aasaaaasBBsm ^*. GIORNALE 4> DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI *%f. a65, a66, aG;. ROMA TIPOGRAFIA DELLE BELLE ARTI i84i S'C^^S^"^ 3S.ÌI Ì^'ll^i4" GIORNALE D I TOMO LXXXIX OTTOBRE, NOVEMBRE E DICEMBRE ROMA TIPOGRAFIA DELLE BELLE ARTI 1841 SCIENZE Intorno ai due ultimi trattati del corso di filo- sofia del signor ab. Antonio Giusti professore nelVI. R. liceo di Venezia. Lettera critica del p. Giambatista Marrocu M. C..^ professore di teologia nella università romana ^ a sua eccel- lenza reverendissima monsignor Antonio Tra- versi patriarca di Costantinopoli etc. c, lon tanto piacere dei dotti, che in Italia figurano il più, come voi ne siete bella prova, monsignor mio stimatissimo , vennero a pubblica luce il secondo e terzo trattato, che sono gli ultimi del corso di fdo- sofia impresso in Venezia nel iB3g coi tipi del Mo- linari. Queste due produzioni già prevenule dal de- siderio comune per le molte lodi, che se ne dissero anche dai nostri giornali nel 1887 ( Vedi giorn. ar- cad. voi. 21^', art. 4) quando si ebbe primamente l'esposizione della logica, accennano al merito incon- trastabile del veneto autore sig. ab. Antonio Giusti, come appunto quel primo trattato logico bastò di per se a conciliare assai della stima agli altri due, ch'egli ^ Scienze ci avrebbe di poi scritlo per completare il suo corsa. Io non dissimulo, monsignor veneratissimo, essere inu- tile più che non è egli malagevole a vostro riguar- do, ch'io prenda a disaminare ed illustrare con cri- ticiie osservazioni questi ed altri tali lavori fdosofi^ ci, di che voi stesso siete giudice impareggiabile per la profonda ed ampia scienza, che vi distingue fra ì primi lìlosofì del nostro tempo ; o che io prenda a trattare il merito degli autori innanzi a voi autore già notissimo in Italia e fuori, per quelle opere spe- cialmente con che onoraste e la dignità vostra e la letteratui'a italiana; perciocché ricevette da voi nova- mente illustrate con bella luce le teorie difficilissime della fisica. Non pertanto egli non potrà essere che buono per riguardo a me, se io v'intitoli questa epi- stola , onde almeno sottoporre al giudizio vostro le poche riflessioni, che ho fatte leggendo avidamente i trattati, di che parlo. Il quale vostro giudizio, avvegnaché favorevole, terrà luogo certamente di sublime lode allo stesso au- tore sig. Giusti, che prodotto per opera vostra ad es^ sere professore, qual volealo il suo merito, per ogni diiitto vostro e suo vi debb'essere amico; non mena che di grazia singolare, ond'io vi debba essere tenu- to per la nobile e delicata gentilezza del vostro ani- mo, che non isdegna di accogliere questo, qaalch'egli siasi, pubblico attentato del mio rispetto alla insigne persona che voi siete e per dignità e per sapere. L'ontologia, la psicologia, la teologia e la cosmola- gia fornirono la materia delt'un trattato, che il eh. autore divise in tre libri distinti intitolandoli col no- me di mrtafisica, a cui è sottoposto il contrassegna delle parli priina^ seconda^ terza^ quarta^ Nell'ai- Corso di filosofia ec. ^ 11*0 trattato è tutta Velica, che si contiene scrÌLla in un solo libro. Dopo ciò eccomi , monsignore stima- tissimo, al mio proposito. Il libro sulla ontologia del sig. Giusti fissa a parer mio una particolare attenzione, non tanto per la perspicuità dello stile in che è dettato, e per l'or- dine bello che vi risplende in ogni parte, quanto per le profonde speculazioni, per gl'invincibili argomenti^ e in fine per le dimostrazioni veramente esatte di cui è fornito. Vedesi di leggeri, che l'autore sul fonda- mento delle teorìe da lui già sposte nella logica in-^ torno a vari punti ha un impegno suo proprio , e certo lodevolissirno , perchè non mostra servilità di opinioni, ma la vera gloria delia verità, di confuta- re l'intemperante critica, a cui venne da celebre fi- losofo assoggettata l'ontologia, e di vendicare questo ramo di scienza metafisica dalle irragionevoli tacce appostelesi non so per qual genio di novità, che me- na talvolta ed affascina anche i grandi uomini. Ceiv to il sig. barone Pasquale Galluppi, che veramente è chiarissimo nel nostro secolo, in varie sue contem- plazioni ha tentato di mentire alla ontologia le sue verità, e d'illuderne i trattatisti, onde venissero a tra- sformare in leggi reali delle cose in se quelle che al- tro non sono, che semplici leggi logiche ; talché ri- guardassero come oggettiva al di fuori dello spirito quella necessità , la quale non è più che soggettiva in riguardo al suo modo di concepire. Con che non si pregiudica menomamente il nome insigne del sig. Galluppi, il quale pensa giusto de'suoi libri, come il poeta filosofo giudicava degli uomini che : P^itiis si-- ne nemo nascitut\ optimus ille est, qui miìiimis ursretur. G Scienze Pertanto il sig. Giusti ci si manifesta in tali con- Ivoversie, che tanto importano, quanto l'assegnare i principii fondamentali degli umani giudizi , per uo- mo qual'egli è profondo assai nel pensare, unendo alla giustezza delle sue ponderazioni una felicità non co- mune in esprimere con segni chiari e precisi ciò eh' egli sente. Vonno essere lette specialmente le sue no- te addizionali al capo I del detto libro per l'impor- tanza delle cose che offrono. Mella prima ( lett. A ) l'abbaglio del Galluppi, che imputava, come abbiam detto, alla ontologia : il far consistere la realtà in ciò solo che ha esistenza nelVessere indipenden- temente dalle nostre percezioni : è fatto vedere ad evidenza ; perciocché prova l'autore con inconcusse ragioni, che non debbon mai qualificarsi (nel modo ch'ei dice ) i difetti da ciò che possiamo affermare tro- varsi nelle cose. E quindi appunto nella nota (lett. C) toglie a dimostrarci in qual conto debba essere pres- so gli ontolugi la giusta ed esatta classificazione del- l'uno e dell'altro genere di nulla, sebben riguardata qual cosa frivola dal sig. Galluppi; del quale pur veg- gonsi ingiuste le accuse contro a Wolfio ed a Stor- chenau. Questi aveva insegnato che: V impossibile as- soluto è inabile ad esistere'^ al che il Galluppi si oppose accusando ae di errore filosofico l'autore, per- chè, com'ei pensa, con quelle si attribuisce al non- ente un predicato, cioè l'inabilità. Ma con quale fa- cile risposta il Giusti non attacca e distrugge l'inu- tile accusa ? Di grazia, egli dice al sig. Galluppi , raffermare d^nn possibile assoluto V inabilità è egli un attribuire al non-ente un predicato, o non piut- tosto un negarglielo ? Inabilità è nozione negati- va di abilità \ ossia il pronunciare che un non- Corso di filosofia ec. m ente è inabile è lo stesso pronunciare.^ ch'egli non è abile; che^ come ogn\iltro predicato.^ così ne pur quello gli compete di una qualsiasi idoneità. On- de felicemente deduce dallo stesso assioma ontologi- co : non-entis nulla sunt praedicata : allegato in fa- vor suo dal Galluppi contro la proposizione di Stor- chenau, quanto voglia essere falsa quell'accusa egual- mente che vera questa proposizione. In questo modo s'inoltra il sig. Giusti penetran- do passo passo per entro le piia astruse quìstioni sem- pre coerente ai suoi principii, e sempre valoroso nel saperli applicare e difendere. Sono belle egualmente che interessanti le altre note ontologiche; quella spe- cialmente che vedesi nel capo II ( lett. G. ), in cui egli dimostra persistere senza niuna alterazione Ves- senza^ mentre la natura e suscettibile negl'individui di varie abitudini e cambiamenti; e però essere uti- le e non vana, come il sig. Galluppi diceva, la di- stinzione tra essenza e natura; perciocché niuna ev- vi ragione di qualificare per inutili que'vocaboli, che diremo piuttosto necessari alla proprietà del discorso. Quella sotto il capo IV ( lett. K ) che tratta egre- giamente di sulle relazioni dette da Emmanuele Kant modi di pensare dello spirito- e non modi delle cosCy approvandosi tal dottrina dal sig. Galluppi; tal- ché debba dirsi, giusta le sue parole, che le relazio- ni niuna hanno realtà fuori dello spirito. Sul che s'intertiene il eh. nostro autore, e mostra con sana critica l'errore di quella opinione. Infatti, com'egli si esprime, un tutto fisico é certo in connessione col- le sue parti; avvegnaché un tutto dev' essere in ne- cessaria dipendenza dalle sue parti non altrimenti che un effetto dalla sua causa. Ma perchè le parti con- 8" Scienze corrono a costituirlo per un tutto oggettivo ch'egli è, debbono essere tra loro con certi modi disposte e col- legate. E dunque un cotal tutto in connessione pur coi modi, onde le sue parti coesistono. Che se dun- que egli è reale, non è dubbio, che sieno reali an- cora tali modi. Dal quale raziocinio deve dunque se- guitare, che il rapporto tra il tutto e ciascuna delle sue parti non è una pura veduta dello spirito , ma un rapporto veramente fondato sopra un che d'ogget- tivo che a lui offresi, e non che da lui si apprende in forza della sola sua attività ; sicché lo spirito è in ciò spettatore e non conoscitore, giusta l'espres- sione stessa del sig. Galluppl, che il eh. autore con- •vince d'incoerenza. E inoltre a vedere la nota al capo XIII (lett. Y) per cui è vendicato il Clarke, nonché gli altri on- tologi dalle critiche del Galluppi intorno alla neceS" sita ontologica. Ivi è dimostrato^ che le illazioni di questo critico filosofo avrebber luogo , ove il fon- damento dell'esistenza del sommo autore si riguar- dasse come estraneo da lui (donde nascerebbe la di- pendenza in chi è assolutamente indipendente, perchè necessaiio ): mentre all' opposto riponsi unicamente nella necessità medesima della sua natura. Qualora se ne riguardasse la ragione qual principio, onde de- rivarla, come da causa, mentre al contrario si pren- de nel preciso senso di ciò, onde inlendesi essere ta- le la sua esistenza, che implica una manifesta con- traddizione il concetto della sua non esistenza. Laccio per brevità le note apposte al capo I ( lett,, B ) contro 1' opinione de' cartesiani intorno alla possibilità, eh' essi unicamente soglion ripetere dalla causa efficiente, rigettando ogni possibilità in- Corso di fu.osofia ec. 9 trìnseca; ed al capo XI ( lett. V ) contro l'errore fi- losofico di Hume, che parlando di causa e di cau- salità la definì : un oggetto talmente seguito da un altro oggetto i die la presenza del primo fa sem- pre pensare al secondo. La quale teorìa, se ben vi si rifletta sopra, è utilissima a sovvertire da'suoi fon- damenti la filosofia. Queste poche cose da me accennate bastano as- sai a provare i pregi del libro di cui parlo, nel qua- le il signor Giusti si dà a conoscere per uomo, che colle sue viste si estende a tutto il mondo filosofico, e che non soffre, a danno della gioventìi nostra, la- sciare inosservalo il menomo punto delle teorìe on- tologiche, a cui è connessa quasi ogni verità. Sono profonde ed ingegnose le sue osservazioni altrettanto che veritiere le teorìe che ne risultano; talché non dubito di asserire, che il Giusti sarà sempre innan- zi a molti dei rinomati filosofi del nostro tempo per ciò specialmente che spetta all'ontologìa. Il secondo libro della metafisica, di cui è argo- mento la psicologia^ non potrà non essere bello , e non giudicarsi utilissimo alla nostra gioventù, leggen- dosi da chi per l'una parte conosca l'importanza gran- de delle verità psicologiche unite necessariamente a quelle della morale dell'uomo, e per l'altra sappia a qual pericolo menino in oggi le densissime oscurità ( indizio di errore nel sistema kantiano } di pensieri non solo, ma pur di modi per gli anfratti d'inibro- gliate nomenclature, in cui si querelano di abbattei'si ad ogni yjasso coloro, che vi s'ingolfano ad istituirne Un esame. Egli è vero che questo lavoro del sig. Giu- sti non viene il primo a combattere e vincere la cri- tica della ragione pura, che quel pensatore originale IO Scienze del si^. Kant produsse non per terminare le lunghe quistioni tra i filosofi di contrario partito, ma per muo- verne delle nuove, e moltoppiù difficili a sciogliere. Non pertanto dopo le grandi opere del sig. Degeran- do e del sig. Galluppi, quella del Giusti ha saputo trovar luogo tra esse, sia per le molte cose del tutto nuove, sia ancora perchè l'autore ha raccolto, qual ape ingegnosa e dal sig. Degerando e dal sig. Gallup- pi, quel che di meglio aveano pensato que'celebri fi- losofi per confutare il sistema di Kant; e tutto que- sto ha egli scritto nel suo libro di psicologia con tal oi"dine e chiarezza, che gli attribuisce il merito stes- so della invenzione. Che severo meditare sulle idee sfuggevoli del germano filosofo ! K per l'opposto che chiara idea ci offre il Giusti dei pensieri oscurissimi di Kant ! Dopo classificate a sua posta le teorìe kantiane, che si compendiano in tre distinti problemi così enun- ciati : I. Una conoscenza ragionata è ella possi- bile ? € come lo èì II. QuaVè il mezzo di distin- guere nelle nostre idee la parte ^ che a se som- ministra lo spirito, come suo proprio lavoro , e la parte y che, come materia, gli è somministrata dagli oggetti ? III. Come Vesperienza è possibile"^ com^è possibile una metafisica"} il eh. autore colla face della critica esamina nel suo proposito le solu- zioni di ciascun problema , ne rileva gli errori , e questi corregge, o rigetta del tutto, sostituendovi le verità che debbon seguirsi. La giudiziosa restrizione, ch'egli ha fatto della dottrina di Kant a' suoi punti principali, rende sensibile , e come a dire palpabile la loro incongruenza e falsità; e quindi toglie quell' illusione dell' apparato imponente, onde il germano Corso di filosofia ec. if filosofo col suo preteso trascendentalismo pensava (li additare l'unica via, a tutti gli altri ignota, di pro- cedere con sicurezza nelle fdosoflclie inquisizioni. On- de infine seguendo le sane dottrine del sig. Giusti dobbiamo anche una volta ripetere , che il Kant avendo pensato dì piantare una novella scuola, che additasse la giusta via al retto filosofare tra le varie nemiche sette de'raaterialisti, degl'idealisti, degli em- piristi, de'razionalisti, degli scettici, e de'dommatici, pel difetto di un tipo reale in corrispondenza ai con- celti da lui riguardati, come puramente soggettivi nel combattere gli errori del sensualismo , inciampò in quelli dell'idealismo: latet angids in herba. Senonchè io perverto la lettura di questo li- bro di psicologia toccando tali cose, che formano il soggetto dell'appendice i, aggiunta al II capo del- le materie. Che sebbene nell'attenzione, in che stan- no tutte le moderne scuole, quest'argomento sul si- stema di Kant debba offrirsi quasi per primo, e piìi che altro interessante, pur nondimeno meritano par- ticolare osservazione anche gli altri argomenti , su cui versa egregiamente 1' intero libro. Mi ristringo per brevità ad accennarne alcuni. Dopo trattata la semplicità^ spiritualità, im- mortalità, origine dell'anima, e dopo smentiti gli errori relativi de'moderni fisiologi, che confusero mi- rabilmente colla intellettuale la vita vegetale dell'uo- mo sulle tracce del celebre naturalista Cabanis (nel- la sua teorìa de^ rapporti del fisico e del mora- le delV uomo ) ; del Leibnizio , che con non al- tro sostegno che quello del suo sistema mise in mostra l'opinione : della preesistenza delle anime ne' rispettigli germi ec. j dell'autore di recente opera %2 Scienze intitolata: Lezioni filosofiche (Venezia 1 833, coi ti- pi Merlo ): il quale dà vista di seguire, o almeno di riguardare come il meno opposto alla ragione il si- stema di Origene; il nostro autore, venendo al ca- po IV della sua psicologia, discorre da gran filosofo delle facoltà di aver sentimenti, e degli appetiti. Dico da gran filosofo per l'esattezza dei giudizi eh' egli esprime intorno alle semplici cose ch'esse sono il dolore^ il piacere^ V appetito, V avversione ^ le passioni. Semhrò cosa indifferente a molti de' filo- sofi e de'retori, che ne'loro trattati s'impegnarono a definire il dolore, per es,, ed il piacere , siccome anche ai trattatori del gusto ^ che ridondano di defi- nizioni circa le cose più semplici. Peraltro la piìi parte di queste definizioni ha molti errori , e quel che più monta si è , che siccome ima definizione tiene luogo di principio fondamentale nella dimo- strazione di una cosa, attesoché essa ne dev' espri- mere la natura , cosi in varie definizioni erronee si è avuto il seminario di mille errori. Il sig. Giusti ha penetrato il fondo di questo vero: egli fa vedere di essere persuaso non solo del pericolo grande , a cui menano queste definizioni, ma molto più della ninna utilità che se ne possa ritrarre. Se tu mi de- finisci il dolore o il piacere, darai forse più chiara idea di questi due sensi ? Essendo semplicissima in se, già è chiara l'idea dell' uno e dell' altro senso , quanto forse non la renderebbe chi volesse definirla. Del resto, sarà egli un problema, o no , ^e queste semplici idee si definiscano ? Il Maupertuis pensò, come ben si esprime l'au- tore , di definire il dolore ed il piacere : ( questo ) una percezione cui Vaninia ama di non provare Corso di filosofia ec. i3 pìuttostoche di provare: ( quello ) una percezione^ cui V anima ama di provare piuttostochè di non provare. Con questo giro di parole qual definizione ci ha egli dato ? Dov'è il carattere proprio e del pia- cere e del dolore ? Maupertuis pensò di definirli. Quanto poi alla natura del piacere , che il Locke pose in rapporto coU'alleviamento, o l'esenzio- ne, del dolore, il nostro autore assegna le giuste idee che debbono aversene, esponendo il senso genuino di quel filosofo. Quindi combatte il Verri, autore dell' indole del piacere^ con tutti coloro che ammisero assolutamente, non darsi piacere senza che sia pre- ceduto da dolore; ed anzi il piacere non essere più, che la cessazione del dolore : facendo vedere una malintesa applicazione di ciò che soltanto spetta a taluni casi particolari, indistintamente a tutti. Lascio i tanti altri motivi degnissimi da essere ricordati in questo capo a lode dell'autore. Segue il capo V che versa sulle più intralciate quistioni della psicologia, la quale in ciò specialmente è in rapporto strettissimo coi dommi sagrosanti della religione. Tratta cioè della volontà umana. Il eh. autore dopo avere esattamente distinte le nozioni che appaiono identiche della volontà e del desiderio, che peraltro lianno un valore ben diverso l'uno dall'altro, passa a provare con ogni bella ragione quanto la vo- lontà umana abbia di suo proprio il determinarsi elet- tivamente, talché sia cosa libera per lei o 1' appeti- to , o l' avversione a qualsiasi cosa. Né questa po- tenza essere risultato di altra potenza egli chiaramen- te dimostra contro l'opinione di Locke ; né doversi ella riporre nudamente nelV intelligenza e nella spon^ taneità a determinarsi per propria forzai contro la V^ Scienze dottrina di Leibnizio ; per la quale dovrebbe ammet- tersi l'appetito dell'animo essere già determinato dal- la sua ragion sufficiente , che fondasi nel bene ap- preso: e quindi i conseguenti atti, in cui l'animo pro- rompe, nulla essere pila che moti spontanei, su cui non può egli avere dominio alcuno ; la qual teorìa mentisce tutto il valore della umana libertà. Sono lunghe ed interessanti le altre particolari osservazio- ni, che leggonsi nel seguito di questo capo. Ma so- prattutto vuol essere letta la nota addizionale ( lett. D ) nella quale con un ricco corredo di argomenti i domrai di Leibnizio e di Locke sono assoggettali a nuovo esame, e contro ad essi è nuovamente dimo- strata la grande verità del libero arbitrio dell'uomo. Queir argomento che i distruttori della libertà produssero e riprodussero, presumendo di dimostrarla incompatibile nell'uomo colla prescienza infallibile di Dio, è sciolto con somma chiarezza e precisione; per- ciocché dimostra l'autore essere cotesto argomento co- sì inconcludente, che il nome stesso di prescienza è nome del tutto improprio per conto di Dio. E giu- sto egli è ben che si persuada ognuno di questo ve- ro ; avvegnaché, per conto di Dio, passato e futuro nell'ordine degli eventi, che a noi offronsi successi- vamente, non è ne può essere per la sua essenza in- finita ; egli non prevede, ma vede in un puro alto tutte cose per noi future. Onde se la prescienza di Dio toglie la libertà dell'uomo, conchiude il eh. au- tore sul fondamento delle teorìe stabilite , che dun- que l'uomo è libero, perchè Dio non dicesl previso- re o presciente se non impropriamente, e soltanto per conto dell'uomo, non per conto di se. Nel qual soggetto di discorso l'autore ci sommi- Corso di filosofia ec. i5 tiistra un bel quadro a vedere in contrapposto ai ca- villosi artifizi , onde il celebre Roma gnosi sur un suo articolo inserito nella biblioteca italiana ( nu- mero 171, marzo i83o ) contrasta il valore di qual- siasi argomento, die possa prodursi a provare il li- bero arbitrio dell'uomo, presone il motivo da un Sag- gio di filosofia teoretica del sig. professor Grones (Venezia tipografia d'Alvisopoli 1826 ) , contro del quale sono dirette le mire del Romagnosi. E que- sto quadro si ha nella nota addizionale ( lett. E ) che bastami per brevità di avere accennato. La terza e quarta parte della metafisica del sìg. Giusti è riunita in un sol libi'o. Quella ha per sog- getto la teologia, questa la cosmologia. Quanto alla prima sembrami essere il più bel punto di vista, in che debbasi scorgere l' autore , quel terzo capo ( ed ultimo ) in cui si parla della pro^i^idetiza di Dio. Le obbiezioni di maggior conto sonovi esposte, esa- minate e smentite. Ma soprattutto quelle maliziose e seducenti avanzate da Bayle, che è convinto di pir- ronismo^ formano un particolar merito al eh. autore. Perchè il Bayle riputava grande la quistione sull'e- sistenza dei due principii, secondo la stolta opinio- ne de' manichei ? Perchè nel suo dizionario sull'ar- ticolo de' Paoliciani , dopo aver egli presentati dall' una parte gli argomenti degli avversari, dall'altra egli si mostra imbarazzato assai a rispondervi ? Perchè , come ingegnosamente si esprime l'autore, troppo im- portava a Bayle d'esagerare la difficoltà di combattere l'opinione de'manichei, onde favorire se non essa, ma per essa il pirronismo, che campeggia in tutte le sue opers. Spiata l'indole di quello scrittore sedizioso, esa- i6 Scienze minati i caratteri (leiruomo di mala fede, che con- traddice allo stesso intimo senso, che detta dorami i più ripugnanti a ragione , che con vive e commo- venti immagini, con seducenti comparazioni sorpren- de lo spirito de'suoi lettori, veggonsi ben diverse da quelle , che ravvisaron taluni uomini superficiali e leggeri, le obbiezioni di Bayle in rapporto alla prov- videnza di Dio. Il sig. Giusti ti mena ad esaminar- le in ciò che esse sono veramente, e non in ciò che colpisce ed abbaglia la vista degl'incauti, che si fan- no illudere dall'apparenza delle cose. E questo suo esame vale a guidarti a quel retto giudizio, che dee portarsi dalle ridicole obbiezioni di Bajle. Queste so- no molte di numero, e grandi assai per apparenza , ma da non doversi temere menomamente, e veggonsi raccolte dal nostro autore, che l'estraeva dai vari ar- ticoli del dizionario filosofico di Bayle, Epicure, Liicrece, Pjt'rhon, JRit/ìn; degli altri, che riguarda- no Origene, i Paoliciani\ dalle opere : Pensées di- verses sur Ics comète s; Continua tion etc. Reponse aux questions d'un provincial etc. Fu riputata d'un nodo inestricabile questa dif- ficoltà fra le altre del Bayle : Se Dio è benefiico e sommamente buono, e desidera la felicità delV uo- mo, perchè volle o permise tanti mali nel mondo, and' è infestata la nostra vita? perchè creò V uo- mo capace di peccato, acciò trovasse in esso la sua perdizione ? A cui corrisponde quest'altro dot- trinale : La libertà nelVuomo, cKè per abusarne, è un dono fatale; Dio dunque non dovea mai dar- la alVuomo nella previsione delV abuso ch'era per farne. Eppure con tanta facilità se ne fa vedere il vizio e 1' assurdità eh' esse hanno pelle risposte del nostro autore. Corso di filosofia eg. i^ Quanto airultima parte la cosmologia^ divìsa in otto capi, vuole anch'essa le sue particolari lodi per ciò specialmente che riguarda il capo ITI, Sulle il- lazioni del nesso delle mondane cose: ed il capo IV, SulVorigine del mondo. Nel primo si hanno le principali questioni egregiamente dall'autore istituite per dimostrare la connessione delle cose mondane, da cui dev'escludersi il caso e la fortuna, con ammet- tere inoltre, che niente accade per salto nell'uni- verso. Il discorso sulla continuità offre delle cose molto belle ed interessanti, per la critica specialmen- te a cui è assoggettato l'autore della Contemplazio- ne della natura e della Palingenesia , il Bonnet , a cui pure è rivolta la nota addizionale ( lett. B ) al capo suddetto. Questi, che seguita le tracce di Lo- cke , opinando non essere impossibile che la mate- ria pensi, non dubitò, per la teorìa gh'egli stabilisce sulla continuità base della sua opera, di asserire ido- nei gli esseri almeno organici, mediante un progres- sivo sviluppo, ad una perfettibilità indefinita; nel che egli non conobbe differenze tra generi e generi, che pure è essenziale. Poetici cambiamenti costui ha idea- to in tutti gli esseri viventi dal muschio e dal poli- po al cedro ed all'uomo ; nuove gerarchie che avran luogo per le ostriche e pei polipi nei loro cambia- menli rispetto alle specie piia elevate, come è nella presente la gerarchia degli uccelli e de' quadrupedi ri- spetto all'uomo. E giusto, come si esprime il eh. au- tore, potranno trovarsi nella universale restituzione degli animali de'Newtoni e de'Leibnizi tra le sciraìc e gli elefanti, dei Perrault e dei Vaubau tra i casto- ri; le quali strane ipotesi, che dettero materia al si- stema egualmente strano del Bonuet , esposte dal G.A.T.LXXXIX. a l8 S e I 8 N Z E nostro autore, coTTipariscono per quello che sono, cioè forme di una visione chimerica, parto di esaltata fan- tasia, non di fdosofo che ragioni. Nell'altro capo IV passa l'aulore a dimostrare la nullità delle tante opinioni, che falsi cronologi mi- sero in campo, non per assegnare la vera epoca del mondo, ma piuttosto per gittar le menti nella con- fusione e nel disordine, col pretesto di sgomhrar la caligine de'pretesi pregiudizi. E questa è la teorìa che più interessa in questo capo: tralasciando le altre, che tratta l'autore in antecedenza per persuadere la con- tingenza del mondo, e però il non esser' egli prodotto da Dio ab-f'tcjmo. Saranno helle a chiunque legga le molte erudizioni, ond'è piena la nota ( lett. C ) addizionale a questo capo. Il pentateuco di Mosè è difeso dal eh. autore contro gli attacchi di tanti scrittori, de'quali ormai la- gnasi il mondo stesso nel vedere assoggettata la sua origine a tante false opinioni , a fante disquisizioni l'una più vana dell'altra, a tanti dommi pronunciati a dispetto di ogni sano giudizio. La scoperta di due zodiaci in Egillo; i calcoli, a che si venne per certi segni, che dissero indicare il solstizio di estate nella costellazione di Leone, per cui ostando la precessio- ne degli equinozi, questo solstizio non poteva essere avvenuto, che circa quaranta Geculi innanzi; ed altri tali fatti longevi di alcune nazioni, forniscono la hel- la materia di questa nota. L'antichità degli egiziani è smentita; le immaginose teorie di Burnet, Wiston, Woodrvard, Buffon, sono qualificate per meri roman- zi. Certo se questi autori a più delle loro teorie, che fanno da se stesse travedere l' errore , non avessero per contrari altro che se stessi, ormai le opere di Da- Corso di filosofia ec. in maillel, di TalliameJ, di Patrin seguace di Keplero e di altri tali che produssero meglio di ottanta siste- mi in genere di geologia l'uno diverso dall'altro , e tutti contrari, bastano a caratterizzare per falsari que- sti cronologi del mondo così , die giusta 1' ingenua espressione del sig. Cuvier non si pronuncia al pre- sente il nome di geologia senza eccitare le risa. Ma io invito alla lettura del sig. Giusti, piutto- stochè prolungare piìi eh' ella non è questa lettera: bastandomi solamente di ripetere, che in tutto que- sto trattato, siccome in ogni opera del sig. Giusti , ammirasi una semplicità, una chiarezza , un ordine che veramente in poche opere se n'ha la somiglian- za. Vi trovi essere tutto collegato strettamente , ed applicarsi con somma maestria gli stessi principii alle diverse quislioni senza la menoma alterazione ; tal- ché essi conservano sempre lo stesso aspetto, sebbe- ne veggansi situati in diverse posizioni. Nel che si ha un bell'indizio ch'essi non sono erronei; ma che hanno in se la verità, e sono utili a dimostrarla. Toccherò di volo il terzo trattato, che riguarda l'etica contenuta, come accennai, in un sol libro. Il piano di trattazione, a cui, come il più dicevole, si è appigliato il nostro autore si è quello di far ve- dere nel capo II qual sia la vera destinazione dell'uo- mo, e quindi la connessione de'suoi doveri con essa. E dopo di avere stabiliti i principii generali della mo- ral condotta (nella I parte }, e gli ostacoli che vi si frappongono per conto dell'ignoranza, delle opinioni, degli affetti, si accinge a parlare della virtiì , come unico mezzo al conseguimento di quella felicità, cui può consentire l'ordine presente delle cose, e di quel- la assoluta che lo attende nella vita avvenire. Esi- 20 Scienze blscono bellissime cose soprattutto i capi VITI e IX della prima parie; ne'^ quali l'autore discorre Degli affetti e delle virtù in generale , siccome auche i capi III e IV della parte seconda che riguardano •?<^ società civile, i doveri verso Dio, e che vcggonst illustrati con lunghe note. Del resto in questo trattato di etica fa vedere- il eh. sig. Giusti di essersi egli modellato su i più grandi originali antichi e moderni. Fin dalla intro- duzione egli, che di vera morale addimostrasi ripie- no siccome è pure di profondo sapere , raccomanda acanto sa e può la somma importanza di cotale scien- za, come quella che trovasi in rapporto colla digni^ tà e col benessere dell'uomo; discorre delle contrad- dizioni ch'ella è cosi ietta a soffrire dal lato della gua- sla di lui natura; dello scetticismo, cui l'inflessibile orgoglio e la temeraria presunzione tentano d'intro- durre nelle sue dottrine; non che della malintesa ipo- tesi di coloro, che il dì lui fondamento debba ri- porsi nella soia sociabilità, limitandone ogn' insew gnamento all'esercizio de'dov eri dell'uomo verso a suoi simili. Ed ecco, monsignor veneratissimo, quanto mi è sembrato buono di rilevare dagli ultimi due trattati del sullodato corso filosofico per prender motivo di tributare, comunque mescbinissime, le mie lodi al ce- lebre suo autore. Non dubito che sia per giovarsi mollissimo di questa opera egregia la nostra gioven- tù, a cui riguardo specialmente ho inteso di mostrare con questa lettera i pregi di cui è adorna. Al qual proposito permettete, che vi dimandi in grazia d'in- sinuare coir autorità vostra al eh. autore, che non lasci di produrre altri suoi lavori, che sieno l'anlido- iCoRSr Bt FILOSOFIA EC. 2T ÌQ dei tanti errori filosofici, che serpeggiano per ogni parte nei tempi in che viviamo. Intanto sottoponendo queste mie osservazioni al- l'alto vostro giudizio, e rimettendomi altresì alla vo- stra scelta, come a giudice più compelente su ciò che meriti la preferenza negli scritti del sig. Giusti, pre- .govi, monsignore stimatissimo, a gradire questo atte- stato della mia divozione, con cui profondamente in- «cbinandovi ho il bene dì confi'.rmanni Di V. E. Riha. Koma ss. XII apostoli lU agosto 1841. Uiuo doiho nhuio servitore Fk. GlAMBATlSTA MaRROCU. 22 Saggio intorno al fondamento, al processo ed al sistema delle umane conoscenze^ del dott. Be- nedetto Monti, professore primario delV ospi- tale civile del manicomio di s. Giovanni di Dio in Ancona. DET. FONDAMENTO DELl'uMANA CONOSCENZA E de' suoi OGGETTI GENERALI , OSSIA dell'ontologia. §. I. Si definiscono le forze fondamentali dello spiri- to umano : rapporti di queste forze intra lO" ro : condizioni esterne di esse', vita dello spi- rito umano. uomo, mentre per la sua costiluzione fisica è par- te integrante e gerarchica di un mondo di esistenti, i quali si attengono scambievolmente tra loro e con esso lui , per lo mezzo de' suoi rapporti passivi con questi e per una delle facoltà onde è dotato il suo spirito , rappresenta a se stesso gli esistenti esteriori ed i loro particolari rapporti, non che se stesso a se stesso in tutti gli svariati suoi modi di esistere , in Umane conoscenze 23 tuttociò che in esso accade, eil in tn Itoci ò che da es- so si opera nella interiorità di sé stesso. Questo due vedute dello spirito umano chiamiamo l'una sensihi- lità od intiiizione esterna, e l'altra coscienza od in- tuizione interna; e le medesime complessivamente ap- pelliamo facoltà empirica o sperimentale ; e le rayi- presentazioni date da questa facoltà denotiamo con ge- nerale vocaholo, dati od oggetti sperimentali. Or lo spirito umano raccogliendosi profi)ndamente nella co- scienza di se stesso , e quivi facendosi oggetto a se stesso, ed analizzando e comparando gli svariati atti e modi sotto cui si appare, egli da ultimo perviene a riconoscere in se stesso, oltre alla facoltà empirica , tre facoltà distinte e primordiali, da cui lutti gli atti e tutti i modi di sé stesso derivano. F. queste tre fa- coltà sono: la facoltà intcUelliva o Tinlelligenza, la facoltà appetitiva e la facoltà volitiva. Per la intel- ligenza Io spirito umano intende a conoscere il co- me, il d' onde ed il perchè del mondo delle cose e di sé stesso, fatto oggetto a sé stesso; a comprende- re il maraviglioso sistema de' rapporti che intra loro le unisce, gli elementi e le forze che le producono, le costituiscono e le sviluppano; e ad innalzarsi in- fine sino alla concezione di un essere supremo ed as- soluto, in cui eleriianiente risiede la ragione supie- ma del sistema de'rapporti innnutahili e preordinati, secondo i quali dagli elementi e dalle loro forze im- mutabili tutte le cose nascono, esistono, si cooidina- no, si succedono; per guisa che nel perpetuo circolo delle loro modificazioni, de' loro facimenti e disfaci- menti , le medesime armoniosamente in tra loro si coordinino, e perpetuamente si sviluppino in un or- dine di continuità progressiva ed ascenucnle : vivelau- a4 Scienze do all'uomo Pinfinita possanza, l'infinita sapienza e l'ipfinito amore dello stesso essere assoluto. La facol- tà appetitiva è una tendenza originaria, fondamentale ed irreformabile, da cui l'uomo è di continuo sospin- to a porsi in rapporto di azione e reazione vicende- vole e successiva col mondo delle cose che lo attor- niano, e con intento di sviluppare se stesso fino agli ultimi termini della propria virtualità, ne'quall sta la sua perfezione o la pienezza del suo essere, clie pe- rò non gli vien fatto di raggiungere pienamente giam- mai. Da questa facoltà, posta in rapporto colla varie- tà degli oggetti , prorompe nel fondo della natura dell'uomo quel cumulo d' instaLili e rinascenti desi- derii, 1 quali sempre annullati dal godimento ed ec- citati dalla rimembranza , costituiscono in essa una varietà ed una pi'ogressione di tendenze ; le quali ol- trepassando da ultimo tutte le cose del mondo sen- sibile, e non potendo in queste soddisfarsi, si rivol- gono inevitabihnente verso un oggetto, il quale è fuo- ri del mondo sensibile in un ordine di cose intelli- gibili, di cui la realtà necessariamente concepisce per le leggi che governano la sua intelligenza. Infine la facoltà volitiva è quella forza della natura umana , motrice di se stessa, da cui viene costituito il cen- tro della sua personalità. Per questa facoltà l'uomo è un essere libero e responsabile; avvegnaché per es- sa, a suo grado, egli agisce ed opera non solo den- tro sé stesso nel proprio subbie tto, ove può seconda- re o raffrenare le proprie tendenze , e dirigere con proposto disegno le operazioni della sua intelligenza, ma può eziandio operare sugli oggetti esteriori, mo- dificarli e rivolgerli a realizzare i suoi intenti, non- ché a rappresentare sé stesso all'esterno, o manifesta- Umane conoscenze a5 re per segni esteriori le sue cognizioni, le sue ten- denze e le sue detei'minazioni. Ciascuna di queste tre forze primordiali, che ab- biamo definite, ha le sue leggi proprie; le quali si ma- nifestano nella produzione degli atti che a ciascuna di esse sono relativi, nonché ne'rapporti pe'quali intra loro si legano e compenelrano nella unità dello spi- rito umano. Inoltre l'attività propria di ciascuna del- le tre forze, che abbiamo superiormente definite , ha per sua essenziale condizione esterna i dati della fa- coltà empirica. E d'altra parte queste tre medesime forze compenetrandosi intra loro , siccome abbiamo detto, nella unità del proprio subbietto, egli inter- viene che all'attività di ciascuna di esse si leghi quel- la delle altre due; il che accade nel modo che qui brevemente toccheremo. La intelligenza , mentre ha la sua condizione ed il suo eccitamento esteriore ed i suoi materiali ne'dati della sperienza, ella ha a suo eccitamento e condizione interiore l'azione della for- za appetitiva e della volitiva insieme : il che si fa chiaro ove si ponga mente, che, a formare e svilup- pare le cognizioni delle cose , egli fa mestieri che queste agiscano su di noi, e che siano rappresentate allo spirito pel ministero della facoltà empirica : ed inoltre è d'uopo che la intelligenza sia stimolata dal desiderio del conoscere, e che infine la sia mossa nel- le sue operazioni dalla volontà. La forza appetitiva riceve similmente l'eccitamento e la sua condizione esteriore dai dati della sperienza, i quali rispetto ad essa si rappresentano sotto forma di beni o di mali; mentre interiormente ella è suscitata dal prodotto del- la forza intellettiva, ed è susseguita dalla attività vo- litiva. Finalmente l'attività volitiva è eccitala da'dati 26 Scienze della forza conoscitiva che le presenta gli oggetti, e dalle varie tendenze della forza appetitiva die la sti- molano. Ora in questo legame solidario che lega le tre forze primordiali e distinte dello spirito umano, e nelle condizioni sopraddette, costitulscesi il fonda- mento della sua vita manifestandosi colla triplicità delle funzioni che ne prorompono : la quale nel suo intero sviluppo è alla immagine di un circolo : av- vegnaché in un circolo tutti i punti, da cui la sua figura risulta, sono rispetto alle loro posizioni tra lo- ro a vicenda condizioni e condizionati; e tutti sono in uno fine e cominciamento del circolo stesso. Or secondochè ci siamo proposti , e seguitando l'ordine de'rapporti delle idee, piglieremo a discorre- re a parte a parte la funzione conoscitiva, la quale risulta dalla integrazione solidale della facoltà empi- rica e della forza intellettiva , esaminando e analiz- zando a parte a parte la sua natura e composizione, le sue condizioni esterne ed interne, i suoi elemen- ti ed i suoi processi. Nella trattazione delle quali co- se tutte si consumano le prime due parti di questo saggio ; le quali trattano il fondamento e 1' organo dell'umano sapere. Di qui poi passando alla terza ed ultima parte ci accingeremo a presentare e descrive- re l'organizzazione unitaria del sistema delle umane conoscenze, non che a dichiarare i prlncipii delle più generali scienze, ossia delle parti più culminanti del sistema medesimo. Umane conoscenze 27 §. n. Della forma universale e preordinata delViima- na intelligenza ; principio supremo della ge- nesi delle umane conoscenze. Da tutte le cose sopraddette viene stabilito un fondamentale principio di psicologia, cioè clie tutte le funzioni dello spirito umano hanno la loro con- dizione primordiale ed assoluta ne'rapporti prestabi- liti di azione e reazione reciproca tra la costituzio- ne umana e gli esistenti clie la circondano. E que- sto principio come egli si avveri nella funzione co- noscitiva, che ora imprendiamo a studiare, le cose che seguono pienamente mostreranno. Lo spirito umano essendo a lui presenti i dati sperimentali forniti a dalla sensibilità o dalla coscienza , o da entrambe queste due intuizioni, per una legge origiiiaria della sua natura è necessariamente determinato ad appli- care ai medesimi, in una maniera universale, tre no- zioni primitive ed essenziali alla sua virtù; le quali sono : la nozione di sostanza , la nozione di causa e la nozione di fine. Per questa legge primordiale, che governa l'attività della intelligenza, lo spìrito umano è costretto di ricercare in qualunque oggetto speri- mentale, ed in un modo non accidentale, ma preor- dinato ed immutabile, la sostanza di esso, la sua cau- sa ed il suo fine ( od in altri termini, il come l'og- getto della esperienza esiste in subbietti immutabili, o come da questi sia costituito, il d'onde esso è pro- dotto ed esiste, ed il perchè esso esiste ) siccome og- getti intelligibili, universali e costitutivi della essen- 28 S e I K N 2 K za di ogni cosa sperimentale, attuale o possibile. L' attività di questa forza costituisce nello spirito uma- no quell'atto che si chiama il pensiero; e le tre no- zioni suddette , o le tre vedute universali della in- telligenza, costituiscono la forma originarla, pei'petua dell'umano pensiero , preordinata e rispondente alla realità delle cose. La condizione esteriore del pensie- ro ella è senza dubbio la relazione dell' uomo colle azioni delle cose esterne operanti sulla sua costitu- zione: per Io che quelle sono rappresentate in esso pel ministero della facoltà empìrica. Senonchè in que- sta opei"a, comechè la fiicollà empirica sia per se stes- sa una forza distinta dalla intelligenza, pure essen- dovi tra esse una intima unione che le integra, egli interviene che ai dati della esperienza necessariamen- te si applica in un modo indivisibile la forma origi- naria del pensiero; talché i dati suddetti , rapportati e compenetrati co'dati della intelligenza , diventano nello spirito umano non sulo le idee delle cose spe- rimentali, ma queste istesse cose sono necessariamen- te pensate come esistenti in sostanze improducibili ed indistruttibili, e come prodotte dalla energia ef- ficiente delle medesime, e secondo leggi e fini immu- tabili e determinati. Egli è dunque chiaro che l'azio- ne mediata od immediata del mondo esterno sulla co- stituzione umana è così essenziale condizione dello sviluppo del pensiero, che questo non è nello spirito umano se non una facoltà in potenza , e quale un germe, fino a tanto che la facoltà empirica non gli dia gli oggetti particolari, sopra cui applicandosi, es- so si sviluppa secondo la sua forma originaria soprad- detta, ed i suoi oggetti inlelllgibill ( substrati imma- nenti delle cose sperimentali) concepisce. Per contrario Umane conoscenze 29 le idee delle cose, che nello spìrito umano si produco- no, non potrebbero generarsi, ne avere nel loro con- tenuto tutti gli elementi della realità delle cose stes- se, laddove ai dati delle medesime forniti dalla spe- rienza, la forma originarla del pensiero non si appli- chi e non uniscano ad essi gli oggetti intelligibili. Ora da tuttociò segue questo principio supremo che for- mola la genesi delie umane conoscenze : niuna idea di cosa reale può essere nello spirito umano, ove gli oggetti esterni non abbiano prima agito sulla costi- tuzione umana e mossa la facoltà empirica di esso a rappresentarli allo spirito umano; e niuna azione di oggetto reale sulla costituzione umana, e niuna rap- presentazione susseguente di esso per la facoltà em- pirica, può diventare idea compita dell'oggetto stesso, fino a tanto che alla apparizione empirica del mede- simo non si applichi la forma originaria del pensie- ro, per la quale, siccome dicemmo, lo spirito uma- no al di là de'dati mutabili della esperienza vede gli oggetti immutabili che quelli sostengono, producono, e tra loro coordinano, subordinano e sviluppano, secon- do leggi invariabili e sapientissime. §. in. Caratteri opposti dei due ordini di realità che sono oggetti alla conoscenza umana. Da tutte le cose sopraddette risulta, che lo spi- rito umano, per le facoltà ond'è dotato, riconosce in un modo irrefragabile a se stesso due ordini distinti di realità ; cioè un ordine di realità condizionali, ed un ordine di realità incondizionali. ISel primo ordine 3o Scienze sono contenute tutte quelle idealità, le quali sono da esso pensate siccome aventi questi predicati : la pro- duttibilità, la mutabilità, la distruttibilità e la ripro- duttibilità. Per opposito nel secondo ordine si con- tengono quelle realità, le quali sono pensate, sicco- me fornite degli opposti predicati, cioè della impro- duttibilità, della immutabilità e della indistruttibili- tà. Ciascuna realità iucondizionale , pe' sopraddetti predicati, ha necessariamente una esistenza indipen- dente da ogni altra realità del medesimo ordine, ed esiste in se stessa. Il contrario è di tutte le cose che sono pensate siccome condizionali ; le quali alterna- tivamente venendo dalla non esistenza alla esistenza, e da questa a quella trapassando, forza è che le ab- biano l'esistenza loro in realità incondizionati, e che per 1' azione reciproca di queste ultime intra loro , passino dal loro non essere all'essere, che per un'al- tra abbiano in esse esistenza e durata, e che per un' altra dall'essere al non essere successivamente traboc- chino. Ora queste cose condizionali, ossia queste co- se prodotte mutevoli e transitorie, ed in loro stesse non esistenti, costituiscono gli oggetti immediati della facoltà empirica. Le realità incondizionali poi, nelle quali le cose prodotte esistono ( e delle quali queste da ultimo non sono che le varie disposizioni contin- genti ) nonché le attività reciproche delle medesime, per cui tutte le cose condizionali si generano, esi- stono e si corrompono, si rivelano allo spirito uma- no per le nozioni universali del suo pensiero, e co- stituiscono a lui i suoi oggetti intelligibili. I quali in loro stessi, perciò che sono intelligibili, sono privi di ©gui carattere rappresentabile dalla facoltà empirica; a tal che la vera concezione de' medesimi è distrutta Umanb conoscenze 3i ove lo spirito umano , come rappresentabili , vada escogitandoli. Ora queste realità incondizionali, og- getti delle nozioni imiversali del pensiero umano, so- no : i soggetti immutabili delle realità condizionali ; le azioni e reazioni immutabili de'medesimi intra lo- ro, onde le realità condizionali sono generate, man- tenute e tramutate; ed i fini per cui quelle operano, generano e cori'ompono continuamente queste ultime. Così adunque questi due ordini di realità tra loro si compenetrano e non possono disgiungersi tanto nella loro realità, quanto nell'ordine del pensiero umano clie le concepisce : conciossiacbè l'esistenza delle cose con- dizionali suppone necessariamente l'esistenza delle in- condizionali; ed il pensiero delle realità condizionali è inseparabile dal pensiero delle in condizionali ; le quali , siccome più volte dicemmo , costituiscono la loro intelligibile essenza. Inoltre lo spirito umano pensando i due sopraddetti ordini di realità ed il lo- ro rapporto, dopo essere stato necessitato dalla legge originaria che lo governa a concepire il mondo delle cose condizionali, oggetto della facoltà empirica, sic- come inerenti sopra realità improducibili ed immuta- bili, noncliè siccome da queste generate e successi- vamente tramutale e sviluppate, secondo prestabiliti e sapienti fini, esso è eziandio inevitabilmente sfor- zato a concepire un'altra realità sup eriore, nella qua- le, oltre all'esistenza in se, concepisce l'attributo del- l' essere da se e per se ; e la quale riconosce come essere assoluto, il quale è l'ultimo e necessario ter- mine del pensiero : essendoché il nulla, il quale può essere pensato come anteriore alle realità sì condi- zionali e sì incondizionali riguardate siccome multi-» pie , non può essere pensalo come anteriore all'esse- 32 Scienze re ch'è assolutamente uno. Il quale, perciò che non può avere il nulla anteriore a se, è necessità pensar- lo come indipendente, eterno ed infinito, e come es- sere intelligentissimo in cui si raccliiude l'assoluta ra- gione di se stesso, nonché del multiplo delle cose in- condizionali ed immutabili, e de' poteri che sono in esse di costituire e di andare sviluppando in un or- dine armonioso e progressivo il mondo svarlatissimo delle cose condizionali prodotte e transitorie. Di cui le infinite forme di esistenza, di produzione e di coor- dinazione, rappresentano le realità incondizionali , i loro poteri e le leggi finali, a cui sono state dall'es- sere assoluto assoggettate nella generazione, conserva- zione e sviluppo delle stesse cose condizionali. Ora il complesso di queste noi da qui innanzi chiamere- mo il mondo della natura; e per converso andremo indicando le realità incondizionali col nome di so- stanze o di elementi immutabili del mondo della na- tura : conciossiachè queste ultime sono da noi pen- sate , come ciò che in ogni alternativa e mutazione del mondo della natura persiste sotto immutabilmen- te, non che come ciò che essendo per se stesso, non può né prodursi ne distruggersi, come ciò di cui le scambievoli azioni e riazioni, essendo invariabili co- me i loro soggetti, ed operando necessariamente se- condo fini slabilili nella sapienza dell'essere assoluto, costituiscono 1' ordine attivo costante e raaraviglioso del mondo stesso della natura. Del resto, la realità di questi oggetti intelligibili è sì necessariamente pen- sata dallo spirito umano per una legge originaria del- la sua intelligenza, e dappresso agli oggetti della spe- rlcnza, che pretendere colla filosofia de'sensisti, che lo spirito umano non ha nessuna idea delle sostanze e Umane conoscenze 33 delle forze, o che la idea di sostanze o di forze sia formata per astrazione dalle idee degli oggetti della sperienza, ella ci pare sentenza paleeemenle disforme dal senso comune del genere umano. S- IV. De'punti di veduta universali^ sotto cui sono ri- guardate le cose prodotte. DeW essere, primo punto di veduta : dell'attributo^ della inodiji' cazione e della forza di essere. Le cose del mondo della natura sono da noi ri- guardate sotto tre rispetti in esse universali; cioè in quanto esistono, in quanto si producono, ed in quan- to si attengono in tra loro per reciproci rapporti in un sistema unitario ed evolutivo. Dalle cose soprad- dette egli è chiaro, che questi tre punti di veduta, sotto cui universalmente noi diamo opera allo studio di ogni cosa prodotta, procedono dalla legge origina- ria del pensiero, la quale ahbiamo superiormente di- scorsa. Ora mostreremo le modificazioni che assume la nozione di sostanza applicandola universalmente alle cose prodotte, nella loro esistenza unicamente ri- guardale. Lo spirilo umano in ogni cosa naturale, ri- guardandola in quanto la esiste, va universalmente ricercando l'attributo di essa, la modificazione e la forza di essere , ossia la sua attualità ; talmentechè queste tre determinazioni costituiscono i predicabili universali della esistenza di ogni cosa prodotta. L'at- tributo è quella fondamentale ed ultima determina- zione nell'essere di una cosa, la quale mentre con- tiene in sé, come substrato, tutte le modificazioni e G.A.T.LXXXIX. 