^. il ma sibbene nella chiesa di S. Maria sopra Minerva : e andava questa sua opi- G.A.T.LVIII. 2 nione eziandip spargendo a piena bocca al pubi, il quale molta stima ripouendo nel Fea , e facile ad appuntare ogni cosa che esca dalle ordinarie , co- minciava già a tassare alraen d' inutile , se non an- cor di ridicola , un' opera intorno alla quale già s'erano spesi più giorni. Appena lo scavamento si vi- de corrispondere alle speranze , che senza frapporre indugio fu mandato ad invitare il Fea perchè venis- se a vedere e il luogo del sepolcro , e lo scheletro ritrovato. Il giorno che seguitò quello memorando del discoprimento delle ossa si portò il Fea al Pantheon con già essersi del tutto ricreduto della sua opinio- ne. Ma quando si fece egli ad osservare attentamen- te come si stavano le cose , disse con grande fer- mezza d'animo queste notevoli parole :£'rgo erravimus^ e si ebbe da tutti noi questa archeologica conversio- ne, mi si permetta di cosi chiamarla , per uno de* pivi bei segni della provata onestà e probità di quel venerando erudito. Ed oh questo bell'esempio del Fea fosse seguitato da molti altri ! Che più care sarebber le scienze , e più gentili le lettere ! Ma pur trop- po v'ha certa tal qual razza d'uomini, che nutrican- dosi di sola malignila e soperchieria si fanno a con- trastare a tutto, a tutto negare, non da altra buona ragione guidati , se non dal loro capriccio , o da un qualche oscuro e sinistro lor fine . E costoro , in tutto vilissimi , non si presentano apertamente a dar loro sentenza al cospetto di tutti , come usa- no i lealissimi uomini , tra' quali è al certo il Fea e qualche altro di franco animo , benché contrario : ma copertamente coli' opera de' loro seguaci si fanno a negar cose che le son tanto chiare , che più non è la luce del sole di mezzodì. Ma lascio di più ra- gionar di costoro : i quali se per qualche loro fama saranno vivi un giorno nella memoria degli avvenire, 19 noi saranno pero mal in quella de* gentili ed one- sti uomini ; e mi fo innanzi, senza più, nella isto- ria in cui mi son messo. Ricevuta da' circostanti , con molte e reiterate dimostrazioni di universal contentamento , la solenne testimonianza fatta alla verità dall' avvocato D. Carlo Fea ; si volle dai cavalieri Salvi e Fabris pren- dere con ogni più possibile ed esatta precisione la misura di tutta quanta era la lunghezza dello sche- letro . Il perchè fermata una punta di un grande compasso in sul vertice del cranio, e l'altra sotto la protuberanza posteriore del calcagno verso l'arco plan- tare ; e misurata la distanza , che dall' una all' al- tra punta di quel compasso correva ; si vide ch'ella era di palmi sette , oncie cinque , e minuti tre di canne architettoniche romane. Fatto ciò, fu da tut- te quante le deputazioni invitato il chiarissimo signor professore barone Antonio Trasraondo a voler dare una descrizione di quello scheletro , che avevamo d'innanzi. E qui mi fo scrupolo di ridire le parole istesse di quel grande anatomico , e per non dipar- tirmi in niente dalla istorica verità, e perchè io non potrei mai esser da ciò , non avendo neppur messo il piede in sulla soglia di questa sorta di studi. Sceletognosi. „ Corografia generale dell'ossea compage ritro- „ yata dietro la mensa , verticalmente sotto la mar- „ morea statua rappresentante la Vergine santissima „ nella chiesa della Rotonda. „ Questa , ad onta che manchi delle organiche „ sintesi consumate dal tempo, conserva prodigio- „ saraente i rapporti esatti delle moltlplici articola- „ zioni per la fisica contiguità nelle parti aride in 2* <20 „ modo , che non lascia dubbio alcuno a giudica- „ re essere appartenuta ad un individuo della spe- „ eie umana, e questo di sesso maschile, e di media „ età, per quelle considerazioni che in una parlico- „ lare narrazione verranno esposte dopo la generale „ descrizione. „ Per tenere Un ordine cotanto necessario inco- „ minceremo dalla sua posizione. •) S ; ; f.i tj Posizione. „ Supino, con gli arti inferiori distesi, ed i supe- ,, riorl seraiflessi , con le mani cioè soprapposte nel- „ V ipogastrio , come gli angoli ottusi descritti dai ,, cubiti avevano di già presagito. La testa un po- ,, co abbassata sul petto : e ciò forese prodotto da „ un masso di terriccio misto ad argilla del Tevere ,, al di sotto dell' occipite l'invenuta , la quale nell* „ aumento di propria massa spingendo l'occipite ha „ obbligato la testa a piegarsi. Dimensione, „ Tenendo all' esattezza della misura tanto dell* „ altezza dell' individuo , quanto della conferma del- „ la latitudine, si è prescelta una lunga fettuccia , ,, onde percorrendo con regolarità l'ossea superficie „ potesse annunciare la pretta verità : e per atte- „ nersi alle proporzioni anatomiche , si è coralncia- „ to dal porre l'estremità di detta fettuccia nella som- „ mita del coronale: e discendendo sempre in con- „ tatto fino al mento, si è ottenuto nella dimensio- ,, ne della cosi detta faccia il cardine da cui dedur- „ re la misura totale. Ciò assicuralo , ferma tenen- „ do l'estremità di detta fettuccia nella sommità del 21 „ coronale , percorrendo sempre con un immediato „ contatto nella superficie anteriore dello scheletro, „ giunti al di sotto della tuberosità posteriore del „ calcao^no , detto tallone , e precisamente verso l'ar- „ cata plantare, nel moltiplico della misura per al- „ to , si è veduto che il suddetto scheletro aveva la „ corrispondente altezza di otto f accie. ,, Fattasi dal chiarissimo professore la generale de- scrizione dello scheletro , non che della sua posizio- ne e dimensione , si die opera da' manuali all' inte- ro disfacimento del sordino dell' arco , affinchè più agevolmente si potessero da' risguardanti vagheggiare le care spoglie dell'immortal dipintore. Allargata l'aper- tura , e discoperte interamente le ossa , fu fatta men- te da tulli, che il disegno dell'esimio pittore signor Larone Vincenzo Carauccini non offriva pili che la prima ed incompleta vista sì della parte interna del- l'arco, e si dello scheletro. Il perchè fu nuovamente' pregato quel cortese a volerne levare un secondo, che mostrando così a contorno tutto lo scheletro appun- to come allor si vedea , interamente satisfacesse a'cu- pidi sguardi ed ai desideri di tutti. Il Gamuccini in poco d'ora eseguì questo secondo disegno con la usata maestria ; e tutti i circostanti gli dierono chiare tli- raostrazioni di riconoscenza, ricevendo amendue i di- segni con lungo suono di applausi. Stando così le cose, era ormai tempo che le de- putazioni riunite dessero il solenne definitivo loro giu- dizio : se le ossa discoperte per entro al sordino dell' arco, che verticalmente sottosta alla statua di Nostra Donna del Sasso in santa Maria della Rotonda, fos- sero quelle che informarono le membra dell' immortai dipintore Raffaello Sanzio da Urbino. Fu scelta la mattina del giorno diciasettesimo del passato mese al grande atto^ e graziosamente v'intervennero tanto 22 r^minentissimo signor cardinale D. Placido Zurla vi- cario di Sua Santità, e prefetto della S. C. degli stu- di, quanto i monsignori Grimaldi governatore di Ro- ma , Patrizi maggiordomo e prefetto de' sacri palaz- zi, ed Ugolini vicario di quel reverendissimo capito- lo. Perchè poi un tanto giudizio ordinatamente pro- cedesse , ne potesse essere giammai lassato come noa regolare o almeno come non libero , fu pur d'u- nanime consentimento de' circostanti stabilito che nel seguente modo si eseguisse. Fu fatta preghiera al chia- rissimo professore barone Antonio Trasmondo , che anatomicamente si facesse a definire se le discoperte ossa avessero appartenuto ad un uomo , ed in pari tempo , per quella scienza che l'arte sua potesse of- ferirgli, determinasse eziandio al più possibile la età dell'uomo eh' elleno un giorno informarono : ed il marchese Luigi Biondi, presidente dell'accademia d'ar- cheologia, fu invitato a voler presentare in compen- dio le autorità e le ragioni , che udite e prese ad e5ame dai circostanti, aprissero ad essi campo di de- terminarsi a pronunziare sentenza. Fatto adunque uni- versale ed avido silenzio , ecco con quali parole il dotto e grave professore si fece a ragionare. DISCORSO DEL TRASMONDO. .,, Eseguita la descrizione tanto di giacitura, quanto ,f di dimensione della statura dell' ispezionato sche- „ letro, giova passare al riscontro delle varie e mol- „ tiplici ossa che lo compongono. D'altronde essendo „ indeterminabile il comune e generale loro quantita- 9, tivo sì per le ossa vormiane, e per le sesamoidèe , o „ mancanti o esistenti, variate in numero, come per la ìì somma dei denti, e presentandosi fortunatamente la „ loro pluralità , è migliore consiglio di rassegaarne 23 „ piuttosto le esistenti ; onde compiere Tapprossimativa ,, totalità deir ossea corapage ; tanto più che nella „ descrizione di esse e basata l'asserzione del sesso „ non che dell' età . Incominciando quindi dal capo, „ percorrerò fino all' ultima falange delle dita de* ,, piedi. Questo dettaglio però sarà dato in fine della ,, generale descrizione ; non potendosi rimuovere lo ,, scheletro dalla presente giacitura , senza scompa- „ ginarlo, per la mancanza delle organiche sintesi, co- „ me già si disse : e per conseguenza costituirà l'ap- „ pendice della corografia una tale indagine. Considerazioni desunte dalle varie ossa componenti la rinvenuta compage , come dalV esperienza co- stantemente vrescelte a sanzionare con certezza il sesso. Cranio. „ Ampio , relativamente alle ossa della faccia , ,) ai denti, e ad alcuni visibili suoi forami. Gibbo- „ sita frontali, esposte: tuberosità cruciforme dell' occi- „ pite, marcata. Archi sopracigliari prolungati. Ponti ,, zigomatici ben arcuati. Apofisi stiloidi terminate da „ piccolo tubercolo. Volta del palato osseo concava , ,, ed il bordo alveolare prolungato e spazioso, Apo- „ fisi condiloidèi dell' inferiore mandibola, grosse ; le „ coronoidi^ bea acute : la sinostosi , scabra. f^ertebre. „ Apofisi spinose , lunghe (meno la prominente „ della settima cervicale, poco retrovergente.) I pro- ti cessi trasversi , sviluppali : corpo grande con bor- „ di esposti. 24 Clavicole. „ Bea flesse nei due loro concavi, e spaziosa la „ faccetta articolare sternale. Sterno. „ Alcuni frammenti bene ossificati. Coste. „ Vero , larghe con marcata docciatura j spurie, ,, lunghe e poco decrescenti. Ilei. „ Raccolti, con cresta cordonata, e corpo ben „ grosso : scarso infossamento verso l'escissione ischia- „ tica. Ischio. „ Tuberosità grande ; branca falcata e larga. Pube. „ Sinfisi lunga e scabra ; processo discendente , „ largo j forame ovale piccolo : cavità cotiloidèa , . „ profondai Coccige. „ Convergente. Scapole. ,, Spina rilevata : cavita sopra-spinata ed infra- „ spinata ampie : Ctività glenoide spaziosi e concava. 25 Omero. „ Capo marcato eoa distinzione dal collo ; con- „ dili rotondi ; cavita intermediata profonda. Vlna. „ Olecrano, robusto per la forma prolungata del „ processo anconeo ; spina, quasi tagliente , corapat- „ tissioia nella diafisi , e di grosso diametro. Raggio. „ Spina , quasi tagliente ; impressione sotto-tu- ,, bercolare , eccedentemente aspra per l'impianto del „ flessore lungo del pollice (a) 9 compattissima diafisi ; „ diametro grosso. Carpo. ,j Facce articolari , levigatissime. Dita. „ Falangi con diafisi appianate : estremi ben pro- „ nunciati. Femore. jlBI9n9*ì .. „ Poco incurvato , e molto compatto : linea aspra ,f quasi tagliente : forame ematerioso ampio : il mag- (a) Ciò maggiormente prova, lo scheletro essere apparte- nuto ad uno che assai continuataiueQte tenue ia esercizio il pollice destro per dipingere. 26 „ giore trocantere, grande e ben aspro ; fossetta, per „ l'impianto del ligaraento rotondo , profonda ; con- „ dili quasi eguali: superficie articolari, ben levigate. Tibia. „ Testa, non molto spaziosa : fosse articolari, si „ interna, come esterna, quasi eguali; dialisi, compat- ., ta; cresta anteriore, quasi tagliente. Rotula. „ Piccola , ma scabra. Fibula. „ Terzo inferiore, grosso ; estremità malleolare , ,, prolungata. Tarso. Ben marcato. Dita. „ Di grossa dialisi ^ e spaziose facce articolari. „ Abbencliè nelle altre ossa , ed in queste com- „ ponenti il descritto sclieletro , ritrovisi comune e „ generale il loro impianto ; pure tante sono le espo- ,, sta pronunziate marche , clie nulla resta a deside- ,t rare , onde convincersi che in queste ( equilibra- „ to restando l'impianto delle potenze motrici) si adera- „ piva all'oggetto della virile robustezza per Tappa- ,1 rato loco-motore. 27 Rilievi t desunti dalle varie misure e direzioni delV ossea compage, comprovanti il sesso virile. Capo. „ Proporzionato relativamente alla distanza infra „ gli acromion , ed ali* osseo torace. Distanza. „ Acromiale maggiore di due facce. Sterno. „ Lungo; considerati i frammenti rinvenuti. Coste. „ Più esteso e largo il circolo descritto dal- ,t 1 ultima costa vera; portante così prominente espo- „ sizione; più della sinfisi del pube nella giacitura „ supina. Ilei. t, Corti nelle creste , poco incavati nell' interna „ superfìcie. Sagro, „ Poco concavo nella faccia interna , ed ottuso ,t più che acuto nel coccige : per conseguenza an- ,t gusto il distretto inferiore. Ischio* t. Tuberosità poco distanti, e quasi verticali. 28 Distanza. ,, Fra i grandi trocanteri, due facce meno un naso. Articolazione „ Feraoro-tibiale , retta , e non ad angolo di- f, vergente : condili quasi eguali. Articolazione „ Astragalo-tibiale, spaziosa nelle sue facce cor- „ rispondenti. „ In generalità le ossa lunghe di signlQcante „ diametro nelle loro diafisi : le piccole di ragguar- „ devole ertezza: le grosse di corpo pronunziato : le „ apofisi marcate : le docciature bene impresse ; le „ cilindriche falangi dei metacarpi e dita: del meta- „ tarso , e dita di un certo volume , e poco fusate. „ Si può dunque , riepilogando le suddette rap- „ presentanze , assicurare , come giudico ed assicu- „ IO , che questo scheletro assolutamente apparten- „ ne ad un individuo di sesso maschile nell'uma- „ na specie. Considerazioni desunte dai vari processi di ossi/Ica' zione ed accessorie circostanze comprovanti la me- dia età. „ Come con precisione l'assicurare l'età sembra „ presunzione; così a seconda di quei movimenti dei „ quali anche il sistema osseo è suscettibile , con- „ sistenti in vegetazioni , in deperimenti, in gettiti di „ ossescenza , ed in realizzate ossificazioni , si può , „ se non nella certezza almeno nella sua linea tan- „ genziale, dimostrarla. 29 „ Osserviamoli in questo scheletro ; onde nel lo- „ ro ritrovamento , terminando l'indagine e la corogra- „ fia, ne venga assegnata l'approssimativa epoca della „ vita , che percorse. „ La dimensione di lunghezza di otto facce , „ mentre esclude la fanciullezza e la gioventù , fa „ conoscere l'età adulta; con dubbiezza però, se del- „ la media età (di virilità cioè ), o se dell' età avan- „ zata (cioè di vecchiezza.) Esaminiamo », 1. Le gobbe frontali accresciute senza un de- ,, perimento nelle loro basi vicino l'angolo maggiore ,, dell' arcata sopracigliare. „ 2. Le ossa mascellari superiori piii lunghe che „ grosse per l'esistenza dei denti , e la non oblite- „ razione degli alveoli. „ 3. La crociforme tuberosità dell' occipite mar- „ cata discretamente. ,, 4. La presenza dei denti così bene smaltali. „ 5. La colonna vertebrale non curva per l'egua- „ gllanza degli strati cartilaginei; benché disseccati, in- „ terraedii ai corpi delle vertebre , particolarmente ,, superiori. ,, 6. La connessione vertebrale nelle diafìsi , non „ passata in sinostosi ; ma conservata in condrosi- ,, desmosi- „ 7. Il condilo esterno dell'omero, rotondo e non „ tagliente. „ 8. Le intonacature delle facce articolari, conser- ,, vate di loro levigatezza. „ 9. Le apofisi , le protuberanze , le creste , le „ spine , e tutto ciò che presta impianto alle po- n teaze motrici , non che ad eseguire le articolazio- 30 „ ni , proìiunciate in modo , da dimostrare la energia „ dell'apparato loco-motore, più conveniente alla rae- ),, dia età , senza quel deperimento che proprio si „ è della vecchiezza , nella quale o per effetto, o per ,, cagione ginnastica , minora e tanto infievolisce , a „ produrre perfino il vacillamento senile anco negli i,t atleti. „ La bella forma organica infine di lutti i pez- „ zi mirabilmente conservata , si unisce a mio cre- „ dere a determinare , che giusta si fu la propov- „ zione degli elementi componenti il sistema solido- „ duro ; che la misura di questo pronunzia la ter- „ minata statura : che i materiali costituenti ed equi- ,, librati non vennero alterati da morbose diatesi : „ che lo stato di virilità è pronunziato , quello di ,, "vecchiezza escluso. Dunque di media età , e forse -„ pili vicino al principio di questa , che al termi- „ nare di lei. Aggiungo inoltre, che essendo esclusivo „ allo scheletro dar misura e forme al fisico uma- „ no , nelle riscontrate e descritte cose devesi con- ,, venire , essere stato il basamento di un fisico de- ,, gno di albergare un' anima virtuosa. „ Questo dotto e chiaro' ragionamento fu da tutti quanti ricevuto con applausi e con lodi , le quali più a lungo sarebbero state protratte se il marchese Luigi Biondi non avesse dato cominciamento al suo discorso : discorso, a mio pensare, da doversi avere in pregio di ec- cellente ; tanto perchè fu da quel dottissimo quasi detto all'improvviso, non avendo egli notati, e messi giù in carta che pochi cenni , in quel mentre che da tutti noi si udiva parlare il Trasmondo , quanto perchè se quel primo ragionamento non poteva non essere basato , che sopra i certi ed innegabili] precetti che insegna l'anatomia : questo secondo non poteva basarsi che sopra argomentazioni , le quali per luccntissirae 31 e chiarissime che siano , pure possono essetQ svaria- tamente ricevute , siccome quelle che si raggirano Lene spesso sulla interpretazione delle parole. E ciò assai volte interviene: conciossiachè non vi abbia ra- gunanza in cui non siedano uomini, i quali per lo- ro gran danno sono stati dalla natura di un così cat- tivo animo dotati , che godono di dichiararsi a qua- lunque patto nemici e contrarli ad ogni più palese verità ; tutta la fama e tutto l'ingegno loro riponen- do in distorcere o in contraffare il senso delle parole per tirarle, come che siasi, in quella sentenza, che con- traria si sta ad un' altra , che dalla maggioranza de- gli uomini si vorrebbe ricevere. Ma a me pare che il Biondi abbia cosi su due pie' con tanta chiarezza mes- se innanzi le ragioni tutte per le quali è avvalorata la comune credenza, che il volerle negare sarebbe un medesimo che negare la bella luce del sole. Ecco il DISCORSO DEL BIONDI. „ Le spoglie mortali di Raffaello dovevano es- ,, ser trovate nel Pantheon ; dovevano esser trovate „ nella cappella dedicata alla B. Vergine detta del „ Sasso : dovevano esser trovate in modo , che la sta- ,, tua della B. Vergine ne formasse il sepolcro. „ I.** Dovevano esser trovate nel Pantheon, per- „ che gli scrittori sono concordi nell' asserire , eh* „ egli qui fu sepolto. Fra questi vuoisi fare partì- „ colar menzione di ser Marco Antonio Michìel di „ ser Vettor , il quale scrivendo da Roma ad Anto^ „ ìlio di Marsilio in f^enezia sotto il di 11 di apri-» „ le 1520 cioè cinque giorni dopo la morte di Raf-. „ faello , dice : // venerdì santo di notte venendo il „ sabato , a ore tre^ morse il gentilissimo et excel^ t, lentissimo pletore Raffaello di Urbino con univer- „ sai dolore dì tutti , e massimamente dei docti. E „ poi : E' stato sepolto alla Rotonda dove fu portato „ onoratamente. - {Morelli^ nota 127 alla notizia di „ opere di disegno. Bottari^ Lettiere pittoriche., ap- „ pendice al wl. 1 lett. 48.) „ 11.° Non solo le dette spoglie dovevano es- „ sere trovate nel Pantheon, ma precisamente all' al- „ tare dov' e la B. Vergine detta del Sasso. Fra mol- „ tissirae prove che potrebbero addursi, se ne scel- „ gono sole cinque. „ Si ha la prima prova dalla iscrizione mortua- „ ria (che in questa cappella fu collocata) composta ,, dal cardinal Bembo di ordine del sommo pontcfì- ,, ce Leone X, unitamente al notissimo distico file hio „ est Raphael. „ Si ha la seconda prova dall' altra iscrizione ^, pur qui posta a Maria Bibiena , nipote del car- „ dinal Divizio, destinata a moglie di Raffaello. ,, Questa iscrizione vedesi tuttora a comic epi- „ stolae , e corrispondeva all' antica posta a RafTaello „ a comic evangeli. ,, La terza prova ha largo fondamento nei li- „ bri MSS. di questa insigne basilica, gentilmente esi- „ bitimi questa mattina dal sig. canonico don Pie- „ tro Federici segretario ed archivista. Tralascian- „ do di far parola del libro che Iia per titolo Re- „ gistro di patenti ec, e dell' altro che porta il ti- „ tolo di Pantheon illustratum , basterà far menzio- „ ne del protocollo intitolato Chiesa, part. \ tom. II, „ ove alla pag. 1 5 e seg. sono gli atti della prima ,1 visita apostolica fatta dopo il concilio di Trento il „ dì 7 di giugno 1564. Nel descrivere che ivi si fa „ questa cappella, si asserisce : fuisse dotatam a Ra^ „ phaele de Urbino insigni pletore: e vi sono rife- 33 ,, lite le due iscrizioni mortuarie scolpite in niarruo ,, per la Bibiena e per Raffaello. :, » ^^.^y. ,, Protocollo Chiesa, parte prima tomo IL f^isi- „ ta apostolica nelle chiese di Roma. Die 7 iiinii 1564. ,, Sanctae Mariae Rotundae collegiata , et pa- ,, rochialis B. Mariae ad Martyres. Archipreshiter „ illius curam gerii animarum. Altare maiiis etc. 4, Altare beatissimae f^irginis^ cuius extat ima- ,, go sive statua marmorea eiusdem beatissimae V^ir- „ ginìs, non est consecratum. Rector est reverendus „ dominits Vincentius Fuscherius ; habet dotem oc- „ tuaginta ducatorwn , vel circa , et inter caetera jf habet domum propre imaginem pontis etc. Asseri- „ tur fuisse dotatam a Raphaele de Urbino , insi^ „ gni pletore. ,, In cornu dextero ipsius altaris extant litte- „ rae in marmare sculptae , tenoris ut infra , vi- ,, de licei: Mariae Antonii fìliae etc. „ In cornu vero nnisiro aliae adsunt litterae ,, insculptae , videlicet: Raphaeli Sanctio etc. „ Esset requirendus reverendus dominus Fu- „ scherius , ad exibendum erectionem , et dotatio- G.A.T.LVin. 3 ,, hem dicti aitar is , et v'uleantur quae et qiialid „ onera. Fol. 15. ' '^1 « „ La quarta prova sì ha dalla sepoltura^ che, "i, come narra il Vasari nella vita di Taddeo Zucca- ,, To , fu da Federico data a Taddeo nella Roton- ,, da di Roma vicino al tabernacolo dov è sepol^ ,, to Raffaello di Urbino. E quantunque ora la la- „ pide pósta da Federico a Taddeo si vegga nella i,-^ più lontana cappella di s. Giuseppe , noi tutti ci ^i, ricordiamo di averla appunto veduta nella cappelr 1,, la del sagramento vicino al tabernacolo dov e se~ „ polto Raffaello d^ Urbino t e ciascuao sa come que- ,, sto traslocamento ebbe luogo l'aanó 1820, La la- „ pide fu posta da Federico al fratello Tanno 1566, ^, affinchè avesse tiimulum eidehi (Raphaeli) proxi^ „ mum. Nella Stessa cappella del sagramento posta era „ (e fu pur levata via) la memoria sepolcrale di Bal- ^ dassare Peruzzi, del quale pur lasciò scritto il Va- ^, sari che fu sepolto nella Rotonda appresso a Raf- ,, faello da Urbino. „ Alle quali quattro prove si aggiunge Valtra ,, della tradizione continuata fino a' dì nostri , e co- ,, stantissima nell' affermat-e che in questa cappella lu- „ rono sepolte , ne mai più tolte, le spoglie di Raf- ,, faello. „ Si legga la iscrizione posta al Caracci: Anni- ^, bai Caraccius eie. e l'altra già posta sotto al busto „ di Raffaello: Ut videant posteri etc, „ III. Ma queste spoglie dell* immortai Raffaello ,, non solo dovevano esser trovate nel Pantheon: non ,, solo dovevano esser trovate nella cappella dedica- ,, ta alla B. Vergine del Sasso : ma dovevano trovar- ,, si ivi collocate in modo^ che la stessa statua ne „ formasse il ricoprimento e il sepolcro. Si noti- „ no attentamente le parole di Giorgio Vasari nella 35 „ vita di Raffaello : Ordinò poi che delle sue fa- „ colta in S. M. Rotonda si restaurasse un taher- ,. iiacolo di quegli antichi , di pietre nuove ; e un „ altare si facesse con una statua di nostra Donna ,, di marmo , la quale (statua) per sua sepoltura, e „ riposo dopo la morte, si elesse. „ E nella vita di Lorenzetto Lotti. Dovendosi ,, poi eseguire il testamento di Raffaello, gli fu fat~ „ ta fare una statua di marmo di quattro hrac- „ eia per lo sepolcro di esso Raffaello nel tempio „ di s. Maria Rotonda, dove per ordine suo fu re- „ staurato quel tabernacolo. E dove giaceva Raf- „ faello ? Sotto la statua di Maria Vergine da lui elet- „ ta per sua sepoltura e riposo. Si ponga mente a „ ciò che scrisse lo stesso Giorgio Vasari nella Ta- „ vola dei luoghi dove stanno le opere descritte, „ Ivi, Roma. La Ritonda. La nostra Donna in mar- „ mo SOPRA (si noti bene) sopra la sepoltura di Raf~ „ faello da Urbino. Lorenzetto. Ecco come Raffael- „ lo la statua della Vergine per sua sepoltura e „ riposo dopo la morte si elesse. Ecco la cagione „ perchè la Beata Vergine soprasta alT arco , dando tf cosi nel sordino di esso arco ricovero e ripo- », so alle ossa del suo devoto. Vedesi appunto la bea- „ ta Vergine sopra il sepolcro di lui , anzi facen- „ te parte del sepolcro , e pare che il Vasari ce lo „ abbia dipinto. Inoltre tutto mirabilmente consuona „ a riconoscere in questo scheletro gli avanzi di Raf- ,, faello. La cappella di suo giuspatronato , dove al- „ tri non potè prima esser sepolto , perchè egli or- „ dinò che quel tabernacolo si restaurasse , e quell* „ altare si facesse : l'innalzamento della statua di „ poco posteriore alla tumulazione del cadavere : la „ decenza e cura che si ebbe nel seppellirlo , co- „ me convcnivasi a si grand' uomo: l'intonaco, e la 3* '3G ,, dipintura a riquadri ond' era ornata le parte su- ,, periore della cassa, quasi ad indicazione che ivi uà „ dipintore era rinchiuso : la mezzana statura di lui, ,» e la forma della testa , quali si hanno dalle de- ,, scrizioni e dai ritratti : le convenienti ragioni sul ,, sesso e sulla età addotte dal celebre anatomico „ sig. prof, barone Trasmondo. Poste le quali cose tut- „ te, si chiede se possa affermarsi che lo scheletro ri- „ trovato giacente sotto la statua della beata Vergine „ del Sasso , sia appunto lo scheletro del principe de* ,, pittori, dell* immortale, del maraviglioso Raffaello. ,, Le quali parole del Biondi furono ricevute da tutti unanimemente con lietissimi evviva e con repli- cato batter di mani. Che anzi solo per questo modo e per così chiara prova di universale satisfazione si sarebbe per tutti noi Voluto assentire alla sentenza di lui , se non fossero sórti contro a non permettere un COSI tumultuoso giudicio , per quanto onorevole esso si fosse, e quegli che doveva rogarne Tatto solenne, ed i presidenti delle deputazioni , e tutti coloro in fine a cui era sommamente a cuore , non che la ve- rità , ma sì pure l'autenticità di un atto , del qua- le si dovea rendere stretto conto a Roma, air Italia, ed al mondo intero. Per questo, rimessasi la calma nella ragunanza, fu- ron lutti invitati dal pubblico notaio a porre ciascu- no il proprio nome sotto di un foglio in cui dichia- ravasi, che lo scheletro ritrovato sotto la statua di Nostra Donna del Sasso era quello del celebre Raf- faello Sanzio da Urbino : ed ognuno doveva appresso il suo nome aggiugnere se egli era pel sì, o pel no di quella sentenza. Quel solenne foglio segnato da ben settantatrè nomi , che è un medesimo che dire da tutti quanti eran presenti all' atto , nomi nella pili gran parte ed autorevoli , e per ogni dove co- 37 nosciuti e reputali , sarà riferito in copia al fine di questa istoria. Ecco adunque pure una volta con ogni più possibi- le legalità e solennità sancito , che gli avanzi mor- tali di Raffaello Sanzio da Urbino giacciono sotto la statua di Nostra Donna del Sasso in santa Maria del- la Rotonda , siccome appunto aveva egli ordinato in morte nel dire le ultime sue volontà. Ecco pure una volta confermato , non avere di un minimo che er- rato quegl' istorici de' gesti suoi , che la dicevano le mortali sue spoglie riposarsi dove appunto dopo ben tre secoli sono state discoperte. Ecco pure una volta levata via ogni dubbiezza , che al gran Raffa- ello non si apparteneva quel teschio, che fin qui si era usurpato gli omaggi che al sommo dipintore ita- liano ed artisti ed amatori di quest' arte divina tri- butavano. E sarà pur ben fatto se l'insigne e ponti- ficia accademia di s. Luca toglierà alla pubblica ammirazione un cranio , che per ben fondate con- ghietture si stima che abbia fatto parte dello schele- tro di quel canonico D. Desiderio d'Adiutorio fon- datore della confraternita, che ora si chiama congre- gazione , dei virtuosi del Pantheon. Dopo lutto questo, altro non mancava, se non che si esponessero alla veduta del popolo gli avan- zi mortali del gran Raffaello , così com' elli si gia- cevano in quel sepolcro : e fu a ciò appunto , che presi i più sicuri provvedimenti , venne per tutti statuito , che il Pantheon per più giorni si rimanesse aperto al pubblico , il quale a suo beli' agio potesse pienamente satisfare al suo desiderio, facendosi da per se medesimo a contemplare d'appresso quel monumen- to , e le ceneri , e le ossa che di quel grande vi si erano per entro discoperte. E perchè ancor tu , o lettore , possa aver sotto 38 gl'occhi, e possa nella tua mente per qualche gui- sa concepire una idea del sepolcro dell'iraraortal Raf- faello , così come si sta , ho io divisato di fartene levare un leggiero contorno, che h quello che tu tro- verai riunito a questa istoria. Ed oh , se tu chiude- derai in petto un' anima pietosa , e ti tratterrai alcun poco a meditar sopra a quel monumento ed a quel- lo scheletro , non potrai certamente non sentirti tut- to coraraovere in pensando a che poca cosa siansi ri- solute le spoglie di un uomo, che di se e della sua gran fama riempie ancora tutta quanta e grande la ter- ra ! Io ti fo fede , che nelle lunghe ore , che in que- sti giorni ho passate d'innanzi al sepolcro di quel gran- de , ho io , in meditandovi sopra , le più tenere co- se immaginate : ed allora poi che furono quelle ossa e quel teschio discoperte , mi si mise si fitto nella fantasia un cotal pensiero , ciie non mi si volle mai dipartire ; ne mi so restare del qui riferirlo : e f u , che se quei teschio avesse potuto d'umana voce es- ser capace , ed articolar parole, io mi pensava che per questo modo si sarebbe fatto a parlare : ,, Ecco „ dove io mi son rifuggito nel bel mezzo del cammi- „ no della mia vita, d'ogni cosa fatta ragion con me ,, stesso , e d'ogni umana vanita ricredutomi. La gran „ fama che io mi godeva , e che so godermi tuttora ,, nel mondo , credete a me , o voi tutti che presi ,, air incanto della mia arte or di gioia cotanto esul- „ tate per aver di me discoperta la parte minore e ,, la pili vile , non é a mettere a paro con la bella „ pace , che da ben trecento anni mi godo sotto il „ padrocìnio di questa gran Madre , nella cui bene- ,, dizione da codesta vostra misera vita mi dipartii, e „ che volli collocata e adorata sul mio sepolcro. „ Sì in questa tomba , e sotto questa gloriosa imma- ,, ginc di Maria, voglio io limuncimi fino all' ultimo 39 ,, giorno : e voi , clic di me e d'ogni mia cosa vi „ dimostrate caldi ammiratori , fate mente che ogni „ vostra onoranza di splendente sepolcro in questa eter- ,, na notte non mi tocca. Or deh adunque siatemi per-; „ tanto cortesi di questo , che in piente si muti l'ul- ,, tima mia volontà, perchè ella è sacra la volontà de* „ trapassati ! „ Poi lo sguardo innalzando alla Vergine, che tutta amorosa tiene stretto fra le sue braccia il divin Par- goletto , e col sinistro piede preme il sasso che ri- copre la tomba , stando io sempre fermo in quella mia fantasia, ed in quel calore di passione che tut- ta l'anima mi occupava, così l'insieme di quel monu- mento ragguardando, mi faceva a ragionare tra me e „ Deh vedi come il buon Raffaello sta ben colloca- ,, to sotto le immagini di que'due divinissimi, i quali „ furono a lui argomento di maravigliose dipinture ! „ Che ninno al certo seppe meglio di lui i misteri „ ed i fatti rappresentare della lor vita terrena: niu- „ no seppe spingere il finissimo magistero àeìV arte ,, fino a muovere a compunzione gli animi di colo- „ ro, i quali trasviati dal retto cammino profanamente „ si facevano a risguardare quelle tavole miracolose. „ Queste ed altre cose io andava fra me e me ragionando : e di un pensiero altri mille ne rampol- lavano. IMa non è questo il luogo, in che io m'abbia a intrattenere sulla rammemorazione di ciò ; che trop- po mi divagherei dal mio proposto , al quale intendo di ritornare. Le mortali spoglie del gran Raffaello, siccome più sopra dicemmo, furono per ben sei giorni lasciate ve- dere nel Pantheon a ciascun che il volesse : e perchè la gran calca non avesse causato scontri o disordini* fu aperta nel gran recinto, che era innanzi al monu- mento , un' altra porta dicontro a quella già fatta ; e tutti eh' entravano per Tuna , dovevano difilare per l'altra. Araendue le porte del recinto furono date a guardare agli svizzeri del pontefice ; mentre che al- le grandi entrate del tempio stavan soldati comu- ni; Neir avanti del» sepolcro fu posta una larga fer- riata , e la bocca dell' arco, ove si stava lo schele- tro, fu chiusa da un telaio a cristalli, il quale tutt* all' intorno venne munito de' suggelli delle deputazio- ni. Il correre delle persone a vedere le ceneri e le ossa di quel grande, che tanto splendore accrebbe a questa citta nostra, fu sempre continuo ed affollato : conciossiacosaché tutti raettesser pregio in questo ri- trovamento, del quale e ne' cerchi, e nelle compagne- voli brigate , e perfin ne' ridotti non mancava chi tenesse discorso. E fu questo, a mio credere, un pren- dere assai bel riposo sul tanto vaneggiare e trar profe- zie intorno ai politici rivolgimenti. Ma perchè tutte le umane opere, eziandio innocenti e lodevoli, han- no pur talvolta contraddittori ; così taluni, di coscien- za dilicatissimi, hanno riputato a grave peccato il divi- samento dell'esporre alla pubblica ammirazione le ossa del gran Raffaello , ed hanno a piena bocca gridato contro , dicendo esser questo quasi un medesimo che profanare il tempio, ed un dissacrarlo. Sarebbe sta- ta, a dir vero, più conveniente cosa alla grandezza del- l'opera il non curare affatto queste grida ; pure a quietar pienamente la coscienza di questi tali che di tutto si scandalezzano, pare a me eh' abbia assai be- ne provveduto un egregio sacerdote dettando in que- sti' giorni, ed appunto per le male voci che intorno a ciò correvano, una nota grave e dotta suU' esposi- zione de' cadaveri : ed e quella , che io ho voluto mettere in fine della mia istoria , tra perche serva di pienissima giustificazione al fatto , e perchè niente manchi alla mia narrazione. 41 Ora dirò seguitanclo , come il giorno ventesimo- quinto del passato mese di settembre fu chiuso il Pan- theon , e forono mandati inviti alle deputazioni , per- chè si portassero ad assistere alla estrazione fuor del- la nicchia di que' preziosi avvanzi dell'urbinate. Tut- ti coloro, che v'avevan diritto, non mancarono all'in- vito , e si trovaron presenti : e fu allora appunto , che al cospetto di tutta la radunanza il cavalier Ga- spare Salvi, presidente della pontificia accademia di s. Luca, disse di voler sapere a qual cagione si pen- sasse d'estrarre le ossa del gran Raffaello del luogo ove esse si stavano. Imperocché se per caso vi fosse stato intendimento di volere quelle spoglie in altra parte o trasportare , ovvero , in maniera ancorché più splendente, altramente racchiudere , egli si faceva so- lennemente a protestar contro in nome dell' accade- mia di cui era capo , essendoché parevagli che sareb- be stato un andare oppostamente alla volontà di quel grande il farsi lecito, coraechè per sommissimo ono- re , di volere statuire diversamente da quello che per lui s'era disposto. Alle quali inchieste pienamente sa- tisfece il cavalier Fabris, reggente della congragazio- ne de' virtuosi , dicendo che per le obbligazioni già tolte col reverendissimo capitolo la congregazion sua aveva dapprima , per l'unanime consentimento di tut- ti , fermato , che lo scheletro dell' immortale Raffael- lo , qualora fosse stato discoperto , ivi medesimo, ove sarebbe venuto fatto di ritrovarlo , religiosissimamen- te e senza mutamento alcuno sarebbe stato lascia- to. Ma quel reggente si fece inoltre a dire, che non poteva farsi a meno di non levare del luogo, per qual- che tempo brevissimo , que' resti preziosissimi ; impe- rocché era duopo l'attendere che fosse a ordine , per ivi medesimo annicchiarli , l'urna della quale il pon- tefice aveva appunto per quel nobilissimo obbietto pre- 42 sentala la congregazione de' virtuosi. A questo tem- poraneo traslocamento tulli quanti assentirono- Allo- ra il pubblico notaio fece lettura a' circostanti di una lettera , cbe in nome del pontefice aveva monsignor maggiordomo e prefetto de' sacri palazzi indirizzata al reggente della congregazione. In questa , alle gra- ziose parole con che il munifico dono veniva beni- gnamente accompagnato, erano altresì aggiunte que- ste altre di non minor grazia e benignità : avere N. S. Gregorio XVI provato somma esultanza pel felice ritra- varaento degli avanzi mortali del più grande fra i di- pintori della scuola italiana : ed avrebbe sua santità sempre mai riguardata quest' epoca siccome una del- le più gloriose del suo pontificato. Dopa ciò il chia- rissimo professore barone Antonio Trasmondo si fece innanzi a levare a parte a parte diligentemente di sot- to l'arco le ossa formanti lo scheletro di Raffaello , e le venne tutte ricomponendo , secondo sua arte , entro una cassa di abeto ivi medesimo apparecchia- ta. Innanzi di chiuderla , perchè piena ed intera ri- manesse la descrizione di tutto quanto lo scheletro, ven- ne il Trasraondo enumerando tutte quante le ossa man- canti i e furon queste : Ossa mancanti o per totalità o per porzione^ „ Setto medio osseo del naso. ,, Ultimo dente molare sinistro della mascella in- feriore. „ Scapula destra mancante dell' angolo inferiore. ,, Scapula sinistra mancante dell' angolo inferio- re ; e del becco coracoide. ,, Due porzioni inferiori dello sterno. ,, Qualche apofisi spinosa delle vertebre dorsa- li e lombali. iy 43 „ Molti frammenti delle coste particolarmente „ spurie. „ Ventidue pezzi delle falangi , dei metacarpi , ,f e dita. ,, Due inferiori porzioni del sagro, „ La meta sinistra del pube. „ Una tuberosjita dell' ischio. „ Sei falangi dei metatarsi. „ L'osso ioide. Oltre a ciò volle quel praticissimo anatomico , che s'annotasse come cosa straordinaria , e da dover- ne fare le grandissime maraviglie , l'avere ritrovate intatte ed ancor flessibili le due cartilagini scuti- formi del laringe , descriventi il così detto pomo di Adamo ; le quali perchè s'appartengono al sistema car- tilaginoso , e non all' osseo , sogliono d'ordinario di- struggersi prestamente. E più : volle ancora che si di- cesse, che essendo assai esposto l'angolo acuto che le due cartilagini formano nell' anterior lor connessio- ne , ella era questa una più chiara dimostrazione per definire essere stato quello scheletro di un uomo. Dappoi, alla presenza delle deputazioni, fu chiu- sa a due chiavi la cassa, e cintala e ricintala in più guise con una fettuccia, in su la quale furono appo- sti gli usati suggelli , venne con accompagnamento di tutti noi translocata nella piccola cappella a lato al maggiore altare del tempio, che gelosamente fu serrata : e pur suggellate furono amendue le porte che metto- no in essa. Dopo questo fu da' presidenti delle depu- tazioni stimato ben fatto di condurre a fine la esca- vazione, levando via, per l'opera de' manuali , quel calcinaccio su cui stavasi lo scheletro , e pervenen- do insino al vivo del muro antico. Per tal modo fu sa- tisfatto alla curiosità di molti, i quali desideravano di a accerlàrèi sé disotto a quel massicciato rimanesse una qualche memoria , o uà qualche segno pertinente a quel grande. Ma non erano appena giunti i maestri muratori alla profondità di circa otto oncie dal pia- no di calce su cai era stata posta la cassa , che co' martelli si die nel pieno dell' antico masso delle pa- reti del tempio : il perchè non fu più luogo per al- cuno a non tener per indubitata cosa, che di tanto dagli antichi nostri si era voluto aprire il muro del Pantheon , quanto solo bastasse a potervi collocare le mortali spoglie dell' urbinate. Qui per altro mi oc- corre di dover istruire di un fatto i miei leggitori r ed è , che ne' giorni che questo, di cui ragiono, pre- cedettero , furono diligentemente esaminate e setac- ciate tutte le ceneri, che in sullo sclielelro erano state ritrovate, e che vennero, come di sopra è narrato, rac- colte e chiuse in separate scatole tutte pur fascia- le di fettuccia , e munite di suggelli. E fu appunto in questa ricerca che venne fatto di trovare alcuni puntaletti di stringhe , ed alcuni cerchiolini di fer- ro, i quali anco a dì nostri si usano a formare , co- me suol dirsi , l'anima degli occhielli ne' vestimenti. E stava bene che si avessero a trovare ; perciocché Raffaello fu cubiculario pontificio , e dovette essere sepolto con quelf abito di dignità, il quale (siccome vedesi nelle dipinture) allacciavasi in pili parti con istringhe che negli occhielli co' puntaletti s'introdu- cevano. E qui mi sovviene del dover dir cosa che di sopra non ho notata , ed e che allorquando si veni- va disbarazzando lo scheletro da tutta quella polve- re e da tutta quella terra che gli era sopra, capitò alle mani come uno sprone di ferro , ma senza fo- ro od attaccagnolo, ne saprei accertare a qual uso avesse servito ; potrà ciò essere un bel pascolo agli archeologi a studiarvi sopra ; a me basta d'averne 45 annunciata la discoperta. Quello però che a mio giu- dizio non deve recar maraviglia , ne essere cagione a difficolta o a dubbio, si è quel vedere esser tutti i de- scritti obbietti di materia di ferro : imperciocché ognun ben sa che ne' sepolcri pongonsi il piìi delle volte metalli falsati, o contraffatti; e poteron bene quegli ornamenti imitar l'oro per indoratura , a poco a po- co rosa dal tempo. Fatto dunque sta , che nulla di veramente signifìchevole fu trovato nella nicchia, ne sopra , ne presso , ne sotto lo scheletro. Or mi par conveniente e debita cosa che io di- ca alcun che delle onoranze che s'apparecchiano , e di quelle che fin qui si son tributate alla memoria di quel principe dè^dipintori , ed a letìzia del desi- derato ritrovamento delle ceneri e delle ossa di lui. Saran fatte , per quel che se ne dice per tutti , e per quel che già i pubblici fogli hanno annunciato , so- lenni esequie nell' augusto e celebrato tempio del Pantheon , e forse si compieranno in quel dì mede- simo, che è il settimo del mese di aprile, in cui ricorre il giorno della sua prima tumulazione. Sa- ran presenti a que' riti i collegi de' dotti di tutte le facoltà , le accademie , il corpo de' professori dell'ar- chiginnasio romano ; e la pompa sarà per quel piii splendente ed onorevole modo condecorata, che di- manda la fama di tanto uomo , la celebrità del tem- pio , e la romana grandezza. Appresso par che vo- gliasi statuire, che in ogni anno, in quel giorno appunto , se così vien fatto , in cui questi preziosi avanzi furono discoperti , si rinnovellino pubbliche esequie innanzi il monumento , con l' assistervi di tutti quei medesimi , che a queste prime interverran- no. E da ultimo sembra fermo , che in sul campi- doglio , nella gran sala della protomoteca , si voglia cou ogni solennità porre una nuova immagine di quel 46 sommo scolpita in marmo , riportando al Pantheon e riponendo a suo luogo quella che v'era stata collo- cata per le cure del dipintore Carlo Maratti. Allora si reciteranno in sull* argomento e prose e versi da que* più puliti scrittori che per buone lettere in que- sta nostra Roma fioriscono. Ma lasciando stare del futuro , sono ora a do- versi dire per me tutte quelle e belle e ricorde- voli dimostrazioni d'onore, che spontanee, e quasi su- scitate da un subito accendimento dell'animo, ebbe- ro effetto in quel giorno medesimo, in cui , a secon- da del parere di tutti, venne sancito definitivamente essere del sommo dipintore Raffaello Sanzio d'Urbi- no lo scheletro ritrovato sotto la statua di Nostra Don- na del Sasso. Io ho differito a parlarne fin qui per non interrompere l'ordine dell' istoria. Fu quello cer- tamente un giorno, di cui conserverò memoria eterna e dolcissima t e senza meno sarà ancor per altri ri- cordato a' pili lardi nipoti nostri , i quali conosce- ranno , per la verità di questi fatti , come in Roma ci vivevano ancor nella nostra età anime generose a magnanime. Ma siccome non potrei convenientemen- te a' miei lettori significare l'universale commovimen- to d'esultanza causato dal buon fine a che perven- nero i desideri comuni , mi terrò solo a dire degli of- ferti doni , e ad annotare i nomi di tutti quelli che gli offerirono; perchè di tutti, come che siasi, in que- sta mia umile narrazione resti lodevole monumento. Si fu primo- il cavaliere Gaspare Salvi , che nella sua qualità di presidente dell'insigne e pontificia acca- demia di s. Luca offerse la somma di scudi cento. E non ebbe appena fatto di ciò significazione , che le- vatosi in piedi il marchese Luigi Biondi, presidente dell'accademia pontificia di archeologia, disse : non es- sere in suo potere offerir nulla in nome della sua ac- 47 cademia , che non ha rencllle soperchlevoli : ma pur volere che questa non fosse in ciò da meno che quel- la : darebbe egli del proprio danaro una egual somma di scudi cento. Appresso monsignor Groppelli, nella qualità di presidente della commissione delle belle ar- ti, offerse, in nome dell' eminentissimo camerlingo di s. chiesa, scudi duecento. Il professor cav. Girometti, nel farsi incontro ai desideri della congregazione de' virtuosi, disse , che ad eternare la memoria di quel ritrovamento avrebbe coniata una medaglia , dichia- rando che , tolte le spese , voleva che di niun dana- ro fosse pagata la sua opera del conio. L'altro chia- rissimo professore barone Antonio Trasmondo altamen- te fé' dichiarare , che egli senza prezzo di sorta in- tendeva di aver prestata , e di voler proseguire a pre- stare l'opera sua nel riconoscere, e secondo l'arte ana- tomica descrìvere uno scheletro così caro a tutti gli artisti del mondo. Ed il pubblico notaio sig. Augu- sto ApoUoni fu quello che, oltre all'essere stato fin dai primi giorni motore di si begli esempi di gene- rosità , facendo noto di nulla volere per l'opera sua, ed a tutti quanti erano stati presenti dando permis- sione di levar copia nel suo ufìcio di tutti interi quegli atti , volle ancora in quel giorno mandar piiì innan- zi la graziosa sua offerta, dicendo che salve le spe- se del copiatore , e del dazio al principe per la car- ta di ragione , avrebbe donata una publica copia le- gale a tutti i rappresentanti delle deputazioni, perchè ne* loro archivi la si conservasse a memoria eterna. Da ultimo il chiarissimo professore di antichità sig. An- tonio Nibby si fece innanzi a dire, che se ne avesse- ro data a lui la permissione , avrebbe scritta la isto- ria di quel ritrovamento , e l'avrebbe del suo proprio danaro fatta uscire in luce per soli quegli esemplari, *che potessero bastare per farne frescate a tutti quan- 48 ti avevano seduto in quella ragunanza ; intendenda egli di non volere far traffico , o spaccio in commer- cio di quel lavoro. Le quali generose profferte fu- rono da tutti ricevute con unanime soddisfazione, e di tutte fu ordinato che si rogasse atto solennissi- mo , perchè ne passasse la memoria ai tempi avveni- re. Altre largizioni ebbero pur luogo ne' dì seguenti. Fra le quali una per ogni cagion d'onore io voglio qui ricordare : ed è quella di cento scudi munifi- camente donati dall' erainentiasimo cardinal Zurla, del- le arti dotto conoscitore, e degli artisti proteggilore. Ed io ho per certo che così beli' esempio avrà mol- ti altri seguitatori : conoiossiachè molti la Dio mercè sieno ancor quelli che si fanno imitatori delle belle opere, ed hanno spiriti nobili e geneifosi. E qui, innanzi di, por fine a questa naia istoria mi par ben fatto , perchè niente vi manchi , di narrare eziandio tutto quello che dì solenne si eseguì nella reposizione degli avanzi mortali dell' urbinate, non- ché di riferire le cose tutte che precedettero quella funebre pompa. Come la idea, a voler dire il vero , del ricerca- re le spoglie di quel grandissimo aveva messo nel cuo- re di tutti desiderio e piacere : come per ugual mo- do l'avere quelle spoglie alla perfine discoperte , ed assai volte vagheggiate, aveva destata universale esuU tauza (perocché a tutti quasi pareva essere retrocedu- ti insino ai tempi di Raffaello) : così in contrario quel pensiero del dover riporre i resti preziosi in quella lor tomba, e del non averli a vedere più mai, mette- va negli animi di molti accoramento e dolore. Fu cer- tamente , io mi penso , per temperare in qualche gui- sa il rammarico che causava questa eterna separazio- ne, che i virtuosi della congregazione di san Giusep- ne di terra santa immaginaron da prima , e quindi 49 proposero al camelli rigato vari partiti, pe' quali renis- se fatto di potere almeno lasciar vedere agli ammira- tori della fama deli' urbinate l'arca in marmo , entro cui egli si sarebbe giaciuto. E perchè in questa mia istoria tutto sia manifesto , . dirò , essere stati due i partiti proposti dai congregati del Pantheon. Era cosa già statuita e immutabile , che le spo- glie di Raffaello , chiuse nell' urna , dovessero , co- me prima , ricollocarsi entro il sordino dell' arco , sotto la statua di Nostra Donna , e che innanzi all' arco dovesse la mensa dell' altare , come per l'addie- tro , ricostruirsi. Non potendo perciò essere veduta l'urna dalla parte interna del tempio, miravano am- bedue i partiti a far sì che potesse essere veduta die- tro all'altare, cangiando in cameretta sepolcrale quella intercapedine , quasi a forma di abside , che retrostà, non che al tabernacolo dov' e sepolto Raffaello , ma a tutti gli altri che sono nel Pantheon. Adunque ia ambedue i partiti eli' era cosa indispensabile che l'ar- co costruito per collocarvi il cadavere acquistasse una nuova ap Pietro Delicati affermo. — Giuseppe Groppelli presidente convengo. — Alberto Thorvaldsen appro^^o. — Antonio d'Este approvo. — Agostino Tofanelli approvo. — An- tonio Nibby convengo. — Tommaso Minardi approvo. — Luigi Grifi segretario della commissione approvo. — Fi- lippo Tomassini segretario del caraerlingato e facente par- te della commissione consultiva delle belle arti appro- vo. — Gaspare cav. Salvi presidente dell' insigne e pontificia accademia di s. Luca confermo , ed ap- provo quanto sopra. — Federico Overbeck conven- go. - M. Kessels convengo. — Giovanni Azzurri con- fermo ed approvo. — Antonio Sarti ampliamente ap- provo. — Filippo Agricola approvo. — Giulio Cam- porese approvo. — Giovanni Cristiano Reinhart afTer- mo. — Giacomo Palazzi approvo e confermo. — Pie- tro Bracci convengo. — Luigi Biondi presidente dell' accademia pontificia di archeologia convengo. — Emi- liano Sarti convengo. — Pietro Odescalchi approvo. — G.\.T.LVin. 5 Marchese Giuseppe Melchiorri approvo.— Michelangelo Lanci censore approvo. -^ Gio. Battista Rosani delle scuole pie approvo. ^ Cav. Pietro Ercole Visconti segretiario perpetuo approvo. — Antonio Bonclerici ap- provo= — Cav. Tullio Monaldi convengo ed approvo. — Luigi Vescovall convengo. — Giuseppe dott. De Mal* theis convengo. — L. Lucidi canierier segreto parteci- pante di sua santità fui testimonio , e convengo. — Monsig. A. Chigi cameriere segreto non partecipante convengo. — x\ntonio Ghinieati convengo. IL SidT esposizione delle spoglie mortali de" trapassata Fu già superstizione della stolta gentilità di fu-» herare e sepellire gli eslinli nel silenzio e nelle le* tìebre della notte ; onde l'aspetto dei muti cadaveri non funestasse e non profanasse i superstiti , renden* doli incapaci ed inetti al culto de'nurai Codio. Theod* lib. 9 tit. 17 de violand. sepul.^ leg. 5, La religione cristiana, vera ne'suoi dogmi , e pura e santa nelle sue pratiche -, fin dai primi tempi, per quanto in allora potevano permetterlo le persecuzio- ni del paganesimo , introdusse la pubblica esposizione delle spoglie mortali dei trapassati >, [le diurne fune- bri ceremonie , la solennità di queste, onde mante- nere sempre vivo e perenne il salutare pensiero del* la morte. Euseb. Dionys. Alex. Tertull. etc. Ne questa pietosa economia della chiesa catto- lica si circoscrisse alla pubblica esposizione degli estin* ti di recente , e solo immediatamente dopo la loro morte ; ma si estese altresì , e con maggior effetto di salutari riflessioni e consigli, alla pubblica mostra del- ie ossa^ delle <:eneri^ e dei miseri avanzi della tra* GT passata umanità. I cemeterii ^ queste comuni tombe, sempre aperte e spalancate al duolo, alla pietà , e al- la meditazione de' fedeli , ce lo attestano. Dopo questa disciplina antica e recente della chiesa cattolica sulla pubblica esposizione degli estin- ti nei sacri tempii e cemeterii , non sa intendersi , come alcuni abbian potuto scandalizzarsi , e censura- re i superiori permessi , nel render visibili , e noti venerabili , al pubblico troppo giustamente interessa- to , le mortali spoglie del gran Raffaello Sanzio: spo- glie non già esposte ^ ma riposte nella sua stessa tom- ba , senza alcun funebre apparato , o pompa ; ma ([uali misere le presentava l'avello religioso , in cui furono rinvenute rinchiuse , da oltra tre secoli. Come mai poter sognare in permissione così conforme alla disciplina della chiesa, alla ragione, al buon senso, strane idee d'idolatria , di superstizione , di paganesi- mo , ed altre immaginarie stranezze? . . . Dispiacque forse a questi rigidi censori , che un pubblico con tanto interessamento sia corso in folla a contemplare le ossa e le ceneri di quel sommo di- pintore.'* . . . Ma non era questo un omaggio di am- mirazione e di riconoscenza troppo dovuto a quel gran- de s\ benemerito della religione e di Roma ; il qua- le mentre arricchì quella con tanti divini sacri di- pinti, richiamò in questa la sede del buon gusto, del genio , e delle arti belle .** Roma , superba e do- viziosa per tanti monumenti di quel sommo ingegno, non potè ne doveva essere indifferente al discopri- mento delle spoglie mortali di tanto suo benefattore, e non correre in folla a tributargli lagrime di do- lore , di riconoscenza , di pace, di beacdiziouc. 68 NOTIZIE RISGUARDANTI IL TESTAMENTO DI RAFFAELLO IL LUOGO DELLA SUA SEPOLTURA E LÀ MARIA BIBIEIXA A LUI FIDANZATA RACCOLTE DAL CAV. p. E, VISCOIVTIf O felice e beata anima, da che ogni uomo volentieri ra- giona di te , e celebra i gesti tuoi : e ammira ogni tuo disegno lasciato. Vasari , vita di Raffaello. Laudevole alto e gentile veramente fu quello del eh. principe e commendatore D. Pietro Odescalchi , quando recò sopra se lo incarico di tessere accura- ta e veridica istoria di tutto che venne operato per lo ritrovamento delle benedette ossa di Raffaello , e per comporle di nuovo in una pace sicura; non com-' portando che la memoria di tanto illustre fatto ro- mano si rimanesse abbandonata alle ultime mani. Per tale sua amorevole ed utile fatica conosceranno i cor- tesi spiriti che ci vivono , ogni particolare del me- morabile avvenimento ; ne arriverà, certa notizia n coloro , Che il nostro tempo chiameranno antico. Dove mi e avviso che ai contemporanei , non meno che agli avvenire , parrà tornare in grande en-j comio della romana gentilezza quello entusiasmo ra- pido , universale , incredibile , che si destò nella in- tera citta , prima allo annunzio delle ricerche , poi 60 h quello della scoperta felice. Commovente era a ve- dere gli uomini , le donne , i vecchi, i fanciulli, ac- córreie per più giorni come a lieta festa e solenne, per fissar gli occhi bramosi e paghi sovra un nudo scheletro ; oggetto che suole essere ai pili o spaven- tevole o molesto. Tanto la memoria di quel divino ingegno spogliava quell' aspetto della umana misera- bilità dell' usato suo orrore ! Affetti tenerissimi, e de- gni che lungo tratto ne durasse la memoria , si udi- rono in quella popolare frequenza. E ben fu ventu- ra , che non tollerando la storica gravita , che nel racconto dell' Odescalchi tutti si riferissero ; un^. uo- mo caro alle muse e glorioso alla Italia , dico il mar- chese Luigi Biondi, togliesse a mantenerli vivi, e a farli ancora più belli , in una sua canzone tutta soavità e leggiadria , scritta da quel certo possessore eh' egli h delle più riposte bellezze di nostra lingua. La quale canzone ( dall'Odescalchi opportunamente unita al suo lavoro ) , per raccorre in una le molte lodi che dare se le dovrebbero , la pittura parlata alla poesia di- pinta pareggiando , vorrei chiamare uu quadro di Raf- faello. Dal nobile assunto dell' Odescalchi, dai conforti autorevoli del Biondi , ebbero origine le mie ricer- che. E ciò mi è in grado qui confessare , perchè, se sarò arrivato a riccoglierne alcun frutto lodevole , tutto a questi valentuomini abbia a tributarsene l'en- comio. Pazienti e lunghe furono le ricerche da me in- traprese. Infruttuose , spesso ingannarono le mie spe- ranze : ma pur talvolta felici , mi confortarono per modo , che la noia del non trovare, dalla dolcezza del trovare era di gi*an lunga sopraffatta. Le carte di trecento anni e più per addietro in fino a questo tempo , sono state da me svolte in molti archivi ; 70 spesso ebbi a dolermi della negligenza degli uomini stati sopra noi: spesso dello vicende crudeli, che ci han- no interrotta la notizia delle età trascorse. Pure usci- va alla fine delle mie ricerche lieto e maravigliato. Lieto che del molto che abbracciavo col desi- derio , almeno una parte non mi fosse mancata. Ma- ravigliato, che dopo le costanti investigazioni d'uo- mini dottissimi , che studiarono particolarmente nello illustrare la storia di Raffaello , fosse a me toccato in sorte di poter recare innanzi memorie non osser- vate , documenti non conosciuti. Le quali memorie e i quali documenti, giovando a dar luce , quanta forse non si poteva sperare , al testamento di Raffaello , al luogo della sua sepoltura^ alla Maria Bibiena sla- ta a lui fidanzata , mi hanno indotto perciò a divi- dere il mio lavoro in questi Ire titoli. Avvolto in gravi studi , e in cure ancora più gravi , mi chiamerò felice , se dimostrando con que- ste poche scoperte quanto si possa ancora ritrovare e raccogliere ad illustrazione della vita e delle ope- re dell' Apelle d'Urbino , altri di migliore ingegno , e di ozio più sicuro , ne sia eccitato a nuove ricer- che: di che si aumenti la gloria di quel sovrano in- gegno, e la lode di Roma, La quale ornata delle sue opere maravigliose , sorge sublime per bellezza su tut- te le altre citta d'Italia , quanto l'Italia stessa alle al- tre regioni per questa lode sovrasta. TITOLO L DEL TESTAMENTO DI RAFFAELE. Conveniente principio a quanto in questo titolo sono per discorrere , verrà dall' ordinare le dispo- sizioni estreme di Raffaello , riunendo iu uno quanto 711 Sparsamente se ne legge negH scrittori , o emerge da sicure testimonianze. Questa cura non peranco stata presa da alcuno , per quello che io ne sappia , var- rà quasi d riparare l'oltraggio del tempo che il te- stamento deir urbinate ne invidio ; se pure quel testa-^ mento fu Scritto giammai ; e tornerà opportuna a ben or- dinarne la illustrazione, che con nuove considerazioni e documenti ne tenteremo. Volle egli dunque : 4 Che la mortale sua spoglia recata fosse ai Pantheon, 2 Che in quel tempio si restaurasse un taber- hacolo di quegli antichi di pietre nuoue , ed uno al-< tare si facesse con una statua di Nostra Donila \ la quale eleggeva per sepoltura e riposo. 