Vf^C^-N-^-^ /i!//-?^- o » GIORNALE DI SCIENZE LETTERE ED ARTI TOMO LXV. OTTOBRE , NOVEMBRE E DICEMBRE 1834 e 1835. ROMA NELLA STAMPERIA DEL GIORNALE ARCADIi:0 PRESSO ANTONIO BOULZALLR SCIENZE Discussione deW accademia reale di medicina di Pa-, rigi nelle sue sessioni del 28 aprile, dei 5, 19, 26 maggio, e dei 2 e 9 giugno 1835, relativa al va- lore comparativo della litotomia e della litotrizia, {Estratto dal Filiatre Sebezio , fascicolo di lu^ glio 1835.) JLj importanza che gli uomini dell' arte giustamente at- taccano alle discussioni della più illustre socielk me<:lì- ca dell' universo , ne rendono sicuri che i nostri lettori leggeranno con piacere un breve sunto di tale impor- tante discussione , alla quale ha dato luogo un rappor- to fatto dal sig. Velpeau , anche in nome del sig. San- son, sopra una memoria del sig. Leroy sulla litotrizia presso i bambini. Quest' ultimo chiriirgo comunque cre- da , che la litotomia presso i bambiui debbasi prati- care in preferenza della litotrizia , tuttavia da cinque casi di felice applicazione di questo metodo conchiu- de che anche nella prima età sia iesso praticabile. In tale occasione Velpeau osserva, che lo stritolamento della pietra merita infinitamente meno elogi di quelli che gli si accordano , e crede che la posterità porterà su tale operazione un giudizio molto piiì severo del suo. Egli è sicuro che se in uno stabilimento si riunisce un certo numero dì soggetti affetti da pietra , posti sotto cou- dizioni perfettamente simili , e di essi la mela si sotto- ^t I r. N z poricsso alla liloloiaia , e l'allra alla litotrlzia , il ri- saltamcnto sarebbe ciefinitivameute favorevole alla pri- ma. KMi quiiitli crcdo^ che quantunque la litotrizia sia una conquista felice della moderna chirurgia, tuttavia paiii^onata alla litotomia , deve restare come un meto- do semplicemente eccezionale. Amussat fu il primo che si oppose al parere di Vel- i)eau , sostenendo la litotrizia soprattutto in un momen- to , in cui trionfa da ogni ostacolo , ed iu cui gli ulti- mi peifezionamenti ricevuti le danno una superiorità in- contestabile sulla litotomia. Crede inutili i saggi compa- rativi , perchè chiunque oggi porta il coltello sopra un calcoloso, che potrebbe trattare colla litotrizia, as- sume un immensa responsabilità. Egli reputa un gran- d'arffomcnto in favore della litotrizia , che tutti i me- dici attaccati da pietra vi si son sottoposti , e che Boyer nel termine della sua carriera la riguardò come un be- nefizio. A ciò Velpeau ris[)Onde, che sono inutili asser- zioni , e che se anche avesse la sventura di soffrire la pietra , e si assoggettasse alla litotritia , ciò neppu- re potrebbe nulla in favore dell' operazione , percliè la malattia in generale non è lo stato in cui si ragiona meglio , ed i medici inalati non sono pia essenti degli altri dai falsi ragionamenti. Egli cita diverse operazioni del sig. Giviale al nura. di iGO, dei quali ne son mor- ti 64, guariti 85, ed 1 1 han conservato la pietra : ed una lista più recente di 30 calcolosi, dei quali iS son guariti , 8 morti , e quattro conservano la pietra. Di I4 calcolosi, Bancal ne ha guariti due soli. D'altra parte colla litotomia nello spedale della Carità in 10 anni sopra 1200 calcolosi ne son guariti :>45; Saucerotte sopra 1629 am- malati ne guari l4o2; Dnpuylron sopra 356, ne ha per- duti Gì. A Norwich in Inghilterra sopra 506, ne son morti 70; a Lceds sopra 197, morti 28. Chcsclden so- pra 213, ne ha perduti 2\:, fra Cosmo sopra 100, mur- Litotomia e litotuitu 5 ti 19; Souberbielle sopra 133, morti 17 ; Diip'.iytrcn col suo metodo bilaterale so])ra 70 ammalali, morti 6. Cross ha raccolto in Inghilterra un quadro di 704 ope- razioni con 93 morti ; De Renzi ha pubblicato quello delle operazioni fatte a Napoli in quattordici anni, ia cui sopra /\/f[0 operati ne son morti G5 ; Pajola ne ha perduti 5 , sopra 50, Panza 5 , sopra 70 ec. Smith in America valuta la sua perdita ad uno sopra 18; Che- lius in Alemagna ad uno sopra 22 ; Santoro, Petrunli, ed altri a Napoli ad uno sopra 20 , o 25 ec, ec. A questo Rochoux risponde, che se il medio della mortalità per la litotomia è di uno sojìra 10, per Ja litotrizia potrebbe essere di uno sopra 20 , se gli am- malati fossero bene scelti : perchè questa non è più gra- ve , ne da luogo a maggiori accidenti ben gravi di un semplice cateterismo. Vclpeau osserva, che ciò sia esa- gerato, e che si faccia abuso della pubblica credulità, es- sendo accidenti ben gravi , e non rari della litotrizia , gì' incomodi nervosi, le infiammazioni della vessica, della prostata , del peritoneo ; la flebite , le ritenzioni d'ori - na , le lacerazioni dell' uretra , i dolori d'ogni genere ec. Lisfranc dice, che egli soffrendo una grossa pietra , prese prima tutte le informazioni , e riconosciuta la su- periorità della litotrizia , vi si sottopose, ed il risul- tato fu favorevole. Egli riporta un'altra statistica del sig. Giviale, dalle quale apparisce che di 244 operati ne ha guariti 236. Lisfranc conchiude, che non sia partigiano esclu- sivo ne deW uno , ne dell" altro metodo , ma riguar- da la litotritia come propria a formare il metodo ge- nerale , e la litotomia soltanto come Veccezione. A ciò Velpeau sopra tuHo oppone, che la litotritia sce- glie i suoi ammalati , e tuttavia le sue perdite sono gran- dissime , mentre la litotomia si applica a tutli : e Pajon ^nn'^^S^i c^ie la litotomia è applicabile ad un maggior 6 Scienze numero di casi ; clic è più facile ad eseguirsi della li- totrizia; che offre maggior certezza per revflcuaziofie dei frammenti calcolosi: ed in fine che la guarigione è più pronta. Lisfranc fra gli altri inconvenienti della litoto- mia accenna quello successo più volte, clie dopo il taglio non si trova pietra in vessica , e l'infermo muore per l'operaiione : ciò che Velpeau dice essere comune an- che alia lilotrizia, Lisfranc attacca la statistica riferita dal sig. Velpeau , e dalle cifre da lui riportate vorreb- be far conoscere che colla litotomia se ne perde uno so- pra quattro o cinque , e che la proporzione e soltanto più favorevole sopra bambini , osservando sopra le al- tre cose, che se in Napoli in 14 anni son morti 65 so- pra 440 operati , bisogna riflettere che vi erano 14 don- ne, e 203 individui al di sotto dei 14 anni. Amus- sat non vorrebbe accordare alcuna confidenza alla sta- tistica comparativa , e la paragona alla statistica delle battaglie , in cui ciascun partito pretende d'aver per- duto meno del nemico. Egli soprattutto si oppone a dei saggi comparativi , perchè il chirurgo non ha la liberta di scegliere il metodo , ma ha l'obbligazione di preferire l'operazioie mcn grave , come il tritamento della testa del feto all'operazione cesarea, il taxis all'operazione dell' ernia strangolata , la litotrizia alla litotomia. Egli crede potersi dividere i calcolosi in due principali ca- tegorie : una per quelli , in cui deve essere preferita la litotrizia , ed ab])raccia cinque casi : 1 calcolo piccolo, organi orinari sani ; 2 calcolo un poco pili grosso , ve- scica sana ; 3 due piccoli calcoli , vescica sana ; 4 tre piccoli calcoli , vescica sana : 5 calcolo del volume di una noce , ma molle e friabile , essendo sani gli or- gani orinarj. La seconda categoria comprende cinque casi favorevoli alla litotomia : () calcolo voluminoso , e du- ro; 7 calcolo morale; 8 calcolo voluminoso, complica- zione di catarro vcscicalc ; 9 due grossi calcoli ; 10 cai- Litotomia e litotrizia 7 colo unico che riempie la vescica. Egli crede clie gli accidenti^ di cui s'incolpa la litotrizia , appartengano ai primi anni della sua scoperta , ma che ora es«;endosi per- fezionato il metodo la medaglia è cambiata. A ciò Vel- peau risponde che sia vero che la statistica non valga nulla , ma soltanto quando questa è cattiva , mentre la buona e regolare statistica formerà sempre la miglior regola per giudicare chiaramente nelle mediche questio- ni ; al che si conforma anche il parere di Roux. Sog- giunge Velpeau , che circa i miglioramenti della lito- trizia questi sono ancora questionabili , perchè ciascuno degli autori esagera i vantaggi del proprio metodo av- vilendo quello degli altri. Lcpelletiere osserva, che se si ricusa la statistica non vi sarà altro mezzo dì parago- ne , e che si maraviglia come la statistica sia ricusata dai litotritori ; i quali scegliendo i loro ammalati, do- vrebbero avere risultamenti più prosperi : mentre la li- totomia, eseguendosi indifferentemente sopra tutti, dovreb- be presentare risultamenti meno prosperi : e che se ac- cetta la statistica, e questa una prova dell' immensa sua superiorità. Velpeau osserva, che il calcolo stesso del sig. Anuis- sat è favorevole alla litotomia : e che comunque que- sti creda , che nella prima categoria si contengano due terzi dei calcolosi , pure egli riguarda ciò per esagerato, E di fatti dall' intero numero togliendo i bambini, nei quali è preferibile la litotomia , e che si trovano quasi tutti nella prima categoria di Amussat , fanciulli che rappresentano la meta dei calcolosi , ed a questi ag- giunta l'intera seconda categoria , ne risulta che pochi soltanto restano alla litotrizia. Ed in vero Ci viale, con- sultato da 429 ammalati, ha creduto operarne solo 2/\A. Aggiungasi inoltre, che formano controindicazioni alla litotrizia i casi in cui il calcolo è parte impegnato ncll' uretra, o negl'ureteri; in cui è adereiile alla vesci- S S e I E N 7 T^ ca ; alloi^nto in totalità, o in parte in una cisli fòr- mula dalle pareti di quost' organo ; in cui ì calcoli sono in nuinoro considerevole ; in cui vi è malattia dei re- ni , dell' uretra , della prostata; in cui l'irritabilità dell' ammalato è troppo forte per permettere le manovre del tritam^nto ce. Dopo varie opinioni meno rilevanti, il sig, Sanson viene a fissare il senso di metodo generale ed ecce^ zionale ^ dichiarando che pel primo s'intende quello che risponde al maggior numero de' casi , e pel secon- do quello in cui le applicazioni sono più circoscritte. Ora niuno di essi avea inteso di farsi partigiano esclu- sivo dell'uno o dell' altro metodo, ne ributtarne l'uno o l'altro , ma soltanto dichiarare che i casi in cui è ap- plicabile la litotomia sono piià numerosi, e quindi deve tenersi per metodo generale : e che se anche la lito- trizia si potesse applicare in 90 casi sopra ÌOO , la li- totomìa, che può abbracciare tutti i cento casi, sarebbe il metodo generale. Egli inoltre osserva che la lito- trizia sia più dolorosa del taglio, che porti una piiì lun- ga convalescenza , e che lascia più frequentemente dei calcoli. Al che Lisfranc risponde negando queste ultime asserzioni , e riguardo alla prima osservando che la li- totomia deve considerarsi come una delle estreme risor- se dell' arte , che debbasi impiegare dopo avere esaurite tutte le altre, e che quindi sia una risorsa estrema , veramente eccezionale , giustificata dalla sola necessita , e che deve essere tentata nella sola mancanza della litoirizia. A mussai cerca schiarire la questione con un esempio brillante. Egli dice che lutti i chirurgi hanno un nemico comune , cioè la pietra ; gli uni l'attaccano dirottamente per le vie naturali, è questa la lilolritia ; altri col taglio aprono un sentiero pericoloso prima di arrivare all' inimico . Dopo altre sottili ed ingegnose questioni , Vclpcau riassume quanto si è discusso , e li- Litotomia k i.Itotrizia. 9 pete che sopra 1003 operati di iitotiitia uè son gua- riti solo 016, e sopra 5813 operazioni di litotomia ne son guariti 5l/i9 V accademia manifesta V adesione al rapporto del eh. Velpeau. ( sarà continuato. ) Esame di alcuni punti di anatomia patologica , con- siderata nei suoi rapporti con la fisiologia e con la patologia generale^ del doti. Salvatore De Renzi (1), M-J istancabile prof. De lìenzi non cessa e nel suo erudito giornale, e fuori di esso , di regalare al pub- blico i suoi preziosi lavori , fra' quali non v'ha dub- bio che non sia dì merito assai distinto quello , di cui imprendiamo a render conto. Poggiavasi un tempo , egli dice con buon senno, la medicina sulle apparen- ze morbose , e lo studio dei sintomi apriva la strada a quello delle singole infermità. Le scienze accessorie (i) Questo scritto è inserto nel Filialre-Lcbczio , o Gioi-- nale delle scienze mediche ec. (di cui è redattore in Napo- li il cluar. prof. De Renzi ) al fascio, di giugno i835. Fa ivi conoscere iti nota esser tale il titolo dell' opei'a , di cui si è occupato , e di cui ora attende al perfezionamento. Nel pre- sente articolo intende egli di render pubblica la prefazione, che contiene lo scopo ed il piano dell' opera j e ciò a solo fine di essere dagl' italiani colleghi illuminato circa le dottrine , eh' espone , onde profittare dei consigli loro , nel modo istes- so che terrà per quelli che ha ricevuti sul conto delle sue considerazioni sulla vita da varj illustri soggelti , ai quali si protesta rlconoscenlc. ( Il compilatore. ) 10 Scienze « coadiutrici collegarono gli sforzi loro a meglio chia- rire tanto la iialiira dei turbamenti , quanto quella dei mczxi alti ;i ripararli. L'ingegao sagace dell' uomo avea percorsa questa strada con fortuna e con ottimi risul- taoienti , ma non tali d'altronde da metterlo nelle stato di tutto Compiutamente conoscere. Eragli pur d'uopo di aprirsi altre strade d'indagini , e queste gli sono state offerte dall' anatomia patologica , alla quale siam debitori in pochi anni di un numero pressoché eguale di verità di quelle che ci vennero da venti secoli di travagli e di sforxi più o men fortunati. Si ebbe que- sta scienza in gran pregio dai medici italiani , e fa- voreggiata fu Ufi suol di Partenope, che (giustamente soggiugnc il N. A.) non cede ad alcuna terra per sa- pienza e per virtù. Quindi omettendo gli sparsi tra- vagli di molli sorami italiani , osserva egli , che la scuola medica napoletana insegnava anato ia patolo- gica per mezzo dei Massa , dei Severini , degli Eu- stachi , prima ancora che l'illustre Morgagni fosse ve- nuto a sliil)ilire all' Italia la gloria di averla ridotta a forma srieniifica , e farla servire di mezzo onde cam- biare di faccia la medicina. Per l'aumento di questa mentre contrii)uirono i medici italiani, riserbarono alla Germania ed alla Francia la gloria di scrivere i pri- mi trattati metodici di anatomia patologica. La Fran- cia per altro , sebbene illustrata dal genio di Bichat, di Dupuytren , di Cruveillùer , di Broussais , di Laen- nec , di Andrai ec. ec. , tuttavia non avea una cat- tedra speciale di siffatta scienza , allor quando il su- blime ingegno di Golugno creava nella facoltà medica di Napoli tale specifico insegnamento , lo corredava di un musco , e soprattutto gì' improntava la gloria del suo nome : e promovendone gli avanzamenti , inco- raggiava con consigli e con meritati elogi agli utili travagli di Nanula , preparando ivi per tal modo quel Anato:\iTa patologica 11 gusto per tali materie , che dappoi ha distinto e di- stingue tuttavia la sagacita esploratrice ed eccletica della scuola napoletana. Ora in tanta dovizia di cose , ma per vero dire non esattamente ordinate , mira il N. A. in quest* ope- ra a riunire quanto si è finora osservato circa l'ana- tomia patologica , e a valersene quali scintille di luce per isclìiarire e mettere ordine neli' informe caos della patologia e della fisiologia generale. Disegno novello: e per fermo non erra il N. A. in così chiamarlo : im- perciocché mentre molti finora han trattata l'anatomia patologica , ninno l'ha considerala pe' suoi rapporti intirai , necessari con tali scienze ; ed a forma dei re- centi progressi di queste andrà egli a dare un or- dine alle sue dottrine. La macchina umana rappre- senta un tutto composto di parti in apparenza distinte, ma tutte disposte secondo un tipo comune, e per nu- merosi legami sottoposte alle medesime norme orga- niche. Quindi con mirabile artifizio mentre da una parte ciascun apparecchio sembra rappresentare dispo- sizioni, forze, ed anche turbamenti morbosi speciali, d'al- tronde queste medesime disposizioni, forze e turbamenti hanno una fisonoraia comune che ne rende facile 4a distribuzione ordinata e metodica. Bichat , allontanandosi da quella semplicità che presenta la natura animata , dava per origine all' in- conveniente di favorire le distinzioni scolastiche e por- tare la scienza all' interminabile- Dupuytren , seguito da Cruveilhier , da Breschet , ec : , adottò una distin- zione assolutamente difettosa , obliò affatto gli umo- ri, e realizzò alcune semplici astrazioni. Andrai , quan- tunque si valesse di una divisione più metodica , pre- senta pur non poche incoerenze nell' avere ammesso come una delle funzioni più generali la circolazione capillare , nelf aver discorso troppo leggermente della l 12 Scienze innervazione , e nel!' averne favellalo nell' apparecchio nervoso sensitivo e motore , che sembra assolutamente distinto da ciò che in fisiologia merita il nome di apparecchio d'innervazione. Dichiarati cosi difettosi con giuste ragioni gli enunciati metodi dal N. A. , non v'ha dubbio che il migliore sia quello d'improntare le distinzioni dall' anatomia fisiologica , e risguardare le parti che compongono il gran tutto organico , pel lato della importanza loro negli atti della vita. Prima di ogni altra cosa per altro importa assais- simo il tener conto delle due forme quasi primitive della materia organizzata ; solida , e fluida. Si avrà con ciò una norma men fallace nel distribuire le organi- che alterazioni , senza pretendere d'altronde di restrin- gere la natura nei limiti di un metodo , il quale h un prodotto della nostra astrazione , un modo di coor- dinare i fatti parziali che sono solo presentati dalla natura. Opina a tal effetto il N. A. doversi dislingue- re le lesioni in quelle dei fluidi, in quelle del solidi, e nelle miste dei primi e dei secondi : lo che offre ancora l'opportnnitk di abbracciare in un sol trattalo l'anatomia patologica generale e la particolare. Ognun comprende da ciò con quanto buon senno si occupi in tale incontro l'A. in rigettare la esclusiva ricerca delle sole alterazioni dei solidi , o di que'le isolate dei fluidi, nella ricerca della sede dei morbi. Che di vero , ove rifletter vogliasi alla più generale distinzione de- gli umori in primitivi ^ e per cosi dire ingeneratori dei solidi , ed in secondar/ prodotti di secrezioni , si vedrà chiaro , che per quanto l'alterazione dei se- condi sia un effetto del guasto dei solidi , altrettanto l'al- terazione dei primi , sebbene o collegasi al guasto dei solidi o la produce, tuttavia priraitivaraente stabiliscesi nei fluidi e corre con esito e sintomi speciali. Il san- gue , il chilo , e la linfa sono gli umori del nostro Anatomia patologica 13 corpo , cui può darsi il nome d'itigeneratori. Luminose dimostrazioni in sostegno di tale asserto il N. A. ag- giufijne , e noi ci limiteremo a dirne alcun che sul conto del primo di tali fluidi. Il sangue ha non solo una struttura ed una organizzazione tutta propria e specia- le , ma contiene altresì gli elementi di ogni prodotto or- ganico , ed ha in se la cagion sufficiente di tutte le parti della macchina ; di ciò si hanno documenti a do- vizia neir embrione , nelle pseudo-membrane, in molti prodotti morbosi , ed in altre guise. L'esame del sangue, del chilo, e della linfa, o nel corso delle malattie o sul cadavere , prova che pos- sono sovente presentarsi alcuni morbi caratterizzati da sintomi speciali , senza che nei solidi apparisca alcuna primitiva lesione , mente l'alterazione dei liquidi ren- de sufficiente ragione del morbo sofferto. Parlando dei vizj del sangue avvisa il N. A. doversi trattare della iperemia e dell' anemia fra i medesimi , della sovrab- bondanza cioè e della scarsezza del sangue , da do- versi distinguere da vizio di circolazione , siccome An- drai volle dichiararle : da doversi distinguere, ripetia- mo, come distinguesi il vizio del contenuto da quello del contenente. I solidi del corpo umano , nei quali si sono ri- cercati da 40 anni gli avanzi dei morbi non solo , ma le alterazioni stesse da cui venivano costituiti , si possono risguardare in due modi : o per la peculiare loro struttura , o per le specifiche funzioni che adem- piono. Sostenuto però da salde ragioni crede il N. A. più conveniente , in trattando le lesioni svelate nei medesimi dall'anatomia patologica , classificare piut- tosto per gli usi i solidi, di quello che per la intrin- seca loro struttura. I morbi infatti costituiscono uà modo particolare di essere dell' organismo , e debbonsi considerare anch'essi come fenomeni vitali. Questi, al pa- 14 Scienze ri degli atti che costituiscono i movimenti vitali, non avvengono in quel tessuto materiale di parti , che l'ana- tomia pitologica prende ad esame. Quindi volendosi far servire questa all' intento di chiarire la fisiologia e la patologia generale , egli è ai punti estremi à&Wdi organizzazione che rivolger conviene l'osservazione e la sperienza , essendo i medesimi gì' incaricati delle portentose operazioni della vita sana e morbosa. Da tal sentiero , indicato già dalla natura medesima, avendo voluto i medici declinare in consultando l'organizza- zione , si trovarono nel meglio del cammino abbando- nati dai sensi: e passando perciò dalla materialità al l'astrazione, ebbero ricorso ad enti immagi narj: e crean- do forze e proprietà co' nomi di vitalità , di eccita- bilità , ec : , costrussero sopra tali nomi l'edifizio del- la fisiologia e della patologìa. Fa stima pertanto il N. A. che il vero mezzo di spiegare i fenomeni vitali sia quello di conoscere Tin- tima tessitura delle estreme fibre o globicini che costi- tuiscono, per cosi dire, l'elemento dell' organismo. Rimane oltre di ciò ad esaminarsi primitivamente que- gli atti ,i quali formano, per dir cosi, gli esponenti della vita in tutte le classi degli esseri organizzati : e sottomettendo questi tutti all'analisi, profittare di quan- to essi presentano di pii!i fermo per servircene come gui- da all'esperimento, estremo mezzo per venire in co- gnizione del vero. Ciò posto , se considerar vogliasi l'or- ganizzazione in tutte le sue forme e, per cosi esprimer- mi , in massa , si vedrà che essa presenta un fenomeno ge- neralissimo , quello cioè di svolgersi dallo stato di mas- sima esilità e picciolezza a quello di massima ampiez- za. Ora quel graduato prodursi ed aumentarsi sino al compiuto sviluppamento della specie , cui gf individui appartengono , è un atto precipuo e comune a tutta la organiizazione , che col nome di nutrizione distingue- AiNATOMlA PATOLOGICA 15 si. „ Questo atto precipuo ( §. 29 ) , questa nutrizione, „ si compone di tre atti subalterni, uno consistente nel „ l'apposisione dei materiali destinati ad aumentare o ,, a sostenere il volume delle fibrille {composizione )i ,, l'altro, con cui ciò che non è più adatto a sostenere ,, l'aggregato organico mettesi in giro per subire novelle ,, modificazioni {decomposizione ); l'ultimo infine, eoa „ cui novelli prodotti sono svolti dall' intima tessitura ,, delle parti secrezioni ) . . . Ritengasi ora soltanto , ,, che la nutrizione sia l'atto fondamentale della or- ,, ganizzazione, e per dir cosi l'esponente della vita, „ e che nella natura se ne può trovare l'analogia nel- ,, l'azione degli apparecchi elettro -galvanici , d'onde ,, la forza attrattiva e ripulsiva. „ Considerata per tal modo la vita, relativamente a questo atto generale, è veramente attiva ed indipendente dalle potenze esteriori. E tal considerazione per addimostrare il superficiale e raaterialissimo modo , con cui venne ris«uardata la vita da coloro che la dichiararono passiva , ritenen- dola siccome un prodotto dell' azione di alcune poten- ze esteriori. L'esecuzione quindi della nutrizione dev'es- sere, secondo il N. A,, il prodotto di condizioni comu- ni.,. Forze indipendenti, e, per dir cosi, primitive „ ed essenziali alla forma organica della materia ( pos- „ sono ) solo produrla , e con leggi e meccanismo ana- „ lego, e solo modificato secondo le forme deve re- ,. golarne l'esecuzione. Cosi in brevi istanti sviluppansi „ e crescono gì' infusorii , e le schiere innumerevoli „ delle midrindi , diramano le piante arboree i loro „ tronchi superbi, e cresce, immagine del creatore, „ l'uomo nato per ammirare il creato , del quale for- „ ma la prima maraviglia. ,, Or queste forze primi- tive , d'onde risulta la nutrizione organica , sarebbero mai diverse da quelle che costituiscono le sorprendenti cristallizzazioni nei sali , e che eoa leggi semplici ed 16 Sci i: n z e immutabili fan prendere si sv^arìato forme alla mace- ria bruta? Promette il N. A. vedere in seguito , qua!l mezzi presenti l'osservazione per poter risolvere almetio iu parte s\ difficili ed interessanti problemi. Guidato viene il prof. De Renzi, per le cose fia- qui discorse, a distinguere gli usi e le funzioni dei so- lidi in generali e comuni a tutti gli esseri viventi , ed in particolari o proprie di alcuni apparecchi or- ganici. A due pur generali riduce egli le prime , cioè alla nutrizione ed alle secrezioni : ma per la esecu- zione di queste due funzioni ricorre pur anco alla cir- colazione, che trasporta ovunque i materiali necessaij al sostegno della vita , ed alla innervazione per l'ar- cano modo d'influenza dei nervi ganglionari , che dan- no alla fibra l'attitudine di eseguire le sue funzioni. Da ciò risulta , che la circolazione e la innervazione iebbonsi risguardare come funzioni comuni anch' esse a tutte le molecole organiche dell' uomo. Egli è per tali ragioni , che possono gli alteramenti generali sud- dividersi in due classi : in alterazioni cioè della cir- colazione e della innervazione, ed in alterazioni delle funzioni costituenti la vita , cioè nutrizione e secre- zioni. A tre classi ristringe le funzioni proprie di alcuni apparecchi, vale a dire, a quelle destinate a pre- parare! materiali necessarj per le funzioni generali (co- me sono la digestione, l'assorbimento, la respirazione); a quelle di relazione ; a quelle di propagazione. „ §. 38. „ Ne facciasi qui maraviglia , se noi riponiamo fra le „ funzioni generali V innervazione , e fra le partico- ,, lari quelle di relazione^ le quali eseguendosi per mez- ,, zo del senso percettivo e della locomozione , haa ,, per loro apparecchio il sistema nervoso , dal quale „ medesimo dipende al certo egualmente la ionerva- ■„ jdonc. Su di ciò noi crediamo anticipare che sia ANATOMIA PATOLOGICA 17 „ nostro scnllniento, che il sistema nervoso gauglioaa- „ re, e quello cerebro spinale , fossero diversi per con- „ dizioni anatomiciie , fisiologiche , ed a'icor palolooi- „ che , che non avessero fra loro altro di comune che „ la forma in che manifestano le loro funzioni , ne „ altra relazione che quella comune alle singole parti ,, di un tutto organico. ,, Non essendo per altro possibile il separare i due elementi dell' organismo { liquidi e solidi ) si e bene spesso nella necessita di servirsi di una specie di astra- zione. Sembra infatti , che quei due stati organici al- tro non sieno che due forme diverse della stessa ma- teria , la quale per un circolo, che dura per quanto dura la vita , passa a vicenda dallo stalo liquido al solido e dal solido al liquido; anzi nell'estremo pa- renchima nutritivo-secretore, ove compionsi i più gran- di atti vitali, ed ove si eseguiscono gli essenziali mu- tajnenti morbosi , questa distinzione anche sparisce. Sor- ge quindi il bisogno di usare una specie di astrazio- ne portando le indagini sopra molte alterazioni mi- ste dei solidi e dei liquidi : della qual tempra ne sem- brano quelle lesioni complesse e distinte coi nomi A^ infiammazione e di febbri. Come supporsi infatti, a mò di esempio , che possano le secrezioni alterarsi o con turbamento dei prodotti naturali , o con pro- dotti novelli , unicamente per alterazione dei solidi, senza tener conto dei turbamenti umorali ? E parlando delle infiammazioni ; come soscriversi al divisamente di Andrai , e considerare partitamente e come lesioni indipendenti i turbamenti nella circolazione capilla- re , nella innervazione , nella crasi del sangue ec. , che costituiscono l'infiammazione ? Se riflettasi, che tali turbamenti sviluppansi contemporanei ed esistouo così dipendenti , che non si possono in alcun modo sepa- rare , si viene alla legittima induzione , che la loro G.A»T.LXV. ' 2 18 Scienze riunione avveiij»a per una legge tutta vitale ; e che siccome il clinico non può riguardare i medesimi co- me diversi stati morbosi , ma come condizioni proprie e costituenti lo stesso morbo , cosi quegli che occu- pasi di anatomia patologica e costretto a riguardare ' complessivamente le alterazioni organiche che ne ri- .^ sultano. Lo stesso è a dirsi delle febbri. E-^posla cosi la divisione metodica più opportuna ad adottarsi in anatomia patologica, passiamo a ri- ferire la medesima nelP istesso quadro con cui l'ha descritta il N. A. , e che qui cwiginalmente trascri- viamo. RO ma teriali h5 O »— I fi O s { ^ r^ ^ ADDETTI ALLE FUNZIONI PARTICOLARI E PROPRIE DI ALCUNI ' APPARECCHI vizj coDgenlli ermafrodisrao vizj congeniti sterilita neir utero fuori dell' utero N3 < Cd H )-} 2. ALTERAZIONI EGLI UMOR Inìo dei turbamenti di circolazione d' innervazione ALTERAZIONI MIST. di nutrizione DEI SOLIDI ....... di secrezione EDEIFLUIDI QUADRO congestione . i ADDETTI j ALLE FUNZIONI 'ge\er.u.ie comum A TUTTE j LE PAKTI VIVENTI Destinate a proi< vedere materiali necessari al sostegno della vita Circolazione Iiinen < \\ Nutrizione Costituenti la vita pulmonare i f interna / emorragia s generale J ^ esterna f calorificazione innormale generale speciale ' ipertrofia C intra-uterina , mosiii atrofia ^ ed estra-ulerina L scirro sarcosi < enccfaloide ì \ sarcoma raollificamento indurimento ' cartilaginea dogeneraz.' ^ ossea V membranacea [ aumentate C con scolo naturali < diminuite l con ritenzione f alterate Secrezioni \con prodotti 1 iuoreanici sanguigna purulenta l tubercolosa anomala \ mclanosl r folluide con prodotti/ viventi a se orga- ) nizzabili ì pa rasiti ADDETTI ALLE FUNZIONI PARTICOLARI E PROPRIE DI ALCUNI ' APPARECCHI 2. ALTERAZIONI DEGLI UMORI 3. ALTERAZIONI MISTE Di:i SOLIDI E DEI FL CIDI r . ( preparazione dei materiali I digestione i „ .. , \ { confezione Destinate \ a preparare ir.iaUriall] t chilifero necessari ^i Assorbimento C per le funzioni J * linfatico generali j 1 f emalosi I Depuramento l { decarbonizzazione ( Sensazioni Di relaJone f ( Movimenti , ■ / vizj congrui!; [ pel maschio ì Degli organi \ ( ermafrodismo generatori ì e vizj congeniti Di prtpagazione J f per la femmina ? ^ '^ ° ' "^ l sterilità degli organi generatori destinati f ridi' utero a nutrire < il prodotto del concepimento ^ fuori dell' utero Sangue ( Iperemia ? ( Anemia i generale o locale Chilo V Cachemia ( Abbondante Linfa < Diminuita f Alterata Alterazioni del sangue con predominio dei turbamenti di circolazione ._ d' innervazione Infìammazior'- { .... ' ' di nutrizione di secrezione i Con semplici disordini funzionali Febbri \ Con alterazioni precedenti degli umori ' Con alterazioni picccdenli dei solidi Anatomia patologica 10 In ciascuno degli argomenti nel riferito quadro enunciali si propone il N. A., in trattandoli , premet- tere a qualunque alterazione morbosa i sintomi che l'accompagnano nello stato di vita , le cagioni che so- gliono produrla , il corso che da essa si serba , ed infine le seziuni cadaveriche dei diversi suoi stadi. Varie norme aggiugne quindi pel modo di esaminare i sintomi , e di anteporli alla ricerca delle alterazioni organiche. E siccome le potenze esteriori modificano l'organizzazione e ne restano modificate ; di piti , sic- come l'azione loro è analoga alla natura della potenza modificatrice ; così dimostra perchè debbasi tener conto di questa quando vuoisi ben determinare la prima ; e dimostra altresì perchè non possano i vizi delle fun- zioni generali , come quelle di nutrizione , di secre- zione ec, considerarsi indipendentemente dalle cagio- ni perturbatrici che le producono. Diretto il N. A. da tali dottrine , da tali principi , da tali norme , trat- terà nella sua opera di ognuno di tali argomenti per il lato ; 1, della struttura normale delle parti ; 2, de- gli usi fisiologici delle parti ; 3, delle alterazioni mor- bose ; 4, delle cagioni ; 5, delle lesioni anatomiche ; lungi però dal considerarle come entità specifiche o come 1 rappresentanti una malattia , ma sibbene co- me il risultamento dell' insieme del turbamenti fisio- logici ed organici che costituiscono ciascuna forma morbosa. Tali sono le cose discorse dal celebre prof. De Renzi in questo piano di anatomia patologica , il quale per altro non può considerarsi in se stesso più di un semplice piano , non essendo questo l'intiero e pre- ciso esponente delle dottrine dal N. A, abbracciate, raa sibbene la sola dichiarazione del modo con cui egl' intende trattare gli argomenti di anatomia pato- logica coerentemente alle sue Considerazioni sulla or- 2* 20 Scienze gnnizzazione e sulla vita , delle quali si è già tenuto proposilo ili (iiieste carte. Nella dovizia di ben com- mendevoli idee sparse in tal lavoro troviamo vari det- lati originali di merito. Cosi egli è novello certamente il disegno di riunire ciocché siasi fin qui osservato circa ranatouiia patologica , e di valersene per ischia- rire e mettere un ordine nelT informe caos della pa- tologia e della fisiologia generale ; non essendosi fin qui considerala giammai pe' suoi rapporti intimi , necessari con tali scienze , l'analomia patologica. Lo- devole poi troviamo il divisaniento di aver prescelto la classificazione per l'uso dei solidi piultosto , che per la intrinseca loro struttura , la quale ben gravi dif- ficolta presenta come base di una distinzione esatta e filosofica. Plausibilissimo altresì rileviamo il concetto del N. A, , ove ragiona delle forze primitive , dalle quali risulta la nutrizione organica. Mira ivi con per- spicace avvedutezza a compararle a quelle forze , che , costituiscono la sorprendente cristallizzazione dei sali, e che con leggi semplici ed immutabili fan prendere s\ svariate forme alla materia bruta. La nutrizione in- fatti è a senso di lui un atto vitale , il risultamento definitivo di cui è quello di aumetilare il tessuto or- ganico fino al compiuto sviluppamento , e poi soste- nerlo in tale slato. Concepisce egli il modo , con cui si esegue un tal alto come uno svolgimento di rap- porti organico -vitali , die succedono al sangue per- venuto a contatto di quello eh' ei chiama parenchima nutritivo secretore. Ivi il globulo sanguigno (sia per- messo il così dire) subisce una modificazione; in vir- tij della quale per una forza analoga all' attrattiva si appone alla fibra , e la compone ; altra parte di esso si spinge nel circolo venoso insieme con ciò che non è atto a sostenere l'aggregato organico , e svolge in ultimo una specie di esalazione che potrebbe dirsi se- Anatomia patologica. 2i erezione universale e comune a tulle le parti viventi. Ma queste ed altre simili cose , che nel presente la- voro del N. A. hanno l'aspetto di semplice e pura di- chiarazione , vedranno nell' opera sua illustrate e dilu- cidate in tutta la piena estensione- Mentre pertanto ci congratuliamo col dotto A., non cessiamo anche di pub- Llicamente eccitarlo al compimento dell' opera che ci promette. ToNELLI. Nuova conferma dei vantaggiosi risultati ottenuti colla creosota nella cura di un ostinata pneumonorra- gia. lettera del dottor angelo Santini membro di diverse accademie , socio corrispondente della so- ' cietà delle scienze fìsiche e chimiche ed arti in- dustriose di Parigi^ e medico condotto di Senigal- lia , al chiarissimo sig. dottore Pietro Carpi medico di collegio e pubblico professore di mineralogia neir università romana- CHIARISSIMO SIG. PROFESSORE ; eccitamento della signoria vostra chiarissima ten- dente unicamente a giovare alla malsana umanità col rendere di pubblico dritto quelle storie di morbose af- fezioni, le quali degne riconosconsi di essere impresse per servire di guida agii esercenti , e per recar vantag- gio ai nostri simili : dopo l' ultima di lei rispetta- bilissima lettera in data del I7 prossimo passalo apri- le , nella quale m' invita a rimetterle osservazioni mediche di qualche importanza , onde inserirle nel- l'arcadico giornale; mi di coraggio d'inviare alla slessa 22 • Scienze S. V. chiaiissima una seconda stoiia eli emoftisi più volle recidiva , ostinata ed invincibile , trattata da me con felice successo non ha guari : la quale storia prego voglia aggradire , e quindi riconosciuta meritevole di essere pubblicata , darne un cenno nel suo applaudi- tissioio giornale. L'altra mia storia intorno ad una gravissima tante volte recidiva ed infrenabile emofloe , respinta vit- toriosamente colla creosota , ed esposta nei volumi ■186-87 del nominato giornale , avendo impegnato di- versi giornalisti a ripeterla ed accennarla , mi ha imposto il dovere di proseguire lo sperimento ad og- getto di rassicurarmi dell' efficacia del detto rimedio , per quindi poi manifestarlo , senza indugio , ai miei colleghi , perchè eglino conseguiscano ancora quel m.e- desimo profitto , che io stesso ne ho ritratto. Avendo pertanto il nominato Domenico Candolfi continuato l'uso , benché ristretto , della creosota , ha ottenuto per felice risultato di liberarsi non solo dalla menzionata emoftoe , ma dalla caparba ed annosa tosse , che al distruggimento del viscere tendea , e che di più cou gli altri mezzi dell' arte , anche i più va- lidi , inutilmente si tentò di debellare. Egli adunque gode tuttora sanila prospera , ed ha scampato eziandio da quel secondo grado di tisichezza , di cui era mi' nacciato. In vista di luttociò , accordando a questa so- stanza molte utili proprietà , ho creduto bene esorlare siffatto rimedio ad altri medici provinciali , perchè non Io lasciassero intentato , affine di vedere se utile riuscir potesse contro una malattia funesta , frequen- te , e per lo più incurabile. Difatti sono stato spesso obbligalo di fare delle spedizioni di detto farmaco , pro- curato loro da Bologna , ed acquistato dai nostri far- macisti : ed ho sentito con vero piacere che i sud- detti professori si sono trovati assai soddisfatti e pa- Della Creosotì. 2* ehi del novello rimedio. Altronde non cos'i potrei as- serire di alcuni altri , i quali hanno voluto , forse per la troppa fiducia e desiderio dì giovare altrui , azzardare i loro esperimenti colla detta creosota intem- pestivamente , vale a dire nella tisi confermata non solo , ma di più nei malati eziandio giunti al terzo grado , con diarrea profusìssima , ripetute lipotomie , e con sputi decisamente purulenti. In tal' epoca non solo la "creosota riuscirà assolutamente inutile, ma qualun- que altro farmaco conosciuto. Questo si chiama un volere esigere troppo dai novelli rimedi , e credo io di soverchio cimentarli per trarne poi verun risultato van- taggioso , o per dir meglio un fatale discredito dei medesimi. Io parlai delia sola emoftoe con incipien- te e minacciante secondo grado di tisichezza , e non già assoluta tisi confermata. In quella io porto lu- singa, che apprestata a tempo riuscirà profìcua : vale a dire, allorquando un individuo fu attaccato da pneu- monorragia attiva anche con rottura di qualche vaso gran- de , fatte le debite sanguigne generali e locali , ah - Lassato reccitaniento soverchiamente accresciuto ; as- tretto l'infermo a dieta severa; praticato con tutto rigore il metodo antiflogistico ; esauriti i mezzi del- l'arte , non esclusi gli astringenti i più efllcaci ec. , e malgrado di tutto ciò l'emorragia e la tosse persistono ed imperversano, la creosota senza meno vi produrrà effetti portentosi ed inaspettati; non mai per altro nella tisichezza confermata. Vengo pertanto con ciò a concludere, che seb- bene la ridetta sostanza sia stata rinvenuta utile nella tisi anche di secondo grado da altri eccellenti medi- ci , rispettando sempre le loro singolari osservazioni , io non ho avuto in animo nel mio discorso dichia- rarla tale , ed in conseguenza antietica per ora , ma ho voluto far conoscere a' giovani medici che la é4 S e l E N Z R creosola salvò quell' infelice finanziere Domenico Cau- dolfi , clic in mezzo a tanti sgorghi sanguigni ecces- sivi ed infrenabili , seguiti quindi da tisi incipien- te , era prossimo a morire. Altronde non posso non sentire quella lusinga che non sanno certo inspirarmi le mie ben poche osservazioni : ma però affidalo alle altrui molte ricerche , non voglio escludere , che non possa un di acquistare la scienza nostra questo sin- golare ajuto , somministrata cioè agi' inferrai in date epoche, e riunita ad altri farmachi. Fa duopo intanto di non arrestarsi nei primi infausti risultati , ma con- tinuare gli sperimenti con perseveranza ed esattezza , e , quel che e più , sagacita nello scegliere casi op- portuni nel saggiarla : e dopo molti fatti , sarà cia- scuno autorizzalo a decidere , se debba determinarsi per il proseguimento delle sue cliniche osservazioni, o per r abbandono dì tal terapeutico mezzo. La no- slr arte ogni giorno più acquista e scuopre nuovi aju- ti , e fra quesiti non potremo noi attendere felice even- to, clic ascritta sia la creosola qual valido soccorso anche per la tisichezza ? E quand' anche io sia por- tato a crt'dere , che sola forse non essendo mai suf- ficiente a giungere a completamente debellarla , sia esse introdotta per le vie alimentarie , ovvero portata a contatto delle ulceri tubercolose per la strada della respirazione, racchiudendo V infermo in ristretto ara- lìiente , tenendo delle strisce di carta sugante inzup- pate nella delta creosola, passando da quelle al mento la distanza di circa un mezzo piede , per cui questa sostanza, essendo volatile alquanto, le di lei parti- celle si uniscono a quelle dell' aria , e per la pros- simità di essa alla bocca , è ragione manifesta , che l'aria ispirata in quel punto dovrà contenere mag- gior quantità di particelle di quella di altro punto della camera stessa : avvertendo però , che nell' ose- Della Creosota 25 gulre tal pratica l' ispirazione di detta sostanza può qualche volta prodarre stupore nelle funzioni mentali, e torpore nei movimenti muscolari , segnatamente nei tisici pervenuti al terzo grado ; ond' è che fa d'uo- po , che nel praticare la detta sostanza il clinico sia circospetto e prudente negli sperimenti , di arrestarsi cioè e provvedere agli avvertiti momentanei incon- venienti. Usata d'altronde internamente , può avvenire che i malati difficilmente tollerino una maggior dose di due goccie, ripetute quattro ed anche cinque volte in 24 ore. Piij: portando la medesima bruciore , irrita- zione o titillamento -alle fauci e gola , gioverà far prendere all' infermo un' abbondante cucchiajata di mu- cillagine di gomma arabica collo sciroppo di allea del Fernelio, affine di ammollire, di spalmare quelle parti per le quali deve passare questo rimedio. Non- dimeno trovo molta difficolta nella remozione di si crudele ed invincibile nemico : e sento nell'animo mio un maggior duolo per non potere ancora far presente alcun fatto concludente , il quale mi dia coraggio ad annunciare ai miei colleghi , che fondatamente sperar si possa , dietro ripetute esperienze , ad ammettere nella creosota l'alta proprietà di ristabilire i tisici di secon- do grado non solo , ma quelli di terzo eziandio. Pure malgrado di lauta difficolta parmi di travedere in mezzo a SI densa nube un raggio di luce tenuissimo , il quale conduce a sperare , che alla perfine , dopo replicali esperimenti , coli' ajuto di qualche altra sostanza me- dicamentosa si possa col detto farmaco , se non inte- ramente rimuovere la tisi confermata , almeno arrestare i di lei progressi e migliorare talmente la condizione degl' infermi , che viver possano fra noi lungamente , e scevri da quella tormentosa e pesante esistenza , che sono obbligati disgraziatamente di sostenere oggi questi infelici colpiti dalla suddetta fatale affezione. 26 Sciente Suir infinito numero de' rimedj inutilmente appre- stati fin qui ( V. Plouquet, Letteratura medica digesta , art. Pbthisis ) io mi farò a ripetere col celebre profes- sor Laennec , che non si può restare dal predicare in- curabile una malattia , quando si vedono tentare a vi- cenda contro ad essa quasi tutte le sostanze medica- mentose che si conoscono ; adoperare rimedi piìi dis- simili , medicature diametralmente opposte : proporre ogni giorno rimedi nuovi , e dissotterrare antiche pre- scrizioni dalla meritata oblivione in cui giacevano da mollo tempo , dopo che ne furono fatti elogi immeri- tati : talché non rimase costante la presciizione di verun rimedio ad eccezione dei palliativi , e di quelli che si possono direttanionte ojijiorre ad un sintoraa. Furono preconizzali a vicenda gli acidi e gli al- cali , la dieta severa e gli alimenti animali succu- lenti, l'aria asciutta e l' aria umida, 1' aria pura e l'aria impregnata di vapori fetidi , l'ossigene , l'idro- gene e l'acido carbonico , gli esercizi e il riposo , gli i^mraoUienti ed i tonici , il freddo ed il caldo , gli anodini paregorici ed altri , e gli stimolanti noi? solo, come gli aromatici e gli antiscorbutici , ma anco le pre- parazioni pili irritanti di mercurio , il solfato di rame, l'orpimento , l'arsenico ec. ec. Poste le quali cose non posso dispensarmi dal far riflettere , che nessuno dei sopra segnati ed altri rime- di vantar può risultati tali , da fare sperare successi prosperosi e costanti come la creosota : ed è perciò che sempre più sono portato a credere che la medesima ci procurerà guarigioni portentose. Si sa per anco , eh' è stata rinvenuta utilissima da moltissimi rispetta- Lili professori germanici , francesi ed italiani , ed ul- timamente dal chiaiissimo prof. Corneliani principal- mente nel diabete mellito , nella pohdipsia , nei ca- tarri cronici^ nelle tisi ed emoftisi , ucWe diarree ^ Della Cueosota 27 pelle steniche palpitazioni di cuore , avgiosfenie , e nel tetano. Il fatto, che io presento alla S. V. chiarissima , confermerà intanto 1' utile e singoiar concetlo della tanto vantata creosota , la quale ha pienamente rista- bilito l'infermo di cui vado a tessere la storia. Giuseppe Biondi nativo di Ravenna , dell'età di anni 57 , di temperamento sanguigno , sensibilissimo , dotato di corpo sottile, gracile, di collo piuttosto lungo, e di torace quasi piano , spalle alate, voce fioca , dimorava non ha guari in Senigallia , privo del di lui genitore , morto di reuma cronico al pet- to. Aveva il medesimo passata 1' eia sua fino al cin- quantesimo anno in mezzo ad una sanità saldissima a fronte di molte fatiche e stenti ec. ; ma in fine , so- praffatto da reumatismo , venne dal suo medico respinto cogli ordinari mezzi dell' arte. Successivamente aggre- dito da reuma al petto , corteggiato dai sintomi se- guenti , cioè tosse , febbre , durezza de* polsi , diffi- colta di respiro e di decombere al lato sinistro, ed ec- cessivo sviluppo di calorico , ambasce ec. , essendo stato trattato co' salassi generali ripetuti , col me- todo deprimente , colla dieta , bevande temperanti , coi vescicanti, col kermes ec. : migliorò infinitamente il suo stato , che si credette del lutto ristabilito , me- no un reliquato di tosse costante , la quale venne dal medesimo negletta. Quindi esposto a nuove cagioni , la tosse sempre piiì acquistò aumento : ed egli disprez- zando ancora siffatti incomodi , finalmente restituito in questa citta , e dietro alcuni sforzi e non indif- rente riscaldamento , venne tosto aggredito da feb' bre e da sputo sanguigno. Atterrito da questo nuovo sintoraa , si allettò nell' istante e non tardò a far ri- cerca del medico : ed avendo il di lui socio me rin- venuto , io non esitai un istante ad accorrere. Giun- 28 S e 1 K N Z K to ad esso , lo ritrovai sopraffatto dal timore , ed as- sai spaventato , con escreato di sangue roseo , splen- dente e spumoso , accompagnato dalla solita tosse , la quale rinnovavasi di tanto in tanto ed anche con più veemenza , che procuravagli maggior perdita sanguigna. Accusava pur anco un sentimento di ansietà , di bol- licamento , di calore al petto , e princij)almente allo sterno , polsi febbrili e duri , rossore ai pomelli delle gote: l'espettorazione di sangue rutilante e spumoso si sospendeva , e ritornava ad intervalli strabocchevol- mente. Il treno dei suddetti sìntomi che accompagnava lo sputo sanguigno , il di lui temperamento , la du- rezza de' polsi , le cause che precedettero questa emor- ragia e più l'abuso di vino e di liquori , che egli an- dava facendo , mi determinarono a crederla iperste- nìca : e difatti non trascurai punto di far immanti- nente istituire un largo salasso dal bravo chirurgo A. Mengucci , e lo feci ripetere più volte , durante la tosse , il calore , l'affanno , la febbre: e più perchè il sangue estratto si rinvenne col coagulo , e fungoso, molto crassaraento e poco siero. Quindi raccomandai il silenzio continuo e luogo oscuro , la dieta severa , ac- cordando solo un lungo pangrattato mattina e sera , semata ed acqua di camera per bevanda ordinaria , utilissima sempre da me rinvenuta , diminuendo una gran porzione di stimoli , e questa molto più , venendo avvalorata cogli acidi o minerali : e venne la mede- sima somministrata interpolatamente ad una soluzione di sopratartrato di potassa congiunto al nitro. Di poi epicraticamente feci dare al medesimo la soluzione stab- biata ,^ la tisana d'orzo , e s' insti tui l'applicazione delle sanguisughe al torace. In seguito la tintura acquosa di digitale purpurea , data all' infermo a cucchiajo d'ora in ora. Dopo siffatto metodo di cura, essendosi diminuita sensibilmente cosi la perdita sanguigna , come la tosse, Della CaKosoTA 29 l'ansietà, il dolore al petto , e la durezza al polso ; ciò non pertanto si continuò 1' uso dei suddetti riraedj, e specialroente della tintura di digitale unita allo sci- , roppo delle cinque radici aperitive ed a poc' acqua coobata di lauro-ceraso. Ma frattanto si accordò una maggior copia di pappa , e si restrinse la presa dei medicamenti , lasciando alla natura il resto della gua- rigione per qualche giorno. Restammo però entrambi delusi , giaccliè la tosse pertinacemente progrediva , e dopo brevissima tregua la stessa piieuraonorragia con maggior impeto in campo ritornò , accompagnata da- gli stessi sintomi della prima invasione : motivo per cui fu d' uopo attaccarla nuovamente con salassi , colla digitale , onde ritardare la circolazione , con blandi evacuanti , colle bevande fredde nitrate ad og- getto di temperare il calore , e di diminuire l'azione delle parli , e quindi col tartaro emetico a dosi ri- strettissime: dalle quali cose si ottennero risultali pa- rimente vantaggiosi , da cui si sperava un esito pro- speroso e costante . A fronte però di sì belle spe- ranze , quand' anche l' infermo avesse osservata rigo- rosa esattezza nell' esecuzione del metodo curativo e dietetico , pure improvvisamente mio malgrado sono dovuto accorrere per assisterlo , essendo sopraggiunto un nuovo accesso di cruènto profluvio , e sono stato poi obbligato ripetere lo stesso metodo curativo. In seguito, veggendo che tale trattamento non portava du- revole vantaggio , mi appligliai all' uso sul prin- cipio di leggieri astringenti ; quindi ai più forti ed energici , quali furono il decotto di salep , l'allume di rocca tanto usto quanto semplice, e questo riunito ancora alla gomma arabica , perchè l'azione torpente riuscisse più efficace : inoltre avendo praticato inu- tilmente l'allume , passai all' uso dell' estratto di ra- tania , e successivaracute all' acido solforico allungato 30 S e I E N Z R coir ac([ua , e (juosl' ultima , prima fredda , poi più fredda e quindi freddissima , aggiungendo a qtiesli rapplicaAÌone di uu vescicante come derivativo. Ciò non ostante ad onta di tanti rimedi , del metodo di vita rigorossirao , non essendosi accordato all' infermo per tema dì una nuova recidiva , che soli vegetabili e poco latte, il di lui miglioramento fu sempre preca- rio, e l'emorragia si ripeteva ora abbondante ed ora scarsa, ogni tre, cinque, otto giorni. La tosse però era quasi sempre costante , ed i suoi sputi fermamente sul principio muccosi, e strati di sangue ora pallido , ed ora vermiglio ; di poi comparvero sospetti e meno tinti. Ma il dolore alle due ultime costole spurie, al Iato sinistro verso lo ster^io , si rese piti forte e coa- tinuo ; si manifestò una marcata oppressione ai pre- cordi , febbre vespertina , respirazione assai frequente e difficoltosa , molta tendenza di corpo all' eraacia- zione nei primordi della sua malattia , poi assoluta- mente emaciato: più, una singolarissima malinconia, mollo pallore in viso , borgorigmi , sospiri profondi e de- bolezza squisita ec. , rao'ivò per cui andavo di lui for- mando un tristissimo presagio , avvegnaché non si fosse ulteriormente rinnovala l'emorragia. Ma questa dal 25 settembre sino alla meta di febbraro non cedette mai intieramente , ed accordò soltanto poche tregue lusin- ghiere. Finalmente essendosi di bel nuovo riprodotta la suddetta emoftisi anche abbondante , ed osservalo ripetute volte che P eraorraggia non obbediva a tanti attivi farmachi, ed intanto accortomi che l'infermo sarebbe andato a perdersi irreparabilmente prestissi- mo sotto un nuovo accesso, o per lo meno stracinato ad una indosnabile lisi : in siffatto caso disperato , sot- toposi il suddetto Biondi all'uso della creosota , che io stesso gli procurai da Bologna , e quindi vennegli aommiaislrala dagli ottimi farmacisti signori Ardizzoni Dklla. Crkosota 31 e Bedinì, usando la stessa formola dell' altra mia me- moriuzza, cioè R. Mucillag. Gumra. arabic. Jiij. creosot. gt. V. syrop. de alili, fern. J], ms., ovvero lo sciroppo della farmacopea di Londra. Della qual misura feci prendere al suddetto malato dapprima un cuccliiajo ogni due ore. Dopo il primo cucchiajo , asserì l'in- fermo aver sentito una sensazione estuante lungo il tubo alimenlare , e questa portarsi al petto, e segna- tamente al luogo afletto. Dopo il secondo, accrescersi: e quindi subentrò una certa calma , maggiore svi- luppo di calore , non che dopo la presa di alcune al- tre cucchiajate , celerità al polso , e poscia non tardò la dirairmizione dell' orgasmo , del dolore al petto , e del cruento profluvio. Consumata pertanto la prima dose della suddetta formola , nel farla ripetere , alle 5 goccie di creosota se ne aggiunse un' altra , e cosi in ogni ripetizione fino agli 8. Frattanto all' infermo libera si fece la respirazióne , cessò la raucedine che tanto lo molestava : i polsi si rialzarono. Egli riac- quistò un poco di coraggio e di appetito : gli si ac- cordò del brodo e poi del latte , ed in brevissimo tem- po ne riportò tanto vantaggio, che rapidamente correa verso la guarigione. Intanto coraggiosamente se ne continuò l'uso, venendo senza molestia alcuna tolle- rato dal malato , e sempre più maggior profitto ne ritrasse , mentre dopo pochi giorni ebbe forza ba- stante per alzarsi e stare in piedi un' ora. L'appetito non indugiò ad appressarsi, e venne ad esso accordato un vitto nutritivo : più , riacquistò egli il perdu- to sonno e decombeva tranquillamente da ambi i lati , come tuttora liberamente giace in letto. Atteso il marcato e costante miglioramento ottenuto , egli si fece ilare, la tosse si fece rara , e mai più non si videro gli Sputì sanguigni ec. A me sembra che il medesimo abbia avuto bastante ventura nelP avere scampato in 32 Scienze meno di dieci giorni la morte , elio a senso mio gran- demente lo minacciava. Dopo poche settimane, colla continuazione del detto farmaco , ha ottenuto il pieno suo ristabilimento fino dal prossimo passato maggio : ed essendo jer l'altro tornato da me, venni dallo stesso assicurato di sentirsi benissimo fin qui, di non aver fatto estrarre piii sangue , di avere però consumate circa tre dramme di creosota, e di averne già abbandonato l'uso da qualche mese perchè ristabilito anche della ostinala tosse. Lo vidi di bel colore ed anche un poco impin- guato, e può senza incomodo disimpegnare le ordi- narie sue occupaziooi , eseguendosi ogni sua funzione regolarmente. Una tale guarigiaue da che potrà ripe- tersi , se non dalla erosola ? Questo è il quadro della malattia , che mi e sem- brato indubitatamente trattare di una fortissima emof- tisi , giunta quasi all' apice, o per dir meglio pros- sima a segnare l'esito fatale pur troppo da rae e da lui bastantemente temuto. Porto lusinga coli' invio della presente mia rae- raorietta di avere in parte la di lei brama appagata , essendo la medesima storia , a mio credere, di qualche importanza, purché tale sembri alla sagacila della sua mente. Glie la umilio intanto : e nell' atto che mi pre- gio , chiarissimo sig. professore , dichiarare a lei un so- lenne attestato dell'altissima stima , che le professo, ed un contrasegno di mia vera gratitudine; passo all'onore di umilmente e devotamente protestarmi ec. Senigallia 15 settembre 1835. Samtini 33 Dell' antrace o carboncello sporadico^ memoria letta air accademia degli ardenti di Viterbo il dì 30 giu- gno 1835^a/ dott. Giuseppe Cidtti medico primario condotto in Montejiascone e socio corrispondente. JMon è mio dìvisamento tìi trattare dell'antrace pe- stilenziale o sintomatico , ma solo del cosi detto spo- radico o primitivo , che frequentemente in alcune re- gioni , contrade ed epoche suole manifestarsi, soprat- tutto negli individui addetti alla coltivazione delle cam- pagne, ed alla custodia degli armenti. Tal suggello, che oggi mi chiama ad intertenermi in questa cele- bre e dottissima società letteraria ( che, malgrado della mia tenuità , l'alto onore mi comparti di appartener- le) , non solo è superiore alle mie scarse cognizioni, ma estraneo , benché affine , alla medica mia profes- sione : „ Argomento al nocchièr son le procelle ; ,, I bovi all' aralor ; le sue ferite „ Conta il guerrier , conta il pastor le agnelle. „ Esporrò nondimeno alcune qualunque sieno riflessioni ed idee air uopo , se non totalmente nuove, almeno non generalmente abbracciale ; dirette però a mitiga- re la rincrescevole tema, e raccapricciante prevenzione del carboncello ; non che a seraplicizzarne il tratta- mento curativo. „ Scribimus haec animo dociles, studìoquc juvandi. „ G.A.T.LXV. 3 34 S e t E N '/ E Idtte generali. La descrizione del carbonccllo non b consenta- nea fra gli antichi scrittori , i quali confusamente trat- tarono del benigno , maligno , pestilenziale o sintoma- tico ; e molto meno- fu distinto fra la raoltiplice va- rietà di pustole e flemmoni cancrenosi di maggiore o minore rilievo. Indicò Galeno i caratteri principali. Gelso e Pao- lo Egiueta ne diedero piti esatta descrizione. Plinio parla di certa indole solo referibile al pestilenziale. Dioscorlde , Oribasio, Aezio , Avicenna, Paracelso portarono presso a poco eguali opinioni. Ambrogio Pareo ne trasmise una eccellente e più delle altre esat- ta descrizione. Antonio Tossi distingue assai bene il maligno antrace dal pestilenziale, Bayle nella sua tesi fra i recenti divide le varietà dei carboncelli , e bea le distingue da tante pustole epidemicbe-carbonchlose. Ferminelli nel 1820 osservò in Terni, e lodevolmente trattò dell' antrace sen'.plicemente sporadico. Da tanti autorevoli scrittori , mille altri tacen- done non meno rispettabili , volendo dedurre una equa definiziotie del carhon cello sporadico , ed associandovi le proprie osserva?joai , dirò che : Dep.nv.ione Il carboncello o antrace dei greci , pruna o fuo- co di Persia , il quale presso noi suole apparire nella stagione estiva ed autunnale , è una pustola non ri- levata, od un'escara nigricante, rosso-livida, circon- data da rubor resipelaceo ; mediocremente profonda ; con durezza , che si conserva per tutta la sua esten- zione fino al momento in cui la mortificazione inco- Dell' antp^vce ec. Hj mincia ad impadronirsi del tessuto cellulare; laIv'ol!a quasi indolente ; con vessicole nel contorno , conte- nenti una linfa acre , sanguinolenta; con forellino ab- bastanza visibile nel centro ; della circonferenza di tre ad otto e più linee ; d'indole depascente , che in bre- ve spazio mortifica e distrugge notabile porzione dei tegumenti e di sostanza adiposa e cellulare : e clu; a se sfessa abbandonata, si associa a dei sintomi can- crenósi e letali , giusta i diversi gradi di sua malignità. Dal colore nigrlcante e somiglievole a sostanza usta e carbonizzata, con cui la pustola si manifest;i, sembra che abbia ricevuto presso di noi la deno- minazione di carboncello : sporadico quindi , perchè indipendente da altro morbo epidemico , pestifero e contagioso. Questo apparisce costantemente con incomoda sen- sazione subitanea e pungi mento urente , vivo , fugace. Quindi si forma ad un tratto il tumore cancrenoso suddescritto. L'indizio perciò, o criterio infallibile del- la gravezza dell' antrace , sta in ragione diretta def- l'incremento flogistico, ossia della rapidità, con cui sviluppa la successiva tumefazione flogistica , dopo la comparsa della pustola; tantoché il micidiale suole produrre in pochi momenti e visibilmente la più istan- tanea ed incredibile enfiagione flemmonosa nella cir- conferenza di sei a dodici pollici almeno. La febbre, che ordinariamente non mostrasi sensibile nei casi me- no gravi o prontamente combattuti , acquista in tale emergenza un' esplosione o violenza corrispondente al secondario sviluppo flemmonoso delle parti vicine ed adiacenti , cui prontamente va ad associarsi un treno formidabile di fenomeni gravi e micidiali. 3* 3G S e I K N Z E Cause supposte. Fu generale ojDÌnione di quasi tutti gli osserva- tori teste menzionati , e di altri moltissimi, che l'uso di cibi malsani e di carni putrefatte ( Monteggia): che il contatto di animali corrotti , le cui mate- rie irritanti assorbite dai vasi linfatici sviluppano la loro azione nel tessuto reticolare (Richter) : che gli effluv] paludosi, siccome asserisce Fournier , e la vi- cinanza di acque stagnanti ; che i cocenti raggi del sole , e le eccessive fatiche (Morand) ; siano le cause ordinarie del carboncello. Quindi gli agricoltori e mie- titori (Dizionario chirurgico di Parigi) : i pastori, con- ciatori di pelli , macellai (Marjolin) ; scardassieri di materassi (Levi, Diz. classico italiano) , sono i piià sotto- posti all'azione deleteria dell' antrace sporadico. Le mie osservazioni , se mal non mi appongo , trovansi alquanto discordi sulla causa produttrice del carboncello ; e per quanto mi sappia, in Bertrandi ri- levo un' idea che in parte coincide col mio opinare. Asserisce Bertrandi, che il morso delle mosche , o ta- fani , i quali siano stati poco prima a succhiare i ca- daveri di animali putrefatti , pungendo l'uomo , vi producano delle pustole flemmonose ; e che due con- tadini (notisi bene) morirono con carboncelli alla fac- cia, per essere stali morsicchiati da' tafani in una pu- trida epizoozia nel 1780. Tom. l", paragrafo centesimo ottantesimo primo. Enaux e Ciiaussier si avvicinano a tale opinione nel loro metodo di trattare i morsi degli animali. Anche negli elementi di chirurgia del eh. sig. prof. Giovanni Selli , illustre preside di questa orre- volissima accademia, paragrafo trecentesimo decimo ter- zo , si nota la seguente asserzione. ,, Credono alcuni Dell' antrace f.c. 3? che il carboncello proceda dalla commestione di carni di animali infetti : avviene più spesso per la puntura d'insetti , che succhiarono recentemeute carni fradicc. ,, Ignaro affatto nel 1818 delle opere di questi in- signi professori , „....;,* neque ego illis detrahere ausira „ Haerentem capiti multa cura laude coronam ... „ mi trovava nell' agosto medico condotto in Civitella d'Agliano , soggetta a questa apostolica delegazione; allorché ebbi occasione di osservare il carboncello , fino allora a me ignoto in tutti i rapporti e carat- teri , e per mancanza di chirurgo mi fu forza trat- tarlo. Il ferro ed il fuoco, convehienti secondo le ge- nerali vedute , non avevano nelle mie mani imperite alcun valore , che vieppiù si annichiliva per il ri- brezzo che ne sentivo. L'espressione che il villico paziente usò nel ri- ferirmi il primo sviluppo , cioè di aver percepito una puntura acutissima nella regione zigomatica corrispon- dente, cui prontamente tenne dietro il treno impo- nente suddescritto , mi indicò il sospetto di puntura di un insetto* velenoso : tantopiù die il sog-gelto, di sanissima e vegeta costituzione , escludeva ogni de- pravamento umorale od una provenienza da putrido disfacimento. Vagheggiando tale ipotesi , mi proposi di esami- narne le circostanze e l'indole , onde rinvenir potessi un rimedio da sostituirsi al fuoco ed al ferro , ciie la mia pusillanimità mi negò di apprestare. Un an- tidoto al veleno introdotto , od una sostanza atta a distruggere l'insetto , risultar doveva da tale ricerca ; e tale fu il rimedio topicamente applicato. Il felice risultamento mi confermò nella concepita speranza, ed 38 S e I E N :£ £ ili seguito ebbi la compiacenza di rimarcare infalli- bile il metodo intrapreso in moltissimi casi. Causa. L'antrace adunque o carboncello sporadico, a mio credere , vien prodotto nell' uomo , e forse anche nei bruti , da una puntura di un insetto alato o perfetto, sia per deporvi le uova , sia per isfogare la sua fe- rocia , sia per procurarsi alimenti ; introducendo nella piccola ferita o morso una certa quantità di umore acre e velenoso ; od il pung^iglione che ne fu Tistro- mento perforante , od i germi per la nuova riprodu- zione. Irritato così l'umano dermoideo sistema , e re- ticolare dalla stimolante e corrosiva azione di un tal veleno , o dal corpo estraneo ivi introdotto ; per rea- zione della potenza nervosa , tendente a repellere la patologica deleteria sostanza , va soggetto a tutte le leggi di locale infiammazione , non disgiunta dalla co- si detta febbre traumatica ; la quale infiammazione per la violenza e rapidità decompone , annerisce , ammor- tizza i corrispondenti tessuti , e con putrescenza dif- fusibile alle parti adiacenti , ne risulta la cancrena e la morte. Divisione. Non sempre trovansi riuniti in uno tutti i feno- meni suddescritti , per cui venne in tutti i tempi di- viso o distinto il carboncello in benigno e maligno, ossia in mite e grave. Tale distinzione però , benché certa e costatata dai fatti, sembra superflua ; e conven- go con Cooper (Diaionario di chirurgia) , che dessa non è fondata , che sulla violenza maggiore o mi- nore eoa cui la malattia si presenta. Dell' antrace i;c. 39 E' quindi mio supposto , che essa acquista mi- nore o maggior forza , o prontezza di sviluppo , non dalla diversità del veleno , o da differente ìasetto , bensì dalla copia dell' acre umore introdotto , o dal- l'attività più o meno squisita di esso : ciò che va ad eseguirsi dall' insetto , secondo la maggiore o minore comodità e favorevole circostanza. Se , ad esempio , il paziente è immerso in profondo sonno , non sarà al caso di fugare col moto automatico l'insetto nemico, a differenza deli' altro , che essendo desto alla prima sensazione dolorosa prontamente lo uccide e lo discac- cia. Trattasi inoltre tanto l'uno quanto l'altro morboso risultato col metodo medesimo : di piti. Il benigno vie- ne ad acquistare il carattere grave se trascuralo : puos- si perciò agevolmente comprendere in una classe me- desima tanto il benigno quanto il grave. Nondimeno nel trattamento curativo se ne farà una qualche distin- zione e peculiare rilievo. Vediamo ora quali ragioni possano militare in* sostegno del mio assunto , rapporto alla causa pro- duttrice di sopra esposta. Ragioni in sostegno della causa. Se il carboncello fosse prodotto da causa gene- rale , comune , endemica , contagiosa , si osserverebbe presso una data quantità d'individui di una medesima popolazione. Gli abitanti però di città, che giammai non conversino rielle campagne e boschi , sono general- mente preservati dal carboncello, mentre pochi passi lontano dalla medesima città fra i villici egli è fre- quentissimo» Presso le città principali è quasi ignoto il nome di carboncello, ed i chirurghi non addetti ad ospitali, o\'c concorrono carapagnuoU e simili, non lo conosco- UQ < Scienze no che teoricamente , quantunque degli insetti voleinti potrebbero talvolta introdursi anche nelle citta, spe- cialmente in quelle fornite di giardini , ville , verzu- re ce, da cui forse potrà ripetersi qualche rarissimo caso che vi succedesse. La giornaliera esperienza ne fa prova , nonché le autorità dei trattatisti , i quali unaniinefueute convengono, che nei pastori, villici, cacciatori , ed abitanti in prossimità dei boschi riscon- trasi tal morbo , ed escludono perciò gli abitanti in genere delle citta. L'uso dei cibi malsani potrebbe indurre gastro- dinìe , putrescenze , febbri adinamiche , corruttele ; ma queste non risulterebbero che generali, e giammai po- trebbero concentrarsi in una pustola esterna, ed esplo- dere a guisa di fulmine. Se l'uso delle carni imputridite ne fosse la cau- sa, oh quanti abitanti nelle citta , più miserabili dei contadini, più sozzi e più carichi di vizi, non ne an- derebbero soggetti ! Ci verrebbe quindi fatto osser- varli neir inverno , in cui sogliono essere più sensi- bili le indigenze, anziché nella stagione estiva ed autunnale le più abbondanti di erbaggi, di frutta e de' più sani alimenti. Perchè appuntò il carboncello non manifestasi nel- l'inverno e primavera, nel decorso aprile indarno feci ricerca di un antrace negli ospitali di Roma , ed al- trove fino al presente giorno , onde sottoporre alle ispe- zioni microscopiche l'escara o virus, che ne geme ; lo che non poco avrebbe dilucidalo il mio assunto. Perciiè l'antrace giammai non ebbe il suo principio o sviluppo nelle ore notturne , ma sempre summa die ? Per me in più di cento casi giammai non ho potuto ri- levare , che la vera prima comparsa della pustola siasi manifestata nel decorso notturno. Se tacciono o sono inoperosi nella notte la maggior parte degli inselli ; Dell' aktrace kc. 4 1 ?wn quiescimt le poteuze nocive di uoa generale di- scras'ia. Piiflettasi poi, che a corauti sentimento, e per co- stantissima ed inconcussa osservazione, il carboncelio sempre predilige fissarsi nelle membra esposte all' aria e denudate, come ad esempio nella faccia, nel collo, nelle mani , nelle orecchie , nelle palpebre , e giam- mai nelle occulte o ricoperte in modo sufficiente da non permettere l'adito ad alcun insetto volante ; e du- bitiamoae ancora se fia possibile. Che se talvolta il dorso o l'addome ne restasse affetto , è facile a per- cepirsi , .che il villano stanco e quasi nudo per l'ec- cessivo calore , si sdraia sulle erbette , e dorme all' ombra di un frondoso cespuglio , b „ sub tegraine fagi. „ Ed infatti qual ragione proporremmo in favore di chi opinasse che l'antrace sviluppi da causa generale e pu- trescente , se ponderiamo che la pustola in discorso si presenta nelle orbite e palpebre , e giammai nel bul- bo : nelle orecchie e nella fronte, e giammai nella parte capillata della testa ? Ma come una discrasìa , un vi- zio generale, una putrescenza prodotta da corrotti ali- menti può mai concentrare la sua deleteria possanza in una palpebre, e non mai in un viscere che imme- diatamente sia a contatto o soggetto da vicino all'in- flusso di un tal depravamento ? Altrettanto può dirsi dell' altra causa supposta nel calore atmosferico. I raggi troppo cocenti apporte- ranno (e tutti ne dovran convenire) un' encefalitide , un' angioitide , un' angina , una perniciosa , e via di- scorrendo ; ma come concentrarsi il calore eccessivo, che invade l'uomo, per esempio, in una pustola a ridosso di un' orecchia .'' /i'2 Scienze Per me sarebbe uà fenomeno di difficil prov^a , che per le accennate differenti cause interne e gene- rali abbia a manifestarsi un risultato esterno sempre d' indole eguale , di forma e dì carattere identico , in- somma sui generis ! Che i conciatori di pelli , beccai e scardassieri di lane ne vadan soggetti , dilucida , se non erro , este- amente la questione. Appunto nei cuoi , nelle lane , hanno gì' insetti il ricovero , il nido , la sede favore- vole , ove depositano i germi , ed ove si effettua in gran parte la mirabile loro riproduzione. Reaumur , Roesel , e mille scrittori di entomologia me lo atte- stano. L' estro dei cavalli ben noto : Tassillo dei bovi , di cui è superfluo intertenersi : 1' estro delle volpi, osservato fra pelle e pelle , come piccoli vermi , che sviluppano fino a crisalidi in una specie di tafani od estri minori e boscherecci ( Vallisnieri, Dial, primo), sono tutti insetti che tendono nelle lane e cuoi appunto per la succennata riproduzione. Anche nei monodattili mostrasi l'antrace della gros- sezza di una fava , aderentissima alle carni , dolente al tatto , ed ha nel suo centro un tenuissimo forel- lino ( il eh. Metaxa, Delle malattie degli animali do- mestici ). Visi manifesta quindi la cancrena , corrom- pe le carni vicine , e d'ordinario l'animale sen muore prima, che si abbia potuto limitarlo ( Vilc't v. 'I. p. 314). Con tale apprezzabilissima autorità vieppiù mi per- suado f che il detto forellino sia appunto quel pertu- gio , per il quale un insetto velenoso introduce quel virus o qualsiasi estranea materia , che desta in se- guito infiammazione locale ed i fenomeni tutti dell'an- trace , cui frequentemente vanno soggetti i mono- dattili. Quindi se i caratteri del carboncello sono iden- Dell* AwTUACE ec. 43 n'ci come nei monodattili , così nell' uomo ; se m quelli la causa non può ripetersi dall' mo di carni im- putridite , perchè sono erbivori ; ed essendo intanto il risultato morboso conforme in ambedue le specie: essa esclusa restando nei primi , in buona logica neppure nell'uomo potremmo supporta. Oli potrebbe poi con sicurezza negare, che un me- desimo volante insetto , trovando nelfe ore calde del giorno un uomo in azione nei boschi o sue vicinan- ze , o sdrajato immerso nel sonno , non possa su di esso adagiarsi e sfogare la sua nemica possanza , piut- tostochè su di un bruto , il cui pastore può aver comune , se non il cuojo , anch' esso indurito , l'odore almeno, che dal bruto istesso gli vien comunicato col mutuo commercio? „ Pastillos Rufillus , olet Gorgonius hircum. „ E potria esser possibile , che tante e pressoché m/inite classi di insetti nocivi abbiano a conoscere e rispettare 1' uomo , e riservare i colpi ostili su i soli armenti ? Non pochi sono gli insetti , che all' uomo si av- ventano e mordono. Dirò in primo luogo con Lamark ( Istoria naturale degli animali invertebrati ) , che ap- punto in estate ed autunno numerosa classe di inset- ti, dopo l' usata raetaraorfusi di larve, ninfe, cri- salidi , acquistano lo stato di insetti alati e perfetti ; molti dei quali ( vi si accorda il Vallisnieri, loco ci- tato ) posseggon dei veleni, non che un arme pungente ed infiammante. E' nota la puntura della zanzara e di altri insetti domestici , che nella loro estrema picciolezza pro- ducono dei tumoretU flogistici , ripetibili solo da uà veleno di loro particolare natura. 44 S e i E IM Z E Già il Sennerto lib. 6 opinò : ,, Muscas iotertlurn ,, virulentìa non carere , praesertira si antea stelerinfc „ super cadavera aniraaliuin venenatorum.„E Plinio ag« giunge liL. 2. cap, 53: „ Vesparum ictus periculosiores „ esse, si illae prius victitarint serpentibus. ,, - Aldo- vrando de insectibiis lib. primo attesta: ,, Homines et ,, alios aniraantes idi bus apum interiìsse ". Neir isola Nicesia la puntura della vespa spesso produce la morte, a testimonianza di Ortelio. „ Si araneus venenum suura ictu corpori immise- ,, rit , accidunt stupor , horror , tremor , convulsio , ., dolor, rubor , mors *••. Lo asserisce Hanneman. E Sennerto loc. cit. soggiunge : ,, Araneus per ei- guum vulnusculura venenum in corpus infundif"' . Deli' aranea tarantula di Linneo , phalangio di Ari- stotile , asserivano Ardoino ed Aldovrando , che essa col morso produce dolore , vomito, convulsione e mor- te. Baglivi poi nella sua dissertazione della tarantola: „ Dorraientes (dice) morden t larantulae , et paulo post ,, pars demorsa dolore , stupore , clrculo livido et ,, nigro coloratus eie. "" Cosa nota anche ai nostri gior- ni , specialmente nella Puglia , benché rigettata e de- risa dai compilatori del dizionario delle scienze mediche di Parigi al capitolo Tarantismo. Il prof. De Renzi nella' sua prolusione , dopo sag- gio osservazioni , conchiude che il veleno della taran- tola sia vero e reale , e che agisca sul sistema ner- voso e sanguigno : con cui si accorda il cav. Magliari ( Omodei Annali, volumi 68 e T/i.); non che il Chiappari traduttore del Mahon, Medicina legale: ed innumerevoli altri scrittori. Comunque ciò sia , certo si e , che varie specie di aracnidi posscggon dei veleni più o meno attivi e pericolosi ; per testimonianza di Latreille , Cuvicr, Val- lisnieri , Buffon ed altri , Dell'antrace kc. 45 „ Che nominar perduta opra sarebbe. ,, Degli scorpioni e loro veleni danno sufficienti no- zioni Avicenna , Legratid ed altri molti. Idiplolepari eie mosche dei rosaj trivellano le gem- me e le cortecce degli alberi , rami, sterpi ec. , de- positando le loro uova nei fori , donde nascono le di- verse maniere di galle , coccole , bitorzoli ed altre si- mili escrescenze e protuberanze morbose , nel cui cen- tro vien custodito il germe per la riproduzione. ( Val- lisnìeri, Nuova idea degli insetti, lib. 1. ) Se anche un vegetabile soffre una sorprendente malattia per il succennato travaglio di un insetto, quale ne potrebbe emergere sconcerto nell' umana compage in egual circostanza ? x^^lcune formiche in istato perfetto , dopo aver fo- rato la pelle umana col loro penetrante pungiglione , depo'igono un licore acre ( acido formico, secondo La- niaick ) , che cagiona dolore vivissimo e flogosi* (Buf- fon, Baldassini ec.) La proboscide dei tabanìani e dei dipteri : il ro- stro degli emipte'ri ; il pungiglione degli imenopteri,; la stomoxi irritante : le libelluline o damigelle, in- setti alati in vicinanza dei boschi e luoghi freschi , voraci e carnivore , secondo Laniark , non possono es- sere quegli agenti , che vagando per succhiare il san- gue dal corpo degli animali , pungendo la cute uma- na, vi producono i fenomeni tutti dell'antrace e di ogni altra forma di locali flemmasie ? Non e mio scopo descrivere la specie , gli an- damenti e le abitudini di tali insetti , ma solo di riu- veriire quale possa fra loro essere l'umano nemico. Forse giammai non ci riusciià di rinvenirlo; ma dirò coU'Ab. Ranzani (Elementi di zoologia ) : „ Se ignoriamo come 46 Scienze i germi dos\'\ irifusoriì si svcìjiano nelle infusioni delle foglie e dei semi : se ignoriamo quale sia il veico- lo , che porta il germe degli intestinali nel corpo umano e di tanti altri animali ; per questo dovrem supporre , che lo sviluppo di tali insetti debba ripetersi dall'equi- voca generazione o spontanea ? ,, Noi non conosciamo per qual via introducansi dei verrai sotto la cute umana in alcune regioni , o come altri vogliono, entro le vena raedina ; morbo cono- sciuto col nome di draconziasi , o draguncolo da Avi- cenna e Vuelschio , e quindi descritto da Astruc e é dallo Schoeler . Non conosciamo per qual via si introducessero i molti vermi della lunghezza di un pollice , espulsi da altrettanti tumori con suppuramenlo in varie perti del corpo di un fanciullo osservato da Nailson (Rivista medico chirurgica di Londra 1833 ) . Ne siara certi come si generassero non pochi ver- rai , egualmente dì un pollice di lunghezza nel sangue dell' altro fanciullo osservato da Bushnan , quantunque r elraintologo di Edimburgo Rhind sospettasse , che essi provenissero dall' uova della mosca tipula , de- positate neir acqua , di cui il fanciullo faceva uso con- tinuato (Omodei, Annali voi. TI , 1834 ) : e per questo tacceremo di falsità quei filantropici autori , che 1' os- servarono , o sosterremo con nostro rossore la loro spontanea generazione ? E se non chiaramente esplicabile resta tuttora la propagazione di alcuni contagi , che pur sembra ac- cadere per via di insetti ; ad esempio l'acarus nella rogna (Raspail , Renucci, Omodei 1833, ISSj), e forse gli infusorii nel cholcra -morbus a sentimento di Meli , Cappello e Lupi , non che di tanti osservatori di fiil morbo contagioso e di altri di analogo carattere ; vor- remo perciò negare retuisione contagiosa e la certa es- OfiLu' AiNTKACE EC. 47 perlenza , che un identico morbo da un infeda pro- pagasi al sano individuo ? Forse oggi non dovrei afFaticarmi ad accumular prove in -mio sostegno , se la sorte mi avesse favorito per il fortuito discopriraento dell' insetto , che io cer- co , nel caso occorso non ha guari nella persona del reputatissimo prof, di eloquenza nel seminario falisco sig. Sagrista Cernitori. Passeggiava questi fuori di cit- tà , allorché nella mano sinistra soffrì un improvviso acutissimo morso , per cui egli accorse violentemente colla destra mano per un moto automatico. L' insetto andò perduto , benché dal sullodato ben percepito ; ed il carboncello sviluppò sull' istante, non grave forse per la sopraesposta ragione , ma abbastanza pronun- ziato nei suoi caratteri. La mia ipotesi evaderebbe in- concussa, se descrivere avessi potuto la forma del carbonifero insetto : seppure esso non sia la Musca morio di Linne o, denominata da Scopoli ^«?ra r mo- no. Tal distintivo di questa mosca col vocabolo An- trax , indica , se mal non mi appongo , che fin dai tempi remoti si ritenesse, che appunto l'antrace ve- nisse prodotto dal morso della mosca Antrax mr^rlo. Pna che scenda ad esporre il metodo curativo esaminar vorrei i diversi trattamenti , racco;i,andati dai più celebri scrittori in proposito, e considerare se dai medesmu rilevar puossi alcun che in prova del mio opinare. Cura esterna degli autori. Siccome consentaneo fu il sentimento rapportoalle cause del carboncello, diche ho abbastanza brattato , co I pressoché lutti convengono nel metodo curativa nell applicazione del cauterio attuale , nelle scarifi- cazioni profonde, e neir uso dei caustici diversi , po« 48 S e I e N Z K sii a cotitaLto della pustola maligua in modo da iti- sinuare l'azione escarotica , onde le jjartì sane dalle af- fette dividere e preservare. Così Guido de Cliauliac: ,, Erodentera pulverera sanara inter et corruptara cameni ponebat "•. Non dis- simile era la prescrizione di Avicenna , unendovi l'ap- plicazione delle ventose e ferro rovente. Silvio assicura non aver rinvenuto alcun caustico, il quale pareggiasse in efficacia il burro d'antimonio. Guglielmo Saliceto associava al ferro l'azione del caustico attuale. Am- brogio Pareo proponeva il rafano , come per attrarre un veleno : ,, Radicem raphani carbuiiculis irapositam ,, potenter attraliere venenum: '*'■ sono di lui espressio- ni. Propose il Valeriòla un tal segreto ,, quod nun- ,, quam fefellisse commendata? cioè l'applicazione della scabiosa e cal(Midula con terriaca e sale . Antonia Calmete'o ,, laudat cataplasma ex malo punico in aceto^'. Aezio le fo«lie di verbena. Ecco il se£;reto di Cor- tilio: „ Contundatur consolida major et minor inter la- „ pides et applicentur carbunculis " . Antonio Mi- raldo con/Ida nella ruta , cipolla , ammoniaca , calce viva , sapone e cantarella , che,, confestini anlbracem ,, disrumpet " . Vigier propone calce e sapone. Tossi circoscrive il tumore , e vi estingue quindi un ferro rovente. Giovanni Agricola propone la tintura di arsenico: con cui si accorda il lodato Bertrandi , che usava l'empiastro magnetico arsenicale, spiriti ardenti, ed il caustico attuale. Mouteggia si accontenta di cataplasmi emollienti , con delle incisioni : con cui conviene il Nannoni , che si scaglia contro le profonde scarificazioni ed il cau- terio» attuale. Le Dran trovò mirabile l'uso delle soluzioni mer- * curiali, e Reoamier quella di nitrato di mercurio. In fine nel 1820 il Fcrminelli propone quasi uà segreta D^Lh ANTRACK SC. 4 ) nel sublimato con oppio e boloarmeuo in iorriia di trocisci , poco dissimili da quelli proposti dal Rive- rio , uaitameiite ad alcune incisioni. Qualche sanguigna e mignatte d'attorno al tumore presso a poco sono state da tutti impiegate nei di- versi casi ed in epoche ditferenti , con più o meno di felice risultato. Cura interna dei medesimi. La cura interna e stata per lo pii!i caldamente raccomandata, e fatta consistere nei tonici , china , can- fora , oppio e cose simili , già accreditate nelle pe- stilenziali infermità e nelle cancrenose . Chambon , Thoraassin , Marjolin ed altri fecero precedere l' uso del tartaro stibiato , sulla veduta di semplice emetico. Altri proposero decozioni , tisane rinfrescanti , pur- gativi, e via discorrendo. Confutazione. Esaminando le supposte cause ed il metodo cu- rativo proposto a combatterlo dalla maggior parte dei trattatisti sopra citati e di altri non pochi ; è giuoco forza persuadersi , che non si è ragionato che ipo- teticamente, ed empiricamente trattato , allorché si è creduto correggere u;ia generale discrasia umorale colla semplice applicazione di un causlico od altro , di cui tenni proposito. O il morbo è puramente locala , e la diagnosi de- gli autori è riprovevole : se generale è il morbo , er- ronea ne risulta od almen causale la topica cura al- l' oggetto proposta. Come puossi conciliare un generale depravaraen- to , un vizio interno, un risultato di settici alimenti G,A.r.LXV. 4 50 Scienze con la pronta azione di un caustico applicato alla superficie esterna di poclie linee e per poche ore ; e molto meno di tanti semplici vegeteLili , del rafano , della ruta, della scabiosa , delia verbena , della con- solida , delle quali erbe e radici le pretese eroicha attribuzioni e virtù , in una generale ed interna cor- ruttela , esser non ponno , che ,, Sogni da infermi e fole da romanzi ? „ Come la momentanea applicazione di un ferro ro- vente, l'incisione o separazione della parte cancrenata, può distruggere una provenienza putrida , scorbutica , miasmatica , cottfagiosa , che tutti i tessuti , le fibre , i sistemi abbia conlaminato , corrotto e depravato ? , Come uno escarotico potrebbe neutralizzare e dis- sipare gli effetti concentrati di una straordinaria cstua- zione atmosferica , quando lo stesso escarotico , alla pelle applicato, non produrrebbe che enfiagione , au- mento di calorico notabilissimo, e poco dissimile can- crenoso tumore ? L' effetto non cede , se non distrutta la causa : ma l'effetto evade, e tutto è in calma, quando la pu- stola venga circoscnlta o separata dal vivo. Dunque nella parte , e giammai nel totale esiste 1' effetto ; dun- que in corrispondenza di esso anciie la causa produt- trice esser deve locale. Se dal punto centrale la flogosi carbonchiosa non dilatasi a conluminare le parti vicine , che anzi ar- restasi col più sem|>lice e quasi ira[)onderabile atomo di un escarotico, ne è legittima conseguenza , che non è il generale depravamento , clie concentra la sua cor- ruttela in un'orecchia , in una palpebra ; ma la cor- ruttela dell' orecchia , della palpebra, progredendo e non aeriala , si diffonde , altucca , corrompe , distrug- Dell' ANTRACE EC. 5f gè , ammortizza a mano a mano le mem])ra Ciao alta totale consumazione. Ciò supposto , come sembrami infallibile , qual prò poteva sperarsi dall'uso della corteccia , e da tanti altri farmachi internamente prescritti dagli autori , al- lorché appunto veniva minacciata dalla flagosi depa- scente qualche interna regione , o sistema ; cioè quando dal punto esterno si portava il flemone ad investire l'in- terno viscerale sistema ? Bene a ragione Fournier ri- marcava l'inutilità della china , e di altri interni rime- di decantali nel morbo in proposito. Dopo tali riflessioni sempre più dobbiam ;>ersiia- derci , che il carboncello è prodotto da un acre umo- re , da un veleno depositato tra i sistemi dermoidèo e reticolare; subitochè essendo pronti a circoscriverlo, giungiamo felicemente a preservarne il totale orga- nismo. Metodo curativo. Il mio trattamento , che nel 1818 proponeva in Civitella di sopra nominata, e quindi nelle altre mie condotte , e specialmente in Monteflascone , nel cui territorio con frequenza osservai il carboncello , è sem- plicissimo , di nessun apparato, di nessuna sorpresa, ribrezzo, incomodo, e dolore del paziente. Allorché riscontrasi nei caratteri , che la pustola apparsa è un carboncello, senza aver ricorso ad aicona incisione, al più presto possibile conviene applicare una discretissima dose di deutocloruro di mercurio , comu- nemente conosciuto col nome di sublimato corrosivo- Mescolato un grano di questo esattamente con adi- pe od unguento qualunque , se ne prende una pic- cola quantità, e disteso in una lista della circonferenza corrispondente al diametro dell' escara , lo si applica 4* 1)2 Scienze a ridosso di essa , suprapponendòvi un cataplasma di pane e latte, o altrimenti emolliente , per alleviare il rubore che l'accompagna nella circonferenza, ed am- mollirne la durezza. Se la pustola è di recente svi- luppo, quasi istantaneamente si dissipa e svanisce la tumefazione concomitante. Si desiste allora dalP ap- plicazione del sublimato , potendosi proseguire l'ap- plicazione del cataplasma fino alla totale scomparsa. Che se il tumore ha acquistato una notabile cir- conferenza e profondita, non devesi perciò cambiar metodo o indicazione ; ma sempre con eguale anda- mento e lungi da qualunque sorpresa, per la straor- dinaria ed anche mostruosa tumefazione , proseguir de- vesi senza tema alcuna l'intrapreso trattamento, e rin- novasi l'applicazione medesima per due volte al gior- no , finché non si manifesti nella circonferenza dell' escara un piccolo filamento biancastro , che indica la già seguita separazione dell' escara, la distruzione del- la causa , l'arresto e la cessazione di ulteriori pro- gressi. Questo suole accadere al terzo o quarto gior- no ; ed allora è superfluo adoperare il sublimato , raa piuttosto devesi sostituire un unguento digestivo , giac- che alla Comparsa del detto filamento retrocede vi- sibilmente l'ingorgo linfare , ossia la tumefazione se- condaria , e socia indivisibile della malignità ed in- dole subdola della pustola carbonchiosa. Dilatasi quindi la detta linea di demarcazione o meglio di divisione : l'escara facilmente si distacca in pochi giorni: e non resta a curarsi, che la pifga sem- plicissima , la qaale rapidamente va a cicatrizzarsi colf uso di un unguento balsamine. La cicatrice che ne risulta e di cosi lieve enti- la , che talora e quasi invisibile. Non ho giammai adoperato alcuna interna pre- scrizione , coerentemente al mio raziocinio : non to- DsLl' antrace F.C. 53 nlci , non emetici, nò puriifativi , nr. salassi , nò «su- doriferi , ne alessifarniachi ; ma solo al descritto me- todo esterno associai una indispensabile rigorosa dieta. Ciò die sempre più viene a confermare la mia sta- bilita ipotesi , salvo il caso di straordinaria reazione per diffusione di parziale morboso eccitamento, in cui può convenire il salasso. In piij di cento casi giam- mai riesci inefficace la mia formola , ed anche nei pili gravi ha corrisposto sempre colla più pronta e si- cura guarigione ,^e benché le parti affette fossero le più delicate come le palpebre, il collo anteriore etc. E qui torna a proposito la divisione succennata in benigno e maligno. Ho creduto inutile qualunque distinzione, giacche, come ognun vede, o mite o gra- ve che sia il carboncello sporadico , ne è sempre eguale il trallaraento curativo ; se non che il più leggiero (lo che è facile a percepirsi ) egli è più cedevole e risolvibile in minor tempo del maligno o grave, il cui carattere può acquistare anche il benigno in alcune circostanze. Prognostico' Tanto meno dovrò intertenermi sul prognostico, che a seconda delle mie vedute ed esperienze è costan- temente favorevole e di certissima guarigione , purché la trascuraggine non ecceda, e per cui la diffusione abbia già distrutte le parti propinque ed interessanti da vicino l'organismo vitale : ....... Frustra panacèa laborat , ìì Ulcera ubi sordent , et desperata cicatrix. ,, 54 Scienze Epilogo. Non sublimi idee , non profondo ragionare , non intralciati metodi io proposi; che anzi ecletticamente ponderai i diversi sentimenti di rispettabilissimi scrit- tori, e le differenti asserzioni all'uopo, quelle predi- ligendo che il mio assunto dilucidassero. Allorché nel 181 8 io trattava il carboncello , ne studiava il carattere e ne proponeva un apposito ri*- medio , erano a me ignote affatto le altrui osserva- zioni e pensieri , come estranei al mio giovanile me- dico esercizio. Se oggi riandando le- opere di gravissimi scrit- tori , nuove del tutto non riscontro le mie precon- cepite idee in qualunque rapporto, lungi dall' arre- starmi nel mio lavoro , mi compiaccio e vieppiiì mi persuado , che la mia ipotesi su di non instabili fon- damenta si appoggi. Al termine perciò, qualunque siasi, il mio assunto si conduca , e concludiamo. E' cosa strana , clie un vizio generale possa con- centrare la sua deleteria azione in un punto esterno della macchina umana. La cancrena secca spontanea delle estremità non abbatte facilmente tale ipotesi : giac- che senza il concorso di molti e valevoli interni pre- sidii , l'amputazione del menìbro affetto forse giam- mai non giunge a preservare il tronco superstite (Mon- teggia voi. I ). Che però da un centro anche esterno diffondasi alle parti sane un' infiammazione flemmo- nosa, è troppo noto e palpabile. La puntura p. e. dell' aponeurosi brachiale , cui succede pressoché sempre il flemmone cancrenoso, diffusibile fino ai visceri to- racici , ne è prova incontrastabile (Fermìuclli , 11 cau- to flebotomo. ) Dell' antrace ec. 55 Un morbo locale di somma importanza , mentre il totale e incontaminato , deve esser prodotto da causa locale. Fra le cause locali o traumatiche , nessuna può esservene, che produca in brevi istanti un' infiamma- zione letale , se non un veleno od una sostanza in- fiammante e corrodente ; e questa non può comu- nicarsi all' uomo se non col contatto immediato , con una soluzione di continuo, od una violenta introdu- zione ; lo che è riservato ad un ente vivo ed in at- ti v ita. Che un insetto o varii itisetti pungano l'uomo, e pungendolo vi producano una pustola od un tumore, od un' escara sui generis , comprensivamente quella che denominiamo carboncello , sembra provato dal mio esposto ragionare. Che il sublimato sìa il più pronto, il più for- rtiidabile distruttore delle serie raolliplici degli in- setti, è abbastanza ranuifesto. Se quindi taluno di essi abbia depositato alla cute umana un germe , che pron- tamente andasse a sviluppare per la riproduzione, il sublimato io uccide , lo distruffore. Se un insetto vi abbia depositato un veleno , ha forse il sublimato su di esso specifica e chimica azione neutralizzante e di- struggitiva ; e se neutralizza e conduce a disfacimento il totale di un insetto qualunque , tanto più neutra- lizzar potrà e decompone una parte od un prodotto di esso Se l'insetto vi abbia depositato il pungiglio- ne , sembra che il sublimato lo corroda , lo annichi- lisca ; e cosi in qualunque dei casi specificati , coU'uso topico di esse , cessar vediamo con prontezza la ero- dente azione raorbifica in discorso sulle parti sane ed incorrotte. Che infine il sublimato alla pustola carbonchiosa applicato , distrugga , neutralizzi e dissipi per incan- tesimo il gran treno fenorae'jologicoJ^SÈCidiale delTan- 56 S e I E N Z K trace , senza il concorso di qualunque altro rimeflio, sia interno, sia esterno , risulta da certe, veridiche e numerosissime mie osservazioni , che per brevità non esposi : tantopiù , che agevolmente presso le nominate limitrofe popolazioni può ciascuno verificarle. Alle quali mie osservazioni fanno pur eco altre infinite di au- tori gravissimi , che il detto farmaco od altro non mol- to dissimile in efficacia essi prescrissero e talvolta con resultato , però sempre sotto tutt' altro aspetto ed indicazione. Conclusione. Dunque il carboncello sporadico dei nostri paesi è morbo locale, morbo primitivo , indipendente da qua- lunque interno sconcerto, e prodotto dal morso di un insetto più probabilmente alato o perfetto. Dunque il carboncello deve trattarsi topicamente coli' uso del sublimato , come specifico rimedio , ad esclusione di qualunque interno farmaco o presidio. Dunque il carboncello sporadico non presenta il terrore di morte , ma egli è morbo di sicura guari- gione. Resta a dilucidarsi quale precisamente, e di qual for- ma e specie sia l'insetto per me creduto carbonifero. Io ne proposi il dubbio. Più esatti e penetranti os- servatori sono invitati ad occuparsene. Sarò ben pago, se qualche considerazicne meriterà la mia ipotesi, e se in effetto l'umanità a tal morbo soggetta , riscontrerà infallibile il metodo di cura semplice e di facile ese- cuzione da me sperimentato e proposto. Intorno alla Sicilia. Lettere del prof. Pietro Marini ad un illustre suo amico in Roma. 1. l—^accliè ho posto il piede ia Sicilia non vi ho più scritto, sebbene non sia passata ora del giorno che non abbia a voi rivolto il pensiero. In Palermo ho dovuto ammirare una prima citta dell' Italia. Trasvolerò lie- vemente su tutti gli oggetti che hanno fissato la mia attenzione. La popolazione si fa ascendere a 180 mila, ed in tempo della festa di S. Rosalia si contano cir- ca 40 mila forestieri. Io non ho veduta pisi impo- nente festività, e noi sul continente non possiamo for- marcene idea adequata. Il carro di S. Rosalia e tra- sportato da diciotto paia di buoi : la macchina e tan- to colossale, che supera i più alti palazzi ; alla base di essa sono per Io meno 50 suonatori : lo sfoggio della cera è da non potersi credere. Tutto è gran- dioso e colossale. I fnochi artificiali sono di gran lun- ga più magnifici della nostra girandola : la sola ar- matura costa 1800 ducati , e s'incendiano due volte nel giro di cinque giorni. Vi sono tre corse di ca- valli, e si ripetono in un medesimo giorno quattro volte anche con cavalli diversi. L'illuminazione del Cassaro fassi per cinque sere , e la lunghezza di questa via è di un buon miglio , ed i lumi sopra appositi pie- distalli di legno vi sono a dovizia. La illuminazione della cattedrale e veramente magica. La gran volta è ripiena di lumi di un effetto prodigioso. Dispero di poterne vedere altra simile. Questa è la serie degli spct- 58 Scienze tacoli che durano per cinque giorni continui. La sera del quinto portansi in processione macchine altissime e di un peso straordinario rapprcsentanli qualche santo protettore. In fine chiude la processione l'urna della santa, ove sono depositale le sue ossa : e questo spet- tacolo dura fino al giorno. Io sono stato contentissi- mo di vedere questa grandiosissima festa, per la quale il comune spende circa 20 mila ducati in ogni an- no. Il reddito comunitativo è di circa due milioni di ducati. Le strade principali di Palermo s'intersecano ad angolo retto. Una dicesi di Toledo , o del Gassaro, l'altra è detta Macqueta E' incredibile il ninnerò de' palazzi che vi si rinvengono di una straordinaria gran- dezza. Il palazzo Bufera sorprende anclie un colto ro- mano. Le chiese vi sono di un numero prodigioso e di una ricchezza da sbalordire. Dicasi lo stesso de' conventi e de' monasteri. Non più sorprende la Mi- nerva, S. Agostino, e qualunque altro di Roma, veduti che siano quelli di Palermo. Nella cattedrale sono degne di speciale menzione quattro urne di porfido di una grandezza maggiore di quelle che veggonsi nel Vati- cano , e che furon tolte dal tempio di Bacco fuori porta Pia : solo che non vi sono tante figure in ri- lievo. Furon fatte però dopo il re Ruggiero nel co- rainciamento del secolo 13"". Gredea5Ì che in quei tem- pi si fosse perduta in Italia l'arte di lavorare il por- fido, ma non e cosi: la Sicilia possedea in quei tempi barbari quest' arte ancora. Vi sono in Palermo chiese intiere di musaico fatte nell'epoca di Ruggiero, rap- presentanti storie sacre , e le geste gloriose di que- sto principe. A Monreale e a S. Martino, monasteri dei padri benedettini, souovi monumenti ammirabili delle arti di quella oscurissima età. Se Cicognara, Visconti, Agincourt, Lanzi e Winkelmann si fossero portati in Sicilia , avrebbero attinte bellissime e peregrine co- Intorno alla Sicilia 50 gnizioni. Sono in Palermo due grandi pubbliche bi- blioleclie. Quella de' gesuiti è sorprendente per le edi- zioni dei classici greci e latini. Qui trovasi un bil- lissirao museo di ogni maniera di antichità. Qui un medagliere dei più completi, particolarmente della Si- cilia , e sonovene di un conio migliore assai delle me- daglie romane. Vietino a Palermo alle falde di un monte trovasi una grotta piena di ossa fossili d'ippopotamo e di elefante , le quali sono state sparse per tutta Eu- ropa. Potrebbonsi ancora caricarne vascelli intieri. So- novene talmente pietrificate, che nel museo dell' uni- versità sono destinate per basamento di statue. In que- sto museo trovansi le famose mefope di Selinunte coè- ve a Dedalo , o di poco poste riori. Tanta è la loro antichitk.il duca di Serra di Falco ne ha fatto l'iilu- strazione nella splendidissima sua opera delle antichità di Sicilia. Vi e in Palermo un istituto d'incoraggia- mento centrale che diffonde la sua benefica influenza su tutte le principali cittk della Sicilia , e si occupa del miglioramento delle scienze e delle arti tutte. Avvi un gabinetto di lettura con 180 socil contribuenti. Stam- pansi a periodi determinati cinque giornali scientifici e letterarii. L'osservatorio gareggia coi primi d'In- ghilterra e della Francia. Il solo Piazzi sarà un mo ■ numento eterno di questa specola. L'orto botanico è de* primi d'Europa. Vanta una stufa di ferro fuso del- le pili grandiose fatte in Inghilterra. Vi sono piante delle cinque parti del globo. Li casa dei folli, diretta dal baron Pisani, è un capo d'opera di sapienza e di umanità. Sembra costituire una famiglia di cappuc- cini. La fabbrica in gran parte è stata elevata d?.lle mani di questi infelici. Tutti lo chiamano padre, io versai lagrime di tenerezza nel vedere il traitiiniento loro. Le catene, che si adoperavano un giorno, sono appese sull' ingresso della porta. E' proibito esprcs- 0 Scienze sameale ai custodi l'uso del bastone non solo , ma uà pugno sarebbe delitto di espulsione. Molti sono i dotti che figurano in questa città , fra' quali nomineremo il cav. Cacciatore astronomo , Tinco botanico, Ferrara geologo ed arittognosta , Scina fisico e letterato ad un tempo, Malvica , Gallo, Vaccaro, Maggiori , Serra di Falco, principe di Scordia e cento altri tutti letterati. Vi sono molti musei e gallerie particolari. L'avvocato Fodera, benché dedito alla giurisprudenza, possiede un gabinetto di storia naturale degno di una università. La parte mineralogica è trattata e classificata secondo il metodo di Hauy. E' tempo di lasciare Palermo , e passare a JMes- sipa. Un tal viaggio feci per mare col vapore in 16 ore , e per terra vi vorrebbero almeno quattro o cin- que giorni. Questa citta e una delle più belle d'I- talia , ricca di preziosi monumenti , favorita dalla natura di un porto quasi centro del mediterraneo che la pone in comunicazione colla Grecia e con Costan- tinopoli ; per cui al pari di Venezia e di Pisa potè adornarsi per tempo delle arti greche. Benché la peste ed i terremuoli l'abbiano bersagliata, è surta sempre pili bella e più magnifica dai suoi disastri. Situata all' oriente della Sicilia, gode un clima beato. Le pro- duzioni naturali del mare, de' monti ec. sonovi sparse a dovizia. Il Faro colle sue correnti reflue fa rimaner ttonito il viaggiatore. Io ho voluto varcarlo per co- noscere quanto per me si pò tea questo tempestoso ed infido canale, passando nella vicina Calabria sopra di una lancia , e mi sono avveduto che vi e' di mestieri di molta esperienza per non incorrere infortunli. Nell'in- verno è pericolosissimo. La distanza minima e di due miglia e mezzo , e la maggiore da 12 a 14. Fui in Reggio di Calabria, e n'ebbi molto piacere. Questa citta sì gloria di avere accolto l'apostolo Paolo, come si, leg- Intorno alla Sicilia Gì gè nella cattedrale sul fro:itonp : Circuin leggentes de- venius Belgium : ho saputo conversando con questi eruditi che la parola Belgium significhi divisione, e io credo pur troppo che un giorno i monti di Ca- labria fossero riuniti con quelli che soprastano a Mes- sina. Reggio è una citta di 24 mila anime circa, ed è celebre per le sue essenze di bergamotto che spar- ge in Europa ed in America. Vi sono boschi intorno a questa città di limoni, cedri ec. E' la sua principal produzione, lo vi passai tre giorni in compagnia di quel bravo intendente , e di Domenico Calabro fami- gerato professore di medicina. Vi sono morigelsi dì una colossale grandezza. La fctmiglia Ramire? ne ha pian- tati in quest'anno 30 mila, e tutti seguono questo uti- lissimo esempio. Ha costruito una filanda a vapore, che merita l'attenzione del viaggiatore. Ritornato a Mes- sina pel canale, il quale infuriava piià dell' ordinario, esaminai il bellissimo porto naturale che può conte- nere numerosa flotta. K' di mestieri passare a Cata- nia divenuta oramai celeberrima per l'accademia Gioe- nia,ove sono stato aggregato. La strada da Messina fino a Catania è una serie continuala di paesi, ed è forse questa contrada la più popolata della Sicilia. A 30 miglia da Messina si ascende all' antichissima citta di Taormina, ove si ammirano ancora il vasto anfiteatro, l'acquedotto, ed altre importanti antichità. Dal mezzo dell' arena ti si presenta l'Etna, che giganteggia so- pra tutti i monti. Arrivato a Giara volli divergere per vedere i famosi castagni detti della nave e dei 100 cavalli. Pare che iu questa parte la decomposizione delle lave cooperi d'assai allo sviluppo colossale del- la vegetazione. Da Giara, fino a Catania non trovansi che lave ammassate le une sopra le altre , e quasi ad ogni istante cambiansi i quadri pittoreschi or terri- bili all' occhio per non trovarsi pel d'erba , ora gra* 62 Scienze t'issimi per la vigorosa vegetazione. Le case de' conta- dini tifi Giara a Catania sono ueila massima parte co- struite di scorie di lave a secco, cioè senza calce af- fatto, tanto neir interno quanto nell' esterno r e nessuno infortunio avviene giammai , anzi resistono maraviglio- samente ai terremoti, ai quali va di frequente sotto- posta tutta questa contrada. I contadini alquanto più agiati intonacano le case nella parte interiore , e tal fiata dopo sette ed otto palmi di muro a secco di lava vi fanno un giro di circa un palmo con calce. Catania presenta la fisonomia di bellissima citta, ed ha una popolazione di circa 60 mila abitanti. 11 popolo è sobrio ed industrioso. Sono per ogni dove celebrate le manifatture in seta di Catania. Le strade sono lar- ghissime , e l'aria vi è eccellente. Si vanno aprendo delle strade per ogni dove, delle quali è affatto man- cante l'interno della Sicilia , perlochè è molto sei- vagn^io. Ora si costruisce la strada fra Catania e quella Siracusa chiamata da Cicerone maxima graecarum icr- biam. Ora si va a questa antica metropoli in lettiga. Tanto può di cambiamenti recare la vetusta! In Ca- tania vi era l'anfiteatro, il teatro Cadmo, le terme, le quali sono state disseppellite per cura del principe di Biscari : ma bisogna scendere colle torcie 25 o 30 pal- mi soltena per osservarne alenai resti. Tutto è ri- coperto dagli strati delle lave. Vi sono due musei, uno di storia naturale, creato dal tanto celebre e dotto ca» valier Gloeni amico intimo di Dolomieu. E' messo colla maggiore splendidezza ed eleganza : l'altro è del prin- cipe di Biscari , e contiene storia naturale e monumenti di ogni maniera. Il suo torso gareggia con quello del vaticano. Il monastero dei benedettini è la più grande fab- brica che si conosca in questo genere. Il^•Ton^o alla SicikU 63 2. La vostra lettera direttami in Palermo è venuta a trovarmi in Catania, 250 miglia da Palermo, e CO da Messina, nel momento die ritornava d'Acireale ove mi ora portato per osservare l'isola , ed i tanto fa- raigeiati scogli dei ciclopi. E' stata questa una delle più belle escursioni che io mi sia fatto in Sicilia. Questi scogli, che la mitologia dice scagliati dal ciclope Fo- lifemo contro di Aci amato da Galatea, sono in mez- zo al mixre da tremila anni, e presentano una scuola per quelli che vogliono erudirsi nella mineralogia. Io jgli ho visitali con dotta ed autorevole brigata, che so- pra di una lancia mi fece compagnia. L'isola de' ci- clopi è piena di bellissimi fichi d'India, i quali ora portano il loro frutto maturo. E' incredibile come que- sta pianta fruttifichi in Sicilia in mezzo alle pili sco- scese rupi di lava, laddove presso di noi non può ot- tenersi che con l'opera delle stufe. La povera gente si ciba in questo e nei mesi di ottobre e dì novembre di tal frutto. Al lido del mare di Aci sonovi mon- tagne di lav^a soprapposte quasi a perpendicolo le une sopra le altre, e piene zeppe ad un tempo della pian- ta del fico d'India. In Aci sono belle passeggiate ombratili che t'ispirano un sentimento per la solitu- dine. Per tutto veggonsi campagne e colli e monti co- perti di lava. Produce questo grazioso paese vino squi- sito ed in abbondanza , mandorle e frutte di ogni spe- cie. Le conchiglie di questo mare , che si conser- vano in molte collezioni, sono bellissime : e voi pren- dereste per conchiglie orientali molte , che vivono nel mare di Messina , di Aci e di Catania. 64 Scienze Non voglio lasciare di darvi un cenno del mio viaggio , e della mia ascensione suU' Etna. Bisogna ab- bandonare le graziose idee di Aci e dell' ìsola e degli scogli de' ciclopi. Oh che maestoso e terribile ad un tempo altare egli è l'Etna della div^init'a! Manchereb- bero anche al divino Alighieri espressioni adequate per ritrarre in qua lo hi; tenue maniera l'impressione che ca- giona questo patriarca dei vulcani all' attonito viag- giatore allora quando trovasi a rimirarlo a tremila pie- di di distanza del suo più elevato cono. Tutti quelli che sono ascesi sul più alto cratere del Vesuvio di Na- poli riferiscono, che questa e una miniatura in avo- rio , e l'Etna è uno dei più magnifici quadri di Ti- ziano. Io godo di avere veduto e salito l'Etna , riser- bandomi a percorrere il Vesuvio nel mio ritorno in Na- poli. L'ascensione sopra l'Etna sarà la più grande im- presa della mia vita. Non vi sono dieci cittadini di Catania che abbiano avuto il coraggio di salire questa montagna. GÌ' inglesi nel tempo che furono in Sicilia, conoscendo le immense difficolta ed i pericoli ai quali andavasi incontro nel salire sopra di questa montagna, risolvettero di fabbricare tre piccole stanze per avere un ricovero; ed in fatti a uoveraila piedi sopra la su- perficie del mare elevasi questa fabbrica, eh' è la più alta dì tutta l'Europa. Io partii da Catania il giorno 4 settembre, ed arrivai ad un paese che chiamasi Nico- losi verso l'ave Maria, raccomandato caldamente a Ma- rio Gemellaro il filantropo della montagna. Questi mi accolse con molta cordialità. E siccome da questo luo- go fino alle falde del cono non può andarsi che sopra muli pratici del luogo, perciò furono allestiti cinque muli: e sentite perchè cinque. Quando si arriva all' ul- tima regione dell' Etna, che chiamasi deserta, non s'in- contra più veruna pianta od insetto. La natura quivi è priva di ogni sorta di vivente e di vegetazione. Non Intorno alla Sicilia 65 vedi di prospetto che questo sterminato morile , che per l'ordinario soprasta alle nubi colla sua cima. Nel suo dorso non vedesi che fumo, che esce dalle sue pro- fonde caverne, e che bisogna evitare nel salirlo per non essere attaccato fortemente negli organi respiratorii; mol- ti che hanno voluto affrontare questi vapori, sono ca- duti in pericolose asfissie. All' intorno delle falde del cono non vedonsi che lave , o grossi macigni o scorie. Tutta] questa contrada che, come dissi, è affatto deserta, e nel medesimo tempo freddissima e si copre anche nel- l'estate di neve, ed in alcuni luoghi un poco avvallati sonovi perpetue le nevi. Generalmente il tempo piiì opportuno d'intraprendere questo viaggio è il mese di luglio, e tutti cercano di trovarsi alla cima nello spun- tare del sole, che ti offre il più bello spettacolo della natura : per cui bisogna percorrere di notte la monta- gna per trovarsi di buon mattino, anzi due ore prima del giorno almeno, alla casa degl' inglesi. Da Nicolosi a questo posto sono almeno il miglia , e sempre il freddo è crescente. Arrivati a questo ricovero, il fred- do ti ha intirizzilo: e perciò vi sono necessarj due muli i quali portino legna, carbone, materassi, coperte di lana , e tutto l'occorrente. Arrivato che siasi a questa Casina, quivi bisogna sorbire qualche sostanza spiritosa per essere in grado di salire a piedi tutto il resto della montagna, eh' è di una altezza di circa tremila piedi. A questo luogo l'uomo diviene un insetto veramente microscopico, e tale io divenni allorquando al chiaror della luna vidi quella terribilità di monte. Senza una guida, che chiamasi pilota, non è possibile di poter ascen- dere questa montagna. Io volli in vece di uno avere due piloti: e feci benissimo, poiché nel salire il cono mi furono di tale conforto, che senza di loro forse non avrei terminata felicemente l'incominciata impresa. Per quanto si camminasse tutta la notte, e si restasse per G,A.T.LXV. 5 {j6 S c I e >' 7. k poco lempo a riposarsi nella casa degl' inglesi, non potei vedere il sole spuafare dal?a più alta cima del cono , ma nuUadimeno lo spettacolo fu iraponentissi- ino. Ad un' ora dopo l'aurora fummo sopra il cratere. Che vista sorprendente , ma terribile e spaventosa ad un tempo! Vi sono due profondita, una delle quali s'iua- Lissa per ottocento piedi in mezzo ad un insieme di lave di mille diverse forme. Io, che non posso vedermi nelle grandi alture, salvo se non siano spaziose, soffrii delle sensazioni angosciose, le quali non poterono es- sere superate dalla magica prospettiva di quell' elevato orizzonte, da dove domini per così dire l'universo. Do- po disceso da quell' altura, e ritornato alla casa degl' inglesi , e ristorato alquanto col fuoco e con qualche liquore, non piti ti sembra essere un insetto, ma bensì un vero gigante per tanti ostacoli felicemente supera- li, e per essere nel numero di quei pochissimi che han- no avuto lena e coraggio di salire nel più alto e ter- ribile cratere che si conosca. lìitratti poetici di alcuni uomini di lettere antichi e moderni del regno di Napoli: del marchese di Fil- larosa. Parte I. Napoli .- stamueria e cartiera del Fiorano 1834, in 8 di fac. Xf, 255. Parte II ivi idem, di fac. 330. X-i autore , dieci anni sono , intitolava questi ritratti a quel fiore di giudizio del marchese Gian Iacopo Tri- vulzio. Mancato ai vivi queli' illustre con tanto danno delle lettere e delle arti, cui era amplissimo mecena- te, l'autore slesso avendo poste nuove cure e addizioni lllTRATTO DI CoTUGNO G7 ai ritratli , gV intitola al cìiiarlssimo letterato cav. A. M. Ricci. Che la poesia sia quasi pittura , lo disse il Venosino: pensando a questi ritratti poetici, noi la di- remmo meglio che la pittura; in fatti quale pittura si argomenterebbe rappresentarti il carattere morale degli uomini, come la poesia ? Fu costume degli egizj porre a sindacato le azioni de' trapassati , e pronunciare libe- ramente la lode o il vitupero. Il filosofo di Cherouea seguì questo stile nelle vite degli uomini illustri , e fu in parte imitato da Laerzio; il quale scrisse poi quelle de' filosofi. Vennero appresso il Giovio e l'Eritreo, de' no- stri , il Baillet e il Perrault de' francesi , lo Smith e l'HofTdegl' inglesi; venne il p. Appiano Buonafede con quel suo versatile ingegno, e ne diede in tanti sonetti i ritratti poetici , istorici e critici di vari uomini di let- tere , e con ampie note chiarì quello che ne' versi ri- maneva spesso d'oscuro e misterioso : e dove ogni al- tra lode non gli mancasse, lasciò a desiderare quella del buono stile. Anche l'ab. Marco Mastrofini, tanto dotto ed erudito, ne ha dato i ritratti de' personaggi dell'an- tico e nuovo testamento : ne hanno dati nel rceno di Napoli il canonico Marone , ed il catanese Agatino Longo , e Leonardo Forleo, per tacere d'altri. Il Vil- larosa, attenendosi singolarmente all' esempio del Buo- nafede, si è allargato quanto alle note tanto, che avreb- ])e potuto agevolmente far precedere la biografia in prosa al sonetto , in cui ciascuno de' personaggi da lui scelti è rappresentato. Oh perchè , dira alcuno , scegliere quel tormento de' poeti il sonetto ? Quando peteva adagiarsi comodamente, perchè ridursi al letto di Frocuste ? E' più difficile fare mi buon sonetto , che non un buon poema epico : così era detto settanta e più anni fa al Baretti { fr. leti. n.X):t il valent- uomo se la rideva. Noi venuti più tardi, e amici non della frusta ma della ragione, diremo invece: che è GS Scienze più facile giudicare un sonetto che non un poema epi- co. Di che consegne , che coloro i quali non sanno quello che fassi a' loro piedi, e vogliono mettere la bocca in cielo, corrono tutti a giudicare il povero so- netto, e lo straziano barbaramente : e basta ornai il leggere sonetto^ perchè si scatenino a vilipenderlo come se fosse alla gogna : ne più si guarda sesia buono o mediocre o cattivo ; a tutti ugualmente si figge il mar- chio del vitupero. Il che quanto sia fuor di ragione , sei vede chi ha fiore di senno. Ne già s'intenda, che noi vogiiamo farci a difendere quella turba di sonet- tanti , che altra volta minacciarono il regno delle no- stre lettere ; ma sì bene che ai grandi ingegni , i quali sono da tanto , non si dia' biasimo e mala voce , come a que' tristanzuoli che altramente .son detti guastamestie- ri. Ne anco s'intenda , che argomento perpetuo a' so- netti abbiano ad essere o l'occhinera Fillide o la ricciuta Nice ; che non è tempo oggimai di smancerie ; ma poi- ché non vi ha cosa tanto alta e sublime o tanto va- ga e gentile che essendo da poesia non possa chiu- dersi talvolta nel giro , comecché breve, del sonetto col fine non pure di ingenerar giocondezza , ma utili- tà : non vogliamo si gridi tosto la croce addosso a tale componimento, che è pure una gioja dell'italica poe- sia. Da! qual abito indegno alla presente civiltà { che scMza esame maturo non vuol essere giudicata ) ne vie- ne a poco a poco pur quello di maledire a ogni sor- ta di poetico componimento; perchè non si trova quasi più uomo di giudizio , che la fatica sostenga di far versi : e il secolo vanaglorioso , che vuol tutta musica , rimane freddo e senza poesia : e questa, eccitatrice per- petua delle virtù generose, ornai è bandita dal vile in- teresse dominatore. Oh ! s'abbia ognuno il suo drit- to , se vogliamo esser giusti ; se vogliamo lascia- re a que' che verrannno eredita di pa£e e di glo- Ritratto dì Gotugno 09 ria ! Ma troppo siamo trascorsi : ora torniamo al Vìl- larosa. x\i sonetti di lui tutto potrà negarsi dagli Aristar- chi , non mai il pregio della utilità : di che vogliamo dar saggio scegliendone due alla ventura : e perchè me- glio siano intesi alla prima, porremo innanzi le biogra- fie , raccogliendole dalle note dell' autore ed esponen- dole cosi alla semplice, com' è nostra usanza: e in- viteremo le discrete e savie persone a giudicare , coni' è da loro. COTUGNO DOMENICO Nato in Ruvo a' 29 di gennaio 1736, apprese le prime lettere da un canonico suo parente; poi da altri la logica e la metafisica , le scienze esalte, e i principj di medicina Incominciando dall' anatomia , dove al- tri a quel tempo soleva a pena finire , veniva apren- do animali per osservarne l'interna struttura^ Condot- tosi a Napoli, compiè il corso di facoltà medica sotto il Serao, il Sanseverino, il Roberti, e il Firelli tanto be- ne, che di 17 anni, a prova con 28 candidati, ot- tenne un posto di medico assistente nell' ospitale degl' incurabili : fu quello un campo per farsi sempre piij innanzi ne* segreti dell'arte, e singolarmente nell' ana- tomia. Intanto non lasciò di cercare le opere più ap- provate , e di gustare a quando a quando gli autori greci e latini , avendo già. avuto di greche lettere maestro il Martorelli, di ebraiche il Radente: così i nostri racchi preparavansi utilmente alle scienze ! A quelle fonti attinse, e ne derivò tanta facon- dia , che era una consolazione : e tanta eloquenza di- dascalica , che era una maraviglia. Di che fé' mostra nelle private lezioni di medicina e chirurgia , e più in quelle di notomia nella cattedra , a cui dopo varj TO Scienze' concorsi venne eletto Jel 1706. Ne perciò sniiva in superbia ; ne dimenticava gli uomini e Dio , come so- gliono i falsi sapienti ; anzi della religione era os- servantissimo , dei simili amantissimo : fu come padre non pure ai poveri inferrai , raa a quanti sono i mi- aeri ed infelici : vedove soccorse, fanciulle dotate, gio- vani di sacro patrimonio forniti , e lo stesso ospitale sovvenuto fino di duemila ducati , poi della più par- te di sua eredi!