3 34 Scienze gii accidenti possibili dell'essere della cosa stessa, non ci apparisce contenuta in nessun'altra determinazio- ne superiore, fintantocliè la cosa si consideri della me- desima specie e del medesimo genere. La modifica- zione di una cosa qualunque è quella determinazio- ne di essa che procede dall'attributo, e clie in esso aderisce siccome in suo substrato. Nell'essere di una cosa qualunque, una data modificazione può sparire o mutarsi in un'altra, mentre l' attributo in essa si conserva identico a se stesso : ma il contrario è for- za che intervenga nell'ordine opposto. Una determi- nazione nelle cose prodotte può essere attributo, ri- spetto ad altre determinazioni clie da esso dipendono e che in esso aderiscono; e può nello stesso tempo essere modificazione, rispetto ad un'altra determina- zione più fondamentale, sulla quale esso alla sua vol- ta aderisce. Da ciò è chiaro , come egli sia me- stieri distinguere nell' essere delle cose più maniere di attributi : e da ciò gli attributi di specie, di gene- re, di online, di classe e di genere ultimo. L'attri- buto di specie è quella determinazione comune a mol- ti individui, e sulla quale identicamente aderiscono tutte le varie modificazioni che sono offerte ne'singoli individui che alla data specie si riferiscono. L'attri- buto di genere è una determinazione che è comune a più specie, e la quale suasij-te sempre identica sotto a tutte le svariate modificazioni delle specie medesi- me. Il simigliante si diea de^li ordini e delle classi: i primi sono costituiti da una determinazione che i- denticamenle appartiene a più generi, e nella quale aderiscono tutte le modificazioni svariate , per cui i medesimi generi in fra loro differiscono; e sono co- stituite le seconde da quella detcriuinazionc, la qua- Umane conoscenze 35 le essendo comune a più ordini di cose, sostiene tutte le altre determinazioni, per le quali gli ordini si dif- ferenziano l'uno dall'altro. Finalmente la determina- zione di genere ultimo è quella determinazione che esiste identica in tutte le cose, e la quale sostiene e produce tutte le altre, ed alla quale l'esperienza ed il pensiero non trovano un'altra superiore. Nessuna cosa prodotta nel mondo della natura è giammai nel complesso delle sue determinazioni un'altra cosa qua- lunque esistente; e ninna cosa prodotta può esistere senza possedere, oltre a quelle determinazioni, per le quali da qualunque altra cosa differisce, altre deter- minazioni onde ad altre cose si assomiglia. Ora l'in- sieme delle determinazioni per cui una cosa prodotta si differenzia da ogni altra cosa, e l'insieme delle al- tre per cui gradatamente a tutte le altre cose si as- somiglia, costituisce ciò che noi chiamiamo 1' essere definito della cosa stessa. Ora, oltre all' attributo ed alla modificazione, nell' essere di ogni cosa prodotta dehbesl riguardare Tattualilà, ossia la virtù eh' è in essa di esistere ; la quale virtù fa che la modificazio- ne aderisca all'attributo, e Tattributo e la modifica- zione insieme sul sul^bietto intelligibile ed incondi- zionale che la cosa prodotta costituisce. Inoltre que- sta forza di essere è TalLo, per cui la cosa si con- serva e dura per un dato tempo nella determinata sua essenza; e pel quale resiste alla tendenza attiva delle altre cose, le quali agiscono per mutarla; e pel quale infine tende a conservare 1' esistenza di altre cose, rispetto alle quali ella è condizione relativa del- la stessa loro esistenza e durata; o viceversa. Ma il fin qui detto basti per chiarire il punto di veduta del- lo spirito umano relativo all'essere delle cose prodot- 36 Scienze le: e passiamo tosto all'altro punto rli veduta, che è intorno al prodursi delle cose naturali. §. V. Del punto di veduta della produzione dette co^ se^ del commercio causativo^ della corruzio-> ne e della generazione delle cose naturali. Il nulla è il correlativo opposto dell'essere : e nell'ordine delle cose prodolte l'essere attuale di una cosa qualunc[ue suppone il suo non essere preceden- te. L'umano pensiero dunque, pensando 1' essere di una cosa qualunque del mondo della natura, è sfor^ zato a pensare il nulla od il non essere precedente di essa. Di qui P uomo è portato a riguardare uni- versalmente nelle cose prodotte un ordine di success sione, pel quale ogni cosa prodotta viene determina- tamente dalla sua non esistenza alla esistenza, nello, stesso tempo che un'altra dall'essere al non essere tra- passa. L'insieme delle determinazioni, per cui una da- ta cosa passa dalla sua non esistenza alla esistenza, costituisce la causazione di essa. Ora nel passaggio che fa una cosa dal suo non essere all'essere, si con-^ tengono tre specie di determinazioni; cioè il commercio causale, la corruzione, la generazione. Le disposizioni che sono nelle cose attuali di far passare dalla non esi- stenza alla esistenza una data cosa, costituiscono la cau- salità della medesima. Ma data la suddetta disposizione nelle cose attuali di recare dalla non esistenza alla esi- stenza la cosa data, non perciò soltanto questa rice- ve l'essere, ma si rimane solamente possibile. A ciò fare vuoisi che due o più cose attuali, aventi la pre- Umane conoscenze 87 detta disposizione, entiino in commercio di azione e riazione tra loro; che alcuna di esse o tutte si tra- mutino dall'essere loro, e la novella cosa costituisca- no. Questo atto efficiente, in quanto si considera nel- la produzione della novella cosa clie da esso vien fuo- ri, costituisce la generazione della cosa stessa. La pas- sione di uno o di più degli esistenti eh' entrano in commercio causale od in lotta di azione e riazione, in quanto si mutano dal loro essere, costituisce nel- la natura la distruzione o vuoi corruzione. La lotta di azione e riazione, che prece Je la corruzione e la generazione, costituisce ciò che chiamiamo il commer- cio causativo. Il legame che unisce questi tre termi- ni, il commercio, la corruzione e la generazione, chia- masi legge di natura, o ordine dinamico di essa. Il sistema delle leggi della natura è dunque rivelato dall'ordine della successione delle cose naturali, os- sia dalle relazioni reciproche di generazione, di cor- ruzione e di commercio causale di esse. Per la no- zione universale della causalità , il pensiero umano non può pensare quest' ordine dinamico delle cose prodotte, ed il continuo passaggio delle medesime dal- la non esistenza alla esistenza, e dalla esistenza alla non esistenza, senza pensare e concepire un potere attivo, assoluto ed indipendente, dal cui atto imma- nente si effettuano i suddetti mutamenti. Questa leg- ge del pensiero umano relativa alla nozione di cau^ salita si enuncia così : Non è possibile allo spirito u- mano, senza coniraddire se stesso , di pensare cose che cominciano ad essere, e che sono suscettive di perire e di rinascere, e che esistono non in loro, ma sopra subhietti immutabili, senza pensare ad una cau- sa attiva ed immutabile, la quale per lo mezzo de'sud- 38 Scienze detti principli immutabili, tutte le produzioni, le esi- stenze e le distruzioni delle varie cose naturali va realizzando. E stato detto che questo principio pri- mitivo, ogni effetto ha la sua causa, sia in sé un principio identico : ossia un giudizio, nel quale i due termini sono identici tra loro. L'enunciare il princi- pio della causalità nella indicata maniera costituisce, non può negarsi, una proposizione identica; alla qua- le disconviensi certamente la dignità di nozione pri- mitiva. Ma tutto l'errore sta nella enunciazione. Noi per contrario enunciamo la nozione di causalità così: Ammessa una serie di cose prodotte, egli è impossi- bile allo spirito umano di non pensare una causa as- soluta posta fuori della delta serie, e la quale pro- duce questa serie, senza essere ella prodotta da altra cosa qualunque , e senza dipendere da altro potere qualunque; perchè contenendo questo in se la ragio- ne di se stesso, necessariamente è 1' ultimo termine del pensiero, oltre il quale il pensiero stesso non può concepire altro oggetto senza distruggere la sua stes- sa concezione. §. VI. Seguita il medesimo argomeìito. Inoltre concependo lo spirito umano questo po- tere assoluto o causalità assoluta, per la nozione di sostanza , gli è necessità pensarlo come inerente in una sostanza assoluta ; la quale con la causalità as- soluta è una cosa stessa, riguardata sotto due punti di vista diversi. Dietro le cose sopraddette bisogna adunque accuratamente distinguere le cause chiamate 'l Umane conoscenze 3rt iseconde dalla causa prima ed assoluta. La cause se- conde non sono cause se non relativaraente , poicliò assolutamente esse non sono se non effetti. Noi per il principio di sostanza abbiamo veduto la necessità di ammettere i principii primitivi ed immutabili di tutte le cose prodotte , ed abbiamo veduto eziandio che questi principii immutabili sono da noi riguar- dati siccome dotati di attività causali immanenti ed immutabili. Ora le attività causali immutabili di que- sti principii o elementi del mondo della natura, co- mecliè immutabili, non sono assolute: poiché hanno ricevuto Tessere dall'essere e dal potere assoluto; tal- ché l'immufabiliià, di cui i jnedesimisono rivestiti, non è rtdaliva che ai rispetti che essi hanno intra loro. In altri termini la legge del pensiero umajio ci reca da ultimo a questo concetto: L' essere assoluto con- tiene iji sé stesso la ragione assoluta di se stesso e di tutte le realita : egli trasse dalla non esistenza as- soluta alla esistenza incondizionata certi determinati prmcipii sostantivi e potenziali intra loro immutabi- li, ed a tali leggi di atlività, di misura e di nume- ro li sottomise, che quindi ne sortisse successivamente il mondo delle cose condizionali, ed intra loro quel- la maravigliosa e vitale armonia di rapporti, per la quale allo stesso pensiero umano non solo la neces- saria esistenza dell'essere assoluto, ma altresì le in- finite sue perfezioni si andassero perpetuamente rive- lando. L'ordine del passaggio dalla non esistenza alla esistenza de' due ordini di cose e dunque assoluta- mente diverso : poiché pensando noi ì' origine delle cose incondizionali , e trovando nel concetto delle medesime la negazione di ogni condizione preceden- te, noi non sappiamo né possiamo intendere la loro 4© Scienze origine se non da un atto assoluto del potere asso- luto. Per contrario concepiamo 1' origine delle cose condizionali dalle forze e dal commercio perpetuo di azione e riazione, in cui sono in tra loro le suddet- te realilà inconclizionali, e per le quali in un ordine di conlinuità evolutiva ed ascendente tutte le cose del mondo della nalura si vanno generando e svilup- pando. Dal che chiaro apparisce come queste due ori- gini distinte delle realità incondizionali e delle rea- lità condizionali si convenga appellare con nomi di- versi; cioè col nome di creazione l'origine delle pri- me, e col nome di produzione l'origine delle secon- de. Del resto egli è chiaro come la figliazione di que- sta serie di proposizioni, che abbiamo enunciate, pro- ceda dalla nozione di causalità applicata ai dati della esperienza, riguardati sotto il rispetto della loro suc- cessione : e come a torto alcuni fdosofi della età no- stra pretendano di togliere la dignità di principio pri- mitivo, irriducibile a questa nozione di causalità, e cerchino risolverla in un giudizio d'identità; tra'quali è il Galluppi ed anche il Rosmini : mentre questa no- zione, parlando il linguaggio del criticismo, contie- ne in sé un principio sintetico, il quale non può es- sere ricondotto al principio di contraddizione, sicco- me avvisarono il Romagnosi ed ultimamente il Ma- miani. Passiamo alla nozione del fine. Umane conoscenze 4' S- VII. Della nozione del fine applicata alle cose pro- dotte^ della condizione., della subordinazione e della continuità ascendente delle medesime. Egli è un fatto universale dello spirito umano che in tutte le cose di cui esso può aver conoscen- za, per legge della sua natura, non solo cerca l'es- sere definito di esse e tutte le determinazioni che le costituiscono, non solo l'origine delle medesime nel tempo e l'origine loro assoluta, ma egli cerca ezian- dio in una maniera universale il fine od il perchè delle medesime. Questo punto di veduta emana dalla forma del pensiero umano preordinata colla realità delle cose, e domina maravigliosamente tutti gh stu- di di coloro che si danno a considerare l'ordine ma- raviglioso del mondo della natura; ed in ispecial mo- do nello studio degli esseri organizzati e viventi. La storia naturale, dice il Cuvier, ha un principio ra- zionale suo proprio, il quale è volgarmente detto delle cause finali: e siccome niente può esistere ove non. riunisca le condizioni che rendono possibile la sua esistenza, così le differenti parti di ciascun essere deb- bono stare coordinate di maniera da rendere possibi- le l'essere totale, non solamente in sé stesso, ma ne' suoi rapporti con le altre cose che lo circondano. L'analisi di queste condizioni, soggiunge lo stesso Cu- vier, conduce sovente allo scoprimento di leggi ge- nerali così dimostrate, come quelle alle quali il cal- colo e l'esperienza possono condurre. E tale è l'effi- cacia di questa nozione primordiale dell'umano pen- /^2 Scienze siero, che tutte le vedute fondamentali clie dirigono lo studio deTisioIogi, siccome bene lo avverte il sig. Tommaso louffroj, sono determinate da esso ; ed egli t" troppo chiaro per sé, che questa veduta non è data dalla fisiologia, poiché in virtù di questa nozione è che i fisiologi ne'loro studi procedono universalmen- te a ricercare il perchè, o lo scopo di ogni fenome- no dato : la quale nozione, perciò appunto ch'è ap- plicabile a tutti i fatti universalmente, esclude di ne- cessità se stessa da ogni origine spei'iraentale ; con- ciossiachè l'esperienza non può mai raggiungere tutti i casi possibili. Tutto ciò ch'è prodotto adunque, in virtù di questa nozione, ha necessariamente un fme, per il quale è parte di un tutto, ha un grado nell' ordine evolutivo del tutto, e cospira alla vita di esso. Ora a questa nozione del line si rappresentano tre distinte determinazioni delle cose, le quali sono : la loro coordinazione, la loro subordinazione e la loro continuità. Per la coordinazione, ogni cosa prodotta esiste nel tutto contemporaneo delle cose, come parte integrante e gerarchica di esso. Per la subordinazio- ne, ogni cosa particolare nel mondo della natura com- pie per la sua virtù causale un ufficio o funzione su- bordinata e cospirante all'ordine attivo universale ed unitario del mondo della natura. Da ultimo per la continuità, ogni cosa esistente ha un grado determi- nato e proporzionale, quasi anello di una catena, nel- la continuità ascendente ed evolutiva della totalità delle cose naturali. Or dunque l'essere delle cose, la loro produzione e la loro finalità, ed i rapporti che derivano dalla natura di questi tre termini universali delle cose stesse, sono i tre generi di relazioni per cui la somma delle cose prodotte costituisce un Umane conoscenze 4^ mondo, ossia un sistema unitario e vivente, continuo ed evolutivo ; e per modo che il presente di esso sia il prodotto continuo della vita del tutto, operata per le cose e nelle cose, l'esistenza delle quali ha prece- duto r esistenza delle cose attuali ; e la somma di queste, mentre per la triplicità de' suddetti rapporti costituisce r organismo e la vita attuale del mondo della natura, per le loro stesse relazioni scambievoli porta in se le condizioni del tutto avvenire. Or termineremo dicendo, che come i tre generi di ter- mini fondamentali delle cose, non che i rapporti che da essi derivano, (Costituiscono obbiettivamente la ra- gione suprema del mondo delle cose stesse, così per una maravigliosa e preordinata concordanza del mon- do delle realità, e della forma immutabile del pen- siero umano, stabiliscono in questo le vedute fonda- mentali e perpetue, che lo dirigono e sostengono nello studio di ogni cosa reale o possibile , e nella costi- tuzione del sistema dell'umano sapere, §. Vili. Degli elementi delVumana conoscenza e de''dati contingenti di essa : suo fondamento : errore della scuola sensista e della scuola kantiana. Da tutte le sopraddette cose ora apparisce co- me il sistema dell'umano sapere da due ordini di dati risulti : r uno de' quali è fornito dalla esperienza , l'altro dalla intelligenza, Nel mondo delle umane co- noscenze i primi sono i suoi dati condizionali, avve- nitizi e vari di qualità e di numero ne' diversi uo- mini e ne'diversi tempi dell'umanità : e per centra- 44 Scienze rio sono i secondi i dati incondizionati, permanenti, non avventizi , universali ed identici in ogni tempo ed in ogni individuo della specie umana. I primi chia- meremo dati materiali e sperimentali dell'umano sa- pere, ed I secondi elementi veri e formali o razionali di esso. Ninno sa ciò eh' egli penserà domani o negli istanti seguenti della propria vita : avvegnaché niuno sa quali oggetti particolari saranno dati alla facoltà empirica del suo spirito : ma se Fuomo igno- ra gli oggetti particolari o i materiali, a cui può ap- plicare la forma del suo pensiero, non ignora il co- me immanente e perpetuo del suo pensiero. Insom- ma V uomo non può prevedere i suoi oggetti speri- mentali, perchè sono contingenti e mulevòli e da lui non dipendenti: ma egli sa e prevede induhitahilmen- le che in forza delle sue nozioni assolute e delle leg- gi che le governano, gli è d'uopo pensare, alla oc- casione dell'apparizione di qualunque oggetto speri- mentale, suhbietti immutabili in cui esso esiste, for- ze immutabili da cui è prodotto, ed un fine per cui è prodotto ed esiste ; conciossiachè queste nozioni di oggetti intelligibili non sono generate , ma sono originarie nella forza del pensiero e costituiscono la sua forma perpetua ed assoluta. Queste nozioni adun- que, le quali costituiscono gli elementi formali del si- stema dell'umano sapere, hanno a loro carattere que- sti predicati, l'indipendenza, l'universalità e l'immu- tabilità; onde si possono dire con Cicerone : Natu- rae iudicia, iudicia coinmunibiis hominum sensi- bus infixa. Queste nozioni universali del pensiero vennero spesso da'filosofi confuse colle idee generali; le quali sono opera del processo conoscitivo , sicco- jne mostreremo quindi appresso ; e questa confusione Umank conoscenze 4^ fu la principal cagione delle loro controversie. Ella è cosa di molta importanza V annotare la differenza che passa tra le idee generali e le suddette nozioni. Quelle, siccome or or vedremo, si traggono per astra- zione dalle idee particolari delle cose , e non sono quindi applicabili se non al numero delle idee par- ticolari da cui sono state astratte. Per contrario le nozioni universali dei pensiero non sono tratte per astrazione dalle idee particolari, ma invece esse co- stituiscono il fondo e la forma di tutte le idee indi- vìdue, e si applicano incondizionatamente a qualun- que oggetto dato dalla sperienza. E si avverta inol- tre come alcuni filosofi erroneamente vadano confon- dendo queste nozioni universali e necessarie del pen- siero con quelle idee che risultano dall'opera di giu- dizi identici; le quali , egli è il vero , di leggieri a prima giunta si confondono con quelle, da questo la- to eh' esse pure hanno a loro carattere la necessità e l'universalità, e si manifestano allo spirito umano, siccome irrepugnabili ed evidenti per loro stesse. Ma qui si contiene un grande scambio di cose ; poiché queste ultime idee non consistono che in una tradu- zione di parole, essendo che i due termini del giu- dizio sono una stessa cosa espressa in due modi; il che non ha nessun rispetto alla realità delle cose in se; mentre per opposto le nozioni della intelligenza, che costituiscono nell'umano sapere i suoi elementi universali ed immutabili , recano lo spirito , posti i dati della sperienza, alla conoscenza intellettuale di oggetti reali, di oggetti che costituiscono il fondamen- to reale ed immanente di quelle cose che gli appa- riscono per la stessa esperienza. Del resto opera vana e con sé stessa pugnante fecero e fanno tutti que'fi- 46 Scienze losofi, i quali si diedero o si danno alla ricerca del< l'origine di queste nozioni primitive ed indipendenti, cjbe costituiscono 1^ forma immutabile del pensieri j preordinatamente rispondente alla realità delle cose; coaciossiacliè le medesjl,ine, rispetto al sistema del sa- pere umano, non sono in esso determinate da niuna conoscenza precedente; ma invece esse costituiscono il fondamento di ogni conoscenza possibile. Come po- trebbe dunque rinvenirsi entro il sistema dell'umano sapere l'origine delle dette nozioni , laddove queste costituiscono il principio della scienza od il fonda- mento ultimo della medesima ? Come si potrebbe di questa porgere una dimostrazione ( nel vero senso del dimostrare ) se ogni dimostrazione possibile da queste nozioni piglia incomlnciamento ed in esse sussiste ? Da ciò è, cbe quantunque volte noi tentiamo dimo- strare l'origine di queste nozioni, siamo nella impos- sibilità .t|i farlo: perchè nel mostrarla, necessariamente la supponiamo. La filosofia sensista, disconoscendo l'e- sistenza delle nozioni universali del pensiero umano, andò pienamente errata nell' indicare la genesi dell' umano sapere, a cui assegnò per unico principio l'e- sperienza, ossia i soli dati mutevoli e condizionali di essa : onde essendo stato ad essa necessario di nega- re la possibilità della conoscenza delle cose in loro stesse, fece dell'uomo una lanterna magica, ed insie- me ( vedi contraddizione ) una tavola rasa. La filoso- fia de'kantisti, negando ogni ontologico valore alle nozioni o princlpii primitivi della mente, mise nella disperazione il regno della filosofia; e si conchiuse, comecliè riconosciuto avesse in opposizione alla scuo- la sensista l'attività dello spirito umano, nel mede- simo scetticismo a cui questa recava, rispetto alla esi- Umane conoscenze 4? stenza delle cose in loro. Questa scuola pienamente disconobbe, clie nella forma originaria dell'umano pen- siero determinantesi sotto le tre nozioni sopraddette, esiste essenzialmente una virtù d' intuizione ontolo- gica di primitiva ed indubitabile evidenza; la quale è perciò stesso irrecusabile ed indimostrabile insieme; e la quale costituisce per tutto quanto il genere uma- no il primordiale criterio di ogni verità razionale. §.IX. Corrispondenza della ragione del mondo e della ragione umana. U ontologia è la scienza delle scienze^ ed è una cosa stessa colla filosofia : che il fondamento delV umano sapere è nelV ontologia. Ciò che chiamasi la ragione umana non è altro in se, che il complesso delle sopraindicate nozioni pri- mitive ed universali del pensiero umano ; le quali esso è costretto, per la legge originaria della sua na- tura , di applicare a qualunque oggetto dato dalla esperienza. E si dice ragione del mondo delle realità quell'ordine immutabile di rapporti che derivano dalla loro natura, e pe' quali elleno tra loro si attengono in un sistema unitario, armonioso e vivente. Noi ab- biamo già notato , esservi tra la ragione del mondo delle realità e la ragione umana una prestabilita cor- rispondenza, 0 sotto altri termini noi abbiamo vedu- to come nella ragione dell'uomo ( nello stesso tempo che Fuomo è parte integrante e gerarchica del mon- do ),per le nozioni originarie che governano il suo pensiero ne'suoi rapporti coli' universo e coli' essere 48 Scienze assoluto, si contenga 1' ideale della ragione suprema del mondo. Ciò posto , egli è manifesto come nella ragione umana si contenga l'ideale della ragione del mondo. Dal che si pare la grande eccellenza della natura umana, la quale nelle leggi del suo pensiero raccoglie l'ideale della ragione suprema ed immuta- bile dell'universo : e così l'uomo è a simiglianza di Dio. Per questa corrispondenza adunque della ragio- ne del mondo, della realità e delle nozioni origina- rie del pensiero umano, l'uomo può legittimamente indurre da queste a quella : e questa corrispondenza è un fatto di primitiva convinzione dello spirito uma- no: e questa convinzione è, secondo noi, per Fuo- mo la base primitiva e fondamentale di ogni vero. Da tutto ciò seguita inoltre che il sapere umano, in quan- to ai suoi obbietti, a questo essenzialmente riducasi: alla cognizione del come le varie cose esistenti sog- giacciano alla ragione universale; od in altri termini, nella cognizione delle varie ed infinite forme sotto cui esse la rappresentano. E similmente il sapere uma- no in se stesso, e nelle varie parti del suo sistema considerato, è un complesso di forme ideali svariate, nelle quali ciò nondimeno identicamente viene riflet- tuta la ragione umana. La diversità delle scienze, o la diversità delle parti, di cui consta il sistema dell' umano sapere, dipende dalla diversità delle idee delle cose, intorno le quali la ragione umana colle sue no- zioni originarie si circonscrive : ma in tutte le scien- ze svariate vi ha un'essenza interiore, la quale è iden- tica in tutte. Ora la tilosofia , nella sua essenziale natura, è per noi la scienza delle scienze: e la scien- ze! delle scienze è la scienza di ciò eh' è universale e comune ad ogni scienza particolare ; è la scienza Umane conoscenze 49 iasomma del fondamento di tulle le scienze. E che cosa è ciò che costituisce l'essenza di ogni scienza , l'identico, il comune, il substrato di tutte le scienze, fatta astrazione dalla loro varietà materiale ? Certo non altro che la scienza della ragione immutabile del mondo; la quale corrispondendosi perfettamente colle nozioni originarle dell'umano pensiero, così ella è in se medesima una cosa stessa colla scienza della for- ma originaria e perpetua dell'umano pensiero, posta in rapporto co'dati della esperienza presi in univer- sale. Questa scienza presso i greci, e dipoi nel me- dio evo, ritenne il nome di ontologia. Alcuni fdosofi de'tempi posteriori derisero e screditarono l'ontologia. Ciò nondimeno essi stessi cercarono una filosofia, alla quale diedero nome di filosofia prima. Ma questa fi- losofia prima non è, a vero dire, e non poteva es- sere se non quella stessa ontologia, che avevano de- risa e screditata. Come costltuiscesi adunque l'onto- logia ? L'ontologia si costituisce dal complesso di tut- te quelle conoscenze o verità evidenti per loro stes- se, le quali consistono in enunciazioni delle nozio- ni universali del pensiero umano, applicate alla uni- versalità indetermiuaìa dc'dati della esperienza. Ora la somma delle conoscenze di questo genere , ossia l'ontologia, stabilisce il centro ed il fondamento pri- mordiale di tutto il sistema dello scibile umano. Il quale, mentre componesi di varie parti intra loro co- ordinate e subordinate, e corrispondenti alla varietà delle cose particolari a cui si riferiscono , s'inradica nella ontologia ; dalla quale procede ed alla quale 1-orna da tutte le parti, di cui esso componesi. G.A.T.LXXX1X. 5o Scienze §. X. Differenza delle conoscenze ontologiche e delle conoscenze sperimentali. Nell'ontologia adunque ha fondamento il sisle-^ ma dello scibile umano, e tutte le varie parti di cui esso consta. Ma come que&to sistema si sviluppa ? Questo sviluppo è operato coll'assumere i dati della intuizione in una maniera determinata : ossia col re- care i medesimi dati da quella indeterminazione, in che erano stali assùnti per formare l'ontologia, ad una graduale e discendente determinazione, e sino a che si pervenga alla determinazione individuale di ciascu- no di essi ; e nello stesso tempo applicando la for- ma originaria del pensiero in ciascun grado della de- terminazione discendente de' medesimi. Or da tutto ciò apparisce come e\i abbia per lo spirito due di- verse categorìe di conoscenze : cioè una categorìa di conoscenze, le quali si riducono ad enunciazioni uni- versali delle nozioni originarie della intelligenza, ap- plicate alle universalilà de'dali indeterminati della in- tuizione : ed una di conoscenze, le quali consistono in enunciazioni delle medesime nozioni applicate a'dati determinati e da questi circoscritte. Le enunciazio-^ ni, che costituiscono la prinia calegoria delle cogni^ zioni, hanno questo di essenziale, ch'esse sono vere ed evidenti per loro stesse ; poiché le enunciazioni, in cui esse consistono, non sono altro che le stesse nozioni universali e primitive del pensiero, evidenti per loro medesime. Nel secondo caso airinconlro, os- sia nelle cognizioni della seconda categorìa, le enuu- Umane conoscenze 5i clazioni che le costilulscono non sono vere, se non nel caso clie venga presa con esatlezza la realità de' dati determinati della esperienza, a cui le nozioni si applicano e si circoscrivono. Prendere con esattezza i dati determinati della esperienza, non significa al- tro che il guardare che nelle apprensioni degli og- getti della osservazione non si mescoli nessun dato della nostra fantasia; la quale altera la verità di fatto nelle nostre conoscenze. In questa seconda categorìa di conoscenze le nozioni universali del pensiero ven- gono trasformate per limitazione; o in altri termini esse vengono tradotte dalla loro universalità origina- ria alla limitata estensione e comprensione de' dati della esperienza a cui le si applicano. Il contrario av- viene nella prima categorìa delle conoscenze ; nelle quali i dati della esperienza oppositamente si assu- mono in una maniera indeterminata ed universale : il che si consegue col recare al più alto punto di astrazione le idee delle cose condizionali. Ora per tutte le cose sopraddette è manifesto, nella prima ca- tegoria di conoscenze costituirsi la sfera intera della filosofia o della scienza delle scienze, che con antico vocabolo amiamo cìilamare oiltologìa, fondamento del sistema deirumano sapere : e nella seconda categorìa delle conoscenze, posta in relazione coll'onlologia, co- stituirsi, in un lulto sistematico di parti coordinate e subordinate, il sistema dell'umano sapere. Se non. che certa cosa ella è , che non si dà conoscenza la quale non sia essenzialmente costituita da due specie di dati, l'uua primitiva ed universale, e l'altra speri- mentale; talché la diversa cosliluzione delle due ca- tegorìe di conoscenze, che abbiamo testò riconosciute, non risulta già da una differenza di coiuposizionc es- Sa Scienze senziale , ma si dal modo diverso con cui vengo- no assumi i due dati costitutivi della conoscenza e tra loi'o compenetrati. Ciò non pertanto , nella di- mostrazione delle due suddette categorìe di conoscen- ze , la mente umana è costretta tenere due metodi diversi. La prima categorìa delle conoscenze, le quali da qui innanzi appelleremo ontologiche, hanno uni- versalmente questa natura, cioè che elleno o sono evi- denti ed indimostrabili per loro stesse a prima giun- ta, 0, non avendo questa proprietà, non sono dimo- strabili se non per altre conoscenze ontologiche per loro stesse evidenti: lungi sempre il bisogno di ricor- rere alla testimonianza della esperienza , essendoché nelle medesime non si contiene verun dato determi- nato della esperienza. Per contrario la via che tiene lo spirilo umano nella acquisizione e dimostrazione della seconda categorìa delle conoscenze, le quali ap- pelleremo sperimentali, si è questa unica : di appog- giarsi ed appellarsi cioè alla esperienza, e di andare rivedendo i suoi dati per mezzo di nuove osservazio- ni , per vedcie ed assicurarsi di continuo se nelle idee stabilite entrino per avventura dati della fan- tasìa non alteslali o n*n comprovati dalla osservazio- ne, nel che consiste Terrore nelle conoscenze speri- mentali : siccome la loro veillà sta in ciò, che il loro contenuto sia eguale e rispomlente alla somma e pre- cisione da'dati sperimentali, senza nessuna mescolan- za di dati ingenerati dalla fanlasia, non rispondenti alla realità delle cose. Ora di qui passeremo a di- scorrere il processo, con cui la forza conoscitiva ope- ra la costruzione del sistema dell'umano sapere. Umane conoscenze 53 DEL PROCESSO DELLA UMANA CONOSCENZA, OSSIA LOGICA, O ORGANO DELl' UMANO SAPERE. §. I. Della forza fondamentale del processo . delV umana conoscenza. Per tulle le cose, die siamo venuli discorrentlo nella prima parte di cjueslo saggio, noi slimiamo di avere pienamente chiarito il fondamento dell'umano sapere , o dimostrati gli elementi da cui il medesi- mo viene costituito. Ora dcbbesi da noi , secondo l'ordine che domina il noslro discorso, imprendere a dichiarare la natura del processo, pel quale gli ele- menti suddetti essendo in isvariale guise referili in fra loro , ed in tra loro congiunti o separati pel ministero della attività intcriore dello spirito umano e secondo un prestabilito scopo, il sistema dell'uma- no sapere costituiscono. A questa seconda parte dun- que del nostro saggio , la quale ha a suo subhietto il processo dell' umana conoscenza , si darà da noi principio col chiarire l'indole e la natura della for- za fondamentale operatrice del processo medesimo. E senza molto divagare lu parole diciamo innanzi a tutto, non essere altro questa forza in sé considera- ta che queir atto inteiiore dello spirito che doman- dasi comunalmente giudizio: ed il quale è l'attività propria dell'intelligenza. La quale riferendo in fra 54 Scienze — >-» loro gli elementi della conoscenza , gli accidentali cogli originari, e quindi le idee risultanti da questo primitivo riferimento in fra loro , in varie guise le va combinando o separando. Noi già vedemmo co- me l'intelligenza porti in se originariamente le no- zioni universali delle realità incondizionali, elementi sostantivi e potenziali di tutte le cose particolari e contingenti; le quali nozioni si sviluppano dal fon- do della intelligenza e vengono a manifestarsi nel- la coscienza , alla occasione delle sperimentali in- tuizioni delle suddette cose condizionali o particola- ri. Or , come queste nozioni costituiscono la forma ed il modo originale e perpetuo di essere della in- telligenza , così V atto immanente di questa costi- tuisce la forza fondamentale del processo conoscitivo, ossia il giudizio ; di cui il ministero complesso qui sopra è stato indicato. Dove abbiamo stabilito che 1' atto del giudizio ora unisce ed ora per contrario disgiunge in tra loro gli elementi della conoscenza , o le idee che lisullano dalla sintesi primitiva di quel- li. Nel primo di questi casi si verifica il giudizio det- to dai logici affermativo , e nel seconde il giudizio detto negativo. Or dunque il giudizio affermativo co- stituisce per noi una delle due guise operative della forza che effettua il processo dell'umana conoscenza, cioè la forza sintetica o integratrice di esso: ed il giudizio negativo per contrario pone la seconda guisa della medesima forza costitutiva del medesimo proces- so, la quale chiamiamo forza analitica o differenziale di esso. Le quali due guise della forza del giudizio sono perpetue e solidarie in tutte le funzioni onde si costituisce il processo della umana conoscenza, sic- come lo si parrà per tutte le cose che nella presen- Umane conoscenze 55 te trattazione andremo via via discorrendo. Il Kant distinse i giudizi in analitici ed in sintetici; ma egli il fece in un senso interamente disforme dal nostro: essendoché egli appellava giudizi analitici quelli, in cui nell'uno degli oggetti del giudizio era contenuto l'altro oggetto che al primo veniva riferito; e doman- dava giudizi sintetici quelli, ne' quali i due termini che vengono intra loro riferiti, sono 1' uno dall' al- tro naturalmente separali. Più innanzi noi annotere- mo alcuna cosa circa questa dottrina. Intanto ci ba- sti di avere latta palese la natura e l'indole della for- za fondamentale del processo conoscitivo, nonché di avere dimostrate le due sue guise perpetue di opera- re, la sintetica cioè o integratrice, e l'analitica o dif- ferenziatrice. Ciò nondimeno per riuscire acconcia- mente a mettere in chiaro la costituzione del pro- cesso suddetto, ci è mestieri procedere oltre, e vede- re come le altre forze fondamentali dello spirilo uma- no in essa intervengano, e come sotto certe determi- nate e distinte forme funzionali il processo medesi- mo, quantunque sempre costituito in se dalle due guise della forza sopraddetta , si vada specificando , secondo la differenza dell'oggetto su cui opera, non- ché dello scopo verso cui mira. Se non che , prima di dare opera a questa ricerca , stimiamo opportuno d' intrattenerci brevemente in una importante consi- derazione. Noi abbiamo veduto per le cose soprascrit- te , che la somma possibile degli elementi avventizi dell' umano sapere si riduce alla totalità possibile de'dati della intuizione esterna ed interna, e che gli elementi imtnutabili non avventizi ed universali di esso permangono in quelle nozioni dell'intelligenza primitive ed originarie, le quali si manifestano, sic- come è slato detto, irresistibilmente nella coscienza 56 SciENIK umana, alla occasione cle'Jali sopraddetti della intui- zione ; e co' quali, in una maniera universa , inte- grandosi, lo spirito umano si eleva , a traverso gli oggetti condizionali e mutevoli dell'esperienza, al co- noscimento di oggetti incondizionali immutabili ed intelligibili, noncliè al loro riferimento immanente ed universale nell' ordine reale delle cose. Or diciamo, questo riferimento o legame, che compenelra le idee di queste due categorìe di oggetti della conoscenza tra loro, è un risultato primordiale dell'azione inte- gi'atrice del giudizio* e da questo procedente in una maniera spontanea, primitiva, irresislibile; conciossia- chè esso avviene in forza di una legge, a cui soggia. ce l'umano pensiere, e del tutto indipendentemente dalla libertà dello spirito umano. Così fermiamo; nella enunciazione primitiva di questo riferimento, onde si compenetrano primordialmente nel processo della co- noscenza le idee delle due categorìe di oggetti sud- delti, si risolvono tutti i principii ontologici indimo- strabili, de'quali nella prima parte di questo saggio abbiamo fatto discorso, e sopra ai quali ci sarà me- stieri da qui innanzi ritornare a quando a quando, avvegnaché essi sorreggono non solo tutte le funzio- ni del processo conoscilivo, ma stanno a base e so- stentamento di tutti quanti i loro prodotti. Ed in questa sin lesi primitiva e necessaria de'due generi di elementi è rij)osla, secondo noi, l'origine delle nostre idee. Imperoccbè egli è un fatto indubitabile che le rappresentazioni della intuizione sia esterna sia in- terna non possono diventare le idee delle cose rap- presentate fino a tanto cbe alle medesime non si ap- plicano ( il cbe avviene necessariamente e primitiva- me nte ) le nozioni originarie della intelligenza. Per Umane conoscenze 5j le quali cose tulle con queslo supremo principio noi stimiamo potersi enunciare la generazione delle no- stre idee : niuna idea può essere nello spirito uma- no, ove Toggetto ad essa rispondente non abbia pri- ma agito sulla costituzione umana e non si sia fatto oggetto alla intuizione; e niuna azione di oggetto e niuna intuizione di esso può diventare idea dell'og- getto stesso, fintantoché alla intuizione del medesimo non si applicano gli elementi originari della intelli- genza ; i quali stabiliscono la forma immanente del- l' uman pensiero : il che avviene in una maniera primitiva e necessaria , come si disse , ed in forza della integrazione della forza intuitiva e della intel- lettiva inerenti allo spirito umano. S- li. Della intervenzione della forza appetitiva nella naturale costituzione del processo conosciti- vo', e delle forme funzionali distinte, sotto cui questo naturalmente si determina. A dimostrare come le altre forze dello spirito umano intervengano nella costituzione del processo della conoscenza, egli ci è mestieri innanzi tratto di riguardare nuovaujente al rapporto in che sono fra loro nella unità dello spirito uiT)ano la intuizione e la intelligenza colle altre forze fondamentali in quel- lo inerenti. E' fu per noi notalo, sul cominciare del- l'antecedente pai te di questo saggio , il nesso di azioni e riazioni reciproche, onde le forze sopiaJdette m tra loro si coordinano, si subordinano, e si conti- nuano siccome in un incorruttibile circolo. E di vero, 58 Scienze quando noi ci raccogliamo nella coscienza di noi stes- si , tosto ci avvediamo che per la immanente energìa della forza appetitiva, la quale di continuo ne sti- mola a porci in rapporto con le cose esteriori e a sviluppare il nostro essere, noi siamo naturalmente e di continuo sospinti a ricercare la conoscenza di noi stessi e di tutte le cose che sono in relazione con esso noi, nonché ad investigare nello studio univer- sale delle medesime i mezzi e le regole che ci è mestiein adoperare ed osservare per conseguire il li- ne proprio della nostra esislenza, il perfezionamen- to di noi stessi: al quale dirittamente arriveremmo , siccome a nostra meta suprema, se da questa non ci deviasse di continuo la forza contraria delle prevalen- ti nostre passioni, ed i falsi giudizi che rechiamo in- torno alle cose per gl'inganni della immaginazione. Or dunque questa fondamentale ed originale tenden- za della forza appetitiva, incitando e determinando di continuo all' azione la facoltà intuitiva o empirica , nonché la intelligenza, queste facoltà vengono di con- tinuo procacciando e fornendo novelli elementi di co- noscenza, ed alle due forze costitutive sopraddette del processo conoscitivo, cioè sintetica ed analitica, o in- tegrale e differenziale, materiali di continue elabora- zioni. Così queste forze in ragione del suddetto im- pulso immanente che ricevono, e secondo la varietà de'suhhietti intorno a cui operano, e secondo i natu- rali bisogni della mente umana, vengono a specificarsi sotto certe forme determinate e distinte di funzioni. Nella somma delle quali riponesi ciò che chiamiamo la costituzione del processo naturale dell'umano sape- re : il quale qui da noi si va particolarmente investi- gando. Or dunque, le forme funzionali sotto cui spon- Umani conoscenze ^q taneamente, per tutte le condizioni soprascritte, sì de- termina il processo conoscitivo, sono le seguenti, cioè: la invenzione, la induzione e la deduzione. L'inven- zione è quella funzione, sotto cui le due sopraddette forze della conoscenza si costituiscono, laddove esse operano sopi\i i dati dell'esperienza, ed intendono a formare le idee individue delle cose individue e de'lo- ro particolari rapporti, riguardate sotto la triplice ve- duta della loro sussistenza, delle loro causalità, e del loro fine. In tutto ciò pertanto racchiudesi il subbiet- to e l'ufficio della invenzione. L'induzione poi è una funzione, sotto cui vengono determinate le medesime forze della conoscenza coU'in tento di operare sopra i prodotti della invenzione , e colla mira di estrarre dalla somma delle idee particolari e de'loro partico- lari rapporti, in una maniera graduale ed ascendente, l'identità del loro contenuto, e di separare le loro dif- ferenze, e così costituire le idee di specie, di genere, di ordine e di classe; per le quali elaborazioni della induttiva la somma delle idee particolari viene ma- ravigliosamente coordinala e subordinata in un sistema unitario. Il quale , ove non sia arbitrario o posto a fantasia, ma invece poggi sulla reale simiglianza e dif- ferenza delle cose, rappresenta in se il vero sistema delle medesime. Da queste due soprallegate definizio- ni apparisce in che la invenzione e la induzione in- tra loro si differenziano , cosi rispetto alla materia diversa sopra cui elle operano, come rispetto al fine di- verso a cui sono indirizzate : conciossiachè egli è ma- nifesto per le cose sopraddette, avere l'invenzione a suo sulihielto le cose particolari, e tutte le i>arlico- lari loro determinazioni e rapporti, e nel suo ufficio non oltrepassare la formazione dell'idee particolari ri- 6o Scienze spondend alle cose particolari e reali, ed ai loro spe- ciali rapporti. Per opposito , la induzione ha a suo subbietto non i dati immediati dell'esperienza, ma le idee individue già formate per la invenzione : e lo scopo che ad essa è dato a conseguire si è quello di trasformare i prodotti suddetti della invenzione in. idee generali, rappresentanti ciò che le cose particolari hanno tra loro di simile, di diverso e di opposto ; e per tal modo la somma delle idee particolari in un tutto sistematico congiungere. Il quale viene a costi- tuire come la statica del sistema delle conoscenze limane, in relazione alla dinamica del medesimo; la quale risulta, siccome vedremo, dalla terza funzione del processo conoscitivo, e la quale nomiamo la de- duzione. E questa, nella sua generale natura, definia- mo : Quella funzione delio spirito umano, sotto cui vengono determinale le forze radicali della conoscen- za, quando elleno applicando le idee piij generali so- pra idee meno generali, o sopra idee particolari, ven- gono traendo da un concetto più generale un con- cetto meno generale, o da una idea generale una idea particolare deducono. Nell'opera di questa funzione consiste ciò che chiamasi raziocinio. Or da questa defi- nizione della deduzione risulta chiara la differenza , onde essa distinguesi dalle altre due funzioni prece- denti, sì rispetto al subbietto e sì all'ufficio suo. Im- perocché materia della deduzione sono i prodotti del- la induzione e della invenzione insieme : e V ufficio di lei speciale è di discendere dal generale al meno generale od al particolare. Impertanto in questa fun- zione si consuma l'operazione discorsiva dello spirito umano : e nel discorso è la dinamica della conoscen- za in opposizione alla statica, che è l'opera ed il ri- Umane conoscenze 6i sultato definitivo della induzione, siccome teste accen- nammo. E tutto ciò basti a dinotare le differenze del- le tre funzioni, di cui costa l'intero processo cono- scitivo. Seguentemente allorché prenderemo ad illu- strare a parte a parte ciascuna di queste funzioni, mo- streremo come in ciascuna di esse si manifesti sva- riatamente l'opera delle due determinazioni dell' atto conoscitivo. Ma prima di metterci a ciò fare , dob- biamo dimostrare che 1' esercizio del processo della conoscenza si va effettuando sotto due condizioni della mente umana, opposte e succedentisi ; cioè sotto quella condizione di essa, clie può chiamarsi il suo stato di spontaneità, e sotto di un' altra condizione che è da chiamare il suo stato di deliberazione ; il quale dal primo è di necessità preceduto. §. III. Carattere differenziale del processo conoscitivo^ sotto la sua forma spontanea^ e sotto la sua forma deliberata. Scienza ed arte logica. Si enuncia lo scopo complessivo ed assoluto del processo conoscitivo. Il processo conoscitivo , sotto le tre forme di- stinte funzionali in cui si costituisce, si opera nel- lo spirito umano in una maniera spontanea, quando le sue suddette fuzioni si vanno effettuando senza uno scopo prescelto e consentito dalla energia libera di quella potenza che abbiamo altrove chiamata la volontà. E per contrario il medesimo processo assu- me il carattere di deliberato, quando esso viene con- dotto e dominato dalla forza libera della volontà, die- 6'2 Scienze tro un intento da essa deliberato e proposto. Lo spi- rito umano nel processo conoscitivo spontaneo ob- bedisce solo alla irresistibile tendenza della forza ap- petitiva e senza rendersi conto del movimento spon- taneo di esso , e senza sapere innanzi ne la regola che debbe seguire per raggiungere lo scopo, ne i mezzi da impiegare, ne la distanza che lo separa da quel- lo, né gli scogli e le difficoltà che gli è d'uopo su- pei'are per raggiugnerlo. Questo siffatto andamento del processo conoscitivo si manifesta sopra tutto nella mente de'fanciulli, nello stato di