é ^>^ 4 ♦ GIORNALE DI SCIENZE LETTERE ED ARTI TOMO LIX. APRILE , MAGGIO , E GIUGNO ROMA NELLA STAMPERIA DEL GIORNALE AUCADICO PRESSO ANTONIO BOULZALER 1853 ili COLLABORATORI DEL GIORNALE ARCADICO. IJlNTALDI marchese Antaldo , consigliere della le- gazione , a Pesaro. ANTINORI marchese Giuseppe , professore, a Perugia. ARMARGLI conte Leopoldo, giureconsulto, a Macerata. BALBO S. E. il conte Prospero , ministro di stato , presidente della R. accademia delle scienze, a Torino. BARLOCCI Saverio , professore e membro del colle- gio filosofico dell' università, segretario del consiglio amministrativo degli acquedotti , in Roma. BELLENGHI monsig. D. Albertino , benedettino-Ca- maldolese , arciv. di Nicosia , consultore delle sa- cre congregazioni dell'indice e degli affari ecclesia- stici straordinarii , socio ordinario della pontificia accademia di archeologia , in Roma. BIANCHINI Antonio , segretario della società degli amici delle belle arti , in Roma. BRIGHENTI Maurizio , ingegnere , a Rimino. BRIGNOLI di Brunoff Giovanni, professore, a Aiodena. BONAPARTE S. E. D. Carlo , principe di Musig na- no , in Roma. CAMILLI Stefano, a Viterbo. CAMPANARI Vincenzo , in Roma. CANALI Luigi, professore e bibliotecario, a Perugia. CANONICI FACHINI marchesa Ginevra , a Ferrara. CAPPELLO dott. Agostino , medico , in Roma. CASSI conte Francesco , a Pesaro. CECILIA Gio. Francesco , in Roma. CIAMPI cav. Sebastiano , a Firenze. ly CONTI ab. Andrea , presidente del collegio filosofico dell università , in Roma. COPPI ab. Antonio , socio ordinario della pontificia accademia di archeologia , in Roraa. CORDERO DI S. QUINTINO cav. Giulio , membro della reale accademia delle scienze , a Torino. COSTA Paolo , a Bologna. DE-LUCA ab. Antonino , in Roma. DIONIGI ORFEI Enrichetla , in Roma. DUMOUCHEL padre Stefano , della compagnia di Ge- sij , astronomo del collegio romano, in Roma. FERRUCCI avv. Luigi Crisostomo , a Lugo, FERRUCCI Michele, membro del collegio filologico, a Bologna. FIORINI Mazzanti Elisabetta , a Terni. FOLCHI cav. Clemente, consigliere dell'insigne e pon- tificia accademia di s. Luca, ingegnere ispettore mem- bro del consiglio d'arte , ingegnere della s. congre- gazione delle acque , membro della commissione con- sultiva delle belle arti , architetto del sacro tribu- nale della consulta , in Roma. FONTANA cav. Pietro , a Spoleto. FRANCESCHI FERRUCCI Caterina , a Bologna. GUADii.GNI avv. Francesco, membro del collegio filo- logico dell' università , socio ordinario della ponti- ficia accademia di archeologia , in Roma. LABUS dott. Giovanni, a Milano LAMPREDI ab. Urbano, a Napoli. MAI monsig. Angelo, protonotario apostolico , prelato domestico , segretario delle ss. ce. di propaganda fide e della correzione de' libri della chiesa orienta- le , segretario dell' accademia teologica , consultore delle ss. ce. dell' inquisizione e dell' indice , mem- bro del collegio filologico dell' università , e della pontificia accademia di archeologia , in Roma. MALVTCA. barone Ferdinando , socio ordinario del rea- le inslifn'o d'incoraggiamento , a Palermo. MAMTANI DELLA. ROVERE conte Giuseppe, a Pesaro. MARCOTULLI dott. Luigi , medico , a Sezze. MORDANI Filippo , a Ravenna. MONTANARI Giuseppe Ignazio, professore, a Pesaro. MORIGHINI monsig. Carlo Luigi , referendario dell* una e dell' altra segnatura , ponente del buon go- verno, prelato aggiunto alla s. e. del concilio , ab- breviatore sopranumero del parco maggiore, pro-pre- sidente dell' ospizio apostolico di s. Michele, in Roma. MORIGHINI cav. Domenico , professore , membro del collegio medico dell' università , in Roma. MUZZARELLI monsig. Carlo Emmanuele , prelato do- mestico , uditore della sacra rota , in Roma. NARDI ab. Luigi , bibliotecario , a Rimino. ODDI Giuseppe , professore , membro del collegio fi- losofico dell' università , in Roma. PAOLI conte Domenico , a Pesaro. PERETTI Pietro , professore , io Roma. PERUZZI ab. Agostino , rettore dell' università , a Ferrara. PIANGLANI padre Gio. Battista , della compagnia di Gesù , professore nel collegio romano, membro del collegio filosofico dell'università, in Roma. PUCCINOTTI dott. Francesco, medico, in Urbino. PUNGILEONI padre maestro Luigi, min. conv., con- sultore della sacra congregazione de' riti , in Roma. RAMBELLI Glo. Francesco , a Lugo. RICCARDI dott. Gregorio , medico , in Roma. RICCI marchese cav. Amico , consigliere della de- legazione , a Macerata. ROVERELLA conte Gio. Antonio , a Cesena. SALVI cav. Gaspare , presidente e professore nell' in- signe e pontificia accademia di s. Luca, ingegnere VI membro del consiglio d'arte , membro del collegio filosofico deir università , architetto de' ss. palazzi apostolici e del sacro tribunale della consulta , in Roma. SANTUCCI ab. Loreto , custode generale emerito di arcadia , membro del collegio filologico dell' uni- versità , in Roma. SCLOPIS di Salerano conte Federico , membro della reale accademia delle scienze , a Torino. SOHGONI dott. Angelo, medico comprimario, a Narni. TORTOLINI ab. Barnaba , in Roma. VACCOLIlNI Domenico , professore , a Bagnacavallo. VALDRIGH[ conte Mario , a Modena. VENTUROLI Giacomo, presidente del consiglio d'ar- te pei lavori di acque e strade, membro del col- legio filosofico dell' università , ia Roma, VERMIGLIGLI cav. Gio. Battista, professore, diret- tore del museo di antichità , a Perugia. VESGOVALI Luigi , socio ordinario della pontificia accademia di archeologia , in Roma. VIOLA Sante , segretario del comune , a Tivoli. VOLPIGELLI dott. Paolo , in Roma. SCIENZE f^iaggio medico di Agostino Cappello a Charenton , ai Trenta del chiar. Esquirol , e ad Alfort letto alV Accademia dei Lincèi nella sessione del dì 23 set- tembre 1833. X'ra le innumerevoli ingegnose allegorie tramandate a noi dalla greca sapienza , degna di grave considera- zione, ripeterò col ce\. Acerbi {\) ^ {m estimata quella del vello d'oro, di cui in istranii lidi andarono in cerca gli Argonauti ; d'onde chiaramente si fece pa- lese , che l'amore del guadagno fu sempre preceduto da quello del sapere. Le antiche e le moderne isto- rie nel farcene amplissima testimonianza ci contesta- no del pari , che commercianti furono le prime na- zioni che si distinsero pei viaggi. L'Italia nostra se- gnalossi soprattutto in siffatte intraprese , e notissimi sono i viaggi dei veneziani , dei genovesi , de* tosca- ni , dei napoletani , i quali colla loro dottrina , e colla loro laboriosa attività non solo cumularono te- sori , ma ciò che più vale , arricchirono ancora di novello splendore le scienze , specialmente la geogra- fia , la nautica , e le fisiche : maestri inoltre essi di- vennero di quelle nazioni che piiì oggi brillano nel potere marittimo e commerciale. Essendo poscia in (1) Bibl. ital. lom, XXI. 0 A.T.LIX. 2 Scienze esse passato lo scettro del mare , dacché precipua- mente avvenne la scoperta del Capo di Buona Spe- ronza , può dirsi da tale epoca decaduta affatto la ma- rina italiana. L'Italia dunque senza colonie , senza stabilimenti, senza relazioni dirette colle altre parti del globo , infine senza esteso commercio marittimo non ebbe altro stimolo alla gloria delle scoperte , e delle spedizioni lontane che la curiosità : il quale sen- timento disgiunto dall' interesse è senza alcun dubbio troppo debole per superare gl'incessanti ostacoli , e gì* infiniti pericoli de' viaggi . Laonde la storia del pre- sente e del prossimo -passato secolo intorno i viaggi marittimi degl' italiani è di pochissima gloria in con- fronto di quella di varie nazioni d'Europa : ne tara- poco la nostra letteratura le raggiugne nei viaggi di terra. Ma per venire all' obbietto che io mi sono pro- posto , debbo prima avvertirvi , o Lincèi , che nel titolo di medico viaggio dato a questo mio lavoro non vi si conterranno tutte le notizie e ricerche dei di- visati stabilimenti; imperocché la breve missione mia in Francia mirando al salutevole scopo di esaminar- vi il contagio per noi affatto novello delle Indie orien- tali, richiedeva esso una vigile ed assidua occupazio- ne. Vi dirò dunque tutto quello che a me sembrò e più degno di ricordo , e più meritevole dell' atten- zione vostra. Ascriverebbesi ancora a preciso man- camento , se nel parlarvi dei tré magnifici stabili- menti vicinissimi alla romorosa Parigi , nulla di essa vi narrassi ; perciò prima di condurvi col mio raccon- to a Charenton^ in brevissimi accenti ricorderò l'emozio- ne diversa , che nel primo di io vi provai terribi- le, e le svariate sensazioni che a prima giunta de- stansi in ogni straniero nella capitale della Francia. Stupore insieme ed ammirazione arreca tosto allo sguar- Viaggio medico 3 do di ogni colta persona la vivacitk somma in un paese per noi settentrionale , ed in uno suolo sì tar- do alia vegetazione. Volubilità di mode e di spetta- coli , contese di ogni genere , incostanza d' idee so- no le indivisibili conseguenze di un' irrequieta natu- ra , che cola vi fissò costante seggio. Fu nel di 5 giugno , quando appena vidi il primo far del gior- no in Parigi, che da più bocche udissi ripetere im- minente una rivoluzione. Difatto un funebre convoglio di un rinomato generale , invece di destare il gra- ve pensiero del fugace passaggio di nostra vita , era anzi segnale nelle ore meridiane per lo scoppio del meditato cospiramento , onde rovesciare il dominante governo. Non e qui il luogo il dirvi i modi nel lun- go tragitto del convoglio, come dagl' insulti alla pub- blica forza e dalle sassate , giunto l'apparato fune- bre allo Bastiglia , s'incominciasse lo spargimento di sangue cittadino. Ne vi farò parola dello spaventevo- le incontro , cui per altrui consiglio andiedi io nelle ore pomeridiane di questo giorno , avendo dovuto in altro mio lavoro notare il disgustoso incidente (1). Puossi solo aggiungere intorno le memorande giorna- te del dì 5 , e 6 giugno , che nel momento in cui in pili punti fervea il bollore della guerra civile , in altri luoghi danzavasi , banchettavasi , raottegia- vasi e smascellalaraente ridevasi. Tolti que' tumultuosi concitamenti , passeggiando Parigi in pacifica stagione, ofFendousi per verità a prima vista gli organi della visione e dell' olfatto pe' putrescenti e sordidi rivoli della Senna discorrenti generalmente per le strade , dove metton sovente foce i risciaquatoj : nb l' occhio (i) Storia medica del Cholera indiano osservato a Pari- gi pag. 290-2 noia. Roma i855. 1* 4 Scienze appagasi di quelle numerevoli fontane (|uasi tutte aSciut^ te. Ma questi sono nei in Confronto di tante bellezze che ha saputo cola il genio ed il gusto riunire. Pa-' lazzi vi si veggono in quantità , se non di quella soda archittettura , adorni però , specialmente nell' interno^ di tutto quello che possa mai lusingare i sensi J lar- ghe e diritte strade incrociate in trivj , e quatrivj » incantevoli sono quelle dei bastioni » sopramraodo quel- le lungo la Senna , che è adorna di numerevoli bar- che , ove vi si veggono commodi replicati sia per bagni i sia pe* stuclj di nautica , sia di qualunque abbellimento capace di destare piacevoli e grate sen* sazioni. Vi sono magnifici ponti ed oggidì raddoppiati per quei a fil di ferro , piazze veggonsi infinite , e mer- cati numerosi e permanenti quali destinati a indigeni prodotti , alcuni a fiori ed esotici semi , altri a pere- grini uccelli : sfoggio di botteghe eleganti che at- traggono lo sguardo di ogni piiì spensierato passag- giero . Alberghi forniti con ogni sorta di stoviglia , e con lusso , rassomiglianti taluni orientali costumanze t lauti vi sono i ristoratori, e caffè splendidamente adob- bati i gabinetti frequenti di lettura , ove mattino e sera vedi gente smaniosa ad attendere que' numere* voli fogli giornalieri che quivi si danno alla luce, ca- gioni forse d'incessanti stranezze , e talora di novelle sciagure . Se di notte vadasi al Palazzo Reale , ti si mostra una popolosissima incantata reggia senza quelle migliaja di femminili vagolanti volti che dinnanzi smi- nuivano piuttostochè accrescessero il suo splendore. Un immenso volume richiederebbesi per tutte descri-* vere le Cose già le mille volte da' nazionali , e da' stra* «ieri ripetute. JVè sarebbero baslevoli giornate intere per discorrervi di quei opificj ad ogni svariato ge- nere di lusso destinati. Fabbriche di qualunque sto- viglia , di porcellane superbp , di lapezzerie , di se- Viaggio medico 5 terle , di drappi , di oreficeria etc. sono quivi in- numerevoli. ]Nè vi dico di quegli stabilimenti gran- diosi al pubblico insegnamento consecrati , ne di quell' Istituto che è il modello delle più grandi accademie di Europa , e che seco racchiude uomini sorami in ogni ramo di sapere. Ne vi parlo di quella cordia- lità cotanto da me , e da chi mi fu compagno spe- rimentata. Ne dello stupore ed incantessimo che ar- reca quel giardino delle piante ogni dì vie sempre abbellito dei più ricercati oggetti nelle naturali scien- ze. Numerosi a Parigi vi sono gli spedali , e magni- ficamente con giardini, con bagni, e con ogni sorta di nettezza conservali. Sommo si è il gratissimo com- piacimento che seco adduce l'assistenza di quelle suore della carità , che con spirito veramente cristiano e filantropico sono dedite al servigio salutevole degl' infermi. Ne vi dirò l'ardore , e lo zelo dei medici con pari filantropia da me e da altri ammirato. Solo spiace che nel momento che in ogni ospedale vi si coltiva con eguale anzietk l'anatomia patologica , non vi sieno corrispondenti anfiteatri , e scorga nsi talora strette , umide e non ventilate camere , e qualche volta un semplice corridojo è destinato al nobile of- cio (1). Spiace pure che alcuni medici francesi nel mettere grand' importanza allo stetoscoj)io di Lennek , trascurino totalmente la sfigmica cosi preziosa nell' arte di curare ; di che dovrassi or ora vederne una solenne eccezione. (i) Interrogato su di quest'articolo l'ottimo sig. Esquirol a Charenton , rispose , che l'origine di questa mancanza na- sce dai regolamenti stabiliti nei spedali , pci i quali non si permettono le scsiopi cadaveriche ; benché oggi sieno esse tollerate. 6 Scienze Per venir dunque al proposito era nel dì 26 lu- glio , quando già era stato dato termine alle cliolé- riche incumbenze , che pel gentile invito del chia- rissimo Esquirol andavasi a Charenton. Non istò a ri- dirvi o Lincèi le cortesie generosamente usate alla commissione romana da questo sommo , ma pel pre- sente mio ragionamento , oso dire non esservi per- sona a me cognita cotanto benemerita per la salute di chi fu alterato , o perduto nella ragione, quanto quest' illustre francese- Imperocché dopo esser stato l'amico , e l'allievo carissimo dell' immortale Pinel ; e succedotogli collaboratore per più lustri negli spe- dali di Bicetre , e della Salpetriere , è medico pri- mario da molti anni della Real Casa di Charenton t ne ciò è bastevole , mentre il suo genio , ed una rara filantropia gli suggerirono di fondare con suo gravissimo dispendio un suo stabilimento inarrivabi- le, in cui non oltrepassando! malati il numero trenta, ne tragge da esso il nome. Un uomo dunque per- venuto alla vecchiaja e consecrato assiduamente al sca- brosissimo incarico di cui si tratta , e ricchissimo di ogni cognizione nell' arte di guarire , cui congiunge un' indicibile pazienza ed attitudine , somministra un complesso di cose le più utili , che possan mai de- siderarsi nella difficilissima ricerca. Il perchè ho io estimato il dirvi in questa sessione in iscorcio non solo quanto vidi , e narrommi l'Esquirol , ma quanto ancora venne recentemente da esso e da suoi allievi pubblicato (1). (i) Rapport statistique sur la maison royale de Charert' ton ; et question medico legale sur Visolement des aliénés Ànna- les d'Hygiene pubbli que, et de medocine legale tom. i pag. lor. Paris 1829 ; ed tom. neuvieme-premiere panie pag. i3a. Pa- ris 1 833. De la fréquence du pouls chez les (diénés par mm. Leuret et Mitiviè. Paris x832. Viaggio medico t Il superbo stabilimento di Charenton prende il nome dal convicino comune, e trovasi in distanza da Parigi 2 leghe in una deliziosa collina lambita dalle acque dell' fiume Marna da cui deriva il nome del dipartimeuto. Per filantropica cura del commissario di guerra Sebastiano Le Blanc fu esso nel 1641 fon- dato e destinato per le ordinarie malattie , ma più tardi vi furono ammessi gli alienali , ed assunse il nome di Casa Reale di Charenton. Migliorossi dappoi ed ingrandissi in modo che se nel 1790 era capace di contenere 80-90 pazzi, di presente ne conta il mezzo migliajo. Al basso inoltre e a' destra di det- to stabilimento conservasi una sala destinata per ri- cevere i poveri malati del cantone, e vedesi del tut- to separata. Ma oggidì veramente puossi con franchez- za affermare che lo stabilimento va' a raggiugnere l'ob- bjetto altissimo di sollevare l'infortunio il più grave, cui l'uomo è fatalmente soggetto. La grande fabbrica con vera magnificenza finor costruita per le donne che vi sono in pensione , riposa sopra la maggiore altura della collina, ove vi si presenta una vaga pro- spettiva con piacevolissimo orizzonte , per lo quale l'occhio ha campo di spaziarsi per le belle pianure (Tlvri , e di Maison. Aperti vi sono ì corridoj , e circondati da praterie con alberi di varie specie, ma- gnifiche e spartite sale vi si scorgono, destinate al- cune al travaglio , altre al pasto , alla ricreazione le più belle. Le camere da letto e le suddette sale sono fornite di sofà , di sedie d'appoggio, e di un tavo- liere per mangiare. Il pianterreno è costrutto di le- gno di quercia lisciviato ogni di , siccome lo so- no tutte le scale di Parigi, specialmente nelle locan- de^ Spaziose e ventilate inoltre vi si veggono le came- re suddette aventi ognuna il suo cammino, e talu- na ancora un gabinetto per una cameriera. I corri- 8 Scienze doj coperti nei quali raettoa foce le porte delle ca- mere, vengono all' opportunità riscaldati da una stu- fa generale. I bagni e le docce vi sono stabiliti con splendidezza, e con quella sagacita da adattarsi a se- conda delle diverse alienazioni. Quando saranno tolte tutte le vecchie costruzioni in cui sono ora gli uo- mini , e surrogato verrà per la nuova casa , sicco- me e il progetto, altrettanto spazio collo stesso splen- dore, e godente consimile la grafica posizione , rad- doppierà la Gasa Reale di Charenton la maestà, e l'uti- lità sua. Erano circa le ore 10 del mattino, quando visitavasi la novella fabbrica , e stavansi quasi tutte le donne a ricreazione. Sarebbonsi a prima vista prese per sa- vie , dappoiché tanta era la disinvoltura , con cui conversavano. Una di esse di bella presenza , e di circa gli anni 50 attentissimo volse l'orecchio al di- scorrer mio e de compagni , avvicinossi poscia , se- guendo dappresso le pedate nostre con anzieta. Le vol- giamo noi lo sguardo con meraviglia , ed essa tosto pronuncia con grande espressione , signori loro so- no italiani , sebbene avessimo quivi sempre cinguet- tato il francese. Il eh. Esquirol ci avverte subito essere una vittima di amore fin dalla gioventù sua di un italiano dipintore , da chi aveva sì bene apparata la lingua. Lo stabilimento vien amministrato da un diret- tore , che vi risiede. L'Esquirol come medico prima- rio non vi dimora , ma vi sono stabiliti due medici fissi, e tre allievi , e a 150 persone giugne il numero di quelle che vi sono addette. Tutti i mentecatti pa- gano per sei anni una pensione di 720 franchi Taa- no, 1000, e 1300 franchi. I soldati dementi di ma- rina, e di altre milizie vi stanno a spese dei rispet- tivi dicasteri. Il numero ordinario dai 470-90 giun- ge ai 500. Ili ogni anno ricevousì dai 180-200 alie- Viaggio medico 9 nati. Dopo più ore (riiitertenimento a Charcnlón ci condusse il filantropo direttore ai suoi Trenta circa una lega distante dal medesimo. Non appena gì' in- felici che vi stavano , videro l'Esquirol, corsero qua- si tutti a festeggiarlo ; ed era uno stupore il vedere in quali cordiali modi corrispondesse egli alle vive loro espressioni ed incessanti ricerche , ed il morale profitto che ritraeva per robbjetto grave della loro sa- lute , mentre ogni sua risposta era diretta all' uopo. Vastissimo pel divisato numero è questo novello sta- bilimento. Un' immensa pianura in ìspecie a mezzo dì vi si gode con piacere per i bei casini, e per la ric- chezza svariata dei vegetabili , che adornano , e ne rendono amena la campagna. Vi si racchiude colà tut- tociò che serve ai comodi della vita. Spaziose case con decenti e ventilate camere , sale da giuoco , da musica , da ricreazione , e per trattenimento vi si veg- gono raddoppiate. Graziosi boschetti, e giardini simme- tricamente collocati, vi destano pensieri soavi: ne vi mancano bagni di ogni sorta : tutto in somma quivi e stabilito con magistrale accorgimento pel sollievo dell' animo oppresso dalla sciagura. Ogni individuo è sempre accompagnato per lo- meno da un domesti- co, che attende ad ogni movimento, e ne spia il pili minuto pensiero per renderne conto all' institutore. Era in questo stabilimento, in cui esso mostra vaci una collezione di 600 cranj e di 300 tusti di gesso collor cati ordinatamente in un gabinetto : in ognuno di essi vedovasi registrato il nome dell' individuo , e la sper eie diversa di follia , e molto ivi si discorse sulla dot- trina di Gali. Io ripetei al eh. Esquirol , come da varii anni in presenza di due nostri colleghi aveva espresso al eh. Fossati, che in Roma fu il primo a farci conoscere la perizia anatomica di svolgere , e di spiegare mirabilmente i più minuti lobi dell' encefa- iO Scienze lo , ripetei adunque il plagio del Gali per ciò che concerne la cranioscopia ; mentre il toscano Ludovico Dolce V aveva pel primo bellamente illustrata nella me- ta del sec. XVI (1). Ma per tornare in sentiero vuoisi sapere , che le diligenti cure dell' Esquirol sono così gravi , e così estese in arabi gli stabilimenti , che i mentecatti noa solo hanno un' attenta ed esatta sorveglianza , ma da numerosi e distinti allievi che vi sono destinati , re- gistrasi ancora minutamente ogni piiì lieve circostan- za , che risguardar possa la loro salute. E per in- cominciare dalle cagioni che quivi si raccolsero le più ovvie alla follia , osservossi primamente , che il 7.° numero degli alienati ripetesi da cagioni ereditarie. Le fìsiche cause vidersi influire piiì delle morali nell* uomo che nella donna , ad eccezione dei rovesci di fortuna , che ebbero maggior possanza alla perdita della ragione nell' uomo. Gli eccessi termometrici con- tribuirono generalmente al maggior numero de* paz- zi , perciò dalle statistiche risulta esservi piiì sog- getti i climi meridionali , eccetto il Nord , ove il bel sesso sorpassa il numero degli uomini. I mili- tari sono in Francia il numero più copioso de' men- tecatti relativamente alle altre professioni : di coloro che debbono stare vicino al fuoco , rilevasi pure buon numero di alienati. Frequenti cause di monomania e di demenza furono gli eccessi della venere , e dell' onanismo. Degna parimenti di osservazione , come causa di follia fu la lettura dei romanzi , specialmente nelle donne. La gelosia , l'amore , ed i domestici infortu- nii divennero ancor essi cagioni del morbo di cui (i) Andres. Dell' origine, progressi e stato attuale di ogni letteratura tomo 6 pag. 84> Roma i8o6. Viaggio medico 11 si discorre. L'abuso del vino , e soprattutto l'uso con- tinuato dei liquori spiritosi producente il delirium tre- mens , furono spesso sorgenti di follìa. L'agiato più del povero videsi ancora alla medesima soggetto ; e fu talvolta osservato che il convivere de' sani gio- vani co' dementi , produsse loro mentali aberrazioni. L'età più favorevole al male in quistione fu dai 30-5 anni , dipoi dai 20-5 : passati gli anni 50 risultò sempre una grandissima sproporzione. Per ciò che ri- sguarda il numero delle diverse follìe , maggiori fu- rono le monomanie , poscia la manìa , indi la demen- za , e raro fu l'idiotismo. La demenza e la manìa fu- rono più frequenti nell' uomo che nella donna , ma essa fu spesso affetta dalla monomania. Socia della follìa piuttostochè suo sintoma , reputa l'Esquirol la paralisi , che assai di sovente riscontrasi , specialmente nella demenza , che è il fine ordinario della pazzia. Il funesto morbo della paralisi dimostrò mai sempre l'incurabilità della follìa , e più comunemente assai manifestasi esso nell' uomo che nella donna. Da una triennale statistica di Charenton risulta che di 624 alienati, 209 guarirono, 195 ristituironsi alle loro famiglie, e 221 furon morti. Ora fra i medesimi con- tavansi 109 paralitici, 19 epilettici , e 4 idioti: tolto il qual numero fisicamente incurabile , tornano molta lode air Esquirol le ottenute guarigioni. Imperocché non era esso responsabile che di 487 , i quali po- tevano essere suscettivi di guarire. Ma poiché videsi la paralisi più comune nell' uomo , ne discende che maggiore è la sua mortalità. Difatti dallo stesso pro- spetto rilevasi, che i 109 paralitici erano 95 uomini. Confrontata quindi la mortalità degli uomini con quella delle donne sta come 15 a 6. Se i medici di ogni contrada portarono attenti i clinici sguardi sopra la complicazione paralitica. 12 Scienze di gran lunga maggiori furono quei dell' Esqnirol r nulla però sen trasse , e nulla mai otterrassi per una radicale terapia. Osservossi bensì che i climi meri- dionali delia stessa Francia offrono meno esempii di paralisi , e confermossi ne' prospetti raccolti fra' gì* indigenti alienati di Bicetre e della Salpetriere com- parati con quelli di Charenton , essere soggetti alla medesima le persone agiate piiì delle povere. Notossi ancora la sintomatologia colla quale chiudesl la scena dei pazzi paralitici ; e formasi essa da' generali convel- menti nervosi , da vomiti derivanti da cerebrali con- gestioni , da generale gangrena : onde più costante riscontrasi colla necroscopia una cronica flogosi delle meningi , che vedesi accrescere ia ragione dell' ia- tellettuale indebolimento. Non potrebbe per altro sta- tuirsi un canone fisso di anatomia patologica sulla località della follia nell'encefalo, siccome taluni osa- rono audacemente stabilire. Imperocché lalfiata ia-^ tensi sintomi di delirio, e continuati ancora per lun- ga pezza mostrarono lievissime organiche lesioni nel cerebro » talaltra gravi queste vi sì riscontrarono , seb- bene leggiera ne fosse stata la morbosa sìndrome. Un opuscolo interessante di sopra notato ed ali* Esquirol intitolato sulla frequenza dei polsi dei mentecat- ti, della quale diremo, pubblicato durante la nostra di-^ mora a Parigi dai chiarissimi Zewref , e Mitivié aXWevi già distinti , e nipote il secondo dell' Esquirol , rac- chiude in fine moltiplici esperimenti sul peso spe- cifico del cervello. Meckel aveva sentenziato che per la maggior secchezza , e leggerezza dell' encefalo , e di quella de' suoi vasi negli alienati , diveniva im- possibile la circolazione del fluido nerveo , d'onde egli ripetendone la follìa , vi stabiliva quindi la sua sede. Ma ripetuti e moltiplicati esperimenti dell' Esquirol , le reiterate ricerche fatte a Bicetre dal chiar. Pariset Viaggio medico • 13 mn accordaronsi sempre coi pensamenti di Meckel , e rimase la cosa in dubbio, finché i lodali allievi hanno con un travaglio scrupolosissimo dileguato il senliraento del dotto alemanno. Imperciocché con esat- tissima e paziente accuratezza pesarono cervelli interi di ogni sorta di mentecatti in bilance idrostatiche appositamente construite , e fatti poscia i confronti co' cervelli di uomini non alienati, ne discese 1.* che Meckel ingannossi sul minor peso specifico del cer- vello dei pazzi in paragone di quello delle genti ra- gionevoli, svariati costantemente essendone i risultati: 2° che nulla quindi può precisarsi, ove consista l'alterazio- ne dell' encefalo , che accompagna, o produce la follia. Con non minor pazienza , e prolungate indagini han- no questi autori molto conseguito intorno la fre- quenza de' polsi degli alienati relativa alle stagio- ni , alla temperatura atmosferica , alle fasi della luna , all' età etc. Maggiore prestossi il campo del- le loro osservazioni sulle donne. In due stagioni di- verse furon quelle con somma esattezza istituite , e continuate per 28 giorni. Che se nelle medesime vì- dersi giudiziosamente escluse le donne che soffrivano un' innormale fisica salute , caddero però gli esperi- menti in donne alienate per differenti specie di fol- lìa , e non suscettive da questo canto di alcuna tera- pia , sebbene sane fossero fisicamente. Nel dì 28 ago- sto 1831 fu incominciata la sfigraica esplorazione in 89 donne costantemente praticata dalle ore 5 alle 7 del mattino. Il numero medio delle pulsazioni variò da un giorno all' altro , ma i termometrici eccessi accreb- bero generalmente la frequenza de' polsi. Molti me- dici fra i quali Galeno , attribuirono grand' azione alla luna per la frequenza de' polsi negli alienati , cadde in seguito molto qnest' opinione in onta che ^ai mentecatti si desse sovente il nome di lunatici. 14 Scienze Rinvigorirono la galenica sentenza le osservazioni del chiar. Daquin fatte all' ospedale di Chambery nel pe- nultimo lustro del passato secolo , dalle quali rilevasi essere i mentecatti agitati durante la luna nuova , e nell' ultimo quarto. Ma dappresso moltiplicatissirae in- dagini dell' Esquirol cadde iuteramente l'opinione del medico savojardo ; e tutto al più osservossi che per la luce che l'astro lunare riflette , eccitasi talora la fantasìa dei pazzi , vedendosi essi più vigilanti « e tal fiata illusi nei loro sensi, I lodati Lenret e Mitivié nel convenire quanto debbano contribuire all' accele- ramento , o rallentamento dei polsi il peso dell' aria « il suo igrometrico stato , e l'elettriccita sua , pure mancando sin qui la scienza di appositi istrumenti , nulla hanno potuto per questo lato stabilire. Gran- di sono però le variazioni sulla frequenza dei polsi relativamente all' età. Alcun' età media ha dato so- pra 100 battute in un minuto, ed alcun' altra sino a 120: il numero maggiore è al di sotto di questa cifra , la più bassa è di 52 pulsazioni. Fu sempre universale sentenza che il polso dei giovani fosse più frequente di quello de' vecchj ; dimostrasi tuttavia , che il polso dei giovani e più lento di quello de' vecchj : il che risulta dalle seguenti esperienze isti- tuite contemporaneamente in tre diversi stabilimenti* Alla scuola veterinaria à'Alfort sopra 110 giovini al- lievi sani e vigorosi , a Bicetre sopra 4-1 vecchj fol- li bensì , ma godenti fisica sanità , finalmente nelle donne alienate in discorso. Il medio risultamento os- servato ad Alfort fu di 65 pulsazioni , sui vecchj di Bicetre di 74 , nelle donne infine di 77. Con- chiudesi perciò quanta sia l' importanza di un tal fat- to per la diagnosi e trattamento delle malattie , e a quante funeste conseguenze conduca talvolta l'errore in siffatta ricerca. Imperocché l'inganno in cui fu si- Viaggio medico 15 nora vissuto , nacque dall' essere stato generalmente osservato il polso degl' infermi nei quali senza dub- bio esso e più frequente nei malati giovani , locchè debbesi manifestamente allo stalo morboso. Ma per tor- nare al proposito , vedesi il polso dei pazzi variare a seconda della diversa specie di pazzia. Difatto nelle alienate in osservazione contaronsi 100 e piiì battute in 3 maniache , in 2 allucinate , in una demente con allucinazione, ed in un* erotoraaniaca: furono 90-99 pulsazioni in 6 dementi , in 2 raonomaniache con allucinamento , e in 2 maniache. Si ebbero 80-89 battute in 22 dementi , in 7 monomanìache con al- lucinazione , in 5 maniache , in 3 monomaniache , ed in una idiota : da 70-79 in 23 dementi ed in 6 ma- niache. Contaronsi 60-69 battute in 4 dementi. la una sola donna furono 52 battute , ed era afifetta di manìa. Osservossi ancora influire alla frequenza del polso lo stato di forza , o di muscolare debolezza , ed infine la stessa mestruazione ; dappoiché le donne ma- gre e deboli , e quelle menstruate presentarono a cose pari maggior frequenza. Dal complesso delle quali osservazioni risulta 1.° che il polso esplorato nelle 89 donne alienate incu- rabili , ma in buon stato fisico di sanità dal di 28 agosto 1830 sino ai 24 settembre ha presentato la media di 82 pulsazioni : 2." la temperatura media at- mosferica durante le osservazioni fu di 15 gradi ed un 4.* 3.** un' assoluta maggiorità ha presentato mag- gior frequenza nel polso a seconda dell' aumento di temperatura : 4.° nessuna marcata influenza rilevasi nella frequenza del polso dalle fasi lunari : 5.° lo stesso può dirsi intorno il peso , e l'igrometrico stalo dell' at- mosfera : 6.** rispetto all' elettricità atmosferica per la mancanza d'istroraento non puossi assicurare , se quel- la influisca a modificare la frequenza del polso : 7.** 16 Scienze la maggiore intensità nella frequenza del polso oC' servasi nelle giovinette : 8 ." frequentissimi sonosi ri- scontrati i polsi nelle donne avanzate : 9.** il polso de' vecclij € più frequente di quello dei giovani : 1 0° le allucinate hanno mostrato il polso più frequente delle maniache, queste più di quello delle monomaniache; minore fu la frequenza nelle donne dementi: Il.°il dimagramento , e la debolezza sembrano contribuire alla maggior frequenza del polso: la menstruazione an- cora somrniaistra lo stesso risultamento. Per non di- lungarci diremo ora il riepilogo delle osservazioni fatte in inverno in 80 alienate dalle 6 alle 7 della mat- tina. Minore dapprima vedesi la media pulsazione , mentre fu di 78 e d'una frazione, il che debbe ri- petersi dalla temperatura invernale che produce co- stantemente la detta diminuzione. Nella medesima sta- gione si è del pari veduto nulla influire alla frequen- za del polso la luna, il peso dell'aria, ed il suo stato igrometrico. Quanto si disse dell' estate , tanto può argomentarsi dell' inverno relativamente all'elet- tricità. Grandissime sono state le differenze delle nu- merate pulsazioni in un minuto, mentre hanno in globo presentata una variazione dalle 49 a 4 50 e più bat- tute : talora la differenza da un giorno all' altro è stata per lo meno di cinque o sei pulsazioni. In al- cune malate il polso è sembrato avere un tipo quar- tanario : una sola lo ha dato con deciso tipo di ter- zana : la maggior frequenza del polso indicava il mi- glior stato di salute. Relativamente alla frequenza nelle diverse specie di follìa , ha il polso corrisposto alle osservazioni estive. Lo stesso finalmente si è osser- vato nelle donne deboli e menstruate . L'importante travaglio di questi due medici parigini vien chiuso da un bellissimo rame , dove veggonsi ordinatamente impresse le loro osservazioni. Viaggio medico 17 Ma Io scopo priacipale cui mirar debbono le mediche indagini si è quello della opportuna tera- pia ; e laddove questa non può compiersi alleviare il meglio che si può la sciagura così desolante , come si è quella della follia. Si raggiugne questa seconda parte con appositi stabilimenti , e colle previdenze per noi superiormente riferite. Arrivasi felicemente a curare gli alienati suscettivi di guarigione assai più co' mezzi morali che colle farmaceutiche prescrizioni. Il chiar. Esquirol ci mostrò apertamente che pei men- tecatti l'isolamento diviene il piìi energico ed ordi- nariamente il più vantaggioso modo onde combat- tere il loro morbo ; in che aggiugneva essersi am- piamente confermato quanto ci lasciarono scritto uo- mini sommi che reputarono l'isolamento la base di ogni trattamento razionale nelle mentali aberrazioni. Intorno il quale importante argomento rendeva di pub- blico diritto dopo la nostra partenza di Parigi l'uti- lissimo lavoro suo , di cui brevissimamente diremo (1). Coir isolamento degl' oggetti familiari all' alienato mirasi a modificare la difettosa direzione dell' intel- ligenza , e delle sue affezioni : imperocché studiato at- tentamente ogni atto de' mentecatti , risulta che essi non sono del tutto sragionevoli , come crede il vol- go. Di fatto non pochi individui avendo ricuperata la ragione dopo l'abbandono del loro domicilio , tor- narono a perderla , dacché vi rientrarono. Infausti esempli raccolti alla Salpetriere e a Charenton con- fermarono, che quegli sventurati nel ritorno fra le domestiche pareti mostrarono inquietezze ; vidersi pen- sosi con opposte preocupazioni , e svariati sentimenti. (i) Tom. 9 cit. des annales d'Hygienc publique pag. i3i ! i833. G.A.T.LIX.. 2 18 Scienze Perlochè scoraggiandosi , ed esaltandosi poi le loro fantasie , riaffacciossi il delirio ; e sovente videsi la sua cagione esistere nella propria abitazione. Le dif- ferenti sciagure di famiglia , la gelosia , la presenza di taluna persona risvegliano , e tal fiata raddoppia- no passioni non spente, e nel riprodurre esse la per- dita della ragione , divengono ostacoli invincibili al suo ristabilimento. Rafferma sempre l'aut. cotesti ra- gionamenti con numerosi fatti. D'altronde lo stesso cor- doglio de' congiunti , le lagrime di una madre , di una moglie , di un padre , di un figlio accrescono di molto il dolore morale del lipemaniaco. Dalle quali cose chiaramente risulta la necessita dell' isolamento senz' escludere la convalescenza eziandio , in cui assai proficuo riesce il viagg^iare , d'onde l'Esquirol dimo- stra i vantaggiosissimi risultamenti. Dacché l'alienato è tolto all' influenza delle cose abituali e delle per- sone colle quali conviveva , prova egli nei primi istanti dell'isolamento una scossa subitanea che arresta nel primo momento la sua follia , e libera l'intelligenza sua alla direzione che stanno per dargli le impres- sioni novelle. Le nuove idee che suscitansi in tali circostanze ai mentecatti , rompono per così dire la concatenazione delle false idee che imprimevano il ca- rattere alla loro pazzia. Quindi la novità delle im- pressioni attrae , fissa , e scuote l'attenzione de' me- desimi , ricuperando talvolta sollecitamente la poten- za dell'intendimento normale, o tal altra l'influenza delle false direzioni si osserva piìi o meno sospesa. Non conoscendo eglino le persone colle quali a pri- ma giunta si ritrovano, ne sapendo che pensare, ne che sperare , ne cosa temere da questi incogniti , co* quali loro dicesi dover sempre convivere , spesso pro- curano gli alienati di studiarne il carattere , onde mettersi in relazione coi nuovi ospiti. Cosi il primo Viaggio medico 19 salutare effetto dell' isolamento tende di sovente a ren- dere il pazzo più tranquillo ed alcune volte più ra- gionevole, persistendo questo risultato altrettanto tem- po quanto persistono le novelle impressioni. Perciò i primi momenti dell' isolamento sono assai preziosi pel medico che sa profittarne ; ed è precisamente al- lora che incomincia la guarigione di alcuni di que- sti sventurati. Numerosi esempii di guarigione , ci di- ceva il lodato autore , avere ottenuti nei primi dì dell' isolamento. Recentissimamente un maniaco da 3 anni , ricuperava perfettamente la ragione in pochi giorni nel suo stabilimento dei Trenta. Accade tut- tavia ancora che gli alienati nell' isolamento provino il bisogno di rivedere gli oggetti diventati cari dopo la privazione. L'assenza delle persone divenute indif- ferenti , o odiose per la malattia , risveglia jtalfiata gli antichi affetti indeboliti , spenti , o pervertiti , sostituendosi novi desiderii alle privazioni , e alle av- versioni derivate dal delirio. Insorge talora nell' iso- lamento la noja , e diviene una passione attiva , la quale reagisce sui pensieri , e gli affetti dei pazzi. Che se ella non è troppo prolungata , ne di sover- chio profonda , risveglia in loro il desiderio di cam- biare una situazione che dispiace , suscitando una nuo- ve e salutevole azione alle facoltà dell' intelletto , e del cuore. Fu inoltre osservato che i mentecatti se ge- neralmente, mostransi indocili co'congiunti, e cogli ami- ci , fannosi regolare da un estraneo. Lo che accade tal- volta pel timore , che videsi in alcuni casi passare in terrore , derivandone in qualche circostanza sol- leciti e salutari rìsultaraenti. Dalle cose fin qui nar- rate , ne discende apertamente , che i pazzi debbo- no esser tolti ai congiunti , ai conoscenti ed ami- ci : 1.° per la sicurezza loro , della famiglia , e dell' ordine pubblico , 2." per sottrarli all' azione dell' cster- 2* 20 Scienze ne potenze che gli cagionarono la foUia , e che pos- sono trattenerla^ 3.° per superare la loro resistenza con appositi mezzi curativi , onde pervertire le false lo- ro direzioni : 4.** per sottometterli ad un convenevole dietetico regime; 5.** per fargli finalmente prendere abi- tudini intellettuali e morali conformi alla ragione. Obbjettossi per verità da taluni , che essendo nei pazzi rovesciata ogni ragione , fora inutile il lodato isolamento , ma un totale rovesciamento fu molte vol- te provato erroneo e interamente falso. Che seppure alcun allenato niuna utilità risentisse per l'isolamen- to , nulla del pari ritrarrebbe dal convivere co' suoi parenti. Un' inconcussa e prolungata esperienza dimo- strò ancora non esser punto una barbarie , siccome alcuni avanzarono in iscritto , quella di privare un mentecatto delle tenere cure della sua famiglia. Ne vuoisi in qualche rarissima circostanza negare il nuo- cere dell' isolamento : il che pertiene al medico lo giudicarne. Per esempio sarebbe un passo imprudente isolare un infermo per delirio febbrile : precisa im- prudenza sarebbe d'altronde non isolarlo in un con- tinuato accesso di follìa. Che se alcun caso si desse in cui l'alienato conservasse tale intelligenza per la quale esternasse amore grandissimo pe' suoi , ciò sa- rebbe un' eccezione del canone generale ; ne dovreb- be ricorrersi a torre l'infermo da suoi affettuosi con- giunti ; restituirlo anzi , qualora ne fosse stato se- parato. L'allontanamento dai medesimi diviene indi- spensabile nel furore : vanno quindi segregati i mania- ci, ed i lipemaniaci. Che se coloro i quali sono at- taccati dalla demenza potessero convivere in fami- glia , noi accennammo divenir essi talora causa di aberramento nei giovini che erano sani. Qualunque in fine siasi il carattere della perduta ragione , un pazzo che per uà dato tempo fu ritenuto in propria VlAGGIt^ MEDICO 21 casa senza salutevole effetto, vuoisi per suo vantag- gio procurargli l'isolamento , come il più potente ed efficace rimedio. Ne per raggiungere il salutare ob- bjetto , puossi fissare, come ognun vede , un termi- ne ; poiché videsi numerose volte che individui re- putati sanati di mente , per tornare in seno de' suoi , ricaddero prestamente alienati. Non pochi ancora sono gli esempii , che per cosiffatte precipitazioni rima- sero incurabili mentecatti , che davano sicuri indizi di guarigione. Debbe inoltre passare un dato tempo perchè il convalescente alienato conservi un metodo a lui convenevole , onde consolidare il sistema de' nervi ; mentre sinistri casi avvennero per disordini commessi nel regime, per impressioni odiose etc. Bea si conosce , dice l'Esquirol , ne voi l'ignorate, o dotti Lincèi , la potenza dell' associazione cogli oggetti ester- ni per vedere , e per spiegarne i pericoli che cor- rono i pazzi prendendo presto le antiche abitudini- Chiunque sappia leggere nel cuore umano , ripeterò coir aut. , e che ne conosca la debolezza e la su- scettività sua , comprende benissimo , perchè le pri- me visite che ricevono gli alienati in convalescenza , sieno esse dei parenti, e degli amici , producon sem- pre sopra loro commozione vivisima , sovente peno- sa , e talvolta funesta. Che se finalmente designarsi volessero quali fossero i migliori isolamenti , il me- dico di Charenton , siccome abbiam sopra accenna- to non esclude , specialmente in convalescenza , gli stessi viaggi con estranei in estranei paesi , ma ri- levò sempre che durante la malattia il più utile iso- lamento esser quello in luoghi destinati a ricevere gli sventurati di un cotante morbo. Troppo a lun- go sarebbe , miei valorosi colleghi , se in altri det- tagli volessi continuare il mio discorso : ne il tem- po che mi è conceduto mi permette narrarvi su quan- 22 Scienze to valentemente l'Esquirol s'intertiene per ristltuire ai legali diritti i mentecatti , dimostrando che essi sanno sì bene dissimulare da ingannare talfiata medici sper- assi mi. Dallo stabilimento dei Trenta per cortesia del nipote dell* Esquirol il sullodato Mitiviè medico re- sidente nel medesimo , andossi alla scuola veterina- ria àìAlfort distante circa una lega , e che di pre- sente per le accennate turbolenze di giugno era chiu- sa per supremo comandamento. Poco quindi ra'inter- terrò sulla sua magnificenza , mentre dovrei aggirar- ci sopra quanto fu già fatto reiteratamente di pub- blica ragione. Vuoisi bensì dirvi l'alta maraviglia che arrecommi la grandezza sua , la nettezza somma delle ventilate camere destinate per gli allievi , il cui nu- mero oltrepassa talora il 1 20 , essendo eglino a ca- rico delio stato , o dei reggimenti che colà v'invia- no gli allievi per istruirsi. Se non che i medesimi allievi per scioperaggine loro non ritraendo il dovuto profitto , a spese delle loro famiglie debbe andarei- il loro mantenimento. Somma cola vi si rileva ancora la nettezza nelle segregate parti destinate alla cli- nica delle diverse specie di animali. Sopraramodo sor-i^ prendente vi è il gabinetto di anatomia comparati- va , e di patologica anatomia veterinaria. E' indici- bile il ridirvi le gentilezze del chiar . /par^ diret- tore di questa scuola che vi risiedeva tuttora , e professore ivi di economia agraria . Rischiaravaci es- so tutte le incalzanti nostre dimando sopra i più intricati pezzi patologici. Surse la medesima scuola nel 1765 , e benché posteriore a quella di Lione di 3 anni, la superò di molto; modello anzi di- venne degli altri stabilimenti di Europa , senza esclu- dervi quello che per le cure di un sincero mecenate delle scienze Leone XII , era stato in questa doT Viaggio medico 23 minante slabilllo. Notissime sono le preziose scoperte ili ogni ramo pertenente alle naturali scienze che ri- sguardano gli uomini, e gli animali bruti fatte nella scuola d'Alfort. Basta solo rammentarsi gì* immensi ed utilissimi travagli di Ficq cC Azir , e di PaU' lei per essere alla medesima riconoscenti. L'ora tar- da obbligò di lasciare Alfort , ma io ne partii col vivo desiderio di tornarvi , mentre avevo mollo in- teresse di fare alcune ricerche all' egregio e valente suo direttore. Perciò nel dare fine alla narrazione mia, mi gode Tanimo annunciarvi , o Lincèi , non essere sempre vero che gli stranieri sieno ingiusti verso di noi tar- pando la gloria nostra » e con plagio manifesto spac- ciando per loro ciò che fu italiano travaglio ; o so- stenendo in fine tenacemente pertenere a loro concit- tadini quanto non infrequentemente fu parto dell' ita- liano ingegno- Ora nei pochi dì rimasi per dimorare a Parigi , aveva io destinato nel dì \ agosto ripor- tarmi ad Alfort , ma nella gran rivista del dì 30 lu- glio , sulla piazza Vendomme mi sento chiamare da un soldato della guardia nazionale , che io non co- nobbi se non quando manifestossi pel direttore del- la scuola d' Alfort» Esclamai tosto , come il diret- tore di un tanto stabilimento indossasse l'uniforme di semplice soldato. Un uffiziale presente al nostro di- scorso , rispose subito , che avrebbe il signor Jvart la divisa di colonnello di detta guardia , ma esso riprendeva, dover spendere il suo tempo in piiì gravi occupazioni , aggiugnendo che di rado era obbligato indossare l'abito soldatesco ; locchè era solo riserbato nelle grandi solennità, e nei sommi pericoli della pa- tria. Gli palesai quindi che mi era proposto di ri- tornare ad Alfort per risapere da lui alcune notizie che m'interessavano. Lo pregai dunque se erangli noti 24- Scienze i miei lavori sulla Idrofobia , e se mai per caso fos- sero stati confermati o dubitati nel suo stabilimento. , Notissimi risposerai sono i vostri utili travagli sulla Idrofobia. Ne alcun caso anomalo può spegnere i fatti prima da voi sperimentati , e generalmente poscia con- validati. Avendogli io rendute distinte grazie, e pre- gandolo che si reiterassero le osservazióni suU' obbjetto ad Alfort , siccome ne aveva ancora intorno quest' impor- tante argomento vivamente pregato il chiarissimo ed instancabile Magendie, soggiungevagli esser bramosissi- mo ancora di conoscere , se i sublimi, sebben assai in- tricati, esperimenti fatti suU' encefalo e sulla spinale mi- dolla in diverse specie d'animali dal chiar. Flourens, e di cui fecesi gran plauso in tutt' Europa, fossero stati ripe- tuti alla suddetta scuola (i). Imperocché dal momento , in cui pubblicavansi nel prossimo- passato anno le due in- teressantissime epistole dello Scarpa sul centro gan- gliare, avendone io a cuore di profittarne (siccome ne ho profittato ) per rischiarare non pochi oscuri fenomeni del dominante cholerico contagio , mi trovava tal fiata imbarazzato , o almeno mi conveniva più di propo- sito studiare il lavoro del naturalista parigino. Sem- bravami esso talora discordare con quello del gran- de anatomico di Pavia ; perilchè aveva io ancora pre- so accordo col lodato signor Flourens per un ab- boccamento nella prossima seduta all'Accademia Reale (i) Nella pochezza de'giudizj miei , dalle seguenti parole vedesi quanto io estimai il lavoro dell' accademico parigino „ Se portentosi sono i travagli dell' immortale Scarpa sopra ,, i nervi , sorprendenti non meno ed importanti sono gli „ sperimenti del chiar. Flourens ... Né i dotti , a mio av- 5, viso , s'ingannano , se gravissime, inaspettate, ed utili con- „ seguenze risulteranno per la medica scienza dai moltipHci, „ reiterati , e pazienti lavori di quest' illustre francese intorno „ il sistema nervoso. Opuscoli scelti scienlifici di Agostino Cappello. Roma i83o pag. yy-So nof». Viaggio medico 25 delle scienze (2). Il eh. Ivart risposemi precisamente nei seguenti modi. Mio caro signor Cappello, se alle cose pubblicale con grandissimo apparato dal signor Flou- rens , togliete quello che ha rubbato a diversi ana- tomici , e specialmente ai vostri italiani Rolando , Scarpa , Bellingeri etc. , non rimane per esso che un vero giuoco di marionettes (burrattini) . Io rimasi stu- pefatto per una cosiffatta risposta , tultavolla ne lo ringraziai vivamente. Indi , benché assai accorto ed onesto avessi io saputo essere il direttore d'Alfort , benché il vedessi di pacatissimo animo , e di una dolce ed eccellente fisionomia , pure m'indirizzai per robbjetto ad illuminati medici che mi confermarono quanto avevami il direttore di Alfort asserito. Il qual fatto quanto onora in questo caso l'ingenuità, fran- cese , altrettanto , o Lincèi, torna a gloria dell'Ita- lia nostra. (i) Quivi non ci fu dato tempo di ragionare , ma il cb. aut. datomi gentilmente appuntamento in casa sua in un de- terminato di, non potendo io rendermìvi perchè dimenticato erami di altro accordo nello stesso giorno preso per Versailles ^ feci con una mia lettera, scritta, il meglio per me possibile nel francese idioma, le mie scuse, pregando il signor Flourens , per- chè si compiacesse di rispondermi e rischiararmi su quanto io lo interrogava intorno il suddetto argomento; additandogli ezian- dio, che io que' dipartiva la commissione romana di Parigi. 