\ accresciuta , fanno il piiì beli' elo- gio del suo cuore. Ma ciò clie per moltissimi sarebbe assai , per quel cortese era poco : cos\ fu volto a giovare tutta quanta l'umanità : e questo ottenne ar- ricchendo la scienza di preziose scoperte. Non tocca- va i 20 anni , e cercando minutamente le interne parli dell' organo acustico trovò un umore trascorrente per canali , che presero il nome da lui : stampò nel ìlGì De aquaeductibus auris humanae internae col titolo al principe di Stigliaho M. A. Colonna. Non mancò, come suole , il soffio dell' invidia ; ma che ? il lume del vero se venga agitato si fa più chiaro e splen- dente. Cosi fu della scoperta del Cotugno , cui egli aggiunse l'altra de' nervi detti per lui incisivi: 26 an- ni appresso il cel. Scarpa venne in cognizione degli stessi nervi , e pare che dei due grandi uomini l'uno non profittasse dei lumi dell' altro. Come che sia , il Cotugno , avvisata la relazione loro col diaframma , spiegò l'origine dello starnuto ed il come prevenirlo o frenarlo ( De sternutatione ) . La lunga dimora nel- l'ospitale Io avea fatto pratico della cura de' mor- bi ; tanto che non eravi quasi povero o ricco che non volesse essere curato da lui. Versato assai nella sflgmica , conosceva agevolmente il male e i rimedj ; ma cercava innanzi quello che molti oggi non cer- cano, la costituzione e l'indole dell' infermo , e le fasi e i sintomi del morbo : e parve minuto in pre- Ritratto or Cotlgm) ^1 scrivere le medicine come nei consulti , sapendo clie dalle piccole cose può dipendere talvolta la vita o l;i morte. Amante non dell'oro, ma dewji uomini: te- nace del segreto e della virtù : era per tante fami- glie il consolatore nelle avversità , una gioia preziosa per tutti in ogni tempo : quegli stessi incurabili, ai quali donò tutta la vita , lo avevano ogni giorno vi- sitatore non cosi di passaggio e senza amore ( come pur troppo avviene ) ; ma coli' occhio che indaga , colla mente che prescrive , col cuore che provvede. Però non è maraviglia , se i sovrani lui vollero medico di camera della corte, protomedico, rettore delia R. università, compagno ne' viaggi t non e maravi- glia , se fu amato dai dotti , Ira' quali dal Mazzoc- chi e dal Serao , se fu scritto nelle più riputate ac- cademie di Europa, se i letterati di ogni nazione cer- cavano sapere di lui e frequenti lo visitarono , se Ma- ria Teresa d' Austria gli proferse la cattedra nella uiìi- versita di Pavia ; alla quale non venne , perchè sti- mò primo dovere di ciascun savio essere verso 1» patria , donde ricevesi l'alimento della sapienza , la quale è ancora più che la vita. Bastavagli aver gio- vato l'universale colle opere , che i dotti accolsero con plauso ; e furono tra le altre le seguenti: De sedibus variolarum. Neap. 1769). Ristnrapafo in Vienna nel 1771 , poi in Bologna, ed in Pisa. Una elegante prefazione ed annotazioni assai dotte air opera di Pietro de Marchettis : Observationes et tractatus medico-chirurgici^ che ristampò nel 1772. Ragionamento accademico sullo spirito della me- dicina, pubblicato in detto anno. De ischiade nervosa commentarius : riprodotto a Vienna dal Van-Swieten , a Bologna dal Baraldi , ed anche in Amsterdam ; tradotto in inglese a Londra : ristampato iiovis curis auctuni , Neap. 1779. 72 S e I K W 2 E Orazione ioaugunale De animorum ad optimam di" sciplinam praeparatione , letta nell' università il 1778. Menioria sul meccanismo del moto reciproco del sangue ec. Negli atti dell' accademia di scienze e let- tere, Nap. 1784. Lettera al cav. Vivenzio nel 1785, ào^^t gittò i fondamenti dell' elettricità animale. E lasciò più cose inedite , avendone poi pubblicati gli opuscoli in tre volumi il prof. D. Pietro Ruggiero nel 1832. Visse %Q) anni e mesi , sendo mancato a' 6 dì otto- bre 1822 di morte, che è principio a vita eternamente beata. Ne disse l'elogio nell'accademia del R. colle- gio medico chirurgico l'ab. Serafino Gatti (elog. voi. /, pag. 103 , Napoli 1832 ) . Onoravalo tra gli altri il Vil- larosa col seguente sonetto , che meglio potrà, essere gustato ora , dopo aver preparata la mente colle no- tizie della sua vita. Indagator del fragil corpo umano , Cotugno ne ammirò l'ampia struttura ; Nuovi al suo sguardo ordigni aprì natura. Ed ei ne intese ogni più ascoso arcano. Air egra umanità porse la mano , E coir arte d'Igea , sua degna cura , De' mali or minorò la ria sventura , Or dalla morte l'uom tenne lontano. Ma facondia , sapere , arte , intelletto Formò pietade , e fu l'eterno vero Della beli' alma non fallace obbietto. Qual maraviglia , se dal patrio suolo Oltre il confin la fama il nome altero Largo dilTuse , e non rattenne il volo ? Chi volesse sapere più innanzi del Cotugno veg- ga la Biogra/ìa degV italiani illustri del secolo XKIII Ritratto di Serao 73 ( Venezia \ 834 ^^Z. /. ) , donde noi trarremo una sen- tenza di queir illustre ed un fatto. La sentenza è , che lo spirito della medicina è t'essere in lei ogni cosa di fatto : eh* ella vuol fatti in tutto , in tutto vuol pratica. Il fatto è il seguente, amando sempre d'in- terrogare la natura^ non trascurò di notomizzare un sorcio , che distornato lo avea dallo studio , mentre un giorno dell' anno 1784 sedeva a tavolino ; e sco- vrì che questo animale era elettrico. Luminosa os- ' servazione che avrebbe potuto condurlo ad interes- santi conseguenze ; ma egli non fece che gittare un primo germe ^ che poi fecondarono Vanatomico dì Bo- logna ^ e V illustre fisico di Pavia. E perchè non sembri ingrata la patria a cotant' uomo , ricorderemo non pure i tanti elogi ; ma per- petuo monumento il busto di lui , che fu eretto nell' ospitale degl* incurabili. Ma basti ornai del Cotugno , il cui nome è scritto tra i benefattori dell' umanità , e veniamo a dire di un altro famoso. SERAO FRANCESCO. In s. Cipriano, a quattro miglia da Aversa, nacque a' 21 di settembre 1702 di Paolo e di Ippolita Furuo. Mostrando buona indole, pronta memoria, e desiderio di sapere, fu condotto a Napoli da un suo zio : ivi da'pp. del Gesù apparò la lingua latina, ponendo amore a Ci- cerone sopra gli altri classici , e diede opera alla lin- gua greca. Per la morte del padre dovette ripatriare; ma restituitosi indi a Napoli , si volse allo studio della medicina. Non trascurò la notomia, la chimica, la bo- tanica , la fisiologia. Per la clinica seguì prima Bia- gio del Pozzo , poi Nicolò Cirillo : il quale lo slimò tanto, da porre in lui il dettare le risposte a' quesiti medici. Del 1723 insegnò filosofia e medicina priva- 74 Scienze tamente : e dato saggio di se, ottenne cattedra di ana- tomia, poi di medicina teoretica. Cos'i el)be a reci- tare due orazioni Ialine pel rinnovamento degli studi nella università, e potè ridurre a miglior forma le sue istituzioni mediche. Addolorato per U morte della ma- dre , ebbe a piagnere anco quella del suo maestro Ci- rillo. Al letto degl' infermi ei fu amico e consolatore e più die medico ; cori tanta cura veniva investigan- do i principii ed i progressi de' morbi , ed applica- va rimedi pochi e semplici senza ostentazione ! Guari Nicolò Ignarra letterato da malattia pericolosa ; on- de questi lo ebbe sempre carissimo. Per la eruzione del Vesuvio nel 1 ì'òl dettò ad inchiesta del sovrano un Comentario , cui tradusse in latino ; altri recollo in francese. Nel 1744 sendo morto nel real parco un leone , ne fece la descrizione anatomica. Nel 1745 mentre ad istanza del re Carlo era in descrivere un elefante donato al re dal gransignore, fu prevenuto da Luigi Visone : di che punto sul vivo, pubblicò to- sto alcune note : e l'altro , temendo un avversario di tanto peso, interpose gli uffici del canonico Girolamo fratello al Serao , ed ottenne pace ed obblio del pas- sato. Così finissero tutte le guerre de' letterati ! Tro- varonsi nel ventre di un cinghiale del re lucidi glo- betti contenenti acqua torbida , e il Serao ne scrisse : scrisse sulla tarantola a dileguare la vecchia favola, elle i morsicati in certo tempo dell' anno siano prosi da vero estro , e ristorati al suono di musici stru- menti vengano alla danza , cui lascino poi dopo sparso molto sudore. Dettò un comentario latino sulla vita di Alessio Simmaco Mazzocchi ; scrisse contro il C!ii- coyneau , il quale sosteneva non essere la peste con- tagiosa : del qual parere fu chiesto il Serao da mon- signor Leprotti archiatro di Benedetto XIV. Scrisse ancora De suffocatis ad vitain revocandis : i quali opu- I Ritratto di Serao 75 scoli ùsciroT^o in Napoli del 1 7G6. A difesa del suo maestro (del quale dettò la vita in purgato Ialino) stampò un opuscolo , che indirizzò a monsignor Le- protti col titolo : Vindiciae prò Nicolao Cyrillo ads>cr- SXLS lipsìensiicm responsionem ec. Neap. '1738. Recò dall' inglese in italiano le osservazioni di Gio. Priri- gle De casttensibiis morbis, e le pubblicò del 1757. Dettò a quando a quando iscrizioni latine , che eb- bero lode. Insorta quistione in Parigi tra la facolti medica e la chirurgica, ne fu scritto a varie accade- mie : per quella di Napoli scrisse il Serao , e la con- troversia ebbe fine. Sollecito qual era nella cura de- gl' infermi , comecché poveri , e fiorendo d'illibati co- stumi, fu eletto medico ordinario della regina , indi del re Ferdinando , e protomedico del regno. E nella corte e fuori fu tale , che ninno offese , molti beneficò. Ma afflitto da forte reuma e da grave mal di gola , cui fu sempre soggetto , mancò ai yivi il 5 di agosto 1783 tra i conforti della religione , di cai fu osservantis- simo. Ebbe sepoltura nella chiesa dì S. M. di Monte Vergine con epigrafe latina per cura del nipote Giro- lamo. Tommaso Fasano ne scrisse distesamente la vita , e monsignor Arcangelo Lupoli un giudizioso comen- tario , che vedesi in quel tesoro delle vite d'illustri italiani del Fabroni , e ricomparve in Napoli del 1824. Ne scrisse nella Biografia degl" italiani illustri del secolo XyiII il Villarosa, di cui ecco il sonetto nei ritratti poetici all' illustre medico consecrato. Mentre i seguaci d'Esculapio errando Van per dubbioso ed ispido sentiero , Ed in bei modi il lor sermone ornando , Spargon misto e confuso il falso , il vero : Gli arcani di natura investigando , Que-ti a mela miglior volse il pensiero , 7£ S e I E IT 2 E Ed ia leggiadro stil presto die bando A Terror prisco , e ne abbassò l'impero. E piacque ai dotti , o ciie il vesevo ardente , O il leoQ descrivesse , o l'elefante , O r fier cinghiale da l'obliquo dente. E pur, urail di tante lodi e tante , Queir aura lusinghiera in cor non sente , Che al soffio il merlo adombra in un istante. Abbiamo varcati i confini prefissi da brevità ; perchè ci e forza finire ; ma non finiremo giammai di dar lodi al signor marchese di Villarosa , che si fa benemeri- to della patria , promovendo con ogni maniera di sollecitudine l'amore ai buoni studi , e ridestando la memoria de' chiari uomini per tener viva la fiamma di virtù nel petto de' generosi. D. Vaccolini. 77 Sulla nefrite passata ali* esito di cancrena in sog' getto , nella cui dissezion cadaverica furono tro- vate singolarmente nove pietre nella cavità dello sto- maco ^ e la totale mancanza del rene destro. Me- moria dedicata alt illma magistratura della città di Montalto^ ed agV illmi sig. consiglieri della me- desima città^ dal dott. Angelo Sorgoni di Recana- ti , socio di varie accademie ed attuai medico della suddetta città^ in gratitudine al montaltese consi- glio neir occasione che questo aumentò la di lui annua onorificenza, Eccmo sìg. sig. pne colmo. J_ie prove non equìvoche date da V, S. eccma della rara abiliti e valentia nella cliaica nedìca professio- ne , che trovasi ad esercitare in questa patria di Si- sto V da circa due anni ; l'aver superato con esito fe- lice arduissime cure ; l'essersi prest^^o con ogni amo- revolez'.a, e pari puntualità nell' esistenza degl'infer- mi di ogni classe; l'avere infinefatto a chiare note conoscere essere ella dotata di ttti que' numeri , che costituiscono l'uomo probo e tibbene ; hanno indot- to il generale consiglio di qii>to comune ne' comizj del 3 corrente a portare l'anni di lei onoranza dagli se. 225 agli se, 250 , nell' oc»sione attuale , eh' ella viene chiamata all' esercizio di la professione nella città di S. Angelo in Vado , dove stato eletto nelle qua- lifiche di medico primario cerotto di quella citta. Sanzionato l'atto sviesprso dall' apostolica dele- gazione , come mi venne iio»cato con ossequiato dì- 78 Scienze spaccio del giorno 13 di questo stesso raesc N. 2469 sez. I, non tardo punto a darleiie partecipazione , sicuro eh' ella accetterà di buon grado questa sebbene tenue testimonianza di quella stima e gralitudirie , che il municipio e la popolazione le professano sott' ogni rap- porto ; e certo altresì , eh' ella sarà per qui rimanere, e nella sua specchiata onoratezza , ed immutabilità di carattere sarà per proseguire colla stessa diligenza ed attività nel disimpegno delle sue funzioni , come indefessamente ha praticato fin qui. Nel prevenirla intanto , eh' ella fin da oggi va a godere gli effetti della spontanea deliberazione del con- siglio , ho il bene di segnarmi con distinta stima € considerazione. Di Montalto 15 giugno 1835, Di V. Si eccrha. .. Sig. dott. Angelo Sorgoni Medico condotto Dviho obbhiio serv. Camillo Silvestri Celi Go;ifa_loniere. Jlf illrha niagistratra della città di Montalto ed agi' illmi signori congUeri della medesima città. L'onore , di cui vere decorato il medico incari- co di questa citta per jera dell' immortale vostro concittadino il sommo putcfìce Sisto V , che lo fre- giò di protemedicato coi iurisdizione in lutto il do- minio del preside di quo^ citta , fu per me il pria- ' Sulla nefrite ec- 79 cipal motivo , che qui raì condusse all' esercizio delle sanitarie incombenze. Questo medesimo motivo di ono- rificenza voi per tratto di bontà , e di generoso seuli- mento non ha guarì in adunanza consiliare risolveste di accrescermi coli' aumentare il soldo di questa medica condotta, mentre io dopo circa due anni di medico eser- cizio qui tenuto veniva chiamalo nella citta di S. An- gelo in Vado con maggiore assegno di quello da que- sto omune accordato. Pel il qual motivo dì maggior decoro mi decisi di rimanere in questa città, nel rifles- so che quel medesimo punto d'onore , che qui mi con- dusse , aneor mi vi trattiene. Ma a tanta vostra bon- tà e generoso sentimento in qual maniera da me si po- trà corrispondere , che sia degna delle vostte nobili per- sone , e delle illustri prerogative vostre ? Io non so al- tro tributarvi , che i sinceri sensi della mia indelebile gratitudine. E per darvi un saggio di questi sensi me- desimi, mi arbitro di dedicarvi il presente mio tenue lavoro, che vi prego di risguardare con quella bon- tà , che è propria della grandezza dell' animo vostro. Mentre poi vi contesto siffatto tratto di mia doverosa riconoscenza, ho pure l'intendimento di dare una te- stimonianza pubblica tanto delle rare vostre doti , quan- to della mia gratitudine verso di voi. Degnatevi di ag- gradire questo mio rispettoso officio , il desiderio mio di essere utile alla languente umanità , e la viva bra- ma di meritar sempre la vostra soddisfazione. Di voi , illiiii signori , Di Monlalto 30 giugno 1835. Obblmo umilino e devino servo AnOÉLO DOTT. SojlGONI. so S e I K M Z E MEMORIA. L'influenza , che hanno nello stalo fisiologico e patologico del nostro organismo la singolarità di alcuni patologi lavori , e le anomalie che si rimarcano nella distribuzione, iielT origine , nel numero e volume de- gli organi , è oggetto interessantissimo ; imperocché la cognizione di siffatta influenza serve a trovare la ra- gione di tanti fenomeni , che presenta la macchina no- stra sì nello stato sano , come in quello morboso , i quali senza di questa cognizione sarebbero certamente superiori alla nostra intelligenza. Oltredichè questa co- gnizione medesima può somministrare molti lumi rela- tivi alla pratica dell' arte di guarire : ne somministra alla medicina dietro l'intelligenza de' fenomeni morbo- si ; ne somministra alla chirurgia additando le parti , che poste in punti non ordinar) sono da doversi evi- tare , oppure da doversi fare oggetto di chirurgica ispezione. E' per tal motivo cosa a desiderarsi , che i cultori dell'arte salutare valutino , e raccolgano i vari fatti desunti dalla stranezza de' patologici lavori e dalle tante anomalie, per ricalarne quindi que' giusti pvincipj , il complesso de' quali costituisca quel cor- po di dottrina capace di que' vantaggi sopra nomina- ti , a cui fino ad ora non sono giunte le già falle indagini in questo proposito. Con tal divisaraento sem- brami non inutile la descrizione della nefrite , della quale fu vittima Pietro Ubaldioi di S. Natoglia nella delegazione di Camerino , nel cui cadavere furono rinvenute di straordinario la mancanza totale del rene destro , e nove pietre nella cavita dello stomaco in vi- cinanza del piloro. Quest' uomo di 56 anni , di gracile costituto , di temperamento sanguigno , di professione falegname , sog- Si;lla KEFRITB £C. 81 getto a dolori di basso veatre in tutto il tempo della malattìa che sono per descrivere , due anni prima della sua morte ebbe gravissima percossa nella parte laterale sinistra del corpo in corrispondenza del rene sinistro. Immediatamente a silFatta percossa egli soffrì dolore nella parte relativa allo stesso rene , soggiacque ad al- terazione e scarsezza della secrezione dell' orina , ed a lebbre. Sintomi, che continuarono per qualche tempo, e che per conseguenza furono gì' indizj dell' infiamma- zione ordita nel suddetto rene, avuto riguardo alla cau- sa , da cui gli stessi sintomi provennero. Per esser fre- nata e vinta quest' infiammazione, se ne intraprese un metodo curativo antiflogistico , che si fece consistere in alcune sottrazioni sanguigne generali e locali , in tiepide fomentazioni emollienti nella parte affetta , in clisteri pure emollienti , e dieta rigorosissima. Median- te questo metodo curativo si frenò l'infiammazione or- dita nel rene in discorso ; ma non fu inteiamente vin- ta, perchè quantunque cessassero i sintomi di generale diffusione, pur nondimeno rimasero quelli locali, che di quando in quando si manifestavano. Unitamente a questi sintomi , poco dopo il tempo sopra menzionato, l'infermo andò soffrendo dolore e peso nella regione epigastrica , ed a rutti acido-orinosi , che variavano in intensità in alcuni giorni a seconda della qualità de' cibi , e degli esercizj di corpo più o meno forti ; talvolta questi medesimi sintomi pergiungevano al gra- do di manifestare decisa colica. Per causa , io credo , della condizione del paziente , e della poca curanza de' medici presid , questa malattia fu lasciata in balia di se stessa fino al grado fortissimo della medesima, che sì sviluppò 2 > giorni prima della morte. Gliia- raato io in tale esacerbazione di malattia, rinvenni 1 in- fermo che accusava dolore molto intenso nella parte corrispondente al rene sinistro , con conati al voini- (i.A.T.LXV. 6 ì;!2 ^ *^ ' K ^' ^- ^ to , che però non fu mai effettuato, con iscarse orine di colore leudente al nerastro , e con febbre continua : aveva egli il basso ventre conserabilmente teso , che era inflessibile a qualunque pressione. Calcolati i sin- tomi , che notai nella mia visita , ed esaminati col confronto di quelli già esaminati in antecedenza , e colla causa da cui procedettero , mi parve che non si potesse dubitare d'una forte riaccensione infiamma- toria nello stesso rene sinistro. Con tal giudìzio ne intrapresi la cura , che istituii con sanguigne generali e locali , con fomentazioni tiepide emollienti nella parte affetta , con breve soluzione di pochi grani di tar- taro emetico, che mai non produsse il vomito, con emulsione di semi di melone per bevanda, e con rigorosa dieta. Mediante questi presidj non altro si ottenne , che una minore intensità de'sintomi per la durata di qual- che giorno : nel qual tempo di tregua fu continuata la cura co* bagni tiepidi ; e parve coli' uso di que- sti, che si fosse ottenuta una decisa calma nello stato morboso si generale come locale. Ma tutto ad un tratto, per causa indeterminata, nel 20 giorno di nuova riac- censione si riaffacciò il dolore forte nello stesso rene sinistro assai piìi intenso di quello che fu per lo pas- sato , a cui successe quasi immediatamente abbondante ematuria. Questa restò frenata con altre emissioni san- guigne ; ma non si frenarono certamente la morbosa coudizione locale , e le sue generali influenze ; impe- rocché dopo pochi giorni dall' accaduta ematuria, si manifestò alterazione nel sistema nervoso , come difiu- sione della condizione patologica al nerveo tessuto ; e difalti si presentò il delirio, che sempre più aumentossi in intensità ; moli convulsivi invasero l'intero corpo ; comparve sudor freddo alla fronte ; vacillarono i pol- si. Tutto ciò mi fece ritenere, che l'esito della can- crena fosse succeduto all' infiammazione del rene , che Sulla nefitk ec. 83 clof/csse presto produrre ìa morte; come realineale in seguito a' suddetti sintomi si fece codaverico l'aspetto dell' infermo , a cui tenne dietro la fine de' giorni di quest' individuo. Passato il tempo debito asssegnato dalla religio- ne e dalle leggi civili , si venne alla dissezione cada- verica : anzi tutto si apri il basso ventre : ed imme- diatamente fu veduto lo stomaco ripieno d'un umore. Il f£ual viscere inciso lasciò sgorgare un liquido acqueo di odore orinoso ivi contenuto: e quindi dette mo- tivo di osservare una consistente durezza a guisa d'in- saccatura o protuberanza in prossimità del piloro. Aper- ta quest' insaccatura, furono trovate nove pietre di qua- lità fisiche e chimiche che saranno in seguito de- ; scritte. Le pareti dello stomaco tanto internamente quan- I to esternamente erano in istato sano, all' eccezione della j protuberanza vicino al piloro , ove erano le nominate pietre : nelle quali pareti si notava soltanto la mag- , giore estensione , dove era la insaccatura , senza che j in esse si riscontrasse alcun segno d'infiammazione. j GV intestini non mostrarono marche di alterazione al- cuna , siccome non ne mostravano il fegato e la mil- za. Dipoi si passò ali' iadagiue del sinistro rene , da cui sembravano derivati i sintomi essenziali della ma- lattia : e fu questo rinvenuto il triplo più grande del- la forma normale , colla sua pelvi cancrenata , sicco- me pure erano cancrenate circa tre dita trasverse del corrispondente uretere , il quale nella sua grandezza era in proporzione a quella del rene , essendo esso pu- re il triplo più grande dello stato normale : entro la suddetta pelvi furono ritrovati alcuni grumi sangui- gni. Il rene destro inutilmente fu ricercato , perchè non esisteva in alcuna maniera. La vescica era sa- na. In seguito di che si venne all' apertura del to- race , e furono rinvenuti i visceri ivi contenuti senz'ai- 6^ g/J. S e I F N X K cuna alterazione. Si aprì infine anche la cavita del capo, e si ritrovò un qualche grado d' iuieiione ne' vasi cerebrali. Le qualità fìsiche e chimiche delle citate pietre, rinvenute nello stomaco del suddetto paziente, sono le seguenti : Queste nove pietre insieme pesate erano di sei once ; nessuna aveva il peso d'un' oncia ; varia- vano di figura ; la maggior parte era di figura sferi- ca : l'altra parte aveva una forma irregolare; ve n'e- rano due , che dalla loro rotondità facevano sorgere tre punte acutissinje sparse in varie parti ; erano du- rissime , molto liscie , e non ontuose ; il loro colo- re era biancastro, simile a quello che si osserva nelle pietre vescicali ; erano formate di vari strali con noc- ciuolo della stessa sostanza degli strati : appena cavate dallo stomaco tramandavano un odore orinoso ; pre- cipitavano neir acqua , ed erano insolubili nella me- di'sima , siccome pure erano insolubili nelle sostanze oleose e nell' alcool. Assoggettate queste pietre ad un' analisi chimica, si e potuto riconoscere, che venivano formate dall' acido urico, dall' urato di ammoniaca, dal solfalo di calce, da una materia animale particolare ana- loga air albumina. Comunicato il fuoco a due di que- ste pietre, in sulle prime si sono arrossate senz' ac- cendersi , dipoi soa divenute nere , e quindi sonosi ridotte a guisa di polvere di carbone animale pro- dotto dalle ossa bruciate. Nella stessa comunicazione del fuoco , mentre le medesime due pietre sono rima- ste bruciate, hanno tramandato un odore amraonia- co-calcareo. Nell'esposto caso considerandola cagione morbo- sa , i sintomi che le succedettero , e la dissezione cadaverica, manifestamente apparisce rinfiararaazione del rene passata all' esito della cancrena. Le altre cose os- soivate colla medesima dissezione , come le pietre nella Sulla i!(ki-rite re. S5 cavita dello stomaco , l'esistenza del solo rene sinistro, possono considerarsi quali fenomeqi , che raaggiorraenle resero imponente la malattia e Io stato generale del r infermo. In questo caso medesimo i suddetti due fenomeni che si sono presentati , sono degni di molta conside- razione SI per la loro stranezza , come per la re- lazione che passa tra loro. Il primo fenomeno è la mancanza totale del rene destro. Il qual fenomeno non lascia di esser singolare , quantunque un solo re- ne sia stato trovato nel corpo umano da Cabrolio Ci- talo da Diemerbroek, da Morgagni, e da qualch' allio j autore. Intorno il medesimo, relativa.mente alla sua pro- i duzione, altro non può dirsi, se non die la suddetta raan- cantra abbia costituito una raostruosita , o ch'essa sia ' stai» un naturale scherzo simile all' altro caso , che j talora si osserva d'un solo testicolo , d'un solo orec- I chio ec. Sembra però , che la natura abbia voluto I riparare la mancanza del rene destro, nel soggetto di ! cui mi occupo, col grande sviluppo del sinistro, e del I corrispondente uretere : come sembra d'a ver riparalo altre fiate coli' accordare squisito udito in chi fu for- nito d'un solo orecchio. Il secondo fenoraeiio è la formazione delle de- scritte pietre nella cavita dello stomaco. Intorno al quale vuoisi riflettere in primo luogo, che queste pie- tre specialmente per l'acido urico, che ha fatto parie delle medesime , hanno presentato tutti i caratteri del- le pietre delle vie orinarie , siccome pietre consimi- li furono ritrovate nel tubo gastro -enterico in ailri casi registrati dal Brngnatelli nella A\ia litologia uma- na , nelle quali parimenti cadeva' in particolare con- siderazione l'acido urico come maggior componente delle medesime. In secondo luogo, per l'intelligenza del- la formazione delle pietre in discorso, vuoisi notare 86 S e I i: N z E la relazione grande, che esiste tra Io stomaco e l'ap- parato delle vie orinarle. Questa relazione fu rimar- cata in tutti i tempi in vista della rapidità, con cui in molte circostanze i liquidi dallo stomaco passano in vescica : e questa medesima relazione fu stabilita in modo , che tanto gli antichi quanto i moderni au- tori hanno ammesso una diretta comunicazione tra lo stomaco e le vie orinario , per la quale le bevande direttamente dallo stomaco vanno in vescica senza che passino pel circolo sanguigno. Siffatta comunicazio- ne non fu ammessa concordemente da' vari autori, che han trattato di questa materia , stabilendo esserne uni- co il mezzo ; ma quantunque fosse ammessa , non fis- sarono tutti il mezzo medesimo. Ed difatti da Ippocra- te questa stessa comunicazione fu fatta consistere in alcu- ne fibre prolungate; da Areteo in certi particolari con- dotti diretti dallo stomaco alla vescica; Duharael sosten- ne , che questi due visceri erano in comunicazione col mezzo dei pori inorganici ; Berdgher col mezzo de'pori assorbenti; Diemerbroe'; mediante un condotto linfati- co ; Bartolino mediante i vasi lattei ; Darwin pure ha ammesso l'esistenza d'una particolare comunicazione tra lo stomaco e le vie orinarìe mediante il moto retro- grado de' vasi linfatici: per il chCv egli dice , che l)e- vute alcune sostanze accade un mòlo retrogrado in que' vasi linfatici dello stomaco , che si anastomizzano con quelli de' reni- e della vescica, e che per siffatto moto retrogrado tali bevande passino direttamente dallo sto- maco alla vescica , senza che dallo stomaco vadano nel circolo sanguigno prima di passare alle vie orinarie. Non h mio 's;copo ^I"' ^^ esaminare qual valore possa avere ciascuna delle vie suddette di comunicazione ammessa da' vari sunnominati autori in proposito alla relazione tra lo stomaco e le vie orinarie : qualunque valore ci si voglia accordare , non si potrà mai met- Sulla nf.iritf. tc. 87 tere in dubbio, che lo stomaco e le vie orinarle siano tra loro nel più prossimo rapporto. In forza del quale rapporto sono stati notati, molti fenomeni consen- suali tra le medesime parti. Così Toramasini ed altri osservarono il vomito d'orina : questo medesimo vomito d'orina fu osservato da Lanzi , il quale particolarmente dice , che una donna presa da forte isterismo soflriva negli accessi isterici tale soppressione d'orina da ren- der necessaria l'operazione della siringa per fare scari- care la vescica dall'umore che conteneva, e che la medesima donna in alcune circostanze di maggior con • vulsione non potendo ricevere la siringa soggiaceva a vomito abbondante di pretta orina con palese ed im- mediato abbassamento di vescica. Del qual fenomeno e delle metastesi in genere Brandis dava spiegazione con un' azione vicaria nelle parti tra loro affini di strut- tura, e ritenne essere un sublime provvedimento del- la natura , che una secrezione necessaria ed utile se-" condo le leggi vitali, quando sia impedita o soppressa neir organo a se relativo , si possa da altr' organo ef- fettuare per compensazione. Io poi nella produzione di questo vomito d'orina rifletto , eh' egli e una cosa ben distinta dal vomito de' sughi gastrici, o d'altro umore di odore orinoso contenuto dallo stomaco , per- ch'e quest' odore può essere avvenuto per l'assorbimento dell'orina , e quindi per esser trasportata nel circolo sangtiigno , dove per essa siano rimasti affetti i fluidi dal sangue separati. Del vomito di pretta orina non può dirsi la slessa cosa , mentre non si tratta di su- ghi gastrici , o di altri umori di odore orinoso nello stomaco contenuti e vomitati. Qualunque sia la via fe- nuta dalla natura per la produzione di questo vomito di pretta orina , o sia per un' azione vicaria della vesci- ca eseguita dallo stomaco , siccome pensava Brandis ; o sia per una diretta comunicazione , come gli altri g S e I S W Z E citati autori sostenevano: la verità si è, che il vomito òì pretta orina è incontrastabile , siccome è incontrasta- bile, che questo vomito indichi la più forte relazione tra lo stomaco e l'apparato orinario. Tutto ciò premesso, vuoisi richiamare che nel so- pra citato soggetto, preso da infiammazione renale , ma- nifesta è stata l'alterata funzione del rene , e del cor- rispondente uretere per opera della causa morbosa si prossima come remota. In questo stato di alterata fun- zione delle vie orinario lo stomaco ha dato segni di raccolta d'orina nella sua cavità, come ciò risultava da rutti orinosi , che venivano accusati dall' infermo , e dalla qualità dell' umore trovato nello stomaco del ca- davere. Ln questo stato medesimo io non islarò a ripe- tere se la natura o per un' azione vicaria della vescica eseguita dallo stomaco facesse essere l'orina nella ca- Ti vita dell' organo digerente , opi)ure se l'orina ivi fosse per un moto retrogrado tenuto in oppositi canali di- retti dalle vie orinarle allo stomaco: ripeterò solo, che era indubitabile l'esistenia dell'orina nella cavila dello stomaco dell' infermo in discorso tanto per i rutti ori- nosi , eh' egli soffriva , quanto per la qualità orinosa , che dimostrò il liquido («) rinvenuto nello stomaco colla dissezion cadaverica. In siffatto movimento della na- tura effettuando in questo caso lo stomaco le veci delle vie orinarle , molta parte deve avere avuto la totale mancanza del rene destro: imperocché nello stato mor- boso del sinistro rene è mancato interamente nel caso suddescritto quel supplemento di funzione, che il rene (i) Questo liquido non fu poluto sottoporre ad analisi clil- niica , perchè appena aperta la cavila dello stomaco si con- fuse con altri lunoi'i , che furono inavvertentemente dissipati: ci si notò soltanto il deciso odore di orina , che tramandava. Sulla NErniTs ec. 89 destro sano avrebbe potuto eseguire a vantaggio di quel- lo affetto non solo , ma ancora a vantaggio dell' intera animale economia. Ed è per tal raotiv» , che la na- tura interessò un allr' organo per la funzione propria deir apparato orinario in quel la parte , che rimaneva a compirsi nello stesso apparato reso insuOTicierite dell' intera propria funzione sì per lo stato morboso , in cui si trovava, come per essere incomplete le vie orinarie colla mancanza totale del rene destro e suo corrispon- dente uretere. Dimostrata nel citato modo l'esistenza dell' orina nella caviti dello stomaco , allorché in questa cavita medesima si è data quella circostanza opportuna , che ancor la medicina non sa precisamente additare , per la quale avviene l'animale cristallizzazione nell^ varie parti del nostro corpo , a cui si riduce la fo rnjazione delle pietre, secondo i pensieri di iiubiiii : o sia \questa circostanza opportuna una quiescenza di parti, secondo lo stesso Rubini , o una degenerazione di liquidi sto- machici , che non si opponga alle concrezioni nello stomaco; per siffatta circostanza opportuna quelle parti dell' orina , le saline specialmente che soggiacciono alle concrezioni , nello stomaco dell' infermo in discorso si cristallizzarono, e si formarono cosi quelle pietre , che furono trovate nella cavita di questo viscere con tutti i caratteri delle pietre delle vie orinarie. In questa guisa si rileva come cosa ragionevole , che le dette pietre ri- trovate nella cavita dello stomiico siano pietre orinarie formate nella nominata cavila gradatamente sin da quan- do incominciò ad alterarsi la secrezione dell' orina nel citato infermo , e che si formarono nell' organo di- gerente per l'orina, che in siffatto viscere si raccol- se, in forza di quel movimento relativo alle vie ori- narle , che natura ha fatto tenere dallo stomaco nel descritto caso , siccome altre volte pur tenne nel mo- 90 S e 1 K M Z E do che dietro rautorita di vari uomiià illustri ven- ne sopra dimostrato. Per maggiore ifìtelligenza di questo fenomeno, re- lativo alle formazione delle pietre nella cavita dello stomaco , fa d'uopo dimostrare come potevano rima- nere in questo viscere i materiali delle pietre sunno- minate , e le pietre stesse per un qualclie tempo an- che considerabile senza esser vomitate , e senza esse- re succeduto il loro passo negl' intestini ; come ancora fa d'uopo dimostrare 1* influenza di questi corpi ete- rogenei nella funzione digesti va. In quanto al non es- sere vomitati i materiali delle pietre in discorso , e le pietre stes-^e , Convicn calcolare nel paziente, di cui qui si tratta , la piìi forte difllcolla al vomito : e dico la più forte , perchè non solamente colle forze di natura niiii il vomito non sì effettuò in questo sog- getto senza essere co' mezzi dell' arte procurtito : ma il vomito neppur presentossi in seguito dell' intro- duzione nello stomaco di sei grani di tartaro emetico sciolti in conveniente veicolo , la cui efficace atti- vità era stata da me altre volte sperimentata. A que- sta difìicoltk nella produzione del vomito a me sem- bra che si possa anche aggiungere quel movimento tenuto dallo stomaco per far essere V orina nella sua cavita ; il quale movimento poteva perturbare i moli peristaltico ed antiperistaltico dello stesso viscere ; e poteva pure far obice al predomitiio del moto an- tiperistaltico sul peristaltico , predominio necessario alla produzione del vomito. Relativamente poi/al non esser succeduto il passo delle citate pietre negl' in- testini , vuoisi riflettere, che nella prima loro forma- zione le parti componenti le medesime potevano rima- nere presso le rugosità dello stomaco, e specialmente presso quella molto rilevata in prossimità del piloro, dove si osservò la sunnominata protuberanza a gai- Sulla nefoite f.c. 91 sa di sacco. Io penso , che nello stesso modo abbia luogo la formazione de' calcoli intestinali : vale a di- re penso» chela prima formazione di siffatte sostan- ze succeda presso le così dette valvole conniventi, ed intestinali concamerazioni. Quindi sempre piiì au- mentandosi le particelle cristallizzabili , e dandosi luo- go all' ingrandimento e numero delle pietre stesse , queste in forza del loro peso dovevano formare la protuberanza nominata , nella quale situate doveva- no far obice a quel movimento , che ne avesse ten- tato il passo per gì' intestini. Con queste ragioni io credo che si possa intendere la causa , per cui non venissero le pietre citate espulse per vomito , e ne passate dallo stomaco al tubo intestinale. Intorno il quale lungo soggiorno di tali sostanze nel tubo ga- stro - enterico cade in acconcio anche l' autori- tà di que' medici celebri , che ciò hanno notato : tra i quali Marechal ha lasciato la storia d' un calcolo gastrico , che dietro molte ragioni egli decìse avere impiegati degli anni a scorrere i diversi segmenii degl'intestini : il sopraccitato Rubini in proposito di che così si esprime : ,, I calcoli gastro-intestinali si „ arrestano per un tempo piiì o meno lungo nel luo- „ go di loro formazione, a misusa che sono più leg- „ geri o più pesanti , più levigati o più scabri , che ,f formano aderenze più o meno tenaci , e che le cir- „ costanze o locali o generali sono più favorevoli a ri- ,, tenerli o ad espellerli , e talora vi rimangono fino „ ad acquistare un volume considerevole. ,, Ma le pie- tre poste nella cavita dello stomaco, siccome i primi e gli ulteriori materiali delle medesime , dovevano tur- bare la funzione di questo viscere ; e difatti erano mar- cali gii efletti di questo turbamento. I continui rutti acido-orinosi , che soffriva il paziente , il senso di pe- so nella regione epigastrica, i dolori in siffatta regio- 92 Scienze ne che talora giungevano al grado di colica , dimo- stravano quale influenza avevano i materiali delle no- minate pietre , e le pietre stesse nella funzion dige- stiva , turbando la medesima nel suo normale eser- cizio , oltre r irritazione che necessariamente doveva- no produrre nelle pareti dolio stomaco. Tale è il caso di nefrite , che a me si è presen- sentato colla singolarità di trovare nelT individuo af- fetto da questo malore la raaiicanza totale del rene destro , e la pietre orinarle nella cavita dello stoma- co. Ciascuno di questi due fenomeni presenta sinj^o- larita, tanto considerati separatamente, quanto consi- derati in rap[)Orto tra loro. Si vide come caso raro l'e- sistenza d' uu solo rene nell' umano individuo : ed è pure caso raro la formazione delle pietre nella cavi- ta dello stomaco , siccome osservarono gì' illustri scrit- tori Fourcroy e Vauquelin nella loro interessante ope- ra analoga a quest' argomento inserita negli annali del museo nazionale di Parigi : secondo i quali scrittori si nota , che per quanto è comune la suddetta for- mazione negli animali , altrettanto in contrario e ra- rissima neir uomo. Particolarmente rare poi si ravvi- sano tali pietre per la circostanza de' loro materiali , che , come si è veduto, sono risultati dall' orina , e per i quali esse si sono forra;Ue. Sono pure gì' indi- cati due fenomeni singolari per il rapporto esistente tra loro , mentre non potendo esser supplito il re- ne sinistro nel suo slato morboso dal rene destro man- cante , la natura deviò dall' apparato orinario la fun- zione di quest' apparato , ed interessò lo stomaco ia questa medesima funzione. Ecco come un anomalia può avere influenza nella produzione de' più straor- dinarj ienomeni. Se fatti di questa natura , o analoghi alla mede- sima , fossero in gran numero raccolti , e quindi esa- Sulla nefrite eg« 93 minati nelle loro relazioni , si potrebbe sperare, che da siffatto esame risultassero qua' giusti principj , co' quali si potesse giungere ad intendere la ragione di tanti fenomeni morbosi sviluppati o per singolarità di processi patologici , o per anomalia di distribuzione, di origine , di numero , e foi(na degli organi , o di parti. Così la medicina e la chirurgia nella parte scientifica sarebbero arricchite colf aumento delle co- gnizioni , che deriverebbero da questi principj mede- simi, e la pratica stessa della medicina e chirurgia avreb- be in molte circostanze maggiori fondamenti per diri- gere le sue viste terapeutiche , e per soddisfare le cura- tive indica/.ioni. Al quale iiitendimento se mirano i la- vori di Robert , come pure se a ciò si riferisce l' opera di qualch' altro autore, non si trova però compiutamen- te trattato quest' argomento interessantissimo , perchè ancora molti voti rimangono a doversi soddisfare. L' u- tilita di quest' argomento , secondo i rapporti si pratici come scientifici , sarà di stimolo a maggiori intraprese intorno al medesimo. La quale utilità venne ricono- sciuta dagli uomini sommi , che si dettero alle iuedi- che scienze : tra i quali Morgagni in proposito a que- sto stesso argomento così diceva nella sua opera „ De sedibus et causis morborura per anatoraen indagatis. Epistola XIV. „ His ( a' cultori dell'arte salutare ) cer- „ te erraadi periculum creatqui in iis partihus, quae ,, niinus oculis expositae sunt , omnia quasi perpetua „ describit : utilior autem est is qui aut saepe aut „ interdum , quae variare possint , osteadit.,. "*. 94 Lettera di Paolo Costa a Ferdinando Ranalli , in torno al suo libro ideologico. i nostro Bartoloni mi dice , che desiderate una mia lettera che dichiari il fiae , al quale scrissi la mia operetta ideologica. Parruì che questo sìa manifesto da essa ; nulladitneno vi farò brevemente un' altra di- chiarazione. E' necessario, per togliere la infinita confusione che è nelle scienze ideologiche, di dare ai vocaboli un de- terminato valore. Io sostengo che questo non si può ot- tenere , come pensava il Locke , colle definizioni ( le quali sono scomposizioni delle idee) se prima le idee non sieno state ben composte ; sostengo che queste non si possono compor bene se prima non si conoscono qua- li ne sieno gli elementi semplici ; sostengo che gli elementi semplici sono le reminiscenze relative alle sen- sazioni , che le idee si compongomo di sì fatti elemen- ti, e del sentimento dei rapporti delle une e delle al- tre , cioè dei giudizii. Da ciò co iseguita che 1' espe- rienza ( se r esperienza vale ciò che si sente mediante l'attenzione) èli fondamento della scienza umana. I kantisti ed altri filosofi distinguono le idee in idee soggettive e in idee oggettive , ed attribuiscono un'ori- gine alle une ed un' origine alle altre. Questa distin* zione può esser buona : ma non è buono 1' ammette- re che abbiano origini di natura diversa. Hanno un* origine stessa , e questo si fa palese per un solo esem- pio. Da idee soggettive nascono le proposizioni seguen- ti : ,, Le reminiscenze sotio in me ; le reminiscenze si Lktxera dei. Costa 95 associano . „ Qual è 1' origine delle idee dalle quali derivano si fatte proposizioni ? Il sentimento. Dire che la reminiscenza del color di rosa è in me , è dire che io sento che è in me ; cosi direte dell' altra proposi- zione. Da idee oggettive nascono queste altre proposi- zioni:,, I corpi pesano: le rose mandano odore.,, Da che nascono elle? Dal sentimento; perciocché dire che i cor- pi pesano è lo slesso che tlire „ sento il peso , giudi- co , ovvero ho il sentiraeiito (1) , che la cagione della mia sensazione tattile è nel corpo. „ Cosi dire le rose iriaudauo odore, è dire: ,, sento l'odore , ed ho il sen- timento ( giudico ) che 1' odore ha una delle cagioni in cose fuori , cioè che non sono in me. ,, Fra le idee soggettive e le oggettive non vi è altra di erenza , che nelle prime sentiamo che la cagione è nella no- stra persona ; nelle seconde che una delle cagioni è in noi , 1' altra nelle cose fuori. Ma come sentiamo noi che vi sia una cosa fuori ? Questo è il gran pro- blema dagl' ideologi non ancora soluto ; ma 1' ignoran- za in che siamo non da facoltà legittima alle scuole tra- scendentali di concludere che questo giudizio non di- pende dal sentire. Egli è un sentimento, cioè un rap- porto sentito fra sensazioni e reminiscenze ; che se tale non fosse , nessuno potrebbe dire:,. L'idea che ho ( di una rosa p. e. ) ha le sue cagioni fuori di me : ,, perciochè una si fatta proposizione suppone che l' uo- mo che la proferisce abbia o le sensazioni o le remi- niscenze relative alle sensazioni , prodotte dalla rosa (i) Questo sentimento dee nascere iu virtù dei confronti che l'uomo fa delle attuali sue sensazioni con diverse remini- scenze relative alle slesse sensazioni. Ignoriamo quale sia la serie di si fatti confronti. Questo prohlema non è ancora ri- soluto. 96 Scienze e V idea della sua persona che sente. Voi vedete chia- ramente , che nell'uno e nell' altro degli addotti esem- pi le modificazioni , chiamate idee , e i sentimenti dei loro rapporti sono nell'anima, e che quindi si espri- mono falsamente coloro che dicono: ,, Sentiamo i corpi fuori di noi.,. Dovrebbero dire : sentiamo che iena del- le cagioni del nostro sentire non è in noi (1 ). Coi. fon- damenti da me postisi può stabilire una dottrina (se il buon desiderio non mi accieca ) per la quale va- dano a terra le opinioni di coloro che disprezzano la filosofia lockiana , e che con odiosa espressione la chia- mano dottrina de' sensuali ; con che danno a divede- re , che essi mattamente opinano che il materiale or- gano del senso senta e percepisca , senza accorgersi che se gli occhi e le orecchie e il naso sentissero ciascuno separatamente , non potrebbe giammai nasce- re giudizio alcuno circa le qualità delle sensazioni di natura diversa : l' uomo non potrebbe mai dire: „ questo odore mi diletta più di questo colore: ,, e co- si via discorendo. Il sentimento di un solo centro, questo è 1' anima ; e T anima sente in se medesima , e non fuori di se. Potrà parere che questa dottrina sia la stessa che quella dell' idealista Berclejo : ma essa è diversa , poiché ammette che oltre le idee vi sie- no fuori dell' uomo le cagioni di esse idee. Di queste cagioni noi conosciamo V esistenza , e nulla più. Che cosa sono i corpi in se stessi ? A questa interroga- zione non si può rispondere se non dicendo: Sono igno- ta cagione delle nostre sensazioni. Sappiamo che esi- stono , sappiamo che si modificano , e tutto ciò sap- piamo perchè fanno delle "mutazioni nell' animo no- li) Vedete quello che è detto uel mio libro relativa- inc nle all' idea delle cagioni. Lettiera di:l Costa 97 Siro. Dal che si deduce ciò che dianzi vi dissi , che le idee tutte hanno per loro primitivi elementi le sen- sazioni , le reminiscenze , i sentimenti che sono nel- r anima e non fuori di lei. Cosi la pensano i lockiani , i condillachiani chiamati per beffa dai moderni auto- lori col nome di sensualisti e di materialisti. Mate- rialisti a buona ragione si possono chiamare i nostri av- versarli, o almeno materialisti per metà, f»iacchè am- mettono che i sentimenti del corpo percepiscono , e giudicano relativamente alle qualità delle cose ester- ne. Leggete le lettere filosollche del Galluppi stam- pate non è guari in Firenze. In quelle troverete chia- ramente esposte le dottrine condlllach iane , quelle di Hume circa la casualità^ e segnatamente quelle di Kant. Se dalle mie teoriche si possono ricavare gli ar- gomenti validi a confutare le opinioni' dei trascenden- tali , o di coloro che oggi si danno il nome di eclet- tici , io vi prego di compilare alcune note , o vogliam dire corollaiii , pei quali si vegga manifesta la fal- sità di alcuni principi! del Berclejo , del Rcid e del Kant, la filosofia dei quali è fonte della massima par- te delle moderne follie. Così il mio lavoro riuscirà di qualche utilità. Il Fiaccadori di Parma stampa ora tutte le cose mie : e se voi darete esecusione al pre- detto lavoro , io lo furò mettere nell'appendice del mio libro ideologico. Vi mando alcuni sonetti , che vi faranno ridere. Ne ridali Biondi, ne rida monsignore (i) , ne ridali Betti. Direte al Biondi che il Àiarchese An^elelli è (i) Monsigiioi' Carlo K. llLizz.ai'ell'i , lulitor di rota. G.A.r.LXV. 7 03 S e l K X /. E incantalo del divino volgarizzamento della Gcorgica : desidera di possederlo , e non lo può trovate. Esso Biondi mi disse, quando pubhlicò quella pocsii», che se me ne occorrevano esemplari glieli chiedessi. Ora glie- ne chieggo uno per V Angelclli , a cui egli stesso (se ne ha) potrà indirizzarlo. Questo signore ielleratissinio merita un s\ Lei dono, perocché egli e T uomo che man- tiene nell' università il buon gusto, e che move guer- ra alla matta» scuola de' romantici. Ho scritta que- sta lettera corrente la penna ; m' increscerebbe di cor- reggerla o di riconiarla , essendo io da qualche giorno infastidito molto da' miei mali di bassoventre. Ve la mando dunque (piale è nata , e prego vi di avermi per iscusato. Amatemi e fate distar sano a prò ed onore del- le italiane Ictteie. Vostro affino amico Pawt.o Costa Eravamo giit in piucinto di mettere a stampa la presente lettera del eh. prof. Custa, iiilorchè ci è ve- nuto il manifesto dell'opera di Ini che ora si pubblica a Parma pei tipi del Piaccadori , ed abbiamo trovato iu esso una nota dell' autore in cui in brevi pa- role dichiara lo scopo, col qunle egli scrisse la sua ide- ologia. Crediamo perciò far cosa grata di aggiunge- re a questa lettera la indicata noia , essendo anche de- siderio del Costa diesi stampi in questo nostro gior- nale , acciocchì; i nostri leggitori meglio conoscano le intenzioni che lo mossero a questo nobilissimo lavoro. ,, Quella filosofìa che si fonda sulla osservazio- ne de' fatti , o vogliam dire sulla esperienza , era ve- nuta mercè del Ljcke e del Coudiliac in tanta riputa- Lettera del Costa 99 zlone fra le genti, che vittoriosa delle dottrine pla- toniche , regnava in quasi tutte le scuole : nia sventura- tamente ( per cagione di alcuni mancamenti che sono nelle opere de' sopraddetti filosofi, e sei^nataniente per non essere in quelle bene stabiliti i confini dell' uma- no intelletto ) avvenne che alcuni filosofanti si fecero con torte deduzioni a derivare dalla speriraentjl filo- sofia un pernicioso e disperato materialismo. S\ fatto delirio fu cagione che alcuni ( avvisando di ricondur- re i traviati al diritto sentiero ) si proposero di far risor- gere soUo un nuovo linguaggio il sistema delle idee innate : e per allontanarsi dalle dottrine dei sensuali- sti ( che così chiamavano per dileggio i loro avver- sarii ) , attribuirono all'anima alcune forze (juasi di- vine , ond' essa , a creder loro , travalica oltre le co- se , alle quali la ragione , che solamente dal senso prende le mosse, non può pervenire. Il linguaggio me- taforico da essi usato, avendo un' aria di ublimita misteriosa , seduce le meati di molti , e le guida , di- rò con Dante , a trattar V ombre come cosa salda. Da questa oggi rediviva scuola platonica derivano, come da fonte, le fantasticherie che usuipansi il nome di nuova arte poetica, nemica di quella bellezza che risplende e ri- splendera nelle opere dei classici: da questa scuola la mo- rale che per distinguere il giusto dall'ingiusto non cono- sce altra regola, tranne un sentimento che dicesi coscien- za, variabile secondo i varii intelletti e i varii appetiti : da questa la presuntuosa teologia , che intende ( vedi Dara. Filosof. in Francia) a rovesciare dai fondarannti quel- la che deriva dalla rivelaziove divina, la quale sola può guidare la mente umana al di la dei termini , fra i quali è prescritta la ragione- Per tali effetti tristis- simi il rimedio cercato con benigna inten zione dai novelli platonici , riuscì quasi peggiore del male. A. togliere i due sopraiudiyati eccessi intende l' opera 7* 100 S e I K N Z E mia , che fu stampata scorrettissimamente d irante la malattia che soffersi nell' anno 1831, Veggem'o io che la cagioa priiicipale dei detti eccessi erano la per- plessità del linguaggio (ilosoflco, e la mancanza di una regola precisa che segnasse i termini , oltre i quali la ragione abbandonata a se stessa non può , mi pro- ])osi d' insegnare ai giovani coii qual arte si debba t'ormare un linguaggio composto di vocaboli deter- minati. Mostrai che a questo fine non giovano le de- finizioni : perciocché essendo esse scompoaizioni del- le idee, non possotio riuscire al buon fine , allorché le idee sono staìe composte male. Lasciato pertan- to il metodo di coloro che cominciano dal defini- re , seguitai qivUo degli aritmetici , i quali comin- ciano dalla semplice unita , e a mano a mano che van- no componendo con essa le idee diverse dei numeri, con diverso ed imniutabil noni'j le contrasegnano. Cos'i cominciando io dalla semplice sensazione e dalle sem- plici reminiscenze , ho procacciato di, venir compo- nendo le 'dee , assegnando a ciascuna il proprio vo- cabolo. Fatta cos'i la composizione delle idee, riesce poi facile la scomposizione loro , cioè la loro defi- nizione. Per istabilire poscia i limiti del ragionamen- to, investigata prima hi natura dei principii genera- li , ho dimostrato che il ragionamento , il quale si fonda sopra di essi , non può avere pjtenza che in essi non sia , e che perciò si manifesta la impossibi- lita, di risolvere questioni circa quelle cose , che non sono neir ordine dei fatti dai quali i principii si ri- cavano : mostrai che rispetto a certe verità , è forza di piegare la fronte alla rivelazione divina , che sola ce ne può ammaestrare. Se il ragionamento si fonda sui principii generali ricavati dall' osservazione dei fatti, h cliiaio che la bontà di esso dipende dalla bontà dei LiiTTE HA Dt;i. Costa 101 prlricipll stcìsi , e che falsa è 1' opinione di coloro , che nelle sole regole dialettiche riponevano tutta r arte di ragionare di ri Ita in ente : per la qual casa pro- cacciai di stabilire i principii di tutte le scienze , e di tutte le arti belle. Mi confido quindi che questa logica sia tale, che valga a indirizzare la gioveutìi pe' diversi sentieri della scienza: il ohe non fanno quelle logiche , che trattano delle idee in venerale e del- l' arte sillogistica ec. ,, 102 LETTERATURA Osservazioni numismatiche di Bartolomeo Borghesi. Continuazione della decade XVI. OSSERVAZIONE VI. -LJa testa delle tre divinila capilolinc adorna il di- ritto di altrettanti denari della gente Fiubria , veden- dosi in uno Giove laureato e barbata collo scettro; in un altro Giunone velata e diademata collo scettro anch'essa : nel terzo finalmente Minerva coli' elmo cre- stato , e l'egida al petto. Dietro la prima di quelle immagini leggesi il cognome DOSSENmì , che le altre due volte abbreviasi DOS. Uniforme è poi in tutti il rovescio coli' iscrizione L. RVJ3RI , il quale rappre- senta quattro nobili cavalli , che a lento passo tra;»- gono un veicolo a due rote di forma quadrata. Dalia cima di esso sbalza fuori una piccola Vittoria , che in quelli colla testa di Giove e di Giunone è in atto di volare , mentre negli altri coli' effigie di Minerva è montata sopra una biga. Seguendo le tracce dell' Or- sino i passati numismatici si accordarono nel riconosce- re in quel veicolo la tensa , su cui si portavano in processione i simalacri degli dei , fondandosi sull' au- torità di Sinnio Capitone, il quale presso Festo: Ten- sam ait vocari vehiculum , quo e. in'iae deorum ludi- cris circensibus in circum ad puh'inar i^ehuntur. Ma Oà'.SERV.VZIOX'l KlI.VII.SJlATll'llB 10^» questa sentenza fu largamente o[)pugnala dal Pilisco ( V. thensa ) adducendo sopra tutto , die ciò che co- stituiva propriamente la tcnsa ora l'immagine del nu- me , che qui non si vede , e che anzi non può veder- si, esseado quel cocchio tulio chiuso all' intorno. Trop- po evidente è infatti la difFi-renza dalle altre Icnse in- dubitate , che offrono le medaglie , sia che in osse il simulacro sì mostri tutto scoperto , come nella più par- te di quelle dei divi imperatori delincale nei «esterzi di rame di Augusto , di Vespasiano , di Marciana , <• di Antonino Pio, noli' aureo di Nerva , e nel meda- glione di Pertinace; sia che vi si esponga sotto un bal- dacchiiio o in un' edicala aperta da tuffi i lati, conn* nei sesterzi di Faustina seniore, o di M. Aurelio. Ne può tampoco confondersi col carpento , che differen- ziava dalla tensa tanto nella forma , percliè aveva il cielo arcuato come i nostri carrelfoni militari , ed ca chiuso nei lati da sponde o da cor! inaggi : quanto nel- l'uso, avendo sodamente provato l'Eckhel ( T. VI p. I4f) e 34~ ) , che quantunque entrasse nella pompa cir- cense , non era però unicamente proprio dogli dei. Pe- rò anch' egli fu sempre aperto d'innanzi , rome si ve- de nelle medaglie di Livia , di Agrippina di Germani- co , di Domitilla , di Giulia figlia di Tifo, ed in al- tre moltissime ; e lo sono pur quelli che coli' epigrafe lEPA AHHMH compaiisrono sulle monete di Efeso di Antonino Pio e di Commodo (Mionnet, Suppl. T. VI p. 141 n. 4)1 , e p. 150 n. 469). Per qnoslo motivo lo stesso Eckhel , quando ebbe a parlare dei nostri denari, credè che piuttosto che una tensa ed un car- '"pento rappresentassero un cocchio trionfale. Ma anche la sua opionione giustamente non sodciiAfece al eh. Ca- vedoni (Saggio di osserv. p. 63 ) , benché non mi scip- bri di gran forza uno degli argomenti che adduce , cioè, che la figura quadrata non si addica al cocchio iO'l- L E T T E n A T li ft A (lei triouran!e. Ir,i[)croccliè la moda i'u sempre vokiM- le : e se si scorra la serie di tulli i cocchi adoperali a quest' uso^ che ci rimangorio delineali, ne IroverenìO indistlDltìmeate dei tondi , dei quadri , degli eliUici. e dei semicircolari. Quindi non saprei sottoscrivere al suo sospetto , che per essere quadrato si abbia da cre- dere una tensa quello che apparisce nei denari del di- vo Vespasiano coli' epigrafe EX. S. C , istoriato di hnssirilievi , e con un fastigio acuminato nei mezzo, sul quale un fior di conio della mia collezione mi mo- stra collocato non un trofeo , coni' egli dice , ma si bene quattro caj^'alli fra due Vittorie. Io lo pregherò di osservare, come lo slesso tipo somigliantissimo si ripe- la sui denari del divo Claudio colla medesima epi- grafe EX. S. C, e come ambedue , se si detraggono le due Vittorielte , egregiamente riscontrano nella for- ma , nei l)assiiirievi , nel fastigio, e nella quadriga- sovrapposta^ alle medaglie d'oro di Augusto colla leg- genda CAriSAR. DIVI. F ( Gaylus, Num. aurei regis christianiss. n. XVIII), ai denari di lui nei quali ap- parisce nel cocchio un' aquila legionaria ( Eckbcl T. VI p. 9G ) , e cosi pure agli altri dello stesso principe coir epigrafe S. P. Q. R. PARENT. CONS. SVO ( id. p. 113)- Ora in questi ultimi la corrispondenza doir altra parie dello scettro sormontato dUl' aquila , della laurea , e della toga dipinta , ornamenti notissimi dei trionfanti, non lascia luogo ad alcun dubbio, che quel cocchio sia la quadriga trionfale , siccome conviene Io stesso Eckhel. E per reslarne poi pienamenlc con- vinto , basta richiamare l'altra medaglia del medesimo Augusto c^lia Vittoria navale dall' altro canto (Eckhel T. VI p. 86 ) , su cui egli si mostra in atto di trion- fare per labattiiglia azziaca in un carro ornato degli slessi bassirilievi , e dello slesso fastigio acuminato nel mezzo. Il pcrclic, a spiegare quei rovesci dei divi Clau- OssEnvA/io:rfi .s'i'M!svr\TicME 'i05 dio e Vespasiano , io ricorderò nairarsi da Dione, che nelle esequie di Augusto hi sui immagine curru pom- pali diLcebatur (1. 56 e. 3'( ) : e quinrli penso , eh' es- si vogliano denotare la pompa del funere censorio o trionfale decretata dal senato a quei-;r impciadori , con cui furono portati all' apotersi nel Campo mar/io : so- lo dopo la quale poteva loro competere la tensa li- servata agli dei. E cosi [larml di poter rendere soddi- sfacente ragione del perchè tanto la tensa , quanto la quadriga trionfale, quantunque di forma co^'i diver- sa fra loro , compariscano simultaneamente sulle ci- tate medaglie della consecrazi^ne di Vespasiano, e molto più in quelle di Marciana (Vaillant, Num. praest. p.l52), aggiungendo poi che le tense d^i divi augusti furono sempre tratte i\a\V armentum Cnesaris ^ ossia dagli ele- fanti. Ma ritornando ai denari della Rnbria , due ()cr me sono le principali ragioni , eh' escludono la sen- tenza deir Eckhel : di cui l'una proviene dalla so\er ehia altezza della cassa di quel cocchio , che qua^i pareggia quella dei cavalli, presa dalla loro elevata cer- vice fino ai piedi , per cui un uomo che vi fosse den-- tro , o vi resterebbe sepolto , o ne sporgerebbe appe- na la sommità della testa. L'altra nasce dai simboli che sono scolpili sul suo fianco. Il Gavedoni li dice un fulmine ed un uccello : ma l'asprezza del conio ne- gli esemj)lari della mia raccolta mi pone in istato di attestare dell' esaltezza delle tavole morelliane , e di confermare che quell' uccello è tin' aquila, che iitriiigo fra gli artigli il fulmine. E noterò poi , cho per gli stessi esempi della mia collezione il fulir.iiìc apparisce nei denari colla testa di Giove, l'aquila in quelli coli' immagine di Pallade, e che negli altri coli' effigie di Giuiioue ora incontrasi il fulmine, ora l'aquila. Dal che se ne condii ndc , non esser vero che siano tre diversi veicoli distinti ciascuno da un simbolo particolare : lOf) L K T T K ;>■ A T li R A ma si avrìi da dire in vece, come nel piileale di Li- Loue , eh' è sempre lo stesso veicolo , ma rappresen- tato nei suoi due lati. Ora amhedue quei simboli ap- partengono manifestamente a Giove : e quindi non al trionfo, ma ad un uso sacro avrà spettalo certamente rarnese , su cui sono intagliati. Dietro tutto ciò io por- to Opinione , che la spiegazione di questo rovescio si abbia da desumere dal seguente fatto norrato da Ver- rio Flitcco , e conservatoci da Maci'obìo ( Sat. I. i ca[). VI ) : Cum popidus romanus pnstileufia laboraret^ essetque responsum id accidere qiiod dìi despiceren- tur , rtnxlam iirbem fiiisse , quia non intelligeret ora- culum ; eveniiscque ut circensiam die piter de cae - nacalo pompa ìit. superne desoiceret , et patri referret quo ordine secreta sacrarli in in arca pilenti compo- sita vidisset. (In altri codici si legge : in arca pilenio imposita vidisset'.Qui cum rem sena fui nunciasset^pla- cuisse velari loca ea qua pompa velieretur : atque ita peste sed fa^ puerwn^ qui arnbiguitatem sortis ahsol" verat , invine praetextae munus impefravisse. Da ciò si raccoglie , che quest' arca dei sacri secreti portavasi nei circensi sopra un carro : eh' ella era chiusa d'ogn' intorno , ma senza coperchio : e che do'/eva essere al- ta in modo, che niuna persona a piedi o a cavallo po- tesse vedere qual cosa conteneva, solo restando esposta a chi la guardasse dalle fenestre del solaio. Ognun vede come tutto ciò ottimamente corrisponda olla rappresen- tazione di questi nummi, ove pure quella cassa dove giudicarsi scoperchiata , se da essa mostra di emergere la Vitlorictta ; e potendo anzi aggiungere, che in uno di quelli da me serbati , in cui la dea è salita sulla biga, rimane ancora nascosta nell'arca la meta della rota. E parmi poi che ai-conciamente ella sia stata pre- scelta per denotare i giuochi circensi , siccome quella c'ie {Trobabilmente non doveva ìv^v i fuori se non in OssERViXIOM WBMIS.HATICHE 10T tale occasione : nel qual RÌgnincato è agevole di co- noscere come assai bene si accoppi colle immagini del- le divinila capitoline rappresentale nel diritto. OSSERVAZIONE VII. Fra le molte medaglie faUe imprimere dal trium- viro monetale L* Aquilio Floro non ne res(a più che lina sola , della quale manchi tuttavia una plausibile spiegazione; ed è quella del Morelli n. VII, che rap- presenta una quadriga a lento passo attaccata ad un carro vuoto di forma rotonda , dal cui mezzo sporge fuori un cespo di foglie coli' epigrafe CAESAR . AV- GVSTVS . S. C. Lo stesso rovescio fu ricopiato dal suo collega M. Durmio (Morelli, Durmia n. 1 ) : se non che vi accrebbe talvolta l'auriga , che guida i cavalli (Mionnet, De la raritè et du [)rix ec. monetaires d'Au- guste) . Faceva poi maraviglia , come questo tipo fosse slato preterito da P. Petronio Turpiliano , che fu il terzo triumviro di quell' anno , quando aveva comuni co' suoi compagni gli altri del parto che rende l'In- segna, e dell' imperatore nella biga degli elefanti. Ma anche una tale medaglia è venula finalmente alla lu- ce, e siamo debitori della sua pubblicazione al Sestini ( nel museo Fontana tav. II. n. 15 ) , ove si vede la medesima quadriga colla stessa epigrafe CAESAR . AV^- GVSTVS, e colla stessa particolarità del S. G nelT eser- go. Se non che una sensibile differenza apparirebbe nel- la forma del cocchio , che sarebbe assai piiì basso , e mancante del cespo di foglie. Ma io ho gran timore che ciò possa provenire dalla poca conservazione dell* impronto : della quale mi da sospetto l'esitanza che mostra l'editore nel ragionarne (pag. 98 ) , e piij l'os- Servazione che negli altri due tipi i nummi di Petro- nio corrispondono con tutta esattezza a quelli de' suoi l'^S ti K T T ii 11 À T U 1\ \ rollogbi. Ma cìic che sia del nummo del Fofilana, del quale noti può portare eijno giudizio se non chi ha avuto la fortìi.ia di vederlo, restrini^eudomi a parlare dogli altri due , dei quali ho sott' occhio gli origina- li, dirò che il VailKuit e TAvercampio vi crederono rappresentato il carro trionfale non accettato da Au- jjusto per la restituzione delie insegne fatta dai parti,, opinando che Aquilio vi aggiungesse quelle foglie , o n^iel fiore per alludere al suo cognome di Floro. Ma io spero di aver già mostrato abbastanza nell' osserv. IV'^ della decade XUI , che il cocchio decretato all' im- peratore in queir occasione apparisce in uno de' rove- sci sopracitati degli stessi monetieri , e ch'egli fu ti- rato non dai cavalli , ma dagli elefanti. Ed ognuno poi noterà facilmente , che se quel fiore alludesse al co • gnome di Floro , sarebbesi omesso quando il medesi- mo carro fu ripetuto da Durmio. In un' altra occa- sione consimile il Vailiant (Num. praest. T. 2 p. 97 ) lo credè quel germoglio del grano , die vedesi comu- ueinente nella destra della dea Speranza : e questa con- gettura è stata ora risuscitata dal sig. ab. Cavedoni ( App. p. 86 nota 107), richiamandolo alle speranze prodotte dalla nascita di Caio figlio di Agrippa, av- venuta nel 734, cioè l'anno prima che occupassero il loro officio questi triumviri. Ma, prescindendo che joiuon vedo qual relazione si trovi fra la guadriga materiale ed il simbolo allegorico , basterà di avver- tire che quel bambino non era allora se non che un semplice privalo , perchè fu solo nel 737 che fu a- dottato in figlio da Augusto : onde non è possibile che a quel tempo si decretasse in suo onore alcuna co- sa dal senato , siccome l'aggiunto S. G ha persuaso air istesso erudito illustratore. Altre spiegazioni di que- sto cocchio sono state addotte dal Morelli (De numism. cons. p. 185) : ma fra tutte la più prossima al vero OssKUVAXIUNI NUMISMATICHtt 'I 09 parmi quella di Alberto flubenio , il quale lo giudicò thensam circenseni , aut ferculam qaoddam trUwipha^ le cum imposiio flosculo ^ aut alio ornameniu. Inijje- roccliè dopo essersi sropcrta l'arca delie cose sacre uei denari della Rubria , io leogo die qui apparisce di nuovo allo stesso oggetto ^\ e. '27, e I. 55 e. 8.) apparisce, che a queste feste ;iugusla!i prò reditu ^ da non confondersi colle altre augustali in onore del suo natale che cade- vano ai Tò di settembre , e che non furono pubbli- camente istituite se non nel 743 (Dione l. 59 e. 33), erasi astretto con voto il senato , e die si celebra- vano annualmenla. Consistevano in solenni giuochi nrd circo , e ricorrevano ai 12 di ottobre, che fu il di de! suo ritorno , nel quale il calendario raaflfciano segna KYGYStalia , a cui corrisponde Tanziatirio ponendo Ludi IN . CIRCO : e meglio ramiternino , che noia sotto il medesimo giorno LVDI . IN. CIUCO. FE- K/ae . EX . senatus . considto . quod . Ea . Die . IM- Verator CAESar . SYGustus . EX . TRANSMarinis . VlìOYmCiis . VRBEM . INTR AVIT . ARAQ«e . FOR- TVNXE . REDVCI . CO^mTuta . est. Durante la vita di queir imperatore presiederono a quelle feste i con- suh , i quali usarono di lasciarne memoria ii! a[)positi cippi : talché ci restano ancora quello di P. Quintilio Vaio , che teu le i fasci nel 741 , e l'altro di Ti. Glau- 110 LlTTIRATXJRA dio poscia imperatore , che gli ebbe per la seconda volta nel 747 ( Grut. p. XT n. 1. e 2) , ognuno dei quali vi dice, che LVDOS . VOTIVOS . PRO . RE- DITV . IMP . GAESARIS . DIVI . F . AVGVSTI . 10- VI . OPTIMO . M.iXlMO . FEGIT . EX .S. G. Ma do- po la sua morte si volle che le Augastalia prò reditu tribuni plebis tanqunin sacrosancti celehrarent (Dione 1. 56 e. 46, Tacito au. le. 15 ) . Se dunque alla corona d'oro di quercia , alla biga degli elefanti , al clipeo dedicato nel tempio dell' Onore e della Virtù, air ara della Fortuna Reduce , a tutti gli onori inficia destinati ad Augusto in questa circostanz,a si fece allu- sione sulle medaglie di quel tempo, chi potrà credere che fosse preterito uno di quelli che accettò , ed an- zi il maggiore di ogni altro, perchè sacro e perpe- tuo, l'istituzione cioè delle feste augustaliPE pure la numismatica non conosceva fin qui alcun tipo , che ioro alludesse. Imperocché le medaglie coli' epigrafe SVSCep/a . PRO . Shhute . ET . RED/f« . GAESam , AVGustl » o vero PRO . VALETVDlNi: . GAESARIS, coniate dai triumviri Mescinio Rufo ed Antistio Vetcre spettatjo alla spedizione di quel!' imperatore nelle Gal- lie nel 738 , come fu dall' Eokhel dottamente osser- vato ( T. VI p. 103), e come dalla data della tri- bunizia podestà affissa ad altri tipi di quei monetieri viene messo fuori di controversia. E cos'i pure l'aureo col VOTA . PVBLIGA ( Eckhel. T. VI p. 113 ) pel titolo di padi*e della patria deve riportarsi al disotto del 752, e forse dieci anni dopo, in cui da Plinio ( L. VII e. 48 ) si memora una vecchia mima rechi- età in scenain C. Poppaeo Q. Sulpicio cos. ludis prò salute div'i Augusti voti^'is : a meno che non voglia supporsi che il naturalista si sia espresso irapropria- luente , al prò reditu sostituendo prò salute^ e che abbia inteso di alludere all' annua solennità delle no- OSSERVAZIONI NUMISJIATICIIE 1 1 i stie augustali. intanto noti può dubitarsi , che questi t^iuochi volivi fosséio preceduti dalla pompa circense, attcstando positivamente Svetonio (Aug. cap. 43) ; Jc- cidit VOTIVIS circensibus, ut correptus valetudine^ lectica cubans tensas deduceret -. ove parla dello stesso Augusto eli' era probahiìmenle consoje in quelT an- no , ed a cui come tale spettava per le cose sopra det- te la cura di quelle feste , e l'incombenza di condur- re quella processione. Dato adunque che il pilento , su cui si portavano le cose sacre , fosse , come ho in- dicato , il simbolo dei circensi , ognun vede come re- sti piana ed o|q)Ortuna la mia spiegazione , e come egre- giamente le convenga la citazione del senatusconsulto memorato alio stesso proposito dal calendario araiter- nino , e dalle lapidi di Tiberio e di Varo. Dietro tan- ta convenienza noM mi sgomentano le piccole differen- ze , che ponno risultare dal paragone di questi rovesci con quelli di L. Rubrio. Sempre rimane ferma la so- stanza , che SI negli uni come negli altri si rappre- senta una quadr.ga vuota, e che in ambedue i casi per diverse ragioni sj esclude, che servisse ad uso di trion- fo. Se la dilferenza deila forma, ora semicircolaie, ora quadrata, ora rotonda, non toglie che siano tutti carri trionfali quelli che appariscono, a cagione di esempio, sulle medaglie di Siila , d'Augusto e di Germanico coli' epigrafe SIGNIS . RECEPt' . DEVICTiS . GERM ; una tale diversitìi non potrà egualmente opporsi alla iioslr'arca, che qunulo convenne rinnovarla per la vec- chiaia saia stata naturalmente rifatta secondo il buca gusto del secolo augusteo. Ne meno mi prendo fa- stidio delle foglie, o del fiore , che comparisce in luo- go della Vittorielta o della biga. Credo che queste ul- time avessero lo stesso significato della piccola quadri- ga, che secondo il già dello è collocata sulla cima del cocchio trionfale rifiutato da Augusto col PARENT . ) t2 Lettera u r a CONS . SVO , dell'altro su cui non vetlesi che l'aqui- la legionaria , e dei funebri di Claudio e di Vespa- siano , ne' quali tutti sembra posta ad intendimento di denotare, che quei carri erano vacui , nò dovevano es- sere saliti da alcuno : im()erocchè ella avrebbe impedito il loro prospetto. Il che se fosse , quel simbolo re~ stava pienamente inutile per la sostituzione del foglia- me nel mezzo , eh' io ra' immagino come un coperchio liaforato ed amovibile , dirotto a conciliare insieme l'aii^ tico rito , da cui si voleva che l'armadio dei sacri ar- cani fosse aperto al di sopra , col bisogno di nascon- dere agli occhi dei profani ciò che conteneva. Il qual bisogno dovette farsi sentire quando Giulio Cesare ri- staurò il circo massimo, se è vero, come si è pensato da molti , che ne alzasse la precìnzione di alquanti gra- dini , non potendo poi egli velarsi a mezz' aria come le strade senza incontrare il massimo inconvetaente d'impedire la vista dello S[)eltacolo. Ed ho pensato poi che quel fogliame fosse amovibile ; perchè senza un tale ornamento ricomparisce poco dopo quest' arca nei sesterzi di rame di Tiberio coniati nella sua po- destà tribunizia XXXVI , o sia nell' anno 787 , e ri- petuti anche nei due anni sus^e|^uenti ( Eckhel T. VI p. 1 97 ) . E' attaccata alla solita quadriga , ed ha la forma di una bigoncia rotonda effigiata di bassirilie- vi , certamente chiusa tutta all' intorno , ed aperta di sopra ; ne vi è diflicolta in riconoscerla all' indicato segnale della soverchia altezza , che pareggia quella del carpento offertoci dalle altre medaglie dello stesso modulo , r^ e fece imprimere quel principe in onore di Livia sua madre. I numismatici, che hanno voluto riconoscervi il solito carro trionfale, si sono trovati que- sta volta imbarazzatissimi : perchè da molti anni Uno a quel tempo sappiamo da Tacito non esservi stata ca- gione alcuna di trionfo ; onde sono dovuti ricorrere OsjiEUV.AZfOlM MilII.SII.VTlCIlE 1l3 a quello di ventiquattro anni prima , che Tiberio nou potè menare pel lutto sopravvenuto della strage varia- na : il che ognun vede quanto sia inverisimilc. Chia- rissima air opposto u' è la spiegazione, secondo la mia sentenza : perchè appunto nel 787 caddero i vicen- nali dell' impero di Tiberio , per la ricorrenza dei quali sappiamo da Diouc (1. 5(S e. 2i ) essersi dati dai consoli /giuochi solenni , cui alluderanno le citate medaglie , e la cui memoria potè acconciamente ri- petersi anche negli anni seguenti , come vcggiamo es- sersi pr;ilicato pei voti decennali e vicennali ne' se- coli posteriori. Infine l'arca medesima , ma col cespo di foglie , ed ornata di festoni, torna a mostrarsi sulle medaglie d'oro e di argento di Tito fino dal primo principio del suo impero , nelle quali la gik notata sua altezza rimane ancora più apparente , perchè para- gonata al carro , su cui in altre monete dello stesso modulo Tito trionfa della Giudea", si vede che la ()er- sona del trionfante vi resterebbe nascosta fino al men- to. La data di questi nummi , precedendo la dedica- zione dell'anfiteatro Flavio, impedisce che quel tipo si riporti ai circensi, che Dione c'insegna essezsi da lui dati in quella circostanza ; onde resterà che risguar- diuo gli altri , che secondo l'uso si dovettero cele- brare per l'apoteosi di suo padre Vespasiano. E cosi sarà tolta la maraviglia , come di una delle principali Solennità dei romani, qual' era la pompa circense , non si avesse alcun' indizio sulle medaelie. OSSERVAZIONE Vili. Alla serie orsiniana della gente Atilia fu aggiunto dal Patino un denaro avente nel diritto la solita le- sta femminile difesa dall'elmo alato , ornata di monile e di orecchini con XVI dietro la nuca , e rappre- G.A.T. LXV. 8 ' 1 'l L K T T K R A T V. n A soataiite nel rnvescio la Vittoria in bigii ., 'lie tiene nella destra la frusta, nella sinistra le redini, col- T; iscrizione L. ATILI nel campo , e ROMA nell'eser- go. Ad eccezione di mio padre, che nel catidogo della sua raccolta ha detto assai rara questa medaglia , tutti gli altri fino al vivente cav. Mionnet 1' hanno dichia- rala comnnissinia : ma il fatto sta , che avendo pre- gato molti miei amici di esaminarla , non è stata rÌM- venuta in alcun altro museo d' Italia. Il motivo dello mie ricerche nasceva da questo , che in quella da me posseduta invece di ROMA appariva chiarameate NOM ; ma llachè resemj)io era unico , poteva sospettarsi che la varietà della lezione provenisse da uno sbagl'-o dell'incisore. Ora un'altra se n' è finalmente trovata in un ripostiglio di quasi cinque mila denari scoperto in queste vicinanze a Monte Godruzzo , uscita da di- versa matrice , ma uniforme nell' esebirci NOM : per cui sembra non doversi più dubitare, che quella ca- duta sotto gli occhi de! Patino mancasse di argento nella parte inferiore , e non gli lascias-;c vedere la pri- ma lettera , la quale avrà supplita senza sospetto for- mandone il nome di ROMA, cosi solito a trovarsi ia quel luogo nei denari delle famiglie. Penso che non possa nascere controversia sul significato della nuova sillaba , die dovrk essere il cogiìome del raonetiere Atilio suir esempio di C, Goelio Caldo, di L. Flami- nio Cilonc , di Sesto Giulio Cesare, di L. Torio Bd- bio , e di altri , che anch' essi scrissero il loi-o nome nel campo , e il cognome nell' esergo. Fra gli appel- lativi , che si conoscono usati in Roma al tempo della repubblica , non ne trovo che un solo , il quale prin- cipii da queste iniziali , ed e quello di Nomentano pro- veniente dalla citta di Nomcnto , i cui abitanti fino ih] 416 ottennero la cittadinanza romana ( Liv. 1.8 e. 14) . Orazio racconta ( L. 2 sat. T ) di aver cenaf d OsaERVAZIONI NUMISMATICHE M5 presso JNisidicno con un tale cosi clenominato , eli cui fa altre volte ricordo nelle sue salire , e che i suoi vec- chi commentatori ci dicono essere stato L.Cassio No- nientano contemporaneo dello storico Sallustio , il quale sestertiuin septaagies gidao et Ubiduii impendit , Di un altro piiì antieo , ma di cui ignoriamo la gente , lia parlato Lucilio : imperocché Elio Donato nel chio- sare il passo di Terenzio : Qui Ulum da omnes per- dant (Phorra. act. 1. se. 11 ): ci ha conservato que- sto verso del secondo libro delle sue satire : Qui te , fomentane ^ malum inni celerà pendant : che alcuni hanno emendato : iam querquera perdat. E' vero che non consta da altra parte , che !a gente Atilia abbia adoperato realmente questo cognome : ma è vero altresì che T. Livio non ci ha detto come par- ticolarmente si domandassero i diversi Atili di preno- me Lucio da lui memorati dopo l'accrescimento del denaro da dieci a sedici assi , che sono il prefetto del presidio dì Locri nel 539 ( L. 24 ci): il tribuno della plebe nel 544 ( L. 20 e. 33 ) , eh' è forse lo stes- so del pretore della Sardegna nel 557 (L. 32 e. 27 e 28 ) ; e l'illustre giovane probabilmente nato da lui , die militava nella Macedonia nel 58G ( L. 45 e. 13 ). Vi è peraltro tutta l'apparenza che questi Atili non spettassero alle due illustri famiglie dei Serrani e dei licgoli: perche nella prima, che durò fino al cadere della libertà, non si conosce alcun esempio di questo preno- me , avendo amalo invece quelli di Aulo e di Marco , e pili frequentemente di Caiu e di Sesto : e perche dopo M. Atilio Regolo > consale per la seconda volta 8* • M-ì T. t: V v E ì\ \ r u n a Ufi 531 , non si lia più sentore alcuno doll'.iltra , sia perchè in lui si estinguesse, sia perchè i suoi discen- denti prediligessero il soprannome di Serrano dato al C. Atilio Regolo console nel 747. Per 1q che sarà pro- Jialiilissinio , che questi diversi f.uci di Livio apparte- nessero ad un altro ramo, di cui avremo l'obbligo alla nostra medaglia di averci insegnato la denominazione. Niente infatti si oppone , perchè alcuno di loro possa essere l'auto.c del presente nummo : ed anzi se tale si credesse il giovine del 586 , i tempi non disconverreb- bero , perchè potesse insieme reputarsi il Nomentauo di Lucilio. OSSERVAZIONE IX. Una mediigliM d'argento della casa dei Poblìci Mal- leoli ( Morelli 11 , 1 11 , B ) r;)j>;)resenta nel diritto la testa di Roma difcs;i da uti elmo ornato di cresta e di due penne , con sopra un maglio allusivo al co- gnome , e d' innanzi il solito X tagliato per mezzo , oOfrcndo nel rovescio un nomo nudo in atto di riposo innanzi a un trofeo colla clamide agli omeri, il cpiale tiene nella destra un' asta , e posa il destro piede so- pra una lorica , coli' iscrizione G. MAL leolus. In al- cune dietro questa figura vedesi una prora di nave , sulla quale talvolta è posta una locusta , talvolta un caduceo. In altre , e queste sogliono essere di meno cat- tiva incisione, invece della prora si presenta un altro arnese , che l'Avercampio crede un' incudine, l'Eck- hel una cesta quadrata , ma che il Sestini nel museo Fontana ha giudicato molto meglio una tavoletta af- fissa ad un chiodo, divisa in due colonne, nella pri- ma delle quali sta in due ri"he la leggenda G. MAL, IMI ri nell altra egli disse vedersi un aratro , che il oh. Ca- vedoni ( Elenco p. ICS n. Kq ) ha reputalo più presto OòSKaVA-CIONl iXLilllStlATlCIIK 1 1 7 ununcino. Questo ultimo avendo osservato che la tabella PAPI ricorda la legge Papia nelle medaglie di quella famiglia (e poteva aggiungere che in quelle della Cas- sia l'altra tabella con Jbsolvj Condemno fa pure al- lusione alla legge giudiziaria di Cassio Longino ), ra- gionevolmente pensò , che qnt pure si rammentasse una qualche legge portata da alcun pp,rson;iggio di questa casa, quale potrebbe essere ola logge Pubi icia rie fl^e- atoribus anteriore a Siila , o l'editto del pretore Po- blicio , da cui venne l'azione pobliciana cos'i cognita fra i giuristi. Alla quale giustissima opinione, ch'io nutriva da lungo tempo , accrescerò non lieve fondamento no- tando , che quell'aratro, o uncino che dir si voleva, non è altro che la lettera P retrograda , di forma arcaica , quale fu delineata dall' Eckhel ael T, V p. 72 , e quale vedcsi per esempio nei denari di P. Elio Pelo. E per- chè non nasca su di ciò dubbiezza veruna , aggiungerò che serbo un altro di quesli nummi , nel quale il P ha 11 riccio lunato, secondo la figura posteriore di que- sta lettera, ed in cui l'epigrafe C. MAL non occupa il primo spartiraeuto della tavoletta , che rimane vuo- to , ma è scritta tutta in una linea al di sotto di lei. Dal qual confronto due cose si voglio !io dedurre : l'uiia cioè che r iniziale di Publicius o di Poblicia è co- stantemente inerente alla tabella medesima : onde a lei senza fallo appartiene. L'altra, che non è sempre il mede- simo del nome di C. Malleolo: per cui se ne avr'a da con- chiudere ch'egli stesso non sia l'autore della legge indi- cata. Ne veramente può esserlo, perchè in un' altra me- daglia ( Morelli 1 ) il suo nome ve desi congiunto a quelli di L. Metello e di A. Albino figlio di Spurio: dal che si ha quasi la sicurezza , eh' egli non era a quel tenijio se non un semplice triumviro monetale iu compagnia di loro. Quesl' ultima medaglia rappresenta una donna, di cui si ha il nome ROMA nell' esergo , 1 1 S tj E T T K R A T U R A seduta sopra tre scudi, uno messo sopra l'altro, avente nella destra l'asta , e il parazonio nella sinistra , che viene incoronata di lauro da una Vittoria alala, che le sta di dietro. E' da notarsi che quest' identico tipo vie- ne ripetuìo in molle medaglie della guerra marsica , e segnatamente in quella, di cui ha dato un disegno noti però esattissimo il Pellerin ( Suppl. 121, PI, 111 n. 2) , coir unica differenza che ROMA è stato cambiato in ITALIA. Ed io, che al momento in cui scrivo ne fo il paragone con due esemplari conservatissimi da me pos- seduti , in uno dei quali gli scudi sono diversamente di- sposti ( diversità che trovasi pure nei denari di Malleo- lo ) , posso attestare essere tale la somiglianza anche nei minuti particolari della veste e dei borzacchini , da non dubitare che gli uni abbiano servito di mo- dello per gli altri. 11 eh. Avellino ( Opuscoli T. 2 p. 18 ) ha gik avvertito ,, lo studio che mettevano gli alleati ,, della guerra saunitica nel copiare nelle loro me- ,, daglie le stesse immagini delle romane , sia che ciò „ facessero per indicare che tutta la romana potenza „ doveva trovarsi in essi passata , sia die volessero ,, rendere' onore alle romane divinità , e farsele in tal „ modo propizie coli' evocazione : " sia ancora , ag- giungerò io , per lo stesso motivo per cui i tipi iin- peiiali del secol basso furono imitati dai principi delle nuove nazioni, vaie a dire perchè le loro monete aves- sero corso nei paesi obbedienti a Pioma , come infatti l'avevano , perchè una di esse è stata da me rinvenuta nel ripostiglio diiMoiile Codruzzo. Certo la medaglia sau- nitica , di cui l'Avellino ha dato il disegno nel tomo ci- tato tav. 2. fìg. T, è desunta dalle antiche consolari colla testa galeata , e coi Dioscuri ; che le altre da lui ripor- tate al num. j,6 e 19 dell' Italiae Vet. num. pag. 19, e al n. 1G del supplemento pag. 3, hanno seguito il de- naro di L. Velurio : e che la 18 , meglio descritta nel OsSERVAZlO.M NIJMl?V!ATKMr£ 110 n. 1 del supplemento , fu tolta di poso con tutti i siin- Jjoli accessorii da quella di C. Scrvilio figlio di Marco. Ma pili iaiportanti a questo pro])osilo sono le due re- centissime da lui edite al n."]7e 18 della pa^. 10 de- gli opuscoli , nelle quali da ambedue le parti si è co- piato evidentemente la medaglia morelliaiia di Siila , di cui ho parlalo nell' osserv. 1 della decade VIJI , allusiva alla pace da lui stretta cou Mitridate nel 009 : colla semplice varietà , che alla nave ivi collocata die- tro le spalle del duce romano si e qui sosliluita uni Vittoria sopra una base , che i' iiicoì-oiia. Neil' occa sionc della qual parodia parmi probabile , che alla p.i- ce di Siila siasi voluta contraporre ralleaaza , che po- co prima , cioè nel 0(37, era stata conchiusa da Ponzio Teiesino generale de' sanniti col vecchio Mario , della quale ragiona Appiano ( Bel. civ. 1. 1 e. 6J ). Intanto da quest' esempio apparisce , che gli alleati non solo imitarono gli antichi tipi dei loro awcrsiiri , ma quelli pure che vennero improntando durante la guerra in- cominciata nel GG4 , e non finita del tutto se non colla strage di porta collina nel GT2. Dal che si avrà un dato non piccolo per credere , che circa questi tempi appunto fossero impresse le monete della gente Pobli- cia , di cui favelliamo : al qual giudizio soccorre la freschezza del conio , che ho considerata in tutte quello di loro che si trovarono a Monte Godruzzo. Lo che es- sendo , non sarà da dubitarsi che il loro p.utore sia il G. Malleolo , che nel G7o morì questore di Gn. Dola- bella nella Gilicia (///;. / in J^^erram e. 15 e 30 ) , e C e uno dei suoi colleghi sia il L. Metello fratello di Q. Gretico , e figlio di L. Delmafico , che mancò di vita innanzi di prender possesso del suo consalato del (jS6. Egualmente mi sottoscriverò all' Avercarapio , il quale tenne che il terzo A. Albino figlio di Spurio nascesse da Sp. Postumlo Albino console nel 643, ed esigliato due l'^O L K T T K U A T IT R A zirlili dopo in forza della legge Manilla : del qua! figlio non mi fa maraviglia se mancano posteriori nolizie , perchè lo credo l'Albino olia nel 672 cadde pugnando nella citata giornata di poVta collin.i , unicamente me- morato da Appiano ( Bel. civ. L. 1. e. 98 ) : l'ucciso in queir occasione non potendo essere 1' A. Albino con- sole nel 63r> , eh' era già perito lino dal 664 ( Orosio 1. V. e. 38 ) . OSSERVAZIONE X. Fino dai primordi della scienza numismatica tanto i dcnaii notati coli' epigrafe L. SENTI. G. F. , quanto gli altri che portano la leggenda L. SATVRN , sono stati attribirLÌ ad una medesima persona della gente Senzia ( Morelli n. I. II. IV ). L' Orsini gettò le basi di quest' opinione , provando l'uso che quella casa fece del cognome di Saturnino : al qual effetto ricordò che da Velleio ( L. 2 cap. 77 , 92 , 105«, 109 , HO ) si com- menda C. Senzio Saturnino dopo la proscrizione dei tri- umviri tornalo a Roma nel 715 per la pace di Pozzuo. li , console nel 735 , infine legato della Siria e della Germania ; e che da Valerio Massimo ( L. VII e. 3 § 9 ) si fa motto dell'audace accortezza con cui si salvò l'al- tro poscritto Senzio Saturnino Vetulionc rimasto fido a Sesto Pompeo fino quasi agli ultimi estremi ( Bel. civ. 1. V. e. 52. e. 13 ) ) , da me creduto il fratello del con- sole citato da Giuseppe Flavio nel 747 ( y4iit. Jud. 1. 17 e. 1 ) , ed insieme il Gneo Saturnino chiamato a'folescens nel 704 ( Gic. ad div. 1. 8 ep. 14 ) , amico di Cicerone , ed uno degli eredi di Q. Furio nel 710 ( ibid. 1. 12 ep. 26) . Qaindi lo stesso Orsini giudicò che r autore delle indicate medaglie fosse o il Senzio pretore della Macedonia ricordato da Plutarco nella vita di Siila, o pure un figlio del console del 735. iViuna però Osservazioni numismatiche I2l ili queste due opinioni poteva esser vera. Non la prima , perchè il pretore macedonico sì domandò Gaio e uou Lucio , siccome innanzi vedremo : non la seconda , per- chè quantunque sappiamo dallo stesso Giuseppe ( Ant. Jitd. L. IG e, 9 , de Bell. Jud. \. \ e. f) ), che quel con- sole ebbe tre figliuoli , due soli del quali ci sono noti, cioè Gaio e Gneo, entrambi nominati dai fasti consolari gabini all'anno 757, onde il terzo potè bene appel- larsi Lucio ; tuttavolta la fabbrica istessa di questi num- mi esclude evidentemente di venir procrastinata cotanto, riù ragionevole fu dunque l'avviso , che ne portarono il Vaillant e 1' Avercampio. Stabilirono ambedue , che colui che resse la Macedonia nel triennio dal 665 al 667, siccome ho mostrato nell' osserv. II di questa decade , fu il fondatore della gente Senzia in Roma , e se ne ap- pellarono alla testimonianza dell' oratore di Arpiuo nel cap. 8 della Planciana recitata , come ognun sa , nel- l'anno 700. Alinaf.es {scine hoc enim propter vicini' tntem facile possani ) cum huiiis ornntissimi atqiie opti- mi viri Cn. Saturnini patrem, aedileni , cum pn, età- rem viderunt , quod primus ille non modo in eam fa- miliam , sed etiam in praefecturam Ulani sellani cit- ralem attidisset , mirandum in modani laetati sunt- E' vero , che non dicendoci Tullio di quel casato si fosse quel Saturnino , la sua aggiudicazione a quello dei Senzi potrebbe reputarsi una semplice congettura ; ma io ne accrescerò gravissimo fondamento colla se- guente lapide da me veduta nel museo capitolino, edita dal Reineslo (-ci. Vili. n. 36 ) , e dal Fabretti ( p. 130 n. 142 ), dalla quale vlen messo fuori di questione che i Seuzi Saturnini furono appunto cittadini di A fina. 'i22 L E T T K R A T U R A CN. SENTIVS CN. F. TER SATVRNIJNVS ATINE. SPEG COH. Vili. IR 7. SEVERI MIE. AlV. Vili VIX. ANN. XXVIII Dietro ciò pensarono rfuci numlsraalicl , die tre fi^li nascessero clal pretore della Macedonia , uno dei quaii fosse il ricordato Ciieo di Tullio , che nella stessa ora- zione vedendo chiamato ripetutamente ornatissimus vir ( cap. 8 e 12 ) , ammetterò facilmente che si debba di- stinguere dall' altro omonimo , che quattro anni dopo si dice adolescens. Tennero poi che un allro si aj pel- lasse Gaio , il quale sark T ignoto padre del coi sole del 735 detto opportunamente Cali filiiis nell' indice consolare di Dione, e G. F. G. N nelle ultime righe dei fasti capitolini, ove si ricorda come quiatlecomviro dei sagrilizj : non potendo quel Caio essere il console medesimo , siccome essi opinarono. Imperocché il Nuris oppose nei Genolafl Pisani ( Diss. IH cap. IX ) , che il console ottenne gli ornamenti trionfali nel 759 per atte- stato di Dione ( L. 55 e. 28 ) : onde l'intervallo di 94 anni tra chi militava ancora a quel tempo, e chi era già pretore nel fi65, rende quasi incredibile che il pri- mo nascesse direttamente dal secondo , per cui giudicò con molta maggiore p robabilitk , che fosse suo nipote. Crederono infine che il terzo dei nati dal pretore fo se il Lucio , da cui si fecero improntare le medaglie in di- scorso ; ed anzi il Vaillant lo stabili triumviro mone- tale presso a poco nel 663 , perchè in quell' anno Mario Gratidiano occupando la pretura portò una le ggc con OsSERVAZIOIN NUMISMATICHE 123 grande applauso del popolo sul giusto peso delle monete ( Cic. do olTic. 1. 3 e. 20 , Pli.i. 1. 33 e 46 ) , alla quale opinò che alludesse la nota AWGento PVB//co , che si mira sul denaro di questo L. Senzio. Non è questa l'oc- casione d' inquisire sulla verità dell' ultima congettura, bastandomi di notare che l'età assegnata ad una tale me- daglia corrisponde sufficientemente alle giuste conse- guenze risultanti dall'esame dei diversi ripostigli sco- perti ai nostri giorni , dai quali la sua impressione viene ricacciata al disopra del ritorno di Siila in Italia. Per lo che resterà asseverato, che questo L. Senzio igno- tissimo , di cui non si ha altra memoria , o fu un fi- glio del pretore della Macedonia , o piiì probabilmente un suo fratello. Il mio sqopo attuale è quello di fare avvertire , che ne il Vaillant , uè alcuno dei successivi numisaiatìci si sono accorti , che dalla nuova e piti ra- gionevole sede attribuita al nummo , che a L. Senzio certamente appartiene, restava annullato il piccolissimo fondamento che aveva avuto V Orsini per concedere alla stessa persona anche gli altri denari coli' epigrafe L. SATVRN. Finche si è tenuto che queste medaglie fos- sere impresse sotto la dominazione di Augusto, stava be- ne il dire che Saturnino era in que' tempi cognitissimo cognome dei Senzi : ma non è più lo stesso dopo che si è dovuto trasportare il loro conio ai giorni di Ma- rio. E* osservazione comune , che i casati di nuovo gentilizio, quando vennero a trapiantarsi in Roma , man- carono da principio del cognome , del quale allora non abbisognavano per distinguersi , e che non l'assunsero se non quando incominciarono a diramarsi. Senza uscire dalla serie consolare di questi tempi, ce ne danno nume- rosi esempi le genti Arrunzia , Cornificia , Didia , Fur- nia , Gabinia , Hirzia, Laronia , Maria, Pedia , Peiper- na , Sosia, Tizia, Vatiaia , Vinioia , tralasciandone altre moltissime, che non ottennero i fasci, E si ha poi gra- ! ■-■ 'j L E T T «: R A T U 11 A vissimo argomento per tenere , clie altrettanto avvenisse anche nei Senzi: osservando che sebbene il pretore , che fondò questa casa in Roraa , sia nominato sei volte presso gli antichi scrittoti , ninn cenno poi si fa mai del suo cognome , dicendosi semplicemente Senzio da Plutarco nella vita di Siila, e G. Senzio da Varrone ( presso Plinio H. N. 1. '14 e. 7), da Cicerone (in f'^errem 1. 3 93 , in Pis. e. 34 ) , da Livio ( Epit. 1. 70 ) , e da Orosio (1. V". e. 18 ). Il perchè si ha ogni pre- sunzione , che il primo ad usare quello di Saturnino sia stato il Gneo suo figliuolo, che abbiamo detto es- sere meni orato da Tullio nelT anno 700 , da cui 1' a- vraaao poscia desunto i successori della sua casa. In- tanto paragonando diligentemente fra loro i denari col L . SENTI . G . F , e gli altri col L . SATVRN , io rimango maravigliato come siasi potuto ne meno sospetta- re che fossero impressi per ordine di uno stesso mone- tiere. Essi non hanno altro di comune se non la te- sta di Pioma , o di P;illadc che dir si voglia (giacche dopo le riflessioni del cav. Avellino sulle medaglie san- nitiche, citate nelT osservazione precedente, cade l'Achil- le degli argomenti dell' Eckhel in favore della secon- da ), tipo ordinario delle vecchie monete di famiglie; ma colla differenza però che in quelli è rivolta a de- stra , ia questi a sinistra. Portano, è vero, ambedue la lettera monetale ora nella sommità , ora nel campo del rovescio: ma nei primi la lettera ha sempre la posi- tura naturale , mentre nei secondi ora è retta , ora gia- cente , ed è di pii!i controdistinta coi punti indicati dal Sestini nel museo Fontana , dal numero e dalla disposizione dei quali viene prodotta un' infinita va- rietà. Intanto nel diritto degli uni apparisce la nota ARG . PVB , di cui gli altri sono privi ; e diversa è la quadriga del rovescio , la stando Giove collo scet- tro ed il fulmine , qua Saturno colla falce. Sostanziale OsSTlRVAZrONI NUMIS;VIATICirE 125 è poi la differenza del modulo , perchè i denari di L, Senzio hanno per costante caratteristica di essere più espansi , e per conseguenza più sottili, qnnle sogliono essere anche quelli di Licinio Macro , di Giulio Bur- sione , di A. Manlio fìllio di Quinto, di P. Rullo , e di M. Servili© figlio di Cajo , mentre gli altri di Satur- nino non si allontanano dalla forma ordinaria. La qual diversità esclude apertarae ite, a mio credere , che siano stati hittuti neir anno me lesinio. Infine non si vede la ragione , per cui essendosi messa la nota genealogica G . F nelle monete col nome, si fosse poi preterita nel- le altre col cognome , ove anzi era più necessaria : in- negabile essendo che a quel tempo furono in Roma al- tri L. Saturnini più noti di L. Senzio. Pei- tali mo- tivi io tengo formasnent", che queste due medaglie noa abbiano alcun legame fra loro , e che avesse gran ra- gione il Patino, a cui ninno ha voluto prestare orec- chio, quando scrisse della seconda -. Cur autem Sentiae potius qiiam Jpuleiae genti haec adliciatur , non vi- deo. Se si scorra la serie nuinraaria delle famiglie, si vedrà che non usarono di annunciarsi col semplice co- gnome se non coloro che ne avevano uno cosi parti- colare , o cosi conosciuto , che non poteva recare al- cuna dubbiezza , come sarebbe Saranus , Cotta , Tam- pilus ^ 3Ietellus , Piso ^ Lentulas ^ Sjlla , q cosi via discorrendo : mentre invece si astennero da questa pra- tica i Cipitoni , i Fiacchi , 1 Galli , i Liboui ,.i Macri , i Riifi, gli Scauri, che portavano un appellativo comune a più di una casa. Che se s'incontra una qualche ra- . rissima eccezione, come nel Quintus Uk\inius , egli è perchè il prenome Quinto era cosi famigliare alla gente Fabia , che la sua aggiunta bastava a togliere ogni equivoco. Applicando queste osservazioni alcaso nostro, noi troviamo bene che il prenome Lucio fu fre- qucalissimo nella gente Appuleia , e che il cognome di 12G L K T T E K A T U n A Saturaino le appaitcìicva fino dal sesto secolo di Roma, cojioscendosi da Livio G. Appuleio Salurnìno uno dei cinque per definire la lite dei confini fra i pisani e i lunensi nel 585 ( l. 45 e. 13), e L. Appuleio Sa- turnino suo fratello pretore nel 586(1. 45 e. 44), per tacere di P. Appuleio Saturnino , che fu il primo dei nobili a ferire Ti. Gracco nel 621 (Plut. in Grac). Air opposto abbiamo veduto essere assai dubbioso che L. Senzio abbia avuto quel cognome : ma dato an- cora che l'avesse, appartenendo ad una gente nuova dovette essere di recente introduzione , e quindi poco divulgato : come del pari egli è il solo , che si co- nosca essersi dom.uid.ito Lucio nella sua casa , in cui prevalsero i prenomi di Gaio e di Cneo. Tutte adun- que le presunzioni si accorderebbero in favore dell' al- tra famiglia. Ma che serve andare in cerca di ve- risimiglia:ue , qunnd' ella nei tempi appunto richiesti ci mette innanzi un personaggio celebratissimo tutto op- portuno al nostro bisogno ? A chi non è noto il sedi- zioso Appuleio questore ostiense nel 648 ( prò Sexlio e. 16 ) , tribuno della plebe nel 652 e nel 654, sulla fine del qual anno fu ucciso dalla fazione degli ot- timati , com' e trito presso tutti gli storici? B'u cosi proprio di costui il domandarsi Liicio Saturnino , che da Valerio Massimo e da Gicerone , presso i quali ri- torna spessissimo la sua memoria , non è guari chia- malo in altra maniera. Dall' altra parte ognuno in oggi confessa, che le citate medaglie portanti il suo nome identifico sono anch' esse anteriori alla guerra sillana : ed io rifletterò che le più affini che si ab- biano nella serie delle famiglie sono quelle di G. Goe- lio Galdo non tanto per l'identità del diritto , quanto per lo stile dell' incisione , e per la particolarità di avere anch' esse la lettera monetale contrasegnata dai punti. Dopo che coli' autorità di Cicerone ho mostrato O.SSKUV/VSSIONI NUMISIIATICIIR i2ì lìdìV ossciv. 9. delia decade VI , che G, Goelio Cal- do, console nel G60, fu homo novus , e che per conse- quenza non hanno alcun fondamento tutti i più anti- chi magistrati di quella casa enumerati dal Pighio ne' suoi annali, non può dubitarsi che '[ii;!Ì nummi spettino al console medesimo, da cui saranno stati impressisul prin- cipio della sua carriera politica : il che vuol dire , che furono fatti stampare da un uomo tutto affatto coeta- neo del tribuno Saturnino. Lo che essendo, che cosa ri- chiederassi di più por restituirgli finalmente una me- daglia fin qui attribuita ad altri con tanta leggerezza , e sulla quale egli espone così aperti diritti ? Non è poi da omettersi che, con esempio ripetuto nella fa- miglia dei Vibii Pansa, questo L. Saturnino in alcuni altri dei suoi denari , che l'esperienza m' insagna essere rari non poco , soppresse da un canto la testa galeata per sostituirvi la stessa quadriga di Saturno, cheformail tipo dell' altra parte calla sola diversità che invece dì L. SATVRN vi scrisse ROMA.Egli intese che il lato, in cui leggesi quest'ultima iscrizione, facesse le veci del diritto, e manifestò questa sua raenjte col segnare dall'altro la let- tera monetale, che notò sempre nel rovescio del suo num- mo comunissimo, avendone io, oltre il morelliano con C, *\\ìQ altri con M e con T. Non so poi qual giudizio debba portarsi di quelli aggiunti dal Morelli , nei quali scorgcsi da ambedue le parti L. SATVTiN , non essen- doue gii mai capitato iiìcnno sott' occhio né a mio !)a- d e , uè a me. in altri viceversa , che sono alquanto meno rari, invece del tipo del rovescio amò di gerai- 1. ire quello del diritto, improntando in ambedue le fac- cia la stessa testa galcala , ed aggiungendo nella prima il nome L. SAT compendiato in monogramma : nella saconda la lettera monetale r>ra retta , ora giacente , che però nelle cinque varietà da me possedute manca sempre dei pisriti concomitanti. L' Eckhel stette dub- 12S Lettskatvra bioso , se si avesse a leggere Lucius ST Atius , o l.u- cius SATurninics : ma il fatto della ripetizione del ro- v'escio è, a mio credere, decisivo , perchè quella pure del diritto si abbia da imputare alla medesima persoua , e perchè questi aumrai ancora debbano seguire la sorte dcffli altri - e aver tutti una più sicura collocazione nella gente Appuleia. Dello stato geografico e politico del Piceno dalla sua orìgine fino alla guerra sociale. Dissertazione recitata nelV accademia dei Catenati di Macerata la sera del 5 di luglio \ 835 dal marchese Amico cav. Ricci. la ^ i ra gli oggetti , che occupano le speculative osser- vazioni dei dotti del nostro secolo , vi è pur quello di rintracciare le antiche origini e le vicende dei pri- mitivi popoli. Molti eruditi italiani , che vissero pri- ma di quest* epoca, nel timore di fare inciampo nelle favole e nelle contraddizioni, si contentarono di trovare in Italia un' origine antichissima , ma non attessero a dichiararla , difondendosi piuttosto in narrare quanto di pili importante e maraviglioso somministrava la sto- ria greca e romana. A superare queste difficolta sursc- ro Dempstero e Gorl : e furon de' primi che ponendo in campo nuovi sistemi tentarono di convincere , essere ben diversa l'origine nostra da quella , che dai piiì sì voleva derivare. Ebbero seguaci : e l'accademia , che institui il secondo in Cortona , fu utilissima per pro- pagare verità archeologiche poco conosciute fino a quel tempo. E' certo pertanto che gli studi allorché si Dai. Piceno 121) professano basandoli su fondamenti dì vevllh, non .s'ar- restano , ma anzi al contrario progrediscono vjjntagj^io- samenlo : e così possiamo dire , che gli atti di quesl' accademia hanno aperta la via a sempre nuove ricerclie: ed il secul nostro , che può chiamarsi più veggente dì c[ualche altro nella critica archeologica , e solerte iicl- l'escavazione d'antichi monumenti, ne ha tratto molti lumi. A mostrare poi quest' utilità attesero anche i no- stri dotti a rintracciare i costumi e la politica dì quc' popoli , dei quali avevano scoperto la primitiva esistenza in Italia ; ed in tal guisa formarono il primo anello a quelle sloriche vicende , che rischiarando la no- stra mente col confronto d*un* epoca con l'altra, ci pone al caso di conoscere se le attuali nostre ahitudini ab- biano tanta importanza da non farci dubitare dei pro- gressi dell' attuale nostra civiltà . A quest' ultimo Scopo pei tanto è diretto specialmente il mio ragiona- re ; restringendo per ora le mie ricerche al solo stato geograiico e civile della provincia che abitiamo , dalia sua orìgine fino alla dedizione della sua politica libertà avvenuta nella guerra marsica , nominala dai più an- che sociale. JNou toccherò che di volo le cose princi- pali, giacche se più innanzi mi diffondessi abuserei del- la sofferenza vostra , o signori , cui piacque di farmi co- rona in una stagione nella quale è grave raifollarfii : !a qual cosa formando ragione di molta gratitudine, mi saiìt anche d'eccitamento a venire con prestezza al fine che mi propongo. Se veri indigeni non si danno , poiché gli uo- mini nou nascono dalla terra , come un tempo sognò la folle mitologìa , noi dobbiamo convenire colla mas- sima parte degli scrittori , che per indigeni intendere si debbono popoli di un' antichità sì remota , che im- possibile ci si renda rintracciare l'epoca della loro ori- gine e della loro provenienza. Così indigeni si dis- G.À.T.LXV\ 9 130 Letteratura sero gli aborigeni , gli osci , e indigeni potrebbonsi dire tutti que' popoli di cui ignoriamo il principio. Ciò supposto , io non dubito d'asserire, dietro la scorta di Dionigi d'Alicarnasso e dì Plinio , che i siculi , non già que' malcontenti cbe fuggirono le tirannidi di Siracusa ( poiché a' tempi di cui ragiono ignoto era il nome de' due Dionigi), ma gli antichissimi siculi , o sì- cani furono ì primi a popolare questa parte di ter- ra , che noi abitiamo. Urbem terme , disse il primo accennato scrittore , marisque totius principem , quam nane romani hahitant , primi in onini memoria te- nuisse feruntur barbari siculi , gens indigena. Era quello il tempo in cui , moltiplicando fuor del co- stume l'umana stirpe , eran costretti gli uomini per penuria di vettovaglie a cercare nuove terre , e delle più fertili , e con copiosa provvigione , onde la colonia non penuriasse di quelle cose , che costretta l'avevano a partirsi dagli antichi possedimenti. Una terra pertanto , che fornita fosse di tutte que- ste doti , la trovarono i coloni siculi , come nella nau- tica già esperti, in quel tratto di terra che si racchiu- de fra i fiumi Esì e Tronto , e che abbracciò poi i celebri tre agri palmese , pretuziano , ed adriano. Io non affermo a caso quello che dico , ma vado quelle orme battendo, che trovo a sorte segnate in Plinio, il quale ci fa noto , che siculi et liburni plurimos ejus tractus tenuerc : in primis palmensem ^ praetutianum , Jiadrianumque agrum . Quivi dunque approdati , si diedero a fabbricare intorno o case , o capanne da porsi al Coperto : e quindi di mano in mano confor- mandosi in ordinata nazione , fondarono citta , ed una fra quelle più grande , più popolata , e più ricca dove si tenesse il comune consiglio , dove si trattassero i publìlici affari , dove facesse capo il commercio , dagli storici , e dalle medaglie non meno , nominata capiteci? Del Piceno I.''^ o metropoli. Ed in vero a])!)iaiuo Ju Scillacc Cariaii- ileo geografo antichissimo , il quale nel suo Periplo descrive ancora il tratto de' iioslri lidi , che tale era la citta d'AiiCoiia : Post daunitas est umhroriim gens , et in ea est Aiicon urhs ; ed abbiamo posteriorraeulc da Plinio, che tanto Ancona, quanto Umana sorsero per opera di questi jiojioli : Humana a siculis condita^ ab iisdeni colonia Ancona. Ne faccia alcun' ombra se l'an- tico Scillace la disse degli umbii: poiché un geografo che a beila posta descrive le regioni nel mondo, se non siegue del tutto le dominazioni che co rrono ne' tempi suoi, non è [)crò tale da piantarne di nuove. Ma le niccla- glic sono le prove j)iù certe sull' antichità e sfato delh; cose. Una ne esisteva di Ancona noi museo olivcriano di Pesaro, contrasegnata con carattere greco, la quale ci prova non solo resistenza di quella città anteriore alla sommissione de' piceni a' romani ( poiché le sole citta libere hanno diritto di coniare monete ) , ma fa fede an- cora , che ili Ancoua si parlava il greco , e che que- sta favella provenir non poteva che dai siculi indi- geni- Così passar(jno le prime cose del Piceno : ma quello era il tempo delle emigrazioni. La nazione sabina, che abitava il vicino coniiulo di Testrina, per voto d'una sacra primavera , coatuuic religioso , politico , fondamentale de' nostri primi padri , o piuttosto al dire di Varrone per la troppo numerosa prole , staccò dal suo corpo ([uel superfluo , che poi couduccndo a fontlare nuove colonie divenne madre di tante gciiti guerriere nella bassa Italia. Non è del Gio- stro assunto il qui riferire tutte le origini della stir- pe sabina : ma soltanto ci restringeremo a narrare, che lina banda dì essi sull'alto dell' appennino', dirigendosi con auspici! divini attraverso que' sommi gioghi inverso il mar superiore , un picchio volatile .'>acro a Maincii , 132 Letteratura o Marte, era loro guida ed insegna ; ma l'avveflutetta del vero condultorc apii il passo a lerre più liete ; e quivi la gioventù sabina tirando a se lungo la via nuovo numero di persone, ad oj^getto di sacro viaf^'-gio, pervenne a costituire una nuova e ragguardevole gen- te , che a ragion del vessillo a cui erano sacrati chia- maronsi Piceni. Quivi cresciuti in tantii forza e potere da soggio- gare i siculi, scelsero a loro dimora quella parte di pae- se , che dall' spennino si stende fino alla spiaggia del- l'Adriatico, fertile d'ogni ricolla, d'aria salubre, e d'acque preziose : perlocchè di questi luoghi parlando '^trabone 1 ipeteva: ^dger bonus ad omnia ^ cujus oer saluberrimus, latices et scatebrae innoxiae et leves. Allora fu , che fabbricarono Ascoli prima d'ogn* al- tra citta , come si rileva da Festo , che dice : Sabini cìim Àsculum profìci^cerentur : ed anche da Floro che chiamò Ascoli caput gentis , cioè metropoli della nuo- va nazione: e quindi seguendo il corso del Trento fino alla sua foce, con l'andare del tempo e col crescere della nazione occuparono il littorale di Capra marittima , di Fermo, di Cluana , d'Ancona, e di Umana. Dal fin qui detto dunque rilevasi , che il territorio piceno non si estendeva oltre i tre agri adriano , pal- mese , e prelnziano , cioè dal Tronto fino all' Esio , ossia al COSI detto ora Fiumicino. Ma come avviene dunque, che Rimino fu chiamata citta picena , e che Plinio assume per confine piceno il fiume Aterno, oggi Pescara? Distiguiamo i tempi , e svanirà ogni equivoco. Nella celebre incursione de' galli sotto il regno di Tarquinio Prisco fu occupato, al dire di Tito Livio, tutto il paese compreso fra Piacenza ed il fiume Viri : e dopo di essi essendo giunti i senont, occuparono tuffo quello che restava fra il Viri e l'Esio , e fu per tale Duh PlCERO 133 óCcajjazlone formata una nuova provincia , clie sì disse Gallia Senonia , oggi Senig^illia. Ecco il motivo per cui ai nascenti piceni , i qu:«li sempre più moltiplica- vano , non essendo permesso d^estetidersi più oltre la parte setter.trionale d'Italia, fu duopo che si dilatassero da quella del mezzo giorno, talché cacciando i %'eslini stabilirono i loro confini al fiume Pescara, Ma sconfitti i senoni dai valorosi romani , furono dilatate le conquiste d'Italia fino al iluhicone , e però accresciuta d'una provincia, che si uni poi al Piceno^ e con tal nome chiamata. Essendo Marco Lepido console^ disse Polibio, Cajus Flaminius legeni populo tulit^ ut ca regio Galliae qiiam Picenam vacante itnde senones fue- runt ex pulsi , militibus romani s divider etur. Ma salito sul trono Ottaviano Augusto , e venuto assoluto signore della romana decaduta repubblica, or^ dÌMÒ che tutta l'Italia fosse ripartita in tante regioni : cosichè al Piceno essendo toccata la quinta, abbracciò lutto quel tratto , die dal fiume Pescara si distende fino all' Esio , volendo che tutto l'agro compreso fra il Crustumio ed il Rubicone ritornasse ad essere Gal- lia : e COSI tutto il tratto , che intercede fra l'Esio ed il Crustumio , fu lasciato veramente all' Italia, ma attri- buito all' Umbria. Sebbene i limiti della provincia, come al>biamo ve" duto, fossero così ristretti , che non eccedevaiio quelli del Matrino o Pescara, e dell' Esio nulladimeno la na- zione prosjìerava immensa monte , perocchi; nei tempi che gli etruschi attaccarono guerra ai romani contava il Piceno più di trecento sessanta mila uomini abili a portare le armi, come si ha da Plinio al lib. Ili cap. XIII. I censi di Roma, fatti sotto quegli anni, tanti certamente non ne contarono : imperocché l'anno 478 deUa sua fon- dazione soli due cento settantun mila coml>attenti si Irò-' i{)\ Letteratura varono nella ras<;pgna fatta iiomi relativi , questo non'- " 142 L E T T E R A T T; R A i>lio che ad altri s'addice a noi, che figliuoli essendo della religione verace, ne abbiamo a principe Taugu- sto capo e pastore ; se allora ciaschedim patriarca coronalo dalle mani della natura ( il dirò con l'espres- sione di Pope ) era il re , il sacerdote , ed il padre del suo nascenic stato; nostro re, nostro sacerdote è il romano pontefice , coronato dalle raaai stesse del- l'autore della natura, e suo legittimo rappresentante, assiso anch' egli sopra uno de' sette colli , ma non colla ferocia de' Seniproni e de' Pompei, provvede alle nostre indigenze , mantiene la pace , difende i confi- ni , e ne fa scudo colla sua mansuetudine più va- lida assai, che la spada de' gloriosi conquistatori. I prefetti , che da lui si mandano a regolamento delle nostre citta, non sono gik di quei duri e severi , che l'urbano pretore una volta qua spediva ad umiliare un popolo soggiogato coli' armi, ma umani e pieto- si , che le paterne cure eseguendo del pacifico reg- gitore, ogni cosa governano con moderatezza e giu- stizia. Con tali mezzi benefici rifiorir vedemmo la po- polazione ( poiché un buon governo moltiplica gli uo- mini , come la rugiada sviluppa i germi delle piante), riaprirsi le sorgenti del travaglio e della fortuna , prendere lustro le lettere e le arti sorelle , che gli avi nostri affatto non conobbero , e moltiplicandosi per tal modo la produzione di tutte le specie, divenire il Piceno una terra di benedizione. Felici pertanto gli uomini, conchiuderò con uu filosofo cristiano , se conoscessero in tutte le condi- zioni il bene della sufficienza! Felici gli uomini, se igno- rassero moltiplicare i loro bisogni moltiplicando i loro , desiderj ! E felici gli uomini se per quanto amino la patria , la nazione, la gloria, sapessero astenersi dal- l'immensa cupidità dell' avere l Amico Ricci. 443 Osservazioni sul hello. Art. VI. (1) u. na sera di state, usciti dalla citta, andavamo tutti soli io ed un caro giovinetto passeggiando verso Faen- za sulla ripa del canale Pasolini Zanelli , il quale pel tratto di strada , che divide Bagnacavallo da Faen- za, scorre forse dodici miglia, ed è vestito sempre di qua e di Ik di un filare di pioppi sorgenti al ciglio dell' argine , che tocca pure di qua e di la col ver- deggiante suo piede la strada , che ha sottoposte beu coltivate campagne , che sono una bellezza. E ad un quarto di miglio ci fermammo alla cappellina d'ella Madonna, e i nostri occhi corsero a quella pittura , che vi è de' guelfi e ghibellini armati , i quali ri- stando dal combattere fermano pace fra loro : perchè i nostri vecchi posero i\^i stesso alla Vergine della Pace un' ara , anzi un tempio , che ora piii non è , sendo stato trasportato più nobilmente nella città. E , il giovinetto chiedevami del fatto , ed io rispondeva i secondo la tradizione e secondo le epigrafi che ne ab- I biamo ; benché, queste ultime furono poste in tempi a noi non troppo lontani. E della pittura e delle epi- ,1 grafi il giovinetto , e come figlio , ciiiedevami se sia- no belle : perchè, da un discorso passando ad un al- |ì tro, ei rammentò le mie Osservazioni sul bello. E co- lme mai (egli disse) parlando di siffatto argomento voi (i) Vedi doni, arcéid. tont. L. pag. igo, LI 261, LUI 282, LIK 99 , LX/a 35i. 144 Letteratura andate portando più sovente le opinioni di slranieri, che di nostri italiani ? Forse che noi non abbiamo filo- sofi ? Mai no, io risposi ; ma potendosi agevolmente sa- pere le opiniotii de' nostri, parvemi uolaie talvolta quel- le degli altri per comunicare a' pensieri de' pìiì lon- tani , e pone tea le idee quel commercio , che util- mente è tra le cose. Sono poi tanfo noto a noi stessi le opinioni de nostri ! Io per me ( ei seguitava) nois so di averne sentito parlare sì di frequente, come di quelle degli stranieri. Pur troppo (io soggiunsi) gli stessi libri de' nostri sono fatti [nii rari , che quelli degli stranieri : più presto troverai Locke e GondiUac, Laroraiguiere e Stewart , e che so io ; di quello che Vico e Genovesi e Stelli ni e Gerdil e Galluppi e Ro- magnosi , per tacere di altri ! Pur troppo la moda la vioce ! Noi italiani vestiamo , pensiamo , parliamo, ci moviamo alla voglia , anzi al capriccio degli stranie- ri. E non ci vale esser ricchi , se non facciamo un caso al mondo delle nostre ricchezze ; mentre invece ogni meschinità che ci piova di fuori ci pare una maraviglia : e non è buona e non è bella al nostra matto giudizio alcuna cosa , se non venga d'oltremon- te e d'oltremare. Parliamo dunque del bello , ripigliò il giovinetto , nella sentenza di alcun nostro filosofo, e che io impari in casa a conoscere meglio il Lello dal brutto. Il sole era sul tramonto : e l'aria fresca che moveva alquanto le foglie de' pioppi , l'azzurro delle colline che vedevansi di prospetto , e tutto ciò eh' era intorno come un sorriso della natura , e l'in- vito di quel caro figliuolo, mi trasse a parlare così: Dolce e onorato risuona nel bel paese il nome di Giacinto Gerdil. La Savoja lo vide nascere ne' di- rupi delle alpi , Bologna lo vide fiorire alla gloria del- le lettere , Roma lo premiò colla porpora de' cardi- Oiisr.RYAziGKi .sur Bklio 14^ nali, il cielo trentadue anni fa se lo ritolse (1). Lo so- iniglicresti a quel fioie del Brasile , che è Lianco all' aurora , color di foco al meriggio , purpureo la sera ; ma non jiotiesti meglio lodarlo , che ripetendo alcuni insegnamenti di lui , quasi lumi della sua mente. Fallando della origine del senso morale (2) ei dimostra .- che vi ha nell' uomo un naturale criterio di approvazione e di biasimo , risguardante l'intrinse- ca morale difl'erenza del giusto e dell' ingiusto ; il quale, unitamente alla nozione dell* ordine e del bello, tiasce dalla facolla che ha 1' uomo di conoscere il vero. Vi ha nell'uorao ( egli dice (3) ) la facoltà natu- rale di conoscere il vero. Imperocché l'uomo ha per sua naturale costituzione altitudine e potenza di co- noscere le relazioni d'identità, di diversità, di somigliane za, di cagione e di effetto, di principio e di conseguen- ze, per cui sono le cose connesse. Ora in coteste re- lazioni consiste il vero. Jjordine poi (\) può dirsi una serie di cose , de- terminata per uu (jualche rapporto , per cui s'intenda il perchè i termini di essa serie sono piuttosto con- nessi in una maniera , che in un' altra. Vedi , figlio mio , io diceva , ([uella piccola casa di campagna ? Sopra ha il fenile e i granai, .sotto la stalla e l'abitazione del contadino : da una palle i proservizi , qua il pozzo , la insieme il forno, il pol- laio, il porcile : da un' altra parte a gran coni dispo- ste le provvigioni di strame : in mezzo l'aia ; attorno (i) Mii7,/,arelli,Mls(:(>rsi> , giorn. are. toni. FjI p. t^S. {•>.) Gentil , opere , Holfìgna t-8.5 tom. ìf p t c srjjg. (5) Ivi p. ^7. (4) ivip. 4.1. G.À.T.LXV. 10 fA6 Lkttbratura la siepe viva e una corona di gelsi. Qui Iiai una serie ordinata dì cose , e vedi il perchè elle sono pò-, ste dove sono l'una rispetto all' altra. Fa che mutino confusamente di luogo, sicché l'una all' altra non ser- va come fa , e non li paia subito un rapporto e come la regola o ragione determinante della loro posizione : anzi che l'idea dell' ordine come prima, ti sorgerebbe neir animo quella del disordine. Allora egli : E come mai sono dunque tanto di- versi i giudizi intorno all' ordine ? Varie sono ( io sog- giunsi (1)) le relazioni che hanno le cose fra loro, e per cagion della varietà di quelle sì possono dalle m«desirae cose ordinare differenti serie ( come co* me- desimi fiori si possono formare mazzi diversi ) secondo che una relazione anzi che l'altra si piglia per ra- gione determinante della loro coUocaiione. Quindi può facilmente avvenire , che diversi uomini a diverse re- lazioni risguardando più di convenienia trovino gli uni in una serie , e più gli altri in un* altra. E gli uni approveranno e loderanno una serie , che sarà dagli altri biasimata. Ma questa disparità di giudizi non pro- va , che l'idea dell' ordine sia di puro capriccio e sen- za fondamento nella natura : anzi è da notarsi , che chi non trova , per esempio , ben disposto un mazzo di fiori, non lo biasima quasi mancante di ordine e quasi non fosse quella disposizione sempre migliore di una totale confusione ; ma perchè avendo in vista un altro rapporto e una disposizione più conveniente al fine» disapprova quella che comparativamente meno conviene. Qual ordine adunque ( chiedevarai il giovinetto ) dovrà essere giudicato convenientissimo e perfettissi- mo.'* Quello (risposi (2) ) per cui dato il fine si combi- (I) Ivi. ,3) Xri i* 47; OssERVAZtONI SUL Bello i ^7 nera nel complesso il massimo de mezzi richiesli ad ottenerlo col minimo de" termini impiegati nella co- struzione. Quest' ordine direbbesi finale^ sendovene un altro che direbbesi di simmetria .- così in qwella ca- sa , che vedi , le finestre stanno bene da una parte e dall' altra della porta in modo che lo stesso rap- porto , che vi ha tra la finestra a dritta e la por- ta , osservasi tra la porta e la finestra a sinistra. L'ordine di simmetria e di corrispondenza venen- dosi ad aggiungere coi finale , cioè di un complesso di parti dirizzate ad un fine , vi aggiunge eleganza e. vaghezza facendo che diletti la intelligenza ed il sen- so (1). E se questa varietà di rapporti , che fa la sim- metria ,^ si farà meglio risaltare illuminando ogni parte e spargendola d' un colore , che soavemente alletti l'animo , maravigliosamente crescerà il diletto dell' or- dine , Come vedi nella facciata di quel casino di si- gnori , che ti è dinnanzi. La combinazione adunque dell' ordine ^«tìr/, l'al- tra di annui ducati 900. Scematesi alcun poco al Dei- fico le cure de' pubblici negozi , tornava con fervore a dar opera agli studi : ed in quel medesimo anno 1815 pubblicava una Lettera sulla poesia drammatica^ colla quale ci fece vedere come ben sapesse a' gravi studi del- Vita di M. Deli ico 177 le scienze severe accoppiar puro i fiori e le amenità let- terarie. Questa epistola h indirizzata al chiarissimo si- gnor abate D. Gasparo Selvaggi , membro della società reale borbonica nell' accademia ercolanense di archeo- logia , ed è datata da Napali a' 10 di novembre 1813, ed è stampata in 8.