0- licjij. GIORNALE DI SCIENZE LETTERE ED ARTI TOMO LVI. LUGLIO , AGOSTO , E SETTEMBRE 1832 ^ ROMA NELLA STAMPERIA DEL GIORNALE ARCADICO PRESSO ANTONIO BOULZALER SCIENZE // trionfo della santa sede e della chiesa ec. , òpe- ra di D. Mauro Cappellari monaco camaldolese , ora Gregorio Xf^I Sommo Pontefice. 4" Venezia nella casa del tipografo editore Giuseppe Battagc già 1832. (Sono pag. XXIII e 334, col ritratto di Sua Santità , e colla dedica ali' emo sig. card. Zurla vicario della stessa Santità Sua.) {Continuazione e fine.) A SUA ECCELLENZA IL SIGNOK rniKCIPE D. PIETRO ODESCALCHI. D. "uè sono i motivi , che ra* inducono ad offerire air E, V. questo mio debolissimo lavoro sulla infal- libilità del romano pontefice, si fortemente nello scor- so secolo sostenuta dall' immortale Cappellari della congregazione camaldolese con la sua opera intitolata il Trionfo della s. sede e della chiesa contro i no- vatori di quel tempo. Il primo si e , eh* essendo V. E. il benemerito direttore del celeberrimo giornale arcadico , bene si conviene , che le dedichi questo pìccolo omaggio di mie fatiche, che vengono alla la* Ji Scienze ce merc^ della sua vigilanza e direzione. Il secondo lo riconosca da quella benignità dell' animo suo , coi! cui tante volte mi ha cortesemente accolto, e con se- gni non equivoci di parziale affetto e di benevolenza mi ha riguardato. A questi alti suoi meriti , che mi terranno sem- pre obbligato e sommesso , confesso di non potere adequatamente corrispondere con questo debole mio la- voro , che offro e consacro all' E. V; e tanto piìi , che debbo manifestare che mi è assai difficile di ri- levare tutto il bello ed il sublime , che si ammi- ra neir opera summentovata. Imperocché essa è tanto possente d'invitti argomenti , e corredata di si vasta erudizione dal principio al fine , che apparisce mira- bile e commendevole per tutti i riguardi. Tanta è poi la forza che spiega nel rintuzzare le armi , e ribat- tere le astuzie de' novatori , che possiamo con veri- tà asserire, non esservi stato cavillo dei medesimi cir- ca l'infallibilità pontificia , che non sia stato esatta- mente confuso , e pienamente ribattuto. E qui fa duopo confessare , che quell' istessa vertigine, che sconvolse e sconcertò alcune italiche menti in que' giorni ne' quali scrisse l' autore la sua opera , quell' istessa al presente più orgogliosa e minaccevole torna a campeggiare nell' Italia no- stra ; ed è quella appunto , che ha osato di aizza- re alcuni nemici del pontificio potere , che ci hanno subissato nei mali , che pur troppo sentiamo. Da es- sa dobbiamo riconoscere l'esaltamento di alcune teste, che pretendono di penetrare tutto il sistema religio- so e politico dell'universo, e quella progressiva im- moralità della nostra gioventù , che fu lusingata da quel pernicioso aspetto di un futuro governo di li- berta e di somma beneficenza. Con simili astuzie si è riuscito interamente a rovinare la pacifica e fede- le pjypolazione dello stato pontificio. Trionfo della s. sede ec. 5 Faccia però Iiltlio , clie appresso sì orribili vicen- de si verifichi su noi ciò che scrisse de' suoi gior- ni S. Ireneo, lib. 4. cap. 37 : Post enim spiritimi , qui conterit montes , et post terremotum et ignem , tranquilla e pacifica regni ejus adveniunt tempora , in quihus cum omni tranquillitate spiritus Dei vivi- ficat , et auget homo. Eliminato dalle nostre contra- de, un dì tanto dall' estero invidiate, il fatale gianse- nismo , che fu quello che sorprese tanta incauta gio- ventù e non pochi traditori del pontificio governo , disponga la providenza, che a' tanti errori sopravven- gano tempi del tutto propizj e fausti , che ci faccia- no rivedere il buon ordine e rifiorire la tranquillità, la concordia , la pace , che sole possono consolare il cuore paterno di un tanto sovrano che il cielo ci ha dato. Accolga per tanto V. E. questi dolci preludj di nostra futura prosperità , che io fondatamente mi vo- glio augurare , e questi deboli rilievi sulla indicata opera , che spero verranno accolti con quella inna- ta benignità di cuore, che tanto la distingue tra' prin- cipi Odescalchi , e la rende rispettabile a tutti co- loro , che hanno il bene di avvicinarla. Mi abbia per uno de' veri suoi servi. Emidio Jacopini de' oh. reg. min. Parroco de ss, Vincenzo ed Anastasio. 6 Sciente \ ANALISI DEL LIBRO SECONDO. L'infallibilità del pontefice romano, che è e sa- rà , finche i secoli si scambieranno a vicenda , la stella fortunata e propizia per rassicurare le dub- biezze delle agitate conscienze del popolo cristiano, a tutta ragione si riconosce dal vero cattolico co- me nota caratteristica, indispensabile , ed augusta del sommo gerarca, supremo pastore della cristianità. Que- sta infallibilità però all' autore dell' opera del Trion- fo della 3. sede e della chiesa somministra quelf am- pio campo dove egli spiega gloriosamente le sue for- ze, consolida il suo principio , e tutti vince que' for- ti avversar] che da esso discordano. Si ; Tinfallibili- ta del pontefice romano , ripetiamolo con piacere , e quella fiaccola ardente lasciataci dalla Divinità sulla terra per la sicurezza dei credenti , e che nella penna del nostro augusto scrittore primeggia fortificata con la più vasta erudizione dell' istoria sacra e dei pa- dri, che co' fatti e con gli scritti l'hanno sempre te- stificata. Confesso ingenuamente che nel mettermi a me- ditare un tal punto sì essenziale della suprema ge- rarchia dall' illustre autore sviluppato con tanta de- strezza, e difeso con tanto valore dallo spirito di no- vità fecondo sempre di disgrazie e di errori, m'in- tesi alquanto sbigottire come lavoro di molto alle mie forze superiore. Ma per completare la debole fatica da me intrapresa sul monarchico regime della chiesa , che fu dall' autore nostro comprovato invariabile e di divina istituzione , superando le difficoltà che mi si affacciano , entro coraggioso a riguardare tutto il bello , che nel secondo suo libro sulla infallibilità pontificia racchiudcsi. Prevengo perciò il cortese lei- Trionfo della s. sede ec. 7 lore , onde nou rimanga sorpreso nel vedere in que- ste mie note o anticipati o posticipati gli argoraen-i ti adoperati dal chiarissimo D. Mauro Cappeilari , onore dell' inclita religione camaldolese , nello sta- bilire riufallibilila pontificia , mentre tutti collimano ad un punto centrale ; ed è impossibile tener dietro ad un fiume che scorre rapido ad irrigare le cam-' pagne. Con questo piccolo saggio poi intendo di ca- ratterizzare nuovamente l'insigne autore per il più va-, lido antemurale della cattolica verità , e per un so- stegno inespugnabile , che Iddio per alti suoi fini imperscrutabili nelle presenti luttuose circostanze ci ha dato contro l'accecato spirito della miscredenza , e contro l'irrequieta frenesia della ribellione- E' l'infallibilità pertanto nel romano pontefice una nota caratteristica del suo ministero , per cui quan- do con la divina dottrina o ammaestra la chiesa , o decide in materia di fede e di costume , non va soggetto ad errore , essendo egli particolarmente aS' sistito dallo spirito celeste. Tutto questo è basato su quelle divine parole di G. G. : Simon Simon , ecce Satanas expetìvit vos ut ciharet sicut triticum ; ego autem rogavi prò fó, ut non deficiat fides tua -. et tii. aliquando conversus confìrma fratres tuos. Conforme non mancano altri copiosi detti del divin Redentore, che provano infallantemente il cattolico sentimento ; Tu es Petrus , et super hanc petram aedìficaho ec- clesiam meam; et portae inferi non praevalebunt adver^ sas eam. Parole in vero , che vanno chiaramente a costituire S, Pietro fondamento e sostegno di tutta la chiesa, non che a dichiararlo infallibile in quella fe- de che aveva egli generosamente contestata. S, Pietro adunque è il fondamento e la pietra inconcussa ed incrollabile di questa chiesa : e se questa chiesa avrà da durare per tutti i secoli , come potrà wancare il S Scienze fondamento di essa ? Come questo fondamento non conserverà fedele quel deposito di fede che deve ani- mare tutta la chiesa, di cui esso è capo, e dottore, e primario maestro ? . . . Il gran sacerdote nell' antica legge, meno perfetta della legge di grazia, era da Dio constituito infallibile, in guisa che tutti dovevano ad esso ricorrere nei dubbi di religione , e sotto pena di morte veniva punito chi non ascoltava i suoi detti : Qui autem superbierit nolens obe- dire sacerdotis imperio., qui eo tempore ministrai do- mino Deo suo et decreto judicis^ moriatur homo il- ìe. Se quel sacerdote, in conferma della sua infallibi- lità , portava nel razionale che pendevagli dal pet* to scritte queste due parole doctrina et veritas^ co- me S- Girolamo ci attesta nella lettera ad Fabio- lam de veste sacerdot : e non dovremo noi credere , che nella legge di grazia, tanto più perfetta di quella, che doveva riguardare tutto il mondo, tutte le genera- zioni, il sommo sacerdote non abbia avuto da Dio l'istesso privilegio della infallibilità per bene della sua chiesa? . . Privilegio tanto evidentemente comprovato nelle parole di G. C. dette a S. Pietro, privilegio tanto riconosciu- to da tutta l'antichità : tanto venerato dai concilj , e contestato da tutti i padri greci e latini , che nul- la piiì ? Privilegio , da cui nasce quel vincolo in- dissolubile , che stringe i cattolici di tutta la terra ad una istessa credenza , e li rende unisoni per una istessa lingua ed un istesso cuore. Privilegio invi- diatoci dal medesimo Puflfendorfio , il quale nel libro in- titolato La monarchia spirituale del papa pag. 119, tra tanti suoi falsi principj ci conferma la seguente verità: ,, D'ailleurs Ics catholiqucs romainsont un avan- ,, tage par dessus les protestans , qu' ils reconoissent „ le pape pour le souveren de leur eglise , e qua „ du moins exterieureincut ou de bouche ils se ac- Trionfo della s. sì: de ec. 9 „ corcleiit daiis l'unite de la foi. Mais les proteslans ,, n'ont point de chef visible dans leur vcligion , e „ sont raiserableraeiit divise' eufre eux: car sans pai- „ ler des petites sectes des arrainiens, des sociniens, „ des anabaptistes et autres semblables , leur corpo „ est partage en deux partis presque egales, de lu- ,, theriens et de reformè, qui n'ont presque pas moins „ rais d'aigreur et d' aniniosite les uns les autres qu' ,, ils ea ont contra le catholiques, ,, Ora questo pri- vilegio, che da alquanti eretici e dai novatori viene fortemente impugnato, deturpando essi il senso delle di- vine scritture , è quello che viene dal nostro insi- gne scrittore sostenuto e difeso , con una copia d'ar- gomenti, che sarebbe cosa lunga tutti numerarli (1). (i) Passando sotto silenzio i sentimenti de'gi'eci scisma- tici , conosco bene che i primi ad impugnare in Europa l'in- fallibililà pontificia furono i valdesi , setta de' fraticelli, i quali oltreché asserirono essere cessala nei successori di Pietro l'au- torità, e con essa l'infallibilità, dileggiarono la s. sede romana con termini obbrobriosi. Più oltre si estesero Vicleffo, Martino Lutero e Calvino , che presi dall' infernale furore dipinse- ro la s. sede apostolica come il soglio dell'anticristo. Sommi uomini e per dottrina e per santità ribatterono gli ereti- cali sarcasmi , sostenendo il primato , e la sua infallibilità. Tale fu un S. Tommaso di Aquino , un beato Agostino Trionfi di Ancona, un S. Antonino, uh Gaetano, un Campeggio, e tanti altri per sapere e probità di vita cospicui. Erasmo poi ^u il primo, che a suo capriccio interpretò il senso delle divine parole: Tu es Pelriis , ut supra lume p e- tram aedificabo ecclesiam meam. Egli in esse designò non Pie- tro , ma tutti i fedeli , che vennero da Pietro rappresentati, Questa dottrina fu talmente da Lutero adottata, che giunse a dire ogni fedele avere una Assistenza particolare dello Spirito Santo , il quale a guisa di cattedra nei loio cuori sederebbe 40 Scienze Le prime armi adunque , che impugna Y autore per sosterjere la pontificia infallibilità , sono quelle che rivolge contro il sig. Le Gros , che non ebbe ros- per decidere la verità della'fede. Erasmo eziandio asserì , non potersi la chiesa fondare sopra Pietro , perchè era uomo : e contraddicendo a se stesso, la fondò sopra tutti i fedeli, che uo- mini pur sono , e di umana carne impastati. Lutero, negando l'infallibiiità nei romani pontefici com'eccedente la mortale con- dizione , non si vergognò di conferirla ai fabbri , ai servi, ai bifolchi dallo Spirito del Signore invasati e diretti. Calvino poi , qual più astuto tra questi , riferi l'esposte parole a G. Cristo medesimo , che nella lèttera I a' corintj cap. 3. viene dall' apostolo designato per fondamento di tutta la chiesa, e nella lettera agli stessi viene chiamato pietra an- golare del grande edifìcio. Senza essere teologo ogni fedele an- che idiota comprende, che Cristo in dette parole non inten- deva se medesimo, ma bensì Pietro, con cui parlava, e lo di- visava apertissimamente: Dico Ubi, tu es Petrus. Con questa es- pressa volontà del Salvatore di e il duro incarco Presi sul dorso , ed afferrato il detto Del gran padre affrican , che ciò che è nuovo Nella chiesa di Dio , non è divino , Sulle orme antiche modellai le mie (1). Ma poniamo da banda questa nuova scienza del Paven- se, che io ignorava , ed interniamoci un poco piìi in (t) fambur. Saggio di poesie* \ Trionfo della s. sede ec. 37 quella mfallihilita pontificia , tanto venerata dal cat- tolico mondo , quanto ella è contrastata da' miscre- denti , perchè incomoda alla loro libertà di pensa- re in materia di religione , essendo essa il più severo censore de' loro depravati costumi. E si ricordi il mi- scredente che l'errore, uscito dalle fauci impure de- fili uomini , tant' alto non si erge a cancellare le sil- labe di Gesù Cristo. Dopo dunque avere S. Pietro fatta la sua aperta confessione della divinità di Ge- sù Cristo, sentì dirsi dal Salvatore : Beatus cs, Simon Barjona , quìa caro et sangiiis non revelavit libi , sed pater meus^ qui in coelis est. Et ego dico tibi , quia tu es Petrus , et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam. Da questo testo divino si raccoglie, avere il divin Redentore cambiato a Pietro il nome: Tu es Simon fdìusJonae^ tu vocaberis Caephas z che nella greca favella significa tanto Pietro che pietra. Dun- que questo Pietro è pietra fondamentale , su cui in- tese d' impiantare , di edificare , di stabilire la sua chiesa. Questa stessa interpretazione accenna il vocabo- lo Siro ebraico, in cui secondo gli eruditissimi Mama- clìi e Calmet Caephas indica gran pietra , sopra cui da Cristo è stata edificata la sua chiesa. E siccome Gesù Cristo era della medesima la primaria pietra per essenza , così di questa prerogativa a preferenza di tutti gli altri apostoli volle investir Pietro , co- me per emblema di quella stabilita che doveva egli nel tratto successivo de' secoli conservare nella fe- de. Così la intese il dottor S. Girolamo : Quia tu mi- ìli dixisti : Tu es flius Dei vivi ; et ego dico tibi, (non sermone casso et nullum hnbente opus , sed dico ti- hi, quia meum dixisse et fecisse est ) quia tu es Petrus , et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam. Sicut ipso lumen apo siali s donavit, ut mundi 38 Scienze lumen appellarentiir , celerà ex Domino sortiti simt Sfocahula^ ita et Simoni qui credebat in petrarn Chri* stiis , et seciindum metaphoram^ recte ei dicitur : Ae^ dificaho ecclesiam meam super te. Cam. in Malli. Uh. 3. L'istesso fu confessato dal gran padre s. Agostino iì% psal. 69. n.° 4. Petrus qui paulo ante ewn confes- sus fuerat fdium Dei., et in illa confessione appella- tus est pelra, super quam fabricaretur ecclesia. Que- sta chiesa adunque fabbricata sopra questa pietra, che le potenze infernali non potranno giammai atterrare, chiaramente ci parla , ci instruisce , ci accerta di quella infallibilità che i cattolici devono onninamen- te riconoscere nel supremo direttore di questa chie- sa , come della medesima il fondamento da cui de- rivano nel romano pontefice le due essenziali prero- gative di maestro e di legislatore. Con la prima egli decide su tutti gli articoli, che riguardano la fede ; con la seconda prescrive a' fedeli quelle infallibili norme che tendono a regolare il costume , onde la loro vita sia uniforme al prescritto del divino mae- stro. Tutto palesamente discende da quel nobile in- carico commessogli da Gesiì Cristo, di pascere le agnel- le : incarico, io diceva, che dal medesimo ricevette con le chiavi celesti. E perchè Gesù Cristo dopo il glorio- so risorgimento divenne invisibile , quindi è che un altro capo visibile, qual fu S. Pietro, dovette soste- nere le sue veci sopra la terra , e confermare i suoi confratelli nella strepitosa conversione del mondo col dono consolatore delia infallibilità. Così Teofil. la in- terpretò giustamente in cap. 22. Lucae : Quia te ha- heo principem discipulorum , confirnia caeleros. Hoc enim decet te , qui post ine ecclesiae pclra es et fundamentum. Di più la potestà di legare non che quella di sciogliere , come qucUa di ritenere e rimcllcrc le col- Trionfo della s. sede ec. 39 pò, clie classifica ceilissimamente l'iufallihillta , viene dalla podestà delle chiavi : e Pietro soltanto ricevette dal Salvatore le chiavi del regno de' cieli. Tibi daho claves regni coelorum. Anzi è da rimarcarsi la dilTereu- za che passa tra il singolare ed il plurale. Imperciocché parlando il Redentore a Pietro gli dice: Dabo tibi cla- K>es regni coelorum^ soluta erunt in terris^ ligata ernnt in coelis. All' opposto volgendo le sue divine parole agli altri apostoli, loro dice: Ligata erantin coelo, so- luta erunt in coelo. Ne è da supporsi superfluità ne' divini testi, ne pronunziati senza ragione: tanto più che l'evangelista S. Matteo fune e l'altre parole nei breve spazio di due soli capi riporta. Ne questo è un nuovo ritrovato, poiché Origene antichissimo interprete neir omelia 6 sopra S. Matteo cosi si esprime : Seti quia jam oportebat aliquidmajus habere Petrum^ ideo illi quidem sic dicit: Et tibi dabo. Non ergo modica dif- ferentia est, quod Petro datae sunt claves non unius coeli , sed coelorum multorum , et quaecumque liga- verit super terram , sint ligata non tantummodo in uno coelo, sed in omnibus coelis. Ad eos aulem qui multi sunt ligatores sic dicit , ut sohant et alligent non in coelis, sicut Petrus, sed in uno coelo, quia non sunt in tanta perfectione, sicut Petrus, ut alli- gent et solvant in omnibus coelis. Per lo che si scor- ge chiaramente in S. Pietro accordata l'autorità non solo del comando col tibi dabo claves regni coelo- rum , ma ben anche il potere esecutivo col quae- cumque ligai'eris: della qual duplice prerogativa non decorò gli altri apostoli , a' quali accordò soltanto il potere esecutivo col quaecumque alligaveritis , et solveritis in terra, erunt ligata et soluta in coclo. E perciò s. Tommaso dice: Paulus fuit par Petro in exe- cutione auctoritatis, non in auctoritate regiminis : ed ili altro luogo : Quod quamvis omnibus apustolis da' 40 Scienze ta sit commimiter potestas ligandi et sol vendi , ta- men ut in hac polestate ordo aliqnis signaretur^ pri- mo soli Petro data est ut ostendatur, quod ab ilio in alios ista potestas debeat descendere. Così il Criso- stomo tom. in cap. 21. Joan. Così S. Leone sermo 5. De assump. sua^ h. de Nutiv. Editio Ball. Così S. Ottato Milevitano lib. 7. cantra Parm. cap. 3. Giacche ho parlato delle chiavi , non è fuor di proposito il conoscere , che sotto il simbolo delle chia- vi 1 esaminandosi il linguaggio delle divine scritture, non altro s'intende che il supremo dominio di ordi- nare e regolare con assoluto potere gli affari. Infatti quanto Iddio destinò di assumere Eliacimo al grado di sovrano, non altro gli disse che gli avrebbe consegna- to, se non le chiavi della casa di Davidde: Dabo clave domus David', e per far conoscere , che supremo ed indipendente sarebbe stato il di lui dominio gli sog- giunse : Et aperiet, et non erit qui claudat^ et clau~ det^ et non erit qui aperiat. Espressioni non molto dis- simili da quelle proferite dal divin labbro di Gesù Cri- sto con Pietro allorché gli disse : Tu es Petrus., quod- cumquae etc. Di questo stesso simbolo pertanto si servì il Salvatore pressp S. Luca, quando redarguì alcuni , che gloriavansi di essere al sommo periti nella divina legge : Tulistis clavem scientiae (1). E questo stesso simbolo indicante il supremo ed assoluto dominio si scorge neir Apocalisse: Habeo claves mortis, e. 1.18. Il divin Redentore pertanto nel promettere a Pietro, che gli avrebbe consegnato le chiavi del regno dei cieli, lo assicurò, che l'avrebbe costituito supremo , indipendente , ed universale gerarca delia chiesa. Il Crisostomo così parla : Pater revelationem filli Petro (l) Lue. e. II, 12. Trionfo della s. sede ec. 4f dedit ; fìlius vero , et Patris , et suani revelatio- nem per totani terraritm orhem disseminavit^ ac mor- tali homini omnem in coelo potestatein dedit , dum claves terrarum orbeni extendit et coelis firmiorem monstravit \nam ait : Coelum et terra transihunt^ ver- ba autem mea non transihunt, A queste prove ineluttabili, desunte tutte da' sacri testi divini che coraprovano l'infallibilità nei roma- ni pontefici , ne seguono altre , che confermano ad evidenza la cattolica verità. Iraperciochè se nel cor- po dei fedeli si devono verificare i seguenti detti divini: Non circiimferantur omni vento doctrinae ; sciant cui crediderunt et certi sint, et non haesitent in corde suoz conviensi per necessità stabilire una legola infallibile, da cui possa sgorgare un tanto perenne Lene a' me- desimi. Questa regola deve essere attiva, viva, par- lante , che sappia ad un istante nel conflitto delle opi-' nioni relig'iose rilevare la verità , stabilire i dogmi, preservare i vacillanti , richiamare i delinquenti , con- dannare i contum.aci , confermare i fedeli. Questa re- gola non può affatto rinvenirsi nella chiesa univer- sale , perchè sparsa per tutta la terra non può già ese- guire le dette operazioni : non può constituirsi nei coa- cilj, perchè difficili a riunirsi : e poi senza la convo- cazione ed approvazione de' romani pontefici non han- no nessun vigore , anche per sentimento del Gerson neir opuscolo De ecclesiae potest -. Proinde sequitur^ quod si generale concilium repraesentet unipersa- leni ecclesiam sufficienter et integre , necesse est ut includat auctoritatem papalem. Ed eccoci ad un al- tro vasto campo di materie magistralmente trattate non che saggiamente sviluppate dal nostro scrittore , onde rivendicare quella infallibilità nel romano pontefice che tanto impugnarono i suoi acerrimi avversari. Egli do- po avere picuciiiieute confutato tutte le false interpie- A2 Scienze tazioni , che i novatori fecero su quel testo fon- damentale flel primato pontificio tu es Petrus , pas- sa a conchiudere che questo capo della chiesa mili- tante non può errare , mentre caccerebbe seco la chie- sa tutta in errore , essendo esso 'il fondamento della medesima ; a cui si appartiene pascerla , dirigerla , ed ammaestrarla in tutte quelle operazioni, che ten- dono air unitk del credere e dell' operare in ordi- ne air eterna salvezza. E ciò per divino diritto, per espressa volontà di Gresù Cristo , non per privilegio accordato a' pontefici dai concilj , come dissero pu- re i novatori appoggiandosi sul concilio calcedonese, in cui si asserisce che per essere sede e seggio dell* impero, avesse Roma ottenuta la supremazia. I di- ritti primaziali del romano pontefice vengono dal cie- lo, e sono cosi intrinseci nella sua persona, che non dipende dai concilj , e da qualunque altra autorità terrena. Essi non mancano, ad onta che non siansi co- nosciuti dagli inferiori pastori , mentre questi , o di- spersi per la terra , o congregati in concilio, debbo- no dipendere da esso , ed essere con l'esempio e con la dottrina sostenitori di tutto ciò che dal medesimo viene decretato pel bene della chiesa medesima. Dopo avere il nostro incomparabile autore rile- valo le insormontabili divine ragioni, sulle quali è sta- bilita ed impiantata l'infallibilità del supremo gerar- ca ; dopo aver tutte ribattute e vinte le opposizio- ni degli avversar] con occhio di profondo teologo gui- dato sempre dallo studio dei padri ; onde vieppiù corroborare la cattolica verità , passa ad esaminare quella liberta con cui i padri scrissero a' romani pontefici. Se questo fu pe' novatori un argomento ri- dicolo per vulnerare la pontificia infallibilità , nella penna del nostro rispettabile Cappellari è una nuo- v'arma , onde rintuzzare i tcmerarj sforzi de' nova- Trionfo della s. sede ec. A3 tori , ed una prova più convincente della medesi- ma : mentre nata dal più profondo rispetto che ser- bavano i padri verso i romani pontefici , e diretta a renderli sempre più oculati e circospetti in quel su- premo governo che essi tengono di tutta la chiesa. Così felicemente riesce ad analizzare i testi di S. Bernardo, del concilio di Remis con papa Euge- nio , e le espressioni di S. Colombano col ponte- fice Bonifacio, che nulla più. „ Forse che per questo, scriveva cap. 13. -4 , credevano quei padri il papa, fallibile ? La conseguenza non è necessaria, anzi sareb- be la meno pi-obabile. Non è necessaria, perchè tutV altro possono essi intendere e proporsi. Scrivendo di- rettamente ai pontefì.ci , in cui la suprema autorità ve- neravano , e gli effetti temevano dell' umana fralezza, non è maraviglia se animati d'apostolico coraggio il tuono prendessero di consiglieri , affinchè non usasse- ro in destriictionem ciò che venne loro dato in ae- dificationem. „ Che se alcuni hanno tenuto silenzio so- pra una tale infallibilità , che discende dai detti divi- ni, potranno eglino i nemici dedurre il minimo appog- gio alle loro opinioni ? No certo ; mentre altro è il non nominarla, altro è apertamente negarla, ed impugnar- la. In simile situazione trovossi il gran padre Ago- stino trattando co' donatisti; e mettendo nel vero pun- to di vista l'affare di S. Cipriano , viene a rende- re più gloriosa la nota della infallibilità pontificia. Convinti da tutte le parti non si arrestano i ne- mici implacabili della sede pontificia dal vibrare i loro velenosi dardi, conforme non istancasi il nostro incomparabile autore nel seguirli , e nel batterli com- piutamente in ogn' incontro ; che anzi aggrottando le ciglia questi tenacissimi nemici, ad altre armi si ap- pigliano , che suppongono potentissime ad atterrare la pontificia infallibilità che sosteniamo ; senza rara- 44 Scienze raentare che questo e un forte troppo ben pianta- to , e molto bravamente difeso. Ma vediamo a quali armi si appigliao i novatori . Queste sono , che il generale concilio sia maggiore in autorità del roma» no pontefice : onde, soggiungono essi, se infallibile è quello, infallibile non può essere questo, e due tri- bunali infallibili sarebbero inutili nella chiesa. Tale errore fu ancora professato dal cardinale Cusano e dall' Abulense, i quali constituirono il papa membro della chiesa , e la chiesa un corpo mistico che deve do- minare sopra ogni parte di essa. Che se il papa fos- se superiore al concilio, la chiesa non avrebbe pili un rimedio, in caso che questo abusasse della sua autori- tà a danno di lei . Per confermare tal loro senti- mento portarono in campo l'autorità del concilio di Costanza, che nella quarta e quinta sessione manife- stò il suo ascendente sopra la papale potestà: Cui omnes obedire tenentur^ etiam si papalis digniiatis existant. E ben disse quel concilio, mentre non vi era a quell* epoca il capo della chiesa , ma vi erano tre che si contrastavano il papato. Di più aggiungono , che an- che Martino V approvasse un tale concilio , e quin- di si riconoscesse inferiore al concilio perchè sogget- to air errore. Che le due sessioni del nominato concilio noa siano state canoniche, lo hanno provato tutt' i teolo- gi posteriori ; ed a me giova soltanto di rimarcare al presente , che tre erano in quell' epoca i ponte- fici, Giovanni XXII, Gregorio XI, e Benedetto XII, i quali meritamente depose il nominato concilio, onde ridonare la pace alla chiesa" divorata da uno scisma il più crudele. Sicché niente ciò può nuocere al no- stro principio discorrendo del capo della chiesa, ciie deve essere uno legittimamente eletto , e riconosciuto da tutta la cristianità, come nell' istesso concilio alla Trionfo della s. sede ec. 45 .^Ess. XI le colte nazioni francese, italiana, spagnuo- la dichiararono e protestarono. Il punto poi dell' er- rore dei nominati scrittori tutto racchiudesi dal non aver essi esattamente compresa la reale qualifica del sommo pontefice nella chiesa di Gesù Cristo. Imper- ciocché quando vogliasi prendere il papa per mem- bro della chiesa, conviene prenderlo per membro ca- po , cui siano soggette tutte e singole le membra della chiesa alla sua direzione commesse, onde diri- gerla a quei pascoli vivifici e salutiferi che per di- vino comando somministrar deve alla sua chiesa . Questo incarico poi sublime , questa suprema auto- rità dal romano pontefice , non si è ricevuta dalla chiesa, come falsamente ripeterono i novatori, ma da Cristo fondatore benefico ed infallibile della medesi- ma chiesa. Petrus^ gridava il gran padre Agostino, ;?ro- pter apostolatus sui primatum ecclesiae gerebat^ figH" rata quadani generalitate, personam. Memento^ ripe- teva Tertulliano, claves Dominum Petro^ et per eiim ecclesiae reliquisse : ed Ottato milevitano aggiunge- va : Bono unitatis heatiis Petrus et praeferri omni- bus apostolis meruit, et claves regni coelorum comu- nicandas caeteris solus accepit. Appresso ciò, come può dirsi che la chiesa anche riunita in concilio possa vantare un' autorità maggiore del supremo capo, che Gesù Cristo medesimo le ha donato per sua direzio- ne, o che da questa chiesa anche riunita in concilio SI dirami quella giurisdizione che godono assoluta ed indipendente i romani pontefici sopra tutta la chie- sa medesima! Ciò si comprova maggiormente sul ri- flesso che il concilio, secondo la confessione del Na- zianzeno , abbisogna sempre di un capo che lo guidi e lo preservi da tutte quelle discordie, alle quali van- no soggetti i suoi membri per disparità di pensieri , per diversità d'inclinazioni di animo, e talvolta per dif- ferente spirito di opinione in materia di religione. 46 Scienze Ma i papi possono distruggere la chiesa : dun- que la chiesa in questo caso può e deve avere au- torità sopra i medesimi. Venerandi pontefici, che in numero di 258 per diciannove secoli ricopriste la sede di Pietro , io già vi vedo a sì orribili accenti fremere nei vostri sepolcri , e scuotendo le vostre sacre tiare , chiamare dignitosamente i vostri nemi- ci a riguardare, ed insieme a scrutinare l'operato di ognuno- Qual terra si ritrova , che non abbia sen- tito il bene delle vostre operazioni ? I regni del- le Americhe , dell' Affrica e dell' Asia , non par- teciparono per opera dei pontefici della civiltà fa- cendo spargere in esse la luce indefettibile di Ge- sù Grii^to ? „ I pontefici non si sono riserbati, diceva Ghateaubriand, i lumi esclusivamente , ma gli hanno sparsi per tutto , hanno atterrato la barbarie dei pre- giudizi, che dividevano le nazioni ; hanno cercato di addolcire i nostri costumi, di trarci dall* ignoranza, e dalla nostra foggia di vivere grossolana e feroce. „ (Gen. del Grist. tom. XII. e. VI.) Le storie, i mo- numenti, gli scrittori di ogni, secolo, di ogni età, e di ogni buona Critica parlano chiaramente delle ope- re dei supremi gerarchi in bene , in vantaggio , e in prosperità della chiesa. Ed invero come potrà mai il papa rovinare questa chiesa, se quello spirito increa- to che la vuole eterna gli presta continua assistenza, onde non falliscano le divine promesse di G. Gristo ? Ma qui piacemi abbondare co' nemici della pon- tificia infallibilità, e voglio ammettere per un mo- mento con loro un' ipotesi , che il corso di dicianno- ve secoli comprova falsa. Mi dicano un poco , se in tal caso la chiesa congregata in concilio giudichereb- be il distruttore pontefice , con avere autorità sul medesimo , o vero il giudizio sarebbe emanato pel suo naturale conservaraento ? E non vedono che un Trionfo della s. sede ec- 47 pontefice di tal fatta mancherebbe sostanzialmente al fine del suo ministero affidatogli da G. Cristo , e sa- rebbe da se stesso decaduto dalla sua primaziale qua- lifica ? . • . Ecco quello cui non attesero gli opposi- tori formando un' ipotesi , che mentre apparisce in- sussistente per l'istoria che abbiamo di tutti i seco- li, è anche mancante di ogni ragione, e di ogni fon- damento. Che anzi abbiamo altronde una prova della pon- tificia autorità dagli stessi concilj , che non può es- ser più convincente e piìi chiara. Essi , parlandone sempre con quella venerazione dovuta al loro capo e superiore, sposarono pubblicamente quel principio no- tissimo: Prima secles a nemiiie judicatitr. A questo si aggiungano infiniti documenti comprovanti la suprema autorità de' romani pontefici su tutta la chiesa, che sen- za intervento dei concili hanno confutato errori , ab- battuto eresie , condannalo eretici e punito meritamen- te i contumaci. Zosirao condannò senza concilio i pe- lagiani ; san Leone i priscillianisti : Leone X i lutera* ni ; Innocenzo X ed Alessandro VII condannarono Gian- senio e i suoi proseliti , da' quali scaturiscono gli errori pienamente confutati dal nostro insigne autore (1). La (i) Qui cade in acconcio il rammentare con estremo nostro rammarico, che il giansenismo sorto nella chiesa per una osti- nata disputa letteraria, non potendo trionfare dell'opposto par- tito , perchè partito di. ragione, cercò di collegarsi a fil dop- pio co' protestanti. Avvilito , e condannato dal supremo ge- rarca , tutto il suo impegno si racchiuse in umiliare ed av- vilire il successore di Pietro, come troppo incomodo alle sue vedute , ed alla sua libertà di pensare. Per riuscire nello sco- po , ora innalzò l'aulorilà de' vescovi eguagliandola a quella de' papi : ora la depresse in guisa , che più in essi non ap- /»8 Scienze chiesa in questi casi rispettò le condanne fatte dai romani pontefici, mostrò la dovuta obbedienza alle loro decisioni, e i vescovi dell' orbe cattolico applaudirono alle loro pariva l'episcopale decoro. Non basta : secondo i suoi perver- si principi , il popolo doveva essere il giudice della fede , ed i vescovi dovevano da questo popolo ricevere il loro magiste- ro. Di più: volendo interamente rovesciare l'ecclesiastica gerar- chia , innalzò il clero inferiore al paro in dignità co' vesco- vi , ed animò la plebe contro gli anzidetti ordini sconvol- gendo ogni sistema si religioso e si politico stabilito da Dio sulla terra. L'istesso , come vedemmo nel primo opuscolo , fecero i protestanti, l'istesso tutto il giansenismo, industriandosi a tutto potere d'impiantare nella chiesa il governo democratico, il quale sicuramente si sarebbe esteso nella società in cui ha tanta in- fluenza il ministero della nostra religione. Vedendo impossibile una tale impresa, immaginarono un sistema anarchico per rove- sciare l'intera Europa. L'istorie si sacre e si profane fanno indubitata fede dell' esposto ; e noi stessi fummo testimonj e spettatori non indif- ferenti delle infernali giansenistiche operazioni. Da esse sor- sero quei celebri riformatori della povera bersagliata Europa, che la involsero in crudeli fazioni , ed in formidabili guerre sterminatrici. Da esse quelle furibonde conspirazioni che scoppia- rono in ogni banda della nostra bella Italia , e più furibonde nel nostro piccolo stato, le quali invece di farci gustare quella felicità che ci promettevano , ci hanno fatto sentire quan- to di più amaro può trovarsi nel mondo. Pur troppo tocca a noi per molti anni ad ululare e piangere su' tristi ed irrepa- rabili guasti cagionati da alcune teste della nostra giovane Italia ! Questa va gonfia delle più orribili dottrine , e ad al- tro non tende , che a direttamente o indirettamente impo- verire il clero , per distruggere la gerarchia della chiesa ed il pontificio governo. Da essa i dogmi più sacri si riguarda- no con freddezza , l'incicdulilà si stabilisce per progresso dei Trionfo della s. sede ec. 49 leggi ed alle loro deterniiriazioiiI^^«/iA >f egli è ormai pur tempo che ascolliamo i nova- tori , òhe credono di atterrare il nostro principio col dirci che le decisioni de' romani pontefici sono state soggette alle revisioni dei concilj. Se ciò è vero, secon- dochè essi soggiungono, come possono i papi essere supe- riori delle medesime, e godere di quella infalibilita che tanto millantano i buoni cattolici.'* Se i pontificj ora- coli fossero immobili , irretrattabili , infallibili, come potrebbero essere soggetti a nuovi esami , e i con- cili come avrebbero osato di por mano al cospetto di tutta la cristianità sopra un tale affare ? E qui por- tando l'autorità di Tertulliano che caratterizzò la re- gola della fede immulìile, irreforraabile, ed irretratta- bile, credono di avere riportato vittoria su quella in- fallibilità che contrastano. Si , diciamo pure, alzò l'ar- dita filosofia il temerario braccio , slese la mano sa- gritela a lacerare l'arcana mistica cortina su cui ia- Trionfo della s. sede ec. 53 cise il dito di leova .- adora , e taci ; ma tutto inva^ no, poiché l'infallibilità del pontefice non si abbatte. Per la qual cosa inseguendo i nostri avversari con la scorta del nostro insigne scrittore, ben volentieri am- mettiamo per primo le note caratteristiche della fe- de prescritte da Tertulliano: ma egli non dice mai che l'oggetto della fede proposto non possa nuovamente disaminarsi , discutersi : anzi questo è quello che in- tendeva il celebre apologista della religione, onde fos- sero meglio convinti coloro che discordavano dall' og- getto della fede, e si piegassero con docilità ad irresi- stibilmente confessarla , ed uniformemente professarla. La chiesa è quella madre sapientissima che nien- te lascia intentato pel bene dei suoi figli ; quindi è che procura di rendere dolce e ragionevole l'osse- quio che da essi richiede. „ Non è la chiesa , dice il nostro scrittore (1) , quel tirannico governo , in cui reso schiavo l'umano intelletto solo regni la cecità e l'igno- ranza. Non è la fede di Cristo quel peso insopporta- bile , che tutte opprima e annienti le intellettuali po- tenze, come fingono gì' increduli : ma pien di consiglio il primo, soave e leggiero il secondo.,, Premesse tutte queste bellissime osservazioni, viene a stringere gli av- versar] , i quali se indicheranno qualche concilio che abbia le verità già decise nuovamente discusse , de- vono confessare , che i concilj non solo si adunano per definire l'ortodossa credenza su' nuovi errori che insorgono , ma si adunano per istruire i fedeli , con- vincere e debellare pienamente gli eretici , e rendere più manifesta la verità. Quindi con un apparato di eru- dizione sua propria riportando l'efesino concilio sul giudizio da Celestino emanato contro Nestorio ; il con- (i) Gap, i5, 3, 54 Scienze cilio calceclonese sulla condanna da S. Leone eseguita contro Eutiche ; il dogma della processione dello Spi- rito S. definito dal concilio lateranense , da quello di Lione, e di nuovo riesaminato nel concilio di Firenze ; fa vedere che ciò fecero quei padri, non perchè riputas- sero erronei i giudizj della santa sede , o volessero di- chiararsi superiori alla medesima ; ma per rendere i loro giudizj più solenni nella chiesa di Gesià Cri- sto , e per comprimere con più efficacia la protervia ereticale dei nemici di nostra religione. Da queste invitte ragioni un' altra ne deduce rdi non minor peso delle anzidette , ed è che i romani pontefici, nel convocare i concilj in mezzo al furore delle imperversanti eresie, intendono di preservare con maggior facilita la chiesa tutta alla loro cura com- messa dallo spirito irrequieto degli eretici e dei nova- tori ; quindi è , che la revisione dei pontificj decreti nei generali concilj si deve riguardare come un più forte mezzo per convincere chi li nega, e per una mag- giore solennità in manifestare la loro salda dottrina. Che ciò sia vero comprovasi con ristesse dottrine della chiesa ventilate nei concilj , come invittamente parla l'autore nostro (1). „ Ma quella nuova trattazione ed esame che si fa eziandio della dottrina della chiesa me- desima , che o tacitamente od espressamente l'ha di- chiarata sua , perchè dovrà pregiudicare a quella del papa ? Se lo stesso ne è il fine, se identiche ne sono le circostanze, non sarà la medesima la natura dell* esame ? Il pontefice condanna l'innovazione della dot- trina, i novatori ricalcitrano, imperversano, precipi- tano nello scisma ; ogni autorità è da loro esecra- ta ; scrittura, padri , e per fino non di rado la slessa (i) Gap. i5. 3. Trioufo della s. sede ec. 53 filosofìa per loro è un nome vano , anzi tutto pon- gono in movimento contro la pontificia definizione. Il papa da quella sedia pontificale non avendo altre ar- mi per debellarli , non l'ozio per inseguirli nelle tor- tuose loro vie, fa squillare l'apostolica tromba , e tutta si aduna la chiesa: e benché possa chiedere agli ere- tici, coraeS. Agostino al vescovo di Gelana: Quid ad/uic quaerltls examen , qiiod jam factum est apud sedem apostolicam,? pure perseverando essi nella propria osti- nazione, a se chiama da principio quei figli per mansue- farli , in progresso li accoglie quai discepoli per istruir- li , infine da se gli scaccia quai ribelli, perchè si rav- vedano, ravveduti ritornino al seno. E potrà, inferirsi da tutto questo "che la chiesa praticamente , cosi fa- cendo, dichiara di riconoscere il papa soggetto all'er- rore? Quai conseguenza piià illegittima e strana? . . „ Questo vuol dirsi ragionare , e ragionare da pro- fondo teologo conoscitore del vero spirito della chiesa e delle istorie sacre , che contestano la condotta ed il fine che la chiesa istessa intendeva in simili casi. A fronte di questo non già si arrendono gli ostinati ne- mici della pontificia infallibilità : e nuovi dubbi pro- pongono suir autorità de' vescovi adunati in conci- lio, i quali non riconoscono giudici liberi nel giudica- re della fede , quando abbiano a sottoscrivere i papa- li giudizj , perchè infallibili. Egli è certo , che le fiere piiì maliziose sogliono alle loro tane formare due bocche , le quSli se da' cacciatori non sono serrate a un ora, vana è la caccia : i nemici dell' infallibili- tà del papa sogliono aprire mille infernali bocche per non esser serrate ad un tempo stesso. Ma l'insigne no- stro autore , che mai non perde del suo coraggio, ne di mira si fatti nemici , dopo avere compiutamente rispo- sto alla loro frivola objezione, viene a destramente cir- cuirli, ed a stringerli secondo il suo solito colle mcdesi^- S6 S e I E N z^ me loro armi. Imperciocché interrogandoli, se credono eglino infallibile il concilio , e rispondendo che sì, quan- do Sono composti della chiesa universale : dunque, con- chiude, non può esso sottoscrivere alF errore. Non go- dono gli elettori di quella liberta , che si vorrebbe nei vescovi di rigettare gl'infallibili giudizj dei ro- mani pontefici ! Ma il giudice , che deve essere in- fallibile nel decidere le materie di fede , non può esser libero ad abbracciare l'errore , mentre una ne- cessita morale, non fisica, lo conduce necessariamente a riconoscere per vero tutto ciò che è divino , e quin- di a stabilirlo per oggetto di fede a tutti coloro che credono in Gesù Cristo. Ma gli avversar] a queste ra- gioni non si arrendono , e già a nubve armi si ap- pigliano per abbattere ne' romani pontefici la in- fallibilità , che sicuramente ottennero da Dio per go- vernare la chiesa . Essi adunque mettendo in cam- po alcuni detti del V concilio , ed il fatto di Ono- rio , credono di avere riportato compiuto trionfo sul- la medesima , festeggiandone la vittoria. Ma che ? L' incomparabile nostro autore anche su questo gli sbaraglia e confonde , ricavando da' medesimi fat- ti nuova prova inconcussa e convinceate , onde sta- bilire il principio della infallibilità , che sostenia- mo. Egli» dopo avere riportate le parole del quinto concilio , fa vedere quanto mai male siano state in- tese dal sig. Le Gros , che opinò avere quel con- cilio sentito , che il solo romano poiflefice non pos- sa e non debba da se solo definire questioni di fe- de. A questo proposito riferisce l'istoria di Vigilio pa- pa, che non volle ragionevolmente intervenire a quel concilio, sebbene reiteratamente invitato.,, Dunque o il concilio (argomenta il noslio autore ) credcvasi supc- riore o inferiore a Vigilio. Se superiore , non avreb- be 'giudicala necessaria la sua presenza. Infatti a che Trionfo della s. sede ec. 57 trattarlo resistente ed ostinato ? Perchè tributargli tan- to onore , rispetto , e riverenza pria di assumere un.' aria imponente di autorità? A che tanto affaticarsi per indurlo a recarsi in concilio , quasi che nulla potes- se senza di lui legittimamente conchiudersi ! ... A che addurre tante altre cose, onde autorizzare le proprie di- finizioni col di lui antecedente consenso, tain siiie scri- pto , quam in scriptis ? Questa deferenza al pontefice non può certamente conciliarsi colla persuasione della superiorità del concilio : se pur dire non vogliamo , che esso in caso sì urgente , ed a suo credere perico- loso cotanto , trattandosi di assicurare la fede del cal- cedonese depravato nei tre capitoli , che si andavano per ogni dove spargendo , abbia lasciato di usare del- la sua autorità: i' che non può asserirsi senza far tor- to al concilio medesimo. Che se riguardavasi come in feriore, di qual forza poteva usare contro di lui, che pretendeva di dare solo l'autorevole sentenza , senza intervenire al concilio alfine di trattare in comune la causa! . . ,, Ventilata cosi profondamente l'autorità del quin- to concilio, passa con egual forza di raziocinio a ri- guardare il fatto di Onorio tanto millantato da' suoi avversar] , che posero in non cale tutto ciò che i più profondi teologi hanno scritto sopra il medesimo. Egli pertanto fa rilevare secondo i principi degli avver- sar] , che Onorio dimentico della sua suprema auto- rità nella chiesa di altro non può gravarsi, che di non avere mostrato petto forte per reprimere quegli ereti- ci che venivano dalla imi)eria]e potenza protelti. E qui osserva , che le lettere di Onorio non contenen- do veruna definizione ne contro la fede ne contro l'ere- sia di quei tempi , non può quindi chiamarsi eretico il predetto pontefice , il quale intese colle medesime di conciliare le parti discordanti ed imporre il silenzio sulle loro questioni. 58 Scienze Appresso ciò, ritornando alla questione dei conci- Ij , risponde invittamente ad un' altra opposizione de- gli avversar] circa l'approvazione de' medesimi. Non avendo altro rifugio, siccome non possono evitare la pontificia loro approvazione perchè infallibile , ri- guardano i romani pontefici come testiraonj dei con- cilj , per comprovarsi l' ordine tenuto e la regola- rità degli atti eseguiti , i quali dicono che avranno vigore nella chiesa e saranno ecumenici, quando avran- no ottenuta la posteriore approvazione della chiesa uni- versale. „ Ma in questa chiesa universale (subentra egre- gieraente il nostro chiarissimo autore ) vi sono anche i difensori di quelle dottrine , che sono state dai con- cilj proscritte : ed allora , se non ritratteranno i lo- ro errori, non vi sarà l'approvazione dei concilj. Che se poi anche da questi venisse a[)provato e sottoscrit- to , sarebbe legittimo ed ecumenico anche un conci- lio che contenesse errori di fede ed eresie, ment;re se- condo i principi ^^^ novatori , anche i dissenzienti hanno il diritto di approvarlo. E qual ragione, argo- menta il nostro insigne scrittore (1) , possono essi ad- durre per escludere i refrattari dal diritto di presta- re o negare liberamente un autorevole consenso , cioè o di accettare o di non accettare un concilio ? . . . Forse perchè non siano piiì nella chiesa ? Non for- mino pii^i con essa un sol tribunale ? E perchè ? So- no essi stati da essa discacciati con un giudizio ca- nonico Ma prima di questo giudizio egli- no erano nella chiesa, disputavano in essa , e avevano in essa appoggio e partito. (2) Quando potrà il giu- dizio che li condanna dirsi canonico .'*... Quando (i) Gap. 17. 2. (a) Theol. Piac. lelt. 3. Trionfo della s. sede ec. 59 fu accettato , rispondesi , quel coacllio dalla chiesa dispersa. Dunque nell' atto della sua emanazione noa ancora sì tenea per canonico : dunque , prima che la chiesa universale lo accettasse , non erano per anco i refrattari canonicamente cacciati dal seno della chie- sa : dunque formavano una parte benché morta di essa : entravano dunque a constituire la sua universalità; dun-» que era necessaria la loro accettazione. ,, A questi ineluttabili argomenti altre raoìoni piìi invitte aggiunge l' apologista della infallibilità pon- tificia indispensabile per l'approvazione dei concilj. Per primo fa vedere che ammettendosi il principio dei no- vatori , andrebbe l'eresia impunita ; gli autori di es- sa non mancherebbero di spargerla e sostenerla a tut- to potere; fino a tanto che venisse questa impossibile approvazione di tutta la chiesa universale sopra il ge- nerale concilio , i vescovi istessi sarebbero titubanti neir accettarlo, e non potrebbero riconoscerlo per ca- nonico se non avesse l'approvazione del suo clero in- feriore, e dei fedeli tutti della sua diocesi. In simile maniera rimarrebbe annullata l'autorità dei concilj , sarebbe vilipesa la fede , impunita l'eresia, e la chie- sa diverrebbe un seminario di continue discordie, un nido di lottanti eresie, un governo anarchico che tut- ta sovvertirebbe l'immensa famiglia dei credenti. Que- sto seppe rilevare il nostro insigne scrittore sul pri- mato , che ora gloriosamente tiene nella chiesa di Ge- sù Cristo con quella infallibilità , che Iddio gli com- parti per bene immenso della chiesa stessa e per tran- quillila di tutti i fedeli sparsi sopra la terra. Egli trattò una materia amplissima, che riguardava tutto ciò che operarono i papi nella chiesa di G. Cristo per lo spazio di dieciotto secoli , e presso tutte le differenti nazioni della terra , e tra le più terribili persecuzioni del cristianesimo , e tra i furori delle accanite ere- 60 Scienze sie, e talvolta quando i romani pontefici si trovava- no tratti tra i ferri o perseguitati in terre stranie- re. Materia scabrosa e difficile , sostenuta dal nostro incomparabile scrittore contro i più scaltri ed avve- duti nemici della chiesa. Egli tra mille errori seppe ri- levare da' fonti divini l'infallibilità, riconoscerla neces- saria nella chiesa , sostenerla con l'autorità dei padri e dei concilj , difenderla dalla superiorità dei cou- cilj , e renderla più chiara e più ovvia nelle nienti dei veri fedeli. Da questo ognuno può di leggieri rav- visare di qual merito e di qual pregio sia la sua opera sul trionfo della s. sede e della chiesa , e qua- le spinosa fatica dovette incontrare , ed invittamente sostenere quest' inclito personaggio per battersi con tanti avversar] , che a gara da tutte le parti investi- vano e deturpavano le prerogative, ed in specie l'in- failibilitk del romano pontefice o coi sarcasmi licen- ziosi di Voltaire , e colle frenetiche provocazioni dei Piayual , o coi feroci ululati dei Diderot. Ma tutto indarno: perche' l'aurea pietra ( così viene da me ri- guardata la chiesa ed il supremo suo capo) non pren- de macchia : ad onta ancora che si parli e che si scriva di liberta, di propagazione de filosofici lumi , di ordine pubblico , di prefettibilita dell' umana na- tura , di filantropia universale e di completa civiltà della vita. Vorrei più dire intorno all'opera insigne del T^rion- fo della s. sede e della chiesa : ma il tanto che mi rimarrebbe , mi arresta. Oh la gloria che la San- tità di N. S. GiiEGORio XVI ha con la sua sapien- za aggiunto a quel trono di verità , su cui egli sie- de adorato e benedetto da tutti i fedeli , riverito da tut- to l'universo! Oh l'onore immortale ch'egli ha cresciuto a quella fioritissima congregazione Benedettina Camal- dolese , che di tanti splendidi luminali ha sempre fatto Trionfo della s. sede ec. 61 belle la chiesa di Gesù Cristo e le lettere ! In fatti chi mai potrà obliare quei tre sommi e dottissimi an- tichi , S. Pier Damiano cardinale e vescovo d'Ostia, Ambrogio Traversa ri , e Pietro Delfino ? E quel Ni- colò de Manerrai , che primo ci diede pubblicata in Venezia nel 1471 una traduzione italiana de' libri santi? E quel Mauro cosmografo incomparabile ? E que'pit- tori insigni D. Lorenzo da Firenze e D. Bartolom- meo dalla Gatta , de' quali ci da la vita il Vasari ? E que' miniatori famosi D. Jacopo e D. Silvestro , de' quali esso Vasari parla pure con bella lode ? L'Europa intera sorge riverente al nome immortale di Guido Grandi uno de' maggiori matematici che l'Ita- lia, gran madre di ogni scienza, abbia prodotto : e con venerazione ricorda un Claudio Froraond ed un Am- brogio Soldani fisici celebratissimi dell' età loro. E do- ve lascio in disparte i sommi annalisti Mittarelli e Costadoni ? Dove il Razzi , il Canneti , il Calogera , il Sarti , il Bianchi , il Guastucci , il Sanclemente , il Cardini, il Biagi, il Mandelli, il Collina, il Mc- righi , il Nachi, il Mingarelli ? Dove que' porporati, lume del sagro collegio, Maffeo Gerardo patriarca di Venezia, Angelo d'Anna vescovo d' A versa, AndreaGioan- netti arcivescovo di Bologna, e l'Euio D. Placido Zur- la vicario di Sua Santità e prefetto della S. C. degli studi , porporato dottissimo come ben mostrano le sue celebri opere, specialmente quella su Marco Polo e su' viaggiatori veneziani ? Dove gì' importanti servigi ren- tluti alla santa sede in questi ultimi tempi da Mi- chelangelo Fumé ? E molti altri potrei annoverare chia- rissimi vescovi e letterati che sparsero e spargono illu- stre fama di se : fra' quali il vivente naturalista ed ar- cheologo monsignor Bellenghi arcivescovo di Nico- sia , ed il non mcn profondo teologo che piissimo P, abate D. Ambrogio Bianchi, consultore della suprema 62 Scienze inquisizione e delle sacre congregazioni della discipli-' na regolare e degli affari ecclesiastici straordinarii, ed esaminatore de' vescovi. Ma mi taccio , per non ripete- re quello che sa tutta la chiesa, essere cioè stata sem- pre la congregazione Benedettina Camaldolese uno de* pili insigni ed utili instituti religiosi e per pietà e per dottrina. In essa le desolate famiglie nelle gravi lo- ro indigenze trovano ristoro , da essa l'affannato pel- legrino riceve ospitalità ed alimento. In quelle angu- ste celle degli Eremiti Camaldolesi, figli anch' essi di- lettissimi di S. Romualdo , a' quali professo parziale venerazione, risplende il fervore e la santità de' pri- mi solitari. Qual secolo mai, che non sia imbrattato di una menzognera filosofia , ne perderà la rimem- branza ? Qual lingua ne tacerà le lodi ? Brevi cenni intorno alla vita del cavaliere Luigi Angeli medico imolese. n 'a Gian Battista Angeli e da Agnese Naldi, citta- dini imolesi , venne in luce Luigi il giorno T otto- bre 1739. La famiglia tiene origine da Castel Bolo- gnese, ov' ebbe casa e possedimenti; visse d'indu- stria e di commercio, dedicò pochi individui alle scien- ze. Nondimeno fra gli ascendenti il dottor Francesco Maria, uomo di molta pietà e dottrina, fu membro del collegio de' giudici in Bologna , e si rese poi fra- te cappuccino in Imola nel 1712. Il padre di Luigi dapprima fu artista di fini intagli a cesello sul fer- ro e sull'argento ; indi si diede alla mercatura , re- Cenni sulla vita di L. Angeli 63 cando per tal modo a migliori condizionj la sua fa- miglia , la quale si componeva allora di Luigi , di un altro maschio , e d'una femmina. Nella tenera età di cinque anni Luigi perde il padre ; laonde fu ac- colto dall' amoroso suo zio materno don Guido Nal- di , che lo venne con premura educando e gli ap- prese i] primi elementi della lingua nostra e della latina. E non è a dire quanto bene rispondesse il ni- pote alle cure del zio. Avvenne pertanto che al do- dicesimo anno di sua età il giovinetto fu collocato fra gli alunni del seminario imolese ; e se per una par- te qui fece mostra d'un ingegno non volgare , offri- va per l'altra un raro esempio di pietà , di religione- Dopo 7 anni per l'opera e pel consiglio di un suo congiunto, il padre Lodovico Angeli minore con- ventuale , potè egli recarsi agli studi in Bologna , e venne caldamente raccomandato al celebre Jacopo Bar- tolomeo Beccari , il piiì valente fra i medici di quel tempo , sotto la cui disciplina imprese lo studio delle scienze mediche ; ed ebbe a maestro altresì il Bal- bi , l'Azzogfuidi , il Molinelli ed il Laghi. Dopo un triennio di studi, nel 1761 prese laurea dottorale, e ad un tempo gli fu permesso il libero esercizio dell' arte salutare. Nudrendo egli pertanto un vivo deside- rio di apprendere ancora le scienze chirurgiche , e i principii di storia naturale, di chimica, di botanica, e di farsi più profondo nelle anatomiche discipline, si applicò allo studio delle prime sotto la scorta e l'in* segnamento di Bartolomeo Riviera medico chirurgo dell* ospitale della Vita : e per attingere le debite cogni- zioni delle seconde, fu assiduo alle lezioni del Monti, del Galeazzi, del Beccari, e della incomparabile Lau- ra Bassi Verati. Offriva Luigi tanta saggezza congiunta al sapere, che per ben due volte, mentre era agli studi, fu clet- 64 Scienze to priore della scolaresca ; della qual cosa poi spes- so si compiacea , e ne faceva racconto. Fu spesso in- teso argomentare in latino sermone nel teatro anato- mico, quando contro il celebre Caldani, quando con- tro il valente Santorini , ambidue chiari nelle anato- miche scienze. Interveniva assiduo ad ogni esercitazio- ne, o accademico trattenimento che fosse, or presso il medico Laghi , or al collegio Gomelli , ovvero nelle stanze anatomiche dell' ospitale della Vita. Onorato da' suoi maestri, caro ai condiscepoli la- sciò Bologna , ove avea vissuto con incolpato costu- me , e con quella probità e quel senno che si ad- dice a chi professa una scienza , cui viene affidato l'o- nore e la vita di molti. Erasi appena ricondotto in patria , quando venne richiesto a medico provvisorio di Castel S. Pietro, in occasione di flussi dissenterici , e di febbri intermit- tenti epidemiche, che affliggevano quella terra. In una sua memoria si trova scritto , come egli trattasse i primi colla corteccia di simaruba , seguendo il me-, lodo indicato dal celebre Jussieu , e quanto alle se- conde usò di mescolare alla china china il sale am- moniaco. Gli riuscirono a buon fine gl'indicati trat- tamenti , e confessava egli stesso che glie ne venne grande decoro e non piccola utilità. Restituitosi in Imola , frequentemente era usato intervenire alle accademie letterarie , che spesso si te- neano a S. Caterina in casa della Volpe, o a S, Fran- cesco , le quali erano presiedute dai dotti e lette- rati di quel tempo Camillo Zampieri , e canonico Pti- valta. Nel 1763 si acconciò alla condotta di Soglia- no, terra del distretto di Cesena. La fu preso d'amo- re per l'onesta ed avvenente donzella di 16 anni Ma- ria Lucia , figlia di Filippo Alessi e di Francesca Vannucci , illustri famiglie di quel paese, e la do- Cenni sulla vita di L. Angeli 6j mandò e l'ebbe in isposa. Dopo tre anni , eletto alla condotta di S. Mauro, vi si recò lasciando la moglie in Imola : ma poco appresso , partitosi da quel luogo, si condusse colla consorte a Torino ove dimorò va- rio tempo, ardentemente adoperandosi a penetrare colla mente per entro a quelle scienze, delle quali avea at- tinto i principii in Bologna ; e singolarmente fece un corso di ostetricia, la quale arte poi esercitò per l'av- venire con sommo onore e in patria e fuori. Nel 176S essendo accomodato alla condotta di Tossignano , ter- ra lontana diverse miglia da Imola , là gli nacque il primo figlio per nome Gian Battista. Non trovan- dosi pertanto troppo satisfatto di quel paese , e for- se perchè si sentiva chiamato a cose maggiori, quat- tro anni dappoi ne fece rinuncia. Se non che per le preghiere del barone Tartagni signore di quella ter- ra , che molto lo amava ed avea in somma estima- zione , vi si fermò qualche altro tempo. Fu allora che il barone istituì una lettura di filosofia , e una scuola di botanica presiedute dall' Angeli , e gli accrebbe di non poco l'annuo emolumento. Ma nel 1774 volle ad ogni modo ripatriare. Circa questo tempo visitò le acque medicate di Riolo, e neir anno appresso vi menò il celebre abate Fortis naturalista ed amico suo. In presenza di lui furono ri- petuti gli esperimenti di già praticati. Il chimico Do- menico Setti ne fece l'analisi , si rinvennero le ac- que salse , le marziali, le sulfuree. Allora l'Angeli com- pose un ben inteso opuscolo intitolato: Sulle acque me- dicate di Riolo : nel quale , premessa un' esatta analisi , viene additando i casi e le circostanze in cui possono que- ste riuscire opportune alla languente umanità. Se tale operetta crebbe fama al suo autore , non fruttò mi- nori vantaggi a quel paese, che dapprima era pove- rissimo , e che per l'avvenire vide poi sempre , e vc- G.A.T.LVI. 5 66 Scienze de tuttora btion numero di forestieri venire alla salu- tari sorgenti ; e i felici successi che si ottennero dai primi , inanimarono e fecero invito a più altri di sperimentarne l'efficacia. Ma l'Angeli si piacque talora di temperare i gra- vi e severi studi dei seguaci di Esculapio colla dol- cezza e soavità delle muse , imitando così il nostro celebre italiano Francesco Redi , il cui nome suo- na chiaro non meno alle scienze , che alle lettere. Compose lodevolmente in poesia , e perciò venne ac- colto in quest' epoca nell' accademia de' concordi di Bologna col nome di Ramilio, e poscia acclamato ar- cade della colonia vatrenia, col nome di Emone Lao- diceo. Fu altresì accademico industrioso in patria , e in seguito vi tenne piiì volte il posto di presidente. Nel 1776, pregato a recarsi in qualità di medi- co chirurgo operatore nella terra di Medicina , con molta lode vi professò l'arte salutare per un triennio : dopo il qual termine si rese in Imola , ove tostamen- te fu posto nel numero dell' antico consiglio de' 90 pacifici della detta cittk. Pertanto veniva egli in questi tempi vieppiiì sem- pre in fama di buon medico , e i numerosi clienti, e le molte cure difficili che intraprese e condusse a buon fine , erano certi testimoni del vero. L'arte oste- trica poi veniva da lui solo quasi esclusivamente pra- ticata» Quanto poi alle dottrine teoriche e scientifi- che, fu seguace in quest' epoca di quelle del Boeraha- ve , e sì piacque più presto della scuola dell' umo- rismo che delle dottrine meccaniche de' francesi. Sem- bra altresì che l'impero della scuola di Brown e le doltiìne suir eccitamento di questo riformatore scoz- zese, non lo piegassero di troppo. Nel trattamento poi degl' infermi seguiva le tracce del suo maestro Bec- car!, del Laghi, e dell' LUtini, e parve assa4 lontano Cenni sulla vita di L. Angeli 6T dall' incendiaria terapeutica di Brown. Il suo valore in medicina lo rese degnq d'ogni rispetto innanzi agli occhi dell' erainentissimo porporato Chiaramonti, allo- ra vescovo d'Imola , e poscia Pio VII d'immortale memoria : lo elesse egli a suo medico : e suo medico straordinario lo chiamò S. E. monsignor Codronchi imo- lese , arcivescovo di Ravenna , il quale lo decorò del- la croce dello speron d'oro , e lo dichiarò ad uà tem- po con diploma cavaliere lateranense. Somma era la gratitudine che l'Angeli pofessava all' arcivescovo ra- vennate, si perchè lo avea sempre giovato di sua pro- tezione, si perchè lo decorava di onori cosi singolari : e l'amicizia , anzi direi la dimestichezza che passava fra loro , si mantenne poi finché ebbero vita. Correa l'anno 1789 quando il cavaliere Luigi pub- blicò un saggio di medica educazione , estratto dall opera del sig. Venel , e lo fornì d'importanti no- te. Di siffatto lavoro parlai'ono con molto rispetto i giornali di Vicenza e di Venezia. Dopo un lustro , rese egli di pubblico diritto un libro assai filosofico che ha per tìtolo : // medico giovane al letto dell' am" malato : opera nella quale in prima si contemplano i doveri del medico verso se stesso; quelli verso il ma- lato : i doveri verso gli altri di sua professi ne : i doveri verso la religione. Tale lavoro venne così uni- versalmente gradito, che tosto fu recato in lingua te- desca ed olandese , e il prof. Brera volle che fosse su- bitamente posto in mano ai suoi giovani alunni. Laon- de diverse edizioni poi se ne fecero , e nella 2 l'au- tore aggiunse un 5 articolo delle cautele da seguir- si nelle malattie contagiose. La 3 edizione poi fatta per opera del prof, dall' Oste è ricca di un 6 arti- colo sulle cognizioni necessarie a ben ricettare , e a questa va unito il ricettario clinico di Brera. 5^ 68 Scienze Negli anni appresso, essendosi fatta sentire per ma- la sorte la prepotenza francese anche nella Romagna, il cavalier Ang-eli fu spedito a Modena in qualità di deputato ad un congresso diretto a compiere una co- stituzione per la repubblica cispadana. In questa oc- casione con efficaci parole pugnò in favore della cattolica religione , e fece aperta opposizione contro l'assoluta libertà della stampa , disvelandone i pericoli. Reduce in patria, fu acclamato presidente dei comi- zii , poscia a pieni suffragi fatto elettore e ammini- stratore nel dipartimento del Reno , indi presidente, e membro municipale in appresso. Nel qual tempo a viso aperto si oppose ali' atterramento delle sacre im- magini , comandato dal violento commissario Ley. Ma l'avere occupate siffatte cariche {\i cagione a lui di diversi travagli alla venuta )dcj) (a+bcos?))" (a+bcos;p)"'^ / (a+bcos?')"'^ per mezzo delle quali prendendo i differenziali dei due membri , per il metodo dei coefficienti indeter- minati, si determinano i coefficienti A,BjG. Questa maniera di ridurre l'integrali delle formolo (1) alle (2) dove n diminuisca continuatamente dell'unita mi sem- bra arbitraria, e mancante di prova. 11 noto prin- cipio dell'integrazione per parti mi ha condotto alle (2), e quindi all'integrazione delle (1). Esporrò brevemente il processo dell' operazioni da seguirsi , e mostrerò infine l'applicazione della prima delle (2) ad un pro- blema di geometria , che richiede l'aiuto del calcolo integrale. 2.° Sia dunque da integrarsi la forraola (3) __A_ (aVx7' In questo caso consideriamo il paragone della for- mola dx /fa^ (aHx^)"' con la cognita (4) yPdQ-PQ-/QdP e si ponga Calcolo integrale 83 p== \ , dQ=dx (a^+x)''-' ^ avremo subito dalla (4) (5) f—^ ""— +2ra.n r "'^'^ / (aHx^)-^ ~ (aHx^)"-' ^ ^ ^ (aHxO'^ Ora senza difficoltà scorgeremo essere x"dx dx a'dx (a"+x7' "~ (aHx^)"-» ""(aN^ e la formola (5) diviene con la sostituzione ^ dx _ X / ^ dx ^ ^ dx \ ^ l/(a'-fx^)"-'~(a^-+x7'-^"'"^^°"^^t/(aHx^)"-^'V(aHx')V Quindi trasponendo i termini e dividendo per 2a^ (n-1), avremo ^ dx x 2n-3 A. dx ^^l/(^^+x7'^2a'(n-1)(a'+x=^)''"'"^2a'(n-1)/ (?T?)^ In questa maniera mi sembra provata la verità della prima delle formole (2). Che se nella (7) in luogo di n sostituiamo n-1 verrà similmente ^ dx X 2n-5 . dx J (a' + x'y^'""2a' (n-2)(aM'x7^''" 2a^(n^/(?+?p* e così di seguito finche arriveremo alla formola /» dx ^ . / x\ ^ 3.° L'integrale della formola (3) può aversi anche sot- to un altro aspetto facendo uso del metodo seguen- te recentemente imaginato. Sia la formola dx x'+y e s'integri nell' ipotesi di y constante , sarà ^ dx '^ . ( X \ / = • — Are l tang = -— i 84 Scienze e poiché abbiamo xHy 1 xHy 2 „ i x^+y 2. 3 dy^ (x^+y)4 1 '^''xHy_ ,^2.3.4.. ;n jyi (xHy)""^' quindi ricaveremo con facilità • (lx = sir /_— — _,= . / dy" ^ (xHy)""*"' dy" J,,. 1 i+C ;:y^^^-v^"g=7y); dy" e ponendo y=h viene («) . dx _ 1 4^^"('"^-^>^0v /(x^+h)""^ '^2.3..n db' dove il segno + è per n pari , ed il — per n im- pari. 4.'* Veniamo all' integrazione della seconda delle (1) ciofe ('a+bx)dx (0) ^: i . (p^+2pqxcos:p + q'x")'* Questa formola h riducibile Kjlla (3), se si prendano per «, ^ due quantità tali da essere Calcolo integrale 83 pcos^ psen