2t Fosse eretta una cappellanìa , perchè nell'ai-^ tare da lui fondato si celebrassero messe in suffra-» gio dell' anima sua, 4 In essa cappella si ponesse una memoria a Maria Bibiena stata a lui fidanzata, 5 Bernardo Divizio da Bibiena , cardinale di S, Maria in Portico , avesse in legato il suo palazzo, 6 ^//a amata sua si desse modo onde potesse onestamente vivere, 7 Di ogni sua f acuità , e di quanto lasciava do^ pò se , Hmanessero eredi i suoi diletti discepoli Giu- lio Pippi , e Gio, Battista Penni , insieme al pre- te Girolamo F'agnini parente suo, 8 Restasse carico a Giulio e al Penni di reca-> rè a buon fine quelle opere cliei lasciava imperfette, 9 Di queste sue volontà fossero esecutori Bai- dascare Turini da Pescia datario di Leone X, e Giovanni Branconi cubiculario di esso pontefice. Queste che ho tiferito furono tutte le parti del 72 te5laraent.o di Raffaello , o lasciano a desiderarne ben poche. La somma gentilezza del suo animo , la gra- titudine , la bonlk , in esse altamente si manifestano. Osserviamole particolarmente ciascuna. 1 , yolle che la sua spoglia mortale recata fosse al Pantheon. Un nobile e grande omaggio reso dal genio mag- giore delle arti rinnovate a quello delle arti anti- che , sta racchiuso in questa estrema disposizione di Raffaello. Potrebbe sembrare ambiziosa ; ma a chi ben vi guardi , è anzi bella d'assai umiltk. Si ponga men- te che Raffaello moriva architetto di S. Pietro : mo- riva nel pensiero che quel maraviglioso edifizio aves- sa ad esser perfetto sui disegni eh* egli stesso ne aveva fatti (1). In quella basilica , della quale prevedeva tut- to lo splendore , poteva avere il sepolcro , come ve lo aveva avuto il suo parente e suo antecessore Bra- (i) Nostro signore con l'oDorarmi, mi ha messo un gran peso sopra le spalle; questo è la cura della fabbrica di S. Pietro. Spero bene di non cadervici sotto ; e tanto più , quanto IL MODELLO, che io ne ho fatto, piace a sua santità, ed è lodato da molti belli ingegni ; ma io mi levo col pensiero più alto. Vorrei trovare le belle forme degli edifìzi antichi , uè so se il volo sarà d'Icaro. Me ne porge una gran luce Vi- truvio, ma non tanto che basti. - Raffaello lettera a Baldassar Castiglione. Lett. pittoriche voi. L let. 52. -Nel breve di Leo- ue X , col quale è deputato architetto di S. Pietro , si fa men- zione con lode di questo modello , che monsig. Bottari mal tradusse con la parola pianta. Ved. lettere pittoriche, Voi. 6. lett. 1; e il Francesconi, che ne lo corresse. Congettura che una letter» attribuita a Baldassar Castiglione sia di Raffaello, a e. 99. 73 mante» D'altronde quante cagioni non sì riunivano a fargli caro, sopra ogni altro luogo di Roma, il Va-^ (icano , teatro di ogni sua gloria ? Pure volle che la mortale sua spoglia riposasse nel Pantheon , come un discepolo amorevole brama giacersi presso al mae- stro. Questo suo atto , se pur non m' inganno , mi sembra una luminosa prova di quella somma venera- zione per le antiche opere , che parve in lui si au- mentasse , quanto più si avvicinava all' apice della sua rinomanza. Vorrei trovare le belle forme degli edìfizi antìcìii\ Questo era un ardente suo voto (1). E nolo che morte gì' interruppe un vasto pensiero, quel- lo di offrire una esatta immagine dell' antica citta ri- staurando Roma delle sue rovine. Di questa fatica generosa abbiamo come il proemio in una lettera indrizzata a Leone X, di così calde affettuose e no- bili parole , che mai gli avanzi dell' antica metropoli del mondo non ne hanno ispirate le migliori ad al- cuno. So che la dettatura di questo scritto può es- ser forse del Castiglione , al quale anzi fu per lo addietro al tutto attribuita , fino a che il dotto Da- niele Francesconi mostrò esser falsa quella opinio- ne (2) ; ma i pensieri , ma tutta la tessitura , ma tutta la veemenza , vengono indubitatamente da Raffaello. La lettera di Marco Antonio Michiel di Ser Vettor fa conoscere la grande espettazione in che si era di que- sto lavoro ; e giova similmente a determinare quanta parte ne fosse già. compiuta : ciò che il Francesconi non potè fare , per la mancanza di questo documen- to allora inedito. Scrive egli essere il nostro artefice (i) Vedi la nota precedente. [i) Congettura che una lettera creduta di Baldassar Casti- gliene sia di Raffaello d'Urbino. Firenze per il Brariini 1799. 74 Tenuto a morte con unioersal dolore de tucti li do- di-, per i quali pia che per altrui^ benché ancora per li pittori et architecti , egli stendeva un li bro :, siccome 2^olomeo ha iste so il mondo , su gli edifici antichi di Roma , mostrando si chiaramente le pro- porzioni , forme i, et ornamenti loro , che averlo ve- duto aria scusato ad ognuno aver veduto Roma an- tica : et già aveva fornita la prima regione (1). ( Si veda questa lettera nell' appendice aura. I. ) 11 Ca- stiglione, il più antico e il più intimo amico che Raf- faello avesse fra i letterati (2) , tolse argomento dà questa opera ^ rimasta iniperfetta ^ per dettare qùè' celebri versi ; Quod lacerum corpus medica sanaverit arte j Hjppolitum stygiis et r evocar it aquis : Ad stjgias ipse est raptus Epidaurius undas : Sic pretium vitae mors fuit artifici. Tu quoque dum toto laniatam corpore Romam Componis miro , Raphael , ingenio , Atqué Urbis lacerum^ ferro^ igni, annisque cadaver Ad vitam antiquum iam revocasque decus ; Movisti superum invidiam , indignataque mors est ^ Te dudum extinctis reddere posse animam : Et quod longa dies paullatim aboleverat , hoc tè Mortali spreta lege parare iterum;. (i) Lettere pittoriche, voi. I, appendice all'ed. milanese del Silvestri 1822, a. e. 572. (2) Fu anche fra loro una corrispondenza per lettere ; e ne abbiamo edita fra le pittoriche quella bellissima, con là quale gli partecipò Raffaello la sua elezione in architetto di S. Pietro, riferita in parte nella nota «. 75 Sic miser heu ! prima cadis intercepte juventa z Deberi et morti nostraque nosqite mones (I). Alle quali testimonianze della cura che Piafìaello poneva in questo studio , che lo aveva portato a co- noscere tutta l'antica sapienza , e fattogli , come io credo, nascere quel desiderio di giacere nel Pantheon, si possono vedere unite presso il Francesconi quelle di Paolo Giovio (2), di Celio Calcagnini (3) , di An- drea Fulvio (4) e di altri. Io ne aggiungerò qui un bellissimo encomio , scritto Piaffaele vivente , e sfug- gito alla diligenza di quell' erudito , con tanto mag- giore mia sorpresa , quanto poteva fornire uno de'più saldi argomenti a validare le dotte sue osservazioni per restituire all' urbinate la lettera al Castiglione tri- buita. E stimo parrà il medesimo a chi legga il se- guente epigramma di Celio Calcagnini , che sta in un libro a stampa (5). Dice dunque così. (i) Fu primo a pubblicare questi versi Giorgio Vasari: e poi vennero sovente riprodotti. (2) Neil' elogio pubblicato dal Tiraboschi. (3) Epist. lib. Vili. pag. 100 et seg. ed. Baslleac i544- (4) Àntiquitates Urbis nuperrime editae ( probabilmente nel 1527. ) (5) Jo. Baptistae Pignae Carminum lib. IV. seq. Caeli. Cal- cagninii Carmina, Lodovici Aiiosti etc. Venet. Valgrisii i555. Questo epigramma avrebbe per modo posto in chiaro gli studi di Raffaello sopra Roma antica , che rendevansi inutili tutti gli argomenti co' quali il eh. Francesconi a e. 3o stimò ne- cessario dover provare che nelle poesia del Castiglione , si alludesse al ristauro di Roma tentato dall' urbinate. 76 RAPHAELIS URBINATIS INDUSTRIA. Tot proceres Romam^ tam longa eòctriixerat aetas i Totque hostes et tot saecula diruerant. Nane Romani in Roma qiierit reperitque Raphael ; Querere magni hominis, sed reperire Dei est . Versi che nel volgar nostro potrebbero nel seguente modo essere tradotti : Tanti eroi posar Roitia , ed in tanti anni ; Poi ne guastar tanti nemici il bello ^ Per così lunga età volta a' suoi danni; Or Roma in Roma cerca e 1» ritrova ;, E grand' uomo cercando è Raffaello : Ma ritrovando fa d'un Dio la provaj Non voglio chiudere questo articolo j senza mo- vere una preghiera a tutti coloro che si scaldano nell' amore delle antichità e delle arti , acciò non cessi-' no dalle ricerche di questa insigne opera dell' ur- binate , fin' ora desiderata invano. Nella nota a car-* te 343 della versione italiana della vita di Raffaele ^ scritta dall* illustre Quatremere, si produce la notizia, che Guglielmo Roscoe scrivesse da Liverpool al con- te Luigi Bossi in Milano di aver ritrovato fra i ma- noscritti di Tommaso Coke , lord Leicester , un vo- lume di disegni originali di Raffaello rappresentanti le antiche fabbriche di Roma , eseguiti per ordine di Leone X. Allora la scoperta sarebbe fatta. Ma come credere , che un' opera tanto insigne si softVisse anco- ra inedita , o fosse cosi poco divulgata , da non aver- sene alcuna notizia in Roma , e in molte citta d'Ita- lia , dove ne ho fatto richiesta.'* n 2, In quel tempio {nel Pantheon) si restaurasi se un tabernacolo di quegli antichi di pietre nuo" ve , ed uno altare si facesse con una statua di No- stra Donna , la quale si elegeva per sepoltura e ri- poso. Con le parole stesse , con le quale Giorgio Va- sari ce ne ha lasciato memoria, ho riferito questa vo- lontà di Raffaello. Prese egli cosi il primo luogo fra* ristauratori dell' interno del Pantheon , additando mo- do conveniente a decorarne i tabernacoli , con mu-^ tarli in cappelle ; riponendovi in tante statue moder- ne un sembiante dell' ornamento che prima avevano. La quale idea non essendosi continuata, fa sì che ne tor- ni un assai cattivo effetto alla bellezza di quel so- vrano edifizio. Basta guardare alla pessima vista che fanno que' tabernacoli dove sono quadri , per rima- nerne occultata la nicchia, e distrutta ogni buona pro- porzione. Fortunatamente sono i dipinti di tale mediocri"^ ta che togliendoli un giorno , se un giorno si vorrà tornare in onore questo insigne decoro di Pioma , vi sarà profitto per ogni lato. Ho voluto vedere quali potessero essere i marmi ìiuovi^ de' quali fu ristaura- to il tabernacolo. I bigi , che ornano il fondo della nicchia , lo sono evidentemente : lo sono pur forse le belle lastre di paonazzetto , che ornano l'imbasamen- to delle colonne. Dico questo perchè essendo sposta- te alquanto di luogo , mi è sembrato vedere che fos- sero attaccate con pece greca : modo affatto recente. Della statua dì Nostra Donna , e dell' altare non fac- cio qui parola , avendone a tener discorso dove di- rò del luogo della sepoltura del Santi. 3, Fosse eretta una cappellania , perchè nelf al- iare da lui fondato si celebrassero messe in suf- fragio dell' anima sua. 78 Non fece pur motto il Vasari di questa fonda- none pietosa ordinata da Raffaello. Se ne legge però ricordo presso l'anonimo pubblicato dal Coniolli (1), che scrisse : e assegnassero (gli esecutori lestamcnta- rii ) icii fondo per alcune messe per F anima sua. El- la è d'altronde cosa comprovata dal fatto. II fondo assegnalo per la cappellania fu una casa dell' annuo reddito di scudi sessanta di camera. Questa casa esi- ste tuttora , e la si vede sulla sinistra di chi dalla strada f/(?' Coronari va in Panico. Ha nella facciata dipinto il ritratto di Raffaele. Se voglia accordarsi fe- de ad una scheda dell' erudito P. Vernaccia, fatta co- noscere dal eh. P. Pungileoni tanto benemerito del- la storia pittorica d'Italia (2) questa casa non era nell' asse ereditario di Raffaello ; ma fu acquistata appo- sitamente dagli esecutori testamentarii , per mandarne ad effetto la volontà. Ciò fu un anno dopo la mor- > te di esso, in 1521, a rogito di Marco Garibaldi, e per la somma di scudi mille. Non debbo però tace- re che , per moltissime ricerche che io mi abbia fat- te , non ho potuto rinvenire veruna traccia di questo j (i) A e. gS ed. di Roma 1790, 4- Stimò l'editore che questo, elogio di Raffaello fosse scritto da monsignor Della Casa , alla quale opinione si accostò ancora il dottissimo Tiraboschi. (2) Ecco la nota delle principali opere del eh. autore pub- blicate ad illusliaKÌone delle arti belle. Memorie istorichc di Antonio Allegri detto il Correggio. Parma stamperia duca- le 1817 voi. 3 8.° Vita di Antonio Allegri detto il Coreggio: nella raccolta di litratti d'illustri italiani. Padova Bettoni 1817.4'* Elogio storico di Gio. Santi pittore e poeta padre del gran Raf- faello d'Urbino. Ivi per Vincenzo Guerrini 1822 8. Elogio sto- rico di Piaffaele Santi da Urbino. Ivi i832 per Vincenzo Guer- lit. Leon. X nomine script, lib. Vili lit. XXVL-Ne parla ben più il cardinale stesso nel suo testamento, ordinando che si abbia cura di soddisfare ai suoi creditori. Nel i5'i4> cioè quasi quattro anni dopo morto il car- dinale, Angelo Divizio scriveva a Gio. Battista Divizio suo cugino, che provava tuttavia cosa è vivere in debiti. (Lettere di diversi, libro IV a e. 5o.) (2) Ariosto satira VII v. 33. Il Bibiena era in Francia le- gato di Leone. Dice il poeta, che sarebbe stato il suo meglio di restarsene colà , poiché tornalo in Italia la sua morte uoa fu senia un grave sospetto di veleao. G.A.T.LVllI. 6 82 pena, angusta, e poco decente (1). Dove a me reca sorpresa , che non si facesse uso di questa di Raf- faello, allora del cardinale. Gonvien credere delle due cose l'una : o die scndo ancora la casa ingombra de' quadri e delle masserizie dell' urbinate, o per qual j si sia causa , non avessero gli esecutori testamentarii adempito ancora il legato : o che stabilitisi gTa in es- sa i parenti del Bibiena , non si volesse funestarli eoa ]a lugubre esposizione. Quello che può dirsi è , che il palazzo ebbe quindi forse per qualche tempo nome dai Bibiena. Donde si derivò per avventura l'equivoco del Marlinelli e degli altri scrittori , che asserirono aver Baflfaello dimorato presso il cardinal Divizio , ed es- ser morto nella sua casa. Dopo la narrazione , che abbiamo procurato ristabilire , torna inutile com- battere un abbaglio siilatto. Il già ricordato Marco Antonio Michiel di ser Vettor , al quale siamo de- bitori della notizia di questa disposizione di Raffael- lo , affermò aver esso comprata la casa per tremila ducati : E la casa , che già fu de Bramante , cfi egli comprò per ducati tremila^ ha lasciata al car- (i) Anno MDXX die venerlsIX novembris in sero mortuus est bonae memoriae Bernardus de Bibiena diaconus cardina- lis s. Mariae in Poiticu antiquus familiaris papae, qui multis diebus fuit infirmus incognita inGrmitate, et liodie, quae est decima, fuit prius quam sepeliretur exenteratus , et viscera eius inventa sunt livida quasi ex venenu concepto. Hic cura in pa- latio papae mortuus sit, nec babeat propriam doinum, ad quam possit deferri, mcndicavimus domum in burgo velcri Sixtino ubi olim cardinalis de Aracoeli habitavit, et ibi, meb'us quam potuimus, feciraus paratura poinpac et vigiliarum. Et in aula quanturalibet angusta fuit lectus funebris et torciae XII ad la- lera ex bombyce, sed non acceiidimus nisi quatuor propler fu- mum. Paris Grassi Diar. Arch. Caerem. 83 dlnal de santa Maria in Portico (1). 11 Vasari pe- rò afferma averla lìatìaello fatta edificare dalle foQ- daraenta : per lasciare memoria di se , fece mura~ re un palazzo in Roma in Borgo nuovo ; e dove ne parla nella vita di Bramante, non esprime abba- stanza chiaramente s' ei ne soprintendesse la esecu- zione , o ne avesse pur fatto i disegni ; lo chiama pe- rò palazzo di Raffaello. Eccone le parole: Fece fa- re in Borgo il palazzo che fu di Raffaello da Ur- bino^ lavorato di mattoni et di getto con le casse, le colonne , et le bozze di opera dorica et rustica:, cosa molto bella , et invenzione nuova del fare le cose gettat e. Abbiamo la principale facciata di questo palaz- lazzo incisa nella raccolta del Ferrerio (2). Il dise- gno è tale , che dimostra più assai la maniera di Raf- faello, che quella di Bramante, e accresce fede alla iscrizione , che vi si legge sotto in questi termini : Facciata del palazzo et habitazione di Raffaele San- ilo da Urbino su la via di Borgo nuovo^ fabricato con suo disegno l'anno MDXIII in circa , esegui- to da Bramante da Urbino. Un tale edifizio degnis- simo per ogni riguardo di es ere conservato, come pre- ziosa e cara memoria di un tanto uomo , venne de- molito , per far luogo a' portici del Vaticano , dai mu- ratori del Bernini (3). (i) Loc. cit. (2) Raccolta de' palazzi di Roma. Parte I lav. IX. (3) Il eh. Fea ha pubblicato memorie estratte dalla biblio- teca Chigi, per le quali si viene in cognizione, che la casa apparteneva allora al priorato di Malta, e fu pagata scudi mil- le cento sessantatrè e bai. 34- I^otizie intorno RaiTaele a e. 3i. 6* 84 6, yélla amata sua si dasse modo fiiide potesse onestamente vivere. Cosi abbiamo in Vasari : et prima , come cri- stiano , mandò f amata sua fuor di casa , et le la- scio modo di vivere honestamente. Questa donna , fatta illustre dall' amore e dai pennelli del Santi , ha eccitato un desiderio non me- diocre di aver contezza dell' esser suo. Onde appaga- re la pubblica curiositàt , non si potendo produrre isto- rie , si sono prodotte favole (1). Almeno si fosse in esse^ avuto un giusto riguardo a tanto uomo, e alle rego- le della verisimiglianza , non si discordando da' costu-» mi gentili ed alti, che in lui risplendevano. Vi è sta- lo chi ha messo a stampa di chi fosse figlia la For- narina , in qual contrada dimorasse, come, quando , in che atto Raffaele la vedesse , e ne fosse preso. Non accettano i critici narrazioni di tal fattg , ove non se (i) Si vegga la lettera riferita nell' appendice della edi- zione della vita di Raffaello scritta dal eh. Quatremere , e volga- rizzata dal eh. sig- Longhena a e. 657. In essa si legge in fra l'altre cose . • . ,, Essere stata la Fornarina figlia di un fornaro a soccida in Roma, che abitava oltre il Tevere v^rso s. Ceci- lia. Era nella sua casa un orticello cinto di un muro , il qua- le per poco che Tuoni si levasse sui piedi , era sopravanza- to si, che colui che guardava dominava tutto l'interno. Qui- vi codesta figliuola slava spesse volte a diporto . . . Ora avven- ne, che anche Raffaello passò di là in quella appunto, che la giovinetta era nella corte, e credendo non esser veduta , si larava i piedi all' orlo del Tevere . . . Rialzatosi il Sanzio sul picciol muro vide la giovine e attentamente la esaminò , e come quello, che era islraordlnariamente vago delle cose bel- le, trovandola bellissima, di quella tosto innamorò, e pose \n «S9a tutto il pensiero, né ebbe pace finché aoa fu sua. ,, 85 ne additino le fonti. Ma nella sua vn^jliezza dì sod- disfare al desiderio di tanti , l'autore di quello scrit- to, o credette ad altri facilmente, o pensò che fa- cilmente dagli altri gli sarebbe creduto. Conviene per- tanto confe.ssare, die ne della condizione di tal don- na, ne di altre circostanze che la riguardano abbia- mo certa notizia , salvo quel poco che il Vasari ne ricordò. Se ne ignorava anche il nome. E se questa minuta particolarità può tornare gradevole ad esser saputa, trattandosi dell'amata di Raffaello, posso ap- pagarne quelli che ne fossero vaghi. Il mio chiaro amico sig. avvocato Giuseppe Vannutelli, uomo di mol- te lettere, mi è stato cortese di un prezioso Vasari eh* egli possiede fra le tante dovizie di belli e rari li- bri : il quale Vasari è tutto arricchito di margina-* li apostille , scritte di antico carattere. Del pregio di questo postillatore, e della fede eh' ei merita, di- rò fra non molto , quando con produrre le memorie che gli dobbiamo , farò aperta la cognizione sua nel- le cose che a Raffaello appartengono , e il modo on- de ho potuto , indipendentemente ancora dalla forma e dalla maniera della scrittura , fermare il tempo in eh' el visse , che fu l'età all' urbinate seguente. Scris- se egli due volte il nome della Fornarina , in quel tratto dove il biografo aretino narra : Fece poi Mar- co Antonio per Raffaello un numero di stampe , le tfuali Raffaello donò poi al Baviera suo garzone , che aveva cura d'una sua donna , la quale Raf- faello amò sino alla morte , et di quella fece un ritratto bellissimo , che pareva viva viva ; ponendo nel margine esterno : Servitore di Raffaello chiama- to il Baviera : e sotto : Ritratto di margarita don- na di Raffaello. Poi dì nuovo nell' interno margine di quella slessa carta (eh' è la 78 della edizione de' Giunti di 1568), rispondente alle parole, che pareva 86 Wt'rt, ripetè : MARGARITA. Ma già è eia venire alla par- te settima del testamento. 7, Di ogni sua facilità , e di quanto lasciava dopo se , rimanessero eredi i suoi diletti discepoli Giulio Pippi e Gio. Francesco Pernii , insieme al prete Girolamo f^cignini parente suo. Ho seguito il Vasari in questa fondamentale di- sposizione del testamento di Raffaello , clie viene pu- re riferita dall' anonimo del Gomolli. E ciò malgrado di quanto ne ha scritto l'autore accuratissimo dell' elo- gio di Raffaello , già encomiato di sopra; il quale ha posto assai più che in grave dubbio la fede del Va- sari in questo particolare. Imperciocché dove dice del testamento del Santi , si esprime del tenore seguente : Era pure il biografo aretino fra il sonno e la ve- glia allorché scrisse , che lascio ogni suo avere ai discepoli prediletti Pippi ed il Fattore , ai quali ag- giunse per terzo un prete d Urbino . . . , Istituì li suddetti eredi de" quadri finiti e non finiti di sua ragione unitamente ai disegni , de* quali nebbe non pochi Timoteo P^iti. Non so qual parte avesse Gi- rolamo P^agnini di quanto fruttò Varte a Raffaello^ e qual parte toccasse agli altri parenti suoi ; uno de' quali^ lui morto, si portò sicuramente a Roma per far valere le sue pretensioni. (1) Vivo certo che il padre Pungileoni, da quel candido amatore del vero ch'egli è, sarà lieto che io possa rendere il Vasari franco da questa taccia: e che leggera volentieri in un do- (i) P. Pungileoni, Elogio storico di Raffaello Santi, a e 257 e seg. 87 cumenlo inedito, da me scoperto , la risposta a quel- lo cir ei confessò , non esser in grado di determina- re ; qual parte cioè toccasse ai parenti di Raffael- lo di quanto ave^^a a lui Varie fruttato. Il documen- to dunque è un alto di transazione fatto nel palaz- zo apostolico, fra gli esecutori testamentari di Raf- faello , ed i congiunti di esso. Molte e interessanti sono le notizie, die se ne traggono. La prima, a favore del- la narrazione del Vasari , è che i parenti dell' urbi- nate non ebbero parte alcuna nella sua libera ere- dita ; se non in quanto si accordò loro una somma di denaro a titolo di transazione. Si conferma erede il Vagnini , eh' è il prete d'Urbino nominato dal bio- grafo, dal non comparire fra que' congiunti che re- clamano. Si riconosce ne' chiamati a succedere la con- dizione di eredi estranei e non legittimi , transigendo gli esecutori per tutelare i loro diritti , ed essendo compresi nell' atto non solo tutti i parenti di Raffael- lo allora presenti , ma quanti se ne potessero in pro- gresso rinvenire e scoprire. Dopo ciò, eliminata la opposizione fatta dal eh. autore teste ricordato , tor- na a validarsi , nel modo il più convincente , la te- stimonianza del Vasari per Giulio Romano, e pel Fat- tore. Testimonianza eh' ei ripete in vari luoghi; e che trova un sostegno nell' anonimo del Comolli. Vediamo ora quali fossero i parenti di Raffaello, che volevano far prova de loro diritti alla sua eredi- ta : ma poi , onde ovviare alle liti che potevano na- scere dalle loro pretensioni , e alle spese che da una parte e dalV altra potevano derivarne., per la inter- venzione di alquanti probi uomini , amici comuni , vennero a concordia , transazione , e amichevole com^ posizione (parole tradotte dall'atto stesso, riferito nell* appendice n. 2.) 88 Sono adunque: Agostino di Battista di Ciarla, Ro- dolfo di GioVanluca , e Giovan Battista di Simone di Ciarla : Maddalena figlia del quondam Battista Ciar- la e moglie di Francesco di Giovanluca di Urbino , Costanza figlia del detto Francesco , Lucia vedova fi- glia del quondam Battista Ciarla. Vennero rappresen- tati da tre procuratori : da Livio Guidalotto, figlio di maestro Giulio fisico, cubiculario di Leone X, da Francesco di Giovan Luca , e da Giovanni Battista de' Baldi ; tutti d'Urbino. Le loro procure erano sta- te fatte in quella citta a rogito di Matteo del quon- dam Geri Ventura degli Accomandi della Quadra del vescovato, il 12 novembre dell' anno 1520. In margi- ne al protocollo e notato , che queste procure erano state poste nella filza , secondo era costume in que' tempi ; ma non si sono potute rinvenire. Inutili simil- mente sono state le ricerche, fatte fare in Urbino (1). La (i) L'eminentissimo principe, al quale il commendatore Odescalchi ha diretto la sua narrazione , si compiacque favo- rire in questo le nostre premure. Ecco quanto si è avuto in riscontro. „ Per quante ricerche siano stale fatte negli atti di ser „ Matteo di Ventura Geri degh Accomandi della Quadra del „ vescovado, non è state possibile rinvenire l'istromento, che „ si desidera, rogato sotto il i3 novembre i52o. „ Sonosi fatte molte indagini negli atti di molti notari „ dall' aprile a tutto il novembre i5:20, ma nulla si è potu- „ to rinvenire finora, che risguardi la famiglia di Raffaello „ Sanzio, o quella dei Ciarli, da cui derivò la di lui madre ,, Magia , morta alli 7 ottobre i49^- Bensì tra i rogiti di ser Matteo Geri sotto il dì 27 apri- „ le iSqi si è rinvenuto un istroniento, che sembra contcne- „ re la locazione della casa di Raffaello fatta dagli eredi di „ Giovanni Santi- 89 snmina pei* la quale vennero a conrordla fu di dii~ cali mille d'oro in oro di camera , da distribuirsi fr^ loro. Ed ecco quanto fruttò ai parenti di Raffaello quello eh' egli aveva guadagnato con l'arte. Furono questi pagati in suU' atto per mano di Filippo de' Ro- dolfi mercatante fiorentino dimorante in Roma. Assi- sterono come testimoni : Bernardo Bini mercatante fio- rentino , Girolamo de'Staccoli d'Urbino, Gabriele Gui- dalotto, e Fabriano Branconio dall'Aquila scrittore apo- stolico. Tornata così per la non sperata ne congettu- rata autorità di questo documento la giusta fede al rac- conto del Vasari, resterebbe da illustrare le persone de- gli eredi. Ma Giulio Romano e Giovan Francesco Penni, conosciuto sotto il nome del Fattore , sono troppo noti perchè possa qui aggiungersi cosa da altri non detta. Ne' io mi piaccio ad intessere scritture degli altrui scritti, come certuni usano di fare : ai volumi de' quali se tutto quello che non è loro si togliesse, si risolvereb- bero in quel nulla eh* essi sono. Dirò piuttosto qualche cosa sul terzo erede Girolamo Vagnini, o Vagnino. Era questi congiunto di Raffaello, insignito del sacerdozio, e godeva in patria del priorato di s. Sergio. Dimorava in Roma, almeno negli ultimi tempi della vita di quel som- mo artefice, e forse ancora nella casa di lui. Né era stra- niero alle arti , se voglia prestarsi fede all' Orlandi, il quale afferma nell' abecedario pittorico, che rice- vè dalla cortesia di Raffaello gì' insegnamenti dell* ,, E nei rogiti di ser Vincenzo di Simone Vanni della Qua- „ dra di Posterula si sono rinvenuti diversi istromenti sotto „ la data del 6 giugno iSai, che trattano dell' eredità di RaP- „ faello colla venerabile fraternità di s. Maria della Misericor- ,, dia di Piano di mercato : i quali islromcnti si possono legge- „ re in parte con gran difficoltà „ $0 arte. Nella lapide posta a Maria Blbiena figura il suo ijome insieme con quello degli esecutori testamentari ; perchè, come abbiamo già detto, aumentò di suo la dota- zione della cappellania, della quale fu forse il primo a godere. Partecipò doppiamente alla eredita di Raffael- lo : a quella sua libera , che si potrebbe dire roma- na , come chiamato da lui : a quella paterna di Raf- faello in Urbino , come erede fra' chiamati e sostitui- ti. Il qual punto della storia di Raffaello , e de'con- sanguinei suoi , è stato con pari diligenza e felicita illustrato dal P. Pungileoni (1). Debbo alla cortesia di questo dotto uomo la notizia dell' epoca in cui ces- sò di vivere il Vagnini , che fu a di 4 di novembre del 1527. Ora mi resta a movere un dubbio assai grave; ed è se per mano di notaio , ©^veramente a voce, fa- cesse Rafìaello il suo testamento. Il eh. autore dell* elogio del Santi confessa di non m>erlo potuto sco- prire con certezza. A me pare che l'atto di transazio- ne teste allegato faccia nascer sospetto, che il te- stamento fosse anzi fatto verbalmente, che scritto. Senza questo incidente, che poteva favorire le pretenzioni ei litigi , io non vedo, che cosa i parenti pretendessero ; perchè gli esecutori testamentari gli acquetassero con una somma non picei ola. Trovo d'altronde , che si parla sempre di esecutori testamentari : di testamento rogato non mai. Pur se tutto questo non bastasse a far propendere verso l'opinione , che il testamento di Raffaello fosse nuncupativo; ho a recare innanzi un nuo- vo testimonio , il quale però mi gioverà di far prima bea conoscere. E questi il postillatore del Vasari , (i) Elogio storico di Raffaello a e. 268 e seg. 91 icIie ho prodotto di sopra, in proposito del nome del- la Fornarina. Del postillatore del frasari conservato in Roma presso il sig. «t^t». Giuseppe f^annutelli. La edizione del Vasari, che servì all' anonimo po- stillatore , è quella fatta appresso i Giunti nel 1568. Egli abitava in Roma : era forse anche romano. Dal- le riflessioni che fa , e dalle cose che nota , sì potreb- be credere essere stato pittore. Guida come per mano a questa conghiettura il modo con cui egli contrasegna con una linea di matita rossa i luoghi che sonogli sem- brati osservabili. E il trovarsi suppliti a penna di un franco modo i ritratti, che in quella edizione del Va- sari si desideravano. Dove è da notare che l'inchio- stro de' disegni , come quello della scrittura , si è per vecchiezza alterato in un colore traente al rossigno. Il suo studio principale è sempre sulle cose di Ro- ma. Segna di un grande R in matita rossa il mar- gine , sempre che si parla di cose operate nella no- stra citta, e ne contradistingue con la matita stessa i luoghi. Aveva cominciato ancora dicontro alla carta di risguardo un indice , intitolandolo le opere di Ro" ma assolute. E' ammiratore grande di Raffaello, e par- zialisslmo della sua fama. La forma stessa della let- tera, par che mostri un artista ; somiglia anzi assai la scrittura del postillatore a quella di Raffaello ; e più al fac-simile dell' autografo borglano, che a quello da- to fuori dal Pungileoni. Infinite sono le minute cose che vi sarebbero da osservare. Forse altra volta pub- blicherò una scelta di queste postille con un fac-simi- le del carattere. Per ora dirò di una, che vale a fis- sarne la et'a, e di quelle che Raffaello riguardano. E facendomi dalla prima, essa è a carte 24 della edizione ^2 citata , nella vita di Piero dì Cosimo. Scrive il Va-» sari: Et così un quadro di Marte et frenare con i suoi amori , et P^ulcano fatto con una pazienza ili- credibile. Dipinse Piero per Filippo Strozzi i)ecchio un quadro di figure piccole , quando Perseo lite - ra Andromeda dal mostro , che v^'è dentro certe cose bellissitne. Il qual è oggi ih casa il T. Sfor- za Almeni primo cameriere del duca Cosimo ^ dona- togli da mésser Giovanni Battista di Lorenzo Stroz- zi. Qui dunque in margine si legge , dove è menzio- ne del prinìo qùadto già fu dell' eiho cardinal del Monte, parole sdritte d'inchiostro , in mezzo alle qua- li e un noti , fatto di matita rossa. Dove poi si dice del secondo , sta scritto , e sembra prima di matita ' rossa : Andromeda è in Roma. Queste parole sono cir- condate da altre a penna , che unendosi ad esse fag- lio che la postilla dica così: Questo quadro ^'An- dromeda al scoglio È ìn Roma, apresso il sig. Fer- tante De Carli. Era Ferrante Carli un letterato, avu- to al suo tempo in isti ma e famoso in Roma, e sta- va presso il cardinale Sfondrato. Le lettere, stampate fra le pittoriche, che a lui diressero Ijodovico Caraccio Lavinia Fontana Zappi, e Giulio Cesare Procaccino, attestano dell' amore grandissimo eh' ei portava alle , arti , e della cura che poneva in adunare una qua- dreria. Egli fioriva nella fine del XVI secolo e sul cominciare di quello seguente. Lodovico Caracci, in una lettera data da Bologna gli 11 novembre 1606, ne parla come d'uomo già autorevole. Non posso aste- nermi dal riferirne un tratto , che mostra il bizzarro capriccio di questo amatore , e al tempo stesso la sti- ma che gli artisti di maggior grido ne facevano. Pa- re ch'egli avesse chiesto al Caracci una sacra fami- glia, dimandandogli di porre nella testa del s. Giusep- pe il suo proprio ritratto. Al che il Caracci risponde* 03 La proposta del quadro che t'. s. mi accenna a se-' conda del suo desiderio , quanto a tutta l'inven- zione mi piace^ dal s. Giuseppe in fuori ^ che quan- do avesse a essere il mio ritratto , io non ho aria per simil santo , che vorria esser secco in volto e mortificato , e io paio, piuttosto un Sileno per la gras- sez a e rossezza di carne. V. S. consideri^ che spro- porzione quanto alla convenienza ; quanto al ser- virla^ io sono molto inclinato alle virtù sue già no- te e conosciute. Ora il nostro postillatore , che di-r ceva di quell' opera di Piero di Cosimo : è in Ro- ma presso Ferrante Carlo : quando proprio sopra aveva detto già fu del card, del Monte (1 ) , si mo- stra ad esso Carli coetaneo ; e ciò da gran peso al- la sua testimonianza , quanto alla prossimità de' tera^ pi. Vediamo ora se era egli ben informato delle co- se di Raffaello e cos'i avremo i due estremi , onde assegnare poi il giusto valore a quanto possiamo im- pararne}. Scelgo fra le altre postille la seguente , perchè alla gentile indole di Raffaello si riferi- sce , e a quel nodo d' amore , col quale legava gli animi di tutti , onde potè trovare tanti che con- tribuirono della loro opera alla sua gloria. E' a car- te 81. Il biografo aretino scrive : Egli fece fare a Gian Barile in tutte le porte , et palchi di legna- me , assai cose d' intaglio , lavorate et finite con bella grazia . Ora ecco la postilla : Giovan Ba- rile fu valente intagliatore , ma il gan ( così per gran) disegno di Raffaello , lo fece megliori., che con fi) Non essendo qui detto il nome del cardinale del Mon- te, rimane incerto se si abbia a credere il card. Giovanni Ma- ria, che fu poi papa Giulio III, o il suo zio Antonio, del ^uale abbiamo il bel sepolcro in 5. PieUo in Moutorio. 94 la sua guida faceva che ogni uomo ordinario ope- rava maravigliosamente ; perchè il Sane io (cosi) li sapeva commandare , e li cognosceva (così) a che eran buoni. Bella testimonianza è questa certamente. In due parole stringe un grande encomio della tran- sfiguiazione. Dopo aver detto (a e. 83): Per Giulio cardinale de* Medici , che fu Clemente settimo , ta^ vola della trasfigurazione a s. Pietro Montorio: con- clude , è maraviglia a mirarla. Ma in nessun luogo mostra tanto l'animo suo affezionato all' insigne mae- stro , quanto a e. 85. E' il luogo dove Vasari fa ogni studio per innalzare il suo Michelangelo a! disopra dell' urbinate. Il postillatore non sa menargli buona que- sta ingiustizia , e leva la voce , e loda , ed esalta ia modo mirabile il suo RaGfaello. Si legge in Vasari : Ma conoscendo nondimeno che non poteva in que- sta parte (negli scorti) arrivare alla perfezione di Mi~ chelangelo ec. E scrive : Lo superò (cosi) di gran lunga et seppe più. di lui , et ebbe pile giudi- i:,io di Michelangelo . E continuando l' altro più basso : Non potendo aggiungere Michelangelo ec. Egli siegue . Raffaello superò tutti li pittori del mondo , in qualunque cosa che egli facesse : E poi : Raffaelle fu ottimo , universale in tutte le cose., e parò (cosi) di gran lunga MicheV Ange-^ lo. Chi ha imitato MicheV Angelo e andato à ritrO' var mille difficultà e durezze nella pittura. Grandi lodi sono queste, ma vere: e ben si scorge che le si danno da uomo esperto nell' arte , e buon giudice del- la eccellenza di essa. Io però veggo in quest' uo- mo un amore per la memoria di Raffaello , che si estende anche alla sua persona e alle sue particola- ri virtij. Giunto a carte 88, dove il Vasari, malgrado j che avesse gli occhi scrivendo a Michelangelo viven- te , trasportato dal suo soggetto , epiloga tutte le lo- 95 di del Santi ; scrive: In questa facciata si narra del- la generosità , carità^ bontà , et tutti quelli ottimi costumi , che può essere nella buona natura di un huomo^ fu in Raffaele. Ne pago a tanto, aggiunge in altra postilla: Gran carità e amorevolezza di Raffaello , con tutti : fece sempre conto di tutti , è à tutti li pittori voleva far servitio : da poi riferisce in margi- ne quella frase del Vasari hanno pur visto li tuoi al- lievi come si vive. La quale ripetizione mi ha tratto in certe congetture , che porrò in luce in altra oc- casione, giacche qui noi potrei fare comodamente ; anzi parendomi di conchiudere questa digressione, ne- cessaria peraltro, e, sperar voglio ancora , non ingio- conda ; dico , che se a quest' uomo amorevole tanto della memoria dì Raffaello , e tanto d' ogni sua co- sa informato, voglia prestarsi qualche fede , abbiamo in esso un nuovo testimonio , che il testamento di lui fosse nuncupativo. Imperciocché dove parla il Vasari delle volontà estreme dell' urbinate , si legge annota- to in margine: Ordine di sua bocca per la sepoltu- ra in s. M. Rotonda. Io ho posto cosi innanzi tutte le ragioni e tutte le testimonianze ; altri decida su questo (1). 8, Restasse carico a Giulio ed al Penni di ri- durre a buon fine quelle opere eli ei lasciava ini' perfette. Quest' onere ingiunto da Raffaello ai due più ralenti suoi discepoli , chiamandoli alla sua eredita , (i) Noa si vuol tacere che ne' libri della chiesa si dice il testamento di Raffaello esser rogato per gli atti dell' Apo- celli. Questa testimonianza è però assaf dubbia ; e le ricerche ne' protocolli deli' ApocelU sono riuscite iuutili. 96 è ricordato dal Vasari nella vita di Giulio Romano. Morto Raffaello , e rimasi eredi di lui Giulio^ e Gio- vati Francesco^ detto il Fattore^ con carico di fini- re le opere da esso Raffaello incominciate^ condus- sero honoratamente la maggior parte a perfezione. 9 Delle sue volontà fossero esecutori Baldassa- re Turini da Pescia datario di Leone X, e Giovan- ni Battista Branconio cubiculario dello stesso ponte- fice. E* singolare, cjie tanto il Vasari, quanto l'ano- nimo del Comolli , nominino come esecutore del te- stamento di Raffaello il solo Baldassare da Pescia datario di Leone X. Certo è però di' egli ebbe com- pagno Giovanni Battista Branconio cubiculario dello stesso pontefice. Tutti e due sono nominati nella la- pide della Bibiena ; tutti e due nell' atto di concor- dia da noi sopra addotto. Erano questi personaggi degni veramente di tutta la stima e fiducia di Raf- faello. Fautori delle arti belle , fiorivano nella corte di un pontefice magnanimo, e ne imitavano lo squi- sito gusto e la liberalità. E certamente Baldassare Turini da Pescia meri- tava che Guglielmo Roscoe e Luigi Bossi , Tuno de* quali scrisse , l'altro volgarizzò ed accrebbe la loda- ta opera della vita e pontificato di Leone X, meglio lo facessero conoscere. Bastò allo storico inglese, e ali* italiano traduttore , il presentarci in lui l'intimo fa- miliare e il cortigiano compiacente de* Medici (1). (i) Si leggano le leti ere di Baldassare da Pescia a Loren- ao de* Medici, pubblicale nell' appendice nel tomo VI, ed. mil. 1817. 9r Non si doveva però lacere il molto affetto eh' ei por- tava alle arti belle , la benigna opera eh' ei pose iti favorirle , quanto ei vivesse amico ai virtuosi del suo tempo, come della sua autorità si valesse a procu- rarne i vantaggi. Con infinita diligentia et arte, gli dipingeva Leonardo da Vinci un quadretto , entrovi N. D. col figliuolo suo nelle braccia ; e in altra ta- vola un fanciulletto gratioso a meraviglia (1). Di Raf- faello fu veramente amicissimo, giusta la espressione dell' anonimo del Gomolli. Giulio Romano era molto dimestico di lui. E fatto il disegno et il modello ; gli condusse sopra il monte lanicolo , dove sono alcu~ ne vigne , che hanno bellissima veduta , un palaz- zo con tanta grazia , et tanto comodo , per tutti quegli agi , che si possono in un sì fatto luogo de- siderare , che più non si può dire. (2) la questa vi- gna adunava una collezione di antichi marmi , e sem- tra che a Raffaello ne confidasse la scelta , il quale forse ebbe ancor qualche mano alle architetture , e alle pitture che Giulio colorì nel palazzo. Il Casti- glione scriveva da Mantova a messer Andrea Pipera- rio . . . Dite a Giulio (Giulio Romano), che mi ri- cordo che Raffaele di bon. mem. mi disse che il Da- tario (cioè il Turini che esercitava tale incarico) ave- va un satiretto mezzo, il quale versava acqua du un otre che teneva in spalla. (3) Io sarei contento sa- (i) Vas;iri vita di Leonardo. Questi due quadri erano al suo tempo in Pescia presso messer Giulio Turini. (2) Vasari vita di Giulio romano. Questo palazzo e l'an- nessa villa passò quindi in Lante , e da questi fu comprata dal principe Borghese. (3) Questa descrizione si adatta Lenissimo al Fauno, o Sa- tiro (he voglia dirsi , eh' è nella sala ovale del palazzo di vil- G.A.T.LVJH. 7 98 pere se lo hapià^ e se pensa proseguire lo edificare del- la sua vigna-, e, quando no, s'egli non riputasse troppo gran perdita il dar via quelli tre pez^i di pili, eli era- no nella stalla del cardinale di Ferrara , io glie li farei pagare y e ancor dire : gran mercè ^ messere. (1) In patria fece murare una nobile cappella , e fu sol- lecito adornarla di una pittura di Raffaello , acqui- stando il quadro, non ancor compiuto , che esso aveva colorito di commissione degli Dei. (2) In essa cap- pella pose il suo sepolcrale monumento fatto scolpi- re a Raffaello da Monte Lupo , al quale aveva pro- curato la commissione della statua per la sepoltura di Leone X, che ancora vediamo in s. Maria sopra Mi- uerva (3), Ne amorevole meno alle belle arti , ne men de- gno che gli autori stessi ne ponessero onorato ricor- do , era Giovanni Battista Branconio dall' Aquila. Fu egli sopratante alla edificazione del palazzo pontificio, e si trovò cosi in grado di essere spesso col grande artefice , che attendeva a farlo una maraviglia in Bo- ia Albani. Era appunto mezzo, quando si rilrovò, la Jnfetior parte della figura essendo di ristauro. La scultura è di grande bontà, e potrebbe esser quella medesima citata da Kaffaello al Castiglione. (i) Lettere pittoriche voi. V a e. 245 e seg. ed. di Mila- no. Ha la data de' 28 marzo iSsS. (2) E' ora in Firenze nel palazzo Pitti. (3) ,, Ne passò molto, che il reverendissimo cardinale Sai- ,, viati, e messer Baldassarre Turinl da Pescia diedero a fare ,, a Raffaello (da monte Lupo)... la statua di papa Leone X... ,, E quella finita fece Raffaello al detto messer Baldassarre per ,, la chiesa di Pescia, dove aveva murato una cappella di mar- ,, mo, una sepoltura. Vasari vita di £af f. da monte Lupo. 99 ma , eh' è la maraviglia del mondo. Altra occasione ad essere insieme ofi'erivagli rufficìo di cubiculario , che araendue esercitavano presso la persona di Leone X. Pertanto volle egli adoperar l'urbinate nelle due ar- ti , nelle quali lo conosceva sovranamente valere d'un modo eguale. E gli richiese disegni di architettura per il suo palazzo in Borgo , il quale fu cosa bellissi- ma (1), e gli fece dipingere una tavola da decorar- ne una cappella che aveva nella sua patria. Le no- tizie di questo quadro , dove il Santi dipinse la Vi • sitazione , sono state , accuratamente coni' eì suole , prodotte dal P. Pungileoni (2). Noi concluderemo que- ste poche parole dette circa alle persone degli esecu- tori testamentarii dell' urbinate , con riferire qui il se- polcrale elogio di Giovanni Battista Branconio, il quale si vede scolpito nella chiesa di s. Silvestro dell'Aqui- la , che offre una notizia dei nobili incarichi , e del- le dignità delle quali fu insignito. L C. R. JO. BAPTISTAE. BBANCONIO SPECTATAE VIRTVTIS VIBO MAXX. PONTT. IVHO 11. FAMILIABII AC LEONI X. INTIMO A CVBICVLO PROTONOTH. APOSTOLICO E PABTICIPAN. INSIGNIVM. VTRIVSQ. DICTIONIS. ECCLESIAR. S. CLEMENTtS AD PISCARIAM S. MARIAE AMBROSIANAE BOMIACEN. AC DE IVMERIB. ABATI COMMENDAT. VIGILANTISS. SVMMORVM REGVM AEXTIMATIONE ANNVARVMQ. OFVM. MVNIFICENTIA LVCVLENTER.AVCTO.PORTVS.QVA.PLACETIAM. PADVS. ALLVIT. PRAEFECTO (ij Diede disegni ... et particolarmente al palazzo di Ries- ser Giambatista dall' Aquila, il quale fu cosa bellissima. - Va- sari vit. di Raffaello. Questo edifìzio fu demolito nel tempo di Alessandro VII. ^7) Elogio di Raffaello a e 721 seg. 7* 100 PKAESTANTIS IN VBBS SXAKDIFICATIONK PALATII AC. SACELLI. nviVS. ORNATV. KAPHAEtlS. VKBINATIS. BXIMU BBATA8 VIRGINIS. PICTVRA SPLENDORE. AC. PIETATE. CONSPICVO PROLEGATO DEMVM. AVENIONIS. DESIGNATO. SVPREMO HONORVM. AC. LVCIS. CORONIDE PBIVSQVAM. MVNEKE. VITA. FVNCTO. AET. LII. DOM. M.D.XXV, HIBR. BRANC. I. C. ABBAS. S. CLEMENTIS. AD. PISCAHIAM PATRVO. MAX. BENEM. P. AJf. BEPARATAE. SALVTIS. M.DC.XXY. TITOLO II, DEI. LUOGO DELLA SEPOLTURA DI RAFFAELLO, Egli e appena credibile , che dopo quanto si h narrato , del modo col quale espresse Raffaello la vo- lontà di essere sepolto nel Pantheon , e come poi man- data fosse ad eQetto, si potesse ancora muovere dub- bio sul luogo della di lui sepoltura. Pure questo er- rore ebbe vita , fu pubblicato varie volte per le slam- pe , e da varii ; e trovò un eco anche nei giorni prossimi alla fortunata discoperta della mortale spo- glia del Santi: lo trovò, in pochissimi è vero e ma- le avvisati, anche dopo la scoperta seguita. Dissipava quelle nubi il discorso del marchese L. Biondi. Per il quale erano tutti gli animi uniti in una sentenza , 0 fatti tanto vergognosi quelli che per l'altra opinio- ne parteggiavano , da vestire l'aspetto della persuasio- ne. Le testimonianze addotte, e trovate dall' illustre presidente della romana accademia di archeologia , so- no state già lette di sopra nelle sue stesse eleganti pa- role. Nulla posso io qui aggiungere dal lato della for- 101 ta e della evidenza degli argomenti ; posso solo ac- crescere il numero delle testimonianze insistendo sul- le vestigie dal valentuomo segnate. Sara bello pertan- to, che ai luoghi del Vasari nelle vite di Raffaello, di Lorenzo Lotti , e di i addeo Zuccaro , allegati nel discorso , si aggiunga quello del biografo stesso , do- ve dice di Baldassare Peruzzi, mancato solo sedici an- ni dopo Raffaello : (1) Fu dai figliuoli e dagli ami- ci molto pianto , e nella Ritonda e appresso a Raf- faello da Urbino . . . datagli onorata sepoltura (2). L'anonimo, divulgato dal canonico Comolli, è al Va- sari prossimo di autorità , se di quelT elogio di Raf- faello fu autore veramente monsignor Giovanni del- la Casa. Lasciò egli memoria , avere il moribondo pit- tore ordinato , che gli eredi istaurassero nella Ri- tonda un tabernacolo , doi'e volei^a aver sepoltura. Parole che stimar si potrebbero , assai più aperta- mente di quante il Vasari ne scrivesse su tal propo- sito , manifestare la volontà del sommo artefice , e quello che se n'è trovato eseguito , senza la industria del lodato Biondi. A lui si deve lo aver posto men- te alla tavola, nella quale il biografo segnò la indi- cazione dei luoghi , dove le opere dei diversi artefi- ci si trovano collocate. Ivi è che espressamente egli dice, la statua del Lorenzetto trovarsi, come in fat- (i) Mori ai 4 di gennaro del i536. (2) Riferisce il Vasari anche l'epitaffio stato posto alla me- moria di qael valente artefice. Questo epitaffio più noa si vede nel Pantheon , e già più non vi si vedeva meglio che centottanta anni indietro. Imperciocché riferendolo Fioravante Martinelli nella sua Roma ex Elhruria sacra, stampata in iQSl scrive averlo tratto: ex Francisco Scardava, quod exti- iisse scvibit propc Raphaehm urbìnatem. 102 to si trova , sopra la sepoltura del Santi. E questo sa- rebbe stato bello e doveroso non avesse taciuto chi dapoi , adunando le testimonianze della sepoltura dì Raffaello , pubblicò quel luogo stesso , come quello in che dal Vasari la cosa pia chiaramente scrivesi (1). Memorabili al nostro uopo sono le parole di Gio- vanni Battista Aguicchi , prelato che visse celebre in questa corte romana , per la intelligenza sua nelle co- se dell' arte , e nelle notizie di que' che le professa- rono. Io non so da che parte incominciarmi a seri- vere (dice egli al canonico Dolcini). F'engo ora, che son quasi le due ore di notte , dal veder passare alt altra vita il sig. jénnibale Caracci , che sia in cielo . . . Antonio suo nipote , figlio di messer Ago- stino , eh* è qui , avrà buona cura di ogni cosa , e il farà seppellire nella Rotonda appresso la sepol- tura di Raffaello d'Urbino (2). La lettera è in data di Eoma il giorno 15 luglio del 1609. Una scrittura del prelato stesso somministra una prova anche piiì so- lenne della universale e non punto dubbiosa opinio- ne , che si aveva dall' intiera accademia di s. Luca sul luogo dove il grande pittore giacesse. In queste carte, che Gio. Pietro Bellori custodiva gelosamente, e diede a Filippo Baldinucci che le pubblicasse (3), aveva monsignor Aguicchi segnato diverse iscrizioni pel defunto Caracci , avendo esso avuto incombenza di (i) Per la inveazione seguita del sepolcro di Raffaello San- zio di Urbino nel Pantheon di M. Agrippa in settembre e ot- tobre i833. Compendio di storia e riflessioni dell' avv. Carlo Fea commissario delle antichità. Roma i835 8.» a e. 4- {i) Lettere pittoriche. Voi. Il leti. CXXII. (3) Si legge in fatti nel Decennal. i della parte III del se- colo IV. a e. 8o. 103 Comporne l'epitadìo , e In fondo ad una di essa ave- va ag^iiiiito : si trattò nella nostra accademia di s. OD Luca di far iscolpire nella Rotonda questa iscrizio- ne ultima^ a lato a quella di Raffaello (1). Dopo COSI certe testimonianze , appena una ed un' altra ne porremo innanzi , per dimostrare la continuità della tradizione , e per riguardo alla gravita degli scrittori , dai quali le trarremo. Una è di Filippo Titi, accura- tissimo descrittore delle opere di pittura scultura e ar- chitettura che adornano Roma , il quale scrisse : La statua di marmo di Maria f^ergine , dov è il sepol- cro di Raffaello , è opera del Lorenzetto (2). L'altra del dotto urbinate monsig, RafFaelle Fabretti , il qua- le tenerissimo com* era delle» memorie dell' esimio pit- tore, si piacque d'inserire l'epitaffio di lui fra gli an- tichi marmi che con bello ed utile studio riunì e pub- blicò : vi aggiungeva queste parole: De Raphaele San- ctio nastrate , superioris saeculi Apelle altero .... tumulo eius ad sanctae Mariae ad Martyres inscri- pto. (3) Venendo ora a parlare più particolarmente del ta- bernacolo dove RafìTaello giace, è manifesto, che per situar nel mezzo l'altare da lui ordinato , si interrup- pe la mensa di marmo , che continuata da una co- lonna air altra , formava l'antica edicola del tempio. E' credibile che i lavori occorsi per tale cangiamen- (i) Baldinuccì I. e. (2) Ammaestramento curioso ed utile di pittura scul- tura ed architettura ec. dell' ab. Filippo Titi. La prima edi- zione di questa opera è del 1674- Noi qui citiamo quella del 1686 fatta in Roma presso Giuseppe Vannacci. In essa il passo allegato si trova a e. 32^. (3) Isc. Dom, pag. 328. 104 to si eseguissero con la direzione dei due abilissimi eredi Giulio Romano e il Fattore ; e del primo an- cor più. Il costui cognato Lorenzo Lotti , scolpì di un modo nobile e franco il simulacro di N. Donna , che diciamo del Sasso. Ne io so persuadermi, che ciò sia come un dir corrotto dal nome del Sanzio, come si è di recente stampato , e che Madonna del San- zio a un tempo fosse detta. Ne mi pare che sia me- stieri lo andare in cerca di questa causa , dove un* altra apertissima se ne presenta, a chiunque miri in quel simulacro. La Vergine dal Lotti scolpita tiene l'uno de' piedi sopra d'un sasso , che sorge dal suo- lo, in che ella posa: sia che l'artefice , consigliando- lo alcun dotto uomo , intendesse dar con esso segno del sepolcro , e dichiarare esser quella se polcrale im- magine ; sia che gli fosse sembrato opportuno quel modo a favorire la posizione eh* ei voleva nella sua figura , onde comporre quel suo partito di pieghe, ch'è certo bellissimo , e tutto in sul fare antico. Questo sasso, altre volle assai piiì visibile che ora non è , per uno scaglione di legno che nasconde la più bassa par- te della figura , fornì senza meno l'occasione di no- minare il simulacro la Madonna del Sasso. Sotto questa statua all' indietro dell' altare gia- ceva Raffaello , e come e in qual modo si ritrovas- se, si è già per l'Odescalchi elegantemente narrato. Uno scrittore recente ha voluto far credere , che l'a- roorevole cura de riconoscenti discepoli nel porre in securo e impenetrabil luogo la spoglia dell' amato e pianto maestro loro , fosse un brutto pensiero di va- nità di quello spirito nobilissimo , che mai non di- mostrò segno alcuno di vizio così basso, anzi si fre- giava della adornezza di quella virtù che più gli è nimica. Pia esso stampato , che questo altare ideato fosse dall' urbinate , e dietro di esso il sepolcro ^ far- 105 se con tanto giudizio per non esser egli rubato (1 ) ! Porrò fine a queste poche osservazioni riunite sot- to il presente titolo , col far riflettere , che nella co- pia dell' epitaffio del Santi sostituita all' originale , spezzato e disperso nel 4822 quando in una notte si tolsero tutte le protomi esistenti nella Rotonda , e in- sieme molte iscrizioni , si è variata la paleografia. Co- sì che, dove in quello scritto del Bembo, e copia- to dal Vasari e dal Fabretli , si legge spiranteis ima- gineis etc. qui si trova spirantes imagines. Questa mi- nuta considerazione vale a dimostrare l'errore di colo- ro , che additano questo marmo, ora esistente, come lo stesso di quello che a principio fu posto. TITOLO III. DELLA. MARIA BIBIENA STATA FIDANZATA A RAFFAELLO Laelos hymeneos morte praevertit , et ante nuptiales faces virgo est elata. lascript. in Raph. sacel. posila Ogni memoria di questa gentile donzella , che al meglio glorioso e più cortese uomo de' suoi tempi destinata era consorte , e le faci del feretro le ardevan prima che quelle d'Imene , giace in profonda notte se- polta. Noi moveremo qualche passo nella oscurissima (i) Fea, opuscolo cit. a v. 12. Prima di ogni altra cosa bi- sogna avvertire, che Raflaelle disse un tabernacolo antico, perocché prima delle cappelle attuali non vi erano altari: que- sto ideato da lui e dietro di esso il sepolcro, forse con tanto giudizio per non esser egli rubata, è stato il primo. 106 via , dileguando quello che se ne crede di falso, ac- cozzando insieme quel poco che ne sappiamo di vero. Il cardinale Bernardo Divizio , uomo che teneva il primo luogo dopo il pontefice nella corte romana, era per modo preso del gentili costumi e della glo- ria di Raffaello, che desiderò farlo a se congiunto per legami di parentela. Esempio nobilissimo e ra- ro , in chi tutto poteva. Dove parrà ancor piiì singo- lare il vedere , che non Raffaello sollecitasse questo parentado ; ma si il cardinale lo stimolasse a reca- re ad affetto la promessa che aveva fatto di torre per moglie Maria Bibiena pronipote sua. Nasceva questa di Antonio figlio di Giovanni Battista Divizio. Il poeta Francesco Berni , amico suo oltre all' essergli pa- rente, non da a dir vero la piiì soddisfacente idea del di lui vivere in Roma (1); se non che vi e forse in que' versi dell' esagerato e del finto. Il cardinale medesimo parla in una sua lettera di que- sto nipote eh' egli aveva con seco , ed esprime raol- (i) Si legga il capitolo che incomlacia : Se voi andate dietro a questa vita. Compar voi magnerete poco pane. Ad Antonio Divizìo , con più probabilità che al card. Bibie- na è diretto il Sonetto: Divizio, io sono qui dove il mar bagna La ripa a cui il Battista il nome mise , E non la donna > che fu già d'Anchise , Non mica scaglia, ma buona compagna. A lui pure stimo sia scritta quella poesia : Messer Antonio, io sono innamorato Del saio che voi non m'avete dato, 107 to rammarico per una malattia, ch'egli ebbe nel 1516 (1) E' molto simile al vero che la giovinetta dimoras- se in Roma con suo padre » nella casa che i Bibie- na abitavano in via deleutari. (2) La pratica del matrimonio era già conchiusa fin dal 1514. Di che è bellissimo documento la lettera di Raffaello a Simo- ne di Battista di Ciarla , conosciuta già imperfettamen- te , per gli estratti pubblicati dal Richardson, ed ora in tutta la sua integrità posta in luce dal P. Pun- gileoni. Questo monumento prezioso forma il numero terzo della nostra appendice. Ecco il tratto che alla Bibiena si riferisce. Sono uscito da proposito della mo- glie , ma per ritornare vi rispondo , che voi sape- te che santa Maria in Portico (cioè il card. Di vi- zio , diacono di questa chiesa) me voi dare una sua parente , e con licenza del zio prete , e vostra , li (i) Si vegga fra le lettere di diversi lib. IV. a. e. 54 e seg. Questa lettera del card. Bibiena è diretta a Madonna Lodovica Divizia sua cognata, alla quale partecipa la morte di Francesco di lei figliuolo, e la esorta con gravi ed efficaci parole a por modo al dolore. E' certo per errore di stampa, che questo gio- vinetto è mutato in donzella ncU' albero genealogico di Bibie- na , prodotto dal clr P. Pungileoni , dove .si legge Francesca. Del card. Divizio e della sua famiglia , ho molte notizie, che vedranno altra volta la luce insiera col suo testamento, cono- sciuto fia'ora solo in parte , e da me ritrovato eseguito , in- sieme col bene merito scritto dal Bembo, col quale fu auto- rizzato testare. Si ricomporrà ancora l'albero gencologico, nel quale troveranno luogo , una Lisahctta , e una suor Piera , e suor Marina sfugita alla diligenza dello stesso erudito Ban- dini al quale dobbiamo la vita , e molte notizie del Card. Bibiena. {•j) Cancellieri. Mercato a e 84- Nota 2. 108 promesi di fare quanto sua revma signoria volevcii non posso mancar di fede , semo più che mai alle strette , e presto vi avviserò del tutto. Passava intan- to fra il cardinale e Raffaello una grandissima farai' liarita , e tutti i Bibiena erano a lui afFezionatissimi e già il riguardavano come parente (1). Non possa persuadere a me stesso, come monsignor Boltari, uono di molte cognizioni e di non poca accuratezza , nell'ab- baglio che sono per additare , acciò non resti defrau- dato Rafi'aello di due bellissimi monumenti dell' affet- to del cardinale Bibiena , e questi non lo sia della gloria di aver fatto ornare la sua dimora delle insi- gnì opere del sovrano artefice- Sono queste due let- tere dirette dal Bembo al cardinale di s. Maria in. Portico. Portano la data di Roma e dell' anno 1516. Erano già tre anni che il card. Bibiena era diacono di quel titolo , pure il Boltari pubblicando tali lette- re fratte pittoriche (2) ha sottoposto alla prima que- (t) Bai'tolommeo Bibiena scrive a raonsig. Latino luvena- le nuntio a Venetia ... Di nuovo abbiamo , che Francesca Maria , non ostante l'accordo fatto tra gli spagnuoH et noi , se n'è ito alla volta d'Urbino co' guasconi, et con gì' italiani, che ha . . . Tutte le nostre genti faranno una massa, et se ne anderanno ad assediare Urbino , et guastare tutto il paese . . . Duolmi assai del male che faranno nel paese, perchè hanno commissione di tagliar le vigne, et di ruinare tutti i castelli et luoghi dove arrivano , et dubito che possa toccar la par- te loro del danno a M. Bernardino, et a Raffaello nostro, et ai loro, che patiranno senza lor colpa. -Lettere de'principi a* principi, tomo I e. Sg. Venezia, Ziletti i58r. Mescer Bernar- dino Peroli aveva sposato un^ altra pronipote del cardinale. (2) Tomo V lettera LVIL 109 sta nota. // cardinale di s. Maria in Portico , ora detta in Campitelli , era Marco Antonio Cornaro ve- neziano^ amicissimo del Bembo , allora segretario de* brevi. Se questa nota valesse ( orae non vale , avreb- be Raffaello dipinta pel cardinal Cornaro una stufet- ta , e gli farebbe per il Bembo dimandare le altre istorie per fornirla. Poi nelT altra lettera sarebbe co- me intercessore fra esso Bembo e il cardinale stesso, acciò gli donasse una venerina , al qual proposito usa queste parole. Se per avventura io vi paressi trop- po ardito , Raffaello , che voi cotanto amate , dice che me ne iscuserà esso con voi ; ed hammi confor- tato che io ad ogni modo vi faccia la richiesta che io vi fo. Stimo che voi non vorrete fare al vostro Raffaello questa vergogna. (1) Queste sole frasi do- vevano bastare a riporre in istrada l'editore , sempre benenerito, delle lettere pittoriche. Giovi aver qui posto l'avvertenza della sua svista, acciò altri noa sia tratto in errore dalla sua autorità. Ma tornando alla lettera di liaffaello, io non tro- vo modo a spiegare , come essendo già alle strette in 1514, sei anni dopo non fosse ancora effettuatoli (I) Tomo cit. lett. LVIII il P. Pungileonl scrisse in pro- posito di questa statua. - Pare anche che Raffaello desse opera alla venerina marmorea chiesta in dono dal Bembo al card, di s. Maria in Portico. - Elogio di Raffaello a e. 223. Io però stimo che fosse quella una statua antica , non solo per lutto il contesto della lettera ; ma ancora perchè il Bembo dice , averla al cardinale donata Giangiorgio Cesarino, e non aver- gli Raffaello potuto dar luogo nella stufetta nuova, alla quale esso cardinale l'aveva assegnata. Stimo che il eh. scrittore, rileggendo quella lettera, sarà con me di nno avviso, e mi condonerà questa osservazione. 