° ed estrattà dal giornale enciclo- pedico di Napoli , anno XII num. 2. In essa l'autore si escusa con belle parole di modestia se prende a scri- vere su di un ramo di letteratura , in cui dice dì non essersi bastantemente esercitato, ed avverte il suo dotto amico che gli parrà di vedere un forestiero , il quale giudica male degli oggetti del paese in cui si trova. A fronte peraltro di cosiffatte protestazioni egli è certo essere quella epistola ripiena di vasta e bella erudi- zione t e dopo avervi il Delfico esposto considerazio- ni, dettale da profonda filosofia, confessa che inco- minciando a scrivere su quell' argomento non pensava sì vantaggiosamente della tragedia , ma portando su di essa un' attenzione piili diligente , comparvegli come una di quelle donne leggiadre , di cui bisogna cercare le grazie ed i vezzi nascosti ed offuscali da bruite e malconce vestiraenta- Or qui ricorderò gli opuscoli letti dal Delfico nella reale accademia delle scienze di Napoli , de' quali so- pra feci già cenno. Le Ricerche sulla sensibilità imi- tativa considerata come il principio fisico della so- ciabilità della specie e del civilizzamento de popoli e delle nazioni^ furono lette nella mentovata reale acca- demia delle scienze a' 17 febbrajo 1813 , e sono im- presse in h , senza la indicazione dell' anno e luogo della stampa e senza nome del tipografo. Insieme colle dette Ricerche sulla sensibilità imitativa è stampata una Memoria sulla perfettibilità organica considerata come il principio fisico della educazione con alcune vedute sulla medesima : la qual memoria fu letta nella stessa G.A.T.LXV. 12 jJ7S Lette Ki-TURA accatleraia reale delle scienze nell' anno 1814 ; eJ inol- tre vi sta impressa una Seconda memoria sulla per- fettibilità organica considerata come il principio fisico^ della educazione , letta nella medesima accademia a' G luglio 1816. E qui dirò che ne' successivi anni al- tre quattro memorie del dottissimo abruzzese furono lette ed approvate dall' accademia: li 1, Sulle care- stie: la 2, Pochi cenni sui veri fondamenti delle scien- ze morali : la 3, Sulla necessità di cangiare i metodi d'istruzione comunemente tenuti in Europa: la 4, Sul- la importanza di fare precedere le cognizioni flsiolo- <^iche allo studio della filosofia intellettuale. Il Del- fico indefesso ne* suoi dotti travagli metteva poi in luce le Nuove ricerche sul bello, Napoli 181 S presso Agnel- lo Nobile in 8." , opera dedicata a D. Caterina Sa- liceti principessa di Torcila e duchessa di Lavello. Egli con queste ricerche sul bello si dimostrò peritissimo estetico. Quando correva il ventesimo anno di questo se- colo , per la opera di alcuni sconsigliati essendosi fatto luogo a politiche vicissitudini , che arrecarono piaghe nuove e nuove sciagure al regno napolitano , il Del- fico fu suo mal grado costretto ad assumere l'officio di presidente della giunta provvisoria. E nella man- canza delle forze , venute meno per la scomposta sa- nità , non fu a que' dì in istato di esercitare la de- putazione al parlamento , e con miglior consiglio an- dava a cercare conforto nella salutevole aria campestre. E già pervenuto a grave età, riconducevasi nel 1823 a Teramo sua patria , a fine di trarvi riposatamente gli anni estremi nel seno della famiglia dilettissima e tra' suoi più cari ed amorevoli. Ma ne la vecchiezza ne le fatiche lungamente durate avevanlo affievolito per modo ch'ei più non potesse dar opera agli studi ed allo scri- verò ; di che ci fa Icslimunianza il suo libro DaW au- Vita di M. Delfico 179 tica numismatica della città di Atri nel Piceno con un discorso preliminare sulle orìgini italiche. Tera- mo 1824 dai tipi dì Ubaldo Angeletti in 4% E' questa opera dedicata dall' autore alla reale accademia erco- lanese di arclieologia ed a sua eccellenza reverendis- sima monsignor Resini presidente della medesima acca- demia e della reale società borbonica di Napoli. Di una tale opera fecesi per le cure dei sig. conte Giuseppe Zurlo, amatore ed egregio conoscitore de' preziosi mo- numenti dell' antichità, una seconda bella edizione coti alcune aggiunte in Napoli dalla tipografia di Angelo Trani 1826 in fogl. ; ed io qui indiclierò tutti gli opuscoli contenuti nella medesima seconda edizione: 1. Discorso preliminare sulle oligini italiche. 2. Delle antiche monete della città di Atri. 3. Dei pelasgi e dei tirreni. 4. Rischiaramenti ad alcune osservazioni fatte in- torno alla opera della numismatica atriana. 5. Delle antiche ghiande missili di piombo. Sono riportati in fine di detta seconda edizione tre articoli di giornali letterarii risgwardanti la stessa opera del Delfico , l'uno ciob dell' Antologia di Firen- ze , l'altro della Biblioteca italiana, ed il il terzo della Revue encyclopedique (1). Nel primo di questi ailicoli dicesi con bella comparazione che come Catone il mag-;, giore , secondochè è narrato da Cicerone , cercava ri- storo ad una vita piena di fatiche e di onori dettando (1) On ranco ntre , ca et là quelques philusophes dans la fonie des antiquaires : tei est le savant Melchiorre Del fico, non iiioitis ree omandable par ses connaissances , cpie par xes vertiis. Così in fiucir ai'licolo. 180 Letteratura nella vecchiezza il famoso libro delle origini , così il Delfico di studi consimili facea lieti gli anni estremi della vita. Di questa opera del nostro dottissimo te- ramano si fa pure commemorazione nella storia della letteratura italiana di Giuseppe MafFei (1). Il vigore deir ingegno , come la gagliardi» della persona, suole irsene ia dileguo allorché sopravvengono gli ultimi e tristi anni della vecchiezza: che natura inesorabile le braccia e gì' intelletti , i forti e i dotti del pari doma e prosterne. Non così intervenne al no- stro Delfico , il quale pur negli anni più tardi con- servò tutto il vigore e tutta la vivezza dell' ingegno : i geli della vecchiezza non valsero a disertare quel campo fecondo de' preziosi frutti di ogni scienza. Egli continuava a dar opera agli studi ed allo scrivere , e compilò una memoria sulla utilità che ritrarrebbero le Provincie degli abruzzi ed il regio erario dalla istituzione di una fiera franca o , come i finanzieri di- cono , di assegna nella citta di Pescara;© nel 1827^ scrisse una Lettera dalla preferenza de^ sessi, indiriz-' zata alla mia egregia conciltadina signora contessa Chia- ra LVJucciarelli Simonetti (2), e stampata in Siena presso Onorato Porri 1829 iti 8.", e dappoi impressa nuo- vamente a Napoli nel 1834. Scrisse nel 1830 intorno la coltivazione del riso cinese ; ed è di quel mede- simo anno una sua lettera a rae diretta in data del 10 novembre , nella quale ragiona di alcuni dotti uomi- ni di Ascoli 8 dà qualche notizia bibliografica. Quella lettera che a me sarà sempre caro monumento della (i) Stor. della letter. ilal. di Giuseppe Maffei , Milano dalla società tipografica de' classici italiani i854, voi. IV. pag. i6o. (2) Questa gentildonna conserva un articolo , clic il DelUca dcUù egli slcsbo iiuonio le opere da lui sciiltc Vita di M. Delfico 18f benivoletiza , di che l'onorandissimo vecchio me fece lieto negli anni estremi del viver suo, fu stampata in fine delle Memorie intorno i letterati e gli artisti della, città di J scoli nel Piceno. Ascoli tipografia di Lui- gi Cardi MDCCCXXX in 4.* Allorquando nella stagione estiva del 4832 al re- gnante Ferdinando II piacque di onorare la citta di Te- ramo di sua presenza , amò di vedere Melchiorre Del- fico , col quale s'intertenne in ragionamenti per nou breve tempo, usandogli ogni maniera di gentilezze e di amorevoli accoglienze. L'ottimo vecchio, veggendosi dal suo re accollo per si benigno ed onorevole modo , tornò presso la famiglia col viso tutto bagnato di la- grime di tenerezza , le quali cadevan poi sempre da suoi occhi ogniqualvolta se gli ricordasse da taluno queir avvenimento- La maeslk dei re , che avidamente riirerca ed ama i colloquii degli scienziati , è ono- ranza bellissima renduta alla dottrina : onde vicn lode siccome a chi quella onoranza riceva , cosi non me- no a chi la tributi. Intanto in sul novantesimo anno della età. egli conservava il vigore dell'ingegno di gui- sa che pur poteva travagliarsi nello scrivere , e di lui faceva dire : . . . . Nec tarda senectus Debilitat vires animi , mutatque vigorem (1). Scriveva nel 1833 un opuscolo (e questo fu la ul- tima sua fatica ) intitolato: Espressioni della particolare riconoscenza della provincia e città di Teramo dovuta alla memoria deW immortai Ferdinando 1 , che si umi- liano al real trono del benefico Ferdinando II da Mei'' (I) Virgil. Aneid.Ub. IX. -182 Lkttkratura chiorre Delfico commendatore del real ordine di Fran- cesco. Que.st' opuscolo è inserito negli Annali sivili del res,no delle due Sicilie , voi. 2 fascio. 3 ( maf^gio e giugno ÌSÒ^ ) , in Napoli 1833 dalla tipografia del real ministero degli affari interni nel reale albergo de noveri in 4. Piacque al Delfico nel mettere in luce una tal sua scrittura di darsi titolo di commenda- tore del real órdine di Francesco I , perocché di quella onorificenza dalla benignità del re egli era stato fre- giato in quello stesso anno 1833. Le più ragguarde- voli persone di Teramo corsero a farne congratulazioni coir ottimo ed amatissimo vecchio , cui fecero lieta corona ed onorevole festeggiamento , esultandone tutta la illustre famiglia Delfico. Io feci Ja enumerazione di tutti gli scrìtti , che per Melchiorre Delfico furono pub- blicati colle stampe, o presentati al sovrano, o letti ia ragunanze accademiche : e nudro speranza che niuno siane sfuggito alla diligenza che adoperai. Erronea- mente dal Bossi (1) attribuisconsi a Melchiorre Delfico le Memorie delV Inter amnia Pretuzia., le quali furonO' scritte da Giovan Berardino Delfico , fratello di Mel- chiorre , ed impresse a Napoli nella stamperia reale nel 18i2. Medesimamente con errore le Osservazioni su di una piccola parte degli appennini si dissero scrit- te da Melchiorre Delfico (2) , essendone in vece au- tore il suo nipote marchese Orazio ; e furono quelle ossen>azioni pubblicate dapprima in Milano, e ristam- pale poscia a Napoli insieme colle ricordate Memorie deir Interamnia Pretuzia. Rimango assicurato che fra (i) Stor. d'Italia antica e moderna del cav. Luigi Bossi, lib. I. cap. X. (2) Ved. Manuale bibliografico del viaggiatore in Italia del dott. Pietro LlckicntUal, ediiionc milanese del i85o; alla pa^r-ifiS. Vita dt M. Delfico 183 gli scritti inediti , che il nostro Melcliìorre lia lascia- to , il più importante sia un Saggio Mosofìco sulla sto- ria del genere umano , e che v'abbia eziandio un opu- scolo intorno la pubblica educazione , ^d alcune os- ' servazioni su di qualche sistema di medicina a'nostri giorni decantato. So poi per detto dello stesso com- mendatore Delfico che scrisse pure le Osservazioni so~ pra alcune dottrine politiche del segretario fiorentino , e di questo lavoro fece dono ad un suo dotto ed illu* stre amico. Giuseppe Pecchie dice che il nostro chia- rissimo abruzzese aveva intrapreso una opera sugi' isti- tuti di beneficenza (1) , ma io ne dal Delfico ne da al- tri udii mai mentovarsi una tale opera. A varie scien- ze ed eziandio ad amena letteratura appartengono gli scritti di questo valentuomo , il quale entrò ne* di- versi campi delle une e dell' altra , e stese la mano a parecchi rami, cogliendone maisempre sugosi ed utili frutti , e non soli fiori ne sole frondi ; e nelle sue scrit- ture si ravvisa copia di erudiziane , ampiezza e do- vizia di cognizioni e dottrina, sodezza di pensieri e di riflessioni , desiderio ed amore del pubblico bene , for- za di raziocinio e corredo di filosofia. Non vago del ricercato accozzamento di ben sonanti vocaboli , e schi- vo de' lisci preparati nelle officine della rettorica , me- glio badò alle cose che alle parole , meglio alla giu- stezza dei pensamenti ed alla solidità delle considera- zioni, che alle grazie ed agli ornamenti della locuzio- DQ ed alle venuste fogge dello scrivere. Se vero sia ch'egli alcuna volta fece desiderare maggior chiarez- za , che fu talora soverchiamente austero ne' suoi giu- (i) Ved. stor. della economia pubblica in Italia o sia epilogo critico degli economisti italiani , di Giuseppe Peccliio , edizione sop. eit. alla pag. 265. /jg-J Letteratura tlizii , e clie fu talvolta trascorrente nelle astrazióni e nelle sottigliezze ( siccome facilmente avvenir suole a chi s'abbia grande acutezza d'ingegno } , e troppo si ammantò del filosoilco pallio , io profano nel santua- rio delle scienze non debbo ne posso sentenziarne. Giuste laudi furono da molti rendute a Melchiore Del- fico , quando era ancora tra' vivi. Egli è mentovato con onore nelle rivoluzioni d'Italia del celebre Carlo Denina (1) , e di lui si fa commemorazione ed enco- mio in un saggio sulla storia della letteratura italiana nei primi venticinque anni del secolo XIX , saggio ve^ nato in lace a Milano (2). Del pari molto onorevol- mente egli è ricordato in uno scritto dell' avvocato Michele Cancelliere (3) , e parole di lode ne dice me- desimamente il mio dottissimo amico professore Ago- stino Cappello (4)- Un articolo intorno al Delfico leg- gesi nel commentario dei secoli della letteratura ita- liana dopo il suo risorgimento, di Giambattista Cornia- ni , continuato da Stefano Ticozzi (5) : ed un altro (i) Llb. XXV sulla Italia moderna caji. 3 , edizione milanese del 1819 per Giovanni Silvestri. Cito la edizione, perocché ho •veduto mancare la menzione del Delfico in altra più antica edizione : cioccliè dimostra che nella delta opera si fecero delle aggiunte. (2) Saggio sulla stor. della letfer. italiana ne' primi aS anni del sec. XIX , opera di A. L. , Milano presso ant. Fort. Stel- la i85i alle pag. log 9.40. (3) Considerazioni dell' avv. Michele Cancelliere sul nuova corso di studi proposto dallo stabilimento letterario-tipograflco dell' ateneo e sulle privatire da esso domandate . Napoli dalla stamperia del Fibreno i832. (4) Opuscoli scelti scientifici di Agostino Cappello . Roma nella tipografia Pcrego-Salvioni i83o alla pag. 294. (5) Edizione milanese sop. cit. tom. 2. par. 2. pag. 65S. Vita di M. D^ihc.» 185 nella storia della economia pubblica in Italia o sia epi- logo critico degli economisti italiani , di Giuseppe Pec- chio (1). Una biografia del commendatore Delfico an- cor vivente venne inserita nel giornale bolognese in- titolato la Ricreazione (2). Le memorie dell' accademia di Torino , il giornale enciclopedico di Vincenza , la Rei^iie encjclopedique ^ Vantoìogia di Firenze, il gior- nale arcadico , la biblioteca italiana ed altri letterariL giornali , che lunga cosa e noievole sarebbe il nove- rare qui tutti , parlarono e frequentemente dissero pa- role di encomio intorno l'illustre e dottissimo abruzzese. Dotato di ogni maniera di cari e soavi costumi il Delfico ebbesi l'affezione e la stima di quanti il co- nobbero , e fu lieto di molte e chiare amicizie. Pres- soché tutti i piiì celebri uomini, che nel lungo cor- so della vita di lui fiorirono nella Italia , gli furono legati per vincoli di amista , ed ebbero con esso cor- rispondenza epistolare. E delle amicizie fu tenacissimo conservatore, ne mai uomo, ch'egli avesse in conto di amico , obliare gli fecero la distanza de' luoghi ed il mutarsi delle cose e de' tempi. Interveune frequente presso i piij famosi scienziati di Napoli , laddove quasi in palestra di letterarie discussioni e di eruditi ragio- namenti conveniva il fiore dei dotti uomini non sola- mente napolitani , ma eziandio forestieri , i quali a visitare quella grande e deliziosa citta sì conducevano. Molti consultavano il Delfico e cercavano il suo giu- dizio intorno gli scritti loro , ed egli , sendo stato cor- tesissimo gentiluomo , era largo de' suoi consigli a qua- lunque nel richiedesse. Il celebre abate Giovanni An- dres stimolò il Delfico , a fine che ceder volesse alla (i) Edizione di Lugano sop. cit. alla pag. 262 e seguenti.. (2) Anno I num. a5 in data del 7 agosto i834. ^86 Letteratura real biblioteca la sua preziosa collezione di libri del primo secolo della stampa : ciocché questi con volon- teroso animo fece , a significazione di riconoscenza in- verso il suo monarca ; ed il re Francesco I ne di- mostrò sommo gradimento. Una buona parte poi della sua libreria , doviziosa di pregevoli opere, donò il com- mendatore Delfico al reale collegio di Teramo , e per tal maniera fece grande benefizio a'suoi concittadini , a'quali schiuse le fonti del sapere ; di che l'eruditis- simo signor canonico Palma gli rende giustissima lode nella storia acclesiastica e civile della regione piiì set- tentrionale del regno di Napoli (1). Un'altra memo- ria del suo cuore generoso ed accesissimo di amor patrio lasciò questo benefico gentiluomo , allorché , ap- provante il re , con ispesa non lieve contribuì per- chè a pili regolare e migliore forma si riducesse la prin- cipale strada della citta di Teramo , cosi procaccian- do bello ornamento alla patria. Pervenuto a grande vecchiezza viveva Melchiorre Delfico dalla famiglia ama- tissimo , da' concittadini onoratissimo e frequentemente visitato da forestieri , che si pregiavano di lettere e di gentilezza ; e conservava perfetta serenità di mente ed amabilissima piacevolezza di maniere. La vita peral- tro che SI lungamente a lui fiorì , cominciò a sentire ci il peso di tanto grave età : le forze cominciarono ad infievolirsi ; ei diceva, gli anni a che era venuto , ba- stargli : più non desiderarne, ed alla provvidenza ren- derne grazie. La pietosa ed araorevale assistenza alT ot- timo vecchio ne' giorni estremi del viver suo prestata dalla egregia mia concìttadina marchesa Diomira Muc- ciarelli Delfico fa, direi quasi , raggio di sole , che scenda a ravvivare e sostenere una pianta sfroudata da- (i) Voi. rV- pag- 355, Teramo pi-esso Ubaldo Angclelli i8.>4 Vita di M. Delfico 487 gli anni e già cadente. Nella mattina del giorno 2G di maggio di questo anno '1835 l'appoplesia il colpiva , mentre stavasi tra' suoi scritti e tra' libri ; e nella sera del di 21 del seguente giugno, correndo il novantu- nesimo anno della età sua , terminava la mortale car- riera. Se la subitanea perdita delle mentali facoltà fu d'impedimento, perchè apprestati non fossero al Del- fico i più salutevoli conforti di nostra santa religione , vuoisi qui avvertire , che egli diede continuamente se- gni non equivoci di attaccamento verso la medesima. Il reame napolitano impertanto perdeva il Nestore de' suoi scienziati , la città e la provincia di Teramo per- devano un insigne benefattore , io perdeva un amico di riverenza degnissimo. IModesto pur nel suo testamen- to , non volle che funebri onoranze se gli rendessero. Due gentili e dotti signori fecero bella e laudabile ope- ra onorando co' loro pregevoli scritti la memoria del celebrato abruzzese (1) , e pressoché tutti i giornali d'Italia ne annunziarono la morte , e la biblioteca ita- liana ne diede una biografia (2). Pubblico pianto ba- gnò la tomba del valentuomo , che aggiunge tanto or- namento alla nobilissima famiglia de' marchesi Delfico ed alla citta di Teramo , della quale sarà maisempre singoiar vanto e gloria il noverare tra gì' illustri uo- mini, a'quali essa fu patria , Melchiorre Delfico , di cui lo storie della italica letteratura diranno parole di gran- de e meritata lode. (i) Degli studi , delle opere e delle virtù di Melchiorre Delfico, ricordanza di Ferdinando Mozzetti. Teramo per Ubal- do Angeletli i835. In morte del commendatore Melchiorre de' marchesi Del- fico iscrizioni del presidente Giacinto Armellinr. Teramo per Ubaldo Angcletlì i835. (2) Biblioteca italiana niim. CCXXXIV , giugno iSjj , pag. 45o e seg. 188 Caratteri di Teofrasto volgarizzati da Dionigi Leondarakys dal Zante. 8 Pisa 1834. AL CHIARISSIMO PROF. G. IGNAZIO MONTANARI, FERDINANDO RANALLl N, OH perchè io mi tenga da potervi rimeritare dell' onof- re che mi avete fatto indirizzandomi quel vostro volgariz- zamento del commentario del Maccabelli, che io lessi ed ammirai come degno del vostro raro ingegno, e de' vostri studi elettissimi, chfe sarei giustamente appuntato di te- merità : ma bensì per darvi alcun segno della mia aflet- tuosa gratitudine, e parziale stima, vi prego di leggere come cosa a voi indiritta questo mio scrittarello , che mi ha dato occasione di comporre una quinta edi* zione che fece a Pisa nel 1834 del suo Teotrasto il il sig. Dionigi Leondarakys , greco come sapete di na- scita, ma italiano di mente e à\ cuore. Cosi delle mie parole avrà esso meno a vergognarsi, acquistando dalla vostra benevola accoglienza quell' autorità che per se stesse non avrebbero. E dobbiamo sapergli grado pei* averci tradotti e per la quinta volta pubblicati i Ca- ratteri di Teofrasto : il quale vedendo a quanta cor- ruttela era venula l'età sua, stimò debito civile combat- tere apertamente i vizj predominanti : ed in brevi e sem- plici avvertimenti circoscrisse tutto di che suole princi- palmente incolparsi l'umana progenie: e formò uno spec- chio, in che potessero i giovanetti vedere quel che avcvaiio Caratteri di Teofrasto 189 a seguire e quel che a fuggire. Nudrito egli alla scuo- la di Platone , e piena la mente tli tanta sapienza, ìa,- stitui una nuova scuola che chiamò Liceo : dove alla eloquenza di Platone accoppiando la morale di So- crate, insegnò scienze utili e vere , purgando la filo- sofia di tante sottigliezze e ridevoli speculazioni. Si diede ad investigare le scienze della natura , e so- pra tutto si occupò della botanica e della minera- logia , e da questi suoi sludi compose una storia delle piante , ed un trattato della vegetazione , classificando le loro specie , spiegandone la organizzazione, la nu- tricazione, lo sviluppo. Lasciò scritta la storia degli animali , ed un trattalo delle pietre : parlò pure della grammatica , della logica, della rettorica, della poesia, fT , COS - Niun dubbio può cadere int&rno la interpretazione delle linee prima, terza, e quarta: di- cendo quella , che il gladiatore noraavasi Jolla , ed era servo di Sahneno ; servendo queste per indicare il mese , l'anno , il giorno in cui egli pugnò . Lo sco-? glio è nella voce della riga seconda SPECT , che ia altri consimili monumenti è piiì raccorciata, SP. Fuv- vi chi volle spiegare sportulam , sottointeso accipiet ; chi speculafor ; chi spectio : altri spectator , spectacu^ lum , spectatus , spectahit , spectavit. Niuna di que- ste interpretazioni va a garbo al dotto A : e ne accen- na le ragioni per rifiutarle ; propone quindi leggere S\^KCTabitur. Crede che queste tessere somigliassero gli avvisi teatrali ; si lavorassero innanzi lo spettacolo ; servissero per eccitare i curiosi a godere de' giuochi ; si dispensassero ai cittadini , e si mandassero alle vi- cine popolazioni. E' perciò , che in esse annunziavasi sempre il nome del gladiatore ; ne può dubitarsi che aveasi l'accortezza di nominarne uno di valor conosciu-. lo; e sogliamo anche a' di nostri far cosi, onde Ijt tiE tesseri: GLADUtoniE 19*7 gioventù abbia nuovi eccitamenti per recarsi al teatro. Se dunque queste tessere son concordi agli affissi tea- trali; e se in questi si scrisse : yenaiio et vela ERVT; familia gladiatoria PVGNABIT : per parità di ragione: Ja monca voce SP . o SPECT. debbesi risolvere in spectabitiir : cioè , il tal gladiatore diallo nel campo de suol cittadini , e [orse ci in,editava tal' lissimo canto (ib. p. 204). La battaglia di Meloria rese i genovesi signori del mare ( p. 230) , come la re- publ)lic;i pisana dopo quella giornat:» campale vi rinun- ziò per sempre (lib. 5 e. 1 p. 245). La guerra pi- sana eccitò discordie fra il conume per effetto delle fazioni che dominavano il popolo e i potentati della repubblica; ma uria terza guerra co' veneziani sopì le gare domestiche ( p. 208 ). Noi richiamiamo l'alteu- 7Ìoue del lettore al capo XII del libro IV , volendo ciie con cognizione di causa formi sentenza della su- periorità marittima , che i genovesi seppero crearsi su tutti i popoli italici ed orientali: e le convenzioni fatte dalla repubblica con Venezia e con Pisa ne sono un toslimonio inconcu';so. Il libro V , che tratta delle cose fatte da' geno- vesi nel secolo XIV , da cominciamento con nn oc- chiata allo stato dell' Europa e dell' Asia. Quindi (an. 1301 ) il N. A. ci avverte di nuove mutazioni di governo , clie lo trassero a forme più assai popolari. Ma i ghibellini italici , di cui era capo Opizzino Spi- nola , fecero si che Arrigo VII ne venisse fra le terre della penisola , onde il S. R. imperio in Italia aves- se nouìe e potere ( p. 'èC>\ ) , e perciò le genovesi inno- vazioni perissero. Tristissime, rimedio praticato sempret da'parfiti, onde in perpetue avversità fu del continuo maU menalo il bel paese, e por Ciii Genova senza volerlo cad- Storia dkf.la Liguria 211 de in vile condizione , e da cui volendo risorgere eles- se in luogo d'abati , di consoli , di podestà , di capi- tani un doge nella persona di Simoniii Boccanegra f 1). 305 ) . Ma vane immaginazioni degli uomini ! Il Boccanegra per effetto di emuli iraplaca])i!i si tragga la veste ducale , e se ne va esule volontario in To- scana, N' amraotolisce la plebe, si passa alla nomina di altro doge, e le faccende di stato prendono un non so che di vigore novello : tantoché potè la repub- blica liberare Scio e le Focee , colonie perdute nelle guerre civili , stringere Onoglia a duro assedio, in no- me di Serra Doria darsi suggetta , e ad umiliare per- fine l'imperator Cantacuzcno sciogliendo l'assedio di Pera , e nuovamente distruggendo l'armata de' greci. La quarta guerra co' veneziani fé' scrivere a Fran- cesco Petrarca due lettere alle due repubbliche con- tendenti ( p. 341) per cui il N. A. dice -die tutti esaltano nel Petrarca il ristoratore de buoni studi e il sommo poeta : ma il suo maggior pregio si è l'es- sere stato uno de^ migliori italiani^ che esistessero mai. li grand' uomo invano si adoperò al bene delle due potenze : perchè venute poco di poi a duro ed acre conflitto ( p. 37G ) , i poveri veneziani ne andarono SI mal conci per la battaglia della Sapienza , che sot- toscrissero un accordo di pace per opera del doge loro, che quantunque fosse umilissimo , pure per la paura lo tennero di loro decoro : tantoché non so con qual fronte fecero incidere a caratteri indelebili, poscia a molti anni , sul sepolcro del dianzi doge queste false parole - autore di una pace utile. Il capo V del lib. 5 descrive nobilmente la presa di Trìpoli , la rielezione in dogo di Simon Boccanegra , la bella raaniern di sdebitarsi de' governi , senza meno- mare i capitali- ma dispose un Vivaldi Francesco che il 212 Lettkraiura valsente di 9000 genuine , di cui iacea dono alla repub- blica , si mettesse a frutto , talché il corrispondente per linnaìizi impiegare si dovesse alla compra de crediti altrui , finche il capitale da ciò risultante fa~ cesse iìisieme col capitale originario una somma egua- le al nuovo debito pubblico : e l'una metà moltiplicane dosi ancora servisse ad estinguerlo , t altra a far nuo- ve spese senza necessità di rinnovarlo. Cotale opera- zione fu denominata moltiplico di luoghi , la prima di simile specie , // modello delle altre innumerevoli che le son succedute , e la base delle moderne specula- zioni ^ le quali col nome di aritmetica politica , e d'interessi composti insegnano alle naioni sfondate d'oggidì Vunica via di sdebitarsi senza infamia (p. 397). I genovesi che han vinto sovente , e che rare vol- te o non mai, han saputo giovarsi delle vittorie (p. 375), per un editto segreto di morte soscritto da Pietro re di Cipri furono tutti quanti trucidati in qucll' isola : COSI un giovane mercatante giunto in porlo sopra pic- colo legno, ferito in volto e corso a palagio , annun- ziava , ed entrando in consiglio gridava .- Son io l uni- co superstite de genovesi , eli erano in Cipri ! ( cap. 5 Jib. 5. p. 998). Il dolor nazionale accorreva al la- mento di tante vittime , e se ne vendicava eoa un spe- dizione navale , che trionfò altamente di tanta cipriotta nequizia , facendo servo quel sire , condannando a mor- te tre ministri di stato , alla prigionia in Faraagosta sessanta baroni compiici dell' uccisione de' genovesi , e Lusìgnano zio del re, co' due bambini del principe di Antiochia, tradotto venne alla torre di Genova (ib. p. 403). Questo avvenimento sì dispiacque a' veneziani , che senza dubbio originò tra le due repubbliche un quinto dissidio. Le cui sorgenti sono notabili , e il N. A. non cessa di chiarirle il meglio si sa , tanto Storia della Liguma 213 per empiere il vóto delle lagune storiche , onde Li- guria difetta , quanto ancora per correggere tal' al- tro scrittore , che in processo trattando questo tem- po , non usò di quelT accuratezza dovuta alla scrupo- losa sincerità delle notizie ; e noi ci stimiamo inabili a raccorciare in compendio senza incorrere in prolisso discorso le cagioni del mutuo dissentire delle due bel- ligeranti potenze : ond' h che richiamiamo l'atten- zione de' lettori al cap. VI del 5 libro. Ivi vedran- no ancora corale i genovesi strinsérsi in lega eoi ve-* scovo di Cinque Chiese , col re d'Ungheriaj e con A- gnolo Lollio del Patriarca , e come favellarono iti Venezia ai senatori : ivi leggeranno le risposte del do- ge Contarini : ivi, diffidata la guerra, come rin Fieschi Luigi fu fatto prigione a capo d'Anza (p.421. 22. 23): ivi un Luciano Doria insignito della dignità di am- miraglio avviarsi ali* Adriatico (1378. 25 agosto) , ove vincendo morì nella gloriosa giornata di Fola (p.42T.434): perdita piìi deplorabile che il piacere della vittoria^ perchè Luciano era pieno di fuoco ne' pericoli , di moderazione nella fortuna , di benificenza nelle ca~ lamità e né* disagi. A Luciano Doria sriccedeva, per decreto de' prov- visori di guerra , degli anziani e del doge , Pietro consanguineo di lui , il quale imbarcandosi era sa- lutato da ogni ordine di cittadini che ^ tra le preci del clero processionalmente adunato sul molo , grida- vano concordemente: A F'enezia^ a Venezia ! (p. 435)^ Pietro Doria^ arrivando a Zara, meditò alcuni gior- ni sulV impresa grande , che la patria a lui affida-^ ' v,a t poi fatta rassegna generale delle sue forze , rau- I Bava parlamento militare. Se avvi uno squarcio di vera eloquenza e certo il presente, che noi alleghia- , mo , siccome un testimonio di quel dettalo tritissimo,- Oikle il favellar forte e concitato non deriva clw d* fwti e grandi cagioni^ 214 Letteratur a Nel parlamento militare / notabili uomini della Dalmazia ebbero ingresso. L'ammiraglio indicando col dito V^enezia „ Là^ disse , in fondo a qiielV acque stagnanti si sono ap- piattati i nostri nemici. Là dietro a quegli argini d'a- rena siede un opulente e superba città , V emula im- placabile di Genova \ P^eterani illustri., che fra le armi e le procelle spendeste già tre stagioni lungi da quanto s'ama : compagni meco trascelti dalla patria diletta a riparare il numero , emulare le geste di chi soffrì per lei ; popoli strappati al giogo di prepoten- ti vicini y ecco la meta de* vostri travagli] Nuovo ca- pitana non farò molte parole , ove risplendono tanti vecchi soldati. La maggior parte di voi conoscono appieno che specie di guerra sia questa^ qual gene- re di nemici. Resta a cercare nelle ultime loro late~ bre quegli stessi , che non sostennero l'impeto vostro nel colma delle loro speranze. I pia valorosi san mor- ti 0 feriti. Ciò che avanza è una turba codarda, che sta ancora in piedi non per mostrare il viso alla fortu- na , ma il luogo della vittoria a voi. Conquisi da lunga verna., debilitati da fuga forzata , fracidi tutti dall' atmosfera nebbiosa che li circonda , tali san es- si. E voi ?.. - voi^ i discendenti di quelli che dopo la giornata di Curzola potevano di un solo colpa troncare la gran lite che pende a ncora , voi siete nati ad adempiere il loro difetta , e per adempierla basta che imitiate voi medesimi a Pala. Là eravate in numero inferiore , là era incerta ancora la for- tuna , M vi sorprese un funesto accidente , capace di atterrir chi che sia. La patria nostra adorata , dirò ancora^ f Europa e V Asia aspettava da voi f ul- tima prava ; prova pia facile e insiem pia gloriosa che non si poteva immaginar per V addietro. Non si tratta oggimai di decidere chi dominerà il mediter- Storia della Liguria 215 Vaneo o il mar nero, chi percorrerà vittorioso le ri- viere de' tartari , o quale città, Costantinopoli o Pe- ra, Gaffa 0 la Tana sarà il deposito delle ricchezze orientali. Queste co sé furon già desiderabili e ma- ènifiche ;* ma il mome nto presente le trapassa tutte e le. oscura. Or slìa a fermare., che quanto sette se-- coli di prosperità e di gloria hanno accumulato in un sol angolo d Italia , quanto di ricco , di raro e di hello posseggono i vostri capitali nemici, tutto in- sieme con le loro persone e famiglie sia vostro. Una sola avvertenza vi aggiungo ; siate animosi senza te- merità, usate ubbidienza a* vostri capi. Se voi mi pro- mettete questo , per l'anima degli eroi in questa guer' fa estinti, per l'ammiraglio Luciano, congiunto e suC' cessore di quello , io vi prometto Venezia. Pronunziate con impeto grande le ultime parole^ s'assise. E nazionali e stranieri si misero a gridarez yiva S. Giorgio \ Andiamo a Venezia « e morremo Contenti. „ L* esilo però non corrispose alla robustezza e nobiltà del dire. Io non vò discutere le ragioni di scusa che il N. A. adduce a discolpa dell' amnaira- glio Boria durante l'assedio di Chioggìa (p. 456, St)^ Per me fremo leggendo il progresso del veneziano as-- Sédio , e vorrei alcuni brani di storia lacerarli ancora, Otide tanta gloria non fosse offuscata da tanta tra- sCuraggiue, e da tanti alterchi fra i nobili e i popo- lani dell' annata (p. ''i69) : ma troppo vero è questo suo detto : Jt' cartaginesi fu già pernizioso Pozio , di Capua , a genovesi il sale di Chioggia. ' Il capo Vili, dopo aver posto sott' occhio gli ul- I timi sforzi militari e navali de' genovesi e loro eol- i legati contra l'impresa audace di Venezia , ci offre i fluovi racconti di nazionali vittorie (p. 488) in le- vante. Si diffonde sul trattalo di pace conchiuso tra 216 Letteratura le (lue nemiche repubbliche , e di altri particolari tie- ne discorso , dai quali prescindiamo , perchè riescono di languida tinta per gli avvenimenti veneti , e forse qualche volta succede nella lettura quel che provasi in musica , che cioè una gra nd' armonia , se è ca- pace di occuparti il pensiero , ti sazia , e ti rende inetto anche ad altri suoni ; tuttoché uditi staccati riescano interessanti e piacevoli. Certamente il libra quinto, che abbiamo svolto, e qui qua tastato in molti lati, racchiude memorande azioni parte gloriose , parte luttuosissime , se per arroto non scopri in esse semi manifesti di decadimento , cui dopo la tristissima resa di Ghioggia Genova a celeri passi s'indirizzava. Ma ecco il tempo che s'avvicina, in cui la co- sa pubblica travolge in garbuglio. Siamo all'anno 1381, cioè sono appena trascorsi venC anni dalla pace di Torino , e Machiavelli già annovera Genova fra i potentati minori : conciossiachè , dice il J5f. A. , che la storia de tempi , cui siamo pervenuti ^ ci offre il dolente spettacolo di una nazione^ che perde il frut' to di tre secoli di gloria (lib. VI cap. 1). flacconti sono questi che fanno raccapricciare tutt' uomo , che nutra sentimenti di solo pubblico oc- dine , e de' quali volendo minutamente discorrere, ti trovi ravviluppato tra un labirinto di tali laidezze po- litiche, che appena messo in cammino ti penti certo di esserti diretto per una via da soli inganni ordita, e quasi adito a maggiori fallaci cadute. Ne so indur- mi a credere , come possa l'uomo trarre profitto dal- le pitture che rappresentano la società immersa in un mare d'inganni e di frodi , e in perfetta collisione cogli ordinamenti, che tengono in disciplina le isti- tuzioni supreme ; se non vogliamo dire, che cosiffatta genìa di uomini torbidi e distruttori , piiì che non so- no i vulcani, del beli' avviamento civile e politico de' Storia della Liguria 2'ì^ governi , è bene che sia nota per salutare esempio de* buoni , e fondato timore de' rei , i quali , per lo piìi inesperti, s'arr.olano a militare ciecamente sotto gli sten- dardi dell' errore. Le fila di queste sentenze si conginngono stret- tamente le une alle altre con la storia del capo I del sesto libro , ove noi leggiamo per epigrafe il seguente concetto del segretario fiorentino : la libertà mar u- sata offende se stessa. E veramente è in questo li- bro , in cui t'avvedi , che il popolo si divise in due parti , / mercatanti e gli artefici migliori neW una , / piccoli operai e la plebe minuta nelV altra ^ ognuna delle quali é suddivisa in bianchi e neri, equivalenti a guelfi e ghibellini ... e che il nome stesso della libertà era un orpello dell' ambizione. (Tom. 3, p. 7:8.) Ma chi crederà , che chi avrebbe dovuto salvare le cose di Genova , confuso e avvilito le spingesse al naufragio ? (p . 44, tom. eod.) E' questi il doge Antoniotto Adwno , di cui il N. A. ci delinea il carattere morale alla pag. 12, e che usò d'ogn' intrigo per farsi nominare capo della repubblica. Ma d'indole debole e ambiziosa s'annojava di lutto e persino del supremo carico della nazione. Fu in una parola un Opizzino secondo. Qucf^ii capo de' ghibellini italici, questi de' genovesi popolali, l'uno e l'altro nemici della patria gloria , perchè pel primo cominciarono in Genova le dominazioni straniere (toni. 2 p. 2G0) e il flagello di un orrendo assedio : pel scon- to venne a dominare non un Arrigo VII , ma un Car- lo VII di cui non so se gli uomini del tempo aves- sero più a godere , che a provarne rancore. Noi percorriamo con una celerità indicibile le nar- razioni de' due capi del sesto libro , perchè nulla im- portano di straordinario , posto che le scappate fran- cesi non sieno virtù che si trasmettano ne' genovesi , e 218 Letteratura le pazzie del governator Bucicalclo non meritino platfsf ancora da' savi. Or qui il N. A. parla largamente ( cap. 3 lib. 6 ) dell' origine di quel tanto famigerato banco di S. Gior- gio , che i creditori lungamente delusi credettero fosse! una tavola galleggiante in mezzo al loro naufragio (p. 7G), e di cui fu conseguenza la rea amministrazione del Bucialdo , gravatido il pubblico erario per modo, che avea impoverite ed esauste le vene , onde riceve alimento e conforto un ricco governo. Qui la liberazione vedi descritta dal giogo stra- niero, e il politico reggimento modificato a ragion più popolare, come scorgi una nuova compilazione di leggi, che in fondo non sono che un deplorabile prodotto delle fazioni , che dominavano quell' era miseranda ^ e che in peggio volgevano le italiche sorti : tantoché messer Giorgio Adorno doge ( p. 92 ) per torbido animo ne' pubblici affari fu deposto dal seggio, e man-^ dato console a Coffa (p. 98 ) , irregolamente surrogan- dogli nella dignità ducale Tommaso Fregoso (p. 100). Di che il capo IV da contezza ( an. I''i15), e noi desideriamo che si segua il N. A. nelle narrazioni di- rò domestiche che ci porge del popolo genovese. Se avvi però un* azione pubblica , che meriti di essere ponderata dai calcolatori delle vicende politiche , è per" vero la pratica intorno l'alienazione di Livorno. Ecco l'annedoto che il N. A- narra in proposito di questa vendita : Quando . . fu proposta a'consigli , Luca Pi' nelli, uomo nobile e autorevole^ s'alzò in piedi e dis-- se „ che indelebil macchia sarebbe perdere sotto un, principe nazionale gli acquisti fatti al tempo di un forestiere , perderli per un vile interesse , e fabbri- carsi con le proprie mani una potenza rivale. Non mi dilungherò , soggiunse , a mostrare V opportunità di Livorm; domanderò soltanto: f^ogliuno i casi dellit Storia della Liguria 219 patria denaro ? Ebbene , tutti i luoghi da me posse' dati in S. Giorgio , io gli offro a lei , e tutti quelli de" miei amici. Non gitterà questo il contante che promettono i fiorentini^ ma tanto che basta alla pub- blica difesa. Ben so V ambizione e il lusso sfrenato essere due avoltoi più rapaci assai de nimìci e de" forusciti. Ma bisogna risol\>ersi , illustre doge , a schiacciar loro il capo. Magnifici consiglieri, fa- tene oggi decreto , o altrimenti , dopo aver venduto Livorno j venderete Genova ancora ! Il doge tacque ; la vendita non fu approvata. P ernie la flotte., e i domestici di Pinelli lo aspetta- rono indarno alle sue case. La mattina poi si trovò in piazza di Banchi il suo corpo pendente a una cro- ce con quesC orribile cartello : Quia locutus est ver- bo quae non licei homini loqui : perchè disse cose , che dir non si denno. ' J Ma messer doge Fregoso carico d'odio , e sordido calcolatore de* propri vantaggi, cassa vasi dal ruolo im" mortale degli eroi genovesi , non tanto per la vendita di Livorno , quanto per la capitolazione di Genova : il che vaticinava il buon Pinelli ! ( p, 121 ). Con la resa delle citta fatta ad un Carmagnola nuo- vi ordinamenti la variavano nelle sue forme civili e politiche: che il capo V ha il dolente ufficio di schie- rarceli , quasi vittime che accrescono lutto ne' vinti. Quindi il valor nazionale è commendato per azioni con- sentanee ai tempi della sua prosperità ; ma sempre tra- luce il mal germe dell' odio , che nuovamente fece tra- volgere l'impero in balia di violenti raggiri. Grandi av- venimenti, pei quali sei trasportato da un impeto di passioni cozzanti fra la rabbia e il dolore, per vederti ora nobilitato per istrepitose azioni, ed ora avvilito, con- culcato , e depresso per l'istromento vilissimo dell' in- trigo di potenti famiglie , che cercano a tutta voglia 220 Létteratùjìa di elevarsi su le rovine ancora del nome altissInJo' della lor patria. Di che accagiono i tempi lagrirae- voli , e più de' tempi le opinioni delle fazioni , che j dividendo la forza morale, spingevano l'edifizio pubbli- co a disfacimento totale. Per verità dal 1436 sino al 1448 abbiamo , tra i Fregosi e gl'Adorni, {axivì^ìq perpetuamente rivali^ e cut il comune genovese servi del continuo ne' loro raggiri , ( p. 7 cap. 1 ), cose talmente stucchevoli in fatto di reggimento, che muovono lo sdegno e il ribrezzo de' piijc contenuti alla novità de' successi. Bella è infatti l'os- servazione del N. A., con che l'età presente può abbon-» devolmente essere compassionata e compianta^ In ge- nerale ogni età contiene un proprio fermento , una passione sua propria , eh! è tanto impossibile a sof- focare bollente^ guanto a ridestare estinta (p. 195)^ E senza piiì oltre protrarre le conseguenze, che emer- gono per questi, considerar! veggasi il capo VI di que-^ sto libro , acciocché una lagrima di dolore accompa-* gni la perdita, fatta da genovesi nell'anno 1453, di tutti i principati e di tutte le colonie nell'imperio orien-' tale : dico una lagrima , perchè è più compassionevole la storia della perdita , che nou è gloriosa quella della conquista. / Intanto nuovi attentati predisposero nuove disgrazie. I genovesi delle orientali incolparono il re di Ara- gona , quel re non ha guari loro prigione ( vedi cap. V lib. 6 ): ma delle altre che rimanevano a per- dersi a proprio disdoro, cioè delle colonie di Crimea, cer- to hanno a incolpare se stessi per quelle nerissirae cagio-' ni , di cui abbiamo più volte rinnovata memoria. Cosi nel i/yìG , scrive il N. storico , fu rotta nel punto' più ddicato la lunga catena delle colonie e fattorie: genovesi, che forse ^ se non era un Maometto II, avreb-' hQ durato aneor lungamente. Così fu chiuso il va" SroniA DELLA LiGunU 221 stissimo commercio del mar nero , aspettando un al- tra potenza liberatrice. Ne potea essere questa sotto un Sisto papa IV , come credettero per alcune faville (li speranza , che scintillarono in ordine al futuro dì Genova : e ben s'ingannarono , quando per sostenere le altre pericolanti colonie, e per desiderio di riacqui- stare le perdute , elessero per loro oratore a Milano presso lo Sforza Galeazzo un Niccolò Brignole, c< pò di una famiglia eli ebbe di poi quattro dogi, e zela- tore costante della sua patria (lib. 7 cap. VII p. 252). E' l'ultimo capo del VI libro , die dà compi- mento all'estremo periodo delle civili discordie, che ridussero Genova da una sublime potenza nasale ad un piccolo stato. Qui troviamo nominate famiglie , di cui nel decorso degli antecedenti libri non fu fatta parola. Una congiura ordita da Andrea Lampugnano, Carlo Visconti , e Girolamo Olgiati ( p. 253 ) , avea tolto di vita il duca Galeazzo , e messo in nuovo scon- certo la conturbata Liguria. Il senato ( denominazione attribuita di fresco al consiglio degli anziani ) veniva convocato dal governatore, udita la lacrimevole {\nQ del duca, e deliberava in coerenza dell'adulazione e della finta paura. Mn farmi civili^ da lungo tempo deposte, nuovamente s'impugnavano , tuttoché il senato or- dinasse e facesse , e bandeggiasse sospetti (p. 257). La nuova ne pervenne a Milano : ciocche die luogo a una terribile zuffa ( p. 265 ) , e Vesercizio lombardo così florido in prima tornò per essa scemato di me- tà , e quasi nudo , da dove partiva. ( p. 266- ) La vedova duchessa a questa vista non s'abbandonò a dolor femminile, ma f^ lega co' francesi, e prometteva ad un Fregoso Battista farlo principe in Genova, pur- ché coadiuvasse alla felice riuscita del piano. Il Frego- io con stratagemma s'adopera nella commissione , e sale infatti alla dignità suprema ; ma dopo pochi momenti 222 L E T T K R A T \S R V di gloria viene sbalzato dal trono dal suo nipote ar- civescovo in mezzo all' ilarità della mensa (p. 274). Or f|ui , senz'allegare altre axioni , sia fine al nostro sunto ; bastevole all' intelligenza per chi vor- rà delibare la graziosa maniera , onde tolse a descri- vere la nazione genovese sino all' anno 1528. Re- sterebbe a favellare de' discorsi , die pongono ter- mine al suo storico dramma. Ma poiché non giova- no che ad illustrare il fin qui narrato , e largheggia- no soltanto di quelle notizie onde nel processo de' suoi libri n'avvenne moderato ricordo ; cos\ ci ri- sparmiamo, invitando i lettori a valersene , dove me- glio loro aggrada , o ne vuole chiarezza. Bene ve-' dranno di qual benefizio riescano tante minute notizie ivi raccolte e congegnate a maggior incremento di quella essenziale sincerità , senza cui non potea l'A. essere di verun utile a' suoi simili. Perchè se il solo vero dovea da lui seguirsi, da lui fortissimamente amar- si , senza paura da lui pubblicarsi , anzi per lui impri- mersi negli animi altrui con ardente forza : dico che questi discorsi del Serra per veracità di notizie , per nobiltà di dottrine e per isquìsitezza d'ingegno sono tali , che nulla lasciano a desiderare a chi s'adden- tra ancora ne' piij riposti arcani delle pubbliche scienze. E per ritornare donde partimmo soggiungerò , in proposito della sua storia, che, disaminata in ogni sua parte , la reputo degna di essere proposta ad esempio : conciossiachè mostri l' autore da cima a fondo gran pensatore gran politico e grande scrit- tore. Con la facilita della sua penna egli sa usare modi di tanta efficacia a' suoi fini , che ti rapprende l'animo o tei rallenta nella sposizione de' liguri fatti, come esultare o fremere a suo beneplacito ti senti per le belle verità pubbliche , che a suo luogo colloca, Storia dklla Liguria 223 e pei gravi pensieri, di cui noa va cospersa ogni riga, ma certamente ogni faccia. Onde io porto ferma opi- nione, doversi il N. A. annoverare fra i primi nar-, ratori italiani per l'ispirazione ancora con die verga- va le sue carte , tutte pensieri ed idee , tutte vezzi e colorito di stile , tutte eleganza e bellezze. Ne cer- tamente l'amore che nutre ogni uomo pel nativo luogo^ lo trascinò suo malgrado ad alterare la natura di al- cuno avvenimento che potesse meno rabbellire il suo soggetto : perciocché dotato di altezza d'animo senti fortemente la legge di non menomare le altrui glorie anche con risultamento di bene ; e falla di grosso clii inclinasse a diverso parere per quel caldo , che [)iii di Pizio d'Itaca fa visibilmente apparire verso il suo paese : e Pizio , diceva Cicerone , l'amava cotanto che per desiderio di rivederlo rinunziava all' immor- talila. Ma chi può slare a petto col Serra in fatto di patrie cose ? Sedendone egli ultimo principe potè farsi abilita di che s'addice ad un popolo ; e come uomo veramente e perfettamente buono dipingerlo ne' suoi primordi, anzi seguirlo per tutte l'età. Perchè dalla vecchiezza può argomentarsi ciò eli' era l'uomo in flo- rido stato ; come dalla gioventù trarsi sequela sul ri- manente degli anni. Disinteressato adunque come Socrate per giudi- care il suo popolo , eloquente rome Livio per de- scriverlo , saggio piià che Tacito ])er definirlo nelle sue affezioni, nelle sue virti^i e ne' suoi vizi, disse di Ge- nova come di se stesso , cioè pari a colui che loda 0 che biasma senza teina di errare in giudizio : e con- siderandosi grande ablìastanza per non aver punto bi- sogno di gloria , s'apri con questi suoi scritti l'adito ad un credilo novello, recitando a' suoi quelle prime imprese , che crearono il nome eterno all' adorata sua 224 Letteratura patria : tantoché se l'oprare con lode , secondo Teo- frasto , non è che crescere anzi elevarsi in istima mag- giore, il marchese Serra per cosiffatto lavoro si è pro- cacciato non più la venerazione de' suoi concittadini che quella dei dotti di ogni paese senza distinzione di abito 0 di colore. Questa superiorità non h di vero immaginaria, ma reale e soda nel Serra : e basta accudire lievemente ad un piccolo brano delle sue notizie per esserne con- vinto , e per sentirsi allacciato all' intero racconto : che m'ignoro se in lui possa piiì la forza del dire che quella delle sue massime. Conciso ed ampio ad un tempo, t'innalza a tanta elevazione di mente , che se dovessi giudicarlo per questa facoltà , diresti lui più speculativo che storico , più filosofo che oratore ; laddove dalle dottrine passando alle sue descrizioni \ì dimentichi di quegli attributi , che tei fecero sen- tenziare in senso a questo diametralmente opposto : tanta è l'arte di scrivere , maggior la cognizione di ciò che si propone a trattare. Non ci dilunghiamo di più neir enumerare i rari pregi di questa storia, che desideriamo letta dall' universale , onde meglio sieno apprezzati gli altissimi meriti dell' illustre au- tore , il quale per cosifatte scritture lascia dietro di se un testimonio di amore perenne a tutta Liguria. E ben fece quel flore d'italica gentilezza il chiaro marchese Di -Negro, quando stringendo in belle can- zoni le narrazioni sublimi del N. A., eccitavalo con leggiadre parole a dettare gli altri successi , che ne- gli annali del Casoni sebbene trovi descritti , pure a confronto con questo primo periodo sono una poca cosa : che ad occhio nudo scemano di molto valore. Il perchè entriamo in fiducia , che una volta farà paghi i voti de' suoi ammiratori ed amici, ed incli- nerà l'animo , tuttoché avverso a certi fatti , a seri- Stojria della LiGuriU 225 vere i rimanenti racconti con che venne Genova in de- cadenza e ruina. E atteso poi che gli stadi della vita sociale di un popolo non si misurano che dalle va- rie epoche , che valsero a ringrandirlo , o da posi- zione stazionaria a farlo relroccflere nello incivilimen- to civile o politico , cosi perchè i dotti leggitori pos- sano trarre profitto sulle ultime azioni del genove- se governo , vedo di tutta necessita , che un uomo dotato di un vasto critèrio dia come in un quadro tutti gli avvenimenti che compongono il corso di tutta la pubblica vita. Or chi meglio del Serra potrà assegni- re la difficolta di un pari intento ? A chi noi crede , gli replicheremo : che legga i quattro volumi di que- sta storia, e muterà pensiero. G.À.T.LXV. 226 Elogio del P. Cesari. ALL' AMICO DOLCISSIMO ABATE DON CARLO CATTANIA IL SUO GUZZONI INTITOLAVA. ,.A di 16 di gennajo nelT anno 17G0 nacque in Verona questo degnissimo prete Antonio Cesari ; il quale fu uomo veramente sacro : cioè tutto riverenza a Dio, e carità verso la patria. Di anni 12 entrò nelle scuole del seminario veronese , dove negli studi e in ogni altra bontà della vita mirabilmente avanzò. Di anni 18 vesti l'abito dei PP. Filippini. Era inteso alla teologia ( nelle quale fu grande maestro ) allora che innamorato alla lettura del soavissimo Passavanti volle assaggiare degli altri trecentisti , i quali a quel suo tempo erano fuori della mente di ognuno ; che a tale eravamo noi condotti, non so se per maggior danry , o per maggiore ignominia nostra. Ed ebbe a conoscere come eglino furono i veri autori della italiana favella ; la quale, a differenza di ogni altra lingua, nata gran- de e piena di vigore nelle ruine della sapienza latina, ha le prime e sincere sue ragioni dentro le scritture di quel secolo ; e invano le stolte e ree grida dei cor- rompitori il vorranno contendere. Vide poscia il buon Cesari i migliori del quattrocento , e quei dotti uo- mini del cinquecento non per altra cagione aver pre- gio e fama di buoni dicitori , se non perchè alle na- turali maniere del trecento nello scrivere loro si ac- costavano. Venne quindi al secento ; secolo che avreb- Elogio del Cesvri 227 he infelice nome per noi, se i potentissimi savi di que- sto secolo stesso non istavano fermi in mezzo agli urli e ai delirj di utia setta veramente ad ogni li- cenza dirotta ; e se da. quegli sconci che, per l'ope- ra del Marini principalmente , dalla Francia dentro l'Italia si travasavano , non teneano purgato il nostro idioma : e però la scuola di quei - gentili , che nel finir del seicento fiorirono , potè più facilmente quella grande corruzione cessare. Ma eccoti i fiacchi omic- ciuoli del settecento imparar documenti e regole a scrivere l'italiano da gente straniera : poi tutti abban- donarsi a una letteratura di inezie ; poi disconfessare la beata sapienza dei padri loro : e infine stolidamente beffarla. E perciò la lingua era venuta in confusione e fatta un bastardume di parole parte barbare, parte senza vigore : le quali di italiano non teneano che un suono, come dire meccanico; e per poco la desinen- za. E SI che nei tanti morbi che la guastavano troppo si vedeano gli ammorbati costumi , e le ree condizioni in che era caduta l'italiana civiltà! Se non che il consi- glio della provìdenza non tardava a compiersi. Le fug- genti lettere a noi richiamavano que' sommi, dico il Gol- doni, il Gozzi, il Mefastasio, il Parini, l'Alfieri, e il Mon- ti; ne alla santa impresa loro i grandi o animosi discepo- li mancarono. Prese poi a sanificare la lìngua primo di tutti il Cesari : che egli camminò senza esempio , ne le fatiche sue furono indarno logore o disperse ; che anzi ebbe seguaci degnissimi come in appresso dirò. 2. Per lo che il Cesari (lascio da parte i primi lavo- ri suoi, come elegie, canzoni, sonetti, ce.) pubblicò: nei 1785 i 4 ^ibri della imitazione di Cristo di Tommaso da Kempis tradotti di latino in toscano ; opera bel- lissima in verità per leggiadria, e per quella mira- bile eleganza derivata dai trecentisti ; la quale tradu- zione , tornatovi egli sopra nel 1815, volle in più luo- 13^ 228 Li:ttki\atwiia ghi render anco migliore ; e a suggello del suo amo-» re in fatto di lingua non più toscana ma italiana in- titolare. A questa tenner dietro le altre : della elegia di Callimaco sui lavacri di Pallade ; delC apologe" tico del Nazianzeno ; delle odi di Orazio ; di una lettera di Cicerone a Quinto suo fratello ; di due coni' medie di Terenzio. In quel torno dettò alcune poesie gravi e piacevoli ; e la bella vita del Vannetti suo amicissimo; la quale comparve nel 1795. Nel 1799 ri- stampò quei libri che mai abbastanza non saranno racco-» mandati ai giovani : dico le vite dei SS. padri. E si valse dell* edizione di Firenze del 1731 : fattavi rag- giunta della vita di Tobia e Tobiuzzo'. Per le quali fatiche ebbe laudi, le quali dureranno quanto basti l'amo-' re della favella ; e biasimi , i quali caddero col nome di clii parlarli volea. Ma un lavoro più presto raara-» viglioso che credibile fu la ristampa del vocabolario della Crusca ; la quale il Cesari imprese a pubblicare nel 1806; e 45 e più mila voci vi erano aggiunte ; nel più del travaglio durò egli solo. Alcuni vi marcarono molti errori: ma egli negavali ? promise forse di dar tutto oro ? e chi può indicare umana opera senza di- fetti .'* Altri dissero ( e con troppo disonesta querela ) essere al padre Cesari venuto in capo di mettere ia voga le anticaglie , e il più vile sozzume di nostra lingua ; ma se quei dottori di questo non voleano ave- re indulgenza al Cesari in grazia della faticosa e profittevole opera sua , doveano pensarsi almeno : es- sere ullìcio del vocabolarista il registrare ogni maniera di voci ; e non tanto le vive ed efiicaci , quanto le morte ed oscure , perchè ad ognuno si^ piana l'intel- ligenza di quegli autori che le usarono. Della ga- ra del Monti col Cesari diremo la nostra sentenza : dei dileggi , delle calunuie , e di altre tristizie che con mala fede alcuni ebbero coatro del Cesari ordì- Elogio dkl Cesari 229 nate, i sapienti della nazione nel giudizio della men- te loro sentenziarono. 3. Nel 1808 scrisse quella dissertazione, per la qua- le fermò lo slato presente della lingua italiana , asse- gnò le cause che portar la possono alla decadenza , e i mezzi più acconci per impedirla. La quale dis- sertazione nel 1809 fu coronata dalla accademia ita- liana di scienze e lettere ; né mai premio accade- ttiico fu con pili dignità renduto ; ne per più giuste cagioni meritato. La leggano bene coloro, ai quali sta a cuore questa nostra favella ; e veggano con quanta sapienza il buon Cesari ne determinasse le ragioni , e la natura ne pensasse. ¥j fece questo bene ; che ad al- cuni parve detto : o italiani , tenete mala via ; ad al- tri : seguite questo ségno. Con che i piià discreti e savi neir amore dei trecentisti a farsi caldi prendeva- no. Furono però alcuni , i quali Con grande schiamaz- zio si levarono incontra al padre Cesari , ed eran quelli che naturati nel male sentono danno dal rinsavire de- gli uomini : conciossiachè si rendano vane quelle arti per le quali si fanno grandi nella mente del volgo , e si vendono per maestri della sapienza. Talché se un lume di virtù risplenda , per costoro i tempi inco- minciano a sinistrare. E in verità si sentivano tron- cati i nervi ^ e d'ogni grande e buona fama dispe- ravano. E per recar tutto in uno diedero mala voce al Cesari che egli dicesse : non tanto le cose quanto la lingua dare agli scrittori la vita e la immortalità^ Ed anco questo biasimo cade; poiché è da pensare: lingua non essere quel sistema quotidiano di suoni ar- ticolati che sono in bocca di ogni buona gente , e Co'x qijali ai volgari usi della vita soccorresi. Ma quella i da dir lingua che in se comprende il magistero del- 1 espressione , onde i sapienti e gentili uomini delia» nazione dispensano e manifestano nel popolo la r»-' 230 Letteratura gione delle arti civili : di quelle arti, dico, per le quali hanno pure un ristoro i mali di questa misera- bile vita ; o si va incontro alla povertà , alla igno- ranza , ai delitti , e alle altre tristizie , che vedemmo in Offrii umana repubblica germinare. E' poi codesto magistero un' arte sapientissimi, per la quale si con- viene che il tuo dire pigli natura dalle interne cose che vuoi rapprentare; e che ad un tempo le idee si i)roferiscàno , e si rechino alla porta dei sensi non ag- gravate, ne sotto l'ahito della parola nascoste: ma tutte trasparenti dentro quelle materiali forme, per le quali i nostri sensi si destano. E per conchiudere : se le parole più altro non sono che nullezza sulla bocca delle femminette , e di quei ciuraìadori che nel gergo loro in piazza oracoleggiano , o dentro la scuola; sulla boc- ca dei veri sapienti sono da dir cose ; le quali la spi- ritualità della umana mente partecipano , e dureranno quanto que' nobili pensamenti che le informano. E que- ste verità sono , sulle quali fondasi gran parte della gloria antica. Ne mai abbastanza e con alta fronte, e con forte grido gridate saranno in questo nostro secolo della rinnovata ragione, al quale è come dire un nulla l'eredità che i nostri gran padri lasciarono ; e noi le diremo francamente , e finche ci basti lo spirito. E perchè le sentenze nostre stieno salde incontro agli urti di coloro che ogni venta pigliano a combattere, le vorremo fermare colla ragione di quelle arti che belle Siam soliti cognominare : dappoiché hanno ori- gine ed ufTicj alla letteratura veramente comuni . E dico incominciando dalla pittura, come la trasfigurazio- ne non sarebbe quel grande miracolo delle arti , se Raffaello slavasi contento alla sola pianta; o ad ope- rare tutto al più le masse fondamentali dell* opera sua. E guai a noi ( che privi saremmo di quella ma- ravigliosa dolcezza che ne viene ali' animo quando si Elogio det. Cesari 231 contemplano i prodigj di lui ) se ei non raettea nel qua- dro la maestà , la verità , quel lume di grazia ! Le quali cose tutte io chiamerò la forma visibile , onde a noi in tutta la sua celeste dignità si fa manifesta l'idea che l'artefice ne' segreti della sua mente vide , o pensò ! E poiché ì novatori, che ci vorrebbono veder tornati fanciulli in ogni generazione di cose non fini- scono di gridare : Oh ! artefici alla necessità tenetevi : quello che non è necessario alla vita fuggite : ag- giungerò che noi dunque dovremmo rovinare quelle maraviglie di architettura che Andrea Palladio , il gran Bramante , il Buonarroti operarono: che in verità ad ajutarci dalla pioggi-i -, e dal combattere dei venti cru- deli , una casipola basterebbe di canne lavorata , e di fango spalmata: anzi pure una vecchia botte, sic- come già a quel sozzo e petulantissimo greco ; il quale vantava di essersi informato all' esemgjo delle lumache ( leggiadro esempio in vero ! ì che di quelle case loro tuttodì fanno trasloca menti. Ma quegli stolti anzi laidi pensieri non t'avevi tu , o gran padre Socrate ; ed eri il giustissimo e il sapientissimo di tutta Grecia ! E per toccare della scultura, il ^^'aiiova avrebbe mirabil- mente i precetti di costoro seguiti , se in vece di appren- dere al marmo quelle sembianze cosi tenere, cosi umana- mente spiranti , si facea sopra a un tronco di quer- cia : e datosi a martellarvi , e con una ronca a po- tarvi , ne traea cotali figure che altro d'umano non le- nessero che l'altezza e la forcata. Ma i professori di SI ribalde dottrine vadano nei boschi , o nelle caver- ne, e la (che sono luoghi da ciò ) gridino l'acqua e le ghiande dei salvatici ; e la presente civiltà a posta loro bestemmino. h. Alla dissertazione del padre Cesari, della quale è detto sopra , tennero dietro le novelle ; alcune sono cosi buone che il gran Boccaccio per sue non le di- 232 Letteratura spetterebbe ; e ai giovani potranno darsi a studiare sen- za pericolo che nelT animo loro si appigli seme di raal costume. E poi venne il dialogo delle grazie, nel quale si fermano cogli esempi i veri precetti che il Cesari nella dissertazione parlò. Nel 1816 comparve- ro le sei commedie di Terenzio di latino in italia- no tradotte ; della qual versione il Giordani ebbe a dire: metto questo Terenzio per terzo fra il DavaU" iati e il Caro : e queste solenni parole siano sug- gello alla eccellenza dell' opera , e agli studiosi cer- cata e cara la rendano. Segui nel 1817 la ristam- pa di quella dolcissima vita del beato Colombini, pubbli- cata dal Cesari , a ciò esortandolo i] Giordani stesso , senza dire di molti opuscoli tutti di grande bontà che lungo sarebbe il noverare. Ma non tanto la pia e devota gente, quant' anche coloro che di questa cri- stiana religione santissima niente conoscono, o non curan d'intendere , siano grati al padre Cesari per le lezio- ni storico-morali intorno la vita di alcuni santi ; e p(^r i fatti degli apostoli , e per la vita di G. Cristo. Che veramente ne dolcezza , ne purità di lingua , ne forza maggiore di maschia italiana eloquenza puoi de- siderarvi ; e stupirai quella fllosullca ordinanza in che son condotti i pensamenti , e quel suo profondo sa- pere in divinità. E per conchiudere, la vita princi- palmente di G. Cristo è fatica di maraviglioso intel- letto ; e quanto l'amore del bello e del buono stara. 5. Ora vengo a narrare la gara che il Monti eb- be col Cesari , alla quale veramente non diede prin- cipio quella vecchia libidine di contese che fu di tan- ti mali cagione a questa comune patri». L'amor del ve- ro , la gloria del nostro idioma, il Cesari e il Monti ugualmente stimolava ; nella sustanza erano veramente concordi. E però non mi ammiro che quella fosse una gara piìi di parole che di fatti. Non volle il Manti Elogio del CssAm 233 (ne il potea ) far cadere la fama e le dottrine del Cesari ; desideravalo qualche volta più ragionevolmente divoto al trecento; che in verità nel P. Antonio la venerazione pe' trecentisti in cieca superstixione alcuna volta trasmodò ; e di nulla cosa n)ostrava esser più vago, che delle scritture loro : tanto è vero che anche nel bene debbono andar cauti gli uomini , poiché al- l'estremo della virtù sempre il vizio s'innesta. Tenea- si poi saldo il Cesari in questa credenza : che gli scrit- tori del 500 ( come che gli avesse in grande stima ) dalla bontà dei trecentisti assai lontani si stessero : ne pensava che la sapienza di costoro, da quei del quat- trocento quasi rovinata , essi restaurarono , e il par- lare aveano ridotto a termini certi , e con buone re- gole fermato. Ma quando il veronese mandò quella acerba parola nel nostro secolo ( la quale ponghiama che la dicesse per amore , e per rinsavire gli italia- ni , tuttavolta assai troppo pesava ) , il Monti da quel- l'alto e terribile ingegno che egli era non potè te-, nersi , e acceso di grande ira disse cose vere , e non vere : ma la presente civiltà vendicò. E dopo que- sto impeto il ferrarese quietava , anzi per l'opera dì savi e gentili uomini si condusse ad abbracciare con vero amore e riverenza il padre Cesari ; il quale se di questo fosse lieto , anzi beatissimo, ogni cortese il pensi. E a questa riconciliazione fu presente quella cara anima del Perticari, scrittore maraviglioso e gran men- te d'Italia nostra. Sento poi versfOiina a narrare di un r or) cotale , doppiamente spregevole , che avrebbe dovuto tenersi fermo nella saggezza e nella bontà. E per più rispetti il dovea : ne mutar giudizio ed affetti : ne rotti i termini d'ogni pudore , fare al nome di quel Cesari disfregj bruttissimi, il quale era per lui tutto amore , ne mai tenne dubbia la fede sua. Quindi vai sia perdonato se di questa lordura ho voluto passarmi» 234 Letteratura 6. Nel giorno 4 di marzo dell' anno 1822 il p. An- tonio parti di Verona alla volta di Roma. Non dirò come nelle cittk per le quali passò veniva accolto a segni di grande stima e allegrezza : ben dirò che giun- to in Pesaro, si recava dal Perticari, presso del quale era il Monti , e fuvvi ricolmato d'ogni più desiderabile cortesia. Nel 23 dello stesso mese arrivò in Roma : e per l'opera di quel fiore di senno e di romana gentilezza , che è il sig. principe Odescalchi al quale era il Ce- sari dal Perticari raccomandato , conobbe i piià illu- stri letterati ed anco gli artisti t fra i quali il grande Canova. Nella chiesa dei PP. Barnabiti recitò l'ora- zione in lode del beato vescovo Sauli ( fu nel 23 mar- zo ) la quale fu molto lodata : ed è quella che com- parve neir anno stesso. Dopo di essere stato accol- to con buone maniere di affetto dal santo Pio VII, dai cardinali , e da altri reverendi uomini della roma- na corte, nel giorno settimo del mese di giugno parli di Roma , nell' undecirao era a Firenze , e dai più gen- tili onorato. Nel '26 del mese stesso fu in Verona , do- ve subito imprese una ristampa dei fioretti di S. Fran- cesco : la quale, venendo dal Cesari, potea essere cosa migliore. Nel 1 S23 pubblicò la vita di S. Litici Goti' zaga, opuscolo tutto d'oro, le Morti degli imperatori che la S. chiesa perseguitarono ; oltre un volume di gravi poesie. Ma se il volgarizzamento che ei fece delle epistole di Marco Tullio non meritava il titolo di. po- vera cosa , e i tanti biasimi al p. Antonio , tuttavolta a parer mio non è quel miracolo che alcuni vennero a decantarci. Anzi questa traduzione pare che spessissimo soverchii il vero , e che l'urbanità e i sali , di che famigliarmente il gravissimo Cicerone si piacque , sen- tano talvolta del basso , ed anco in troppo vili idio- tismi trasmodino. Ne a ciò, come ad altri parve, so ve- dere scusa. E questo io pensai di dover dire a ciò sii- Elogio de! Cesari 235 molandorai l'amor santo del vero : che gli italiani aver danno al Cesari pe' suoi sacri costumi riverenza , per l'alto suo ingegno maraviglia , per quel suo saldo ben volere lodi sìncerissime , per lo bene che fece alla patria gratitudine , per alcuna' opera alla vera bontà disforme, disamore e non curanza. E poiché con mol- ta gravezza dell' animo mio ho dovuto dilungarmi dalle lodi del p. Antonio dirò umilmente contro delle sue poesie alcuna querela , alla quale prego che siano giu- sti giudici i miei sapienti concittadini. E delle poesie gravi dico che, toltane la purissima favella, hanno po- co o niente di quello spirito animatore che danno le muse ; e delle giocose , come siano da rassomiglia- re a quelle poetiche inezie fuse tutte nel beli' oro di nostra lingua, delle quali tanto si piacquero i buo- ni padri nostri : ma col poco frutto loro , e certo col danno dei nipoti. Ed io non ripugno a credere che le leggiadrie , e le ridenti cose siano sollievo a que- sta miserabile vita : e ai tanti mali onde la fortuna fa così tristo governo di noi mortale razza. Ma gli Scherzi siano piacevoli : cioè , non disformi a ragio- ne; tocchino l'anima : vivi : ne mai dalla umana di- gnità si scompagnino. Ma altra grand' opera del ve- ronese sono le bellezze di Dinte^ nella quale allar- gandosi dalla vecchia usanza dei commentatori prese a dichiarare la somma virtù dell' Omero italico. E pose tutto in dialoghi ; i quali però alcune volte non senza noia ti riescono: colpa (dissero i più) del non avere il padre Cesari usata bene l'arte , e la ragione del dia- logo. 7. Da quaranta e più anni il Cesari travagliava intorno agli studi : e intanto la sua salute pìegavasi ogni di sotto le fatiche, e ( quello che è più misera- bil cosa a dire ) sotto le tribolazioni con che gli av- versar], cospirati a ripugnarlo, la pazienza sua a dure 236 LlsTtERATURA prove mettevano. E come che il padre Antonio avesse^ un temperamento di sangui caldissimi ; e degli scher- ni, e delle ingiurie, e di simile vigliacca ingiustizia fosse oltremodo sdegnoso , tuttavia seppe il tutto con severo animo sopportare: ne mai contrascrisse; o se rispose, con si graziosi modi di urbanità lo fece che ben ricor- dò a molti della sua stessa età,, essere le lettere d'ogni civiltà , e cortesia maestre. „ Antica sentenza davve- ro ; ma alla quale assai spesso i nostri letterati contraf- fecero , per le cagioni principalmente che qui noa 1^ luogo discorrere : ne se por fosse , vorrei. Per la qual cosa a rimedio dei mali, che il suo ani- mo e il corpo mortificavano , il padre Antonio delibe- rò di viaggiare : e fu nel 10 di settembre dell' anno 1828 che egli si parti da Verona. E si recò a Modena , do- ve i cortesi e gentili con tutto amore l'accolsero. Le quali dimostrazioni gli erano pur date in Bologna , e appresso assai largamente in Faenza dove dieci giorni fermò. Ma partitosi di Faenza ( che fu il 25 di settem- bre ) per recarsi a Ravenna, fu per via sorpreso da Ita febbre : ecl arrivato a S. Michele, dove è la villa del collegio de' nobili, si pose in letto ; e poiché il male infieriva, si dispose ad aspettare cristianamente l'ultima ora del viver suo. La quale fii la seconda dopo mez- zanotte venendo il primo d'ottobre dell' anno stesso. Il suo corpo fu portato con assai pompa a Ravenna , e nella chiesa di classe sepolto. Quanto fosse il do- lore dei buoni non è a richiedere. 8. Fu il Cesari umile, e di spirito semplicissimo : di maniere gentili ; ebbe costumi veramente casti, gran compassione verso i poverelli e gli sfortunati dal cielo, ai quali non passava di che e' non giovasse. Vìh che della gloria, desiderosa di meritarla: e amolla, indizio cer- to che egli avea assai grande virtù nel!' animo. Della' religione, e del santo onore di Iddio zelantissimo jj / Elogio del Cesaui 23T nella contemplazione dei celesti misteri continuo ; con- tro quei vizi che l'umano gregge menano a ruina, par- latore gagliardo. E a concliiudere , per vita e per let- tere venerando. Per le quali cose fu molto innanzi nella grazia di quel santissimo uomo die fu papa Chiara- monti, e di gran letterati, e di personaggi nobilissimi ebbe l'amore e l'estimazione; del suo nome andò piena l'Italia. Fu socio di molte accademie, che udita la nuova della morte fecero solenni onori alla memoria di lui. E in Roma principalmente nell' accademia tiberina quel chiarissimo protettore e coltivatore delle italiane lettere, dico il prelato e conte Muzzarelli, ne lesse un elogio; e così fece nell'accademia arcadica 1' illustre ed elegante traduttore di Cornelio Nipote, dico monsignore Azzec- chi ; il quale anzi provvide che nelle sale capitoline della protomoteca degli uomini illustri italiani fosse l'er- ma del Cesari collocata.. Il Manuzzi, che fu al Ce- sari figliuolo neir amore, e pare che sia l'erede del va- lor suo in opera di lingua, ne scrisse un'aurea biogra- fia che fu più volte ristampata. E il dottore Bonfanti da Verona ne pubblicò una assai bella ed estesa vi- ta, dalla quale prendemmo ajuto a questo nostro di- scorrere. Tali onori s'ebbe Antonio Cesari : e la sua gloria non che durare, presso gli avvenire crescerk. La quale è veramente largo premio alle lettere, ove nel popolo i magnanimi e i buoni siano molti : ma ove pochi 0 ninno , mercede ( se non è da' presenti negata) |e piòi volte inutile , spesso dannosa , e povera sempre. C. Cjwzzomi ukgli Anc.*j\iVni 238 Opere inedite e rare di Vincenzo Monti . Milano ^ tipografìa Lampato 1832: 1834- Voi. 5 in 12. xlU' annunzio di una raccolta di opere inedite e rare di Vincenzo Monti , esulla l'animo di ogni buon ita- liano : perchè avendo i'A. conseguito uno de' primi seg- gi nelle belle lettere , ed il principato nella divina arte poetica , v' è fondata speranza che nella raccolta sia- no cose tali da vantaggiare e le une e l'altra. Que- sta speranza non andrà fallita a coloro , i quali fa- ranno acquisto dei cinque volumi che noi ora annun- ziamo ; e che avremmo voluto annunziare sin da piìj. mesi indietro , se le molte difficolta del commercio librajo non ci avessero ritardato fino ad ora il pia- cere di averli alle mani. Componesi la raccolta, come dicemmo, di cinque volumi: due contengono le prose, il primo ed il ter- zo : due le poesie , il secondo ed il quarto : l'ultimo raccoglie oltre a 240 lettere inedite del Olonli. Nel D primo volume gli editori dan ragione del modo da essi tenuto nella raccolta. Se nel corso di essa rau- taron talvolta consiglio , ed alcune produzioni esclu- sero dal posto io che primamente volean riporle , e al- tre non prima annunziate ne inserirono ; ne ebbero buo- ne ragioni , che a'ioro luoghi per via di annotazioni dierotio a conoscere. Anche di molte , se non di tutte le opere che contiene la raccolta, scrissero alcuni cen- ni ; de' quali noi useremo liberamente tal fiata in que- sto estratto. Dopo la prefazione degli editori, vengono le Notizie sulla vita e V ingegno di Vincenzo Monti -^ Opere del Monti 239 delle quali non faremo parola ; si perche conosciutis- sìrae , essendo venute a luce pochi giorni dopo che quell' ingegno ebbe cessato di appartenere alla terra ; sì perchè niun italiano ignora chi fosse il Monti , e come circa quindici lustri di vita percoiresse fra le vi- cende di un secolo fortunoso , e le dolcezze o ama- rezze della gloria. Delle poesie non ci conosciamo da tanto per dar- ne un estratto : staremo quindi contenti ad accennar- ne i titoli. Erano divenute assai rari in commercio i componimenti drammatici intitolati il Teseo ( voi. -2 p. 241 ), la Giunone placata ( voi. 2 p. 289), i pit- tagorici ( voi. i p. 23 ) , e quello per la nascita del Del/Ino di Luigi XVI ( voi. 2 p. 5 ) : anche raris- sime due terze rime ( voi. 2 p. 305 , voi. 4 p. 77 ) , alcune canzoni ed inni ( voi. 4 p. 197), qualche so- netto ( voi. 4 p. 2(;3 ) ; e fors' anche la pietà filiale ( voi. 4 P- ^ ) 1 e l'invito a JNice ( voi. 4 P- 93 ) ; le quali due poesie però noi non avevamo lette altrove. Col titolo di bellezze poetiche scelsero gli editori da altre opere del Monti , e qui riprodussero ( voi. 4 p. 194), alcuni lunghi squarci della spada di Fede- rico, della Palingenesi , del Bardo; e del Bardo leg- giamo ora per la prima volta un frammento del can- to Vili ( voi. 4 p. 177 ) , con altri frammenti , can- zonette, epigrammi , oUave , per ora primamente pub- blicate (voi. 4 p, 175 , 299) . Di maggior pregio, e più cari assai per la novità , sono i canti quarto e quinto della Mascheroniana ( voi. 4 p. 47 ) ; i tre canti del Prometeo , del quale poema solo il primo e parie del secondo era stato pubblicato nel 1797 ( voi. 2 p. 17 ) , e la Feroniade in tre canti ( voi. 2 p. 97) con ricche annotazioni del Maggi. Anche un poema mitologico ! esclameranno alcuni pazzi novatori di og- gidì. S\ , noi ripeteremo cogli «ditori • un poe(ua atto 240 Letteratura a ringiovanire la mitologia , modello di una scuola , che incominciando da Omero, tanti ne fornì all' uni- verso : e col Monti slesso ( voi. 5 p. 259 ) aggiunge^ remo. I capolavori di Canova e di Appiani non han- no la fonte nella mitologia ? e se Psiche , se Elena so- no belle in marmo ed in tela , perchè noi potranno essere ugualmente , e più , animate dalla poesìa , da cui prendono affetti e parole , da mute ed insensate che il marmo e la tela ce le presentano? Ma veniamo alle prose , intorno le qnali il nostro discorso sarà men breve : e diamo principio da quella lettera che a nome del Tiranesi scrisse nel dicem- bre 1794 al generale Acton (voi. '1 p. 1 ). Do- vevasi in essa purgare il Piranesi dell' accusa di as- sassino , dovevansi scoprire le machinazioni di una malvagia politica : quindi il Monti usò eloquenza vi- gorosa , incalzante , non fiorita , ma calda di parole , e per argomenti potentissima. Può questa lettera venir reputata per una aringa giudiziaria ( così gli editori ) dettata da quella potenza di affetto che fa e non imi' ta i modelli. La prima ed unica edizione in quarto era divenuta rarissima. Vien dopo ( voi. 1 p. 187 ) ii discorso recitato in arcadia la sera del venerdì santo dell' anno 1732 : quindi la celebre lettera all' ab. Save- rio Bettinelli (voi. 1 p- 200). Molti critici avevano assalita la Spada di Federico^ mossi più da invidia, che da amore dell' arte : erano capitanati dal Gianni , ferocissimo fra i nemici del Monti. Il Gianni a rim- petto del Monti ! Impar congressus Achilli. E restò il Monti lunga pezza incerto se dovesse difendersi , o disprezzare col silenzio le indegne accuse , ed aspi- rare air onore di un cartello simile a quello affisso un giorno a Parigi : Reponse au silence de monsieur Fontenelle. Prevalse finalmente il primo consiglio , cui siamo debitori di una delle pia faconde e spi^ Opere del Moisti 241 ritose scritture che siano mai uscite dalla penna di un grande intelletto a difendere le ragioni sue più, care , e ad abbattere la tracotanza de censori , anzi degV invidi suoi. Non prima era sta?o puljblicalo il discorso so- pra un passo della chioiìia di Bertnice (voi. 1 p. 287) . Ugo Foscolo, abbracciando il parere del Vosslo, opi- nò che alle vergini fosse anticamente proibito ogni un- guento composto , meno la scìiietta gomma di mirra , ,e questa permessa solo per memoria del pudor fami- gliare , e della pietà filiale e paterna. Ma il Monti osserva in primo luogo , che se tale fosse siala la mente di chi fece quella logge proibitiva , avrebbe impresa una via multo pericolosa ed equivoca , per- chè certo la memoria del delitto di Mirra non era la pit!i alla a suscitar sentimenti ed immagini di pu- dore ; anzi metteva conto lasciar le fanciulle nella piena ignoranza di quella nefanda scelleratezza. Pro- va in secondo luogo , che l'uso della mina era pro- prio , anzi quasi singolare di coloro c!ie dedicavansi alla più rafllnata mollezza : quindi la diiiicolta in cre- dere che fosse permesso alle vergini. In fine niega che quella legge esistesse : e tal negativa appoggia a molti fatti di antica storia , ritorcendone contro i sosteni- tori della contraria opinione qualcuno cfie fu per essi addoltu male a proposito. Mostrò il MoiUi in que- sto discorso quanto valesse nell' arte critica , quanto neir antica filologia : e sembra che lo avesse indiritto a quel Giovanni Paradisi , grande leUcrato , mate- matico grandissimo, cui ebbe pure indirille le cinque lettere sul cavallo alato di Arsinoe (voi. 3 p. 251 ). Le quali , interrompeu lo l'ordine con cui sono stam- pate queste prose, scompagnar non vogliamo dal ri- cordato discorso , perchè riferiscousi anche esse ad un passo di quel poema di Callimaco intorno la chio- G.A.T.LXV. 1G 242 Letteratura ma di Berenice , che a noi pervenne sol per mezzo della traduzione che ne ebhe fatta Catullo. Di queste lettere son già molti anni che il pubblico ha pro- nunzialo giudizio : il perchè basterà notare , che solo il Monti fra quaranta e più espositori vide il vero in quelle frasi : ^les equus Arsinoes Locridos ttnige* na Memnonis Ethiopis. Chi è mai quest' alato ca- vallo di Arsinoe locrese , nato ad un parto con l'etiopico Aferjtnone? Eo[i h lo struzzo, cavalcatura ala- ta , su cui sedeva Arsinoe in sembianza di Venere Zefìritide , come avverte Pausania : e quell' uccello na- to , secondo Ovidio, insieme a Meninone, quando que- sti tornò a nuova vita per intercessione della genitri- ce Aurora, e per favore di Giove. Tutto in queste let- tere è degno di lode : lo stile , l'erudizione , il cri- tico acume :■ solo dispiace che il Monti nelle note si abbassasse a rispondere alle insane censure di un De-Cou- reil : e ciò dispiacque anche al Mustoxidi e al Man- zoni (voi. 5 p. 30). Le considerazioni sulla difficoltà di ben tradur- re la protasi dell' Iliade (\o\. 1 p. 309) ci fan co- noscere qual fosse l'opinion sua in fatto di poesia e di poeti. Definisce la prima la musica delle idee : e seguendo Cicerone ripete che le idee, per buone e belle che siano , non possono produrre la conveniente im- pressione suU' animo dell' uditore , se non vi entrano accompagnate da periodo armonico : e vuole che il poeta faccia sentire^ spettando al filosofo il far pen- sare. Mostra quindi le difficoltà non poche che in-» contransi nella traduzione del primo verso dell' Ilia- de: il quale letteralmente suona così : L'ira ,0 dea , canta del Pelide Achille. Ma questo non conserva la bellezza , non la dignità del- Opere del Monti 243 roraerico. L'emistichio: tira , o dea , canta; resta af- fogato da quattro a , ciascuna con appoggiatura forte e distinta ; con altre tre vocali assai sensibili ; e suona male all' orecchio , male al cuore : quindi la necessita di rimandare una delle tre idee principali di esso nel secondo verso. E qui scende a dire i diversi tentativi che fece ; le ragioni per le quali tradusse Cantami , o diva , del Pelide Achille L'ira funesta. I Passa poi ad esaminare altre cinque traduzioni del ver- so medesimo: tutte operate da uomini di molta fama ; niuna esente da difetti . Noi a maggior chiarezza vo- gliamo qui riportarle. Lo sdegno canta del Pelide Achille , O dea , funesto. Salvini Canta lo sdegno del Peliade Achille, O diva , atroce sdegno. Majfei Canta , o dea , l'ira del Pelide Achille, Ira fatale. Ridolfi Del figliuol di Peleo le smanie , o diva, Canta e l'ira crudel. Cerniti Del figliuol di Peleo , d'Achille , o diva, Cantami l'ira , ira fatai. Cesarotti Non piace in Salvini l'aver mutato la parola ira m sdegno; che questa voce non dipinge la sregolata per- turbazione di animo , che ad occhi chiusi cerca ven- detta , siccome è Vira. Simil pecca è nel MafTei; più , l'addieltivo atroce non indica 1'emto e mina come l'omerico ; non è lodevole la ripeIi?ione della parola sdegno ; e sì disse Pelide^ non Peliade^ che significa figliuol di Pelia , noa di Peleo, Nel Ridolfi / oltre 1G* 2-44 Letteratura che non fanno beli' armonia le tre principali idee nel primo verso , viziosa è ia ripetizione della parola ira , non adequato Taddiettivo fatale: fatali erano le frecce di Filoltete per la distruzione di Troja ; fatale per la conservazione il Palladio ; ma non vi fu intervento di fato neir ira di Achille. Nel Gerruli muovono a ri- so quelle smanie , e quell' ira crudel : nel Cesarotti non sono commendevoli tre genitivi nel primo verso , non la ripetizione òìira , non Taddieltivo fatale. E qui , se desiderio ci muovesse ad aumentarne gli esera- pj , facilmente il potremmo , prendendo in esame le traduzioni di Ugo Foscolo e del Mancini ( per ta- cere dì altri minori ) : ma non vogliamo entrare in queste discussioni , bastandoci poter notare che tanto studio , tanta diligenza poneva Vincenzo Monti nella versione del sommo poema di colui , Cui le muse allattar piiì eh' altri mai. La lettera ad Ennio Quirino Visconti (voi, 1 p. 330 ) fu premessa al saggio di rime che il Monti pubblicò in Livorno nel 1779. Egli , giovine di soli cinque lustri , sentiva già tanto addentro le bellezze poetiche dei sommi maestri , da giudicarne con giu- sto criterio e fino accorgimento , e da poter parago- nare Virgilio ad Omero , ed anteporre ad essi il co- ronato profeta dei salmi. Per la prima volta però leggiamo in questa rac- colta alcune Lezioni^ che il Monti dalla cattedra di Pavia faceva seguire a due note orazioni ( voi. 3 ,p. Ì3 ) . Erano oltre a cento : a grave danno del- l'arte oratoria i manoscritti/ andarono per la maggior parte smarriti, e sole dieci (ne l'ultima completa) dal fatale naufragio scamparono. La ristrettezza di que- sti fogli ci obbliga ad accennarne appena gli argo- Opere del Monti 2^ib menti : che dirne i pregj uoq sarebbe impresa di un breve estratto. Tratta la prima lezione deli' eloquenza di Omero , e mostra quanto possa in esso la magia dello stile : espone la seconda in ogni sua parte le bellezze dell' episodio di Ulisse e Diomede nel deci- mo dell' Iliade. La terza ha per tipo Virgilio , e di- ce le ragioni per le quali l'Eneide ^ tal poema che sarà sempre ammirato come l'opera più perfetta , che uomo possa creare. Nella quarta lezione mira l'A. a porre in guardia la gioventiì contro le seduzioni della falsa eloquenza. La quinta e la sesta notano le qua- lità ed i pregi della dialettica di Socrate , la ironia della quale usò oonse arme oratoria , la intrepidezza che ebbe in combattere i falsi sapienti. Nella settima lezione dice della setta dei cinici , e de' pregj ora- tori di Autislene che ne fu fondatore: discorre nell'oi- tava di Diogene , modello di concettosa e robusta bre- viloquenza : e nella nona si reca innanzi Dante sic- come esemplare in ogni maniera di stile. E intorno Dante siamo certi , che altre più lezioni il Monti dalla cattedra dettò , le quali , come notammo , andarono smarrite insieme con quelle che scrivevano di Demo- stene a di Cicerone , di Pindaro e di Orazio , di Tas- so e di Ariosto , di quanti infine han nome e fama di sorami oratori e poeti sia in Grecia , sia in Ro- ma , sia nell'Italia nostra. E' un frammento quello che in questa raccolta si da come decima lezione .- la quale sembra che aves- se in iscopo maledire l'abuso delle metafore. Nel prin- cipio di essa si volge il Monti contro Boileau , che senza conoscerne le somme bellezze , ardi chiamare oro falso la poesia del Tasso , le cìinquant du Tasse : e la Francia, che giura sulle decisioni di Boileau , crede ancora che l'Italia sia attaccata dalla febbre de' marineschì. Al che ben risponde il Monti ; e ri- 2/(^6 Letteratura manda loro in gola quella taccia di arguzia e di giuochi di spirito, di che i francesi incolpano la ita- liana poesia. Duole a noi , e non poco , che quel fran- cese , il quale tanto meritò dell' istoria letteraria d'Ita- lia , diciamo il Ginguenè, si unisse a coloro , che dopo il Boileau avevano rimproverato al cantor di Goffre- do quel clinguant , che divenne, direra così, la pa- rola di riunione pei nemici del gran Torquato. Pure egli stesso , il Ginguenè , avea collocata la Gerusa- lemme dopo l'Iliade e 1' Eneide , e innanzi ad ogni altro poema ! Si fece egli forse imporre dal giudizio di Boileau ? o da quello dei padri Bouhours e Ra pin ? o dal maggiore del celebre Galileo .'* Dall' au- torità dei primi noi crediamo , perchè più assai di «ssi valeva il Ginguenè nelT italiana letteratura , e più giudiziosamente ne sapeva scrivere. Se da quella del gran matematico italiano , doveva considerare com' egli in quel primo saggio giovanile corresse dietro al Sal- viati : quindi esagerate le massime , peggiori le con- seguenze. Ma lo stesso Galileo in età più matura ri- tornò suir oggetto, e con più esperienza e dottrina ri- trattò , come pur fecero il Salviali e l'accademia della Crusca , il primo giudizio ( V. Memorie e lettere ine- dite finora a disperse di Galileo Galilei , ordinate ed illustrate con annotazioni dal cav. G. B. V^en- turi. Milano 1818 parte I). Quindi non è da far maraviglia, se dopo il Boileau, e dopo il Gingue- nè , i francesi de' giorni nostri sieguono a portare ugual giudizio del Tasso : le pecore fanno qael che fanno le altre , senza indagarne il perchè. Ne dee fare spe- cie , che se il Voltaire ( Essai sur la poesie epi- que^ accusò di quel difetta circa duecento versi di Torquato, e se più indulgente il Blair (Lecons de belles lettres toni. 3 lec. 8 ) ne ristrinse il numero a 30 o 40, siavi oggi chi ce conti e mille, e due mi- OpiRE DEL Monti 247 la, quasi fosse il Tasso un Marini , un Achillini. Ma lasciando tale disgressione , torniamo alla raccolta che forma l'obietto di questo estratto. Resta a parlare del quinto volume, in cui è l'epi-* stolario. Cari tutti all^ Italia sono i nomi di coloro, Cui le lettere furono indirilte : per nominarne alcune ricordiamo un Arici , un Betti , un Biondi , un Gros- si , un Lampredi , un Maffei , un Marsand , un Mu-» stoxidi , un Niccolini , un Odescalchi , un Paravia , un Peyron , un Ricci. Ne di minor fama son quelli che pagarono già l'estremo tributo a natura, Bertola ^ pedoni , Cesarotti , Cicognara , Fortis , Solari, Tara- broni , Trivulzio. E' dispiacente cosa che in que sta raccolta non trovassero posto ( non è colpa de- gli editori ) le molte più ed importanti a quel Giulio Perticari , che il Monti chiamar soleva figlio deWa-^ tnor suo. Leggemmo , son pochi mesi , in «il giornale mi- lanese , a proposito di una raccolta di lettere inedito dillustri italiani^ che tai libri corapongonsi sempre di molte inutilità e superfluità , fra le quali si tro- vano poi di tempo in tempo alcune pagine belle , pia- cevoli , istruttive : e quel giudizio ci parve in genere conforme al vero. Ma se nel giornale Messo , sole due iacee a ppresso ^ per opera del medesimo estrattisla ve- diamo annunziata una raccolta di lettere di Paolo Ma- nuzio , che non possono ( sono parole del giornalista) interessare per gli argomenti , né allettare per lo stile ; e quindi si giudica che tal libro debba riu- scire generalmente piacevole a leggersi ; prendiamo sicura fidanza nello esternare ugual giudizio intorno quest' epistolario di Vincenzo Monti. E con tanta piò lagione, quanto che esso primieramente interessa trat- to tratto per l'argomento ; in secondo luogo alletta gc-« nera\}ncQte per Io siile. Dire che le lettere sono scritid 248 Letteratura dal Monti, è prova più che sufficiente della seconda nostra assertiva. Non ci verrà contraddetta la prima se si considera che in questo epistolario sono assai oc- culti , o mal conosciuti annedoti di storia letteraria : che è un monumento prezioso della sua vita dome- stica. In essa veggonsi chiari gli affetti che governa- vano il suo cuore : le lettere alla consorte, nelle quali non era intento certo a simulare ( e simulazione mai non conobbe quell' anima franca ) sono testimonianza sin- cera de' suoi costumi : le lettere agli amici scopro- no i segreti dell' indole sua. E qui vogliamo dare un saggio del suo stile epi- stolario . Quale fosse lo studio che egli desiderava facessero i giovani nelle scuole di eloquenza , si ha da quella lettera che nel 1809 scriveva a Cesare Ari- ci , uno de' più valenti nell' italiana letteratura : „ Go- ,, do che avvezziate i vostri discepoli alla meditazione ,, di Dante. Ma dopo averne mostrato loro il bello, ,, rivelate anche il brutto , voglio dire le cose da ,, non imitarsi tanto nello stile e nelle parole , quan- „ to nelle fastidiose teologiche disputazioni. E per evi- ,, tare che i vostri allievi non prendano la funesta ,, abitudine di dar sempre alle loro idee un solo co- ,, lore , non li lasciale col solo Dante , ma insegnate ,, loro a temperar l'acerbità e fierezza dello stile dan- „ tesco colla dolcezza del Petrarca , colla fluiditii del- „ l'Ariosto , colla nobiltà del Tasso. A quelli poi che „ sanno di latino , fate precetto di aver sempre nelle „ mani Virgilio ( voi. 5 p. 82 ) . „ Dopo pubblicato il suo celebrato sermone contro i romantici , scriveva al Tebaldi Fores nel 1825 :„ Chi può rimanersi dal „ dire che delirano allorché pretendono di sbandire af- „ fatto la mitologia dalla poesia ? e non solo sban- ,, dirla , ma volerla spenta del tutto ? E spenta con „ essa la fonte del bello ideale nelle belle arti ? (voi. 5 Operk Dix Monti 249 p. 259 ) „ E quindi aggiungeva : „ Ogni poeta deve di- „ pingere la natura , ma quella die ha sfitto gli occhi. ,, Io lodo la poesia settentrionale, che si accorda per- ,, fettamenle all' orrido cielo da cui riceve le sue ispi- „ razioni. Ma l'italiana, ispirata da un cielo tutto di „ letizia e di riso , non è ella pazza quando va a ,, farsi bella fra le nebbie ed il gelo dell'orsa mag- ,, giore , di cui ella non può aver idea che per imi- ,, tazione?,, E nel 1818 scrivendo a Giovanni Torti diceva : „ Mai non vi fu arte senz» regole , ne pare che „ gli uomini di ogni cielo siano disposti finora a ri- ,, conoscere migliori maestri di poesia , che Omero , „ Virgilio-, Dante, e quel Tasso , e quell' Ariosto che „ grandi si fecero ed immortali sulle tracce che or „ si condannano , e si vorrebbero abbandonare ( voi. 5 „ p. 162). „ Ed al Tagliabò nel 1822: „ La morte di „ lord Byron h una perdita per le muse. I romantici ,, il vogliono lutto loro. Ma egli, nutrito ne' gravi „ studi de' classici greci e latini , detestava la setta „ romantica , come la più frivola e pazza di quan- „ te mai ne nacquero in Elicona ( voi. 5 p. 222 ).„ A noi piace terminare con la menzione ài quel ce- lebre inglese , che avemmo la fortuna di conoscere personalmente in Ravenna , e ricordiamo come fre- messe di sdegno quando sentiva le pazze lodi della scuola romantica. c c. 250 La madonna (t Imbeveva. Racconto (cioè romanzo) di Cesare Canta. Milano per Gaspare Truffi e sO' ci '1835. Oe ci venisse domandato qual fine siasi proposto il sig. Canta nello scrivere questo racconto , noi vera- mente non sapremmo in qual modo rispondere. Cer- tamente l'autore non si propose lo scopo di giovare; perchè credere che da questa e da somiglianti inezie della letteratura possa trarre giovamento il popolo , è un sentire ingiuriosamente di tutti quanti i cittadi- ni. Imperocché questo importerebbe niente meno che crederli fanciulli in ogni generazione di arti ; e neces- sitosi delle prime cose della sapienza, E non sappiamo chi giunger possa a termini di sì ribalda arroganza. Ebbe forse il benemerito autore in animo di diletta- re ? No : perehb egli ha voluto anzi tenere modi e argomenti a questo contrarj. E vi è riuscito mirabil- mente j che ognuno può conviacersene prendendo sot- t'occhio il racconto stesso. Imperocché lette poche righe, si sentirà circolare per le vene i sangui con moto stupi- dissimo, e una gravezza, una noia insomma, alla quale nn medico altro rimedio non avrà a suggerire che quel- lo di chiudere il libro , e forse anco di gettarlo vìa. Volle forse il Cantiì fare un beneficio a coloro, i quali ( poveretti loro ! ) hanno bisogno di qualche libro per conciliarsi il sonno .'* No : perchè quantunque il rac- conto del sig. Cesare sia pieno di molte virtù sopo- rifere, tutta volta per quel folgorare qua e là , per quel xomoreggiare e strombazzare con grandi paroloni, è toi- La madonna d'Imbrvera 251 to air animo del lettore molto di quella quiete , ciie sì dolce e cara ci viene all' anima quando leggiamo uno di quei blandi componimenti di argomento sonni- fero ; dei quali tanto si piacevano que' nostri buoni vecchi ; che il cielo li benedica. E' pare dunque che il sig. Cantiì , il quale nel giudizio della sua mente ben comprendeva di non po- tere aggiungere nessuno de' tre fini , dei quali è det- to di sopra , scrivesse per tenersi lontano dall' ozio, e come suol dirsi per passare il tempo. Della qual co- sa noi con sincera mente lo loderemo : e assai. E sé alcuni critici, che tanto si sono lamentati della so- vrabbondanza di libri inutili , avessero almeno pen- sato che tanti autori dati al travaglio furono tanti buo- ni cittadini che la vita loro nell' oziare non mace- rarono ; non avrebbero dato così mala voce alle umane lettere : comechè per queste alcuna volta po- co di bene siasi fruttato alla patria. Tuttavia tornan- do all' argomento , se il sig. Cantiì per una bella ca- gione ha meritato i no stri encomi , non sarà franco dalla riprensione di molti per aver fatto di pubblica ragione un'opera , della quale come il lavoro fu utile all' autore , la lettura ad ogni genere di uomini sarà veramente inutilissima : per non dire di pili. La scelta dell'argomento è cavata da' tempi, che i veri amatori della umanità desiderano nel gran ma- re dell' oblio universale sprofondati: quando, dico, l'u- mana schiatta era in due partì divisa r e da un lato vedevasi una setta di sozzi mostri , ora ad ogni scel- leranza dirotti , ora stoltissimi , ora vilissimi , e sem- pre abborainevoli : e dall' altra parte un popolo d'in- felici , nudi e disperali di ogni bene , da una piuc- chè stolida pazienza dannali a deporre l'umana digni» j ta ! Rispetto allo stile del sig. Cantici diremo : parte esservi descrizioni minute miuule , che veramente ti 252 LsTTÈRATtìRA ricordano la pazienza tedesca , dalla quale avrai pia facilmente l'incendio di Troja dipinto sopra la buc- cia di un lupino , che un solo raggio di quella gra- zia che da il pennello dell' urbinate: parte vedrai te- merari voli, e però laide cadute. A ciò aggiungi un fraseggiare che ora tiene delV achilUnistno , ora del frugonismo. Ma basti fin qui della Madonna d' Iiri' bevera^ della quale assai bene ragionò un nobilissimo ingegno, che noi molto amiamo e slimiamo, nel n. 23G della biblioteca italiana. E voltandoci al sig. Cantili lo esorteremo a tornare sulla vera strada, la quale eoa sì buoni auspici avea impreso a correre : gli diremo che il romanzo , e singolarmente il romanzo trattalo in quel suo modo, è un genere di letteratura contrario alle regole generali dell' umano intelletto. E però noa italiano. E pensi che se un nostro illustre cittadino col provarsi nel romanzo (che però scrisse mirabilmente) acquistò fama : questa fama gli venia dalla plebe della società , e perciò essa cadde , e la stessa memoria ne cadrà. E le lodi che da alcuni illustri sapienti della nazione gli erano compartite , a lui non erano date perchè avesse toccata meta gloriosa: ma perche avea mostrato che in Italia sì pelea tener fronte , ed anco vincere un Walter Scott e i tanti suoi somiglianti, i quali sono la maraviglia del volgo. Dico quella parte del popolo che si diletta miserabilmente di ciò che avversa ogni umana regola. C. G. d. A. 253 Del supremo dei beni e dei mali , libri cinque di Marco Tullio Cicerone volgarizzati da Teresa Car- niani Malvezzi. -Bologna 1835. Tipi del Sassi alla yòlpe. (Uà voi. di pag. 240.) V-ii narra Plutarco (1) , come avendo M. T. Cice- rone abbandonato le cose politiche , in vedere che la repubblica romana , stante l'immenso potere di Ce- sare , volgeva alla monarchia , si desse ad ammae- strare nella filosofia que' giovani , che si mostravano dell' animo ben disposti a questi studi. Ed essendo Tullio passionato ammiratore delle dottrine di Plato- ne , e dell' ordine che teneva in far aperti agli ascol- tatori gli alti suoi concelti , si studiava d'imitarlo non solo nel manifestare agli scolari sublimi pensamenti , ma sì anche nel modo di proferirli. Quindi se Plato- ne dettò gravi e nobilissime sentenze di squisita sa- pienza per via di dialoghi , chiamando ad interlocu- tori, ove parla della santità Eutifrone e Socrate, ove dell' anima Echecrate , Fedone , Apollodoro ec. , ove della natura Timeo e Socrate ec , Tullio anche in que- sto volle ricopiarlo, sponendo gli arguti principii della greca filosofia da esso lui sapientemente illustrati , e nettamente chiariti ora con Cotta e Vellejo ove la di- scorre degli dei , ora con Torquato , Catone ec. quan- da si fa a ricercare iu che stia il sommo od il su- ' premo dei beni e dei mali , e così iu altre adatte ma- terie. In questi due dialoghi pertanto Tullio ci dà (i) la vita M. T. Clcei'ouitj. j,;; 254 Letteratura contezza, nel primo della pagana teologia : nell' altro , quasi per ben condotto corollario , de' pregi della sapienza e della virtù , come appunto altrettanti doni discesi dal cielo , e conceduti dai numi agli uomini per renderli felici. Ma non tutti , per difetto di latine lettere , pos- sono nutrire l'animo ai fonti di ianta sapienza : però già alcun tempo addietro piacque alla nobilissima si- gnora contessa Teresa Carniani Malvezzi (onore di que- sta nostra patria , ed una fra le più chiare donne eh' oggi illustrino l'Italia ) di trarre in volgare i tre li- bri di Tullio che parlano della natura degli dei , ope- ra eh' ebbe , come era d'attendersi , l'universale ap- pagamento. Data a luce quest' aurea traduzione , nacque pensiero alla prelodata signora contessa di trasportare in italiana favella anche l'altro importantissimo dialogo della essenza o del supremo dei beni e dei mali (1); in cui , come abbiamo di sopra notato, ci dischiudo- no i tesori della greca e romana sapienza. La mate- ria da Tullio trattata , per le sottili quistioni a quan- do a quando poste e ventilate ,.si presenta in vero dif- ficile a penetrarsi , siccome è bisogno per chi voglia non le parole dall* una all' altra lingua grossamente traslatare , ma sì bene inviscerarsi nella mente dell' au- tore. Pure l'esimia signora contessa Malvezzi , vincen- do ogni malagevolezza ed ogni spinosità , oggi ci of- fre , coi nitidi ed accurati tipi della f^olpe al Sas- si , il volgarizzamento de* cinque libri di M. T. Ci- cerone del supremo dei beni e dei mali : lavoro , che per le maggiori difficolta a superarsi , meriterà alla pre- lodata signora anche un più ampio tributo di ammira- zione e di lodi. (i) De fijùJius bottorum et malorum. ClCEROffE TRADOTTO 255 In questi libri sì rinserrano le dottrine non solo di quasi tutti i capi-scuola della greca filosofia, e de' loro principali seguitatori , ma si discorrono a fondo le ragioni poste a sostegno delle medesime , mostrando Tullio quali sentenze si abbiano come fallaci ad isfug- gire , e quali come veritiere a ricevere ed accettare. Laonde chiunque si farà a ben ponderare le materie ragionate , certo non si ristara dall' accendersi d'amo- re per quegli studi che guidano alia verace sapienza. E non solo da questa fedele e nervosa traduzio- ne ne verrà utile e diletto a coloro , che sono privi di latine lettere , ma anche a quelli che hanno per famigliari siffatti studi. Imperocché la signora contessa Malvezzi , oltre Tessersi addimostrata rifornita di tutte quelle cognizioni che occorrono per ben andare a den- tro lo spirito dell' autore , ha fatto uso di una sì corretta e tersa locuzione , che chiunque si accinga a leggere questo volgarizzamento , vi trova quel prò , che si ritrae dallo studio degli aurei scrittori del buon secolo. Ne già potevasi dubitare del contrario. Trop- pe prove ci ha date questa egregia signora del suo sa- pere tanto nel tessere elegantissimi versi (1) , quanto in altre opere letterarie , le quali le valsero i sinceri encomi degli uomini piiì chiari , che in fatto di let- tere alzino grido in Italia. Pochi ignoreranno la fortunata scoperta, che quel perspicace , anzi singolare ingegno di monsignor An- gelo Mai alcuni anni addietro fece fra' codici della vaticana , ritrovandone uno velato di una seconda scrit- tura del cemento di S. Agostino intorno ai salmi , sotto la quale rimanevano celali alcuni resti dell' ope- (i) La cacciala del Gualtieri tiranno di Firenze. Poemetto di Teresa CuiaianiJ Malvezzi. 256 Lettkhaiura • ra ( da tutti già creduta affatto smarrita ) di M. Tul- lio Cicerone sulla repubblica. Divulgati questi avan- zi della ripulatissiraa opera dell' oratore d'Arpino, la chiarissima signora contessa Malvezzi imprese a tra- durli : e quando era per mandare alle stampe il suo scritto , le venne fatto di vedere e e questi fram- menti erano già stati pure volgarizzati e pubblicati dall' eccellentissimo sig. principe D. Pietro Odescalchi dei duchi del Sirmio , uno, come a tutti è palese, de* pii^i ragguardevoli letterati viventi, di cui si pregi l'Italia. Venuto il prelodato signor principe Odescalchi in cognizione di ciò , e ben considerata e scrutinata que- -sta traduzione, ne rimase si preso ed ammirato, che volle far fede con parole indiritte alla signora con- tessa Malvezzi del suo giubilo al vedere magistral- mente voltati in pretto ed elegante italiano quegli stessi brani de' tre libri di Cicerone intorno alla repubbli- ca , eh' egli medesimo gik avea traslati. Ne si avvisi che il facesse in privalo e per solo moto di animo dol- ce e gentile : che questa attestazione di lode e di os- sequio gliela rivelò per via di una grave e ben sen- tita lettera scritta con quella vivacità e purezza di stile , che gli è tutta propria : e la pubblicò tanto- sto nel giornale arcadico , affinchè la sua voce fosse subito , per cosi dire , ovunque sospinta ed ascoltata (1). E cotanto egli si volle mostrare sincero nel proferire quelle lodi , che con invidiabile , e forse non imita- tiva lealtà e schiettezza , per certa guisa si venne a confessare superato in alcune piiì astruse parti di quel volgarizzamento dalla signora contessa Malvezzi, E Dio volesse che di questi sapienti , se non di si rigida e peregrina virtù, almeno di uomini per alcun modo (i ) Vedi il nostro giornale. Anno 1827, terzo irimeslre. iiag. 58. Cicerone tradotto 257 ad es5oIiù simiglievoli vieppiù abbondasse la repub- blica delle lettere! Che in allora eoa grave danno delle buone discipline , e eoa rossore di lutti coloro che professano gli alti studi , non si udirebbero alcuni appellati dotti con parole sconvenevoli anzi vitupero- se , e colle pili indiscrete censure , mordere e dileg- giare gli scritti di altri dotti , ed il più delle volte per solo livore di vedere felici ingegni già vicino a conseguire chiara e durevol fama. Se per tanto l'egregia signora contessa Malvez- zi , e con quella traduzione de' frammenti della repub- blica di M. Tullio Cicerone, e colla posteriore dei tre libri della Natura degli dei, ottenne prove di tanta osservanza ; non è a dubitarsi die i suoi concittadi- ni , e gli uomini addottrinati di tutta quanta Hila- lia , non abbiano ad encomiarla d'assai ancbe per quel- la ,■ che in oggi rende di pubblica ragione , intorno al Supremo dei beni e dei mali -^ in cui e per le ardue materie trattate , e per la forbita e robusta locu- zione adoperata , parve che quel sapientissimo filoso- fo dell' antichità volesse far conoscere al mondo ove juai potesse aggiugnere col sovrano suo ingegno. • Ary. Angelo Astolfi, (lA.T.LXr, IT *Ì5S ■■■■■■BiMaMHBIIIIHIIIirW«MIWIinilirTilKa««BWM«BMBHMW»B^B»MBaBiM««BHaj« Discorso letto da Giuseppe Ignazio Montanari in og- casione di premi distribuiti dal magistrato pesare* se nel 1834. (>, T^ uesto giorno tanto da me desiderato, in cui io veg* go distinta di onorato segno di vittoria questa fioren- te gioventù , in cui sento le congratulazioni della pa* tria e dei cittadini , e per ogni dove riguardo , sul volto di tutti i buoni scorgo balenare un riso di ca^ re iperanze , reca al certo nell' animo mio una dol- cezza, cui altra non è pari al mondo. Concìossiacliè mi paia che questi giovani debbano per alcun modo sostenere Tela che dechina , e .il secolo tralignato ri- tornare ad antica bontà , rinnovellando le glorie de' padri nostri. Di che a Dio immortale primamente rin- grazio , poi all' ottimo principe che tanto a cuore ha la coltura degli ingegni giovanili : e caldamente prego voi, signori, che avete in mano il freno di que- sta nobilissima citta, a non cessare mai conforti no- velli agli studi ed alle arti lodnte. Ma mentre più il cuore per allegrezza si allarga , e la mente se ne va in mille dilettosi pensieri , quasi , non so io come , tutto in un punto si stringe e trema , e sentomi nel petto battaglia d'affetti contrari ; sì che volendo io far parole di gioia, |a lingua si rifiuta al suo debito, la mente s'inforsa , ed il timore alla fine prevale. E cer- cata ragione del subito cangiamento e delle mutate affezioni , ben vedo io che da giusta cagione ciò na- sce , anzi da naturale : poiché d'una stessa vena di- " scendono le lagrime del dolore e quelle della gioia. Discorso det. Montanari 250 Ne vi turbate , miei cari giovani , ne ciò vi sembri strano : perocché convenevole cosa e temere molto a chi molto ama , ed io che ho tutto il mio cuore in voi , per voi tremo ed agghiado. Non basta che io vi veda colti e svegliati d'ingegno , e volti coli' ani- mo a conseguire sapienza , per quetare il turbamento dell' animo mio : ne abbastanza mi affidano precetti che fin qui dal nostro labbro avete ascoltati. Voi oggi vi rendete alle case vostre , oggi fuor della nostra ve- duta andate per alcun tempo a vivere in riposo , e abbandonati alla balia d'altrui. Vero è che questa dol- cezza di riposo vi fecero le vostre diligenti fatiche: e giova sperare che non vi cadranno della memoria am- maestramenti ricevuti , esortazioni e stimoli : ma que- sto riposo se non è da saviezza di educazione mode- rato, può cangiarsi in letargo che vi addormenta, e gli spiriti di bella emulazione sopisce e spegne. Però è che oggi nel lasciarvi io tremo, e non trovo modo a rassicurarmi un poco, se non ricordandovi debito gra i- de che vi corre in questo tempo di darvi lutti alla mano de' vostri genitori , ond' essi con novelle e ca- ritatevoli cure facciano allignare a buon frutto que' semi , che noi vi abbiamo posti nel cuore. L'educa- zione letteraria non regge, ne può dare profitto da se, se non le vada di pari passo compagna , anzi non la preceda come scorta fidata, la buona educazione do- mestica ; poiché quella formando il cuore, è base di questa che forma l'intelletto. Verità grande e degna di essere da tulli vista in chiaro ; e però mentre io intendo toccarne alcune cose , pregovi che al mio dire accomodando la vostra benignità, mi facciate animo, e la^pochezza niia\ quale ella siasi , in qualche gui- sa col vostro silenzio avvaloriate. Cuore ed intelletto abbiam noi : a quello spetta sentire , a questo giudicar delle cose ; l'uno e prin- 17* 2o0 LlTI'ERATMRA, cipio di virtù , l'altro di sapere : per quello gli U0"< mini sono buoni, per questo addottrinati. Infatti il sen- timento è il primo ad avvisarne dell' esistenza nostra, e delle sensazioni che ci vengono da' corpi esterni, e per lui cominciamo ad accorgerci della resistenza, del moto , della vita che hanno le cose che ci circonda- no. Quindi alle esterne impressioni l'intelletto le sue forze applicando , comincia a confrontarle , dal con- fronto si corre a giudicarne : i diversi giudizi per ciò portati movono il desiderio , questo si volge in vole^ re, il volere in atto. Primo fondamento adunque delle umane azioni e nel sentimento : e quando falso sen-» tire ne sopraffaccia, gli terra dietro falso giudizio, indi torto volere, poi atto reo : e cosi condotti in' errore, tutto che facciamo non sarà che errore. Ufficio però di buona domestica educazione è dirigere il sentimen- to, per tenere lungi dall' intelletto gli errori ; e a que-» sto santo ufficio mirabilmente giova co' suoi conforti Ja religione , la quale prima informa il cuor nostro ; e se lei segue, non può per tutta la vita non retta- mente sentire. Gonciossiachè ella ci mette nel petto ì primi semi della carità a Dio, ai parenti, alla patria: ella di tutte virtii ci fa scorti, e nella soavità di quel-i le facendoci provare i pili puri piaceri , alletta e in- fiamma in noi que' generosi spiriti, che destano poscia negli animi ben coltivati sublimi e magnanime azioni^ E di qui nasce che, quando è bene composto il cuore, l'intelletto facilmente adopera a sollevare l'uomo ad alte cognizioni, e il porge pieno di^non fucato sapere. Ora per venire a noi e al nostro proposto , voi ve-< dete che la prima parte , quella che riguarda il sen- timento, spetta principalmente a' genitori : a' maestri quella che all' intelletto pertiene ; e comunque l'una dia mano all' altra , e quasi amichevolmente si scara-! in dì sovente ufficio, pure se la x>rÌDaa vieu peno, U Discorso del Montanari' 26f Seconda tiesce vana : in quella guisa appunlo clic suo- le nei campi avvenire quando o mala indole di ter- reno non è corretta da industria , vinta da forza di braccia e d*aratro , o mal seme è posto in ubertk di glebe feraci. E che ciò sia vero ben lo mostra , più che io non Vorrei, tutto di il fatto. Uomini senza mo- rale d'ogni guisa , anzi bestie in corpi umani , ne- mici di pace , falsi , raggiratori , i quali non ad al- tro si valgono della ragione che a deturparla , non ad altro usano l'intelletto che a torcerne in contrario cammino le forze : uomini i cui giudizi, levati sopra , false fondamenta, sono falsi , perversi i desiderii , le volontà malvagie , le azioni esecrabili. E questi sono tjUelIi che escono nella società manchi affatto dell' edu- cazione del cuore , comecché poi intesi a quella dell* intelletto» E per essi assai chiaro sì conosce, che co-* lui che non sa sentire rettamente non pUÒ conseguire sincera coltura nell' intelletto , sendo lor dottrine di sovente piene d'errori, di contraddizioni, di avvolgi- menti strani , di turpitudini. La scienza in mano di costoro , e come spada in man del furioso , che me- na polpi alla cieca , e spesso ritorna colla pdnta nel petto di chi la brandisce. E avrete voi udito di so-» vente in bocca a' nostri vecchi, sdegnosi delle ma- lizie dell' età novella, le laudi dell'antica semplicità: perocché i nostri maogiori se meno di noi ( che io non saprei ben divisarlo ) civili e colti , erano assai mi- gliori di cuore. Ad essi inviolata la religione, sacra la fede ; prèsso essi ardente l'amor della patria, e del- la virtià ; sdegno civile fu per essi delitto, e il cuore nudrito del dolce pasto della carità fraterna, non as- setò mai sangue cittadino. Furono forse all'età pas-» sale meno distese le dottrine sociali: ma quanto si ebbff minore numero di filosofi, tarUo più si abbondò di uo-» mini probi , di onesti cittadini. E mi passo qui dei 262 LxTTKRkl WRÀ danno che viene dal cessare reducazione del cuore, e attendere solo a quella dell' ingegno : che non è ne da me, ne da questo luogo , ne da questo tempo il parlarne alh distesa.