sogno ed in quello di alienazione mentale : ne'quali stati il movimento dello spirito è involontario e dipendente dalle circo- stanze fortuite esteriori o dalle prevalenti affezioni di esso, e procede oltre senza l'anticipata veduta di un fine determinalo o voluto, e senza la scelta di mezzi a quello adequali. Questo medesimo stato della mente umana appare eziandio nelle inspirazioni del vero ge- nio; il quale non è altro che quel movimento spon- taneo ed efficacissimo dello spirito, per lo quale l'uo- mo, senz'arte, sa pervenire là ove altri non possono aggiungere senza molto studio e riflessione , e dove qualche volta in nessuna maniera è dato loro di per- venire. Per contrario il movimento deliberato del pro- cesso conoscitivo si è quello in cui lo spirito uma- no facendosi oggetto a se stesso, e riguardandosi nelle proprie funzioni conoscitive, si in quanto por esse ha talvolta potuto fortunevohnente riuscire a qualche fe- lice risultato, sì in quanto da questo si è interamen- te dilungato, egli giunge da ultimo a comprendei'si; e comprendendosi, a dominare il proprio movimento, e con ordinato disegno dirigerlo ad uno scopo da esso lui innanzi prescelto e voluto. Ora adunque egli Umane conoscenze 63 è chiaro per tulle queste cosa come nella cosliluzio- ne del processo conoscilivo deliberato, oltre a tutte le sopraddette forze , intervenga eziandio la volon- tà : la quale vi sta come forza imperante e direttiva. Ciò non per tanto egli è da notare, che questo in- tervento direttivo della volontà nel processo della u- mana conoscenza non reca verun mutamento nell'in- dole delle altre forze che la vanno effettuando , ne sopra i risultati di ciascuna singola forza di esso , i quali sono da quella indipendenti. Talmentecliè qua- lunque sia la direzione che dalla volontà viene im- posta alla intelligenza od alla facoltà empirica, tut- tavia la natura degli elementi che queste facoltà re- cano nella conoscenza sono affatto sforzati, ossia in- dipendenti dalla volontà : e similmente interviene ri- spetto ai rapporti o riferimenti pe' quali l'atto imma- nente della intelligenza, ossia il giudizio, va in tra loro congiungendo o separando gli oggetti del pensie- ro, e tanto nella sintesi primordiale quanto nella sin- tesi e nell'analisi delle idee, che pel ministero della sintesi primlliva furono poste e costituite. Concios- siachè la volontà dell'uomo non fa ne gli oggetti del pensiero, ne i rapporti di essi : il pensiero li conce- pisce necessariamente, comechè volontariamente si sia posto in istato di percepirli e concepirli, e volonta- riamente si diriga nell' opera d' intuirli e di rappor- tarli tra loro. Il pensiero facendo oggetto a sé stes- so il suo stesso processo conoscilivo, e studiandolo nelle sue forme svariate , nel suo andamento , nelle sue leggi e ne'suoi risultati generali, giunge a costi- tuire quella speciale scienza che chiamasi logica , la quale è lo strumento costruttore di tutte le scien- ze possibili. In quanto poi lo spirito umano adopera 64 Scienze le idee generali di questa scienza per trarne regole pratiche direttive del detto processo, esso costituisce ciò che viene nomato arte logica o metodo. Ma or, senza più dilungarci, imprendiamo a specificare Tog- getto complessivo del processo deliberato della uma- na conoscenza. Il quale ci è sembrato in questo in- teramente racchiudersi : nel procacciare alla mente umana l'acquisizione del piij gran numero possibile d'idee individue rappresentative del più grande nu- mero di oggetti particolari conoscibili, riguardati per virtù della sintesi primordiale, sotto la triplice vedu- ta della loro sussistenza , delle loro causalità e del loro fine, ed in forza della sintesi secondaria, ia tutti i singoli loro riferimenti : nel coordinare e subordi- nare la somma delle dette idee individue per lo mez- zo di compai'azionì, di astrazioni, di analisi e succes- sive sintesi, in un tutto sistematico rappresentante le simiglianze, le differenze e le opposizioni delle cose reali conosciute e de'loro rapporti; e per modo che la mente umana possa abbracciare e contenere in se, senza smarrire, una gran somma di conoscenze, e con certezza discorrere dalle più generali alle meno ge- nerali ed alle particolari o viceversa, non che passa- re per tal via gradatamente dal noto alTignoto. Per le quali cose tutte si giunge a distendere grandemen- te il potere delle menti umane : del quale i mara- vigliosi risultati derivano più dall'opera normale del suddetto processo, che da sé stesso ; avvegnaché ove quello proceda senza metodo, di leggieri smarrisce ed in un mare di errori trabocca. Umane conoscenze 65 §. IV. Della funzione inventiva in particolare: de^suoi momenti costitutivi : delV osservazione e delVe- s perimento. Abbiamo altrove dichiarato essere condizione fon- damentale all'operare delle facoltà dello spirito uma- no e loro forme e leggi originarie , un esterno mul- tiplo obbiettivo, ed un rapporto di scambievoli azio- ni e riazioni tra questo e quelle. Inoltre questo è per noi indubitabile principio, cioè : il movimento delle dette facoltà cominciare dall'azione del multiplo ob- biettivo sulla costituzione umana. Ma l'uomo, nell'at- to stesso che trovasi in questo passivo rapporto colle azioni degli oggetti esteriori, fa presenti alla veduta del suo spirito i medesimi oggetti. Il quale fatto, che noi appelliamo intuizione, interviene in una maniera tutta speciale ed interamente da noi inesplicabile. Di- re cogl' ideologisti che le azioni delle cose modi- ficano lo spirito, e che lo spirito percependo od in- tuendo queste sue modificazioni, forma le idee delle cose^ egli è, secondochè noi pensiamo, porre la base fondamentale dell'idealismo, e fare che la filosofia sia in contraddizione perpetua col senso comune del ge- nere umano, ossia colle leggi universali ed identiche della natura umana, solo fondamento ultimo di ogni vero. All'incontro noi indubitabilmente rileniamo col grande Leibnizio, non che colla scuola scozzese, che le percezioni, le quali si riferiscono agli oggetti ester- ni della esperienza, debbono essere fedeli rappresen- tazioni de'medesimi : senza di che esse non sarebbe- G.A.T.LXXX1X. 5 66 Scienze IO che pure illusioni. E repuliamo inoltre die le Jet- te percezioni delle cose non si possono confondere , siccome i moderni ideologisti fanno, colle sensazioni: col qual nome intendiamo significare esclusivamente le affezioni dell'animo piacevoli o dolorose ; le quali solamente ci appariscono alla intuizione interna sic- come veramente subbiettive e personali : mentre le percezioni per contrario ci appariscono essenzialmen- te obbiettive o veramente impersonali. Ma rientriamo in cammino. Prodigiosa è la somma delle percezioni che nel sopraddetto modo si fanno presenti allo spi- rito umano : ciò non di manco , non senza grande giustezza, avendo riguardo alle facoltà percettive delle medesime, esse ridurre si possono sotto cinque tipi distinti. Ai quali corrispondono cinque forme distinte di percettività o d'intuizioni, cioè : la intuizione vi- siva, la intuizione tattile, la intuizione olfattiva, la intuizione uditiva e la intuizione sapida. Ora a que- ste facoltà percettive od intuitive dello spirito uma- no integrandosi la forza appetitiva e la volitiva ; e queste ultime forze dirigendole e dominandole, esse si elevano al grado di poteri volontari recettivi delle cose fuori , ed insieme intuitivi delle medesime. Il perchè le dette facoltà, considerate nel loro momento passivo, non sono più semplici recettività indifferenti delle azioni degli oggetti, ma sono virtù recettive ed intuitive attivamente determinate dalla attività inte- riore dello spirito. In fine, a queste facoltà ( le quali nel loro insieme costituiscono la facoltà empirica e- sterna ) nel momento stesso che col mezzo di esse lo spirilo va ricercando e ricevendo le azioni delle cose particolari, perchè appariscano alla sua intuizione (la quale dominata dalla forza volitiva si qualifica in Umane conoscenze Sj questo ufficio come attenzione sperimentale ) si ag- giugne la forza della intelligenza colle virtù di sue nozioni universali : a tal che queste applicandosi ai dati della intuizione, quindi risultano, per lo mezzo di quella sintesi primordiale di cui abbiamo di sopra parlato, i giudizi intuitivi singolari della sperienza : ed i quali, comechè singolari rispetto al loro mate- riale, sono universali in riguardo agli elementi che vi pone la intelligenza. Della qual cosa nuovamente sarà detto quindi innanzi. In cotal modo adunque compenetrandosi ed integrandosi in uno la forza ap- petitiva, la volontà, l'intuizione e l'intelligenza , ed in uno pigliando ad oggetto le cose particolari, vie- ne originata e costituita in tutta la sua possa quella funzione del processo conoscitivo che appelliamo in- venzione o funzione inventrice. La quale facendo og- getto a se stessa il mondo delle cose particolari, in questo va in modo predeterminato dalle nozioni della intelligenza ed in una maniera volontaria, universal- mente ricercando la sussistenza, l'origine ed il per- chè di ogni cosa particolare, la quale per la sua azio- ne sulla costituzione umana allo spirito può appari- re, od alla sua intuizione rivelarsi. Le idee partico- lari delle cose, ed i giudizi singolari che esprimono i loro singolari rapporti immutabili , dopo qualche tempo dispariscono dalla presenza, direra così, dello spirito umano; il quale stato del medesimo, riguardo alle sue idee, si chiama obblivione. Non per tanto, dopo una interruzione intera o parziale delle suddet- te idee, o dopo la loro obblivione, esse possono ri- comparire e rinnovellarsi alla presenza dello spirito, comechè gli oggetti reali rispondenti alle medesime idee non vengano nuovamente a farsi presenti alla 68 Scienze intuizione. Or questa disposizione dello spirito uma- no costituisce in esso un secondo momento della fun- zione inventrice, al quale si dà il nome di memo- ria ; siccome al primo momento di questa stessa fun- zione, il quale concerne la intuizione degli oggetti all'atto della loro azione sulla costituzione umana , diamo il nome di percezione, o semplicemente d'in- tuizione. Alla funzione inventiva appartiene inoltre un terzo momento ; il quale è l'immaginazione. Che cosa è l'immaginazione ? Lo spirito dell' uomo non solo è atto ad intuire le cose particolari ed a for- marsi le idee delle medesime e de'loro singolari rap- porti nella maniera sopraddetta ; non solo è dotato della facoltà di richiamare innanzi a se stesso queste idee, dopo essere passale nell'oblio, e senza il rinno- vellamento della intuizione degli oggetti, di cui le ri- cordate idee sono le rappresentazioni : ma egli pos- siede inoltre una facoltà, per la quale riunisce o con- serva riunite in tra loro in gruppi queste idee par- ticolari, e questi gruppi in collezioni : il che fa se- condo i rapporti particolari e concreti , con cui gli oggetti delle idee gli appariscono nella intuizione in tra loro collegati nello spazio e col tempo. Que- sta virtù dello spirito umano è pertanto quel mo- mento della funzione inventrice, al quale noi diamo il nome d'immaginazione. La intuizione precede la memoria : la intuizione e la memoria precedono la immaginazione e ne sono le condizioni essenziali. Susseguentemente la immaginazione è una condizio- ne al perfezionamento della memoria; e la iramagi- nìlzione e la memoria sono condizioni che distendo- no e facilitano l'opera della intuizione. La quale coor- dinazione e reciproca condizionalità di questi tre mo- Umane conoscenze 69 menti costituiscono la solidarità di ciascuno nella co- stituzione della funzione inventrice. In fine , egli è da considerare come questa funzione assuma due for- me distinte, cioè quella di osservazione e quella di esperimento. Nella osservazione lo spirito umano in- tuisce gli oggetti particolari, quali a lui per loro stessi si presentano, o quali esso li ritrova non alterati dalla sua industria effettrice e deliberata. E per contrario nello esperimento gli oggetti vengono da esso lui in- tuiti, non nello stato in cui per loro stessi si sareb- bero offerti, ma sì in quello in cui vengono modifi- cati o posti per l'opera attiva cbe l'uomo può eser- citare sulle cose ad esso esteriori, e per fine che l'in- tuizione possa di leggieri percepirli e coglierli in tutti quegli aspetti e rispetti, i quali, senza l'intervenzio- ne delle forze umane applicate ad alterarli dal loro stato naturale, non si sarebbero manifestati. Ma aven- do considerato la speciale natura e la costituzione della funzione inventrice, i suoi momenti o versioni, non che le due forme che ella assume, ora è da pas- sare a discorrere i vari modi di essa, rispondenti alle varietà determinabili delle relazioni oggettive che ella ha ufficio di andare investigando nel mondo delle cose. 1^0 Scienze §. V. De'vari modi d^ operazione della invenzione ri- spondenti alla varietà determinata delle rela- zioni particolari delle cose : delle proposizio- ni ontologiche che le reggono: la varietà^ il numero ed il quanto sono i tre punti di vi- sta della intuizione : delV analisi e della sin- tesi reale. La funzione inventiva, sia che vesta la forma di osservazione , sia che assuma quella di esperimento , ella è sempre in tutte le sue possibili vedute intenta a ricercare la sussistenza , l'origine ed il perchè di ogni cosa particolare, tolta a suo oggetto. Questa co- stante ed irreformabile determinazione ne'modi della funzione inventiva, viene ad essa imposta dalle no- zioni originali della intelligenza, che costituiscono la forma perpetua del pensiero, siccome chiaramente ap- parisce da tutte le cose soprascritte. Or dietro di ciò e'si può dividere l'ufficio totale e complesso di que- sta funzione in tre specie o modi di operazioni, ri- spondenti al triplice scopo sopraddetto di essa : vo- gliamo dire in invenzione di sussistenza , in inven- zione di causa ed in invenzione di fine. Inoltre in ciascuna di queste specie di operazione della inven- trice se ne contengono aitile tre: cioè nella invenzio- ne di sussistenza, vi ha l'invenzione della modalità, della sostanza e dell'attualità; conciossiachè questi tre termini necessariamente intervengono nel pensiero della sussistenza di ogni cosa : nella invenzione di causa, si contiene la invenzione del commercio, della Umane conoscenze wf corruzione e della generazione, momenti necessari e costitutivi di ogni oggetto di causalità; e da ultimo nella invenzione del fine si contiene la invenzione della coordinazione, della subordinazione e della con- tinuità ; avvegnaché niuna cosa esistente può esistere nel mondo delle cose, senza avere con alcune un rap- porto di coordinazione, con altre un rapporto di su- bordinazione, e con tutte un rapporto di continuità. Tutte le enumerate relazioni costituiscono , siccome altrove è stato detto, i rapporti non solo che legano le realità prodotte e condizionali colie realità incon- dizionali : i quali rapporti vengono considerati nelle idee o giudizi ontologici che vengono costituiti per la sintesi primordiale : ma sì i rapporti delle cose particolari e condizionali in tra loro. I quali rapporti sono pensati necessariamente dal pensiero umano im- mutabili siccome i primi , perchè essi derivano da questi, od in questi s'inradicano. La qual cosa ab- biamo generalmente chiarita nella dottx'ina ontologi- ca da noi esposta ; che ora più particolarmente vie- ne dichiarata , mostrando come ciascuna delle sud- dette specie d' invenzione sia dominata e sorretta da una dignità ontologica o giudizio primitivo ed in- dimostrabile, da cui ogni giudizio singolare, enuncian- te qualunque delle sopraddette relazioni, riceve quella virtù universale che ha in sé ; la quale è una cosa stessa colla immutabilità delle enunciate relazioni. Diciamo adunque; della invenzione della sussistenza è principio fondamentale ed ontologico questo teore- ma : una medesima modalità di una data cosa parti- colare aderisce sempre ed immutabilmente su di un medesimo svibbletto e per una medesima forza di es- so : e cosi viceversa. Alla iuvenziune di causalità è 172 S e I K N Z E fondamento ontologico quest'altro teorema \iniversale, principio ultimo di dimostrazione di ogni giudizio singolare di causalità; cioè : Una medesima cosa vie- ne sempre dalla sua non esistenza alla esistenza per mezzo di una medesima corruzione precedente e coli' opera di un medesimo commercio di azioni e riazio- ni reciproche di più cose in tra loro : e viceversa. Da ultimo della Invenzione di fine è dignità diret- tiva e fondamentale questo giudizio ontologico : Una medesima cosa, considerata in relazione ad altre, ha sempre con queste un medesimo rapporto di coordi- nazione e di continuità : e viceversa. In questo mo- do lo spirito umano, avendo a sicuro sostegno della sua funzione inventrice i suddetti princlpii ontologi- ci, penetra il mondo degli esistenti e lo esplora, non a guisa di scolare, come direbbe il Kant, che si la- scia dettare ogni cosa dal maestro e come più a que- sto aggrada; ma qual giudice costituito, il quale co- stringe i testimoni a rispondere a predeterminate istan- ze che va loro facendo. Inoltre in qualunque cosa particolare fatta oggetto alla invenzione , lo spirito umano va ricercando, sotto tutti que'punti di veduta che discendono da'soprallegati giudizi ontologici, la varietà, il numero ed il quanto. La varietà viene co- stituita da tutte le modificazioni accidentali, che può assumere o perdere qualunque cosa particolare, non che qualunque delle suddette loro relazioni, senza la- sciare di essere ciò che elleno essenzialmente sono : il numero è la multiplicazione o ripetizione delle cose medesime e delle relazioni loro, entitativamente con- siderate, ed in disparte da qualunque loro determi- nazione essenziale o modale : ed il quanto delle co- se e delle loro relazioni è il numero applicato, non Umane conoscenze 78 alla loro entitcà pure , ma alle loro determinazioni o modi positivi di essere sì accidentali e si essenziali. L'idea della varietà risulta nella sintesi primordiale del pensiero dalla compenetrazione dell'elemento em- pirico del vario e dell'elemento intellettivo dell' iden- tità; la quale è un attributo necessariamente pensa- to nella idea di ogni realità incondizionale. L' idea del numero risulta, nella medesima sintesi primordia- le, dalla integrazione dell'elemento empirico del mul- tiplo entitativo 0 discreto e dell'elemento intellettuale dell'unità, la quale è similmente un attributo essen« ziale di ogni realità incondizionale; ed il quale com- penetrandosi al multiplo empirico, lo costituisce nu- mero determinato o unità numerica, divisibile ed ad- dizionabile all'infinito. I giudizi primitivi ed indimo- strabili che risultano dalla sintesi dell'unità, elemen- to intellettivo, col multiplo empirico, in diverse ma- niere rapportati fra loro, costituiscono i principii su- premi dell'aritmetica e dell'analisi matematica. In fine la funzione inventrice, assumendo nel suo operare la forma di esperimento, procede nelle sue ricerche aiu- tata da due processi distinti della industria operosa dell'uomo , esercitantesi sul campo delle cose speri- mentabili : i quali due processi sono 1' analisi e la sintesi. Le quali chiameremo reali, per distinguerle dall'analisi e dalla sintesi mentale che è l'opera del giudizio. Mediante l'analisi reale gli oggetti dello spe- rimento vengono divisi e suddivisi sino alle loro parti indivisibili relativamente alla potenza limitata della industria umana : e per la sintesi , al contrario , le parti divise vengono riunite per riprodurre que' me- desimi oggetti che furono innanzi dalla analisi divisi. E vi ha due specie di analisi e di sintesi reali: y4 Scienze cioè l'analisi e la sintesi degli omogenei, ossia delle parti simili ed integranti degli oggetti, e l'analisi e la sintesi degli eterogenei , ossia delle parti diverse da cui gli oggetti della sperienza sono costituiti. E questi due processi sperimentali si esercitano simil- mente intorno al vario, intorno al numero ed intor- no al quanto dell^ cose e delle loro sopraddette re- lazioni universali. L' analisi distende sempre piii la somma degli oggetti della funzione inventrice, e le sue acquisizioni va continuamente multiplicando : la sintesi, riunendo i prodotti dell'analisi, l'esattezza ed il finimento di questa guarentisce. Ora, nella somma de'dati forniti e procacciati dalla invenzione nel so- praddetto modo determinata e guidata ; nella totali- tà delle idee delle cose particolari e di tutte le par- ticolari loro relazioni, ed in quanto possono essere presenti allo spirito umano pel triplice ministero della intuizione, della memoria e della immaginazione, si costituisce il campo e la materia totale su cui si svi- luppa in via susseguente la funzione induttiva. L'uf- ficio della quale e le sue parti diverse ed i risultati generali toglieremo ad illustrare specialmente, dopo es- serci dimorati alquanto in alcune altre considerazioni che pure alla invenzione hanno riguardo. Umane conoscenze y5 §. VI. Dello spazio e del tempo e della genesi ontolo- gica delle idee rispettive a questi due oggetti. Delle due vedute generali impartite alla in~ tuizione dalle suddette idee. De^limiti della sfe- ra di attività propria alla funzione inventricCé L'uomo entrando in rapporto per la sua funzio- ne inventiva col mondo degli oggetti ad esso este- riori, questo gli apparisce siccome contenuto in uno spazio, che egli pensa siccome vasto immenso immo- bile , siccome incondizionato improducibile ed indi- struttibile : il quale non è già una risultante della coordinazione delle cose particolari tra loro, ma è ve- ramente alcunché reale da quelle distinto; nel qua- le le medesime sono contenute, si estendono, si muo- vono, si generano, si tramutano e si riproducono. E questo spazio apparisce alla intuizione, siccome aven- te in se parti finite : ma queste parti non sono al- tro che i luoghi mensurabili occupati in esso immen- surabile dalle cose che appariscono alla nostra intui- zione eslese, moventesi, ed in esso contenute ; di ma- niera che le nostre misure dello spazio invece di es- sere le misure dello spazio in sé, il quale è incom- mensurabile, non sono che le misure de' luoghi oc- cupali in esso dalle cose estese, o percorsi dal loro movimento. In altre parole, i luoghi o gli spazi deter- minali non sono che le relazioni della stazione ap- parente o del movimento delle cose estese tra loro e rispetto allo spazio immobile ed infinito. Del quale il centro è da per tutto, e la circonferenza in nes- 76 S e I K W Z K suna parte. Così lo spazio in se eJ inJipendentemen- te dalle cose estese in esso contenute, è pel nostro pensiero un oggetto reale , immenso ed incondizio- nato, il quale ci apparisce come condizionato o fini- to per le relazioni delle cose condizionate tra loro e con esso. In questo spazio gli elementi immutabili, per le loro forze immutabili e pel loro commercio, ed in ragione de'loro prodotti antecedenti, continua- mente producono, trasformano e riproducono il com- plesso ascendente delle cose mutevoli, nella somma delle quali sta il mondo delle realità prodotte. Lo spazio dunque è pel nostro pensiero un og- getto assoluto ed incondizionato, come gli elementi delle cose, come le loro forze e come l'ordine pre- stabilito ed immutabile de'loro rapporti. Inoltre le co- se prodotte ci appariscono sotto due punti diversi di veduta: cioè, o in quanto esistono e durano, o in quan- to passano con legge di continuità successiva dalla loro non esistenza alla esistenza o dalla loro esisten- za alla non esistenza. Ora questa continuità succes- siva delle cose prodotte, e queste loro durate fugge- voli, costituiscono la nostra idea del tempo; e l'idea del tempo non è altro cbe l'idea di queste durate fi- nite e di questa successione. Da ciò apparisce come l'idea del tempo non possa applicarsi alle realità in- condizionate ; le quali non potendosi né distruggere ne produrre, non banno durata finita, ne successio- ne ; ma sono per contrario fornite di durata conti- nua ed infinita; la quale è una cosa stessa colla eter- nità. Ora nella idea ontologica del tempo per la sin- tesi primitiva del pensiero si compenetrano indisso- lubilmente l'elemento intellettivo della durata con- tinua ed infinita, e l'elemento empirico delle durate Umane conoscenze ^y finite e della loro successione. Ora i giudizi primi- tivi ed universali che risultano dalla compenetrazio- ne intellettiva primordiale dell'idea dello spazio im- menso e dell'idea empirica de'luoglii mensurabìli oc- cupati in esso dalle cose estese, o da queste percorsi co'loro movimenti, e dall'idea intellettiva della durata continua ed infinita coU'idea empirica delle durate fi- nite e delle loro successioni rapportate in tra loro nella sintesi secondaria del pensiero, pongono il fon- damento della geometria e della meccanica. In fine considerando noi, nell'opera della invenzione, le cose particolari sotto il rapporto della loro unità nello spazio e nel tempo , noi abbiamo la veduta statica delle medesime; e riguardandole per contrario nel rap- porto della loro successione nello spazio e nel tem- po, noi le contempliamo nella loro vedula dinamica. Questi due punti di veduta, statica e dinamica delle cose particolari, sono precipui e generali nello eser- cizio della funzione inventiva, e sono ad essa impar- titi dalle due suddette idee dello spazio e del tempo. Ma or vcggiamo quale sia la sfera dell'azione di que- sta funzione, rispetto alla somma reale delle cose par- ticolari esistenti o possibili. D'intorno al quale argo- mento primieramente diremo: la funzione inventiva, sia sotto la forma di osservazione, sia sotto quella di esperimento , sia nella sua veduta statica , sia nella sua veduta dinamica, non perviene ne pervenir può sino alle realità incondizionate, le quali sono ogget- to esclusivo delle nozioni originarie della intelligen- za; ma ella aggirandosi per sua natura intorno alle cose prodotte, ed essendo in ciò limitata dal limitalo potere delle facoltà percettive, non può arrivare ad intuire se non una parte, e forse infinitesima della 78 Scienze totalità delle cose prodotte. E a vero dire tutte quelle cose, che a noi appariscono mediante le loro azioni sopra i nostri sensori, non sono ne possono essere se non i corpi : ne i medesimi pervenir possono sino alla percezione di quegli atomi che i fisici immagi- narono siccome principii delle cose, quantunque da essi supposti estesi e figui'ati ; perciocché questi pu- re, quantunque estesi, sono al di là della portata di ogni nostra intuizione. Oltre di che la virtù di que- sta non solo viene manco prima di raggiungere que- sti pretesi principii delle cose, ma essa per cagione di distanza non vale a percepire gli stessi corpi per grandissimi che siano, laddove questi permangono lo- cati in parti dello spazio distantissime da noi. Da tutto ciò dunque discende che la totalità de'dati spe- rimentali è solamente eguale alla totalità delle cose che hanno o possono avere relazione colle facoltà in- tuitive dell'uomo; e non già eguale alla somma reale delle stesse cose esistenti. Per quanto sia lontano il punto, a cui la vista nostra aiutata da potenti stru- menti può pervenire a percepire oggetti realmente esi- stenti, ciò non di manco ella trova in fine innanzi a se un limite, oltre il quale non gli è piìi possibile d'intuire alcuna cosa. Ciò non pertanto è egli forse questo limite della intuizione, il limite delle cose nel- lo spazio ? Egli par certo all'incontro che prima ven- ga meno nell'uomo anche il suo potere d'immaginare a fantasia oggetti nello spazio, che questo finisca di contenerne. Ed egli avviene il simigliante alle nostre facoltà intuitive quando con esse ricerchiamo le mi- nime cose : nella ricerca delle quali noi ci dimoria- mo sempre a grandissimo intervallo distanti da una infinità di cose più piccole. Vi ha esistenti dotati Umane conoscenze ^^ di vita, Je'quali l'immaginazione è sgomentata a rap- presentarsi l'estrema piceiolezza, e ne' quali tuttavia esistono proprietà ed organi analoghi a quelli di al- tri viventi , il cui volume relativamente a questi è maggiore del volume della terra rispetto all'uomo. Lewenhoeech, nelle sue belle ricerche sugli animali microscopici, ha veduto che farebbe mestieri di venti milioni di alcuni di questi animalcoli per riempire lo spazio di un centimetro cubico : quindi è chiaro es- sere il loro volume minore del millesimo di un gra- no di sabbia già impalpabile, E molte migliaia di que- sti viventi potrebbero stare sopra la punta di un ago. Non pertanto questi esistenti si muovono, vivono e mostrano di sentire. Il loro corpo è dunque compo- sto di liquidi e di solidi; avvegnaché dotali sono di organi propri ad adempiere siffatte funzioni. Or si giudichi da tutto ciò quale sia la tenuità di tali or- gani, e quale sia quella delle loro parti costitutive. Tuttavia penseremo noi che qui stia 1' estrema pic- eiolezza delle cose ? Non vi può essere entro ciascu- na di queste parti di obbietti prodotti, che la nostra immaginazione non sa rappresentarci, un abisso no- vello di esistenti prima di arrivare sino agli elementi primigeni delle cose ? Da tutto ciò adunque si fa aper- to che il mondo delle realità prodotte, rispetto alle nostre facoltà intuitive, contiene due infiniti , ossia esso è, rispetto alle medesime , infinitamente picco- lo ed infinitamente grande. La qual cosa è cagione che la nostra funzione inventiva sia sempre circo- scritta e come sospesa tra questi due opposti infiniti, per quanto ella col tempo si possa spingere oltre. 8o S e I E N Z K S- VII. Della progressività indefinita della sperienza : della evoluzione e trasformazione continua de* principii generali della scienza, formati pel ministero della induzione. Dalla soprascritta condizione, a cui soggiace la nostra virtù intuitiva, discendono certe inevitabili ne- cessità che imperano alla natura dell'umano sapere. E primieramente egli è chiaro che, non essendo possi- hile allo spirito umano di pervenire, per le circostan- ze sopraddette, ad intuire la totalità delle cose pro- dotte, cosi egli non può mai raggiungere nella scien- za e coll'opera della induzione i teoremi e le leggi generali empiriche, le quali reggono il mondo delle cose prodotte nella sua totalità, per quanto l'osser- vazione e l'esperimento distendere possano col tempo il loro progressivo dominio. E da questo appare in olire , avere tenuto un torto procedimento que'filo-- sofi, i quali avvisarono che la scienza delle cose pro- dotte possa legittimamente cominciare da una ipo- tesi generale, per mezzo di cui si debbano quindi an- dare spiegando tutte le cose che nel mondo della natura nascono esistono e trapassano: da una manie- ra di formola generalissiuia in somma, applicabile a tutti gli oggetti attuali e possibili della sperienza. Di questa guisa ha proceduto quella filosofia che dal suo autore Schelling fu appellata della natura ; la quale, a dichiarazione del suo spositore Penhoen, non è una scienza d'osservazione, né il suo modo di pro- cedere si è quello di innalzarsi dalle idee particola- Umane conoscenze ffi ri alle generali eJ alle leggi clie reggono gli avve^ nimenti particolari. Per contrario il suo punto dipar- tenza è una ipotesi primitiva e fondamentale, la qua- le ella pone a se stessa a priori ; e della quale di poi ella va cercando la verificazione nel mondo delle realità col mezzo della osservazione. Or questo me- todo si è quello che noi riproviamo, nello stesso tem- po che ci dichiariamo contro i canoni della filosofia empirica. E riproviamo il primo, perchè ci pare aper- to, per tutte le cose fin qui discorse, la conoscenza umana non potere contenere in se legittimamente di universale se non gli elementi che in essa pone la intelligenza , e che gli elementi avventizi della me- desima mancano, per le circostanze che ora andiamo discorrendo, non solo di universalità, ma eziandio di generalità compiuta ed immutabile : e rigettiamo la seconda, perchè essa erra, secondo noi, non in quan- to professa il canone che stabilisce essere l'estremo termine del sapere determinato dall'estremo termine de'dati della esperienza: ma in ciò che non ammet- tendo altra origine delle cognizioni, o altri elementi di esse in fucili de'dati della sperienza, ella non sa e non può pervenire laddove i dati della sperienza legittimamente recano le vedute dello spirito uma- no , mediante l'integrazione di quelli colle nozioni universali ed originali della intelligenza , del tutto sconosciute alla scuola pura sperimentale . Per il qua- le difetto non solo è tolto allo spirito umano di ri- conoscere tutti gli oggetti indubitabili del suo pen- siero e di pervenire alla vera scienza ed al vero suo fondamento: ma di più gli è tolto di potere raggiun- gere la osservazione e la esperienza veraci: imperoc- ché l'uomo non esperimenta e non osserva il moa- G.A.T.LXXXIX. C 8a S e I E rf z E do delle cose prodotte , se non perchè vi è spinto in una maniera certa e determinata dalle nozioni del- la sua intelligenza , le quali egli applica a qualun- que oggetto; e per questa applicazione soltanto P os- servazione e r esperimento diventano possibili e si costituiscono scilo tutti que' modi e forme immutabili che superiormente abbiamo mostrate. Del resto la so- pra detta condizione, in cui è la facoltà intuitiva del- l'uomo rispetto a'suoi dati sperimentali, mentre dal- l' una parte la priva della possibilità pure di forni- re alla induzione, quando che sia , materiali per la costruzione di principii generali scientifici assoluti ed immutabili, ingenera dall' altra nel potere conosciti- vo dell'uomo questa maravigliosa prerogativa; e vo- gllara dire, la sua continua ed indefinita progressivi- tà. Per la quale, potendo lo spirito umano ogni gior- no distendere a più lontani limiti le sue acquisizio- ni circa la materia della cognizione; cosi i principii generali, i quali si fondano dalie induzioni co' dati della invenzione , e che debbono per essere veri e proficui a questi adequarsi , possono di pari pas- so estendersi e svilupparsi : avvegnaché privi come sono per loro natura di ogni carattere d'immutabi- lità assoluta, le scoperte di nuove cose particolari e di relazioni delle medesime pria non conosciute , e le quali il tempo di mano in mano conduce, li vanno continuamente trasformando: ed in colai modo il mo- vimento della scienza, per lo lungo de'secoli, viene determinato appunto dalla progressione della sperien- za, ed in se stesso non in altro consiste che nello sviluppo e nella trasformazione continua de'principii formati dalla induzione: ne'quali, mentre si riassumo- no sempre i dati antichi della sperienza , per l'ag- Umane conoscenze 83 giunta di dati novelli, essi sempre più si sviluppa- no, elevandosi a maggiori generalità. Oppositamente a questa legge di sviluppo , che regge la vita della umana scienza, adoperano tutti que 'sistematici, i qua- li nelle scienze particolari vengono a fantasia fabbri- cando sistemi assoluti; ed i quali, perciò stesso clie stimano assoluti i loro sistemi, mostrano di riputa- re per ignoranza di avere già perlvistrato e conosciu- to tutto il mondo delle cose; il quale, ciò non di- meno, la capacità delle loro menti infinitamente sor- passa. Da questo è che non senza gran senno fu det- to dagli antichi filosofi, e tra questi dallo stesso Ari- stotile, quantunque caldissimo propugnatore dell'im- portanza dell'elemento sperimentale, la scienza avere per suo oggetto i soli universali, e la opinione le cose particolari e contingenti, ossia le prodotte e mutevoli. Eglino, senza dubbio, nomavano del nome di scienza esclusivamente ciò che viene costituito dalla ontolo- gia o filosofia prima: e chiamavano opinione la scien- za, in quanto ella ha riguardo alla intuizione delle idee delle cose particolari e contingenti. Or da tut- to ciò che abbiamo qui discorso siamo condotti a ri- tornare alcun poco sopra i nostri passi, aggiungendo una breve considerazione sulla concezione del no- stro spirito relativa all'ordine immutabile de'rapporti delle cose prodotte. 84 Scienze §. Vili. DelVordine immutabile de rapporti delle cose in tra loro : fondamento di questa concezion& dello spirito uì»ano. Tutte le ricerche filosofiche, dice Stewart, qua^ lunque sia la loro natura, e tutte le conoscenze pra*^ tiche che dirigono la nostra condotta nella vita, sup-. pongono un ordine stahilito ed immutabile nella sue-, cessione degli avvenimenti: senza di ciò l'osservazio-f ne del passato sarebbe sterile e nulla potremmo con-^ chiuderne per l'avvenire. Spesso i filosofi si sono do-- mandali: D'onde ha ella origine questa convinzione di un ordine stabilito ed immutabile nelle determinazio-! ni e nelle successioni degli esistenti? forse dalla espe-s. rienza? forse dalle idee generali della mente genera-. te pel ministero della induzione da' dati pai'ticolari empirici? Egli è certo a chi ben guarda, che il pen- siero 0 la concezione della immutabilità delle relazior ni causali non può provenire dalla sola esperienza j perchè per virtù della esperienza soltanto non si può concepire niente di universale e d'immutabile. Ne la induzione o la generalizzazione di tutti i casi della esperienza per loro soli , per quanto multiplici essi siano, potrebbero condurre alla suddetta concezione. Lo spirito, egli è il vero , aggiungendo ai dati em^ pirici l'opera del processo induttivo, e col legando lo osservazioni proprie a quelle di tutti gli altri uomi-> ni che sono e che furono, giunger può a riconosce- re un ordine costante ed identico, col quale certe da- tp cose si sono Ritenute tra loro in una vclazio-. Umane conoscenze 85 ne causale sempre identica. Ciò non di manco que- sta maniera di conoscenza, la quale non oltrepassa il confine di ciò che è, e di ciò che è stato, non por- ta in se il concetto della universalità e della immu- labilità assoluta de'rapporti causali. E veramente da quest' ordine costante di rapporti sperimentato nel tempo passato , e rappresentantesi nella nostra co- noscenza empirica od induttiva, si potrebbe egli con logica necessità dedurre che il suddetto ordine sia per mantenersi lo stesso in avvenire? L'avvenire tra- scende l'esperienza, percliè questa altro non può es- sere che l'osservazione delle cose passate e delle pre- senti; ed il presente ed il passato suppongono già gli esi- stenti: l'avvenire per contrario è la somma degli esisten- ti e degli avvenimenti possibili. Indarno adunque nella rappresentazione di ciò che è, e di ciò die è stato, si cerca la genesi della nozione di un ordine immuta- bile di sussistenze, di causalità e di fini nelle som- me delle cose attuali e possibili : la quale nozione, pel carattere essenziale di universalità cbe in se con- tiene, abbastanza dimostra la sua non derivazione dal- la sperienza; e la quale sorge come tale nel pensie- ro umano alla percezione di un solo avvenimento in- dividuo; e vi sta come stabile fondamento di tutti i nostri giudizi intorno all'ordine causale di tutte le cose. Discendiamo nella coscienza del nostro pensie- ro. Non è egli vero che ritroviamo esistere in esso un'intima ed irresistibile convinzione, per cui, dietro la semplicità di una sola esperienza, e dopo le pre- cauzioni adoperate nel farla per metterci in possesso di tutte le circostanze a cui è legato il dato avveni- mento, non è egli vero, che noi diamo a tutti i ca- si simili ed identici un valore assoluto ed universa- 86 Scienze le , indipendentemente da ogni verificazione in via sperimentale? Allorquando noi per avventura osservia- mo che una data cosa a noi analiticamente cognita, per il suo commercio con un' altra cosa non inte- ramente a noi cognita, effettua in quest'ultima una data mutazione diversa da quella da essa prodotta altra volta colla cosa apparentemente medesima : pensiamo noi forse per questo che il rapporto di causazione tra queste due cose sia mutato? No certamente: av- vegnaché in questo caso , come in ogni altro caso analogo, noi necessariamente pensiamo, e senza ricor- rere a nessuna esperienza, che la cosa in cui la mu- tazione si realizza per l'azione causativa dell'altra, esi- sta ora per se stessa in un modo diverso da quello in cui esisteva nel primo caso ; ossia noi pensiamo esserci noi ingannati nell' avere ritenuta quest'ulti- ma cosa simile all'altia prima. David Hume parten- dosi da principii di quella scuola, la quale non am- mette altra sorgente di tutte le nostre conoscenze in fuori delle sensazioni, con severità ineluttahile di cri- tica ne deduceva: essere noi del tutto privi di ogni fondata conoscenza circa i rapporti d'ordine neces- sario ed immutabile nella successione degli avveni- menti sì fisici e sì morali, E questa conseguenza del Hume, nella quale contiensi il rovesciamento di ogni fondamental garanzia dell'umano sapere, ove si am- metta l'origine esclusiva sopraddetta di tutte le no- stre conoscenze, ha il valore di una rigorosa dimo- strazione. Chiaro è dunque che l'oiùgine di questa idea o di questo giudizio universale è dalle nozioni universali della intelligenza : per le quali pensando noi necessariamente , dietro all' apparizione empiri- ca delle cose prodotte, gli elementi o le sostanze im- Umane conoscenze 87 mutabili da cui quelle sono costituite , non che le forze immutabili delle medesime, per le quali tutte le cose prodotte sono successivamente recate dalla non, esistenza alla esistenza, e da questa a quella, così egli ci è necessità di riconoscere l'esistenza necessaria di un ordine immutabile causale in tutti gli avvenimenti delle cose condizionali o prodotte. E queste considera- zioni si applicano similmente alle relazioni immuta- bili di sussistenza e di fine delle cose medesime. §. IX. Della formazione de' giudizi intuitivi o partico- lari delle esperienze : della deduzione speri- m entale. Lo spirilo umano nella funzione inventrice fa- cendo oggetto a se stesso il quale, il numero ed il quanto ragguardati nella sussistenza, nella causalità e nel fine delle cose particolari , per la virtù delle nozioni universali della intelligenza da cui è domi- nato, indubitabilmente riconosce, siccome appare per le cose sopraddette, una immutabilità ne'singoli rap- porti de^termini sopraddetti, e sotto de'quali ogni og- getto viene da esso universalmente riguardato. Ora sopra di questo fondamento inconcusso riposano tutti i giudizi intuitivi della sperienza. La triplice forma ontologica de'quali fu da noi enunciata di sopra nella maniera seguente : Sotto una medesima maniera di esistere delle cose sussiste sempre un medesimo sug- getto ed una medesima forza, onde quella data ma- niera di essere aderisce in quel dato subbietto : e vi- ceversa un medesimo subbietto ed una medesima for- 88 SciKNZE za sostiene e mantiene sempre ed universalmente una medesima maniera di essere : una medesima cosa, per infinite volte elie la rinnovar si possa in quanto è prodotta, procede sempre da medesime cose generan- ti, da un medesimo commercio di azioni e riazioni tra loro e per lo mezzo di una medesima precedente corruzione delle medesime cose ; e viceversa : il me^^ desimo fine di una cosa, o una medesima cosa ri"- guardala come fine, è sempre coordinata con una co- sa medesima e subordinata con altra medesima cosa e continua con altra pur medesima cosa. Ora egli è chiaro che questa universalità, la quale giace perpe- tua in questi giudizi, si converte alla immutabilità so- praddetta de'rapporti reali delle cose ; a tal che la universalità di quelli non è altro che una rappresen- tazione ideale di questa. Diciamo or dunque , ogni giudizio intuitivo o singolare si può risolvere in uno de'tre giudizi ontologici sopra enunciati : o in altri termini, ogni giudizio singolare, posto co' dati della sperienza, non è che o Tuno o l'altro de'tre suddetti giudizi ontologici, inoarnanlesi o determinantesi coi dati della sperienza : uno de'tre suddetti giudizi on- tologici, il quale, senza perdere il suo valore onto* logico, discende dalla sua universalità e viene a ca- dere nel particolare o singolare, impartendo al dato empirico il suo proprio valore ; e per modo che il giudizio singolare che ne risulta, entro la sfera della sua singolarità possedè un valore universale ed im- pugnabile. E correlativamente ai tre sopraindicati giu- dizi ontologici tutta la somma possibile de'giudizi della sperienza viene a dividersi in tre categorìe di giudi- zi ; cioè in giudizi di sussistenza, in giudizi di cau- salità ed in giudizi di fine. E ciascuno di questi con- TQmane conoscenze 89 i&ta tli due termini e di una relazione che li unisce: a cagione di esempio, ne'giudizi di sussistenza l'un termine è la sostanza e la sua for?.a, e Tallro la mo- dalità che in essa sostanza aderisce : e la relazione è il legame immutabile che unisce i due termini per modo in tra loro, che l'uno essendo dato alla intui- zione, se ne può dedurre V altro indubitabilmente , comechè non dato alla intuizione. 