110 matrimonio. Quali saranno state le cause, che avran- no indotto il pittore a porre in mezzo tanta dilazio- ne per istringere un parentado , che poteva ambirsi anche dalla persona del più eccelso grado ? Ancora qui si sono poste in campo delle ragioni non vere, non si potendo addurre le vere , che rimangono tuttavia ignote, e forse per sempre lo rimarranno. Si è pre- sentato BafFaello impedito da un amor troppo basso , o rattenuto da un' ambizione troppo sublime. (1) For- se questi due due motivi sono falsi egualmente. Cer- to però tale può asserirsi essere il secondo « dico del- la dignità cardinalizia , da Leone X offerta al dipin- tore , e che questi ambisse fregiarsi del cappel rosso. E' ora dimostrato , che l'artefice non andava credito- re dell' enorme somma (2) che doveva esser prezzo di queir eccelsa dignità (3). Non so poi donde sia trat- (i) Alcuni hanno scritto , che era egli impedito dairamo- re della Fornarina ; altri, che volesse ornai abbandonare la cu- ra dell' arte , e fregiato della porpora , passare dal grado di artefice a quello di Mecenate. (2) Dai registri della reverenda fabrìca di s. Pietro fatti copiare da Alessandro VII, conservati nella biblioteca Chigi, e pubblicati dal eh. Fea. (Notizie sopra Raffaello ec.) si viene ia chiaro che Raffaello riscuoteva regolarmente l'onorario, e gli era regolarmente pagato. E sembra che de'lavorl delle camere fosse il simigliante. (3) Cade così anche la conghiettura del Francesconl, po- co alla corte romana onorevole, ed è, che Raffaello dispones- se dell' importare di un cappello , profittando del prezzo che altri volesse pagare per essere rivestito della dignità cardina- lizia. La quale conghiettura aveva già questo intrinseco vi- zio , di porre in parità ai tempi di Leone X quelli calamito- 111 ta la notizia che il papa dissuadesse Raffaello da que- ste nozze , che si è riferita nell' appendice alla ita- liana traduzione della vita del nostro artefice scritta dal Quatremere. Ma che che si fosse, che occasionasse un tale ritardo , del quale era certo in Raffaello la causa , si venne alla fine ad uno stabile contratto nu- ziale , e la donzella fu al pittore fidanzata. In mezzo a questa contentezza delle nozze , non pili sperate, ma certe , se la rapi acerbamente la morte. Si e scrit- to da diversi , e fra questi dallo storico francese de* gesti del Santi , che questa sventurata avesse sepol- tura nel Pantheon , presso al tabernacolo , che fu poi sepolcro a quello che aveva ad essergli consorte. (1) Era un pensiero pietoso che quelli avesse almeno uni- ti il talamo, che il tumulo insieme accoglier doveva* Mi e però forza il confessare , che qnesta narrazione non , ha alcuno storico fondamento. Io stimo anzi che la Blbiena giaccia in s. Lorenzo in Daraaso , eh* era la parrocchiale sua chiesa , per non avere in Roma i Divizii gentilizia cappella. Vero e che sono tornate indarno le ricerche fatte in quella basilica , per aver consumato il fuoco gli antichi suoi libri. La genti- lezza di Raffaello volle poi che una memoria si ve- desse nella cappella sua , che agli avvenire la fidan- zata sua facesse presente. E quel pensiero fu pago. La pietra sepolcrale è divenuta tutta la storia di Maria Bi- biena : e noi concluderemo col qui produrla il nostro lavoro , non la scompagnando da quella di Raffael- lo , della quale fa parte. sisslmi di Clemente VII. Francesconi, annotazioni alla lettera, vivendicata a Raffaello, a e io6. (i) Quatremere^ vita di Raffaello. 112 D . O . M . RAPHAELI . SANGTIO . IOANN . F . VRBINATI PICTORI . EMINENTISS . VETERVMQ . AEMVLO CVIVS . SPIRANTES . PROPE . IMAGINBS . SI CONTEMPLERE . NATVRAE . ATQVE . ARTIS . FOEDVS FACILE . INSPEXERIS IVLXI . II . ET . LEONIS . PONTT . MAXX . PICTVRAE ET . ARCHITECT . QPERIBVS . GLORIAM . AVXIT VIX . ANNOS . XXXVII . INTEGER . INTEGROS QVO . DIE . NATVS . EST . EO . ESSE . DESUTi VIII . ID . APRILIS . M D XX ILLE HIC |EST RAPHAEL TIMVIT QVO SOSPITE VINCI RERVM MAGNA PARENS ET MORIENTE MORI MARIAE . ANTONII . F . BIBIENAE . SPONSAE . EIVS QVAB . LAETOS . HYMENAEOS . MORTE . PRAEVERTIT ET . ANTE . NVPTIALES . FACES . VIRGO . EST . ELATA BALTASSAR . TVRINVS . PlSCIEN . LEONI . X . DATAR. ET . IO . BAPT . BRANCONIVS . AQVILAN . A . CVBIC . B . M . EX . TESTAMENTO . POSVERVNT CVRANTE . HIERONIMO . VAGNINO . VRBINATI RAPHAELI . PROPINQVO QVI . DOTEM . QVOQVE . HVIVS . SACELLI SVA . PECVNIA . AVXIT (i) (i) Questa iscrizione che si stimava perduta , e come ta- le sì citò più volte dallo storico francese di Raffaello , esi- ste nel Pantheon , nel lato opposto a quello dove è l'epigra- fe del Santi. Solamente, come quella si è di recente soverchio abbassata, l'altra fu dal Maratti posta tanto in alto, da to- glierla quasi allo sguardo, come se ne querelò il Fabretti. Insc. p. 528. M3 APPENDICE I. Sunto di lettera di ser Marco Antonio Michiel di ser yettor ad Antonio di Marsilio in Venezia, Sta in S. Giovanni una pietra sopra quattro co- lonnette, alla altezza della misura di Cristo, sotto cui dicono alcuno non intrare che si agguagli , sicché o non sii maggiore o minore. Il Sanuto vi si \ aggua- gliato appunto appunto , di che vi rallegrerete con lui. Venne qui col Gontarini. Siamo stati a vedere le antichità quanto ha patito il tempo. Il venerdì santo di notte , venendo il sabato , a ore 3 morse il gentilissimo ed eccellentissimo pittore Raffaello di Urbino con universal dolore di tutti , e massimamente dei dotti, per li quali più che per al- trui t benché ancora per li pittori ed architetti, egli stendeva in un libro , siccome Tolomeo ha isteso il mondo, su gli edifici antichi di Roma , mostrando sì chiaramente le proporzioni, forme ed ornamenti loro, che averlo veduto aria iscusato ad ognuno aver vedu- ta Roma antica; e già aveva fornita la prima regio- ne. Né mostrava solamente le piante degli edifici ed il sito, il che con grandissima fatica ed industria delle ruine s'avea raccolto , ma ancora la faccia con gli or- namenti , quanto da Vitruvio e dalla ragione dell' ar- chitettura e dalle istorie antiche , ove le ruine non le ritenevano , aveva appreso , espressissimamente di- segnava. Ora sì bella e lodevole impresa ha interrot- to morte , avendosi invidiosa rapito il maestro giova- ne di anni 3/| {deve dire 3T), e nel suo istesso gior- no natale. G.A.T.LVin. 8 114 Il pontefice istesso ne ha Iiavuto ismisurato Jo- Jore , e nelli quiudici giorni che e stato infermo, ha mandato a visitarlo e confortarlo ben sei volte. Pen- sate che debbano avere fatto gli altri. E perchè il pa- lazzo del pontefice questi giorni ha minacciato mina, talmente che sua Santità se ne è ito a stare nelle stan- ze di monsignor Cibo, sono di quelli che dicono, che non il jDeso dalli portici sopra posti h stato di que- sto cagione , ma per fare prodigio che il suo orna- tore aveva a mancare. Ed in vero è mancato uno ec- cellente suo pari, e del cui mancare ogni gentil «pi- rito si debbia dolere , e rammaricare non solamente con semplici e temporanee voci , ma ancora con ac- curate e perpetue composizioni , come , se non m'in- ganno , già preparano di fare questi compositori lar- gamente. Dicesi che ha lasciato ducati sedicimila , fra qua- li cinquemila in contanti , da essere distribuiti per la maggior parte a' suoi amici e servitori, e la casa che già fa di Bramante , che egli comprò per ducati tre- mila , ha lasciata al cardinal di Santa Maria in Por- tico. Ed è stato sepolto alla Rotonda , ove fu porta- to onoratamente. L'anima sua indubitatamente sarà ita a contemplare quelle celesti fabbriche che non pati- scono opposizione alcuna ; ma la memoria ed il no- me resteranno qua giiì in terra , e nelle opere sue e nelle menti degli uomini da bene lungamente. Molto minor danno , a mio giudizio , benché al- tramente parrà al volgo , ha sentito il mondo della morte di mes. Agostino Giusi, che questa notte pas- sata e mancato ; di cui poco vi scrivo , perchè an- cora non intendo quello e quanto abbia ordinato. So- lum intendo aver lassato al mondo tra contanti , de- bitori , danari imprestati di pegni , alcuni beni sta- 115 Lili , danari in banchi che guadagnavano , offici , ar- genti e gioie , ducali ottocento mila. Dicesi Michelangelo essere ammalato a Fiorenza. Dite adunque al nostro Catena , che si guardi , poi- ché ei tocca alli eccellenti pittori. Iddio sia con voi. In Roma, a dì li aprile 1520. (1). II. Concordia inter D. Baldasarem Datariiim et haeredum z sic quondam D. Raphaelis de Urbino. Die XFIIII decembris 4520. „ Cum slt quod spectabiles viri !DD. Augustinus ;, Baptista de Ciarla , et Rodulphus Ioannis Lucae ^, ac Ioannes Baptista Simonis de Ciarla layci; nec non ,, honestae raulieres D. Magdalena filia quondam Ba- „ ptistae Ciarlae , et uxor Franciscisci Ioannis Lucae „ de Urbino , et Constantia fllia dicti Francisci , ac „ Lucia vidua filia quondam Baptistae Ciarlae , ab- ,, sentes tamquara praesentes etc. oumes de Urbino « „ seu eius comitatu , affines , et consanguinei , seu ,, coniunctae personae bo. me. Raphaelis de Urbino (i) Questo sunto di lettera fu per la prima volta fatto conoscere dal eh. bibliotecario di S. Marco in Venezia , Ja- copo Morelli, che lo pubblicò nella nota 128 alla Notizia d'o- pere di disegno nella prima metà del secolo XV!. Bassano 1800 a e. 210. Fu quindi riprodotto nell' Appendice alle lettere pittoriche , ed. milanese. Altre lettere divulgate del MichicI, che fu dotto e nobile uomo , mi fanno pensare che la rozzez- za della ortografia , si debba ascrivere a Marino Sanudo , che lu iusciì ne' :juuì diarii. 8* 116 „ pictoris claiiss. in romana civitale nuper clcfuncti , ,, praetenderent Iiabere ius , seu actionem super bo- ,, nis et haereditate dìcti quond. Rapbaelis , ac reve- „ fcndos pres (1) DD. Ballhasarem de Piscia, et loan- „ nem Baptistara Branchonum de Aquila ssihi domi- ,, ni nostri cubiculariura secreturu , executores , ut as- „ seruerunt testainentarios dicti quondam Rapbaelis , ,, seu actuales bonorura possessores , de et super bo- „ nis et baereditate praedicta molestare , eosque in „ iudicium trahere vellent. Idcirco praefati DD. exe- „ cutores, ac afìines , et consauguinei , seu coniun- „ ctae personae predictae ad obviandum litibus , ,, quae super praemissis oriri possent , ac expensis , ,, quae bino inde fieri contingerent , intervenientibus „ nonnullis probis viris , communibus araicis ad in- ,, frascriptara concordiam , transactionera , seu araica- „ bilem compositionem venerunt. Videlicet quod prae- ,, fati DD. executores darent , et realiter , et cura ef- „ fectu solveretit in pecunia numerata sumraam , seu „ quantitatera mille ducatorum auri in auro de came- ,, ra inter eosdem consanguineos , et affines aut con- „ iunctas personas viritim distribuendos ; ac affines , ,, et consanguinei , seu coniunctae personae conce- ,, cederent omnia iura et actiones eis quomodolibet ,, super bonis et haereditate praedicta corapetentia, in „ favore dd. DD, e ecutorura. Et propterea venera- ,, biles , ac spectabiles viri D. Livius magistri lulii ,, pbysici de Guidolottis, clericus praefati ssmi D. N. „ cubicularius , ac Franciscus Ioannis Lucae praefa- „ tae D. Magdalenae raaritus , ac dictae D. Gonstan- ,, tiae procurator , et legitimus administrator, nec non „ Ioannes Baptista de Baldis , layci omnes de Urbi- (i) Patrcs. ili ,, fio , prociiratores , actores , factores , et negocio- ,, rum infrascriptorum gcstores, ac nunlii speciales vel „ geuerales praefatorum affinium , consanguineorum , „ seu coniunctaruin personarnrn d. quondam Rapliae- ,, lis parentes, ac onus procurationis praedictae in se „ ipsos sponte et libere suscipientes, prout de eorum „ mandato mihi notarlo infrascripto legitlrae conslat „ instrumento rogato per D. Mathaeura quondam Ge- „ rii Venturae de Acoraanis de Urbino de quadra epi- „ scopatus imperiali auctoritate notarium, sub die Xlt ,, mensis novembris praesentis anni 1520, ac indiclio- „ nis Vili personaliter constituti: coram praefato rev.. „ D. datario , ac in mei notarii publici et testiura „ infrascriptorum , ad haec specialiler vocatorura , et „ rogatorura praescntia , orani meliori modo via, iu- „ re, et causa, quibus melius , et efficacius de iure „ potuerunt , non vi , dolo , aut aliqua sinistra ma- „ chinatione , seu subdolo , fraude , sed sponte , li- „ bere, et simpliclter confessi sunt habuisse , et re- „ ceplsse sumraam , seu quantltatem praedictam dd. „ mille ducator. auri in auro de camera a praefalis ,, DD. Baldazare , et Ioanne Baptista executoribus per ,, raanus spectabilis viri Phylippi de Rodulpis mer- ,, catoris florenlini in romana civitate commoranlis , ,, de quibus quldem mille ducatis procuratores prae- „ dicti, nomine quo supra, prò eisdem affinibus, con- „ sariguineis , et coniunctis pcrsonis eorumqne , et „ cuiuslibet ipsorum heredibus et successoribus eosdcm „ dd. executores , et haeredllatis d. quondam Ra- „ pliaelis possessores in perpeluum quielarunt libe- „ raverunt penitus , et absolveruiit , eisque finalera ,, quietantiam , et pactum de ulterius rem haeredl- ,, tariam non petendo fecerunt : renunciantes , nomi-;, ,, ne quo supra , ildem DD. procuratores dd. mille „ ducator. non habitor. non uumcrator. , seu non re- 118 „ ceptor. , ac spei fufurae habitionis , nuraeratlonis, ,, et receptionls , ac omnibus singulis aliis exceptio- „ nibus , quibus contra praemissa , vel aliquod eo- ,, rum dd. dd. consanguinei , affines , et coniunctac ,, personae se defendere possent quomodolibet , vel „ tueri. Absolventes , conquietantes dicti DD. procu- „ ratores , nomine quo supra , eosdem DD. executo- „ res in suraraa , seu quantitate dd. mille duca torura ,, auri , ac cassantes insuper , et irritantes : et annui „ lantes quaecuraque , quodcumquc , et qr"'iacumque „ instromenta , litteras , et scripturas , per quas , et „ quae constare posset dd. DD. executores, seu bonorum „ praedictorum possessores fuisse et esse temporibus „ praeteritis , et de praesenti de quacumque pecuniae „ summa praemissa, vel alia quavis occasione, seu cau- „ sa quomodocumque obligatos, esse debere, et teneri „ ita quod de caetero nullius sint roboris , vel mo- ,, menti. Et praefati DD. procuratores , nomine quo ,, supra , omnia iura , omnesque actiones reales , „ personales , utiles , et directas, seu mixtas , prae- „ torias, civiles , quod, seu quas praefati consangui- „ nei f afllnes , et coniunctae personae habent , seu „ habere praetendunt , aut possunt contra et adver- „ sus dd. DD. executores , seu bono rum possessores „ de et super bonis , et liereditate d. quondam Ra- „ pbaelis tara iure haereditario, seu institutionis, quam „ successionis ab intestato , aut legatorum , seu fidei ,, commissorum specialium , seu universaliura , aut „ aliis in praefatorum duorura execu torura , seu bo- „ norum possessorum favorem , commodum , et uti- „ litatem in manibus mei notarii , tamquam publicae, ,, et autenticae personae , prò ipsis DD. executoribus ,, et bonorum possessoribus , eorumque liaercdibusf et „ successoribus stipulanti ac recipienti dederunt, ces- „ serunt , transtulerunt , et ccu mera , pura , libera, 119 ,, slmplici , valida, ac Irrey.ocaLlli Inter vivos dona- „ tione donarunt , renuiiciarunt , et refutarunt , ac „ nomine quo supra proni iseruut aliquid ulterius ex „ haereditate et bonis pia edictis per se , vel almm, „ seu alios quovis quaesito colore , directe , vel in- „ directe non petere , neque peti facere , ac eosdem ,, DD. executores , seu alios honorum possessores su- ,, per bonis et haereditate praedictls ullo umquam tem- „ poro non perturba re , molestare, seu inquietare, aut ,, perturbar! , molestari , seu inqnietari facere. Et in ,, super prae fati DD. procuratores , nomine quo su- „ pra , voluerunt , et promiserunt mihi notario infra- „ scripto, taraquam publicae et autenticae personae „ stipulanti ut supra , quod in eventum , in quem rc- „ perirentur aliqui alii consanguinei , seu affines , aut ,, coniunctae personae praefati quondam Eaphaelis , ,, praeterquara suprascripti Augusti nus, Piodulplius , „ Ioannes Babptista^, Magdalena , Conslantia , et Lu- ,, eia, quae in bonis, et haereditate prediclis tam „ ex testamento, quara ab intestato, aut alio quo- „ vis modo , seu quaesito colore ius habere praeten- ,, derent, seu se habere iaclarent , et proplerea eosdem „ DD. executores , aut alios bonor uni possessores de „ facto, vel de iure, aut aliter quomodolibet mo- „ lestarent , seu in iudiciuni traherent , quod Augu- „ stinus , Rodulphus , Ioannes Baplista , Magdaleu;i, ,, Gonstantia , et Lucia praefati , et ipsorum quali- ,, bet , et quaelibet in solidura facieut et procurabuiit ,, suis propriis cxpensis , absque damno, recompen- ,, sis , et iactura dd. duorum executorum seu bono- ,, rum possessorura , quod dd. tales consanguinei, af- ,, fines , et coniunctae personae a dd. niolesliis , ia- ,, ctationibus., et lite cessabunt, eosdemque duos exe- ,, cutores , s^ii bonorum possessores in eorumdem bo- ti norum et liaeredil^tis d. quondam Haphaelis paci- 120 ,, fica possessione , vel quasi dimittent , eosque In for- „ ma iuris valida quietabunt , et absolvent, ac dara- ,, na , expcnsas , et interesse per dd. executores , seu „ bonorura possessores propterea passos reficient inte- „ graliler et resarcient cura efFectu ; absque ulla di- ,, minulione, recusatione, seu tergi vesalione. Pro quì- „ bus omnibus et singulis firraiter et irrevocabiliter „ observandis praefati DD. procuratores, nomine quo „ supra , eosdem Augustinum , Rodulphura , Ioannem „ Baptistam , Magdalenara , Constantiara, et Luciani. „ ac eorum quemlibet in solidum in pleniori forma „ camerae apostolicae obligarunt, ac iurisdictioni, et „ potestati curiae camerae apostolicae, et quarumcum- ,, que aliarura curiarum tam ecclesiasticarum , quam ,, saeculariura ubilibet institutarura submiserunt, subie- ,, cerunt etc. cum clausulis opportunis consuetis etc. ,, super quibus etc. „ Ada fuerunt haec Romae in palati© apostoli- ,, co in camera solitae habitationis praefati D. Bal- „ tassaris datarii , praesentibus ibidem spectabilibus „ viris D. Bernardo Bino mercatore fiorentino , Hye- „ ronimo de Slacolis de Urbino , et Fabriano Bran- ,, clionio de Aquila scriptore apostolico teslibus. HIP. „ DE CAESIS NOT. (1) „ III. Al mio carissimo zio Simone di Battista di Ciarle da in Urbino. Carissimo in Iodio de Patre. Ilo ricevuto una vostra a me carissima per intendare che voi non siete (•?) Esiste nell'Ufficio di Felice Argenti Protocollo del \b}.o Rogiti d'Ippolito deCaesis segretario e cancelliere della II. C. A. 121 coroclato con medio, che m vero averiste torto , con- siderando quanto è fastidioso lo scrivare quando non importa , adesso importandomi v e rispondo per dirvi intieramente quanto io posso fare ad intendare. Pri- ma circa a tordona v e rispondo che quella che voi mi velisti dare prima ne son contentissimo e ringra- tione Dio dei continuo di non haver tolta ne quella ne altra , et in questo son stato più savio di voi , clic me la volevi dare. Son certo che adesso lo co- noscete ancora voi , eh' io non saria in locho dove io son , che fin in questo di mi trovo havere roba in Roma per tre mila ducati d'oro , e d'entrata cin- quanta scudi d'oro , perchè la Santità di N. S. mi ha dato perche io attenda alla fabrica de Santo Petro tre- cento ducati d'oro di provisione , li quali non mi so- no mai per mancare sinché io vivo , e son certo ha- verne degl' altri e poi sono pagato di qnello io la- voro quanto mi pare a me , et ho cominciato un'al- tra stantia per S. Sta a dipìgnare che montara mille ducento ducati d'oro si che Carissimo zio vi fò ho- nore a voi et a tutti li parenti et alla patria , ma non resta che sempre non vi habbia in mczo al chore e quando vi sento nominare, che non mi paia di sen- tir nominare un mio patre, e non vi lamentate di me, che non vi scrivo , eh' io me haveria a lamentare di voi , die tutto il di havete la penna in mano, e met- tile sei mesi da una lettera e l'altra , ma pure con tutto questo non mi farite corociare con voi , come voi fate con mecho a torto. Sono uscito da proposito della moglie , ma per ritornare vi rispondo , che voi sapete che santa Maria in Portico me voi dare una sua parente , e con licenza del zio prete , e vostra li proraesi di fare quanto sua Riiia Signoria voleva , non posso mancar di fede , sinio piiì che mai alle strette, e presto vi avvisarò del tutto, habiate patien- 422 za , che questa cosa si risolva così bona , e poi farò non si facendo questa , quello voi vorite , e sapia che se Francesco Buffa ha delli partiti che ancor io ne Ilo , eh' io trovo in Roma una mamola bella secondo ho inteso di bonissiraa fama lei e il loro , che mi voi dare tre mila scudi d'oro in docta, e sono in casa in Roma che vale più cento ducati qui , che dncento là siatene certo. Circa a star in Roma non posso star altrove più per tempo alcuno per amore delia fabrica di santo Petro , che sono in locho di Bramante , ma qual locho h più degno al mondo che Eoma , qual impresa e più degna di santo Potrò , eh' e il primo tempio del Mondo , e che questa e la più gran fabrica che sia mai vista che montara più d'un milione d'oro, e sapiate che '1 papa ha deputato di spendare sessanta mila ducati l'anno per questa fabri- ca , e non pensa mai altre. Mi ha dato un Comp." frate doctissimo e vecchio de più d'octant' anni , el papa vede che '1 puoi vivere pocho , ha risoluto S, santità darmelo per compagno eh' e huomo di gran riputatione sapientissimo accio eh io possa imparare, se ha alcun bello secreto in architectura , acciò io diventa perfettissimo in quest' arte, ha nome fra Gio- condo; et onni di il Papa ce manda a chiamare , e ragiona un pezzo con noi di questa fabrica. Vi pre- go voi voliate andare al Duca , e alla Duchessa e dirli questo che so lo haveranno charo a sentire che un loro ser. si facci honore, e racomandatimi a loro signoria, et io del continuo a voi mi raccomandt). Salutate tutti gli amici e parenti per parte mia , e massime a Ridolfo el quale ha tanto buono amore en verso di me. Alli primo Luglio 1514. C). (t) Si deve questo documento al eh. P. Pungileoni , che lo inferì nell'Elogio storico di EalTaello a e. i58. nota (un). 123 NEL RITROVAMENTO DELLE SPOGLIE MORTALI DI RAFFAELLO DA URBINO SOTTO LA STATUA DELLA B. V. DETTA DEL SASSO NEL PANTEON. amene DEL MARCHESE LUIGI BIONDI PRESIDENTE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA ROMANA 01 ARCHEOLOGIA. Dunque son gli occlù miei di veder degni Le ceneri e le care ossa onorate Che tue già furo nel mortai cammino , O angelo d'Urbino , Rapito' al mondo nella verde etate? r vidi il picciol claustro , ove tua salma Fu posta allor che l'alma Se n*andò in pace ne' celesti regni. Quel claustro or più non chiude Che polve ed ossa ignude: Ma sacro è quel che avanza « Per la dolcezza della rimembranza. Miglior che questo la mortai tua spoglia Aspettar non poteva altro riposo. Sul sepolcro in sembianze alme e leggiadre Sculta è la Vergin madre 124 Ch' era il disio del tuo spirto amoroso s Onde pinta da te , non sol parv' ella Sopra le belle bella , Ma i cor spogliò d'ogni terrena voglia* E fu pur tuo desire Suir ora del morire Che la sua immagin stesse A moniraento che il tuo fral chiudesse, Supin tu giaci si , che tutta quanta I* misurar potei la tua persona : In sul petto fai croce delle braccia : Ne mi par già che taccia La voce tua , ma dentro il cor mi suona i Tal eh' io dir t' odo , come il mio cor vuole, Queste dolci parole : „ Qui sotto il tuo divia presidio, o santa ,, Genitrice di Dio , ,, Riposo aver vogl* io , „ Fin che quel dì non giunga „ Che allo spirto, già mio, mi ricongiunga.,, Entro quel cranio , or tutto scarno e voto, IMa che pur tanto a reverenza inchina , Scesero un di dal ciel gli alti concetti , Che a Sovrumani obbietti Innalzaro la tua mente divina : Onde varcar potesti il coraun segno Fisso a mortale ingegno. E il destro braccio , eh' or non ha più moto, Emulo della mente , Maravigliosamente Ciò eh' ella in se , non fuor di se , vedea Ritrasse , e l'opra fu pari all' idea. Il dì solenne in eh' ebbe esaltamento o<'La insegna della vita e della pace Trascorso aveva il mezzo di sua via ; 123 E al nome di Maria Sacro era il di che gli sì fea seguace j Fuggian le nubi eh' avean fatto velo , Pregne di pioggia , al cielo : Un lieve soffio d'amoroso vento Con soave susurro Già pel tranquillo azzurro ; E uno spirto d'amore Dolci speranze ragionava al core ; Quando dello scarpello alla percossa Diede rimbombo del sepolcro il vano : Suon d'alte grida in un sol grido accolte Ferì l'eccelse volte Misto a lieto picchiar di man con mano. Seguio silenzio : e la cresciuta spene Fea tremar polsi e vene , Fin che al primo apparir delle bianche ossa Più alto il suon si sparse : Ma quando il capo apparse , Oh allor la gioia ! oh il piantol Altri lo narri, eh' io non valgo a tanto- Tutti corremmo a saziar la vista , E il compagno al compagno era d'intoppo : A pianto , a gioia , a tenerezza, a riso S'atteggiava ogni viso ; E le parole , che facevan groppo Velocissimamente ai labbri spinte , Uscian rozze e indistinte. Maraviglia dirò da me sol vista : Vid' io , se fuor del vero Non trascorse il pensiero , Vidi tremar quel chiostro , E commoversi l'ossa al gioir nostro. La fama , che a voi rapido si spinse , Fé d'un solo disio caldo ogni petto : 426 Ciascun traeva al tempio ; e il vasto loco Alle turbe era poco : Per raaa guidando il fanciul suo diletto Dicea tra gioia e pianto il vecchierello : „ E' questi Raffaello „ Che stanze e logge in Vatican dipinse „ Ei fu , com* angel , buono ! „ E il fanciulletto al suono Del nome non ignoto Giugnea le mani , e rimaneasi immoto, E a te pur vanni io diedi , Canzon ; perchè qui siedi ? Vola di lido in lido , E air estremo oceàn giunga il tuo grido. NIHIL OBSTAT Ab. D. Paulus Delsigaore Ceus. Theol. KIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Colleg. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Gens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Dora. Buttaoni O. P. M. S. P. A. IMPRIMATUR A. Piatii Aichiep. Trapezunt, Vicesgerens. 129 SCIENZE Sopra una ììuova specie di china-china denominata Pitafa. Lettera di G. Falchi , al chiarissimo sig. professore De Matthaeis. xjLvendo la Santità di Nostro Signore Gregorio Papa XVI ricevuto in dono dalla repubblica di Colombia nua certa quantità di china-china con la denominazione di Pitaja , che colà si tiene in gran pregio , e si pre- ferisce ad altre specie nella cura delle febbri inter- mittenti. Ella è stata sollecita a ricercarne a sua Emza Revma il sig. Cardinal Beroetti un saggio tanto da ri- porsi nel gabinetto di Materia Medica della Universi- tà , che da esplorarsi con l'analisi chimica, onde ve- rificare se refficacia di questa specie era dovuta agli alcaloidi già conosciuti , ovvero ad altra nuova sostan- za. Essendosi degnata la Santità Sua di favorire per mezzo del lodato Porporato il saggio richiesto , Ella gentilmente ne ha esibito porzione a me invitandomi a darne la descrizione , ed altra al comune collega sig, prof. Peretti , eccitandolo ad esaminarla chimi- camente. Era in conseguenza ben convenevole che io dirigessi a lei le poche mie osservazioni, le quali per buona ventura è piaciuto al sig. Peretti impinguare con le importanti risultanze delle sue indagini , volendo G.A.T.LVIII. 9 130 Scienze unirsi meco nel darle un attestato di gratitudine e di ossequio. M'incresce pertanto non poterle somministrare per mia parte che scarse e incerte notizie intorno la prove- nienza di questa corteccia, non facendone menzione che tre autori soltanto , per quanto è a mia cognizione. Il sig. prof. Brera nel suo Desideratum la appella pitora-chiaa , e dice esser provenuta l'anno 1817 da Guayaquil a Liverpool sotto il nome di china peru- viana^ e diffusa da Amburgo per la Germania con ta- le denominazione, ed anche con quella di china nuova. Aggiunge che alcuni l'hanno confusa con la china Te- caraez e Bicolorata ; ma tali essere le differenze fisi- co-chimiche tra queste corteccie, che non è possibile ridurle alla stessa specie. Difatto io che tengo sott'oc- chio tutte tre le mentovate corteccie del gabinetto , posso assicurare che se la pitaya diversifica nei ca- ratteri dalla tecamez , con la bicolorata poi non ha la più lontana simiglianza. Il sig. Batka di Praga ia una interessante memoria presentata all' accademia rea- le di medicina di Parigi nomina semplicemente la pi- taya , annunziando che un tal nome suol darsi in In- ghilterra alla china bicolorata. Ed ecco ripetuto lo stesso errore poc' anzi notato. Quegli che parla un po- co più a lungo della pitaya è il sig. Gaibourt, il quale nella seconda edizione della sua Istoria delle dro- ghe semplici voi. \. pag. 456 narra che una scorza Con questa denominazione è stata ricevuta dalla Co- lombia dal sig. De Londre , avente i tali caratteri , che egli brevemente descrive. Soggiunge poi che il sig. Henry figlio avendola analizzata , vi ha trovato tanto di chinina e cinconina , che basterebbe per col- locale la nuova scorza a lato delle vere chine, se da queste non la separassero i caratteri fisici. Havvi pe- rò tutta la ragione di dubitare che la scorza di cui Nuova specie dj chiwa-china 131 parla Guiboiirt sia identica con quella , di che in- tendo io parlare , sì perchè i caratteri fisici di ambe- due non sono intieramente d'accordo , come ancora perchè nella nostra non si sono manifestati all' ana- lisi gli alcaloidi pvoprj delle vere chine. Queste so- no le sole notizie che ho potuto procurarmi intorno la Pitaya , le quali , com' Ella ben vede , poco o nulla ci tolgono di oscurità, avendo inutilmente con- sultato la preziosa Memoria di Humboldt sulle chi- ne inserita nel magazzino di Berlino, il Prodromus di de Candolle , il Sy sterna vegetabiluun di Roemer e Schultes, la Monografia di de Bergen, e parecchie ope- re di Farmacologia e Materia Medica, delle quali po- teva disporre. Le qualità fisiche dell'esemplare, c!ie per di lei mezzo ho avuto , sono le seguenti. I pezzi più gran- di sono per meta ripiegati in se stessi , i minori eoa i margini approssimati a guisa di cannelli ; i primi della lunghezza oltre un piede, del diametro oltre un pollice, e della grossezza di una linea e mezzo. La crosta esteriore formata dall' epidermide e dallo stra- to celluioso è variabile nei diversi pezzi ; in alcuni , particolarmente nei più grandi si osserva un velamen- to bianco , logorato in gran parte dall' attrito , simi- le al velamento perlaceo dello chine di Cartagena ; in jdtri la crosta suddetta è alquanto fungosa , tuberco- losa , ineguale , leggermente screpolata , in qualche punto divisibile in lamelle , ed ha un colore cineri- zio sporco , talvolta con tracce del velamento perla- ceo , ed offre più addentro un color giallo rossastro. 11 libro , o lo strato fibroso è composto di fibre mi- nute , stipate , di colore aranciato rossastro , più cu- po nella faccia interna della corteccia. La frattura ine- guale , poco fibrosa , e in essa appariscono le fibre quasi disposte in strati. 11 sapore amaro persistente 9^ 132 Scienze sgradevole. Qualche raro lichene foliaceo si scorge neN la esterna superficie. II luogo nativo dell' albero , d'onde è stata tol- ta questa corteccia, è nei monti l^itayo della Nuova Granata. Il genere e la specie, cui il detto albero ap- partiene , sono sinora indeterminati. Essendo priva la scorza di chinina e cinconina , giusta le indagini del sig. prof. Peretti , delle quali tra poco le darò con- tezza , pare non possa riportarsi la pianta al genere Cinchona , specialmente dopo le recenti separazioni fat- te da cotesto genere dal sig. De Candolle di molte pian- te , che male a proposito erano state da altri in esso comprese. I sigg. Brera e Guibourt sono di avviso appartenere probabilmente la pitaya al genere Exo- stemma ; ed il secondo cosi la pensa vedendo una grande simiglianza tra le voci pitaya e piton , che è appunto la volgare denominazione di una specie di ExO' stemma., vale a dire Y Exostemma floribundum^ chi- nachina piton , o di S. Lucia descritta per la prima ynlta da Badier nel 1789. Io non ho che una sola ragione da opporre a questa supposizione del sig. Gui- bourt , e mi sembra non del tutto spregevole. Ne- gli alberi producenti le chine vere o false noi osser- viamo una certa regolarità e costanza rispetto al luo- go nativo. Così per addurne qualche esempio , sap- piamo i generi Luculia , e Hymenodiction essere pro- prj dell' India orientale , il Danaìs nascere nelle isole dell' Africa australe , il Pinkeiieya vegetare nella Ca- rolina , e Georgia , il Rernija al Brasile , e cosi ve- da dicendo della geografica distribuzione degli altri. Ora il genere Exostcmma , e particolarmente la prima se- zione Pitonia , nella quale sono rinchiusi i veri eso- slemmi , è proprio delle Antille , regione ben diver- sa da quella , d'onde con certezza sappiamo provenire la nostra pitaya. Spetterebbe ella mai al genere Buena? Nuova specie di cniNA-cniNA 133 lo per verità iaclìno molto a crederlo pensando che questo , come altresì i! genere cine/tona sono stati ri- trovati quasi costantemente nelle andc del Perù , e della Nuova Granata , patria questa della pitaya , o sinora non sì conosce che una sola eccezione, e cade sopra la baena herandra , o china di Rio Janeiro, che ha per patria il Brasile. E' inutile che io le fac- cia avvertire essere il genere buena quello stesso che Ruiz e Pavon autori della Flora del Perù avevan detto Cosmibuena riunendo il prenome e nome di Cosimo Bueno , cui avean dedicato il nuovo genere. Polii, al quale non è piaciuta cotesta composizione di paroLs ha soppresso il prenome , ed è stato seguito da al- tri botanici. Ora per darle breve contezza delle Indagini fatte dal sig. Peretti sopra i componenti della pitaya, di- rò che questo valente chimico da principio ha sag- giata una pìccola quantità di detta scorza , e poscia ha ripetuto e variato le sue operazioni sopra una do- se maggiore. Nel primo saggio egli ha diretto subito le sue ricerche a rintracciare gli alcaloidi comuni alle chine vere seguendo il consueto procedimento , che è quanto dire facendo bollire la scorza entro l'acqua aci- dulata, precipitando il liquido coli' ammoniaca , e col carbonato di potassa , raccogliendo e disseccando il precipitato, e trattandolo infine colf alcool , cui è slato aggiunto anche un poco di acido solforico, on- de ottenere l'alcaloide , di cui si andava in traccia, nello stato di solfato. Malgrado tutta la diligenza po- sta neir esaminare le materie , egli non ha potuto rin- venire ne chinina ne cinconina : la qual risultanza merita di essere notata, siccome contraria a quella avuta dal sig. Henry , e capace di dare un qualche lume sul genere della pianta , d'onde è svelta la cliin-i pitaya. Nel tempo però che la ricerca per questo lu- i34 Scienze to e andata a vuoto, è slata dall'altro canto di pro- fìtto , in quanto che per essa si è conosciuto 1. che il precipitato ottenuto dal decotto acido mediante l'am- rooniaca contiene una sostanza amara particolare uni- ta al tannino ; 2. che una porzione di detta sostan- za si depone dall' alcool nel tempo dello svapora- mento , altra è ritenuta in soluzione ; 3. che il me- desimo precipitato racchiude le due materie coloranti solida e falsa così denominate dal sig. Peretti, e son quelle che ricusano di sciogliersi nello spirito di vino; /*. che il carbone animale , il quale si adopera per chiarifìcare la soluzione alcoolica, s'impadronisce della materia resinosa della corteccia, e di una parte della sostanza amara ; 5. che se il precipitato ottenuto per mezzo del carbonato di potassa si tratti coli' etere , svaporando questo , si ha la sostanza amara in for- ma di aghetti cristallini , che sciolti nell' acido ace- tico rendono il liquido araarissirao ; 6. che il decotto neir acqua semplice di china pitaya s'intorbida col raf- freddamento , cangia debolmente in rosso la carta tin- ta di tornasole , precipita a coagulo la gelatina ani- male , in grigio il persolfato di ferro , e sommini- stra anco un sedimento col carbonato di potassa ed ossalato di ammoniaca , 7. infine facendo pria bollire ]a corteccia nell' acqua semplice , e poi nell' acqua mista ad un poco di acido idroclorico, e precipitan- do l'uno e l'altro decotto coli' ammoniaca , se i pre- cipitati si trattino coli' etere , e si volatilizzi il sol- vente, si ha la sostanza amara in forma cristallina, e questo a giudizio del sig. Peretti è forse il più com- pendioso e spedito mezzo , onde procacciarsela. Premesso questo saggio , ha il lodato chimico ope- rato sopra una dose maggiore di pitaya , ed ecco in breve la serie delle operazioni da lui istituite. Ha fat- to bollire sei oncie di corteccia nell' acqua stillata , Nuova specie di cumA-cnmA 135 ed Ila ridotto la bollitura in estratto che avea il pe- so di oiicie due ; trattando questo nell'alcool a 34.*' una porzione si è sciolta , ed è stata posta in dispar- te ; l'altra non sciolta ha offerto i caratteri della gora- ma, e del gallato di calce. Alla soluzione alcoolica e stato aggiunto un poco di acqua , cosicché distillala ha lasciato un residuo acquoso , il quale tingeva in rosso la carta cerulea , precipitava a coagulo la ge- latina animale , inverdiva col solfato di ferro , ed avea un sapore amarissirao ed astringente. Coteste qualità già dinotavano abbastanza contenere del tannino con eccesso di acido gallico, la sostanza amara, e la par- te colorante. Ciò non pertanto è stata precipitata la soluzione coli' ammoniaca , e porzione del sedimento bianco giallastro trattata coli' etere, ha dato per mez- zo dell' evaporazione il tannato della sostanza amara, o del nuovo alcaloide , lasciando indietro la materia colorante falsa. Il rimanente del sedimento bianco giallastro è sta- to posto in contatto dell' acqua bollente , ed una par- te si è sciolta ; dell' altra dirò tra poco. Nella solu- zione acquosa e stato infuso alquanto di acido solfo- rico, chiarificato il liquido col carbone animale, quin- di aggiunto un poco di carbonato di calce, onde to- gliere l'eccesso dell' acido , e portato lo svaporamen- to a siccità : il residuo è stato sciolto nell' alcool , e coir evaporazione di questo si è avuto il solfato del nuovo alcaloide sotto l'apparenza di aghetti cristalli- ni disposti a ventaglio. La parte del sedimento non sciolta nell' acqua bollente è stala cimentata coli' idrato di potassa , ed ha formato un liquido di un rosso rubino : ripresa la potassa con un acido , si sono deposte le due mate- rie coloranti solida e falsa. Essendosi avveduto il sig. Perelli che il carbo- 136 Scienze ne animale gode della proprietà di assorbire e rite- nere alcune delle sostanze , cui è destinato a depu- rare, e sospettando che nell' operazione poc' anzi espo- sta avesse tratto a se porzione del solfato dell' alca- loide , giacche di questo erasi ottenuta ben piccola quantità , Io ha trattato dapprima coli' alcool bollente semplice , e cosi ha potuto ricuperare alquanto di sol- fato ; considerando poi che la parte colorante , sulla quale il carbone esercita la maggiore affinila , fosse d'impedimento , onde l'alcool traesse fuori dal mede- simo tutto l'alcaloide , vi ha fatto agire l'alcool bol- lente coir aggiunta dell' idrato di potassa. In tal mo- do egli ha avuto un liquido amarissimo del colore di smeraldo , che si è mutato in giallognolo , ripresa la potassa mediante Tacido solforico. Quindi svaporato lo spirito di vino , trattato il residuo coli' etere , ed al- lungata la soluzione eterea coli' acqua stillata, ha ot- tenuto la maggior parte del nuovo alcaloide, che ser- bava appena qualche porzioncella della materia colo- rante. E questo è stato il caso, in cui si è manife- stata la sostanza amara alcaloidea nella dose più si- gnificante. Si è detto che la corteccia di pitaya nel peso di oncie sei era stala bollita nell' acqua sempli- ce, e la bollitura ridotta ad estratto , sul quale sono state eseguite le esposte operazioni. Resta a dire che la medesima scorza si è fatta di nuovo bollire nell' acqua unita all'acido ossalico: infusa nel decotto l'am- moniaca si è avuto un precipitato rosso giallastro: 50 grani di questo trattati coli' etere han dato un liqui- do amarissimo colorato in giallo, e volatilizzato l'ete- re, è rimaso un residuo granulare composto di molta materia colorante solida , di un poco di acido galli- co , e della sostanza amara. La combinazione della sostanza amara col tannino osserva il sig. Peretti non Nuova specie di china-china 137 essere nuova nella chimica organica , poiché in que- slo stalo si offrono la salicina nella corteccia del sal- cio, la chinina e cinconina nelle chine vere ec; ne la sudetla combinazione può richiamarsi in dubbio , mentre oltre le altre prove, se l'estratto alcoolico del- la pitaya si sciolga neli' acqua stillata, si chiarifichi il liquido col carbone animale, e svaporatosi tratti il residuo collo spirito di vino freddo, si avrà una tenue quantità dell'alcaloide combinato coli' acido idro- dorico , proveniente forsi dal carbone preparato , e la parte non disciolta dallo spirito sarà gallato di cal- ce ; ma se il carbone adoperato in questo cimento si lavi ben bene nell' alcool avente in soluzione l'idrato di potassa , se ne potrà ricavare tutto l'alcaloide con- giunto al tannino. In forza di questi esperimenti si crede il sig. Pe- retti autorizzato a conchiudere la china pitaya con- tenere. Una sostanza amara d'indole alcaloidea. Due sostanze coloranti unite all' acido gallico che formano il rosso ciaconico de' chimici francesi. Gallato di calce. Gomma. Resina. Parte fibrosa. I caratteri del nuovo alcaloide , che rispetto alla sua provenienza potrebbe nomarsi pitajna , sono principal- mente il non avere notabile amarezza nello stato so- lido e puro , il qual carattere egli appalesa , quante volte si sciolgano nell' acqua o nell' alcool o nell' etere i sali cristallizzabili e solubili , che forma co- gli acidi ; amara è pure la soluzione dell' alcaloide semplice nell' etere e nell' alcool , nei quali liquidi è 138 Scienze solubilissimo , e d'onde può aversi ia istalo cristal- lino. Si fonde ad una leraperalura eccedente i lOOo e tramanda dapprima vapori araarissimi , i quali rac- colti si condensano in csilissirai prismi , poscia esa- la vapori empireuraatici , che incontrando una carta tinta di curcuma la arrossano. Si scompone per l'a- zione dell' acido nitrico caldo e concentrato. Si com- Lina coU'acido solforico nella ragione di 96 parti dell' alcaloide e 4 di acido, e forma un sale bianco ama- ro in piismetti divergenti a guisa di un ventaglio. Coli' acido acetico compone un sale amaro inetto a cristal- lizzare. Il sigi Berzelius nel tom. VI. pag. 223 del Trat- talo di chimica fa menzione di una scorza proveniente dalla Colombia , ed annoverata fra le chine : essa pe- rò si distingue dalla nostra pitaya, in quanto che rac- chiude la chinina e cinconina , giusta il saggio ana- litico istituito dal sig. Kuhlman. Sembrami piuttosto avvicinarsi alla nostra nella composizione chimica un' altra scorza , della quale fa egualmente parola il sig. Berzelius nel voi. cit. alla pag. 222 , sotto la de- nominazione di china nova ^ tanto piià che a detta del sig. Brera la stessa denominazione h stata in Ger- mania ed altrove tribuita alla pitaya. I sigg. Pelle- tier e Caventou che l'hanno analizzata, ne hanno estrat- to del sevo , una sostanza resinoide rossa , tannino , una materia colorante gialla , gomma , amido , acido chinovico , ed hanno avuto indizj di un alcali vege- tale , che il sig. Gruner riguarda come una base par- ticolare. Comunque sia , io tengo per fermo che me- glio assai delle chimiche investigazioni possa provare il valore di una nuova specie di china l'esperimen- to medico , particolarmente nel nostro cielo, dove per la indocilita delle intermittenti han fallito parecchi feb- brifughi che altrove godevano di molta celebrità. E niu- Nuova specie di china-china 139 no certamente più di Lei è al caso di far la prova al letto degli infermi, essendo uno dei Professori della nostra Clinica medica, e già. autore de* primi esperi- menti fatti nel medesimo Istituto sopra il solfato di chinina , l'eraetina , la morfina ec. , de' quali Ella ha Fenduto conto in una Lettera inserita nelle Effe- meridi di Roma. Considerazioni intorno le ferite di prima e di secon- da intenzione^ e su la formazione del callo osseo, di Pietro Paolo Malaga ferrarese , dottore in me- dicina e chirurgia , medico e chirurgo primario nel ven. arcispedale di s. Anna di Ferrara , p. prof. ec. membro del collegio medico-chirurgico^ socio ec. ec. Bologna 1833. M. ira il dotto A. in questa operetta ad un lode- vole scopo ; lo che vieppiù conferma, che i veri scien- ziati ancor dalle minime cose sanno trarre partito di profitto e di lustro per la scienza. Occupandosi egli in un argomento presso che da nulla in apparenza ; air appoggio di fatti semplici ben veduti e ben con- siderati su ripetute sperienze ed osservazioni deduce egli la maniera di cicatrizzare le ferite, com'è in costume dirsi , di prima e di seconda intenzione , e come si formi la riunione delle ossa fratturate. E sul proposito delle ferite commenda in sulle prime il ban- do che la chirurgia ha dato oggidì ad ogni sorta di balsami , polveri , aromi , unguenti ed altri medica- menti appellati stitici e cicatrizzanti , essendosi tutti riconosciuti non solo inutili, ma nocevoli ancora ol- ^J^O Scienze tre modo. Cosicché altro non spetta al chirurgo nei ferimenti che arrestare l'emorragia se vi esiste, ritìom- porre le parti disgiunte , avvicinare le diverse ed unirle a contatto fra loro con la maggior possibile net- tezza esattezza ed eguaglianza ; di mantenervele ed im- pedire la consecutiva infiammazione , e tuttociò per- chè ne succeda possibilmente la piiì pronta sicura ed agevole riunione delle parti divise con processo di pri- ma intenzione , il quale è ben sollecito ed immedia- to. Laddove , se non si riuscì in impedirne o risol- vere la consecutiva infiammazione , siccome la ferita va a cicatrice per seconda intenzione , come suol dirsi comunemente ; così la guarigione è piiì lenta e larda a conseguirsi. Or siffatto andamento , quantunque in apparenza opposto , pure dal N. A. non si ritiene per tale ; cosicché anche certe portentose cure di rislau- raraento , di adesione , di riunione , e simili , b di avviso non potersi risguardare srtettissiraamente se non come guarigioni o cicatrizzazioni di prima intenzione. Ma qual è mai ,, il mezzo che la natura impie- ,, ga nel riunire di prima intenzione le parti divise „ nelle ferite .'' „ Osserva qui il N. A. ristringersi le principali sentenze dei patologi chirurgi a credere, che ,, tutto sia opera della infiammazione la quale nomasi „ adeswa , per l'efletto che ne produce di far aderire „ cioè le parti divise nella ferita ; o che ciò avven- ,, ga per mezzo di una nuova sostanza intermedia , ,, quale pretendesi essere una vera materia animale vi- „ vente , e capace di addivenire tale per opera del- „ la flogosi ; o che accada de' vasi recisi la riunio- ,, ne immediata da vasi a vasi come anastomosi, o che „ finalmente tutto sia opera e forza della natura ri- ,, paratrice, o di orgasmo vascolare di organizzazio- „ ne. ,, Le quali opinioni passando egli a partitamonte esaminare, dissente in sulle prime dal parere di Huu- Intorno le ferite ec. 141 ter e Moore , non potendo persuadersi che per mez- zo della flogosi si lavori il processo delia riunione delle ferite e cicatrizzazione delle ulceri ; mentre la flogosi finch' è presente , è sempre una malattia , o fenomeno morboso che convien togliere. Ne sembra potersi dessa curare iosiemeraente con l'altra , ne po- tersi , per quanto dir vogliasi fisiologica siffatta in- fiammazione ( cioè infiammazione che non è infiamma- zione ) paragonare ad essa lo stato dei labbri di una ferita cLe cicatrizza di prima intenzione, non potendo essere che morboso e non di salute il risultato di co- tale operazione. Onde poi dichiarare avvenuta per flo- gosi la indicata riunione delle ferite , mancano quei sintomi cardinali, che inseparabilmente l'annunziano , come rossore , calore , tumore , e specialmente dolo- ro. Che anzi seguendo i chirurgi l'antico precetto di pratica loro da tutti ammesso , e dalla sperienza san- zionato, della nocevolezza della infiammazione nelle fe- jite , immediatamente e con più o meno di energia vi si oppongono senza blandirla e rispettarla. Rimane altresì smentito dalla giornaliera osserva- zione l'intervento della flogosi nella guarigione del- le ferite per processo di prima intenzione , atteso lo avvenir della guarigione innanzi il tempo neces- sario allo sviluppo della flogosi. Entrando infatti le parli per la riunione nell'azione loro normale, è pu- l'e allontanata in tal guisa ogni ulterior ragione e disposizione alla malattia qual sarebbe la flogosi. Ne possono da ([uesta norma escludersi le ferite anche este- se, 0 nelle quali sia pur anco interessato il tessuto os- seo , poiché si comportano le medesime nella istessa foggia delle altre, siccome numerose osservazioni pro- prie l'A. ae conta. Che se passi diversamente la fac- cenda in queste più gravi emergenze , è anzi ragione- vole il couchiuderc , che si è lu coaiparsa della flogo- 14i2 Scienze si , e la difficolta d'impedire o togliere questa nuova malattia, la quale osta alla cicatrizzazione loro di pri- ma intenzione. Fra i tanti esempi che roborar potreb- bero l'asserto , basti riandare la cura dell' indrocele, la guarigione di cui è legata essenzialmente alla flo- gosi , e siegue le fasi di questa nel suo risanarsi o in tutto o in parte , o nel suo riprodursi in ragion diretta dell' intiero o parziale o nullo sviluppo di essa. Analoghi alla sua opinione trova l'A. i pensa- menti di Bell , e del suo traduttore italiano Sollen- ghi , il primo dei quali dichiarò essere tal lavoro in- tieramente opera e forza della natura riparatrice, lad- dove al secondo piacque distinguerlo col nome di or- gasmo vascolare di organizzazione. Se non che men- tre il N. A. trova consentaneo alla ragione ed al fat- to il dire , che tutto sia opera della natura , esclu- de la forza riparatrice , dimostrando non esservi al- cun che di nuova formazione o riproduzione. Ne gio- va il distinguervi l'orgasmo vascolare di organizzazio- ne , lo che altro non sarebbe che ammettere stretta- mente con un circolo cambiato di voci quello che oggidì ìntendesi per infiammazione. E siccome da que- sto processo dipende come un effetto dalla sua causa la secrezione di una nuova sostanza intermedia ; cosi dimostrata l'insussistenza della prima, cade ancora l'o- pinione del Baronio , che da una nuova materia in- termedia ripeteva l'adesione o riunione delle parli di- vise nelle ferite. Rispinte per tal modo le accennate ipotesi, è il N. A. di avviso ,, che la riunione delle ferite di prima „ intenzione sia un processo conglutinativo delle parti ,, tutte , e accada per riattacco da vasi a vasi come „ anastomosi , e delle fibre fra loro „ senza secre- zione di nuova sostanza intermedia. Che se poi la ferita non venga a riunirsi per pri- Intorno le ferite bc. 143 ma intenzione, sia perchè li suoi margini non furono riuniti, o perchè in ciò fare si oramisero le rispettive precauzioni all' uopo necessarie , ossia perchè invasa da flogosi che non si giunse a frenare nel grado del- la risoluzione , passa la ferita a suppurare. Ma ancor per questa via assai più lunga della prima mentre va la ferita a cicatrice nel modo che appellasi di secon- da intenzione o di granulazione, se rettamente si esa- mini la cosa, la maniera con cui compiesi, è la stes- sissiraa della prima , di quelle cioè che prontamente cicatrizzano. Cosicché tutta la discrepanza di tal pro- cesso consìste nel tempo più lungo che impiega a ca- gion della infiammazione che l'investe], la quale sup- purando l'occupa per un tempo più o meno protrat- to. E per rob orare l'asserto discende il N. A. a parti- tamente contemplare la cicatrizzazione delle piaghe , l'andamento delle ferite, delle ulceri, degl' innesti ani- mali , e simili ; e passando quinci in rivista li meto- di curativi che tengonsi per consiglio de' migliori pra- tici, onde conseguirne la guarigione, altro non vi scor- ge che la mira più o meno energica che mostrasi on- de frenare e rimuovere qualunque sintomo d'infiam- mazione , la quale finché esista si oppone sempre ali* intento. A maggiore peso vi aggiugne aver tuttociò osservato più volte egli stesso nelle tante emergenze somiglievoli , nelle quali ha avuto costantemente mo- tivo di convincersi che nulla vi era di nuova forma- zione, e nulla riproducevasi , e che la cicatrice si com- piva, cessata affatto la infiammazione , per l'anastomo- si dei vasi delle due superficie a contatto. Che anzi molte robuste prove congregando egli per vie meglio sostenere , che i vasi ancor nelle ferite più o meno lungamente suppurate, affin di cicatrizzare, sieno uniti ed anastomizzati fra loro per la massima parte , ed in parte anche chiusi, riflette altresì che la cicatrice,, è H4 Scienze ,, pure rossa e quasi del colore del restante del corpo, ,, che ha pure lo stesso colore, che ugualmente si nulri- „ sce ed aumenta col restante del corpo, che va sog- ,, getta alle stesse malattie , e che le injezioui anato- ,, miche passano pe' suoi vasi da un lato all' altro. „ 11 medesimo processo fìnquì dal N, A. contempla- to nelle parti molli, è quello che la natura impiega neir effettuare la riunione delle ossa divise , poiché corapiesi assolutamente al pari delle prime, e senza l'in- tervento della infiammazione adesiva. E stato presso che in ogni tempo un soggetto di discussione e di espe- rimenti questo fatto di pratica chirurgica , sulla mira di stabilire il come si operi un tal lavorio della na- tura , che sempre suppone uno stato di salute, e eh* è sempre analogo alla cicatrizzazione delle parti molli ferite. Rendesi a tal uopo indispensabile il concorso di alcune circostanze, fra le quali specialmente si esige, che li due estremi godano della vita comune , che si corrispondano colle fratte di loro superficie , e che uniti esattamente vi si mantengano immobili per tut- to il tempo della riunione . Cosicché nella deficienza di siffatte condizioni o non si avrà la formazione del così detto callo , o la si avrà assai difficilmente , im- perfetta , mal eseguita, ed assai tarda. Varie si furo- no le teoriche fin qui emesse intorno alla formazione del menzionato callo osseo ; e chiamandole il N. A. a scrutinio contempla il parere degli antichi , li quali al sugo osseo ne tribuirono l'opera ; l'opinione di Du- hamel , che risguardò il periostio come Torgano della ossificazione ; quella di Haller , e Dethleeef , che av- visarono un trasudamento di sugo gelatinoso degli estre- mi delle fratture ; l'altra di Bordenare , che dai suoi sperimenti conchiuse riunirsi le fratture per un pro- cesso simile a quello della cicatrizzazione delle ferite nelle parti molli. Da che ammise egli, che il callo os- Intorno le ferite ec. 145 seo , nei primi momenti della sua formazione , sem- bra costituito da un suco gelatinoso versato dai vasi spezzali ; che in seguilo prende la struttura di carti- lagine nella quale si deposita la materia ossea ; che riunite le molecole ossee, il cai o si fa poroso , e col tempo diviene duro e compatto al pari del rimanente dell* osso. Bichat sostenne il parere di Bordenave ; Dupuy- treu parteggiò con Duhamel , e vi si unirono quin- di Cuveilhier , Breschet , Villerme , e recentemente Sanson. Scarpa si soscrisse all'opinar degli antichi, e specialmente di Galeno, valutando l'interposiaionedi un glutine. Non pago però l'A. di siffatte ipotesi o er- ronee , o imperfette , sebbene raccomandate all'altrui persuasione da qualche apparenza di vero , sebbene protette dalle autorità degl' illustri loro promulgato- ri , tentò col favore del ragionamento e dei sensi sor- prendere la natura intenta in questo lavoro , e ne de- dusse utili illazioni. Cosicché stabilisce essere in ge- nerale preferibile alle altre la teorica di Bordenave, considerando che la natura è semplice ed uniforme ne suoi principi , e ne le sue operazioni ; semplice , per noti moltiplicare i mezzi ove con uno soltanto conseguir possa l'intento; uniforme per valersi costan- temente di un mezzo istesso in tutte le operazioni , che ne sentono il dominio : astrazion fatta nel caso presente dall'abbondare nelle parti dure il fosfato cal- care che gli concilia la necessaria e naturale loro ri- gidità. Ecco pertanto com' egli la discorre. ,, Rammollire l'estremità delle ossa scavezze o „ per la cessazione del versamente del fosfato calca- „ re , o perchè è versato in forma molle gelatinosa, ,, e perchè assorbito il digia esistente dai vasi linfa- ,, liei , i vasi sanguigni restando liberi ed a conlat- f) to Si abboccano , si anastomizzano , e così s'inco- ,, miucia il riattacco formandosi dapprima la cosi det- G.A.T.LV1ÌI. 10 i^Q Scienze „ ta caruncola da Celso, la quale è molle , rossa , ,, vascolare , e sensibile , ed impallidisce , s'indura , „ estende la sua sensibilità assai in progresso di tera- ,, pò , per l'indurirsi del fosfato calcareo versato dai ,, vasi a ciò destinati, die nella struttura delle ossa ,, pur vi sono , come quelli che l'assorbono nelle aje ,, dai vasi lasciate iiell' unirsi ed intrecciarsi ; operaa- ,, dosi tutto questo come si deve operare senz'aleuti „ dolore , indizio certo che non vi è presente la in- „ fiammazione, e si può uguagliare alla formazione pri- „ migenia dell' osso. „ Viene l'esposta dottrina soste- nuta come cosa di fatto dall' osservare , che li vasi del callo osseo si fanno continui , e che nulla di nuo- vo si forma. Che anzi si sforza l'A. di rettamente av- valorarla colla scorta di robuste considerazioni de- sunte dall'anatomia, dalla fisiologìa, dalla patologia, dalla chimica , e dai più ovvii ragionamenti tratti da incontrastabili fatti. La riunione poi e cicatrizzazione di quelle frat- ture gli estremi delle quali non si corrirpondono, suc- cede in siraiglianza della cicatrizzazione di seconda intenzione delle parti molli, lavoro più lungo , e più tardi perfetto , e sempre meno resistente. ,, Nel luo- ,, go ove gli estremi si toccano , nasce contatto in- ,, congruo , compressione , attrito , irritamento , ec. ; „ perciò infiammazione , e vegetazione morbosa nel ,, periostio e nell'osso di ambe le parti che pel nuovo ,, stato si rammolliscono per l'assorbimento del fo- ,, sfato calcare; si calma, e toglie più o men pre- „ sto la flogosi pel riposo e quiete della parte , per „ la cessazione dell' incongruo contatto , per la die- „ ta e pei mezzi antiflogistici ec ; e frattanto gli ., estrerai vascolari a contatto e del periostio e dell' ,, osso si uniscono , e nelle maglie delle loro reti si ,, versa il fosfato calcare, che compie la solidità , e Intorno le ferite ec. 147 „ COSI il callo osseo perfetto : si fa anche in que- „ sti casi unione colle parti molli circostanti, i vasi „ delle quali si sono messi nello stato di abboccarsi „ con quello dell'osso ; cosa che io riguardo e dico „ simile sJmilissima a quella delle parti ove sì ec- ,, cita ad arie infiammazione , p. e. nella cura dell* „ idrocele , la quale si limita ai grado di vegeta- „ zione morbosa , ed al versamento di picciolissima „ quantità di linfa plastica la quale resta in parte „ tra le maglie de' vasi , come corpo estraneo omo- „ geneo , costituendo porzioni di cicatrice , ed in se- „ guito venendo affatto o per la massima parte as- „ sorbita , come lo prova lo restituirsi delle parti „ allo stato di primiero volume. ,, Tale si è il complesso delle considerazioni del eh. prof. Malagò , che ci sembrano realmente prege- voli e degne della più seria meditazione , per aver posto in più chiaro lume un argomento di pratica chirurgica finquì non rettamente dilucidato. ToNELLI. Mnteriae medicae compendium in usiim auditorum archigjmnasii romani , auctore Jac. Falchi ex collegio med. chir. in archigjmnasio lì. prof:^ in Xenodochio S. Spiritus med. prim. etc. etc. Anno 1833. voi /, pag, 250. voi. IL pag. 224. in 8.