- e solo dirò del danno che è gra- vissimo nel sottrarsi anche per poco alla educazione del sentimento , spezialmente allorché quella dell* in- telletto è presso a toccare il suo compimento. E qui immaginate un campo ondeggiante di rigogliose biade già spicale e granite, che aspettano falce che le mie- ta , mano che le stringa in manipoli , e forza che le trebbi sull' aia , per mal volere dei cultori abbando- nato : e poiché giugno e luglio dier volta , e le sipi- che già ricurve sul gambo minacciano rendere alla terra quel frutto che prima si guardinghe custodiva- no , non esservi chi si dia pensiero del mietere odel raccorre. Vedrete al sopravvenire di agosto quel cam- po, che prima era sì grato a mirare, tutto orrido e deserto , quasi che fosse stato tempestato da fu- ria di venti o di gragnuola . Non altra immagi- ne rendono que' giovani, che coltivali con ogni cu- ra Cui quasi all'uscire di giovinezzza , sul più bello sono abbandonati a se , o vengono a male mani. Infatti voi , miei giovani, che tutti lino ad oggi avete mo- strato cuore disposto al bene del pari che intelletta docile agli amaestramenti, credete voi di non pericolare se la debita guida , anche per poco, vi yenisse me- no? Credete voi che in pochi mesi non potreste per- dere il frutto di molti anni ? Ognuno sa quel che «ven- ne di rjuel , non so qual piij , se roaraviglioso o for- midabile esercito che di Cartagine era venuto al con- quisto dell' emula Roma. Quante non aveva durate e fatiche e battaglie ! Valicate montagne inaccessibili, e per altezza paurose ad ogni cuor più sicuro ; do- male le forze romane con tre sconfitte , messo per tutto terrore e spavento. Ma le delizie di Capua disfrancol- Discorso del MowTARARr 265 idi e ciò che ne i ghiacci e le nevi alpine, ne gli sten- ti, il cammino, la fame per molto tempo poterono, Io poterono nel voltar di pochi mesi le delizie e gli ozi di Capua. Neil* animo umano facili a svegliarsi alle lusingiie dei piaceri sono i desiderj : ma se questi non vengono a tempo infrenati, si mutano in passioni, le quali poi reggendo a lor talento le umane volontà, sem- pre a male le strascinano. Ne vi crediate che per ave- re cognizioni e dottrine in capo possiate starvene si- curi. Quanto più si afforza l'intelletto, tanto più sì af- fina la malizia ; che le passioni^ le' quali sono miti ne* bassi ingegni, sono violente nei colli : in quella guisa che corrente di fiume, che quando dall' alto per retto cammino discende, rompe più impetuosa, di quello che allora che per raggirato Ietto serpeggiando si con- duce- Onde èì che a noi piij che agli altri si convie- ne stare in guardia , e vegliare sopra voi slessi : pe- rocché i vostri più paurosi nemici sono in voi. Elk fiorita , brio anzi bollore di giovinezza , novità di co- se che vi si offrono ad ogni tratto agli occhi nella scena incantatrice del i- ondo , inesperienza tanto più formidabile quanto agli inesperti cosa più facile è il presumere di se, spezialmente ove abbiano svegliatez- za d'ingeg^no.fNulla è poi più pronto, che vedere que- sta fidanza di se tramutarsi prima in arroganza , poi a non molto tornare in superbia. E se mai ( cessi Iddio tanto infortunio!) animo giovanile a questo giun- ge , eccoglì innanzi mille errori, mille fallacie, nelle quali miseramente quasi a ciechi occhi si getta. E questa superbia poi, come è detto, tiene maggiore per- tinacia quanto è più ""la raffinatezza dell' intelletto , sicché l'avere coltivato l'ingegno in tale condizione troppo più nuoce. Non vi è saviezza che basti a lu- singa di piacer traditore , che con faccia di dolcez- za si mostra, con insidie s'insinua sin dentro il fon- \ 204 Letteratura do del cuore , e a suo piacere lo sconvolge. Chi pia prudente d'Ulisse , la cui sagacita ttiosfrata ne' versi del divino da Smirne, in tulle etk fu specchio di ci- vile accortezza ! Ma avvenutosi a passare presso l'in- fame isola delle sirene , non credè egli a se stesso : ma quasi in lui fosse, anziché desiderio di fuggire, bra- ma di udire il tenore di quelle voci incantatrici, tu- rò con cera le orecchie ai compagni , e a buone vol- te di fune fece legare se all' albero della nave : e via battendo co' remi, scampò dal pericolo. Misero lui se cosi non avesse adoperato ! Che elleno adormenlatolo co' gorgheggi e co' trilli, l'avrebbero fatto in un coi compagni pasto delle voraci lor gole. Or dunque voi nel rendervi alle case vostre correte fra le braccia de- gli amorevoli genitori, e all' amore, alle caritative lor cure pienamente abbandonatevi. Fate che essi segualo all' opera della educazione del cuor vostro sino al per- fezionarla: date in lor mani le briglie ; le siringano a piacere e le allentino, che tutto è il meglio per voi. Ne abbiate mai tale arroganza da dire s Io conosco., io so : eonciossiachè in voi sovente per lo fumo delle pas- sioni si appanni il vedere. Le passioni, diceva un gran- de filosofo, fanno delle cose umane quel che un cri- stallo colorato degli oggetti , che li mostra sempre in que' colori che porta in se : a simiglianza dell' ilerico, che vede tutte le cose coperte del giallore di che la bile , che traboccò fuori del suo cestellino e si dif- fuse nel sangue, ha tinto l'occhio. Gli animi dei gio- vanetti se cadano in potere delle passioni , ne vi ha chi basti a rattenerle e infrenarle , si gettano al male in quella che credono correre al bene : e mentre per vari torti giudizi si conducono a determinare la vo- lonta , passano di errore in errore, ne dell'errore si avveggono. Voi direte , miei giovani , che il girar di due mesi è spazio assai breve a travolgere una mente Discorso del Montanari 2C5 imbevuta di savie dottrine : ma io so dirvi, che un giorno, anzi un' ora, e' forse meno, può perdere il più savio garzone. A cui viaggi per difficile e stretto cam- mino Sul ciglio di una montagna con precipizi da am- bo i lati per l'affondarsi della valle da un canto , e l'ingannevole piano di nevi e ghiacci dall' altro , an- corché egli sia ornai giunto a capo della sua via , st che già vegga dinnanzi a se terre distese in araenissime pianure , se egli arresta l'occhio ^ e non il passo, sol che trascorra d'un filo , o se metta in sinistro il pie- de , egli di lutto il monte precipita , ne diligenza usata in prima basta a camparlo di quella ruina. Quanti oh quanti sovente partono uomini in questo dì dalle scuole, e vi si rendono peggio che bruti ! Quanti al cominciar dell' anno movendo con alcun vizio nel cuore a rischiarare di nuove dottrine l'intelletto, non vi riescono più per fatica di buon precettore ! Quanti come in oggi al pari di voi a ragione lodati , e in grido di buoni e diligenti, tornarono pieni il capo di malizie, e furono poi tosto in voce di scostumati, di tardi , di negligenti ! So che alcuno, credendo risto- rarsi delle fatiche durate negli studi , pensa ne' giorni feriali a buon diritto poter cercare solazzi e diletti d'ogni maniera. Quindi usa di frequente a spettacoli, quindi passeggia per vedere e per essere veduto le stra- de più popolose, quindi attillarsi della persona, ac- conciarsi e profumarci del capo , poi cercar di pia- cere e d'esser piaciuto. E teatri e balli ( che i nostri maggiori a tenera età di garzonelti non consentirono) e case di convegno , tutto giunio egli aggira : e vo>- glia Iddio che non incappi la dove quel!' amore , che altro non è che insania e perdimento, tende agguati alla vita degl' incauti ! Ma siffatti ristoramenti noa sono essi un gettare il frutto delle passate fatiche , ua cangiare la corona d*aUoro eoa iafainc mitcra? Né 26G lÙÈTTKllATURA valga dire: Mi rimetterò in via. La forza delle imptcS-' sioni piacevoli fisiche sopraffa di legc^ieri qyella del- le intellettuali : quindi, meolio che gì' innocenti pia- ceri della sapienza , aggrada gettarsi a' perigliosi del senso : quindi lo scoprimento del vero e del bello pef cui taìiti anni si sudò, l'acquisto di utili dottrine per lo quale tanti anni furono spesi , tornano in vanità, in noie, in fastidi : e come nei vero piiì allettamento non sia, più vaghezza nel bello , stanca e dispetta il farne ricerca , e lo spendere pochi momenti d'ora a riguardarvi ; anzi pur duole gettafvi a volo gli oc- chi. Piace soltanto ciò che le passioni dipingono co- me cosa dilettosa : a questo solo si dà intesa , e que- sto solo accende ogni desiderio» e tutto l'animo signo- reggia. Giovane, poi che appressò le labbra alla tazza del falso piacere, non le ritrae finche non è inebriato, e non ha cangiato tutto se in bestia, come si legge di que' miseri che la favoleggiata Circe traea d'umane sembianze. E troppo è a fare se si voglia pur ricon- durre alla smarrita strada chi di tal modo ne uscì: e se grazia di cielo all' uopo non soccorra , è forse indarno ogni umano argomento. Che se poi malizia di tristi , o mal consiglio di perduti compagni tirano un misero fuor della via, ahi ! che è nulla del salvarlo i eh' ei non s'arresta finche non e dinnanzi alla l:uina. Si riaprano pure i ginnasi , si favelli pur dalle cat- tedre : se i traviati siedono agli usati scanni, move ad essi lo stomaco il loco , il tempo , e quella stessa vo- ce, che prima loro dolcemente ragionava nell' intel- letto. La mente distolta , e in tutt' altro dissipata , in quelle un d\ cercate esercitazioni sente un peso J che non è a sopportare: l'ingegno, che prima mo- veva anzi spiccavasi ad alto volo , si sente dal senso invescate le ali , e tiensi terra terra , anzi nel fan- go si abbassa ; il cuore , che prima provava dolcezza Discorso del Montanari 2G7 e soavità nella speranza de* premi , nella eniulazion, nella lode, è chiuso a tutto che non ha faccia di lu- singhiero , e soffre molestia dagli antichi stimoli, tal che come non domato puledro ricalcitra ed indietreg- gia. Gli occhi, avvezzati a falso giudicare, non vedono più il bello : l'intelletto non iscorge più il sublime, il cuore non e più scosso da nobili affetti. Tutta la •vigoria deir ingegno in somma e dell'animo giace , non altrimenti che la spada del prode che dopo essersi tinta in sangue gloriosamente ne' campi di battaglia, appesa alla parete arrugìnisce nella gran vagina , e più non mette il temuto lampo , e più non sa ferire^ Dirò anche più , e fia questo l'ultimo orrore che voi oggi dal mio labbro udirete. Piacque al creatore nella sua sapienza che l'anima, unita a qucsla compage di polpe e di ossa , le fosse siffattamente ristelta , che la materia dovesse a' voleri di lei come ministra e sog- getta obhedire. Ma quando fossero però turbali i vi- cendevoli rapporti loro , e tolto quel sapiente equili- brio che infra esse fu posto, dispose che in pena l'ani- ma stessa potesse diventare serva di regina che era, anzi abbrutire nella materia diventatale carcere e tor- mento. Quindi talora accade di vedere stupidi e in- sensati , anzi bruti in forme umane, uomini che ne' pri- mi anni della vita furono vivaci assai dell'ingegno, e davano di sì belle speranze. E di tale tristissima metamorfosi quale si fu cagione altra che avere date le briglie alle passioni , e lasciata di se piena signo- ria ai sensi , che a poco a poco lusingando il corpo disfrancarono lo spirito , e fattolo servo gli contesero, anzi gli tolsero, l'esercizio delle sue sublimi facoltà? Sciaurati ! che ad altro non usarono dell' anima che a tenere viva la carne ai piaceri : i quali però affie- volendo in breve le stesse forze corporali, e per lo troppo uso togliendo il risaltare ai nervi 7 il vibrarsi 2G8 iiEtTIRAtwKA e risentirsi alle fibre , resero il corpo stesso imllffc-' rente a que' lor tanto desiati e favoriti diletti. Cosìp per mala condotta animo e corpo sogliono pericolare ; cosi la vita meglio die a dolcezza per mal uso in amarezze ritorna: così gli anni, che dovriano farne scala da salire al cielo , non fanno che scavarne il preci- pizio e la fossa. Ma questo, miei cari giovani, mai noti accadde a chi diede a mani esperte e sagge il reg- gimento di se , e non sali a vana ambizione^ ma del volere de' suoi fé' suo volere : ne abusò del riposo, ma se ne valse a rinfrancare lo spirito, onde ristorato al- cun poco colla dolcezza della quiete, piiì pronto ri- torni a' consueti esercizi. E questo certamente non ac* cadrà a voi che, docili e costumali, quali dà noi vi partite vorrete di nuovo a noi ritornare. Io già vi veg- «o da questo luogo recarvi alle case vostre : e men- tre pieno d'amore e di consolazione vr corre incontra il padre, e con voi si congratula, e sente segretamente andargli in tenerezza il cuore , e vi ricerca de' premi ottenuti , e nel mirarli esulta sì che volendo a voi far parole il cuore non gliel consente , ma tutto in dol- cissime lagrime gli esce dagli occhi ; mentre a voi si affretta la madre, e di voi lodandosi benedice il giorno in che di voi fa incinta, e accoltovi fra le brac- cia al seno, e più che al seno al cuore vi stringe , e così mezzo fra l'uno e l'altro de' parenti vostri , siete posto in esempio ai fratelli ; io veggo che voi presi a sì care accoglienze promettete di sempre piiì meri- tare , e ad essi credete interamente il governa di vo-^ stra vita : anzi sì al fianco loro vi restringete, da no» dilungarvene passo, non che partirvene per cosa al- cuna del mondo. Io veggo com' essi sono Jegge e nor- ma a' vostri desideri, e solo il piacer loro vi piace^ Ile vorreste far cosa meo che ad essi gradita. Padri fortuaatissiini , sperate pure cho noi riusciranno vane Discorso dsl Montanari 2G0 le vostre speranze ! Io affretto coi voti il giorno in che io vi riveda qui tutti intorno a me riuniti di nuo- vo, e miri in voi tutti i miei presagi avverati. Me fe- lice , se avrò colle parole precorso a tanto bene ! Fe- licissima la patria , che andrà lieta Ji s\ lodati e vir- tuosi cittadini , per cui l'età vegnente splenda non me- no che le passate e la presente si gloriosa ne' monu- menti delle arti , delle lettore e delle sciente! 27» BELLE ARTI Itinerario figurato negli edifizi pia rimarchevoli di Roma, compilato da Gio. Battista Cipriani secondo il metodo del fu Vasi. Roma 1835. {Ne sono state pubblicate tre giornate al prezzo di scudo uno e baj. 58 ) olii e dotti scrillori dì tempo in tempo diedero in luce esattissimi itinerarii e guide di Roma, affin- chè quegli stranieri, che ad essa si recano per ammi- rarne le tante maraviglie d'ogni specie e di ogni età, potessero con poco incomodo ritrovarle , e conoscerne ad un incirca i pregi. Per^ altro , quantunque in cosi fatte opere si parli , più o meno minutamente , tan- to degli avanzi degli antichi edifizi , quanto delle mo- derne fabbriche , pur tuttavia ne di qutlle nb di que- ste se ne presentano ai curiosi i disegni ^ se non delle principalissime. Considerando adunque il sig. Gio. Battista Gipria- ni quanto sarebbe riuscito ntile a coloro , che con sì caldo desiderio vanno attorno osservando gli edifizi moderni , e gli avanzi di quelli innalzati da' nostri padri in questa citta nobilissima , il presentarne loro i disegni incisi in rame , venne in pensiero di dare opera al suo Itinerario figurato. Egli per ciò , se- guitando il metodo tenuto già dal celebre Vasi , di- segnò con somma diligenza ed amore in piccole di- B E L L K A R T I 271 tnensioni le fabbriche più cospicue , le quali ornano la nos^ra Roma , e quindi le incise in rame. Divise in oltre questo suo pazientissimo lavoro in tante gioriinie, delle quali fino ad ora tre sole hanno veduto la luce. La prima di esse contiene venti tavole , compreso il frontespizio : la seconda dodici , la terza tredici. In ogni tavola poi sono contenuti più o meno edifizi , colle loro piante ove il bisogno lo richieda , e la scala de' palmi. Moltissimi sono i pregi di questo lavoro del si- gnor Cipriani , perciocché in esso oltre alla esattez- za del disegno , alla eleganza della incisione , ed al beir ordine con cui sono disposte le tavole, avvi que- sto di più , che di ogni fabbrica moderna oltre il no- me di essa , e quella del proprietario , si legge a piedi notato quello eziandio dell' architettore , e l'an- no in che venne innalzata. Ciò , come ognun vede , potrà molto giovare a coloro, che pratici delle arti , vorranno formare un giudizio sugli avanzamenti e la decadenza dell' architettura, ed intorno alla varie- tà degli stili , che in differenti epoche più furono in voga ed in fama. L'opera del sig. Cipriani ha di più il vantaggio di non essere di molto costo, giacche ogni tavola si paga soli tre bajocchi e mezzo di moneta romana : e senza essere soverchiamente voluminosa, racchiude in se quanto, può bastare a rendere paga la curiosità de' forastieri , e di coloro che si dilettano d'andare osservando i nomani edifizi. Noi portiamo speranza , che l'autore quanto prima pubblicherà il rimanente di questo suo Itinerario figurato^ il quale da per se stesso si raccomanda ai conoscitori ed agli amatori delle cose spettanti ad arti belle : senza che da noi si ab- biano a spend«re altre parole per metterlo in fama. F. G. 272 ( Ad una lettera di Felice JRomanì], risposta di Ottavio Gigli. ■ „ Ambilio ^muUos morfales falsos fieri subegit, Sallust. _^lie quesla cillà, per viceude che la raeraorla ri- fnrjire dal riandare, da quella potenza sia scaduta ove riuiialzarono le armi e le virtù civili ( quantunque a ciò mette ben largo compenso l'essere capitale della cristianità ) , ogni persona , eh' abbia intelletto del vero, il conosce : ma che sìa venuta allo stremo ezian- flio di quella gloria che a lei deriva dalle arti, ed a cui ogni nazione , quantunque nemica , al nostro nome inchina , ciò da noi non si sapeva , se non ce Io aveste fatto scorgere piangendo a caldi occhi sul- la povertà delle belle arti di Roma. Dunque questa cittk, ove ebbero stanza i piti celebri artisti venuti d'ogni parte ad informare le loro menti al vero bello, dove un Canova scolpiva , ed altri sommi ugualmente le- vavano di loro altissimo grido e riverenza , e volta a tanta miseria d'uomini siffatti da tirare in sugli oc- chi d'uno stesso italiano lagrime di compassione ? Ec- co quanto del sicuro inferirà uno straniero, leggen- do , sig. Felice Romani , stampata nella Gazzetta piC" montese de' 28 d'ottobre , una vostra lettera sopra l'e- sposizione delle belle arti in Roma, indiritla per ischer- no delle arti medesime ad un Meo da Velletri .- nella quale chiaramente appalesasi in qual conto abbiate il Belle Arti 273 nome comune, ed in quale voi slesso, non arrossendo oracolegginre siccome moria ogni nostra artistica glo- ria, mentre tuttavìa vive e fiorisce. L'angosciarvi [joi cotanto per la povertà delle belle arti di lìoma^ ha penetrato dolorosamente gli animi di alcuni , i quali hanno cosi per fermo che aprendovi il vero, quel pian- to che vi abbonda sugli occhi torni in rìso ed al- legrezza, da stringerci a provvedere immantinente al- la vostra salute , ed a noi, che peritando , verremmo accusati d' animosità e di durezza . Perchè adunque pili lungamente non immalinconiste ed in lacrime tutto non vi distemperaste , risolvemmo senza metter tempo in mezzo , senza stare in dubbio ed in consulta ri- spondervi : certi che nel dichiarare il vero voi ci sa- prete buon grado , ed apparerete a conoscere quanto da questo si dilunghi colui che per ismoderata ambizione di sputar tondo su tutto , senza sentirsi l'animo scevro da venalità e da passione, si fa a giudicare dì cose che poco o nulla conosce. Oltre di che a ciò ci con- ferma ed accende il pensiero che togliendo su di noi la difensione di questa verità , che da buona pezza tornarono a vita , ed ora avanzano mirabilmente le ar- ti in Roma, non avremo mestieri recarvi alla me- moria coloro che non ha guari con dolore universale gloriosamente finirono : mentre assai maestri , tenendo in fiore le arti che professano, ci alleviano ora il do- lore delle perdite fatte , e danno non dubbie spe- ranze di lieto avvenire. Imperocché quanto teniamo cari que' valentissimi che colle loro opere rinnovel- lano la gloria e la celebrila de' padri nostri , altret- tanto abbiamo stolti ed in verso la patria ingrati co- loro che avendo ad ogni ora in bocca i nomi di quelli, li chiamano non già ad allietarsi delle loro opere , ma ad arrossare della neghittosità in cui vilmente si giacciono , per nulla accendendoli il desiderio di far G..V.TJAV. 4^ 274 Belle Arti •che duri e mantengasi restiraazione del luogo ove vita SI inutile sortirono. Onde potete ben esser certo, clie la questa nostra risposta non prevalse passione al- cuna , non animosità , non sordido lucro , ma solo la speranza che vi rimaneste da quel pianto si ingiurioso alle arti , non dirò siccome voi, romane, ma italiane, perche ci avvisiamo almanco in questo , della comune gloria o vergogna partecipare. II. Se Milano fosse Vinsubre Atene , la reggia del- le belle arti a preferenza d'ogni altra città della penisola , siccome osate affermare , sarebbe della Fran- cia, dell'Inghilterra, o delle estranee genti la gloria? Pioma e Milano son forse due citta di due stati da natura divisi ? Ci prese vana speranza che dipoi mol- ti secoli di dolorosa esperienza fosse fine ad ogni maniera parteggiamenti , e che quelle memorie fu- neste potessero almen tanto , da non renderci cosi vili inverso noi stessi , che per dar voce di famo- sa nelle arti ad una citta italiana , le altre tutte con loro onta manifesta venissero dimenticate! Molti vi vor- rebbero scusato, dicendo che Meo da Velletri nel rag- guagliarvi della nostra esposizione vi trasse in ingan- no : dimodoché tutto lo sdegno e l'offesa che in noi venne nel leggere la vostra lettera, si debba a lui e non a voi riconoscere. Ma questi che cosi s'appon- gono, non conoscono la condizione e le qualità di que- sto Meo che è così innanzi nella grazia e nella stima vostra. Ora però da noi ponendosi in palese chi questi si sia , e per quale attitudine naturale ogni altro avanzi, qualunque persona eh' abbia fior di senno conoscerà qual fede potesse acquistarsi appo un uomo discreto. Questi, siccome ognun sa , e voi b^ri aveste ia animo d'ac- B B L L K Arti 275 cennare, chiamandolo pittore di ninna accademia , è queir oste famoso che per antonomasia si denomina da Vellctri sua patria. Ne dobLiamo di *ciò prendere ammirazione , avvenendoci noi sovente ne) leggere le istorie pittoriche e letterarie in uomini , che meritando bene della patria loro , questa come a figli prediletti, quasi superba d'averli prodotti , lor volle apposto il suo nome. Onde avremmo ben volentieri dato ascolto e forse pianto al }>ianto del sig. Felice Romani , se deplorando come privi di bontà e squisitezza i nostri vini , avesse allegato ciò che il huon Meo ne sentisse, venuto in fama di profondato nell' arte sua, per essere andato attorno l'Italia più anni ad apparare sotto qua] luna si deve ammostare , e come svinare, imbottare, tramutare. Dubitammo dapprima die un tal uomo sa- pesse d'arti in modo da farne giudizio : ma avendo quindi ben posto mente , che erasi dimorato alcun tempo con voi che sentite iVavere ciò che forma un artista , di leggieri ci dnnimo a credere che in un Apelle l'aveste potuto tramutare ; ed iu tal sentenza vieppiù ci confermammo , quando rivolgendo la mente al sospiro d'ogni anima che senta , al nostro Bellini, ci tornò avanti d'aver letto in un vostro articolo^ siccome tutto vostro fu il merito di quella gloria che questi per ogni dove acquistò , e che voi solo a sì angeliche note moveste quel cuore . Alle vostre speranze non rispose certamente Meo , che tale si rimase , quale na- tura il produsse : e fa fede al mio detto il giudicio che portò sulla nostra esposizione , nella quale suppone questa potersi avere qual saggio dello stato presente delle arti in Roma. Se voi però non foste entrato nel- la speranza d'aver fatto d'un oste un Apelle , e che il vostro solo nome bastasse ad invalidare eli altrui sconvolgimenti di ragione , dimandato chi ve ne sa- pesse dar conio , avreste inleso , non senza maraviglia, 18^ 276 Beigli Aiiti che la nostra esposizione uon è generale siccome la njilanese , ma che aJ oggetto di promuovere l'utilità e riocremento delle arti figlie del disegno, e d'incorag-p giare quelli che le professano , si è formata una società di amatori e di artisti ^ la quale per mezzo di una cout tiuuata esposizione annuale , e di altre opportune di- scipline, ha in mira di far conoscere vieppiià gli artisti, e le opere loro, e di aprire così agi' ingegni un ar- ringo di onorevole emulazione. MI A questa società , ove tutti che v'espongono , ga^ reggiano l'onore di far opere durevoli e degne, in- cuorati dalla speranza che coloro i quali traggono a vederle , o la società istessa ne faccia acquisto (1)? a questa società , per cagioni che qui non è luogo discorrere , non hanno esposto nel presente anno le sculture il Thorvaldsen , il Tenerani , il Finelli , il KevSseliJ , l'Albacini , il Sola, il Chialli , il Gibson, il Rinaldi, il Ta4oliui, il Bienaimè, il Gnaccarini : e man- carono i dipinti del Camuccini , dell'Agricola, del Minardi , del Coghetti , del Silvagni , del Durantini , del Sequeira , del Pellegrini , dell' Overbeck , del Pao^ letti , del Trabalza , del Carta , del De-Vivo , del Wcrstappeu , del Voogd , del Theerlink , del Reinhart, del Boguct : nomi che tengo per fermo vi riusciranno nuovi, comechè molti di questi siano conosciuti con riverenza in varie parti d'Europa, e fuori : e s'io venni in questo dubbio tanto ingiurioso ad ogni italiano , (i)* Ciò rilevasi dallo statuì» della società ove nel lit. VH si parla della premitizioHc , BfiLtE Arti 277 ricìiiaraalene voi stesso, dacché lagriraando la povertà delle belle arti di Roma , avete mostrato o non co- noscerli i o averli in dimenticanza e in non cale. Niu- na scusa potrebbe ralcre ad affrancarvi da tale ver- gognosa ignoranza, se non quella che vi foste mài sem- pre travagliato intorno alla fabbricazione di sovruma~ ni intelletti. Se poi nei giudicare del merito della no- stra esposizione non s'accordarono il buon Meo ed il panegirista lombardo^ siccome chiamate il Ricoglitore, non è maraviglia, perchè tutti sanno che nulla il pri- mo si conosce d'arti e d'artisti , di guisa che e le la- grime sparse per la povertà delle nostre arti ,,e quelle mosse dalla ricchezza delle lombarde , debbono te- nersi a niente. E l'altro non vi deve stupire co' pa- negirici, avendoli tributati alle opere di un Vernet, di un Podesti , di un Bassi , di un Marinoni , di uti Cavalieri ^ di un Fioroni , e di più altri che per bre- yità e per compassione della vergogna che vi appa- rirebbe nel volto nominandoli , taceremo. Ma se il contrario avesse fatto ^ come voi tenete , chi avrebbe tolto ad esempio , se non voi e i giornalisti milanesi die rade volte zelando la verità , contrastano alla men- zogna ? Scorti da questa , passando in rassegna la vo- stra esposizione dei grandi e piccoli concorsi ai prei'' mi , e delle opere degli artisti e dei dilettatiti , ci saremmo imbattuti in molte che ivi erano , da vergo- gnarsene Milano , non che le arti italiane. Ma tali opere non faremo segno alle nostre critiche osservazioni • perchè in questi dispareri in Cui siamo, molti si da- rebbero a credere che nell' aver tolta la difesa delle arti nostre invilite da voi , più che l'onore Comune ci avesse condotti. Questo sospetto , che potrebbe ingene- rarsi neir animo di molti , ci distolse dal parlare il varo : ma non cosi che colui il quale fu testimonio^ 278 Belle Arti tir veduta deUe offere del Titano della scultura (1) possa tranquillamente comportare quelle lodi , di cui voi eoa tanta sfacciatezza gli siete largo ; di sorte che molti tengono per avventuroso alle arti quel gior- no che il fuoco risparmiò ai nepoti la vergogna della veduta di quelle opere , togliendole per sem- pre loro dinanzi in quel secolo , ove vivevano e scolpivano ancora i Thorvaldsen , i Finelli , i Te- nerani. Quell' aforisma del Canova , da voi addotto a provare che deLbasi avere bella quella scultura ove più difetti s'accolgano , potrà servire appunto a di- fendere le opere del Titano che ha de detrattori \ fa- tai condizione de sommi ingegni quaggiù ; ma non ad altri , che si studiano , per quanto è in loro , l'arte che professano perfezionando vantaggiare. Di buca grado avremmo taciuto sui meriti del vostro Titano, se voi coir insultare al senno d'una nazione, innal- zando a cielo colui e l'Hayez, i cui difetti , son vo- stre parole > sarebbero pregi per altri pittori , non ci aveste mosso a dispetto e indignazione altissima. Uguali a questi si furono i sentimenti che non ha guari si destarono nelT animo di Salvatore Betti al sentire quale dileggiamento facesse il Journal des Debats delle arti nostre : la verità lumeggiata da quel benemerito e raro ingegno trionfò la calunnia e l'immodestia francese. Ma a rivendicare il nostro no- me, ognora variatamente offeso e lacerato , egli è og- giraaì inutile il risentirsi , e levarsi contro , or che neir Italia stessa v'ha chi osi e procuri a sja possa vituperare ciò che a noi è di unico vanto e di rino- manza. Queste verità avranno dalle alpi al mare so- stenitori non oscuri , ne compri , che prenderanno (i) Questo è il Home the dà il Romahi a Pompeo Marchesi ! Belle Arti 2T9 la penna perchè il loro silenzio non vi persuadesse d'aver compagni in sì basso e ingiurioso pensare. Voi intanto abbiateci ammiratori del vostro ingegno , che in meglio vorremmo impiegato : intendete alla creazione di nuovi Bellini , di modo che porgendocene il de- stro , promettiamo farvi viemmeglio conoscere. Sopra alcune parole di Carlo Botta intorno al /w. Carlo Bartolomraeo Piazza , autore di molti libri di poca Bri.le Arti 301 peso : polche dimentico di averlo dello, nel libro sul- l'opere pie romane, sepolto nel Pantheon, nell'altro libro intitolato - Gerarchia cardinali- ia - quasi pentito di aver detto bene, contraddice a se slesso ed alla tradizione , dicendolo sepellito a S. Maria della pie- tà in Borgo ; chiesa allora allora fabbricata di pian- ta dalla sua fantasia. Ma non turbiamo la pace di uno scrittore che al buon volere , o non seppe , o non istudiossi di associare una critica più assennata. Pas- sando a^ quelli che tennero per fermo ciò, che senza alcun dubbio e sempre si è detto , è chiaro eh' egli- no furono dalla parte del vero. Non merita di cader neir obblio la memoria del canonico Carlo Vallone au- tore di due manoscritti esistenti nell' archivio dell' in- signe collegiata di S. Maria a4 martyres^ da me avuti sott' occhio per favore del sig. canonico Pietro Fe- derici. Alla faccia 29 del primo si legge - L'altare della B. V. ... cappella di Raffaello d'Urbino con statua della B. tergine e del bambino , opera del Lorenzetto. Nel secondo alla pag. 1 1 rinomina lo - al- tare della cappella di UafFaello d'Urbino sepolto in essa con iscrizione : - le stesse cose a un dipresso si leg- gono in altro inedito libercolo, nella cui fronte ewi scritto - Pantheon illiistrativn - da me pria d'ora non mentovato, perchè non mi fu dato vederlo ne tampo- co di sospettarne la esistenza. Sarebbe bene a parer mip tirare una linea in quel manoscritto sulle parole seguenti : J^eo deeimus voluit ad coenotaphium expo' sitam tabulavi e^ibentem mjsterium dominicae ascen^ sionis quod ipse depinxerat RapJiael , donoque de- derat eidem pontifici , qui postea eam ipsam do - nayit ecclesiae S. Petri in Montorio : - sarebbe, dissi, cosa ben fatta tirarvi sopra una linea , onde qualche critico severo non abbia a scrivere su di esso : Chi m inganna ima volta^ mi è sempre sospetto, Tulli 302 BelleArti sanno die In della tavola si reppresenta non già l'ascen- sione , ma la trasfigurazione di Gesù Crislo in sul Ta- borre. Quante volte in faccia ad esso ella ristette dimentico di se ! Che il rinomato Scadero abbia se- gnalo - Tabula pietà ad altare magnum S. P. in Molitorio ascensionem Salvatoris ea primens, non è a farsene Je maraviglie : poiché a chi non ista dì pie fermo nelle nostre contrade, è facile il prendere qual- che granchio. Ma che il non ben noto illustratore del Panthqon sia caduto in simile svista, non saprei che mi dire. Che poi la trasfigurazione fosse locata ap- piedi del cataletto nel giorno del funerale di Raffael- lo per ordine di Leone decimo, nulla ho a dire ne prò ne contro. E' ben falso che il quadro stupendo offerto fosse in dono gratuito al magnanimo pontefi- ce dal suo artista riconoscente , e che il pontefice ne accettasse l'offerta con farne poscia un regalo alla chie- sa suddetta. Ne rendono aperto l'abbaglio la lettera del cardinal Giulio de' Medici , la nota estratta dall' ar- chivio di S. Maria novella in Firenze, e l'iscrizione che si leggeva nella cornice del quadro ora esistente nella pinacoteca del vaticano. Tutto questo sia detto per far- 1^ osservare come male si accordino insieme nelle ci- tate parole il finto col vero. Qui fo punto, perchè ella sa meglio di me quanto sia grande l'obbligo di scri- vere la verità , e perchè voglio narrarle alcuna cosa intorno al ritrovamento dello scheletro di Raffaello nella cappella di nostra donna denominata del sasso. Ne' primi momenti della scoperta sospiratissima si alzò un grido di gioja, e ben mi dò a credere che alle ac- clamazioni unanimi degli astanti ella avrebbe fatto plau- so di cuore, se ella vi si fosso trovata presente- Rotto ì\ sordino (così appellano quei dell' arte il muro riem- pitivo dello spazio sotto di un arco) , videsi la cassa mortuaria, mal concia però, piucchc dal tempo, dal Te- f Bell^ Arti 303 vere uscito nel corso di tre secoli più e più volte dal suo letto. Penetrò l'acqua non dì rado non solo nella chiesa , ma Ila dentro la cassa di abete : ond' è che la testa alquanto sollevala era in parte coper- ta di sabbia. A voce e ia iscritto ho detto che il teschio guardato con tanta gelosia nella sala dell' accademia di S. Luca, qual monumento , scriveva il consigliere Bianconi , di rispetto e di amore, non ap- parteneva a liafFaello : e mi compiaccio di aver col- to nel segno , mentre ora tutti sanno che il teschio non è di pittore ma d'uomo di chiesa , cioè del ca- nonico Desiderio di Adiutorio, non mai inserito al cer- to nel registro degli accademici. Lasciamo in pace le ossa del buon sacerdote , e torniamo allo scheletro che fu trovato con le mani incrocicchiate sul petto. L' egregio professore barone Antonio Trasmondo lo ri- pulì , rimise al luogo loro i più minuti ossicini , e mostrò dottamente esser esso lo scheletro d'uomo di mezzana età, qual era quella del pittore di Urbino. Alle istanze di molti il cavaliere barone Camuccin; gentilmente si arrese , e dopo averlo disegnato quale ri- trova vasi all' istante primo primo dello scoprimento , tornò a disegnarlo , dopoché furono ricomposte quelle ossa dal sullodato sperlissimo professore. La vecchia e logora cassa, in che i bene affetti di Raffaello ada- giarono la spenta sua spoglia, era intonacala con cal- ce mista a puzzolana levigata a dovere. Su del co- perchio non so quale dei discepoli suoi figurò de- gli arabeschi , consimili per quanto rilevasi da quei rimasugli alle logge del valicano. In mezzo degli ara- beschi pare che vi fosse un' arma od iscrizione. Ma questo coperchio coli' andare del tempo infracidatosi danneggiò quegli avanzi di morte. Restami a notificar- le quel poco che si rinvenne dentro U cassa, consi-ì 304 Belle Arti stente in una steHetta di acciaio , in non so qnanll doccioni di oltone , ed in alcuni cerchietti di metal- lo : poche e misere cose , ma che però a mio av- viso ne indicano essere stato sepolto con quell'abi- to di dignità con cui ne' di solenni vestivansi allora j cubiculari pontificii. Quelle ossa, unitamente alla re- lazione di tutto l'operato vergata in pergamena, ven- nero riposte in tre casse, una di pino ben suggella- ta , l'altra di piombo , l'ultima di marmo. Andrei trop- po in lungo se qui rammentar le volessi tutti i let- terali nudriti negli studi e nelT amore delle cose bel- le e buone , che hanno eruditamente descritto un di- scoprimento che formerà epoca nella storia delle arti. Dirolle bensì che l'egregio sig. cavaliere P. E. Viscon- ti, segretario perpetuo dell' accademia di archeologia, ha dissotterrato e prodotto un rogito d'Ippolito de-Gae- sis del 1520: dal quale apparisce che i Ciarla da me tante volte nominati conseguirono con transazione , per .fuggir lite, fatta nell'apostolico palazzo, mille scu- di di oro in oro. Si spense ih Raflaello la famiglia Santi originaria di Colbordolo, piccola borgata tra Ur- bino e Pesaro , dove si veggono degradanti colline estendersi sino ai lidi dell' Adriatico. Per lo piii suc- cedeva nei tempi andati fra la gente di non mollo agiata condizione, che il nome dì uno degli antenati posto nel secondo caso servisse ai discendenti di co- gnome. Così veggiarao essere avvenuto alla famiglia Santi , di cui eccole il primo nolo a noi che le ha dato la sua appellazione, tratto da un rogito di Bar- tolommeo Brugaldini degli Antaldi esistente nel pub- blico archivio di Urbino. - 1407. Martii 5 indici. ^. In Castro Corburdoti, Ugolinus et Petrus Cicholi et ejiis filius vendiderunt Lucae Peri Sanctis de Ca- stro CorburdoU imam petìam terrae etc. etc. prò se^ et Belle Arti 305 nomine et vice Peruzzoli sui fratris etc. Ella ten- ga per certo che la cospicua famiglia Sanzia negli annali di Urbino è un sogno : e che in forza non già del vero, ma della parola - iS'anc^/a.y - usata dal Bembo, volgarmente Raffaello è cognominato Sanzio. Continui in codesta sua bella patria a favorire le opere di studio e di fantasia , e continui ad amare il suo servidore ed amico. F- Luigi Pukgjlegni. C.A.TXXV. 20 306 V A R I E T A^ Oono (la aggiungersi fra i collaboratori del giornale arcadico i si'nori Clemente Cardinali consigliere della congregazione go- vernativa della provincia di Marittima , avv. abate Antonio Massabò , dott. Francesco De-Rossi medico della città di Vel- letri , ed avv. Angelo Astolfi di Bologna. / ciiKjue salmi componenti il nome di Maria , recati nel/' ita- liano idioma da Enrichetta Dionigi OrJ'ei. 8 On'ieto pres- so Sperandlo Pompei i835 ( Sono pag. i6. ) JL utli dantesca gravità sono questi cinque salmi , de' quali ci ba dato il volgarizzamento una dottissima cbe tanto ono- ra le nostre lettore e il gentil sesso. Più degna cosa non po- tremmo noi fare , che recarne uno ad esempio : e sarà quello che incomincia In coni>ertendo dominus. i TRADUZIONE Il signor', che die fine a l'aspra sorto Di sua cittade in servitù caduta , Ad insperato gaudio apre le porte E si di gioja è l'alma riempiuta , Che il labbro ne ridonda e la favella , ii tua somma piclà canta e saluta. V A R I E T a' 307 Ond' è che ili lai cose avran novella Le genti : e sì j dirau , grand' opre fca Per essi il Dio che loro Dio s'appella ! Sì , grand' opre a ben nostro egli coinpiea ! Noi pur divem con fervido liuguaggio : Che l'ebrezza del gaudio il cor ne bea. Qual d'austro al soffio il libero viaggio Gonfio torrente affretta , in tua potenza Riconduci , o signor , noi dal servaggio. Quei , che tra ') pianto al suol die la semenza , Esiillerà le spiclie ivi tronc'indo , Poi che del buon terren fé sperienza. Ivan piaiigendo i meschinelli , quando Disperdean per li solchi il ricco seme : Ma ridevau da poi lieti portando L'aceolta messe e l'avverata speme. Dissertazioni della pontificia accademia romana di archeolo- gia. Tomo quinto. 4 Roma dalla stamperia della R. C. A. i835 (Sono pag. 4^4 )• -Li accademia romana di archeologia , una delle più famose che in Europa sieno salutate maestre di sapientemente discor- rere e giudicare di cose antiche di ogni maniera , fiorisce con gloria italiana nella gran capitale che ha i musei vaticano e capitolino, e che ogni giorno A^ede uscir dalla terra qualche I nuova opera d egli antichi signori del mondo. Di che è duopo r tributare la più viva riconoscenza all' augusto e adorato signor ■' nostro Gregorio XVI , ohe tanto splendi damente l'onora dell'alto suo patrocìnio ; non che dar lode alle nobilissime cure del suo celebre presidente signor marchese commendatore Luigi Bion- di. Or ecco il quinto volume degli atti accademici : il quale, olire alia lettera di dedicazione a Sua Santil;», contiene le se- 20^ 308 V A n 1 E T A quenti opere : i. Discorso sulla utilità degli stiuli arclicologict per le scienze sacre e profane , di monsignor piccola Maria Nicoiai già presidente dell' accademia : i. Dissertazione sopra l'antica città di Gabi e suo territorio , del medesia»o monsi- gnor Nicolai : 3. Dissertazione suU' antica Collazia e sup ter- ritorio e sopra altri castelli esistenti nel medio evo a quelle vicinanze , del medesimo monsignor Nicolai : 4- Dissertazione sul preciso luogo della battaglia fra i romani e i galli nell' agro seminate j del socio ordinario monsignor d. Albertino Bel- lengliì nrcivesooyo di Nicosia: 5. Dissertazione in cui si precisa il luogo ove accadde la battaglia di Narsete contro Tqtila , del medesimo monsignor Bellenghi: 6. Dissertazione delle arti in Italia nei primi secoli di Roma , del socio ordinario Niccola Raiti : -j. Osservazione sopra le lapidi pagane che si trovano nelle catacombe, del socio ordinario prof. Giuseppe Scitele : 8. Dissertazione intorno ad Ameriola , MeduUia , ì\Iarco-SJmouc , Castellarcione ec, del socio ordinario ab. ylntonio Coppi : g. DI.sscrtazione sopra Ficulea , del medesimo ab. Coppi ; io. Dis- sertazione intorno a Cameria ^ del medesimo ab. Coppi, ii Dissertazione intorno a Fidene ■) del medesinxn ab. Coppi ; i5. Dissertazione intorno a Crustuincrio , del nieclesimo ab. Cop- pi: i3. Dissertazione intorno a Vejo , del medesimo ab. Cop-x pi ; li. Dissertazione intorno a Settepagi , del medesimo ab. Coppi : i5. Elogio di Leopoldo Cicognara , del socio ordina- rio marchese Giuseppe Melchiorri : i6. Elogio di Domenico Sestini , del socio ordinario cui>. Tullio Monaldi: jj. Elogici di Serafino Gatti , del socio onorario monsig. Carlo Emma- miele MuzzarelU : i8. Compendio di osservazioni sulla testa di rosso antico ritrovata in Genazzano ec. , del socio ordÌT natio avv. T>. Carlo Fea commissario delle antichità, Varietà' 309 tuin fìi Iacopo Per Ramino Jorsemproniese , brci>fmente de- scritta da F. M. Torricelli suo concittadino. 8. Pesaro pe^ tipi di Annesio Nobili i855. (Un voi. di pag. 5'2 ) . Jl Pergamiuo è stato uno de' più benemeriti del volgai' no- stro nel secolo XVI col suo celebre Memoriale delia lingua italiana , e con altre importanti opere. Era quindi degnissi- mo , che le memorie della sua vita fossero con amore ra.ccol- te e illusti'atc da un qualche vaiente ad onore della patria , ed a gratitudine de' benefici per lui resi alle lettere. E que- sto ha fatto il signor conte Francesco Maria Torricelli di Fos- sombrone , e con si bella eleganza e con si fina critica , che noi vogliamo qui sinceramente coagratularcene coli' egregio cavaliere. S. B. Lettera di Eveno Aganippéo ad un suo amico. Ripatransone nella tip. Jnff'ei con approw i835, in. 8. di Jac. i6. LJ na ruggine antica tcnevasi ne' due vicini paesi di Sanbene- detto e di Grottamare : laonde il fuoco della discordia agi- tava gii animi , erano reciprocamente turbate le feste , ed im- pedito perfino agli abitanti di un luogo di trasferirsi ad un altro, essendo certi di essere male accolti. Questo avanzo della barbarie doveva cessare nella luce del nostro secolo : un an- gelo tutelare spirò pensieri di pace e di riconciliazione. Ma chi crederebbe che il mezzo adopei'ato a ciò con profitto fosse della natura di quelli , che meno parrebbero atti all' uo- po ? Tant' è: in mano de' savi e buoni le piccole cose val- gono assai : e dove si aggiunga il favore de' governanti, si han- no prodigi. Prima furono oneste donne e bennati giovani di Sanbenedetlo , che nel carnevale rappresentando il corteggio di una sposa di contado vennero mascherali a Grottamare, dove furono accolti lietamente e splendidamente: un'altra vol- ta vestili a modo di figurare un antico pclleyi'iuag gio torna- 310 V A U I E T a' ronvi, e furono ospitalmente e carainciile ricevuti. Indi il iì? Icljbrnjo quelli di Grottamsro sur un carro trionnde , sul quale era Apollo e le muse colla comitiva di poeti , di pasto- ri , e di satiri , vennero a Sanbenedctto : dove con versi ed altre splendidezze fu celebrata tanta concordia. Intervenne a quella celebrità l'ottimo monsignor Orlandini delegato della provincia ascolana, perchè la sua presenza rendesse quel gior- no più lieto e uieinorabile. La sera i fdodrammaticì rappre- sentarono il dramma intitolato- Pace figlia d'amore- . Lode al nobil uomo sig. cavalier Giii.seppc Nerini , che dotato'qual è di aurei costumi ha con questa lettera, che annunciamo , posto .quasi il suggello alla lellcc riconciliazione: la quale è a desiderare che sia durevole; e non può non esserlo quan- do gli uomini più savi dei due paesi siano costanti nel rac- comandare la carità e la pace , e siano assecondali da chi ben vuole la comune prosperità. Vogliamo tutti essere felici, quanto al mondo è pos.5ÌbJle ? Amiamoci da fratelli , e ci sia legge il dovere ! D. V. Vite e ritratti di XXX illustri bolognesi. Boloqna, litografia Zniuioli i8.'j5. JLi'illustre donna Caterina Franceschi Ferrucci sta ora scri- vendo trenta vite di uomini illustri bolognesi , le quali ven- gono publìlicatc dal litografo Zannoli con molla splendidezza di stampa. Ad ogni vita precede in bella litografia il ritratto dell'uomo illustre, ed il suo fac-simile. Finora non <"; venu- to in luce che il primo fascicolo contenente la vita di Ulisse Aldrovandi , la qu^le ci pare scritta con tanta gravila e no- biltà di stile e di pensare , che non possiamo non ricono- scere la signora Franceschi Ferrucci come valentissima e de- gna di sedere fra i primi scrittori italiani. Aspettiamo di ve- der presto in luce le altre vite, ed avremo allora occasione in questo nostro giornale di parlare più a lungo di questo ra- rijsimo e caro ornamento del gentil sesso. F. RiNALtr. V A 11 i E T a' 31 l Me/noria dalla fita di Pio Pnnjìlj. 8. Bologna iSaj , tipo- grafia del Sassi alla volpe. (Sono pag. i5.J Ili' scritta da un amatore assai valente delle belle aiti : dal marchese Antoulo Bolognini Amorini pro-presidente del- la pontificia accademia di Bologna. Jja vita del Panfilj vi è narrata con amore e con accuratezza : e così le opere sue , le quali furono di un diligente , se non di un eccellente maestro di pittura e d'incisione. Il benemerito uomo era nato nel por- to di Fermo il dì 6 di maggio 1723 , e mori in Bologna il 17 di giugno i8i2. J paradossi, opuscolo di Marco Tullio Cicerone , v alga rizza- to da Giuseppe Antonio del Chiappa. 8. Pavia , tipogra- Jia Fusi e compagno i835. (Sono pag. 78.J JL radurre l'opera di un classico , sia greco , sia latino ', è sempre fare un bel dono alle italiane lettere. Tradurre poi un' opera di Tullio , è assolutamente un' arricchirle di una gio- ia di più. E ciò ha fatto il eli. j^rofessore Dei-Chiappa : il cui volgarizzameuto de' Paradossi vuole assai lodarsi per la fedel- tà somma al testo latino , ed anche per l'eleganza là dove non sa troppo di antichità e squisitezza. Che noi amiamo il bello scrivere : e stimiamo la purità della lingua esse- re virtù massima di uno scrittore : ma non tutto negli scrit- tori del trecento crediamo essere da lodare ; poco assai vorremo imitare in Guittone e in Brunetto. 312 ARISTA Della i>ita e delle pitture di Bartolomeo Ramenghi , detto il Bagnavacallo dal nome della patria. Memorie raccolte e pubblicate per tura di Domenico Vaccolìni bagnaca- vtillese. 8. Lugo per Vincenzo Melandri i835. (un voi. di pag. 5^.J XI eh. piofessor Vaccolini ha raccolto in questo libretto tutto ciò eh' è stato scritto fin qui intorno la vita e le opere del celebre suo concittadino Ramenghi. E lo ha fatto con si buon gindizio , e con tanta accuratezza , da sapergliene som- mamente grado non pur la patria , ma le arti nostre. Certo chi vorrà quindi innanzi darci una vita compiuta del pittore da Bagnacavallo , potrà farlo assai agevolmntc , mercè delle cure egregie del Vaccolini. S. B. Intorno alcuni inediti antichi volgarizzamenti di C. Crispo SaU liislio , lettera di Gioi>aiini Orti conte di Manara ee. 8. Verona tipografia di G. Antunelli i834. (Sono pag. il.) importantissima per la lingua classica del trecento è la notizia che qui ci porge il chiarissiuio conte Orti di due an- tichi volgarizzameuti di Sallustio , che si conservano in due codici del capitolo di Verona. Uno soprattutto , che è quello stesso che abbiamo alle stampe sotto il nome di Bartolommeo da S. Coucordio, può grandemente giovare a togliere da que- sto volgarizzamento diverse non lievi mende . che non ha po- tuto in tutto sanare neppure il celebre marchese Puoti nella edizione che ce ne diede iu Napoli il 1827. Il sig. conte Orli presentftci diversi saggi dell ' uno e dell' altro codice vero- nese. Noi avremmo desiderato però che fatto io avesse eoa più diligenza , travisati essendo qua e là da molò gravis*imi errori , ch'era facilissimo lo schivare a chi ben sa leggere J co- dici antichi. Varietà* 3Ì3 Esercitazioni dell' accademia agraria di Pesaro. Anno V, semestre I. Pesaro pei tipi di Annesio Nobili i835 in 8. f Un voi. di pag. laa con un rame. ) •Ejcco le memorie inserite in questo volume degli atti di un' accademia , che tanto ( ci piace ripeterlo ) onora la città di Pesaro e lo stato pdntifiòio. i. Su di un mulino a ruota orizzontale rifatto da Gregorio Tcodorani, Ae\ prof. Maurizio Brighenti: i. Sul dimagramento dei terreni cìie rispetto al frumento possono operare il formentone e la can;he l'epigrafe sepolcrale, ed il compianto de' savi! Il nome di lui vivrà nelle carte non periture, e nelle accademie alle «[uali fu scritto , cioè quella degli erranti in patria , l'etrusca di Cortona , e quella di Siena. Non lasceremo di notare , elio ,, nello scrivere studiò l'eleganza non meno, che la cliia- ,, rezza , e pare che nello stile ficesse ritratto di quella so- ,, hrietà , che fu propria de' suoi costumi." Così abhia molti ilie Io somiglino ! D Vaccolini. La i'ilìa dd Colle spettante alla nohìle famiglia Baglioni Oddi di Perugia. Dai tipi di flnceiiio Santucci, Pe- rugia iH55 in 8. difac. 28. X\ palazzo del Colle fu fatto costruire dal cardinale Fulvio della Cornia , coinè rilevasi dall' appostavi iscrizione , e fu idpato nel secolo XVI dal famoso architetto Jacopo da Vi- giiola .■ indi eseguito unitamente a' quattro fabbricati , che Io contornano, da Galeazzo Alessi perugino architetto pur rino- jiia'u. Fra le uiirc belle co.se , vi ha una eleganie tlilesa adorna 318 Varietà' di pregevoli pitture , il cimitero e giardini con varj scherzi d'acqua , e noa mancano il tempio di Bacco , il cappello ci- nese , il ponte cinese , una grotta , una capanna rustica con libreria , e più alti'i giuochi , tra i quali il giuoco Saracino , detto anche delia lancia e degli anelli. Vi ha memoria , che il 28 giugno 1819 la villa del Colle fu onorata della pi-esenza dell' imperiale regia maestà di Francesco I e dell' augusta con- sorte Cai'lotta di Baviera. Un pittore di paese , a cui l'unità di luogo e la coesistenza degli oggetti bastano a bene ope- rare la rappresentazione , avrebbe di che onorarsi ritraendo un lato od un altro della villa. Il sig. Francesco Ansidei ha tolto più difficile assunto , quello cioè di descriverla tutta quanta, e descriverla in versi sciolti dedicati alla signoi-a contessa Liauiiiia Oddi BagUoni , nata VermigUoli ; aggiungendovi quelle memorie che onorano o commovono od istruiscono. A cagioa d'esempio , del giuoco degli scacchi ivi usato dice : „ Un di si grato ai grandi ed or negletto: Ch' ora la nostra gioventù rifugge Affaticar la sua mente sublime Con ingegnose prove ; e corre lieta , Nelle lunghe ore delle notti eterne , Là 've regna il clamore o la fortuna. "^ A proposito de' giardini non dimentica di osservare : ,, Quanto mai di ridente e pellegrino Il ferrarese Omero e il gran Torquato Idear nei fatati almi giardini , Tutto qui veggo espresso „ * E in nota avverte saggia.tiente l'opinione d'Ippolito Piude- inoate, che i giardini così detti inglesi traessero la loro ori- gine non dalla deSQrrzione del paradiso terrestre fatta dal Mil- ton ; ma più presto dagli orti d'Arniida dell' immortale Tor- quato : avuto riguardo non trovarsi idea di tali giardini prinia della Gerusalemme. Non mancano tombe e monumenti : I V A K l E T A* ;)!!) ,, A questi avc'lli Vieti! spesso , o Lai'i/iia , ed amorosa Tcco ne adduci gli amorosi figli . Qui col possente esemplo di virtudo Ei delle umane instabili vicende ( Cui cednu l'Areopago ed il f^iceo ) A lor , che a le soavi tue parole Avidamente intenti lian l'ocelli) e il core. Mostri del retto oprar norma .-jicura. Sotti) quel salce un tumulo al novello Cesar del secol nostro alzò pietsde. Ei della bella Europa e in un d' Egitto Resse il destin : ma pur dell' Ocenno Nel più angusto confni lungi dal vivi L'altera alma esalò. Funesto obbielto D' immensa invidia e di pietà profonda, 'E del rigor della fallace diva, Al cui poter tutto sogf^ince in terra , Fuor che 11 genio , la gloria e la virtvide ! Qual nobil campo a' teneri tuoi figli OfFron , Lavinia , i venerati studi Di Minerva , e del bel l'ani divine ! Ve' il fero ghibellino ed 11 gentile Amoroso Petrarca ,, Ma basti queflo che abbiamo riferito del gentile libretto. I tratti , che ne abbiamo notali , danno assai a conoscere il pregio dello scrittore , che i savi giudicheranno : certo il no- me di lui durerà in bella fama , finché la villa del Colle Mara. D. Y. 320 Varietà' Net giorno fausto solenne sacro al glorioso taumaturgo san Nicolò magno , proteggitore degli studi lodati , la gio- ventù studiosa aW emo principe Tomaso Riario Sforza , cardinale legato di Urbino e Pesaro , in segno di pro- fondissima venerazione offeriva. Pesaro dalla tipografia Nobili i832. v^uestl versi nobilissimi sono una versione o parafrasi del 3 capitolo di Abacuc , di cui ne' trascorsi anni diede il i ed il 2 l'egregio professore G. I. Montanari. Ved' la forza e la sublimità nelle cose del volgarizzatore , che per questo è att» quanto altri mai a rendere nel volgar nostro quelle maraviglie del profeta. Ponga l'animo a cotali lavori quel degno spirito di Romagna , e come Bagnacavallo gloriossi del sommo Ramen- ghi ( nell'espressione e nella grazia tanto prossimo a Rafaello ) ; cosi glorierassi del Montanari ( nella forza e nella sublimità non lontano a quel miracolo di Dante , che da' profeti sin- golarmente tolse il bello stile , che gli fa sempre onore , ed. è singolare all' Italia ) . D. V. V A K I E T a' 32 J Discorso prominciato nella' sala delV archùno del real colle- gio di musica in Napoli per l' inaugurazione del ritratto del cav. Niccolò Zingarelli il giorno 23 giugno i835. Jl secolo , che onora gli uomini chiari di virtù e di sa- pere , non può essere che non dia frulli di virtù e di sa- pere. Le prime oorone , che gli uomini donarono al provato valore , furono intrecciate dall'amore e dal rispetto; ma ben presto una segreta ragione ne commondò l'uso , dacché l'es- perienza mostrava che il merito ricompensato fruttifica nei presenti e ne' posteri ; i quali aspirando a que' premi non han- no paura delle spine e de' triboli , di cui è sparsa la strada della virtù , che guida al tempio della gloria. Ma qual è luo- go più degno d' innalzare statue e memorie d'ogni maniera , che il luogo stesso , il quale fu quasi il campo , dove i Io- dati sparsero più largamente i loro sudori ? ?«Ieglio che altrove dovevasi adunque por,'e il ritratto del maestro di Bellini e di Mercadante nel real collegio di musica in Napoli ; e perchè degne parole si accompagnassero al nobile ufficio , megho forse non si poteva che fare la voce di quell'egregio Cesare Balbono interprete degli affetti e de' pensieri , che destavansl a queir atto nel cuore e nella mente degli astanti nobilissi- mi. Un tratto solo del semplice ed elegante discorso ( nel quale appare tutta l'anima dell'oratore) riferiremo: e ba- sterà a darne un-" Idea , come un fiore leggiadro basta sovente a dare idea di un caro giardino. ,, Ricorderei almeno a que- ,, sii suoi figliuoli d'amore quel fatto della sua vita quando ,, ( il Zingarelli ) comandato dnl governo francese di far ,, cantare l' inno del ringraziamento da lui posto in musica , ,, mentre il pontefice massimo era tratto in Francia dalle forze „ napoleoniche , disse non volere; perchè egli era stretto daob- ,, blighi di gratitudine al pontefice, al quale era usata questa „ violenza; e ccuidotto in Francia prigione , non volle. Avreb- ,; be potuto Nap deonc il conquistatore togliere tutto a Zin- G,A.T,L\V. 21 322 Varietà' ,, garelli ; l' ingegno e la volontà non avrebbe potuto. " E toccando del ritratto di tal maestro- cosi prosiegue il Daibono : „ Questa iminagiue ricorderà a tutti i suoi discepoli quelle ,, parole da lui cosi spesso ripetute, che bisogna studiare ne ,, grandi esemplari , ed aver fisa la mente al vero ed al bel- ,, lo , c/i' è uno ed iniinutabile. '■'■ Degno e vero documento, a cui attendano i giovani meglio che alle licenze roman- tiche ( piovuteci d' oltremonte ) : e prima di giudicare e di fare, studino di forza le bellezze dell'ordine, esprimendole poscia nei lavori delle ;irti : le quali noa toccarono mai l'ec- cellenza se alla legge dell'ordine fondata nella natura non si conformarono. Una breve vertigine può fare che amirinsi per poco le stranezze del Marini e del Borromini ; ma ciò non può essere durevole. Dante e Vilruvio sempre trionferanno ! • D. V. Nuova raccolta di sonetti ed epigrafi. Bologna tip. Turchi i834- in 12 difac. 23. ÌM on sono che ventiquattro i sonetti , tra i quali si è voluta dar luogo ad un sonetto del Casti dopo uno di Dante , ad uno del Frugoni dopo un bellissimo del Petrarca ; ed a' pe- danteschi e meschini alla rinfusa co' gravi e squisiti. Otto , e non più sono le epigrafi : tra le quali una , di cui è autore il professor Vaccolini, si è per isbaglio attribuita a monsignor Muzzarelli ; è la seguente : QVESTA IMMAGINE DI FRANCESCO PETRARCA TACENDO VI DICE CHE LA GLORIA D' ITALIA E' NEGLI STVDl V A ri I E T a' 30;' Che sia essa del professor VaccoliaJ ne siamo certi , e può esserlo chiunque voglia prendersi la pena di riscontrarne la pnma edizione , che ne fu fatta con altre epigrafi di ri, nomat. autori nel libro, che ha per titolo Collezione J' e- pigrafi italiane inedite ( Lugo presse Melandri r8ig in6.J Ivi a png. >86 trovasi la mentovata iscrizione. Né la detta Collezione è ignota alle gentili persone, avendone parlato fra gh altn giornali il Poligrafo di Verona nel fasc\c. XXVII d, settembre i832 colle appresso espressioni di lode,, .... Quc- „ sto libro di per sé si raccomanda coi nomi , di cui si ador- „ na: cioè del Colombo, del Giordani, del Mannzzi , del ,. Mazzi , del Pepoli , del Ricci , del Silvestri e di Dome- ". ""^" ^^^'^f ,f " Nella Colle-Jone, di cui -ragioniamo , V. ha pure delle epigrafi del eh. monsignor Muzzarelli ,- ma sono poste dalla pag. 5y alla 40 inclusive, e ninna di esse è in lode del Petrarca, come quella del prof. Vaccolini posta come dicemmo a pag. 86. Siamo in obbligo di dichiarare ciò ad onore del vero e perrispelto a due nostri egregi collaboratori, che risplen- dendo d. meriti proprii non amano vedersi attribuito dall'edi- tore della nuova raccolta o da chicchessia ciò che all'altro appartiene. Lettere inedile di Alessandro Folta. Pesaro dalla tipogra- fa Nobili 1834 m 8. difac. 212 con una tavola. Al nome del Volta si desta in ogni' petto italiano un sen- timento di riverenza e di amore pel più gran fisico del no- stro tempo, a cui rese onore l'oltrapotente dominatore, che venuto al apice glorioso della ruota della fortuna potè dimen- ticarsi talvolta di essere italiano , ma non seppe negare omag- gio al novello Gahleo. Bel pregio della provata sapienza di fare a se riverente la forza conquistatrice , che fa tremare po- 21/^ 324 Varietà' poli e re, e piega dinanzi al modesto sapere; come il magno Alessandro piegò 4inanzi a quella menle del gran maestro Ari- stotele! Il Volta meritò ed elibe altresì l'ammirazione dei dotti stranieri , clie vinti dalla forza del vero talvolta confessano r Italia non pur lietissima del riso della bellezza ; ma rieca di chiari ingegni , che primi svelano i più riposti segreti della natura. Grazie a chi raccolse insieme e pubblicò le opere del Volta , le quali meriterebbero mille ristampe : grazie al pro- fessor MontanaVi , che tutto acceso di patria carità uè ha dato ura queste lettere , nelle quali non pure il senno , ma il cuore si apre del fisico italiano. Bella e gloriosa fatica non puro ad una città, ma alla nazione: la quale ben è degno che si .idomi delle gioie native per apparire nella sua pompa tra le rivali. Il che non è da tribuirsi a vana superbia ; ma sia modesta dimostrazione di que' pregi, che sono non pure da arte , ma da natura ; madre feconda , la quale privilegia di tanto la carissima delle figliuole! Di queste lettere una è diretta a mdord Cooper , altre a don Mariano Landriani , altre al canonico Angelo Bellani ( cui il Montanari ha donato il titolo di questa edizione ) , altro al cav^lief Giuseppe Gineni , una al dottor Francesco Moc- chetti (già stampata coli' elogio in Como rlel iS55), altra a Michele Araldi , a Dcjrncnico Paoli, al canonico Serafino Vol-^- ta , altre a donna TereSs» Peregrini moglie fortunatissima del fisico illustro , altre in fine al fritello di lui don Luigi ar- cidiacono di Como. Gli orii^inali forniti fiuoiui gentilmente al Montanari dal professor Filippo Gherardi , dal commenda- tore Cesare' Borgia , dal professor Mariauini , da nionsig. Muz- zarelli , dal conte Paoli, dal signor D Luigi Volta figlio ili Alessandro , e singolarmente del canonico Bellani Leggesi in fine l'elogio scientifico del Volta scritin da Pietro Configliacchi professore di fisica nell'università di Pa- via , che fu il teatro più degno alla gloria del lodato. Que- sti è mostrato con.e uno de'pìù grandi lumi della scienza fi- sica : I. per la qualità delle scoperte , 2. perle circostanze in, che furono fatte , 3. per le iniportanli conseguenze che np V A R I E T a' V,2'y ticrivarono. Sembra al Montanari di tanto avanzar questo oyin altro elogio : ,, perchè dà in breve la storia delle scienze fi- ,, siche , e distendendo la tanto contrastata teoria voltiana , ,, e mostrando i grandi mutamenti ottenuti per V invenzioue ,, 'della pila , rivendica a noi altre scoperte importanti del ,, Volta che altri si usurpò , e di che venne malignamcnie ,, dagli stranieri colle usale arti fraudato". Degno è il tor- narp agi' ingegni del bel paese quell' onore , che 1' invidia cerca di toglier loro; più beilo il rilletlere che per quanto si tolga mslignaraente de' suoi pregi al senno italiano , tanto an- cora ne avanza da disgradarne le menti d' oltremare e d' ol- tremonte. Cesi la gioventù fatta amica deli' ordine e della gloria ponga tutto l'animo nelle scienze e nelle arti ; on- de alle ingiurie della fortuna e degli uomini non ceda la virtù vera ed il senno dei degni italiani! (*) D. V (*) Non ho creduto entrare in particolarità sulle insigni scoperte e sulle opere del Volta , avendone p;irlato tra gli al- tri magistralmente in questo giornale (Tom. LXIJ il chiarissi- mo prof G. B. Pianciani , ed avendo pure di recente nei gior- nale stesso ( Tom. LXIII ) l'egregio conte Giuseppe Mamiani data la versione dell' elogio storico di Alessandro Volta , che all'accademia delle scienze di Parigi lesse il non mai abba- stanza lodato sig. Arago , segretario perpetuo della medesima. 526 Varietà' Diplomi accademici a buon mercato. (Articolo estratto dal Fi- UalreSebezio , maggio i835.y Signor redattore T . . . . J. titoli accademici , accordati a coloro che si occupano di tra- Tagh scientifici, sono prove di onore da essere ricevute con grato animo. Ed il medico più di ogni altro deve accettarli con riconoscenza , perchè sono essi l'unico compenso che ora Si accorda a coloro che logorano le forze con gli sterili tra- vagli dello studio , e che conimettono l'errore di aspirare al- ia gloria di scrittori in un secolo che occupasi de' soli inte- ressi materiali. Mentre tanti altri siedono a lauta mensa, pro- fittiamo almeno del fumo che solo a noi si concede , e fra il sudore e la polvere audiam frugando qualche spiga in un cam- po mietuto da sì attive speculazioni. Lodo quindi il disegno di annunziare nel vostro Filiatre le onorificenze e le promozioni che si accordano agli eser- centi dell' arte nostra. Serva ciò almeno a mostrare clie non sono per tutto smarrite le nostre fatiche. Lo squallido aspetto dei morbi , d'onde rifugge l'inamoroso sguardo del ricco e del grande , il gemito del dolore solo atto a ricordare la fra- lezza di nostra vita , sono gli allo ttamenti pe' quali muo- viam lieti agli alberghi del pianto a porgere il sollievo della pietà ai figli della sventura. Né ci allontana da questo ge- neroso disegno il compenso Ai disprezzo e di obblio, che spesso a noi serbano i tempi tristissimi in che viviamo; né la ferocia dei morbi, frutto degli studi ai quali con tutta cu- ra volgiam l'opera nostra. Che anzi se le anime leggiere, che ne sprezzano , conoscessero di quanti diletti a noi son larghe le lunghe veglie che duriamo ,le cure perenni che prestiamo agi infelici , e quanto ne appaga un semplice diploma accademi- co ,ne terrebbero al certo quali oggetti d'invidia e non di com- pianto. Ed avrei aspiralo anch' io di vedere segnato il "'io "o- me neir articolo Onorificenze: ma sventuratamente l'accademia, che mi ha promesso un diploma , lo veudc a prezzo troppo V A K I E T a' 327 basso , e quindi non può esser pregiato. Gli altri benedcUi ^ corpi scientifici pretendono troppo per accordare una carta di onore. Nientemeno che ricercano lunghi travagli, e soprattutto utili , una riputazione somma , opere pregir^le , scoperte van- taggiose , atti di filantropia etc. E, non tutti possono vanta- re tali merci. Ma la società delle scienze fisiche , chimiche, agri- cole ed industriali della Francia viene ad appagare ogni am- bizione. Non dà il suo diploma al prezzo indicato , ma dieci franehi soltanto non solo bastano per farvelo ottenere , ma inol- tre vi vieae offerto fino alla casa vostra. Ed anche a me si è fatta una tale offerta: e quel che più mi sorprende sì è, co- me mai avesse potuto quel dotto consesso conoscere il nome mio , che non trovasi iscritto in alcun albo d'insigne accade- mia , e molto meno nella interminabile lista degli autori : se se ne esclude un articoletto che ebbi una volta il ghiribizzo d'inserire in un giornale. Ma qual miglior fortuna di essere ae- cademico con dieci franchi ! Ed intanto comunque avessi desi- derato vivamente di essere nominato nei vostri articoli di ono- rificenze , tuttavia non mi sono curalo del diploma a buon mercato, (i) Tanto è vero che l'onore è come l'amore: si spregia quando non ottiensi a stento e a caro prezzo. Ma quest' accademia poteva benissimo limitare il suo ti- tolo a quello di società d'industria. Perciocché quale migliore industria di quella di spargere per l'Europa due a tre mila lettere per raccogliere venti o trenta mila franchi ? E' questa l'arte di cambiare il fumo coli' arrosto . . . Che cosa può dedursi (i) Finalmente dobbiamo confessare , che , se in Italia non a contanti ( per ciò che ne sappiamo ) vendonsi gli ac- cademici diplomi , nelle accademie letterarie spacciansi essi sovente senza alcun merito a chinuque ne abbia desiderio. Il che avviene talvolta anche nelle accademie scientifiche. E ciò che sì è peggio, alcuna di esse vicn diretta tal fiala da genie, pome suol dirsi , che non fu e non sarà mai viva. // CCVìjt. 1)28 V A R I E T A* fla tali riflessioni P Che se le altre accademie imitassero que- sto sistema, tempo verrebbe in cui i loro titoli non più sa- rebbero prove di onorCj ma solo per onore si andrebbero cer- cando i certificati di non appartenere ad alcuna di esse. In conclusione , sig. redattore , io vi prego d' inserire questo letteriuo nel Filiatre: né vi distolga da ciò l'idea clie contenga una cosa frivola, mentre se vi piace volgere lo sguar- do alle scritture periodiche dell' età nostra , vi avvedrete che le più frivole han talora più fortuna. Che anzi se voireste per po- co abbandonare la severità . e scrivere pel vostro giornale ar- ticoletli brevi e leggieri , uu pò di critica che come il sale può condire tutti i cibi , qualche tantino di satira , una cer- ta dose di temerità, il parlare sempre di se stesso, e soprat- tutto far trovare in ogni dove un poco di seiilimentale , sa- rebbero i veri mezzi di acquistare maggior eredito . . . Ma sen- za avvedcrmene vi regalava due cose : una lettera ed un consiglio. X. Y. Manifesto tipografico. -il signor dottor Francesco Fre^c/u pubblica in Pavia con un voi. in 8. un' opera intitolata Delle canee che hanno tanto ritar- dato i progressi della riferma della medicina fatta da G. Rasori lusino dal 1800. Memoria de' benefizi , che alla patria arrecò il conte Ippolito Lovatelli ravennate. Ravenna tipi Roveri i855. Un voi. in 8. di fac. 187. IX. con ritratto. U n reo tempo si volse per la patria nostra , quando dello schermo delle alpi fu nulla , e nuovi dominatori sccndcrouo y Varietà' 329 nel })el paese portando i mali , che i nostri pailri conquista- tori del mondo arrecarono un tempo ai popoli soggiogati. L'or- dine civile per la forza dell' armi, e per quella ancor più po- tente di fulsi nomi fu guasto , ed al vecchio non s»ttentran- do un nuovo la calamità era universale. Perchè heueme- ritò della nativa terra qualche spirito generoso , che fermo sul- la via delia virtù e della giustizia fecesi incontro alla furia della moliitudine. Del hel numero si fu il conte Ippolito Lo- vatelli nato in Ravenna' il 3o aprile 1737, morto il 5 apri- le i8i4- A' tempi beati della pontificale legitliiua dominazione mirò a far gustare a' suoi i h'utti della pace , « suggerì e pro- curò utili riformazioni nella città. Cangiate le cose non can- giò l'animo : e preso il freno della provincia , si oppose a mag- giori travolgimenli , e fino in carcere fece tremare l'ambizio- ne di tale , che mirava al sommo del potere , e nuove sorti sognava e macchinava per innalzar sé e deprimere gli altri. Tanta fermezza del conte unita a molta perizia di governo gli valse la stima di amici e di nemici : vide finalmente ri- nascere la calma desiderata all' ombra del vaticano , e non ces- sò di acquistarsi titoli alla lode ed all' amore de' buoni. Una cosa gli avvenne , e fu di esser segno alle ire della cieca mol- titudine e alle armi dell' invidia sempre funesta ai migliori ; ma l'animo di lui trasvolava il basso mondo, e dove fosse cer- to di toccare il punto della comune felicità non si curava di sé. Questa vita del conte è stata scritta con forza di concel- ti e con brevità sallustiana dal giovane don Marco Ferranti. Egli si mostra nudrito alle scuoje degli storici italiani, e pro- cede con tanta franchezza , che promette molto di lui qua- lora seguitando la bene intrapresa strada si provi in campo più vasto. Intanto vogliamo dargli buoni conforti; affinchè scel- ga tema degno, e lo maturi , e detti senza precipitazione. Po- trà , per certo , acquistare a se non poca lode , utile agli al- tri , ed incremento alla gloria domestica. Il che desideriamo ai-denteraente da perfetto scrittore , a cui è bello giovare alla prosperità deli' ordine e della religione. D. V. 330 V A n 1 K T a' Veglie di Torquato Tasso, tiaduzione fedele in versi sciolti del doti. Luigi Benfeuati, edizione seconda da esso riveduta e ricorretta. Bologna i854> tipografia della Colomba. Un voi. in 8 di pag. 122. Oeaibra impossibll cosa che dopoché molti e molti hanno già predicato ovunque che le veglie del Tasso non sono altrimenti opera originale di quel gran poeta , ma bensì una felice inven- zione del c.iv. Giuseppe Compagnoni; dopocchè questi il disse apertamente nella vita che scritta da lui medesimo si pubbli- cò nel Riccoglitore milanese , sembra dissi impossibile che il dottor Benfenati prosegua bonariamente a credere che le ve- glie siano escile originalmente dalla penna e dalla mente del Tasso. Eppure egli è così, come bene scorgesi dalla sua prefa- zione. A giudicare poi del inerito della sua poesia noi dia- mo il principio della quarta veglia , recando si la prosa del Compagnoni , e si i versi del Benfenati. ,, Il mio delirio è al colmo. Ho veduta . . . SI ho veduta ,, Leonora . . . Non sognava io già!. . Ebbene ! madonna , mi ,, recate voi una parola di vita ? . . " ,, Mi figurava , ch'ella mi chiamasse a se ; e mi dicesse : ,, Torquato ! tu sei il primo cantore delP universo. Per te an- ,, drà immortale il nome del signor nostro , e di chiunque tu ,, onori ne' tuoi poemi. A te, che a tuo grado distribuisci la glo- ,, ria, si appetita dagli uomini , chi negherà affetto ? iNon v'è ,, altesza , cui tu non uguag,li. " Al colmo è ìV mio delirio , Tho veduta . , . ' SI Leonora , non sognava io certo . . . Ebben ! madonna , mi recate voi Qu;dche accento di vita ? Figuravami Cb' ella a se m'appellasse e mi dicesse : „ Primo cantor dell'universo sei , ,, Torquato , tu. Del signor nostro andranno ,, Per te immortale il nome e di qualunque ,, Wc' tuoi poemi onori. A te che sparti Varietà' 331 ,, A tuo grado la gloria , dai mortali ,, Tanto ambita , negar chi puote affetto ? ,, Non avvi altezza cui tu non pareggi. R. Invenzioni e scoperte. J-U3l gran questione del woio /jer/je/Mo, tenuta finora per in- solubile, sembra avvicinarsi al suo scioglimento. Ciò che gli antichi filosofi dissero in proposilo, ciò che Gravesand ne pensò , e Wiston , non che altri velenti italia- ni yi aggiunsero e dimostrarono a maggiore dilucidazione e sviluppo , ha recentemente portato ad un' evidente esperien- za il conte Giuseppe Gioannetti di Bologna mediante un' in- gegnosa macchina da lui con lungo studio e grave dispen- dio inventala. Essa presenta all' otchio dell' osservatore intelligente un facile evviamento alla soluzione di si diffìcile problema , che tanto interessa la dinamica e la meccanica insieme. Anzi si può dire che il eontro-paradoss» wistoniano è addivenuto finalmente, per Je improbe fatiche del dotto bolo- gnese, l'operatore dinamico e meccanico di un locale verace moto perpetuo, non in medio libero , ma resistente : Corpus aliquando adscendere videtur, sed aliauando reapse adscendit. Doctae indoctae sapientiae anteponenda ingnorantia : dice a buon senno il prelodato Gravesand nella sua fisica sperimentale. La suddetta macchina ammirabile pel suo congegno è formata di tanti pezzi di legno duro , di cui i primi nove segnai' nella Pianta eh' egli ha esposta al pubblico e nel Pro- Jtlo , sono percorsi da un globo tornilo, simile a ben levigalo fusello di legno di bosso, il quale posto in un punto da lui indicato , e lasciato in abbandono senza dargli il minimo mo- to, partendo da uno di quo' pezzi in linea curva a segmento di circolo in senso destro ed in linea retta , percorre con ee- 332 Varietà' lerità gli altri otto pezzi , e cosi compie un viaggici, e col decimo pezzo simile al primo di curva opposta, "va ad inco- minciare un secondo viaggio con eguale celerità. II piano del viaggio dev' essere sempre formato di cur- ve iperbatiche cicloidali : tanto nei triangoli isosceli, quanto negli altri pezzi. Avvertasi cli« il modello di cui fa uso l'autore non è per ora che un lavoro di prova e quindi ancor rozzo , ma però di facile dimostrazione e chiai'o esperimento , e cìie di- verrà più interessante allorché sarà pienamente eseguito col- la massima precisione ed in una forma più ampia, come pro- mette di fare l'ingegnoso inventore: il quale si riserva di pub- blicare quanto prima un' opera che tutta sveli la teorica della sua scoperta unitamente alla Pianta e Pro/do della tua macchina ed i corrispondenti calcoli numerici. Prof. Vàlkriani. La vita del eonte Giulio Perticari scriltrt da Filippo Mondani. Forlì i834. Jb ra le vite degli illustri romagnuoli, delle quali con assai lo- devole dlvisamento si fece editore il sig. Hercolani, è la bio- grafia di quel conte Giulio Perticnri del quale non sappia- mo se sia più da riverire la probità dei costumi , o da maravigliare l'ingegno che oltre i termini delle umane cose si parve quasi distendere. Tale biografia dettava il Morrlani uomo di molte lettere , e fiore di cortesia ; il perchè non è a chiedere se questo lavoro sia degno della memoria del Per- ticali , e ad un tempo della iiajiiina n»aestà. Alla quale vera- mente si è ornai troppo pregiudicato con le tante inezie • qui- squiglie di letteratura, «he reggiamo ogni di proferirsi a nor. Per la qual cosa stimiamo al biogi-afo doversene fare le gr« •• tissiiae lodi. C G. d. A. V A. H I K T a' 3JJ3 Pradeetiones tlieologicae , tfuas in collegio romana S. I. habe- bat P. Joannes Ferrane e soc. Jesu in eod. coli, theologiae prof, lìornae i835 in coli. Urbano du propaganda fide. Fol. I et -Il in 8. VJol modesto titolo di prelezioni il R. P. Giovanni Penonc del- la compagnia di Gesù ha intitolato questo corso di sue istituzioni teologiche , le quali sono appunto quelle, che spiega nel colle- gio romano , ov' egli da più anni con molta sua lode e profit- to de' giovani è degnissimo professore. I volumi da noi annun- ziati contengono due trattati : il primo quello de vera religione y diviso in due parti , cioè contro gì' increduli , e contro gli eretici : il secondo , quello de Deo uno et trino. Noi ci con- fidiamo di presentarne quanto prima in quest' istesso giornale un estratto ragionato; intanto non dubitiamo di asserire , che in questo corso di teologia l'esimio autore con somma eru- dizione , chiarezza , e profondità ha impreso a svolgere non solo tutte le quistioni solite a rinvenirsi in siffatte opere finor pubblicate : ma quelle eziandio dei più recenti increduli e pro- testiina pastora. Sei bella allor che stai , Più bella se t'assidi , Bellissima se guidi L'armento a pascolar. In rosea gonnelletta , Cui maggio il lembo infiora, Contrasti coli' aurora Che spunta allor dal mar. Mi piacciono i tuoi serti , Mi piace il tuo bel canto .• Ma il fior d'ogni tuo vanto Sai, Filllde , qual è ? E' il cor, quel cor gentile Oade somigli a quella Amahil pastorella , Clic a cruida il ciel mi die. V A K i E T a' 339 Prima però di dar line a quest' articolo non vorrà ccrtaineu- te sdegnarsi il pio autore, se brameremmo iu lui (uon tanto nelle anacreontiche , mentre in esse singolarmente risplende la sua va- lentia, ina in taluno degli altri componimenti) una maggior armonia io qualche verso , ove i contrasti delle vocali o dei dittonghi formano degl' iati : come per esempio.- ,, Allor che il cicl sui cardin d'or schiudessi : ,, Dal cui micidial tosco iva tinto: „ Membra or che il fuoco ond' ebber vita è spento. Parimenti vorremmo che schifasse alcune parole, troppo prosai- che, o non abbastanza illustri : e che in ispecic ne' sonetti, men- tre saggiamente vuole astenersi dalle rime troppo comuni , si te- nesse lontano da quelle troppo ricercate, le quali , com' egli bau sa , inceppano di troppo la fantasia, ed in cui il Petrarca istes- so alle volte non vi è molto felicemente riuscito. Tali sono la rima in qiiatro nel sonetto per santa Filomena ( per errore ti- pografico s«ritto quattro ), rimproccìa nel primo sonetto per l'Assunzione, rubi nel sonetto terzo sull' istesso argomento ec. Queste però sono macchie ben lievi e abbastanza com- pensate da altre bellezze ; ma quando si poco gli costi il farlo, perchè non si potranno da lui evitare ? Diansi dunque le dovute lodi all' autore , il quale sen- za far uso di mitologia ha preso i suoi temi dalla nostra au- gusta religione, la quale è fonte inesauribile «li vere immacu- late bellezze: ed esortiamo in ispecie i giovani a farne lettura, a seguire le vestigie di lui, e ad imprimersi bene nella mente, che dove non è interesse non gi può scrivere con affetto , e die questo non può destarsi ove non sia verità ! F. Faui Montani. 99* 340 V AK I E T a' Commentario delle virtù cristiane e religiose di Paolo Lifiari della compagnia di Gesù. Roma in i6 dai Salviucci i855. JL ablo Linari , giovinetlo di aurea indole , nacque nel i8i5 io Reggio di Lombardia di nobile ed agiata famiglia. Fu nella pue- rliia «ducato nella oasa paterna con somma avvedutezza mer- cè le amorose c■> 16 sussudj sussidj „ 354 ,, »4 vadesi vedesi „ — ,, 35 scenza scienza „ 355 ,, 3 Buraffaldi Baruffaldi „ 357 ,, 16 fornita fornito „ 36 1 ,, 20 Pisarelli Pisanelli ,, 370 JJ 21 parranno Tom. LXV. porranno pag. 6 lin, 34 morale murale (compatto) NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Coli. NIHIL OBSTAT Ab. D. Paulus Delsignore Cehs. Theol. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalclii Gens. Phil. IMPRIMATUR Fr. Dora. Buttaoni O. P. Sac. Pai. Apost. Magister. IMPRIMATUR A. Piatti Archiep. Trapesunt. Vicesg. K^ Osservazioni Melcreologiche. )( Col egio Eomajio )[ Oltohre 18; 4. .-■ Baiom Term. Trfl 1 '3 Ore mat. et. eslerno .1^ max. min. Igroiu. Vento Pioggia Ev.n por i Sta lo del Cielo. aSp. 1 l £•0 0 0 N. (1. 1 chiarissimo ' s^- ir M 5 20 20 Il òb NO. „ t 4 4 ^^ ser. mat. » 2 9 i5 28 N. „ 1 1 " 9 0 » „ 1 2 gi. >l 1 7 20 » 9 5o 0. „ I 4 4 ^^ ser. mat. » 2 o 15 II ' 16 0 0 po.pio. 1 „ » 1» a 3 11 » 1 ser.ni.nu.oriz. 5 gi. )) M 7 18 19 [ì lo 5 29 N. d. 2 3 tntto nuv. ser. » 3 3 14 0 1. 1. 1 mezzo nuv. mat. 1> »1 8 lo 0 Il 1» , chiarissimo 4 ff'. » 4 0 20 20 IO 35 0. V. m. 1 ^ tì „ ser. mat. » n " 14 -- 4 5 N. d. „ >« » 3 lo 1 5 fii- Il I» » i'9 »» II 24 SO. V. m. 1 j 7 ser .nuv.sp. ser. j> Il 1 13 0 N.q.o chiarissimo mat. ,, „ " ^ r 4 ■,, 11 „ uuv.leg.oriz. 6 8'- „ „ 2 , 19 5 >» „ 35 SO d. 4 ser. „ „ 0 14 « 0 0 chiar. mat. n n 3 lo 4 N. A. 1 , ser.iiuT.sp . 7 e^- „ „ „ '9 19 9 28 SO m. i 3 4 ter. » » 6 14 6 0 0 chiarissimo mat. .. 5 o IO 0 N. q. 0 „ 8 8^- ser. » 4 6 8 30 i3 6 20 lo 4o 3 SO, d. 0 0 ! 4 i 11 „ mat. „ „ 3 Io 0 N. C£. 0 1 ser.Icg.vap. chiar. 9 §'■■ ,, 5 5 19 6 „ ,, 36 SO. d. 4 ser. i> » 0 14 5 0 0 1 " mat. >» 2 6 9 0 N. d. 1 , 1 lo fi'- » .. o 19 5 ao 9 27 SO. „ 3 b ser.n uv. sparse w ser. » » 4 14 4 0 0 chiar. 1 mat. » „ j. lo 0 N. d. 1 1) ^ 1 1 «'• 1> Il 2 19 6 „ >i 5o SO. „ 3 „ ser. mat. Il » b 13 3 0 0 0 N. d. I, )l 1> ^, 9 5 ser.nuv.or. 13 gì- ser. )J 1» 4 ,2.. 5 9 i5 5 20 5 9 i» 45 5 SO. V. „ « 0 3 7 nuv. tulio cop. mat. Il )l 6~!i4 4 N. d. uur. 1 i5 .^'• ), « 9 I21 21 5 lò 6 34 SO. V. „ 5 7 ,, sole trai. | ser. ,-, » 6 |i6 5 0 0 chiar. § mat. M 1> „ ,'2 0 N. q. 0 " 1 >4 si- ser, mat. :: :: 5 i5 21 12 3i 0 SO. m. 0 0 b : ' 1 II 2 lo 1 » i i5 si- Il i 8 21 21 '0 1 44 SO. d. 4 7 ser.nu.sp. tì ser. ,. ,. 0 ' 1 f« ' 4 ' 1) « n uv. 1 w;>«r»73rtst BmoiukI. Tcri V'^l'ìlTTJr*!:'^.*?'^ ' "^Vv'l r-^-f^^r-^*" Velilo Pioggia o 6 iG >7 i8 '9 20 2 1 22 25 ., 35 96 »7 >S 3i 0,0 ; 'j Leruioi Max. 1 0 i '9 i Min. iyiuwi. a capei. E vapor. Sialo ad Cielo ma. ?'■ sei: ■>-7P 1 1 /i'.O 10 ti " 7 18 1 ;> 1 1 1 _„1 .5° 0 0 l5 3 SE, T. m. SO. „ 0 0 pio. aL. lainpi jli.jl li. 4 5 nuvoloso „ sole Irai, lullo COp' un. " ,, 2 9 5 S 0 1.1 l'à ' i t _i i 13 - 0 28 SK. a. SSE.m. [)Ì0.nolLe 1 47 3 3 riscli.ii iiv.oriz. j scr.nnT.sp 1 nuvoloso ' Illa. ff'- ser. ,, 7 ^ ), ■,, ti „ 8 7 14 17 17 5 IJ i5 5o 2^ NO. „ 0. V. f. NO. „ pic.piog. 7 2 ch.vaporiz. ser .nuv.sp. ma. S'- ser. 2 'i iK ' i 5 19 8 0 "f. "a. N. „ I nuv. ., fole trai. cluaiissiuio ser.uuv.sp. mL'.'.zo nuv. ma. §'■ ser. j' » 7 " " :i j 17 5 i3 14 Io 10 :• 8 3 0 ji 3 „ V 2 •4 ;") ■ 0 4o 16 su. m. 0 0 piOjIlOt. 0 75 2 CO 0 75 3 3 i \ ma. S'- ser. „ 1 '1 „ 0 7 >, » fi 9 6 5 ' 6 1 4 0 0. m. N. a. NìsO. m. 2 nuv. tulio ,, piove cliiarissinio ma. gi- ser. „ 1 6 „ 3 ^. 6 ^ 1 1 4 3 ■^9 1 1 IN. „ 3 2 ma. ser. » 4 >. 5 0 5 i> 17 :5 14 5 4 48 '4 11 ni- NINO. „ 0 0 2 4 "' ma. 8'- ser. ma. « ,. 4 « 8 5 0 4 13 7 5 .5 5 4 3 42 1 N. q. 0 « a. 3 1 pur. lullo j> 1) 2 » » 0 4 13 i3 5 3 r, 0 3o . 0 » ni' ^ „ a. 1 7 1 ^^'^ismss^èXìiiiitjexsasiJiiA-À.-iSisSià ■-•^^j»'/-:t«i~rw^.-atx^;j-M• 0 0 „ ?» JN. q.o 0 0 « „ „ » w. d. Nkii",, N. f. )» j> » furioso forte » f. „ f. 5) d. « f. 1» *) „ d. NE • » N. » 23 26 18 NNE. u NE. d. ., q' rugia da p. pi. 4IÌ.53 po,pio. 9 26 NNE. d. N. „ Evapor. Sialo del Cielo jM 1 5 8 7 3 0 8 0 chiarissimo nuvoloso chiarissimo E cop.piov.' nuvoloso 3 5 chiarissimo ser.nuv.sp. nuvoloso „ alc.goccie || jU-jjaniiiilMi hi |gi'i:iiaì!r,''vuiMraai!iaà..B3acij«aj>-.:u:i5C^v j^.Aj.^.^te-i^.vjqKsa.'.fKiak .~ Ore Baromet. Term. esleroo 3^ 9 5 1 5 7 5 5 5 3 5 7 5 4 5 8 4 3 8 5 IVim max omelro min. 0 Igrom. Vento Pioggia Evapor. Stalo del Cielo.' 3 17 1 mat. 8'- ser. mat, .si- \ser. aSp. 211-6 ,. 1 4 „ 0 8 0 9 4^^ 24 II 2 33 la N. d. 0 0 N. q. 0 , >8 ser .nuv.sp. [ cliiarissiiiio 27 lo 5 „ 8 4 » 6 9 8 t 3 ti 2 0 —3 fa 5 NNO'.' „ N. d. i ' 6 ser.Duv. sparse velato mat. '8 si. » » 3 » „ 6 " 7 9 „ 8 3 ^. „ 5 » 9 4 „ lo 0 » .-, 4 » Ji 7 8 22 41 22 18 58 32 NNE. m. i ' ^ 1 r ' nuv. velai. ^9 20 21 32 25 24 ^mat. si- ser. mat. si- ser. N. f. NNO. „ N. m. ser.uuT.or.sp. | chiarissimo 1 9 8 25 47 58 32 49 37 3o 43 20 » ni- 4 ! 1 mat. Si- ser. 28 0 8 „ 1 0 » » 6 0 5 6 5 3 5 -,7 3 4 2 0 5 6 i ! 3 » mat. si- ser. « a 4 » ), 6 » „ 7 8 4 5 6 6 8 9 9 »» « » »> » q. 0 » d. J 4 I nuT. chiarissimo mat. 8i- ser. „ „ 2 „ 1 6 „ . 4 „ 2 0 » 5 0 19 12 2 mat. Si- ser. 0 27 52 37 35 33 27 0 0 1 gelato 1 4 zen.ch.nuv.orjz, nuv-. zch.nu.orit. 25 mat. gi- ser. mat. si- ser. mat. gi- ser. mat. Si- ser. „ « 4 „ „ 0 „ 3 6 -2 5 i$t5 5 3 -3 N. q. 0 1 26 „ „ 0 „ 4 2 3 5 7 5 3 «ìia i5 12 7 6 5i 53 NNE d. N. „ ») 5' pi. pio. o,li.75 0 4 cc^.lutlo pioT vel. chijir. »7 « » 8 » 5 2 „ » 5 1 8 5 0 „ q.o „ d. 0 0 N. d. NNO. „ N. „ 0 0 N. d. 2 2^ 28 „ 6 0 „ « 1 1 « „ 6 1 9 3 18 44 27 1 8 n mat. Si- ser. mat. gi- ser. „ ,. A 7 .-1 -3 5 37 21 1 0 " _ 29 ., „ 6 „ ,. 4 7 2 2 7 i5 42 2o M 3< 0 0 1 3 'i 3o ,. « 5 ! » » 1 : 7 2 ma. ,, „ o| ,?/• ,. >, „ •;(•'■> 1 » „ ^ 1 7 5 5 8 0 i5 22 6 N. d. NE. q. 0 0 0 p pio, 0 7 nuv. tutto „ sole tra- OTTOBRE, NOVEMBRE E DICEMBRE 1834 e 1835 VoL 193, 194? ^^9^* ìy^^ ^^ GIORNALE DI SGIEIXZE^ LETTERE, ED ARTI ROMA NELL.i STAMPERIA. DEL GIORNALE PRESSO ANTONIO BOULZALER 1836. GIORNALE DI SCIENZE LETTERE ED ARTI TOMO LXVI. GENNAIO , FEBRAJO E MARZO 1830. tkÙìlA JIBLtA StAMPERU DEL GIORNALE ARCADICé^ PRESSO ANTONIO BOULZALER DIRETTORE DEL GIORNALE ARCADICO S. E. il sig. principe D. PIETRO ODESCALCHI , dei duchi del Sirmio , membro del collegio filo- logico della università romana , socio ordinario e conservatore perpetuo dell' archivio della pontificia accademia di archeologia. COMPILATORI. BETTI SALVATORE , professore di storia e mito- logia e segretario perpetuo dell' insigne e pontifi- cia accademia di s. Luca , socio ordinario e cen- sore della pontificia accademia di archeologia, BIONDI conte commendatore LUIGI , marchese di ^ Badino , presidente della pontificia accademia di !P archeologìa , soprintendente generale degli studi di belle arti in Roma per S. M. il re di Sardegna. BORGHESI cav. BARTOLOMMEO , accademico del- la crusca. CAPPELLO AGOSTINO , professore di medicina , già medico consulente di Leone XII, membro della con- gregazione suprema di sanità. CARDINALI CLEMENTE . consigliere governativo della legazione di Velletri. CARPI PIETRO , professore di mineralogia e di sto- ria naturale e membro del collegio medico dell' uni- versità romana. DE-CROLLIS DOMENICO , dottoro in medicina. FOLCHI GIACOMO , professore d'igiene , di terapeu- tica generale e di materia medica , e membro del collegio medico dell' università romana , e della congregazione suprema di sanità. GERARDI FILIPPO , dottore di leggi. POLETTI LUIGI , consigliere e cattedratico eli af- clntettura pratica nell* insigne e poDtificìa accade- mia di s. Luca , professore ordinario di architet- tura ùeir ospizio apostolico di s. Michele , profes- sore óhorario della R. accademia delle belle arti di Modena , socio ordinario della pontifìcia acca- mia di archeologia. TONELLI GIUSEPPE , dottore in medicina. VISCONTI cav. PIETRO ERCOLE , commissario del- le antichità romane , presidente del museo capito- lino , socio ordinario e segretario perpetuo della pon- tifìcia accademia di archeologia. SCIENZE Alcune osservazioni di Paulo Costa intorno il moderno ecletticismo. A, alcuni filosofi moderni, che si danno il nome di eclet- tici, dicono che per non errare nella ricerca di que' veri che sono intorno rintelletlo umano, si dee sce- gliere il meglio nelle opere dei filosofi. Alcuni ita- liani scrittori vorrebbero consigliarci a seguitare que- sta sentenza. Ci arrenderemo noi a tale invito, tirati dalle magnifiche lodi che si dispensano ai Royer-Col- lard ed ai Gousin sostenitori di quella scuola ? Che direbbero i chimici , i fisici , ed altri osservatori della natura se loro venisse dato il consiglio di cercare il meglio ne' libri degli antichi filosofi.'' Certamente eglino si riderebbero della proposta. E noi non ride- remo similmente .'' Forse che gli antichi, che pochis- sime verità conobbero nella fisica ec, avranno cono- sciuto tutto che era da conoscere nella scienza ideo- logica che fra tutte è la piiì difficile ? Dico la piiì difficile: perciocché se grande è la difficolta di forma- re un linguaggio preciso nelle scienze che ci mostra- no le qualità de' corpi , grandissima si è quella di for- mare il linguaggio della scienza indagatrice degli sfug- gevoli concetti dell' animo , i quali componendosi in mille e mille modi , confondono l'osservatore si fatta- mente , che non può beu discernere gli elementi pri- G.A.T.LXVI. ' 1 2 Scienze mi , ne sa seguitare col pensiero l'ordine nel quale elle si dovrebbero comporre per non avere il nome di fiilse. E' duncjiie da tenersi per certo, che se pc^vere ed erronee erano in gran parte in antico le scien- ze fìsiche ec, non meno povera , non meno erronea e disurJinata fosse quella che riguarda l'umano in- lelletto. Ma poniamo che ne' libri antichi fossero spar- se tutte le verità ideologiche : con qual' arte il mo- derno eclettico potrebbe giungere a distinguerla dagli errori , farne l'eletta , ed ordinarla in un sol corpo ? Se vuoi e'Ser certo della verità delle proposizioni che altri ti presenta , sarà d'uopo che tu conosca da quali principi elle furono derivate , altrimenti il tuo affer- mare che sono vere, sarà una semplice opinione , una semplice credenza. E se le sentenze accattate qua e là qe' libri antichi vorrai congiungere in un sol cor- })0, che metodo potrai seguitare ? Ti sarà forza di os- servare i fatti, dai quali furono dedotte ; ti sarà for- za di far uso del ragionamento affine di ricavare lo- gicamente una proposizione dall' altra : che è quan- to dire, ti sarà forza di rifare la scienza in quella maniera che la rifecero i chimici, i fisici, e gli astro- nomi : ed allora l'opera tua sarà la norma per giu- dicare se le opinioni degli antichi erano secondo ve- rità , e non già queste la norma per conoscere se vere sieno le tue dottrine. Ma degli errori e dei lenti progressi della filoso- fia avvi un' altra cagione, ed è questa : le facoltà dell anima sono si bene distinte l'una dall' altra, che l uom vulgare non le può confondere. Chi non sentirà che giudicare semplicemente non è ragionare , che imma- ginare non è ragionare , che desiderare non e vo- lere , che temere non è sperare , e cosi via discor- rendo ? Le facoltà e le passività dell' anima sono di- stiate l'uua dall' altra per lutti coloro che hanno MoDEliNO ICLETTICISMO 3 mente discreta .- mu sotio alleno perciò ben conosciu- te ? Mai ni) : domandatene il più degli no nini, e di- te loro clic vi dichiarino che cosa vogliono si,^nifl- care quando proferiscono le parole giudicare^ irnma- ginara^ ragionare, temere ec. Questi vi dark una ri- sposta, quei^li un' altra in termini oscuri e confusi. Pochi ideologi sanno discorrere aggiustatamente di sif- fatto cose , in quella maniera che discorrono delle loro materie gli esperti della chimica ; i chimici vi sanno dire precisamente di quali materie si compon- gono i corpi che il volgo non ])en conosce , ma che pur l'nno dall'altro senza ninna fatica distingue. E solo perchè li distingue, li contrassegna coi nomi, non avendo a qtìesto fine bisogno di conoscerli perfetta- mente. Quello che avviene dei corpi presso il vol- go, avvenne delle facoltà dell'anima presso quelli che sì chiamavano filosofi ; elle furono contrassegnate dai vocaboli prima di essere ben conosciute. De' vocaboli nati per cotal modo si fece uso grandissimo nel par- lar famigliare e uè' libri ; sopra que' vocaboli si fon- darono que' ragionamenti ideologici e morali , e na- cquero quelle indigeste moli di volumi che presero nome di filosofie, che poi guidarono coli' autorità loro le menti docilissime degli uomini. In que' libri si cercò il vero, tralasciata l'osservazione de' fatti : in quelli si contemplò l'immagine del sublime , percioc- ché in quelli era la misteriosa e venerata oscurità ; a dichiarare la quale molti ponendo l'ingegno, ten- tarono di definire i vocaboli , cioè di scomporre le idee per quelli significate. Ma che buona scompo- sizione poteva nascere per le costoro fatiche , se le prefate idee non erano state composte a dovere? Cia- scuno definiva a propria fatasia ; d il che nacquero le opposte dottrine , e le interminabili contese. Questo fu per molti secoli lo stato della filosofia. E quaa- U S e I F N Z E do potremo uscir fuori da tal labirinto ? Quando , la^. sciate da parte le definizioni de' vocaboli anticipata- inente imposti alle idee, verremo (bene osservati i fat- ti ) a coraporle ed a contrassegnarle a mano a ma- no con parole immutabili, a quel modo che immuta- bili sono le note dell' aritmetica. Ma il venire di cotesto tempo felice , colpa delle molte sette reijnanti, sarà taidissimo. Oggi vi ha chi at- tribuisce all' anima de' principii anteriori alle sensazio- ni , e cosi pone ai ragionamenti un fondamento chi- tncrico , ed apre la strada a mille altri sistemi. Vi ha chi suppone nell' anima un sentimciito primitivo, che denoraii»ai)0 ora il senso morale, ora la coscienza: il qua- le , secondo che dicono, ci da avviso di ciò che e giu- sto o ingiusto , di ciò che è hello o deforme , a q-jel modo che l'odorato ed il gusto ci danno avviso e de' colori , e de' sapori diversi ; cosi la morale e le belle arti vengono abbandonate al sentir capriccioso degl' in- dividui e delle nazioni. Vi ha chi pretende esser vero soltanto quelle sentenze che per tali sono tenute dal ge- nere umano , e cosi ogni sorte di filosofia viene ab- bandonata all'arbitrio di quelle sette , che si arroga- no il potere di porre il marchio del genere umano alle proprie opinioni. Vi ha chi per unico rimedio ai presenti mali piopone ( privando gli uomini del di- ritto di farsi gli eredi ) di accomulare tutti gli averi in mano di pochi sapienti miracolosamente onesti , ed acconci a dispensare gli olTici sociali , secondo le for^ ze e le abilita diverse , e le ricompense secondo i meriti. Così con un disegno impossibile ad effettuarsi si risvegliano nelle condizioni necessariamente gradua- le » onde si formano le citta , nuovi desideri e nuo- ve ambizioni , di maniera che nessuno sarà più con-^ tento dal proprio stato. Tutte queste nuove selle si van» lane di essere il sostegno della buona morale o della liberta civile , guardano lo lilliui dottrine con occhia Aneurisma BkacHialk 5 di compassione , e a se traendo con un linguaggio oscuro ed enfatico molta gioventù , vaga di tutto che pare maraviglioso e sublime , menano allegro trionfo nella piena luce del mondo ; mentre il filosofo clie si attiene all'esperienza, e che coli' arido linguaggio della filosofìa poco promette , rimane sconsolato in terra de- serta. Caso {storico su di un aneurisma spurio dell* arteria brachiale. Di Francesco Passini settore anatomi- co deir ospedale grande e chirurgo esercente in ì^iterbo. N, on mi avvisai, allorché vennemì in pensiero di pubblicare la presente istoria , che essa avesse a raC^ chiudere il quadro di una malattia d'indole straor- dinaria da dover colpire l'immaginazione del lettore^ sendochè la frequenza delle affezioni aneurism.iliche esclude l'idea di novità in quella di cui si trotta. Ne tampoco io pretendeva con ferma persuasiva, che avendola corredata di alcune mie riflessioni , queste fossero per apportare suU' orizzonte della filantropi- ca scienza un novello raggio di luce , potendo esse ve- nire riprovate per mancanza di esaltezza , di preci- sione , o di qualche altro difetto che sia sfuggito alle mie ricerche. Lo scopo dunque precipuo della pre- sente produzione tende meno a rappresentare la sin^ golarila , che le circostanze concomitanti il caso iti questione , e la narrativa di un' intrapresa , che con- tro ogni aspettazione coronata venne dal più fausto evento , ridonando merce di lei alla società un in- dividuo , che quante volte fosse stata omracsisa egli G Scienze .sar(;})be liievital)iImeote perduto. Esempio apprezzabi- le , e da non doversi obliare in simili ardui incon- tri : potendo servir di norma al chirnrgo operatore, onde la sua mano benefica non venga ad arrostar- si air ostacolo di una seducente e fallace teoria , o di vani riflessi che lo inducano a rimanersi neghit- toso spettatore coli' abbandonare i propri malati ad un miserabile e lacrimevole destino. ,, Melius est an- ceps experiri remedium, quara nullum. ,, Ai venti di gennaro circa del 1833 mi recai in S. Martino, terra non mollo distante da Viterbo, per visitare un tum.ore nella flessura del cubito sinistro in persona del sig. canonico don Filippo Brachetti di an- ni 73, di pletorico temperamento, insortogli in seque- la di una flebotomia della vena mediana basilica, che gli venne praticata nel giorno 14 dello stesso mese. Esso tumore presentava all' ispezione un livido ec- chimatoso variegato con delle strisce giallognole, non che delle elevatezze in varj punti della sua superfi- cie ; sotto il tatto un moto sfigmico o pulsatorio isocrono ai ritmi del cuore ; se comprimevansi l'ar- teria brachiale al dissopra di esso , cessava qualun- que movimento ; pigiata alternativamente colle di- ta la località affetta, vi si sentiva una specie di flui- do , senza che con siffrilte pigiature diminuisse di volume. Il diametro del tumore, raisuiato lungo l'as- se verliciale del braccio , era in allora di tre pollici e mezzo circa, che di poi ne sorpassò i confini con au- mento progressivo : e in fine si scorgeva la picco- la ferita del salasso non per anche totalmente cica- trizzata , la quale ne formava come il centro, stillan- te un umore linfarc; ed un' edema che occupava tut- to r avambraccio e mano corrisdondente. Dal com- plesso dei divisati caratteri rilevai essere non altro la malattia in questione , che un aneurisma spurio del- Aneurisma Bfìacmiaie 7 l'arteria brachiale o di una delle sue principali pro- duzioni. Ad evitare per altro ogni equivoco su tal giu- cìi/jo diagnostico , ed ac(juistare ulteriori nozioni, ri- cinesi eziandio un circostanzinlo ed esatto dettaglio intorno racccruiata flebotomia. Vennemi allora riferito, che eseguita clie fu la medessima ne sortì immanti- nente cou molto impeto il sangue di colore rubi- condo, il quale in brevi istanti riempi il recipiente destinato a riceverlo, e con grande stento venne arresta- to mediante un consistente e grosso piumaccio ed una stretta fasciatura contentiva ; e clie per giunta , alcuni giorni appresso sendo stato tolto 1' ap{)arec- chio, venne in campo una forte sensazione dolorosa nel- l'indicato sito in un col treno dei memorati suìtomi. Riassumendo dunque collettivamente tutto ciò che fin qui è stato esposti^, si può di leggieri rilevare qi al sia la natura del male di cui si 1 ratta, e la causa cijc ne ha procurato lo sviluppo ; e dalla cognizione del- l'una e dell' altra poi qual prognostico se ne dovesse fare. Circa il piano curativo tenuto in lai caso, ven- ne esso istituito su i medesimi principj della odierna pa- tologia , e conseguentemente diretto a scemare l'indi- viduale eccitamento , adoperando quei mezzi terajieu- tici , la cui idoneità ormai dall' esperienza è stata re- sa incontrastabile. In confoimità di che si raccommandò all' infer- mo di osservare la perfetta quiete , di decombere a letto in situazione orizzontale , e dì adottare un re- gime dietetico piuttosto rigoroso. In oltre si ricorse alle reiterate deplezioni di sangue , ai purganti sali- ni , alle limonee vegetali e miner.di a titolo s\ di sottrattivi, e s\ di astringenti; e finalmente all' uso 8 Scienze della digitale porpurea , avente un' elettivlta di azione contro-stimolante sull' irrigatore sistema sanguigno , e ad altri analoghi rimedi , che furono proseguiti fino al termine della cura. Si ebbe frattanto una particolare attenzione al braccio alFetto, a cui fu procurata un' attitudine assai elevata, poggiandolo su degli origlieri: e ciò pel dop- pio scopo di facilitare al sangue venoso , della parte reduce dall' estremità , il corso verso il centro ; e a quello arterioso per ragione i nversa , dovendo ascen- dere, un rallentamento di moto, onde con minore im- pulso andasse a urtare contro il punto della lesione. Ad oggetto poi di procurare un coagulo eraato* so nel perimetro affetto , capace di arrestare uà ulte- riore stravaso sanguigno, si applicarono topicamente dei sacchetti di neve , quelle di vallonea, i tormen- ti freddi di Shmuker , e come preservativo il torco- lare di Morell, collocandolo lentamente nella supe- rior parte dello stesso braccio da doversi stringere al- l'occorenza. Mediante siffatto regolamento si ottenne un favo- revole risultato; ma di breve durata; imperocché da- tamisi imprevista circostanza, che mi obbligò di recarmi altrove, per certo lasso di tempo abbandonai il ma- lato; il quale sia per suggerimento altrui , sia per sua spontanea volontà, profittando della mia assenza deviò alcun poco dai salutarj consigli , che da me parten- do,ricevuti avea. Ciò produsse che al mio ritorno tro- vai le condizioni tlel tumore cambiate in guisa, che sembrava minacciare da un momento all' altro un' im- provvisa rottura. A prevenire o almeno ritardare il funesto avve- nimento, deliberai pur anco di mettere in opera la fa- sciatura tcdiniana , indotto dalla lusinga , che una Aneijklsma Brachiale 9 compressione procurata dalla raedcsima servir potes- se di valido sostegno alle rilassate pareli aneurisma- tiche coir eludere gli affetti della forza impellente dell' onda sanguigna che racchiudevano. Per quanto apparisse plausibile l'espediente, do- vetti subitamente sospen^ierlo a cagione di varj in- convenienti elle ne derivarono. Laonde, esauriti ormai i migliori mezzi decan- tati dall'arte salutare, non restava che appigliarsi ad al- tro partito, cioè ricorrere all' operazione doli' aneu- risma ; intrapresa non v' ha dubbio pericolosa e del pari modo decisiva, tanto [)iù temibile in quanto che trattavasi di doverla praticare su di un soggetto di lunga età (1), e spossato pei varj patemi a cui do- vette sogiacere. Dietro tai riflessi, mal sicuro di me stesso, sti- mai prudente consiglio richiedere il coosulto di al- tro professore di mia fiducia , onde meglio con- durrai in un emergente s\ critico ; e fu in tal incon- tro, che venni onorato mercè dell' intervento dell' ec- cellentissimo sig. dottor Giovanni Selli; il quale avendo applaudito al mio progetto, altro non mi restava di poi che attendere con maggiore evidenza un' assoluta ed indispensabile necessita per metterlo in esecuzione. Quando alla perfine, in moz7,o all' aspettativa, nel- la notte del 26 febbraro alle ore sei italiane accad- (i) Di ^Sanni, come accennai nell'incommciamcntodell'isfo- ria, età che secondo il Monteggia per quanto sembra non ammet- teva di tentare la detta operazione , poiché l'autore preten- de che la probabilità dello sviluppo della cancrena , in se- guito dell'allacciatura di un tronco principale, incomincia dai 45 anni in poi. 10 Scienze de la fatai rottura già preconizzata : e avendone avuto avviso, senza frappor dimora accorsi per apprestarvi il dovuto riparo. Al mio arrivo trovai il misero in- fermo nuotante nel sangue e pressoché vicino a soc- combere per r emorragia copiosa che v' era susse- guita , tutto che subito repressa fosse stata dp^W astanti. In questo stato di cose egli è evidente, che co- munque fossero le misure da doversi prendere, non poteasi attendere altro che un esito infausto. Contut- tociò niente volli lasciare intentato: cosicché nel gior- no venturo alle ore 14 antimeridiane passai all'ope- razione , che fu eseguita nella seguente maniera. Riposto il paziente in una congrua altitudine, ed intercettata fa circolazione col torcolare di Petit che si collocò nella superior parte dell' arto affetto, si affidò questo ad un ministro acciò lo sostenesse nella mas- sima estensione : ed impug nato un gamraaut , colla mano destra impresi a fare la incis ione del tumore, incominciandola nella parte interna di esso arto, pres- so a poco quattro dita traSverse al di sopra dei con- dili dell' omero , e lo condussi seguendo la direzio- ne obliqua dell' interno lembo del muscolo bicipite anteriormente fino a tre altre dita al disotto dell' ar- licolazione ginglimoide del medesimo. Colla qual sezione restando compresa oltre gli in- tegumenti anche l'aponeurosi ivi sottostante , per esse- re queste due sostanze coalizzate fra loro , mi trovai di aver penetrato immediatamente eatro il cavo aneu- rismatico che era di aspetto orribile per la sua va- stità ; e contenente gran copia di atro sangue rap- preso. Evacuato il quale, andai in traccia dell' arte- ria brachiale , che con qualche difficolta rinven- ni per la disorganizzazione in cui erano le partì Aneurisma Brachiale H circnmambientl. In segnilo slentai il torcolare , e subito in un dato punto (W essa sorti un zampillo di sani:;ue , che mi servi d'indizio della vera situa- zione in cni esisteva la lesione. Del che accertato- mi, impiantai alcune linee al di sopra di questa un ago ricurvo di acciaro munito di un nastro di fdi incerati , che portandolo sotto il cordone dello stes- so vaso per farvi la prima allacciatura, avvenne che nel voler dare al manico dell' istrumento un moto arcuato dall' alto al basso , onde ne sormontasse la di lui punta crunata dal lato opposto , in modo da poter prendere una delle estremità del nastro, mi fu impedito dalle pareti del cavo entro cui agivo : e ciò per essere molto elevate e dure , a cagione del- la linfa coarrescibile che tenacemente vi aderiva. Do- po questo primo tentativo ne feci altri in diver- se direzioni , procurando pur anco di fare scostare i labbri dell' incisione da un "aiuto : e vedendo un'as* soluta inutilità dell' ago, lo deposi. Il quale incon- veniente in vero non avrebbe avuto luogo, se il me- desimo fosse stato composto di ferro duttile da po- terne cambiare le forme all' occorenza. Nella qui narrata critica circostanza , senza pun- to sgomentarmi, ricorsi ad un ripiego di mia imraa- raaginazione , che corrispose al di Va. di ogfii aspet- tazione : ed è che avendo adattato all' apice del di- to indice della mano sinistra altro nastrino, perven- ni eoa esso , introducendolo per la traccia cui già avearai procuralo col surriferito strumento , a condur- re una delle estremila di esso nastro da una parte all' altra sotto il cordone (1) vascolare, la quale poi (i) In cui fu corupreso il nervo mediano , senza che ne susseguisse alcun inconveniente. 12 S e I E N ; E tirata fuori congiunsi colla compagna , formando un ansa di una sola passala , ossia un nodo semplice , che cliiusi coti sufficiente strettura , ed inoltre per maggior fermezza , un secondo , che credei opportu- no farlo a cappio. Nella stessa guisa mi contenni nel praticare ì'aU lacciatura inferiore, cioè l'altra che mi restava a fare al disotto della lesione, in cui a differenza della prc' cedente potei bastantemente servirmi dell'ago sunno- minato, sendo che in basso il sacco aneurismatico pre- sentava minor profondita. Per assicurarmi quindi se il tronco brachiale tramandava piìi sangue, slentai nuovamente il torco- lare : e avendone veduto fluire in piccola quantità di appgirenza venoso, per essere di colore rosso scu- ro, non vi feci gran fatto attenzione: e subito mi de- cisi passare all' applicazione delle fila, di cui fu riem- pito tutto lo spazio raofbos o. Questa prima parte di apparecchio si ritenne in sito con delle compresse ed una fasciatura spirale , che dalla raan.o si con- dusse fino all' attacco inferiore del muscolo deltoide. Compiuta che ebbi ro|)erazione, collocai il brac- cio malato in apposita situazione i e si vide la ma- no corrispondente all' istante impallidire , perdere il calore naturale , e la circola'zione sanguigna diveni- re affatto impercettibile, in modo che da un momento all' altro si temeva lo sviluppo della cancrena. Ciò nondimeno questo stato di apparente adinamina non durò che poche ore ? giacche avendo fatto ricorso alle apposizioni di locali fomentazioni spiritose , e delle stoppate calde, incominciò a poco a poco a rinvigo- rire il polso , che dapprima si annunziò con una specie di brulichio , e che in appresso si contracara- biò in manifeste pulsazioni. Aneurisma. Brachiale 13 Frattanto il inilato si per le perdite di umori che dianzi avea fatto, come per gli eccessivi dolori sofferti durante l'operazione, si trovava nel massimo ab- battiaiento ; ma correità Tipostt^nia mediante il neces- sario soccorso, riacquistò insensibilmente un certo gra- do di forze. Dal che si prese motivo a fondare una lieve speranza di salvezza , ed in ispecie per essersi sviluppata dopo le 24 ore una discreta piressia, men- tre attender doveasene una più intensa: e ciò in ri- flesso della violenta scossa portata alla costituzione in tal guisa ; la quale ragionevolmente snpporre non si poteva, che non ave<;se fortemente a risentirsi. Nel di 3 di marzo tolsi per la prima volta l'ap- parecchio. In questa medicatura si dovette cauteriz- zare un vasellino che dava tuttora sangue : e ai quattro di detto mese , verso la mezza notte, si mani- festò improvvisamente un'emorragia second aria, che per quante indagini fossero state fatte per iscoprirne la sor- gente riuscirono inutili. Forse qualche coagulo, for- jnatosi spontaneamente suU' orifìzio aperto del vaso, servi ad arrestarla. Non è facile esprìmere in qual condizione si ri- Irorasse allora il misero infermo ! Solo posso as- serire che egli era ridotto quasi all' estremo punto di sua vita , non mancandogli che di tramandare l'ulti- mo respiro. In questo avvenimento, per maggiormente assi- curarmi del sangue, sciolsi l'alia cciatura superiore del- Tarteria brachiale , ^e la strinsi di bel nuovo con più fermezza. L'essere riuscito a ciò, prova bastante- niente quanto sia superfluo il filo di riserva che su tal rapporto da varj trattatisti viene commendato. Nel giorno susseguente ebbe luogo una reazione tale, che produsse una piressia delle più veementi, ac- compagnata da polso vibralo , accensione alla faccia , ed altri sintomi di esaltata vitalità. 14 Scie n l e La qual piressia nel corso di alcune ore andò a declinare eoa abbondante diaforesi, e quindi ne su- bentrò un' altra della stessa intensità, che avendo mi- suralo presso a poco lo stesso spazio di tempo della precedente, terminò anche essa. I rimedi che si usa- rono ia tal caso furono presi dalla classe dei diluen- ti e rilassanti per temperare il calore interno c!ie tor- mentava il malato. Si voleva ricorrere per fìao alla sanguigna, se insorta non fosse inaspettatamente una diarrea col li q nativa a controindicarla , che portò un esaurimento dì forze molto notabile. Ma pur anco questo pericolo fu superato, ricorrendo all'amministra- zione del decotto bianco di Sydenara , alle gelatine di riso ec. Dopo ciò non si presentò altro notabile feno- meno, se non che la ferita, che da pochi giorni appres- so all' operazione presentato avea un aspetto nera- stro, col tempo si spogliò di alcune parti corrotte: e circa ai duodecimo giorno che fu eseguita la mede- sima, venn(? in campo uu' abbondante suppurazione che durò fino al trentesimo: epoca in cui si separarono le due allacciature , e di poi sussegui rapidamente una perfetta cicatrizzazione. Così il sog;^etto dell'istoria presente, dopo aver su- perato! più orribili pericoli durante la malattia a cui do- vette soggiacere per un s\ lungo processo di tempo, ora si trova nello stato il piiì florido di salute, ad ec- cezione di un grado di torpore rimastogli superstite nella estremità che ha subita i^operazione. 15 Cenni fisiologici , patologici ^ e terapeutici intorno la malattia conosciuta nella città di Comacchio sotto il nome di male del fegato : scritti dal prof. Mi- chele Medici e da lui diretti in forma di lettera air ecctìio sig. dott. Raffaello Cavalieri. Bologna 1 835. na cutanea , quanto temibile , altrettanto singo- lare ed oscura malattia, che alligna in Goraacchio , coiuunalraente appellata male del fegato , venne dot- tamente ed ingegnosamente illustrata dal sig. dott. Cavalieri , il quale opinò nella sua dissertazioae ( tra- smessa al eh. prof. Medici per l'autorevole parer suo) considerarla identica colla lebbra tubercolare dell' Ali- beit , e coir elefantiasi dei greci del Biett. Ritiene il Cavalieri, che la diatesi della malattia in quìstio- ne sia di stimolo. Ammette come indispensabile un congenito o ereditario pervertimento di composizione nel misto organico ; ma tiene altresì per fermo , che quanto havvi in essa di morboso , sia infiammato- rio e curabile soltanto coi comuni argomenti anti- flogistici. Aggiugne che il suddetto pervertimento co- stituisce la disposizione alla malattia , e può essere accresciuto dalle cause locali comuni o particolari al segno , che la disposizione convertasi in uno stato j decisamente morboso ; aggiugne da idtimo , che il I mutamento dell' aria e delle altre esterne cose giova 1 cotanto a chi è disposto alla detta infermità , o la 1 patisce , che vuoisi avere in conto di principalissi- 1 mo ed essenziale ingegno , onde riordinare gradual- mente il male preparato organismo , e ricondurlo , pri- iQ Scienze ma che sia leso profondamente , sotto l'impero cleUe leggi del dinamismo. Da tali premesse si apre il va- lente prof. Medici la strada a dividere le materia della sua lettera in due capitoli , e considerare nel primo, se la natura o Tiudole del cosi detto Diale del fegato sia veramente infiammatoria :^ e nel secondo , se l'infiammazione consista in una diatesi di stimolo. Il dotto A. per altro è penetrato con tali conside- razioni in dottrine generali ed importantissime , dis- sentendo in molte cose dal parere che ne hanno ma- nifestalo uomini di molla sapienza e celebrila. Ha egli pur anco illustrato vari punti di patologia e di terapeutica col lume somministrato da' generali prin- cipi fisiologici dedotti dall' accurata analisi degli atti vitali ; per lo che l'alluale lavoro del JS. A. si ren- de oltre modo interessante , gareggiando pur nei suoi pregj di chiarezza e dottrina colle altre sue ben co- nosciute produzioni , che da molti anni ammiriamo. Gap. 1 , nel quale si discorre se il male del fegato abbia natura flogistica - . Prende quivi a di- samina il N. A. le cause , i sintomi , ed il metodo curativo. Per quello apparlìensi al primo titolo, fis- sa egli le sue accurate indagini sulla topografica si- tuazione del luogo , sulle condizioni dell' atmosfera che lo circonda , sulle abitudini e sui lavori che oc- cupano i suoi abitanti , non che sulla prava indole degli alimenti , che essi usano : per il complesso delle quali cagioni fluisce esser cosa possibile, ma non fa- cile, il generarsi morbi veramente infiammatorj. Gra- vissimo peso aggingnendosi a queste cose dal genio ereditario del morbo , ne desume il N. A. la con- seguenza , che la malattia di Goraacchio sia d'anno- velarsi fra quelle , che consistono in un materiale vi- zio delle parti solide e fluide del corpo , ossia ia una viziata plasticità o riproduzione. E qui si libera Cenni nsioLoGici ec. 17 egli ila una obiezione relativa al siibiello della con- troversia , che potrebbe guidare a ritenere siffatto per- vertimento di organizzazione identico a quel preter- naturale mutamento della riproduzione , in cui ave- va ne' suoi scritti riposto il N. A. essenzialmente il processo flogistico. Giacche se avvisò egli doversi principalmente collocare la flogosi in un mutamento materiale dello slato organico , non opinò giammai , che ogni mutamento così fatto sia una flogosi , non venendo sempre da questa ingenerale tulle le cono- sciute alterazioni della materia organica : ed essendosi senza prove ( egli dice ) e con pregiudizio della me- dicina pratica stabilito oggidì da molli come prin- cipio certo e sicuro , che la flogosi , e la sola flo- gosi, è l'operatrice di tulle le degenerazioni o trasfor- mazioni orgaaiche. Dallo studio dei sintomi guidalo il Cavalieri è in persuasione , che il morbo di Comacchio sia una lenta infiammazione dei tessuti dermoideo e celluio- so , e del sistema linfatico , male preparati , e male composti. Ecco il brevissimo quadro dei tre stadi , il qual dietro le tracce del Cavalieri descrive il pr. Me- dici della malattia in quislioue. ,, Nel primo il co- „ lorito bianco della pelle in alcuni cangiasi o in „ roseo, o in livido, o in un giallo-pallido, en- „ fiasi alquanto la faccia , cangiano le fattezze del „ volto , ed anche il temperamento , prurito ricor- ,, renle alla cute , facilita di essa alle escor'azioni , „ e a manifestare una certa fioritura di foruncoli , ,, e difficolta e lentezza somma in quelle ed in questi ,, a cicatrizzarsi. Ne! secondo (oltreché le ora delle ,, alterazioni peggiorano ) manifestansi corti gavoccio- ,, li , e certe screpolature : indi poi geme una sanie ,, fetiMilissima , dapprima quasi sempre nella fronte , ,, indi alle gambe e mi piedi , poscia alle mani e G.A.T.LxVl. 2 18 S e 1 K N Z P „ alle braccia, le quali a poco a poco ogni par- „ te del corpo iutli'tìeieutemeate vengouo a coprire , ,, internatisi nella bocca, nelle narici e nt'gli orec-» ,, chi: sonno inqnielo, spaventosi sogni , alopecia , leu-» ,, gotl('i,'atazia. E tutto viene Icrribiimente rninanJo ,, ne! terzo stadio : i gavoccioli esulcerati si congre^ ,, gano e si ammassano formando targhe profonde , ,, schifosissime piaghe nelle articolazioni e nel luo^O ,, modcsirao , dal quale traspare la divina parte di ,, noi , la faccia : guastansi e consumansi le carni , ,, i nervi , i vasi, il sangue in essi capito, le fibre ,, tutte, e le stesse adamantine ossa i distaccansi e ,, cadono le dita , le mani , i piedi. Spettacolo sozza „ ed orrendo , che rappresenta uomini vivi come fra- „ cidi e CQirosi cadaveri. ,, Qr sul genio di que- sti sintomi stessi poggiando le sue dotte considerazio- ni il «N. A. , dissente dalla semplicità e sicurezza, che ripone il Cavalieri nelle mediche dottrine del pretto dinamismo, del controstimolo cotanto vaglicg- giato da qucst' ultimo ; dissente dall' autorevole giù-» dizio di un Giuseppe Franok esclndente i vizj degli umori, massimamente dai morbi ereditari , fra' quali è a riporsi la malattia di Comacchio ; e dissente dalle teoriche del Cavalieri , che sembra ad evidenza di-f slaccare l'organizzazione dal dinamismo , e distinguere nel suo modo d'intendere l'alterazione organica dallo stato morbosa. Ne trovando salde ragioni per crede- re , che i sintomi superiormente nanati sieno altret- tanti indicii d'infiammazione ( che oggidì vuoisi trop-r pò universalizzare ) , all' appoggio di robusti argoraen-? ti confermasi in credere , che la malattia in propo- sito sia una dejienerazione de' solidi e de"li nraori di- versa dal processo infiammatorio. Facilissima spiega- zione ricevono con tale idea i sintomi di quel ma- lore, ncin potendo im.pugnafsi \q sconcio ni niente deU^ I Cenni fisiologici ec. 10 materia organica in grazia tìci continui processi chi- raico-vilali , ne la variabilità delle forze per la mu- tabilità dei particolari atti o delle particolari condizio- ni , delle quali il risultamento è la stessa vita , uh il mutamento nella composizione dei solidi e degli umo- ri in varie inlermita al morbo di Cornacchie affini , in vari esantemi , nella clorosi , nelle cachessie, nella rachitide, nella gotta ec. senza sintomi dell* infiam- mazione , la quale benché possa pur con tali forme morbose complicarsi , e ceda alla virtù dei rimedi an- tifloi^istici, non permette però con questi la sanazione di quelle. Confortandosi quindi il Medici sulle dot- trine intorno alla vita , già emesse nel suo Manuale e Saggio , riconosce le malattie dinamiche ingenerarsi da una certa mutazione dello stato organico ; il di- namismo seguire le vicissitudini dì questo ; e lo sta- to preternaturale o morboso venire dalla organica al- terazione medesima costituito. Cosicché , mentre il Ca- valieri ammette come indispensabile un ingenito o ere- ditato pervertimento del misto organico; il quale men- tre costituisce la disposizione alla malattia , può es- sere accresciuto dalle cause locali comuni o partico- lari al segno di cangiare la disposizione nello stato morboso ; è chiara la confession di lui , che la ma- lattia consista in un' alterata composizione del misto organico ad un certo grado pervenuta. A siffatto pervertimento del misto organico viene ad opporsi il valore delle prescrizioni igieniche e te- rapautiche consigliale dal Cavalieri. A buon senno in- fatti s'inculca da lui la necessita di cangiar cielo e terra , di mutare gli alimenti e le bevande , di can- giare il modo di vestirsi e le altre abitudini , di mu- tare lo stato dell' animo. Nella difficolta i)oi di de- terminare i particolari effetti prodotti da tulle que- ste nuove cagioni , ciascuna delle quali ha per av- 20 Sci k n z k venlnra un'azione njulliplice , la seiileaza [ìià pros- sima al vero e , che il complesso loro muti le viziale qiialila materiali dei tessuti e degli umori. Lo che ben si confa e corrisponde all' azione delle cause as» segnale alla lebbra di Gomacchio ; cause abili a per- vertire la composizione de^li umuri e dei solidi , piut- tosto cbe d'ingenerare malattie dinuraicbe e di sover- chio stimolo. E cos'i questa parie igienica della cura conveniente al prefalo morbo , nell'atto in cui in niun modo addimostra consistere la natura della infermila in una infiammazione , addita invece che il morbo rìpor si debba in un' alterata composizione dei soli- di e degli umori. Lo stesso è a dirsi del valore de- gli argomenti evacuanti il sangue , come le mignatte ai contorni dei tubercoli se vivamente infiammati , le sanguisughe all'emorroidi, ed il salasso se le ciico- stanze il richieggano. Le quali prescrizioni condizionate lendono abbastanza palese , che le sottrazioni del san- gue non formano parte essenziale della cura. A di- mostrazione della qual verità varie ragioni adduce il pr. Medici, fra le quali non è a tacersi la siraiglian" za di quanto avviene talvolta nella lue venerea , nello scorbuto , nelle scrofole , nella gotta ec. ; nei quali casi parimenti insorgono fenomeni , clie vengon tolti co' riraedj antiflogistici , non mutandosi poi ne to- gliendosi con questi la natura del malore. Che di vero niun medico sensato chiamerebbe infiammatoria una ma- lattia, solo perchè avvi , o può esservi il bisogno di un' applicazione di sanguisughe , o di un salasso. Ne i rimed] farmaceutici conlro il morbo in quistione pre- scritti , come le bevande rinfrescative e blandamen- te purganti , gli antiscorbutici , gli antisettici , ed i decotti di guajaco , di salsaperiglia e di dafne me-^ zereon , dimostrano colla risultante loro utilità in-» dicio alcuno di stalo flo^jistico , siccome dotlamcu-- Gkìn\ni fisiologici fx. 21 te il N. A. rifìctfe. Che anzi spinger volendo egli più oltre l'esame del metodo curativo , con profon- de vfdute e con sa£f;ìce accort:;imento rende chiaro, la merce di dotte rifles^sioiii, un i^ravissimo snljjetlo che molto illustra l'altro di cui tialtnsi, ed avente con esso rapporti : cioè , che mentre della sifilide , dello scorbuto, della gotta ec. la natura infiammatoria non è in conto alcuno provata , o anzi dìsa])provata , a meno che non si confondano con essa i suoi effetti e le sue complicazioai ; d'altronde l'azione antiflogi- stica dei riraedj giovevoli nella terapui delle mede- sime non ha fondamenta meno vacillanti di quelle ab- biasi la natura flogistica di esse. Cosicché plauso far qui dobbiamo vieppiù all' egregio pr. Medici , per il retto ordine e forza delle ragioni , colle quali si op- pone a questa parte della odierna medica dottrina , alla maniera oggidì invalsa di ra^ionnrc col dua- lismo delle facoltà deprimenti o eccitanti , con cva voglionsi accreditare i rimedj , dichiaiandosi flogistico un morbo , perchè risanossi con rimedj criduti an- tiflogistici , e viceversa antiflogistici i farmachi, per- chè vennero reputate flogistiche quelle infermità. Ne questo è tutto : giacche ampliando il N. A. le sue considerazioni, e sviluppando sode dottrine, fa cono- scere non essere sempre la medesima la natura delle infiammazioni acute e croniclie , nelle quali dovreb- be essere indifferente l'usare il metodo curativo ado- perato nelle prime, e così per lo contrario: fa co- noscere qual sia il valore della cos'i detta reazione vi- tale , la quale a giudicio di parecchi dimostra succe- dere la infiammazione all' opera di cause deprimenti ; fa conoscere ferramento di giudicio nelle infiamma- zioni , che talvolta vorrebbono ammettersi propriamen- te occulte , clandestine , segrete , non dovendosi le infiammazioni lente e croniche ritener tali , se accom- 22 S e I K N / K pagliate non sletio da alcuni sintomi die ne tlisvelaoo l'esistenza ; e fa conoscere non cìovci'si il pratico ma- gistero aggirar tnlto intorno alla opposizione di po- teri eccitante o deprimente. Co'»ciossiachè sono innu- merevoli le ragioni e i fatti dinioslranli doversi con- cedere alle sostanze medicinali diverse qualità , o ma- niere dì agire distinte affatto dalla facoltà che aver ponno di eccitare o riscaldare , e di rinfrescare o de- prìmere , ed efficacissime ad operare salutari muta- menti. Se l'oppio, l'etere, l'ammoniaca, ed altri ri- medj riscaldanti o eccitanti disconvengono nell' itte- rìzia , nello scorbuto , nelle cachessìe , nella clorosi, nelle scrofole , nella lue venerea ec, non è mica una prova che la natura di questi morbi sia flogistica , e che abbiano antiflogistica facoltà le medicine ad essi proporzionate , come gli amaricanti , i marziali , gli antimoniali , i solfurei, gli antiscorbutici, il guaja- co , la salsapariglia , e simili ; polendo il detrimento nascere dalla maniera di agire di quei rimedj , la quale non sia richiesta dall' indole dei morbi , tan- to più che di questi incolpare si debbono speciali e diverse alterazioni dei solidi e degli umori- Combat- tendo per tal modo il N. A. cotesta (per cos'i dire) dicotomìa terapeutica conforme alla dicotomia pato- logica, ne conchiude non aver la medesima ne la- sal- dezza ne la estensione che le vengono comunemente attribuite. E siccome riconosce giustamente nelle poc' anzi divisate infermità alterazioni particolari e diverse dello stato materiale dei solidi e degli umori , le quali non curansi che con certi rimedj dimostrati utili dal fatto; COSI estende i medesimi pensamenti alla leb- bra di Comacchio , la quale similmente fa egli con- sistere ( siccome altra volta si è detto ) in una spe- ciale degenerazione delle parti solide e delle fluide , correggibile finca tal punto da certe sostanze , cai Cenni risioT.oGici ec. 2'1 resperleti7,a ha fatto giudicare opportune , e delle quali l'esperienza sola può in avvenire altre scuoprirne o di eguale o di raaj^i^ior efficacia. Da ultimo gravissimi dublii propone da suo pari il N. A. sulla costante identità della flogosi, E per quanto sulla verità di questa massima patologica al presente convengasi da molti.ssiinì , argomenti a dubi- tarne ei rinviene nella considerazione, ch'egli assai be- ne sviln|)pa, degli esiti infausti della infiammazione , ap[)agandosi piuttosto del su|)porre , che questa ne' suoi modi o nelle sue specie varieggi , ed a questa va^ rietà corrisponda quella de' suoi esiti. Argomenti a du- bitarne ei rinviene nella medesimezza di azione in lutti e singoli! riraedj antiflogistici, essendo a quistionar- si se tutti abbiano un solo e medesimo modo di ope- rare , quasi die al nitro p. e. , alla digitale, all'acqua di lauro-ceraso , alla Scilla , al tartaro slibiato ec. avesse a negarsi una particolare e diversa maniera di operare comandata dalla differenza della intrinseca lo- ro composizione o natura. Argomenti a dubitarne ei rinviene finalmente nella essenza del processo flogi- stico non costituita dal dinamismo^ ma bensì consi- stente in una permutazione materiale del solido vivo , il processo di cui -diversifica a norma dei modi, nei quali può esso variare. Il complesso delle fin qui rilevate cose ad esu- beranza conferma, essersi dal N. A. in quest' opera discusse gravi materie con ben sode dottrine 4 e ri- fulge altresì cotal verità in ma^sior estensione nel o or» secondo capitolo , in cui imprende a considerare se la infiammazione sia malattia dinamica e di sovar^ chio stimolo. Compendiose , e quasi aforistiche pro- posizioni formano l'indicato capitolo , div'iso in tre sezioni , che abbracciano lo proposizioni fisiologiche , le patologiche, e le ieropeufiche , con doviziosa il- 24 Scienze lustrazione di note in alcune di esse. Avendo noi in queste carte reso già conto (1) delle hiologiche dottrine professate dal N. A. , pretermetter dobbiamo di tener qui discorso delle proposizioni fisiologiche, le quali ne oflfrono un compendiato quadro. Hanno poi le seconde e le ultime una stretta connessione colle prime; nulladimanco però giudichiamo opportuno far- ne qualche cenno , perchè tendono a rischiarare gra- vissimi subietti , i quali non potevano trovare un suf- ficiente sviluppo fra gli argomenti trattati nel preci- tato manuale e saggio del prof. Medici. Allurcuè lo stato vitale fisiologico per l'azione di alcuna o di molte cause divenga patologico , in- sorgono malattie di riproduzione ovvero organiche , e di eccitamento dette ancora dinamiche. Consistono le prime in un mutamento materiale delle parti del corpo da considerarsi neir aumento, nella diminuzione,© in vizio nella qualità della riproduzione. Ciascuna di que- ste tre maniere di malattie di riproduzione può esi- ster sola; ma tanto la prima quanto la seconda può as- sociarsi alla terza. Si preparacjo lentamente siffatte in- fermità, ne sono s"ì brevi, quantunque acute ; non po- tendosi in un istante viziare lo stato materiale del cor- po , ne in un istante correggersene il vizio. Gli agen- ti o potenze riproducenti sono le immediate cagioni di questa classe di malori , e specialmente il sangue , il quale o soverchiamente si appiglia ai tessuti , fa- cendoli troppo rigogliosamente vegetare , o agisce in senso eontrario a questo , ovvero contenendo piiiici- pj di cattiva qualità li comunica al solido vivo, per- vertendolo in varie guise. Viene anche preternatural- (i) Manuale di fisiologia ce. ec. del prot. Medici. Voi. di aprile e maggio i835. Cenni fisiologici ec. 25 mente mutata la riproduzione da certe potenze , le quali comechè turbino la composizione degli umori , pure direttamente agiscono eziandio sopra ì solidi , al- terandone l'organizzazione , come il calorico, la lu- ce , l'aria , i miasmi , i contagj ec Giacche il N. A, ia mezzo alle contrarie opinioni della dottrina umo- rale e della pretta dinamica sulla genesi dei mor- bi , fa stima che per la riproduzione assidua dei soli- di , ed alimento loro a spese degli umori , necessa- rio sia comunicarsi a questi l'alterazione di quelliì* fa stima altresì , che le potenze morbifere , ed iti particolare l'eslerne , possano direttamente ed imme- diatamente mutare così i primi come i secondi , senza bisogno di derivare dall' alterazione degli uni quella degli altri. Esse potenze infatti non solo agiscono por- vertendo la crasi del sangue , e per conseguenza la riproduzione delle fibre , ma si ben anco perchè i medesimi principj , coi quali alla tempera del sangue- rendonsì nocivi , pervertono a dirittura la composizione del solido organizzato. ,, Ne altrimenti procedono le „ cose rispetto alle potenze terapeutiche , le quali gio- ,, vano non tanto correggendo il sangue, e rilornan- „ dolo alla condizione di un agente debitamente ri- „ produttore , quanto permutando direttamente l'or- „ ganizzazione dei tessuti. La quale maniera di agi- „ re di potenze e patologiche e terapeutiche trova ,, conformità ed appoggio in quella che appartiene a ,, certe potenze fisiologiche., come sono , a cagione „ di esempio , le così dette influenze cosmiche , del ,, potere delle quali nella conservazione della vita sa- „ na provano evidentemente il beneficio e i solidi ,, e i fluidi. ,, Le malattie di eccitamento, o dinamiche, con- sistono in una preternaturale mutazione del movimento proprio dei tessuti o in aumento , o in diminuzione , 26 S e 1 8 N z *: o in crrameiito nella sua direzione. Caj^ione immediata di tali forme morbose risguardansi le potenze ecci- tanti, ossieno gli stiraoli e le potenze irritative opera- trici dogli errori di movi'uento. Siccome poi l'ecci- tamento è in ragion composta e della potenza mo- vente o stimolo , e della moì)ilita o eccitabilith ; cos'i delle malattie di eccitamento, o accresciuto o dimi- nuito può eziandio essere cagione immediata l'aumen- to o la diraifinzione delf eccitamento seuza che aumen- tato o diminuito sia lo stimolo. Alle infermità di ac- cresciuto e di diminuito eccitamento può ass'^ciarsi la terza maniera di mutazione preternaturale di mo- to, cioè di aberrazione di questo. Consistendo tutte le malattie di eccitamento , o dinamiclic , in un sem- plice moto , possono essere istantaneamente suscitate , ed a'/ere brevissima durazìone. Ma qui non è a tace- re , che ne' dirsi ingenerate le malattie dinamiche im- mediatamente dalle potenze eccitanti, non intende il N. A. che quelle sieno effetti di cause , alle quali non competa che la facoltk di eccitare o di stimola- re , ma bensì che nascano in quanto le cagioni lo- ro hanno operato eccitando o stimolando. E del pari vuol applicarsi questa idea a' morbi di riproduzio- ne , i quali s'intendono generarsi perchè le cause loro hanno agito mescolandosi colle parti del corpo, ed al- terandone la composizione: di guisa che „ le stesse po- ,, lenze morbifere poiino esercitare e l'una e l'altra „ aaione , e partorire ajnbe le generazioni suddette ,,. di morbi. Il che tiene accordo con quanto scrissi „ ( V. Manuale di fisiologia ec. ) circa le pntonze fisio- ,, logiche , cioè che non esiste una serie distinta „ di cose valevoli a produrre questo effetto (l'effetto ,, cioè d'incorporarsi coi solidi e cogli umori ), ot' „ tenendosi esso da alcune delle slesse potenze ec- „ citanti , nelle quali perciò è a riconoscere una CeN(NI FISIOLOGlCr EC. 2T „ doppia azione. ,, Altre avvertenze del N. A. qui aggiugncr dobbiamo intorno al dinamismo , allo sti- molo , ed air azione irritativa ; dimostrando efi;li , che il dinamismo non dee confondersi col sitijnifjcatG della vita ; che il dinamismo è una parte della vita , e deesi considerare un movimento ; che lo stimolo , anziché prenderlo per agente vitale , vuoisi avere in conto dì agente motore , per forma che l'azione di- namica è della stessa natura che la stimolante , e l'azione stimolante ha la natura medesima che la di- namica ; eh' entrambe cioè sono movimenti , e per conseguenza che l'azione irritativa , quanto che dina- mica , è azione di slimolo o di moto , e le potenze irritative sono potenze stimolanti o moventi. E ciò contro il giudizio di alcuni , che pongono una dif- ferenza essenziale tra l'azione irritativa e la stimolante. Alle malattie di produzione può prender parte l'eccitamento , o come antecedente , o come conse- guente; potendo nel primo modo l'eccitamento accre- sciamo trasferire maggior copia di saogne a qualche luogo , e cos'i contribuire ad una maggior riprodu- zione , laddove in guisa opposta può operare un ec- citamento diminuito. Se questi morbi di aumentata o diminuita riproduzione vadano con somma lentezza ge- nerandosi , non suol precedere alterazione almeno con- siderevole dell' eccitamento : lo che pili facilmente in- terviene nei casi di semplicemente pervertita ripro- duzione. Allorché per l'alterata riproduzione si al- tera lo slato organico, e quindi l'eccitabilità che ne risulta , egli è che l'eccitamento può prendervi parte come conscguente. In ciascuna delle due maniere sor- gono le malattie composte , cioè le malattie organi- co-dinamiche neir ultima , e le dinamico-organiche nella prima ; s\ nell' una però e si nell' altra è a ri- tenersi per principale la parte organica. Da che se 28 S e i r; N z K reccitamento alterato è un effetto 'Ioli' alterazione del- lo stato materiale , noti può esso costi tni re la natu- ra o essenza del morbo , e dee esserne in vece una parte secondaria; il quale asserto con robuste conside- razioni in apposita nota viene ampiamente fìanchei^- giato. Ivi egli ravvisa non essere il dinamismo il fedele rappresentante esterno delle malattie , sicco- me dimostra con toarelici raziocinj, e con l'appoggio de' fatti. Ed impegnandosi d'illustrar la sua tesi con l'esempio delle infiammazioni acute , si volge ad inve- stigare qual sia l'atto , nella mutazione del quale con- sìste la ;>arte primaria o fondamentale della malat- tia. „ E poiché (son sue parole) non è più lecito il ,, dubitare , che nel processo flogistico non abbiavi „ una riproduzione preternaturalmente accresciuta, ne ,, conseguita , che le infiammazioni non meritino il ,, nome di malattia di vita accresciuta (come lo pre- ,, tendono coloro , pe' quali la vita è sinonimo di „ eccitamento , o dinamismo), si perchè la vita com- ,. ponesi di due atti, o elementi , de' quali uncr so- ,, lo, cioè la riproduzione , è essenzialmente e co- ,, stantemente eccessiva : sì perchè l'altro , o l'ec- „ citamento, può non esaltarsi , poteado infatti o di- ,, rainuire , o aberrare : sono invece malattie ma- ,, terlali od organiche, e il dinamismo ne è sempre la „ parte meno importante. „ Ne valga il dirsi , che i fenomeni dinamici agevolano al medico la diagno- si e la cura. Poiché vi ha degli eventi, nei quali le dinamiche apparenze non corrispondono alla na- tura del male : e sotto questo difetto di corrispon- denza diviene insuficiente ed ingannevole il dinami- smo , ed è pur forza il rifiutarlo. Laddove la no- tomia , la fisiologia , i principj patologici , l' esame dell' individuo infermo , delle cause , dei sintomi (i quali non appartengono tutti al dinamismo), Tazio- Cenni iisiologici ec. 20 ne conosciuta dei rimedj sovvengono al medico dei lumi capaci a dirigerlo nella diagnosi e cura delle infermità. E quante volte , se fidar si dovesse al di- namismo , saremmo tratti la inganno nella diagnosi e cura di alcuni malori , come pure nella enterite , enei tifo encefalite, i quali morbi sarebbero special- mente a ritenersi di eccitamento diminuito , e do- vrebbero i medicamenti esser tratti dalla classe degli stimolanti? Ne ad infirmare coleste conchiusioni al- cun valore può darsi alla così detta debolezza fi" siologica , a cui suole dai dinamisti aversi rifugio , edalla differenza sn^ ^nWn condì' ione patologica. Es- sendo ben fermo l'asserto del male , che secondo le migliori dottrine il processo flogistico consiste es- senicialmente in un' alterazione materiale , e non mai in un accresciuto eccitamento o dinamismo ; e che cotesto eccitarne nto accresciuto le tante volle non si osserva nella generalità del corpo , essendovi spessis- simo la debolezza fisiologica^ la quale consiste in uà eccitamento diminuito ; e che il locale flogistico pro- cesso non tiene natura dinamica. Esso bensì coisiste in un mutamento materiale delle parti stesse infiammate , siccome addimostra l'os- servazione; poiché se lo stimolo è potenza movente, e se l'ecitamento è un moto , non può l'infiammazio- ne essere malattia di stimolo e di eccitamento. Per lo che non è l'infiammazione che una malattia di riproduzione , e più specialmente una plasticità o prelernaluralmente accresciuta , e insieraemente per- vertita , ed immediatamente cagionata da potenze che agiscono incorporandosi coi tessuti , permutandone la organizzazione. „ Chi dà il nome di stimolo tanto „ alle potenze moventi i tessuti , quanto alle altre „ che s' incorporano con essi , e quello di eccita- „ melilo al loro moto egualmente che alla raulaaiu- 30 Scienze „ ne della loro materiale composizione , o erra ncl- „ Io assegnare la natura della flogosi, o cade nel- „ l'altro errore di coiilondere cose essenzialmente di- „ verse , e trascurare e perdere ì vantaggi che si ot- „ tengono dallo stabilimento e dall' applicazione di ,, (juelle diversità. ,, ìirramenti ben significanti, nei quali vien tratto chi con calda prevenzione vagheg- gia nie[i salde dottrine. Erraniento del pari rilevane lissiaio è quello, che imprende quindi gagliardamen- te il N. A= a diiiK)Strare e respingere , cotanto da alciiiiì coltivato , di ritenere cioè che la infiammazione nata in un punto , si sposti dalla sua sede lascian- dola libera per trasferirsi (talvolta rapidissimamente) altrove ; che abbandoni la parte ultimamente occu- pata, per far di nuovo ritorno alla prima , o portar- si ad altra ; che diansi in somma infiammazioni , le quali passeggino e camminino pel corpo dell' infer- mo : nei quali eventi a torto si crede finita la flo-" gosi, ove tuttora continua , o si giudica flogosi quel- lo che non lo è. Saggiamente opina in vece il N. A. (assistito dalle dottrine fisiologiche, e da innume- revoli fatti della medicina pratica) , che il traspor- to dtcantato p» e. della flogosi dal polmone al cer- vello è del dinamismo , il quale appunto per sua natura e mobile e trasferibile a varie parti, crescen-« do in alcune e in altre scemando , e non mai del- l' alterazione materiale costituente il processo flogistica siccome i necroscopici trovamenti pur confermano. Nò impugnando egli la possibilità di reale iufiammazions in altre parti meno remote , sostiene a buon senno, che la flogosi continua ad occupare il primitivo po- sto, avendosi tutto al più una semplice diffusione dì flogosi, e non mai un trasporto. Diciamo in altre par- ti meno remole ; giacche per le parti più lontane , quali sarebbero, a mo' di esejopio, la vcssica o l'utc- Cenni fisiologici kc. ol IO con l'encefalo , neppur alla diffusione di flogosi consente il prof. Medici , avvisando piuUoslo die la seconda malattia nasca dai consensi simpatici fra la parte sede di essa , e quella che lo h della prima. Nel che tutto il segreto magistero è riposto nelle ra- gioni fisiologiche e patologiche delle simpatie raedesi- ine , cioè nel come , data una certa parte , nascono in altra mutamenti che rendonla inferma , e non mai che la slcbsa malattia dal primo luogo sen passi al se- condo ; quantunque poi dei sintomi cerebrali conse- guenti alle cistiti o raetriti faccia stima il N. A. do- versi dichiarare più spesso turgenze di vasi che vere flogosi. E con tale idea di siffatte vascolari turgenze , o angioidesi , egli spiega pur la certa ed evidente scomparsa di una malattia dalla sua sede , e l'appa- riscenza di un'altra in parte lontana, come nella ri- sipola , nella scarlattina ec .