamente il monumento originale , il che non si è fatto ; indi bisogna mostrare in che differisca l'immagine impressavi da quelle che so- no sulle medaglie , e di ciò pure nemmen si fa motto; per ultimo si vuol indicare con senno, con dottrina , con critica il vero personaggio nel- la controversa medaglia rappresentalo , ed an- che di questo siam lasciati nel bujo. L'archeolo- gico sapere non istk nel negare ciò che deesi chia- rire, ma nel sostituire ad erronee dottrine ve- rità luminose. Le sorgenti del vero allora si au- mentano , gli errori diminuiscono , lo scetticismo è attutato , e gli studiosi accolgono l'emende con riverenza , con frutto : e l'autore medesimo , se fosse in vita , avrebbe in grado le fattegli os- servazioni. Per la qual cosa a chi chiede come mai sur una medaglia s'imprima l'immagine d'un' augusta , e poi essa non si nomini néll' epigrafe appostavi ma il curatore de' giuochi , rispondiamo colle parole dello stesso Visconti, che ninno igno- ra le varie monete su cui la leggenda posta pres- so la testa indica non il soggetto del ritratto, ma la persona che fece coniar la moneta , o che eser- citava qualche autorità nella citta in cui fu conia- ta; principalmente rispetto a que' tempi in che pre- valeva il generale costume di porre sulle mone- te reffigie di principi , nella quale tutti ricono- scevano la persona rappresentata , bene o male che vi fosse impressa , e qualunque si fosse il no- me recato dall' iscrizione {Icori, rom. p. 349 ediz. a5* 3-73 Letteratura „ ilal.). Certan^ente il dolio Kòhler , perito anliqua- „ rio com' è, assai bene conosce le medaglie di Per- „ gamo coir epigrafe ^HMO*fìN ; quelle di Cesarea „ di Bitinia con noAAiQN ; di Calcide con AlOYiov; „ di Gerapoli con *ABI02 . O . MAHIMOS ^ di Achul- „ la con L. VOLVSIVS . SATV Rnàif/s ; di Adru- „ melo con FAbins MAXimus. COS. PROCOS. VII. „ VIR. EWLnnnm , per tacer di moli' altre. Se fon- „ data e sicura fosse l'opinione di lui , dovremmo „ trovare su queste monete le immagini di Demo- „ foonte , di Pollione , di Livio , di Fabio Massi- „ mo , di Saturnino ; pure vi lia quelle di Augu- „ sto o di Agrippa. Siccome l'effigie di questi era „ notissima , ne permetteva d'equivocare con quel- „ li che erano magistrati , o rettori delie citta do- ,, ve le monete furon coniate , così notissima essen- „ do l'effigie d'Antonia augusta, fu scritto sul piom- „ ho no!i il nome di lei , ma quel di Cerano che „ era in Velletri curatore de' giuochi. „ Quanto al figlio di Maja , q/ii pins laetìs arri- „ mas repoìiit sedìbus , virgaque levein coercet ait- ,, rea turbam , egli ha il petaso ed il caduceo ne' bas- „ sirilievi capitolini e vaticani, nelle pitture del se- „ polcro de' Vasoni , e si p^ure nella tessera veli- ,, terna. Se i.i questa ha inoltre la borsa , non si „ vuol perciò togliergli l'altributo òi psychopompo , „ che svariati sempre non sono , e molto meno sem- „ pre caratteristici i simboli delle tante incumbenze „ attribuitegli dalla superstiziosa gentilità. Egli è „ ministro di Giove , messagger degli dei , condut- ,, tore ed evocatore delle anime , istitutore dei sa- ,, crificj ; egli e il nume del commercio e dell' elo-r ,, quenza , il preside dei giuochi e delle campagne , „ il proteftor degli atleti e de' viaggiatori : egli ha „ innumerabili soprannomi ; nondimeno i segni più I Opere del Visconti 373 „ frequ'^nti , più comuni di lui , sono il petaso , la „ borsa , il caduceo. Lo attributo sotto cui s'invo- „ cava , più che dai simboli , scopresi dal comples- „ so degli accessori! che al simulacro dan luce : ne „ vediamo dillicolta , che il nume preside dei ludi „ si consideri psycliopompo , quando questi ludi son ,, funebri , e celebransi in onore di un' augusta de- „ funta. „ „ Per altro , conchiude il dottor Labus , non „ vogliamo si creda essere il nostro archeologo ir- ,, reprensibile. No : errò anch' egli talvolta perchè „ era uomo , coni' errarono il Winckelmann , lo Zoe- „ ga , il ttanzi , il Marini , il Morcelli e tant' al- „ tri, che nondimeno rimangono sempre grandi. L'oro „ fino, dice il Boltiger , gettato, nel crociuolo , n'esce „ più puro : un giudizio severo non nuoce che ad „ una riputazione usurpata. Ennio Quirino Viscon- „ ti è superiore ad ogni invettiva. A chi poi tro- „ va nella dissertazione sui monumenti d'Antonia au- „ gusla tante opinioni così interainei.te false e stra- „ volte, opporremo il Millin , che facendone un g'iu- „ dizioso estratto , affermò : Noiis ?ious glori/ions ,, (Vavoir eie les premiers et presqite les senls jit- „ sqtC ici à faite connoitre qnelques unes des ex- „ cellcns ou\>rages de cet hahil antiqiiaire , que la ,, Fialide doit legnrder cornine une des conqnètes „ lettéraires qic elle a faites sur V Italie ( Magas. „ Encycl. 1801 tom. Ili p. 213). Se il eh. Kòhler „ era voglioso di trovar macchie in un drappo per „ tanti titoli commendabile , notar potea che il Vi- „ sconti ha cacciato dai satiri onomastici il nome „ Lolcirio , siccome barbaro e senza esempli o ras- „ somiglianza in quanto conosciamo ■ coraeche i no- „ mi di J Sirio , Birio , Ci rei rio , Clitirio , Domni- „ Cirio , E US ir io , Filocirio , Lio irlo , Satirio , f^i- 374 Letteratura „ Cirio ^ tutti, a nostro senno, di somiglianti fattez- „ ze , lo rendano tollerabile , essendoci venuto anch* „ esso , come gli altri tulli , dalle antiche iscri- „ zioni. „ Abbiamo scelte queste due osservazioni da piiJi altre clie sono nelle prefazioni dall' editore premes- se ai due volumi che qui anunziano; ma giova ri- jiortarne almeno una per saggio anche di quelle che Irovansi nelle annotazioni. Il eh. arciprete Luigi Nardi di Rimini avea ri- chiesto il Visconti del suo parere intorno due an- tiche iscrizioni , una delle quali è la seguente : T . TKVPPICVS . T . F PAPIRIA . T . F . TEKTIA CERNIS . VT . ORBA . MEIS . OSPES . MON'/MENTA . LOCAVI ET . TRISTIS . SEWIOR . NATOS . MISERANDA . REQYIRO EXEMI'LIS . REFERENDA . MEA . EST . DESERTA . SENECTVS VX . 8TER1LES . VERE . POSSINT . OAVDERE . MARITAE T . TRVPPIGVS . T . F . F La cui risposta fu di questo tenore. „ Nella pn- „ ma iscrizione la parola Hospes non può recare ,, imbarazzo, se non per difetto d'interpunzione. Que- „ sto nome è un vocativo , e dee star fra due vir- „ gole ; la defunta chiama il passeggiero , Hospes^ „ SENE , che faccia attenzione al suo sepolcro : O „ hospes , tu cernis , ut ego orba locavi monumen- ,, ta msis ec. Ella troverà di questa parola , nelle „ collezioni d'iscrizioni , moltissimi esempli. Questa „ lapide è interessante pei versi eleganti eh' essa pre- „ senta : vi resta un poco di oscuro , perchè l'avel- „ lo par fatto da un Titus Truppicus lìti filiiis ; ,, e duir altra parte la douna che parla si lamen- Opere del Visconti '"*'^ 3^5 „ ta d'esser rimasta orba e deserta. Forse Tcpigrarn- „ ma è sialo scrilto dopo : ma all' iiicoalio i bu- „ sii de' due fanciulli e della madre par che deb- „ bano essere stati scolpiti quando i! monumento „ fu eretto. „ Ora il dottor Labus soggiugne in nota questa osservazione. ,, L'epigrafe di cui qui „ fassi menzione è già nota agli eruditi nelle ope- „ re del Fabretli ( Iscr. dom. p. GSa n. 45i ) , del „ Muratori ( p. 1756, i ) , del Teraanza {AA. di „ Rimiri.)