26 De principi secondo i quali stabilire e dirigere pie case di lavoro e di ricovero per f estinzione della mendicità nello stato pontificio. iD. 'appoichè la morale evangelica tornò Tuomo alla sua dignità , e rendette sacra la sciagura si videro fra i cristiani nascere , e crescere a grande prospe- rità istituti di ogni maniera a conforto degl' infelici. Roma , cir era stata destinata dalla provvidenza a reg- gere il mondo cristiano , diede i primi esempi di Carità : e quando ancor tutta l'Europa era nelle te- nebre e nella barbarie , il pontefice Innocenzo IH apriva in s. Spirito un asilo a'poveri infermi , ed un pio ricetto a que' miseri bambini , che o frutto di illeciti congiungimenti , o figli di snaturati genitori eran posti in abbandono , ed anche uccisi barbara- mente. Con siffatti istituti partivasi da Roma la luce della civiltà, ed illuminava que' secoli tenebrosi ; poi- ché la civiltà è figlia della religione. Ma poiché tutte le istituzioni esprimono un sociale bisogno del tem- po in che nascono , e procedono a gradi ; avvenne che innanzi tutto si ponesse mente a sollevar quegl' infelici , il cui infortunio è tale da essere a tutti manifesto e sensibile : siccome e l'infermo, il projet- to , l'orfano , il vecchio. Quindi si venne a curare il male più occulto , ma gravissimo dell' ignoranza , fonte di vizio e miseria , e si diede opera all' istru- zione del povero , con che si coltiva l'intelligenza , si ammorzano le passioni , e si rafforza il carattere morale . Questi stabilimenti fondati e sostenuti dalla munificenza de' pontefici principalmente , non che dalla Pie case di lavoro ec. 27 generosità di uomini privati, aveano per iscopo il -sol- lievo dell' indigenza , e Testinzione delia mendicita- Imperocchè sembrava disdicevole che poverelli di ogni età e d' ogni sesso andassero oziosamente vagando per le strade e per le piazze , chiedendo a chi pas- sasse limosina. Il primo pontefice, che pensasse to- gliere questo sconcio, fu Sisto V, il quale nell' aprire l'ospizio degl' invalidi divisava che si verificasse in Roma quel prescritto mosaico: Omnino indigens , et mendicens non erit inter vos. Questo era medesima- mente il voto d'Innocenzo XII nell' amplificare il grand' istituto di s. Michele , e ne' tempi a noi piiì vicini questo era il desiderio de' pontefici Pio VII e Leo- ne XII nel dar nuove regole all' istituto di carità , e nello stabilire la commissione de' sussidj , e la pia casa d'industria. Ma l'accattar limosina pubblicamente è vizio fortemente radicato , ed ha alimento per una parte dall' amor dell' ozio nel povero , per l'altra dalla commiserazione del ricco , onde il savio in- tendimento di que' pontefici non è stato raggiunto. Ciononostante l'utilità pubblica dell' impresa è ta- le , che merita ogni sforzo de' governi illuminati , e degli uomini veramente caritatevoli ed intelligenti. IL Al povero valido non si dee dar limosina , ma travaglio. Ogni uomo che ha libero l'uso de' sen- si , e può colla fatica procacciarsi sostentamento , dee farlo : altrimenti egli trasgredisce un sacro dovere della natura, che ci vuole operosi , ed è nemico della società , cui potendo essere utile , diviene piuttosto nocevole. Quegli, che ha integre le sue forze , deve travagliare per conservarle : l'ozio afiìevolisce i mu- scoli , corrompe la sanità , e rende 1' uomo stupido ed inetto. Il travaglio provvede alla dignità dell' uo- mo , Io preserva dall' avvilimento , e lo avvézza a sostenersi co' proprj sforzi. I piìi industriosi sogliono 28 Scienze essere i più morali: laddove l'ozio- ed il vizio sono sempre compagni. Quindi importa all' ordine pubblico il dar travaglio , piuttostochè limosina ai poveri va- lidi, poiché gli oziosi vagabondi facilmente trascor- rono a turbar la pubblica tranquillità co' delitti. Ol- tre a ciò ponendosi nella massa degli utili riprodutto- ri questi consumatori parasiti , si accresce la so- ciale ricchezza. Mentrechè il bisogno fa soggettare i più indocili ekxuenti , e li rende forze motrici e riproduttive , ed i meccanici si affaticano ad inven- tar nuove macchine per accrescere le cose godevo- li , e diffondere vieppiù l'agiatezza in tutte le clas- si : uno stato che conosce i suoi veri interessi non potrà soffrire che vaghino nelle strade e nelle piazze inoperosi degli uomini , che potrebbero essere util- mente impiegati. Usano costoro per estorcere una li- mosina , e toglierla ad un povero , ancor le arti più inique : han pronte stampelle , e cataplasmi a mo- strare ; fanciulli e bambini da far piangere per muo- vere l'altrui commiserazione. Intanto cotesti fanciul- li , che mandano attorno ad importunarti , crescono così senza alcun' educazione , perdono fin da più te- neri anni quella salutare verecondia che ha un uomo nello stender la mano ad un altro , si avvezzano ai molli piaceri dell' ozio , e conducono poi la vita in^ trecciata di delitti e di pene. Ed il vero povero , eh' è un padre di famiglia vergognoso ^ un infermo , un vecchio cadente , un fanciullo derelitto , una ve- dova abbandonata e pudica , staranno nello squallo- lore , ed in vano aspetteranno quella limosina che ru- ba e divora il vagabondo. HI. Non può dunque dubitarsi che l'accattonag- gio e più vantaggioso al falso , che al vero po- vero : che l'utile del povero medesimo persuade a dar- gli lavoro , piutlostocliè limosina : che ciò impone PlB CASK DI LAVORO EC. 29 la ragion morale , civile , ed economica d'uno stato. Ne si dee ritenere per cosa ardua riuscire a dar la- voro a tutti i poveri validi ne' dominj pontificj. Av- venturosamente la nostra ricchezza è basata piiì suir agricoltura, che sull' industria: noi non abbiamo quelle vaste officine d'industriosi, che sono in Inghilterra, in Francia , e nelle altre nazioni manifatlrici. Le fa- tiche dell' agiicoltura non soggiacciono a tante lut- tuose vicende , siccome l'industria. Il grano , il vi- no , l'olio , e gh altri prodotti della terra sono dì necessario e certo consumo ; laddove una moda che cangi , un dazio che impongasi , una macchina che s'inventi , gitta nella miseria pili migliaja di operaj in un sol punto. L'agricoltura , come quella eh' e piii naturale all' uomo , non genera tante infermità « quante l'insalubrità di un* officina , ne è soggetta a quelle interruzioni di lavoro , che sono gran cagione di pauperismo. La popolazione di alcune nostre Pro- vincie piuttosto scarsa , lascia ancora uno spazio alle generazioni future di adoperarsi in que' lavori eh' or sono fatti dagli stranieri. La facilita dunque di ovviare alla mancanza del lavoro dee far di modo , che non vi sia uomo capace di lavoro sul suolo pon- tificio , che non lavori. IV. Non può però convenire a tutti il mede- simo genere di opere. V ha alcune arti , che ten- gono l'uomo in continua attività , che lo induriscono alle intemperie delle stagioni, che richieggono gran- de sforzo del suo vigor fisico. Altre per contrario lo tengono fisso in un lavorio , lo inchiodano ad un te- lajo , o sopra una panca . Vi sono alquante pro- fessioni , che alimentate dal lusso han piuttosto forti salarj , ed assuefanno l'artista ad un genere di vita sufficientemente agiata. Finalmente le donne per la qualità de' loro travagli , e per essere per lo più ma- 30 Scienze dri di famìglia , formano una classe particolare , che vuoisi prendere in particolar considerazione. Nel dar Javoro conviene allontanar V operajo il men eh' è possibile dalle antiche abitudini : con ciò si serberà in lui la naturale energia , e gli si lasciera sempre aperta la via ad allogarsi con qualche privato intra- prenditore. Gli opera] della prima classe, avvezzi a gran fatiche a cielo scoperto, potranno essere utilmente usati ne' pubblici lavori di strade , ponti, scavamenti, porti , ed altre siffatte cose. Simili opere accrescono i capitali dello stato , aumentando i mezzi di comu- nicazione , che sono le vene del corpo sociale , in- civiliscono la nazione , incoraggiscono l'industria , ed agiscono direttamente sulla cagione del male. A que- sti lavori di pubblica ed immediata utilità saranno addetti anche quegli accattoni , che hanno la neces- saria robustezza , e non sono usi ad alcun' arte , e que' domestici , i quali sien parimente abbastanza forti. Ciascuna provincia conoscerà in ciò i suoi bisogni , e proporrà di eseguire quello, che meglio conduce al suo perfezionamento. La manutenzione delle vie, la formazione di nuove , lo scolamento delle acque , . il nettamento della citta , che sono tutti oggetti im- portantissimi di pubblica salute, potranno occupar buona parte della gente sfaccendata. Gli uomini illnminati che compongono i consigli provinciali suggeriranno quel- lo che vi sarà di maggior bene a fare , intendendo sempre all' utile della provincia , non al privato di pochi comuni. V. Gli operaj della seconda classe, avvezzi a la- vori sedentarj, non potrebbero esser posti a'pubblici travagli senza scapito della loro salute , e della loro attitudine a quella specie di opere. Convien dar lo- ro lavori di mano. Alcuni per togliersi dall' impac- cio di un pubblico istituto, dov' è sempre grande la PlK CASE DI LAVORO KC. 31 spesa delle fabbriche e deir amministrazione , diffi- cile la sorveglianza , vorrebbero che s'istituissero delle società di collocamento. Esse si caricherebbero di por- re gli operaj oziosi nelle private officine , e da- rebbero all' intraprenditore un premio per ciascuna te- sta. Cotesto premio , ed il più tenue salazio che avreb- be il lavoratore, renderebbero indenne l'intraprendi- tore di quello scapito che potrebbe cagionargli la so- vrabbondanza della fabbricazione. In cotal modo cia- scuno sarebbe posto nella sua professione , non per- derebbe l'abitudine di quel travaglio cui è accostu- mato fin da' piti teneri anni , e produrrebbe al certo di pili , sostituita la privata vigilanza all' indolenza di un ministro. In cotal modo, perchè la somma de* premi sarebbe al certo di lunga mano inferiore all' ingente spesa d'uno stabilimento d'industria , la pro- vincia sarebbe costretta a minori sacrifici. Non sap- piamo che un tal metodo d'impiegare i poveri sia stato ancora sperimentato in alcun' luogo : ed in questo genere di cose, per * sua natura complicatissimo , la pratica vai' tutte le teoriche. Contuttociò lo abbiam voluto notare, perchè nelle piccole città potrebbesi fa- cilmente tentare. Non dubitiamo però , che presen- terebbe anch' esso i suoi difetti. Imperocché i fab- bricanti prescelti a ciò dall' amministrazione otterreb- bero sugli emuli soverchi vantaggi col doppio favore del premio , e del minor salario : quindi l'industria soffrirebbe , e commetterebbesi per lo meno un' in- giustizia. Oltre a ciò potrebbero gì' intraprendenti col- ludere cogli operaj, licenziandoli, per riprenderli con un premio. Generalmente ogni volta che l'amministra- zione s'impaccia di speculazioni industriali dee temersi qualche sinistro. VI. Jl rimedio , che va più direttamente a cu- rare il male del valido vagabondaggio, sono le pub- 32 Scienze bliche case di lavoro , utilmente aperte a quest* ef- fetto ia più citta dell' Europa. Dov' esse sieno, non può il povero allegar la solita scusa di non trovare impiego alle sue braccia : il vagabondaggio diviene un ine cusabile delitto. Felice quel paese, dove non fosse d'uopo ricorrere allo straordinario rimedio di una pubblica casa di lavoro ! Due sono i più gravi diffetti , che si obbjettano a simili istituti : l'uno eco- nomico , l'altro morale : vi è però il modo , se non di tc^lierli affatto, alraen di sminuirli di molto. Le case d'industria sostenute dai grandi sussidj , che da loro la pubblica amministrazione , e pagando salarj più tenui, producono una dannosa concorrenza , e fanno che i privati non potendo lottar con esse , scorag- giti riducono il travaglio , e licenziano gli operaj» la tal modo il rimedio divien esso medesimo cagion del male. A ciò però può rispondersi , che la concor^ renza è per se stessa animatrice , non distruggitrice dell' industria : poiché abbassandosi i prezzi , aumen- tasi il consumo, e quindi sorge il bisogno di nuo- va , e di più abbondante produzione. Che se le case di lavoro si dedicassero esclusivamente a qualche spe- cie di manifatture che non fosse nella provincia , ove si stabiliscono opererebbero due beni , l'uno di non nuocere ad alcun privato industrioso , l'altro di aprir nel luogo una fonte di ricchezza che mancava. Il secondo obbjetto è morale, L' ordine e la disci- plina delle officine richiede, che l'operajo sia di mo-r do attaccato al suo posto , che tema di perderlo. Il dover rimaner senza pane , la difficoltà di trovar cosi su due piedi un collocamento , rende l'artiere doci- le e rispettoso , impegnato nel suo lavoro , deside- roso di perfezione. Quando egli avrà un luogo al qua- le ricorrere tosto che sia licenziato , non avrà più alcun freno , e facilnieulc si abbandonerà alla scio- Pie case di lavoro ec- 33 peraggine , ed al vizio- Non iiegheremo che tutto ciò possa avvenire , ove sia aperta a tutti una casa di lavoro : ma sosteniamo, che tal dannosa influenza pos- sa molto affievolirsi con sagge precauzioni . Il tra- vaglio che si dk a titolo di soccorso non dee offrire i medesimi vantaggi di quello che si procaccia da se medesimo l'operajo. La giornata che gli si dark nell' istituto sark alraen di un terzo minore a quella che avrebbe nelle private botteghe : il tempo del lavoro non mica più breve : severissima in tutto il rimanente la disciplina. lu questo modo si porrk un freno ai cat- tivi che trovano difficilmente a locarsi , e sono i pri- mi ad esser congedati , perchè i meno abili e fati- catori. Alla perseveranza poi degli operaj nelle pri- vate officine , eh' è sempre segno di abilità e buona morale, si potrà provvedere con qualche premio , co- me quelli che dansi in Inghilterra ai domestici , do- po un determinato tempo di servizio. L'esempio è bello ed utile , e meritava di essere ricordato. VII. Non però tutti i poveri inoperosi potranno accogliersi nella casa di lavoro. Quei che notammo eser- citare arti di lussc^, non verranno probabilmente all' istituto, ritenuti da una certa vergogna eh' è sentimento nobile , e degno di rispetto. D'altra parte al pio luo- go non converrebbe punto di tener simili lavori! , poi- ché nocerebbe ai privati, ed a se stesso: a quelli col- la concorrenza, a se col difficile smercio. La carità però non soffre, che cotesti uomini stimabili , bersaglio dell* infortunio , rimangano abbandonati , e non valgano a dare coli' uso delle proprie braccia un sostegno alle loro infelici famiglie. L'amministrazione della casa commet- terà ad essi , con tutto il riserbo, di compiere un' ope- ra determinata : tre o quattro volte all'anno porrà gli oggetti al pubblico incanto per ismerciarli , e cavar- ne il maggior prezzo possibile : che se con tutto ciò G.A.T.LIX. 3 1^4 Scienze rimanessero invenduti, una lotteria in (la d'anno ne assicurerà l'esito. Molte donne altresì non potranno con- dursi alla casa d'industria , dovendo badare ai figliuo- li , che altrimenti rimarrebbero soli esposti a mille pe- rìcoli. Alcuni istituti hanno apposite sale per ricevere i fanciulli durante il lavoro delle madri. Il pensiero e bello e caritatevole : ma noi , che miriamo sempre alla semplicità , saremmo piuttosto d'avviso di dare a lavorare alle madri nelle proprie case una quantità di materia, da potersi compiere per esempio in una set- timana. Dove fossero scuole infantili ben' ordinate, la difficolta sarebbe già vinta ; dove però ancor si desi- derassero , il modo che proponghiamo sembraci il mi- gliore. Abbisogna però di molta vigilanza degli am- ministratori perchè le materie grezze non sieno di- sperse o furate. Vili. Il luogo da destinarsi per le case di lavoro sarà al pii!i possibile presso il centro della città per diminuire il perditempo dell' andare e de/ venire : se il fabbricato appartenesse al comune, vi sarebbe il van- taggio di farne un uso molt' utile , e risparmierebbesi il fitto. Esso debb' esser diviso i^ due branche se- parate : l'una più piccola destinata alle donne , l'al- tra di maggiore estensione per gli uomini. I lavorìi , parte principale della fabbrica, saranno ben netti , sa- lubri , ventilati, perchè l'aria vi si serbi la piìi pura. Vi vorrà una sala per conservare le materie prime , un altra per le già lavorate , finalmente un fondaco per ispacciarle con porta sulla pubblica via . Una cappella , quando non si potesse usare di una pros- sima Chiesa , accoglierebbe gli operaj le domeniche per ascoltare la messa, un catechismo adatto alla loro intelligenza , ricevervi i sagramenti , ed eserci- tarvi altre pratiche di pietà. La casa renderà sull* avemmaria il povero al piacere della famiglia , e per- Pie case di lavoro ec. 35 ciò non avrà d uopo di dormeatorj. Potrebbe farsi an- cor a meno della cucina e dispensa , lasciando all' operajo un* ora libera pel pranzo , siccome praticasi nelle private botteghe. In tal modo , oltre la sempre utile semplicità dell' azienda, gli si darebbe tutto in- tero il guadagno , ed egli passerebbe il giocondo tem- po del desinare in mezao a' suoi figliuoli. Poiché noi stimiamo che in tutte le istituzioni abbiasi ad aver particolar riguardo alle influenze morali. I vincoli di famiglia debbonsi al più possibile rannodare , non di- sciogliere: le affezioni di padre , di sposo , di figlio son sempre nobili , elevano lo spirito , e serbano il costume. Che se la considerazione che l'andare e il venire due volte il giorno alla casa cagiona soverchio perder tempo , inducesse a dare sul mezzo dì qualche cibo , questo dovrebbe limitarsi ad una sostanziosa mi- nestra , e a qualche libbra di pane. IX. Quanto al tempo del lavoro si prenderà nor- ma da ciò che praticasi nelle officine meglio regolate della citta ; avvertendo che non sia mai piiì breve , perchè gli artigiani preferiscono quelle all' istituto. Il pretendere sedici ore di lavoro sarebbe inumanità. In Italia alcune case di lavoro apronsi alle otto del mattino , e chiudonsi alle quattro della sera nell' in- verno : nella state sono aperte dalle sette del matti- no fino alle sette della sera con due ore d'intervallo pel pranzo. Ogni lavoratore che si presenterà per essere ammesso darà al portiere il suo nome, cognome, pa- tria domicilio, condizione, e professione : il tutto sa- rà diligentemente registrato in apposito libro. Gli ver- rà quindi assegnato un luogo nel lavorio , ed affidati gli ordegni necessarj al suo travaglio , eh' egli con- serverà in un piccolo armadio corrispondente al suo posto , e , come questo , contrassegnato da un numero. Quand' egli vorrà lasciar l'istituto , ne darà l'avviso e 2^ 33 S e E E Nf Z E renderà gì' islromeati. E poioliè , stabilita la casa di lavoro, sarà affatto vietato l'accattare ; que' poveri va- lidi che saranno colti a far ciò sulle vie si tradur- ranno dalla pubblica forza alla casa medesima perchè vi travaglino ad ogni patto. Costoro saran posti in par- ticolari lavorii , avranno piìi tenue salario ed un trat- tamento pili duro ; perchè l'infingardo vagabondo non sia accomunato coli' onest' uomo , che vuole guada- gnarsi il pane co' suoi sudori. In tutti i lavori debbe osservarsi perpetuamente il silenzio : poiché quantun- que materiali sieno le opere , richieggono attenzione : cianciando si lavora poco , e male. Non è possibile determinare a qual genere d'industria si dedicherà il pio luogo. Abbiamo già notato che sarà util cosa se si occuperà di manifatture le quali non sono nella pro- vincia , con che le aggiungerà una nuova ricchezza e non cozzerà dannosamente co' privati intraprenditori. Aggiungeremo che sark bene se i nostri istituti da- ranno opera a cose piuttosto grossolane , e perchè gli operaj che vi occorrono sogliono essere poco abili ed attenti , perciò incapaci di lavori fini ; e perchè de' prodotti sia piiì pronto lo smercio. Gli altri sta- Inliraenti di pubblica beneficienza verranno a compe- rar le materie lavorate per loro uso e consumo dalla casa di lavoro , e daianno un novello sbocco a'suoi prodotti. Finalmente avvertiremo che se si lavoreran- no materie , che sono oggetto nella citta medesima di privata industria , per non danneggiarla converrà venderle ad un prezzo non inferiore del comune. X. Tre specie di ministero abbisognano per 1 ot- tima direzione di un istituto d'industria. Primieramente una deputazione formata di cittadini nominati dalla pontificia delegazione, prestanti la loro opera gratuita, intenderà così all' amministrazione , come all' interna disciplina. Essi si partiranno fra loro l' azienda in Pliì CASE D[ LAVORO EC. 37 modo , che al tutto provvedasi , e nessuno rimanga sopraccarico di faccende. Spesso si raduneranno a con- siglio per discutere quanto riguarda il Luon' anda- mento dell' istituto : ne passera giorno che alcun de- putato noi visiti personalmente. Sono in secondo luo- go indispensabili alquanti ministri salariati . Un por- tiere che custodisca il luogo , e ne guardi l'ingresso quand' è aperto , perchè i lavoranti non escano , e non sottraggano facilmente oggetti appartenenti alla casa. Egli avrà cura dell' interna nettezza , e per non istare ozioso suU' uscio terrà il registro degli operaj. Inoltre non può farsi a meno dì un custode de' fon- dachi per serbar le materie grezze , e le manufatte , distribuirle agli operaj, e spacciarle. Un cuciniere è necessario se voglionsi somministrare le zuppe. In fine un ragioniere terra regolarmente il conto di tutta l'azienda. Che se della pia casa si facesse un ap- palto , tutti codesti salariati dovrebbero essere a ca- rico dell' intraprenditore : la sorveglianza all' adem- pimento de' patti , e come suol dirsi la controlleria, rimarrebbe affidata all' onesta ed attività de' deputati! La terza classe de' ministri , che sono i maestri e prefetti dei lavorìi, potranno togliersi dai medesimi ope- raj , eleggendo a ciò i più abili e più morali. Una piccola giunta al comune salario, ed una maggior con- siderazione, sarebbero bastevoli incitamenti^ all' esatto adempimento de' loro doveri. XI. Pevchh le case d'industria, principalmente di- rette a sopprimere la mendicità, soddisfano ad un bi- sogno locale è ragionevole , che i fondi destinati al loro mantenimento si tolgano dalla cassa municipale senza che punto vi si mischi l'erario. I comuni, pros- simi a quello che ha lo stabilimento , potranno pro- fittarne per estinguere nel loro distretto l'accattonag- gio, pagando un testatico giornaliero per quelli che vi 38 Scienze manderanno. E poiché i cittadini vengono liberati dall' importunità dei questuanti , e l'opera è per se stessa utile e caritatevole , concorreranno generosamente a sostenerla coi loro privati soccorsi. Segnatamente nell' istituzione della casa, quando maggiori sono le spese , una colletta fatta all' uopo recherà notevoli vantaggi. Sulla porta del pio luogo , in tutte le chiese e luo- ghi pubblici, vi potranno essere le cassette per racco- gliere le limosine. I conventi, piuttosto che dare le zuppe agli scioperati accattoni , che perdono tanto tempo intorno alla loro porta , invieranno il super- fluo all' istituto per esservi piiì utilmente distribuito. Anche i pubblici spettacoli saranno di vantaggio al pio luogo , destinandosi alcune volte fra l'anno il ri- tratto a suo profitto. Alquanti dei cittadini pili auto- revoli, fatti deputati dell'amministrazione , cercheran- no limosine ed i loro sforzi caritatevoli non andranno certamente a vuoto. La deputazione considererà se mai tornasse meglio di fare della pia casa un appalto con un onesto intraprenditore, col quale dovrebbe formarsi un esatto capitolato secondo le norme fin qui discus- se , che ponesse in sicuro il pubblico interesse. La sor- te però dei poveri operaj non si dovrebbe in tal caso abbandonare in tutto alla discrezione di un uomo , che sebbene onorato , ha le sue mire dirette solamente al privato tornaconto. I deputati saran sempre i tutori di quegl* infelici , e veglieranno all' adempimento de* patti , ed all' interna disciplina. XJL Non v'è citta dello stato pontificio dove non siano ospedali , ospizj , orfanotrofi , conservalorj , ed altri siffatti luoghi di pubblica carità. In essi si man- deranno que' poverelli cui sono peculiarmente destina- ti, e pur tuttavia accattano ne' tri vii. Che se man- casse un istituto per gì' invalidi , ed altri tali che sogliono vagare questuando, e non possono inviarsi alla Pie case ni lavoro ec. 39 casa di lavoro ; ragion vorrebbe , che per giungere al desiderato fine di bandire la mendicità si aprisse una casa di ricovero. Quivi i poveri non istaranuo già colle mani alla cintola , ma dovranno lavorare se- condo meglio potranno. Chiunque ha libero uso delle mani può travagliare , ancorché cieco , attratto , ma- laticcio : per fino i pazzi nelle ore dei lucidi inter- valli lavorano in alcuni ospedali d'Europa , e ciò si è sperimentato utilissimo per renderli a sanità. Certo e però che il prodotto di una casa di ricovero sarà di molto inferiore a quello di un luogo d'industria , ed il comune dovrà farvi maggiori sagrificj. L'ammi- nistrazione delle due case tendenti al medesimo scopo sarà, congiunta , medesima sarà la disciplina , mede- simo il ministero. Anzi sarebbe utilissima cosa , che dalla stessa deputazione dipendessero i pubblici la- vori , e tutti gli altri istituti di beneficienza , per- chè si dessero mano a vicenda , e tutti concorressero alla propagazione delle industriose fatiche , al sollie- vo e miglioramento del povero , siccome vuole quella carità , che dalle divine scritture fu chiamata intel- ligente. C. L. MoRicniNi Sugli effetti del morso della vipera, riflessioni esami- nate colle odierne dottrine mediche dal dottor Angelo Sor goni socio di varie accademie , e me- dico comprimario della città di Narni. JL/e idee emesse sino a' nostri giorni sul vario stato lUorboso , in cui può trovarsi il nostr' organismo nclT J UQ Scienze espresslon generale , in cui sono slate presentate, of- frono massime assai diverse tra loro , ancorché tutte credaosi stabilite oggi a preferenza di ogni altro tem- po dietro l'analisi la più rigorosa. A forza di dedur- re e di troppo generalizzare da' fatti particolari, si so- no veduti comparire varii sistemi in medicina , che quantunque essenzialmente non sieno tra loro mol- lo discordi , pure nelle idee generalissime , che li ma- nifestano , si trovano assai diverse. Di ciò porgono una particolar prova i sistemi de' diatesisti , de' par- ticolaristi , e degli etiologisti. Tutti fanno fondamento de' loro metodi nelle idee relative all' organizzazione; ma alcuni per troppo generalizzare hanno valutato più gli effetti che le cagioni ; altri pel soverchio numero delle distinzioni in seguito alle idee generali si sono immersi nel disordine delle più folte tenebre ; ed al- tri infine per la stessa causa hanno veduto nell' or- ganismo chimiche composizioni e decomposizioni im- maginarie. Le quali cose si verificano , a mio avvi- so, in ogni classe di malattie, ma soprattutto un esera- pio ne porgono i trattati sulle malattie nervose. Per il che volendo io profittare delle odierne massime ab- bracciate in medicina per l'intelligenza di alcune os- servazioni relative ad una classe de' morbi nervosi , toglierò dalle stesse massime le idee le più astratte, e procurerò di avvicinar quelle che a me sembrano iden- tiche. A tale oggetto sono per addurre alcune osser- servazioni sugli effetti del morso della vipera notate nel territorio di Arcevia , allorché in quella citta eser- citavo medicina , ove frequente è il vedere individui affetti da tal morso per trovarvisi una moltitudine di detti rettili a causa de' monti , delle pietre , e de' bo- schi, che circondano quel paese. Ne' molti soggetti , che nel territorio di Arcevia furono veduti morsi dalla vipera , i primi sintomi svi- Morso della vipera 41 luppati sono stati , prostrazione generale di forze in modo da divenire estremamente difficile la locomozio- ne ; polsi esili eoa senso di freddo intensissimo av- vertito SI dall'infermo , come dal latto di chi esplo- rava l'infermo stesso ; ambascia ; eccitamento al vomi- to ; salivazione ; sudore freddo. Quindi ne' casi in cui il male progrediva, non cedendo a'primi tentativi sug- geriti dair arte medica , la prostrazione delle forze giungeva al punto di non permettere all'infermo che pochissimi movimenti nella sola posizione orizzontale; ì polsi divenivano anche insensibili ; il freddo del cor- po giungeva quasi al grado di assiderazione ; si per- turbavano assaissimo le funzioni intellettuali ; eravi lo strabismo; la lividura nel volto; seguitavano la vo- raiturizione , l'ambascia , il sudor freddo , e trovavasi impedita la deglutizione. Localmente nella parte af- fetta, oltre i segni di semplice morsicatura, non altro 5Ì è veduto : non vi si scopriva ne tumefazione, ne rossore, ne flitteni, e ne dalla ferita si scorgeva sco- lo di alcun umore. Il qual complesso dì sintomi in alcuni casi si vedeva cessare dopo poche ore, in segui- to all' apprestato metodo curativo : in altri poi per- correva un determinato periodo, oltrepassando lo spa- zio di qualche giornata : dopo di che, in seguito a pla- cido sonno, gradatamente andava cedendo. La medicatura ha consistito, sulle prime dell' ac- caduto morso, in alcune scarificazioni fatte sulla stessa parte morsicata ; nelle quali scarificazioni sì applica- vano alcune gocce di ammoniaca; e quindi facevansi delle frizioni coli' ammoniaca medesima lungo la parte offesa. la pari tempo con opportuno e proporzionato grado di calore si riscaldavano le fredde membra. Internamente poi, quando la deglutizione non era to- talmente impedita , oppure quando in qualche modo la potevasi ottenere , si amministrava parimenti l'am-» ^2 Scienze raonlaca , gli eteri , e si manteneva la nutrizione con brodi sostanziosi. Conveniva esentarsi dagli oppiati , e da altre sostanze di questa natura , mentre da que- ste il paziente risentiva grave danno. Nel momento dell' amministrazione dell' ammoniaca il paziente ri- scuotevasi dalla sua prostrazione, mostrando una qual- che energia nella sua forza muscolare unitamente a qualche grado di calorico. Ben presto però , quando il male progrediva , tornava nello stato di languore, da cui andavasi a poco a poco liberando a tenor che prendeva il suddetto rimedio aumentato di dose , ed approfittava degli altri sunnominati presidii. Col qual metodo curativo si e veduto ritornare nello stato di salute ogn' individuo morsicato dalla vipera : tutti si liberarono dal male prodotto dal morso di questo ret- tile, colla sola differenza, che in alcuni la risoluzione accadeva dopo poco tempo ; in altri avveniva dopo maggiore spazio di tempo in seguito ad un determi- nato periodo. Dal complesso de' citati sintomi morbosi , dalla loro durata e risoluzione in rapporto al metodo cu- rativo , parmi potersi dedurre : 1 . lo stato di vi- tale deperimento in cui trovasi il sistema organico durante tutto il corso della malattia : 2. l'alterazio- ne della composizione organica nel sistema de' nervi ne' diversi stati e casi diversi della malattia medesima. Per intendere di tutto ciò la ragione, anzi tutto è a premettere, 1 . che tanto nelle cause morbose quan- to nelle sostanze medicinali sono a considerarsi due modi d'agire : uno fisico -organico , che è in rapporto colla fibra nella sfera de' suoi fisico-organici movi- menti : l'altro chimico-organico , che e in rapporto colla composizione chimica dell' organizzazione. Dall' azione fisico-organica diffusa delle cause morbose si sviluppa il dinamismo , che e uno stato morboso .fisi- Morso della vipera 43 co-organico diffuso. Dico stato fisico-organico diffuso, per distinguerlo dall' altro stato fisico organico senza diffusione , in che propriamente consiste la irritazio- ne , o ciò che intendesi per stato morboso irritati- vo. Dall' azion chimica organica poi delle cause mor- bose succede la così detta condizion diatesica, od uno stato di malattia chimico-organico associato a dina- mismo. Dico associato a dinamismo , perchè senza di questo la malattia si riduce a quella cosi detta istru- raentale. 2. Vuoisi pur permettere , che lo stato delle forze vitali è l'unico fenomeno da valutarsi nelle at- tuali nostre cognizioni relativamente all'amministra- zione delle sostanze medicamentose. Le quali massime , secondo il mio modo di ve- dere, sono essenzialmente uniformi alle sagge rifles- sioni del celebre prof. Folchi di Roma. Egli così si esprime:,, La differenza nel grado e nello stalo delle „ forze vitali sotto l'esibizione d'un rimedio è quel „ fenomeno , che meglio apparisce a' nostri occhi, e ,, forse l'unico , che possiamo finora calcolare; e so- „ no poi d'avviso , che ne tutti i medicinali, ne sem- „ pre lo stesso medicamento alteri la composizione ,, chimica dell' organismo ; ma secondo la dose fac- „ eia variar soltanto le relazioni fisiche delle mole- „ cole organiche , le quali pur debbono avere una ,, certa latitudine ne' loro movimenti , e nelle fisiche „ loro dipendenze. Ciò che affermo sull' azione de' „ riraedii , ritengo ancora sull' azione delle cagioni „ morbose. ,, (Vedi il giornale arcadico, trimestre I, 1829.) Oltre di che convien notare, 1. che la depres- sione vitale può essere il risultato diretto dell'azio- ne delle varie cause morbose agenti nel nostro or- ganismo , secondo lo stato in cui questo ritrovasi : 2, che può essere l'immediato effetto dì sottrazione 44 Scienze de* materiali organici : 3, che può risultare da un'al- terazione diatesica, o chimico-organica, stabilitasi nella fibra viva per azione o per sottrazione di varie po- tenze. In conseguenza ne' casi di vitale depressione convien considerare uno stato dì malattia cosi detto dinamico , o fisico-organico diffuso in rapporto im- mediato colle cause morbose ; ed un altro stato chi- mico-organico, o diatesico, nell' organico tessuto rela- tivo alle cause morbose cosi dette remote per rappor- to immediato o mediato. I quali due stati di malat- tìa per quanto sieno in relazione tra loro in mo- do che l'uno in molti casi e effìetto dell' altro , pure marcatissima è la loro distinzione non solo considerati patologicamente , ma ancora nel rapporto che han- no co' mezzi terapeutici. Distinti sono essi, si perchè lo stato dinamico , o fisico-organico può esistere tanto solo neir unico rapporto colle cause morbose remote, quanto congiunto allo stato chimico-organico o dia- tesico nel rapporto colle cause prossime e remote : sì perchè ancor quando è congiunto allo stalo diatesico o chimico-organico , oltreché e l'effetto di qu est' al- terazione , può aver qualche cosa di proprio indipen- dente dalla condizione diatesica , perchè anche duran- te questa medesima condizione , che è quanto dire cau- sa prossima di molti fenomeni morbosi , possono sus- sistere le cause remote , che sono in immediato rap- porto coir accennato stato dinamico. Distinti pur sa- no i suddetti stati morbosi anche nella relazione che hanno co' mezzi terapeutici ; imperocché se si tratta del solo stato dinamico, il metodo curativo consiste neir amministrazione di que' medici presidii , che col- la loro azione sulT organismo correggono siffatto sta- to morboso pe' rapporti fisico-organici diffusivi , che hanno colla fibra viva. Se poi si tratta dello stato di- namico congiunto a diatesi , la pratica medica ci di- Morso della vipera 45 mosti'a, che in tal caso nou solo si esigono i presidii tliretti alla correzione del dinamismo pei loro rapporti fisico-organici diffusivi ; ma non ancora è di neces- sità il prescegliere quelli , che per le loro relazioni chimico-organiche in un tessuto, od in un viscere, ri- donino alla fibra il normale stato di organizzazione. La qual pratica a me sembra dimostrare la maniera distinta , con cui si forma la cura de' nominati due stati morbosi ; e per conseguenza con siffatto metodo curativo parmi manifestarsi la distinzione de' citati due 5tati patologici nel rapporto ancor che hanno co'raez- 2Ì terapeutici. Ciò premesso, nelle esposte osservazioni relative alla depression vitale prodotta dal morso della vipera a me sembrano distinti i due stati morbosi dinamico, o fisico-organico diffuso, e diatesico o chimico-orga- nico. In molti casi mi è parso di vedere il solo di- namismo nel vitale deperimento cagionato dal morso del rettile in discorso ; ed in molti altri casi, oltre Io stato dinamico, serabrommi di rilevare ancora la condizione diatesica. In quegli individui ne' quali lutto il complesso de' morbosi fenomeni veniva vinto colle prime medicature , a me sembra potersi ritenere, che si fosse sviluppato soltanto lo stato dinamico , o fisi- co-organico diffuso relativo alla causa morbosa. Ne- gli altri individui poi , ne* quali non eran sufficienti le prime medicature, ma conveniva prolungare per va- rii giorni il trattamento curativo nel modo già indi- cato , parmi , che olire lo stato dinamico si fosse svi- luppata ancora la condizion diatesica , o stato chimi- co-organico. Ne' primi la breve durata della malattia, che sembrava decisamente in rapporto alla causa mor- bosa remota , e la facilità ad esser vinta senza per- correre un determinato periodo, mi dimostrarono sol- tanto un' alterazione fisico-organica diffusa o dinarai- ^ Scienze ca : ne' secondi la costanza de' sintomi morbosi , il pe- riodo di qualche giorno , che il male percorreva, la risoluzione del morbo in seguito a placido sonno (1) in corrispondenza al metodo curativo mi palesarono lo stato dì malattìa dinamico congiunto al chimico -organico. Ammessa l'esistenza de' suddetti due stati morbosi negli effetti del morso della vìpera , per conoscere i loro rapporti al metodo curativo relativamente a cia- scuno di essi , fa d'uopo determinare la "datura dello stato dinamico , e quella della condizione diatesica. In quanto al dinamismo in discorso , convìen questo con- siderare nella relazione che ha colle cause morbo- se, co' sintomi , e col metodo curativo. Ed in ciò va- lutando anzi tutto quel che è in rapporto immediato co' nostri sensi , intendo dire de' sintomi morbosi, que- sti nel caso del morso della vìpera possono esser tutti riferìbili ad alterata funzione del centro del sistema de' nervi cerebro -spinale , perchè per siffatta alterazione rimane dimostrata la ragione dì loro esistenza , e per- chè non si conosce sconcerto di altra funzione , che in seguito al morso della vipera direttamente sì mani- festi co' gik esposti sìntomi di vìtal deperimento. Per conseguenza questo vìtal deperimento medesimo io ri- tengo qual risultato dell' azìon dinamica del veleno della vipera nel citato nerveo tessuto. Il che si con- ferma col metodo curativo , mentre riescono efficaci que' (i) Fu più volte notato da' sommi piatici il sonno come argomento di risoluzione in alcune malattie. Cosi abbiamo iu Coac. praenot. paragraf. i5i „ Profundi somni ncque turbu- lenti judicii firraitatem denuutiaat,, Per scotimento di Tissot si può ritenere in molti casi il sonno qual crisi di varie affe- zioni cerebrali a seconda delle ippocratiche osservazioni , come notasi in Ciac, praenot. paragiaf. 172. Foes. paragraf. i45. Morso della vipera 47 rìtnedj , che valgono a vincere direttamente la depres- sion vitale del nervoso sistema , come sono l'ammo- niaca , gli eteri , ed altro di questa natura. E difattì l'esito vantaggioso da me notato nella cura de' mor- sicati della vipera coli' uso di que' rimedj , che agen- do energicamente in un modo diffuso sul sistema de' nervi valgono a vincere la loro vitale depressione in essi indotta per azion dinamica , o fisico-organica di morbosa potenza , fu pure questo medesimo vantaggio riscontrato da molti classici dell' arte salutare. Etmul- lero fin dal 1666 pubblicò l'efficacia dell' alcali vo- latile contro il veleno del rettile in discorso. Vali- snieri ne' morsicati dalla vipera trasse ottimo profitto dall' uso dello spirito di corno di cervo: e così Man- gili , Redi , Fontana , Rasori , e tanti altri confer- marono il vantaggio di siffatto metodo curativo. Per conseguenza essendo i descritti sintomi di vital depe- rimento riferibili ad alterata funzione del sistema de' nervi cerebro -spinale , e consistendo il metodo di cura neir uso di que' rimedj detti nervini , che sono rico- nosciuti efficaci a vincere dìrettameate la depression vi- tale del nervoso sistema , forza è dire , che il veleno della vipera agisca nel sistema nervoso , e che il dina- mismo per tal veleno indotto si riduca al disequi- librio de' rapporti fisico-organici diffusi ne' nervi ce- rebro-spinali esprimentesi con deperimento vitale , e correggibile con que' rimedj agenti sullo stesso nerveo tessuto con azion dinamica , o fisico-organica oppo- sta a quella del citato veleno , come sono V ammo- niaca , gli eteri. Ne in altro senso si può intendere la depressione vitale prodotta dal veleno della vipera , avuta consi- derazione allo stato dinamico , in cui essa qui si con- templa. Non si può intendere nel senso di dinami- smo relativo a quelle cause morbose parimenti agenti 48 Scienze sul nervoso tessuto , però non sempre espriraentisi con vitale depressione , come sarebbe p. es, il dinamismo prodotto dagli oppiati ; perchè in questo caso tanto i sintomi quanto il metodo curativo differiscono es- senzialmeiUe dall' apparato sintomatico , e dal metodo di cura relativo alla depression vitale prodotta dal veleno del rettile sunnominato. Ne si può intendere questa medesima vital depressione nel senso di quel- la , che risulta da defliciente materiale organico ; si perchè nel caso da me notato mancano quelle cau- se , dalle quali suolsi produrre tale deficienza , e vi riescono efficaci que' medici presidj , che sono del tutto diversi da quelli , che costituiscono i materiali orga- nici ; sì perchè la prontezza , con cui si sviluppa e risolve il citato dinamismo, non offre l'idea di sot- trazione , e ne di riparazione di alcun organico ma- teriale. Vedemmo in molti casi non limitarsi il morbo in discorso al solo dinamismo o alterazione fisico -or- ganica diffusa ; ma che veniva costituito ancora da uno stato chimico-organico , o condizion diatesica. Per determinare l'indole di questa condizione ne' morsicati della vipera , si farà, conto di que' dati medesimi , per i quali in qualche modo fu annunciata quella del di- namismo. Ed intanto quella medesima causa morbo- sa , che nel principio ha prodotto disequilibrio tra i soli rapporti organico -fisici nel nerveo tessuto , a lun- go protraendo la sua azione deve alterare il mede- simo tessuto nelle relazioni chimico-organiche, e così costituire lo stato morboso diatesico o chimico-orga- nico. Siccome la congestion sanguigna può alterare ■qualche punto del sistema sanguifero sul principio in un modo fisico-organico , ed a lungo piotratta in un modo chimico-organico, alterando cioè la composizione chimico -organica dello stesso sistema ; e siccome pure le vicissitudini atmosferiche agenti nel nostro fisico Morso della Vipera AQ possono alterare la cute , e le membrane mucose tanto portando disquilibrio tra i rapporti fisico -organici dello stesso tessuto cutaneo e membranoso , quanto costituen- do in esso una condizione diatesica o cliimico-organi- ca ; COSI sembra potersi ritenere , che il veleno della vipera agendo ne' nervi, sul principio limiti la sua azio- ne al solo dinamismo , come vedemmo , e quindi scon- certi la loro composizione chimico-organica in qual- che tratto del centro ce rebro -spinale , come ciò può argomentarsi da' sìntomi morbosi. Tutto il complesso de' sintomi sviluppati in seguito al morso della vipera e riferibife , come notammo , ad alterata funzione del sistema de' nervi , mentre per questa sola alterata fun- zione gli stessi sintomi sono spiegabili. La loro co- stanza poi nel percorrere un dato perìodo, sempre colla stessa forma relativ^a al centro cerebro-spinale, dimostra, a mio avviso, un' alterazlon diatesica , o chiraico-or- ganica nello stesso centro del nervoso sistema. E ciò si conferma col metodo curativo diretto alla risoluzione del morbo in discorso. Imperocché i medici presidj in questo caso agenti in modo particolare sul centro ner- voso cerebro -spi naie si dovettero amministrare in modo proporzionato all' intensità della malattia, regolandoli a seconda del progressivo andamento, che tenevasì dalla malattia medesima. IVella qual cura a me pare di ve- dere ciò stesso , che si osserva in altro morbo man- tenuto da processo diatesico o chimico-organico , per es. nella flogosi : siccome nella cura di questa il me- todo antiflogìstico , relativo sempre alla natura della parte infiammata , e proporzionato al grado d'intensi- tà , che nel suo andamento progressivo va dimostrando il processo infiammatorio ; così altrettanto in senso di- verso parmi di riscontrare nella natura ed amministra- zione de' rimedj cosi delti nervini , ammoniaca ed eteri nel mio caso , diretti alla cura del male prodotto dal G.A.T.LIX. A 50 Scienze morso della vipera. E per conseguenza coli' ammini- strazione delle citate sostanze medicinali analoga all' intensità della malattia e proporzionata al suo perio- po sì scorgeva il morbo andare gradatamente risol- vendo. Nel progressivo andamento della descritta ma- lattia non basta il rilevare lo stato diatesico nel tes- suto organico'; fa d'uopo ancora valutare il 'dinamico congiunto al diatesico nel modo di sua esterna espres- sione , dovendosi desumere da siffatta espressione il fenomeno da valutarsi nell' amministrazione de' rimedj. Ed intanto vedemmo, che si nello slato dinamico, come in quello chimico-organico, si ha uno slesso com- plesso di sintomi indicanti un deciso vital deperimento. Vedemmo nel dinamismo esser siffatti sintomi in im- mediato rapporto colla causa remota , e nello stato chimico -organico esser il risultato della condizione dia- tesica. Vedemmo pure , che in tutti e due i casi i sintomi morbosi sono riferibili all' alterazione del cen- tro nervoso cerebro, spinale. Dalle quali cose sembra potersi dedurre , che come la causa remota , il ve- leno della vipera nel nostro caso, produce il depe- rimento vitale , cosi la causa prossima o condizion chimico-organica sia causa dello stesso deperimento. L' ugualianza degli effetti sviluppati nello stato dina* mico ed in quello chimico -organico ci conduce a tal conseguenza. Ed è perciò , che il fenomeno da va- lutarsi neir amministrazione de'rimedj, anche nello sta- to chimico-organico prodotto dal veleno della vipera, consiste nella dcpression vitale. Ed è perciò stesso , che nella cura di questo stato chimico-organico non solo si devono amministrare que' rimedj detti nervi- ni , che in generale sono riconosciuti efficaci a vin- cere direttamente le depi^ession vitale del nervoso si- stema ; ma ancora si esigono quo' medici presidj , che (direttamente agiscono sul centro nervoso cerebro -spi- Morso della vipera 51 tialc, riclonando alla fibra l'organico cquiliLiio , ed op- ponendosi nel tempo stesso al vitale dcperimenlo. In conseguenza tanto per la causa agente nel sistema de* nervi , per la costanza de' sintomi morbosi co' quali si e manifestata decisa depression vitale relativa alla funzione del nervoso centro cerebro -spinale , quanto per la risoluzione della malattia dopo d'aver percorso un determinato periodo , per il corrispondente metodo curativo , forza è dire , che il veleno della vipera in molti casi produce alterazione chimi co -organica o dia- tesica nel centro nervoso cerebro-spinale esprimente- si con vitale depressione , e curabile con que' rimedj cosi detti nervini agenti nello stesso centro nervoso , ed atti ad opporsi al vitale deperimento. Colle esposte idee a me sembrano intelligibili i fenomeni sviluppati negl' individui morsicati dalla vi- pera. La distinzione degli accennati due stati morbosi parmi esser semplice deduzione degli stessi fenomeni , mentre a questa medesima deduzione possono esser ri- feribili tutti i fatti particolari notati nel male svilup- palo in seguito al morso del nominato rettile. Parrai , che il complesso di tali fatti vada a costituire nel nostro modo d'intendere due risultati generali , che per noi altro non sono che l'espressione generale degli in- dicati due stati morbosi. I quali poi dalla deduzione costituiti formano due principj , che riferiti ai fatti par- ticolari sono bastanti a dimostrar la ragione dell' esi- stenza de' fatti particolari medesimi ; il che è quanto dire , che per essi principj si fanno intelligibili gli stessi fatti. E per conseguenza mi sembra , che in questo medesimo risultato intelligibile colle idee le più abbracciate in medicina resti in qualche modo dimo- strato , come molte massime siano identiche tra lo- ro y quantunque, appartenenti a varj sistemi , e quanr^ tunque nelle idee generalissime , con cui si mauife- stano , sembrino esser tra loro assai divtase. 