- , non che le cosi det- te flogosi vaganti o erranti. Rimane a parlarsi ( lo che brevemente faremo ) delle proposizioni terapeutiche^ le quali tendono a de- terminare la natura dei riraedj in modo analogo alle idee emesse dal N. \. nelle due precedenti lezioni. Chiama egli dinamici i rimedj, l'azion de' quali è diretta a rior- dinare l'eccitamento o moto vitale, ed essa è soltanto quantitativa. Non spetta alla dinamica l'azion dei ri- medj , per la quale si mutano le condizioni intrinse- che e sostanziali dei tessuti, e per cui l'organizzazio- ne ritorna allo stato conciliabile culla sanità: cotale azio- ne è materiale od organica , e non solo quantitati-» va , ma eziandio qualitativa. Essendo soltanto quan- titativa l'azione dinamica dei rimedj , può agevol- mente dividersi assegnando loro la generale corrispon- dente denominazione di eccitanti o stimolanti , e di contrastimoli o deprimenti, secondo che scorrono od «ccreicono Io eccitamento; laddove per (juei della se 32 Scienze concia classe, l'azione dei quali è quantitativa e qua- litativa , ponno gli agenti terapeutici in corrisponden- za al primo carattere dividersi in quelli clie accresco- no, ed in quelli die nainorano la riproduzione; mentre j»(:l secondo carattere non sono riducibili a gene- lali divisioni appellabili di un dato nome. Non co- Moscendosi pertanto con distinzione la qualità delle alterazioni materiali , e pili sensato partito lo indica- re negativamente la contrarietà dei rimedj alla qua- lità del morbo, con le voci di antiscorbutici p. e. , antivenerei ec. , o esprimere empii icamente il solo ultimo effetto dai rlmedj procacciato , e distingueflo p. e. co' vocaboli di deostruenti , attenuanti , diu- retici ec. Possono quindi ben dirsi antiflogistici 1 rimedj alti a togliere le infiammazioni: ma il farsi sino- nimi di controstimolanti o deprimenti , e il non consi- derare in questi die una azione dinamica , presup- pone che la infiaaìtiiJiione abbia dinamica natura : il che abborrisce dal vero. E perciò l'azione prin- cipale degli antiflogistici, quella cioè colla quale di- struggono il processo o la diatesi infiammatoria, non solo può essere quantitativa , minorando la soverchia riproduzione , ma ancora qualitativa , poiché cangia le alterazioni materiali diverse , che essa pone nella infiammazione. Se dinamica soltanto o quantitativa fos- se a reputarsi consentanea alla verità l'azione degli antiflogistici , dovrebbero i soli controstiraoli cosi detti positivi bastare alla sanazione delle infiamma- zioni anche fortissime. Glie anzi la quotidiana espe- rienza dimostra in qual conto debbono aversi certe guarigioni di gagliardissimi morbi flogistici, chevantansi ottenute senza gli argomenti evacuati il sangue : i quali è ben vero , che diminuiscono il dinamismo, quando e accresciuto, ma il vantaggio principale da essi operato è che scemano la soverchia plasticità a Cenni fisiologici kc. 33 riproduzione, togliendo al corpo la soverchia materia plastica o riprodiiceiite , che nello stato infiammato- rio aumenta rendendo la riproduzione preternalural- mente rigogliosa- Ma qui ci arrestiamo per ragione di brevità, nella lusinga di aver reso Jjastevolmente conto di questo interessante lavoro del prof. Medici. Aven- do egli sparso nel medesimo una luce abbondevole intorno a vari oscuri subietti , e rallorzate vieppiìi le dottrine fisiologiche , patologiche , e terapeutiche da esso sostenute , e già da lunga pezza professate; mal non ci apponemmo, per quanto ne sembra, nello scri- vere le poche lince preliminari al nostro sunto del Manuale di fisiologia del medesimo. La non comu- ne sapienza , con cui egli si è distinto in rettifi- care le invalse idee relative agli assunti argomenti, in dilucidar questi nella estensione loro con tut- ta chiarezza , in far sentire con ferma energia i tra- viamenti delle avverse dottrine, conduce a convinci- mento, e prepara un pili universale consentimento ai varj principi nel presente lavoro del N. A. me- morati e discussi. ToNELLI. G. A. T. LXVl, 34 Cenno siilV antica storia del foro criminale bolo- gnese , ove si confrontano gli antichi tempi coi presenti , si fa menzione delle pene , dei delit- ti , dei giudizj arbitrari , dei costumi, delle super- stizioni , deir antica procedura criminale , dei tormenti e degli effetti funesti della tortura. Bo- logna nella tipografia e fonderia del Genio 1835. (1 fase, in 8.) ARTICOLO I. 1 solo titolo di questa opera , che più presto ap- po! ! crei Raccolta di fatti criminali del foro bolognese parla di per se chiaramente intorno al proposito del- 1"A. , eh' è il sig, Ottavio Mazzoni Toselli , uomo i^ih benemerito delle lettere italiane per una disser- tazione su l'origiue di nostra lingua , e per un di- zionario gallo-italico , ove riuvengonsi alcuni pecca- dos e peccadillos di provenienza celtica trasfusi, per non so cìie smania nordica , fra le vene dell' idio- ma puro e sonante d'Italia. Or egli nel suo proemio dico il perchè è andato compilando questo cenno ; che sarebljo per trarre d'inganno coloro^ die si ere' dono di vivere in tempi calamitosi ; mentre egli cre- de avanzata la presente civiltà su l'antica , di cui istituisce confronto. Posto che il pensiero del sig, Toselli sia lode- vole , vorremmo che, tol(a questa sua utilità princi- pale , si facesse a ritrarne altrettali minori ma più consentanei al buon andamento desìi studi letterari ed arlietici. Infatli ne' secoli di mezzo il suo paese era il Bononia docens per una moltiludiue di giova- 1 Foro criminale di Bologna 35 Ili che coiivenivauo a quella universiia : or que- sti certo vi recavano parole, o ve ne toglievano , come il buon Varcla osservava di Roma popolata sempre da' strani , taulochè la consuetudine degli stu- denti o di altri dotti che ivi stanziavano dovette va- riare in alcun che il dialetto nativo : e bene s'avvisa chi crede travisarsi per il contatto sociale in un co- gli affetti i modi e la lingua di ogni citta. Ciò po- sto, andrà forse errato dal vero, chi dirà le processu- re risentissero di siffatta confusione o variazione di patrio idioma ? Certo che no : sicché quanto lalinnc- ciò in quei protocolli , onde traeste il vostro cenno di storia^ quanta mondiglia curialesca, e quanto buo- no da cernire per un occhio di lince ! Perchè dun- qup, sig. Toselli, non feste si essenziali avvertenze , e anziché darci una traduzione che non si desidera, non ci offriste qui processi (che vestite cogli a])iti del presente secolo tali e quali si trovano, lordi ancora, e deformi , purcliè sieno in paludamento natalo ? E difatli se il N. A. fosse stato guidato nel pre- so divisamente , di quanto utile non sarebbe il suo lavoro per chi sa gustare delle cose antiche ? Or qui volendolo confortare a miglior bene , diremo il ine todo , con che dovrà compiersi la cominciata fatica. 11 quale si è, a dirlo brevemente, che osservi l'origi' nalita anzidetta del testo , e questa in ispecie nella parte di costituti ; si perchè 1' inquirere , d* onde emerge il dialogo che formasi tra il reo e il giudice, è cosa essenziale in ogni criminale disquisizione ; sì perchè la lingua , che li veste , può somministrare di buoni lumi a chi si addentra iu cose filologiche , tanto più che Bologna come nobil parte doli' escreato dovette risentire assai delT italico biscasso , e della profonda ignoranza, onde a di lungo giacque la clas- sica terra , che ad onta di tante pubbliche sciagure 3* 36 Scienze trovasi locata là dove ella era. Ne seguendo (jueslo metodo , qui si arresta l'utilità della sua opera per chi si diletta della coltuia di quelle arti : che a buca dritto sono dette belle per il piacere che procurano a' suoi amatori. E di vero il loro pensiere allieva ^rau parte di quel peso onde va sopramercato carica la vita specialmente degli uomini che intendono e che sanno. Or essi quivi appareranno il costume del tempo, onde i vestiari eh' entrano ne'suggetti dell' era avran- no l'appariscenza reale, che desideriamo sempre in ogni composizione. E se la superbia del dì non fosse ecces- siva saprebbersi certi barbassori , eh' è cosa prodigiosa per non dire impossibile, trovarsi riunite due somme qualità, di artista cioè e di letterato, in uno sol' uo- mo. Sicché gì' artisti intelligenti avranno nell' opera del sìg, Toselli ad osservare importanti cose a loro prò. Perchè nel decorso delle prelegate proccssure vi si ravvisano descritte per minuto le vestimenta, i vezzi, le armi , gli arnesi , le masserizie de ricchi e popo- leschi non pur d' un secolo , ma di piiì secoli, cioè dal 12 sino al 16. Il perchè reputiamo già qual- che cosa per tal titolo, il cenno, del N. A. Ma altri vantaggi ponno derivare come da fonte immutabile , pur che voglia riordinare le sue idee il pazientissimo sig. Ottavio. Fra quali non sarà né an- che piccolo questo che ora diciamo rispetto a' roman- zieri. Or cotesti signori narratori che non fanno che ripescare, fra le bolgie delle patrie, domestiche e pub» bliche sozzure, non è egli vero che il più delle vol- te ci fanno descrizioni di rimate età con ])arole più sconce delle usanze, che ci offrono a considerare? Po- sto dunque che abbiano libri ove attingere con si- curezza possano le notizie de' loro eroi , quanto meno guasto risentirà la verità de' racconti ? Taccio poi i poeti comici , perchè ììc non vanno foruiti di ottimo Poro cRiivxiUAtE or Bot.oCxa 37 gusto e (li vaste cogtiizioui non fanno che immer£»crsi fra il brago (lolle cisterne limacciose de' romanzi anzidetti, quasi questi fossero il ricettacolo delle piii pure notizie. E finalmente non volendo più discorerla per le lunghe, non pensate, sig. Tosefli , che il vostro esempio po- trebbe addurre immensa utilità in fatto di crimi- nale scienza ? Ditemi, se aveste imitatori in si laborio- so esercizio , non credete che spingerebbe piiì ol- tre il criterio pubblico in un ramo , che per no- stro infortunio non è fin qui stato discusso che su basi quasi tutte incerte e mal ferme? Conciossiachb essendo indubitato le leggi non essere che fatti , per sapienza degli imperanti proposte ad ottimo reggimento de' po- poli , chi negherà che una collezione di simili fatti be- ne condotta al suo termine non possa riportare d'im- menso lume a chi vorrà per essa studiare ne* tempi an- dati norme di pubblica tutela ? Questi vantaggi ponno sperarsi da chi ha suffi- cienti cognizioni e buon volere! Qualità onde ridon- da il N. A., e senza cui o tornerebbe di niun successo tanto travaglio , o lutto al più non sarebbe che una solenne significanza di ciò , che potè il rauncipalismo in Bologna rispetto alle leggi direttive e punitive de' delinquenti. Sicché nutriamo fiducia che vorrà accogliere in buona parte le fattegli osservazioni: tantoché varras- sene agli ottimi fini , onde imprese a descrivere la storia delle patrie calamità- Y. K, 38 Osservazioni intorno ai cristalli tennelettrici. c, Ihiarao cristalli termelettrici i corpi cristallizza- ti, che riscaldati danno segni elettrici. Questa dctionii- nazione mi sembra più conveniente di quella di cri- stalli piro-elettrici:, da che per elettrizzarsi non hanno bisogno del fuoco • si elettrizzano nel ralFreddarsi non meno che nel riscaldarsi , ed Haiiy osservò i segui elet- trici nel silicato di zinco esposto alla temperatura di - 11 ." G. Nelle Istituzioni fisico-chimiche ( L. IV C. XV ) ho esposto i principali fenomeni osservati da' fisici in questi cristalli, e alcuni da me osservati, in ispecie ne* cristalli di zucchero : ed ho cercato di dare a tai fe- nomeni una probabile spiegazione. Nel presente scritto poco altro farò che riferire alcune sperienze pubblicate in Edinburgo, e per avventura non assai note fra noi. Il dottor Brewstcr annunziò d'avere scoperta (coni* egli dice ) la piro-elettricità in molti minerali , ne* quali non si conosceva: tali sono la mesolite , la scolezite , lo spato calcario , il solfato di barite, il solfato di strontiana , il carbonato di piombo , il dia- mante , il quarzo del Delfinato , il solfo nativo , il gra- nato ec, e in 14 specie di cristalli artificiali, fra le quali è lo zucchero. Nulla dirò sulle prime due spe- cie minerali, delle quali non ho avuto occasione d'esplo- rare i cristalli. Il dott. Brewster crede probabile che i cristalli di mesotipo, che Haiiy trovò termelettrici, ap- partenessero air una o all' altra di queste due spe- cie Il sig, Bcudant ha pensato che la mesolite non Cristalli termelettrici 30 sia clie un miscuglio di mesotipo e di scolczite ( Mine* ral. 2. Ed. 1832 t. II p. 57. Necker Saussure, Re- gne minerai, t. II, p. 453) . Punto non mi sorpre- se vedere in questo catalogo lo zucchero , nel quale aveva io già osservato questa proprietà , e i cui cri- stalli presentano per lo piii quella mancanza di simme- tria fra le due estremità, che seml^ra indizio (e per me di fatto lo fu ) della virtià terraelettrica. L'espe- rienze sui cristalli di zucchero erano state fatte da me coir ago di Haiiv isolato ed elettrizzato: recentemente le ho ripetute con buon successo colf elettrometro for- mato con due pile zaraboniane. Ma nella massima par- te delle sostanze mentovate dal dott. Brewsler questa mancanza di simmetria non si h osservata. Esplorate parecchie di queste sostanze , ebbi da alcune qualche segno elettrico , e ne ebbi ancora da altre non men- tovate dal lodato fisico , esempigrazia dal sai gemma , dal solfato di potassa e specialmente dal nitrato di potassa. Non avendo peraltro potuto esplorare in al- cuna di tali sostanze i due poli elettrici , ma solo l'clettricilk negativa, quando mi venne fatto di cono- scerne la natura , mi cadde in pensiero che questa elet- tricila non fosse già analoga a quella della tormalina , ma piuttosto fosse dovuta all' evaporazione o alle chi- miche operazioni che l'accompagnano , tanto più die vedeva segni elettrici maggiori ne' corpi vaporanti , quali sono il nitrato di potassa , e il tattrato di po- tassa e soda da me esplorati ( e anche, secondo il dott. Brewster , l'acido tartarico ) maitre nelle sostanze pie- trose appena vedeva qualche segno raro , debole e fug- gitivo. Manifestai tal pensiero in uno scrittarello pub- blicato nel 1826 , e di bel nuovo nelle mie istituzio- ni (L. IV §. li 1, 170 ) , Tuttavia non conoscendo io lo scritto del dott. Brt-wster se non per gli estratti inseriti in alcuni giornali , e vedendo che appoggiali 40 S e I r N 2 E alle sue sperienze i fisici Despretz e Pouillet avevano considerato lutti i cristalli acceiinnti come analoghi alla totraalina , bramava assicurarmi , se il lodato Brew- ster avesse o no osservato ì due poli, ossia le due con- trarie elettricità ne' tanti cristalli, di cui fa menzione. Fi- nalmente ho ricevuto il i^iornale ( Ihe Edinburgh Journ. of science : octob. 1824) ove sono (p. 208) le Ob- servations on the Pyro-Electricity of Minerals. By David Brewster. Dice l'autore che, per determinare l'esistenza della piro -elettricità ne' minerali ove que- sta è debole , si serviva della membrana interna dell* Arando Phraginites divisa in minutissimi pezzi , e de- terminava l'elettricità di ciascun minerale dall' attrarre che faceva uno o piìi di questi corpicciuoli diseccati ac- curatamente. Fece pure uso d'un ago d'ottone assai geloso con cappelluccio di granato. Cosi poteva scuo- prire l'esistenza di una , comechè debolissima , forza attraente , ma non già la doppia elettricità o i due poli elettrici : dacché non ci dice che mai osservasse la ripulsione , ne che i corpi, i quali gli servivano da elettroscopii , fossero stati da lui elettrizzati. Ta- luno può anche dubitare se tutte le attrazioni da lui osservate fossero veramente elettriche. Il dott. Brewster ha fatto le seguenti curiose spe- rienze. Pestò in un morta jo porzione d'una tormali- na , finche fosse ridotta in polvere sottilissima. Pose quindi questa polvere sur una lastra di vetro , colla quale non mostrò adesione alcuna. Scaldato poi il ve- tro a sufficiente temperatura , la polvere aderiva ad esso : e se rimescolavasi con qualche corpo asciutto , raccoglievasi in masse e aderiva a quel corpo. Questa viscosità , per così dirla , o disposizione a raccogliersi in masse, diminuiva in un colla temperatura, e ces- sava allorché questa non era piìi che l'ordinaria dell' Atmosfera. Ridusse poi in polvere bianci per mezzo Cristrlli termelettuici 4^ del calore alcuni cristalli di scolezite e di mesolite , per privarli dell'acqua di cristallizzazione. Allorché que- sta polvere fu riscaldata so[>ra una lastra di vetro, vi aderiva come quella di tormalina , e rimescolata con un qualche corpo , a questo pure aderiva e riu- nivasi in masse a guisa della neve caduta di fresco. Questo fatto , dice il lodato fisico , è assai istruttivo ; dacché alcuni minerali solo differiscono per la quan- tità deir acqua di cristallizzazione : la polvere , c/i era così piro-elettrica , non può considerarsi come scolezite o mesolite , ma come un altra sostanza non conosciuta in mineralogia : onde che la virtù piro elet- trica d'essa polvere non dee riguardarsi come pro- prietà del minerale , di cui fa parte , ma solo d'ai- cuni de suoi componenti. Checche sia di ciò , ad Haùy era sembrato che ad osservare gli efletti nel mesolipo fosse necessario che esso conservasse la sua acqua , co- me si vede nella prima edizione della sua mineralogia ( T. III. p. 160). Anche io ho qualche volta osser- vato che, divenendo per l'azione del fuoco bianchi e opachi i cristalli di zucchero , non parevano piiì terme- lettrici : forse la debol forza termelettrica sussisteva tuttora , ma non più ajutata dall' altra forza , di cui abbiamo parlato pocanzi. Ma dì ciò sia che vuole. L'anno scorso ( 1834 ) si stampò in Edinburgo una Relazione d'alcuni sperimenti sulV elettricità della tor- malina e d'altri minerali allorché si espongono al ca- lore (An account of some experimcnts ec.) per inserirsi nel volume XIII delle transazioni di quella R. socie- tà. L'autore è il sig. Forbes prof, di filosofia naturale neir università d'EdInburgo , per la cui cortesia ne ho ricevuto un esemplare. Egli si è occupato principalmente in confermare ed estendere le idee pubblicate dal sig. Becquerel wq- ^\ Ann. de chimie et phys. 1828, Questi aveva so- 42 Scienze stenuto che la tormalina , perchè dia segni creleltrici- tà , debba mutar attualmente !a sua temperatura. Il dott. Thomson , nell' opera sul calore e l'eletlricita pub- blicata nel 1830 , crede che lesperienzc d'Epino, nelle quali trovò elettrica la tormalina fino G ore dopo che avea cominciato a raffreddarsi , non possano conciliarsi colla dottrina stabilita da Cantori e da Becquerel , cioè che l'elettricità soltanto sia eccitata , mentre il cri- stallo muta temperatura. Il sig. prof. Forbes fece una serie di esperimenti , esplorando la tormalina con un elettrometro analogo alla bilancia elettrica di Coulomb. Poneva una buona tormalina ben riscaldata a contatto del disco di caria dorata : questo dopo qual(?he tem- po si andava a poco a poco scostando : dopo un certo tempo l'allontanamento giungeva al marimwn , e il di- sco restava stazionario : indi, scemata la ripulsione, il disco sì ravvicinava alla sua naturai situazione, e, se abbastanza aspettavasi, tornava ad essa appuntino , non esercitando piiì il cristallo azione alcuna su d'esso. L'elet- trometro in queste sperienze era un eccellente isolan- te , e il cristallo era sostenuto da altro corpo isolante. Crede il prof. Forbes che queste sperienze confermino la sentenza del sig. Becquerel, e dimostrino che , su- bitochè cessa il cambiarsi della temperatura, non ri» mane vestigio d'elettricità , coraechè , quanto può far- si , mantengasi l'isolamento. Una sperienza, che si legge nella memoria citata del dott. Brewstcr , gli parve che potesse opporsi a questa sentenza. Una lamina di tor- malina segata a traverso l'asse del cristallo , e posta sopra una lastra di vetro scaldata, vi aderiva per 608 ore , anche allora che il vetro si rovesciava , l'elet- tricità della tormalina sostenendo cosi il projìrio suo peso. La lamina di tormalina, osserva giudiziosamente il prof. Forbes , può considerarsi come una su[)erficie elettrica sovrapposta al vedo. Suppongasi che (juesto Cristalli tjjkmeiettrici 43 e la tormalina si scaldino insieme , e che il lato della lamina , che prende nel raffreddarsi elettricità vi- trea , sia opposto al vetro , la cui opposta o seconda superficie non sia isolata : questo per !a legge d'in- duzione prenderà elettricità resinosa , essendo cacciata la vitrea. SI isoli ora il vetro : la superficie della tor- malina più lontana da questo ha elettricità resinosa , poiché abbiam.o supppsto vitrea quella doli' altra su- perficie : l'elettricità resinosa, ch'è isolata nella secon- da superficie del vetro , trae fortemente l'elettricità opposta della superfìcie più vicina della tormalina e impedisce la combinazione , che senza ciò seguireb- be coir elettricità dell' altra superficie. SI potrebbe anche dire che l'elettricità della superficie della tor- malina, che tocca il vetro, è resa latente e ritenuta al suo posto dalla contraria del vetro , e cosi non può la tormalina tornare al suo stato naturale. la qualun- que modo ci spieghiamo, è il vetro che rende più durevole l' elettricità della tormalina , e fa in que- sta sperlenza officio analogo a quello dello scudo neir elettroforo. Il prof. Forbes confermò le sue idee coir esperienza. Tagliata una lamina a traverso Tasse d'un largo cristallo di tormalina nera , e scaldatala , la collocò sopra una lastra di vetro fredda , volta a questo per la parte che raffreddandosi prende elettricità vitrea : subito aderirono , talché la tormalina restava attaccata al vetro , benché rovesciato : toccata la ee- conda superficie del vetro con dischetto di carta dorata e avvicinato questo ( sostenuto da un pezzetto di gom- ma lacca) all'elettrometro , palesò elettricità resinosa abbastanza forte. Questo prova al certo die il vetro diviene elettrico , e dee ritardare il ritorno della tor- malina al naturale suo stato, o, come dicono , il ricon- giungersi delle due elettricità ; ond' è che da questa sperienza nulla può dcdursl contro la dottrina del sig. Becquerel. 44 S e 1 K R Z E Mi pare peraltro che dehh.insi accuratamente di-' stinguere queste due proposizioni. I, L'elettricità non si desta nella tormalina perche ella sìa ad alta o a Lassa temperatura , ma bensì per l'altunle abbassarsi o elevarsi della sua temperatura ; e il polo che raffred- dandosi è positivo o vitreo , riscaldandosi è negativo o resinoso. II. Questa elettricità non dura punto [nù del riscaldarsi e del raffreddarsi del cristallo. La prima proposizione provata assai bene dalle sperienze del sig. Becquerel , che confermano le più antiche di Canton e di Bergmann , mi è sembrata poter prendere il suo posto in un' opera destinata all' insegnamento. Anche Wilson aveva con alcune sperienze confermato la sco- perta di Canton. Priestley nella storia dell' elettricità , dopo aver riportato ( P. I periodo X sez. IX ) le spe- rienze di Canton e di Wilson , aggiunge ( P. Vili sez. XII ) le sue proprie , che lo convinsero piena'- mente della verità delV osservazione di Canton, cioè che l'elettricità di questa pietra non è dovuta al ca- lore , ma al cangiamento del grado di calore. Con questa dottrina si spiegano agevolmente alcuni fenomeni descritti da chi la ignorava. Esempigrazia Epino c'in- segna, che se pongasi la tormalina sopra un carbone ardente , ciascuna delle due estremità acquista sempre l'elettricità opposta a quella che mostra ordinariamen- te : ma aggiunge che, se vuol osservarsi il fenomeno in modo ben chiaro , conviene esplorare la tormali- na flncbè è sul carbone ; dacché se la si allontana dal carbone , assai presto passa al suo stato elettri- co ordinario , e di rado possono osservarsi de' tenui indizj dell' elettricità straordinaria (Accad. R. de Ber- lin, a. 1756). Ognun vede che la tormalina d'Epino prendeva l'elettricità ordinaria nel raffreddarsi, e la straordinaria nel riscaldarsi. Haùy , avendo esposto un pezzetto di zinco ossidato slliclfero, ossia di silicato Cristalli TKRMELRTTniri {5 tli zinco, sur una feneslra , ove il termometro segna' v;i — 11 ' C, dopo alcuni istanti, trovatolo elettrizzato, ne determinò i poli , e avendolo portato in una ca- mera, ove il termometro segnava -|- 4 C, l'elellricila dioiiniù e a poco a poco si spense. L'avvicinò fino alla distanza d'un metro ad un cammino, ov' era acceso il fuoco : e assai presto ecco l'azione de' suoi poli ri- sorge , ma inversa di quella di prima (Miueralog. ed. 2 t. 1 |). 202). Vuol dire che nel minerale elettrizzato pel raffreddamento il riscaldamento diminuì , annul- lò , e infine rovesciò la polarità elettrica. Con tutto nondimeno l'esser verissima quella pri- ma proposizione , non è necessario ammettere la secon- da , cioè che l'elettricità non duri punto più dell' al- tual riscaldarsi o raffreddarsi del cristallo. Non sa- prei , a dir vero , conciliare questa proposizione nh colla ragione , ne co' fatti. Non colla ragione : peroc- ché, destate che sono una volta a' due capi d'una tor- malina o d'un altfo crif^tallo coibente, e. g. di to- pazio , le due elettricità , pare che , cessata la ca- gione dell' eccitamento , debba perseverare per qual- che tempo l'eirctto ( come sempre avviene negli iso- lanti elettrizzati ) , fuorché nel caso , in cui il cri- stallo essendo poco isolante, e trovandosi in un' aria per umidita o per altro piuttosto deferente che iso- lante , neir ultimo periodo dell' eccitamento i poli acquistassero meno di quello che perdono. In questo caso, al cessar della cagione eccitante , potrà l'ekt- .tricita esser minima e durar solo un istante, onde sarà a un dipresso vera , e vera al tutto apparirà l'allegala proposizione. Ma in altri casi sembra , che la tensio- ne elettrica dovrà durare ( cessata la cagione che l'ha destata ) per un tempo , che sarà in ragion composta della virtù isolante del cristallo e di quella dell' aria. Non pare dunque che quella proposizione possa ani- 46 Scienze mottersi in generale , specialmente se intendasi parlare di tutti i cristalli terraelettrici. Ne facilmente essa si concilia co' fatti. Non solo Epl- no vide una tormalina consers^are la virtù elettrica per G ore , e alcune volte osservò reletlricita straordinaria ( prodotta dal riscaldamento ) mentre il cristallo non solo più non si riscaldava , ma si raffreddava , e di- sponevasi perciò a mostrar segni d*elettricita ordina- ria , ciò che ancora da Canton fu osservato ; ma Prie- stley e confermò questa osservazione , e vide che la tormalina , elettrizzata per raffreddamento , riteneva l'elettricità, acquistata , non solo mentre riscalda vasi , ma eziandio per un tempo considerabile , dopoché re- stava allo stesso grado di calore. I topazj di Siberia conservano tutti , secondo Haiiy , per parecchie ore, e assai spesso tra 20 e 24 ore^ l'elettricità acquistata mediante il calore (Miner. T. IV p. 154) . I topazj sono di fatto assai isolanti ; ritengono , allorché il tempo è favorevole , 24 ore e più l'elettricità acqui- stata per istropicciamento , e ancora per parecchie ore quella destata dalla pressione fra le dita. I cristalli di zucchero , piuttosto conduttori che isolanti , non mi mostravano ordinariamente, anche in buone giornate , i segni elettrici per più di 6 o 7 minuti primi : pu- re in un giorno assai secco e ventoso uno di essi si conservò elettrico per quasi cinque quarti d'ora. Gli esperimenti del sig. Foibes dimostrano si che le sue tormaline non conservavano per lungo tempo relcttricila, dopo aver perduto il calore, benché fos- sero sostenute da un isolante , ed ottimo isolante fosse il suo elettrometro ; ma , s'io mal non avviso , non dimostrano che , cessato appena il cangiarsi della tem- peratura, niun resligio d'elettricità restasse in esse: dac- ché non avendo egli esploralo la temperatura de' cri- stalli , può altri sospettare che questa cessasse dal Cristalli teioikiettrtci A7 descrescere prima del cessare de' segni elettrici , e che questi sarieno stati per avventura più durevoli , se più asciutta fosse stata l'aria. Veggo con piacere che il sig. Forbes verso il fine del suo scritto non si mostra punto lontano dalle idee , che abbiamo di sopra esposto. Anch' egli ha osservato la lunga durata dell' eleltricita in varj cristalli di topazio. In uno di questi la massima de- viazione dell' ago, che si fece in pochi minuti, fu di llTi": in 20 minuti appena era diminuita , dopo 40' era ancora di 95', dopo un' ora di 85 : dopo al- ' cune ore era ancora consìderabil mente elettrico. Po- nendo mente a questi fatti , si può , dice egli , spie- gare come Epino abbia detto che la tormalina iso- lata mantiene l'elettricila per alcune ore ; e ciò sup- ponendo eh' egli sperimentasse con un cristallo gran- de e difficilmente eccitabile , simile a questo topazio , il quale al tempo stesso concepiva forte elettricità. Il sig. Forbes sottopose all' esperienza un cristallo di Loracite , che ha circa un terzo di pollice di lato del suo cubo : il dischetto allontanavasi dal suo polo per 90 minuti incirca: lo scemar dell'elettricità era assai len- to: in tre quarti d'ora il dischetto s'era appena mos- so. Sperimentò un piccol cristallo della slessa sostan- za : il dischetto allontanandosi giunse presto al maxi- mum , e tornò al suo posto , in un esperimento dopo venti minuti e in un altro dopo mezz' ora. Il sig. Becquerel ha osservato che la forza elet- trica della tormalina non è in ragione inversa della ve- locità del raffreddamento o del riscaldamento: ha ve- duto che abbassandosi la temperatura d'un cristallo , che era 115" C, la forza elettrica cresceva a poco a poco , finche la temperatura era scesa a 70 G. Il sig. Forbes ha osservato che similmente si comportano il topazio , la boraci le e il mesotipo. Forse in parte il ^tS Scienze fenomeno dee ripetersi da ciò , che da principio , al- lorché e. g. sì abbassa più velocemente la temperatura , l'elettricità non giunge ancora dall' interno del cristal- lo alle estreraith , come fa in seguito. Di fatto osser- va il sig. Fovbes che i cristalli aghiformi di mesotipo arrivano assai facilmente a un alto grado d'eccitamento elettrico , talché fa duopo di qualche attenzione a scuo- prire che non giungono subito al maximum. Nel capo sopraccitato delle mie istituzioni ho accennato (§171) i fatti che mi fanno credere che anche l'elettricità che si desta nell' interno de* cristalli sia poi spinta alle estremi t'a , come nella pila del Volta. Ma anche senza ricorrere a questa, si può spiegare il fenomeno. L'elet- tricità, che si desta e. g. al principiare del rafFred- damento , non può rientrare nel cristallo finche dura la cagione , che la raccoglie alle estremità della su- perficie. Dunque , se il mezzo non h troppo deferen- te, dee accumularsi in dette estremità , ove crescerà la tensione, finché appunto pel crescer di questa au- mentato il disperdersi dell' elettricità , o poca eccitan- dosene per esser divenuto assai lento il raffreddamen- to , le estremità perderanno più che non ricevono. L'effetto d'una cagione continua e variabile non al- lora è massimo che massima è la cagione , ma quando l'incremento corrispondente al variar di essa diviene uffuale al decremento. Cosi il massimo calor del eior- no saolc sentirsi dopo il meriggio , e quello dell' an- no dopo il solstizio estivo. Dalle sperienze del sig. Becquerel e di altri sem- bra dedursi che la soverchia lunghezza non giovi , an- zi talvolta noccia all' eccitamento elettrico delle tor- maline per mezzo del calore. Il lodato fisico non trovò eccitabile una lunga 8 centimetri (Ann. de chini, et phys. Avril. 1828 p. 367). Il sig. Forbcs ha trovato ca- pace di forte eccitamento una tormalina lunga poli, in- Cristalli tkrmelettricI 49 glcsi 3 , 25. Troj)po differiscónci un dall' altro questi cristalli , per potersi stabilire regole certe. Ciò che possiam dire di certo è, che la forza fermelcttrica di uno di essi noa uguaglia quella delle sue parti prese iu- sieme , e talora ne pur quella dì una di queste parti. Il sig. Forbes determinò con diligenza l'energia d'un cristallo lungo poli. 'IV4 : la trovò rispondente a 45" di deviazione del suo elettrometro. Immediatamente da un de' capi tagliò una quarta parie , scaldò le due par- ti , e determinò la forza elettrica di ciascuna tre vol- te : il valor medio della maggiore diede una deviazio- ne di 47 , quello della minore di 43. Trova egli che, paragonando piiì cristalli , ne' quali considerabilmente è diversa la grossezza o l'area della sezione, quasi sem- pre il cristallo più largo è piìi energico, e che i cristalli corti forniti di grand' area sono forse i più energici. Nel corso delle sue indagini il sig Forbes s'in- contrò in un cristallo di tormalina , nulla irregolare neir esterna struttura ( l'estremità peraltro non erai4o intiere ì , che aveva la singoiar proprietà di prendere raffreddandosi un polo vitreo o positivo a ciascuno de' capi , e nel mezzo l'opposta elettricità. Ora non è più unica l'osservazione d'IIaùy , die trovò in nn topazio , che esplorava , le due estremità allo slato resinoso o negativo, mentre la parte intermedia dava segni d'elettricità contraria ( Miner. t. II p. 15 j ). G. 13. Piangi A NI, G.À.T.LXVI. 50 itumiMumagEg^tB Intorno f ospizio degli alienati di S. Benedetto in Pesaro , lettera. Pesaro , pei tipi di A mie s io No- bdi 1835. 8° di carte 4G. Con la epigrafe-. Mìse- rius stuUitia nihil dici potest. Cic. \ de natur. deor. ioriscono ancora ia queste carie le lodi tributale a! eh. prelato Carlo Luigi Morichini , per lo suo sag- pìo storico e statistico sugli istituti di pubblica ca- rità e d'istruzione primaria in Roma (1) ; ed ecco ne riconduce a favellare de' nol)ilissimi frutti della cri- sliana carila questa lettera intorno all' ospizio de- gli alienali di S. Benedetto in Pesaro. Fu questa di- retta dall' illustre volgarizzatore di Lucano , il conte Francesco Gassi , al suo e nostro chiarissimo amico professore Salvator Betti , segretario perpetuo dell' in- signe e pontificii accademia di S. Luca, al quale in sul bel principio del suo scritto cosi egli favella: „ Per- chb altra terra si pregi di averti dato i natali , non manca ])er questo che a Pesaro non si appartenga il titolo di seconda tua patria ; poiché qui l'avo tuo , il sublime cantore della consumazione del secolo , ed il tuo eruditissimo genitore ebbero stanza , magistrattue e onorevoli incarichi: e tu stesso tra queste mura cre- scesti, e alla scuola del mio immortale cugino Giu- lio Perticari sapesti salire in bella fama , e acqui- stare ragione ad essere chiamato nell' eterna metropoli (i) Si vcgg» Mei tomo LXIV. P. HI. a e. 275 e scg. il beli' ariiculo del siy. prof. Domenico Vaccoliui. - Ospizio di S. Benedetto 51 del cfistianeslnio e delle arli a dar prova del tuo nu- bile ingegno, e meritarti gli onori che hai consegniti. Ne da te fu giammai differentemente rigtiardata que- sta nostra città : che anzi tu sempre l'amasti con carità di cittadino. Quindi m' è dolce provarmi di sod- disfare in alcun modo alle tue domande intorno l'ospi- zio di S. Benedetto ; sì perchè elleno sono una testi- monianza novella del tuo amore a Pesaro : s\ perchè tu non potevi chiamarmi a più gradito argomento. ,, (a e 3 e 4- ) E di vero ad uomo cosi affettuoso alla sua nativa città sembrava particolarmente si aff^acesse il render nota questa fondazione , che entra irà parie delle lodi di essa ; e ancora ne accresceva la convenienza lo aver es^o giovato d'assai tanto commendevole impresa. Imperocché tutti sanno come che il conte Cassi, rivestito del supremo carico di gonfaloniere della sua patria , con ogni studio e sollecitudine secondò i genero- si intendimenti di un Benedetto Capelletti , allora in quella provincia delegato apostolico , poi cardinale della chiesa romana , e in quell' onore defonto. Procede il discorso dell' autore diviso in dieci titoli , che abbracciano una speciale narrazione cia- scuno. Si dice nel primo dalla istituzione ^ nel secon- do del sito. Occupa il terzo il parlare delV edificio ; il quarto dei progressi. Il quinto è delle cure fìsiclic* e morali. JNe' rimanenti cinque si dà conto : del go- verno : dagli impiegati : delle rendite : del trattamento comune: del trattamento straordinario. Noi riferiremo qui intiero il titolo primo , si per- chè piacerà , crediamo , il conoscre i principii di que- sta istituzione ; si' ancora per reverenza alla memo- ria del cardinale Gapellelti ; e mirando insieraemenle a far gustare la bellezza dello scrivere del conte Cassi. ,, Serragli d'immondi animali , e carceri di rei , più veru.uùute che stanze di uomini e ricoveri d'ia- 4* 52 Scienze fermi, erano i luoghi iu cui non ha guari pressoché in latti i paesi si custodivano gì' infelici presi da de- menza. La sicurezza loro e l'altrui non venivano ga- rantite se non che dalla forza delle funi e della ca- ten;» ond' erano stretti, le quali sole supplivano alla di;holezza delle guardie ad essi preposte , che il più delle volte erano femmine o vecchi. Il cardinale Ca- pelletti , essendo alla delegazione di Macerata , si mosse a pietà di tanta umana miseria : e animato dal pio e generoso esempio dell' eminentissimn cardinale Agostino Rivarola istitutore e protettore del grande ospe- dale di santa Marglierita , che oggi è novello vanto della nobilissima Perugia , e da quello del heneme- rilo fondatore del nuovo ospizio apertosi nella popo- losa Ancona sotto il governo de' religiosi di S. Gio- vanni di Dio, SI propose d'istituire in iVIacerata una pia casa , nella quale , non pili come belve e delin- (luenti , ma come uomini e infermi fossoro custoditi e curati que' miseri che usciron di senno. L'umanis- simo divisamento ebbe a compagna ed aibfatrice la pie- la dei magistrati di quella gentilissima citta , e pre- sto la pia casa si aperse , ove oggi i rinchiusi non pili si offrono ai riguardanti spettacolo di compas- sione e di vergogna. • ,, Trasferitosi Benedetto Capelletti a reggere le bel- le contrade che bagna il Meauro , pensò pur quivi al sollievo di (juei miseri : e con più esteso divisamento concepì l'idea di erigere in Pesaro un grande ospi- zio che desse ricetto a tutti gli alienati della provin- cia, e fosse anche capace di riceverne esteri. Questo santissimo e tutto insieme grandioso disegno tosto fu messo in fatti. Il soppresso convento del Carmine , riconosciuto atto all' uopo , con insieme le case che gli si univano a muraglia comune , fu acquistalo per la |iruvini.:ia , e senza lia(»porre indugio si poiO ma- no a ridurlo all' uso a cui oggi è sacro. Ospizio di S. Bepedktto. 53 ,, All' aHiva coopcrazione de'signori ingegneri pro- vinciali per la parie die loro riguardava , e allo yelo del signor Felice Pesaresi , primo ragioniere della le.'^'azioiie e segretario dell' ospizio , per tutto che si riferiva al resto , dovette Kottirao preside essere terjnto del pronto e felice eseguimento di sì vasto progetto JNò obbligo minore gli corse verso il chiarissimo mar- chese Arnaldo Antaldi, il quale in mezzo a' suoi no- bili studi catulliani non cessando mai di ben meri- tare della patria e del principe , prese sopra di se l'ordinare e distendere i regolamenti del pio luogo , e insino a questi ultimi giorni fece parte della con- gregazione amministratice del medesimo , la quale tut- ta ebbe merito alla riconoscenza del virtuoso prolato e alla lode del pubblico. Nell'anno 1828 l'ospizio fu in istato di potere essere aperto ; e ad effetto d'in- trodurvi i buoni metodi, già antecedentemente adottati nel ricordato grande ospedale di santa Margherita in Perugia, si ottenne dalla cortesia dell' eminentissimo protettore, e de' nobilissimi reggitori del medesimo, chequi venisse per qualche tempo l'esperto chirurgo signor Giuseppe Cruciani sotto -direttore del prelodato ospedale , onde qiie' metodi fossero messi in pratica. L'ospizio di S. Benedetto fu aperto il dì 5 febbra- io 1828, e vi ebbero ricovero piìi che quaranta de- menti dell' uno e dell' altro sesso ,, La modesta lapide sovrapposta ad uno dei due ingressi principali dell' ospizio attesta i sentimenti di riconoscenza del municipio pesarese verso l'illustre e benemerito istitutore : e ricorda a' posteri la magna- nimità del [)onlcfice Leone XII che volle di molte singolari grazie privilegiare il pio luogo. ,, Come da questo titolo la istoria della fondazione, così dagli altri successivi apparisce quanto caritativa , quanto provvida, quanto rettamente amministrala opera 54 Scienze sia questa cieli' ospizio di 1^ Benedetto. Noi ne lodiamo sinceramente l'egregio autore , e ci rallegriamo della certezza di sapere già escita alla stampa la versione bellissima della Farsaglia, e ci uniamo in una voce per ringraziarne l'alta gentilezza dell' eminentissirao princi- pe e legato cardinale Tommaso Riario Sforza , ch« ha giovato il compimento desiderato del nobile lavoro. Da ultimo non vogliamo lasciare la penna, sen- za esprimere al conte Cassi i sentimenti in noi destati per la cortesia somma con la quale gli piace par- lare nel suo scritto e di questo nostro giornale , e di que' sommi valentuomini che come ne fregian le carte, cosi onorano le lettere romane e l'Italia. Fra* quali se per mera bonl'a notò egli il nome di chi scrive que- sti pochi versi , se ne abbia la dovuta riconoscenza ; ma insieme pur sappia , esser questo per avventura il solo errore da emendare nell' elegante suo volu- ] metto. Gay. P. e. Visconti. Congetture intorno aW infiammazione. Di Michele Santarelli. Hypoteses, si non inerudite sint fictae, saltem haud parum inemoriam adjuvaal , et ad nova inventa nos sae- pius ducunt. - Lock de int. hutn. tom. II cap. 4- §• ^5. 1. JL/elle morbose affezioni, a cui va soggetto il corpo umano , non avvene alcuna piiì frequente della infiam- mazione. Molle con essa incominciano , un maggior numero ad essa si associano , e qaasi tulle con esse Intorno 7/iwPiAMWiAziONr; 55 liatino lermlne. Oscuro noti pertanto e il suo pro- cesso , il quale mentre quasi sempre è cagione della morte , pure estende i suoi rapporti colla generazio- ne : avvegnaché per essa si videro spesso prodotti nuo- vi tessuti , nuovi vasi , nuovi nervi. Uomini dottissi- mi nella nostra arte ne formarono Togget to delle loro ricerche in questi ultimi anni. Ma è molto più quello die ancora rimane a scoprire del già discoperto ; e forse non giungeremo giammai a chiarire pienamente questo argomento. Nel presente discorso io mi pro- pongo esporre qualche congettura su di alcuni feno- meni della medesima. Qual fu mai quella scoperta , che nel suo nascere non si presentasse come conget- tura ? E se la congettura non si avverò , non restrin- se almeno il numero delle vie da successivamente te- nersi ? 2. Siccome i fenomeni della natura debbono stu- diarsi coli' ordine con cui si succedono ; così io {.ri- mieramente parlerò di quel turbamento , che avviene nelle parti, ove le potenze morbose iramcdiatamenle operano. In secondo luogo tenterò di stabilire l'or- dine di successione delle parti flogisticate. Affinchè quest' ordine dimostrato dalla nosologia e dalla au- topsia cadaverica non si trovi discordante colle leggi della fisiologia, premetterò alcuni rilievi sulla circo- lazione del sangue , in conferma ancora di quanto dissi in altra mia memoria. Ritornando su* miei passi proporrò alcuni sospetti sull' azione delle potenze no- cive, e questi sospetti verranno assodati da quanto l'osservazione ci mostrerà effettuarsi sulle parti ves- sate da flogosi. Finalmente queste considerazioni non potendo riescire del tutto indifferenti alla terapia , descriverò le moJificazioni , che da esse ha rice*rula la mia pratica. 3, Prima di entrare nella propuslanii ricerca , 3ai 56 Scienze sia concesso richiamare alla nìento de' nìlei allievi itlcuiu de' princij^jali fenomeni, clic si ritiveiigoiio nella parie infiammala. I. Della parte infiammata. 4. Allorché un organo , o una parte qualunque del sistema, concepisco inlìammazione, avvengono in essa i seguenti cangiamenti. Si gonfia , perde la sua ordinaria mollezza , divien rossa e dolente , e si ac- cresce il suo calore. Questi fenomeni s'innalzano a vario grado uolle diverse parti senza conservar fra loro rapporto costante d'intensità. Se l'infiammazione sia lenta , alcune volte o non sono percepiti dall' in- fermo , o lo son poco , e vengono disprezzati. Ge- neralmente parlando quanto più i visceri abbondano di vasi sanguigni , tanto maggiormente sono appariscenti i sumraentovati cangiamenti. 5. Quindi sia dalla culla dell' arte i medici fis- sarono la sede dell' infiammazione nel sistema vascolare sanguigno. In questi ultimi tempi le osservazioni ana- tomico-patologiche resero questa opinione una verità di fatto. Si fece ancora un altro passo, eccitando le in- fiammazioni artificiali in membrane diafane. Mediante tali tentativi, osservatori tanto stranieri, quanto italiani riconobbero , che i minimi vasi della parte infiam- mata s' inturgidivano per il molto sangue che in es- si si raccoglieva , e che per tal turgore le tonache de' medesimi vasi si distendevano, e la capacita di que- sti ultimi riceveva accrescimento. r». Ma la sede di tal disordine dee collocarsi nell' estremità arteriore , oppure nelle venose, o in entram- be ? Le osservazioni anatomico - patologiche accusano Intouwo l'infiammazione 5T tanto le une quanto le altre, ed alcuni fenomeui mor- bosi sono con esse d'accordo. Il pulsare delle parli infiammate spetta alle arterie. Il maggiore sviluppo di calorico ci conduce alla stessa conseguenza , abben- cliè non sia certo che la secrezione di questo impon- derabile non possa eseguirsi , e non si eseguisca di fatto nelle estremità venose. Quanto poi alle vene, noi le vediamo turgide nella infiammazione deila con giun- tiva e della aracnoide. Inoltre comprimendo un tron- co venoso, l'arto sottoposto s'infiamma. Per l'opposto veniamo assicurati, che l'infiammazione del panereccio si risolve con più agevolezza se si distenda la pianta della mano sopra di una tavola , e dolcemente si com- prima il suo dorso : nel qual caso la circolazione venosa è resa piti libera. Colui che per lunga pra- tica fece prova tanto dell' arteiiotomia , quanlo dilla flebotomia , dovrà convenire, che quest' ultima riesce per lo meno egualmente utile della prima , abbenchè per teoria siasi insegnato diversamente. 7- l\la l'osservazione anatomico - patologica ci ha arricchiti di piiì estese nozioni. Il sangue raccolto ne- gli inturgiditi vasi di una parte infiammata trasuda da' pori delle loro pareti , e si effonde nella cellu- lare che insieme gli unisce. Per questo trasudamento la parte si gonfia maggiormente , sì rende più dura , e ne nasce l'epatizzamento. Un illustre anatomico dell' Insubria ha ultimamente rinvenuto, che atteso un tale trasudamento il sangue penetra fin entro alle cavita de' vasi linfari adjacenti. Sono i glotetti rossi quelli, che in tali casi invadono queste cavità non proprie. Facile esperimento ce ne somministra una prova. Si prenda un pezzo di carne infiammata, a modo d'esem- pio un frammento di polmone. Si lavi con molt' acqua, e spesso si comprima , e noi possiamo riavvicinarlo in qualche modo alla primiera condizione. 58 Scienze 8. Non si deve però credere , che i globetti rossi, che il microscopio rinvenne nei disordini che io ho descritti, siano i soli arrestati nelle parti infiammate. L'anatomico senese ritrovò alle pareti de' vasi aderente anche la fibrina. Ed è assai frequente nell' infiamma- zione del polmone farsi incontro al tagliente del col- tello sostanze calcaree. Sarebbe lavoro degno dell' ar- te nostra estendere questo genere di osservazioni più che fino ad ora non si è fatto. Troveremmo allora la ragion sufficiente, per cui il processo inflaramatorio presenta forme così differenti ne' varj visceri del cor- po umano. Imperocché la milza infiammata si pre- senta in aspetto ben diverso dal fegato affetto dallo stesso disordine. Così il cervello, così il polmone, e così molte altre viscere. 9. Ma il turgore sanguigno di una parte infiam- mata h l'effetto del rilasciamento delle tonache de' pro- prj vasi , ovvero queste tonache furono distese dal maggiore afflusso del sangue .<* Primachè la circolazio- ne si conoscesse, per necessita si dovea ricorrere al rilasciamento , giacche come ideare un impulso par- ziale allorché s' ignorava il movimento generale dei fluidi ? Presentemente noi non solo non abbiamo pm bisogno di questo meccanismo , ma le cause indu- centi la flagosi ci obbligano a rigettarlo. Basta ac- cennarne una per tutte , cioè il fuoco potentissima cagione dell' infiammazione. 10. Porrò fine a quest' articolo con un' osserva- zione, la quale se è vera, fa travedere da lontano sì , ma pure in qualche modo, uno dei rapporti che passa fra la febbre e l'infiammazione. Stringendo con le- gature gli arti di coloro , che soggiacciono alla feb- bre periodica , prima che questa invada l'infermo , i medici di Provenza ci assicurano avere impedito il ri- torno della medesima. Forse il maggior sangue ritenuto Intorno l*isfiamhiazione 89 ne* grandi tronchi venosi, e quindi negli apici delie loro estremità, ha dato luogo a maggiore sviluppo di ca- lorico in queste stesse estremità : il quale ultimo ha tenuto lontano il raffreddamento febbrile. II. Deir irritazione , che procede la flogosi. 11. Le potenze morbose non sempre hanno ac- cesso immediato sui minimi vasi sanguigni. Altri tes- suti si parano loro dinanzi , e ne sostengono l'azio- ne. Ove si richiami alla mente quanto io ho esposto in antecedente memoria sulle quattro primarie leve della vita , e sul loro impero nell' eccitarla e con- servarla ; ^i prevederla già che molti disordini devono avvenire , ed in molte parti, allorché quelle sono in- normalmente esercitate dalle potenze morbose , prima- che l'infiammazione si sviluppi. E' di questo luogo presentare prove dirette, le quali dimostrino che in molte flogosi , cioè in quelle non prodotte da causa traumatica , preesiste uno stato morboso di cui la flo- gosi è l'effetto : stato che noi chiameremo irritazione infiammatoria. 12. Questo stato irritativo può esser seguito oda infiammazione della stessa parte ed organo , o da in- fiammazione di parti e di organi lontani. 13. Il flemmone , che alcune volte ascende a tan- to alto grado da costituire ciò che dissero antrace , allorché non deve la sua origine a cause locali o meccaniche è preceduto da aridità e calore della pelle , indolimento universale degli arti , e finalmente dalla febbre. Il polso si fa innormale, ora stretto, ora duro , ora celere, primachè l'infiammazione siasi resa manifesta. Questo è quello che avviene allorché la cute 60 Scienze soggiacque ad azione morbosa di soverchio caldo , o di sovèrchio freddo. E tutti quo-ti diversi fenomeni anticipati , e la cognizione delie cause che prece- dettero , esigono che noi riconosciamo in tfili casi la preesistenza alla infiammazione di altra condizione morbosa, piià estesa assai che non e \n Kiiperficio occu- pata dalla successiva flogosi , ma coirispondenle alla causa , che la precede e la genera. Che se nel!' infer- mo in antecedenza si ritrovasse il tubo gastrico-ente- rico innormalmente eccitato , allora due irritazioni si sarebbero insieme riiiaite a produrre uno stesso effet- to, ed a renderlo maggiormente grave ; la pletora ac- crescerà, questa gravezza , senza che da essa si possa ragionevolmente ripetere la determinazione della ma- lattia. 14, Istituiamo le stesse ricerche nella resipe- la. Prima che una parte qualsivoglia degli integu- menti si arrossi , sperimenta l'infermo indebolimento nelle articolazioni , rigidità nella pelle , abbattimento di forze , poi dei brividi , e finalmente è preso da febbre. Dopo tempo piiì o meno lungo, cioè di due o tre giorni , s'infiamma o una parte della faccia , o qualsivoglia altra porzione della superficie del corpo. Non abbandoniamo questo processo senza averlo rigo- rosamente esaminato. Le potenze nocive , come fred- do e caldo , non restrinsero la loro azione sulla parte flogisticata , ma la estesero a tutto , o quasi tulio l'or- gano cutaneo. Dunque la prima affezione morbosa è più generale di quella , che apparisce riguardando la sola parte infiammata. L'infiammazione si appalesò nel terzo giorno , cioè dopo due o tre dì di febbre , e più giorni di mal' ess^rre ; dunque tanto i sintomi pro- dromi, quanto la febbre, non furono effetto della poste- riore flogosi cutanea. Vennero «ssi attribuiti al conato della natura operante l'espulsione della materia in- liSTOnNO I.'lNtr AltfnAZIO\K GÌ naminaiite , ovvero al suo sforzo per eccitare J'iiìiiam- uiaz.i(jiie. Ma queste due spiegazioni iutauto furono accolte, perchè non si era considerato abbastanza il meccanisaio vitale , e non si era assegnato alle super- ficie costituenti le leve organiche quel potere che pos- seggono. Noi diinostrararao altrove quale sia l'ufficio della cute suU' intero organismo , e quanta la sua pos- sa nel promuovere la circolazione, I siiitomi prodromi pertanto appalesano l'innorinalita deli' azione cutiirica, e la febbre esser conseguenza del turbato eccitamento esteso ad un numero maggiore di vasi minimi san- guigni , cioè di quelli che spettano agli integumenti. 15. Ma per qual ragione , mentre l'irritazione h tanto generale , l'infiammazione all' opposto si limita ad angusto confine ? In risposta a questa domanda è da considerarsi , che alcune rare volte , come io lo vidi , la rcsipi-'la si estende successivamente a tutta la superficie del corpo: la quale successione , come è la- gionevole, dimostra che il sopraeccitaraento morhoso non fu in tempo ed intensità sìncrono in tutta la cute. E di fatto se si tenga dietro accuratamente alle cause che precedettero , ed alle disposizioni t si ri- leverà che la parte prefereu temente infiammata fu quella che a tali affezioni era stata primatnenle e piià potentemente condotta. 1G. D'altronde allorché l'infiammazione resipela- to^a occupa cotanto ristretta porzione della pelle , non si potrebbe intendere, avuto riflesso alle cagioni, come abbia il potere di eccitare febbre così gagliarda ; im- perocché paragonandt)la con l'infiammazione traumati- ca , a modo di esempio a quella prodotta da qual- che epispastico , o da altra analoga sostanza di egua- le intensità , e circondata da simili confini, la febbre quasi mai comparisce , o se si mostra è di ben lieve momento , purché anteriori disposizioni morbose non esigano diversamente. 62 Scienze 17. Questi rilievi ritrovano conferma irresistibile da quella specie di resipele , clie in alcune contra- de dell' Italia sono denominate bianche^ e che a pre- ferenza sogliono agi^redire il collo e le parti vicine. Dopo i sintomi generali d'irritazione da noi descritti , nel tempo prefisso alla comparsa della resipela , l'in- fermo invece percepisce soltanto dolore alla parte men- zionata , i plessi linfari sono lesi , rilevati , intolle- ranti della pili leggiera pigiatura , gli integumenti do- lenti non si prestano ai movimenti del corpo , ma non avvi ne rubare , ne calore , ne infiammazione. Codeste apparenze morbose vanno degradando e sfu- mano, dirò così, quanto più ci allontaniamo dalla par- te principalmente affetta. Non è questo lo stato irri- tdlivo abbastanza gagliardo senza infiammazione .'' Ov- vero se vi esiste, dessa è tale da permettere, che il primo disordine rimanga evidentemente allo scoperto. Concludiamo pertanto , che l'infiammazione della pelle nella resipela prodotta da cagioni comuni in questo stesso tessuto è l'effetto di condizione morbosa , che la precede , la quale è fissa nello stesso organo , ma in fibre diverse da quelle che costituiscono i vasi san- guigni. '18. Ma non rimane sempre confinata nella cute la flogosi. Non di rado, atteso il successivo prolun- gamento de' tessuti che si estendono agli organi interni, l'infiammazione si accende anche in questi , e molto più se alla teste nominata leva cutanea si associi l'ir- ritazione o della leva gastro-epiterica , o della cerebra- le. Si svolge allora una serie di fenomeni complica- tissima, la quale deve esser risoluta coli' esame isti- tuito sull' insieme delle leve affette , e sulla loro o contemporanea o successiva irritazione . Questa ma- niera di condursi in tali , dirò così , anfrattuose ricer- che , quanto ordinamento alla patologia , e quanto Imtorno l'ikfiaiwìmaztone 63 (li fermezza dia alla terapia , è facile comprendersi da qualsivoglia lettore. 1 \ Altrettanto rinverremo operarsi nella scarlat- tina. Nella infiammazione scarlattinosa precedono i bri- vidi della pelle, le tensioni di questa superficie, e tri - ste sensazioni alla medesima , e per alcuni giorni an- che la febbre ; ma nel solo terzo giorno ordinariamente si vedono qua e la ampie macchie di color rosso ad essa proprio. Chi negherà, che il miasma contagio- so agiva gih nella maggior parte della superficie del corpo prima del comparir dell' infiammazione? Chi noa iscorge da questa azione morbosa, esercitata sopra la pili estesa leva organica dell? vita , mosso' e sopraec- citato il sistema circolatorio sanguigno ? Più. In pa- recchi casi questo stato irritativo non è seguito da in- fiammazione parziale di alcuna porzione della pelle ; le sole fauci s' iiifiammano. E se alcuno volesse sup- porre non avere esistito allora affezione morbosa cn^ tanea , perchè questa non s'infiammò , io lo invitiMci a ricordarsi dell' anasarca , che in tali casi ancora sul finire del morbo non rade volte s'impadronisce del ma- lato. Cotesto anasarca non prova che la cute fu mor- bosamente affetta , e che di tale affezione h desso la conseguenza ? 20. Nella presente malattia l'infiammazione non di rado si risveglia in parti lontane , onde si videro in- fiammate ora le intestina, ora l'utero, ora la ves- sica , ora il fegato, ora il polmone , ora il cervello ec. E siccome in questi casi non vi fu quasi mai radia- zione continuata di flogosi , ma accensione in dissite parti , cosi è mestieri riconoscere uno stato morboso intermedio , il quale portò alle ultime la sua nociva influenza piuttosto che per qualunque altro mezzo in alcuni casi mediante la cellulare. Siamo condotti a quest' ultima conseguenza considerando quanto variate fi4 S e I E N z n siano queste successive flogosi nel moltlpllce numero degli esempi die la pratica tutto dì ci presenta , in alcuni de' quali ne vasi ne nervi vengono anatomi- camente accusati , ma che dalla sola cellulosa posso- no ricevere razionale origine. 21. So che alcuno sarà disposto a supporre esser- si il miasma cola trasportato. Ma benché a questo non riesca facile trovare adito al cervello , evvi nuova osservazione che a codesta etiologia si oppone , cioè che le menzionate flogosi alcune volte si accendano assai tardi dopo ohe cessò l'azione del miasma con- tagioso , e quando l'infermo è già. incapace di co- municarlo altrui. Finalmente quello che nella scarlat- tina è frequente , di rado si , ma pure alcune volte s'incontra in esantemi non contagiosi , a modo di esem- pio nell'esspra, tiella milliaria, nella orticaria ec, le qua- li da tali accensioni posteriori vennero successivamente seguite. In tutti questi casi si debbono ammettere pre- vie disposizioni degli organi affetti. Queste non per- tanto sarebbero rimaste mute senza l'irritazione pri- mitiva. 22. Nel vajuolo questo stato irritativo si appale- sa in due modi. Il primo, allorché l'esantema esegui- sce il suo corso regolare. Molti giorni innanzi della sua apparenza la pelle si rende arida , soffre indo- limento agli arti l'infermo , inquietezza , e morosità. Questi fenomeni sono la conseguenza del turbato ec- citamento della prima leva organica. Si manifesta la febbre , e le pustole non compariscono, che dopo tre giorni dalla sua ingruenza. L'infiammazione pertan- to è successiva , se vogliamo dar fede ai nostri sen- si , ed effetto di altra previa affezione. La seconda maniera , con cui e resa palese codesta primaria af- fezione, si è allorquando alla febbre denominala vajolosa non succeciouo pustole , ossia infiaraaiazioni di sorta alcuna. Non è egli questo stato irritativo non seguilo da flogosi ? 23. E profìtlanclo della presente occasione, ahben- chè straniera all' oggetto di cui ora ci occupiamo , affermo che questa febbre- è una din:iostrazione della possibile di lei esistenza indipendente da infiammazio- ne di vasi sanf;oigoi , ma nata solo per turbamento di una delle superficie, che costituiscono le leve della vita chiamata a sopraeccitaraento , il quale si è pro- lungato ne' vasi sanguigni. 24. A questa legge sono anche soggette le croni- che infiammazioni della pelle. Mi arresterò per breve istante su alcune di esse, che sembrano sottrarsi al no- stro discorso. Nella plica polonica s'infiamma molto superficialmente la pelle , e questa infiammazione per legge di consenso si accende nel tempo successivo anche nei visceri. Ma prima che tal flogosi appari- sca cangiasi l'aspetto della pelle , increspano i capelli. Questi due ultimi sintomi costituiscono lo stato irri- tativo occasionato dal freddo e dall' umidita di quelle regioni , ove è endemica. Ne alcun mezzo vale a spe- gnere codesta lenta flogosi cutanea e viscerale ogni qualvolta prima non sia sfata distrutta la precedent" irritazione fuggendo dal luogo e dalla plaga che la generò. 25. Nella nostra penisola la pellagra ha svilup- po e genesi molto somigliante alla plica polonica. S'infiamma la pelle , e l'infiammazione altre parti in- vade successivamente : ma prima che tal fenomeno si renda manifesto , già lo scoloramento di essa ed nllri sintomi cutanei ti fanno ravvisare un gran cangiamento nell' eccitamento degli integumenti prodotto dall' umi- dita e dal freddo che ne furono le cagioni. Ogni trattamento riesce inutile, se l'ammalato non venga tol- G.A.T.LXVI. 5 ($6 Scienze to da questo stato d'irritazione sottraendosi dalle ca- gioni. 26. La lebbra nordica, denominata dai norvegi ra- dasige, ha per sintomo essenziale rubore alla fronte , infiammazione alle fauci , e tutti i successivi fenoma- ni iuflammatorj , che la differenziano da malattie con- generi. Precedono però sempre il pallore della pelle, la tumescenza delle articolazioni, e la pigrezza, effetti del freddo umido delle infelici contrade ove h indige- na. In tutte queste malattie lo stato irritativo è assai lungo. Abbenchb le cagioni sicno le stesse, tanto nella plica polonica , quanto nella pellagra e nella rada- sige , pure non son esse della stessa intensità , non della stessa durata , non si succedono collo stesso or- dine , ne gì' infermi aggrediti si ritrovano colle stesse disposizioni , e nello stesso clima. Questi sono gli ele- menti da cui sorgono le loro differenze. Osservatori attenti potrebbero apprezzarli , e dirò ancora avvici- narli al rigore di dimostrazione. 27. Generalmente parlando quasi tutti gli esan- temi , e quasi tutte le impetiggini possono essere con- siderate sotto questo punto di vista. 23. Ma l'irritazione della pelle, senza produrre ia- fiaramazione in questo stesso organo, può generarla ia parti lontane. Per tal modo il freddo ed il caldo so- verchi della cute si videro seguiti da catarro ed in- fiammazione del polmone, senza avere apportata alcu- na diretta azione su questo viscere , come già fu os- servato dall' immortale Francie, 29. Cosi io vidi nata tosse e minacciata infiam- mazione al polmone non rade volte per indossaraento di gravi vestimenta nella precoce primavera. Per lo contrario sappiamo che alcune volte cessarono tossi pertinacissime all'apparir dell'erpete alla pelle. Lo stesso celebre autore ci narra di un giovane affetto Intorno i'ii^HamWazionb G7 da pneuraoriite , e dopo raoUi salass^si vieino a dar rultirao flato : allorquando nella nialtina successiva apparvero nel di lui volto alcune pustole di considere- vol grandezza, non sì dnbitò più della coutinuazioae dei suoi giorni. 30. ì^cr Io stesso mezzo frequentemente sorge il reumatismo, ossia l'infiammazione delle guaine musco- lari de' legamenti , delle capsule articolari, e delle tona- che de' nervi. Quanto non è frequente l'enterite piodotta per la stessa ragione.'' E la medorrea tante volte non si -vince dopo molti inutili mezzi colla sola stessa custodia deUa pelle , e specialmente di quella che cuo- pre le cosce ed il ventre muliebre ? La disseutei ia h la conseguenza ordinaria della irritazione dello stes- so organo cutaneo. Per questo StoU la suppose reuma- tica , cioè quando è lieve . Ma la su5 mitezza di- pende dalla moderata azione della causa , dalla sensi- bilità dell* individuo , dalla mancanza di previa irrita- zione del tubo i ntestinale , dall' assenza della pletora. E l'encefalite , che quasi sempre si associa do;jo li prima settimana al tifo contagioso , e che eoa esso ha termine , che altra sorgente riconosce mai fuorché l'ir ritazione ingenerata prima nella pelle dal miasma ti- fico , ind\ resa più efficace da alcune delle teste no- minate condizioni ? A quante infiammazioni non è a[)- plicabile questa patologia ? Il bubone venereo , il pe- stilenziale non soggiacciono alla stessa legge ? 31. Dalla irritazione della superficie del corpo pas- siamo a quella del tubo intestinale. Voglio premette- re un' osservazione molto opportuna al presente argo- mento. Chaussier , e prima di lui Etmullero, ci nar- rano di alcuni individui , che avendo deglutiti veleni validissimi dotati ancora di azione chimica , rimasero spenti , abbenchè ne' loro cadaveri non si riscontrasse né iafiammazioue , ne ulcerazione. L'ultimo dei sud- 68 S e I K N Z E detti scrittori novera l'arsenico. Esiste adunque un tur- bamento nella superficie di questa gran leva alcune fiate prima che riafiammazioiie siasi effettuata. A que- sto turbamento, che preesiste variamente in ogni altro caso, e per Fazione di qualsivoglia potenza nociva, dem- mo il nome d'irritazione. Se esso non fu assai vali- do, ma alquanto lento, ne sorgerà infiammazione delle stesse lotiache, la quale potrà essere acuta come nell' enterite, o cronica come nel melena corrisponden- temente air efficacia e prontezza , o all' ottusità e tardanza delle cagioni. Questa irritazione può ancora indurre infiammazioni in visceri lontani , come il fe- gato, la cui flogosi tanto acuta, quanto cronica è spes- so figlia d'irrirazione antecedente risvegliata nel tubo intestinale. Cosi ancora la peritonite nelle puerpere si vide spesso accesa per irritazione del tubo alimentare. Finalmente non evvi vincere , che per tale irritazione non possa essere aggredito da flogosi, come le osser- vazioni tutto giorno manifestano, e di fatto procedono: allora per uno spazio di tempo piìi o men breve , aridità delle fauci , rutti , svogliatezza al cibo , stiti- chezza , ed alcune volte leggeri dolori , ed altre turbe addominali. 32. Finalmente le irritazioni dei sensi ora improv- vise e gagliarde , ora lente ed interrotte, si trascinaa dietro l'irritazione del cervello, siano esse piacevoli , siano disgustose , a cui segue l'infiammazione sia acu- ta , sia cronica del cervello stesso. 33. Noi vedemmo in altra memoria che l'ecci- tamento de' sensi, generando l'eccitamento del cervel- lo , produce poi per suo mezzo l'eccitamento di tutti i visceri, coi quali esso è legato per la media- zione de' nervi , e ne riferimmo molti fatti,; che lo confermano. Di presente voglio aggiungere alle os- servazioni allora ricordate un fatto che dimostra tut- ImTORNQ L*INFIAMMAZ1PNB 69 to ad ufia volta la stia potenza nello stato d'irrita- zione a disordinare l'intero sistema. Si obblighi un ani- male , e lo stesso uomo, a girare intorno ad un cir- colo. Si turberanno le idee del suo cervello , suc- cederà il vomito , poi la diarrea , l'incontinenza dell urina , il vacillamento delle membra , ed un general disordine s'impadronirà di tutte le parti del sistema. Perclib ciò ? Perchè le sensazioni non conservando il consueto ordine, neppure l'eccitamento cerebrale si ese- guisce colla legge stabilita dall' abitudine. Disordinato sarà l'eccitamento di quel viscere , disordinate saranno le sue idee, disordinalo il suo influsso in tutte gli organi lontani. Questo disordine sconvolgerà le funzioni di questi ultimi t ed ove sia durevole , al disordine succederà Is cessazione de' movimenti , e la morte. Si bendino gli occhi all' animale sottoposto all' esperi- mento , e non avverrà alcuno di que' fenomeni descrit- ti : il che libera da ogni accusa le leggi meccaniche ed idrauliche. Per lo che ne segue che o innormal- mente eccitato, o infiammato il cervello , finalmente i visceri lontani che ne dipendono debbono anch' essi prima rimaner turbati , successivamente anche inuam- mali. Questa verità h per se stessa cosi palese , che basta per il nostro scopo averla accennala. 34- Questo breve prospetto, se io mal non m'ap- pongo, presenta il quadro della generazione di tutte le flogosi primarie, le quali possono anche esistere, più Complicate di quello che noi le descrivemmo, ogni qual volta non una sola leva , ma molte , e tutte an- cora vengano contemporaneamente perturbate. Per mez- zo di scrupoloso esame delle potenze morbose insieme concorrenti , e delle superficie da esse tormentate , pos- siamo riconoscerle, e dirò ancora, mi sia permesso que- sto vocabolo , dccoraporie. 35. Ed ogni qualvolta tale analisi Tenga impie- 70 S e I I N Z IC gala , la sintomologia del morbo, per quanto copioia, acquista chiarezza , e viene scevrata da quelT affastel- lamento che legoiaoio nelle descrÌ2Ìoi)i datecene dagli scrittori. Ne fa punto ostacolo il riscontrare alcune fiate che una superflcie fu perturbata da potenza di natura stimolante o riscaldante , ed altre al contra- rio da torpente o conlrostimolante : imperocché ba- sta che le loro azioni siano inoormali , perchè ne ab- bia a sorgere la flogosi. Per l'opposto l'osservazione ha mostrato , che questa contrarietk di azioni non di rado accresce l'inteusita del malore. 3G. Prima di por fine al discorso sulla irritazione come fenomeno antecedente alla flogosi e causa della medesima , consideriamo per un istante quanti varj e nioUiplici siano i suoi prodotti. Tutte* le infiain- m-izioni non sono seguite dai medesimi risultati. Si paragonino i prodotti della pellagra eoa quelli della " plica polonica , gli umori separati nella pelle ali* occasione di scai lattine con quelli generati dal vajo- io , le secrezioni della resipela con quelle della millia- ria, e cosi di tutte le altre si dica tanto interne, quanto esterne. Esse sono variatissirae. L'attribuiremo for- se al grado diverso di azione , e al grado vario di eè- j citamento dei vasi sanguigni ? Se ciò fosse noi potrem- mo per mezzo di un solo agente , reso più o meno infenso e prolungato , indurre i medesimi prodotti. Ma ciò ripugna al fatto. Ora che rimane se non attribuire alla moltiplice e svariata irritazione sorta nei molti- plici e composti ordinamenti dei tessuti questa varie- tà di prodotti? 37. Questi tessuti sono compostissimi , e risul- tano di fibre fra loro difl'eren temente conformate , differentemente sensibili, e che debbono per conseguen- te ora ritrovarsi turbate le une , mentre sono in quie- te le altre , e cosi variamente associate nei loro tur- Intorno l'infiamwazione 71 baraenti , tfei loro riposi. E4 i" questa indeterminabile varietà debbesi collocare la ragion sufficiente di sì dif- feienti e numerosi prodotti. Sostiene questa conget- tura il sapersi, che gli esaolemi e le impetif^gini pre- feriscono or questa or quella parte delia superficie del corpo per loro sede , atteso il diverso congegna- mento di ciascheduna di esse , da cui sorge la diversa sensibilità , ed il diverso prodotto morboso. Ma men- tre tali rilievi aprono ai nostri occhi un vasto cam- po di oscure meditazioni ; ritroviamo però nel ri- torno allo stato normale delle flogosi alcuni fenome- ni identici , e a tutte costanti , che confermano la dot- trina da me esposta dell' irritazione. Questi fenomeni sono le così dette crisi, le quali appariscono sul termi- nar delle flogosi , cioè i sudori , gli sputi concotti , la blanda diarrea nelle prime superficie ove nacquero. Queste escrezioni sono la conseguenza del riordinamen- to deir eccitamento delle rispettive superficie avve- nuto per la cessazione della morbosa irritazione. Esse si copulano fra loro allorché furono socie le irri- tazioni morbose , o prodotte dalle potenze nocive , o per consenso risvegliate. Indicano allora la sanila vi- cina, perchè indicano, coli' irritazione morbosa spenta, estinto ancora il primo anello della malattia. E que- ste tre crisi hanno maggior valore di quella delle orine, giacche nelle infiammazioni che non spettano alle vìe orinarie , le orine non dimostrano la condizione in cui vanno a ritrovarsi le tre leve primarie ; ma l'altra in- costante ed indipendente dell' organo secernente l'ori- na, la quale può subire fasi non vincolate colla condi- zione più o meno vicina alla sanità delle superficie offese. 38. Questa semplice patologìa si sottrae a tutte le questioni delle scuole, irìvestiga le potenze morbose, ricerca le parti sulle quali queste agirono , siegue il 2,2 S e I ■ N Z E turbamento dal principio al loro termine , e non osa penetrare nel misterioso meccanismo de' loro processi. Essa però suppone , che la vita estrauterina , ed in- sieme coti lei la cii colazione safignigiia, alibia coniin- ciamenlo nelle prime leve organiche. Non ripeterò ia questo luogo quanto su questo argomento altrove ra- gionai ; ma poiché rapire al cuore V autocrazia che gli fu accordata è subietto di gravissima importanza , Cosi prima di progredire nel cammino da me intrapre- so mi sembra indispensabile ritornare a far parola della palle a questo viscere assegnata nel far progredire la circolazione. Ili Disgressione sulla circolazione, 39. Il sistema adottato dalla natura nella maggior pirla degli animali è stalo di eseguire la circolazione degli umori prescrivendo ad essi di passare direttamen- te dalle vene nelle arterie, e dalle arterie nelle ve- ne senza interposizione di alcuno intermedio viscere. Coa questa legge circolano i fluidi nelle numerose classi degli insetti che popolano aria j terra , e mare. Anche le parziali circolazioni degli umori dei vegeta- bili si eseguiscono colla stessa semplicità. 40. E negli animali appellati perfetti alcune por- zioni della circolazione sanguigna si compiono collo stesso ordinamento, cioè dai minimi vasi il sangue h condotto nei tronchi , e da questi tronchi a nuovi vasi rainirai. Per tal modo il sangue dei ramoscelli venosi della vena porta è trasportato al tronco di questa, ia appresso da questo or semplice or doppio tronco è spinta a rami sempre piiì divisi e minimi : e suc- cessivamente questi riuniti in canal comune, la corrente 1 Intorno l'infiammaxiokk 73 sanguigna si scarica nella cava. Altreltanlo avviene nel cervello mediante i suoi seni. Ai. Un celebre anatomico ticinese ha dimostrato che i minimi vasi venosi del testicolo e degli epi- didimi spesso si riuniscono in un sol tronco , e che da questo tronco partono divisi nuovamente in piccioli ramoscelli ; lo stesso eseguirsi nel sistema linfare si è pur dimostrato dal medesimo eh. autore (!). 42. In tutti questi casi la circolazione non è l'ef- fetto dell' azione dei vasi contenenti, quanti essi sono ? Perchè adunque se ne volle stabilire privativa, pri- ma del cuore , poi di esso, e delle arterie? Qualun- que sia stala di questa sentenza la cagione , è for- se perchè il cuore si vide pulsare il primo negli em- brioni e le arterie ; non pertanto io posso produrre qualche fatto che dimostra e'^sersi eseguita nelP uomo la circolazione senza l'opera del cuore. A Mekel son debitore di sì importante osservazione. In un indivi- duo la vena cava si apriva direttamente nelle arterie polmonali. In questo caso il passaggio del sangue dalla suddetta vena alle arterie mentovate per qual potere si effettuava se non per la sola forza del sistema veno- so ? In tre individui poi le vene polmonali ( uso il volgar linguaggio ) lo spingevano nell'aorta deviando dal cuore (2). Potrebbe adunque anche negli animali perfetti <, ed altri ancora effettuarsi la circolazione per il solo potere dei vasi sanguigni , se la natura altre viste non avesse avute nell' accordare ad essi il cuore. 43. E qual di lei fu la mente ? Io opino per renderla più efficace e sicura primieramente : ed in (i) V. Panlzza, Antropozoolomia. (2) V. Mekel, Paralello fra le arterie e le vene , ossia sulle varietà che esse presentano nella loro distribuzioae. 74 S e I K W 2 E secondo luogo a fine di tenere in accordo la circolazione arteriosa colla venosa soggetta ad acceleramenti ed a ritardamentii Per questa ragione collocò nella base del cuore due sacchi denominati orecchie ad oggetto di ricevere le onde ora accelerate , ed ora ri lardate nel loro corso. E' dunque giuoco forvia riconoscere che la circolazione del sangue ha il suo cominciamento tanto negli apici delle vene polraonali , quanto in quelli di tutti i ramoscelli del sistema venoso , come io al- tra fiata esposi , e con quelle modificazioni che al- lora accennai. Né i fenomeni patologici discordano da tale conclusione. 44. E venendo al cuore, ho le molte volte nelle croniche infiammazioni del medesimo, rese palesi dal- la durezza e dall' aumento di volume della sua so- stanza, rinvenuta dilatata a p\h gradi , ed alcune volle a grandi ampiezze la orecchia destra del medesimo con tenuità e fiaccldità delle sue pareti. Questo di- sordine frequente , e che deve essere stato riscontrato da qualsivoglia amatore della anatomica patologia , contradittorio alla condizione morbosa di tutto il vi- scere , quale spiegazione può ricevere più ragionevole di quella, che nasce dalla nostra ipotesi.? L'infiam- mazione del cuore rende a questo viscere intollera- bile la discesa del sangue : si contrae questo , e non si dilata mai tanto quanto sarebbe mestieri per rice- verlo interamente : refluisce allora ogni liquido san- guigno , e vien ricevuto dall' orecchietta che a poco a poco distratta perviene ad Innorraale dimensione. 45. Quanto alle attribuzioni da noi date al si* stema venoso , e specialmente alle sue estremità di far progredire la circolazione , un' osservazione di Bichal ci è sembrato confermarlo. Allorché si abo- lisce repentinamente la vita del cervello, egli vide U sangue venoso refluire dalle estremità de' minimi Intorno l'infiammazione 75 vasi , e lo rinvenne nero ed oscuro nelle minime ar- terie corrispondenti. Or questo riflusso e retrograda- zione non mostra la cessazione del potere vitale de' miniali vasi venosi nata per la privazione dell' ener- gia nervosa ? Dunque nello stato normale il sangue progredisce nelle estremità venose per forza delle pa- reti di esse. Intanto esso abbandonato da detta po- tenza invade] le arterie , perchè ir lume di queste è sempre aperto. 46> Quella affezione morbosa appellata cinoderma, nella quale la pelle si tinge di color nero-oscuro, deb- be a questo stesso reflusso del sangue venoso il men- zionato spaventevole sintomo. I signori March , Ta- strk , e Gilbret in caso di sìrail fatta ritrovarono le estremità venose dilatate, mentre all' opposto rilvetti cia- no gli apici arteriosi. Qualunque sia stata l'anteriore condizione che ampliò il lume delle vene , il loro ul- timo disordine le aveva rese incapaci di adempiere la propria funzione; e per conseguente di far progredire il sangue degli apici alla base. 47. Le macchie oscure degli scorbutici sono dovu- te allo stesso reflusso , atteso il torpore in cui cad- dero i minimi vasi venosi per il freddo e per l'umi- dita, cagione ordinaria di questa malattia. Lentamente allora il sangue ascende uel sistema venoso : e que- sto ritardo, e tardo progresso permette l'accuraulamento del medesimo dagli apici ai rami , dai rami al tronco , e dal tronco al cuore destro , come dimostrarono mol- te autopsie cadaveriche, senza che" infiammate fossero le pareti del medesimo sistema. Questa è la ragione per cui uno o due salassi seguiti da conveniente trat- tamento ristabiliscono generalmente gli inferrai : il che non potrebbe avvenire , se tal fenomeno derivasse da flebite , giacche sappiamo difficilissimo essere spegnere la flemmasia di queste parti ; non per questo ncghia- 76 S e I fe pj z È rao alcune volte essersi rinvenute infiammate le tona- che della cava nei defonti da scorbuto : nei quali esera- pj la malattia dovette riescine mortale. 48. Il freddo dell' estremila , che accompagna i vecchi , ed il bisogno che questi ultimi hanno di op- porvisi con sussidj applicati alla cute , onde non ab- breviare i loro giorni , non dimostra il potere de' mi- nimi vasi sulla circolazione , ed il fonte donde tal po- tere procede ? 49. All'opposto ne' fasti delle accademie sicntifi- che si desc^rirono molti esempj di incendj spontanei , ed in qnnsl tuHi la combustione incominciò nelle estrcf» mita. Circo'^faiza che accusa i minimi vasi come pri- mi di tempo in questo processo , così indipendenti da straniero potere nel primo esercizio delle loro funzioni. 50. Quanto fin qui da me è stato narrato ci con- ferma nel sentimento , che la circolazione incomincia nei minimi vasi , e che le potenze che pongono quella in esercizio in questi esercitano la loro azione. E la presente proposizione mirabilmente si accorda con quan- to di sopra abbiamo discorso intorno allo stato irrita- tivo , ed a quanto dimostrano i minimi vasi dell' or- gano infiammato. Lo studio del processo flogistico esi- ge che noi non ci arrestiamo , ma che cerchiamo per quanto e in nostro potere discoprire 1/ ardine e la stìc- cessione , con cui nascono e si succedono le infiamma- zioni. IV. Della successione della fiogosi. 51. Se le infiammazioni fo-^sero conseguenza im- mediata dell' irritazione delle quattro prime leve or- ganiche, come noi lo abbiamo afìfermato , ne avver- Intorbo r/i^riA.tiMAzroi^K 7T rebbe che l'infiamniajioue del poltnoue dovrebbe essere la più frequente d'ogni altra, tanto per la esposizione della sua superficie alla varinbiie azione dell' atmosfe- ra , quanto per la sua dipendenza dall' eccitamento della superficie del corpo. Alle infiammazioni del jx)!- mone relativamente al loro numero dovrebbero esser seguaci quelle che si accendono nella pelle, e si ap- profondano nelle parti sottoposte , e dopo queste le al- tre che germogliano nel tubo intestinale , e negli or- gani eoa esso strettamente legati. E (juanto a que- ste due ultime superficie vi dovrebbe essere inconstanza di numero, a seconda che o per il clima , o per gli alimenti più. l'una che laltra viene turbata dalle co- muni potenze. Tenendoci fermi alla noslra ipolesi do- vrebbero le encefaliti comparir ultime , e più facilmen- te dopo la metà del cammino di nostra vita. 52. Per l'opposto le infiammazioni degli interiori visceri, come cuore, diaframma ec, si ordirebbero pili di rado, e piuttosto allorché precedettero cause traumatiche. Ora questo è quello per l'appunto , che l'esperienza tutto giorno ci dimostra , e che confermano le tavole nosologiche. Le infiammazioni pnlmonali sono cosi frequenti, che il loro numero eguaglia quello di tutte le altre prese insieme. Le rimanenti osservano la relazione teste da noi indicata. E non è questa una dimostrazione assai severa , che cioè le flogosi sono effetto delle irritazioni , ossia turbamento delle quattro leve organiche ? In ogni altra ipotesi la bisogna do- vrebbe procedere in opposto senso. Non dovrebbero piuttosto concepire prime e più numerose le flogosi le parti più intime , e gii organi creduti immediati fon- ti della vita.? 53. Questo prospetto può sostenere nella pratica un esame ancora più rigido, ed è quello che sorge dall' indagine delle leve offese cootemporaneameute in jstes»- 78 ScilNZK so individuo da molte potenze che congiunsero insie- me le loro azioni. Quindi le flogosi non infrequenti | volte sono composte occupando più visceri in una fia- 1 ta. Per tal modo la pleurite si mostrò a me non di | rado associata all' epatite e all' enterite , cioè allor- quando l'infermo con doppio fallo espose il polmone a potenze nocive , ed il tubo gastro-enterico ad alimenti disconvenienti. E questa associazione fu da me rin- à venuta anche nelle croniche infiammazioni polmonali , ^ cioè nella tisichezza ; rispetto alla quale posso stabili- re , che di otto individui defonti per tal malore , sei almeno presentarono il fegato infiammato. 54. In ogni malattia poi tal quadro diviene più composto, secondo che si riunisce in una sola volta maffi^ìor numero d'irritazioni. Ciò che poi merita inol- tre apprezzamento si è, che in ciascheduna di simili com- plicazioni precede sempre riunione delle potenze no- cive sulle loro rispettive leve organiche , e lo svi- luppo dei sintomi a ciascheduna di esse corrispondenti. 55. Negli estinti per infiammazione acuta dei vi- sceri non sempre io rinvenni flogisticati i grossi tron- chi dei vasi, che da essi escono. Allorché poi tali da me si ritrovarono, ciò fu colla seguente legge. L'in- fiammazione avere sua sede nelle vene , piuttosto che nelle arterie : e la flogosi apparire tanto piiì intensa , quanto piiì vicina al parenchima infiammato ; scema- re , e dileguarsi a maggior distanza. Coteste osser- vazioni non si accordano pienamente colla dottrina che io sostengo ? Chi oserà dopo ciò considerare l'infiam- mazione dei maggiori vasi qual cagione delle flogosi de* visceri, e non riputerà piuttosto la prima effetto dell ultima ? 56. Questa verità si appalesa ancora nell' infiam- mazione delle esterne parti. Per tal modo altri osserva- rono nel reumatismo inflammatorìo flogisticati i minimi Intorno l'infiammazione 79 ramoscelli arteriosi , e la flogosi da questi estendersi a qualche distanza nei maggiori rami. 57. lu qualunque dei suddetti casi, sia di flogo- si interna sia di esterna, i sintomi clic si sviluppano dal principio della malattia sono ben diversi da quelH che noi riscontriamo tutto giorno all' occasione di an- gioiti primarie , e fra queste delle arteriti. Si ponga at- tenzione ai segni che precedono gli aneurismi , nel qual caso l'infiammazione ha sua sede nei tronchi ar- teriosi , ed ognuno si convincerà delle loro differenze da quelli che riscontriamo alloro!. è sono infiammati o i parenchimi , o le tonache , o le superficie. In que- sta ricerca è d'uopo progredire lentamente e con ac- curatezza , ed allora ci renderemo certi che i primi a soffrire furono i teste nominati , e che i disordini uei grandi tronchi vascolari non si produssero se non suc- cessivamente. Nelle malattie croniche, atteso il Unto succedersi de* sintomi , questa progressione si appa- lesa pili evidente, ed in modo da rigettare ogni dub- biezza. 58. Per lo che estimo mio dovere trascrivere in questo luogo alcune delle osserrazioni, che io giU in molti anni ho istituite. 50. I. Antonio Moratti, suonator di tromba nel corpo de' cacciatori pontifìcii, da alcuni anni soffriva tosse e difficile respirazione. La malaLlia era passahi alla tisichezza , e per otto mesi avea dimorato nello spedale di Bologna. Fu ricevuto in questo ospizio ai è di novembre. Gli sputi marciosi, la tosse frequente , il respiro difficile, la febbre anfimeriua, romaciazione ren- devano evidente la natura del morbo. Dopo cinquaa- ta cinque giorni cessò di vivere. - Sezion del cada- vere. - La pleura polraonale si rinvenne adesa alla to- racica tanto anteriormente, quanto posteriormente, ed anche inferiormente a quella che veste il diaframma. ^0 Scienze li polmone sinistro era in più punii suppurato , e la sua soslanzal occupata da durezze tubercolose della grandezza del seme di naigllo a quella del cece. Il pol- mone destro quasi tutto duro, ed estrem<) mente rosso, perciò infiatnroafo ; il res(o ripieno anch' esso di tu- bercoli. Le COSI dette vene poìraonali sino all' inser- zione al cuore si mostrarono intensamente rosse ed infiammate nella supeificie interna e l'infiaramazione si propagava all' aorta, sempre degradando fino al suo grand' arto. Non apparisce l'origine e la estensione della flogosi dal parencliiraa del polmone , cioè dai minimi vasi sino ai maggiori , e dalle vene polmonali sino all' aorta, tanto riflettendo alla parte ove le po- tenze morbose avevano operato obbligandola a forti contrazioni ed ampliazioni, quanto considerando il gra- do più elevato del processo flogistico , cioè la sup- purazione e gli induramenti del vìscere ? Non ap- parisce per lo contrario il diradamento della flogosi nelle parti successive, ove piuttosto che nascere erasi prolungata ? 60. II. Massimiliano Menghini di anni 33, cuci- niere di professione, dedito al vino, nella primavera avea soggiaciuto a forte pneumonite combattuta con molti salassi e metodo antiflogistico. Disprezzò la con- valescenza , e ritornò all' antica consuetudine. Nel de- cembre fu ricevuto in quest' ospedale già tisico. Avea tosse , respirazione difficile , sputava molta marcia , non poteva decombere dal lato sinistro, era estrema- mente emaciato , e veniva preso da febbre vespertina. Spirò dopo venti giorni. La sezione cadaverica mostrò il polmone sinistro quasi interamente distrutto , e con- tenente gran copia di marcia : sano il destro. Il fe- gato si riscontrò di grande volume , duro in tutta la sua sostanza. Quanto ai grandi vasi , si rinvenne l'ar- teria poimouale infiammata per tutta la sua interna Intorno L'iwifiAMniAEioNE 81 superficie. L'aorta sana. La vena cava infiammala dal fegato sino all' entrata nel cuore. L'infiammazione però era maggiore nel tratto addominale , piiì leggera nel Iratto toracico. Nei presente caso dobbiamo istituire i seguenti rilievi. La vena polmonale e l'aorta non si riscontrarono infiammale come nella storia anteceden- te, benché il polmone sinistro fosse stato distrutto. Si trovò però infiammata la cava , e l'arteria polmo- nale che può riguardarsi quale continuazione della pri- ma. Il focolare dell'infiammazione era nel fegato ac- ceso , come ognuno vede, dall' enorme abuso del vino. Dal fegato l'infiammazione si era estesa a tutta la ca- va , ed all' arteria polmonale ; ma la sua profes- sione esponendolo all' azione successiva del calore e del freddo, avea contemporaneamente accesa l'in- fiammazione del sinistro polmone , la quale non pro- gredì ad alcun grosso tronco. 6l. III. Antonio Angeletli di anni 33, torcoliere alle stampe , assai devoto a Bacco, avea soggiaciuto per molti anni a tosse , ad emoftisi , ed era ^to sa- lassato in tali circostanze molte volte. Nel mese di ot- tobre venne in quest'ospedale con tutti i sintomi di tisichezza confermata , cioè tosse , difficolta di respi- ro , impossibilita di decombere dal lato destro : sputa- va marcia , era emaciato , e veniva aggredito ogni sera da febbre . Si prolungò la sua vita per altri quattro mesi con dieta tenue di latte , con salassi mo- derati all' occasione d'inasprimento de' sintomi inflara- raatorj , e col procurargli qualche calma nelle ore ve- spertine per mezzo dell' estratto di lattuca silvestre. - Sezione. - Il polmone destro per tutta la superficie ade- rente alle coste; i due terzi superiori dello stesso vì- scere suppurati, l'inferiore flaccido, e contenente molti ascessi. Il sinistro polmone per tutta la sua sostanza duro, epatizzato , vale a dire infiammato. Il fegato di G.A.T.LXVI. G 82 S e I f N Z K gran niolc si estendeva fino all' ipocondrio sinistro , era duro , oscuro, flogisticato; similmente era infiam-» mata gian paite del mesenterio , e dell' interna su-r perfide delie intestina. In quanto ai grandi vasi , nò l'aorta , ne l'arteria , ne le vene polmonali comparvero flogislicate, Ma infiammata alquanto era la vena epa- tica neir interna superficie ; e questa flogosi degra-^ dando si estendeva ad un picciolo tratto della cava^ Chi potrebbe dubitare, nel presente caso l'infiamma-^ zìone del fegato essersi prolungata in ambedue le ve^ ne soi)iaGccnnate ? E oon è similmente manifesto che rinfiainmazione del fegato era stata eccitata dal vino , che nata ne' vasi mesenterici si era poi concentrata nello stesso fegato ? Ma mentre ciò è indubitato , i grandi vasi che vanno ed escono dal polmone si raostrarona sali ir ()2, IV. Giovanni Pennacchi, carabiniere, soggia^ ceva da molto tempo a tosse associata a difficolta di respiro , e da quando a quando era preso da feb-r bre. Quache salassso, il regime antiflogistico, lo ricon-f duceva iio a soddisfacente sanità. Tali passaggeri van- ta""i gli fecero disprezzare ogni cura. Ai 6 di no- vembre fu ricevuto in quest' ospizio co' segni di sup-? purazione polmonale, Aveva tosse, sputava marcia, difficilmente decombeva al lato destro , era emaciato , ed o«iii giorno veniva aggredito da febbre vespertina. Dopo tre mesi cessò di vivere , essendo slati proluu- aati i suoi giorni con trattamento temperante. - Se- zione. - La cavita toracica angusta, perchè depresse le costole anteriori. I! polmone destro inteiamente flo- tristlcato , oscura essendo e resistente tutta la sua so- stanza , e contenente molti tubercoli, alcuni dei quali della 'randezza di noce avellana. Nel sinistro risiede- vano Ire am|»ic vomiche: e quella parte , che si trovò libera, eia impregnala di marcia. Il fej^alo era du- 10, oscuro, iiifiaininato per tulto il p^irencMma. An- che il meseoterio si dimostrava rosso, flo{;isticato. la quanto ai vasi , ecco ciò che si rinvenne. Infiammata la vena epatica , infiammata la cava colla sua orec- chietta ; le vene polmonali si rinvennero tutte flo- gisticale fino all' inserzione nel cuore. L'aorta appar- ve sana , e sane le arterie polmonali. In questo caso sono ben manifesti i due centri di flogosi. Il primo che dal fegato per mezzo della vena epatica si estende alla cava e si arresta, e non penetra nelle arterie polmo- nali ; l'altro che dal polmone si prolunga fino al cuore per mezzo della vena polmonale senza invadere l'aor- ta. Quello era stato acceso dal vino , e dai cibi ri- scaldanti, dei quali aveva fatto uso l'infermo prima di infermare , e per alcuni mesi dopo caduto in malattia. Questo dall' esercizio muscolare soverchio , dal riscal- damento , e dal raffreddamento della pelle e del pol- mone neir esercizio del proprio mestiere. 63. Escirei dal confini di memoria patolo.'^ica se tutte volessi narrare le osservazioni cadaveriche esegui- te nel corso delle mie ricerche, e molle e molte in presenza de' miei alunni , le quali dimostrano l'infiara- mazioue dei grandi tronchi vascolari sequela di antc- rior flogosi impiantata o nei parenchimi , o nelle su- perficie dei tessuti , che primi soggiacquero all' azio- ne delle potenze morbose. Se i miei lettori vorranno ri- petere siffatte ricerche , rinverranno nuove prove per adottare la sentenza , che ho fin qui esposta. Non pos- so però dispensarmi dal dichiarare , che in tanta co- pia d'inferrai, i cadaveri de' quali mostrarono infiam- mati bronchi venosi ed arteriosi , pure nel corso della malattia non mi venne fatto di costantemente riscon- trare que' sintomi che si predicano patognoraonici delle flebili , e delle arterili primarie. 04. Che diremo ora delle osservazioni pul)blicate 6* S4 Scienze da lami illiislri autori, le quali stabiliscono, direi COSI , una nuova dottrina patologica ? Ogni qual volta si faccia di esse lettura senza prevenzione , e senza trasporto per la novità , si verrà a conoscere che quasi tutte a erano angioiti primarie prodotte da cagioni traumatiche , le quali nulla hanno che fare colla no- stra questione , o che se non eran tali costituivano la conseguenza di propagazione di flogosi de' minimi vasi ai maggiori. A comprovazione di questo mio asserto si legga l'opera del più benemerito scrittore delle fle- biti (1), ed apparirà chiaramente essere state da esso descritte angioiti della natura delle prime. Il caso dal medesimo esposto nel numero nono sembrerebbe di dub- bia origine : ma esaminato diligentemente, si dovrà convenire che la flebite fu secondaria. Un giovane, af- fetto da impetiggine creduta psora, impiegò certo un- guento per liberarsene ; si gonfiò una delle estremità inferiori , e divenne dolente. Il gonfiore si estese nella parte anteriore superiore del petto, e dopo veiiti gior* ni di dimora all' ospedale , morì. Oltre all' infiltra- mento accennato, si rinvenne una vasta suppurazione nel tessuto celluioso che circonda i vasi ipogastrici ed, iliaci, e che si estendeva all' esterna superfìcie a diritta della vcssica. La vena crurale era quasi oblite- rata , le vestigie ed i prodotti dell' infiammazione si estendevano fino alla cava, e da questa ripiegan- dosi si mostrarono anche nella sinistra iliaca. Ora non èc."li manifesto l'irritazione nel presente caso esser pri- ma nata nel tessuto esterno della {)ellc , successiva- mente essersi accesa la flogosi , avvalorata da inconve- niente applicazione d'ignoto unguento , e dagli inte- (i) Bieschct , de I iiifluiumaliou rUl veiues , fr'u Je l^i phlebile. Intorno l'imfiamm azione 85 gnmenti aver progredito per mezzo dei vasi della cel- lulosa nelle parli piìi iaterne fino a penetrare nei mag- giori tronchi ? 65. Le flebiti, discoperte nei cadaveri degli estinti per ulceri sordide e cancerose , non debbono rico- scere i medesimi secondar] natali ? 68. La flegmasia alba dolens delle puerpere , a cui alcune volte quelle soggiacciono, ignoro, se co- me altri opinano , si debba sempre all' infiammazio- ne de' grossi tronchi venosi. So bensì d'avere rista- bilita, son gir. venti anni, h consorte del professor Ghì- selli da detta ìnfermira con fuso per molli giorni di soluzione di creraor di tartaro , e con l'applicazione di un vessi^ante alla parte inferiore della gamba, per mezzo del quale si ottenne abbondante e prolun- gato scolo di maìerie sierose e puriformi. 67. Che ce dalle vene rivolgiarao i nostri sguardi al- le arterie , noi similmente ci convinceremo, die allor quando sono indipendenti da altra lontana affezione , si sviluppano con più o meno di prontezza tutti i sintomi dell' aneurisma. 68. Io pertanto concludo che nelle infiammazioni de* visceri , che formano l'argomento del presente mio scrit. to , la flogosi si accende nei minimi vasi, e che da que- sti si radia ai maggiori tronchi. 69. Questo corollario acquisterà maggior forza dalla considerazione sul modo di agire delle potenze morbose. Ed è per questa ragione che di presente passiamo a far parola delle medesime. V. Di alcune potenze nocive. 70. Da quanto io esposi in altra memoria suU* azione degli stimolanti e controsti molanti risultò, che «G S e A" E ^f z E gli agenti apparteaenti a quasfc due doppie classi han- no egualmente il potere di eccitare la flogosi. Que- sta conseguenza sembrò opporsi alle idee allora do- minanti. iMa non potendosi annullare i fatti da me allegati , si fece ricerca di nuove spiegazioni per con- cordarli colle preconcepite opinioni. E' presunzione vana aspirare oggi a rinvenire una piena teoria delle leggi fisiologiche e patologiche : dobbiamo conten- tarci di stabilire qualche parziale risultaraento, abban- donando alla lontana posterità la discoperta di un maggior numero , ed il loro catcnamento. Nel pre- sente articolo voglio esporre alcuni miei sospetti in- torno alla .produzione della flogosi generala tanto dal freddo , quanto dal caldo. Nella memoria sopraccitata, io incolpai l'ossigeno , che contrapposi al calorico , e che vedremo tanto più attivo, quanto è meno intenso quest' ultimo. Evvi però nell' atmosfera altra sostanza , che meritava essere apprezzata, e che io riserbai a più op- portuna occasione parlarne ; voglio dire V elettricità. Io pertanto la considerava nello stato normale nel- l'atmosfera. Successivamente mostrerò che dalla du- plice elettricità vien prodotta la flogosi che sussegue il calore , e quella* che sussegue il freddo. Questa elet- tricità che ci penetra , ed al nostro corpo si mesce , la rinverremo poi nella superficie del tubo alimenta- re , e finalmente la troveremo raccolta nei nervi , es- ser mossa dalle forti passioni : d'onde ci si appalese- rà con maggior chiarezza la sorgente da noi adottata di molte infiammazioni. Ti. Gli animali si trovano immersi nel fluido at- mosferico, da cui sono penetrati e resi vivi. Questo fluido costa di due gas sciolti fra loro V uno con l'altro. E questi due gas notano in un fluido di essi può ampio , il calorico , il quale quanto più e intenso , tanto più sono rari quelli , e vicever- InTOÙNO l/lNFiAMMaziONÈ St sa. A! calorico poi sì unisce altro fluido, che e retto da leggi sue proprie, denominato elettro-magnetico. Men- tre queste quattro sostanze si mescolano in modo da form;irne come una sola , l'umidita ad essa si congiun- ge , che modifica le proprietà di ciascheduna di esse , allorcliè specialmente sono pii*i allo scoperto. 72. La più attiva di tutte , ma più nascosta, è il fluido elettro-magnetico. Esso passa da uno alf al- tro corpo per via di punte e di spirali , e vi esercita tale potere che l'umana mente ne rimase sorpresa ed iiltonita , allorché i travagli di tanti esperimenlatori europei lo fecero non ha guari meglio conoscere (I). I corpi organizzati, quali per mezzo di rilli, quali di Spini, di aculei ec. , come i vegetabili: altri dì peli , di piume, come gli animali: ne son penetrati in tulti i momenti del tempo che costituisce la loro vita : da esso viene loro impresso movimenlo ed energia , e di esso tanto più abbisognano, quanto più importanti sono le funzioni che debbono esercitare , Il che fa comprendere perchè densi sieno i peli negli animali nel tempo della virilità, e perchè nell'uomo il capo tìe abbondi, e le parti che debbono conservare la specie. "73. Or questo fluido elettro-magnetico è formato da due correnti oppotte , che si rendono manifeste pet mezzo delle loro contrarie polarità , egualmente at- tive , perchè tanto coli' elettricità a polo negativo, quanto coli' elettricità a polo positivo noi possiamo spez- zare , fondere , volatilizzare , decomporre ec. qualsi- voglia Corpo. 74. Essendo Tinnalzaraento e rabbassamento del (i) Esquisse liistoriqiie des principales decouvcrtes faites dans l'electricitè depuis qualcches annes par M. le prof, de la Rive 83 Scienze calorico uno de' mezzi più efficaci per mettere in mo- vimento l'elettricità , si è osservato che da un siste- ma di corpi fra loro comunicanti elevati a differenti gradi di calore, o da uno stesso corpo di cui le di' verse parti sieno state alternativamente riscaldate e raffreddate, si svolge successivamente il fluido elettri- co, e colla legge che dalle porzioni calde viene som- ministrata l'elettricità positiva , e dalle fredde la ne- gativa. I molti p liei esperimenti del sig. Bequerel e di altri fisici non permettono dubitare di questa ve- rità. Quindi è dimostrato , che dalle diverse parti dell' atmosfera , a gradi differenti di temperatura condotte, vengono prodotte le numerose correnti elettro-magne- tiche che sono state discoperte nella superficie del globo. 75. Poste le quali cose, i corpi organizzati do- vranno soggiacere mai sempre all'azione svariata del fluido elettro-magnetico, il quale per conseguenza sarà una delle principali potenze , che pone in esercizio la loro vita. Che se il calorico verserà sopra de' medesi- mi l'elettricità positiva , il freddo per lo contrario dirigerà la negativa : e questo succedersi reciproco non solo si verificherà all' occasione di variazione pas- seggera di temperatura , come abbiano detto, ma in ispecial modo e regolarmente nella notte rispetto al giorno , e nel giorno rispetto alla notte. Per lo che se l'uomo sarà successivamente e repentinamente in- vestito o dal calore o dal freddo , ove in tal pas- saggio non si osservi certa moderata misura , si tro- verà colpito da corrente elettrica , che irriterà le partì su cui questa verrà a scaricarsi , ed indurra facil- mente in esse la flogosi. La quotidiana esperienza aven- do dimostrato che così l'elettricità positiva , come la negativa hanno il potere di produrre Io stesso ef- fetto : non si potrà negare e al calore ed al fred- Intorno l'infiammazione 89 do la facoltà (li generare la stessa affezione morbosa: ed il calore nella state , ed il freddo nell' inverno saranno egualmente sorgente di flogosi , a meno che l'uraidità rendendo piià graduato il passaggio delle due elettricità , noa tempri ed anche riduca al tninimum le loro forze. 76. La densità poi maggiore che acquista l'atmo- sfera , e con essa l'ossigeno nell' inverno, renderà tali efletti più intensi: giacche Volta prima, poi Dawy dimostrarono che i corpi immersi in questo fluido ricevono elettricità negativa. 77. Ora possedendo l'ossigeno il potere di ge- nerare l'infiammazione, considerato per se stesso , ne viene che unito all' eletricità negativa un tal disordine dovrà con più necessità succedere , ed a grado mag- giore. Per lo che svanisce interamente la difficoltà che s'incontrava nel concepire come tanto daT calo- re , quanto dalla sua privazione s'avesse ad ottenere lo stesso effetto. La spiegazione che io ho data di un fenomeno cosi frequente quand' anche sembri de- rivare da quanto di più esatto possiede la fisica in- torno alle leggi dell' eletricità de^^ corpi e dell' at- mosfera , pure io lo propongo come sospetto dotato della maggiore probabilità. Non pertanto invito i fisi- ci italiani ad istituire tentativi atti a chiarire quanto ho esposto . E non sarà già diffìcile eseguire tutto ciò , ogni qualvolta per mezzo del galvanometro si assaggi l'elettricità dei nostri corpi allorché o siamo circondati da intenso caloiico, o da gagliardo fred- do , e se ne paragonino i risultamenti. E questo ge- nere d'esperienze dovrebbe istituirsi ne' primi istanti in cui l'uomo è investito e da calore inducente infiam- mazione , e da freddo che allo stesso processo l'av- vicini. Intanto non voglio tacere i risultati di tre os- servazioni fatte in tempi diversi, che la mia lunga olà mi permise d'istituire. 90 Scienze t8. Nel verno del mille settecento ottantotto Cadde- ro neir Italia molte nevi, ed agghiacciarono in alcuuj luoghi le sponde del Po. Io dimorava in Pavia , e molte appoplesie nello spazio di pochi giorni colpi- rono parecchi individui: e lo stesso avvenne, per quan- to seppi , nelle altre contrade settentrionaU dell' Ita- lia. Nel mille settecento novantaquattro io esercitava medicina in Camerino qual medico primario. Caddero nel circondario interno otto appopletici nello spazio di una settimana anteriore al Natale (1), e si seppe succes- sivamente che lo stesso inforlunìo afflisse molte citta della Lombardia. Anche in questo caso il freddo fu veemente , ed il termometro discese a molti gradi sotto lo zero. Finalmente nel mille ottocento ventinove grandissimo essendo il freddo , avendo il termome- tro marcato nella Lombardia gradi diciannove sotto lo zero ( a' quali non suole quasi mai giungere) si videro molte appoplesie nel mese di geunajo tutte simulta- nee nella penisola , e se ne numerarono quarantadue nella citta di Macerata , e suo esterno circondario (2). T9. Or mentre ciò avveniva, non eravi rimarca- bile abbassamento nel barometro: circostanza che ognu- no può chiarire consultando le tavole meteorologiche, risultanti e dai privati e dai pubblici gabinetti de- gli osservatori italiani. 80. Se l'appoplesia è un' encefalite , come dimo- strò non ha gmri l'illustre professore di Montpellier, e come certamente si avvera se non sempre , almeno nella maggior parte degli individui , diremo che ne' sopraddetti casi alla disposizione in cui si trovavano i soggetti aggrediti si congiunse tanto concorso di ilui- (i) Popolazione , qtiattro e cinque mila. (2) Abitanti, sedici in diciassette mila. iN'fORtfO l'iNFIAMMAÌIONE 9* do eleltro-tnagnetico al polo negativo, quanto se ne richiedeva per determinare pronta e gravissima in- fiammazione cerebrale. 