^ nelle novelle letterarie di Firenze dell* „ anno 1757, e ne' Compiti lavoro eruditissimo del- „ lo slesso eh. ab. Nardi. Essa dalla terra di Gat- „ teo , dov' era , fu *ras],ortata dai marchesi di Ba- „ gno nel loro feudo di Montebello. Nel marmo , „ ove in quest' apografo sono le prime due slellel- ,, le , veggonsi i busti di due fanciulli , e dov' è la „ terza stelletta quel d'una donna. Alquanto oscu- „ ra è paruta questa iscrizione all' esimio Viscon- „ ti : e tal è infatti per la erronea collocazione de* „ nomi , dovuta senza meno alla sbadataggine del „ quadratario , che scolpi il nome di Papiria Ter' „ tia , anziché sotto il busto di lei , sopra quello „ del figlio a destra dell' osservatore ; e viceversa „ il nome del figlio sotto la prosope della madre. ,, Peraltro , trasferiti colla mente que' nomi al lor luo- „ go , ne torna chiaro il dettato , e si vede che „ Papiria Tertia è l'autrice del monumento , e pia- „ gne la morte di due suoi pegni , amendue Tito „ Truppico nominati. L'ultima linea T. TRVPPI- „ CVS . T . F . F , non dee già interpretarsi , Titus „ TRVPPIGVS . Titi . Filius . Fecit , come taluno „ potrebbe credere , ma Tàus TRVPPIGVS . Titi „ Filias. Filini ; che la sigla F e qui ripetuta espres- ,, samente', affinchè dubbio non cada, che nomina- „ to essendosi il primo figlio , non sia questo Trup- 37G Letteratura „ pico il padre loro , 0 l'avo , od un altro attlnen- „ te omonimo. Replicazioni della voce Yilius o per „ sigla od intera non poche si veggoiso nelle epi- „ grafi antiche di buona e lodata età. Omessi gli „ esempli notissimi nel Fabretti (e. VI n. laa), nel „ Doni (ci. II n. 34), nei Mafìei (Mus. ver. p. 422 1), „ ne' marmi torinesi (tora. II, p. 62), nel Marango- „ ni (Cose gentilesche p. 482), nel Catalani (Orlg. „ ferman. p. 49), nel Marini {Fr. an>. p. 233 ), val- „ ga per tutti il seguente che sembraci irrepugna- „ bile. Esso è in Amiterno nel pavimento della chie- „ sa di s. Vittorino , e fu trJscritto dal Giovenaz- „ zi (Jrej'a. p. LX.) L . APISI . TITI . V MAIAE . L . F APISIAE . L . F . F L . APISI . L . F . P C . APISI . L . F . F ARBITRATV . APlSlAE . RVFILLAE La celebrità del nome di Ennio Quirino Visconti , l'importanza delle opere di lui raccolte e pubblica- te coir amore diligenza ed impegno che appare dai pochi saggi che abbiamo allegati, non ci lasciano du- bitare che la fatica del celebre dott. Labus non sia per essere dagli studiosi accolta con plauso ; e noi non possiam che animarlo dal canto nostro a compiere colla maggior possibile sollecitudine la bella sua im- presa , così per onore di lui , come per lo profitto che debbe ritrarne la scienza delle antichità. V. S. 377 Le istorie di Trago Pompi stino. Milano per Antoni e istorie di Trago Pompeo compendiate da Giu- stino. Milano per Antonio Fontana 1829. {Un voi. in 8'' di pag. X1F'Z()6) ^^uello che fece Giustino delle istorie di Trogo Pom- peo diresti quasi l'editore aver fatto della versio- ne del Porcacchi (i56i) , che fu poscia dal Zucchi o ritocca od ampliata (iSgo). Se noti che nella rer- sione, molto ci aveva per lo piiì di superfluo, spes- so d'inopportuno o ridicolo , ed ora per la massima parte è stato tolto : nelle istorie all' incontro non va- na congettura ci persuade , che tutto fosse con più giudizio ed ordinato rispetto ai tempi , e collocato rispetto alle cose , ed esposto rispetto allo stile. Comunque siasi , poiché certamente non è sem- pre uniforme lo stile in Giustino , il quale com- pendiando le Filippiche di Trogo Pompeo soven- te usò , com' è assai probabile , le auree parole e sentenze di lui , talvolta mise le proprie : così non è da dolersi che nel volgarizzamento del Por- cacchi un altro a'giorni nostri abbia poste le ma- ni , perciocché se alcuna difformità nella esposizio- ne ne fosse venuta, sarebbe per l'addotto argomen- to meglio scusata o perdonata da ogni cortese. Ma vediamo per qualche saggio , anzi veggano da se i nostri lettori , come sia riuscita questa fatica teste adoperata su qaell' antica versione. Tenendoci al libro I , leggiamo ciò che segue : §. I** „ Il popolo non era sogetto a leggi al- cune, ma ì voleri de' principi servivano in cambio di leggi. „ 378 Letteratura „ L'uno de' quali passò fino in Ponto e l'altro fino in Egitto. ,, Potevano risparmiarsi le congiunzioni ma ed e , elle né pure sono nel testo : invece dovea render- si quel jio^>a imperii cupiditate , che fe detto tan- to a proposito parlando di Nino, che primo allar- gò i confini del reguo assiro. §. 2° „ 'Dismesse il mestiero della guerra. „ Così è reso il belli studia deposuit. Ora quel dismesse è se non altro di antiquata terminazione ; ma questo passi. Quello che non può patirsi si è il mestiero della guerra in luogo di studia belli. E non ci quadra ne anche al §. 8*^ in luogo di rei militaris. Del quale nostro dissenso chi non vede la ragione da se medesimo, consulti il Grassi ne' si- nonimi. „ Tenendo dietro all' orme sue „ Il latino dice exempium secuti , e parlasi dell' esempio di Nino , il quale passò indegnamente i suoi giorni fra un branco di donne meglio sepolto , che vivo : però non è proprio il volgare , che accen- na moto, riferendosi a tale che eziandio vilmente mai non si mosse. §. y „ Lo trovò con una frotta di meretrici. „ Il testo dice inter scortorum greges ; onde non la preposizione con , ma tra o in mezzo era da usarsi pili propriamente a significare come sfavasi in mez- zo a quelle infami l'infamissimo Sardanapalo. §. 4° ìì I^er fare ammazzare il parto. „ Il testo dice ut partus necnretur. Indi nella ver- sione leggiamo : „ Lo diede al pastore .... che lo atnmazzasse: „ e il testo dice exponendum tradidit. Anche nel §. a** leggiamo „ avendolo ammazzato:,, e il testo dice hoc occiso. Passi il verbo ainmaz" zare per necare ; ma noi vorremo usato in luogo Tkvduzione di Tuogo 379* eli Decidere , e molto meno di exponere ^ per le ra- gioni poste dal Grassi ne' sinonimi. §. 7° „ Quanto minor pericolo fu quel della guer- ra , tanto fu la vittoria raagt^iore. „ Doveva dirsi „ Tanto ancora più mite fu la vit- toria : f, e già nel testo dice Tanto et mitior Victo- ria Juii ; e ciò che segue si riferisca appunto alla moderazione usata saviamente da Nino col vinto Creso. §. S** „ Saziati del sangue , di cui fosti si in- gordo. „ Satia te sanguine ^ quem sitisti ^ cujusque insw hilis semper fiiisti : queste sono nel testo le paro- le di una feroce regina sul teschio di Ciro quan- do nuotava nel sangue. Manca pertanto nella ver-» sione il corrispondente al semper insatiahilis : ed è non piccolo difetto , essendo l'ingordigia anche al sommo grado una cosa , e Y insaziabilità un' altra. Questa non e sempre compagna di quella : lo in- tese Dante , quando , benché per metafora , canlo (Purgat. XXI i) : „ La sete naturai , che mai non sazia . . . • §. 