52 RICERCHE SOPRA ALCUNI PUNTI DI GEOMETRIA ANALITICA Sulla trasformazione delle coordinate poste nello spa- zio , passando da un sistema di assi obliqui ad un altro della stessa specie. I.^vjhiaraando {x^y^ z) le coordinate di un punto qua- lunque posto nello spazio , e riferito a tre assi orto- gonali , ed (x,^, z,) le coordinate del medesimo pun- to riferito a tre assi obliqui aventi la medesima ori- gine con i primitivi, avremo come è cognito dalla teo- ria delle projezioni ortogonali (,) ^ 7 = «' ar. + ys'/. + y z, f Z = «"a:. + /5"j, + 7"z. dove le quantità u x' oc", yS /5' /5", 77' 7" sono ì co- seni degli angoli, che gli assi delle x, 7, z, obliqui formano con quelli delle jc, j", z, rettangolari ; quin- di si verificherà Gkometuia analitica 53 Gli angoli poi che formano fra loro gli assi obliqui cioè r co^ e/ = « iS + a' /5' + «" /S" (3) < co^ CT' = « 7 + «' 7' + x" 7" i cos e/" = /5 7 + )S' 7' + ^" 7" 2.° Iraaginando ora condotti per la medesima ori- gine tre nuovi assi obliqui, che noi chiameremo delle ^^ H, ^, otterremo similmente le relazioni con le ret- tangolari .r, /, z, cioè r jc = «o f + jSo » + 7o ^ (4) } j = of, I + /s^ » + ^^ e C z = a, I + /S^ H + 7^ ? E per le stesse ragioni di sopra si hanno di condizioni < r»" + 7i* + 72 =1 e ponendo gli angoli ^•==^, n = /^\ »e = ^" viene f CO^ /^= c^, ft,^ + ^' = ^.7o +^ 7. +/52 7a quindi paragonando fra di loro le formule (i) e (4) abbiamo Scienze «Xi + ^7\ + 7 2x = «0 f + /5o » + 7o t (7) ^ oi'x, + (hy, + 7 2, = ^x I + /5, H 4- 7x e «" ^. + is'y, + 7"z, == *, f + /s, M + 7. e d'onde per rellralnazione deduciamo «(/sy'-7'^") + «(7^"-^7"; +«"(/57'-7^') ^(7 «"-«7") +r(«7"-7«")+2 (7«'-«7') (8)<7.= Zi nelle quali però in luogo delle j?, j, 2 devono so- stituirsi i valori presi dalle formule (A) in funzione di f, », ^ ; nel qual caso si passera da un sistema di assi obliqui ad un altro della stessa specie , e si ot- terrà un risultato della forma seguente X, = /Wo I +«0 V -i-pn t (9) <[ rj = rn,i + n,^+p,t 3." Giova pertanto indagare cosa rappresentino i coefficienti (pio Ho po • - •) premettendo la soluzione del seguente Problema. Essendo datigli angoli che formano tre rette condotte dall'origine con gli assi ortogona- li , cercasi Vangolo , che forma una di queste con il piano delle altre due. A far ciò osservo, che imaginando una retta per-' pendi colare al piano delle due rette avremo evidente- GfiOMETniA ANALITICA 55 niente il coseno dell' angolo della perpendicolare con la terza relfa eguale al seno del richiesto angolo. Chiamali pertanto or jS 7, «' /5' 7, a" /S" 7" i co- seni degli angoli che le tre rette formano con gli assi coordinate , U l'angolo compreso dalle prime due rette, e A, fi, y, gli angoli, che la retta perpendico- lare al piano delle prime due rette forma con i me- desimi assi , ed s il richiesto angolo si otterrà (io) sen 6 = «" cos K + jS" cos ^ + 7" cos v le condizioni di perpendicolarità sono K oc cos A -f- ;S cos iJ + 7 cos v = 0 (11) 1 C x' cos A + /S' cos fi + 7' cos 1 = 0 dalle quali per via dell' eliminazione deduciamo cos A cos li cos V ^7' — 7yS' ~7a:' — ccy' ~(x,%' — /?«' y cos"^ A + cos"^ [L + cos'' V ~ P*(/S7'-7/ST + (7«'-«7')' + {oc' yod —xy' x^'~^x' {i4) ^ I sen U Se questa retta è prolungato in un certo senso il dop- pio segno si ridurra al primo, ed avremo 5" Scienze A COS A ___ f^Qg a = . 1 senU ' "^ sen U e per conseguenza la (io) ci porge Espressione del tutto simmetrica riguardo alle « jS 7 . . . e CI vien caralterizala semplicemente dall' angolo £/, che formano le due rette, il piano delle (juali for- ma l'angolo e con la terza. 4.° Risoluta una tal questione è facile il vedere, che i coefficienti w.„ n, yo» . . . di f, », ^ nelle (9) ; quali provengono dalla sostituzione di ^ j « prese dal- le (4) neir equazioni (9), essere in forza della (16). Wo «o Po sen <7„ sen b^ sen c^ sen e„ (»^) r}^^ sen cii sen 6, sen c^ sen e, m, ^ n^ p, I sen a.^ sen Z>, sen e, ~~ sen e^ nelle quali gli angoli ao ho e», . . . sono gli angoli, che gli assi /, », (, formano con i piani r, z, x^ Zi jc, ji ed e., e^ e^ gli angoli degli assi x, j, ;3, con i piani 7, 2, jj, z, Xi y\ Sostituiti adunque i valori delle (i7) nelle (9) otter- remo le formule semplicissime ÌGeOIUETRIA. AXALITICA 57 X, sen Co = / sen «« + « seii bo + l seti c^ (z8) \ /, sen e^=i ^ sen a, -f « sen b^ + l sen e, z, sen ej^ = l sen a^ + » sen ^^ + ^ ^e^ Cj Od anche togliendo gli apici dalle x, jr, z, per sem- plicità , ed adottando la notazione di alcuni col met- tere in evidenza gli angoli a» bo Cu, . . . si avrà !x sen ix^yz) ^lsenQ^rz)-^iisen{»,j-z) + Isen {tijz) y sen {y-^'^z) = hen{^^xz) +iisen(>iiXz)-^lsen {t^xz) z sen {z,ry) = fsenQ^xj) -{■>',sen(tiyXj)+lsen{ttXj) Queste formule si sarebbero potute ottenere dalla sem- plice considerazione delle projezioni oblique , (*) ma abbiamo voluto dedurle in questo modo , che ci ha somministrato nn utile esercizio della geometria ana- litica. Fran9ais al quale debbonsi queste formule vi pervenne con metodi analogi all' esposto ; ma mol- to più prolissi (**). Neir ipotesi che gli essi JCjjTi 2i fossero rettangolari si ha sen Co = i ì sen Cj = i , sen e^ = i ed i coefScienti delle formule (i8) riduconsi al signi- ficato di quelli delle, (i) Molte altre ricerche utili, e rimarchevoli possono dedursi dalla trasformazione delle coordinate ; ma sono queste estranee allo stabi-' lito scopo. (*) Piilssant prop. de gcom. pag. 272. ('*) XIV Cahier jouiual Paliiec. 58 Scienze Proprietà generali della curvatura di una superfì- eie qualunque dedotte dalla considerazione del piano tangente. I>CI)(ìC9M«»«EBaB 1." Consideriamo una superficie curva qualunque riferita a tre assi ortogonali , delle x, ^, z, e rap- presentata per 1 equazione generale (1) ic ^=0 ^ ovvero f(x, j, z,) ==: o la quale risoluta riguardo a z dia (2) -=f(.r,;-) Se in questo medesimo punto preso generalmente sul- la superfìcie si concepisca condotto un piano tangen- te la sua equa/.ione sarà espressa per (3). z-^z=.p{x-x) + q{r-r) dove X, Y^ Z, sono le coordinate di un punto qualun- que del medesimo piano ^,^ sono nuove funzioni del- le X, /, z quali suppongo determinarsi indipendente- mente dal calcolo differenziale. S'imagini ora per il medesimo punto ^W contatto , condotto un piano nor- male, produrra esso una data sezione, che noi chia- meremo sezione normale , e l'intersezione di ciascun piano normale con il piano tangente dark origine ad altrettante rette toccanti la superficie ed esistenti nel medesimo piano tangente. 2." Considerando due qualunque di queste rette prodotte dall' intersezioni di due piani normali con il piano tangente , le loro equazioni potranno esprimer^ 8Ì per (jEOWftTRlA AKALÌTICA KO (4) X —^c^m {Z-z) , r - 7 = n (Z-r.) (5) r — X = m (2- 2) r - / = n' (Z' - z) e ponendo per brevità , n ri' l'equazioni (4^) e (5) saranno comprese (7)* r-r=i. ^- ■= ■■■-■■ • — - — - gli angoli «•, /§, 7, sono vincolati evidentemente dal- la relazione ( 1 4) cos y =p cos u + g cos /5 L'angolo poi f^ di queste due relte^ ossia delle due sezioni normali si ha per l'espressione trigonometrica. i+mm+nn' cos V—TT^ Tr ; '^ i LI ■ ■ 1 1 I I . I - ili . .1 1 I I y ~- Vi +p'+2pq' +p^(.— -~ -, Ki +p-^ + q' V G'^ li -1 /• I J k I + ya^ + (7» VG' + IP + /' sì ottiene (38) . A . K l - Keus . . fG ; // f /' 64 S e 1 E N Z 5 e ponendo (29) . K' cosv-=^d 3Ì ha ia fine (30) . ^-^ KGH^'+T , ^= - Ki +;>' + q' e perciò la (26) si trasforma in r + 2S(P + t'cp* (3i) . R' = -i=Vi+p' +q^ 4.° Ciò posto si prendano sulla direzione della normale alla superficie nel punto x, j, z tante lun- ghezze p eguali al valore numerico di , cioè proporzionali ai quadrati dei seraìdiametri della linea di secondo grado descritta nel piano tangente ; 6, sarà Se con questa retta qual raggio sì descriva un circolo, sarà questo tangente nel punto x, j, s, ad una se- zione normale della superficie, corrispondente all'in- clinazione (p . Di questo circolo facilmente si de- terminano le coordinate X^ Y^ Z, del suo centro ,, mentre essendo generalmente (33) . p = V{x-xy + ir-r)' + (2-ZO' e per ipotesi (34) . x^X,^=-p{z-Z) , J-r,= -q{z-Z) le quali sono comprese uell' altre GeoxHetku analitica 65 (35) ' '^ ^ y ) /- •/ 9 Vi-^p'iq quindi in vigore della (Sa) si dedurranno dalle (35) le tre equazioni (*). ^ r^ + 2 f' 9 + «' cp^ X Xy~P (36) \ y-r,== q . z-Z,^-. V ■\' 2 s'

e descritta con essa qual raggio un circolo tangente ad una data se- zione normale della superfìcie , sia di tal natura , che fra l'arco di circolo , ed il corrispondente della sezione niun' altro circolo passi; cioè che l'arco del circolo coli' arco della curva formi un'angolo minore di qualunque altro circolare. Questo circolo lo chiameremo osculatore della sezione nel dato punto, ed il raggio p Jìaggio di curva- /«m. Stabilita una tal definizione se la retta/? di una cer- ta lunghezza descritta nel piano tangente e toccante la sezione nello stesso punto x, j, z; si prenda qual me- dia proporzionale tra il raggio di curvatura p, ed un altra retta 6 ; è evidente rappresentare quest' ultima una retta , che da un punto fìsso x„, /„, So conducesi normalmente alla superficie nel punto x, jr, z quindi l'equazioni (37) e = /'(r~^J'^ + (r-7o)H(z-Zo)^ (38) x-^x, = —p{z~Zo), r—To = - «7 (2 -Zo) e la condizione Geometria anautica 67 (39) P alle quali dovranno unirsi le (ii) (33"^, e (34); per- ciò eliminando le X—x, Y—j^ Z—z per mezzo delle formule (4) (9) congiunte alle precedenti otteniamo (40) < I +p^ -j-2pq(p+ (i +q'), sono quantità costanti , e le a, è, e, , ^2 &2 Cj . . . a,j &„ c,j sono funzioni del pri- mo del secondo . . . dell' n»'"»» grado riguardo alle variabili jyz , xz , x/. Ora della teoria dell'equazio- ni riguardante la formazione dei polinomi derivati si sa , che la derivata di un' equazione si ottiene pas- sando l'esponente della variabile in coefficiente , e di- minuendo di un' unità l'esponente stesso ; dunque se neir equazioni (A2) si prendono le successive derivate rispetto alle J? , J" » 2 , e ponendo (G = naoX"-^ + (n-i)a,x"-^ + • . . + «„_, {^Syi{:=nbj''-' + («-1)0,7"-^ + . . . + b„_, [/ = ncoz"-' + («~Oc,z"-' + . . . + c,_, si avranno i vabri di /?, q espressi dalle (23). Si pro- siegua la derivazione delle (43) rapporto alle stesse variabili , e pongasi per semplicità r/t = w(ra- i)aoJ:'*~*+ (« - i)(n~2)a,x"~=r{:,.+2a,,_,, (UXB = w(«— i)&.j"-2 + {n-i)(n—2)b,y'~^+..A 2^._2 lc= n{n—i)c,z"-^ +(rt-i)(«— 2)c,z"-3+...+2(7„_^ Sìeno di più ct^ «, «, . . . yS, /S^ )8, . . . ciò , che di- vengone i polinomi «,«,«}... facendo la deriva- zione nella G riguardo alla y , ed alla z , e sieno 7, 72 73 - • • ciò che divengono le e, e. Cj . . . cse- Geometria analitica 69 gulta la derivazione nella /rispetto alla J^ ; e si pon- ga per brevità rD =(n-i)«,^'-'+(n— i)(«-2>,a:"-3+ . . . + «„_, (45) Ìe =(n—i)^^x-'-'+{n- i){n-2)&^x''"^+ . . . + .«„_i Saranno questi i parametri della superficie del secon- do grado espressa per l'equazione (21 -. E' evidente poi essere regolarmente eseguita la disposizione dei coef- ficienti A^ B^ C . . . nella medesima (21) . mantenen- dosi così dì n dimensioni riguardo alle x j z. Non sarebbe difficile ad estendere questo ragionamento per le superficie di equazione trascendente. (*) (*) Sarà facile il dimostrare in qual maniera possano esprimersi i coefftcienti A^ B^ C^ G, H, I, e quindi r, s^ t facendo uso del calcolo differen- ziale. Rappresentando sempre con (a) . u = o ^ ovvero f{x, j, z) = 0 Inequazione della superficie, la quale risoluta riguar- do a z dia {a') z-f(r, r) Presi i differenziali di queste due avremo , ,„ du du du (a") --—dx + ---dr + —-'i^z = o dx dy dz {a'") dz =^pdx + q df dove '^^ Scienze 7." Se la superficie curva dell' equazione (i) ^^ trasformasse in una superficie piana , allora la sezio- ne normale diviene una linea retta, la curvedine della quale è nulla ; perciò il suo raggio di curvatura de- ve eguagliare l'infinito, e poiché in \queslo caso le Elifìiinando il inalare di dz fra le (a") 'a"^) si deduce in forza delf indipendenza delle variabili x y du du dit du dx dz ^4/ ^2 ed il paragone delle (a*') con le (28) ci dà dx dy dz Differenziando di nuovo l'equazioni (a") , (a'") ed eliminando i differenziali dz^ , e d'z per la stessa ragione dell' indipendenza di x y si hanno le tre equazioni a differenze parziali 'du d'ufdz^ d^u dz du d'z ___-(- ( — )+2 + = 0 \dx^ dz\dxJ dxdzdx dz dx^ ^u dz dz d^ii d'u dz dhi du d z ^ '\dz^ dx df dxdy dxdz dy dydz dz dxdf id'u dufdz\^ d'u dz du d'z \dy^ di' \dyj dydz dy dz dy^ d'onde ponendo GcuMETniA Analitica li quantità p, q^

^ ?' saranno l'uno massimo e l'altro minimo , quando i semidiametri R ^ R sieno i principali della linea d'i secondo grado descritta nel piano tangente, ma dalle proprietà delle lince di secondo grado due condizioni si richiedono; cioè che i semidiametri /?, R! sieno non solo ad angolo retto , ma ben anche con- jugati. La condizione della perpendicolarità ci vien data dalla formula (i6), nella quale introdotti i valo- ri delle (25) si trasforma in 5* 74 Scienze (5i) , r' + y (cp + 4) + «'CJ)^^ = 0 e l'altra condizione si verifica nelle (5o). Ora e eviden- te essere le relazioni (5o), e (5i) della forma medesi- ma, quindi eliminata per esempio la t\> risulterà l'equa- zioae di secondo grado rispetto a

Pi == Ai —'/ r = ^1 • — ~> = -"-i " ~1 (ip-4)(^+i:p) ' s-\-t(p r-\-s(p _ (4-»)(-y'+^'4) _ •^j|;fji_ X. r'+.y'-l; '''" '(4'-'?)(^+a)"' '^ + a"~ 'r+^^J, (56) dove 4- corrisponde all' altro valore di 9, dalle qua- li ricaviamo le altre due Geometuia analitica 75 Pi+P2=A, ; =A, ' r t — s^ rt —s rt—s'' rt—s rt-s Quest' equazioni c'insegnano, che i valori di p,, Pa di- peudono dalla risoluzione di un equazione di secondo grado , nella quale chiamata Po la variabile , si può rappresentare per (58) {rt-s^yó" -Klt'r-25 s-\-r't)?o-^K,\r't' - s^)=o Similmente ponendo nella formula (Sa) (59) Q « pi ,'- sì ha (6o) e la medesima (58) diviene (6i) (r't'-s") Q'-(t'r - 'js's + rt)Q + ri — s''=o e ci da essa un doppio valore di Q corrispondente al doppio valore di f. io.° La direzione delle rette tangenti alle sezio- ni di massima, e minima curvatura ed espressa dalT equazione (54) si può anche ottenere per mezzo dei coseni degli angoli, or, /§, 7, che queste medesime for- mano con gli assi delle coordinate. Infatti eliminan- do la 4. tra l'equazioni (5o) e (5i) si ha /«\ r-^s(p s +1^ 76 Scienze quindi avvertendo essere cos i5 (p '^ cos X le fofmule (59), e (62) si trasformano ih r cos"- y + 2 s cos x cos ih + t cos^ (h r cos'- OL + 2 s cos X cos Ih + t' cos' fi (63) r cos X + s cos fi s cos x + t cos fi r'cos X ■{■ s' cos fi s cos x-{- 1' cos fi e poiché in forza della formula (i4) r' cos^ X ■{- 2 s cos X cos fi + t' cos"^ fi = i perciò dall' ultima dell' equazioni (G3) per la teoria delle proporzioni ricaviamo r r cos X + s cos fi s cos x + t cos fi (64) < '"^'^■^ « + * cos fi s' cos X + t'cos fi ^ = r cos^ X + 2 s cos X cos fi ■{■ t cos" fi o semplicemente (65) Q = r cos'- x + 2 s cos x cos fi + t cos^ fi r cos X + s cos fi s cos x + t cos fi (66)— : —_ =^ ; == Q r cos X + s cos fi 5 cos x + t cos fi Quest* equazione ultima poi darà origine alle altre due , cioè C (r—Qr) cos x+ (s~ Qs) cos fi = 0 (67) V ; ^ '^ ^ f (s — Qs) cos X ■{■ (t — Qt') cos fi ~ 0 e dalla prima di questa si ricava (6S) Geometria, awamtica. 77 cos « cos & s-Qs'~~ Qr'—r d'onde per la teoria delle proporzioni avvertendo sem- pre air equazione (i4) viene cos a cos ^ cos 7 s^Qs Qr'-r p s - qr + q Q (69) i I ' " V[{s-Qs'y +XQr'-ry + ips-qr + q QY] Sotto un* altra forma possono mettersi questi valori , se si moltiplichi il secondo membro , e si divida per Ki ^p"". Con questo metodo, ed in vigore della (55) si deduce cos oc cos fi cos 7 s-Qs' Qr'—r p s — q r + q Q V[(r's - sry+K,\r'Q-ry] Tali sono l'equazioni finali dalle quali abbiamo il doppio valore degli angoli a, /?, 7 per le sezioni di massima , e minima curvatura. E' importante in fine il conoscere , che i due valori di Q sono rea- li ; poiché risolvendo l'equazione (61), vengono essi espressi per r't-2ss' it'r^V(r't — 2ss' i t'ry -^K,^(rt- s'') (T.) . 9= ./T.' ^ Ora si ha evidentemente il risultato positivo 78 Sci E K Z E (r't-ass + t'ry — 4 K,' (rt-s') 0^)^ __ ir' (r't-t'r) + 2s'(s'r - r's) T + ^K,^ {sr-rs)' Dunque i due valori di Q sono reali. ii.° Dalla medesima formula (6i) scorgiamo che nel caso , ove sia (73) . rt^s^> o i due valori di Q corrispondenti ai due raggi di curvatura principali sono quantità del medesimo se- gno; dunque allora questi raggi di curvatura sono diretti in un medesimo senso, e rappresentano i due valori l'uno massimo , e l'altro minimo , della p . Se poi si abbia (74) . rt - s" , + p2 = 2fl p, — P3 = 2C , Va^— b^ = c d onde {h") p,^a + Va'-b'- f>^=.a-'Va'-b^ , p,f>,==b^ e la (h) diviene (Jl ) p= a — e cos 2a Equazione polare di una curva di secondo grado ; e di facile costruzione. Geometria analitica 85 iU.° Passiamo finalmente alla discussione della curi>a Indicatrice di secondo grado espressa per l'e- quazione (47) ; cioè (93) riX^xy + 2S (X-^)(r-;) + «(r-/)*==fcA' Ora in generale un' equazione di secondo grado tra due variabili rappresenta generalmente un ellissi , un iperbole od una parabola , e le varietà di queste cur- ve. Pertanto l'equazione (93) appartiene ad uà ellissi se si ^bbia la differenza (9-4) rt -~ s' positiva , due iperbole conjugate (*) se la stessa dif- ferenza sia positiva ; e due rette parallele se la detta differenza sì annulla ; mentre nel caso che la differen- za (94) si annulla , la parabola inclusa nella (93) tras- formasi in un sistema di due rette parallele. Di più l'ellissi si trasforma in un circolo se abbiasi r ^= i , ed s=o ; che se inoltre valga la condizione di K=o l'ellissi si ridurra al punto (x, j, z). E' importante di osservare , che per ciascuna se- zione normale le coordinate X—x , Y—j verificano sempre una sola dell'equazioni (*) Si chiamano iperbole conjugate due iperbo- le le quali abbiano il medesimo centro , i medesimi assintoti , ed i medesimi assi con questa differenza , che Vasse reale dell'una sia perpendicolare all'as- se reale dell' altra ; e ciò verificasi nella (93) , che per il doppio segno di K dà origine a due iperbo~ le ; purché sia negativa la (94). 86 Scienze (95) r{X-xy + 2,9 {X-x) (Y-r) + i (^-jY = ^ (96) r{X-xy + 2s {X-x) {V-y) + t(Y-ry'-—K! comprese ambedue nelle (93). Dunque se nel passag- gio di una sezione normale ad un allra il primo mem- bro deir equazione (93) cangia di segno , i raggi di curvatura delle due sezioni normali saranno diretti in senso contrario. Questo però non accade nel caso del- la differenza (94) negativa , cioè quando la (93) rap- presenta un sistema di due iperbole conjugate. Allora il piano tangente la superficie data dell'equazione (i) divide questa superfìcie in due parti , e l'una di que- ste parti comprende le sezioni normali , nelle quali il raggio di curvatura è diretto in un senso , e 1' altra parte comprende le sezioni normali nelle quali il rag- gio di curvatura è diretto in senso contrario. Ma fin- che r equazione (93) appartiene ad vm ellissi , si ri- durra sempre per tutte le sezioni normali ad una so- la delle formule (95) (96). Dunque in questo caso tutte le sezioni normali hanno la loro curvatura di- retta in uno stesso senso e per conseguenza la super- fìcie curva viene situala tutta intera da un medesi- mo lato ==o, ^ = 0, F = o. Suppongasi ora che i coeffi- cienti A f B f C sieno quantità costanti , e che il trinomio formato Ax' + Bj^ + Cz~ uguagli parimenti una quantità costante , che per semplicità porremo essere 1' unità. In questo stato di cose 1' equazione (97) Ax" + By^ + Cz' - i rappresenta un ellissoide , purché A ^ B , C sieno quantità positive. Chiamali pertanto 2a , 2^ , 2C gli assi principali , sarà (98) ^ - -. 5 - -f, C - -^ a b e 88 Scienze e Ja formula (97) diviene ^ ' a" b^ e" Ora per un ellissoide si ha f (loo) Jtr 6' X a' G ''^~ a'' z z r I e' r V H ^ = -F-I — ? — —. —— z ì e' quindi per analogia alle (98) potremo stabilire (loi) G=— , H^^ , I = ~ ^ ' X b^ e* d' onde dalle (2/») ricaviamo r <= (102) V) bXi-Qb') c%i-Q'c) ~~ o Le formule (io5) determinano per ciascun punto dell' ellissoide la direzione delle tangenti alle sezioni prin- cipali, e dalla (io4) si avrebbero i due raggi di cur- vatura principale. Di più sottratta dall'equazione (99) dell' ellissoide la (io6) verrà + a -— 6' — - e r Q Q Q' Dunque se dopo di aver calcolato l'uno dei valori massimo o minimo di ^ e quindi di Q', e si co- struisca una nuova ellissoide di semiassi a', b\ e' determinali per l' equazioni 90 S e I E N Z K Q Q' Q Questa nuova ellissoide passera ancora per il punto x^ jr ^ z ; e poiché si ha a'^~b'^ ^ a-'-b\ a^- c'v=a'- c\ h^^c'^b'-c^ ne verrà per conseguenza , che le sezioni fatte in quest' ellissoide con i piani coordinati sono descritte con i medesimi fuochi. Abbiamo già accennato , che dalla formula (io4) si ottengono i due raggi di curva- tura principale per un punto qualunque delTellis- soide sostituendovi il doppio valore di (^ ; la qual operazione ci condurrebbe ad un espressione rimar- chevole ; ma potremo arrivarvi più facilmente facen- do uso dell'equazione (58) la quale però risoluta ri- guardo a Po e ricordandoci che K,^ =^r t — s'^ — I + /)' + 7' ci darà (io9) . fo^K, — — - — 2{rt — s*) Ora dai valori ò\p^q,r,s,t avuti dalle formule (loo) e (102) si ha Geometria analiticì 91 1 a b^z\ / e'* e rt - s^ =^ — --— - • - a' ìf z^ z Sostituiti questi valore nell' equazione (io9) e po- nendo per brevità (in) a' + fc^ + e" = M* , x^+r'+z' = ^' sì arriva in fine ali* espressione (112) Po = A—^ - y ^(-7-) " '''^^''' ' ^1c purché in luogo di K s' intenda sostituito il valore avuto dalla formula (io3). Dall'equazione (112) si hanno i due raggi di curvatura principale sotto una forma semplicissima fa- cendo uso delle seguenti riflessioni. Si conduca per il centro dell'ellissoide un piano parallelo a quello tangente al punto x, } , z ; sarà questa diametrale con l'asse V , quindi chiamato v' v" , i due semiassi prin- cipali di questa sezione paralleli alle rette tangenti le sezioni di massima , e minima curvatura ; ed h la perpendicolare calala dal centro sul piano tangente , dovrà verificarsi per le proprietà cognite delle su- perficie del secondo grada (i i3) w > v" + v"^:^. a'ib' -f e' =w>'&V =(^"a evoluta della prima. 3." Facciamo anche qui un applicazione analo- ga alle precedenti. Fatto come sopra B == o ^ lo che si può sempre supporre, e che i coefficienti y^, C Sie- ne quantità costanti, e che il binomio A x'^ + Cy^ uguagli parimenti una quantità costante, che noi por- remo essere l'unita. In questo caso l'equazione Jx' f C)' ==^ I appartiene ad un ellissi , nella quale chiamati a , b ì seniassi principali si ha (li) ^-■^, C^-^, a u' e quindi l'equazione (i) sarà Ora in un ellissi della forma (12) è (i3) 0-^ « / e per conseguenza potremo stabilire K X X a' G a' r I H (i4) G = X H = r a' b^ e la prima delle (5) si trasforma iti (i5) r = Ggometria analitica 97 Sostituiti questi valori nella formula (3) ed attenen- doci al segno — , essendo negativo il valore di r si ottiene (.6). p = — ^,j,^- Tale è il rag<>Io del circolo osculatore si nell' ellis- si, che neir iperbole, mentre mutandola h^ in — 6* si ha sempre (—i^)^ = è'*. L'espressione (iG) del rag- gio di curvatura per un punto qualunque dell' ellis- si , e dell' iperbole si può rappresentare sotto una for- ma semplicissima facendo uso del seguente ragiona- mento. Chiamando X, 1^ le coordinate di un punto qua- lunque di una retta tangente la ellissi in un punto (x, y^ avremo per equazione di essa Xx Yy Conducendo ora dal centro della curva una perpen- dicolare , sulla direzione della medesima retta tangen- te si ha (i8) h = v%^ y'' V^éy"- + è'» x^ e chiamando eziandio a un semidiametro parallelo alia tangente ; dovrà essere per le proprietà delle li- nee del secondo gradò G A.T.LIX. 7 98 Scienze (i9) . a'V^a'-h' Coa questi valori la (i6) si cangia in a ,'2 (20) . p = ^^ Espressione già cognita nella geometria descrittiva, e di tutta la semplicità. La medesima formula (i6) si adatta per una pa- rabola dell' equazione (21) j^=px purché trasportando l'origine dal centro al vertice si ponga rt == 00 ; sostituito pertanto nella (16) a — x 'vi luogo della x si ha e facendo (23) p = a e quindi introdotta la condizione a = 00 viene ìq fine (,4) p= -, nella quale (25)

In fatti sappiamo che questo bacino , e l'isles- so piano pontino, godevan nei tempi romani di mi- Topografia medica dkl Lazio 109 gliore temperatura ; e vi eran ancora delle case di de- li/Zia , come dai ruderi loro maestosi apparisce. Era allora che popoli feroci l'abitavano, guerrieri , e di atletico temperamento , corae ci riferisce la storia. Quindi non h difficile il dedurre quanto debba essere ferace di mal' aria questo bacino in tutta la sua estensione , e quanto poco egli debba essere abitato. Infatti evvi ancora un' altra circostanza locale , che lo rende quasi un completo deserto , ed {è che scar- seggia di acque potabili. Ad eccezione pertanto di alcune comode stazioni di posta , che si alzano a guisa di cavavanseragli in mezzo delle sue solitu- dini , e di alcune rare e distanti fra loro citta e castella , l'occhio ricerca invano , in mezzo al lusso delle piante e dei fiori , le abitazioni rurali e de- gli uomini : ma si spazia immensamente fra torme di animali selvaggi ; e 1' orecchio non ha che a cono- scere un perpetuo silenzio. Le cause fisiche e chimiche producenti tali at- mosferiche depravazioni sono anch' esse favorite dalla calorifica radiazione del suolo pontino nel giorno , e dal rafFreddaraenlo notturno ben prolungato, che sviluppa un umido immenso : ed è cosa frequente nella state e nell' autunno il dovere nella notte coprirsi di forti panni di lana , come nell' inverno , mentre nel giorno lo smanioso caldo li fa tutti deporre. Quindi si per gl'indigeni corae per gli stranieri il clima è sempre nemico della lor vita , se non che questi ul- timi ne risenlcno più presto, e con maggiore inten- sità , tutti e singoli i suoi perniciosi effetti. Quest' umido autunnale, prodotto dalla stazione delle acque , h quello che prolunga sino all' inverno le cagioni interne ed occasionali delle malattie di mal' aria. Quin- di , mentre il bacino del Tevere e gli altri del La- zio vedono cessare le malattie endemiche , perche ces- 110 Scienze sano le cause , che le producono , nelT entrare dell* autunno : 1' agro pontino e sue adjacenze divengono allora sommamente insalubri in questa stagione. Terracina , Cisterna, Porto d'Anzo , Piperno, Foro Appio , Fondi , sono i testimoni lugubri dell* annuale strage , che ne fa quelT aere soprassaturato dell' acquoso vapore , per il calorico che vi si unì. La prima citta giace sul dorso di un sassoso mon- te , in mezzo un paese ricchissimo di piante , e tut- to seminato di canali e ruscelli , e vagamente bat- tuto dal mare tra Gaeta e s. Felice . Il suo por- to , da gran tempo ripieno , è stato surrogato da al- tro piccolo e fittizio. I monti lepini , che la si spor- gono sul mare , le impediscono l'afflusso dei venti salubri , e non riceve altro che le esalazioni pe- stilenziali delle circostanti paludi , e del vicino lago di Fondi. Così questa città posta in un sito incan- tatore , ed in mezzo i giardini i più lussureggianti , va continuamente a soffrire detrimento per l'aria cat- tiva , e diviene sempre più spopolata. Cisterna, Porto d'Anzo, e Foro Appio nello stato romano , e Fondi nel napoletano , giacciono in pestilenziale pianura , d'altronde fertilissima e ricca, e non sono abitate che da esseri squalidi , treme- bondi , e divorati dalla febbre- La citta di Piperno , l'ultima di col'a della de- legazione di Fresinone , è posta su di amenissirao colle , fra le selve di ulivi e le viti , ed i suoi ter- reni pieni di agrumi all' intorno godono della mas- sima feracità. Ma le esalazioni calde , umide , peren- ni nei tempi estivi ed autunnali , che la ricopro- no , rendono mal sano il suo clima, sebbene non tan- to quanto ne' siti già detti. Egualmente esposti a rapida e nocentissiraa ra- diazione di calorico sono i punti e siti , che si eie- Topografia medica del Lazio Hi vano ancora sui dorsi lepini ed arteraisj , in una media altezza dal livello marino, di ^-OO passi geo- metrici allo incirca , ed altri ancor meno. Tali sono Bassiano , Core , Norma , Maceza , Roccagorga , Sez- 26, Veiletri , l'antica Ausono , o Sonnino , Santa Fe- lice al promontorio Circeo : Itri , Monticelli , Spe- longa , ed alcuni altri castelli del regno di Napoli. Veiletri, capo luogo della modernissima legazione del suo nome , è situata sul pendio meridionale del monte Artemisio , ramo del monte Albano , e gode di una veduta delle piiì belle ed eslese , clie da uu lato il mare , e dall' altro chiudono i monti sabini. Non vi è cosa piiì ridente ed amena de' suoi con- torni : e sembri trasportato in quei deliziosi giardini orientali , che i favolosi poeti e gli storici di ogni etk ci hanno dipinti- Fuori però di questo incante- vole ricinto , si distende immensamente il vasto de- serto dell' agro pontino , e i suoi fisici influssi , spe- cialmente nella parte bassa della citta , si fanno po- tentemente sentire. Ciò che forma uno de' suoi più salubri baluardi si è 1' abbondanza di acque pota- bili , che in vano, come avvertimmo, si cercano al- trove. Sezze giacente su di elevata collina , al sud- est di Veiletri , da cui civilmente dipende , gode di una veduta in lunghezza non inferiore alla prima , e domina tutto il vasto agro pontino , Al suo dor- so si eleva il Lepino con aspre muraglie , e men- tre le impedisce l'ingresso ai venti salubri , soprac- carica la citta e il territorio degli umidissimi va- pori , che sollevansi da quel bacino nella state e neir autunno : e rende la sua atmosfera ricca di miasmi , e sorgente di febbri perniciose : checche ne abbia esposto tempo fa in contrario un interessato scrittore . 112 Scienze Core, Soanìno , e Bassiano, posti in seinicircolo sul mentovato piano pontino, sono i tre comuni , che meno assai degli altri risentono gì' influssi diretti del vapore micidiale , stante la loro maggiore eleva- zione , e la guarentigia di alcune colline, che li ri-» copron di fronte. Santa Felice , piccolo comune posto al dorso del famoso promontorio favoloso di Circe , sebbene assai elevato , risente da tre lati i vapori caldo-umidi del sottoposto suolo stagnante di acque palustri : e fuori della sua magica veduta , che può gareggiare colle pii!i estese ed amene dell' universo , non contiene che semi e cause perenni di febbri di accesso della pili pessima indole. Ma tu slessa ancora , inclita Roma , sede delle arti belle , e rifulgente di innumerevoli mali su' tuoi sette colli , sotto un cielo dorato , ed un dolcis- simo clima , tu stessa sei contaminata dagli aliti ne- fandi , che dal primo bacino e dal secondo scor- rono per r aere a piombare entro i tuoi più erti e difesi palagi ! Ne le colline artemisie , ne quelle che guar- dano i campì laurentini , ne le roccie ed i monti di Roccaromana , che bevono gì' im puri vapori dei laghi vulcanici di Bracciano e di Martignano, cosi egregiamente da G. B. Brocchi e da Saverio Barlocci illustrati , ti guarentiscono , o alma e sempre bella citta , dai soffi mortiferi di un aere corrotto , allor- ché r arso contadino miete le alte e pesanti spiche delle tue feracissime campagne : ed allorché Bacco con i suoi grappoli riempe del suo dolce succo le vigne , che abbondano ne* tuoi amenissimi dintor- ni, e nelle ville che circondano le maestose ed erte tue mura , quale verdeggiante e lucido Oasis fram- mezzo le arene e i deserti. Topografia medica del Lazio 113 BACINO DEL SACCO. In questo terzo bacino , per Intelligenza mag- giore, ci conviene precisare con ulteriori dettagli le località topografiche formate dall' Apennino » e dai monti lepiui loro produzione. Ambedue codeste catene di montagne presenlauo le loro sommila coniche in molti siti , a guisa di pane di zucchero ; ed in altri , con masse svariate, sor- montate si vedono da scogliosi burroni , e da pun- te irregolari : gli angoli loro nel basso salienti coin- cidono in egual dimensione coi rientranti . Il de- clivio è quasi sempre rapido , specialmente nei monti lepini , che staceansi da qualunque elevazione di ter- ra, s'innalzano bruscamente dal suolo, e come un gran muraglione serrano in quel lato la valle resa om- brosa e tetra. Non è cosi dall* altra parte , dove sor- ge la prima catena dell' Apennino , che non fa mo- stra degli orridi e nudi suoi fianchi con strisciooi e solchi quasi perpendicolari , come il Lepino , ma viene coperto nel suo terzo inferiore da erte colline , rivestite nella cima da boscaglie , da quercie , e da elei ; e nei loro dorsi coperte di ulivi , di viti , e di alberi fruttiferi ; e feraci di cereali nel suolo. Le punte piiì elevate dell' Apennino non ol- trepassano le seicento tese dal livello marino: e quelle del Lepino , le TìOO tese perpendicolari-barometriche. Quindi non evvi punto , ne regione , di neve per- petua. I luoghi i più distanti dal piano ne sono co- perti soltanto due terzi dell' anno : servono nella state a produrre eccellenti pascoli ai numerosi bestiami. Rapporto alla loro struttura geologica , per quanto porta la brevità dell' assunto ( giacche meriterebbe descrizione assai lunga e fuori del uostro oggetto), le G.A.T.LIX. 8 Ili Scienze sue roccie sono tutte di seconda formazione , cioè pro- dotte dal ritiramento delle acque , nelf istesso mo- do che terreni di alluvione ( diluvium dell' immor- tale Cuvier ) sono quelli della valle del Sacco. La pietra loro pertanto è tutta calcare secondaria ; e vi si vedono mischiati agli strati del cosi detto spalo calcare , degli schisti argillosi , con dei gruppi bian- castri , altri versati da filoni di pietra bigia pura calcarea ; ed in alcuni siti con gesso e schisti, come nei monti di Collepardo. Vi si ritrovano in alcune parimenti delle sue profonde fenditure masse di pie- tra focaja , ed altre comunemente dette pietre da corna. Si osservano ancora in alcuni siti , specialmente nelle valli sopra Quercino , e nei burroni del monte sopra Ferentino , verso Anagui , altre masse , anche a base calcarea , frammischiate da avanzi bene estesi , di formazione vulcanica. Il Lepino è pieno anch* esso di strati di pietra calcare secondaria in fogge diverse ; ma specialmente bianche e bigie , interposti ad ammassi di ocre e ^i terre rossicce , con del grasso , e della friabile mica mista a poco ferro. Varie gole o passaggi stretti trovansi si In questi, come neir Apennino. I lepini ne hanno tre rimar- chevoli. Il primo passaggio è quello , che li taglia alla sinistra di Fresinone in distanza di circa otto miglia da questa città, tra il monte di Giuliano, e quello di Calciano appendice del piramidale monte Cacume, ludi , dopo cinque miglia di sezione declive verso la indicala direzione , cade a poco a poco sino ad an- nichilirsi nel piano di Piperno , o del bacino secon- do. Egli è a sinistra di questa sezione , che il Le- pino forma un cupo ed oscuro seno , dal quale par- Topografia medica del Lazio ^15 toao le diramazioni sue principali in principio dc- I scritte', lungo otto , e largo tre miglia , circondato I dal comune di Giuliano sull' alto di s. Stefano più I sotto , di Pisterzo nel lato , di Prossedi ia faccia , e di s. Lorenzo nel fondo. Questo seno trovasi con- tiguo al piano del secondo bacino da un lato : nel resto è tutto circondato da burroni , che gli levano i il levante , e il sud , ed il nord. Il terreno al fondo è molto basso , a guisa di catino macchioso , umido , e dk origine al fiume Amaseno. Quindi, oltre che è avvelenato all' ovest dal vento delle paludi ponti- ne, la evaporazione sua interiore termina di renderlo in alto grado malsano nei mesi di estate. Il comune di s. Lorenzo , che vi resta nel più basso fondo , è il più esposto. I La seconda sinuosità , o passaggio , non è mol- [ to dalla prima lontana. Comincia al sud-ovest di Pro- sinone , dal comune di Castro , in distanza di cir- ca undici miglia^ e giunge per otto miglia di lun- I go e pochissimo largo sempre salendo sino al di la di Vallecorsa , tra due elevate e scoscese rupi , fin- che si ricongiungono la mediante un anello col re- siduo della catena del Lepino , che forma il bacino ' del mediterraneo già detto. La posizione di questa I gola essendo elevata , e garantita dai venti insalubri I meridionali e delle paludi , riesce sana : e quindi ! i due comuni di Castro e Vallecorsa , eccetto un f umido ambiente prodotto dal contatto dei monti , che loro cadono addosso , godono di una buona aria. Il terzo passaggio sorge rimpetto Anagni 15 ml- i glia al nord-ovest di Prosinone , tra i due comuni I di Sgurgula e Gavìgnano , ed è il più lungo e tor- tuoso, seguendo il corso di un torrente per più di 12 miglia, frammezzo balze dirupate, boschi e mac- ' chic. Questo passaggio porta a comunicare più da vi- 8* 116 Scienze cino con la legazione e eoa la citlH di Velletri; ma si può dire non aviere strada verutia. Quattro comu- ni in eleveta posizione sorgono fra le indicale sue bal- ze, cioè Montelanico , Carpineto, Gorga, e Rocca Massima , in aria umida e fredda, nociva a chi sof- fre di mali di petto, ma non producente febbre di accesso. L' Apennino poi ha cinque gole, o passaggi, che dal Lazio mettono nella lunga e stretta valle di Ro- veto, o del Liri , territorio napoletano , contermine del Lazio , da cui si valicano gli alti apennini , che formano il centro della interna e più elevata cate- na del versatoio occidentale d'Italia. La prima go- la lunga , stretta , e tortuosissima giace al nord di Prosinone verso Subiaco : l'altra all' est di Frosino-» ne circa 8 miglia sopra Veroli. Le tre ultime poste nella stessa direzione di nord -est , e tortuose anch'es- se quanto mai , sormontate da gioghi e da burro- ni al ridosso , con stretti e passi pericolosi , stan- no a Filettino, Trisulti , e Sora nel regno di Napoli. Il primo e un comune all' ultimo confine della delegazione , il più elevato tra i monti altissimi delle Serra e della Forca : il secondo comprende il mae- stoso locale della vasta certosa di s. Bartolomeo, al fondo di un elevato vallone , ed in mezzo foreste den- sissime di elei e di quercìe . Il terzo è un* ame- nissima e bella città , capo luogo di una provin- cia , posta in mezzo un altipiano , ricco di verdu- ra , e di studiata coltivazione sul placido Liri , che ne larabe dolcemente le mura , e la rende ricca , fiorente , e di ottimo aere. Sono poi tutte le anzi- dette gole di una bassa ed umida temperatura, fred- de pei dieci mesi dell' anno , in aria rigida , e pic- cante. Ma egli è tempo di dare un rapido sguardo alla Topografia mEDicA del Lazio H7 parte bassa del bacino del Sacco , ossia all' indicato vallone , che lo forma , unitamente al Liri suo in- fluente e al Garigliano riuniti. Il terreno di questo bacino è anch' esso di al- luvione (diluvium di Cuvier , vedi sopra). Il vallone del Sacco è lungo miglia 40 , non comprese le 20 miglia del Garigliano, come vedrassi : e largo, di me- dia larghezza , dieci. Comincia dalle alture di La- gnano , tra la Coraarca , la legazione di Velletri , e la delegazione di Prosinone , poco sotto la sorgente sinistra del fiume t e dalle alture similmente di Pa- liaao , dov' e l'altra sua sorgente a destra : ed adat- tandosi al corso dittico del fiume , giunge sino alle basse terre minturnesi intorno , e al di la di Gaeta, formando due sinuosità o ripieghi , ed avendo ceduto già prima il luogo al così detto bacino del Garigliauo lungo 20 miglia. Questo vallone del Sacco è irrigato , oltre il suo fiume, da molti altri fiumicelli, che discendono in esso dalle spalle dei Jepini , e dalle colline sotto l'Apennino ; fra' quali il più rimarchevole è il fiume Cosa , che nasce nelT Apennino di Guercino, e passa sotto Alatri e Fresinone , e poco più in la si sca- rica nel Sacco. Vi sono molli opificj e mulini , che alimentano le industria della popolazione. L' altro è r Araaseno , che nasce sotto TApennino di Veroli , e passa sotto il monte s. Giovanni , onde scaricarsi nel Liri , e contiene pur esso varj mulini e opi- ficj. I terreni poi del vallone sono egregiamente col- tivati , e ripieni di alberi fruttiferi e di viti, che specialmente nella sua parte sud producono im- mensa quantità di vino, oggetto principale d'espor- tazione , e ricchezza della provincia di Campagna : ma pochi palmi al disotto sono infiltrati dalle acque : i\S Scie n x e ed esalano quindi nella state dei vapori umidi , neb- biosi , e mal sani. I comuni alla destra del fiume, posti in sito più o meno elevato , sono Valmontone , Monteforlino , Ga- rignano, pertinenti oggi alla legazione di Vellelri ; indi Sgurgola, Morolo , Supino, Patrica , Castro, Fal- vatera , addetti alla delegazione di Frosinone. Alla sinistra siinilraente elevati , ed alquanto di- stanti dal fiume, trovansi Anagni , Acuto, Ferentino, Frosinone, Veroli , Dauco , Torrice , Amara, Monte S. Giovanni , Colli , Strangolagalli , e Pofi , nella pro- vincia di Frosinone. In mezzo , cioè nel basso , sul- le sponde del fiume, trovansi Cecca!)o e Ceprano. II bacino influente del Liri , dopo scorsa la valle di Roveto già descritta , e la citta di Sora , si ri- piega al sud per circa 48 miglia , e forma una valle fertilissima e ricca; ove trovansi l'Isola di Sora , ca- stello che il Liri attorno serpeggia con mirabile ca- taratta, o cascata, dopo essersi unito col Fibreno. Egli h cola , che fra ridenti giardini sorgono maestosi opificj di panni sopraffini , e di carta da scrivere con macchine a vapore della più studiata arte inglese. Que- sti contorni sono seminati di fabbriche deliziose , e popolati oltremodo , stante l'aria salubre che vi si gode. Poco al di là trovasi la fiorente e ricca città di Arpino , in ottima esposizione situata , ed in aria saluberrima; cui vengono appresso altri siti contermini della Campagna Felice. Tutto questo bacino è pos- seduto dal governo di Napoli. Ma tornando alla valle del Sacco , di tutti i suoi paesi alla sinistra già nominati Anagni è il primo che viene ad offrirsi allo sguardo. Questa città mollo vetusta è posata su di un elevalo colle , che giace da tre lati sul vallone del Sacco , e da un altro alle vicinanze dell' Apennino. Resta la sua esposi- Topografia >ifdica del Lazio 119 zione tutta colpita al nord dai venti della campa- gna roitiana , da quelli che al sud e sud-est pro- vengono pregni di esalazioni dei siti piiì umidi ed insalubri del vallone : e le sue adjacenze sono spar se di terreni acquisi rinosi e macchiosi . Quindi sì uniscono ai vapori malefici del sottoposto suolo quel- li , che vi recano i venti dominanti : ed è perciò che in tutta la stagione estiva vi domina la mal' aria , e vi grassano le febbri di accesso. Si unisce a questa sventura la quasi totale deficienza di acque potabili. In conseguenza di che , ad onta delle ricchezze de' suoi prodotti territoriali , e dell* abbondanza di tutti i comodi della vita , le sue campagne sono disa- bitate, e la popolazione di questa nobilissima citta non corrisponde al vasto suo fabbricalo. Siegue la citta di Ferentino , meno dominata dai venti dell'agro romano; ma piiì bassa , e quindi più capace a risentire l'umido esorbitante del sottoposto piano intersecato da rivoli , e da fossi di poco sco- lo ; e priva anch' essa totalmente di salubri acque pc- tabili. Prosinone, capo luogo della sua delegazione', gia- ce sopra un ruvido colle tuface , e resta distaccata da tutti i lati dai monti ; se non che nella sua parte meridionale un seguito di ridenti colline si unisce con piacevole vallata alle sue mura. La sua posizione è delle più belle , che si co- noscano ; ed è talmente pittoresca la sua veduta , specialmente alla parte settentrionale , che sembra piut- tosto un magico incantevole giuoco dell' arte , di quello che opera della natura. La valle del Sacco , che sotto la citta molto si dilata , e che e tutta col- tivata a giardini susseguiti da simmetrici filoni di uve, e seminati di case campestri , e di delizie serpeg- giale dal piccolo fiume Cosa : l'Apennino all' est 120 SCIRNZE e nord-est , che gradatamente si eleva al tìisopra con selvaggi burroni , nel mezzo con folte boscaglie , al di sotto con amene colline , ove non si vedono al- tro che ulivi ed alberi di uva : il Lepino all' ovest , che mostra i suoi solchi vetusti, e poggia sopra una striscia elevata del piiì fertile ed ubertoso terreno : al nord il vallone stesso del Sacco , che finisce a perdita di vista con ombreggiate e basse colline : tutto questo anfiteatro coronato da cittk , terre, e castel- la , porge air osservatore il piiì sorprendente e ra- ro spettacolo , che possa mai immaginarsi o ve- dersi . L' esposizione della citta all' Apennino ed ai liberi venti di tramontana , 1* abbondanza di ec- cellenti acque potabili, rendono quasi nulle o poco no- cive le emanazioni del piano sottoposto , e l'influs- so dei venti sciroccosi e meridionali nei mesi della state. Il resto dei paesi posti alla sinistra , cioè Monte S. Giovanni , Amara , Pofi , Strangolagalli , comuni piii o meno piccoli , più o meno elevati , tutti circon- dati da colline ripiene di alberi o viti , e coltivate a cereali , giaccone in aria non buona nei mesi di luglio e agosto e settembre, per essere troppo espo- sti a venti di scirocco , che vi dominano esclusiva- mente , ed agli effluvi sollevati dai siti bassi ed acqui- strinosi della valle del Sacco , pregni di un umido stra- bocchevole. Quelli che stanno alla destra del Sacco godono generalmente di un' aria migliore , se non giaccono tanto in basso , perchè sono difesi in totale dai venti delle paludi, mediante la catena dei lepini, che loro aderisce , e mediante la esposizione ottima all' orien- te , per cui i vapori del piano vengono dall' azione del sole dissipati. Le terre di Gavignano , di Sgur- gola , Morolo , Supino , e Patria , come le più ele- vate , partecipano dei menzionati vantaggi. Il loro. Topografia medjca del Lazio 421 territorio sino al fiume è rivestito di ottimi castagne- ti , di ogni sorta di frutta , e di eccellenti pascoli , ed i cereali vi prosperano in abbondanza. VeroU', Bauco , Ripi , e Torrice sono nelle mi- gliori arie , per la elevazione , la esposizione , e la nitidezza di loro territorj. Il primo sito conta una citta molto antica , gia- cente su roccie calcari di second' ordine, bianchis- sime j e circondate d'elei , elevata dal mare trecento passi geometrici ; esposta ai venti salubri e freddi nel nord : poco incomodata dagli scirocchi per le barriere delle sottoposte colline , e del Lepino , che glie lo toglie al dinanzi • in territorio ripieno d'oli- vi , ma poco ferace di cereali : irrigato da acque cor- renti, ma scarseggiante oltremodo la citta di acque po- tabili. I tre altri punti o siti formano tre terre con- siderabili , in deliziosa posizione , in ottima esposizio- ne, e ben garantite dai venti meridionali , e dagli effluvj del piano , mediante i loro territorj tutti in col- lina , e rivestite della più rigogliosa arborea vegeta- zione , con ottime uve. Non è così però dei paesi giacenti sul fiume Sac- co, i quali soffrono la mal' aria da giugno sino ad ot- tobre. Le nominate due terre di Geccano e Ceprano tro- vansi le piiì soggette , stante le nebbie continue della state I che ne involvono le abitazioni , ed i campi d'al- tronde fertilissimi, posti sull' umido ed acquestrinoso vallone. Non e altro che con grandissima cautela, che possono gli stranieri evitare le febbri di accesso esti- ve ; e consiste nel fuggire gli sbilanci troppo forti di temperatura prodotti dalla radiazione notturna della terra , dei vegetali, e delle acque, e ciò ha luogo in tutti i paesi del bacino del Sacco : ciò che però non è sulìiciente per garantirsi delle malattie stazio- nerie , ed endemiche dei due primi descritti bacini. 