q'" (zHjS^)" q'"^ (z'+^r)'* Ora dalla formola (7) ricaviamo ^12) r ^' J ' + ^"'^ r ^' ^ ed anche con facile calcolo (13) /^^= '- Quindi sommando le (12) (13) dopo di averle moltipli- a— bai b cate respettivamente per r— » —r avremo Imte- ^ ^ 2q'" q'" graie espresso per la (11), perciò facendo la sostizio- ne dei valori di a:, /§, z ricaviamo (1 4) f (a+bx)dx _ (p^+2pqxos;p+q'x')" bpcoscp y- pcosl> a / X +■ q''" i 2(n-l)p'sen^(|>/ a , 2pxcos:p pX""' q2 \ q \0 b 3<,-(„.,)(-,H25^°?^/.) 86 Scienze di ,_hpeos.x2„_3) \ 1 J f 2pXC0S:f» p'\" (x'+- + J 2q''"(n — 1) p^sen^'cp y / ^ 2pxcos:f» p ed eseguendo i sviluppi , e riducendo al medesimo denominatore verrà (a+bx)dx apqcos$— bp^+(af{='— bpqccs:?)x 0 5)/(pH2pqxcoscf>+qV)''^2(n-1)pYsen='4>(pH2pqxcos?'+q'x')''-* P (2n— 3)(aq — bpcosc|))dx ^J 2(n-1)p'q'sen'i(^+2pqxcost|)+q^x7'» Ognun vede adunque , che per mezzo di questa for- mola (15) viene provata la leggittiraita della secon- da delle forraole (2), e ciò basterebbe per il mio in- tento, con tutto ciò accenniamo brevemente come s'in- tegri la formola (9) nel caso di n=1. In quest'ipo- tesi la (11) diviene ^ (a4-bx)dx a — ba: >r. dz b zdz ^' ^V (pH2pqxcos^+q'x'0^~^^2H^'"^qV;H^'^ a — ba: / z\ b , -, =— ^- Aro ( tang=-)+ — log(z^-+/SO + G quindi la sostituzione dei valori di «y, /5, è z datici dalla (10) produce ..~v n (a+bx)dx b , , ,. (a+bx)dx b [XCOSip + q'x')" 2q= aq — bpcos? . / qx+pcos?>\ +_i ^ Are ( tang= -1 — ^— )+ G pq''sen$ \ pscncp / pq^'sen^ \ pscncp dove la costante è C' = ^log.q+C Essendo C la costante dell' integrazione- 5.° Vediamo come l'integrale della formola ^ (a+bcos^)''^ Calcolo integrale 87 possa ridursi alla terza delle (2). A quest' oggetto sia z una variabile da verificare Tequazioni 1 bsen:pd^ (19) T,~ — , e, dz=- — -— — — a+bcos$ (a+bcos?>)* ricaveremo senza difficolta le seguenti 1 — az dz . cos|)=—; ,— sen$d|>= ■, e quindi bz bz" , dz dz ld:p (20) 1/^ /l-azy zl/"(b'— a>V2az-1 S+(fb — ae)z 1 ^f+gcos?)::-°— ^ — °^, (a-|.bcosj))''=- bz z" Sostituendo questi valori nella forraola (18) ed inte- grando verrà (21 ) (f+gcos^)cb _/J^_X_b_Z_dz J (a+bcoscp)" I/'(b'-a')zH2az-1 nella quale ponendo per brevità fb — aff e .M=— — 5,N=|-, a;=b^-a%;?=2a, 7==-1 (22) i b b a+bcos:f) essa si trasformerà in /(f+gcos:p)d(P_ /Mz^-' + Nz"-' _ .Ldz •^ (a + bcos$)' '^ |/'«zH/§z+7 ^""^ "r" Adunque l'integrale delia formola (18) è ridotlo ali* integrazione di una forraola irrazionale , ma che si può rendere razionale con una conveniente trasforma- zione , come già si conosce. Di più l'integrale delia medesima (18) è ridotto all' integrale della formo- Ldz la -p— » la quale e molto rimarchevole per le ri- 88 S e I E n z E cerche lU Eulero , Lagrange, Legendre. Infatti ha Pdx dimostrato Legendre , che se si abbia la formola - - R dove P sia una funzione razionale della x, e la quan- tità Pi---l/'«x'i+/?x3+7X^+^x+s Si possono sempre trovare due numeri p, q unita- mente ad una variabile y da verificare la formola p+qy 1 1 . . 11 ^^^ , .-, x= — , la quale sostituita nella — -la riducono 1+y R ■pi j ad un altra -— - , dove K =V ay'>+ ^'y'^+y'y^ ^J^'y+e I nnmeri però p, q devono determinarsi ponendo /5'=o, /=o , e P' essendo una funzione razionale del- la y. Ora nel caso , che F contenga le sole poten- ze impari della y; ponendo y^=z verrà la formola (23) . „ Pdx ad essere un caso particolare della -— - R 6.° Ma andiamo ad eseminare l'integrale del secon- do inembro della medesima (23j, e si consideri il dif- ferenziale della quantità z""^ R, cioè (2/() d.z""" R-=(n-2)Rz"-Mz+z"-^dR e siccome dall' ultima delle (22) si ricava (2«z+/?)dz (25) dR=ir^ - '' — ^ ^ 2K azH/5z+7 quindi per la sostituzione la (24) si trasforma in „=2«(n-1)z"-'dz+)?(2n-3)z""Mz+2, (n-2)z''-^dz (2G) d.z^-R ^—^ 2^ ■ ed integrando termine per termine otteniamo s /Z'"'dz M2n-3) z""^dz „, z"--d2 (27) z"-R=a(n-iy-^+— _;/ ^^_-h,(n-2)y-^~- dalla quale si ha immediatamente z"-dz_2"-*R )S(2n-3) . z''-Mz_7(n-2) . z'-^dz ^ -'"R '^)'~Ma^ì)''' R 7(n-1) '~R"~ Calcolo integrale 89 il (jual valore sostituito nel secondo membro della formola (23) ci ottiene un risultato della forma dove P, Q sono espresse per rp_]>^_/S.M(2n-3) g(Q-1)(b'-a')(-a)2n-3)(Lf-ag) \ 2x(a-'I) ""• (n-l)b(b'-a') L _ My(a-2)Ja-2)(hi-ag) l a(n-1) '~(n— l)b(b^-a') Se nel secondo membro della formola (29) sostitui- scono i valori di z, dz presi dalla (19), ed i valori di « g 7, M N P Q R presi dalle (22), e (30), il paragone della (23) colla (29) ci dà primieramente ^(f+gcos-;)dì> Mbsen? ,(P+Qa+Qbcos9)d9 ^ (a + bcosc|')' «(n-1)(a + bcos?)"*"^ (afbcos?)' * e siccome con facile riduzione o^ T. ^ (2b^-af)(n-1) (32) P+Qa =^ (b^— a') (n-1) quindi dalla (31) deduciamo .jjgW^C^+g^osDdcp (ag-bf)5en^ (a+bcosc?^)' (n-4)(a'*— b')^a+bcos9)' ^/(af-bg) (n-l ) + (ag-bf) (n-2)co5^\ (n-1)(a^-b) la quale evidentemente dimostra la verità della terza delle formole (3). Esaminiamo anche qui il caso di n=1. In quest' ipotesi sarà da integrarsi la formola (f+gcos©)cl<5> fdcp gdy gad© a + bcoscp a+bcosip b b(a+bcos(p) dunque un tal integrale si riduce all' integrazione della semplice formola ai bcos9» 90 Scienze In due maniere si può arrivare dalla (18) alla richie- sta (35) cioè, o ponendo f-^1, g=:o, n-=1 il qual modo riduce uguali all' infinito i secondi membri delle (29) e (33), il che non deve verificar- si ; ovvero ponendo f=a, g=b, n=2 d'onde le formole (22) (30) ci danno M-1, N=1, P=1, Q^O e la (29) diviene ' ^' ^ ^ I/'«zHiSz+7 ^ R *^a+bcos^ Sotto due differenti forme può presentarsi l'integrale della (36), secondo che et sia positivo , o negativo , ovvero b maggiore , o minore di a. Nel primo caso cioè b>a l'integrale della (3G), come già. si cono- sce , si esprime per un logaritmo , cioè (37) r,^ -^ =i^lo/-^- +z |/'«+/"«zH/?z+7V^ e rimettendo i valori di z, a yS •)', e comprendendo sotto il valore di una sola costante anche la quan- d 1 /b+acos^+sen:pK b^-a'\ ('«^ /aTh^=i^bw'°< — ^bs;i^ — r"" Nel secondo caso cioè di b ^ -— -K 2ay3-y5+ ^K2ay-yH— Arc.( tan2::=K — -)HG 96a" -^ ^ 96a -^ ''^ 48 V ^ y J)^ La costante si determina per le condizioni, che essen- do y=o, si ha, V=o d'onde 0^— 167ra^— Arc/tang=i/ — J+G è siccome Arc.( tang=i/ —\=: — quindi Jo3 TT'a 2 la quale aggiunta all' integrale lo renderà completo. Per una semicicloide basterà porre, y— 2a, d'onde dal- 5 la (48) si ricava V=— Tr^a^, e per l'intera cicloide 5 (49) V=57r'a^=--Tra*.27ra Ma Tra* esprime l'aiea del circolo genitore 2Tra la cir- conferenza , dunque conchiuderemo. Il volume ge- nerato dall' intera cicloide , che si aggira attorno la sua base , è eguale a cinque meta di nn cilindro , che ha par base l'area del circolo genitore , e per altezza l'intera circonferenza del medesimo circolo. Questa proprietà, della cicloide fu da me avvertita con il calcolo teste esposto in una occasione , che mi si presentò nell' anno 1827. Ciò basterebbe per il mio intento, ma giacche ho avuto occasione di parlare del- la cicloide mi si permetta il mostrare due cose. f^ Scienze La prima è in qual maniera facendo uso dell* equazioni (41) si possa arrivare con più speditezza al- la formola (49). La seconda e d'indagare il volume della cicloi- de che si aggira attorno il suo asse. E riguardo al primo, le formole (41) ci danno dx -a(I — cosu)du— ydu e la (43) con la sostituzione diviene (56) V=7ryy\ìu + C='7raV(I -cosu)Mu+C Sviluppando le potenze dei coseni, nei coseni degli ar- chi multipli si ottiene ,, 5 15 3 1 ^ (1 — cos u)^^= cos u+ — cos 2 u — — cos 3u quindi moltiplicando per du, ed integrando (5J) V=7raV('i -cos u^du+G Y5a 15 3 'l o N ^ =7ra I senu+— sen2u sen3u Ì+C \2 4 4 3.4 J La costante si determina che u = o, da V-=o quindi C = o, Per una semicicloide basterà porre u=7r, e la (51) diviene 5 V= -n's? 2 resultato del tutto conforme al trovato Riguardo al secondo. Si prenda per asse delle ascisse il diametro del circolo genitore , che divide per me- ta l'intera cicloide , il qual diametro chiamasi asse della cicloide , e per asse delle ordinate una retta nor- male a questo asse , con l'origine delle coordinate nel punto ove l'asse incontra la cicloide; in quest'ipo- tesi chiamate, x' y', le coordinate di un punto qualun- que riferito a questa nuova origine , avremo le se- guenti x'=2a — y, y'— air — X, e ponendo 7r--u=«=u le formole Cil) danno Calcolo integrale 95 x'=a(l — cosu), y'^^aCu'+sen u') essendo u' fra i limiti di o, tt, ed il volume corrispon- dente sarà V='7r/y^'dx'+G ovvero togliendo gli apici calcoleremo con le formole (52) X— a(1— cosu), y=a(u-f-senu) (53) V-^Tr/yMx+G Ora le (52) danno Cdx=asenudu (54) ] ^y^=a'(u'+sen'u + 2usenu) quai sostituiti nella (53) viene (55) V=7raV(sen^u+2usen'u+u''senu)du+C Ma dal calcolo integrale (*) >| 2 /sen^udu == — ■ — sen'ucos u cosu I 3 3 (56) "ir 2 1 "* usen2u cos2u ' J /usen udu= ^— — 4 4 8 J u'setiudu= — u'cosu+2usenu+2cosu Le costanti da aggiungersi all' integrali delle (56) l'in- tenderò racchiuse in quello delle (55). Sostituendo dunque tai valori nella (55) sarà / 1 V=7ra' ( u*(-;^ — cosu) f u(2senu— sena cosu) cosu 1 \ +— T"(^~sen'u) — pcos2u )+ G 3 4 y Là costante si determina che u=o da Va^o quindi 12 (*) Bi'unaccìj calcolo sublime voi. II pag. 299, 5o3. 96 Scienze e facendo nella (57) u='7r avremo per l'intera cicloide (58)V=W(-."--) Qui pongo fine a questo breve mio scritto , e spero che i giovani studenti , per il bene dei quali cerco di eseguire qualche travaglio mi saranno grati, se avrò ar- recato dei lumi a qualcuno dei punti anche i più ele- mentari del calcolo integrale , e non avranno a sde- gno , se neir esposizione del presente abbia fatto qual- che piccola digressione con altre teorie , che sebbene sembrate sieno straniere al propostomi contuttociò pre- sentandomisi l'occasione ho creduto bene di esporle , potendo elle essere di giovamento ai loro studi. Mde Giovannicio andò alla corte dell' imperadore in uffizio di segretario ; e per le sue virtù , e pel valore dell'ingegno gli venne in grandissima confidenza e affezione. Morto nel G85 il buono imperador Costantino , e succedutogli Giusti- niano II Rinotmeto suo figliuolo , testa leggiera e be- stiale , Giovannicio per pochi anni slette in quella ca- Illustri ravegnani 423 rìca ; perocché , come raccolgo dalle antiche memorie, ei si ridusse a vivere in patria nel 691 , pochi anni innanzi che il detto imperadore , per congiura fattagli contro , fosse cacciato dal trono. Mentre che Giovan- iiicio stette in Ravenna , volto tutto il suo animo agli studi, compose molti versi latini; e dotto com'era nelle scienze divine , scrisse sacri libri , di cui si valse la chiesa ravegnana. E in queste e simili occupazioni ei passava la vita , quando nel 705 , ricuperato Giu- stiniano il perduto impero , con fiero animo cercò a morte coloro che tenne rei dell' ordinata cospirazio- ne , e fra questi furono i ravegnani : contra i quali mandò Teodoro , generale dell' esercito di Sicilia , con molte navi piene d'armati. Entrato costui nella terra, £è mettere in ferri i principali cittadini, fra' quali Gio- vannicio ; e data la citta al saccheggiamento e alle fiamme , trasportò i prigioni a Costantinop oli, che poi furono presso che tutti fatti morire. Non può dirsi a parole come questo fatto aspreggiasse l'animo de' rave- gnani. Diedero tosto in furore : fremere , correre ali* arme, tutti ad una gridare contro di Giustiniano im- properi e maledizioni. Ogni cosa era piena di la- menti , di lacrime , di disperazione. Così levatosi il popolo a tumulto , eleggono a capo il figliuolo di Giovannicio , di nome Giorgio, bel giovane, di gran senno e coraggio ; e sollevano le altre citta sogget- te , Sarsina , Cervia , Cesena , Forlimpopoli , Forlì , Faenza , Imola , Bologna. Non è noto per le istorie, che seguisse di poi: sappiamo solamente che Giovan- nicio nel 71 1 per comandamento di Giustiniano , che forse volle in lui vendicata la ribellione de' ravegna- ni , fu dannato alla morte ; e che essendo condot- to al supplizio, un banditore , che gli andava avanti, gridava : Il ravegnano Giovannicio, quel facondo poe- ta , eh' è stato contra l'invi tlissirao augusto , come 424 Letteratura topo fra due muri rinchiuso , muoia. - Esso , giunto al luogo della pena , pose le ginocchia in terra ed orò brevemente , tutto assorto in un pensiero : poi volto- si ai soldati che gli stavano intorno , per segreto pre- sentimento disse : - Domani a quest' ora ucciderete il vostro imperadore « e sarà meco nella presenza del giustissimo giudice. - E l'evento mostrò eh' ei diceva vero. Per sì fatto modo finì di vivere questo egregio uomo in terra straniera , di miserabil morte. Ebbe , oltre il figliuolo Giorgio , una figliuola che si chia- mò Agnese, la quale fu bisavola dello isterico Agnel- lo , pur ravegnano , che ci ha lasciate queste memo- rie del suo illustre antenato. VI. VINCENZO CARRARt Degna di essere posta ad esempio parml che sia la vita di Vincenzo Carrari , cittadino nobilissimo ra- vegnano , figliuolo di Mario , e di Giovanna de- gli Andreoli , nato nel 1559 a' 14 di settembre. Co- minciò assai giovanetto a dare opera agli studi , che si confanno alla prima età : poscia se n'andò a Bolo- gna ; indi a Ferrara ; ne' quali luoghi attese con tut- to l'animo alle buone lettere , alla filosofia , alle leg- gi , nulla addietro lasciando di ciò che nelle scuo- le suole insegnarsi a'peregrini intelletti. Compiuti que- sti studi , e già dotto in ogni divina e umana ra- gione, prima di tornare alla patria visitò le terre del- la Romagna : e desideroso di sapere quel che fecero i nostri maggiori , raccolse le antiche memorie , e le istorie tutte con difficile e pertinace studio ricercò. Dopo di che , tornato a Ravenna , e trovandosi in quel- la, età in che l'uomo può eleggersi lo stato della vi- Illustri ravegnani 125 j ta , si consagrò sacerdote. Essendogli data a regge- re la chiesa , che chiamano di S. Maria in Coelos- eo , fé' aperto agli uomini che nel cuor suo erano tutte quelle virtù , che prime esser deono in chi ha volto l'animo ad invisibile regno. Esercitò nella pa- tria e fuori onoratissimi magistrati. Scrisse e dispu- tò a favore della chiesa ravegnana : perchè fu mol- to accetto air arcivescovo Buoncompagno , che lo in- ,viò oratore a papa Gregorio XIII , e per maggior segno di amore gli offerse un canonicato nella sua chiesa. Ma questo avvenne solamente nel 1584. Fu il Carrari molto assiduo negli studi , e non v'ebbe mai chi lo vedesse ozioso , ne sazio di faticare. Fece as- sai opere , che furono bastanti a donargli durevole fama ; fra le quali mi piace dì ricordare l'istoria de' Rossi da Parma, ch'egli intitolò all'altezza di Alessandro Farnese , principe di quella terra : e l'o- razione in morte di Luca Longhi , eccellentissimo di- pintore ravegnano , scritta a consolazione de' figliuoli e degli amici. Compose anche alquante rime , della soa- vità della poesia dilettandosi : e comentò quella can- zone con che il Petrarca celebrò le lodi de' fratelli da Correggio , quando questi nel 1 341 ebbero cacciato di Parma Mastino dalla Scala , che se n'era fatto ti- ranno : per lo che il nostro Vincenzo e stato annove- rato fra' dotti espositori delle rime di quel soavissi- mo poeta e filosofo moralissirao. Descrisse in poche parole la vita di Cristina Racchi Lunardi ravegna- na , gentile di sangue e di costumi , e di viso e di corpo egregiamente formatai Sono ancora alcune sue opere composte nella lingua latina, che molto gli era famigliare. Appresso la morte lasciò una istoria ma- noscritta di tutta la Romagna , lodata da Girolamo Ti- raboschi , lume chiarissimo dell' italiana letteratura. Ma il suo dialogo dell' amicizia j il discorso della uti- 126 Letteratura lita e grandezza delle istorie ; il libro delle origini delle famiglie ravegnane : le genealogie degli Spreti , de' Cesi , de' Mala testi , de' Farnesi , de' Varani , de' Pii , de' conti Guidi , nel comporre le quali opere , secondo eh' ei medesimo dice , aveva fatta molta dili- genza di studio, sono presso che affatto perdute. La mor- te di questo eccellerne uomo avvenne l'anno 1596, il quinto di papa Clemente VIIL E perchè egli , oltre il naturale senno e la molta dottrina , fu amico della verità e del giusto ; prudente e modesto ; di tenero cuore ; a tutti affabile e benigno ; è da credere che la sua morte fosse ai buoni sospirosa e lacrimevole. Nondimeno non mi par da tacere per ammaestramen- to di quelli che vivono , in lui essersi provato vero il detto che non fu mai virtù senza invidia ; perocché fu molto travagliato da alcuni con detrazioni e ma- ledicenze , i quali non potevano patire di scorgere nel- la sua vita una continua censura de' loro difetti , e che fosse in tanta grazia dell' universale. Le quali ingiurie , in vero gravissime , comechè egli le sentis- se profondamente nell' animo , amò meglio dimentica- re , che farne vendetta ; lasciando a noi per tal mo- do un molto imitabile esempio di virtiì , e un testi- monio splendidissimo della bontà del suo cuore. VII. ANTONIO ZIRARDINI, Nacque Antonio, o, come interamente si nomina al battesimo , Filippo Antonio Zirardini nel dicembre degli anni \ 725. Il padre di lui fu Gio. Claudio dottor di leggi , la madre ebbe nome Bartolommea Mazzoli- ni. Fece in Ravenna gli studi di rettorica , di filoso- fia , di teologia e di ragione canonica e civile, ne' quali Illustri ravegnani 127 mostrò ingegno pronto e acutissimo; e specialmente nelle leggi tanto profittò , che di v^entitrè anni n'ebbe gra- do di dottore. Desiderava il padre di lui che il figliuo- lo desse opera al foro , e del suo guadagno arricchis- se la famiglia ; ma egli , uomo di alto intendimento, d'interissima coscienza , e d'animo totalmente alieno da quello ingratissirao studio , si volse alla greca e latina favella , e intese a meditare le opere de'sommi giureconsulti Cuiacio e Gottofredo , studiando nel di- ritto delle genti e nel pubblico : scienza che, secon- do il Grozio, fu chiamata da Tullio ad ogni altra su- periore , e disse che sta ne' trattati , ne' patti , nelle convenzioni de' popoli , de' re , delle nazioni , e final- mente nella ragion della guerra e della pace. Andò poscia a Roma : e là dove i più vanno in cerca di onori e di oro, ei contento di una mezzana fortuna, niente altro cercò che tutto dirsi alla lettura degli scrit- tori greci e latini, sacri e profani ; studiare nella ori- gine delle leggi imperiali ; investigare le più rare me- morie che ci sieno restate ne' bronzi e ne' marmi, facen- do a se presenti e famigliari il senno , i costumi e le opere degli antichi. Ivi strinse amistà con molti de' letterati uomini , e divenne carissimo al buon cardi- nale Gaetano Fantuzzi ravegnano, uomo dotto e umile in tanta eminenza di ecclesiastico principato. Indi a tre anni , venuto desiderio al padre di averlo pres- so di se , lasciò Roma e tornò a Ravenna. Ne que- sto fu senza suo dispiacere , perocché quella dimo- ra in Roma gli era di grande profitto alle opere che aveva in animo di comporre. Con la fama del suo no- me ebbe messo di se tale opinione ne' suoi cittadini, che quelli che vegghiavano e procuravano le cose pub- bliche, gli diedero tosto la cattedra del civile dirit- to , e lo fecero pretore della citta. Ma questo se- condo onore , come quello che gli toglieva tempo a' 128 Letteratura suoi dilettissimi studi, non molto dopo rinunciò. Sucn le Io studio , secondo il dire del Boccaccio , solitu- dine e tranquillità di animo desiderare : questo conob- be Antonio , e diessi a vivere solitario. Le setti- mane intere chiuso in sua casa , rimosso dalla vedu- ta delle genti : dormir poco : le notti vegghiare su libri. Quindi venne in lui quella astrazione, che al- le volte lo alienava dai sensi , sì che quasi non sen- tiva di se, e ti rispondeva non secondo la tua doman- da : quindi il non curarsi di ben parere nella perso- na : andar solo ; volto malinconico , pensoso. Non e a dire se coloro che si lasciano rubare all' ozio , al son- no , alle voluttà il breve tempo della vita , senza mai vivere , si facessero beffe di lui. Ne egli se ne sde- gnò , ne se ne dolse ; anzi si rise del riso altrui , sapendo che le sue fatiche , e quella sua solitaria vi- ta avrebbero fruttato onore alla sua patria , ornamen- to alla sua casa , gloria eterna a se stesso. Ne pun- to s'ingannò : che in vero i due libri degli antichi edifici profani di Ravenna, scritti italianamente, ol- tre a mettere in chiarissima luce le antiche magnifi- cenze della nostra citta , fanno aperta la grande eru- dizione di lui , e il suo molto acume d'ingegno nel giudicare delle cose : comechè lo stile non sia cos'i ele- gante e schietto come esser potrebbe. E il comentario latino su le novelle leggi del giovane Teodosio e di Yalentiniano III mostra quanto fosse il suo valore nella scienza legale , e nelle antichità. Queste , e molte al- tre opere di non minor pregio , scritte parte in la- tino e parte in italiano, fanno onore alla patria no-' stra : perocché quasi tutte parlano di lei , continuo suo desiderio e pensiero. Per queste ei vide la sua casa annoverata per pubblico decreto fra le più illustri del- la citta, e il suo ritratto posto in segno di onore nel- I iLLUStRI RAVEGNANI 129 la sala del pubblico palazzo. Queste gli diedero fa- ma che per tutta Italia si diffuse. Queste lo fece- ro desiderare professore di pubblico diritto dalle uni- versiti di Parma , di Pavia e di Ferrara. Queste in fine gli acquistarono l'amicizia di presso che tutti i dotti della sua età , e lo misero in onore e in ri- verenza appo i buoni. Fu il Zirardini, come da quelli che il conobbero ho udito , di comunale grandezza, di complessione un po'dilicata, di colore tra palli- do e bruno , non molto bel parlatore , e chi giudi- ca secondo che pare al di fuori , lo avrebbe reputa- to d'ingegno tardo e non perspicace. Osservò i costu- mi antichi: fu tenerissimo della religione; nemico del- le cortigianìe , delle cirimonie , di tutte quelle viltà, degli uomini che si coprono sotto l'onesto nome di ci- viltà. Gli apposero alcuni troppa voglia di fama : ma la gloria , al dire di Tacito , è l'ultima veste che lasciano anche i filosofi. Morì di morte inaspettata la notte che va innanzi al primo dì di aprile del 1785, e fu creduto costantemente che la eccessiva applica- zione agli studi gli avesse affievolite le forze , e tol- ta così di subito la vita. Il suo cadavero fu posto so- pra un funebre letto nella chiesa di s. Barbara , e il popolo , lasciati i suoi affari , vi trasse a vederlo. Le fattezze del suo volto non guaste dalla subita mor- te , e il suo quasi naturale colore, fecero credere a molti eh' ei non fosse passato di vita. Riportato a casa , ne furono fatte le esperienze: ma lo spirito se n era usci- to. Di Ì3L con grandissima e lunga pompa di clero , di lumi, di compagnie, seguendolo tutti i principali cittadini , e gran parte della gente minuta , fu cozi- dotto al tempio di S. Francesco, e seppellito nel mo- numento de' suoi maggiori, , G.A.T.LVI. 0 j30 Letteratura. Vili. LORENZO FUSCONt. Non ^ eia passare sotto silenzio la huona vita di Lorenzo, figliuolo di Natale Fusconi , cittadino di onesta condizione, nato nell* agosto del 1726. Giova- netto attese molto agli studi che si chiamano di gram- matica e di umanità, e presto secondo gli anni im- parò quelle Cose, a che era indirizzato. In etk di po- co oltre a' quindici anni entrò all' ordine de' mino- ri conventuali ^ e sempre poi stette contento allo sta- to che s'aveva eletto. Studiò filosofia in Cremona e in Bologna , e in Ferrara diede opera alla teologia. Indi fu a Roma , e cola tenne dispute sottili , si che fu chiamato teologo , titolo che a que' di volca dire sa- pientissimo. Poscia lesse filosofia in Bologna per cin- que anni , e tre anni in Ferrara la teologia : e per queste fatiche, e per la molta bontà dell'ingegno e del cuore , dalla sua rell ^ione gradi ed onori meritò. Fu dotto nelle istorie , ed ebbe eloquenza oratoria , che fé' manifesta predicando ed evangelizzando pub- blicamente in Padova, in Venezia, in Firenze, in To- rino , in Roma , e in molte altre delle principali cit- ta d'Italia Con grande applauso. Ma lo studio a lui pili diletto, e a che inchinavalo maggiormente la na- tura , era la poesia volgare , come mostrano le molte rime eh* egli compose. Aveva una vena di verseggiare sonoramente, e molta felicita d'immaginazione i ma i suoi versi , a dir vero , non hanno mollo pregio di stile, petocch^ egli die>si a seguire la scuola del Fru- goni suo amicissimo. Nel ITGU pervenuto al pontifi- cato il cardinal Lorenzo Ganganelli dellV ordine de' ftiìnorì conventuali , col nome di Clemente XlIII , Uomo di ottimo cuore , di grande dottrina e favoreg- Illustri ravegnani 131 giatore delle lettere , il Fusccmi andò a Roma a La- ciargli i piedi ; e '1 buon principe accolse con lie- ta fronte il suo dotto amico e fratello , e in se- gno di amore lo fece maestro in divinità neU' archi- ginnasio romano; e se crudel morte non lo avesse tol- to così per tempo al mondo , pare che lo avrebbe locato in quel grado di dignità che e presso alla se- dia pontificale. Fu caro a' principi di Toscana e di Savoia , e fra' suoi illustri amici si annoverano i chia- ri nomi de' Ferri , Bertòla , Mazza , Lami , Fabro- ni , Roberti , Ceretti. Le citta d'Imola e di Spole- ti lo posero fra' loro cittadini , e più di venti ac- cademie si onorarono del suo nome. Dopo la morte di Clemente XIIH , che gli fu all' animo di molto grave dolore, e ne fé' lamento con le sue rime, fer- mò la sua dimora in Faenza , e vi stette più anni caro a monsignor De' Buoi , vescovo di quel luogo , e ad Antonio Laghi faentino, celebre per le sue ver- sioni latine. Si ridusse ultimamente in patria nel 1790, dove poetando passò la vita sino al termine di lun- ghissima vecchiezza. Mori l'anno della nostra salu- te 14 sopra 1800 del mese di agosto , in etk di ottantasette anni , undici mesi e sedici giorni. Eb- be corpo , chi il volesse sapere , più proporzionato che grande , faccia virile , portamento grave , aspetto ■venerando. Della bontà dell' ingegno suo fanno testi- monio le opere eh' ei compose , stampate , lui viven- te , nella citta di Parma. Dolse la morte sua a tutti i buoni ravegnani , e particolarmente a Luigi Fusco- ni notaio , figlio del fratello , il quale ne fc' sep- pellire il corpo nella chiesa di s. Francesco , e nel muro della navata dcslra di chi esce del tempio fe- ce porre una elegante iscrizione latina , che dice le lodi di lui , composta da Bartolommeo Borghesi sa- vignauese , uomo chiarissimo. in Idìlli di Domenico F'accolini e di Francesco Capoz* zi editi ed inediti. Lugo pel Melandri 1832. Nuoi^i carmi di Francesco Capozzi. Lugo pel Melandri. Dafni e Cloe iddio di G. /♦ Montanari, Pesaro pel Nobili 1832. ^Je alcuno si maravigliasse ^ che ancora si scrivano poesie pastorali in Italia dopo tanto abuso che se n'è fatto , o rammentasse quel detto di d'Alembert , che Teocrito F'ir^illo e Fontenelle hanno esaurito tutto ciò che può dirsi sui boschi sui fonti e sulle pecore ; noi esorteremo costui a leggere principalmente gì' idilli del sig. prof. Vaccolini , certi che s'egli ha nessun buon gusto, cesserà le maraviglie, e condannerà, la sentenza , per altri titoli ingiusta, di quel francese filo- sofo. Nulla è più semplice dell' agnellino (p. 7), nul- la più grazioso della Fragoletta (p. 10), che Voltaire dirc])be scritta con una penna delle ali di Cupido. E perchè non pajano esagerate le nostre lodi , ci piace di ri poi lare questo brano , certi di far cosa grata a chi leggera queste carte : ^, La famiglia de' fior cui pinge aprile D'ostro che vince quel dell' alba in cielo , Fragoletta , a te cede il primo onore. E fin le rose del bel sangue tinte Del garzonetto Adone al tuo vermiglio Cedon. Ne fola è gi'a che quando amore Punto d'un' ape alla sua madre corse ; Di queir ambrosio sangue che stillava PoEaiE VARIE 133 Dalla ferita nel giardiii di Pafo Tingesse il tuo bel frutto , o fragoletla. Quanto rosseggia men d'un uomo il sangue Di quel del più bel dio , d'allor tu vinci Tanto le ciprie rose. Or una sola Oso anteporti , e questa rosa è quella , Che a me Fillide mia già porse in dono. E tu non isdegnarti , o fragoletta , D'esser vinta da tal , poiché tu vinci Tutta famiglia de' purpurei fiori. E quanto mai d'odor vien che si spanda Cede a la tua fragranza. U solo odore Di questa rosa fra le belle bella Oso anteporti. Ed io so ben che al tuo Cantor perdonerai , se intendi amore. „ Solo in questi bellissimi versi , pieni d'ingegno- si pensieri e delicati , noi avremmo voluto che a queU le parole „ Quanto rosseggia men d'un uomo il sangue Di quel del più bel dio , d'allor tu vinci Tanto le ciprie rose. Or una sola ec, fosse stato sostituito questo unico verso D'allor le rose vinci. Or una sola ec, potendosi comodamente lasciar quel giudizio al lettO"* re , ed essendo questo confronto di sangue con san^» gue , in componimento grazioso qual è questo, una di quelle immagini che non vogliono essere presentate ila vicino , foccndo miglior effetto in lontananza. 134 Letteratura . . . Quae si propias stes Te capiet magis-^ et quacdam si longius abstes-^ Haec amai obscuram , volet haec sub luce videri. Hor. A. P. Altri di questi idilli sono per argomenro di noz- ze; come la Fidanzata (p. 12), la Buona Figlia (p, 21), ne' quali mentre altri cattivi poeti non san ricantare in tale suLjetto che inntiii frasche e stucchevoli, noi non sappiamo se più si deggiano lodare le grazie del- lo stile , o il nuovo divisaraento di presentare sotto leggiadri colori e forme amabili un tema che potreb- be sembrare troppo vieto. Ne per questo il componi- mento buccolino cessa di essere tale , sebbene vesti- to di forme allegoriche. Ben sa il eh. A. che Titi' ro e Melibeo , Coridone^ Dafni^ Gallo nelle egloghe virgiliane sono tutti personaggi che alludono ai tem- pi ; quindi una gran parte di quelle egloghe latine non sono che allegorie sotto forma di poesia pasto- rale. Ma l'imitazione del pastor mantovano pienamen- te si scorge in quell' idillio ( Alessi p. 24 ) in cui Damata ne piange la morte. Nel quale forse potrebbe parere strano che d'un pastore si dica , che coti no- vello ardire sacrò Vepica tromba al figliuolo d^An- chise , e che per opera sua V Italia s'incoronò della, fronda meonia ; ove si conceda quel principio , che secondo le leggi del decoro il poeta buccolico deb- ba adattare le cose alle cognizioni ed alle idee pa- storali ; come osserviamo aver fatto Virgilio nell'eglo- ga quinta, qui dall' A. imitata, nella quale contenen- dosi , secondo la comune opinion degli interpreti, l'a- poteosi di Cesare , nulla vi si finge o dice , che noa possa convenire al pastorale costume j come il finge- Poesie varie 135 re che quel Dafni inlroducesse i saciincì di Bacco « come fece Giulio Cesare in Roma. Daphnis et armenias currd sub/ungere tigres Listituit, Daphnis thjrasoa inducere Baccìw^ Et foliis lentas, intexere molUbus hastas. Virg. eclog. V, Sebbene lo stesso Virgilio sia poi biasimalo dai cri-» tici d'aver fallo dire a Melanca che PoUione com- pose versi , e poi replicare a Dameta , che Mevio e Bavio son caltivi poeti. In tali stranezze certamente non cadono ne' loro versi amabili Lacone e Coniata o gli altri pastori di Teocrico. Ne noi crediamo degno di lo- de il poeta latino quando vuol fare le selve degne d'un console. Solo ci pare poterglisi comportare quella fin- zione dell' egloga VI , in cui s'introduce Sileno a cantare i fenomeni della creazione dal mondo, tra- sportandosi la scena pastorale ad una eia immagina- ria, in che gli dei abitavan le selve. Ma ne questa ne altre egloghe di Virgilio si potranno chiamare vere pastorali , ma bensì un certo genere di poesia vesti- ta dei colorì della poesia buccolica. Ma siccome al- cune macchie, che fanno parere inferiore il latino al greco buccolico, si dileguano all' incanto dello stile virgiliano; cosi negl'idilli del sig. Vaccolini noi tro- viamo tanta purezza di lingua, tanta vaghezza d'im- magini e di stile poetico, e generalmente, quello che forma il carattere dei componimenti buccolici , tanta semplicità e naturalezza , che sarebbe acerbità il tac- ciarlo d'alcuni leggerissimi difetti che .... Àiit incuria fudit Àut hi man a parum cavit natura • • . ; 136 Letteratura A' slmili studi si dedicò la giovanile musa àc' signor Francesco Capozzi da Lugo , e di già ci fe- ce un regalo di sette idilli di vario , e talvolta as- sai nuovo argomento ; cui tiene dietro una traduzio- ne dij cert' egloga latina di M. A. Flaminio. Nul- la diremo che possa scoraggiare il sig. Capozzi , al quale soltanto vorremo raccomandato , che non si scosti dalle tracce , con cui lo precede il sig. prof. Vaccolini ; per tal modo potrà egli acquistarsi , co- me speriamo , onorato nome nella letteraria rupubbli- ca. Indicheremo solamente alcune osservazioni , che ci vennero fatte scontrando le sue traduzioni. E in pri- mo luogo sul Tirsi di M. A. Flaminio (p. 60) : spe- rando , che se quest' egloga non è di molta impor- tanza , sapra altre volte il nostro giovane tradutto- re sopr' argomenti pili interessanti esercitare con mag- gior lode il suo ingegno. „ Quas inter placido percurrit Mesulus amne Coeruleus densa praetextus arundine crines y^ „ ... in mezzo a cui Placidamente va la mesul' onda Infra gracili canne . . . „ E' tradotto il pensiero, ma non si personifica il fiume , secondo il linguaggio poetico. „ . . . Jam vesper Olpnpo Surgit et alma dies primae decedere noeti Incipit . . . „ . . . Poiché la sera N' è sovraggiunta . . . Chi volesse in poesia sopprimere tutte le immagini, terrebbe ogni ornamento allo stile poetico , e così di- Poesie varie 137 struggerebbe ogni stile. Però è inutile , come cosa a tutti nota, il ripetere , che il traduttore , per quan- to la sua favella il comporta , le deve ritrarre esat- tamente. Ma più volentieri si legge queir egloga del Ca- stiglione , in cui il poeta piange la morte d'un ami- co a lui caro , sotto il nome ài Alcone , essendo in essa convenientemente adattata respressione dell' af- fetto al carattere della composizione buccolica (Nuo- vi carmi di Francesco Gapozzi p. 10) : ,, Jut qualis socia viduatus compare turtur, Quam procul incautam quercu speculatus ab alta Immitis calamo pastor dejecit acuto. „ „ . . . e qual la tortorella Cui spieiato pastor di dardo uccise , Su d'alta quercia , lo spiato amico. ,, Non saremo cosi indiscreti a condannare codesta tra- duzione. Ma pur ci è forza il dire che nel testo la- tino troviamo piiì evidenza ed affetto ; nh noi cre- diamo inutile la particolarità del viduatus compare sO" eia:, perchè appunto la privazione della compagna era al tortorello incessante cagione del dolore onde si par-» la. Non troviamo Vincautam : e dejecit è piìi evi- dente che uccise. „ Effugiam longos aestivo tempore soles : ,, Fuggirò i raggi dell'estivo ardore. Non crediamo assolutamente frase italiana i raggi deW ardore o del caldo. „ Inde uhi defletum satis est et justa peracta^ Alconem ad manes fclix comes usque secutus 138 Letteratura Amisso v'itam socio non passus inertem es. „ . . . E te Acheronte Te pure accolse , poiché tue querele E i pianti tuoi fur vani. Ivi lo spirto Tu rinvenisti dello spento amico. „ Il poeta chiama felice Leucippo per aver seguito l'a- mico fino al regno de* morti {felix comes ) ; e lo loda inoltre per la sua fede , avendo reputato inu- tile il sopravvivere alla sua morte ( vitam non pas-' sus inertem es ). Siffatte notevoli particolarità non do- vevano sfuggire alla penetrazione dei traduttore. Ma pili che Virgilio , Teocrito segue in sig, prof. Ignazio Montanari nell' idilio di Dafni e Cloe, le leg- giadre favolette e le fantasie ed immagini deliziose di Bione e di Mosco , che molto si affanno alla li- ra di Anacreonle. L'idea di qnest' idillo è stata desunta dagli amo- ri pastorali di Dafini e Cloe , graziosissimo roman- zo greco , di cui abbiamo due egregie traduzioni ita- liane ; luna del Gozzi, l'altra del Caro, sebbene quest' ultima si legga più volentieri. Dopo aver dato il Montanari alcun breve cenno della condizione, delle occupazioni e degli innocenti di- letti dei due pastori , finge che amore si avvisasse di turbare la dolce lor vita , e nell' atto di ferire la vergine che dormiva , preso alla bella persona , de- siderasse baciarla ; onde vastite le piume dell' augel- lo materno , le labbra di lei col rostro prendendo , verginal sangue ne suggesse , e le comunicasse il suo foco. Non manca l'idilio di belle descrizioni. Nota- bile è quella stanza (p. 14), in cui con molta evi- denza e verità si descrivono gli effetti d'amore : Poesie varie 139 Si racconsola alquanto la donzella ; Ma dal foco d'amore in cor percossa Sente nel petto incognita procella Che tutti le combatte i nervi e l'ossa ; Se vuol parlare, ha muta la favella ; Se vuol tacere, a sospirare è mossa ; Al pastorel forte desio la spinge , Il pudore l'arresta e il viso tinge. Bella descrizione o pittura si fa pure nella seguente (p. 6.): Fioriti poggi , limpidi canali Qui dividono i campi in vari giri , Fresche fonti , capanne , e pastorali Abituri qua e la sparsi tu miri. Odi pastori al suon de le ineguali Canne sfogar gli amorosi desiri , , E far dolce tenore al lor lamento Del ruscel l'onda e il sussurrar del vento. Leggendo questi dolcissimi versi un leggier dub- bio ci nacque, se a quelle fonti in tal luogo con- venga meglio l'aggiunto di chiaro o d'altro che di fresche. Fresche fonti. . . tu miri. Non è veramente la freschezza delle fonti tale proprietà , che si pos- sa vedere cogli occhi ; e poi lasciando quella paro- la tu miri, qui il poeta non narra, ma dipinge. Ne un pittore potrebbe dipingere le fonti fresche, ma chia' re, ombrose ec. Ma omettendo codeste sottigliez/.e rettoriche o cri- tiche, finiremo più volentieri esortando il signor prof. Montanari e l'amico suo Vaccolini a proseguire fra 140 Letteratura loro la magnanima impresa di procacciar sempre mag- gior onore al colto e delizioso paese Tra il Po e il monte e la marina e il Reno ; giovando colle lodate letterarie lor produzioni que- sti nostri soavissimi studi , che per benefico .influs- so del cielo ci sembrano dati a rifugio e sollievo nel- le nostre private e pubbliche calamità. Così conser- veremo a chi verrà da noi l'unico patrimonio , che da' nostri avi abbiamo in comune ereditato ; onde i posteri dicano , che ne viltà ne ignavia ci offesero, ne le sciagure ci sopraffecero. Carlo Rinaldi. Se in fatto di gusto esistano canoni assoluti^ invaria-' bili e generali per tutti i tempi , per tutte le na- zioìii , e per tutti i differenti periodi deW umana civiltà. Ragionamento critico, (i) P osciadiè la filosofia scettica del trascorso secolo eb- be impugnato e scosso dal fondo il domma dell' au-» torita neir ordine sociale, venne seguentemente i col- pi suoi dirizzando contro lo stesso principio nelle let- tere e nelle arti. Ne altrimenti proceder potea la co- sa, conciossiachè con legami di necessaria parentela (i) Questo ragionamento fu Ietto nell' accademia tiberina nella tornata de' i3 di nipggio i833. Canoni del buon gusto tìc. I^i la letteratura alla società si attenga. Pari esser suole di entrambe la condizione, ed entrambe soggiacciono alle stesse vicissitudini , perchè giusta il grande as- sioma di Federigo Schlegel, vicendevole influenza eser- cita l'una suU' altra , e la letteratura altro non è che la ideale espressione della società colle sue opinioni, e co' suoi variamenti. Mentre che focosamente predi- cavasi l'assoluta indipendenza di ogni uomo da qua- lunque sanzione o regola sociale non istabilita dal vole- re, non confermata dall' espresso consentimento di ogni individuo, s'inculcava nel tempo stesso la massima dell* illimitato diritto della mente umana a spaziarsi a suo bel diletto per le varie regioni del mondo intellet- tuale, senza che i canoni a noi tramandati dalla sa- pienza greca e romana e avvalorati dall' esempio de* pili celebrati scrittori delle decorse età potessero pur menomamente frenare i voleri sovrani di un libero se- guace delle muse. Il paese , che piìi di ogni altro si fosse preparato a lietamente accogliere questo let- terario repubblicanismo , erasi la Francia: mercè che Golk più che altrove le dottrine del repubblicanismo po- litico erano ferventemente divulgate. Quindi venne che come Rousseau con ismisurati plausi de' suoi concit- tadini pubblicava il suo Contratto sociale per riven- dicare all'umanità, secondo che a lui pareva, gl'ina- lienabili diritti di politica liberta, così il poeta Mil- levoye dava alla luce un Discorso in versi sulla In- dipendenza deW uomo di lettere^ (1) ove nei pri- mi due versi intuonava altamente la superba opinion ne che ,, la nobile indipendenza è l'anima de' ta- „ lenti , e che nulla può incatenare i voli di un so- (i) Discours cn vers sur rindèpendence de Thomine de lellres, par M. Millevoye. 142 Letteratura „ vrano ingegno. „ (i) Non pertanto l'istituto di Francia decretava un premio solenne a questo nuovo ed intrepido Icaro. Madama de Stael , comeche for- nita d'ingegno più che donnesco , pure resistere non seppe agli allettamenti di queste nuove dottrine co- tanto consentanee ai tempi, e colle sue spiritose ope- re venne in aiuto della nascente anarchia letteraria. Prese essa con modi assai irriverenti a dileggiare i ri- spettati nomi degli antichi scrittori , e per fino si ar- dì ad affermare essere ai giorni nostri il gusto assai più avanti proceduto, ed avere acquistato squisitezza di gran lunga maggiore. Numerosa schiera di ammi- ratori applaudiva a cielo alla vanita di questa pro- suntuosa arroganza , e secondo l'avviso di costoro i Corneille, i Racine, i Despreaux, i Molière, i Fe'ne'lon, i la Fontaine , i Quinault e gli altri famosi scritto- ri del secolo del decimo quarto Lodovico non era- no che eruditi pedanti , imitatori servili degli anti- chi, e però digiuni aflatto di quell' entusiasmo, di cui si accendono coloro , che tengono l'animo diliberato da' ferrei ceppi dell' autorità. A quali estremi ter- mini sieno ormai condotte quaste avventate dottrine, potrallo ciascuno , meglio che dalle mie parole , ar- gomentare dai semi-poetici e semi-prosaici componi- menti di un Vittore Hugo. Comechè gì' inglesi sieno di pensieri più cauti e rispettivi, pure da (juel loro smisurato amore delle politiche liberta, di cui sen vanno cotanto boriosi , lian sempre ritratto una certa ritrosia a sottometter- si ai precetti degli antichi maestri. Onde fu che Po- pe nel suo saggio sulla critica ebbe a dire che ,, una (i) La noble indèpendence est l'àme dcs lalens ; Rien ne peut du ^èiile onchainei leb èlaus. Canoni del buon gusto ec. 143 „ nazione nata a servire ubbidisce alle regole ; ma „ noi bravi britanni abbiara disprezzato le leggi stra- „ niere. Fieri per le liberta intellettuali anche ne' „ tempi moderni, come già. negli antichi, abbiamo au- „ dacemente sfidato i romani. „ (1) Il sig. Mandevil- le , scrittore di molto conto , ma di strani e biz- zarri pensieri, fu il primo a muovere in Inghilterra air entrar dello scorso secolo dubbi , se in effetto esser vi possano regole certe e invariabili in fat- to di gusto. Ma questi dubbi non produssero al- lora effetto notevole. Forse che a quei tempi non erano ancora gli spiriti accesi dall' ardore di liber- tà , cui poscia il memorando rivolgimento degli sta- ti-uniti d'America, e le tremende turbazioni di Fran- cia suscitarono negli animi di molti inglesi, che ad- diraandaronsi radicali riformatori della società. Allo- ra fu che anche i riformatori radicali della lettera- tura presero animo, e il sig. Knight nelle sue Ana- litiche ricerche sui principii del gusto, (2) venne con più ardimento accingendosi a dimostrare quel che so- lo dubitosamente aveva affermato il Mandeville. Po- scia un altro scrittore di più libertino sentire solle- vò a faccia scoperta Io stendardo di una compiuta ribellione poetica , e il sig. Shee fu quest'esso. Scrisse (i) The rules a nation, bora lo serve, obeys. But we , brave britons , foreign laws despised. Fiosce forthe liberties of wit, and bold We stili dety'd the romans , as of old. Pope's Essay on criticism, aer. yiS, seg. (2) Analyli cai Iijriuiry into the principles of faste by M. Knight, 8.0 i8o5. 144 Letteratura egli con rotta foga un poema intitolato gli Elemen- ti deir arte\ e in un solo verso egli bandisce il dom- ina fondamentale della sua riforma letteraria , dicen- do che ,, il libero pensare sia la filosofia del gusto.,, (1) Non contento a una sì franca profession di fede appiccò al verso sopraccennato una nota , in cui apertamen- te dichiara, che nel prendere ,, ad avvocare per la li- ,, berta in fatto di gusto ei tiene per certo che di- „ fende uno di quei diritti intellettuali del genere ,, umano , cui solo il pregiudizio può mettere in dub- ,, bio , e la vigliaccheria abbandonare. Esser cosa da ,, deplorare assai la lunga e generale efficacia dell' „ esempio nella letteratura e nelle arti. Dovere cia- ,, scun poeta usare gli stessi privilegi, che Omero, „ e ogni pittore aver la mano tanto libera e franca ,, ad operare , quanto se l'ebbe Apelle : imperocché ,, (giusta il di lui avviso,) la libertà intellettuale è ,, tanto necessaria a poter produrre opere grandi , ,, quanto la liberta politica a far magnanime geste. „ Non conoscere {egli prosegue) il perchè i poe- „ ti moderni abbiamo ad acconciarsi i cervelli loro „ secondo la toilette degli antichi, e il perchè si ab- ^ biano ad imbellettare e lisciare giusta la prisca mo- „ da. ,, (2) Per mala ventura l'ardire di questo sfre- nato riformatore impressionò fortemente molti giovani ingegni , e molti si diedero seguaci di questa nuova letteraria credenza , e il nome assunsero di natura- Usti ^ a significarci, che negT impetuosi voli dell' estro volessero solo seguire la natura non corrot- (i) Free-tliinking is philosopliy in tastc. Cit. Mac Der- mot, ia bis,, Ciilical dissertation on ihe nature and princi- ^-les of taste. London, iS'j^, p. 217. [■?.) Gii. M'Deiniyl uIjÌ Mip. Canoni del buon gusto ec. 145 ta tlair arte. Cominciarono costoro a vilipendere i Dryden , gli Addison e i Pope , scrittori di finito giudizio , solo perchè trovavanli infarinati, come di- cevano , di polvere greca e latina. Alla fine quel tremendo ingegno di Byron venne col suo esempio via maggiormente confermandoli nel loro delirio. Al veder eglino che i versi di questo nuovo lor duce, non ostante l'aperta violazione de' precetti aristoteli- ci e de canoni dell' antica critica , splendevano di magnifiche e non ordinarie bellezze , vieppiù si po- sero neir animo , che il vero entusiasmo poetico pa- tir non può il freno di alcuna legge. Inconsiderato avviso erasi questo in verità , imperocché il tentar nuove vie per mezzo a sconosciuti oceani non è im- presa da mettervisi qualunque volgare nocchiero, ma solo un Colombo. Erano intrattanto già sorti in Aleraagna Haller, Lessing, Gesner, Klopstock , Wieland, Gòthe e Schil- ler , i quali parte coli' esempio e parte colle ammo- nizioni confortavano i loro concittadini a volersi di- stogliere dalla inveterata e riprovevole abitudine di vestire i propri pensieri con parole prese a prestan- za dalle lingue straniere o morte. Or siccome questi sommi intendevano principalmente a una fondamenta- le innovazione della loro letteratura nazionale , non e a maravigliare se caldi di zelo contro la radicata servilità degl' ingegni tedeschi siansi qualche volta di- menticati della giusta osservanza , con che voglionsi gli scritti e i precetti del secolo di Pericle e di Au- gusto riverire. Quindi anche in Germania metteva ne- gli animi le sue radici la ribelle opinione, che i ca- noni del gusto debbano variare secondo i tempi , i costumi e i differenti periodi della umana civiltà. L'Italia nostra fu l'ultima a contare tra' figli suoi alcuni settatori di queste proterve novità. E in vero G.A.T.LVI. '10 H6 Letteratura non pochi erano gli ostacoli a vincersi, anzi che gì italiani si conducessero ad essere in fatto di lettera- tura parricidi. Ma siccome ali* uscir del secolo XVIII cominciava nella nostra penisola a vacillare l'antico sistema politico ^ l'anarchìa sociale seco agevolmente fra noi Condusse la sua indivisa compagna, la lette- raria a larchia. Pure negli animi degT italiani i sen- si di riverenza verso i nostri antenati ^ che ci han- no legato questa ereditaria e sempre mai invidiata squi- sitezza di gUsto^ avevan tanto di vaglia, che ì pochi segnaci de' nuovi dommi non si ardivano a professar- li a fronte scoperta. Ma in ultimo la grande autori- fa di un nome , che con tutta nondimeno l'odiosa taccia di novatore sempre grato e caro verrà ai cuori sensibili ^ ispirò ad essi un vìvo coraggio ^ che qua- si tocca i confini della temerità. Cos'i la condizione politica de' tempi e la dispo^ sizionc degli animi fecer si che si divulgasse e tro- vasse in ogni dove seguaci la massima, che nulla in fat- to di gusto sia stabile , e che l'esempio degli anti- chi torni anzi in disutile che in vantaggio alle let- teve. Per analogia questa massima si comiuciò ad esten* dere ad alcuna delle arti sorelle, e per riguardo alla musica Rossini n'è un evidente esemplo. Ciò non di manco per la portentosa bizzarrìa de' tempi nostri la pittura e la scultura pure ed illibate si mantennero dal contagio; e certo che avranno ben onde a ridersi di noi i nostri posteri , quando farannosi a considerare che Coloro stessi , ì quali a cielo levavano le anoma- lie del Bardo britannic^o e dell' Orfeo pesarese , ap- plaudivano pòi nel tempo stesso all' ardentissimo zelo di Mengs, di Milizia e di Canova a fedelmente segui- re le vestigie degli antichi , di guisa che si riprova- no e si approvavano a un tempo dalle stesse perso- na gli slessi principii normali del gusto. Canoni del buon gusto ec. 147 Hommi voluto allargare su questo storico raggua- glio intorno alle primitive cause e ai progressi dell* opinione , cui prendo a combattere , mercè che que- sto ragguaglio ci darà lume a conoscere più chiara- mente il vero aspetto , sotto cui debbesi ragguarda- re la grande controversia agitata trai così volgarmen- te detti romantici e classicisti. Tralasciando le vane logomachie , che hanno via più intenebrata questa di- squisizione già di per se oscura e di difficile svol- gimento , mi varrò più presto di alcune massime fon- damentali e irrepugnabili di filosofia estetica ed ideo- logica , mercè delle quali mi farò a dichiarare, che in fatto di gusto esistano canoni assoluti , invariabili e generali per tutti i tempi, per tutte le nazioni e per tutti i differenti periodi dell' umana civiltà. Al primo entrare nella proposta disamina trovo- mi obbligato a notare, che sieno due cose ben tra lo- ro distinte e diverse il gusto ed il bello ; cioè a di- re , tra l'uno e l'altro interviene quella diversità, per la quale ogni facoltà intellettuale e corporea differen- zia dall' oggetto su cui si esercita. Così in grazia di esempio la virtù nostra visiva e cosa distinta dagli oggetti visti o visibili , e l'udito da' suoni. Ho ripu- i tato necessario il fare questo notamento per ischivare I il grosso equivoco, in cui incorrono ambe le con tra- I stanti parti , le quali non distinguendo cosa da cosa han creduto che il gusto ed il bello , che n'è l'og- getto , soggiacciano alla stessa condizione o di una in- variabilità assoluta, o di una continua mutabilità. Egli è questo un abbaglio di grandissimo momento, essen- doché il bello soltanto può in parte esser soggetto alla mutabilità , laddove in contrario l'invariabilità è qualità essenziale del gusto. Alison scrittore scozzese ne' suoi pregevoli Saggi 10* i4^8 LÈttEkAtuìiA sulla naiiita e sui principii del gusto (1) lia cOn find accorgimento dichiarato, che il sentimento del bello iti noi nasce dalla estetica associazione degli oggetti da iioi detti belli colle varie aflezioni dell' aninlo rìostto. Alcune considerazioni saranno bastevoli a falci per- suasi di questa verità. Di fatti, la bellezza non è una qualità intrinseca ed obbiettiva delle cose , ma si be- bé Un sentimento subbiettivo dell' animo nostro. I pia accurati indagatori delle misteriose operazioni , che iiéir intèrno nostro intervengono quando siamo impres- isionati dagli oggetti esterni , hanno fatto chiaro che i sentimenti nostri non rappresentano ciò che in effetto esiste negli oggetti , che ne sono la causa motiva, ma significano ed indicano soltanto una certa conformità di relazione tra questi oggetti e gli organi , ossia le facoltà dell' anima nostra. Quindi ei viene, che nis- suna qualità intrinseca di qualunque vi vogliate og- getto distinto e separato da noi tìiedesirai potrebbe di per se Concitate alcuna commozione piacevole o di- ispiacevole , ove non intervenisse alcuna associazione 0 lei^anve estetico tra questa stessa qualità e ì nostri affetti , quali sono l'amore , la pietà, il timore, la ve- nerazione , l'odio e le altre passioni. E però quegli oggetti soltanto possono esser belli e sublimi , che possono in noi svegliare commoventi sensi : e la bellezza , cui per la naturale abitudine di confonder le cause cogli effetti noi attribuiamo ad es- si , non consiste in altro se non in questa misteriosa armonia loro col nostro cuore risultante dalle asso- ciazioni. Così l'associata idea del pericolo fa sublime la tretilerida ed insidiosa calma , che precede la tem* {t) EsSays otj the nature and principles of taste , by Ar- tUbiild Alisoii, 1 voi. in 8.