11 simigliante in- terviene ne'giudizi causali e similmente ne'fmali. Que- sta deduzione pertanto chiamiamo deduzione speri- mentale ; la quale vuol essere distinta dalla dedu- zione di raziocinio col mezzo de' dati della induzio- ne , la quale , siccome altrove indicammo , costitui- sce la terza funzione del processo conoscitivo totale. Del resto, questo magistero de' giudizi singolari riguar- dando noi sotto di un altro punto di vedula , egli apparisce chiaramente che ogni giudizio sperimentale si può tradurre in una conseguenza necessaria di un sillogismo formale. In cui la. maggiore è uno de'tre giu- dizi ontologici soprallegali, la minore il dato empi- rico puro, e la conseguenza l'effetto dell'applicazio- ne della maggiore sopra la minore. X. Awertenze principali circa Vosservare e lo sperimentare. Ora, per fondare i giudizi sperimentali con ve- rità, e per evitare in essi l'errore, egli è necessario apparecchiarsi alla invenzione de'dati empirici con de- strezza, con acume, con somma diligenza e coll'ani- mo libero da passioni e da pregiudizi. Conviene os- QO Scienze servare gli oggetti da più lati, e confrontare le pro- prie osservazioni con quelle degli altri ucraini ; ed assicurarsi in ogni possibil modo, che la cognizione nostra empirica non sia solamente individuale e fon- data sopra la nosti'a maniera di vedere subbiettiva : ma che la riposi per contrario sulla testimonianza in- tuitiva del più gran numero degli uomini. Concios- siachè da ultimo ogni nostro errore nell'opera di que- sti giudizi sperimentali, che enunciano i rapporti im- mutabili delle cose, deriva immediatamente dall'ope- ra fallace della immaginazione, la quale mescola sen- za, che noi ce ne avvediamo, i dati propri non rispon- denti alla realità esterna ai dati della intuizione ; i quali non possono non corrispondere a quella. Allor- quando la osservazione e 1' esperimento pigliano ad esame le proprietà delle cose, dobbiamo distinguere, se queste sono ad esse essenziali ovvero accidentali: notando se elleno conservano in ogni circostanza ed in ogni tempo le medesime proprietà , o guardando se la ragione di ciò che conviene ad un dato sog- getto esista nel soggetto medesimo, o se per contra- rio proceda dagli oggetti ad esso esteriori. Quando una cosa apporta cambiamento in un'altra, e tal cam- biamento nasce tostochè l'una di queste cose si ap- prossima all'altra o che con essa si mescola, non vi è da dubitare che l'una non sia la cagione del cam- biamento dell'altra. Tuttavia per accertarsi che una cosa è ella sola cagione di un fatto che avviene, bi- sogna attentamente rintracciare se le cose, che sono in rapporto di azione e riazione per produrlo, abbia- no già sofferta qualche mutazione occulta, senza del- la quale l'effetto od il fatto non sarebbe avvenuto: o finalmente se con esse non vi sia qualche cosa di stra- Umane conos'gxtsze gc YiìéTo ed occulto che concorra a produrlo. In questo incontro soventi volle fa d' uopo commensurare con somma esattezza e il grado di forza della cosa che opera l'effetto e la grandezza dell'effetto medesimo : avvegnaché egli è necessariamente vero, ninna cagio- ne poter dare più di quello che ella ha in se : tal- mentechè quando l'effetto è proporzionato alla forza che si slima produrlo, non si può dubitare che non abbia sola questa forza un tale effetto prodotto. Due cose sono spesso legate insieme : ma se tu trovi qual- che volta l'una senza dell'altra, quantunque nulla vi sia che abbia potuto impedire quest'altra di avere il suo effetto, ne conchiuderai , essere impossibile che l'una di queste sia dell'altra cagione. Dove una espe- rienza si trovi affollata di molte cose insieme aggrup- pate, conviene da prima esaminare ciascuna da se : di poi combinarne due, per vedere ciò che indi risul- la: e finahnente unirle tutte col inedesirao intento. Con qviesta maniera si giunge a conoscere se abbia- mo preso per cagione di certo effetto ciò che non lo è : e quanto ciascuna parte presa separatamente con- tribuisca alla produzione del medesimo. Spesso gli og- getti esterni, che vengono da noi riguardati, sono di- versi In loro da quello che noi ci rappresentiamo di essi: il che pure avviene per uno scambio della nostra fantasia. Queste circostanze svari alissime sono state cagioni di errori e di pregiudizi senza numero : laon- de per questa parte utilissimo è il sapere le leggi, se- condo le quali le impressioni degli oggetti esteriori si operano sopra 1 nostri sensi. Infine, siccome noli' osservare e nello esplorare che facciamo il mondo delle cose particolari siamo eziandio guidali da quel giudizio ontologico, il quale pone non vi potere es- g2 b C I E R Z E sere nel mondo cosa alcuna né grande ne piccola che non serva a qualche altra, e viceversa : avvegnaché il perfetto disegno porta l'ordine in se, e l'ordine la coordinazione di una parte coU'alti^a, e la subordina- zione reciproca delle parti stesse tra loro , ed in tutte insieme lo stringersi e lo incatenarsi in una gradazione dall'infinito piccolo all'infinito grande: co- sì nella osservazione e nello esperimento di queste relazioni , per non andare errati , egli ci è mestieri andare assai cauti; e debbesi stimare in questa parte ardua della umana invenzione, essere supremo prin- cipio moderatore cotesto : Per assicurarsi della coor- dinazione, della subordinazione e della continuità di ima data cosa con altre date cose, e'bisogna che que- ste loro relazioni si manifestino costanti in tutti i tempi ed in tutti i luoghi. Ma della funzione inven- trice abbastanza si è detto fin qui : e senza più di- morare in questa parte, prenderemo ora a dire della seconda funzione del processo conoscitivo, cioè della induzione. §. XI. Della induzione^ della sua natura e delle ope- razioni costitutive di essa. Da quali forze dello spirito umano è costituita questa funzione ? Dalle medesime forze in vero, le quali abbiamo veduto costituire la funzione inventi- va. Talché quello che differenzia l'una dall'altra que- ste due funzioni del processo conoscitivo, si è il sub- bietto diverso su cui ciascuna di esse opera e lo sco- po diverso a cui ciascuna mira : della qual cosa su- Umane conoscenze ^3 periormente si è toccalo. Diciamo adunque la fun- zione induttiva, nel processo della umana conoscenza, costituisce quel momento di esso, per lo quale le idee particolari ed i giudizi singolari pósti dalla invenzio- ne vengono da ultimo trasformati in giudizi genera- li o teoremi ; per modo che questi siano siccome le formolo algebriche di quelli. Al quale risultato la in- duzione perviene per lo mezzo di tre operazioni di- stinte o successive, nelle quali la induzione intera- mente consumasi. Or queste tre operazioni sono : la comparazione, l'astrazione e la teorizzazione. La com- parazione è 1' atto per cui lo spirito dispone in tra loro i termini e le relazioni singolari de' dati della esperienza per modo che egli veder possa le simiglian- ze, le differenze e le opposizioni delle loro svariate qualità, del loro numero e della loro quantità. Ora vedere le siraiglianze, le differenze e le opposizioni delle sopraddette determinazioni delle cose, costitui- sce quella forma di giudizio sintetico od analitico che noi appelliamo giudizio d'identità. Il quale giudizio, disformemente dal giudizio intuitivo, il quale, sicco- me vedemmo si appoggia sopra le nozioni universali della intelligenza, è evidente per se stesso ed ha in se una forza irrepugnabile : conciossiachè i due ter- mini, di cui consta, sono o una medesima cosa o l'una parte essenziale dell'altro; e le sue enunciazioni co- stituiscono gli assiomi. L'astrazione è l'atto per cui lo spirito umano nella funzione induttiva, separando nella comprensione delle idee individue e de'gmdizi intuitivi , in tra loro comparati , ciò che in essi , per mezzo del giudizio d'identità, ha scoperto di si- mile, da tutto ciò che in essi vi ha di differente o (li opposto, e viceversa, ne viene formando idee aslrat- g4 Scienze te; le quali sono in loro stesse indefinite, e le quali ricevono una determinazione allorquando vengono predicate di un complesso o totalità di oggetti defi- niti. Il quale ufficio appartiene alla teorizzazione, sic- come vedremo. Queste idee astratte, secondo noi, deb- Louo essere distinte da quelle idee semplici che si ot- tengono per mezzo dell'analisi differenziale delle idee complesse individue : le quali, formandosi senza l'ope- ra della comparazione di piìi idee individue in tra loro, chiamiamo idee semplici o differenziali, distinte per caratteri certi dalle suddette idee astratte, le quali si formano col ministero precedente e sussidiario del- la comparazione. Da ultimo la teorizzazione è l'atto, pel quale la mente va attribuendo le idee astratte in- determinate a determinati complessi d'idee individue, in maniera affermativa o negativa. Da ciò hanno ori- gine i giudizi generali che cliiamiamo teoremi, i qua- li, siccome abbiamo detto, sono le formole de'giudizi singolari della sperienza. Ora in questi tre atti dello spìrito umano si contiene tutta l'opera della funzione induttiva. Nella costituzione della quale intervengo- no solidariamente tutte le forze dello spirito umano: imperocché la forza appetitiva v'interviene come for- za motrice : la volontà come forza direttrice, per la quale la induzione assume una fomna riflessa : e l'in- telligenza da ultimo v'interviene, e fornendo i termi- ni universali, senza de'quali non vi può essere giudi- zio» e come forza costituente il giudizio medesimo, sia sotto la guisa sintetica, sia sotto l'analitica^ e così nel- l'atto della comparazione come in quelli dell'astrazione e della teorizzazione. Essendoché egli è un fatto gene- rale di nostra mente, che qualunque comparazione , qualunque astrazione e qualunque teorizzazione, sia Umane conoscenze g5 dì varietà, sia di numero, sia di quantità, si operano sempre circa le idee di sussistenza, di causa e di fine delle cose individue, delle quali le idee individue sono materia alla funzione induttiva : il che meglio apparirà per le cose che verremo dicendo ne'paragrafi che segui- tano. E qui cade acconcio di andare annotando che queste due funzioni del processo conoscitivo, la inven- zione e la induzione, in tra loro si rannodano dappri- ma in un ordine progressivo, e di poi in un circolo perpetuo : imperocché dapprima egli è mestieri che la funzione inventrice procacci i materiali alla induttiva: e di poi i risultati della funzione induttiva grande- mente soccorrono la funzione inventiva. Ma or deesi procedere innanzi, discorrendo partitamente di ciascu- na delle tre operazioni costitutive della induzione; le quali abbiamo teste definite. §. XII. Della comparazione. Abbiamo altrove notato che pel terzo momento della funzione inventiva, detto immaginazione, le idee delle cose individue si associano e coordinano infi'a loro nella unità dello spirito umano , secondo i rapporti che i loro relativi oggetti hanno principal- mente collo spazio e col tempo. Ed altrove abbiamo veduto essere di due specie questi rapporti, cioè di simultaneità e di successione. 11 rapporto di siinullancilà degli oggetti speri- mentali collo spazio è una cosa stessa colla loro con- tiguità nel medesimo, indipeudeutementc da ogni loro movimento in esso : ed il rapporto di successione de' medesimi collo stesso spazio è una cosa stessa col loro movimento. 96 SciBNZfi Il rapporto della simultaneità delle cose eoi tem- po è una cosa stessa colla contemporaneità delle lora durate finite e fuggevoli in un medesimo istante del- la durata infinita del tempo: ed il rapporto della lo- ro successione è il rapporto delle loro tramutazioni , del loro nascere e del loro distruggersi colla mede- sima durala continua del tempo, oggetto della intel- ligenza. Da questi quattro rapporti sono costituiti i nessi, onde nella sintesi immaginativa le idee delle cose par- ticolari si connettono e si associano in tra loro. Ora da questi risultati della sintesi immaginativa pi- glia cominciamento la funzione induttiva : la quale colla prima sua operazione, detta comparazione, va or- dinando le idee particolari delle cose in un ordine ( siccome dicemmo ) pel quale apparisca la simiglian- za, la differenza e l'opposizione che hanno in tra lo- ro le cose , considerate sotto tutti quegli aspetti e rispetti che di sopra siamo venuti dichiarando, e sot- to de'quali la invenzione è andata esplorandole. So- no simili le detennhiazioni e le relazioni delle co- se, ove l'una di esse sia la ripetizione o la copia del- l'altra: sono differenti, ove l'una non sia affatto l'al- tra; e sono opposte, quando l'una sia la negazione dell'altra, e per modo che posta l'una si debba ne- gare l'altra, e viceversa. Le cose inoltre si possono comparare tra loro non solo per rispetto delle loi'o qualità o modalità svariale; ma sì per rispetto al loro numero ed alla loro quantità: e sotto questo punto di compai^izione esse sono in tra loro o eguali , o maggiore, o minore l'una dell'altra: i quali termi- ni sarebbe superfluo il definire. Nel disporre adun- que le idee particolari delle cose e delle loro rela- Umane conoscenze gj zioni in un ordine che le offra e leghi sotto la vi- sta delle loro simiglianze, delle loro differenze e del-, le loro opposizioni, consiste e si termina l'ufficio deU la comparazione. JNel quale come intervenga l'opera delle due guise opposte del giudizio, cioè l'analitica e la sintetica, egli è per se manifesto. E per la for-. za della prima si pongono le differenze e le opposi- zioni delle cose ; e per la seconda i rapporti delle loro simiglianze si discoprotio o pongono in rilievo. In questa sintesi comparativa il giudizio affermativo operando sulle simiglianze delle cose, si costituisce, siccome avvertimmo, sotto la forma di giudizio d'iden- tità: ed i termini di esso sono un multiplo di deterr. minazioni simili, parzialmente esistenti nel contenu- to delle idee delle cose particolari e delle loi'o par-^ tlcolari relazioni. Ora da questo si fa palese come al-» l'opera sintetica della comparazione egli faccia me-r stieri che vada innanzi l'operazione analitica dell'at- to giudicativo: essendoché per comparare in tra lo-, ro nel sopraddetto modo le determinazioni elemen-r tari delle idee poste dalla invenzione, egli è bisogno di risolverle nelle medesime determinazioni elemen- tari e differenziali da cui sono costituite. Ora l'ana- lisi di ogni idea individua è una cosa stessa coli' analisi della sua comprensione : avvegnaché la com- prensione di ogni idea individua è la somma delle sue determinazioni o degli elementi da cui viene co- stituita. Alla comparazione, siccome altrove abbiamo indicato, succede l'astrazione: della quale ora con bre.» vita diremo. G.A.T.LXXXIX. g8 Scienze §. XIII. Deir astrazione. L'astrazione, seconda operazione della funzione induttiva , è quell'atto dello spirito umano, il quale agendo sopra i risultati della comparazione, ossia so- pra l'ordinamento delle idee disposte secondo le lo- ro simiglianze, secondo le loro differenze e secondo le loro opposizioni, trae fuori del contenuto di que- ste le determinazioni simili comuni che parzialmen- te contengono; ed integrandole ne viene costituendo idee astratte in loro stesse indeterminate ; le qua- li non hanno nella realità oggetti che pienamente le corrispondano. Ora in questa opera delle idee astratte lo spìrito umano va procedendo per una gradazione ascendente ; la quale comincia dall'astra- zione ed unificazione delle determinazioni simili o comuni , ritrovate per l' atto della comparazione ne' contenuti rispettivi delle idee delle cose individue e di tutte le loro note e discoperte relazioni ; e si ter- mina, procedendo d'astrazione in astrazione, in idee astratte che si possono predicare di ogni cosa indi- vidua, o delle quali il contenuto si ritrova compreso nel contenuto di ogni idea particolare. E queste idee astratte, qualunque sia il loro grado per virtù della forma originaria dell'umano pensiero, si ripartiscono in idee astratte di sussistenza, in idee astratte di cau- salità, ed in idee astratte di fine. Le idee astratte im- mediatamente dalle idee particolari, poste dalla fun- zione inventrice , si chiamano idee di specie ; dalle quali viene rappresentato in una maniera indefinita Umane conoscenze gg quello che multiplici cose individue, riguardate o co- me sussistenti, o come causate, o come fini nell'or- dinamento complessivo delle cose, hanno di simile nel loro contenuto rispettivo, e quello sotto cui questa loro simiglianza integrata si differenzia e si oppone con altre idee astratte e coordinate di specie. Le idee astratte , col medesimo processo , da multiplici idee astratte di specie in tra loro coordinate nel modo so- praddetto, costituiscono le idee astratte di genere : le quali rappresentano quello che più idee astratte di specie hanno in tra loro di simile o di comune, ne'loro rispettivi contenuti, non che quello che esse hanno in loro di differente e di opposto rispetto ad altre idee di genere coordinate. E dalle idee di ge- nere lo spirito va elevandosi gradatamente ad idee piìi astratte , le quali si chiamano idee di ordine , idee di classe ed idee di genere supremo ed insubordina- to. Nel quale tutte le idee di classe, di ordine, di genere e di specie , in tra loro coordinandosi e su- bordinandosi, da ultimo si rannodano siccome raggi ad un centi'o. Ora per questo magistero sublime del- l'atto intellettivo, lo spirito umano giunge a ridurre in un sistema unitario tutte le idee individue, e tutti gli elementi loro : nel quale grandemente si conforta e distende la possanza della mente umana. Ma d'in- torno a questa operazione alcune considerazioni ci re- sta a fare. E primieramente diciamo che nelle idee astratte si debbono distinguere due cose: cioè, il loro contenuto e la loro estensione. Il contenuto di una idea astratta, medesimamente che nelle idee indivi- due o concrete, è la somma degli elementi in che può ella essere divisa. Ora egli è certo che il con- tenuto di una idea astratta è tanto minore, quanto 100 Scienze più è alto il grado della sua astrazione ; e tanto è maggiore, quanto più è basso il grado della sua astra- zione , o quanto più ella si avvicina alle idee indi- vidue. In colai modo adunque le idee di specie pos- seggono più elementi di quelle di genere : queste più elementi di quelle di ordine: e così segue sino alle idee astrattissime di genere supremo ; le quali sono di contenuto semplicissimoo Si chiama estensione di una idea astratta la sua relazione con tutte le altre idee che ad essa stanno sottordinate , e di tutte le quali essa si può predicare. Ora questa estensione o relazione delle idee astratte, sta in esse in una ra- gione inversa del loro contenuto : a tal che di quan- to minori elementi consta il contenuto di una idea astratta, di tanto è maggiore la sua estensione; e vi- ceversa. Gonciossiachè siccome l'idea la più astratta contiene il comune di tutte le idee ad essa subordi- nate ; e queste il comune di altre idee similmente ad esse subordinate, e nel medesimo modo successi- vamente sino alle idee individue : cosi egli è mani- festo, doversi ritrovare il contenuto deila prima nei contenuti di ciascuna delle idee inferiori o subordi- nate. Inoltre, quando l'atto intellettivo od il giudi- zio in questa opera delle astrazioni delle idee; pro- cede dalle individue vei^so le più generali, esso ope- ra sinteticamente o sotto la sua forma integratrice ; ma quando esso per contiario ripassa le idee astratte da lui elaborate col metodo sopraddetto, per conside- rarne la discendente subordinazione loro e la loro coordinazione reciproca, esso si costituisce ed opera sotto la forma di forza analitica o differenziale. Ogni divisione ed ogni riunione in questo sistema delle idee operato dalla astrazione , debbe essere fondato sopra Umane conoscenze ioi la natura reale delle cose : ossia sopra le vere simi- gllanze, le vere differenze e le vere opposizioni delle cose. E ciò basti intorno alla generazione ed alle pro- prietà delle idee astratte; e veniamo subito a dire del- la terza operazione dell'induttiva, cioè della teoriz- zazione, la quale è corona di tutte le operazioni in- tellettive che abbiamo discorse. §. XIV. Della teorizzazione. I materiali, sopra i quali opera la teorizzazione, sono le idee astratte. Nella teorizzazione, come nella comparazione e nella astrazione ( momenti precedenti di essa ) , lo spirito procede per via d'analisi e per via di sintesi. L'analisi nella teorizzazione non è al- tro che la definizione delle idee poste dalla astrazio- ne. Ora ogni definizione d' idea astratta , per essere compita, richiede che siano poste in chiaro due spe- cie di elementi del contenuto di lei : cioè, gli ele- menti onde essa appartiene al suo genere prossimo ; e gli elementi per cui essa si differenzia da tutte le altre idee con essa comunemente subordinate al so- praddetto genere prossimo, e le quali sono in tra lo- ro coordinate. Ora, fatta 1' analisi nella sopraddetta maniera del contenuto dell'idea astratta o di più idee astratte , lo spirito umano procede a riunire i loro elementi. Il quale atto sintetico chiamiamo giudizio teoretico, ed il suo risultato chiamiamo teorema. Ab- biamo altrove veduto come per la forma immutabile del mondo ideale, preordinata culla forma del mon- do reale, non vi abbiano per la mcule umana se non ioa Scienze tre generi d'idee, siano queste particolari, siano astrat- te. Similmente, non vi ha ne vi possono essere più di tre generi di teoremi; cioè di sussistenza, di cau- salità e di fine. In ogni teorema, come in ogni giu- dizio, si ritrovano due termini, ed una relazione che li unisce in tra loro : e l'un termine si chiama sog- getto, e l'altro attributo o predicato. Noi vedemmo come il giudizio intuitivo o singolare, ed il giudizio d'identità differiscano tra loro ; conciossiachè il giu- dizio, comechè in se sia sempre il medesimo atto o congiuntivo o disgiuntivo della intelligenza, nella sua forma di giudizio singolare unisce o disgiunge i ter- mini singolari su cui opera, secondo le tre univer- sali relazioni delle cose, di che abbastanza abbiamo discorso; e nella sua forma di giudizio d'identità, esso congiunge i termini secondochè l'uno è la ripetizio- ne intera o parziale dell'altro. Per la qual cosa egli è il vero che la proficuità di questa forma di giudi- zio si risolve tutta quanta nel magistero della com- parazione e dell'astrazione : le quali due operazioni pure a poco profitto rlescirebbero, ove non servissero di lavoro preparatorio alla teorizzazione , in cui sta il massimo e proficuo risultato del processo conosci- tivo. Ora nel giudizio teoretico i termini sono ela- borati coll'atto del giudizio d'identità : ma la relazio- ne di questi termini intra loro viene operata dalla sopraddetta forma di giudizio : avvegnaché ne'teore- mi i termini costitutivi vengono congiunti per quelle relazioni ontologiche universali, che congiungono i termini singolari ne'gìudizi detti intuitivi : ed in que- sto modo i teoremi sono le formole di questi. I teo- remi sono semplici o composti : semplici si dicono, quando il soggetto ed il predicato astratti sono puri k Umane conoscenze io3 termini, e non teoremi più semplici essi medesimi; e sono composti, quando l'uno o l'altro od entrambi i termini astratti del teorema sono ciascuno in se un teorema o semplice o composto pur esso. Ora in que- sta seconda parte della teorizzazione, per la quale si giunge a costituire i teoremi medesimi, si vei'ifica in opposizione alla prima che consumasi nella definizio- ne, operazione tutta analitica, l'atto sintetico di essa. E per tutte le cose sino ad ora dette facendosi aper- ta la natura e la costituzione in generale della teo- rizzazione, prima di procedere oltre, continueremo il discorso di questo paragrafo con alcune altre consi- derazioni intorno al giudizio d'identità. Noi vedem- mo a che si riduce la proficuità di questo giudizio nel magistero logico della mente umana; e certamen- te il suo ufficio non è di poco momento, dacché es- so è come il ponte onde passiamo da' giudizi singo- lari ai teoremi o giudizi generali ; i quali non po- trebbero essere fondati senza l'opera di quello. Ciò non pertanto il risultato in se del giudizio d' iden- tità, ove non serva all' opera della comparazione e della astrazione e questi infine alla teorizzazione, non conduce a gran cosa : avvegnaché nel suo enunciato esso si l'isolve sempre a dire lo stesso dello stesso ; ossia in altre parole , nel giudizio d' identità i due termini che si rapportano sono l'uno la ripetizione dell'altro, o sono tutti e due una stessa cosa signi- ficata con espressioni diverse : il che interviene in ogni giudizio d'identità singolare : i quali giudizi si potrebbono ragionevolmente appellare giudizi nomi- nali. I giudizi analitici del Kant sono di questa na- tura : e noi non sappiamo intendere qual valore si abbia lo sforzo fatto dal Kunt per mostrare che que- id4 Scienze sti giudizi sono di natura a priori., ossia che questi giudizi sono indipendenti dalla esperienza. E come potrebbero dipendere dalla esperienza i giudizi di que- sta natura ? Maggiore è poi l'inganno, secondochè a noi sembra, in cui sono caduti que'filosofi, i quali si sono immaginati di nobilitare la filotìolia e di sol- levarla dal fango del sensismo, dando a'principii fon- damentali dell'umano sapere, a'principii direttivi del- la ragione e costruttivi del dato sperimentale, i me- desimi giudizi d' identità. L' enunciato de' quali dal Galluppi venne decorato dell'attributo della univer- salità, della necessità; e tali giudizi vennero da lui dichiarati veri a priori e fondamento unico di ogni verità necessaria ed universale, e sostegno di ogni co- gnizione sperimentale o a posteriori. Ed egli è noto come il Galluppi abbia dato principio ai suoi elementi di filosofia colla logica pura : in cui viene inse- gnando il processo del l'aziocinio , del quale ogni fondamento, secondo lui, consiste ne'giudizi d' iden- tità; ed inoltre, nella sua logica mista che viene ap- presso alla prima, dopo la psicologia e la ideologia, egli nuovamente sostiene ogni uianiera di raziocinio riposare o ne'rapporti d'identità, o ne'giudizi d'iden- tità e ne'dati della sperienza insieme. Per il che mag- giormente viene chiarito, non avere questo filosofo ri- conosciuto nella umana conoscenza altri elementi che quelli della sperienza : avvegnaché in quanto ai giu- dizi d' identità 5 canonizzati da esso per verità pure universali indipendenti, è troppo chiara, per tutte le cose sopraddette , la illusione dalla quale questo il- lustre filosofo si è lasciato abbagliare. Or torniamo in cammino, e mostriamo il fondamento ontologico 6ul quale riposa la virtia de'teoremi 0 giudizi generali. Umane conoscenze io5 §, XV. Della virtù logica ^ o del fondamento ontologico de^ teoremi. jSel giudizio teoretico i termini astratti che sì congiungono non sono identici tra loro , ma sib- bene relativi: e la relazione per la quale i medesi- mi si rapportano sono le relazioni universali, per le quali i dati della sperienza si rapportano tra loro in maniera universa ed immutabile ne'giudizi intui- tivi. Talmentechè queste due diverse denominazioni del giudizio procedono, non da alcuna diversità della virtù intrinseca del giudizio in se, ma dalla diversità della materia su cui opera il medesimo, e dalla di- versità de'risultati che ne derivano. Ed in vero noi già altrove vedemmo come l'ufficio del giudizio intui- tivo consista nell'unire, per lo mezzo delle ontologi- che ed immutabili relazioni, i dati particolari della sperienza: e come i risultali di esso sieno le enun- ciazioni singolari di quelle relazioni universali che li uniscono. Ora il giudizio teoretico unisce per lo mez- zo delle medesime relazioni i dati della comparazio- ne e della astrazione, i quali, siccome è cliiaro per le cose discorse, sono i prodotti del giudizio d'iden- tità: ed i risultati di quello sono, non le enuncia- zioni singolari, ma le generali, le quali appunto chia- miamo teoremi. Ogni teorema consiste o in rappor- tare certe determinazioni astratte a certi dati sog- getti astratti, e viceversa; o certi effetti astratti a cer- te determinate cagioni astratte, e viceversa ; o certi fini astratti a certi mezzi astratti, e viceversa. E di }'o6 Scienze qui tutta la somma possibile de'teoremi si ripartisce, siccome altrove fu indicato, in teoremi di sussisten- za, in teoremi di causalità, ed in teoremi di finali- tà. Or quali sono i principii ontologici o formali che sorreggono l'opei-a della teorizzazione, nella triplicità sopraddetta de'suoi risultati? I principii universali ed ontologici, o le degnila indimostrabili che servono di fondamento a tutti i teoremi, formati co'dati astratti della sperienza, sono i seguenti: le proprietà o qua- lità simili esistenti in più cose particolari, soprastan- no sempre od aderiscono universalmente sopra s ab- bietti in tra loro simili ; ed i subbietti simili sotto- stanno sempre a qualità e proprietà in tra loro si- mili. Le proprietà o qualità differenti hanno sempre a loro sostegno subbietti tra loro differenti ; e re- ciprocamente, subbietti tra loro essenzialmente dif- ferenti sostengono sempre proprietà o modi di esse- re in tra loro essenzialmente differenti. Le proprie- tà tra loro opposte soprastanno ed aderiscono sem- pre in suggetti tra loro opposti ; e viceversa tut- ti i subbietti tra loro opposti essenzialmente sosten- gono sempre proprietà e qualità tra loro essenzial- mente opposte. Questi tre enunciati ontologici sono la base di tutti i teoremi di sussistenza. Le genera- zioni di "cose in tra loro simili procedono sempre da causazioni in tra loro simili, e per lo mezzo di ante- cedenti corruzioni in tra loro simili; e le causazio- ni in tra loro simili , per lo mezzo di susseguenti coiTuzioni slmili , generano cose in tra loro slmi- li. Le generazioni di cose in tra loro differenti pro- cedono sempre da causazioni e corruzioni tra lo- ro differenti; e causazioni e corruzioni differenti in- generano sempre cose differenti. Le generazioni di co- Umane conoscenze 107 se in tra loro opposte procedono sempre da causa- zioni e corruzioni tra loro opposte ; e causazioni e corruzioni essenzialmente opposte , producono sem- pre cose essenzialmente opposte. Questi tre princi- pii stanno a fondamento di tutti i teoremi di causa- lità. Ora enuncieremo gli altri principi! universali che pongono 1' essenza logica di tutti i teoremi relativi all'ordinamento de'raezzi e de'fini nel sistema mon- diale. Tutte le cose in tra loro simili , riguardate come fini, sono sempre ed invariabilmente coordina- te e subordinate e continue con altre cose in tra lo- ro simili : e tutte le coordinazioni le subordinazio- ni e le continuità simili sono sempre ed invariabil- mente mezzi alla esistenza di cose simili. Tutte le cose in tra loro differenti, riguardate come finì, so- no coordinate, subordinate e continue con altre co- se tra loro differenti : e tutte le coordinazioni , le subordinazioni e le continuità differenti delle cose , sono mezzi differenti a cose in tra loro differenti. Tutte le cose, le quali considerate siccome fini, so- no in tra loro opposte , si attengono a coordina- zioni subordinazioni e continuità opposte di cose : e tutti i legami di condizioni , di subordinazioni e di continuità opposte di cose corrispondono come mezzi alla esistenza o produzione di cose tra loro opposte , essendo siccome fini riguardate. Ora tut- ti questi principi! universali si applicano a tutte le idee astratte per lo mezzo del giudizio d'identità, dai dati sperimentali sì di qualità o modalità, sì di quan- tità entitativa o discreta, che di quantità qualitativa: e per modo che da ultimo apparisce ogni teorema non, essere altro in se che alcuno de'suddetti principii, il quale traducendosi dalla sua universalità ontologica, io8 Scienze si termina entro la sfera della comprensione e della estensione di date idee astratte. Avendo fin qui noi pienamente dichiarato il fondamento de'teoremi, or per mostrare il risultato Intero della induzione, ci rima- ne a discorrere intorno al concatenamento de'teore- mi in tra loro ; dal che nasce il sistema dell'uma- no sapere, non che ciascuna delle parti di cui esso consta. §. XVI. Del concatenamento de'teoremi , e de'' principii architettonici del sistema dell'umano sapere. Abbiamo altrove notato come le idee astratte per la loro graduale estensione si coordinino e subordi- nino in tra loro in un sistema unitario e gerarchi- co. Ora questo sistema delle idee astratte, è per ri- spetto ai teoremi, il sistema de'materiali de'medesimi. In altro luogo noi abbiamo detto essere i teoremi o semplici o composti, ed abbiamo notata la loro differen- za. Ora diciamo, la composizione de'teoremi e la lo- ro concatenazione essere tutt'uno: conciosslachè i teo- remi non in altra maniera in tra loro si concate- nano , se non divenendo l'uno soggetto e l'altro at- tributo; e così procedendo lo spirito di composizione in composizione , pervenir può a concatenarli tutti in tra loro. Per questa via appunto si consegue la distribuzione delle umane conoscenze in un sistema compito. Ed a quest'opera della formazione de'teore- mi e del loro concatenamento dovendo andare innan- zi l'opera ed i risultati della astrazione, così egli è certo che Fordine della composizione di quelli viene Umane conoscenze 109 determinata dairordinamenlo di questi. E noi discor- rendo la distribuzione sistematica delle idee astratte abbiamo dimostrato come in essa le idee individue concrete vengano decomposte 5 e come i loro ele- menti similari o comuni siano trasformati in idee astratte , gradualmente subordinate e coordinate tra loro in un sistema unitario: in cui alle idee astrat- te di specie , tra loro coordinate , stanno subordi- nate tutte le idee individue: alle idee astratte di ge- nere, similmente tra loro coordinate , stanno subor- dinate tulle le idee di specie: e così alle idee astrat- te di ordine quelle di genere, ed a quelle di classe quelle di ordine: e dove finalmente, le idee di classe sono subordinate ad idee astratte di genere supremo. Ora, in una maniera susseguente applicando 1' opera della teorizzazione sopra la sopraddetta elaborazione e distribuzione delle idee astratte , il sistema unitario delle umane scienze e ciascuna parte costitutiva di esso, il relativo loro componimento ricevono. Ogni parte di questo sistema costituisce in se una parti- colare scienza; e l'insieme di queste scienze coordi- nate e subordinate in tra loro per lo mezzo di que' medesimi rapporti clie legano in tra loro le idee astrat- te ( il contenuto delle quali costituisce il dato ma- teriale delle medesime ) formano il sistema totale del- l'umano sapere. In ogni scienza particolare, ove el- la sia con metodo instituita , tutti i teoremi di cui la si compone, debbono stare in un cotal concate- namento tra loi'o da poter tutti venire in fine sot- to di un teorema die ttitti li connetta insieme ; e dal quale sia possibile allo spirito umano di ripassa- re in una via retrogi'ada a tutti i teoremi semplici, da cui era partito per arrivare sino a quello. L' opera no Scienze poi della organizzazione delle scienze in un siste- ma, ossia l'opera del sistema totale dell'umano sape- re, si compie assumendo il teorema ultimo o genera- lissimo di ciascuna scienza particolare come teorema semplice; e quindi concatenandoli tutti insieme e se- condo la gradazione ascendente delle idee astratte , bisogna sforzarsi di ridurli a pocln teoremi esprimen- ti i rapporti delle idee astratte di genere supremo ed indipendente : i quali vengono a costituire la par- te culminante del detto sistema dell'umano sapere. Nella costituzione del quale debbesi distinguere ac- curatamente il fondamento materiale ed il fondamen- to formale, ed i vari nessi e spartimenti che dall'uno e dall'altro derivano , i quali la costruzione del si- stema determinano: alla qual cosa ci pare non ave- re guardato né gli enciclopedisti, il cui sistema del- le conoscenze umane è piuttosto una rapsodia che un sistema, ne il Bentham, ne recentemente l'Am- pere; i quali intorno a questa altissima opera della filosofia posero non pochi loro studi. Diciam pertan- to, il simile, il diverso, l'opposto, ed il continuo, in quanto sono negli oggetti della sperienza, costituisco- no i nessi, gli spartimenti, e le coordinazioni secon- do le quali i medesimi oggetti si distribuiscono nell' ordinamento materiale del detto sistema. Dalle tre no- zioni poi universali della intelligenza entro ciascuna parte materiale del sistema identicamente applicate , i nessi e gli spartimenti formali di ciascuna delle scien- ze prorompono. Egli è certo che i nessi, gli spartimen- ti e le divisioni del materiale del sistema ( opera del- la comparazione e della astrazione ) sono continua- mente variabili coll'aumento continuo delle acquisi- zioni della sperienza: ma per contrario, i nessi e le Umane conoscenze ut divisioni formali sono immutabili, perchè procedono dalla forma immutabile dell'umano pensiero : ed in ciascuna parte materiale del sistema le si applicano sempre di una maniera identica. Dalla qual cosa vie meglio apparisce quello che altrove abbiamo dichia- rato, cioè essere sempre ed identicamente qualunque scienza particolare, nella sua interna forma, non al- tro che un' applicazione delle tre nozioni della in- telligenza : ed ogni diversità delle scienze in tra lo- ro derivare e consistere unicamente nella diversità del loro materiale. Ed aggiungeremo che , ove noi , riguardando il sistema delle umane scienze, portiamo la vista dell'intelletto dal centro alle parti di esso, ci facciamo accorti che que'teoremi, che sono costrui- ti colle idee astrattissime di genere supremo e che costituiscono la parte più alta dell'umano sapere, tra- ducendosi di grado in grado discendente nel sistema delle idee astratte subordinate , e via via incarnan- dosi nella maggiore comprensione dì queste, si tra- sformano e modificano in tutti i teoremi inferiori e sino in quelli che esprimono i rapporti delle cose particolari in tra loro. Abbiamo detto che pel fon- damento della distribuzione de'materialì di questo si- stema ci appoggiamo alle simiglianze, alle differenze ad alla continuità delle cose: per le simiglianze uni- fichiamo gli oggetti della sperienza e c'innalziamo nel- la scala ascendente della subordinazione delle astra- zioni: per le diffei-enze e per la continuità noi sta- biliamo la coordinazione delle parti del sistema. E circa il rapporto delle continuità delle cose , fonda- mento principale della detta coordinazione, egli ci è mestieri dichiarare qui brevemente alcun che : ogni cosa prodotta è una risultante di ragion composta del- 112 Scienze le sostanze e delle forze immutabili dell'universo, e de' prodotti precedenti delle medesime. In virivi di questa universale condizione delle cose prodotte, cia- scuna di queste, siccome nella ontologia abbiamo in- dicato, ba un grado determinato e proporzionale, qua- si anello di una catena, nella continuità ascendente ed evolutiva del tutto delle cose stesse: e per manie- ra che mentre ogni cosa possedè determinazioni spe- cifiche, contiene in se le determinazioni di tutte le altre cose che sono ad esse inferiori nella continui- tà sopraddetta; e così ulteriormente , ed a tale che il mondo delle cose prodotte, come che sussista so- pra immutabili sostanze e venga da immutabili forze continuamente sviluppato , si evolve sempre riassumen- do di grado in grado se stesso. Sopra di questo su- premo fondamento avendo noi principalmente stabi- lita la coordinazione o lo spartimento parulello delle parti materiali del divisato sistema, noi vedremo pro- cederne questo maraviglioso risultato, cioè: che l'or- dine progressivo delle esistenze reali prodotte si tra- sforma od identifica coll'ordine progressivo della logica generazione delle nostre conoscenze. Del resto egli si addice, a chi in questi studi profondamente ha inteso, il giudicare se gli enunciati principii architettonici che ci hanno diretto nel concatenamento sistematico delle u- mane conoscenze, opei'a suprema della funzione indut- tiva, abbiano in loro minori difetti degli altri fonda- menti da altri assunti per fondare la filosofia delle uma- ne scienze; ossia per ridurre tutte le nostre conoscenze in un multiplo di parti tra loro unizzate e viventi, pe'mutui loro rapporti, di una vita unitaria. Per lo quale magistero la totalità delle umane cognizioni cessa di essere per la mente di un individuo un tutto in-r- Umane conoscenze j-o commensurabile: conciossiachò ella può per siffatto mez 20, siccome elevata fosse sopra luogo eminentissimo riguardare l'unUà e la mukiplicità defluita del mou' do dell umano sapere: e misurando in esso i confi m, sino ai quali si sono inoltrate le conrruiste dello «pimo umano, rilevare le pa.-li in esso non ancora esplorate o percorse o colte, non chele altre in cai SI veggono 1 segni della sconfitta delle forze umane o per insuperabili diffieoltà ritrovate o per mala di-' rezione^ delle medesime; e da tutte queste cose in- sieme ritrarre gli avvisi ed i sussidi necessari a pro- cedere sempre più avanti. Ma questo argomento co- stituisce la materia della terza parte del presente sag- gio. Ora dobbiamo seguitare il discorso intorno alfe altre operazioni, di cui si compone il processo dell' umano sapere; e così dare compimento alia dottrina dell organo, con cui le umane conoscenze ed il loro sopraddetto sistema si possono effettuare. E secondo lodine delle materie ordiremo della terza funzione del processo conoscitivo; la quale è la deduzione. xvn. Della deduzione, della sua natura, delle sue tra Jorme generali e delle sue parti costitutive. La deduzione, siccome altrove è stato detto, è una unzione per la quale lo spirito nel processo co, n scitivo deduce una conoscenza particolare da un' altra generalo, od una conoscenza generale da un' al, ^a p.u generale deriva. La quale funzione è una co, a"4mrV"l"' '^" ^ ^'^''' '^^""^'^^ ---""-» 8 ii4 Scienze la umana conoscenza, costituisce la sua dinamica: sic- come la induzione, riguardata ne'suoi prodotti defini- tivi, costituisce la sua parte statica: il che abbiamo superiormente annotato. Ora la funzione deduttiva , come la inventrice e la induttiva, può venire assu- mendo tre lorinc distinte , secondochè 1' ultimo suo fondamento riposa o sopra teoremi di sussistenza, o sopra teoremi di causalità , o sopra teoremi di line. La deduzione di sussistenza consiste in dedurre da un teorema generale di sussistenza, stabilito legit- timamente dalla induzione, un teorema particolare o meno generale di sussistenza : e medesimamente la deduzione di causalità consiste in dedurre da un teo- rema generale di causalità un teorema particolare o meno generale di causalità : e da ultimo la deduzio- ne di line consiste in dedurre da un teorema gene- rale di fine un teorema particolare o meno generale di fine. In ciascuna di queste tre forme della fun- zione deduttiva si pone e si risolve alcuna di queste tre maniere d'istanza : data la conoscenza della na- tura di un certo modo di essere di data cosa parti- colare, o di una specie di cose, ed ignorandosi quale sia la natura del subblelto in cui que'modi aderisco- no, si cerca di scoprirlo: o, viceversa, posta la co- noscenza della natura di un dato subbietto partico- lare o di una data specie di subbietti , ed ignoran- dosi le varie maniere di essere, cbe i noti subbietti possono contenere o ricevere, si cerca di saperlo. Ora alla soluzione delle due istanze sopraddette di sussi- stenza si perviene colPimpostare nella mente le istan- ze medesime sotto quel teorema generale di sussisten- za o di modalità, nel quale il contenuto delle due istanze soprallegale si subordina come specie, ed ap- Umane conoscenze ii5 plicanclo per esse in seguito quelP atto della mente che chiamasi giudizio. Similmente , in riguardo alla deduzione di causa, le istanze non possono essere che coteste i essendo nota la contingenza o la generazio- ne di una cosa particolare o di una data specie di cose, ed ignorandosene la causa ed il processo cau- sativo, quello e questo si perviene a scoprire, appli- cando al problema quel teorema generale di causali- tà, sotto cui il contenuto del problema posto si su- bordina come specie o come individuo. O, per l'op- posto, data la conoscenza di un commercio di azio- ni e riazioni di più cose in tra loro , o di una specie di queste, si cerca di sapere quale generazio- ne di nuove cose può da quello escire. Il che può venir fatto mediante 1' applicare al contenuto della istanza il teorema di causalità generale , sotto cui quello si riduce come specie o come individuo. Non, in diversa maniera va la cosa rispetto alle cognizio- ni dedotte col ragionamento circa il fine delle cose. Nella quale maniera di argomentazione si cerca, data la cognizione di un dato fine, di scoprire il suo mez- zo correlativo; o data la cognizione di un dato mez-. zo , si cerea di scoprire il suo fine corrispondente : il che pure si fa applicando al contenuto dell'una o dell'altra istanza quel teorema di finalità, sotto cui la materia della medesima si subordina. E da tutte queste cose insieme si fa aperto, ogni deduzione con- stare di tre parti distinte : le quali sono, secondo il linguaggio degli antichi logici, la proposizione mag- giore, la minore e la conseguenza. La proposizione minore è ciò che noi abbiamo detto istanza o proble- ma; la maggiore è la proposizione teoretica generale, sotto cui si subordina il contenuto della istanza; e ii6 Scienze la conseguenza è la soluzione della istanza; la qua- le si ottiene coli' applicare il teorema generale sopra la istanza medesima ; e la quale in se medesima con- siste nelFaggiungere all'un termine della istanza un termine nuovo, il quale vien tolto dal teorema ge- nerale. Del resto egli è d'avvertire che questa opera della deduzione, che ora noi andiamo dichiarando, non debhe essere confusa con quella che interviene nella funzione inventrice, alla quale pure si dà il nome di deduzione : e la quale, differentemente da questa, non si esercita se non entro la sfera delle idee partico- lari, e col sussidio de'soli principii onlologici indi- mostrabili. Conciossiacosaché, siccome altrove vedem- mo, la induzione particolare , inducendo sempre da un particolare modo di essere ad un particolare sog- getto, e viceversa : o da un particolare effetto ad una particolare cagione, e viceversa : o da un particolar fine ad un particolar mezzo, e viceversa: ella è parte costitutiva e fondamentale della funzione inventrice sostenuta dalle nozioni universali della intelligenza; e debbesi per ciò stesso distinguere dalla deduzione ra- zionale, di cui ora trattiamo, la quale, siccome qui sopra abbiamo annotato, consiste in dedurre conoscen- ze particolari o meno generali da conoscenze jiiìi ge- nerali, poste col ministero della funzione induttiva. Umane conoscenze iry §. XVIII. ì)el fondamento apparente e del fondamento so- stantivo della deduzione : della sua virtù lo-- gica effettiva. Ogni deduzione o discorso, raziocinio, argomen- tazione, abbiamo detto, consta di tre parti : ed ab- biamo altrove veduto come ciascuna di queste tre parti o membri della deduzione consti di due termi- ni, cioè di un soggetto ( logico ),di un attributo e della relazione clie li unisce. Vedemmo esservi tre generi di giudizi, ossia tre generi de'termini suddetti e di relazioni, vogliam dire di sussistenza, di causa- lità e di fine : e correspettivamente vedemmo esservi tre forme generali di deduzione. Ora in clie consiste il fondamento della deduzione ? Fu teste notato die il magistero di questa funzione si risolve nel subor- dinai'e la proposizione teoretica, detta da' logici mino- re, sotto di un altro teorema più generale detto pro- posizione maggiore, siccome una specie sotto il suo genere, o un individuo sotto la sua specie: ed in de- durre un terzo teorema meno generale , a cui si dà il nome di conseguenza o di giudizio dedotto. Ora debbesi aggiungere, percliè le tre proposizioni die co- stituiscono la deduzione siano in ti-a loro subordina- te e collegate in guisa da produrre il sopraindicato risultato , egli fa mestieri che i termini del teorema minore e del maggiore si corrispondano in alcuna di queste tre guise diverse, cioè: i, o che l'attributo del teorema, detto proposizione minore, stia come sog- getto nel teorema maggiore ; dal che si viene a de- ii8 Scienze durre ehe l'attributo della proposizione maggiore coli' viene al soggetto della minore: 2, o che l'attributo della minore sia egualmente attributo della maggiore; dal che si deduce nella conseguenza che i due sog- getti convengono in tra loro : 3, o cbe il soggetto della minore sia egualmente soggetto della maggio- re : dal cbe segue cbe Faltrlbuto della prima e della seconda proposizione convengono in tra loro, la pri- ma come attributo e la seconda come soggetto. Per tutte queste cose adunque egli si fa palese come il magistero apparente della deduzione risolvasi intera- mente nel noto principio formulato dai logici , cioè che due idee convengono in tra loro, ove entram- be convengano con una terza idea , e viceversa. In altri termini, tutto il fondamento apparente della de- duzione si risolve in un giudizio mediato d'identità; in un giudizio, il quale enuncia che l'uno e l'altro de' termini di cui esso consta sono una medesima co- sa, percbè entrambi sono una medesima cosa con un terzo termine ; il quale perciò fu tlelto dai logici ter- mine medio. La qual maniera di giudizio è irrefra- gabile, essendoché viene a convertirsi col principio di contraddizione, appellato da Aristotele la sostanza del ragionare : il quale , qualunque forma assuma , si riduce sempre nell'enunciare che ciò che è, è : o cbe ciò cbe non è, non è : od in altri termini, che egli è impossdìile che una cosa sia e non sia ad un tem- po, e per opposto. Dal quale principio deriva pure quest'altro, che è più prossimo fondamento apparente di ogni deduzione , cioè che quello che conviene alla specie convenir dee eziandio a tutti gl'individui cbe sono alla medesima specie subordinati; cbe quel- lo che conviene al genere convenir dee a tutte le Umane conoscenze 119 specie clic sono al genere medesimo subordinate; che quello che conviene all'ordine convenir deve a lutti i generi all'ordine stesso sottordiuati; e così segui si- no al genere supremo. Ciò non pertanto la vera vir- tù intrinseca od il fondamento sostantivo della de- duzione non istà in questa forza del giudizio media- to d'identità : ma bensì ella risiede nella virtù logi- ca de'teoremi universali ontologici; i quali nello stes- so tempo che sono iu loro stessi indimostrabili, per- chè primitivi e risultanti immediatamente dalla legge irreformabile del pensiero umano , sono fondamento ultimo di ogni possibile dimostrazione. Questo non videro comunemente i logici; e da ciò alcuni tra essi vennero asserendo, non avere la deduzione nessuna possanza ad aumentare le nostre conoscenze, e solo potere essa servire all' ordinamento od al discorso o congiunzione delle nostre idee già acqiiistate. Per la qual cosa il Condillac pretese, consistere non in al- tro il raziocinio che in una serie di proposizioni in tra loro perfettamente identiche : dal che seguiva l'impossibilità che per la deduzione si recasse incre- mento alcuno nella scienza. E non dissimilmente il Tracy promulgava nella sua logica, essere ogni ragio- namento un continuo surrogare una espressione ad un' altra. Or queste erronee sentenze degli empirici, ed il discredito in che venne per esse l'arte sillogi- stica, provennero secondo noi dall'avere la detta scuo- la interamente sconosciuto le nozioni universali e pri- mitive della intelligenza, ed i giudizi ontologici che da esse risultano nella maniera che fu dichiarato di sopra, ed i quali sono l'anima ed il sostegno di ogni nostro concetto, e base ultima come della funzione invenlrice e della induttiva, così pure della dedutti- lao \ Scienze va. La quale è, secomlo noi , strumento dì acquisi- zione di conoscenze, polcbè conduce lo spirito uma- no dal noto all'ignoto ; e ciò solo per la virtù fon- damentale de'giudizi ontologici. Imperocché la dedu- zione riposandosi sopra la forza universale de'teore- mi ontologici, i quali enunciano, siccome vedemmo superiormente, l'immutabilità de' l'apporti tra le mo- dalità e le sostanze, tra gli effetti e le cagioni, tra i mezzi ed i fini, conduce col suo processo sopra- descritto dalla conoscenza de'dati modi di essere alla conoscenza dell' ignoto subbietlo o subbietti in cui quelli aderiscono e dell'ignota forza per cui vi ade- riscono, e viceversa : o dalla conoscenza di una cosa prodotta alla conoscenza delle forze ignote die la producono e del commercio di azioni e riazioni, in cui furono in tra loro per recare la prima dalla non esistenza alla esistenza, e viceversa : o dalla cono- scenza di un fine alla conoscenza del mezzo ignoto di esso, e per contrario. Questo passaggio dello spi- rito umano, sostenuto solidamente da'principii onto- logici, costituisce dunque la virtii intrinseca della de- duzione e la sua proficuità vera; ed il giudizio me- diato d'identità, in opera siffatta, non è che mezzo sussidiario, e non fondamento supremo. Alla qual co- sa se avessero i logici guardato, non avrebbero alcu- ni tra loro negata la detta proficuità del razioci- nio neiropera di aumentare le umane conoscenze, né avrebbero posto in discredito il sillogismo , siccome fecero : ed altri, che pure la utilità del sillogismo pre- sero a difendere, non avrebbero recato in campo ra- gioni non bastcvoli al loro assunto : siccome ci pare avere fatto il Galluppi ed il Romagnosi: i quali nello stesso tempo che non riconoscono altri principii pri- Umane conoscenze lai mitivi od universali nelle umane conoscenze in fuori de' giudizi detti d' identità , che si risolvono tutti nel principio
-.)