'i22 Scienze I ripieghi , o sinuosità sopraddette della valle del Sacco, ambedue si trovano verso l'Apennino. La pri- ma rimarchevole e quella che trovasi sotto le gole dei monti prenestini , lunga e larga circa 12 mi- glia. Paliano , Olevano , Cave, Civitclla , Roiate , Pi- glio , e Serrone sono i comuni della delegazione di Prosinone , che la circondano. Il suolo di que- sta sinuosità formante i loro territorj è grasso , cre- toso , e pieno di concavita che ritengono acque sta- gnanti ; e tutto il rimanente è una livellazione bea lieve simile a quella del Sacco, per cui ritiene le acque per molto tempo. D' altronde è frastagliato da boschi e da macchie senza abitazioni campestri : ed e an- cora esposto ai venti cattivi di ponente dell' agro romano e del sud. Quindi 1* aria di codesta sezione h alquanto mal sana nei mesi di estale , ed i co- muni suddetti , eccetto il Serrone che si eleva di assai , partecipano delle di lei venefiche qualità , e vi grassano ogni anno febbri periodiche di perico- losa natura. Ad onta di tali inconvenienti , i comuni indicati abbondano di ottime acque potabili. L'altra sinuosità trovasi tra Prosinone ed Ala- Iri , laddove furono un tempo i campi di Anniba- le , e va sino al monte da cui scaturisce il fiu- raicello Cosa. Vi sono d'intorno la citta di Alatri , ed i comuni di Fumone , Trivigliano , Torre , Quar- cino , Vico , e Collepardo. Si può questo seno di terra dividere in alto e basso. Questo è umido è malsa- no ; l'altro e sanissimo , per essere in suolo sassoso , asciutto, e difeso mediante un'alta collina dagli efflu- vj dell' ovest e del basso del vallone del Sacco. La citta di Alatri trovasi a canto di questa colli- na , che mentre la guarda dai venti nocivi , le apre , con ispazioso anfiteatro di colli ubertosi e sani , il levante ed il nord : e vi si respira quindi un aere Topografia medica del Lazio 121? Len puro. Scarseggia però moltissimo di buone acque potabili : il che non è in Guarcino- Gli altri luoghi non soffrono mal' aria , ma sono umidi pel contatto e ridosso dei monti. La vallata ossia bacino del Garigliano , che non h altro che il prolungamento e fine del bacino del Sacco , dopo essersi unito col Garigliano al di là di Geprano tre miglia, spetta tutta al regno di Na- poli, eccettuato Ponte-Corvo : ed è lunga piiì di venti miglia , e larga circa dieci. Propriamente sul fiume non vi è altro che Ponte-Corvo , e nei dintorni , da esso più è meno lontani , i comuni di Lenola , Vico s. Oliva , s. Pietro , s. Gio : in Carico , le Fratte , e Castel Onoralo, con Trajetto alla destra , Rocca Sec- ca, Caprile, Colle Piedimonte , e l'antica Casino, ora s. Germano , e la citta di Sessa alla sinistra. Fi- nalmente come appendice , distante due poste dalle foci del Garigliano , trovasi la citta di Gaeta , ed i comuni di Mola e Castellone . La parte bassa di questo bacino è tutta umida e malsana , specialmen- te al di là de' Pontecorvo , stante le vicine ri- saie , stante varie raccolte di acque stagnanti e ter- mali , a Sujo , dove senza riparo scorrono con non ordinati declivj , finoacchè vengono le paludi min- turnesi verso le foci del Garigliano a renderla peg- giore. Ma i nominati paesi alla sinistra e alla de- stra , fuori di s. Germano e Castel Onorato , non es- sendo soggetti agli effluvj del piano , per l'interpo- sizione di aspri burroni e di elevate colline , suffi- cientemente coltivate a viti e ad olio , godono di aere salubre. Più di tutti ne gode Gaeta , città for- tissima posta sul pendio di delizioso monte a guisa di promontorio , che è il termine marino della ca- tena dei lepini biforcata , come si disse. La sua espo- 124 S e I E M X E sizione h delle più vaghe e delle più salubri della terra : un suolo asciutto e sco£t1ìoso ne fende le on- de : mentre folti e vasti giardini di agrumi , susse- guiti da olireti e da alberi a vite , rendono il suo soggiorno dei più ameni e più sani del mondo. Mo- la e Gastellone sue dipendenze godono degli stessi vantaggi. Sessa , l'ultima citta del nuovo Lazio dalla parte sua sud-est , è situata in distanza di una po- sta dal Garigliano ; ed in mezzo a piacevolissimi giar- dini risente alquanto i soffi del vicino basso fondo , in cui sbocca il fiume , sul quale uno dei ponti di ferro , dei più belli di Europa , attira a fermarsi e a stupirne l'erudito viaggiatore. Nella stessa linea , e sotto i monti , in un fondo dì piano sopraccarico di acque, giace la fiorente e ric- ca citta di S. Germano , nel cui territorio ergevasi l'antica Casino , contermine anch' esso del Lazio colla Campagna Felice. I vapori del contiguo bacino, la cir- colare catena di monti , che non possono dissiparli stan- te la loro soprairaposizione : le vicine risaie , ed il suolo quasi palustre, rendono questa commerciante citta molto soggetta alle febbri di periodo , che vi gras- sano perennemente nella state. Lo stesso , sebbene in grado minore , deve dirsi di Ponte-Corvo , città papale , giacente in ubertosis- simo , ma acquastrinoso territorio. BACINO DELL' ALTO ANIENE. Questo è strettamente chiuso dentro i nevosi gio- ghi dell' Apennino ; ed è come un appendice dell' antico Lazio. Non vi si conoscono venti insalubri , fuori dello scirocco, che pel taglio delle macchie h arrivato a farsi sentire fin cola sopra , ma non mai in modo da produrra mal' aria. Il terreno vi è sas- ToPOORAFIA MEDICA. DEL LazIO 125 soso e calcare , rivestito in più siti di annose quer- cie e di faggi , e coperto nella state di pascoli va- stissimi , e pingui. Vi si vedono pochi cereali , e poche uve , eccettuate le vallate di Subiaco e di Trevi. La prima è una fertile citta , abbondante di opifici , e di generi necessarj alla vita , in situazione alquanto umida : e rinchiude, gareggiando con Monte Casino , le memorie e gli avanzi piiì rari del sog- giorno del primo fondatore dei chiostri nell* occidente. L'altra fe una piccola terra sul Teverone. Valle Pie- tra , Afile , Anticoli , e il gii nomato Filettino sono gli altri comuni situati in questo bacino , in ambiente freddissimo, ed in istorile territorio : il quale bacino nella sua inferiore porzione termina col primo supe- liore , e che si è dovuto da lui dividere per desi- gnare in regola la diversità fìsica dell' aria. RIFLICSSIONI GENERALI RELATIVE AL CLIMA LATINO. Fin qui SI è parlalo analiticamente della topo- grafia medica dei varj punti e comuni formanti l'in- tero Lazio ; ossia il Lazio antichissimo , l'antico ed il nuovo : ora conviene con ordine sintetico riunire in un solo quadro la veduta totale di questo tanto celebre paese ne' suoi rapporti diretti colla pubblica Igiene, e colla medicina patologica. E cominciando dai monti lepini , l'aria nella loro esposizione verso il mare non è totalmente perfetta ; giacche arriva sino alle loro sommità una porzione sottile (forse gaz idrogeno) delle emanazioni pro- dotte dalla radiazione dei sottoposti terreni paludo- si ; oltreché vengono percossi di fronte dall' umido perenne portatovi dai venti di ponente marini : dall' altra parte poi , che riguarda il versatojo del Sacco, 126 Scienze è lutla huona e salubre. La citta di Segni , lega- zione di Velletrì , è la prima a goderne , sebbene per ]a troppa elevazione sia soggetta a varietà di tem- peratura istantanea. Vengono in seguito gli altri co- muni da Gavignano sino a Falvatera. L'oriente è in prospettiva di tutti i paesi posti più o meno lungo il Lepino : ma dessi hanno però un anticipato po- nente di circa una o due ore , pel ridosso del monte , e quindi riescono alquanto umidi. Riguardo alla temperatura generale-medica del Lazio ; quantunque egli stia fra i 41 e 42 gradi nord di latitudine ; il suo clima diversifica a seconda delle indicate locali esposizioni. Il primo e secondo ba- cino sono caldissimi in estate , e tiepidi nel verno , fuori dei monti che li marcano. In questi siti bassi e marini la notte è umidissima per la radiazione ter- restre ; e l'alba anche in estate è fredda in manie- ra , che fa discendere il termometro a molti gradi. Nei giorni esso sale all' ombra ed all' aria , dai 26 ai 29 di Reaumour : nel massimo grado , e nel mi- nimo , ossia nell'alba, discende sino ai 14. L'igrome- tro a capello giunge ordinariamente nella state ai gra- di 60. Neil' inverno poi le nevi appena cadono qual- che volta , che la dolce temperatura del piano e della vicina marina la convertono in acqua . Nei tempi i più freddi, rarissime volte il termometro ester- no segna lo zero. Nel febbraio cominciano a sen- tirsi i calori di primavera ; e vi sono giornate , non rare , che il termometro esterno sale ai gradi 15. Una tale sollecita evenienza di caldi , che poi viene sus- seguita da qualche notte gelata , rende gì' indigeni soggetti a contrarre delle febbri d'accesso complicate ad irritazione ed a flogosi polmonare , epatiche , e gastro -enteriche , simili a quelle che soffrono gli abi- tanti delle incostanti umide pianure di Albione. Sue- Topografia medica del Lazio 127 cede ancora alle volte , che una primavera ben cal- da in febbraio sia susseguita da un freddo costante dai geli , di marzo e di aprile ancora , sebbene più di rado : mentre nel maggio si provano calori di 20 gradi , senza stato intermedio. Egli è in tale circo- stanza , che i mali di petto si rendono epidemici , e distruggono molto popolo. Quantunque il bacino del Sacco sia soggetto alle medesime descritte rapidissime vicissitudini di aria , ed anche con più. frequenza , stante la sua stretta e lunga configurazione bassissima cinta da monti : la sua temperatura nella state è meno elevata di circa tre gradi di quella di Roma , e dei paesi marittimi e bassi : e l' igroraento a capello rade volte arriva ai gradi 40. Oltre questo i luoghi elevati godono nella state di maggiore frescura. I descritti ardori estivi dei due primi bacini sono smorzati in parte da un periodico vento marino di ponente , che si alza verso le undici del mattino , e dura sino le cinque della sera quasi sempre. Il bacino del Sacco non fruisce di queste aure marine , fuori del suo contermine Garigliano ; ma vi suppliscono al- tri venticelli freschi ed umidi piiì del ponente , e che soffiano dal greco-levante, I siti però elevati assai, e alla sinistra del Sac- co, sono anch' essi dominati in parte dall'umido pe- riodico vento occidentale. Verso la fine di luglio, e nei primi di agosto, cessano codesti venti , e comincia a farsi nei siti in- feriori l'aria nebulosa , densa , e stagnante a cagione dei grandi vapori , che essa contiene , prodotti dalla radiazione terrestre e vegetale resa somma , mediante l'energia aumentata dei raggi solari. Questi vapori , co- me si è detto , ricadono sul tramontare del sole , e la terra altri ne enielle in gran copia j i quali lutti r 12S Scie n z k riuaiti producono wa ambiente umidissimo e fred- do, giocandov^i l'elettrico principio universale; sor- ge un vento di terra al maggior segno umido , e froddo anch' esso , che dura sino all' alba ed al nascente soie, tempo in cui massimo è l'abbassamento della temperatura , formando una esilissìma e pene- trante pioggia a ciel sereno , finche questo vento va ad estinguersi , aumentandosi la elevazione del sole ; e tante volte vi subbentra lo scirocco portatore di smanioso calore , di nubi , e di acqua , la quale an- zichenò raddoppia la radiazione della terra. In tale stato di cose , chi non vede quanto debbono esser nocive agli stranieri , ed anche ai riaturali del luo- go tali esalazioni esorbitanti di calore e di umi- do , e tali rapidissimi voli da una ad altra opposta temperatura ? Egli è allora , che vedonsi nascere e recidi- vare le periodiche ; cambiarsi esse in maligne o per- niciose ; assumere ancora l' indole contagiosa , me- diante cutanei eruzioni ; attaccare tutto il sistema ga- stro-enterico , l'epatico , e sconvolgere l'innervazione da capo a fondo ; e terminare con la flogosi acu- tissima e mortale di qualche viscere. A tali morbi vanno esposti a preferenza gli stra- nieri tutti : mentre molti indigeni o li soffrono in minor numero proporzionale , o in meno di intensi- tà. Quelli che guariscono in parte , ossia che resistono a tali cause morbose , cadono in lunghe dispepsie , in ostruzioni di fegato e milza insanabili , ed in cer- to inesplicabile languore, fisico e morale, che si appalesa nelle lesioni degli organi digerenti , e che ad ogni lieve cambiamento di temperatura , od au- mento di scirocco , li fa più volte recidivare , e di- sporre in perpetuo alla ingruenza della febbre. Alla fine della stale , od a mezzo autunno , so- i Topografia medica del Lazio 129 pravveneuclo le piogge o i venti freddi , che abbas- sano il tenìioraetro esterno a -|- 16 circa , comin- ciano nei due bacini del Tevere e del Sacco a ce- dere tali febbri , rimanendovi però alquanti cronici , che per cattiva organizzazione di visceri , per errori nella dieta , o per abitudini d'impressione nervosa , sono soggetti , come si disse , a recidivare. Non è così però del bacino pontino , che, come vedemmo , conserva la temperatura più atta onde rag- gino dalla terra i piiì umidi vapori. Poiché nelle prime piogge autunnali cominciano i fossi e pantani ad inu- midirsi , ed il terreno similmente : indi esse segui- tando , le paludi si ricoprono di acque limacciose , che la temperatura dolce del giorno , e i dominanti scirocchi sollevano in fetide esalazioni. Queste ricadono nella notte , ed unisconsi , come piiì volte si è det- to , air umido emanato dalla radiazione terrestre. In tal modo si vanno riproducendo , e moltiplicando ne- gli altri giorni, per indi associarsi ad altre esalazioni tratte da insetti ed animali corrotti; e ne emergono da questo chimico miscuglio dei gaz idrogeno-azo- tati , carbonici , ed ammoniacali. In questo stato di cose , l'assorbimento cutaneo e polmonare di chi vi abita si aumenta a spese del sistema capillare esa- lante. A tutte le quali cause esterne ed interne ag- giungonsi le rapide mutazioni di temperatura già al- trove nominate: che insieme riunite producono negli individui umani le più micidiali e complicate per- niciose autunnali ; nelle quali , costa da nostra co- stante osservazione di più lustri, non manca mai l'epa- te , il polmone, e lo stomaco con il resto del gastro- intestinale sistema a prendervi molta parte , e a ma- scherare altri morbi. Quasi tutti gli stranieri a pre- ferenza ne sono aggrediti , ad onta delle più rigorose G.A.T.LIX. 9 130 Scienze igieniche cautele : e gì' indigeni stessi non ne vanno esenti , specialmente la classe laboriosa. Da tutto il fin qui rapidamente messo in pro- spetto e disaminato egli è facile il dedurre : Che l'aria del Lazio generalmente è poco salubre, eccet- tuata la piccola striscia del bacino dell' alto Aniene, che alcuni neppure mettono nel Lazio, ma fra i marsi e i sabini. Che nel solo inverno e nella primavera l'aria è dolce e sopportabile , ossia non cattiva nell' agro pon- tino , e nei piani di Fondi. Che nel primo e terzo bacino nell' inverno , nella primavera e quasi in tutto l'autunno è similmente non cattiva. Che è pessima nell' autunno in tutta la provincia di Marittima ; pessima la state tutta nell' agro romano , e nei siti bassi del primo bacino, che è poco salubre nelle paludi la sta- te e in tutti i siti piani e bassi della vallata del Sac- co , del Liri , e del Garigliano nella stessa stagio- ne. Che portan luogo di eccezione i siti elevati del primo e terzo bacino , ed alcuni altri già specificati nei superiori dettagli topografico-medici. OSSERVAZIONI E RIFLESSIONI sulle cagioni^ che hanno cambiato il clima del Lazio, In primo luogo si affaccia qui la questione da molto tempo uscita in campo , se cioè il Lazio ab- hia attualmente cangiata la natura fisica del suolo , o se sia ancora ne' suoi elementi materiali lo stesso suolo di prima. Senza però intricarci in lunghe di- scussioni , e produrre quelle ragioni che i geolo gi prò e contra allegarono , egli è ben facile colla guida esatta della storia di rilevare , che questo bello ed antico paese conserva i vestigj tutti quanti co- me ne' pristini tempi deli' azione de suoi vulcani al Topografia medica dkl Lazio 131 nord , Come nel rima;ienle egli mostra le stesse trac- ce materiali di terreno di alluvione tali quali erano nell'epoca del dominio romano: che inoltre esistono per tutto resti e monumenti di citta , di acquedot- ti , di strade , di emissarj , di gigantesche sostruzio- ni , e di vecchie strade. Le quali riflessioni ed esa- mi di leggeri ci convincono, non essersi per qual- che nuova rivoluzione di cose cambiato per niente il materiale solido del suolo del Lazio, Non essendo dunque tale cagione dipendente dalla massa fisica de' suoi terreni , e provato che essi sono quelli di prima , converrà dedurre , che altre esterne cagioni abbiano contribuito al cambiamento del suo clima. Secondo pertanto il nostro opinare , dedotto dall' esame dei fatti , e del loro confronto , secondo le no- zioni fisiche e chimiche , giudichiamo consistere tali cause di cambiamento di clima da circostanze pu- ramente accidentali , prodotte esse stesse da una e singola cagione , cioè dall' aumento di temperatura. Questo aumento poi di temperatura è derivato tutto quanto , 1 dal taglio delle macchie , e dalT ablazione di quegli altri vegetali , che prima rico- privano le sue terre : 2 dallo spopolamento rapido ed universale delle sue campagne , ossia dalla man- canza della mano dell' uomo , per le continue guer- re , e devastazioni , e incursioni che lo desolarono. Non è poi difficile il provare , che la cagione primaria di tale cambiamento sia stata il taglio delle numerose e folte selve , che lo ricoprivano. Che an- zi non solo questa è stata la cagione dell' aumento di temperatura del Lazio , ma ancora di quella dell' Europa meridionale. Nei boschi , siano essi in monte , od in piano , la provvida natura ha disposto i serbato) perenni , 9^ 132 Scienze ed i principi della formazione delle acque mediante i vapori sollevati dalla radiazione delle terre basse , e dai mari , i quali poi si elevano per l'aere , e vi si equilibrano, or visibili ora no, con leggi ignote di elettricità . Mantenuti essi dall' azione del calori- co , giunti ai monti ed alle boscaglie , ove ritro- vano più freddo ambiente , si condensano , e si ren- dono vescicolari producendo l'acqua tanto piovana , quanto di sorgente. Oltre a ciò i boschi e le macchie trattengono ancora per la loro forza meccanica l'energia dei rag- gi solari , e la divergono con infinite riflessioni , e con l'ombra , diminuendone potentemente l'azione , e rendendo pili basse le temperature dei siti vicini , e quasi fredda sì il giorno , come la notte , in cui la terra con le piante emanano l'umido raggiante. In fatti la storia presenta un validissimo appog- gio alle ragioni anzidette. Da lei sappiamo, che ven- ti secoli addietro il Tevere con gli altri fiumi d'Ita- lia si gelavano in alcuni mesi d'inverno : che nel basso Danubio , e in molte parti della Germania gì* inverni erano rigidissimi , e pieni di nevi e di ge- lo , e che eran seminati da impenetrabili boschi : che in oggi non vi sono pili questi acutissimi freddi pro- lungati , perchè non esistono piìi tante boscaglie e tante dense selve. Le stesse cose per le stesse ca- gioni sono accadute in Francia ed in Inghilterra. Prescienti forse, o per vetusta esperienza , o per sane teorie , gli antichi romani legislatori resero sa- cri i boschi , le foreste , e fino gli alberi , acciò la pubblica igiene non ne soffrisse danni. Distruttesi a poco a poco nel Lazio, per la bar- barie dei tempi, molte delle sue selve , ed altre ri- strette e diradate , tolti i moltissimi lauri e mirti , ed altre piante balsamico-aroiuatichc , che riempivano Topografia medica del Lazio 133 l'aere de' loro profumi a' tempi di Teofrasto ; negletta la coltivazione dei terreni e delle piante fruttifere , e posta in non cale l'agricoltura e l'orticoltura, e rimasta per cos'i dire nuda la terra , ed esposta all' azione immediala dei raggi solari , che con pari rea- zione ed intensità raggiò essa dalla sua crosta nel giorno, ed emanò vibrando umido infinito nelle notte della state ; i venti meridionali , sciroccosi , e marini privi di ostacolo , ne hanno girata ed infettata col loro caldo-umido la superficie della terra : e cosi la bassa salubre temperatura antica è sparita per sem- pre ; ed è venuta una stazionaria atmosfera pregna di malsani vapori e miasmi a rendere più calda e più umida , e sommamente mortifera nella state , T aria del Lazio , un dì cosi pura e ricercata. Ma, oltre la storia , testimonio presente ed inde- lebile ne è l'America stessa. Ed invero costa dall' osservazione universale dei filosofi e dei viaggiato- ri , che a parità di latitudine coli' Europa , essa è quindici gradi più fredda di quella dell' antico mon- do. Le immense sue selve , antiche quanto il diluvio , vi trattengono inceppati i venti gelati dei poli , e formano un' atmosfera interminabile di fredde corren- ti , impedendo che il calorico irradiar possa dal suolo nel giorno in quantità esorbitante. Indi la mancanza di abitanti per quegli sterminati deserti , l'abbondan- za e il corso libero dei fiumi, i gran golfi e laghi ter- minano di cerziorarci sulla nostra opinione. Questa mancanza di gente tanto rimarchevole , continua, e sproporzionata, formò certamente l'altra ca- gione , che produsse nel Lazio la elevazione della sua tenjperatura , ossia la diminuzione del freddo ambiente. Caduto l'impero di Roma, perchè prima snervato dalla emigrazione in Bisanzio , queste belle contrade furono le principali e quasi uniche tenute di mira dai bar- 134 SciENIE bari , percliè contenevano le più grandi rìccliezze elei mondo. Quindi il vandalo, il goto, il longobar- do , il saraceno le devastò senza posa per circa quat- tordici secoli ; i suoi abitanti perirono fra il ferro , il fuoco , e la fame , lasciando le campague squaU lide e senza lavoro. Che anzi dopo si lunghe e pro- fonde distruzioni , sopraggiunsero le civili discordie quasi interminabili dei feudali governi , e produssero ladroneggi ed eccidi continui . E in questo modo l'agricoltura , la pastorizia , le arti perirono in que- ste belle ed amene campagne ; e sparirono dalle loro superficie i robusti coltivatori. Fu allora , che tutto si mise a soqquadro : le acque non ebbero più li- mite , ne corso stabilito : i fiumi e i torrenti si aper- sero nuove strade , e devastarono le più belle val- li e pianure , coprendole col loro limo : si forma- rono dei laghi , degli stagni , delle paludi : l'umi- dita continua e crescente ne disossidò eziandio il puro dell'aria ; niuuo vi rimediò per tanti secoli, perchè mancava il braccio dell' uomo e del governo . Cosi nacquero e si mantennero per sempre quei miasmi mortiferi , che ancora o»o[id\ tremebondi osserviamo. ,, In tal modo ( dice con seduceuti e veridici tratti l'eloquente autore delie lettere a Sofia, lettera 46 voi. 10. Milano 1S25 pag. 18) la valle del Tevere, che secondo Plinio, era ornata di un numero maggiore di palagj, di tutti quelli che trovansi nel resto dell'universo, altro più non offre , che un ammasso di rovine : ma pare che la natura stessa abbia cessato cola di esser bella e feconda , a misura che gli uomini se ne sono ria tirati. Le terre di Laurento hanno perduta l'antic- loro bellezza , dacché non vennero più coltivate dalle mani dei trionfatori del mondo. Il cielo ed il mare vi conservano ancora la loro bella tinta di azzur- ro ; ma la terra vi è triste , e quanto vi alligna , è com' esso moribondo „ TOPOGRAIIA MEDICA DEL I-iAZIO 135 LA MAL' ARIA NEL LAZIO. Dopo di avere sin qui provato , che le cause , che haano caiioiato il clima del Lazio , sono tutte accidentali ; e dopo che abbiamo esaminate e fatte conoscere queste cause ; sembra facile cosa quella di presentare i mezzi , onde eliminarle , e cosi in certo modo cambiando il suo clima , approssimarsi alquanto a ciò che erano nei prischi tempi romani. Non man- chiamo sin qui di esempi si antichi , e sì moderni , dopo le ottime ricerche fatte dal Lancisi , e i mezzi da lui usati in simili circostanze , e mentre stanno quasi al termine i felici lavori , che nelle maremme toscane di Grosseto ha fatti quel saggio e previdente governo. Codesti rimedi sì riducono per tanto a ridare lo scolo alle acque : a promuovervi una regolare colti- vazione ; a conservare ed aumentare i boschi rima- sti y istituendo rigorose leggi contro i trasgressori : in- fine a popolare questi siti deserti di apposite colonie. Questi rimedi essendo energici , grandi , ed univer- sali , non possono eseguirsi senza la sovrana potenza e magnanimità. Ma chi più grande , piìi giusto , piiì savio, piiì amico e padre de' suoi , che il nostro som- mo Gerarca Gregorio XVI ? Siccome il bacino pontino , e quello del Tevere meritano soprattutto di fissare la nostra attenzione , per essere i piiì soggetti alla mal' aria ed i più spopo- lati, ragion vuole che da essi cominciamo ad istitui- re le nostre ricerche , esponendo i dettagli del meto- do esecutivo a praticarsi pel loro fisico-medico mi- glioramento. Lasciando ai periti ingegneri idraulici il disimpe- gno de' mezzi con cui può darsi un declivio maggiore 436 Scienze I alle acque stagnanti delle foci del Tevere coli' apri- re molti e nuovi tagli , e dare alla meglio l'alveo a guisa di emissario , specialmente ai due vasti stagni di levante e di ponente di Fiumicino , acciò possano scaricarsi nel mare vicino : e nell' istesso modo ab- bassare i livelli dalla villa detta di Plinio sino a Net- tuno ; e da qui , scorrendo al di la delle foci dell' Astura, dare piti nettezza e larghezza agli scoli , an- che aumentandone i canali dei laghi di Fogliano , di Caprolace e di Paola , ed internandosi nelle palu- di, render lo scolo perduto, ed aumentarlo ai trop- po lenti fiumi Astura , Sisto , ed Ufente , ripurgan- done con esattezza tutti i loro influenti ed effluenti ; occupiamoci soltanto degli altri mezzi i più utili della propria regolare coltivazione. Questa, a parer nostro , consister dovrebbe in lun- ghi e larghi filoni di viti con appositi olmi nei siti un poco elevati : e nel resto , dove il fondo è asciut- to , piantare moltissimi mori -gelsi , che sono gli al- beri più adattati a crescere in codeste plaghe. Il rimanente totale dell' immenso piano pontino e dell' agro romano andrebbe coltivato a cereali di ogni sorta , e specialmente a grano d'India , non a tratti rarissimi , com' è oggidì : ma su tutti i punti del suo suolo ubertoso e grasso. Per riguardo poi al numero dei coloni e delle abitazioni, calcolandosi l'area dei terreni deserti a 400 miglia quadrate , ed occorrendo per una minima pos- sibile coltura n. 1 00 abitanti a miglio quadrato : il totale degl' individui delle colonie dovrebbe essere di n. 40 mila. Ma siccome la propagazione della specie umana procede con rapido corso : cosi n. 20 mila co- loni basterebbero tra vecchi, fanciulli , e adulti d'ogni sesso a ripopolare le solitudini latine, ossia circa cin- que mila famiglie; i cui focolari, sparsi per ogni do- Topografia medica del Lazio t37 ve , diminuirebbero il ristagno di un umido universa- le , ed il resto sarebbe alimentato colle annesse indu- strie dei bestiami pecorini e bovini , e di altri greggi. Non abbisognano poi di coloni i rimanenti titi bassi del vallone del Sacco e del Garigliano , per essere di sufficiente popolazione forniti. Soltanto con- verrebbe rendere comuni le cognizioni dell' arte agra- ria e dell* orticoltura , che pochissimo ivi sono co- nosciute; e converrebbe ancora far si, che si rendesse abitata la lunghissima pianura di case rurali , che mancano. Ed inculcare ai villici di non dimorare ozio- si ed inerti nelle citta , ma di soggiornare nei cam- pi , che essi coltivano , invece di abbandonarli alla fortuita affluenza degli elementi : di aprire nuove stra- de di interna comunicazione , ed anche fra le due pro- vincìe , di cui quasi totalmente si manca : d'invigilare sulla polizia interna de' comuni , facendo trasportare e fertilizzare i campi i numerosi ammassi di letame , che emanano vapori ammoniacali e raefetici nelle loro mura: di nettare i fossi, e le lacune a carico dei rispettivi proprietari ; d'impedire 1' ulteriore taglio , o dirado delle macchie ancora , e degli alberi di alto fusto. In tale maniera procedendo cesserebbero di esistere in queste rispettabili contrade i germi delle malattie di mal' aria, e si aumenterebbero le sorgenti delle arti, e del commercio; e la popolazione godreb- be i frutti novelli della sua industria , e della sua esportazione dei prodotti esuberanti , facilitata dalla posizione felice in mezzo le due metropoli ^m gran- di e più ricche della penisola , e dai comodi di trasporto sì per mare , e sì per terra. DoTT. Gio. Gerardo Fattorini. 138 Sulla vita de fluidi animali. Memoria del dottor Mi' clieV Angelo Poggioli pubblico professore di bota- tanica teorica neW archiginnasio romano , e mem~ bro del collegio medico-chirurgico di Roma etc. c Oe la pittura immaginata dal Venosino , che a vago aspetto di donna sottoponeva il collo di un camal- lo , la coda di un nero pesce , ne muove a riso per mostruosa deformità , non è meno mostruoso e ri- dicolo un ritrovato di fisiologica dottrina , al quale sì da pure gran lode e se ne fanno le maraviglie : cioè che un essere organico sia talmente costituito , che alcune sue parti abbia u vita , altre non l'ab- biano. Anzi assai meno strana sembrami la finzione di Orazio , che questa venerata dottrina : giacche la donna , il cavallo , il pesce sono tutti finalmente ani- mali , e per ciò in questo almeno conformi : dove i corpi viventi sono cosa talmente opposita ai non vi- venti , che l'accozzare un picciol mondo di tali parti composto , qualunque di esse predomini , parmi quasi uà delirio. Ma solamente dal non aver ben conce- pita la vita degli esseri organici è addivenuto, che questa ai solidi e non ad altro si attribuisse. Io non istarò a vaneggiare suU' alta caglon della vita , rico- noscendola nel fuoco con Pittagora , nel principio impulsivo s'vop^jf'v con Ippocrate , e con Platone nel fuoco e nello spirito insieme , o in questo solo coi doramatici, con Prassagora ed Erasitrato; non la porrò neir archeo con Helmonzio , nell' etere con Robin- son, neir anima con Stahl, negli spiriti vitali con Glis- son , nello spirito nerveo con Platone , nella forza % sensoria con Darwin , nell' ossigeno con Girtanner. Fluidi animali 139 Queste ed altre siffatte dottrine non sono che vani pensamenti , sono chimere ; perchè non e dato al corto nostro intendimento di penetrare ne' più recon- diti arcani della natura. Considerando la vita de' corpi organici ne' suoi effetti , e trascurandone la causa, dirò solo ridursi questa ad un complesso di azioni e di mo- vimenti animati e modificati da una forza speciale , ben differente dalle altre forze della bruta materia, il risultamento de' qnali è un modo particolare di esistere proprio di tali esseri , assai diverso dal mo- do di esistere degli esseri inorganici. Si chiami pur questa forza col nome che più piace; dicasi vitali- tà , eccitabilità , attitudine ai moti vitali ; si con- sideri come diversa dalle forze della materia, ovvero come modificazione di quelle : tutto è lo stesso , pur- ché si convenga che differisce affatto nel modo di agire dalle altre , e che anzi avendo questa un pre-r dominio su di quelle , le modifica tutte , e le tiene , dirò cosi , subordinate al grande scopo della vita ; d'on- de avviene che mentre quelle teiiderebbono di lor na- tura a sciogliere e disorganizzare le macchine viven- ti , associate alla forza vitale sano infrenate e rite- nute dalle loro ordinarie azioni , e rivolte anzi ad effetti contrari- Il corpo bene organizzato di una fem- mina nel fior di sua giovinezza ed in perfetta sa- lute , oh che bella e deliziosa scena non ti presen- ta ! Tutto quello che in essa miri ti ispira place- re , tutto ti rallegra , tutto ti attrae ; ma se sven- turatamente avvenga che essa perda la vita , oh quale scena contraria di ribrezzo e di orrore subentra ! Tutto ti aliena, ti sconforta e ti ributta. Ascoltiamo le vive espressioni con cui dipinge i due opposti quadri il celebre Cuvier nel tomo 1 delle sue lezioni artic. i (Considerazioni sulla economia animale pag. 2): „ Exarainons , par exemple , le corps d'une fem- 140 Scienze me dans l'etat de jeunesse et de satilb ; ces formes arrondies et voluptueuses , celle souplesse gracieuse de mouvemens , cette douce chaleur , ces joues tein- tes des roses de la volupte', ces yeux brillans de' l'e'tin- celle de' l'amour ou du feu du ge'nic ; cette pliysio- nomie e'gaye'e par Ics saillies de l'esprit, ou anime'e par le feu des passinns ; tout semble se re'unir pour en faire un e'tre enchanteur. Un instant sufFit pour de'truire ce prestige : souvent sans aucune cause ap- parente le mouvement et le sentiment viennent a ces- ser ; le corps perd la chaleur ; Ics rauscles s'afifais- sent et laissent paroitre les saillies anguleuses des OS ; les yeux deviennent ternes , les joues et \\es levres livides. Ce ne sont la que les pre'ludes de change- raens plus horribles : les chairs passent au bleu , au verd, au noir, elles attirent l'humìdite' ; et pendant qu' une portion s'Jvapore en e'manations infectes , une autre s'e'coule en une sanie putride , qui ne tarde pas a se dissiper aussi : en un mot , au bout d'un petit nombre de jours , il ne reste plus que quelques prin- cipes terreux ou salins ; les autres e'ie'raens se sont di- spersés dans le airs e\ dans les eaux pour antrer dans de nouvelles combinaisons, „ D'onde mai proviene che gli agenti stessi, che pri- ma cooperavano a conservare un così bello spettaco- lo, ora tutti cospirano ad un così tragico cambiamen- to? Da ciò solo deriva, dice l'insigne autore , ch'essi pili non obbediscono alla forza vitale , che in questo corpo miseramente si estinse. Se io non ho errato nel definire la vita degli es- seri organici, non potrò al certo fallire nelle conseguen- ze che da una tale definizione necessariamente discen- dono. Ed ecco la prima conseguenza, che siccome le sostanze tutte comprese nella sfera del corpo organico e costitutive dì esso corpo hanno in comune la prò- Fluidi animali -141 prieta di resìstere alla forza disorganizzante degli agenti esteriori , ed influire colle loro azioni a conservarne la natura e le forme , così tutte dotate sono di for- za vitale e di vita. Non sono di fatto i solidi che ad esclusione eludono la forza disorganizzatrice degli esterni agenti ed esercitano l'anzidetta influenza , ma una tal proprietà appartiene pure al sangue ed agli altri umori animali : adunque ancor questi sono vitali , adunque ancor questi hanno vita E perchè mai in- fatti vorremmo bandire la vita dagli umori che fanno parte del corpo vivente? Forse perchè sono fluidi, os- sia perchè le parti componenti di essi non sono le- gate a quel grado di coesione , che riunisce le mo- lecole de' solidi ? Se fosse questa la difficoltà, muo- verebbe certamente le risa. Osserviamo di grazia la natura inorganica. Questa ci presenta un insieme di corpi variamente modificati nella coesione delle loro parti di guisa, che dal massimo grado di compattezza per gradi intermedj si giunge all' opposto estremo di una fluidità imponderabile. Né potrebbe altrimenti es- sere, senza che si distruggesse lo spettacoloso teatro deli' universo , che solo sussiste per un opposto conato di due forze contrarie, una delle quali tende a disgre- gare , e l'altra a riunire , e daìla vicendevole azion delle quali proviene , che menire cangiansi perpetua- mente le forme e gli stati individuali de' corpi , si ristabilisce sempre il portertoso equilibrio, e peren- ne ed eterno riraansi l'ordine universale della natura. Or io dimando , se le forze ad mondo puramente inor- ganico son concedute soltaato ai solidi , o se ali* opposto sieno esse a tutti i corpi inserite .'* Gravi sono i solidi come i fluidi , hsnuo la forza d'inerzia e gli uni e gli altri , la nobilita , la elasticità ap- partengono in comune a questi ed a quelli. Le forze adunque della natura non sono legate al maggior gra- 142 Scienze do di coesione delle molecole de' corpi inorganici , ma tulle sono disseminate e si ripartiscono nel grande ira- pero inorganico ; anzi , se ci piaccia un momento di riflettere in quai corpi ci si presenti la maggiore ener- gia ed attività nella produzione de' naturali fenome- ni, non potremo disconvenire , che questa regna a pre- ferenza nelle fluide sostanze , e che i più sottili tra i fluidi, quali sono gì' imponderabili, sono essi ap- punto che sulla fisica feuomenogenest spiegano inces- santemente la pili attiva ed efficace influwiza. Tornando ora all'impero organico e vivente , che tutto è poggiato sulla vital forza e sulla vita , mi si dica il perchè questa forza e questa vita non si ripartisca dalla natura a tutte le sostanze che il cor- po vivente costituiscono , ed abbia ad essere il pri- vilegio privativo delle solide parti f Le molecole per esempio del sangue e degli umori animali hanno mi- nor coesione di quelle di tessuti organici , ma non per questo mancano di una energìa loro propria. Hanno queste molecole una certa forma , una certa crasi , un certo colore ed altre peculiari qualità : hanno il potere di convertire le sostanze eterogenee nella pro- pria natura , e pur quello posseggono di nutrire tutte e singole le parti del corpo vivente , ossia di tra- sformarsi in solido orgaiizzato. Ma queste forme , que- ste azioni , queste misctlt , queste proporzioni , e tutte quante queste facoltà , eie cosa sono esse in fine , se non se modi di azione vitale , se non se feno- meni della vita ? Cosiflute cose non han luogo se non perchè le sostanze fluide animali, che ne godono, sono comprese nella sievx del mondo vivente ; sva- niscono in vero tutte e cileguansi quando per la ces- sazione della vital forza , lasciato ad esse libero il freno , divengon giuoco e oersaglio dell' impero inor- ganico ; dunque vitale è la lor forza 9 vitale la eoe- Fluidi animali Ì'i3 sione , vitale l'azione , vitale l'influenza. Glie se io negassi agli umori animali la vita , non saprei più assegnare la ragion sufficiente del sussister loro , ne de' fenomeni tutti dell' animale economia , che da essi immediatamente consieguono. E già so bene ciò che su di tale proposito si potrà rispondere dai fautori della contraria opinione. Mi si dira , che non tiene affatto il confronto, poiché la materia bruta, sia essa solida sia fluida, tutta JSs al certo inorganica : non però aver luo- go il medesimo nel corpo animale, in cui i solidi of- frono una certa forma , una regolare disposizione di parti , un meccanico intreccio vario sì ne' variì siste- mi , ma simile in ciascuno ed inteso ad un peculiare lavoro; qualità che certamente negli animali fluidi non si rinviene. La risposta però è assai debole , poiché fondata su di un falso principio , e su d'una mera supposi- zione arbitraria. Orametto che nel sangue ed in altri umori le mo- lecole offrono una forma globulare uniforme in tutta la massa , come il microscopio ne convince , la qual for- ma sentirebbe pure in qualche modo di organico ; tra- lascio che questa forma comune alle particelle del chilo si rinviene nella fibrina , e nelle fibre muscolari , le quali sembrano in parte costituite dalle medesime sfe- rette, osservate nel fluido sanguigno , e fra loro stret- tamente unite, come dimostrarono i chiari autori'Pre- vost e Dumas,, Nous trouvons (dicono essi) dans le laìt, le pus sain , le chyle des divers animaux , des sphe'- res semblables en forme et en dimensions; la fibre rau- sculaire nous les offre encore , et le diame'lre des glo- bules qui la composent nous a paru identique dans tous les cas. La fibrine est egalement le resultai de l'ag- glomeration des globules. Nous pensons que ces peti- lites sphe'res existent daos les particules du sang elle- Ì44 Scienze raeraes; que la matiere colorante forme une espe'ce de vessie membraneuse , dans la quelle elles sont rènfer mées etc. ,, Comunque sia , la verità si è che la pro- prietà organica, presa nel senso ristretto di un ordigno solido atto ad agire , è assai male intesa riguardo alla giusta idea della vitalità e della vita ; poiché non si deve desumere la organica natura nelle sostanze che com- pongono un corpo dalle forme delle parti , e dalla loro disposizione. Tutto ciò non costituisce , a pa rer mio , che un accidente della materia organica , ma deve in- vece valutarsi in ragione d'una special forza insita nelle medesime sostanze , la qnale non è vietato ragione- volmente di attribuire alle molecole di un fluido, egual- mente che a quelle di un solido ; voglio io dire della forza vitale. Quello adunque che b vitale, per me si è eziandio organico : ed in questo senso io risguardo come organiche le fluide sostanze animali , non meno che le solide , e perchè non meno quelle che que- ste fanno parte del vivente , e perchè in diversa ma- niera cospirano allo stesso fine , e perchè sono dalla stessa forza animate. Ma qui diranno i partigiani del solidismo , che io batto l'aria : imperocché quanto degli umori ho fin qui predicato non dalla lor vita deriva , ma sib- bene da quella de' solidi ; che questi con la lor for- za , azione, ossìa movimento imprimono per cosi dire il carattere dì animalità agli umori : che i solidi fanno scorrere il sangue , che mantengono la crasi di que- sto fluido , che lo rendono atto alla nutrizione , alle secrezioni , e alle altre funzioni dell' animale orga- nismo . Immaginate difatto per poco , che si estìn- gua l'azione del cuore e de' vasi : ecco arrestarsi d'un tratto il moto del sangue, ed ecco perciò questo fluido, impotente a scorrere , ad agire , a nutrire , risolversi ne' suoi elementi , e tutta in un baleno dileguarsi la Fluidi animali ^45 scena della vita. Espriiniamo la tesi in chiari concclli. I fluidi non possono muoversi ed agire senza l'azione e senza il moto de' solidi organici : cessato il moto de* solidi organici, cessa quello de' fluidi: l'azione ed il moto vitale appartengono soltanto ai solidi : i fluidi sono pas- sivi a tale azione , a tal movimento. Determinata la tesi , veniamo alla spiegazione de' termini. Che s'intende per solido organico ? S'intende un puro purissimo solido privo afllìtto d'ogni specie di fluido , ovvero un tessuto solido mescolato con flui- de sostanze , che con esso sieno in comunicazione ed a contatto ? Se s'intende nel primo senso, sparisce ogni idea di moto. Poiché se tu togli ogni sostanza fluida ad un organo quale che sia , esso non sarà pili sfera di quelle azioni vitali , che con ammirabile giuoco lo distinguevano. Questa verità è troppo chiara si per via di ragione , come per via di fatto, per non abbiso- gnare di prova. Se poi si vuole intendere nel secon- do senso, non saprei come i solidisti si arroghino il diritto di donare privativamente la vita ai solidi. Se la cessazione d'ogni moto de' fluidi dietro la mancanza del moto de' solidi è un buon' argomento per prova- re , che i fluidi sono totalmente passivi riguardo ai solidi , non so perchè la cessazione del moto de' so- lidi in conseguenza della mancanza de' fluidi non var- rebbe al pari a provare , che il moto di quelli h passivo riguardo all' azione di questi. Che se i solidi non vivono , non possono vivere senza i fluidi , ne i fluidi possono stare senza i solidi , a quali di queste due sostanze attribuiremo la vita ? Qui subentra la logica , e questa esige che io la riconosca in ambe- due le materie. Eh ! bisogna pur convenire in massi- ma col divino Ippocrale , che la vita è orbicolare, è un circolo, ogni punto può essere principio e flne. Se lu vuoi prendere i solidi ad esordio della vita, sap- G.A.T.LIX. 10 1/^6 S e 1 K N Z E pi che io ho buon diritto di qui finire , dove tu co- minci : e se ti piaccia finir ne' fluidi , non mi è vietalo di là cominciare dove tu vorresti finire. Basterà forse od eludere la forza di un tal ra- ziocinio l'appellare all' azione stimolante de' fluidi , cir- coscrivendo questi alla sfera di puri stiraoli necessari! ad eccitare la vitalità de' solidi , e cosi decretare che i fluidi, sebbene privi di vitalità e di vita , pure co- stituiscono una condizione necessaria a scambiare in vitale eccitamento l'eccitabilità de' solidi ? Oh sì che un tal ripiego è ben meschino , qualora non voglia- mo porre le asserzioni in luogo di ragioni , e le opi- nioni in luogo di decreti inappellabili ! E' sempre vero che la scena della vita organica mi si presenta nelf aspetto di un' azion complessiva di solide e di fluide sostanze , e che io non posso separare un' azione dall' altra senza distrugger la vita : e non mi e permesso di assegnare la vita ai solidi , e la coudizion della vita ai fluidi , poiché se sono reciproche le azioni di queste sostanze , non veggo il perchè non abbiano ad essere reciproche le condizioni , non veggo il perché a!)bia il fluido il solo attributo di stimolare Ja ec- citabilità del solido , e non per egual ragione il so- lido non abbia a stimolare la vitalità del fluido , e die ambedue le sostanze non abbiano ad essere ecci- tabili , e che una non serva all' altra di condizione opportuna all' eccitamento. Si avrebbe oggi quasi a bestemmia fisiologica il chiamare eccitabili i fluidi. Io però bramerei conoscerne la ragione. Se ci limitiamo a meditare le cose nella sola superficie, giudicheremo di esse assai male : e se ci fa- remo troppo imporre dall' altrui autorità , saremo sem- pre uditori, e non potremo mai dir con Giovenale: „ Sem- por ego auditor tantum, nunquamne reponam ?„ L'eccitabililà , giusta la definizione che ne danno Fluidi animali 147 i recenti , è la forza o propiietà de' tessuti organici , mercè della quale corrispondono o reagiscono alle cose onde son tocchi con un parlicolar movimento. Rispetto assai gli autori di questa definizione : ma, con loro buo- na pace sia detto , non rispetto egualmente la defi- nizione , la quale mi sembra manca ed ingiusta. An- ziché questa sia , a mio parere , la definizione della vitale eccitabilità, è piuttosto una special qualità o pro- prietà de* solidi organici , che colla vita ha lo stesso rapporto che ha la specie col genere. Per me la ec- citabilità è una proprietà, un' attitudine, che hanno tutte le sostanze coinpbnentl i corpi organici sì solide si fluide, per la quale stimolate che siano in varia gui- sa da varj agenti , eseguiscono alcune azioni diverse nelle diverse sostanze , ma tutte concatenate e di- rette allo scopo della vita. Queste azioni parte sono meccaniche , parte chimiche ; se non che ne le une ne le altre sono comuni alla materia Lruta , inor- ganica; ma modificate dalla forza vitale, sono mec- caniche vitali, e chimiche vitali. Diamo pure, se ci piace , ai tessuti organici la vitalità meccanica , ossia la capacità di produrre dei movimenti di reazione , allorché vengono stimolati da alcune potenze oppor- tune. In tal caso il movimento de' solidi non è che un modo di vivere di essi solidi , ed una manifestar zione o forma di vita. Questa però non è la vita tutta degli esseri organici , e una porzione della lor vita , e cioè la vita meccanica. Ma l'altra parte della vita non meno essenziale , da cui consieguono tutti i ri- sultati chimici , che sono non il fondamento soltanto della riproduzione , ma sibbene della prima formazione degli stessi organici tessuti, questa non può esser pro- pria che delle fluide sostanze, se è vero l'assioma chi- mico che „ corpora non agunt nisi soluta. „ Pertanto se la vita de solidi consiste nel vitale eccitamento pro- 10* H§ Scienze ciotto dall' azione degli stimoli iiell' eccitabilità di que- ste sostanze , e manifestato dal meccanico vital mo- vimento de' tessuti , la vita de' fluidi consiste pure nell* eccitamento prodotto anch' esso dall' azione degli op- portuni stimoli , e manifestato dal chimico vitale pro- cesso , che pure sta tutto in un moto molecolare ; due azioni distinte , ma ambedue vitali , perchè dalla vital forza egualmente rette e modificate : e siccome la natura inorganica sussiste per la cospirazione delle forze e meccaniche e chimiche , così la vita orga- nica si mantiene e si regge sul doppio perno della mec- canica e chimica vitalità , quella propria de' solidi , e questa de' fluidi. Avvi adunque una eccitabilità co- mune ed ai solidi ed ai fluidi , simile nella sua es- senza e distinta ne' suoi effetti; quale essa sia , ne io lo so , ne altri potrà saperlo giammai. So bene che e una forza che modifica il moto meccanico de' soli- di , e che modifica il processo chimico de' fluidi : e dirò di questa ciò che Newton asseriva sulla gravita de' corpi nel lib. 1 de' suoi matematici prìncipj : ,, Hanc quippe esistere estendo nt phaenomena naturae , licet qua ratione id fiat nondum explicatura sit. ,, Quantunque le considerazioni da me fatte sulla ecci- tabilità de' fluidi sembrar possano persuasive e soddisfa- centi , dira taluno , che non oltrepassano il confine della possibilità di una vita ne' fluidi. Poiché nella concorren- za delle due azioni meccanica e chimica nello stesso corpo organico , potrà sempre nascere qualche dubbio , per quanto voglia dirsi poco ragionevole , che il pro- cesso ciiimico de' fluidi sia tutto dovuto e subordinato o secondario alla vita de' solidi , e che sarebbe tanto meglio dimostrar la necessità della vita ne' fluidi an- ziché provarne la non ripugnanza. E ben dunque, aven- do io sia qui dimostralo per parità di ragioni , che può star la vita de' fluidi , siccome quella de' solidi, Fluidi animali ^49 non ricuso il cimento di provare ad evidenza , che questa vita de' fluidi, oltre che può stare, è anco cerla e deve essere. E ad ottenere il mio intento, mi ripor- to al primo sviluppo di un corpo organico , all' esor- dio della vita. Io presento ad una mente, non pregiu- dicata e di criterio fornita, la conteraplazion di ciò che accade nel germe animale sia viviparo sia oviparo in seguito della sua fecondazione ; or mi si dica dai fautori del solidismo, che cosa v'ha di solido ororanico nell'evo animale, che di organica tessitura? Nulla dav- vero. Io non vi rinvengo che fluide o semifluide par- ticelle. Rispondete forse , che vi sono i solidi rudimen- ti. E che intendete mai per solidi rudimenti.? Se tutto è fluido neir ovo , voi non potrete al certo intendere che sieno questi altra cosa se non se alcune molecole fluide, che progredendo il processo vitale dell' ovo stesso, convertirannosi in solide sostanze , in tessuti orga- nizzati , ma che sin qui non sono ne le une ne «li ri. Che cosa era il germe prima della sua comparsa , interroga il chiarissimo Magendie nel suo compendio di fisiologia ; esisteva egli, o si Ì3 formato in questo momento? La piccola massa leggermente opaca che lo compone , contiene i rudimenti di tutti gli organi del feto , e dell' adulto , t)vvero essi sono creati nel momento in cui cominciano a farsi vedere.? Qual può essere una nutrizione cosi complicata , cosi importan- te , che si fa senza vasi , senza nervi , senza circo- lazione apparente ? come il cuore comincia a muover- si prima della comparsa del sistema nervoso.? d'on- de viene il sangue gialliccio che in principio con- tiene etc? E' impossibile nello stato attuale della scien- za di sciogliere alcuna di queste quistioni. Mi si permetta di rispondere alle perspicaci in- dagini del dotto autore, non in aria di risolvere dom- 150 Scienze maticamente problemi di tal falla , ma siLbcne di por- tar sopra di essi alcune riflessioni. Che vi sia un g«r- me preesistente nell' ovo virtualmente, non oso negar- lo, anzi il non ammetterlo ripugnerebbe. Ritengo per- ciò che le molecole di quella mucosa sostanza, che solo io veggo, abbiano la virtiì , che lor comparti l'au- tor della natura, di creare una macchina organizzata. Paragonando l'organizzazione ad una orditura , non riuscirà tanto diffirile al mio intelletto il concepire co- me dal fluido dell' ovo si formino le prime linee, i primi filamenti , e che poi questi si vadano a con- giungere con cert' ordine e certe leggi d'onde risulti la tela organica, quanto sarebbe l'immaginare una tela già ordita , un tessuto di già formato ; e strana cosa pur n>i sembrerebbe qualora nell' ovo esistesse una mac- china eccitabile , come essendo questa sotto l'influen- za vitale, e perciò nel caso di risentire l'azione di talli gli stimoli , che sono opportuni ad eccitare i solidi organici, questo primordio , o abbozzo della gran- de organizzazione non se ne risentisse per nulla, e che solo si scuotesse e risvegliasse all' azione del principio fecondante. Che se ammettiamo essere un chimico vi- tale processo quello che si eseguisce nell' ovo in se- guito della fecondazione, troveremo piiì conforme alla ragione , che l'aura spermatica sia l'agente chimico atto a produrre quel mirabile giuoco di azioni dal quale emerge un individuo vivente. E perciò che si ritrovi neir ovo una macchinetta intera già costruita , salvo il dovuto rispetto ai chiarissimi autori che cosi la peu- .