9** „ Aveva macchinato contra gli dei. ,« E il testo dice: Grassatus adversus deos Jiièrat, Qui il grassari e ben altro che macchinare , ordire insidie : egli e mandare a fine le ordite insidie:, giac- che Cambise , di cui si parla , avca già. fatto rui- nare il tempio del dio Api ; onde piùi sotto è det- jo reo sacrilega perpetrati» §. io" „ Innanzi al levar del sole. „ Avendosi nel testo Inter solis ortum , dovea tra- dursi In sul levar del sole i toccaudosi qui del ni- 38o Lette II ATURA trire del cavallo , onde poi Dario fu re de' persiani. Anche Valerio Massimo, rifeieudo quel fatto, disse so- lis otta ( lib. VII. 3 ) . . „ Cominciò a rlngìiiare. ,, Hinnituìii edidit : parlandosi di un cavallo la voce propria è nitrire ^ essendo meglio de' cani stiz- ziti il rin^Iiiare. „ Tanta pietà avessero in loro. „ Ma il testo dice tanta patientia cessisse eo ; lo svario sei vede ognuno , che non ha le traveggole. „ Quamquam „ Questa congiunzione si necessaria non fu resa Del volgare. Ma basta oiamai, acciocché alcuno non dica , che noi andiamo in busca qua e Ik di un qual- che granello di loglio per far cadere in discredito tutta la messe. Per venta il nostro intendimento è ben altro : cioè di porre in pregio secondo il meri- to , uè più ne meno , la versione di cui parliamo ; accennando sì poche e lievi mende in un gran cam- po. E perchè ognuno dia meglio fede alle vere no- stre parole , vogliamo qui riportare due buoni squar- cj della versione , ne' quali si parrà tutta quanta la sua nobiltà , che non può essere olFuscala da qual- che piccolo reo della forma di quelli sinora notati da noi. Il primo squarcio e sulla fine del lib. XI §. i5°, dove hannosi le degne parole di Dario al sol- dato , che inseguitolo trovollo spirante:,, Dario, co- „ noscendolo alla favella suo concittadino , gli dis-; „ se , che almeno aveva questo conforto nella fortu- <, na presente , di parlare con chi l'avrebbe inteso , „ e non avrebbe mandate fuora indarno l'ultime pa- „ role. GÌ' impone pertanto , che riferisca ad Ales- TnADuzioNE DI TnoGo 33i „ Sandro , come senza aver meritato da luì alcun be- „ nefizio , egli morendo gli rimaneva debitor di mol* „ li e grandissimi , per aver fatto prova non del „ nemico , ma del reale animo di lui verso la madre „ e i suoi figliuoli , e aver cosi conosciuto, che più „ felicemente gli era stato sortilo il nemico , che i ,, parenti. Perciocché il medesimo nemico aveva do- „ nato la vita alla madre e a'dgliuoli suoi ; e i pa~ „ renti , a'quali esso aveva donato la vita e i regni , „ l'avevan tolta a lui. Laonde gli saranno da essi „ rendute quelle grazie, che xMessaiuho vincitore vor- „ rà. Sì ad Alessandro quelle sole rendere , che può „ un moribondo : implorar dagli dei del cielo, dell' „ inferno , e dei re , che a lui vittorioso diano l'im- ,, perio di tutto il mondo : per se pregare una glu- „ sta più che una sontuosa sepoltura. In quel che „ s'aspetta alla vendetta , sembrargli e di poco ono- „ re e pericoloso il non desiderar eh' ella si faccia , ,, non già per lui , ma per dar esempio, e .per es- ,, ser la sua , causa comune a lutti i re : laonde dall' „ un lato e ufìzio della giustizia sua , e dall' altro „ vi va l'interesse universale. Nella qual cosa gli „ dava la mano dritta per unico pegno della fede „ reale da portare ad Alessandro ; e dislesa la ma- ,, no , passò di vita. Ciò come fu riferito ad Ales- „ Sandro , ed ebbe questi veduto il corpo del tra- „ passalo , ne pianse la morte, indegna d;>tanla gran- „ dezza ; e regalmente fece seppellire il corpo e „ le reliquie di lui nelle sepolture de' suoi magglo- „ ri. ,, Se alcuna cosa potesse spiacere in questo brano sarebbe forse c[\ie\V aver fai f.o prova non del Tiemicn , ma del reale animo di Ini- dove perchè talvolta nemico in lingua nostra è sostantivo , a chi legge pors^sì tosto per tale : onde la pena all'ani- mo di ritrattarsi dopo aver lelto quello che segue. 382 Lettekatura Ma questa è assai lieve cosa : altra piiì grave ne no- tiamo qui appresso. Duolsi il re Dario di essere sta- to maltrattato da' suoi , e il testo dice : Gratiarn illis eam fuluràm , quam ipse victor volet» Alexari" dro re/erre se , quam solam moriens potest , gratiarn. Ma che dice il volgare ? eccolo : gli saranno da ESSI renduie quelle grazie ^ che Alessandro vinci' tore vorrà. Sì ad Alessandro quella sola rendere , che può un moribondo. Ora ognuno vede, che quel sì in luogo di se è fallo gravissimo : e che prima doveva dirsi cosi : Saranno ad essi rendute quelle grazie ^ che egli stesso il vincitore vorrà : senza cam- biare quello , che cambiato travolge il senso.* Il secondo brano da noi proraasso è nel lib. XLIV §. a°, dove descritti sono i costumi degl' ispani , e si tocca del magnanimo Viriato. „ I (jorpi degli uo- „ mini sono disposti a' patimenti e al lavoro ; i lo- „ ro animi alla morte. Osserran tutti certa stretta „ e dura parsimonia. Aman meglio la guerra che „ la pace : e se non hanno fuora nemici stranieri , „ cercano d'averne in casa fra lor medesimi. Tanto ,, pili possanza ha in loro la cura della segretezza „ che della vita, che assai volte se ne sono trovali ,, di quelli , i quali hanno piuttosto esalato l'animo ,, fra' tormenti , anziché tradire il silenzio. Vien ce- „ lebrata ancora la sofì'erenza di quel servo, che nella „ guerra cartaginese , avendo fatto vendetta del suo „ padrone , esultava d'allegrezza fra i tormenti ; e „ vinceva con serena letizia la crudeltà de' carnefici. „ È questa gente di velocita prestissima , d'animo „ inquieto ; e moltissimi ve ne ha , i quali più cari „ tengono i cavalli da guerra e l'armi , che non il „ loro slesso sangue. Nou fanno ne' di festivi alcu- ,, no speciale apparecchio di cibi : e solo , dopo la „ seconda guerra cartaginese , impararono da' ro- TnADuzioNE DI Trogo 383 „ mani a bagnarsi nell' acqua calda. In tanta serie „ di secoli non hanno avuto alcun gran capitano , „ fuorché Viriate ; il quale per dieci anni con va- ,, ria vittoria travagliò i romani ( tanto sono le na- „ ture loro più simili a quelle delle fiere che degli „ uomini ) , e che non fu eletto per giudicio del „ popolo , ma spontaneamente seguitato , come colui „ che sapeva guardarsi e sfuggire i pericoli. Del qua- „ le tanto fu il valore e la continenza , che avendo ,, vinto assai volte gli eserciti consolari , giammai , „ per tante imprese fatte , mutò ne armi , uè modo f, di vestire , ne finalmente di vitto : ma sempre per- „ severo in quell' abito , col quale da prima comin- „ ciò a far guerra , di maniera che qual si voglia gre- „ gario si sarebbe creduto piiì ricco del suo proprio „ generale. „ Ne c[ui vogliamo notare , se non una cosa , la quale valga non solo per questo luogo , ma per tutta quanta la versione : cioè che essendo que- sto un compendio d'istoria, torna male ogni didusio- ne nel volgare , quando è strettezza nel testo. Cer- tamente però , crescendo diligenza , in una nuova edi- zione mòltt; cose potranno togliersi o moderarsi , on- de rendere sempre più degno della nostra Italia