I.2.3..W — i-^-'^o ( ' ^L /i jj
(I-h^x
Nello sviluppo si dovranno sostituire ^li indici alle
potenze di
Volendo supporre m' = n ^ m" == o ^ in'" = o , ...
rimarranno soltanto i primi due termini; ed essendo
$,(/•)= ^JrJ = I, svanirà il simbolo (i-t-rj)Dr,, e
si ridurrà il secondo membro della (35) identico con
la (29).
Un altro articolo sarà consecrato per l' integra-
zione di un sistema di equazioni a differenze finite,
e di un ordine qualunque.
G.A.T.XC.
ii4
igi»iMitHH«injiutji!j»jMm»j. , iiinin'iaa»«.'»aMiiTiHiiwiuwHu«4m««i»a!BaCT
Ragionamento di economia pubblica detto al-
Vaccademia tiberina dal P. D. Marco Morel-
li ex-generale de^chierici regolari somaschi.
'opo un lungo silenzio da me osservato in que-
sti anni, parte perchè distratto da non lievi occupa-
zioni, proprie del mio istituto, e parte ancora per-
chè temeva di non portare in qiiesto amplissimo luo-
go cose degne di voi, chiarissimi tiljerlni , e di co-
loro che cortesi qua muovono per far sovente 1' ac-
cademia nostra e bella ed onorata , io ritorno pure
una volta a ragionare tra voi, improvvisamente chia-
mato, e ad aggirarmi di nuovo nel vastissimo cam-
po della pubblica economia.
Ma prima di pronunziare qual parte di eco-
nomia io mi abbia più specialmente preso a svolge-
re in questa adunanza, reputo non fuori di proposito
lo appellarmi a quel celebre verso di Terenzio, co-
tanto applaudito nell'antico teatro romani: Homo
sum, immani nihil a me alieniun paio- Cli.è così
niuno^ schifiltosQ potrà a lagione accusarmi, che io
esca di carriera, ed entri sconsigliato in campo non
mio. Sono uomo: dunque nulla di quanto riguarda
il bene degli uomini riputar posso a me disconvene-
vole o straniero.
Intanto, dopo avere negli anni trascorsi addot-
te le cagioni del decadimento dell'agricoltura roma-
na; quindi dimostrata la utilità degli orfanotrofi col-
tivatori; poscia parlato della educazione del popolo;
FXONOMIA PUBBLICA n5
mi accingo ora a dire in breve, e per quanto ad ac-
cademico ragionamento si addice, del commercio in
generale, e dello speciale pel suolo italiano, e per noi:
parte nobilissima della pubblica economia, la qua-
le abbicacela per la sua ampiezza tutto 1' universa
conosciuto, e l'arti tutte, e moltissime scienze: e le
nazioni avviva e accresce, e cresciute le mantiene ,
e trasmette fiorenti alle venture generazioni.
E per procedere con buon ordinamento di co-
se, egli pare che si convenga incominciare dal de-
finire , che cosa sia il commercio. Al quale uopo
ricordo di aver letto nella mia ancora fiorente gio-
ventù, e di avere maravigliato a un tempo , che il
per altro sublime ingegno del Genovesi si conten-
tasse di definire il commercio : Permutazione di
merci e derrate necessarie : e niun conto tenes-
se di quelle di comodo, di piacere, di magnificen-
za, e di lusso , che nulla punto hanno del neces-
sario.
Povere nostre signore ! Se da Francia, da In-
ghilterra, e da Germania solo ci venissero merci, e
derrate necessarie , addio figurette di modello ! Ad-
dio occupazioni delle tre quarte parti della vita !
Qh come ne andrebbero esse meste e disperate ! E
quante arc^ilocliee invettive di oratori e di poeti
contro di un lusso non ancora bene inteso, e per-
ciò non per anche bene definito, dovrebbero andare
leggiero pascolo delle fiamme ?
E adunque il commercio posto nella permuta-
zione o cambio di merci , di derrate, di oggetti in
fine con quella estensione che noi abbiamo accen-
nata , per tutto comprendere , e a tutti soddisfare.
Ed è tutta invenzione ed opera dell'uomo.
ii6 Scienze
Sì veramente, l'uomo , questo piccolo re de'Ha
terra, dispiega un impero maraviglioso su tutta quan-
ta la natura: e dove fende il seno od i fianchi agli
aspri monti per aprirvi strade non più vedute: do-
ve con argini e palafitte doma e svolge minaccio^
si fiumi reali; colà pone confini al mare istesso , e
ne solca animoso le onde da un polo all'altro, e dal-
la partenza presagisce e fissa l'ora dell'arrivo al ter-
mine destinato , vincitore de' nembi e delle procel-
le : vola omai per terra, sulle strade di ferro, e rav-
vicina le distanze per mezzo del fulmineo vapore ,
inosservato e disperso inutilmente per tanti secoli^
Talvolta siccome aquila ardita e generosa si s.olleva
nelle aeree regioni, e quasi non veduto valica i ma-,
ri , e trascorre le terre solloposte. Quanti &ono gli
animali terrestri, altrettanti servi egli conta, o vit-,
time al suo dominio. Aggioga il tardo bove per col-,
tlvare le campagne, e doma lo scalpitante destriera
al corso ed al volubile cocchio. Le fiere istesse più
indomite del deserto e della foresta cedono alla po-
tente di lui mano, e mansuefatte gli sei^vono al trion-.
fo ed al trastullo. Non gli uccelli dell' aria , non i
pesci delle acque pe' liquidi loro iinirjensi caxupi ,
sfuggono alla dominazione dell' uomo. Ed alla per-,
fine , cosa non più sperata nell'antichità , ed a noi
ammiranda e nuova , è giunto 1' uomo a disarmare
il cielo istesso del temuto fulmine sterminatore , e
quasi incatenato lo seppellisce innocuo nel cupo se-,
no della terra.
L'autore della natura ha separate le nazioni co'
frapposti mari, e ben sovente ha loro segnato i con-
fini con catene di montagne, con laghi, e con fiu-i
mi, ed impresso su ciascun popolo un marchio spe-^
Economia pubblica 1 1 n
ciale dandogli una lingua, un'indole dagli altri di-
versa : e cosi ha formato e costituito sulla terra di
regni e di imperi quasi altrettante grandi famiglie.
Dispose nella sua somma sapienza , che non ogni
terra posta sotto diverso clima producesse ogni ma-
niera di frutti e di animali , ma ciascuna avesse i
suoi propri e dalle altre invidiati. Ma intanto po-
se nel petto dell' uomo tanto di avvedimento e di
coraggio, che, valicati i mari, superati i monti e gua-
dati i fiumi ed i laghi, si mettessero i diversi popo-
li in fratellevole comunicazione, e ciascuna regione,
ciascuna gente , ricevesse nel «uo seno a proprio
uso o diletto le produzioni delle altre , e comuni
divenissero a tutta la terra.
Dal che ne venne quella maniera di commer-
cio , cui distinguer sogliamo in attivo e passivo. Il
commercio primitivo , e quale si fa ancora di pre-
sente tra' barbari, consisteva nella sola permutazione
di generi: maniera assai difficile , perchè se tu non
ti'ovi sulla piazza persona, a cui serva la tua mer-
ce, e che al tempo stesso abbia merci, o derrate ac-
conce all' uso tuo, tu dovrai ritornartene con disa-
gio e a mani vote.
Ed il commercio posteriore, che dir potremmo
civilizzato, consiste in merci, e nel danaro, rappre-
sentante magico di tutti gli oggetti permutabili e
venali, e che rende facilissime le compre e le ven-
dite ne' porti e ne' paesi anche i più disparati e
lontani.
Chiamasi pertanto attivo il commercio, quan-
do si esportano merci fuori del proprio stato, e se
ne riporta danaro in maggior copia , ovvero merci
e derrate straniere, sulla vendita delle quali si fa
n8 Scienze
guadagno nell'interno del proprio paese. E per coni-
mei'cio passivo s'intende l'introduzione di merci stra-
niere nel proprio stato, e per conseguenza estrazio-
ne di danaro, quando non si abbiano merci indige-
ne, con cui compensare.
Laonde ne conseguita, che quanto più di com-
mercio attivo ha un regno, una città, o provincia,
tanto più vanta d'industria, di comodi e di ricchez-
za. Ed all'opposto l'infingardaggine, la povertà, e la
miseria vanno di pari passo col commercio passivo ,
tanto più se sia eccedente, perchè sottrae a poco a
poco il sangue dalle vene del commercio nazionale,
distraendo il numerario; porta al decadimento tante
famiglie in prima agiate; annulla le braccia del bas-
so popolo : lo getta in ozio profondo e vergognoso;
e lo dispone al delitto, alle sommosse , ed alla ri-
balderìa.
Sono i regni sulla terra, come ognun sa , ciò
che sono le famiglie ne' regni , dedotta forse appe-
na la ragione di stato. Ora siccome avviene , che
quando alcune famiglie trascurando di far fruttare i
propri capitali, e poco o nulla curandosi dell'indu-
stria e dell' economia domestica, troppo più spendo-
no di quello che comportino le annue loro entrate,
comincia tosto a venir meno la primiera loro floridez-
za ; quindi pe'debiti contratti si consumano i fondi
fruttiferi : non più bastano le forze a bene educare
i propri figli, non a ben collocarli in matrimoni ri-
spondexiti all'antico lustro : ed ecco coli' angustia e
colla miseria subentrare 1' umiliazione e la mesti-
zia; e sovente ancora si finisce per passare dalla si-
gnoria al servaggio. Così e non altrimenti suole ac-
cadere de' regni, fatte le dovute proporzioni dal pie-
Economia pubblica iig
colo al grande , e dato ancora uno spazio maggiore
di tempo allo svolgimento delle cose.
Havvì però tra l'attivo e passivo una terza ma-
niera di commercio, non sempre osservato dagli eco-
nomisti pubblici, e che io chiamerei volentieri com-
mercio d'industria, perchè fatto da popoli, a'quali è
toccato in mala sorte di abitare in riva al mare su
nudi scogli, e sterili monti, che non basterebbero a
nutricarne gli indigeni per una ter/a parte dell' an-
no. E si esercita coll'andare a prendere in lontani
paesi le derrate, e le merci, che in quelli sopravan-
zano , e portarle in altri che ne difettano. In tal
caso torna meglio e più lucroso fare cambio di mer-
ci, piuttosto che patteggiare a danaro sonante: per-
chè ogni viaggio porta un carico per mare , e per-
ciò nuova materia di guadagno. Del quale commer-
cio, per tacere di altri, abbiamo lungo e chiaro esem-
plo da' genovesi , i .quali coli' ardimentosa loro in-
dustria, affrontando i mari piii lontani e pericolosi,
hanno saputo vivere per tanti secoli, moltiplicarsi sul-
le coste del mediterraneo , e formare nella superba
Genova una ricchezza rara ed invidiabile sì , che
ancora di presente solcano il mare da circa tremi-
la legni mercantili di bandiera sarda : numero in
vero maggiore di ogni altra nazione , fatto raggua-
glio colla popolazione.
Né vorrei, che da quanto ho detto sinora talu-
no argomentasse, che fosse per avventura mio divi-
samento di commendare , e lodando introdurre un
nuovo sistema di commercio esclusivo, continentale ,
e ristretto a ciascuno stato senza punto comunica-
re con altri vicini, o lontani che sieno. Poiché quel-
la sentenza del cantore di Mantova: « Non omnis
130 Scienze
fert omnia tellus: » è tanto vera ed immutabile, quan-
to lo sono le leggi della natura ; né forza o indu-
stria d' uomo vale a mutare 1' indole delle diverse
terre ; o a traslocare i climi svariati del globo ter-
restre, ne far si che prosperino nel ghiacciato setten-
trione le piante e gli ìanimali delle calde regioni
meridionali.
Un sistema erroneo in politica e nella pubbli-
ca economia porta di repente alle più assurde e ter-
ribili conseguenze. I demagogi delia Senna sul finire
del secolo scorso, per una sognata liberi à ed egua-
glianza, dopo molte notti vegliate in frenetiche me-
ditazioni, dopo avere consumati molti giorni in con-
sultazioni tutte calde di amore di patria, risolvette-
ro di eguagliare i diritti civili a' naturali per tutti
i cittadini francesi, e a ciascuno assegnare egual por-
zione di terra, che gli bastasse alla vita. E come pili
erano i cittadini, che le terre da dividersi, statuiro-
no di metleine a morte diversi milioni, massime i
più facoltosi tra gli avversi al loro sistema repub-
blicano. Barbarie , che mollo bene consuona colla
vantata loro filantropia per rigenerare la loro nazio-
ne ! Sapienza non più udita nella politica de' seco-
li andati !
Dunque per essere, e durarla tutti eguali, do-
veano i fondi assegnati essere eternamente inaliena-
bili. Ciascuno de'cittadini dovea diventare agricoltore,
ed esercitare da per se tutte le arti necessarie o co-
mode alla vita. Ciascuno avere eguale famiglia: non
più eredità per vincolo di sangue o di affezione. Tut-
ti eguali in talenti, in accorgimento, in istudi, in in-
dustria. Non più commercio adunque per non isbi-
lanciare l'adorata eguaglianza. Oh vedete stranissime
conseguenze di più strano sistema !
Economia pubblica. 121
Si conservino pertanto le relazioni commerciali di
uno stato coU'altro: ma sieno queste ben regolate da
savie leggi, e dall'accorgimento de'principali negozianti
per modo, che il commercio passivo non superi l'attivo,
e non si annulli l'industria delle produzioni e delle
manifatture al tutto indigene e nazionali col rice-
vere a larga mano le straniere. In somma nel seco-
lo nostro siamo giunti a tal reggimento di cose, che
il commercio tra le diverse nazioni ha acquistato tan-
ta importanza da mettersi a paro colla bilancia poli-
tica europea e straniera tra le grandi potenze, e quel-
le di grado inferiori. E perciò si sono veduti di tan-
to in tanto venire alla luce trattati commerciali, guer-
re dichiarate, bombardamenti per sola cagione di com-
mercio e di bandiere non rispettate. Perciò vediamo
primeggiare tra le nazioni sì del vecchio e sì del
nuovo mondo quelle , che nel commercio maritti-
mo, co' loro opificii colossali, con manifatture a mac-
chine hanno saputo per tempo occupare le braccia
del popolo cittadino e di contado, e formare così una
maravigliosa ricchezza nazionale.
Ma tempo è omai di raccogliere le vele del no-
stro ragionare ampiamente sinora dispiegate per tener
dietro al commercio riguardato in generale, e sparso
per tante terre e per tanti mari. Poiché ci richia-
ma a se la bella Italia, la patria nostra, ad occupar-
ci di lei e del suo commercio speciale.
Questa penisola bagnata a mezzogiorno e a due
lati dal mediterraneo; chiusa a settentrione dalle al-
pi; divisa per mezzo dagli apennini; irrigala da fre-
quentissimi fiumi; sparsa qua e là di laghi, di ame-
ne colline, e di ampie e fertili pianure : posta sotto
un cielo temperato e ridente , fatto ognora più mi-
122 Scienze
te volgenJo al mezzodì, presenta per la sua posizio-
ne fisica un suolo de' più avventurati e de' più ac-
conci a produrre ogni maniera di frutti e di anima-
li, se pochi ne eccettui de'così dv^Ui generi colonia-
li , e delle regioni più veramente aduste che tem-
perate. Che se poi si riguardi questa Italia per la par-
te civile, morale, ed antiquaria, qual regno o quale
impero, fatta ragione della estensione geografica, po-
trà stare con essa a confronto ?
Interrogate pure i tanti viaggiatori illustri, i qua-
li mossero dagli ultimi confini della terra, tratti dal-
la fama dell'Italia, e qui ne giunsero tra noi scor-
rendo diversi regni, e nazioni; e vi diranno, se al-
ti'ove e in sì piccola estensione trovarono mai tan-
te città o capitali, o che tali potrebbero dirsi in al-
tri paesi: se mai incontrarono tante università cele-
brate per fama antica e recente: vi diranno, che in
Italia han trovato i più grandi monumenti dell'archi-
tettura, e tutte le belle arli ivi stanziarsi siccome in
loro antica e propria sede. Diranno, se ingenui so-
no e sgombri da bassa invidia , che questa Italia un
giorno signora dell'Europa, dell'Asia, e dell'Affrica,
conserva nondimeno ancora per molti titoli una nobile
primazìa nella estimazione universale presso tutte le
nazioni.
Sebbene a quale intendimento io tutte queste co-
se e di volo accennava della nostra Italia ? Per dimo-
strare, che noi abbiamo tutti i migliori elementi per
un commercio il più fiorente ed il più animato, che
mai si possa desiderare, tanto per la natura del suo-
lo, quanto per l'indole ed ingegno della popolazione.
Ora gli elementi del commercio si riducono a due ca-
pi: e sono, le produzioni della terra e del mare, e l'ope-
Economia pubblica 123
ra dell'uomo, la quale consisle in oplficii, manifat-
ture, e belle arti. E avendo noi italiani un suolo so-
pra tanti altri privilegiato, circondato per tanta parte
dal mare, e vantando una popolazione vigorosa, atta
all'industria, e d' ingegno svegliato , chi dubiterebbe
anche per un solo istante , che non dovessimo noi
altresì stare fra i primi per industria e per commer-
cio attivo ? Eppure se noi riguardiamo da vicino, e
con occhio imparziale le cose nostre, dopo avere me-
ritamente assegnato a diverse nostre città, ed a Ro-
ma sopra tutte, il primato in tutto ciò che a belle
arti si appartiene , dobbiamo pur troppo confessare ,
che rimpetto a tante altre nazioni l'Italia superiore,
e meno ancora la inferiore e meridionale , non tie-
ne il posto, che dovrebbe occupare nella coltivazio-
ne del proprio suolo e nelle manifatture.
!Nello slato primitivo della società si diceva più
ricco e fiorente quel popolo, che più abbondasse di
generi e derrate necessarie alla vita : ma col volgere
de' secoli andò altramente la bisogna ; ed ora siamo
giunti a tale stato di cose per via dell' industria e
del commercio, che meno si abbia di ricchezza chi
stassi contento al solo prodotto primitivo del suo po-
dere. Ed eccone in prova alcuni esempi.
Noi italiani vendiamo alla Francia ed all' In-
ghilterra la nostra seta in ragione di tre scudi a lib-
bra : e questa seta medesima lavorata in sottilissime
calzette, o tessuta con bel disegno e maestria, ritor-
na in Italia, e si compra da noi al prezzo di i5 e
anche di i8 scudi. Una libbra di lana sopraffina per
panni si vende nello stato romano da' 1 8 a'22 baioc-
chi. Una canna di panno fino pesa per ordinario tre
libbre e mezza: e tornata a'noslri confini, si ricom-
124 Scienze
pra da noi al prezzo tra sommo ed infimo, non com-
presa la dogana, di scudi 6 e bai. 5o. Una bottiglia
ili vero Bordeaux si vende in Roma uno scudo ; e
noi rojnani abbiamo venduto in questo anno da
cento bottiglie, cioè un barile di vino nero, forse non
di molto inferiore a quello, per uno scudo romano.
Or fate ragione al vero, e ditemi in cortesia, se non
sieno questi veri prodigi dell' industria e del com-
mercio , creatori di un prezzo di tanto maggiore del
prodotto primitivo ?
Che anzi di qui si comprende perchè taluni in-
telligenti di opificii e di negoziazione amino meglio
avere i loro capitali in denaro ; che non in fondi sta-
bili; perchè l'industria ha un valore pressoché incal-
colabile riproducendo un guadagno tante volte nel-
l'anno, intanto che per avere un prodotto dalla terra,
dagli animali appena bastano uno, due, e più anni.
Ed un milione di scudi sparsi su di una piazza com-
merciante può fruttare, e mantenere più persone, che
non farebbero dieci milioni in fondi stabili. Perchè
quello avvicendarsi continuo di opera e di mercedi,
di compre e di vendite , quel continuo e svariato
circolare del denaro pe'bisogni della vita non meno,
che per le agiatezze e per la magnificenza de'facol-
tosi, formano una catena così fatta, un intreccio, un
fondo tale di sussistenza comune, che quanto più si
considera e vi si medita sopra , tanto più si addi-
mostra incredibile e maraviglioso.
Che cosa dunque ci resta a fare per metterci a
paro colle altre nazioni, e ricavare dal nostro suolo
il massimo prodotto? Dobbiamo primieramente atten-
dere non solo a conservare, ma ad accrescere e con-
solidare sempre più la nostra primazìa nelle belle
Economia pubblica i25
arti, patrimonio nobilissimo a noi trasmesso da'noslri
maggiori sin dal risorgimento delle arti e delle let-
tere in Europa. Perciocché una tavola dipinta da pen-
nello maestro; un marmo scolpito da dotto scarpeU
lo ; un bel prospetto, uno spaccato, una pianta di
architettura ben intesa; poche pietruzzole ben com-
poste in musaico ; un rame, un acciaio, una pietra
dura incisi iu bel disegno da valente bulino , oltro
ohe possono procacciare rinomanza e fama perpe-
tua all'autore , acquistano nella società dotta e in-
telligente un valore tale da superare gli oggetti piij
preziosi e rari, che si abbiano al mondo.
Dobbiamo quindi por mente a moltiplicare i pro^
dotti, cì\e sono al nostro suolo adattati, e di cui van-
no affatto prive, o scarseggiano almeno, le altre na-
zioni. E sono questi le sete, la lana, il vino, il ri-
so , e specialmente V olio per le parti meridionali.
Che se in vece di mandare fuori stato le sete appe-
na svolte dal bozzolo, e le lane appena tosate, oc-
cupassimo il basso popolo a ben lavorarle e a tes-
serle ad uso anche de' primi ranghi della società; se
moltiplicassimo le macchine, ed i maestri saggiamen-
te introdotti nel magnifico ospizio di s. Michele; qua-
li somme enormi di danaro rimarrebbero a circolare
per le nostre contrade! quanti miserabili vivrebbero
onoratamente col sudore della loro fronte ! quanto
incremento prenderebbe la coltivazione de' gelsi e
de'merinos ! e quanto ozio vergognoso, e quanta im-
moralità si terrebbe di mezzo 1 Affò io tengo per cer-
to , che quel popolo è più virtuoso e più agiato ,
che più basta a se stesso.
Era la provincia di Novara sino alla metà del
eecolo passato piuttosto sterile anzi che no , quan-
125 Scienze
do, Carlo Emmanuele il grande dì Savoia, a cui era
pervenuta in proprietà per compenso di guerre soste-
nute a favore di Alemagna , vi fece aprire o con-
durre per mezzo un ampio canale di acqua, e for-
mare tante risaie alla foggia della confinante Vercel-
li. Pel qual fatto venne il novarese in tanta ricchez-
za, che insieme con Vercelli e colla Lomellina oc-
cupa il primo posto in Italia pel commercio del ri-
so : e questi territorii, dopo avere abbondantemente
provveduto tutto lo stato di Sardegna, ne mandano
fuori per dieci milioni di franclii all'anno.
Novara riconoscente ergeva nel i83B una pub-
blica statua al re benemerito , e gli dedicava una
gran sala di commercio fregiata pur ora delle statue
de' principali economisti pubblici italiani; e sono il
canonico Salustio Bandini, l'abate Antonio Genovesi,
Melchiorre Gioia, Pietro Verri, ed il Romagnosi.
Così avessimo noi sufficienti braccia collivatrì-
cì per profittare delle paludi pontine, e moltiplicare
le risaie pqr usa nostro, e per gli stranieri ! Ma que-
sta è opera di gran re, siccome la fu per l'immor-
tale Pio VI r avere tanto ardito , e tanto ottenuto
di prosciugarle, e renderle atte alla coltivazioue ed
alla pastura.
Frattanto per non perderci iii desiderli inutili ,
o troppo difficili a farsi paghi, volgiamoci piuttosto
a quelle altre maniere di coltivazione, che possono
essere sorgente di prosperità.
E ducimi di dover ripetere, che quanti vengo-
no da oltre monti e dall'alta Itaha, o anche solo dal-
le Provincie superiori dello stato pontificio , maravi-
gliano forte, e ci rampognano, perchè sieno cosi am-
piamente deserte le nostre campagne ; perchè sottp
Economia pubblica 127
un cielo così temperato non siano per ogni dove spar-
si e vigorosi milioni di mori gelsi , nutricatori in
brevissimo tempo di tanta ricchezza^ invidiata da tan-
te nazioni all'alia Italia ed alle provincie nostre su-
periori: perchè non si moltiplichino a lotta possa le
piante di olivi, onde a noi basti Polio, e se ne man-
di in copia ne'paesi posti a settentrione: perchè nin-
na cura si ponga per ben formare i nostri vini, che
riuscirebbero eccellenti, e tali da gareggiare per is-
quisitezza e vigoria colle altre nazioni, che già sono
in fama per simile commercio.
Ripeterò ancora, che quella le^ge intimata dal
sommo Iddio all'uomo su'primi albori dell'universo,
che ciascuno si procacci il pane col sudore della
sua fronte, non è mai venuta meno del suo vigo-
re: e perciò tutti i nullatenenti, che atti sieno a fa-,
ticare, o debbono impiegarsi spontanei, o diventare
un fondo a disposizione dello slato ; siccome già si
è fatto in varie parti deirifalia istessa, e si è in tal
modo purgata la società di ogni peggiore pestilenza,
e volto a edificazione un elemento di distruzione.
Sebbene ad astergerò queste macchie , che l'a-
spetto del nostro bel paesu rendono per avventura
meno amabile e dilettoso, contribuirebbe maraviglior
samente lo erigere a fianco delle camere e de'lri-
bunali del commercio più frequenti cattedre di com-
mercio, del codice commerciale, di naufica e gio-
grafia, di agricoltura, di meccanica, di chimica, e di
quanti rami infine si appartengono alla domestica
e pubblica economia. Ed in tal guisa le arti e le
scienze verrebbero in amichevole aiuto e sostegno al
commercio, il quale è forse la più difficile ed im-
portante occupazione per l'uomo. Non più si vedreb-.
128 Scienze
bero accadere tutto giorno tanti rovinosi fallimenti.
E col migliorarsi deiragricoltura e delle manifattu-
re, col prosperare continuo delle belle arti, la nostra
Italia sarà sempre doviziosa ed onorata. E Roma
jstessa, corrispondendo amorevole e riconoscente a'ge-
nerosi sforzi del magrumimo Gregorio XVI per ren-
derla ogQora più magnifica e grande, si mostrerà ve-
ramente per ogni titolo regina delle città e delle
nazioni.
Sulle funzioni della milza. Annotaziom
del professor Carlo AJaggiorani..
INTRODUZIONE
JLJe funzioni della milza non sono così recondite,
che a palesarle non vanti la scienza ingegnose teo-
rie ; ma ne anche se ne ha una dottrina che abbia
soddisfatto ogni desiderio, e a cui siasi concordemen-
te aggiustato fede. Nota è la struttura di tal visce-
re , non si Ignorano le varietà , che presenta nelle
diverse classi e ordini d'animali; sono stati raccolti
molti fcitti intorno i suoi stati morbosi, e le lesio-
ni che offre dopo la morte; ne è stata praticata Testir-
pazione in animali viventi , e notati gli effetti che
ne seguivano: contuttociò si dubita ancora del suo
ofQcio, e si dee confessare, che finora la storia del-
FuNZIONf DELLA MILZA ,2n
la milza ci offre piuttosto una scatenata moltit.ulil
ne di osservazioni, che un discorso ordinato di ragio-
ni e di fatti. ^
TT ^'
^ Ilo preso a discutere nuovamente questa mate-
ria, persuaso che potrehbe derivarne qualche luce al-
la pratica, ove fosse ridotta a maggior cliiarezza. Im-
perocché se , tranne le grossolane alterazioni noi'
sappiam di rado , durante la vita , predire le 'tante
e gravi offese che la milza ci offre nelle aperture
de cadaveri; se la scienza non ci basta a metterle in
corr.spondenza coi disordini delle funzioni che ci of-
fre lo stato morboso, di questa incapacità si dee ac
caggionare l'incertezza che regna tuttora sull'uso di
questo viscere , e sull'importanza di questo uso nel
meccanismo della vita.
Nell'investigare l'officio della milza , mi sono
fondato principalmente sugli effetti che provengono
alla macchina dalle morbose condizioni di essa; pa-
rendomi che, ove possa rintracciarsi l'origine di' al-
cuna malattia da vizio splenico , e allorché si ren-
da palese che a questo vizio tengan dietro costan-
temente certi disordini dell'economia , ei si ottenga
da questa successione di fatti una prova più lumU
nosa di quella stessa, che fondasi sulla estirpazione
del viscere negli animali viventi. Il quale esperimen-
to infine poc'altro più ci ha insegnato , fuorché la
milza non e essenziale al mantenimento della vita- ma
che nemmeno essa adempia a qualche officio impor-
tante le estirpazioni sul vivo, non bastano certamen-
te a dnuostrarlo. Per istabilire un tal punto, fareb-
be di mestiere il mettere in chiaro , che la milza
esercita sola le sue funzioni senza dividerle con ve-
run altro viscere; che nell'animale sopravvissuto al-
(^.A.T.XC.
9
i3o Scienze
l'operazione , le forze collettive della vita non sian
capaci dì supplire con altri mezzi all'organo man-
cante; e finalmente che negli animali privati di mil-
za si verifichi quella medesima perfezione organica,
onde godevano innanzi l'esperimento.
La chimica mi ha suggerito anch'essa qualche
argomento in sostegno della mia tesi. So che que-
sto criterio non ha il suffragio di tutti: alcuni lo
hanno in sospetto , fondati sulla discordanza de' ri-
sultamenti delle chimiche indagini; altri lo escludo-
no , forti del principio , che le sostanze organiche
separate dall'essere vivente non godono più degli stes-
si altrihuti. Eglino affermano che la vita signoreggia
ogni altra forza della natura: che ove è organismo,
ivi i corpi acquistano nuove proprietà come vestono
nuove forme: che le leggi infine, a cui obbediscono
i principii costitutivi degli esseri organici, aberrano af-
fatto da quelle, che governano gli atomi della ma-
teria bruta. Ma, quanto ai primi , è a dirsi che le
discordanze chimiche sono plii nelle sottigliezze e
nel minuzzame delle cose che ne' fatti sustanziali :
differiscono fra loro le analisi del sangue, della bi-
le , dell'orina , ma non poi sì fattamente che esse
non concordino ne' punti che più importa a saper-
si. Riguardo ai secondi, io concorro nel lor parere
che la vita non possa ridursi ad un puro esercizio
di chimiche affinità: ma non credo che le chimiche
affinità siano estranee all'esercizio della vita; e fin-
ché vedrò i principii coslitulivi de'corpi organici con-
servare negli organismi le medesime affinità, combi-
narvisi nelle stesse proporzioni che nel regno inor-
ganico ( p. e. il carbonio coll'ossigene, l'acido car-
honico colle calce ) ; finche vedrò gli acidi mante-
Funzioni della milza. i3f
nervi la lor tendenza a neutralizzarsi colle basi , 1
sali scambiarsi gli acidi colle legge degli equivalen-
ti, il grasso acquistarvi natura di sapone cogli alea-
li, neutralizzarsi l'acescenza de' succili dello stoma-
co con una terra e l'alcalinilà con un acido , rin-
tuzzarsi la potenza de' veleni con azioni cbimiche
entro il dominio della vita, restituirsi il color ros-
so al sangue coll'uso del ferro, correggersi nello scor-
buto la prevalenza alcalina degli umori coll'uso de-
gli acidi , e cento altri fatti somiglianti, dovrò de-
durne che i principi! costitutivi degli esseri organi-
ci non si sottraggono del tutto all'impero di quel-
le stesse leggi chimiche che governano gli altri cor-
pi. Sarebbe infatti poco verisimile, come ben lo av-
verte Liebig (i), che la forza vitale, sì dotta in met-
tere a profitto le varie potenze della natura, non si
giovasse punto delle chimiche affinità, avendole tut-
te a sua disposizione. Il principio attivo della vita
ha ben la facoltà di modificare le tendenze chimi-
che della materia organica, ovunque esse oppongan-
si ai bisogni dell'organismo: ma le combinazioni de'
corpi elementari, che lo compongono, non si sottrag-
gono all'ubbidienza delle forze chimiche.
Ho riferito alcune osservazioni di anatomia e
fisiologia comparata che mi sembravano acconce a
rischiarare l'officio in questione , e non ho ricusato
ogni fede all'argomento di analogia, a cui tanto in-
clina la nostra mente, e che merita talvolta maggior
fiducia, che non soglia accordarglisi nella ricerca del
vero-
(i) Chiraie organique appliquee à la physiologie vegetale.
l32 S e 1 E N 7- E
Fondato su tali criteri, ho procacciato di tor-
nare in onore l'antica dottrina , che fa della milza
uà organo di sanguificazione : purgandola dagli er-
rori che la misero in dispregio, sostenendola co' prin-
cipii regnanti nelle scuole, e conciliandola con altre
opinioni che, avendo apparenza di contrarie, pure vi
si accordano e la confermano. Dissi antica dottrina,
come quella che fu già in qualche modo indicata
da Plinio, ove di questo viscere insegna: « ^4egoce-
« phalo avi non esse constata neque iis quae careant
« sanguine » ( l. ir, 80 ) ; e con diversa fortuna
riprodotta più volte, ma non mai sostenuta con ta-
le apparato di prove, da farla riporre nel novero del-
le verità fisiologiche.
GAP. I.
ARGOMENTI PATOLOGICI.
Delle malattie in cai si verifica qualche altera-
zione nella milza.
Oltre quelle malattie, di cui è manifesta la se-
de nella milza, come ne' casi in cui questo viscere
s'infiamma o indurisce notahilmente , ve ne ha poi
delle altre in cui, senza la stessa evidenza di sede,
pure le molestie al sinistro ipocondrio, la natura del-
le cause e l' effetto de'rimedi che agiscono elettiva-
mente sul medesimo, ci mostrano a bastanza che vi
ha una condizione morbosa nella milza: ciò che poi
viene confermalo dalle aperture de'cadaveri, i quali ci
presentano tante offese in quest'organo da giustificare
la sentenza ippocratica : « Caput et lien maxime
Funzioni della milza i33
« patent morbis ». Andrò annoverando queste affe-
zioni spleniclie, coll'animo d'indagare se ne derivi im-
pedimento 0 disordine alla ematosi.
Febbri intermittenti.
Dalla scuola di Galeno, che precede i moderni
banditori delle condizioni patologiche , agitando la
questione: « ^n non essentiales febres pecaliareni
affectionem partiam internarum seqiiantur » (i);
Uscì pure rinsegaamento, che un'affezione della mil-
za costituisse la cagion prossima delle intermittenti: »
Et Galenus^ statuens discrimeìi inter febres perio-
do redeuntes et continuas essentiales , ait ideo
periodo redire febres qiiod in partibus aut exci-
pientibus aut niittentibus dispositio sit aliqiLa ....
ItUi'/ue in periodicis aut ìicnis aut hepatis obstru-
ctio diathesisque erit; proinde nascitura hinc fe-
bris non morbi sed syniptoniatis nomine donanda
erit » (2). Qual fondamento s'abbia tal dottrina, che
ha trovato favore anche presso alcuni fra' moderni ,
non è qui luogo a disputarne: basta al presente bi-
sogno che le febbri intermittenti primarie, dominan-
ti epidemicamente ne'luoghi bassi acquidosi palustri,
siano accompagnate da congestioni alla milza ; del
qual fatto mi saranno testimoni quanti medici ab-
biano avuto opportunità di osservar tali febbri, Val-
ga per tutti Frank che dichiara: « Non semel sed sae-
pius nos periodicae ad lieneni sub febris intermit-
(i) lìe ftiffer. morlior.
(2) Gul. Ballon. De virg. raorb.
i34 Scienze
tentis paroxjmis intumescentiae eiusdemque viscc-
ris post accesslonein febris collapsus teste s fuimus,,
de quibits et Barserius, ut saepe conspecto a se
phoenomeìio, loquitur » (i). E se questa intumescen-
za non si fa palese in tutti i casi, se ne vuol cercar
la cagione nella profonda situazione del viscere ,
che talora lo sottrae alle nostre indagini. Egli è noto
pure che neHienosi il senso di molestia all'ipocondrio
sinistro precede il ritorno della febbre; e che poi la
milza sia principalmente affetta nelle intermittenti ,
ce ne fanno ampia fede le offese che vi si osserva-
no negl'individui, che soccombono alle sequele delle
medesime (2).
La congestione della milza, finché avvenga en-
tro certi limiti, finché sia seguita da opportuna de-
tumescenza, può non turbare la sanguificazione: an-
zi, ove tal processo languisca per inerzia o per ostru-
zione del viscere , questo suo turgore può in alcu-
ni casi tornargli a vantaggio. Leggiamo infatti nelle
opere mediche, che amenorree, clorosi, ipocondriasi,
malinconie , idropi da ostruzione splenica scompar-
vero dopo alcuni accessi di intermittenti; ed è nota
pure r osservazione che queste febbri promuovono
ne' giovanetti l'incremento del corpo, e che la sles-
sa pubertà, specialmente nelle fanciulle, viene talo-
ra accelerata da qualche parossimo di semplici perio-
(i) De cur fiomin. morb. lib. VII, De nevros. op posth.
(2) Febres autumnales lieni, vernales vero hepali magis in-
fensas esse, anlù/ua iam docuit arabum obsevvatio. Hildebrand,
Instit. pract. nied. T. 2, 107. Ippocratc aveva già notato: Au-
tumno iienes vigere-
Funzioni della milza i35
diche. Fu anche a questo genere di febbri che gli
antichi tributaron lode di depuratorie e salutari. Ma
se la flussione selenica ecceda in forza e durata, co-
me suole avvenire nelle intermittenti trascurate o
ribelli, e in alcuni di tempra più atta a mantener-
le; se da ingorgo temporaneo si converta in stasi pei*-
manente; se il sangue stagnante nelle cellule sple-
niche vi si addensi, vi si coaguli, vi si organizzi in
masse fibrinose formando le così dette ostruzioni; al-
lora ne verrà danno alla crasi del sangue , che a
poco a poco si farà sciolto sieroso discolorito: « Inde
(dalle intermittenti ) (/e6/Z/s solutas vix cohaerens
cruor optima parte spoliatus » ( Boerhaave §, tSS).
(I Rubra pars per intermittente s saepe dissolvi-
tur » ( Vanswieten). Ma questo fatto del seguir ca-
chessie e distemperanze alle periodiche ostinale è trop-
po familiare, perchè faccia d'uopo raccogliere auto-
rità a sostenerlo. E noto a lutti che la rachitide ne'
bambini, la clorosi Tammenorrea nelle fanciulle, l'i-
drope, lo scorbuto, l'ipocondriasi, la melena negli adul-
ti, sono conseguenze ordinarie delle intermittenti pro-
tratte, e degl'infarcimenti splenici. Si verifica adun-
que in queste febbri un legame di causa ad effetto
fra lo stato della milza e quello degli umori: da una
parte ingorgo attivo di questo viscere, e guarigione
da cachessie ; dall'altra torpore di esso , e perverli-
mento del sangue. Qui le condizioni locali precedo-
no le universali , e non può dirsi che ia milza sia
alterata» perchè è alteralo il sangue; ma conviene am-
mettere che lo è il sangue, dopo che lo è stato la
milza.
OUre gli accessi delle febbri periodiche, la flus-
sione spleuica può essere anche un effetlo imuìedia-
l36 S e I E N Z K
to della dimora in luoghi umidi , ove non è raro in-
contrarsi in individui affetti da intumescenza di milza,
anche senza antecedenti parossismi febbrili: ulis gran-
dior splen est qui humidas rfgiones habitant n
(Vanderwiel): e la splenite, a cui fa strada la con-
gestione del viscere, è men l'ara nelle regioni palu-
stri. La specie bovina, pascolando ne'bassi fondi ba-
gnali da piogge abbondanti e da rugiade conside-
revoli, va sottoposta ad una malattia conosciuta sot-
to il nome di milzone o acetone^ dacché la milza
vi si mostra di un volume tre o quattro volte mag-
giore del naturale. Il prof. L. Metaxà ebbe pure a
veder questo viscere ingrossato ne'buoi fino a 3o e
più libbre, e avvenir tale aumento, quando nell'agro
romano agli estivi ardori succedono fresche e legge-
re piogge. Ora nel milzone della specie bovina il
sangue trovasi nero e disciolto, e il dimorar qual-
che tempo in regioni basse e palustri induce facil-
mente qualche alterazione del sangue, come può ar-
guirsi anche dal solo aspetto degli abitanti. « Illud
utrique hitic viro commime fuit, ut cuni palustrem
incoluissent regionem^jìuidiun adeo sanguinem ha-
berent. » Nel qual passo Morgagni ( Ep. 22-11 ) ci
mostra bene come gli fosse ovvia la relazione fra lo
scioglimento del sangue e la dunora in luoghi palu-
stri. Le malattie inflammatorie, che assallscono indi-
vidui stati esposti lungamente all'azione dell'aria mal-
sana, non possono esser curate con un metodo an-
tiflogistico molto attivo , e vi è palese fin da prin-
cipio la discrasia degli umori. Il sangue estratto di-
fetta di parte colorante, sovrabbonda di siero , e vi
si rapprende alla superficie una sostanza gelatinosa,
in luogo della cotenna lardacea, propria della flogo-
si che si accende nelle persone sane.
Funzioni della milza iSj
Febbri perniciose.
In queste febbri , sia dalla parte delle esterne
potenze nocive, sia da quella delle interne predispo-
sizioni, concorrono altri elementi ad aggravare lo sta-
to morboso. Esse poi banno un corso troppo breve,
percliè avvengano sempre negli umori le stesse mu-
tazioni che lentamente vi suscitano le semplici in-
termittenti ; contuttociò in alcune fra loro , e spe-
cialmente nelle soporose , nelle scorbutiche , nelle
emorragiche, si verifica la stretta corrispondenza fra
lo stato della milza e la natura del sangue, dacché
ne'cadaveri degl'individui, che soccombono a tali ma-
lattie, questo viscere trovasi costantemente turgido,
di un color violaceo o rosso-cupo e ammollito al se-
gno da screpolarsi alla più lieve pressione; il dito vi
s'immerge senza alcuna difficoltà, il suo parenchima
si riduce in una poltiglia quasi fluida , somigliante
alla feccia del vino ; la membrana che lo involge ,
come gl'intei-ni tramezzi che ne partono, hanno per-
duto ogni fermezza. Al costante disfacimento della
milza corrisponde poi la perversa qualità del sangue,
che si rende manifesta allo squallore del volto , al
color cinericcio giallognobj della pelle, all'intolleran-
za del salasso e spesso alle smodate perdite d'umo-
ri e alla depravata qualità de'medesimi: ne'cadaveri
il sangue perloppiù sciolto e nero, i trasudamenti ,
le infiltrazioni, le macchie livide attestano lo stesso
fatto. Ne oppongasi che la viziata crasi del sangue,
solita ad incontrarsi in queste febbri, costituisca es-
sa stessa la cagione dello spappolamento della mil-
za, come quella che abbonda di tale umore; poiché
i38 Scienze
ne il sangue di tutto il corpo si rinviene così alte-
rato come quello che ristagna nelle cellule spleni-
che, ne l'alterazione ili questo fluido negli altri va-
si è bastante a spiegarci la cedevolezza e fragilità
della esterna membrana della milza e de' fdamenti
della interna fabbrica: donde la facilità a squarciar-
si di esso viscere in simili circostanze.