«?arono , si perdoni la mia incredulità , se non mi rassegno ad annuirvi. Non sarò per questo eretico in fisiologia. Il credere ,, quod non vides „ senza neces- sita, non h la fede delle scienze naturali, ed e un gio- go a cui non mi piego. Di piiì , quando non voglia ammettersi eterna la materia organizzata, dovrà giugncrsi Fluidi animam 151 in fine alla prima macchina di lai natura , dove spa- risce ogni idea della preesistenza , poiché ne il pri- mo individuo di ciascuna specie vegetabile nacque dal seme, ne il primo di ogni specie animale nacque dall'ovo. Qualora infatti io mi faccio a meditare con certa profondita l'organica produzione sin dalla sua origi- ne, poiché costretto mi veggo a giungere perfino alle forze degli atomi della materia, setnpre più mi con- vinco di cosiffatta dottrina. E quale altrof in vero po- tè essere il piano della natura nel primo impianto dell' organismo se non quello di riunire essi atomi con certe leggi prescritte dall' autore di essa , e con certi modi ^ e speciali combinazioni , onde con lavo- rio progressivo e maraviglioso gìugnessero a costruire un impasto organizzato ? Non mi e permesso di con- cepire un solido organico senza l'idea di un prece- dente stato di fluidità , ne un fluido senza l'idea di una speciale combinazione atomistica. Dirigiamo adunque il pensiero la dove la natura incominciò ad operare con le sue non ordinarie po- tenze. Gli atomi della materia, ciascun de' quali da per se non avea forza di vita , furon portati a mutuo con- giungimento con un cert' ordine e rapporto di azio- ne. Dal complesso di queste azioni risultò una sostanza tlotata di una speciale attività non comune in ve- run modo alla bruta materia , dissimile cioè dalle al- tre forze conosciute di essa. E fu in seguito di una tale azione , che ne emerse un corpo fluido ; questo, siccome parlo di una forza non comune, era un com- posto anch' esso di natura e qualità non comuni , un fluido di suo genere dissimile dagli altri e nella mi- stione , e ne' rapporti si esterni , si interni ; era un composto chimico, ma non fatto col processo chimico ordinario, ed inimitabile per qualsivoglia operazione raf- -152 Scienze flnata che possa imt&aginarsi da ingegni suLlimi. Che era in fin questa forza , che era mai questo fluido ? La forza era vitale, organico e vitale era il fluido. Non facea parte ne questo ne quella dell' inorganico im- pero •• apparteneva già dunque all'organico, al vivente, giacche tra vita e non vita , tra organico e non or- ganico, non vi son mezzi termini, non vi son gra- di , esiste un vuoto infinito. Ecco perciò stabilita una sfera di attività chimico-vitale, della quale non si può dire senza assurdità che dipenda dall' azione de' so- lidi che ancor non esistono. Qui per altro non si ar- restò la natura , la quale avendo data la impronta or- ganica alla materia col farne un fluido vitale , le as- segnò pure il potere di estrarre dal seno suo con certa legge e misura alcune particelle o molecole, che in- sieme riunite con aggregazione portentosa venissero a costruire alcuni organi solidi , varii nella lor tes- situra, siccome ancor nelle azioni, che cospirassero però con quelle de' fluidi a creare e conservare un vivente individuo. Fu fatta pure questa mistione di particelle, dall' intrecciamenlo e dall' armonia delle quali risve- gliossì una forza di singoiar modo , da manifestarsi con movimento di reazione all' urto de' varii agenti atti a stimolarla : e ad esprimermi in termini equi- valenti, si eseguì un organismo solido che ha un modo di vivere tutto suo , e Len distìnto da quello de' fluidi. Questa è un altra sfera di attività meccanica vitale , che racchiude in se e il turgore della cellulare, e la contrattilità de' muscoli , e la sensibilità de' nervi : vitalità e vita è quella de' fluidi che generarono i so- lidi , vitalità e vita è quella de' solidi che da' fluidi risultarono. Altra però è la manifestazione de' primi , altra de' secondi ; sono pur troppo queste due mani- festazioni, direi quasi, due frazioni della vita organi- ca, che sì pongono in concorde alleanza , dalla som- Fluidi animali 153 ma delle quali risulta un intero, e questo si è appunto l'individuo che ha vita. Uu tale intero non sarà mai senza rannouica cospirazione d'ambedue, e avrà subito fine quando o l'una o l'altra sia per mancare al suo sco- po. Ora io dico, tornando all'evo, se fu necessario che la prima macchina organizzata sortisse da un fluido, perchè poi non sarà possibile che un fluido fabbricasse la secon- da, la terza e tutte le altre consecutive ? Nessuno certa- mente sark così fuor di senno da asserire , che siano immersi e nuotino nel sangue fibre cellulari , musco- lari , nervee , ed ossee : eppure un tal fluido ha in se quelle particelle che aggregate insieme formano la cellulare , i muscoli , i nervi , le ossa. Cosi il fluido deir ovo , quantunque non tenga iu se nascosta una macchina già fatta , ha però tanto che basta a for- mare le parti che debbono entrare nella sua com- posizione. Nel sangue il processo della nutrizione è riproduttivo , nel fluido dell' ovo il processo dell' or- ganizzazione è produttivo. Risponderò dunque al chia- rissimo Magendie che riconosce un profondo mistero nel secondo processo , che h pure un mistero il pri- mo , e che tutto è mistero ciò che accade in natura alla cortissima vista di chi la studia e la contempla. E' un bel dire, che tutto ciò che ne' fluidi è ope- rato pria della formazione de' solidi è un processo pre- paratorio alla vita. E lo sarà pur troppo nel piano che i solidisti hanno immaginato , ed a cui inchine- vole e serva render vogliono la natura. Io però la pen» so assai diversamente; non faccio obbedire la natura al sistema, imperciocché cosi volere sarebbe una fol- lìa : ma invece m' avviso di piegare il sistema alla natura , fabbricandolo dopo la contemplazione de' fatti. Partendo adunque da questa giusta massima rispon- do , che il processo che ne' fluidi si scorge è da di- stinguersi e considerarsi sotto due aspetti , cioè sotto 154 Scienze quello di preparatorio alla vita in genere , e sotto l'al- tro di preparatorio alla vita de' solidi , che , come già dissi , è parziale. Preso nel primo aspetto, non è ai certo processo preparatorio alla vita , raa è un pro- cesso realmente vitale, poiché quel muco che lavora- to da occulte forze dà per risultato un tessuto solido organizzato, non è certamente mosso dalle forze della natura inorganica , giacche in tal caso non partorireb- be nn organismo : ma è agitato invece dalle forze della natura organica , e queste son quelle che appelliamo vitali, imperocché dove finisce la forza della materia bru- ta ivi comincia quella della vita. Converrò pienamente d'altronde, che sia un processo preparatorio della vita dei solidi , non potendo questa preesistere aila loro for- mazione. Ciò premesso, vorrei sapere che cosa sia quel se- greto misterioso lavoro che uell' ovo animale esegui- scesi , d'onde trasse mai origine , come prosiegue, e do- ve va a terminare, lo so che appena V aura fecon- dante die un impulso efficace alla fluida materia dell' ovicciattolo , suscitossi in essa un certo moto intesti- no , per cui , da inerte e subordinata alla vita con- servatrice del seno in cui stazionava, divenne un nuovo campo di vitali azioni , una nuova sfera di vita pro- pria. Progredendo cotal movimento molecolare del tutto impervio a* nostri sensi, veggo da prima apparir qual- che traccia di organizzazione , che sviluppandosi gra- ere narrai Berodotus^ superato australi Africae promontorio , ad indos per- venit. LuculeiUae ibi sunt morum et regionum descri- ptiones^ ac nescio an aliud poema acceptius populari^ bus sit : hoc pueri ediscunt , hoc senes in ore ha- bent ^ nec minus Camoensii sui lectione commoven- tur ^ quam graeci olim Iliade^ aut sj racusani eu- ripideis versilus , quos primum a captivis athenien- Vita Thomae Valpergak etc. 243 sibiis post Niciae calamitateni aiidlerunt. Tantam \>ùn habet magnanima illa poesis et , desuetis iam animis^ multo etiam admirabilior prUcoriim facinorum re- cordatio. La dimora del Caluso in Lisbona fu resa memo- rabile , per aver ivi incominciata quella amicìzia, che per tutta la vita lo strinse a Vittorio Alfieri ; e per- chè in quel primo incontro ei valse a porre nel cuore del giovine astigiano quelle scintille , che bril- larono poi di una luce cosi viva. Il ritorno dell' ab. di Caluso in patria , avvenu- to non guari dopo , oflfre all' egregio suo encomiaste il destro di rammentare , quale fosse a quel tempo lo stato delle lettere e delle scienze nel Piemonte ; e il fa per modo , che noi non abbiamo sapulo resistere al desiderio di ornare anche di questa gemma il pre- sente sunto. Erat is annus (egli narra) superioris sae- culi tertiiis siipra septuagesimum , qua tempestate li- terae apud nos impeasius excoli coeptae sunt. Nani ut antea parum colerentur faciebat regionis condii tio , quae diu a finitimis tastata , eo tandem cala- mitntis devenerat , ut a Ferrante Gonzaga , italo homine , diripienda militibus daretur, credo , ne quid usquam intestinis italorum odiis deesset. Cam igitur mansuetiores musae in pleraque Europa certum ac stabile domicilium haberent , inter italicas vero civi- tates Florentia uti Athenae aut Cor) nthus in Grae- cia elucer et , de nostris silebatur , qui propulsandis belli periculls intenti , nec alius gloriae cupidi , ubi pax evenerat , urbanam disciplinam cum tenuitate cultus domi tuebantur. Eo accedebat externarum re- rum contemtio , quam asperitas temporum alit , fe- licitas minuit ; sed multo magis patrii sermonis ege- stas , italici et gallici perinde dissimilis , cwn tameri ffui scriberent , alterutro uterentur. Jfque inde fa- 16* ?44 Letteratura cticm existimo , ut liberalia studia per Etnmanuelem Filibertum sero inducta , cito defloruerint^ cum prae- sertim agrorum sterilitates et sub muliebri tutela in- terna regni dissidia publicam rem misere labefacta- rent. Nemini propterea mirum videbitur , si secunda literarum initia a V^ictorio Amedeo 11^ earumque in- crementa a memoria patrum repetamus. Tane enim ingeniorum foetum edidimus , et Josephus Salutius , Cigna , Lagrangius , AUionius , in mathesi et rerum naturalium scientia piane singulares , de inventorum praestantia et nobilitate cum aequalium doctissimis contendere ausi sunt. Tunc etiam castior fluxit no- strorum oratio ; infra tamen substitit eloquentìa , si- ve illa summam gentis expolitionem requirat , sive omnino praepostera tunc esset imitandi ratio. Mirum quantum hic scrupulus mature scribentibus iniectusy ne quid in verbis offenderent , eorum impetum retar- daverit , quos adeo satis puros dixeris , sed parum solutos et depictos quodammodo. Primus Denina do' ctrinae suae alumnos a ^>erborum angustiis in me- dias res deduxit ; primus historiam uberius auden- tiusque tractavit. Eiusdem aetatis fuit Josephus Ba- rettus , acerbus castigator scriptorum aevi sui , in quo nativus quidam ac paene cellinianus facetiarum lepos apparuit , cui maxime studebat. Hos subsecutus est Hieronrmus Rosascus ^ veterum non tam copiae, quam gracilitatis sectator\ cui adeo defuit facditas. Multos praeterea commemorare possem in exculta la- tinitate disertos , quibus tamen si minus perpetuo di • ctionum delectu , at subitaria facultate anteivit Pa- ciaudius. Graeca et hebraica invexerat Pasinius, sed ea leviter et sine critica subtilitate tractabantur , qua postea e nostratibus enituit Bernardus Derossius. Con questa critica e con questa filosofia , aven- do esposta la condizione de' piemontesi sludi , conti- Vita Tho>iae V^alpergaiì etc. 245 mia il cb. A. con dimostrare, cotuc giovasse a por- li ia più nobile slato la sapienza del Caluso. E vie- ne mettendo in bella luce , quanto nelle scienze , quanto nelle lettere , quanto nella intelligenza delle orientali lingue egregiamente valesse. Enumera intan- to , e fa in pieno modo conoscere le diverse opere cbe mandava egli nelle mani de' dotti , quasi insigni testimonianze del suo profondo sapere : ne tace , tan- ta altezza d'ingegno essere stata fregiata di una cara modestia, tanta virtù di una gioconda urbanità. Do- ve non di sole parole dotto , ma grande e profondo conoscitore delle cose , si manifesta il Boucheron . Che a favellare con maestria e proprietà delle scien- za e delle lettere , si dimanda una intrinseca e cer- ta cognizione di esse. Noi siamo pertanto nel credere , che tutti coloro, che si piacciono ai nobili ed utili fatti , faranno te- soro di questo commentario del cav. Boucheron : do- ve nella vita del Caluso , tutta spesa in servizio del- le lettere per 74 anni , che furono il termine en- tro al quale si chiuse, troveranno esempi hellissimi da imitare e per le gravi sentenze e le eleganti parole , con le quali ne ha esso ornato il racconto, vedremo rin novellarsi quello che affermò di se stes- so Plutarco , che meditando le vite dei dotti uomi- ni aveva sentito mutarsi in migliore. Ne vogliamo lasciare la penna senza tributare giusto encomio alla bellissima esecuzione tipografica dell' opera, la quale si adorna sulla fronte di una vignetta , che rappresenta il ritratto dell' ab. di Ca- luso , e che ci affermano offerire una fedelissima im- magine. Cav. P. e. Visconti. 246 Homère et ses écrits par M. le marqitis De Fortia dUrhan etc. Paris , 1832 de 250 pages in 8.° n 'appoichè il potentissimo ingegno del Vico , in- credulo alle storiche tradizioni dell' antichità , fecesi a investigar con metodo razionale la vera storia del- la origine, dello sviluppo e del dicadimenlo della so- ciale civiltà delle nazioni , rivisse e con piiì ferven- te disputa cominciò a dibattersi la tanto tempo agi- tata quistione suU' esistenza di Omero. Era avviso al filosofo napolitano che questo nome di persona fìtti- zia si fosse veramente il simbolo della popolare poe- sia presso i greci nell' epoca eroica della loro ci- viltà , siccome il nome di Ercole si era la colletti- va espressione dell'eroismo greco, Ermete dello spi- rito inventore degli egiziani , e Romolo della primi- tiva costituzione militare della società romana nella sua origine. Questi arrischiati pensamenti trovarono in Ger- mania , più che in qual si voglia altra nazione , fau- tori e seguaci : e nella Germania si vide sorgere il pili intrepido oppugnatore di Omero e della unita de' poemi a lui attribuiti ; e questi fu il famoso Federi- co Augusto Wolf. Seguendo egli le orme del Vico, pre- se ne' suoi Prolegomeni omerici (1) ad investigare la (i) Prolegomena ad Homerum , sive de operum homeri- eorum prisca et genuiaa forma , variisque mutationibus . Ha- lis-Sax: 1795, in 8.0 Scritti di OniEno 247 storia e la orj<^ine dei due poemi e mise a strettis- mo esame le variazioni , i rappezzamenti , e le discor- danze de' pii!i vetusti esemplari di queste poesie. In- di entrò nella quistione, se l'autore , o gli autori dell' Iliade e dell' Odissea avessero conosciuto l'arte di scri- vere , o se avessero potuto valersene ; ed attenutosi alla opinione negativa ne raccolse in sequela , die i canti omerici si fossero in verità un ricuci mento di poesie de' pubblici cantori , depositari delle tradizio- ni religiose, politiche e guerresche delle varie nazio- ni greche nella puerizia della loro civiltà. Il bollo- re , che all' apparir della opera di WoH rimuoveva gli spiriti in Francia e in Àllemagna , e la novìtk del bizzarro paradosso, ben facile e larga aprirono la via alla sua divulgazione : e venuto in credito, vasta ma- teria diede a scrittori in gran numero da contender- vi sopra e da ripugnarsi. Il Wolf trovò seguaci ; ma non mancarono avversari valenti , tra' quali il piij co- spicuo grado tiene meritevolmente l'eruditissimo sig. marchese di Fortia. Fervente cultore, e intendltor profondo degli stu- di antiquari e filologici, mise nella da noi sopra annun- ziata opera in evidente apparenza la speciosità e !a falsità della opinione mantenuta dal fortunato commen- tatore tedesco ; e in dieci capitoli tutti comprese e svolse i punti , che alla impresa quistione si attengano. Dichiarò egli dapprima con gravi argomenti, clie i fenici ammaestrarono i greci nelT arte di scrivere con note e con segni molti secoli prima dell' assedio di Troia; e in testimonio indubitabile allegò la iscrizione antichissima rinvenuta sul frontespizio del tempio di Onga sacro a Minerva (1), ne pretermise le vetuste gè- (i) Vedi le mem. dell' accad. delie iscrìz. e belle-lettere dì Parigi , tom. XV pag. ^o^. 248 Letteratura nealogie greche di recente illustrate dal dottissimo Heyoe. Smosso questo primo fondamento del paradosso •wolfiano , sen viene il N. A. alia trattazione degli argomenti storici , mercè de' quali dimostra la reale ed individuale esistenza di Omero ; e la di lui na- scita rapporta all' epoca, la quale secondo il più pro- vato calcolare de' diligenti cronografi sembra la piìi probabile. A queste accuratissime investigazioni criti- che del sig. marchese di Fortia obbligati ci andiamo ■di una importante emendazione di un passo di Ero- doto nella di lui vita di Omero , guasto dalla impe- rizia de' copisti , i quali nel testo intromisero un' an- tica e straniera annotazione tnarginale , ne per l'ad- dietro erudito alcuno , non eccettuato nh manco Ar- rigo Stefano, ne lo Schweighauser, aveva preso sospet- to di sì fatta intrusione. Segue poscia uno storico e bibliografico raggua- glio delle rapsodie omeriche , e delle differenti edi- zioni de' due poemi fatte in Grecia e in Egitto : e ben agevole viene quindi al Fortia il chiarire , che nel rivolgimento di tanti secoli le omeriche poe- sie han conservato la loro originaria integrità. Si enu- merano con ben divisata ed erudita narrazione ben anche gli eruditi , che dopo lera cristiana ai nostri giorni abbiano posto le lor cure sia nell' impugnare, sia nel difendere , illustrare e pubblicare con accura- te impressioni l'Iliade e l'Odissea. Chiusa in questo modo la via ad ogni sotterfu- gio, il N. A. si fa più dappresso a stringere il soste- nitore della contraria sentenza , e con tanto irrepu- gnabile potere di logica , con tanta squisita e copio- sa erudizione classica , e con tanta lucidezza di espo- sizione ne risolve le obbiezioni , che uomo di sano intendimento non può cosa più oltre desiderare a pò- Scritti di Omero 249 ter conoscere pienamente la falsità de' paradossi di Wolf. Non possiamo quindi con adequati termini com- mendare questa opera pregevolissima , che ben a ra- gione potrebbe denominarsi una Biblioteca omerica^ e che potrà curare la mania di coloro , i quali opi- nano che il cieco caso incapace di comporre in or- dine , siccome era usato di dire il sommo Cicerone, due sole parole , abbia partorito due sovrumani poemi. Ab. Antonino De-Luca. Degli arabi e del loro soggiorno in Sicilia. Memoria di Pietro Lonza principe di Scordia. Palermo 1832, di pag. 98 in S.*» Sulla dominazione degli svevi in Sicilia , cenni sto- rici e letterari di Petra Lanza , principe di Scor- dia. Palermo 1832, di pag. 56 in 12.° v_-ion quanto affettuosa e diligente opera intenda al- lo studio ed alla illustrazione della patria storia il sig. principe di Scordia, ben cel dichiarano i sopran- nominati suoi opuscoli. E però da noi si vuole con meritate laudi commendare. Che in vero di rado a noi avviene il vedere giovani nati in nobilissimo e dovizioso stato dilungarsi dal turpe esempio di al- tri ben molti , i quali non si sapendo il perché sia- no nati , il perchè respirino quest' aura , il perchè sea vivano in sociale consorzio cogli altri uomini , bruttamente poltriscono in disutile ozio. Ma il nostro ornatissirao sig. principe di Scordia, oltre ai natali il- lustri ed ai larghi doni di fortuna, sortì un padre, che 250 Letter atura col suo esempio ben potevalo confortare a baltere il sentiero , che solo può scorgerci all' acquisto di glo- ria durevole con durevoli benefizi e utili fatlclie qua- dagnata. Quindi egli di buon'ora, con quanto più stu- diose cure da lui si potessero , si adoperò per rifio- rire l'animo suo di quelli ornamenti , che a ben nato e cullissinio cavaliere si addicono : cominciò egli di buon' ora a svolgere i fasti della sua celebratissima pa- tria , per investigare le cause , che con tanto fortunoso rivolgimento or di prosperità or di miserie , or di na- zionale indipendenza ed or di estera servitù, liannovi partorito tanto rilevanti e svariati casi. Solide ed utili lezioni ei seppe trarre di civile sapienza da sì egre- gia maestra , eh' e la storia del suolo natio , e frut- ti delle di lui storiche investigazioni sono i due opu- scoletti , di cui daremo un corsivo ragguaglio. Nella Memoria sugli arabi e sul loro soggiorno in Sicilia, il sig. principe prese a discorrere della po- litica , civile e letteraria condizione de' siciliani sotto quegli esteri dominatori. Narraci dapprima il N. A. il come gli arabi sieno saliti in potenza, e il come ab- biano allargato le loro conquiste ; e non pretermette l'esame di quell' accusa immeritevolmente ad essi ap- posta di esser popolo ignorante e digiuno di lettera- ria e scientifica coltura. Troviara di poi esposte le cau- se , che aprirono ai saraceni la via alla conquista del- la Sicilia , e i modi ci si dichiarano , onde la loro do- minazione per due secoli e mezzo fermaronvi. Enume- ransi le reali dinastie , che nelle mani loro tennero il supremo imperio di Sicilia nell' epoca saracenica , ed entra l'autore ben anche nella disamina , se il reggi- luento loro fosse assoluto o stretto in certi limiti. „ Non può dirsi fondata (cosi il sig. principe di Scor- „ dia, trattando di questo rilevante articolo, discorre ) 5, l'opinione di coloro , che vogliono dagli arabi in- Degli arabi 251 „ Irodotta la costumanza de' parlamenti e delle as- „ semblee : irapercìocchè D'Herbelot non ci rammenta, ,, se non se qualche concilio convocato per affari gra- „ vissimi , quali erano il sostituire un califfo ad un „ altro , o la deposizione di uno di essi ; quindi rao- „ narchico assoluto può e dee chiamarsi a parer mio „ quel governo , abbenchè fosse piantato sopra princi- „ pii , che recassero non pochi vantaggi. ,, Ricordansi con lode le leggi , con le quali gli arabi amministrarono il civile governo di Sicilia , ove il sacro diritto di proprietà e di successione fu tutela- to con sapienti statuti. L'agricoltura fu protetta , il commercio incoraggiato , gli ostacoli al maggiore in- cremento di queste due precipue sorgenti della nazio- nale ricchezza furono rimossi : così che la Sicilia ven- ne in florida e opulenta condizione. Arriviamo alla fine al dichinamento della saracenica potenza in Sicilia e alla loro espulsione. A questa narrazione politica e ci- vile il sig. principe di Scordia aggiunse un ragguaglio molto rilevante sugli uomini che vennero in fama di sapienti in quei tempi tra' siciliani , e una notizia del- lo stile che gli arabi tenevano per tramandare ai po- steri la memoria delle geste loro, e per segnare le lo- ro astronomiche osservazioni. Ad illustrare cose cotanto rimote ed oscure il N. A. pose ogni cura nel consultare quei pochi storici monumenti , che sinora sono stati da' dotti arabisti il- lustrati e divulgati , ed eruditissime sono le note ap- poste alla fine della sua memoria , ove recondite no- tizie si contengono cavate con sano giudizio dalle di- ligenti opere de' piti celebrati orientalisti. Con pari metodo nel secondo de' suoi opuscoli il sig. principe dr Scordia ci vien discorrendo della sve- va dominazione in Sicilia , e dell' accadutovi sotto la turbolenta e fortunosa signoria di Arrigo VI, di Fé- 2i>2 Letteriitura derigo II, di Corrado e di Manfredi. Epoca memo- randa si fu questa , non già per le ire e per le fa- zioni intestine , non per le indomite querele tra que- gli svevi signori e i pontefici di Roma , ma sì per lo ristauramento della civiltà d' Italia , anzi di Europa tutta. Allora fu che nella fioritissima corte del secon- do Federico in Palermo cominciossi ad udire questa gentil favella, la quale nutrita poscia e a ferma ro- bustezza condotta dalle cure di quel nobilissimo trium- virato , di Dante Petrarca e Boccaccio , tanta sapien- za ha diffuso nel mondo , e tanto sonori accenti ri- donò alla già muta poesia. Il sig. principe di Scor- dia, caldo di santo amore per la gloria della sua pa- tria, si allarga in una erudita narrazione degli uomini illustri di Sicilia , che in quella infanzia del nostro in- civilimento mostrarono con non dubbiosi indizi a quan- ta altezza dovesse poscia innalzarsi l'ingegno italiano. Quanto commendevoli adunque si siano queste , dirò , primizie delle future illustrazioni della storia in- tera di Sicilia , cui omai dobbiamo a buon diritto aspettarci da sì colto zelatore eh' egli è dell* onor patro, nissuno ci ha che noi veda chiaramente. Co- mechè molti valentissimi uomini siansi faticati intor- no a questi studi , pure grandi lacune si hanno an- cora a riempire nei siciliani fasti. Non abbiamo anco- ra un compiuto codice diplomatico: ignoti ancora ci sono i monumenti che ci dichiarino qual sia stata la condizione politica , civile e letteraria del siciliano popolo nei vari periodi delle sue moltiplici vicissitu- dini. Si rammenti il sig. principe di Scordia , che ad un nobilissimo e dottissimo patrizio palermita- no, eh' egli fu il principe di Torremuzza , la Sicilia va debitrice della sua numismatica illustrata. Giova sperare che per le cure di un altro non men ornato Degli arabi 253 cavaliere, nh men caldo cultore delle patrie cose, la si- ciliana storia potrà narrarci nella sua integrità le av- venture di un popolo, che fu civilissimo e potente e che ben può all' antica civiltà e potenza tornare. Ab- Antonino De-Luca- Intorno un luogo della divina Commedia in cui si parla di Guido di Monte feltro. AL NOBIL UOMO IX. SIC. MARCHESE LUIGI BIONDI commendatore delV ordine de* SS. Maurizio e Lazzaro , presidente della pontificia romana accademia di archeologia ec. IL P. LUIGI PUJ?^GILEONI P X er dovere e per genio aver debbo la verità sola sola nel cuore e sul labbro , e per quanto è in me rivendicarne i diritti. Veggendola da quel grande, che seppe aprirsi vivente il varco alle bolgie infer- nali , abbandonata la dove finge d'essersi ivi trovato faccia a faccia con Guido di Montefeltro , prendo a mostrare che tale incontro altro non e che vision dì poeta. Io mi so bene che egli nella schiera de' vati dal trecento in qua siede sovrano , ne ignoro che mano ardila dell' aver tentato di sfrondare gli allori, che Z^^ Letteratura gli verdeggiano tutt'ora in fronte, non ne ritrasse che biasimo (1 ). Il parlare della sublimita de' suoi pensieri e una impresa degna di lei , sig. marchese veneratis- sirao , integerrimo cultore delle buone lettere , otti- mo giudice delle arti gentili. Ella mi doni pochi mo- menti , e vegga se a buon diritto io mi sia d'avviso che Dante , senza punto derogare all' ammirazione che gli è dovuta ne' vasti campi della poesia , non è senza qualche menda al tribunale della scoria impar- ziale . Alle prove . Nel vigesiraosettimo canto dell* inferno è il misero Guido , già invitto guerriero , poi frate minore , posto nel numero de' dannati : mise- ro Io dico sotto la penna del sommo Alighieri , non cos'i sotto quella di Arturo (2) che lo annovera fra i celesti. Osservi meco di grazia quanto mai ta- luni siano facili a contraddire , o ad essere contrad- detti. Guido reggitore delle schiere ghibelline è un eroe ; Io stesso Guido unitosi a' guelfi è trasformato in colpevole consigliero di bilingue frode. Più aperta e la contraddizione fra due letterati d'illustre nome, Lodovico Bianconi e Michel' Angelo Lanci (3). Que- sti professore di lingue orientali , conoscente a fondo la dottrina di Dante , grande lo giudica alle bolgie , maggiore ne' gironi , fra le stelle sublime (4). Que- gli rassomigliava le tre cantiche prese in complesso ad un gotico tempio , entro cui vedi in contrasto il bello ed il brutto t con agglugnere essere la prima la più bella parte dell' opera , risentirsi di stanchezza la seconda , e la terza doversi riguardare per la più cattiva. Ignoro se lo stile elegante di questo scrit- tore basti a far si , che alcuni falsi gludizj prendano l'aspetto di verità. Non credo di averle detto cosa estra- nea all' argomento : giacche non evvi età o paese che non abbia dato ricetto ad uno , o a più d'uno di coloro che volendo parlare di tutto, parlano so- Dn^NA COMMEDIA 255 vente senza cognizione di causa. Per farla breve le ne accenno due soli» Voltaire Ginguenè (5), arabo motteggiatori della vera pietà. Prima di decidere con molta franchezza, dovevano osservare che Dante alcuna fiata punto non teme di allontanarsi dalla storia col fine di presentare sotto immagini vive i pensieri della sua mente , acerba negli odi , perchè astretto a vi- vere poveramente in esilio. Ne mi so bene se a li- berarlo in tutto dall' accusa di falsità sia sufficiente aver ricorso alle licenze che i veri poeti si permet- tono , e si concedono a vicenda. Ciò sia detto per mettere in vista un abuso d'ingegno e di buona fede del Ginguenè nel dar corso alle larve. E larva è appunto l'idearsi negli abissi frate Guido afferrato pel crine da un diavolo astuto per farne strazio, e git- tarlo neir eterno braciere. Il carattere di Voltaire non è ignoto ad alcuno. Gol fiele in cuore si diede a tradurre un brano del canto ventesimo settimo , e chi ha senno può bene immaginarsi qual sorta di tra- duzione, o a meglio dire di satira, uscir poteva della sua penna. Ha un bel dire il sig. Merian che detta tra- duzione , quantunque libera , è più ricca di frizzi dell' originale : ricercandovisi invano il candore e la ro- bustezza dello stile dantesco. Niccola Biagioli (6), buon giudice in questa parte , trova quella traduzione di- giuna affatto de' più bei modi del poetico linguaggio per ignoranza dell' italica favella. Spiace in questo commentatore di Dante, che nel prendere una finzione poetica per una verità di fatto , decisamente l'appelli monumento eterno di empietà e d'infamia. Non dirolle che l'ottavo Bonifazio fosse senza personali difetti , non essendo mio scopo ne il parlare direttamente di lui , né il farne vedere non poche delle adossategU macchie , o non vere macchie , o per lo meno esa- gerate: dirò bene che fu uomo di alto sapere , e che 256 Letteratura favorì tutte quelle opere d'ingegno che nobilitano il sacerdozio. Mi domanderà forse, di qual guisa si pos- sano conciliare benevolenza e saggezza coli' essersi quel papa mostrato dimentico delle sante cose per isni- dare i Golonaesi da Preneste (7). la tal caso potrei darle questa risposta. Uso il Ferretti (S) a fare il buon viso alle espressioni di Dante , anche riguardo a ciò che noa è oro purissimo , prese per ischietto vero, e li trasmise a'posteri, racconti ideati nel bol- lore della fantasia dell' entusiasmo. Se a tutti altri scri- vessi che al marchese Biondi , critico non raen giu- dizioso che urbano , potrei aggiugnere che prima di ammettere un racconto per vero conviene indagare la fonte da cui l'estrasse il primo che lo mise in luce. Se questa non è limpida e schietta , non meritano piena fede quei che venner dipoi, per aver eglino be- vuto alla stessa sorgente. Ora il primo narratore del colloquio tra il pontelice e Guido è Dante , ma Dan- te poeta , Dante non di rado acerbo ri prenditore de' costumi , inesorabile nel condannare i suoi nemici , che pochi non erano, ne senza nome, a vivere la dove è scritto con mano di fuoco „ Uscite di spe- ranza o voi chi entrate. „ Può darsi ancora che il Fer- retti , cui non vuoisi negare il merito di avere rav- vivato i buoni studi in Italia , ligio , giova ripeter- lo , ad ogni minimo detto dell' immortale viaggiatore dei sotterranei d'averno , non avesse veduto il Convito, dove senza il velame dei versi è favorevole al Fel- tresco riconciliatosi in sua vecchiaia con la chiesa santa. Per tal motivo avrà forse trascritta la favola acca- rezzata e ripetuta dai malevoli di Bonifazio. Non le dia fastidio il trovare nella cronaca compilata dall* arcivescovo di Firenze s. Antonino , che il papa ed i Golonnesi vennero a parlamento per ispegnere i semi della discordia , ne il dirvisi esser voce che il Moa- Divina commedia 257 feltrano lo avesse consigliato a fare larghe promes- se (9). L'arte di sceverare il vero dal falso , era an- cora bambina : ond' è che senza derogare un mini- mo che alla santità ed alla dottrina del prelato religio- sissimo può dirsi , che gli venne meno più fiate l'esat- tezza nella sposizione degli avvenimenti succeduti ne' secoli che precedettero il suo (10). Osservi di più che, secondo la mente del lodato cronista, l'atterramento di Preneste esigeva l'assenso de'Golonnesi (1 1). Di più anco- ra, nel mettere in bocca di Guido uà consiglio vitupe- roso alcerto non fa che riferire una sorda voce da niun documento avvalorata. Tale è il parere di au- tori gravissimi , tra i quali le nomino l'abate Fel- ler (12), e quel Tiraboschi cui tanto debbe la re- pubblica letteraria (13). Ciò basti dei detrattori, pe'quali la memoria di Guido d'età in età passerebbe in ma- ledizione, se si dovessero ritenere senza dubbio di lui le seguenti parole: Lunga promessa, coli* attender corto , Ti farà trionfar, nell'alto seggio. Buon per me che colla scorta fedele di ingenui ed oculati scrittori le posso far vedere, che il mal ca- lunniato Guido negli ultimi due anni del viver suo non sagrificò altramente alla frode ne la sincerità è la coscienza. Sia pur vero che Bonifazio, veggendo la somma difficolta di espugnare Preneste, promettesse agli assediati di far loro gustare i frutti della riconcilia- zione all' ombra del vaticano. Se questa fu di corta durata, a chi si debbe ascriverne la colpa ? A Boni- facio ? L' addossargliela , come suol farsi dai più , non si accorda cogli irrefragabili documenti scritti a penna. Promise il papa ( cosi melton essi la cosa nel suo vero punto di vista ) : la promessa fu accolta : fidati G.A.T.LIX. 17 258 Letteratura a tale promessa i Colontiesi si avviarono verso Ro- ma , e Roma andò loro incontro coi pacifico olivo. E il pontefice istesso, lungi dall' averli accolti con acerbezza , die loro non equivoci segni di benevo- lenza. Ma non isteltero a lungo gli sconsigliati alla data parola , e tornarono ben presto ad ispargere semi di rivolta, che non maturano mai senza gitlare chi li dissemina entro un abisso di sventure . Testiraonj ne sono l'autore di una cronaca orvietana (14) con- servata dal card. Garampi fra le cose piiì rare della sua doviziosissima libreria , ed Albertino Mussato : la fedeltà ed il candore de' quali non è mai stato oggetto di contesa. Mettono vie più la cosa fuor d'ogni dubbiezza Leonardo Cecconi (15) , e l'avvocalo Pietro Antonio Pe- trini (16), nati amendue la dov' ebbe un dì culto in- sensato e profano la prenestina Fortuna. Quest' ulti- mo , instancabile raccoglitore delle antiche memorie della patria sua , narra che fra Guido venne a Roma chiamatovi dal papa , e che per ordine dello stesso papa si portò col generale pontificio sotto le mura di Palestrina. Videle , e in vederle quasi quasi ine- spugnabili , con quel linguaggio che non conosce adu- lazione gli mise in vista la difficoltà dell' impresa , e nulla piiì. Poggia sul falso l'asserzione del Maz- zoni (IT), ove afferma che Dante il lodò nel Convito pel valore militare, e come teologo lo puoi della fro- de non espiata. La prova della colpa e della pena dov' è .'* Dante lo dice , e debbesi stimare per vera. E' supefluo il far riflettere ciò che alla mente d'ogni buon cristiano si offre da se. Questo sia detto per ren- dere alla memoria di Guido quella onorevolezza, alla quale tutti i buoni hanno diritto quaggiù, anche al di là del sepolcro. Non le ho citato il Wadingo (18) , e due altri figli di s. Francesco (19) contemporanei a Guido, perchè furono con esso lui legati in istrctta fra- Divina commedia 259 tellanza , e perciò potrebbero far dire a qualche schiz- zisMOSo : Costoro nou meritano d'essere ascoltati, schia- vi del pregiudizio , e dello spirito di partito. Nep- pure le fo menzione del Baldi (20), di Gallo Galli (21), e dell' Ubaldini, per esser eglino vissuti assai dopo , e per essere nati sotto il medesimo cielo. Niun so- spetto può certamente cadere sul Muratori, ben lon- tano dal poterai tacciare di soverchio zelo ogni qual volta gli cade in acconcio di parlare de' sommi pon- tefici. E pure si mostra egli propenso a credere il bizzarro racconto parto di una mente , come ella può immaginarsi , calda , e piena di mal talento per tutti coloro che militavano sotto le bandiere de' guelfi. A persuaderne vie meglio chiunque non ne fosse ancor ben persuaso, non avrei che a rimetter loro sott' occhio quel passo di Giovanni Villani (22) cronista , la cui fama mantiensi ancora in vita : da cui si rileva , co- me e quando il buon vecchio , poste in non cale le guerresche imprese , tramutò lo strepilo dell' armi col silenzio del chiostro. Ivi entro dappoi, al pari de* penitenti, non ebbe dinanzi agli occhi che la sola eter- nità. Quand' anche qualche ostinato contraddittore non volesse attenersi alla di lui testimonianza , non po- trebbe a mio avviso ricusare d'arrendersi a quella dello stesso Alighieri , il quale nel libro che ha scritto in fronte ,, Convito „ apertamente ne atttesta che fini i suoi giorni nell' eroica umiltà. In quell* aureo li- bro apparne il vero qual' è , onde non possiamo te- mere di restare abbagliati da quel decipimur specie recti , come un di Orazio stimolava a guardarsene i suoi cari Pisoni. Il famigerato Guido ne dimanda an- cora due parole. E' uffizio d'animo gentile, quale si è quello del pregiatissimo mio sig. marchese, l'ascoltarlo. Egli chiede a ragione che se gli tolga d'intorno la nera veste dantesca , e che se gli restituisca la ira- 260 Lettsratura hiancata de' ravveduti , diche rivestito finì in pace la sua mortale carriera (23). Fo voti per la salute dell' anima di Guido minorità ; e in pari tempo auguro a lei ogni felicità, protestandomi con tutto l'animo ec. NOTE (1) Angelus Maria Bandinius , Specimen litte- Taturae Florentinae saeculi XV. Fior. 1751 tom. 2 pag. 139. „ Inter multos laudatores vir unus extitit sane teterrimus, qui sub ficto nomine Anonimi Utopiensis li» tellum scripsit cura hoc litulo „ La sferza degli scrit- tori. ,, Hunc igitur non puduit efFutire: ,, Grande ardire ebbe per certo Cristofano Londlno a volere esporre le costui bizarrissirae chimere , e fantastiche visioni. Ma a qual cosa è egli finalmente buono ì forse per rappolirci la lingua con quei suoi vocaboli contadi- neschi, romagnuoli , lombardi, calavresi? Fu costui un diabolico intelletto , e di lingua latina del lutto igno- rante. ,, Non è mia intenzione di parlare di qnegli in- vidiosi che osarono lacerare il suo poema , ne di quei molti che lo difesero valorosamente. (2) Arturo di Mbnster recoletto, Martyrol. Fran- cisc. , a Paris par Dionis. Morreau 1638.,, Tertio kal. octobris. A ssisi in Umbria , beati Guidonis confesso- lis ec. „ Nelle lettere sulle opere del Casa di Gio- van-Battista Casotti tom. V. Ven. 1729 alla faccia 121 è notato: ,, F. Tedaldo maestro di' teologia scripta della s. sede nel 1409 benemerito del suo convento , e della sua patria per li molti preziosi manoscritti parte di suo pugno , parte di altra mano , donati da lui alla libreria di s. Croce di Firenze , dove tuttavia si consevano , fra 'quali è un Dante di mano di raess. Filippo Villani che lo lesse pubblicamente nello stu- dio di Firenze. ,, DlVIi^^A COMMEDIA 261 (3) Dissertazione sui versi di Nembrotte e di Pluto. Roma 1819- (4) Lettera seconda diretta a S. A. R. il prin- cipe Enrico di Prussia, Milano 1602. ,, Dante, avendo la liberta di mettere all' inferno chi a lui più piaceva , trovò luogo di mettervi non solo i suoi nemici che era- no morti , ma anche i viventi, supponendo che costoro non comparissero vivi se non perchè il diavolo animava il loro corpo, intantochè ne aveva portala l'anima all' inferno.,, Segui Dante, al dire del monaco cassinense D. Vincenzo Borghini ( Origine di Firenze) in questo come nelle altre cose la fama comune , la quale ai poeti pof^o rilieva o vera o falsa che sia. ,, (5) Non b a sospettare che il ritratto del Gin- guenè , delineato dal cav. Carlo Botta nel lib. XV" della storia d'Italia , non sia tolto dal vero. „ E' un tacito rimprovero del Ginguenè ( cosi si esprime il sig. Pier Alessandro Paravia autore della vita del ce- lebre ab. Girolamo Tiraboschi ) il non averlo mai nominalo. Costui si veste degli altrui panni , come la cornacchia di Esopo delle penne del pavone , di guisachè rimase dipoi spennacchiata e derisa. ,, (6) Biagioli , la divina commedia di Dante Ali- ghieri. Milano 1820. Inferno, canto XXVII v. 33 , 75. ,, Questi versi con tutto il rimanente della parlata sono stati tradotti da Voltaire in modo, che non poteva me- glio quel grande ingegno dimostrare la sua poca dot- trina del nostro poetico linguaggio . . . . per igno- ranza della lingua , e per quella folle vanita di vo- ler tutto sapere. „ Egli è assai miglior giudice rap- porto air analisi poetica del sig. Merian , il quale af- ferma , volendo mostrare quanto le scienze influiscano sulla poesia, che. . ,, M. de Voltaire a fai t de ce con- te un traductiou libre, mais qui n'en conserve que mieux le sei de rorigiual. „ Ma lo slesso Biagioli, dando 2C2 Letteratura. corpo ad una poetica bizzarria , senza alcuna riverenza de' trapassati cosi scrisse : ,, Le conseguenze di questo perfido consiglio, piaciuto sommamente al j)apa , dal poeta taciute con arte perchè ne era pieno il mon- do. „ Tornando a Gioguenè, autore de l'Histoire lit- ter, d'Italie, Paris 1811: duolnii che il sig. Ciampi ne la dica scritta , lasciando di dire che non no- mina il Tiraboschi , con erudizione e disappassio- natezza di animo. Il conte Alessandro Arrivabene , illustratore della commedia di Dante giusta la lezione del codice Bartoliniano voi. 3 p. 4, Udine 1827, così parla: „ Volle il Muratori reo Dante in ciò di isto- rica infedeltà . . . Dante soggiunge che Guido mori tranquillo, e confidente nella assoluzione ; che S. Fran- cesco volle insignorirsi dell'anima sua, ma che un negro cherubino venne a contenderla , e provò con un sorile in buona forma , al quale il santo nulla può replicare , che quell' anima era a lui devoluta . . % l'uora resta mondo di sue vecchie sciocchezze, purché altre non ne commetta in appresso . . . Con ciò non intendiamo di minuir fede a chi attesta la penitenza di Guido. „ Anche nel codice, detto il buono e l'ot- timo, evvi scritto esser morto Guido ,, nulla fatta men- zione del consiglio frodolento, perchè l'aveva per tol- to via. ,, In una annotazione ascrivesi il racconto all' odio che in petto bolliva delle due fazioni, l'una verso dell' altra , e vi si aggiugne che i tempi di guerra sono tempi di menzogne ; sentenza antica , che pur trop- po si verifica anche a' dì nostri a danno di tutta l'Eu- ropa. (7) Muratori, Annali d'Italia tom. 1 p, 2- pag. 355. Roma 1753. „ Non è obbligazione di credere questo fatto a Dante perchè troppo ghibellino , e che ta- glia da per tutto i panni addosso a papa Bonifazio. „ Lo stesso Muratori ^ Rerum italicarum script t. IX DlflNA COMMEDIA 2G3 pag : 741 : ,, Quara multa ia hunc pontifìcera confida fuerint neminem latet ,, . (8) Muratori, Rerum italic. script, lib. cit. ,, Quae Ilio habet Ferretus de Bonifacio et Guidone pervul- gata jara sunt ; eadem enim paucis ante Ferretum an- nis litteris consignarat Dantes ... in quem locum pro- stant commentarli Landini et Vellutrlli . . . Ferretus poeta ambabus manibus accepit , quippe et is ad ma- ledicendura pronus . . . Gaeterum Bonifacii virtules et praeclara gesta enarrant coevi seri ptores. „ L'istoria de' suoi tempi scritta dal Ferretti è stata inserita dal Muratori nel voi, IX degli italici avvenimenti. Val- ga per tutti l'autorità di meSi Gino dei Sinibuldi , en- comiato da Dante parco dispensatore di lodi. Zac- caria Bibl. pistoriensis , Aug. Taur. 1732. ,, Sinibul- di Cinus seu Ambrosinus . . . Dantes in libro de vulga- ri eloquentia eum appellai araicura suura ec. ,, Nel- la vita e poesie di Gino messe in luce dell' abate Sebastiano Giarapi : Pisa 1813 a e. Ili, si legga il so- netto 109 che qui piacerai trascrivere per intero : in verità questo libel di Dante E* una bella scisma di poeti. Che con leggiadro e vago consonante Tira le cose altrui ne le sue reti. Ma pur tra gioviali e tra cometi Rivescia il dritto, 'l torto mette avante : Alcuni esser fa grami , alcuni lieti , Gora' amor fa di questo e quello amante. Poiché gli esempi suoi chiari e bugiardi Quai presso pon , quai lungi dal demonio Debbano star si come voti cardi ; E , per lo temerario testimonio , La vendetta de' franchi e de' lombardi Si dovrà. , quai di Tullio fece Antonio. 234 Letteratura Alla faccia 1 88 evvi la seguente annotazione.,, I suoi esempi , o racconti non sinceri , i quali presso al de- monio , cioè neir inferno , o lungi cioè nel pur- gatorio o nel paradiso , egli espone , debbono star come i ricci , o cardi vuoti delle castagne , che niuno raccoglie , e gli cura. ,, Il Lami nel catalogo de' co- dici riccardiani : Livorno 1736 pag. 21. : accenna un codice membranaceo in che si legge. „ Arguraen- tum in secundum canticura hunc titulura praefert. Il breve raccoglimento di ciò che insupei-ficìalraente con- tiene la lettera della prima parte della cantica ov-^ vero commedia di Dante Alighieri chiamato purga- torio, fatto per messer lohanni Bocchacci poeta fio- rentino. Per correr miglior acqua alza le vele Qui l'autore , e seguendo Virgilio Pe' dolci pomi sale e lascia il fiele. „ Chi non attiensi alla pura ragione poetica ammet- terà fors' egli per vero l'alterco tra s. Francesco e Sa- tanno ? Chi può darsi a credere che Salanno ammu- tir facesse s. Francesco glorioso, e gli strappasse la vittima di mano ! Narra il monaco Alberico d'aver veduto l'anima d'un ricco appena uscita di questa vita tra l'angelo e il demonio , i quali se ne contrastarono il dominio. Ma il buon monaco fa che l'angelo resti vincitore e la guidi al cielo. Tanto rilevasi dalla visione del mo- naco suddetto, messa in luce ed illustrata nel 1814 dall* infaticabile e dotto Francesco Cancellieri. 