il presente volgarizzamento : se pure non torni meglio rifarlo di pianta , senza porre più oltre le mani (che può parere argomento d'irriverenza ) in un lavoro de' nostri vecchi , ai quali dobbiamo , se non altro , venerazione. Domenico Vaccqlini ì i 384 ARTI BELLE-ARTI. Le belle arti applicate ai bisogni ed agli usi del" la vita umana : Opera filosofica iconografica deh march. Gherardo Bevilacqua Aldobrandini pub" blicata litograficamente per associazione. Fasci- colo primo. Roma dai torchj di Giuseppe Salviuo- ci e figlio •, 1828. I 1 primo fascicolo di qunst* opera , che è il solo che abbiamo in luce, è composto di una lunga epi- stola indiritta al conte Leopoldo Cici'ognara , e cor- redato di una tavola litografica. In questa l'autore porge il prospetto generale della sua opera. Noi da- remo di essa qui brevemente un' idea. Il sig. Bevilacqua prefigge a soggetto delle sue ricerche l'uomo. Innanzi a tutto egli verrk all' esame di quest' essere primo della natura , e mostrerà , eh* ecfli è incessantemente punto dalla brama di esser felice , e elle tale non potrà mai divenire , s'è' non adempia i propri! doveri che ha con Z>/o, con se stes' so , e con la società. Annalizzati partitaraente questi doveri , farà conoscere , che all'adempimento di es- si l'uomo ha immediatamente bisogno delle belle arti. E considerate queste pressq gli artisti , ed in se- Belle-Arti 385 guito presso i greci ed i romani , indi presso le genti coiì dette barbare^ e veduto, io stato del- la decadenza e del risorgimento di esse , e final- mente dato un saggio sullo spirito di queste arti , e sullo stato attuale dell' architettura , della scul- tura f della pittura e delle altre arti relative , si fa- rà a divedere l'opera stia in queste X classi. CI. I. Religione e culto. Oratorii , chiese d'ogni genere ec, altari , cappelle , arredi sacri , ed oppor- tune suppellettili ec. abitazioni religiose ec. CI. II. Vita puivata. Agraria , edifizi rurali , case ec, distinzioni de' ranghi , palazzi , fabbriche , decorazioni ec. GÌ. III. Vita SOCIALE. Mondezza personale, par- ticolare » generale » sale , gallerie , appartamenti , stan- ze , gabinetti ec. CI. IV. Comodi dell'a vita. Questi sono divisi se- condo gli elementi , aria cioè , luce, fuoco, acqua ec cibi , mobili , vestiti , famigliari occupazioni ec CI. V. Piaceri della vita. Caccia, pesca, giuo- chi, giardini ec, opportuni e relativi oggetti d'arte ec. CI. VI. Legislazioni: e 3iilizia. Fabbriche per l'amministrazione delle leggi , magistrature , tribu- nali ec. Pene inflitte ai trasgressori , leggi , luoghi di arresto e di condanna ec. Edifizj necessari ai di- fensori delle leggi , soldatesca , fortificazioni , arme- ria , arsenali , fonderia ec CI. VII. Pubblici stabilimenti. E questi ripar- liti in edifizi di pubblica beneficenza , orfanotrofi ospizi ec.f d'istruzione f come scuole, collegi, biblio- teche ec, di sanità^ come ospitali, lazzaretti, bagni ec^ CI. VII. Pubblici divertimenti. E questi distin- ti in- diurni , come corsi , passeggi , ville pubbli- che ec, in notturni, come teatri, casini di società, G.A.T.XLIL z6 38G Belie-Arti sale di ballo: in istraordinnri , come feste, macchi- ne pirotecniche, illuminazioai, banchetti, giostre ec. CI. IX.. IwDUSTRiA E COMMERCIO- Lanificio , seti- fìcio , raffineria , fabbriche di porcellane , vetri', sa- pone ec, magazzini , depositi , mulini ec, arti e me- stieri : luoghi ove si fa commercio , e si da ragio- ne di esso. Porti , navigazioni , ponti , canali , stra- de , dogane, borse, tribunali ec. CI. X. Inumazione e .mondmenti. Cemeteri , cata- combe , urne , tombe , monumenti sepolcrali , monu- menti memorabili, statue, colonne , archi di trionfo ec. Ciascuna ili queste classi sarà preceduta da ìin analisi ragionata dei bisogni dello spirito e degli usi e costumi presso le varie nazioni nelle differenti età , e sarà corredata da cento tavole di- mostrative in lilograjia diligentemente colorate , e da un catalogo di autori di opere celebri che trattano di queliti materia^ onde potere air opportunità attin- gere novelle cognizioni : e da fine un indice ra- gionato di tutte le voci d'arte. L'opera verrà divi- sa in 3oo fascicoli , e ciascuno di essi sarà com- posto di una epistola diretta a qualche illustre ita- liano, del quale l'autore promette un ritratto a tut- ti gli associali. Ognun vede quanto sia grande e del lutto nuova questa impresa , e avvisa la molla utilità che sark per venirne , quando l'egregio sig. marchese Jievilacqaa non manchi alle sue promesse. Intanto noi gliene porgiamo le lodi e le congratu- lazioni le più sincere , e gli presagiamo quelle di tutu Italia. Non vogliamo però qui restarci senza parlare al- cun poco di un notabile difetto della sua opera , il (juale non nuò essergli facilmeiìle condonato, non solo tligr italiani , ma ne anco da^li assennali stranieri : ed e r|uesto il cattivo stile eh' egU adopera nello scrivere. Belle-Autj ZSj Esso non è solo Inelegante, ma impuro ancora, e pecca talvolta di ampollosità. Paro che l'autore se ne sia_ accorto da se medesimo, e che voglia addurne alcune ragioni , le quali per la povertà loro fanno quasi opinare , eh' egli , non sentendosi a proposito per to- gliere questa mancanza , voglia darne ad intendere essere ella conveniente anzi necessaria. Dice egli adunque di rinunciare all' eleganza di una scelta e purissima favella per non correr rischio di rendersi per essa oscuro ai pia che /eg- geranno : che lascia ai facondi oratori , e agli c;r- dili immaginosi poeti Vofiore di una eultissima e studiata lingua : non desiderar egli queste palme : farla da Jilosqfo e da artista. Forse che il filosofo e l'artista non è tenuto quan- do scrive a mettere ogni cura per farlo alla meglio? Non è egli antico dettato per gli scrittori di ogni maniera , che quale voglia tramandare agli altri i suoi pensieri in iscritto , debba esporli nel modo il più bello e conveniente che possa ? Non sap- piamo noi della fine che hanno tante opere , per la materia loro da pregiarsi , e per la lingua da non potervisi gettar occhio sopra ? La miglior fortuna che forse può toccar loro , è quella di restar pa- scolo de' tarli , e inutile ingombro degli scaffali di qualche biblioteca: e di Ta ricordano , forse ogni cent' anni , che ne visse l'autore. O pu)-e , se tan- to avranno di buono da poter invogliare alcuno a discorrerle , porgeranno materia a qualche scaltro e paziente ingegno di comporre un' opera dettata con pit!i di eleganza di stile; e cosi procacceranno ad un altro quella lode che non seppero meritare al loro autore. Somiglianti a quelle antiche statue egi- zie e fenicie , rozze per ciò che spetta a pulitezza e ad ultima perfezione di scultura , ma belle e mi- 26* 388 Belle-Arti rabili pe' vivi atteggi amen ti e per le situazioni si- gnifìcaati molti e varii pensieri , le quali serviro- no di esempio e di modello ai più valenti scultori della Grecia. Questi traevano da que' marmi le lo- ro forti inspirazioni , dettando alla mente le più per- fette