Un altro fatto, che mi sembra pure efficace a
mostrare l'importanza de' processi morbosi della mil-
za nelle perniciose, si è l'aver trovato nella sostan-
za di questo viscere 1' acido idrocianico libero ; ciò
che mi occorse di osservare più di una volta, e che
fu stabilito da tutte le reazioni indicate dai chimi-
ci per tal ricerca, come sarà riferito a pie di pagi-
na (i). Orse le perniciose sono progenie delle sem-
(i^ La milza de'morti di perniciose comatose , senza alcuna
previa lavanda, veniva tagliata in pezzi, immersa nell' alcool e
triturata con esso in un mortaio di vetro. Il mescuglio custodito
in vase chiuso si filtrava dopo alcune ore: il liquido che passava
era di un color rossigno spirante un forte odore di special natu-
ra, atto a destar pizzicore agli occhi e stringimento alle tempie.
Sopra una porzione di quest'infuso si versava qualche goccia di
nitrato d'argento, e si otteneva all' istante un abbondantissimo
precipitato bianco a coagulo, che non diveniva violaceo al con-
tatto dell'aria, come avviene del solo cloruro d'argento. Ad un'
altra dose di detta infusione si aggiungeva qualche goccia di po-
tassa pura, e dopo una soluzione di solfato di deutossido di rame
nell'acqua distillata; si produceva un precipitato azzurro che
veniva disciolto dall'acido idroclorico -• allora si manifestava nel
liquido un intorbidamento lattiginoso, e dopo qualche tempo si
deponeva un precipitato biancastro. Finalmente una terza por-
zione dell' infuso alcoolico di milza era trattata con alquante
gocce di potassa ; quindi vi si versava una soluzione di solfato
di deutossido di ferro; si otteneva all'Istante un precipitato az-
zurro che non si alterava per l'aggiunta dell'acido idroclorico ;
Funzioni della milza iSg
plici intermittenti , in cui notammo l'intumescenza
della milza qual condizione primaria, o certo alme-
no come fenomeno concomitante ; se il disfacimen-
to di questo viscere è la piti ovvia fra le lesioni che
presentano i morti di perniciose; se esso inoltre in
tali febbri è sede d'insolite combinazioni, non potrà
ricusarglisi nella catenazione morbosa una priorità in-
nanzi alla peccante natura del sangue.
Mi sorgerà altra occasione ad investigare, se la
presenza dell'acido idrocianico nella milza de' morti
di febbri soporose nasconda qualche relazione colla
patogenia delle medesime, allorché nuove osservazio-
ni instituite in luoglù e tempi diversi abbiano stabi-
lita la costanza del fatto. Rammenterò intanto gli e-
sempi riferiti da Grottanelli (i) di febbri soporose,
scevre da ogni sospetto di aria malvagia, e senz'altra
causa ostensibile, che il disfacimento rapido di una
milza già da lungo tempo infarcita.
Clorosi.
Come il nitor disila pelle e il florido colorito
annunziano una prospera vegetazione dell'organismo,
anzi diveniva di un colore più intenso anche esposto a forte ca-
lore. Questo precipitato possedeva tutti i caratteri del noto az-
zurro di Berlino. Gli stessi cimenti fatti sulla milza allo stato sa-
no, e sopra milze putrefatte all'aria e parimenti infuse nell'alcool,
non presentarono alcun indizio di acido idrocianico. Dalle quali
esperienze non solo vien provata l'esistenza di questo acido nel-
la milza morbosa In questione, ma rimane altresì stornato il so-
spetto di causalità dall'azione dell' alcool e\del processo putre-
fattivo.
(i) Ad acut. et chronic. splenit.^iist. Animadv. Hist. XIII,
XX.
i4o Scienze
così una tinta dilavata cenerognola gialliccia signifi-
ca anche agli occhi del volgo uno stato infermiccio.
La malattia, che da questa esterna manifestazione di
straordinario e durevol pallore trasse il suo nome di
clorosi [foedi colores ), poco avvertita dagli antichi,
descritta con ogni diligenza dai medici del secento,
suscita nuovamente la curiosità de'moderni riguardo
alla sua primaria essenzial condizione.
Si confondono sotto il nome di clorosi malattie
di genio diverso; parlasi qui di quell'affezione, a cui
predispongono la diatesi scrofolosa, il temperamento
linfatico, la gracile costituzione; che viene provocata
da vitto malsano e insufficiente, dimora in luoghi u-
midi, bassi , uliginosi, vita sedentaria, esercizio im-
pari alle forze, angustie dell'animo; che si palesa col
pallore della cute, discolorazione della lingua e delle
labbra, emicranie in ispecie del lato sinistro, respiro
frequente nel salire, palpitazione, dispepsia, flatulen-
ze, tumefazione degl'ipocondri e più spesso del sini-
stro, scarsezza o mancanza de'mestrui, pigrizia, gra-
vezza della persona, abbattimento dell'animo, fanta-
smi che turban la mente, febbri erratiche ed epiale,
affezioni isteriche ec.
Che in tal malattia il sangue non sia debita-
mente elaborato, che vi preponderi la sierosità e sia
povero di sostanza colorante, la è materia di fatto :
ma egli è altresì soggetto non ignoto di osservazio-
ne, che questo difetto dell'ematosi derivi in gran par-
te da inazione della milza. Ciò è provato : i." Dalle
ridette cause della clorosi che esercitano una specia-
le azione su questo viscere. Il vitto pravo e scarso ,
i luoghi umidi palustri, le angustie dello spirito, ten-
dono a sospendere le funzioni della milza: e le altre
Funzioni della milza i4i
malattie, che si suscitano sotto l'impero di tali cau-
se, sono pure dipendenti da offese di questa parte ,
come le febbri periodiche, lo scorbuto, l'isterismo ec.
a." Dall'indole dei sintomi, fra i quali dominano il
color cinericcio, la tumefazione e la molestia dell'ipo-
condrio sinistro, l'emicx'ania che infesta pure a prefe-
renza il sinistro lato, la palpitazione. La clorosi è tal-
volta complicata coll'ematemesi, coll'epistassi della na-
rice sinistra: succede alle febbri periodiche ostinate:
si associa con facilità all'isterismo, alla pneumatosi:
ha molti sintorni comuni coU'idrope, e questi mali
hanno stretta dipendenza collo stato della milza. La
splenite stessa fa strada non raramente alla clorosi.
3. Dalla natura del rimedio atto a debellare questa
infermità, e che ha un potere elettivo sul detto visce-
re : voglio dire il ferro che, per variar di sistemi ,
ma ha mai cessato di esser lo specifico della clorosi.
4.° Dalle aperture de'cadaveri delle cloro tiche che ci
hanno mostrato la milza o indurata o ammollita. Fu
dunque a buon dritto che Baillou, accurato investi-
gatore di questa malattia, sosteneva: In de color ibus
virginibus non esse forte petcndam aliunde tanti
medi origine/Il, ac praesertini atrophiae ^ cachexiae,
extennationis, ac hydropis denique^ quam ab uno
liene : haec siquidem pars nusquam fere non tu-
met, efflorescit adaugeturque. In scirrhosam sae-
pe naturarli abit (i).
A provare vieppiià la connessione fra l'organo e
la malattia, di cui ci occupiamo, vengono in campo
le osservazioni di clorosi manifestatasi in seguito di
(I) Gul. Ballon, de virgin. et mulier. morb.
i42 Scienze
cause meccaniche, che hanno mostrato di agire diret-
tamenle sulla milza, sia facendola deviare dalla sua
naturai posizione, sia stirandone le fibre, o ledendola
in qualunque altro modo da disturbarne le funzioni.
Piccone un caso da me veduto. Una fanciulla di anni
dodici, di temperamento linfatico, e gracile di costi-
tuzione, ritrovavasi però in istato di sanità, allorché
un giorno si provò ad alzare un peso superiore d'as-
sai alle sue forze, e le ne seguì senso di molestia al
basso ventre, che in appresso si limitò più chiaramen-
te al sinistro ipocondrio. Pochi giorni dopo incomin-
ciò ad impallidire, esser pigra al moto e alquanto af-
fannata nel salire , capricciosa nella scelta del cibo
che era digerito penosamente; sottoposta a quando a
quando a lievi deliqui, si lagnava spesso di freddo,
ed era sempre travagliata da un senso di peso dolo-
roso sotto le coste spurie del lato sinistro. Questi in-
comodi furono giudicati precursori di mestruazione e
non curali, limitandosi a qualche pediluvio che non
procurava alcun sollievo. Dopo otto mesi divenuto il
suo slato peggiore, e caduta in più grave deliquio ,
si mandò pel medico, il quale trovolla con polsi pic-
coli, volto squallido, lingua e labbra discolorate, ven-
tre turgido specialmente alla regione ipocondriaca si-
nistra, ove l'inferma accusava una sensazione mole-
sta, cute fredda e tal debolezza muscolare da reggersi
appena sulle gambe. Fu prescritta la limatura di fer-
ro da prendersi più volte il giorno, ed essa sola ba-
stò in poco tempo a dissipare ogni malore. Tornò il
colorito sulle labbra, fu pronta al moto e non ne ri-
sentì stanchezza, si diminuì gradatamente il fastidio
all' ipocondrio , regolare divenne il gusto e facili le
Tligestioni; le forze si rianimarono ben presto in tutte
Funzioni detxa milza i43
le funzioni. Ecco un esempio di clorosi non prece-
duta da alcuna delle comuni cause occasionali che
sogliono provocarla, e in cui l'offesa della milza ci
si mostra come primo anello della concatenazione
morbosa. Lo sforzo fu seguito da turgore del ventre
e da molestia al sinistro ipocondrio; a questa tenne-
ro dietro a poco a poco gì' incomodi della clorosi ,
che fu vinta in breve tempo con un solo rimedio ;
quello che agisce elettivamente sulla milza. Un caso
analogo è narrato ne'commentari di Brera ( v. XII ).
Una donna di 24 anni, nel fare uno sforzo , provò
un forte dolore all'ipocondrio sinistro, che fu segui-
to da dispnea , palpitazione, deliqui, vertigini, dimi-
nuzione di mestrui : la malattia fu attribuita ad una
congestione di milza, e combattuta come tale. Quan-
to poi all'influenza che i conati esercitano su questo
viscere, e alle deviazioni o ingorghi che patisce per
tale causa, è un fatto abbastanza ovvio per non aver
bisogno di testimonianze ad avvalorarlo.
Se adunque è provato che alle offese della mil-
za, sotto certe condizioni di età, sesso, temperamen-
to, possa succedere la clorosi, cioè alterazione nella
crasi del sangue; se è manifesta la priorità di tempo
della prima alla seconda; se questo vizio del sangue
consiste in un predominio della sierosità e scarsezza
di cruore ; ragion vuole che non si ricusi a questo
viscere l' officio di cooperare alla ematosi, e special-
mente alla formazione della sostanza colorante. Ne
dicasi che la milza nuoce airuniversale solamente col
sottrarre una certa copia di sangue colla sua conge-
stione, arrecandone prova dal cessare gl'incomodi col
ristabilirsi la mestruazione. Il fatto non viene a so-
stegno del principio. Che i turgori della milza , fé-
i44 Scienze
raci di molestie al petto, al capo, allo stomaco , si
dileguino talvolta in breve tempo pel manifestarsi di
una epistassi, di uno scolo emorroidale, delle purghe
mestruali ed anche di un vomito di sangue, ciò pro-
va solo la corrispondenza fra i vari pezzi del sistema
circolatorio, alcuno de'quali ha tolto a ristabilire l'e-
quilibrio interrotto per la congestione di un organo.
Ma la clorosi non ci mostra solo un disordine di cir-
colazione; essa ci palesa di piìi un difetto del sangue:
la clorosi non si sana sempre e presto per l'appari-
zione delle regole. La guarigione siegue con lentezza;
il ritorno del flusso mensile vi si associa spesso, non
la produce.
Da ciò siegue che la clorosi non vuol esser presa
indistintamente per l'amenorrea e viceversa. La fre-
quente scarsezza o mancanza de'mestrui nella clorosi
ha fatto confondere queste due malattie, e cercare la
condizione essenziale della prima nel torpore dell'ute-
ro e delle ovaia: ma tal sentenza è contraddetta dal-
l'osservarsi che l'amenorrea può stare senza clorosi, e
che questa può suscitarsi anche negl'individui giovani
e delicati del sesso maschile, come è slato notato da
molti autori. Marshall Hall sostiene, che la clorosi oc-
corra nell'uomo più spesso che non si estima general-
mente, e che questo fatto diverrà familiare ai medici,
che studieranno attentamente la malattia del pallore.
Del resto se la clorosi è spesso accompagnata da difet-
to de'corsi lunari, e l'amenorrea è seguita da scolora-
mento della pelle, ciò avviene per l'intima relazione
che passa fra l'apparato uterino e lo splenico. Infatti
l'estirpazione della milza negli animali viventi ha qua-
si costantemente prodotto la sterilità, e questa si con-
giunge volentieri colla clorosi e si cura col ferro. Col-
Funzioni della milza i45
la milza ostruita rinvengonsi scirrose le ovaia ( Mor-
gagni E. 36, 17 ). La sospensione de'mestrui è segui-
ta talora da ingorgo della milza e febbri periodiche,
e l'ostruzione di questo viscere è spesso seguita da di-
minuzione o cessazione del flusso mensile. Al contra-
rio un moderato turgore del medesimo nelle intermit-
tenti benigne accelera talvolta la pubertà, come già
fu detto di sopra. Così pure la lenta splenite e la me-
lena che, come vedrassi, è morbo splenico, nascono
spesso da ritenzione de'sangui mestruali e cedono al
ricomparire di questi. Molte fra le cause che agiscono
sulla milza mostrano pure di esercitare un dominio
sull'utero e arrestarne le funzioni, come la tristezza
dell'animo, il freddo umido, il cattivo nutrimento. No-
tò P. Franck che l'eccessiva pinguedine conduce spes-
so all'amenorrea: e lo stato della milza, come vedrassi,
non è affatto estraneo all'obesità. Rigoglioso è l'utero
nelle donne di bruna carnagione, e i visceri ipocon-
driaci vi sogliono essere anch'essi assai sviluppati.
Le prefate osservazioni sulle attenenze della clo-
rosi collo stato della milza fatte ne'nostri climi sono
conformi a quelle raccolte sotto altro cielo. Piacerai
di riferire quel che ne attesta uno scrittore, che ha
praticato lungamente la medicina nel Bengala: « L'in-
grandimento, l'ingorgo, l'ammollimento della milza so-
no malattie comuni anche nell'India. La condizione
della macchina, a cui si associano, è caratterizzata da
sollecita manifestazione di debolezza in tutto il cor-
po, pallore, mancanza di sangue ne'vasi capillari, ri-
marchevole specialmente nell' aspetto esangue della
congiuntiva, nello scoloramento clorotico della lingua
e delle gengie. I sintomi della malattia variano secon-
do l'età e il sesso : ma tutti sembrano riferirsi alla
G.A.T.XG. IO
1^6 Scienze
mancanza di sangue e all'estrenìa debolezza. I fan-;-
ciulli cadono facilmente in uno stato di marasrao, di-
vengono languidi e deboli; l'alito e l'esalazione del
corpo sono nauseosi. Le fanciulle soffrono facilmente
di amenorrea. Il sangue si mostra assottigliato, si coa-
gula imperfettamente, o il cruore è nero e molle; ed
esposto all'aria^la sua superficie non acquista il solita
color florido. Leggiere cause danno origine all'ulce-
razione. Le persone affette da mal di milza lianna la
respirazione corta, e l'esercizio protratta arreca inco-
modo al petto. L'appetito è diminuito, la digestione
difficile e il cibo male assimilato ; vi si aggiunge tal-
volta un morboso desiderio di nutrimento. Vi si no-
tano abbattimento di spirito, inerzia del corpo e tor-
pore della mente con gran debolezza muscolare: t[ue^
st'ultimo sintoma è rimarcbevole, quantunque il ma-
lato non sia dimagrito. Nel Bengala la tumefazione
della milza, oltre le febbri intermittenti che le danna
origine, può nàscere anche idiopaticamente nei fan-
ciulli e nelle persone delicate sotto l'influenza di un
clima umido, temperatura variabile, mancanza di e-
sercizio ,. scarso vestimento e cibo insufficiente. Le
passioni deprimenti hanno lo stesso potere. La ca»
chessla splenica può esistere anche senza palpabile
gonfiezza o morbosa sensibilità della milza ; le ma-
lattie più analoghe a questo stato sona la clorosi, lo
scoi-buto e alcune specie di anemia. Il dolor fisso
nella parte inferiore del lato sinistro, di cui le clo-
rotiche si lagnano così spesso, si riferisce ad una tu-
mefazione della milza, come piti volte ho osservato.
I nativi dell' India fanno uso del ferro nei mali di
milza, e nell'usarne sogliono giacere sul lato sinistro
Funzioni della milza i^.?
onde il rimedio si porti dallo stomaco alla milza ;
l'effetto che ne sperano è di contrarla » (i).
La clorosi grave e protratta può condurre a quel-
lo stato che i moderni chiamano di anemia', termi-
ne che presso i greci suonava ventosità, e che ven-
ne usato da Lieutaud per indicare l'estremo impo-
verimento del cruore , in guisa che il corpo e gli
organi rimangano pressocchè esangui. Non occorre
qui occuparci dell'anemia cagionala da lunghe ma-
lattie^ come p. e. nella tisichezza gluula all'ultimo
grado di marasmo in cui non esiste quasi più san-
gue : né di quelle che si producono per iscarsezza
di alimenti, per uso prolungato di aria impura, per
privazione di luce solare , per sottrazioni o perdi-
te profuse di sangue, per escrezioni o secrezioni stra-
bocchevoli, Iq tutti questi casi difetta il sangue per
essere stato disperso o consumato a poco a poco sen-
za risarcirlo, o perchè mancarono i materiali per com-
porlo. Gli esempi di anemia, che c^ccr^scerehbero va-
lore al nostro argomento, sarebb.er quelli non prece-
duti da alcuna delle cause soprallegate, e in cui si
potesse scoprire una relazione fra 1' estrema pover-
tà del sangue e una qualche offesa dell' organo in
discorso. Ora le pochissime storie che possediamo
di tali specie di anemia ci mostrano appunto qual-
che alterazione della milza. Nel caso narrato da Com-
be non si parla di offesa alcuna di polmoni, ma la
milza era ammollita e il fegato di color bruno. Nel-
l'esempio conservatoci da Geddings lo stato morbo-
(i) Clinical illustralions of the more important diseases of
Beugal ec. by William Twining. Calculte i835.
148 Scienze
so della milza figura come principal causa della ma-
lattia (i). Andrai rinvenne la mancanza di sangue in.
un cadavere, che non offriva altre lesioni viscerali che
una milza piccola e dura e il fegato poco volumi-
noso (Clin. med. p. 62 ). Si è veduto che neirin-
dia la clorosi ascende talora al grado di anemia, e
le osservazioni di Lieutaud (a) si riferiscono a fan-
ciulle cadute in questo stato do^po essere state sog-
gette al pallor dei colori, senza che lunghe astinen-
te o peixlite di sangue vi avessero contribuito in al-
cuna parte; ecco esempi di anemia in seguito di clo-
rosi, e la condizione primari» di questa è stala per
molti fatti riposta nella milza. Finalmente il solo ri-
medio efficace in tale povertà del sangue è quella
stesso ferro che agisce elettivamente su questa vi-
scere. L' anemia adunque è anch' essa congiunta a
qualche sconcerto, nelle funzioni della milza.
Ipoeondriasi, isterismo.
Havvl una condizione de'nervi chiamata di ec-
cessiva mobilità, in cui le impressioni sentite, sen-
za punto arrestarsi negli organi centrali , trapassa-
no rapidamente a farsi slimoli di involontarie con-
ti-azioni muscolari, a provocare subitanei influssi sul-
le arterie, sui visceri. Se a questa morbosa disposi-
zione si aggiungano dall'esterno potenti cause occa-
sionali, quali sono specialmente le angustie dell'ani-
mo, ovvero se nell'interno nascano altri disordini che
(1) Art. anemia deirenciclop. inglese delia medicina ec.
(2) Compendio di medicina pratica. Anemia.
Funzioni della milza 149
le si associno, come pletora, lente flogosi dello sto-
maco o degl' intestini, ristagni addominali, lesioni or-
ganiche del cuore ec, ne sorgerà allora facilmente
quel gruppo proteiforme di fenomeni indicato dai uo-
sologi coi nomi di ipocondriasi di isterismo.
Fra le altre cause, capaci di partecipare la for-
ma isterica o ipocondriaca alla soverchia suscettività
del sistema nervoso, si dee annoverare la viziata cra-
si del sangue o la difettosa quantità del medesimo.
Il vecchio dettato, che il sangue frena i nervi , non
è fantasia degli antichi: esso riposa sul fatto, che gli
animali scannati muoiono in convulsioni; esso si ap-
poggia all'osservazione , che 1' uomo nella pienezza
delle sue forze signoreggia i suoi movimenti, e che
lo stesso individuo , dopo essersi impoverito di san-
gue, diviene zimbello delle cose esteriori ; un lieve
strepito lo agita, un'emanazione odorosa lo convelle.
Lo slesso dicasi pel ministero de'gangli: l'uomo sano
e robusto può andar soggetto a sconcerti accidentali
di stomaco, senza che perciò se ne turbi tutto l'in-
tercostale ; mentrechè nel medesimo, dopo aver sof-
ferto grandi perdite di sangue, ogni impressione in-
solita si propaga da quel viscere a tutto il sistema
de' nervi organici. « Ex pauco interdum sangui-
ne^ aggiunge P. Frank, vel debiliorihus , nunc fi-
ne prophjlactico ^ nunc ex erroneo de morbis eo-
rum , vigorem mentientibus , iudicio , detracto ,
hos mirum iti niodum convulsos fuisse , aut in
languore s^ tremore s^ hj-sterismum incidisse dolui-
mus ( Gener. de nevros. ). » E Sydeuham ripeteva
pure questa malattia: « ^ sanguine intemperanter
effuso (Dissert. de hyster.). »
Se adunque le inopportune o smodate sottra-
i5o Scienze
zioni di sangue (il cui effetto è di scemare la pro-
porzione del cruore al siero) sono capaci di acqui-
stare ai nervi si grande mobilità, fino allo stato con-
vulso; tanto più facilmente avverrà che preesistendo
in essi tal condizione, un sangue senza vigore senza
coesione non basti a governarli, e lasci libero il cor-
so alla irregolarità de'loro atti. Quindi noi troviamo
l'isterismo e l'ipocondrlasi associate alla clorosi, all'
obesità, allo scorbuto, alla diatesi emorragica in cui
pecca la sanguificazione. Quindi le isteriche e gl'ipo-
condriaci di tal fatta non tollerano il salasso, dopo
il quale divengono più suscettivi e più soggetti a
moti irregolari di nervi.
Pertanto in una specie di malattie, che può es-
ser collegata a vizio del sangue, il nostro istituto ci
conduce a cercarne l'origine nella milza , per tutti
quei casi in cui questo fluido non sia stato diretta-
mente alterato da esterna infezione o da perdite enor-
mi. A tal fine trascriverò sommariamente alcuni fat-
ti e autorità che trovo registrate nelle mie note.
(t In plerisque (Jxfpochondriacis) visus splen
neclum tumidior, sed et scirro atroque humo^'e
refertus ( Bonet ). « Melancholiam quandoque a
tiene male affecto excitari^ proindeque hjpochon-
driacam appellari, et communis est et nostra fert
sententia ( Willis ). a A nobis spedati in hypo-
chondriacis ac minime raro in mulieribus hjste-
ricis tiimores circa latus sinistrum (Histor. raorb.
Vratisl. 112). « On ne doit pas étre surpris si
les femmeSi qui ont des obstructions a la rate,
sont vaporeuses^ puisque les hommes le devien-
nent, des quils ont ce viscere affecté d''engor-
gemens (Raulin). « Neil' affezione ipocondriaca ».
Funzioni della milza i5i
La milza comparisce più o meno tumefatta e talvol-
ta moslruosa: talora si è trovata sì piccola che non
pesava più d'un oncia: non vi è dubbio che questa par-
te non sia frequentemente attaccata « (Lieutaud). »
Nel cadavere di una donna, che per molti anni ave-
va sofferto incomodi isterici, si trovò la milza dege-
nerata in marcia « (Conradi). » L'isterismo e l'ipo-
condriasi si possono considerare come provenienti da
un impedimento, nelle funzioni della milza « (Vet-
cht.). Pinel parla di un^ affezione ipocondriaca ac-
compagnata da dolore e tumore nell' ipocondrio si-
nistro e svanita in seguito di un parto. » lam ve-
ro diligenti observatione practica constata hjpo-
chondriacum morbum non frequentius ingenera-
ri quain ab intermittentibus ^ praesertim tertia-
nis, male curatis a (F. Hoffman). Altri autori ci-
tati da G. Frank (De hypochond.) hanno trattato l'ar-
gomento del succedere ipocondriasi alle febbri pe-
riodiche, le quali, come fu veduto, offendono parti-
colarmente la milza. Il singolare isterismo narrato dal-
l'Argenti fu preceduto da f. intermittenti. (Omod. 86).
Viceversa esse febbri hanno vinto talora l'ipocondria-
si, come Grant ha osservato: ciò che pure compro-
va la sede delle due malattie nel medesimo viscere.
Le isteriche e gl'ipocondriaci sono travagliali da fla-
tulenze, e questo incomodo è strettamente collegato
alle affezioni spleniche: « Liene scirro laborante
aeger riictibus JLatibusque hj-pochondriacis afjli-
giticr » (Mayow). La pneumatosi infatti molesta le
clorotiche e tien dietro alle intermittenti ostinate ,
specialmente alla quartana (Sauvages), in cui più ma-
nifesto è l'ingorgo di questo viscere. L'isterismo as-
salisce in particolare le sterili , e fu veduto che le
i52 Scienze
sterilità è in qualche relazione coU'inerzia della mil-
za, come le clorosi. La salivazione è familiare alle
isteriche e agl'ipocondriaci, e lo è pure alle affezio-
ni della milza: onde Ippocrate ehhe a dire: « Omnes
splenetici sunt salivatores ». Gl'ipocondriaci, ove sia-
no colti da mali acuti, sono poco tolleranti del sa-
lasso, ed il sangue suol rinvenirvisi poco concresci-
bile. Quello di cui parla Ludwig, che morì di feb-
bre catarrale e che era stato rachitico , offri il san-
gue sciolto e la milza straordinariamente piccola. (Z?e
stasi sanguinis in venis iiiflammationem inrntiejite).
Finalmente lo stesso Sydenham e Quesnaj e il Zac-
chia trovarono nel ferro il più efficace soccorso che
potesse apprestarsi a queste infermità; e non occor-
re ricordare che questo rimedio agisce elettivamente
sulla milza.
Vi ha dunque un'ipocondriasi (e lo stesso dica-
si dell' isterismo) suscitata da discrasia sanguigna e
connessa collo slato della milza. A questa specie at-
tendeva Cullen, allorché nelle sue linee nosologiche
collocava tale infermità h'a la dispepsia e la clorosi;
di che poi ebbe a fai-e le maraviglie Ant. Testa; il
quale in vece, tutto intento nella ricerca delle asini-
nietrie e de'vizi precordiali, inclinava sempre a ve-
dere negli affetti da ipocondria e da isterismo altret-
tanti cardiaci (Malat. del cuore).
Obesità.
A chi avverta che, in mezzo all'obesità, a talu-
ni vegetano rigogliosamente i solidi, abbondano le for-
ze muscolari, pronta è la mente, in tutto fiorisce la
salute; che in altri invece si ammolliscono i tessuti,
Funzioni della milza i53
stentano ad eseguirsi i movimenti, l'animo languisce,
in tutto decade la macchina : si presenta spontanea
la conseguenza die la copia del grasso possa associarsi
a due stali affatto diversi del corpo. Per altro nell'uno
la pinguedine è densa, il sangue che la separa rimane
ricco e fibroso, valido è il polso , i tessuti conservano
la lor natura e non sono convertiti in materia adi-
posa; questo slato può occorrere in coloro , qui siim^
munì bonitatis attingunt : nell'altro in vece il grasso
è semi-fluido, il sangue difetta de'raateriali più ela-
borali , il polso è molle , alla fibra muscolare sono
spesso sostituiti depositi pinguedinosi, che stoncano la
pazienza dei dissettori. Di questa specie di obesità si
avvera la sentenza di Haller : Quo plus in aliquo
homine olei, eo sanguinis minus inest. Essa è una
vera cachessia che confina coU'idrope , e nelle fan-
ciulle si congiunge facilmente coll'abito clorotico : le
seguenti osservazioni mi fanno credere che la mede-
sima sia connessa a qualche difetto delle funzioni del-
la milza. i.°Fu sperimentato da Bonnet, Vallisnieri,
Clarke, Hoffman, Coleman, Mayo che l'estirpazione
della milza induceva obesità negli animali che vi era-
no stati sottoposti. Nel cane privato di milza da Val-
lisnieri e ucciso dopo cinque anni « si trovava l'omen-
to tutto pingue, e in ogni parte più del solito di si-
mil sorta de'cani era molta grassezza ». a.° Nelle aper-
ture de'cadaveri ho verificato più volte, che alla pic-
colezza insolita della milza andavano unite notabili
raccolte di grasso, specialmente nel grande e piccolo
omento. Nel caso memorabile di totale mancanza della
milza, narratoci dal Cavalli (i), si rinvenne una quan-
(i) Giornale delle scienze mediche di Torino, iS4o.
i5/|- Scienze
ti là enorme ili materia sebacea in tutte le ripiegatu-
re del peritoneo. Spigelio aveva già notato : Magnos
iis lienes esse quibus magnae sunt arteriae, ideo-
que hoc parenchfma longe maius esse macris
quani pinguibus. 3." Vi ha una specie di obesità che
può dirsi fisiologica, ed è quella della prima infanzia;
in questa età prevalgono le particelle oleose, il san-
gue non lia conseguito tutto il suo vigore : ora si os-
serva che ne' bambini la milza è comparativamente
meno sviluppata, ed ha un colore diverso da quello
che acquista in appresso. Lien in infantiilìs ofjìcium
snum non pergit ( Mayow ) 4-° ^'u toccata di so-
pra la stretta corrispondenza che passa fra la milza
e gli organi genitali : e qui è da aggiungere, come es-
sa apparisca anche riguardo alla genesi del grasso ;
poiché come l'energia di quella vi si oppone e vice-
versa, così l'effervescenza di questi nel periodo della
pubertà la sospende, e la promuove grandemente la
cessata influenza de'medesimi. Gli eunuclii si ricono-
scono alla floscezza delle carni, alla molle pinguedi-
ne: ed è noto che molti animali ingrassano dopo a-
verli privati de'testicoli o delle ovaia. 5.° Il più ef-
ficace rimedio a correggere la cachessia adiposa è il
ferro. B. Williams ci assicura di aver trovato nella
tintura di ferro ammonicata il mezzo pivi convenien-
te a vincere questa malattia. A sminuire la eccessiva
grassezza giovano anche le febbri intermittenti, che
apportano maggior copia di sangue nella milza.
( Van-Swieten ^. ySS ).
E degno di osservazione che nelle oche ingras-
sate artificialmente, inzeppandole di cibo, e privando-
le di moto coll'inchlodar loro le zampe, trovò Portai
ingrossato il fegato, e la milza impiccolita ; il qual
Funzioni della milza i5fj
fatto viene spiegato dall'autore colla compressione e-
sercitatavi dallo stomaco soverchiamente pieno. Par-
mi però che, senza ricorrere ad una causa meccanica,
abbiasi una spiegazione suFfìcienle del fenomeno nella
quiete prolungata e nel perenne e copioso alimenta-
mento dell'animale; la prima già atta a ritardare il
corso del sangue ne'vasl della milza: il secondo va-
levolissimo a deviarlo da essa, per fornirne piij a do-
vizia lo stomaco, costretto a continua azione.
Del resto Se la piccolezza insolita della milza,
cagione d'imperfetta ematosì, può favorire l'obesità ,
quando vi si associ l'esercizio degli altri organi de-
stinati a ricevere ed elaborare i materiali della nu-
trizione, essa può andare anche unita alla macilenza
e alla consunzione, qualora per vizio de' medesimi e
specialmente per inerzia dello stomaco, manchino i
mezzi onde raccoglier nel corpo quel, comunque mal
concotto, umor nutritizio. Tali sono alcuni casi di
straordinaria piccolezza di milza riferiti da Morgagni,
e tale è quello registrato da Lobstein: - milza del pe-
so di un'oncia, cuore piccolissimo e scolorato, cada>
vere esangue, consunzione : lo stomaco avea ricusato
già da qualche tempo il suo officio. - Se adunque gii
obesi contengono minor quantità di cruore, come lo
mostra ancora la poca tolleranza del salasso che in
essi si osserva (i) ; se l'obesità va unita a difettoso
sviluppo o languida azione della milza ; si avrà in
questo stato della macchina un' altra prova del po-
tere che essa esercita sulla sanguificazione.
(i) Medicos ergo memores esse oportet, macilentos venae
ctionem facile ferre, obesis plerumque nocere. Haller.
l56 Scienze
Idrope.
Lascialo da parte l'idrope acuto, compagno e se-
guace della pletora e della flogosi, e quello che na-
sce da corapressione delle vene per vizio strumentale
di alcune parti , e 1' altro che si genera dal pronto
sopprimersi di secrezioni ed escrezioni ; vi ha poi un
genere di tal malattia, onde scrivea Sydenham : Cau-
sa huiusce morbi in genere sanguinis debilitas est :
e di cui anche il volgo suol dire, che il sangue con-
yertesi in acqua ; appunto perchè il carattere distin-
tivo della medesima consiste in un sangue sfibrato ,
e scarsissimo di sostanza colorante. Ora questa ca-
chessia, allorché non proceda immediatamente da pro-
fuse perdite di sangue, trovasi il più delle volte di-
pendente da un'alterazione della milza. Ippocrate ave-
va già segnalato l'origine di alcune idropi da affezione
di questo viscere ( De morb. lib. IV ). Celio Aure-
liano fa derivare questa infermità anche: Ex saxea
densidate lienis. Riolano scrivea che: Tritio lienis hy-
drops nascitur. Prospero Alpino giudicava di catti-
vo presagio l'idrope che succede al tumor della mil-
za. Morgagni , dopo aver riferito alcune sezioni di
idropici, in cui quest'organo era in qualche modo al-
terato, e dopo averne citate parecchie altre raccolte
da vari autori, conchiude : Nec aliae desimi ex cjui-
biis intelligaSy cum in eodem morbo hepar, non
admodum a naturali statu discessisset^ lienem ma-
gnum fuisse et duriusculum, aut cum hepar pror-
sus naturaliter constitutuni, lienem solito maiorem
et totum quantum scirrhosum , tamque durum
fuisse^ ut non sine difficultate scindi et dividi no--,
Funzioni della milza iÌj^
vacala potuei'it { Ep. 38 , 19) : i quali fatti egli
espone appunto per combattere l'opinione di que'me-
dici, che in tal malore avrebbero volalo assolvere da
ogni colpa la milza. LieutauJ va narrando cosi i ri-
sultamenti delle sue ispezioni anatomiche ne'cadaveri
degl'idropici: « La milza ora è di una smisurata gros-
sezza, ora estremamente piccola : la sua sostanza si
è trovata putrida, scirrosa, granellosa ed anche piena
di bianche pietruzze » ( Comp. di med. tom. i ). Por-
tal rammenta pure molti casi d'idrope senz'altra le-
sione che di concrezioni ossee nella milza: e lo stesso
Andrai, quantunque non ammetta la formazione dell'
idrope per vizio della milza, confessa però avverarsi
spesso la coinciilenza di questi due fenomeni. On a
dit à torti selon moi^ qiie les engorgemens de la
rate étaient une cause frequente d'hjdropisie ; il
est très vrai qiCentre ces deux affections il j a
bien souvent coincidence ( Précis d'anat. patholog.
tom. I, 33o ). Bichat però riguardava l'idrope , che
sopraggiunge alla tumefazione della milza, come ef-
fetto della medesima. Il survient à la longue di-
vers autres sjmptómes .... et ordinairement Vhj-
dropisie ( Anat. patholog. 2i5).
Ei sarà poi facile il persuadersi che l'associazio-
ne di questi due fenomeni non sia casuale, ma che
si trovino nella relazione di causa ad effetto, ove si
rammenti : i.° Che le periodiche autunnali , fecon-
dissima sorgente di tal cachessia, cominciano dall'as-
salire la milza, e che fra queste febbri le piìi pro-
clivi a generar l'idrope sono le quartane, come già
lo aveva osservato Galeno: « Quartanae male cura-
tae hfdropem accedere crebro vidimus » ( L. III.
in loc, ); quella specie cioè di febbri, in cui più che
i58 Scienze
nelle altre è manifesta l'alterazione della milza;. 2°.
Gke anche senza l'intervento della febbre , la sola
dimora in luoghi bassi , umidi, palustri, è bastante
a produrre questa malattia , come ce lo attesta la
quotidiana esperienza. '( Nonnulli loca palustrìa in-
colentes sine ulla praeterea causa aut occasione,
nisi quod aurain crassioreni halitibus incongruis
praeditam hauriunt, in hyrdropem incidunt ». (Wil-
lis de medie, operat.). Ora l'az^ione di questa cau-
sa , come fu veduto di sopra , si dirige appunto al-
l'organo splenico. Areleo^ annoverando le condizio-
ni soUo cui patisce la milza, non omette i luoghi pa-
lustri ( de lien. ). "0° Che l'idrope, di cui qui si ra-
giona, accompagna e segue non di raro "la clorosi ,
l'anemia , l'obesità, lo scorbuto, mali tutti connessi
ad alterazione della milza, come si è provato di so-
pra, e si vedrà in appresso. 4-° Finalmente che uno
de'più efficaci rimedi a vincere questo genere d'idro-
pisia consista ne'marziali. Chalybs in hjdropis inci-
pientis curatione haud infimuin locum sibi vindicat
(Sydenham). Chalybeata in hoc morbo uti in pica
virginum saepe numero egregie prosunt ( Willis )
ec. ec. Anche Morgagni aveva notato l' antecedenza
delle lesioni della milza ai versamenti sierosi, rispon-
dendo al dubbio proposto che esse si fossero prodot-
te nel progresso della cachessia : Sed indicia saepe
swit ea vitia antecessisse (ib.).
Ne oppongasi che le alterazioni della milza dan-
no origine all'idrope, frapponendo ostacoli alla circo-
lazione venosa; poiché o trattasi d'impiccolimento e
durezza di questo viscere , e non veggo quale altro
disordine circolatorio possa nascerne, fuori quello d'in-
viare meno sangue alla vena porta, dal che non pò-
Funzioni della milza iSg
trebbe mai derivare un trasudamento sieroso : in tal
caso la raitza riceverebbe essa stessa una minor quan«
tità di esso fluido, cbe sarebbe distribuito più copio-
samente agli altri rami della celiaca, come avviene
dopo l'estirpazione di questo viscere. Ovvero esso è
sovercbiamente ingrandito: ed anche in tal caso non
potrà mai comprimer la vena cava o il tronco della
porta , e per qualche radice di questa vena che ne
venisse pigiata, non perciò la circolazione addomina-
le cesserebbe di compiersi per via di collaterali. E
come poi colla sola compx'essione di qualche vena del
basso ventre spiegare il gonfiore delle parti superio-
ri ? La faccia non è essa la prima a lumefarsi nella
clorosi, ove questa volga all'idropisia ? Infine, a dis-
sipare ogni dubbiezza, riflettasi che nell'idrope susci-
tato per impedimento di circolazione venosa, il san-
gue non muta per ciò la sua crasi, anzi diviene più
plastico : tutti i pratici sanno che negli aneurismi dei
cuore questo fluido ci si mostra cotennoso , anche
quando i versamenti di siero han fatto notabili pro-
gressi; al contrario nell'idrope, che procede da vizio
della milza, il sangue è sciolto e sfibrato. Del resto
gli stessi autori, che nella genesi di tal morbo attri-
buiscono qualche parte alla compressione meccanica
de' vasi, ne ricercano però la causa principale nella
disordinata azione del viscere; e leggo in Hildebrand
che l'idrope può nascere da infarcimento (parectama-
ta ) della milza: linde productionis muniis reddi-
tur impevfectum et crjrstaUisatìo. manca ^ metamor^
phoseos regredientis praedominansfit potentla^ ac
hjdrogenesis intenditar ; quo simul mechanica
conspirat vasorum ahsorbentium pressio ( Inslit.
pract. med. tom. 2, 109 ).
i6o Scienze
L'anassarca si associa facilmente alla gravidanza
nelle donne di abito clorotico : e nemmeno in que-
sto caso se ne allegherà per causa la compressione
dell'utero, quando si osservi che l'idrope manifestasi
anche nelle parti superiori, e che le donne di sana
costituzione ne vanno esenti.
Scorbuto.
Vi sono poche malattie, nelle quali la discrasia
sanguigna sia più palese che nello scorbuto, di cui i
nostri antichi fissarono quasi concordemente la sede
nella milza ; non so se mossi da un'idea preconcepita
sull'officio della medesima, ovvero dalla molestia che
gli scorbutici soffrono al sinistro ipocondrio, e dalle
offese che costoro mostrano in tal viscere dopo morte.
Però, secondo alcuni, le alterazioni della milza non
sono costanti ne'cadaveri degli scorbutici; e dall'altro
lato trovandosi in questi tutto il sangue nero e di-
scìolto, e la milza abbondando sopra ogni altro viscere
di detto fluido, si domanda a buon dritto se le lesioni
di essa non debbano piuttosto riguardarsi come effetti
della pervertita crasi del sangue, che quali cagioni ef-
ficienti di tale pervertimento ? E quindi del mio as-
sunto il provare non tanto la coincidenza delle offese
della milza colla diatesi scorbutica, di che non si du-
bita, quanto la priorità del vizio splenico a quello del-
l'eraatosì,
A tal fine rammenterò : i.° Che vi ha una di-
sposizione ereditaria allo scorbuto, e che questa suol
rinvenirsi negl'individui a cute bruna, tessitura spu-
gnosa, abito venoso ; quegli stessi cioè che sogliono
andar soggetti a congestioni di milza. 2." Che le cu-
Funzioni dblla milza i6i
re dell'animo, la tristezza, la nostalgia, predisponenti
allo scorbuto, agiscono in ispecial modo su questo vi-
scere, onde gli anticlii lo avevan riguardato qual se-
de della malinconia. 3.° Che lo scorbuto si genera
facilmente ne'luoghi bassi uliginosi, nelle terre palu-
stri, dimore atte a suscitare malattie splenicbe: e che
fra le sequele delle periodiche ribelli, che offendono
la milza, si annovera anche lo scorbuto; talché parve
al Kramer: Haud principaleni morbum scorbutum
haberi^ sed sobolem praeccdentiuin morhorum, ma-
xime febrium intermittentium ( Ludwig). 4-° Che la
splenite, e in ispecie quella che si produce nei bas-
si lidi, nelle valli paludose , è non di raro seguita
dalla discrasia scorbutica, 5.° Che questa malattia ,
soprattutto, ove insevisca epidemicamente, affligge in
preferenza le isteriche, gl'ipocondriaci, le clorotiche,
gli obesi : condizioni tutte in cui trovasi morbosa-
mente predisposta la milza. 6.° Che fra i rimedi an-
tiscorbutici occupa un luogo distinto anche il fer-
ro; lo scorbuto delle maremme si cura egregiamen-
te coi marziali.
La genesi di un vizio scorbutico da alterazione
della milza, indicala già da Ippocrate, segnalata da
Celso in quel noto passo: « Al quibus magni licnes
sunti his gingivae malae sunt^ et os olet, aut san-
guis aliqua parte prorumpit: d non ha sfuggito ad
alcun diligente osservatore di cose mediche. Merita so-
pra gli altri di esser consultato Lommio in ciò che ne
insegua sugli effetti che il tumor della milza produce
suirintiero organismo (Observat. medie l. a). Un re-
cente monografo delle splenite, parlando dello scorbuto
che ne deriva, si esprime a questo modo: « Sed si de
constitutionali loquamur^ qualis est ille mai'itimae
G.A.T.XC. II
i62 Scienze
nostrae regioni^ si corpora dum vi-
vunt , vel cadavera nostratum explorare velini
medici, non dubito quin scraper in scorbuticis re-
periant cantre ctationem incommodam , aiU dolo-
rem ab aegrotantibus in sinistro hfpocondrio sae-
pe accusari, aut lienem iamdiu magnifìcatum fuis-
se vel post mortem teneritadine affectuni, , aut
durum aut alio modo vitiatum esse ; quo modo
in constitutionali scorbuto vitiatum apud scotòs
reperiit Bunchan » (i). La tendenza all'ulcerazione
come sequela delle malattie splenicbe, altro fatto no-
tato da tutti i pratici, verificandosi nello scorbuto ,
ci offre un nuovo argomento del rapporto che tale
infermità mantiene collo stato della milza.
Un'altra prova della dipendenza, che ha l'infe-
zione scorbutica dai disordini della milza, si rinvie-
ne nel fatto, che il moto prolungato e violento ne-
gl'individui di abito venoso, di tessitura spugnosa e
rilasciata, dispone potentemente allo scorbuto, e che
in tal caso la malattia suol esser preceduta da mo-
lestie e intumescenza al sinistro ipocondrio. Notis-
simi sono i turgori spleni ci in seguito di corse e mo-
vimenti forzati ; perciò Plauto fa esclamare al suo
attore : « Genua hunc cursorem deserunt, perii^ se-
ditionem facit lien, occupai praecordia. » Ora, ci
mi è occorso più di una volta il vedere nei lacchè,
che una fibra floscia non chiamava a sì penoso eser-
cizio, queste distensioni delia milza esser seguite da
una discrasia sanguigna, avente tutti i caratteri del-
(i) Grottanelli, Op. cit-
Funzioni della milza tG3
lo scorbuto. E gli animali aflaticali soverchiamenle
e strapazzati soffrono facilmente le congestioni sele-
niche e ia stessa splenite, che si manifesta con una
partioolar tendenza alla putrida dissoluzione del san-
gue. Giova anche rammentar*? che l'offesa della ir-
ritabilità, caratteristica dello scorbuto, e in cui Mil-
raan ripose la essenzial condizione di tal malattia
ove non sia immediatamente causata da enormi po-
tenze nocive, atte a produrre (juesto effetto , quali
sono p. e. le veementi soariclie elettriche, suol tro-
varsi in impeciai dipendenza dalle lesioni della mil-
za, come ne abbiamo già avuto qualche prova nelle
malattie citate di sopra: ed altre ne saranno addot-
te in appresso.
Sostenendo che gli sconcerti della milza , sot-
to certe condizioni della macchina, possono dar ori-
gine allo scorbuto, non s'intende perciò di esclude-
re da tal malattia ogni altro modo di generazione.
Se mfatti il sangue può viziarsi per colpa di un vi-
scere destinato ad elaborarlo, esso potrà ricevere an-
che direttamente un'infezione dalle cose esteriori ,
che somministrano i materiali al suo rifacimento. Co-
sì l'abuso delle carni salate , sfumate, introducendo
nella macchina una dose insolita di sali alcalini, e
scemando la necessaria quantità di all^umina, di ma-
teria grassa, potrà suscitare immediatamente una spro-
porzione ne'principii del sangue, (^osi pure la man-
canza di sufficiente alimento, facendo sì che Tumor
nutritizio debba risarcirsi a spese della sostanza or-
ganica, potrà condurre al medesimo risultato. Lo stes-
so dicasi dell'aria impura e carica di miasmi putri-
di, capace di guastare direttamente il sangue,* senza
intervento degli ordigni elaboratori. JNla questa va-
i64 Scienze
ria derivazione dello scorbuto , or tutta opera degli
agenti esterni, or tutto processo degli organi desti-
nati alla sanguificazione, appartiene a molte malat-
tie e non si oppone punto alle tesi , a cui bastava
il provare, che alle offese della milza può tener die-
tro lo scorbuto, cioè un vizio del sangue.