9. Le parole del santo sono queste. „ Anno MCCXG mense septembris, suadentlbus ad hoc bonis vivis, Co- luranenses qui fuerunt rebelles Ecclesioe , et adver- *arii papae Bonifacii, concordiam inieruat .... Prene- Divina, commedia 263 «luin totuin dlrui fecit. Hoc igitur egisse de Consilio comitis de Montefeltro , qui tuac erat frater O. M. , qui suasit ut lalas faceret promissiones, sed breves et diminutas observationes ec. - S. Ant, Hist. Tom. 3 titu- lus XG : cap. Vili. „ Qui senza affermare o negare il fatto lascia ad altri l'impegno di venir ia chiaro. Non è a dissimulare, che in quella cronaca il pili bel fiore di critica si desidera bensì , ma non si trova. (10) ,, Sovente manca di esaltezza ne' fatti dal suo tempo remoti. ,, Biografia universale. T. 3. (11) Cosi scrive l'ab. F. X. de Feller , Dict. Iiistor. ,, L' auteur mostre de la sinceritè et de la bonne foi: mais il manque souvent d'exactitude lorsque il racconle des falts éloignèes de son temps. ,, (12) Ben d'altro peso è il giudizio del chiaris- simo Tiraboschì, Storia della letteratura italiana tom. VI parte 11: Roma pel Salvioni 1784. Eccolo:,, Io non proporrò sant* Antonino come autore che si possa seguire ciecamente senza pericolo d'inganno. Egli rac- colse ed unì insieme tutto ciò che trovò da altri scrit- to. L'arte di esaminare le tradizioni e i racconti de- gli storici antichi, di confrontarli cogli autentici do- cumenti , il separarne il certo dal dubbioso e dal falso, non era ancora ritrovata. ,, (13) Paolino Pieri fiorentino, cronaca dal 10S0 al 1304, stampata in Roma nel 1755.,, 1298 : in que- sto tempo nel mese di settembre essendo Bonifacio in Rieti . . . i Colonnesi vennero alla misericordia , ai quali il papa graziosamente e di buon animo per- donò, e disfecesi allora Prenestino per patti. „ (14) Nella suddetta Cronaca di Orvieto sotto il 1298 si srova: „ Columnenses et rebelles buie summo pon- tifici venerunt facturi et parituri mandatis domini papae cum multa reverentia et umilitate magna , qui 2G6 Letteratura recepii fuerunt a romana curia cura laetltla multa.,. Codice di Castel s. Angelo 519, „ Ad ìd quod repli- cant domini Columnenses, quod promissura fuit els per bullas et solemnes personas de ponendis vexillis in civitate Preneslrna , remanente custodia ipsis dominis Columnensibus, dicunt ( Cajetaneì ) non esse vera , nec aliquis fait prò populo romano , sed iidera Columnen- ses vocaverunl aliquas personas taraquam amicos , de quibus confidebant, qui prò eis insistebant ut fieret misericordia.,, (15) Cecconi monsign. Leonardo, Storia di Palestri- na. Ascoli 1T56 pag. 273 ,, Dicono che ricorresse Boni- facio al consiglio di Guidone , già. conte di Monte Feltro, poi religiosissimo francescano , e che questi gli suggerisse di prometter molto , ed osservar poco . . . Queste sono mere calunnie riprovate dagli antichi e da' moderni.,, (16) Memorie prenestìne in forma di annali, dell' abate Pietro Antonio Petrini. Roma 1795, pag. 148^ ,, 1298. Bonifazio, perchè conosceva la difficoltà di espu- gnare Palestrina, voleva darne l'incarico al conte Gui- do .. . e n'ebbe con lui discorso . . . ma il buon re- ligioso se ne scusò rispondendo di non volersi più intrigare in cose mondane, e stentatamente consenti di andare insieme col generale pontificio sulla faccia del luogo , e di tenere un consiglio con lui : di modo- che dopo pochi giorni se ne tornò ai piedi del pa- pa per dargli conto di averlo ubbidito , ne volle adu- larlo , ma sinceramente gli disse che l'impresa era per costar molto ... I Colonnesi presero il partito d'implorare la misericordia del papa ia settembre . . . tantoché perdonò loro ogni offesa . . . non volle però usare clemenza alla citta chiamandola ribelle , e la fece smantellare. ,, (17) Jacopo Mazzoni , Difesa di Dante, parte 2, DiriNA COMMEDIA 267 Cesena 1G88. „ Fu lodato nel Convito, secondo l'opi- nione di Platone che permetteva qualche volta dir la bugia : ma dove parlava Dante come teologo , fu di bisogno farlo castigare. ,, Le seguenti parole del Con- vito ne addimostrano che il Mazzoni andò lungi dal vero ne' suoi giudizj. „ Il cav. Lancialotto non vol- le entrare colle vele alte, ne il nobilissimo nostro Gui- do Monfeltrano. Bene questi nobili calaron le vele delle mondane operazioni: che nella loro lunga età a religio- ne si rendettero, ogni diletto mondano e opera di- ponendo . E non si puole alcuno scusare per le- game di matrimonio che in lunga età il tenga, che non torna a religione pur quelli che a s. Benedetto , e a s. Agostino e a s. Domenico e a s. Francesco si fa di abito e di vita simile ec. „ (18) WadingusF. Lucas, Ann. min. tom. Vip. 351. ,, Domestici testes, et serii scriptores dicentes . . . prae- ferendi sunt poetarum commentati onibus, qui co sunt celebriores , quo fingendo peritiores. ,, (19) Franclscus M. Angeli, Conv. Assis. Histor. lib. II. Monfalisci 1704,, Id contestantur qui eo tem- pore vixerunt Marianus et Jacobns. ,, (20) Baldi, Encomio della patria. „ Guido para- gonato ad Ulisse ; dovendosi per necessita riporre Ulisse neir inferno , fu forzato riporvi ancor Guido. Ma che ciò facesse egli a forza, appare dell' averlo egli nel suo Convito collocato nel paradiso. „ (21) Vita di Guido ms. , già esistente in casa Sem- proni ora estìnta , di Gallo Galli. ,, Guido morì in Assisi 29 settembre 1298. „ (22) Giovanni Villani, nel seUimo libro delle sue storie, lo dice,. Morto nell'anno 1298 dopo essere vissuto, con grande esemplarità , due anni in religio- ne. Nelle cronache di quell' ordine vien detto bealo. Questo è quel Guido di cui parla satiricamente Dante Alighieri nel canto ventesimo settimo dell' inferno. „ 268 LKTTERATUnA (23) Hieronymus Rubeus, Historiarum etc, „ Tertio kal. octobris, Guido Montis Feltri! cotnes, franciscano jani abita indutus, Anconae migravit ex hac vita. ,, Gian- Battista Marini, Ragioni delia citta di s. Leo. Pesa- ro 1758, pag. 152. „ Guido. . . si rendè poscia re- ligioso di s. Francesco, e in Assisi santamente mo- ri... Costanza sua moglie fecesi anch' ella religiosa di s. Chiara, dove senza far professione sopravvisse esem- plarmente otto anni. „ Bzovio, Continuazione del Baronlo* „ Guidus . . . sancte vita perfunctus.,, Lodovico Jacobilli, Vite de'san- ti e beati dell' Umbria ; Foligno 1647.,, Guido .. . morto ai 23 di settembre 1298 , e fatto trasportare da Assisi in Urbino , e sepolto in s. Bernardino. „ Questo scrittore ha confusi i tempi e le persone , i manoscritti colle opere stampate : e quanto sto per dire ne sia una piccola prova. E' un manifesto ana- cronismo il confondere Guido III con Guido VII della famiglia Feltresca , conte pur esso di Urbino e di pili altre citta. Questi fini di divere nel 14,3, co- me si ha dal calendario , o menologio dell' archivio capitolare di Urbino in pergamena. Era figWo di An- tonio, di cui si hanno alcune terze rime tratte da un codice della R, biblioteca di Napoli , e pubblicate ia Rimino nel 1819 dal sig. Luigi Bertozzi. Egloga I di F'irgilio , versione di Domenico f^accolini. Melibeo. litiro mio , tu di gran faggio ali* ombra Colcato vai destando il carme agreste Su la sottil zampogna : e noi lasciamo Egloghe di Vjugilio 269 I confin della patria e i dolci campi , Noi la patria fuggiam : tu al rezzo in pace , O Titiio , cantando ai boschi insegai Della vaga Arnarille il caro nome. Titiro. O iMelibeo , a noi quest' ozio un dio Fece ; che come un dio il terrò sempre , E spesso un agnellin del nostro ovile Tingerà l'are sue. Egli permise Qui a mie giovenche errar , come tu vedi , E a me cantare al suon della silvestre Avena a mio diletto. Mei. r non t'invidio: Ho meraviglia sì , quando già tutte Son le ville in trambusto : io stesso , vedi , Mesto mi caccio le caprette innanzi , E questa a pena, o Titiro, trascino. Pur mo fra i densi corili sgravata Di due gemei ( speranza ahimè ! del gregge ) Sul nudo sasso li lasciò. Si ria Ventura , se men ciechi eravam noi , Spesso avvisar le fulminate quercie : Spesso ancor l'avvisò dalla bucata Elee malaugurando la cornacchia. Ma chi sia mai quel dio , Titiro , dinne. TU. La citta , o Melibeo , che Roma è detta Io stolto somigliante la pensai A questa nòstra , dove noi pastori Recar sogliamo gli agnellin di latte. Cosi alle madri i cagnolin sapea , Cosi alle capre simili i capretti , Cosi alle grandi le piccole cose Assomigliar solca ; ma quella il capo Sovra l'altre citta levò già quanto Sui viburni pieghevoli il cipresso. Mei. E quale a te cagìon di veder Roma ? 270 Letteratura Tit. Amor di liberta , che tarda pure Guardò me neghittoso ( e già più bianca La barba mi cadea sotto il rasoio ) : Guardomrni alfine , e a me dopo tanti anni Sen venne : indi Amarillide mi tiene, E Galatea lasciommi. In sua ragione Fino a che ra ebbe Galatea , davvero Ne speme a libertà sorgea , ne cura Pur di peculio : invan dal nostro ovile Molte vittime uscian , ed all'ingrata Cittade pingue cacio si preraea. Oh ! la man piena di danaro a casa Mai non rediva. Mei. Ed io maravigliando Dicea : Mesta Amarille , a che pur chiami Gli dei ? e a chi quelle mature poma Pendon dal ramo ? Titiro era lunge. Te i pin , te i fonti , te gli arbusti ancora Ad una voce, o Titiro, chiamavano. Tit. Che far dovea ? Non di servaggio uscire , Non altrove sperar sì fausti dei Lecito m'era. O Melibeo , là vidi , Quel giovin vidi , a cui i nostri altari Sei giorni e sei fumano ogni anno : ei dolce Là il dimandar prevenne , e disse : I buoi Pascete come pria , miei cari , e al giogo I tori unite. Mei. O fortunato vecchio , Dunque tocchi non fian tuoi campi , al tuo Bisogno assai ; benché qua vivo sasso , Là fangosa palude i campi ingombri. Ne alle gravide pecore la nova Pastura nocerà , ne del vicino Gregge il contagio fia che mai le offenda. 0 fortunato vecchio , qui tra i noti Egloghe di tirgilio 271 Fiumi ed i sacri fonti all' ombra il fresco Ti goderai , mentre di qua la siepe Di salice al confin sfiorata sempre Dall'api iblee col ronzar soave Te al sonno inviterà : di là cantare A cielo udrai lo sfrondator dell' alta Rupe alle falde : ne i palombi intanto Già tua delizia , ne dell' olmo in cima Di gemer cesserà la tortorella. TU. Prima gli agili cervi a pascolare Dunque per l'aere andranno , e 'i mare i pesci Lascerà in secco al lido : e prima i suoi Confini valicati esule o il parto Berrà alla Senna od il germano al Tigri ^ Che l'imagine sua da questo core Mai si cancelli. Mei. E noi quinci n'andremo Parte agli arsi affrican , parte agli sciti , Ed al rapido Oasse in Creta , e fino Ai divisi dal mondo alti britanni. E verrà mai , benché sia luuge il giorno , Ch'a riveder tornando il patrio suolo , E del tugurio povero la cima Di cespugli intessuta , io maravigli Ravvisando attraverso delle rade Spiche i miei regni .** si bei colti intanto Un empio avrassi .'' sì feconde messi Un barbaro ? Discordia ecco alfin dove Gli sciaurati cittadin condusse ! Ecco per chi noi seminammo i campi ! Va ora , o Melibeo , i peri innesta , Le viti in ordin poni ! ite voi , ite , O mie caprette , lieta gregia un tempo. Colcalo come pria nel verde speco Io pili non vi vedrò da lungi pendere 2T2 Letteratura Dalla spinosa rupe. Io mai più versi Non canterò : ne 'l citiso fiorito , Ne più l'amaro salice, o caprette, Finch' i' v'ho in guardia di brucar sperate. TU. Ma qui meco dormir potrai stanotte Su verdi foglie : abbiam poma mature , E morbide castagne , e di rappreso Latte dovizia. Già da lunge fumano Delle ville i comignoli , e più grandi L'ombre dagli alti monti giù ricadono. Egloga II di f^irgilio , versione del suddetto. Il pastor Coridone ardea pel vago Alessi , del padron delizia , e nulla Avea di che sperar ; ma il miserello Tra' densi faggi dalle ombrose cime Venia sovente , e solo a' monti e selve Mal cosi disfogava il suo dolore : O crudo Alessi , de' miei versi alcuna Cura non hai , non hai di me pietade : Tu vuoi cir i' muoia alfine! Il fresco all' ombra Anche gli armenti or godono , anche i verdi Ramarri ne' spineti ora si celano : E l'aglio e '1 sermollìno , erbe olezzanti , Testili a' raietitor dal caldo vinti Pesta amorosa : ed io sotto la ferza Del sol cocente, e le roche cicale Dagli arboscelli cantano con meco , Or che di te vo in traccia. Ah meglio forse Non era il sofferlr quella superba Schifiltosa Amarille ? non Menalca ? Abbench' ei fosse bruno , e tu sii bianco. O leggiadro faociul , non ti fidare Tanto al colore ; i candidi ligustri iC&LOGRS 01 Virgilio 273 Cadoijo , e cerchi son foschi giacinli. A vii mi tieni , Alessi , e noti ti cale Unqua saper di me , qual di lanuto Gregge dovizia , e qual di latte in m'abbia. Van sui siculi monti errando mille Delle mie agne , e sia la state o '1 verno Fresco latte non manca. E cantar godomi 10 quelle cose , che a ridur Tarmeato 11 tebano Anfione aneli* ei cantava Neil' attico Aracinto. E no non sono Brutto poi tanto ; mi specchiai dal lido Teste che '1 mare era tranquillo : io Dafni « Giudice te , non temo al paragone , Se l'imaglne ancora non inganna. Oh ti piacesse almeno esser con meco , Abitar queste ville , che non curi , E de' pastor le povere capanne , E dar la caccia ai cervi , ed i capretti Con ramoscel di verde malvavischio Guidare alla pastura ! Ah meco in selve Il dio Pane cantando imiteresti ! Fu Pane il primo , che più canne a unire Colla cera insegnò t Pan della greggia E de' pastor tien cura. E non ti dee Increscer già d'aver le tenerelle Labbra sonando logore : che mai Non fé per questo Aminta ? Una sampogna A sette impari canne io tengo : in dono Daraeta sul morire a me la diede , Dicendo : Tu ad averla se' il secondo. Questo disse Daraeta : invidia n'ebbe Lo stolto Aminta. Due capretti ho ancora Di bianche macchie variamente sparsi : In mal sicura vaile i' li trovai , E di due poppe al di succhiano il laltc. G.A.T.LIX. 18 274 Letteratura A le li serbo : li vorria pur Testili , E mi lenta , e mi prega , egli è buon tempo : E se li avrà ; che tu miei don non curi. Qua vieni , o bel fanciullo , ecco di gigli Coirai panieri a te recan le ninfe , E la candida najade raccoglie Le pallide viole e de' papaveri Le cime , ed al narciso e all' olezzante Fior d'aneto le sposa : indi la cassia E ben mille intrecciando erbe soavi Col fiorrancio dipinge i bei giacinti. E io a te coglierò mele cotogne Di tenera lanugine coverte , E le nocciuole coglierò , che tanto Araarillide mia pregiar soleva : Le ceree prune aggiugnerovvi , e in pregio Verran lai pomi ancora. E da voi fronde , 0 lauro o vicin mirto , io corrò poi She dolce insiera rendete una fragranza. Se' rozzo , o Coridone , e a cuore Alessi 1 don non ave , e se di doni a gara Venir vorrai non fia ti ceda loia. Misero me , che feci ! Austro ne' fiori Da folle io spinsi , ed il cinghiai ne' puri Fonti. Ma tu cui fuggi , o vanerello ? Abitaron le selve i numi istessi , E Paride troiano : a Palla in cura Sian fondate da lei castella , e noi Più eh' altro araiam le selve. Al lupo dietro Sen corre la feroce lionessa ; Alle caprette il lupo , le lascive Caprette anch' esse al citiso fiorito : A te , o Alessi , Coridon : ciascuno Così suo piacer segue. Or vedi, a casa Riedon gioveuchi coU' aratro al giogo Egloghe di Virgilio 275 Appeso , e '1 sol cadendo addoppia l'ombre. E amor me strugge : oh chi rattiene amore ? Ah Coridone , Coridon , qual mai Follia t'ha preso ? La. mezzo potata Quella vite lasciavi in sul frondoso Olmo : prendi , se sai , miglior consiglio. Ponti a 'ntrecciar di vimini e di molle Giunco qualche util cosa : un altro , un altro Ritroverai , se a vii ti tiene Alessi (1). Discorso recitato nel palazzo comunale di Pesaro da Giuseppe Ignazio Montanari publico professore di belle lettere , in occasione de" premi distribuiti alla, gioventù studiosa nel novembre del 1 833 alla pre- senza di S. E. reverendissima monsignor vesco- vo , delV illustrissimo magistrato , della sapientis- sima commissione degli studi ec. già raolt' anni, eccellenza reverendissima, illastrissi- rao magistrato , sapientissimi deputati, colleghi, giovani, uditori quanti siete umanissimi , è già raolt' anni che si die voce che noi non abbiamo più eloquenza in Italia , ne speranza di ridestarla , poicli' ella fu ca- duta coir antica romana grandezza , e die l'ultimo so- spiro insieme colla liberta latina. A questo grido la- mentando fecero eco gli stranieri , e di la dall' alpi si disse che il bel paese, dove suona la piìi dolce fa- fi) Vedi altri saggi della Bucolica di Virgilio tradotta pel prof. Di Vaccoliiji in questo giornale (voi. 170 p. 356 , e voi. 173, jp. 359). 18* 276 Lettkratbri velia che mai fosse, non udrebbe più mai voce d'ora- lori , e che tutti argomenti eh' esso porrebbe sareb- bero invano. I pedanti, usi come sono a pensare sem- pre altrui pensieri , giurarono sulla parola dello stra- niero : e poiché non udirono più fulminare e tuonare dai rostri come già in Atene e in Roma, dissero che non vi era eloquenza : e non conoscendo il bene che pur avevano , non intesero che a vani lamenti. Frat- tanto alcuni savi, veggendo l'eloquenza in basso, pen- sarono che pur si potesse sollevarla , e diedero nor- me e precetti, più ingegnosi che confacenti all'uo- po : poiché di essi non fa chi al vero segno ferisse. Perlocchè oggi in tanta celebrit'a , in cosi grande letizia , quale è quella che nasce nella patria e in noi tutti al veder voi, giovani studiosi, distinti di glo- rioso segno di vittoria, e mio intendimento cessare que- sti lagni , e mostrare che non abbiamo noi per que- sto cagione alcuna di dolore. Conciossiacchè è falso che fuori di liberi reggimenti non viva eloquenza ; anzi noi italiani l'abbiamo e nostra e bella, senza es- sere ne greca ne latina : a volere poi eh' ella si rimet- ta in fiore, non aversi a cercare modo nelle scuole de retori, ma nella santità della religione di Cristo , e nella bonti de' costumi. Piacciavi, illustrissimi si- gnori , por mente a quanto dirò : che forse non sarà senza vostro diletto avermi degnato di benigna udienza. 1. La vera eloquenza , o signori, altro non è che queir animato linguaggio che la natura ne ispira quan- do siamo agitati da alcuna passione , o quando la nostra fantasia è vivamente eccitata. Laonde pare a me che le definizioni comunemente date dalle scuole sia- no mancanti , avvegnaché non si stendano quanto ba- sta , e racchiudano solo quella guisa di favellare che noi chiamiamo oratoria : e però se non si vogliono m uno travasare l'eloquenza e l'arte dell' oratore , cose DlSCORò'O DEL MOWTAHARI 277 come ogni uomo di per se vede fra loro ben distin- te , come il colore è altra cosa dall' arte pittoresca , la luce altra dall' occhio, non si può ad ambedue ap- plicare una definizione , che all' una più che all' al- tra si addice. E dovendo definire l'eloquenza, a me piacerebbe chiamarla l'arte del colorire i concetti del- la mente per modo , che con efilcacia e prontamente coramovano la fantasia ed il cuore di coloro a cui si parla. Dico arte del colorire , perchè come la grammatica è arte del parlare corretto , cosi l'elo- quenza è del dipinto : dico con efficacia e prontamente, perchè se i colori sono languidi, se la commozione è tarda , non ne seguirà mai l'effetto desiderato. Ora po- ste queste cose, se io non erro, converrà, affermare che dovunque siano uomini dotati di fantasia e di affetti , deve avere suo regno l'eloquenza : e se uomini sono tanto quelli che a libero reggimento , quanto quelli che a monarchico sottostanno, io affermerò che così fra gli uni come fra gli altri deve l'eloquenza fiorire e signoreggiare. Ma qui verrà innanzi alcuno ed op- porrà, che le forti passioni non esagitano gli animi uma- ni Ik dove il popolo non da mano alle cose pubbli- che , non è a parte de' consigli , non siede a gover- no : ov' egli , il popolo, mena altrui guerra non per se ma per il signor suo , ove tutto il suo potere non ista che ristretto a'confini delle leggi e del volere del prin- cipe , cui egli non può per alcuna guisa contrastare. Io però chiedo in prima, se le cose si hanno a giudi- care dal fine cui tendono , o da' mezzi che adoperano: perocché qui è principalmente il nerbo della quislione. L'uomo eloquente in Atene e in Roma nelle adunanze ge- rali del popolo che voleva egli ? certo non altro cNe tra- sfondere ne' suoi cittadini quegli affetti, quelle opinioni , che egli aveva , onde per tale via venire al suo iatendi- meato. Or bene, iu una monarchia che Tuoi far egli un 278 Letteratura uomo eloquente quando parla o scrive? Non altro che destare nei petti altrui quella passione, da che egli è infiammato , onde movere gli ascoltanti o i leggitori ad operare alcuna cosa utile , a fuggirne alcuna dan- nosa. Se dunque il fine è uguale , perchè dovrà dir- si che l'arte eguale non sia ? Io dubito che coloro che danno a'soli governi popolari l'eloquenza, perchè l'han- no vista principalmente in fiore in Atene e in Roma , non abbiamo posto mente alla vera condizione che fa- ceva eloquenti que' popoli. Gonciossiacchè non nella liberta del dire , ma nello stato de' costumi e della ci- viltà in cui le nazioni si trovano, si abbia la cagione del crescere e dello scemare dell' eloquenza. E va- glia il vero : la Grecia a' tempi di Filippo era più rozza che non Roma a que' di Cesare : quindi l'elo- quenza di Demostene sa di fuoco , è fulmine che urta, abbate, distrugge : spoglia d'ogni arte, tutto l'impeto suo ha da natura: laddove l'eloquenza di Tullio, quan- tunque egli molto debba alla larga sua vena , pure l'arte molto vi può , e tanto che alle volle ella tiene il luogo della stessa natura. Le orazioni di Demo- stene contro Filippo, quelle di Cicerone contro Anto- nio potranno meglio dichiarare , a chiunque volesse opporre , il mio concetto. La passione signoreggia con forza i due grandi oratori : ma il greco alla natura- lezza , il latino all' arte del suo dire deve ogni trion- fo. E se Roma avesse pur mantenuto il suo antico reggimento , avanzando sempre più a maggiore civil- tà , gli oratori che sarebbero venuti appresso Cicerone sarebbero stati molli , artifiziosi , poiché le arti e le lettere non possono non secondare l'andata dei costu- mi : e se in alcune età pare che il costume non vada del pari ( benché io non so se mai possa avvenire che non vada ) , egli sarà forse avvenuto perchè uo- mini savi, veggendo correre a mal fine i buoni studi, Discorso del Montanari 270 hanno saputo cogliere buon destro per richiamarli a sani principj. E i Seneca, i Quintillani, i Plini, i Fron- toni, i Vittorini, i Simmachi non sarebbero stati per altro modo eloquenti da quel che sono , se cangiati com' erano i costumi anzi che vivere sotto il giogo degl' imperatori avessero vivuto al buon tempo di Ro- ma amica. Per mantenere l'eloquenza al grado , cui l'aveva portata Cicerone , conveniva che i costumi e le abitudini morali del popolo non avessero cangiato da quel che erano in prima. E come la feroce bal- danza romana dai Gracchi a Cicerone si era rammol- lita e rattemperala, così pure l'eloquenza aveva fat- to. Cosi de' due sediziosi oratori popolari, dice Tullio uel Bruto „ haberaus orationes nondum satis splendi- ,, das verbis, sed acutas prudentiaeque splenissimas : ,, e secondo che afferma Quintiliano di Tullio, cosi giu- dicavano alcuni suoi contemporanei: ,, nimis floribus et ingenii affluentia potuit. ,, Perlocchè confrontando il mancar di arte ne' primi , e il soverchio che trovasi nel secondo , parmi potersi dire , che i primi rappre- sentano lo stato ancor rozzo della civiltà , l'ultimo l'eccesso del lusso de' tempi in cui visse. Aggiungasi che quello che noi ammiriamo di ardito e di gran- de negli eloquenti greci e latini , e quello stesso gran divario che passa fra i nostri e i loro costumi : a incido che io credo potersi tenere, che a que' popoli non faceva maggiore forza il parlare de' loro cittadini di quello che faccia a noi il parlare de' nostri , quan- do sono veramente eloquenti; A movere un uomo rozzo vi vogliono concetti a caricati colori, con- ciossiacchè convenga guidarlo per via della passione : all' uomo incivilito occorrono delicati colori, poiché la ragione debbe principalmente guidarlo. Cosi a noi , av- vezzi a vestimenti attillati e succinti alla persona, pare di soverchio sfarzosa la maestà dell' antico consolare 280 I( K T T E R A T 0 R A paludamento , mentre a'romani usati a cingersi di ric- ca toga non doveva avere nulla dello straordinario. A prova poi di questo pare potersi recare la diffi- colta grande , anzi dirò io impossibilita, di rendere al volgar nostro le orazioni di Marcò Tullio : poiché essendo esse tratteggiate a vivissimi colori , e rap- presentando passioni ed idee forti piìi di quello che noi usiamo sentire , non fanno alcuna forza suli' ani- mo nostro rese che siano tali quali si trovano nella lingua natia : anzi a noi possono sapere or di freddo or di tumido ora di ridondante; ristette ai modi della favella nostrale, e adattate alla nostra maniera di sentire, perdono mirabilmente agli occhi nostri della naturale grandezza. Laonde anziché dire colla greca e latina libertà essere morta l'eloquenza , io reputo doversi giu- dicare , che come di quelle vaste dominazioni altri dorainj sì formarono , così della greca e latina na- cquero tante svariate forme di eloquenza quante fu- rono le novelle nazioni , nelle quali perchè la reli- gione santissima di Cristo portò più miti costumi , piiì moderate passioni, piiì delicato sentire , l'eloquenza di migliori e più sani conforti ristorata , fu pur essa più delicata, più mite , più volta infine a dirigere la ra- gione che ad eccitar le passioni. E se dalla utilità viene alle arti e alle scienze lode maggiore e più bella, potrà affermarsi che l'eloquenza de' popoli cristiani , sia ella sacra sia profana , avrà minore tumulto d'af- fetti , ma sarà più confacente alla umana ragione , c più degna dell' uomo. Non è adunque la sola li- bertà privilegiata a dare vita all' eloquenza : anche la monarchia può vedere l'eloquenza in fiore, poiché ella non la natura de' governi ma il progredire d& costumi seconda. E che questo sia vero il verrò io mostrando ora brevemente : e confido che dalle mie parole si parrà chiaramente , che noi pure italiani , Discorso dbi. MowTAjfAnr 281 noi abhlamo eloquenza grande , e degna di un po- polo elle fu primo , e più potente degli altri. 2, Coloro che ci accusano del non avere eloquen- za , o lo fanno per malanimo che ci hanno ( e non vi ha ne scusa ne risposta ad essi), o per pochezza di mente, e per brevità di cognizioni : conciossiachè si re- chino innanzi Demostene e Tullio , e senza far ra- gione de' cangiati costumi , e dell' avanzamento della civiltà, domandano arrogantemente cosa che è fuor del giusto , e vorrebbero che chi assume le parti dell' oratore fosse del peso degli antichi, anzi pure il vor- rebbero di quella stessa misura. Perlocchè quando pa- re ad essi che la misura mal vi si apponga, hanno- lo in dispetto, e lo dicono cosa miserabile e da nul- la : non ricordando che le donne romane e la gio- ventù applaudiva a' gladiatori che si accoltellavano , e battevasi palma a palma a chi con arte moriva , mentre gli occhi nostri riffugono in finta scena da tali atrocità. Altra guisa di uomini pure vi ha , a grande nostra vergogna , i quali gustano più i frut- ti di terreno straniero che i nativi : e posti gli ora- tori italiani a confronto de' francesi , e non trovato- vi quel ragionar prolisso , quella leziosità delle anti- tesi , que' vibrati concetti, quella pesante dottrina, di- cono non aver noi cosa da fronteggiare l'eloquenza francese. E non accorgonsi costoro, che non può aver luogo paragone, ove l'indole delle due nazioni è di- versa e sono diversi i costumi ? Che non può darsi eloquenza eguale, ove non si abbia abito eguale di civiltà .'* E però lascino ornai gli italiani agli stra- nieri la ricchezza loro , anzi non la invidino punto : poiché, del proprio bene usando, possono avere di me- glio , e cosa tutta lor propria, E certo prima che ne prendesse mania d'imitare gli stranieri, gli italia- ni avevano bella ed efficace eloquenza : e quando le 282 Letteratura. altre nazioni d'Europa barbaramente ancor balbetta- vano , ritalia nel suo gentile idioma faceva prova di quanto può l'arte della parola , e in uomini rozzi e induriti alle armi e alle cittadine discordie rinnovavano antichi prodigi. Ne qui parlerò io di Gìannozzo Ma- netti, mandato dai fiorentini ambasciatore al re di Na- poli con felicissimo successo , non di colui da Lec- ce , dell' altro di Barletta , ne di Aurelio Bran- dolini , che a' suoi dì ebbe grido di novello Platone o Teofrasto. Ben dirò , con lode dell' insigne ordine domenicano , che un Giovanni da Vicenza valse col- la sola forza del suo dire a riformare gli statuti di Bologna e di molte altre citta lombarde : che un Bussolari abbattè la potenza dei Beccaria che tiran- neggiavano Pavia , a fé lunga pezza tremare e stare in forse le armi dei Visconti. Non era ella italiana l'eloquenza, con che un povero fraticello esagitava e levava a romore Firenze stornando le male arti de' Medici ? Era pure italiana quella di Bartolomeo Ca- valcanti, che arringava le milizie fiorentine, e tale era quella del Busini e del Nardi. Ma ad alcuno potrà per avventura sembrare che io ricorra a tempi trop- po lontani , e dorrassi che lunga istoria io tessa ; e però fermerommi solo a chiedere agli stolti che ci gridano onta, se fu nostra e degna di noi l'eloquen- za del Bembo, del Casa, dello Speroni, del Lollio, del Tolomei, del Gemendone, del Varchi, del Salviati, del Segni, del Badoaro ? E per toccare di cose a noi vi- cinissime , mi dicano in grazia se non era eloquenza italiana quella che pioveva dal labbro de' Parini, de* Paradisi, de' Lamberti, de'Monti, de'Cesari, de' Pertica- ri.** Il parlare del quale fu si vigoroso che nulla pili : e voi meglio che altri , gentili e colti pesaresi , per prov» il sapete. Quale trionfo non riportò egli infat- to , e con lui l'italiana eloquenza, quando i padri co- Discorso del I\1ontanari 283 scritti e i priucipali della citta adunati in questo stesso onorevole luogo nel quale io parlo , e fermi in contraria sentenza, non solo trasse alla sua , ma ancora mosse a largheggiare a lui lodi , e fare ap- pieno del loro il suo volere ! E se pur tutti questi grandi nomi mancassero, non mancherebbe all' Italia la sua eloquenza. Il solo Segueri basta agi' italiani, egli solo vale a mostrare che possa lingua eloquen- te in Italia. E se potessi oltre distendermi ragionan- do un poco della eloquenza del pergamo, voi trove- reste nel Casini, nel Granelli, nel Luini, nel Tornielli, nel Vanini, e in molli altri di che mi passo per bre- vità , oratori dì gran merito e tali che fuor d'Italia crescono ben rari. Pretermetto affatto dire della ma- gnifica eloquenza degli storici , poiché ognuno che è savio consente che l'Italia insegnò scrivere degnamen- te istoria a tutte le nazioni europee : che anzi alcu- ne corone chiamarono a s'è uomini nostrali, perchè le geste de' popoli soggetti fossero bellamente descritte. Per le quali cose io credo potere concludere, che quan- tunque sotto reggimento monarchico siano vivuti tai uomini , pure hanno avuto quella eloquenza maggio- re che poteva convenire al grado d'incivilimento, ed ai nostri costumi ; eloquenza grandiosa e non indegna di noi , e della maestà de' nostri maggiori. Che se pur dire mi si volesse, che ove l'Italia fosse stata in ba- lia di se, come Roma antica, senza assoluto signore, l'eloquenza sarebbe cresciuta a gloria maggiore : io domanderò come avenga che Venezia libera , in fiore d'ogni prosperità e di ricchezza, Venezia che dava legge ai mari, menava a suo talento guerre , regge- va le sorti dell'Italia e d'altre nazioni, Venezia non avesse oratore dappiù di quelli che crebbero al for- tunato vessillo delle sante chiavi a' tempi di Nicolò quinto, e di Leone decimo? Discorse e consilerate que- 284 Lbttbratora ste cose, io avviso che chi abbia fior di senno dovrk finalmente convenire, che non dai reggimenti , ma dai costumi ia vera eloquenza ha vita e vigore. 3. E per meglio conoscere questo vero, osservia- mo che sia in se eloquenza , e perchè ella manchi t Conciossiachè dal considerarla nella sua natura , e dal vedere quando ella sdegnosa, dirò quasi, alcuna volta si parte dagli uomini , troveremo che cosa debbasi fa- re per conservarla. Insegna Cicerone, che eloquenza altro non e che sapienza , la qualespone con facondia i suoi concetti:,, Nihil aliud est eloquenlia quani studiose lo- ,, quens sapientia:,, e gli storici l'annoveravano fra le virtù : ,, Stoici eloqueuliam virtutera dixerunt. „ Se dunque ella è virtù , non potrà conseguirla chi non h virtuoso , ne potrà essere virtuoso chi non è costu- malo. Però Quintiliano definendo l'oratore , il chia- ma uomo dabbene perito di favellare: „ Vir bonus di- », cendi peritus. ,, E perchè molte cose egli viene do- po tale difìnizione dichiarando, le quali tutte sono per me, piacemi qui recarle passo passo, onde ciascuno per l'autorità di tanto maestro più alle mie parole sì affidi. „ Non dico io soltanto (soggiunge il retore la- ,, tino) che l'oratore debba essere uomo dabbene, ma „ che non può darsi oratore che uomo dabbene non „ sia. Infatti tu certamente non terrai avere intellet- ,, to delle cose colui, che veggendosi innanzi la via „ dell' onesta e quella della turpitudine, si gitta al- „ la peggio ; ne prudenza chi per improvvisa uscita „ delle cose, incorra talvolta nelle grivissime pene del- „ le leggi, sempre in quelle della mala coscienza . . . ,, Diamo (il che non può avvenire giammai per gui- „ sa alcuna) diamo ingegno studio e dottrina eguale „ tanto al pessimo, quanto all'uora dabbenissimo: chi dei „ due poi uscirà miglior oratore .'* Certo chi e mi- „ gliore di costumi e d'animo. Non è adunque che Discorso del Mo^'TANARI 285 „ possa occorrere mai, che uomo reo yalga a riusci- „ re buono e perfetto oratore. Imperciocché niuno du- „ bitera, che il fine dell' oratore sia di fare che paia- „ no oneste e vere le cose eh' egli propone ; e a chi „ sarà questo più agevole, ad uomo che ha voce di ,, bontà, o a tale che è in grido di malvagio? Il „ dabbene parlerà piiì di sovente vero ed onesto , e ,, sarà udito con fede : ma a parola di malvagio noa „ sarà chi si abbandoni ... A colui che vuol essere ,, oratore duopo è porgersi perfetto de' costumi , co- „ me dell'arte del dire; conciossiachè la vena del favel* „ lare non manca mai a' buoni, manca di sovente nelle ,, lor frodi a'tristi: e tutto ciò che è esposto con onesta, „ è sempre esposto con efficace eloquenza. Laonde (eque-* „ ste parole vorrei io scolpite nella mente di tutti i buoni „ cittadini), laonde la gioventù, anzi ogni età (che non „ è mai fuor tempo o tardi il buon volere) a tutte „ forze tenda a questo , a questo studi: che forse av- ,, verrà di adempiere al desiderio. Poiché se natura „ non divieta che l'uomo sia dabbene , e che sia buon „ parlatore , perchè non potrà egli conseguirsi l'uno „ e l'altro insieme ? perchè non dovrà ognuno spera- „ re di potervi riuscire ? E se le forze dell' ingegno „ non sono da tanto , comunque esca , per l'uno o „ per l'altro di questi pregi saremo migliori. E tol- „ gasi pure chiunque dal cuore , che il' fiore purissi- „ rao della eloquenza possa andar frammischialo alla „ fetente erba de' vizi : perchè eloquenza è virtù , e „ virtù può vivere a comune colla reità. „ Fin qui egli forse troppo distesamente all' uopo mio ; ma pu- ra con molto prò. £ per seguire innanzi il mio di- scorso, fra le altre ragioni le quali si possono addur- re a provare che chi non è buono non può essere perfetto oratore , è pur questa, che non può conse- guire buon effetto parola d'uomo , se coloro che ascoi- I 286 Letteratura taijo non hanno concetto della probità del dicitore. Però è che per movere il popolo e reggerne gli ani- mi , fa di mestieri avere molta bontà , e tale che in- spiri fiducia e riverenza : perchè non può mai acca- dere che colui, il quale di se non da buona fidanza, possa ottenere che altri a lui si affidi. Conciossiachè la probità è cosa tutta popolare , e quantunque la sia in apparenza tenuta in non cale , pure al so- lo mostrarsi si concilia gli animi del popolo , e a suo talento li volge. Laonde il poeta volendo mostra- re persona che affrena sedizione nata nel volgo , trae innanzi uora grave per meriti e per pietk : con che ne fa scorti , che senza questo è vano farsi a favel- lare al popolo. Tum pietate gravem ac meritis si forte virum quem Conspexere, sileni, arreclisque auribus adstant : Ille regit dictis animos et pectora mulcet. La bontà adunque, anzi la pietà, è il fondamento so- pra cui leva alto l'eloquenza , ne senza è mai elo- quenza : anzi ove questa base solidissima le venga meno , viene ella pure : onde Seneca lamentava che i romani erano privati di eloquenza, principalmente „ luxu teraporum ; nihil enim tam mortìferum ingeniis ,1, quara luxuria. ,, E in una sua lettera, che è la de- cimaquarta sopra cento, fiiloso fando affermava che ,, ta- ,, lis horainibus est oratio qualis vita: „ cioè che tal- modo di parlare hanno gli uomini, qual' è lor vita ; e siccome l'opera di ciascuno è somigliante al par- lare , così il parlare tien dietro a' costumi del popo- lo. Lo ingegno non può avere colore, se non dall' animo ; se questo è sano e moderato, anche l'ingegno lo è : se corrotto , anche l'ingegno è questo. Che an- zi l'autore del dialogo „ de causis corruplae eloquen- DlSCOIliiO DEL MoMTANARI 287 tiae ,t avvisa , che una delle principali cagioni , per cui caddero gli spiriti della latina eloquenza, fu pri- ma la vile e trascurata e viziosa educazione data a* figliuoli, e il lussureggiare permesso, e la scostu- raatezza sfrenata. Chi non sa , grida egli , l'eloquen- za e le buone arti mancate dell' antica gloria , non perchè ingegni non siano , ma p er dissidia della gio- ventù e negligenza de' padri? Poi segue ad esporre il pessimo modo di educare tenuto a' tempi suoi, bea altro da quello che usava ai giorni delle severe vir- tù latine, sicché poi avvenne che non fosse più mo- destia , non più antico stile ; prevalesse licenza : ce- dessero pudore e rispetto: maestà di luogo, santità di leggi , dignità d'ufficio fossero del pari avute in non cale , e a vilissimo fine cadesse la più bella gloria del Lazio. Che se questo è pur vero , com' egli è verissi- mo , a che cerchiamo noi nelle scuole dei retori, ne' libri dei filologi riparo all' eloquenza, che all' oggidì minaccia cadere, quando ne' costumi e nella pietà si debbe principalmente cercare ? Che vale imparare re- gole , prendere esempi e norme per destare in altri nobili sentimenti, quando non li sentiamo noi stessi? Quell'anima che non sente in se profondamente tutto che vuole trasmettere in altri, non isperi mai lode di eloquente. Ma come si potranno sentire i soavissimi af- fetti dell' amore alla virtù , alla patria , agli uomi- ni tutti , da coloro che non sono virtuosi ne costu- mati ? lo dico adunque, che per rinfrancare e solle- vare l'eloquenza fra noi bisogna promuovere i buoni co- stumi e la vera pietà. Solo chi si educa alla scuo- la della religione , chi fonda nel timor di Dio il prin- cipio del suo sapere , sarà eloquente. Per questo di- ceva l'eloqucntissirao Crisostomo, non altro essere l'elo- queuxa che lo stesso timore di Dio esposto agli oc- 2S8 Lkttkratura^ chi altrui per parola ; la quale sentenza viene poi dal gran dottore Agostino ampiamente dichiarata nella sua dottrina cristiana . E il magno Gregorio ne insegna ne' suoi morali:,, lUe Lene loquendi facundiara per- „ cipit, qui sinum cordis per recta vivendi studia „ ex-tendit , nec loquente coscientiara praepedit , cura „ vite» linguani antecedit. ,, Onde poi fiorisca il co- stume non altro modo è più agev'ole, che aprire il cuore ai precetti della santissima religione , e lei ve- nerare , a lei consacrare principalmente i pensieri e gli affetti. O quanti o quanti, ritornando la mente dal- le celesti alle cose mortali, portarono poi nel lor di- re soavità e facondia più che umana! Perocché la religione sola gli umani concetti invigorisce, afforza, sublima , ne arte ne studio senza lei vale. Per la qual cosa , o giovani mìei cari , se desiderate venire a quel- la altezza, che e pure il fine cui mirano i nostri slu- di , cercate d'essere in prima religiosi e costumali , che sarete anche dotti ed eloquenti. Il che e debi- to vostro grandissimo , principalmente per mostrarvi grati e riconoscenti alle cure della patria vostra , e dell* ottimo e massimo nostro Principe, il quale dall' alto suo trono , donde regge le sorti del mondo cri- stiano, parmi che dica a tutta la gioventù e a noi tutti , che educhiamo in essa la speranza della futu- ra generazione: ,, Ai danni delle età passate volgete lo sguardo, vedete il sangue, la rapina, la desolazio- ne del mondo. La pace in che gli avi nostri riposa- rono , la gloria delle lettere , furono turbate: e men- tre parve corrersi a sicura felicita, si corse a naufra- gio. E tutto questo non fu che per lo mancare de* costumi e della religione : conciossìacchè ogni società sia fermata su questi fondamenti , i quali vacillando, ella pur deve ruinare. Però se la gloria della patria, l'onor delle lettere, l'utilità vostra, e quanto in som- Discorso dsl Montanari 289 ma è di felicita sulla terra, voi bramate conseguire , porgetevi religiosi e costumati , e tutte in un punto le vostre brame saranno compite. ,, Lettera I del nobil uomo conte Girolamo Asqui- ni al eh. sig. abate D. Lodovico dalla Torre intorno al vero significato della parola carnario dato ad una contrada , e da questo alla chiesa di s. Pietro e suo piazzale dinanzi , nella città di J^erona , colla interpretazione di due luoghi di Dante nella divina commedia. Amico Carissimo R, .1 tornato a casa da s. Pietro in Carnario , ove sono slato per rivedere di nuovo quel bellissimo sot- terraneo , che dalla sua forma e costruzione viene giudicato da tutti gli eruditi ed intelligenti per ope- ra romana del tempo del nostro anfiteatro , e ad uso del medesimo, e per rilevarne la pianta e suo speccato, trovo il vostro fedel Tommaso, che mi presenta la cordia- lissima e compitissima vostra del cinque corrente , che mi ha recato un vero piacere e contento , si per sen- tir vostre nuove dopo che siete partito di noi , co- me anche per il buono e cortese accoglimento , che avete fatto a quella mia lettera intorno al Pago de- gli Arusnati , e la vostra approvazione , che molto re- puto , alla interpretazioni di que' nomi creduti sin qui barbari e non da altri prima conosciuti , che il co- mune amico nob. conte Girolamo Orti giuniore, a cui l'avea diretta sino dall' anno passato , ha voluta ren- der pubblica colle stampe in una occasione quanto G.A.T.LIX. 19 290 Letteratura per ine fausta , altrettatito inaspettata, perchè venula dal cielo senza la muuo dell' uomo. Da essa rilevo , che stando nella quiete del vostro ameno e deli- zioso soggiorno di Malcesine (1) posto alle falde del monte Baldo iu riva al Benaco , andate proseguen- do , senza essere disturbato da altre cure , nel lavoro delle vostre osservazioni e dichiarazioni sopra Dante tanto desiderate dagli amici e veri intelligenti , che torneranno un giorno di gran profitto agli studiosi di quel divino poeta ; e che nello stesso tempo non cessate esercitarvi nella cognizione delle lingue primitive dei padri nostri , ricreandovi dopo le serie applicazioni colle muse, che avete avute sempre amiche e pron- te sino dai primi anni giovanili. Di ciò fanno fe- de le stesse vostre poesie, e segnatamente il bell'in- no ad Iside ultimamente composto , che mi avete man- dato in copia , dea venerala un tempo dai nostri alpi- giani, il cui tempio FANVM, con beli' atrio dinan- zi ET . PRONA VM , come si legge nella sua iscri- zione (2) , slava eretto appunto sopra un vostro po- dere , e a poca distanza della stessa vostra abita- zione. Ma sopra tutto, mi dite, esservi compiaciuto della interpretazione del nome di Consero su quella ]apide scoperta a Gellore d'illasi , posta in appendice a detta mia lettera , e diretta con epistoletta all' ab. Quirico Viviani in Udine , perchè illustra un passo di Dante (3), scrivendomi di averla messa a calcolo nelle vostre osservazioni dantesche. Dovrei ringraziarvi di tutto questo ; ma conoscendo quanto siete alieno dalla lode , benché giusta , piuttosto che diffondermi in inu- tili complimenti di sole parole con voi che amate la sostanza delle cose, e che tanto apprezzate le eti- mologie dei nomi dedotte dalla lingua de' nostri pro- genitori , e provate cogli esempi e col fatto , ho pen- sato volervi scrivere il mio parere intorno al nome Della parola carnahio 291 di Carnario , che porta questa nostra chiesa dedicata al principe degli apostoli, la contrada e il suo piaz- zale dinanzi , fondata sopra quali' antichissimo edi- fizio ora rimasto sepolto per l'innalzamento del ter- reno d'intorno , cagionato ( come dalle ispezioni fatte sopra luogo ) da una quantità immensa di schegge di marmi di vari colori , e segnatamente di quella pie- tra da noi detta volgarmente mattone , che è una spe- cie di travertino , ora ridotta in terriccio , come porta la natura della medesima , aggiunte le deposizioni dell* Adige nelle sue grandi piene, piiì frequenti in passato che di presente per mancanza di quei ripari , che si sono fatti dopo. Lo stesso è avvenuto anche all' al- tra sua vicina di san Fermo Maggiore , essa pur se- polta , che forma ora il magnifico e sontuoso sot- terraneo di un' architettura mirabile , che tiene del romano , sopra cui è stata fondata l'anno 1313 l'at- tuai chiesa superiore. Esso potrk servire ad illustrare un punto di storia patria sin qui non per anco co- nosciuto , e nello stesso tempo quel luogo di Dante nel suo divino poema , che dice (4) : ,, Sì come a Fola presso del Carnaro , non bene inteso dall' ab. Quirico Viviani nelle note al Dante Bartoliniano tom. I pag. 87. Carnarium adunque , che si può dire benissimo anche Karnariicm , e Quarnarium per la facile per- mutazione di queste tre lettere C , K , Q fra loro in tutte le lingue , è un composto di due voci pri- mitive dell' antichissima lingua dei gallo-celti , che hanno ambedue io stesso stessissirao valore , e sono Car , o Carn , e Nar , o Ar senza la N , in pria- cipio di parola , che fa le veci di articolo : e si pren- dono in significato di pietra , di marmo , di scoglio , di roccia , di monte pietroso e scabro , dupplica- aione che nella lingua celtica forma talvolta un su- 19* 292 Letteratura peilativo , e tal altra segna il più con numero in- determinato , come nel caso nostro. CJiar , o Chara nel persiano, pietra, roccia , scoglio ; Knr nell' ara- bo , una gran pietra ; Carea nella lingua turca , pie- tra , marmo ; Karsc nell' illirico , luogo pietroso pie- no di scogli ; Carreau nel francese , il selciato delle strade : Carriere , cava di pietre , petiiera : Escare nella medesima lingua , termine di marina indicante una roccia , uno scoglio nel mare , o a bordo del mare ; Kern nello scozzese , scoglio , roccia ; Schern nello svedese. Àr , e Nar , come si è detto , pietra ^ roccia , scoglio: e sono appunto quegli scogli, che gì' itali chia- mavano col nome di ^re , come si ha da Virgi- lio (5) : „ Saxa vocant itali mediis quae in fluctibus yérast preSfi la parola dalla lingua celtica , e non già le tre isole , al dire di Servio e di Pomponio Sabino , chiamate col nome di Egatì , cioè Phorhantia , og- gi Levanto , Aegitsa , oggi Favignana , Hiera , oggi Maretarao , situate fra l'AfFrica , l'Italia , e la Sarde- gna : ma sì veri scogli simili a quelli del golfo del Quarnaro , o Carnaro che si voglia dire : Scopii' losam et saxis latentihus vallatum , come si legge nel verso superiore dello stesso Virgilio (6). Oltre questa uniformità di parole e di senso nelle lingue fra loro ( che pur altre molte addur po- trei in prova di questa verità), le quali ci fanno conoscere una sola e medesima provenienza , e che per brevità si omettono , abbiamo ancora i nomi di moltissimi luoghi , paesi , e popolazioni , che prin- cipiano colla radicale Car , Quar , Ar , e Nar per indicare la loro natura , o qualità , come usavano gli antichi nell' imporre i nomi alle cose. Carisio^ per esempio , e Tenarat due citta dell' Eubea , così deno- Della, parola cAufiAnio 293 minate dalla qualità de' loro marmi , per testimoDÌaa- 2a di Tibullo , che dice (7) : Quidve domus prodest phrigiis inni ""a columnist T'aeiiAKe , sive tuis , sive , Ck?c)ste , tuis. Il nome di Tenara viene dal Caldeo Tinar , Ti- nara , che si scrive colle lettere tet , jod , nun , res , aleph , e vale riipes , come si ha in Danie- le 2. 35 (, pubblicata dal mar- chese Maffei pagina LXXXII , num. 3, e da me co- piata come sta nel suo originale. MATRI . DEVM . ET . ISID. G . MENATIVS . G . FILIVS FAB . SEVERVS . FANVM . REFE CIT . ET . PRONAVM . DE . SVO . FÉ CIT . EX . VO . TO (3) Farad, e. XIX, v. 3. (4) Inf. e. IX, V. 113. (5) Aeneid. 1. I, v. 113. (6) Id. ibid., V. 112. (7) L. III, eleg. Ili, v. 13. (8) Thoraassin. Methode cVeludier les langue^ , par rapport a fecriture sainte et a la langue hebrai- {]ue^ t. 11^ pag. 1014, V' additions. (9) L. Ili, e. 4. (10) Id. ihid. e. 19. (H) L. II. e. 6. (12) Gemi, e 42. Dklia parola carnario 305 (13) Vcdiiisi le note all'imperfetta traduzione di Paolo Diacono dell'abate Quirico Viviani , e quelle al Dante Bartoliniano dello stesso in più luoghi. (14) Questa chiesa fu fatta edificare nel secolo X da un certo Milone conte di Verona , come si ha dal suo testamento scritto il giorno decimo di luglio dell' anno 955 in queste parole : Cappella mea propria , quam ego ipse a fundamento fieri rogavi foris muros civitate 'veronense , non longe ad ecclesiam s. Fir- mi ubi dicitur Carnario , qitae est dedicata ad ho- norem b. Petri apostolorum principis. V. Biaucolini chiese dì Verona voi. IL pag. 717. (15) Id. ibid. (16) Singolare è il nome dato a questa contrada situata lungo la sponda dell'Adige. Siccome nel dia- letto del volgo veronese , e segnatamente della cam- pagna , per voler accennare un luogo oscuro , Liijo , tetro , dicono strovo ; così da questo credono alcuni che sia derivato il nome alla contrada. Ma la cosa è mollo Len diversa dal vero , poiché essendo quel luogo in riva all' Adige , e in situazione che si esten- de molto in largo , non è , ne potè mai essere stato in verun tempo oscuro : quando non si volesse sup- porre , che ivi lungo quella sponda fosse stato anti- camente un bosco , una selva , di cui veramente non si ba memoria ne traccia alcuna , che co' suoi spersi rami rendesse oscuro e tetro quel luogo. D' altronde è da riflettersi che il suo vero nome non è quello di Ritrovo , ma di Binastrova , che cambia senso , e deve avere altra origine e significato. Io per me tengo che sia un composto di due voci primitive dell'anticbissi- ma lingua de' gallo -celti , o celto-cenoraani , cioè hin , che vale due , da cui il bini dei latini , e trou , buco, fossa, apertura, caverna ; sicché Bintroii ^ che si può dire anche jSin-strou , colla s in princi- G.A.T.LIX. 20 306 Letteratur a pio (li parola in luogo di ys , clic fa le veci di ar- ticolo t e Bln-jstrou , verrebbe ad essere Io stesso che dire : al luogo , che si sottoìntende , delle due buche , fosse , o aperture , forse vasche , o recipienti d'acqua in riva all' Adige. Ed ecco il nome bello e schietto di Binastrova con desinenza italica formato da queste due voci. E qui portandomi colla mente indietro ne' secoli a noi pili remoti, quando cioè i primi abitatori di Verona non popolavano ancora quel piano , che ora forma una gran parte della cit- tà alla destra del fiume , ma soltanto i colli che la circondano alla sinistra, e in parte entrano nella cit- tà stessa , che serviva loro di barriera a difendersi dagli insulti dei nemici , come indica lo stesso suo nome , è probabile che in quel luogo fossero sta- te anticamente due aperture , o fosse a guisa di la- ghetti formate dalla natura o dall'arte, nelle quali inlroducendosi 1' acqua del fiume , servissero una ad nhbeverare le loro mandre per non avventurarle alla rapida corrente dell' Adige , e 1' altra a pulire i pro- pri! panni , o per attinger l' acqua agli usi domesti- ci. Da queste due aperture adunque pare non potersi dubitare che abbia preso il nome quel luogo , che poi in seguito è passato alla contrada sino a noi, ac- costandosi più alla verità del suo vero significato. Ho detto sopra , come indica il nome stesso della citta , e che 1' Adige le serviva di barriera a difen- derla dagli insulti dei nemici. Lo stesso suo nome ce lo dice , essendo un composto ancor questo , come tanti altri , di due voci primitive di quella medesi- ma lingua , cioè wer , o %vere , che vale rocca , fortezza, luogo munito , e difeso, propugnaculam , arx , vel alius Incus munitus , come spiega la parola il Leibnizio ( Collectan. etymol. linguar. vet. Celi. Germ, Gali. ) , e con lui altri , da cui è venuta la Della parola carnario 307 parola guerra nel nostro italiano e nel francese , pronunciandosi la doppia W , come Gii : e la guerra non è altro che un corpo di gente armata per far fronte , e opporsi al nemico, abbatterlo, disperderlo, e cacciarlo lontano da se. L'altra è on , acqua , nel francese eait. Wer-on adunque , in latino Verona , viene ad essere lo stesso che dire , luogo , o fortezza munita , circondata dalV acqua , che è l'Adige. In- fatti quel fiume , il maggiore , il piiì maestoso , e il più ricco d'acque dopo il Po in tutta Italia , le gi- ra d'intorno , Athesi conflua , come dissela Silio Ita- lico : e Servio anch'egli parlando di questo fiume (ad iEneid. 