idee deir arte. E intanto venivaa essi forman- do que' monumenti che fanno ancora , dopo tanto volger di secoli , il loro nome onorato e famoso per tutto il mondo : mentre si cuopriva nel silenzio e il nome e le opere , che pur tuttavia s'ignorano, di que' primi che seppero così ammaestrarli. Che direbbe mai il sig. Bevilacqua se nella sua ultima età , mentre attendesse per conforto alla stanca sua mente quel- la gloria che ora gli sembra tanto bella , e che gli fa care e dilettevoli le fatiche e i disagi , vedesse poi mancarsela del tutto o in parte , e ottenerla intera un altro che tolto da lui quanto ha di bel- lo e di utile nella materia , lo avess« esposto con eleganza e purezza di stile ? Certo egli non sareb- bii indifierente, come non l'era quello scrittore fran- cese , il quale sentendo lodati i suoi pensieri nelle opere allrui , senza eh' egli ne fosse ricordato pun- to, stringendosi nelle spalle, andava dicendo t Mi rallegro che questi miei Jj^li abbiano così fatto buona, ventura. Che vuole intender poi quando egli dice, di ri- nunciare alV eleganza di una scelta e purissima /avella per ììon correr rischio di rendersi per essa oscuro ? Forse che Io scrivere corretto ed elefjante e uno scrivere senza farsi intendere? Forse che i nostri migliori classici, i (juali noi vogliamo prescel- ti a norma del bello stile , non sono compresi con tutta facilita fino dai fanciulli e dalle donnicciuole? Oh povera la nostra lingn.'-. , se nella sua proprietà ed eleganza aou tosse per farsi intendere dagl' ita- Belle-Ar ti 33rt liani meclesinii! Oh trista la nostra condizione, se per aver fama di eccellenti scrittori ci fosse d'uo- po adoperare uno stile e una lingua impura e sen- za veruna grazia ! Agli oratori dunque ed ai poe- ti , a cui egli dice di rinunciare la palma di una eul- tissima favella , sarà necessario , per divenire egre- gi ed ottenere questa palma , di rendere oscure ie loro composizioni ? Se si facesse consistere il bello di nostra lingua in modi antiquati e in parole ranci- de e viete , allora egli si avrebbe tutta la raj;ioue ; ma per buona ventura non è così , e son appunto criticati e disprezzati coloro che fanno uso di si fat- te cose. Le prime doti dello stile sono la proprietk e la chiarezza; e chi non ha queste due, è ben lun- gi dall' aver la lode di buono scrittore. Se fra i no- stri classici ve n'ha pure qualcuno sparso di voci e di frasi , di modi proverbiali non inlelligibili o ambigui e inviluppati ec, egli è appunto riprovato per questa ragione anche dai più teneri del classi- cismo , e vengono avvertiti e consigliati gì' inesper- ti a guardarsi da que' suoi vizi. Se pure, ponendo mente all' età in cui egli scriveva , si possono chia- mar tutti suoi : che in ogni età la lingua e lo stile va a seconda degli usi e dei costumi, prendendo al- cuna modificazione : e ciò ciie fu vezzo in un se- colo, diviene leziosaggine o bruttezza in un altro, e cos\ air incontro. Permetta il sig. Bevilacqua eh' io qui candida- mente gli dica , che se egli adoprerà la lingua e lo stile che ha usalo nel suo primo//^c/co/,,, cosi im- proprii e scorreLti per meglio farsi inteudore , egli correrà certo rischio di rendersi alcuna volta oscu- ro a tutte sorte di persone : ed in prova di ciò potrei qui riferire alcuni suoi passi o ambigui o veramente inintelligibili. Noi lo preghiamo dunque, 3go Belle-Arti di' egli voglia determinarsi di scrivere pili corretta- mente la sua grande ed utile opera. Come scritto- re italiano deve scrivere la propria lingua , se non con eleganza , almeno con proprietà : e come filoso- fo e artista deve scrivere della filosofia e delle arti come si conviene. La filosofia e le belle arti furo- no dette figl e del Cielo , e si credette che quan- do discesero ad abitare fra gli umani a render loro meno trista la vita , amassero di vestire un candi- do e puro velo , e di parlare un linguaggio qua- si divino che facesse nota la condiziou loro cele- ste. Ed è perciò forse che tutti coloro , 1 quali an- ticamente le fecero parlare ne' loro scritti , o vol- lero parlare di esse , lo fecero nel modo il pii^i bel- lo. E sono giunte fino a noi alcune opere di que' grandi, venerati da tutte le nazioni e da tutti i se- coli , non tanto per gli utili e sublimi insegnamen- ti che ne porgono , quanto per la purezza ed ele- ganza della lingua in che sono dettate. Pensi dun- que il sig. Bevilacqua di fare altrettanto. Noi lo tor- niamo a pregare , e con noi lo pregano certo tutti i buoni italiani , e forse primo di tutti quel suo Leo- poldo Cicognara. Non voglia far vano in questa par- te il desiderio pubblico , e mancare alla gloria che lo attende. S'egli riguarda le belle arti come deposito lasciato dagli antichi a questa nostra Italia ; pensi pure che la lingua che noi parliamo è retaggio tras- messoci da' padri nostri , e tutto veramente cosa italiana, perche formata da loro e raccomandata al- la carità de' figli e de' nipoti. Essa , che e si dolce e soave , ci è invidiata al pari di questo cielo ridente e di questo fertile terreno dalle straniere nazioni : non debb' essere perciò posta in dimenticanza, e non ama- ta da noi. Non è veramente italiano colui che non tiene in alto pregio questa gloria della patria sua. Se poi il Belle- Arti 5gi nostro autore , come quegli che h tutto tledicato fiuo dalla più giovine etk alle sole belle arti , non si conoscesse tanto di nostra lingua da poter provve- dere da se medesimo a questo inconveniente, potreb- be ad altri assegnarne in qualche modo la cura. Ne certamente avrebbe a temere , che non gli venisse tutta intera la lode , se comunicasse le sue idee a qualcuno che sapesse esporgliele heiie. Egli non fa- rebbe cosa che non abbia molti esempi. Ma a qua- lunque partito egli si volga, e comunque egli si de- liberi, è duopo che ponga ammènda a questo difet- to. Gli è necessario perchè gli è dovere. . Vorremo qui aggiungere alcuna cosa intorno al- la litografia: ma aspetteremo il secondo fascicolo per poterne dare un più retto giudizio. La tavola che ne ha data ad esempio nei primo fascicolo , non può dirsi veramente cattiva : nulladimeno sembrerebbe ri- chiedere un poco più di accuratezza. Ora che ab- biamo avvezzo l'occhio alla perfetta litografìa di al- cune scuole italiane e straniere , male si sosterrebbe la più piccola negligenza in questa parte. Attenda ancora da questo lato il sig. Bevilacqua , ed allo- ra avrà fatta cosa compita , e degna di quel dotto e gentil signore eh' egli è. Allora potrà l'Italia ve- ramente congratularsi con essolui delle Belle arti ap' plicate ai bisogni ed agli usi della vita umana. Vincenzo Ercole Emiliani 392 VARIETÀ' JLi invitta onestà della vergine modenese Maria Pedena , trucidata il i di luglio 1827, è stata con rime e con epi- grafi celebrata da molti poeti italiani. Il nostro sig. avv. Guadagni , che bene a ragione fu dal Perticari chiamato pater elegantiaruni , ha pure scritto in tale occasione un bellissimo carinen , il quale , perchè nell' edizione fat- tane iu Lugano nel 