° Edimburg, 1817, Sili. edit> Canowi del buon gusto ec. 149 pesta , Il cupo e sotterraneo fragore di un trerauoto e l'imperioso rimbomLo del tuono. Per l'associata idea di una grande e potente forza torna a noi suprema- mente bello il mormorare di un impetuoso torrente, cui alta vena preme , il disperato frangersi contro alle sottoposte rupi di una larga fiumana traboccante dall* alto , e l'indomita ira dell' Oceano levatosi in fiera burrasca. Ne senza l'associata idea di solenne maestà il solitario e maninconico suono di un sacro bronzo, a mezzo il tacilo corso della notte, sarebbe atto a dol- cemente turbare un cuore sensibile coi palpitanti af- fetti di tristezza frammista a sorpresa ed angoscia. Non posso persuadermi il perchè il giudizioso Mac Dermot nel secondo capitolo della sua Disserta- zione critica sulla natura e su i principii del gusto (1), pubblicata non è guari tempo , abbia voluto tacciar la teste dichiarata dottrina di scetticismo e d'idea- lismo. Avrebb' egli tenuto ben diversa opinione , se si fosse fatto a considerare, che parecchi filosofi , ben alieni dal negare la esistenza reale delle cose fuo- ri di noi, siano non di manco convenuti nella sen- tenza , che gli oggetti ritraggano la loro bellezza dal- la espressione della nostra mente; e in questo si ac- cordano i seguaci della primitiva scuola platonica , e molti moderni pensatori, quali si furono lord Shaftsbu- ry, Hutcheson, e il sommo ideologo di Glascow, Tom- maso Reid , il quale nella sua egregia opera sulle Po- tenze intellettuali dell'uomo (2) ha chiarito ogni dub- bio su questo punto. Ne per tutto questo si ha a cre- (i) A criticai dissertation on the nature and principles of tasta, by M. M'Dcrniot, London iSaa S.» [•ì) On the intelleclual povvers of Man , by the rev. Tho- mas Reid. 150 Letteratura dere clie non sia nelle cose da noi tenute per bel- le alcuna qualità reale , che in noi possa eccitare il sentimento della bellezza, essendoché ragion vuole che ad esse si attribuisca un' attitudine , una conformità, ovvero una relazione estetica indipendente dalla im- mediata azione della nostra mente. Or siccome questa estetica associazione degli og- getti colle nostre affezioni può esser fondata o sulla natura delle cose, o su particolari circostanze , da ciò venne che Dugald Stewart (1), indagatore sottile ed ac- curato, si condusse a distinguere due classi di bello, cioè il bello assoluto ed immutabile, e il bello relativo e va- riabile. Tutte quelle qualità degli oggetti , le quali per l innata disposizione e le quasi necessarie esigen- ze morali di nostra natura direttamente o indiretta- mente per via di segni analogici rispondono , secon- do che dice profondamente lord Kainies (2), alla po- tente simpatìa degli animi nostri per la virtù , por- tano in se scolpita l'indelebile e divina impronta del Lello , cui ne volger di anni, ne vicissitudini d'impe- ri, ne variamenti di costumi potranno mai cancellare od offuscare;, E però la giustizia , la magnanimi- tà, la prudenza, la veracità han sempre ricevu- to il costante tributo di lodi da tutti i poeti pres- so tutte le nazioni. Quindi è che l'ultimo addio di Patroclo alla sua Andromaca presso l'Immenso Ome- ro , i prieghi da Virgilio messi in bocca alla dispe- rata Didone per ismuovere dall' ingrato proposito il disleale Enea, l'infame torre dell'affamato Ugolino, l'incomparabile soliloquio di Othello , in cui Shake- fi) Elements of the philosophy of the human mlnd. Part. II, Sect. 2, voi. I p. 374 edit. London 1814. (■>.) Lord Kaimes' elements of the criticisni, Canoni dkl buon gusto ec. 151 5?j3eare ci descrive le di lui paurose titubazloni priin^ di uccidere un' innocente beltà , il pianto dell' ange* lo pentito di Klopstock lian sempre amministrato ed amministreranno per tutti i secoli avvenire dilettamen-^ to squisitissimo a coloro , che il cuore di ferro o ira^ pietrito non s'abbiano. Ma oltre alle originali affezioni della comune nO" stra natura sonvi altre affezioni , che ben potrebbo-^ no dirsi accessorie, perchè nate dalla speciale influen» za de' dorami religiosi, delle opinioni politiche, delle passioni nazionali , della condizion morale delle leg^ gi e delle abitudini , e di mille altre particolari cir- costanze. Ben si pare chiaramente, che l'efficacia este- tica di queste cause sia mutabile secondo i tempi, i popoli e i gradi dell' umano incivilimento. Indi viene, che esse son fonti di bellezza poetica non assoluta ma relativa , non perpetua ma temporanea , non univer- sale ma particolare. E però la semplicità de' costumi omerici, quelle principesse che sen vanno ad attin- gere l'acqua dalle sorgenti , quegli eroi che colle pro- prie lor mani preparano i cibi , comechè non abbia- no a reputarsi per mende e deformila dell'Iliade, pu- re , essendo cose tanto aliene da' modi nostri, tornar- ci non possono grate e dilettevoli. I bei versi della Georgica, ne' quali Virgilio ci narra i prodigi prece- duti alla morte di Cesare , e la più minuta dcscri- «ione di altre siffatte maraviglie nel primo libro della Farsaglia , per grande e sopracminente che siasi il me- rito artificiale della composizione , pure gli oggetti descritti hanno per conto nostro perduto la primitiva e relativa bellezza loro , che inebbriar doveva di pia- cere il cuore di un prisco romano. Per le stesse ra- gioni il sistema teologico della mitologia , che agli antichi fu tesoro inesausto di grazie e di mille riden- tissimc imagi ni , per noi si b tramutato in un freddo 152 Letteratura e sterile miscuglio di puerili assurdità inette ormai a suscitare pur la menoma scintilla di fuoco veracemen- te poetico : che poesia non vi ha, ove il cuore non risponda ai misurati accenti del vate. (1) Molto potrei di- stendermi, se tutte volessi spiegatamente raccogliere le sequele , che da questa fondamentale massima di cri- tica filosofica procedono : ma mi è d'uopo pretermet- terle per farmi più dappresso al mio argomento. Or che le già dichiarate considerazioni han chiu- so la via air equivoco , mercè del quale i liberi pen- satori in fatto di letteratura volevano al gusto esten- dere la legge di mutabilità , che può solo in parte cadere sul bello , verrò a prove pili dirette per chia- rir maggiormente la materia. Tiri I sostenitori dell' opposta sentenza ci allegano la diversità, anzi la contrarietà espressa de' gusti non che delle nazioni tra loro distanti o di luoghi o di tem- po, ma fino delle stesse persone nate sotto il medesi- mo cielo, educate sotto le stesse leggi, e imbevute de- gli stessi pregiudizi. 11 sig. Knight , eh' è ben uno di questo numero, con pungente satira ci viene schie- rando innanzi agli occhi i continui ed incessabili varia- menti delle fogge del vestire e di ogni altro genere di ornato . „ Non e guari tempo, eì dice^ che una bel- (i) Da questo ben si raccoglie quanto a torto un anoni- mo scrittore francese abbia voluto attribuire al politeismo un' assoluta e intrinseca altitudine poetica, e nel tempo stesso af- fermare che il cristianesimo ne fosse necessariamente privo. Potrassi su questo particolare vedere la risposta da me fatta alle strane opinioni di questo scrittore, pubblicata in Roma nel i83o e intitolata: Sulla pretesa attitudine del politeismo a preferenza del culto ebreo e cristiano a incivilire i popoli e a render le belle arti ftorsnti , considerazioni critiche ec. Canoni del buopt gusto ec. 153 „ ta, quando acconciavasi a far conquiste , era una „ combinazione eterogenea di forme cosi straniate l'una „ dall' altra , che la gran maestra natura mal avreb- „ be saputo accumularle in un solo animale , o Tar- „ te tramischiarle insieme. Essa consisteva in una te- „ sta trasformata in guisa , che rassomigliar non po- „ tesse a nissuna vivente creatura ; era situata sopra „ un cono inverso , la cui punta si appoggiava „ al centro di una curva seraiellitica due o tre vol- „ te più grande del suo diametro. Questa moda ten- „ ne ed esercitò ampiamente il suo tirannico impe- ,, ro , fin attantochè venne sbalzandola dal trono „ un' altra moda forse più bizzarra e più strana : e ,, quantunque volte nel mondo galante intervengono ,, rivoluzioni sifìfatte , tutti ad un tratto si stupefan- „ no del come abbiano mai potuto pur un momento „ solo piacersi di cosa cotanto scipida , barbara ed „ assurda. ,, (1) Dalla forbita e lussureggiante Eu- ropa lo stesso scrittore ci trasporta ne' paesi incul- si dell' Affrica per mostrarci come „ gli abitanti del- „ la sabbionosa Libia guardino con pietà, e dispetto la ,, estrema deformità degli europei , che hanno com- „ pressa la bocca , assottigliati i nasi, sgonfie le go- „ te, i capelli mucidi e vizzi, i corpi lunghi e sma- ,, grati , e la pelle fuor di natura imbianchita dall' „ ombra , dal ritiro , e dal pestilenziale influsso di „ un clima umido e freddo. Se gli afFrìcani avesse- „ ro a ritrarre una immagine di una finita bellezza , „ secondo i gusti loro, la dea dell'amore e delle „ grazie avrebbe un naso piatto e tozzo, guancie ri- ,) levate , capelli lanosi , pelle nera da poterla con- (i) Clt. Mac Dermot , ia bis criticai dissertation on the nature and prluciples of taste; p. 277, edit. London i§2a. 154 Letteratura. „ tendere col caibon fossile, forma pafTula e corpu- „ lenla , mammelle slungate e cascanti insino all'ura- ,, bilico. L'immaginazione ( soggiunge lo stesso au' „ tore) non potrebbe a noi rappresentare un aramas- „ so di deformità piiì grossolane e più disgustose ; „ ma forse potrebbe anche una mostruosa laidezza „ sembrare agli abitanti di Tambuctoo la più bella p^i, t graziata ninfa, che allegri le danze della sun- „ tuosa reggia del monarca britannico. Or chi mai „ potrà decidere da che lato si stia il diritto e il „ torto ? o se il modello moro non sia giusta le leg- „ gi della natura il più perfetto esempio della bel- ,, lezza femminile.? (1) Tale si è la disperata conclusione , in cui vie- ne Knight , e secondo il suo avviso il gusto nasce dall' abito , ed è perpetuamente insieme con esso mu- tabile. Buffon, impressionato anch' egli fortemente da- gl' innumerevoli fatti riferiti nella sua storia natura- le , che la stessa diversità di gusti comprovano pres- so le differenti nazioni , non può farsi capace del co- me il gusto possa esser soggetto a norme stabili, uni- versali e certe. Che le abitudini si abbiano una grande efficacia sui nostri giudizi , e particolarmente su quelli che al bello risguardano , egli è cosa indubitabile, e con filosofici raziocini dimostrata da Dugald Stewart. (2) Le abitudini colla lor lenta e tacila azione creano senza volontà o saputa nostra mille e poi mille as- sociazioni casuali , e non di rado strane e bizzarre, tra gli oggetti e il cuor nostro. Quindi non è a pi- fi) Ibid. p. 317. {1) Elenieiits of the philosopliy of the human mind, V- i par. II, chap. Vj scct. 2 aud 3. I Canoni del buon gusto ec. 155 gliare ammira/ione della notevole varietà, anzi della contrarietà de' gusti presso popoli differenti : imperoc- ché essendo sommamente discrepante la lor relativa condizione morale e civile , varie pur esser deblDono le abitudini , e quindi le associazioni , e quindi i pra- tici ed istintivi giudizi sul bello. Ma non pertanto non so persuadermi il perchè una mente sana abbia da ciò a raccogliere logicamente che il gusto , ove a questa parola si dia il suo stretto significato filo- sofico , freno alcuno non conosca di legge assoluta, invariabile e generale. Coloro che tengon o un si fat- to avviso , ci dovrerebber far chiaro , che la nostra anima sia spoglia di forza attiva a poter contraope- rare sulle abitudini , e perfezionare le sue potenze ra- zionali e il loro pratico esercizio. Or alcuno non ci ha, che a prima giunta non veda quanto questo si di- lunghi dalle sane massime della filosofia psicologica. II gusto adunque annoverandosi tra le poten2e, ossia tra le facoltà operative, è soggetto medesimamente che le altre alla grande legge della progressiva perfetti- bilità. Il gusto si perfeziona coli' indagar la causa , il fondamento e la razionale convenienza o disconve- nienza delle associazioni, che sono il fon tal princi- pio de' piacevoli sensi, che al suo affacciarsi in noi sveglia la bellezza. Quindi viene che il gusto nell' esercizio pratico dee seguire la guida della ragio- ne , al cui inesorabile tribunale dee rimettere la sentenza sugl'impulsi gradevoli, che receviarao dagli esterni oggetti. In somma il gusto non consiste nel solo sentire passivamente , ma ben anche nel compa- rare le impressioni e nel giudicarle. Non è solo fa- colta istintiva , ma è inoltre discretiva ; non è ano- mala e cieca , ma disciplinabile e discernente ; e a dirla brieve , il gusto è la sensibilità diretta e gover- nata dalla ragione. Ì&$ Letteratura In questi miei pensamenti mi trovo conforme a quel gran lume della greca sapienza , che fu Platone, il quale nel dialogo intitolato Io fa al suo maestro Socrate profferire questa sentenza, che indivisibile sia dal sano gusto la espressa percezione delle qualità , per cui bello a noi torna un oggetto , il giudizio e la critica perizia su' costitutivi della bellezza. Il che mancando , il gusto si trasmuta in una strana agita- zione di spirito procedente da mania. Ben quindi so- stanzialmente manchevole è la definizione del gusto dataci da Blair (1) e da Akenside , (2) i quali si ten- ner contenti alla mera passiva attitudine di sentire il bello e di compiacersene, senza menomanente curarsi della potenza attiva dell'anima nostra, mercè di cui debbe discernere e percepire il perchè e il d'onde ven- ga in noi questo diletto. Il D'Alembert per l'oppo- sito diessi a conoscere per piiì profondo indagatore nella sua egregia dissertazione sul gusto (3), in cui ei tratta principalmente della necessita di non disgiunge- re dal sentimento la discussione razionale ne' nostri giudizi sul bello. (4) {i) Taste is a power of rccciviug pleasure from the beau- ties of qature aad of art. Lectures on Relhoric , and belles lettres. (2) What ihen is taste, but those internai powers-Active and strong and feelingly alive - To each fine impulse? (3) Il D'Alembert lesse questa sua dissertazione nell' ac- cademia dì Francia l'an. lySj. Questa dissertazione è slata stampata insieme con un' altra di Voltaire sullo stesso sogget- to, e coi preziosi pensieri di Montesquieu risguardanli al gusto. (4) Al D'Alembert fa eco Tommaso Reid, il quale definì il gusto „ una potenza di discernere , e di gustare il bel- io; a power of disceraing and relishing the beauties. Canoni del buon gusto ec. lol Or mi fia lecito il chiedere , se canoni vi sie- no assoluti , invariabili e generali per tutti i tempi, per tutte le nazioni e per tutti i differenti periodi dell' umana civiltà in fatto di gusto ? A chi avrà pur leg- giermente considerato quel che noi abbiara già espo- sto, verrà agevol cosa il vedere , che una simile in- chiesta equivale a quest' altra, cioè se i dettami dell* umana ragione nel legìttimo indirizzo e perfezionamen- to delle facoltà intellettuali e morali siano indipenden- ti dai sempre mutabili capricci degl' individui , delle particolari etk, e dalle vicissitudini sociali. Tutti co- loro adunque , che vogliono vendicarsi il diritto di non conoscere alcuna legge in fatto di gusto, altro privilegio non pretendono, che quello di essere insen- sati, perchè gl'insensati soltanto possono godere della gran prerogativa di non ubbidire alla ragione. L'uma- na natura è stata e sarà mai sempre conforme a se stessa. Come ne i morti ghiacci del settentrione , ne le ardenti sabbie dell'AfFrica possono in nulla trasmu- tare le primitive ed originarie inclinazioni dell' ani- mo nostro , così le leggi estetiche de' nostri aff'etti re- stano inalterabili fra gli stessi rivolgimenti de' secoli, de' costumi e delle credenze. Omero e Dante , Euri- ripide e Schiller, Virgilio e Tasso, Lucrezio e Mil- ton , Esiodo e Klopstock , comechè ciascun di loro dovesse esprimere un diverso stato di civiltà religiosa e sociale , pure tutti ugualmente dovevano seguire le stesse regole di criterio estetico. I canoni , ossia i prin* cipii razionali della congruenza o incongruenza delle associazioni, conservar debbono la loro legittima auto- rità, su tutti i popoli e in tutti i tempi , perchè so- no fondati sulle normali e costanti funzioni delle no- stre facoltà. Ben è il vero che l'applicazione di que- sti principi! e di questi canoni può esser varia, secon- do che variano i fondamenti delle associazioni : ciò noti 158 Letteratura pertanto il modo, in che l'applicazione si fa, patir non può alterazione alcuna , come, non ostante la discre- panza degli oggetti comparati e giudicati , punto non si altera la facoltà logica di comparare e di giudicare. Se non temessi di trasandare i prefissi termini del mio ragionamento, vorrei partitamente diciferare tutte le deduzioni, che dalla teste stabilita teoria procedo- no. Mostrerei che cosa egli non siasi cotanto diffici- le , come alcuni si piacquero di credere, il ritrova- re un certo e universale criterio in fatto di gusto. Farei chiaro quanto a buon diritto Hume nel suo Sag' gìo sul criterio del gusto , eh' è il vigesimo de'suoi saggi filosofici , politici, e letterari (1), abbialo ripo- sto nel consentimento dell' uraan genere. Discorrerei non che dell' utilità , ma della necessità di dare stu- diosa opera all' imitazione de' sovrani scrittori della Gre- cia e del Lazio, e nel tempo stesso farei menzione delle cautele troppo comunemente trascurate, cui la teoria del- la parziale mutabilità del bello poetico esige da co- loro, che non vogliono convertir la poesia in una mor- ta cucitura di voci sonore, ma non consentanee agli affetti del cuore. Lasciar io voglio lo svolgimento di questi importanti argomenti a chi di tempo e di agio, più che io mi abbia , è fornito per intendere a que- sti ameni e ricreativi studi. Solo , anzi che io faccia fine al mio ragionare, non voglio tenermi dal palesare un ardente mio voto. Ormai le sane massime di critica letteraria in Italia lian bisogno di aiuto e di forze conservatrici. Gli spi- riti sembrano da un non so quale irrefrenabile impul- so sospinti a rompere il freno di qualunque legge , (i) Hume 's Essay XXIII on the Standard of tasle, voi. I p. 241 seg. Canoxi del buon gusto ec. 159 che sia sanzionata dall' uso e dal fino giudizio de'più sobri scrittori antichi e moderni. Così volesse il cie- lo, che uomini di valore e con fervente zelo si ac- cingessero alla difesa del prisco ed ereditario patri- monio del sano ed assegnato gusto, cui gli avi npstri a noi tramandarono , e cui alcuni spuri italiani vor- tebbono oggidì dissipare ! Forse il più efficace spe- diente , giusta il mio avviso , a poter ovviare alla pre- cipitosa fuga de' riformatori della italiana letteratura, sarebbe il raccogliere insieme, voltare nel nostro vol- gare idioma , commentare e correggere con opportu- ne note ed aggiunte le più sensate e filosofiche opere, che dichiarino i principii razionali della critica , così che formar sene possa un completo Codice teoretico di gusto. Le dotte e non comuni scritture di un Hu- me(1), di un Burke (2), di un Alison (3), di un Gil- berto Cooper (4), di un Gerard (5\ di un Dacier (6), le dissertazioni di Voltaire e di D'Alembert, e il pre- zioso frammento di Montesquieu , e soprattutto l'ope- ra di Mac Dermot , (7) il quale prende a considera- re la teoria del gusto sotto riguardi più convenien- ti e più appropriati a confutare le avventate opinioni de' moderni libertini in fatto di letteratura , amrainistre- rebbono possentissimo antidoto alla gioventù studiosa contro il corrente contagio. Così forse manterrassi illi- (ì) Essay XXIII, on the Standard of tasle. (?) Essay on the sublime and beautiful. (?)) Essays on tlie nature and priuciples of tastc. (4) Lettera concernlng tasle. (5) Essay on tasle. (6) Traile de la corruptiou du goùt. (7) Criticai dissertalion ou the nature and princlples of tasle. London 1S22. 160 Letteratura bato presso di noi il prisco candore del bello e pu- ro scrivere , e così forse potrà vana tornare la dislea- le ribellione , che oggidì ordiscono contro la sacra autorità degli antichi ed eterni esempi del gusto al- cuni, igrati eredi di un Virgilio, di un Dante e di un Tasso. Ab. Ant. De-Luca. 161 ARTI BELLE-ARTI. Intorno le opere artistiche de sudditi di sua maestà Sarda , esposte in Roma alla pubblica vista nelV aprile del 1833. vJlii negherà essere Roma sede privilegiata delle belle arti ? Elia va ricca ed altera , non die de' grandi ar- tisti che ci nacquero o ci si dimorano , ma si pure del tributo che tutte le civili nazioni le concedono , qua inviando giovani ad apparare le regole del vero bello. E se bene i lavori in Roma operati vadano ad abbellire , non solo le altre regioni d'Italia, ma ezian- dio Francia , e Lamagna , e Inghilterra , e Russia , e i regni divisi dai pìrenei , sino alle terre del nuovo mondo , pure la dovizia delle opere , per lo continuo rinnovcUamento , mai non vien menOi Nel solo mese di aprile fummo presi da maraviglia in veggendo, per entro quelle venerande pareti ove il divino Canova da- ,va vita a'suoi marmi , poste in bella mostra e tele e statue ed altre opere condotte da artefici di ogni na- zione. E vedemmo alla villa che fu de' Medici , e al palagio de' Farnesi , e sotto la piaggia occidentale del Pincio bellamente collocate le opere de' giovani fran- cesi , e dei soggetti al Re delle due Sicilie , e per G.A.T.LVI. 11 1C2 Beile-Arti la prima volta di quelli die ebbero i loro natali o la loro orìgine nelle terre dominate dalla maestà del Re di Sardegna. E intanto vota non rimanevasi la gran sala clie dalla munificenza dell' immortale Pio VII fa fatta innalzare dai fondamenti nella spaziosa piazza del Popolo, perchè ivi gli artefici di ogni nazione potes- sero mettere in veduta le loro opere : intanto le va- ste officine di più centinaia di maestri abbondavano in assai maniere di quadri, di statue, d'incisioni: in- tanto (mirabil cosa , e quasi a chi non la vide incre- dibile ! ) intanto nel racconciare che facevasi delle pulD- bliche vie , e nel diverre della terra o ne' vigneti o ne' campi , qua venivano fuori frammenti di antiche sta- tue , la grandi capitelli di colonne , altrove preziosi mu- saici ; per tutto iscrizioni , gemme incise , medaglie : come se le cose antiche sdegnassero di non mostrarsi , mentre di se tanta e si bella mostra facevano le mo- derne- Delle quali se io qui volessi , non dirò ragio- nare ma non più dirne che l'argomento e l'autore , do- vrei formare un catalogo che riempirebbe assai pagine. Il perchè mi terrò per ora contento a discorrere bre- vemente intorno alle opere dei sudditi della maestà del Re di Sardegna. Ne alcuno si pensi eh' io mi conduca a ciò , perchè voglia , lodando queste , detrarre la debita lode a quelle che, in altri luoghi raccolte, furono l'ob- bietto dell' altrui lodevole curiosità. Di tutte non po- trei favellare; a queste m'inchina la novità , e il dirò pure (perocché non e mai da tacersi il vero ) un sen- timento d'amore , che mi spinge inverso coloro che si riposano sotto la dominazione del Re di Sardegna ; ai quali ( comcchè io mi tenga fortunatissimo dell' essere nato in Koma ) mi è pur diletta cosa e soave il po- ter dare l'aflettuoso nome di concittadini. Porrò in iine di qitesto scritto il catalogo di tutte le opere segna- Belle-Aivti ^63 té con numeri progressivi; e ove mi accada di farne menzione mi rapporterò al numero del catalogo. RITRATTI DIPINTI DAL CAV. CAVALLERI. Dipingere ritratti , e specialmente ritratti in pie- di , e isolati , e maestosi , non è la stessa cosa che dipingere rappresentanze di storia. Nei quadri storici molte cose, e tutte principali , debbono esercitare l'in- gegno e la mano del dipintore. Deve egli ( stretto in maggiori angustie e difficolta che non sono quelle che incontrar suole un poeta ) scegliere un solo punto del- la storia tolta a subbietto , di quel punto far centro al collocamento , agli atti , ai moti delle figure ; far SI che ciascuna di esse alletti a se il riguardante , non già per se sola , ma per l'aiuto e per la bellezza eh' ella insieme colle altre dà all' intiera rappresentanza ; svegliare negli animi quegli affetti o di religione , o dì dolore , o di sdegno , o di maraviglia , che si de- rivano dal fatto rappresentato. Nel che furono gran- dissimi que' solenni che o fondarono , o non servilmen- te seguirono le grandi scuole romana , fiorentina , e bolognese. Essi studiarono la semplicità , e qualche volta eziandio la trascuratezza delle parti accessorie , perchè il troppo curarle non intrattenesse soverchiamen- te su quelle lo sguardo dell' osservatore , disviandolo dall' obbietto principale della dipintura. Ma nei ritrat- ti, ove tutta o gran parte della figura si rappresenti, Tuolsi adoperare altramente. Ivi le vesti, gli ornamenti, gli arredi possono dirsi parti principali , non accesso- rie : perciocché tutte appartengono e giovano alla uni- ta della immagine rappresentata ; e pressoché un nul- la sarebbe l'aver diligentemente condotta una testa e due mani , se nel grande spazio che avanza e della fi- gura e del fondo non fosse bella consonanza di parti 11* 1G4 Bslle-Arti atte a contentare la vista di chi si fa spettatore. Al- . lorchè il divino Raffaello ( pittore di greca semplicità e perfezione ) ebbe a dipingere il ritratto dell' immor- tale pontefice Leone X , non si rimase contento all' aver posti con essolui il cardinale Giulio de' Medici e il cardinale De-Rossi, che colle sfolgoranti lor por- pore empiono di splendore quel maraviglioso dipin- to, ma pose tanta cura nelle sagre vesti del pontefice, e negli arredi della camera , quanta ne aveva posta nelle figure che non finte si veggono , ma di rilievo. Quivi ( dice il Vasari ) è il velluto che ha il pelo ; // domasco addosso a quel papa, che suona e lustra : le pelli della fodera morbide e i'ive : e gli ori e le sete controfatti sì , che non colori ma oro e sete paiono. P^i è un libro di cartapecora miniato , che più vivo si mostra che la vivacità , e un campanel- lo d'argento lavorato , che non si può dire quanto è hello. Ma fra Valire cose vi è una palla della sog- giola , brunita e d^oro , nella quale , a guisa di spec- chio , si ribattono ( tanta è la sua chiarezza ) i lu- mi delle finestre , le spalle del papa , e il rigirare delle stanze : e sono tutte queste cose condotte con tanta diligenza, che credasi pure e sicuramente, che maestro nessuno di questo meglio non faccia né ab- bia a fare. Che dirò io di Tiziano ? Conobbe ben egli ciò che tutti i grandi conoscono , essere l'arte pittorica non già ricopiamento , ma imitazione e nobilitamento della natura : imperocché se tale ella ritraesse il ve- ro , quale per l'ordinaiio presentasi ai nostri sguar- di , più di mestiere meriterebbe nome che d'arte. Adun- que avendo egli preso in considerazione , che nei ri- tratti non poteva ne cangiare le forme del corpo, ne alterare i lineamenti del volto , ne variare essenzialmen- te le fogge convenevoli ai vestimenti ; ed avendo, da quel Bklle-Auti 163 grande osservatore ch'egli era , posto pur mente come un medesimo obbietto talune volte , sia per alcuna sua maniera di muoversi o di atteggiarsi , sia per effetto del- la luce che lo percuota , sia per la circostanza di altri obbietti variamente lumeggiati , più appariscen- te e gradevole si addimostri che ordinariamente non suole ; si studiò d'involare alla natura quel punto fa- vorevole all' arte , e diede alla vera immagine che ri- trasse un non so che dì grande e maraviglioso. Fe- ce egli cogli armoniosi accordi , o vogliam dire coi toni de' colori , ciò che il Correggio aveva artifizlosa- mente fatto coi chiaroscuri ; e superando Giorgione , e facendosi capo di una scuola, che doveva essere poi seguita dal Wandik , dal Rul)ens , dal Velasqucz , la- sciò di se fama immortale. Ma come questa scuola , massime ne' ritratti , per fuggire disadornezza tiene a grandiosità , cosi può facilmente trascorrere a sover- chianza. I fiamminghi si contennero tra i giusti limi- ti : i francesi li oltrepassarono ; ne ì loro dipintori più celebrati poterono scansare la taccia di aver declina- to dalla convenienza del vero e del bello per quel lo- ro smodato sfoggiare e sminuzzolare degli ornamenti, non che per lo sforzato gesto che spesse volte diede- ro alle figure. A' giorni nostri la scuola inglese si è lanciata più oltre; ne contenta d'ingigantire il vero e di tormentarlo , lo ha falseggiato. Spesso le affastella- te vesti e cortine non possono cosi cadere o piegar- si com' elle fanno : spessissimo i licenziosi ed abba-> glianti lumi cosi si spargono sul dipinto , come na- tura non vuole : la verità cede a ciò cui danno no- me di effetto : e questo effetto che , allorquando si confonde colla strana illusione , lasciar vorrebbesi ai di- pintori di scene , notate stranezza ! non riceve , co- me dovrebbe, l'essere dalle sue cagioni, ma s\ dal ca- priccio del dipintore. Come i letterati concedono cs- 166 Bei. le-Arti sere meno dlsconvenevol cosa ai poeti d' Inghilterra e di Scozia , che non a noi , il togliere frequentissi- mamente le loro immagini dal cielo nuvoloso che li ricopre, dalle nude balze che li circondano , dal fioc- car delle nevi , dal fremente correr dei venti ; così noi pure concederemo essere i pittori inglesi degni in qualche modo di scusa , se coli' aiuto di sfolgorati co- lori si faticano di dare alle loro opere quell' artificia- to lume , che cola dalla nebulosa aria è negato. Ma noi sotto questo ciclo azzurro d'Italia , in questo ma- re di luce , accatteremo noi da una falsa arte ciò che ci concede benignissima la natura ? Ne già io biasimo la grandiosità con che talu- ni cercarono di rendere vieppiù maestose le immagini de' loro princìpi ; ne biasimo quella letizia ( mi sìa lecito così chiamarla ) che pel vivace colorire di ta- luni altri sì sparge sul volto e sulla persona dì chi fu destinato a formare la felicità de' suoi popoli. Ma biasimo coloro , i quali usano trascorrere al troppo , e dipartirsi dal vero. 11 perchè loderò a cielo quel dì- pintore , che dovendo rappresentare personaggi augu- sti e maestosi terrassi al magistero de' veneziani e de* seguaci fiamminghi , mettendo pure a suo prò, ma con savio discernimento, ciò che, non mica la moda, ma la ragione e la sagace esperienza abbiano dimostrato essere bello in arte, e conveniente a natura. In tal gui- sa le immagini ch'egli ritrarrà terranno il mezzo tra il semplice ed il grandioso , e piaceranno all' occhio senza dispiacere alla mente. E tali sono i grandi ri- tratti sì del magnanimo Carlo Alberto Re di Sardegna e sì dall' augusta Consorte di lui unita ai reali Princì- pi , recentemente coloriti dall' egregio cav. Cavalieri. Egli, comechè sempre sia stato lodatissimo operatore di cose belle , pure in queste due tele , per comune opinione , ha superato se stesso. E ben si pare dall* ì Bklle-Ar t-1 167 opera che un fervente e soave spirito mosso da ve- nerazione e da gratitudine , sollevandone l'ingegno , gli abbia guidato il pennello. Glie ciò eh' egli è tut- to il deve alla munificenza di tanto principe, che lo ha sempre colmato di benefizi. Ai quali volle aggiun- gere pur questo considerevolissimo di avergli allo- gata la dipintura delle due grandi tele , dì che tenia- mo ragionamento. Noi le descriveremo con brevi det- ti , e verremo dimostrando nel tempo stesso come il Ca- valieri abbia schifati que' vìzi , ne' quali , operando ri- tratti di egual genere, urtarono alcuni che pur sali- rono in fama, RITRATTO DI S. M. IL RE DI SARDEGNA, (Catalogo num. 2.) L'augusto principe è rappresentato in abito dì gran maestro- del supremo ordine della SSiha Annunziata , la cui catena o collare gli si vede scender sul petto. La sottoveste e i calzoni appaiono di quel tessuto in argento , cui dai volgari si diede nome di ganzo. Del colore dell' argento sono eziandio le calzette tessute in seta; e di un bianco serico drappo son pur coperte le scarpe. Grande e maestoso è il manto che, risplenden- te in velluto rosso , e foderato dì armellino , infìno ai piedi discende: e sotto la pellegrina, pur di armellino, è a vedere la fascia di colore ceruleo che dalla spalla destra volgesi al fianco sinistro, e vi si annoda in gui- sa , che alcun poco ne sopravvanza. La figura è mi- rabilmente atteggiata : appoggia la mano destra , lode- volissima per bel disegno , sopra lo scettro guernito del- le croci di Savoia : e tenendo a riposo sul fianco l'ai- 468 Bellk-Artì tra mano ricoperta di guanto, sostiene col braccio una parte del manto regio ravvolto a grandiose pieghe , che dìscuoprono il sottoposto armellino , e lasciando iu ombra la parte che è presso il gomito , danno bel ri- lievo al corpo : sicché ti sembra che si distacchi dalla tela, e tondeggi. Il portamento , lo stare , il gesto , la guardatura medesima spirano maestosa grandezza tem- perata da dolce benignità. Colonne di ordine corìntio ornano la regìa sala , ove la immagine e collocata ; e lasciano travedere nell* intercolunnio a sinistra un beli' azzurro di cielo ; ed ivi in lontananza le alpi ricoperte in sulla cima di ne- vi, e ombreggiate più in basso da pini e da altre ma- niere di alberi. A destra s'innalza ricca e nobile corti- na di rossa stoffa , posta a ornamento del real seggio, che ricuopresi di velluto tinto in egual colore, ma al- quanto più chiaro che non quello della cortina ; ed è posto sul seggio il cappello alla spagnuola ornato di bianche piume, che leggermente in varie guise si pie- gano. Da presso al seggio è a vedere un tavolino so- stenuto da piede simigliante a bronzo dorato , con so- pravi un drappo di velluto azzurro tendente al bruno. Giova questo tavolino a formar base alla estremità del- lo scettro , sul quale , siccome è detto di sopra , tiene il Monarca appoggiata la destra mano ; e giova altresì a far bella mostra di alcuni obbietti convenevoli alla immagine rappresentata : e sono, carte geografiche, de- lineamenti di fortificazioni , in un colla croce del me- rito civile dalla maestà del Re istituito a premio delle laudevoli opere e degl' ingegni non infecondi ; e col gran cordone o gran fascia dell' ordine militare de' SS. Maurizio e Lazzaro da lui medesimo più ampiamente nobilitato. L'artificio con cui questo gran quadro è colorito appaga non meno gì' indotti , che giudicano dal bello B E L t è - A R T I 169 effetto , die i periti dell' arte , i quali ne scuoprono le ragionate cagioni. L'augusta immagine si presenta nel- la piena maestk del suo trono. Il volto e tutto luce , senza ombre , senza maccliie di scuri : e primeggia , sic- come deve: e autorevole nelle sembianze, e benigno nel guardo , fa in certo modo trasparire lo splendore della grand' anima. Aucorcliè il quadro in luogo poco lumi- noso si collocasse, ancorché il tempo, come addiviene, ne abbassasse le tinte , sempre la veneranda effigie sa- rebbe in luce , e farebbe di se contenti ì desiosi occhi dei sudditi , che sì recassero a contemplarla. A far che il volto si rimanesse in tanto splendore e attraesse a se i primi sguardi , egli era mestieri che la parte inferio- re della figura fosse in luce alquanto men chiara. Non però di meno ne il ganzo in argento de' calzoni , ne la maglia di seta delle calzette nulla perdono del candido lor colore : anzi bianco eziandio apparisce rarraellino in ombra che scende dietro alle gambe , l'una delle quor li stacca in ombra, l'altra stacca, o vogliam dire vien fuori , in chiaro. Ne ninno v'avrà conoscitore dell' ar- te 4 il quale non vegga quanto artifizio sia stato uopo al Cavalieri per non cadere nel fosco. Dovrei spendere troppe parale se volessi toccare di tutti gli accordi che rendono armonica la dipintura. Mi starò dunque contento a notare così di volo, che il co- lore fra le vesti e gli ornamenti più fulgido e primcg- giante ha sede in quella risplendente fascia cerulea che, s>cendendo dalla spalla destra , annodasi sul fianco si- nistro. Da quella , come da centro , si parte la degra- dazione degli altri colori , che si armonizzano fra lo- ro , finche l'occhio dello spettatore è richiamato a quel- la tinta principale , che dall' un lato è ripetuta nel beU' azzurro del cielo , e dall' altro nell' azzurro del nasti*o che adorna la croce del merito civile collocata sul ta- volino. Così egualmente i rossi della cortina , del seg- H'JÙ Bellk-Arti 1^0 , del real manto si accordano insieme ; ma di tal guisa , clic il colore del manto h sìgnoreggiatore degli altri. 14 verde dei pini e degli altri alberi ha il suo accordo col verde della gran fascia dell' ordine mau- rizìano. Finalmente, per non entrare in più minute par- ticolarità , tutti i colori trovano armonia e riposo nel ricco tappeto , che variamente tessuto vedesi disteso sul pavimento. RITRATTO DI S. M. LA. REGINA DI SARDEGNA E DE' PRINCIPI REALI. ( Catalogo num. 3.) Ecco in brevi parole la descrizione del ricinto, ove l'egregio dipintore ha collocate le auguste imma- gini. Ampia e maestosa scala , fiancheggiata da pa- rapetti di marmo, mette ai reali giardini, i quali appaiono in fondo, ricchi di verdissimi alberi , che van- no a perdersi nel colore azzurro del cielo. A sinistra della gradinata , che è ricoperta di bel tappeto gran- diosamente rabescato a vari colori , è posto un gran basamento, su cui s'innalzano colonne scanalate di or- dine corintio , che danno a conoscere essere ivi l'a- dito alla reggia. E fu bella fantasia del dipintore l'a- vere sul detto basamento effigiata in bronzo la croce de' reali di Savoia, sulla quale passa di traverso un raggio solare, e la illumina: con che volle significa- re il lustro ognor piìi crescente di quella fortunatissi- ma insegna. È cosi nel parapetto di marmo , che è dalla parte opposta , ombreggiò a guisa di bassorilie- vo un porto di mare con fanale e navi , a significa- «ione del ducato di Genova. La parte superiore del- Belle- Arti 171 la grande scala h ornata di nobile cortinaggio purpu- reo, a foggia di padiglione , clie interrompe e rende più gradevole all' occhio la prospettiva delle colon- ne , e de' giardini reali. Presso il fine della gradinata vedesi la maestà del- la Regina in atto di scendere placidamente. Tiene col- la destra mano la manca dell' altezza reale del du- ca di Genova ; e muove con atto naturalissimo la sinistra a far leggermente indietro il lembo del lun- go manto , ciie giace in larghe pieghe, e dona gran- diosità alla figura. Un gradino più innanzi è a ve- dere l'altezza reale del Duca di Savoia , che appog- gia la destra sul parapetto di marmo , onde è fian- cheggiata la scala , e tiene sotto il sinistro braccio il casco militare , e vogliam dire sciacò. H viso di lui volgesi a manca verso l'augusta sua genitrice, quasi voglia conformare ai passi eh' ella muove il movimen- to de' proprii. Ma l'altezza reale del Duca di Genova ha il viso all'augusto fratello , il quale, siccome è det- to , gli è innanzi di un sol gradino ; e mostrasi in atto , come suole chiunque scendendo preceduto da altrui , pon mente ai passi di chi lo precede per se- condarli co' suoi. Perciò il movimento delle figure è uno , quanto allo scendere eh' elle fanno ad un tem- po ; ma quanto al modo , è diverso : conciossiachè la Regina muova un passo naturalmente placido e di- gnitoso ; il Duca di Savoia più francamente discenda a quella guisa che sogliono i giovinetti pieni di vi- vacità, per natura e di fortezza per sanità ; il Duca di Genova dimostri ne' moti suoi non minor vivez- za e vigore , ma rimanga alquanto frenato e dal ger- mano che gli è innanzi , e dalla mano che porge al- la genitrice. Cosi pure gli atteggiamenti del volto so- no in tutte le figure assai belli , ma di svariata bel- lezza. Il sembiante della Regina spira soavità digni- i^2 Belle-Arti tosa e tenerezza materna. Il volto del Duca di Sa- voia h tutto vita ; un innocente sorriso lo anima , e sembra godere della compagnia della eccelsa madre e del diletto germano. Questi ( dico il Duca di Geno- va ) sembra aver l'anima placidamente raccolta in un qualche dolce pensiero : con che volle , a mio cre- dere , il dipintore significarne il sottile ingegno , che vola innanzi all' età. Le tre figure , collocate cosi so- pra due piani diversi , si aggruppano maravigliosa- mente insieme con tale un contrasto di linee e una naturalezza di moti , che meglio può giudicarsi dal- la vista che significarsi dalle parole. I due reali infanti sono in abito militare di co- lor turchino cupo con spallini d'oro. L'augusta ge- nitrice è tutta vestita in velluto nero , guernilo ric- camente dappiè e sulle spalle di que' bianchi merlet- ti in seta , a'quali diamo nome di blonde. Il brac- cio sinistro è ricoperto di bianco guanto , e le di- ta si piegano a stringere mollemente l'altro guanto, che figurasi tolto dal braccio destro , a cui l'egre- gio artefice seppe dare tanta delicatezza di forme e tanta candidezza di colore, quanta per lo appunto gli si conviene. Il capo è vagamente adorno di candide piume , e così leggiere , che ben li sembra che on- deggino allo spirare del vento , e pare che secon- dando il dolce moto della persona che discendendo si avanza, pur esse innanzi soavemente si pieghino: il che in mirabil modo accresce grazia e venusta a quella immagine leggiadrissima. E ancor più leggie- ri sono i capelli incoronati con cerchio di lucentis- sirai diamanti , che fanno beli' accordo cogli altri , che le risplendono intorno al collo e sul seno. Ora consideri chi si conosce dell' arte quanto fos- se difiicil cosa il ben collocare tanti diversi ornamenti di color bianco sopra una figura tutta vestita in ne- Belìb-Arti 1T3 ro ; e il collocarli in modo che la materia di cia- scuno ritenesse visibilmente le sue qualità : cosicché i diamanti brillassero , le perle pendenti dalle orecchie varieggiassero in bel colore , sembrassero i merletti moversi ventilando , e piegarsi arrendevolmente le piume; ne la diligenza usata in dare a tutte code- ste cose e lucentezza e finimento e perfettissima si- miglianza , punto nuocesse al primeggiare che far deb- bono , e veramente fanno , le gentili sembianze dell* Augusta , le quali nell' essere ornate rimangono pur vincitrici di ogni ornamento. Ed è tan^o più da com- mendarne il dipintore, quanto che egli è pervenuto a s\ beli' intento non già per forza di chiaroscuro , ma si per sola contrapposizione di colori e di toni. E se mi fosse lecito traslatare nella pittura le voci che alla musica si appartengono , direi che la tela , ove h dipinto il Re , tutta empie la mente di un' armo- nia forte , strepitosa , marziale ; quella ove è di- pinta la Regina colle due crescenti speranze , induce negli animi la dolcezza che muove da tenero concer- to di soavi e melodiosi strumenti. RITRATTO DI S. SANTITÀ' GREGORIO XVI. {Catalogo num. 1.) Questo bel ritratto fu operato dal Cavalieri per S. E. il sig. marchese Crosa di Vergagni inviato straor- dinario, e ministro plenipotenziario della maestà del Re presso la s. sede , e caldo amatore delle belle ar- ti. Siede il Sommo Pontefice tutto vestito in bianche vesti , ed appoggia la destra a un libro , la sinistra al bracciuolo della sedia ornata d'intagli e grandiosa. 174 Belle-Arti Il viso è composto a benignità e a mansuetudine. In allo è collocato il baldacchino co' suoi fregi pendenti intorno ; e da un Iato scuopresi in lontananza il bel prospetto del Vaticano. DIPINTI DE' GIOVANI ALUNNI. COPIE. Discendendo ora a parlare de' giovani , ci con- gratuleremo sì ad essi, e sì al chiarissimo direttore de' loro studi per la bella e concorde lode che di essi ci venne udita , non senza grande diletto del nostro animo : ciò è a dire , che uè pur uno fra tanti è contaminato da quello spirito di novità e di abban- donamento degli antichi e sani precetti , che oggi- dì trascina la gioveutiì a falsa via. Fra dodici stu- diosi giovani e quattro cultissiine giovinette che han- no insieme unite non meno che cinquantacinque ope- re in ogni maniera di belle arti , non vi ebbe chi si meritasse rimprovero di stranezza e d'ignobilita nell' immaginare, e di trascuraggine nell' eseguire. Bella pro- va del loro accostarsi alle vere e grandi scuole ita- liane sono state in pittura le copie amorosamente tratte da classici originali : quattro da Raffaello , tre dal Domenichino , due dal Correggio; ed altre da Giu- lio romano , da Guido Reni, da Paolo veronese, da Benvenuto Garofalo , da Carlo Dolci : ne' quali nomi tu vedi congiunte insieme le scuole romana , bolo- gnese, parmeggiana, veneziana, ferrarese, e fiorenti- na. E così hanno essi dato a conoscere come abbia- no l'animo a cogliere il bello non da una sola scuo- la rifiutando le altre, il che sarebbe da biasimare, ma sì da tutte , e talora piij dall' una che non dall' altra, secondochè richieda l'argomento della dipintura , Bellk-Arti nS e la naturale disposizione del dipintore. Il Cusa è naturalmente più inchinato alla scuola romana : per- ciò la copia delia deposizione di Gesiì dalla croce, eseguita da lui suU' originale di BafFaello , ottenne tanta larghezza di lodi quanta egli doveva sperarne dall' amore con che vedesi condotto quel bel lavo- ro {catal. num. 11 ). Non però di meno può egli pur esser contento dell' approvazione che si meritò la co- pia del S, Michele di Guido {catal. num. 4). Il Barne aveva con laboriosa diligenza eseguita la diffi- cile copia della caccia di Diana del Domenichino , e tanto si era intrattenuto su ciascuna delle molte figure per condurle a finitezza , che il tempo gli era venuto meno ; e dovè mettere in vista il suo quadro non peranche ultimato. Ma poi mosso da quel desi- derio grandissimo , eh' egli ha del far bene , volle ri- portare il suo lavoro presso l'originale, e molti altri giorni vi adoperò l'arte sua in modo , che assai mi- gliore lo ha reso {catal. num. 5.). L'Augero nella copia della parte superiore del quadro, che è detto del- la vergine di Monteluce , mostrò quanto sia valente nella forza del colorire; e ben ritrasse nel suo la- voro , non che le immagini dell' eterno padre , e del divino figliuolo , e di nostra donna , e de' circostanti angioletti , ma si pure quel non so che di gagliar- do , e talvolta anche di duro , che scorgesi ne' di- pinti del nostro Giulio {catal. num. 16). Ritrasse al- tresì da Raffaello la B. V. detta di Fuligno col ce- leste suo pargolo fra le braccia {num. 17), E que- sto stesso celebre dipinto dell' urbinate mosse il Mi- glio ad una bella e lodevole fantasia : imperocché uni e ben dispose in una piccola tela le quattro teste , di nostra donna , di s. Francesco , di s. Girolamo , e di quel leggiadrissimo putto che innalza il viso ver- so la vergine , cosicché vengono unite insieme a for- 176 Bellk-Arti mare un bene immaginato quadretto (niim. 18). Nà a queste quattro teste si tenne contento ; ma copiò ia altra tela eziandio il ritratto della Foruarina , quale essa vedasi nel quadro della trasfigurazione ( nuni. 19). iSè lacerò delle copie eseguite a olio da due gio- vinette genovesi di grandi speranze : dico la signora Virginia Monlobhio , e la signora Costanza Salviati. La prima con diligenza ritrasse la Vanita di Benve- nuto Garofolo ( nwn. 15 ) : la seconda copiò con fran- chezza e vivacità la Sibilla del Domenichino [nwn. 6), e lai Venere , unita ad amore e ad un satiro , di Pao- lo veronese ( nwn. 7 ). E dirò pure che quella nel ritrarre la sua genitrice mostrò che l'amore figliale avevala sollevala sopra se stessa ( nwn. 9 ) : questa nel ritrarre non so qual giovine donzella diede a co- noscere come dallo studio della scuola veneziana ab- bia appresa l'arte di ben trattare i colori {ìiiim. 8). E dacché sono in sul parlare di lei, non lascerò sen- za lode le copie oh' ella ha condotte in miniatura da due dipinti del Correggio ( num 33 e 34 ) , e da uno di Carlo Dolci ( nwn. 35 ). E porrò fine a que- sto mio discorso intorno le copie , commendando alta- mente la Sibilla del Domenichino ritratta in miniatu- ra dalla signora Matilde Fes'a {nwn. 37). Questa va- lente giovinetta segue le vestigie della sua maggiore sorella signora Bianca Festa , nome caro alle belle arti ; le quali con assai diletto videro questa loro alun- na essere fatta una del numero de' professori accademici di merito di s. Luca. Ella in qnest' anno non arricchì di altra cosa le nostre sale che di un bellissimo ritratto di donna in miniatura ( nwn. 36 ). Ma dove fu già. lo studio del Canova v'ebbe di lei una contadinella dipinta a olio , in atto dì suonare con mano un suo cembalo o tamburello, che parvemi una delle piiì care e graziose cose eh' io m'abbia vedute a questi tempi. Belle-Arti 177 quadri originali. , APPARIZIONE DI S. MICHELE ARCANGELO A S. LORENZO VESCOVO DI SIPONTO. OPERA DEL SIG. CUSA. {Catalogo num. 12) Ragion vuole che fra i quadri originali de' gio- vani allievi sia conceduto il primo luogo a quello al- to non meno che palmi lU e largo palmi 11^, che fu dipinto per la chiesa parrocchiale di Riraella, dio- cesi di Novara , dal sig. Michele Cusa regio pensio- narlo. Leggesi nelle sagre istorie come essendo stato riferito al sant' uomo Lorenzo vescovo di Siponto , che segni straordinari e maravigliosi apparivano sul monte Gargano nella Puglia , si diede egli fervorosamente alle orazioni , pregando Iddio che gli piacesse di fargli manifesto il perchè di quelle maraviglie. Ed ecco ap- parirgli il sauto arcangelo Michele , e favellargli co- si: „ Vanne al monte de' prodigi. Io lo mi elessi a di- mora , e difenderono da ogni avversità: celebra cola i divini ufici ; perocché il luogo è già da me santi- ficato. ,, Vedesi adunque il santo vescovo inginocchiato sopra cuscino di color creraesi innanzi alla immagi- ne di Gesù crocifìsso posta sopra una specie di al- tare che gli è dirimpetto, e che apparisce coperto di drappo rosso intramezzato per largo da frangia d'oro. A destra e a sinistra del crocifisso sono due statuet- te figurate in bronzo, delle quali l'una rappresenta ia beata vergine , l'altra il principe degli apostoli : que- sta vi è posta a dinotare come il santo apostolo Pie- G.A:T.LVL 12 178 Belle-Arti tro £u primo a spargere sugli abitatori di Sipoiito la luce della vera fede ; quella a significare che alla vergine fu ivi dedicata la prima chiesa che vi sorges- se al Cadere dell' idolatria, nnanzi alle immagini e un libro aperto : da un canto la mitra con ornamenti di gemme e d'oro : dappresso a questa il pastorale che a[)poggiasi sul suolo incrostato di marmi a scompar- limeoti : più in dietro , quasi nel mezzo del quadro, la sedia episcopale coperta di velluto tinto in colore verdognolo, e lavorata ad intagli di bella semplicità. Il campo presenta la parte interna di un oratorio o cap- pella , e per un maestoso arco lascia vedere alla di- lungi il monte Gargano , e una pura parte di cielo. L'arcangelo, entrando a spiegate ali per l'apertura dell' arco , mostrasi al santo vecchio dall' alto. Ha coraz- za brunita, sottoveste bianca, manto rosso che sinuo- saraente svolazza. Colla destra abbassata stringe la spa- da ; colla sinistra distesa addita le rupi del Gargano ; e par che dica tacendo : „ Quello è il luogo eh' io m'ebbi eletto ; questa mia spada il difende.,. L'angeli- co spirito e tutto circondato da nuvole : egli le toc- ca, ma non le preme ; tanto è leggiero. Fra quelle nuvole appariscono a destra dell'arcangelo due angio- letti , le cui sembianze per belle che siano pur cedo- no alla bellezza di quelle del loro duce. Questi ha tanto del sovrumano nel volto, tanto agilmente si muove , tanta luce diffonde per ogni parte , che mi- randolo diresti di essere in paradiso. Il sauto vescovo, nell'apparire dell'arcangelo, dal raccoglimento della orazione sembra subitamente tra- passare ad un misto di maraviglia , di venerazione , d'interno compiacimento. La maraviglia si manifesta per lo allargarsi delle braccia e delle mani ; la ve- nerazione per l'incurvarsi della persona; l'interno com- |>iacimento per l'atteggiarsi dei volto a pienezza di 1 Bbt-le-Arti 179 santa gioia. Anzi , non che il volto , ma tutta la figu- ra ne par commossa , tutta ( quasi piiì non l'aggravi il peso della cieta mortale) sembra essere attratta in- verso l'apparitore celeste. Ed oh ! come maestosa la rendono le ben dipinte vesti sacerdotali : dico il bianco camice , e il piviale di tela d'oro, cadente al suolo a grandiosi ma severi ripiegamenti , e la stola che pur gialleggia nel bel colore dell' oro. Gli splendori dell' angelo illuminano il santo vescovo e il luogo dell' ora- zione ; ma or più or meno vi si spargono , secondo- che più o meno diradano il gruppo delle nuvole che intorno all' angelo si dilatano e scendono : di che vien- si a formare bel contrasto di lumi , e bel collega- mento di linee. Alle falde del monte Gargano , lad- dove l'arcangelo accenna, ha il Cusa con bell'accor- gimento ombreggiata in lontananza una grotta , e per- sone che in abiti sagri processionalmente vi si con- ducono. Cos'i venne a dimostrare con assai chiarezza e il volere dell' arcangelo , e il seguitone adempi- mento. Vada il Casa innanzi nella sua via ; non si lasci prendere al suono lusinghevole delle lodi , ma segua , come suole , a dare ascolto ai consigli di co- loro che già s'acquistarono bella fama ; e non farà, vane le speranze che ci muovono a ben presagire di lui. CLEOPATRA. DEL SIGNOR MARGHINOTTI. {Catal. num. 10.) Il Marghiuotti ha già dato altre volte lodevoli prove dell'arte sua. Egli conduce con diligenza ciò che dipinge , ha bella fusione di colori , e adorna le figure di semplice venustà. E tale si è addimostrato 12* 180 Belle-Arti in una mezza figura rappresentante Cleopatra ; non già Cleopatra infelice , col velenoso aspide al petto , e eoi pallore della vicina morte sul volto : ma Cleo - pafra nel fiore degli anni e della bellezza , Cleopatra che siede ornata pomposamente , ed ha nella destra mano la tazza in che disteraprò il tesoro della cele- brata sna perla. Il viso ci parve assai bene e con molta grazia dipinto, e lo udimmo lodare da chi po- teva darne giudizio. Ne si rimasero senza lode i va- riati drappi, e massime il panno di color verde, che riccamente lavorato a fiorì d'oro posto era sulle gi- nocchia dell' ambiziosa regina. VEDUTA DELLA PIAZZA DI VENEZIA IN TEMPO DI CARNEVALE. VEDDTA DI PIAZZA NAVONA ALLAGATA. INCENDIO DI UN GLOBO AEREOSTATICO. DIPINTI DEL SIC. AUGERO. {Catal. num. 20, 21 e 22.) Abbiamo già parlato delle copie dell Augero* Ora toccheremo brevemente di questi tre quadretti, a' quali mirammo far buon viso da chi li vide ; e principal- mente al primo e al secondo. In questo ebbero lode la maniera grandiosa, la prospettiva bene intesa» e le figure ( massime quelle poste nel primo piano ) giù» diziosaniente aggruppate , e toccate con grazia e vi- vacità. In quello piacquero le stesse cose , e ancor più. Imperocché il colorito apparve migliore , e più vigorose parvero le figure , e ottenne plauso un bene iraraaginato contrasto di chiaroscuro. Ciò basti aver detto delle dipinture. Ne farò pa- rola de* ritratti in mezza figura, ne de* piccioli «|Ua« Belle-Arti 181 tiretti ; dacché il parlarne sarebbe opera troppo sotti- le. Ma non chiuderò questa parte del mio ragiona- mento senza aver fatta menzione del signor Landesio, clie in un grazioso paesetto rappresentò la veduta del ponte Sodo presso l'antica Veio (catol. num. 23); e del signor Rossi, che se bene sordo-muto, pur si fati- ca di acquistar nome pennelleggiando le tele (num. 31), SCULTURA. LA CITTA* DI ALESSANDRIA CH5 PREMIA LE BELLE ARTI, MODELLO DI BASSORILIEVI DEI, SIG. CANIGIA, L'amore della patria mosse il sig, Ganigìa , gio- vane alessandrino, ad operare questo bassorilievo alle- gorico. Siede nel mezzo, sovra elevato e nobile scan- no, la citta di Alessandria simboleggiata in una don- na di matronale bellezza. Un manto le scende dal ca- po ai piedi , e formando ne' pochi ripiegamenti se- vere linee che quasi nulla si obbliquano , giova a renderla vieppiù grave e maestosa. Le torri , onde in- coronasi, mosti-ano com' ella è forte citta, e il sot- toposto serto di spiche dinota come siano fertili i cam- pi che la circondano. Tutta la figura è volta sul lato destro , e stende la diritta mano a rimeritare di co- rone d'alloro le tre belle arti, che le si fanno innan- zi guidate dal loro Genio ; nudo giovanetto , a cui bene si convengono le ali : perocché mal sarebbe s'egli non potesse spiccare il volo ed innalzarsi da terra. Pri- ma a seguirlo e la scultura , cui Tartefice ha conce- 1 82 B K L L E - A R T l duto quel primo luogo per amore cieli' arte sua : e non tutta l'ha ricoperta di vesti , a dimostrare che il nudo è principale bellezza nelle opere dello scarpel- lo. Segue la pittura, laggiadra ne' vestimenti e negli atti. Ultima è l'architettura , anzi severa nel volto che no ; ma ben proporzionata nella persona , e sempli- ce negli ornamenti, quale appunto finger dovevasi a dinotare , che il bello di quest' arte è posto nella se- vera semplicità, e in quella proporzionata corrispon- za di parti che noi chiamiamo armonia. Dal sinistro lato sono tre figure : Marte , Minerva , ed il fiume Ta- naro. giacente a terra , tutte convenevolmente ivi po- ste : perciocché Alessandria, citta fortissima, fu no- minata chiave d'Italia , e fu patria di grandi inge- gni , ed è attraversata dal fiume. Al quale diede giu- stamente l'artista figura senile con lunga barba , e pose il remo nella destra , e fece che appoggiasse il sinistro braccio sull' urna onde scaturiscono le acque. Presso il fiume sono indizi delle linee di fortificazio- ne. Tutto questo lavoro è commendevole per la com- posizione e per la purità dello stile : e se fosse con- dotto iti marmo , potrebbe acquistare maggior grazia ne' contorni del nudo e nelle estremità. Pose eziandio il Canigia alla pubblica vista il modello di una statua d'Orfeo , egualmente di puro stile icatal. mini. 48), ed un busto lavorato in mar- mo {num, 49). B E L L E - A. R T I 183 E^EA CHE PORTA IL PADRE ANCHISE CON ALLATO IL FANCIULLO ASCANIO. MODELLO DI GUCPPO ISOLATO. OPERA DEL SIG. BOGLIANL {Catal.num. 50.) Mostrò grande animo il Bogliani nell' ideare que- sto gruppo : perocché forte cosa era il comporlo. Quel mettere un uomo a cavalcioni sopra un altr' uomo, sen- za che l'atto volga a ignobilita, è prova difficile nella pittura, difficilissima nella scultura. Haffaello vinse la prova nell'incendio di Borgo , collocando con saga- cita le figure , non di pieno prospetto, ma in guisa , che in parte si nascondesse all' occhio del riguardan- te la sconcezza delle due gambe del vecchio , scen- denti di qua e di Ik sui fianchi del giovine : ne già le dispose parallelamente, anzi piegò il ginocchio del- la gamba sinistra , e tenne giù distesa la gamba de- stra , cogliendo quel punto in che l'amoroso figlio , avendo già dato convenevole positura all' una, stende il braccio a sollevare pur l'altra. Ed oltre a ciò fin- se essere coloro uomini non d'alto aliare , ma plebei e nudi ; e quel di sopra non che vecchio ma infer- miccio : il perchè una certa ignobilita poteva dirsi propria di quell' episodio. Ma ad uomo di altissimo lignaggio , che in giovinezza s'ebbe parte al talamo di lina dea, che or venerando ci si rappresenta per aspet- to e per vecchiezza , non avrebbe potuto essere con- veniente quel modo dello starsi a cavalcioni , stretto alle spalle e al collo del giovine eroe stato eletto dal cielo a primo fondatore dell' impero , che doveva 184 Belle-Arti poi allargarsi su tutto il mondo. Perciò vide bene quel grande ingegno che fu il Bernini , quando nel grup- po isolato , che è nella villa de' Borghesi , pose ar- tifiziosamente