Splenite.
Tutti gli scrittori di medicina convengono nel
fatto che la milza s'infiammi più raramente degli al-
tri visceri: appena questa regola patisce qualche ec-
cezione nelle regioni basse umide palustri , per la
tendenza che esse hanno a provocare ingorghi in quel
viscere (i). Questa comunanza di origine dell' in-
fiammazione della milza colle febbri intermittenti me-
rita di esser tenuta a conto, e non è il solo carat-
tere che ravvicini le due malattie. Infatti un certo
andamento periodico , le esacerbazieni precedute da
freddo, le largliissime remissioni, i profusi sudori, le
urine torbide, il color terreo della faccia, sono tutti
fenomeni che le scuoprono un lato di somiglianza
colle febbri sudette , favorendo la sentenza di Ga-
leno che nella congestion della milza ripone la con-
dizione primaria delle medesime. Al che pure è da
aggiungere, che il rapido passaggio dal caldo al fred-
do, che ne' paesi d' aria malsana fa pullulare sì fa-
cilmente le periodiche, riesce anche efficace occasio-
ne della splenite.
(i) Grottanelli, Op. cit.
Funzioni della milza, iG5
Un'altra causa non infrequente dì tal malattia
sì rinviene nei moti violenti del corpo, nelle smo-
date fatiche. Audovard ci parla di un'infiammazione
di milza seguita da suppurazione, accesa dopo aver
portato un grosso carico di legna per lo spazio di
una lega. Nel caso di splenite riferito dal prof. Fol-
cili: « Aegev incusabnt conatum quondam editum in
magno pondere attollendo sustinendoque « (i). Gli
sforzi stessi del vomito sono annoverati dagli auto-
ri, come capaci a produrre tal flogosi. Le quali os-
servazioni servono a confermare la massima, che la
clorosi, lo scorbuto, la melena, malattie generate tal-
volta dalla medesima causa, hanno pure lor sede prin-
cipale nella milza.
Quel che più importa a considerarsi pel nostro
argomento si è, che la splenite induce spesso una
manifesta tendenza alla dissoluzione del sangue e al
carattere putrido. Le emorragie passive dalle narici,
dallo stomaco, lo scoloramento, il lividore della fac-
cia, sono sintomi familiari alla flogosi della milza ;
le petecchie, le enchlmosl non vi sono rare. Nella
terza storia di splenite narrata da Grottanelli si leg-
ge che: « Ecchymoses peticidaram ad instar in hu-
meris et pectore apparuerunt una cum universa-
li sudore: » e nel caso surriferito del prof. FolchI:
a In interiori brachioruin parte, pectore ac dorso
macuìae spectabantur numero plures rubellae, pe-
ticulis non ab simile s\ aliae autem latiores instar
sugillationum hic atque illic sparsae. » L'infiamma-
(i) Exercìtatio pathologica seu mnlt. moib, histor.ec p.i6o.
l66 S e I É N 7. É
zione della milza nei bruti, cagionata dal Cot'so pro^
lungato violento, manifesta spesso una distinta prò-'
clività al genio cancrenoso: onde viene indicata da-
gli autori di veterinaria col nome di cancrena sple^
nica. Essa mostrasi specialmente ne'luogbt paludosi»
I segni di discrasia sono anche più palesi nella sple-
nite cronica. Così Pisonc ci avverte che: « Cum pro-
rogatili' inalum^os foetet,gingwae ex e duri tur etuU
cera in cruribus fiuhtr^ qiiae tarde ad cicatricem
perducuntum (i). E Sprengel ci ripete che nelle len-
te infiammazioni di milza che succedono alle febbri
intermittenti o alla soppressione de'mestrui : « Tit-
mor nascitur regionis hypochondriacae sinìstrae
cum ... projluviis sanguineis saniosisve ... livore fa-
cieiy gingivarum tumore, quae facile a dentibus
secedunt, ulcuscidis tibiarum priirieniibiis . . .fe^
briciila accedente hectica , qua tandem hjdropi"
bus adiunctis, emaciatur aeger » (2). L'indurimen-
to o scirro della milza in seguito d'infiammazione
conduce presto la macchina al decadimenlo, provo-
cato da viziata crasi del sangue. Nel quadro che ci
ha lasciato àelienosi lo stesso Pisone notansi : « Pe-
du/n inflatio, color pliw}beus .... pediculi sca-
tent^ nocte sudor gravisy foetet anhelitus^ puden-
da turgent , erumpit sanguis , gingivae corruni-'
puntur, vrnae ad Uenem nigrigant^ cutis sc/uale-
scit^ ulcera maligna in tibiis nascuntur ...»
La prosi razione delle forze, che, al dire di Me-
ekel, non si disgiunge mai dall'ingorgo della mil7.a.
(i) De cogn. et cur. morb.
(2) Palhol. spec.
FuHKlom DEIXA MtLZA 167
accompagna anche l'infiammazione Ji questo vlsceie.
Nel caso di splenite, che ci descrive De Haen, è no-
tala particolarmente questa circostanza: « f^iriwn se-
quebatur imminutlo. » E Marcus ci parla degli sve-
nimenti, allorché gli affetti da splenite volevano sor-
ger dal letto, come di un segno caratteristico della
malattia. Notasi adunque una relazione fra la flo-
gosi acuta o cronica della milza e lo slegamento del
sangue, la proclività alla putrida decomposizione.
M elena.
Si può render sangue per vomito e per seces-
so in forza di varie condizioni morbose. La specie
di emorragia, a cui si volge il discorso, assalisce i
malinconici, gli emorroidari: non insorge accidental-
mente in mezzo alla prospera salute, ma è precedu-
ta da deperimento della macchina, da segni di scon-
certo ne'visceri addominali e specialmente da mole-
stia all'ipocondrio sinistro; il sangue reso dall'infer-
mo in mezzo alle ambasce, ai deliqui, rassomiglia nel
colore e consistenza alla pece liquefatta; la malattia
di raro scomparisce compiutamente dopo l'accesso ,
ma lascia tracce apparenti nella tinta plumbea cene-
rognola della pelle, nelle acidità dello stomaco, nel-
le flatulenze; facile è la recidiva per lievissimi er-
rori, frequente il passaggio nell'idrope- Ora di que-
sta specie di emorragia può asserirsi francamente, che
essa abbia la sua origine in un'alterazione della mil-
za , e che sia accompagnata da perversa crasi del
sangue.
La prima proposizione è appoggiata ai fatti: i.»
Che le cause atte a suscitar la melena sono le sles-
i68 Scienze
se capaci di agir sulla milza, cioè: « Constitatio cof-^
poris, ut vocant, atrabilaria^ cachectica, scoì^bil^
tica, vita sedentatia^ deprimentia animuni pathe~
mata » ( I. P. Frank ). La splenite è accompagnata
talora da vomito di sangue. 2.° Che fra i sintomi
della malattìa signoreggiano i disturbi locali: u Hypo-^
chondrìi sinistri inflatio^ tensioni punctio^ motestus
in illud decubitus (id) (i): » e il color fosco terreo,
di cui non vi ha segno più significativo de'mali spie-'
nicì» 3." Che il metodo curativo dopo il parosismo
si fonda principalmente sui marciali, da cui Portai»
P. Frank e molti altri ottennero perfette guarigioni.
Si aggiunga che la meletìa conseguita non ra-
ramente alle febbri intermittenti che offendono la mil-
za. I tre lucidi casi, che ile ha trasmessi P. Frank (2),
furono preceduti tutti da febbri periodiche. Nel se-
condo è da notare , come fino dai primi accessi sì
dichiarasse tumóre e dolore nella regione della mil-
za, e poco dopo ne seguisse il vomito sanguigno: « jTo-
tus covporis habitus mollis; pedes aedematosi, re-
spiratio a minimo motu difjicilis^ lien magnus ab
attactu dolens erant » { pag. igy ). Fu guarita col-
la cliina e colla limatura di ferro. Il terzo caso è
rimarchevole per la causa meccanica che ne indusse
la recidiva: « Dum post meridiem purgando pavi^
mento occuparetur, atque vas aqua plenum pon-^
derosum levasset^ punctorium ad sinistrum hypo-^
(t) Lo stesso attesta Hoffmanu con queste parole: „ Àntece-
dtt hunc sanguinis uomitum, ut plurimum punclorius et tensivus
hjpocondru sinistri dolor. ,, De vom. cruento.
(1) Intcrpr. dia. fragni, in op. posili. Taur. iSaS.
Funzioni della milza i6g
thoìidfiUnì , iifentem vero ad pectus dolorem ae-
gra illieo persensit>i statintque in animi deliqiiium
inciditi Eoccitatcì ex isto^ libram circiter sangui^
nis per voniitum reiecit » (p. 203). Nel qual fat-
to si ha una conferma della sopra riferita influenza
che i laticosi conati esercitano sugli atti della mil-
za. Riflette inoltre l'egregio autore, che quantunque
la soppressione de' mestrui e delle emorroidi prepa-
rino airematemesì o la provochino, ciò però accade
più facilmente sotto certi climi : così le emorroidi
turgide o fluenti, frequentissime nella Polonia e nel-
la Russia, allorché si corrughino o cessino dal flui-
re non inducono così spesso il vomito sanguigno
come nell'Insubria , regione palustre per la coltura
de'risi, e dove perciò è endemica la tumefazione del-
la milza. Altri esempi di melena, in seguito di feb-
bri periodiche o accompagnate con esse, si leggono
in Hoffmann, in Koempf ec. ec.
I cadaveri degl'individui, che soggiacquero al vo-
mito cruento, mostrarono la milza ammollita indu-
rita o in qualche altra guisa alterata, i vasi brevi enor-
memente dilatali, e talvolta turgidi di nero sangue.
Le storie riferite da Hoffmann , Sauvages, Portai,
Grani, Latour ci fanno ampia fede di questo fatto.
Nel cardinal Cibo, morto di melena, Valverde osser-
vò: « Compresso liene ventriculum repleri sangui-
ne^ qui per vas breve derivabatur. » Morgagni, do-
po aver citato questo esempio, ne rammenta parec-
chi altri, in cui: « Lien aut aequo maior aut durior
fuit: vas quoque breve aut crassius aut sangui"
ne ex parte turgidum , aut nigro saltem colore
in ventriculi interioribus conspicuum, ibique ra-
mis aut disruptisy aut eorum aliquo sic in ven-
1^0 S e 1 E N 2 K
triculum prri'io , ut illuc stylmn aiit Jlattim ditt
etiain sanguinein leviter cornpresso ilio vase ad-
mitteret » (»). E degno di special attenzione il caso
narrato dallo stesso autore al num. i i pel rapporto
che vi si scorge fra il turgore dell'ipocondrio sinistro,
il vomito di sangue e la guarigione ottenuta coi mar-
ziali; indi nuovamente il lurgoie, il vomito cruento, la
morte; il cadavere quasi del tutto privo di sangue,
la milza di molto ingi*andila e in qualche punto in-
durata, la vena splenica ostrutta.
Nega intanto Gendrin (a) che possa oggidì am-
mettersi il moto retrogrado del sangue ne'vasi brevi,
e sostiene che la melena (gastro-emorragia) avvenga
sempre per esalazione sanguigna dei capillari arte-
riosi dello stomaco. Peraltro, quando anche non si
voglia dare alcun peso ai fatti narrati da Cotugno (3)
e da altri (4) sul retrospingersi del sangue ne' rami
del sistema venoso, con tal sentenza non saprebbe
poi intendersi la notabile dilatazione di tali vasi os-
servala da tanti autori, ne si potrebbe spiegar faciU
mente il fatto riferito da molti pratici di enormi tu-
mefazioni della milza che scomparivano immediata-
mente al comparire di sangue atro per vomito e
per secesso. Del resto che il sangue proceda dalla
milza pei vasi brevi, o che derivi dalle arterie del-
lo stomaco ingorgate per negato afflusso nel ramo
splenico della celiaca , ciò poco rileva nel caso no-
stro, in cui basta che la melena, sequela di altera-
(i) Epist. 36, 12.
(2) Traile philosophique de medecine pratique, tom. i.
(3) Mem. della R. accad. di Napoli, voi. i.
(4) j, Refluxiiin sanguiuis a venis in ramos earum in vivis
mnhae observaliones mihi patefecerunt. ,, Sauvages, Nosol. ine-
tod. splenalg.
Funzioni della milza lyi
te azioni della milza , sia accompagnata da discra-
sia del sangue : locchè è bastantemente provato dal
color plumbeo della pelle, dalle cacbessie che ne de-
rivati o, dall'efficacia de' rimedi atti a favorire la san-
guificazione ; e direi pure dalla natura del sangue
espulso ne' parossismi del male", se il colore fuligi-
noso, che presenta, non potesse derivare dal suo me-
scolarsi cogli acidi dello stomaco.
Tali sono le malattie, delle quali può affermarsi,
una parziale affezione della milza aver preceduti» lo
svolgimento della generale affezione, accompagnala da
una discrasia del sangue. Altre ve ne ha che appar-
tengono forse alla stessa categoria, ma non potrebbe
addursene in prova la stessa copia di fatti. Cosi la
rachitide, in cui al dir di Testa « è diminuita la den-
sità del sangue e aumentato il calibro delle vene i>
che ci offre sempre una tumefazione delle regioni ipo-
condriache, che spesso ha origine dalle febbri inter-
mittenti (i), nella quale è tanto prodigiosa l'efficacia
de'marziali quanto nella clorosi : la rachitide è forse
un altro esempio dei rapporti della milza colla san-
guificazione (2).
Del resto noi non fondiamo argomenti su tutte
le alterazioni di questo viscere che ci attestano le
aperture de'cadaveri, ma di cui non potrebbe soste-
nersi se siano state cause od effetti delle infermità
che condussero a morte. È degno però di avvertenza
(i)Dopo le febbri autunnah Sydenliam vide sopraggiiinge-
re: ,, Symptoraata quae rachitidem piane mentianlur. ,,
(2) Siebold osservò in un bambino rachitico la milza cosi
voluminosa da estendersi fino alla pelvi; e Tede aggiunge che
questo avveaimeuto non è raro nella rachitide. { Conradi)
1^2 Scienze
che ovunque la malattia abbia rivestito un carattere
putrido o cancrenoso, ivi sempre la milza abbia mo"
strato nel cadavere qualche evidente offesa. Sono no-
te le osservazioni di Lovis sull' ammollimento della
milza nel tifo petecchiale » e quelle di lackson sul
medesimo stato di questo viscere nella febbre gialla
di s. Domingo. Disfatta trovolla Cleghorn nella dissen-
teria epidemica di Minorca: e Roederer ce la descri-
ve livida e gonfia nella febbre mucosa maligna che
dominò a Gottinga insieme allo scorbuto e alle in-
termittenti. Clot-Bey ci ha istruiti che l'ingrossamen-
to della milza è fra i costanti fenomeni delle peste.
Molti casi ne reca Andrai di malattie febbrili, in ciJi
era notabile la prostrazione delle forze e in tutti il
cadavere offriva la sostanza di questo viscere ridotta
in una poltiglia semi-fluida; sola lesione costante in
mezzo alle differenze che presentava lo sconcerto del-
le altre parti (i). Pinel trovò la milza accresciuta di
volume, e facile a squarciarsi e piena di un sangue
nerissimo nelle febbri putride ch'egli chiamava adina-
miche, e in alcune puerperali. Lo stesso autore rin-
veniva questo viscere enormemente ingrandito e ri-
gonfio di nero sangue in una donna morta di una
cancrena ad una gamba ( Nosogr. filos. ). Finalmente
occorrono in Morgagni non pochi esempi di cadave-
ri, in cui il sangue fluido in tutti i vasi , le carni
flaccide, il cuore floscio, il cervello ammollito eran con-
giunti all' intiero disfacimento del viscere splenico
( Ep. 4? 9> 24, 26. Ep. 22-8 ).
I fatti adunque , di cui ci ammaestra lo stato
morboso della milza, sono tutti in acconcio di sta-
■p. I ■ .11 — ■
(i) V- i casi n. 46, 48, 5«, Sa, 53 din. med. v. 2.
Ft'nzioni della milza lyS
bilìre : che le azioni disordinate di questo viscere
nocciono alla ematosi, formandosi un sangue scarso
di materia colorante ( febbri intermittenti, clorosi ),
disciolto e sfibrato (scorbuto, melena, splenite ); indu-
cendosi preponderanza di siero e di grasso ( idrope,
obesità ).
Sarà stalo avvertito che a tutte le malattie soprai-.
legate arreca giovamento il ferro, e che ad alcune è
rimedio specifico. L'azione elettiva di questo farmaco
sulla milza è un fatto incontestabile, conosciuto già
da Plinio e da Celso, confermato dall'osservazione di
tutti i tempi , e da esperienze dirette sugli animali
viventi instituite dal Benivenio. Il ferro acquista mag-
gior compattezza alla milza, e, ove questo viscere sia
tumefatto, lo riduce a più giusta misura. Ora il fer-
ro, che agisce elettivamente sulla milza , è quello
stesso che corregge alcuni vìzi del sangue, ne ravviva
il colore: « F'ideturque ad sanguinis structiiram con-
ferre^et ipsi quasi animam quandam afflare (i).»
Ed ecco in questo fatto un altro indizio del rapporto
fra la milza e la sanguificazione, dacché tal processo
è favorito e modificato da una sostanza che esercita
speciale azione su quel viscere. Il ferro rafforza pu-
re la fibra muscolare che nelle malattie della milza
discade e avvilisce , come risulta dalla prostrazione ,
che le accompagna tutte, e specialmente la clorosi ,
lo scorbuto , la splenite. Abbiamo così quattro fatti
in vincolo di filiazione fra loro; cioè : lo stato mor-
boso della milza; il vizio del sangue ; l'offesa della
irritabilità; il benefizio del ferro, che, agendo in ispe-
cial modo sulla prima, migliora le condizioni del se-
condo e della terza.
(i) Lorry, De nielanchol. et raorb. melanchol. t. 11, p. 77.
ij4 Scienze
CAP. IL
ARGOMENTI ANATOMICO-FISIOLOGICI.
E noto che la milza comincia a mostrarsi ne*^
vertebrati unitamente al sangue rosso. Le poche ec-^
cezioni, che patisce questo fatto generale, non basta-
no a spogliarlo della sua importanza; poiché^ se man-
ca un tal viscere nelle lamprede, può ben equivaler-
gli, come pensa Ratlike, quel tubo celluioso e spu-
gnoso, che regna lungo la spina in tulta la lunghez--
za della cavità addominale, il quale riceve una gran
quantità di sangue procedente dagli organi 'genito-uri-
nari, come pure quello di una porzione dell'intesti-
no. Così pure nel Petromyzon mariìius, Mayer ri-
guarda come milza una gianduia rossastra situata die-
tro il fegato e il pericardio cartilaginoso. Dall' altra
lato se l'umor nutritizio scorgesi rosso in alcuni an-
nelidi, non perciò esso pjDtrà somigliarsi al sangue
de' vertebrati. Il rapporto fra la milza e il sangue si
ritrova anche nelle diverse classi d'animali , confron-
tando la quantità dell'uno allo sviluppo dell'altra :
così ne' pesci , in cui questa è al minimo grado ,
scarsissima è la quantità di sangue, che abbonda in-^
vece ne' mammiferi , in cui la milza ha conseguito
il suo maggior volume. In molti pesci mentre i mu-
scoli, le membrane e quasi tutti gli organi, tranne
le branchie, ci si offrono scolorati, la milza presen-
ta un bel color porporino o vermiglio.
Vera carne non comincia ad incontrarsi che
ne' vertebrali. Essa differisce dalla sostanza molle e
gelatinosa degli animali inferiori per una più squl-
FuNZIOiM DELLA MILZA Ij5
sita elaborazione della materia organica, per maggior
copia di azoto e per l'intrinsecarvisi la parte colo-
rante del sangue. Ora, alla comparsa della carne ne-
gli animali è contemporanea quella della milza : e
più questa carne si mostra con tutti i caratteri die
la distinguono, piìx rinviensi sviluppata la medesima.
Ne'pesci e ne'rettili in generale la fibra muscolare è
pallida e partecipe dell'indole gelatinosa de' mollu-
schi, e il viscere in discorso è anch'esso proporzio-
natameate piccolo. Esso va crescendo gradatamente
fino ai mammiferi, ove la sostanza muscolare raggiun-
ge la sua perfezione. Ne'cetacei, in cui la milza è
respetlivameute poco sviluppata, la carne è molle e
oleosa come ne'pesci. E osserviamo pure negli em-
brioni de' mammiferi i muscoli pallidi e mucillagi-
nosi, quando meno attive sono le funzioni di quel
viscere. Finalmente è da notare, che la mancanza
della milza negli acefali è accompagnata dalla man-
canza del sistema muscolare: o se esistono muscoli,
questi son pallidi e formati quasi intieramente di tes-
suto cellulare. Il sistema vascolare, che più o meno
sviluppato non si desidera mai negli acefali, suole es-
ser privo del cuore , come quello che è formato di
sostanza carnea.
Quantunque alcune li-acce di organi orinari esì-
stano anche negli animali privi di cervello e di mi-
dollo spinale, tuttavia si può affermare che un vero
e distinto apparato orinario non cominci a mostrarsi
che ne'vertebrati. Si rammenti che i reni sono gli e-
jnuntorii destinati a purgare la macchina dall'azoto e
cianogeno sovrabbondanti o residuali. Or questi prin-
cipii abbondano nella sostanza colorante del sangue,
alla cui elaborazione darebbe opera la miUa, la qua-
lyG Scienze
le si mostra contemporaneamente al sangue rosso ,
alla carne, agli organi orinari.
La milza somiglia grandemente nella struttura
e sostanza alla placenta , organo di sanguificazione.
In alcuni mammiferi questa è divisa in cotiledoni, co-
me in altri interviene della milza. L'anomalia delle
piccole milze succenturiate nell' uomo ci rammenta
pure una disposizione di tal fatta.
La tortuosità de'vasi spianici ^ come partecipa lo-
ro maggior forza ad agire sul fluido contenuto, così
pure li rende meno subordinati all'impero del cuo-
re : ambedue queste condizioni invitano ad ammet-
tere un officio speciale di questi vasi sull'umore che
conducono.
Hewson vide globettì rossi tornare pei linfatici
della milza. Tiedeman e Gmelin, nelle esperienze su-
gli animali viventi, osservarono i vasi linfatici della
superficie della milza ripieni di un fluida rossa&tro y
il quale raccolto presentò un coagulo di tal colore
e senza siero. Gli stessi autori annotarono, che il chi-
lo del condotto toracico, solito ad essere più coagu-
labile e coloralo di quella de'vasi chiliferi intestina-
li, era più tenue e men colorata in una cagna, alla
quale avevano estirpata la milza. In un viscere de-
stinato a compor sangue non è maraviglia se i lin-
fatici riprendano le particelle rosse e perfette di quel-
lo che vi reca Parteria e che sopravvanza alla nutri-
zione de'tessuti. Ciò concorda pure colla disposizio-
ne anatomica notata da Winslow nella milza del bo-
ve e del montone. Egli vide all' estremità di molte
diramazioni arteriose de'corpicciuoli granulari dispo-
sti come gli acini in un grappolo di uva : da ciasche-
duno di questi acini partivano due tubi ; uno corto
Funzioni della milza 1177
ed aperto, l'altro lungo e sottile che si dirigeva alla
pareti del viscere e che aveva tutti i caratteri di un
linfatico. Quest'ordine sembra indicare che il sangue
condotto dall'arteria splenica si divida in questi aci-
ni , restituendo le sue molecole rosse e perfette ai
linfatici, versando le crude e capevolì di elaborazio-
ne nei tubi venosi ond' esservi anch'esse convertite in
sangue. Che poi le particelle rosse, assorbite dai lin-
fatici della milza, appartengano al sangue dell'arte-
ria splenica, e non slan di quel nuovo elaborato dal
viscere , appai'isce da ciò che la quantità di materia
colorante , contenuta nel chilo che scorre nel con-
dotto toracico, siegue la ragione inversa del cibo; tal-
ché dopo l'astinenza il chilo del sudetto condotto si
mostra quasi tutto sangue: mentre, al contrario, un
lauto pasto ve ne cancella quasi le tracce.
Facendo una sezione netta di questo viscere, toU
to recentemente ad un gatto 0 ad un cane, esso mo-
strasi sparso di piccole cellule contenenti un fluido
denso viscoso bianchiccio. Cosi affermano Mayo ed
altri anatomici. Home inoltre ha osservato che, quan-
do l'animale sìa restato lungo tempo senza nutrimen-
to, le cellette della milza sono quasi sempre vote.
Questa connessione fra l'assorbimento dell'umor nu-
tritizio, e la pienezza delle aiuole spleniche, conci-
lia favore all'idea, che l'officio di esse sia quello dì
elaborare il chilo in sangue.
Il sistema venoso predomina nella milza : le di-
ramazioni della vena non solo vi abbondano sopra
quelle delle arterie, ma vi si allargano pure in cellu-
le in ispazi comunicanti fra loro di maniera a parte-
ciparle la disposizione degli organi cavernosi ; cioc-
ché spiega abbastanza la somma turgescibilità di que-
G./^.T.XC. 12
tyS Scienze
alo viscere. L' autore delle lettere fisiologiche, nelle
sue indagini sul vapore del sangue, fu condotto a sta-
bilire « che molto ei dev'essere nella milza, non so-
lo perchè nel voto si gonfia notabilmente , ma per-
chè allo sventrar vivo un animale, p. e. un vitello,
al primo saltarne fuori delle interiora si vede spesso
la milza, quel corpo floscio e cascante, quasi vibra-
ta lanciarsi tesa e incarnita come una lingua » ( Ro-
sa, Let. IV ).
Dalle recenti indagini di Hake si apprende, che
le cellule spleniche, sostenute dai setti fibrosi, sor-
gono dalla membrana interna della vena splenica, la
quale, fatta più e più sottile, perde gradatamente la
sua forma tubulare, per assumere il primitivo carat-
tere di tessuto areolare ; come pure che la tonaca fi-
brosa della milza , e i dissepimenti che se ne spic-
cano , sono formati dalla seconda tonaca della vena
islessa. Questa disposizione di struttura, accennata
già in qualche modo da Malpighi, merita che vi si
fermi il pensiero per due riguardi. Primo, essa ci di-
mostra che la milza è viscere essenzialmente venoso:
che perciò l'atto che vi si compie dee appartenere a
questo sistema, l'arteria non servendo che a recar nu-
trimento ai tessuti, materiali alla funzione. Secondo,
essa ci offre un bel tratto di somiglianza collo svol-
gimento delle radici venose sulla membrana vitellina
del pulcino, ove apparisce in prima il sangue rosso :
quivi infatti, fino dal secondo giorno, si distingue un
tessuto areolare a cerchielli color di ruggine, che poi
a poco a poco acquista la forma tubulare , e final-
mente si converte in veri vasi venosi , cioè i rami
della mesenterica.
Funzioni della milza ijg
GAP. ni.
ARGOMENTI CHIMICI,
Accloccliè la chimica possa fornirci anch' essa
qualche argomento , onde sostenere che nella milza
si trasmuta il chilo in sangue, fa d'uopo staliilir prima
quali siano le condizioni chimiche opportune a tal
metamorfosi, e provar poi che queste si avverano nel
viscere di cui si cerca l'officio. Quanto al primo que-
sito io trovo due soli fatti che si possano enunciar
con fiducia, cioè : i. Che la materia grassa, d,i cui
sovrahhonda il chilo, non può trasformarsi in mate-
riale del sangue ( albumina, fibrina, materia coloran-
te ), che mediante la combinazione di ragguardevole
quantità d'azoto , senza dire di alcuni altri cambia-
menti nella proporzione de'suoi principii elementari:
2. Che il ferro , elaborato colla materia organica ,
esercita una parte nella formazione della sostanza ros-
sa del sangue. Vediamo ora se la n^ilza si presti a
tali pi'ocessi.
Era stato già avvertito dai medici della setta chi-
mica, che questo viscere abbonda di sai 'volatile , e
Majow (i) che , militando sotto quelle insegne, dis-
sertò sull'officio di esso, ci lasciava scritto : « jdrbL-
trari fas est lienem praecipuani officinam esserla
qua salia aUmentorum nitrosa in volatilia. elabo-
(i) Quante dottrine negli scritti di questo medico, clic mu-
talo nomine onorarono i chimici dello scorso secolo ! V- Tracta-
tus (juinque medico-physici ec. Oxonii 1674-
i8o Scienze
rantur. » Abbandonata quella scuola , questo fatto
non cadde perciò in dimenticanza, ma fu anzi con-
ferraato da nuove indagini: onde leggiamo nello Spren-
gel : a Sangais Ivenalìs, Meckelio avo et Rolofjìo.
testibus^ Jlaidior est, ammoniaco abundantior, li-
vidior, quain in iillo alio viscere » (Physiol.). Fra
i moderni chimici, Vauquelin analizzò il sangue sple-
nico e vi rinvenne il muriate e fosfato di ammonia-
ca; e se questi sali non figurano nell'analisi del Gran-
doni (i), la sola che abbiamo del parenchima della
milza, ciò avviene per averla spogliata con ripetute
lavande di tutto il sangue contenuto ne'vasi e nelle
cellette del viscere. Egli è poi facile accertarsi di tal
verità, triturando una porzioncella di milza colla po-
tassa caustica: paichè se ne svolge tal copia di am-
moniaca da offendere l'odorato e da provocare la for-
mazione di bianchi e densi vapori all' approssimarvi
dell' acido idroclorico. Ho ripetuto più volte questa
esperienza eolla milza di vari animali, e ne ho isti-
tuito confronto col sangue e con altri visceri de'me-
desimi, risultandone sempre una enorme differenza in
favore di essa. La prevalenza ammoniacale di tutto il
suo parenchima si rivela anche dal più forte odore
animale che da sé getta, specialmente ove sia brucia-
to, e dalla maggior proclività che manifesta alla pu-
trefazione. La milza è adunque un viscere ben adat-
to ad impregnare di azoto l'umor nutritivo; tanto più
che l'ammoniaca, onde abbonda, cede facilmente il suo
carattere di alcali, ed è pieghevole a variar foi-me, e
spingere i suoi elementi a nuove combinazioni.
/») Anaali di Omodei, iSSg,
Funzioni della milza i8i
La presenza del ferro in un organo così ricco
di sangue come la milza, non può esser dubbia. For-
tissima è infatti la reazione che si ottiene quando si
agisce sul parenchima splenico carbonizzato senza pre-
vie lavande e trattato coli' acido nitrico : se allora ,
dopo aver neutralizzato 1' acido , vi si versi qualche
goccia di solfocianuro di potassa, l'arrossamento che
he siegue è cosi vivace, fcome se si agisse sullo stesso
sangue. Peraltro, ancora che la milza sia stata spo-
gliata della maggior parte del sangue che contiene ,
non cessa dall'indicare forti dosi di ferro ai reagenti.
L'alcool, che si è fatto agire a caldo sulla milza fre-
sca, dopo averla assoggettata a ripetute lavande con
acqua distillata, presenta anch'esso col ridetto solfo-
cianuro il medesimo arrossamento. Questo giudizio poi,
a cui conducono le chimiche indagini, si accorda be-
ne colla già riferita azione elettiva , che i marziali
esercitano sulla milza : ferram lìenem cohercet.
L' azione riunita dell' ammoniaca e del ferro a
sanguificare il chilo nelle cellule splonlche risalta mag-
giormente dalla energica affinità che questi due coi'-
pi hanno fra loro, e dalla virtìi onde godono ambe-
due di influire sulla colorazione, e di dar origine ad
alcune combinazioni di un bel rosso. « Il perossido
di ferro si distingue dagli altri ossidi metallici per
la proprietà di formare coll'ammoniaca composti so-
lidi; e i precipitati, che induce quest'alcali nei sali
di ferro, sono veri sali in cui esso fa la parte di ba-
se. Egli è in forza di tale affinità che i minerali ric-
chi in perossido di ferro presentano il curioso attri-
buto di attrarre e ritener l'ammoniaca » ( Liebig ).
Non vi è alcun viscere che ci presenti tanta va-
rietà di coloramento come la milza, secondo 1' età ,
iSa Scienze
il temperamento, lo stato morboso ; vermiglia , pur*
purea, violacea, turchiniccia, nereggiante in tutta la
sua sostanza, ovvero macchiata di varie tinte in di-
versi punti; in altri casi si scolora del tutto in qual-
che porzione della sua sostanza. Ora tutte queste dif-
ferenze di colorito si spiegano facilmente in un vi-
scere destinato ad elaborare l'ammoniaca e il ferro ,
e colle varie metamorfosi a cui questi corpi possono
andar soggetti nelle vicende della milza.
Le osservazioni risguardanti lo stato sano di que*
sto viscere sono avvalorate da quelle clie ne suggeri-
sce la condizione morbosa del medesimo. Infatti una
' delle offese che vi s'incontra piìi spesso è l'ammolli-
mento: lesione che può interpretarsi per l'azione dis-
solvente de'sali ammoniacali, ove le forze del visce-
re non valgano a decomporli e rivolgerli al destina-
to officio. Una milza sana e compatta, immersa per
breve tempo in un bagno di sale ammoniaco , am-
mollisce ed acquista apparenze analoghe a quelle del-
lo stato morboso in questione. Così pure l'avervi tro-
vato acido idrocianico ne'morti di perniciose vi con-
ferma il predominio dell'azoto , che vi si palesa già
nello stato normale.
Merita finalmente di esser notato un altro fatto,
ricavato pure dalle indagini chimiche , ed è la pre-
senza di non lieve quantità di sali fosforici nel tes-
suto della milza , quantimque spogliato di tutto il
sangue ( Grandoni ). Ora i sali fosforici, che soglio-
no associarsi ad un più alto grado di aniraalizzazio-
ne , quando non siano essenziali alla chimica costi-
tuzione della parte rossa del sangue, è certo almeno
che l'accompagnano costantemente; poiché non si è
mai pervenuto ad isolarla dai fosfati di soda e di cai-
Funzioni della milza i83
ce; e l'osscrvazion fisiologica c'insegna che l'ossifica-
zione, ne'puiiti in cui si effettua, è preceduta da au-
mento di vascolarità, da apparizione di sangue rosso
ne'vasi, i quali allo stato di cartilagine non eran vi-
sibili. Le condizioni chimiche che ci presenta la mil-
za sono adunque tutte opportune alla elaborazione
del chilo in sangue.
GAP. IV.
FUNZIONI DELLA MILZA.
È stata veduta l' inerzia della milza seguita da
cachessia adiposa, da ridondanza di siero e diminu-
zione di sostanza colorante ; il suo turgore favorir
rematosi; l'afflusso e ristagno passivo del sangue nel-
le sue cellule provocare lo scioglimento di quest'u-
more. E slato notato che la milza apparisce contem-
poraneamente al sangue rosso, alla vera carne inzup-
pata di materia colorante, all'apparato urinario emun-
torio di azoto ; che il suo sviluppo è proporzionato
alla copia di sangue e al ruhore de'muscoli. Fu mo-
strata 1' analogia fra il modo di origine delle radici
spleniche della vena porta e di quelle della mesen-
terica sulla membrana vitellina del pulcino ; consi-
derando come il sangue rosso cominci a formarsi nel-
le radici della vena porta, a cui appartiene la milza.
Si è toccata la somiglianza di struttura che questa
ha colla placenta, organo di sanguificazione, che ope-
ra appunto in tempo che la milza è meno sviluppata
rispetto agli altri visceri. Le chimiche indagini ci han-
no ammaestrato che questo viscere è ricco di ferro,
di sali aramoniacali e fosforici; che ne'suoi materiali
.i84 Scienze
al>l)onJa l'azoto. È noto per altre osservazioni che il
chilo è sopraccarico di globuli oleaginosi che non
ritrovansi poi in tale stato nel sangue, e che il fer-
ro è il principale agente della colorazione in rosso
di quest'umore. Da tali fatti e ragioni mi par lecito
arguire, che la milza è destinata a partecipare un
pia alto grado di animalizzazione al chilo , eia-
borandone le particelle grasse che vi sovrabbon-
dano^ impregnandole di azoto^ combinandovi ilfer^
ro^ operandovi in fine le modificazioni necessarie
a prepararne la conversione in sangue.
Sorge qui il dubbio per qual via il chilo per-
venga ancor crudo nel parenchima della milza, ond'
esservi elaborato a tal fine. Indaghiamolo.
L'apparenza lattiginosa dell'intiero sangue è ra-
rissimo fenomeno: ma il suo siero ci si offre spesso
albicante, specialmente ne'salassi che si praticano ai
sani poche ore dopo il pasto. « Duni paucis post
pastum horis hoviini sano sanguis mittitar, sa epe
magna copia chjli reperitur supernatans sangui-
ni » { Vanswieten , §. ii6). Ed Eller afferma che
« In corporibus sanis fiuidum hocce brevi post
pastum ex venis eductum, rubedinem suam in su-
perficie multoties abscondat sub velo albicante la-
cteOf ab imperitis prò pituitosa saburra habito ,
cum tamen nihil aliud sit^ quam chyti ab alimene
tis recens extracti^ et per circulationeni nondum
subacti aut in cruorem conversi, copia, quae ve-
ro penitus disparuisset , modo vena post horas
aliquot tardius fuisset pertusa » (i). Lo stesso di-
(i) Observ. de coga. morb. Veacl. p. 26.
Funzioni della milza iBS
chiara Haller scrivendo che « Tertia hom a pastn
nondiim serum est, sed sanguini e vena seda jlii^
enti candidimi innatat. Passum tunc est vires piil-
monis et arteriarum, neque tamen adhuc satis inic-^
tatus est chflus ut possit alere » (t). Frequen-
tissima presso gli scfittoiù di medicina è l'indicazio-
ne di tal fatto: e il nome di siero chiloso, onde ven-
ne generalmente espresso, mostra bene la comune opi-
nione sull'origine del fenomeno. Intanto i moderni
fisiologi non sono proclivi ad ammettere la circola-
zione di chilo immutato ne'vasi sanguigni, e sosten-
gono che esso trasformasi tutto in sangue nel suo
passaggio attraverso i polmoni, e ciò colla stessa pron-
tezza onde si conia una medaglia (2) : ma non si
trovano poi ne'loro scritti argomenti bastevoli a ri-
pudiare l'antica credenza, ne ragioni a stabilire, che
la foi'mazione di una sostanza, così elaborala come la
colorante del sangue, si effettui con rapidità pari a
quella, con cui l'umor nutritizio attraversa i vasi pol-
monali. Questo insegnamento viene anzi combattu-
to dal fatto, notissimo nella storia della sanguificazio-
ne, che la parte rossa del sangue si risarcisce assai più
lentamente e difficilmente, che non la porzione sie-
rosa di esso. Nelle malattie, in cui fa d'uopo incider
più volte la vena, a misura che si ripete l'operazio-
ne, il sangue diviene più ricco di sierosità e povero
di crassamento : e cosi pure dopo le profuse emor-
ragie, se esplori la natura del sangue, non ci ritro-
vi le stesse proporzioni di prima, ma invece sovrab-
(1) Praelect. ia Boerhaav. , toni. II, 524.
(2) Àdelon, Physiologie de l'homme^ toni. III.
l86 S G I E N Z K
JDonda il siero e difetta il cruore. E comunque il pa-
ziente si adoperi a confortarsi di cibi sostanziosi e
abbondanti ; nondimeno il pallore della cute e del-
la mucosa, l'infiltramento linfatico della cellulare, mo-
strano cliiaramente che il sangue non è tornato alla
pristina crasi, e che scarseggia di parte rossa: anzi av-
viene talvolta che, per quanti soccorsi si apprestino,
il passaggio all' idrope diviene inevitabile. Col qual
fatto si viene a dire, che la sostanza colorante è frut-
to di più lungo e artificioso lavoro che non lo è il sie-
ro; che i globetti del sangue, in cui specialmente ri-
ducesi la parte rossa, non si formano pel solo assor-
birsi di nuovo chilo dai linfatici intestinali , e col
semplice attraversare che esso faccia i polmoni; che
il trasmutamento di chilo in sangue non ha luogo
nel torrente della circolazione, ma che è necessario l'in-
tervento d' un parenchima viscerale , ove i materiali
di esso chilo siano sottoposti a nuova digestione, che
li renda meglio contemperati e più affini ai tessuti
che debbono esser nutriti; onde infine cioè acquisti-
no le proprietà del sangue. Questo umore consta di
materiali più o meno elaborati; i primi si produco-
no più difficilmente dei secondi , come fra i tessuti
il nerveo si rigenera con più difficoltà del cellulare.
Il passaggio del chilo in sangue non può essere perciò
l'opera di un momento, non può assomigliarsi all'at-
to del coniare una medaglia.
Il fatto adunque che riposa sulla testimonianza
di tanti medici, che videro siero biancheggiante nel
sangue esfratto poche ore dopo il pasto, e la ragion
fisiologica, cui ripugna che il chilo del dotto toracico,
crudo e ridondante di materia grassa, si trasformi in
bel sangue rosso pel solo transitare i polmoni , ci
Funzioni della milza 187
permettono eli credere che circoli chilo ne' vasi san-
guigni, anche oltrepassate le vie delle respirazione ;
e se circola chilo ne' vasi sanguigni, esso potrà ben
esser condotto dall'arteria splenica nelle cellule del-
la milza, ond'esservi elaborato in sangue (i)»
Parve a Bell, che Hewson fosse trascorso fuor
di tutto il probabile, ammettendo nella milza la for-
mazione di globetti sanguigni : e a maravigliarsi di
tal sentenza ei traeva argomento da ciò, che 1' arte-
ria splenica vi dee recare sangue perfetto, e ricco a
bastanza dì globuli, per non doverne cercare l'origi-
ne nella milza. Ma, oltreché niun fatto ci ha ancor
dimostrato che ogni arteria e sempre rechi egual san-
gue alle varie parti , e senza dire che anche il più
perfetto sangue arterioso ha la sua sierosità elabora-
bile in parte rossa, mentre i Suoi globuli sono im-
piegati nella nutrizione del viscere e ritornano pei
linfatici o per le Vene; oltre ciò, io dico, non vediam
poi la placenta ricever sangue arterioso dai vasi ute-
rini e formar pure co'suoi materiali altro sangue per
uso del feto ? Né perchè il sacco vitellino , durante
l'incubaiione , ci presenta un'arteria mesenterica, noi
vorremo perciò negare che il sangue non sorga dal-
le radici della vena omonima.
Se la milza è destinata ad elaborare 1' azoto
ne'maleriali del sangue, noi intendiamo allora le in-
time relazioni che essa mantiene coll'apparato urina-
rio, destinato specialmente a portar via dalla macchi-
(i) V- ne'comment. di Brera un caso di siero lattiginoso in
individuo pallido e magro, affetto da vivo dolore al lato sinistro,
e ripetutosi per tre volte.
i88 S e I E N z «
na l'azoto sovrabbondante o residuale sotto forma di
urea e di sali ammoniacali. Infatti gli organi orinari
appariscono nel regno animale contemporaneamente
alla milza; pallida, acquosa, scarseggiante di urea ci si
offre l'orina ove torpido e inoperoso sia questo visce-
re, come nella clorosi, nell'isterismo, nell'ipocondrìa-
si, e della stessa natura ci si presenta negli animali
a cui sia stalo estirpato (i) : al contrario ricca di
urea o imbrattata di parte colorante del sangue nel-
l'ipertrofia e congestioni spleniche attive, come nelle
intermittenti e nelle affezioni artritiche, le quali so-
no spesso precedute da turgore della milza. La cri-
si delle malattie spleniche, in cui già Ippocrate ave-
va segnalato l'utilità de'diuretlci, si effettua il più del-
le volte per orina; rimarchevole è a tal proposito il
caso riferito dallo Schenkio, in cui : « A lienis tu-
more quidam annis i5 annuatim bis ciut ter per
urinae projìuvium atramento simile liberatur ».
La speciosa cura delle antiche ostruzioni di milza ,
per mezzo di ripetute battiture esercitate su di essa,
è seguita, ove giovi, da abbondante escrezione di u-
rine laterizie.
Il sangue della vena splenica si riputava già da-
gli antichi fisiologi più sciolto e putrefattibile che
non sia il rimanente di questo umore , e i moder-
ni lo estimano più idrogenato d' ogni altro sangue;
ciò che si accorda bene coli' officio assegnato alla
(i) V. Relaz. di alcuni esper . sulla miJza del p. Magherl
nell'arch. delle scienze medico-fisiche toscane , luglio 1837. „ U-
rinam excretam fuisse freijuentius uberius et magis aquosam. „
Haller, Prael. 206.
Funzioni della milza 189
milza di fissare 1' azoto sulla materia grassa del chi-
lo a spese delPammoniaca. Questo sangue sopraccari-
co d'idrogena recatosi al fegato non può esservi inu-
tile alla secrezione della bile, che tanto abbonda di
questo elemento : di qui nasce la comune opinione,
che il sangue della vena splenica pivi sciolto più idro-
genato e putrefattibile contribuisca grandemente al-
la formazione della bile, e che perciò la milza deb-
ba considerarsi come un organo ausiliario al fegato
nell'opera suddetta. Il quale officio come lascerebbe
Dell' oscurità tutte quante le osservazioni esposte di
sopra , e poco si conformerebbe alla economia della
natura , ove volesse riguardarsi come primario ; così
conciliasi bene con quelle, ed esalta l' industria di
questa, quando gli si assegni il posto di secondario,
e conseguente alla funzion principale. Ripugna in-
fatti tanta complicazione di struttura per sola una
secrezione, e l'aver fabbricato, oltre il fegato, un al-
tro gran viscere, unicamente per alimentare la bile;
ma che, per comporre questo sapone animale , siasi
profittato de'materiali residui ad una più perfetta ela-
borazione del sangue, è un bell'esempio di magiste-
ro organico che di un sol mezzo ottiene più como-
di, soddisfa a più fini. Quest'uso poi secondario del-
la milza , oltre la natura idrogenata del sangue che
conduce la vena splenica, si conferma anche per la
nota osservazione patologica, che alle alterazioni della
milza tengon dietro quelle del fegato , specialmente
per ciò che riguarda la secrezione della bile. Avvie-
ne talora che noi giudichiamo affetti di morbo epa-
tico individui , in cui è solo offesa la milza ; e le
aperture de'cadaveri ci mostran viziata la bile nella
cisti lillea, ove questo viscere sia scirroso , ammolli-
igo Scienze
to o in qualunque altro modo notabilmente offeso.
Ne' morti di febbri perniciose non si osserva altro
fenomeno più costante del disfacimento della milza
da una parte, e di una bile atra viscosa picea dall'
altra. La scienza possiede inoltre qualche chimica in-^
dagine che attesta della influenza del sangue splenico
nella secrezione della bile: poiché, ove sia stata estir-
pata la milza in un animale, questo umore sembra
esser men ricco di parte resinosa, in cui predomina
appunto l'idrogene {i\.
Alla dottrina, che stabilisce nella milza un'ope-
ra di azo.tazione e di sanguificazione, non sarebbero
di grave ostacolo i fatti : che si può vivere lunga-
mente, ancora che questo viscere sia indurito, ostrui-
to, rimpiccolito; che si può viver senz'esso ; che gli
animali, a cui fu estirpato, non palesano disordini ri-
levanti nelle loro funzioni ; che dopo tale operazio-
ne il chilo del canale toracico si rapprende e arros-
sa all'aria come all'ordinario { Schultz ) ; ohe a Ba-
bington sembrò di trovare un cane non impoverito,
di sangue rosso, quantunque da alcuni mesi fosse sta-
to privato di milza. Tali obbiezioni sarebbero appe-
na di qualche valore, ove a quest'organo si affidasse
tutto il lavoro della ematosi : perciocché la natura
sa talora variare i mezzi, onde eseguire lo stesso atto:
e, mancando una parte, le fòrze dell'organismo sor-
gono al fine, che l'officio di questa sia in qualche
modo supplito da apparato analogo. Ma il chilo non
si trasforma in sangue nelle sole radici venose che
(i) V. l'analisi dei p. Taddel nella relazione del p. Magheri
eìlata di sopra.