1828 apparve pieno zeppo degli errori piìi madornali , sarà pregio di questo giornale di qui ri- ferire intero con le correzioni favoriteci dallo slesso chia- rissimo autore. Eccolo. Carmen Francisci Guadagni advocati. Virginìtas o dia , genas mentemque pudica , Illimis , tan^i metuens , exosaque labem, Non si me totis Aganippidos unda fluentis Circumfusa riget , segnemque in carmina mitlat , Concitus ascraeo fabor te digna furore. Signiferi immensum curvantur moenla mundi In tracium , et nexos dum pandunt orbibus orbes , Condenso fallunt spectantura lamina coetu. At non congeries rerum haec operosa coercet , Aut capit Artificem. Metam omnem transilit auctor . Immenso infusus spatio , vallumque morasque Indìgnans , et claustra aliis obstantia temnens. Tu temen , 0 foedae maculls impervia culpae Varietà' Sj)? Virgìnitas , gremio gessisti , quem ncque sìgnìs Tempia poli dislincta , vagì nec coenila Nerei , Abruplo coliibent nec Tartara nigra baratro. Ex te namqne , Èrebi veniens nos solvere vinclis , Adscivit sibi membra Deus , forrnaeque caducae Tegmina conflavit , Nympba lesseide cretus , Quae numquara commixta viro , quae intacta pudoris. Edita virluti quid non exempla , volucri Per terras dilata sono , mortalia cogunt Corda ? Piiellarum confesta ac candida turba Parlbenidos caslae relegit vestigia. Certam est , Forma decens quamquam , iam pubescerilibus annis , Alliciatque procos , band tectoque implicet igni , Frustrar! cupidos , dedignarique Hymenaeuni. Necquiquam , expromptis , quas educai India, baccis , Atqne ostro incensis , fulvoque crepantibus auro Veslibiis , aut gemma quaerent Garamantide seasus Molllre indomilos , arabum vel pyxide foeta Deliciis. Aurum , lapidea et murrhiua vasa , Serranoque satur fuco sordebit amiclus. Quid si ( migrat amor non nuraquam spretus in iras ) Expediat ferrum , paret et vim cocca libido ? An patiens ignorainiae , el terrore subaeta Usuram redimet polluto corpore lucis , proposito et virtus fracla excidet? Haud ita. Testi» Eoi Pelage decns orbis , lumen et Hagne Littoris besperii. Teslis vlttata iuventus (a), (a) De DD. Pelagia atque Hagne, vel j^gna {quam barbari Jgnetein dixerunt , ac reclamitantihus frustra antiqids marmorihus , lihris , doctissimisqne viris Bentleio atque Blorcellio , ita dicere nnnquam desinent ) omnia omnibus nota. Vittata autem iuventus mihi sunt sacraa virgines colling/iantensis in Anglia coUegii , quae , danis a6*^ 3f)4 Varietà' Qiiae speciem conata suam diffingere cultris Ferventem ia ciaerem data flammls esca resedit ; Atque aliae alque allae , tenerae olim membra puellae , Nunc iacremenlurn magnum aetheris , herolnae ; Queis prò virgiiiea pulchrum fnit atque cupitum Laude animam abiicere , et torlores tendere contra , Mille vias lethi doctos , artesque nocendi , MercedecQ ut pugnae , duri exhaustique laboris Purpureo ferrent roranteru sanguine laurum. Descìtura priscis veruna est a moribus , aureae Virtuti nec mansit honor , pulsoque pudore Irrupil velitum ornne nefas , emissaque Averne Densa cohors scelerum. Sed tu gaude , itala tellus , Prole tua felix. Tu le orla in vìrgine sistis Virlutis specimen , quam terris prorsus abactam Fama tulit mendax. Fatuae convicia linguae Tu cohibes , crimea saeclo inteutumque refellis. Imprecer ullrices furias , revolulaque saxa , Vuluificasque rotas , tundenteraque ilia morsu Vulturium insano iuveni , qui blanda loquutus Incassum , expositis ac nummis gaudia captans ( Ussit enim foditque iecur paupercula virgo ) Nec tamen expugnans casto munimine septam , Mentis inops , flctu indecori haud muliebriter udara , Im^motamque oculos , mactavit morte Pedenam , Dein sua convertii lethale in viscera telum ? 171 eam insulam appidsis , suaeque Ubidirei dicatas Deo feminas suhsternenùbus , vultiun sihi , illis ut displice- rent y ad perpetuarti et insigiieni usque deformitatem , «o- vacuLa secucrunt. Quo facinore tantum ivacundiae im- puris praeiio'.iihus conimovere , ut , siinul cuni religiosa duìno , igni ab illis sint tradilue. Confcr. Baroli, ad. ann. 870 n. 38. Varietà' 3(j5 Quìn parcam diris incessere , cuius ob ausum AusonìJum fustis aurevit gloi'ia , perque Hesperios passim fities caiitusque clioriqiie Et cum laetifico crepueruiit murmure plausus. Quas vidit pompas ! quos denso ningere' nimbo Se circum flm-es stupuit Sculteaiia ! quod aures Perculit attonitas carmen ! liluisqae tubisque Nuper atestinae coelum mulcentibus urbis , Magnanimae spob'um cum virginis , ore \enusto Ipsa in morte gerens nativi signa decoris , E laribus parvis efFerret densa caterva , Lauroque et facibus lucerent strata viarum ! Al procul e Tiheris regali margine, Vestae Quae vigiles ignes stupri comperla fefellit. Oppia , collinis ollim superobriUa glebis (a) , Ex imo ingemuit tumulo , sic ora profata : Tu mlbi , tu pi-obrum cumulas luctumque , pelilo O frustra illecebris , nec ferro vieta, virago! (a) Lìvìus II. ^ì. ,, Accessere ad aegras iani omnium „ nwiites prodìgia coelestia .... qui terrores tainen co „ eriasere .f ut Oppia virgo vestalis , daninata incetti., poe- „ nas dederit „ - Pro Oppia Opiiniam habet Dionys. Vili, 89. 90. De in/lieta corruptis vestnlibus ad portam collinain poena agii ac fuse in Numa Plutarchus : cuius narrationeiriy a. multis exscriptam , putidae esset diligentiae iterar». SgG Varie T k' Delle pitture a fresco operate dal cavaliere Pietro Ben* venuti nel R. Palazzo dei Pitti, dichiarazione di Mei' chior Missirini. 8.* Pisa presso Niccolò Caparro iSag. ( Uri Tol. di pag. VII e 67. ) li sig. ab. Missirini ha con dignità italiana risposto a quel sig. Saiut-Etienne , il quale, conoscitore di belle ar- ti come di cortesia , ultimamente diceva nella camera dei deputati di Francia , essere da un grande splendore ca- dute quasi in misero stato le nostre arti. Noi siamo già da gran tempo usati agi' insolentissimi modi con cui si parla dell' Italia e degl' italiani di là da' monti : modi asv- sai più meritevoli del nostro disprezzo che del nostro sdegno. Lasciamo che l'ignoranza e la villania a loro mo- do vaneggino e prendano audacia : lasciamo che alla pu- rità , semplicità , verità elegante e graziosa , che gì' ita- liani hanno ereditato da' greci nelle belle arti , contrap- pongan le tante loro contorsioni ed afìettazioni. I posteri earauuo giudici fra noi ed essi : e diranno qual luogo aver debba nell' istoria delle belle arti il secolo italiano di Canova , di Camuccini e di Appiani. Questa è intanto un'altra illustre opera dì pittura, che il sig. Missirini oppone pure alle baie di tutti i Saint- Etienne della Francia; opera veramente classica, la qua- le onora e il celebre pittore , e il magnanimo sovrano , che sedendo sul trono de' Medici ne ha portato in retag- gio l'amor delle arti , lo splendore e la magnificenza. Ec- co i dipinti di due grandi reggie italiane , che questo secolo pone a conforto con gli affreschi piii nobili del cin- quecento : quelli cioè di Milano e di Firenze : operati gli uni dall' Appiani , gli altri dal Benvenuti. Molto chiara , pre- cisa e