il suo Anchise non a cavalcioni , ma sulla sinistra spalla di Enea. E forse la mente di lui fu aperta a quella immaginazione dall' aver vedute alcune statue, ora collocate nei nostri musei, le quali sosten- gono un fanciullo sovra l'iina delle loro spalle. Ed io stesso nelle cave di antichità , che apersi in Tor-Maranci per grazioso comandamento di S. A. R. la Duchessa dello Sciablese ( nome che mi sarà fin eh' io viva di grata e tenera ricordanza) trovai dipinto sovra muro un Silvano , o altro dio boschereccio eh' egli si fosse , il quale sulla spalla sinistra portava Bacco , e lo aiu- tava a tenervisi stendendogli pur la mano. Ma dal collocare sovra sola una spalla le membra di un fan- ciullo al collocarvi le pesanti di un vecchio, è gran- de diversità: e il gruppo del Bernini, colpa del se- colo in eh' egli visse , ed anche della età giovenis- sima in che scolpillo , si diparte di troppo dalla gre- ca semplicità. Daremo dunque lode al Bogliani dell' aver colto il bello dall'opera del Bernini, sfuggendone i vizi , e accostandosi , per quanto il subbictto glie lo ha con- ced;Uto, al buono stile degli antichi maestri. Egli, se- gifitatore in ciò del Bernini , sulla sinistra delle ben quadrate spalle di Enea ha posto Anchise atteggiato in modo, che la persona di lui , piegandosi verso la spalla destra, e appoggiandovisi colla mano, viene a bilancia- re il proprio peso, compartendolo egualmente sugli ome- ri del nerboruto suo figlio : il quale circondando col sinistro braccio le gambe del genitore , che ha nella sinistra mano i penati, meglio in sulla spalla se lo assicura. L'altro braccio è giù disteso fino a toccare l'omero sinistro del piccolo Ascanio, in atto di affret- Belle-Art i 485 tarlo a fuggire : e intanto quel timoroso fanciullo in- nalza la destra quasi cercando la mano del padre , colla sinistra gli si tiene al manto , e sollev^a il capo verso di lui. Questo difficile lavoro si è meritato giu- sta ricompensa di lodi , specialmente dal lato della emola composizione. Vedevansi ivi presso altri lavori del Bogliani: una Flora in gesso di naturale grandezza {Catal. man. 51), e quattro busti scolpiti in marmo assai francamente, ed erano le copie dei ritratti di M. Antonio e di Lepido ; e i ritratti dei celebri P. Beccaria e conte Angelo Giu- seppe Saluzzo primo fondatore in Torino dell' acca- demia delle scienze , clie fu poi innalzata all'onore di accademia reale {Catal. num. 52, 53, 54, e 55). MODELLO PEL SOVESCIO DELLA MEDAGLIA DA CONIARSI PER LA REALE ACCADEMIA DELLE BELLE ARTI- LAVORO DEL SIG. GALEAZZL {Catal. num. 42) Come la plastica è fondamento della scultura , COSI è pur fondamento de' lavori in metallo^ Perciò mi piace di dar qui luogo all' enunciato lavoro del Galeazzi : tanto più eh' esso è formato in grande , e nulla diversifica da un bassorilievo. Le arti sorel- le si stanno insieme co' loro distintivi nelle mani , tutte e tre col capo incoronato , e leggiadramente ve- stite a semplicità : la pittura in piedi nel mezzo ; l'architettura e la scultura sedute : quella a destra sovra antichi avanzi di fabbriche ; questa a sinistra sovra masso tuttora informe. Sembra che l'architettu- ra parli, e che le sorelle le diano orecchio : con che i80 B E L L E - A R T I addimostrasi che l'iina innalza gli edifizi , le altre li adornano secondochè alla fabbrica si conviene. Lo stare in piedi della pittura , e lo assidersi delle al- tre due , che le sono ai lati , dona alla parte supe- riore della medaglia quella forma circolare che l'è do- vuta ; e questa stessa forma si ottiene, nella parte infe- riore , dallo spazio ove dovrà essere posto l'anno del- la impronta. Le tre figure sono con artifizio atteggia- te e formano un ben' insieme. Nella parte principa- le , o vogliara dire nel diritto della medaglia, sarà posta la immagine del munifico Re Carlo Alberto col- le parole KAROLO . ALBERTO . I . SARDINIAE . REGI , alle quali seguiteranno queste altre del rove- scio FAVTORI . ET . AMPLIFICATORI da scolpirsi intorno alle belle arti , a dimostrazione del favore e dello ingrandimento che le arti leggiadre ricevono dal- la munificenza del Re. Facevano corona a questo bel lavoro del Galeaz- zi altre opere di lui : due medaglie colla venerata ef- fìgie del Re Carlo Felice e della Regina M. Cristina ( Catal. man. 40 ) ; altra medaglia col ritratto del celebre commendatore Thorvaldsen nel lato diritto e col bassorilievo del Prometeo nel rovescio ( num. 41): il ritratto del eh. cav. Cavalieri in metallo dorato {num. 44); e due piccoli ritratti in cera {^um. 45 e 46).' ARCHITETTURA. PUNTA, ELEVAZIONE, E SPACCATO DI CN TEMPIO DI MANIERA ANTICA ADATTATO AD USO DI CHIESA CATTOLICA. DEL SIGNOR CIMA. {Catal. num. 38) Il giovine architetto signor Cima , ponendo men- se ai dettati del sommo maestro Vitruv^io , e alle ra- Belle-Arti ISt gìonate bellezze de' venerandi avanzi dell'antica Ro- ma , ha voluto con lodali disegni darci l'idea di un tempio che , se bene di maniera antica , pur fosse adattato alle sagre costumanze della nostra cattolica religione. S'innalza l'edifizio sopra maestosa gradina- ta che tutto lo aggira , ed è interrotta negli an- goli da quattro piedistalli , su cui porre si dovreb- bero in bronzo le statue degli evangelisti. Le fronti 0 facce del tempio hanno ciascuna dieci coJonne di ordine corintio ; e le ale, o vogliara dire i fianchi, ne hanno ventidue comprese le angolari. La fronte an- teriore è uguale alla posteriore , ed ambe sostengo- no timpani o fastigi ornati di analoghe sculture: han- no ampie porte che dall' una parte mettono al tem- pio , dall' opposta alle sagrestie ; e sono coperte di volta semlcilindrica a lacunari. La forma interna è di basilica a tre navate , divise fra loro da due fila di colonne d'ordine corintio, come all'esterno, e tutte e tre copeite a volte egualmente semicilindri- che a lacunari con rosoni. La navata di mezzo è ter- minata , incontro alla porta principale, da un emi- ciclo : e fra questo e i muri esterni del tempio si è trovato luogo per le sagrestie ed altre stanze acces- sorie. Alle navate minori danno luce le finestre aperte nei muri laterali ; alla maggiore le aperture immagi- nate nel mezzo delle volte ad esempio delle terme di Tito , di alcuni edifizi della villa Adriana , e del nuovo braccio del museo Chiaramonti. Nel sommo de' frontoni sorgono due grandi acrotcrii , su cui sono le statue di qua della Religione e di Ta della Fede ag- gruppate con angioli o genii. Neil' acrolcrio poste- riore ha il Cima stabilito il luogo per le campane. Tale, senza entrare in più minuti particolari , è la disposizione semplicissima di questo tempio , lo- dalo nella distribuzione delle parti , nelle belle for- 188 Belle-Arti me , ne' leggiadri e parchi ornamenti, e nelle giuste proporzioni : cose tutte che sentono dello stile che fioriva agli ottimi tempi. E perchè a lungo in quella vista mi dilettai, tre cose presi a considerare , le quali mi parvero non ben confacevoli alla qualità delle no- stre chiese. Ne voglio tacerle perchè l'egregio signor Cima o se ne giovi , ovvero mi tolga d'inganno. E primieramente dirò che non mi pare bene adattata ad una chiesa cristiana la forma amfiprostila , cioè di due fronti eguali , perciocché non si riconoscerebbe qual fosse la fronte principale : cosa , a mio credere, disconvenevole : conciossiachè debbano gli architetti improntare nelT edilizio, sto per dire, la fisonomia che gli si confà , cosicché subito abbiasi a conoscere dai riguardanti ciò che nell' interno vi si racchiuda , co- me , al dir dei poeti , dal volto si conosce il core. Né vale l'esempio degli antichi , i quali , per la di- versità de' riti , non avevano uopo di fronte princi- pale : imperocché il tempio era piiÀ nell' esterno che neir interno della cella , e in questa si voleva entra- re da più lati. Ma nelle nostre chiese una é la parte signoreggiatrice; e perciò deve chiaramente essere pre- nunziata al di fuori per un prospetto piiì magnifico che non è l'altro. Dirò in secondo luogo che sareb- be a temersi, non forse que' moltiplicati lumi che il signor Cima fa scendere per lungo dalle volte, e che ben s'addicono alle deliziose terme e ai ridenti mu- sei , venissero col troppo e svariato splendore a far sì che gli occhi , e poi le menti delle persone ivi rac- colte si divagassero , allontanandosi da quella quiete di raccoglimento che commove l'animo a divozione. Di- rò all' ultimo che non posso adagiarmi nella sentenza del sig. Cima di voler occultare e mentire il campa- nile , che é parte caratteristica delle chiese cristiane. Queste leggiere mende, se pur son tali (e se tali fos- Belle-Arti 189 sero potrebbero torsi via facilmente ) , non noccio- no al molto bello dell' opera : la quale per verità e stata immaginata con altezza d'ingegno e purità, di stile, 9 prova il molto valore del giovane artista che l'ha inventata. PUNTA ELEVAZIONE E SPACCATO DI tN SEMINARIO DIOCESANO CON CHIESA, DEL SIGNOR STURBINETTI. {Catal. num. 39) Fine primario deirarchitettura è l'utilità , secon- dario l'adornamento. Il signor Sturbinetti , senza tra- scurare questo secondo fine , ha posto tutto l'animo ad Ottenere il fine principale ; ed ha imniaginato un se- minario diocesano con chiesa , ove nulla fosse a de- siderare di ciò che si appartiene a fabbriche di co- tal genere. Egli è meritevole di assai lode, perchè ha dato all' edifizio la forma semplice e grave che gli è dovuta , e perchè tale non lo ha ideato che per i- strabocchevole spendio muova a vano desiderio , ma SI tale , che per moderata spesa possa condursi a com- pimento. Se tali sono le nostre arti nella crescente giovi- nezza , quali non saranno nella matura viri Ita ? Tut- to annunzia un lieto avvenire. La maestà del Re le tiene in pregio , le ama , le protegge. Vasto edifizio le accoglierà nobilmente nella reale Torino. Ivi egre- gii riiacstri , ivi belle opere poste ad esempio , ivi premio, ivi onoranza a virtù. Dovrò io nominare que' nobili spìriti che secondano il generoso Re nella ma- gnanima impresa ? Chi non venera l'autorevole retti- tudine e sagacità di S. E. il marchese Alfieri di Soste- \ 190 Belle-Arti gno gran Clamberlano di S. M., e capo e primario di- rettore della R. Accademia delle bolle arti ? Chi non ama l'afTettuoso accorrere ad ogni bene di S. E. il cavaliere Cesare Saluzzo segretario perpetuo direttore? Chi non da lode alle operose instancabili cure del mar- chese di Azeglio direttore delle reg-ie gallerie ? Non e dunque cosa da farne le maraviglie, ma dirò con- seguente e necessaria , che le belle arti , per la pro- tezione di SI gran Re, e per le sollecitudini di si nobili e virtuosi personaggi , debbano fiorire nella citta ca- pitale di un regno , dove ( certo indizio di crescen- te prosperità) tutto dì s'innalzano grandiosi edifizì, dove gli uomini o per grand' animo chiari, o per ci- vili virtù , o per dottrina , e le valorose gesta e le lau- devoli opere , e i trovati dell' ingegno , sembrano chiedere la mano di chi nelle tele e nei marmi ne renda eterne le immagini e le memorie. 191 CATALOGO DELLE OPERE ARTISTICHE de' sudditi DI SUA MAESTÀ' SARDA esposte alla pubblica vista in roma nell'aprile del i833. CAMERE SUPERIORI PRIMO SALONE. Dipinti del sig. cai>. Cavalieri . i. Ritratto di Sua Santità Gregorio XVI, quadro alto palmi 7, largo 5 ^. 2. Ptitratto di Sua Maestà Carlo Alberto Re di Sardegna alto palmi i3 ^, largo 9, oncie 2. 3. Ritratto di Sua Maestà la Regina di Sardegna coi due Reali Principi il Duca di Savoia ed il Duca di Genova alto palmi j3 ^, largo g, oncie 2. SECONDO SALONE. 4. Sig. Michele Cusa di Rimella (nell'alto Novarese), Co- pia del S. Michele di Guido Reni , alta palmi 9, larga 6, oncie 3. 5. Sig. Luigi Barne torinese , copia della caccia di Diana del Doraenichino, larga palmi i3, alta palmi 9. 6. Signora Costanza Salviati, genovese , copia della Sibilla del Domenichino, alta pai. 5 5, larga 4- 7. Signora Costanza Salviati, copia della Venere con Amore , e di un Satiro di Puolo veronese ; di 5 palmi quadrati. 192 8.| Signora Costanza Salviati , ritratto di donna ^ mezza figu- ra , di grandezza naturale. 9. Signora Virginia Montobbio genovese , ritratto di donna, mezza figura di grandezza naturale. 10. Sig. MarghinoUi sardo, figura d'invenzione rappresentante Cleopatra , alta palmi 6 ^, larga pai. 4 h- 11. Sig. Michele Cusa dell'alto Novarese, copia della depo- sizione di Raffaello, alta palmi 7, larga pai. 8. 12. Sig. Michele Cusa, quadro d'invenzione rappresentante l'ap- parizione dell' arcangelo S. Michele a S. Lorenzo vesco- vo di Siponto , alto pai. 19, largo pai. 11 5. i3. Sig. Luigi Barne torinese, ritratto , mezza figura d'uomo. 14. Sig. Luigi Barne torinese bozzetto d'invenzione rappre- sentante Amedeo V conte di Savoja che libera l'isola di Rodi dall' assedio dei bulgari. i5. Signora Virginia Montobbio genovese, copia della Vanità di Benvenuto Garofalo, di 4 palmi riquadrati. PRIMA CAMERA. 16. Sig. Amedeo Augero di Chivasso , copia del quadro di Giulio romano rappresentante l'incoronazione della Ver- gine , largo palmi io g» alto pai. 7 §. 17. Sig. Amedeo Augero, copia della Madonna di Fuligno di Raffaello, alta palmi 7, larga pai. 6. 18. Sig. Andrea Miglio di Novara, pensionario del nobile col- legio Caccia, copia di varie teste del quadro della ma- donna di Fuligno di Raffaello. 19. Sig. Andrea Miglio, copia di mezza figura della Fornari- na di Raffaello nel quadro della trasfigurazione. SECONDA CAMERA. PITTDRA. ao. Sig. Amedeo Augero, carnevale di Roma in vodula del- la piazza di Venezia, di palmi 3 ^ di lunghezza, e pal- mi 2, onc. 7, di altezza, 193 21. Il medesimo, altro quadretto della stessa grandezza rappre- sentante il lago nella piazza Navona. aa. Il medesimo, altro quadretto della s^essa dimensione rap- presentante l'incendio di un pallone aereostatico. 23. Sig. Landesio torinese , paesello rappresentante una ve- duta di ponte Sodo presso l'antico Veio, alto palmi 2 , on- cie 2, largo palmi 2. 34. Sig. Luigi Barne, quadretto rappresentante l'Innocenza , al- to a palmi. 25. Sig. Virginia Montobbio, ritratto di un religioso , di 2 pal- mi d'altezza. 26. Signora Virginia Montobbio , ritratto di donna in piccolo. 27. Sig. Amedeo Augero , pastorello che suona il flauto , alto palmi 3. 28. 29. 3o. Sig. Amedeo Augero, tre ritratti in piccolo. 3i. Sig. Rossi genovese, sordo e muto, ritratto di un reli- gioso, alto palmi 2. MINIATURE. 32. Signora Costanza Salviati genovese , ritratto di donna. 33. Signora Costanza Salviati, copia della Maddalena del Cor- reggio. 34. Sig. Costanza Salviati, copia di due putti del Coreggio. 35. Sig. Costanza Salviati copia di un Salvatore di Carlo Dolci. 56. Signora Bianca Festa , ritratto di donna. 37. Signora Matilde Festa, copia della Sibilla del Domenichino. GABINETTO. ARCHITETTURA— MEDAGLIE. 38. Sig. Gaetano Cima da Cagliari , pianta , elevazione, e spac- cato di un tempio decastilo periptero adattato al culto cattolico. 39. Sig. Sturbinetti dell' alto Novarese , pianta , elevazione e spaccato di un seminario diocesano , con chiesa. G.A.T.LVr. 13 m mbdAgiIe. 40. Sig. Gasparo Galeazzi da Vigevano , due medaglie rap- presentanti le LL. MM. Carlo Felice e Maria Cristina. 41. Medaglia del commendatore Thorvaldsen, e rovescio con bas- sorilievo. 42. Modello di medaglia da coniarsi per la reale accademia delle belle arti in Torino , rappresentante le tre belle arti. 43. Modello del ritratto di monsig. Bottiglia. 44. Ritratto del cav. Cavalieri in metallo dorato'* modellato dal sigi Gaspare Galeazzi. 45. e 46. Due ritratti in cera , idem. CAMERE AL PIANO TERRENO. PRIMA CAMERA. Lavori del sig. Carlo Cinigia d'Alessandria. 47. Bassorilievo lungo palmi i3 J, alto palmi 5 J, rappre- sentante la città d'Alessandria che premia le belle arti. 48. Statua di palmi 6 ^ in gesso , rappresentante un OrfèO. 49. Busto in marmo, ritratto del duca d'Ossuna. SECONDA CAMERA Lavori del sig. Giuseppe Bogliani torinese. 50. Enea che porta Anchise col fatìciulletto As<5anio> gruppo isolato alto palmi 5, onc. 2. 5i. Flora statua iti gesso di grattdezza naturale. 52. Busto in marmo del P. Beccaria. 53. Busto ia marmo del conte Angelo Giuseppe SalUiiO» 54- Busto in marmo di Lepido. 55. Busto in marmo di MaircantdmOi 195 Notizie di Federico Zuccaro pittore e poeta , rac- colte dal P. Luigi Pungileoni min. conv. e da lui intitolate al sig. prof. Salvatore Betti segretario perpetuo delV insigne e pontificia accademia di S. Luca. H. LETTERA PRIMA. o letto con somma soddisfazione il discorso diret- to agli alunni dell' accademia di S. Luca, in che el- la , dopo d'averli lodati dell' essersi sempre mantenuti nella subordinazione , gli eccita con savi suggerimen- ti a percorrere con frutto una carriera difficile ed er- ta. Bellamente pone loro sott' occhi i luminosi esempi de' primi maestri che ne toccarono la meta , ne tace di quelli che tramandarono ai posteri artistiche idee in carte più o meno degne del cedro. Del numer' uno di quelli da lei rammentati con lode e Federico Zucca- ro pittore e poeta. Inedite notizie che lo riguardano da me in Parma dissotterrate, e in parte fnvoritemi da S. E. monslg. Carlo Emanuele de' conti Muzzarelli esi- mio cultore de' buoni studii , non debbono essere di- scare all' illustre segretario perpetuo di un' accademia , il cui nome è grande e famoso in Europa. S. Angelo in Vado si gloria d'avergli dato la cul- la, e fors' anco d'avere indotto il di lui padre Otta- viano a dargli agio d'imparare il disegno. Ma qvicgli ajuti che non li potevano dare ne il padre , dipinto- re di contado , ne la terra natale , li trovò in Roma appo il fratello Taddeo , e nello studio dell' antico. Cosi avesse egli saputo unirne rimilazione al bello idea- 13* 196 Belle-Arti le ! clie un moderno (1) scrittore non avrebbe osato òi scrivere in sul seggio occupato da lui nella scuola delle arti questa dura sentenza ,, pittore da dozzina. „ Le ne mostrerò l'insussistenza in altra mia. Sebbene non se gli debba assegnare uno scanno di primo ordi- ne , non si può senza ingiustizia tentare di cacciar- lo da quello di che egli è da gran tempo in posses- so» Posto per ora da parte se molto o poco valesse egli in pittura , dirò due parole del suo merito letterario. Il suo capo d'opera ha scritto in fronte : ,, Idea de' pitto- ri scultori e arcliitettì. ,, GIttando l'occhio su d'esso avrà scorto o potrà scorgere agevolmente con qual calore egli raccomandi agli uomini dediti ed amanti delle arti imi- tative il fornire la mente delle cognizioni, che sono dell' ultima necessita per giugnere a grado sublime. Pecca- to clie quelle carte altronde dotte sieno da capo a fon- do imbrattate da termini astrusi e da gigantesche espres- sioni , che spesso astringono il paziente lettore a rile- varne il senso tra un nuvolo di parole ! Sagrificò egli la chiarezza e la purità dello stile al linguaggio delle scuole non molto confacente al genio delle arti gen- tili, e ciò per ismania di menomare per quanto era in lui la fama del Vasari e di contrastargliene il diritto. Ma ne sortì un effetto in tutto contrario alla sua in- tenzione. Il libro del Vasari scritto con quella perspi- cuità , che veste con grazia le cose narrate , mantien- si in grido, si legge da tutti e piace , mentre quello dello Zuccaro giacerebbe ancora inosservato e polve- roso in qualche angolo di una scelta libreria, se mons. Bottari non avesse creduto ben fatto il richiamarlo, per così dire, in vita, coli' inserirlo nel sesto volume delle pittoriche : e a mio avviso ciò fece il Bottari, perchè vi si trova a tratto a tratto per entro molta intelligen- za dell' arte e desiderio dell' utile. Molti buoni lumi intorno agli scritti dello Zuccaro ne da il chiarissimo Belle-Arti 197 abate Missii'iui nelle sue elaborate memorie per ser- vire alla storia della romana accademia di S. Luca pubblicate nel 1823 pe' torchi del De-Romanis. Io pe- rò credo di non ingannarmi punto nel dire, doversi sotto due diversi aspetti bilanciare il merito di questo scrit- tore, cioè in fatto della lingua ed in proposito delle ar- ti. Per conto della lingua, non è da seguirsi da colo- ro che si danno ad isviluppare con lucid' ordine a prò de' giovani studiosi i principii delle tre arti. Per ri- guardo agli insegnamenti artistici , ad onta de* difetti rimproveratigli dal Mariette , dal Bottarì , dal Lanzi , per quanto a me sembra , egli è scrittore da non te- nersi in pochissimo conto. Se ad altri che a lei doves- si indirizzare questa mia , potrei dirle di quanto siara debitori a Romano Alberti pel lodevole pensiero di tras- mettere alla posterità ì discorsi tenuti dallo Zuccoro come prìncipe dell' accademia e dai soci della mede- sima, ne' quali contengonsi utilissimi insegnamenti. Ma intorno ad essi con lei mi taccio , sendo questi fedel- mente registrati negli annali dell' accademia. Consacrati alle arti sono pure altri due opuscoli dello stesso au- tore. Del primo le basti il titolo per ora : ,, Passaggio per l'Italia con la dimora in Parma. Bologna 1608.,, Vi sì leggono molti versi in sua lode, che sentono del mal- gusto di quel secolo in cui il bello scrivere non era più favorevolmente accolto ed ammirato che nel silen- zioso gabinetto di qualche letterato. L'altro opuscolo ha per titolo:,, Lamento della pittura, e lettera ai prin- cipi ed amanti del disegno. „ Questo lamento è in ver- si , dalla semplice lettera de' quali si scorge che nel- lo scriverli non gli arrisero le muse, e n'ebber dispet- to. Eccole un saggio. Fu grande anch' egli , e fu di molto merlo , E fu un Zuccaro in ver ne l'opera sua , Fu dolce , fu vezzoso e molto esperio. 198 Belle-Arti Onde s'Urhin si gloria d'ambedue N'ha ben ragion : anch' io di lor mi vanto Che come l'nn , l'altro cortese sia. U mio Zuccaro dolce (Taddeo) Per carità, panni eh' ella mi dica, per carità tralasci simili freddure. M'arrendo , e le fo sapere che l'es- ser caduti quasi in sul nascere nell'oblio, è la prima- ria cagione per cui quel libercoletto di pochissime pa- gine è quasi irreperibile. Un' esemplare ne vidi in Par- ma tra le mani del mio amantissimo abate Colombo, che suo non era ma di uno che non glielo avrebbe ceduto se non a prezzo di tre lucidi zeccliinì. Il cavi Giuseppe Bossi nelle annotazioni al suo libro intitolato : Cenacolo di Lionardo da Vinci : fa un cenno del sud- detto lamento, e lo dice composto in cattive terzine. Un' idea più favorevole del suo sapere , non già poetico ma pittorico, ci porge il cardinale Federico Borromeo, ottimo giudice in fatto ancora di arti (2). Questo insigne fondatore della biblioteca ambrosiana, donando per così dire novello splendore alle pitture che adornavano il suo museo, non dubita punto di porre lo Zuccaro nel novero di coloro che veder sanno e penetrare ne' se- greti delle arti.,, Il pittore, e lo Zuccaro che parla, dee sapere rappresentare orrevolmcnte le cose tutte che si possono dipingere , e rappresentarle non quali sono , ma quali debbon essere. In far ciò chi vi riesce con lode , è grande. ,, Esige di più eh' ci non sia digiu- no del conoscimento d'ogni cosa spettante al disegno, onde le parti corrispondano perfettamente al tutto. Ol- tre l'enunciata , più altre massime commendabili in tali materie si trovano sparse ne' libri a stampa di lui e nelle postille fatte da lui all' esemplare del Vasari, ediz. de'Giunti, esistente in Parigi nella reale biblioteca. Spia- Belle- Arti 199 ce ai motlerati il veder visi trattato qua e la con niol-» ta acerbezza il biografo de' no stri pittori , contro di cui nudriva grand' astio rimproveratogli dal Bottarl nel ribatterne le accuse. Il soffio dell' invìdia , disse un poeta , non isfronda gli allori. Guatò pure costei con torbid' occhio l'altissimo autore delle tre cantiche , ma questi è tale die non teme il morso delle sue serpi , ne onta d'età. Le nomino Dante per dire , non perchè sia desso il solo vate veduto dì mal-occhio da que- sto mostro o furia d' inferno , ma per far noto a lei eh' ha si bene illustrato alcuni passi della divina com- media, che Federico morendo lasciò in tanti fogli (3) delineato il poetico viaggio di Dante: mirabile lavoro a giudizio di valenti estimatori , di cui mi riserbo a riparlarlenc altrove. Frattanto si ricordi ella qualche fiata che io sono suo. SECONDA LETTERA, I beni sono misti i mali : i mali ai beni. Tutti dicono COSI, gli ignoranti dicono così, tutti i dotti dicono cosi, e tutti dicono come va detto. Cosi scriveva quel ca- po ameno di Giuseppe Baretti nella ventesima setti- ma delle sue famigliari. Quest' aurea sentenza , pre- giatissimo sig. segretario, parmi adattabile alle vicende ora prospere ed ora sinistre che alternamente allegra- rono ed afflissero il lodato artista di Sant' Angelo in Vado. Ebbe a compagni del vivere onori e spiaceri , lode e biasmo. Per essersi fatto conoscere in Roma , per quel grand' uomo ch'egli era a' suoi di , sendo per morte del Vasari rimasta in tronco la pittura della cupo- la di santa Maria del fiore in Firenze, venne scelto a porvi mano e ad ultimarla. Il soverchio numero del- le (4) figure, di gran lunga maggiori del naturale, pia- cevano oltremodo al suo autore , che se ne gloriava con 200 Belle-Arti dirnela la più grand' opera che mai si facesse ìu pit- tura. Ma non piacque altrimenti a coloro che conosco- no ed amano la bella maniera greca rinata fra noi , e la stimarono si poco, che la disistima loro passando di bocca in bocca indusse i sovrastanti alla fabbrica a pensare seriamente di gittarla a terra. Andò sì innanzi la cosa, che stavano sul punto di farla ridipingere a Pietro Berettini, se la vecchiezza del pittor cortonese non gli avesse messi in timore di non vederla finita. Scii- ve il Lasca in una delle sue madrigalesse, che invece di abbellire guastarono la bellezza di quel capolavoro del Brunellesco , e di tale sconciatura più dello Zucca- ro ne incolpa il Vasari. Ma ben Giorgi n d'Arezzo , Giorgin, Giorgia debb' essere incolpato. Di questa traversia |dovè al certo provar disgusto : ma appena tornato a Roma gli uscì di mente , poi- ché più d'un lavoro in grande gli fu subitamente al- logato. Lo stesso Gregorio XIII deliberò di fargli di- pingere la volta della Paolina : e tale ordinazione non gli fu meno utile che decorosa per esser ivi la caduta di s. Paolo e la crocifissione di s. Pietro di Michel Angiolo , ora però affumicate e guaste dalle candele e dalle lampadi accese. Nel colorire quella volta, le ciancie di alcuni detratori gli fecero saltare 61 fatta bile che più non pensò che a vendicasene. Eccole il come. Ritrattò nel quadro della calunnia i calunniatori suoi con lunghe orecchie foggiate a gui- sa delle asinine , e l'espose alla pubblica vista a sol- lazzo degli amatori di novità , che qui , come altro- ve , pochi non sono. Questo fatto armò la penna e suscitò i clamori de' cortigiani, che gli fecero costar caro il piacere della vendetta. Non altro mezzo egli Belle-Artì 201 vide ài provvedere alla propria quiete che l'abban- donare l'Italia. Andò in Francia ; visitò l'Olanda e ringliilterra, ed ovunque e sempre operò con varia fortuna. I sassi di Roma per gli artisti di merito so- no sto per dire calamitati. Perciò, calcati una volta, non v'è chi non desideri di farvi ritorno. Con mag- gior forza attratto lo Zuccaro vi si restituì , rientrò in grazia del pontefice Gregorio, ed alla Paolina oltre la volta lasciò del suo s. Pietro conferente, il bat- tesimo, e Simon mago dall' alto stramazzato a terra. Non le fo parola d'altre sue tele qui allora ultima- te, parlandone a dilungo le guide romane, che senza animo di mentire talora mettono fuori una cosa per un' altra. Per istire a bomba dirolle che Filippo II re delle Spagne, bramoso d'avere alla sua corte Pao- lo Cagliari , di quel valore nel colorire che a tutti è noto , commise al suo ambasciatore conte Olivares di spedirglielo al più presto : ma quegli con bel gar- bo se ne scusò. L'Olivares si credette in dovere d'im- pegnare lo Zuccaro a portarvisi .- e questi parti di buon grado alla volta di Madrid , ove giunto ebbe alloggio nell'Escuriale ed annua vistosa pensione. Per comando del re mise mano a più quadri da porsi in quella chiesa reale, e in breve tempo li comp\. Sino a quel punto non ebbe motivo veruno d'essere scon- tento del suo soggiorno in Ispagna , ma il non udi- re parlare ne in bene ne in male de' suoi quadri gli cagionò un' afflizione ben grande. Di lui parlano i de- scrittori di quel reale monistero e l'autore del libro intitolato: ,, Le belle arti in Ispagna: ,, dato in luce da Federico Quillier qual suo lavoro. Di questo fatto ha messo alte querele D. Giovachino Munoz con varie let- tere inedite ancora, nelle quali ne rivendica con ca- lore la proprietà allo spagnuolo Bermudez. Si lagna però a torto sul falso supposto che sia sconosciuto in Ita- 202 B E L L E - A R T I lia il = Dlctionario , > di Bcrniudez , de les professo- res dellas bellas artes en Espana , = mentre io l'ebbi sott'occhi nella ducale biblioteca di Parma appena usci- to dai torcili, e ne copiai alcuni brani per inserirli nel terzo volume delle memorie sul Correggio , co- me può ella vedere alla faccia 35. Nel prologo par- la dei Carracci restauratori del buon gusto , ma, sog- giugne pag. 53 = sin la gracia de Rafael, ni del Co- regio etc. -=> Dello Zuccaro nulla trascrissi perchè al- lora tutti i miei pensieri erano al solo Correggio ri- volti , ne punto curavami di sapere se i preziosi do- ni fattieli dal re ed una buona somma di lucidissi- me doppie valessero a ricompensarlo de' sofl'erti di- sgusti. Pel duca di Urbino (5) suo signore dipinse, nelle pareti entro la terza cappella a destra della san- ta casa in Loreto, lo sposalizio della Vergine e la di lei visita a santa Elisabetta, e in su la volta diver- si simboli e figure allusive alla N. Donna , tra le qua- li la Fede il cui velo non finto ma vero rassembra. Era riserbato a Federico Barocci il quadro di mezzo. Per ora non voglio tediarla di più, se non col riprotestar- le di essere ec. LETTERA TERZA Avrei troppo che fare se le volessi accennare an- che di volo i lavori qui fatti da Federico in com- pagnia del fratello : e poi ella dir mi potrebbe , ed avrebbe in dirmelo tutta la ragione , a che sciupare tempo ed inchiostro in ripetere cose , di che parla- no il Vasari e le guide che accompagnano i forestie- ri alle chiese ed alle gallerie de' signori romani ? So- lo le parlerò di un lavoro di lui più stesamente di quello che abbia fatto il Vasari, perche è il primo lavoro che Federico fece da se. Esiste nelle due fac- ciate d'una piccola (6) casa , una delle quali sta qua- si di rincontro alla chiesa di s. Eustachio , e l'altra Belle-Arti 203 guarda la piazza della cosi della dogana vecchia. L'una e l'altra però dall' aria umida e dal tempo co- si danneggiale, che fa d'uopo a chi le rimira suppli- re coir immaginazione a quello che manca. Nella pri- ma si scorge a slento im sacerdote stante in alto di versare l'onda lustrale sul capo di s. Eustachio e de' suoi più cari. Nell'altra, all' apparirgli della croce, il santo guerriero sceso da cavallo si prostra a terra. Per- chè poi siavi dipinta l'arma di casa Medici, noi so. Due figure laterali rappresentano la Giustizia armata di spada e di bilancia , e la Fortezza che sostiene una colonna. Ne' parapetti delle fenestre vi restano ancora alcuni avanzi di quadrucci a chiaroscuro. Tutto il re- sto è perduto. Per tutta Italia vi sono cose di sua mano degne d'essere vedute, se dobbiam credere ai ca- taloghi che si stampano quasi in ogni nostra citta. Una lettera di lui, inserita dal padre della Valle nel- la storia del duomo di Orvieto alla faccia 340, ne fa sapere che dopo di essersi egli fatto pregare non po- co prima di portarsi a servire i signori orvietani, cede alle istanze loro, e cola fece quadri e riquadrature re- gistrate nella descrizione delle cappelle di quella ma- gnifica cattedrale , che non si possono a mio crede- re ritenere per de' lavori piiì belli che sin allora si fossero ivi entro veduti. Dagli scritti dello Zuccaro impariamo aver egli dipinto per la corte di Mantova Venere piagnente sopra il morto Adone , l'inganno d'Isione , e la spoglia adorata del Redentore in grem- bo della dolentissima madre con un angioletto che so- sliengli la testa , delle quali pitture sa Dio che siane avvenuto. Scrive ancora d'aver fatta in Torino per que' dominanti una pittura di molta estensione, ed è la galleria lunga, per quanlo egli dice, una corsa di tarbaro. Un quadro assai grande del lodalo pittore esisteva nella chiesa de'doraenicani in Correggio fat- 204 Belle- Arti togli fare dal cardinal (7) Bernieri di Correggio, che lo volle di sua mano. Passando per Parma ebbe op- portunità di osservare a suo grand' agio le opere del maestro inarrivabile di quella scuola , e di stabilire un (8) contratto onorevolissimo, che poi non ebbe ef- fetto. Quanti bei progetti, sig. segretario amatissimo, ri- mangono nati e sepolti nella mente di chi seppe im- maginarli, a cagione di sfavorevoli combinazioni che si attraversano e ne impediscono l'esecuzione! Ma la- sciamo i progettisti da parte, e stiamo alle cose dell* arte. Se ella è stata a Parma, avrà veduto nella cat- tedrale le belle pitture che tanto piacciono a chi sa vedere, e dopo un atto di riverenza ad Antonio Al- legri avrà fissati gli occhi sul catino del coro dipin- to da Girolamo Mazzola. Se mai non v' è stata , la prima volta che vi porrà piede osservi di grazia come il bianco delle pareli non lasci gustar bene l'indicato travaglio del Mazzola. Sappia però che bra- mosi i fabbricieri di togliere quell'inconveniente, pen- sarono di far dipìngere quelle pareti da Federico Zuc- caro , su le quali figurar doveva il nascimento della Vergine da una parte , e dall' altra l'annunzio fattole dal celeste messaggiero : notizia che in Parma affatto s'ignora, e da me cola disseppellita nell' archivio deno- minato della fabbrica. Da quanto ivi trascrissi risul- ta, che fin d'allora gli intelligenti si accorgevano del miglior effetto che avrebbe fatta la dipintura della vol- ta del coro se fossero state pitturate le pareti. Due altre parole ancora sopra due altri lavori dello Zuc- caro , che il dire di tutti quelli che si sanno sareb- be davvero un buttare il tempo invano. L'ottimo ca- nonico Gio. Andrea Lazzarini pesarese lo nomina au- tore di alcuni quadri in Pesaro, tra i quali loda quel- lo della Concezione pel disegno , per le mosse delle figure, e pel colorito , die' egli , saporoso e tenero ; Belle-Arti 205 non lascia però di notare che lo assieme non appaga rocchio, quantunque vi sieno delle parti eccellenti. Altro quadro della stessa mano tuttora esiste nella par- rocchial chiesa di s. Spirito in Urbino, rappresentante la discesa dello Spirito Santo con le solite lingue di fuoco sopra gli apostoli, e la Vergine stante in atto di con- templazione. Il eh. Lanzi ha preso un granchio nell' ascriverlo a Taddeo Zuccaro , che all' epoca del di- pinto da gran tempo era ito all' altro mondo. Di si- mili granchi mostrano di non avvedersi e di non cu- rarli quegli scrittori, che reputano a torto di ni una im- portanza le notizie tolte con istento all' obblio. Ad ogni costo disposti a non ceder mai cosa veruna , affettano un suono decisivo. Qui ripetere potrei con quel grande di Arpino : Nihil necesse est de gusti-- bus dicere : che parrai quadrare a proposito del diver- so modo di sentire , di vedere e di scrivere in fatto di arti. Tornando al quadro è lavoro (9) di Federico Zuccaro, e me lo assicura un di que' documenti che non ammettono replica. I ristretti confini d'una lette- ra non consentonrai ricordare altro quadro di questo autore già esistente nell'oratorio di s. Croce (1 0) di Ur- bino, il cui soggetto h il Signor nostro alla colon- na fatto segno al livore di que' mostri d'inferno ar- mati di flagelli. In altra mia , e sarà l'ultima su que- sto pittore di s. Angelo in Vado , le darò contezza in poche parole di quanto ha egli fatto in prò della gioventù studiosa della pittura. Frattanto mi ricon- fermo. LETTERA QUARTA. Il biografo ancora fra le tenebre cerca notizie di- menticate e le ridona alla luce. Ingrata h la di lui fatica , non arida , allorché viengli fatto di scoprire 205 Belle- Arti cose più 0 meno interessanti in riguardo alla memo- ria di chi in terra lasciò nome di prode. Lo segue per quanto il può nella sua carriera mortale , nh cre- de tempo gittato il mettere insieme materiali per far vedere in che si distinse, dove e quando {lì) morì. So che non tutti la pensano così , ma so ancora che delude se stesso chi si avvisa di poter dare nel ge- nio di tutti. Ciò basti per non mostrare di risentirsi di una ben piccola contraddizione (12) letteraria. Ab- bastanza e forse troppo alla lunga le ho parlato de' fatti del rinomato pittore : ora per non noiarla pii!i oltre le rammenterò alla sfuggita di quanto gli sia debi- trice questa nobilissima accademia. Non dirò che a lui se ne debba l'erezione, poiché non abbisogna egli per essere lodato che se gli appropri una gloria non sua. Fu questa eretta mercè del valore e delle cure di Giro- lamo Muziani natio di Brescia. Primo però ad ottene- re l'onore del principato fu Federico Zuccaro, com'è registrato negli annali dell' accedemia. Nel 1 594 ne prese il solenne possesso : lo che ben mostra quanto tenuto egli fosse in istima e benevolenza dai maestri dell' arte, e dagli scolari che l'accompagnarono a casa come in trionfo: che trionfo può dirsi per nobile artista il plau- so ingenuo degli scolari, più glorioso di quello d'uà truce conquistatore temuto dagli emoli ed abborrito dai vinti. Di Girolamo Muziani e maggiore la rinoman- za del pennello , più estesa è la coltura dello Zuc- caro e più grande la destrezza nel cattivarsi la be- nevolenza de' facoltosi. Quegli fé un dono fruttifero air accademia degli averi suoi , questi lasciò ere- de delle sostanze i figli, tranne la casa da lui eret- ta da' fondamenti sul Pincio , una parte della quale destinò ad asilo perpetuo de' poveri artisti stranieri che qui vengono per apprendere railc di qualun- que nazione. Reputò egli non essere che una sola la Belle-Arti 20T patria degli artisti , troncando le parole in bocca di quegli oltramontani che tacciano l'Italia di smo- dato affetto di nazionalità. L'eredita, senza essere opu- lente , corrispose al bisogno de' figliuoli usati a vive- re con qualche agiatezza. Non fu egli mai immensa- mente ricco come si è lasciato cader dalla penna il sig. d'Artaud (13). I viaggi , il trattarsi signorilmente in tutto , il mantenimento della famiglia non gli per- misero di fare de' vistosi acquisti. Lasciò morendo mol- ti suoi quadri, rimastigli in casa parte finiti e parte bisognosi dell' ultima mano. Avrei a grado di poterla con poche righe ragguagliare degli a freschi (14) che sono ancora in essere nella casa suddetta , che per quanto intendo , non essendo al presente libera l'en- trata in queir appartamento, non sono molto da lodare. Nella volta dell' atrio evvi tra le altre figure Cupido Con due putti ai piedi che fabbrica l'arco, copia di quel- lo già esistente presso i signori Bajardi in Parma, egregio lavoro del Parraigianino , sebbene da molti stimato del Correggio e per tale inciso da valente bulino. Ebbe in sua donna Francesca figliuola di Raffaello Genga ur- binate» Cessò di vivere in Ancona il di 6 agosto 1609 : i funebri onori celebrati furono si in questa citta e sì in Ancona a pubblico testimonio di pietà e di ricono- scenza. E questa riconoscenza si ridesta nell' animo di que' professori che nel fissare gli occhi sul di lui titratto rammentano quanto gli debbe questo splendi- do stabilimento di S. Luca. Qui lascio e più di lui non dico avante. Pctr. Trion. della Fama, Sono Con tutto l'animo ec» 208 Belle-Arti NOTE (1) Istituzioni eli estetica del eh. p. Luigi Pasquali M. G. prof, nella I. R. università di Padova. Pado- va 1827, voi. II pag. 'I9G. (2) I due libri del card. Federico Borromeo, nno intitolato Musaeum^ l'altra De pictura sacra^ sono sta- ti inseriti dal proposto Anton Francesco Gori nelle sue sirnbole letterarie, deca seconda voi. settimo, Ro- ma 1754 tipografia di Pallade. Le parole succitate so- no queste; Fed. Zucc.^ qui nostris temporibus graphi- dis tantummodo gloriam est assecutus , aiebat egre- giam laudis esse pictoris si ad omnia quae pingi pos- sunt facienda promptiis foret . . . Recte Zuccarus aiebat^ in qualibet unius artis parte medio crem saltem oportere esse artifìcem etc, (3) Negli inventari fatti per ordine degli eredi tro- vo queste identiche parole ^^ Commedia di Dante, pez- zi 91 in tutto, de'quali fu detto essere 19 in Urbino =— ,, Il libro di Dante al mio parere e al mio giudizio poteva valere da 800 a mille scudi. ,, Stimatori furono Carlo Maratti, il Bellori e più altri de* quali le par- lerò in appresso. Il sig. Peni Bencivenni, nella descri- zione della R. Galleria di Firenze, ponvi: Dante dise- gnato da Federico Zuccaro. Tom. I pag. 385. (4) I grandi artisti ben sanno che la più squisi- ta bellezza delle figure non consiste nella sola gigan- tesca statura. È inoltre necessario che le figure pro- pria statione locentur. Du-Fresnoy de arte graphica. Fece pure non so quali disegni in Anversa. Franco nel disegnare e speditissimo nel colorire una tela, era- Belle-Arti 209 pie quasi l'Europa de' suoi quadri, che più o meno si risentono della troppa fretta con che uscirono dalle mani dell' artefice. Guadagnò molto, e vero , ma non quanto dice il sig. Artaud nelT articolo inserito nel volume settantesimo quinto della Biogr. univ. Que- sto colto scrittore fa uscire dalla scuola de' Zuc- cari Ignazio Danti domenicano . Non saprei dire su qual fondamento egli appoggia questa sua as- serzione. L'Algarotti nel dice amico, e fors' anco mae- stro del Palladio nel disegno. Giulio Cesare Gigli (pit- tura trionfante ec.) dopo d'aver lodato lo Schidone , Cherubino Alberto e Raffaello Schiaminoss, aggiugne con poca carità certamente.-,, Lungi da questi un tal d'in- vidia gonfio - Ma in sembianza di zuccaro e di mele - (Per non poter di lor giungere al paro) - Vsava di mal dire. (5) Sunti di lettere da me trascritte in Urbino dello Zuccaro al sig. Giovanni Tomraasi conte di Mon- tebello. Loreto 14 giugno 1583. Lo ragguaglia di quan- to aveva ideato di pitturare nella cappella del duca di Urbino Francesco Maria II della Rovere. In altre due consecutive, aventi la stessa data, lo accerta d'aver trovato ivi un valent' uomo stuccatore cui aveva or- dinato i quattro angioli di stucco ed altri lavori per la cappella, e nomina Giulio doratore di Pesaro : e l'assicura d'avere voluto consultare i teologi per non far cosa che non fosse convenevole , e che voleva di- pingere imprese e camei ne' vani e cartelle che sono neir arco = dove ora, sono sue identiche parole, mes- ser Lattanzio fa quelli fogliami e stucchi , ma che non piacendo a S. A. sto in attenzione della sua vo- lontà. = Tengon dietro alle succitate altre due lette- re. Nella prima così scrive: = Circa l'invetriata man- do a V. s. illiiia la misura qui inelusa. Potrà ordinar- la a Venezia o in Ancona, ove più gli piacerà. Io sarei G.A:T.LVI. 14 210 Belle-Art* d'animo farvti nel mezzo Tarma di S. A. con ricinsrer- vi attorno un festone colorito di vari frutti, ovvero tutto verde, quello che più sarà, a piacere di S. A. Il resto di vetri bianchì, che l'arme et il festone colo- rito offuscherà assai abbastanza quel troppo lume e riuscirà a mio giudizio vaga e luminosa assai. -^ Neil* ultima, con data di Loreto "15 novembre 1583, mostra d'avere desiderio d'avere la tela per coprire le isto- rie da lui dipinte, per indi portarsi in Urbino. Se fosse egli stato a que*giorni in liberta avrebbe potuto recarsi a Reggio di Lombardia per dipinger- vi il coro della basilica di s. Prospero, come appa- re dalla seguente lettera ad Andrea Agliati reggiano esistente nell' archivio di detta basilica : „ Sig, mio hormo „ Ho ricevuto la 1. di v. s. de li 21 del presente a me gratissima, intendendo che le cose son bene inca- minate da cavare denari per dipingere la cappella gran- de con il coro di s. Prospero di costi: e perchè lei mi fa un motivo in nome di un amico suo e di me se pagarò cos' alcuna pingendosi, mi rispondo ogni vol- ta che sia fatta per man di valente pittore mi ofFeró dare scudi vinti al bon peso di Roma, e che sia il vero che desidero si dia principio quanto prima al ne- gotio subito letta la lettera , sapendo che ms. Fede- rico Zucchero non è a Roma: fui a trovare un isuo amico et mio et gli dissi che in Reggio v'era da di- pingere il coro della capella grande di s. Prospero et lo pregava che volesse scrivere hoggi a ms. Fede- rico , il quale dice pensa che sia in Pesaro dal duda di Urbino per sapere da esso se vuole attendere a que- sta impresa, et di più gli dissi che v'era un disegno di mano di M. Lelio da Nuvolara fatto fare da li ss^ canonici per tale effetto e che se ms. Federico vork Bkllk-Arti 211 fare sopra quello disegno o vero farne uno di sua in- dustria tengo che lori signori si rimetteranno al vo- lere suo sapendo che esso e valent' uomo. Prospero Signoretti* Roma 30 marzo 1 583.,, L'Agliati era priore del capitolo di s. Prospero. La pittura del coro fu poi commessa a Gammillo Pro- caccini , quella della cappella grande a Bernardino Campi. Lui morto, a G. B. Tinti. V. memorie sul Cor- reggio tom. H pag. 217. (6) Vasari e Baglione, vite de' pittori pag. 121. (7) Fra le postille delia cronaca Zuccardi esisten- te in Correggio trovasi quanto segue. == In s. Domenico (di Correggio) il quadro dell' aitar maggiore , ove in fondo è il ritratto del cardinal Bernieri, è di Federi- co Zuccaro, e quel di Gesiì di Lavinia Fontana. = (8) Alcuni canonici e operai qui del duomo di questa citta (di Parma) mi diedero intentione e mo- strarono desiderare che io dipingessi due assai grandi facciate del lor coro sotto la cupola del Correggio, che mi era occasione onoratissiraa e grata. Si muta- rono all'anno nuovo, come e solito, i fabbricieri, e quel- li di SI nobil animo e furono fatti altri, come la sor- te gira, di altro parere . . . Volendo ad ogni modo lasciare qualche memoria in questa citta, ove sono bel- lissime opere del Correggio ed anche alcune del Par- migianino ai quali sono sempre stato attaccatissimo . .i mi elessi un luogo nella chiesa di s. Rocco ove ho dipinto un assai gran quadro a fresco, e questo è il Cristo denudato alla colonna ... ho voluto anche fa- re in questo luogo un quadro a oglio della Conce- tione ... ho fatti rna non finiti tre quadri a oglio, due per mandare all' imperatore che si sono di mol- lo tempo promessi, e uno pei sua Santità. =Eccole l'aper- 14* 212 13 E L L E - A R T i ta lestiraonianza del progettato lav^oro da me tratta da un lib.10 di quella fiibbrica. „ Capitoli forraati e stabiliti fra gl'illrhi sìg. fab- bricieri del duomo di Parma ed il sig. Federico Zuc- caro per dipingere le due facciate grandi che sono da ogni banda di qua e di la del choro di sopra. ,, P.° che detto sia obbligato a dipingere come pro- mette le dette due facciate, facendovi dipingendo in una la natività della madonna che è a man destra verso l'organo, et neil' altra l'Annunziazione che è verso la cantoria. ,, E pili ciie abbia a dare, e così promette, tutte le dipinture d'essenza e principali di sua propria mano, altrimenti non vogliono detti sig. fabbricieri essere tenu- ti a pagamento alcuno , così promette dando un' ido- nea sicurtà. ,, Di pii!i abbia da dare, e così promette, finita la pit* tura della detta prima facciata nel spazio di un an- no ... E più l'altra nel spazio di un altro anno. ,, E più non vogliono detti sig. fabbricieri esser te- nuti a pagamento alcuno se non quando avrà finito una facciata integramente, eccetto che se per acciden- te et non per colpa sua non potesse finire e perfelio- nare l'opera promettono pagare alla rata di quello che avrà finito, a giudizio però de' sig. fabbricieri presen- ti et futuri ec. = Questa scrittura non ha veruna data. Ben vedesi che fu un aliare soltanto ideato, ma non convalidato con le debile formalità» Le condizioni che se gli vo- lievano imporre pajonmi dure oltremodo, massime quel- la di dovere stare al giudizio di persone che poteva- no non intendersene alTatto. E questo era un male non piccolo : peggio poi se fossero stati di quelli che vo-» gliono sentenziare intorno a quelle cose delle quali so* no totalmente allo scuro. Belle-Arti 2(3 Per lasciare qualche cosa del suo in Parma, di- pinse nella chiesa di s. Rocco Gesù flagellato con angioli portanti i misteri della passione, di che par- lano l'AiFò, Servitore di piazza pag. 128. Barri, Viaggio pittorico pag. 98; e il p. Zappata mon. bened. Moras eccles. Parm. Cernìtur Christi flagellatio pietà a Fe- derico Zuccaro urbinate. Peri questo dipinto molto sti- mato nel rifare la chiesa. (9) Libro della Fraternità dello Spirito Santo del 1600 in fol. grande. ,, Spesa del quadro dell'aitar maggior, deve dar a di 12 ott. 1603 al sìg. Federico Zuccaro pittor scu- di 200 correnti, sono per tanti promessigli per fare il quadro dell' aitar maggiore della fraternità a tempo tre anni, cominciando a dì sudetto come seguita, et da pa- garli scudi 109, et il resto finita l'opera.- et la condot- ta di detto quadro si ha da far dalla fraternità facen- dolo fuori di Urbino, nel qual quadro vi ha da esse- re l'emissione del Spir. S. come piti piacerà a detto pit- tor. Rogato ser Diotalevo Bonainti sott' el miles. so- pr. - 1608 2") genn. Al sig. Federico Zuccaro scudi cento datili per saldo et per lui al sig. Guidubaldo Genga il quale ha quietato la fraternità ec.,, Questi era fratello di Francesca moglie del suddetto Federico. Rog. Pietr. Giovanni Morviani 1595 23 agosto. (10) Ms. trovato nello studio dell' estinta famiglia Biancalana patrizia d'Urbino steso nel 1605.-,, S. croce. Il Christo alla colonna è di mano del sig. Federico Zuccari.,, Narra il Vasari che Federico = fece un s. Pietro pel duca d'Urbino suo signor. ,, Nella decrìzione del palazzo Pitti del cav. Francesco Tnghirami (Poligrafia fiesolana 1828) evvi nolalo un s. Pietro in carcere di Federico, 214 Bslls-Arti (11) Qual sorta di utilità o di piacere può infat- ti ricavarsi dalla lettura di un libro, in cui trovasi af- fastellata una lunga serie di notizie intorno la pafj-ia, il casato, l'anno della nascita, le nozze ... di un gran pittore ec.Cav.Andrea Mayer dell'irait. pitt. lib.III oss.1. (12) Nel fascicolo XXXI del Poligrafo stampato Ìq Verona alla faccia 186 emmi in certa guisa ascrit- to a colpa il non avere scorto nella apologia ai tre libri deir imitazione pittorica impressa in Ferrara 1820, come il cav. Andrea Mayer sia dalla parte del- la ragione. Ma il pesar bene le ragioni dell'uno e dell* altro non e cosa da me. Quand' anche avessi avuto le Lilancie e polso per farlo a dovere , e ciò fosse stato di mia volontà , come venirne a capo senza quel li- bro alla mano , sendomi noto soltanto perchè accen- nato in due lettere del sig. Carpani, una al sig. Giu- seppe Acerbi inserita nella bibl. ital. n. 61 nov. 1820, l'altra inedita al cav. Giuseppe Tarabroni, teste pubblicata dagli aurori del giornale tiberino an. I num. 10 1833, con data di Vienna 1821 15 maggio? Non dissi , ne dire lo poteva con piena asseve- ranza, che il Bolzanio desse de'buoni lumi a Tiziano, ma solo eh' ei fu a portata di poterglieli somministra- re. L'età loro , l'essere nati amendue sotto un mede- simo cielo a un tempo stesso in Venezia, cari forse ugual- mente ad Andrea Gritti senatore poi doge, non mi dan- no l'ultimo grado di certezza, è vero , molti però di probabilità. Ch' egli fosse accetissimo al nobile Grit- ti, ce lo attesta Pier Valeriano : de infel. litter^ lib. 2 pag. 101 ove scrive che: Constantinopolim et univer" sarn Thraciam invisit mecenatem siium Andream Gry^ teum prò pace oratorem a senato veneto missum seca» tus ec. Ce Io confermano le seguenti parole di fra Ur- bano == Andrea Gritteo, quae mihi sola viventi felicitas fuit , hodie imperli veneti principe salutato. Vene-' Bellk-Arti 215 tiis XIII cai. iunias MDXXIU. Nella lettera a Be- nedetto Accolti vescovo gli dice d'averlo conosciuto giovinetto allorché portavasi a Roma: ,, Leonis X pe^ des osculatum ieram^ quem ego adhuc adolescentem graecis olim Utteris istitueram, illac animi gratta iter facerem Oricellarios^ Azaiolos ^ Marcellos, Victorios et plerosque alios veteris academiae nostrae proce- res , qui sibi et musis adhuc vivebant salutaturiis . . . Carteromachus laboribus meis mirifice plaudebat^Lam^ pridìus palam me sui prof ectus auctorem agnoscit etc. In alcune edizioni sonovi tra gli altri premessi gli elo- gi di Marco Musuro e in fine quelli di Daniele Caje- tano e d'altri ancora, dai quali apertamente si scorge quale gran conto facessero eglino del sapere di frate Ur- bano. Non occorre qui ripetere ciocche ne dicono Eras- mo , Aldo il vecchio ed il Vossio, e come egli in- tendesse a fondo gli scrittori della Grecia e del La- zio con fare sovente sua occupazione e delizia l'in- terpretare principalmente Pindaro, attestandocelo Pierio Valeriano nel trigesimo terzo libro de' suoi gerolifi- ci. In vista di tutto questo non parmi improbabile che Tiziano giovar si potesse dell' amicizia e dei lumi del sullodato famoso grecista. Molti ritratti, così il Doglio- ni a e. 33, si conservano di lui e nel convento suo e in vari altri luoghi della citta (Belluno), sicuro ar- gomento della stima universale che godeva, tra i quali non devo omettere quello che trovasi nella canonica di Caslione eseguito dall'impareggiabil pennello diTiziano. (13) Guadagnò molto è vero ma non immensa- mente come esagera il sig. Artaud neirartìcolo inserito nel volume sessantesimoquinto della biogr. univ. Trascrivo da carte autentiche quanto segue. „ Tutta l'eredita consisteva, come si cava dagli in- ventari, nelle case di Roma , in quella di s. Angelo in Vado , in mobili , pitture e argenti e un credito dì cento scudi. 216 Bell e-Arti ,, Una collana d'oro eoa un medaglione che Fede- rico Zuccaro portava al collo , che poteva valere cen- to scudi. ,, Cesare Orlandi notizie delle citta d'Italia tom. 2 pag. 143 riferisce la seguente notizia. ,, Il Zeno rappor- ta la descrizione di un gran medaglione del Zuccaro, ove da una parte era a gran caratteri Zuccarus colla sua effigie sino a mezzo busto ornalo di collana con medaglia pendente. Il roverscio e la sua leggenda di- notavano le pitture fatte da lui nell' Escuriale per co- mandamento di Filippo II re di Spagna, e vi si scor- geva la facciata dell' aitar maggiore di quella basilica ornata di sei colonne colle parole all' intorno Philip- pò II max. in aede B. Laur. Mart. exornat. M.D.S8. D'un' allra medaglia, coniata o battuta in onore dello Zuccaro, discorre il Manni nelle sue annotazioni su di alcune medaglie cosi: Docet numisma quo tempore Fé- dericus picturam insignem arae muximae s. Laurea" tii in Damaso urbis confecerit , riempe anno 1588, quod quidem in scriptoribus Federici vitae praeter" missum est^ eo quod ab iis numus hic utpote rarus igno- ratus est. Calogerk D. Angelo., Raccolta d'opuscoli di- versi tom. 42 pag. 339. Dominici Mariae Manni in numismata annotationes. ,, Nella parte inferiore del succitato quadro evvi fi- gurato s. Damaso con s. Pietro a tergo da un lato , dall' altro s. Lorenzo e dietro ad esso s. Paolo. Di- sgrada all' occhio de' giudiziosi riguardanti il vedere nel bel mezzo delle quattro figure il suddetto levita impiccolito su la graticola arroventata. Il duplicare la stessa figura in breve spazio è riprovato da' maestri solenni in pittura. Sull' alto l'incoronazione della Ver- gine con angioli intorno. (14) In autentico documento si legge:,. Sono da sti- mare le pitture. Sono cinque stanze dipinte da pittore in- signe. Al che si deve aggiungere il prezzo dcirairezione. „ 217 INDICE DE' QUADRI REGISTRATI NELl' INVENTARIO LEGATO PER MANO DI NOTARO. 19 Augusti 1609. Inventari um bonorum haeredi- tatis bo : me : d. Federici Zuccari etc. Notatur magnitudo picturarura. La pietà, di Taddeo p. 1 1 e 6 con sei figure. Altra pietà p. 22. e 11. Conversione di S. Paolo in tela a olio p. 18 e 15. La pueritia a guazzo in tela p. 13 e 13 con fi- gure che fanno diverse azioni. Dio Padre pai. 3 e 2 con cornice di legno a olio. Pietà in tavola a olio p. 2 e ^ La calunnia in tela a guazzo p. 10 o 15 al- ta , e larga 22. S, Lorenzo a olio p. 4 e 3. Venere p. 4 e 6 Veritk tirata da una grotta dal Tempo p. G e 4. Christo alla colonna p. 6 e 4. Porla virtutis p. 20 e 9. Il Ritratto di Taddeo a olio in tela p. 4 e 2. Cristo alla colonna abbozzato con due angeli p. 3 e 4. Maddalena p. 6 e 4 in tavola a olio. Pallade a olio p. 7 e 5. Bozzo di S, Girolamo p. 3 e 4. Lamento della pittura p, 3 e 2. Giudizio della rispettiva valuta de quadri suddetti. Il quadro della pietà poteva valere mille scudi. I ritratti poteveno valere cento scudi. La Venere poteva valere 300 scudi e piìi. ^1$ B»I.LK-À&TI La calunnia poteva valere più mille scudi. 