81. Ed in questo luogo giova considerare tre stali dell' atmosfera, allorché dal caldo si fa passag- gio al freddo. O questo passaggio è rapido , e nel tempo stesso l'atmosfera è priva d'umidita , ed allora avrà luogo il versamento di copiosa corrente eleltnca. Il secondo stato è quando la differenza delle tem- perature abbenchè riflessibile , ed il passaggio men cauto, nel tempo stesso di umidita è pregna l'atmosfe- ra. Quest'umidita opponendosi all' accumulamento dell' elettricila , ne previene ed impedisce gli effetti ; ed allora si generano tarde e nascoste flogosi. Il ter- zo stato si verifica allorché essendo caldissima l'at- mosfera e secca , successivamente si abbassa la sua temperatura , e contemporaneamente si carica di umi- dith. In tale circostanza la macchina umana si trova prontamente priva della benefica azione del calorico , di quella dell' elettricità , e viene di più spogliata d'entrambi i suddetti fluidi dagli umidi vapori. Cade in anestesia , come succede nelle notti delia state nelle arie insalubri, allorquando domina la febbre perniciosa: del che demmo dimostrazione vent' otto anni indietro. Non poteva omettere questa breve avvertenza , senza la quale la mia dottrina termo-elettrica avrebbe potuto accusarsi o di contraddizione , o di insufficienza alT intendimento di fenomeni cotanto differenti ed op- posti. Ma questa spiegazione esige che noi ancora ci ricordiamo, che fra i corpi fino ad ora conosciuti, sen- sibilissimi si mostrano all' elettricità magnetica i nervi degli animali , ed i muscoli ove quelli vanno a per- dersi. Nelle rane il signor Nobili ha rinvenuto for- marsi corrente elettrica facendo comunicare le due es- tremila del galvanometro una co' suoi nervi , 1 altra 92 Scienze co* muscoli : e ciò che h più rimarcabile , senza che abbisogni causa esterna da cui derivarlo (1). Questa fa- colta non può esser negata egualmeute agli altri ani- mali, quantunque non sia stata ancora con eguali espe- rimenti riconosciuta. 82. La cellulare , che riveste gli esseri dotati di vita, non solo non oppone ostacolo all'entrata del me- desimo , ma la facilita e la seconda. 83. Dalla superficie del corpo e dei bronchi apren- doci il cammino alla superficie del tubo alimentare , noi rinveniamo tali processi e tali condizioni da so- spettare che diversamente non vada anche qua la bi- sogna. Soluzioni , vapori , gaz che diventan liberi , nuove composizioni che si formano. Inoltre sostanze nello stato loro normale dall' elettricità magnetica an- ticipatamente penetrate , e tutta la superficie del ca- nale tapezzata di villi , o siano punte atte a riceve* re il fluido in questione. Ciò posto, se nella regolarità delle funzioni sarebbe irragionevole, ammesso lo svi- luppo delle due mentovate elettricità , spogliarle poi del potere di eccitare la vita : non si cadrebbe in ra- gionamento inconseguente confinarle nell' inazione al- lorché un tale sviluppo si compie irregolarmente? E non è questa forse la ragione per cui tanto le bevan- de calde , quanto le fredde son capaci di generar la flogosi delle pareti del suddetto condotto ? Non è questo il motivo per cui tante fiate si vide nata una tale affezione per abuso di carni , ed altre volte per abuso di vegetabili e di acidi ? 84. Non agisce isolato questo fluido sovrano , ma associato ad altre sostanze , cioè a quelle che abbia- (i) V- Blbl. univers. tom. XXXVII pag. io, e tom.XLIV pag. i8. ì Intorno t'inFiAianAziowB fj') mo nominate. Questo conjugio lo nascose agli occhi de' medici. Ma oggi che la fisica ci precede , e span- de ovunque tanta luce, sarà possibile il non vederlo , e disprezzate la sua forza ? E se questa forza è la più attiva di quante se ne conoscono in natura e ne* corpi organizzati , e su tutte le altre sostanze crea- te , chi non vede , che mediante la sua coopcra- zione non potranno in certi casi non accendersi le infiammazioni e nelle pareti intestinali , e nei visceri con queste catenati ? 85. Finalmente ci resta dimostrare , che all' oc- casione di forti patemi d'animo le flogosi che ne sorgono, siano croniche , siano acute, dal fluido elet- tro-magnetico specialmente possono derivarsi. I ner- vi conducono dall' esterno all' interno questa doppia elettricità. I raggi della luce ce lo persuadono ; giac- che divisi per mezzo del prisma, mentre i più bassi sono accompagnali dall' elettricità positiva , i più ele- vali danno ricetto alla negativa. Quanto non sarebbe utile alla fisiologia rinvenire tali esperimenti che il- lustrassero quest' argomento negli altri sensi ! Egli h certo però che il cervello e la midolla spinale sono il serbatoio di tal fluido , e che l'animale può a sua volontà spingerlo in parti lontane. Si potrebbe dire che i due summentovati visceri sono due condensatori , che a somiglianza di questi colla compressione, essi col conato della volontà valgono ad elicerlo , ed a dirigerlo a parti lontane. Un esemplo n' è la torpe- dine. La scossa ricevuta nella mano per mezzo della coda da un sorce vivente ed irritato , menzionato da Cotugno , ne è altra pruova. Un uomo di lettere e medico di professione in forte trasporto di animo senti colpita la tempia destra da scossa slmile a quella della scarica della boccia di Leyden. Il colpo si estese alla sinistra. Di là ritornò alla destra accompagnato seni- 94 Scienze « pre da scintille, che egli ben i>ratico negli esperi- menti elettrici rassomigliò all' elettricità , e come tale la dichiarò agli amici. Dopo alcuni giorni la retina dell' occhio destro era infiammata , ed amaurotico di- venne poi lo stesso occhio. 86. Il fegato però e lo stomaco più facilmente dal cervello ricevono tali morbose affezioni , e cosi vi- ceversa. Ne io saprei determinare a qual condizione debba ascriversi. Forse i nervi che da questi due or- gani si portano al primo, o quelli che ne ritorna- no, o sono pili facili conduttori , o più sensibili dei nervi coi quali gli altri visceri insieme si legano. 87. Io diceva col celebre Lock, che le conget- ture spesso aprono la via alle scoperte. Qual vasto campo non si presenta oggi agli esperimentatori ita- liani ! Sarei ben felice se quest' invito non rimanesse infruttuoso. Ma queste ritrovano nell' interno dell' uman corpo alcuna probabile conferma ? Evvi fatto che all' occasione di alcune flogosi indichi l'elettricità elettro- magnetica avere operato nel viscere che ne fu aggre- dito ? Ecco ciò che verremo a rintracciare nel se- guente articolo. VI. Osservazioni sulle parti affette da flogosi. 88. Ai 24 giugno 182T, mentre il sole aveva at- traversato il nostro meridiano preceduto da orribil pro- cella, cadde nel campanile della cattedrale di Mace- rata , il quale s'innalza al fianco della sua porta , un fulmine di copiosissima scarica- Venti e più fedeli , che stavano nel principio della maggior nave, vennero balzati a trenta o quaranta piihsi Inugi dalla loro stariuiie , e molti rovesciati a terra. Ma tre villici. lltTORHO b'miriAlVlMiVZlONK 95 che òe ne slavano nella cima del campanile, fntono rin- venuti in apparenza morti. E due realmente lo era^ no; ma il terzo, volendolo rimuovere dal luogo ove si ritrovava , abbracciato ad una trave cioè , praticati molti sforzi per liberamelo, diede segni di vita con- traendo l'estremità inferiori. Egli era senza polsi , e appariva nulla la respirazione. Non pertanto gli si ca- varono oltre dodici oncia di sangue , e le arterie in- cominciarono a far sentire le loro battute. La folgore aveva bruciati i capelli della destra parte del capo , il collo , e la scapola corrispondente , i quali ali apparenza dell' ustione preceduta mostravano sottostare flogosi. Dopo due ore si ripete altro salasso alla stessa misura. Verso l'imbrunire del giorno gli si fece rice- vere un clistere di soluzione di muriato di soda con acqua fredda. Fino a questo momento l'infermo era stato nelle prime sei ore asfisso , e nelle consecuti- ve minaccioso e delirante , e ricusante ogni pozione. In appresso segui calma , e potè deglutire un cuc- chiajo di acqua. Allora si die mano ad una solu- zione di tartaro emetico espicraticamente. La matti- na fu salassato di nuovo con sanguisughe ali occipite. La soluzione stibiata venne continuata , ed in ventisei ore ne assunse sedici grani senza segno alcuno di nau- sea , e senza scariche alvine , abbenchè la prepara- zione fosse così valida che con un grano comunemente in questo ospizio si ottenesse il vomito. Onorarono della loro presenza questo infermo il professor Tavecchi , ed il chiarissimo chirurgo signor Giorgi , ed esperti alun- ni mi seguivano. Venne purgato epicralicamenle nei giorni successivi l'infermo , e dopo il settimo fu libero da febbre. Residuava un certo grado di stupidita men- tale , che diieguossi nel corso della susseguente set- timana. 89. Molti dì quelli che furono prostrali a terra 96 S e I K H Z K soggiacquero poi a febbre, a dolori di capo ed ar- ticolari, e furono lislabiliti dal dottor Fantini, una vol- ta mio allievo , coi salassi e collo stesso trattamento con cui il primo venne risanato. 90. Risulta da questa istoria, il fluido elettrico avere eccitata febbre in tutti , e nel primo caso an- che infiammazione del cervello : e risulta che gli ef- fetti dell' elettricità furono vittoriosamente combattuti coi mezzi comunemente utili contro le infiammazioni. Premessa questa narrazione , io con maggior coraggio dirigo i miei passi nella investigazione della interio- re morbosa elettricità degli individui affetti da flogosi. 91. Il signor Gerhard aveva da qualche tempo dimostrato possedere il sangue un' elettricità sua pro- pria. Questo fatto concorda con quanto abbiamo teste discorso intorno al potere dell' elettricità magnetica universele nell' eccitamento vitale dei corpi organizzati. 92. In appresso il signor Vassalli (1), successiva- mente il signor Bellingeri (2), fecero conoscere che il sangue estratto da' malati di flogosi sottoposto al galvanoraetro appalesavano un deciso aumento della stessa elettricità. 93- Secondo l'esperienze del primo dei raezionati scrittori, l'elettricità morbosa all' occasione d'infiam- mazione è il più delle volte positiva , ma poi si rin- viene anche nagativa se la malattia sia pericolosa o mortale. L'esperienze del secondo diedero i medesimi risultati. Sono ventiquattro i casi riferiti dal dottor torinese , abbenchè egli ci assicuri , che analoghi spe- rimenti vennero da esso istituiti in altri ducente in- dividui. Ne' menzionati casi ventiquattro, il sangue (i) Meni, della reale acc. di Torino , T. XIV. ('2) T. XXIV. Memorie della R. accademia di Torino. Tx'Tonixo l'infiamma >:ioiMl 07 di tre infermi mostrò elettricità negativa. In undici, essendosi lo stesso fluido coperto di cotenna, si rin- venne dirai nuzione di elettricità. 9^1. Allorché questi due illustri fisici eseguirono i loro esperimenti, la scienza eleltro-magnetica non avea fatti i maravigliosi progressi ottenuti in questi ultimi quindici anni dopo le scoperte di Oersted. Per lo che ognuno vede che i suddetti tentativi dovrebbero rin- novarsi , e meglio istituirsi col metodo dai nuovi pro- cessi suggerito. Lo stesso chiarissimo signor Belli n- geri confessa che non si tenne conto dello stato baro- metrico , dell' igrometrico , e termometrico dell' atmo- sfera. Io poi aggiungo essere indispensabile determi- nare se l'infermo sia trascorso dal caldo al freddo , ovvero dal freddo al caldo ^ giacche in questi due opposti casi non può essere identica la corrente elet- trica. 95. In ogni modo no» possiamo stabilire, che vi è aumento di elellricila or positiva, or negativa in tutto il sangue degli affetti da flogosi. E (jucsta uni- versalità di tale fenomeno ben si accorda con quan- to di sopra abbiamo ragionato suU' irritazione infiam- matoria estesa a vaste superficie, e non gik limitala ad angusta parte. <)6. Questo mio divisamcnto rende anche ragioni; della genesi della febbre nelle infiammazioni , e dei sintomi che la precedono e l'accompagnano , giacché ad un effetto così generale si addice meglio nella mag- gior parte de' casi una cagione operante assai estesa- mente. In oltre per esso solo può intendersi lo svilup- po del calorico morboso limitato a due , tre gra- di , o poco più sopra il normale : giacche l'elettrici- tà magnetica , allorché incontra ostacolo al suo pas- saggio , eccita calorico raffrenato a stretti confini. qT. e non solo il calorico morboso con molta G.A.T.LXVI. 7 98 S e I e w z E ragionevolezza si deve ripetere dalla corrente elet- tro-magnetica , ma eziandio il calore normale degli animali : imperciocché per la legge teste mentovata intorno al potere di rruestu agente ciò deve entro sta- tuii confini avvenire. Per l'opposto se la calovificazio- ne del sangue fosse una combustione pienamente iden- tica a quella cìse si effettua per la unione dell' os- sigeno col carbonio , non si saprebbe intendere per- chè avesse a mancare ignizione ed avvampamento sen- za freno. Dell' eguale riscaldamento di tutte le parti di un animale si rende conto più esatto colf elettri- cità magnetica nello stato normale , e così il parziale calore di una singola parte, nella quale per istropiccia- menlo esterno si produca riscaldamento. 98. Quanto fin qui abbiamo esposto mi off"re Toc- casione di presentare un nuovo sospetto suU' ogget- to di cui tratL'auio. L'elettricità magnetica agisce egual- mente sulla libra muscolare, sulla cellulare, e sulla nervosa. IVIa sulla prima esercita un' azione, a cui tien dietro spasmo , e rilasciamento successivo. Per l'op- posto nella cellulare essa induce una costrizione per- manente , che rende ragione e della tenacità dello stato inflamraatorio in generale, e del parziale dell' organo infiammato. tìlK Ed è forse questa tenacità, la quale di rado totalmente viene a dissiparsi , che costituisce quella disposizione concepita da una parte una volta infiam- mata a nuovamente cadere nella stessa affezione ? 100. Io non poteva dispensarmi da queste ge- nerali considerazioni prima di ricordare alcuni disor- dini degli umori delle parti affette da flogosi dimo- stranti la presenza dell' azione del fluido elettrico ma- gnetico , mentre si eseguisce un tal processo. Ve- nendo pertanto a questo argomento, i disordini ch« si rinvengono nella parte infiammala sono tali, che alla Imtorwo l'infiamwaztone 99 sola cleltriciik magnetica possono atlrilmlrsi. Non solo s'incontrano variale !e propov2.ioni[de!le molecole che componi^ono i iluirii die transitano per esse', e for- mano COSI nuovi impasti, ma nuovi composti sorgono^ ne dalle attrazioni elettive , ne da! calorico innalzati; alla morbosa temperatura in alcun modo producibili. Tali sono, per esempio, gli ossidi a base terrosa, e gli acidi d'insolita formazione , come l'urico più spes- so nel rene, ma rinvenuto anche in altri visceri. Ora la sola elettricità elettro-mf»gne(ica può render ragione della loro formazione, la quale quanto più agisce na- scosta , e dirò muta , tanto più prodigiosi sono i di lei effetti. 101. Cosi ancora questo fluido sol (auto ha il potere di trasportare a traverso delle pareti dei va- si e eli altri dissepimenti alcuni corpi , e riunirsi insieme senza lacerare , od abbruciare i ripari che loro si paran d'innanzi. Riferirò in questo luogo un esempio che per la sua singolarità mi sembra non aversi a dimenticare. 102. Veniva aperta in questa camera anatomica, nell'anno 1828, una donna tisica di anni 50, Te- resa Palmieri. Suppuralo era il polmone , ed infiam- mato il suo fegato. Nel centro di quest' ultima vi- scera si rinvennero sei globoli della grandezza di nti cece, rivestiti da dura teca e riuniti insieme a forma di racemo. Aperti alcuni di essi, erano costituiti da so- stanza diafana simile a vetro , e che ben considerata possedeva la diafanità , il colore , la durezza , e tutte le qualità dell'umor cristallino dell' occhio. Quale al- tra potenza potè raccogliere insieme queste omogenee sostanze, ed irapertire ad esse la forma globulare? Quelli che rimasero esenti d'ogni cimento, si conser- vano in questo pubblico museo. 103. Le congetture esposte in questi due ultimi 7* iOO S e 1 E :< z « articoli, abbenchè sieno nuova prova di quanto abbia- mo insegnato intorno all' irritazione inflamraatoria , e quanti' anche leghino i corpi organizzati coli' uni- verso intero : non pertanto io mi asterrò d'appoL^giare sopra di esse alcun suggerimento terapeutico. Je in- dicazioni verranno suggerite dai soli risultamenti delle osservazioni pratiche. Questa riserva sarà un esempio agli alunni per diffidare delle speculazioni scolasti- che , ed un ritegno ai sistematici per non combattere i miei consigli colle armi somministrate da ipotesi fofse man probabili delle naie congetture, VII. teiste terapeutici te. 1 04. Se il trattamento delle flogosi fosse perve- nuto alla precisione a cui le scienze e le arti esatte aspirano , la pratica dei medici europei , e special- mente italiani, sarebbe più uniforme ed unisona. Quand' anche tutti mirando al medesimo scopo si prevalgano degli stessi mezzi , pure il maneggio di questi stessi mazzi non è presso ciascheduno esercente lo stesso. In alcune scuole si predicano salassi ripetuti e copiosi » mentre da altre si condanna codesta eccessività. Pres. so alcuni i salassi locali son preferiti ai generali , mentre altri gli hanno in minor conto.Non pochi eser- centi vogliono banditi i purgativi nel trattamento delle flogosi , ed altri per lo contrario attribuiscono ad essi azione del lutto uniforme ai salassi. Non son pochi quel- li che assalgono tutte le malattie iuflararaatorie fin dal loro nascere con forti controstimolanti , mentre in al- cune cliniche si vogliono tener lontani perchè riguar- dati come gagliardi eccitanti. Evvi chi ricusa sempre l'applicazione degli epispastici , e dall' altra parte non poclii pratici anche oggi dopo qualche sala'^so ne pre- scrivouo l'applicazione. Tutte queste ed altre discor- danze a me è sembrato che possano aver fine , o£;ni qualvolta dalla dottrina delle leve organiche e loro irritazione venga diretta e rettificata la cura dell* infiammazione. Alla considerazione dell' inuorraale ce-* citamento delle medesime si debbe aggiungere ui» quinto elemento , voglio dire la pletora , la quale esi- ge maggior generosità delle sanguigne evacuazioni. Siccome tali riflessi tutti unitamente devono aversi innanzi alla mente del curante , così io parlerò del mo- do con cui soglio comportarmi guidato da' medesi- mi : senza che per questo io pretenda che si abbiano ad omettere altre operazioni scaturienti dalla buona pratica. ÌOÓ. In qualsivoglia infiammazione , purché non sia minima, istituisco un salasso generale. Ma se l'ìn- fiammazione è gagliarda, ne eseguisco due nelle prime ventiquattr' ore di dieci o dodici oncie per ciascuno. E se occupa visceri importanti , nello stesso spazio di tempo fo salassare tre volte l'infermo. In questo modo sottraggo la maggior copia degli elementi in- cendiari , e votando del sangue i grandi tronchi ve- nosi riconduco alla liberta della circolazione i pict'io- li ramoscelli ove l'infiammazione si è impegnata. Nei giorni successivi salasso mattina, e sera : perchè mio scopo si h che l'incendio prontamente si spenga , e che alle parti infiammale non si associno le vicine^ disposte anche esse allo stesso processo. 106. I salassi di una libra e mezza , o due di sangue, sono da me banditi ; perchè voterebbero iu un sol colpo di soverchia copia del proprio fluido par- te del sistema iriigatore , e farebbero nascere disac- cordo tale di occitanu^rito da mentir poi debolezza f o dà rendere Tinfermo inetto a sostener nuovi àa- 102 S e 1 K N z e lassi. Per questa stessa ragione, dopo istittiita la pri- ma flebotomia nella parte corrìspoiuìente al luogo flo- e^islicalo, ili progresso f; (ciò apiiie la vena del lato opposto. Sembreranno triviali questi jirecotti , mi li ve"i^o trasgrediti fulto f-ioino , e dopo In ìi£04. Nel qual anno egli s'era ridotto in Firenze in cerca , o in avventura di miglior fortuna : e dì la l'amico suo Salutati , già det- to , lo proponeva per maestro a Carlo Malatesta , rac- comandandoglielo con queste parole : „ Non so se in tutta l'Italia dal mar d'Adria a quel di Toscana, e dal Faro insino alle Alpi che partono da noi la Germa- nia e la Gallia, troverai un ingegno eguale a costui. „ ludi a poco pevò ( e tengo subito dopo la morte 132 LttTTKUATuRA di Filippo Villani ) la repubblica fiorentina , che , come narrai, Io aveva invitalo a leggere eloquenza sin dal 1397 « lo elesse da capo , e poi lo con- fermò nel 141 2 con decreto orrevolissimo scritto in latino e pubblicato la prima volta dal canonico Sal- vini ; nel quale si dice : che ,, il dottissimo uomo raesser Giovanni de' Malpaghini da Ravenna sino a questo tempo ( cioè al 1412) ha letto per parecchi anni nella cittk di Firenze, ed ha spiegato con assai diligenza l'arte rettorica ed i principali autori » e al- cuna volta il libro^ di Dante ; e in dette cose ha in - segnati molti con decoro non picciolo della citta. ,, Dalla scuola del nostro Giovanni , come s'ha dagli sto- rici , uscirgno gli uomini i più chiari del secolo XV, cioè a dire Lionardo Bruni , Paolo Sforza , Vitto-- riiio da Feltre , Roberto Rossi , Gasparino Barziza , Pierpaolo Vergerio , Ognibene da Vicenza , Guari- no Veronese, Carlo Marsuppini , Ambrogio Traver- sar! ( nato in Portico sopra Forlì , d'origine ravegna- no ) , Poggio Bracciolini , Francesco Barbaro , Lio- nardo Giustiniani , Francesco Filelfo , Iacopo d'An- golo, e Secco da Polenta, che in una sua latina ope-? ra inedita citata dall' ab. Mehus lasciò questa onora- la testimonianza del suo maestro : ,, Leggeva in que- sta cittk di Padova nudrice delle lettere Giovanni r.ivegnano, uomo e per la santità de' costumi , e per gli studi della umanith e della eloquenza a mio avvi- .so il primo fra i dotti che allora fiorissero nel paese d'Italia. Imperocché dà questo maestro non solo ap- prendevi l'eloquenza, eh' ei veniva con beli' ordine spie- gando , ma anco i costumi e la onesta della vita : nelle quali cose egli instruiva co' precetti non meno clie con l'esempio. „ E f|uasi consimili lodi gli* sono da- te da Flavio Biondo, da RaHacllo da Vollcna, da Lean- dio Alberti , del De-Sadc e da altri dello eia couse- ìtLWStRI RAVEGNÀNr " 133 guenti. „ Alcuni però ( scrive il TiraboscKi| hanno esa- gerale troppo tai lodi, dicendo eh' ei fu ij ^rimo a richiamare la tersa e colta latinità in Italia ;, il qual vanto ad assai raaggiot- diritto si dee al Petrarca* ,, Ne io alla sentenza di questo eruditissimo ^.contraddirò • parendomi che ne venga bastevole gloria a Ravenna dal dirsi madre del secondo ristoratore c|ella italiana , o nieglio europea letteratura. Molte opere pompose Gio- vanni , ed alcune se ne conservano manoscritte ne' co- dici delle principali biblioteche di Padova , di Ro- ma , di Parigi e di Oxford ; e fra queste sono da ricordare la istoria della famiglia Carrarese ^ che in- titolò a Rodolfo guerriero , figliuolo di Francesco il vecchio , di quella magnifica casa : il suo introito alla corte : la sua apologia : il libro delle cose memoran- de : la istoria d'Elisia. iVla i suoi elogi , i dieci li- bri delle epistole , le egloghe , le chiose al sesto della Eneide , ora non sono più. Due soli frammenti delle opere di Giovanni hanno veduto la luce per cura del card. Quirini che li trasse dalla biblioteca del vatica- no , e forse sono le sue coso di manco pregio. Noii posso lasciar di notare per onor della patria , che a questi tempi viveva anche Guglielmo Ghczzi ravegna- no , fisico celebre , a cui '1 Petrarca , comechè ai me- dici si avverso , una sua amorevole lettera indirizzò , e fu forse amico del nostro Giovanni. Insino a che an- no il Malpaghini conducesse la vita , per gli storici non si racconta : è congettura dell' ab. Mehus eh' ei mancasse verso il 142(». E se vogliamo dar fede a Gio. Pietro Ferretti , ei mori a Ravenna di grande età , e fu portato a seppellire con pubblica funeral pompa A tempio di S. Mama , poco fuori della porta di que- sto nome ; il qual tempio fu poi disfallo dalle fonda- menta in un col raonistero de' minori nel 1514 , per raf- gioni che ora non mette bene di ricordare. 134 LETTERATURA FELICLi RASPONI Imitando il costume de' romani , i quali le ese- quie delle valorose donne con pubblica orazione ce- lebravano , loderò con alquante parole la vita di Feli- cia Rasponi , femmina per la bellezza insigne del vol- to e della persona , per l'altezza dell' intelletto e per lo vicore dell'animo de^na di eterno nome. Nata in Ra- venna nel 1 523 di Teseo e di Giovanna Fabri , an- cora picciola fanciullelta di tre anni la colse una gra- ve disavventura; che 'l padre ottimo amoroso per mor- te le mancò. Rimasa in governo della madre , donna superba e crudele , ebbe a sostenere di mali trattamen- ti , insin che fu posta ad educare in un monastero* Ivi , non contenta ai donneschi esercizi , perchè non fosse in lei cosa da desiderare, volle erudirsi nelle let- tere italiane e latine , le quali , sendo ingegnosissi- ma , apparò con incro dibile agevolezza. Ed era giova- netta di diciassette anni, o poco meno , ed una bellis- sima fama erasi gik levata di lei ; cosi che Annibale Caro , quel padre di ogni italiana eleganza , che allora trovavasi in Ravenna con monsignor Guidiccioni pre- sidente della Romagna, maravigliando quella tanta bel- lezza , ed il senno che sopra gli anni era maturo , can- tò in sua lode , secondo che trovo scritto , versi no- bilissimi. Le quali lodi della figliuola (cosa da non cre- dere !) in cambio di vincere , eccitavano vieppiiì la materna perfidia ; onde la povera giovane , nel fiore della età. e della bellezza , veniva chiusa nella solitu- dine malinconica del chiostro , e fatta vergine sacrata , eomechè l'animo suo fosse del tutto alieno dalla mona- stica professione. Non lamenti che a nulla giovano, non fLlVSTni KAVEGNANr ^35 iJisperato dolore , ma rassegnazione e costanza inesti- mabile vedevi nella virtuosa fanciulla , la quale insini dai primi anni avendo provate asprissirae le punture del- le tribolazioni , ora ne trista ne lieta abbracciava la croce di Cristo consolatore. Le monache di santo Andres ( che in questo antico cenobio , oggi disfatto , profes- sò) ebbero nella Rasponi un esempio continuo di pie- tà vera e di saviezza ; e le buone lo portarono tal reve- renza , che lei tre volte ricusante vollero abbadessa del raonistero. Questa dignità le dava cure molestissime, e fatiche da non reggerle quella sua teneta e gentil com- plessione; tanto che , scrive Girolamo Rossi , cadde in frequenti e gravi infermità. Niente di meno adempiè sempre rofficio di ottima governatrice : mantenne il gra- do suo con giustizia e bontà , e feee rifiorire la disci- plina. Nelle ore del riposo intendeva agli sludi della filo- sofia di Aristotile e di Platone , ne quel suo paziente ingegno di cosi sottili considerazioni e astrazioni si an- noiava. Volle anche addottrinarsi profondamente nelle opere de' padri santi , e nella sacra e civile istoria. E come fosse grande la sua erudizione, appare da due 0{)e- rette eh' ella compose a conforto di se e ad ammae- stramento delle monache compagne. La prima fu un ra- gionamento della cognizione di Dio impresso in Bo- logna nel 1570. E dopo due anni mise in luce un dialogo, dove (nella lettera di dedicazione) ricor- devole dell' officio SVIO sgridò le monache soggette , che non sapendo applicar l'animo a qualche virtù , get- tavano il tempo in ragionamenti e in opere vane. Le l^ersone che parlano in quel dialogo sono una tal ma- donna Fplvia e un messer Quinzio disputanti quale de' due stati sia il piìi perfetto, il monacale o '1 se- colare. Fu questo dialogo celebralo dai nostri poeti ,• e da due riraatrici ravegnane ( che anche le donne in ^uel secolo fortunato davano opera alle lettere ) 7 Ma^' ^^'6 Letteratura riclta Leoni e Sciafina Maioli monaca alla Raspolli dilettissima. Per queste opere venne la nostra autrice in grande nominanza, sì che nìuno scrittore ebbe po- scia a far menzione di lei , che non la chiamasse co' nomi di donna prest untissima ^ di alto intelletto e di prudenza ammirabile. Ne solo valse a dettar prose dotte ed eleganti , ma mostrò il suo valore anche nella poesia : e voglio ne sia testimone questo sonetto , con che ella tolse a confortare il suo amatissimo nipote Gi-^ rolarao Rossi da maligna invidia travagliato. Rossi gentil , buono è sperare in Dio , Poiché '1 più sono gli uomini mendaci ; E chiudoQ spesso sotto amiche paci Guerre , e cor empio sotto volto pio. Però se fede in «om , s' alto desio T' inganna or , non languir , ma soffri e taci ; Son le pietà del cielo anco vivaci , Che porran fine al tuo dolor sì rio. Gli chiedi intanto notte e giorno aita ; E forte e saggio a l'arti altrui t'opponi , Serbando il tuo candor puro ed illeso : Acciò, quando sarà dal cor sbandita La doglia , veggia che de' saggi e buoni Non è '1 valor da ria fortuna offeso. Queste parole di con solazione tornarono moUo care all' animo del Rossi , il quale , mosso da quello esempio , h\ mise a raccogliere i precetti de' sapienti , e compose il suo libro consolatorio nelle avversità , che poi , in pegno di gratitudine , alla confortalrice donna volle in- titolato , e lo segnava del suo nome poco dapoi Vul- tim* ora dell' ultimo dì dell'anno 1569. Per tal mo- do conducendo la vita questa ottima ravegnana , e già per la seconda volta sobbarcatasi al peso grave di regr Illustri ravegnAnI ^37 gitrice , ammalò a morte , e ai tre di luglio del 1.^)79, nel suo sesto cinquantesimo anno, finì di patire. Fu sot- terrata orrev^olraente nella sua chiesa , e sovra la pie- tra che le copriva il sepolcro gli uomini di que' di scris- sero alcune latine parole , che '1 Fabri e l'ab. Ginan- ni ci hanno conservate , le quali dicono eh' ella pas- sò con molto detrimento della patria ed universale do- lore. Ed io stimo che la sua morte fosse sovra gli al- tri lacrimevole a Giovanni Arri"oni ravennano, raedi- co e letterato , il quale già aveva celebrata la bellez- za di lei con rime affettuose e gentili ; sebbene quclL' ottimo uomo anch' egli , dopo sette mesi e tredici gior- ni , di questo mondo si dipartì. 35. GIROLAMO FABRI % Ella è una fortuna rara in questo mondo , che l'uomo nella sua tenera età s'avvenga a chi sappia e voglia spirargli nel cuore l'amor santo della sapienza , e un desiderio moderato di fama. Questa fortuna toc- cò a Girolamo Fabri ravegnano , figliuolo di Aurelio e di Cecilia Mastalli , nato nel dicembre del 1G27 ; il quale ebbe i primi eccitamenti alla virtù da un suo zio da lato di padre , di nome Lodovico : onde Gi- rolamo , ricordevole poi dell' amorevolezza di quell' uomo da bene , lo riverì mentre visse , e morto lo pianse sovra il sepolcro. Alle scuole del seminario ra- vegnano fece il nostro Fabri gli studi della gramma- tica e della reltorica , e di tredici anni era ito cosi innanzi da poter dare opera alla filosofia ed alle teo- logiche scienze , e far mostra di se per via di pub" 438 Letteratura bliclie disputazioni , com' era l'asato del secolo. Tro~ vavasi in Roma a que' dì un buon ravegnano , mon- signor Francesco Ingoli , i! quale per la sua dottrina nelle scienze sacre era ventrto in molto favore di papa Gregorio XV, che l'avea fatto segretario della con- gregazione di propaganda ; officio che gli dava fatica da non poterla sostenere da se : onde chiamò a Ro- ma il Fabri , che allora non aveva più di vent' aniii ; della cui opera molto si valse , e d'intima famigliarità gli fu generoso. In quelle ore che aver potè libere dalle occupazioni iva Girolamo alle scuole della Sa- pienza, dove intese al diritto civile e canonico , e gli studi della teologia rinnovò. Fattosi poi sacerdote , Lui- gi Capponi fiorentino , nostro arcivescovo , lo elesse a canonico teologo della sua chiesa l'anno 1650 , aven- do appena tocchi i ventitré anni. Poco appresso sen- dosi condotto da capo a Roma a zelare i diritti del capitolo ravegnano , vi si fermò tre anni , e fece una Luona raccolta di antiche memorie , per iscrivere poi le opere che sin da quel tempo aveva concette nel su.o^ pensiero. E quindi tornato a Ravenna con isperanza di potersene stare in pace fra i parenti e gli amici , non fu già vero che '1 potesse ; perocché il card. Marcel- Io Santa Croce vescovo di Tivoli , il quale teneva m molto pregio la scienza del Fabri , lo volle suo vica- rio generale. Ma Girolamo non istette in quella cari- ca che poco più di tre anni: perchè era sì vivo int lui '1 desiderio di ridursi al natal luogo , che rinunciò insìno ad alcuni vescovadi, che gli venivano offerti. Ben accettò di buon animo il titolo di protonota rio apostolico, e se ne piacque ; anzi scrisse una operetta: latina de' protonotarii apostolici , della dignità e dell' ufficio loro ; del quale subietto niuno aveva trattato sì diffusamente prima di lui. Volse poi tutto il pen- siero a scrivere le sacre memorie della citta nostra ^ IttUSTRI RAVEGNANI 139 die furono stampate in Venezia del 1664- E' un volu- me diviso in due parti: descrive nella prima le chie- se tutte della citta , e le principali del contado : nella seconda sono racconte le vite degli arcivescovi rave- gnani. Coraeclib questa opera abbia il titolo di sacre memorie , v' Iia tuttavia delle buone notizie alla civile istoria pertinenti ; onde anche per questo è da saper- gli grado delia sua fatica. Nel 1675 mise in luce la Effemeride sacra ed isterica di Ravenna , lavoro di man- co pregio delle sacre memorie. E dopo tre anni fece stampare la Ravenna ricercata , compendio istorico delie cose più notabili della nostra citta , partito in tre gior- nate a comodo dello straniero che qua a vedere i no- stri antichi monumenti si fosse condotto. Queste tre opere mostrano com' ei fosse conoscente della patria istoria , sebbene l'ab. G. A. Pinzi abbia notato in esse alcuni errori , e datogli colpa di poco accurato scrit- tore. Nella sua giovehtiì aveva dettale alcune orazioni ed altre operette latine ; dal che appare ch'egli ebbe fatto studio di quella lingua ; e comechè sieno lon- tane dalla purità de' classici , nulla però dimeno per quel secolo cosi corrotto e guasto in materia di let- tere , sono da lodare. E in italiano fece la relazione dell' operato dal padre don Francesco Manco nelle indio orientali , e la descrizione della citta e del contado di Tivoli ; le quali due opericciuole furono pubblicate. Queste fatiche del nostro Fabri gli accattarono l'ami- cizia e la stima di molti dottissimi uomini , e sopra gli altri di Leone Allacci , Luca Olstenio , Ferdi- nando Ughelli , Godefrido Eschenio , Daniele Papebro*- chio ; e de' suoi concittadini Girolamo Bendaiidi , Ba- silio Paradisi e Francesco Lolli , che in que' di erano in voce di letteraJ^^i. Dilettossi un poco della poesia la- tina e volgare , e fu scrit,to alle accademie di Gubbio e di Firenze. Passò a vita migliore nel 1<3T9 ai |T "^40 Letteratura di settembre, non vivuti die cinquautaduc annì;eit in su la morte fece erede del suo avere il capìtolo della metropolitana. Il cadavere di lui fu seppellito nella chiesa di S. Michele in Africisco a lato alle ceneri di Lodovico suo zio , con epitaffio latino, che poi a' di nostri , essendo presso che disfatto quel tempio , fu recato in S. Domenico , nella parete di rincontro al ti- tolo sepolcrale del chiarissimo dijiintore Luca Longhi, 36. RUGGIERO CALBI. Savio uomo e di grande valore nelle lettere e nett' arte della medicina fu '1 dottor Ruggiero Calbi rave- guano dell' ordine de' patrizii , figliuolo di Gio. Bat- tista e di Maria Donati, nato nell' agosto del 1683. Dicono eh' egli mostrò ne' suoi primi anni una pron- tezza d'ingegno maravigliosa , e che in corto tempo eb]fte apprese in patria la grammatica , la rettorica , la' filosofia e le scienze sacre. Dopo di che , ito a Fev- rara , ivi si applicò alla medicina ; nella quale arte divenne poscia in tanta celebrità, che non solamente i medici tutti della patria, ma molti di quelli che nelle città vicine avevano nominanza , superò ; e fu avuto in pregio dal Lancisi, dal Vallisnieri , dal Laurenti , dal Bcccari , dal Morgagni. Per la qual cosa sendosi divulgata la fama del suo nome , il duca di Guastal- la chiamavalo a se in ufficio di suo medico , e Io in- vitavano anche molte illustri citta d'Italia con buone provvisioni : ma egli, che sentiva in cuore la carità della patria , di qua non velie partirsi mai ; solamen- te non rifiutò d'ire per ragion di consulti quando a Bcv- Il,LUSTRi RAVKGNANI 1 -I I logtia e quando a Padova e altrove. Ne fu egli va- lente solo nella medicina , ma nella chirurgia altresì , come mostrano alcune operette che andò pubblicando. Scrisse una dissertazione contro le opinioni del dot^ tot- Cocchi , che professava medicina nello studio di Perugia, e leggesi negli opuscoli raccolti per l'ab. Ca- logera. E nel 1713, col nome di Pandolfo Maravi- glia , pubblicò alcune considerazioni sovra i Cinque disinganni chirurgici per la cura delle ferite , com- posti da Antonio Boccaccini : alle quali considerazio- ni scritte con molla modestia , ed approvate dall' auto- rità del Lancisi e del Vallisnieri , fu chi ebbe ardi- mento di contraddire : ma '1 Calbi stampava tosto un nitro scritto , ed avvertiva il lettore che in quel pie- colo opuscolo era agitata una delle più importanti e celebri quistioni di chirurgia , e eh' ei lo mandava in luce confidando di recare alcun vantaggio alla umani- tà : imperocché ìa vita , die* egli , è 7 maggior bene deir uomo ; and" è troppo nociva la temerità di chi medicando non si appiglia alle pia probabili e sode opinioni. Cosi '1 nostro Calbi. Non vuoisi anco tacere , che della scuola medica di lui usci un eccellente ra- yegnano , Gasparo Desiderio Martinetti , che fece chia- ro il suo nome per un volume di fisico-mediche dis- sertazioni stampale in Cesena nel 1769. Allo studio della medicina e chirurgia congiunse il Calbi quello delle umane lettere, e della poesia princi^palmente. Disse egli stesso che insino da' teneri anni si sentiva tratto a questa arte divina , e che non potendo in nessun modo abbandonare le muse , aveva tolto a subietto de' suoi versi le cose della filosofìa. Difatti insin dal 1713 ebbe compiuta la sua opera della filosofia naturale; e fattala vedere a Pier Iacopo Martelli , a Lodovico An- tonio Muratori , ad Eustachio Manfredi e ad altri eru- dii! , mosso dai consigli loro, la mise in luce nel 171 [^ , 442 Letteratura e nel discorso al leggitore sono queslc parole: ,, Quan- do io difenda opinione , che poco li vada a sangue , pregoti a considerarmi come poeta ; allo 'ncontro quan- do sentirò teco , ro' approverai come filosofo : che in tutti i modi desidero di soddisfarti. S' e' ti parrà eh' io non sia troppo fornito di formole esquisite , di vive im- magini , e di poetiche idee , pon mente all' impresa a cui mi son posto , e poi proferisci il giudizio. „ Que- sta opera è partita in cinque trattati : del corpo natu- rale : del corpo animato : dell' anima ragionevole : della prima cagione : delle meteore. Ogni trattato è divìso in tanti sonetti , ed ogni sonetto ha innanzi un bello ar- gomento in prosa , eh' è come il comento di quel tal punto di filosofia. Si fanno in questa opera ( che i gior- nali di que' di dissero scritta con assai grazia e dottri- na ) delle belle e curiose osservazioni : come si formi la visione : come si rappresenti la varietà de' colori : come si renda sensibile l'odore , il suono , il sapore. Si ragiona del tremuoto , della origine de' fonti , del flusso e riflusso del mare , del vento , delle nubi , della rugiada , della nebbia » della pioggia , della neve, della tempesta, del tuono, del fulmine , delle comete , dell' iride : e con molta sottigliezza d'ingegno si correggono alcuni errori del grande Cartesio e di altri filosofi. A questo venne dietro un altro lavoro, la filosofia mo- rale , quella cioè che da le regole di vivere onesta- mente, e regge le azioni della volontà. E' desso in simile nwdo descritto , e in cinque trattati diviso , in che si parla de' beni e de' mali , de' vizi e delle vir- ili. Sopra tutto favellò a lungo del piacere e del do- lore ; imperocché ei diceva , che le altre passioni sono o dilettevoli o moleste , in quanto che al piacere o al dolore si riferiscono-, e pose in fine una canzone su la bellezza. Pubblicò anche altre poesie diverse , quan- ]| do ^otlo il suo nome proprio, quando sotto l'anagrara- Illustri ravegnani i 13 matisnio di Gerrugio Cliba. E nell' uscir di vita bìsciò manoscritto un poema di dodici canti in ottave sovra la morte , e molti capitoli di scherzevole argomento. Ebbe il Calvi una mente ben composta di ordinati pen- sieri : forte immaginativa : facilità grande di verseggia- re ; e nelle sue poesie trovansi spesso delle beile im- magini , talvolta colorate con alcuna bontà di stile. Fiorì neir amicizia de' suoi concittadini Teseo France- sco dal Corno, Francesco Ignazio Gentili , Ippolito Lovatelli , Marc' Antonio Ginanni , Carlo Taroni , Fa- brizio Nicolò Bezzi ) Francesco Antonio della Torre , uomini tutti nelle lettere versatissimi , come pare da alcune cose loro che sono a stampa. Fu desiderato il decimo di aprile del 1761 , dopo una lunga vita di settantaselte anni compiuti ; e cbmechè non lasciasse alcuno della sua famiglia , che con lui si spense , non dimsnco non mor\ già illacrimato : che in luogo dei domestico pianto ebbe il pubblico ; ed i ^uoi discepo- li , delle virtù di tant' uomo conoscenti , gli fecero le funebri onoranze nella chiesa di S. Francesco , doye fu seppellito. 37. PIF,R PAOLO GINANNL Non si può negare che l'abate Pierpaolo G inan- ni non sia stato un uomo di grande dottrina , e quel che più stimo , di singolari virtù : perchè bassi ora a dire alcuna cosa di lui. Nei maggio dei 1698 il conte Alessandro Ginanni ravegnano ebbe da Leo- nida Zauchi sua donna un figliuoletto , che al bat- tesimo nominò Baldassare ; il quale aveva poi ad 5/(4 L E T T E R A T V R A essere per le opere del suo ingegno un Lello ador- namento del suo illuslre legnnggio e della patria.. Ve- niva innanzi negli anni il giovane Baldassare , e fatti i primi studi alle scuole de' preti de! Gesù , mo- strante lui animo divoto e verso le sacre cose pie- toso, fu chiuso neir abito de' monaci neri cassinensi, non avendo più che quindici anni ; ed allora il no- me di Baldassare in quello di Pierpaolo mutò. E nel 1714 , fatta professiciic all'ordine, e compiuto il corso della filosofia , fu mandalo a Roma ad ascol- lare i lettori delie leggi canoniche e della scienza teologale : ed egli che aveva ingegno docile , e ad ogni disciplina disposto , molto in quegli studi ap- profittò. Ma era venuto il tempo che dovesse Pier- paolo , secondo V usato de' monaci , di discepolo di- ventar maestro , ed istruire i novizi nella dottrina appresa a cjì.iclle scuole. Passò dunque a Firenze : dove visto olle s' era dato il bando all' antica filo- sofia , con animo allegro si mise a rifare gli studi: e poco appresso tornò a Ravenna a leggere nel mo- nistero di s. Vitale. E fu allora eh' ei mandò fuori una sua operetta latina, in che fece brevemente l* isto- ria della filosofia. Poi fu da capo inviato a Roma ad insegnare nel collegio di s. Anselmo, in Roma diede opera , innanzi alle altre cose , a farsi dotto nelle antichità ; e presa amicizia col conte Avolio Trotti , ad istanza di lui scrisse le memorie stori- che delia casa aulica degli Alidosi. In questo mez- zo era il nostro Ginanni slato promosso a posti elevati nella religione ; i quali onori, ne ambiti ne chiesti, nulla cangiarono della schiettezza de' suoi co- stumi, e gli raccesero vieppiù l'amore agli studi e la nobile brama d'illustrare coiye meglio potesse il suo loco natale. Onde tornatosi qua nell' autunno del 17a7 , raccolse in un volurfie molte rime di poe li Illustri ravegnani 145 ravcgnani dal 1290 al 1733 ; e tutte ebbe viste le carte più dimentiche de' nostri archivi. Indi ad al- cuni anni si trasferiva in Assisi a ref^gere il mona- sterio di s. Pietro, e nella breve dimora che vi fe- ce, scrissse e mise in luce una 'eltera contro un tal prete faentino , con che provò Ravenna e non Faenza esser la patriaj di s. Pier Damiano ; e que- sto fece con tanta forza di ragioni , die 1' avversa- rio gli si arrese per vinto. Di la mosse nel 1743 alla volta di Roma , eletto abate del cenobio di s. Paolo , dove stette cinque anni accetto alle pili dotte persone. Dal 1748 al 1769 fu posto a governo de' monisteri di Ravenna , "^ di Cesena e di Rimino; dal •quale ufficio riportò molta lode di bontà e di zelo , e dai [monaci fu amato di cuore e avuto in reve- renza. Continuando negli studi , e intento sempre ad onorate fatiche , compose tre dissertazioni alla isto- ria della patria appartenenti. La prima difende le lettere ravegnane contro ciò che n' avea detto in una iscrizione latina monsignor Gio: Battista Passeri : la seconda discorre 1' origine dell' esarcato e la dignità degli esarchi : ragiona la terza del mirabile monu- mento di Teodorico re. Fece anche altre coserelle di minor conto , che parte videro la luce , ed al- quante inedite si rimangono. Ma la sua più grande operE^sono i due volumi delle memorie storico-cri- tiche de' nostri scrittori : dove di assai ravcgnani , la cui fama era nascosta nel tempo , ei mise i nomi alla luce : il che fu segno di animo grato inverso degli avi ; ed è la gratitudine una nobilissima virtù dell' uomo. Lo stile che *l Ginanni adoperò ne' suoi scritti è ([uale si usava dai più nel passato secolo: ofTcso cioè di parole e di locuzioni straniere ; ina la crudiziotie è grande , e l'amore inverso la patria grnn- dissimo. Ver0 Letteratura fra noi soggiornarono. Mentre il nostro Glnanni era lulto intento ad ornare la patria con le opere del suo iiigeguo , e volgeva nella mente di fare un lun- go viaggio oltremare per vedere nuove citta o co- slumi d'uomini , assalilo da una febbre mortale , la notte dogli otto marzo 1766 si partì da questo mondo nella ancor verde età di quarantanove anni, due me- si e ventisei giorni. Il card. Gaetano Fantuzzi ra- vegnano e monsignor Nicolò Oddi nostro arcivesco- vo stettero presso al suo letto insin eh' ei rese lo spì- rito, porgendogli di continuo salutevoli conforti. Fu seppellito nella chiesuola di Braccio Forte, appresso il sepolcro di Dante , entro 1' avello de' suoi mag- giori , e la sua morte fu cagione agli amici e a tutta la città di grandissimo dolore. Alla nobiltà della schiat- ta (per dire alcuna cosa de' suoi costumi) aveva con- giunto qualità onoratissinie della persona : eh' egli era Ijuono , onesto e cosi schietto che ti apriva ciò che aveva nel cuore. Giovane non sopportò sì pa- zientemente le cose che venivano contro la volontà sua , come fece poi nella matura età , ammaestralo dalla filosofia. A lui non piaceva punto la vita de' suoi pari data ai diletti , immersa nella pigrizia , infiacchita fra le piume r cavalcava solamente moltO' spesso, giovandogli quello esercizio alla sanitk. Di se e delle cose sue parlava poco e moderato. T'iitti con- s't^.ngono^ diceva , che la perfezione della storia na- turale dipenda dalV attenzione , e dal candore del- l' osservazioni. Né daW una ^ né dall'altro cer- tamente ho saputo io mai allontanarmi per V amore die debbo alla veiità. E nelle sue opere lasciò an- che scritta questa sentenza: Sono i piaceri dello stu- dio da riputarsi pia puri di quanti altri mai^ e pia diagli altri adattati a far durare la tranquillità del- l'animo. Nel giudici© era netto di passione: degli al- Illustri ravkgnami 151 trui meriti non invidioso : de' vizii nemico : della re- ligione caldissimo amatore. Ebbe amicizia co' più ce- lebri uomini d' Europa , fra' quali 1' Ousembray , il Terapleman , il Boschovicb , il Mazey , il Turgot, il Tillet, il Mayer , il Nebedan, e principalmente col Reaumur , di cui restano le lettere piene di bellis- sime lodi del nostro autore. La fama , che le più volte h un tardo tributo de' posteri , in tutto il cor- so della vita lo accompagnò ; e fu ragione ; che non havvi al mondo uomo più grande di chi accresce con^ la forza del suo ingegno le umane cognizioni. Fu di statura mezzana, di molta magrezza , di comples- sione debole « estenuata dalle veglie e dalle fatiche. Non lasciò prole , che moglie non aveva menato , tenendo non potersi troppo ben concordare la vita dello studioso con le cure gravi di marito e di j)a- dre; ma le opere da lui composte varranno bene più che i figliuoli a mantenergli il nome vivo e glorio- so insino alla più lontana prosperità. 39. IPPOLITO GAMBA GHISELLL Anche un breve tributo di lode vogliamo do- nare al merito del conte Ippolito Gamba Ghiselli ra- vegnano , figliuolo di Giovanni e della contessa Lu- crezia Gambi , venuto al mondo nel 1724 il dicias- settesimo di novembre. Nato in nobile fortuna, le ric- chezze non furono in lui impedimento della virtù, come ih molti suole addivenire , ma anzi un forte eccitaménto: imperocché egli, cui natura non ebbe negato felicita d'ingegno, aUtòc di buon' ora alle Ut- 152 L E T T E R A t'c n A tcrc ed alle scienze; e sebbene ancor giovane si fos- se reso in panni sacerdotali , non tralasciò per que- sto gli ameni e dilettevoli studi. Allettato dalla dol- cezza della poesia, scrisse molte migliaia di versi, co- me dire sonetti, canzoni, odi, inni, epitalami!, ca- pitoli , elegie , epigrammi. Fece un ditirambo silve- stre ed una tragedia ; e cominciò un poema eroico- mico intitolato le Nuove Amazoni , o sia la guerra d'amore , che non so se recasse a fine. Compose an- che un altro poemetto giocoso in tre canti. Le quali poesie mostrano (pare a me) molta vivezza d' imma- ginazione nel nostro Ippolito , ma , in fatto di stile non SODO commendabili , sendo egli vivuto in tempi che gl'italiani , sviati dietro le arti degli stranieri , avevano in pregio un certo nuovo modo di scrive- re , sciolto d'ogni legame, senza nervi, pieno di pa- role e di rumore. Ideò anche e condusse un poema latino su la restaurazione di Ravenna , ed altre ma- niere di versi in quella lingua descrisse , che per essere rimasi inediti e da me non veduti , non posso fnrne parola. Ben sono da pregiare le prose per la molta erudizione che in esse si trova ; le quali trat- tano presso che tutte di materie istoriche in difesa della patria, di cui fu grande zelatore. L'anno 1766 un Lovillet viaggiatore fiammingo in Italia ( vuoisi nascosto sotto questo nome il p. Andrea Rubbi ge- suita) ebbe asserito : la rotonda di Ravenna essere monumento romano , non fatto perchè accogliesse le ceneri del grande Teodorico, Alla quale opinione ac- costatosi il conte Rinaldo Rasponi ravegnano, mise in luce una sua operetta intitolata : Ravenna libe- rata dai goti. Parve al nostro Ippolito che questa co- sa fosse in disonore degli storici ravegnani , la cui autoritk non poteva patire che venisse scemata ed av- vilita : perchè con molta arditezza d'animo scrisse e Illustri haveOxNani 1ó3 pnl)l)licò nel 170; le memorie su rantica rotonda ravcj^iiana provata opera e mausoleo di Teodorico re de' goti ; e s'ingegnò di confutare tuttoché era stato detto dall' avversario. In seguito , inteso sempre ad illustrare e difendere i patri! monumenti, stampò nella nuova raccolta calogcriana una dissertazione sovra il sepolcro dì Dante Alighieri, da lui recitata Dell' ac- cademia arcivcscovale di Ravenna. Disse : i ravegna- iii aver onorate in ogni tempo le ceneri di quegli uomini eccellenti , che qua venuti come ad ostello di pace, vi resero l'estremo spirito ; e volle mostra- re contro il Lovillet che le ossa del divino poeta fu- rono tumulate nel loco dove stanno anche oggi « e staranno in perpetuo. E in questo medesimo anno 17G8 diede anche a stampare una diatriba intorno a varie cose di storia ravegnana messe in dubbio dal viaggia- tore fiammingo; e l'ab. Lami ne fece ricordanza ono- rata nelle sue novelle. Fra le cose manoscritte del Gamba non sarebbero forse indegne di venir alla luce alcune orazioni e dissertazioni di storiche e naturali curiosità, come sono quelle: della origine delle co- rone militari : de' fanciulli nell' utero della madre : delle aurore boreali. E a queste possiamo aggiunge- re il poemetto latino di Marcello Pallonio descrivente la sanguinosa battaglia di Ravenna del 1512, da lui recato nel verso italiano ed illustrato di note. E ba- sti insin qui delle letterarie fatiche di questo rave- gnano , il cui nome è degno di onore anche per le sue domestiche virtù. Che in vero se viene all' uo- mo una bella lode dalle opere della mente, una mag- giore ne viene dalla bontà della vita. Ei fu dunque ottimo e costumatissirao sacerdote : amico di quella fama che nasce dalle virtiì proprie , e non viene dagli avi : speculatore delle memorie antiche , e nel procurare e difendere 1' onore della patria ar- 154 LfiTTKKATU&i; dentisslmo. Spirilo non ahìrffo , stimava il maggio- re de' mali morire alla memoiia degli uomiai , es- ser sepolto nella oblivione. Fu capo della ragu- nanza letteraria ravegnaiui , e assessore dell* accade- mia degli informi. Visse sessantatré anni o otto me- si, ed il giorno 1G di luglio del 1788 entrò nella eternila. Ebbe sepolcro nella cliiesa di s, Maria Mag- giore , sovra il quale dal [)ic[vj.so e diligente nijintc conte Paolo Gamba Gliisplli fn posta una iscrizione latina, che conservasse ne' futuri la memoria dell' egre- gio uomo che abbiamo lodato. /iO. CAMILLO SPRETL Soleva già dire Marco Tullio , quel lume della romana eloquenza , che se l'uomo riceve dalla patria infinite comodità , è anche debito eh' ogni genere di fatica per la patria egli sostegna. La qual memore- vole sentenza era sovente in bocca del marchese Ca- millo Spreti ravegnano, il quale lasciolla pure scritta nelle sue opere, e co' fatti addimostrò come gli fosse penetrala per l'animo. Nacque questo buon cavaliere a' 14 di febbrajo nel 1743 del marchese Giulio e di Faustina Casali romana. Il padre gli morì per tem- po. Egli , compiuti nel collegio di Modena gli stu- di che sì convenivano al grado suo di gentiluomo, ed entrato all' ordine di s. Giovanni di Gerusalem- me , si condusse all' isola di Malta a farvi le carovane , e di ventun anni tornò alla patria. Dove , temendo non il suo nome si rimanesse oscu- ro in tanU chiarezza de' suoi passati , seguitò a dare fLLUttTIVI llAVKGKANl 155 opera alle lettere con intendimento d'illustrare , per f|uaMto il comportasse il suo ingegno , la storia rave- gtiaiia. Ne le cure di marito (da che ebbe condotto ìli moglie Geltrude Rossi di casa ravegnana oltre ad ogn' altra antichissima e chiarissima), ne l'affetto a' figliuoli poterono scemargli punto di questo suo ar- dentissirao amore. Ai 27 di maggio del 1799 entrava- no i tedeschi in Ravenna capitanati dal colonnello De Grill : poco appresso creavano una reggenza provincia- le , e n'era eletto a presidente il cav. Camillo ; il quale non molto dipoi , per cagione di sanità, quella carica rinunciava, e poscia , pregato , per solo affetto alla patria la ripigliava. Le principali magistrature, che di quando in quando gli venivano offerte , costante- mente ricusò , ne accettolle se non allora che vide di poter fare alcun bene a'suoi concittadini. Mutavansi in appresso le cose tutte d'Italia , ed il pontefice Pio VII tornando a Roma dalla Francia , ov' era stato catti- vo , piegava un poco il suo cammino per visitare que- sta antica città; ed il marchese Spreti il dì 1(3 di apri- la del" 1814 accoglievalo nel suo palagio con isplen- dida magnificenza , lieto quanto mai dir si possa di un ospite COSI glorioso. Ed il papa , per dargli alcun se- gno di amore , lo creava suo cameriere segreto a spa- da e cappa : e giunto a Roma lo nominava consul- tore della legazione di Ravenna nelle cose civili e cri- jajinali ; e per tre epistole latine il suo affetto gli raf- fermava. Desideroso , come dissi , il nostro Camillo d'illustrare le antiche cose della patria , ridusse da pri- ma in volgare la istoria latina di Desiderio Spreti , uno de' suoi maggiori , intitolandone la stampa all' al- tezza di Carlo Teodoro duca di Baviera ; ed aveva in animo di continuarla a modo di annali insino a'suoi d\ , ne so perchè non mettesse poi ad effetto il lode- vole pensamento. Vi pose bensì delle note, ed una giuQ- 156 LÈTTCnATOFtA ta di meglio che cinquecento iscrizioni copiate clai ttidt^ mi : trascrisse quelle che leggotisi ne' volumi dell' Appia-' no , del Rossi , del Gratero , del Doni , del Gudio 4 del Reinesio , del Fabretli ^ del Muratori , e molte nei raccolse da due manoscritti antichi. E tutta questa grande congerie d'iscrizioni divise in tre classi , e ad ogni classe pose copiosissime nòte a foggia di coraen-^ ti , tratte dalle opere di diversi autori ; ed aggiunse un indice delle abbreviature , e un altro mostrante le cose contenute nelle iscrizi oni , ragionato a modo del Gruferò , del Reinesio e del Gori. Della quale spen- diosa fatica e da dargli lode , perocché i marmi , a che gli antichi raccomandarono la memoria de' fat- ti loro , recano una bella luce alla istoria. Poscia nel 1804 pubblicò un suo compendio storico dell' arte di comporre i musaici , con in fine la descrizio- ne degli antichissimi musaici ravegnani. E coraechè pri- ma di lui ne avessero ragionato il Ciampini ed il Fu- rietti nelle dotte opere loro , ei tuttavia confidò che le sue Cure non tornerebbero ingtate a'siiOi concittadi- ni , acquali con molto aflfetto ricordava , e qoàsi pre- gava , avessero a cuore questi avanzi venerandi di an- tichità , che gli stranieri e* invidiano , e noi ( nostra vergogna ! ) poco ci peniamo di conservare. Ed in fine di questa opera si leggono due suoi ragionamenti da lui recitati in Firenze nella società colombaria e dei georgofili , l'uno sovra la pineta raregnana ; l'altro su le api ; avendo anche di suo ingegno trovata una macchinetta , o nuovo alveare , per la conservazione delle medesime. E nel 1822 furono stampate in Faen- za le sue memorie intorno i dominii e governi della citta di Ravenna. Compose altri opuscoli storici di minor conto , e fu anche verseggiatore : ma si i versi e si le prose non hanno , a dir vero , alcuna bontà di stile. L'ultimo de' snoi lavori , che inedito si rima- lìd , h la istoria della Casamatta , antichissima società di pescatori , eh' ebbe origine insin dal 493 , e poi fij nobilitata coli' aggregamento de' principali cittadini , e dura tuttavia , ed ha sue leggi e constituzioni. Per tucryre alcuna cosa appartenente alla sua natura , ei fu uomo di provata integrità , nella cui mente erano pensieri grandi , e non da privato. Nelle opere di pie- tà fu caldissiino : sovveniva quegli onesti cittadini , la povertà de' quali era tenuta celata dalla vergogna. Cortese ed atfabile nel conversare. Mi ricorda che ra- gionando ei meco nell'agosto del 1826 di que' biio- iii ravegnani , pel senno e per la virtù di cui la patria è venuta in molto splendore ; e detto io, .che avrei voluto vedere le immagini loro poste in loco onorato, le quali facessero fede allo straniero che noi non sia- mo ancor morti alla gloria ; vidi a questo dire tutta rallegrarsi il volto di quel buon vecchio , il quale stet- te alcun poco sopra di se , indi , strettami la mano , sciamò : „ O ! perchè non sono io nella mia prima fortuaa. „ Le quali parole mi mostrarono chiaro che deatro di quelle membra asciutte e fredde era anco vi- va una favilla di animo generoso. Così viveva il no- stro Camillo , quando nel maggio del 1 830 , oppresso dal peso di ottantasette anni , infermò gravemeiite , e dopo pochi giorni morì. Volle che '1 suo corpo fosse seppellito senza pompa di funerali nella chiesa di S. Gio. Battista appresso le o«sa di suo padre. Ed io cre- do che in quelle ultime agonìe della morte , avendo- gli '1 male lasciato intero conoscimento , si ricordasse l'egregio uomo di ciò che aveva scritto ei medesimo : che ,, la nobiltà de' natali e le ricchezze sono beni ef- fimeri ed eventuali , che svaniscono al terminar della vita : non così accade dell' uomo virtuoso. Egli so- pravvive a se stesso , e passa ad una nuova esistenza nella memoria de' posteri , quando anche cede al co- mun destino la fredda scorza di se medesimo. ,, 158 r -^s.-ywaam^j Sopra un discorso di Cesare Dal- Buono pronunziato nella sala delV archivio del real collegio di musica in Napoli per V inaugurazione del ritratto del cav. Niccolò ZingarelU il giorno Tò giugno 1835. Let- tera di Ottavio Gigli a Cesare Mattei. "Quegli scrittori sembrami, o mio Mattei , abbiati- si a tenere in conto d'ottimi , e meritevoli die di loro altamente si senta , i quali presero la penna a tramandarci il vero avvenuto ne' secoli trapassali , lasciandoci in memoria esempio d'ogni più esecrabile vizio, perchb conoscendolo sotto ogni aspetto l'abbo- minassimo, e d'ogni virtù , che se vissero in tempi bea- ti , col mostracene le care e desiderabili ricompense ci ponessero in cuore il desiderio di conseguirle. Onde noi vergiamo die l'antica sapienza con ardii, trionfi, sta- tue, corone sapeva destare gli animi di tali cittadini che ola l'ozio , gli agi ed ogni più pestifera passione che aiitiidare possa lusingando in cuore umano avvilivano e facevono di peso e di vergogna alla patria. Ma a' no- stri giorni ben dobbiamo compiangerci l'estremità in cui vennero queste pubbliche mostre di pubblico af- fetto e riconoscenza , cotanto un tempo soventi , non meno che gli scrittori che senza viltà le celebrassero. On- de se alcuno di quegli esempi si rinnova in qual- che citt^ italiana , parmi debito di chi abbia a cuo- re che la virtù vera sia riconosciuta e premiata far conoscere quando e dove s'operò tale incoraggiamento peicht; altre citta a si belle iin^jrese s'infiammino. Na- poli iu vero il di 13 di ijiugno 1835 collocaudo il ri- Discorso ec. iri^ tratto (lei cav. Zingarelli nel rcal collegio dì musica accanto (juclii d'uno Scarlatti, d'un Pergolese, d'un lo- raelli, d'un Sacchiui, diede a divedere quantagratitudine senta per chi spende siccome questi i' ingegno e la vila neir ammaestrare le giovani menti alla divina arte dcila musica , o in qualsiasi altra che torni in van- taggio di quel loro paese al cielo si caramente diletto, e d'Italia tutta. Lui avventuroso che sorti di poter es- sere vivente, disperando ogni invidia , onorato! Men- tre molti nostri italiani ugualmento degni , illacrimati finiscono , o finirono in terra straniera , col solo con- forto che le loro opere occorrendo alla vista o alla memoria di qualche anima gentile , le facesse risov- nire quelle estreme e continuate sciagure in mezzo lo quali stentarono la vita: per modo che sia sforzata ad impetrar loro quella pace , che spesse volte goduta dai tristi , vien tolta o perturbata in tempi d'adu- lazione e d' intrigo (che son sempre quelli dell'igno- ranza) ai buoni ed utili cittadini. Ne questa onori-< fica dimostrazione d' amore e riverenza pubblica verso lo Zingarelli si rimarrà conosciuta soltanto ai napo- litani d'oggidì : che gli avvenire eziandio la sapranno in leggendo un discorso del giovine Cesare dal Buo- no: tale è il diletèo che si cava dalla lettura, non tan- to della ragunanza delle persone conosciute per emi- nenza di lettere e di rirtù (fra le quali fu ancora l'ec- cellentissimo comm." Niccola Santangelo ministro se- gretario di stato degli affari interni) ivi convenuta, quan- to dalla dolce e nervosa eloquenza con la quale ani- mava quel suo scritto tutto fior d'eleganza e senno. E perchè tu non venga nel dubbio che l'amicizia a questo giovine mi abbia fatto trasvedere , in fine a ([uesta leggerai un brano del sopraccennato discorso ; e ciò il faccio ancora per quel desiderio che ho portalo sempre d'accomunare teco, ottimo fra i miei 1 (JO ti E T T S R A. T U r. A. «mici, quanto mi riesce più dilettevole e caro. Cosi al Ziflgarelli iucootiò quella ventura clic in sul far- mi a scriverti accennai, la ricompensa alle durate fa- tiche da molti sospirata , da pochissimi ottenuta , ed uno scrittore che senza fare vile mercimonio del- le lettere lo lasciasse in memoria ed esempio ai seco- li che chiameranno antico il nostro. E' gran tempo eh' io meco stesso vo rivolj^endo il perchb la musica a* di nostri ahbia ad essere fra le arti la piiì pregia- ta e protetta. Questa veramente h l'arte che quel sa- pientissimo Omero fece ricreamento e delizia defili dei ; quella stessa che quel sacro petto di Socrate, albergo di tutte virtù, incurvando per gli anni impara- va , e che tanto valse ad Achille ammaesfrato dal suo Chirone a disarcerbare il dolore che in lui ven- ne allorquando sdegnato con Agamennone si stava soli- tariamente cantando le geste degli eroi , ottenendone quel refrigerio che Tullio e Platone danno alla musi- ca dì svegliare i languidi , o i troppo svegliati e vee- menti attutire, l'ensi tu che quest' arte, venuta oggi a tanta perfezione , sia esercitata degnamente da noi sic- come Platone ci assenna nel Protagora, ove instituisce che i giovani imparino a cantar sulla cetera i versi de' poeti nobili , acciocché la musica introduca negli animi loro la sapienza, come la ginnastica , la fortezza ne' corpi ? O pensi che a tutt' altro scopo via rivolta , stabilendone il vero, da quanto tuttodì con nostro ros- sore dobbiamo vedere ? Quali sono que' sentimenti , che rimangono nel nostro cuore per via di quest' aite, se non quelli che può muovere un uomo combattuto e spesso vinto dalle più dannevoli passioni, e quindi trambasciato dai rimorsi , uscito di mente, e che se ci accadesse vederlo si compassionerebbe fuggendo per non attristarsi ; questo e l'uomo presentato ai nostri sguar- di per appararvi a condurre più retlanicnte la vita ? Discorso ec. ìGì voglio per non essere taccialo di raaldicenza tacerli gli argomenti di zozzi amori , d'incesti , e di simili al- tre nefandezze, che ad altro non vagliano che ad in- Jascivire i costumi, i quali dagli afletti dell' animo s'in- formano ; e fare gli uomini di capaci a cose altissi- me , vilissimi , indegni. Ecco il bel fine che si è oggi proposto ne'suoi melodrammi un rinomato e impuden- te poeta : ecco uno di quelli ( per nulla nominando la greggia che lo segue) , per cui Platone nella sua repubblica volle abolita quest' arte divina che pur vo- leva s'apparasse da' giovani giunta ad alti sentimenti de' più nobili poeti nel suo Protagora. Che cosa ab- biamo adunque a didurre da tale riflessione ? Che quest' arte utilissima , eh' è de' nostri aCfetti moderalri- co ; e che togliendoci dal vizio non senza soddisfa- zioni de' sensi stessi potrebbe indirizzare le nostre ope- razioni a lodevole fine, salvo pochi spartiti di degno argomento senza più , e usata indegnamente dagli ita- liani : e che tornando essa al suo vero scopo, incon- trerebbe la stessa sorte delle sorelle , eh' ivi non fiori- scono , ove la vera virtù , e la sapienza d'ogni ma- niera non sì premia e protegge, perchè l'ignoranza in- nalzata non sostiene venga in palese ( sia qual vogliasi ) l'arte che abbia il potere di far conoscere agli uo- mini che il rispetto in verso di quella è viltà : l'ub- bidienza , timore. Molte cose su tal proposito che ho scritte nella mente ora trappasserò, perchè veggo in te grandissimo il desiderio di leggere questo brano del discorso che ti reco dinanzi ad acquistar fede al mio detto. - Son certo che il nostro egregio prof. Costa, a cui con affettuosa riverenza mi ricorderai , godrà nel leggere uno scritto d'un giovine che cresciuto alla scuola de' classici, di cui egli è principale sostegno e ornamento , seppe vestire con istile fatto su quel- li pensieri ciie tengono deli' alto subl)ieto che prese G.A.T.LXVI. n 162 LUTTEKATWRA^ a discorrere. Fa che l'incantesimo di quella CLiiìipa- gtiia eh' io tanto sospiro, ed i tuoi studi nei quali con tanto onore tutto sei immerso, non ti distolgano dal pensare alcuna volta ad uno de' tuoi più caldi e veri amici. Addio. DISCORSO. E certo sommamente mi duole che anche Napoli non abbia sale come quelle del campidoglio, che gli artisti arricchiscano dei loro doni, e i ricchi di qual- che piccola parte dei loro averi. Ma per non tener- mi in tutto lontano dal principal soggetto del mio di- scorso , a pje pare che l'aver voluto porre nell' ar- chivio del nostro collegio alcuni segni che ricordassero quei grandi napoletani che tanto giovarono la musi- ca , sia stata opera nelT intenzione lodevolissìma. E quel giovine che anche per caso levi gli occhi in al- lo , mirando quelle immagini non dovrà rappresen- tarsi alla mente col nome di Pergolese , di lommelli , di Sacchini la vita e le opere loro ? Non gì' invidie- ra con invidia degna di un uomo la gloria , il lume della loro fantasia, gli onori : e quando onori non ab- biano avuti, non gì' invidierk financo le stesse sventu- re ? Non si sentirà trasportato ad ornare l'intelletto , raggio della luce divina , il solo che ci serve di con- fai lo nella vita , il solo che i grandi non ci possono uè dare ne togliere ? E dell' onore tributato a Zin- garelli vivente quale sarà di questi giovani egregi che non voglia trarre profitto ? Dell' onore non richiesto, non ambito da lui modestissimo , ma dalla spontanea e concorde affezione di tutti rendutogli ? Potrà sempre ritornare quella immagine alla memoria del giovane gli amniaestramenli uditi dall' uomo venerando : e ripen- Sdudo a lui, non solo troverà gli esempi di scienza mu- I Discorso ec, 1G3 sleale , ma anche di civile moderazione , e di vita tem- perata , e d animo saldo ed invitto. Io stesso qui ne farei menzione se altro non fosse, come ho detto fin dal principio , il mio proposto. Ricorderei almeno a que- sti suoi figliuoli di amore quel fatto della sua vita quando comandato dal governo francese di far cantare l'inno del ringraziamento da lui posto in musica , men- tre il pontefice massimo era tratto in Francia dalle forze napoleoniche, disse non volere , pen^h' egli era stretto da obblighi di gratitudine al pontefice al quale era usata questa violenza : e condotto in Francia prigio- ne , non volle. Avrebbe potuto Napoleone il conqui- statore togliere tutto a Zingarelli , ma l'ingegno a la volontà non avrebbe potuto. Questa immagine rieordeià a tutt' i suoi discepoli quelle parole da lui così spesso ripetute , che bisogna studiare ne' grandi esemplari , ed aver lisa la mente al vero ed al bello eh' è uno e im- mutabile. E quanto questi suoi avvertimenti sieno ri- chiesti in questi tempi , lascio che ognuno di sano in- tendimento giudichi da se. lo non mi maraviglio che i peruani, i cinesi non sentano e non facciano opera di sentire il bello , quando non lo conoscono -: mi ma- raviglio bene che noi italiani eredi delle gloria dei gre- ci nelle arti, riscaldati da quello stesso sole che ri- riscaldò i latini , possiamo invaghirci di tutto quello che sa di oltramontano. Cominciamoci dunque a dilet- tare dello strano ; a scrivere basti l'ingegno senza tante rettoriche e contrappunti : le regole inceppano la fan- tasia. Veramente fantasie inceppale erano quelle del Tasso e del Pergolesi ! Ma qui non voglio che l'amore del vero mi svol- ga e mi allontani dal debito fine del mio discorso. Tan- to più che di maestri caldi , affezionati amatori del bol- lo italiano, non mancano a questi giovani egregi. Vo- glio solamcnlc qui , nella solennità di (luosto giurnu , ir IG'l. L E T T E R A T t n A in mezzo ad una cosi onorata frequenza di doli! , ri- cliiumar loro alla memoria l'obbligo che essi hanno di attendere con tutte le forze dell' animo ad uscire di questo luogo desiderosi e meritevoli di gloria. Il quale obbligo non hanno già essi soltanto con l'arte nobilis- sima a cui sono rivolti i loro studi , ma con questo venerando maestro , con questo collegio che lì racco- glie. Un' arte data dal cielo agli uomini a conforto in una vita di miserie , e che per questo gli antichi ve- neravano come invenzione degli iddii , richiede che i suoi cultori sieno degni di lei. Si ricordino che gli an- tichi ponevano cura che i giovinetti venissero ammae- strati nella musica , della quale nulla è più accomodato ad accendere ed ingentilire gli animi quando ^ rivolta a buon fine : nulla più proprio a snervare ed indebo- lire, quando è malamente adoperata. Volta a buon uso quest' arte serviva agli argivi , ai lacedemoni per in- fiammare gli animi alla battaglia , come ad Empedo- cle per calmare il furibondo giovane di Taormina , a Terpandro per acquetare il tumulto di Sparta , a Te- lesilla per raccogliere sulle mura di Argo in difesa della patria la gioventù innamorata alla dolcezza del suo canto. E gli argivi e gli ateniesi posero pena contro cohii che avesse guastato l'arte con un canto lascivo ed eileniinato. Non la generosa musica , ma questa vile ed effi?minatrice voleva esclusa dalla sua repubblica la divina mente di Platone. Dappoiché volendo che tutti gli affetti e le arti fossero incitamento al bene , desi- derava che come l'amore fosse la musica risvegliatri- ce di virtù. Quindi colui che non si volge all' eser- cizio di quest' arte con animo puro , che intende a lu- singare i tempi , a carezzare le passioni ingloriose , non profani il tempio delle muse , non vesta l'abito di loro sacerdote , non contamini il fine santissimo delle arti. Discorso ec- 165 JSh l'obbligo che hanno questi giovani valorosi in- verso il loro maestro è minore. Quanti non invidie- ranno a voi l'essere stati discepoli di un tanto uomo ? Sapreste voi risparmiare alcuna fatica a diventarne de- gni ? E pel-che gli esempi muovono piià di qualunque orazione, io non farò che nominare ad onore del Z\u- garelli ed a vostra utilità , i soli Saverio Mercadante e Vincenzo Bellini. Essi v'impongono di continuare quella serie gloriosa che mai non mancò , e che ebbe prin- cipio da Alessandro Scarlatti. Ve lo impone un debito di gratitudine verso quell' allo personaggio (i) che qui vedete presente , al quale fra le cure più gravi dello stato h principalissima quella del vostro bene. Ve lo impone questo stesso collegio a cui foste affidati dai padri vostri , perchè in premio dell' avervi tanto amato non altro facciate per essi se non rendere lieta e bea- ta la loro vecchiezza. Vi sovvenga che dai collegi na- poletani uscivano m.aestri a cui s'inchinava riverente l'Europa : un Alessandro Scarlatti che tanto giovò la musica strumentale e la vocale , che fu tenuto armo- nista sommo dagli slessi tedeschi , e basterà dire da Giuseppe Haydn , ed a cui non saprei se rechino mag- gior lume le opere o i discepoli che numerosi educò : un Porpora, un Durante, un Pergolesi che fece par- lare alla musica il linguaggio del cuore. Usciva final-» menleNiccolòZingarelli, che qui apprendeva le regole con le quali reggere e governare le ispirazioni di .|ucl- la fantasia che seppe dettargli la Gerusalemme „£ lo pietosissime note che ci fanno piangere coli' umilc'sal- mista , e fremere alle sventura di Ugolino. Io non fa- rei che ridir cose a tutti notissime annoverando quei (r) L'eccellentissimo commenti. Niccola Santangelo minislio .segretario di stato degli affari interni. ICiG L K T T E R A T TJ R A sorami die vetincr fuori dal nostri collegi , e voi cer- iamente, o giovani, piene ne troverete le storie musica- li. E qui , potrete dire , dove noi incominciamo, que- sti sapienti incominciarono ; qui dove noi ogni dì avan- ziamo, essi avanzarono t di qui uscirono essi, e corse in breve la fama loro per tutto il mondo : di qui usci- remo noi, e non ci mostreremo indegni di occupare i posti da loro lasciati. E non ci sgomenti , io soggiun- gerei , non ci sgomenti la via se lunga e malagevole per arrivare all'ottimo, tìon sia termine de' nostri de- sideril quella detestabile mediocrità di cui facilmente si contentano i giovani. Sagrifichiamo le meschine va- nita e le piccole glorie ad una gloria immutabile. Pen- siamo che coloro, i quali divennero grandi, non ebbe- ro smania di divenirlo a venti anni. Ed a voi , o Zingarelli , son certo di aver fatto maggior piacere parlando a questi vostri amati giovani parole d'incitamento ad imitarvi , che non avrei fatto lodando le vostre virtù. Perocché ufficio inutile e vano ho riputato il magnificare cose già per se stesse gran- di e venerate. Io vedo non pertanto alla pompa di questo giorno nuli' altro essere mancato che un orato- re più degno. Cesare Dalbono= Di. alcune opere epigrafiche. Annotazione. ^-'e i diversi rami della scienza antiquaria hanno la loro certezza nel regolo de' confronti , come dottamen- te provò il eh. Libus :, certezza maggiore che negli altri, a giudizio nostro, si ha nella numismatica e Opere bpifrafiche ■^67 liei la epigrafia : perchè l'una e l'altra con la scrittura (limoslraao che cosa siano, e come debbano interpretarsi i monumenti che ne rimanda sopra la terra. Vero è, chei in questi due rami specialmente, e più assai che in al- tri , si hanno monumenti fittizj ; ma discernerli dai veri , per la epigrafia precipuamente , non è difficile : imperocché,© son essi sculti ne' marmi , e con assiii faciliti un occhio esercitato distingue l'antica dalla mo- derna scrittura ; o provengono da schede , ed ogni ama- tore di questi studi conosce quali siano sospette , quali no ; e sta ben guardingo nello ammettere per buone le merci che dalle prime derivano. Tali ragioni , ed altre più che non è luogo questo per dichiarare , ci fanno prediligere lo studio dell' antica epigrafia, a paragone de' molti ne' quali la scienza archeologica si divide : e senza dispregiare gli altri , anzi tenendoli cari lutti e proficui , di questo a preferenza ci dilettiamo ; ed ogni nuova produzione epigrafica ricerchiamo diligentemente, per apprendere ì progressi che la scienza va di gior- Kio in giorno facendo. Di alcune ultime , venuteci di recente alle mani , faremo qui , secondo il nostro co- stume , breve ricordo ; sperando far così cosa grata ai nostri lettori. §. I. Frammento di fasti sacerdotali illustrato da. Bartolomeo Borghesia Nel terzo fascicolo delle Memorie dell istituto' archeologico (i) leggemmo con molto profitto questa dissertazione dell' illustre Borghesi. La molla valeiitiaf di lui , cosi nelle cose cronologiche , come nelle nu- mismatiche e nelle epigrafiche, è nota a qualunque ama SI fatti studi , non solo appo noi , ma anche di la dai (i) N. VII- pag: 255 e scgg. Questo fascicolo crediamo fbs-' 3e pubblicato nel x835. -ins Letteratura monti e dai mari : quindi l'annunzio di una disserta^ zione del Borghesi è annunzio die porta sempre con se un vantaggio della scienza che coltiviamo. Dagli scavi che nel 1824 ^^^e operare alle falde del campidoglio la eccellenza del duca di Blacas , uscì di sotterra questo frammento , che trovasi in potere del eh. Fea. Il marchese Melchiorri lo fé subietto de' suoi studi ; e con supplimento ed illustrazioni lo pubblicò nelle Memorie romane di antichità e belle arti (i). Poche e non di rilievo sono le varianti fra la lezione del N. A. e quella del sig. Melchiorri : ma questi, avendo lascialo percorrere qualche anno dalla ispezione della pietra alla edizione e commento di essa , dimen- ticò una circostanza : cioè , che il marmo fu incìso in varj (empi , e con diversi caratteri : dal che ne- cessariamente discende , che il senso di una riga scul- la in un carattere non si può congiungere con quello delle intagliate in carattere diverso. Quindi egli talvol- ta e nel supplimento , e nelle erudite sue congetture, deviò dal retto sentiero. Noi , senza tener dietro ai divarj fra il primo ed il secondo editore , perchè sa- rebbe superfluo, seguiremo passo passo il sig. Borghesi. Frammentato il marmo d'ogni intorno , si compo- ne di 20 righe di scrittura : la 15 e la 1 9 furono in- teramente scarpelLle : altre parziali liture sofFriron tre nomi nelle righe 6 11 17. Cinque sono i diversi ca- ratteri ; al primo ed al secondo spettano quattro ri- ghe per ognuno ; tre al terzo ; cinque al quarto ; tre air ultimo. Senza alcun dubbio questo marmo fece parte de' registri di un collegio sacro; mostrandolo apertamente la voce GpOPTATVS. Di tali registri mar- morei sacerdotali il sig- Borghesi dà un diligente elen- io Voi. 3pag. 91 e segg. Opere EPiGRAriciiE 109 co ; e ( oltre le tavole degli arvali ) quattro ne novera speltantì agli auguri (i) ; poi quelli de' salii palati- ni (2) ; uno de' pontefici di Sutri (3) ; uno de' claudia- li di Boville (4) ; altro d'ignoto collegio (5) ; e quello de' sacerdoti che adunavansi nel tempio di Giove pro- pugnatore (6). Il nostro appartiene ai sodali antoninia- ni ; i quali secondo il variare de' tempi assunsero il norae di aureliàni , veriani , marciani , comtnodiani , elviani , alessandrini ; pare anzi che si debbano essi ritenere non diversi dagli adrianali ; e che durassero sino ai tempi di Gallieno. Incomincia il marmo dal ricordare ì consoli del 9G6 di Roma , sotto i quali il di 4 delle none di mag- gio , nel tempio del divo Pio (che è quell'istesso la cui fronte vediamo anche oggidì nel foro , innanzi la chiesa di S. Lorenzo in Miranda ) , in forza di rescrit- to dell' imp. Garacalla , e col consenso dell' ordine , fu cooptato sacerdote L. Egnazio fautore Lolliano. Di co- stui abbiano ricordo in una lapida innalzatagli dai cit- tadini di Platea (7) , in una che lo indica come le- gato il Pannonia (8) , in altre tre greche , ora per la prima volta pubblicate in questa dissertazione ( A. P.R.C. DCCCCLXXIII VI - ID . IVL . IN . ^ede . Dm . Fu . EX . S . C . ìT/ . Jur . Jlexandrum. "^OmU^^imym . CAES . IMPE- ÌMi , Her , cooptatum. Alla linea 12 incomincia la quarta cooptazione sotto i consoli del 988. Di essi non conoscevansi con sicurezza che i cognomi Severo e Quinziano: ora mer- cè del nostro marmo sappiamo che il secondo si disse Tib . Claudio Quinziano ; quindi a lui debbesi ag- giudicare un marmo del Gudio (i), che gli aggiun- ge l'altro gentilizio Aurelio^ ed il doppio prenome Lu- cio e Tiberio ; del che non è a far maraviglia dopo la lunga lista che ne die il Marini (2). Sotto di es- si , il 25 marzo, fu cooptato un tale , la cui memoria fu totalmente scarpellata dal marmo : nella linea se- guente però i titoli di cui fa mostra lo dichiarano per imperatore ; quindi il sig. Borghesi con buona ragio- ne vi supplì il nome dì Massimino. Il perchè dobbia- mo tenere questo frammento in gran pregio ; terminan- do per esso la clamorosa questione agitata fra i cro- nologi intorno la durata dell' imperio di Alessandro Se- (l) P. J2I 2. (i) Arvali pag. 253. il 2 LsTTBRATÙRA vero: la vittoria resta a quelli che ne avean fissala la uccisione nel marzo del 988 ; assicurando questo mar- mo, che il 25 di esso mese Massimino era stato rico- nosciuto imperatore in Roma. E qui, copiando al soli* to il supplimento della cooptazione di lui , sarà come appresso : 5eVER0 . ET . TI . CLAVD . QVlNTwwo . Cos ^ A P,Ii. C. DCCCCLXXX^Vm.Vìll.KM^. AVML . IN . yÉede . divi . Pii . et . divae . Faustink^ . imp. Caes . C . lulius . Verus . Maximinus . Pius . Felix Aug . poni . max . trib . POI .P.P. PRO . GOS . EX S . G . Cooptatus. La quinta cooptazione, che incomincia dalla ri- ga 17, sia per la frattura più grave del marmo , sia per le liture che in esso furon fatte, sia per la mag- giore difficolta del carattere , presenta minore certez- za delle precedenti. Per ben combinati argomenti il N. A. ne stabilisce l'ann. 989 sotto il consolato dell' irap. Massimino e di Africano ; s'induce a credere che questo non sia diverso da M. Antonio Gordiano Africano giuniore; e congettura che il novello sacerdote cooptato , il cui nome similmente è scarpellato , fosse Massimo figliuolo dell' imperatore. Poi ne progettali supplimento così: Imp . C . Tulio . Maximino . PIO . FEL . AVG . ET M . Antonio . Gordia no . Africano . cos. anno . yoOS T ROMAM . CONDITAm . DCCCCLXXXI., . C . lu- lius . Verus . Maximus . GerniKì^lcus . Caes . . .ER- RA . . . E V . S . C . Co optatu s. Queste cose si contengono ne! marmo , e sono a lungo dichiarate dal N. A. , ma assai più ne traila egli Opere kpiguafiche 173 maestrevolroente per entro la dissertazione. Ricortlia- ino fra esse le molte e ben combinate ragioni per le quali argomenta che i sodali adrianali non fossero di- versi dagli antoniniani , aureliani ec. (i) : le osserva- zioni intorno le differenze che in tal sorta di fasti in- contransi sul premettere o posporre al nome dell' elet- to sacerdote la data dell' elezione (2) : quelle sul- le vicende cui andò soggetta la cooptazione de' sa- cerdoti ne' tempi repubblicani e negli imperiali (3) : le note intorno i diversi istroraenti sacerdotali che veggonsi nelle medaglie (4) : le dottrine suH' aggre- gazione in tutti i collegi, divenuta un accessorio della sovrana digrlita (5) ; e sul predicato di nobilissimo , e di erede dell' impero (6) ; e suU' epoca della fon- dazione di Roma segnata in molti marmi (7) ; e su quella in cui Massimo fu dichiarato Cesare (8) ; ed altre piiì che per brevità tralasciamo. Tante cose può insegnare un sol marmo , quando abbia la fortuna di venir dichiarato da uomini dotti come il sig. Borghesi ! §. II. Friderici Osanni professoris gissensis , de columna alexandrina , Pompei nomine vulgo appel^ lata^ commentano. Qualunque viaggiatore , dai tempi di Ciriaco an- conitano ai nostri , siasi recato in Egitto per oggetto (i) P. lòi e segg. (2) Pag. 266 e scgg. (3) P. 272 e segg. (4) Pag- 292. (5) P. Q93. (6) Pag. 3o3. (7) P^S- ^"y- (8) Pag. 023 e scg. 174 I-< E T T E R A. T U R A di Studio , c visilatii abbia Alessandi'ia , ha falla men- zione di una celebre colonna d'im sol pezzo , superante senza la base e capitello i piedi ottanta di altezza. Essa è conosciuta sotto nome di Pompeo ; ma senza ragione alcuna. Quindi quistloiiavasi fra gli eruditi , in (jual tempo , in quale età, a qual fine fosse stala inal- zata. In questa lizza entrò ultimo il sig. professore Osann ; e nella dissertazione (i) trattò la quistione da suo pari , diciamo con recondita erudizione e sana critica. Pocok , Shaw , Norry , Zoega , Qualrcmere de Quincy , Ilammer , Villoison , Niebhur, Lenk , To- liffe , Glarck , Prokesch , Dcnon , Withe', Lctrouiie , altri piij , scrissero di questo celebre monolito : nin- no però fra gli antichi ne fece parola; non essendo ben certo che ad esso appellasse Aftonio (2). Alcu- ni scrittori arabi, addotti dal Pocok , l' attribuirono a Giulio Cesare ; altri ad Adriano ; altri all' imperato- re Severo; chi a Pompeo Magno; chi ad altro Pom- peo che supposero aver comandato in Alessandria ; e fnvvi chi la riportò ai tempi di Alessandro il gran- de ; e chi la fé scendere sino a quelli di Dioclezia- no. Questa ultima opinione sembrava aver migliori fondamenti delle altre ; perchè poggiata alla scultavi iscrizione: la quale però quasi totalmente corrosa , po- che lettere jiresentava di sicura lezione. Quindi i pri- mi apogrp.fi che se ne ebbero alle stampe furono im- perfettissimi ; e solo a' tempi nostri se ne ebbero piTi completi : paragonati i quali fra loro , il N. A. ne po- tè dedurre quanto siegue: (i) E' inserita nel fascicolo cIlIIc Memorie ricordalo nel §. precedente N. Vili p. Saj e bc'^'^ [ij Progyint). e. 17. Opere epickaficiic 175 TON . , . ilTATOW AYTOKPATOPA TON NOAIOYXOM AAEHANAPEIAc AIOKAHTIANON TON A '. . . T. ON no . . , OC. EnAi'xoc. AirYnxor Ma se per questa leggenda debbesi la colonna ì-iporlare ai tempi di Diocleziano ; per altre ragioni il eh, Osann la fa risalire a secoli più remoti assai. JVel trattare in fatti la questione , niuno pensò ad un testimone che ne scrisse sin dal secolo XV ; cioè l'an- conitano Ciriaco , il quale ne fé ricordo nel suo iti- nerario (i) ; aggiugnendo che quel monolito che dal volgo chiaraavasi il Pompeo , egli amava meglio at- tribuirlo ad Alessandro ; e costargli dalla antica iscri- zione sulla base della colonna , e da lui letta , die l'aveva innalzata il famigerato architetto Dinocrate. E qui , a prevenire la risposta di chi accusar volesse Ciriaco di falsila, il N. A. ne prende la di- fesa ; e prova non dover esser egli confuso con al- tri falsatori delle memorie antiche; e noi ricordia- mo che il nostro Tiraboschi l'aveva già scolpato di quella supposta reità (2). L' epoca poi in cui fiori Dinocrate , ben combina con quella del Magno Ales- sandro : anzi Vitruvio (3) , Plinio (4) , Valerio Massimo (5) , Ammiano Marcellino (G) , altri an- i '" (i) N. 5o ediz. fior. a. 1742; e vedi Villoison nelle Meni. delV acad. voi. 47 a. 3 16. (3^ i Nella storia dell' ital lelt, ("S) Lib. 2 Praef. (4) Lib. VII 28. (5) Lib. 1, e. 4 Ext. I. (6J Lib. -rj. 16. Vi(j Letteratura lichi , raccontano che Alessandro ad esso Dlnocralc ordinò la costruzione di quella citta , cui dar volle il suo nome. Ciriaco però, clie asserì aver letta quella raemo- raoria , la trascrisse poi nel suo itinerario ? Fra le opere a stampa di lui non v' è : ma suppliscono al bisogno le schede di Giocondo veronese, dalle quali la tolse il Muratori (1) ; e prima il Grutero (2) 1' avea riportata non esattamente, copiandola all' Aplano (3Ì che fu il primo a pubblicarla. E qui si noli , avere scrìtto l'editore dell'itinerario di Ciriaco; Pmn/ ^wi ercerptaex Cyrinci schedis excuderimt^ fuere Petrus ApianiLs et Bartholomaeus Amantius (4)'; si noti che 1' Apiano riportando quella leggenda, la disse: In Ale- xandria Ae^ypti in collimila mirae magnitudinis \ che il veronese presso Muratori la pone nel luogo stesso.- quindi non può rimaner dubbio alcuno , non sia es- sa quella medesima iscrizione che Ciriaco assicurò aver letta. Essa è concepita così : AllMOKPATHS nEPIKAYTOS AfXITEKTOS ME QPencEN AIA AAEyANApOY MAKEAONOC BAClAEQc Ognun vede quanto sia facile l'equivoco del trascrit- tore in leggere ahmokpaths invece di aeiho- (i) Pag. 949 6. (2) Pag i86 2. (3) F DXI. (/,) Pag. 59. Opere epigraricue 487 KPATi;2:. Ma f|uesta leggenda rioa debbesl ritenere sculla da Dinocrate stesso ; si dopo la di lui morte per onorarne la raemoiia. Alle difficolta che insorger potrebbero intorno la sincerità di questa iscrizione a lungo risponde «il eh. Osann ; e col Richter (i) conclude nel seguente canone epigrafico , al quale pienamente conveniamo: ut nulli inscriptioni in qua novum aliquid^ vel alio^ rum monumentorum indiciis contrarlum reperitur , continuo fides habeatur ; nec ea tamen oh hanc so' lam rationem prò spuria reiciatur. Da tutto ciò ne scende , che la colonna ales- sandrina fu primamente innalzata dall' architetto Di- nocrate per comando del magno Alessandro ; e ca- duta forse , ma conservatasi sino al secolo XV parte della base che Dinocrate avea fatta costruire , a' tempi di Diocleziano ed in suo onore fu di nuovo innal- zata con altra base e sovrappostovi un capitello co- rintio. Questa dissertazione è ben degna in ogni sua parte dell' alto nome di cui meritamente gode il eh. prof. Osann , in ispecie nelle cose della greca epi- grafia. §. ///. Excursus III. Epigraphicus liber com- meni. XF Ra) mundi Guarini. - Excursus IlII. Epi- graphicus liber comment. XVI Raymundi Guarini - Neapoli 1833 8\ di facce 96. §. IV. Satura non satura : comment. XIV Ray- mundi Guarini- Neapoli 1834. 8° di. facce 66. Il prof. Raimondo Guarini è uno de' più dotti cultori dell' antica epigrafia nella bella Partcnope : di questi suoi libri ci par giusto far degna ed ono- rata menzione. (i) De insciiptloue antiqua in agro augnslano rcpeita. Lip- siae 1759/^ 7. G.A.T.LXVl. 1'-^ 1T8 Letteratura In due capi vien diviso il commentario XV. Si aggira il primo intorno la forraola sepolcrale sub ascia dedicavit. Ninno ignora quanto ne scrisse Ales- sio Simmaco Mazzocchi ; ma egli non seppe conci- liare le contrarie opinioni ; e lasciò aperto alle di- spute quel campo, nel quale altri scendendo , seppero se non vincere, valorosamente combattere : fra* questi ne piace ricordare uno de' compilatori di questo gior- nale e mancato da poco alla recondita filologia di Gre- cia e di Roma; diciamo Girolamo Amati (1). Ora in esso campo scende il sig. Guarini ; e contraddi- cendo il Mazzocchi , si piega all' opinione del Ma- billon. Alcuni argomenti ci sembrano stringenti : ma non perciò crediamo che il subbietto sia stato posto fuori di discussione : ne questo è luogo opportuno a trattarlo. Nel secondo capo imprende il dotto A. a de- ciferare alcune sigle che incontransi nel tesoro gru- tcriano , o non bene spiegate , o lasciate dallo Sca- ligero senza interpretazione. Foise talune sembreranno a qualcuno più divinazioni , di quello che spiegazio- ni ; e noi ci permetteremo notare che in una (2) ame- remmo leggere Saturno , non Soli ; in altra (3) ci- vium romanorum iuris italici , intendendo della in- tera ala 1 Flavia augusta milliaria de britanni ; in altra (4) vet¥^Kano , non KKagatori ; ed aggiungia- mo che l'A- eh. poteva trovare nel Donati (5) la pro- (i) Nel voi. I p. I degli atti dell' acc. «li archeologia. (2) Pag. 38. (3) Pag. 46. (4) Pag. 47- (5) Pag. i47 j). Operk epigrafiche 170 va tìello essersi detta pia e fedele la legione terza augusta (1 ). Nel XVI coraraentario si riportano prima alcu- ni marmi eclanesi scoperti nel 1832; quindi con lo- devole , e raramente da altri usata sincerità, con- fessa l'A. eli. alcuni errori di altre sue opere, e gli emen- da: in fine da una buona notizia di alcuni scavi operati a Circelli nel 1832 e nel 1833. Da questi fra le altre cose tornò a luce una tavola alimentaria in bronzo; monumen- to nobilissimo de' Bebiani, e di pregio se non unico, cer- to assai raro. Notato com' h dai consoli ordinarj dell' anno 101 , precede di qualche armo la celebre tavola vellejale ; è però ad essa assai inferiore nella in- tegrila , essendo tornata a luce assai mancante e frammentata. Lunga palmi sette , alta cinque , erta due once , pesa oltre a 156 libre. Noi rendiamo sin- cere grazie al sig. Guarini , che fu il primo a ren- der pubblico questo monumento ; e sarebbe nostro de- siderio che egli si occupasse in illustrarlo pienamente, come, non è gran tempo, del vellejate fece il De-Laraa. II commentario XIV vien diviso in cinque para- grafi Nel primo leggonsi alcune iscrizioni greche e greco-latine. Sono alcune correzioni reinesiane nel se- condo : nel terzo 2\ lapidi latine non pubblicate: al- tre dieci nel quarto , insigni per menzione di cose militari sia di terra , sia di mare- La prima fra que- ste dieci l'avevamo noi stessi pubblicata, son già più che due lustri (2); nella terza riga di essa leggem- mo in. VIRTw^e (come è nella riga 10), non VI- RI; cognitissima essendo per altri marmi la trireme virtù. Neir ultimo paragrafo di questo commentario (>) l^ 47- (■>) Nel I voi. delle meni. rom. rji ant. (? belle artiv 180 Letteratura vieti pubblicalo un insigne frammento di calendario niarraoreo de' tempi di Augusto , scoperto a Cuma; e meriievole di un piti esteso commento. Se alcuno ci richiedesse del perche abbiamo noi falli precedere i commentarj XV e XVI al XIV ren- dendo conto di questo erudito lavoro del eh. Gua- rini , risponderemmo di aver tenuto l'ordine con cui furono pubblicati : e se ulteriormente si chiedesse il perche l'A. eh. pubblicò il XIV Tanno dopo aver pub- blicali gli altri due , confesseremmo ignorarlo. §. t^. f^igilum romanorum latercula duo coe- Uinontana , magnani partem militiae romanae e > - plicantia , edidit atqite illustravit , appendiceni in- scriptionum qiiae ad vigiles pertinent , latercidorum mUitariam hucusque cognitorum omnium , et inscri- ptionum variar um militari um adjecit Olaus Keller - tnatin danus. lìomae 1835 4 gr. ftg. di facce 100 in tutto. Le doglianze che l'A. eh. più volte udì da' suoi connazionali militari, del non esserci ancora un' opera, la quale chiaramente mostrasse come ed in quali parti si dividesse la romana milizia antica , lo spronaro- no a scrivere questo libro : e credette aver con esso ripienato in gran parte quel vuoto. E noi ben volentieri ammettiamo che in alcuna parte il desiderio fu per lui soddisfatto; in (juella cioè che le milizie de' wg"/// con- cerne. Quelle doglianze però potrebbero forse sembra- re a taluni più esagerale che vere; e senza dir dlegli anlichi , potrebbero richiamare a memoria le opere di Giuseppe Larenzio, di GiovanniVan-Paffcnrodc, Cristo- foro Kiesewettor , Carlo Guiciiaid , Ludovico Michault, Giù. Ernesto Boedero , Claudio Salmasio , Pietro Pia- mus , Giusto Lipsio , Guglielmo Choul , Francesco Piilrizid , Gio. Antonio Vallrino, e lo Schwartz , e il JNebel , e il Kobqrtclli , e il Mauucci , e il Naudcu, OPKnE BPlCftAFICnE 171 e il Cipriano , e il lessico di Carlo d'Aquino , e as- sai più , che sarebbe troppo lungo a nominare. Ma noi ,! assumendo il carico di estrattisti , non voglia- mo entrare in questa questione ; nella quale chi sot- tilmente guardasse , trovar potrebbe assai argomenti a prò dell' una parte e dell' altra. Il titolo dell' opera che abbiamo annunziata mo- stra chiaro com' essa si divida in due parli : la pri- ma tratta esclusivamente le cose àe vigili ^ e la il- lustrazione delle due basi trovate il 1820 negli orti celimontani , posseduti una volta dalla illustre genie dei Mattei : la seconda è una raccolta di lapidi; molte fra le quali pure ai vigili si riferiscono , le rima- nenti ad altre milizie antiche. Incominciai! eh. Kellermann dal raccogliere quan- to su i vigili lasciarono scritto gli antichi: nota la istituzione di essi fatta per Augusto ; la curai pre- cipua loro affidata di' spegner gli incondj, e da chi, e come pagati : nulla infine lascia a desiderare in- torno a ciò. Ci sembra però oltre il vero , che tali cose a nemine in unum, collecta sinti perchè o non rammentò egli o conobbe tina dipserlazione del sig. mar- chese Origo (1) nella quale vedemmo raccolte tutte o quasi le notìzie che in questo lavoro il N. A. radunò. Sette furono le coorti dei vigili'^ e vennero distribuite per la citta in modo che ognuna sorvegliasse due re- gioni. Rufo , Vittore , ed altri lasclaron ricordo de' loro quartieri; ma per incuria de' copisti corsero in quel- le descrizioni assai errori: il N. A. ferma un diligen- te confronto di esse ; e se noii per tutte, almeno per la quinta coorte ne rilevava la certezza , che sorvegliava la' regione seconda celimontana , in cui furono rinvenute (t) Atti dell' acc. di archeol. voi i p. ii pag. i. 182 Lkttbratuìia le due basi. Ricordiamo che anche il Piale (i), il cui scritto pare che restasse ignoto al sig. Kellerraann, istituì un eguale esame Jde* regionarj , e ne ricavò le con- seguenze medesime. Quindi reca la leggenda delle due basi in sette tavole a stampa. Riferisconsi le tre prime ai tre lati di quella , che noi diremo piìi antica , per le ragioni da addurre in appresso ; la quarta faccia di essa non ha, e mai non ebbe iscrizione alcuna .* le altre quattro spet- tano alla meno antica , che presenta di fronte la de- dica a Caracalla. Questa si da pure in una tavola in rame ; ed in nna seconda il facsimile dei diversi ca- ratteri dei due marmi. Che il meno antico spetti al 210, è cosa fuori di dubbio , sia per la menzione de' con- soli , sia per le tribunizie potestà dello imperatore i e perchè altri marmi fan fede che nello stesso anno la seconda coorte de* vigili innalzò una base a Severo (2), una a Caracalla (3) ; ne argomenta con assai probabi- lità il sig. Kellermann, che anche le rimanenti coorti innalzassero in quell' anno monumenti cons^imili ai re- gnanti. E* da notare che la più antica base | la quale, come dicemmo, è sculta da tre soli lati 6 non porta dedica alcuna , anche non dà indizio scritto della mi-^ lizia de* vigili. Che però a tale milizia, anzi alla stessa quinta coorte appartenesse , e fosse sculla alcuni anni prima dell' altra , per pili argomenti tolti dai nomi che sono in ambidue i marmi , vien provato dal N. A ; e secondo noi , evidentemente» Di essi nomi ( trascurati c^uelli.che combinano sol per caso ) dà egli un indice (i) Effem. rom. luglio iS^j p. 29 e segg. (2) Grut. 265. 3. (3) Grut. 269, 3. Opere epigrafiche ^83 di confronto diligente e copioso. Da questo gli risul- ta , che i militi, i quali primi figurano in ogni Cen- turia nella base più antica , mancano nell'altra ; poi , concordar i due marmi sino al finire della più antica ; esser dopo nella seconda altri nomi che nella più an- tica non sono : gli risulta che molti , ì quali nella più antica figurano come gregarii , nella seconda sì ve- de aver avanzato posto; nh esservi esempio che tali mu- tamenti siano avvenuti in senso contrario ; come da un elenco di paragone : gli risulta che alcuni, i quali nella più antica sono in posto minore, nella seconda si veggono promossi a posto maggiore. Queste cose con- vincono il N. A. (e chiunque leggerà l'opera sua re- sterà similmente convinto ) , che le due basi apparten- gono alla stessa quinta coorte de' vigili ; e che la più antica fu sculta qualche anno prima della seconda. Ma perchè nella più antica non ci è dedica alcuna ? La dimanda è naturale ; non facile però la risposta. Po- trebbe credersi che sculta alla circostanza del matri- monio di Caracalla con Plautilla , per fsser que- sta poco dopo caduta di grazia , si lasciasse in ab- bandono : o sospettarsi che nel frattempo della incisio- ne fossevi stata promozione nella coorte : o supporre die pe* molti errori fatti dal quadratario ( ed in ve- rità la più antica abbonda di errori ) non si fosse re- putato conveniente terminarla. Ma queste , ed altre sup- posizioni che pur si potrebbero fare , non possono ri- cever forza da alcun argomento certo. Possa quindi il N. A. a dire de' prefetti de' ifigili, loro ufficio , e poteri ; e de' sotto- prefetti , de' tribu- ni, de' centurioni ; poi de' rimanenti gradi militali , raa per ordine alfabetico , prendendone motivo dal ri- cordo che di essi fanno i due marmi celimontani. A parer nostro questa parte del nobil lavoro del sig. Kel- lemann è forse la più interessante. In essa raddrizzane' JR4 Letteratura si molle inlerpretazioni di an lidie abbreviature , da essa ne emerge quali i maggiori , quali fossero i mi- nori gradi , e come si regolassero le promozioni , e quali ufficj fra' vigili corrispondessero ad altri in al- tre milizie , e molte piiì cose che la necessaria brevi- tà d' un estratto non permette minutamente riferire. Termina questa prima parte dell' opera col com- puto de' militi di ogni coorte de* vigili , e per buone ragioni si stabilisce che esse furono di mille uomi- ni ognuna , come le pretoriane ; in tutto sette mila. E con esso lui noi pienamente conveniamo , abban- donando il parere del Nardini e de' molti suoi segua- ci che li fecero ascendere a 2G600 , e l'Origo che li ridusse a 159G0 , e il Piale che li restrinse a soli 4900. Ci permetterà, ne siamo certi, l'A. eh. di ester- nare un qualche dubbio , il quale speriamo faccia a lui prova della molta attenzione che ponemmo in leg- gere il suo egregio lavoro. Ci sembra non dover segui- re la sua opinione , laddove dice che fu coslurae de- gli imperatori , volendo onorare una specie di mili- zia , dare ad essa il proprio nome , ma darlo ad una sola coorte di essa milizia. Già se i marmi scritti fino- ra tornati a luce de' vigili ricordano la sola prima coorte coi titoli trajana , antoniniana , e gordiana (i), ciò non esclude che le sei rimanenti potessero esser dette cosi. Per le milizie pretoriane poi ne abbiano dai monumenti scritti la prova : la seconda si disse severiana (2) , la terza ulpia (3) , la quinta unto-' niniana (4) ; la sesta valeriana (5) , l'ottava aure- (i) Miuat. p. 85i, 8; Marini iscrit. alb. p. 200; Gud. 96 8. (2) Fabretti C. III. N. 80. (3) Grut. p. 5 16 9. (4) Orut. p. 44 2. (5j Fabr. e. 3 N. 119; Opere EPicnAFiciifi 185 liana (i) , la decima antoniniana (2), e senza pro- trarre più a lungo questa lista , tutte le dieci si dis- sero gordiane (3) e fìlippiane (4). Ne ci pare che il cognome Crepereo contenga in se cosa alcuna di strano (5) , non essendo ignota alla lapidaria la gente Crepereja , ed essendo stato in que- sto giornale , è gik qualche anno , pubblicato un mar- mo opistografo ricordante un Creperejo Erenniano. For- se non tutti converranno nella spiegazione della vo- ce CACVS (G) , e se ne' marmi scolpivansi i nomi de' vigili secondo il maggiore o minor grado d'importan- za del loro officio , sembra che una semplice orrli- nanza ( cosi interpreta il N. A. quella voce ) non do- vesse venir premessa ad un emerito , ed anche meno ad un codicillario del tribuno. Ma questi nei ( se pur son tali) in poco o nulla offendono la molta dot- trina che è in quest' opera. Scendiamo ora a far breve parola dell' appendice f che contiene una raccolta di 3 IT iscrizioni (7), tutte appartenenti, come si disse, all' antica milizia rom*ana. Sono esse divise in Ire classi : la prima , com' era giusto , si riferisce ai vigili e contiene 98 iscrizioni, è suddivisa in sette paragrafi ; cioè dedicationes a singuUs cohortibus factae ; praefecti vigilum , de' qua- li il sig. Kellermann ne novera 27, trascurati al- cuni marmi ligoriani ; praefecti vigilum et armorum (i) Donati p. 182 . 1. (2) Grut. p. 46, IO. (3) Marini ai-y. p. 466- (4) Labus Mus. di Mant. voi. 2 p. i^y. (5) P. 12 col. 2. lin. I. (6) P. 17 col. I. lin. 3. ^7) Numerate son 3o2 j ma i5 portano doppi» niunero; nemausenses , 1 soli vigili municipali ricordati ne' mo- numenti sinceri ; sub praefecti ; tribuni ; centuriones^ reliqui principales ; vigiles gregarìi. La seconda clas- se contiene i latercoli militari finora conosciuti in nura. di 27; la terza le iscrizioni militari diverse, che son 192- Per ógni marmo s'indicano gli editori e le varianti ; e se ne illustrano, dove fa di bisogno, le frasi. Tutti que' moltissimi che l'A. copiò dagli originali sono contrasegnati da un asterisco ; e circa la quarta parte di essi non erano stati pubblicati. Anche le note son ricche di altri marmi scritti , e di molte correzioni ai pubblicati da altri e vengono in fine cinque in- dici copiosissimi : geografici cioè, delle ale, coorti, turme e legioni , delle cariche militari , dei consoli e de' nomi proprii. La dottrina in quest' opera va di pari passo con la diligenza : non sapresti quale più si debba loda- re : noi sinceramente ci rallegriamo coli' A. chia- rissimo di questo bel dono per lui fatto alfa repub- blica delle lettere. c. e. Lettera di Caterina Franceschi Ferrucci a Ferdinando Èanaili. Ali, lorchè io considero meco stessa quali sono gli uo- mini, che possono condurre la vita loro nobilmente operosa , e non molto soggetta all' arbitrio della for- tuna , parrai che di tanto siano sopra tutti lieti colo- ro , che presi dell' onesto e del vero coltivano le ar- ti della sapienza. Ma gli studi mentre concedono ali' Lettera dulia Ferrucci 187 uomo il gotlersi intera la signoria della mente libe- randolo dalla intemperanza degli affetti e dei deside- ri , mentre gli danno il sentire nel meditare , e nello esporre i pensieri suoi un diletto , che da niuna forza umana gli può essere rapilo, lo innalzano ancora a supremo grado di onore , facendolo divenire maestro di gentilezza e di rettitudine. Conciossiachè uno scrit- tore , dove in esso abbondi l'arte e l'ingegno , può soccorrere ai maggiori bisogni dell' età sua , e trarre le genti dallo amore delle cose inutili o vili a quel- lo delle nobili e fruttuose. Potenza veramente subli- me , degna di essere da chiunque ba senno ammirala ! E se gli uomini per malizia o per ignoranza chiudo- no gli orecchi alle parole dello scrittore, non per que- sto ei dee rimanersi dal manifestare arditamente la verità : che la voce dei savi risuona nella lunghez- za dei tempi , recando all' età ventura quel bene , che la presente non potè ricevere , o pur non volle. Questo io vorrei che voi sevente , o buon Pianalli, pensaste, affinchè vi crescesse l'animo nel continuare la guerra ai molti errori , che han diffbrmata l'italiana letteratura. E sopra tutto vorrei , che intendeste a rivocare gli studiosi al culto de' classici, siccome a quel- lo, che non pure ha facoltà di tornare belle le do- iJtre lettere , ma può mutarci in meglio i costumi , facendoci ad alto esempio comporre i pensieri e gli affetti nostri. Il che non è possibile'a conseguire , se ^ soffriremo che i giovani , lasciato Dante e Virgilio , si volgano allc^cronache e alle leggende del medio evo. j Certo alquante cose buone furono ancora in mezzo a 1 quella barbarie : e chi è j di studi e di giudizio ma- I turo può ricavarne poetiche fantasie e savie considera- ! zioni intorno al reggimento civile ed alla ^natura uma- na : ma non vedo di che bene si] possano impressio- nare le menti de' giovanetti nell' udire le cose di 158 Letteratura queir da in cui l'ignoranza empiva U mondo di cr»* delta e di paure. la chi si fissa a medilare su quo' tempi nasce verso la razza umana piuttosto sdegno clrc amore, piuttosto disprezzo che compassione: ne di ani- me disprezzanti e sdegnose , ma di buone , compas'- sioricvoli , e veramente innamorale del retto ora ha Li- sogiio l'umanità. E questo amore, questo inlenso desi- derio del bene in noi si apprende dalla lettura dei clas- sici autori , i quali negli scritti avendo ritratta l'imma- gine de' tempi loro , sollevano in certo modo le no- stre menti qiiasi ali* altezza di quelli. Onde noi avvi- sando siccome negli antichi era somma modestia in somma grandezza, pronto l'ubbidire alle leggi, piià pron- to il contrastare ai soverchiatori di quelle, non cor- ruttibile la giustizia , ed efficace e costante la volon- tà di preporre all' utile proprio l'universale , prendia- mo a venerare que' costumi , e ci viene a dispetto ia turpi diletti e in mezzo all' ozio trapassare ignobil- mente la vita. Che se allo studio dei classici diriz- zeremo i giovani, allorché inesperti degl'inganni e della malizia hanno entro l'animo un desiderio non an- cor deluso del bene , vedremo che concepiranno nelT intelletto un tipo di bellezza morale , alla quale con- formeranno poi i pensieri e le azioni. E .poiché avan- zando negli anni saranno accorti come i precetti della filosofia altro non fanno , che ^m largamente esporre e dichiarare quelle cose , che per g:li scritti d^i clas- sici avevano cominciato ad amare , saran confermati nello studio della virtù , e l'impeto dello affetto ver- rà in esse ajutato dallo interno convincimento. Quan- do poi alcuno dicesse, potere l'amore della rettitu- dine accendersi in noi pe' soli insegnaraenli dei filo- .sofi ; a costui risponderò , che potremmo acquetarci in questa sentenza , ove l'uomo nato fosse soltanto a spe- culare k utili v^erila , rion a recarle in effetto. Ma se- Lettela DìIT-a FKRrucci 1S9 dobbiamo credere ( e chi v'ha che noi creda?) esse- re più profittevoli all'umana gente le buone azioni che i sottili discorsi , noi dovremo ancora tenere per vero , che gli stimoli all' operare non tanto ci ven- gono dalla persuasione della mente , quanto dal forte commovimeuto"" dell' animo. Ne io so quale altra cosa abbia potestà di perturbare gli affetti nostri piìi che le parole dei poeti e degli oratori ; i quali avendo ri- vestite di forme le astratte verità , e poste le passio-" ni umane in movimento e in azione , colla dolcezza del numero, col decoro della elocuzione e delle sen- tenze ne trasportano in guisa, che noi ci operiamo nella virtù , non tanto perchè lei giudichiamo la prestantis- sima di tutte le cose, quanto perchè l'amiamo di caldo e sincero amore. Se la povera qualità dello ingegno e la condizio- ne della mia vita presente , intesa tutta ai dolci uffici di madre, non mi ponessero ostacolo insuperabile al desiderio , io vorrei con tutti que' modi , che meglio Sono acconci a persuadere , ritrarre gli studiosi dalla mala via , dove sono entrati per comune disavventura. Vorrei incitarli a premere le vestigio dei pochi che serbano intatta la maestà delle nostre lettere , e indur- re in essi vergogna dell' essersi fatti , senza cagione , seguitatori degli stranieri : l'imitazione dei quali ( par- lo sempre dei novatori ) mentre ci prepara a dive- nire barbari rispetto alla favella e allo stile , ci con- duce rispetto ai concetti a perdere la dignità d'uo- mo , non che a mancare all' ufficio dello scrittore ; che veramente si disconviene all' umana ragione piglia- re diletto in descrivere atrocità , e passioni bestiali : ed è indegno dì uno scrittore l'offerire all' animo de' leggenti l'immagine della colpa. Pur troppo questa mi- sera terra di tristi abbonda : pur troppo ne commove sovente a sdegno l'impudenza , o la prosperiti de' vi- 190 L E T T E R A T U n A •/.io.si : outle non è giusto clic lo sciiUorc , il quale ne dovrebbe al bene guidar dilctlando , ci mantenga tic! fastidio non comportabile , di udir narrare azioni inique o crudeli ... Io non so come alcuni abbiano vilmente perduto il sentimento della propria eccellen- za per farsi servi imitatori de' forestieri , diventando simili a que' selvaggi , i quali disprczxando l'argento e l'oro nativo , lo tramutano con monili di vii talco o di vetro. Pare in costoro bi ignoranza è scusa alla non buona elezione : ma quale italiano può non co- noscere le nostre gloria , senza meritarsi il nome di barbaro ? Chi v'ha tra noi che non sappia , come noi pur due volte fummo al mondo maestri di civilth , sic- ché quanto di bello, di gentile, di umano ora si trova nelle altre nazioni , tutto primamente mosse da noi ? Chi non ricorda che in questa terra medesima , dove noi siamo, furono un giorno Virgilio, Dante, Michelan- giolo e Raffaello ? E ciò sapendo e ciò ricordando , come e possibile , che le strane fantasie d'oltreraonli piacciano a menti Italiane ? Spesso è a me cagione di stupore il pensare , cbe in mezzo alla corruzione delie nostre lettere non si è perduto il sentimento del bello rispetto alle altre arti gentili. Onde le sculture dei greci, le statue del Canova, i dipinti del Tiziano e dell' urbinate , "li avanzi de' monumenti antichi , e la ve- ncranda maestà dell' architettura italiana, anche ades- so ci commovono a maraviglia siccome quando sla- vano in fiore la poesia e la eloquenza. Eppure quella biìllozja , che fa piacenti le dipinte tele e gli sculti marmi , è quella stessa che dona luce e vaghezza alle altre opere dell' umano ingegno, essendoché una ed eterna e la natura del bello , variando solo le forme nelle quali viene rappresentato. A questa considera- zione è liisogiio trarre i segnaci della scuola straniera , afliuchè si facciano accorti che non possono avere Icg-' Lettera della Ferrvcci 191 giadria nh decoro quelle invenzioni , che a! lutto si allontanano dalla semplicità , dal candore , e dalla sincera bellezza , che fa rimanere pur essi estatici in- nanzi alla tavola della Trasfigurazione ed all' Apollo del !|^elvedere. Ma lo sdegno giusto, e il desiderio di cessare un male che ormai ha contaminato gran parte de' nostri , mi ha fatto trascorrere in parole oltre il mio inten- dimento. Qui però io mi taccio , avvisando che il roz- zo e fiacco mio favellare mal potrebbe difendere la causa dell' onesto e del bello vituperati da' novatori. A voi , ottimo Banalli , che avete forte ingegno ed ajjuto di eletti studi , a voi si conviene dichiarare più apertamente quello a che io ho appena accennato. Mo- strate adunque, come l'amore stesso della rettitudine ci connanda di seguitare la vìa calcata dai nostri pa- dri ; gridate il vero liberamente; ed abbiate fisso nella memoria , che santa cosa h il combattere gli errori ; onde chi fa guerra alle false o triste opinioni merita bene de* presenti , e reca giovamento alle età future. Bologna 11 di dicemdre 1835. Caterina Franceschi Ferrucci. Il>2 Relazione e lettera inedite relative agli scavi tentati in J^ulci Vanno M^l ^ pubblicate dal cav. P. E. f^isconti commissario dalle anticJiità romane , pre- sidente del museo capitolino , segretario perpetuo della pontifìcia accademia di archeologia. jL ra le molte lettere e relazioni di scavi che pos- siedo per domestico retaggio, ho tratto fuori queste due, che fo ora di ragion pubblica. Le grandi e felici scoperte avvenute a questi ultimi tempi in su' luoghi medesimi, ai quali si riferiscono, mi hanno fatto giudi- care, che non sarebbero vedute mal volenticiì da co- loro che si piacciono alla esatta contezza delle cose. Mi giova intanto promettere fin da ora al pub- blico , che darò fra non molto la intera stampa delle nominate lettere e relazioni. Tn esse si avrà una esatta e completa istoria di quanto operato venne onde scuo- prire antichi monumenti dell* arte , tenendo il com- missariato delle romane antichità Giovanni Battista Vi- sconti mio avo , che fino dai tempi di Clemente XIII Io esercitò, e Filippo Aurelio Vicconti mio zio, che lo tenne a tutto il pontificato di Pio VI. Si conoscerà inoltre, che per la magnanimità del pontefice la intel- ligenza del cardinale Guglielmo Palletta pro-tcsorierc della camera apostolica , e lo zelo dei divisati mini- stri , non rimase quasi dentro e fuori della cit- ta luogo alcuno intentato. Che di molti si esaurì al tutto la investigazione ; degli altri si adombrò al- meno , e si sc^nò la via a chi volesse proseguirla. Scavi di Vulci 103 lielazione scritta da Filippo Pruda fli Viterbo a Gio. Battista Visconti commissario delle antichità su gli scavi di Pian de Folci. L' escavazione cominciata sul principio di novembre (a. 1787) in Pian de Volci, territorio di Montalto , slato di Castro, sulla speranza di trovare qualche an- tichità , come in parte è seguito , ha avuto principiò , porzione nell' interno , porzione nelT esterno di una citta diruta , ove rimangono appena i segni della sua fondazione. Neil' interno adunque per pochi tasti fatti altro non si è trovato , che piccole scaglie di marmo , ed alcuni residui di muri composti di tufo, Neil' esterno sì sono trovati diversi vasi di terra cotta con suo co- perchio per sopra, difesi dalla loro sommità con una lastra di pietra perchè non venissero schiacciati dal terreno superiore , come appunto si è riconosciuto in quelli rotti, sopra dei quali non v'era la predetta lastra. I predetti vasi si sono ritrovati per meta ripie- ni di cenere di morti con delli segni di ottone. Fra questi se ne sono trovati due di rame sull' istessa fog' già , e quasi sullo stesso modello di quelli di creta. Il primo di questi veniva coperto ila una lastra di pietra più grande delle altre , ed il secondo fu ritro- vato entro una cassa parioianti di pietra, chiusa per disopra con una volta di muro. Esso ■^pcondo vase era involto con panno nero , che semìirava di seta ben lacero con dentro le solite ossa e ceneri. Nei fianchi del medesimo vi erano due altri vasi con alcune taz- ze di materia simile. Alcuni metalli poi , che parimenti sonosi ritro- vati in delti cavi , mandali in Roma, erano accanto ad G.A.T.LXVI. i3 lO'j. I^nXTERATURA altri vasi di terra , eccettuati i due morsi da caviillo , che furono rinvenuti in un promontorio quasi prossimo alla città. Essi promontorj restano dalla parte di tramonta- na , ove sì vanno ad unire due strade le di cui ve- stigia si scorgono chiaramente , the una tende al ponte della Badia , vale a dire verso Roma , e Taltra per la Toscana. In detto sito vi sarebbe da cavare , sulla speranza però di non trovarvi altro che vasi colli soliti me talli : tanto piìj , che in quella direzione , come si h detto , non si sono rinvenuti se non che vasi. Quante volte addunque sia in piacimento di sua signoria illustrissima di dover far proseguire per il rin-^ veni mento di essi vasi , quali senza fallo se ne tro- veranno in molto numero , o altro che possa incon- trarsi di profitto , ne attenderà il Prada i suoi venera- tissimi ordini. Stima però suo debito di suggerire , che essendo al presente seminato a grano l'interno del diruto pae- se , allor quando sarà mietuto , e precisamente sul fine di settembre , o principio di ottobre , come tem- po più praticabile in quelle arie , sarebbe di parere di fare un cavo diametrale a guisa di un formone nelT interno , poiché fa sperare il ritrovato oell' esterno cosa di gran lunga maggiore nell' interno. Una tal forma dovre!)l)e esser lunga circa mezzo miglio , larga pal- mi 15 in 20 circa, con suoi rami, ossieno bracci , re- golando suir alto dell' operare il cavo in maniera , che riesca meno dispendioso che sia possibile. In Canino sono restati circa 30 vasi slabbrati e rotti, e nume- ro 9 di essi in Viterbo , e circa numero 40 lasciati ricoperti nella stessa cava similmente rotti. Dalle recenti notizie poi ricevute dal caporal Ma- riuangeli aquilano, prossim' al ponte della Badìa in Scavi di Vulci '195 pochissima distanza dalli già falli scavi , coli' impie- go di quindici o venti scudi di opere , non compresi i trasporti , ha fondata speranza di poter rinvenire qual cosa di maggior conseguenza , avendo da alcuni an- tichi pastori avuta una tale relazione ; onde il Prada attende da V. S. illustrissima le sue savie risoluzioni. FILIPPO PRADA AL MEDESIMO Ho l'onore di significare a V. S. illustrissima che in quest' oggi ho consegnato al procaccio Niccola Sa- lerno in numero 4 cesti tutto ciò che fino ad ora ho potuto ricevere dall' escavazione di Pian di Volci , e consiste in numero 16 vasi, numero 31 tazzette di di- verse figure e grandezze , compresevi alcune pilucca a foggia di quelle che si usano per tener olio , con bocca alquanto larga : numero 19 scodelle , e nume- ro 8 vasetti piià grandi. Avverto per altro V. S. il- lustrissima , che due di detti vasi sono ripieni di pezzi , di ottonami ricoperti di carta pecora , e sigil- lati con cera di Spagna. In oltre qui compiegato ri- troverà V. S. illrna anche alcuni pezzetti di antica- glie , ed appresso mi darò il vantaggio di farlene delle altre spedizioni. Intanto riprotestando ec. Li 27 novembre 1787. 13^ iOG Intorno alcuni celebri musei di antichità figurata, c -Jrcdereranio mancare all'obbligo che ci corre, e come giornaliati e come figliuoli di questa eterna citta , tenendo silenzio di alcune opere archeologi- che , o da poco condotte a fine , o tuttora in corso di associazione: perchè de' buoni ed utili libri doven- do noi pel nostro istituto far ricordanza , ottimi ed utilissimi reputiamo quelli de' quali or' ora terremo discorso ; e perchè la scienza archeologica in Roma ebbe ognora sede distinta e cultori egregj , e dalla storia di Grecia e di Roma precipuamente trae le dot-> trine ; le quali riavvicinate ai monumenti delle arti, servono a dilucidazione di essi. Or mentre i dotti ita-!- liani e francesi , non che quelli di Germania e di In-^ ghilterra, si van travagliando intorno le egiziane me- morie , e fra le dense tenebre de' secoli lontanissi- mi tentano accendere la face della critica diretta dal regolo de' confronti ; noi richiamar vogliamo la loro attenzione su i monumenti figurati di Grecia e di Ro- ma , dai quali ebbero vita e splendore quelle arti imi- tative che resero celebri i regni di Pericle, di Au- sto , di Leone. §. 