dotta è la descrizione che ne fa il signor Missi^ rioi , e vogliamo qui dargliene la debita lode. S. Betti. V A R I K T A." 397 La filosofia delV arte medica ^tratta dalle antiche e mo" derne mediche dottrine , diretta a determinare la fal^ ^ità e la verità delle medesime ^ ed a dimostrare prin- palmento la necessità al medico di essere nella cura de'' morbi sistematico , cioè di teorizzare a seconda de^ speculativi principj stabiliti ne* sistemi , ed a priori determinati. Del dottor Gregorio Riccardi , per uso della studiosa gioventù. Voi. i in 8.' Roma per SimO" ne Mercurj e figlio 1829, (Sono pag. XXVI e aoi ) jt\ d un' ardua ed animosa impresa si è posto il sìg. dot* tor Riccardi , come ben manifesta il solo titolo di quest' opera sua. S'egli vi sia 0 no riuscito , giudicheranno gì* imparziali nell' arte : quelli cioè che a niun sistema me- dico particolarmente proclivi ^ vivono in un perfettissi- mo ecletticismo. Amico il N. A. del celebre prof. Tom* masini , pugna di tutta sua forza per la nuova dottrina me- dica italiana , eh' egli reputa la più filosofica di quante ■altre mai iwnnero in luce ed in fama , la più ragione» vole e persuadente , e quella per conseguenza die mag- gior sicurezza presenta nei clinici risultati. Il che ognua vede quale obbligo gì' imponga , dopo tanti chiarissimi medici , che prò e centra ne hanno disputato con si graa pompa di facondia e di scienza; tantopiìi ch'egli anche di- chiara , che oltre il dimostrare e il determinare la ve* rità o falsità di qualunque medica dottrina., non si Iw scerà imporre giammai da quegli scrittori di medicina , che né* loro insegnamenti sono fin qui stati con cieca e ligia veneraziene seguiti. Imperciocché la cognizione esat' ta ( egli aggiunge con buon criterio ) degli speculativi elementi, cui sono appoggiate , e sopra i quali s^innal- zana tutte le mediche dottrine , debbo essere la sola nor'% ma , e sola autorizzare ad emettere un ragionato giu- dizio in medicina^ Lautorit4 di uno scrittore , per quanto 398 Varietà* sommo e 'venerato egli sia , -vuoisi cn'rie per nulla , ove trovisi in opposizione colla ragione e colla Jilosofia. Noi professiiuno una ben giusta e sincera stima cosi al sig, Riccardi personalmente , come alla sua scienza me- dica. Egli è altresì uno de' nostri collaboratori: ed il giorna- le arcadico si è pregialo soventi volte di pubblicare ar- ticoli suoi non men vivaci clie dotti. Ma nel dover par- lare quando cbe sia di qnest' opera , la quale indirizza- ta alla gioventù è anche per ciò importantissima , use- remo la nostra solita imparzialità : la quale riescirà gra- tissima, come speriamo, non solo a'nostri lettori, ma allo stesso egregio sig. Riccardi , cbe altro non cerca negli scritti suoi, né altro quindi può dimandarci , cbe il vero. L'opera sarà divisa in tre tomi , i quali verranno pub- blicati di tre in tre mesi. Questo primo , nitidamente stam- palo , costa paoli sette romani. iSopra il famoso fanciullo F'incenzo Zuccaro , epistola di Ferdinando Alalvica. 8.* Palermo presso Lorenzo Da~ to 1829. ( Sono carte 62. ) Xja fama del fanciullo Vincenzo Zucc;u"0 , nato in Cefa- lù ( piccola città, lontana 48 miglia da Palermo ) nell' aprile del j8a2 , si è ornai fitta europea. L'istoria dell' intellet* to umano non dà un piìi profondo ed esatto calcolato- re , cbe a memoria ed in pocbi minuti sappia risolvere i cal- coli di aritmetica e di algebra più. complicati. Vero pro- digio della natura ! Vera maraviglia della terra cbe pro- dusse Arcbimede ! Tutti i giornali italiani , e pressoché tutti gli europei , ne hanno parlato con istupore : ma l'opera , dove più chiaramente s'impara a conoscerlo , e quindi a maravigliarne , è questa del sig. baron« Mal- vica. Il chiarissimo autore e ha veduto di persona lo Zuc- Varietà' 3qc) caro, e lo ha lungamente trattato, ed è stato altresì spet- tatore dei molti e varii suoi esperimenti : ed ha quindi po- tuto alla schiettt verità delle cose accomodare sagacemente i principii della filosofia. Noi abbiamo letta questa Epi- stola con insigne diletto : e ce ne siamo rallegrati di un* allegrezia veramente italiana. Salvator* Betti Elogio del cav. Vincenzo Monti , scritto dal principe D. Pietro Odescalchi dei duchi del Sinnio. 4° Roma presso Simone Mescuri e figlio iSag ( Sono carte 2; ) . Elogio del prof . canonico don Giuseppe Caìandrelli , scrit- to dal principe D. PieUo Odescalchi *c. 8° Roma pres' so Simone Mercuri e figlio 18119. (Sono carte 5i ). -B- ra gli amici che il sig. principe Odescalchi ha avu- to più teneri, è stato certo il cav. Monti: il quale per CIÒ ben meritava da lui questa degna testimonianza di amore e di gratitufline. 11 presente elogio è scritto con la solita eleganza , che fa belle le altre opere dell' Ode- scalchi : e vi si ritraggono in poche ma gravi parole i meriti di un uomo die a duon diritto può dirsi l'Er- cole della nostra letteratura. Il nobilissimo autore vi fa pur la difesa del suo grande amico : senza però tacere di f/nel vano e bugiardo idolo di libertà , innanzi al quale , preso forse dalla dignità, di un gran nome ^ ave- va egli ( il Monti ) bruciato un qualche incenso. Se non che ( soggiunge ) avvedutosi per tempo deW universale inganno e ludibrio , intingendo egli la penna in quelV umarissimo fiele , che servì alV esule ghibellino contro gli sciaurati de' tempi suoi , ecco cori quali fere e terribili 4oo Varietà' parole scagliossi cantra gli operatori di quel nefando «• ride voi prestigio r „ Oh iniqui] e tutti in arroganti inchiostri „ Parlar virtude , e se dir Bruto e Gracco ^ f, Genuci essendo , e Saturnini , e mostri. „ Colmo era insomma di delitti il sacco , „ In pianto il giusto , in gozzoviglia il ladro , „ E i Bruti a desco con Ciprigna e Bacco. Indi rivolto il discorso all' anima slessa del Monti : Q Monti , egli dice , o ingegno veramente sovrano \ o ze- latore caldo e magnanimo delle patrie glorie \ tu an- arai famoso alle più tarde età , e questo secolo si no- minerà dagr italiani il secol tuo. Sopra te non potrà mai niun'' invidia : che tutte le hai tu disperiate ; quel- le invidie , che fino sursero a tacciar la tua musa di i'oluhile e di leggera ! Quasiché officio delV uomo savio non sia l'adattarsi ai tempii quando ne rimanga in- tatto r onore : officio deW uomo savio non sia il cercar modo di rendere meno acerbe le patrie sventure : officici deir uomo savio non sia il tener buona la grazia de"* grandi per giovare a tanti miserie a tanti oppressi ! E che altro J^ce infatti la tua musa , se non che cantando altissime glorie guerriere , certo memorabili per tutti i secoli , ammollire con la dolcezza de"" tuoi versi un po- tentissimo conquistatore per solenni trattati divenuto già tuo sovrano , insegnandogli ad usar bene àella vittoria , e ad imitare le nobili imprese dei re virtuosi ? JYon ado- perarono forse questo stesso e Virgilio ed Orazio col lo- ro felice Augusto ? Laonde tutti i principi che regge- vano r Italia ti onoravano e ti riverivano con le più splendide dimostrazioni : siccome fece