11 manto della virtù poteva valere 200 scudi. Il Cristo alla colonna poteva valere da ducenlo scudi. Il Christo morto da 5 in 6 cento scudi. Altra pietà scudi 300. I disegni rimasti in mano del sig. Ottaviano po- tevano valere mezzo migliaro di scudi etc. etc. Tura altra pittura e disegni descritti nell' inven- tario , ma non stimali per non esserci il nome del pittore ec. Il tutto ascende alla somma di scudi 5500 in circa. Havendo noi infrascritti pittori ben considerata la suddetta nota di quadri disegni e cartoni cavata dall' inventario del q. Federico Zuccari illustre e ce • leberimo pittore de* suoi tempi, che fu fatto come si dice alli 19 agosto 1609 per gli atti del Balducci not. capit., e più volte conferito fra noi e pienamente discorso di tutti i quadri disegni e cartoni, e haven- do havuto riguardo alla descrizione fatta in detto in- ventario non solo con espressione dell' altezza , lun- lunghezza e quantità delle figure e dell' autorej ma anco per la cognizione che ne abbiano parte per haverne alcuni veduti da noi stessi, e oggi ancora si possono vedere in mano di diverse persone, e parte per notizia havuta da altre persone che gli hanno veduti e considerati appigliandosi alle cose incerte co- me se li disegni fossero semplici teste, siamo con- cordemente venuti in parere che il valore di tutte le opere suddette espresse nella suddetta nota si avreb- be potuto vendere tanto nel tempo in che fu fatto detto inventario, almeno così sotto sopra di scudi 4000 conforme alla nostra perizia ec. 25 maggio 1642. Io Gio. Antonio Gallo stimatore Belle-Arti 219 Io Andrea Garaasci stimatore dell'acc. di S.Luca. Io cav. Gio- Baglione Io Benigno Vangelini. Essendo stali richiesti noi infrascritti dal sig. Fed. e fratelli Zuccari a rivedere la stima fatta da* sigg. Gio: Antonio Gallo , Andrea Garaasci, cav. Gio. Ba- glioni e Benigno Vangelini eccellenti pittori e sti- matori pubblici della nostra accademia di S. Luca, delli quadri , disegni , libri e carte del sig. Fede- sico Zuccaro pittore, eccellentissimo e altre cose con- cernenti alla pittura, conforme ad un inventario che ne è stato fatto per mano di notaro . Havendo ben considerato detta stima e d. inventario , come anco havendo per noi stessi notizia di molti quadri delli descritti che oggi si possono vedere appresso Teccnio sig. duca di Bracciano ed altri signori, diciamo, di- chiariamo e giudichiamo che la detta stima non può essere in modo alcuno reputata eccessiva ma piutto- sto moderata, anche secondo il comune e nostro giu- dizio le dette pitture e disegni non solo vagliono la quantità stimata dalli sopraddetti di 4 mila scudi, ma anco molto più : e però senza alcuna difficoltà appro- viamo detta stima . . . poiché le pitture et opere de* pittori eccellentissimi, come erano li sigg. Federico e Taddeo fratelli Zuccari, sempre sono state vendute a gran prazzo e si vendono anco di presente, e tanto secondo la peritia nostra e la pratica che habbiamo noi pittori e scultori diciamo e dichiariamo . . Et iti fede questo dì 25 novembre1644. Io Francesco Mochi Io Niccolò Turniolo Io Lorenzo Battista Ciarpi Io Francesco Romanelli 220 Belle-Arti Squarcj del credito e del debito dell' eredita. Cre- dito. ,, Mobili argenti e pitture venduti, secondo le no- te e scritture date dai Zuccari 13 gennaro 1648, scud. 2220 : 70. „ Quadri e disegni migliori e di maggior prezzo dati a Ciatio Clementi a conto della dote della Isa- bella moglie sua , figlia di Federico. Fra gli altri La Calunnia .... .4 .. se. 300 La Conversione di S. Paolo . . . se. 100 La Pietà, di Federico se. 100 Il Dante. , . » se. 150 La Pietà di Taddeo se. 400 La Verità ......... se. 100 „ Scudi 50 restì tutione debito di due caparre lia- VUle da Federico per due quadri. „ Scudi 300 spesi ne' funerali fatti a Federico in Roma , e in Ancona dove mori. „ Scudi 2000, che non si può calcolar meno l'ap- partaraento legato a' pittori, nel quale furono spesi scu- di 1600.,, Particola del testamento di Federico consegnato da Ottaviano Zuccari a Scipione Lauro not. di To- di li 12 ott. 1613. „ Legato perpetuo , che il prima appartamento verso la piazza della Trinità de'Monti .serva e debba servire per ospizio de' poveri giovani forestieri oltramontani studiosi della pittura che spes- so vengono senza ricapito, finche egli o suoi eredi fac- ciano tal comodo nel sito di contro, del quale si pa- ga il canone a Carlo Gabrieli, e in mancanza di suc- cessione nomina e sostituisce la compagnia de' pitto- ri di san Luca di Roma ce. „ Bei.le-Arti 221 Scudi 942 restituzione della dote alla moglie di Ottaviano ex libro parochiae sanctae A^atae Urbin. Die 27 gen. 1606. Illustriss. et excellens domnus doctor Octavia- niis Zuccanis ac fìliits Federici Zucchari de S. An- gelo in Vado contraxit matrimoniwn per verba cuin dom. Elisabeth fìl. dni Petri Ioannis Morciani etc. 222 VARIETÀ' Nel solenne ingresso di sua eccellenza reverendissima monsig. Già, Benedetto de^ conti Folicaldi di Bagnacavallo al ve- scovato di faenza il i3 agosto i832. Segni di ossequio , gratulazione. Bologna per Carlo Gamberini. Un voi. in 8. di pag. 8a, con ritr. Jl erchè duri memoria' del faustissimo giorno in che monsig. Gio. Benedetto Folicaldi bagnacavallese entrò al vescovato di Faenza , la città di Bagnacavallo tutta compresa di sinceris- simo giubilo per la meritata esaltazione del suo dottissimo e ragguardevolissimo concittadino a proprio vescovo , raccolse in uno le composizioni pressoché tutte , con che eletti inge- gni di questa nostra Romagna applauscro al lieto avvenimen- to. E bene operò onde que' componimenti non vadano di- spersi, o difficilmente possano insieme raccozzarsi, come il più delle volte avviene de' piccioli opuscoli , e delle cose im- presse in fogli volanti. Il libretto contiene molti chiari nomi, mentre e hannovi non pochi bei componimenti del prof. Do- menico Vaccolini , e vi si leggono lavori dell' avv. L. C. Fer- rucci , del co. Ferdinando Pasolini , del parroco Giorgio Marini, e del nostro rettore D.Damiano Battaglia; oltre alcune versio- ni di salmi già fatte suU' originale ebraico da quel grande eco- nomista filosofo, il Yaleriani. La raccolta si pubblicò nel gior- no di S. Michele protettore specialissimo di Bagnacavallo , quando il nuovo vescovo onorava la prima volta di sua pre- senza la patria, che per lui fu tutta in festa e che da lui udì affettuosa dotta e plaudita omelìa; e con essa raccolta volie- re i ba^nacavallesi dare pubblico segno deli' amore ~e delia Varietà' 223 Tcnerazione in che ebbero mai sempre ed hanno rottlrao pre- lato, che merita ben maggiori onoranze, ma che non può non gradire , come tutte le anime gentih', le offerte del cuore. Per recare alcuna cosa delle più brevi del libro, diamo il seguente sonetto del prof. Vaccolini. Vehian l'uno appo Taltro a Samuello, Che al ciel mirava, del buon Isai i figli: Né dei sette primier questo né quello Era l'eletto nei divin consigli. David mancava a maraviglia bello , E schietto come della valle i gigli : Oh; lui si chiami , e segga in Israello Chi sol sé stesso , e nuli' altro somigli. Agli atti ', al Volto occhio mortai s'arresta ; Ma lo sguardo di Dio entra nel core (ij : E celata virtù si manifesta. Cosi tu riedi a noi tra mille eletto , E spieghi in fronte dolcezza d'amore , È padre ognun t'appella, o BENEDETTO. F. G. RumBELLi. ÙaliérU di sacra eloquenza , ocvero collezione di scelti pane- girici preceduti dalla vita di G. C. scritta da Antonio Cesari. Tomo I. in 4. Bologna tipografìa del Genio i835 con rami. (E' uscito il t. fascicolo di pag. XVI. 5o, al prez- zo di baj. 3o ). V> e ^^ i*"* lettera al Bianchini del 1754= finalmente dalla uniformità dello stile a quello di al- tri comenti dello stesso autore. Fermata cosi l'autenticità del MSS. dimostrasi quanto mai sia prezioso da due argomenti; i. perchè confrontandolo a'comentarj del 1751 , le note in que- sto trovansi nuove del tutto, e nuove altresì verso quelle pubblicate l'anno 1757, che fu l'ultimo del Morando in que- sta vita mortale: 2. perchè queste osservazioni sembrano anco- ra più giudiziose, più erudite, e più diffuse delle precedenti. In conferma di ciò che è detto pongonsi a fronte alcune os- servazioni di quelle venute in luce a Verona e a Venezia eoa queste inedite , che riportiamo. „ Canto I. verso i. Chi volesse riveder il pelo al chio- „ satore (i) avrebbe materia da fargli vedere, essersi iugan- (i) Il Venturi d'altronde ripulatissimo prima del Lombar- di , e degli altri della bella schiera. G.A.T.LVI. 15 226 Varietà' j, nato sul principio delle sue note: non essendo propriamente ,, vero che il poeta stenda la sua descrizione oltre il i3oo: ,, e i fatti storici , che di tratto in tratto, come più gli torna, va „ inserendo nel suo poema , benché avvenuti dopo il detto ,, anno , ad imitazione degli altri poeti poeticamente gli pre- ,, predice come futuri ; stando sempre ferrua la narrazione ,, del suo viaggio compreso nello spazio di sette giorni, prin- >, ciplando di aprile del i3oo. ,, fers. 9. Non sapendo alcuno il valore del verbo scor- ,> gere , e prestando fede alla nota di questo verso, che lo ,, spiega per mirare con attenzione ^ cadrebbe in errore. Im- ,, perciocché non vuol dire altro in questo significato, che „ semplicemente vedere. Onde il poeta stesso, per tacere d^i ,, gli altri , disse nel VI di questa cantica 22. „ Quando ci scorse Cerbero il gran vermo. „ E nel XIV 88. ,, Cosa non fu dagli tu' occhi scorta ,, INotabile „ E nel XXXIII 56. „ , ed io scorsi ,, Per quattro visi il mio aspetto stesso. ,, Vers. 20. Non- credo , che il poeta voglia intenderei „ ventricoli del cuore , perchè sarebbesi servito del numero „ del più senza guastare il verso ; ma bensì abbia posta la ,, voce lago figuratamente per profondo ,' conctwità ec. E co- ,, si spiega questa voce il vocabolario , e il Volpi (ij : e in ,, ciò fu il poeta imitato dal Redi nei Ditirambo ec. e. iB. „ dell' ediz. di Napoli del 1^4'' > allorché dice t (i) Il Costa più pienamente dice: Lago del cor-: Cioè k cavità del cuore sempre abbondante di sangue. Varietà* 227 „ I buon vini son quegli, che acquietano ,, Le procelle si fosche e rubelle , „ Che nel lago del cor l'animo inquietano. „ Crescono pregio al manoscritto varie lezioni tratte dall' aldi- na del i5o5 , e tralasciate nella edizione degli accademici del i5g5. Laonde è confortato quel felice giudizio dello Sco- lari a far dono al pubblico di questo tesoretto di osserva- zioni del Rosa Morando , che sudò ed alse a tener vivo nel passato secolo l'amore di ogni cortese al sovrano poeta. Di che non possiamo che commendarlo : e con imparziale giu- dizio intendiamo j che venga del pari commendazione a quanti furono e sono interpreti ed amici di Dante; taluno de'quali ,, ancora che fosse da principio inetto , si fa nondimeno ( come dice Euripide ) in un subito destro , e grazioso , e di manie- ra , che può ancora nel dire trattare cose maggiori delle sue forze (i). „ D. Vaccolimi. jirtis rhetoricae dementa ad usum studiosae inventutis in duas partes distributa. Imolae ex Ignatii Galeati , tjpis MDCCCXXXII , p. i52. in 8. È lamento da molti ripetuto che l'Italia manchi di libri ele- mentari sia nelle lettere , sia nelle scienze : il che si avvera soltanto in parte , mentre non è che si abbia difetto di li- bri , si ha mancanza bensì di buoni libri , che impunemen- te possano darsi in mano alla gioventù , da' quali ella pos- possa bere con sicurezza latte di buone dottrine , e farsi at- (i) Mazzoni Jacopo. Difesa della comedia di Dante, parte l. nel Proemio (Cesena iSSj. ) 15^ 225 Varietà* ta a tramandare a' posteri splendente ed incorrotta il patri* «ionio della nazionale sapienza. Per il che dobbiamo semprd saper grado a coloro che ajutano l'istruzione della gioventù, che a detta del Grlsostomo neglecta silvescit. Ora all' intendimento precipuo di giovare ad essa si è riùovamente posta a luce iti Imola una rettorica latina , che viene usata in molte scuole del regno Lombardo-Veneto, é dopo questa stampa imolese vassi adottando pure tielle scuole della Romagna. Ricavansi di vero da questa alcuni vantaggi> mentre agli esempi latini sono sempre aggiunti esempi vol- gari di prosa e verso tratti da* classici : vi splende un ordì-» ne abbastanza chiaro , ed uua discreta brevità : per essa in- fine si vengono sbandendo dalle scuole que' retori stranieri che da tanto tempo vi regnano. Ed è infatti doloroso che mentre abbiamo buoni (non dico ottimi) precettisti originai* niente italiani , vogliamo poi che disordinati oltramontani ne siano sempre j ed esclusivamente maestri. INè si creda , che di- cendo tuttociò io reputi buon libro la rettorica ristampata ili Imola : tolgalo il cielo ! mentre essa non è altro , che una compendiosa traduzione della rettorica italiana di Elia Giar* dini dalla prefazione fino all' ultima pagina. E certamente la traduzione in compendio di opera mediocre non può riescile gran cosa , tanto più , che la latinità in cui è volta non mi sembra sèmpre oro del più puro ; e che molti arbitrii so- no stati presi dal traduttore. E per iscendere a' particolari, la metafora non è che definita j nulla è detto de' pregi di lei , nulla de' diversi modi in che può essere usata , nulla de' vizi della medesima , trovandosi anzi mischiata coWa catacresi in un paragrafo solo. Approvo che pochi tropi siansi recati in mezzo , e solo i più opportuni ad essere conosciuti : non approvo però l'ualone , quasi direi la confusione, della pe' ri/rasi coli' antonomasia. Ottima cosa è l'aver risecato tanta inutili figure di parole , ritenendo soltanto le più indispen* s„bili ed usitate , legando poi in un solo paragrafo tutte quel- le che per loro natura il consentivano : metodo che il tra» dntlore ha sempre tenuto per grande amore di brevità. Né «o qudnto gli vogliamo esser teouti di averci parlato, comec» Varietà' 229 fehè di volo , delle paronomasie , de' pari-consonanti , de' pnri, jfìnienti ec. Parco è stato anche nelle figure di pensiero, fra le quali io non avrei posto né la permissione, nò la diminu- zione: né ancora avrei unita la visione alla personificazione, che sempre non vi appartiene. Nel trattato dello stile a che ripetere, parlando della soavità, molte delle cose già dette ove superiormente si tenne parola dell' armonia? La dottrina delle amplificazioni chiude la prima parte, e qui si accennano luo- ghi generali per ricavare amplificazioni , che ne' casi parti- colari non si possono mai trarre da luoghi generali. Qnest' ultimo articolo > a maggior vantaggio della gioventù , l'avrei risecato totalmente. Nella seconda parte del libro è trattato dell'invenzione e pronunclazione. Rispetto all'invenzione sono messi in cam- pò i soliti luoghi comuni. Vero è che gli antichi retori del- la Grecia e di Roma si avvisarono di poter insegnare fonti ge- tìerall , onde trarre le fondamenta d'ogni raziocinio: ma noi riteniamo fermamente , che gli argomenti abblansi a ricavare dalla materia stessa che s'Imprende a trattare : quindi giù- dichiamo se non una inutilità, almeno un perditempo il fer- marsi a tenere lungo proposito di simili luoghi topici. Noa sono poi trattati per nulla gli affetti, parte principalissima dell'eloquenza : dicendosi soltanto , che de affectibus philoso- phi est pertractare. Il traduttore , detto della pronuncia-Jone, abbandona affatto il retore di Pavia: né come esso ci parlò del costume, delle questioni o controversie, de' varli generi delle orazioni , delle specie particolari a ciascun genere ap- partenenti , delle quali cose ci pareva ottimo divisamento dare un breve cenno. Per tutto ciò quindi noi teniamo, che anche questi pre- cetti rettorici non valgano a dare piena e sicura istruzione «Ila gioventù , e ci rimane ancora il desiderio di trattati mi- gliorit G. F. Raweeiii. 230 V A II 1 E T a' J-Non è da porsi in dubbio che pochi in Italia attendono alla letteratura spaglinola , dedicandosi la maggior parte allo stu- dio di altre lingue anche meno ricche di profondi ed utili scrittori. Forse la mancanza d'un' idonea grammatica ne fu il precipuo motivo; perchè tutte le altre lingue di grammati- che abbondano , e la spagnuola non conta che quella inesat- ta del Franciosini , e l'altra anche più spregevole del Borroni dettate 'ambedue senza una scintilla di filosofia. E la prima, antiquata tutta, era ben lontana da quella purezza a cui la lingua casligliana pervenne mercè delle cure amorevoli della re- gia accademia spagnuola : e la seconda ebbe in autore chi malauguratamente non conoscendo la lingua di cui ardiva da- re i precetti, spacciava con una fronte d'acciajo gli errori più strani e bizzarri come canoni invariabili. Ora però a questo difetto ha provveduto il Rev. D. FRAN- CESCO MARIN cappellano della regìa chiesa nazionale di S. Giacomo e S. Maria di Monserrato degli spagnuoli. La sua som- ma perizia nella lingua patria a nella italiana Io ha posto nel caso di produrre un lavoro eccellente. Con filosofico divisamento l'egregio autore 8Ì è fatto stu- dio di tutte accennare le molteplici analogie che passano fra la lingua spagnuola e l'italiana , sia per origine , sia per in- dole, sia per maniera di fraseggiare. Evitò la soverchia e spesso inutilmente nojosa copia di regole , contentandosi d'in- dicare saltanto quelle che sono comuni ad amendue , e con diligenza di quelle occupandosi che ha tutte sue la lingua spagnuola. Semplicità , evidenza , precisione , facilità sono le beile ed invidiabili doti di questa grammatica. Il suo titolo è L'italiano istruito nella cognizione della lingua spagnuola. la due sezioni la divide : chiama la prima grammatica, e supple- viento la seconda. Contiene la prima cinque trattati, sulla pro- nuncia cioè, sulla prosodia , sulla ortografia , sulle parti del discorso, sulla sintassi. Utilissime osservazioni prescntansi nella seconda suU' analogia fra le due lingue: e quindi doviziosa raccolta di nomi e di verbi , la cui cognizione essendo neces- Varietà' 231 iarìssìma, può dirsi che offra un dizionario manuale ; ed una ricca collezione di frasi fiimigliari partita in 16 paragrafi som- ministra il come tessere un discorso su qualunque tema in conversazione. Segue qualche brano di prose e versi spagnuoli per esercizio di lettera e traduzione j un saggio del meto- do costumato ora in Ispagna nello stile epistolare ; e corona l'opera un giudizioso elenco de' classici scrittori in quella lin- gua , onde formarsi una sceltissima biblioteca senza sospet- to di abbaglio. E già parecchi intelligenti d'ambedue le lingue hanno al- tamente commendato questo desiderato e felice lavoro , che trovasi vendibile in sesto di ottavo grande Impresso in otti- ma carta e nitidi tipi presso l'autoro in Roma, e nelle altre {urincipali città d'Italia presso gli uffici postali. Antoìogia di prosa di autori i>ii>enti. Imola dai tipi Benacci iSot di face. 264 in 12. V^uest' antologia di prose fu per noi ricordata altra volta (i). Al già detto aggiungeremo non più che l'indice delle ultime uscite in luce , con alcun motto sii quelle , che meno sono conosciute. Due prosedi Giuseppe Ignazio Montanari di Bagnacavallò T . . l-Jc recitò l'egregio autore in Solarolo per la distribuzione de' preraj : la prima nel 1822, l'altra nel 1827 ; e questa singo- larmente è piena di affetto , sendo come il congedo , che pen- devasi da quella terra j dove fu cinque anni continui in uf- ficio di retore. Notiamo fra le altre queste parole ai giovani (i) Voi. i()2. giugno iS52 pag. 558. 232 Varietà' suoi allievi : ,, Molte amarezze ha l'utnaDa vita, molti ed ahi ! ,, quali disagi l'accompagnano: pure questo solo di decide- ,, revole è in essa , la fama di magnanimi. Questa voi dove- „ te cercare , e solo nell' acquisto di quella acquietarvi. Ecco „ l'ultimo dono , che da voi chiedo, e per me, per voi , per „ la patria lo chiedo. ,, Per l'esaltazione di Pio yill al pontificato massimo. Orazione accademica del suddetto. Uì questa magnifica orazione daremo due tratti, quando re- carla tutta non è possibile : benché il vorremmo ad esempio d'italiana eloquenza. - 1. Parlasi della futura sperata felicità , e si osserva a proposito : „ La bontà, la sommessione e l'ob- ,, bedienza de' sudditi è il principio d'ogni felicità: e queste „ speranze che abbiamo, e che quasi sono certezze, potreb- „ bero tornare a vuoto non per difetto d'amore nel sovrano , „ ma per difetto di bontà ne' sudditi : officio de'quali è rive- ,, rlre i comandi del principe, affidarsi alla sua sapienza, me- ,, ritare la sua clemenza, aspettare e non pretendere i prov- „ vedimenti: i quali quantunque agli occhi nostri si pajano „ facili e pronti , pure in fatto sono brigosi e difficili agli ,, occhi di chi governa. E se un giorno solo è assai alla ruina ,, d'uno slato, molti anni e molte provvidenze non bastano a „ ristabilirlo. E però la felicità che attendiamo è forza aspet- ,, tarla con pazienza , e solo si può accelerare pregando a „ lui dal Datore d'ogni bene lunga età e prosperevole impe- „ ro. ,, II. Le umane discipline si finge parlino così al s. Pa- dre, a'suoi piedi prostrate:,. Permetti, o sacro monarca, che „ della dignità, cui se' stato eletto per divino volere e perchè „ va lieto il mondo , ultime non siamo a congratularci teco „ a'tuoi santi piedi , e a mostrarti la grandezza della nostra „ gioia. Perocché mentre gli altri esultano di vederti si in ,, allo che più non si può , noi esultiamo di averti fatta la ,, strada. Noi siamo quelle che per Io sentiero della gloria , Varietà' 233 ~,, a pochi aperto , e dove pochissimi impressero profonde ve- „ stigie di valore, ti abbiamo guidato: noi che in tua casa „ quasi per antico retaggio avemmo stanza: noi che ti por- „ gemmo giovinetto e quasi a mano ti guidammo , e per- „ che mai non ponessi pie in fallo colla luce innanzi ti sgom- „ brammo le tenebre : noi fummo al tuo fianco sempre in lut- „ ti» la tua vita, e per noi sole avesti quella celebrità , on- „ de sei si in grido. Ed or che sei giunto al sommo dell' „ umana grandezza ti piaccia raccoglierci a' piedi dell' augu- ,, sto tuo trono , e darci soave ozio di pace che solo a no- „ stri studj giova , e i nostri progressi raddoppia. Noi al- ,, lieveremo il peso dell' impero , e te stanco dalle gravi cu- „ re verrem ricreando : noi le tue lodi e il tuo nome tra- „ manderemo ai più tardi nepoti. „ Dì alcune cose di Dante toccanti la fisica, lettera di Domenico yaccolini P. P. in Bagnacavallo, „ A u pubblicata la prima volta in questo giornale (i), essen- dosi nella nuova edizione poste correzioni ed aggiunte. Elogio d^ Ippolito Pindemonte letto in arcadia da monsignor C. E. Muzzarelli. vTiacchè del Pindemonte lodato ancora dal Rosini parlò il nostro professore Betti in questo giornale (2), ed il nome di monsig. Muzzarelli vale un elogio, vogliamo ci basti riferire una lettera del buon veronese al cav. A. M. Ricci in data (f) Voi. 82. ottobre 1825. pag, lao. (2) Voi. i47- marzo i83i. pag. 3oi. 23/> V A R I K T a' di Venezia 21 febbraio 1823. ,, Appena ricevuta in Veronsi „ la gentilissima sua , io andai a visitare il padre Cesari, e „ a domandargli se avea ricevuti gl'idilli , che a me non era- „ no ancor pervenuti. Né anche al padre Cesari pervenuti ,, erano : ed io il lasciai per quanto so senza essi in Vero- ,, na, come senza essi io mi trasferii in Venezia, dove or mi tro- „ vo. Ne vidi bensì uno che mi parve assai bello , non ri- 3, cordami in guai giornale. Bello anche mi par nel suo ge- „ nere l'argomento del nuovo poema , che ella intitola s. Be- ,, nedetto. Quanto alla scelta degli argomenti sono anch' io ,, lomantico, ma non già rispetto a quelle regole , che più ,, che dalla critica prescritte sono , come ella ottimamente di- „ ce i dalla natura. A questo proposito voglio farla un po' „ ridere : nella prefazione d'una traduzione delle migliori tra- ,, gedie moderne dicesi , che l'autor dell'Arminio è il principe ,, degl' italiani romantici, e che ora sta componendo un poe- „ ma intorno allo stabilimento del cristianesimo. Sa il cielo se „ io ho mai pensato a scrivere un poema su tale argomen- „ to. Ella mi comandi, sig. [cavaliere pregiatissimo, e mi ,, creda qual sono con la più profonda e sincera stima. ,, Discorso sulla fede. Xj autore e il Lubelza ^ del quale e di questo suo lavoro' dicemmo altra volta piangendone la morie, (i). Con questo fiore si compie l'antologia di prose pel Benacci pubblicale. D. V. (i) Voi. i56. dicembre i83r. pag. 369. Varietà' 235 // Baule rapito e riacquistato , poema estemporaneo delV im- provvisatore Giovanni Giustiniani da Imola , edizione eco- nomico-portatile. Voi. I. Faenza per Montanari e Marabi- ni i855, in i6. di pag. io3. J-j questo un poemetto Lernlesco in cui trovansi alquanti versi morali', alquanti satirici, e molti abbastanza facili. L'im- maginazione del secondo canto , in cui le facoltà della mente si adunano a consiglio , può piacere. Ma il poemetto va a finire in un terzo canto che non vale la pena di scorrerlo. Dopo altri versi estemporanei del Giustiniani si legge un la- mento dell' avv. Antonio Mancurti in morte dell'unica sua figlia Ippolita con risposte dell'improvvisatore, e d'altri gentili spi- riti , fra le quali è qualche affettuoso componimento. X. Z. Poesìe estemporanee di Giovanni Giustiniani cantate nel tea- tro di S. M. in Torino le sere 7, 8, e i5 aprile iS^a, edi- zione economico-portatile. Voi. II, Faenza per Montanari e Marabini i833, in i6, di pag, i4o. X inchè ì romantici assaliranno ì seguitatori della scuola de' classici colle armi delle loro stravaganti dottrine, opporre- mo loro il saldo scudo del vero e del bello , che splende e splenderà immortalmente, ad onta de' loro vani conati , nelle opere de' nostri sommi scrittori. Il dolt. Giustiniani , che è frenetico in quella matta scuola, si crede già fulminarci; ora appunto che il capo del romanticismo in Italia , riaprendo gli OQchi, rifiuta non solo la sua nordica scuola, ma anche le ope- re che ha pubblicate. Ecco il suo canto (pag. 79). La debil cetra il classicismo suoni , Gridi unità di tempo, ordine, e presto 236 V A R I K t A* La folgor de' romantici campioni Disperderà di questi pochi il resto. A detta di costui il primo romantico è Dante (pag. 7» Fra' romantici il primo io heùedico Il mio padre Alighier. . ; E certamente l'Alighieri, il quale chiamò suo maestro e du- ce il maggior classico Virgilio, ha da lodarsi di tal figlio che non vuole che si abbiano leggi > predica che si violino i precetti , si rompa ogni freno , e sola guida sia l'arbitrio di ciascuno' scrittore (pag. 77.) : Ardita fantasia dispieghi il volo Dall' arbitrio guidata onnipossente > E percorra d'un polo all' altro polo. Sprezzi lacci e precelti e arditamente La natura pingendo e l'universo Dischiuda di saver largo torrente. Da un ingegno che compone su tali basi escono le ìrri- provfisature adunate in questo volumetto, delle quali poche sono le mediocri , niuna la buona , salvo le giunte déll'iu- no alla provvidenza della Franceschi, e dell'elegia il Libano di Luigi Carrer. X. Z. Lettera che può servire alla biografia di Collide Tambroni. Regno d'Italia. Bologna 7 decembre i8o8. Al magnifico sig. reggente dalla R. università di Bologna. Signore V^lotilde Tambroni espone rispettosamente alla signoria vo- stra , acciò si compiaccia farne parte alla regia direzione del- Varietà 237 la pubblica istruzione, che ella compie l'anno decimosettimo dacché- insegna la lingua e letteratura greca nell' università di Bologna > e in questo tempo si è alla adoperata con tutte le sue forze per adempire le annesse funzioni nel mondo più conducente al profitto della studiosa gioventù : cosicché le lettere greche hanno avuto molti illustri coltivatori in Italia ^er opera sua , o molti ragguardevoli personaggi esteri si so- no in vari tempi recati a Bologna per apprenderle. Ha da- to alla luce in varie occasioni, co' tipi bodoniani ed altrove , poetiche composizioni in greco ed in latino), ed altre an- cor ne riserva, che avendo mezzi darebbe alle stampe. Inol- tre tiene ella pronti alcuni scientifici discorsi , ne' quali ha illustrato difficili argomenti di greca erudizione. Tutto ciò ha ella di buon grado eseguito per lo zelo di corrispondere al- le sagge mire del governo , e all' avanzamento della gioven- tù , non ostante la debole e miserabile sua salute, che so- vente ha sofferto gravissimi urti , e per la continuata fati- ca è ridotta ad uno stato deplorabile. Priva ornai totalmen- te di vista, e sfornita di qualunque altro mezzo, ripone la sua fiducia in quel governo stesso , che nelle riforme dell' università si è sempre degnato di avere particolar conside- razione della sua persona, e supplicali medesimo acciò ac- cordar le 'voglia la giubilazione: e se qualche anno manca tuttavia per avervi pieno diritto , la sua magnanimità avrà riguardo alla fatica , che ha supplito al tempo > giacché con essa ha cercato di risparmiarlo agli studiosi , che coi meto- do ordinario avrebbero tardato assai di più ad acquistarsi una fondala cognizione della lingua greca. La grazia quindi che el- la spera , misurandosi più colle opere , che cogli anni , sarà piena e compiuta : ed implorando inoltre l'umanità del go- verno più benefico chiede a' suoi bisogni quel soccorso, che solo può fornirle l'intera giubilazione. E nell' aspettazione di favorevole riscontro , mediante l'appoggio della signorìa vo- stra, magnifico sig. reggente, con pienezza di stima rassegna il suo profondo ossequio. 238 Varietà' Istruzione elementare pe' giovanetti compilata da Gianfrancesco Rambelli lughese, Pesaro i833, per Annesio Nobili in i6. di fac, 64. J.y essuna parte ha l'eloquenza pia necessaria da. esser sapula comunemente , quanto quella che allo scrii>er lettere s'appar- tiene. Con questa seatenza di Gaspare Gozzi si raccomanda il piccolo libretto , che è a modo di dialogo per comodo de' principianti , e tiene un dir facile e piano , e si fa bello di esempi tratti dai classici. Né già si argomenta venire accet- to tra le persone per esser nuovo e originale : dacché con- fessa essersi giovato delle fatiche di quelli , che il precedette- ro (i), ed è questa la terza edizione , bensì più pregevele per emendazionì'ed aggiunte. Della prima edizione parlò con lode il nostro G. I. Montanari (2), che mirando a più alto scopo, co- me è da lui , sentiamo avere in animo di dare un libro pre- cettivo sullo scriver lettere italiane e latine ad uso della scuo- la di umanità. Intanto sulla struzione epistolare a'giovanetti donata dal Rambelli diremo due cose: la prima, che buono si è l'avere presi gli esempj dal Bonfadio, dal Caro , dal Re- di , e dagli altri di quella schiera; dando di ciascuno un cen- no biografico; perocché comunque que'generosl vivessero l'età degli avoli o degli arcavoli , e l'uso del secolo sia alquan- to mutato pur nello scrivere : mostra essere in quegli esempi tanto di assoluta bellezza, ,, Che per fredda stagion foglia non perde : e giova avvezzare chi novello presentasi a mirare in alto , se (i) Avvertirò per ultimo (cosi il Rambelli) che e iJ Vi- centini ... il Giardini e il bel libretto del mio chiarissimo e dottissimo amico il professore Domenico Vaccolini da Bagna- cavallo (dello scriver lettere prima istruzione pe' fanciulli in cinque lezIoni-Lugo i85i) mi hanno alcuna volta servito di guida. (2) Giorn. arcad. voi, i5i, luglio i85i. pag. 80. Varietà' 230 vuol colpire nel segno : d'altronde ,, volontariamente lasciai „ ( dice il Rambelli al proposito ) lo scendere a'terapi a noi „ vicini , e per cessare la taccia di predilezione , e per non ,, ergermi giudice de' moderni , e perchè quegli antichi pre- ,, sentavano esempi, in cui più approvato, più sicuro, più uni- ,, versale era il giudicio degli uomini sia nella lingua sia ,, nello stile. ,, La seconda cosa è di rispondere a taluno di troppo diffìcile contentatura , che forse per qualche parola non del flore di Crusca, ma dell' uso , adoperata nella Istru- zione epistolare fa il viso dell' arme ; cosi dove è detto dì due sommi generi delle lettere , e queste dividonsi. ,, Nelle scritte a persone familiari , e nelle scritte a persone distin- te „ notasi che la Crusca non ebbe la voce distinta in senso di segnalato, egregio; ma noi (se è lecito aprire l'animo no- stro) non vediamo ragione di adontarci, se già non volessimo far colpa al Petrarca quando usò singolare al modo seguente (i); Gli occhi, di ch'io parlai si caldamente , E le braccia , e le mani , e i piedi , e'I viso. Che m'avean si da me stesso diviso, E fatto s'ingoiar dall' altra gente. Al che si fa chiosa quel verso di Dante (2), ove dlcesi a Bea- trice in commendazione di Dante stesso: Ch' uscio per te della volgare schiera. Avendo poi l'autore mirato alla istruzione de' piccoli ha fatto bene a scrivere come si parla oggidì. Invogliati da questa fa- cilità meglio gusteranno il sapore della lingua più pura , de' cui frutti li viene regalando , siccome è detto : con questo di- (i) Son. 24. parte li. (2) Inferno C. II. v. io5. 240 Varietà vlsamento , secondo a noi pare, che prenda najt- poca a po- co uà, modo pia ragionevole , Fra Io stil de' moderni e '1 scrmon prisco. D. V. Manuale di scuola preparatoria , ossia introduzione ad un cor- so di studi elementari. Foligno tip. Toinassini i832, di Jac. lai. 434 '« 12. prezzo baj. 67 2- X-J intitolato a S. E. R. monsignor Ignazio Giovanni Cadolini vescovo vigilantissimo , cultore e promotore amplissimo de' buoni studi , dal professore Vitale Rosi , anima e mente del collegio Felice di Spello. Questo esimio inslitutore dalla gio- ventù, postosi ( egli è buon tempo ) a provvedere secondo ra- gione al metodo d'istruzione del collegio , ed a prepaiare i novelli al corso della università , pensò a due grandi sussidi]: la matematica e le lingue, quando valersi ancora delle scien- ze fìsiche non poteva. Quanto a quel primo sussidio , darà in seguito il manuale di aritmetica pratica e teorica : quan- to al secondo, il manuale di scuola pieparatopia ( instituzione tutta sua ) ora pubblicato è un tcsoretto che ci mancava : è libro intermedio e quasi l'anello tra la lettura e gli elementi di lingua latina : riveduto, accresciuto , e ricorretto per cura del professore di disegno e matematiche Luigi Incoronati , che dona l'opera sua a fornire i savj divisamenti del benemerito insli- tutore. Il mezzo , ond'è condotto il principiante sul buon|sen- tiero della scienza , è quello dell' analisi : il metodo è in fon- do il socratico per via di dubbj con dimande e risposte , che fanno nascerne spesso delie altre spontaneamente, e sempre / poi conducono al vero. Cosi primieramente si è reso amabile lo studio, facendo subito gustare agli alunni il piacere di co- gliere nel segno con adeguate risposte , e di scoprire come da sé quel vero , che viene svolgendosi naturalmente: a que- Varietà' 241 sto modo il presente manuale è diviso ia tanti gradi , ed i gradi in tanti esercizj , ognuno de' quali è una serie di pro- blemi , il cui facile scioglimento si lascia alla sagacità del fan- ciullo. Secondariamente promovesi l'attenzione tanto desidera- ta nella prima età mobilissima. In terzo luogo si assuefa al- le idee chiare e distinte. In quarto luogo si sviluppano tutte le facoltà della mente. Ancora si formano buoni maestri nell' atto che si dà istruzione agli alunni. Finalmente , e que- sto è ben più , si eccita il sentimento morale instillando con- tinuamente ì precetti della saggezza , e porgendo quasi i se- mi delle cognizioni , che verranno a svilupparsi nel seguito del corso scolastico. In somma abbiamo qui un trattato pra- tico-teorico sugli elementi della lingua italiana , che porgesl tripartito. Viene prima l'interiore , ossia il materiale del lin- guaggio : segue l'esteriore , ossia la forma del medesimo col- le sue modificazioni : nell' una trovansi impliciti , nell'altro espli- citi gli elementi del discorso : in |fine viensl a fissare il va- lore etimologico alle parole separatamente considerate , per poi combinarle in discorso tra loro. A questo modo svilup- pando lo spirito e gli elementi del linguaggio , sono gettati i fondamenti della grammatica, e l'allievo impara successivamen- te, X a nominare gli oggetti, 2 a distinguere le azioni, 3 a ri- levarne la qualità, 4 ^ conoscere i rapporti, 5 a considerarli divisi e riuniti nelle loro parti, 6 a formarne de' complessi, 7. a conoscerne i legami, 8 a rendersi conto de' tre rapporti ge- nerali espressi dai vocaboli avere, essere , e fare considerati in tutte le relazioni morali e intellettuali delle cose coli' uo- mo. Tutto questo appartiene alla pratica , dove parlasi degU oggetti. Venendo alla teorica, trattasi de' sostantivi, che la rap- presentano; in quella parlasi delle azioni, delle qualità , de' rapporti, de' legamenti: in questa trattasi de' verbi , degli ag- gettivi, delle proposizioni, degli avverbj, delle cogiunzioni : si determinano le differenze esistenti nella formazione delie par- ti del discorso tra i nomi ed i verbi: si dà la nozione di ciascuna specie di parole : se ne fa apprezzare l'essenza: s'in- segna a distinguere e classificare le parti del discorso, secon- do l'ordine naturale. Cosi la successione delie parole è deter- G.A.T.LVI. 16 *2À'2 Varietà' minata dalla loro natura, anzi che da presuiitl Inlei^allì di tempo nella creazione delle medesime 5 sono in fine propo- ste agl'i allievi e fatte comporre dèlie frasi, dove entrano le diverse parti dei discorso; col fiae di meglio notarne il va- lore. Noi in luogo di saggio daremo il 7 esercizio relativo al- le congiunzioni , facendo voli , che educatori ed alunni per tutto dove sono in pregio le lettere e la virtù usino di que- st'opera, la quale trovando favore .siccome merita, verrà] pro- seguita per le stampe del Tomassini a bene della gioventù e ad onore dell' italiana letteratura , che nello stato poatifif ciò fiorisce felicemente. pag- 335. DATE PIV FRASI , VNIRLE INSIEME COLLE COINGIVNTIVE ANCHE , ANCORA , PVRANCHE , INOLTRE , ANZL Benché la stagione delle rose sia la primavera, ve ne sono d'in- verno. Questa è la proposta del maestro, e lo scolaro rispon- de : Benché la stagione delle rose sia la primavera, pure ve ne Sono anche d'inverno . . . Se Pietro studia è premiato - «S'è Pietro studia è premiato ancora . . . Chi vuol essere rispettato deve rispettare - Chi vuole essere rispettato deve anche rispettare . . . Non basta di non far male , bisogna far bene - Non basta di non far male , bisogna inoltre fare anche del bene . . . La fatica moderata giova e non pregiudica -ha fatica mO' derata non pregiudica. Anzi giova. D. Vaccohui. 243 NECROLOGIA Cau. Gio. Batista Zannoni. F . . . . JL/ra ancor viva la piaga, che fece a Firenze e ali Italia la morte di Domenico Sestini , di quel Nesto- re della numismatica : che un' altra piaga , la quale rincrudisce la prima, ne è fatta per la morte di Gio. Batista Zannoni , letterato ed antiquario di bella fa- ma. Egli fu tolto alle maggiori speranze di soli an- ni 58; perocché nato a' 29 marzo 1774 di France- sco e Maria Laudi, mancò a' 13 agosto ^832 : e lottò cinque anni colla fortuna nemica , poi con lunga in- fermità, sempre fiso ai conforti di religione , e „ . . . Come torre ferma, che non crolla ,, Giammai la cima per soffiar de' venti. Ma questo fu pregio di animo forte , e di buo- na educazione : la quale si apprese in lui ,, Al fondamento , che natura pone : e tra' chiari spiriti del bel paese fecelo quello che fa. Per verità nudrita la giovinezza negli studi di let- tere latine greche ed ebraiche , ed in quelli che agli uomini di ciiiesa (dove degnamente si scrisse) meglio 16* *2ii ÌVeckologie appartengono, del 1800 fu eletto vice-custode della inagliabecliiaiia : poi a'coaforti del Lanzi (fior di sa- pere) venne accoppiando allo studio de' classici quel- lo de' monumenti. Cosi nel 1811 fu regio antiquario : e due urne etrusclie ed alcuni vasi hamiltonianl il- lustrati diedero tostamente segno del suo giudizio. Di coraggio aveva già dato argomento prendendo in- nanzi a sostenere, contro quel vivace ingegno del Mon- ti , che Zeffiro fosse il cavallo d'Arslnoe tanto fa- moso per la chioma di Berenice. Però nella quislio- ne delle antichità etrusche, tenendo il partito elleni- co , mostrò forse che non è lieve cosa francarsi o da* pregiudizi o da' radicati sistemi. Disegnava Una sto- ria delle colonie o^tribù de' prischi abitatori di que- sta Italia, ma pare non la dettasse: dai periplo di Cre- ta e dalle opinioni sugli etruschi si può far ragione di ciò , che avrebbe dato di questa messe i, se da al- tre cure non fosse stato impedito. Non lasciò tutta- via di venir ricreando se e gli altri , d'indole giovia* le che era , con una cicalata in lode dell' asino , e più cogli scherzi comici , ne' quali rese i costumi tì la lingua della plebe fiorentina , e ( cosa mirabile a questo tempo ) giunse a farsi leggere con piacere an- che fuori di Toscana. Cosi e colle cure donate al gran vocabolario ed alla storia dell' accademia della cru- sca , di cui fu segretario , meritò della lingua : e il nostro Betti non dubitò farlo giudice di una inter- J pretazione della parola fulvidu usata da Dante nel C. XXX del paradiso (1). Ma nelle cose di archeo^ logia fu dove egli superò (se non sempre gli altri) Se stesso : di che vedi, a cagione d'esempio, ciò che iie Scriveva il nostro Amati annunziando una lettera li) Giorn. Are. Voi. ila pag. i^i. Necrologie 245 di lui sur un uaso aretino (1). Meriterebbe esser lor dato come egli lodava il Lanzi ed il Visconti : al primo de' quali si tenne obbligato tutta la vita di quel- lo che seppe ; al secondo ebbe amore , quanto i pili degni spiriti d'Italia e d'Europa. Esempio di bontà e di candore, godè la stima de' savi , e fu lieto di chiare amicizie : scritto nel 1827 fra' cavalieri del merito dal granduca, non invanì per gli onori ; ma modesto, qual era , piiì e più si studiò meritare. Così mostrò al secolo , che dove i giusti premi non man- cano , le virtù e gli studi si tengono in fiore ; e gì' ingegni ( de' quali abbonda, la Dio mercè, questo beato terreno ) , nudriti che siano , danno frutto che dura e durerà quanto l'amore del bene ne' cuori umani, Domenico Vaccolini. Prof. Girolamo Melandri Contessi, VJìrolamo Melandri Contessi dottore in medicina, professore ordinario di chimica generale , animale e farmaceutica nell' I. R. università di Padova , mem- bro di quella I. R. accademia di scienze lettere ed arti, dell'accademia de'georgofili di Firenze, degli atenei di Venezia Treviso e Brescia, della società d'in- coraggiamento di Milano, medica di Bologna ec. ec. (0 Giorn, Are. voi. i38 pag. 3it. 246 Necrologie morì in Padova alle 4 atitinieridiane del giorno 22 febbrajo 1833 per iscoppio improvviso d'aneurisma alla vena aorta , come fu rilevato dalla sezione dal ca- davere. Nato in Bagnacavallo , citta sempre feconda di chiari spiriti, il 31 marzo 1784 di Giuseppe Me- landri e di Ottavia Contessi , onestissimi genitori , studiò in patria le cose elementari pertinenti alle lin- gue italiana e latina : e dalle parole e dalT esempio dell'egregio suo concittadino Stefano Longanesi , profes- sore di filosofia e matematica , fu indirizzato alle scien- ze fisiche. Parve subito disposto ad operarsi nella chi- mica : e dopo essere stato circa un anno in Raven- na, per vederne la pratica passò a Bologna. Ma il desi- derio di più sapere lo trasse ben presto all' università di Pavia , dove quelle glorie d'Italia il Volta , il Bru- gnatelli, lo Scarpa fiorivano : ebbe laurea in medici- na , e coltivò a tutt* uomo la chimica. L'intensità del- lo studio , l'acutezza dell' ingegno , la diligenza , ed ogni maniera di lodati costumi, lo fecero a tutti ca- ro e commendato : per questo ricercandosi dal sena- tore Pietro Moscati ( che in Milano avea posto un la- boratorio di chimica a suo studio domestico) un gio- vane de' migliori dell'università per valersene all'uo- po degli sperimenti , venne dal professor Ressi pro- posto senza esitanza il Melandri. E questi rispose alla iella aspettativa ; anzi la superò : talché il Moscati (direttore a quel tempo della pubblica istruzione) noa dubitò mandare lui giovane a Padova ( a quell' anti- co domicilio delle scienze ) in aiuto del già vecchio professore Carburi, coi titoli di dimostratore operatore e supplente alla cattedra di chimica. Morto nel 1808 il Carburi , subentrò per decreto sovrano il Melan- dri : e soddisfece con molto onor suo e con univer- sale profitto, sino che visse. Nel 1809-10 stampò la prima e la seconda parte de' suoi elementi di chi- Necrologie 247 mica generale ; ma sia per le più recenti scoperte e dottrine, sia pel nuovo ordinamento degli studi, si ri- stette dal pubblicarne la continuazione: bensì nel 1826 diede il I volmnc di un buon trattato di chimica gene- rale e particolare teorico-pratica (1) , ed aveva pure in gran parte od in tutto i materiali pel proseguimento; ma impedito dalle une e prevenuto dalla morte, non po- tè compiere il suo divisamento. Bensì dal 1805 al 1830 diede fuori moltissime memorie interessanti , ed ana- lisi accurate , massime di acque minerali : e queste analisi fece singolarmente per onorevoli commissioni di magistrati e dello stesso I. R. governo , al quale corrispose in modo da meritarne commendazione. E certamente nella difficil arte di osservare e di speri- mentare egli toccò il segno dell' eccellenza, egU nel- le analisi chimiche portò l'esattezza matematica. Neil* atto di ultima volontà , che previdente qual era avea scritto di suo pugno sino dal 16 febbrajo 1828, di- spose che le carte relative alla sua professione fos- sero consegnate al fratello carissimo dottor Gaetano (2) per isceglierne il meglio : ne questa cura poteva ca- dere in mani più degne. Il dottor Girolamo sposò nel 1810 l'unica figlia del professor Carburi , signo- ra Vittoria , che lui fece padre di due maschi e di due femmine : raccolse col fratello la pingue eredita dello zio materno Giovan Contessi in Bagnacavallo : alla quale si aggiunse pur quella del padre e di al- tro zio materno Paolo Contessi. Per questo ripatria- va quasi ogni anno pur le vacanze autunnali a dar fi) Vedi Gloro. Arcad. voi. 96. dicembre 1826. pag. 38i. (a) E' autore di varie nieraorie di fisica : di che vedi il Giorn. Arcad. voi. 89. magf:;io pag.- i55, « voi. go. giugno T826 pag. 2G3. 248 Necrologie sesto a'siioi affari ; ma non lasciò mai di dare le mag- giori sue cure alla scienza, che gli meritò nome assai chiaro tra i chimici d'Italia (1). Il 25 febbrajo 1833 la spoglia di lui fu accompagnata con lagrime dal ret- tore e da' professori dell' I. R. università , da nume- roso stuolo di giovani , e da' farmacisti della citta, e portata alla chiesa di s. Maria del Carmine , ove dopo i sacri riti il degno professore Caldani disse pa- role di mestizia e di lode : mostrò il defunto colle- ga come esemplare del più intenso studio , e lo pro- pose ad imitare alla gioventù , che nelle virtù del lodato ( non solo come maestro , ma come cittadino, come fratello, come marito e padre) avrà ancora di che specchiarsi ben utilmente , poiché la memoria di quelle è chiara ed eterna. D. Vaccolini. (i) Vedi saggio sulle storia della letleralura italiana ne' primi XXV anni del secolo XIX. Milano x83i. pag. 33;. 249 Alcune cose edite del professor Girolamo Melandri Contessi, a Analisi cliimica delle radici di cariofilata e di colcliico autunnale , con alcune ricerche analitiche suU* uva orsina ec. ec. di Girolamo Melandri e Giuseppe Moretti , in 12. Pavia 1805. h Sul modo di ottenere il mercurio dolce colla maggior perfezione ed economia , Memoria dei sud- delti , in 8. Milano 1805. e Sui muriati di mercurio detti indissolubili ec. , in 8. Padova 1806. d Analisi chimica della materia prodotta dal grati turco nella malattia della golpe ( bibl. di campagna tom. X), in 12. Milano 1807. e Elementi di chimica generale , voi. I e II, in 8, Padova 1809-10. / Memorie di chimica ec, in h. fig. Padova 181 5. g Osservazioni chimiche , ed analisi dell'acqua minerale di Civillina (voi. IH delle memorie scientif. e leti. delV ateneo di T'revisó) , in 4. Treviso 1825 (1). h Trattato elementare di chimica generale e par- ticolare teorico-pratica, voi. I. in 8. lig. Padova 1826. i Nuove ricerche fisico-chimiche, ed analisi delle acque minerali di Recoaro , e delle acque di Staro e di Civillina, in 8. fig. Padova 1830, Di tutte queste cose l'autore depositò una copia nel- la pubblica libreria di Bagnacavallo , sua patria. (i) Vedi gior. arcad. Voi. gì. Luglio i8a6. pag. la. 250 INDICE DELLE MATERIK CONTENUTE NEL TOM. LVI DEL GIORNALE ARCADICO. SCIENZE Sua Santità GREGORIO XVI, Il trionfo del- la religione e della chiesa {art. 2 ed ultimo) p. 3 Cenni sulla vita di L. angeli medico d'Imola, p. 62 Belli , Scoperta delV alabastro melico. . . /?. 75 1 ortolini , Determinazione delle integrali di aU i cune formole differenziali sì algebriche e sì tra- ■ scendenti ^.81 LETTERATURA. De-Crollis, Proemio al suo commento sul e. VII deir Inferno di Dante p. 97 Mordani , Vite degV illustri ravegnani . . p. \\\ Vaccolini , Montanari, Capozzi , idillii ec. p. i32 De- Luca , Se in fatto di gusto esistano canoni assoluti ec />. 140 U 3/jp3n BELLE- ART I. Biondi , Intorno le opere artistiche de* sudditi di S. M. Sarda esposte in Roma . . * . jd. 161 Pungileoni , Notizie di Federico Zuccaro. . p. 105 Varietà Necrologie del cav. G. B. Zannoni, e del prof. Girolamo Melandri Contessi. Osservazioni Metereologiche. )( Collegio Romano y( Luglio i83a. !3 5 Termometro max. fam- 1 Igrom. 2G 5 29 5 9 12 24 4 2 i5 25 2 7 i3 3o 5 9 10 3i 2 9 •4 58 0 5 14 28 4 2 »4 27 2 6 i5 02 i6 3 17 /50 5 1^ '7 5o >4 i5 16 2 44 6 Vento Pioggia Evi por. NO. a. SO. m. „ a. N. q. o O. m. »' 1- ° N. „ O. m. „ d. o o SO. m. i8 18 46 NNE. „ SO. ra. neLbia Cs 3 9 4 o 4 o 5 6 5 0 5 1 4 a 4 6 6 7 8 5 9 2 Stato del Cielo' chiarissimo ser.vnporoso chiarissimo ser.nuvol. sparse fi chiarissimo set. vaporoso chiarissimo ser. vaporoso j, uuT. spai-se ehiaiissimo Osservazioni Metereotogiche. ){ Collegio Romano J( Agosto i832. a o '6 1 Ore Baromet. 28p. 2//.5 » )) )> » » 9 Terni. Terni esterno | max ometro min- Igrom. Vento Pioggia Evapor. Stato del Cielo mal. gi- ser. 23 18 14 22 5 i? i5 23 17 .'^5 8° 39 tì N. a. S. ra. 0 0 5' 1. 0 chiarissimo mat. 2 S'- ser, _ mat. ■Si. 1 ser. 'mat. ''si- ^ser. ' mat. ^€i. ìser. 'mat. ^gi- ser. mat. rgi. ser. mat. 8 gi. iser. 'mat. 9 si- ser. mat. IO gi. ser, Imat. n gi. ser. mat. 12 gi. ser. mal. j5 gi. ser. mat. '^» Si. ser. " )l ly 24 5 10 i5 5 10 i3 14 14 4 46 3 4 47 1 W. d. SO. m. 0 0 5 4 " )l )) il ,1 ,1 5 >, „ 3 24 5 24 5 N. d. OSO. f. 0 0 N. d. SO. „ 7 9 '"' ,, 1 7 i. « 4 " j> >» » » 5 » 1, 6 lÓ 18 i5 5 i5 22 5 iS 11 10 5 2 28 1 li. 3 45 2 9 ser. vaporoso coperto 24 N. d. SO. m. 3 6 ser.vaporoso chiarissimo » 1, 7 " » " » „ 3 16 20 »9 25 24 5 <) 35 0 ~4 0 N. a. OSO. m, S. q. 0 NE. a. SO. m. s. a. 4 7 ;: j » 0 9 1, V, 7 „ 1 o 17 23 18 76~7~ 24 19 4 3 ser. vaporoso i chiarissimo E ì> » 7 „ 2 O » ,1 4 26 25 5 26 27 27 26 16 i5 1 55 6 N. „ SO. m. 0 0 4 8 " fi „ „ 9 i6 5 „ 3 o 20 6 1, » 5 «9 » „ » n „ 11 o 24 » « 1 19 8 36 2 N. q. 0 SO. m. 0 0 5 3 " S 17 1 41 4 N. a. 0. f. 0 0 5 0 ser.vaporoso chiarissimo » 2 9 17 » „ 8 24 „ 3 0 i6 16 II 38 7 i5 56 45 25 48 1 -ì 7 .12 1 4o 7 is. a. SE. m. N. q. ., temporale con gran. , 5 56 ^ 5 coperto risiliiarato 1, 2 8 Il » 0 11 1) '2 »' 1 6 ,,20 i5 26 20 i5 NiNE. a. 0 0 N. ra. N. a. OSO. ra. S. q. 0 N. a. so. m. S. d. 0 0 SO. m. S. q. 0 1 6 6 chiarissimo nuvoloso e chiarissimo \ 16 2 5 8 i5 6 5 :; 1 i> 1, 2 l5 „ ,1 0 24 1. .1 6 IO 25 i5 17 4 8 :: \s un. i. er. „ „ 7 '8 1, „ 6 2.4 5 . 1! 1. P 20 ì6 nebbia 4 5 fel^tn chiarissimo £ Ore 1 Baromet. '.2 'Ó ìG »7 ma. 28 P.2US S'- « » 5 /«a. ser. »9' ma. ma. ser. inci. „ „ 4 !) » 5 „ „ 4 » » )> » ,, 5 ,, 6 9Ì »> it Term. I Termometro jMax. 24 2 I 2( S 5 i ser. ma. >, 4 „ 5 » 8 ,, „ 6 ser. ma. ser. ina. g'- ser. ma. 8'- ser. „ 6 „ » 7 >, ,. 9 „ 1 5 .. « 4 Mio. 26 5 14 5 25 s'iS J5 26 5 ,5 5 1_L — 8 4 h& 25 5 18 6 i25 5 i5 5 5 5 26 5 16 S 5 ! |27 4 5 US 7 5 25 5 4 ' 9 1=4 5 i4 5 i5 i5 7 4 3 16 *a 5 14 Igrora. a capei. 34 Tento N. d. SO. I N. q. 0 S. d. 0 0 N. q. 0 SO. m. 0 0 N. q. o SO. m. N. q. o SO. ra. I\. d. SSO. m. N. q. u SSO. m. o o SO. à. O o N. d. SO. „ o o N. q. 0 SO. m. 0 0 N. d. SO. m. N. q. 0 4 „ d. 25 SO. „ 8 0 0 9 i\. q. 0 IO 0. m. 0 S. d. 2 0 0 44 SO. A. '7 „ q. 0 SO. ra. o o N. d. O. „ ggia 6 6 uelibia 4 7 nel)bia 4 6 4 1 3 8 3 8 iieLLii nebbia poc. gocc tempora! 4, li. 54 Evapor. Stato del Cielo li. 5 5 3 5 4 7 5 3 5 7 5 4 5 6 velato ser. vap. tliiarissimo coperto ser.vaporoso chiarissiiuo ser.vaporoso chiarissimo ser.vaporoso chiarissimo coperto chiarissimo ser. vap. chiarissimo co])erto chiarissimo ser. vap. chiarissimo nuvoloso chiarissimo nuvoloso rischiarato seren.nuv. sparse chiarissimo seren.nuv. sparse cliiarissimo NIHIL OBSTAT Ab. D. Paulus Delsignore Gens. Theol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Colleg. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Gens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Dom. Buttaoni O. P. M. S. P. A. IMPRIMATUR A, Piatii Archicp. Trapczunt. Vicesgerens. 257 SCIENZE Istituzioni fisico-chimiche del P. G. B. Pianciani della compagnia di Gesù. Tomi 3 in 8. con fig. in rame ^ dalla tipografia Puccinelli. Roma 1833. Articolo II. J_Je proprietà principali de' corpi pesanti formano , come già è detto , l'argomento del primo libro di que- ste istituzioni , del quale ora parleremo , con animo di mostrarne 1' ordine colle dottrine più rimarche- voli , e di unirvi qualche breve riflessione , che la materia percorsa farà venirci alla mente. La divisibi- lità, mobilita, e figura, sono principali proprietà de' corpi , delle quali la più comune sperienza ci am- maestra. E rapporto alla figura è da notare che avvi de' corpi li quali diconsi amorfi, perchè di forma irregola- re ed indeterminata : ed avvene di quelli detti flui- di, che ricevono la figura dal recipiente in cui sono racchiusi. Rispetto alla divisione della materia deve riflettersi , che l'attuale esistenza di questa proprietà è solo provata dagli esperimenti; giacche dalla esten- sione , altra proprietà di ogni corpo , non potria de- dursi fuorché la possibilità della divisione stessa. Do- po ciò riferisce l'autore diverse maniere di esperien- G.A.T.LVI. 17 258 Scienze ze, per le quali si vede che i limiti assoluti di que- sta proprietà sono, alnaeno pel fisico >, inassegnabili ed incerti. La dmsibiUtè infime de la materie (dice Ber- aelius) a été Vobjet des discussions modernes tre's-savan- tes et ingénieuses , sarts qiie jamais rieri ait pu étre décide d cet égnrd par la voie de Vesperìence . . . La impenetrabilità è Come la mobilita , una proprie- tà generale de' corpi , provata da esperienze convin- centissime , istituite sulla materia in qualunque de* suoi tre stati. Parecchie ne riferisce l'autore , il quale non tralascia di osservare che se in alcune combina- zioni e mescolanze si ottiene aumento o decremento di densità, ciò non avviene per compenetrazione, ma bens\ per aumento o decremento delle distanze fra le particelle materiali. Cosi nel tramischiaraento di ac- qua con acquarzente (a), di acqua con altr'acqua, in cui sia sciolto del sale, vi ha diminuzione di volu- me : ma in questi casi si è osservato che dell' aria ab- bandona l'acqua. I seguaci del sistema dinamico as- solutamente credono, che nella combinazione chimica si penetrino mutuamente gli elementi delle sostanze concorrenti a combinarsi , e cosi abbia luogo la neu- tralizzazione, quel risultamento il più frequente di que- sta chimica operazione. Ma i fenomeni delle propor- zioni definite , e tutti gli altri fatti moderni della chi- mica , sono contrari a questa opinione. Passando l'autore alla porosità , da questa si fa strada per dare una giusta ed esatta idea della den- sità , riferendo moltissime osservazioni e sperimenti, tutti valevoli a scaltrire i principianti sulla porosità | (a) Questa voce, quasi dimenticata nella nostra lingua, è giustamente raccomandata dall' autore invece di alcool , che certo non è vocabolo italiano. i Istituzioni fisico-chimiche 259 della materia. Ne omette osservare che i pori , seb- bene minutissimi , possono tuttavia col loro numero rendere un corpo meno denso di un altro , che ab- bia pori assai grandi e visibili. Perciò è che vedia- mo certi legni pila densi dell' acqua , la quale cer- to non addimostra pori di sorta. Nel trattare della gravita, di quella forza cioè che pe' suoi rapporti abbraccia l'universo, l'autore si ferma sulla natura di essa , e sulla qualità de' suoi effetti , senza entrare nella misura esatta dei medesi- mi, da che ciò esigendo l'uso delle matematiche, avreb- be travalicato i limiti di queste istituzioni. Quindi eoa esperimenti facili e convincenti dimostra il nostro fisi- co essere la gravita, 1." comune ad ogni elemento del- la materia, 2.° a brievi distanze una forza accelera- trice costante, 3.° eguale in tutti i corpi benché per natura diversi. Della prima proprietà può essere an- che una prova , il cadere di ogni benché minima par- ticella corporea per la verticale , tosto che non sia pili sostenuta. La seconda proprietà meglio di tutto si dimostra dall'isocronismo , che si osserva nelle oscil- lazioni di un pendolo per archi circolari minimi. La terza finalmente può essere anche provata osservando che, sospese a fili di lunghezza eguale varie palle di peso e diametro eguale , con entro pesi eguali di cor- pi per natura diversi , e fatte oscillare per archi mi- nimi, il tempo di una qualunque oscillazione si tro- va lo stesso per tutte. Un effetto della gravita , è il peso de' corpi , e un effetto del diverso peso de'me- desirai , è la diversa loro porosità ,, Se i corpi fos- „ sero tutti continui ( dice l'autore ) e pieni affatto „ di materia pesante , tutti a egual volume avrebbe- „ ro egual peso : l'averlo assai diseguale conferma „ che sono porosi. „ Ed osserva che questa conseguen- za appartiene a tutti i corpi , dal più pesante in fuo- 17* 2G0 Scienze ri , pel quale non abbiamo come formar comparazio- ne. Così l'autore si fa strada per dire delia gravita specifica, e del modo per misurarla. Quindi molto ac- conciamente riflette che paragonando i corpi tutti col più denso di essi , cioè col platino, al massimo di densità ; siccome la gravita specifica dì questo è cir^ ca 23 ( fatta == 1 quella dell' acqua distillata ) ne discende che quelle sostanze , la cui gravita speci- fica è minore di 11,5, ammetteranno nel volume lo- ro più vacuo che pieno. Ciò potrebbe avverarsi nel platino stesso , quante volte si avesse come parago- narlo a un corpo di lui più denso. I principi di statica e dinamica , che sieguono immediatamente al capitolo della gravita, sono baste-^ voli allo scopo di queste istituzioni. In essi trovan- si chiare quelle idee di meccanica, che sono il fonda- mento della scienza dell' equilibrio e del moto. La composizione e decomposizione delle forze concorrenti ad angolo in un punto, trovasi esposta con quella stes- sa semplicità e chiarezza, che già piacque a quel ge- nio brittanno che ne fu l'inventore. E siccome l'aver provato che il punto sul quale concorrono le due forze ad angolo, deve alla fine del tempo trovarsi dall'uno nell' altro estremo della diagonale del noto parallelogrammo, non e aver dimostrato che abbia dovuto percorrere tutta la diagonale ; cos'i l'autore a provar ciò riflette giusta- mente , che le forze essendo istantanee , quel punto per la inerzia dovrà descrivere una retta , la quale aven- do due punti sulla diagonale sarà la diagonale me- desima. Anche le idee sulla comunicazione del moto, sono in questo capo molto esatte. Ne qui si ritiene, come fanno molti , che il moto si comunichi fra i corpi versandosi dall' uno nell' altro , quasi fosse una sostanza , o come se le modificazioni della materia tra- vasar .si potessero alla foggia de' fluidi ; ma dalla iiu- Istituzioni fisico-ciiìmiche 201 penelrabilitk dei corpi si fa cilpcnderc siffatta comu- nicazione, e da questa la resistenza dei mezzi, di cui facilmente poi si determina la legge. Questi principi dinamici finiscono con una elemen- tare , ma distinta sposizione del moto uniformemente acccelerato e ritardato de'gravi , sia verticale , sia ob- Lliquo , e del moto parabolico de' medesimi projetti. Veduti i caratteri die accompagnano costante- mente la materia in qualunque suo stato , passa l'au- tore a trattare molto acconciamente le cause dalle quali dipendono i diversi stati, che nella medesima s'incon- trano , e le diverse proprietà, che ad essa , special- mente nello stato solido, appartengono. Perciò nel VI e VII capitolo di questo primo suo libro si espone l'attrazione raolecularc , e le proprietà de' corpi solidi che da questa dipendono. Sebbene possano i corpi , da qualche particolar caso in fumi , passare pei tre diversi stati della materia , senza punto alterare la loro natura , pure godono in ciascheduno di questi pro- prietà ben diverse. Lo stato solido della materia è co- stituito da una forza che si è delta di affinità omo-i genea , di aggregazione, ed anche attrazione molecu- lare ; la quale più o meno resiste ad ogni moto ten- dente a produrre la separazione del solido. A questa forza se ne oppone un' altra disgregante e repulsiva, che al calorico de' corpi si attribuisce. Dal rapporto di queste forze nascono i tre stati della materia , e forse anche le diverse modificazioni della medesima in ognuno di questi stati. L'attrazione moleculare sem- bra distinta dall' attrazione universale , perchè gli ef- fetti della prima non variano colla massa, sibbene quel- li della seconda ; ed inoltre perchè i primi sono quasi nulli fuori del contatto o quasi contatto , mentre i secondi sono e persistono a grandissime distanze. Pe- rò non mancano ulausibili ragionamenti, sostenuti dal 2G2 Scienze calcolo, coi quali si è creduto dimostrare possibile, che l'attrazione moleculare sia reflfetto dell' attrazione universale ; lo che all' occhio del fisico , il quale sa con quanta economia di principi è governato l'uni- verso , deve assai probabil cosa parere. Finche la for- za attrattiva supera quella disgregante nella mate- ria, lo stato di essa è solido. Quindi nasce ne' cor- pi l'adesione , quindi ne' medesimi la durezza e la mollezza , la tenacità e la frangibilità, la duttilità e la flessibilità , la malleabilità e la elasticità. Queste modificazioni dello stato solido de' corpi sono con mol- ta sagacita definite , e con diverse maniere di espe- rienze dimostrate, nelle istituzioni che abbiam perle mani. Se le nominate due forze si ianno equilibrio , o sono al medesimo prossime , lo stato della mate- ria è detto liquido. Quindi le molecule in tale sta- to dovranno cedere tosto ad ogni minimo impulso , tranne quella minima resistenza procedente dalla vi- scosità , che pili o meno ad ogni liquido appartiene. Perciò il vero carattere dei liquidi consiste nell'es- sere le particelle loro elementari sciolte e sconnesse; dal qual carattere, in astratto riconosciuto, si pervie- ne senza piiì alla equazione di equilibrio de' medesi- mi. Per questo carattere avviene che i liquidi equi- librandosi cedono prontamente alla gravità , e dispon- gono la superficie loro in uno strato concentrico a quel- la terrestre. Finalmente se la forza disgregante del calo- rico, che si suppone contornare le molecule materiali, su- pera quella di attrazione fra le medesime, la materia pren- derà lo stato che dicesi fluido elastico o gasoso. Quin- di è che i gas debbono considerarsi formati di ato- mi solidi , che si respingono e si allontanano scam- bievolmente il pili possibile, e si disperdono in tut- te le direzioni , finche non incontrano qualche osta- colo air esercizio libero di questa loro tendenza , la Istituzioni fisico-chimiche 263 quale in tal caso si esercita sotto l'aspetto di pres- sione. Dopo aver parlato dei diversi stati di aggregazio- ni, e delle diverse modificazioni di essa, ed aver accennato come tutto ciò dall' attrazione moleculare di- penda, combinata colla forza repulsiva del calorico, ra-' gion di analisi esigeva che si dicesse delle diverse forme che la materia offre allo sguardo del chimico e del naturalisita , e si accennasse l'influenza di que- sta moleculare attrazione sulle medesime. Perciò il no- stro autore consacra il capo Vili alla figura de'solidi, ed in particolare alla cristallizzazione. Laonde dopo aver di- viso la materia in organizzata, e non organizzata, ov- vero bruta ; dopo aver indicato come grincrementi della prima succedano per intus-susceptionem^ e della seconda ^ev juxta-positioiiem ; dopo aver suddiviso la materia organizzata in animale e vegetante ; osserva che sebbene queste sostanze tutte abbian vita da altre loro simili , le animali si nutrono con ben altro mezzo che le vegetanti non fanno , le quali dalla terra , stoma- co comune delle piante, suggono l'alimento loro. E già disse un sommo fisiologo essere il tubo digestivo, del quale sono gli animali tutti provvisti dal polipo fino air uomo, il carattere più deciso, che il re- gno animale dal vegetabile distingue. Finalmente do- po aver suddiviso la materia inorganica , rispetto al- la forma , in amorfa e regolare, si trattiene su que- sta, facendosi a dire dei cristalli. Questi, pochissimi eccettuati, tutti hanno le estremità corrispondenti si- milmente conformate. Da ciò il P. Pianciani trae ar- gomento per fissare un carattere distintivo fra i tre regni della natura : ,, Se un cristallo (egli dice) di- „ videsi in due secondo qualunque delle tre diraen- „ sioni dello spazio , le due meta sono quasi sera- „ prò identiche o assai simili, e non mai contrastanti. 