** JLi autore di quest' opera possiede già nel ruolo de- gli odierni scrittori grado giustissimo di celebrità per il merito di altro interessanti produzioni , che ha re- 10* 148 Scienze se di publico diritto. Neil' opera che annunziamo , non manca un retto ordine nella esposizione delle ma- terie , un metodo accuratissimo nel discuterle , v'ha pure l'altro pregio non comune della concisione e della chiarezza , v'ha finalmenta il merito di una vasta eru- dizione , cose tutte , che offrono un aspetto di som- ma publica utilità. In conferma di che presentiamo un rapido abozzo del capitolo dei sedativi da esso distinti in ,, sedantia et somnifera cum stimulo ,, ed in „ sedantia et somnifera absque stimulo „ Il capo nono del primo volume abbraccia il novero delle so- stanze della prima classe , dei medicamenti cioè, che calmano , e conciliano il sonno dopo avere svilup- pato fenomeni di universale eccitamento , ed avere de- terminato maggior copia di sangue al cervello, eoa cui hanno una peculiare affiditi. Appartengono quivi l'oppio , la morfina , la narcotina , l'acido meconico], la meconina , la narceina , la codeina. Premessa una breve notizia isterica dell' oppio , del modo per cui ottiensi , dei luoghi esotici e nazionali donde ponsi in commercio , delle note peculiari , che ne distinguo- no le varietà , non che dei caratteri fisici che desso presenta , e delle sostanze dall' aggregato delle quali risulta composto per le indagini recentissime di varj chimici , e specialmente di Pelletier , e Robiquel , passa a discorrerla dei varj suoi preparati , e dosi lo- ro nel ministrarli internamente , o nell' uso jatralet- tico , ed endermico. Accennando dipoi la discrepan- za delle opinioni intorno al modo di agire di questa sostanza , egli è di avviso , che al sistema dei ner- vi diriggasi l'azione dell' oppio , ma piiì nella parte meglio sviluppata dell'animale, negli uomini cioè nel cervello , e nei bruti in sullo spinai midollo. E qui con una singoiar precisione di pennello maestro di- pinge gli effetti , che .il [arniaco va sviluppando nell* Materia mkdica I'jO organismo in vario grado a norma della dose o lie- ve , o più o raen forte , sotto cui vien propinalo. Ne oraraette rilevare , che dietro Tamniinistrazione di smodate dosi di oppio l'ingorgo dei vasi cerebrali giù- gne a tanto da eguagliare lo stato dell' ebrio e dell' apopletico , siccome la identità di necroscopici tro- vanienti con quelli degli estinti per opera di qucsl' ultima forma morbosa il conferma. E ben altre parti oltre il centro dei nervi sono aggredite dall' oppio a più larga mano esibito, come il tubo gastro-enterico, la vescica orinaria e la cute , scorgendosi anche ap- palesare l'aridura di bocca , il vomito , le coliche , la disuria, e la prurigine cutanea. Molte sono le mor- bosità , nelle quali convenir può la sostanza farma- ceutica in quistione , e desse vengono dal eh. A. per la maggior parte enumerante , ma con sagace avver- tenza fa conoscere , che il novero ben riflossibile dei morbi slenici in oggi dimostrato per la indefessa in- dustria dei clinici Italiani , riclama assai più di ra- do dell' antica terapia l'uso dell' oppio , a meno che non si pongano simultaneamente in pratica i savj pre- eetti di Arastrong, e di Stoll, il primo dei quali usan- dolo nella peritonitide puerperale e nell' enteritide vi premise il salasso ad animi deliquium , ed il secon- do nel prescriverlo negli spasmi associati ad infiam- mazione inculcò in pari tempo un metodo sommamente antiflogìstico. Vengono nell' altro capitolo annoverate le sostan- ze sedative e paregoriche ,, absque stiraulo , sive me- „ dicamina, quae sensibilitatenl, musculorum cordisque „ irritabilitatem infringunt , quietem soranuraque ar- ,, cessunt, quin impressionis suae vestigia in alime i- ,, torum tubo relinquant ,, Tiensi ivi discorso dei pre- parati delle foglie del lauroceraso , come infuso, di- stillazione , e coobazione j dell' acido idrocianico ; dell' 450 Scienze estratto di giusquiamo negro , del solano negro , del- lo stramonio , dell' atropa belladonna, delle varie spe- cie di lattuca , del lattucario ; e della lupolina. Di ciascuna di tali sostanze vengono ivi enumerati i chi- mici esperimenti per le indagini dei componenti in oggi conosciuti ; se ne descrivono le caratteristiche distintive, le facoltà singole, gli effetti, la conve- nienza loro nei varj morbi , ed i mezzi finalmente dalle odierne ricerche sanzionali per ovviare ai dele- teri effetti , che ne sogliono talvolta conseguitare o air incauto o al sistematico uso pratico delle mede- sime. Ciò basti per un rapido cenno della utilità som- ma del compendio che annunziamo, e che di racco- mandare non cessarerao giammai , nella piena convin- zione in cui siamo del verace e solido pregio di esso. TONELLI. 151 Nuovi principii di filosofia naturale^ ovvero conside- razioni sulle verità primitive della chimica^ mec- canica , ottica ed astronomia , e su i principii apo- dittici della matematica^ del dott. Agatino Longo p. prof, di fisica sperimentale nelV università di Catania. A SUA ECCELLENZA IL SIG. PRINCIPE D. PIETRO ODESCALCHI DIRETTORE DEL GIORNALE ARCADICO A. DE - LUCA. Ìt Xi è paruta , onorandissimo sig. principe, cosa con- veniente il fare mediante il vostro spettabile giornale avvisati i dotti di un' ardna impresa scientifica , alla quale accinger si volle il eh. sig. Agatino Longo pro- fessore di fisica sperimentale nella università di Ca- tania. Sorti egli dalla natura ingegno e coraggio da potei'si cimentare a grandi cose. Ardente e felice cul- tore delle morali fisiche e matematiche discipline , co- me cen fanno aperto testimonio le moltiplici scrittu- re da lui divulgate alle stampe , si è messo in alcu- ne investigazioni , che sono di gravissimo momento. Poscia che ebbe al dotto pubblico proposto una nuo- va classificazione di tutti i vari rami dello scibile uma- no , bea diversa da quella di Bacone e di D'Alem- bert , ed incoraggiato dagli applausi , che si ebbe da alcuni rinomati giornali della nostra penisola , prese '152 Scienze animo e lena maggiore , e volle profondarsi più ad- dentro per disaminare la base , su cui si posa lo smi- surato e stupendo ediflzio scientifico , frutto di tante fatiche sostenute per tanti secoli dal fior degl' inge- gni. Fattosi adunque con erculeo ardimento a scan- dagliar il fondo, gli parve di scoprire che mal ferme e vacillanti ne fossero le fondamenta. Forse in que- ste sue indagini il prof. Longo lasciossi guidare da Kant , il quale opinava , che l'umano intelletto , (la facoltà, raziocinante e logica secondo il di lui siste- ma ) nello sviluppare le relazioni , da cui tutte le di- scipline positive risultano , non può procedere senza l'aiuto del se, ossia senza il soccorso delle ipotesi. Ipo- tetici adunque il nostro professore opina che siano tut- ti i priucipii da cui i piiì celebrati filosofi degli an- tichi e de' nostri tempi hanno ritratto il lungo filo di tante e poi tante deduzioni , e sopra cui hanno fon- dato i lo'-o sistemi. Dappoiché al sig. Longo parve di essere stato dal cielo graziato di tanto segnalato fa- vore , di poter fare una sì grande scoperta , ei si le- vò in tant' altezza di linguaggio , che par proprio di ascoltare gli accenti di una sopraumana ispirazione. La di lui usata modestia (eh' è grandissima e procedente da un sincerissimo sentimento di virtù ) già cede agi' inaperiosi voleri di una intimissima convinzione. Ei prese a bandire la sua fondamentale riforma di tutte quante le scienze , e abbassar la visiera per combat- tere corpo a corpo ed atterrare, se non gli fallisce la già concetta e quasi sicura speranza , tutti i più pre- clari campioni che sieno in alta fama saliti per la lo- ro scientifica valenzia. A' 2 di settembre del già de- corso anno egli dirizzava colle stampe una sua lette- ra al direttore dell' antologia di Firenze , in cui fa- cevalo avvisato de' suoi divisamenti. „ Bando alle „ ipotesi (ei di(eva), bando ai fisterai. Nelle scien- Filosofia, naturale 153 „ ze non liavvi che un sol metodo , l'analitico ; non „ havvi che un solo istrumento , il ragionamento a ,y priori . Ritrovata la manna, conviene rigeltare ,, le ghiande . Newton , Laplace in astronomia ; „ BerthoUet , Davy in chimica ; Coulomb , Pois- „ son in elettricità ; Biot in ottica ; Laplace , Pois- „ son in capillarologia ; Kant, Laromiguière, Cousin „ in filosofia; Sismondi , Verri, Say in economia po- „ litica ; Montesquieu , Beccaria , Roraagnosi in po- „ litica ec. ec. sono pessime guide; ci mostrano i fatti „ (taluni anche ne hanno scoverti di nuovi apparte- „ nenti al mondo esteriore , ed in ciò sono coramen- „ devolissimi) : ma eglino per lo più li travisano con „ un linguaggio oscuro , falso, ipotetico : riempiono ,, le scienze di frivolezze, di minuzie, di errori, di „ chimere ; sconoscono i principi! della filosofia ra- ,, zionale , ignorano le verità primitive delle scienze ,, che imprendono ad illustrare , spacciano false dot- „ trine , e scrivono romanzi , inverisìmili ed assurdi.,. Tutto ciò , che il prof. Longo afferma nelle teste ri- ferite parole, cominciò già divisatamente a dimostra- re in varie scritture , che con indefessa facilita e mer- cè del valevole patrocinio di alcuni ragguardevoli personaggi ha già fatto di pubblica ragione. Il sag~ gio su le facoltà dell' anima , le osservazioni critiche al cap. II degli elementi di filosofia morale del sig. B. Galluppi, i pensieri sulla elettricità, le due memorie su i principii dell'economia civile, le osservazioni prelimi' nari su la teoria della gravitazione universale, il Ra- gionamento su la teoria delle scienze, e le osserva"Àoni a Biot, Due lettere al prof. Domenico Scinà; e la sua allocuzione ai suoi allievi studenti di fisica sperimen- tale , lian già visto h luce, e sono manifesti segni degli ardimentosi sforzi con che il nostro riformato- tore del mondo scientifico si adopera per atterrare i 154 Scienze noti sistemi , e sulle loro ruine ricostruire un nuo- vo e saldo edifizio. Ne contento a questi parziali sag- gi, già si accinge a comporre in metodico ordinamen- to tutte le sue idee qua e la sparse ne' sopraccenna- ti suoi scritti. Quindi egli tra non guari divisa di ap- pagare la curiosità, de' dotti colla pubblicazione de' Nuovi principii di filosofia naturale , ovvero delle sue considerazioni sulle verità primitive della chi- mica, meccanica, ottica ed astronomia , e sui priii- cipii apodittici della matematica ; e perci)è tutti ne potessero pregustare il contenuto , il nostro autore ci ha dato un estratto ragionato di questa sua opera. Mi avviso , che voi ornatissirao sig. principe , non ripu- terete per immeritevole di apparire nel vostro gior- nale questo stesso estratto', essendoché da esso gli scien- ziati italiani , i quali forse noù hanno contezza alcu- na di questo stragrande tentativo scientifico , potran- no raccogliere ed argomentare Io scopo , a cui mira il prof. Longo. Qualunque sia per essere il giudizio favorevole o disfavorevole , che potranno portarne gì* intenditori in fatto di scienze <, il nostro autore ter- rassene contento ; conciossiachè , secondo quel che in una recente sua lettera a me diretta ei dice , nis- suna cosa vi sia tanto ardentemente da lui desidera- ta che di essere illuminato , se verrà fatto ai dotti il dimostrare , eh' ei si fosse incappato in errore. Ne altro, vi supplico da ultimo, sig. principe cor- tesissimo, a tenermi in grazia vostra; e riverentemente mi vi raccomando. Di Roma ai 30 di agosto 1S33> Filosofia' naturale 155 ESTRATTO RAGIONATO DELL' OPERA INTRODUZIONE. 1 La clilmica , la meccanica , l'ottica e Tastro- nomìa hanno verità primitive. Tre specie di scienze descrittive : le scienze di pura osservazione , le scien- ze sperimentali , e le scienze strumentali , o di os- servazione mediata. 2 la che consiste la teoria. Passi di Fresnel e di Scina. PARTE PRIMA Considerazioni sulla chimica. 3 Oggetto del chimico : analizzare e sintesizza- re. Forze che presiedono a queste operazioni. Quali sieno ? 4 Fatto chimico. Si considera l'ossigeno , si con- sidera l'idrogeno separatamente presi. 5 — 6 I chimici ed 1 fisici vogliono spiegare co- me i corpi sono solidi , liquidi , e gessosi. Sistema complicato di Laplace ; spiegazione più semplice di Fischer. Considerazioni intorno alla coesione. Le pro- prietà empiriche de' corpi insuscettibili di teoria. 7-9 L'ossigeno o l'idrogeno combinandosi for- man l'acqua. Si notano le particolarità di questo fe- nomeno f e si analizza il fatto. 10 Fatti primitivi della scienza. Fatti secondari. Questi si spiegano per mezzo di altri fatti ; i primi sono indimostrabili. L'affinità e una chimera. 11 — 12 L'unione dell' idrogeno e dell' ossigeno nella formazione dell' acqua è un fatto primitivo. La ^56 S e I K N z s produzione della fiamma , della luce , e del calore in tale combinazione e un fallo secondario. Questo fat- to non si spiega ne colla teorica di Lavoisier ne con quella di Davy. 13 — 14 Calore e luce efFelti dell* azion chimica degli elementi. Non sono sostanze , ma puro moto. 15 Calore e luce modificazioni dell* etere. 16 Si ragiona della fiamma , e se ne dk la de- finizione dietro l'analisi intellettuale della fiamma. 18 — 19 Idee del prof. Gazzeri sul potere illumì- Dante e calorifico del fluido etereo. 20 Che cosa e la temperatura ? Definizioni discor- di datene da Libes , Haùy , Biot , e Laplace. Defini- zione nostra. 21 — 22 Si esamina un passo di Ponillet sugli ef- fetti del calore , e si rapporta la teorica di questo autore e quella di Thdnard sul calorico specifico. s 23 Si fa conoscere la insussistenza di entrambe le teoriche. 24 Clement e Desormes ci han dato lo zero as- soluto di temperatura. Questa ricerca è affatto ozio- sa e inverificabile. 25 II fuoco centrale esiste ? Si rigettano le ipo- tesi di Fourier e di Humboldt, e perciò la spiega- zione de' fuochi vulcanici concepita da Cordier. 26 Temperatura degli spazi interplanelarii deter- minala da Fourier. Passo rimarcabile di Humboldt . . . de* fisici empirici. 27 Riassunto delle verità discoperte intorno alla natura della fiamma. 28 I fisici ragionano dell' adesione ammassando ipotesi sopra ipotesi. L'adesione è un fallo primitivo. 29 — 32 Fenomeni capillari. Teorica di Laplace, corretta da Poisson. Nostra spiegazione desunta a po- steriori. Filosofia naturale i57 33 — 34 Teorica dell' afllnlta elettiva. Sua insuf- ficienza. Ragioni di ciò. 35 — 36 Spiegazione di alcuni fatti secondari del- la scienza chimica. 37-38 Due ordini V ■ Scienze 161 Funzioni algebriche. Funzioni Irascentlenli. Quadro delle funzioni analitiche. 1G2 L'analisi matematica esprime i suoi calcoli col mezzo delle equazioni. 163 La matematica consta di teoremi e di pro- blemi. Principii apodittici della stessa : sono gli as- siomi ed i postulati. — Si parla della geometria sinte- tica e della geometria analitica , e se ne notano le differenze. 164—165 Soggetto peculiare della matematica del prof. Sanraartino. La matematica sublime insufficien- te a spiegare l'ordine dell' universo. 166 — 167 Diramazione della scienza matematica secondo l'ordine analitico delle idee. Sezioni in che va naturalmente diviso un trattato di algebra, 168 Analisi determinata. Analisi indeterminata. 169 Geometria analitica. Geometria sintetica. Geo- metria trascendentale. 170 -171 Si rileva un errore del prof. Sanmar- tino. Le matematiche miste soggette a rivoluzioni co- me tutti gli altri rami delle scienze fisiche. 172 Conchiusione. ANNOTAZIONI. N." 1 Pregiudizi in disfavore dell' autore. 4 II gas idrogeno fosforato esige la piii bassa temperatura per bruciare : il gas idrogeno carbonato è il più difficile gas per bruciare con fiamma. N.° 5 Si rapportano il passo di Fischer intorno alla formazione dell' acqua , e le osservazioni di Biot a questo stesso passo. 6 Idea che Thenard dà dell' affinità ; è diversa dall' attrazione universale. Il prof. Maravigna ne so-' Filosofia naturale 105 stiene l'icletitlta : sua spiegazione dell' attrazione new- toniana. Le ipolesi ridicole in se medesime. 8 Lesile dice che il centro della terra è illu- minato dalla luce più viva e dal fulgore più intenso. 9 Opinione del sig. Libri intorno alle dottrine fisiche. Falsità di un canone della filosofia newtoniana. 10 Venturi dice che il centro della terra è giac- cio durissimo ; Cordier che è fuoco squagliato ; Le- sile che è una sala illuminata a giorno ! 1 1 Come si .ono introdotte le ipotesi nelle scien- ze fisiche. Ricerche su di ciò. Fatti primitivi. Prin- cipii razionali. 12 Passo di Pouillet sulla forma de' menischi ne' tubi capillari. Suo ragionamento vizioso. ' 14 The'nard in contraddizione con se medesimo. 10 L'elettricità sostanza distinta dall' etere. 17 Sulle scoperte di Newton. Passi in Laplace. Riflessioni su i medesimi. 18 In meccanica il calcolo e soventi fiate di pu- ro lusso. Esempio somministratone da Poisson. 19 Poisson vuol dimostrare il principio delle ce- lerità virtuali , che Venturoli confonde col principio de' momenti. Non si fida delle sue forze, e dice teri' teremo. 20 Se prima della creazione del mondo esisteva il tempo. Nascita del moto. 21 Algarotti attribuisce a Malebranche la com- parazione della luce al suono. 22 Laplace, elogiando Newton, mescola alle lodi il biasimo. Carattere singolare delle sue espressioni. 23 II principio della gravitazione universale con- seguenza delle leggi di Keplero. Blot ammette il prw- cipio —conseguenza. 24 Blot sostiene che la gravita sola non può te- nere in freno le ultime particelle atmosferiche. Scl- na insegna il contrario. ^QH Scienze 25 Quale sarebbe il livello delle acque nel ca- so che la terra nou rotasse. Calcolo fatto da' mate- matici. 26 Lunghezza del raggio dell* equatore , e di quello del polo, secondo le più recenti misure. 27 Peso de' corpi sopra l'equatore della terra , di Giove e del Sole, calcolato da Laplace. Le de- duzioni erronee prese per verità dimostrate. 28 Idea prodigiosa che Pouillet ha dato dell' atomo. 30 Le obiezioni di Leibnitz al concetto dell'at- trazione universale solidissime. '.1, 3i Definizione del peso date da Poli, da Biot, e da Pouillet , discordanti e contrarie. 33 Poisson nel suo trattato di meccanica riguar- da il principio della gravitazione universale come una verità dimostrata, e rimanda i suoi lettori alia spo- sizione del sistema del mondo di Laplace , il qua- le ci porta a quel grande principio senza ipotesi , e per una catena di raziocini rigorosi. Così Pois- son mette in salvo la sua coscienza , e si spoglia di qualunque responsabilita. 36 Si sa che l'acqua sale nelle trombe per ef- fetto della pressione dell' aria atmosferica , e frattan- to si chiamano queste trombe aspiranti. L'attrazione solare rassomiglia all' aspirazione delle trombe. 39 Le comete descrivono ellissi allungatissime. Autorità di Piazzi. Massa delle comete ignota. Le mas- se de' satelliti di Giove sono state da Laplace deter- minate su di un falso supposto. 41 Le opere degli astronomi poco dissimili da' romanzi. Passi notabili dell' autore dell' opera intito- lata: Analyse de la lumière etc, e del barone Galluppi. 44 Definizione dell' algebra. E' una scienza astrat- tissima , ed il colmo di tale astrazione è nel calco- lo sublime. 167 Lettera al signor aw. Giambattista Pagani di Bre- scia^ autore dell' articolo inserito nel tom. 14, fa- scicolo 36°, del Poligrafo di Verona dalla pag. 279, alla 288, sotto il mese di giugno 1833, intorno ai principii del diritto commerciale di E^midio Cesarini. Egregio signor avvocato. vjliiunque informato fosse dalla necessita die ho di occuparmi nei molti contenziosi affari, anche di pro- pria famiglia , resterebbe maravigliato , come io ab-! bia potato assumer l'impresa di scrivere i principii della commerciale giurisprucleuza. La causa , che a ciò m'indusse , obbligato non sono , almeno per ora , di pubblicare. Certissima cosa e però , che alcun ecci-^ lamento non ebbi dalla vanagloria ; perchè quanti mi conoscono attestar possono , che io stesso ravviso la parvità del mio ingegno. Quando nei volumi già im- pressi dell opera non dovessi perdere , per mancan- za del loro proseguimento, un qualche capitale, l'in- felice risultanza di quanto io mi era proposto mi avreb- be fatto abbandonare il lavoro. Dello stato mio aver bisogna una piena cognizione onde convincersi , che una qualche ora mi manca quasi sempre per concen- trarmi : che ia conseguenza le idee continuamente dall' opera mi si distraggono , e che sulla medesima un solo periodo mi conviene spesso interrompere per in- tiere settimane. Sebbene nel mio anno trigesimo pri- mo incominciassi ad occuparmi nella mia opera j_ e sebbene di piccola mole sicno i volumi della mede- 168 Scienze sima : pure si vede dal fallo che pochi fogli ne pos- so dare annualmente alla luce. Tutto ciò non iscusa la poca bontà del mio la- voro : ed io medesimo nella prefazione dichiarai di esserne persuaso coi seguenti termini : ,, L'esercìzio „ che ho nel foro, benché sembri poter dare qual- „ che ajuto per la collegazione di alcuni principi! „ delle loggi civili colle leggi commerciali; pure que- „ sta mia forense e indispensabile pratica mi priva „ del tempo che , per attenderci degnamente , ne- „ cessario sarebbe. A questo lavoro era pur duopo .,, premettere molte cognizioni e molta esperienza; ma „ io non ho potuto acquistar molto le prime , e la „ seconda non può esser coli' eia forse ancor gio- „ vanile. So che tutti gli uomini, i quali hanno fi- „ gurato nel mondo, o ebbero il mezzo di coltivare „ l'ingegno, od almeno ebbero un punto favorevole ,, per isviluppare il germe del loro genio , e che a „ me l'uno e l'altro è mancato. Conosco, che il pub- „ blico intanto giudica delle opere letterarie secon- „ do l'impressione che da queste riceve , ed a qualua- ,, que altra circostanza non bada. „ Quella scusa , che sono intimamente convinto di non meritare, voi, gentilissimo signor avvocato , com- piaciuto vi siete di concedermi col dire , che dalle cose fin qui dette appare , che il signor Cesarini SI ytPPALESA bensì per uomo fornito di cognizioni astratte ed erudite nelle leggi romane , ma la let- tura del suo libro sinora ci lasciò il dubbio eli et non le abbia bastevolinente nella sua opera^ for- se (verità fin dal principio espressa) gittata già alt infretta , maturate , digerite , collegate. Io vi ringrazio di questa vostra cortesia : ed in correspettivitk di ciò dichiaro la mia stima a' meri- ti vostri col non attenermi al proponimento , che Diritto commerciale 169 fatto io aveva nella mia prefazione, di non rispon- dere , e col manifestare una qualche mia osservazio- ne contro la severa censura, che in mezzo a tanta gentilezza voi per comune profitto avete creduto di farmi. Maggiormente verso voi cresce la mia gratitu- dine dal conoscere in altri articoli del Poligrafo , che il vostro inchiostro è abitualmente adoprato nel censurare le opere dei legisti , dopo che lasciaste di comparire nel mondo scientifico, per quanto mi è riu- scito di sapere, come collaboratore soltanto di tradu- zioni dalla lingua francese. Appunto r avere collaborato a volgarizzare lo spirito del codice civile di Locrè farebbe a chiunque supporre , che ignota non vi fosse fino ad oggi ri- masta l'altra classica opera dello stesso celebratissimo autore sullo spirilo del codice di commercio. Se voi l'aveste però conosciuta , nell' incominciare ad aprire il mio libro non vi sarebbe paruto alquanto strano che i pnncipii del diritto mercantile abbisognasse- ro di una mole di sei volumi per esser contenuti e chiariti ad istruzione del pubblico. Il Locrè nel suo spirito del codice di commercio ha impiegato dieci to- mi , come anch'io n'ho fatto il proponimento, per com- piere il mio lavoro , che (per mia buona fortuna con voi ) avete supposto in sei tomi compiuto. I tomi an- zi del Locrè per metk sono più voluminosi di quelli, che io continuo a mandare in luce. Il Piantanida, il Baldasseroni e tutti gli altri famosi autori di opere commerciali hanno riempiuto molti grossi libri an- che nel trattare parzialmente di qualche mercanti- le argomento. Io non voglio credere che ignoti tutti vi sieno gli scrittori di mercantile giurisprudenza ; ma è allora forza il dirvi , che voi , signor avvoca- to , avete male inteso perfino il frontespizio dell'ope- ra mia. E' solamente per questo abbaglio , che per 170 Scienze esemplari vi siete ttiosso a propormi alcuni autori^ é perfino il professor Agostino Reale. Sebbene questo bra- vo uomo r approvazione non abbia sempre ottenuto neppure dei dottissimi collaboratori della Biblioteca Italiana, pure me lo avrei spontaneamente proposto per eccellente modello , se del gius commerciale mi fossi prefisso di scrivere gli elementi* Voi, chiarissimo si- gnor avvocato , fate pompa nell' articolo , di cui par- liamo -, di sedere sulla cattedra in fatto di lingua t ma veduto non avete , che il titolo dell* opera non annunzia di trattare il diritto commerciale colle pri- me istruzioni o prìncipii più semplici^ che si chiama- no elementi od istituzionù Se una grammatica od una geografia venisse in luce senza l'aggiunta del voca- bolo di elementi , s'intende, che il libro essenzialmen- te sia elementare. Quindi è , che se in un libro ele- mentare si aggiunga per esprimere i primi elementi la parola prìncipii ; allora questa stessa parola non ne altera l'indicazione. In conseguenza si trova un qualche raro esempio di principi! di grammatica , di calligrafìa, di geografia ec. Con migliore consiglio pe- rò alcuni hanno, in luogo di elementi, usato pure d'in* dicare le istruzioni più semplici colla espressione di principii elementari ; ma in un' opera scientifica l'a- vere io adoperato il solo vocabolo di principiì ba- stava per apprendere la differenza tra il medesimo e quelli òì istituzioni o di elementi. Una piiì chiara in- dicazione della stessa differenza risulta dallo stesso fronte- spizio , che dice di cercare lo SPiRtTO delle leggi. 1 primi rudimenti si danno per una idea e superficia- le cognizione di qualche scienza od arte , ma non giammai per penetrarne lo spirito. Io dunque mi so- no proposto di rimontare alla sorgente delle leggi per mostrarne lo spirito. Ciò mi pare , che il titolo stes- so dell' opera manifesti. Ampiamente poi la mia in- Diritto commeplciale 171 tenzione nella prefazione ed in altri luoghi della mia opera io spiego e ripeto. Voi però solamente aperto avete il mìo primo tomo , e vi siete arrestato a qual- che solo paragrafo del medesimo. Tolta dite vera- mente in voi la maraviglia sulla mia prolissità dalla vostra lettura delle poche righe, in cui vi siete im- battuto : perche dal modo stesso della mia dicitura li- bera ed analitica chiunque avrebbe dovuto avvedersi, che il mio non era un libro eleraentere o d'istituzio- ni. Voi poi persistete a parlare in contraddizione di quanto avete confessato , e colla impressione primiti- va del vostro errore continuale a dire , che io mi so- no limitato a delineare i primi fondamenti della co- sa insegnata. L'errore primitivo vi ha posto in cir- colazione tutta la senile acrimonia del sangue , per. cui prolissamente diffuso in primo luogo vi siete a vi- lipendere la prolissità del mìo stile. Nel parlar dello stesso stile voi degnato vi siete di avvertirmi , che sono le mie parole e frasi non SEMPRE né di bello né di legittimo conio italiano. Quantunque però a cogliermi in fallo siete stato coli' arco teso , nei paragrafi da voi letti saputo non ave- te di altro riprendermi che della voce òceltez'a. Io non voglio adesso contendere su questo vocabolo, che. nel luogo da me usato si può prender pure per la qualità , come appunto voi dite , delle persone in con- seguenza della elezione o scelta delle medesime da 'me premessa nelle antecedenti espressioni. Neppur voglio avvertirvi , che in un' opera di giurisprudenza io al- la purità delle italiane voci doveva preferire alcuni vocaboli e frasi generalmente pili intese nel foro. Io però , pili di quello che voi sappiate provarmi , vi ammetto che sono le mie parole e frasi non sem^ pjiE né di bello né dì legittimo concio italiano: ma nell'opera da me scritta non mi si poteva imputar mai ^72 SciENZiÈ a colpa ; petchè il faraosissimo Carmigniani nel Nuovo giornale de" letterati di Pisa, parlando appunto del mio diritto commerciale, dice, che lo stile non ha titolo di farvi valere le proprie prerogative. D'altron- de voi medesimo confessate che in genere io abbia scritto con parole e frasi di bello e di legittimo cO' nio italiano^ perchè la vostra espressione , mon sem- pre , o non è bene usata da voi , o voi medesi- mo ammettete con essa la mia difesa. Questa mia di- fesa è in oltre corroborata dai compilatori del Nuovo ri- coglitore di Milano , che assicurano nell' opera mia : uno stile colto e franco. Anche il prelodato Carmi-.' gnani sostiene che nell'opera le cose vi sono esposte con metodo e con chiarezza, e che posso andar su- perbo d'aver conservato meglio che ogni altro la dot- trina, ed il linguaggio de giureconsulti di Roma an- tica. Questa sentenza è confermata dall'altro non me- no illustre padre della giurisprudenza Gian Dome- nico Romagnosi , che nella Biblioteca italiana e ne- gli cannali della statistica universale ripete, che la mia opera gli pare molto giudiziosamente composta ed ESATTAMENTE DISTESA , e che non la vede ristretta a quella gretta^ e direm così servile, esposizione^ che formava in passato la maniera dei trattatisti e pram- matici., di cui ridondano le nostre biblioteche. Tale os- servazione di questo sommo luminare del mondo scien- tifico e letterario basta per rispondere anche alla pro- lissità, di cui mi accusate, e su cui permettetemi per un momento di ritornare; perchè io credo di potervi pure su ciò rispondere colle stesse massime, con cui voi stesso avete preteso di censurarmi. La brevità in fatti j'^che voi fuor di proposito e con ostentata eru- dizione m'inculcate , si addice ad opere dirette a de- lineare^ come voi dite, i primi fondamenti della cosa insegnata ; ma voi stesso pretendete d'insegnarmi nello Diritto commerciale 173 stesso tempo , che la diffusione ( sono anche queste le vostre parole ) si addice soltanto alla pienezza deir insegnamento. L' ampiezza dell' insegnamento è appunto lo scopo, che rai sono prefisso. Non è dun- que vero , che il mio piano, come voi dite , discor- dante sia dall'intendimento del primitivo disegno. Ciò bene da tutti fu rilevato , ed espressamente lo dice l'Antologia di Firenze , che riporta le mie seguenti parole desunte dal tora. 2 pag. 84, „ Io mi estendo nel- le digressioni perchè non racconto, ne insegno, ne spie- go gli elementi o istituzioni di diritto commerciale : ma tratto la materia per principii, e cerco di penetra- re e di mostrare lo spitito di tutte le leggi pontificie che al commercio possono aver relazione. „ Siccome sopra lo stile fa contro me , signor av- vocato , pili prolisso l'articolo vostro ; cosi anch' io sa- rò forse più breve a rispondervi sulla rettitudine delle teorie che ho manifestato. Il giudizio dell'Antologia di Firenze apparisce dato noa già, come voi avete fat- to, dopo la lettura di alcune pagine del primo tomo ; ma dopo l'esame di tutti i volumi fino allor pubbli- cati. Questo giudizio dunque maggiormente il mio amor proprio può lusingare , di quello che lo possiate voi offendere. Ve ne trascrivo il tenore. „ I principii fis- „ sati dall' autore ci sembrano veramente attinti dal „ fondo delle cose e dai veri canoni della scienza „ sociale , e noi troviamo le loro conseguenze stret- ,, tamente legate con essi. Anzi nessun' opera ci sem^ ^ bra , che fino al presente meglio di questa abbia „ saputo dalla filosofia delle leggi romane e dalle „ regola del giusto e dell' ingiusto , proclamate dall* „ antica sapienza e sancite dal consenso universale del- ^ le nazioni , ricavare il nesso che deve rendere ap- ,, plicabili queste massime al gius commerciale , il 3, quale iu molte parti sembra a prima vista canina- '174 Scienze „ mente divergere dal gius civile. L'autore, scopren- „ doci il loro vero punto di contatto , ci conferma „ sempre più che i veri son tutti connessi , e che i ,, principii del giusto non possono essere in contrad- ,, dizione fra loro. ,, Anche il Ricoglitor milanese fa eco allo stesso giudizio, e dice : Noi possiamo accertare i nostri let- tori , che tutte queste questioni sono svolte con pie~ no intendimento ed assennatezza. Il Garmignani ancora , dopo essersi disteso a par- lare sul mio lavoro in genere, discende a render con- to in ispecie di due capitoli : Vano sulla origine e sulla necessità del commercio : Valtro sulla libertà del commercio. Il primo argomento è dalV autore trat- tato con vera filosofia ddla storia^ ed il secondo con tutta la perizia di quel tanto dibattuto argomento ; ne è t ultimo de* pregi àelC opera lo scorgersi riferi- te le autorità e le risposte de magistrati romani a questo proposito , quasidiè , come pur certo è , il principio della libertà del commercio si connetta col rispetto^ che le leggi debbono al diritto di proprietà^ e colla teoria bene intesa della giustizia. Dopo aver contrapposto al vostro il giudizio di tanto insigni uomini , vi aggiungo , che sebbene sem- bri a me di non aver mai deviato dalla strada più buona ; pure la presunzione non ho di voler difende- re le mie massime per sempre piiì rette di quelle de- gli altri dottori. Quando dissento dagli altri , voi do- vevate avvertire, che io qucsi sempre riferisco l'altrui parere: e se cito specialmeite l'autore, di lui parlo con ogni venerazione. Voi poi riportate a brani le espres- sioni mie senza far conoscere i fonti da cui le at- tingo , e senza riferire le ragioni che io ne deduco : ne sapete distinguere , se della mia opinione mi ap- palesi convinto, o se della medesima io stesso mi mo- stri dubbioso. Diritto commerciale 476 Può esser ottimo censore di un lavoro anche chi non è artefice ; ma censore non può esser mai colui che il lavoro non vede. Voi , signor avvocato , ve- duto non avete il mio lavoro ; perchè neppur vi sie- te degnato di leggere la prefazione , ne la pazienza poteste avere di osservare altra cosa , che un qual- che paragrafo del primo tomo. Ciò non ostante, una censura più lunga forse scritto avete di quanto per censurare abbiate letto. L'occhio poi spinto voi non avete in quella parte di giurisprudenza , che propria- mente io tratto. Il gius commerciale , oh' è un gius di eccezione, voi accinto non vi siete ad esaminare; Ima vi siete bensì persuaso del vostro valore sul di- ritto comune , sul quale io parlo solamente per di- gressione, e per meglio discendere a parlare propria- mente sullo spirilo di quelle leggi commerciali , che col medesimo comune diritto hanno una qualche re- lazione. Sul diritto comune pertanto, e non sul com- merciale , voi contro me avete limitato la severità vo- stra , ed anzi vi siete ristretto al solo capo dei con- tratti di società in genere. Anche su questo capo pe- to si conosce , che indarno trascrivete con un con- tegno da Aristarco le mie parole ; perchè sul prin- cipio altro non conchiudete, se non che io vengo via via minuzzolando l'etimologia di convenire e di pro~ messa , e che io abbia , a parer vostro , inoppor- tunamente favellato con un metodo soverchiamente logico e stringato. Nel proseguimento della vostra censura voi mi accusate nella definizione del contratto di società , come dissenziente a quella data già dalle leggi. Ave- te preleso , che si dovesse a voi prestar fede sulla sola vostra parola ; ma slato sarebbe meglio , che voi iavesle trascritto il tenore della censurata definizione. Alla vostra omissione supplirò io stesso : ed ecco la '^^" Scienze definizione , clic appunto si legge nel capo V, cri- brato da voi, § 5 pag. 133: £" un contratto col qua- le due o pia persone scelte a vicenda convengono tra loro di mettere qualche cosa in comunione ad oggetto di dividere il guadagno^ e anche si sottopon- gono alla perdita , che ne potrà risultare. A me noa sembra opposta questa mia definizione alle dottrine , che voi mi riportate : Societas cum contrahitur., tam lucri quam damni communio initur^ leg. 67 e 52 § 4 ff. prò socio. La uniformità della mia definizione al- la legge romana risulta forse maggiore , che dalle al- tre autorità vostre. Queste anzi spiegano la stessa uni- formità della mia stessa definizione alla stessa legge romana. La mia definizione non è poi opposta all' art. 1832, che voi mi citate, del codice civile de' fran- cesi : La società è un contratto., col quale due o più, persone convengono di mettere qualche cosa in co- munione al /ine di dividere il guadagno , che ne potrà risultare. Neppure opposta è al § 1 175 del co- dice civile austriaco, che dice : Si chiama società di guadagno il contratto , col quale due o pia persona convengono di conferire o t opera loro soltanto , o anche le loro cose , ad oggetto di comune vantag- gio. Finalmente opposta non è all' ultimo passo , che voi per mostrare appunto la opposizione mi allegate, di Pothier voi. 1 lib. 17 tit. 2 art. 1: Societas est con- tractus de conferendis bona fide rebus aut operibus animo lucri., quod honestum sit ac licìtum in commune faciendi. Basta dunque di saper leggere l'allegazione vostra stessa per ravvisare anzi la consonanza delle mie parole con quelle delle leggi ed ancor del Po- thier ; e perciò dubito pure che quando contro me scriveste , voi non foste in voi stesso , e che in qual- che ora vi ponghiate a scrivere mentre lo spirito sul concavo vi stia della luna. E perciò che sul propo- Diritto commerciale 177 sito dell' accennata definizione astener non vi siete potuto dal dirmi, con tuono di magistrale correzione, eravamo in diritto di aspettarci dal signor Cesarini idee più precise , più ragionate , più legali intorno a tale contratto. liC mie massime però sul contratto della società, che unicamente da voi è preso in esame , non lascia- no di esser rette , quando pure non ammettiate voi la mia distinzione della società di due da quella di pili persone. Io forse non ho esattamente manifestato in ciò la mia intenzione ; ma ho bensì preteso di spie- gare ivi la divisione delle porzioni con una distinzio- ne di fatto , e non di fissare una distinzione di di- ritto. Le leggi esposte da me convincono chiunque , che io non ho in fatti abbracciato una nuova dottrina. Colla stessa vostra maniera di censurare andate continuando a cribrare air ingrosso , come voi dite, i miei principii. Per mostrare una qualche apparen- za di dissonanza nelle mie massime , la diversa mo- dificazione non ne mostrate per la diversa applica- zione delle medesime nella diversità dei casi , e ne re- cate di quando in quando , come pur vi esprimete , un brano per esempio. La mia massima da tutti co- nosciuta e certissima, che il contratto di società sti- polare si possa per tutta la vita dei soci, non invol- ve la contraddizione pretesa da voi quando dico, che anche a libertà o piacere dei soci se ne possa fare la rescissione. Questa rescissione, che io credo poter- si ottenere colla notificazione della volontà senza bi- sogno di udire il tribunale, vi ha fatto trascrivere va- rie autorità in mia confutazione. Siccome poi tutte le autorità, che nel vostro articolo mi adducete, con- fermano sempre la mia opinione in diverso luogo col- locata ; cos\ le autorità vostre anche contro lo scio- glimento del contratto di società confermano gli al- G.A.T.LVn. 12 178 Scienze tri miei princlpii , e quelli dell' indicato scioglimea- to di società non distruggono. Voi colla rescissione confondete in fatti la nullità del contratto , e con quella di un contratto a vita la rescissione perfino di un altro a tempo determinato ; come pure la re- scissione prodotta dalla semplice volontà^ di cui ades- so discorriamo , da quella prodotta dalla volontà in" tempestiva e dannosa , di cui auch' io ho estesamen- te parlato nel lib. I ai §. 54 e 55 del capo 6. Voi poi mi mostrate il desiderio vostro di sapere da qual libro io abbia potuto attingere i miei principii. Potreste contento essere , che vi dicessi dalla ragione fondata nella essenza delle cose ; perchè io mi pon- go a render ragione delle leggi , e sovente ancora le critico. L'Antologia di Firenze ne fece un' avvertenza pubblica , e disse che Vantare , seguitando passo a passo la legge esistente , non risparmia alV occor- renza le sue critiche osservazioni^ che possono ser- vire a migliorare una legislazione^ la quale nel tem- po cKh stata per se stessa un gran miglioramento sociale , pur conserva qualche cosa dtimperfetto e d'indigesto. Vi voglio però anche meglio soddisfare. La legge romana enumera le cause che secondo i ca- si scioglie il contratto di società ; e la causa distin- gue della volontà da quella dell' azione. Senza l'azio- ne non è l'adizione mai permessa dei tribunali. So- cietas solvitur ex personis^ ex rehus^ ex voluntate^ ex actione. Leg. 63 § ult, ff. prò socio. La volontà col* ]a rinunzia si esprime , e per la rinunzia non si for- ma dal rinunzìante un giudizio. Potrebbe il giudi- zio aver luogo , non già per lo scioglimento , che con semplice dichiarazione ipso jure si ottiene ; ma per avere un rendiconto, una consegna, od altri efFet- ti dallo stesso scioglimento prodotti. Potrebbe pure aver luogo per impugnare la rinunzia coU'crigersi ad Diritto commerciale 179 attore colui stesso che azione lia d'impugnarla. La vo- lontà si eseguisce dello scioglimento colla sola ri- nunzia. Ciò dalla stessa citata legge si conferma : /^o- luntate dlstrahitur societas renunciatione. Il consen- so dei soci col dissenso certamente si scioglie. Voi bene lo predica te ; ma fuori di proposito. L' istessa dottrina vostra è comune a tutti, e nello stesso mio ca- po V del lib. I, cribrato a brani da voi, si trova pu- re ripetuta. Io penso però , che il suddetto dissenso non sia sottoposto ad esser giudicato quando la leg- ge ex volimtate solamente lo ammetta. Basta dun- que , che di questa volontà la nozione apparisca. Questa nozione di volontà per lo scioglimento deve avere le istesse forme , con cui la nozione si ebbe della stipolazione del contratto. L' opinamento mio, espresso al § 60 del cap. 6 nel lib. I, e conforme al- la leg. 153 ff. de regul. jur. Riguardo poi al consen- so non è applicabile la stessa regola di diritto nel contratto di società ; perchè questo contratto si for- ma col consenso : e senza consenso , per eccezione di legge, si scioglie. Se un giudizio avesse luogo per ammettere la volontà dello scioglimento , come ha luogo per ammettere la nullità del contratto , avreb- be il contratto stesso la sua durata finche una cosa giudicata lo scioglimento non ne avesse ammesso. La legge in vece lo scioglimento ammette perfino sen- za notificare formalmente la volontà, quando questa da sicuri fatti risulti. Ciò anch' io ho accennato nel cit. § 60 del cap. 6 lib. I. Ecco la legge: Itaque cani sepa- ratìni sodi agere coeperint , et unusqiiisque eorum sibi nego tie tur : sine dubio jus societatis dissolvitur, Leg. 64 ff. prò socio. Alle leggi" aggiungo l'autorità dei dottori. Ecco Voet in Pandect. lib. M tit. 2 nura. 24, 25; renunciatione per unum facta^ li- CET iNFiTis ciETEius , societateni dissolvi placuit 12^ iSO S e 1 £ iV Z E sive expresse sive rebus ipsis et factis renuntietur . . . Nec praesenti tantum , verum et absenti per epi- STOLAM AUT NUNCIUM RENUNCIARI POTEST. Al VoCt segue il Vinuio , che per me anche ai vostri dubbi risponde. Voi allegate iu favor vostro l'art. 1117 del C. N., che dice : La convenzione contratta per er- rore, violenza o dolo, non è nulla ipso iure : essa dà luogo soltanto ad agire per la nullità e per la rescissione. Ma il Vinnio contro la legge, da voi noa a proposito riportata , dice : Societas proprio iure resolvitur tribus modis : morte unius; honorum omis- sione ; renunciatione. Partit. lur. lib. 2 cap. 76. Le ragioni dei dottori si trovano nei loro respettivi libri ripetute; ma si conoscono anche dalle brevi espres- sioni del Perezio nelle inst. irap. lib. 3 tit. 26. Sol- vitur societas renunciatione unius e sociis. Idque receptum est ad sedandam discordine materiam , quam necesse est exoriri , si quis invitus sodata- ti adstringatur. Io credo che continuerei per lun- go tempo a scrivere, se volessi riportare le parole di tutti i dottori, che confermano questa opinione mia, che ha fatto a voi molta sorpresa e molta nausea. Io dissi poi, che molti dottori meco la semplice volontà pongono fra le cause sempre dirimenti la società ipso jure ; ma doveva dir tutti o quasi tutti. La mas- sima in fatti è pure insegnata nei primi elementi ed in tutte le scuole. Neppure poteva quindi sfuggire air Eineccio d'inculcarla , che perfino sostiene non potersi la massima stessa distruggere da un patto con- trario, e che appunto ripete nel lib. 3 tit. 26 delle sue Recit. ,, Terlius modus est unius renunciatio . . . . „ At in societate praeterea haec ratio militai, quia so- „ cietas est mater discordiarum. Hinc enim leges po- „ tius libertatem cuivis socio dederunt societati renun- ,, tiandi , quam ut lites et jurgia oriri palercntur. Quid DlRtTTO COMMERCIALE l8i ,1, vero si convcncrit ut ad certuni tempits vel in per- ,, petitum duret societas ? Quid si jiiri huic socii re- ,, nuntiaiit ? nihilominus societate exciduat prò lubi- „ TU. t-, I dottori ancora , che lo scioglimento am- mettono per semplice volontà quando solamente a vi- ta fosse stipolato il contratto , non possono impugna-^ re le ragioni e le autorità da me addotte. Quindi a qualche uso si applicano , sebbene non sia tale da potersi contro le leggi e la ragione allegare. Questi dottori ancora vi sono contrari , se per voi la sem^ plice dichiarazione di volontà non basti , come pre- tendete , a sciogliere il contratto quando pure a vi- ta il medesimo fosse stipolato. In ciò poi l'onore ho di dirvi , che non molti e non quasi tutti ; ma pre- cisamente TUTTI opposti sono a voi, ed a me favore- voli. Se sufficiente non è stato a me nell' opera mia il citarvi alcune decisioni della rota romana , che il mio parere sanzionano , mi ristringo per tutti a re- citarvi le parole di due celebratissimi scrittori , che mi hanno preceduto colle dotte loro opere nella giu- risprudenza commerciale. Il Locrè nello spirito del codice di commercio lib. 1 tit. 3 sez. 1 § 3 num. 1 pag. 112, ediz. di Mil. 1811. ,, Zo scioglimento della ,, società per volontà di una delle parti ha luogo „ soltanto in quella società , la di cui durata sia „ senza limite , e si effettua mediante una rinun- ,, ZIA NOTIFICATA A TUTTI I SOCI.,, Anchc il Delvincouit nelle istituzioni del diritto commerciale ci assicura, che la società si scioglie per la semplice volontà' di uno dei soci; e nelle annotazioni cos\ risponde a voi come avesse inteso il vostro discorso : „ questa è una „ ECCEZIONE ALLA REGOLA GENERALE, SeCOndo la quale Ì 9, contratti non essendo formati , se non col concor- », so delle parti , non possono esser distrutte che col t, concorso delle stesse volouta. Questa eccezione e 482 Scienze „ fondata su ciò , che una società , che sarebbe con- „ tinuata malgrado degli associati, diverrebbe una sor- ,, gente inestinguibile di liti. ,, Questa è la ragio- ne che ho riportato pure del Perezio e dell' Einec- cio , ed è una di quelle che si adducono pure dal Vinnio, dal Voet e dagli altri per sostenere rettamen- te lo scioglimento del contratto per semplice volon- tà , sebbene sia stato concluso ad epoca limitata. Dopo tutto ciò , lascerò io di fare altre discus- sioni ; perchè senza mai addurre la ragione, nò mo- strare l'applicazione mal fatta delle leggi , voi giun- gete a dire , che meco convenir non potete malgra^ do delV asserita autorità d^ innominati dottori e del- la rota ; e molto più non arrossite di concedermi , che anche il Merlin riporta nel suo Repertorio alcu- ne tesi conformi alla mia opinione , e che ciò non ostante vi pare il principio affermato da me non es~ sere dall' universale giurisprudenza ricevuto per buo- no , e che neppure la legge romana da me addot- ta avvalori la mia opinione. E' certamente inutile dunque che a confutare mi ponga , signor avvocato , tutti gli altri vostri ab- bagli , che contro me avete preso e che non posso supporre nelle vostre difese ; altrimenti non avreste po- tuto acquistar riputazione di essere scelto dal direttore del Poligrafo a perpetuamente redigere le censure del- le opere di giurisprudenza , delle quali si rende con- to in queir accredito giornale di scienze. Forse nel- la repubblica letteraria si noterà il vostro coraggio, quando pretendiate nell' esame dell' opera mia di av- vilirla, e di esser così più veggente dei Carmignani, dei Roinagnosi e di altri esiraii giuristi tanto d'Italia, quanto stranieri, i quali con dettagli analitici e pia vol- te ripetuti l'hanno estesamente incoraggiata ed applau- dita ; ma io stesso di ciò accusar non vi voglio. Io Diritto coMAiEncfALE 183 non pretendo che la mia opera si deliba avere per preg(JvoIissima , come i piiì egregi giureconsulti di Europa si sono espressi anche nei giornali oltreraon- tani, e per attestazione pure della Rivista Enciclopedi- ca di Parigi. Ripeto le parole di Pope , che riportai pure nella mia prefazione : ,, Chi mai pretender può, che un'opra sia ,, Esente d'ogni error ? Una tal' opra „ Ne apparve ancor , ne apparirà giammai. Sebbene sulla ripartizione dell' opera io dunrjue fibbia dovuto seguire passo a passo , come si avverte dall' Antologia di Firenze, la legge esistente , e seb- bene io creda di non aver violato il metodo e l'or- dine più plausibile nella stessa ripartizione; tuttavia da me medesimo conosco e confesso , che le massime nello stesso capo riunite sulT opera mia si presenta- no sovente un poco fra loro slegate , per cui alle vol- te sparisce ancora quella chiarezza, che nel comples- so dell' opera mi sembra di aver conservato. Debbo pertanto in ciò sottopormi alla giustissima critica , che fatta me ne venne dal celebre Roraagnosi, quan- tunque l'indulgenza di lui contemporaneamente me ne somministri una bellissima scusa. Certa cosa è , che io desidero non solamente di correggere l'opera in al- tra edizione ; ma di aver tempo per rifondere il mio lavoro e con una migliore ordinazione di massime in Uno stesso capitolo , e con una maggiore dilucidazio- ne di non espressi principii , e eoa più esattezza di opinione non abbastanza in alcuni punti maturata. Da- temi pure , signor avvocato, altre censure: che io cer- cherò per un'altra occasione di profittarne, amando di conoscer meglio la verità e di esser sempre cor- retto. Se però fossero le nuove vostre censure dello 184 Scienze stesso calibro di quelle , che ora abbiamo esaminato, voi al pubblico non farete alcun utile; perchè io non saprò attenermici nell' emendare l'opera mia, e voi sa- rete condannato anche nel mio silenzio. Non credia- te inoltre , che io stesso aver possa conceputo una po- co favorevole opinione del vostro beli' ingegno. La prima cattiva impressione , che aveste del mio libro nel frontespizio discordante, secondo voi, dal numero dei volumi, vi ha fatto scorrere alcuni paragrafi e leg- ^er con nausea un solo capo , che neppure al diritto commerciale (che lo scopo h del mio lavoro) propria- mente appartiene. Si aggiunge che voi stesso dite , questo capo aver cribrato a brani. Quando si apra un libro con sinistra prevenzione , si legga questo in un discorso digressivo dal principale argomento , ed a brani questo solo discorso si cribri^ certissima co- sa è, che qualunque uomo sommo non è in istato di darne uno retto giudizio. E' perciò , che neppure io medesimo condannare vi posso pel vostro non retto giudizio sul mio diritto commerciale. Vi ho scritto poi questa lettera , perchè non meritate certamente disprezzo. Meritate anzi ogni stima , e la vostra cen - sura scritta con eleganza poteva lasciare appunto una idea non buona del mio libro in chi letto non ne avesse il precedente giudizio di altri competenti giu- dici , in chi non avesse interesse di analizzare le vo- stre parole , in chi fosse nella giurisprudenza sola- mente iniziato , ed in chi non potesse il mio mede- simo libro avere sott' occhio. Prendete pertanto in buona parte queste mie os- servazioni , che mi sono affrettato di farvi tosto che il vostro articolo mi è venuto a notizia ; perchè es- se non alterano in me la favorevole opinione, che ho di voi. Mi dispiace di questa circostanza, che vi po- trebbe far dubitare della stima che io vi professo. Diritto commeucialk 485 nel supporvi realmente un uomo studioso, un elegan- te scrittore, un esperto avvocato, ed un mio illu- stre oppositore. Mi auguro però un qualche altro in- contro per documentarvi coi fatti di essere Roma 31 ottobre 1833. Vostro Dmo servitore Emidio Cesarini Elementi di filosofia di F'incenzo Tedeschi Paterno Castello , professore di metafisica , ed onorario di fisica nella R. università degli studi di Catania. Volume primo in 8. Catania , da torchi della R, università degli studi 1832. Q uesti elementi di filosofia del eh. sig. prof. Tedeschi sono manifesto argomento del come oramai prospere- volraente proceda innanzi in ogni contrada d'Italia la riforma delle metafisiche discipline. Chiunque a men- te si riduca la poco lieta condizione , in che questi nobili studi erano per lo passato nella nostra peni- sola divenuti , non potrà non sentire gioia vivissima al vedere ogni dì piiì crescere l'onorato drappello de' va- lenti uomini , che a ricoverarli dal torto avviamento studiosamente si adoperano. Incitata l'Italia nostra dalla fama grandissima che di se cominciava in Inghilterra , e soprattutto nella vicina Francia, a levare la nuova filosofia sperimentale del famoso Locke, volle ancor essa nel caduto seco- lo disvilupparsi a poco a poco dalle sottigliezze peri- ^86 Scienze patetiche. Ciò non pertanto le scuole nostre fuggendo un male, in un altro, e forse piiì grave, incapparono* Le dottrine di Locke, le quali fin dal primo lor divolganiento furono agramente da valenti oppositori combattute in Inghilterra propria, e in Germania (1), furono in contrario lietamente accolte in Francia , ei seguaci in gran numero acquistarono (2). I dotti di (i) Arrigo Lee, Giovanni Norris , il vescovo Brovyn , lord Shaftesbury nelle sue poco note lettere scritte ad un giovane studente all'università, e il famoso Berkeley. Vedi Tennemann , Handbuch der Geschichte der Philosophie III. Th. §. 345. V. Auflage ^ 1825 : e Rixner, Handbuch der Geschichte der Phi- losophie, III. B. §. 53. , II. Aufl. 1829. In Germania poi il il sommo Leibnitz prese ad impugnare le dottrine di Locke, e pubblicò quei suoi Nouveaux essay sur V entendement humain. Io altri suoi opuscoli questo sopraeminente filosofo non si re- stò dal rimproverare l'ideologo inglese per non aver fatto la debita considerazione sulle verità primitive del sistema intel- lettuale: „ Non intellexisse (cosi egli parlava di Locke) veri- ;, tates necessarias non posse comprabari nisi exprincipiis menti „ insitis ; cUm sensus non doceant quid necessario fiat , sed ,, simpliciter quid fiat tantum.,, Epist. ad Bierling in Korthold'5 Briefsammlung IV. Band , §. 16. (2) Fra' francesi il solo P. Buffier fecesi nel secolo tra- scorso a confutare con maestrevole abilità in sistema di Lo- cke tìel suo egregio Trattato sulle verità primitive. Questa pre- ziosa operetta è una parte di un generale corso di studi da lui composto. Vedasi il di lui. „ Cours de sciences sur des „ principes nouveaux et simples pourformer le langage, V esprit j ,, et le coeur , dtins Vusage ordinaire de la vie , pour le P. , Buffier de la compagnie de Jesus „ in fol. Paris 1^32. Cir- ca questo valente, e quasi ignoto ideologo, la Rivista di Edin- burgo dice „ che nella storia della filosofia non liavvi nome^ ,, che sia slato trascurato tanto ingiustamente quanto quello» Elementi di filosofia 187 questa contrada tra perchè allora faslìtlili della filo- sofia in parte scettica , e iii parte mistica di Descar- tes e di Malebranche , e perche di natura corre- voli a far le più liete accoglienze del mondo a qual vi vogliate opinione, purché lor si appresenti velata sotto l'abbagliante ammanto della novità, agevolmonte si resero discepoli alla ideologia lockiana , Vennero poscia Gondillac e Bronnet illustrandola, ma nel tem- po stesso colle loro esagerazioni oltre ai termini della sobrietà la spinsero. Si cominciò a credere che la espe- rienza si fosse l'unica via a potere alla verità perve- nire , e la esperienza ai soli sensi esterni si limita- va. Dai sensi l'origine si ritraeva , e ai sensi si at- tribuiva il progressivo sviluppo delle intellettuali fa- colta. In somma la ragione stessa riputavasi per la eterea quintaessenza della sensazione purificata , e fel- trata con varie e raoltiplici emulsioni. I misteri della nostra intelligenza si tenevano già per ispianati e chia- riti mercè degli avanzamenti delle fisiologiche scien- ze, e la filosofia mentale si battezzò per sorella della zoologica filosofia. Per si fatto modo le dottrine em- piriche di Locke la poca decorosa forma vestirono di pretto sensualismo. E siccome la foga francese suole galoppare a sproni battuti, i settatori della teorica sen- sualistica tosto in Francia raccolsero le conseguen- ze , che ne venivano. Il sensualismo con successive e sollecite tramutazioni trasformossi in meccanismo ce- rebrale, in materialismo, e non so in quante altre gof- ferie siffatte (1). „ del P. Buffier. „ Verfi Ediiib. Rewiew N. LXXI. Oct. 1821. p. 261. Tannemana , comechè accurato , nemmeno lo degna di menzione. fij Vedi rHistoire naturelle de lame , parJulien Offroy '188 Scienze Queste intemperate dottrine ben disposte trova-' rono nel passato secolo le menti in Italia ad accoglierle lietameate. Gli studi positivi della storia , dell' anti- quaria e massimamente delle scienze naturali, che pres- so noi erano allora venuti in florentissiraa condizione, ne- gli animi inducevano una fastidiosa avversione dal te- ner dietro alle alte , astruse , e trascendentali specu- lazioni di una metafisica subbiettiva , ed acconcian- vanli in contrario a seguir più presto le agevoli ed em- piriche investigazioni di una ideologia obbiettiva. E però le scuole, che cominciavano animosamente a le- varsi in aperta ribellione contro l'autorità de' dogmi ara- bo-peripatetici , con divotissima osservanza riverivano i nomi di Locke , di Gondillac ^ e degli altri com- mentatori , o più presto distemperati corruttori de' lo- ro sistemi. Ma la patria di RTarsilio Ficìno e di Pico Mi- randolano non era il terreno, ove potesse lungamente prosperare , e metter profonde le sue radici l'ignobile empirismo ideologico. La innata sobrietà italiana ne co- nobbe prestamente la falsità , ne previde i pericoli , e ripudiollo. Ben egli è'I vero , che non sieno man- cati, e non manchino ancora alcuni dottorelli ( e par- lo massimamente di certi mediconzoli), i quali volen- doli a modo loro spianare i sublimi misteri della co- scienza intellettiva dell' uomo, ti fanno lunghe dice- rie su i nei vi , su i cervelli e cervelletti, su' crani , e sulle loro bozze ed enfiature organiche. Ben anche è'I vero che un Compagnoni ed un Gioja, avvedendosi che tutti gli uomini da senno non possono farsi capa- de la Metrìe .