1. VIII.) Veronam civitatem ambiens , perchè in que* tempi la sua popolazione si estendeva soltanto sopra qaei colli alla sinistra del medesimo , che a ma- no a mano gradatamente quanto più s'internano, tan- to più s' innalzano , per nulla calcolando la parte piana che le sta alla destra , perchè in niun modo fortificata , e quindi esposta alle incursioni del nemi- co , forse non più che come un borgo parlandosi de* tempi a noi non più remoti. Ed ecco quanto si può dire intorno al primo essere della citta di Verona , che al dir di Slrabone ( Geogr, !• V ) obbediva ai . galli senoni comandati da Brenno loro duce , che tanto diedero l'anno di Roma CGGLXIV da sospira- re ai romani. (17) Biancol. voi. IL p. 718. (18) De L. L. lib. V. (19) V. l'ediz. ultima di Padova del prof. Fur- lanetto. (20) Inf. C.XXIV. V. 33. (21) Art. dappiè e Clappier. (22) Dufresne, Gloss. med. et inf. latinit. va. V. Clapperius, (23) Par. II. num. XIL 20* 308 Letteratura (24) CoUectan. et mot. illustrai ioni lìnguar. ve- ter. celt. germ. gali, aliarwnq. inservientia. Hano- vere 1717. A gloria di questo grand'uomo , che del- la scienza etimologica si era fatto uno studio parti- colare , e formava la sua delizia , riporterò qui la no- ta , che a pie di pagina ha posto il Cesarotti nella citala sua opera , ed è la seguente: ,, Un critico ita- ,, liano chiama con enfasi 1' etimologia una scienza ,, vana. Io ho la debolezza di fidarmi più del Leib- ,, nizio : e il Turgot , il Michaelis , e il de Brosse „ sono deboli al par di me. ,, Ed io aggiungerò an- che il Viviani , che ha saputo approfittare delle le- gioni del suo sommo maestro e padre Melchior Ce- sarotti , come egli Io chiama , se è però vero , in una sua nota al e. V. dell'inferno num. 5, (25) Buliet. Memoir. sur la lang. celtiq. voi. II. i diction. (26) Queste fenditure e screpolature nei monti sono tanto necessarie , come dice l' ab. Filati nella sua storia naturale bresciana , quanto che da esse si estraggono que'grandi massi di pietra , che poi taglia- li e lavorati in colonne , capitelli , ed altro , ser- Tono di magnifico ornamento alle nostre pii!i belle fabbriche , come anche perchè da quei crepacci sor- tono dalle viscere dei monti quelle acque freschissi- me , cbe raccolte in ruscelletti formano que' bei fonti e rivi a comodo e vantaggio dell'uomo. Da esse an- cora escono quei venti freschissimi in tutta l estate , vicino alle quali fabbricate le cantine , questi ven- ti conservano i vini si freschi nelle botti , come se fossero stati al ghiaccio. Un tal uso di far queste cantine presso que' crepacci vedesi praticato in molti lunghi , e particolarmente nel vicin monte di Garda . alla spiaggia orientale del Benaco. Da tali fenditure , 1 o screpolature vedute dal poeta sui nostri monti pie- trosi e scabri , avrà presa 1' idea delle sue. Della i arota caknario Ii09 (27) Inf. e. XX , V. 24. (28) Ibid. e. XXIV , V. 28. (29) C. XXVI, V. 44. (30) Qui il Viviani manda il lettore a vedere la sua nota num. 3 delV antecedente capitolo , non so per qual ragione , nulla avendo che fare il ribatte- re i chiodi , di cui ivi si parla , con un rocchione. Aggiungerò io una nota a questo luogo , e dirò che sono dello stesso parere del celebre dantista ab. Lo- dovico Salvi , che sia cioè venuto in mente al gran- de Alighieri, scrivendo il suo poema, il famoso pon- te di Veja nel veronese in Val Policella , e gli ab- bia servito di modello per immaginare gli archi del suo gran ponte di Malebolge nell'ottavo cerchio dell' inferno. Ciò non sembrerà tanto improbabile , qualor sì rifletta chft Veja è situata a poca distanza da Gar- gagnago villeggiatura dello stesso Dante , dove abitò un tempo , ed ora della nobilissima famiglia dei conti Serego Alighieri , nella quale si è trasfuso , e tuttora si mantiene a gloria della città , che fu il primo ri- fugio del divino antenato , quel sangue immortale per Ginevra figlia di Pietro Aliglderi^ ultima super stite unita in matrimonio col conte Marcantonio Se^ rego. In essa , chiara per molte grazie e molti pre^ gi , e perchè fervorosa del gran vate , e perchè di schietta bontà ai devoti di lui generosa , è la no- bilissima donna Anna di Schio Serego Alighieri , il cui nome qual gentilizia gemma splende in fronte alla bellissima , e nitidissima edizione del Dante Bar- toliniano eseguita in Udine dai valorosi fratelli Mat- tiuzzi , che farà sempre onore alla patria , ed alTIla- lia , e renderà immortale il loro nome (V. Arrivabe- ne co. Ferdinando , Comento stor, della div. comm. tom. Ili par. l pag. 790). In detta villa di Garga- gnago si conserva ancora la stanza nella quale, se- 310 Lktteratuar condo la comune tradizione e T autorità di parecchi scrittori , gran parte compose del suo divino poema. Questo ponte, che congiunge due monti insieme, for- mato dalla natura è si mirabile , che lo stesso Salvi', sorpreso la prima volta al vederlo , non potè a meno di non farvi scolpir sopra una delle sue roccia que- sta breve iscrizione piena di romana grandezza. LVDOVICVS .SALVIVS ADMIRATOR e di rincontro il seguente elegantissimo distico : Si tantum, dum ludit , opus natura peregit^ Quid faciet proprio docta magisterio ? (31) Inf. e. XXVI, V. -16. (32) Strab. Geogr. lib. IV. Polib. lib. II. (33) BuUet. Memoir. sur la lang. celtiq. voi. IH diction. (34) C. XIII , V. 40. (35) Scolari Filippo , Della piena e giusta in~ telligenza della divina commedia. Padova tip. della Minerva 1823 , pag. 63 nota 23. Studi intorno a Dante Alighieri. V-iol Gozzi ricomincia in Italia il culto di Dante ; col Gozzi che in Italia ribatteva gli scherni del Bet- tinelli , intanto che gli scherni del Voltaire alla sua Studi intorno a Dante 311 volta scìiernlva il Baiclti frustatore spiotato. E già Un nel secolo deciraosesto il cardinal Bembo , e il Cliia- brera nel decimosettiino, avevano lanciato contro l'esu- le di Firenze qualche parola superba : e dopo il Vol- taire , un milanese poeta vernacolo , il Porta , aveva i primi sette canti a parodia travestiti , e molte lo- di , e molle imitazioni di quel sommo , a satira e a parodia grandemente somigliano. Ma dopo il Gozzi , ecco il Varano , Cosimo Betti , il Monti, l'Alfieri, il Foscolo, lo Strocchi , il Mon- trone ed altri colTesempio , e il Torti con le ragioni , e il Dionisi con le congetture , rivendicarono la fama dello sventurato fin oltre la tomba ; e alla noiosa , ma diligente vita del Pelli, dopo molti anni successero le eleganti apologie del conte Giulio Perticari : e quell' ingegno, che a tanti sembrò deforme di quasi diaboli- ca bizzarria, parve poscia, fin nelle meno pregiate del- le parti sue, sfavillante di piià che umana bellezza. Illustrazioni ad illustrazioni successero , e com- menti a commenti. Il Costa , il Borghi , l'Ambrosoli , portarono a quell' altare 1' offerta loro , dopo il Ven- turi , il Portirelli , il Lombardi e jl Biagioli. Ultimo venne il Cesari , nel cui lavoro sono le note qualità delle altre opere sue. La padovana edizione raccolse le illustrazioni migliori che fino al 1822 uscite fos- sero , ed espose le opinioni di molti , lasciando al let- tore la scelta. Lo Scolari propose molte osservazioni assai rette intorno al modo d' interpretare i versi stra- ni ; il Foscolo in modo stranissimo interpretò lo scopo del poema , in modo di lui degno ne illustrò qua e la le bellezze ; l'Arrivabene , già noto per la diligente storia degli amori di Dante , tessendo un commento storico , e la materia sua sotto certi capi ordinando , meglio provvide agli usi ed ai bisogni dei più : il pa- dre di Costanzo illustrò il codice cassinense. 312 Letteratura Il professor Petrettini pose un parallelo tra Dante ed Omero ; il conte Marchetti illustrò l'allegorìa del poema ; il sig. Troya , prendendo occasione dal Vel- tro , diffuse nuova luce sui viaggi e la vita di Dante : e del Veltro medesimo poi ragionarono il Repetti , il cav. de Cesare , il Giornale Arcadico , V Antolo" già di Firenze , il Progresso. Altra questione e piij viva eccitò il famoso verso con cui la narrazione di Ugolino si termina , questione promossa da un motto del prof. Niccolini , alla quale presero parte , come ognun sa, il Carraignani , il Rosini, il Monti, il Pin- demonte, il Pepe, il Betti, il Gazzeri, il Barzellotti, il Meconi , il Gargallo , il Bozzo , ed altri parecchi. Non questioni ma dubbi sorsero intorno al verso Rafel mai , e ne discorse il prof. Michelangiolo Lanci, come an- cora intorno al Pape Satan di recente interpretato dal Gardona , e piiì di fresco da una veneta dama. In- torno al verso Sì che il pie fermo sempre era il pia basso disputarono il Costa, il Giusti , il degli Antoni. Quello Tan m' absllis vostre cortes deman spiegarono il Pia ed il Mezzofanti. Più vecchia questione e piìi vi- va si è quella che comprende insieme e Tx^lighieri e il dizionario italiano e le cose della lingua , questione che discussero e toccarono chiari e dotti uomini , cioè il Biamonti e il Capponi , il Monti ed il Niccolini , il Perticari ed il Cesari , il Rosini ed il Pederzani , il Montani e 1' Ambrosoli , lo Zaiotti ed il Ciampi , il Giordani e il Zannoni, il Bagnoli ed il Grassi, il Bet- ti , il Ricci, il Lampredi , il Puoti con altri assai. Gli stranieri gareggiarono anch' essi nel rendere onore ali* un di quei pochi che onorarono la natura umana tutta , dimostrandone la nobiltà , e pili forti ren- dendone e più squisiti i piaceri. Due traduzioni francesi ne uscirono , una inglese , una tedesca , e d' altra già diede saggio il principe Giovanni Nepomuceno di Sas- Studi intorno a Dante 313 Sonia , nipote del re. I dotti studi del sig. Witte sul- le cose dantesche sono hen noti all' Italia , più che quelli del Murray e d'altri inglesi, rammentati dal Foscolo. Quanto a Byron fosse sacra la memoria dell' esule , e i suoi versi lo dicono , e il suo portarsi in abito di pari d' Inghilterra alla tomba del poeta in lìavenna. I lavori del Ginguené sopra Dante , e le languide cose che il Salfì in un suo compendio ne di- ce , non saranno da paragonare al certo a quelle le- zioni che intorno alla divina commedia detta il sig. Fauriel in Parigi , uomo delle italiane cose dottissimo, e delle origini delle meridionali letterature illustratore non meu paziente che arguto. Ora tornando ai piiì recenti lavori intorno a tale argomento in Italia tentati , rammenterò che il pro- fessor Niccolini , anni sono , aveva della commedia promesso un commento : che uno ne aveva promesso il Carrer: che il Rossetti, dopo fantasticamente spiegato a suo modo l'inferno , ristette dall'impresa per poco , e ci diede intanto un volume dove provava che Dan- te , il Petrarca e il Boccaccio furono addetti a socie- tà scerete , successori degli albigesi e dei templari , precessori di Lutero , e delle politiche sette moderne. Delle quali bizzarre opinioni talune trovarono acerba confutazione in un libercolo pubblicato in Firenze : altre furono (insieme con quelle del Foscolo non mol- to dissiraiglianti ) combattute dal sig. Piccioli in un discorso letto in solenne adunanza all'accademia della Crusca. Alla quale adunanza furono letti dal segreta- rio sig. Becchi gli elogi de'morti accademici , Anguil- lesi , Sestini , Zannoni , elogi dove la rettitudine delle intenzioni, e ìa dignità dei giudizi, e la saviezza delle moderate idee , e la bontà dello stile riscossero gli ap- plausi della frequente udienza. E delle questioni a lin- gua spettanti ragionò con amore del vero , e della co- 314 Lettera T u.^ a. inurie patria ; sopra le angustie muuicipali e le grette invidie elevando il pensiero. Il marchese Lucciiesìni nel Giornale di Pisa , il marchese Biondi e il prof. Betti hqìV Arcadico , il prof. Parenti nelle 3Iemorie di Modena , trattarono di alcune cose dantesche con raro acume e dottrina. Il prof. Cioni neW Antologia di Firenze , annunziando opere risguardanti il suo nobile concittadino , fece pro- va di sapere e di senno. Il De-Crollis comentò il can- to VII dell' inferno. Il Muzzi illustrò alcuni passi del- la divina commedia : altri ne illustrarono il Poggiali , la contessa Monti Perticari , il marchese Anta Idi , il Galvani , il Toselli , lo Strocchi , il Ferrucci, l'Adria- ni , il Micara , il Vaccolini , il Nardi , il Salvagnoli, l'Asquini. Il canonico Silvestri disse una lezione delle lodi di Dante ; il prof. Taverna ne discorse più volte con eleganza ; il prof. Talia applicò ai primi canti dell' inferno le estetiche sue dottrine. Il sig. Ambro- soli nel Manuale di letteratura italiana ne riparlò da suo pari ; il Fea torse a senso teocratico le sentenze del pio ghibellino ; il Vecchietti e il Bozzo , il sig. G. . . . B. . . . portarono anch' essi alla commedia un tributo. Perchè divina commedia si appelli il poe- ma di Dante disputò Domenico de' Rossetti. Della vi- sita di Dante a frate Ilario cantò il prof. Mezzanotte. Sul tempo in cui fu scritto il Convito ragionò nell' Antologia di Firenze il sig. Centofanti ; sulT imitazio- ne di Dante dissertò il sig. Apprandino Arrivabene nell' Indicatore lombardo. Ne monumenti mancarono , ne edizioni : il pili splendido de'monumenti. Il Canova poneva la sua ef- figie in marmo nella protomoteca capitolina. Firenze gli erigeva in s. Croce un altissimo cenotaffio , ed, oltre Domenico de Rossetti, lo descriveva eruditamente il prof. Missirini , scopritore fortunato della vera effigie di Bea- Studi intorno a Dante 315 trice, egli che una Beatrice si Leila aveva fatta dipin- gere a queir amabil pittore di Filippo Agricola , del quale è pur famoso il ritratto di Dante e della Porti na- ri , commessogli dalla duchessa di Sagan ed illustrato dal Betti. All'alzarsi di quel cenotaffio, parecchie poesie furono dedicate , tra le quali una inedita , e distinta di rara bellezza , del Centofauti. Una medaglia fu poscia coniata , rappresentante il monumento medesimo, a me- moria del fatto. Ora una Leila scultrice francese sta in Firenze operando un bassorilievo in onore di Dan- te , commessole da un amatore straniero. In Roma fu da una schiera di dotti celebrato l'anno secolare della morte del divino poeta , e datane elegantissima descri- zione dal Biondi. Delle pili che cinquanta edizioni fatte , secondo il Gamba , ne' primi venticinque anni di questo se- colo , non dirò la magnifica di Firenze , e la Berga- masca che voleasi esemplata da autografo : rammen- terò la Bartoliniana troppo forse esaltala , ma non dispregevole al certo , e quella che ci daranno tre illustri uomini di Toscana. Rammenterò le varianti diligentemente raccolte dal Sicca , e le poche notate neìV^ntologia dal Montani ; rammenterò le nobili cu- re spese intorno al Convito e alla Vita Nuova dal Trivulzio , dal Monti , dal Maggi , e dal Mazzucchelli. Simigliante lavoro attenderebber le rime ; e se ne oc- cupava il Trivulzio , che pur ci diede eraendatissima la f^ita nuova , prima di passare a secolo piiì tran- quillo ; come ce ne diede pure una bella edizione in Pesaro il conte Machirclli. Anco le edizioni dei commenti danteschi son de- gno tributo reso al suo nome. E abbiamo già Votti- mo ; e il sig. Piccioli intorno ad altri inediti spende le sue cure ; e il sig. Witte ne scoperse uno che in sul primo credette essere del Bambagioli. I quali tutti 316 Letteratura gioverebbe donare alla luce : e sopra tulli il commen- to di Pietro , figliuolo dello stesso poeta. Il prof. Ro- sini ci diede le note di Torquato Tasso al divino poe- ma : il Biagioli le postille dell'Alfieri : l'editor pa- dovano quelle del Torelli e del Rosa Morando : il Poggiali quelle di un codice del 1330 : il De-Roma- nis le varianti de' codici vaticano, angelico, chigia- no , gleraberviano, antaldiano , e caetano : il Viviani quelle di 65 altri codici da lui consultati per l'edi- zione Bartoliniana : esso Biagioli le altre del codice stuardiano. Ne neglette passarono le memorie riguardanti la famiglia , la vita , gli amici di Dante. Il Gamba ci diede in miglior lezione la vita scritta dal Boccaccio. Il Lomonaco lo noverò tra gl'illustri capitani d'Italia. La grotta di Tolmino , il sasso di Firenze , la torre di Gubbio, e altri luoghi son del suo nome famosi. Lo si volle amicissimo a Bosone , autore del centone ro- manzesco teste pubblicato con molta cura dal sig. Nott. Di quest'amicizia scrisse a lungo un discendente di Bo- sone, il canonico RafFaelli. Lo si volle amicissimo ad Arraannino , e tra l'inferno di Dante e l'inferno di Ar- mannino furono scoperte rassomiglianze non poche , e un concittadino di lui promette di voler pubblica- re quelle sue Fiorita. La famiglia di Dante fu data dal Litta tra le celebri d' italia , ed ora nei Serego di Verona ne riman 1' ultimo germe : e ad una contes- sa Serego , siccome a degna di congiungersi al sangue di Dante , cantava affettuose lodi il Paravia. A questa ignuda commemorazione di nomi e di libri , alcuni libri qui mancano e alcuni nomi , eh' or la memoria mi nega : ma bastano i rammentati per dimostrare qual corra oggi giorno opinione intorno all' ingegno ed alle opere di Dante Alighieri. Uno Straniero. 317 Lettera di Ferdinando Ranalli al chiarissimo sig. ab. Urbano Lampredi , intorno alla sua versione del primo canto delV Iliade. v^uando il trasportare Omero nella nostra favella non reputavasi difficile impresa , e moltissimi vi si dedicarono con varietà di merito e di giudizio , ave- vamo meno ragione a dolerci di mediocri traduzioni ; ma poiché Vincenzo Monti , quel miracolo di poesia , fece conosciuto quanto malagevole si fosse dare al primo epico una veste degnamente italiana , ab- Liamo più ragione a lodare una buona versione . E voi , prestantissimo Lampredi , in quella età, in cui la fervidezza dello ingegno va scemando col vi- gore del corpo, vi acquistate a buon diritto questa lode , che altri non seppero guadagnarsi nel fiore de- gli anni : così piacevolmente deludete l'aspettazione di coloro , che si promettono degl' ingegni secondo l'età, e mostrate piiì da vicino come Omero possa fedel- mente voltarsi neir italiano senza cadere nel vile ; la qual cosa , come sapete , venne lanto contraddetta dal chiarissimo Saverio Mattei , e così bene smentita dal valorosissimo Monti. E poiché voi siete stato poco avveduto nell' ac- cordarmi la vostra amicizia e benevolenza, soffrite ora che io v' indirizzi queste parole , che andrò dicendo intorno al primo canto dell' Iliade da voi tradotto in jsciolti , e pubblicato in Napoli dalla tipografia Por- celli 1833 : U quali, aggiungendosi l'autorità del vo- stro assenso, potranno essere di qualche utile agli ama- tori delle lettere italiane. 318 L ETTERATURA Se io volessi passare ìa rivista dal cinquecento sino al secolo deciraonono tutti i traduttori di Ome- ro , dovrei durare troppo lunga fatica , e voi forse , mio buon Lanapredi ^ ne sentireste tutta la noia ; ma resti'ingendo il mio dire ai soli , e piiì rinomati del secolo decimottavo e decimonono , spero di non es- sere accusato d' indiscretezza nell' abbozzarvi questa diceria. Il primo , che per diritto di tempo va nove- rato fra i volgarizzatori di Omero, e Anton Maria Sal- vini , che dopo parecchie versioni dal greco , ci do- nò anche quella dell' Iliade: la quale sebbene da molti venga ammirata per la fedeltà al testo , e per la pur- gatezza della lingua, nondimeno riesce spesse volte oscu- ra , e spesse volte fredda, perchè mancante di quella splendida robustezza di stile senza cui il linguaggio delle muse diviene una stucchevole cantilena. Dopo il Salvini , per tacere del Bozzoli e del Ridolfl , i quali troppo languidamente e grossamente tradussero il poema dell' Iliade , apparve la versione in isciolti di Giacinto Ceruti : e questa, siccome più fedele all' originale e piiì poetica, venne reputata migliore della salviniana , e sarebbesi avuta anche in maggior conto, se il Ceruti avesse usato piti modestia nello appro- priarsi i versi o intieri o smezzati del poeta fioren- tino , e se meglio si fosse guardato da quelle la- scivie drammatiche , di cui la sua traduzione è mac- chiata. Allora fu che Pietro Verri , facendo dell' Ilia- de una versione in prosa da tornar utile a coloro , che lo studio delle arti coltivano , affermò che il Ira- durre Omero in versi italiani e impresa piiì di co- raggio , che di consiglio . E grande e forse stempe* rato coraggio mostrò il Cesarotti ; ma poiché ,, il nome dell' immortale traduttore di Ossian suona si alto , che anche de' suoi difelli convien parlare con riverenza,, Lettera di Ferdinando Ranalli 319 piuttostochè accusar lui di troppa arditezza , accu- seremo la prepotenza del suo ingegno , la quale so- verchiando le parti della mente dominava la fantasia : e questa non essendo sommessa al giudizio , facilmente dimenticava la .semplicità e naturalezza di Omero. E mentre il Cesarotti ne' primi canti mostrasi fedele al testo , discorre in seguito i campi del poeta gre- co con quella liberta , che una buona filosofia non saprebbe lodare. Aggiungasi il mostruoso vestito di nostra lingua , che schietta e pura nel secolo in che nacque , è ivi lorda di quella merce straniera, di cui alcuni scrittori del secolo passato furono così bravi razzolatori. Eppure i nostri padri ci aveano lasciata immensa ricchezza di locuzioni per degnamente ve- stire i capolavori della greca letteratura ! Bastava can- sare il pericolo di cader nel vile e nell' affettato , e di non prendere per oro purissimo tutto ciò , che è stato scritto nel beato trecento ; ma raffinarlo, pur- garlo dalle scorie , che vi sono mescolate : impero- chè se ad Omero non si converrebbe una veste trop- po lussureggiante , molto meno gli si adatterebbe l'ispi- do saio di Diogene. Ed a me , se male non mi ap- pongo , pare che tali estrerai sieno stati corsi dal Cesarotti e dal Salvini. Il primo per essere magnifico inchina al tumido: il secondo per essere semplice cade nel plebeo : mali gravissimi e da fuggirsi con tanto pili fina cura , quanto piiì ( come insegna il conte Per- ticari ) si nascondono sotto il colore della bellezza. Per la qual cosa ad aggiungere cosi difficile scopo richiedeasi un ingegno, il quale ad una forte immagi- nativa avesse unito un severo giudizio : le quali due facoltà nel comune degli uomini la natura disgiun- ge, e mantiene, direi quasi, ripugnanti. Fortunato chi le possiede in concordia , sicché l'una venga con l'altro ad ammogliarsi ! Vincenzo Monti fu il predi- 1^20 Letteratura letto dalla natura : grande immaginazione e grande di- seorso , molto affetto e molto giudizio in lui an- ziché turbarsi ed impedirsi, si alutarono mirabilmen- te rafforzandosi in guisa gli uni con gli altri , che poterono formare quell* ingegno rarissimo , che noi veneriamo , e che non potremmo mai lodare tan- to che basti. Era perciò riserbato a lui , immortale cantore di Basville e di Mascheroni , sublime en- comiatore di Napoleone e di Parini , farci gustare nel nostro idioma le bellezze del primo epico : ed io sarei in dubbio se più dobbiamo saper grado ad Omero per la sua Iliade , o al Monti per la sua ver- sione , che può dirsi la sola classica e degna di quel greco ,, Glie sovra tutti com' aquila vola. Io qui non imprenderò a parlare di altri tre vol- garizzatori di Omero , Eustachio Fiocchi , Lorenzo Mancini, e Michele Leoni, i primi due in ottava ri- ma , e l'ultimo in verso sciolto ; ì quali avvegnaché del tutto non manchino di pregio, spezialmente il Man- cini , nulladimeno poco sono avuti in conto dalla repubblica delle lettere a lato del Monti , il quale , siccome giudicò il Mustoxidi , ha pienamente stretta la greca letteratura coli' italiana. Ed avendo io nell' animo , chiarissimo Larapre- di , discorrere la vostra versione del solo primo can- to , e coglierne il piij bel fiore , permettetemi un breve parallelo fra voi ed il Monti : perciocché repu- tandosi questi il massimo dei Iraduttari di Omero , anziché oscurare l'opera vostra , la farà più chiara , palesando come si può essere ancora più fedele al testo , senza incontrare il rimprovero di negletto e rozzo traduttore. LETTsaA. DI Fjerdinando Ranalli 321 Moltissimo studio pose il Monti italianizzando la protasi di Omero, e stimò cosa malagevole mantenersi fedele al testo , ed insieme conservare la maestà del verso italiano. Essendo Hra d'achille il subbietlo dell' Iliade , parrebbe che la voce ira in primo luogo do- vesse appresentarsi a chi legge , e così fissare la sua attenzione nella idea principale. Ed Omero di fatto colla parola ira incomincia il suo poema , e racchiu- dendo nel primo esametro le voci dell' ira, del canto, della dea che invoca , e del Pelide Achille „ corre subilo , dice il Monti , sotto la penna questo verso , ,, L*ira , o dea, canta del Pelide Achille. „ Ma poco dignitoso ed elegante pareagli per le tre desinenze in a : ed osservando , che senza ofFea- dere l'armonia , l'esametro greco non consentiva , che ira, canto , dea, col resto del Pelide Achille si con- servassero entro le angustie di un sol verso, giu- dicò doversi traslocare una di queste tre voci nel se- condo col minore scapito , che fosse possibile del te- sto. In tal guisa egli credette di conciliare l'armo- uia della nostra favella , e la proprietà del sentimento greco , e toccò ali* ira di passare nel secondo en- decasillabo , e cosi incominciare col verbo canta, so- migliando la sempre divina Gerusalemme , ed il die mihl , musa , virum di Orazio : onde ae uscì que- sta versione: „ Cantami , o diva , del Pelide Achille ,, L'ira funesta , che ec. ce. Venne ancora disputato , se l'addiellivo funesta por- tasse in italiano il senso di Omero , e se meglio che le voci atroce ^ Crudele ^ e fatale fosse adoperata. G.A.T.UX. 21 322 Letteratura Il Monti ritenne ira funesta , e fra le ragioni che ve lo persuasero , egli ponderò bene , che funesta nel suo vero significato vale afferens funus , che , se- condo i latini , porta strage e ruina ; e 1' esemplo di Cicerone , di Ovidio , e di Lucrezio lo raffermò in questa sua opinione. Dopo le quali cose , io vengo a voi , onorando mio Lampredi , e leggo tradotta la protasi dell' Ilia- de in questi termini: „ Canta, o dea, l'ira del Pelide Achille, „ Ira esecranda , che ec Voi siete stato piiì fedele al testo chiudendo nel pri- mo verso le tre principali idee del poema , cioè canta, dea , e ira del Pelide Achille , la quale ripetuta destramente nel secondo verso , acquista , a mio av- viso , maggior forza , e più vivamente sì stampa nella mente di chi legge.E se il primo endecasillabo man- ca di quell' armonia, onde va superbo il Monti, con- serva tuttavia abbastanza di gravita , che lascia al let- tore meglio ponderare la protasi del poema. L' aver poi adoperato WààÌQilìwo esecranda mostra, che Vulo- menen di Omero sia preso in senso passivo , al che si arroge la buona intenzione del poeta di ottenere lo scopo morale e religioso , onde esecrando 1' ira di Achille , viene a predicare la concordia fra i du- ci si greci e si troiani . Il Monti considerò l' ulo^ menen in senso attivo : ne andò lungi dal vero : im- perocché, siccome voi stesso m'insegnate, questa voce è suscettiva si del senso attivo , come del passivo. Da tutto ciò possiamo tirar la conseguenza , che la pro- tasi di Omero come dal Monti , così da voi è stata giustamente volta in italiano , e solo dilTerite che il Monti ha donato piiì all' armonia ed alla maestà , e ■voi pili alla fedeltà e naturalezza. Lettfra di Ferdinando Rawalh 323 Ma procedendo oltre il paragone del vostro ome- rico volgarizzamento con quello del Monti , osser- vo ancor più, come ambidue aggiungete il fine al- tissimo d' ingentilire colle grazie della nostra favella quel sublime prodotto più della natura , che dell' arte. Nondimeno voi rassembrate un placido fiume , che ba- gna mollemente le sue sponde , ed ha sempre ugua- le il corso. 11 Monti rassomiglia un fiume regale , che senza straripare discorre maestoso nel suo letto , o spesso ingrossando inaffia le vicine campagne , e qualche volta alza romore . Però ne a voi man- ca maestà e leggiadria , ne al Monti fedeltà e na- turalezza ; per lo che ( parlando sempre del primo canto) se alcuno desiderasse conoscere tutti i nervi della poesia omerica , e più da vicino affigurarne l'autore , io lo consiglierei di leggere la vostra tra- duzione : se poi avesse in animo di gustare le bel- lezze dell'Iliade, io gli direi francamente : Leggi il Monti , e diverrai subito innamorato di Omero. Quel- la variata ricchezza di suoni , quel calore di affet- ti , que' balzi di siile , che furono nel cantore di Ba- sville effetto di sovrana fantasia , adescano, e direi qua- si trattengono la mente ed il cuore in quella su« blime lettura. E tornando a voi , non tacerò l'altro pregio quan- to raro ne' traduttori , altrettanto lodevole , della bre- vità , di cui voi stesso nella vostra preziosissima de' 15 di marzo mi faceste avvisato , parlandomi della bella versione di Oppiano. Ed ho notato , che men- tre nel Monti si contano 819 endecassillabi , in voi non sono che seicento ; la qual cosa , a mio cre- dere , nulla accrescerebbe il merito di tradurre , se la chiarezza tanto raccomandata da Orazio non an- dasse del pari congiunta alla brevità. E quando il Cesarotti ed i suoi seguaci si fecero lecito nelle ver- 21* 324 Lkttbratura sioai di torcere il sentimento con istraiie foggio di dire , e puntellarlo di nuovi concetti , andarono as- sai lungi dallo scopo , che si erano proposti : imper- ciocliè , siccome riflette il nostro Giordani ,, una [tra- duzione dev' esser un ritratto:,, e perciò non deve man- care „ de' più proprii lineamenti , e colori , e atteg- giamenti dell' originale ^ concossiacliè di uno scrittore autorevole non ci basta che ci sieno riferite nuda- mente le sentenze , ma vogliamo tutto quello, che d'in- dole e d'arte sua propria in significarle e disporle adoperò.,, E fra i molti luoghi della vostra versione , che io potrei qui traportare , acciochè ognuno si acccor- gesse che quanto io finqui ho parlato proviene da in- terno convincimento , mi contenterò solamente di tra- scrivere „ La mortifera pestilenza che Apollo , per l'ol- traggio al sacerdote Crise , suscitò nel campo degli achei , e la terribile minaccia di Achille all' ambi- zioso Agamennone „ Udì quel prego Apollo. Irato scese Dalle cime di Olimpo ; arco , e faretra Gli pendean dalle spalle , e al fiero incesso Del dio cruccioso , e di caligin cinto Rimbalzando strepeano gli strali : E da lungi impostatosi , e scoccando , Mettea l'arco d'argento orrendo rombo. Prima i giumenti, e gli oziosi cani , Poi la freccia mortai fiede i guerrieri , E frequenti sui roghi ardean le salme. Nove giorni volar qua e la nel campo Del dio gli strali , e parlamento Achille Nel decimo adunò : ec. ec. In questa descrizione io ammiro fedeltà brevità e Lettera di Ferdinando RAifALLi 325 chiarezza, t^ulladimeno i versi non lasciano di essere maestosi ed armonici, tanto che all' oreccliio ed al cuore facciano sentire la forza dell' originale. - Ecco le parole di Achille al sommo Atride. O mostro D'impudenza vestito, e astuta volpe. Come andranno agli aguati , o a fera pu^na Obbedienti ai cenni tuoi gli achei ? Qua provocato non venn' io da' forti Teucri , che Achille non ofFeser mai ; Ne a depredar mai vennero i miei Preom , Uestrien , o armenti , o a devastarmi i campi Della fertile Ftia , che monti e valli Parton da Troja , e il tempestoso mare ; Per te venni , impudente , e per tuo grado. Di Menelao per la vendetta , e tua , Latrante can , ti seguitammo a Troja. E tu stesso or minacci il premio tormi Sudato tanto , e che mi dier gli achei ? Ne pari al tuo mi si dark pur quando Saccheggerem la priameja reggia. Dell' aspre pugne il maggior peso io porto , E allo spartir delle nemiche spoglie A te dassi il miglior ; poca , o pur cara Parte io ne traggo dal combatter lasso. Ah ! fia meglio il partir ; disonorato Resta ; ne più trarrai prede di guerra ec. ec. Vedete , amabilissimo Lampredi , quanto lungi mi abbia portato la occasione di farvi manifesto il di- letto , di che sono stato preso in leggendo le vo- stre versioni dal greco. Così potessi vedere tutto in luce tradotto il poema dell' Iliade , come il primo canto mi è giunto all' anima ! Però non voglio la- 326 Letteratura sciare ogni speranza, rammentando ciocché viene riferllo di Cicerone intorno a Sofocle, il quale divenuto vec- chio ed accusato da' suoi figliuoli di fiacchezza di mente, recitò loro una tragedia , che aveva poco pri- ma scritta , acciò conoscessero se in lui era punto venuto manco il senno ; che troppo quel valent* uo- mo sentiva negli eruditi e ne' temperati la forza della mente , anziché stremarsi cogli anni , rinvigorire coli' uso , e coir esercizio rinforzarsi. State sano. Ditno , e obhl. servitore Ferdinando Ranalli 327 ARTI BELLE -ARTI Detta diruta chiesa di S. Cipriano situata nel terri' torio di Campello presso Spoleto, AL COLTISSIMO E NOBILE SIC. CAV. PIETRO FONTANA, D. POMPEO DUCA DI FERENTILLO , PREGIATISSIMO E RISPETTABILE AMICO i-vccomi ad adempiere alla promessa di sottoporre al vostro savio discernimento alcune osservazioni sulla diruta chiesa di S. Cipriano. So il disprezzo, col qua- le si è parlato di coleste altrettanto povere clie no- bilissime ruine , e gli sfregi fatti alle pitture che vi si contengono , le quali a dispetto di quattro secoli d'ingiurie trionfano con ingenuo splendore della bar- barie degli uomini e del tempo. Ne mi sono ignote le varie opinioni che ne corrono. Ma so ancora quan- ta lode vi siete meritata , e quanto buon grado ve ne abbiano ì migliori concittadini per io zelo , col qua- 328 Belle- Arti le vi siete opposto alla tlemolizioiic di un monumen- to per tanti titoli ragguardevole. Memorabile nelle pri- me pagine delle sacre cronache spoletine : insigne per convenienza di parti , per solidità e semplicità di ca- rattere non comune ne' tempi di decadenza ; interes- sante per situazione , trovandosi alle falde di quel monte d'onde scaturiscono le limpidissime sorgenti del Clitunno , al cui fatidico nume eresse l'antichità il fa- moso tempietto , che poco lungi si ammira , ed in prossimità di una edicola o maestri , che vanta ope- re dello Spagna fra noi si famigerato , ed interessan- tissimo eziandio per le sue pitture : le quali sommi- nistrano prezioso corredo alla cattegoria delle antichis- sime pitture , che sono di tanto decoro a Spoleto non che all' Umbria tutta. Ragion per cui nello esporre le mie considerazioni non mi lascio intimorire dalla taccia di visionario , che mi par già sentire intonarmi air orecchio da chi ne sa piii di me , e mal s'avvi- sa però di saper molto. Ognuno ha la sua maniera di vedere* Gli og- getti di belle arti si assaporano più o meno, a secon- da della finezza del proprio gusto. Vi sono artisti che esercitano con lode la pittura , e vi sono sagaci amatori dell' arte, che avendo formato il loro gusto sulle più elette produzioni dell* aureo secolo , e lau- tamente pasciuti su quelle delizie , hanno a schifo tut- tociò che alle dolcezze del puro bello non ha rap- porto . E dove a dar giudizio delle più austere e venerande produzioni dell* arte siano necessari un fred- do esame , una profonda imitazione sulla storia dei tempi f e sopra i graduati progressi dell' umano in- gegno , e sulle infinite vastissime prerogative del bel- lo , per non mostrarsi eglino ignari di ciò che non conoscono , credono essere discreti quando onorano di uno sprezzante sorriso quelle produzioni, che posso- B E l L E - A R T I 329 no eccitare rammirazlone degli eiuditti cultori delle arti e delle lettere. Salaraente nella estate dell' anno scorso m'imbat- tei nella fortunata scoperta del monumento di cui si tratta. Nel luglio del 1829, propizia stagione per me al viaggiare , poiché la diurna luce signoreggia sif- fattamente le tenebre, che al cadente crepuscolo del- la sera segue ben tosto foriera del nuovo sole la ridente aurora , m' incaminai di ritorno alle riva adriatiche. Infievolito io però per tanti sofferti ma- lori , addolorato , e mesto pel dispiacere di allon- tanarmi dalla mìa amata figlia , e dagli amici di Spo- leto, mi lasciava svogliatamente strascinare dai cavalli lungo il maestoso cammino , che attraversa la bella valle spoletina ; ne mi commoveano punto l'amenità dei campi ubertosissimi , la frescura delle ombrifere piante , non il lieto clamore dei mietitori che occu- pati al raccolto della dorata messe mandavano gri- da , anzi incessanti ululati di gioja. Quando ecco un oggetto assai conforme alla mìa riflessione mi desta dal sopore. Due tiri di sasso lungi dalle cristalline vene del limpidissimo Clitunno , e quasi al limite della gran via, mi parve scorgere le ruine di un* antica chiesetta sotto grandi masse di edera silvestre nascosta. Gridai al cocchiere che ar- restasse , e visitasse quel luogo diruto , e mi ripor- tasse se cola entro vi fossero pitture, le quali io cer- cava in quei contorni , e reclamate tanto dalla pub- blica curiosità. Ritornò il cocchiere , e disse che ve ne erano delle antiche, e bellissime. Tanto è vero, mio buon amico , che chi sta col lupo impara ad urlare , e chi sta co' pittori impara a conoscere il bello. Scesi incontanente di carrozza , e facendomi stra- da fra spinosi cespugli rimasi estatico nello scoprirà 330 Beiìle-Arti un sodo edificio di maschio stile de' tempi longobar- di ; di ammirabile costruzione in pietra viva riqua- drata : di piccola mole : ma grandioso ne* suoi com- porteraenli. E quantunque nudo di ogni ornamento 0 risalto di modanature , e cornici , elegantissimo però per la bellezza e semplicità dei suoi profili- E mi fece pietà il vederlo senza tetto , e quasi smantella- to , ed esposto al ludibrio degli uomini e degli ar- menti. E' cotesta una delle poche antiche chiese an- cor superstiti dei tempi longobardi , dedicata a s. Ci- driano vescovo. Il sacro edificio , sopra una pianta quadrilatera oblunga , forma un solo corpo senza in- dizio di vestibolo , sacristia , e campanile : non consi- derando per tale quell'opeia laterizia sovrapposta nel XV Secolo al ciglio superiore dell* abside per sostegno delle campane. Or rimanendo nel suo interno la chiesa di- visa in varj compartimenti formati da sei arcate dì vario sesto ed altezza ( compresavi la porta d' in- gresso e la tribuna ) sostenuta da mura , e da pi- lastri sporgenti a foggia di quinte dalle pareti la- terali , offrono un prospetto scenografico a chi si po- ne ad osservarla sul limitare della porta. E le pit- ture ricevendo un vivo lume dall' alto, sfoggiando in colori rossi , gialli , bianchi , e di forte incarnato, ri- saltano da lungi all' occhio de' riguardanti. Nel corpo della chiesa, malgrado dell* austera sem- plicità dello stile tenuto dall' architetto , si permise egli una gentile decorazione nella facciata posteriore, dove per maggior legame e sostegno dell' alta se- micircolare tribuna (che serve di testa all'edificio) vi ha inserito alcune svelte colonne , attaccate al muro senza modanatura , posanti sullo scarebbate , e salendo a contatto della fascia , che ricorre sotto il tetto della semicupola dell' abside con bellissimo effetto. In questo muro, il più conservato, veggoosi Bklle-A;rti 33 1 quattro antiche finestre , due nel centro della tribu- na , due alle mura , che glie ne fanno spalla : non parlerò della quinta a feritoja situata nel centro , perchè mi sembra barbara innovazione. Queste finestre alte un metro e mezzo , e lar- ghe uu terzo , con una luce a feritoja ove appena passa la mano , sono di un disegno assai gustoso per la varia disposizione dei piani inclinati , per l'inter- secazione dei profili per la levigatezza , e bel com- baciamento dei macigni. Non ne vedi delle più ra- . gionevoli in tal genere: ed è osservabile, che a schi- yare lo spigolo nelle imposte condusse l'architetto in- torno alle ferltoje una gentile cordonata , quasi cor- nice agli stipiti delle anzidette fenestre. Nel presbiterio vi sono vestigio dell' altare im- brattate dalle macerie ; più grata apparenza fanno di se le due piccole porte laterali di una giustissima co- struzione : un gran muro interrotto da un secondo arco tondo più basso dell' abside lo separa dalla cel- la , o aula , a cui servono di decorazione quattro pi- loni sporgenti due metri incirca dalle pareti , e sor- montati da grossi abachi , su cui girano maestosi ed arditi due grandi archi a sesto acuto. La facciata o pronao manca dello stereobate , e di finestra : è un muro liscio con frontespizio acu- minato, le cui pendenze davano norma alla inclina- zione del tetto, che per essere di legname minò più volte , e colmò di macerie l'interno della chiesa, il cui pavimento insieme allo zoccolo esteriore riman- gono sotterrati al di la di un metro. Questa porta di mezzo h piccola , disadorna , e liscia : tre larghe fascie cavate nella grossezza del muro ne formano gli stipiti e l'archivolto , la cui lunetta. è chiusa da un timpano , òon entro impressavi un* 332 Beliìe-Ar ti giaa croce greca a bassissimo xiUcvo , o per dir me- glio incavo. Cosa caratteristica. Abbiamo lodato il carattere dell' edificio per la semplicità dello stile , e per la convenienza de' suoi compartimenti : ed in vero la ragionevole corrispon- denza delle parti col tutto ci porterebbero a cre- dere , che la sua elevazione fosse di un solo con- cetto. Ma la differenza dei materiali e dei cementi impiegati , e la piti notabile diff*erenza del metodo di costruzione , ce la manifestano per opera condotta in diverse epoche. La sua pianta e la tribuna è sodo ed elegante lavoro, per quanto lo comportava il sa- pere dei buoni architetti italiani ( per lo piiì mona- ci ed ecclesiastici ) dei tempi longobardi : quando era smarrito affatto il gusto dell' architettura greco-ro- mana fra le mine della spopolata metropoli dell' uni- verso , ed i migliori esemplari ed i gloriosi monu- menti d'architettura e satuaria giacevano sepolti fra le ceneri della incendiata Roma , come eloquentemen- te ci narra s. Gregorio Magno. Non però ristettero i re ed i potentati d' Italia in que' secoli di decadenza dallo erigere edificj de- dicati al sacro culto. E sebbene lo scarpello non fosse rimasto che nelle mani di sennilici quadratarii , e l'ar- chitettura fosse priva d' ogni eleganza greca e magni- ficenza romana , pure si sostenne con quel carattere di solidità e di maestà , che risultar possono dal buon metodo di fabbricare unito , liscio , e compatto , dalla convenienza delle forme e proporzioni , e dalla sem- plicità di stile. Qualità tutte, che bene si appropriano ( quantunque in modica condizione ) nei rispettabili avanzi della chiesa di s. Cipriano , per quanto con- cerne ai ruderi del primitivo fabbricato della tri- buna , e della parte sinistra del presbiterio , la cui erezione può notarsi fra il VII e l'VIII secolo della no- Belle- Arti 333 stra era. Mentre il cainpaniletfo vi si considera co- me aggiunto in mattoni del XV secolo , e tulfo il ri- manente, compresi gli archi di sesto acuto , ed il pro- nao costrutto in pietre non ripulite e mal connes- se t sono ulteriori restauri del XIV secolo. Appoggio io le mie induzioni alle diverse vicende , a cui sog- giacque nei tempi di decadenza il gusto di fabbri- cara , ed alle interessanti notizie, che voi , mio egre- gio amico , ed il sig. canonico Boncristiani mi avete somministrato. Di fatti considerar possiamo alcuni edifici eretti con tanta sodezza e semplicità dal sesto all' ottavo secolo come gli ultimi sospiri dell' italo-roraana ar- chitettura , alla quale subentrò nell' epoca di Carlo Magno un genere di fabbricare goffo , pesante , bar- taro » senz' ordine ed euritmia, come può in Spoleto vedersene un esempio nella vecchia chiesa di s. Lu- cia dell' episcopio. Sopravvennero poscia artisti chia- mati di Grecia , onde rischiarare l'arte , e sollevarla da SI misera oscurità : e questi il gusto greco-bizan- tino diffusero in gran parte d'Italia : se pure dee chia- marsi gusto un genere di fabbricare disordinalo e bizzarro , le cui parti essenziali vengono mutilate , o confuse da una sovrabbondanza di ornamenti insul- si, ai quali il tritume e la difTicolla davano il mag- gior pregio. Ma ben presto comparve un nuovo estra- neo stile arabo-tedesco, impropriamente detto gotico per eccellenza: il quale stile per la sveltezza de' suoi ordini, per l'arditezza de'suoi archi, schiettezza dei profili, e gen- tilezza di membrature, potè fra gl'italiani ingegni ridesta- re la idea del bello e del grande in architettura, ed al buon gusto furono felicemente ricondotti suU' esempio di nuovi e maestosi edifici ; questi furono ( per ci- tar cose a tutti note ) un ammirabile e straordina- rio santuario in Assisi , santa Maria del Fiore in Fi- oSU Bkllb-Artì reaze, ed ì\ vastissimo duomo di Milano, do\re l'architet- to portò al suo apice la materiale apparente sontuosità. Ma è tempo di venire alle pitture : e per co- minciare dalla tribuna, ricordo nell' abside i resti di cinque grandi figure. Il Nazzareno seduto fra la Ma- donna , s. Giovanni , s. Cipriano , e s. Giustina, d'un carattere toscano antico barbaro : sono cose dipinte ed impasticciate più volte. Sotto l'abside fra due fine- stre evvi il ss. Crocefisso nudo con due piccole figu- rine a lato, s. Giovanni e la Madonna , di maniera giottesca imperfetta . Di qua e di la del crocifisso seguono diversi compartimenti , e vi si veggono una Madonna in piedi , che ricopre col manto fantoc- ci in ginocchiati, ed incappucciati da un bianco sac- co e e poi una s. Caterina della rota , figura in pie- di bastantemente snella : e dalla parte opposta un s. Bernardino con una data del 1 400 , pitture assai libere di tocco , e vivaci , ma triviali , e di uno stile misto. Più meritevoli di encomio sono quelle , che adornano la base della tribuna stessa in quattro com- partimenti distribuite. Fa maraviglia la freschezza del colorilo , la pastosità dello stile , la verità dell' espres- sione , la dissinvoltura delle attitudini , il rilievo dei corpi in quella Madonna seduta col Bambino nudo sulle ginocchia , in quel s. Rocco , e e' due ss. Sen- Lastiani nudi , ben disegnali , carnosi , e vivi , con fisonomie triviali si , ma parlanti , e copiate dal ve- ro , e certamente ritratti delle persone che ordinarono le pitture , i cui nomi si trovano presso indicai in- sieme al millesimo che quivile ggesi del 1426» Fan- no queste un tanto maggiore risalto per trovarsi a livello di due altre antichissime Madonne, che tengono il bambino vestito sulle loro braccia : i contorni vi sono bea calcati sullo intonaco. Lo stile rimonta ai primordi deli' arte risorta. L'artefice non manca di dot- Bblls-Arti 335 trina , ma il suo gusto è gotico manierato « e smor- fioso tanto nella ricercatezza della forma dei volti , quanto nell' affettazione delie pieghe per lo più ton- de, e serpeggianti nei bordi , o lembi : quantunque dal capo ai lombi , e dai lombi ai piedi sia bastan- raente semplice e naturale , e nel raggruppamen- to di alcune pieghe fitte ricordi il greco stile. Di- rei , per ispiegarmi in poco , che queste pitture ten- dono alla maniera de* Buffalmacco , e di altri consi- mili toscani , che in Assisi e in Perugia fecero di- mora. Proseguendo a riguardare le pitture al sinistro lato del presbiterio, primo si affaccia s. Antonio aba- te. Spira gravità senz* asprezza : la diresti opera del Verocchio , o del Botticelli. Ma fra le testine la più bella e la più graziosa è quella che ancora ivi ri- mane di una s. Vergine. Gira ed inchina lievemente il capo sulla spalla destra , fissa dolcemente lo sguar- do verso lo spettatore , spira ingenuità nella spaziosa fronte , e sopra un mento gentilmente prolungato sbuc- cia , quasi immacolato bottone di rosa, la rubiconda bocca. L'acconciatura del capo , i contorni del volto hanno grazia raffaellesca, sebbene con alquanta gret- tezza si mostri il dipinto per i sofferti ritocchi. Lasciando il presbiterio, entrando nella cella, sulle facce dei quattro pilastri veggousi una Madonna an- tica di severa melanconica fìsonomia , che allatta il suo grasso e nudo bambino; poi un s. Cipriano ve- scovo in gran piviale , sbarbato , parlante : mostra vi- vace la carnagione, infocate le altre tinte , come se fosse dipinto oggi. Un consimile ritratto del vescovo in piede è nel pilastro di faccia. Poi nell' ultimo inte- ressano tre santi Sebastiani nudi, legati al tronco, e trafitti , che il pittore avrebbe saputo far meglio se avesse voluto , giacché quel modo libero di contor- 336 Bbllb-Arti Dare le figure senza calco indica un tal possesso di disegno , e franchezza non comune ai pittori che sor- tivano dalla scuola del 1300 , e portano essi la data del 1 {1 1 , e 1414; ^^ ^on per questo voglio as- solverli da qualche goffaggine e scorrezione. Lateral- meate all' arco del presbiterio si veggono altre figure assai rozae, delle quali poco importa il tener conto. Serie di varie ed antichissime epoche, la peggiore ò forse la meno antica , che in carattere gotico un- ciarlo porta i numeri 1456. Non so se fra tante immagini s*incontrino due profili : veggonsi le teste tutte in piena o scarna fac- cia. Di scienza prospettica non ve n'è scrupolo, per cui delle estremità poche e scorrette si mostrano- Ben trattate le barbe , ed i capelli gialli , o rossi ; le pu- pille sono fuliginose ; poche aureole furono dorate , e formate con incavi. Nei campi delle quadrature non si veggono arie , campagne , o fabbriche. Servono di fondo alle figure delle varie tapezzerie con ara- beschi a minuto fogliame , e di cornicie alcuni finti musaici tassellati a varj colori : e tanto in questi , quanto nei ricami usati sovente nelle vestimenta , si ri- conosce chiaramente essersi l'artista servito di trafo- ri , o stampiglie. Le pitture pertanto, alcune poche eccettuate , che nobilitano lo squallore di questi mì- seri avanzi di antichità , dove m'aggiro , tengono a varie epoche , ed a uno stile ideale e manierato anzi che no : prerogative non ovvie ai pittori di que' tem- pi , e rimarcabili per determinare la scuola a cui possono appartenere. Ma il curarne l'indagine , lascio a voi , mio preclarissimo amico , che avete tante vol- te meditato sulle più riconJite pitture , e sulle an- tichità spoletine ed umbre. Sulla figura di s. Sebastiano , che porta la data del 1414, ho particolarmente fissato la mia attenzione. Bsllb-Ar t I 337 Il colore ne è monotono , ma le tinte vi sono per- fettamente fuse , e non vi si vede un solo tocco di pennello. Singolare è il modo col quale il nudo ri- mane circoscritto nelle sue forme da un contorno non calcato , ma condotto con unione, fluidezza , ed egua- glianza incomparabile. Lo direste una sottilissima fet- tuccia di color rosso bruno , che combacia girando li superficie esteriore del nudo. E' questo un barbaro manierismo , ne convengo : ma non perciò e men lo- devole la bravura e leggerezza del pennello dell' ar- tista. Nelle pitture monome ercolanesi s' incontrano figure contornate in tal guisa ; ma il nostro pittore potè vederle ? . . Ho tenuto per ultimo, e come suol dirsi pour la bonne houche , il parlarvi del beli' affresco del pri- mo vano a sinistra ben conveniente in quel luogo ad ispirar maraviglia e devozione. Conserva la data del 1436. Posto riflesso , che non tutti i pittori pote- rono in queir epoca portare la scienza del dipingere all' altezza alla quale la fecero salire un Lippi , un Fabrianese , un Bicci , un Vivarini , fra la schiera de* timidi e precisi pittori che fiorirono nella prima decade del XV secolo , l' autore di queste immagi- ni meritò certo un posto distinto. Sopra un alto ed elegante scanno , con dorsale a colonnine , siede una bella vergine , con volto alla greca in piena faccia , e di forma assai gioviale. La sorride seduto in grembo vestito il divin figlio ; candide sono le vesti della Ma- donna e del putto. Due snelli angioletti sul terzo lu- stro , in piedi , sorreggono di qua e di la le aste del matronale seggio , ed hanno nell' altitudine e nella fisonomia una certa grazia e semplicità che innamora. Girano il capo vezzosamente , e nel sor- ridere mostrano i denti: per verità espressione difiici- le , ma resa dal pittore senza smorfia od aflelta- G.A.T.LLX. 22 338 Belle-Arti zione , e con una maniera di disegno , che tiene la via di raezzo fra il lezioso stile , che praticò poi Cosimo Roselli , ed il più senlimenlato carattere del Mantegna. Urja quinta figura in piedi al naturale com- pie il quadro. E' questa men bella, tenendo alla ser- vile imitazione di un ritratto , e rappresenta il solito s. Sebastiano nudo , con carnagioni tendente al gial- lognolo : mentre le altre carn agioni come assai deli- cate sonosi impallidite , e non mostrano quel forte incarnato al par delle altre. Tutto lieto per una si bella scoperta, segnai al- cune memorie nel mio portafoglio coli' idea di for- mare su queste pitture un particolare studio , tanto pili che mi avvidi della singolare pratica tenuta da al- cuni di que' pittori nel contornare le figure dopo aver- le compiutamente impastate e rifinite : come se i loro contorni in colore oscuro servir dovessero non per trac- cia dell' oggetto che prendevano a rappresentare , ma per solenne abbellimento delle figure dipinte ; e que- sto metodo è forse quello , che indusse poi tanta preci- sione di contorno nelle piiì raffinate opere dei quat- trocentisti. Detto ave a quel sacro luogo, men par- tii colla speranza di vederlo al mio ritorno riparato , e meglio custodito. Ma sentite sciagura per gli ama* tori delle belle arti. Un anno appunto, da che ne partii, me ne feci ri- torno a questa mia abitazione, dove all'ombra del mon- te Luco godo giorni silenziosi e tranquilli. Transitan- do io però dalle vene del Gli tonno , non mancai di soffermarmi per nuovamente venerare le reliquie della chiesa di S. Cipriano, che con mio dolore trovai tut- ta smantellata o scoperta. E ben dubitai che un malefico genio presiedesse allo esterminio di quel luo- go reso profano ! Entrai palpitando alla idea delle maggiori ruine, che temevo avesssero dovuto procurare alle pitture i gran massi di gelo , sotto i quali ri- Bellk-Arti 339 maner tlovetlero sepolte nel rigidissimo scorso inverno. Difalti divenuto era maggiore l'orror del sito per le mefitiche piante , che piìi rigogliose vi erano e den- tro e d' intorno cresciute . Ma le pitture ? Ah ! le pitture mantenevano ancora un lustro sorprendente ! Ma il cuor mi si strinse , quando cercata la mia bella Madonna del 1436, non era più ! Oh santa immagine, avete dunque dovuto cedere alle ingiurie della stagio- ne ! Il solo s. Sebastiano sta lateralmente superstite. Esaminata più da vicino l'arricciatura del muro, la tro- vai candida e sanissima : rivolsi lo sguardo a terra , ed in mille frantumi riconobbi l'intouaco del dipin- to, che era stato da mano sacrilega barbaramente scro- stato ! Quali sentimenti di pietà e d' indignazione io provassi , voi, caro amico, potete bene immaginarlo ! Raccolsi con venerazione alcuni pezzi d'intonaco an- cor nitido , dove porzione di un volto e di una ma- no si conservano , e le terrò come sante reliquie a testimonianza di mia giusta ammirazione. Ma a che gio- va questo mio compianto , ed a che prò queste mie riflessioni su di un monumento abbandonato all' ob- lio ed alla distruzione ? La nostra ammirazione , le lodi che gli tributiamo, carissimo amico, saranno con- siderate , come dal volgo ignorante l'incenso ai mor- ti ! Lo sia : non sarà per questo ripututo men ge- neroso e nobile lo zelo di quei cittadini , che non trascurano di spargere qualche maggior lume su gli antichi fatti della loro patria , e di togliere ai fu- nesti errori della ignoranza i venerandi monumenti della maestra antichità. Credetemi sempre, col più alti sensi di stima e di amicizia , quale mi pregio rassegnarmi. Di Spoleto 23 luglio 1830. D. Pompeo di Montevecchio duca di Fcrcnlillo. 