264 Scienze „ Ma non come ne' corpi regolari non organizzati cosi „ avviene negli esseri organizzati. Se tagliasi un ve- „ getabile , e. g. uti albero o un frutto , successiva- „ mente secondo due direzioni l'una all' altra nornia- ,, le , e araendue verticali , le due metk pe' due ca- „ si saranno simili : ma se partesi in due .orizzontal- ,, mente , le due meta saranno diversissime ed anche ,, opposte. Se poi immaginiamo succesivaraente secon- „ do le tre dimensioni dello spazio diviso in due un „ animale, e. g. un uomo , il piano di divisione che ,, separa la parte destra dalla sinistra , dark si due „ meta assai simili, almeno all' esterno ; ma la par- „ te superiore, sarà al tutto contrastante coli' inferio- „ re, e cosi l'anteriore ov'è il volto ed il petto con „ la posteriore, ove sono la nuca e le spalle. „ Lo che , tranne qualche anomalo caso , è certo un ca- rattere distintivo de' tre regni naturali. L'altra distin- zione pur da osservarsi fra il regno organizzato e il minerale si è , che nel primo gl'individui di una spe- cie hanno tutti la stessa forma , e solo differenziano per grandezza , colore , od altro di poco ammontare ; mentre sul regno minerale gl'individui della stessa spe- cie , cioè eguali per natura , durezza , tenacità , e gravita specifica, si trovano diversi per la forma. I solidi non organizzati e di forma naturalmen- te regolari diconsi cristalli ; e questi possono formarsi per soluzione, perfusione, e per sublimazione, tan- to artificialmente , quanto naturalmente. Nelle solu- zioni i cristalli si formano per evaporazione , per raf- freddamento , e anche per enorme pressione ; e se formansi noli' acqua , se ne appropriano una parte che dicesi acqua di cristallizzazione ; a differenza di quel- la che penetra negl' interstizi de' cristalli , specialmen- te di qualche grossezza, che diccsi acqua madre. La regolarità e grandezza della cristallizzazione, operala per Istituzioni fisico-chimiche 2G5 soluzione, dipende dalla quiete del liquore, dallo sva- poramento suo non molto rapido, dal calore ed umidita media dell' atmosfera , dalla profondita del vaso nel quale si opera , e dalla materia del medesimo. La forma poi della cristallizzazione dipende dalla natu- ra del liquore , e dalle sostanze combinate colla ma- teria del cristallo, donde nascono le interessantissime osservazioni di Mitscherlicli. Passando alla struttura di questi corpi geometri- ci , osserveremo coU'autore che mediante la divisione meccanica operata convenientemente sui cristalli , si giunge ad una specie di nocciolo , che è di egual for- ma in tutti i cristalli della medesima specie. In ogni cristallo si distingue la forma primitiva, che è quel- la del nocciolo , e la forma secondaria che mostra esternamente il cristallo, e che involve la prima. Que- ste forme nelle diverse specie alle volte si scambia- no. Tutte le forme primitive finora cognite si riferi- scono, secondo Hauy, ai cinque seguenti generi : te- traedro regolare , prisma esaedro regolare , dodecae- dro con piani rombi eguali e simili, ottaedro , e pa- rallelepipedo. Gli angoli dei cristalli si misurano col così detto gonimetro ; strumento che per opera dei Carangeau, WoUaston , Adelmann , e Raspali ha su- bito varie modificazioni e perfezionamenti. I cristalli tutti ponno in tre sistemi classificarsi ; il primo de* quali è il tessulare di Mohs , il secondo è il rom- bo-piramidale ■ il terzo è il prismatico dello stesso Mohs. La forma primitiva lascia sempre dividersi pa- rallelamente alle sue facce , ed in alcuni casi an- che diversamente ; perciò si decompone o in tetrae- dri , o in prismi triangolari o in parallelepipedi. Que- sti solidi componenti le forme primitive diconsi mo- lecule integranti, o molecule di cristallizzazione. Dal- la unione delle molecule integranti nascono dei parai- 266 Scienze lelepipedi delti molecule sottrattive , che rigaardansi a ragione come la unita concorrente alla formazio- ne , e all' incremento del cristallo. Sovrapponendosi le molecule sottrattive le une sulle altre, si aumenta- no i cristalli ; ma questi sovrapponimenti si fanno in generale per serie decrescenti , ed i decrescimenti sono o laterali o angolari o intermedi^ secondocliè la linea centrale , la linea cioè die passa pei centri delle facce esterne delle molecule sottrattive , è pa- rallela al lato della forma primitiva , o alla sua dia- gonale , o è inclinata ad amendue. Si distinguono an- che i decrescimenti in lunghezza ed in larghezza , i quali dipendono dalle dimensioni delle lamine so- vrapposte per la formazione del cristallo. Il numero delle forme diverse, che potrebbono generarsi col mez- zo di queste semplici leggi di decrescimenti, è pro- digiosamente grande : ma d'assai minore è quello del- le forme osservate finora , comecché giungano esse a parecchie migliaja. Non è da confondere la struttu- ra del cristallo col suo accrescimento , poiché l'attra- zione moleculare non forma in varie epoche le diver- se parti di un cristallo , cioè la sua molecula in- tegrante , la sua forma primitiva, e la secondaria; ma ogni cristallo da principio è figurato colla mede- sima stampa di angioli e facce, che osservansi dopo il suo ingrandimento ; nel quale avviene che le parti esterne divengono parti della forma prifnitiva pei nuovi strati sovrapposti , e cosi crescendo il cristallo cre- sce insieraeraente il suo nocciolo. Non ommette il no- stro autore di parlare dei cristalli emit rapici, e dei trasporti. La pirossena triunitaria porge un esempio de' primi : si trovano i secondi spesso fra gli spinelli , i diamanti, e nell' allume. Questi sono i principj della cristallizzazione che il eh. P. Pianciani dif- fusamente svolge e con molta dottrina , nei quali Istituzioni fisico-chimiche 267 la brevità dovè cedere alla importanza di una teo- rica, strettamente connessa coi principali argomenti fi- sico-chimici, e che mercè de' progressi della scienza, mo- stra evidentemente contro i fautori di un cieco caso, le impronte dell' eterno Geometra nel regno minerale. Dopo ciò entra l'autore a dire de' corpi fluidi, e specialmente della figura, compressione, e forza elas- stica de' medesimi. In quanto alla figura, essa dipende dall' attrazione scambievole delle molccule fluide, com- binata colla gravita, e coli' attrazione che le superfi- cie de' recipienti esercitano sulle molecule stesse. Ed a questo proposito reca in mezzo l'A. le sperienze di G, B. Venturi, e di altri. Così dimostra la compres- sione de' liquidi mediante le sperienze ingegaiosissi- me di Canton, Oersted, Perkins, Calladon, e Sturra. L'acqua che contiene dell' aria è meno compressibi- le di quella che non la contiene ; la qual cosa co- mecché sia malagevole a spiegarsi , tuttavia prova che nella compressione dell' acqua , questa , e non l'aria in essa mescolata, si condensa. In ordine alla elastici- tà de' fluidi si osserva giustamente, che non da que- sta bene si prova la compressione, o condensazione lo- ro ; e che il rimbalzo dall' acqua delle piastrelle o anche delle palle da cannone, obbliquamente lanciate sulla sua superficie , non provano ne la compressio- ne , né la elasticità dell' acqua , potendosi questi fatti spiegare colla elasticità dell' aria, violentemente cac- ciata nel liquido , come ha dimostrato il prof. Bidone. Nel fine dei principj dinamici di queste istitu- zioni si è riserbato un cenno sulla idrostatica e idro- dinamica al capo X, nel quale ora siamo, e che mol- to bene allogato deve riconoscersi. Dachè è regola- re, dopo esposte le principali osservazioni sui solidi, e dopo discussa la natura de' liquidi , farsi a dire dell' equilibrio e moto dei medesimi. Indicale pertanto le con- 2568 S e 1 K N Z K dizioni necessarie all' equilibrio clc'licpitli , detto delle pressioni che questi esercitano contro le pareti de're- cipienti che li contengono, e parlato de' corpi flut- tuanti , passa l'autore a trattare degli aeroraetri , e particolarmente di quelli di Fahrenheit, di Nicholsou, e di Bellani. E per quello riguardi la idrodinamica osserva come sia parobolico il moto de' getti , che dalle luci praticate nelle pareti de' recipienti escono. Questi se sono verticali salgono all' altezza di livel- lo del recipiente , se obbliqui descrivono una para- bola il cui parametro è quadruplo dell' altezza istes- sa ; astrazion fatta dalla resistenza che l'aria, ed altre cagioni oppongono alla vena zampillante. I fluidi elastici si dividono in vapori e gas : i vapori si suddividono in elastici e vescicolari : i gas in permanenti e riducibili , come sarebbero quelli che per enormi pressioni riduconsi allo stato liquido. Tali sono le divisioni seguite in questo libro, dove parlasi della pressione de' fluidi elastici , e per con- seguenza della legge di Mariotte. Le quali cose tor- na bene allogare dopo esposta la pressione dei liquidi, come in queste istituzioni si è praticato. La forza elastica de'fluidi aeriformi dipende dalla loro compressione , perciò dopo questa è da parlarne; ed è ben' altra cosa da quella dei corpi solidi. L'au- tore con assai di precisione nota la difTercnza fra que- ste due elasticità, indicate per uso invalso collo stes- so vocabolo. (Quindi trova ragionevolmente a dire del- lo schioppo pneuraetico, della macchina pneumatica , di quella di compressione, e di rarefazione, dell'equi- librio de' fluidi elastici , dal quale tanti effetti idro- slatici dipendono , e del barometro. Ne si omette ii* questo capo la legge che sieguono i residui d'aria nel- la campana pneumatica, per l'azione degli stantuffi. Questi residui, essendo in scric geometrica decrescente, Istituzioni fìsico-cuimiciie 2G9 provano non esser possibile il vuoto perfetto nella cam- pana stessa. Parlandosi delle applicazioni del baro- metro , sono riportate le misure delle principali al- tezze di Roma e sue adiacenze , con tale istromen- to determinate , e riferite al Mediterraneo. A questo proposito non sappiamo mai abbastanza raccomandare per l'altimetria barometrica , l'uso del metodo sufijge- rito (a) dal P. Michele Berlini, col quale questo dot- to ha saputo tener conto nel miglior modo possibi- le , non solo della latitudine terrestre , ma e dello stato termometrico ed igrometrico dell'atmosfera : pel quale stato la livellazione barometrica non può stare ancora in bilancia colle misure trigonometriche. Un mescuglio di liquidi diversi , non chimica- mente affini fra loro , giunto all' eqilibrio , sarà, di- viso in istrati di diversa densità , disposti secondo la gravita loro specifica , e colle sezioni orizzontali ; e persisterà in tale stato finche l'equilibrio non sarà tur- Lato da qualche potenza estrinseca. Una mischianza di fluidi elastici eterogenei giungerà nello stato di quiete sopra indicato , ma non si manterrà lungo tempo in esso , ad onta che persista l'equilibrio. I fluidi ela- stici, sebbene diversi per gravità specifica, si mesce- ranno , formando un fluido composto , avente per den- sità la media fra quelle de' componenti. Questa circo- stanza, parlando del mescolamento dei fluidi elastici, e notata dal nostro fisico , in prova della quale ri- ferisce alcune sperienze di Priestley e Dalton , ra- gionevolmente ricusando la spiegazione da questo im- maginala, per dichiarare non solo il citato fenomeno, ma e la proprietà dei fluidi stessi , di traversare per ogni senso i corpi solidi. (a) Opuscoli scientifici ili Bologna T. II: au. 1818 pag 9. 270 Scienze II moto de' corpi , la compressione ed elasticità de' medesimi, servoa di base a poter dire del suono che e l'effetto delle anzidette maniere di movimenti, co- me rilevasi dal capo XIV, del quale ora trattasi ; ove meglio che altri non fanno si mostra la propagazio- ne del suono per le successive condensazioni e dila- tazioni del mezzo che gli serve di veicolo. Così for- masi un valevole appoggio a quanto dovrà esporsi sulla propagazione della luce, colle moderne dottrine. Le vibrazioni de' corpi, e le ondazioni del mezzo in che si fanno, producono il suono; il quale se viene da una corda che in un secondo faccia trenta o tren- tadue vibrazioni, dicesi il limite de' suoni gravi. I suoni, coraechè diversi , tutti godono la stessa equabile ve- locita, che i moderni hanno fissata tra 1086 e 1152 piedi nella unita di tempo. Una elegante prova di questa comune velocita dei diversi suoni, la trasse Biot dal sentire bene distinta un' aria musicale nei tubi degli acquedotti di Parigi , ad una distanza di 951 metri. Poiché l'aria deve comprimersi e condensarsi pel trasporto del suono , e quindi sviluppar calore , perciò e , secondo Laplace , che la velocita del suo- no nclP aria si sperimenta maggiore , di quella de- terminata col calcolo. Si è osservato che fra i flui- di, la intensità del suono h in ragione della loro den- sità. Il suono si propaga pei liquidi pili celermen- te che non fa pei fluidi elastici , come ha osserva- to il sig. Beudant , ed anche il sig. Colladon, facen- do delle accurate ed ingegnose ricerche nel lago di Ginevra. Cliladni poi ha veduto che alcuni solidi ela- sticissimi possono trasmettere il suono 16 o 17 vol- te più presto dell' aria. Le vibrazioni sonore si riflet- tono al modo della luce , e spesso tornano al punto sonoro donde partirono. Da ciò nasce l'eco , o la ri- petizione de' suoni, e nascono eziandio gli echi di eco. Istituzioni fisico-chimiche 271 Tal e qnello di villa Simonetta presso Milano , pro- dotto da due muri paralleli , che di notte ripetono la stessa parola 4-0 volte, nel qual tempo l'aria è pivi densa perchè più frigida. Il sig. Savart è (juello che oggi con somma lode, e con vantaggio grandissimo della scienza, si occupa di questo ramo di fisica, che al certo per essere con chiarezza esposto in tutte le sue parti , e facilmente appreso , abbisogna del soc- corso delle matematiche , le quali , come avverte il P. Pianciani , ne hanno preso il domìnio. Ne altramente avvenne della teorica dell'azion ca- pillare, che forma l'oggetto dell'ultimo capo di que- sto libro. Infatti due de' più valenti geometri della Francia, Laplace e Poisson, hanno efficacemente con- tribuito coi loro lumi a formare delle azioni capilla- ri un ramo di matematica applicata. Al primo di questi dotti fece eco il romano geometra Gioacchino Pessuti, che valendosi dell' algebra e geometria elementare , seppe senza più esporre quanto Laplace , con linguag- gio sublime , aveva detto de' fenomeni capillari, ed aggiungere nuove osservazioni. L'opera del secondo non ancora si conosce in Roma, fuorché per la relazione inserita negli annali di chimica e fisica ; da cui rile- vasi che i fenomeni capillari non solo dipendono dall' attrazione del quasi contatto, e dalla curvatura delle su- perficie de' fluidi, sulle quali circostanze sta fondata la teorica di Laplace ; ma che i fenomeni stessi di- pendono eziandio da un' altra fisica circostanza per essi essenziale , cioè dalla variazione rapida di den- sità i che prova il liquore presso la superficie libera, è presso la parete del tubo. Ma di ciò potremo ave- re maggior contezza, quando ne sarà giunta questa nuova teorica , la quale dicesi ricca di applicazioni. Quindi è che il nostro fisico spiega i fenomeni anzi- detti coi principi stabiliti dall' autore della meccani- 2 stulta est gloria. F are ai nostri giorni delle correzioni agi' istroraenti di litotomia , o immaginarne qualcuno di nuova for- ma , onde facilitare o rendere piiì sicura l'operazio- ne , sarebbe a primo aspetto cosa molto azzardata , e si pretenderebbe di spandere luce sul meriggio , es- sendo ognuno persuaso, che questa operazione sia giun- ta a quel grado di perfezione , di cui sono capaci le cose di questa natura. Ma sembrandomi assurdo il pen- sare , che non si possa giungere oltre il ségno , cui siamo arrivali , e avendo perciò su i primi tempi del- la mia pratica sottoposto alla debole mia considera- zione i moltiplici melodi , e tutti i processi operato- rii con latta la grande massa degl' istromenti inven- tati in ogni tempo per la litotomia , osservai , che il siringone , ossia la guida per tale operazione , non è andata soggetta a cambiamenti , o se qualche cor- rezione ha avuto luogo , non è cosa di rimarco, es- sendo all' incirca sempre la stessa tanto rapporto al- G.A.T.LVI. 1S 274 Scienze la sua curva , quanto alla scannellatura , variando so« lo di poco il manico. Osservai egualmente la tenaglia, qualunque ne sia il metodo che si voglia praticare, senza variazione notabile. Il costante uso dei suddetti due istromenti , e il quasi niun cambiamento pel cor- so di circa due secoli e mezzo, prova che gl'inven-» tori di esse colsero nel segno. Non è però cosi rapporto al litotorao. Questo dif- fatti si è variato secondo il vario pensare dei passati luminari della chirurgia. Ognuno ha fatto encomio al suo , ed ognuno ha avuto , ed ha anche presentemen- te i suoi fautori. Non essendo quindi fissata , ne de- terminata la forma di esso da usarsi generalmente da qualunque operatore , come si fa uso costante di quel- la tenaglia, e di quel siringone, istromenti che pos- sono dirsi perfetti e veramente utili , come opina De-- scharape , perchè non sottoposti a correzioni, mi cre- detti perciò , che avesse luogo la ricerca , e l'inveu' zione di altro litotomo , quale invece di correre la sor- te di tanti altri istromenti, abbandonati come inutili o nocivi, fosse da preferirsi. Convinto maggiormente di tale verità, dopo la fortunata occasione, che mi si presentò circa dodici anni sono di fare una peregri- nazione scientifica per varie principali università di Europa, essendo stato testimonio oculare dell' uso del litotomo di varia forma in ogni luogo , e conoscen- do altresì , come tutti il conoscono , che qucU' ardi- to e pericoloso taglio da il maggior pensiero all' ope- ratore , che dalla precisione ed esattezza di esso di- pende il buon risultato dell'operazione: e piiì, che quando l'operatore lo ha eseguito bene , ha fatto es- senzialmente tutto ciò, che dipende dalla di lui abi- lita; mi occupai con impegno , e avendo passato co- me in rivista tutti i litotomi nelle tante variazioni ben note a tutti i litotoraisti, ne immaginai uno per quan* L I T o T o M o 275 to costa a me del tutto nuovo. Appena fattolo costrui- re , lo misi in pratica su i cadaveri , e su i malati. Il risultato fu secondo i mici desiderii felicissimo. I vantaggi che arreca , sono a mio credere molto su- periori a quelli di qualunque altro fin qui conosciu- to , ed azzardo di dire , che per quanto dipende dall operatore , evvi la sicurezza di non errare , e che con questo è capace di ben eseguire la litotomia anche il discepolo meno istruito. Il litotomo, di cui io parlo, e rappresentato nella tavola annessa, fig. 1, colle dimensioni proporzionate ad un adulto di ordinaria corporatura (1). E' compo- sto di due soli pezzi uniti insieme con una vite. Il primo è quello che incide , ed è chiamato perciò li- totomo. E di figura semilunare, ed ha un anello nel- la sua parte superiore esterna, fig. 2 lelt. b. L'altro è una lunga appendice traforata in diversi punti in costa nella sua estremità superiore pel collocamento di una spina a vite chiamata asta , che tiene il luogo di manico al primo, ed è comune al grande come al più piccolo iitotomo, fig. 3. Messo in opera si rauo- /Ve quale compasso di proporzione, strisciando l'asta so- (i) Leggansl le riflessioni relative all' estensione da darsi al taglio laterale si della prostata che dell* orifìcio della visci- ca, che il celebre signor cav. Scarpa, uno dei nostri più gran- di maestri , fece precedere , e descrisse nella sua dottissima memoria sulle correzioni del gorgeret dì Hawhins presentata all'istituto nazionale italiano nel giorno 5i gennaio 1807 nella parte prima del secondo tomo dell'istituto medesimo. E da avvertirsi, che la punta di esso si perde nella scan- nellatura del siringone per una linea abbondante , e che per conseguenza volendo l'incisione di sette linee , conviene, che il lato tagliente sia di otto. 18^ 276 Sciènze pra un' addizione fatta al manico del sirlngoiie <, e in pari tempo la punta di esso sulla scannellatura del siringone istesso. La diversa costruzione di questo esi- gendo una diversa forma del manico del siringone , lo feci costruire di sostanza cornea , di comoda im- pugnatura , e servibile a tutta la gradazione dei si- ringoni, fig. A, Vi feci di più impiantare sulla parte laterale sinistra del terzo superiore un perno di fer- ro , che h l'addizione suddetta , la cui parte su- periore essendo divaricata e serailunare , si denomi- na mezza luna , ed è destinata per l'intromissione ed appoggio dell' asta , fig. 5. Questa mezza luna , che si registra secondo il bisogno con una vite , che è più divaricata nella parte superiore , che nelJ' infe- riore per il più pronto ricevimento dell' asta , con- tiene nel suo punto inferiore e medio una rotellina, che serve a minorare l'attrito dell'asta suddetta, fig. 6. In vista poi dell' accennata e sì diversa struttura del litotomo ne viene il seguente diverso processo (1). Fatto il conveniente apparecchio , assicurato il paziente sulla tavola co' soliti lacci , situati i mi- nistri , introdotto il siringone in vescica , data ad esso l'obbliquit'a ( volendo praticare l'apparecchio la-> terale) , giusta i precetti del signor cavaliere Scarpa, cioè , che si trovi essere inclinato all' asse longitu- (i) Fu messo in pratica per la prima volta nel settem- bre dell' anno 1822 sulla persona del signor don Giovanni Mar- cuccl parroco di Fiorentino, castello della repubblica di San Marino, alla presenza dell' egregio mio amico signor Modesto Zompatori , che ora esercita la chirurgia con molta riputazio* no in Fermo , dove è condotto. L'operazione fu coronata di felice successo , ad onta che fossero estratto tre pietre, ciascu- na del peso di due nucc, e di figura di un tetraedro irregolare L I T o T o M o 277 dìnale del collo dell' uretra , e della stessa prostata all' angolo di 69 gradi , si affida il manico di esso alla mano destra pel ministro , che è destinato a so- stenere contemporaneamente colla sinistra anche lo scroto , gli si raccomanda l'immobilita facendoglielo prendere in modo da tenerlo ben fermo , e da non turbare il movimento dell' asta , cioè , che il polpa- strello del suo pollice appoggi sulla faccia posterio- re del manico e precisamente sopra quella porzione di perno della mezza luna che trapassa, fig. 7. lett. r. Che i polpastrelli dell' indice e medio appoggino sul- la faccia anteriore del manico sotto la mezza luna , e la faccia dorsale dell' anulare e dell'auricolare sul- la inferiore e posteriore parte del manico suddetto. Fat- ta la solita incisione degl' integumenti , e della cel- lulare con un bistori retto ; toccato coll'indice della mano sinistra la curva del siringone e coli' ugna la scannellatura nel punto da incidersi l'uretra membra- nosa , fornisce l'operatore la sua destra del lilotomo, che gli viene convenientemente presentato dal mini- stro destinato per la somministrazione degl' istromen- ti , introducendo l'indice fino alla meta della secon- da falange nell' anello situato sulla parte superiore della convessità di esso , premendo col polpastrello del pollice sulla di lui estremità superiore , e preci- samente contro quella parte , che si ripiega sulla co- sta dell' asta sopra immediatamente dell' anello, fig. 5, lett. /. , e colla faccia dorsale delle dita medio, anu- lare , ed auricolare sulla convessità del litotomo, e dell' asta insieme. Con tale naturale disposizione delle dita si forma una sicura presa ; e trovandosi l'ope- ratore in comoda attitudine, porta l'asta fra le bran- che della mezza luna tirandola in basso, finche la pun- ta del litotomo si trovi di rimpelto al fissato punto 278 Scienze per l'incisione dell' uretra (1). Fatta la incisione , e intromessa per conseguenza la punta nella sottoposta scannellatura, che vi cade naturalmeute , e senza po- ter deviare, si prende immediatamente colla mano si- nistra il manico del siringone non nel modo ordi- nario , ma bensì portando l'indice sulla parte poste- riore e superiore di esso, il pollice nell' incavo delia mezza luna , e l'apice delle altre dita sulla di lui fac- cia anteriore , frapponendosi in tal modo il perno del- la mezza luna fra l'indice ed il medio. Impugnato in questa guisa il siringone senza esserne punto im- pedito dalla mano del ministro , cui era affidato, si spinge il litotomo dal basso in alto , e dall'avanti (i) Se ncir intromettere l'asta fra le branche della mezza luna si fa in modo , che fra quelle , e la spina vi sia un pol- lice e mezzo di distanza ( cosa facilissima se un piccolo quadri- lungo di ferro traforato , movibile lungo l'asta , e da fermar- si con una vite di fianco ne fissa il limite ) , si è nella sicu- rezza , che la punta del litotomo cade sulla maggiore conves- sità , e sulla parte più larga delia scannellatura del siringone, e che frattanto , che l'asta percorre una linea di un pollice e mezzo , la punta del litotomo ne percorre tre in vista delle di- verse curve per giungere all' estremità del siringone. Volendo impiegare minor numero d'istromenti , o rendere più spedita l'operazione , si può far uso dello stesso litotomo anche per l'incisione degl'integumenti, e della cellulare, nulla ostando la forma di esso. Si troverà anzi opportuno , se s'im- pugna come quello di prima correzione del celebre professore signor Giuseppe Atti , premendo coli' indice , e pollice sulle parti laterali dei due terzi non tagliami del semicircolo, niun' altra variazione derivandone , se non di mettere l'indice nell' anello dopo di aver impiantata l'asta nelle branche della mez- za luna , e la punta del litotomo nella scauncUatara del sirin- gone piuttosto che prima. L I T O T O M o 270 air indietro. S'inchina contemporaneamente clalfindie- tro in avanti il siringone , finche in tale conbinato movimento , usando quella forza che è necessaria , e conservando l'indicata obbliquita , si trovi la spina dell'asta contro il perno della mezza luna, e contro il pollice della mano sinistra dell'operatore, fig. i. lett. tì?, e la punta del litotomo contro il bottone del siringone. A tale termine di cose, compiuto il regola- re e preciso taglio della prostata , collo dell' uretra , e orificio della vescica , si smonta il litotomo. A quest' oggetto il ministro riprende il manico del siringone, applicando l'indice e il pollice sulle parti laterali, e superiori del manico stesso , che terrà fermo come prima , l'operatore porta immediatamente la sua mano sinistra , resa allora libera , sulla vite che unisce il lltotomo coir asta, fig. 1 . lett. a ; e con due giri re- trogradi della suddetta si trova l'asta prontamente di- visa , e sostenuta in posizione dalla stessa mano si- nistra , e così il litotomo diviso e sostenuto dalla destra. Si estrae il litotorao facendo scorrere la sua punta sulla scannellatura del siringone , e nella stes- sa direzione , colla quale penetrò in vescica. Si estrae egualmente per mezzo del ministro il siringone , men- tre l'operatore mantiene in posizione l'asta colia sini- stra , e porta l'indice della destra lungo la conves- sità dell' asta , che gli è di diretta e sicura guida , attraverso l'incisione della prostata. Si toglie quindi l'asta (cose tutte, che non allungano punto l'ope- razione) , s'introduce la tenaglia in vescica sulla di- rezione del dito , e si compie l'operazione come in qualunque metodo , secondo le circostanze. Quando il dito indice dell' operatore , che deve essere di guida alla tenaglia fosse corto , o il pazien- te molto grasso , o la prostata e collo dell' ure- tra fossero troppo in alto per aberrazione della na- 280 Scienze tura , e non potesse perciò essere introdotto nella fe- rita della prostata per essere di guida , come dissi , alla tenaglia ; si fa uso allora della tenaglia prepara- ta air uopo , cioè che i cuccliiari della quale siano leggermente incavati nella loro sommità in modo da poter ricevere con sicurezza , e ritenere l'asta. Con questa tenaglia (che non è variata punto nella sua forma ) impugnata colla destra , mentre colla sinistra si tiene ferma l'asta , si prende l'asta istessa fra le incavature corrispondenti dei cucchiari ; e spingendo lungo la direzione di essa , la cui convessità cade neir apertura dei cucchiari senza che ne resti impe- dito il tragitto , si trova francamente nel cavo del- la vescica. Quando non si volesse fare la suddetta pìccola innovazione alla tenaglia , istromento anche a mio cre- dere perfetto , si frappone, come io pratico, un glo- Letto di piombo bucato del volume sufficiente a for- mare una divaricazione precisamente atta a ricevere come un canaletto, la parte convessa dell'asta, lungo tutta la estensione della quale deve spingersi la tenaglia, fin- che giunta in vescica , del che l'operatore ne viene assicurato non tanto dalla porzione della tenaglia in- trodotta , quanto dalla mancanza del contatto fra il globetto suddetto e l'asta, che accade, allorché la som- mità della tenaglia oltrepassa la sommità dell'asta. A questo punto si estrae anche l'asta facendo rimanere la tenaglia. Per ottenere l'accenata divaricazione o ca- naletto per l'oggetto suddetto proposi un globetto di piombo , e bucato. Di piombo, perchè sostanza su- scettibile di conveniente compressione , e atta forse più di ogQÌ altra ad essere rattenuta fra le dentature, o asprezze della tenaglia. Bucato, per poter esser fissato da una adattata fcttuccina , mediante la quale oltrecchè si legano , e si stringono ( allorché si for- L I T O T O M o 281 ma rapparecchio ) i manichi della tenaglia in vici- nanza dei suoi occhi con vari giri senza formar nodo, viene asportato prontamente della vescica tirando in Lasso la fettuccia dopo averla svolta dai manichi del- la tenaglia. Che tali manovre siano semplici ed utili, e altrettanto pronte e facili , ognuno l'intende. Tut- to ciò ciie deve farsi in seguito è comune a tutti i metodi (1). Volendo eseguire l'operazione col metodo retto- vescìcale , e secondo gl'insegnamenti dell' immortale Vacca , e volendo usare di questo nuovo litotomo , si deve , premessa l'introduzione del siringone , in- trodurre neir ano un gorgeret , il cui manico sia ripiegato sul suo dorso , come è quello del gorgeret- litotomo di Hawkins , onde difendere la parete po- steriore dell' intestino retto. Tenuto questo fermo per mano di un ministro , oltreché non imbarazza punto la manualità , sodisfa esattamente all'uopo. Si fa quin- di con un bistorì comune l'incisione della parete an- teriore dell' intestino , della cellulare intermedia fra l'intestino e l'uretra , dello sfintere dell' ano e del perineo , avvertendo di non eccedere i limili della determinata estensione. Fatta tale incisione , cosa che si eseguisce con maggiore facilita coli' aiuto del gor- geret , che del dito , si prende il nuovo litotomo, e si compie l'operazione , come si disse , praticando il metodo laterale. (i) Se non fossero di piena soddisfazione questi ultimi van- taggi, o si volesse approfittarne solo in qualche circostanza, potrà estrarsi immediatamente il litotomo , ed asta insieme dal- la vescica , e contentarsi del sommo , ed essenziale vantaggio consistente nell' ottenuta precisione dal taglio tanto in rappor- to all' esteasioiie , quanto alla direzione di esso. 282 Scienze Fra i tanti disgustosi incidenti , che s'incontra- no neir esercizio della litotomia, evvi anche quello di essere costretto di fare il taglio alla parte destra del perineo. In tale caso non evvi sic uraraente lito- tomo più adattato di quello , di cui si parla , e par- ticolarmente se l'operatore non è ambidestro , potendo essere spinto in vescica tanto colla mano destra , che sinistra con eguale facilita ed esattezza , purché sia bene diretto il siringone (1). (i) Non trovasi fra i fasti della litotomia esempio alcuno, che sia stata praticata l'operazione della pietra alla parte de- stra del perineo. Toccò all' amatissimo mio precettore , lustro della chirurgia italiana , il professore Giuseppe Flajani di Ro- ma ad eseguirla per la prima volta in quella capitale nell'apri- le dell'anno 1800. Veggasi il tomo primo del giornale medi- co-chirurgico di Roma. Nel luglio dell'anno 1816 essendo chirurgo della rupub- hlica di S. Marino fui chiamato a Croce in Romagna per estrar- re la pietra ad un contadinello di circa anni 20. Trovai que- sto in Ristato di grande emaciazione , per esser tormentato da vari anni dal corpo estraneo. Di più l'ultima cistite, che eb- be due anni indietro avendogli portata distruzione di parte del collo della vescica , e della prostata accompagnata da asces- so, che si apri spontaneamente a destra del perineo , gli ri- mase la fistola urinaria. Occupava questa la parte media del- lo spazio triangolare , ed estendevasi lateralmente allo sfinte- re della vescica. Tali circostanze mi fecero deviare dalla pra- tica ordinaria, di eseguire cioè l'operazione nel proprio let- to senza lacci, e tenuto dai soli ministri, persuaso dell'im- mobilità , avuto riguardo al deperimento delle forse del pazien- te , e di fare il taglio alla parte destra del perineo, potendo farlo cadere sul seno fistoloso, come feci assistito dall'altro egregio , e dotto mio amico l'attuale medico di Recanati signor doti, Gaetano Zavagli. Furono estrattc due pietre: una del pe- L 1 T o T o M o 283 Dirà forse alcuno, che io mi allontano dalla mas- sima generalmente abbracciata , cioè che gli istro- menti i più semplici sono sempre i migliori , e per- ciò preferibili , e specialmente quando sono destinati a tagliare le parti. Che la mano guidata dal genio dell' uomo dell' arte è quella che deve operare , e non già, l'istroraento , che essa dirige ; che gl'istroraenti altrof non sono che ausiliari, e che devono essere sottopo- sti alla mano, che li maneggia, dove e come vuole ; cosa che non può fare , se l'azione dello stromento dipende da una macchina particolare , su cui non si può dominare operando ; che si può dire che certi istroraenti-raacchine vengono inventati per supplire al- la destrezza ec. Si risponde , che sembra dover es- ser questa l'eccezione della regola : giacche , se eoa questo litotomo non brilla la destrezza della mano dell' operatore , poco interessa , e basta che brilli per il paziente la sicurezza del taglio , la quale pur troppo è mancata anche allorché uomini di genio , operando sotto i miei occhi col litotomo semplice , hanno fe- rito chi l'arteria pudenda, chi l'intestino retto, e chi non ha penetrato in vescica , portando la tenaglia nel- la cavita della pelvi con l'ultimo sacrificio del pa- ziente. VANTAGGI DEL NUOVO LITOTOMO- 1, La somma felicita d'immettere la punta di esso nella scannellatura del siringone percorrendo Ta- so di oncie cinque , e l'altra di una. Nel corso di giorni 45 si trovò il mio maialo nel pieno della salute , meno che non si potò ottenere la perfetta guarigione della fistola , per la quale mi ero dctcrraiualo , e credo ragionevolmente , per il taglio a destra. 28^^ Scienze sta fra le branche della mezza luna , le quali obbli- gano la punta a tenere la stessa linea della scannel- latura suddetta , e cadervi necessariamente. 2. L'operatore anche il pili timido diviene co- raggioso ed intrepido nello spingere il litotorao nel cavo della vescica , perchè agisce non a mano vo- lante , o sospesa , come quando si fa uso di qualun- que altro , ma bensì a doppio punto d'appoggio. 3. Guidato il siringone, e guidato anche il lito- tomo, a differenza di tutti gli altri fin qui immaginati. 4. L'incisione, che ne risulta, è sempre preci- samente tanto neir interno , quanto all' esterno di quel- la estensione propostasi dall' operatore , giusta il sup- posto volume della pietra : e ciò perchè l'istromen- to non presenta estensione maggiore , ne minore, non essendo il suo lembo anteriore e tagliente , che la se- *ta parte di un circolo , ( il cui raggio sempre re- lativo , e proporzionato alla circostanza), e deve per conseguenza descrivere sempre linea eguale , qualun- que sia il punto , che tocca sulla scannellatura del si- ringone. 5. La sicurezza di non ferire 1' intestino retto , l'arteria pudenda interna , e la parete della vescica; 1 . perchè data la precisa obbliquita al siringone , giu- sta le prescrizioni del cav. Scarpa , come si disse , vi viene mantenuta nel movimento combinato del li- totomo col siringone , essendo i due estremi incastrati in modo da non poter divergere , né convergere dal- la linea fìvSsata. 2. Perchè nel movimento suddetto si spinge il litotomo e siringone insieme in alto sotto l'arco del pube , per cui allontanandosi in tal modo il tagliente dall' intestino retto e dall'arteria , ne vie- ne conseguentemente rimosso il pericolo della lesione delle suddette parti , che devono essere principalmen- te rispettate. 3. Perchè all' estremità superiore dell' LiTOTOMo 285 asta , graclalamente pertugiata , evvi una spina a vite, quale si trasporta da uti putjto all' altro , allorché si cambia nei diversi soggetti il siringone , che im- pedisce il progresso del litotorao , giunto che sia alla parte superiore del perno della mezza luna ; oltredi- chè trovandosi contemporaneamente la punta contro il bottone situato all' estremità del siringone , e più com- baciandosi esattamente il lembo concavo del litotomo con la scannellatura convessa del siringone , ognuno ben vede che , anche volendo , egli è impossibile di ferire le vescica. 6. La sicurezza e facilita d' incidere la prosta- ta anche passata allo stato d'indurimento, potendo spin- gere l'istromento con quella forza bastante a supera- re qualunque resistenza. 7. La sicura e diretta guida dell'indice traverso le parti recise per l'introduzione della tenaglia , e ciò per mezzo dell' asta liberata dal litotomo , e fat- ta rimanere appositamente ^n vescica dopo il taglio. 8. La sicurezza di portare francamente la tena- glia in vescica senza la complicazione di un gorge- ret , anche nella circostanza , che l' indice dell'ope- ratore sia molto adiposo , per cui non possa spinger- lo nella ferita per servir di guida alia tenaglia , o che per aberrazione della natura la prostata, collo dell' uretra , e orifìcio della vescica siano situati in alto pili dell' ordinario , e ciò perche la tenaglia in vi- sta della semplicissima innovazione , che non cambia punto la forma ordinaria di essa , viene sospinta at- traverso della ferita, strisciando lungo l'asta quale va- gina a ridosso del suo maschio fino nel cavo della vescica. 9. La possibilità di far uso del nuovo litotomo non solo praticando il metodo laterale , ma anche il ietto vcscicalc , purché in qucst' ultimo si abbia l'av- 286 Scienze vertenza di servirsi di un gorgeret , onde difendere la parete posteriore dell' intestino retto. 'IO. La tranquillità , che viene accordata all'ope- ratore nella circostanza di dover fare il taglio alla parte destra dei perineo per essergli indifferente , gui- dato che sia il siringone, di spingere colla mano de- stra o sinistra il nuovo litotonio in vescica nella si- curezza della regolarità, del taglio , conoscendo , che desso , purché venga spinto al suo destino, come dis- si , descrive due linee curve perfettamente paralelle al siringone. Quindi è che persuaso della massima dell' illu- stre signor Tommaso Alghisi , che la litotomia è una delle più difficili e pericolose operazioni che fac- ciamo sopra il corpo umano , ed intorno alla quale sarà sempre bene spesa ogni fatica , che vaglia a fa- cilitare l'intelligenza e la pratica , e persuaso altresì di fare cosa grata , particolarmente a quelli , che non sono abbastanza addestrati al maneggio degli istro- menti usati in sì delicata operazione , ho vinto quel- la titubanza , che mi tormentava ( trattandosi di pro- duzione di una cosa nuova ) , e mi sono determina- to , dietro gli impulsi di alcuni rispettabili miei ami- ci , e pili per i felicissimi risultati costantemente ot- tenuti , di rendere pubblico questo mio piccolo lavo- ro. Desidero , che venga accolto di buon grado dai miei fratelli di professione , come desidero che essi aggiungano col loro ingegno qualche cosa maggior- mente vantaggiosa in sollievo della tormentata umani- tà , sia una scintilla da cui possa in appresso scatu- rire per loro mezzo luce risplendente , e arrivino , se è possibile , a mettere il colmo alla perfezione (1). (i) Potrebbe mai la tenaglia servir di manico e introdursi in vescica unitamente a tale istromcnto , e rendere cosi mollo j)iù breve, e meno dolorosa l'opcraziouc P L 1 T O T O M O ^8' SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. Fig. 1. Essa rappresenta il litotomo, ed asta insieme. Lelt. a. Il punto d'unione del litotomo coli' asta me- diante una vite. » b. L'anello mediante il quale si unisce il lito- tomo alla mano dell' operatore , e viene spinto in vescica. » ecce. Trafori per l'intromissione di una spina a vite. » d. Lia spina suddetta, che può essere traslocata da un traforo all' altro secondo la lun»hez- za del siringone , che si adopera. » e. L'estremità inferiore del litotomo in forma di semicircolo, Num. 1. Triangolo equilatero, avente il solo lato an- teriore tagliente. » 2. 3. Gli altri due triangoli senza lato tagliente. Fig. 2. Essa presenta il litotomo separato dall' asta. Lett. /. Ripiegatura a sinistra, che serve pel neces- sario contrasto sulla costa dell' asta. Fig. 3. L'asta divisa dal litotorao. Lett. g. Licavo pel combaciamento della ripiegatura suddetta situata sulla estremità superiore del litotomo. Fig. 4. Il manico del siringone isolato , e veduto nella sua parte anteriore. Lett. h. Solco per libero movimento dell' asta. » /. Vile per fissare , e registrare secondo il bi- sogno la suddetta mezza luna. y m. Foro pel l'intromissione , e punto d'unione del siringone col manico. Fig. 5. La mezza luna posta sulla parte laterale si- nistra del manico del siringone , e preci- samente giusta la direzione dell' asta. 288 Scienze Lett. TI. Perno di essa. » o. Luogo ove resta situata una rolellina per mi- norare l'attrito dell' asta. Lett. p. Divaricazione delle due punte superiori del- la mezza luna per la piiì pronta intromis- sione dell'asta. Fig. 6. Una rotellina situata sul punto inferiore , e medio della mezza luna per l'uso suddetto. » 7. Manico e siringone uniti , veduti nella par- te laterale sinistra. Lett. ^. Mezza luna. » r. Parte del perno, che trapassa il manico. » s. Vite , che unisce strettamente il siringone al manico, Fig. 8. La vite , che serve per l'unione del litoto- mo air asta. Modificazione fatta dal dottore Francesco Gattei sul di lui litotomo. Facile est inventis addere. L'economia del tempo nelle operazioni chirurgi- che è senza dubbio cosa molto pregevole , e tranquil- lizzante per il malato e per l'operatore. Nella lito- tomia poi un solo atomo di meno è sommamente pre- zioso non tanto per la sottrazione dei dolori , quan- to per torre da quell' apparato imponente , e dall'in- comoda posizione il paziente , il quale è sempre pal- pitante lincile non si sente a intonare dall' operatore tutto è finito , e non si vede libero da quei tormen- tosi lacci , che lo tenevano immobile. Tali verità incontrastabili hanno indotto il sud- detto a rivolgere di nuovo il pensiero sul di lui lito- tomo ( che con miggioi- precisione può dirsi cistoto- I L I T o T o M 0 289 rao ) , e dopo ripetuti esperimenti ha dovuto conviu- cersi , che facendo uso di quello , si può introdurre la tenaglia in vescica con tutta facilita e sicurezza sulla direzione di esso e del siringone , servendo que- sti due istromenti insieme da gorgeret il più esatto. Che il litotorao può essere estratto con altrettanta fa- cilità e sicurezza senza smontarlo , trovandosi in vesci- ca e siringone e tenaglia. Che finalmente si può ren- dere COSI Toperazione molto piiì breve e sicura , non avendo bisogno del dito , ne dell' asta per guida, a differenza di ciò , che fu detto alla pag. 1 1 del suo opuscolo pubblicato in Pesaro nel giugno 1832. Ed eccone il modo. Si tronchi l'asta fi§. 3 otto linee al di sotto del punto d'unione di essa col lifo- tomo /ig'. \. lett. A. Premessa tale correzione sempli- cissima , s'introduca il litotomo in vescica , come al- la pag. 10 del citato opuscolo, non essendo per que- sta punta variata la sua forma ft^. \. Lo si abban- doni colla destra , e venga mantenuto in posizione col- la sinistra , che impugna il manico del siringone, me- diante la pressione del pollice di essa su quella por- zione d'asta incastrata nella mezza luna fig. 7. lett. q. Si prenda la tenaglia, spingendola immediatamente in vescica sulla direzione del litotorao , che viene rice- vuto dai cucchiari di essa , senza che lo stringano , non essendo la loro divaricazione ordinaria minore del- la grossezza della costa di esso (che diversamente con- verrebbe adattamela ), ne maggiore della grossezza del siringone , per cui la sommità dei detti cucchiari vi trovano appoggio sulla convessità di esso ai lati del- la scannellatura , ed è pronto il loro arrivo al di la della ferita della prostata. Si dia per un momento a tenere la tenaglia ad un ministro. Si estragga frattan- to colla destra mano il litotorao, e colla sinistra il si- G.A.T.LVl. 19 290 Scienze lingone. Riprenda di nuovo roperatore la tenaglia , e faccia l'estrazione della pietra. Perchè poi la presenza della tenaglia in vescica in unione del litotorao e del siringone non porga ^il più piccolo ostacolo, e perchè tutto vada regolarraen- le , e colla possibile prestezza, conviene avere alcu- ne avvertenze. 4. Che nell'atto dell' estrazione del litotorao si faccia subito sortire la sommità dell'asta dalla mezza luna , onde la concavita di esso , nel movimento retrogrado in mezzo ai cucchiari della te- naglia, si adatti alla convessità del siringone. 2. Che il punto di congiunzione delle branche della tenaglia non oltrepassi la ferita della cute e della cellulare , noa essendo necessario di spingere più oltre , per essere la lunghezza dei cucchiari di tre pollici , e perciò piiJi che sufficiente per trovarsi colle loro sommità , anche spinte solo a quel punto , al di là della ferita della prostata. 3. Che il ministro , cui si affida momen- taneamente la tenaglia , faccia la presa sopra un so- lo occhio di essa , e la sostenga come gli viene con- segnata dall' operatore in direzione obliqua da forma- re un angolo ottuso col siringone , onde i cucchia- ri e r intavolamento' della tenaglia stessa non formi- no resistenza alcuna alla sortita del litotomo. Ciò posto , e quando la pietra non sia causa di ritardo ( della qual cosa l'operatore non risponde ) , si compie l'operazione in un minuto, e forse in minor tempo, se si vale di quell' istesso litotorao anche per l'incisione degl' integumenti e della cellulare. Non per desiderio di gloria ha voluto palesare pubblicamente l'accennata modificazione , ma pel solo amore della professione , reputandola di utilità per il paziente ^ e di sicurezza per chi opera. 291 Congetture intorno alla origine della cotenna del san- gue : di Michele Santarelli prof, di medicina teo- rico-pratica nella università di Macerata ec. Sanguis ab initio morbi emissus naturali fere conspici- tur siinilis; qui paulo tardius educitur, hic corio den- so flavescente ac tenaci ... ut plurimum obtegitur. Franck Epit. i86. 1 . t^no dei fenomeni più frequenti della infiamma- zione è la coutenna del sangue. Apparisce la medesi- ma qualche ora dopo eseguita la flebotomia , e più cliiaramenle ove il sangue sia ricevuto in un vaso co- nico o cilindrico. Occupa la parte superiore dello stes- so fluido, quella cioè che trovasi in immediato con- tatto coir atmosfera , ed affetta di assumere la forma concava , rilevata cioè nel contorno a simiglianza di fungo. Molte opinioni furono prodotte intorno alla di lei origine , ed al valore indicativo che merita la di lei presenza nelle malattie. Alcuni credettero che si dovesse alla soluzione, o morbosa fluidità del sangue; altri air addensamento del medesimo. Molti scrittori sono oggidì di avviso, che allorché si riscontra, esi- sta sempre diatesi inflamraatoria ; e qualcuno non ha temuto di stabilire, che negli elementi che la compon- gono consista la stessa diatesi flogistica. Quanto que- ste opinioni possano avere d'influenza nella pratica me- dica , non vi è alcuno che noi vegga. Non riuscirà adunque discaro ai miei alunni , che io presenti loro i risultati di una lunga pratica eseguita senza pre- venzione. A (lìriche poi il mio discorso riesca ordinato 19* 292 Scienze e chiaro , riferirò priaia i risultati generali delle mie osservazioni sulla cotenna. In secondo luogo dedurrò da queste generali osservazioni le conseguenze neces- sarie che ne emanano , e finalmente proporrò le mie congetture intorno alla causa di tal fenomeno. Discen- diamo alla prima parte. 2. Fu gik osservato dal più grande clinico del- la Germania , che frequenti volte il primo o il se- condo salasso non somministra cotenna , tanCb in qual- sivoglia febbre inflammatoria, quanto nella plcuritide, mentre poi in progresso questa si manifesterà densis- sima fino al termine della malattia. In molti casi io Jio osservato non solo trascorrere la seconda e la ter- za flebotomia , ma anche un maggior numero. Meri- ta ricordo il seguente esempio. Nel mese di marzo dell' anno 1832 fui invitato a visitare, associalo al dott.Fran- ce5co Sisti , il sig. Benedetto Ilari capitano delle trup- pe ausiliarie di questa provincia, affetto da grave pneu- monite. Si celebrarono successivamente dieci salassi , ed il sangue non mostrò mai cotenna. Comparve que- sta air undecimo, e si sostenne sempre fino al decimo ottavo : dopo il quale l'infermo si trovò ristabilito. 3. Per le mie osservazioni risulta , che tanto pili frequentemente manca la cotenna nei primi salassi , quanto piti sollecitamente questi furono istituiti ; di modo che se l'infermo trascurò per alcuni giorni la malattia, il sangue anche primo sarà corredato di co- tenna ; e per l'opposto se la flebotomia sarà celebrata al comparire della malattia, forse non si troverà nel sangue alcun vestigio di crosta. Questo almeno è quel- lo che io ho rinvenuto il piiì delle volle , ma non però in ogni caso e costantemente. 4. Può ancora la cotenna cessare dal farsi vede- re , persistere l'infiammazione , e richiedersi la ripe- liziunc del salasso. Più fiate ho ciò osservato , e fat- CoTENMA DKL SANGUE 293 to osservare al mici alunni in questo civico ospedale e militare. Narrerò un caso assai recente. Giuseppe Raimondi , cacciatore della 3 compagnia del 2 batta- glione Zamboni , avea sofferta emoftsi accompagnata da febbre , e si era ristabilito mediante regime del tutto antiflogistico. Dopo due mesi di sanità per nuo- vi disordini ritorna a infermarsi ; ha molta febbre , tosse, difficolta di respiro, impossibilita di decombere al lato sinistro , e dolore nel medesimo. Dopo il ter- zo salasso corredato di cotenna continuano gli stessi sin- tomi ; delira ; se ne istituisce un quarto senza che questa comparisca , poi si applicano le sanguisughe al torace, e si compie il restante della cura coi tem- peranti. 5. Ma vi sono dei casi nei quali , dopo l'ap- parire della cotenna nei primi salassi , questa in al- cuno dei successivi non si potè riscontrare ; ritornò a comparire negli altri. Fra le osservazioni dimostranti la verità di questo asserto nei miei diarii, se ne de- scrive una a cui chiamai l'attenzione dei miei allievi, presentata da un soldato sui primi del mese di lu- glio 1831. Fin qui intorno alle apparenze di vario aspetto , considerata l'anteriorità o posteriorità del cuc- jo inflammatorio negli antecedenti , e nei successi- vi salassi. 6. Le stagioni influiscono anch' esse nella forma- zione della cotenna. Le infiammazioni appariscono egual- mente nella state , che nell'inverno, checche altri ne abbiano scritto. Ma è certo che nella stagione inveì- ^ naie la cotenna del sangue si mostra più costantemen- te che nella state. Questo è quello che io ho osser- vato per lunga serie di anni. Essendosi di tal feno- meno tenuto conto in questo ospedale civico-railitare da me e da' miei allievi, abbiamo ottenuto per lo me- no i seguenti risultali. La terza parte dei salassi esti- 294 Scienze vi manca di cotenna posti a confronto Con quelli ce- lebrati neir inverno. 7. La densità e grossezza della cotenna non è in jstretto rapporto con la intensità dell' infiammazione. Frequentissime volte, mentre questa ultima e vicina a spegnersi , la crosta pleuritica si fa vedere più copio- sa , e non di rado l'ultimo salasso ne h più ricco de- gli antecedenti. Non evvi alcuno dei miei uditori, che di tal fenomeno non sia stato testim «nio numerose volte. 8. La presenza della cotenna non è guida sicura per continuare nella ripetizione dei salassi. Antonio Sil- vestri fu preso da pleuritide ; s'instituirono i salassi, e quandanche i sintomi morbosi, diminuiti prima di nu- mero e di vigore , poi cessassero , pure fu continuata ]a ripetizione di nuove flebotomie in vista soltanto del- la persistenza della cotenna. Egli morì dopo la deci- masettima rifinito di forze , rimproverando al medico di averlo reso esangue. Tali esempi pur si riscontra- no , e non vagliono a compensare qualche raro feli- ce avvenimento. 9. Ogni qual volta apparisce la cotenna, non per questo la sezione dei cadaveri ha dimostrato esistere ancora infiammazione. Ecco un fatto assai notabile. La Cervini, giovane di anni 21, di costituzione deli- cata , solita a cibarsi parcamente , oppressa da tristez- za di animo , essendosi esposta non ben coperta ad umida atmosfera, fu presa da dolori alle articolazioni delle braccia, delle mani , delle estremità inferiori , e dei piedi. Leggermente si gonfiarono queste , e so- praggiunse la febbre. Fu salassata più di una volta, e dopo alcuni salassi , e non prima , incominciò a tossire. Si continuò nelle emissioni di sangue, perchè i polsi erano stretti , e mostravano il fallace sinto- mo detto vibrazione. Sopraggiunse l'ortopnea , veniva minacciata da soffocazione volendo decombere o nel GoTEIfNA DEL «AlXGUE 295 destro o nel sinistro lato. Pallido era il volto : ma si proseguì nelle flebotomie , perchè il sangue estrat- to compriva ancor cotennoso ; ma dopo la decima- terza, spirò. Bianco qual neve era il cadavere, e co- sì le labbra. Niuna infiammazione si rinvenne nei pol- moni , nelle pareti del torace , e neppure nella tra- chea, e nel cuore, e nelle tuniche tanto esterne quanto interne dell' aorta, e delle altre arterie , e così di al- tri vasi maggiori e di ogni altro viscere , ma tutti era- no cedevoli e di colorito sparuto. Nel cuore non si trovò sangue ne grumoso, ne fluido, e neppure nei Vasi che partono da questa viscera , ma all' opposto una quasi fluida mucosità. Il sacco del pericardio , e le due cavita toraciche erano colme di limpidissi- mo siero. L'autopsia cadaverica fu instituita nella ca- mera anatomica alla presenza dei professori di medi- cina di questa università. 10. In alcuni casi però persiste la cotenna nel sangue dopo spenta la preceduta infiammazione. Sussi- ste, è vero, la febbre, ed alcuni sintomi locali ; pure si è formata già condizione del tutto diversa , la qua- le richiederà trattamento opposto all' antecedente. Ri- ferirò il seguente fatto accompagnato dalla piiì de- siderabile pubblicità. La dama Politi di Piecanati, do- po lunga passeggiata per erto colle , ed esposta al sole , fu aggredita da tutti i sintomi di pleuritide , febbre , tosse , difficoltà di respiro. S'istituirono suc- cessivamente dieciotto salassi suggeriti tanto dagli ac- cennati fenomeni , quanto dall' ostinazione della co- tenna. Quattro medici, i piti accreditati della provin- cia, erano chiamati a consigliarla. Si dovca celebrare il deciraonono salasso, allorché io giunsi un'ora prima del mezzo dì. Era febbricitante l'inferma, rimaneva seduta iii letto , e non poteva decombere da niun lato per ti- more di sofibca mento. Aveva (osse, la quale s'inasprì- 296 S e I K N Z E va volendo Ispirare , sputava materia puriforme ed in gran copia , che in qualche giorno nello spazio di 24 ore ascese al peso di sedici oncie. Le mani erano ede- matose , ed anche le antibraccia. Profitto dell' ora tarda per ordinare un pan grattato , e sospendere con tal pretesto il designato salasso. Intanto cerco d'is- truirmi della storia della malattia , faccio parecchie interrogazioni alla malata , die a stento potea rispon- dermi. Rilevo , che dopo celebrati gli ultimi salassi essa sentivasi (sono sue parole) strappar l'anima ; che vi fu qualche giorno dopo la meta del corso della malattia , nel quale le era sembrato star molto me- glio , e che di presente piià nulla sperava. Non tra- scuro questi ultimi detti. Ritornata la febbre alle ore venti italiane, all' avemaria le propongo una tazza di brodo ove sia sciolto mezzo torlo d'ovo. Lo gustò , e se ne dichiarò contenta. Alle ore tre della sera le faccio prendere una zuppa con brodo di pollo. Dopo la mezza notte ritorno a vtiderla , e non solo non tro- vo peggioramento , ma mi disse che serabravale di es- sere alquanto confortata. Due ore prima del giorno vengo a visitarla , e le faccio prendere un torlo d'ovo similmente diluto con brodo. Anticipo di due ore il pranzo , e lo rendo alquanto piti abbondante. Col vitto nutritivo sempre crescente , e colla decozione di cor- teccia peruviana ne' giorni successivi , faccio nuove conquiste. Finalmente con due vessicanti applicati alle braccia apro uno scolo all' umore sieroso, e dopo do- dici giorni l'inferma entra in convalescenza. Ecco per- tanto sussistere la cotenna accompagnata da sintomi febbrili e locali , mentre l'infiammazione non solo non esiste pii!i, ma una condizione ben differente ed op- posta , che esige cura ristorante , e non antiflogistica. 11. La crosta pleuritica non ista in rapporto coi principii reputati più attivi del sangue. Cosi mentre Cotenna del sangue 297 neir incouiiuciaie delT iufiummazione questo fluido ab- bonda della parte rossa , la quale ne forma quasi la totalità , ciò non ostante non vi è crosta o almeno non evvene in gran copia. Per l'opposto nei succes- sivi salassi, allorché l'insola nuota in molta copia di siero, la di lei superfìcie superiore si copre di densa cotenna. Di modo che si può asserire nella maggior parte dei casi la quantità e fermezza della crosta es- sere in ragione della soprabbondanza della parte sierosa. 12. Risultando la cotenna di fibrina e di mu- cosità , l'osservazione dimostra che quest' ultima pre- vale alcune volte in copia alla prima negli ultimi salassi. 