* VHomme machine , par le méme ; rHomme pian- te, par le méme: De Vhomme , de ses facuUés et de son éduca- tion , par Claude Àdrien Helvclius. Elementi di filosofia 189 ci della strettissima , anzi della fratellevole parentela dell' uomo colle talpe e cogli sciraiotti , sieno venuti zelosissiiiiamente ripetendoci le dottrine di Tracy e di Elvèzio , loro venerati maestri. Ma tuttavia gì' intel- letti sani han riso , e ridono di questi abbietti e as- surdi paradossi. E però il sensualismo , eh' era or- mai a terra sbattuto in Francia da Degerando, da Ro- yer-CoUard, da JoufFroy, da Gousin ; in Inghilterra da Reid , da Stewart, da Brown , e da Abercrombie (1); in Germania da Kant, da Fichte, da Schelling, da Hegel, e da Baader (2) ; è del pari (e ne sieno grazie (i) Questo dotto medico scozzese , e presentemente uno de' più spettabili membri della camera de' comuni d'Inghil- terra, divulgò nel i83o una opera intitolata: „ Inquiries cori' „ cerning the intellectual powers, and the investigation oftruth, „ Edimbourgh ; cioè ,, Ricerche sulle intellettuali potenze , e sulla investigazione della verità. la questa opera ei dimostra la semplicità dell'anima, eia di lei distinzione della materia con argomenti organici, e tratti dalla fisiologia. Forse soa anche parto della di lui penna i lunghi e magistrali articoli anonimi inseriti nella Edimbourg Review , contro il sistema frenologico di Gali , Spurzbeim , e Combes. (2) Francesco de Baader , tuttora vivente in Monaco , è 41U0 de' più distinti scrittori , di cui possa gloriarsi la sem- pre ferace madre di stupendi ingegni, l'AlIemagna. Questo pro- fondo filosofo seguendo l'esempio di Benedetto Zimmer, di Gae- tano Weiller , di Giacomo Salat, e di Górres, intende preci- puamente a mostrare l'intima connessione della religione cat- tolica colla filosofìa. A questo scopo mirano le di lui opere intitolate „ Bemerkungen iiber einige antireligiose philosopheme „ unserer zejY, Leipzig 1 824- -P^'o^e/i religioser philosophem dl- „ terer zeit, i825. Vorlesunger iiber die religiose philoso- „ phie in gegensatze der irreligiosen alterens und neuern zeit. ,, Mùnchen 1827. Vorlesungen iiber speculative dogmattk, Stul- ,, garl utid Tiibingen 182S. 190 Scienze al cielo) perito in Italia mercè de' commende voli sfor- zi di un Romagnosi , di un Galluppi , di un Poli , e dì un Rosmini. Uguale e forse maggior laude è meritamente do- vuta al nostro dotto professor di filosofia nella uni- versità di Catania s che tanto più sono da commendare i ristauratori di una scienza, quanto con più possente lena uopo è che si fatichino intorno a vincer gli osta- coli, ad abbattere i Pecchi e viziosi metodi, e gli spi- riti a ridurre nella buona via. „ Le vicende politi- „ che di Messina ( dice il chìarissiramo prof. Scina ) che „ gran disastro recarono (al finir del secolo XVII) a „ questa Leila citta, furono ancor di pregiudizio gran- ,, dissimo a tutta la Sicilia. Poiché spenta dal conte „ di Santo Stefano (viceré) quella università di studi, „ che scuola era fioritissima di lettere e di sapere , ,, mancò agi' ingegni la guida , che iva diritto scor- ,, gendoli a' veri metodi e alle scienze . . . Egli è una „ pietà (prosegue lo stesso insigne scrittore) a leggere ,, i manoscritti , che lasciavano in quei tempi i più „ nobili ingegni, che tutti si aggiravano intorno all' ,, ente , alla sostanza, sopra quistioni astratte ed inu- „ tili, e intorno a problemi vanissimi della fisica di ,, Aristotile. (1) Ne a questo dannosissimo difetto sov- venir poteva allora lo studio di Catania, che per la ingiuria del tempo essendo declinato dall' antico sua splendore , nuova forma e nuova vita non ricevè, se non quando ben oltre verso il suo termine era già cor- so il secolo XVIII (2) . Quindi venne che la scola- (i) Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel sacolo XVIII, dell' ab. Domenico Scinà , Tom. I. cap. Ili, p. 81,82. (2) La uaiversità di Catania, fondata dai re Federico ed Alfonso di Sicilia, fu con aavi provvediaicuti riordinala nel 1786^ Elementi di filosofia 19| stica screditata , e bandita presso le più colte nazio- ni di Europa, quasi tutta teneva la Sicilia subbietta alla sua dominazione . Pochi ebber animo da mor- morare apertamente contro l'importabile giogo, e a po- chi venne fatto il disimbarazzarsi da' ceppi. Ma tra perchè costretti erano ad affannarsi in vincere le op- posizioni degli atleti sillogistici , e perchè pel frap- posto mare tardi allora vi giungevano le notizie de' rivolgimenti alternati de' varj sistemi filosofici , i ri- belli al Peripato con lenti passi seguivano i vessilli, che l'un contro l'altro successivamente innalzavano Des- cartes , Leibnitz e Locke. Per giunta a' sopradescritti mali un sopraeminenle ingegno , idoneo per la sua stragrande e creativa pos- sanza non che a profondarsi in qualunque vi vogliate astrusissima investigazione , ma ad inventare nuovi si- stemi di alta e trascendente metafisica , non perven- ne air inteso effetto , a cui miravano le sue medita- zioni. Vincenzo Miceli da Monreale in Sicilia , il ri- vale e '1 precursore di Schelling nell'escogitare la im- maginaria identità sostanziale dell' unico ed universa- le essere e delle varie modificazioni sue o posizioni intellettuali e sensibili (1), coraechè soprabbondevol- Sette auni prima era stala già aperta una nuova università in Palertro. (i) Chiunque si faccia a leggere il ragguaglio critico, che sul sistema metafisico universale a noi dà l'.egregio prof. Scinà ( Prospetto della storia letteraria ecc. tom. II. pagg. 49 56.), e raffronti le dottrine del filosofo siciliano con quelle di Schelling dichiarate dal professor Rixner nella sua recente storia della filosofia {Handbuchder Geschichle der philosophie HI. Band. §. 16(3-179., Sulzbach i8-iy) non può restarsi dall'am- mirure com'enlrambi questi due stupendi (ma troppo arri- 192 » Scie n z e mente dalla natura graziato di ogni dono , non sep- pe o non potè coli' arte e coli' industria adornare e rifiorire il suo spirito colle cognizioni positive , colla cultura delle lingue, e con quella squisita ed affine istru- zione , elle ben si addice a chi si accinge a grandi cose (1). E però ben è vero che vigorosamente spin- gevasi in alto, volando per le sublimi regioni della spe- colazione : ma quando ei rinveniva della sua estasi metafisica , e dal cielo in terra sen calava a dichia- rare a' suoi pochi e stupefatti discepoli ciò che il suo aquilino intelletto aveva scoperto , le sue nuove dot- trine uscivano dal di lui labbro informi , ruvide e non ri.plendenti della delicata indoratura della grazia e della eloquenza. Oltre a ciò derisioni, anzi che ce- lebrità , fruttavangli le sue fatiche (2), e in vece di essere ammonito con ammirativa riverenza dei suoi svia- menti , era più presto dal velenoso pungolo infesta- to della maldicente ignoranza. La cortezza poi della sua vita (3) non gli consentì di raccozzare insieme e schiatì ) ingegni convengono Ira loro nell' ammettere l'unità di essenza modificata da diverse forme. E però vogliamo spera- re , che gli scrittori della storia della filosofia italiana per Tav- venire non lasceranno di far divisata menzione del Miceli , e delle sue dottrine. (i) ,, Ignaro fu egli delle matematiche , e rude di ogni „ amena letteratura. Le opere del Miceli erano ridotte in lin- n gusigg*" latino da INiccoiò Lipari maestro di umane lette" „ re. ,» Scinà 1, e p. 55. (2) Anche il celebre poeta Meli volle pungere con una lepidissima sua satira il Miceli. Vedasi il di lui gaissimo com- ponimento in versi siciliani intitolato „ Poemette berniscu <:irea Voriginidi lu muiidu. Tom. 5. delle poesie. Palermo i8i4- p- 42» (3) Mori neir aprile del 1781 di auui 46- I àue saggi, m Elementi di filosofia IO'ó di comporre ia ordine le varie parti del suo vasto ed unito sistema ; e così il più acuto e speculativo ÌDgeguo , cui abbia nel passato secolo la Sicilia par- torito , mancò immaturamente alla sua patria senza poter guadagnare a se la meritata fama , e giovare agli altri con una assoluta , ampia e scientifica rifor- ma delle metafisiche discipline. Ben quindi più congruente agli studi positivi » che cominciavano ad essere con amore coltivati al l'uscir del passato , e all' entrar del presente secolo in Sicilia, la ideologia condillacchiana , e caldamente fu adottata in fatti dai più ardenti ingegni omai fa- stiditi della scolastica. Le scritture di Tracy e di Cabanis trovarono somigliantemente favore, e i loro scolari tant' oltre lasciaronsi traportare dal loro zelo in seguirli e in onorarli , che i gravi pericoli a'pri- vati e pubblici costumi , i quali potevano venire dalle loro rischiose dottrine , pronto ed efficace ri- medio esigevano. A questa nobile ed utile impresa si mise il cav. Tedeschi , e i di lui elementi di filo- sofia mentre da un canto sono bene ordinati»^ tem- perar la foga de' sensualisti , dall' altro son bene ac- conci a scorgere alla buona via gì' Incaparbiti seguaci degli antichi metodi. Cosi che ben può dirsi che le di lui dotte scritture mirano a rigenerare con una critica ristaqrazione, appropriata ai tempi ed ai pro- gressi della scienza, gli studi filosofici in Sicilia. cui il filosofo siciliano abbozzò il suo sistema , restano anco- ra manoscritti , e debbo su questo particolare dolermi della non laudevole indolenza di alcuni di lui scolari, che vivono ancora , e che potrebbono uou che pubblicare , ina dichiara- re con aggiunte e correzioni Jc dottrine ad essi inculcate e spianate dallo stesso loro maestro. G A.T.LVllI. 13 194 Scienze Con quanta acutezza d' ingegno , squisitezza di giudizio , copia di dottrina , e lucidezza di compo- sizione abbia il preso carico adempito il valente pro- fessore di Catania, lo potranno gli accorti leggitori ar- gomentare dal divisato saggio de' suoi elementi di filo- sofia , in cui ben ora è tempo di entrare. Una introduziane dichiara agli studiosi l'oggetto ossia lo scopo della filosofia , in che e perchè essa differenzi dalle scienze affini , e specialmente dalla zoo- logia e antropologia fisiologica , e quante parti in sé comprenda. Ai cultori delle metafisiche discipline è ben conto , che la voce filosofìa ampia ed indeter- minata nel suo stretto valore filologico sia stata presa in mille svariati significati. Vi sono stati di quelli , che ne hanno voluto ambiziosamente allargare tanto alla distesa i confini , che vi hanno dentro il compreso suo inchiuso il cielo , la terra e V universo tutto ; di guisa che di filosofia trattando, han trattato de om^ nihus rebus et de quibusdam aliis. Da questo pru- rito pantologico par che siano presi i moderni tede- schi , principalmente dappoiché Schelling venne lor predicando che,, sia alla fine giunto il tempo, che ,, si debba cessar di riguardare come scienze una ,, dall' altra appartate e distinte la fisica , la chimi- „ ca e la psicologia , e che tutte le discipline na- ,, turali unitamente con tutta quanta la filosofia e „ con le arti liberali debbono ornai formare un solo si- ,, stema scientifico „ . (?) Quindi Hegel, seguendo que- sto consiglio, in un cerchio ristrinse ed abbracciò tutto quanto possa uom discorrere intorno a Dio e alle create cose sensibili e insensibili (2). Ma l'aver vo- (i) Nel giornale intitolato ,, Zeitschrist per speculative P/jii'c, Jena bei Gabler 1800. I pS I st. §64. (2) Vedasi la sua opera , che ha in titolo - Dia Eiicyclo- padie dcr Philosopìtisclica IFiisenschiif^en ; ■2 da edizione 1827. Elementi di filosofìa ^95 ]ùlo estendere oltre ai fatti e ai fenomeni della no- stra coscienza le filosofiche indagazioni , il correr die- tro alla fantasima dell'ergere assoluto^ il contender di fondare la umana scienza sulla identità colla scien- za comprensiva , intuitiva e totale dell' onnisciente Id- dìo, è stata la causa di quei tanti e poi tanti siste- mi , che nati appena son tosto ricaduti e sprofon- dali negli oscuri abissi della obblivione. Più lempe- ratatmente modesto nelle sue ricerche il N. A. , di al- tro argomento non tratta che delle intellettwe ed «/- fettlve facoltà o potenze dell'anima nostra , de' mo- di ^ per cui si manifestano, Ao" principi donde ori- ginano , ^Q rapporti con che vicendevolmente si at- tengono , e del piiì agevole e sicuro uso di esse nella ricerca del vero e del bene. Di guisa che ben a di- ritto la filosofia , giusta la nozione datacene dal prof. Tedeschi , può definirsi la scienza speculativa e pra- tica dello spirito umano. La filosofia speculativa due parti comprende , la ideologia , e la psicologia ; la filosofia pratica in due altre parti si divide , in lo- gica , e in morale. „ La fdosofia speculativa appellasi „ ideologia^ se versa intorno alla natura delle idee , ,, del modo onde dall' azione delle facoltà si gene- „ rano , e de' segni con che si rappresentano; e psi- „ cologia^ se versa intorno alla natura delle umane ,, facoltà considerate in se stesse , nell' essere che n'è „ il soggetto , ed in quanto alle materiali condizioni ,, per le quali si manifestano . La filosofia pratica ,, si addimanda logica , ove prescriva le regole per „ guidarci e condurci nella ricerca della verità , ed „ afferrarla scevra da errore; e morale^ ove delle virtù ,, la bellezza , e de' vizj la deformità ed i tristi ef- ■)•, fetti acconciamente descriva , ed i mezzi ci appre- M sti per infrenare quelle passioni, che dal dritto sen- ,1 ticro ci fan torcere , e [ler afforzare quelle che all' 13^ 196 Scienze „ acquisto del vero bene ostacolo non oppongono (1), Da questo passo i leggitori potranno ben figurarsi il formamento e la rispondenza delle parti , dalle quali risulta questo sirainctrico edifizio filosofico ideato dal nostro autore. Ne restar mi voglio dal riferire le di lui proprie parole , in cui non solo l'ordine progres- sivo ci dichiara , con che egli verrà alla trattazione di cadauna parte , ma la ragione ben anche ne as- segna brevemente, che mosselo a seguir questo e non altro metodo. Nel dichiarare le varie parti delle filosofiche di- scipline „ abbiamo ( ei dice ) a prender le mosse dalla „ disamina de' fenomeni , pei quali si manifesta lo svi- ,, luppo e lo esercizio delle facoltà dell' anima , e ,, quindi venire argomentando la natura di queste, le ,, materiali condizioni per le quali ha luogo il loro ,, esercizio , e le proprietà dell' essere , cui primiti- „ vamente appartengono : ed in fine , veduta la ma- „ niera con che esse entrano in azione , ed i risulta- „ menti del loro esercizio, ragionare del modo con „ che dobbiamo dirigerne l'uso , e 1' applicazione ai „ loro oggetti ,i . (2) A potere adunque con sicuro metodo scoprire e dichiarare la natura delle facoltà della nostra mente, il prof. Tedeschi si mise per una via ben diversa da quella , che batter si suole dall' assai parte degli al- tri filosofi. Appena costoro prendono a trattar di psi- cologia , che subito subito ti cominciano a fare un computo aritmetico delle facoltà dell' anima nostra: e chi ti assevera esser due soltanto le facoltà madri , e chi raccogliendo con più diligente calcolo la som- (I) Pag. 8. {■1] Pag. IO. Elementi di filo oeia 197 raa tra madri e figlie ne annovera sei , chi sette , e chi otto : e ci ha pure una maniera di filosofi da più generosi pensieri , che non si acchetano ove tu loro non conceda liberalmente che nove, anzi dieci stru- menti suole adoperare l'anima nostra per mostrare tut- ta intera la sua efficacia. Ben io mi so che con tut- ta questa discrepanza di enumerazione, le differenti scuo- le filosofiche intendono in fatti di denotarci le stesse funzioni dello spirito. Ma potraramisi per tutto que- sto negare, che questa stessa discrepanza di termini sia agli avanzamenti della scienza pregiudicevole , che fonte perenne di logomachie si sia , che generi con- fusione , e che alcuna volta in madornali sbagli fac- cia incappare i mali esperti investigatori della nostra intellettuale e morale natura ? Per iscansare questi inconvenienti il N. A. fece gran senno nel voler prima d'ogni altra cosa consi- derare attentamente e con divisata analisi tutti i fe- nomeni, che in noi avvengono con continua ripeti- zione , perchè più agevol cosa venisse indi raccoglie- re le differenti facoltà dello spirito umano. Che per vero queste facoltà non sono esseri esistenti effettual- mente , ma sono piili presto creati e ideati dalla no- stra ragione , ed originano dalla nostra maniera di concepire e di astrarre. II principio semplicissimo , attivo ed unico della nostra vita interna , eh' anima suolsi denominare , non può in fatto esser dotato di differenti forze discrepanti in sostanza l'una dall' al- tra. Unica e sostanzialmente indivisa è la sua forza , e questa stessa forza altra cosa non è che l'anima in atto di operare. Pur comechè semplicissima in se, que- sta forza operativa in varie guise , e con varie con- dizioni riducesi in esercizio. Or chiunque si voglia co- noscere quante e quali sieno queste guise e condizio- ni , che facoltà si chiamano , uopo è che consideri 198 Scienze gli atti , che ne sono il risultato. Indarno s'indaga il modo di operare , quando s'ignora l'effetto della for- za operante. Questa sensatissima massima seguendo il prof. Te- deschi, in tre classi distingue i principali fenomeni , ossia i fatti di coscienza : ciò sono, 1 ." le idee , 2." i sentimenti^ e 3.° gli atti volontari (\)-^ e di ciascu- na classe fa un analitica dichiarazione in altrettanti appartati capitoli. Quanto alle idee l'autore si fa a considerarle per rispetto alle loro proprietà , agli oggetti a cui si ri- feriscono , e alle sorgenti da cui originano. E per- chè ciascuno possa di per se conoscere e giudicare quali sieno le dottrine professale dal nostro filosofo su questa classe di fenomeni del nostro spirito , che tanto larga materia han dato in tutti i tempi ai piiì possenti e speculativi ingegni di dispute e di cal- de disquisizioni, abbiam riputato convenevol cosa l'ad- durre il sunto che l'autore proprio ne fa alla fine del primo capitolo della sua ideologia. „ Dopo tutto ciò che intorno alla formazione delle idee si è discorso , chiaro apparisce che tra le nostre idee le une derivano dai sensi , e le altre dallo eser- cizio di certe proprietà dell' intelletto , e che tra que- ste alcune sono indipendenti dalla sensazione , altre dipendenti da questa funzione , e talune altre nella sensazione e nello esercizio delle facoltà istesse han- (i) Questa triplice divisione fu precedentemente adottata dal filosofo tedesco Diodato Guglielmo Gerlach , il quale nei suoi Rudimenti di filosofia fondamentale ammette nella coscien- za tre fenomeni particolari, chela compongono, cioè {\ pen- siero , ossia la rappresentazione , il sentimento , e la volontà. Ved. Cousin Fragments philosophiques, 1826 pag. i52 scg. Elementi di filosofia 199 ho del pari la causa occasionale, che fa agire la cau- sa eflìcienle da cui ripetono la loro origine. „ Non ci è poi difficile riconoscere una classe d'in- tellettuali prodotti , i quali suppongono una speciale applicazione della facoltà di agire su le idee ed i sen- timenti , che dall' azione spontanea delle facoltà pro- cedono ; notare che ncUo sviluppo di nostra mente sia d'uopo distinguere due epoche ; quella cioè della Spontaneità, e quella della riflessione; e vedere come io esercizio delle facoltà nella seconda epoca mano mano va estendendosi , e così aver suo incremento la isfera delie umane conoscenze. ,, Ne ci è altresì malagevole distinguere nel fatto della formazione delle idee, 1.° i materiali di cui la Conoscenza si compone ; 2.° le operazioni per le qua- li questi materiali acquistan la forma d'idee chiare e precise , ed entrano in un prodigioso numero di com- binazioni ; e 3.* finalmente le facoltà o potenze , cui si lega la produzione dei primi , e la possibilità del- le seconde. Abbiamo di già esposto i fatti, da'quali isi raccoglie , che i materiali onde le idee si compon- gono sono, 1.° le sensazioni, o modificazioni genera- te all' occasione di un ispeclal movimento da cause esterne od interne impresso a certe parti del corpo, e per via di fili nervei sino all' encefalo propaga- to ; 2,° il sentimento di moti sentiti e voluti , ed ef- fettuati per certe parti del corpo ; 3." il sentimento dello esercizio della facoltà di conoscere ; 4." il sen- timento degli appetiti , e de' fisici bisogni, delle emo- zioni piacevoli o dolorose, e delle afìfezloni che pier gano e dispongono l'animo piii o men forte ad agi-» re in una data maniera ; 5." i concetti che determi- nano e specificano ogni maniera di prodotto intellet- tuale , 0 costituiscono le varie forme delle percezio- hi di rapporto ; e G.*' il sentimento dell' azione di scc- 200 Scienze gliere e di preferire , e del potere di dar opera al contrario di» ciò che si avesse deliberato di effettuare. „ Non abbiamo tralasciato di osserv^are, che tra le operazioni , per le quali i primitivi prodotti del sen- so e dell' intelletto sono in piià guise modificati e combinati, bisogna distinguere, 1.° l'attenzione eia riflessione, con che i sentimenti esterni ed i senti- menti interni sono singolarmente e distintamente av- vertiti , e quindi più agevolmente tenute in serbo so- no le idee , che ci formiamo essendo fermi nelle no- stre varie maniere di sentire ; 2." gli alti di astrarre e di analizzare , per cui mezzo le idee composte so- no sformate , e gli elementi di queste veduti come separati dal restante , e ridotte in un certo sistema le idee degli esseri e dei fenomeni ; 3.° il confronto ed il raziocinio , con che vengon le idee ravvicinate di modo , che è possibile sventarne i rapporti ; e 4.** la sintesi che riunisce insieme e lega molte idee per formare un tutto , che or a qualche cosa reale si ri- ferisce, ed or non ha archetipo o modello fondamen- tale al di fuori della mente nostra. Finalmente da ciò che detto abbiamo intorno all' origine delle varie spe- cie d'idee , e delle operazioni intellettive per le quali mano mano rischiarasi ed estendesi la stera delle cono- scenze , ne conseguita che le facoltà sono, 1 ." la ca- pacità di avvertire ogni maniera di modificazione, che venghiam provando nella nostra maniera di essere, o per causa esterna , o per causa interna ; 2." la po- tenza cui appartengono la operazione di percepire i rapporti ed i legami delle cose , e la generazione de' concetti di coordinazione e di specificazione ; S.** la spontaneità di affezione , per la quale siam capaci di patire tante e sì diverse morali emozioni aggradevoli o penose ; e A." la spontaneità di volizione od atti- vila , che regolando e dirigendo l'applicazione de'scn- Elementi di filosofia 201 sì , e svegliando certe idee e ravvicinandone alcune, influisce su ciò che forma il modo di perce[jire , e fissa e raccoglie i materiali primitivi della cono- scenza (1), ,, Or se alcuno ci chiedesse da qual lato si ten- ga il nostro autore, e qual bandiera ei segua delle due precipue e contrarie parti filosofiche , che con nomi differenti e con vicendevole ed alternata fortu- na han lungamente contrastato per usurparsi l'impe- rio del mondo intellettuale : Il prof. Tedeschi , ri- sponderei , non parteggia ne per gì' idealisti^ ne pe' sensualisti , ma tiene tra essi retta la sua bilan- cia. Ei conobbe la insufficienza di ambe queste due scuole a poterci con ragionevol soluzione dichiarare ciò che in effetto è l'uomo colle sue varie facoltà > mentali , e però ne volle contemperare la esclusiva ambizione. Gli uomini di sensati pensieri convengo- no ornai nella sentenza di quel gaio e sottile filoso- fo , Federigo Arrigo Jacobi , il quale ci ha lascia- to le seguenti ammonizioni , che ,, Tintendimento iso- „ lato è materialista ed irragionevole , niega lo spi- ,, rito e Iddio ; la ragione isolata in contrario è idea- la lista , ripudia l'intendimento , e fa di se stessa il „ suo Dio. L'uomo integro, indiviso, effettivo e ve- ,, ro è senziente nel tempo slesso e ragionevole , cioè „ ei crede con ugual fiducia in Dio, nella natura , e ,, nel suo proprio spirito (2). Da ciò ei con giudi- ziosa conclusione raccoglieva , che ne il realismo so- lo, ne manco il solo idealismo^ possono darci una ve- ra filosofia , e che poco giovamento da essi nei no» (i) Pag. ii8'i2o. (2) Friedr. Heior. Jaeobi's Ueber-Hussiges Taschenbuch, 1802 Hamburg. 202 Scienze stri studi sulla natura intellettuale deir uomo possia- mo ritrarre , ove queste due scuole per via di mo- derati interpositori le loro differenze con amichevo- le accordo non compongano. Parecchi si sono ado- perati a condurre a concordia le discrepanti ed esa- gerate dottrine de' seguaci dell' uno e dell' altro si- stema , e tra questi di speciale menzione son ben me- ritevoli Krug e Gerlach. Entrambi si studiarono di rannodare con una sintetita unità l'ideale col reale, il subbiettivo coli' obbiettivo , la scienza coli' essere, e in somma l'/o pensante col mondo esteriore , ed entrambi opinarono che la coscienza si sia il sacro e misterioso penetrale , ove si forma questo primitivo ed inesplicabile legamento (1). Con pari sagacita il prof. Tedeschi non toglien- do que^ che si debbe , ne piiì del convenevole do- nando ^lla razionale attività della mente o alla pas- siva esperienza de' sensi, ad entrambi con giusto com- partimento accorda il lor proprio e rispettivo ministe- rio nel formare ed accrescere l'intellettuale tesoro del- le nostre cognizioni. L'ufficio de' sensi , secondo le considerale dottri- ne del N. A., si è quello d'introdurre l'uomo nella vita e di prepararlo ad un modo superiore di esisten- za. Essi sono gli strumenti dal Creator sovrano di ogni cosa sapientemente e con necessarie, come che ine- splicabili , leggi ordinati a rivelarci le cose corpo- ree esistenti fuor di noi. Essi ci somministrano le idee (i) Vedi W. Traugott Krug's Organon Meissen i8or, — e l'altra sua opera intitolata Fundamental plùlosophie , Zulli- cheu l'SoS. Gottliebe Wilhelm Gerlach'Sj Grundrisse der fundamental phllosophie , Halle 18 1 6. Elkmenti di filosofia 203 Tapprcsentanti la realità obbiettiva estrinseci e sen- sibile. E però indubitata cosa egli si è, che da' sen- si procedano le idee relative^ determinate, mutabili, e contingenti Queste teoriche ammesse e con argomenti assai gravi dichiarate dal Tedeschi, mostrano com' egli sia abborrente dall' idealismo di Berkeley , di Ilume e di Fichte. Ciò non pertanto non lascia di oppugnare le contrarie ed estreme opinioni di Hartley , di Priestley, di Gondillac , di Tracy e di Cabanis , i quali tutti i fenomeni dello spirito riferiscono a un principio fisi- co e alle pretese metamorfosi della sensazione. Come che certe facoltà della nostra mente ( sen- satamente nota il N. A. ) si manifestino e in atto operativo si riducano o dopo o simultaneamente all' esercizio de' sensi , ciò nondimeno coi sensi non deb- bono confondersi, o riputarsi per una cosa medesima e come originanti da essi. Noi correggiamo le //<- Iasioni de' sensi , riconosciamo le false apparenze , sotto le quali a noi si appresentano alcuna volta le cose esteriori. Or l'uso de' mezzi , che soglionsi da noi adoperare per occorrere a questo difetto , suppo- ne una moltitudine di cognizioni , che derivar non possono da' sensi. In effetto a quest' uopo non ci ten- ghiam contenti de' soli metodi sperimentali e prati" ci , ma ricorriamo ai metodi razionali , mercè de'qua- li ci è dato di distinguere e sceverare ne' fatti ciò eh' è accidentale ed estrinseco da ciò , che loro per necessita e in verità si appartiene. La conoscenza della realita intrinseca e subbiet- tiva del me , ossia della nostra individuale sussisten- za, non può in noi nascere dalla stessa sorgente, da cui origina la conoscenza della realita obbiettiva ed estrinseca : essendoché il me si riconosce passivo iu quest' ultimo caso , ed attivo nel primo. 204 Scienze . •- Le idee assolute^ indeterminate., immutabili e né-" cessane., come in grazia di esempio quelle di spazio;, di tempo, di casualità, di unitk , di pluralità e di altre simili , nou possono derivar da' sensi. E per ve-^ ro Leibnitz e Kant hanno apertamente dimostrato, che i caratteri di queste razionali nozioni della mente mal si possono conciliare con quei delle sensazioni* La unis>ersalità , e la necessità inseparabili dalle soprac- cennate nozioni, non possono convenire alle singole sensazioni; imperocché , per valermi di un irrepugna- bile argomento di Kant , i sensi e la esperienza ester- na ci mostrano ciò , che in ciascuna volta avviene (was jedesraahl ist), e non già quello che debbe sem- pre e tutte le volle accadere ( was allemahl seyii luuss ). Oltr* a ciò le idee de' modi delle quantità , su cui si versano le matematiche , per l'assai parte non possono divenire ne oggetti., ne immagini, ovvero of- frirsi non possono al senso, ne tampoco essere sotto determinate forme all' intelletto dalla immaginazione rappresentate. Tale appunto si è la nozione detta da' geometri dello spazio assiniotico. Queste siffatte idee son pure e prette creazioni di nostra mente , ne han- nosi a considerare come idee astratte e generali, trat- te con elaborato artifizio dalle tante e svariatissime forme , sotto le quali gli oggetti sensibili si appre- sentano a' nostri organi. Che per vero mal può com- prendersi, come da ciò, che ha immagine , possa de- rivare ciò che di ogni immagine è privo , anzi da essa rifugge. Questi e molti altri son gli argomenti , con che magistralmente il Tedeschi abbatte quella empirica mania , da cui gabbati e presi molti ideologi hau vo- luto sulla sola esperienza de' sensi erigere l'edifizio del sistema intellettuale. Elementi di i-ilosufia 205 Oltre ai sensi adunque Iiavvi un' altra sorgente tìi più larga vena , da cui derivano i razionali con- cetti , le pure nozioni , e le altre idee , che riferir non si possono all' opera dell' esterne impressioni. In due classi l'autore distingue queste idee; cioè in riflesse ed in ispontanee. Le riflesse dipendono da particolari operazioni intellettuali , e sono il lor ri- sultato ; e a questo genere si appartengono le me- diate conoscenze , cui noi acquistiamo mercè dell'uso delle nostre interne facoltà , come in grazia di esera- pio , AcW astrazione ^ àeW analisi ^ della sintesi. Le nozioni spontanee sono forme dell' esercizio delle nostre facoltà , e primitivamente all' uso loro si legano. Sono queste nozioni figlie di quella interna impulsione , la quale per una legge originaria e pri- mitiva spontaneamente ci sospinge dal visibile all'in- visibile , dal sensibile all' intelligibile , dalla qualità all' essere , dall' accidente alla sostanza. E perchè su questo particolare nessuno si faccia a credere, che il prof. Tedeschi ammetta delle for- me e categorie innate , noa acquisite , ed anteriori a qualunque esercizio di facoltà intellettuale o sensi- bile, ei con opportuna ammonizione ci fa avvertiti, che nello spirito «mano non siano da princìpio ne idee , ne verità innate , ma che l'uomo nascendo non porta se non facoltà , disposizioni ed attitudine a co- noscere e a pensare. In questo modo il N. A. si di- parte da tutti quei sogni escogitati dalla feconda im- maginazione di Platone , di Descartes e di Malebran- che, i quali inabili a spianare gli occulti misteri dello spirito umano, hanno creato fittizie ipotesi , che ine- splicabili anch' esse hanno via maggiormente in te- nebre inviluppato ciò che di saper non ci è con- cesso. Merce di queste nozioni priraittivc e spontanee 206 Scienze dell' intelletto felicemente l'autore dichiara il come noi giugniarao a conoscer l'esistenza di noi medesimi e degli oggetti esistenti fuori di noi. La idea di sostanza originar non può ne da ri- flessione, ne da ragionamenti, ossia dall' esercizio ella- Lorato delle intellettuali facoltà. Questa idea, come- chè oscura , trovasi in tutti gli uomini , di guisa che uopo è che si reputi per un prodotto primitivo della spontanea azione delle nostre facoltà. Mercè di que- sta idea , eh' è un elemento primitivo, essenziale ed integrante del nostro intelletto , e senza confronto ve- runo o ravvicinamento d'idee antecedentemente acqui- state, noi proferiamo quei due giudizj primitivi io so- no >, io voglio , i quali da Diodato Guglielmo Ger- lach sono denominati fatti fondamentali , anteriori a tutti gli altri fatti o fenomeni dello spirita. Da que- sto possono i leggitori argomentare quanto il prof. Te- deschi si dilunghi dal principio ammesso dal Rosmi- ni nel suo Nuovo saggio sulla origine delle idee , cioè che la conoscenza del me sia il risultato di un giu- dizio non già. spontaneo , ma si bene espresso e for- mato coli' applicazione della idea generale di esistenza^ di essere^ di sostanza, alla nozione della nostra in- dividualità . Il rispetto , col quale noi osserviamo ed apprezziamo la speculativa valentia del Rosmini , non può tenerci dal dire che molto egli dal vero in questo particolare si discosta , e che in contrario il Tedeschi vi si appressa. E di vero , come mai si può comprendere, che l'anima nostra conosca concretamente la sua esistenza mercè di un giudizio elaborato col con- fronto di due idee generali ed esplicite, dell'edere cioè, e del me , mentre le lingue delle nazioni tutte ci mo- strano , che dapprima sempre si sono adoperato frasi esperimenti pensieri molto composti , e che dopo mol- to trapassamcuto di tempo, e dopo molto fatiche i pò-- ElKMKNTI di 1-lLOSOFlA 207 poli finalmente arrivano all' uso delle voci esprimenti frammenti d'idee e nozioni estratte ? Or se la storia della umanità ci fa fede di questo graduato progres- so , uopo è concludere che in ogni individua per- sona succede quello stesso , che ad ogni individuo po- polo accade. Giudizio egli adunque si è la conoscen- za del me, ma non un giudizio^ elaborato , espresso , combinato ed astratto , si bene un giudizio sponta- neo , implicito^ semplice e concreto. Eperò due clas- si di giudizj , secondo che ce ne fa chiariti il N. A , vi sono , cioè giudizj artificiali e secondar] , e giu- dizj naturali e primitivi. I primi dal confronto ri- sultano di due termini conosciuti, prima che l'essere giu- dicante li compari e ne giudichi. I secondi non sup- pongono verun ravvicinamento di due termini , ne esi- gono il confronto di quelle percezioni che ne costi- tuiscono particolarmente i soggetti e gli attributi. Mercè di questa stessa interna impulsione , da cui risultano i concetti e i giudizj primitivi e costituenti l'intelletto, e mercè di un'applicazione spontanea e naturale del principio di causalità e del principio dell* essere, passiamo dal me modificato all' oggetto ester- no modificante. Per una proprietà ingenita della no- stra mente ogni sensazione ha luogo sotto la condi- zione di un triplice riferimento al me, che n'è il sog- getto , al senso che n'è l'organo , e all' oggetto che la fa nascere impressionando il nostro corpo. Il me sempre mai , e in virtù di una legge che presiede alla generazione delle sensazioni , e mercè della riunione di due giudizj primitivi, riferisce le impressioni ricevute al senso speciale che n'è il veicolo , e alla causa este- riore. La coscienza che noi abbiamo della reale esi- stenza di una cosa fuor di noi, che ci modifica colle sue impressioni , non è un frutto della riflessione e dell' abito ; conciossiachè l'esperienza è possibile, al- 205 Scienze lorquando le facoltà nostre fossero per l'esercizio di- ventate molto attive, e quando per le conoscenze acqui- state fosse possibile una convenevole applicazione di esse a'Ioro oggetti. Altri filosofi assai più arrischiati , che il Tede- schi , si sono piaciuti d'investigare più alla minuta il modo , con che lo spirito percepisca per via delle sensazioni gli oggetti esterni. Ma queste troppo scon- siderate investigazioni ad altro non riuscirono , che all' escogitazione di varie supposizioni. Quindi ven- nero le specie^ le idee e le immagini , le quali al creder degli antichi peripatetici , e dei moderni filo- sofi Berkeley ed Arnauld, si spiccano dagli oggetti e sen volano a stamparci in mente la rappresentanza delle cose esteriori . Quinci vennero ancora le cait~ se occasionali di Descartes , la intuizione imme~ diata in Dio di Malebranche, l armonia prestabi- lita di htihmiz, r influsso fisico di Wolf, e la imme- diata intuizione degli oggetti adottata da altri filosofi. Ma pare che il N. A. poca fede abbia aggiu- stata a questi bei sogni , e che si sia più presto at- tenuto al più savio consiglio di Krug , il quale por- tava opinione ,, che soltanto quel sistema sia da ap- ,, provare , che riconosca ed ammetta la sintesi tra- „ scendente tra il soggetto pensante e 'l mondo este- ,, riore , senza che briga si dia di spiegarne il rao- „ do, in che questa rispondenza succeda,, (1). Se poi alcuno ci sia , che mal contento si chia- mi a questa sobrietà del nostro filosofo nel confes- sare per inesplicabile questo fatto psicologico , a co- stui vorremmo ridurre in mente quella massima di un acuto e quasi obbliato scrittore, che,, magna. (1) King' sches Organon, S. 75. Meisseu 1801. ElEMEìNTI di FlLOSUiiA 209 „ immo maxima , pars sapieiitiae est quaedam acquo „ animo nescire velie ,, . Dopo questo corsivo saggio sullo dottrine ideolo- giche del N. A. ci sarebbe stata cosa assai gradevole il venire all' analisi della 2.» e 3.^ parte dei di lui ele- menti di filosofia , ove tratta de' sentimenti e degli atti volontarj. Ma troppo lungo sarebbe e mal ap- priato alla natura di un articolo critico il distender- ci più oltre. Ciò non pertanto tenghiarao ferma spe- ranza, che dall'anzidetto verrà facile ai leggitori il co- noscere che la celebratissima patria di Caronda produca ancora nei tempi nostri ingegni tali da mantener fio- rente ed in lustro la fama della sapiente Catania ; e di ciò fanno aperta fede il nostro professore Tedeschi, e il resto degli egregj suoi colleghi , Maravigua, Di Martino , Gemei laro , Longo e Scuderi. Abb. Ant. De-Luca. Sopra i Rumford popolari proposti ad uso domestico dal dott. Nicolò Della Torre, Xj economia del combustibile, e la riproduzione del medesimo sono elementi, dai quali strettamente dipen- dono gì' interessi di ogni nazione : perchè in essi l'in- dustria , unica ed assoluta ricchezza dei popoli , tro- va mezzo di prosperare e dilatare i suoi confini. Gì' illuminati governi mostraron pieno convincimento di questa verità quando con piovide leggi promossero la coltura dei boschi, e la riproduzione dei medesi- mi ; e quando animarono e favorirono lo scavo del- G.A.T.LV1II. 14 210 S e I E K Z E le miniere di carbon fossile. Volgasi uno sguardo sull* attuale stato dell' Inghilterra , e tosto si convincerà ognuno che una delle principali sorgenti della industria è l'abbondanza della materia che somministra il fuoco. (1) A questo bene furono diretti gli sforzi di quei dotti fisici che procurarono di ottenere dal combustibile il massimo effetto, profittando di tutto il calorico sviluppato dalla combustione ; fra i quali più di ogni altro si distin- se il conte di Rumford col trovato di quei fornelli, che il nome ricevono dall' inventore loro. A questo mirarono eziandio gli utilissimi sperimenti del eh. dott. Nicolò Della Torre , da esso esposti in una memoria letta alla società economica di Chiavari , dai quali è stato condotto a costruire un fornello, da esso chiama- to Rumford popolare , che è una utilissima ed eco- nomica modificazione del conosciuto fornello, di Rum- ford, Di tal memoria , venutaci per avventura nel- le mani , e stampata per ordine della nominata so- cietà, daremo brevissimo cenno col presente artico- lo, persuasi che un lavoro per chiarezza, precisione, ed utilità coramendevolissimo, come questo è, debba in- teressare i leggitori. Sommo è l'interesse di quella so- cietà economica pel pubblico bene, uè l'opera in pro- posito è la prima delle sue utili produzioni : cosic- ché le cure del chiarissimo suo fondatore sig. Mar- chese Stefano Rivarola, non rimangono prive di un ef- fetto glorioso a lui , utile agli altri. L'uso dei rumford è cosi limitato, che questa in- venzione sembra quasi un oggetto di lusso, fatto pei ric- chi dilettanti di novità , quantunque sia tutl' altro lo scopo principale della sua invenzione. Il primo dei motivi pei quali ciò avviene, si è la forte spesa ri- chiesta per l'acquisto dei Rumford , atteso l'innesto dei ferro che fa duopo nella costruzione dei mede- simi ; ai quali serve questo metallo per dar forma e Sopra i humfoud 21 i sostegno. Laonde un rumford fornito della sua pen- tola di rame , costa lire cento, o in quel torno ; e poiché ne abbisognano due almeno per ogni famiglia, ognun vede ciò non essere proporzionato agi' interes- si limitati della classe meno agiata. Perciò la più parte delie persone sono costrette a farne senza. Il secondo motivo, pel quale non può estendersi l'uso di questi fornelli , è la costruzione dei medesimi che li rende limitati a un dato vase o pentola di ra- me ; condizione che induce imbarazzo tanto nei pro- prietari delle case, quanto in coloro che le abitano. In fatti nel variar casa, per lo piiì i vasi dei nuovi abi- tanti non saranno proporzionati ai fornelli gik co- struiti , e perciò o il proprietario dovrà rifabbricar questi , o l'inquilino dovrà procacciarsi nuovi uten- sili. Quindi è che gli uni e gli altri, per togliersi da qualunque impaccio , convengono nello escludere piuttosto l'uso della rumfordiana invenzione. Agli osta- coli teste accennati due altri se ne aggiungono egual- mente importanti, e sono le pentole di rame di cui esclu- sivamente si fa uso nei citati fornelli , e l'imbaraz- zo che arreca la costruzione dei medesimi. Del pri- mo ostacolo ci si darà occasione di parlare appresso ; riguardo al secondo, brevemente osserveremo che il disturbo di parecchi giorni nella parte piiì necessaria della casa, qual' e la cucina, talmente incomoda gli abitanti , che dà ragione a questi di non essere pro- pensi pur siffatti lavori. Che se vogliasi considerare l'imperizia degli artieri che in queste costruzioni pi- ronoraiche lavorano senza norme fisse , seguendo chi un metodo chi un altro, riconosceremo una nuova dif- ficoltà per la introduzione dei rumford. Poiché l'ef- fetto vantaggioso dei medesimi dipendendo da una de- terminata e regolare costruzione , quelli che vorran- uu adottarli saranno disanimati dal farlo per tema che 14* 2\2 Scienze l'opera riesca imperfetta , o contraria del tutto al suo scopo. Perciò il eh. dottor Della Torre concepì l'idea di uà fornello che ad un tempo escludesse l'uso di un particolar vase di rame , l'imbarazzo della costru- zione , l'eccedente suo prezzo , e riunisse i vantaggi della economia del combustibile. Gli sforzi non ordi* nari di questo dotto filantropo furono coronati da un felice successo : poiché riesci egli a costruire un for- nello economico di lavoro fittile , da potersi acqui- stare per tenue prezzo , e collocare con poca arte muratoria , e senza disturbo domestico ; al quale die- de il nome di rumford popolare, a significare la con- venienza del medesimo per ogni persona , ed a con- servare la memoria del primo inventore di siffatti fornelli. Il rumford popolare è di due pezzi l'uno all'al- tro sovrapposto , con una pentola parte anch' essa del fornello , e formata della materia di questo. Il pez- zo superiore che fa l'ofHzio di stufa , entro cui po- jiesi la pentola, dicesì caldano : l'inferiore, nel qua- le ardono le legna, dicesi focolare; e la buca per la quale introducesi la legna è fornita di una por- ta , collocata a guisa di saracinesca, per poter mo- derare il volume della corrente aerea , che alimenta la combustione. La forma poi del tutto è semplice , economica , ed elegante. Il rumford ordinario diversifica molto dal popo- lare , per varie modificazioni e riforme in questo in- trodotte , le quali sono talmente interessanti, che non possiamo dispensarci dal darne il seguente brevissimo cenno. E primieramente nel rumford del nostro au- tore trovasi abolito il cenerario , avendolo egli rico- nosciuto per esperienza mutile ed incomodo. Da ciò deriva molta utilità, perchè il sito non occupalo dal Sopra i rumford 213 cenerario può servire di stanza per le legna, e per- chè dopo cessate queste di ardere , il fuoco può ac- cumularsi , e serbarsi per altri usi. Il fornello a que- sto modo costrutto può essere agevolmente collocato sul piano di un focolare qualunque , con gran co- modità delle persone che usano intorno ad esso. Se- condariamente la fattura del fornello popolare diver- sifica da quella dell' ordinario per la mancanza del canale che in questo serve allo sfogo del fumo , il quale nel primo trova escita per un foro praticato nel caldano, e quindi progredisce su pel condotto prati- cato nel muro. Ciò produce una distribuzione pìi!i uniforme di calorico , ed un maggior concentramen- to del medesimo , non che una maggior economia di combustibile, come gli esperimenti comparativi, a que- sto prò istituiti, hanno evidentemente dimostrato. L'al- tezza del focolare in questo fornello è quale si ri- chiede pel massimo effetto della fiamma , e la divi- sione del medesimo in due pezzi riesce utilissima per la comodità dei trasporti, e per la facilita di po- tere in ogni caso rinnovare quello dei due pezzi che per avventura fosse divenuto inservibile. Un altro van- taggio del nuovo fornello è di essere formato di un tutto omogeneo, e tale qual' è la terra argillosa, che tanto più tenace diventa , quanto piiì all' azione del calorico è sottoposta. Per lo contrario i rumford or- dinari risultando di un tutto eterogeneo , cioè di cal- cina, mattoni e ferro, si comprende facilmente che a lungo esposti all' azione dell' agente calorifico , deve la calcina sfiorire, ed il tutto sconnettersi. La mobi- lita h un altro particolar pregio del fornello in pro- posito, il quale perciò, a differenza dei soliti rumford, può senza difììcolth di sorta essere trasportato, e can- giar luogo a piacere di chi vuole usarne. Quindi fé ì proprietari per qualunque siasi cagione non forn> 214 Scienze scano di sìfTatto utensile le abitazioni , potranno gì' inquilini provvedersene facilmente , senza l'inconve- niente di dover fabbricare in case altrui , e di la- sciare ivi un comodo acquistato a proprie spese. Per tal modo un' estesissima classe di famiglie potrà gode- re di questo vantaggio , ed il povero non meno che il ricco potranno trovare in esso egualmente la loro convenienza. Infatti può questo fornello usarsi tal qua- le uscito dalla fabbrica, posandolo sul piano di qual- siasi focolare , senza bisogno di altro , fuorché di un condotto pel fumo , e di alquanto muro all' intorno dei pezzi per maggior loro difesa ; e la spesa occorrente non sarà sproporzionata cogl' interessi delle povere fa- miglie. Il facoltoso poi, che ama l'utile congiunto al- la eleganza, avrà come appagarsi ponendo i pezzi de- scritti entro una cassa a questo fine costruita , lo che in varie guise può eseguirsi. L'incassatura può farsi parte di materiale e parte di legno , e può a questo sostituirsi eziandio la lavagna. Può la cassa essere non di pezzi posticci , ma stabili , e fortificata con accon- ci ferrameuti. Per tal modo, il sistema prenderà l'a- spetto di un mobile di casa ; e chi amasse maggior sontuosità, potrebbe ancora vestire il fornello di la- stre marmoree , senza tema che queste vengano cal- cinate dall' azione del fuoco , atteso uno strato di ce- nere o di altra materia coibente , interposta fra il fornello e la cassa. In fine l'incassatura può formar- si più o meno elegante, ed ognuno potrà farvi quel- le modificazioni ed aggiunte che saranno del suo ge- nio. Quello però che deve principalmente notarsi è, che questo fornello , sgombro dal cenerario , dal ca- nale di circolazione , e dagli spiragli , non dimeno sostiene il paragone degli altri ne' quali trovansi pra- ticati questi artifizi. Della qual cosa il nostro autore si è convinto con sperimenti a questo fine istituiti , Sopra i uuiviford 215 ai quali noi ci atterremo, ancorché le astratte dottri- ne noi consentissero. Nei ruraford ordinari non pos- sono aver luogo fuorché vasi di stabilita misura ; questa restrizione incomoda non sussiste nel fornello popolare. In questo possono collocarsi anche quei jecipienti, le cui dimensioni sieno minori della capa- cità del fornello stesso , poiché in tal caso può di- minuirsi con un cerchio di ferro quanto conviene l'a- pertura su' la quale deve collocarsi il vase. Con tal mezzo l'adottamento dei ruraford si rende più fa- cile , e piiì generale la utilità che i medesimi arre- cano. Sebbene lo stagno applicato alla superficie inter- na dei fecipienti di rame , e con diligenza rinnovato, renda innocuo l'uso dei medesimi nella preparazione dei cibi ^ tuttavia non mancano di quelli che sentono ripugnanza per ammetterli nelle loro cucine , memo- ri dei funesti casi prodotti dall'ossido avvelenatore, che ilei recipienti stessi potè formarsi. Costoro amano in- vece servirsi di vasi di terra o di ferro ; e dei primi la piiì parte fa uso , ne saprebbe accomodarsi ad altro. Perciò a questi non può riescir gradita la invenzione dei rumford ordinari , che solo ammettono vasi di rame ; circostanza che sinistramente influi- sce anch' essa nella propagazione di questo trova- ioi II nuovo rumford però , mercè della sua in- terna struttura, riceve le stoviglie, come i vasi di qual siasi metallo ; anzi pel meglio della economia il no- stro autore ha immaginato, che dove si fabbrica il for- nello, ivi si faccia della stessa materia la pentola che deve in esso collocarsi. Così le povere famiglie po- tranno al prezzo di poche lire comprare fornello e re- cipiente, e profittare di quella economia che finora Venne loro interdetta. Da tutto ciò che abbiamo fin qui brevemente ac- cennato concluderemo, che i vantaggi del rumford pò- 216 Scienze polare sono l'abolizione del cenerario , la fattura in- terna del fornello^ Tesclusione del ferro e della cal- cina nella costruzione del medesimo , la mobilita del lavoro , l'adattamento in esso dei vasi di vario dia- metro , l'uso finalmente delle pentole di terra. Ve- diamo adesso colla stessa brevità quanto sia il van- taggio che da ciò ridonda sì nella pubblica, si nella privata economia. L'elemento necessario per giungere a determina- re l'economia del combustibile tanto in particolare quan- to in generale di questo fornello consiste, come dice l'autore, nella esatta cognizione del consumo del combu- stibile tanto nei fornelli all'antica quanto nei nuovi, per istabilirne poi la differenza che intercede fra gli uni e gli altri. Quindi è che dopo replicati sperimenti ha egli conosciuto che il consumo del combustibile nei fornelli antichi essendo 5 , nei nuovi è 2 , cioè ne' secondi alquanto meno della meta che nei primi. Ora per venire con questi dati alla determinazione dell* economia del combustibile, fa duopo prima d'ogn'altro avvertire, che il rumford popolare si suppone non con- venire fuorché alle famiglie cittadinesche. Poiché sebbe- ne un focolare agreste il triplo consumi della legna di un focolare civile , nondimeno il contadino che per questo genere non conosce ne dispendio ne scarsità, che neir educar le piante arbitro si tiene della loro di- struzione , che nelle lunghe sere d'inverno, attorniato dal fumo a dalla rustica sua prole , ama scuotere le Lrage, e frugar tra le fiamme del suo rozzo ma vivo focolare , di mal animo rinuncerebbe a queste per lui comode abitudini, per l'economia di una materia, che pronta sempre al suo bisogno ritrova. Ciò pre- messo, per calcolare il risparmio del combustibile per l'introduzione dei nuovi rumford in una popolazione, farà duopo detrarre da questa il celo contadinesco , Sopra i rumford 217 e la classe dei veri raendlcanti senza casa e cucina, pei quali non può aver luogo quel risparmio. Dovrà inoltre la massa residuale della popolazione calcolar- si a fuochi , alla ragione di cinque individui per ognuno , e si avrà cosi il numero delle famiglie alle quali conviene l'uso del rumford popolare. Ragionan- do l'autore a questo modo sopra la popolazione del genovesato , che ascende a seicento mila abitanti, de- duce essere dugento mila il numero degl'individui lun- go il litorale ligustico da prendersi a calcolo in tal caso , e conclude quaranta mila essere ivi le fami- glie capaci di godere del risparmio. Necessita poi che si determini la quantità del combustibile da doversi assegnare ad ogni famiglia ; per la qual cosa riflet- tiamo che il fornello di cui trattasi, come non si cre- de acconcio pel ceto villeresco, neppure si crede adat- to per ogni fuoco , poiché il rumford e di un uso determinato , e di particolar vantaggio. Vi sono delle vivande che opportunamente si preparano al fuoco di legna , e per queste si propone il nuovo fornello, che per la sua qualità fumivora , e pel concentramenlo del calorico, concilia nel fuoco di legna i vantag- gi del fuoco dì carbone , i quali consistono nell'uni- formità del calore , e nella mancanza del fumo. I rum- ford sono principalmente destinati alla lunga bollitu- ra della pentola mantenuta con pochissimo consumo di legna, perciò l'uso dei medesimi è indicalo per quel- le vivande , che di tal condizione abbisognano per essere preparate. Tali sono quattro sorta di mangiari comunissimi, dei quali usa generalmente ciascuna clas- se della popolazione , cioè la minestra il lesso , gli erbaggi, ed i legumi. Fondato sopra questa restrizio- ne savissima , il nostro autore intraprese nuovi spe- rimenti, dai quali ebbe in risultamento, che la quan- tità, media del consumo di legna per gli usi teste 216 Scienze specificati , è per ogni famiglia di cantara genovesi trentasei circa. Tal quantità, ridotta secondo il rag- guaglio economico di due a cinque per l'uso dei nuovi fornelli , darebbe cantara quattordici di reale consu- mo in uno di essi , senza riguardare però alle frazio- ni. Ma volendo per eccessiva esattezza prendersi a cal- colo quella quantità di legna, che spesso nelle cuci- ne si spreca, per tenere inutilmente acceso il fuoco^ faremo ascendere il risparmio a sole venti cantara, e il consnmo a sedici , cioè a libbre sei e mezza dai oncie dodici a libbra per ogni giorno , in ciascuna famiglia. Ciò riferito alle quaranta mila famiglie del genovesato, alle quali si è veduto convenire l'uso dei rumford, determina un risparmio annuo di legna per tutto lo stato ligure ^ ascendente ad ottocento mila cantara. Questo risparmio e prezioso pel povero • é sé taluno lo stimerà spregievole per l'economia del ricco^ certo dovrà riconoscerlo di gran momento per l'eco- nomia pubblica. Che se pel bucato ^ pei lambicchi j per le tintorie, per le concie, e pei fattoj , s'intro- ducessero i rumford così modificanti , riescirebbé soni- niaraente grande il risparmio della legna. Ma , potreb- be obiettarsi, da taluno a qual prò questa economia ? Il povero ha sempre vissuto senza di essa , ne la le- gna è mai mancata al comune bisogno. Il diminui- to consumo di essa non farebbe che decimare una pi^o- porzionata circolazione di danaro, e la ridondanza av- vilendo il prezzo di questo genere, recherebbe pregiu- dizio, se non ad altri, certo agli abitanti del conta- do , che in parte sostentansi col traffico del medesi- mo. Per conoscere la insussistenza di questa obie- zione riflettasi primieramente, che il risparmio della le- gna è necessario , dove questo genere scarseggia, co- me appunto accade nel genovesato : ed è utilissimo dove il medesimo trovasi con abbondanza.i Sopra i rumford 21 9 Imperclocclic nel primo caso la diminuzione del consumo compensando la scarsezza di quel genere, non permetterà che il prezzo del medesimo si aumenti di troppo : nel secondo, il suo risparmio diverrebbe sorgente di nuova ricchezza , potendosi avere in esso una profittevole merce di cambio. Inoltre gì' impieghi moltiplici della legna , sia in costruzioni di ogni sorta, sia in alimentare le fabbriche ignivore , preziosissima rende in qualunque luogo l'economia della medesima. Perciò la legna, che per la introduzione dei rumford popolari verrebbe a risparmiarsi, non può riescire ste- rile , ne agl'interessi contraria degl' individui che ne fanno commercio. Le nuove manifatture che questo risparmio introdurrebbe , nelle quali la materia del fuoco è il principal mezzo , farebbe si che lo smer- cio della legna crescesse con vantaggio di chi ne traf- fica , e che la sfera della industria dilatasse i suoi confini, ed aprisse nuovi guadagni alla popolazione. Applicando il nostro autore questi rapporti eco- nomici al capoluogo della provincia di Chiavari , deduce che la legna risparmiata nelle mille seicen- to cucine di quella terra monterebbe a trenta mi- la cantara , onde primieramente si avre bbe una spe- sa tanto minore; secondariamente questo risparmio an- nuo introdurrebbe nuove speculazioni nel capoluo- go stesso , e si consumerebbe in fabbriche, di cui fin ora tutta quella provincia ligure abbisogna, come sa- rebbero fornaci di mattoni, di calcina, di vetraje ec; per conseguente il nuovo impiego di questo combu- stibile sarebbe più vantaggioso del suo inutile con- sumo. Però non mancano di quelli che per ignoranza o per malizia mal giudicando di ogni novità , pre- tendono trovare ovunque ostacoli alle riforme, ed ai 220 Scienze progressi della civilizzazione. Suppongasi con questi che Tinipiego riproduttivo del risparmio annuo di le- gna non abbia luogo : in tal caso , presso che im- possibile , sarà facile dimostrare che uon manchereb- be il vantaggio della privata e pubblica economia. Imperciocché dopo la introduzione de' rumfond , se il numero degli offerenti non diminuisse , in questo caso diminuendosi della meta il consumo della legna, nella stessa proporzione si diminuirebbe il prezzo del- la medesima, e per conseguente il consumatore spen- derebbe un quarto solamente di quanto prima spen- deva. Se poi scemasse il numero degli offerenti di le- gna , il suo prezzo rimarrebbe presso che inalterato, ed in primo luogo il consumatore farebbe la meta della spesa di prima: in secondo, le persone ritiratesi per necessita da quel genere di traffico , si dirige- rebbero a nuovi lavori e riempirebbero i vuoti del- la coltivazione; in terzo luogo, avuto riguardo alla crescente popolazione, l'eventuale aumento della me- desima , come si esprime il nostro autore , ritrovereb- be nel cumulato risparmio un fondo di materia da fuoco , che basterebbe ad allontanare il timore del- la minacciante inopia boschiva. E le moltissime piante sottratte ogn' anno alle scure , potrebbero considerar- si qual indiretto e tacito mezzo d'imboschimento , ten- dente a favorire in una nuova maniera l'economia fo- restale , ed insieme l'interesse privalo. L'opera del eh. dott. della Torre, di cui finora ci siamo occupati, oltre alle riflessioni esposte in que- sto articolo, moltissime altre ne contiene, non meno interessanti , e che abbiamo dovuto trasandare , per servir alle brevità che ci è necessaria. In quest' ope- ra la materia è distribuita con metodo lodevolissimo^ e con eleganza di stile. La chiarezza, la precisione , ed il sentimento fdantropico , che appariscono in es- Sopra i uuiuford 221 sa , formano i principali suoi pregi , oltre a tre ta- vole litografiche tlimostrative di cai e corredata, per le quali ognuno , colla sola ispezione , si può for- mare idea distintissima del rumford popolare , dell' ordinario , delle singole parti di questi due fornelli, e ^el modo loro di agire. In somma quelli che amano veder congiunte le scienze cogl' interessi TRI 273 era , principi e re non isdegnarono di torre in mo- gli le sue figliuole , e che il divino Alighieri lo pose ad esempio a' romagnoli de' suoi di , i quali , trali- gnati dai loro avi , secondo eh' ei dice , erano tor- nati in bastardi. Avvenne la sua morte a' 24 di set- tembre del 1225, in età di presso a ottant' anni. Fu portato a seppellire con quasi reale pompa , accom- pagnandolo tutti i principali cittadini e gran folla di popolo , e deposto in una grande arca di marmo nel tempio di s. Giovanni Battista. Narrano gli storici che nel 1501 venuto desiderio ad un Antonio Franchini ravegnano , curiosissimo osservatore delle antiche co- se , di aprire quel monumento , ne fu trovato il ca- davere cosi intero come quando vi fu messo , in abi- to listato a varii colori , con calze , socchi e guan- cialetti di cuoio stampato in oro , e molte foglie di lauro sovra sparse : e dicono che avea in capo il dia- (lema , e una cintura a' lombi , nella quale erano scrit- te in greco queste parole : Pietro della stirpe de' ma- gni Traversati , sozio di re , dell' antichissima Raven- na principe , sempre felicissimo. Morto lui , tenne il principato di Ravenna Paolo suo figliuolo , col titolo di duca : uomo anch' esso per virtìì , prodezza e ge- nerosità di animo non punto minore del padre , che passò di vita nel 1240, e fu seppellito con molto splen- dore nel monumento di Teodorico re , detto oggidì s. Maria della Rotonda. 