1. Museo tvorsle/ano. Afilano dalla tipografia fife' classici italiani 1 834 , 8 fig. Vantava l'Inghilterra due edizioni , una ne van- tava la Germania dell'opera qui annunziata. La pri- ma di Londra nelle due lingue italiaaa ed inglese fu 0|>erata dal Bulìner con tal magnificenza , che venne scritto esser cogitata ventisette mila steriini; lo che ci Antichità' figurata 197 Sembra esagerato. Pure di Londra la seconda * com- parve l'anno 4824 pei torchi del Proveett ; uguale ne è il testò nelle due lingue 4 le tavole in rame le medesime; solo è più piena di errori tipografici nellai parte italiana. La terza in lingua tedesca , venne ese- guita in Lipsia per cura di Enrico Schaefer, e dell* architetto Eberhard. Rarissimi gli esemplari della pri- ma edizione , perchè impressi in piccol numero , tulli offerti in dono ; difficili ad acquistare quelli delle; altre due. Non solo mancavamo di quelT opera con veste tutta italiana , ma i vogliosi di possederla , con estrema difficolta trovar ne potevano un esemplare iii commercio. Il perchè assai grati ci protestiamo al eh. sig. dottore Giovanni Labus ; il quale non contento di avere con questa ristampa del museo woislejano arricchita l'Italia di un libro desiderato , vi aggiunse del proprio assai cure e diligenze onde renderlo più delle precedenti edizioni perfetto. Che non solo il dot- to archeologo Io arricchì di una assai erudita pre- fazione ; e riscontrò le citazioni degli autori allegali nelle note, molte correggendone , altre più aggiun- gendone ; ed il testo italiano riavvicinò all' inglese^ riducendolo a più esatta ed uniforme punteggiatura, per dare ad esso la dovuta perspicuità ; ma per io- prappiù vi inserì bel numeyo di annotazioni, nelle quali le opinioni dell'autore correggonsi quando non sono con- formi al vero: e di que' monumenti che il Worsley aveva sparsi pei àue volumi , ma non dichiarati, ne die una tavola di giunta , e dottamente li espose. L* opera è divisa in sei classi ; ornata di set- tantanove tavole in rame (compreso il ritratto del Wor- sley) , nelle quali sono '20ì monumenti antichi , e 23 vedute, ruine , restauri ec. : il testo si spazia per 192 facce , oltre XI di prefazione. Nella prima» classe sono 29 bassarilievi in undici tavole : nella se> lOS Letteratura conda due tavole contepgono dieci busti: la terza ab- braccia 14 sculture egiziane o greche in sei tavolej la quarta in dodici tavole novanta gemme: sono nel- la quinta 52 sculture in alto e basso rilievo del tem- pio di Minerva in Atene, intagliate in 23 tavole ; e 23 tavole compongono l'ultima classe di vedute « mine , restauri ec. Infine sei monumenti sono nella tavola di giunta. Nella prima edizione di Londra era- no 151 rami. Dobbiamo avvertire die in questa mi- lanese ristampa , tutti furono inseriti , come si disse, nelle 79 tavole , senza ometterne alcuna , senza al- terare le elassi. E' questa , diremo cos'i, la parte ma- teriale dell'opera e ma chi ne fu l'autore.? Dcssa va sotto il nome del baronetto sir Ric- cardo Worslcy : nella maggiore però, e nella miglioP parte, è lavoro di quel sommo antiquario romano, la cui dottrina fu più unica che rara ; diciamo En- nio Quirino Visconti. E' questa una verità incontra- stabile , e lo stesso Worsley dichiarò nella prefazione di essere assai tenuto all' assistenza che prestata gli aveva il Visconti. Millin e David scrissero esser ope- la del Visconti questa descrizione de' monumenti wor- slejani : affermò altrettanto 1' inglese Dallaway ne' suoi Anecdotes of the orts in England : lo stesso Visconti in piiì luoghi delle sue opere dichiarò , che la illustrazione da lui scrìtta di alcuni antichi monumenti sarebbe stata pubblicata in Londra neir archeografia worslejana.Che se anche avessero taciutagli scrittori inglesi e francesi, e gli stessi Worsley e Vi- sconti t pure assai argomenti vi sarebbero stali per attribuire a quest' ultimo gran parte dell' opera : per- chè dietro la scorta dell' illustre Labus potremmo addurre esempj, e non pochi, di monumenti prodotti in questo museo colle stesse dottrine , e spesso con le medesime parole del romano archeologo. Chi non ri- Antichità' figurata ^99 Conosce per sue le illustrazioni delle sculture del Partenone ? Basta riavvicinarle a quelle memorie scrit- te molti anni dopo ; quando richiesto da una nobi- lissima e potentissima nazione , fu udito . . . Nel britanno senato Giudicare il divin greco lavoro. {Marchetti) Dicemmo che alcune , non tutte le illustrazioni dol museo worsltjino sono opera della penna e del sapere del Visconti: e presentiamo il desiderio di quan- ti onorano la memoria di quel sommo maestro (cioè di lutti i buoni itaiiaoi), di voler conoscere cioè quali siano le illustrazioni che dobbiamo al nostro archeologo , quali al possessore de' monumenti. E' dif- ficile soddisfare con matematica precisione questo de- .<5Ìderio ; pure non restiamo dal tentarlo. La prima classe de' bassorilievi crediamo sia lutto lavoro del Visconti: nella seconda classe de' busti, reputiamo sua la illustrazione dell Ercole lemniscato (i); e fors' an- che alcune dottrine sparse nella dichiarazione dell' altro Ercole , e dell' Achille (2) ; nott però la illu- strazione del supposto Giove (3) , perchè secondo lo slesso Visconti (4) è piuttòsto un Plutone ; ne le altre de' pretesi ritratti di Sofocle ^ Alcibiade, Fe- recide. Saffo, Anacreonte , Attilio Regolo (5), per- chè non ne fece alcun conto laddove nel museo Pio de- mentino ,' e nelle due IconograPe , con tanto studitf e sapere raccolse i genuini ritratti degli uomini ce- (i) TaT XIII num. i. (a) Tav. XIII num. 3 6. (.1) Tav. XIIT num. 5. (4) Mus. Pio Clem. voi. 2 p. 17. (5) Tav. XIII num. 1954. tnv. XIII n. 2 4- 200 L K T T E II A T U R A lebii a noi pervenuti dall' antichità. Nella terza classe reputiamo opera del Visconti la illustrazione della sta- tuetta di Asclepiade sacerdotessa (i), la cui iscrizio- ne altrove produsse nel testo greco con versione la- tina (2); e quella di Amore , che in segno di aver debellalo Ercole ne porta le spoglie come in trion- fo (3). Gli errori e gli equivoci onde son piene le altre esposizioni di questa classe , convincono che non sono produzioni dell' autore del museo Pio demen- tino* Si leggano le strane idee rapporto al simula- cro del Nilo (4); quello sul gruppo che dicesi di Bac- co ed Aerato (5) , intorno il quale scriveva il Boet- tiger , esser (Tiiopo com>enìre che la illustrazione è una ciancia dettata dal proprietario , non dal Vi- sconti , del cui acume abbiamo troppo favorevole opinione (6) : uè il Visconti avrebbe confuse le ca- nefore con le cariatidi (7); né asserito che gli an- tichi non conobbero il diamante (8). Nella quarta clas- se non sono molte le esposizioni del romano archeo- logo : ma la quinta interamente si debbe a lui ; co- me interamente la sesta al Worsley. Se credesse al- cuno che maggior parte di quella per noi ora ac- cennata ebbe Ennio Quirino Visconti nella dichiara- zione del museo worslejano , perchè altre illustra- zioni sono sparse di sue dottrine ; lo pregheremo a (i; Tav. XVI n. 2. (i) Mon. scelti Bor. tav. pag. i3 j Mon. Gab. p. ri3^ (3) Tav. XVII num. 2. (4) Tav. XV. (5) Tav. XIV. (6j Amallea i835 n. (7) Tav. XVIII ns S: (8) P. 88. antichità' FIGURATA 204 riflettere che quelle dottrine potè aver copiate il Wor- sley dalle opere del Visconti già pubblicate ; o aver intese dalla viva voce di lui : e che la costruzione de' periodi , lo stile , l'uso di alcune frasi e parole, provano chiaramente che alcune non sono parto d'un italiano, benché sparse d'italiano sapere. Il nostro Ennio però , o per aver prestata trop- po fede al Worsley , o per avere scritto e giudicato de' monumenti su i disegni , non su gli originali , o fors' anche per averne stese le illustrazioni con mol- ta fretta , non può niegarsi , che non adoperò sem- pre in esse quell' acume e quella erudizione pro- fonda che a si larga mano sparse in altre opere, e levò di lui tanto grido in Europa. A provar vera que- sta asserzione , ci valgano argomenti desunti dallo stesso Visconti. Si confronti quanto egli scrisse do- po aver veduti i marmi originali de' quali lord El- gin spogliò il Partenone , con quanto aveva scritto nella quinta classe di questo museo : si legga fra le opere varie di lui (i) la confessione , che il primo fra i bassorilievi vvrorslejani (2) nulla ha che fare con le sculture di quel celebre tempio di Minerva: se con miglior consiglio non avesse egli tacitamente disdette le opinioni esternate in quest' opera intorno i ritratti di Cherito poeta , e di Mosco inventore del sistema corpuscolare (3) , perchè ne avrebbe trascu- rata la replica nella greca iconografia? E si potreb- be aggiungere , che non un Silvano ma un Leone è il ceffo di mezzo che orna il tripode di Lisicra- (i) Voi. 3 P. 126. (o) Tav. 1 n. I. (5) Tav. VI n. 2 3. 202 tiUtriiv, ATvK^ te (i): elle nulla vi ha di 'scritto nel basi'orilieVd di Protesilao e Laodamia (2), nei quale per sopra più l'elsa della spada non par cosa antica; e che non vedia- mo ragione alcuna per riconoscer Pisistrato a Phia in un frammento. (3) Ma anche con questi piccoli nei , l'opera del ro- mano antiquario Je opera di sommo maestro : né può' stargli vicino quanto scrisse il possessore di questo museo. Notammo j^ià come al Worsley si debba l'opi- nione, che alcuni busti rappresentino Sofocle, Alcibia- de, Ferecide , Saffo , Anacreonte, Attilio Regolo; opi- nione non conforme al vero : ne possiamo compren- dere il perche un cos\ appassionato cultore de' mo- numenti antichi , coni' era quel generoso baronetto inglese, perraetesse di falsare il vero , facendo scul- pire sotto due' busti i nomi di que* personaggi. Ne miglior partito egli ebbe scelto , quando ci die al- cune gemme coi ritratti di Cicerone , Bruto , Mece- nate (4). Notammo pure col Boettiger qual giudizio debba farsi della illustrazione di un gruppo, che rap- presenta Bacco ; non però unito ad Aerato e molto meno alla Speranza, ma si ad Erote : e potremmo dietro la scorta del eh. Labus rimarcare altri errori nelle illustrazioni del simulacro del Nilo (5) , di una Venere antica (6) , di un genio (7) , di un sacer-* (i)Tav. Vili n. 2. (2) Tav. I n. 5. (5) Tav. IX n. 6. (4) Tav XXni n. 2 3 4, tav. XXIX Jt. 8. (5) Tav. XV. (6) Tav. XVI n. r. (7) Tav. XVI n. 5. AnrtlCHlTA' KIGUHATA 203 dote egiziano (i) e dì una canefora (2). Perle quali osservazioni , ed altre piò die per brevità si tralasciano, se vorrà laluno?niegare al Worsley il nome di archeo- logo valoroso, noi usando le parole dell' editore cliia- rissimo, non vogliamo esser discortesi riè ingrati ver- so di lui , e lo diremo con irrepugnabile verità^ ma- gnanimo e splendido favoritore della scienza che col- tiviamo. Non terminerenoo senza far parola della tavola di giunta. Sono in essa sei monumenti illustrati dal eh, Labus con dottrina conveniente ai subietli. Rap- presentano una moneta di Atene , una di Adriano ; in bassorilievo, la restituzione del cadavere di Etto- re ; in pittura, il colloquio di Glauco e Scilla; in gemme, un cavallo tessalo, ed il ritratto di Pericle ; ma questa h opera moderna. Infine gli sappiamo buon grado dolio averci data (^; per opera del sig. Feli- ce Bellulli la traduzione dal greco volgare di al- cune dotte e giudiziose congetture del eh. Mustoxi- di intorno il tempio creduto di Giove Panellenio in Egina. §. // museo della reale accademia di Manto- va. 1830 1834 inS /tg. Quest'opera, incominciata ì; già qualche anno, sap- piamo progredir ora felicemente al suo termine. Due soli volumi completi ci giunsero finora ^a\ìe mani ; più i primi cinque fascicoli del terzo, compiuto il quale essa sarà finita. Il primo vide la luce in Man- tova nel 1830 co' tipi di L. Caranenti ; il secon- do in Milano nel 1833 pe' torchi del Manini ; p»- (i) Tav. XVll n. 5. (a) Tav. XVm n. 5. (3) P. XJfH , e segg. 204 Letteratura re a Milano prosiegue il terzo eoa la data dftl 1854, Di testo sono finora oltre a 76O facce ; nelle quali vengono esposti ITO monuiuenti diversi, incisi in 128 tavole in rame. Carlo d'Arco , ed i fratelli Negretti son gli editori : il primo anche disegnò quasi tutti i monunaenti : la maggior parte delle incisioni si deb- bono a Lanfranco Pazzi , e ad Antonio Lanzani. La parte tipografica presenta qualche diversità fra i di- versi volumi , e l'espositore non fu sempre il me- desimo. Ignoriamo di chi siano le prime illustrazioni ; dal fascicolo ottavo del primo volume (meta allo in- circa di esso) ne fu affidata la cura al professor Fran- cesco Longhena colla direzione ed assistenza del dottor Giovanni Labus : a questo archeologo chiarissimo deb- bonsi interamente i volumi secondo e terzo. Gomponesi il museo delle reliquie dei capo-la- vori di scultura , che Vespasiano e Luigi Gonzagi» adunarono già con somma industria ed amore : al- tri ne donarono alcuni cittadini fllopatridi , e fra questi merita speciale ed onorevole ricordanza il conte Gio. Battista d'Arco , donatore di ben 22 monumenti. Tut- ti , o quasi tutti sono frammentati , e gli editori lì produssero senza restauro alcuno , in ciò lodevoli , perchè le piiì volte i moderni restauri falsano le an- tiche memorie. Il Borsa verso il 1790 pubbli- cò una illustrazione di questo mantovano museo; ma- strossi però minore dell' impresa : noi non conoscia- mo ciò che ne scrisse posteriormente il Volta, e solo una dissertazione intorno un bassorilievo di esso mu- seo leggemmo pubblicata dal Carli. Gli attuali editori per amore forse della varietà , o per seguire l'ordine coti cui i monumenti son disposti (lo che ignoriamo), non adottarono classificazione alcuna. Noi volendone fa>-^ re un cenno, divideremo i monumenti in cinque classi^ AìNfTimiT.l' FIGURATA. 205 Classe /, statue e torsi. Facciam principio ila Cerere tesmofora , che Lattanzio disse la più anti- ca di tutte le bugiarde divinità. £' una statua di mar- mo pario (i) la cui testa non corrisponde al resto con- dotto con iscioltezza e maestria; il fascetto delle spi- ghe, che ha nella sinistra , ricorda com' essa priraa- meute insegnasse a seminar le biade. Un torso (2) man- cante di braccia e di testa, con lunga tunica, all' egi- da che mostra nel mezzo del petto si dichiara per una Minerva. Intero quasi (mancando solo una parte del destro braccio) è un Apollo (3); da cui non iscora- pagnererao la musa della tragedia : due sono i simula- cri di Melpomene (4) ; il primo, benché abbia testa non propria , riconos cesi all' ortostadio , alla masche- ra erculea , ai rilevati coturni ; questi, ed il peplo che decorosamente l'ammanta, ed il sima tragico, ser- vono a far conoscere il secondo; di merito maggio- re, mancante però delle braccia. Rappresenta indubbia- mente Diana (5) un frammento con vaga testa, cui sta sopra la bicorne luna, e faretra dietro le spalle. Del- la vezzosa madre d' Amore son quattro i monumenti; due torsi (6) che per le loro mosse vengon dichia- rati l'uno per Venere Anadiomène, l'altro per una li- bera copia della celebre medicea ; al terzo, condotto con gran maestria nel panneggiamento che cuopre il nudo senza nasconderlo , mancaa braccia e testa (7): (i) Voi. 5 tav. 5. (2) Voi. 3 tav. 2. (5) Voi. r tav. 5 6. (4) Voi. 2 tav. 4^ 4'^- (5) Voi. I tav. 4. (6) Voi. 1 (av. 36 37. (7) Voi, 1 tav. 17. 300 Letteratura intero h il quarto (i), ma di esecuzione fredda e senz' anima. Dichiarasi un Bacco per alcuni accessorii una statua mutilata del capo (2) ; e ad esso facciara se- guire un Sileno ascoforo (3) e quattro fauni: due non hanno gran merito (4) : integrissirao il terzo (5), uno de' più pregevoli monumenti del museo , è co- pia, ma di mano maestra, del Satiro xmirxvóyieyos di Protogene : ascoforo l'ultimo (6) con picciole corna, termina in erme quadrato. Questo fu dedicato in un tempio , probabilmente di Bacco , come fa prova Ja greca epigrafe sculta sulla base. Ad una Leda (7) manca solo il destro braccio, ed il cigno. Rarissimo e di perfetta conservazione h un Commodo sotto effì- gie di Mercurio (8) : le forme ed il panneggiamento di un incognito personaggio (9) dimostrano intelligenza nell'artefice, e par ritratto il torso (lO) di un lottatore palestrita. Una statuetta in costume egizio (ii) è del- lo stile d' imitazione, che terzo fu detto da Win- ckelmanu: assai piìi antico è un frammento di basul- te (i2) che fu sculto per ordine di Rarases 111 oltre (i) Voi. 3 tav. 3. (2) Voi. I tav. iS. (3) Voi. I tav. 32. (/|) Voi. 1 tar. 23 43- (5) Voi. I tav. 5i. (6) Voi. 2 tav. i3. (■j) Voi. 1 tavol. 36. (8) Voi. 3 tav. 6. (9) Voi. 3 tav. ir. (io) Voi. 2 tav. 46. (11) Voi. 5 tav. 18 {12) Voi. 5 tuv. iB. Antichità' FIGURATA 207 a 32 sec(»li fa. Chiudiamo questa classe eoa ricordare (lue torsi loricati (i). Classe II, busti e teste- Un Apollo pizio, ed un Dioscuro (2) sono i soli busti che spettano alla mito- logia. Assai più sono i ritratti. Incominciando la serie degli imperiali da Augusto , ne incontriamo di lui ben sei (3). ]^olrebbe muoversi dubbio sulla somiglianza di alcuno fra essi ; e dubbio maggiore su!P autenticità di quello in un medaglione marmoreo; del che molto ci dk a temere la iscrizione DIVVS . AVGVSTVS . P. Anche rimarcammo alcune espressioni non vere nella narrazione biografica che precede i ritratti di quel for- tunato dominatore del mondo. A cagion di esempio , il gè nitore di lui non fu semplicemente edile (4); ma dopo la pretura amministrò con lode la Macedonia, e ne ottenne l'acclamazione imperatoria. Il Bruto assediato in Modena dicevasl Decimo, non Decio (5) : la guer- ra perugina seguì, non precedette la poscrizione (6): Lepido non a Circelli , ma fu confinalo a Circeo (7) : tredici e isolati ebbe Augusto, non cinque (8) : Tur- ranio , a Cicerone fu il tutore del giovinetto Otta- viano \ • Germanico fu adottato da Tiberio , non da Augusi 0). Per sirail modo leggemmo che Caligola (.% 1 lav. 33 4o- (a) \. 5, tav. I '4- (3) Voi. I, lav. aS, u6, 37, ^9, 3«. (4) Voi. I, p. 79. (5) Voi. I, p. 79. (6) Voi. i p. 80. (7) Voi. I p. 81. (8) Voi. I p. 2. (9) Voi. I. p. 94. ^lo) Voi. I p. 176. 208 LsTTERATUn A. fu COSI nominato per la virtù degli avi suoi (i), mentre ognun sa che tal nome gli derivò dalia caliga milita- re ; che pretore dicevasi il capo de' pretoriani (2) , e doveva dirsi prefetto ; e cos'i non Paolo Emilio , ma Publio Emilio debbesi leggere in un marmo antico (3). Ma lasciate queste minuzie , torniamo all' enumera- zione de' monuL.en*i. Due busti rappresentano Tiberio (4) ; uno la sver- gognata figlia di Augusto (5) ; due la virtuosa Agrip- pina (6) : ma di uno dubita lo stesso espositore ; e forse dubitar potrebbesi anche dell'altro. Di eccellente lavoro è un busto di Caligola (7) ; non cosi quello della madre di Nerone (8), Due teste somigliano il ghiotto Vitellìo (9) : bene però l'espositore col Visconti osserva , che tranne le medaglie, tutte le altre imam- gini di quel sozzo imperatore son piuttosto ritratto dì convenzione , di quello che improntate dall' origi- nale ; e più , dichiara una delle due leste lavo»^ del secolo XVI. Moderni son pure i ritratti di V' *:;' ' mo e di Tito (io) : non però una testa di Domizia» 11) nfe un busto di Giulia sua nipote e concubina ( Due (i) Voi. I p. 283. (2) Voi. I, p. 56. (3) Voi. I , p. 60. (4) Voi. I , tav. 35 37. (5) Voi. I , lav. 38. (6) Voi. I , tav. 41 45. (7) Voi. I , lav. \i. (8) Voi. I , tav. 46. fg) Voi. I , tav. 49- /■io; Voi. I , tav. 5o 53 54, fu) Voi. I , tav. 54. (12; Voi, II tav. 3. AmTICHITA' FIOtJRATA 200 teste sonovi di Trajano (j) ; un busto di Malidia au- gusta (2) ; una testa e due busti di Adriano (3). U più gran beneficio che costui facesse all' umatiith sen- za dubbie fu quello di aver lasciato l'impero ad Anto- nino Pio 5 di cui il museo di Mantova possiede due ri- tratti (4), ed uno della consorte Faustina (5). A que- sto busto cresce pregio il conoscere che lo possedeva e sei teneva carissimo Andrea Mantegna , egregio di- pintore non meno , che grande amatore delle anticliita. Sei sono i ritratti dell' imperatore filosofo (G) ; ma noi non possiamo convenire con l'espositore , di- cendolo figliuolo adottivo di Adriano ; perchè fu adot- tato dal Pio insieme con L. Vero. Di cui vediamo due ritratti (7) ; ed oltre la statua, che ricordammo nella prima classe , altri tre ritratti di Gommodo (8) , ta- luno però a lui aggiudicato solo per una lontana ana- logia. Di bella conservazione è un busto di Pertina- ce (9); e quattro di Settimio Severo (io): uno rap- presenta Giulia Domna (ij)t uno Glodio Albino (.12): tre Caracalla (i3) ; uno l'infelice Geta(i4); uno per (i) Voi. 2, tay. 2. (2) Voi. 2, tav. 38. (3) Voi. 2, tav. 3, 6, 7. (4) Voi. r, tav. ai, 22. (5) Voi. 2, tav. IO. (6) Voi. I, tav. IO, ir, 12, i.\, i5. (7) Voi. I, tav. 7, 3. (8) Voi. i, tav. 18, 19^ 21. 19) Voi. 2, tav. 47- (io) Voi. 2, tav. 22,20, 16, 37. (11) Voi. 2, tav. 43. (12) Voi. 2, tav. 45. ;i3) Voi. 2, luv. 3o, 3i, 34. (i4) Voi ■!, I;»v. 38. G.A.T.LXVr. \\. 210 Letteratura giudiziosi raffronti dichiarasi di Giulia Mesa (i) ; ed uno di Giulia Mamniea (2). Noti sarà più unico il ri - tratto vaticano in bronzo di Balbino , dappoiché co- noscemmo il busto di lui esistente nel museo di Man- tova (3) ; e se assai malconcio è quello del giovine Filippo (4) , conservatissimo e di bella rarità è quello di Gallieno (5) con cui si chiude la serie dei ritratti imperiali finora pubblicati. Fra gli uomini che lasciarono fama di se per utili studi , vien primo il divino Omero (6), il cui busto mantovano somiglia assai quello , con cui il nostro Vi- sconti dìh principio alla greca iconografia. Non men bello h quello di Talete (7) , e per somma lode ri- petiamo col ricordato Visconti non esservi busto di Euripide , che per beltà di lavoro e conservazione pa- ragonar si possa al busto che ne possiede il museo di Mantova (8). Nobilissimo ornamento del quale è un ritratto di Aspasia (0) , onde non pili unico h il vati- cano. Fra gli antichi romani ricordiamo Cicerone (10), sul cui busto muover si potrebbe un qualche dubbio : il Virgilio (11) fu dal Visconti tenuto per test» ideale. (i) Voi. 2, lav. II. (2) Voi. 2, lav. xS. (5) Voi. 2, lav. 59. (4) Voi. 2, lav. 47- (5 Voi. 2, lav. 49- (6) Voi. 2, lav. i4- (7) Voi. 2,tav. i5. (8; Voi. I, tav. 2. (9) Voi. 2, lav. 28. (10) Voi 5, lav. i5. (11) Voi. t tav. I. Antichità' ficurata 2\ 1 Vogliono intitolarsi di Mecenate Jue busti (i) , ma dubitativamente ; e secondo a noi sembra quel dub- bio fu giusto : come ben si fece di dire d'incerto per- sonaggio quello (2) che alcuni avevano attribuito a Sii- la , altri a Cicerone. Terminiamo questa classe ricor- dando tre teste incognite (3) , e lodando l'espositore di aver combattute le opinioni di coloro , che in una volevaa riconoscere Agrippina , nell' altra una Didia Clara , o una Giulia Mesa : i noti ritratti di tutte e tre non permettono tener per buone quelle supposizioni. Classe II[, Bassorilievi. - Un marmoreo antico sar- cofago rappresenta assai deit'a , ed allude all' albeg- giare e al tramonto dell' umana vita (4) : un altro porta sculti gli amori di Selene con Endimione (5 ; un frammento raffigura Diana (6) con la bicorne luna sulla testa , arco e faretra , in atto di correr veloce , tenendo pel guinzaglio forse il suo cane fedele. Essa è totalmente nuda ; e se ciò forma , secondo il dotto espositore , un pregio maggiore del marmo , ci perdo- nerà egli se noi diciamo , averci ingenerato un qual- che sospetto. Perchè i monumenti per lui ricordati , ne' quali Diana è nuda, la jappresentano nel bagno o uscen- te dal bagno quando sta per punire l'infelice figlio di Autoaoe : per contrario non si addice la nudità a chi per selve insegue le fiere come la nostra ; o almeno noi non ne ricordiamo esempi nell' antichità figurata : an- zi abbiamo in memoria il Visconti avere scritto: Les art- (1) Voi. I, tav. 5i 34 (•>) Voi. 3, tav. i5. (3) Voi. I, tav. 53, 5o, voi. 2, tav. 28. (4) Voi. Z, tav. i3. (5) Voi. ■!, tav. 45. (6) Voi. 2, tav. 11. 212 Letteratura ciens statuaires n ont pas osé donner cette nuditè auv images de la chaste Diane (i) : ma il eh. La- bus disse il marmo antico ; e noi ben volontieri vo- gliamo acquetarci alle sue ispezioni oculari. Il vecchio Aerato (a) , tirato in un carro da irci tardi e vellosi , h operato con sapere e diligenza ; e merita esser letto quanto l'espositore scrisse contro chi opinò esso Aerato un giovinetto. Una festa al li- quore di Lieo (3) viene effigiata in altro siraplegma ; il quale sembra che insieme al precedente servisse di ornamento a qualche tempio di Bacco. Lacero , ma pur bello è un marmo con due fauni citaredi (4) : assai guasta e di grossolano lavoro un' ara quadrilatera ra-^ stremata con ninfe , fauni , e menadi (5). In uà sar- cofago son dieci fra le fatiche di Ercole (6) ; a noi sembra dalla incisione che ne abbiamo sott' occhi , che l'eroe non con la clava , come dice il dotto esposito- re , ma forse con la face uccida l'idra lernea ; e sa ben egli, aver il Visconti notato (7) che il comune degli scrittori menzionano il fuoco , non la clava in questa fatica. E' frammentato un marmo (8) nel quale vedasi Orfeo che a Plutone ricUiede l'amata Euridice: integrissimo però quello che rapppresenta la tragica vendetta di Medea , secondo ciò che ne conta Euripi- (i) Op. var. voi. 4, p- 77- (2) Voi. 2 tav. a5. (3) Voi. 2 tav. 2g. (4) Voi. 5 tav. 14. (5) Voi. 3 »av. ng 20. (6) Voi» 2 tav. I. (7) Mus. Pio Clem. voi. IV, p. 272. (8) Voi. X tav. 3. Antichità* riGt)ìi\TA 22 3 tlé (i) : l'espositore ( dopo aver dato un lungo, e non sappiamo quanto necessario estratto della greca trage- dia ) , siegue passo passo il Carli , che son già 50 anni lo dichiarò con lunga e prolissa dissertazione. Solo lo contraddice in quella figura del primo gruppo con papaveri e face rivolta ; la quale piuttosto che ge- nio nuziale , deesi dire genio della morte. Questo an- notaraento avevamo già letto da lungo tempo nel Vi- sconti (2). In altro sarcofago e la pugna fra Teseo è le amazoni (3) ; l'esecuzione è opera poco lodevo- le , copiata da un buon originale. Quattro marmi riferisconsi all' iliaca tragedia ; in uno , i greci trasportano al le navi il corpo di Patro- clo (4) ; nel secondo Pirro uccide Astianatte : (5) for- se questo fu laterale di un sarcofago insieme al ter- zo (6) 4 in cui sono le troadi piangenti l'estremo fato di Ettore : nelT ultimo si rappesenta l'estremo eccidio di Troja (7) ; la scena che l'artefice ebbe scelta e là reggia stessa di Priamo ; marmo pregevole per la sua rarità ed erudizione; ma di poca diligenza e perizia nell' arte. Per contrario di purissimo stile è quello (8) nel quale l'espositore eh. seguendo il parere del dotto Raoul- Rochette , riconosce un greco guerriero sagrificanto ài mani dei prodi morti in battaglia. Per una sUppli- (I) Voi. I tav. g. (2; Mus. Pio Clem. voi. VII, p. 16. (3) Voi. 3 tav. 4. (4) Voi. I tav. 39. (5) Voi. 3 tav. 9. (6) Voi. 3 tav. 9. (7) \oI. 3, tav. 17. («) Voi. 3 tav. 7. 214 Letteratura razione a Cerere fu interpretato altro bassorilievo (i), di cui si conoscono piij repliche , e noi stessi scriven- do altra volta di una (2) riportammo i diversi pareri che ne tennero gli eruditi , senza però abbracciarne al- cuno. Nelle illustrazioni del museo worslejano (3) io- contraramo poi un frammento uguale , e ci piacque assai la interpetrazione ; la quale vegga 1' espositore del mantovano museo , se al suo marmo può convenire. Due frammenti riuniti in una tavola (4) non hanno gran pregio : di bella esecuzione e un trono marmoreo di Gio- ve (5) , e con assai l^uon garbo ed amore sono ese- guite due are (6). E' del tempo degli Antonini quel marmo (7) con greca iscrizione, nel quale h effigiato sèttico figliuol di Zotico nativo di JFlia , parlante con una donna iniziata ne* mi steri isiaci. Alla ricca toga , ed allo scrigno , riconosce il dotto espositore in un altro (8) un ma- gistrato municipale , e giustamente riprende coloro che tali figure dissero consoli romani. Pure a basso rilie- vo (0) un filosofo sta in atto d'istruire un giovinet- to ; la somiglianza del primo co' noti ritratti di Ari- stotile , da motivo a credere effigiato nell' altro il gio- vinetto Alessandro. Gneo Cornelio Felicione (10) ci mo- li) Voi. I tav. i3. (3) Est. de' mon. ani. di Wjnchelmann. (5) Tay. 6 nr i. (4) Voi. I tav. 47- (5) Voi. 1 tav. 20. (6) Voi. 1. tav. 24, voi. 2 tav. 16. (7) Voi. 2 tav. 17. (8) Voi. 1 tav. 5. (9) Voi. 3 tav. 16. (10) Voi. 2, tav. 9. Antichità' FIGURATA 2^5 Stra il vestiario de' tubicini e coniicini. DI poco pre- gio h un frammento in cui credesi effigiato un sol- dato romano (i) i un marmo sepolcrale (2) rappresenta Una giovinetta che da l'estremo addio ai suoi genito- ri : di rozza esecuzione è uno con tre protomi (3) : dì belle esemplici forme un vaso greco 4): sono scuite in esso a rilievo quattro figure ; uno sposo che stringen- do la destra alla conftorli'^ prende da essa l'ultimo con- gedo in presenza di due figli ; la greca iscrizione, che sopra ricorre , narra che in esso vaso furon le ceneri di Aristide figliuol à*Jutocle. Piene di recondita dot- trina sono le osservazioni del dotto Labus , cosi sulla paleografia, come sull'atto di stringer la destra, chei appo gli antichi come appo noi era sacra alla fede. Classe //^, iscrizioni antiche. Ventisette sono fino- ra le lapidi illustrate in qnest* opera : alcune altre poche leggonsi nelle note. Molte erano già alle stampe (5) , fra queste notiamo il monumento eretto alla bambina Settimia Spica (6) , perchè preghiamo i leltori a per- correrne la dotta esposizione , cos\ sul giuoco del pili- ludio , come sul costume degli oroscopi genelfiaci : ed il frammento di un Sesto Cecilio (7) , perchè non pos- siamo convenire che fosse liberto , uè ammettere che sia ricordato in altro marmo gruteriano (8). Fra le (i) Voi. I, tav. 9.8. (2) Voi. 3 tav. IO. (3) Voi. 2 tav. 5i. (4) Voi. T tav. 55. (5) Voi. I tav. 40 48 , voi. 2 tav. 20 33 44 4^ 52, voi. 3* tav. 12. (6) Voi. 2 tav. 20. (7) Voi. 1 lav. i6'. (8) P. 549 4. 21(3 Letteratura inedite (i) licorcliamo il marmo <.)i Claudio Aniazo* Ilio (2), l'altro di Tito Flavio Zosimo Lanipendio di Tito Vespasiano (3) , e quello dell'anno 540, nel quale un Tommaso dicesi negoziante penaticus (4) , voce per lo innanzi non Ietta sia ne' libri , sia ne' marmi {qui res ad victum necessarias vendit) : l'espositore eh. reca in nota ad esso un acefalo marmo dei 734, inedito pur esso e mantovano, di uno il quale tanto operò che NON FARI LINGVA MINISTRAT. E qui ci sia permessa notare , che non ci sembra vero si usasse per cogno-* me fa tribù (5) , e ciré rimarcammo alcune non cor- rispondenze fra le tavole incise e la lezione di esse. A caj^ione di esempio si vede inciso ELIO invece di FILIO {i') , I invece di P (7), altrove manca il pre- nome Lucius (8) , ed avremmo desiderato che nell* ultima riga di un altro marmo si conoscesse rabrasio" ne del nome di Geta ((j) : per contrario in uno cri- stiano (io) lo stampatore lasciò la frase IN PACE, che nel rame non manca. Classe V^ miscellanea. Accelerando la fine di quest* articolo , ricorderemo qui alcuni monumenti che non ebbero posto nelle classi precedenti. Con finezza e mae- (i) Voi- I lav. 16 56 , voi. 2 tav. Sa 33 52 , voi 3 tav. 48 52. (2) Voi. I tav. 4o. (3; Voi. 2 tav. 4. (4) Voi. 2 tav. 4 (5) Voi. 2 p. 21 5. f6) Voi, I tav. 4©. (7) Voi. I tav. 48. (S) Voi. 2 tav. 35. (9) Voi. I lav. 48. (le) Yol. 2 p. 34. AuTlCHltA' PJGunAtA 717 stila sono lavorate una testa di Gorgone , ed tìna di leone, non però un'altra di cavallo (i) t veiigon poi cinque maschere in marmo (3) , e sei piedi antichi (3) , tutti frammenti dì statue , meno uno ; il quale per il serpe che lo attortiglia sopra i malleoli dichiarasi per un voto ad Esculapio. Un capitello d'ordine compo- sito (4) è assai ingiuriato dal tempo ; non però una sedia marmorea (5) di forma semplice ed elegante. Da ultimo ricordiamo quattro anfore vinarie di diversa ca- pacita (6), nel descriverle quali ragionevolmente l'espo- sitore eh. contraddice il volgar pregiudizio, che tali vasi a punta nel basso suol chiamare olle cinerarie. Prosiegua il dotto Labus nella impresa cosi bene e lodevolmente finora- condotta. Le lunghe veglie, che egli fece sui classici e sui monumenti , rivelarono a lui cose ignote affatto per lo innanzi : quindi i suoi libri propagando le giuste dottrine della scienza , fanno onore ad esso ed alla nostra Italia , che in tali studi tenne sempre il primato. Rida egli con noi ,, di certi ,, critici de' nostri dì , i quali dalla lettura di pochi „ e cattivi libri sorgendo di ogni cosa improvvisi mae- „ stri, colla facile censura d'un maligno sorriso , e con „ due periodi stoltamente accozzati , le fatiche di molti „ anni e di sommi uomini condannano in un istante (7Ì.,, §. ///. Descrizione del Campidoglio , di Pietro Righetti. - Roma tipografìa Puccinelli fol. fìg. (1) Voi. 2 tàv. 19 5o. {2) Voi. 2 tav. So. (3) Voi- 1 taT. 44. f4) Voi. 2 taT. T2. (5) Voi. 1 taT. 52f (6) Voi. 2 tav. 8. (7^ Mus. di Mantova voi, 2 p. 147. \ 2^18 Letteratura Quando Roma dominava por la forza delle afnìi , le vinte nazioni salivano il clivo capitolino dietro il carro trionfale de' proconsoli e degli imperatori , per venir poi caricale di catene. Sotto l'ombra delle san- te cliiavi resa illustre quella citta pel patrocinio delle belle arti e de' buoni studi , le nazioni stesse cbé a noi concorrono onde godere , se non d'altro , delle classiche rimembranze del nostro suolo , salgono i\ clivo capitolino per ammirare i capo-lavori delle arti antiche , delle arti risorte , ivi raccolti dalla generosità de' sommi pontefici , non mai secondi nelle opere utili e lodevoli. E quel musco del campidoglio non difetta di chi degnamente ne dichiarasse con giusti commen- tari gli antichi monumenti. Meritano special ricor- do Giovanni .Bottari , Pier Francesco Foggini » Frao- cesdo Eugenio Guasco : i primi illustrarono i marmi figurati , il ter7,o gli scritti : poi de' figurati occupa- ronsi il Montagnani , il Tofanelli, i professori Lorenzo" Re ed Antonio Nibby : ed in questa schiera vien ul- timo il sig. Pietro Righetti , del cui lavoro impren- diamo a scrivere. Un ulteriore ritardo procacciar c'^ potrebbe il rimprovero di trascurar le cose nostre , an- dando in traccia delle lontane. Vero è , che incomin- ciata tal descrizione nel 1833 , a tutto il 1835 ooa venne terminato il primo volume, essendo venuti a luce soli 18 fascicoli. Essi contengono in tutto 144 facce di testo, in dichiarazione di 142 tavole in rame, due delle quali di maggior dimensione. Si nota nella pre- fazione ( la più breve che possa desiderarsi ) che non venne osservato l'ordine col quale i monumenti sono nel museo collocati t anzi noi aggiungiamo che non si ten- ne ordine alcuno. Le statue sono mescolale co' busti ; questi co' bassorilievi; e fra gli uni e gli altri di quan- do in quando evvi un dipinto delle arti risorte. For- se a ciò fu coasig,liato l'A. dall' amore delta varietà ; Aj^tichita' figurata 2^9 ma dovendosi poi le tavole diverse con le illustrazioni relative legare in volumi , non sarà un bel vedere que- sta mancanza di o^ni ordine ; ed incontrare ( per ad- durne un esempio ) alla faccia 25, tavola 26 del pri- mo tomo, la veduta e la descrizione dell' atrio che in- troduce al museo. Non così adoperarono Botlari e Foggini lodali ; non così gli ercolanesi ; non così En- nio Quirino Visconti ; non cosi Giovanni Battista Zan- noni. Ci si addurrà l'esempio degli editori del museo borbonico : ma perchè seguirli in cosa non da tutti lodata ? Nelle 142 tavole, come dicemmo, sono inta- gliate 76 statue, 63 busti, 29 bassorilievi, 3 mu- saici , un vaso in bronzo , nove quadri moderni , e la ricordata veduta dell' atrio. Dopo questi notamenti generali , scendiamo al particolare. Niuno ignora come una delle piià belle raccolte di antichi busti in marmo sia quella del museo capitoli- no : anche h notissimo che l'antica iconografia , dopo le opere immortali del nostro Visconti , fece passr giganteschi nella scoperta del vero , rimandando fra i sogni assai capricciose opinioni degli Orsini , dei Fa- bri , dei Gronovi , di altri. Vediamo quanto il N. A. abbia saputo approfittare di quelle dottrine. Fra i ritratti de' greci incontriamo in quest' opera quelli di Anacreonte , di Eraclito, di Teofrasto (1): ma il primo si poggia sopra medaglie, le quali non hanno la minima apparenza di autenticità (2) ; del secondo avea dubitato lo slesso Boltari (3) ; il terzo in nulla so- miglia quello degli Albani , che è il solo autentico : tutti e tre diversificano da quelli, de' quali il Visconti (i) Tav. i5 23 Sg. (n) Visconti icon. gt. voi. i p. 89; (3) Voi. i lav. 12 i3. J 220 Lettkratwra usò nella greca iconografia (i) : quindi è òhe rilor-* nano nella classe de' ritratti , i quali non autenticali ne da antiche iscrizioni , ne da probabili congetture ^ si debbono ritenere per incogniti. Per simil modo que' busti cui fu dato il nome di Diogene , Talete , Ara- to (2) , diversificano dai veri loro ritratti (3) ; e per soprappiù il Winckelraann (4)^ che di quelli di Dio- gene tenne discorso , tacque di questo preteso di lui , e la greca voce ©aahs sculta su quel busto , cui il capitolino somiglia , è moderna falsificazione (5). Ag- giungiamo che niuna somiglianza v'ha fra la corniolaf portante il ritratto di Aristomaco ed il busto cui si die tal nome (6) : che la iscrizione sul busto del pre- teso Leodamante h moderna (7) ; come moderna quella del credulo Archimede (8) : che il Tolomeo altro non è che un discobolo (9) : e che rappresenta un in- cognito quella greca statua cui si die il nome di Ze- none (io), a proposito della quale vogliam notare, che intanto l'avevano primamente detta di Zenone, ir» quanto che essendo slata trovata in una casa di cam- pagna di M. Aurelio , si suppose in essa ravvisar il ritratto del capo della setta degli stoici , fra i quali era queir imperatore. Mancato quest' unico argomento per (i) Voi. I p. 87 343 280. f-ì) Tav. 55 63 87. (5) Visc. icon. gr. 8 i p. in iSg 352. (4) Mon. Ant. ined. n. 172. (5) Botlari voi. i tav. 28 ; Visconti nius. P. C. voi. 6 tav 54. rS) f av. io5. (7; Tav. 95, Visc. icon. gr. voi. i p. 344- (8) Tas. 55. (9) Tav. 20 ; Visconti miis. P. C. voi. 3 p. la?: (io) Tav. i4 ; Viscouti op. varie voi. 4 P- ^*°'' Antichità' figurata 221 la scoperta del vero ritratto del capo degli stoici , iioa vediamo come il sig. Righetti voglia in essa statua ri- conoscere, se non Zenone stoico, almeno Zenone Elea- te ; quasi che necessariamente debba essa rappresen- tare un Zenone. Ignorava forse il N. A. tali osservazioni contrarie ai nomi per lui dati a que' ritratti ? Crediamo di no^ E perchè , conoscendo il vero, gli piacque continuare neir errore ? La risposta a questa seconda inchiesta non è cosi facile come la prima. Che non ignorasse tali osservazioni, lo desumiamo da quanto siegue. Scrivendo egli dei supposti ritratti di Posidonio , Aristofane , Pi- todoro , Aspasia, Cleopatra , Pirro , Agatone e Mas- sinissa (i), conobbe che essi erano o suppositizi , o as- sai dubbi ; e che dovevan ri porsi fra gli ignoti ; e ri- cordò le osservazioni contrarie che ne avevano pub- blicate Bottari , Winckelmann , Visconti. Dunque gli furono note le opere di que' tre dottissimi archeologi , dalle quali noi abbiamo desunte le sopra riportate dot- trin&- Anche più. Dic«vasi di Pindaro una testa , che il Visconti (2) con sano raziocinio riconobbe spettare a Sofocle; e come ritratto di Sofocle la riprodusse il sig. Righetti (3) : furon dette di Terenzio altre due , che il ricordato Visconti aggiudicò a Demostene (4) ; e come ritratti di Demostene li abbiamo nell' opera di cui stiamo scrivendo (5). Perchè dunque non usò delle correzioni, che derivavano da uguali fonti , per gli altri supposti ritratti.'' Dicemmo non esser facile (i) Tar. DI 71 87 io3 iii 127 l/^t, (2) Miis. Pio Clem. toI. 6 tav. 27. 13) Tav. 71. (4) Igou. Gr. voi. I p. 334. (5J Tay. 5y 71. 222 L B T T K n A T L R A Ja risposta. Pensando ad essa, ci si alFaccIarono due dubbi ; 0 perchè al sig. Righelli non bastò ii cuore per mandar fuori la raccolta iconografica capitolina , mancante de' nomi di molti marmi; o perchè gli pia- cque seguir talvolta ciecamente il Botlari. Che troppo servilmente abbia voluto il N. A. seguir talvolta le pedate del Bottari , sì fa chiaro a qualunque voglia durar la fatica di confrontare l'uu* opera con l'altra. Ne addurremo un solo esempio» Se- nofonte (i) scrisse che Socrate aveva gli occhi spor- genti in fuori (o:f)fl«A(io/ sTtmohaiot ) ; ii Bottari ne con- cluse che Socrate aveva gli occhi storti t il Visconti (a) lo correse : ma il sig. Righetti, nulla curando tale cor- rezione , replicò che .'^'ocrate aveva gli occhi storti (3). Questa cieca servitù alle opinioni del Bottari non era necessaria , non utile. Non era necessaria , perchè il N. A. non riproduceva in istampa le dichiarazioni di quel dotto , ma le proprie : ed anche avesse pub- blicate di nuovo le dichiarazioni del Bottari , notar doveva a pie di ogni articolo le correzioni fatte in esse da altri dotti ; è di ciò dato ne aveva lodevole esera- pio il Locatelli , riproducendo in Milano il museo ca- pitolino (4). Non era utile » perchè doveva porre a propofitto le dottrine di coloro che avean corrette le opinioni non ben fondate ; facendo così progredire la scienza , non forzandola quasi a retrocedere. O di- spiacque al sig. Righetti mandar fuori questa iconogra- fica raccolta priva di molti nomi ? Già il Bottari come iucognitc aveva pubblicate molte teste capitoline ; ed (i) In Sjinpas e. 5 §. .5 (2) Icon. grec. voi. i p. 212, (3) Pag. 21. (\) ^Tipogr. de Slefauis 1819 e segg. voi 3; 8 fig. Antichità' figurata 223 era buoti consiglio seguirlo in questo. La conoscenza del vero è da sperare nel confronto co' monumcnli indubbi ; non mai nelle congetture troppo lievi , o to- talmente mal fondate : per queste la scienza non pro- gredisce ; i meno accorti sono addotti in errore. Di- spiacque ad Onofrio Panvinìo , uomo d'altronde dottis- simo , che i fasti consolari , ricchissimi di cognomi , difettassero assai di gentilizi : molti ne supplì a capric- cio : ed i cronologi vanno ancora travagliandosi per espellere dalla serie quelle ideali interpolazioni. Non manca di consimili osservazioni la serie de' ritratti spellanti a' personaggi romani. Conosceva il sig. Righetti che dovevan riporsi fra gli incogniti quelli che si supposero di Persio, di Marcello, di Domizia, di Mario (1); non ignorò esser lavoro moderno quello di Nerva , e per soprappiu non somigliante (2); pure nelle^incisioni in rame que' monumenti portano essi no- mi: ed essi nomi ripetonsi in fronte alle dichiarazioni, le quali provano non convenir loro. Noi aggiungiamo, esser supposto il Virgilio, la cui lunga capigliatura è af- fatto estranea alle costumanze romane (3) ; esser sup- posto per attestato di Visconti l'Apulejo (4); non ap- parte nere e Cesare il ritratto che falsamente porta quel nome (5) ; non appartenere ad Augusto ne la statua sedente, ne la nuda (6). Anche nelle dichiarazioni de' rimanenti moaumen- li vi sarebbe ampia messe: ma per non dilungarci ol- (i; (Tav. 22 86 94 95. (2j Tav. 119. /5; Tav. i5; Viscontiglcon Rom. Voi. 2 p. 576'. /'4j Tav. 47; Icon. Roin. Voi. 2 p. 427- (5) Tav. 3i ,] Visconti M. P. C. voi. 6 lar. 38. /6;_ Tiav. i5 57i^Yisf. M. P. Gleni, voi. 3 tav. i. 224 Lktteratu«\ tre quello che a questi fogli conviene, faremo brevi parole di alcune statue e di alcuni bassorilievi. Quel- la statua che s'inlitoia una Giunone, e piuttosto una Melpomene mal risarcitata (1) e quella che dicesi di Talia deve tal nome al moderno restauro, mentre era o una Fortuna, o la Concordia (2) : non il dio della guerra , e mollo meno un gladiatore , è quel simula- cro nel quale facilmente si ravvisa il ritratto di Adria- no (3) : un' altra statua non h un pancraziaste, ma un eroe (4); una mal dicesi Psiche (5), male con Bot- tari Pandora , male con Winckelmann una delle da- naidi (6) , essendo un' isiaca sacerdotessa (T). Nella illustrazione del gladiatore (8) avremmo amato ve- der ricordata la opinione , per noi vera , del nesto- re de' romani archeologi , diciamo il eh. Fea , il qua- le provò che tale denominazione deve quel marmo ai moderni restauri , mentre ciò che di antico ri- mase , lo dimostra copia del discobolo di Miro- ne (9), Infine , sapendosi che il gruppo di Ercole uc- cisore dell' idra (10) fu trovato mancante della parte in- feriore, restaurata dall' Algardi; e che rinvenuto poi l'an- tico pezzo, vicino ad esso fu collocato; avremmo desi- ai; Tav. 5 ; Visc. op. var. voi. 4 P- ^^7- (1) Tav. 11; Visc. M. P. C. v. 3 p. 5o. (3; Tav. 46 ; Visconti M. P. Clera. voi. 2 lav. 49- (^) Tav. 49; Visconti M. P. C. voi. 1 p. i3r ; òp. Var. voi. 4 p- i56. (Sì Tav. 58. (&) Mon. Ant. incd. p. 64- (•]) Visconti op. varie voi. 4 P- ^9^ 3^4 lav. 27. C8) Tav. 67. (^) Nel Winck. voi- 2 p. 21 3. (io) Tav. 28, _j Antichità' FicimATA 095 deralo che dell* antico non venissero fraudati gli stu- diosi , i quali avrebbero in esso veduta l'idra non a più teste .di serpi , ma] con testa e braccia fem- minili (1). Rapparlo ai bassorilievi, niuno ci opporrà certo, se diciamo assai maggior dottrina incontrarsi in Ve- nuti die illustrò l'urna la quale porta il nome di Alessandro Severo (2) , in Giorgi che dichiarò il mar- mo dell' Arcigallo (3), in Winckelmann che pro- dusse il celebre puteale co' dodici dei maggio- ri (4), in Foggini che gli anaglfi capitolini con assai studio ebbe dichiarati. D'altronde forse non tutti converranno col sig. Righetti , quando dice signi- ficar le stelle i piccoli amori sculti in un sarco- fago rappresentante il mito di Endimione e Selene (5): quando dichiara per l'astro di Venere, e per la per- sonificazione del monte Latrao , la terra che , mezza figura femminile , sta sotto il carro della lun^i, ed Ipno ossia il sonno, fra le cui braccia dorme il pa- store di Latmo (6). Ma vogliamo chi udere questo ar- ticolo con annotare i molti equivoci presi da IN. A. nella descrizione di un altro non men celebre sarcofa- go, diciamo quello in cui sono sculte le vergini di Klicona (7). Delle nove screile , sol una egli ne indica pel nome che loro conviene , cioè Urania: le altre tutte sono errate. Il volume della storia indica (i) Visconli M. P. C. voi. 4. ('a; Tav. 127 , 128, 129. (3; Tav. i3o. (4; Tav. 74. (5; Tav. 64. (&ì Tav. i4o. (1) Tav. 9r. G.A.T.LXVf. ^5 226 Letteratura Clio » il N* A. la disse Calliope: mutò Poliiitiia ici Erato , Erato in Polinnia : pure quella era ricono- scibile dall' atto di concentramento in se stessa, que- sta dalla rete che uguale si da a Saffo , detta la ne- volla Erato di Gciecia. Disse Talia Melpomene , e Melpomene Talia: ma quella veniva caratterizzata dal- la maschera comica e dal pedo, la seconda dalla ma- schera tragica e dalla sua positura. Euterpe co' suoi flauti o tibie , divenne per lui Tersicore : Calliope distinta dai pugillari , la disse Euterpe : e Tersicore con la^ lira , la permutò in Clio (1 \ Scrisse il N. A. nella prefazione, che qualunque opera s'imprenda a vantaggio delle belle arti ^ dee si quanto è pia possibile condurre con amore ^ affin- chè riesca nobile , e degna da parere altrui tale , quale fu concepita dall' autor suo. Da quanto finora scrivemmo può giudicare il discreto lettore , come fu quest' opera concepita , come fu condotta. E se fossimo richiesti del perchè non potendo noi in tutte le sue parti lodarla , non ne abbiamo piuttosto tenu- to silenzio : risponderemmo , che dai dotti dell' alta e della bassa Italia un tale silenzio poteva interpre- tarsi per segno di approvazione : e che l'amore che portiamo a questi studi ci dk sicura speranza , che l'A. progredendo nell' impresa , procuri di usar tutti i modi onde renderla più profìcua e degna di lo- de. N^ per questi brevi cenni abbiamo noi diminuita in nulla la stima in che teniano T A. Solo gli abbiamo poste dinnanzi gli occhi alcune dottrine, che possiamo dire romane , perchè desunte da opere pubblicate in questa citta , scritte da' nostri cittadini. Esse non dovevano dimenticarsi da chi in- (ì) Viscouti Mub. P. C. Tol. 1, Uv. Ag. B. 2. Antichità' FiciinArA 22T traprende In Roma una nuova dichiarazione di anti- chi monumenti già da altri molti illustrati. §. IF'. Monumenti gabini della villa P in ciana descritti da Ennio Quirino Risconti , notamente pubblicati per cura del dott. Giovanni Labus. Mi- lano 1835; 8 fig. Se uscendo dalla porta maggiore, e camm in fa- cendo lungo la via prenestina , giunto ai tredicesimo mìglio , cercherai la curia , il foro, gli altri edifl- zj gabini tornati a luce nel 1792 , più non ne tro- verai traccia : che tutto fu ricoperto di terra. E que' gabini monumenti che allora furono escavati , e tanto vantaggio recarono alle belle arti , ed alla scritta e figurata antichità, dopo avere dì se fatta bella mo- stra nella più che principesca villa Borghese sul Pin- cìo , migrarono in estrania terra , e formano oggi il migliore e più insigne ornamento del m useo pari- gino. Nostro dunque è il suolo che rjue' monumenti rimandò a nuova vita : nostri furono que* mnnumenli stessi : nostro quel sommo maestro in ogni genere di antichità che li dichiarò. Quindi è giusfo far menzione di questa ristampa, anche perchè la prima edizione era divenuta di tanta rarità , che assai difficilmente se ne incontrava un esemplare in commercio. Componesi l'opera di un volume di 1 .SO facon di testo , adorno di 22 tavole in rame, ^^:lle due pri- mo è l'icnografia ed il prospetto di alcune fabbriche ga- biiie: in altre 13 sono intagliati M monumenti figu- rati: sieguono in due tavole due pregevolissime iscri- zioni: in quattro di giunta sono incise due are ornate di bassorilievi, anch'esse fjorghesìane , ma non gabine. L editore eh. in una dotta prefazione tocca il pregio di questi monumenti gabini, la fortuna che ebbero di venir dichiarati (la queiriLtinìo Quirino Visconti, di cui sj giuria n.m solo la nostra Roma, ma Italia tutta, la 15* 22^ IiKTTEP. ATU>IA dottrina ed accuratezza di queste esposizioni, accolto con plaQso universale. Noi nel nostro particolare ab- biamo motivo di rallegrarci , avendo ietto in questa prefazione, che il eh. La bus divide la opinione che da poco tempo esternammo in questo giornale, intortio le tessere anflteatrali i\ e la convalida con quella dot- trina , che in lui essendo somma , va del pari eoa la cortesia. L'opera del Visconti si divide in tre parli : sono nella prima le notizie preliminari ; le sculture nella seconda ; nella terza )e iscrizioni. Gabi a' tempi di Dionigi Alicaruassense era ri- dotta a pochi abitatori : nulla la diceva Properzio , deserta Orazio , Cicerone appena riconoscibile : quindi i moderni la crederono non piià risorta dopo Augu- sto , e tentò qualcuno niegarle anche i vescovi , che gabini diconsi nelle memorie ecclesiastiche. Un mar- mo, che la denominava Colonia Pia , giustamente era dai savi spregiato , perchè merce del diffamato Li- gorio. Fuvvi chi giunse a dubitare del sito in cui sorgeva quella citta. Ma se Dionigi aveva lasciato scritto, che Gabi era lungo la via prenestina , non più che cento stadi , ossia dodici miglia e mezza da Roma , non era diffìcile riconoscerne la ubica- zione in quel teniraento , che a causa del vicin la- go , nomasi Pantan de' Griffi : e bene il Fabretti nella rovinata chiesa di s. Primo , che è la presso , aveva riconosciuta la cattedrale dei vescovi gabini. Questi argomenti , ed i molti ruderi sparsi nei contorni , persuasero lo scozzese Gavino Hamilton a tentare ivi una escavazione : e la eccellenza del prin-, cipe D. Marco Antotno Borghese con nobili condi- zioni lo animò ali' impresa. L'esito ne fu felicissi- mo. Assai monumeuti sculti e scritti tornarono a luce nel 1792 : fu iudubbiamenle fissato il luogo di Gubi : ANTltuiPA* FIGURALA 229 SÌ dondbbe che era risorto a nuova vita e splendo- re , per opara precipua di Adriano. E già , se bene ed accuratamente fossero stati studiati i classici, po- tevasi desumer da essi , che quella citta mài non era caduta nell' ultima ruina , perchè le acque ed i bagni gabini sono ricordati da Orazio e da Giovenale . Questo vero ebbe conferma in quelle scoperte : le incontrastabili immagini ivi trovate di M. Agrippa , di Tiberio , di Germanico , di Claudio , fanno fede, che era fiorente verso que' tempi , o poco dopo che gli autori eitati la dicessero nulla e deserta ^ e per più secoli si mantenne in fiore : ebbe magistrati e sacerdozi diversi : innalzò monumenti agli Antonini , a Settimio Severo , a Gordiano Pio : e fra i marmi antichi ivi escavati , se ne hanno dei segnati coi con- solati de' primi anni dell' era volgare, e coi consoli della meta in circa del terzo secolo. Termina 1' il- lustre A. questa prima parte con alcuni cenni , cos'i sul tempio di Giunone gabina , di cui da 1' icno- grafia (1) j come sul foro di Gabi , che presenta in pianta , e Con immaginato restauro (2). Le sculture , la illustrazione delle quali si spa- zia nella seconda parte dell' opera , vengono esposte secondo l'ordine che tenevano nella sala terrena di un edificio di villa Pinciana : ma noi nel farne cen- no , non essendo obbligati a seguire quelf ordine, ne faremo una specie di classificazione in mitologia j storia , costumi , e miscellanea. E diamo principio dalla mjrionima Iside , della (i) Tav. I. (2) Tav. I. Tav. 3. 230 Lkttkratmra t|uale incontriamo una staluiha (1). Benché in essa sia reslauio il capo, le mani, i simboli, pure non è nien certa la convenienza di essi : perchè l'anno- datura del manto richiamato sul petto , di sotto le braccia e dagli omeri , è caratteristica delle immagini isiache. Bellissima per la molla erudizione è un' ara rotonda dedicata ai dodici dei consenti (2) . Nella superficie veggonsi a rilievo le protomi di esse divi- nità : in una fascia perpendicolare sono le dodici co- slellazioni del zodiaco , accompagnata ognuna dal- l' emblema di quel nume , sotto la cui tutela era il mese. Vogliam notare che nel rame quel segno che sta presso Venere , è piuttosto una face accesa , che uno scettro : e che nella fascia , la colomba a lei sacra rasscmbra un pappagallo. Da questo monumento pre- ifevolissimo non iscompagneremo altre due are bor- ghesiane , ma non gabine ( 3 ) : nella prima sono i dodici dei maggiori , ricordo del loro culto , il pili nobile , il più antico dell'arte greca che si conosca : e nella fascia inferiore le tre grazie , le tre ililie , le tre stagioni. Dell' altra ara una sola faccia pub- l)licò Winckelmann , e noi ricordammo altra volta (4) gli errori in cui cadde : rappresenta i tre segni au- tunnali , e le divinità che in essi han domicilio. Un piccolo simulacro delle madre d'Amore (5), somiglia ncir attitudine la Venere capitolina : Amo- re (6) vien rappresentato sotto le sembianze di Er- (i) Tav. 9. Num 18. {1) Tav. 7. Tav. 8. i5) Tiiv. A. B. C. D. (4) Ncir estratto dei Monum. Ani. incdit. (5) Tav. XII. N. 3o. (6j Tav. C. N. i3. Antichità' figurata 231 cole: Diana (1), statua conservatissima , sta in atto di allacciarsi la clamide agli omeri , come per sor- tire alla caccia : Nemesi (2) maggiore del naturale , nobile nelle forme , elegante nel panneggiamento : i contorni risentiti e la robusta attitudine di un tor- so (3) , lo dichiarano per Ercole , e per Ercole bibace fu restaurato altro torso sedente , con le stesse ca- ratteristiche (4). Le forme ideali di una testa mulie- bre (5) , la dichiarano piii dea , che ritratto : la fa- scia di foglie di edera e corimbi , che cinge il ven- tre al torso di un fanciullo seduto a terra , lo di- mostra un genio bacchico ((i) : anche mancante h la greca iscrizione che riguardava gli artefici dell' ori- ginale , essendo questo torso una copia bassa e scor- retta. E qui il eh. Labus ci permetta rimarcare che il Visconti non scrisse , non aver sinora i monumenti e gli scrittori presentali due nomi di scultori contempo- ranei , che operassero insieme : che sarebbe stata troppo grande dimenticanza in uomo di così prodi- giosa memoria e dottrina : ma scrisse non esservi esem- pi che abbiano operato insieme due scultori , i nomi de' quali , 1' uno termini con le lettere . . ienes , in- cominci l'altro dalle lettere aaes ... : il che e ve- rissimo. Chiude la classe mitologica un genio delii ginnastica (7) , in atto di coronare un gallo , e dargli la palma , come si ha in antiche gemme. (i) Tav. 12. N. 32. (2) Tav. 12. N. 3i. (3) Tav. II N. 27. (4) Tav. II. N. 28. (3) Tav. IO. N. 21. (6) Tav. 6. N. 12. (7) Tav. II. N. 2{y. 232 Letteratura Prima nella classe storica è un elegantissima sta-^ tuetla (i) , rappiesentante il magno Alessandro : la- voro di eccellente scarpello , è il busto di M. Agrip- pa (2) , che trpvasi ripetuto in altre due opere del Visconti (3) e due busti rappresentan Tiberio (4) : il secondo maggiore del naturale , ornato di quercia , h uno dei pii\ perfetti lavori fra i ritratti imperiali a noi giunti dall' antichità. Egregia per la conservazione è la statua di Germanico (5) , anzi unica scriveva il N. A. Volle però la propizia fortuna, che il vati- cano non mancasse del ritratto di quell' eccellente ce- sare , perchè nel vaticano passò una statua di lui so- migliaiitisbima alla gabina , non però cosi conservata , riuvcfiuta a Vejo dai signori Giorgi (6). Di pregevol lavoro è una statua loricata , cui fu adattata una te- sta di Caligola (7) : quella di Claudio (8) somiglia neir attitudine la ricordata del fratello Germanico , ma non è di stile ugualmente corretto : ad un simu- lacro seminudo fu applicata una testa di Nerone (9) : e due busti per felici congetture (10), ripetute dall'A. df)Missin)o in altre tre opere (1 1), rappresentano Gnco Domizio Corbulone , piij famoso assai come condot- (i) Tav. IO. N. q3. (2) Tav. 3. N. 1. (3) Icon. rom; Moaum. scelti Borgli. (4) Tav. i3. N. 35 , Tav. 14. N. 39. (5) Tav. 4. N. 7. 16) Mecenate de Caes. Germanie. Caes. (7) Tav. 14 38. (8) Tav. 4- N. 5. (9) Tar. i3. N. 36. (10) Tav. 4. N. 6, Tav. 5. N. 8. ' ^11] Mus. P. Clera j Icoa. Rom; Scehi Borgh. Antichità' jigl-uata 533 liero de' romani eserciti , che per essere stato padre a Doraizìa consorte di Domiziano. Una testa antica di Trajano fu supplita ad una statua loricata (1) , la più perfetta in tal genere, che rimandasse a noi l'antichità : anche mancanti di testa erano le statue cui furon adattate quelle di Sabina (2) e di Adriano (3) t il Lv l>* ^i questo imperatore e di mediocre scarpello (4). Nobilissima fra i monumenti gabini e la statua cui fu adattata una testa di Sabi- na (5) ; e non meno bella quella nuda cui fu posta una testa di Elio Cesare (6). Un busto intero di M. Aurelio (ì) , e mancante del capo una statua lorica- ta di lui (8); ha maggior pregio un busto di Lucil- la (9) ; e ad una statua togata fu supplita una testa di Commodo (IO). Conservatissirao è il busto di Set- timio Severo (11); non men bello quello di Plautil- la (12) ; di assai maggior merito l'altro di Settimio Geta (13). L' A. dottissimo portò opinione , che fosse di marmo parlo , ed aggiunge doversi ritenare il parlo non diverso dal coralitico degli antichi . Col do- U) Tav. 3. N. 3. (2) Tav. 6. N. 4. (3) Tav. 3. N. i. (4) Tav. la. N. 29. (5) Tav. la. N. 34. (6) Tav. 14. N. 40. (7) Tav. 9, N. 17. (8) Tav. 9. N. 19. (9) Tav. 1 1. N. 26. (io) Tav. 5. N. ir. (11) Tav. 14. N. 37. (12) Tav. IO. N. aa. (i3) Tav. 4. N. 4. 234 Lbttkratuua vuto rispetto verso un tanto uomo , ci permettiamo' osservare , che il parlo è quello che noi diciamo mar. mo greco duro , ed h formato a scaj»lie piuttosto gran- di e risplendenti ; mentre il coralitico e il moderno palombino , che altri dicono colombino , di grana fi- nissima , e frattura senza alcun lustro. Piucchè bu- sto , dee dirsi mezza figura , e di artifizio diligentis- simo quella di minato^ com' indica Io strofio che la cinge. E' un mi- nistro sacro (4) quello rappresentato con una corolla nello destra: vien poi un giovinetto bullato (5ì, e quattro statue (6) d' ignoti decurioni , o patroni di Gabl , ed una conca in marmo ad uso di lavarsi (7) sostenuta da un tripode. Fra le miscellanee ricordia- mo un torso loricato (8) ; altro di statua nuda (9) ,• (1) Tav. 6. N. 14. (2) Tav. i3. N. 33\ (5) Tav. IO. N. 74. (4) Tav. 9. N. 20, (5) Tav. 5. N. g. (6) Tav. 16. N. 44. 45. 46. 47. (7) Tav. 5. N. IO. (8) Tav. i5. N. 4a. (y) Tav. i5. N. 41. A^T1CHITA' riGCKATA 231 cà un' arca marmorea quadrilatera (1) con bassorilievi di scene campestri; sopra di essa e un cane di tutto tondo , condotto con tal verità , che piìi volte i veri cani al vederlo aLbajarono. Venendo alla terza parte che contiene le antiche iscrizioni , è prima quella celebre (2) sculta suU' ar- chitrave della porta cha dava ingresso alla cella de- dicata alla memoria deg li antenati di Doraizia augu- sta ; sìegue un piedistallo che sosteneva la statua di augusta Priscilla , poi la lapida sculta sul tempio di P^enere Kera Felice Gabina (3) notata coi con- soli dell' anno 168 : quindi quattro piedistalli in onore di diversi. Oltre questi sette, si aggiungono sette fram- menti ; ma molte piiì sono le lapidi gabine che l'A. dottissimo reca nelle note cosi in questa terza , come nella prima parte dell' opera. Forse miglior consiglio , e certo di maggior utilità per la scienza, sarebbe stato, se riunendole tutte nella terza parte , illustrate le avesse come le sette che abbiamo ricordate. Prima di dar termine a quest'articolo, vogliamo enunciare alcune forse non molto rilevanti dubita- zioni- Dice il N. A. (4) , che diecimila nummi cor- rispondono a scudi trecento ; ci sembra , secondo le in- dagini de' moderni metrologi , che valgano quasi scu- di quattrocento dell' odierna moneta. Nella iscrizione di Jgusia la frase RELIGIONI VESTE DONATA VNIVERSIS SATISFEGERIT , si dovrà col Vis- conti interpretare , che avendone fatto voto , a cia- (i) Tav. i5. N. 43. {2j Tav 17. (5) Tav. 18. (4) Pag. loj. 236 LfitTERATURA scun intervenuto a gode/e de' pubblici spettacoli dó-^ nasse un abito ? Non è questa una liberalità fuor di misura , ed eccedente le forze di un particola- ' re? o non si potrebbe piuttosto supporre che il ve* to fatto consistesse nel dare spettacoli , e donare un abito a ciascuno de' suoi compagni sacerdoti ? per- chÌ! ricorda quel marmo, che la donatrice era sacer- dotessa della Speranza a della Salute augusta . Nella quinta riga della iscrizione alla tav. XVIII non ci pare che sia errore del quadratario la N. , che si sup- pone sculta, invece del denaro X ; perchè quella N. può leggersi numero , e riferirsi alla parola denari innanzi ricordata. Non possiamo poi convenire che le nozze di Faustina minore con M. Aurelio seguissero nel 139 (1) ^ petchè la storia uè da sicuri argomenti per istabilirle nel 147. E terminiamo ; ma perchè non si dica aver noi cercata una qualche rarissima paglia che galleg- gia sulla superficie , e non piuttosto i coralli che sona nel fondo ; intendiamo ripetere , che nostro desiderio sarebbe, che opere di tanta dottrina e sapere venissero men raramente a luce , e ciò per vero vantaggio di questi studi e lustro d' Italia. §. F. Real museo borbonico. P^olumi X e XI. Napoli stamperia reale 1834 1835; ^ fìg. Altri musei possono superare il borbonico pel numero de' monumenti scritti in marmo , e pel pre-» gio e rarità di essi : niuno certo può uguagliarlo , non che vincerlo pel numero e preziosità de' dipinti antichi e de' bronzi. Appena torna te a vita sul mezzo del secolo XVIII le antiche citta di Ere olano , Pora- (i) P 125. nota 6. Antichità' figurata 23T pei, e Stabia , la miinificeaza di Carlo III non si stette contenta alla scoperta di tante ricchezze ; ma die ordine che venissero dichiate e pubblicate : quin- di con regia spesa furon dati alla luce per opera degli accademici ercolanesi cinque volumi di pittu- re , due di bronzi , uno di lucerne e candelabri, uno nel quale si contiene il catalogo di tutti i monu- menti scoperti. Questi nove volumi però, stampati con lusso in gran foglio , difficilmente putevan far parte della privata biblioteca di un uomo di lettere: si ag- giunga , che in essi non tutti i monumenti scoperti erano stati dichiarati ; che altre scoperte e tutte im- portanti si andavano come tuttora si van facendo di giorno in giorno ; che il museo borbonico fu poste- riormente per cura di Ferdinando IV accresciuto delle molte antichità radunate dai Farnesi , e dell' intero museo borgiano già veliterno. Il perchè util' impresa fu l'opera che per noi ora si annunzia; la quale tut- te abbracciando e dichiarando le antichità del museo borbonico , le porrsi in commercio a modico prezzo. Ultimamente ci pervennero i volumi decimo e un- decimo di questo museo : di essi intendiamo far bre- vi parole , non dei precedenti che , già son piiì an- ni, trovansi fra le mani degli studiosi. In essi sono 125 tavole (oltre Ire di giunta) , che rappresentano in tutto 191 monumenti. Gli edi- tori chiarissimi nelle dichiarazioni amaron più di es- ser parchi , di quello che ripeter cose che in ogni libro s'incontrano , e ninno ignora ; molte , più che dichiarazioni possou dirsi brevi descrizioni: talvolta però , ove il bisogno lo esìga , si spaziano ; (1) e non tanto solo quanto basti per poter dire che non (ij V. nel voi. XI le tav. i5 i6 53 ce. 2li8 Letteratura saltarono a pie pari le difficolta , ma slargatisi an- che in sottili investigazioni. Per amore della varietà, in ogni fascicolo (che in pili fascicoli vien diviso ogni volume) inserirono antiche pitture; marmi sculti , bronzi , vasi fittili , utensili , quadri del tempo del- le arti risorte. Noi, senza tener dietro alla classifi- cazione per essi data, parleremo partitamente di ognu- na di esse classi. E dando princìpio dalle antiche pitture , delle quali piucchè d'altro questi volumi son ricchi , ri- marcheremo primamente che alcune erano già inserite neir opera degli ercolanesi. Avendone fatto un par- zial riscontro , se nella dichiarazione di qualche ta- vola non incontrammo cosa che gli ercolanesi non avessero detta (i); e se in altre essi ercolanesi fe- cero più pompa di dottrina (2); in compenso vedem- mo altrove corrette alcune loro interpretazioni men vere. Per esempio non è un tridente per rivoltare e prendere le vittime (3), quello che tiene in mano un sacerdote ; ma si il ramuscello solito ad usarsi nelle lustrazioni (4'; ^ il genio della natura (5) quello che fu detto un ermafrodito (G): è Medea (7), quella (1) Vedi le tav. 20 ai 29 del voi. X , e le lav. 5 6 del voi. XI, e confrontate eoa le pitture voi. IH tav. 4? » voi. IV tav. I 5 64) voi. V tav. 53. (2) V. le tav. 22 23 5o Sa del voi. X, e le lav. a e 3 del voi. XI , e confroatatc eoa le pitt. voi. 1 tav. 5, voi. IH tav. i5 19 3^ 5o , voi. IV lav. i. (5) Più. voi III tav. 5i. (4; Voi. X tav. 4^- 5; Voi. X tav. 4'- (6) Pitt. voi. II tav. 3{. ('7; Voi X tav. 21. ArCTlCHlTA' FlOunATA 239 che fu creduta Didone (i): b un eroe in riposo (2) quello che fu detto Vulcano (3): è un poeta sedente e coronato di edera (4) quello che fu dubitato po- ter essere un filosofo (5). Similmente mal fu preso per ornamento egiziano (6) quello che vedesi sulla testa di una citaristria (7); mentre altro non è che il germoglio degli ornamenti soliti nelle riquadrature delle pareti ercolanesi : ed a proposito di questa ci- taristria ; abbenchè vediamo posta in dubbio la opi- nione di coloro che la reputarono una Saffo ; avrem- mo amato che ciò venisse assolutamente negato : per- chè dopo le dottrine del Visconti (8) quella celebre poetessa fu vendicata dalla taccia d'immodestia; non è l'amante di Faone; nulla ha che fa re col salto di Leucadc. Dall' accennato confronto ci resultarono an- cora alcune diversità fra i rami degli ercolanesi , e questi de' quali teniamo discorso (9); ed ignoiiaino come ciò possa essere accaduto. In assai maggior numero però sono le piltuie ora per la prima volta pubblicate : di alcune fra esse farem breve ricordo. Nobilissima si è quella dol satiro Marsia (10) sedente, cui sta presso il giovinol- (i) Pitt. voi. i tav. i3. (•1) Voi. XI tav. 5 /3; Pitt. voi. Ili tav. 26. /4; Voi. XI tav. 5. ^5) Pitt. voi. ir tay. 5o. (Q) Pitt voi. Iti tav. 23, {7; Voi. X tav. 6. ('■&) Icon. Gr. voi. i p. 8x. ^9; V. le tav. 22 52 del voi. X , e io lavol. 9 56 «lei voi A% e riavviciuatc alle Pili. voi. i tav. 36, voi 3 lav. i«)37, voi. 4 tav, tav. 5. (io; Voi. X lav. 4- 240 Lettehaura to Olimpo : e forse uaa copia del celebre dipinto di Polignoto ? Non raen bella h quella (1) in cui vedasi Sileno seduto , alzante in aria Bacco fanciul- lo; il quale stende le braccia onde prendere un grap- polo d'uva che tien sollevato una seminuda giovi- netta ; in questa il sig. Quaranta giustamente rav- visa Opora^ ossia la stagione autunnale ; e ricordia- mo chtì fra le antiche pitture ercolanesi (2) evvi una composizione similissima a questo gruppo , con altre più figure e molti accessorj. Anche ci sembra molto pregevole quell' intonaco nel quale sono Mar- te , Venere , e due Amorini (3); l'altro un Ga nime- de che porge a bere all' aquila (4) ; ed anche pili quello che rappresenta lo stesso giovinetto (5); non tanto perchè di quel mito niuna antica pittura era cognita , quanto perchè ci sembra nuovo il concet- to : il dipintore infatti scelse il momento , in cui stanco dalla caccia riposandosi Ganimede, Amore lo insidia , lui conducendo l'appassionato rapitore. Cos'i, se in due pitture (G) Leda col cigno somiglia in par- te altre che erano cognite nelT Ercolano (7) , essa è in atteggiamento totalmente diverso da quello con cui gli scultori rappresentarono quella favola ; come può vedersi nei molti gi'uppi in una operetta del cb. Fea (8) Sono graziosissimi alcune baccanti e fauni (i) Voi. X tav. 25. (lì Voi. X tav. 4o. {Sì Voi. XI tav. 36. (I^) Voi. X tav. 56. (5; Voi. X tav. 3 , voi XI tav. ar. (&ì Pitt. voi. 3 tav. 8 9 , voi. 4 tav. 4- ("jì Di ale. moa. che rappr. Leda. (8] Voi. XI tav. 4 24. ÀMTICniTA' FIGURATA 241 danzanti (1), e tutti i savj faranno eco a quanto il sig. Bechi scrisse (2) contro la moderna arte del Ijallo- Alle molte che già se ne conoscevano nell' antico Ercolano (3), fanno Leila compagnia altre due rap- presentanti l'abbandonata Arianna (4): e quelle pittu- re nelle quali Vulcano presenta le armi per Achille a Teti , e questa al figlio le porta (5) sono di bella giunta alle altre molte di simil subietlo , addotte dal eh. Inghirami nel secondo volume della sua galleria omerica. In modo nuovo e grazioso vien rappresen- tato l'inganno della figliuola di Acrisio (6): bello è il dipinto nel quale è Apollo che offre l'opera sua a Laoraedonte (7): assai ben composti ed armonizzati Venere e Adone (8) ed il giudizio di Paride (()). Non la finiremmo per ora se di tutti volessimo far parola: ma non vogliamo dimenticare quell' intonaco nel qua- le viene effigiato l'arrivo d'Io a Canopo ( 10). Esso e per la composizione , e per la erudizione è pregevo- lissimo ; e noi dobbiamo pregare il benigno lettore a percorrere le dottrine sparse dal sig. Quaranta nello illustrarlo. Anche molto apprenderanno leggendo la il- lustrazione per lui stesa d'altri dipinti (H); ed atten- (i) Voi. X tar. 5. (2) Piti. voi. 2 tav. 14 i5 16. (3) Voi. XI lav. 54 35. (4) Voi. X tav. i8 19. (5) \ol. XI tav. 31. (6) Voi. XI tav. 25. (7) Voi. XI tav. 49- (8) Voi. XI tav. 25. {gì Voi. X tav. 2. (to) Voi. XI tav. i5 16. fu) Voi. XI tav. 47- G.A.T.LXVI. ^^ 2/|2 L K 1' T E R A T U R A deieuio di conoscere a suo tempo , coni' egli jifo- mette, qual sia il subietto di quelT intonaco (I), del quale heu sette repliche sono nel museo borbonico. Forse però in tali dichiarazioni una qualciie co- sa non fu con buon fondamento asserita. A c;i 7 ., » 4 .. 3 i3 *» t» » 3 9 ., 1 6 i# „ „ H » 3 » 4 2 8 » 7 „ 3 » 7 3 3 „ 4 2 » „ 7 Terra. Termometro - 3° ^ 3 84' - 4 -T 2 *' - 5 — 2 &^ - 4 *$« 5 '^ « a 7 3 7 5 — t ^ B * 5 5 8 - u 5 * 5 0 t 5 5 -3^ 35 3o 3i --2 46 59 36 -4 45 55 Veulo N, 4. o r'ioggi: I^ra por. elato rato 7 5 'ìii „ „ » z.i li.iu'.vnp. S. V. f. .. f. „ t 5 aianìg» fliMIima3*--r^-,,ii}in.-r.,,.nrmrvr7,,wnm,.,...,.,.^^....::fff].,f^^^ ~rZ s IM. d. 24 1 1 SE. IH. 1 „ „ i> i> i5 SO. d. 'j 0 u «cr.tnp. . cop. z.cli.or.iuiY. jy uiiv.solo Irai. I? _. ; lui con, j ,, luna lial. ,ì „ aU. sul. „ I z.( li.or.viip. (iu\ . I ^.tli.or.To^v ■4!ijhijaim-imuMmijmBui«mEjnBia» BMvjfmnwnmiiWKi I nulli iiiìiiiì min. ]grom. Velilo 1 Piuy^ia E\ tipur. Sia lo del Cielo- ! 6" S. d. 1 scr.uu?. sparse II 6 35 ila so. m. 0 o 1 i i quv.sol.tial. tnllo nuT. 8 N. d. » :: 0 o 1 8 cliiaiissicjQ "^ N. d. 1 nuT. 5 '' n N. „ i " 6 „ sole tra. cliiaiissinio .* 12 o o nur. 3 20 12 ^9 oso. .11. N. a. 1 a) cli.vap.or. cliiai. tutto „ II). 3 6ò N. f. 1 5 » 7 5o o o » a't N. m. „ —2 ;! NE. i\. 0 O 0 0 7 „ i6 iN. a. „ orn.Tap, — l .32 » » o 7 cop. aJ » » cii.Qiia.TjiM. 19 „ „ ,, iinv.ori/S. --1 35 24 0 o 1 " " 1 3 N. a. M „ i --1 35 9 u O NO. a. 0 6 » » 1 1 1 N. q. o " J. 1 0 ^9 7 o 0 0 7 nuT, 10 »» ^ „ i 2 5o NJi.. d. 1 1 t «en.ch.nuT.oii i. 1 3o N. ra. cluaiissiuio 21 0 o ì UUT . 0 5.5 37 NE. d. a ser .nuT.Sf). lUlV. >i i> 1 „ i 3 31 S. q. 0 1 1 0 >, 17 SE. d. n li N. .1. 0 „ i i. 21 S. Ili . 1 4 „ 5 SE.q. o P'^ggj „ plOT 1 2 s. a. lli.l:i „ 8 lo 3o „ ni. 0. 1". 1 l3 2 25 ' o „ piove 1 IT 1. o cli.iiuT.or. 3 :>5 N. ni. I 4 .. a-' o „ 1 5ijr.niiy.jp. » «f mnmn- rnr mruu la j«ai»ènmVi»Hl 1 1 iwii Osserv(tzioni MeteuroLu^ic-lie. j( ColUgiu Romano )( Feiruto 1§36. Ore ! ma. stìr.. ma. 2 >'• sei: I -- ma. 3 é"'- ter, ma. «er. ma. 5 J?'- ma. 6 g-j'. ter. ma. 7 §1. «er. I 9 5'- «er. ma. lo ^i. ser. ma. ter. ter. ma. si- sur. ma. S'- ser. ' ma. i3 Baiomet. 37^.1 i/i.9 « „ 5 9 8 8 7 7 4 tì 7 „ 5 ,. 4 7 6 ., 3 8 8 Term. 1 5° 9 5 7 5 Termometro S o 9 6 37 11 ti 5 7 5 27 IO 2 28 1 5 lo 5 5 5 5 10 6 6 r. 4 Igiom. Vento 0 2U iML. il. 28 S. „ « .1 0 5 „ m. " « 1- 5 „ Ul. >7 ,, <• lo jj V l'i E. .„. Bu „ f- 23 SE. f. 12 0 0 a8 S. V. m. 17 n 0 l'iogg p.c.pio. Jl 2 25 5 57 I a 3s I 4 5o { 3 sT ' 6 6(3 .50 25 I ìN, C£. o i ENE"f. i5 ir^iNE. J. 35 i ^0. q.o N. m. 37 4 1 5 I 5 7 5 5 5 ^kas lù 6 30" Go 45 3» S. >«• pie. pio. Evspoij Jl. 1 o Stalo del Cielo. Il z.tli.oi.vap. cop. „ minac. pio piove luo-lam. „ pio.alioaj. nuvoloso g « l'iuTe N. f. 45 '(35 !47 „ fur- i^2 M. J. I 7 z.cii.or.nuT. nuvoloso 1 o I i.chiar.oria.nu. 15 i nuvoloso , mezzo nuT. ■^ " ' iliiaijssiiuo 1 5 o 8 .pio. cliiar. 3 4 4 r. UV. ,r !!«.(«««» ..iTT--:-iir-~'~~-*=''^^~°^-"'"^'«^^™''^"""""*^^^^^ TlI'idoiiicIio, l^roiii. Max. Min lOf Bai [ Tcrm. ima. Ì-^^'P- 5à-3 iCì'si- » a 6 '■• .. i 7 >7 »!J 27 11 7 4 8 4 10 ma. ,ser. a-8 6 5 ' 7 2 i ' 8 1 8 5 4 I a , 4 l__ ' , I 9 o 9 lo tj 3,5" •°7 :.8 54 26 a 44 lo 6 37 1 1 Velilo N. d. SO. SO. d. SSO.ra. SE. d. N. d. SSE. E. d. Piw., IJio.uial. Ojli.y 5 pio. ab, S 00 «por, 'Slato del Cielo'! IL sci.noT.sp, ch.»ap.on;«. nuvoloso cop. piOTI „ sole trai. mezzo riseli. cop. cliiarissicQO uuvoloso zeu.ch.oiU.nuT, lunssuuo UUT. p.pio. ^HjBcaocfc'j limili ■inni ininitu INDICE DELLE MATERIE Contenute ne volumi 196, 497, Nota de' compilatori. SCIENZE Costa , Osservazioni sul moderno ecclettici- smo. , . P°g' Passini , Aneurisma dell' arteria brachiale, p. Medici , Sul male di fegato ec P; Mazzoni Toselli , Storia del foro criminale' di Bologna. P- Pianciani , Cristalli termelettrici. p- Cassi, Ospizio degli alienati in Pesaro. p- Sanlarelli, Congetture suU' infiammazione, p. LETTERATURA \ Dissertazioni de'^' accademia romana di ar- cheologia , tomo V. _ P" Mordani, Illustri ravegnani (continuazione), p. Dal-Bono , Discorso ec. P- Cardinali, Di alcune opere epigrafiche. p- Franceschi Ferrucci , Lettera a F. Ranalli. p. Visconti , Lettere inedite sugli scavi di Vul- ci. p. Cardinali , Di alcuni celebri musei dì antichi- tà figurata. p- BELLE ARTL t 5 i5 34 38 5o 54 l'zQ i58 i86 196 Biondi, Battaglia di Costantino disegnata da Raffaello. P 247 Tavole meteorologiche. 257 SCIENZE 1 lavori non pochi del nostro chiarissimo compi- latore prof, agostino Cappello^ in questo giornale registrati , furono mai sempre dal pubblico accolti con satis fazione ed utilità. Il perchè stimiamo di ripro- durre un'importante lettera di lui pubblicata nel Filia" tre Sebezio di Napoli {aprile i836). Che se al valen- te direttore di quel medico giornale , per far cosa grata al pubblico , e dimosti are quanto i veri dotti stranieri abbiuno in pregio le italiane fatiche., pia- cque aggiugnervi tradotti due articoli tolti da un celebratissino giornale europeo risguardanti il prefato nostro illustre collega , maggiormente a noi si addice di farli ancora in queste carte di comune ragione. Nel riportare quindi per intero F articolo del Filia- tre , verrà esso purgato dai molti errori , e ripro- dotto con poche aggiunte fortuitamente omesse nel- la napolitana edizione^ sebbene in parte riparate con diversi separati esemplari graziosamente dal loda- to direttore rimessi al prof. Cappello. Ci gode per- tanto t animo di smentire sempre pia colla stessa straniera sapienza d falso asserto di taluni oltramon- tani che osarono di scrivere, che in questa sede del' le nobili arti non sieno profondamente coltivate le scienze naturali. Il diieltore del giornale P. ODESGALCai G.A.T.LXVl. IT 2àS S e I E N z K Roma 18 febbrajo 1830. Amico e collega carissimo. ^ono assai grato ali egregio Dcsimone che con grave e forbito stile ha ciato in cotesto giornale del Progresso delle selene , delle lettere e delle arti (1) un lungo estratto del mio lavoro interamente mio , siccome è sembrato al /9e,v/mo/i(? , (sebbene associas- si air opera il nome del professor Lupi perchè mi fu dato compagno , e raccolse morbose istorie ) sul cholèra di Parigi del 1832 , pubblicato in Ro- ma il i8.'j3 (2). Nell'analitico rendiconto opina egli, sic- come altri autori ancor divisarono, essere slato da me bene e sapientemente raggiunto lo scopo che mi era in delta opera proposto. Ne manca di sr[nitrinarla con tale severa imparzialità , come esso medesimo esprime, per la quale emettonsi alcuni rilievi , designati talora col nome di nei , che a giudizio di lui sarebboasi con nUerior travaglio da me cancellati. Eslimando io da lunga pcz/a i talenti e la dot- trina del Desimongf mi corre debito diciferare alla me- glio que' rilievi , avvisando medesimamente, che in un argomento di cotanta importanza vi saranno sempre indi";pensabili lacune : e diverse ne offre l'opera mia. Se non che mi è di grandissimo conforto che au- tori gravissimi nazionali e stranieri hanno proseguito a lodarla (i), ed a proclamarla ancora superiore a quante (i) Novembre e dicembre i835. {ij Crìorn arcad. tom. LIX. (5) Bibl. Hai. 1834. Giornale scientificoJetterario {>ubbli- CnOtEHA MORBUS 2^9 furono finor pubblicate (i).- sventuratamente 1' impor- tazione del cholèra indiano , ed il propagamento suo cato in Perugia. Maggio i835. Annali universali di medicina voi. 76, pag. 369. (i) Giornale de' letterati di Pisa, Filialre Sehezio tS55, Bi- bliotheque universelle de Genève i835 (fascicolo di luglio) (*)• [") A meglio mostrare in che modo è «tato accolto non solo in Italia , ma oltremonte ancora l'egregio lavoro del sig. Cap- pello, ve'pwù^xmo opportuno qui trascrivere gli articoli della biblioteca universale dì Ginevra , per lui citati. De-Renzi. ,, Storia medica del cholèra indiano, ee. ec. TJn pò tardi ei accingiamo a render conto dell' opera volmiiinosa che ahbiam sotto gli occhi , ma la comparsa del flagello orientale nel mezzogiorno dell' Europa ha dato nuovo interesse a quan- to si è pubblicato sopra questo soggetto. Al pnri della mag- gior parte degli stati di Europa , il governo romano mandò a Pariyi alcuni medici per istudiavvì il cholèra durante l'epi- demia che desolava la capitale della Francia nel i87fì. I dott. Cappello e *Lupi vi dimorarono per molte settimane , e profit- tarono di tutte le occasioni che loro ofirironsi per raccogliere documenti suU' oggetto della loro missione. Eglino han fatto conoscere nel i 833 il risultamento delle loro osservazioni , ed il loro travaglio merita di essere distinto in mezzo a tutte le compilazioni che le circostanze medesime hanno fatto nascere. Il volume pubblicato a Roma è un sunl> compiuto di tutte le conoscenze relative al cholera morbus asi^itico. Esso contie- ne una succinta notizia del cammino tenuto da questo fla- gello , una discussione scientifica sulle malattie epidemiche e contagiose , un' applicazione delle opinioni degli autori alla natura contagiosa del cholera , la descrizione nosografica di questa malattia , con la storia delle cagioni , della natura spe- ciale e degli effetti prodotti sul corpo umano dal principio 'IT* 2()f> S e I K N z r Tifll'alt!! Ilalia liaiiiio sanzionati i miei ragioruHneiili intorno l'esotico flagello. eoiitogioso rlel cìiolera; le apparenze morbose osservale nei tadaverl r!ei cholerici , l'analisi chimica del sangue e degli al- tri fluidi animali. Dopo questi varii capitoli, gli autori emet- tono il loro parere sul trattamento cTirativo e profilattico , ed applicano tutte queste premesse ai migliori mezzi da preser- vare il suolo romano dall' invasione di questa terribile malat- tia. Vedesi da ciò che il piano dell' opera comprende 1' in- sieme delle qiiistioni relative al cholera morbus , e dobbiam dire chela maggior parte di esso sia trattata con un insilane talento, e con una rilegante originalità. Può non ammettersi l'ipotesi del doli. C.ippello che crede che il cholera possa probabilmente sostituire il vajuolo in Europa (i), ma ninno può ricusarsi ad ammetere che molte ragioni presentate da questo dotto sono almeno molto speciose. „ Gli autori han preso posto fra' coulagiosistì, ed evvi di rilevante eh' eglino fondano la loro opinione sopra fatti rac- colti ili Pa^i^i e nei dintorni , nell' epoca stessa in cui la ma'^'lor parte dei medici francesi dichiaravano la malattia non contagiosa. Può consultarsi sopra tale ogfjello un qua- dro officiale del corso del cholera nói dintorni di Clamecy, dipartimento della Nievre , in cui la malattia quasi in tutti i casi sì sviluppò dietro l'arrivo di persone che venivano da villani infetti ; l'epoca doli' invasione e le prime persone at- taccate sono notate in questo rapporto , che fu diretto dal sotto-prefetto di Clamecy al ministro del commercio e dei tra- vagli pubblici. Questi ed altri fatti moltissimi raccolti dal doti. fi) L'intendimento del Cappello mira con ques]o propo- sito alla certezza che conseguirassi un dì per !a porlenlosa scoperta di Jenner. Gioin. ore. toui ^cj. C'OLERÀ MORRL'S 2^1 Per chiarir quiruli i rilievi del clj. scrllfore na- politano vuoisi pridiaineule dire , die h islorica iden- . Cappello doviebbero essere meditati dai medici che negano la possibilUà delia trasmissione del cholera da individuo ad in- dividuo. „ Dopo aver fatto conoscere i sintomi principali dei ti-c pe- riodi del cholera , gli autori cercano dimosirare che il princi- pio morboso sembra esercitare un' azione elettiva sul sistema gangliare , e deducono questa opinione dai sintomi più rile- vanti del cholera-morbus. Essi appoggiansi ali resi sull' opi- nione di un gran numero di medici che han considerato il gran simpatico siccome la sede principale del male. Noi non possiamo seguire gli autori nei particolari da essi sommini- strati sulla necroscopia d.^' cho I erosi , e sul trattamento dei diversi periodi della malattia, e ci bósii indicare la loro ope- ra siccome quella che presenta un riassunto compiuto dello stato attuale della scienza sul cholera-morbus asiatico. Essi hanno aggiunta alla loro opera una, figura che rappresenta nua delle più rilevanti alterazioni morbose che siensi incontrate nei cadaveri dei cholerici , vale a dire lo sviluppamento dei follicoli isolati della mucosa intestinale. Questi follicoli va- riano in grandezza , e sono spesso cinti da un' arcol.i bruna- stra, ed han qualche somiglianza con le pustole vajuolose al loro principio. Molti autori riguardano questa eruzione intestinale come la lesione anatomica che caratterizza il cbolera-n.orbus asiatico. H. C. L. „ 2 Articolo „ Sopra l'oniciale relazione , c(;. Il doti. Cap- pello, uno dei medici inviai: a Parigi d;il governo romano , ha pubblicata un' analisi critica del rapporto sul cholera-mor- bus di Parigi. Noi abbiam già fatto conoscere con molle jiar- ticolarità questo rapporto officiale , per mudo che non dob- biamo ritornare sopra questo soggetto (il: noi ci conlenlere- (i) bibl. uuiv. lom III pag. 9.'^, i834. 2G'i S O 1 K T* ^ E tità (Iffir antico e novello cIioIÌt» delle Indie per e.s- ^so dubitala , vie» per coulrario da ine lenuia cei- mó di notare i punti principali dell' analisi del dott. Cappello. Come lo abbiamo osservato , il professore romano si mara- viglia di non trovare alcun fatto relativo allo sviluppamento del eliderà in Parigi. In un' opera cosi voluminosa non era difficile di riconoscere la dimora , la professione , l'età e gli altri particolari relativi alle dieci, venti , o trenta prime vit- time del cholera , e non è dubbioso che questi fatti avreb- bero sparso qualche lume sulla quistione tanto dibattuta del contagio del cholera. Del resto la commissione parigina ha ri- fiutato di occuparsi di questo soggetto spinoso , ed ha preferito il Silenzio ad una discussione forse incompiuta, ma che avreb- bei potuto poggiare i fondamenti di una discussione più pro- fili ia , allorché nuovi fatti sarebbero venuti ad illustrare la quistione. ,, Il dott. Cappello rimprovera con ragione agli autori del rapporto sul cholera di Parigi di aver trascurato di parlare delle cagioni , del trattamento e delle apparenze morbose, allorché i materiali abbondavano per dare un riassunto nu- merico di un g^ran numero di fatti osservati negli ospedali. Senza entrare in particolari puramente pratici, la commissio- ne avrebbe potuto dare un certo numero di quadri che avreb- bero offerto un grande interesse ; essa avrebbe potuto far co- noscere iu modo succinto la frequenza delle diverse alterazioni morbose , il rapporto fra loro , la ripartizione dei diversi sintomi nei tre periodi del cholera , la durata precisa della malattia o, diverse epoche dell' epidemia , ed un gran numero di altre quistioui che la sola commissione avrebbe potuto trattare con altrettanta cognizione di causa. „ Noi non seguiremo il dott. Cappello nella minuta analisi del rapporto della coiumissione parigina : noi neppure entre- remo nella discussione delle ragioni che gli han fatto ammet- tere l'esistenza degli animaletti colerici ; ma noi ci conlente- Cholkra morbus 20)3 tisslma. GÌ' infiniti eslenninii cola ialti ab immemorabili dal fatai morbo collo stesso fenomenologico apparato, col quale l'odierno indiano cholèra distinguesi , e da me diligentemente nell' opera del Dellonio a Parigi ri- scontrati, ampiamente confermano la mia opinione. Nh dissimile intorno tale subbietto è quella della illui-tre commissione parigina (i): eguale presentasi l'opinione del eh. Markus nel suo importante rapporto del cho- lèra di Mosca (2), e simile è il parere in un lavoro in- torno i contagi in questi dì pubblicalo in un gior- nale francese (3). Ne osta la nessuna cholerlca impor- tazione in Europa , ed in altre regioni prima del 18 17: imperocché militerebbe lo stesso argomento per gli altri contagi non comparsi in epoche anteriori , sic- come , a modo d'esempio, da me raostrossi essere suc- cesso del vajuolo asif.tico (4). Che se il Dellonio col solo vocabolo epidemico distinse il morbo in discorso, debbe riflettersi la confusione dominante a' suoi tempi, in cui con* lo stesso nome veggoasi sovente compresi (I) Rapport sur la marche el les effets du cholera-mor- bus dans Paris et les comunes rurales etc. Paris. Iinprimerie royale i834 » pag- "• (■ì) Moscou i832 in 4 con rami. (o) lourual des connaissanc es nieciico-chirurgicale. Deccm- bre i835. (4) Storia medica del cholera indiana osserrato a Parigi, pag. ii«. remo d'indicare il suo lavoro come quello che presenta un grande interesse scientifico. II. G. L. ,, Bibliuiheque universelle dcs sciences, belles-lettres et at-ts. Genève, Juillet i8?55, pag. Sai ti^. 2^)4 S e I E N 2 s ì contagi. D'altronde cliiarauietite risulta ehe nel ter- ribile iufortufiio del i817 sulle rive del Ganlse av- venuto , tali favorevoli etiologiclie conciizioni riscon- traronsi, mercè delle quali per insolilo commercio ter- testre iuiportossi il cliolèra in Astrakan , cKìq è per noi il [)uuto di generale diffusione del micidialissimo morbo. Fu l'egregio Moreau de lonuès , che avendo- lo pel primo proclamato morbo no^o per le Indie medesime , fu seguito iu questo parere da altri nou pochi , e quasi da tutti. Per altro sembra poi di non aver egli disconvenuto al mio divisamento , siccome rilevo dalla non incessante mia corrispondenza con que- sto illustre accademico parigino. L' op,we^^/o/;e dell' organismo etc. dame discor- sa al §. 58 dtdl' opera (1), sebbene ivi si discorra ancora delle liaroraetriche e termometriche variazioni , non si ri- ferisce, come è sembrato al compilatore dell'estratto, alle medesime, ma alla costante eccessività termometrica , es- sendo uu tale asserto per me pronunciato dopo reiterate osservazioni. Poco appresso (§. 0^), e precisamente per le meteorologiche alternative, collima il mio col di lui avviso sopra i turbamenti da esse arrecali all' orga- no dermoide , estesi ordinariamente al canale digesti- vo , sia pel noto consenso , sia forse per gli stessi gangliari nervosi filamenti dall' illustre Scarpa pel primo non ha guari discoperti (2). Avrebbe il Desìmone desiderato che in tanta co- pia di patologici lumi st fosse a lungo ragionato sulla individuale suscettività a prendere le conlagioni , da me appena accennata , sebbene per indispensabile re- putata. Non poche volte mi sono io accinto a di- (i; Id. pag 84. (1) Id. pag. i4y. CnoLEnA Wnp.Tìus 205 spiegare, se questo, quello, od un altro prevalente o misto temperamento , se l'età , le ahiludini gene- rali , se alcune innormalila avventizie o con£»enite , o per se sole , o simultaneamente influissero oell' in- dividuo alla contagiosa sua attitucliiic\ ma sempre in- fruttuose tornarono le mie indagini , perchè coulrrid- dillorii ed opj)osti ne furono i risultamenti ; laonde rimase per me , siccome tuttora rimane, un mistero. Ripeto però che allo svolgimento dei morbi, Qpie- cipuainente dell' indiano cholera , il potere alla con- tagiosa attitudine palesasi quasi sempre manifestamente pel concorso delle eliologiche cause esteriori , apposi- tamente nel capitolo della suddetta opera sul cholèra di Parigi registrate. I rilievi intorno la genesi animata de' contagi e del cholèra indiano vorrebbono anche a giudizio mio estesamente discutersi (i) ; e benché ipotetico ab- bia io eslimato il mio ragionamento in discorso , es- so , se mal non avviso , è fin qui maggiore di quel- lo de' sostenitori del contagioso materialismo. Di cer- to poi è pili comportevole della ipotesi di coloro che neir affermare 1' organismo vitale nei contagi , spontanea ripetono la loro origine (come se una pianta , un uomo , potessero nascere senza germe o semenza). Peggio poi si è allorquando taluni si fanno a derivare questa spontaneità dal disfacimen- to di organiche sostanze , tornate precisamente nel- 1' inorganica natura. Il perchè forse mi sarò io tal- fiata ripetuto. Né sembra che pel differenziale rag- guaglio del 2 e 3 capitolo dell' opera veggasi va- riare il presente col vetustissimo cholèra delle Indie; {i) Nelle due lettere dell' illustre Centoni, «1 puLblico da me ripromesse iu quatto gior , »i discuterà alquanto questo argomento. 266 S e I I ir z E mentre se questo venne per l'autorità di Dellonio e di altri con poche parole acci;j:i;ilo , il che a me par- ve bastevole (1) , vuoisi dire eh'.- i capitoli susseguenti di della opera richiamavano più dilungata disamina per un lavoro officiale^ di cui era essa il principale ob- bietto. Penso ancora che il Desimone non abbia in- teso ripetere quella differenza JaH' essersi per secoli mostrato endemico l'indiano chnlera.- imperciocché po- trebbe argomeiiiarsi lo stesso pel vajuolo asiatico avan- ti la sua importazione , seppure non volesse dir- sene variata l'indole , allorquando invase l'Europa : la qual cosa si opporrebbe alla storia trasmessaci dai me- dici arabi. M^ oltre l'accennato identifico apparec- chio dell' antico col moderno cholèra , osservasi il me- desimo procedimento e rassomiglianza in tulli i veri contagi. Di che un luminosissimo esempio porge il con- tagio ùubunico, che di tempo in tempo nella natia contrada riiinovella stragi cogli stessissimi caratteri di un' epoca, nella quale per l'importazione sua funesta- va Vìncisnlita Europa per la notissima e baibara igno- ranza , in cui si stava intorno i contagi , rischiara- ta poscia a comune tutela mercè dell' italiano genio colla saluberrima istituzione dei lazzaretti, e delle al- tre sanitarie misure. E' vero bensì , mio caro De Renzi^ che doven- do voi , come direttore di un giornale , accogliere tal fiata articoli di ogni genere , non è maraviglia che nel vostro Filiatre (n. 6i e 62j leggansi inutili ì lazzaretti ! Sarebbe per me perdita di tempo l* in- tertenermi nella confutazione di codesti del'rii, per ta- li avuti da ogni medico da senno , e messi in dileg- gio dalla storia de' fatti cotanto all'incivilita Euro- (i) là. pag. 6 8. CnOLERA MORBUS 267 pa salutari dappresso le incomparabili sanitarie cau- tele. E mi fa maraviglia eh' abbian trovato anche uà encomiatore (n. 6'2 pagine 3 A) le cose dall' Assali- ni novellaraeiile pubblicate. Stupisco poi , che a se- conda di ciò che leggasi in delti articoli, facciasi VJs' salini a citare in appoggio delfopinione sua celebri uomi- ni, alcuni dei quali tuttora viventi professarono e pro- fessano sentimenti diametralmente opposti , siccome si è Tommasini in Italia , Parisela in Francia. Ne mino- re è la maraviglia, quando egli afferma di nou avere mai rilevato duiante i suoi viaggi che sia stato im- portato e svolto il bubonico tifo nei suddetti lazza- retti ; mettendo in avanti un esempio avvenuto nel lazzaretto di Tolone , ove non mai si contrasse il morbo in questione , malgrado della provenienza delle persone e delle robe da luoghi appestali. Cotesti esem- pli da nessuno furono mai dinegati, ammessi anzi in prova delle generali e necessarie concorrenti circo- stanze [disposizione universale , locale e individuale) da chiunque conosca esaltamente la storia dei morbi attaccaticci. Imperocché se essi allignassero sempre, e ricorressero ovunque con intenso genio epidemico , la razza umana sarebbe spenta nell' oriente , e forse an- cora in tutto il globo terraqueo. Milioni d'esempi po- trebbero qui addursi per ogni specie di febbrile con- tagio. Non era forse in cotesta fiorentissima metropoli, in cui iraportavasi il bubonico tifo nel 1576 , e ne rimaneva essa immune (I) ? Il contrario avveniva uel 1656 , mentre spregiati i salutari consigli di un sapiente cultore della medicina , fu talmente Napoli malmenata , che secondo un grave suo storico 400 (i) Giunta fie) comppdlr» nella ilo'ij del regno, Ai Tow- maso Costo. Napoli ^!jgf^. 268 S e I E rf z K mila indivìdui rimasero villinie del pesliicnzial mor- bo, da cui furono incolumi le provincic d'Otranto e della Cal;^lJria ulteriore per sanitaiii provvedimenti da suoi presidi adoperati (I). Esso però fu trasportato in Roma ed in altri luoghi, nei quali menò stragi (2). Nello slesso Egitto erano varii anni nei quali spora- dico mostra vasi il morbo in discorso , quando nel prossimo pas.;ir;> anno ammazzò circa 140 mila per- sone , inclusive alcuni giovani medici europei , non italiani, che dispreizando le necessarie cautele , bur- lavansi del contagio bubonico. Ma per riandare l'as- serto dcìV jissalini ^ senza ricordare le vetuste, vo- gliono rammentarsi le importazioni del bubonico con- tagio nei lazzaretti a* d'i nostri accadute. Se avesse egli ben viaggiato, avrebbe rilevato che nei registri del lazza- retto di Penezia leggesi che nel 1T!)3 in una nave idriotta proveniente dalia Siria manifestossi la peste bubonica. Nel 1799 nella nave del capitan Itnffo^ re- spinta da Ancona^ proveniente da Alessandria di Egitto , svilup|>ossi nel suddetto lazzaretto il buboni- co tifo, essendo del medesimo periti 8 individui. Galla stessa provenienza nel 1817 il brick Maitland vìspìiì- to da Malta fu attaccato dalla peste, della quale nel veneto lazzaretto morirono ancora il capitano ed il se- gretario. L'anno vegnente (1»18) sviluppossi la peste nel bastimento del capitano Marowich veniente da Du- ( i) Giannone tom. IV pag. 694 /(OO Nel primo nostro lavoro sul cholèra in queste carte inserito , noi spiegammo il perchè potesse a cotanto numero ascendere ly cifra riportata dall' autore in tutte U edizioui della sua storia civile. Il Mu- ratori la fa ammontare a a85 mila e più. Il Gastaldi a aoo mila, ['i) Gastaldi Traci, de eri canoni di clinica analitica , e del pia ragionato eccleticismo^ maravi- glia da ultimo , come siensi accreditati alcuni empirici riniedj non corrispondenti a pelo con quelle dottrine. A prima giunta sembra veramente , che la terapia del cholèra praticata a Parigi non sia rigorosamente esatta. iVIa sopra questo grave argomento si discusse colà le mille volte coi pili illuminati clinici; ne contenti di ciò , tornossi a reiterati confronti sul letto dell' iufer- (x) Effemeridi sul cholèra-morbus del Piemoute. Dai rap- porti officiali delle commissioni mediche di Torino , di Ge- nova, di Livorno , e da quéi delle commissioni lombarde-ve- nete in queste ultime due città sppositainente mandate, quando dominava ivi il cholèra , rilievamo non solo la conferma dei suo contagio, ma eziandio i filantropici modi eoa cui geucral- mente si distinsero i medici deli' alta Italia. Choluua. morbus 273 mo. RIsuUò quasi sempre, siccome risulterà ovunque svol^iasi l'iutlifitio cholèra, la necessita della cura mista pei" SI protei forme malore. Se non che vana riesce ogni cura , quando il contagioso elemento abbia esauriti i vitali stami di alcun organo essenziale a vivere , co- rno generalmente avviene nello stadio algido. Ne io cre- do che il Desimone^ dopo avere proclamato Veccleti- cisino, voglia professare esclusive dottrine fatali sovente per ogni morbo , e fafalissime a mio debole avviso pel cholèra delle Indie. Lo slesso Broussais , il corifèo dei moderni si- stematici , ha dovuto ricorrere alla cura mista. E' cer- to però, che vuoisi essa adoprare non irragionevolmen- te , come di sovente usano gli empirici per ogni ma- le , ma con severo intendimento relativo alle impo- nenti fasi morbose. Non debbe quindi sorprenderci , se veggaiisi praticati oppio , rhura , ghiaccio ec. Impe- rocché a me pare di avere il primo (inclusive le di- verse sue preparazioni commendato nei giusti limiti, e di averlo rinvenuto giovevole introdotto specialpjente in tenuissima dose pei clistei (1 ); e nullo a Parigi fu d'altronde sperimentato l'uso dei così detti torpenti. Riuscì efficace il rhum, in ispecie in temperamenti flaccidi , e dopo la mitigata gastro-enterica irritazio- ne. Questi farmachi tendenti ancora ad aprire la dia- foresi sembrano a prima vista contrariati dall' uso del ghiaccio. Ma se riflettasi che nel terribile morbo, oltre la nevrosi , si congiugne una sete talora inestin- guibile con una piià o meno intensa lìamma nello sto- maco , non è maraviglia che debba propinarsi il ghiac- cio, che arrecò alleviamento non solo, ma riuscì anche proficuo non poche volle all' infermo. Ne a me accad- (i) Storia medica cil. p»j. .321 2. G.A.T.LXVI. iis 274 S e i K N z « eie osservare più fiate in altri nervosi inorhi feb- brili , che se mostrato si fosse Porganisrao dermoidco più o meno operativo a risolverli con sensibile traspi- ro, sia stato questo soppresso dall' uso del ghificcio. D'altronde se blando ricorra il corso della malattia cholèrica con manifesta crisi al sudore, nessuno avvi- serebbe apprestare attivi rimedi , bastevoli essendo le semplici theiformi bevande. Gilè se tal fiata adopera- ronsi altri stimoli, ed i decotti tonici di cliina-cliina nel cbolèrico tifo, fu ciò dappresso non a|)parenti, ma positive prostrazioni di forze accadute, non per le co- se pregresse nello stadio algido, ma precisamente per la continuazione di strabocchevoli perdite congiunte a nervose affezioni t non per esaltamento , ma per de- pauperamento di forze avvenute. Vuoisi finalmente ri- flettere , che se la dottrina dell' irritamento nelle ita- liane scuole ricevuta si ravvisi generalmente da prin- cipio neir indiano cholèra, d'ordinario dileguasi poscia l'irritazione pel proteiforme suo andamento, in cui non mancano nello stadio di reazione flogistici morbi malgra- do delle perdite avute nello stadio algido: di che sembra- mi aver rendute sufficienti ragioni nell'opera mia. Del re- sto il dotto Desimene sarà al pari di me convinto , che i morbi pestilenziali , per quanto utile e trionfante rao- "" strisi contro di essi l'arte salutare per le generali e speciali vedute igieniche, presenteranno sempre nella terapia insuperabili scogli. Da questa mia lettera vedete bene, mio caro col- lega (1) , che io ho ragionato solamente sopra i rilievi. (t) Il Cappello e il De Renzi, consocj in alcune distinte «c- cadeinic nicrliche e scientifiche d'Italia , furono nel decorso anno contemporaneamente aj'grcgali alla celebre reale acca- demia di medicina di Francia. GllQLERA fflORBUS 275 e non sulle lodi fattemi dal Desinone , il quale al- tre volte ancora mi fu cortese col fare noto costa il mio lavoro sopra ['Idrofobia in due lunghi arti- coli (1). State pertanto sano , e credetemi tutto vostro Cappeli.0. Prospetto delle principali malattie curate neW anno scolastico 1833-1834 nella clinica chirurgica del lì. liceo lucchese dal doti. Ippolito Borelli pro- fessore ec. ec. socio ec. ec. Lucca 1835. N, ella redazione dì un tale prospetto ha saviamente inteso il N. A. di omettere l'osservazione delle più ovvie malattie trattate nella prelodala clinica chirur- gica , e registrarne in vece qualche altra ,, curata ne- „ gli anni precedenti , la quale o per la difficolta ,, della diagnosi , o per l'incertezza delle indicazioni „ curative , o per le discussioni cui diede luogo , o „ per le operazioni alle quali convenne assoggettare „ gì' infermi , o per la terminazione delle malattie ,, diversa dai nostri prognostici , o per le alterazioni „ che si trovarono nei cadaveri , ho creduto più fe- „ conda di considerazioni per gli alunni , ai quali „ unicamente può essere utile questo lavoro. " Per altro delle malattie più rare , che prendono di mira una sola e determinata parte del corpo umano, pro- (t) MigUcUa, Giom. medico-napolitano 1824. 18^ 27C Scienze metle pubblicare separatamente la storia a Compimento del quadro delle cose pili importanti osservate nel cli- nico istituto neir ultimo triennio. In dodici capitoli è diviso il memorato prospetto. Ciascuno di essi contiene varie pregevoli osservazioni istoriche , ed a molti dei medesimi sono aggiunte uti- lissime Considerazioni teorico-pratiche sopra di quelle. Si delle prime e s\ delle seconde presceglieremo a ri- ferirne alcune in compendio , vietandoci istituto di brevità il tener di tutte discorso. Abbraccia il cap. I le osservazioni di tumori e di ascessi flemmonosi ; com- prendonsi nel secondo quelle di ascessi linfatici e per congestione; quelle di tumori cistici nel terzo ; quelle di tumori scirrosi e cancerosi nel quarto ; quelle di tumori acquosi nel quinto , e di tumori erniosi nel sesto. Le osservazioni di fratture complicate vengono nel settimo registrate ; quelle di ferite di punta e di tagl o neir ottavo ; quelle di ferite delle articolazioni nel nono ; quelle di contusioni nel decimo ; quelle di ferite lacerate e contuse nell' undecimo ; e figu- rano nell ultimo quelle di ferite d'arma da fuoco. Fra le considerazioni aggiunte al primo capo tro- viamo commendevole l'avvertenza delle varie difficolta, cbe talvolta s'incontrano nelT applicare alla pratica i precetti più semplici , e le teoriche più elementari , cosicché occorre non infrequentemente rimanere incer- to e titubante sul proseguimento o sospensione dell' uso dei purgativi , dei rimedi deprimenti , e delle de- pleaioni sanguigne nella cura delle infiammazioni. Se debbe infatti il chirurgo insistere suH' uso di quei ri- medi , finche essa non sia domata , e cosi procurare con ogni studio di prevenirne gli esiti più tristi della suppurazione e della cangrena ; debbe altresì ristar- si da un metodo di cura troppo energico o troppo a luiigo continuato per non indurre una debolezza Cli.iica luccriEss 27T pericolosa nelT infermo, e disturbare un lavoro di sup- purazione clandestino ed occulto. A confiMma di co- tal verità da tenersi in gran conto nella specie pur di queste malattie , che generalmente si tengono per cose ovvie e triviali , cioè dei tumori ed ascessi flem- monosi , dimostra l'accorto prof. Borelli , che in una delle osservazioni da esso riferite quantunque non si usasse un efficace metodo debilitante , il quale pur ve- niva richiesto dall' argomento dei vari sintomi, si con- tenne sempre l'infiammazione entro i desiderati limiti ; e se vi fu per qualche giorno una sensazione oscura di profonda raccolta , ciò non si oppose alla perfetta risoluzione del male. Laddove nel soggetto di altra osservazione fu coronato dall' esito il più felice il metodo di cura antiflogistica coraggiosamente per mol- to tempo continuato , in onta che il contrario per- suadessero quasi la lunga durata delia malattia , l'ener- gico trattamento già tenuto , la diminuzione della feb- bre , ed altri indizj , per li quali non poteva il chi- rurgo non rimanere incerto nella ulteriore convenien- za dell' indicato metodo , e più di tutto delle dcple- zioni sanguigne. Minore non è tale ambiguità nei ca- ratteri stessi , dai quali si desume la formazione della marcia in un tumore flemmonoso , cosicché in qual- che caso , anche a periodo inoltrato della malattia ed a suppurazione di già formata , l'operazione diret- ta ad evacurarla non è che un semplice mezzo di esplorazione. Ma per dare quest' esito alla marcia rac- colta negli ascessi , non poche si esigono cautele onde uniformarsi al precetto di scegliere il tempo il più opportuno. Da che in mezzo ai savj timori che spronano a sollecitamente ricorrervi , non mancano tal- volta argomenti di sospetto , o di dubbi in contrario , o di speranze che la malattia risolvasi per lo mezzo dell'assorbimento, ancorché formata sia la marcia. 27R S e I K II 2 12 Quindi chiunque abbia ropportuuila di osservare i In- uiori e gli ascessi fleminouosi acuti e lenti , limitati ed estesi , superficiali e profoudi , sul loro nascere e ne' loro incrementi , nelle persone forti e robuste , e nei deboli e valetudinari, nei giovani e nei vecchi, non può non incontrare qualche caso difficile e sca- broso , e rimanere titubante ed incerto sul partito da prendere. Con siffatte considerazioni per altro non intende il N. A. di menomare il peso dei precetti sta- biliti dai chirurghi sulla cura dei morbi in quistio- ne ; mira egli sibbene di avvertire ad un cauto con- tegno in simili casi. Altro rilievo di somma importanza fluisce da al- cune osservaziotà del N. A , che mentre talvolta nella parte infiammata non vi è tumore elevato , ne certo grado di calore ; ne quel rossore che si osserva nei flemmoni pretti e squisiti ; d'altronde riscontrasi do- lore acutissimo , impossibilita di muovere il membro , moltissima sete , e febbre accompagnata da vatieggia- raento e da delitio. Il qual fenomeno accade assai fre- quentemente nella pratica , e più particolarmente os- servasi , quando l'infiammazione prende di mira tes- suti molto forti e tenaci , o soverchiamente ricchi di vasi sanguigni , o dotati di squisita sensibilità , come sono le aponevrosi , il periostio , le cassale ar- ticolari , e quando ha per esito la suppurazione. Lo che forma una tacita ammonizione al giovane chirur- go a star bene in guardia , onde non cada in qual- che erra nento di diagnosi , o troppo tardi provveda alle profonde infiammazioni delle membra. Notevoli sono nelle considerazioni annesse al cap. II le cautele per non confondere gli ascessi lin- fatici cogli ascessi per congestione. L'identità della genesi dei primi e dei secondi , l'analogia degli uni e degli altri nell' andamento loro, escludono l'idea di GLirfiCA luccHESs 279 carattere esclusivo e patogtiomonico. Fu pur conosciu- ta la difficolta di differenziarli dall' ili. Boyer , il quale avendo avuto l'opportunità di curare simili asces- si , ed avendone data nelT opera sua immortale una beila monografia , ingenuamente confessa di avere più volte errato nello stabilirne la vera diagnosi. Non sarà quindi mai soverchia l'attenzione da impiegarsi per rintracciare le cagioni più occnlte e remote di certi ascessi lenti , e specialmente è indispensabile somma perspicacia e diligenza , quando trovansi in parte as- sai lontane dalle vertebre e dalle grandi articolazioni. Da che ei bisogna , che negli ascessi per congestione i dolori non sieno costanti , e dieno alternativa mo- lestia e tregua agi' infermi ; e bisogno eziandio che nou si ristringano alle sole parti , nelle ([uali deter- minano la carie delle ossa : o se stabiliscono la sede loro fissa in un punto , ciò non accada che a ma- lattia già formata, o veramente prendano di mira una sola parte in principio, e si propaghino poi a molte altre nel progresso del male. Che se dopo tutte le precauzioni prese neppur chiarita riuscisse la diagno- si , fa d'uopo appigliarsi a quel metodo curativo che si addice all' una ed altra specie di malattia. Ed in mezzo alla discordanza di avviso dei maestri dell'aite sulla sollecita evacuazione dell' ascesso per opporsi ai progressi della carie ed al successivo ingrandimento dell' ascesso medesimo, siccome opinano alcuni, ovvero di abbandonarlo intieramente alla natura per tema di abbreviare la vita agi' inferrai , siccome è parere di altri ; trova il N. A. ragionevole e savio il consiglio dei primi , ma confessa che d'ordiuario l'esperienza ha dimostrato non essersi realizzate bene spesso le con- cepute speranze, mentre l'apertura dell' ascesso è stato il segno funesto della perdita irreparabile dei mala- ti. ,, Cerio se le osservazioni cliuuiic dimostrassero i 280 Scienze ,, buoni clTeUi di uà metodo modernamente proposto, „ quello cioè di aprire con ampie incisioni crociali ,, siffatti ascessi , ia qulstione sarebbe tosto decisa ; ma „ cotal pratica non ha per ora l'appoooio di un cer- ,, to numero di fatti ; ed essendo totalmente opposta ,, ai principj ed alle massime {generalmente ricevute „ in chirurgia , le persone dell' arte attendono cou ,, ragione ulteriori osservazioni intorno alla mede- „ sima. „ Se i tumori cistici in generale non hanno la pro- clività che mostrano certi tumori sarcoraatosi alla de- generazione cancerosa, producono per altro frequen- temente effetti assai tristi o pesando col volume loro , o cagionando ributtanti deformità. , o impedendo il libero esercizio delle funzioni di qualche parte, o alterando la tessitura degli organi , o guastando e corrodendo le ossa colle quali vengono a contatto, siccome avvenne in due dcgl' infermi che formano il soggetto delle osservazioni del cap. terzo. Nella gio- vine, che spetta alla storia XII , e che da circa venti anni portava nella destra region temporale il turno- retto indolente giunto al volume di un piccolo uovo di gallina , non si trovarono le ossa del cranio de- nudate , ne corrose ; ma la vicinanza del tumore avea forse impresso una depressione ben marcata e profon- da , e forse impedito lo sviluppo della esterna loro tavola in quel punto , avendo incominciato ad agire fino dalla più tenera età dell' ammalata. Giacche il tumore presentava quel fenomeno eh' è proprio di certe ecchimosi nate sulla faccia interna della tibia e sotto il pericranio , cioè a dire una depressione dell' osso in tutto il contorno del tumore limitato da un orlo duro, rilevato, ineguale, come rimarcasi nella depres- sione del cranio cagionala da violenta lesione ester- na. L'asportazione quindi del follicolo die luogo ad Clinica llcchésk 231 osservare, che ivi propriamente l'osso era depresso, e che i rialzi presenlati al lutto innanzi l'operazio- ne erano realmente o«;sei. - Neil' individuo poi , che spetta alla storia XIII , e che portava uell' occhio destro un tumore , incominciato a palesarsi sotto for- ma di piccola gonfiezza fin dall' epoca di circa 25 anni innanzi, si rinvennero le ossa non solo spo- gliate del loro periorbita , ma intaccale nella loro sostanza per modo da doverne temere imminente la distruzione totale. Giustamente dichiara il N. A, , che sembrar debba un tal fenomeno singolare oltremodo e sorprendente , poiché differisce in tutto dalla ca- rie, dalla necrosi , e da qualunque altra malattia delle ossa fin qui conosciuta. Di fatti non solo le ossa si trovano erose e consumate a poco a poco sen- za che l'ammalato ne provi molestia alcuna , e ri- manendo intatte nei margini della erosione ed in tutta la parte loro superstite , ma tolta la cagione di un tal guasto se ne arrestano subito i progressi, „ Io poi „ non so ( aggiugne il N. A. ) , se nello stato attuale ,^ delle nostre cognizioni patologiche saremo in grado „ di determinare la vera ed efficiente cagione di quel „ fenomeno ; poiché se nel caso ( della osservazione ,, or memorata XIII ) , ed in coloro che hanno erose „ le ossa o da un fungo della dura madie , o da ,^ tumore aneurismatico si potesse credere opera di „ compressione lungamente esercitata ; nel caso ( del- „ la XII osservazione poc' anzi citata ) ed in altri casi „ simili riferiti dagli scrittori e da noi jiù volte os- ,, servati non può supporsi compressione òi sorta al- ,, cuna. ,, Pria per altro di abbandonar questo su- bjetto , non crediamo dispensarci dal riferire un com- pendio descrittivo del tumore cistico dell' infermo del- la XIll osservazione], poiché offie pur esso singolari ca- ratteri. La gonfiezza insorta nel medesimo intorno all' 282 S e I X if z E occhio destro fece ia prima progressi lentissimi ; quin- di però rapidamente aumentata di volume, incomiu- ciò a recare una sensazione assai molesta di stiramen- to nel globo dell' occhio accompagnata da punture e da dolori, che si propagavano a tutto il capo, da molestia e da incomodo uell' afiVontare la luce, e da indebolimento della vista. Mentre da un lato le in- certezze intorno al giudizio della diagnosi , il carat- tere del tumore forse celato al paziente dai vari chi» rurghi nazionali ed esteri per esso consultati , o l'av- vertenza palesatagli di essere il tumore superiore agli ajuti dell' arte, potevano acquietare il malato al con- siglio datogli da qualcheduno di non toccare quella gonfiezza; dall' altro lato le stirature rese molestissi- me , i dolori all' occhio ed al capo divenuti insop- portabili, astrinsero il paziente ad assoggettarsi alla operazione , desiderando egli tentare il tutto per ot- tenere la guarigione. „ La descritta gonfiezza rendeva orribile a ve- „ dersi l'occl.io destro , poiciiè la palpebra superiore „ protuberando stranamente in avanti, emulava in qui)l- ,, che modo il globo dell* occhio stesso , il quale ora ,, spinto in cvanti in basso ed all' fsterno. Quella pal- ,, pebra , trovandosi enormemente sollevata dal tu- „ more , a grave stento accostavasi all' inferiore , e „ tanto l'una che l'altra erano turgide e rosse , co- l ,, me la congiuntiva della sclerotica. La cornea con- „ servava intatta la sua trasparenza , la pupilla con- „ traevasi speditamente e con forza, e ciò non ostan- „ te gli oggetti guardati con quell' occhio sembra- „ vano offuscati da una nebbia rara e sottile. Il lu- „ more poi si presentava manifestamente limitato ali* ,, angolo interno, ed, a giudicarne dalle apparenze , „ assai più grosso di un uovo di colombo. Esso era „ molle, cedevole, anzi decisamente fluttuante , ma CtlUTCA LUCCnKSE 283 „ si moiitravai al tempo stesso renitente a maggior pres- „ sioae , non aveva in modo alcuno alteralo la pelle ,, che il ricopriva , ed era indolente anche ad una „ forte pressione. " Accintosi il N. A. alla opera- zione (già per lo innanzi palesata nel suo modo da eseguirsi , e nei suoi teoretico -pratici pensamenti ai suoi alunni con quella somma di raffinato critcìio che ben lo distingue ) nella mira o di estrarre tutto il follicolo , o per lo meno di toglierne la più gratt parte, confessa che dovè convincersi della immea- surabile differenza che passa fra l'ideare una cosa e l'eseguirla. Da che, incisa la cute, vide balzar fuo- ri tutt' ad un tratto una copia considerevole di un «more biancastro in tutto simile al bianco dell' uovo. Dilatò suir istante l'apertura fatta nel follicolo , e con grande sorpresa rinvenne, che,, questo mancava <,, interamente nella parte superiore , nell' anteriore, ,, neir interna, e nell' inferiore, e ch.e ancora sussiste- „ va intatto nella sua parte esterna ove aderiva te- „ naceraeiite all' organo della vista. E quello che ac- „ crebbe in tutti la maraviglia fu il sentire che nei „ punti superiormente indicati era stato completamente „ distrutto il periorbita , e che le ossa toccavano a „ nudo l'umore albuminoso di che si è detto. ,, Per tale inaspettata combinazione di cose cangiò tosto di avviso il N. A , ne curandosi di togliere la por- zione di cisti superstite nell' orbita, introdusse Ciac- ciche nella ferita fin nel suo fondo affin di destar- vi in ogni punto l'infiammazicne suppurativa e quin- di una buona e vegeta granuiaz one. Alla singola- rità del caso , non più veduto nella pratica , sicco- me asserisce il pr. Borelli , varie riflessioni aggiu- gne il medesimo per le illustrazioni dei fenomeni mor- bosi che facevan treno alla malattia ; e quantunque in grazia di una nostalgia , in cui si era posto in ^S4 Scienze preda TI paziente , si dovesse questo congedare pre- maturamente dalla clinica , pur si ebbe contezza dello spontaneo ritorno dell' organo della visione al suo posto, non che della dissipazione di quella nebbietta che offuscava gli oggetti all' ammalato. E' stato pressoché universale il consiglio dei chi- rurghi nelle emergenze di tumori cistici , di sovrap- porvi una laminetta di piombo , ricoperta bene spes- so di mercurio , e di tenervela fortemente compressa con adattata fasciatura. ,, Questo rimedio però , quan- „ tunque usato costantemente ( nella giovine che ap- „ partiene alla XII osservazione ) per lungo tempo non ,, solo non valse a minorarne il volume , ma non po- ^, tè impedirne l'ulteriore incremento. ,, A cotale as- sertiva del valente pr. Borelli sulla inutilità delle mec- caniche divisate pressioni sovra i tumori cistici non esitiamo di soscriverci; che anzi osiamo soggiugnere, che le medesime possono divenir positiva cagione del reale incremento di quelli. Né ciò rechi sorpresa; poiché, astrazion fatta dagl' inconvenienti che risultar possono alle parti sottoposte alla pressione, e a dirsi, che non sarà giammai tollerabile coli' esercizio di fun- zioni di una parte una ben accurata pressione sovra il tumor cistico ; che , ammessane pur la tolleranza , non può una pressione fortemente esercitata mantener libero il giro degli umori in quei luoghi , senza ritar- darlo o inibirlo in qualche modo, e rendersi cosi ca- gione di maggior riflusso dei medesimi alle sottoposte parti , e perciò al tumor cistico ; che perciò , quand* anche riuscisse una pressione fortemente accurata (al che pur si oppone l'esperienza ) in impedire una este* riore elevatezza o protuberanza maggiore della cisti , chiaro emerge , che tal pressione debba dar luogo all' interno incremento di essa, ad una spessezza maggiore delU sue tuniche e briglie , e con ciò al reale e pò- Clinica lucchesb 285 ^sitivo ingrandimento della cisti , non che alla diffi- colta maggiore in asportarla in virtù della maggior re- sistenza delle sue stesse turiiche e briglie, e mag- giore numero ed ingrossamento di queste. Addottrinato il N. A. dalle sue osservazioni ri- ferite nel quarto cap. intorno ai tumori scirrosi e can- cerosi , ed istrutto dalla verificazione dei presagi a tal uopo relativi di un Ippocrate , di un Celso fra gli antichi , delle assertive di Monro , GaJlisen , Boyer , Scarpa , ed altri molti fra i moderni , accenna che la riproduzione del morbo quantunque seguita in tem- pi piià o meno lontani dall' operazione , ed in onta della cicatrice risultata da questa , debbe risguardarsi come la prova la pili convincente , che allora il male è diffuso a tutto l'universale , avvegnaché non vi sieno indizi di cancerosa diatesi. Tutto facea sperare nei soggetti delle osservazioni registrate, che quei tumori fossero una malattia puramente locale da potersi vin- cere coir opera dell' efficace chirurgia : e pur la re- cidiva accadde con tanta sollecitudine , che chiari lO' sto l'indole micidiale di quel morbo. Che anzi con- fessa ingenuamente , che in cinquanta e piti persone di ogni etk , di ogni condizione, di ogni sesso , nelle quali fu da esso praticata l'operazione alla faccia , alle labbra , alle mammelle , ai testicoli , ed alle mem. bra , ebbe luogo piiì o men tosto la recidiva , e sem- pre ed in tutti con esito funesto. Bellissima lezione , e confessione insieme ( ripetiamo noi qui a gloria del N. A. ) per gli alunni specialmente acconcia a ren- derli men coraggiosi ad impugnare il coltello, quan- do star debbasi in vece contento ai soli lenitivi ! E quantunque alcuni moderni, per altra parte rispettabi- lissimi e spinti senza dubbio da lodevole zelo , siensi avvisali, che alla inefficacia dei rimedi interni vagliano a supplire il ferro ed il fuoco ; pur non vede lo spe- 286 Scienze riinentato clinico di Lucca , che tali operazioni ine- litar possano la confidenza dei chirurghi. Avendo egli anzi richiamato l'attenzione dei suoi alunni sopra que- ste due quistioni d: pratica importantissima , rileva con fino discernimento , che i più caldi partigiani di tali operazioni sono partiti da principi! e da massime, che , lungi dall' essere generalmente ricevute dai chi- rurghi , sono in vece in aperta contraddizione con tutto quello che vi è di piià certo intorno all' anda- mento ed al corso dello scirro e del cancro. „ Inse- „ guano di fatti non doversi ricorrere al ferro , se ,, non dopo avere sperimentato inutilmente i rimedi „ interni ed anche le topiche applicazioni , ne si ri- „ stanno dal consigliarlo anche nella cachessia can- „ cerosa ; ma tal precetto non h egli diametralmente f, opposto air altro ricevuto da' chirurghi di tutt' ì „ tempi e di tutt' i luoghi, di ricorrervi subito che „ si è conosciuta l'indole del male ? Assicurano altri , ,, che la natura benefica pone un limite ai progressi ,, del ma]e , e fa si che questo invada qualcheduno „ soltanto dei tessuti dell' organismo , ed ivi rimanga „ lungamente isolato setiza far passi , e cosi reftda im- „ ninni gli altri tessuti ; ma questo benefizio della na- ,, tura non vien egli smentito continuamente dalla „ osservazione che ci dimostra questa terribile nialat- ,, tia non rispettare alcuna parte, alcun organo , co- „ mntique per tessitura, per sensibilità, per usi differen- ,. tissimo ? Confidano in fine i favoreggiatori di tali „ operazioni potersi ottenere agevolmente la soluzione „ degl'ingorghi del bacino, che bene spesso accompa- ,, guano gli scirri e cancri dell* intestino retto e dell' ,, utero ; ma dove mai si vide qualche cosa di simile „ in altre partì del corpo ? Non è noto all' opposto , f, che gì' ingorghi degl' inguini e delle ascelle co- ,, stituiscono una contro-indicazione alla estirpazione ClINICA ieCCHES» 287 „ del pene canceroso e della mammella scirrosa , e ,, che , quando i chirurghi arrischiano di eseguirla , ,, non credono aver compito l'operazione se prima ,, non asportano le ghiandole di quelle parti ?