13. Il cuoio del sangue tanto apparisce nei ple- torici , quanto negli individui di opposta costituzio- ne. Cos'i ho le cento volte osservato infermi deboli e rifiniti presentare col loro sangue abbondante crosta , all' occasione che per freddo o altra simile causa fu- rono colti da malattia infiammatoria. 14. Perchè comparisca la cotenna flogistica non h necessaria disposizione o diatesi alcuna generale del sistema. Numerosissimi inferrai di tutte le età , di tut- ti i temperamenti, dopo una caduta, o dopo gagliar- da percossa, o dopo grave ferita divenuti febbricitanti, diedero sangue cotennoso , se non nella prima alme- no nelle susseguenti flebotomie. 15. Mi ò sembrato ancora di potere stabilire con qualche probabilità, che le infiammazioni del polmo- ne e del fegato presentino più prontamente la co- tenna , paragonate alle infiammazioni della milza, del cervello , e di altri visceri. In progresso di tempo pe- rò qualunque organo e qualunque parte mi parve som- ministrare gli stessi risultati. 1G. Quand' anche raramente, pure qualche vol- ta mi è avvenuto di riscontrare la cotenna in indivi- 293 Scienze: dui sani, che si eraao salassati per obbedire airabitùdìnei d'istituire in ogni anno nella primavera la consueta pur- gazione. Taccio del sangue cotennoso delle gravide , perchè alcuni medici oltramontani prima, quindi a lo- ro esempio alcuni italiani, riguardarono la pregnazio- ne come processo infiammatorio. Ad oggetto di con- ciliare a queste generali osservazioni la dovuta fidan- za , voglio che i miei uditori sappiano , che sono il risultato di osservazioni eseguite nello spazio di qua- si cinquant' anni , e che in questi ultimi tempi, cioè dal 26 febbraio 1831 fino al 31 marzo 1833, in que- sto ospedale civico militare si celebrarono 911 salas- si. Premesse queste generali osservazioni, rivolgiamoci air esposizione dei corollari , che ragionevolmente se ne debbono dedurre. 17. Se la cotenna il pliì delle volte non com-* parisce nel principio delle infiammazioni, come abbia- mo osservato al parag. 2, e come viene anche testifi- cato da molti scrittori , è forza concludere che in tali casi la fibrina eccedente, che la costituisce, non esiste ancora nel sangue. E sarà inoltre mestieri con- venire, che l'infiammazione non è l'effetto della me- desima. 18. Lo stesso corollario viene confermato al par.4, secondo il quale frequenti volte nel progresso della malattia sparisce la cotenna, ma pur sussiste l'infiam- mazione. Se la crosta flogistica , o i di lui elemen- ti, costituissero quella condizione del sangue, che ge- nera la flogosi , la cotenna non potrebbe mancare esistendo il di lei effetto. 19. Se alcuni individui, posti in istato di sanità, e salassati per sola precauzione, presentarono pur non ostante un sangue cotennosso , come abbiamo visto al parag. 16, invertendo si deve concludere, che né dalla cotenna ne dai suoi principii è prodotta l'in- fiaramazìone. Cotenna del sangue 299 20. Non solo il sangue cotennoso non e causa della flogosi , ma in oltre non è in rigoroso rappor- to colla medesima , e quindi sicuro indicativo della di lei esistenza. Ciò apparisce evidente da quanto ab- biamo teste asserito , ma viene anche confermato da ulteriori riflessioni. Abbiamo rimarcato ai parag. 7 e 8, \ che assai frequenti volte, a seconda che si ripetono le flebotomie, la cotenna apparisce più abbondante , mentre l'infiammazione si abbassa, e si spegne. Se la cotenna fosse causa della flogosi o indicante la flogo- si , tale aumento non potrebbe avvenire. '21. Da vantaggio abbiamo riscontrato nei par. 9 ^10 sussistere la cotenna, e non solo non esistere infiammazione, ma uno stato opposto che appellereb- bero oggi astenico o adinaraico, e che Ippocrate avreb- be denominato di esaurimento. Ciò posto, noi affide- remmo la salute dello infermo ad un segno molto equi- voco ogni qual volta dalla presenza , o dalla inten- sità del cuoio flogistico, volessimo trarre indizi per ammettere l'esistenza della flogosi o la di lei forza. 22. Avanzando di un nuovo passo asserisco , che la cotenna senza verisimiglianza di ragione si ascrive- rebbe alla preesistente crasi del sangue , o al di lei impasto, se cosi si preferisce chiamarla nei casi di per- cossa e di ferita, che noi abbiamo riferito nei par. 13 e 14. Imperocchci per tali accidenti il sangue non può esser cangiato nel rapporto del quantitativo degli ele- menti , ma solo potrà ricevere da altri fonti quei prin- cipii , che formano l'eccedente e morbosa fibrina co- stitutiva la cotenna. 23. Finalmente il rinvenirsi quotidianamente la crosta molto fìtta , e molto grande quanto più l'in- sula del sangue nuota in gran copia di siero , come abbiamo fatto conoscere al parag. 11, cioè quanto più il fluido sanguigno è povero della parte rossa ed at- 300 Scienze ^iva, non è un fatto che si oppone tanto a quella ipo- tesi che ripete l'esistenza del cuoio flogistico dai prin- cipi! plastici del sangue, come a quella opinione , che annette necessariamente la cotenna alla diatesi inflara- matoria ossia alla iperstenia ? 24. Concludiamo pertanto che la cotenna può esi- stere senza infiammazione , che l'infiammazione spesso esiste senza la cotenna , e che la quantità e fermez- za della cotenna non è in istretto rapporto coli' inten- sità della flogosi; non per questo neghiamo alla me- desima ogni valore in alcuni casi. Possiede la crosta flogistica qualche indicazione , allorché fanno ad essa corteggio i sintomi e le circostanze proprie delle flera- raasie. 25. E non sarebbe utile lavoro ricercare l'origi- ne della crosta pleuritica, a fine di preservarci con ta- le discoperta dagli errori , a cui possiamo esser trat- ti nella pratica da falsa nozione della di lei prove- nienza ? Tale inquisizione quanto sarebbe utile, altret- tanto è pericolosa : onde io mi limiterò a proporre al- cune timide congetture su questo difficile argomento. 26. Primieramente osservo , che tanto nel sangue arterioso, quanto nel venoso degli uomini sani, esisto- no sempre gli elementi della cotenna , e che eseguita l'estrazione del primo , dopo alcune ore di riposo può separarsi la fibrina dal crassamento per mezzo della lozione. Mi ritrovo incapace di rinvenire tutte le sor- genti di tali elementi. Per buona sorte non è questa la mia questione. Io cerco di conoscere d'onde deri- vi queir eccesso di cotenna , die si rinviene all' oc- casione di malattia. La prima ipotesi che si presen- ta allo spirito sarebbe di ascriverla alla conquassazio- ne del sangue agitato dal movimento febbrile. Ma ab- biamo visto nel parag. 16, che alcune fiate negli uo- mirii sani e privi di febbre e d'infiammazione , il san- Cotenna del sangue 301 glie estratto è coperto eli cotenna. Indo ve resamente adun- que da delta confjuassazione verrebbe ripetuta. 27. Abbiamo visto ancora ai parag. 2 e 4, che non di rado dopo alcuni giorni di fe.ljbre pur la cotenna non apparisce , e che altre volte non più si scorge dopo che sì fece vedere negli anteriori salassi quand' anche con- tinui la febbre. Dunque neppure l'agitazione febbrile è causa della crosta : imperciocché in tale ipotesi la pri- ma non potrebbe essere disgiunta dalla seconda. 28. Alcuno sarà forse tentato di attribuire l'ec- cedente fibrina all' aria respirata abbondantemente nel tempo della febbre , attesa la maggior frequenza della respirazione : giacche le analisi chimiche dimostrarono, esser composta la fibrina per la maggior parte da una delle sostanze costituenti questo fluido. Abbenchè que- sta supposizione si affacci con qualche verisimiglianza, non pertanto [non può essere interamente adottata : perchè ove ciò fosse, la cotenna dovrebbe rinvenirsi sempre nel sangue dei febbricitanti. 29. Oltre ciò riscontrandosi da quando a quan- do velato di cotenna il sangue degli apiretici , come teste insegnammo , la proposta ipotesi non sembra po- tersi ragionevolmente ammettere. 30. Sì potrebbe anche immaginare , che gli ele- menti della fibrina venissero condotti nel sangue o dal chilo , o dagli altri umori che si scaricano nel torren- te sanguigno , i quali ne fossero in antecedenza uber- tosamente provvisti. Se ciò fosse, i primi salassi do- vrebbero essere sempre più ricchi di cotenna. E men- tre l'infermo osserva la più rigorosa dieta , e riceve soltanto bevande per suo alimento , come potrebbe il chilo somministrare maggior copia di princìpii atti a formare la cotenna ? £ non dovrebbe esserne assai po- vero in tali circostanze .'' Altrettanto dicasi degli altri umori. Vi è ancor più. Abbiamo osservato la coten- 302 S e I E N I K na frequenti volle esser maggiormente copiosa sul fini- re delle malattie, paragonata all' altra che si presenta ije' tempi anteriori. Ora non dovrebbe procedere la bi- sogna in senso contrario ? Quest* ultimo fatto cosi co- stante , e che non può richiamarsi in dubbio, non sug- gerisce una sentenza del tutto opposta ? Ma qual sarà ella mai questa sentenza ? 31. Io penso che la cotenna del sangue sia un eccesso dì secrezioni della sostanza fibrinosa. Ed in ve- rità in ogni qualsivoglia febbre non vengono quasi tutte le secrezioni ed escrezioni a cangiarsi in qualità ed in copia ? Scemano per lo più ia principio, sì ac- crescono in progresso, e sul finire aumentano maggior^ mente. Sogeiacciono in tale occasione le secrezioni e le escrezioni a molte anomalie , le quali provengono da condizioni non interamente conosciute; spesso dalla for- za maggiore o minore degli agenti che produssero lo stato morboso ; altre volte dai gradi diversi di sensi- bilità degli individui , ed altre dal disaccordo dell'ec- citamento morboso nelle diverse superficie del corpo, in alcune delle quali è gravissimo , mentre in altre è lievissimo. Ora la cotenna non sì mostra anch' essa variabile nel modo stesso , e non segue l'andamento di quelle ? 32. In sul comlncìamento quasi sempre si desi- dera. Si rinviene or più or meno nel decorso della ma- lattia. Si trova copiosa poi in sul finire della febbre e della infiammazione , come abbiamo visto nei para- grafi antecedenti. 33. Similmente corno in ogni malattia, ma special- mente infiammatoria , se le forze venissero soverchia- mente aflìevolitc, spesso cessa or questa or quella escre- zione , e spesso no. Parimenti abusandosi del salas- so alcune fiate il sangue lascia di farsi vedere coten- noso , ed altre conserva la crosta abbenchè l'infermo Cotenna del sangue 303 sìa caduto in istato di languore. In somma quella stes- sa varietà a cui soggiacciono tutte le escrezioni ester- ne , elle costituiscono secondo alcuni le crisi , si rin- vengono ancora nella produzione della cotenna del san- gne. E di fatto all' occasione di febbre , le secrezioni e le escrezioni interne debbono essere sottoposte a quel- le stesse leggi che regalano quelle che vengono emes- se al di fuori ? Sono d'avviso , che non solo tali per- perturbazioni sussistono , ma che da queste , cioè d^ tali morbose secrezioni ed escrezioni abnormi , sorga il maggiore o minore pericolo dell' infermo, 34-. Ora mi resta rintracciare l'organo ove tale secrezione ed escrezione si eseguisce. Dico pertanto es- ser quest* organo la membrana interna delle arterie. Prima di esporre i fatti che ci condurranno a questa conclusione , prepariamoci a riceverla mediante l'argo- mento di analogia. La laringe, la trachea, i bronchi si rinvengono spesso intonacati da membrana spuria, la quale esaminata da Royer - Colard fu ritrovata risul- tare per la maggior parte di fibrina. La tonaca, che co- stituisce la superficie di tali organi , presenta tutte le esterne sembianze affatto simili alla parete intima delle arterie. Ed è si grande una tale somiglianza , che gli antichi diedero alla trachea il nome di arteria aggiun- gendole l'aggettivo di aspra. E questa somiglianza par che vi debita essere, se iiell' uomo estra uterino ammet- teremo incominciare la spinta del sangue alla circola- zione, dai bronchi , e da questi passare alla cosi det- ta vena polmonare, e quindi al cuore in quegli animali che ne sono provvisti , ed immediatamente all' aorta in quelli che ne sono privi. 35. Trasferiamoci senza ritardo alle arterie. Al- lorché queste s'infiammano, non si rinvengono poi qua- si sempre le interne superficie vestite da membrana spu- ria ? Gli aneurismi riconosciuti ornai da tutti i pato- 304 Scienze logi , prodotti di aiterite , or lente fin dal loro na- scere , ed or divenute tali per termine di acuta flo- gosi preceduta , non presentano sempre incrostamen- ti più o meno densi di fibrina ? I polipi di tali orga- ni , abbenchè accresciuti forse dagli elementi fibrino- si che nuotano nel sangue, non ricevono i primi sta- mi dalla febrina separata dalle tonache arteriose a cui aderiscono ? 36. Bello sarebbe il poter cogliere la natura nel fatto, mentre eseguisce un tal lavoro. Io mi proverò di farlo prevalendomi di altrui esprimenti. Il sig. Vol- pace avendo attraversato con un ago l'arteria di un cane, questo vaso si restrinse ed interamente si chiu- se. Esaminando un tal vaso si rinvenne, che una con- crezione fibrinosa era quella che lo occludeva. Que- sto sperimento è stato ripetuto collo stesso effetto ad oggetto di servirsene nella cura degli aneurismi. Se ogni superficie secretoria irritata sepera l'umore suo proprio con più o meno di allontanamento di questo umore dalla condizione normale , non sarà giusto il concludere , che la tonaca interna delle arterie è l'or- gano che separa la fibrina ? 37. E poiché mi sono permesso di far uso de- gli altrui esperimenti , permissione che non mi redar- guirà di temerità , ma che all' opposto donerà mag- gior autorità al mio discorso , le osservazioni di Kal- tembrunner, Leuret, Gentrin potrebbero rimanersi inu- tili nella presente quistione ? Es?ì osservarono , che il sangue dei vasi infiammati cangia calore, e che presen- ta alcuni fiocchi bianchi nuotanti e trascorrenti con esso. Tali sperimentatori crederono, a vero dire, esse- re i menzionati fiocchi una metamorfosi dei globetli sanguigni , o per meglio dire una decomposizione dei medesimi. Ma questo sentimento troppo contrasta con i cimenti del padre Della Torre e di Lazzaro Spai- Cotenna del sangue *iC^5 lanzanl , secondo i quali i globuli sanguigni si riman- gono sempre indivisi , e conservano sempre la loro forma primitiva. Non sarebbe più verisimile il dire , che detti fiocchi altro non sono se non gli elementi della fibrina ? Qui mi piace d'invitare i fisici italiani a rinnovare i menzionati sperimenti cogli occhi arma- ti di raicroscopii perfezionati non ha guari dall' arte- fice raodanese. 38. Non voglio intanto trascurare di proporre un rilievo , che sorge spontaneo dalle espressioni impie- gate dal sig. Leuret. Egli afferma , che a seconda che i vasi venivano stimolati, i globetti rossi sparivano po- co a poco, e che ritornavano a comparire a tenore che il movimento delle loro pareli veniva diminuendo. A me sembra piti naturale il credere, che questo eccesso di movimento accrescesse la secrezione , e dirò cosi la spremesse , e la versasse nel torrente sanguigno. 39. Obbietterà alcuno , che dalle cose esposte fin qui risulta, essere la fibrina il prodotto dell' in- fiammazione delle pareti arteriose. Io non nego que- sta conclusione, ma domando ai miei lettori : Si dovrà, poi per questo sabilire , che essa e esclusivamente il prodotto della flogosi.'* E non possono le secrezioni ac- crescersi senza che la superficie secretoria sia sempre in- fiammata ? Ogni qual volta o per afflizione o per gioia le lacrime sono versate più copiose dagli occhi, vor- remo noi credere che questi organi sieno infiamma- ti ? Ogni ([ual volta una saporita bevanda , o un pro- lungato parlare accresce la separazione della saliva , diremo che allora s'infiammarono gl'istrumenti da cui questo umore proviene ? E l'estro venereo eccitato dal- la vista di oggetto desiderato, in forza del quale l'umo- re prolifico in maggior copia si produce e si versa, diremo che è un infiammazione degli organi riprodut- tivi ? Il Laeunec con osservazioni dirette distrugge an- G.A.T.LVI. 20 306 Scienze che questo obbletto. Ritrovò egli le membrane arte- riose intonacate di fibrina senza che vi potesse disco- prire alcun vestigio di precedente flogosi. Anche a me è avvenuto più volte negli antecedenti anni , in quelli cioè che godeva della pii!i acuta facoltà visiva, di rinvenire le arterie spalmate in alcuni punti di so- stanza fibrinosa , senza che flogosi alcuna si ascon- desse nelle loro tonache. Ne' miei giornali ritrovo no- tato il caso di una donna morta per tisichezza , il cui polmone era infiammato e suppurato : nelT aorta ascendente allocavasi una concrezione fibrinosa della figura di un ascaride lombricoide , la quale oltrepas- sando il grand' arco si estendeva per cinque pollici nel- lo stesso vaso discendente. Le pareti eran del tutto normali , e neppure veruna macchia rossa si potè in fisse discoprire. Io pensai , che la membrana intima iell'aorta avesse concepito uno stato d'irritazione, par- tecipando del sopra eccitamento generato dalla flogo- si dei vicini polmoni. Ma una tale condizione potreb- be confondersi colla stessa infiammazione ? 40. In ogni modo la conseguenza che qui nuo- vamente si affaccia si è, che la cotenna , o per me- glio dire la sostanza fibrinosa, non è la cagione del- la flemmasia , ma bensì il prodotto della medesima : conseguenza che benché fuor di luogo , p»ur non do- veva omettere di ripetere , giacché molli patologi alla fibrina attribuiscono la diatesi infiammatoria. 41. Richiamando ora alla memoria tanto i ri- flessi or ora es|)osti, quanto i fatti di sopra enumera- ti , si scorge che la fibrina costituente la cotenna può separarsi mentre non esiste ne infiammazione , ne feb- bre ; che nel tempo della febbre e della infiamma- zione si genera , con questa differenza però , che all' occasione della prima meno necessariamente ; della se- conda con pili di osservanza ; che può mancare raen- Cotenna del sangue 307 tre esistono queste due affezioni , e che può esistere dopo che le ultime si estinsero. Or tutte queste fasi non son proprie delle secrezioni? Quale spiegazione sulla origine della cotenna può meglio accordarsi colle leg- gi della fisiologia e della patologia di quella da noi proposta ? 4-2. E non s'intende ora perchè il sangue della donna gravida sia cotennoso, senza che per questo con- venga salassarla ? E non è manifesto ora perchè nel- le febbri biliose, qualunque siasi l'opinione che si por- ti della loro natura , abbenchè il sangue sia coten- nosissimo , pur non si abbia a progredire nelle flebo- tomie in vista soltanto di questa indicazione, come avverte il sìg. Tissot ? Concludiamo adunque , che la provenienza che io ho assegnata alla cotenna non si oppone a veruno dei fatti conosciuti dai pratici; che lungi da condurre questi in errore , li tiene riserba- ti e cauti nella prescrizione dei salassi ; finalmente che si accorda col restante dei fenomeni morbosi, che si svolgono nel decorso delle febbri e delle infiam- mazioni. Con qual risultamento avrebbe chicchessia potu- to incaricarsi di trattare dell' infiammazione , senza prima aver dirette le proprie ricerche su di un fe- nomeno così frequente e tanto oppostamente apprez- zalo ? A me dunque non era permesso omettere l'espo- sizione delle variazioni, a cui è sottoposta la coten- na, prima di parlare della flogosi. 20^ 308 Memoria di una idrocardia, del dott. Filippo Conti medico in Castelplanio di Iesi, dalla quale possono desumersi i veri sintomi caratteristici per essere sta- ta rinvenuta sola, e non accompagnata da altre af- fezioni dei visceri del torace, come venne conferma" to dalla necrotomia. V_Jhe una rigorosa ed imparziale osservazione dei fat- ti abbia mai sempre aperto il campo alla diagnosi e cognizione delle malattie : che per le fatiche di un* anatomia patologica siensi conosciuti e confermati i grandi rapporti, che legano i fatti stessi ; e che per questa viemaggiormente siasi rassodata la base per lo scoprimento dei diversi guasti morbosi , ella è ve- rità troppo incontrastabile, cui mai si oppose il genio capriccioso dei piiì fanatici pensatori. Presentansi nel- le vaiie specie dei morbi alterazioni così profonde ed oscure per la complicazione, che fra essi non di ra- do ne avviene da esternare nel loro aspetto sintoma- tico la sembianza di consimile malattia illudendo l'oc- chio il più esercitato. Tali affezioni sebbene spesso eludano i mezzi dell' arte , e sieno sempre mor- tali , non mancano però di arrecare al medico pra- tico la massima compiacenza , ed una estesa fama nel decoro della professione, allorché ne sappia penetrare la vera diagnosi , e ne pronunci ancora la prognosi più infausta. Egli è per questo , che io sottopongo alla pratica medica una malattia feconda di vantag- giose cognizioni, e che per non essere stata accom- pagnata da altre lesioni di parli o visceri ciscouvi- InROCAUDIA 300 Cini porge di leggieri l'csatla idea dc'suoi sintomi pa- tognomonici. [l chirurgo Antonio Orlandi di Castelplanio, dell' età di anni 50 circa, era fornito di temperamento ro- busto e sanguigno , mai non fu attaccato da infezioni veneree, scorbutiche od altre eruzioni che turbar po- tessero la sana costituzione de' suoi umori; per cui , troppo forse fidando sulle forze della sua perfetta com- plessione, esponevasi al rigore delle piiì incostanti sta- gioni con leggeri vestimenti. Dietro tali cause non fu esente quattro anni sono da una terribile malat- tia reumatica, che gli produsse ancora la paralisi degl' intestini e della vescica, impedendogli la libera espul- sione delle fecce e dell' orina , e quindi una forte paralisi al nervo ischiatico della coscia sinistra , che sebbene non impedito il moto, aveagli però cagiona- to un senso ottuso con torpore a tutta la gamba. Era pili o meno molestato da una frequente tosse, che afTatto non valutava , senza manifestargli alcuno in- comodo al petto. Avvenne però che nella metà cir- ca di settembre p. p. cambiò l'atmosfera in modo da farsi sentire assai fredda ed umida per due o tre gior- ni ; in tal circostanza fu molto sensibile l'impressio- ne del freddo sul suo corpo , per cui si accrebbe la tosse senza alcuna escrezione, e si rese piìi mole- sta. Dopo alcuni giorni ne conobbe più marcati i tri- sti effetti, poiché ad ogni moto del corpo un poco rapido , nelf ascender le scale od una strada un po- co erta , od anco soddisfacendo ai doveri coniugali, come ei stesso diceva, fissa vasi un forte dolore in mez- zo allo sterno, rendevasi sommamente diflicile la re- spirazione iusuio alla sua interruzione, per cui conve- niva fermarsi da ogni movimento o sforzo onde ripren- dere il respiro. Il color della faccia, che prima era vivo, si rese di un color pallido tendente al plumbeo 310 S e T E N Z E unitamente a quello dei labbri. Neil' insulto i polsi erano piccoli ed ineguali ; ma dipoi profondi e tesi. Fu da me consigliato di estrarsi subito sangue, facen- dogli conoscere il principio di una grave malattia ; ed ei prolungò insino a che una notte (5 ottobre) in mezzo al più placido sonno fu colpito dal più vivo do- lore allo sterno, accompagnato dalla grande difficolta di respirare , per cui corse subito al salasso, che parve apportasse un qualche alleviamento. I soliti incomo- di non eran del tutto dissipati la mattina, mantenen- dosi la respirazione alquanto difficoltosa : per il che credetti ripeter la sanguigna, la quale fu di qualche giovamento. Non per questo poi , abbenchè cessato il dolore allo sterno , e la difficolta di respirare , non facevasi sentire alla regione del cuore un ottuso senso di pressione e di grevezza, una certa oppressione, ed un certo costringimento. 1 polsi non mai febbrili, piutto- sto piccoli, celeri, qualche volta irregolari , che pe- rò compressi lasciavano al tatto l'impressione di una piccola corda tesa. Fissai l'idea su questi pochi segni, apprezzandone il valore , e pensava che una qualche causa morbosa produttrice di tali fenomeni si conte- nesse nel pericardio ; per cui ne afferrai la forza, ca- ratterizzando l'affezione per una idrocardia. E tanto più mi confermai su questa mia opinione, mentre ri- tornando in campo i suddetti sintomi, abbisognò ri- correre alla sanguigna senza il minimo sollievo: che anzi il dolore allo sterno, il peso e la grevezza (co- sì che l'infermo stesso esprimevasi sentirsi al cuore una grossa pietra) si resero tanto fieri da lasciare un doloroso e costante ristringimento al cuore stesso, che destava le smanie più atroci : quindi ansietà , agita- zione di tutto il corpo , decubito difficile da tutte le parti, desiderio di alzarsi e fuggir dal letto, dolo- re vivo alla punta della spalla corrispondente al c\io- Idrocardia 311 re tliffondentesi a tutto il braccio, color della faccia e dei labbri più marcatamente plumbeo , orina pal- lida, tenue e scarsa , mancanze e lipotimie , sudori freddi e copiosi con tutte l'estremità parimente fred- de, polsi intermittenti, esilissimi e quasi impercet- tibili, moto del cuore poco sensibile, non mai segni di palpitazione, infine dolore ai lombi, alla scapula , perdita della coscia affetta : per cui, persistendo l'a- cutezza di tali sintomi per lo spazio di '16 in 18 ore, in mezzo agli urli ed agli spasimi piiì atroci spirò (il giorno 8 ottobre). La da me afferrata diagnosi non mi fece limita- re alla sola indicazione delie sanguigne, ma furono, sebbene nel breve corso di tre giorni circa, amministra- te quelle sostanze cosi dette secretive ; pozioni nitra- te , una soluzione di manna , una infusione di digi- tale con della terra foliata di tartaro , cristieri anco- ra , e finalmente vescicanti alle braccia ed alle co- sce : il tutto però senza vantaggio alcuno. Ma non per questo è da rimproverarsi il medico pratico, men- tre nel giro dell' arte nostra ci abbattiamo di con- tinuo in morbi così irreparabili da sorprendere l'uo- mo pili sperimentato ed osservatore. Ella è somma glo- ria in tali casi , se io mal non mi appongo , il pe- netrarne la diagnosi , e il presagirne la prognosi più fondata e più certa. Ma qual valore dar si potrebbe alla qui riferi- ta istoria , ed alla conosciuta diagnosi, se esporre la volessi agli occhi dei medici senza l'appoggio della necrotomia ? Troppo scarsa d'induzioni patologiche sa- rebbe, se l'apertura del cadavere non ne presentasse i g'uasti ed i veri sconcerti. E nulla sarebbe la giu- stificazione del medico curante, se un uomo cosi caro agli amici , a tutti bene affetto , e da tutti pianto, si lasciasse sotterra fidando soltanto sul parere di uno. 312 Scienze Laonde coli' unione di molti mi accinsi alla sezione : riconfermai a tutti la mia asserzione costante suU'idro- pe del pericardio , ed aprendo il torace furono rin- venuti nello stato il più sano i polmoni, sana la pleu- ra senza alcuna aderenza o densità , intatto il media- stino , ninno umore in cavita. Esaminato il pericar- dio si scorgeva più dilatato e turgido: e tagliato al- la presenza di tutti, si e veduto pieno di una linfa sanguinolenta a guisa di lavatura di carne, del peso di una grossa libbra; preso il cuore, ha presentato un colore tendente al cupo e non naturale; alquanto com- presso, era di una fibra flaccida e poco consistente che rorapevasi al più piccolo sforzo : che anzi comprimen- dolo, tramandava verso l'apice per alcuni fori che sem- bravan rotture un sangue sciolto e alquanto spumo- so : la sua cavita ed i ventricoli erano affatto vuoti, e compresso verso i vasi scaturiva un sangue denso, nero, agglutinato. Mano il colore e la flaccidezza del- le fibre, non affacciavansi ne concrezioni polipose, ne escrescenze , ne dilatazioni , uè durezze che concorre- re potessero alla spiegazione dei sintomi. Il pericar- dio era coperto di una pinguedine più abbondante. L'addome fuori che una raccolta copiosa di gas nel ventricolo e negl' intestini , tutti gli altri visceri sani. Non e mio intendimento il trattenermi all' inve- stigazione di quei guasti morbosi, per cui i sintomi si esternarono. Le grandi osservazioni di Gretz, di Freind, di Valsalva, di Morgagni, di Lancisi ne presentano un campo ricchissimo. Esse forniscono a dovizia la pra- tica delle più vaste ricerche su tal genere. Superfluo sarebbe che ora mi diffondessi sulla causa della flac- cidezza del cuore , sulla quasi rottura , come dissi, del cuore stesso , e sul versamento sovrabbondante del fluido sanguinolento osservato nel pericardio. Ta- li prodotti morbosi sono abbastanza chiari per chi è Idrocardia 313 alcun poco versato nelle storie di un' anatomia palo- logica. Egli è al sommo desiderabile per la pratica me- dica il raccogliere quei segai particolari e caratteri- stici, che possono di per se soli portarci allo scopri- mento dell' idrocardia : mentre gli osservatori più spe- rimentati ci fan conoscere, esser cosa difficilissima la diagnosi di tal malattia per essere sempre accompa- gnata con altre affezioni del torace, per cui rarissima- mente può rinvenirsi isolata: Hjclropem pericardii af- fectiim rarissimwn esse , pronunciò Freind. Ed è per questo che l'immortale nostro Morgagni nell' epist. XVI, n. 20 caldamente raccomandò: Qitare et difficilliinwn est peculiarla ejus signa decernere , et diligentius sunt ejiis observationes^ si quando solus inventus est, at- tendendae. Non vi ha dubbio che nel nostro caso sieti- 8Ì osservati quei sintomi , che come insegna Borsieri, sieno ancora compagni dell'idrotorace, e di quei molti fondi morbosi che affettano il cuore : ma non è per- ciò che io non abbia potuto rilevare nella da me formata diagnosi quei segni individuali , che mantenutisi per se stessi costantemente immutabili , mi condussero allo scoprimento dell' idrocardia. Fissai ben ferma la mia idea su quella tosse osiinatamente secca , su quel co- lor vivo della faccia cangiato in plumbeo, sul dolore fisso allo sterno che compariva allorché da un piccolo moto interrompevasi il respiro, sull'interruzione del respiro a qualunque esercizio o sforzo con difficolta di riprendere la respirazione , sulla piccolezza ed ine- guaglianza dei polsi nel momento dell'insulto, sul sen- so ottuso di pressione e grevezza, oppressione e costrin- gimento limitato sempre al cuore. Dal complesso di tali sintomi, consultando nel tempo stesso i gravi precetti in- culcatici da Morgagni e Borsieri, mi assicurai della dif- ficile malattia di cui traltavasi. Troppo lungo sarei se 314 Scienze accinger mi volessi a far conoscere quanto malagevole sia la cognizione clelI'iclrocarcl»a per non rinvenirsi quasi mai sola e sce\Ta dalle altre affezioni dei visceri del tora- ce. Vieussen, Albertini, Hoffinann, Fantonio, Schreiber, Fischer, Keller, Reimann cogli altri molti di sopra ci- tati ci somministrano doviziose dottrine. Essi nelle esat- tissime loro istorie ci han lasciato quella grande unio- ne di sintomi , che accompagnarono l'idrope del pe- ricardio ; ma la necroscopia ha scoperto altri vizj ed alterazioni così marcate, per cui mai non si potè eoa rigore assegnare i veri e specifici segni dell'idrocardia. Quoniam igitur , dice il dottissimo Borsieri^ ìijdro- cardia saepe. cum aliis praecordionim vitiis conjun- gìtur , ut vix ullls iosa indiciis distingui possiti con- fiisis nimiruni utriusque medi , imo quandoque plu- riwn maloruni symptomatibus atque inter se pugnan- iibus : rulum. IF. cap. V. §. CLXXVI. Non ces- sa inculcarci questo chiarissimo pratico la grande e prudente circospezione che si esige nel pronunciare un fondato giudizio sulla diagnosi dell'idrocardia, die- tro le profonde osservazioni del nostro Morgagni, poi- ché nella citata epist. XVf. n. 48 confermò: Utinam liceret , saepius repetitis ohservationibus , si non alia signa animadvertere , ut ex iis quae proposita sunti quae saepius , quae rarius tum inter initia , tum sai' tem prope morbi ftnem ipsam comitentur , statuere \ Che però pensando , dopo i venerati precetti dei nostri padri dell'arte medica, aggiungere per la pra- tica una mia osservazione, ho procurata la massima esat- tezza 0 diligenza nel descrivere tutti i segni ed i fe- nomeni nel caso della presente idrocardia. Ho tenta- to i varj moti e le diverse posizioni del corpo, se po- tevasi dall' infermo sentire quella fluttuazione o ondu- lazione interna osservata dagli altri pratici : ho com- pressa la regione del cuore per conoscere se sotto la Iduocardia 315 mano auraentavasi quella pressione e t^revezze , oppres- sione e cestri ngirtiento ; ho voluto vedere se una pro- lungala ispirazione più volte ripetuta veniva tollera- ta : se sotto gli urti della tosse comparisse più vi- vo li colore allo sterno , e si rendeva incomoda o affannosa la respirazione : se questa , fuori della sua interruzione iiell' accesso dell' insulto , era mai gra- ve, penosa, molesta, o lesa in qualche modo nei va- rj decubiti : ma niun fatto potei marcare che rai guidasse ad altra complicata lesione di funzioni dei visceri del torace. Oltre di ciò non vi ho mai os- servato ne sete , ne palpitazione al cuore , ne ede- ma alle estremità, ne gonfiore alle palpebre o alla fac- cia. Volendo ora formare esatto confronto di quei sin- tomi da me osservali con quelli che leggiamo scrit- ti nelle istorie dei più famosi osservatori, vi si scor- gerà, l'eguaglianza e somiglianza di tutti quei segni, l'immutabile e costante forma morbosa notata nella da me penetrata idrocardia , allorché sola e non accom- pagnata da altri morbi si presenti nell' esercizio della medicina. Albertini, a fronte di altri molti medici che diversamente sentivano, prenunzio l'idrocardia in una vergine dal sintoma : quod virgo sibi cor gravari tam- quain saxo imposito^ per cui sofìViva grandissima op- pressione e costringimento al cuore , che all' istan- te aumentavasì : si aliquid agere , aut palilo diutius loqui vellet (Morg. epist. cit. jn. 43.). Vieussen fra gli altri segni vi pose : palpebrarum labiorwnqice co- lorem qui ad plumbeum vergai. Grclz disse che cre- scendo questa malattia , si sente pondus cor oggra- vans , et costringens : per cui Lancisi ancora scris- se esser congiunto : cuni cordis poiidere , gravitate^ praecordioritm anxietate. Schreiber , Fischer partico- larmente notarono : pressionem in pectore , et tantas cordis oppressiones. Nelle osservazioni di Fantoni il 316 Scienze padre , Gerbcz , Bonet , Kelletior , Reimann ripor- tate da Morgagni individualmente specificasi , oltre i generali segni , che gli ammalati d'idrope di pericar- dio costantemente lagnavansi : de onere magno im- posito : de pectoris gravitate ; de gravatilo dolore ad sternum unum : de pectoris stricturis : et aìixietatihas praecordialibus : de angustia praecordioruni , et de sensu cordis sihi compressi. La costante unione di ta- li sintomi, tratti dall'autorità dei piiì rigidi osserva- tori e confermati da una lunga esperienza, non for- mano ciò non ostante nel profondo modo di vedere del nostro Morgagni quella sicura norma per ri- cavare quei veri e specifici segni caratteristici , che costituir debbono la più fondata diagnosi dell' idro- cardia. L'anatomia-patologica ha rilevato sempre, che o una delle moltiplici alterazioni che afliettano il cuo- re stesso , o vizj alla grande arteria , o l'idrotorace ne hanno il pii^i delle volte fatto parte, ed hanno pre- sentata complicazione di malattia. Ma se la presenza di questi fondi morbosi mentir possono o confondere i segni particolari che distinguono l'idrocardia , pure ad un occhio esercitato ed avveduto poco sfuggono quei tratti , o quelle tinte , per cosi esprimermi, di morbosi fenomeni , che caratterizzano le dilferenti e speciali malattie. Le morbosità dei visceri del torace, gl'indurimenti, gli attacchi, gl'ingrossamenti, l'esulce- razioni, l'empiema, le vomiche, i versamenti acquosi, ìe dilatazioni, le ossificazioni, i polipi ce. tutti presso a po- co presentano quei segni per cui si parlicolarizzano. Ed è per questo che non mancano al medico eserci- tato caratteri meno equivoci a penetrarli. Che se giu- stamente l'immortale Morgagni mai sempre dubit:» sulla /^ertezza dei sintomi dell' idrocardia confondibili con saltre lesioni toraciche , pur non di meno quando tal malattia rinvengasi sola, come nel nostro infermo, es- Idrocardia 317 sa non lascia dubbio alcuno onde esser conosciuta dai segni patognomonici. Non abbisogna che mi diffon- da in pili lunghe ripetizioni : l'esatta istoria da me descritta, il confronto dei sintomi con le osservazioni dei pratici piiì autorevoli; finalmente le osservazioni stes- se del nostro Morgagni , con somma e fondata pro- babilità ci assicurano sulla diagnosi dell' idrocardia, quando : aeger ad ipsam cordis sedem pondiis quasi quoddam sentiate ad motum autem corporis opprimi corset quasi constringi^ spirita quodantenus deficiente^ haec vero ipsa tollantiir mox aut leventiir^ cum quieti se restituet ... se l'infermo senta : sibi cor quasi in ). (2) Nella iscrizione di un Annio Antioco, la qual termi- na - V . P . CORR . MI . ET . AL . SENA . V . S., due antiqua- ri Napolitani lessero: Corrector Miniciae , et Allectus Sena- tor Urbis Sacrae. Ma troppo è comprovata da' monumenti la unione delle cure della Minicia, degli Alimenti, e delle acque, affini fra loro pel comune istituto di pubblica beneficenza. Co- si presso il Marini, Arvali, pag. 672, uu Balbino Massimo CVR . 330 Lgttehatura Combinando quanto ho esposto finora in succin- to col diagramma pittoresco dell' ara Nomentana, fat- to dall' accurato ed intelligentissimo sig. Capranesi , vedo che le lettere vi cadono alquanto su' fianchi , deviando in parte delle rettilinee aggiustate , quadre sotto Augusto , bislunghette sotto Tiberio ; e la pra- tica mi assicura essere ciò avvenuto a' tempi di Tra- AQVAR . ET . MINICTAE . PRAEF . ALTMENTOR . VIAE . FLAMINIAE . - Aggiungo per V Alimonia uu PROC . ALIMON . Murator MMXXIV . i, e per l'onore di Trajano un marmo di Amelia non molto conosciuto : IMP . NERVAE . TRAIAN . AVG . GERM . P . M AX . TRIB . POTEST . GOS . IIII .P.P. NOMINE . PVERORVM . PVELLARVMQVE . VLPIANO- RVM . Gruter. MLXXXIV. 7. La beneficenza nrbana di Ro- ma , immensa quanto il suo impero , stendevasi anche per le Provincie più distanti. PROC . MINVCIAE . PROC . ALIMEN- TORVM . PER . TRANSPADVM . HISTRIAM . ET . LIBVR- NIAM . — PROC . AD . ALIMENTA . ITALIAE . BRVTTI . CALABR . ET . APVLIAE. Gruter. CCCG . 4 et CCCCXL r. In Arles un Cominio PROCVR . AVGVSTORVM . AD . AN- NONAM . PROVINCTAE . NARBONENSIS . ET . LIGVRIAE. Maffei, Galliae antiquitates, pag. 70. Murator. DXXVI. 3. — Aggiungo pei prefetti ad sacra, che un Publio Serrano, det- to in due marmi PRAEF . QVINQ . L . AELII . CAES. , in un terso è scritto meglio PONTIF . PRAEF . qsmquennalis L. AELII. CAES. De Lama, museo di Parma, pag. 44 47. Re- sterà quindi più chiara la tavola Bresciana, in cui commiste le dignità sacerdotali, militari, e civili. AVGVR . II • VIR • PRAEF . FABR . PRAEF . NERONIS . CAESARIS . II . VIR . QVINQ . (Gruter. CGCCXLVII . io) , e l'altra di Asti : PRAEF. DRVSI . CAESARIS . GERMANICI . II . VIR . QVINQ., come sembrami doversi leggere , non già GERMAN • F • ( Murator. DCGLXI I.) Iscrizioni antiche 331 jano , di Adriano, e degli Antonini. Attribuisco quin- di ad una tal epoca il monumento nostro. Esso però , dopo le indicate cognizioni d'istorica rilevanza , ci presenta innoltre di una parola nuova in ottima latinità, da aggiungersi a' vocabolarj. E' que- sta HYDRAEVM , yapaion , ben differente dall'^j- dréiim , i/cT^e/oi/ , aquatio , luogo cioè donde prendesi l'acqua ; voce che il Forcellini conobbe da Plinio. Non istentai gran fatto a scuoprire il significato del- la inaudita appellazione di un ornamento a noi più. caro dell' oro e delle gemme, delle quali era ricco. Mi occorse alla mente un autor classico di patria non molto distante da* paesi , de' quali si tratta , Claudio Eliano chiarissimo uomo Prenestino ; il quale , senza aver mai posto piede fuori d'Italia , è uno de' prin- cipali modelli dell' attica eleganza seconda ; il quale a me giovinetto , in emulazione con l'anziano mio Lo- renzo Vallicelli , fu precettor dolcissimo nelle ame- ne campagne di Gaggio vicino a Savignano ; cosa di cui mi ricordo ancora con indicibil piacere. Elia- no adunque , nell' opera sua della proprietà degli ani- mali, o come altri vogliono istoria, libro X 31, nar- ra che presso gli egiziani aveavi un aspide , da essi detto thermuthi^ col quale incoronavano le statue d'Isi- de , come se con vero regio diadema ; che gli stessi egiziani assicuravano il thermuilii non esser nato a danno mortifero degli uomini ; e per ciò costruivano ne' tempj loro in ogni angolo alcune camerelle e cu- nicoli a volta , v'introduceano il thermuthi , e po- neano da distanza in distanza grasso di vitello a suo cibo. Aggiunge nel libro XVII 5, suU' autorità di Filarco nel libro XII, non so se poeta o scrittore d'istoria naturale , che gli egiziani , giacendo su'letti al pranzo , con un certo scricchiolar delle dita chla- raavan gli aspidi a parte della imbandigione; e que- 332 L ETTE n ATURA sti, circondando la mensa, posavano le spirali lor co- de in terra, ed alzando le teste soltanto, leccavano! intorno e consuraavan tranquillamente la proposta fa- rina ; e poscia , suir imbrunire , avendo i padroni da- to un segnale diverso colle dita, gli aspidi se ne tor- navano a' lor covili , acciocché non mai ne fosse cal- pestato alcuno dagli uomini che scendeano dalle con- vivali lettiere. Siffatte narrazioni provano ad eviden- za , che gli aspidi degli egiziani e d'Iside non era- no veri aspidi , raa sibbene alcuna specie de' serpen- ti maggiori , che sono generalmente innocui , e si ad- dimesticano facilmente. Il tempo rilevò poscia l'erro- re di chiamarli aspidi; e l'uso volle appellarli vJl^ot , ilcApat ; il qual vocabolo in origine significa soltanto acquatico serpente. Con questi fu rappresentato il gran- de ovai cingolo dell' àtóoyo^ (nrs/^Mfi^ , denotante l'eter- ni la , come suir amuleto greco egizio del museo Bla- cas , da me illustrato parecchi anni sono; e con questi molto più ragionevolmente fu fatto in opera di gem- mario ed orefice il regio diadema della Iside No- mentana. Che poi la dea mirionlma del Nilo fosse il prin- cipal nume di Nomento già constava fra gli eruditi , per le nobili cure presesi a favore delle antichità pa- trie dal eh. sig. abate LORETO SANTUCCI , esimio amico e protettor mio. Egli salvò la bellissima me- moria sepolcrale di un Isiaco sacerdote , che fu pub- blicata su questo Giornale , giusta la prima lezione mia , sbagliata alquanto a cagione del musco di cam- pagna che ricuopriva alcune lettere detrite sulla rot- tura laterale del marmo. Ebbi poscia l'occasione di yedere l'istessa lapida ne' magazzini del Vaticano, ne' ««ali era sparito lo strato di musco; e postomi boc- cone per terra, potei rilevare la vera lezione verso il rotto margine. Mi spiacc sommamente di non rinve- Iscrizioni antiche 333 hirne ora l'esemplare nella mole de' miei libretti ed epigrafici schediasrai. Frattanto, nella novella ara, o base di sagro do- narlo , fatta erigere dal triplicatamente onorato Deci- mo Valerlo Proculo, dalla moglie sua Valerla For- tunata , e dalla figlia Valeria Pfocula , probabilmente unica ed ereditiera , poiché portava il cognome del pa- dre, quel GEMMIS in vece di GEMMIS non è già sbaglio dello scarpelllno, ma bensì archeografia di al- fabeto imperfetto ancora , è documento certo della con- servata pronuncia primitiva etrusca , Sabina ed Umbra. Tutte le riferite belle particolarità di Nomento sarebbero abbastanza sicure per la sola epigrafe di no- vizia Goniparsa. Ma esse vengono convalidate pienamen- te da un' altra onoraria , di uguale , o forse raacraior pregio. Confesso , che avendola veduta soltanto^alle stampe, oltremodo sconcia sulla Istoria della Sabina dello Sperandio , libro sovracarico di ogni più gros- solana ignoranza e d'imposture ; avendola veduta sul Grutero, con intorno quelle oscuranti postille del Gu- dio , che spesevi malamente l'infausto nome del Li- gorlo ; dubitai forte Mia, sua legittimità. Convien pe- rò credere al venerando Fabretti , che trascrissela nel paese alla chiesa di San Giorgio. GN . MVNATIVS . M . F . PAL AVRELIVS . BASSVS PROG . AVG PRAEF . FABR . PRAEF . GOH . Ili SAGITTARIORVM . PRAEF . GOH . ITERVM II ASTVRVM . GENSITOR . GIVIVM ROMANORVM . COLONIAE VIGTRI GENSIS . OVAE . EST . IN . BRITTANNIA CAMALODVNI . GVRATOR VIAE . NOMENTANAE . PATR . EIVSDEM 334 Letteratura MVNICIPI . PLAMEN . PERPETVVS DVVMVIRALI . POTESTATE AEDILIS . DIGTATOR . IIII Merita certamente un ampio e ciotto commentario ; e solo il eh. nostro sig. BORGHESI potrebbe prender- sene il pensiero. Resterebbe allor chiara l'età sua, che mostrasi molto alta e buona. Che avessevi nel muni- cipio Nomentano una gente Aurelia , in cui Gneo Mu- nazio entrò per adozione , o eredita sua , o de' suoi maggiori , fu provato dallo scavo Pentini , fatto l'an- no 1795 al luogo detto Capobianco , dal tjuale uscì fra molte altre cose il seguente programma , o car- tellone esposto al pubblico su quella un giorno ve- ramente maestosa e frequentatissima strada. Marini , Ar- vali , pag. 532. IN . HIS . PRAEDIS . AVRELIAE . FAVSTINIANAE BALINEVS . LAVAT . MORE . VRBICO ET . OMNIS . HVftlANITAS . PRAESTATVR Ugualmente rara ed interessante si fu la tavola sagra della dea Stata, ivi rinvenuta. Arvali , pag. 614. STATAE . MATRI . AVGVST MAGISTRI . ANNI . SECVNDI C . DVRONIVS . SATVRNINVS CN . CAMPANIVS . LOGVS Q . LIGINIVS . TYCHIVS Q . CAFATIVS . DIADVMENVS Cotesta dea, per autorità di solida erudizione, com- parisce essere una Vesta , propria delle citta , de vi- ci o delle vaste borgate de' Sabini, da questi poi tra- Iscrizioni antiche 335 piantata in Roma. Il gentilizio CAFATIVS è di etru- sca origine ; com'è troppo noto a' cultori di simili stu- dj dalla famosa iscrizione bilingue del fulguriatore in Pesaro , e da altri monumenti di quella un d\ sovra tutte fiorentissiraa nazione (1). (i) Pirro Ligorìo sarà stato buon architetto di edifizj : *na egli fu pessimo fabbricante di falsi monumenti e di suppo- ste iscrizioni. Due personaggi rispetlabilissimi per dottrina e religione , il cardinale Jacopo Savello , e Pompeo TJgonio , attestano eh' era huomo manuale , et non di lettere (Marini, Ar- vali , pag. ii4-) Era falsario di medaglie , manifesto fin da' tempi suoi. Piange stoltameiile chi piange non esser edite le sue farragini. GÌ' indegni aborti sono pur troppo editi quasi tutti ; ed ingannano i non bene istruiti , i non bene acuti. Oltre il Panvinio ed il Reiaesio , la voluminosa e splendida raccolta del Gudio : con tutti gli Henninj ed i Koolj , tol- tene le spurie Ligoriane , riducesi a poche carte. Che do- vremo pensare di un tale critico nelle sue annotazioncelle al Grutero ? II Doni, collettore a cui si può credere ne' marmi che vide o trascrisse , ebbe la debolezza di rivolgersi alle schede riposte nella Vaticana , nella Barberina , ed in altre biblioteche , infette di Ligoriana peste. Il Muratori volle di- fendere di più l'infamato pscudografo, ed accrebbe la mali- gna perniciosa in giro. Son quindi da evitarsi il padre Volpi nel suo Lazio, il Pralilli nell'Appia , e ne' Consolari della Campania, l'Almeloveen ne' Fasti, il padre San Clemente nell' Era Cristiana. Fossesi arrestato in questi un si mal contagio! Ma vello propagarsi esso in memorie di città, e di una pro- vincia nobilissima. Nomeuto avea forse bisogno di esser tocco da simili Ciccarelli e conti di Cunio ? Sì. Come appunto fu- rou tocche le deità tutte , con gli epiteti loro più rari , cui lira- pudente manuale carpiva dalla bocca de' dottissimi che allo- ra fiorivano in Roma. Chi mai che abbia gli elementi di al- cuna erudizione, può smaltire un fio numic JSomenl ( A Li- 336 Letteratura La seconda epigrafe clie ora pubblico per la pri- ma volta , proviene anch' essa dalle attenzioni e da bellissimo disegno letterario del sig. Gapranesi. Con- verrebbe poterla dare incisa iu rame , o in litografia; onde i curiosi veder potessero l'obbliquita di alcune aste di lettere che diremo Trajauee , la disuguaglian- za loro , ed un particolar nesso di tre p quattro di esse insieme. La stampa mi obbliga a scioglierlo. GENIO . CENTVRIAE . C . TV . . . . aram ETAEDICVLAM . OMNI . IMpensa {sua) cum cohim- NIS.ET.CANCELLO.AERE()GVraw^(forse)/rtCze«^«^ A . PONTIVS . L . F . SGAP . PRIS . . . . , ORDINATVS . MISSVS . RO^esta missione . . . RIO . ABOPTIMOMAXIMO . imperatore Trajano. .. IVIP . GAESARE . TRAIANO . Hadriano Jiig. HETTFLLIBONEGOS . Dedicata È da dolersi, che la barbarie de' secoli andati , e for- se anche di tempi a noi più vicini , abbia fatto per- dere quasi la meta di un si degno monumento. Esso è gratissirao a me , specialmente per quell' ORDINA- TVS del quinto verso. Una tal frase , come gik scris- si su questo Giornale , non è ovvia; ed anzi ella era oscura al grande MafFei. Significa propriamente pro- gorio Jacohonius ) , un tribuno milit et plebis Nomenlan ? Gruter. CCCCXLVIII. 8., Murator. CCCLVII. 3., Doni, CI V. n. 34. pag. 169,, Murator. MLXIII. 3. Che dicon' ora i NE- BVLEI e gli ABVPOLAE? Bene scrisse un dotto francese, ma di scuola e vicinanza italiana, Bimard de la Bastie, che le Ligoriane sono iscrizioni non iscrizioni. Gaudeant \stis, qui «x^iiT/ izS nota, gatidere vulunt \ Iscrizioni antiche 337 mozione militare , per la quale un fante , a cagioa d'esempio , astato saliva al grado di centurione , ia cui solo potea dirsi che ordinem accipiebat , ordi- nem dacehat. Neil' illustrare gli stabilimenti castrensi dell' immenso numero di servi e liberti posseduti dal- le nobili case , stabilimenti mirabili per la umanità e l'utile pubblico , nulla meno delle accennate anno- narie provvidenze , mi fu di grande lume 1' epitafiio di Marco Aurelio Prosene , ora Borghesiano della vil- la Pinciana , che quantunque A CVJ31GVL0 , vi si dichiara similmente ORDINATVS. Direi quindi , che Aulo Ponzio Prisco , o Priscino , della novella me- moria campagnuola dopo aver militato venti , venti- cinque , o trent' anni nella centuria di Cajo Tu. . . ottenesse la vite di centurione* da Trajano ; e poco dopo , essendo già grave di età , in una delle libe- ralità , de' congiarii , e delle feste pubbliche ultime dell' istesso imperadore fosse graziato di onesta mis- sione , o sia congedo. La riedificazione , o ristauro della edicola della centura, a cui Ponzio era dovuta- mente divoto , avrà pure richiesto alcun tempo ; e per- ciò egli non ne fece la sagra che sotto Adriano. Potrebb' essere per altro eh' egli non fosse giun- to al centurionato , e conseguito avesse la sua mis- sione , stando in altri ufficj lucrosi ed onorevoli della centuria : onde legger dovcssesi , non già cen^wRIO, ne decu^YO (Bimard, Thes. Murator. Tomo I. pag. 17. 91 , da marmo di Cularone, ora Grenoble) ma bensì ex arca^\0 ^ex beneficiarlo^ ex duplicalo. Tra- lascio di accumulare esempj e citazioni , poiché, aven- do io mandato copia del monumento al eh. sig. BOR- GHESI , questi sapra bene decidere di ciò , sapra bene mutare , o correggere i supplementi da me pro- posti , con quella dottrina ed autorità sua , die in si alti e difFiciii all'ari è veramente suprema. Voglio spe- G.A.T.LVl. 22 338 Letteratura rare ch'ei troverà in Tito Flavio Libone un inatteso console suffetto ; e sarà quindi dolente con me della lacuna in Dedicata , per la mancanza del mese e del gioruoi Essendosi aggirato finora il mio discorso su gli apografi ben fatti delle iscrizioni , e su' frutti che pro- vengono da essi, non debbo dimenticare le dotte car- toline che l'egregio sig. VESGOVALI mi trasmette- va dalla Francia. Quanto e mai pregevole la mano sua finissima , retta da somma intelligenza ^ la verità nel rendere i nessi di molte lettere , colla E rivolta all' etrusca foggia , proprietà delle lapidi dell' Italia subalpina , della Germania, e delle Gallie al di Val Egli solo in Aix Aquae Sextiae , fece la bella sco- perta di un marmo duplicato dello Stratonicese « per cui potè comparire su questo Giornale il sonoro pream- bolo di un editto Dioclezianeo. Egli era giovinetto allora ; e pel suo sapere , pel genio singolare in un viaggiatore de' nostri tempi , riscuoteva l'ammirazione delle persone piiì colte di que* paesi. Dio volesse che avessimo altri giovani molti che sull' esempio suo con- tinuassero la grande scuola degli Orsini, de'Fabretti , de' Maflfei , de' Marini , de* Lanzi , de' Visconti ! Egli sosteneva qualunque fatica , qualunque dispendio ; fa- cendo anche rivolger le pietre , onde conquistar mo- numenti. Per ciò stimo ben Conveniente qui produr- re alcune memorie per lui ricuperate nella PROVIN- CIA. ROMANA , le quali facciano dovuto corteggio alle noviziette delle nostre già dominanti campagne. Isc/iizioNi ìnticiie 339 In V^ienna degli Allobrogi , ora Delfinato. 1. 2. * ANNO ANNO IMP . CAES . NERVAE CALPVllN . PISOM TRAFAVI . AVG M . VKTTI . BOLAN GERMANICI . mi ' , COS Q . ArTICVLEI . PAETIN . Il PONTIF . EX . STIPE COS PONTIP . EX . STIPE Di queste due il Ghorier , buon istorico ed antiqua- rio di quella citta , conobbe solamente la seconda , cui non reca però esattamente , livre I. pag. 57. (1). Egli legge PONTIFea: , le souverain prestre du pa- ganismo ; ed io leggo PONTlFices , intendendo che i flamini o sacerdoti della citta formati in collegio , volessero esser detti pontifices , come quelli di Roma. Crede che il suo gran prete , per mezzo di questue fa- cesse costruire alcun edifizio rilevante : ma io dalle de- lineazioni del sig. Vescovali , non vedo che basi di donarii sagri , come appunto la Nomentana d'Iside. (i) Les recherches da sieur Chorier (Nicolas) sur les an- tiquilèz de la ville de Vienne , raetropole des AUobroges , capitale de l'empire Roniain dans les Gaules, des deux royau- mes de Bourgogne , et presentement du Dauphinè. ec. A' Lyon 1659., in 12. Alia metà del seccnto in Francia questo autore può dirsi ben raro. E discorre assai rettamente in alcune cose di antica epigrafia ; mostrando di aver approfittato de' libri dcgl' it.tliaui, presso i quali la scienza era risorta da tre secoli ■p^iiiia. 22* 340 tiRTTlRATURA 3. 4. MATRIS lOVl AVGVSTIS rVLGVRl D . DIMARIVS rVLMJNl MESSVLVS RESTITVIT t EX . VOTO • Il Cborier , pag. 134., produsse una simile alla pri- ma (MATRIS . AVGVSTIS . CATITIVS . SEDVLIVS. EX VOTO ) , e poi questa istessa alla pag. 260. , malamente omeltendo il prenome a Dimario. Dal Maf- fei nelle sue Galliae antiquitates ^ pag. 29. , fu ri- levata una tale omissione , che ora confermasi dall' imitator suo l'esattissimo Romano. Pensò il Cliorier che tali divinila fossero Ninfe , o Fate. Dalle MATRO- NIS IVNONIBVS , e MATRABVS AVGG. , che pos- sonsi vedere nel Tesoro Muratoriano , io piuttosto ter- rei che fossero complimenti fatti alle Giunoni , cioè a'Genj delle imperadrici , accoppiando queste alle dei- tà rusticane , femminili e feconde certo , de' paesi , con declinazioni anche piìi rusticane matrabus , ma- tris , da matrae , in vece di matres. Più singolare comparisce la quarta epigrafe , per l'aggiunto di que' due sostantivi a Giove. Non dubi- to di afl'erraare , che la famosa scienza folgorale de* nostri etruschi fosse penetrata nelle Gallie , per an- tichissime relazioni fra popoli tutti dediti a pellegri- naggi ed a conquiste. Mi sarà garante in ciò Lucre- zio , autore di non buoni principj , e di una elegan- za popolare , ma popolare di ottimi tempi. Cosi egli nel libro VI. V. 379. I:iCRizioni antichi: 341 ,, Hoc est igniferi naturara fulminis ipsam „ Perspicere, et qua vi faciat rem quamque , videre : „ Non Tyrriiena retro volventetn carmina frustra „ Indicia occultae divora perquirere menti , . „ Unde volans ignis pervenerit , aut in utram se ,, Vorterit hic partera , quo pacto per loca saepta „ Insinuarit , et hinc dominatus ut extulerit se ; „ Quidve nocere queat de coelo fulrainis ictus, ,, Nel verseggiatore di Epicuro non è ben dichiarato , se quel retro intender si debba dell'antichità di que* carmi , o se indichi piuttosto , ch'essendo i libri etru- schi scritti da destra a sinistra, givano a rovescio pe' romani ed altri popoli che leggeanli. - Due antiquarj Napolitani trovarono un pezzo di marmo , sul quale FVL . CON . F , e spiegarono francamente Fulviits conjugi fecit. Ma conviene non aver mai attinto alle sorgenti del sapere antico, per ignorare il FVLGVR CONDITVM, ed il FVLGVRITVM. - Vitruvio, a a propositissimo della iscrizione viennese , libro I. 2. „ Decor perficitur statione , cura Jovi Fulguri , et „ Coelo, et Soli et Lunae aedificia sub divo hypae- „ thraque constituuutur „ Similmente Festo. ,, Dium „ fulgur appellabant diurnura , quod putabant Jovis, „ ut uocturna Suramani. Provorsum fulgur appcUa- „ bant, quod ignoratur noctu an interdiu sit factum. ,, Itaque Jovi Fulguri et Summano fit ; quod diur- „ na Jovis , Docturua Summani fulgura habentur ,, a42 Letteratura e . CAESARI GERMANICI F . . . AVGVSTI . N Divi . AVG . PRON GERMANICO PONTIFICI , Q C . CAESARI GERMANICI . F TI . AVG . N Divi . avgvstI PRONEPOTI GERMANICO PONTIFICI . Q Il malvagio Caligola voli' essere magistrato e sacer- dote principale in sì nobile citta. Merita osservazio- ne la giusta liberta , con cui gli antichi scarpelli- ni scolpivano l'istessa epigrafe in due marmi compagni. 7. M . IVLIO . C . F . VOL . ATTICO . . PROC . PROVINC . . DVARVM . . . 8. TRIB . MIL . LEG . II ADIVTRICIS . CENSORI cTviTATIS . REMOR . FOEDER PROC . IMP . NERVAE . TRAlAN CAES . AVG . GERM . DACIcI OPTImI . PROVINC . ASTVR ET . CALLAEG CONVENTVS . ASTVRVM L . D D D Tanto il sig. Vescovall, quanto io, sentiremo volen- tieri dal nostro antesignano sig. Borghesi , se cono- sca il Marco Giulio Attico della settima ; e se nelT oliava quel CENSORI sia magistrato municipale , ov- vero lo stesso che CENSITOR noli' onoraria Nomen- tana di Gneo Munazio Aurelio Basso. — Questi CI- VES REMI (Gruter. LVI. 12), ora Relais, gloria- Iscrizioni antiche 343 vansi a ragione di essere FOEDERATI , uniti cioè al popolo romano per l'insigne , ora sconosciuto jus aequi foederis. Gloriavansene ancora sulle lapidi gli etruschi Capenali , posti fra Vejo e la Sabina- Quan- to era mai grande la generosità de' romani nelle con- quiste ! Non mancano tuttavia alcuni che pretendono di essere filosofi, e spacciano gì' itali duci che debel- larono l'Etruria, i Marsi, i Sanniti, le Gallie, la Mace- donia, la Grecia, per oppressori a sterminio de'popoli. Costoro mi sembrano sostenere una si assurda opinio- ne soltanto per eccitare disprezzo di ciò che v' ha di più sagrosanto nel mondo , le sapientissime leggi» e le consuetudini religiose ed umane della eterna citta. y. e . PASSERIO . P . F VCL . AFUO TRIB . MILIT . LEG . XXII mi . VIRO . FLAM Divi . AVGVST . DD FLAM . GERIW . CAES PRAEF . lABR . Ili M . VALERIVS . RVFVS L . PINCIVS . PACATVS .... NClVS ER . . . . P . . . TARlVS RVFVS SEX . VALERIVS ALBINVS ' SEX . CALvIsiVS CALLlSTVS amIci Cajo Passerio Afro era stato eletto flamine del Divo Augusto , per decreto de' decurioni ; egli era di più flamine dell' ottimo Germanico Cesare , al quale fu- rono meritamente tribuiti moltissimi onori. Così le ta- vole Viennesi ammendano la veduta colpa di un en- comio costretto all' indegno suo figlio Caligola. 344 Lettbuatura In Draghignano. 10. ms MA NVMISIAE . CAESIAE . G . NVMISI . F CONlVGI . PIENTISSIMAE . VIXIT ANNIS . LX . L . SOLICIVS . AVRELIAN 7 . LEG . V . MAC . ET . LEG . P . MINER VIAE . P . FIDELIS . SE . VIVO . ET . KV MISIVS . CIIRESTVS . LIBERTVS . SIB ET . SVIS • FECERVNT In Saint Reray. Queste debbono provenire anche più grate ai dotti, poscìachè si sa che il MafFei , tutto ardente allora di vedere antichi edifizj per la sua quistione su gli an- fiteatri , voleva recarsi in tale luogo , ma non potè andarvi a cagione della intemperie , e delle difficol- ta orribili delle sti-ade montuose. Nelle Galliae anti- quitates , pag. ITI, egli così scriveva graziosamente alla marchesa di Gaumont. ,, A' Saint Remy il y a ,, un beau mausoleo, que je n'ai pas pù voir a cause „ du mauvais tems et des glaces , qui m'obiige'rent de „ rebrousser chemin. ,, 11. . . . . MORIEAETERNA .... EBVTI PAGATON ..... .... VIRO . AVG . CORI . . . - . . . ER . AREL . CVRATEI . . .... M.CORP.BIS.ITEM.ini.. . . . . RO . COL . IVLIAE . APTAE . NAY TAE . ARARICO . CVRATOR PECVLI . R - P . CLANICO . QVl VlXlT . ANNOS . LXV AEBVTIA . EVTVCniAPATRO NOERCA SEPIENTISSIMO Ascìa. Iscrizioni antiche 3A5 Nel quarto verso di questa è sfuggito un errore bea lieve al sig. Vescovali , per la detrizione di una let- tera sulla rottura del marmo ; errore in cui caddi anch' io , come ho confessato più sopra. Qui e chia- ro doversi leggere COR/jom 7iautA.Y{um ARELa^ew- sium , da molti altri esempi , e dall' affine presso il Chorier in altra opera (Histoire de Dauphine, tome I ■page 189), alquanto emendata da me: PATRONO (NAVTARVM) RHODANIGORVM ET ARARICO- RVM. — Spicca notevole il curatori peculii rei puhli- cae GLANICO, di un moltiplico cioè particolare noto a que' municipali ; mentre il Marini ne avvisava che in tali casi il P, spiegar si dee per pecuniae. 