10 PIETRO TOMAI Non istarò mica in dubbio di noverare fra' più illustri ravegnani Pietro de' Tomai , vivulo nel seco- G.A.T.LVIII. 18 274 Letteuìtura lo XV ; legista di graa uomo non solo m Italia, ma e nelle straniere nazioni. All' alto ingegno di lui s'aggiungeva un dono rarissimo di memoria , e vigor d'animo cosi eccellente , che , come si conta di Giu- lio Cesare , scriveva , leggeva , dettava e ascoltava ad un tempo. Giovanetto di diciannove anni studiò in Padova le leggi sotto la disciplina di Alessandro da Imola , giureconsulto valente e riputato. Dice egli stesso che teneva a memoria le intere lezioni , co- mechè lunghissime , di Alessandro , e le scrivea pa- rola per parola , recitandole innanzi a gran numero di scolari , e risalendo dalle ultime parole alle pri- me. E aggiunge cora' ei voltava tosto in versi quelle lezioni , e le ripeteva con grande maraviglia di tutti. Udendo una volta predicare Matteo Bosso , scrisse le prediche di lui , e glie le portò. Uscirei del mio proposto di voler descrivere brevemente queste vite de' ravegnanì , se altri arditissimi esperimenti di que- sta sua maravigliosa memoria volessi raccontare ; della quale scrisse egli stesso un' operetta latina intitolata Fenice f stampata la prima volta nel 1491. Spargen- dosi per tutto la fama dell' eccellenza del Tomai , fu chiamato ad insegnar dalla cattedra le leggi in Bo- logna, in Pavia, in Ferrara, in Pisa , in Pistoia, in Padova con istipendi onoratissirai. Avvenne che in- segnando egli in Padova , il duca della Pomerania Bugislao , venuto a Venezia l'anno 1497 , e saputa la gran fama di Pietro, pregò Agostino Barbarigo do- ge della repubblica , che gli piacesse concedergli un tanto uomo. Di mala voglia consentì il Barbarigo ; pure per non disdire al duca , finse di parerne con- tento. Bugislao gli mandò di presente a Padova suoi legati , invitandolo ad andare con esso lui a Gri- pswald. Tenne Pietro l'invito , e si parti dell' Italia con la moglie Lucrezia, e co' molti figliuoli che aveva Vite de' bavegnani illustri 2T5 avuti di lei ; accompagnanclolo i giovani tedeschi stu- dianti le leggi nella università di Padova . Già la fama della venuta del Tomai a Grispswald n'era gita innanzi , onde quel giorno eh' egli entrò allato al duca , fu una solennità : da tutte le contrade trassero affollati i cittadini a vederlo. Quivi insegnò Pietro le leggi per alquanti anni, e '1 duca fu sì preso della scienza di lui , che nessuno in amicizia gli entrava innanzi , e gli fece tanti favori , che ne fu detto per ogni luogo. Ma sendo morti a Pietro tutti i suoi figliuoli, da uno in fuori detto Vincenzo (che fu pur esso valente giureconsulto ) e trovandosi molto innanzi di età , volle tornare in Italia , e ne chiese licenza al duca . Il quale , avvegnaché forte gli dolesse e s'ingegnasse di trattenerlo , pur visto che avea fer- mo l'animo a quest' andata , gli fece lettere di rac- comandazione molto onorevoli , acciocché di citta in città , per dovunque passasse , fosse benignamente ac- colto e onoratamente trattato. Federico duca di Sas- sonia , principe sommamente savio e buono , caputo che *1 Tomai tornava in Italia , gì' inviò messi , pre- gandolo che non si gravasse di prendere quel viag- gio per ire a lui a Witteraberga . Mosso Pietro da questa rara benignità di Federico , senza punto in- dugiare , cola si condusse. Il duca , fattegli tutte quelle cortesie che si potevano maggiori , cercò di rite- nerlo con onestissime condizioni appresso di se. Ma poco potè il Tomai ivi dimorare : che un funesto contagio , il quale afflisse molto quel paese , lo for- zò a fuggirsene in Colonia ; dove è incredibile a dire con quanta letizia di quelle genti fosse ricevuto. Con- tano che tanto popolo si ragunava a udire le lezioni di lui , che non v'era luogo che alla folla bastasse. Ora il nome del Tomai erasi diffuso per tutta la Ger- mania in modo , che lo stesso imperadore Massimi- 18* 576 Letteratura liano I volle più volte udirlo disputare. Si legge an- cora la lettera che gli scrisse Giovanni re di Dani- marca invitandolo alla sua corte , ed e piena di al- tissime lodi : sappiamo pure eh' ebbe lo stesso in- vito da' duchi di Meckelburg. Ma Pietro questi in- viti non tenne : avea fermo di voler tornare in Ita- lia , tocco dall' amore della patria ; perocché , cotn' egli dice , 1' antica Ravenna desiderava di rivederlo. Era la domenica delle palme, forse del 1505, quan- do , presente molto popolo , lesse un suo discorso , e con parole di grande affetto si dolse di dover la- sciare quella città ; e mandò al senato una elegia la- tina , dando cosi l'ultimo addio. Pochi giorni dopo la pasqua si partì di Colonia , e venne a Magonza. Smisurata calca di gente gli uscì incontro: fugli detto come i dotti di quel* luogo desideravano udirlo di- sputare ; end' egli , nel cospetto del card. Santa Cro- ce, spose alcuni passi delle divine scritture con tanta copia di eloquenza , che sceso della cattedra , fu sa- lutato con gli evviva. Da Magonza ei non venne altra- mente in Italia , ma secondo che per alcuni si cre- de, tornò a starsene un' altra volta in Wittemberga; ne di questo sappiara la cagione. Si raccoglie da al- cune parole di una sua opera , recate dal Fabricio , eh' egli pervenuto all' ultima vecchiezza , e sazio delle cose del mondo , voltossi affatto alla religione ; e , preso umile abito , entrò nella regola di s. France- sco : la moglie sua seguì l'esempio di lui , e in un monastero di sante donne si chiuse. E questo avvenne forse intorno al 1511. Dopo di che non si sa quello che di lui seguisse : parve però assai simile al vero che indi a poco mancasse di vita in Wittemberga. Que- sto chiarissimo uomo , che pel saper suo fu di ma- raviglia a tutto il settentrione ; amato ed altamente onorato da principi , re , imperadori ; che nelle terre Vite de*£AVEgnani illustri 277 dì Germania mise in più alta estimazione il nome ita- liano ; questo sì degno uomo non potè sfuggire i colpi della fortuna e la maligna invidia delle genti. Perocché visse in Padova poveramente a cagione della molta figliuola nza , e stette alcun tempo ritiralo per debiti : in Colonia ricevette una grave ingiuria , clie gli mise dolore e forte sdegno nell' animo. Molti ne- mici gli procacciò il suo franco e libero favellare , ma più glie ne fece il grande ingegno e la celebrità del suo nome. Fu di membra forti e grosse : assai dedito agli studi , e vegghiava le notti scrivendo. Eb- be molta disposizione alla poesia , ma poco vi atte- se. I volumi da lui composti trattano di scienza le- gale , e sono scritti nell' idioma latino. Per essi si levò a tale altezza di gloria , che niuno de' giuristi suoi contemporanei lo sorpassò : e le molte edizioni clie nel XVI secolo ne furono fatte in Venezia, in Vi- cenza , in Roma , in Lione , in Roano , in Parigi , in Colonia , in Lipsia , in Francfort, dimostrano come a que' di fossero cercati e letti. Il tedesco Ortwino Grazio suo amico tolse a difenderlo dalle mordaci parole degl' invidiosi con un opuscolo che a Pietro indirizzò. Queste detrazioni non oscurarono già in mi- nima parte la fama di lui , che tutta bella e splen- dente passò ai presenti uomini , e gli manterrà glo- riosamente vivo ne' futuri secoli il nome. Il BERNARDINO CATTI Vivea in sul finire del XV secolo Bernardino Catti ravegnano , valente nella scienza delle leggi , e poeta non dispregevole , anzi ne' suoi giorni celebre. Ho 278 Le t t e r a t u r a trovato scritto di lui , che da giovanetto se h*andò a Padova , dove diede felice opera alla civile giu- risprudenza sotto la disciplina di Giovanni Campeg- gi e di Giasone del Maino ; e assai per tempo si fece conoscere di giudizio si saldo da poter contendere co' vecchi assennati. Dilettandosi soprattutto della poesia volgare e latina , fu '1 primo che usò in Italia i versi retrogradi^ già trovati anticamente da quel Sotade gre- co , che ( s' è vero quel che si co nta di lui ) fu fatto chiudere in una cassa di piombo e gittar in mare da Ptolemeo Filadelfo , che avea offeso co' suoi car- mi mordacissimi. Compose anche sonetti di parole la- tine rimate , e inventò certe sestine da lui dette in- solite. Le quali tutte maniere di verseggiare , come- chè mostrino molto sottile e paziente ingegno , non- dimeno ( per quel che ne pare a me) non sono de- gne d'imitazione. In quella calda età giovanile , che SI facilmente alle amorose lusinghe si accende , in- namorò d'una giovanetta , che molto piacque a' suoi occhi , e che celebrò col nome di Lidia ; e per so- miglianza del nome da lui posto all' amata fanciul- la , Lidio volle essere appellato , come in un volu- me delle sue poesie stampato in Venezia nel 1502 si può vedere. Dice Vincenzo Carrari che nel 1519 il Catti fu podestà in Cesena ; e noi sappiamo che da' ravegnani, lodantisi di lui come di raro ornamento, fu fatto assai volte de' ventiquattro di giustizia , eh* era un magistrato , il quale ogni sei mesi si muta- va ; e fu due volte inviato oratore ai pontefici Leo- ne X e Clemente VII per negozi della patria impor- tantissimi. Valse non poco , come è detto , nel com- por poesie ; ma se quel tempo eh' ei spese nel tro- var nuove varietà di ritmi , posto l'avesse nello stu- dio degli affetti e de' pensieri , e nelT arte dello sti- le , sarebbe certo salito a maggior perfezione e lìo- Vite de' ravegnani illustri 279 mìnanza eh' egli non fece : tuttavia que' suoi modi di verseggiare trovarono molta grazia presso gli uo mini di quella età , e furono lodati e citati in esem- pio. Ne solo suo studio furono le poesie , ma dotto com' era nelb scienza della ragion j^ivile , scrisse al- quante legali consultazioni , che la negligenza de' maggiori nostri non ha saputo conservare. Fu '1 Catti uomo di molta probità , e di grande autorità nella patria sua t utile cittadino e buon magistrato ; e i suoi costumi , usando fra le persone , furono assai piacevoli e gentili. A Leonardo Loredano doge de' vene- ziani i vecchio venerando e della patria zelantissimo , come a liberal protettore, alquanti suoi carmi intitolò. Ebbe anche amistà col cav. Guida rello Guidarelli ra- vegnano , dabben uomo e di valor grande nell' ar- mi , la cui morte co' suoi versi lamentando , e a modo de' poeti magnificandolo , dice eh' - era un Ca- tone in pace , un Marte in guerra. - Della sua fine iion si isa. V2. ^ GIULIO FERRETTI Principalissimo in dottrina legale , e molto delle latine lettere perito fu Giulio , figliuolo di quel Ni- colò Ferretti ravegnano , di cui è stato detto. Sotto la educazione e gli ammaestramenti paterni passò la sua prima età , mostrando e con parole e con fatti dì dover essere quel valentuomo che poscia divenne. Imperocché contano di lui , che infin da giovanetto ebbe cosi in amore lo studio, che anche alla mensa tenesse alcuu libro dinanzi a se j e cibandosi Icgges- 280 Letteratura se. Il padre , veggendo il figliuolo di uno ingegno COSI pronto e vigoroso , e molto bene promettendo- sene , lo mandò a Padova ; dove , voltato l'animo de- terminatamente alle leggi, per suo studio tanto in quel- la scienza acquistò , che non molto dipoi fu aggre- gato al collegio de' giureconsulti di Roma. I suoi cit- tadini si valsero spesse volte di lui , inviandolo ora- tore a' presidenti e legati della Romagna : ma orre- volissima sopra le altre fu l'ambasceria a papa Cle- mente Yll. Quel pontefice gli fece gratissime acco- glienze, e fu si preso del sapere e della virtù di Giu- lio , che lo volle a corte , e gli die' titolo di cava- liere e conte palatino ; e condottolo seco in Bolo- gna , Io presentò alla maestà di Carlo V , quivi ve- nuto a ricevere dalle mani del papa la corona dell* imperio. Il quale accettò il Ferretti nella sua pro- tezione , lo fece suo cavaliero , e gli dette facoltà che potesse porre nell' arme della sua casa l'aquila im- periale con la corona ; onore stimato grandissimo a que' di s e oltre a questo lo raccomandò a don Pietro da Toledo, che in luogo suo reggeva il regno di Na- poli. Qua venuto Giulio , se n'andò di presente al viceré , che gli fece assai carezze e cortesie , sì per- chè sapeva per fama della sua molta perizia e ri- putazione nelle leggi , e sì anche perchè lo vedea ca- ro all' imperadore : onde gli conferì molti onorati reg- gimenti , eleggendolo a giudice regio , e a prefetto della Puglia ; e nelle cose di governo volle tenesse poi sempre il primo luogo appo lui. ,, I quali uffi- ci , dice V. Ciarlanti , esercitò egli molti anni , e con tanta sincerità e bontà , che non pigliò mai cosa alcuna , se non il vitto , quando andava per servigio regio , e non si fece mai vincere per doni , ne per umani rispetti. ,, Vuoisi anche dire a sua lode com' egli , fatto coraraissa rio della Campania , fu esempio VlTB de' RAVEGNANl ILLUSTRI 281 di coraggio e di giustizia , e punì severamente i ru- batori delle strade , e gli uomini di mala vita. Per questo modo venne più avanti nella grazia del To- ledo, e di molti signori ; principalmente di don Fer- rante I Gonzaga signor di Guastalla , e di Maria Gar- dena , dotta nelle greche e latine lettere . Comechè il Ferretti fosse di continuo impedito da importantis- simi negozi , quanto sono le cure di chi è posto a far giustizia agli uomini, nientedimeno fu, come è detto , sì agli studi inteso , che e prima e durante la sua dimora in Puglia potè scrivere libri latini utilissimi di scienza legale , ricordati da Girolamo Rossi nella istoria delle cose ravegnane , e nella vita che scrisse del nostro Giulio. Compose anche poe- sie , e fece le addizioni a Bartolo da Sassoferrato , tenuto a que' dì il principe de' giureconsulti. Le ope- re che '1 Ferretti lasciò manoscritte appo la morte fu- rono date alle stampe dal figliuolo Esuperanzio , e in- titolate a Filippo II re delle Spagne. Dopo una bea condotta vita di sessant' anni , fu colto dalla morte nella città di s. Severo in Puglia agli otto di mar- zo del 1547, lasciando di se in tutte quelle genti grandissimo desiderio per la memoria delle sue vir- tù ; e fu seppellito onoratamente nel tempio di s. Tri- nità , dove forse anche oggidì si vede il suo sepol- cro. Fu uomo molto religioso ; tielle sue azioni gra- ve , circospetto e di grandissima capacita. Parco nel cibo , di poco sonno , tollerante il freddo a mara- viglia. Ebbe in odio i balli , i suoni , i giuochi ; non pertanto fu manieroso ed afFabile nel conversare , e molto signore degli affetti dell' animo suo. In età d'uo- mo tolse moglie, ed ebbene figliuoli ; fra' quali Esu- peranzio fu non ignobile legista, e governatore di Gio- venazzo nel regno napolitano. 282 Letteratura 'Ì3 MARCO BUSSATO Io tengo per verissima l'opinione di Lucio Mo-» derato Columella , che possa Lene una città od una repubblica essere interamente felice senza le arti da diletto, ma senza l'agricoltura non vi possa essere ne uomini ne vita. Per questo mi paiono dégni di alte lodi que' nobili intelletti, che si volsero a studio così profìcuo e necessario ; fra' quali non e certo da porre neir ultimo luogo Marco Bussato ravegnano , fiorente in sul finire del XVI secolo. Sia che visse , niuno favellò di lui , perocché conducendo una vita riti-» rata ed oscura , fu affatto ignoto agli storici rave- gnani suoi contemporanei ; e gli altri che vennero dopo ( dall' ab. Ginanni in fuori ) o noi conobbero anch' essi , o vergognosamente ne tacquero, V ha di lui un libro intitolato Giardino d'agricoltura , opera lodatissiraa da quanti ebbero cagione di favellarne ^ e principalmente dal Mazzucchelli ; la quale fu stam- pata la prima volta in Venezia del 1592. Discorre ia essa le nature de' differenti terreni , e quel eh' essi promettano o nieghino alla industria e alle fa- tiche dell' agricoltore. Insegna il modo di medicare i campi sterili e arenosi : narra come gli affaticati e spossati si possano rinvigorire col fimo. Tratta dell' arare , del seminare , mietere e battere de' grani. Par- la del tempo acconcio a vendemmia , e viene narran- do la fattura de' vini , e '1 modo di conservarli , e come si racconciano i torbidi e tristi. Tutto questo sommariamente. Molto però si distende nel mostrar la maniera del piantare , potare , coltivare le molte specie d'arbori fruttiferi e di viti , e nel discorrere Vite de' Ravegi^ani illustm 283 le tante forme de' nesti , de' quali non ha , secondo M. Tullio , più ingegnoso trovato l'agricoltura. Nota brevemente i pregi de' cedri , de' limoni , degli aran- ci : tocca gì' innesti de' fiori ; ne lascia di dire al- cuna cosa delle colombaie e delle peschiere. Ha pur descritto che si convegna fare ogni mese de' lavorii campestri ; il che prima di lui fece il Davanzali , ma con manco parole. Uscirei troppo del mio pro- posito se tutto volessi descrivere che in quello uti- lissimo libro sì contiene : avrò però detto abbastan- za , se aggiungerò le parole di un dotto uomo , noti ravegnano , le quali vanno innanzi all'opera del Bus- sato nella stampa fatta in Bassano nel 1794. Dice che '1 nostro ravegnano „ s'acquistò merito singolar- mente per quella parte , che riguarda la coltura de- gli alberi , massime fruttiferi , e ci die degli ottimi insegnamenti per piantarli , per allevarli e per in- calmarli ; e quel che più importa , per eseguire i ta- gli opportuni secondo le qualità , le situazioni , il bisogno ed anche il piacere ; il tutto accompagnando con acconce figure ; e ciò , notisi ad onor dell' Ita- lia , prima assai che M. Quintiniè , M. Norraand , ed altri dotti francesi pensassero a dar istruzione so- pra il taglio di questa spezie di piante. Laonde an- che per ciò il suo libro dee essere accetto agi' ita- liana, e tenuto in istima ed onore. „ Così egli. Sen- do gli scritti una immagine dell' animo dello scrit- tore , e leggendo io in quest' opera del Bussato , mi h parso di poter raccogliere eh' ei fosse uomo di na- tura buona e sincera ; vivuto nel santo costume de- gli antichi ; industrioso ; assiduo alle faccende. E' suo detto, che in ogni operazione si procede regolata- mente servando la mediocrità. Anteponeva la quie- te della solitaria villa allo strepito noioso delle cit- tà , piene di adulazioni servili , di mentita umiltà , 284 Letteratura di aftifìciate meazogne ; ove sono e le superbie e le invìdie e le ingiustizie e le disonesta e le persecu- zioni e le calunnie. Nelle lettere e nelle scienze fu Lastevolmente ammaestrato : cercò e trovò modo a mi- gliorare l'agricoltura con le sue esperienze ; ed eb- be lette le opere di Catone , di Varrone , di Virgilio ^ di Coluraella , di Plinio , di Palladio , del Crescen- zi : ne i greci Esiodo , Teofrasto , Ateneo gli furono sconosciuti. Assaggiò anche la poesia , ma non v'era da natura disposto. Lo stile di lui è semplice e chia- ro ; alle volte un po' negletto , e offeso di vocaboli tolti dall' idioma volgare ravegnano ; il che fece forse per essere meglio inteso dagl' idioti. Ma voglio che basti questo di lui. U LUCA DANESI Luca Danesi fu figliuolo di Cristoforo . Nacque a'22 di agosto del 4 598 di onesti parenti ; e quando a discreta età fu cresciuto , fece gli studi delle let- tere , e diede opera alle leggi. Ma per una certa in- costanza eh' era in lui naturale , lasciate le leggi , co- mechè ne avesse conseguito grado di dottore , incli- nò l'animo alla matematica , e studiò anche in altre discipline, massime nella scienza idraulica, nella quale divenne valente. Poscia si dette al mestiero dell' ar- mi , che ben presto gli venne in tedio , parendogli una miserabile cosa quel trovarsi ad ogni momento in rischio della vita ; onde abdicò in tutto la mi- lizia , e tornò agli studi. Andò dipoi governatore a Comacchio , e fu molto accetto a quelle genti ; peroc- Vite de' ravegnani illustri 285 elle era in lui , oltre la perizia delle leggi , molta borita di cuore , e non cessò mai , come potè , far di gran bene , e ministrar la giustizia. Per la fama che s'era accatto nella scienza delle acque , dai pontefici romani e dalla repubblica veneziana fu eletto a fre- nare i fiumi dell'Umbria, e le acque del Po; dal quale ufficio cavò grande onore e venne in riputa- zione. Si dilettò eziandio dell' architettura , e co' suoi disegni si sono fatti assai belli edifici sì in Raven- na e sì in Ferrara. Riuscì pur raro in trovar nuove invenzioni , in alzar pesi , in far salir acque , in git- tar ponti « laonde in Comacchio e in Ferrara fu fatto sopra le fortificazioni di quelle citta. E nel tempo che fu governatore di Comacchio fece fare con suo disegno quel ponte che ancor si vede , dagli archi- tettori molto lodato. Fu accetto a papa Urbano Vili, ed Innocenzo X gli die titolo di matematico ponti- ficio. Fu anche fatto cavaliere a spron d'oro e con- te palatino. Scrisse un trattato di meccaniche cavale dal Galileo, che fu stampato in Ravenna nel 1649, ed h ricordato dal celebre Vincenzo Vivìani. Man- dò pure in luce un trattato di geometria pratica , e tre discorsi sopra le acque del Po , le innondazioni del Tevere , e *1 Cavo Contarino in quel di Ferra- ra. Molti disegni ed operette in piiì volumi raccolte lasciò dopo la morte. L'amore del natio luogo , che ne' petti gentili è sempre affetto caldissimo , fu assai grande nel Danesi , come in molti casi si potè co- noscere ; ma non mai meglio che nel fatto seguente. Era la notte de' 27 venendo il 28 di maggio del 1 636 (notte piena di lacrime e di spavento), quando le acque del Montone e del Ronco , che a que' di "cor- reano presso la citta di Ravenna , cresciute per piog- gia di molti giorni , e per forza di vento che le ri- spingeva indietro dal mare , rolli gli argini e alter- 286 Letteratura rate le mura, ia poco d'ora entrarono impetuosamen- te nella citta , levandosi in alcuni luoghi all' altez- za di due stature d'uomo. Non io verrò qui ricor- dando que' miseri che annegarono : non dirò delle case in rovina : tacerò i pianti , i lamenti , le grida de' cittadini. Sara più caro che io rammenti la virtù del Danesi , che in quel caso miserando a tutto fu pre- sto : non fatica o travaglio del corpo lo tenne : non pericolo di morte lo spaventò. Per opera di lui in pochi giorni la citta dalle acque fu vota ; e con ca- vate fosse , e con alzati argini , i suoi cittadini da nuovo pericolo sovrastante rassicurò. Perchè da ogni buono gli furono date lodi e benedizioni , e gli si debbe da noi durevole e pubblica la gratitudine. Era il Danesi alquanto amatore delle antichità , e curioso delle patrie memorie ; onde fé' qua condurre da Fer- rara alcune antiche iscrizioni , e s'avea anche tolto a voltare in italiano l'istoria latina di Girolamo Rossi, che non so se recasse a compimento. Senza curarsi di prole , non volle mai ricevere compagnia di mo- glie : anzi pervenuto all' etk di presso a cinquant' anni, ed eleggendosi vita quieta , in Cento se n'an- dò a stare ; dove fattosi ordinar sacerdote, visse il restante de' suoi dì in opere di pietà e di religio- ne ; e morì in buona vecchiezza l'anno 1672 , la- sciado non punto vile la memoria della sua vita. Quivi nel tempio di s. Michele furono le sue ossa sepolte. 15 GIUSEPPE GINANNl Fra gli onorati cittadini , che con le opere lo- ro questa nostra antica patria nobilitarono , vuole es- Vite de' ravegnani illustri 287 sere ricordato il conte Giuseppe Gìnanni figliuolo di Prospero e della contessa Isabella Fantuzzi , nato ai 7 di novembre del 1692. Neil' eia tenera perdette il pa- dre e la madre , e rimase alla cura dell' avo pater- no , che se l'ebbe in luogo di figliuolo. Aveva Giu- seppe sette anni quando fu messo nel collegio di Ra- venna , acciocché si fornisse delle scienze e delle arti che si convengono a gentiluomo ; e dopo dieci anni tornò alle case del padre. Ora ninno si mara- viglia ch'egli, giovanetto di anni diciasette, in molta felicita di ricchezza , pienamente padron di se stesso, si desse a quella vita , che pare al più degli uo- mini una beatitudine. Non un pensiero di studi: ir- sene a diletto nella vicina selva uccellando e caccian- do : godersi in altri piaceri con licenza da giovane e da signore. In questo modo pareva eh' ei all' ozio neghittoso costumando la sua vita volesse lasciar pe- rire queir ingegno , che pur grande gli avea dato na- tura: se non che occorse quello che io dirò. Aveva egli zio da lato di madre un Antonio Fantuzzi, in casa cui usava sovente. Avvenne un dì ( e fu il 5 di di- cembre del 1714) che quel buon uomo, per subito sfinimento delle forze vitali , che i medici chiamano sincope, nelle sue braccia rese lo spirito. Questa morte cosi improvvisa molto angustiò l'animo del giovine, e ne prese si fatto spavento , che perde il cibo e '1 sonno. Divenne malinconioso : spessi battiti al cuore : pallidezza nel volto : dimagrimento di tutta la per- sona ; perchè era comune opinione avesse a finire in breve. I congiunti di sangue e i cari amici gli fu- rono d'intorno con gagliardissimi prieghi. Non vo- lesse disperarsi; andasse a Padova; sentisse i medi- ci di quel celebre studio. Come dissero , fece. Im- perocché fu a Padova , scoprì la cagione del suo ma- le ad Antonio Vallisnieri , delle naturali scienze dot- 28S Letteratura tissimo e di grande riputazione nell' arte della medi- cina : il quale consigliò Giuseppe a togliersi da quella vita di tedio e di ozio , e a darsi alla quiete soave degli studi. Questo , e non altro , il rimedio del suo male. Non essere faticosa , ne sconsolata , come pa- re , la vita dello studioso : bello ogni giorno acqui- star cognizioni : più bello potere sperare di vivere, la mercè degli studi , nell' ammirazione de' venturi. Queste parole ebbero tanta forza nell' animo del Gi- nauni , che dispose di voler tenere il consiglio di quel sapiente. E tornato a Ravenna, si die da prima per ricreamento dell' animo a cose di meccanica : a fabbricar orologi: lavorare al tornio: far vernici. Ma sopra tutto gli era caro un suo giardinetto , che si veniva coltivando da se , e v'avea erbe e fiori e ar- boscelli molti e diversi , da lontano cielo recati. E in questo tempo andava raccogliendo i volumi di quel- la scienza , che appellasi botanica, ossia notizia della virtiì di erbe salubri ; e passo passo si condusse a voler intendere ciò eh' ella si fosse. Ne questo gli bastando , strinse amista con Giulio Pontadera e Pier Antonio Micheli, che nella detta scienza aveano gran nome ; anzi al Micheli mandò una buona raccolta delle piante del contado ravegnano , da quell' illustre botanico molto desiderate e avute care. Raccolse anche da più parti dell'Italia assai marine conchiglie e mar- mi e fossili ed altre curiosità naturali : anzi fin nel- r Affrica e nelle Indie ne mandò cercando. E a tan- to giunse in lui l'amore della naturale filosofia , che solo questo studio gli facea cara e consolata la vita? nel quale in brevissimo tempo , congiungendo insie- me il nobile ingegno e l'ardente desiderio , fé mira- bile profitto. Nel 1737 mandò in luce un bel libro da lui composto delle uova e de' nidi degli uccelli con una dissertazione su varie specie di cavallette , Vite de' ravegnani illustri 289 che gli fruttò gran lode ; tanto che gli accademici dell' instituto bolognese lo aggregarono a se , e glie lo fecero sapere per lettera orrevolissiiua di Francesco Maria Zanotti. Il quale onore , non cerco , ma offer- togli spontaneamente da que' valentuomini , lo inani- mò via più a faticar negli studi : onde negli anni conseguenti scrisse epistole e dissertazioni degli espe- rimenti fatti da lui sovra i testacei , i fossili , e gli insetti ; e in un volume le cose naturali del suo museo raccolse. E avea già recata a compimento una molto pregevole opera delle piante vegetanti nel ma- re Adriatico, che voleva intitolata all'alto ingegno di Scipione Maffei suo amicissimo: quando nel 1753 a' 23 di ottobre , afflitto da lunga indisposizione , finì il corso delle fatiche presenti. Uomo beatissimo , giu- sto e pietoso; di rara modestia e umiltà. Lasciò che il suo corpo fosse seppellito nella chiesa della Ma- donna degli Angeli senza pompa di esequie ; e'I suo museo e i suoi libri , dopo morti due suoi nipoti , voleva posti in onorato luogo del collegio ravegnano, acciocché se ne giovassero gli studiosi delle naturali scienze. Ebbe ad amici molti celebrati uomini di que' d\. Fra gli stranieri nomino solo il filosofo di Re'au- mur , che gli scrisse da Parigi lettere pienissime di lodi e congratulazioni. Fra gl'italiani G. Monti, G. A. Targioni G. Bianchi, A. Zeno. Fra' suoi concittadini, Ruggiero Calbi , che fu filosofo, medico e poeta. Chi avesse desiderio di conoscere le fattezze del volto di questo eccellente uomo , le potrà vedere ritratte in una medaglia che a suo onore fu gettata in bronzo nella citta di Firenze , uu anno innanzi eh' ei pas- sasse di questa vita. G.A.T.LVill. 290 Letteratura 1G GASPARO GARATONI Veramente Gasparo Garatoni fu un valent' uomo , e degno che di lui si faccia onorata memoria ; peroc- ché , quanto è ad erudizione , io tengo eh' ei non fosse secondo a niuno della sua età. Ma vuoisi comin- ciare da capo. Giuseppe Enea suo padre, di nobile schiatta , seppe molto di fisica e di matematica , ed ebbe in moglie Teresa d' Ignazio Busetti , da cui nel 1747 gli nacque Gasparo. Questi, mortogli il pa- dre neir adolescenza , dopo fatti i primi studi delle lettere in Ravenna, passò a Bologna. Quivi senza alcuna intermissione diede opera all' eloquenza ed alla filosofia , e si fattamente profittò , che in età di tre- dici anni cessò d'andare alla scuola. Aveva egli avuto da natura un' indole ferma e disposta alla virtiì , ed era tocco continuamente da desiderio ardentissimo di farsi nome per opera d'ingegno. Sì che , itosene a Ro- j ma , diessi a praticare co' savi , ponendo amore al greco e al latino idioma , e studiando principalmente in queir arte , che i greci critica appellarono. Stu- dio, a dir vero, difficilissimo , siccome quello che all' acutezza dell' ingegno vuole congiunta e profonda cognizione d'antichità, e pratica degli scrittori, e dili- cato sentire in fatto delle favelle, e animo di fatica sof- ferente ; le quali cose tutte erano a maraviglia nel nostro Gasparo. Ond' è che egli andava accuratissi- mamente investigando e raccogliendo le scritture de* buoni autori latini , e quelle tenea sempre dinanzi a se ; ma soprattutto ebbe carissime le opere di M. Tul- lio , che lesse e meditò lungo tempo. Anzi , fatto prefetto della biblioteca barbcrjuiana , ove sono co- VlTK de' RAVEGNAMI ILLUSTRI 291 dici ottimi delle orazioni di Tullio , fé' pensiero di leggerle tutte da capo , di commentarle e correggerle ne' luoglii a noi pervenuti guasti per la ignoranza de* copiatori ; e , messa mano al lavoro , trentasette anni continui in quella faticosa opera sudò. Nel 17TT fé' stampare in Napoli sette volumi delle sue latine il- lustrazioni , nelle quali col grande ingegno e con la molta diligenza appare il sommo sapere di lui. E ne' seguenti anni ne mandava cola per la stampa altri tre , quando ( fosse caso o mala invidia degli uomi- ni ) per la via andarono perduti : ne più se n'ebbe novella. Gomechè questa cosa gli desse grande mo- lestia , non pertanto tenne fermo nel suo primo pro- posto , e si mise a rifare il lavoro. La fama eh' egli per questa opera s'ebbe procacciata grandissima nelle lettere, non istette rinchiusa entro i confini d'Italia, ma alle straniere genti passando , pervenne in Germania a G. G. Wendsdorfio , il quale postosi di ristampar le filippiche di Cicerone , scrisse a Gasparo ( così con- sigliandolo il eh. Wolfio ) che volesse mandargli le sue considerazioni. Ed egli , comechè neppur di nome il conoscesse , glie le mandò , reputandosi ad onore mostrarsi inverso tutti cortese, e in un medesimo ma- nifestare , se non essere punto dell' altrui gloria in- vidioso. Per questo anche avvenne, che richiesto nel 1793 da G. B. Bodoni , ottimo de' tipografi , fece la de- dicatoria a papa Pio VI dell' opera di Longino su- la sublimita ; ed è lettera scritta di parole latine elette e splendidissime , e di gravi sentenze ornata , e dice in breve i fatti di quel pontefice. Turbandosi in questo mezzo le cose di Roma , pensò che fosse da partire di la , e se n'andò a stare in Bologna ; dove dimorò infino all' ultimo dì della vita , amato e onorato da ogni ordine di persone : conciossiachè in lui era fede e costanza , prudenza e umiltà ; vir- V3* 292 Letteratura tu .s.nT.inc noi r Uomo, e tittc a iar suo il cuore delle gtali jjìù che la copia delia dottrina e delle ricchezze. Nel lerapo che ivi dimorava , commentò T orazione che Tullio disse a difesa di Gn. Fianco , e fece una dissertazione sul monimento di C. Mario , che poi pub- hlicò con le stampe. Ed era già in sul dare a luce la Miloniana , della bellezza della quale era inna- morato , sicché per ben tre volte aveala ripulita , e volta in pura favella italiana ; quando , debile per la età di settant' anni , e per le fatiche durate ne- gli studi , cadde ammalato di sì pericolosa infermità, che la sua morte non parve dubbia. Sentendosi ve- nir manco le forze , e la sua fine avvicinarsi , fatto venire a se Dionigi Strocchi , cavaliere nelle lettere greche latine italiane pienamente dotto , a lui e al conte Alessandro Agucchi volle raccomandate le opere che manoscritte lasciava ; le quali furono poi depo- ste nella biblioteca ravegnana in un con la effigie di lui , ritratta in un busto di cotto , cavata dal na- turale. La sua morte avvenne il di 13 di febbrajo del 1817, Fu '1 Garatoni molto onorato in vita e dopo la morte : imperocché e fu del regio instìtuto italia- no, e i bolognesi il desiderarono prefetto della loro biblioteca. Conoscendo il suo secolo , e la vanita de' presenti uomini , si oppose sempre a coloro che dalla quiete degli studi volevano trarlo nel tumulto de' ne- gozi civili. Fu lodato altamente da Gaetano Mari- ni , da Angelo Mai , da Teofilo Harlesio , uomini eruditissimi . Ebbe ad amici Paolo Costa ravegna- gno che vive, ornamento della patria ; Iacopo Mo- relli , Luigi Lamberti , Antonio Testa ; ma soprara- modo mostrò di amarlo Luigi Palcani , stato suo con- discepolo , dappoiché in sul morire lasciò che di un suo picciol podere la utilità fosse di Gasparo. E pro- va pur grande di amistà gli ha data a dì nostri il Vite db* ravennani illustri 293 cav. Strocchi già nominato (1) , avendo composto della vita e delle opere di lui un elegante commentario la- tino , che farà vie più chiaro e durevole il suo nome nella ricordanza degli uomini. Antiche iscrizioni perugine , raccolte , dichiarate , e pubblicate da Giovanni Battista P^ermiglioli. Edi- zione seconda^ accresciuta e corretta. V^olame pri" mo. Iscrizioni etrusche. Perugia 1833. Tipografìa Baduel, da Vincenzo Bartelli. 4." di pagine XXXIIJ, e 332 , con VII. tavole in rame. Indefesso negli studi più nobili , e tutto amor di patria , il eh.** autore di que&i' opera non cessa di or- nare sempre più la sua Perugia , con pubblicazioni e fatiche novelle. Un libro particolare su tutti i mo- numenti primitivi , o etruschi , di una citta ricchis- sima di essi , non poteva non desiderarsi maggior- mente , dopo che le insigni scoperte , e le illustra- zioni dottissime di tal genere , date dall' esimio sig. prìncipe di Canino, avevano eccitato cotanto interesse fra gli eruditi d'Italia. Io sono ben fortunato, che un tale libro sia pervenuto alle mie mani molto sollecita- mente , per attenzione usatami da un amico. (i) Il cav. Strocchi scrisse un bellissimo commentario la- tino intorno al Garatoni , e lo pubblicò negli Opuscoli let- terari di Bologna, e indi nella edizione faentina delle sue opere fatta dal Montanari e Morabini nel i83o, e fu poi volgariz- lato dal professor Giuseppe Ignazio Montanari , e inserito nel tomo 5i del giornale arcadico 294 Letteratura Annotatisi nel preambolo gli uomini benemeriti delle perugine antichità. ; e fra questi mi gode l'ani- mo di trovare , insieme con lo Scutìllo , col Vincio- li , col Mariotti , e con altri , l'onorando nome di Giulio Perticari , per aver fatto dono all' A. N. di un manoscritto lapidario del Maturanzio. Si passa quin- di a cercare un principio teoretico del grecismo , eh' esiste innegabilmente nell' etrusco ; e secondo la prima edizione dell' opera, rinviensi soltanto nelle co- lonie spedite dalla Grecia in Italia , e segnatamente da quella di Demarato Corintio. Diconsi strane opi- nioni le tesi fondatissime , i grandi e forti ragiona* menti di Dionigi d'Alicarnasso, confermati da miglia- ia di autori , da migliaja di prove or prodotte dal suolo : e ciò comparirà certamente troppo ardito a chiunque conosce questi studi dalle fonti ; tanto pili che alla pagina XIX , si confessa, il sig. MuUer di Berlino , uno de' lodatissimi pel N. A., inclinare a tenere con l'Alicarnassese la lingua ed i costumi de- gli etruschi per tutto proprj ed originar] del paese. Falso è , che il sig. Principe di Canino abbia fatto le sue celebrate scavazioni nel territorio di Tarqui- nia (pag. XIV). Egli le fece ne' dominj della glo- riosa Vitulonia (che non si è voluto nominar mai, per disapprovazione ingiusta , o per dispetto ), e nei ter- reni sottopósti de' Vulcienti ; distanti dalla Turchina e da Corneto , le buone trenta miglia (1). (i) In Musìgnano , l'estate del i83r., ebbi la fortuna d'ia- contrarmi col eh. A.; e lo esortai a voler farsi difensore prin- cipale dell' onor patrio nostro. Ivi fra que' bronzi , che an- che soli formano un museo raaraviglioso , rinvenni una bel- lissima slrigile di metallo fino , che ha nel manico impresso ripetutamente il tipo nummarlo conosciuto di una stella , o Iscrizioni etrusche 295 In frattanto però debbo trlbuire un cumulo di lodi al eh. sig. cavaliere Verrniglioli , che abbia sapulo accrescere questa raccolta con quasi dugento epigra- fi perugine , o inedite , o sparse in altri suoi opu- scoli , i quali , insieme con la prima edizione , non erano stati a me visibili ; e che le abbia rinfian- cate con preziosi confronti ; de' quali approfitterò pur anche , onde dare un saggio fruttifero sì , ma fug- gitivo e breve , del suo lavoro. E' dunque piaciuto a lui stabilire per prima classe le iscrizioni latine e semibarbare degli etruschi ; e queste ascendono al numero di 48. lutendonsi sotto una tale denominazio- ne le lapidi scolpite con caratteri vecchi latini : il che dovette accadere, o sotto la prevalenza vicinale, o sotto il dominio stabile de'romani. E quantunque il vocabolo sia non vero, ingiurioso e disobbligante tanto pei vinti , quanto pei vincitori ; e di pili tali memorie sieno manifestamente posteriori di età alle scritte in caratteri proprj etruschi ; tuttavia cosi gli e andato a- grado , e per imitare il Lanzi, e pei lu- mi maggiori , che anticipatamente se ne traggono da una men difficile scrittura. Notisi, che qui, alla pa- gina i , egli ammette , che gli etruschi eransi ser- viti dell' idioma , e de' caratteri nazionali loro per più secoli senza alterazione. Scelgo ad esempio un bellissimo marmo della vi- cina Assisi ( pag. 8. ) (1). ruota , fra i raggi della quale sei lettere VITLVN. Poscia ne ho veduto uua simile in Roma , presso l'egregio numi- smatico sig. Capranesi. (i) Veggasi , per la estensione delle righe di questo gran sasso , l'esemplare del Grutero, CLXVII. 8., che, toltone l'er- ror tipografico, nell'edizione Greviana , di BARBIVS in ve- ce di BABRiyS, ha il suggello dell' accuratissimo Smezio. 296 Letteratura POST . MIMESIVS, C . F . T. MIMESIVS . SERT .F. NER . CAPIDAS . G . F . RVF . NER . BÀBRIVS .T.F.C. CAPIDAS .T. F . C . N . V . VOLSIENVS . T . F . MARONES MVRVM . AB . FORNICE . AD . CIRCVM . ET FORNICEM . CISTERNAMQ . DE . S . S . FACIVNDVM . GOIRAVERE E' interessante al sommo, per que* singolari pre- nomi Postumo , Seriore , Nerone , che andarono col tempo in disuso presso i romani , e passarono in co- gnomi , agnomi , terzi e quarti nomi ; ma veggonsi bene fra gli uomini marsi , campani , e delle parti meridionali d'Italia. Il N. A, lo paragona al similis- simo , esistente in Perugia , e trovato alla Bastia , luogo posto appunto su* confini di Assisi (pag. 1. N. 1) AGER . EMPS . EF TERMNAS . OHT C . V . VESTINIE . NER . T . BABR MARONMEI VOIS . NER . PROPARFK T . V . VOISIENER . SACRE . STAHV Reca su questo alcune riflessioni del MafFei , del Marini , del padre Di Costanzo ; ed in ultimo , eli- minando dubbiosamente la lezione sua primiera , nel- la terza riga G . V. , cippis quinque ^ vuole piutto- sto leggervi, col fu abate Zannoni, Cali Voleronis^ e nella superiore OHT, ostendit hortogonium terminum^ abbreviazione indicata dagli scrittori gromatici , o agra- rii. Nella quinta riga decide PRO PARTE KARDI- NIS , eh' è linea . non già limitanea , ma diametra- I«CRI2I0NI ETRUSCKE 297 le di un dato pezzo di terreno. Come ciò , senza eh esprimasi la parte aliquota dell' intiero diviso ? Frap- ponesi tosto il sig. Tito Sicconi , o Gicconi , che in quel OHT vede il vocabolo agrimensorio della sa- gra Bibbia , hitt secondo gli ebrei ed i caldei , hot secondo i siri, eh' è il Trsp/fierpov de' LXX , il fu- nicuhts della volgata. N' avvisa di piiì , esser quest' ìiotus misura di campi anche presso il Du Gange , da carta dell' anno 1085. Ad un salto s\ grande , da- gli altissimi a'bassissirai tempi, rimasi veramente sba- lordito. Oh ! curas hominum ! Nel glossario dell' infima latinità. Du Cangiano , edizione de' Mau- ri ni, alle voci hodium^ hodus^ hotus, spiegasi costan- temente mensura frumentaria ^ vaso cioè da misurar granaglie, detto da'belgi hoet. Unum hodium avenae. JX hodia avenae. XXIV. hodos avenae. Centum et sexaginta hotos avenae. Ma basti di avena ; e basti ancora che havotus ., voce vieppiiì barbara, fra' soli belgi passasse a significare quella misura di terra che da un hoet. Fia meglio rivolgere il pensiero all' antica no- menclatura non ben conosciuta de' romani , ed alla precedente degli etruschi , e degli umbri- Nel mar- mo assisiate il gentilizio MIMESIVS ha chiarissima luce di suo tema primitivo. Il BABRIVS, gentilizio anch' esso, fa risovvenire di un Babrio , o Babria , scrittor greco , di cui nulla sappiamo , e del quale reslanci belli ed ardui scazonti di favole Esopiane , che io accrebbi da' codici della Vaticana , e per un letterato tedesco , e per un italiano ; senza avere avu- to mai il piacere di vederneli pubblicati. Troppo è noto , che in etrusco , ed in umbro , le consonanti pronunciavansi, ma non iscrivevansi con la vocale pro- pria loro. I Babrii quindi furono poscia scritti in Roma BA.BERII ( Gruter. CCXXXX. etc. ) Nel sasso 298 Letteratura perugino quel MARONMEI reclama , che volgasi la 2, e leggasi MARONEIS, cioè MARONES, o MA- RONIS , genitivo certamente, non già MARONI, co- me scrìsse il N. A. Osservisi bene , che in monu- menti sì vecchi trovansi già manifesti i cognomi , o terzi nomi; e che da que' prenomi antiquati Postumo e Sertore nacquero in seguito i Postumii ed i Ser- torii , de' qnali la stirpe nobilitata dal gran capitano era oriunda Nursia in Sabinis. Air uopo nostro de' prenomi lunghi e rari , vie- ne opportuna la seguente bella epigrafe, trovatasi non ha molto in Tivoli. SENECIONI MEMMIO . GAL AFRO . COS . PROG SIGIL LEG . PR . PR PROVINO . AQVITAN LMEMMIVS . TVSGILLVS SENECIO PATRI OPTVMO Oltre 1* assicurarci del prenome Senecione , che il Marini aveva già preveduto ne' suoi Arvali , ella esibisce un' agnazione col singolare triacoutapentoni- rao , di trentacinque nomi , tiburtino , di cui altre volte si parlò , Quinto Pompeo Senecione Sosio Pri- sco. Di maggior pregio si è , che il nome Sene- cione vedesi divenir quarto nome , cioè vero agno- me in Lucio Memmio Tuscillo Senecione. Questi , per quel cognome Tuscillo , diminutivo da Tusco , pre- senta innoltre un'altra sua pertinenza con la nostra Tuscia : come appunto l'imperador Balbino affermava egli stesso discendere da un Balbo Cornelio Teofa- iae , fatto cittadino da Pompeo ( Julius Capitolinus « Iscrizioni btrusche 299 in Maximo ( Pnpieno ) et Balbino ) - Era egli di più Coelias , e Vihullius Pius ; e Celio e Vibullio Pio chiamasi anche il mirionimo anzidetto. La Tuscia no- stra propria , dopo le incomparabili pubblicazioni del sig. Principe di Canino , può ben fissarsi fra il Te- vere , l'Ariminia , ed i monti Cirainj. Citta splendi- dissima di essa , col nome primitivo dall' eroe Tu- sco , fu Tuscania , or Toscanella. Vitulonia, capitale maggiore dall'altro lato , era collocata non molto lun- gi da Viterbo ; poiché Tolomeo la pone con Bnov^jioi fra le citta mediterranee de' Tusci. Questo avviso mio sarà pei valenti letterati viterbesi assai piiì caro , che le indegne favole Anniane.La mutazione di una let- tera , scorsa nel trasportare dall' unciale al minusco- lo , è cosa ovvia in paleografia. Leggasi quindi BI- TOYPBIA f V^iturhium , Viterhium. Nella nomenclatura di Senecione Memmio Afro , in quel GAL . vi fu chi credette doversi , o potersi leggere altramente che col solo e certissimo GALe- ria tribù. I nostri vecchi errarono leggendo ne' de- narii della gente Meramia L. G. MEMIES . GAL. , Galli , o Galbii. Ma un tal errore era stato cono- sciuto e rifiutato da* numismatici d'Italia piìi dotti , prima che uscissero le opere dell' Eckhel. Queste , ac- cennisi di passaggio , nelle antichità mitistoriche delle nobili famiglie romane ridondano per altro di ardi- tezze alla moderna veramente insopportabili. Sotto l'im- pero innoltrato , a'quali tempi attribuir si dee la me- moria de' novelli Senecioni , essendo abolite le forme de' comizj , nulla importava che la famiglia mostras- sesi dì una tribiì , piuttosto che dell' altra. Rimaneva però molto necessaria la distinzione di tribiì , venuta dall' antico , ne' varj rami di una gente , onde to- gliere gli equivoci della omonimia. Trovasi per ciò nel Grutero , CGGCXXXVIL 7 e MXXVIII 6 , un 300 Letteratura R MEMMIVS . QVm . APOLLINARIS , e nella no- stra Arimlno , MXCVII. 2. G. MEMMIO . C. F . AN . MAiiIANO. Pirro Ligorio , uomo nato a vitupero della scienza , siccome carpiva dalla bocca dei dotti ogai strana divinità , alle quali appiccava false immagi- ni , ed iscrizioni più strane ancora , così raccoglie- va dal trivio qualunque immondezza pili ributtan- te. Costui sedimentò quindi la Muratoriana XXIX. 5* L . MEMMIVS . L . F . PALAT . GALBIVS, non che la Gruteriana XXIV . 10 . L . MEMMIVS . StX . F . PA.L . PETRONIVS . L . MEMMIVS . F . F . PA- LAT . GALBIVS ; alla quale , temerario e bugiardo persino nelle indicazioni , appinse : Romae inventa , in ruinis ad forum Sempronium in via Qiiinctia, — Convenite harioli ! . . . Alla pagina 13 , il sig. Vermiglioli offre in di- segno i caratteri , non so se rilevati, o incisi, di due lucerne di bronzo , clie un giorno vedeansi nel museo Oddi. Egli mi permetta di spiegarli come mi appar- vero al primo volgervi sopra gli occhi , e come ri- sultarono in parte ai dotti Hudden e Lanzi. 2. FLAMEN .... FORTVNIDD 3. KLAVDIAE . PIGTISIS . FORTVNE . DD. Restami solo alcun dubbio sulle quattro lettere dopo FLAMEN ; se vogliano TETII , TETHI , nu- me ben conveniente a'nostri miti Nettunii ed argeo tessalici ; o se TVKEI , cioè TYXEior , nome del tempio , derivato dal siaonimo della dea greco etru- ISCRIXIOMI ETRU3C11E 301 SCO , auteriore al segueuLe iuliuo. i^'itliutismo della I per E vlea sicuro da due de' famosi specchi , citati dall' istesso N. A. , ne' quali HELINS per BELLE- i\ES , ed ELINE per HELENE , a cui non dovea apporre un forse. Più importante in umbro ed etru- sco si è la marca di un puntino dopo la E del nome notissimo EPIGTISIS. Un tal modo primitivo indicava , che la vocale dovea pronunciarsi avanti la consonante ; poiché alla orientale veniva da se stessa dopo la consonante , senza essere scritta. Dalla pagina 35 apresi la seconda classe , con- tenente le iscrizioni etrusche in bronzo , tagliate a punta di ferro con caratteri proprii della nazione. Queste giungono al numero di sedici. Delle quali le tre prime in istatue , altre sette in ispecchi, e le restanti in laminette , o vasi di metallo. Principalis- siraa è quella dell' arringatore Mediceo , donario sa- gro di AvLESi METELI2 , che per la metatesi delle sillabe finali , diacritiche de' casi , va reso con na- zionalismo noto nel più arcaico latino AvLiES me- TELiES , cioè jduli Metellii. Vien secondo il mala- mente detto fanciullo del museo Oraziani , compagno del Corazziano , e di altri. Fra gli specchi , già pa- tere , qui s'illustra bene il n. 6 , con uno squarcio inedito , ma imperfetto , e forse alterato , del pre- stantissimo Lanzi. La mitografia e quella di Tiro, Tirone , TVRIA , madre di Neleo e Polla. Il gran- de Visconti avea veduto HPA , Giunone, in quel *aepe, scritto con la 8 degli oschi , de' campani , e de' tar- quiniesi , eh' equivale al digamma F , aspirazione for- te , italisrao , eolisrao , etruscismo , che si voglia , di altri popoli nostri. Io per altro non ho mai dubita- i to , che il frequente *aepex non sia precisamente lo lErON , HiEPON , de' greci posteriori. Merita il vanto di più nuovo ed interessante , l'altro 302 Letteratura specchio , qui riferito sotto il n. 9 , per la bella spiegazione datane dal defunto abate Zannoni. Conobb' egli rettamente in MVEAN Giunone , che condu- ce all'Olimpo Ercole gik suo nimico, mossa dalla bella VirtJì lein® , la dimenticanza delle offese. Col- pito io dalla solida erudizione , e dalla verità , mi feci ad approvarla e lodamela sul nostro giornale Ar- cadico. JNTiuna grande corrispondenza era mai avve- nuta fra me e lui. Egli solo , recatosi in due sta- gioni a visitare questa reggia delle antichità , pia- cquesi molto della conversazione mia , passando meco le lunghe sere. A quelle poche parole di lode spon- tanea , e ben dovuta , egli mi scrisse la seguente lettera. Il pubblicarla può sembrare vanagloria in me 9 ma pure servirà di documento , che gli elogi , o giu- dizj miei , quantunque deboli , sono però sinceri e schietti. Sig. ed amico pregiatissimo. ,, Ella non ha solamente compatito le mie due „ Lettere di materia etrusca, ma anche e stata ad es- „ se cortese di lode. Così ha dato alcun poco di pa- „ scolo al mio amor proprio : e se Ella ben consi- „ dera vedrà che non ho avuto torto ad abboccarlo. „ E' omai noto che Ella ha pochi uguali nella perizia „ delle lingue dotte, che è letteratissimo e che dice fran- „ camente e ad ognuno quello che pensa. Chi adunque „ è da Lei onorato di lode, non può che tenersene. Non „ è però che io, consapevole come sono della tenuità. „ dell'ingegno mio, non voglia in questo dar molto ali* ,, amicizia che mi professa , e coli' effetto mi mostra. ,, In ogni modo la sua autorità e grande scudo a ,, quel mio povero libretto. Così faran meno impres- ,, sioue le critiche dell' sul giornale di Pisa; Iscrizioni etrusche 303 „ le quali in fine sono congetture , che mi pajono „ star più per aria che le mie. Mi Iia anche rimes- „ so all'abbiccì; osservando, che ho mal letto MVEAN „ e che in vece dovea legger MEAN , avendo egli „ la sigla ( nesso MV ) per lo stesso che la M di „ questa forma (etrusca). Nel che non può egli che „ far ridere anche i principianti. Ma non tutti quelli ,, che leggono articoli di cose etrusche, san di etru- „ sco : e questi d'ordinario dan ragione all'ultimo, „ che vien loro sott' occhio. In fatti uno di costoro „ gridava di questi giorni in una bottega di librajo „ di Firenze : Vahate Zannoni ha in fine trovato „ un professor di Bologna , che gli ha ben bene „ rivisto le bucce ! Di qui Ella comprenda , se il „ suo articolo mi riesce carissimo , e se ho giusto „ motivo di esserlene grato. Ne accetti i miei più „ vivi ringraziamenti : faccia i miei più rispettosi os- „ sequj all' amicissimo sig, Betti , ed ai sigg. Bion- „ di , Sarti, e Gerhard ; e mi creda suo devrao ser- „ vit. e sincero amico ,, G. B. Zannowi. Certamente , in tutta la serie di si preziosi ar- nesi cosmetici scritti , non ve ne ha alcuno , che più di questo dimostri, esservi stata in Italia , fin da' tem- pi foschi ancora per caligine d'altezza , una teogonia, una mitologia diversissima dalle conosciute greca e la- tina, una lingua, mista dì quelle de' popoli asiatici, tracii, tessalìci, per propagazioni e conquiste succes- sive, la quale andava informando allora tutta la futu- ra grecita. Quella MVEAN , o meglio certamente MOE- AN, la MONETA IVNO etrusco romana, che sovrana- mente ammette all' Olimpo gli eroi ; quella lEIN0, o prendasi con la N caratteristica del presente , inau- dita in ogni grammatica j o vogliasi piuttosto vetlcre 304 Letteratura con metatesi solenne presso gli etruschi , e leggere LEI®J»E , ella non ha che fare col comune ah0h, nh con qualsivoglia dorismo aaqa. Elleno ambedue so- no evidentemente anteriori ad Omero , e ad Eslodo, Avrebbe quindi fatto meglio il eh. sig. Vermiglioli a non addurre in contrario , e almeno a non approvare le ciance , le visioni , le arditezze consuete di uno , e di alcuni seri stitdioritm , e di più abnormes , per- chè traviati , o alieni dalla unica vera scuola , ch'è la italiana , tutta positiva su' fatti e su' monumenti. Amerei per ciò , che imitando l'esempio di bella gra- titudine , usata da' fisici , dagli astronomi , da' bota- nici , fra i veri archeologi ( e questi sono ben po^ chi ! ) la rilevante rarità perugina fosse chiamata lo specchio Zannoniano. Presso il sig, Vermiglioli la terza classe , eh' è delle gemme etrusche , consiste in soli tre pezzi. E' pe- rugino anche lo scarabeo classico primitivo de' cinque, non già de' sette , a Tebe : da chi mai non conosciu- to ed ammirato ! Sarebbe qui convenuto avvertire al- meno , che siffatti giojelli , cui la preziosità trasporta di continuo altrove , attestano tuttavia solennemente la patria , il paese della fabbrica loro , le felici contra- de , primiera culla delle scienze , e delle arti belle , cola fra Taranto ed il Faro. Cola rinvengonsi nella massima copia ; e di la spargonsi frequenti per la Ma- gna Grecia, per tutta Italia fino alle Alpi , per le isole adiacenti tutte fino alle Baleari : ciò che forma i veri confini del primitivo etrusco dominio. La osservazio- ne gemmaria su Taranto è del grande Visconti ; e la debolezza di un estensore dell' Arcadico la convalidò , ammonendo i letterati della patria certissima del som- mo Zeusi , Eraclea Sirite. - Un altro scarabeo inedito rappresenta un eroe , con leggenda TAPiCHNAS ; e per questo pretenderebbesi negare un T ARCUO N , AR- CHON al sig. Principe dì Canino, Iscrizioni etrusche 305 La classe quarta comprende le iscrizioni in are , colonnette , cippi , ed altre pietre , con caratteri pro- prii etruschi ; e queste sono 27. di numero. Spicca principalissimo fra esse il grande sasso , disotterrato l'anno 1822., che , dopo le tavole di Gubbio, è il più lungo monumento comparso finora dell' idioma italico interno ; e sul quale il eh. sig. Vermiglioli pubblicò l'anno 1824.. varj suoi molto ben fondati ed eruditi pensieri. Susseguentemente il sig. Campanari , patrizio di Toscanella , uomo di alta erudizione , e d'ingegno assai acuto per vedere in queste cose , volle assumer- ne una spiegazione continua , tutto diversa da quella del professor di Perugia ; e la divulgò ne' volumetti dell'Arcadico XXX, XXXIV, e XXXV. Il sig. Ver- miglioli qui sostiene in general complesso le sue pri- me induzioni. Si da seconda la epigrafe , da molto tempo più famosa , della cosi detta torre di S. Manno. Con tutto lo studio di tanti uomini dotti , mi sembra che an- cora siamo incerti sul genere a cui appartenga. Alla pagina 163. incomincia la classe quinta del- le iscrizioni in urne sepolcrali ( scolpite in pietra del paese), le quali giungono al riguardevol numero di 387.- Arrestiamoci alquanto ai N. 64. 76. (pagg- 199. 201.), ove trattasi di un ipogeo, scoperto l'anno 1792. Leg- go nel N. 64. LARTH . PVMPV . PLAVTE . LAT . THERINIAL , nel 65. PHASTI . ANCARI . PLAV- TIS . CAPHAT. , nel 68. KATXNAS . SVRTVI . PLAVTI . AP . PVMP. , nel 69. LS . ATHSIAL . LA . PVMPV . PLVTE, nel 70. PHASTI A . ARNTI. PVMPV, nel 71. LA . PVMPV . PLVTE . LA. SCATRN , nel 74. LA . PVMPV . PLAVTE , nel 75. THANA . PVMPVNI . PLAVTI . FELTS- NAS , nel 76. LS . PVMPV . PLAVTE . THER- G.A.T.LVIII. 20 306 Letteratura MIAL. E gli più sopra , pag. 197. N, 55. , aveva veduto : CAI . PVMPVAL. Ora ella è una combinazione ben singolare , che quest'anno 1833. , nella celebrata ed estesissima ne- cropoli di Tarquinia, presso le porte di Corncto , per laudevol provvedimento del eh. sig. cav. Pietro Manzi siasi aperta una di quelle grotte ; da cui tragger si ponno migliori lumi sull' antica nomenclatura degli etru- schi , assai più ignota di quella de' romani. Due epì- grafi della nuova grotta furonmi cortesemente comu- nicate da quel gentiliiomo , che prendesi somma cu- ra delle patrie antichità, e ne disegna gli scritti con mirabile esattezza , il sig. Carlo Avvolta , a cui pro- fesso da molti anni un amicizia sempre più obbliga-» ta (1). L'apografo, che ne serbo, dee tenersi in tanto maggior pregio , quanto che , sendo le iscrizioni gra- fite suir albarium, o intonaco, questo va poscia a pe- rire irreparabilmente. Ecco la prima , che il sig. Vey-» miglioli qui reca , senza spiegarne il verbo. LARIS . PVMPVS ARNTHAI . CLAN KECHASE. Questa h collocata sotto un gruppo di figure dipinte. Co- me soglio, ne feci gran festa fra gli amici ; e diedi una (r) La città di Corneto, con le chiese, ed altri edifizj , di magnificenza ed avanzi nazionali, con le sue mura, capo d'opera di fortificazione de' tempi romani di mezzo , mostra bene di essere stata una porzione, un grande vico della metropoli TARQVINII. Non sa se le pertenga un luogo di Vitruvio, libro Vili. e. 3. Ma certo si è , eh' ella trae il nome dal cornus arbor, di cui conserva ancora la insegna parlante, derivala senza dubbio dall' antico. Iscrizioni antiche 30T cartolina di sufficiente illustrazione. Lar Pompus Arun- tia natus^ o vocatus, ornavit. Il verbo è v.di{u^ di cui usitatissirai KeKoffffxo:/, e kbkxctìisvo^. Mancavarai un esem- pio di LARIS in nominativo ; e mei somministra il N. A. N. 62. pagg. 197. 199. Dissi, che l'altra iscri- zione lunga, e grafita sul pilastro rastremato che reg- ge la volta del sotterraneo , era più antica , e quindi assai più difficile ad intendersi ; perchè sparsa anco- ra dì lettere dubbie , e lacune sospettate ; che per al- tro il diligentissimo sig. Avvolta notò con tutta pre- cisione. Il sig. Vermiglioli ne pubblica malamente una sola riga. ETH : PH.ANV : SATHEK : LAFTN : PVMEVS SGVNV . S : SVTHI : IN : PHLENTNA TEISNIKA : KAL : IPA : MA . ANI : TINERI MTIS . S . . . TNAMVTNE : IPA : TR . . . NIKLTE PHLESTNEFES..E:K..PTHL.TANI:KLE..KE:ATHIS SNAM PHLENTNATE . . KE. . ATA : EN AKKELI .... KESASINTHVNGH ... M : ENAKCH ... PER : CAI ... PSTHAL . LA . .. LISLA .- GHV ... RR . AS : KIENS SGVNA Di somma importanza, nella erudizi one di cui an- diamo in traccia , si è quell' ETH , o piuttosto con maggiore orientalismo, secondo un nesso dell'apogra- fo dato dal sig. Avvolta , HETH PHANV , per se- polcro , e di più nel caso nostro ipogeo. Hoc fammi sibi fecit , posuit y o dicavit, sacravit Lautnius (cre- do titolo di splendidezza, o nobiltà, come Lar , e non so se Lucumo ) Pompeus Secundus , salutis caussa. ìSeth phanu era già conosciuto dalla iscrizione di S. Manno ; e questa era più che certa sepolcrale per la frase cehen suthi (pagg. 115. 