340 AL COLTISSIMO E RISPETTABILE AMICO SIG. D. POMPEO DI MONTEVEGCHIO DUCA DI FERENTILLO, IL CAV. P. FONTANA. k^Jempre gradite a me sono le vostre lettere, soprat- tutto ailorcliè in esse vi compiacete parlare di mo- numenti di belle arti , su i quali pochi sono che quanto voi vagliano a dare sano giudizio ; singolar- mente però mi giunse opportuna quella del 23 del passato luglio , perchè m' incoraggisce a combattere contro coloro , che impresero a distruggere la chiesa di S. Cipriano » i cui pregi con rettissimo criterio dimostrate. A vostra consolazione però , mio caro e rispet- tabile amico , e di tutti coloro cui ferve in petto nobile amore per le belle arti, posso annunziare es- sere state in parte esaudite le mie preghiere , ed i vostri voti : poiché si è ordinato finalmente di so- spendere la demolizione di quel monumento. E mi è dolce lo sperare , che riconosciutone finalmente il pre- gio , si vorrà eziandio comandare , che conservata sia quella parte di antiche mura , che si è salvata dalla demolizioDe , e sulla quale stanno i dipinti , la cui importanza per la storia delle atti sì sapientemente svelate. la uu paese, come il nostrO) è, a mio credere, più I B E L T. E - A R T t 341 che in ogni altro utile e necessario , che si prov- veda alla conservazione dei medesimi , e di quanti al- tri mai n* esistono eseguiti da artisti che hanno vis- suto prima di un Nicolò Alunno , di un Pietro Pe-» rugino , di un Pinturicchio , i rjuali non vorrà, negar- misi , se si vuol essere giusti , essere stati i rigene- ratori , e direi quasi i creatori della prima scuola pit- torica dell' universo : poiché in essa si formarono Raf* faello da Urbino , Giovanni Spagna da Spoleto ( che dopo questo io pongo, perchè voi ben sapete, che i di lui dipinti per lungo tempo confusi furono con quelli della prima maniera di quel divino suo con- discepolo ) , Alfani da Perugia, Doni d'Assisi e tanti altri , dei quali molti ve ne sono , di cui non sap- piamo il nome , ma che colle loro opere , che spar* se sono nella nostra provincia, ci dimostrano questa verità. Debbono, dico, conservarsi le opere di que' pit- tori , che precedettero que' grandi maestri , benché tanto inferiori in essi si mostrino , e perchè un cer- to originai genio nelle medesime si scorge , né man- cano di bellezze , e perchè infinito vantaggio pos- sono trarne quelli , che dell' istoria delle arti belle formano oggetto di utili studi : mentre senza tali mo- delli , difficile troppo sarebbe il conoscere la gradua- ta maniera, con cui l'arte decadde, e quindi tornò a risorgere. Oltre di ciò poi dall' esame di quei di- pinti possono conoscersi i costumi , le abitudini , le inclinazioni , il vestiario , e tante altre cose dei tem- pi andati, non che trarne schiarimenti su i fatti con- temporanei , che sovente rappresentano. Ma lasciate a parte le multe osservazioni, che su tale argomento potrei farvi , e che inutili sono parlando a chi è maestro , passo ad esporvi alcune notizie sul riferito monumento , le quali ho potuto rac- 342 Belle-Auti cogliere e da memorie somministratemi da questo dot- to nostro archeologo sig. canonico D. Francesco Bon- cristiani , e dai numerosi documenti , i quali ben sa- pete die io ho potuto raccogliere allorché fui ono- rato dell' incarico di formare la statistica del dipar- timento del Trasimeno. Vi dirò dunque che la chiesa di S. Cipriano ap- partenne ai monaci benedettini , il cui fondatore van- tasi questa provincia di poter ascrivere nel cata- logo dei molti santi che rilluslrarono . Giustamente perciò si rattrista, che più alcuna non siavi delle mol- te abbazie , che dotate dai principi i quali ressero questo illustre ducato , erano monumenti gloriosi di religione e di arte, come dimostrano gli avanzi de' monasteri di monte Martano , di S. Pietro di Feren- tillo , di S, Marco di Montefalco , di S. Lorenzo del Castelluccio , alle radici degli appennini , di S. Giu- liano presso Spoleto (per non dire di molt' altri) la cui chiesa però di architettura dell' Vili secolo esi- ste tuttora a dispetto di coloro , che ne trascurano la conservazione, quantunque ne godano le rendite; ed avverrà forse di essa ciò che non sono molli anni accadde di quella di S, Marco presso le mura di Spo- leto ( insigne pe' molti santi monaci che vi hanno vis- suto, come narra S. Gregorio Magno nei suoi dialo- ghi ) , la quale venne distrutta per farne piantlnaro di olivi , non essendosi avuto nemmeno cura di conser- vare le antiche iscrizioni che vi esistevano. Nella sua origine la chiesa dì S. Cipriano fu par- rocchiale : e tale si mantenne finche moltiplicati gli abitanti si portarono sul dorso del monte , ove la sa- lubrità dell' aria e la coltivazione degli olivi gli at- traeva , ed ove pure aveano una località più oppor- tuna per difendersi dalle scorrerie dei popoli vicini e dalle guerre delle fazioni , che fervendo in ogni an- B E L L E - A R T 1 343 golo della nostra bella Italia, desolavano Io spolpi- no ducato nei secoli XIII e XIV. In S. Maria di Cara- pello si stabili allora la parrocchia ; continuò non- dimeno quella chiesa ad avere culto e rinomanza in tutto il secolo decimoquinto , come trovasi notato in due cataloghi delle chiese principali della diocesi spo- letina , il primo dei quali del 1404 fu compilato es- sendo vescovo di Spoleto Agostino da Napoli uomo piissimo , che ornar fece la cattedrale di ottime figu- re rappresentanti santi del vecchio e nuovo testamento, " alcune delle quali possono vedersi tuttora negli avan- zi dell'antica chiesa che restano presso la cappella del santissimo sacramento. L'altro catalogo fu descritto nel libro censuale dei vescovi spoletini nell' anno 1462 per comando del cardinale Bernando Eroli sommo let- terato de' suoi tempi. Il sacro edificio di cui parlo, rispettato dalla li- cenza delle soldatesche , dalla edacitk del tempo , e dall' ignoranza , passò vittoriosamente a traverso di secoli , per cura singolarmente di quelli , che furono solleciti a ristorarlo , fra i quali conosciamo da an- tiche memorie essere stato Salomone , che tenne la sede spoletina nel princinpio del secolo XII. Lo stes- so fece Nicolò da Prato dell' inclito ordine di s. Do- menico neir anno 1305; ne è da maravigliare , poi- ché sappiamo che questo cardinale, delle arti belle amantissimo , fece edificare nella sua patria un rao- nisterio di religiose sotto il titolo di s. Nicolò, e re- staurare il convento di s. Deraenico prevalendosi dell' opera del valentissimo architetto Gioacchino Pisano, il quale venne pure da lui occupato nel far risarci- re molti vecchi edificii , ed edificarne dei nuovi nel- la citta e diocesi di Spoleto. Molte sono le edicole e le chiese sparse nella 344 Belle-Arti campagna della diocesi di Spoleto , e fra queste av- vene di beli' architettura, ed in cui si veggono pit- ture differenti , che o per la intrinseca loro bellezza , o per l'epoca a cui appartengono , sono importantis- sime. E per non cercarne in lontananza di s. Cipria- no , accennerò qui quelle delle chiese di s. Maria del- la Bianca , di s. Lorenzo , di s. Donato , e soprat- tutto quelle delle chiese di Bovara , e della Madon- na delle Lagrime , ove Pietro Perugino ed i suoi scolari , e principalmente il nostro Spagna, hanno di- pinto , gareggiando fra loro in quei sublimi lavori. Oh quanto mi piacerebbe , mio egregio amico , che vi recaste ad osservarli , e che col tanto vostro sapere ne rilevaste i pregi , ed al pubblico li faceste co- noscere, siccome pe' dipinti della parrochiale di s. Gia- como avete fatto ! Non e fuori di proposito che io intanto vi ac- cenni , che in molte di tali chiese sono , come in quella di s. Cipriano, ripetute le figure di s. Seba- stiano colle note del 1414 e 1436. In quelle epo- che il ducato di Spoleto fu spesse volte soggetto al- la pestilenza , che fece strage de' suoi infelici abi- tanti : ed e sapersi cli'è nel 1436 grandissimo fu il timore che si rinnovasse tale terribile flagello , con- tro il quale erasi invocato il patrocinio di quel san- to. Laonde non evvi chiesa ove non se ne veneri qualche antica immagine , ed in molte trovasi mol- tiplicato come in questa : il che pure nelle slesse epo- che si è praticato per le immagini di s. Rocco. E voi ben conoscete il s. Sebastiano che stavasi nel Ia- to destro dell' antica porta settentrionale di Spoleto, la quale , essendo io gonfaloniere , feci trasportare nel palazzo comunale ove tuttora si conserva. Essa fu dipinta Tanno 1505 da Bernardino Canipilli, e dalP B E L L E - A R T I 3j5 iscrizione esisterne nella Lase si raccoglie , clie Tim- magine di quel santo ivi erasi voluta per pubblico voto dipinta , perchè la citta di Spoleto preservasse dalla peste siccome avea preservato Milano . Cade qui poi in acconcio osservare, che Bernardino Cam- pilli fu buon pittore , del quale veggonsi sparsi in molte pareti della nostra citta pregevoli dipinture ; ma , trascurate come sono da chi le possiede, fra non molto più non esisteranno : siccome avverrà pure di tante altre, se provvide misure non si adottano per allontanare il malefico genio distruttore che pur troppo si aggira per le nostre contrade , come fu quello certa- mente che consigliò la demolizione della chiesa di s. Ci- priano. Ma questa essendo stata sospesa per ordine sag- giamente dato dall'emo sig. card. Camerlengo, possiamo fondatamente sperare , che gì' interessanti avanzi di quel sagro edifizio saranno conservati a benefizio dell' isto- ria delle arti , ed a gloria della religione: perchè fa- rà sempre disonore il non conservare , e molto piiì il distruggere sacri monumenti, che la pietà dei mag- giori elevò al Dio della verità , ed a' suoi santi. Non dimenticate , vi prego , di comunicarmi le vostre osservazioni sulle chiese sotterranee di s. Gre- gorio Maggiore , di s. Sabino , di s. Brizio , e di s. Anzano, e sulle pitture del VI e VII secolo, che in quelle si veggono : ne perdete di vista le singolari sculture della facciata di s. Pietro presso Spoleto. Questa mia preghiera parte dal bisogno di moltipli- care i mezzi per sostenere i voti e le istanze fat- te , perchè si conservino a gloria e decoro di que- sta mia. patria monumenti di tanto pregio, non che quelli di cui è tanta dovizia in questa provincia ; non potendo io dubitare , che il parer vostro noa sia per tenersi in altissimo conto da quei sapienti, che alla conservazione dei monumenti presiedono. 346 Belle- A nri Continuatemi la vostra preziosa amicizia , sicuro di essere da me corrisposto. Vivete felice. Spoleto 27 agosto 1830. C. P. Fontana. Alcune parole del conte Alessandro Cappi sopra il disegno di un monumento da innalzarsi in marmo nel duomo di Ravenna. J_i'anno 1830 il signor cavaliere Alessandro Guic- cioli per onorare la memoria di un suo prozio pa- terno monsignor Ferdinando Romualdo che nel pas- sato secolo fu arcivescovo di Ravenna , commise al signor professore Ignazio Sarti il disegno di un mo- numento con pensiero di farlo da lui eseguire in marmo nel duomo di detta citta. Monsignor Guiccioli ebbe animo nobile , e tutte le vlrtìì che a buon pastore si convengono : e tanto si accese della carità de' pros- simi , che leggesi aver finita poveramente la semplice sua vita. Era egli dunque ben degno dell' onore di un monumento ; e il signor cavalier Guiccioli com- mettendolo , e il signor professore Sarti accettandone la commissione , non contraddissero alla civiltà , che ne a ricchezza , ne a eminenza di grado guardan- do , vuole onorati solo i virtuosi. Il monumento fu così dall' artista immaginato. Sopra un zoccolo di breccia guadrilatero , e in un basamento di greco, posa un' urna elittica di candido marmo carrarese : e dello stesso marmo in una base Belle-Arti 3^7 cubica , che fe in cima dell' urna , siede una donna alata , che figura la virlù cristiana. L'urna è isto- riata in basso rilievo , e la istoria rappresenta una delle più chiare opere dell' illustre arcivescovo , cioè quando da ordine per l'esecuzione del magnifico atrio e degli altari in marmo , che nel duomo di Raven- na si ammirano. Vedesi ritratta in quel basso rilievo la persona di monsignore seduto in faldistorio, che or- dina al suo maggiordomo l'esecuzione dei modelli dell' atrio e degli altari : e nel suo cospetto è l' archi- tetto , elle or' ora essi modelli gli ha presentati . Il modello dell atrio è sopra una tavola coperta di un drappo fregiato dell' arma di monsignore , e il mo- dello degli altari e portato da un discepolo , che sta presso all' architetto. Che quel monsignore sia un ar- civescovo è dichiarato dalla veste sua , e dal sacer- dote e dal chierico , che gli sono da tergo , il primo de' quali ha la croce , e il secondo in una mano la mitra , e nell' altra il pallio ; e i canonici ed altri ministri , che sono in quel bassorilievo , vengono a più significare l'istoria. Intorno intorno all' estremità superiore dell' urna e posta a fregio questa iscrizio- ne : QVIETI .ET . MEMORIAE. FERDINAND!. RO- MVALDI . GVICCIOLI . HVIVS . EGCLESIAE . ME- TROPOLI! ANAE .ARCHIEPISCOP . SVMMO . AMO- RE . BENEDICTI . XIV . PONT . MAX . HONE- STATVS . EGCLESIAE . RAVEN . OMNE . PRI- VILEGIVM . VINDIGAVIT . DE . HABITA . DIOE- CESANA . SYNODO . OPTIME . MERITVS . DE SACERDOTALI . DISCIPLINA , MAGNOPERE . SOL- LIGITVS . BENEFIGVS . CARVS . OMNIBVS . VIXIT ANN . LXXVII . M . XT D . iTTdEGESSIT . EVAN- GELICA . PAVPERTATE . VlT. IDVS . SEPT . AN 348 Belle-Ar ti MDCGLXIII. Coronano il coperchio UelT urna ven- tidue anleflsse : tra esse h una fiammella , e in esse sono mitre, e i simboli delle virtù di monsignor Guic- cioli in modo, che una contiene una mitra e una un simbolo , una una mitra e una un simbolo , come se qui si dicesse : La virtù ( le fiammelle ) dell' ar- civescovo ( la mitra ) fu , per esempio , la giustizia ( il simbolo ) , la virtù dell' arcivescovo fu la prudenza , e cosi discorrendo. Queste singolari virtù si vogliono poi unitamente raffigurate nella donna alata che è se- duta in cima al monumento. Ella col pie diritto pre- mendo una serpe ( immagine de' vizi ) , e col man- co il mondo , appoggia la mano sinistra al libro de' vangeli , e coli' atto della destra , che ha al petto , e degli occhi , che ha al cielo , mostra bene come in Dio si rassicuri . La fiammella , che ha sul ca- po , può significare , che la virtù cristiana h cosa purissima , e ardente di carità : e le ali , che essa virtù ci è discesa da Dio , e a Dio ci solleva. Nel basamento dell' urna leggesi la iscrizione seguente : ALEXANDER . GVICCIOLVS CASTRI . MONTIS . LEONIS , COiWES COMMENDATOR . EQVES . STEPHANIANVS PATRVO . MAGNO REVERENTIAE . VIRTVTI . LIBENTI - ANIMO . OBSEQVVTVS P08VIT • Aar . ETC. Il lodato signor cavaliere presentò il progetto di que- sto monumento all' L e R. accademia di belle arti di Venezia , ricercandola del parer suo : e l'accade- mia gli diede il suo parere con queste parole. „ Il „ monumento , che la pietà e splendidezza del si- „ gnor cavaliere Alessandro Guiccioli si dispone a in- Belle-Arti 349 ,, naizare alla illustre memoria del benemerito suo ,, prozio , non può essere ne più sontuoso , ne più „ elegante. L'opera è sì ben immaginata , e condotta „ si nel tutto , che nelle parti , che non lascia luo- „ go ad eccezioni , ne a desideri , e l'autore ha di- I, ritto a, tutta la lode. „ 350 VARIETÀ' Descrizione del monumento eretto per la vittoria de' i5 italiani a Quarata , con l'aggiunta di alcune notizie intorno al pu- gnale di Fieramosca ultimamente rinvenuto , adorna di due tavole litografiche. Napoli pei torchi di Gaetano Ferrato i833. Un voi. in 8.» di pag. 8 ed una tav. litogr. Vjol. di p. xxx e 3ii in 8.° TT VJ na nuova edizione di questa pre-evolfssftna operetta del Sadoleto non poteva non trovar grazia , come l'ebbe trovata al- lorché venne primamente a luce , presso tutti que* gentili, cui sta a cuore più delia vita la educazione della gioventù : e di- rem anche grazia maggiore , in quanto che , oltre al merito suo intrinseco , questa è ricca di correzioni ed aggiunte, delle qua- I. ultime qui verremo dicendo alcuna cosa di quel moltissimo, che a degno loro encomio dir si potrebbe. ,.u-,3d ori .iii» H prof. G. I. Montanari per lettera offre il libro al cava- liere Federico conte Rasponi presidente della commissione del collegio de' nobili di Ravenna; e ciò a pegno di riverenza e di ammirazione inverso le molte virtù di lui, concepite fm da quando egli conviveva in quel nobilissimo collegio. Indi viene avanti con una prefazioncella , in che avvisò meglio inserire alcune parole del eh. prof. Cardella sulle principali cose della vita del Sadoleto , tratte dal suo compendio di storia della let- teratura greca , latina , e italiana , di quello che parlarne egli Stesso. Un discorso , che serve d' introduzione , ha messo qui dietro; nel quale egli spone una sua sentenza sul modo di am- maestrare i giovanetti nelle cose italiane, toccando de' princi- pali autori da usare, e mostrando quali si debbano prima qua. li poi dar loro a mano. Qui egli parla sensatamente; e quau- tunque tutto che sa di sistema o di metodo in fatto d' istruzio. ne non sempre sia agevole a mettere ad effetto ; perchè aUra cosa è il fingersi nella mente un corso regolare di studi, altra l'eseguirlo in pratica; nullad.meno questa sua sentenza non ci pare dar lungi dal vero , e posta allo sperimento , doverne an- zi venire molto profitto a chi intender voglia alle lettere. Intorno al dialogo del Sadoleto , che quindi leggesi tra- dotto da lui , e intorno alle annotazioni del Vaccolini, nulla co- 6» diciamo, avendone altra volta assai bellamente parlato nel num. 172 a pag. 284 di questo giornale G. F. Rambclli. ') «: 358 Varietà* Sul debito che hanno i figliuoli d'onorare i genitori , trat- tatello di Filone ebreo. Ecco una scritturetta, che conseguita al dialogo , e die alcerlo è preziosa. Qui somma la chiarezza , COQ che è svolto quel precetto del decalogo — onora il padre e la madre tua — ; qui evidenza di sodo ragionare ; qui tutto insomma , che tornar può utile alla morale educazione. Gu- state che hai queste pagine, ti si fa all' occhio un altro trat- tatello , opera di quel famoso nostro concittadino Bartolomeo Ricci da Lugo vissuto nel XVI secolo , che tanto ebbe va- lore nelle latine lettere da meritarsi il nome dì secondo Ci- cerone. In esso egli mostra che si deve evitare e raffrenare l'iracondia, e parla ad un suo discepolo per nome Giulio Coc- chi. Se cerchi forza di filosofico discorso , copia di erudizione , santità di massime , verità e purezza di precetti unite ad im- pareggiabile eleganza di elocuzione, meglio non le troverai che- qui entro , in cui tutto è maschio e maraviglioso. Ha poi fatto assai bene il Montanari a collegare a questi due trattatel- li, volgarizzati da lui con quella ingenuità e sceltezza di modi che è sua propria , l' apologetico discorso della innocenza del- la poesia , scritto latinamente da Benedetto Menzini , e da lui pure, indefesso pe' buoni studi, recato all'italian riostro. Con- cìossiachè ragionando il Sadoleto della morale e letteraria edu- cazione, que' due trattatelli stanno contro a' morali difetti , quest' ultimo discorso a' letterari pregiudizi ; e come i due pri- mi servono a conformare l'animo a sani principi!, questo vale a ben sentire nelle lettere e nella poesia ; rivendicandola da coloro che nella loro ignavia la vorrebbero sbandita. Né sole queste cose si tenne il Montanari contento di aggiugnere ; ma avendo scorto che il Sadoleto nel suo dialogo molto stretta- mente favellò della scienza de' numeri , vi ha pur locato un discorso del dottissimo suo collega e concittadino , il prof. Do- menico Vaccolini , sull'utilità e necessità dell'aritmetica, il quale Salvator Betti nel num. 147 di questo giornale a pag. 3^2 non dubitò di dir pieno di belli avvisi , pieno di erudizione opportuna , pieno di eleganza. In fine del libro eziandio è un avvertimento del Vaccolini a chi avrà Ietto , col quale si compiva pure la prima edizione. Varietà' 359 Il tutto a giovamento della monile e delle lettere : il che forma l'elogio più beilo alle fatiche di questi pietosi , che , beu cre- sciuta avendo in se slessi quella semenza di virtù che loro fu ingenerata da natura , metterla si studiano a tutta possa negli animi delia gioventù novella. Perchè poi non sembri a taluno essere noi tutti nel loda- re , diremo , che in questa edizione nuli' altro resta a deside- rarsi che maggior correzione di stampa; essendo qui e qua brut- tata di non poche mende tipografiche , le quali tornano assai male , specialmente in un libro, che andar debbe per le mani a' giovanetti. Francesco Capozzi Nuovo dizionario de sinonimi della lingua italiana. Firenze i83o in 8 di fac. X , G75. Indice alfabetico delle foci e frasi ec. Milano i833 in 8.0 di fac. 3 1 . xx riporre in islato la lingua nostra, che dalle stranie ma- niere era guasta ed oppressa , fu buono assai volgersi con amo- re allo studio de' trecentisti, le carte de' quali per nativo can- dore sono esempio di gentilezza. Ma senza il lume della vera filosofia non era da correre un campo, dove fra mille bei fiori da cogliere molti ne sono , che invilirebbero qual più eletta ghirlanda. Fu adunque gran senno quello de' nostri , che si lasciarono g-uldare alla ragione , e non badando alla senten- za dei più, che tutto è bello nella lingua quello che è an- tico , cercarono sulle bilance della critica il giusto valore delle parole. Surse fra gli altri il Grassi col suo saggio a dimostrare la differenza de' vocaboli , che più sembrano e più si citano come sinonimi; e non credendo potersi fondare sull'uso , per- chè lontano dalla beata Toscana , si volse a indagare la na- tura di alquante voci, venendo via via dalle origini loro ai cambiamenti , che la diversa coudizione de' tempi apportò. Scoverte le origini si apri la via a fermare la definizione delle voci , a seguir l'ordine naturale de' v«rj siguilicati , a notare 360 Varietà' le differenze de' vocabili affini : con questi sussidj provossi a conoscere ne' trecentisti l'oro dal fango, e lasciò esempio imi- tabile. Più gran cammino , ma con lode forse minore , corse il contemporaneo ab. Romani , che diede la teorica de' sino- nimi italiani: né egli visse in Toscana , né così finamente sen- tiva , siccome pare. Tacerommi di qualche altro già in bella fama per venire ad un giovane di squisito giudizio, il quale neir Atene italica dimorando imparò dalle bocche del popolo , che valga ciascuno de' vocaboli e modi usitati , e più fortu- nato di Teofrasto non può temere oggimai d'incontrare la sor- te del Grassi, a cui la differenza tra gradino e scalino insegnò un linguacciuto bottegajo: né quella del Monti, a cui l'erbaiola di mercato vecchio ( non che il Rosini ) avrebbe insegnato , e\ie fronda non h foglia. Al quale proposito non vò lasciare una cosa liferita dal Tommaseo : „ Quel veramente greco in- „ gegno del cavalier Mustoxidi mi raccontava come , essend'egli „ in Firenze , raccomandando egli un giorno alla sua stira- „ torà di riportargli i panni ben netti , senti rispondersi : „ che? sono insalata ?- In Toscana i panni di bucato hanno ,, a esser puliti , e si nettano l'erbe. „ (fac. 49^ ) Pertanto egli , il Tommaseo , tenendosi all' uso generale e più ragione- vole ha creduto occuparsi più specialmente di quei vocaboli , ehe vivi oggigiorno riguardano oggetti corporei , e comechè volgendosi alle parole, che toccano più all'intelletto ed al cuo- re , avesse potuto avere ben ampia e degna materia , ha stimato innanzi ( ciò che più preme ) dichiarare quello che meno si conosce coraunemanle i la parte della lingua , di cui nell' uso domestico e familiare è più bisogno. E si è tanto allargato, di non tenersi dall' ammettere nel suo dizionario parole e fra- si, che lo stesso dizionario della lingua comune non ha; tali però , che l'uso e la nativa proprietà le raccomanda ; con che ha inteso mostrare almeno il suo buon volere, non tacendo le spine del suo lavoro , e prevedendo quelle che ad avvilirlo avrebbe recato in mezzo la critica troppo severa: agli occhi della quale meglio che a quelli d'Argo una misera pagliuzza, non che altro , non fuggirebbe. E confessa di essersi ajutato degli studi di molti , che lo precedettero in tale fatica : a ren- V A n I K T a' 301 dere la quale men dura a sé , men grave a quelli che leg- geranno, ha cercato infiorare a "quando a quando il discorso di bei motti e di argute sentenze. Di che poche parole da- ranno un saggio ; Faccia , pagina. », Pagina secondo l'origine dovrebbe forse comprendere », ambedue i lati del foglio. Faccia è una superficie sola; ma „ l'uso degli scrittori ormai chiama pagina anco la faccia. Nel- „ la lingua parlata toscana si dice però sempre faccia , non „ pagina : e v'è de' casi , in cui giova determinare la faccia „ e non la pagina. Faccia si dirà certamente , non pagina „ d'una lettera , d'un foglio volante. Riempiere intera una fac- „ eia o facciata ; copista pagato tanto alla faccia. Ma volerlo ,, dappertutto sostituire a pagina sarebbe affettazione, e scon- „ cezza talvolta; come chi dicesse; al pie della faccia. Dove ììjaccia e pie fanno a calci. „ Impaginare dicono gli stampatori. E tanto i compositori „ quanto alcuni compositori letterati son pagati tanto la pagi- „ na ;^ e non è raro il caso che il compositore di stamperia >, Sia il meglio compensato dei due. „ I latini avevano anche la pagina mormorea , la qual „ certo non era faccia: di che veggasi il Forcellinì.,, [fac. n^x. ) Di quest' opera da molti lati lodevolissima , se non po- trà dirsi che durerà quanto la lingua . e gioverà a farla du- rare, non vorrà certo negarsi la utilità, che può derivarne agli uomini del nostro tempo : i quali vivendo fuor di Tosca- na amano rilevar meglio le differenze del proprio dialetto da quello del popolo fortunato, e come teneri della lingua ita- Hca farsi più innanzi nel parlare e nello scrivere con tutta proprietà ed eleganza eziandio nelle cose domestiche e fami- liari. D. VAccotim 23^ 362 V A R I K T A* Della eappella Grìmana in s. Francesco della vigna, e della nuova tavola di altare che fi fu collocata , lettera di un accademico di s. Luca. (Venezia tip. Picotti r833 in S.» di pag, 20. ) Nella occasione , che lo scultore romano sìg, Carlo Aureli offre alla vista del pubblico nel suo studio un gruppo semi- eolossale rappresentante Teseo vincitore del Minotauro , lettera di Francesco Gasparoni architetto. (Roma i833 tip, Aureli in fol. di pag. ^ Jìg.J JlJ eco due scritti , che si raccomandano per bello stile e per diritto giudizio , nel dar ragguaglio il primo singolarmente di un dipinto di Michelangelo Grigoletti di Pordenone : il se- condo di un gruppo in modello di Carlo Aureli romano. Il nome dell' accademico di s. Luca , autore della lettera dedicala al card. Monico patriarca di Venezia ( chi volesse saperlo ) è l'egregio Pier Alessandro Paravia professore di eloquenza nell' università di Torino. Pieno di domestica gioia egli scrive ne- gli ozj autunnali al suo amico professore ab. Costanzo Caz- zerà , segretario della R. accademia delle scienze di Torino. Una copia del quadro di Federigo Zuccheri rappresentante Vado- razione de' magi è l'opera encomiata del Grigoletti : il quale mostra venire in iscbiera coi pittori della scuola veneta. Quan- to air Aureli, basti a lode di lui, che meritò ed ebbe l'amore del somou) Canova. Al degno allievo di quel principe della scultura auguriamo il riso della fortuna ; talché non gli man- chi comodità di esercitare sempre con frutto l'arte sua nella città eterna, donna e regina d'ogni rara bellezza. Solo ci piacereb- be , che ad operare non solo di fantasia, ma di sentimento, egli con quanti fioriscono alla gloria delle arti si rivolgesse a sog- getti storici e di nostra augusta religione , lasciando^ di rin- novarne de' mitologici: i quali generalmente non hanno più facoltà di movere il cuore , e solo come simboli ponno Jeser- citare 1* intelletto . Che se egli avrà lavori di tal fatta , che sieno potenti a destare vivamente gli affetti , non meno , che a porre in azione le facoltà della mente , crediamo che potrà vin- cere gli altri joion- che se sl^sso. D. Vaccoliki. /Varietà.* 363 Traduzione , o parafrasi del primo capitolo d'Abacuc. Pesaro i833 dalltt tipografia di Amiesio Nobili. il prof. Giuseppe Ignazio Montanari da Bagnacavallo , che ha lodalo con un suo bel discorso la poesia delle sante scrit- ture , si è vólto ora a recare in nobili versi italiani sciolti dalla rima i pensieri delle profezie dì Abacuc ; di quel terribile profeta, che vide , predisse, annunziò al popolo ebreo com' egli sarebbe condotto in cattività da' caldei. Cosi comincia il suo carme .- Grave fascio di mali e di sciagure Che si fu offerto d'Abacuc profeta Al guai-do. E fin a quando a te le grida 10 leverò , signore , e fin a quando Tu chiuderai l'orecchio ? Sotto il carco Che si mi preme dolorando invano Assorderò con affannosi lai 11 cielo ; e tu non gioverai d'aita , Non stenderai la mano al servo tuo , Né pietoso di salute alcuna L'affiderai ? Alla mia vista mille Facce di scelleranze e di paure Tu pari innanzi. Al fondo i buoni , in cima I pravi : a sommo onore apron le porle Le contese e le risse : al suolo rotta Giace ogni legge , né sentenza giusta Corre a suo fin : trionfa l'empio , e al piede Scabello fa dell' innocente oppresso ; Quindi esce torto ogni giudizio . • . Qui il profeta ha detto cose che furono verissime quasi in ogni secolo , e presso ogni gente , e Io saranno forse in per- petuo. Farmi che questi versi abbiano un che di franchezza da far tenere per originale la traduzione. Ma non sono eglino 364 Varietà' versi pieni di vigore e di forza anche i seguenti , in che Id- dio per bocca del veggente dice che farà di quella sciagurata nazione ? Ecco eh' io desterò rabbia caldea : Già move , già s'avanza , e già n'è sopra. Gente cruda e divei'Sa che volando Su rapidi destier tutta misura La terra, e sul tesoro e sulle tende Altrui si getta : la sua fame cresce Quanto più addoppia il pasto. Ah ! come innanzi A sé ne chiamerà , darà sentenza , Eseguiralla di sua mano : i suoi Cavalli al corso più che pardo lievi , 0 più che lupo che la notte aggira 1 chiusi , i campi tuoi e le tue ville Innonderanno ; i cavalier venuti Di lontano confin sovra la preda Caleranno coni' aquila digiuna Che in larghe ruote dalle nubi piomba. Di simile tempera sono i versi di tutto questo capitolo ; che qui non si recano per amore di brevità. Io prego il eh. pro- fessore che voglia continuare l'egregio lavoro , e darne volga- garizzati cosi i libri tutti de' profeti. Dobbiamo anche riferir- gli grazie e Iodi , eh' egli preso dall' amore de' divini greci ne abbia fatto dono di un beli' inno a s. Carlo. Già sin dal 1824 aveva egli dato in luce l'inno a s. Michele Arcangelo , e l'al- tro a s. Nicolò di Bari , lavorati alla greca scuola : la qual maniera d'inni , tenendosi più strettamente alle forme e imma- gini omeriche, ha poi seguito con grande lode il eh. signor conte Terenzio Maraiani della Rovere. Ecco un saggio dell' inno a s. Carlo , in che si toccano l'umiltà e la santità gran- de di quel lume chiarissimo della romana porpora ; Non fasto od alterezza a' modi tnoi Era compagna: in alto stalo fronte Varietà' 365 Umil serbavi : a' tuoi digiuni assai D'acqua , di pane , e di poche erbe avevi ; Al fianco affaticato assai ristoro Die poca paglia : sotto regie coltri , In dorali palagi povertate A te fu cai'a. Su volubil trono , Di destrier generosi al collo tratto. Del vulgo l'onda non rompesti ; spesso Soletto in compagnia di te le vie Scorrevi tu d'alcuna agnella in traccia , O ti aggiravi in cittadine soglie A spegner ire , ed a commetter paci. Filippo Mordami -Li on è chi non sappia il valore di Cincinnato Baruzzi nella scultura. Ora avendo egli condotto in marmo l'efiìgie del poeta Monti, ha dato occasione ad un beli' epigi'amma latino dell' avvocato Luigi Grisostomo Ferrucci ; e noi crediamo fare cosa grata alle gentili persone, che hanno in amore le patrie glo- rie , riferendolo in queste carte. De imagiiie Fincentii Montii alphonsinis in aedibus publicis propoiita, quam Cincinnatus Baruzzius egregie sculpsit, Montìus, an saxo plus se Baruzzius isto Prodat, in ambiguo est: hinc ego utrumque puto Effen-i pariter; nec enim sine munere docti Montius artificis viveret ore recens : Nec postiae arderent et fronte et pectore flammae , Queis italo iucessit syrmate Maeonides. At neque jam tanto Baruzzius alile tendens Daeddlea faccrct marmor ab arte loqui , 366 Varietà' Ni simul hausisset claro de vate favillam , Sculptile qua saxum reddere verba potest, E ci è bello ancora annunciare, che lo slesso scultore , degnis- simo allievo del sommo Canova, lavora il busto dell' econo- mista italiano Luigi Yaleriani Molinai'i, altro onore delle lettere e delia Romagna. D. V. È INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL TOMO LIX DEL GIORNALE ARCADICO. ISota de collaboratori del giornale. SCIENZE Cappello , F'iaggio medico a Charenton . pag. 1 Morichini , Pie case di lavoro per t estinzione della mendicità nello stato pontificio . . p. 2Q Sorgoni , Effetti del morso della vipera''. . p. 39 Tortolini , Ricerche sopra alcuni punti di geO' metria analitica » . ^. 52 Fattorini , Topografia medica del Lazio. . p. iOi Poggioli , f^ita de fluidi animali . . . - ;o. 138 Cappello e Lupi , Storia medica del cholera in- diano osservato da essi a Parigi . . . p. ÌTU Mastrofini ^ Frutti da raccogliersi ancora sul ca- lendario gregoriano /j.204 Peretti , Della bile di bue />. 2J5 LETTERATURA Cassio Licenza al suo volgarizzamento della Far- saglia p. 226 Manno , Fortuna delle parole . . . . . p. 233 Boucheron , yita di Tommaso Valperga di Ca- luso p. 236 Fortia d'Urban , Homère et ses ecrits . . p. 246 Lanza , Degli arabi in Sicilia. - Idem , domi- nazione degli svevi in Sicilia /7^ 249 Pungileoni , Intorno un luogo della divina com- media in cui si parla di Guido di Monte feltro.p^ 253 f^accollni, f^olgarizzarnento delle egloghe I e II di Firgilio. . . . yo. 263 Montanari^ Discorso per la distribuzione de* pre- mi scolastici in Pesaro. ...... p. 275 jdsquini , Lettera sul vero significato della pa- rola caruario p. 289 Studi intorno a Dante Alighieri . . . -. p. 310 Lampredi^ f^ersione del primo libro delV Iliade, p. 317 BELLE- ARTI Montevecchio Benedetti , Sulla diruta chiesa di s. Cipriano presso Spoleto p. 327 Fontana , Risposta al duca Montevecchio Bene- detti sulla diruta chiesa di s. Cipriano ec. p. 340 Cappi , Monumento di monsig. Guiccioli arcive- scovo di Ravenna , disegno del prof. Ignazio Sarti p. 346 Varietà. Tavole meteorologiche. ERRATA CORRIGE pag- 215 lin. 5 prefetto 216 20 atteazlne 21 8 29 acido oleico 219 20 acido oleico 220 22 resina alla 223 28 frdda 224 1 1 fu quindi ridisciol- to nell'acqua. Distil- lata la soliuione sva- porala lentamente Id. 35 Degli acidi stearico oleico , e margarico 225 i la coluterina perfetto attenzione acido oleico acido oleico resina alfa fredda fu quindi ridisciolla neir acqua distilla- ta, la soluzione sva- porata lentamente. Degli acidi stearico oleico, e margarico la colesterina NIHIL OBSTAT Ab. D. Paiilus Delsignore Gens. Theol. ISIHIL OBSTAT Petrus Lupi Mcd. Colleg. NIHIL OBSTAT' Petrus Odescalchi Gens. Phil. IMPRIMATUR Fr. Dom. Buttaon! O. P. M. S. P. A. IMPRIMATUR A Piatti Archiep. Trapezunt. Vicesgerens. Osservazioni Metereolo^iche. )[ Collegio Romano )[ Jp rile i x833. \ g" Ore O o • mat. ' gi- ser, { mat. ''gi. 1 ser. imat. Si- .ser. 1 mat. ^gi- ser. mat. ^ gi. ser. mat. ^ gi. ìser. Baromet. Term. esterno Terme max. metro min. 6° lo 7 6 8 7 7 7 7 Igrom. Vento Pioggia Eva )or. ! Stalo del Cielo lip.Tl 2-] 11 8 7 0 7 l3 9 9 5 14'^ .f 4 3 3o 5 0 0 s. a. 0. f. » f- ENE. (j. 0 S. f. 0 0 ale. goc. 2« ■4 nuvoloio j nuY. mo. nero '; Telalo 1 » 6 „ 7 » 9 7 9 0 lo i5 lo 8 14 10 5 5 3 i5 i ili 25 4 G coperto 1 nnvoloso 1 ser. nuvol. sparse " 8 „ IO 5 7 1 i5 4 16 16 5 3 11 9 2 7 Taporoso nuvoloso chiarissimo 1 » li » )» 0 6 9 Ì6 i5 10 5 2 29 3 N. q. 0 0. d. SO. q. 0 2 5 1 ser.vapor. 1 ì 1 1 8 » 9 16 il 5 4 '5 0 0 SE. d. SO. „ 3 3 nuvolóso ser.nuv.sp. 28 0 5 6 9 8 i5 11 2 •7 .0' 12 NNE. c£. 0 N. d. 0 0 3 6 chiarissimo ser.nuv.sp. mat. 1 gi- ser. mat. 8 gi. ser. >1 <> 5 7 5 7 lo l5 7 3i 6 0 0 OSO. f. S. d. ENE. f. S. d. OSO. „ uli. 3 I nuvoloso coperto 27 Ii> » 9 „ lo )) » 28 0 1 5 j» 0 6 5 ■8 11 9 8' 12 7 7 11 8 7 i3 la 12 i3 is i3 3 »7 7 2 6 nuvoloso mat. 9 gi- .ser. ìmat. IO gi. 'ser. ^mat. H Igi. ser._ \mat. l'i gi. ser. 2 5 6 22 54 42 N. m. » f- „ m. IMNE. d. 0. i. ,, m. 5 9 velato chiarissimo „ 2 »5 I> 4 1 2 3 a8 5o 22 2 5 i> „ 1 7 6 12 9 7 4 4 8 9 lo i3 11 0 4 NE. d. S. m. SO. ra. 4 5 11 27 II » 5> 5 7 2 II lo 8 3 SE. f. SSE. f. S. f. 5 2 coperto i5 '4 mat. gi- ser, mal. gi- ser. » 9 » 7 8 3 0 12 lo 5 SSO. f. S. f. f. SE. m. 1 5o 3 3o 6 9 ,, piove 5> n 5» il » 6 .. 7 ,. 8 i 4 9 12 9 7 9 2 6 12 8 3 6 3 7 i3 6 SO. f. 0. f. OSO. d. 8 20 grandine 1 l5 0 5o p.g. 3 55 0 5a 3 7 « )> ti )> „ tuono ^ ! mal. \ser. " 9 0 3 8 1 1 8 36 3 N. m. . 0. f. S. d. 2 ser.vap. cop. piov. ser.vap. ^^^^ ^^" ^■n ■■■ » ' 5 P ifi »7 i8 '9 20 ai 22 23 24 35 aS 3o Ore Bacomet. Terni. Termo Max. metro Min. Igrora. a capei. Venlo mssmmm Pioggia Evapoi. Stalo del Cielo 1 ma. e'- ser. 2 7po.lo//.3 » 9 7 o 9 lo lo o a 1 2 S. m. » „ à. aio. goc. li. 5 4 coperto „ piove ,1^ 5 ma. si- ser. •1 n 8 4 >» 5 lu i5 12 16 1 9 8 i8 6 „ d. 4 a ser. vap. nuvoloso coperto ma, S'- ser. 7 8 lo 7 2 lo i5 9 9 a 8 13 99 ™- 6 li 75 a 5o 3 7 nuvoloso coperto ma. S'- ser. a8 II o 1 2 8 3 0 n la 9 12 5 9 6 22 4 O. „ OS.O „ 0 m. lemp.Iam. e t. 3 00 a sereno vap. „ nuv. ipar. chiarissimo I ma. si- ser. ti a 8 n 7 7 i3 9 .4 5 3 54 6 JN. d. n « 0. „ 0 72 0 5o » r M ma. si- ser. II »» *• ] »» 6 9 8 a lo i5 5 5 45 6 NO .. N. „ a 7 ser. nuT. ip. ma. si- ser. i> •1 o 7 1 8 8 i5 lo iS « ! lo 35 5 „q-ci S.. d. „ q. 0 IN. (£. O S. „ NO. d. o So a 8 cliiarissiuio ma. S'- ser. n «1 5 4 0 8 i3 lo »4 6 5 17 3o o 5o 5 a na voloso ser.nuv.spar. chiarissimo ma. gi- ser. i »» 1» 5 6 7 5 |3 Io l5 6 56 12 NiNE. „ 0 o 0. d. a 7 ma. si- ser. " I 1 4 3 8 5 i5 10 i5 7 6 35 3 O 0 S. m. 9, d. 3 5 nnvoloso ma. si- ser. ^7 4 7 »» 6 3 2 i3 5 7 i4 6 x4 5 J »» 5 3 KSE.m. OSO. d, S. „ ' n. t.l.f.t- 8 00 0 75 3 4 ser. nuv. sparSj nuvoloso 1 ser. nuv. spar. | ma. si- ser. 1) i> « 3 6 i3 8 5 5 4 'o 20 NN. „ N. m. 4 sereno vaporoso nuvoloso 1 sereno vaporoso ma. Si- ser. •> » 4 0 9 ) 13 , 10 j4 6 45 45 N. d.' „ m. lampi e Luoui 1 8 eliianssiiuo er. uuv. jp. 1 eli. nuv. ma, S'- ser. » lo 4 2 7 2 7 >4 10 5 i6 3 IO 4 N. q. 0 oso m. s. „ 5 4 4 ser. vaporoio velato ma. S'- ser. „ 8 9 2 0 3 9 a i5 9 6 '4 9 1 11 5 SO.f.3,6 „ m. „ q- o 5 60 coperto nuvoloso velato - ■ IIM'IWII I I IIIIP'""*«*"*pi""-"iWlflW"'* ì ^^f igcsaty Oòservazioni Metereologiche. ){ Collegio Romano )( Maggio i835. S ! Ore Baromet. 1 o mat. 1 1 ■ 27P-9' .3 » » » iser. inat. V " •> 28 0 5 "«'•• i. » !• Iter. » ,> 8 mal. M „ „ M » 7 4er. ^mat. »» »» 3 „ j^ 6 4é- m „ 7 ò-er. » t a mat. n M 6 1 n « n j»x-r. ». » 8 1 mai. n 2 9 0 i ser. „ I 9 , mat. „ » 4 , 1 si- „ „ 8 1 ser. mal. » a i i >» >» 7 1 8 gi. w »i 6 1 ser. M » M 6 ser. » » 1 mal. „ »» 7 10 ^I. „ » 6 aer. ., »» 7 mat. a a il §t. » „ 4 Uer. » .> 8 , 'ma/. ,, 3 3 13^1. >» » a ,ser. » i> 3 mat. 7 IO gi. 6 jser. 'mat. „ 3 '^ '^i- »> „ 2 ìser. 0 6 ^ mal. a ,, „ 5 1 ser. a Tcrm. esterno Termometro 1 max. min. x5" Ji 6 a 4 3 3 20 6 5 5 4 4 3 4 3 2 5 ai 5 al 6 Igrom. 3r 24 3 35 7 iS lo 5o l3 20 »» .6 16 11 10 40 10 la 13 40 4 lo 11 26 22 ao la 33 i5 15 II 20 7 11 10 26 4 lo lo 35 5 11 5 a8 >4 14 39 i2o Vento N. a. MNE.„ INE. d. N. q. o NNO. d. NE. q. o NO. m. NNE. „ S. m. N. q. o o. „ oso. Il O. q. o 0 so. 0 d. 0 0 N..3 SO. . 0 ra. » q. 0 NE. SO. q. 0 d. 0 0 so. d. 0 0 so. m. 0 0 Pioggia Evajior. oli 6u ale. goc. i'-3 2 e 4 5 4 3 4 8 4 6 3 3 3 5 4 3 3 3 3 4 4 3 Stato del Cielo ciliari ssimo cop. piov. ser.nuvol. sparge chiarissimo nnvoloiO chiarissimo ser nuT.sp. isras .das ta^ ■fJr et. TU1 CESn Termo Max. 5 «COUP* Igrora. . a capei. Venlo Pioggia Eva MB!f Slato del Cielo' i(i 17 18 »9 20 21 22 2.V Ore Barom Terra. | 01 elfo Min. por. ma. 8'- ser. 28 9 6 I 24 i5 6« .4° lo NE. a. 0 S. d. SSO. „ ale. goc. li 5 4 cliiarissimo ser. vap. nuvoloso .4 ,0 24 7 23 l5° ma. ser. » 9 »4 22 16 t i3 12 5 10 46 12 iN. q. 0 » d. 0 0 4 2 ser.uuv.spar. chiarissimo coperto ma. §'■ ser. 5» 2 1 9 14 22 ■ 4 3 4 23 9 56 4 N. (j. 0 0. d. S. „ ale. gocce 0 60 3 7 ciiiarissiiuo coperto ser.nuv.spar- ma. §'• ser. »1 6 5 9 li ai i5 ..3 la 5 27 3 ìN. q. 0 SO. m. NE. d. Ump.Iam. ci. 5 00 2 chiarissimo ser.nuv.spar. coperto E ma. §'■ ser. ma. 8' ser. 5> 2 » 7 12 20 12 5 3 >., II 2 27 2 N. „ SO. d. N. „ 0 72 0 5o 1 7 ser.nuv.spar. 1 nuvoloso 1 chiarissimo ! il » 3 9 i3 20 j6 2 2l 220 21 11 5 5 8 NNO. d. 0. „ 2 7 nuvoloso ser.nuT.spar. DUI. ser. 2 5 1 '4 22 i3 6 7 120 5 32 3 N. q. 0 0. m. SO. d. 0 5o 2 8 cliiarissimo nuvoloso ma. 8'- ser. )1 8 i3 2o i5 5 11 3 5 19 7 0 0 S. m. SSO. q. 0 3 2 ser.nuv.spar. chiarissimo sereno vap. 24 35 ma. 8'- ser. ma. a''- .Ver. )» 3 »» a 0 i3 20 i5 21 12 lo 20 6 Nli. „ SO. ra. SO. q. 0 » 7 n J» seren.nuv.sparse „ vap. 1 " » »» 1 4 0 6 14 20 i5 5 al 12 5 3o 5 N. „ 0 0 0 0 3 5 chiarissimo | ser.nuT.spar.se | „ vap. f .6 ,8 29 30 51 ma. S'- ser. ma. 8'- ser. „ 5» I »4 20 i5 30 7 12 6 5 23 6 NE. q. 0 OSO. m. SO. q. 0 3 4 chiarissimo bcr.uuv.sp. »I J> 5) U J» 15 14 21 l5 a 21 13 5 21 5 NE. „ 0. d. so. „ 4 nuvoloso ma. 8'- ser. » «) 4 2 3 12 17 i5 1 5 al 20 6 II 0 12 5 NNE. d. N. „ 4U. 5o 0 45 lampi e tuoni 1 8 coper.piove nuvoloso seren.nuv.sparse ma. 8'- ser. '» " 5 12 «9 i5 II 3 3i 9 ONO" „ NO. „ 3 4 chiarissimo ma. si- ser. ma. 8'- )> ìi 2 6 1 14 25 16 21 6 23 12 6 25 20 NE. q. 0 SO. d. s. „ 4 ser.nuv.spar, » « 'i "' 0 6 14 21 i5 5 12 5 lo 43 0, N. q. 0 0 0 NO. d. plog. 0 71 5 5 chiarissimo ser. nuT.s parsa cliiai'issinio | Osservazioni Metereologiche )( Collegio Romano ]( Giugno i833. Ore Baromet. Term. 14° 18 5 14 Termometro max. min. Igrom. Vento Pioggia Eva por. Stalo del Cioi I ma. gì- ser. 2 8p.l i9 8 7 0 20 8 2O 0 11 35° 54 25 22 32 4 5 32 8 N. m. NO. 5) 3 ma. a'- ser. 27 11 „ 10 0 7 9 i5 '9 i5 14 17 i5 4 7 20 12 6 ùiiE. m. S. m. oli. 5o 7 1 nuvoloso 5) 4 ma. §>■■ ser. )) » » 1 1 28 0 4 6 9 18 2o 20 7 al 5 12 7 18 24 7 sso. „ so. „ 6 4 ser.nuv.sp. nnToioso chiarissimo 5 ma. ser. « » (3 » 1 7 „ » 4 14 20 14 12 4 8 25 6 0 0 S. d. so. „ alc.goc. ili. Co 3 9 ser.nuv sp. ser .vaporoso 6 ma. §i- ser. » 0 2j U 28 0 8 9 0 i3 '9 iti 13 4 29 IO i\. d. E. » » lì 4 2 coperto 7 ina. si- ser. ma. 8'- ser. )» » 5 » 1) i5 21 16 2 l5 7 •9 6 0 0 sso. d. N. „ alc.goc. 3 4 nuvoloso 5 » 1 4 1 lÒ 22 16 5 2 a3 23 5 25 14 12 52 8 NNE. „ SO. „ „ q. 0 NE. „ so. d. N. fj. 0 4 2 ser.nuv.sp. nuvoloso ser.nuv.sp. ? ma. si- ser. ma, si- ser. ma. si- ser ma. si- ser. ma. S'- ser. m si- ser. » 2 9 0 6 16 23 17 2 5 14 10 25 5 lo 41 lo 3 4 chiarissimo lo » 3 2 0 16 24 19 8 '4 NO. 'd. 4 s » 1 1 1) » 6 0 17 23 i8 2 24 16 18 56 3 iN. „ SO. „ Oi\0. m. 5 7 12 5> 1 27 11 4 7 8 l6 22 17 16 2o 16 17 21 16 2 3 23 8 i5 3 25 4 0 0 S. 1. d. so. „ 4 6 scr. vaporoso ser.nuv.sp. i3 „ Io >J )» «» )» )» » » >» 1 8 9 3 2 3 21 14 ■•.1 1 so!' m. „ d. 4 4 7 6 nuvoloso ser.nuv.sp. '4 21 21 7 14 6 9 .5 4 3 2 4 5 S. m. coperto nuvoloso .5 ma, gi- sirr. .3* 0 9 0 3 6 20 16 3 i5 „ d. SSO. f. SO. d. 5 coperto chiarissimo ser.nuv.oriz. ser. ma. ter. ma. S'- ser. ma. ser, ina. Baromet. 2Spo.i IÌ.4 » J> 8 „ » „ " 0 b 4 „ ,J a » » 6 >» " ^ S'- 0 » «} icr. „ ,, 4 Ulti. « » 5 scr. tua. >■> » 9 „ „ 6 scr. mu. » » 4 3 >) )> 1 a'- scr. ina. 1» » n 5 ^^ Sf- 8 inii. „ 1 3 „ 0 9 o'- i> 1 0 sjr ina. 11 )» 4 >> 3 ser. >» )» 5 8 — ■ - Term. 7 4 Xeiuiouietro max. min. 24 5 14 24 /5 1 ~ ^ 35 14 5 5 a4 3 24 1 16 6 5 ! 23 a4 16 7 4 I 4 6 25 i5 5 5 3 5 a6 5 i5 9 ' 5 6 a6 16 9 I ^7 1^7 4 i »7 5,17 40 Vento N. q. o OSO. d. IS. d. « q- ' SO. d. so. d. IN. q. S. f. 0. d. N. N. a. 10 0 0 44 S. q 0 IO N. d. 3 4o )) „ 21 0 0 ser.nuT.sparse cliiarissimo S. m. o o 'lOggli nebbia luoni to. in lont. alc.goc. grosse 3 8 4 8 6 a 6 1 Evapor. 4 4 5 1 4 7 .5 4 4 4 1 3 5 5 9 5 8 4 9 Sialo del Ciclo chiarissimo ser.nuv.sp. cliiarissimo ser.nuv .sparse nuvoloso ser.nuv.sp. chiarissimo nuvoloso scr.nuT sp. ser.nuv.sp. chiarissimo nuvoloso ser.nuv.sp. nuvoloso ser.nuv.sp. nuvoloso chiarissimo ser.nuv.sp. chiarissimo nuvoloso I