Funzioni della milza i^i
s'impiantano nella milza : tutte le origini della vena
porta soddisfano a quest'officio: cosicché estirpato quel
viscere, o paralizzatane l'azione, rimangono all' uopo
non solo tutti i rami della vena mesenterica superio-
re, ma eziandio le radici venose che affluiscono nella
splenica in tal sito, da non potersi toglier via colla
milza. Perciò l'inazione di questo viscere non arreca
sempre gli stessi danni, ma essi varian di grado , a
seconda che le altre sorgenti del sistema della vena
porla sono più o meno attive : così avviene che nelle
fanciulle di tempra molle e linfatica, al torpore delle
radici spleniche succeda bentosto difetto di sangue
rosso, perchè tutto l'apparato venoso addominale è pi-
gro o poco sviluppato; e al contrario ne'metanconi-
ci, in cui esso è ricco e operoso, l'inerzia o picco-
lezza della milza è seguita da minor difetto di san-
gue. Del resto, quanto agli effetti seguiti all'estirpa-
zione della milza negli animali viventi , si potrebbe
anche rispondere, che essi non furon sempre confor-
mi: e che, se parve a Babington che quel suo cane
non fosse più povero di sangue rosso, comunque reso
asplenio da alcuni mesi, l'altro poi esaminato da Ho-
dgkin, varie settimane dopo aver provato la stessa sor-
te, offrì le particelle rosse del sangue sfigurate, im-
piccolite e in una quantità straordinariamente mino-
re rispetto al siero acquoso in cui nuotavano (i) :
osservazione tanto più pregevole nel caso nostro, in
quanto che raccolta senz'animo di trovarla, e da chi
sull'officio della milza sostiene tult'altra opinione.
(i) Questa osservazione è riferita ia un appendice alla tra-
duzione in inglese che l'A. ha fatto della nota opera di Edwards,
Sul jjolere degli agenti fisici sulla vita.
ig2 Scienze
Che poi l'officio di sanguificare appartenga a tut-
te le radici della vena porta, si può dedurre da eia
elle questo sistema venoso è il primo a formarsi nel-
l'animale: ond'è che nell'embrione degli ovipari le pri-
me apparizioni di sangue rosso avvengono sulla mem-
brana vitellina , i cui vasi costituiscono appunto le
origini della vena mesenterica : veemente indicio che
la sostanza rossa del sangue continui ad elaborarsi in-
quello stesso tessuto venoso, in cui generossi nel pri-
mo periodo della vita. Così pure le condizioni chi-
miche, che nella milza ci parvero impiegate ad azo~
tare e sanguificare il chilo, le ritroviamo parimertte>
nelle altre sorgenti della vena porta. Infatti i sali am-
moniacali possono esser copiosamente forniti alle ra,
dici venose dall'incom/inciata fermentazione della hììe
e delle materie escrementizie negl'intestini; e il Men-
ghini, le cui esperienze avevano già indicato ( ciò che
poi misero più in chiaro le indagini de'recenti ) che
il ferro viene introdotto nell'organismo, non per la
via degli assorbenti chiliferi, ma per quella delle ve-
ne meseraiche, osservò più volte negli animali sotto-
posti all'uso di tal metallo rosseggiar vivamente le
origini intestinali di questi vasi, e accendersi ad un
tempo del medesimo colore gli spazi vicini delle mu-
cose e le sottoposte areole cellulari. Ed un'altra prò-,
va del prodursi sangue rosso nelle radici mesenteri-
che si desume dalla natura del sangue , che scorre
nella vena di questo nome: il quale, a somiglianza
di quello che tx'asporta la splenica , sovrabbonda di
cruore, rispetto agli altri materiali, assai più che non
dovrebbe se fosse unicamente destinata a ricondurre
il sangue delle arterie omonime. Finalmente la pra-
tica ci conferma in questo giudizio, mostrandone la
Funzioni della milza 198
stretta relazione fra l'abbondanza della sostanza rossa
del sangue e il vizio emorroidario, a cui corrisponde
un predominante sviluppo del sistema venoso addomi-
nale.
Potrebbero qui opporrai i curiosi delle recenti
dottrine erabriogenetiche, che mal si cerca un argo-
mento di analogia in ciò che avviene durante la co-
vatura , riguardo alla prima formazione delle parti-
celle rosse del sangue ; poiché in tal periodo egli è
piuttosto il sangue che fabbrica i vasi , di quel che
i vasi producano il sangue. Ripetute osservazioni ex
ammaestrano infatti, che que' primi globetti di san-
gue che ci presenta l'ovo incubato, ove comincino
a muoversi, si fanno strada per solchi , che eglino
stessi si van praticando attraverso l' orditura organi^-
ca, finche poi questi solchi divengano a poco a pooo
pareti vasali ( Wolf }. Il qual fatto io estimo veris-
simo: ma non credo che per esso venga a rovesciarsi
quanto ho proposto sull'origine del sangue, che, per
mio avviso, non formasi già in virtù de'vasi, ma co-
mincia ad elaborarsi nelle cellette de'lessuti areolari,
che circondano le estremità delle vene e ne invol-^
gono i plessi , donde poi muove o per semplici in-^
terstizi Q per veri canali, secondo il diverso periodo
della vita.
Formasi adunque sangue intorno le radici della
vena porta e si aspira dalle medesime : ma questo
sangue, come già fu veduto in particolare dello sple-
nico, non è ancor giunto all'intiera sua elaborazione.
Esso contiene una minor quantità di albumina e di
fibrina, e abbonda in vece di parte grassa, che vi si
trova quasi in doppia dose dell'altro sangue venoso.
La stessa sostanza colorante non vi ha acquistato
G.A.T.XC. i3
ir)4 Scienze
tutte le sue proprietà; il sangue della vena porla è
più nero clie non soglia essere nelle altre vene, ed
è scolorato dai cloruro di stagno : effetto che que-
sto reagente induce anche su quello che primo ap-
patisee sulla memhrana vitellina e sull' altro che si
forma nelle areole della placenta, ma che non si ve-
rifica nel sangue elaborato degli altri vasi venosi e ar-
teriosi. Egli è poi nel fegato e ne'polmoni che il san-
gue giunge alla sua perfezione, e diviene quell'umo-
re omogeneo e contemperato che si richiede ai biso-
gni dell'organismo.
L'officio assegnato alla vena porta trova un con-
traddittore nello Schultz, a cui piace anzi di riguar-
darla come organo escrementizio delle vescichette del
«angue e della materia colorante che vi è combina-
ta. Ma come accordai'e questa dottrina col fatto ana-
tomico avvertito da Meckel |i), che la vena porta
prepondera sul restante sistema venoso ne' rettili e
ne'pesci, cioè in animiali che ci mostrano una quan-
tità di globetti e di parte rossa del sangue compara-
tivamente minore e meno elaborata che negli uccelli
e mammiferi, in cui la vena porta è più circoscritta ?
E còme spiegare coti tal principio, che la sudetta ve-
lia, come sistema 'èeì vitellus^ è la prima a formarsi
nell'animale ? Avrebbe mai natura stampato per pri-
ino ti'n albero vasale stabilito a sciogliere e conver-
tire in bile quella parte del sangue che allora co-
mincia a formarsi ? E quali attenenze si scuoproùo
fra là J>al'te rossa del sangue, la più elaborata, la più
ricca Ai ^àzoto, e la Mie cbfe toè deriverebbe, la meno
(i) Traité d'anatomie comparécj v. I.
Funzioni della milza. igS
animalizzata , la più ricca d'idrogene ? E non tasta
l'apparato urinario, vastissimo emuntorio ch'egli è di
principii ammoniacali, a scomporre e toglier via le
particelle rosse del sangue fuori di uso , che se ne
abbiano a cercar altri; sicché in fine gli ordigni di
scomposizione sopravanzino quelli di formazione ?
Oltre la funzion principale di ematosi e l'officio
subalterno di prestar materiali al fegato per la secre-
zion della bile, un altro comodo arreca la milza colle
sue connessioni vascolari e nervose : ed è quello di
servii'e come di regolatore alla distribuzione del san-
gue nello stomaco per l'esercizio periodico di sue fun-
zioni. E noto che l'arteria splenica è un ramo deri-
vante dal vaso principale che provvede l'organo dige-
stivo : ora da tal disposizione avviene che , ove lo
stimolo chiami una quantità maggiore di sangue nel
ventricolo, ne affluisca meno alla milza: e dove quel-
lo abbia compiuto il suo lavoro, ne riceva questa in
più copia e cominci 1' opera sua. Ciò concorda col
fatto, che i mali della milza tendono a sconcertare
le funzioni dello stomaco, e che i disturbi di que-
st'organo traggono seco le affezioni spleniche; appun-
to perchè alterato l'ordine e la misura, onde il san-
gue affluisce in uno di questi visceri, dee avvenirne
disordine anche nell' altro. Ce ne offre un esempio
l'edacità, che negli animali tien dietro all'estirpazion
della milza, e quella che nell'uomo accompagna spes-
so i vizi di quest'organo, come avviene negl'ipocon-
driaci, ne'quar lanari e talvolta anche nelle clorotiche.
Tal fame insolita e vorace sembra derivare da peren-
ne afflusso allo stomaco di sangue, negato alla mil-
za torpida, indurita o mancante.
A questa connession vascolare si devono anche
•icf6 Scienze
i Ijorbottamenl; di ventre uditi negli animali privati
di milza, de'quali si narra : « Tantos fidsse in ven-
tre tumultus, ut animali cum pavorc somnum ex-
caterent, visique sint canes excitati arrectis au-
ribus auscultasse ut locum cliscerent ex quo tan-
ti strepitus orircntur » ( Halier, Op. cit. tom. II,
207 ). Le si devono i ruggiti addominali delle iste-
riche, simulanti il grido di animali, sorgente di stu-
pore al volgo, e i continui infrenabili flati degl'ipo-
condriaci, che gli si aggruppano nello stomaco, fanno
impeto negl'intestini , uscendo poi in copia enorme
per la bocca o per l'ano : isteriche ed ipocondriaci,
in cui suol esser inoperosa la milza. In tali casi le
sostanze aeree, che per l'arteria splenica dovrebbero
introdursi in questo viscere, deviano per gli altri ra-
mi della celiaca e si fanno strada nel ventricolo, ne-
gl'intestini, producendovi i narrati effetti.
Le relazioni fra stomaco e milza riuscirebbero
anche più significative e conducenti a rafforzare i prin-
cipii esposti di sopra, ove si ammettesse che lo sti-
laolo recente del cibo, esercitato sulle estremità ner-
vose della mucosa gastrica, si diffondesse ai ramicel-
li del simpatico che attorniano la celiaca, e vi pro-
vocasse la decomposizione de'sali ammoniacali che vi
circolano col sangue; onde poi al ventricolo toccas-
ser gli acidi a profitto della digestione, precipitando
l'alcali nella milza. A questa ipotesi si avvicinò già
Prout riguardo alle corrispondenze del fegato collo
stomaco, volendo spiegare il predominio della soda
nel primo e dell'acido idroclorico nel secondo , col
decomporsi del sai comune. Tale fu pure 1' idea di
Gallini, il quale scrisse « che il sangue dell'arteria
splenica, nell' atto di dividersi tra i rami che vanno
Funzioni delt-a milza 107
allo stomaco e quelli clic vanno alla milza, si decom-
ponga; e nei primi lasci trapelare un succo analogo
al gastrico, se non è lo stesso gastrico, e nei secon-
di lasci trapelare quegli elementi che i linfatici as-
sorbono ec. (i) » : ipotesi clic ha in suo favore mol-
te analogie, e la natuia acida dello stomaco, alcali-
na della milza.
Oltre il poter servire di regolatore per l'oppor-
tuna distribuzione del sangue allo stomaco, si è di
più riguardata la milza come adatta a prevenire l'in-
gorgo de' visceri nobili negli sconcerti del circolo ,
offrendo nelle sue cellule un sicuro rifugio al san-
gue lumulluante. Questa opinione, accennata già da
Du Vernoi e Lieulaud, fu poi espressa chiaramente
da Testo, a cui sembrò « verosimile che questa an-
cora si aggiunga alle altre utilità della milza negli usi
della vita, che in alcune circostanze in lei possa rac-
cogliersi impunemente molta porzione di quel san-
gue, il quale fosse trattenuto dal passare liberamen-
te per la cava inferiore nella cavità, del torace, so-
prattutto in alcune improvvise e tortissime contrazio-
ni del diaframma » (2). Tal concetto è stato più vol-
te riprodotto a' dì nostri come nuovo da Broussais,
da Rusk, da Hodgkin: e quest'ultimo in ispecie si è
adoperato con miglior nerbo di argomenti a provare
che (( la milza adempie neil' economia animale un
officio simile a quello, che viene eseguito dai tubi e
dalle valvule di sicurezza, nelle varie maniere di ap-
parati chimici e meccanici » (3). E veramente non
(i) Nuovi elementi Jella fisica del corpo umano.
(2} Malat. del cuore, lom. i, cap Vili.
(3j Op. cit.
ia8 Scienze
può dubitarsi che ne'movimenti disorilinati del san-
gue la milza non possa accoglierne in buona copia,
e ammorzarne così la soverchia spinta alle altre par-
ti: contuttociò io non saprei persuadermi che questo
viscere sia stato costruito espressamente a tal fine ;
poiché né l'uso, di cui si ragiona, é patente in tut-
ti gli animali provvisti di milza, ne si verifica mol-
to spesso in quelli che potrebbero giovarsene, essendo
più che troppo frequenti le congestioni viscerali per
tumulto di circolazione, nò va immune da danno ove
si compia ripetutamente , avendo mostralo di sopra
che gì' ingorghi splenici finiscono coli' offendere la
ematosi.
Finalmente, se il viscere di cui si ragiona ela-
bora il ferro nella materia organica,, esso dovrà co-
stituire altresì una fonte di elettricità per il sangue
che ne sorge. Ho mostrato altrove come dai recenti
contatti del ferro coll'albumina scaturissero correnti
elettro-dinamiche : l'esercizio adunque delle funzio-
ni della milza ci offre una sorgente di elettricità, e
non senza qualche ragione Arthaud riguardava que-
sto viscere come un apparato elettrico. E stato in-
fatti veduto come la prostrazione delle forze accom-
pagni costantemente le malattie spleniche , e come
l'irritabilità venga accresciuta dall'uso del ferro, che
esercita la sua principale azione sulla milza. Se si
confronti l'impeto di mozione e la turgenza del san-
gue ne' biliosi e ne'sanguìgni, in cui prosperano le
funzioni di questo viscere, col tardo corso e l'indo-
le pituitosa che suol aver nei malinconici e nei lin-
fatici , in cui esso non ottiene il dovuto sviluppo ,
ei parrà verisimile che le condizioni della milza pos-
sano molto sulla tensione elettrica de' globetti san-
guigni.
Funzioni della milza iqq
La milza non è ugualmente operosa in tutto il
corso della vita. Nel feto e nella prima infanzia, in
cui i tessuti abbondano di parti oleaginose, di umo-
ri bianchi e sono meno animalizzati, le funzioni di
questo viscere sono poco attive. Esso spiega maggior
energia nella fanciullezza e signoreggia poi laell'ado-
lescenza; l'età in cui il sangue conseguisce la sua per-
fezione. In questo periodo più che in ogni altro ]e
condizioni della milza influiscono sullo stato gene-
rale della salute. Terminato 1' accrescimento , i tes-
suti trovandosi a bastanza ricebi di azoto , il movi-
mento della nutrizione assai più lento, scarse le per-
dite della parte colorante del sangue, diminuisce l'im-
portanza della milza; ciò che dà luogo ad alcune mu-
tazioni, onde spesso si modifica o deperisce la costitu-
zione dell'individuo. Il sangue, die comincia a stor-
narsi dai vasi splenici, o gettasi sugli epiploici e ca-
rica gli omenti di grasso , inducondo quella corpu-
lenza , che in taluni si manifesta a mezzo c^mmin
della vita. Se trattisi di un malinconico, tempra che
quasi sempre si congiunge a lento e difficil corso del
sangue ne'vasi della milza, può avvenire che questa
deviazione gli torni a profuto ; ciò che spiega quel
detto degli antichi riferito da Baillou che « Melali'
cholia hjpocondriaca lahor^ntes tum demuin cu-
rati dicuntur cani pingiiescuiit. » Ovvero il san-
gue, che non si reca più nella solita copia nella mil-
za, affluisce maggiormente nelle mesenteriche, prepa-
rando affezioni emorroidarie; o s'ingrandisce il fegato,
ove una secrezione più abbondante di bile, non abba-
>tanza flussibile per difetto di sangue spleni co , di-
viene sorgente di calcoli, di concrezioni biliari. Fi-
nalmente la milza può anche, a stabilita virilità, noa
200 t> C I E N T, E
ceder punto del suo sangue ai visceri associati con
essa per connessioni vascolari, ma questo umore ri-
stagnarvi , alterarvisi e faisi così occasione di scor-
buti, di melene, di lente spleniti. Poca parte ha la
milza nell'età senile: onde accade che le perdite no-
tabili di sangue non si risarciscono mai compiuta-
mente, quantunque vigoroso si presti lo stomaco al
suo officio : al quale fa Ito si collega l'altra osserva-
zione del poco vantaggio che si ricava in questa età
dall'uso de'riraedi che agiscono in modo elctlivo sull'
apparalo splenico, come ben lo ha notalo Wintrin-
gham: « Experientia didici, quod reme di a ferrugi-
nea iunioribus multo magis quain senihus conve-
niant » (De morb. quibusd. comment.j.
Raccogliendo in poco il discorso: se i fatti ri-
feriti son veri, se gli argomenti che vi poggiano non
sono fallaci, possiamo inferirne ; che principale offi-
cio della milza sia quello, che il siero chiloso reca-
tovi dall' arteria splenlca , vi si animalizzi maggior-
mente e cominci ad acquistarvi natura di sangue, per
opera specialmente dell'ammoniaca e del ferro che vi
si adunano; che in sequela di tal processo essa pon-
gasi in relazione col fegato, somministrando un effi-
cace elemento alla secrezione della bile, cioè l'idro-
gene; che le sue attenenze vascolari e nervose collo
stomaco l'associno ad esso, o come occasione di pe-
riodico regolare afflusso di sangue ne'diie organi se-
condo i lor bisogni, o come sorgente di succhi aci-
di per l'uno e alcalini per l'altro; clic legando il fer-
ro all'albumina, debba esercitare un potere sullo sta-
to elettrico del sangue, e sulla vita del tessuto mu-
scolare, in cui s'incorpora tanta parte di esso. Se ta-
li sono le funzioni della milza, ognun vede di quan-
Funzioni beu^a milza 201
ta importanza Jebba reputarsi questo viscere ncU'eco-
nomia animale: e si giuslifica la sentenza di Lorry, il
quale, dopo aver toccato alcune opinioni suli'ofllcio
del medesimo, conchiude: « Hinc eius cjuicuinque sit
usus^ maximus est » (i).
Cenni economico-statistici sullo stuto pontificio,
con appendice. Discorso sulVagro romano, e
sui mezzi di migliorarlo, di yingelo Galli com-
putista generale della R. C. yl. Roma nella
tip. camerale iB4o in 8.° di fac. Xl^ e 555.
xm. coloro , che presiedono o dirigono stabilimenti
o negozi pubblici , incombe di mostrare al governi
ed ai popoli i risultamenli delle operazioni eseguite,
i modi di miglioramento e tutt'altro che si crede op-
portuno , sia per ovviare agi' inconvenienti , sia per
migliorare le aziende, sia per mostrar falsi ed esage-
rati i disordini che la moltitudine sogna , e che gli
stranieri creano in modo insolentissimo. Che se ogni
governo dee lamentare tali infortunii, lo stato ponti-
ficio sopra tutti: fatto bersaglio alle ire de'raalevoli,
che van proclamando in islato compassionevole esser le
finanze, il commercio invilito, le industrie annienta-
te, le arti più utili e necessarie, l'agricoltura stessa
languida ed in piena dissolu/jone. A riparare tali
(i) Op. cit. tom. I, p. 221.
302 Scienze
onte ripetute , non v'ha dubbio , dagli stessi popoli
dello stato pontificio, il valente sig. Angelo Galli com-
putista generale della R. C, A. ha compilato i pre-
senti cenni economico-statistici. Qiiest' opera , sotto
titolo così modesto racchiude fecondissima messe di
nozioni statistiche, le quali se verranno ampliate ed
estese , come è voto dell' autore , non si avrà più
imancanza di tali cognizioni. Fatto così senno i pro-
prietari e gì' intraprendenti , guidati dalla sapien-
za del governo, porteranno la prosperità delle finan-
ze , dell' industria e delle arti a tal grado di per-
fezionamento, che stante il benefico influsso del cie-
lo italiano, le genti della pontaficia dizione prende-
ranno il più bel seggio tra i pppgU colti e civili
d'Europa. Vengo all'esame dell'opera.
L' autore non fu preceduto da altri somiglianti
lavori statistici, in modo che si trova senza l'appog-
gio di opere antiche, e senza i rilievi che su quelle
soglionsi fare, come altresì ignaro dei risullamenti ot-
tenuti da quelle dottrine. Il conte dì Tournon scris-
se intorno a quella parte di stato, che nel dominio,
francese era detta dipartimento di Roma. Gabriele
Calindri die un saggio statistico-storico dello sta~
to pontificio : quest'opera, di pregio per la storia e
per l'erudizione, non lo è così per la statistica.
» Lo slato pontificio, così il Calindri, nella sua
estenzione in lunghezza da Terracina alla linea del
Po , trovasi fra il 4^° ed il 45° di latitudine. La
figura della sua superficie è irregolare, poiché essen-
do in lunghezza (considerata ai due punti estremi sud-
detti) di circa leghe ottanta , nella larghezza consi-
derata nel punto massimo, cioè da Ancona a Civita
Vecchia, non sorpassa le quaranta quattro leghe: que-
Statistica dello stato pontif. 2o3
sto è nel suo centro, e procedendo verso gli estremi
tanto al sud, (guanto al nord, si va sempre restrin-
gendo. Il suo serpeggiante perimetro è di miglia ro-
mane lineari i235, delle quali iSy sono la spiaggia
del mediterraneo, 198 quella dell'adriatico, 77 la ri-
va del Po, le rimanenti 8o3 sono a contatto delle
terre degli stati confinanti. La sua superficie si cai-
cola ascendere a miglia quadrate 18,117, delle quali
circa due terze parti sono montuose, il resto pianu-
ra. Di questa totale superficie per miglia 16,071 è
coltivata e fruttifera, per 2,046 incolta. Di questa i,3i5
miglia sono suscettibili di coltura e miglioramento ,
cosicché l'assolutamente incoltivabile si limita a mi-
glia 731. »
Nel parlare, seguendo il censo, dei rapporti fra
la popolazione e la superficie si ha per rlsul lamen-
to, essere la superficie di rubbia 2,253,991, ossia ta-
vole censuarie 419662,769, che ridotte a miglia ita-
liane di sessanta per grado è di miglia quadrate 12,120.
Il Calindri nel 1819 assegna allo stato pontifi-
cio una popolazione di 2,592,829. L'indice alfabeti-
co dei paesi pubblicato in Roma, nello stesso anno,
la fa ascendere a 2,679, ^^4- Rinnovatosi questo
nel i835,la eleva a 2,782,436. Si ritiene dall'A. es-
sere nel i838 di 2,771,486. Dati ad ogni famiglia
ragguagliatamente cinque individui, sono 5545287 fa-
miglie. Il numero di coloro che possono essere atti
a produrre una mercede, fatte le debite esclusioni, ri',
ducesi alla metà della popolazione, 1,885,718,
Ad una popolazione di 2,771,486, occupante
un terreno produttivo di rubbia 2,168,874, tocca 9
ciascun'individuo quarte 3, scorsi o, quartucci 2. Ri-
porta l'autore una tavola, nella quale è notato il rap-
iio4 Scienze
porto della popolazione dello slato pontificio con quel-
la degli altri stati d'Italia , e che trasse dalla stati-
stica pubblicata in Firenze nel i835, e trovasi con-
sentaneo a quanto stabilisce il eh. dott. Giuseppe Fer-
rano nel primo tomo delia sua statistica medica di
Milano. La popolazione dello stato pontificio è la
più scarsa, ragguagliata colla superficie, nell'Italia co-
me terra ferma: piìi numerosa delle isole di Sardegna
e di Corsica.
L'estimo rustico, secondo il nuovo censimento
dell'anno i835, giunge a — / 161,417,5 i8:36: quello
urbano a -7=7 33,794,371:08, al quale dee aggiun-
gersi il valore dei fondi urbani al di sotto di scudi
quattrocento di estimo, che sono esenti dalle impo-
ste, come pure quello della specie simile de'fondi ne'
paesi non tassati, perche al di sotto di mille abitan-
ti. Così r estimo de' medesimi , secondo le basi del
censimento, crede l'A. giungere ai duecento milioni:
le quali essendo miti , stabilisce il valore dei fondi
giungere a trecento milioni.
Questi abbisognano di dote (bestiami, semenze ec.)
che pe' rustici si fa ascendere a r^ 3i, 960, 668: 63:
eper gli urbani (masserizie edaltro) a -^^^i 1,5745 744-4^»
al quale si aggiungono 7=^ 23,14954^8:90 per il va-
lore delle gemme, dell'oro, ed argento. Riguardo agli
oggetti di belle arti, cosa di grande rilievo^ non si
sono potuti avere dei dati per conoscerne approssi-
mativamente il valore: ma danno con le cose di storia
naturale cento mila scudi annui di attività commer-
ciale. Degli utensili sacri , come non pertinenti al
'Commercio, si tace.
La marina potrebbe essere interessante per tro-
varci noi fiancheggiati da due mari. Mancano tutta-
Statistica dello stato pontif. 2o5
via bastimenti al piccolo cabottaggio, che si eseguisce
da' legni napoletani , toscani, e sardi. L'istessa pesca
viene in gran parte esercitata da legni esteri. Il com-
mercio di mare attivo e passivo è di venti milioni
all'anno. Presenta l'A. una tavola indicante i legni
marittimi, i loro nomi, portate e valori, di cui ec-
cone alcune cose :
Uso Numero Valore
Gran corso — — — i4 y=^ 124, 999' 98.
Lungo 93 » 325, 5oo —
Piccolo cabotteggio 148 » 3 io, 800 —
Pesca l^^\ n 2g5, 334 —
Terrieri, ed alibi — 49^ " o55, 606: 68.
■7=7 I, 112, 240 : 66.
Al capitale clie costituisce il valore dei legni ,
aggiunto il disborso indipensabile per la condotta de'
medesimi che considerasi come una quarta parte del
loro valore , ne risulta occupar la marina il fondo
di -^ 1,390,800,82^. Nella spiaggia del mediterra-
neo, lunga miglia iSy, esistono i6g legni nazionali:
ed in quella dell'adriatico, lunga 198, ve ne sono io65.
La inerzia degli abitanti le spiagge mediterranee , seb-
bene piia interessanti, perchè da esse pervengono co-
loniali e salumi, e l'aria malsana, spiegano la nota-
bile disparità che esiste.
Le vetture ed i mezzi da trasporto per terra for-
mano un ahro capitale, che può distinguersi in due
classi : i." legni propri e vetture di lusso, e di viag-
gio. 2." Carri, ed altri ordegni da trasporto. In Roma
sono soggetti a tassa sei mila cavalli: forse altrettan-
2o6 Scienze
ti esistono in tutte le città dello stato. Ritenendo che
D^ni paio di cavalli e due legni coi rispettivi forni-
menti possano valere scudi 5oo, si viene a costituire
un capitale di tre milioni di scudi. Gli altri mezzi da
trasporto ascendono al valore di se. i, 600, 000.
Coràpreso nel valore del capitale fissato agli stabili-
menti industriali, ciò che riguarda il facoccbio, il sel-
laio ec, stabilisce cbe il valore delle provviste pel
mantenimento delle bestie, cioè fieno, paglia e biada,
sia di se. 782, 0)25, die sommato coi capitali, ascen-
de a se. 5, 4425 925.
Con alcuni economisti suppone cbe ogni indivi-
duo abbia in numerario scudi dieci: coslccbè si avreb-
bero scudi 27, 7145 36o in moneta.
La ricchezza pubblica adunque è dì scudi 44^»
860, 075: o4; sopra la qual somma calcolando gl'in-
teressi al quattro per cento, si ha un prodotto annuo
di scudi 17, 674, 4^^* '^^':> ® ^'iesti, divisi nella popo-
lazione composta di 2, 771, 4^6 individui, danno per
. ,. ., \ Capitale 7=? i5q, 43: 3
individuo < -n 1 i» __!. ci
ì Prodotto •?=? o, 07: 7.
Fissato il consumo per ogni individuo a libre
780 di cibo del valore di bai. 3 a libra, si ha se. 21,
go all'anno: ai quali uniti se. io, ^5 per vestiario, e
se. 3, 65 per Tabitazione, sommano se. 36, 5o annui
per individui, e se. lOi, 157, 4^4 P^^ tutta la popo-
lazione.
I mezzi per soddisfare i bisogni sono il frutto
dei capitali, e la mercede dell'opera. Il frutto dei ca-
pitali, come si disse, è di se. 17, 674» 4^^' *^'* ^^^
individui produttivi si riducono a i, 385, 718, ai quali
si assegnano bai. venti il di per giorni trecento, cioè
Statistica dello stato pontif. 207
se. 83, 143, 080, che in totale ammontano a scudi
loó, 817, 483: 01: cifra che si equilibrerebbe col bi-
sogno. Tuttavia il numero dei poveri e dei ladri è
assai numeroso. Il governo spende pei pi'imi se. 5i3,
368: i5, 5, ogni anno: e si mantengono nelle carceri
e luoghi di pena oltre a 6, 3oo individui. La mag-
gior parte dei delitti hanno origine dalla miseria.
Il consumo delle sostanze animali è di lib. 3o5,
700, eoo: delle vegetabili di lib. 1,717,6845068:
«he in totalità è lib. 2, 022, 784, 068. La qual cosa
consuona col presunto bisogno di consumo per la
popolazione di lib. 2, 023, 148, 280. Dal qual cal-
colo ne emergono due cognizioni:
« i.° Che siano giustamente fissati tanto i con-
sumi quanto i prodotti, una volta che si trovano in
perfetta corrispondenza fra loro. »
« 2.° Che il rapporto dei consumi fra le sostan-
ze animali e quelle vegetabili stia come 17 a 3: il che
dimostra piuttosto sobrietà nella popolazione. »
Divisi i terreni secondo l'attuale destinazione lo-
ro, passa alla disamina dei prodotti dei tre regni del-
la natura. Incomincia dall'animale. Il numero dei ca-
tpi vaccini e hufaliini è di 663, 722, che ne produco-
no ogni anno 'i65, Cf^o. Se ne perde un tre per cento:
jjer cui tolti capi i'^, 911 dalla produzione, rimane
a 146, 019 , de' quali parte se ne consumano lattan-
ti, o ipria che giungano a maturità, il resto serve al
rimpiazzo de'buoi aratori e delle madri.
Si suppone che i
lattanti siano 20, 000 del peso ciascuno di
libre i5o — lib. 3,000,000
non maturi — 35, 000 » » 25o — » 8,760,000
adulti — 91, 019 » » 65o — » 59,162,350
146, 019 lib. 71,912.350
2o8 Scienze
Danno le vacche un prodotto annuo di dodici milioni
di bocali di latte, che in parte si consuma in i&tato
di produzione, ed in parte riducesi a butiro, a prò-
vaUire ed a caci di vario nome. Facendosi del latte
tutto cacio, potrebbe aversene otto milioni di libre.
Oltre a ciò si ricava da questi animali grasso, ossa,
corna, unghie e carniccio. Sono i cuoi i65, qSo, con-
siderati ragguagliatamente del peso ciascuno di lib. 4-0»
sommano libre 6, 687, 200.
Due milioni e mezzo di pecore ne producono
ogni anno i, ySo, 000. Ogni anno se ne suol perdere
i5o mila: per cui il consumo sarà il seguente:
Abbacchi numero 966, 667 del peso ciascuno
di lib. 10 — lib. 9, 666v67(
Castrati ed agnelli » 4^^5 333 » 35 — » 16, 916,65^
Montoni vecchi » i5o,ooo » 5o — » 7, 5oo, oo(
num. 1,600, ooa lib. 34, 5oo, oo(
.Date quindici mila libre di cacio a mille pecore, ed
un quinto di ricotta, si avr-à, cacio lib. 26, 25o, 000;
ricotta 5, 25 o, 000. La lana si calcola a lib. due so-
pra ogni capo matricino, cioè cinque milioni di libre :
e per gli agnelli lib. una, ed once sei 725 mila libre.
Oltre a ciò, bassette num. 966, 667 : pelli di agnello
4<33; 333; di pecore e montoni trecento mila.
Caure trecento venti mila : questo bestiame, più
prolifico dei pecorino, dà una produzione dell'ottanta-
ciuque per cento, e conseguentemente 272 mila al-
lievi, di cui se ne perdono 19, 200. Il prodotto da
commerciarsi sarà :
Statistica dello stato pontif. 309
Capretti numero 233, 600, ciascuno pesando
lib. IO — lib. 2, 336, 000
Capre e becchi » 19, 200 » 40 ~^ » 7^8» 000
nura. 282, 800 lib. 3, 104, 000
Per ogni migliaio di capre si danno lib. 20 mila di
cacio, in tutto lib. 5, 44^» ^o^s ^ ricotta lib. i,o83,
000.
Le pelli di capretto sono 233, 600 , di cap.r|3
e becchi 38, 400* i^».
INel numero totale di 680, 221 porci, sono com-
prese le madri e gli allievi : queste sono nella pro-
porzione di uno fra sette capi, a ciascuna delle quali
si attribuiscono sei allievi, che di due ed anche di tre
anni si uccidono a turno. Di questi se ne consumano
trecento mila del peso ciascuno di lib. duecento, cioè
sessanta milioni di libre.
Il totale delle carni ascende a lib. 169, 099, 6i5',
di queste 160 milioni si consumano nello stato , il
resto va all'estero. - Di cacio se ne producono lib.
42, 856, 5oo : in questo ramo evvi una passività di
oltre 700 mila libre ( t^ 68, 191 : Sy ). - Il totale
delle lane è di 5. 725, 000 libre: l'attività di com-
mercio di 7=? 237, 995: 6i dimostra estrarsene un mi-
lione e mezzo di libre.
Le pelli presentano una passività di .oltre due-
cento mila scudi, che deriva principalmente dalle vac-
chette di Moscovia , e dai vitelli di Germania e di
Francia.
Cavalli 58, 997, che annualmente ne producono
7, 661, avendone già detratti 2, 949 che muoiono,
ed una decima parte che riesce inetta al lavoro. Tutto
G.A.T.XC. li
210 S C I E N Z K
ciò per le razze, alle quali è stabilito il congruo pa-
scolo. La produzione delle cavalle ritenute nelle slalle
dei luoghi abitati, che non è minox-e di capi 19, 665,
darà un'accrescimento di 2,257; in tutto lO, 228.-
Le pelli, calcolate a io mila di lib. dieci l'una, dan-
no cento mila libre. Si fa un commercio attivo col
regno di Napoli e colla Toscana di circa tremila ca-
valli. Il lusso di Roma introduce cavalli esteri di gran
prezzo, come la Romagna ne trae dal regno lombar-
do-veneto in ispecie dal padovano, per cui l'attività
del commercio resta in gran parte assorbita.
Asini e muli num. 14, 749' cioè muli 4, 916:
asini 9, 833. Gli asini danno i, 147 capi di aumen-
to ogni anno, e dei muli se ne accrescono 5 , 735.
Le pelli, in numero di seimila a lib. 3o per ciascu-
na, danno 180 mila libre.
Polli. Abbondano nelle Marche, nell'Umbria e
dalla campagna si recano alla capitale.
Cacciagione. Può facilmente eseguirsi la caccia
per non esservi alcun grave impedimento di bestie fe-
roci.
Pesce. Si ha dall' adriatico e dal mediterraneo,
da vari laghi, stagni, fiumi e torrenti. Si salano le
anguille, le sarde, i sardoni ed altri pesciolini, ma in
poca quantità.
Cera e miele. In alcune parti il suolo pontifi-
cio è molto favorevole al prosperamento delle api ,
ma la quantità è limitatissima. Si suppone che in
ogni anno raccolgansi cento mila libre di cera e 56o
mila di miele,
Seta. Mancando ogni elemento per conoscere il
numero dei gelsi, non si può stabilire la quantità dei
bozzoli. Dal bilancio del commercio si ha, che circa
Statistica dello stato pontif. 2 1 1
25o mila lihre di seta si estraggono; supponendo che
altrettante ne rimangano, se ne ha un mezzo milione
di libre.
I prodotti vegetabili, che possono considerarsi co-
me necessari, sono :
Grano . . .
.
rubbia
15744,792
Granturco . . rubbia
839, 58o \
Favella . . .
»
27, 072 J
Biada . .
))
55, 991 1
Orzo . .
»
3i, 322 f
Lupini .
»
6, 464 \^
Fava . .
»
81, 171 /
I, 1 13, o65
Farro . . .
»
14, 532 (
Lenticchia
»
2, 735 1
Cicerchia . . ,
»
4>927 ]
Ceci . . .
»
5, 419 /
Fagioli . . .
• »
43, 924 /
Riso
•
»
o33, 049
rubbia 2, 890, 906
Le patate sono in molto uso, non se ne conosce la
quantità. Le assegne delle castagne ne presentano
9, 604, 000 libre. - Si hanno sei milioni di some di
fieno.
Sopra 52 mila rubbia di terreno, addetto alla col-
tivazione delle olive, si suppongono esistere io, 4^0»
000 alberi ( 200 per rubbio ), i quali danno un boc-
cale di olio per albero. Non è bastante al consumo,
poiché il commercio ha una passività di -7=^ 3 80 mi-
la: valore approssimativo di un milione e 600 mila
boccali d'olio. Ogni individuo ne consuma quaMro
boccali, due foglielte ed un quartuccio : forse è mag-
ai2 Scienze
giore, ma non apparisce per le frodi che si fanno al
confine napoletano. Se si ponesse cura al così detto
olio lavato^ che si estrae dalle ciancie premute, se
ne potrebbero avere un milione e 200 mila boccali.
Quest'olio utilmente si adopera nella fabbricazione dei
saponi.
Il vino è barili 16,795,456, di cui la decima
parte si distilla per ottenerne lo spirito. Per tale o-
perazione diminuisce da 5 a i. Il vino ragguagliato
sulla popolazione dà per ogni individuo barili 5 e
boccali quindici circa: ciò dimostra il grande consu-
mo. Il vino di lusso estero arreca notabile passività.
Ecco ciò che si deduce riguardo ai legnami :
Legnami minuti . . . pezzi num. 17, o56, 000
Legni da fabbrica ed altri usi. . » 4» ^64' 000
» grossi » 159,000
Ogni anno si tagliano 3, 969, 4^° some di le-
gna, delle quali una terza parte si riduce a carbo-
ne. Ci mancano le tavole, per cui abbiamo un com-
mercio passivo coU'estero di quelle di abete e lari-
ce: le doghe ci sovrabbondano, e se ne fa commer-
cio attivo. I travi di abete ci vengono dall' estero ,
ove ne spediamo di quercia per le costruzioni na-
vali. L'esportazione delle legna dà un attivo di 7^ 21
mila (some i5o mila). Oltre i suddetti legnami, che
si ottengono dal taglio dei boschi, ne abbiamo vari
da alcune piantagioni , e da alberi fruttiferi , cioè
l'albuccio, il pino, l'olmo (per fabbriche), il noce, il
ciliegio, il gelso, il platano, l'acero (per mobili) ed
il faggio (per toi-nio ed altro), il taglio del quale non
si fa a determinati tempi, come degli altri alberi da
bosco.
Statistica dello stato pontif. 21 3
Da 17,600 rabbia circa di terreno seminato a
canapa se ne ottengono libre 61,600,000. Il lino,
(li cui non è molto estesa la coltivazione, può rite-
nersi compreso fra la canapa, di cui se ne estraggo-
no cinquanta milioni di libre.
Frutta. Ne abbiamo di ogni specie: ciò nuUame-
no non sì disseccano cbe in poca quantità, per cui
evvi un passivo col regno di Napoli per lo zibibbo,
fichi secchi ec, e così per gli agrumi.
Erbaggi. Colle provincie illiriche se ne fa com-
mercio attivo nell' adriatico. Il tabacco prospera in
guisa da bastare a tutte le fabbriche, eccettuate po-
che specie che si traggono dall'estero.
Tra le erbe da tinta sono da notarsi il guado
(erba luteola), la robbia, lo zafferano, la ginestra, la
mortella, e le galle : fra le cortecce vi sono in so-
vrabbondaiiza quelle di scotano, di pino, di noce, ed
altre.
I riscoli, che sono abbondanti, si annoverano fra
le erbe da lavoro, come fra le cortecce il sughero ,
e quella di quercia , che serve per la concia delle
pelli, e per cavarne la potassa.
Tutti gli estratti ed essenze medicinali si rica-
vano da erbe e fiori indigeni. Il ricino è esuberante.
Degli stracci, sebbene prodotto secondario, se ne
raccolgono otto milioni di libre per la fabbricazio-
ne delle carte, e due milioni di quelli di lana per
l'ingrasso dei terreni. Dei quali se ne impiegano cin-
que milioni e mezzo per la carta , ed il resto va
all'estero.
Divide i prodotti minerali in 12 categorie. Di-
ce l'A. essere stato molto giovato nel compilare que-
sta sezione di statistica dal eh. dottor Pietro Carpi,
2i4 Scienze
professore di mineralogia nella romana università, che
mi glorio di avere avuto a maestro in questa parte
di storia naturale.
I. Matei'ie da cementi, die conprendono: i:° le
materie terrose, cbe mescolate alla calce formano una
malta buona a comporre ed intonacare i muri. 2.° La
pozzolana, die trovasi nelle vicinanze di Roma, è im-
penetrabile all'acqua, dà muri di prodigiosa fortezza;
se ne manda all'estero.- 3.° I lapilli ed arena siliceo
calcarea , che si trovano quasi da per tutto , dan-
no costruzioni men solide della pozzolana. ^.'' Are-
ne de'mari, fiumi e torrenti. 5.» Calce che si ottie-
ne per mezzo della cottura del calcare apennino e
del travertino. 6.° Gesso, che egualmente si ha dalla
cottura del sasso di questo nome, abbonda nelle mar-
che e nelle legazioni.
II. Argille per la costruzione di terre cotte.
Ve ne sono di tre specie: j.^ Marne argillose, ed
argille plastiche, che si trovano nelle viscere de'mon-
ti; 2." Argille deyiunii; 3.'^ Arene calcaree silicee,
o argilloso-silicee : con queste si fanno tegole, mat-
toni, vettine da olio ec.
III. Pietre da fabbriche. Ne esistono varie.
i.° La selce, che è una lava dura e pesante di an-
tichi vulcani. 2.° Pietra calcarla apennina, la me-
desima che serve a far calce. 3." Peperino, sostan-
za risultante da ceneri vulcaniche solidificate : si tro-
va nei monti albani, a Subiaco, Rota, Borghetto, Ses-
sa, Genazzano, Prosinone , ed altrove. ly° Traver-
tino [lapis tiburtinus) , serve non solo ai piantati,
ma si usa nelle decorazioni. Si trova nelle vicinan-
ze di Tivoli , di Civita Vecchia e di Viterbo. Una
somigliante si scaya a Matelica, Camerino, ed Asco-
Statistica dello stato pontif. aiS
li. 5." Tufa vulcanica^ di cui due varietà, il tufa
litoide o pietroso bastaatemente buono per le fab-
briche, ed il granulare che lo è molto meno. Rin-
vengonsi nei contorni di Roma , nelle provincie di
Viterbo, di Prosinone, e di Velletri, ed in una parte
della comarca verso levante. 6." Manziana, che riceve
il nome dal paese in cui viene estratta, è un granito
di prima formazione, che ha subito l'azione del ca-
lore vulcanico. Resiste al fuoco ed è perciò adope-
rata pei focolari. 7.° Pietra da macina, si ha buo-
na a Marino, a Prossedi, a Narai, ed a Gualdo di
Perugia. Ve ne sono ancora in molti altri luoghi.
IV. Pietre da Decorazione:
1. Marmo di Cottanello
2. Palomhino di Fuligno
3. Breccia di Cori
4. Palombino di Ancona
5. Rosso di Orvieto
6' Rosso-venato di Terni
7. Broccatello di Camerino
8. Lumachella di Ancona
9. )) di Fuligno
IO.
»
di Sogliano
II.
Alabastro
di Civita Vecchia
12.
»
di Orte
i3.
»
di s. Felice
14.
»
di Perugia
i5.
»
di CoUepardo
16.
»
di Camerino
'7-
»
di Sabina
18.
Gesso
compatto di Faenza
19-
Travertino candido, che Rrocchi descri-
ye nei contorni di Civita Vecchia , colla qualità di
ai6 Scienze
solido sparso di alcune cellule , di frattura minuta-
mente lamellare e brillante , che somiglia precisa-
mente al marmo di Carrara.
V. Pietre da diversi usi. i.° Pomice: è molto
friabile, per cui se ne fa venire dall'estero. 2.0 P/e-
tra saponacea, detta da sarto: si trova a Nocera, a
Rocca Rotonda ed a Castro nel bolognese. 3.° Pie-
tre silicee focaie : si hanno a Bologna ed a Mon-
tenero. 4." Cristallo di monte: si rinviene alla Tol-
fa ed a Castel s. Pietro.
VI. Materia da costruzione di strade, i. 6*6/-
ce di sopra ricordata. 2. Pietra calcarla. 3. Ghiaie:
si traggono da antichi depositi esistenti nel seno de'
monti, e dai torrenti. 4» Tartaro, che si trova nelle
cadute dell' acqua. 5. Pozzolana. 6. Lapillo e tu-
farina, n. Lava scoriacea: aridissima, spugnosa: nel-
le vicinanze di Genzano, di Civita Lavinia, e di Vel-
letri.
VII. Materie da fabbricazione di stoviglie. Ve
ne sono di due specie, le une atte a fabbricare ter-
raglie ordinarie, le altre fine e maioliche, i. Terre ar-
gillose rosse per le stoviglie ordinarie ; si trovano
a Bassano, Civita Castellana , Prosinone ,. Perugia ,
Urbania, Fermo, Forlì, Cesena e Bologna. 2. Argille
ed altre materie atte alla fabbricazione di terraglie, e
maioliche all'uso inglese. Ne siamo forniti a dovizia.
» A Monbaroccio nel pesarese esistono due cave di
pietra semi-sulfurea, che dopo cotta in adattata for-
nace, e quindi minutamente polverizzata, produce la
sostanza gessica, della quale si fa grandissimo uso. In
Urhania, Fermo, Bologna, nelle provinole di Romagna
e segnatamente vicino Faenza, esistono cave di mate-
rie ottime a questa fabbricazione. A Macerata si fa uso
Statistica dello stato pontif. Q17
di una cava vicino Monte Milone, e dell'arena del
Trasimeno. A Civita Castellana esiste una cava che
Brocchi così descrive: Argilla bianca finissima pla-
stica^ bibula. Si adopera nella fabbrica delle ter-
raglie e delle porcellaneé Tanto che, secondo que-
sto profondo conoscitore delle materie minerali, l'ar-
gilla di Civita Castellana sarebbe idonea alla. fab-