125.), altrove frequen- tissima À'ert suthi^ eca suthi ^ ed anche qui (pag. 131) 20* 308 Letteratura ù{t snfhi , '■■rt^y^ ?v6ksi/ , g/i;5K=v o-yTupws , pro salate. Lo SCV -ÌN VS , Secundus^ vien confermato dallo SCV- JVA , Secunda , dell' ultima riga , a cui precede un nome femminile in AS, ed in mezzo CLENS, kAuVs/, vacata , sua appellatione , Secunda. Ciò distrugge le congetture tanto del sig. Vermiglioli , quanto del sig. Campanari sulle righe 10. e 23. del gran sasso no- vello perugino. Ma il tentare non nuoce ; ed ambedue questi signori hanno veduto pur bene in molte altre cose. Nella nuovissima tarquiniese cornetana trovo no- minata tre volte una generazione, una tribìi flentinatey o flestinate ; ma ignoro se sia de' Fluentini di Plinio, o se da Plistia, PHLESTNA, citta conosciuta dell'Umbria. E' simile a questa la FELTSNAS, da Felsina, or Bo- logna , che il N. A. non ha voluto gustare (N- 103. pagg. 213. 216). Splende più certo nella settima riga nostra il sexaginta unum , anni della vita di Pompo, o Pompeo Secondo. Cosi nella epigrafe di S. Manno HINTHIV ; ch'è gentilizio derivato dal numero , QVIN- TII , e come possono scrivere ì greci KOINTIOY ; non già che v'abbia pertenenza alcuna Tito Quinzio Flaminino (il che è uno degli abbassamenti cronolo- gici , fatti a forza dal troppo timido Lanzi ) : ma per- chè questi etruschi andavan preparando i nomi ed il linguaggio di Roma , prima eh' ella nascesse , o dive- nisse grande. A mio debol parere , il Quinzio peru- gino era THVES SLANS , cioè SETLANS , sacer- dos , 6vo(Tiioog Balcani. Chi mai , dopo tanti monu- menti ora somministratici dal suolo , chi mai non si persuaderà, esser quel SliTLàNS , F'ulcanus ^ di ori- gine differentissimo , e per ciò anteriore airH*AiSTOr della mitologia transmarina ? In una cotanto numerosa e magnifica serie , di cui mi duole aver potuto delibar sì poco, viene final- Iscrizioni etrusche 309 mente la classe sesta ed ultima de' monumenti pla- stici, de' quali se ne contano 34. Questa è formata dal N. A. di una cassa per corpo intiero , di urne minori , che diciamo cinerarie, di tegoli , e vasi gros- solani di terra cotta. La ben pensata denominazione di monumenti plastici aveami lusingato da principio, che avrei veduto primeggiare in essa le inestimabili stoviglie mitografiche , le quali ora eccitarono tanto grido , e delle quali so esser Perugia ben ricca. Po- trei credere , aver voluto il N. A. non prendere in urto , coir italismo , se non coU'etruscisrao della fab- brica , e de' caratteri , alcune persone , come ho già detto ^ aliene, alienissirae da noi. Ma (egli mi per- doni) la opinione, o piuttosto ostinazione per una fab- brica estera di tali arnesi nostri, è già definitivamen- te sfatata. Vedremo piiì sotto , che l'A. N. ravvede- sì da un assenso dato per troppa dolcezza , o corte- sia , e da quelle lodi agli autori neoterici , eh' egli sparge oltre misura in tutta l'opera sua. Mi sembra eh' egli sbagli ed in principi! ed in pratica , la dove alla pagina 326 sospetta falsi alcu- ni vasetti , perchè con caratteri grafiti. Ed io, e tut- ti gli esperti di Roma gli attesteremo , che i grafi- ti, ed in lettere, e ne' contorni, ed in altre parti delle figure, sono legittimi ed antichissimi. Dalla giustizia della causa mi veggo pure astret- to a riprendere nel N. A. un errore gravissimo (erro- re eh' egli aveva già anticipato alla pagina 2) , ed è quello (pag. 272) di tenere per buono e genuino il bronzo celebrato si , ma supposto e falso di Lerpi- l*io , se al ciel piace, Santirpio. Possibile che non gli sia nota la dissertazione bellissima del grande An- nibale Olivieri , lume dell' accademia pesarese , ami- cissimo del dotto mio padre , del Marini , e de'com- 310 Letteratura pagni ? (1 ) Possibile eh' egli ne ignori l'altra consi- mile Sopra alcuni monumenti pelasgi^ contro il Bour- guet, inserita nel tomo II parte I de' saggi dell' acca- demia di Cortona ? In esse vedrà dimostrato all' ulti- ma evidenza , essere il preteso bronzo una detestabile invenzione del maligno e pernicioso impostore Ligo- rio. Deh ! che l'alunno prediletto , il successore di un Lanzi e di un Marini , non voglia imitare la cecità in queste cose, la ostinazione veramente incredibile del Muratori, che fra molti altri sconci aborti dell'ar- chitetto piaggiatore , ammise nel suo tesoro la Fortu- na Barbata ; della quale il disegno , come appunto quello del ridicolo Santirpio, non ha il menomo ve- stigio , il menomo sapore di antichità. Facendomi a ponderare il sistema preconcepito del N. A., per cui vuole il grecismo e nella lingua, ed in alcuni (dica pure in quasi tutti , e ne* pili no- bili) monumenti d'arte degli etruschi , derivato dalle colonie greche venute in Italia , e specialmente da quella dì Demarato Corintio, rimostrerò francamente, che tali colonie , per attestato concorde di tutti gli autori, fra quali Cicerone de re publica , stabilironsi in ora Italiae ^ sulle spiagge cioè, non mai nell' interno. Come potrà il sig. Vermiglioli provare, che genti avventizie di mare penetrassero colonicamente fino a città SI mediterranee , quali appunto la sua Peru- gia y Todi , Chiusi , Fuligno , Gubbio, Sarsina, Fel- sina ; e se ama seguire i suoi RASNES , fino alla Rezia fra le Alpi ? Le colonie greche conosciute ven- (i) Esame del bronzo Lerpiriano pubblicato dallo Spon. Dedicato al principe Carlo Albani , come a successore de'por- porati di quella casa, resi veramente immortali dalla scienza. Pesaro, Gavelli , 1771. Iscrizioni etruschk 311 tìero in tempi storici conosciuti abbastanza ; il che ri- sulta dagli stessi oracoli che le accompagnavano, con- cepiti nella più chiara ed intelligibile grecita. La co- lonia di Deraarato in Tarquinia non fu che la fa- miglia di un ricco signore ; il quale certamente non avrà scelto per suo asilo un paese , in cui non gli si offerissero conforti e relazioni di linguaggio e di costumi. Ninno meglio dell' eruditissimo A. N. rati- ficherà la non piacevole confessione , che di cento voci , presentateci da* nostri cimelj , siamo bea for- tunati , se con tutto il greco più alto e recondito, con tutta la critica d'esperienza , giungiamo a spie- garne sole sci o sette. Il corpo adunque della etru- sca lingua , non accessibile finora , sarà indubitata- lnente composto di radici primigenie asiatiche , lidie, frigie i tessaliche ; delle quali chi mai sa nulla ? Ciò confermasi dall' astruso de' caratteri-, dalla Varietà loro prodigiosa ne' vasi pinti ; dall' affastella- mento di consonanti , e dalle interpunzioni , che alla orientale contrassegnano prefissione , o soggiunzione di vocali, nei bronzi, e nelle lapidi nostre; a petto delle quali la slela Sigea può comparire una facilita : tutti modi ch'evidentemente ne dimostrano quelle scrit- ture per veri tentami , fatti non solo lungo tempo avanti ogni grammatica ed ortografia , ma ben anche avanti qualsivoglia stabilito esercizio dell' arte di seri- vére. La commistione delle italiche favelle era una lingua che creavasi allora , ed ingenerava le future. Questa si è la teoria che ciascun uomo di senno de- ve trarre dalla sicura scorta delle osservazioni. La- sciamo ad altri , che sotto il pretesto di una filosofia non sana , invaniscano ad abbracciare tutto ciò che nelle facili allegorie , e ne' simboli , vien proposto loro dalla ignoranza e dal capriccio. La sana filo- Sofia rivolsesi mai sempre intorno a'do cumenti ed all' 312 LktteraVura istoria ; onde poter dedurne rispettosa i doni celesti ed inestimabili della certezza ," e della verità. Vedo quindi con piacere, non approvarsi dal N.A. Tardimento di chi scrisse (pag. 191). Le etntsche ftgU' rate anticaglie non danno niwi solido argomento per supporre gli etruschi né" tempi de" monumenti , che andiamo esponendo , di ellenica derivazione. Disap- provarsi giustamente le stranezze, le follie di un al- tro , e di altri (pag. 60). Lo specchio di Tirone mistiche , fisiche , ed astronomiche allegorie , sim- holica rappresentanza de zodiacali gemelli. ( Pag, 62. ) In Menelao ed Elena , nominati chiaramente , dot- trine allegoriche , fisico astronomiche^ allegorie del Sole, e della Luna. (Pag- 145.) Colonnette sepol- crali , rastremate , scannellate , con fiorame in al- to , e picciol cono ellittico , idea di antica religione fallica , che ultimamente con tanta dottrina illustrò V amico nostro eh. cav. Arditi : Del fascino , ec. Na- poli , 1825. E veramente i simboli della generazio^ ne , presso un popolo superstizioso , Roteano aver parte nella religione funebre , anche sui rapporti di Bacco , che divinità infernale stimatasi ancor esso. Videa di fallico rito pertanto^ pressoché esclusa da noi nella prima classe , e che davasi a codeste co-' lonnette dagli etruscisti nel secolo scorso , potea ave- re qualche ragione , e potea durare fra gli etru- schi in virtìc d'una tradizione antichissima , con- servata fra loro . . , E questi falli sono ancora bi- nati ... I coni adunque , per cotesti astronomi , non differiscono da* corpi cilindrici ! — Condanni , con- danni ugualmente le pelte delle Amazoni figure simboli- co morali^ allegoria tutta morale (pagg. 1 83 260 ecc. ) ; condanni ed i cavalieri , ed i delfini con Genio eroti- co , presi per alienazioni d'intelletto , nullaraente pro- prie a que' tempi di somma semplicità , e positivo espri- IsCRIZIOJfl BTRUSCHE 313 mere cose reali della vita. Pensi , e scriva il N. A. in questa guisa con i-isolutezza. Prenda maggior co- raggio , e l'autorevol dignità , che gli compete pur tanto ; ed io , memore degli encoraj di lui , che in anni migliori sentii dalla bocca del Marini ^ esulterà di gioja. Tutti gli uomini che nutrono amore per le antiche dottrine, tutti gli uomini non depravati da falsi e noviz] sistemi , riconos eranno in lui me- ritamente l'orrevol capitano di coloro che sanno. Frattanto egli lagnasi particolarmente di un amico suo , che con motto di villania credette dileggiare i seguaci dell' onorando Lanzi ( pag. 155). Tali basse ingiurie non toccano me : ma se mi toccasse- ro , fra la schiera di un tanto duce , prendendo va- lore dall' esempio suo , vorrei pugnar meglio contro gli avversar). Sappiano però costoro , che , dopo aver veduto migliaja e migli aja di monumenti ora prodotti dal nostro suolo , dopo avere ben rivolte in mente le ragioni tutte di siffatti studj , che amai fin dalla prima giovinezza , io ho dovuto divenire oltre Lan- ziano. Tengo quasi all' intutto col Guarnacci. Tengo col Buonarroti , col Venuti , col Guazzesì , con l'Oli- vieri. Tengo sovra tulli col grande Maffei ( Osserva- zioni letterarie , tomo IV pag. 16.). ,, Il coraincia- „ mento degli etruschi , per tutte le autorità de' clas- „ sici antichi , verrebbe a cadere più di cinquecent' „ anni , e forse 550 avanti la fondazione di Roma. — „ In tempo di Ciro , avendo i focesi occupata la Gor- „ sica , e inquietando il mare , dominato dagli etru- „ schi , col gran porto di Luni , ed altri , si col- „ legarono cartaginesi e tirreni ; e diedero a'suddettì „ una terribil rotta. La citta di Agllla ( Caere ) eb- „ be in quella guerra le prime parti ; onde nel suo „ distretto furon crudelmente lapidati parte de' pri- „ gioni, ,, E tomo V. pag. 326. Contro i disputanti 3Ì4 Letteratura di allora. ,, Stabiliscono quasi per fondamento , cti€ „ il carattere etrusco sia derivato dal greco : il che „ noa credo io verificarsi punto ; perchè converreb- ,, be provar prima , che il greco fosse anteriore , quan- „ do segni dì maggior antichità ha piuttosto Tetru- ,t SCO. „ E pag. 328. „ Ma che l'etrusco non venga ,, dal greco , altra osservazione finisce di comprova- „ re ; ed è , che l'alfabeto etrusco non ebbe origi- f, nariamente la quarta vocale , cioè l'O. Non venne ,) adunque dal greco , che fin nella Sua prima ori- ff gine sempre l'ebbe. „ Con tutto il disparere mio dalFA. N. 5U varj articoli , disparere che mi e stato giuoco forza scuo- prìre ingenuamente ; niuno più dì me riconosce nell' opera sua un tesoro inesauribile dì notìzie , che por- teranno per 1' avvenire a maggiori scopertCi II po- chissimo , che finora ho potuto accennarne con tapi- dò passo , non e che un picei ol tentativo di avan- zamento nella scienza. Quest' opera del eh. sig. Ver- miglioli debb' essere collocata insieme con le migliori del passato secolo, insieme con quelle del Lanzi, e del sig. Principe dì Canino. Ella , per la erudi- zione , e la grandezza sua , per lo stesso disputare da una parte , e dall* altra , di cui sì adorna , passerà stimatissima alle mani de' posteri ; se pure fra' posteri ve ne avranno alcuni , che per fatiche non consuete oggidì , sentirannosì lena , onde coltivare quegli studj patrii pili laudevoli , che già furono agli antenati no- stri di tanta gloria ed utilità. GiaoLAwo Amati. 31! ha caccia e la pesca , poemi di Oppiano cilice^ vol- ti dagli esametri greci in endecasillabi italiani per Urbano Lampredi. Palermo dal gabinetto tipogra- fico all'insegna di Meli 1833. Oe ogni genere di poesìa ha per iscopo la dilette- vole istruzione , la didattica più direttamente e con maggiore utilità prende a coltivare lo spirito umano nella cognizione delle cose naturali. Molti furono pres- so i greci , che adoperarono questa spezie di poesia : e quantunque non vi abbiano la lode dei latini, so- no celebrati Esiodo , Arato , Nicandro , Emj)edocle , Perlegete , e finalmente alquanto tempo dopo si conta Oppiano della Cilicia pei due poemetti l'uno sulla cac- cia , e l'altro sulla pesca. Di lui non abbiamo che incerte notizie : ma da ciò che ne dicono alcuni sto- rici si può conghietturare, eh' e' fosse avuto in gran- de celebrità sotto l'imperio di Caracalla , e le sue poesie gli fruttassero la benevolenza insolita di quel crudelissimo principe. Il Salvini nel 1728 ne pubbli- cò in Firenze una versione, della quale si fa memoria nella biografia universale. Ora una nuova traduzione nella nostra favella vie- ne alla luce , e divisa in due volumetti , il primo con- tenente la caccia, e l'altro la pesca, sì pubblica in Pa- lermo. Siccome opera dì uno de' più illustri italiani, ci occuperemo dì essa facendone pubblico annunzio , quantunque finora non sia stampato che il primo volume. Il nome dell'autore, Urbano Lampredi, suona chia- rissimo in tutta Italia; e dovendo noi parlare dì lui. 316 LsTfERATURA che \fi lodi meritò di quel sovrano intelletto di Vin- cenzo Monti, gludicliiamo cosa inopportuna il prendere a dimostrare la sua valentìa nelle lettere italiane- Che però neir annunzio della sua versione di Oppiano non altro terremo a fare che a cogliere il più bel flore » e ad ammirare l'ingegno dell' autore non dirò per la facilita somma di voltare nella nostra lingua qualun- que locuzione greca , ma altresì per quella splendida copia di voci, e per quella variata ricchezza di suo- ni , cose che donano ai suoi endecasillabi tutta la ve- nusta didascalica. E perchè il nostro giudizio non ab- bia a credersi ingiustamente enunciato , riporteremo una squarcio bellissimo, in cui è descritta la caccia de'leoni« Caccia de leoni. Or del lion la perigliosa caccia Poniti in cor. Prima la tana esplora Dove la belva usa è posar , terrore De' pastor , degli armenti , e delle ferc^ Seguine poi la lunga pesta in finO Air acqua , dov' ei spesso si disseta ; Quivi scava profonda ed ampia fossa , Fabbrica in mezzo una colonna , e quindi Penda a mezz' aria un agnellin da latte. Cingi la fossa poi di pietre e frasche , Si che il lione non la scorga. Intanto Bela Tagnel sospeso , e a quel belalo La famelica belva intorno gira Focoso avido sguardo , e difilando Obbediente a suo vorace ventre Verso quel grato suon , salta la siepe , E cade in fondo del non visto abisso. Quivi salta correndo , e torna indietro , Ricorre poi , come destriero ardente La caccia e la pesca 317 Dell' auriga alla mela a fien tenuto. Dalla vedetta i cacciatori allora Accorron ratti , e qui calan legato Con saldo cuoio ampio gabhioa munito Di fraudolenta abbrustolita carne. Lieto il lion , di quindi uscir bramoso , Salta dentro al gabbion senza ritorno. E con SI fatto ordegno il sitibondo Afro inganna il leon : ma dell' Eufrate Sulle rive i magnanimi cavalli Audacissimi corrono a battaglia. Leonino han sembiante , e ratti al corso Della belva sostengono il ruggito ; Ma treraan gli altri, e voltan faccia al torvo Del rege irato lampeggiante sguardo. Ma questo io già cantai nel carme equestre. I cacciatori a pie di forti reti Fanno un recinto con frequenti stagge; E tanto quinci e quindi il palo sporge. Quanto le corna della nuova luna,: E tre de' cacciator stanno all' agguato , Uno nel mezzo , e due nei lati estremi A tal distanza , che di quel la voce Possano udir ; molti all' assalto intesi Con accesi panelli , ed imbracciato Nella sinistra rimbombante scudo A spaventar le belve , e nella destra Spaventose del par giranti faci , Che del foco alla forza il leon cede. Vistolo appena, tutti insieme a un tratto Corrongli urlando e infuriando incontro ; E con immensa stizza ei da di volta. K poco dopo il costume descrive degli etiopi nel cac- ciare i leoni. 318 Letteratura Terzo ha di caccia dagli etiopi usato Maraviglioso stil. Quattro di forza E coraggio muniti intesson forti Di pieghevoli e in un tenaci , quindi Rotondi scudi a doppio ricoperti D'asciutto cuojo contro l'unghie e i denti , E tratto tratto ancor vestono il corpo Di vello pecorìn stretto con salde Strisele dì cuojo , e pongonsi visiere. Sicché sol vedi e labbra , ed occhi , e nari. Impetuosi poi con gran frastuono L'assaltano di voci e di flagelli e Sbalza il lion dalla profonda tana , E contro lor l'orrenda della bocca Micidial voragine spalanca. Forse così , sboccando dalle rupi, Rugge l'immenso Gange , e per le terre Mariandìne da ben venti fiumi Si riversa accresciuto , e mugghia orrendo. Tale il lion si scaglia ruinoso Qual bufera invernai , e qui sostando A quel suo procelloso impeto primo Lascian eh' uno dì lor stramazzi a terra ; E mentre della belva il fiero artiglio O il dente i giunchi invan lacera e guasta , L'aizza un altro , e poscia un altro , e tutti Sperso abbatte il giubbato animai nero Alla lor volta con furore e stizza. Ma ne gli acuti unghìon , ne il ferreo dente Vincon queir armatura , ed egli in vana Fatica si consuma infuriando Or su questo , or su quel senza misura. E come quando in sanguinosa pugna Cìnge un forte guerricr stuolo animoso, Ei vibra sì la sua fulmìnea lancia La caccia k la pesca 319 Or contro questo, or contro quel : m^ stanco E da molti nemici ognor premuto Nel suo furore illanguidisce , e domo Da tanti vani sforzi , anela , suda , E al fin si prostra, e gli occhi in terra afllgge. Siccome atleta, già dì molto olivo Fregiato il crin , da più robusta mano Colpito in pria si arresta , e d'atro sangue Tutto Lagnato barcolando casca Sulle ginocchia dispossato e vinto , Tale il leon stramazza , e tutti allora Gli sono addosso , e il legan forte , ed egli Quieto se ne sta senza difesa. Oh ! dell' uom petto audace , e mente eccelsa ? Chi '1 crederia ? quella terribil fera Come agnel sulle spalle alfin si reca. Tanto il nostro Lampredi e lontano da invecchia- re , che il foco animatore delle muse si mantiene iu lui tuttora vivo , e conserva pnr anco fervida la gio- vinezza del cuore. Mentre gli facciamo augurio feli- cissimo di molti anni, lo preghiamo altresì a non ces- sare di soccorrere agli studi italiani. Così quando la natura lo avrà chiamato a dormire nel sepolcro , gli amatori della nostra letteratura diranno , che l'amico di Vincenzo Monti, di Giulio Pertica ri, di Luigi Lam- berti fece onore alla patria fino all' estremo del suo vivere , imitando il valoroso eroe di Pilo, che sosten- ne col consiglio la greca virtù, quando il carico de- gli anni non permetlea eh' e* brandisse la spada. Ferdinando Ranalli. 320 Ricordo di prose varie , (a) Della guerra sociale e degli effetti che deriva- rono dall essersi conceduta la cittadinanza romana a tutta V Italia. Ragionamento accademico del march. di Vìllarosa accademico tiberino ec. ( Napoli 1 830 in 1 6 di pag, 44 ) . T. occata la guerra formidabile , per cui gì* italiani acquistarono la cittadinanza romana , discorre varie cose singolarmente intorno a' privilegi e tributi : pe' quali addivenne , che più fortunati de' latini si ripu- tassero già i cittadini romani , e da meno che i la- tini fossero tenuti gì' italiani. ,, Qualunque però si „ fosse la diversità fra le nazioni italiane prima della ,, guerra sociale , tutta cessò dipoi per la concessione „ loro fatta della romana cittadinanza. ,, Tale si è l'opinione del chiaro autore , che non si rimove per poche e lie^^i eccezioni : e passa a dimostrare ,, che „ la concessione della romana cittadinanza, per gli eflfet- ,, ti che ne seguirono , quanto fu d'utile alla re- „ pubblica , altrettanto recò di nocumento all' Italia : „ nel che si conforta altresì dell' autorità del Denina. Come prima vinti i sanniti e i cartaginesi Roma do- minò l'Italia, e mise terrore alle estere nazioni , die- desi al lusso e alla mollezza : e il nerbo della mi- lizia legionaria venne a formarsi di soldati italiani; Mario e Sertorio sostennero la repubblica , e il pri- mo Catone fu esempio di antica virtù a Scipione af- fricano. Ne solo la militar disciplina 5 ma la dignità Prose varie 321 del senato fu sostenuta àagV italiani , rinnovando la gravita e la modestia del costume e perfezionando le lettere; come si vide in Tullio d'Arpiiio , nello stesso Catone del Tuscolo , in Macenate toscano , in Tra- sea Peto padovano, in Vibio Crispo vercellese , e in Ce- cina vicentino ; per tacere di que' lumi singolarmente del secolo di Augusto e di Trajano , che furono da Ennio e Virgilio sino ai due Plinii : tutti origina ' rii di varie citta italiche. Ma l'affluire degli uomini delle provinole a Roma spogliava le provincie stesse : dove, mancando la popolazione o il fiore di essa, lan- guivano il commercio le arti , e la regina di que- ste t r agricoltura : a cui nocque altresì la soverchia estensione de' poderi. Ne le militari colonie sovve- nivano al bisogno ; che anzi crescevano il male , tanto più che i veterani formavano al dire di Tacito (//&. 14 e. 27 ) numerus magis qitam colonia. (b) Un dialogo di vecchio argomento {Ivi 1833 in 16 di pag. 25. ) Una donna di semplici modi e di schietto vesti- te , già vinta dagli anni e dalle disgrazie , non trova uel dolore chi la soccorra. Passa per la via, dov' ella si giace nella polvere, un'altra donna nel fiore de- gli anni , in bello e ricco arnese , con gran corteg- gio : fermasi a consolarla , la chiama col dolce nome di sorella ; ma l'infelice risponde alla pietosa , come il cane che morde il ladro, che l'accarezza. L'una è l'agricoltura , l'altra è la manifattura : quella si duole dell' ingratitudine degli uomini , onde si dice caduta in basso stato ; questa li difende , ed accusa la so- rella di neghittosa , e come causa a se stessa del ma- le , di che si lagna . Questionano sull' antichilk dell' origine : e la manifattura pretende esser nata prima, GA.T.LVIII. 21 322 L E T T E R A T U K A aggiunge che secondando i bisogni ( o meglio i ca- pricci ) degli uomini ella si è fatta ricca ,6 1' altra troppo ligia alle vecchie usanze ha lasciato correre il mondo innanzi e s'è rimasta addietro : come buona sorella l'invita seco a viaggiare in una carrozza senza cavalli , che trasporta tutto il corteggio e fa 14 le- ghe l'ora ; ma prima l'ha consigliata a giovarsi de' lumi , ad aiutarsi delle nuove macchine , e di una piiì variata coltivazione. Comunque nou possa dirsi in tutto di questo dialogo ciò che de' dialoghi del Galiani Sur le commerce des bles diceva un fran- cese „ essere dettati collo spirito di Platone e di Molière ,, merita di esser letto a tener viva l'indu- stria agraria , e nell' avvilimento de' cereali raccoman- dare ognor pili la coltura della seta, del cotone, della canapa e del lino e della barbabietola , e piiì cura delle viti ec. : ben inteso , che colla smania di mi- gliorare non si venga a rovinare ogni cosa , essen- do pur troppo ogni eccesso nemico del bene vero e durevole. (e) Elogio del cav. Paolo Nicola Giampaolo , letto nella società economica di Campobasso il 30 mag- gio 1832 , dair aw. Giuseppe de Robertis soc, corr. ( zVi 1 833 in 8 di pag. 54 ) . „ Paolo Nicola Giampaolo nacque nel giorno 11 „ settembre dell'anno 1757 di famiglia distinta ed ,, onesta di Hipalismosani , terra la quale diede i „ natali anche a Francesco Longano ed a monsignor „ Luca Nicola de Luca . . . morì in Napoli ai 14 „ genuajo ultimo ( 1832 ) . . . Il Longano con dizione ,, metodica e severa nella sua filosofia dell' uomo parlò ,, alla sola ragione. Il de Luca commentando i santi „ libri di Salomone , toccò il tasto armonico del sen- Prose varie 323 ,, timento , e parlò al cuore. H Giampaolo situalo „ ili altro terreno tinse la penna in aniendue queste „ fonti , e si rese caro al filosofo , all' agricoltore , ,, all' uomo religioso. (d) Elogio dedicato alla memoria del cav. Paolo Nicola Giampaolo dal suo successore nelV acca- demia delle scienze Pasquale Borrelli , e letto nella seconda tornata del novembre 1832. (im 1833 in 8 di pag. 45 ) . AI successore nell' accademia delle scienze toc- cava, meglio che ad altri, lodare il Giampaolo: il quale ebbe ancora gli encomi dell' ab. Serafino Gat- ti {Elogia voi. Il, Napoli 1833 pag. ITI): a lui toc- cava giudicarlo imparzialmente quale fu tra gì' inge- gni, che non creano ma diffondono le buone cose. Perchè ognuno ne prenda concetto secondo il me- rito, gioverà por qui almeno il catalogo delle sue opere , che sono in istampa. 1803. Lezioni di metafisica, voi. 1." 1806. Memoria sulla riproduzione degli alberi, 1808. Lezioni e catechismo di agricoltura, voi. 3 in 8.° 1 809. Lezioni di agricoltura, voi. S.'* 1815 1 828 "^^^^^^^^ "^"^^^ religione, 1 voi., poi voi. Ain S." 1822. Memoria sugi' inconvenienti del sistema agrario del regno e sui mezzi di rimediarvi. 1825. Elogio dd comm. Poli^ letto nella società reale Borbonica. Fra le cose inedite e lette in accademia è a no- tare il sunto di due opere di Julien; 1 ." sulV impie- 21* 324 LlTTERATUKA go del tempo; 2.^ siilf influenza delle donne in tutti i tempi presso le nazioni : una memoria per riforma- re i costumi , e due sui difetti e rimedi dell' agri- coltura. Ma la lode migliore del Giampaolo è quan- to a' costumi , di cui fu specchio. ,, Penitenziere in „ Boiano , vicario generale del vescovado di Sessa e „ poscia di Capaccio ; canonico , indi arciprete in ,, patria : ei fu inteso mai sempre al sollievo de'mi- ,, seri , al conforto degli afflitti , alla conciliazione „ delle discordie, all' incoraggiamento, al patrocinio ,, di que' giovani ingegni , a cui natura die for- „ za di elevarsi sul volgo. Mai sempre fé' mostra di ,, quella semplicità, di quel candore, che uno scrit- „ torà di Oriente chiamò i raggi della saviezza. „ Ma che nascano di tali uomini è grazia del cielo : che siano amati e onorati eziandio oltre il sepolcro, è lode degli uomini. Benedetta pur sia ogni anima cortese , che ai benemeriti non ricusa la vita della gloria , e raovesi ad imitarli ! (e) Elogio funebre recitato ad onore dello scrittore in musica Domenico Cìmarosa dall' ab. Raffaele Pastore , seconda edizione conforme a quella di Venezia {Chieti 1 833 in S.*» di pag. 28.) Il nome di Gimarosa , onore di Napoli anzi d'Ita- lia , morto a Venezia di anni A6 il di 1 t genna- io 1801, vale un elogio. Non h però raen cara que- sta funebre laudazione dettata all'improvviso, e re- citata in Venezia dal traduttore di Brothier. Dice in sostanza del Gimarosa ,, che fu l'uora grande, l'incora- ,, parabile, l'uomo del secolo in quanto è musica ar- „ monia , che fu tutto armonia , eh' ei ne possedet- ti te in guisa affatto nuova e tutta sua lo spirito nel- ,, la parte di lei la piiì nobile e sublime , qual si Prosk varie 325 ,, t l'invenzione ... Fu rarraonia in lui universa- ,, le , fu totale in lui , e in tutta la sua estensione „ il possesso di essa ; sicché non la paite solo in- ,, tellettuale e sentimentale ella abbracciasse ; ma la „ sua anima ben anco il suo spirito , il suo cuore, ,, la sua volontà : in una parola l'armonia delle vir- ,, iù. (non le sociali e morali soltanto , ma le cri- „ stiane singolarmente) campeggiò nel Cimarosa non ,, meno di quell' altra, e con quell' altra insieme for- ,, ma essa il vero e genuino carattere dell' illustre „ defunto. „ Non meglio poteva farsi il ritratto del Cimarosa : il perché non sarà chi voglia far colpa all' autore, se mancò forse negli accessorii , o se più pre- sto mancò a lui il tempo di ritoccare il suo quadro. (f) Cenno storico sulla vita di Francesco Setti di Crevalcore , morto in patria nel 1 829 ( Bolo- gna 1833 in 8.** di pag. 30.) ,, Dopo quattro anni di permanenza in Bologna, ,, dove . . . venne ad apparare il disegno alle scuo- ,, le di quella illustre accademia delle belle arti , ,, non ancora terminato il suo corso , non ancor re- „ se paghe le brame dei parenti e l'aspettazione della ,, patria, nell' età ahi troppo verde di anni 24, preso ., da violenta infiammazione di petto il 17 genna- ,, io 1829 restò vittima miserabile di una morte im- ,, matura. „ Ma egli vive nella memoria de' buoni , i quali ricordano le virtù , che gli fiorirono il bre- ve corso di 24 anni : una bella epigrafe latina è pre- parata pel suo sepolcro ad incitamento della gioven- tù nella via dell' onesta e del sapere. L'egregio scrit- tore di questo cenno coglie l'occasione di rammenta- re le glorie della terra felice dì Crevalcore : tra le quali splende di tanta luce il Malpighi , dell* anato- 326 Letteratura mia facilmente principe ; che a lui riguardando ^ bel- lo il ricordare i manoscritti, che sonosi trovati nel 1830 in Crevalcore , e rimangono presso il lodato scritto- re , che del prezioso deposito farà quell' uso , che i savi desiderano ardentemente. (g) Elogio del cav. Luigi Petagna, letto nel reale isti- titio cT incoraggiamento alle scienze naturali di Na- poli il dì primo luglio 1832 dal •vice-segretario perpetuo doti. Benedetto Vulpes {Napoli 1833 in 4 di pag. 28). ,, Luigi Petagna era professore di zoologia e di- ,, rettore del gabinetto zoologico nella regia università. „ degli studi di Napoli, socio della reale accademia ,, delle scienze, dell'istituto d'incoraggiamento, dell'ac- ,, cademia pontaniana, della societk linneana delle scien- „ ze fisiche e chimiche di Parigi , di quella de' na- „ turalisti di Ginevra , della società agraria ed eco- „ nomica di Cagliari , e di quella di principato ul- ,, tra : cavaliere del regio ordine di Francesco I; doci- ,, le buono virtuoso sensitivo , ardentemente passio- „ nato per le scienze che professava, egli facea più „ belle le sue cognizioni con rara semplicità di co- ,, stumi e con più rara modestia. ,, Cosi la corona del merito , che è la virtù , non mancò al Petagna: il quale coltivò le scienze naturali , diede più memo- rie zoologiche , ed instruì la gioventù con molto amo- re. Tornando da Vienna , ov' era stato ad osservare il cholera di commissione del re , morì a Loiano il 29 marzo 1832 d'anni 53 nel bacio del signore. La pa- tria lo pianse, e „ il giovane re, che la providenza „ cernesse alla prosperità delle due Sicilie , rimeritò „ le fatiche e gli utili servigi dell' egregio defunto „ con generose pensioni concedute alla desolata con- Prose varie 327 ,, sorte ed agli orfani figliuoli. „ I quali esempi di merito e di ricompense saranno seme , che frutterà al bene della scienza e della virtù nella fiorente gene- razione- (II) La grammatica latina, opera elementare di Giu- seppe Sanseverìno de sigari di Marcellinara , sto- riografo del S. M. O. gerosolimitano ec. {I\>i 1833 in S.** di pag. vni, 84, xxxrii.) Dopo le lezioni logico -grammaticali, già indiritte ai padri ed agi' institutorì, l'illustre autore viene pre- sentando alla gioventù italiana questa grammatica ele- mentare col fine di tener viva la lingua latina , quel- la gioia preziosa che mal si vorrebbe avvilire , quan- do è la più degna che orni l'Italia (comunque ric- ca dì un' altra gioia , che è la lingua volgare). Pro- cede l'autore per via di dialogo , e la prima lezione insegna che sia grammatica, e che s'intenda per linguag- gio articolato : la seconda che sia il pensiero , come si formi , quali i suoi elementi ; e per conseguenza quali gli elementi del discorso , detti parti delVora^ zione. La metafisica del linguaggio viene ad applicar- si opportunamente , e la sintassi è sottoposta a leg- gi semplici e generali , perchè tratte dal fine di qual- siasi idioma nella variazione de' costrutti. Il libretto e fatto per la prima gioventù , alla quale però au- guriamo mai sempre tali institutorì , che pieni di filo- sofia la lingua e il petto vadano a poco a poco spia- nando la strada, che pur troppo è sempre spinosa e malagevole a chi nuovo si mette a questi studi : di che se vorremo riandare noi stessi gli anni della no- stra fanciullezza , non avremo bisogno di prove. 328 Letteratura (i) Regole elementari della lingua italiana , compi- late nello studio di Basilio Puoti {Napoli 1833 in 16." pag. xri.) Qui non è che il discorso proemiale a' padri di famiglia ed a' maestri : si accenna la tendenza del no- stro secolo alla filosofia più che alle arti e alle let- tere , quando i nostri padri meglio alle lettere si vol- sero che alle scienze : di che è a temere non forse si corra per noi al filosofismo. „ Sicché avendo con- „ siderato che le ideologiche astrattezze punto non so- ,, no comprensibili a' fanciulli , e guidati dalla ra- ,, gione e dalla sperienza avendo conosciuto che ben „ si avvisarono gli antichi di prima la memoria la- ,, vorare e l'immaginativa de' giovani, e poi la ragio- ,, ne ; che questo è l'ordine , che ci vien mostrato e „ prescritto dalla natura: in questa nostra gramraati- „ ca il loro esempio ci siamo deliberati di seguita- „ re, onde queste nostre regole della volgar lingua „ in semplicissimo modo sono state da noi corapila- „ te , e senza superbo apparato di astruse teoriche : „ e solo abbiamo posto mente ad ordinarle per rao- „ do , che l'una rischiari ed illumini quasi l'altra. „ Cosi l'editore , il quale promettendo brevità e chia- rezza ne* precetti, continua così : ,, le ragioni della „ grammatica in un metodo elementare non debbono ,, esser poste in iscrittura, ma convien che sian l'ope- ,, ra del giudizioso maestro , il quale molto discre- „ taraente un pocolino alla volta , e senza ingenerar „ confusione nella mente de' fanciulli, debba a viva „ voce andar loro sponendo le cose. „ Sopra di che ci limitiamo a dimandare , se sia agevole trovare di tali maestri , che possano e vogliano aprire op- ^ portunamente ai fanciulli le ragioni della lingua , Prose varie 329 quanclo il labbro che tolgono a guida non li richia- mi a questa necessaria fatica : o se non fosse meglio sovvenire al bisogno de' principianti ponendo loro in- nanzi e cominciando a farli leggere de' buoni esem- pi , e sopra quelli dichiarando le regole : e le rego- le stesse epilogando in fine di siffatti esercizi ; dac- ché in queste cos'i compendiate avrebbero quasi il ger- me, in quelli poi quasi il frutto della grammatica. Del resto ci terremo di dare giudizio su questa materia, che è difficile anche ai più savi ; tornando spesso fal- laci le più belle speculazioni , se si pongano in pra- tica nella prima educazione. D. Vaccolini. Poesie di Andrea Mazzarella da Cerreto , Napo- li 1833, in 16 di pag. XXf^III - US. a 'opo la dedica al marchese Basilio Puoti viene la vita del poeta scritta con molto amore da Niccola Un- garo : della quale daremo come il sunto. Nacque adun- que Tommaso Andrea Mazzarella il 21 dicembre 1764 di Domenico Antonio e Serafina Giglio , onesti ge- nitori. Sino ai venti anni rimase a Cerreto sua pa- tria , ed ebbevi i rudimenti di latino ed italiano elo- quio , non che di geometria e filosofia. Condotto a Napoli dal padre , che già ne sperava grandi cose , stu- diò più innanzi in matematica e filosofia ; ma l'ani- mo suo più volentieri volgevasi alle lettere : e trovò in Nicolò Valletta un dolce maestro, che gli aper- se le più riposte cose dell' istoria e della poesia. Se 330 Letteratura non che il padre , mirando al guadagno , lo astrinse agli studi della ragion civile e penale , e agli eser- cizj del foro : ne' quali però non potè adagiarsi il figliuolo , e tornò a deliziarsi ne' classici greci la- tini ed italiani , dettando versi e prose , che gli era-^ no in luogo de' solazzi di gioventiì. La tempesta del 1799 lo colse , e fu costretto riparare a Mar- siglia , dove per sostentare la vita senza viltà, tolsj a dar lezioni di eloquenza e poesia italiana : fr?t- tanto imparò la francese sino a poter esserne inse- gnatore- Nel giugno del 1 800, aperto il cuore a nuove speranze» si partì di cola , dove lasciava gran desi- derio di sb : fu presto a Torino , indi a Milano , do- ve per comunanza di studi strettosi a quelli , che erano in voce di poeti , venne dettando versi in gran copia. Nella più che letteraria contesa del Gianni col Monti ebbe sua parte : posto negli uffici della guerra, dava opera a volgere in italiano le leggi militari di Francia ; quando per dannata liberta di parlare e di scrivere fu fatto rinchiudere in un castello • di che essendo le maraviglie grandi , fu rilegato a Bologna. Liberatosi per gli uffici di Nicolò Juliani suo cognato, riparò a Firenze : ivi studiava la lingua sui codici e sulle bocche del popolo, e prese a scrivere un gior- nale, in cui dicesi avesse compagni il Cuoco, il Monti ed il Perticari. Ma nel settembre 1(S02 ripatriò : tro- vadosi senza libri , suo dolce conforto , dopo quattro anni venne da Cerreto a Napoli , donde gli convenne restituirsi a casa per succedere al padre , come re- gio governatore. Ma le cure di quell' ufficio non erano per lui: caduto in accessi di malinconia, ne' quali scrisse de' versi ( che sono forse il meglio de' tanti suoi ), rendevasi a Napoli. Cola rivisse finalmente agli amici , agli studi , e molti elogi dettò di uomini il- lustri , e molte poesie : delle quali si adorna que- Prose Varie 331 sta edizione. Così venne in fama , e f u scritto ali* accademia pontaniana ^ ma poco mancò , che nelle convulsioni del 1815 e 1820 non minasse. Del 1821 sendogli già morto il padre , uomo di antichi costumi e giureconsulto , stimò ridursi a casa con animo di attendere alle bisogne domestiche : parvegli quella una beatitudine ; molto più che ad alquanti giovani veniva sponendo i precetti di latina ed italiana elo- quenza : ne vi ha cosa più dolce a chi sa , quanto il versare ne' teneri animi la copia della dottrine. Gli stessi moderatori del seminario pensavano fidar- gli l'insegnamento dell' eloquenza : ma come falliscono i disegni degli uomini ! Venne la morte , e lui tolse ai vivi il 26 settembre 1823. Ebbe le lagrime de' pa- renti e de' concittadini , e fu sepolto nella cappella gentilizia nella collegiata di s. Martino. ,, Fu di al- ,, quanto bassa statura, d' occhi piccoli , col naso in- „ clinato all' ingiù , di barba ne folta ne lunga , la ,, quale ben presto divenne bianca come la chioma , ^, che lunga ed incolta disordinatamente gli ricopriva „ la fronte : niente curante dell' ornamento della per- „ sona. Tanto piacevole era e faceto nel conversare, „ che parea seco menasse la letizia nelle brigate , ed ,, i suoi ragionamenti a quando a quando erano sparsi di „ arguti motti e gravi sentenze. In tutto il tempo quasi „ di sua vita fu travagliato da un riscaldamento di ,, fantasia , comecché talvolta paresse essere al tutto „ sano : e però avveniva che sovente tenesse strani ,f discorsi co' suoi amici, e loro annunziasse già vi- „ cina la sua morte. . .Temeva non il capo gli si fosse „ distaccato dal busto ; perchè or con l'una or con „ l'altra mano sempre andavalo sostenendo. ,, Parlan- do delle sue opere , si nota come dall' umor melan- conico era portato alla satira, e si vide singolarmente nelle stanze contro a'poeti napoletani di que' giorni. 332 tiETTEftATÙRA dove sferza vali pel loro modo di scrivere. Poi si nota la non curanza delle cose sue ; talché ne sono smar- rite assai : in prosa i volgarizzamenti del libro delle leggi e di più orazioni di Cicerone , delle istorie di Sallustio , e parecchie novelle : in versi ( oltre le tra- duzioni dell'Ambra di Poliziano , della Pulzella in ottave , delle odi di Orazio in vario metro, e di al- cune tragedie francesi ) un poema sulla volgar poe- sìa in versi sciolti , canzoni e odi dettate in varie cit- ta , essendovi però qualche cosa alle stampe ; mas- sime per la misera guerra del Gianni col Monti^ In prosa rimangono gli elogi storici pubblicati dal Ger- vasi , un trattatello sulle leggi delle dodici tavole, sulla legislazione degli antichi greci incompleto , un ragionamento sulla volgar poesia , un prospetto delle bellezze della storia universale pubblicato dal Nobile nel 1818 : due storie recate dal francese in italiano pubblicate dello stesso, alcune novelle scritte nel 1822 > un ristretto della storia letteraria di Napoli ( che uno straniero ha pubblicato col suo nome fuori del regno ), un trattato di eloquenza bello di esempj tratti da classici latini e italiani , onde i novelli gustino il meglio delle due lingue ; ma prevenuto dalla mor- te non potè dare all' opera l'ultima mano. Fin qui abbiamo seguito il biografo : ora dicendo di queste poesie , non le daremo già per modelli di bello scri- vere. Pare che l'autore beesse in gioventiì ai fonti del Frugoni e del Cesarotti , e tardi poi si accostasse alla dolce e chiara vena del Petrarca , ed a quel fiume maraviglioso dell' Alighieri ; benché da alquante ter- zine a monsignor Giustiniani , e da una canzone in lo- de del Tasso si scorge come alia fine „ ille irapiger hausit „ Spumantem paterara , et pieno se proluit auro. Prose varie 333 Nelle odi parve maggiore di se , come h a vedere in quella dove piange la morte di Paisiello, e neìV altra a lode del Mayr , maestri di musica: all' ul- timo de' quali dà pure questa lode ahi ! troppo rara. ,« Tu de* corrotti ingegni Sprezzi la gloria : i modi Effeminati sdegni Nuovo Timoteo , e lodi Non merchi tu da stile , Che vaglia orecchie a molcere Contaminato e vile. „ Risuona entro a'tuoi dorici Gravi modi ed eletti Quanto a verace gloria Può rinfiammare i petti : E ben tue note sanno Altrui destar nell'animo Fiero e tragico affanno. „ Domenico Vaccolini* Traforo di Monte Catillo in Tivoli. Lettera di Sante Paiola , socio corrispondente della pontifìcia acca- demia romana di archeologia, LETTERA III. Mio caro amico. lo ti scrivo non già di citlk in citta viaggiando , per esamiuarc i rimasugli delle vetustissime mura ci- 334 Letteratura clopèe, come fece la dotta e gentil Dionigi, onor re del femineo sesso (1), ne sulle balze di una mon- tagna inerpicandomi per rintracciare la sede di qual- che esotica pianta , o di qnalche antiquario frammen- to ; ma ti scrìvo , senza dipartirmi dal natio suolo, e ti narro materie, le quali co' miei pie calco , e sot- to i miei ocelli sviluppansi. Nelle due precedenti lettere ti ragguagliai di ciò che di osservazione degno stimai sulle scoperte ese- guite ai lavori preparatorii , ne' due cunicoli dell' im- bocco. Ora , prima di tornare in questa parte , co- me ti ho promesso , voglio darti qualche nozione del- la località , e del punto ove è fissato lo sbocco del fiume, e della nuova cascata, terminato che sarà l'in- terno scavamento del Monte Catillo. Sotto la cosi detta Icona del Salvatore , circa cento metri lontano della porta della citta , chiama- ta di s. Jlngelo^ sotto la via della cascatella , si po- ne dal maraviglioso idraulico progetto il suddetto sboc- co del fiume nel suo diversivo , e della nuova ca- scata. Da questo punto , fino al luogo ove esso fiu- me percorre il sassoso alveo , dopo essersi ascoso fra i meati della grotta della Sirena , si presenta un' al- tezza di circa cento e tre metri , ossia di circa pal- mi 463. A cosi grande altezza verrà a formarsi la nuova cascata , la quale se per l'altezza non egua- gliera la famosa cascata delle marmore, superiore a questa e piiì ricercata diverrà per la particolar po- sizione. Da che si è dato principio in questa parte ai preparatorii lavori , con tanta attività si è travaglia- (i) Viaggi ìa alcune città (del Lazio che diconsi fabbricate dal re Saturno. Traforo di monte Catillo 335 to nella rimozione e cavaraento della pietra che a tut- to il mese di dicembre 1832 eransi già cavati 1642 metri cubi di roccia , così che ove prima vedeansi sporgenti balze e dirupi , si vede ora e si ammira uno spazioso orizzontale spiazzo. In questo spiazzo si dif- fonderà il fiume, sboccando dal sotterraneo canale del Catillo , prima di precipitarsi dall* altissima cascata. Allorché erasi qui inoltrato il taglio della pie- tra , si discoprì una frazione di condotto , che noa era terminato. In piccola distanza al disopra di que- sto comparve la continuazione di altro condotto, che progrediva , e progredisce lungo la via delle casca- telle , girando pel monte , conforme si può ravvisare dalle tracce lasciate. Dal che si conosce ocularmente che questo condotto portava l'acqua nel casino di Orazio , e successivamente nella villa di Quintilio Varo , e nelle altre ville a queste sottoposte , fra le quali si pone quella di Ventidio Basso^ e di quella Cinzia amorosa di Properzio poeta, di cui già ti par- lai (1), Pertanto sembra chiaro che l'acqua di esso condotto proveniva dal gran condotto superiore , di- scoperto nelle vicinanze de' due cunicoli dell' im- bocco , del quale parimenti nelle precedenti lettere ti ho parlato. Nel 1825 il valente mineralogo sig. marchese Compton eseguì degli scavi nella villa di Vopisco. Neil' ultima spianata della medesima, ora chiamata la mona del portinaro , sotto il principio della strada delle cascatelle , si trovò un condotto , in una gran- (i) Cabrai e del Re ; Monumenti antichi di Tivoli cap. 3. par. i, §.7. 336 Letteratura de profondita , con diversi spartimenti , dai quali sem- bra che le acque sboccando si derivassero nelle in- feriori spianate , e andassero a formare la vaghezza de' laghetti , e il comodo delle terme nella suddetta villa di Vopisco. Nella estremità di detto scavo, ver- so l'icona del Salvatore , si osservò una piscina li- maria , con deposito di quantità di piccola breccia. Qui il condotto proseguiva : ma in questo punto fini lo scavo del sig. marchese. Considerata però la di- Stanza che passa da questo punto a quello , in cui nel taglio della pietra si discoprì detto condotto ; con- siderata la respettiva località , la direzione , ed il li- vello , si conosce che il suindicato condotto rinve- nuto nella spianata della villa di Vopisco , che al pre- sente forma la vigna del portinaro , desumeva l'acqua dal superiore condotto , discoperto presso i due cu- nicoli dell' imbocco , e che quello trovato nel taglio della pietra nello sbocco era una continuazione di quello di Vopisco , e che portava l'acqua nelle altre succennate ville , come sopra si è osservato. Ho detto che la nostra nuova cascata se per l'al- tezza non sarà superiore o egnaXe a quella delle mar- more , lo sarà per la pittorica posizione. Infatti io mi pongo in mezzo a quella spaziosa platèa ; pog- giato alle centine , stabilite per tracciare i due cuni- coli dello sbocco , e portando quinci e quindi lo sguar- do , una superba veduta viene a percuotere la mia visuale. A destra s'innalza la collina , che una volta la Lase e la estensione formava della villetta del poeta Catullo , sotto le ombre ed all' orezzo della quale alleviava col canto l'amorosa pena della sua Lesbia, ed ove , per l'amenità della posizione e salubrità dell' aere , scacciava alle volte le di lui fisiche indispo- Traforo di monte Catillo 337 sizioni (1). Quindi il Loschetto dal vecchio Tiburno SI presenta , e poco lungi da questo , la villa o ca- sino d, campagna di Ora.io Fiacco, nella quale tan- ta dolcezza e soddisfazione egli trovava , che alle amene campagne di Sparta e di Larissa l'anteponea , ed IVI desiderava di finire i giorni della di lui mor- tale camera (2). Rivolto quindi in quella parte dell' orizzonte, in cui il sole , percorso il nostro emisfero va a portare nell'altro la luce e la vita, si osserva il delizioso colle sul quale Quintilio Varo fabbricò la sna magnifica villa , sulle mine della quale ora s'inai- za una selva di vetusti alberi del sempre verde oli- vo. Rivolgendosi poi a sinistra quale seducente e ini- mitabile quadro si presenta alla vista ! Le antichis- sime roccie ove erano collocate le rozze capanne dei primitivi abitatori di questo colle, dallo storico Ali- carnascense chiamato Siculetum (3). Il tempio di fre- sia , l'altro dell' albunea Sibilla, le balze dalla este- (I) Catul. O funde nosler , seu sabine , seu tiburs , Nam te esse tiburtem autumant quibus non est Cordi CatuUum laedere Sed seu sabine , seu verius tlbms , Fui libuntur in tua suburbana Villa , malamque expuli tussim. (2) Od. 7. lib. I. Me nec tam patiens Lacedaemon , Nec tatn Larissae percussit campus opiniae , Quam domus Albuneae lesonantis Et praeceps Anio , et Tiburni lucus, et uda Mobilibus poraaria rivis. (oj Tibui- argaeo positura colono Sit ineae sedes utinara senectae, Sit modus lasso maris, et viarum Miliiiaeque. G.A.T.LVIII. 22 33S Letteratura riore forma della famosa grotta di Nettuno, ed i ca- denti ruderi di porzione della villa di Vopisco. Mio caro amico , prospettiva più bella, più varia , e più istruttiva , altrove potrà rinvenirsi? Io credo che no. Ma quadro non men bello , ne men bella posi- zione si trova dicontro al succitato spiazzo e sboc- co del fiume , al di Ik della rurale chiesa di s. An- tonio , quasi nel mezzo della via della cascatella. lu quel sito vedesi di prospetto la nuova cascata in tut- ta la sua altezza , quella formata dall' emissario Ber- nini , la intera ubicazione della vopischiana villa , e la citta di Tivoli , col suo monte Gatillo ; a destra la vastissima pianura del tiburtino territorio , e dell' agro romano , che colla visuale ti porta fino al mar tirreno ; quindi il maraviglioso gruppo delle casca- telle fino al ponte dell' Acqua aurea , ora acquoria,, ove il fiume , dopo aver superato gli scogli , che in- contra al di qua della grotta della Sirena, riacquista quella placidezza i, che , prima della cascata, sempre conserva- li nuovo lavoro pertanto del diversivo del fiume Aniene , oltre 1' allontanamento delle calamita e dei pericoli della nostra citta , ed il vantaggio che ap- porta alla capitale ed allo stato , pe' motivi indicati nella prima lettera , formerà per le belle arti rimar- chevoli punti e la parte pittorica segnatamente vi acqui- sterà Composizione e nauta, conforme giustamente ri- flette il valente autore del progetto. Nulladimeao vi è chi dalla nuova cascata funesti effetti va presagendo. Egli dice : l.** , non si è badato alla perdita di tanto terreno , orti , vignato ed oli- veti , sotto e intorno allo sbocco ; 2.° non si è cal- colato che 100 metri formando quasi 500 palmi , si viene a formare una caduta presso a poco eguale alla celebre di Terni , ma in sito più angusto. Chi Traforo di monte Catillo 339 può prevedere quanto si dilaterebbe intorno ! // solo suo fracasso , vortici , rimbalzi , espansioni di spruzzi , non incomoderebbero , forse non istordi- rebbero i coltivatori prossimi , e gV istessi abitanti della città ? Di molto crescerebbe anche la umidità generale per la salubrità delf aria ec. (1). Peraltro questi timori sì riconoscevano immagina- rii agli occhi di chi vede ed esamina , ha veduto ed esaminato la situazione e località della nuova ca- duta. Di qua e di la, a destra ed a sinistra, è cir- condato da roccie del monte , e da boscaglie. Pres- so la estremità di essa caduta evvi un pezzo di terra con alcune miserabili piante di carciofo. Vigne , orti , oliveti in esse vicinanze non veggonsi. Gli oliveti vestono la falda dell' opposto monte , ed alla destra quella del Catillo; raa in quale distanza ! per cui non vi è timore di perderli. Al di la della opposta sponda vi è un orto di pergolese e pizzutello. Neppure di questo può temersi il pregiudizio e la perdita , con- forme giammai sono stati pregiudicati quegli orti dello stesso uvario, che sopra la grotta di Nettuno vege- tano , e dicontro alla medesima , non che sopra l'emis- sario Bernini . La loro vita e vegetazione non sono state mai alterate , non ostante i vortici , i rimbal- zi, e la espansione degli sbruffi della intera massa del fiume , che nel sottoposto pelago stramazza , e si per- de , sboccando con fragore ed immenso impeto della stessa grotta. Riguardo poi ai prossimi coltivatori , ed agli abitanti , ti assicuro che non saranno storditi dalla nuova caduta. Infatti ognuno sa la posizione dalla at- tuale caduta. Sta nell' interno del paese , e prossima , anzi in mezzo al caseggiato ; nondimeno i vicinissimi (i) Fea , Schiarimenti sul nuovo emissario di Tivoli. 22^ 340 Letteratura abitanti non sono stati mai storditi dai vortici e dal fracasso. Daltronde ognun sa Che la nuova caduta esi- ste cento metri, ossia circa 440 palmi, lontano dalla porta della citta, detta di s. Angelo ; per cui gli abi- tanti non solo dal fracasso non saranno storditi , ma neppure ne sentiranno il piiì piccolo romore. Gli abi- tanti pertanto non temono questi insussistenti presagi funesti , ma nello stato attuale delle cose , la ruina della loro abitazioni , pe' motivi che ti accennai nel- la prima mia lettera : e perciò fanno incessanti voti onde sollecitamente sia terminato il traforo , di cui ti parlo , per dar luogo al diversivo del fiume. Al- lora saranno allontanati i pericoli ed i timori per tempre. Addio, mio caro amico. Divertiti nelle feste , le quali, secondo il consueto stile , si celebrano nel luogo ove ti trovi . Io intanto andrò raccogliendo altre notizie , di cui in altra lettera ti ragguaglierò. Tivoli 10 settembre 1833. Sante Viola LETTERA IV Mio caro amico , Il sepolcreto , di cui ti ho parlato nella prima mia lettera, richiama nuovamente la mia attenzione , per farti conoscere le nuove scoperte ivi successi- vamente eseguite. Essendosi proseguito lo sterro della terra nella già vigna Lolli presso il cunicolo a destra dell' im- bocco , nuove tombe , nuovi cippi sepolcrali , nuovi cadaveri , nuove iscrizioni sonosi disotterrate. Un bellissimo e grandioso cippo si è presen- TfflFORO DI MONTE CaTILLO 34 1 tato alla vista, alto metri 2. 10, largo metro 1. 20. La iscrizione perfettamente conservata , è del seguente te- nore : SENECIONI MEMMIO . GAL AFRO . CON . PROC SIC . LEG . PR , PR PROVINC . AQVITAN L . MEMMIVS - TVSGILLVS PATRI . OPTYMO Quindi fu scoperta una grande cassa di pietra tibur- tina , contenente delle ceneri ed ossa mortuarie. Sa- rebbe azzardare troppo, se io volessi asserire essere quella cassa la tomba di Senecione Meinraio. Altri archeo- logi di me più esperti potranno esternare il loro pa- rere in proposito. La lettere di questo marmo presentano la mas- sima eleganza , e danno a conoscere il buon secolo , in cui sono state sculte. Ma chi sarà quel Senecione Memmio , Afro^ della Tribà galena , consolo , pro- consolo della Sicilia , legato e propretore della prO' vincia aquitanica , a cui l'amor filiale di Lucio Memmio Tuscillo il sepolcro sulla riva dell' Anio , e nel ti- burtino sepolcreto costruisce ed inalza ? La famiglia Memmia ne' romani fasti comincia a figurare sul finire del secolo VI , e sul principio del VII dalla fondazione di Roma. Neil' anno 613 la celebre legge Memmia contro i calunniatori fu pubblicata. Vogliono molti scrittori che un Cajo Mem- mio ne fosse l'autore. Velerio Massimo (1) la chia- ma Memmia , e così del pari si trova chiamata nella (i) Valer. Massimo , IH. 7^9. 342 Letteratura maggior parie delle edizioni di Cicerone nelle orazioni di Sesto Roscio . Daltronde il dottissimo Eineccio (1) dimostra che devesi dire Rennia da un tribuno Rennio. Comunque ciò sia , è indubitato che circa ranao di Roma 644 un Cajo Memmio era tribuno della ple- be. Di costumi integerrimi questo Cajo Memmio fu quello il quale francamente ed energicamente declamò con- tro que' cittadini, che nella guerra contro Giugurta e i numidi eransi fatti corrompere dall' oro africano di queir astuto e bellicoso monarca. Lo storico Sallu- stio (2) riporta per l'intiero la giudiziosa e robusta orazio- ne di quel bravo tribuno, pronunciata avanti l'adunanza popolare , mettendo in istato di accusa quegl' impie- gati nella Affrica , ed in Roma guadagnati dai doni di Giugurta , a discapito degl' interessi della repub- Llica , e del nome romano ; ed allora fu che il ro- mano costume essendo quasi generalmente guasto e tra- lignato , il detto Giugurta , partendo da Roma , disse quelle rimarchevoli parole, che Roma per vendersi, non aspettava che un compratore , e che tosto pe- rirebbe , se lo trovasse (3). Successivamente , e nell' anno 653, il suddetto Cajo Memmio volendo aspirare al consolato , fu fatto assassinare da Saturnino , se- dizioso tribuno della plebe (4). Neil' anno di Ro- ma 689 Lucullo parti dall' oriente ove era stato per la guerra contro Mitridate , corucciato con Pompeo , (x) Ant. Rom. lib. 4- (2) De Bel. lugur. (3) Sallust. loc. cit. Urbem veoalem , et mature perituram. RoUin st. Rom. Tom. Spart. i § i. (4) Ann. Romains , ou Abregé cronologique dell' hist. Rom. pag. 3i8. Traforo di monte Catillo 343 ed arrivando alle parte di Roma , trovò della ma- teria apparecchiata per essere molestato . Un tribu- no della famiglia Memmia , chiamato Cajo Memmio accusò Marco , Lucullo fratello di quello per pretesi delitti. Sei anni dopo , e nell' anno di Roma G95, si vede figurare un Cajo Memmio fra i pretori di quelT anno , avanti al cui tribunale fu accusato Vatinio (Svet. in Caesare. ) Neil' anno di Roma 720 , trentaquatlro anni pri- ma dell' era volgare, si trova designalo per consolo suf- fetto un Cajo Memmio ; posteriormente , e nel!' anno di Roma 802 , ed anni 49 dopo la detta era vol- gare , abbiamo un Lucio Memmio Pollione consolo con un Quinto jdllio Massimo. Ora o il Senecione Memmio , consolo nella no- stra lapide , è quello stato consolo suffetto nell' an- no 720 di Roma , o questo consolo Senecione Memmio è sconosciuto , ed omesso ne' fasti consolari. Peral- tro sembra potersi asserire, non senza qualche pro- babilità , che il consolo della nostra lapide sia il consolo suffetto nel 720 di Roma. La qualità della tom- ba , i lavori del cippo , i caratteri della iscrizione , dimostrano con sicurezza un' epoca assai remota , e dell' aureo secolo di Augusto il quale , quando Mem- mio fu consolo suffetto , già dominava suU' impero romano. Ma il detto Memmio come trovasi sepolto nel ti- burtino sepolcreto ? O egli era tiburtino , o possedea nel nostro territorio una villa. In questa seconda ipo- tesi sembra che il sepolcro stato sarebbe nel proprio fondo , ossia nella villa medesima , come era solito , e come è chiaro dalle tante scoperte negli scavi anti- chi e moderni nel nostro territorio eseguiti. Dunque è a congetturarsi che il Memmio della nostra lapide fosse tiburtino ; per cui col disolterraraento della la- 344 Letteratura pide medesima , sarebbesi conosciuta altra ragguar- devole famiglia tiburtina , non prima conosciuta , da collocarsi nella serie in cui trovansi quelle de' Mii- nazii^ de' Coponii^ de' Plauzii, e di altre , che le piiì cospicue cariche della romana repubblica occuparono. Abbiamo altra lapide , gik da tanti scrittori pub- blicata e commentata, come già sai, esistente nella piaz- za dell' olmo della nostra citta , in cui si vede un Quinto Pompeo Senecione , della tribù quirina , al quale come a curatore del tempio di Ercole vincito- re^ e protettore del municipio., o statua, o altro mo- numento il senato e popolo tiburtino consagra (1)» Peraltro questa lapide è posteriore a quella di Mem- mio ; per cui il marmo teste discoperto non ha al- cuna relazione con quello di Quinto Pompeo Sene- cione , della tribù quirina. Oltre il marmo di Senecione Memmio , e stato discoperto nello stesso luogo , e presso il primo , al- tro cippo sepolcrale , con elegantissimi ornati , dell* altezza di metri 2, 10, e largo metro 1, 20, e porla la seguente iscrizione C . BICLEIO . C . F . CAM . PRISCO OMNIBVS . HONORIBVS FVNCTO . OPTIME . DE . RE PVBLICA . TIBVRTIVM MERITO S . P . Q . T. Quindi nella faccia destra di esso marmo si leg- ge altra epigrafe , cosi concepita : (i) Vedi la mia storia di Tivoli tom. i. Traporo di monte Catilio 345 HIC . REM . PVBLIGAM TIB . EX . ASSE HEREDEM FEGIT NoQ si sa chi fosse questo Cajo Biclejo Prisco^ figlio di altro Cajo , della tribù Camilla. Sì cono- sce però dal marmo che , dopo avere occupata, con pubblica soddisfazione , tutte le cariche nell' azienda del governo tiburtino , non avendo per avventura suc- cessori , dichiarò del suo asse erede il comune ; per cui rendutosi in Tivoli defonto , e nel sepolcreto del municipio seppellito, la riconoscenza de' tlburtini vol- le , con la tomba che gli venne inalzata , alla po- sterità la ricordanza de' meriti e della generosa di- sposizione di lui tramandare. Oltre i due sopraddetti altri cippi sepolcrali sonosi pure discoperti , de' quali alcuni meno guasti sono i seguenti : L . SELLIVS . L . F . P APENNIN ..... VETTIENA . C M . AEMILIVS . L LIB . GAMVS .HE Nella mia prima lettera riportai uà frammento di lapide , così concepita ANN ...... SOTER POPPID ..... CALLITYCH .... DEDIT 346 Letteratura Ora , essendosi rinvenuto il pezzo mancante , sì legge intera così ANNIAE SOTERINI POPPIDIA CALLITYGHE DEDIT Tanto per ora : e senza più lungamente anno- iarti , ho creduto, mio caro amico , di scriverti : e siccome quasi giornalmente nuove scoperte si pre- sentano , così in altra mia lettera te ne darò il con- veniente ragguaglio. Tivoli 31 dicembre 1833. Sante Viola. 