la maestà deli imperatore Francesco /, che venuto al conquisto di Loni< bardici , ti conservò con reale decreto tutte quelle ono- Varietà' ^oi rificenze , die a larga mano su te aveva versato il fon.' datore del regno italico. Neil' elogio dell' illustre matematico e astronomo Ca- landrelli parla il principe Odescalchi con assai proprie- tà e dottrina degli obblighi che le scienze hanno a quel professore , e della fondazione del romano osservatorio. Molti be' passi se ne potrebbero qui recare , tutti splendi- di di filosofia e di eleganza : ma per non allungarci trop- po , giovi scegliere questo di preferenza. Ma dove , egli di<;e a carte 25 , dove io lascerò la sua grande perizia nelle dottrine astronomiche ? Era egli possibile che quel- la sua mente si alta , e piena tutta cotn era della ma- raviglia che le scienze producono in chi le coltiva , non volesse innalzarsi a quella stupenda , la quale disvelaci le leggi con che governati sono questi lucidi globi che ci si aggirano intorno ? Era egli possibile , che non volesse gioire del sublime spettacolo di vedere con altri occhi che con quelli del t>olgo , con gli occhi cioè del Galileo e del Newton , questa volta azzura tutta seminata di stel' le , la quale ci è sopra il capo ? Cosa che pia d'ogni al- tra ci mostra la sapienza infinita e la gloria del Creato- re '. che più d''ogni altra fa tacer V ateismo : che più d'ogni altra £Ì porge alcuna idea dell' immenso : e che infine ci rende avvisati dello stoltissimo orgoglio , di che osiamo andar gonfi in questo punto pressoché impercettibile delV universo , in questo atomo che chiamasi terra ? E il Ca- landrelli religiossimo non solo acquistò per se tale cogni- zione da poterne essere uno de'' più celebri professori , ma volle eziandio renderla facile , per quanto era da lui , cC suoi romani, ^ M. 4oa Varietà' Brevi cenni intorno la vita del conte Giovanni Bettoni bresciano. 8." Brescia presso Federico Nicoli Cristian ni 1828. ( Sono pag. 29 ) Xl conte Bettoni, nato iuBogliaco sulla riviera di Salò il lyijt fu uno degl' italiani che nel passato secolo mostrarono per fortezza d'ingegno e di mano , non essere venuto me- no il sangue dei Dorìa , dei Trivulzi , degli Spinola, dei Colonna, dei Farnesi, dei Montecuccoli , degli Eugeni, e di tali altri invittissimi capitani che tanto onorarono la terra degli Scipioni , dei Pompei e dei Gesax'i. Combat- tè egli da prima negli eserciti austriaci contra il turco. Nel 1^55 fu fatto eolonnello del reggimento de' corazzieri di Cordova , e prese parte con altri prodi italiani, e spe- cialmente co' generali Radicati e Fabris , nella guerra de' sette anni : nella quale essendosi fortemente condotte sotto i marescialli Browne e Daun , fu nel 1^58 innalzato al grado di generale maggiore di cavalleria. Trovossi alle battaglie di Hockirken , di Harsc , e soprattutto mostrò il suo grande coraggio ne'combattimenti di Maxen, Nel 1764 l'imperatrice Maria Teresa lo nominò tenente marescial- lo, enei 1767 gli diede in proprietà il reggimento de'ca- valleggiei-i- corazzieri 0-Reily. Mentre però il valoroso pe' grandi meriti suoi a'piìi alto grado sarebbe stato in- nalzato , morì in Erlau città d'Ungheria il dì 3 di gen- najo 1773 , d'anni 56 : E l'ultima ora sua ( dice il sig« conte Gambara in questi brevi cenni sulla vita di lui ) conseguì quel premio , che deve essere la meta prefissa dell" uomo che serve il principe : quella cioè di essere ono- rato dalle lagrime della graziosissima sua sovrana Ma- ria Teresa. P. /|o3 INDICE DEGLI ARTICOLI CORTENUTI NEL TOM. XLII DEL GIQRNALB ARCADICO. SCIENZE Peretti , Lettera al prof. Falchi . pag. 5 — — Marcotidli , Storia patologica di una febbre intermittente perniciosa en- terorragica ec. ...':. p. 8 — — Speranza , Jnno medico clinico . p. 2^ — — Corsi , Delle pietre antiche. . /j. 44 — "" Pungileoni^ Deir^iidito e della vista, p. — 187 — Puccinotti , Patologia induttiva . p. — i5i — Sor goni , Recidività delle febbri pe^ riodiche p, — 164 — - Camilli , Sistema di compensazione od assicurazione mutua dai danni me- teorici ec ' P' — — 3^3 Falcioni , Institutionum medicinae fc rensis et politiae medicae prospe- ctus . . . p. — — a86 Bergonzi , Storia della malattia epi- demica che domina nel territorio reggiano nel 1827. . . . . p. — — 390 Santini , Considerazioni generali sullo stato irritativo precedente le feh' i>ri ....;?. — — 3o5 4io L E T T E R A T U R A Jmati^ Di alcuni vasi etruschi o ita- logreci recenlemente scoperti . p. 5G — Cappello , Memorie di[Accumoli {con- tinuazione) p, G3. ji5 — Odescalclii , Prose scelte. . . . p. qS —^ Santucci , Versione ded' epodo II di Orazio yy. loq — — Vaccoliniy Di alcune versioni di Ca-^ tulio ec /j. ii3 — Majus , Scriptorum veterum udva al- lectio p. — 1^7-7. 332 Martucci « Della divisione del tempo fra cinesi , e delle loro feste . p. — 199 — Montanari , Esame critico di alcune poesie recenti p. — 208 — Gagliujft , Ode latina per S. Girola- mo Emiliani n. — s^^n ___ Biondi , lìagionamento A' intorno la Divina Commedia p- — — 34 1 ■albarelli Verdoni , Cauto in morte del cav. Pindemonte . . . . p. — — 35i 'Sagnoli Marchetti , Lettera aU\au- tore di un articolo che si lesse nel- la Biblioteca Italiana. . . . p. — — 355 Visconti , Opere varie. . . . p. — — 3 64 Trogo Pompeo , Istorie compendiate da Giustino , tradotte in italiano, p. — — 377 BELLE-ARTI Paletti , III torno à due fabbriche cori- dotte co' disegni di lì. Fola e di G. Azzurri p. 120 — — 4o5 Ca.'nlìeri^ architettura statica e idrati" ^'■^'^ . , p. 123 — ^ Ricci , Memorie di diverse pitture del Gcisperini y,. — ^So — Bevilacqua , Le belle arti applicate ai bisogni ed agli usi della 'vita urna- """ p> 384 Osservazioni Meteorologiche, )( Collegio Homujio Giugno iSag. /na. ma. ni a. ma. ma. Bai'oniet. aP' J'- I 8 I „ »I 5 •' 11 4 7 »1 5> 4 5 l'erra, est. ^7 11 4 9 M 3 ° 9 9 2 1, 8 8 5» 11 2 i8 ^7 II ab I V ,1 7 1, 2 6 " »i 9 „ 3 6 11 19 ?» ì. .. 7 „ ., 3 .. 1» 4 „ „ 6 1, M 7 Igro, a cap. aff Vento 4 7 3 5 9 3 '■7 12 3 '9 9 ■ 4 6 • 4 «4 t3 £• (j, o o o S. q. o 6,S.E.d. S.S.O. f A', w. JV. d. JV.£. ,, A'. ., IV, q. o „ vai; fi. J. d. JV.N.t, d. o o N. d. Pioggia Evapor, li. 3, 3 2, 3 2, 5 3, 2 nebbia rugiada 3, 1 p.go. pi. 3. 5 4, o 3 li. 35 >,■ 3 '. 7 1 12 3, 4 2, 4 o, 8 3 3o nebbia 2, 8 3, 3 3, I St.dcl Cielo se.uu. spur. chiarissimo ser.Muv.spa. ihiarissimo ser, Vapor, chiarissimo ser.ncn'.spa rhiariisinto ser. vau. coperto nuvoloso chi arissimo nu voloso ser.nuv spa nuvoloso caperlo rishìiirafo coperto rischiaralo scr./tu.spar.' chiarissimo nuvoloso ser.nut spd, nuvoloso coperto rischiarato chic ser.nuv, spu' vaporoso chiarissimo ser.nuv. spa. NIHIL OBSTAT Abb. D. Paulus Delsignore Gens. Theol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Colleg. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalclii Gens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Dom. Buttaoni Ord. Proed. Rev. Mag. a S. P- A. Socius. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patr. Constantinop, Vices^erens^ /•■ ^i