12. ANDVSIA BRVGETIA TEDVSIA. VATRVTB VGERNI . ! 6EXTANT BRIGINN STATVMAE VIRINN VCETIAE SEGVSTON Di recente scoperta. Su questa esercitar si debbono coloro , che credono di posseder bene l'antica lingua delle Gallie ; poiché son questi tutti nomi Celtici po- chissimo latinizzati. Da altre schede io conosco il no- me di femmine Gcltibere TANNEGALDVNIS , com- posto certamente dal notissimo Ihannia^ Tanna ^ o Tana degli etruschi , corrispondente al domina , o domna de' latini. 34G L K 1 T E R A T U B. A 13. / SEX - VALERIMi' LVTEvI . F . SAMICV^ MINERVAE . V . S . L . M 14. SEX . L . M . IVLIEI . C . F . PARKNTIBVS . S7EIS A lettere grandissime sul grand' edifizio che il Maffei voleva vedere. I cittadini di Saint Remy accorsero ali arrivo del sig. Vescovati , ed interrogaronlo sul- la spiegazione di quelle prime sigle , fra di essi con- troverse per male cronache, o peggiori ciance di pre- sumenlisi antiquari che mai non mancano in alcun paese. Udita eh' ebbero la immediata risposta , SeX' tus ^ Lucius {et) Marcus Julii ^ Ca« /?/«, manifesta- rono la sorpresa ed il contento loro ; ringraziando , come in altri luoghi , l'inaspettato allievo della scuo- la vivente di un Borghesi , anche per la sua gene- rosità nelle spesucce di fare rivoltare i marmi , e raccomandarne la custodia. — Quanto all' arcaismo SVEIS , io ho veduto due volte negli studi , offici- ne istruttive di Roma, un frammento di ottimi tem- pi , di lettere grandi e bellissime, in cui V'ha SVIEIS, fratel germano dell' arcaismo pii!i italico MIEIS , nell' epitaffio di Gneo Scipione Ispallo , cioè Ispanillo , Ispano. Le iscrizioni da me recate finora , tanto le ro- mane di novella scoperta , quanto le romano galliche conquistate dal sig. Vescovati , otterranno senza dub- bio l'accoglienza piià favorevole dagli studiosi , da coloro che conobbero i valentuomini maestri nostri , o ne conoscono ancora le opere. Prego questi a vo- ler compatire le osservazioni mie , troppo fugaci , ed Iscrizioni antiche 347 erronee forse in parte , per mancanxfl de' molli libri che richieggonsi a tali lavori. Sottopongo tutto al giu- dizio di que' pochissimi , ina grandi , che ora posseg- gono una cotanto estesa e difficile scienza. Girolamo Amati. Elogio di Francesco Cancellieri , scritto da monsi~ gnor Carlo Emmanuele de^ conti Muzzarelli udito- re della sacra romana rota ec. -i-^lla è opinione di molti che ninna o poca lode si debba a coloro, che sebbene con somma diligenza fa- ticarono su i libri , pure negati da natura di un in- gegno elevato niuna opera di mole , ninna utile sco- perta nella loro mancanza lasciarono alla nazione fra cui nacquero. Io non pertanto ho per fermo che va- dano errati que' molti, se pongasi mente un istante che se tanti eruditi non avessero svolte le intere biblio- teche onde farne dono ora di memorie accurate in- torno ai patrii annali, ora di un dizionario ragionato di scienze od arti , ora delle notizie biografiche di quanti pii!i vennero in fama , di che aitro alla storia, alla archeologia , alla filologia generalmente parlando si riferisce , più rari , o di vero , meno precoci sa- rebbero stati gli sviluppi letterari di que' sommi che delle altrui fatiche giovandosi , diedero opera con ogni alacrità a quegli studi che per ogni maniera più me- ritarono dell'universale, e che saranno in onore finche tra gli uomini sia cosa sacra l'amor santo della terra na- tale e delle patrie glorie. Il perchè ho con piacere as- 348 Letteratura sunto rincarìco di tessere brevemente l'elogio di quel Francesco Cancellieri, che se a me fu carissimo amico, era per Roma e per Italia nostra uno de' più nobili ornamenti, o si abbia riguardo alle doti del cuore che in lui furono rarissime, o all'amore che in lui fu ardentissirao per ogni ramo d'italiana e latina let- teratura , sebbene piii, colla indefessa fatica che collo slancio di un ingegno straordinario abbia onorato la patria e il proprio nome. Nacque Francesco Cancellieri in questa eterna se- de del sapere e del bello l'anno di salute 1751: eb- be a genitore l'ottimo cittadino Pier-Tommaso Can- cellieri da Maidica, terra considerevole nella Marca, sebbene dovesse la propria origine ad una antica noa meno che nobile famiglia di Pistoia : fu la di lui ma- dre Costanza contessa Magnoni da Ferrara , motivo per cui ebbe egli poi sino agli ultimi della sua vita una singolare e veramente rara predilezione per quan- ti vantavano comune la patria con l'ottima autrice de* suoi giorni. Conoscendo il Cancellieri dalla prima adolescen- za elle vera gloria e durevole è quella soltanto che l'uomo deve alle proprie virtij , non già. al sapere o al valore di quanti piiì si distinsero fra' suoi antena- ti , diede opera di tutta forza a quegli studi che si dovevano essere la delizia della vita, il conforto nel- le avversità , la mela gloriosa de' suoi desideri. Fiorivano allora in Roma uomini insigni per dot- trina e pietà nella compagnia di Gesù : onde il gio- vanetto volonteroso di profittare de' loro lumi e del loro sapere , si diede indefesso allo studio delle ita- liane e latine lettere sotto precettori per ogni manie- ra lodatissimi ; e tanto egli ritraeva profitto da' loro insegnamenti , che sebbene fiorisse della prima giovi- nezza, era non pertanto mostro a dito a' suoi eraoli e Elogio del Cancellieri 349 compagni , e s\ per la pieghevolezza del carattere « SI perchè era meno desideroso di qua' piaceri in- nocenti che alla prima età meglio si convengono , più presto seguendo la propria volontà , allo stu- dio interamente si dedicava : ond' ebbero a dire a pili riprese i di lui precettori , che se pochi lo egua- gliavano nella facile percezione e reminiscenza delle cose apparate (e qui mi viene in taglio il ricordare che la di lui memoria fu straordinaria), niuno poi lo superava per vero nel desiderio dello imparare. Godeva intanto l'animo ai genitori del giovanet- to nel veder come egli corrispondesse alle loro cure, onde potevano con certezza presagire di cogliere uà giorno il frutto delle loro fatiche , e de' loro desi- deri, unico ma ben dolce compenso che dar ponno i figli a chi ne die colla vita il retaggio di un'ot- tima educazioiie. . Cresciuto in età , ed avendo fatto precoci e ra-^ pidi progressi nelle latine ed italiane lettere , l'arca- dia nostra, che vuole oggi tributare spontaneo omag- gio di lodi alla di lui memoria , già lo aveva ac- colto fra' suoi pastori col nome di Alicanto Nassio , mentre egli appena di due anni aveva superato il ter- zo lustro dell'età sua. Affezionato fino da' primi anni a' padri della com- pagnia di Gestì, cui dovea , come abbiamo osserva- to, il principio della sua letteraria carriera, si unì co' vincoli della più pura e sincera amicizia a que' due ornamenti della letteratura Gunich e Cordara , che in Italia e fuori avevano allora grido e meritata ripu- tazione di sommi ingegni ; e questi col sovvenirlo de' loro consigli e con la voce, e più più coli' esempio, gli rendevano meno ardua la via del latino parnaso; poiché , per quanto è almeno a mia notizia, non det- tò mai altri versi che in questo nobilissimo idioma. 350 Letteratura E come rispondeva l'Ariosto al Bembo che meglio gli si addiceva essere il primo fra i nostrali , che secon- do fra i latiui , così il nostro poeta amò meglio se- guire eoa qualche felicità i Flaraiiiii e i Sannazari, che con minor riuscita i Bembo e i Casa. Deside- roso intanto di farsi conoscere più davvicino ai dotti d'Italia , veniva ad ora ad ora alcun che dettando che alla filologia si riferisse , e già varie produzioni si in verso e sì prosa erano avidamente lette dagli eru- diti , e vari giornali letterari glie ne tributavano , spontanei , lodi ben meritate. L'opera però a mio credere , che più gli fruttò di onore , fra le prime da lui pubblicate , è quella della sagrestia della nuova e vecchia basilica vaticar BB divisa in due libri , e che appena uscita fu letta e chiesta con desiderio dacché piacque all' universa- le. Quest' opera piena da cima a fondo di ricerche curiose ed erudite intorno a tutto che alle sagrestie per- tiene , prova come il suo autore fosse profondamente versato in tutto ciò che alla erudizione di cose eccle- siastiche si riferisce , e in ogni più vasto ramo di letteratura sacra e profana. Lidefesso nelle ricerche di quanto avesse relazio- ne colle memorie della sua patria , veniva stampan- do un' altra operetta piena pur essa di gusto e di eru- dizione, e che ha per titolo „ Notizie del carcere Tul- liano, detto in seguito Maraertino, alle radici del Cam- pidoglio. ,, Questa operetta, che fu impressa dappri- ma co' tipi del Salvioni nel 1788, venne riprodotta nel 93 di quel secolo nel tomo IV delle dissertazioni di storia ecclesiastica del celebratissirao Zaccaria. Intanto il senatore D. Abbondio Rezzonico aman- te com' era degli uomini dotti , e di quelli in parti- cohir modo che maggior grido di se levavano , desi- derò, come era costume de' bei giorni di Leone X, che Elogio del Cancellieri 351 il proprio segretario ad uua tal classe appartenesse ; onde non fu dubbia la scelta che cadde sul nostro filologo , di cui non so se piiì ammirasse Tingegno o le virtìi , che sebbene dovessero essere il retaggio delle lettere, che fin da' tempi più remoti parvero na- te ad ingentilire gli animi , pure , e ciò non fosse! per le difficolta de' tempi vennero in tanta corruzio- ne , che si videro spesso spesso professate da uomini i meno costumati e di tutte doti dell'animo aflfatto di- giuni. Trascorso alcun tempo presso il Rezzonico , pas- sò il Cancellieri pure in qualità di segretario a pre- star l'opera sua all' amplissimo cardinale di s. chiesa Bernardino Giraud , a quell'epoca pastore vigilantis- simo di Ferrara. E ben fu nella patria del primo fra gli epici Lodovico Ariosto , del primo fra i prosatori, di quel lume della italiana eloquenza Daniello Bartoli, che l'uomo illustre potè a suo grado dar prova di quella immensa erudizione, ond' era veramente singolarissimo. E il celebrato D. Alfonso Varano , e i due Agnelli , e l'immaginoso Minzoni , e lo storico Frizzi, e il mio parente Alfonso Muzzarelli si gloriavano di avere stret- ti legami di amicizia e di usare famigliarmente coli' Uomo rispettato ; ed io slesso quante volte intesi ri- peterne da'miei concittadini con sensi di gratitudine e di amore il nome con quelle lodi che andar non ne pon- ilo disgiunte ! E fu pure in quel torno che la citta di Ferrara , mentre ritornava alla sua Roma , il deside- rò e lo volle suo agente negli affari del comune, im- piego che tenne fino agli ultimi di sua vita , e in che ben corrispose con grato animo e pari intelligen- za all' aspettazione di chi lo vi avea nominato. Reduce alla capitale, fra i piìi illustri porporati di quel tempo era uno certamente il cardinale Anto- nelli , che conosciuto di per se stesso l'ingegno e le 352 Lettekàtura molte prerogative del Cancellieii , il volle a suo mae- stro di camera. Fu con esso cardinale eh' ei vide la popolata Parigi , quando alla volta di quella capi- tale movea l'illustre porporato correndo Fanno 1804: ed ivi rinnovando le antiche conoscenze , dacché ben pochi venivano di Francia a Roma che non avessero amato di personalmente conoscerlo, ed ampliandone al- tre, ottenne pure da quel popolo, avaro sempre di lo- di allo straniero, segni non equivoci di onore e di rispetto. Il card. Antonelli , come suole addivenire di un uomo illustre ad altro congiunto , fu così desideroso in ogni tempo della compagnia del Cancellieri, che ben poche e forse ninna erano le cose si pure di maggior rilevanza che a lui, onorato del titolo del migliore fra suoi amici , non volesse interamente confidate ; e noi chiedesse spesso spesso di consiglio e di avviso anche ne'più difficili e spinosi affari, che pel molto suo sape- re e per la fama in cui era presso l'universale di con- tinuo gli venivano affidati. Conscio pertanto l'illustre porporato del prezioso tesoro che possedeva , in significazione di grato ani- mo il volle sopraintendente della stamperia di Propa- ganda, e pro-sigillatore della penitenzieria apostolica; e già da primi giorni che a se lo chiamò , lo aveva dichiaralo suo bibliotecario , dacché e ricca di libri e di preziosi manoscritti , e di opere per ogni modo ricercatissime era la biblioteca di lui : laonde soleva spesso ripetermi il Cancellieri, che essa sola era ba- stante a formare la gloria municipale di una qualun- que benché colta ed illustre citta. Ed oh come gli godeva l'animo di abbandonarsi interamente a quegli studi che erano l'unico suo diletto ! ed arricchire la mente di quella immensa e profonda dottrina, onde tan- to venne in onore ed in si breve spazio di tempo ! Elogio del Cancellieri 353 Perchè poi utili alla repubblica delle lettere tor- nassero le sue indagini, egli clava alle stampe le disser- tazioni epistolari del Visconti e del De la Barthe in- torno la statua del Discobolo scoperta nella villa Palora- bara, arricchita di note, e dirigeva una lettera all'in al- lora bibliotecario di Ferrara BarufiTuldi giuniore intor- no alla vita dell' Ariosto , e le dissertazioni epistolari bibliografiche su Cristoforo Colombo e Giovanni Ger- son, che voleva intitolare al merito del sommo italiano Gian-Francesco Galeani conte Napione , e tante al- tre dissertazioni e lettere ed opuscoli che potrei qui ac- cennare , se l'amore di brevità e la minore importan- za de' medesimi non mi consigliasse a dispensarmene. Succeduto al pacifico reggimento pontificale il go- verno francese, e Roma in ogni tempo regina del mon- do ridotta a seconda citta dell'impero, poiché nel 1811 mancò per morte il card. Antonelli di sempre onoran- da memoria , il nostro filosofo libero di ogni legame e interamente padrone di se medesimo, conservando tut- tora quegli amici che le vicende de' tempi non gli avevano rapiti , e che le mutate circostanze ed una ragionevole e ben giusta previdenza gli permettevano an- cora di avvicinare , soleva co' medesimi e co' propri libri dividere le ore del giorno, che sono soltanto noio- se e gravi a chi vive immemore di se medesimo iti un ozio vergognoso , mentre scorrono con la veloci- ta del lampo al savio , cui manca il tempo, non mai il desiderio di ognor più erudirsi. Nuove opere intan- to e sempre ingegnose e ridondanti di molta erudizio- ne e di curiosi annedoti , che niuno meglio di lui co- nosceva , andavano a mano a mano arricchendo le pub- bliche bibliofceche e i gabinetti de' letterati. Passato un intero lustro degli accennati mutamen- ti, al ritorno e al trionfo del VII Pio, riprendeva il Cancellieri al sommo gerarca affeziona tissimo le anti- G.A.T.LVf. 23 354 Letteratura che occupazioni nel disimpegno de' propri doveri, e fin d'allora apriva volonteroso la propria casa ad uno scel- to numero di amici, che convenivano di frequente pres- so di lui, ed ivi in dotta e lieta società passava alcune ore del giorno : ed o si parlasse dell' antica Roma quando reggevasi a repubblica e ad impero , o della moderna , centro della cattolica religione, e asilo in ogni tempo delle belle arti, o di quanto alle auguste cerimonie e al nostro culto si riferisce , o quale e perchè fu il nome di tal tempio, di tale arco, di quelle terme, di quegli acquedotti , di quegli ambu-* lacri , di quel sarcofago ^ sebbene con modestia , pe- rò dava egli in ogni occasione con tanto sapere e va'- stita di cognizioni il proprio giudizio nelle riferite materie , che mentre fermava rornamento più bello della società , diveniva pel proprio merito l'arbitro delle dispute e il conciliatore. E chi v'era che in- terrogatolo di tal cosa, o chiestolo di consiglio, noti fosse largamente Corrisposto dall' Uomo veramente fi* lantropo ? Ma già alcune infermila proprie di una età avan* zata lo maltrattavano , e il tenevano, dirò quasi, in- vilito ; sicché egli ben vedeva accostarsi a gran pas- si queir istante in che ne per grado -, ne per ric- chezze si ha lusinga di non pagare il tributo uni- versale alla natura. Ma questo momento istesso, sì ter- ribile anche ai forti, vedeva egli avvicinatsi colla tran- quillità e rassegnazione di un cristiano filosofo. Amato in patria , venerato e cercato in Italia e fuori , ammesso alla famigliarità de' più insigni let* terati del suo tempo , mancò a Roma e alla Italia tutta il giorno di sempre funesta ricordanza 29 di- cembre mille ottocento ventisei. La patria, il che non suole avvenire di frequen- te , si mostrò ed espresse nel volto di lutti i suoi Elogio del Cancellieri 355 cittacllni come fosse altamente dogliosa di tal morte, riguardata siccome pubblico danno. Se non che rice- veva forse qualche conforto dalle molte opere da lui lasciate , e più dal desiderio di non pochi fra* suoi nazionali di emularne la gloria e il sapere. Furono con modesta pompa celebrate le di lui eseqiMe , ed a seconda degli ultimi suoi desideri ot- tenne che fossero le sue ceneri collocate a pie del cenotaflo , che di proprio censo e a testimonio di grato animo volle eretto nel maestoso tempio latera- nense alla memoria dell' amplissimo di lui mecenate, il pili volte riferito cardinale Antonelli, Alto e ben formato della persona, aveva una fiso- nomia volta a piacevolezza : dolce ed insinuante lo sguardo, lasciava più facilmente penetrare i propri se- greti, di quello che si mostrasse capace a scuoprirne gli altrui. Di maniere facili e soavi, traeva a se quan- ti lo conoscevano ; che se fu da alcuno tassato di troppo facile e largo lodatore, sicché le sue lodi sen- tissero talora dell' adulazione , egli k certo che ciò derivava soltanto da bontà di cuore. E di fatti giam- mai, ne'vari anni che a lui fui stretto con nodi della più pura amicizia, mi è avvenuto di sentirlo dir male di alcuno ; ed era poi si lontano dall'attaccare qualunque briga in fatto di letteratura , che ben si avvisando , tenne sempre il silenzio dove altri criticasse quelle opere che avea fatte di pubblica ragione. Pio senza ostentazione, saggio e costumato, visse celibe : unito di cuore e di fama ai dotti dell' età. sua , sapeva ad un tempo conversare con ogni classe di persone, ond' era chiesto universalmente. Con tali prerogative ebbe amici quanti lo conob- bero. Certo delle verità santissime di nostra religio- ne , visse in questa per ogni maniera commendabile. Che se a tutto uora dedicatosi allo studio delle scienze 23* 356 Letteratura ed in esse profondamente penetrando ottenne l'acqui- sto della benevolenza e della stima universale ( dac- ché è questo un atto di giustizia che le nazioni tutte sì onorano di compiere verso coloro che più si di- stinguono co' proprii talenti), qual lode non si dovrà all'uomo che meno a' propri interessi pensando, che all' utile del suo paese, e la gloria di questo alla pro- pria anteponendo , sebbene si sentiva forze bastanti a tentar cose maggiori, pure noi fece ? Ed ecco appun- to nel Cancellieri l'uomo da me descritto ; onde ha fondata lusinga di sperare ( e la civiltà de' tempi , e l'amore delle scienze e delle lettere lo mi assicura- no) , che ne per mutar di secoli , ne per nuove opi- nioni verrà meno giammai, in quanti la dottrina e il sapere hanno in onore, dell' uomo illustre la memoria e il desiderio. f^ersione delV egloga TX di F'irgilio per Domenico f^accoUni (1). » Licida. - JL/ove , o Meri', deh dove ? alla cittade Forse ten vai , dove la via conduce ? Meri.- O Licida, vivendo a tal siam giunti ( Chi pensato l'avria ! ) che uno straniero , De' nostri campi usurpator, ne disse : - Questi campi son miei ; coloni antichi , (i) Un saggio della versione della Buccolica del Vaccolini, clic rimane inedita , fu dato ancora nel Giornale Arcadico ( novembre 1826) voi, 93 pag. 223, Egloga di Virgilio 357 Ite , sgombrate. - Ecco già vinti , ahi miseri , Quando fortuna ria tutto travolge , Questi agni a lui , che gli siaa tosco e morte, Rechiam noi stessi ! '^' ■ E pur inteso avea , Che di la dove digradando il colle In agevol pendio l'ertezza adegua Sino air acqua corrente , e sino al faggio Dalla vetta già scema, avea Menalca Tutto riraaso , la mercè de' carmi. Men. - E tu inteso l'avevi, e fama n'era; Ma i carmi nostii fra le inique spadj Valgon, Licida mio, quello che vale Dell' aquila al venir la dodonea ColomLa meschinella. Oh se dall' elee , Malaugurando in pria la cornacchia Non m'avvisava di troncar le nuove Liti a^ ogni costo : or ne '1 tuo Meri , o Licida, Ne pm vivria Menalca ! ^^^- " , ^ Ahi tanto rio Giii mal accolse in cor ! ahi che con teca Ogni nostro diletto , ogni conforto Tolto n'era , o Menalca ! Oh chi le ninfe Più cantate ci avria ? Chi di fiorenti Erbe sparso il terrcn ? Chi d'un bel verde Fatt' ombra ai fonti ? Chi dettato i versi , Che teste di soppiatto i' ti togliea , Allor che ad Amarille , mio tesoro', O Licida, ten givi ? oh i cari versi! „ Titiro dolce , deh sin ch'io ritorni , „ Non è lunga la via , pasci le capre : „ E pasciute che sian menale a bere ! ,, Ma ve' , Titiro mio , quando le meni „ Non farti al capro innanzi : ci da di cozzo. Mer - O chi più tosto la cauzon , che a Varo 358 Letteratura Incompiuta dicea ? „ O Varo , il tuo ,, Nome al cielo ergeran cantando i cigni ; „ Purché Mantova stia , Mantova troppo „ A Cremona infelice ahimè vicina ! „ Lic. - Così agli sciami tuoi non sian malefici Di Girno ì tassi : così colmi gli overi Porgan di latte le tue vacche al riedere Di citiso pasciute , or d'un tuo verso Rallegrane , se sai. E me poeta Facer le muse , ed ho miei carmi anch' io : Me dicono poeta anco i pastori ; Ma che mei creda io no ; che a Varo , a Cinna Degne cose cantar non argomento : Io fra gli arguti cigni oca , che stride. Mer. - E tale io son ; pur vo fra me pensando, O Licida , se a mente mi ritorni Una canzon , che non ignobil parmi : ,, Qua vieni , o Galatea : qual mai ti prende ,, Piacer tra l'onde .** qui è primavera , „ Che ride ; qui di fior varii dipinto „ Attorno a'fiumi è il suol ; qui un bianco pioppo „ Signoreggia lo speco , e flessuose „ Le viti intreccian l'ombre : oh ! qua ten vieni, „ Vieni , e lascia che i flutti furibondi ,, Flagellino la sponda. Lio, - E che ? cantare Non t'udii forse tutto solo in quella Notte serena ? V n'ho ben l'aria a mente , Se le parole anco ne avessi, Mer. - „ O Dafni , „ A che di stelle antiche il nascer miri ? „ Ecco di Cesar Dioneo la stella : „ Ecco la stella , al cui raggio vedremo „ Ne' lieti campi biondeggiar le spiche , ,, E l'uve arrubinarsi in sull'aprico Egioca di Virgilio 359 „ De' colli. Or va , Dafni , que' peri innesta : „ Le frutta coglieranno i tuoi nepoti. ,, L'età , che fugge , ah trae seco ogni cosa ! Fin la memoria ! da fanciul sovente Ricordami cantando aver passati I giorni interi , e di tante canzoni Nulla sovviemmi. Anco la voce al tuo Meri vien meno ; il lupo , il lupo pria Visto ha il tuo Meri. Ma che prò ? Menalca Dirti saprà di tali cose assai. Lio. - Con be' pretesti a'miei desir fai frode : Ma ve'placido è il mar, sereno il cielo; Aura od onda non muove in questo o in quello: E a mezzo della via già siam. Ve' pare Di Bianor I4 tomba di lontano, Qui fermianci e cantiam ; qui , o Meri , dove II villanel disfronda i folti (yami; Qui deponi i capretti : alla ciltade. Quando che sia, verrem. O se la pioggia Paventi all' imbrunir , cantiam per via ; L'andar ne fia men grave : i' di quel peso , Acciò per via cantiam , sgravarti voglio. Men. - Cessa , figliuol , deh cessa ! a quel bisogna Pensar , che preme più : torni Menalca : E allor fia tempo di belle canzoni. 3C0 Faustini Gagliuff, Specimen de fortuna latinitatis. Ac- cedant poemata varia meditata et extemporalia. Au- gustae Taurinorum ex officina Favole MDCCCXXxiir. {Un volume in 8." di pag. 200.) V-^orae qnesto volume ha tre parti , così noi nel discorrerne le bellezze divideremo egualmente in tre parti il nostro breve discorso. PARTE I. SPECIMEN De fortuna latinitatis. Questo trattato molto si differenzia da quello che Giuseppe Antonio Aldini pubblicò in Cesena sua pa- tria nell'anno 1775, ponendovi in fronte il titolo: De varia latinae linguae fortuna : e bene adattando- vi i seguenti versi di Ovidio {Metamorph. lib. xr): Nìl equidem durare diu sub imagine eadem Crediderim : sic ad ferrum venistis ah auro, Saecula : sic toties versa est fortuna . . . Dalla quale epigrafe per Io appunto viene a scorger- si chiara la differenza che è tra l'opera dell' Aldini e questa del Gagliuffl : conciossiachè l'Aldini intenda precipuamente a dimostrare quali fossero le antiche origini [della lingua del Lazio 5 come nascesse pove- Versi del Gagliuffi 3G1 ra e rozza ; come cresceiulo e dirozzanclosi si tllQon- desse sui popoli soggiogati ; come pervenisse al se- colo eletto dell' oro : nel qual luogo l'autore usa mae- strevolmente le parole di Orazio : yenitìius ad summitm fortimae (*): come poi quell'oro, fin dagli ultimi tempi del re- gno di x^Lugusto , cominciasse ad isbiancare nell'argen- to ; come la bella lingua seguisse a mutarsi in peg- gio, e venisse ferrea, e s'imbarbarisse mescolandosi colle favelle de'barbari che Italia e tutta Europa innondaro- no. Per lo contrario il GagliufH considera la lingua latina come già risorta dopo l'Alighieri , il Petrar- ca, e i cinquecentisti (di che l'Aldini non tocca che leggermente sulla fine del suo trattato ) , e vede e lamenta la nuova sua decadenza , e si travaglia di porre argine al rinnovellamento della barbarie. Vera- mente s'ebbe ragione il Gagliuffi dell'aver dato a que- sto suo lavoro il nome di Specimen : perciocché egli stesso dichiara nella prefazione : Argumentum^ de quo agitar , multo latius patere quam vulgo credi potesti e così conchiude : Nos interea fortunam latinitatis, quantum in nobis erit, gradatim secuturi^ satis con' scientiae nostrae fecisse gratalabimur , si orationis nostrae conclusio erit tamqiLam clamor illius hominis qui, viso incendio quod unus nequit restinguere, quie- scentes amicos , ut expergiscantur , appellai. La succosa operetta è divisa in tre libri. Il pri- mo tocca lo stato della lingua latina ; ed è suddivi- so in due capitoli ; l'uno de facultate iudicundae la- £_.. (*) Epist. ad Aug. Ub. Ji. 362 Letteratura tinitatls , l'altro de eventibus latinitati contrariis. Pro- va il eh. A. nel primo capitolo , che anche a'dì no- stri ( coraechè la lingua latina non sia viva nella usuale favella , ma solo nelle scritture) possa darsi intorno a quella retto giudizio. E dopo aver dichia- rato essere pur sua la sentenza di coloro , i quali opinano , che i modi della pronunzia latina , meglio che altrove, siansi conservati in Roma, dove quella tellissima lingua nacque , crebbe , fiorì ; passa a di- mostrare come gli uomini dotti di ogni nazione si convengano mirabilmente fra loro nello stabilire le regole onde si venga a conoscere quale sia l'ottima e la buona , e quale la malvagia e la pessima latinità. Nel capitolo II pone , e giustamente , il eh. A. per principale causa del cadimento della lingua la- tina la guerra eh' ella ebbe , ed ha tuttora a soste- nere centra una delle sue figlie : m'intendo io di par- lare della lingua francese ; la quale , non contenta al desiderio di allargarsi per tutta Europa , anela ezian- dio air annichilaraento della sua genitrice. Suonò pri- mo a battaglia Luigi XIV: lo seguirono , collegan- dosì insieme, Federico II e Caterina II antiponendo air esterna , non che la latina , ma eziandio la prò* pria favella ; poi terribili avvenimenti : prima emigra- zione di pili migliaia di francesi per tutte parti dì Europa : poi dilagamento de' loro eserciti vincitori : e insieme con essi dilatamento della loro lingua , e distruzione della latina. Certo parve profeta l'Aldini quando , a maniera di digressione , così lasciò scrit- to, sin dall' anno 1775, nel § xi della sua opera = Galli caeteras omnes aut veteres aut recentiores lin- guas ab hominum studiis exulare vellent : qiiod iis tamen tum f orlasse cadet ex sententia, ciim^ non se- cus ac romani veteres , rerum orbis potientur. Sed quemadmodum ii ohm Capitolium invadente t sacra Versi del Gagliuffi 3G3 omnia ac profana everlerunt^ ita modo, quod vetustae maiestatis est, in romanorum lingua abripere conan- tur. Dolendum magis tamen perniciosam liane , Ut' terisque omnibus , religioni, atque adeo humanae so- cietati periculosam opinionem in Italiani quoque no- strum , non secus ac caeteras pestes , infelici conta- giane permeasse , atque avide ab iis abreptam qui^ rerum novitate adlecti , nil rectum putant, nisi quod gallicos y anglicos , aut transalpinos alios redoleat mores. Questo capitolo intorno agli avvenimenti contra- rii alla lingua latina fu scritto dal Gagliuffi con bel- la concisione: e vogliamo levarne un saggio alla pag. 9, dove è a leggere la seguente sinopsi : Ludovicus XVI reoc Galliae , ut nationi labanti consuleretur , so- lemni more convocavit trium ordinum oratores : iis derepente unum in ordinerà convenientibus , regium nomen deletum, et legatorum popularium. proclama- ta dominatio t brevi post tempore constituti primum quimqueviri , deinde triumviri, quorum uni auctori- tas princeps, et post quinquennium imperatoria per- petua maiestas adiudicata : Borbonica demum vetus familia in avitam possessionem restituta , donec, ut inopinatae seditioni modus fieret , Ludovicus Philip- pus Aurelianensis ad regnum capessendum accessit» Nel secondo libro , che è diviso in quattro ca- pitoli , si fa paragone della lìngua latina colle al- tre lingue. I capitoli hanno i titoli che seguono : I de varietate linguarum -, W de linguis recentibus : III de linguis veteribus : IV de disciplina scJiolarum. Dopo che l'A, si è fatto a dimostrare nel cap. I es- sere cosa impossibile die tutte le lingue , variamen- te diramatesi per Io mondo , possano ritornarsi in una sola , trova onesto il desiderio di coloro , i rjuali , 364 LKITERATUnA lasciando a ciascun popolo la lingua sua propria, vor- rebbero che ve ne fosse una comune a tutti, mercè della quale potessero tutti gli uomini ed intendersi, ed ammaestrarsi, e giovarsi scambievolmente. E come colui che saggiamente considera nel ccip. II essere a ciascun popolo egualmente diletto il proprio linguag- gio , ne potersi , se non da un conquistatore univer- sale (fingendo pure che ciò si possa) ottenere , che tutti , piegando al volere di lui , ricevano per lin- gua comune quella tra le viventi eh' egli parla e tien cara ; si fa a conchiudere doversi la comune lin- gua scegliere fra le antiche. Poi prendendo ad esa- me nel cap. lil le lingue giudaica , greca , e latina, viene dimostrando con chiari argomenti , essere que- sta ultima da antiporre alle altre, perchè molto è pili facile che non son quelle , perchè va ricca delle gre- che spoglie e delle sue proprie , perchè ella è me- no a«ticata , e più acconcia agli usi moderni , che le altre due, perchè infine non v'ha paese di Europa, dov' ella ( eziandio nella presente sua disavventura ) non sia , più o meno , eulta ed amata. Chiudesi que- sto secondo libro dal cap. IV: dove l'A. conforta i padri a non temere che i figli troppo perdano di tem- po nello studio delle lettere latine : doversi più schi- vare neir ammaestramento della gioventù la velocità soverchia che la lentezza : essere da compiangere que* giovinetti , de' quali si dice , che, non appena giun- ti alla pubertà , sanno dichiarare gli autori greci e i latini , e favellare in varie lingue moderne , ben conoscere tutto che si pertiene a geografia e a sto- ria di tutti popoli , e pizzicare eziandio di filoso- fia. Che cosa sajno costoro .? Risponderò coU'A. Ni- Jlil bene , njaria male. Indi leggerezza e arroganza. Ragionasi nel terzo libro (dopo alcuni utili av- Vkrsi del Gagliuffi 305 veilimentì premessivi dall' Al ) della opportunità o vo- gliain dire attitudine della lingua latina : lingua atta agli studi severi , atta alle amene lettere , alta , anzi necessaria ^ ai riti cattolici : di che formansi i tre capitoli , ne' quali il libro è diviso. Che la lingua latina sia atta ai severi studi, è cosa dimostrata dalla esperienza avutane per molti secoli. Imperocché dal secolo XllI al XVUI i sapienti furono usati di ra- gionare fra loro latinamente dal Tamigi all' Istro , e dai confini della Scandinavia alle isole di Sicilia e di Sardegna ; e se bene , in questa lunga serie di tempi, molti furono i nuovi trovati dello ingegno, pure alla lingua latina mai non mancarono voci , con che quelle novità venissero dichiarate. O tu che li delizii nelle lettere amene, perchè (dice il eh. A. al cap. II ) non vorrai apparare la lingua latina , se non per altra cagione , almeno per acquistare di- letto da tante opere egregie che, scritte in quella lin- gua, alla età nostra pervennero? Habes latino in emporio scripta sapientissima quae te doceant , amoe- nissima quae recreent^ suavissima quae mulceant aut moveant ; quÌ7i et imagines ingenuas nihil furiale vel tenebricosum cumulantes , et omnia demum li- bere non stulte , splendide non tumide , simpliciter et acriter non ioculari aut violento gressu currentia. E quelle belle scritture ti daranno intelletto a ben comporre le tue : e ti godrà l'animo se riceverai dono di epistole o di versi scritti nell' idoma latino da chi non ha teco comìxne la patria e la favella : e tutta Europa viaggiando , leggerai le latine iscrizio- ni , che sono nei pavimenti e nei muri delle chie- se , e in altri pubblici edifizi ; dacché tutte le ci- vili nazioni hanno confessato col fatto , essere la mae- stosa lingua del Lazio più che niun altra acconcia 366 Letteratura al comporre di quelle brevi memorie. Restava che l'A, dimostrasse , essere la lingua latina , non che atta , ma necessaria ai riti cattolici: e il fece nel cap. IV eoa beli' apparato di argomenti e di erudizione. E dopo essersi scagliato contra le società bibliche le quali , mirando a fraudolento ed empio fine , vorreb- bero gravissima omnia mysteria vernaculo ubiqice et iitcumque sermone divulgari , omnium manibus ie- ri , omnium ore definiri , pose termine al capitolo con queste parole : latina est societas nostra : nihil in templis nisi latinum appareat : iuventus ad sacer- dotium vacata diurno nocturnoque studio in libris la- tinis versetur. Ncque haeo quae dicimus nostra vel nova sunt : haec Romae adolescentes accepimus^ haec senescentes profitemur. All' ultimo l'A. fa voti perchè la lingua-latina ritorni in fiore , e sia argiae con- tro al risorgimento della barbarie. PARTE II POEMATA ab auctore recognita. Quattro sono i componimenti che , riveduti dal eh. A., e accompagnati da brevi annotazioni, fanno bella que- sta seconda parte del libro^ Eccone gli argomenti. I Navis ragusina : poemetto in versi esametri scritto dal Gagliuffi allorché poco lungi dalla citta di Ragusi fu varato un bastimento fatto costriure dai fratelli Senchich. II Pietas domestica : idillio in versi esametri scritto in 1819 per la sanità riacquistata dalla re- gina M. Teresa di Sardegna, nome di gloriosa ri- cordanza. Ili Consolatio : elegia per l'accerba morte dell' unico figlio maschio che il celebre astronomo cav. Versi del Gagliuffi 307 Plana aveva avuto dalla sua consorte signora Ales- sandrina Lflgrange. IV Felix adventiis : ode al calca per la solen- ne entrata che fece in Milano S. M. l'miperatore Fran- cesco l'anno 1825. Ciascuno di questi componlraentl fu dall' A. in- titolato ad un amico : il primo ad Antonio Sorgo pa- trizio raguseo : il secondo a Giancarlo di-Negro pa- trizio genovese : il terzo a Luigi Biondi romano r il quarto a Francesco Annoni patrizio milanese. A rincontro di ciascuno è posto il volgarizzamento : il poemetto fu volgarizzato dal Papi, l'idillio dal conte Ilarione Spitalieri di Cessole : il professore Isnardi traslatò l'elegia, e il Romani l'ode alcaica. Tutte que- ste versioni ci parvero fedeli al testo , eleganti , e perciò degne di molta lode. L'alzare a cielo le indicate poesie del Gagliuffi , e in ispecie la nave ragusea , sarebbe opera sover- chia : imperocché tutti i giornali lelterarii , e con essi il nostro, le hanno reputate belle com' oro. Adun- que , per non ridire il già detto , ci volgeremo a toccare alcun che della prosa , che l'A. vi ha po- sta innanzi a guisa di proemio. In essa si fa egli a dimostrare quanto sia faticosa l'arte di bene scrivere in versi , chi ben consideri le difficolta che si ap- presentano ad un poeta. E qui parla della sempli- cità ed unita del subbietto , semplicità non rustica, unita non povera : e parla dell' ordine : e parla della designazione di ciascuna parte. Ne possiamo rimanerci di riferire i due seguenti paragrafi : tanto ci sono seitibrati belli ed acconci alla materia, liane tripli- ' ceìfi ( COSI prosegue l'A. ) inventionis facidtateni si quis vellet exemplo aliquo poetico liiculentias ex- plicare , ponat sibi ante ociilos arteni poeticani , si ila loqui licei , corporeani et adspcctabilem , quam nohis reliquif magnus ille , vel ylristotelis et Flac- 3G8 Letteratura ci , vel ipsius naturae aliimnus et pictor Urhinas. Non loquiniur nec de schola atheniensi^ nec de incendio leo- nino , nec de tot argumentis nobilissimis et liberrimis , in quihus difficilius erat cavere ne quid nimis coalesce- ret, quain ùwenire quod rite pingeretur. Loquimur de Caecilia ilici bononiensi quae ita erat pingenda , ut ei tamqiiain inferiores adessent , qui eam longe digni- tate superabant , Joannes , Magdalena , Paullus , et Augustinus. Ecquid Raphaèli praestandum in opere tam brevi et tam severe circamscripto ? Ecquid prae- stitissent multi pletore s , ecquid multi poetae ? Lu- ctatus est procul dubio secum ipse vir die vere sin- gularis: nihil nec vulgare nec temerarium arripuit : processit inter angustiasi ingenio duce , comite sa- pientia : emersit e tenebrisi i'icit^ et ita modeste trium- phavit , ut rei difflcultatem et pulchritudinem pauci 'videant , omnes adniirentur. Pinxit ille suprema in tabula canentes e caelo genios^ in extrema vero vir- gunculam , quae audito concentu caelesti ita sur- ripitur , ut instrumenti , quod assumpserat , cala- mos in terram prolabi non sentiat. Ecce ergo per" sonam nihil mortale iam spirantem , immortalium participem , divina splendoris maiestate insignitam , hominum caelitumque observantia et admiratione di- gni ssiniam ! Quanta metamorphosis ! Caeciliam quaerimus : Gratiam videmus , illam Gratiam , quae , quidquid fult et est et erit , una recreat^ una complectitur. Potest iam , nihil obstat , potest iuvenis sanctis- simus nova illa in forma colenda tamquam in Chri- sti sinu acquiescere : potest mulier poenitens^ un- guenti sui memor ^ et beatissimi sonitus^ quem exci- pit ^ suavitate felicior ^ dmturnum doloreni ponere ac recentem in hdaritatem converti : potest doctor gen- tium , depresso et gladio et capite , arcana quae Versi del Gagliuffi 369 scriUatar Dei miserentis prodigia , venerahundus agno- scere : potest mystico bacalo innixus ponti fex po- tentiam sospitam , qiiam tantopere meditatur , prope attonitiis praesentem contemplari. Nihil inde in liac tabula qiiod miri/ice non deceat , nihil quod theo- logi man probent , nihil quod poetis non pulcher- rimum illucescat. Vident poetae rem totam , simpli- cem et nobilem , eandemque unam et magnificam ; non vident sed agnoscunt ordinem partes universas alacriter ineuntem : vident et agnoscunt singulis in partibus veritatem , temperaìitiam , ultroque exsul- tantem concordiam. Haec , haec est amabilis picto- rum et poetarunt insania , quae inventionis propria est , et ingenio cum sapientia coniuncto debetur. Gli ultimi paragrafi di questo bel proemio sono : PRIMA contro ai poeti per informas nebulas quo- modocumque fugientes^ i quali emicant fortasse ali- quando , sed more nocturni fulguris : POI contro a quelli qui miserrimam semper servitutem servien- tes , alieno saepe ferro calamistrati , et prope sibi~ mei ipsis lascivientes incedunt : IN FINE contro a coloro qui poesim, Deo , virtuti , et honestae delecta- tioni dedicatam in probrum et nefas impellunt. PARTE III. POKMATA extemporali A AB A MI CI S COLLECTA et italicìs commentariis illustrata. Annunzia il eh. A. nel proemio che va innanzi alla terza ed ultima parte , come questa generale rac- colta di tutti i suoi versi estemporanei è dovuta alle cure del giovane giureconsulto signor Nicola Pavesi: al quale noi ne avremo buon grado: imperocché nin- no era a cui non fosse in desiderio che insieme si riunissero queste gemme del Gagliuffi , che anda- G.A.T.LVI. 24 370 Lètte RAtuhA vano a torno dislegate e disperse. Ad una piccola raccolta romana fatta dal defunto avvocato Giusep- pe Andrea Scaramucci, seguitano altre otto raccol- te : e sono I la parigina-^ II la parigina Seconda-^ III la veronese-^ IV la veneta), V V alessandrina-^ VI la milanese ; VII la milanese seconda ; Vili la ge- novese. Non c'interterremo sulle prime sette : percioc- ché dì esse gik ragionammo con assai lode allorché la prima volta furono date alle stampe. Ma levere- mo qua e là qualche epigramma dalla ottava., la quale tutta adornasi di poesie inedite che quel chiaro e gentile spirito del marchese Giancarlo di - Negro, ami- cissimo del GagliulFi , aveva tenute in serbo , per far- ne bel dono , quando che fosse , a chi tutti i versi estemporanei dell' amico suo avesse voluto raccoglie- re e pubblicare. Ebbele dunque il Pavesi , ed em*- piono il libro dalla pag. 153 alla pag. 195. Tutte sono leggiadre e tinte nell' oro de' buoni antichi. Ma non potendo riferirle qui tutte, faremo cadere la sorte su dieci. I pag, 258 yiegrotus et medìcus ad portam aegroti. Quis pulsat?- Medicus-Quid vis ? - Tibi ferre salutera. Cras , si me audieris convaluisse, redi. II pag. 1G9. De tabula in qua pietà fuerat Henninid Ad Mossium praesulem amplissimunu Haecne illa Herminia est , quam miro Carmine Tassus Umbroso errantem finxerat in nemore ? Versi del Gagliuffi 371 Illa qukletu placnit ; sed me movet acrius ìsta , Qiiam pulcra pictaru suspicio in tabula. Quara. cara Herrainia est! quam suavis ridet! et o quam Blando ruricolas recreat alloquio ! Multae , pace tua , Mossi claiissime , dicatn , Suat tibi nobilium divitiae artifìcum , Divitiae egregiae , quas Tibris , Rhenus, et Arnus , Cumque Athesi adriacae Doridos unda dedit. Ast ego , quem rerum delectat gratia simplex , Hac , fateor, stupui percitus Hermiaia. Ili pag. 172 Ad Joannem Carolum Nigrium. Quod raibi lucensis dono dal habere Minerva Pulcrura oleum et liquida pulcrius ambrosia , Quodque aiunt quovis praeseQtius esse liquore Si nimius turbet viscera nostra calor , Partior hoc tecum. Ni scilicet ipse valeres , Hei mihi ! vix possem vivere salvus ego. IV pag. 173 Traduzione italiana di un epigramma arabo sulla nascita di un bambino destinato a regnare. Mentre vieni , o fanciullo , ai rai del giorno Tu piangi , e tutto ride a te d'intorno. Sia tal tua vita , che nell' ora estrema Tu solo rida e tutto il mondo gema. F'ersione del Gagliufji. Quum venls ethereas , puer optatissirae , ad auras Extemplo rident omnia , et ipse gemis. 24* 372 Letteratura. Macte , et disce diu sic vitam vivere , ut omnes Te rìdente uno , quuni raoriere , gemaat. V pag. ITS Ne ducas Mopsura , raoriens vir dixit : at uxor Promisi , haud dubites , corque manurnque Lyco. VI pag. 181 OTTAVA del eh. Giancarlo di- Negro. Quante van per l'Olimpo ardenti stelle , Quante ha serpi l'inospita Cirene , Quante grandini e lampi han le procelle , Quante volvono i mari alghe ed arene , Quante ha l'Elvezia ed ha l'Armenia agnelle , Quante sono di madre orba le pene , Quante spiche ha la messe e il bosco foglie , Tante in amar dura beltà son doglie. Traduzione del Gagliuffl. Lucida quot vasto labuntur sidera caelo , Quot colubros lybicus gignit et horret ager , Quot vel grandinibus vel nirabis aestuat aether , Quanta sub aequoreis alga et arena vadis , Quam multae helveticis errant in montibus uguae, Quot mater luctus orba ciere solct , Quot segetes campis , quot frondes in neraoreallo, Tot suut crudeli durae in amore vices. Versi del Gagliuffi 373 Vlt pag. 182. Quesito proposto al Gagliuffi : A chi toglieresti la benda , alla fortuna o ad amore? SOLUZIONE. Si tollenda foret de vittis una duabus , Lux sit aperta Deae , contegat umbra Deura. Nam fìeret laudanda raagls fortuna videndo , Vix tolerandus , ubi vera videret , Amor. Vili ivi Iscrizione da esser posta iotto il busto del Colombo. Unus crat mundus ; duo sint, ait iste; fuerc. IX pag. 187 In apem. Quo, malecanta, volas ? viridem ros occupai agrura : Alas inficiet sordida gutta tuas. Vis lequiesse tuum possis ubi ducere nectar ? Felix in roseo Chloridos ore sede. X pag. 189 Dum foenum unaniraes genitor gcnitrixque secabant , Filius in viridi forte gemebat hurao. 374 Letteratura Inspice , ait prudens genitor , quae causa dolendi : Lac modo, ait genitrix , ne vereare , dedl. Illeiterura, i, quaeso, propera, nimis angitur infans : Illa autem , iani iam , crede, quietus erit. Vir tandem impatiens fremlt,it , videt, liorret, et atruin Serpentera lieu ! parvo serus ab ore trahit , Et furit , et matri monstrat informe cadaver , Matrlsque obtruncat praepete falce caput. 0 lex, Claude oculos : patrera natura tuetur ; Uaud ira liic dignus , sed pietate pater. Il raccoglitore signor Pavesi chiude il libro con una piccola appendice di alcnni belli epigrammi , che qui non trascriviamo , perocché antecedentemente erano stati già pubblicati. L. B. 375 VARIETÀ^ Della vita di Giovanni Battista da s. Bernardo, monaco fuliense. Comentarlo ec. \Jh. la cara cosa che è questo cornentario ! Fu scrìtto in latiao con aurea semplicità da monsignor Giovanni Soglia , ed ora per la prima volta messo in volgare da Giuseppe Igna- zio Montanari. Questo amico de' buoni studi area parlato con lode dell' originale, quando uscì in luce nel i83i, e coinec- cliè ignorasse allora il nome dell'autore, levò a cielo uno scrit- to , che dalla santità del soggetto tiene abito nobilissimo : il quale splende altresì di quella luce , che ammiriamo nelle vite di Nipote. Quello è il bello scrivere latino ! Daremo per sag- gio del volgare due passi , e non più , di quelli precisamen- te , di cui il testo si legge nel tomo LI a pag. 84 di questo giornale. Si parla delia vocazione di Giovanni Battista di ren- dersi monaco fuliense, e delle difficoltà superate. „ Ma non „ si viene a fine di alcuna lodata impresa senza contrasto : „ spiacque tale risoluzione a tutti i congiunti , i quali onde „ distorlo dal suo proposto cominciarono a porgli sott' occhio ,, la severità e asprezza della vita di que' monaci : non esser ,, egli da tanto ; non fosse inumano a tal segno verso i fra- „ telli e i congiunti da porli per questo ia tristezza e in af- ,, fanno: non volesse ostinarsi nel suo proposto: si piegasse „ al desiderio di tutta la famiglia. Con questi ed altri somi- ,, glianti argomenti cercarono distogliernelo , ma egli fermo e ,, costante nell' ottimo divisamento non cedette a forza di pa- ,, role: e in questo si condusse con tanta umiltà e pruden- „ la da non perdere l'amore di quelli cui negava compiace- 3Td Varietà' ,, re. — Tranquillate adunque le cose, parendogli tempo di „ venire a capo della sua risoluzione, rinunziò la prebenda „ della quale godeva, e si dispose a partire per Roma. Era „ ivi in fiore a que' di l'ordine fuliense, e pochi anni prima „ Giovanni Barreri monaco cistcrciense, e autore di quell'in- „ slituto, vi avea posto il convento, che ora ha nome da san- „ ta Pudenziana. Bramando adunque ardentemente Giovan Bat- „ lista di esservi ricevuto, andò a Roma sul far dell'anno 1609, „ e raccolto da quei monaci con ogni mostra di benevolenza , ,, ottenne finalmente il desiderio suo di essere fatto del loro ,, numero. Egli vesti l'abito il dieci di aprile , e prese nome „ di Giambattista da san Bernardo. Neil' anno appresso poi „ il 11 di d'aprile 1610 fece professione, ed obbligossi in ,, perpetuo co' voti solenni. — Visse indi tredici anni, gran par- ,, te dei quali nel convento di santa Pudenziana, gli ultimi a „ monte Soratte, ove era l'antichissimo e celebratissimo mo- „ nisterio di s. Silvestro , allora abitato dai monaci fuliensi. ,, Giuntovi appena , cominciò a tormentarlo un fiero cancro, „ dal quale dopo acerbissimi spasimi fu morto. „ Qui narra- te le virtù del santo uomo si conchiude : „ E chi non raara- „ viglierà invero di tanta altezza di santità, per tante virtù, „ per tanti fatti, per tanti monumenti a noi tramandata e te- ,, stimoniata? Cosi mi dia colui, dal quale discende ogni be- „ ne , che possa io ne' miei costumi portare tanta bontà, quan- ,, ta ho tentalo descrivere brevemente ; questo è il solo frut- ,, to, che caldamente io dimando e prego per questa tenue „ mia fatica. „ Noi ringraziando il volgarizzatore faremo fine; ricordando altresì, a lode dell' autore, quello che altra volta dicemmo: che ne' savi e buoni la lingua mostra il cuore. D. Vacgolini. IVXi è venuto, sono pochi dì, alle mani un volume pubbli- cato in Milano da Antonio Fontana nel i83a di una Collezio- Varietà' 377 ne di manuali componenti una enciclopedia di scienze, lette- re, ed arti: e questo volume comprende un manuale di geo- metria per le arti e pe' mestieri , opera del signor inge- gnere Gio. Alessandro Maiocclii professore nell' I. e R. Liceo di s. Alessandro in Milano. Ad esso manuale va innanzi un suo discorso intorno allo stud !o delle scienze applicate all'In- dustria , nel quale a carte iii cosi si legge: ,, Uno del mez- ,, zi più propri e più efficaci all' avanzamento delle arti e ,, de' mestieri , ed allo sviluppo dell' iudustria è certamente ,, quello d'invitare con nuovi incoraggiamenti e premi gli ar- „ tisti ed i manifattori tutti d'un popolo e d'uno stato, af- „ finché in epoche stabilite p.-esentino al concorso le loro in- ,, venzioni , i loro ritrovati, e le loro macchine , i congegni, ,, e i perfezionamenti, ed in generale i prodotti delle loro ,, officine, e dei loro laboratori!. „ Indi a carte ii8 parla dell' ateneo di Forlì (istituzione di cui oggi rimane poco più che il nome), e dice „ che con premi promove l'industria distrl- ,, buendo delle medaglie d'onore e d' incoraggiamento agli „ artefici ec. ,, e dell' accademia provinciale di beile arti di Ravenna , che fino dal 1828 per provvida cura del gover- no ha una nuova ed apposita fabbrica ( in cui sono qua- dri , gessi, e stampe nobilissime), e che tuttora è opero- sa e fiorente, non parla, come se la non fosse. Eppure l'ac- cademia ravennate ha tre premi annuali di tre medaglie del valore di ventiquattro zecchini d'oro pe' lavoratori in me- tallo prezioso , pe' lavoratori in metallo di minor pregio , e pe' lavoratori in leguo tanto ravennati, quanto provinciali , e tre premi triennali di tre medaglie del valore di novanta zecchini d'oro per gli artefici delle tre allegate classi, che me- glio soddisfano ai temi proposti in istampa dal consiglio ac- cademico. Avesse pur toccato il signor professore ingegnere l'ateneo di Forlì , ma certo non doveva tacere di questa ac- cademia di belle arti , che non può essere ignota ad alcun amatore de' buoni studi dopo quel moUissimo, che dissero in sua lode i giornali , non eccettuata la biblioteca italiana di Iridano. A carte poi i25 dello stesso discorso mostra il signor Malocchi un lodevole suo desiderio ,, che in tutte le accade- 378 V A n i E T A* „ mia sparse io Itulra fosse almeno aggiunta , come a Mjla- ,, no, una scuola di disegno a profìtto degli artigiani, e dei ,, giovani, che attendono ai mestieri:,, e nell'accademia di belle arti di Ravenna v'ha pure una simigliante scuola pen- sata, stabilita, e diretta dal eh. signor professore Ignazio Sar- ti. I libretti , che intorno alla solenne distribuzione de' pre- mi ed esposizione si vengono ogn* anno da questa accade- mia pubblicando , lo significano abbastanaa , perchè io non ne abbia a dire di più; tuttavia le aggiungerò, egregio sig. di- rettore , che questa scuola è divisa in tante classi quanti sono i mestieri , ed ella forse in que' lil)retti avrà veduto registra- te le classi de' disegnatori orefici , le classi de'disegnatorl eba- nisti , e de' disegnatori carrozzai, e rimeritato di premio fra gli altri artigiani qualcuno degli alunni del conservatorio de- gli orfani, i quali nella magg^^ior parte, e nella prima età non sono qui altro , che poveri garzoncelli di bottega. E tutto que- sto a sola lode del vero , e della italiana istruzione. Tempora subseciva Angeli Ciampi , professorls philosophlae ac synthesis in lyceo Sah>atoris , phlsìcae ac mathes&os in archiepiscopali gymnasio. Tornasi. Napoli. Anno i9,òi. Ex tjpographia Tramater. X-jlla è questa un' opera , la quale non può non esser letta col più vivo compiacimento. In essa non cose frivole , uè cose volgari si rinvengono , quali d'ordinario sogliono essere le produzioni di coloro , che cultori superficiali delle muse , alle scienze filosofiche non piegarono la mente , né posero lo studio. Un pieno possesso della lingua del Lazio , una spon- tanea eleganza , un vigor di sentenze , un ordine chiare, e quella negligenza nobile e magistrale , che sempre si desi- dera , ma di rado si osserva nel proposito di coniponinenli poetici , ecco i pregi che si ammirano nel sig. abate Ciinipi. Gli epigrammi sono degni di Marziale ; gli endecasillibi ri chiamano al pensiero quelli di Catullo. A dir tutto , i fori di Varietà' 379 poesia allora son veramente amabili e grati , quando un beli' odore di filosofia diffondono: il che avviene appunto di quelli del sig. abate Ciampi. Il nome dello scrittore , di cui favel- liamo , era già chiaro abbastanza nella società delle lettere , non men per tante sue nitide e svariale composizioni poeti- che , che pel suo corso filosofico, scritto ugualmente in lin- gua latina , e di cui la sesta edizione venne fuori nel i83i sotto gli auspici! di S. E. il sig. Marchese d'Andrea, mini- stro segretario di slato di S. M. siciliana , cultore e proteg- gitore insigne de'buoni studi. Noi ci congratuliamo di cuore col sig. abate Ciampi , e facciam voti perchè egli non cessi di dare nuovi argomenti della sua dottrina nelle scienze, e della sua erudizione nelle lettere. Intanto , acciocché si abbia nn saggio della maniera di scrivere in verso del nostro egre- gio autore, trascriviam qui sotto gli endecasillabi da lui com- posti nelle occasioni della vestizione religiosa di una figliuo- la dì S. E. il sig. marchese d'Andrea. Mundi deliciae, valete, abile : Me nec flectere , nec movere possunt , Quae attritis miserabiles labellis Ludunt blanditiae inficetiores, Ictu saucia, qucm manus superna In cor non fragili jacit saggina,- Quae raundus bona pollicelur , odi. Sordenl divitae , theatra, coelus, Et quae gaudia , quamque stultiores Hymenis pereunt facem puellae. De Andrcae soboles secunda nulli Claro sanguine, fronte liberali , Mentis viribus, integro pudore , Et has , et similes locuta voces In templum cita pervolat , deoque Se totani vovet , accipilque velura. O factum bene, pulchriterque factum! Dum mundi bona respuit caduca , .Eternara sibi comparai coronam. Kovit ponere calculos virago. INDICE DELLE MATEniE CONTENUTE NEL TOM- LVl DEL GIORNALE ARCADICO. SCIENZE Sua Santità GREGORIO XVI, Il trionfo della religione e della chiesa {art. 2 ed ultimo) . . . ^ . . * . ^ . p. 3 — ' Cenni sulla vita di L. Angeli medico ali- mela )D. 62 — Belli, Scoperta delt alabastro melleo . p, 75 — Tortolini, Determinazione delle integrali di alcune formole differenziali sì algebriche e sì trascendenti p. ^\ — Pianciani f Istituzioni fisico-chimiche ( arti- colo II) p. ~ 2^1 Gattei , Litotomo e processo di litotomia (con rame ).....> p. — 273 Santarelli , Congetture sulla cotenna del sangue) ...../?. — 291 Conti , Memoria di una idrocardia. . p. — 308 Sorgoni, Caso di lenta angioitide ec. . p. — 317 LETTERATURA De-'Crollis , Proemio al suo commento sul e. PII dell" Inferno di Dante . . p. 07 — Mordani , Vite degV illustri ravegnani. /?. 1 11 — Vaccolini, .Montanari, Capozzi , idilli ec.p. 132 — De-Luca , Se in fatto di gusto esistano ca- noni assoluti ec • • . /?. 140 — Amati , Iscrizione nomentana recentemente scopdrta . p. — 323 Muzzarelli , Elogio di Irancesco CanceU Vieri p. — 347 P'accolini , traduzione delV egloga IX di Virgilio p. — 356 Gagliuffi^ Specimen de fortuna latinitatis et poemata varia ec p. — 360 BELLE- ARTI. Biondi , Intorno le opere artistiche de sud- diti di S. M. Sarda esposte in Roma p. — ÌGi Pungileoni^ Notizie di Federico Zuccaro p. — 195 Necrologie del cav. G. B. Zannoni , e del prof. Girolamo Melandri Contessi. V^arietà. Tavole Metereologiche, f Osservaiioni Metereologiche. )( Collegio Romano J{ SeHtmhra l83a. 1 1 1 Ore Baromet. Term. Termo esLerno | max. metro min- Igrom. Vento Pioggia Evapor. Slato del Cielo mal. gì- ser. 28/3. 2 Zi. 2 » » 0 1) 11 1 0 12 22 16 4 14 24 19 16 '6 23 19 .3° 12° 4*^ 32 6 N. d. SO.., 0 0 4'-- 2 chiarissimo 2 3 4 mal. ser. )» n 2 „ 1 9 « 2 4 >4 14 - 16 1 40 11 IO 16 1 s!'d." 1» '^• N. q. 0 S\ d. 5 9 ser. vaporoso velalo ser.nuvol. sparse coperto velalo mal. ser. t» i> a ., 1 7 a 5 .') 7 0 mal. si- ser. .. ., 5 f n 2 ,, « 3 » « 5 « »> 2 » „ 4 17 22 7 j8 3 24 17 14 •4 16 16 16 ] 35 IO 5 32 5 0 0 OSO. f. so. d. N. „ SO. m. 0 0 SO. m. „ d. 0 0 S. m. „ ^- 0 0 SO. m. ueLbia 3 a ser.vaporoso „ uuT. sparse „ vaporoso mal. 3 gì. \ser. 14 23 18 6 a4 3 6 chiarissimo ser.nuv.sp. 6 7 mal. gi- ser. » » 6 » » 7 ,, a 0 i5 23 4 19 "16^ 24 19 5 '7 20 18 2 17 5 22 20 i3 19 16 24 3 3i 3 rugiada 3 7 chiarissimo ser. vaporoso mal. si- ser. » « a » 1. " ., » 2 26 6 25 5 rugiada 4 3 „ nuv.sp. cliiarissimo nuvoloso mai. 8 ^j. ser. )j j> " „ 1 4 »» » »' » » 0 „ 0 5 n « " 25 22 20 21 21 5 20 2 27 3 3 3 chiarissimo ser.vap. 9 10 mai. Si- ser. 5 3o 14 0 0 S. ra. 5 9 „ nuv.sp. »» »> nuvoloso mal. Si- ser. » »' " „ n » „ 1 2 i5 i3 8 35 i3 « 0 SO. m. » d. N. „ NO. m. „, d. 0 0 OSO. m. SO. „ N. d. „ ni. ., f- „ q. 0 0. m. „ d. SO. f. N. m. 0 7 ser.nuv.sp. 11 12 i3 «4 i5 mal. gi- ser. mal. si- ser. mal. gi- ser. „ „ 5 1 *^ 20 5 16 2 1 ^ I35 ' 9 4 7 chiarissimo ser.nuv.sp.^ ■■■"** 1 4 cliiarissimo nuvoloso „ 2 0 » " 2 14 5 21 16 3 i5 12 lo ' 4 55 26 3 » « 5 i3 » » 0 !20 „ » 3 14 18 r.5 41 5 6 chiarissimo mal. si- ser. mal. gi- iser. » i 7 „ 0 6 lo >9 i5 16 «7 1 1 20 i5 ;58 i3 4 5 6 nuvoloso 27 lo 5 „ 9 6 ..II) 2 20 11 14 8 >4 alc.goccie ' 4 velalo coperto risch. "« a Ore Baromet, o Terni. 1 TtriE [Max. 0 19 ometroT Igrora Min. a capei Vento Pioggia Evapo] -. Slato del Cielo 1 cliiarissimo H sercn.nuv.sparse i ma. 28 p.oli.\ i-er. ,, 3 0 0 12 18 11 3 lo" 0 17 47 28 NO. m. 0 0 N. 0 „ (1. OSO. m. N. (]. 11. 4 7 17 é"-- >, „ 8 „ „ 7 ,, » 9 8 »9 i3 19 8 S 8 47 i5 7 42 i3 4 2 cliianssiiuo | .8 ^'- ser. » „ 6 » 2 4 » " » 9 5 19 2o 5 8 OSO. f. 0 0 0 0 SO. (1. 0 0 N. A. OSO. „ so. „ 4 2 " ma. ^ ser. » 1 7 ,113. 9 2o 16 31 9 0 43 3 pio. notte 3 3 ti ma. ser. ma. ser. » 3 0 » » 5 » „ 7 10 5 »9 14 6 ai 20 ] 2 0 23 5 0 3o 0 1 li.i5 3 1 nuvoloso seixn.nav.sparse cliiarissimo 2 ,,28 12 13 •4 11 9 n 1 10 3 42 rugiada 5 8 nuvoloso cliiarìssimo 2 ma. 3 S'- ser. » » 9 » » 4 » )7 9 8 16 ,8 11 7 5 Ji 60 46 N. .1. ,> i". » <1. 4 I " » ma. ser. ma. ser. »> 6 2 Il S 1 11 » 2 7 i> , 17 iS 1 1 6 ai 5o 58 0" m" N. d. 5 1 seren.nuv. sparse ctiiarissimo » >• i> t> u 4 7 7 5 j 18 ,9 12 6 1 7 2 4 40 14 SO. m. .>}. d. 5 5 " ' ma. 5 S^- ser. » 0 4 „ 3 5 7 6 18 19 '4 7 :'-9 0. m. '1 0 rugiada 4 4 l' ì ma. 1 gì- \ser. ma. gì. ser. )) >i i 1) )> 0 lo 1 2 1 [205 95 i3 1 45 5 0 37 0 SO. J. 0 0 3 1 " ,. « » 0 9 2 / 2o , 2 i3 6 0 5' 9 9 \. d. SO. „ 0 0 3 1 )» '" ma. §-■ \ser. » « 7 » " 8 0 0 0 5o 4 >b. lì. lldd,K, 2 5 >-lal,> liiarissinio .io ma. si- ser. „ 4 0 » » !1 „ „ .-> 8 0 j 2 4 1 0 S 0 )2 < 4 50. d. 2 5 '' l i^BWUSlWI ITI—II B^anmg an^^iBi^B NIHIL OBSTAT Ab. D. Paulus Delsignore Gens. Theol. WIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Colleg. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Gens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Dora. Butlaoni O. P. M. S. P. A. IMPRIMATUR A. Piatii Archiep. Trapezunt. Viccsgerens.