347 ARTI BELLE-ARTI. Per la premiazione delV anno 1833. Discorso reci- tato agli alunni delV insigne e pontifìcia accade- mia di S. Luca dal professore Salvatore Betti se- gretario perpetuo. Li io che sommamente desideravano questo principe am- plissimo di santa chiesa (1), questi chiarissimi pro- fessori , e stato da voi adempiuto anche in quest' an- no, o giovani valorosi. Ed oh il cuor mi gode nel do- vermene a voi nuovamente congratulare ! Imperocché niuna cosa più caramente consolami , che il vedere la gioventù coglier buon frutto delle ottime discipline, e con onore e con affetto rimeritare le tante cure de' savi che l'ammaestrano , e de' suoi padri. Guardate in viso questi accademici , e un sentimento vi leggerete pieno di eguaì letizia e benevolenza : talché duolmi del mio sì piccol uso di bel parlare, che non mi dà, o giovani, di potere aprirvi con modi degni ciò che (i) L'eminentissÌDio signor cardinale Pier-Francesco Gal- leffi, vescovo di Porto, s. RuGna e Civitavecchia , sotto decano del sacro collegio , camerlingo della santa romana chiesa. 348 Belle-Arti di voi discorresì nell* animo loro. E quali parole non vi direi cortesi e benigtie ! Quali ingenue lodi ! Quali ferventi voti ! Ma non vi tacerei altresì le paterne am- monizioni dell' arte : e ben so che voi docili con ogni amore le ascoltereste. Perciocché niuno di voi ha cer- to in pensiero , qualunque sia la scolastica ricompen- sa che gli venne fatto di conseguire , di esser già rie- scito maestro : anzi ognuno in cuor suo sente il con- trario : e nel premio dall' accademia concedutogli non altro scorge che un solo amorevole incoraggiamento. Oh quanti ancora e studi e sudori durar dovrete, pri- ma che possiate senza audacia sedervi nel numero de- gli artisti ! quanto faticoso è il cammino, per cui ia qualunque arte si va all' eccellenza ! E già in queste vostre , che denominate dalla bellezza tengono massi- mamente al piacere ed alla leggiadria, appena un mae- stro vuol tollerarsi s'eccellente non sia , o se almeno di poco all' eccellenza non si avvicini. Ciò da'pru- dentissimi , che presso avete, vi si ragiona continua- mente e vi si ripete: coraechè levino intorno sì forte un grido que' predicanti della facil sapienza , che schi- vi di ogni fatica , con uno specioso titolo di libertà velano la licenza sfrenatissima degl' ingegni e l'igno- ranza e la presunzione. Uditeli con che parole i bo- riosi , a coprir le loro vergogne , non pur censurano e dannano , ma quasi dileggiano que' profondi canoni d'arte , che resero grandissimi i greci , e poi a tutta Europa venerabili gì' italiani emoli loro ! Con che ar- roganza vi danno animo a far ragione d'ogni precet- to de' maestri, e a violarli, prima ch'idonei siate a conoscerne l'opportunità ed il fondamento ! E qui con- tentatevi , o giovani pittori, che a voi principalmente io mi rivolga , i quali veggo più presso ad essere di- sviati. „ Seguite i pochi , e non la volgar gente : Belle-Arti 349 lasciate da me ripetervi col Petrarca : e volgar gente vogliate reputar quella , la cui setta è di far accet- tare in Italia, in questa sovrana sede della beltk , una scuola di belle arti senza niuna bella scelta , imitan- do cioè da' meccanici la natura comune , o meglio di- rò plateale : errore contro a cui si levarono all' età. loro i Caracci con quella famosa scuola dei Guidi , dei Domenichini , degli Albani , quando appunto gli artisti , stanchi del buon frumento, pensavano già do- ver essere più eletto e saporoso cibo le ghiande. Sì, volgar gente : ne gik mi muovono ad altro che a com- passione di tanta o cecità o stoltezza del nostro se- colo quelle sfoggiate mostre di colorito, poste la per abbagliare e trarre a stupore il volgo , a chi solo ba- stano le apparenze : que' teatrali apparecchi fatti a scu- sare ciò che d'ignoranza ha il disegno : quella dap- pocaggine infine di un arido vero e pedestre, che trop- po chiaramente rivela nell" artista il difetto di quella in- tellettuale nobiltà, la quale tutto ingentilisce e fa sì che la più liberale e sublime delle arti belle non ca- da nella viltà di un raestiero. Oh britanno Lawren- ce ! oh suoi seguaci nella impudente scuola ! anzi oh tempo , che io denominerò delle fallaci lusinghe e dell' universal presunzione ! E che non si osserva tutto dì, e che non si ode con bel romor di parole , perchè ogni cosa in Italia miseramente si sfasci e ruini ! Man- cava al coniun delirio , che non pure nel viver ci- vile , ma e nelle lettere e nelle arti si rifiutasse l'espe- rienza de' padri , quasi le virtù loro ed i loro falli niente più rilevassero all' ammaestramento de' figli. Mancava che nulla si avesse per raen venerabile che l'antichità , maestra sicurissima di ogni opera : e da chi ? Da chi veramente vediamo di quali maraviglie ab- biasi empiuto il mondo. E come dunque un' arte qua- lunque o una scienza prospererà , se ogni giorno si ri- comincia da capo .'* 350 Belle-Arti Oh giovani ! Ponetevi alle orecchie la mano quan- te volte vi accada udire massime sì perniciose : e per fermo abbiate che in quelle opere dell' etk di Pericle, di Alessandro , di Augusto , di Leon X, è certo un* antichità: ma tale un'antichità, che altro non ha di attempato che il grave consiglio ed il senno. Del re- sto guardatele, come d'ogni parte belle e graziose fio- riscano , sembrando che uno spirito vivace e gagliar- do costantemente le animi , e che quasi loro dia vi- ta una giovinezza eterna. E nondimeno molte di esse hanno bastato a trenta e più secoli di lode e di am- mirazione : ne ancor trovasi non dico chi superate le abbia , ma chi uguagliate. Se pur non fosse l'angiol di Urbino co' suoi miracoli del vaticano, di che non pare che l'umana mente possa pensar cosa maggiore anche innanzi al maravigliare degli antichi sulla Ve- nere di Coo , suir Elena di Crotone e sul Gialiso. Ep- pure ( certo i posteri noi crederanno ! ) eppure v' ha oggi (ne costui è già un Michelangelo ) chi nel vol- to non arrossisce ad imputare di fredde nel Sanzio divino quelle dolcissime arie di viso , cosa se non ce- leste , certo un non so che di più che mortale : quel- le movenze leggiadrissirae delle figure : quella scelta impareggiabile delle forme più avvenenti della natura, per cui vediamo tutte le grazie ridere ne' suoi dipinti. Veramente in questa febbre di tutti gli spiriti : in que- sti disertaraenti di regni : in questi rivolgimenti e tu- multi ed impeti di nazioni , e laghi di sangue , tutto ciò che non tiene alla general commozione e ferocia ne pare non che squallido , ma senza vita. E che dol- cezza potrebbe mai innondare un animo pieno del ri- brezzo di tante presenti ire ed atrocità ? Ma questo stato di perturbazione e di febbre è assolutamente uno stato a natura contrario , uè può durare : massime in Italia , dove gli spiriti sono da certa benigna dispo- B E L L E - A R T I 351 sizione inchinati a giocondità ed a mansuetudine. Ri- fiorirà in tutti la sanità , rifiorirà , o giovani , e eoa essa farà nelle genti ritorno quell' amabile e santa con- cordia , quella pace , quel riso , che già contentissima resero l'etk de' nostri avi : e , siccome spero , altro di queste ferocie non rimarra che i sepolcri , dove co- loro che le operarono giaceranno. Ed allora oh co- me di voi medesimi arrossireste di aver preso diletto in tante deformità , e studiosamente cercato il nuovo nel mostruoso , e nel gigantesco il grande ! Oh co- me gli occhi vostri rifuggiranno da tante non dirò ope- re di arti gentili , ma scene di orrore ! Allora vi pen- tirete di esservi con sì poca considerazione lasciati an- dare per torto cammino , e di non avere per tempo assuefatta la mente a levarsi a quella idea di beltà , che Platone chiamò ricordanza della suprema perfe- zione che sola trovasi in Dio (1). Vedrete allora, se con occhi italiani risguarderete , ciò che sia Raffael- lo , ciò che sieno que' greci divini : e tutto è morto, esclamerete col Mengs (2) , tutto è morto per l'uomo ciò che non ha il riso della bellezza. Allora final- mente saprete perchè sopra tutti gli artefici dell' an- tichità fu coronato Apelle , quel fior di grazia ; non Parrasio e Protogene che furono ì piiì diligenti i, non Tiraante che fu il pliì fiero , non Panfilo che fu il pili dotto. Quindi vorrete voi pure Sagrificare alle gra- zie , da quella serena parte invocandole , dov' elle , secondo Omero (3) , accompagnan tutti gì' iddii : ma disprezzate avendole per tanto tempo, voi forse le chia- merete , ed esse per niun onore di sagrificio vi rispon- (i) Platone, nel Fedro. (i) Riflessioai sulla bellezza , cap. 3. (3) lano primo a Venere, v. 96-_ 352 Belle-Art i deranno. Vorrete a quel sublime concetto , anzi a quel- la luce della divinità in cui Raffaello fu spesso ve- duto assorto (1), alzare la mente : ma la niente vo- stra per lunga dissuetudine non sarà forse più atta a tali celesti meditazioni. Vi porrete dunque a studiar l'antico : e tornerete ad esser discepoli , quelle cose disimparando , alle quali col consiglio degli stolti avre- te applicato l'animo. Ma informati , fin dall' aprir dell* età , di falsi principii , chi sa quanto penar dovrete a conseguire il sentimento certissimo di quella leg- giadria semplice , amorosa , facile , vivace , non arro- gante od esagerata ! Ad accompagnare insieme la gra- zia e la forza ! Ad imitare , ed imitando abbellire ! A dar molto al pennello : assai pili all'intelletto ; il qua- le inoltre vuole nel disegno esser maestro , più che la mano e il compasso ! Imperocché a ciò reca lo stu- dio di que' grandissimi , che in contemplar la natura ebbero un uso maraviglioso , ed una mente approva- tissima da tutti ì secoli : a ciò la filosofia del bel- lo ( la perfetta ed unica ragion delle arti ) , eh' è sempre stata il nobile fondamento delle scuole del- la Grecia e di Roma. Perchè dunque, invece di attendere in mezzo a tan- ta depravazione un tempo, che verrà certo a restaurare il senno degli uomini, e a ricondurre generalmente il dipin- gere alle sincere norme della bellezza e della maestà, voi, che ora giovani siete e forti d'animo e di vigore, noa vi dareste a studiar la natura colla guida sicurissi- ma dell' antico , serbandovi pronti a fiorire non per pochi anni di follie , ma per tutte le età ? Fatelo , o carissimi : fatelo per ben vostro : fatelo per onore dell' arte di Raffaello , per gloria d'Italia : ne altro (i) Veggasi la famosa sua lettera a Baldessar Castigliouc Belle-Arti 353 consiglio vogliate che di questi professori , i quali con si chiara riputazione tengon fronte nell' arte , eJ onorano il nome italiano e di tante illustri nazioni di Europa. Imperocché se ad essi lascerate condur- vi, vi troverete ammaestrati e franchi del bello, esperti la mano , e pieni lo spirito di que' capo-lavori an- tichi. Ne già pili servilmente li copierete : ma si li- beramente v'ispirerete sov' essi : non sarete piìi imi- tatori , ma eraoli : e conoscerete cosi il segreto di quelle divine opere dell' urbinate fatte con intendi- mento antico , ma non copiate gik dall' antico : per- ciocché alla viltà di una servile imitazione non po- teva inchinarsi l' altezza di quel!' anima eccelsa. Il che non crediate, o giovani , che sia cosa oltre alla possibilità delle vostre forze. Operatevi, e non du- bitate di riescire a fine lodevolissirao : che alle stesse cause debbono di necessita seguitare gli stessi effetti. E come no , se questa temperanza e soavità di clima non ci è mutata ! Se queste beltà ci ridono tuttavia d'intorno , e vogliono gli occhi nostri e i nostri pen- sieri, benché non innalziamo loro più altari, ne piii ne mettiamo pubbliche gare e contese ! Se questo sole è ancor quello che scaldò la fronte di Zeusi , di Leo- nardo , di Raffaello , di Correggio , di Michelange- lo , di Tiziano ! Se abbiamo tuttavia gli stessi go- verni , de' quali si appagarono que' maggiori : governi ' fondati sugli ordini di una monarchia , eh' è l'ali- mento, anzi dirò la vita felicissima delle arti belle ! E questo dico , e questo mantengo : e n' ho testi- monia la Grecia , la dove le arti miglior secolo non ebbero che quello, il quale vide la magnificenza di Ales- sandro macedone : e prima di quel Pericle , deno- minato olimpico , il quale se di nome fu cittadino , di autorità fu capo e principe degli ateniesi. A quelle reggie stettero e Fidia e Apelle e Lisippo e Pir- G.A.T.LVIII. 23 354 Belle-Arti gotele e Ittino e Dinocrate, ed altri graiuli : siccome la reggia di Artemisia di Caria fu a Satiro ed a Sco- pa graziosa, ed a Zeusi quella di Archelao di Ma- cedonia , ed a Sostrato , il più celebre architetto dell* antichità , la splendidissima di Tolomeo Filadelfo. E quali furono poscia i secoli che piti lieti corsero alle arti romane , se non quelli di Augusto , di Traia- no, di Adriano, degli Antonini? E allorché dopo il guasto de' barbari si riscossero nuovamente da sì rigida salvatichezza , e tornarono a rinfiorarsi e a parer belle : dove educate furono , dove crebbero , do- ve a tanta luce sorsero se non nelle case di Co- simo e di Lorenzo il magnifico , e sotto le grandi ali di Giulio II e di Leon X ? E taccio delle reali famiglie degli Estensi , degli Sforza , de' Gonzaga , de' Farnesi , de' Rovereschi , e di quella loro incli- nazione a fini generosi e magnanimi , che tanto aiutò la civiltà nostra : e taccio altresì di Venezia , la quale anziché repubblica , volea dirsi veramente signoria di pochi e possenti princìpi dello stato. Sola una cosa è a noi dagli antichi diversa : cosa certo gravissima : l'immoderata cupidità del guadagno , €he abbietta sempre e sovvertitrice di ogni ornamento dell'animo, mal si accompagna con quell'amor puro dell* arte , il quale solo ha virtù di accender pensieri dì vera nobiltà e leggiadria. O giovani , il trarre utile e l'arricchire vuol essere conseguenza , non fine prin- cipale di queste opere vostre , chi veramente dal cielo ebbe grazia di dover agli uomini manifestare tanta similitudine di divinità , quanta possono col bello gli eccellentissimi artefici. Se al nobile studio con sì gentile intendimento vi metterete , vedrete allora come il frutto gratamente vi risponderà alla fatica , usando con voi fortuna il modo stesso che con tanti altri antichi e moderai maestri. Imperocché non fra Belle-Arti 355 gli agi e l'oro incominciarono l'arte il piti de* no- stri famosi da Giraabue e da Giotto fino al sommo Ca- nova : ma fra le angustie , la povertà , e quasi gli stenti , oh' essi con alacrità sopportarono : non pao- neggiandosi tutto di , come una bella cosa , per le sale de' principi e de' grandi signori , ma rendendosi degni per ben durate fatiche di essere con onore chia- mati da essi , e con ossequio riconosciuti. Quindi le insigni opere vennero loro allogate : ne cercarono i valentissimi chi per mezzo di mendicate lodi facesse velo al giudizio de' contemporanei ( che quello se- vero de' posteri poco i volgari artefici apprezzano ) , ne l'omero tremò loro sotto qualsiasi tema più pon- deroso. Intorno a che ricordami di avere udito da un grande de' nostri giorni , esser lui a' primi suoi anni vissuto in Roma si male agiato di ogni bene , che talvolta trovossi stretto , giovane e forestiero , a durissime necessita. Eppure quel nobile spirito non isbigottì , ne rimase per questo d'intendere all' arte con sempre crescente ardore : ne accusò fortuna di non favorire chi ancora non erasi mostrato degno de* suoi favori. Imperocché sapeva egli che dinanzi a virtù, come dice Esiodo (1), gli dei hanno posto e stenti e sadori : che spinosa ed erta è la via , on- de arrivasi a quella divina : ma che facile e piana e lieta d'erbe e di fiori diviene a chi giunge alla ci. ma. Ed ora infatti vediamo la sua fama per tutta Eu- ropa volare chiarissima : ed essere egli non men ric- co d'averi , che fregiato da potenti re di rare ono- rificenze. La qual cosa l'egregio uomo suole spesso con diletto recarsi a mente , e narrare agli amici con quel candore che è da lui : giustamente godendosi di aver [i) Opere e giorni , lib. i. 23^ 356 Belle-Ar ti saputo , aQcIie in mezzo alle prime e più forti vio- lenze delle passioni , esser maggiore cieli' età e della sorte. E voi tutti apprendetelo , o giovani : e siavi ciò di specchio e conforto nell' onorata carriera. Che seguendo l'illustre esempio , adempirete voi pure le pubbliche speranze : sarete letizia e splendore d'Ita- lia : sarete un dì agiati di beni , e , quel ch'è piiì, pregiati non per le fogge e le gale , o per le ma- niere di porgervi ossequiosi e leggiadri nelle sale de* potenti , ma per l'egregia vostra virtiì dell' ingegno. Oh , io lo spero ! E già me ne scende al cuore una dolcezza , una consolazione ! Consolazione e dolcezza, eh' io ben leggo sul ciglio di tutti questi che qui vedete , di questo porporato , di questi professori , de' vostri padri, de' vostri parenti , che vi guardano e ne gioiscono. Ah si , l'italiana gloria delle arti non ver- rà meno ! Che veglia custode sul Pantheon e sul Va- ticano quel genio stesso , che già per le arti greche stavasi desio sul Pecile e sul Partenone. oòT fiotizie intorno alla vita e alle opere di Pasquale Belli architetto romano » dette alt insigne e pon- tifìcia accademia di s. Luca dal professore Salva- tore Betti segretario perpetuo della medesima. JLjasciare di se onorato desiderio al di la del se- polcro è sicuro argomento di una virtù , la quale non vesti abito di menzogna , ma fu veracemente no- bile e chiara. Tale virtù io credo essere stata nel professore Pasquale Belli , veduto avendo il dolore con che ne apprendeste la morte, e considerando og- gi, o signori , questa frequenza vostra ad udirne da me ricordare la vita e le opere. Quindi nel dovere a tanto fiore d'ingegni parlare di lui , sentomi assai Len confortato : non dubitando di avere ad ascolta- tori uomini pieni di una cara benevolenza verso quell* nomo illustre. Pasquale Belli nacque in Roma a di 3 di di- cembre 1752. Il padre chiaraossi Giambatista , e la madre Annunziata Mirabelli di Arezzo. Mostrato aven- do fino da giovinetto assai buona disposizione d'in- gegno , fu dato educare ne' primi studi a'padri delle scuole pie : per cura de' quali apprese i fondamenti di quelle lettere , che sono si necessarie a poter fare con riputazione qualunque arte , non che la nobilis- sima a cui già il Belli di preferenza palesavasi af- fezionato. Non intendendo però egli di correre l'ar- ringo de' letterati , appena entrò il santuario della sapienza , n'esci , ed assai per tempo si pose al di- segno della figura. Era in Roma a que' giorni con bella fama di pittore Lorenzo Pecheux di Lione , nostro accademico , il quale fu poi condotto a To- 358 Belle-Arti ri no dirctlore dell' accademia delle belle arti. Sotto di lui si acconciò il giovinetto , e non pure divenne franco del disegnare, ma toccò anche i principii della pittura : arte che poi sempre gli fu carissima : tal- ché non solo acquistò per gran prezzo una conside- rabile scelta di opere de' più famosi pennelli , ma piacquesi fino agli ultimi anni di restaurar quadri , e soprattutto di trasportare gli antichi dalla tavola sulla tela : in che parve diligente assai e valente. Ma la pittura , comechè tanto Io dilettasse , non fu tut- tavia quella in cui egli posò fermamente l'ingegno : un amor più vivo Io condusse all' architettura , della quale poi fece la sua professione di tutta la vita. Primo ad indirizzarlo ad essa fu il professore Pie- tro Caraporese , che allora teneva in Roma una fio- ritissima scuola , da cui molti valenti escirono , e primi i figli di lui Giuseppe e Giulio , i quali poi , siccome il padre , furono beli' ornamento dell' acca- demia nostra. Il Belli apprese da Pietro con gran- dissimo studio le teoriche dell' arte, assistendo il mae- stro in tutte le opere che in quegli anni condusse , e principalmente nell' arco di onore eretto dalla citta di Subiaco al suo augusto benefattore Pio VI, e nella fabbrica dell' Apollinare , oggi seminario romano. Ma il più della pratica fece egli sotto Giovanni Anù- nori da Camerino , architetto di chiara fama e som- mamente caro ad esso pontefice. Del quale artista dovè il giovane assai contentarsi : essendoché ninno più del Belli entrasse subito ne' favori di lui : intanto che non solo gli fu aiuto , ma s\ principal consiglio ne' più ardui lavori . Laonde può ben dirsi , senza of- fesa della memoria dell' Antinori , che nelle fabbri- che , le quali il maestro operò da poi , una gran parte si ebbe l'ingegno e l'industria dello scolare. E ve- ramente diede egli grandissima opera a muovere i co- Belle- A K TI 350 iossì di Montecavallo a'20 di settembre 4783, e ad ìonalzare, d'ordine di Pio VI, l'obelisco augusto sul Quirinale nel 1786 i, il sallustiano sul Pincio nel 1789, ed il campense a Montecitorio nel 1792 : anzi dell' innalzamento di questi due ultimi , essendo egli ri- mase solo , fece tutto l'artificiosissimo meccanismo. Per la qual cosa essendo cresciuta onoratissima in Roma e fuori la fama del Belli , non più fu te- nuto discepolo , ma sì pratico e buon maestro : ed annoverato fra' principali , in diversi tempi fu chia- mato architetto a Nola per la fabbrica del semina- rio , e poi a Meldola pe' grandi guasti del fiume , e a Foligno , e a Tivoli, e a Terracina , e a Valmon- tone per altri lavori. Fiorente così di lode e di ope- re , e reputato principalmente nella meccanica dell' ar- te , voi lo eleggeste, o signori , con Tommaso Zap- pati il dì 7 di ottobre 1810 a sedere fra gli acca- demici di merito di s. Luca ; e quasi subito , cioè d 27 di gennaio 1811 , lo poneste capo dell' am- ministrazione delle vostre rendite : la quale ben sa- pete coni' egli resse , ora camerlingo ed ora econo- mo , fino all' estremo suo giorno con amore , con in- tegrità , con zelo , con rettitudine. Certo a lui toc- carono le pili gravi incumbenze , delle quali forse si abbia notizia nell'istoria accademica. Imperochè avendo Napoleone , cogl' imperiali decreti dei 6 di ottobre 1810 e dei 12 di giugno 1813, dotato l'accademia nostra di cento mila franchi coli' obbligazione di tenere in custodia e di ristorare le opere pubbliche di belle arti e di antichità , di questa somma e di queste spese fu curatore il Belli. Il quale altresì ebbe ca- rico di lutto ciò che stato fosse mestieri per aprire le scuole accademiche il 1812 nelle sale dell'Apol- linare, e poi il 1824 in quelle della università. Pre- Se inoltre una parte , come è bene a credere , prin- 360 Belle- Arti cipalissinia a molte importanti coraraissioDÌ di profes- sori: e soprattutto nel 1812 alla gran visita fatta dall' accademia a quegli antichi edifici , i quali stiraa- vansi pericolare pel tremuoto avvenuto nell'aprile di queir anno medesimo ; e singolarmente all' anfiteatro Flavio , alle terme dì Tito , ai tempii di Minerva me- dica , della Pace , di Venere e Roma , e di tali al- tre antichità , che fanno a tutte le genti insigne e venerabile la patria nostra. Nel 1813 si fece anch' egli a concorrere co' pro- fessori Giuseppe Gamporese , Virginio Bracci e Ba- silio Mazzoli all' opera del grande edificio che Na- poleone , per la vittoria riportata a Vartchen colle armi italiane e francesi , innalzar voleva sul monte Cenisio * edificio de' maggiori che mai cadessero in mente a quel potentissimo, perciocché con decreto del dì 11 di maggio di quell'anno prescrisse, che non avesse a spendersi minor somma che di venticinque milioni di franchi. Alla quale opera avendo il mi- nistro dell' interno dell' impero francese chiamato fra le prime l'accademia nostra , ella non volle rima- nersi addietro in cosa si grande : anzi , per onore dell' arte , vi si pose con tutto il senno : e spedì sul Cenisio il Gamporese e il Mazzoli perchè con ogni possibile cura prendessero le misure e le altre no- tizie tutte del loco. Presentò il Belli nel dicembre di queir anno i disegni suoi , che ritraevano un ospi- zio sontuosissimo pei passeggieri : opera , chi la ve- de , insigne e degna di tanto conquistatore , non che dell' italiana maestà ed eleganza nell' arte. Ma il con- corso non ebbe luogo : perciocché le cose di Napo- leone , pervenute gik al sommo dell' arco, diedero indi a poco la volta , e , come fu ordine del cielo , irreparabilmente perirono. Nel 1816 fu deputato il Belli co' professori Giù- Belle-Arti 3G1 seppe Camporese e Tommaso Zappati a rimuovere al- quanto la statua del Mosè di Michelangelo dal suo antico luogo , affinchè dovesse vedersi con miglior lu- ce (1) : e neir anno medesimo il Canova lo elesse con esso Zappati e eoa Raffaele Stern suoi colle- ghi ad ordinare ciò eh' era duopo a ben regolare il concorso di architettura , che l'animo signorile di quel principe della moderna scultura statuì ad ogni tre anni neir accademia. Finalmente nel 1817 fu egli uno de' riformatori degli statuti, pubblicati poi nel 1818 per autorità della santa memoria di Pio VII , ed eh- he nella nobile commissione compagni il Canova , il Camuccini , il Landi , il Laboureur , il Thorvaldsen , il d'Este e lo Stern. Ma tornando alle opere che il Belli condusse nell' arte sua , una gran lode a lui venne da' lavori fatti al museo Ghiararaonti. Imperocché essendo maa- cato a* vivi , nel più bel fiorire del nome suo, il celebre architetto romano Raffaele Stern il di 30 di gennaio 1820, si rimase pressoché interrotta a metà quella fabbrica splendidissima. Ed il pontefice Pio VII nel febbraio nel 1821 chiamò a continuarla il no- stro architetto ; il quale nel 1822 con grande sod- disfazione di sua santità , del cardinale Consalvi se- gretario di stato , e di Roma tutta , la recò all' ul- timo compimento. Vi dispose subito il Belli i fusti delle colonne , i pilastri , le basi , i capitelli che già dallo Stern erano stati apparecchiati. Indi con suo disegno condusse la trabeazione , sopra la quale s'in- (i) La narrazione di questo fatto è a leggersi nella lettera dell' ab. Cancellieri al canonico Moreni Sopra la statua di Ma- te del Buonarroti { Firenze i823 , pel Magheri ) , a carte 38 e seq. 362 Belle-Arti nalza la volta della gran sala : coprì il tetto : fece relegaatissirao scompartimento dell' intera decorazione di essa volta con belli stucchi ed intagli ; e così gli ornamenti che girano intorno alle porte , ricchi tutti di cornici e di marmi. Procurò infine che diligentis- simamente si operasse il gran pavimento a musaico ^ secondo che ideato aveva il primo architetto. Tale opera si nobile , e dirò sì romana , fu cori grande onore seguita da un' altra che ^ siccome da molti si giudica , può veramente aversi pel capo-la- voro di questo maestro. Ella e in Assisi. Ognun sa ch'essendosi cola scoperte nel 1818 le ossa del santo patriarca dell' ordine de' minori ^ il pontefice Pio VII con breve dei 5 di settembre 1820 ordinò , che sot- terra, nel luogo dove il venerabile deposito fu ritro- vato , si costruisse una chiesa. Il nostro Belli fu ri- chiesto fra' primi per doverne a sua beatitudine presen- tare i disegni. Ed egli tolse subito cotal cura con animo tanto lieto, quanta era la sua devozione verso il serafico , e l'ossequio suo verso il benignissimo prin- cipe. Infatti i disegni del romano architetto, a pre- ferenza di molti altri eh* erano da ogni parte siati in- viati , furono dal papa e maravigliosamente lodati e pienamente approvati il dì 19 di agosto 1822. Que- sta chiesa , la cui fabbrica fu condotta , a nome del Belli , dall' architetto Giuseppe Brizzi di Assisi , e a croce greca , larga e lunga novanta palmi roma- ni , e terminata ne' quattro lati da emicicli con se- dici colonne doriche binate , che sostengono la volta. Nel bel mezzo ha un antico masso quadrato di sco- glio , che già era custodia alle benedette reliquie. Scen- desi ad essa , dalla chiesa di s. Francesco detta in- feriore , per due ampie scale , le quali mettono ad un grazioso vestibolo , prima che tu possa entrare nel santuario : là dove pure trovi di fronte un altro ve- Belle-Arti 363 stibolo , che al sacro luogo da l'adito per la parte del chiostro de' padri. Bellissima e nobilissima opera, vuoi per architettura , vuoi per ornamenti. Intanto nella notte dei 13 di luglio 1823 ac- cadeva in Roma 1' alta disavventura che trasse a do- lore non solo questa classica terra della religione , delle antichità e delle arti , ma Europa tutta , anzi tutta cristianità. La basilica di s. Paolo sulla via ostien- se , opera della imperiale magnificenza di Teodosio , per poche faville trascurate negligentemente suU' an-- tichissimo laqueare , accesasi tutta , in poche ore non fu piiì altro che un mucchio di cenere e di mine. Tristissima ricordanza , che ancor m'empie di spavento e di compassione : avendo io stesso veduto nel gior- no appresso quelle fiamme alzarsi fra grandi globi di fumo , e udito il romore delle travi , delle colonne , de' preziosi ornati , e delle auguste mura cadenti. Ma io non dipingerò a voi , o signori, il terribile in- fortunio: che ne la pietà me lo permetterebbe , ne Io stile disadorno e fiacco basterebbe a tanto. Dirò so- lamente che a riparare , come si fosse potuto meglio, all' immenso guasto, ed a salvare ciò che per avven- tura il fuoco non avesse ancor tocco , fu subito dal cardinale Consalvi spedito il Belli: il quale, divenuto quasi maggior di se stesso in tanto caso, tutto si die- de alla degna e solenne impresa con tale una sol- lecitudine , un' alacrità , che ne raccolse onor grande e pubbliche grazie. Laonde il pontefice Leone XII , che dopo l'immortale Chiaramonti tenne la sede , ri- soluto avendo che il tempio dovesse riedificarsi così Cora' era prima dell' incendio , nel mese di novembre del 1825 elesse architetto direttore del risorgente edi- ficio il Belli : il quale con generosissimo animo, co- mechè grave ormai per l'età , si sottopose a carico SI ponderoso. Quali cose 1' onorando vecchio abbia 364 BelIe-Arti fatte per tale rinuovaraento , così desiderato da tutti che pregiansi d'amatori delle cristiane antichità, io non vorrò qui ripetere : che ognuno può facilmente sa- perle dagli accurati ragguagli di anno in anno pub- Llicati d' ordine della commissione speciale per la riedifica:zioae del tempio : e voi massimamente le sa- pete , o signori « che avete dovuto piiì volte pronun- ciarne giudizio per quella promessa fatta solennemente dal pontefice Leone a tutta cristianità. , quando con voce di comune gerarca chiamolla ad accorrere a'bi- sogni della grandissima opera ; che nulla cioè sareb- Lesi cambiato sia nelle forme e nelle proporzioni , sia negli ornati dell' antico edificio , se tale unica- mente non fosse stato il giudìzio dell' accademia di san Luca (1). In su questo lavoro il Belli fece pure le fronti esterne delle chiese di s. Andrea delle Fratte e di s. Maria della Consolazione : opere lasciate per te- stamento dalla munificenza del gran cardinale Ercole (i) Ecco le parole del pontifìcio chirografo dai i8 di sei* tembre 182 5. Vogliamo in primo luogo che sia soddisfatto com- piutamente il voto degli eruditi, e di quanti zelano lodevolmente la conservazione degli antichi monumenti nello stato in cui sur- tero per opera de' loro fondatori. Ninna innovazione dovrà dun^ que introdursi nelle forme e proporzioni architettoniche , nin- na negli Ornati del risorgente edificio , se ciò non sia per escluderne alcuna piccola cosa , che in tempi posteriori alla primitiva fondazione potè introdurvisi dal capriccio delle 'età tegnenti. Vogliamo però che il giudizio ne sia rimesso unica- mente all' accademia di s. Luca, dalla quale pure dovrà deci- dersi la qualità d^ marmi , di cui dovrà farsi uso per le colonne e pel pavimento : non che la scelta del partito da seguirsi nella topertura del tempio. Belle-Arti 365 Consalvi. Se noti che caduto intanto in estremo lan- guore per uno sfiancamento de' vasi intorno al cuore, vedeva già l'illustre professore l'ultimo suo giorno ap- pressarsi 5 e con grande animo l' aspettava , tut- to rassegnato ne' voleri della provvidenza. Ne infatti questo giorno tardò : che a dì 31 di ottobre 1833 , fra i conforti della religione , fra le affettuose la- grime del fratello, de' nipoti, di tutti gli amici, Pa- squale Belli placidissimamente prese riposo in Dio. Uomo che le arti romane onoratamente per lungo tempo ricorderanno : l'accademia avrà sempre per ve- nerando e caro. Il cadavere di lui , con pompa al- la sua dignità conveniente, ebbe sepoltura nella chie- sa accademica di s. Martina (1), siccome era stata sua volontà: ma l'anima del benemerito avrà in ogni an- no un sacro rito di espiazione coli' assistenza vo- stra e di chi verrà dopo voi. (i) Eccone l'iscrizione sepolcrale. A Sì me . VBl . COMPONI . IVSSIT %r . SACRVM . SIBI . QVOTANNIS . tlTARI «ESTAMENT . TABVtlS . EX . ASSK . iSGAVIX QVIESCVNT . OSSA PASCHiLlS . IO . BAPT . FIL . BELLI . ROMANI ARCHITBCTI . PRAESTANTISSIMI AB . COMSILIO . ET . SVMPTIBVS . CVRANDIS CONLEGI . ARTIFICVM . A . DIVO . LVCA INCOMPARABILI . PEOBITATE . VIRI CETERA . DICET . FAMA VIXIT . ANN . LXXX INTEGER DECESSIT . PRIDIB . XAL . NOVEMBRKS ANNO . A . P . V . M . DCCC . XXXIII AVE . FRATER . AVE . rATRVE TE . CK . IN . PACE 366 Belle-Arti Fu il Belli (li alta statura, di testa calva, di oc- clù cerulei , di biauca tinta del viso, e adusto della persona. Costumi ebbe traenti piuttosto alla giocondità ed allo scherzo: alcuni però avrebbero desiderato una minore facilità all' iracondia, e talor anche una mea rigida pertinacia ne' propri! pareri. Fu religiosissi- mo, ossequioso verso tutti , facile ad obliare ogni of- fesa , di assai carità verso i poveri , vero specchio di fede e di onore : ed inoltre si umile, che aven- dogli il cardinale Gonsalvi, dopo compiuta l'opera del museo, offerto di farlo cavaliere dell' ordine di Cri- sto , egli costantemente noi volle : con assai mara- viglia di quel primo ministro non uso vedere in al- tri questo miracolo. Uffici però ed onorificenze non gli mancarono : perciocché , oltre a ciò che abbia- mo fin qui discorso , ed oltre alle amicizie eh' eb- be con principi grandi e con amplissimi porporati (1), egli fu ingegnere sottispettore di acque e strade , architetto de' musei e delle gallerie pontificie, consul- tore della commissione delle belle arti ed antichi- tà presso il camerliugato , e fin dal 1828 annove- rato nel collegio filosofico dell' università romana , quando Leone Xll concedette che due architetti ac- cademici di s. Luca dovessero sempre in esso col- legio sedere. Queste cose, o signori , per ufficio di segreta- rio , e per riverenza a sì onorata memoria, doveva ri- cordare oggi all' insigne accademia. (i) Fra questi vogliono annoverarsi il Consalvi , il Turiozzi, i Doria, Mario Matlei, e principalmente l'eminentissimo Pier Fran- cesco Galleffi, camerlingo degnissimo di s. Chiesa. Fu inoltre il Belli caro assai al celebre cav. don Luigi Medici presidente del consiglio de' ministri di S. M. il re delle due Sicilie. 36r VARIETÀ^ Xl eh. sig. cav. Clemente Folchi, consigliere economo dell' insigne e pontifìcia accademia di s. Luca , ci fa sapere che nello scorso volume di gennaio , in che si diede da S. E. il sig. principe Odescalchi l'istoria del ritrovamento delle ossa di Raflaello da Urbino , fu dimenticato a carte 65 il nome suo fra quelli che ampiamente convennero essere del sommo urbi- nate gli avanzi mortali trovati dietro l'altare della B. Vergine del Sasso al Pantheon: avendo egli sottoscritto quel pubbli- co atto con la commissione consultiva di antichità e belle arti presso il camerlengato , della quale ha l'onore di far par- te. Giovi questo avviso a riparare per noi a quella involonta- ria dimenticanza. illustre letterato sig. Francesco Tognetti , pro-segretario della pontificia accademia delle belle arti di Bologna, ha teste pubblicato una sua ode pel sacro oratore Antonio Gallinari di Modena. Ella è piena tutta di nobili spiriti di poesia, e di bei pensieri di religione : ma là dove l'onorando uomo ri- corda la perdita del suo caro figliuolo, ne commove ad una gran pietà e tenerezza. E veramente fu ella una perdita de- plorabilissima : tanto l'avv. Raffaele Tognetti fioriva di lettere e di cortesia fra la gioventù bolognese. Egli gentil poeta; egli nelle leggi versatissimo; egli speranza carissima della patiia e della famiglia , nacque il di 6 di maggio 1798, e volò a 368 Varietà' miglior vita il di 26 di aprile i833 bibliotecario del comune di Bologna. I versi sopradetti dell' afflittissimo genitore , doT* si piange tanto infortunio , sono i seguenti : Pur qui mi trassi solo Neil' ultima partita Di lui, che me nel duolo Lasciava d'està vita. • Immenso duolo ! ... E ho tanti Sospir versati e pianti. Lui giovinetto ancora Di sette lustri ornai]. Della precorsa aurora Alto spiegava i rai , Si che di maraviglia Empieva altrui le ciglia. Oh cara prole , oh mio D'amor primiero spiro! Ahi che non piacque a Dio Compier nostro desiroJ Te del mio fianco tolse, E in sua luce t'avvolse. Ahimè i profondi accenti Gravi di senno, e interi! Ahimè i dolci lamenti Che sonavan sinceri Pietosamente molli Per questi verdi colli! Quanto mi è tolto! Ahi danno! Che al settimo ormai giunto Mio sessagesim' anno Resto cosi disgiunto Da tal figlio! ... Sol morte Può alleviar mia sorte. Varietà 369 Della utilità dello studio delle lettere umane, orazione di s. Ba- silio magno , dal greco idioma voltata in toscano per Ba- silio Puoti. 8.0 Napoli dalla tipografìa del R. albergo de* poveri 1829. (Sono pag. Zg) Dello studio delle scienze e delle lettere , e del loro vero sco- pò, discorso di Basilio Puoti. 8.» Napoli dalla stamperia e cartiera del Fibreno i833. (Sono pag. loj.J Al sig. marcliese Puoti è uno di que' letterati , de' quali gran- demente si onora non pur Napoli, ma tutta Italia. Egli fior di sapienza, egli dottissimo di latino e di greco, egli nelle cose italiane elegantissimo , egli per tanti modi benemerito della gioventù napoletana , la quale alla sua nobile scuola accesasi in un grande amore de' classici ha finalmente appreso ad es- sere tutta nostra ne' pensieri e nelle parole. Oh sieno somme lodi all' uomo onorando! Di queste due operette, che qui annunziamo, altro non diremo, se non che ci sembrano auree tutte , e degne di tan» to senno e di si chiara gentilezza di scrivere. Noi speriamo po- ter discorrere altra volta del volgarizzamento delle istorie di Tucidide, che il signor marchese è sul pubblicare: volgarizza- mento da tutti vivamente desiderato , di cui ultimamente ve- duto abbiamo un saggio nobilissimo negli Annali civili del re- gno delle Due- Sicilie. Salvatore Betti. Accademia della crusca. Ne [ella mattina del io settembre i833 prossimo passato, tene- va l'accademia della crusca la sua consueta annuale adunan- zra nella galleria del palazzo Riccardi, ove il diligenlissimo e studiosissimo di lei segretario sig. abate dottor Fruttuoso Bec- G.A.T.LVin. 24 370 Varietà' chi cominciava con bel garbo il suo rapporto dall' annunziare non essere stata dall' accademia trovata degna di premio , e neppure di onorata menzione, l'unica opera presentata al con- corso straordinario aperto fino dal i83o. Esponeva quindi in compendio le diverse materie trattate da' suoi dotti colleghi nelle mensuali lezioni, e proseguiva dando notizia degli altri lavori dei medesimi, tutti diretti all' ingrandimento ed alla correzione del gran vocabolario di no- stra favella. E nominava, per riguardo al primo scopo, quali opere di purgati scrittori erano state parlitamente dai suUodati colleghi suoi spogliate in quest' anno, onde trarne e nuove ed elette voci, sfuggite agli antichi compilatori di quella grand* opera , ed applicare novelli significanienti a quelle da essi gii registrate. Per quello poi che ne riguarda la correzione , rendeva no- to l'egregio segretario , aver l'accademia creata una deputa- zione, alla quale ha commesso di prendere ad esame le gram- maticali teoriche, e quelle voler porre in armonia colle accre- sciute cognizioni dei moderni intorno all' ideologia. Ed oltre a questo ne aggiungeva pur anco, essere stata dalla stessa ac- cademia eletta altra deputazione in aggiunta alle due già desti' nate alla disamina dei vocaboli che dai nuovi spogli procedono. Dopo di che passava finalmente a dire le lodi degli ac- cademici defunti nel corso di quest'anno, e traeva comincia- mento da quelle del poeta Anguillesi , passando poscia a quel- le del celebre numismatico e antiquario Domenico Sestini, men- tre riserbavast di onorare la memoria del cavaliere Giovan Battista Zannoni, dopo che l'accademico Piccioli, cui toccava secondo l'ordine del ruolo la volta a leggere, avesse sodisfatto all' obbligo suo. Al qual obbligo egli sodisfece con una prosa intorno alla stranissima opinione di alcuni moderni , i quali hanno voluto riguardare l'Alighieri qual altro apostolo aven- te da Dio la missione di evangelizzare nuove dottrine , o qual capo-setta che aspirasse a fondare in Europa novella scuola di religione. Assurdissimo pensamento, e, fra le moderne lettera- rie vertigini, delirio a nessun altro inferiore. Condotta al suo tèrmine la lezione dell' accademico Piccioli, passava il prcloda* Varietà' 37 1 to $ig. segretario a leggere l'elogio del cavaliere Zannoni. E tanto in questo, quanto uei due precedenti, metteva in bella vi- sta i meriti lelterariie le civili virtù dei lodati, usando però di quel saggio accorgimento che fa distinguere i pregi che ri- splendono negli scrini dei medesimi , da quelle mende che so- no inevitabili nelle opere umane. La qual maniera di encomia- re seguir soleva lo stesso Zannoni, nuando rendeva tributo di lodi ai defunti accademici. Maniera da preferirsi certamente ad ogni altra , perchè in nulla pregiudicando alla fama dei trapassati, rende un giusto ed utile omaggio alla verità, e per- suade ogni saggio ed onesto uditore. La purità e nitidezza del linguaggio, le sue franche e di- sinvolte maniere, e la verità delle cose ingenuamente discor- se, si nell'annuale rapporto, e sì ancora negli elogi degli estin- ti accademici, valsero al sullodato sig. segretario la piena ap- provazione di tutta la cullissima e numerosa udienza, la qua- le non potè astenersi dal manifestargliela pubblicamente eoa ispontanei replicati applausi, onde di tratto in tratto ne in- terrompea la lettura. Ed è il vero , merita certo questo gio- vane scrittore molta lode, e per la sua modestia e per l'inten- to ardore onde coltiva i buoni studi , e per lo naturale ma eletto fraseggiamento delle sue scritture, dettate senza ricer- catezza di modi contorti, e di lambiccati concetti , e piene di caldissimo amore pel nostro bello ed armonioso idioma. Ed in fine per andare al tutto scevre da qualunque, sempre ripro- vevole , spirito pi parte, e non ad altro mirando che a rag- giungere il giusto ed il vero. D. Valebuni. Della macchina dell' Ilunter per gli annegati. Lettera del doti. Felice Avetrani all' eccellentissimo magistrato di Sanhene- detto. In 8.° pag. aa. Fermo tipografìa Paccasassi i833. J-^ on mai abbastanza lodevoli sono quei filantropi che tut- todì ai supremi govciuauti , od ai reggitori de' muuicipii lam- 24* 372 V A R 1 K T A mentano ciò che mira a tutelare la pubblica salute- Tale è la lettera dell' Avetrani, nella quale dopo avere in acconci e lucidi modi diciferato , come più delle volte colla macchina per gli annegati, od asfissiaci per qualunque altra nocevo' le cagione , si ritorna in vita , egli con fervorosi consigli esorta i magistrati della spiaggia adriatica nel Piceno, e sin- golarmente il magistrato di Sanbenedetlo ,• perchè si affretti a provvedere la macchina dell' Haiiter dall' illustre ConfìgUac- chi migliorata , onde portare a salvamento gli annegati , che soprattutto in tempo de' bagni sogliono tal fiata avvenire ia quella deliziosissima spiaggia. Avremmo noi in tal incontro bramato, che l'A. avesse conocinto i laboriosi travagli del no- stro eh. prof. Pietro Manni , il quale dopo avere nel i8a6 pubblicato, con sontuosa edizione pei tipi del Nobili di Pesa- ro, una distesa istruzione Sul trattamento degli annegati, ha nel corrente anno l833 fatto di pubblico diritto, coi tipi del Bran- cadoro in Roma, // manuale pratico per la cura degli appa- rentemente m,orti corredato di preziosi rami. Quanto di più. pregevole fu negli antichi, e nei tempi più a noi vicini scrit- to ed operato suU' importante argomento , tutto venne dall' egregio autore bellamente raccolto , e con molta dottrina , e sagacità somma ampiamente rischiarato, e con opportuni esem- pli convalidato. Noi quindi torneremo in queste carte a par- lare distesamente dell'interessantissimo lavoro dell'esimio prof. Manno. A. C. A S E. il sig. principe D. PIETRO ODESCALCHI XXichlesto da valente naturalista estero di alcune cose spet- tanti a storia naturale, né valendo io, di cui tutt' altra è la condizione degli studi, a soddisfare alle dimande fattemi , pre- go l'È. V. a degnarsi di voler far pubblicare uel giornal* Varietà' 37n arcadico ì quesiti che le presento, e a raccomandarli a que' molti studiosi di cose naturali, che in Roma e nello stato no- stro pur sono , onde abbiano onorevole scioglimento. Sono essi di tal fatta da onorare chi si fa a scioglierli, poiché non fu mai senza onore illustrare le cose patrie. Confido che l'È. V., per quello amore che ha ad ogni maniera di arti e di scien- ze, vorrà favorirmi, e condiscendere a' miei desideri, e cosi fare che nuovo lustro venga alla nobilissima società arcadi- ca, di cui Ella meritamente è a capo, e nuovo bene a tutti i cultori ed amatori delle cose naturali, e di quelle special- mente che formano la ricchezza di questa privilegiata parte d'Italia, che a noi è data ad abitare. Ho l'onore di baciarle le mani. Dell' E. V. Urne devmo obbmo scrv. G. I. Montanari. QUESITI. 1.0 Quali minerali, ed in quali siti dello stato pontificio, si trovano e vengono scavati? Cioè: metalli, fossili, sali, pietre."* a.o Quanta n'è l'annua produzione, e quanto il valore? 3.0 Sono le miniere e le saline di proprietà privata, ov- vero dello stato; e quali sono coltivate per proprio conto di quest' ultimo ? 4.° Quali sono le autorità e gli uffici pubblici che hanno giurisdizione ed amministrazione delle miniere? 5." Esistono un codice', o staccate ordinanze stampate per la legislazione ed amministrazione delie miniere? 6." Hannosi opere od altre stampe di tutta o di qualche parte della statistica mineralogica dello stalo pontificio? 7.° Quali produzioni minerali occupano principalmente e utilmente la industria ed il commercio del paese? 8.0 A. quanto ascende la popolazione dedicata alla scava- zione ed all' industria delle miniere? 374 Varietà Della necessità d'imporre una gabella nella introduzione de'be- sdami stranieri nello stato pontificio. Discorso pronunziata dal march. Luigi del Gallo neW adunanza della illustre accademia tiberina li 25 settembre i853. (Roma tipi Sai' viucci in 8." di pag. ^oj J.I problema prlnclpalissimo , clie si propone di sciogliere qua- lunque macstralo, che intende alla publica economia, si è: come nel tal tratto di paese, dotato delle tali facoltà per la produzione , pel commercio de' generi, mantenere ed aumentare una popolazione, in quanto essa si proporziona mai sempre a" suoi alimenti , fra sé concordi nella comune difesa (*). Nin- no studio è adunque meglio impiegato di quello , che sia con- ducente alla soluzione di cosiffatto problema: il quale si propo- ne niente meno, che la pubblica felicità. Per questo è a lo- dare il sig. marchese Luigi del Gallo, che alle cose di agri- coltura e di pastorizia si è volto principalmente, siccome a quelle tali facoltà, che lo stalo nostro più specialmente ha da natura. E più assai è a lodare quell' alto giudizio del regnan- te pontefice , il quale per l'eminentissimo e reverendissimo sig. cardinale Zurla prefetto agli studi concedendo all' accademia tiberina i consueti esercizi, significò il suo desiderio: che ad argomenti di poesia e belle lettere ne unissero appunto qual- cuno di agricoltura e di pastorizia. Il primo tema di tal fatta venne da monsignore Spada , degnissimo presidente, imposto al benemerito autore di questo discorso. Egli divide in due classi i bestiami stranieri, che s'introducono nello stato: altri da vi- ta, altri da macello: e mostra i primi dannosi, perchè man- giano il frutto delle nostre terre ed occupano il posto, che do- vrebbero occupare le massarie indigene: i secondi, perchè fan- no la guerra a'nostri pastori , scoraggiscono la riproduzione nazionale, ed esportano parte del nostro numerario. Ricorda, che sino dal 1459 il pontefice Pio II stabilì la gabella detta fida sopra tutto il bestiame estero ed indigeno, che venisse a (*) Kaleriani Molinari, Del prezzo. Bologna 1806 a pag. 171. Varietà' 375 pascere nelle quattro antiche provincie di Marittima , Campa- gna, Patrimonio, e pascoli di Roma; talché gli esteri paga- Vano scudi 66 per ogni mille pecore, gli statisti 25, ed i ro- mani i^, 5o. I successori coneedettero privilegi all' università degli affidali, come di far pascere i lor bestiami itineranti per tre giorni in ciascun territorio senza verun pagamento , e di poter godtì^^e gratis il f pascolo per la lunghezza di canne io daW una e V altra parte delle strade doganali. Leone XII cre- dette lasciare in vigore il pascolo gratuito a prò delle raas- sarie itineranti, ma ne soppresse in sostanza la gabella rispet- tiva, e tolse fino la congregazione dell'arte pastorizia. Ma che ne avvenne? mentre per una parte lo stato incassò meno di 24 jnila scudi, dall'altra il forestiero, che introduce ne' nostri pascoli il bestiame per governarlo e riprodurlo l'inverno e la primavera , e ricondurlo al cessare della stagione pastorizia nel regno, mangia impunemente per due mesi il frutto delle tenute di frontiera alle pubbliche strade, e cagiona al nostro stato perdita di popolazione, di prodotti metallici, e di pro- fitti industriali. L'autore passa a dire del bestiame da macello, concludendo la necessità di allontanare da' nostri mercati bovi Vacche ed agnelli stranieri, od almeno moderarne con forti da- zi la introduzione, e procacciare agli animali indigeni la pre- ferenza nelle nostre fiere e mercati. Egli risponde alle obie- zioni , ed appoggiandosi ancora all' esempio di altra nazione viene a proporre un certo peso della gabella , di cui si tratta : che vorrebbe di uno scudo per ogni vacca , e di due per ogni bove, e di baj. 20 per ogni pecora o capra; lasciando in pie- di la tariffa antica per gli abitanti dello stato. Se la proposta gabella non è troppo gravosa da lasciare aperta la porta al con- trabbando; se l'eccezione riguardo agli statisti non darà luo- go a favorirlo: nulla può essere d'altronde più giusto e più ne- cessario, siccome pare, quanto di allontanare il soverchio de' bestiami esteri, e di accrescere la produzione nello stato a pri- vata e pubblica utilità. D. V, INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL TOM. LVIII DEL GIORNALE ARCADICO SCIENZE Falchi^ Nuova specie di china-china deno~ minata Pitaja pag. — 129 Malaga , Ferite di prima e seconda inten- zione e formazione del callo osseo. , p. — 139 Falchi^ Materiae medicae compendium. p. — 147 Longo , Nuovi principi di fdosofia natura- le ec. . . . , ^. — . ^5j Cesarini, Lettera alV avv. Pagani sulla sua opera del diritto commerciale . . - p. — 167 Tedeschi Paterno Castello , elementi di filo- sofia p. — 185 Della Torre , Su i rumfòrd popolari. . p. — 209 De-Crollis, Dialogo {art. /.). . . . p. -^ 228 LETTERATURA Odescalchi ^ Notizia dello scoprimento delle ossa mortali di Raffaello di Urbino {con rame) p. 1 — Visconti^ Notizie risguardanti il testamento di Raffaello., e la Maria Bibiena ec. p. 68 — Biondi , Canzone sullo scoprimento delle ossa di Raffaello -. /?. 123 — Manzi , Ultime scoperte fatte lungo il lit- torale dell' Etruria ...... p. — 2*^1 Balbo , Discorso detto alla R. accademia delle scienze di Torino p. — 258 Montanari , Scelta dì orazioni di ss. padri volgarizzate (art. II). . . . . . p. — 265 Mordani., Vite degV illustri ravignani {con- tinuazione) p. — '270 Vermiglioli., Antiche iscrizioni perugine ec.p. — 293 Lampredi ., Volgarizzamento di Oppiano, p. — 31 5 Vaccolini , Ricordo di prose varie . . p. — ■ 320 Mazzarella , Poesie p. — 329 Viola , Lettere III e IV sul traforo di monte Catillo in Tivoli p. —' 333 BELLE-ARTI Betti , Discorso alV accademia di S. Luca per la premiazione del 1833 . . . p. — ^hl Betti., Notizie delP architetto Pa squalo Belli .p. — 357 Varietà. Tavole meteorologiche. NIHIL OBSTAT Ab. D. Paulus Delsignore Gens. ThcoL NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. CoUeg. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Gens. Phil. IMPRIMATUR Fr. Dom. Buttaoni O. P. M. S. P. A. IMPRIMATUR A, Piatii Archiep. Trapezunt. Vicesgerens. Osservazioni Melereologiche. )( Collegio Romano J[ Gcnnujo iS33. Ore mat. si- mat. si- ser. mat. Si- ser. mat. ei- ser. mat. si- ser. mat. si- ser. mat. gi- ser. mat. si- mat. Si- ser. mat. gi- ser. mat. gi- ser. mat. gi- >4 mat. gi- ser. mat. gì- \ser. 'mat. 'si- I ser. Baromet. i7p.iili.i 7 28 0 2 •> 0 ») „ „ 4 l 0 >t 5 3 a Tcrm. esterno Termomelio 1 " 9 4 4 i. 7 » S »' »» 9 „ 5 0 „ »» H J» i> t ■» 5 3 *> 5 1 3 i 8 5 8 4 o 5 5 6 2 4 8 1 7 6 5 4 6 1_Ì 5 5 7 2 4 7 o 5 5 2 5 lo o 6 5 4 5 lo 6 5 "3~T 8 5 5 5 lo 8 9 8 Icrom. -o 6 •o 6 Vento o o N. m. ., f. N. d. NNE it N. „ „ d. pie piogg. 8 „ ni. 19 14 „ d. 25 NNe'.' ni. 16 „ d. 8 23 N. q. 0 NNE. d. 12 9 11 „ m. „ d. NE. „ 10 .. » , N. „ 3o i> » lo .. >> 5 )) }> 35 j> j> '7 ji « 6 j) 1) 52 » I» 12 »i >> 6 >i j» 52 )> » 12 « » 0 .> ). 11 » » 2 » » 0 19 SSE.'d. 4 SE. q. 0 2 19 0 0 SE. d. 3 1, „ i li. o5 Evapor. I Slato del piog.nolt. o 75 l"-6 1 4 0 8 1 0 1 i 2 I 1 I 0 8 1 2 0 3 1 5 0 S nuvoloso eom. piov. nuvoloso cliiarissirao nnvoloio nuvoloso coperto velato chiarissimo coperto nuvoloso coperto nuvoloso ser.nuvol. sparse ] chiarissimo chiarissimo ser.vaporJeg. chiarissi-aio nuvoloso sereno n" uvoloso opeito 'ereno chiaro coperto 1 nuvoloso H sei.nuv.spar. Vm coperto 1" velato **^ ■HMMMHHaÉMlMkl' "5 o 16 17 iS 19 20 21 22 23 24 35 Ore Baiomet. Term. Ttrmc Max. 0 7 JUSfbW metro Min. Igroiii. a capei. Vento Pioggia Evapor. Stato del Cielo 1 ma. 8'- ser. 28 p.o 5) Z/.7 2 0 6*^ 6 6 7 5" 0 7 2 0 NNE° d. « q. 0 2 li. 25 li. 0 3 coper.piove « e ojierlo ma. ser. 22 II 7 5 8 S 7 5 9 9 8 -5 10 4 N. a. n n „ q. 0 0 9 " ma. S'- ser. 2S I b 0 4 b 8 6 5 0 5 8 5 2 6 lo N. d. 0 7 nuvoloso ma. §'■ ser. >1 » 1 4 S 5 8 5 i3 9 s'.' „" N. „ picc.plog. 1 2 e oper. pioT e serenissimo ma. S'- ser. » 0 1 7 0 4 0 7 3 5 5 j> >j 36 22 )j )> 1 5 nuvoloso chiaro chiarissimo ma. ser. 28 2 5 2 7 2 2 5 2 5 6 2 20 38 22 r, '! 1 5 nuvoloso sereno chiarissimo ma. Si- ser. 1) )> 4 5 0 8 - i 1 5 5 -1 5 44 25 „ mod. 0. d. N. m. 1 3 '"' ma. 8'- ser. »> 4 5 7 1 9 5 I 5 - j 2o fu 55 nne" d. N. „ gelato 2 0 » ma. 8i- ser. ?J " 1 - 1 7 5 5 5 8 -1 6 45 24 0 0 N. d. 1 4 " ma. 8i- ser. « 3 4 6 ?. - 1 8 •5 5 " - 1 lo 40 5o 4. 0 Sii. d. N. „ NE. „ 0 0 N. a. 2 0 " a6 a; 3o Si ma. ser. )> 6 0 3 4 7 1 5 5 8 8 -0 5 21 35 iS 1 3 ! ma. 8'- ser. " 5 V 9 4 7 5 8 8 5 5 1 - 3 10 23 11 li. „ SSE. „ f)lc gocce 2 0 nuvoloso ma. fi'- ser. " 3 2 7 0 7 9 6 IO 2 lo 6 7 '7 . 1 E. „ SE. „ n « 1 6 pioTC ma, 8'- ser. " 1 0 6 7 2 6 9 6 5 i 5 4 18 1 0 0 s. a. picc.piog. 1 8 nuvoloso ma. 8i- ser. ma. §'■ ser. 27 )> 10 7 2 9 7 i 5 ' " 19 5 E. „ SE. m. „ d. 2 7 chiarissimo nuvoloso )) 0 6 5 lo 7 6 5 1 1 » 3 0 E NE. „ 0 0 1 20 1 1 z chiar.oriz uuv. nuvoloso 1 velato 1 ^^•^ ^■i* ■■■ ^EBIHH !■■■■■■ lUM'/UUMIIIlHIJH—lM Osservazioni Metereolvgiche. )( Collegio Romuno J{ Fehhiajo l833, '~^ Ore Baromet. Ter m. Termo Mas. 0 metro Min. Igrora. a capei. Vento Pioggia Eva )or. Stalo del Cielo ma. 27 p.8Z i.8 0 7 5 0 0 0. d. ali. 20 li coperto »fi 8'- ser. » 7 6 8 5 4 94 4V, 45 5 „ moti. 1 6 8eren.nuv.s parse coperto ma. « » 0 4 2 N. d. 1 75 1 17 f;i- n » 3 7 b 8 5 29 » f- 1 8 1 ser. » 9 6 6 22 12. ., ., chiarissimo | ma. » i» 0 4 „ d. !» iS H'- » H 4 9 s 10 5 3tì 060. „ 2 3 ser.vaporoso ser. ir }»■ i 7 7 12 0 0 nuvoloso ina. » » >i 4 8 0 „ chiarissimo »9 S'- ser. )> 31 >1 H 2 8 9 5 6 5 11 0 6 '9 " I 6 nuvolosa chiarissimo- ma- 2» 1 8 2 5 3 „ „ 20 ser. » I 0 0 10 7 5 5 11 5 - 2 34 0 i>0. d. piog. noi. 2 2 sereo-ouT. sparse coperta' | aia. 27 JO 6 a „ 6. ,, 4 44 nuvoloso 21 ^''• „ „, 4 lo 1 1 6 io iNO. m. 2 4 seren.Duv.sparse ser. » » 5 6 6 12 „ q. 0 coperto ma. .i 5 a 0 „ „ ■~^ ser.nuv.sp. §'"- ,) 11 0 8 9 9 3 33 „ lurtis. 2 a chiarissimo ser. 2.8 0 0 4 7 23 „ d. " ma. »> Jl 8 a 6 8 „ m. ser.nuv.sp. S'- » 1 0 9 5 10 3 56 E. „ I 0 nuvoloso ser. 6 5 5 4 N. d. chiarissimo ma. U 2 0 4 6 2 » » nuvoloso 34 3 lo 6 7 5 11 1 -4 32 8 SO. m. picc.plog. 2 4 chiarissimo coperlo ma. „ 1 4 8 3 1 6 3 SE. m. ' n 25 ser. 27 II 38 0 8 0 9 7 5 10 1 1 5 S. „ „ d. 2 3l 0 8 „ piOTC n ser.vaporosa ma. 4 5 5 ) 0 ìN. „ 4 25 ■;,fì 8'- 5 11 12 5 -3 18 SO. a. l 1 „ nuv.sp. .ser. >y .! „ 7 2 a 0 0 „ vaporoso ma. 27 H S 4 5 0 N. d. „ vaporoso 27 8'- „ 1 0 6 lo 6 11 -4 18 SE. f. 3 6 nuvoloso ser. " 9 6 7 5 4 S. d. 1 i5 piove tuona ma. ■~" 6 3 0 0 0 sei-vaporoso aS §'• „ lo 0 u 5 la .6 22 SSO. ([. 0 1 6 ser.nuv.sparse ser. 7 7 3 4 0 0 _— chiarissimo . 1 OiServationi Metereolo^iche )( Collegio Romano )( Mano i855. Or» ma. si- ser. Baromel. 27p.io li.5 „ 8 8 ,. 9 1 Term. i Termometro max. mia. ma. ser. ma. ser. ma. ma. S'- der. ma. §'• ser. ma. ma. ser. ma. ser. ma. ' si- ser. ma. ■ter. fi »» lo 4 28 0 0 0 n I »> 9» 4 9 „ 1 3 n W 8 ì> 2 3 n 1* yi »' M t »» » 7 5 „ n 0 27 lo 7 M „ 3 „ 9 « „ „ 0 ?j 8 8 >■> 9 2 „ r> 7 " 10 1 2 » 9 6 M ,. 4 •• " 1 7 7 ., 4 » 3 6~5" « 4 7 4 8 o 1. 3 » 5 9 8 8 8 5 9 5 5 4 6 5 5 3 5 lo 8 2 5 i3 5 3 2 1 5 7 5 3 4 6 n 5 6 6 I i 10 3 5 10 8 5 5 IO 5 11 6 8 5 6 ' 1 6 la 8 8 5 12 3 i5 '"_ .1 Igroin. 27 28 9 7 9 7 _7_5 5 5 7 3 3 8 2 13 6 4 »4 Vento m. SSE. SO. f. ,, m. SO. d. N. m iNiNh. a. OSO. m. SO. J. N. „ SO. m. N. J. NO. q. o M. J. 0. m. „ .1. N. „ SO. „ N. c{. 0 „ d. SO. m. „ J. E. „ SO. m. „ *1 S. „ „ m. ., <]. hSt;. f. S. f. „ m. E SE. i. SSO. f. E. m. s. „ Il m- SE. „ N. d. rug iada rugiada pic.piogg. ESE. E. q. N. „ 4 75 2 25 0 75 IrTapor. 3 4 Slato del Clci' coperto „ piove uuvoloso cliiarìsslmo chiarissimo ser.nuv.sp. „ vaporoso coperto ser.vap. ser.uuv.sp. nuTo loso ser.nuv.spar. nuvoloso 3 4 ser.nuv. sparse chiarissimo nnvoloso -opeilo piove grandina nuvoloso piove ser.nuv.sparse cliiarissimo ma. ser. ma. S'- ier. ma. gi. ser. ma. si- ser. via. ser. ma. Si- ser. ma. si- ser ma. S'- ser. ma. Baromet. J) 9 1 „ « 4 ,. 7 5 3» 9 u „ „ 2 » 8 8 6 9 ,. 5 5» 8 0 n 9 2 j, 10 O 7 „ » 4 „ „ 9 ,, 8 3 „ 3) 8 „ 0 9 >j » " n " 6 '• J» ì' Teimometro max. min. »4 6 5 9 5 68 ~6~5 8 9 7 7 5 5 7 n 12 8 5 7 5 12 5 14 3 5 5 2 7 5 1 6 6 5 9 2 j3 8 Io 5 lo 6 i5 i5 5 8 3 i3 8 9 5 Igroii Vento N. d. S. f. SE. SSE f. SO. (f. 0 MiNE. d. OSO. f. so. d. ESE. „ SSO. ni, ]\0. d. KSK. „ S. „ 3) 3) N. 4 12 7 1 35 2 5 7 M 3 d. SO. m. 3, d. ESE. SSE. E. ni. N. „ SE. m. OSO. d. w. J, so. m. 33 d. o o sO- ni. o 0 "loggia rugiada o li. òo 2 lO ,^ 2»r. nuvoloso ser.vaporoso ser.nuT.spar^e cliiarissimo nuvoloso chiarissimo ser.nuv.sp. chiarissimo ser.uiiv.sp. chiarissimo coperto ser.vap. nuvoloso velato vapor. coperto ser. vaporoso