„ Intorno alle quali cose , sanzionate , per quanto ne sembra , dalla pratica di tutti ì tempi , han dovuto quei chirurghi farsi illusione per proporre delle ope- razioni diffìcili ad eseguirsi , accompagnate da sinto* mi gravi e pericolosi , e susseguite nella maggior parte dei casi da terminazione infelice. Limitando infatti le osservazioni alla parziale recisione della cervice dell' utero , le sole incertezze della diagnosi dovrebbero es- sere più che sufficienti a trattenere il chirurgo dall* eseguirla ; poiché le numerose dissezioni anatomico- patologiche istituite ai giorni nostri hanno posto in grado di conoscere, che ne anche al piiì accurato pro- settore di notomia riesce possibile il differenziare in certi casi col coltello alla mano lo scirro e cancro dell' utero da tante analoghe malattie per andamento e per esito assai diverse. E qui con lodevole indu- stria s'impegna il N. A. in persuadere, non potersi appoggiare la diagnosi all' origine, al progresso ed ai sintomi dello scirro e del cancro , e doversi d'al- tronde bea valutare la facilità alla recidiva. Ne mi- nor zelo e sagacia egli adopera nel dipingere tutte le gravissime difficolta che s'incontrano nella totale estir- pazione dell' utero, quantunque senza pericolo ma con massimo ardimento sia stata la medesima eseguita. Un ostacolo insormontabile egli è specialmente il riflesso, che propagato siasi il morbo ad altre parti più vi- cine o lontane : Io che renda frustranea sì terribile operazione. Raccapriccia d'altronde il quadro compas- sionevole dei dolori sofferti da quelle infelici innan- zi di subire la morte la più penosa ; abbattimento estremo, lipotimie , sudori freddi, convulsioni, ver- tiglui, cefalee, delirio, sussulti ai tendini, emor- ragie ec. ,, Fra tante donne operate in Laraagna , in „ Inghilterra, ed in Francia quasi tutte sono perite, „ quali prima , quali poi , vittima miseranda della ope- „ razione o delle conseguenze della medesima o della „ recidiva del male ; e la sezione cadaverica di quelle „ infelici dimostrò la causa della morte ora nella in- ,, fiamraazione delle viscere del bassoventre , ora in co- „ piosi versamenti sierosi e puri formi , ora in alFezio- „ ni scirrose e cancerose annidate nelle parti le più ,, lontane, ora finalmente nella malattia medesima non „ vinta o prestamente recidivata. ,, Fra i casi registrati nel piesente prospetlo con tutta ragione cliiaraasi memorabile sopra ogni altro dal N. A. il caso d'idrocele cistico del cordone spermati- co destro osservato in un uomo sessagenario , cl\e ave- va le apparenze della salute pili ferma. Memorabile egli è realmente, poiché ci addita , che anche l'operazione semplicissima che raccomandasi, e che venne eseguita por ottenerne la guarigione , può essere susseguita dalle conseguenze piiì gravi ed ancor dalla morte , sicco- me avvenne: quantunque il N. A. medesimo annun- ziasse ai suoi allievi una prognosi favorevole senza riserva , fondandola giustamente sulla età, sulla buo- na costituzione dell' infermo, e sullo stato di sua sa- lute generale e locale. Progredirono tranquillamente le cose nel paziente per lo primo di dopo l'operazione; ma quindi si rinvenne lo scroto dal lato destro un pò pili turgido ed infiltrato; all' aumento di gonfiez- za nel terzo giorno si unirono rossore , calore , e dolo- re , e nella sua parte superiore ebbe perfino a rilevarsi minaccia di cangrcna. Giallo-terreo divenne il colore del volto alterato nei suoi lineamenti , duro e tumido divenne il basso ventre , in cui si percepivano dolo- retti vaganti. Quindi senza esservi preceduto grado for- Clinica lucchesk 280 te trindarainazione manifestossi nello scroto la cano;re- na , che ordivasi e serpeggiava tacitaraeiite per opera tìi umori guasti e corrotti, generati dalla malsana co- stituzione dell' infermo in mezzo , siccome si disse , alle apparenze della più ferma salute. Rapidissimi si resero i progressi di cotale infiammazione cangrenosa ; più cupo divenne il color della cute , e verdognolo si rese quello dell' albuginea al pari di quello degl' itterici : si estese la cangrena dello scroto alla pia^a ed al pene , e parve si propagasse anche all' uretra ed alla vescica orinarla , perchè l'uscita dell' orina divenne difllcile e dolorosa ; invase quindi la parte sinistra dello scroto , il cordone spermatico , e la cute della regione iliaca corrispondente. „ Il volto dell' in- ,, fermo divenuto di color giallo -verde orrendamente ,, contraffatto annunziava la più pericolosa fra tutte ,, le specie d'itterizia; i polsi celeri, piccoli, intermit- „ lenti attestavano la [)iù grave prostrazione di forze; „ la respirazione affannosa , il ventre tumido e teso, „ l'agitazione generale , il vaniloquio ed il delirio com- „ pivano il quadro lugubre de' patimenti di quel mi- ,, sero infermo. Egli cessò di vivere verso la sera del- „ l'S." giorno dalla operazione , mentre la cangrena ,, si era estesa al ventre ed alle cosce , e mentre un' „ infiammazione risipelatosa giungeva fino all'ascella si- „ nistra. ,, Si rinvennero nell'autossia i testicoli in- vasi dalla infiammazione ; il tessuto cellulare dei cor- doni spermatici in preda della cangrena ; fortemente infiammati gli stessi cordoni ; un siero tenue, giallo, puzzolenlissimo in varj punti della regione iliaca sini- stra ; di un rosso cupo gì' intestini in quei punti che corrispondevano ai cordoni spermatici. - Sorti quindi un esito infelice una operazione s\ semplice , e sì scevra da qualunque pericolo , che per ordinario ap- pena è susseguita da riscutiiiiento universale e da feb- GA.T.LXVI. li) 290 S e I K N Z B bre. Ciò reca maggior ammirazione , perchè niuna delle temute e contro-indicanti complicazioni morbose sus- sisteva nel paziente; ne in questo l'idrocele potea dirsi diffuso nel cordone spermatico , essendo bensì circo- scritto ; il quale da tutti ed in ogni tempo venne considerato come affezione locale di poca o niuna gra- vezza, e totalmente immune dalle condizioni universali della macchina. Felicissimo d'altronde fu l'evento rimarcato in al- tro individuo , che presentava un vastissimo idrarto neir articolazione tihio-femorale sinistra , che leggia- mo al pari della precedente osservazione nel cap. V consagrato ai tumori acquosi. E ben con ragione Teru- dito prof. Borelli avvertiva su tal proposito gli alun- ni a non fidarsi della guarigione nell' infermo ot- tenuta , ed a non crederla una cosa ordinaria , ma ri- sguardarla invece coma una rara e ben avventurosa eccezione alla regola , siccome in breve giro di pa- role faremo ravvisare. All' epoca , in cui fu sotto- posto a cura regolare nel pio stabilimento il gar- zoncello di anni 14, presentii va questi un volumi- noso tumore di sedici pollici di circonferenza ed ot- to in nove di lunghezza : il ginocchio cos'i era del doppio piià grosso del naturale , e la fluttuazione si estendeva fin oltre la metà della coscia. Tornato inu- tile l'uso de' vescicanti applicati ai lati della rotola consecutivamente al numero di sei , e l'uso pur dei varj risolventi topicamente impiegati, esitava ancora il N. A. ad aver ricorso alla evacuazione del fluido rac- colto , valutando l'autorevole peso delle contrarie ra- gioni : quando si vide astretto a prontamente opera- re in veggendo che per opera della distensione sem- pre crescente della pelle erasi questa resa nella parte media ed esterna del tumore cos'i sottile ed acumi- nata che minacciava .sollfrita rottura. Giacché cole- Clk^ica lucchksk 291 slo iticidenle inevitabile sarebbe stato susseguito dalle più gravi conseguenze, e forse avrebbe quindi ri- chiesta la necessità di amputare la coscia per salv-^are la vita dell' infermo. Punto il tumore con tutte le cautele raccomandate dai buoni pratici in simili emer- genze , balzò fuori con getto ardito e lungamente continuato un fluido tenue, Kmpido, verdastro, che ol- trepassava in peso due libbre. Assicuratosi il nostro Borelli , che in tutto l'ambito del tumore e dell'ar- ticolazione libio-feniorale non esistevano corpi stranie- ri , ne altra grave patologica alterazione, chiuse il foro con cerotto adesivo , e ricoperse il tumore di pannilini imbevuti nell' acqua vegeto-minerale, ed ivi strettamente mantenuti con opportuna fasciatura espul- siva che dalla punta del piede prolunga vasi in alto al di la del tumore stesso. Al settimo giorno si rin- venne la ferita chiusa per prima intenzione ; ma il fluido sieroso raccoglievasi di nuovo e con tanta ra- pidità, che il tumore avea quasi i;undagnato il primi- tivo volume. Aumentata quindi la mole di questo , iu onta che s'insistesse sull' uso della fasciatura espul- siva e della compressione del tumore, venne eseguita una seconda puntura un poco al disopra della pri- ma e colle stesse avvertenze. Giunse il fluido eva- cuato al peso di quindici once, era egualmente ver- dastro , ma perduto aveva la limpidezza, e nelle ulti- me porzioni conteneva della sierosità biancastra pu- riforme. Nella mira di attendere lo sviluppo della infiammazione adesiva , si ripetè i! medesimo tratta- mento di fasciatura e di liquore risolvente , che v^nne per un mese continuato con soddisfazione. E sicco- me nuova effasione di fluido sembrava riprodursi , valsero a dissiparla due vescicanti nuovamente appli- cati ai lati del tumore. Per le quali cose ben av- venturosa ripeter dobbiamo col iV. A. essere stala 19^ 29 i Scienze colai guarigione : poiclic se da un lato lichiedevasì il taglio del tumore per la mole vastissima di que- sto , p'-T gli acuti doloii clic cruciavano il paziente, per la impossibilita di muovere l'articolo , e p\ù di tutto per la rottura die minacciavasi alla parte ester- na ; non vi è dubbio d'altronde , che una tale ope- razione cagionar potesse la ^lepravazione del fuido rac- collo in virtù dell' ingresso dell'aria; che dar potes- se luo»(» all'alterazione della cassnia , all' ammolli- mento delle cartilagini , alla carie delle ossa, e quin- di obbligasse ad aver ricorso all' amputazione del- la coscia. Mirando vieppiù l'esperto clinico lucchese a spar- gere utili dilucidazioni nelle menti dei suoi alunni , fiancheggiato diille osservazioni inserte nel cap, VI sul conto dei tumori erniosi , rimarca con somma sagacia in quali incertezze ed imbarazzi abbia tal- volta il chirurgo a vedersi posto nelle operazioni del' l'ernia inguinale e femorale, che sono meritamente a riporsi fin le i)iù dilFu^ili operazioni chirurgiche. Ed in fatti non può giiinimai determinarsi a priori^ quali cambiamenti di foi;ua , di densità. , di posizione ah- liiano subito le parti che sono o possono esservi in- teressate ; assai più malagevole riesce il determinare con precisione 11 vero momento dì eseguir l'opera- zione medesima , e molte volte non è permesso di as- sicurarsi se convenga o no ricorrere al coltello. Il peso di tali difficolta aumenta , allorché all' incer- tezza ed alla incostanza dei sintomi generali si uni- scono nel tumore erniario dei caratteri e delle ciscostanze non ordinarie, e capaci di spargere dei dubbi nella na- tura del tumore medesimo , siccome addimostra col aiezzo delle sue osservazioni ; alcuna delle quali più proficua riesce per le istruttive minute indagini tenu- te nei trovamenti necroscopici. Per |o che s'impegna CtT-»IICA LUCCHESE 293 il N. A. in avvertire a non I:r;ciarsi illudere Su i <:,i,' Mìli-ri esterni dei tiimun (erniosi, a iiotìnere al coi- Icllo in onta delle varie anomalie che iiuò offrire il Inmore , e ramiiicntarsi elio ne il tempo dell incar- ceramento , ne l'età dei malati , ne la Ici^gerezza dei sintomi , ne l'esplorazione piiì attenta dell' anello in- guinale e del collo d^l sacco erniario , son criiorj JjustanLemente sicuri in ogni caso a determinale (|iial grado di stringimento abbiano solì'erl.u le viscere , fjuanta speranza rimanga di poterle introdurre: insi- stendo neir uso delle topiche applica/.ioiii , de' sa- lassi , e dei bagni , e quanto tempo si possa lasciar trascorrere senza che le medesimo solfranu uno stroz- zamento mortale. Raccomandano i più gran pratici, al parere dei (juaìi il N. A. si soscrive , in virtù di tali incertez/ una lapida esimia , trovata nel luogo stesso che il bas- sorilievo , ricordante Garacalla , spettante all' A. 197. Ma a quaì monumento servirono e la lapida e il bas- sorilievo ? Rigettate le strane congetture di quanti an- tecedentemente ne scrissero, opina il sig. Aldini che l'una e l'altro adornassero il piedistallo di una sta- tua dai comaschi innalzata al giovine augusto figliuol di Settimio, In occasione della ricordata lapida di Garacalla , altra pure imperiale ne addaceli sig. professore, sco- perta presso Goino l'auuo 18)0: e perchè manca in essa una riga di scrittura, che fu ab antico scarpel- lata , cosi il supplimento che ne propone, mentre tenta assegnarla ad Elagabalo, si oppone a quanto il eh. dot- tor Gio. Labus ne aveva in precedenza scritto , asse- gnandola ad Alessandro Severo. A chiarir meglio Ik cosa , stimiamo necessario riprodur qui essa lapida : /m;;ERATORI . CAESARl Divi . SEVERI . PIl . NEPOTI . DIVI ^rt^ONINI . MAGNI . PII . F . M . AVRELIO PontiF . MAX . TRIBVN . POT . II . COS . P , P Com^^NS . DEVOTI. NVMINI.MAIESTATIQ.EIVS Z?. D Marmi comiìnsi 319 Supplisce la quarta riga il sig. Aldini ANTONINO . PIO. FELICI . AVGVSTO , cioè Elaga baio , e la vuole del 21 9 : suplisce il sig. Labus SEVERO . ALE- XANDRO . AVGVSTO , e la vuole del 223. Si op- pone il primo a questo secondo suppliraento , percljè Alessandro Severo nelle medaglie e ne* marmi sinceri mai non si disse figliuolo di Garacalla ; e sono di dubbia fede o interpolati i monumenti che gli danno quella figliazione : e perchè l'abrasione del nome di Elaga- balo ne' marmi è comune , mentre all' opposto se ve ne ha qualcuno col nome raso di Alessandro , debbesi ciò ripetere da qualche involontario accidente. Rispon- de il sig. Labus che le leggi, gli atti arvalici , molti marmi d'indubbia fede dimostrano che Alessandro si disse figliuolo del divo Antonino , cioè Garacalla : e prova essere stato raso il nome di Ini non solo ne- gli atti de' fratelli arvali , ma anche in alcuni fasti sacerdotali, ed in ben dieci marmi sincerissimi ; quin- di non potersi in tanto numero di monumenti credere caso fortuito , o involontario accidente quell' abrasio- ne. L'argomento che , secondo noi , dk vinta la caus.i a favore del Labus è quello che desume dalle note cro- nologiche del marmo stesso. Elagabalo nelle medaglie e ne' marmi alla seconda tribunizia potestà unisce il secondo consolato : queste note fissano l'anno 219 : ma nel marmo il secondo poter tribunizio sta unito al pri- mo consolate; dunque esso non può essere del 219 , né ricordare Elagabalo ; ma spetta al 223, e ricorda Alessandro Severo. Secondo monumento figurato ( tav. 2 N. 1 ) è una testa colossale ornala dell' infida , distintivo dell* augurato. Vollero attribuirla a Giulio Cesare ; ma non ha sembianze che neppure in parte si accostino a quelle conosciutissìme del dittatore. Conveniamo quindi pie- namente col signor Aldini , che ad esso la niega » 320 L « T T E R A '!• If R A e crediamo non inverosimile la congeltura di lui che al giovine Pliiiio l'ag^^iudica. Certo molto grati i co- maschi debbono essere all' A, eh,, che con acutezza ed ingegno scopri forse la iraraagiae di quei celeber- rimo loro concittadino j perchè è ben lungi dal darci il ritratto di esso Plinio quel frammento di bassorilie- vo , di cui ragiona nel finire di questa prima parte ( tav. 2 N. 2 ) . lia seconda parte dell' opera oontiene', come di- cemmo, i marmi scritti. Sono ITO in tutto; e non di- spiacerà conoscere che fra «ssi , 44 non erano stati prima d'ora pubblicati. Sono distribuiti in otto capii cioè, I, Deità e geni ; II. Imperatori romani ; III. Pli^ nio Cecilio , ed altri illustri per dottrina e per cari- che municipali ; IV. Militari ; V, Magistrati ed uf- fici municipali ; VI. Seviri ed auguslali , VII. Col- legj delle arti; Vili. Privati. A ciascuno di questi capi il sig. professore premette alcune osservazioni tendenti ad agevolarne la intelligenza ed a chiarirne la utilità. Meritano a nostro giudizio special menzio- ne le discussioni premesse alla celebre lapida testa- mentaria di Plinio C. Cecilio Secondo ; le considera- zioni intórno i collegi delle arti ; ed anche più quelle intorno i seviri ed auguslali , le quali per la no- cità degnissime sano di essere meditate. Le lapidi sono prodotte con la dovuta esattezza e diligenza ; sempre viene indicato il luogo in cui attualmente si trova- no ; sempre ricordati gli autori, dai quali furono pre- cedentemente pubblicate. A noi dispiace che il sig. pro- fessore non abbia unite a queste gentilesche, quelle non poche cristiane di grande importanza co' nomi de' consoli del F e VI secolo ( pag. XI ) ; perchè v' era fondata lusinga a sperare illustrazioni utili alla crono- logia. Potrebbe taluno osservare , che nella serie delle lapidi comensi dovevano venir eliminate quelle ai N. i4 Marmi comewsi 321 e i5 che lo stesso sig. Aldini dice copie suj)|»!ite a ca- priccio del marmo N. i3 : e per fine notar si potreb- be , che forse era miglior consiglio , o trascurar del tutto , o almeno far un capo a parte di quelle che lo stesso A. eh. stima sospette o apertamente false ; e sono le segnate ai N. 21 23 135 148; e vorremmo anche aggiungere quella al N. 10. Ci permetterà il sig. professore esporre alcuni dub- Lj , che desi deriamo sottoporre al savio giudizio suo. Se Giovenale ricorda un Archicene medico al sei- vizio di Traiano , basta ciò per dire , q\\q probahilincn- te egli non fu diverso da un P. Cesio Archicene che dedicò un marmo a Giove ( p. 85 ) ? VRSIO ( Orsac- ció) ci sembra II nome servile di colui che innalzò un marmo ad Ercole : perchè volerlo mutare in VLTOr/ ( p. 92 ) ? Non veggiamo chiara la ragione per la quale si abbia a suppliate col nome di Massimo cesare, figliuolo di M-issimiiio, un frammento acefalo : la bellezza de' caratteri rimarcata dal sig. Aldini ( p. \)[) ) non è per avventura un argomento contrario alla sua con • gettura ? Ugualmente non vediamo come una lapida ( N. 53), la quale non spetta certo ai primi anni di Augusto , possa far prova che la gente Plinia esi- steva in Como un secolo almeno innanzi ì due famosi ( p. 128); lo che ci porterebbe allo incirca al 710 di Roma. Neil' ultima riga della lapida N. 44 è ve- ramente scritto PR. PRAliTOR . I . L . LEG . PR . MlNER ( p. 118)? Un nostro amicissimo, che la co- piò in Milano presso i nobili Archinto, ci assicura che quella riga è mancante ; e doversi leggere PR. PRAE- TOr tr. mil. LEG . PR . MINERV. Nella iscrizione N. 67 air ultima riga ci piacerebbe leggere VIDI, non VIRI (p. 144 ) -• e nella seconda riga del marmo N. 12G TOPIARI, non TOPIANI ( p. 183); e Topiari vi lessero il Grutcro e il Zaccaria , colui cioè ( è il eh, G.A.T.LKVI. 21 [)'2'2 L K T r K R A T U R A Labus che cel dice ) gai viridcs porticus in circulum flexis vitibax facit ^^Fiimic. Math. Vili e. 10 . E per ultimo , il si;^. professore è egli ben certo della lezio- ne del marmo N. ITI ? Questo dubbio non ci ven- ne "i'a in mente per la diversità clie vi è nel Grutero e nel Muratori , ma si perchè diversa alquanto , e for- se di più !irai)!da costruzione, è la copia che ne pub- blicò il sig. Borghesi nella prima delle sue dottissime dissertazioni sui fasti ( p. 84 ) . Ma questi son piccoli nei , che per nulla scemano il molto pregio del libro : e noi dobbiamo ripetere che l'illustre sig. professore Aldini ha eoa esso reso un gran servigio agli epigrafici studi, uno grandissimo alla citta di Como. C. C. DtW ordine ossia del secreto delia bellezza. DiscoV' so di Domenico f^accoliiii, detto la sera del 12 febbraio 183(), uftlla solenne adunanza delC ac- cademia degl' industriosi tenutasi nel palazzo co- munale d'Imola. La bellezza in qualunque pongasi a favellarne vibra ta- luu de' suoi raggi, e il difetto del parlatore adempie della sua grazia. Tedia, Sagg. di estetica p. i pag. i. L'ordine è l'anima del bello. Degeraiido, Perjez. morale l. i e. VII p. ii6. u, na cara dolcezza mi tocca il cuore trovandomi in mezzo a voi. Ma chi son io , o signori, da sor- gere a dire nella dignità di questo luo^o , nella le- tizia di questo giorno , nella frequenza di chiari spi- Dell' ouoirtE 323 rili ? E quale argomento potrò mai scegliere in tanta pochezza delle mie forze ? Povero ingegno sol uso a mesti pensieri, quasi pallido astro in dense nubi rav- volto , che potrà aggiungere a tal chiarezza di let- tere e di costumi , che quasi lume di sole qui sfol- goreggia ? Amai , lo confesso, nell' età prima tenera- rat^nte gli sludi, gli amai nel crescere degli anni, gli amo ancora, e gli amerò finche avrò vita. Perchè un raggio di conforto mi venne da molti savi e cortesi, di che la memoria mi è dolce : mi viene oggi da voi , o signori , ed io vi so grado e grazia di tan- to ; benché esser non può che molto non maravigli e non tremi del vedermi subitamente richiesto di ra- gionare. Ma che ? non soglio negare mai cosa, che onesta sia , ad alcuno : come negarla a tale , che ben può comandarmi ? come posso negarla a voi quanti siete, che veggo desiderosi di ascoltare? Ubbidirò come posso : e poiché qui tutto è bello e tutto è ordine, farò subbietto alle mie parole il segreto della bellez- za , e accennerovvi appunto nell'ordine la suprema ragione del bello in ciò che riguarda singolarmente lettere ed arti gentili. Cos\ quel velo , che Platone ed una mano di filosofi non seppero alzare, verrà toc- co o diviso come che sia : e dalle tenebre uscir'a for- se alcun lampo, che illumini scrittori ed artisti nelle opere dell' ingegno e della mano , e lutti riduca allo specchio dell' ordine e della bellezza. Ma cessi il cielo, che io (il quale mi tengo e sono l'ultimo di tutti) mi arroghi autorità di maestro: non intendo, o signori, che di aprirvi semplicemente un mio pensiero , co- me fa co' pili savi chi lo è meno. Voi degnatemi sempre della grazia vostra ; a me fruttuosa più che a languido fiore la rugiada. Se chieggo ai filosofi maestri di estetica che co- sa è il bello , essi non bene d'accordo parrai in fine 21* 324 L E 1 T K R A T U R A rispondano : Il bello consiste in una rappresentazione piacevrole. Se lo chieggo a' volgari , essi ad una ra- ce chiaramente rispondano: Che bello è ciò che pia- ce : COSI bello è un fiore e bello un astro, hello il giardino e bello il cielo : bella a Dante Beatrice , Laura al Petrarca, al Tasso Eleonora : bello il canto e bello il suono , bello anche talvolta il silenzio : beilo il sollevar gì' infelici , bello il perdonare le of- fese , bello il giovare la patria : bello ne' giorani il pudore , ne' vecchi il senno , bella in lutti la virtìi. Qui dove basta sentire , io preferisco l'opinione de' jrtolti a quella de' pochi ; e tengo buono augurio alla definizione del bello il principio confessato general- mente, che bello è ciò che piace. Meco lio quel senno dell' Alighieri , cui bellezza e piacere e i vocaboli derivali da questi furono sinonimi. Ma in che consiste il piacere ? Qui crescono le difTicoltk , trattandosi di una idea semplice, che me- glio si sente di quello si definisca. Tuttavia anzi che dirvi col IMiuperluis , che il piacere è una sensa- zione, la quale vorrebbesi avere meglio che non ave- re (il che è dire poco meno di nulla) ; anzi che dirvi col Verri, che il piacere consiste nella rapida cessazione del dolore (che è dir cosa non in tutto ve- ra , e già combattuta dal chiaro nostro professor Va- lariani) : verrò adagiandomi in parte col Soave e col Bini nella sentenza del Pouilly , che fa consistere il piacere nel moderato esercizio de' sensi e delle fa- coltà intellettuali e morali. E dissi in parte , anche per ciò , che non mi sembra bastare al sentimento del piacere quel moderato esercizio in generale se l'ani- ma non lo avverte; perchè io inclino a credere più veramente, che il piacere in quanto è nell' animo consista nella percezione di quel moderato esercizio, e più generalmente uella percezione dell' ordine. Deli/ ordine 325 Ma che cosa è ordine ? Lo chieggo a quel lior di giudizio di Giacinto Gerdil , che illustrò tanto la porpora de' cardinali : ed egli risponde , che ,, Tor- ,^ dine può dirsi una serie di cose determinata per „ un (jualche rapporto , per cui s'intenda il perchè „ i termini di essa serie sono piuttosto connessi in ,, una maniera, che in un' altra ". Nel che non posso non convenire ; se non che parmi l'idea dell' ordi- ne risplenda non pure in una serie di tre o più ter- mini , come pones^a quel savio; ma nel confronto eziandio di due termini A e B, dove chiaramente s'intenda la convenienza loro. E l'ordine, che vuoisi ristretto generalmente al fisico ed al morale, io veggo altresì e singolarmente in ciò che è di metafisico ; onde per me l'idea del vero (la quale nasce dal co- nosciuto rapporto esistente tra due cose), e quella del bene (la quale nasce dal conosciuto rapporto tra le cose e noi in quanto giovano al nostro perfeziona- mento) sono per me tali idee , che rientrano nell' idea pili generale dell' ordine : e rallargando ancora quest' ultima, mi rappresento la catena degli esseri di tanti anelli composta, a capo della quale in al- to è Dio , ente necessario, autore e conservatore del- l'ordine : all'altro capo è l'uomo, ente non necessa- rio , miracolo dell' ordine , pel cui servigio è fatto il mondo , che i greci dissero cosmos, cioè ordine : la è Dio sommo vero e sommo bello , qua è I uo- mo capace sua mercè del vero o del bollo. E ral- largando ancora le idee , mi perdo nell' idea dell' (>•■- dine eterno , di cni è meno assai che una stilla ri- spetto al mare qucll' ordine , che regna nel mondo fisico , e quello altresì che risplcnde nclT uomo co- me essere moiale. Egli e ap{)unlo nella percezione dell' ordine , che io riconosco l'idea del piacere : e parmì degno dell' autore e conservatore dell' ordine 326 L E r T E R A T V '!\ 4 l'avere posto nella creatura , siccome la facoltà di per- cepire l'ordine , cosi il senso del piacere nel per- cepirlo. E in parte a me si fa chiaro (juello che par- ve oscuro al Bignami quando aliti piegatasi a di- re : „ il piacere altro non è che l'appercezione di „ un idea seconda, cioè di un' idea dalla quale pc- „ rò può Io spirito dedurne altre. " Per verità se io veggo un gruppo di Canova, o un dipinto di Ra- faello , o una fabbrica di Palladio : se odo la mu- sica di Bellini, se considero una dimostrazione di Eu- clide, o la stessa evidenza di un assioma : se guardo il barometro di Torricelli o la pila di Volta : se ram- mento la generosità di Camillo , la fortezza di lìc- golo , la clemenza di Tito , la dottrina di Galileo : se ammiro il principe tutto mente e tutto cuore pe' sudditi : se guardo il ricco che sparge i suoi tesori sul povero : se vedo quest' ultimo sorgere coli' alba al lavoro , tornarne contento la sera, e rabbracciare i suoi figli e la sua sposa , e dividere con essi quel pane che si comprò col sudore della sua fronte ; se scorgo il vincitore magnanimo rialzare da terra ii suo nemico e stringerlo al seno e riporlo in istalo : se immagino il dito di Dio destar dal nulla l e cose , e architettar l'universo, io ho la percezione dell' ordi- ne , io sento piacere, e Lello mi è il gruppo, il di- pinto, e belle le altre cose che sono venuto signifi- cando. E qui mi torna quel principio, che è al som- mo di ogni bocca , cioè che bello è ciò che piace : cosi estendo l'idea del bello a tutto , che desta neU* animo l'idea o percezione dell' ordine, o trattisi dell' ordine, che direi intellettuale, o àe\f.sico^ o del morale^ onde per me il bello altresì in quelle tre specie viene distinto. Ad esprimere il quale per eccellenza sono ri- volte le lettere col mezzo potentissimo della parola, sono rivolte le arti col mczz) del rilievo , de' colori, Dell' ordine 327 tic' suoni , de' gesti , e in ganewle con tiiU i quegli argomenti per cui imi laudo la natura, gran maestra deli' ordine, ottengono quel fine principalissimo di de- stare piacere: il che se fanno ed ottengono lettere ed arti, allora è che meritano ed hanno il titolo di belle. Questo intese, o m'inganno , quell' acuto giudizio idei veaosino, quando al codice del buou gu.slo diede prin- cipio dipingendo un tal mostro , in cui non è cìie disordine , e varietà senza unita , cagione di riso a chi lo contempla : con che il poeta filosofo signifi- cava ai Pisoni, che brutto è ciò che raj>presenta viva- mente il disordine; onde all' incontro poi conoiicts- sero , che bello è ciò che rappresenta vivamente l'or- dine : col quale è unità con varietà , e regolarità, e simettia , e le altre qualità che i maestri d'esteti- ca notano contribuire al sentimento della bellezza. Lo intese Dante , il poeta della rettitudine, in quello clic noi diremmo miracolo dell' irìgegno umano, ed a lui parve chiamare divina commedia : lo intese il Tasso nel suo Goffredo a ,cui. l'Italia sospira il secondo: lo intesero qua' generosi , che per noi hanno voce di classici: i quali accesi nello spirito dell ordine e fu- rono e sono la gloria del bel paese, e splenderanno ognora più, non ostante le nebbie che procellosi venti portarono d'oltremonte e d'oltremare. Imperocché il Lello è sempre bello, come il sole è sempre il sole, e un fiore è sempre un flore, e questo nos(ro giardino , cui ridono e cielo e terra , sarà sempre il caro ben- ché invidiato giardino del mondo : e sempre l'or- dine trionferà del disordine. Dispariranno alla line que' mostri, che non sono uè istorie , ne novelle, :iè prose , ne poesie ; ma vere stranezze e pfgg'^^ elio i satiri e le sirene delle favole: dis[)arirauno quelle al- tre pesti di libri , che usurpando il nome chiari.'^' imo di filosofici, tolgono all' uomo il meglio di se, niegiiu- 328 LErxKiiAruRA dogli lo spirito e la liberta , ed abbassandolo (citi il crederebbe ?) alla misera condizione di bruto, anzi di pura materia : quo' mostri io dico e quelle pesti, che sono veleno e morte non pure al cuore ma alla mente delle donne gentili e de' leggiadri giovani, ahi troppo crudeli alle lusinghe de' novatori! Anzi avver- rà , che questa più bella parte di noi stanca di so- gni e di assurdità conosca se e il suo meglio , ed alzi da terra l'intelletto , ed avvisando la chiarezaa dell' ordine tutta si sciolga dalla schiavitìi della mo- da , che e fatta tiranna non pure delle vesti ma de- gli animi , sino a renderci quasi stranieri nella pa- tria nostra: e torneranno in onore Dante e Petrarca e Torquato e i prosatori nostri piìi degni , che posero in seggio la lingua nativa, quasi matrona gloriosa Ira le rivali : quegli ottimi , io dico , i quali nudriti a sapienza compagna dell' ordine ebbero in amore la virti^i , in odio il vizio : ne solo illustrarono , m;» giovarono la patria nobilissima. Così bel tempo non è lontano, in cui senz'ombra alcuna tutte rifulgano le bellezze domestiche : e gli uomini di lettere con- fortali dal riso della fortuna farannosi a svolgere il segreto della bellezza , che sta nell' ordine, e lo rap- piesenteranno a maraviglia ne' costumi loro e negli scritti , e ne innamoreranno i piti schivi , e il se- colo a poco a poco tornerà in oro. Rahbracciandosi agli nomini di lettere anche gli artisti, lasceranno ornai di ritrarre deliri di poeti o fantasie di roman- zieri : e solo amici dell' ordine faranno argomento alle opere loro le grandi istorie della domeslica glo- ria, che sono stiraoli a virtù : e vedendo la religio- ne santisgiraa por quasi il suggello e la corona ali* ordine morale, si accenderanno nel fuoco di lei, e ne scalderanno il freddo secolo : e tutto sarà pace, con- cordia, consolazione. Benché non dobbiamo illuderci Dell' ordine 32f) cercanclo quaggiù beatitudine , che l' uomo non può trovare fuorcliè cola dove più non si ranore, fc^gU h nell'ordine, che in questo campo di piova per uà mondo migliore ì beni sicuo frammisti ai mali : so- lo è a bramare la maggior copia di beni colla mino- re di mali, solo è a studiare che le cose caduche ni siano grado e scala alle eterne ; senza inquietarci se qui non cogliamo quell' ottimo e quel perfetto ,- a cui se ancora ci fosse dato accostarci di più in più, co- me air imperbole l'asintoto , mai non potremmo toc- carlo in questa valle di lagrime: dove però è un con- forto, una quasi beatitudine dalle lettere e dalle arti, che hanno voce di belle , e mirano all' ordine, anzi lo rappresentano: nel che sta il segreto della bellez- za che dicono artificiale. Degna cosa è per certo ma- nifestare con segni imitativi le idee del vero come quelle del buono e del bello , o sia dell' oidine, col fine di generare diletto : più degna cosa animare collo spirito di religione le opere della mano e del- l' ingegno , ridestando esempi di carità, di pazienza , e di ogni sincera virtù, che è scorta alla perfezione dell'ordine, alla vera beatitudine.- Noi ammiriamo so- vente i prodigi delle lettere e delle arti, le quali lio- rirono in antico : vediamo quelli più grandi che sur- sero colla luce del cristianesimo. Ma che? Manca agli antichi la fiamma divina , e più non iscaldano i cuo- ri , restando appena freddi simulacri e come simboli air intelletto. O letterati ed artisti , mirate adunque a dilet- tare ; ma egli è conformando all' ordine le opere vo- stre , che giugner potete al fine che vi è proposto Prima però vi è d'uopo conformare all' ordine voi me- desimi ; che la mano non vale a toccar l'eccellenza, se non la guida la mente ; se non la scalda l'ailètlo : uè grato odoro può uscire dal vaso che in sii non chiù- 330 Letteratura da l'essenza di quello. E' m voi scjuisilo sentire e cnl- do iramaj^iiiare ? Nou vi smaniic: dal inondo de' sen- si slanciatevi nel mondo delle idee ; quello ha un con- fine , questo non lo ha punto : ma non si vola scnz' ali. E voi fermatevi allo specchio della natura , p:i- ma maestra dell'ordine: ricomponetevi alla scuola delln vera filosofia , altra maestra dell'ordine: erapitevi la niente di grandi idee, il cuore di puri affetti, medi- tate , vegliate , sudate , e ne usciranno portenti. Te- mete forse vi manchino ammiratori ? Riconfortatevi: che la bellezza dell' ordine è come la luce del giorno , la quale entra negli occhi eziandio di coloro che cer- cano le tenebre , ed empie tutti di amore e di ma- raviglia. Voi avrete all' animo la compiacenza della virtiì , e maggiori dì voi sfiderete quelle eterne ne- miche dell'ordine, l'invidia e la fortuna; vincerete, trionferete i e il vostro nome e le vostre lodi suoneran- no dalle alpi al mare, e dureranno ne' posteri , finche sarà in pregio l'amore delle lettere e delle arti gentili, il cui segreto è nell' ordine ; perchè nell' ordine è la ragione suprema della bellezza. Signori , io vi ho aperto candidamente l'animo mio : vi ho ricordato che bello è ciò che piace ; vi ho detto che piace generalmente ciò che è o si per- cepisce neir ordine : ho aggiunto che lettere ed arti gentili deggiono conformarsi all' ordine , anzi rappre- sentarlo se intendono al fine loro, che è di piacere ; ecco adunque nell' ordine in generale il segreto della bellezza. Al (juale princii)io universale [)er me stabi- lito riduconsi agevolmente , come i fiumi al mare , le opinioni de'filosofi sulla bellezza: le quali comecché disparate , ponno stringersi in due grandi classi ; l'una che vuole il bello tutto cosa di ragione; l'altra lutto cosa di sentimento. Quanto alla prima, è chiaro ada- giarsi nel principio dell' ordine : quanto alla seconda, Dell' ordlxe 331 non pnò dlscoslarsene ; poiché ragione e sentimento sono realmente indivisi nell' essere che intende e vuo- le, cioè neir anima : li distingue il filosofo per islu- diarli ; ma la natura gli grida, che ciò che acquieta lo spirito appaga il cuore , e tutto è unità , tutto è ordine , tutto armonia. Se piiì tempo fosserai conceduto potrei risolvere facilmente le varie quistioni sul bello assoluto e relativo, e suU' ideale , e sul canone del buon gusto ; ma voi abbracciaste abbastanza il prin- cipio dell'ordine, che è quasi germe a largo frutto , chi ben lo coltiva t ancora potrei mostrarvi come let- tere ed arti gentili o fiorirono o caddero secondo che conformaronsi o tolsersi all' ordine. Signori ! voi me- glio intendete che io non ragiono: del resto bene avvisate che quanto è facile sentire il bello, come Ip- pia notava , altrettanto è diffìcile il definirlo , eome notava Platone. Qui ciò che tocca piìi forte il cuore fa quasi velo al giudizio ; e forse è ordinato dal su- premo architettore , che questo velo mai non si tolga in tutto , se non cola dove fuori di questi impacci mortali guardando nell' eterno sole ogni bello e ogni vero ci sarà pieno e manifesto. Così ci avvenga feli- cemente? Ma io non porrò fine alle incomposte parole senza rendere somme grazie a voi , nobilissimi e cortesissi^ mi , che mi ascoltaste : ne senza dar molta lode alla sapienza del magistrato , che alla memoria del grande economista ed amico dell' ordine professor Valeriani donava per pubblico decreto e busto ed epigrafe in que- sta sede splendidissima del municipio : la quale oggi rallegrasi di essere aperta ai letterari esercizj della ri- sorta accademia ; affinchè a tutti sia chiaro , che que- sta citta amica degli studi e dell' ordine s' è falla spec- chio all' universale : cui viene mostrando de' figli suoi qua chi d'infula ornato fiorisce alle lettere , là chi nel 332 Letteratura lume del Fidia italiaoo splende nello nrti , ed apjio una schiera di generosi rabilissimo giureconsulto , die qui stesso iia onore di epij^iai'e , e che uella luce del vaticano sta così pressoall' alta mente che ci governa. NOTE 3. Veggonsi nel tomo LXV e precedenti del gior- nale arcadico gli articoli sul beilo scritti dall' auto- re : i quali sono a dichiarazione maggiore del presen- te discorso. 2. Neil' esordio si accenna l'invito fatto dal pre- sidente dell'accademia , avvocato Giovanni Tamburini , che onora di sua amicizia l'autore , già suo compa- gno di studi all'università di Bologna. 3. Nella fine del discorso si allude singolarmente a quelle glorie della citta d'Imola , monsignore Gioac- chino Tamburini vescovo di Narni , cavaliere Cincin- nato Baruzzi scultore insigne, ed emo e reino signor cardinale Gamberini , che è presso la Santità di N. S. segretario di stato per gli afiiari interni. a;?3 Elogio storico dell' abate Mar sella. D _-'omenico Antonio Marsella, sacerdote coraraende- vole non meno per l'integrità del costume , che per la perizia delle lettere , fu uno di coloro clie ve- racemente si resero benemeriti della società , peroc- ché consumò la sua h^n lunga vita nella istruzione de' giovani , che con tanto accorgiraento e vantaggio educò nelle amene lettere , mentre colla viva forzu dell' esempio alla virtià gì' informava. Dovere è adun- que di animo grato, che consacriamo alla sua me- moria poche parole , le rjuali se non saranno scrii- te con quella eleganza dal suhbietto richiesta , sa^ ranno i^er certo scevre da adulazione , e forse al- trui di stimolo , onde spargere più pregevoli fio- ri sulla tomba di questo Nestore de' letterati , elio per tanti lustri alla romana gioventù i più riposi! ed ubertosi fonti dell' eloquenza dischiuse. Brevemente pertanto prima della sua vita e de' suoi studi , quin- di de' suoi letterarii lavori diremo. La patria di Tullio fu quella ancor del Mar- sella , perocché nacque in Arpino il 6 di aprile del-» l'anno 4 751 da Niccola e da Vittoria Pellegrini con- iugi onoratissimi di civile ed agiata condizione. Ap- parò i primi elementi delle lettere dal canonico Ve- nanzio Belmonte soggetto di assai pietà e dottrina , il quale come che dovizioso , piacevasi di ammae- star i fanciulli non per trarne guadagno, ma per ben avviarli fin dalla più tenera età. Esempio veracemente bello, della più rara filantropia, ne mai abbastanza raoi^ 384 L li 1 T E r. A T IJ M A memorato : mentre l'uomo vede così per suo mezzo fiorire la patria di dotti e probi cittadini, unico e vero soste- gno di ogni civil reggimento. Frequentò in appresso quel collegio de' PP. Barnabiti , ove die chiaramente a dive- dere quale sarebbe slato per riuscire. Nel decimoquai-to anno di sua età. fu dai providi genitori inviato in Ro- ma, e commesso alle amorose cure di un Benedetto Pel- legrini suo zio, che con qualche lode si esercitava nel foro. Un pili vasto campo si aperse allora al giova- netto Marsella, e potè dare luminose prove della sua pietà e del suo ingegno nelT università gregoriana del collegio romano , diretto allora dai padri della compagnia di Gesù , ov' ebbe a maestri i Lagomar- gìni , i Mazzolar! , i Gunich , gli Ambrogi , scritto- ri chiarissimi e superiori ad ogni elogio. E quantun- que il nostro Domenico pel suo profitto e diligenza riuscisse ad ognuno di essi carissimo , in particolar modo nondimeno l'animo dell' Ambrogi erasi avvinto. Apparò di poi filosofia e teologia nel collegio Cala- sanzio de' PP. delle scuole pie , che a que' tempi interamente dal Nazzareno diviso, era collocato nel- la via de' prefetti presso il tempio di S. Niccola, Applicatosi quindi alle scienze legali nell'università della Sapienza, potè gloriarsi di essere stato fra gli udi- tori del rinomatissimo monsig. Devoti. Compiuto egregiamente un corso di studi tanto ordinato, desideravano i genitori di richiamarlo in pa- tria , perchè sottentrasse al maneggio della famiglia : e divisavano di congiugnerlo in onorevole parentado, perocché attesa la sua perspicacia confidavansi, che di molto sarebbe stato per avanzare le cose domestiche. Egli però costantemente ai loro voleri si oppose. Che anzi dal suo slesso naturale serio ed inclinato alla soli- tudine veniva sospinto ad entrare tra i figli di S, Ber- nardo neir ordine trappease , di cui era nelle viciaanztì Elogio dkt, Mau.sella 335 di Arpino un osserva/itissiiiii' raonistero. Distolto però da sitFatto j)roposito , eh' effetto fors' era di giovanile ardore , proseguì a riteneif le clericali divise : non ascese peraltro al sacerdozio se non se nell'anno Iron- ie !Ìnio sesto di sua età , ricevuti antecedentemente in brevissimo tempo gli ordini sacri. In quoir anno medesimo, cioè nel 1787, il card. De Zeloda eh' era divenuto prefetto degli studi nell' università gregoriana , e cui tanto stava a cuore il provvederla d'eccellenti '■oggetti , mosso solo dal me- rito del Marsella, il nominò professore di umane let- tere. Accettò egli un incarico sì onorevole spontanea- mente a lui offerto , quantunque inclinato fosse ad una d: quelle cattedre , che riguardavano le scienze divine. Per tal motivo concorse in appresso a fjuella di storia ecclesiastica vacata nell' archiginnasio roma - no , ed avrebhela conseguita , se non gli fosse stata con- tesa dal Zaccaria, Ne! 'I7(S8 fu dall' illustre P. Mamachi maestro del sacro palazzo apostolico scelto per uno de' compilatori del giornale ecclesiastico^ che per ordine di Pio VI da pochi ma valenti teologi componevasi , onde con traporlo alle funeste dottrine del secolo. Belli e dotti articoli v' inserì anco il Marsella. Le vicende pur troppo note del 1798 richiamarono in patria il Marsella amantissimo della quiete , ove ri- mase in oscura vita , finché si posarono le armi. Re- stituitosi nel 1S00 in Roma, fu nella medesima univer- sità promosso alla cattedra di eloquenza greca e la- tina. Occupata di bel nuovo questa capitale dalle for- ze straniere , quando credette di non potervi più di- morare con dignità , riti rossi di nuovo nel seno di sua famiglia. Riassunto nel 1814 il suo esercizio, con bel- lissima orazione latina encomiò il reduce pontefice , il quale rimeritò il Marsella conferendogli l'altra cat- 3|?6 Tj E T T n R A T u n a te'li'a di eloquenza e di storia roinaaa in qiiest' almo archiginnasio: degnazione sovrana che riuscì ad ognu- no accettevolissima, avvegnaché a lutti era ben nota la sua valentia. Ed in vero adempiva con grand' esat- tezza ai doveri di precettore , non mai stancando- si di additare ai giovani le più riposte bellezze dell' arte, ne mai soverchia parendogli la cautela , per- chè la gioventìi a lui commessa casta si conservasse nella mente e nel cuore. Infruttuosi non riuscirono i suoi sudori , e vide le sue scuole fiorite di belli inge- gni , molti de' quali ora crescono il decoro a questa metropoli , pochi essendo de' nostri piiì cospicui o per dignità , o per lettere , che non uscissero dalla sua palestra. Dopo 33 anni di pubblica istruzione con tanta lode esercitata, meritò finalmente onorevole riposo. Nel 1825 incominciò la sua salute a declinare oltre misura , ve- nendo spesse fiate assalilo nel basso ventre da sensa- zioni SI dolorose e laceranti , che toglievano al buon vecchio anche il dolce conforto dello studio. Resse COSI mal concio fino ai 18 di novembre del 1835, in cui fu colpito da una paralisi nel lato destro, e con sintomi sì violenti , che sembrava il dovessero fra poco alla tomba condurre. Riebbesi alquanto, e sopra- visse in uno stato penoso %1 di la d'ogni credere per ol- tre 17 mesi : imperocché in età di anni 84 compiuti, munito di tutti i soccorsi della religione, nel giorno 24 di giugno del 1835 placidamente spirò fra le braccia di alcuni dei più fidi scolari ed amici , che da varii anni erangli sempre d'intorno. Appartenne il Marsella all' accademia di religione cattolica, alla latina, all' elrusca di Cortona , e ad altre società scientifiche e letterarie. Per lungo spazio di tempo scrisse claboratissimi voli nelle cause de santi per alcuni prel.ìti , o cardinali consultori di quella sacra coufiregazione. Elogio del Marsella 337 Personaggi distiutissimi si valsero di lui nella par- ticolare istruzione de' loro figli , e la regina d'Etruria M. Luisa duchessa di Lucca quella gli affidò della prin- cipessa Luisa Carolina, ora consorte di S. A. R. il prin- cipe Massimiliano di Sassonia. Egli si bene rispose ai desiderii della maestà sua, che sarebbesi potuto apri- re un vasto campo agli onori , se non li avesse mai sempre schivati. Che anzi neppur volle a decorose e larghe condizioni anche per breve tempo accettare l'in- carico ripetutamente da lei offertogli di prefetto de- gli studi nella università di Lucca. Somma fu la gratitudine che nutrì sempre verso i suoi precettori, de' quali ancor vecchio mai non si rista- va dal favellare sovente : che anzi nelle varie sue opere tutti ad uno ad uno li volle onorati, affinchè almeno co- si avesse potuto ad essi testimoniare la sua riconoscen- za. Il medesimo affetto appalesò ancora verso i suoi di- scepoli : li consigliò , li animò , procuronne i vantaggi. Amò singolarmente Roma , che a somiglianza del suo concittadino sua sec^da patria chiamava: ed aven- dovi fin da fanciullo stabilito il suo domicilio, giam^ mai s'indusse a lasciarla , neppure per breve tempo, e solo ne parti , quando , come si è detto di sopra , a ciò si vide costretto. Godè la stima di tutti i suoi contemporanei, ed era stretto coi vincoli della più tenera amicizia al Gio- venazzi, al P. Cavalièri barnabita , al Rino P. Toni, al Cancellieri, al baraldi, e ad altri non pochi. I grandi ancora spesso si valsero di lui , e lo tennero in pre- gio. Non è poi da tacersi la clemenza addimostratagli dal reg[iante Gregorio XVI , da lui conosciuto fin da quando era abate camaldolense , il qual pontefice anche nella sua ultima infermità gli die non dubbie prove di amorevolezza. Fu umile sovramraodo , lontano dalle letterarie G.A.T.LXVI. -22 338 Letteratura contese , dedito alla contemplazione delle cose diviae, e caritatevole in guisa che morendo ordinò , tutta la sua benché tenue eredita fosse perpetuamente erogata a benefìcio di un giovane arpinate , il quale istruendosi in Roma nelle scienze filosofiche e sacre potesse poi essere utile ministro della chiesa in patria. Rassegna- tissirao ai divini voleri sopportò con ammirabile pa- zienza le disavventure della vita , la perdita de' con- giunti e degli amici , e finalmente con vera edifica- zione di chiunque il visitò Tultima infermità tanto do- lorosa , insanabile , e lunga. La sua complessione fu robusta , la statura me- diocre; moderato nel vitto, parco nel prender sonno, cortese nel tratto, amante del silenzio e della ritira- tezza, tardo nello stringere, fermo nel conservar le ami- cizie. I suoi occhi erano vivaci , spaziosa la fronte , severa l'aria del volto, talché col solo aspetto conci- liavasi la venerazione e la stima eziandio di chi noi conosceva. Volle e«;ser sepolto nella chiesa dei PP. ministri de- gU inferrai della Maddalena , ove gli si celebrarono due volte decorose esequie, e molti de' suoi discepoli ga- reggiarono in rendergli l'ultimo degli officii. Passando ora a parlare delle sue letterarie produ- zioni, molte e varie cose ed italiane e latine scrisse il Marsella. Sono del primo genere le traduzioni dal francese del Trattato della pace interna del P. Lom- hez , e della Storia delle rivoluzioni accadute nel governo della repubblica romana dell' abaie Vertot in quattro volumi , da lui corredata di belle ed eru- dite annotazioni ; il volgarizzamento dal latino dell' operetta dell' Avancino f^ita et doctrina lesu Christi \ lina dissertazione sul pontificato massimo giammai assunto dagP imperatori cristiani ; la vita del B. Alfonso de Liguori ; lettera ad un gentiluomo luc' Elogio del Marsiìlla 339 chese sopra una qiiistione insorta nel solenne triduo celebrato in Lucca nella chiesa di S. Andrea in ono- re del B. Ippolito Galantini. Tiov^asi ìq questi scritti cliiarezza, erudizione, ed auclie una certa spontaneità di lingua , per quanto però portava la scuola del se- colo passalo , in cui siffatti sludi erano da molti al- quanto negletti. E per dire di quelle dell' altro genere ebbe a cuo- re lo stile lapidario, e spesse volle compose iscrizioni, in cui molto e da approvare , poco o nulla da riprende- re. Dilettossi della poesia , nella quale peraltro non giunse a quella perfezione , a cui pervenne nella prosa. Abbiamo di già discorso dell' orazione pel ritorno di Pio VII , die venne anco ristampata nelle vite de" vescovi d'Imola nel ^820, dopo quella del Gliiaramon- ti dal Marsella stesso dettata : imperocché quel pon- tefice volle ritenerne per qualche tempo il vescovado. I commentarii da lui dati alla luce sono cinque cioè quelli di S. Benedetto Moro e di S. Giacinta Marescot- ti, del P. T^oni prefetto generale de ministri degf in- fermi^ del B. Ippolito Galantini^ e del Canova. I gior- nali , e questo nostro medesimo , più volte ne parla- rono con lode , se ne rinnovarono l'edizioni : ed in vero per l'eleganza , chiarezza , e possesso di lingua piaceranno, finché regnerà il buon gusto e l'amo- re per le cose sacre. Impresi a leggere , non posso- no lasciarsi se non siansi interamente compiuti : e qual elogio pili bello può farsi di un libro ? Nel 1830, per recare conforto all'abbattuto suo spi- rito ed in qualche modo prender sollievo dalle lettere, fé di pubblico diritto una breve operetta intitolata Opu- scula multiformia uno volunune collecta , che de- dicò al degnissimo monsignor Baraldi , ed in cui rac- colse alcune prose poesie ed iscrizioni latine da lui antcccdeu temente composte. 340 Lettehatura Fra le altre cose lasciò inociite cinque orazioni lati- ne interamente compiute, e da lui recitate secondo il co- stume neir università gregoriana al riaprirsi delle scuo- le ; come pufe un commentario sulle geste di Pio F^II che aveva in gran parte composto : lavoro cui attendeva con grande impegno, eh' era dai dotti con ansietà aspet' tato, e di cui anco negli ultimi momenti di sua vita fa- vellava con trasporlo : restò nondimeno però imperfetto, ed insieme con gli altri suoi scritti passò nelle mani del suo scolare ed amico canonico D. Luca Pacifici. A persuadere poi anco i piiì schivi , ed a far co- noscere quanto valentemente il Marsella scrivesse nel- antico idioma del Lazio, basterà solo il dire , che il Mai ricordando i senngi sommi presfati dal clero alle lettere^ ed interrogando fra i viventi ecclesiastici ne' di- versi rami del sapere chi ottenga la palma , ed il pri- mato , non dubitò di pronunciare : E chi scrive colla penna di Tullio ? Il Nestore de" professori^ farpinate Marsella (1). Dopo la quale autorità vana sarebbe ogni al- tra prova , che addur si volesse in conferma del giu- dizio datone da quel sapientissimo preiato. IMeritamente adunque fu da tutti lacrimata la morte di questo venerando ecclesiastico, i fogli italiani e stra-' nieri lamentarono la perdita che in lui fecero la religione e le lettere, ed il dottor Giulio Barluzzi ne pubblicò nello scorso anno un elogio storico scritto eoa tutto il candore e colla pii^i diligente esattezza, dal quale abbiamo tratte in parte queste biografiche notizie. Noi ben volentieri vorremmo parlare di questa operetta , se il chiarissimo sig. prof. Mezzanotte non lo avesse prima di noi egre- (») Memorie di religione ec. Modena \oxa. i5, pag, 523. Elogio del Mausella 3A1 giamciite fdtlo nello Spigolatone (I), quantlo gli piacque di encomiare questo lavoro che fa onore al maestro non meno che all' affetto del discepolo. Francesco Fabi Montana. Lettera dell' av^'ocato Angelo Asiol/l al chiarissimo sig. professore Giuseppe Ignazio Montanari intorno a due operette di genere morale della egregia ii" gnora Antonietta Tommasini. Mio ottimo amico , o letto nel Progresso di Napoli la vostra elegati^ tissima e dotta lettera scritta a quel sig. cavaliere di-^ rettore del suddetto giornale in data del 15 aprile 1 835^ con cui vi fate a dar ragguaglio delle ultime opere uscite dai torchi della nobiliana di Pesaro , e da molle tipografie della Romagna. L'intendimento vostro è as- sai commendevole , pcrcliè con questo mezzo palesate nomi d'autori, che non erano per lo innanzi conosciu- ti , e mostrate inoltre come l'amore a' buoni studi non sia cosi rattiepidito in questa parte d'Italia ^ secondo che si va da alcuni malignamcnfp predicando. Cominciò al rinnovellarsi di questo serolo il dottis- simo nostro Palcani a muovere e ad invogliare i gio- yani a tramutare quelle vane astrattezze, a cui .si dava nome di filosofiche discipline , in sodi e [ìtofittevoli ain- maestraraenti , acconci a metterli in punto di profe- (i) Atwao 3, num. ']. 3A2 L E T r E R A T Ù T^ A rire retti giudizi. E perchè toiucrebbe inutile il cer- care di dar ordine colla mente a pronti concetti , quan- do nel manifestarli ad altri non si sapesse come bene divisarli , e come adoperare parole rispondenti precisamente all' idea che il dicitore vuole esprimere , il L^alcani pubblicò ancora un libretto di varie sne prose pregevolissime e per le materie discorse , e per lo stile di cui fece uso. Ed il dettato dì quelle prose a mio giudizio si dovrebbe ammirare assai , se bene si consideri quale fosse lo stato della letteratura ita- liana , allorché esse vennero a luce. Poco prima del finire dell' ultimo trascorso secolo passavano d'ollre- monte in Italia , quasi del continuo , libri i quali sve- gliavano l'ammirazione degli uomini per la leggiadria e vivacità dello stile con cui erano scritti , e per la sover chia ed insolita licenza , che da' loro autori si adoperava nelle ragionate materie. Agevolmente gì' in- cauti erano tratti in inganno , fingendosi da questi fi- losofi scrittori di non professare che le piiì inconcusse verità, le quali poi , percossi dire, non si mostrava- no che mezzo appiattate , onde potere con pili fa- cilità guidare i poco accorti leggitori a fallaci con- clusioni. Il Palcani fu tra' primi ad opporsi ai progressi di questa contraffatta filosofia , e cercò modo di apri- re ai giovani una via d'ammaestramento , che fosse loro di maggior utile , di quello che in addietro si con- seguiva dallo studio della cosi detta filosofia scolastica, senza adottare i troppo liberi principii della oltramon- tana. Ai riordinamento delle idee tenne dietro un:\ pili appropriata maniera di esprimerle , che poscia per opera di alcuni valenti letterati fu ingentilita col ri- chiamare ia onore quelle auree e purissime forme di locuzione , che tanto ammiriamo ne' padri della italia- na favella. La Romagna ne fu specialmente debitrice al Operiì della. Tommasini H43 Giordani ( e tutti sanno come ne fosse ricambiato colle lettere faentine) , al Costa, allo Strocclii, e pili di re- cente al Farini , il quale nel breve corso di alquanti anni ha dati tali allievi , che gik sono per tutta Ita- lia in fama di letterati. Laonde con quel vostro ren- diconto delle opere ultimamente stampate nella Roma- gna , dismentite ciò che da alcuni si va spargendo, vale a dire che in questa parte dell'Italia meridionale le lettere giacciano neglette ed abbandonate : apparen- do anzi l'opposito di quanto costoro con rio talento si vanno querelando. Fatta aperta l'utilità di questo vostro divisameu- to per rinfrancarvi a proseguirlo anche in avvenire, spe- ro che vi sark grato di avere contezza di due operic- ciuole di genere morale , non ha guari poste in luce dallo Stella di Milano. Sono entrambe pregiato lavoro della egregia signora Antonietta Tommasini , moglie al professore Iacopo Tommasini , il cui sapere nelle mediche discipline gli ha procacciata, come a tutti è palese, durabil gloria nell'uno e nell'altro emisfero. Lo Stella nell'anno 1S34 ha voluto riprodurre la terza edizione de* Pensieri di argomento morale e let- terario della sig. Tommasini, e nel decorso anno 1835 ha pubblicato un altro opuscolo della pi (lodata signora intorno alla Educatone domestica. L'editore si è ac- cinto alla novella impressione di quello che tratta dei pensieri di argomento morale e lei! -rario , per le con- tinue ricerche che dovunque gli voiiivan fat(:e di que- sto libro , ad onta che la seconda edizione fosse siati di molto copiosa. Ed io son d'avviso che il simile accadrà per l'altra operetta Intorno alla educa. ione domestica, perchè a ben consid'>irare l'uno e l'altro libro si conosce che tenJono entrambi ad uno stesso scopo , cioè di giovare potcalemenlc la buona edu- cazione de' fanciulli. Intratteniamoci per un momento 3/i4 Tj e t t k r a t u r .\ della somma delle cose contenute in questi due ulllnrtì volumetti. La signora Tonimasinì , come ornata di buoni e profondi studi , avrebbe potuto dare a queste sue ope- rette un apparecchio più grave , formandone due co- piosi trattati sulla educazione. IMa ella ha mostrato d'in- tendere più air utile del suo lavoro che a conseguire quella lode maggiore , che da queste sue letterarie fa- tiche poteva ritrarre. Ini[terocchè a ben prendere in esame que' suol, pensieri di argomento letterario e ma-' mie, tu li trovi diretti a migliorare il cuore di coloro a' quali è commessa la prima educazione de' fanciul- li, e specialmente delle madri : onde l'autrice , la- sciato a parte tutto che potrebbe render ardua e dif- ficile questa lettura , si è in vece studiata di presen- tarla succinta , piana , ed agevole , affinchè ognuno si possa invaghire a considerare questi iiiscguameuti , e ad approfittarne. Dopo di avere la signora Tommasini parlato in ge- nere della educazione , e preso ad esame ciò che la Stael e Kant si fanno a suggerire per vantaggiar- la , passa la medesima ad intrattenere il lettore sulle cure d'aversi nello scegliere i famigliari , e quale ri- verenza abbiasi a prestare dai giovani verso gli uo- mini provetti o di compiuta età. Indi ragiona di al- tre dilettose materie , tutte intese alla coltura dello spi- rito , e specialmente a renderlo ben disposto al soc- corso de' nostri simili. 'Sìa prima di dar fine a questo suo lavoro la encomiata signora tocca della lettura de' romanzi storici , inclinando l'autrice a crederò che questi libri possano non poco giovare la pubblica istruzione. A dirvela schietta , mio ottimo Montanari , io mi sento alcun poco alieno da qucsla sentenza : e da che so la chiarissima signora Tommasini si cortese e di- OpRRE DELIA ToMvrASlNÌ 8 '[5 SCrela d'ascoltare senza lamento anche le parole di co- loro , che non si concordano del tutto al suo pare- re , voglio qui raaiiifestarvi la mia opinione su que- sto proposito. La signora Tommasioi , parlando dei romanzi sto- rici , ne difende l'utilità , in particolar modo perchè con questo mezzo veniamo chiaramente in cognizione degli usi , de' costumi , delle religioni , delle leggi e de' paesi , in cui accadono gli avvenimenti narrati. D'al- tronde poi quelle vivaci e briose descrizioni invoglia- no il popolo a pascersi di queste letture , con che egli viene mano mano ad apprendere le istorie » studio a cui di certo molti non si accingerebbero , se que' rac- conti non fossero allegrati , o rendati strani ad udir- si colla introduzione di sapposti accidenti. Quindi la signora Toraraasini ne conchiude, che quando ne' ro- manzi storici il principale carattere della istoria sia mantenuto vero, e non vi si aggiungano che alcuni fatti ed episodi infinti e coloriti , tali opere , per le leste addotte ragioni, servono, oltre al diletto che apporta- no , a crescere la buona instruzione dei cittadini. Ma , come vi diceva , io mi sento mosso a tenere diverso avviso : e voi che siete di tanto senno giudi- cherete , se per buone o troppo fiacche ragioni io lo faccia. Ammetto che i romanzi storici possono pre- stare onesto solazzo ai leggitori r non altrettanto per ciò che riguarda l'ammaestramento del popolo. Impe- rocché chi si fa a leggere un romanzo storico . sa di ascoltare la narrazione di fatti in parte veri ed in par- te immaginati , per cui non può in sua mente bene stabilire quali personaggi realmente avessero vita , e quali casi loro avvenissero. Onde io mi penso che per questa incertezza e dubbietk , niun leggitore di ro- manzi storici crederà di avere appresa la istoria su questi libri , ne ardirà di citare e Walter-Scott e Man- 346 Letteratuka zoni e Grossi |Der comprovare la verità di un fafio storico da essoloro narrati, come allegherel)be Guic- ciardini, Segni, Varchi, Beiilivoglio. Altrettanto con- viene dire per ciò clie si rapporta agli usi e costumi correnti in quei tempi, in cui vissero gli eroi od aldi personaggi messi in iseena da' nostri romanzieri. Chi non conosce le istorie particolari di quei tempi, accet- terà per sincero e veridico tutto ciò che Walter -Scott ci racconta della semplicità ed ingenuità degli anti- chi montanari della Scozia , o ci riferisce sulle inique anzi Jjrutali angherie di que' feudatari ? Quando vuoi conoscere gli uomini de' tempi del medio evo , o la baldanza e ferocia di quei tanti liran netti , i quali te- nevano aggiogata la più part€ de' popoli italiani , op- pure la natura de' governi di quelle repubbliche che scorsero poco dopo il medio evo in Italia , non te ne trovi pago alla distesa narrazione , che te ne fa un Muratori e tanti altri egregi istorici ? E se vuoi dilettarti ad apprendere i vari costumi e riti de' popoli che vissero in antico , ed in appresso fino a' tempi nostri , non ti senti sazio ed appagato a ciò che te ne dicono Salmon, Terrario od altri tanti mo- derni, senza essere al rischio (lasciamo da banda che questi pure alcuna volta possono troppo alla cieca cor- rere la fede di certi viaggiatori) di scorgere in que' raccontamenti le fole e i deliri de' poeti ? Perloc- chè a me pare , che i romanzi storici a pochi di cer- to possano giovare per apprendere le istorie e ben rav- visare i costumi dei popoli , di cui il romanziere fa menzione : mentre, come ho mostrato , o tu cono- sci per bene le istorie vere , su cui il racconto prin- cipale si raggira , e quella lettura ti riesce per que- sto conto pressocchè inutile .- o non lo conosci, e per non potere anconciamenle sceverare il vero dal sup- posto , tu rimani in quel buio , in cui eri in avanti. / Opera della Tomuasini 347 Possono per aitro questi lonìanzi essere di alcun prò, se siano scritti in maniera d'idvogliarli ad iral- tai-e il tenore di vita , o certe generose azioni di que- gli uomini virtuosi , che l'autore introduce a pren- der parte nel racconto. Ma anche qui io vorrei, che si ponesse modo nel mettere fra mano ai giovani que- sti libri, la cui lettura in quella etk può soven- ti volte essere loro più dannosa che avvanta;^- giata. Non amerei , per esempio, che que' giovanetti intesi alle severe discipline s' invogliassero di so- verchio a leggere romanzi, avendo spesse fiale os- servato , che la piacevolezza a scorrere tali libri gì' invita a togliere quel tempo che avrebbono a spen- dere nel dar opera agi' impresi studi. In oltre la gio- condità di queste letture può facilmente risvegliare un non so che dì avversione od almeno di disamore agli studi scientifici (per lo piiì ne' loro primordi ar- dui e molesti) : il che spinge poi a quel primo pas- so per abbandonarli del tutto, onde darsi alle ame- ne lettere ed al poetare : sebbene l'utile della re- pubblica, od i bisogni delle famiglie dimandino più presto l'esercizio d'alcuna nobile professione. Ma la- sciamo qui l'intramessa , e torniamo a noi. Fatti accorti ed educali, per cosi dire, gli edu- catori con que' tanti providi avvertimenti , che la eh. sig. Toraraasini unisce a' suoi Pensieri mora- li e letterari , ella ha dato in luce l'altro opusco- letto delle sue Considerazioni sulla educazione do- mestica^ il quale fa seguito al primo di che ab- biamo parlato. Io non ho certamente parole accon- ce a ben mostrare l'utilità, di questo libricciuolo. Tut- to è magistralmente trattato e chiarito: e se una buo- na madre di famiglia vuole seguire gli ammaestra- menti e gli amici consigli dell' autrice , ella vedrà i suoi figliuoli , giunti a bastevole eia , ben dispo- 348 liEttÉRATUnA sti a ricevere quella più alla educazione , clié avta a dare ai medesimi grado e condizione nel mon- do. E ciò che aoprararaodo piace e diletta si è che la sig. Toramasini addita amorevolmente tutte quelle cu- re da aversi a' figliuoli nella loro prima fanciulez- za, le quali tendono ed a renderli forti e robusti del corpo , ed in pari tempo d'indole soave e tem- perata : così ella addimostra come una madre gli ab* Lia a vestire e nutricare, come li possa rimettere in sanità allorché sono alcun poco disagiati della per- sona : e parimente a correggere , a ricompensare, a toglierli dalla oziosità , a moderare i loro appetiti, e, ciò che cale più d'ogni altra cosa , a non parlare che il vero , bastando il vizio delta menzogna a guasta- re la fama di un uomo , avesse egli la sapienza di Tullio e la virtù di Seuocrate. A chiudere la via a questa irremissibile mancanza , o a diradicarla se avesse abbarbicato nell' animo de' fanciulli , la sig. Tommasini unendosi a quanto suggerisce Locke su que- sta materia , esorta le madri, i maestri ed ogni al- tra maniera di educatori , a non lasciare occasione qualunque loro si presenti per mostrar e la deformità di siffatto difetto , ed all' incontro quanto presso k persone oneste e di buona vita s'abbia in pregio il parlare schietto , e come suol dirsi col cuore in mano. Fosse pure alcuno d'ingegno tarpalo e grosso, patisse manco d'averi e di ricchezze, s'egli non avrà giammai mentito il vero , per questo solo godrà del maggior bene che si possa dall' uomo agognare , cioè dell' amore e della estimazione de' suoi concit- tadini. Ei l'avere qui sopra a caso nominato Seuo- crate mi fa risovveuire , come questo filosofo ritraes- se più alto onore dalla lealtà del suo animo , e dalla perenne veracità de'suoi detti, che non dall' essere succeduto neir accademia , dopo Speusippo e Plato- OpKRE della TOMÌMASIMI 34^ ne , e dall' avere meritato l'affetto e le generose prò- ferte di Alossaodro. Imperocché qualunque cittadino , fosse egli par anche sapietitissirao e costituito nelle prime dig nita della repubblica, non avendo ad asserire cosa dinnanii ai giudici se non sopra fede di giura- mento , fu dee redato dal magistrato d'Atene , che Se- nocrate dovesse per singolare eccettuazione rimanere prosciolto da questo vincolo , non potendo in lui ca- der sospetto di mendacio. Il qual onore , conceduto a questo filosofo pel solo candore, e per la sola dirit- tura dell' animo suo , io lo tengo maggiore di qualun- que altro siasi mai accordato ad uomo del mondo o per mirabil dottrina , o per impresa magnanima e segna- lata. Efitrambe queste due operette sono poi scritte con facile e terso stile, quale appunto conveniva all' argomento discorso , ed alle persone cui principalmente son indiritte. Io porto fiducia , mio ottimo Montana- ri, che l'egregia signora Tommasini durerà in questi suoi studi , i quali essendo rivolti a giovare l'umana famiglia , le procacceranno sempre piiì la stima e la benevolenza degli uomini virtuosi e da bene. Credetemi Bologna 10 febbrajo 1836. V. aff. amico Amge;lo Astolfi. 150 BELLE ARTI Pinacoteca della imperiale regia accademia veneta delle belle arti illustrata da Francesco Zanotto. f^ene zia dalla tipografia di Gius. AntoneUi^fol.fig. we ima donna troppo celebre ebbe scritto , ta Ita- lia essere il paese delle reminiscenze ; assai male operò chi in quella frase suppose una reticenza. Ni- nno certo può negare, non esservi ferra in que- sto globo , la quale quanto Italia possa ricordare alti fatti , nobili imprese ^ amore ed onore alle scienze, alle lettere, alle arti. Ma è ingiurioso il dire che Ita- lia, potendo vantare quello che fu , di ciò stiasi con-- tenta ; quasi fosse nulla nella storia scientifica e let- teraria de' tempi nostri. Noi vorremmo dimandare se nacquero fra i sarraati o in Italia il Piazzi , l'Oria- ui, il Lagrange ; se in Italia o nella Libia promulga- rono le loro dottrine il Volta , il Mascagni, lo Scar- pa, il Cotogno. Non fu italiano il Visconti ? non furo- no italiani il Marini, il Lanzi, il Morcelli ? noi fu l'Al- fieri ? le ceneri di Vincenzo Montij, quelle di Gio. Dome- nico Romagiiosi non sono ancor calde ? E rapporto alle belle arti . . Ma per esse ninno ancora si ardi contrastarci il primato: e come farlo .^ chi ( tacendo de' viventi ) può B K L I. E \ R T I 3rH vantare un Canova , mi Ca£;iio!a , un Appiani, un Mor- ghen ? chi un Leopoldo Cicognara, da cui lanto lustro ritorna alla veneta accademia ? Della quale un bel mo- numento di dottrina abbiamo sott' occhio nelT opera di cui imprendiamo a scrivere. Vorremmo che in essa , ma senza prevenzioni , leggessero coloro , che ripe- tono la Italia essere il paese delle reminiscenze. Quando sul terminare dell'anno 1833 ci venne alle mani il primo fascìcolo di questa pinacoteca , ci par- ve opera assai lodevole , e da farne onorata ricordan- za. Sospendemmo di scriverne però in questi fogli , fino a che ci fosse giunto un sufficiente numero di distribuzioni , da poterne esternare un piiji certo giu- dizio. La vigesima sesta, che Avemmo a tutto il 1835 , ci confermò come le altre tutte nella prima opinione : quindi ci parve tempo da rompere il silenzio. Finorii abbiamo sott' occhi cinquanta quadri e quattro ritrai- ti ; tutti incisi con bella e lodevole diligenza , dise- gnati con maestria. Vediamo in essi , per dir cosi , una serie di opere di una àola famiglia ; perchè tutti sono di scuola veneta ; e formano per tal modo il più certo documento storico di essa. Il maggior numero dei disegni li dobbiamo ai valenti signori G. Busato , P. Zandomeneghi , Gavagnin , A. Sasso : più pochi son gli altri operati da Ceresa , Gius. Zuliani, F. Bosa , C. Dusi , F. Zanotto , G. Bellio. Anche sono in maggior numero le incisioni dei signori Ant. Vivia- ni , M. Comirato , G. Zuliani , a paragone di quelle di R. Annibale , Felice Zuliani , A. Nardello , But- tasson , F. Zanotto , A. Ziozzo , P. Zandomeneghi , e Lazzari. Sia lode ai primi per l'accuratezza in ritrar- re i contorni degli originali ; per aver conservato il carattere di essi ; per aver infine in ogni parte egre- giamente maneggiata la matita : sia lode ai secondi per la purità dall' intaglio ; per la bella degradazio- 352 Belle Arti ne prospettica ottenuta coi dintorni nitidi , e con la giusta indicazione delle ombre : sia lode agli uni ed agli altri per non avere scemato di diligenza nel pro- gredire dell* opera ; anzi per averla sempre più rin- vigorita. E lode non minore dobbiamo al professor Fran- cesco Zanotto estensore delle descrizioni di questa ve- neta pinacoteca* Quanta dottrina nelle arti , quanta erudizione ! Gli usi , le costumanze , la storia sono a larga mano illustrate; scevri da prevenzione i giu- dizi : e sua mercb può lo studioso e 1' amatore ap- prendere da questa raccolta , non solo il modo di- verso che i diversi autori tennero nel comporre e nel disegnare ; e ciò che in ognuno merita lode , e ciò che in alcuni h da fuggire : ma per soprappiià conoscerà anche la vita e 1* effigie dei diversi pittori. Che di tutti ( e son già 29 ) si hanno i cenni biografici pre- ceduti dal ritratto ; ed assai volte correggonsi gli er- rori in cui caddero i precedenti scrittori. Circa il me- todo tenuto nella illustrazione delle pitture , dicia- mo non averne il Zanotto prescelto alcuno ; e ciò a noi pare degno di lode » perchè , come piace la va- rietà, nelle gallerie, così piace nelle opere che esse gal- lerie trasportano sulla carta. Ma veniamo oramai a far brevi cenni di alcuni fra i molti quadri già pub- blicati : le bellezze di tutti non sarebbe cosa da po- tersi stringere in un solo articolo. Si da principio all' opera col gran quadro di Paolo Caliari , detto il veronese , rappresentante il convito in casa di Levi ( fase. 1 ) . Dei cinque qua- dri dì lui finora pubblicati , benché in ognuno possa trovar conferma quella sentenza dello Zanetti , con es- servi colpo che non operi , non conchiuda , non de- noti il maestro , pure questo tic sembra il piìi bel- lo : nobilissimo per lo sfarzo delia couiposiziouc , ma- Belle Arti 353 raviglioso per la moltitudine delle fii^ure ; pieno di vita e di varietà nei gruppi diversi. In esso , ripeteremo col lodato Zanetti , veggotisi raccolte tutte le forze del genio di Paolo , ed i più bei frutti degli studi di lui. Anche bel pregio di questa tela si è , lo aver- ci iti essa l'A. lasciato il ritratto dell' emolo Tiziano in quello che fra gli altri siede a mensa nel destro arco, tiene il berretto in testa , il nappo nelle mani; ed il proprio nel direttor della festa, che sta in pie- di alla destra dell' arco di mezzo : ,, Ne senza ragione , »» 3gg'""ige il prof. Zanotto : poiché se egli avea trat- ,, to dall'animatore pennello tanta letizia, doveva com- „ parire eziandio nella persona di chi diffondevala. ,, Di Tiziano , imponente è il S. Giovanni nel de- serto ( fase. 1 ) ; semplice e bea disposta la Visitazio- ne (fase. XVII); ammirando il deposto di croce (fase. Vili) terminato dal giovine Palma ; classica, ed in ogni sua parte grandiosa la presentazione di Maria al tempio ( fase. IV ). Questo è uno de' più stu- pendi prodigi *^' T^^^^ pennello che alzò la veneta pittura air apogeo di sua gloria : la verità , la quie- te , la celeste dolcezza che spira questa tela ovunque tu volga lo sguardo , non possono ritrarsi con parole : ed in essa , come gih notammo in quella di Paolo , si ha il ritratto dell'autore, e quelli dello Aretino e del Bembo fra i molti spettatori affollati nel piano. Di queir Iacopo Robusti detto il fulmine della pitturo. , e soprannomato il Tintoretto , vediamo tre quadri ; ma noi faremo brevi parole di quello celeber- rimo , nel quale effigiò il miracolo del servo liberato dai supplii] per intercessione dell' evangelista S. Mar- co ( fase. V ) . Luigi Lanzi , dopo aver notato che i più severi critici non avean trovato alcun neo in que- sto dipinto di Iacopo , lo colloca poi fra le più clas- siche maraviglie della veneta pittura. Le passioni dell* G.A.T.LXVL 23 35 j Bell r. Arti animo sono in esso si fattamente ritratte , da superare quanto può desiderarsi . Nel volto del tiranno vedi lo stupore e la vergogna: fra gli spettatori la maraviglia la alcuni , in altri la curiosila : nel paziente la bella fi- ducia nel cielo : io ognuno le commozioni dell' ani- mo per l'inaspettato evento : il manigoldo spira tal vita, che difficilmente si vede ne' lavori anche de' pri- mi maestri ; ed il santo è tale da non potere imma- ginare opera più maravigliosa. Sono pitture dell' antica scuola , ma degne tutte di lode, le tavole di Benedetto Diana (fase. XIII) , Donato veneziano (fase. XXIII), Andrea Busati (fase. XKV ), e Francesco Blssolo (fase. X). Il Vasari non conobbe alcu- no di questi quattro. Anche fra gli antichi e da riporre un dipinto , assai probabilmente di Bernardo Parentino ( fase. XXVI ) ; e quella tavola ( fase. IX) nella qua- le Antonio Vivarini da Murano lavorò insieme a Gio- vanni d'Alemagna. Su ricco trono, il cui baldacchino vien retto da quattro angeletti , siede la vergine col divin figlio; sono ne' lati ([uattro dottori ; il fondo figara una specie di coro di alemanna architettura ; veggonsi al di dietro alberi con frutti e fiori : ogni parte è ornata di molti arabeschi. Se nella composi' zione non v' h movimento , anzi se nulla rompe la mo- notonia della scena , v' ha in compenso una tal qnale semplicità che parla al cuore; e lutti gli aecessorii soa operati con una scrupolosa diligenza. DI Gentile Bellini , uno de' pili illustri campioni dell' arte veneta nel secolo XV , v' è una tela grandis- sima ( fase. XXIV ) , la quale ricorda il voto fatto da Iacopo Salis alla santa croce , nel di di S. Marco , in cui recavasi in processione per la piazza la reliquia che veniva custodita clalla confraternita di S. Giovanni. 0[)cra ammirabile pel disegno, per la prospettiva, per la quantità quasi innumerevole di figure ; ed an- B&LLQ Arti 355 che pia perchè ricorda usi e fabbriche che or pili non sono. Vedi in essa la magnificenza con cui i dogi mostravansi nel pubblico ; le diverse foajge di ve- sti che in que' tempi costuraavansi : vedi le fabbriche che decoravan la piazza, prima che alcune di esse ce- dessero il luogo ad altre che la rendono in oggi piii unica che rara. Giorgio Barbarelli soprannoraato Giorgione, di cui fu scritto che piiì di qualunque sapeva infondere ani- ma e vita nelle morte tele , sangue e freschezza nelle dipinte carni, in un dipinto (fuse. X.I ) rafilgurò un orribile notturna tempesta ; solo le folgori rompon di quando in quando le tenebre ; un gran naviglio nel mezzo è montato e diretto da una legione di demoni , mentre un' altra navicella contrasta con le onde in' furiate: in questa, oltre il navicellaio, sono i santi Mar- co , Giorgio , e Niccola. In vederla è naturale la cu- riosità di conoscere qn^l fatto rappiesenti. Ricorrendo alla illustrazione del Zanotto sarà soddisfatta essa cu- riosità , e si conoscerà come il 25 febbrajo 13'iO, notte di grandissima burrasca ) un vecchiarello con la sua piccola barca , pregato da un incognito a naviga- re a S. Giorgio, dopo molte istanze vi andò. Lk, pre- so un altro personaggio , remarono a S. Niccolò di lido , dove preso il terzo , vogaron fuori dei due ca- stelli. Cola presso iocontrarono una barca piena di de- moni, la quale al segno dePla croce fatto da que' tre , disparve. Ritornati i santi alle loro stazioni , il navicellaio richiedeva esser pagato , ed essi inviaronlo al doge ; e perchè Ottenesse credenza , il santo evan- gelista si tolse dal dito uu anello di oro , ed al vecchia- rello lo consegnò , perchè al doge lo desse. Il capo lavoro di Vittore Carpaccio ci sembra la presentazione di Gesvi al tempio ( fase. II ) , nella quale non desideri purità e castigatezza di disegno , 3')<> Belli: Arti non ben intesa composizione , non bella seraplicìla ; che se scade di forza nel color delle carni , questa man- canza vien compensata da tante bellezze, che per giu- dizio del Lanzi una si fatta tavola può esser de- gna di qualunque più rinomato maestro. La dipinse Vittore per la chiesa dei minimi in San Giobbe, in con- correnza del suo emolo Giovanni Bellini : e restò in- certo a chi spettasse la vittoria. Il Bellini (fase. 1 1 ) produsse allora la tavola con Maria Vergine in ' tro- no, feslegginta dagli angeli , e circondata dai santi Fran- cesco di Assisi, Giovanni Battista , e Giobbe dall' una parte : Domenico , Sebastiano ed Agostino dall' altra. In essa , disegno , forza di colorito , sfnmatezza di tin- te sotio eccellenti ; e ben fece il professor Zanotto a dare in un sol fascìcolo questi due dipinti , affinchè si potesse anche oggi da noi , abbenchè lontani di luo- go e di tempo , conoscere quanto potè la emulazione in que' due artisti , e giudicarne , come ne giudicarono i veneziani stessi oltre il mezzo del secolo XV^. Di Bonifacio veneziano abbiamo già in queste di- stribuzioni ben otto dipinti ; fra questi ricorderemo so- lo l'adorazione dei re magi (fase. HI), nella quale avvicinossi egli tanto a Tiziano , da lasciar dubbio qua- si , se quel sommo maestro della veneta scuola la pit- turasse. Di Andrea Mcdola , detto lo Schiavone , poS' siede la veneta accademia una sola pittura (fase. XXII) rappresentante Cristo che piange sopra Gerusalemme ; ma aon può essa noverarsi fra le belle produzioni di lui. Nella tavola in cui Gio. Battista Cima da Co- negliano pitturò l'incredulità di S. Tommaso (fase. XVI) ewi quella semplicità , che talvolta si accosta al su- blime. iMa troppo più ci dilungheremmo noi da quello chf si conviene ad un sunto , se di tutti i rimanenti quadri che sono in questi ventisei fascicoli tener vo- lesi>iiiio parola : il porche , accelerandone il termine , Bar- LE Arti 357 ricorderemo solo i „omi degli nutori. Son questi i due iiassani , Iacopo cioè e Leandro da Punte , i due la- copi Palma, seniore e giuniore , G.o Antonio Liei- nio detto il Pordenone , Alessandro Varotari sopranno- mato zi Padovranino, di cui armonioso , grandioso, di egregia invenzione è il quadro rappresentante le noz.e d. Cana in Galilea (fase. XXVI) , Francesco Berca- ruzzi da Gonegliano , Marco Bosaiti , Sebastiano Flo- rigerio. Benedetto Galiari , Francesco Veceilio, Roc- co Marconi , e Vincenzo Gatena. Ma non termineremo senza far raonzione di alcuni ritratti, die possiamo dire parlanti: due sono dipinti dal Tintoretto (fase. XVIII ) , e rappresentano l'effi- gie di Antonio Cappello procuratore di S. Marco , e Alvise Mocenigo doge: due dal Tiziano (fase. XX ) e sono di Lucia veneziana madre di lui , e del pro- curatore di S. Marco Iacopo Soranzo. ^ ^ Prosieguano nella ben incominciata impresa i chia. rissimi artisti ai quali dobbiamo i lavori di matita e eli bulino : il dotto professor Zanotto autore delle de - scrizioni: e prosiegua esso pure l'Antouelli editore a dare, SI bel lavoro tipografico e calcografico : e slar, certi che bene meritando delle arti belle, e della ve- neta scuola non meno che d'Italia tutta , ne avraat.o lodi e sincera riconoscenza da tuLli i buoni. C. G. 358 VARIETÀ' ANDREA. DOMA PAMPHILJ ROMANO PRIMOGENITO DI NOBILISSIMA FAMIGLIA ITALICA MORIVA IN NAPOLI CONSVNTO DA TISICHEZZA A DI XXIV DI MARZO MDCCCXXXVI COMPITO APPENA IL QVINTO LVSTRO , GIOVINE DI GRAZIOSO ASPETTO DI ANIMA BELLISSIMA DI CHIARO E FORTE INGEGNO CANDIDO INGENVO BENEFICO RELIGIOSO j '^^ DI TEMPERAMENTO IRASCIBILE MA PER FORZA DI RAGIONE MANSVETO PIACEVOLE CORTESE; VERSO I GENITORI AFFETTVOSO RISPETTOSO AGLI AMICI APERTO VERITIERO CON TVTTI AFFABILE E FRATELLEVOLE, IDDIO LO CHIAMAVA IN CIELO PER ACCRESCERE IL NVMERO DEGLI ANGELI. VALE SPIRITO AMOROSISSIMO RICORDATI DI CHI LASCIASTI NEL PIANTO E PREGA L' ONNIPOSSENTE PADRE CHE PIV SPESSO CONCEDA ALLA TERRA MOLTI CONSIMILI ESEMPI DI VIRTV. Gio. Battista Gerarpi V A R I K T a' 35{) Traihizione , ovvero parafrasi , del terio capitolo di Abacuc. Inno a s. Carlo Borromeo. - Pesaro dalla tipografia No- bili, i835. XI prof. G. I. Montanari , che ne' passati anni ne dio vol- garizzati i due primi capitoli delle profezie di Ahacnc , ha ora adempiuta la sua promessa , avendo poco dianzi puhiìli- cato il terzo ed ultimo capitolo , il quale altro non è che una orazione del profeta a Dio , pieca di cosi grandi e terribili immagini , che al dire dello stesso illustre traduttore , inncono ogni umano concetto (i). Veggasi in questi pochi versi la de- scrizione delia venuta al mondo dell' Onnipossente nella tre- menda sua ira: ,,..... Ecco tu appressi : ,, Sostano i fiumi , e vinti argini e sponde , ,, DiTagan le campagne : i monti crollano , „ Ed a ritroso paurosa l'onda ,, Risospingon le fonti. Dai profondi ,, Gorghi l'abisso nel vederti un grido „ Manda : le braccia con che cinge il mondo ,, Ondeggiando , mugghiando a te solleva ,, L'immensurato oceano. S'arresta ,, La luna , muto d'ogni luce il sole ,, Rifugge indietro , e di perpetua notte ,, Minaccia. Sol le tue saette ardenti ,, Rompon l'alte tenèbre , e vivo lampo ,, Dell' asta tua tremenda il di si ucconde. Abbiamo anche di lui un nuovo inno a s. Carlo Borro- meo poco fa impresso nella stessa tipografia ; di che rechia- mo qui questo saggio. L'autoie parla alla sua cetra : (i) Nel discorso sulla poesia delle sante scritture, a car. 12 edlz. di Pesaro i8,33- 360 Varietà' ,, Perchè agli usati modi . ,, Non torui , uroil mia cetra , ,, Perchè di nuove lodi ,, Per l'ampie vie dell' eira ,, Devoto inno non suona ,, A lui che in vai d'Olona ,, Mostrò quanto l'uom sale „ Quando superno amor gì' impenna l'ale .' j» •••■'•■* " „ Narra com' egli valse ,, Calcar col piede il vanto ,, Degli avi , e non gli calse „ Cinger superbo manto ; ,, E come in umil veste , ,, Quale il pastor celeste „ Pel suo diletto gregge ,, Spesso la vita sua di porre elegge. i „ E non tacer lo sdegno , ,, Che il sen di Carlo accende ,, Contro lo stuolo indegno „ Che al tempio santo offende. „ Ei con sicura fronte ,, Sprezza minacce ed onte , ., Vince de' rei la guerra , „ E la menzogna innanzi a lui si atterra. Filippo Mordaki. // lunario , componimento scherzevole di Domenico Chinassi. Bologna dai tipi del Nobili e comp. i836 in i^ di pag. i6. J_Jo spirito del Berni, nutrito colla lettura del Panni e del Gozzi , appare bellamente in questo giovine scrittore della no- Varietà' .16t »tfa Romagna, il quale ha da natura quella festività , cKe l'arte non può donare. Avemmo occasione di lodare qualche al- tro suo componimento : più dobbiamo ora lodare questo , che morde la facile sapienza de' giovani mostrando loro nel luna- rio il libro universale , ed un segno quasi del progresso : e ne tocca la fatuità, che si appalesa negli abiti e nelle mode. Ma giova dare per saggio il principio e la fine del leggiadro componimento. Graziosetti damerini < Galantini giovinetti , Che alle punte dei solini , AI candor de' manichetti , Che al dolcissimo romore De' speroni e del frustino Ed al capo ricciutello Date segni di valore , Di buon gusto e gran cervello Imitando il figurino. Il miglior de' doni stioi Che il francese manda a voi ) Qual dolcezza provo in me , Quando veggovi seduti Sulle panche de' caffè Ragionar di novità , O girando pettoruti Per le vìe della città Col valor di due pupille Più brillanti delle stelle Trionfar di mille e mille Facilissime donzelle , Ed onusti di trofei , Fortunati semidei Raccontar di questa e quella Qualche lepida storicllai 362 Varietà* Galantini giovinetti , 1 ' Se alle punte dei solini. Se al candor de' matiichetti , Se a que' pregi eccelsi e rari , Che vi rendono si chiari. La sapienza aggiungerete Del lunario , diverrete Senza pene e senza stenti Cime d'uomini sapienti, Ed allora il volgo ignaro Nel veder tal novità , A portento cosi raro Stupefatto esclamerà: Oh sapienza peregrina Della nostra gioTentii ! Ah che in fatto di dottrina IVon si può sentir di più! Per tal modo alfine istrutto Sarà 11 mondo letterario , Che a sapere un pò di tutto Basta leggere il lunario. L'ironia è ben sostenuta dal principio alla fine del componi- mento , il quale vorremmo potere riferir tutto : ma legge di brevità ci ritiene. Nulla però ci vieterà di aggiungere nuovi conforti al Chinassi, affinchè canti le" scoperte della luna, e le utopie , e le altre soavità de' nostri giorni. Il riso ado- perato a tempo corregge i costumi , e guida i traviati a sa- pienza I D. VAccoLijrl. V A R r 3^ T a' 363 Storia d'Ancona, dalla sua fondazione alt' anno MDXXXIl. tài Agostino Pe^uzii. rolum-: primo. Pesaro dalla tipo- grafia Nobili 1835, in 8 grande , di pag. oSg. N - J-^on contento il Peruzzi di averne dato , tempo è già, la illustrazione delle antichità della nobilissima sua t)atria, nel libro àeìÌQ Dissertazioni anconitane ^nhhìì ca^lo fm dal i8i8; per quel grande e benedetto amore che nutre in verso di lei, si condusse ora a scriverne la storia. E siccome quelle sue disser- tazioni furono come quasi una scintilla, che gì' ingegni de' suoi concittadini incese a voler meglio conoscore la patria storia, e valsero ad estirpare molti di quegli errori, di quelle favoU e pre- giudizi , che per io addietro s' aveauo piena lede e venera- zione; cosi ora per questa sua seconda, e aoa meno preziosa fatica tiene di aver conseguito al tutto il fine propostosi iu quelle , e fatto pago il bel desiderio de' suoi. E in verità, chi non deve prestar fede alle sue parole, se tutto ciò che narra vien fortificando con autentici ed irrefragabili documenti , e colle autorevoli testimonianze, non già di miserabili ed ignote croaachette, si bene di solenni scrittori ? Qual filosofico razio- Cmio non trovasi presso che in ogni pagina del libro .? Quan- ta non v' appare la profondità e giustezza di criterio , quanta in fine V erudizione dell' autore, e 1' esattezza sua in ogni co- sa? E a questi bei pregi aggiunger dessi pur quello dell' ele- ganza dello stile, e dell' aurea favella, non disgiunta dalla chia- rezza prima ricercata dote di una storia: e vi rinvieni qua e là discorsi ed allocuzioni bea vibrate, persuadenti, e forti. Quando poi ebbe a ribattere cose d'altri scrittori illu- stri , lo fece in modo assai gentile e urbano, studiandosi di nul- la togliere alla vene razione loro dovuta. „ La sola civile storia d' Ancona (ci dice nella prefazione ) io descriverò; non la eccl esiastica, non la letteraria. Della ec- clesiastica tanto solo verrò accennando, quanto più a lungo dovrò trattare nella quinta dissertazione; e della letteraria in- latto lascerò il campo ad alcuno de' molti, del cui ingegno e della cui erudizione è onorata e bollala mia patria. 564 Varietà* ,, E dirò ragione, per che non conduco la mia narrazione fino a' giorni nostri. Questa è: che giunto òggimai alla grave età di settanta anni; temo non me ne venga meno il tempo; poi perché la storia dall' epoca del i532 in poi tanto è più cer- ta e piana , clic facilmente può da chi '1 voglia essere descrit- ta. E nondimeno ho inanimo, se Dìo mi conceda tanto di vi- ta, di proseguirla io slesso: e sarà come quasi una seconda par- te del mio lavoro. Che se il mio proponimento non potrà es- sere pei' me condotto ad effetto, io mi confido, che i cor- tesi e benevoli amici Concittadini vorranno avere a buon grado il mio buon volere. ,, Chi studia nelle scienze della pubblica economia , e del- la statistica potrebbe forse desiderare di rinvenire nel libro su CIÒ alcune altre notizie; ma a noi pare , che quesl' opera per ogni riguardo avesse sola bastato a renderne illustre l'au- tore , se noi fosse già da gran tempo per moltissime altre produzioni, non mai bastantemente lodate, e in verso e in pro- sa. E voglia il cielo serbarlo per lunghi anni ancora alla glo- ria delle italiane lettere e della patria , le quali attendono da lui , favorendolo il cielo , quanto ha pure in mente di fare a compimento delle patrie storie: e diciamo da lui, più che da altri ; perocché non sappiano bene chi v'abbia al presente nelle patria sua che tante accolga in se bellissime doli di scienze e di lettere. Francesco Gapozzi Galleria di sacra eloquenza, , ovvero collezione di scelti pa- negirici ec. Tom. II. Bologna tip. dalla Felpe i834m4. (Fedi Giorn. Aro. tom. LFI pag. -ì-xZ.) J-^e'sei fascicoli usciti finora appartenenti al secondo to- mo di questa galleria sono i ritratti del Segneri , dell' ab Barbieri, del p. Sebastiano Paoli , del p. de Nobili /'infelicis- simamente condotto), e del Canovai: e quando potevasi .se- guire l'ordine de' tempi, si è comincialo meritamente dal Se- V A R I K r a' 361» gnerì , di cui prima è il panegirico , la causa dc'religiosi al foro de' laici; e quello in onore di s. Tommaso d'Aquino, poi il panegirico del Granelli , la religione necessaria all' intrin- seca felicità dello stato : e quello pel corpus domini del p. de Angeli , e di s. M. Madd dena de' Pazzi del Nicolai , e di s. Francesco di Sales di Quirico Rossi. Seguono eoa uu gran salto i saggi di sacra eloquenza ed orazioni panegiriche dell' ab. Giuseppe Barbieri : poi del p. Paoli l'orazione panegirica della s. Sindone, e di s. Giovan- ni Nepomuceno , e di s. Paterniano ed altre : poi il panegi- rico di s. Benedetto del p. da Pederuba , e l'orazione sulla provvidenza del p. Finetti, non che quella in lodo di s. Pie- tro Tommasì del medesimo. Indi è II panegerico del b. Angelo da Acri del p. G. M, da Pescia , e di s. Caterin;» da Bologna del p. da Bagonja, e di s. Ranieri del p. Facchini , e quello del B. de Liguori dell' ah. Pietro Qavcdoni , e di s. Ignazio del Venini: varie orazioni vengono appresso dell' ab. Natale Ferri , ed il pa- negirico di s. Ignazio di Lajola dell' ab. Borgo e del p. Platina. Indi del p. de Nobili il panegirico di s. Stefano proto- martire con altri del medesimo autore: e del Canovai i pa- negirici, a s. Giuseppe Calasauzio , a s. Margherita da Cor- tona , e a s. Andrea Corsini , e forse altri ne' successivi fa- scicoli , che si desiderano; procedendo troppo lentamente la slampa e distribuzione contro le promesse aulecedeuti. Ma questo è il quasi destino delle imprese tipografiche e let- terarie ! Coi ritratti sono unite brovi notizie biografiche de' chiari uomini trapassati : quelle del Canovai, cornuuque estese, mau- cano di citare l'Elogio , che ne scrisse il eh. d. Pompilio Poz- zetti già bibliotecario della università di Bologna {Bologna 1812 tip. Masi in 8:) quelle del p. Paoli sono soverchiamente ri- strette , e potevansi avere più ampie dalla vita premessa allo sue opere predicabili (Venezia 1^62 tip. Dorigoni in 4-) Quanto al miglior modo di scrivere panegirici , ne abbia- mo detto altrove: e qui staremo conteati a riferire le parole 36G Varietà' del p. Ettori nella sua opera inlito.'ata // buon gusto ne' com- ponimenti ec. (Bologan 1696 in 16) ; anzi uua ed un' altra delle sue parole , potendosi leggere tutto il cap. LVI a pag. 5 19 e segg. da chi meglio volesse entrare nello spiritai di quello seri ttore , e far ragione del tempo iì\ cui egli sci'i- veva , e comparare col nostro. „ Primo (egli dice): conformatevi a' greci più che a' ro- „ mani (m'intendo de' romani già ridotti alla servitù de' cesari) ,, sicché i panegirici de' santi siano popolari; perocché al pò-. „ polo (e per suo profitto) sono indirizzali. Pigliate l'esem- ,, pÌQ di san Basilio , de' due Gregori Naziansenoi e Nisseno, „ e di sani' Ambrogio nella morte degl' imperatori Teodosio ,, e Valenliniano ec. Tutti hanno composto per la moltitudi- „ ne : ed a lei adattandonsi hanno adoperato pensieri ed ,, affetti alcerto non ordinar). „ Secondo : commemorate quel che ha fatto di virtuoso, ,, e ciò che Dio gli ha donato di grande , affinchè si formi ;,, concetto della sua santità , come di rara. " ,, Terzo : talmente lodatelo , che moviate gli uditori, non 4, solamente ad ammirarlo (nel che consiste il gran concetto , „ che d'alcuno si porta) ma di più ad amarlo. Onde ne sie- „ gue il divenirne divoto , e poi anche imitarlo. In questo ,, dalla cristiana rettorica , subordinata alle verità revelatcci „ dalla fede , è vinta la gentilesca. Lodava questa gli eroi , e ,, più non cercava: e quella desidera , che le loro virtù si ,, ricopino da chi le ascolta commemorare. ,, E quindi si conferma , che questi panegirici hanno ad „ essere popolari, e di lor natura fruttuosi; e poco gli saprei ,, distinguere , in ordine a questo fine , dalle prediche morali. j, Se non che in alcune di loro si propongono opere, che di ,, necessità devono intraprendersi da chi si vuol salvare; e ,, ne' panegirici se ne mostrano altre, che per il più sono di ,, supererogazione ; quantunque alcune possano essere ancora ,, di necessità. " Vuoisi poi sempre distinguere popolo da popolo , e seco- lo da secolo : il che sta nel giudizio de' sacri oratori, alcuni de' quali risplcndauo a questo tempo. D. Vaccouni V A n f K T a' 367 Breve corso dì lingua francese, ovi'i'.rj racco Itadulle regole indispensabili a sapersi per parlare e scrivere corretta- mente il francese ec. raccolte per opera di Felice Ca- stelain. Seconda edizione Macerata i835. V-'h come mutano vicenda le umane cose! Uu di la bel- lissima favella nostra ebbe egiial sorte che oggi ha la francese, e che altra fiala toccò alla spagnuoia. Quando Caterina de' Me- dici andò a donna col re dì Francia, la lingua toscana, che ques- ta novella regina parlava, divenne tosto quella de cortigiani non solo, ma ogni francese si studiò di conoscerla e dì par- larla ; fu intesa bea presto nelle bocche delle gentili donne , e cosi divenne la lingua della galanteria e della moda. Oggi per lo contrario è fatta tale la francese. Per mezzo di questa è da- to a chiunque di correre il mondo e farsi int endere quasiché in ogin parte di esso; i mcrcadanti trattano loro negoziazioni cogli stranieri , ed a quel modo che è fra i dotti la latina è questa un vincolo di corrispondenza tra 1' un popolo e 1' al- tro. Quindi non è dubbio lo studio di essa, non che utile , es- sersi fatto oggi mai presso che necessario. E lo sia. Ma io vor- rei che la brama di apprenderla non facesse nei giovani por- re in non cale ( come pur troppo avviene appo molti! ) lo stu- dio della propria, che avi'ebbe sempre a porsi innanzi di qua- lunque altra straniera. Onde non ha guari un generoso italia- no sdegnosamente crucciavasl che in Italia si parli elcgantcr mente il francese senza conoscere il pretto toscano. La quale nostra turpitudine egli, registrando in una sua famosa opera, mandava al posteri che forse alla memoria nostra insulteranno, posciachè per questo noi lasciavamo di trasmetter loro un lin- guaggio puro ed intatto da' forestieri modi, coi quali vediamo spesso con isconclo mescolamento lordale le scritture di qii os- ti tempi. Ma se di tanta necessiti è fattala lingua francese, noi dob^ blamo certamente saper buon gxado a coloro che insegnandola si studiano dì farlo nel modo il più sollecito e colla maggiore facilità. Poiché il tempo agli uomini dee essere si caro, che s« 3(38 V A 11 I E T a' ne debba fare de essi ogni risparmio. J - professore Felice Cas- telaia di Parigi ia questa nostra città ne sembra mirare princi- palmente a questo fine. Conciosacchè egli da circa ao an- ni dà opera alio insegnare pubblicamente il francese sena' aria però di cerretano , come da taluni si va facendo^ i qua- li si avvisano dare altrui a credere d' insegnarlo in 32 ore o in qualche strano modo, da muovere più to.sto a riso che ad altro. Che tali studi non sono faccende da pigliarsi a gabbo, ma vogliono maturarsi e farsi con assai buon fonda- mento: e questo è nelle lingue la grammatica. Onde il Caste- lain pensò dare a' suoi discepoli un buon fondamento , [pub- blicando egli stesso un breve corso di lingua francese , di cui non ha molto dava in luce a Macerata una seconda edi- zione. E' questo un volume in ottavo di 293 facce in cui, sapendo egli che le lingue vogliono insegnarsi meglio per pra- tica ed a modo di conversazione > dopo aver raccolte poche regole indispensabili a sapersi e tratte dai più celebrati autori, contengonsi un vocabolario domestico , ottanta dialoghi scelti, ed i verbi irregolari per riunire la teoria alla pratica. Cosi avendo egli innanzi quel famoso adagio di Orazio: Quidquid praecipies, estobrevis, ni cito dieta Pcrcipiant animi dociles^, teneantque fideles: volle essere breve sì, ma non in guisa che gli si potesse opporre quell' altro dello slesso Orazio : »" Brevis esse laboro, obscurus fio. Onde questa grammatica è certamente di grande utilità agli studiosi del francese idioma , ai quali noi di buon grado la rac- comandiamo : perchè con essa né si troveranno al certo con- fusa la mente da cento minute e spesso inutili regoluzze che ne rendono difficilissimo lo studio; né per troppa brevità po- tranno dite non avervi trovate le principali che vi si ri- chieggono. Oreste Racoi Varietà* 269 Sulla pittura del sig. Ignazio Zotti. Aringa pronunciata al- l' illustrissimo consiglio comunale cV Imola seduto li 8 febbraio i836, dall'ingegnere Giovanni Gardenghi. ImO' la presso Ignazio Galenti in 8 di face. i6. JL/a stampa è dedicala all' illustrissimo gonfaloniere , ma- gistrato e consiglio della città d' Imola dal degnissimo si- gnor doa Domenico Montanari paroco di s. Maria iu Valverde: nella cui chiesa per pubblico decreto ad una perigliante tavo- la d' Innocenzo viene sostituita questa dello Zotti , giovine imolese , che intende da quasi cinque unni alla pittura, ed è educato in Firenze alla scuola del chiaro Giuseppe Bczzuoli. Il soggetto è lo sposalizio di Maria Vergine con s. Giusep- pe : la scena è nell' interno del tempio di prospetto alla nic- chia contenente l*ara , la quale rimane negata allo squardo da una cortina riccamente pendente dall' intercolunnio dell' ordine. Tra i due sposi è il sacerdote che unisce le loro de- stre. Altre quattro persone intromettonsi a comodo e pienez- za d'azione , e compiono il quadro, che è come tacito dram- ma: due giovanette, forse compagne o parenti alla sposa, e due garzonetti. Non si poteva con più amore descrivere questo quadro di quello con che lo ha descritto il Gardenghi , che ha fatto intendere al consiglio come sia da pregiare un la- voro di un giovine , che dà speranza e conae certezza di riescire ad eccellenza nella pittura, quanto riuscì nella scul- tura Cincinnalo Baruzzi onore della Romagna. Io ho ve- duto il quadro , e mi è piaciuto oltremodo : la Vergi- ne sopprattutto mi è parsa tutta rafiaellesca , anzi cosa cele- ste. E trovatomi la sera degli undici febbraio in Imola a re- citare una prosa nella solenne accademia degl' industriosi ,o avendo preso a subbietto V ordine o sia il segreto della bel- lezaa , ebbi luogo a ricordare con lode il Baruzzi , che di re- cente ha superato se stesso coli' Eva condotta in plastica ; e ravvolgendo in mente queste idee, ebbi la mattina appresso a dettare in casa del sig. avvocato Giovanni Tamburini presi- dente dell'accademia il seguente^sonelto, che pongo qui in coia- G.A/r.LXVI. 24 itrO Varie t a* mendazione debita dei generosi e della città di Saiilerno: la quale vanta tra gli altri quel fiore di giudizio di monsiguor Tamburini vescovo di Narni , e quel lume risplendentissimo di S. Em. il sig. cardinale Gainberini , segretario di stato di N, S. per gli affari interni, Una volata in Imola la sera del la febbraio i836. Salve, del bello amica, alma ciltade , Degna patria a Innocenzo e a Cincinnato , Cbe della gloria ai figli apri le strade , E di Bartolo il senno, e quel di Plato; 3e io volo a te di studi innamorato Neil' ora che già stanco il sol ricade , Assai dell' auree cetre il suon m' è grato 4 Ma un'altra maraviglia il cor m'invade. Veggio , si veggio con questi occhi mieij La Vergin eh' a Giuseppe si disposa : Oh quanto di celeste in esso e in lei 1 (guanto nel sacerdote! E' da scarpello Eva al pomo fatai non ben ritrosa , Pronta| la salvatrice (i) è da pennello. O- Vaccouni, // libro dei salmi voltato, in versi italiani dal professore Pietra Bernabò Silorata. da Porto Maurizio. Voi. I. Bologna ti- pi della Volpe al Sassi in 8. (£" uscito il primo fascicola di pag. 5i, e contiene i primi dna uè salmi: vi ha a fi'on-. te il testo], Xj sentenza troppo comune a' nostri giorni , che la poesia è il ritratto della religione de' popoli; onde conviene che muti essenzialmente al mutare di quella. Se vi ha dunque una religioqe imniutabiie, cqnie vi ha per l'appunto, ed è quella V A U 1 E T a' 371 /ondala sulla rivelazione divina : deve esservi una poesia al- tresì immutabile , ed è quella inspirata. Essa è la poesia de' secoli , che furono e che saranno, e si addice a lutti i popoli come a tutti i tempi. Questo carattere insigne dà alla poesia sacra un pregio singolarissimo : per cui si fa come l'espressioue di una lingua universale. E che diremo dalla li- rica sacra ? Quantunque ^nota s. Ambrogio al primo de' sal- mi; la scrittura sant^ spiri per tutto la grazia di Dio: code- sta grazia si fa sentire con una particolare unzione ne' sacri cantici: i quali sono comune medicina tanto, che ognuno può trovarvi rimedio a'propri mali. I misteri del Salvatore vi sono chiaramente predetti: vedi Gesù nascere e morire per nostra salute: lo vedi ripù>sare nel sepolcro, risuscitare, salire al cielo, assidersi alla destra del divino suo padre . . . Qual cosa più gioconda e più amabile de' sacri cantici? Il popolo cristiano ne usa per benedire il Signore, e cantarlo, e ringraziarlo ; quello è il linguaggio di tutti i fedeli , la voce della chie- sa, la chiara e certa professione della sua fede, la prova evi- dente della santità della religione, il dolcissimo testimonio di sua libertà, il grido di gioia , il tripudio festevole, l'esultazione del giubilo, di che è ripiena. Mercè di questi sacri Inni sono rad-> dolciti gli sdegni , calmate le pene , dispersa ogni noia e mo- leUia: sono dessi un' armatura per la notte, una istruzione ed un magistero pel giorno: sono uno scudo ne' pericoli ... si ad- dicono ad ogni età ad ogni sesso ... Ma a dire le lodi dei sal- mi saremmo infiniti : e dove abbondano cuori gentili , dove regna l'amore dell' ordine, ogni nostra parola per più commen- darli tornerebbe superflua. Non dobbiamo però mancare di accogliere con lieto viso la traduzione del Silorata , giovane ornato di buone lettere e niidrito nello studio di Dante; di quel sommo che vola sopra gli altri come aquila, perchè prese spirito e lorza alla ycna profetica. Il Silorata sj è stretto olla terza rima : il che ò bello , ma a lui talvolta difficile , come lo è e lo sarà a chiunque traduccndo si metta troppi vincoli. Del resto non vogliamo giudicarlo , ma con- fortarlo: e ci giova por qui come saggio la traduzione del \ salmo. ZVl Varietà.' Beato l'uom che uoa è colto a rie Lusinghe di perversi, e con tenace Voglia non segue de l'error le vie j ìiè, per far onta a verità, gli (i) piace Seder maestro e malaccorte genti Di dottrina pestifera e mendace; Ma ne la legg»' del Signor conlenti Fa suoi desiri , e quella legge santa Medita si che nel suo cor s'imprenti. Ei crescerà con^e novella pianta Posta sul margo di scorrevol onda, Che in sua stagion di bei frutti s'ammanta, BJè fia che perda de' suoi r»mi fronda Per volgere di tempo: ed ogni onesta Brama gli tornerà sempre seconda. Non cosi no la gente al cielo infesta : Ma sarà polve cui raggira e caccia Qua e li furia Hi venti; e m^i non resta. p l'empio non vedrà di Dio lu faccia Nel novissimo di: per lui saranno De l'eterna bontà chiuse le braccia. Veglia intento il Signor, vede l'affanao Di chi dal buon cammin non si disvia; E quei che nella colpa e ne l'inganno Passeggia , mortp eternamente fia. D. Vaccolini {\) Ji^vece 4» S^i ci piaccrebbs Ic^'gcrc j,7. V A R I E t .x." 373 Poesie di Francesca Faldem. Bologna , tip. della Folpa ai Sassi i835 in face. 76 deditiata a S. E. R, monsignor C. E. de' conti Muzzarelli uditore della S. R. Rota. Sulla stàtua dell' Eva in plastica del prof, cai*^ Cincinnato Baruzzi, versi di Bernarda Gaspari. Ivi di face. 8. Ife Eva Cincinnati Baruzzi sculptoris ad Toannem Mdrchet- tum V. ci. Carmen Alois. Chrys osttmii f^errucci. Luci ex. off. malandriana an. MOCCCXXFT. V^uella dolce melancionia , ciba dettò al Pindemonte i cari versi delizia de' Cuori geatili , diresti avere dettate queste poesie al Valdem , che viene tìgnorai più accostandosi alla! lode di squisito scrittore. Gli argomenti sono i Sègiienti : il poeta suir Etna , la ifillu reale di Kapoli, ti convento di s. Onofrio, a Francesco Mdrosini ode , Bellosguardo , la villa Borghese ; per tacere di altri minori, Ira ì quali ci è pia- ciuto sopratrlodo un sotìeito in lode di quellK gentilissima , Giuseppina Guacci, che sa toccare t cuori colia soavità del suo stile e della sua vita. Diamo buoni conforti al Valdemy e lo salutei'emo col nome di poeta , se egli innamorato del bel sole d'Italia e dell' esempio dell* Ali ghieri , fuggirà sem- pre le nebbie settentrionali indegne al cielo, che t\àé tra l'al- pe e il mare. Lode bellissima si vuol rendere ari Baruzzi , che nel lu- tne del Fidia italiano fiorisce all' arte in Bologna: dorè la- sciate le figure mitologiche, ba posto saggiamente la mano e l'ingegno a ritrarre l'Eva auora innocente. Ben' è' felice chi ha potuto contemplare quella^ forma di paradiso: l'ha conleXii- plata l'avvocato Gasparini , ed ha salutato l'egregio scultore con un' ode , che è degna alla gentilezza dell' Eva: l'ha con- templata l'avvocato Ferrucci , e con venti esanìetri della vena di Virgilio ha cantato la nuova maraviglia si degnamente ,• che meglio forse non poteva. Ben possiamo rallegrarci colla- presente Italia , che non solo sia ricca di artisti ; ma altresìf 374 V A R l K t V ili s rittori , i quali rendono il debito onore a chi rappresénld le cose della bellezza, e ne innamora tutto il secolo. Così agli Uni ed agli altri non manchi il favore de' ricchi e potenti , che è come rugiada al liore degl' ingegni ! ( i) D. Vaccoliwì. ìSeì seguente fascìcolo del giornale nostro (i) si daranno i titoli delle cause celebri, vasta opera di cui l'illustre avv. Fa- brizio Guzzoni Ancarani vuol far dono all' Italia. Siamo certi che questa opera riuscirà giovevolissima all' istoria criminale , ed insieme a quella del cuore umano : perchè in essa coaoscere- mo quali furono le cagioni che indussero gli uomini al delitto > ed in qual modo la sapienza de' sacerdoti della giustizia lo sep- pe a sicurezza pubblica in questi punire, in altri con utili leggi preveuire. Avremo anche, non andrà molto, le sue tanto deside- rate difese originali: e cosi queste fatiche d'un si benemerito italiano mostreranno che la sua vita fu spesa utilmente, e però merita che l'Italia, al cui bene cotanto operava ed opera , glie ne sappia meriti e grado» X. (i) Sentiamo con Compiacenza , che la santità di N. S. sì è dcnata di far dono di una medaglia al eh. avvocato Fer- rucci pe'suoi bei versi latini dettati in lode del Baruzzi , che condusse con mano maestra il busto di esso regnante sommo pontefice. (a) V. il tom. 63 P. t. V A ft I E 1 a' S7S Cenai Sopra un nuono corso di filo-sofia elementare. Macerata tip. di Ben. di -dnt. Cortesi i833 : in 8 di pag. 53. Jl armi potersi definire la filosofia la scienza dell* ordine , con- siderando l'ordine sotto tre aspetti , fisico , intellettuale, mora- le: perchè l'istruzione filosofica non mi sembra inai piena , se non abbraccia l'ordine in ciascuno di quei tre aspetti. Abbiamo sotto gli occhi come un gran campo , in cui sotio da considerare tre lati , ciascuno de' quali non fa da se tutto il campcj peror- chè esso si compone di quei tre lati ordinatamente disposti l'uno rispetto all' altro. Ma quale prima , qual poi è da esami- nare di queste parti o lati, che abbiamo detto.'' La questione quanto importante altrettanto difficile terrei definita da quello spirito italiano contemporaneo a Bacone , e meriteTole di più onoranza , il quale comecché fosse volto a fondare la filosofia sulla natura e suU'esperieuza, scriveva fermamente cosi:,,// sen' „ timento che ha ciascuno della propria esistenza è il punto „ dal quale l'umana ragiona prende le mosse. „ Ed aggiun- „ geva,che,, da una parte veruno autore e veruna scuola dovea „ riputarsi scevra d'errore , e dall' altra veruna opinione > ,, benché strana e assurda in sembianza , dovea sema ac- „ concio esame rigettarsi ,, . Conchiudeva , dicendo l'espe^ vìemai y, principio del nostro sapere e guida dell' intelletto i „ abbandonata la quale caddero sempre i fdosoji in vani de- „ tiramenti , fldandgsi alla virtù della fantasia , creatrice di „ accidentali somiglianze del vero. ,, Studiando l'antica filoso- fia degl' italiani meglio profilterebbesi per noi di quello, che seguendo le moderne dottrine degli ohremcntani lasciarci tra-- scinare agli eccessi riprovevoli o dell' empirismo o dell' ideali- smo. Ma come nelle vesti e negli usi della vita, cosi nelle scien- ze , pur troppo, non pare più bello , non pare più buono se non ciò che ci piove di oltremonte : vile servaggio j dal quale dovremmo una volta discioglierci , dacché ci ha fruttato sovente non più che errori e inali giavissimi ! Si è cominciata la guer- ra, mossa air ordine , col pervertire il cuore : si è passato poi a pervertire la ragione. Percliè a toroare la pace , a volere il 3T6 V A R r t T iC trionfa dell' ordine , sarebbe ( o iii'iiii^'anuu ) da studiare sulgd- larineiitc la riforma del cuore e de' costiiiai , poi quella della mente e del pensiero. Ma di ciò ad altro tempo , e in altro luo- go. Ora deggio toccare alcun che di questi Cenni sopta un nuo- vo corso di filosofia elementare , al quale è buono augurio il vedere posta innanzi quella sentenisa di Bacone , che dice ,, Breves hauslut in philosophla ad atheisnium ducunt : largio' res (id Deum et religionem reducunt. „ Ma ecco il sunto dell' opera esporto colle parole stesse dell' autore. „ Tutto il metodo per l'insegnamento della filosofia si rl- j, solve nel dare il possesso di quell' unità sistematica , che ,, stabilisce il centro , la base , e Io scopo ultimo della scienza. i, Lo studio di questa cominciar deve dall'esame degli esseri ,, naturali. Altro peri non si può fare che classificai'li, acquis- ^, tare conoscenza de' loro principali caràtteri, e in fine studiar- „ li comparativamente. Date queste mosse conviene afferrare le ,, matematiche, e scorrerle diligentemente, per poi passar subito! ,, allo studio delle scienze fisiche , alle quali seguir deve im- ,, mediatamente quello dell' organismo dell'uomo e di tutti gli ,, animali. Compiuto l'esame fatto sopra tutte le parti del mon« ,, do esterno, conviene passare nel mondo interno, facendo pri-" „ ma di ogni cosa conoscere in che egli consista , e quale sia la ,, sua natura e il suo stato; quindi presentando la storia na- ,, turale dell'intero oggetto fissar si deve attenzione alla mec- „ canica della sostanza pensante, sviluppare lutto ciò che ri^ ;, guarda l'ideologia , la psicologia , e la teosofia , compiendosi ,, la parte speculativa della metafisica colla psicologia com- ,, parata. Nella sua parte pratica tutto si riduce allo svilup- ,. pò della fisiologia , della patologia , e della terapeutica del ,, cuore umano. Esaurite in tal modo tutte le parti della filo- ,, fia sì interna che esterna , conviene raccoglierle e riunirle j, tutte in un centro , ripassando in rivista e confrontando j, insieme quanto si conobbe partitamente nel modo indicata ,, dai citati esempi , dal quali si può facilmente rilevare il cam- ,, mino da farsi per glugnere a riportare ogni cognizione al ,, suo centro corrispondente , e quindi formare il gran siste- „ ma dell' unità , che l'essenza forma della vera filosofia / Varietà' 37T )j Plnalmente un confronto analitico fatto tra la rivelazio* j, ne e le scienze suggellar deve tutte le verità mostra- ,, te colla ragione , e unire ìil perfetta alleanza la religione j, colla filosofia. Raccolti poi in un punto di vista i princi- „ pali vantaggi , che risultano da un tal metodo d'istruzio-" ,, ne , ridotto iri pratica, ne scendon subito alcune norme op- ,, portune , e si vede qual sia la conclusione di tutto. Qu(n j) sta è tutta la prima parte speculatoria direttrice dell' opera. ,, Tien dietro la seconda parte già sviluppata particolarmente , ,j che si restringe solo all' ontologia empirica ^ ali* algebra e )j geometria , e ad una breve parte della filosofìa dello spinto ,, riguardante la logica e la teosofia (ij. ,, Giudicheranno le savie e discrete persone se sia buono il metodo, e buone tutte le novità proposte. Noi abbiamo già innanzi raccomandato , che il cuore si formi e poi lo spi- rito degli allievi , secondo è bisogno al nostro tempo ^ col fine di renderli prima buoni , poi dotti. Del resto ci giova ram- memorare quel detto di Bacone , che ,, essendosi alla perfine il metodo empirico maritato al razionale t composte si sareb- bero a Ipace le intelligenze morali. „ D. VACCOWNt. (i) Non ponno approvarsi i nomi di meccanica della so- stanza pensante , comecché a pag. 24 vi sia la dichiarazione: se così è lecito esprimersi. Anche i nomi prèsi dalla medi- cina , come fisiologia , patologia , terapeutica del cuore uma- no , non sono da ammettersi , sia perchè non necessari ^ sta. perchè pericolosi , come i savi conoscono. 378 Varietà' Sui dimagramenio de' terreni che rispetto al frumento pOi' sono operare il formentone e la canapa. Consideraiioni di D. Paoli presentate all' accademia agraria di Pesa, ro. Pesaro stamperia Nobili i835. Storia napoletana dell' anno 1647 ^'^'^itta da Michele Bai-- dacchini. Lugano i834. J-1 eli. sig. conte Bomenico Paoli ha dato più saggi delle sue dottrine agrarie in altre opere, che faano pur lode alle sue ricerche di pubblica utilità. La presente memoria fu scritta dietro contestazioni , che insorgevano su* particolari di quella città: che è quanto dire, che queste considerazioni emanano da' fatti , senza i quali le scienze fisiche non sono che chi- mere , o bugiarde deduzioni di capricciose fantasie. La storia napoletana del 1647, ^ meglio i pochi giorni della rivoluzione dell' anno anzidetto , sono certo famosi per la qua- lità delia persona , salutari per la severità dell' esempio , me- morabili sempre per la loro importanza. Ci duole peraltro che gli scrittori di questa età non sappiano o non vogliano ne' loro racconti tralasciare di far memoria di alcune cosucce, delle quali, perchè incidenti , potrebbe starsene senza. Intanto con questo mezzo o si scostuma la classe , che tanto interes- sa alla società , eh' è la gioventù , ovvero si offende la i'et- titudine de' principii morali pubblici , che buoni o cattivi che Sieno , non tocca a un privato giamnlai di attaccare con armi velenose e maligne. La verità è una bella donna che se fra 1a folla non si scuopre , si manifesta però tutta in una vol- ta , allorché se ne sviluppa , o si mette a ordinato confronto, L'uflicio storico è bensì la verità, ma à mestieri atteggiarla ai bisogni del tempo. A. M. Varietà' 379 kicambio di amicizia nelle nozze Romagnoli e Donati. Pesa- ro i835 per Nobili. In morte di Francesco Ginnasi ec. elegia latina del prof. Cesare Montalt'i , recata in terza rima daW ab. Giusep' pe Maccolini. Rimini i836 tip. Marsoner e Grandi. diretto il ricàmbio dell' amicizia al marcLese Ales-' Sandro Baldassini , giovine delle più belle speranze , che mai desiderare 'si possano in chi si avvia pel sentiero delle lettere : come ci fa istruiti il marchese Melchiorre Romagnoli nella de' dica , eh' è pur hene scritta e spira molta soavità di concetti , pari al capitolo , che va ripieno di molta forza dantesca e di leggiadri pensieri. L'elegia latina del Montalti è dedicata al conte Giovanni Poverella dal traduttore ; ma l'autore la diresse al cav. Dio- nigi Strocchi uomo letteratissimo. Certo il Montalti ha molto valore in questo modo di verseggiare. Una spontaneità di espres- sione , una dolcezza di pensieri , una precisione d'idee sono attributi costituenti il vero bello. E queste doti non mancano di avere un luminoso posto in questa elegia, degna di essere letta da chi coltiva volentieri gli inimitabili modi del Lazio A. M. INDICE DELLE MATERIE CONTEMITE NEL TOMO I.XVÌ DEL GIORNALE ARCADICO. . SCIENZE. Costa , Osservazioni sul moderno eccletfi- cismOi. /?. 1 — Passini^ Aneurisma delT arteria hrachiale. p. 5 — ■ Medici^ Sul mede di fegato eCt p. 15 — ' Mazzoni Toselli , Storia del foro criminale di Bologna. p. 34 — Pianciani , Cristalli termelettrici. p. 38 — Cassi , Ospizio degli alienati in Pesaro, p, 50 ** Santarelli^ Congetture suir infiamma: ione, p^ 54 — Cappello, Lettera sulla sua opera del cho- lera morbus ec. p* —^ 257 Borelli , Principali malattie Curate da lui negli anni 1833 e 1834. p- — 2T5 Leonardi , Sopra alùuni morbi gravissimi da lui curati. p* — 20T Emiliani , Sul contagio del c/iolera mor ■ bus. p. — 2U5I LETTERATURA. Dissertazioni dell' accademia romana di ar- chologia , tomo V. p. \\\ ^ Moràani , Illustri ravegnani ( continuazio- ne) . p. 126 - Dal- Bono ^ Discorso eC. p. 158 — Cardinali , Di alcune opere epigrafiche^ p. 1 66 —■ Franceschi Ferrucci, Lettera a F. Ranalli.p. 186 — risconti , Lettere inedite sugli scavi di FulcL p. 11)2 - Cardinali , Di alcuni celebri musei di an- tichità figurata. />. 19G -^ Biondi^ Traduzione dell' elegia V del lib. Il di Tibullo. p. — 305 Aldini , Gli antichi marmi comensi. p, — 3 1 5 f^accoUni , Dell' ordine a sia del segreto della bellezza. p. — 332 Fabi -Montani, Elogio dell' ab. Marsella. p. . — 333 Tommasini , Operette morali. p. •;— 34I BELLE ARTI, Biondi , Battaglia di Costantino disegnata da Raffaello. p. 24T — Cardinali , Sulla Pinacoteca dell' accade- mia veneta illustrata dal Zanatto, p. — 3riO yarietà. Tavole meteorologiche.